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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 899 di martedì 12 dicembre 2017

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI

La seduta comincia alle 11.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

VALERIA VALENTE, Segretaria, legge il processo verbale della seduta del 6 dicembre 2017.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

  (È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Alli, Amendola, Amici, Artini, Bellanova, Bernardo, Dorina Bianchi, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Boccia, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Bosco, Braga, Matteo Bragantini, Bressa, Brunetta, Caparini, Capelli, Capezzone, Casero, Castiglione, Catania, Causin, Cenni, Censore, Antimo Cesaro, Cicchitto, Cirielli, Coppola, D'Alia, Dal Moro, Dambruoso, Damiano, De Micheli, Del Basso De Caro, Dell'Aringa, Dellai, Di Gioia, Duranti, Epifani, Faraone, Fedriga, Ferranti, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Franceschini, Galati, Garofani, Gelli, Gentiloni Silveri, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Laforgia, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Marcon, Giorgia Meloni, Migliore, Moscatt, Nicoletti, Orfini, Orlando, Paglia, Pannarale, Pes, Petrenga, Pisicchio, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rigoni, Francesco Saverio Romano, Rosato, Rughetti, Ruocco, Sanga, Sani, Sandra Savino, Scalfarotto, Schullian, Sereni, Sibilia, Tabacci, Tancredi, Taranto, Turco, Valentini, Vazio, Velo, Vignali, Villarosa, Villecco Calipari, Enrico Zanetti e Zoggia sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente centoquattordici, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Modifica nella denominazione di un gruppo parlamentare.

PRESIDENTE. Comunico che il presidente del gruppo parlamentare Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale, con lettera pervenuta in data 11 dicembre 2017, ha reso noto che il gruppo ha modificato la propria denominazione in “Fratelli d'Italia”.

Modifica nella composizione di gruppi parlamentari.

PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data 11 dicembre 2017, l'onorevole Daniela Garnero Santanchè, già iscritta al gruppo parlamentare Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente, ha dichiarato di aderire al gruppo parlamentare Fratelli d'Italia.

La presidenza di tale gruppo, con lettera pervenuta in pari data, ha comunicato di aver accolto la richiesta.

Svolgimento di interrogazioni (ore 11,10).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni.

Prima però salutiamo insegnanti e studenti dell'Istituto Tecnico Commerciale “Genco” di Altamura, in provincia di Bari, che assistono ai nostri lavori dalla tribuna insieme agli studenti e agli insegnanti dell'Istituto Tecnico “Leonardo da Vinci” di Parma, anche loro in tribuna (Applausi).

(Orientamenti del Governo circa la sussistenza dei presupposti per promuovere lo scioglimento del consiglio comunale di Altamura – n. 3-03196)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interrogazione all'ordine del giorno Pannarale n. 3-03196 (Vedi l'allegato A).

Il sottosegretario di Stato per l'Interno, Gianpiero Bocci, ha facoltà di rispondere (Vedi l'allegato A).

GIANPIERO BOCCI, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Grazie, Presidente. A seguito dell'ordinanza emessa dal gip del tribunale di Bari il 10 luglio 2017, il sindaco di Altamura è stato sottoposto alla misura detentiva degli arresti domiciliari, nell'ambito di un'inchiesta per i reati di istigazione alla corruzione, turbativa d'asta e corruzione, in riferimento alla progettazione e alla esecuzione di una serie di lavori pubblici locali. Conseguentemente, con provvedimento del prefetto di Bari del 12 luglio 2017, è stata dichiarata, nei confronti di quel sindaco, la sospensione di diritto dalla carica di primo cittadino; lo stesso è stato quindi sostituito, ai sensi del comma 2 dell'articolo 53 del decreto legislativo n. 267 del 2000, dal vicesindaco che, pochi giorni prima, il 30 giugno, era stato nominato con un decreto sindacale che gli attribuiva tale funzione vicariale solo fino al 31 luglio successivo. Il 1° agosto, pertanto, permanendo la causa di sospensione di diritto nei confronti del sindaco ed essendo scaduto il periodo temporale dell'incarico conferito al vice sindaco, il prefetto di Bari ha nominato un commissario prefettizio, con i poteri di sindaco e giunta, per la provvisoria gestione dell'ente, ai sensi dell'articolo 19 del decreto n. 383.

La nomina da parte del prefetto è stata disposta sentito il Ministero dell'interno e in conformità all'orientamento espresso dal Consiglio di Stato, Sezione I, che nel parere n. 501 del 2001 si era soffermato in ordine alla possibile coesistenza tra un commissario prefettizio, nominato in sostituzione di sindaco e giunta, e l'organo elettivo consiliare non colpito da un provvedimento di scioglimento.

Avverso il decreto di nomina del commissario è stato proposto ricorso al TAR Puglia, che, con ordinanza dell'8 novembre scorso, ha accolto la domanda cautelare di sospensione dell'efficacia del provvedimento impugnato avanzata da un'elettrice e componente della giunta comunale interdetta dalle funzioni per effetto dell'intervento sostitutivo. Il TAR ha accolto la domanda cautelare, ritenendo che l'apposizione del termine finale di efficacia dell'atto di nomina del vice sindaco appariva incompatibile sia con il fatto che l'ufficio del vice sindaco è un elemento strutturale e indefettibile dell'apparato di governo del comune, sia con la funzione stessa dell'ufficio - sopperire all'impedimento del Sindaco -, che risulterebbe vanificata ove si ammettesse che la nomina possa, a scadenza, venire meno, mentre il sindaco permane in carica.

A seguito della notifica della succitata ordinanza del TAR Puglia, permanendo la misura cautelare degli arresti domiciliari emessa nei confronti del sindaco Giacinto Forte, il 9 novembre 2017 il segretario generale del comune di Altamura ha dato esecuzione alla decisione del giudice amministrativo reintegrando il vice sindaco e la giunta comunale nelle rispettive funzioni.

Segnalo, comunque, che il prefetto di Bari, ritenendo sussistenti motivi di opposizione alla citata ordinanza, il 14 novembre scorso ha fornito all'Avvocatura distrettuale dello Stato ulteriori elementi di controdeduzione, chiedendo di valutarli in vista di una possibile impugnativa davanti al Consiglio di Stato.

Infine, riguardo alla richiesta dell'interrogante di verificare delle condizioni per lo scioglimento del consiglio comunale di Altamura, vanno richiamati i principi che sorreggono l'adozione delle misure dissolutorie previste dagli articoli 141 e 142 del decreto legislativo n. 267, che, tra l'altro, non possono essere ricondotti all'alveo dei procedimenti attivabili ad istanza di parte. Si tratta, infatti, di atti i cui effetti sono direttamente previsti dall'ordinamento e per la cui adozione la pubblica amministrazione accerta esclusivamente e in termini rigorosi la sussistenza dei requisiti prescritti dalla legge, assumendo i conseguenziali adempimenti. L'intervento statale è quindi limitato alle fattispecie tipiche, tassativamente indicate dalla legge, che, nel caso di specie, non paiono allo stato concretizzarsi con riferimento ad alcuno dei due articoli 141 e 142 del testo unico degli enti locali, che dunque non risultano applicabili.

Posso comunque assicurare che la situazione del comune di Altamura è costantemente monitorata dalla prefettura di Bari, che segue con grande attenzione tutti gli sviluppi delle vicende giudiziarie che hanno portato all'incriminazione del sindaco.

PRESIDENTE. L'onorevole Pannarale ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interrogazione.

ANNALISA PANNARALE. Grazie, Presidente. Grazie, sottosegretario, anche per l'accurata ricostruzione di questa vicenda piuttosto complessa, che ha coinvolto e che continua a coinvolgere la città di Altamura, una città molto grande, come lei sa, e una città che avrebbe bisogno in questo momento di uscire da una uno stato di sospensione, nel quale ormai si trova da cinque mesi.

Come lei ha ricordato molto bene nella sua risposta, sono trascorsi ormai cinque mesi da quando il sindaco di quella città è stato sottoposto ad una provvedimento cautelare. Il tribunale del riesame non ha ritenuto che ci fossero le condizioni per accettare la richiesta di revoca di quelle misure cautelari. Il sindaco, a sua volta, non ha ritenuto, nell'interesse della cittadinanza, di doversi dimettere.

Noi naturalmente sull'iter giudiziario non intendiamo emettere alcun tipo di parere o giudizio, abbiamo soltanto totale fiducia sul fatto che la magistratura riuscirà a dipanare, in maniera assolutamente chiara, tutta questa vicenda. Invece, è nostro compito occuparci - come lei sa molto bene - dell'agibilità democratica in quella città, del diritto dei cittadini e delle cittadine di partecipare alla vita pubblica, alla vita politica e di essere legittimamente rappresentati; mi sembra che in questo momento ci sia un vuoto istituzionale, politico e democratico in quella città.

È vero che, a seguito della sentenza del TAR, oggi siamo di fronte a una giunta tornata - diciamo così - in carica, la stessa giunta nominata dal sindaco raggiunto dal provvedimento cautelare. È vero che la legge riconosce al vicesindaco la possibilità e il dovere di sopperire all'impedimento del sindaco, ma quello che non sappiamo è quanto tempo ci vorrà, quanto tempo ci vorrà per risolvere questa situazione; non sappiamo se questa situazione sarà risolta; nel frattempo, la cittadinanza vive una situazione di disagio e di abbandono istituzionale, che comincia a serpeggiare tra gli abitanti.

Devo dire, insomma, che sono molto preoccupata dall'esito della sua risposta, perché sono certa naturalmente che, in qualche modo, la risposta non possa che rispettare vincoli di legge, ma sono estremamente preoccupata sul piano politico per quelli che oggi appaiono il futuro e la prospettiva della città di Altamura.

Io credo che servano delle scelte responsabili e davvero mi auguro che si continui, attraverso la prefettura, a monitorare con grandissima attenzione quel territorio e il benessere, la serenità, dei cittadini e delle cittadine. Le ultime vicende criminose, che nelle ultime settimane stanno segnando la città di Altamura, temo che non si possano risolvere soltanto con un irrobustimento della presenza delle forze dell'ordine, che pure, in qualche modo, viene richiesto dalle associazioni di categoria o dai cittadini e dalle cittadine. Certo, un rafforzamento di questo tipo potrebbe nell'immediato dare un senso di sicurezza, ma io temo che ci sia bisogno di altro, oggi, in quella città.

Penso che ci sia bisogno di una classe dirigente che possa amministrare legittimamente nel pieno delle sue funzioni. Ci sarebbe bisogno di un sindaco che possa pianificare e programmare per una città così grande. Credo che ci sia bisogno di una dinamica assolutamente democratica e di fiducia da parte dei cittadini e delle cittadine. Insomma, ci sarebbe bisogno di politica, ci sarebbe bisogno di rassicuranti punti di riferimento istituzionali, ma - ahimè - siamo costretti in questo momento a rimanere in uno stato di sospensione.

Posso soltanto chiedere, ancora una volta - e concludo, Presidente - che questa situazione di Altamura e dei suoi cittadini e delle cittadine venga seguita con grandissima cura e grandissima attenzione. Noi avremmo sperato che si desse la possibilità a questa città di poter ritornare ad un voto legittimo e democratico per poter costruire in maniera collettiva la prospettiva. In questo momento c'è soltanto da aspettare, mi auguro che la vicenda venga sciolta in maniera attenta, ma nel più breve tempo possibile. Chiedo ulteriormente al Governo di continuare a seguire questa situazione.

(Iniziative di competenza per garantire la piena fruizione al pubblico di Palazzo Thiene a Vicenza, evitarne l'alienazione o la chiusura e favorirne l'acquisizione al patrimonio statale – n. 3-03423)

PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e il turismo, Dorina Bianchi, ha facoltà di rispondere all'interrogazione D'Incà ed altri n. 3-03423 (Vedi l'allegato A).

DORINA BIANCHI, Sottosegretaria di Stato per i Beni e le attività culturali e il turismo. Grazie, Presidente. Grazie, onorevole collega, noi come MiBACT siamo consapevoli che  Palazzo Thiene costituisce uno dei più importanti edifici realizzati da Andrea Palladio, sulla base di un disegno di Giulio Romano, che è stato dichiarato di importante interesse con la legge n. 364, nel lontano 1909, poi naturalmente rinnovata il 6 giugno del 2006.

La soprintendenza territoriale ci ha riferito che le raccolte ospitate nel Palazzo Thiene si sono formate dagli anni Novanta del Novecento, nell'ambito di un progetto di vasto respiro, volto ad acquisire opere d'arte venete individuate sul mercato collezionistico da destinare allo stesso palazzo.

L'operazione culturale denominata “capolavori che ritornano” ha investito nel settore dell'arte attraverso la ricerca e l'acquisizione di testimonianze artistiche e storiche significative nell'ambito della pittura, scultura, arti applicate e numismatica. L'operazione è andata configurandosi, dunque, come un importante contributo al recupero e alla ricomposizione di un patrimonio disperso di arte veneta da destinare alla fruizione pubblica.

Per questi motivi, con provvedimento del 9 giugno del 2016, il Ministero ha dichiarato l'eccezionale interesse culturale del complesso costituito dalle collezioni e serie di oggetti e, nello stesso tempo, dall'immobile che le contiene, denominato appunto “Raccolte museali di Palazzo Thiene”, ed è stata, quindi, stabilita l'inseparabilità tra le collezioni e l'immobile.

Con riguardo ai rischi rappresentati dagli onorevoli interroganti e riferiti alla conservazione del bene e al libero godimento da parte dei cittadini dell'edificio e delle collezioni ivi contenute, consentitemi di riferire che il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha adottato le più idonee misure di tutela del complesso attraverso i provvedimenti sopra richiamati.

La stessa soprintendenza ha ben presente la questione inerente la messa in liquidazione della proprietà e ha assicurato, in proposito, l'attenta vigilanza e il controllo, ai fini di una corretta tutela e conservazione del complesso dei beni, nel rispetto di quanto previsto dal codice dei beni culturali e del paesaggio.

Inoltre, il Ministero si avvarrà di tutti gli strumenti previsti dall'ordinamento e, in particolare, dal codice dei beni culturali, per assicurare l'idonea conservazione e la pubblica fruizione del palazzo e delle collezioni che naturalmente in esso sono ospitate, eventualmente ricorrendo, ove ce ne fossero naturalmente le condizioni, al diritto di prelazione, di cui all'articolo 60 del codice citato.

PRESIDENTE. L'onorevole D'Incà ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interrogazione.

FEDERICO D'INCA'. Grazie, Presidente. Non mi ritengo soddisfatto. Le motivazioni sono abbastanza semplici: questo palazzo è un patrimonio unico, oltre ad essere un patrimonio UNESCO. Fa parte, chiaramente, di un patrimonio che esce da due banche del territorio, banche cooperative, di cui ormai abbiamo conosciuto le tante sfaccettature e che avevano 10 miliardi di patrimonio azionario, ridotto praticamente a zero valore per le persone che hanno condiviso un percorso all'interno di queste banche e che, di fatto, sono state truffate.

Oggi abbiamo di fronte un patrimonio che è unico. È come se gli Uffizi per storia fossero sotto una banca fiorentina, o il Colosseo sotto una banca romana, o Pompei sotto una banca napoletana; noi siamo di fronte a questa visione e, per certi versi, non prendiamo, secondo me, lo spunto da questo momento storico per decidere di acquisire in pieno tale patrimonio. Oggi tutti i beni che erano appunto all'interno di Banca popolare di Vicenza e di Veneto Banca (un patrimonio immobiliare di pregio di 809 milioni di euro) fanno parte sia di Palazzo Dall'Armi, che è di Veneto Banca, sia di Palazzo Thiene.

All'interno di Palazzo Thiene ci sono - l'ho detto prima - opere del Tiepolo, di Montagna, del Tintoretto, di Osella, di Jacopo da Bassano.

Quindi, è un patrimonio incredibile; appartiene, in questo momento, ad una società terza, che era, appunto, Immobiliare Stampa, poi finita all'interno della Sga, e quindi della bad bank. Noi abbiamo la possibilità, secondo me, come sistema Paese, di andare ad acquisire questo palazzo, cercando di poter corrispondere la cifra o altrimenti, semplicemente, secondo noi, secondo l'opportunità e anche le scelte portate all'interno del consiglio comunale di Vicenza e anche regione Veneto, di acquisire ad un euro l'intero palazzo e le sue opere, che sono dei veneti, che sono, appunto, di questa cooperativa che era la Banca popolare di Vicenza, e che devono essere consegnate, a nostro parere, al comune di Vicenza o, comunque, diventare un museo statale.

Per poter far questo occorre una presa di posizione forte da parte del Ministero che lei oggi rappresenta qui, e dobbiamo farci carico insieme, a mio parere, di questo bene enorme, incredibile. Lo ripeto: cosa avremmo fatto se, per caso, gli Uffizi fossero stati di proprietà di una banca fiorentina che di fatto avesse subito un fallimento, una liquidazione coatta amministrativa di questo tipo? In qualche maniera, come Paese, non saremmo intervenuti? Bene, per noi, in Veneto, Palazzo Thiene ha la stessa importanza, ha la stessa forza; contiene gran parte della storia e della cultura della nostra bellissima regione, che ha un patrimonio culturale enorme. Chiaramente il Palladio, chiaramente Venezia, ma, ripeto, Palazzo Thiene è uno di questi gioielli, e quindi la invito, sottosegretario, a dare, secondo me, ancora maggiore importanza a questa situazione e ad andare a fondo, per poter capire se riusciamo ad intervenire all'interno della Sga, che è, appunto, la bad bank, e acquisire, secondo me anche d'intesa con Banca Intesa, questo patrimonio a museo statale.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni all'ordine del giorno.

Prima di sospendere la seduta, saluto studenti e insegnanti dell'Istituto comprensivo “Mazzini” di Porto Santo Stefano, in provincia di Grosseto, che assistono ai nostri lavori dalla tribuna (Applausi).

Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 13,30.

La seduta, sospesa alle 11,30, è ripresa alle 13,30.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Ferrara, Lorenzo Guerini, Mannino, Meta, Monchiero, Portas, Rossomando, Scanu, Sottanelli, Speranza, Tofalo e Valeria Valente sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.

I deputati in missione sono complessivamente centoventisei, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione della relazione della Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro sull'attività svolta (Doc. XXIII, n. 29) (ore 13,32).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della relazione della Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro sull'attività svolta (Doc. XXIII, n. 29).

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è in distribuzione e sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna (Vedi l'allegato A).

Avverto, altresì, che le eventuali risoluzioni devono essere presentate entro il termine della discussione.

(Discussione - Doc. XXIII, n. 29)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione.

Ha facoltà di parlare l'onorevole Fioroni, presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro.

GIUSEPPE FIORONI, Presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro. Presidente, colleghi, illustrerò brevemente la terza relazione sull'attività svolta che la Commissione d'inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro ha approvato a larghissima maggioranza nella seduta del 6 dicembre 2017. Questa larga condivisione, analoga a quella evidenziatasi nelle due precedenti relazioni, evidenzia la serietà dell'approccio che ha caratterizzato lo svolgimento dell'inchiesta. Comunque se ne valutino i risultati, l'inchiesta non è risultata condizionata da quelle logiche di contrapposizione politica che hanno caratterizzato, ad esempio, i lavori delle vecchie Commissioni stragi. Al contrario, il lavoro di ricerca e di indagine ha potuto giovarsi degli spunti e delle indicazioni provenienti da tutte le forze politiche, senza alcuna chiusura preconcetta.

Se si ha a mente l'esperienza delle precedenti inchieste svoltesi sul tema del terrorismo e delle stragi, già questo può essere considerato un risultato importante. Il mandato che la legge istitutiva ha assegnato alla Commissione è quello di accertare: a) eventuali nuovi elementi che possono integrare le conoscenze acquisite dalle precedenti Commissioni parlamentari d'inchiesta sulla strage di via Fani, sul sequestro e sull'assassinio di Aldo Moro; b) eventuali responsabilità sui fatti di cui alla lettera a) riconducibili ad apparati, strutture e organizzazioni comunque denominati ovvero a persone a esse appartenenti o appartenute. Questo era il mandato della Commissione.

Il presupposto dell'inchiesta è dunque che permanga una mancanza di verità, e io condivido le parole che oggi il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha detto in occasione dell'anniversario per piazza Fontana. Una mancanza di verità rispetto ad aspetti importanti della vicenda del rapimento e dell'omicidio di Aldo Moro e dell'uccisione degli uomini della sua scorta, Oreste Leonardi, Domenico Ricci, Salvatore Iozzino, Giulio Rivera e Francesco Zizzi. Ciò naturalmente non implica di sottoporre a una revisione critica il complesso dei giudicati penali definitisi in quasi un ventennio, ma di approfondire gli elementi di incongruità e le numerose lacune, anche al di là dell'accertamento di responsabilità penale attualmente perseguibile. Del resto, proprio il lento e faticoso accumularsi di dati investigativi, anche a causa del progressivo e non sempre coerente rilascio di informazioni da parte dei brigatisti pentiti e dissociati, ha fatto sì che persone inizialmente assolte per la vicenda Moro siano state poi riconosciute con assoluta certezza come partecipanti al sequestro. È questo, ad esempio, il caso di Rita Algranati, che svolse una funzione di appoggio in via Fani, ma anche di terroristi come Germano Maccari o Raimondo Etro, che emersero nelle indagini solo nel corso degli anni Novanta.

All'inizio dei lavori della Commissione, il presupposto dell'inchiesta è stato criticato da alcuni dei protagonisti della stagione del terrorismo brigatista, ma è stato criticato anche da magistrati, da giornalisti e personalità politiche, sulla base dell'assunto che sul caso Moro tutto fosse conosciuto e che quanto non noto fosse residuale e minimale. Le tre relazioni dimostrano abbondantemente che così non era. In realtà, proprio la rilettura sistematica dei cinque processi e dell'attività delle precedenti Commissioni che si sono occupate, in tutto o in parte, della vicenda Moro, la prima Commissione Moro, la Commissione P2, la stragi, la Mitrokhin, ha fatto emergere un elemento di sicuro rilievo: il fatto, cioè, che la ricostruzione storico-politica e giudiziaria della vicenda Moro è risultata fortemente condizionata da una verità affermatasi tra gli anni Ottanta e i primi anni Novanta.

Tale verità era fortemente legata alle interazioni tra le culture politiche all'epoca prevalenti e ad una diffusa volontà di voltare rapidamente pagina rispetto alla stagione del terrorismo.

Ciò, peraltro, è ampiamente evidenziato nelle pagine che questa relazione dedica all'analisi del percorso dissociativo di Valerio Morucci e Adriana Faranda, partendo dal loro arresto, o presunto tale, alle interazioni dei due brigatisti con il SISDE, e alle influenze che le loro dichiarazioni esercitarono sul processo Moro-ter e non solo.

Il lavoro della Commissione è stato, dunque, innanzitutto, lavoro di analisi della ingente quantità di documentazione acquisita. In questo, come in altri ambiti, la Commissione ha potuto compiere passi in avanti, forse in maniera determinante, in quanto ha potuto disporre, grazie alla declassificazione, di documenti, seguita alla “direttiva Renzi” del 2014. E colgo l'occasione per ringraziare, a nome di tutta la Commissione, il Presidente Renzi che ha aperto come non mai i nostri archivi e i nostri cassetti, consapevoli che il futuro del nuovo Paese ed il suo rinnovamento passa sempre e comunque per la capacità di fare piena luce sull'Italia dei misteri. Quindi, questo ci ha consentito di ottenere materiali precedentemente non disponibili e di individuare fonti dimenticate o occultate che sono state analizzate alla luce delle audizioni e delle attività di indagine delegate ai collaboratori e alle forze di polizia. Ricordo, solo per dare un elemento concreto, che la Commissione ha acquisito un totale di 2.250 unità documentali, per un totale di 700.000 pagine, ha delegato oltre 440 attività ai collaboratori, tra cui 256 escussioni. Tutte attività che hanno potuto essere realizzate grazie al grande impegno dei collaboratori della Commissione: magistrati, forze di polizia ed esperti che hanno operato ad esclusivo titolo gratuito e fuori dall'orario di servizio, tenendo presente che la Commissione ha speso in tutti e cinque gli anni complessivamente poche decine di migliaia di euro; credo sia l'unica Commissione d'inchiesta che ha speso queste cifre e non ha utilizzato minimamente ciò che erano spese di rappresentanza.

Seguendo la logica della legge istitutiva, la Commissione non ha inteso proporre una lettura complessiva del caso Moro, quasi dedicandosi a una sorta di storiografia parlamentare. Non è infatti sembrato opportuno tornare sugli elementi già acquisiti con sufficiente certezza e riscontrati con elementi di prova. La Commissione ha invece focalizzato la sua attenzione sugli aspetti che più di altri fanno emergere elementi nuovi o non sufficientemente indagati e specifiche responsabilità. In tutti i casi in cui tali elementi possono integrare notizia di reato, la Commissione ha trasmesso i relativi atti alla procura di Roma, alla procura generale presso la Corte di appello di Roma, a secondo delle rispettive competenze a seguito della avocazione. Mi sembra giusto a tale proposito sottolineare che, durante tutto il corso dell'inchiesta, la Commissione ha proceduto con queste autorità giudiziarie in un'ottica di leale e reciproca collaborazione. Analoga collaborazione è stata riscontrata anche nel rapporto con le Agenzie del sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica, nonché nel rapporto con i Ministeri interessati, in particolare quello degli esteri, della giustizia e dell'interno, e con la polizia di Stato, l'Arma dei carabinieri e la Guardia di finanza. Numerosi aspetti della vicenda Moro sono specificatamente trattati in questa e nelle precedenti relazioni e dal complesso degli elementi acquisiti emerge un'analisi significativamente nuova di molti degli snodi centrali di questo drammatico evento. Per questo, per quanto attiene specificatamente a questa terza relazione, la Commissione ha approfondito in particolare quattro aspetti. Il primo è il complessivo riesame della vicenda di Valerio Morucci e Adriana Faranda che la Commissione ha compiuto allo scopo di rivalutare nella sua interezza il profilo dei due brigatisti che hanno svolto un ruolo importante sia nella vicenda del sequestro, sia nella costruzione dei giudicati penali sul caso Moro. Sulla base di numerose acquisizioni documentali e testimoniali, la Commissione ha realizzato una completa e inedita ricostruzione della vicenda dell'arresto di Morucci e Faranda, che furono catturati il 29 maggio del Settantanove in una casa di viale Giulio Cesare a Roma, dove erano ospiti di Giuliana Conforto, figlia di “Dario”, già agente dell'Unione Sovietica, peraltro ben noto ai servizi italiani e non solo. Le indagini compiute hanno consentito di accertare che l'individuazione del rifugio fu resa possibile dalle confidenze rilasciate da una fonte della squadra mobile di polizia di Roma. Diversi elementi rendono tuttavia probabile, io direi certa, l'esistenza di una sorta di doppio livello nell'arresto di Morucci e Faranda e l'esistenza di una parallela attività anche negoziale svolta per il tramite di Giorgio Conforto. La Commissione ha poi approfondito il percorso dissociativo di Morucci e Faranda, attraverso documentazioni recentemente acquisite dall'AISI, l'analisi su base documentale della vicenda, il cosiddetto memoriale Morucci, che fondò una parte importante della verità giudiziaria sulla vicenda Moro.

Questo ha consentito di individuare con più precisione gli attori politici e giudiziari che nel corso degli anni Ottanta realizzarono la stabilizzazione di una verità parziale sul caso Moro, funzionale a un'operazione di chiusura della stagione del terrorismo, e ne comprendo perfettamente i motivi, che ne ha espunto però alcuni aspetti controversi e forse fastidiosi.

Un secondo tema che trova spazio nella relazione è l'analisi del ruolo della dimensione mediterranea e mediorientale nella vicenda Moro. In questo ambito, la Commissione per la prima volta è riuscita a ricostruire una precisa scansione del rapporto di collaborazione tra Brigate Rosse e formazioni palestinesi maggiormente orientate in senso marxista e ha approfondito le iniziative assunte da servizi italiani per favorire la liberazione di Moro con l'aiuto dell'Olp e del Fronte popolare per la liberazione della Palestina, nel quadro dei controversi accordi di intelligence che l'Italia definì con i vari movimenti palestinesi. Allo stato si può ormai affermare che la vicenda Moro è intimamente connessa col più vasto contesto internazionale del rapporto tra l'Italia e il Medio Oriente in tutti i suoi aspetti, da quello dei traffici d'armi, a quello del rapporto tra terrorismo interno e terrorismo mediorientale.

Una serie di approfondimenti tecnici e di indagine hanno portato poi a valorizzare un terzo tema, quello della latitanza di Alessio Casimirri che continua indisturbato a vivere in Nicaragua. A partire dal reperimento tra la documentazione che la Commissione ha acquisito dall'Arma dei carabinieri di un cartellino fotosegnaletico di Casimirri che appare assolutamente incongruo allo stato degli atti, perché non è mai risultato che Casimirri sia stato tanto meno arrestato, tanto meno fotosegnalato e noi abbiamo accertato che fino a luglio dell'Ottantatré era presente nel nostro territorio nazionale. La Commissione ha riscontrato numerosi elementi di criticità nella vicenda di Casimirri, più volte segnalato e denunciato. È emerso nelle confessioni dei pentiti già nell'Ottantadue che Casimirri poté espatriare verosimilmente con un passaporto grossolanamente contraffatto, sul quale la Commissione ha acquisito elementi mai prima emersi in questi lunghi trentanove anni. A ciò si aggiunge la tardiva emersione delle responsabilità di Casimirri in sede giudiziaria, legato essenzialmente alle omissioni comprese nella testimonianza di Morucci e il fallimentare tentativo compiuto nel Novantatré di ottenerne l'estradizione. In questo quadro, le evidenti protezioni godute da Casimirri per i suoi rapporti con ambienti governativi sandinisti, non sembrano l'unico elemento che ha favorito la latitanza del terrorista. Sono emerse in maniera chiara situazioni di protezione che riguardano i nostri apparati e il nostro il sistema di protezione interno.

Un altro tema importante è stato l'individuazione nella zona della Balduina di un complesso immobiliare di proprietà dello IOR che ospitò nella seconda metà del Settantotto Prospero Gallinari e che era caratterizzato dalla presenza di alti prelati (che è normale nelle palazzine dello IOR), ma insieme con questi, di società statunitensi, una di queste con funzioni di intelligence americana, di esponenti tedeschi dell'autonomia, di finanzieri libici e di due persone contigue alla Brigate Rosse. Tale complesso, anche alla luce delle posizioni e delle indagini svolte, fa pensare che è quello che è stato utilizzato per spostare Aldo Moro dalle auto utilizzate in via Fani a quelle cui fu successivamente trasferito. Data la ristrettezza del tempo. mi limito a evocare altri tre temi affrontati nella relazione: l'esistenza in ambiente lombardo, principalmente milanese, di un filone legato ad ambienti socialisti che fanno riferimento direttamente all'onorevole Craxi che nel corso del sequestro Moro ebbe un ruolo sia nei tentativi di stabilire un contatto con i brigatisti, sia anche nella circolazione di scritti riconducibili a Moro; gli approfondimenti condotti sulla vicenda dalla scoperta del covo brigatista di via Fracchia a Genova e sulla possibile presenza di scritti di Moro; gli accertamenti tecnici delegati al Ris dei Carabinieri di Roma sulle modalità di uccisione di Moro. Gli elementi esposti nella presente relazione integrano, in qualche modo modificano, quelli già oggetto di esposizione nei due precedenti. Del resto compito alla Commissione non è stato solo quello di evidenziare nuovi elementi, ma quello di sgomberare il campo di una serie di false piste che spesso trovano ancora ecco in sede giornalistica e pubblicistica.

Rapidamente, alcune rapide conclusioni. In primo luogo, ciò che emerge con chiarezza anche da una semplice lettura combinata dei documenti programmatici delle Brigate Rosse e delle informative che provenivano dal Medioriente, è che tale lettura combinata avrebbe consentito di individuare una specifica necessità di tutelare la persona di Moro con le massime misure di sicurezza. Ove queste fossero state attuate, forse, un'intera vicenda del terrorismo brigatista avrebbe assunto una piega ben diversa da quella che si realizzò, oltre alla salvezza dell'onorevole Moro e degli uomini della scorta.

In secondo luogo, l'analisi del memoriale Morucci e delle sue vicende e le attività tecniche delegate evidenziano il carattere parziale delle tradizionali ricostruzioni, la necessità quanto meno di integrarle con una valutazione della probabile esistenza di ulteriori appoggi e complicità anche sul piano logistico. Emerge poi, al di là delle responsabilità accertate dei brigatisti, la presenza di attori interni e internazionali che operarono nella vicenda.

Molti elementi emersi per la prima volta indicano che sull'operazione bilaterale - ho finito - delle Brigate rosse si innestò l'azione di una pluralità di soggetti, che per ragioni diverse influirono sulla gestione e tragica conclusione del sequestro. In questo ambito possono collocarsi sicuramente i soggetti legati alla P2, ma anche a organizzazioni criminali o perché interessati da esponenti politici in quanto fornitori di supporto logistico e semplicemente come spettatori della vicenda; ancora più importante è, però, il riconoscimento del ruolo di quell'area grigia invisibile costituita da rapporti tra i servizi di intelligence di vari Stati.

PRESIDENTE. Onorevole Fioroni, il mio compito è ingrato, però lei deve proprio chiudere.

GIUSEPPE FIORONI, Presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro. Ultime due righe. La Commissione consegna, dunque, al Parlamento un lavoro che non è esaustivo, ma che rende molto più chiaro uno degli eventi più drammatici della storia della Repubblica italiana. Il resto lo consegno scritto. Grazie, Presidente.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Preziosi. Ne ha facoltà.

ERNESTO PREZIOSI. Grazie, Presidente. Nell'accogliere in questa Aula la relazione va riconosciuto, in primo luogo, il lavoro positivo svolto dalla Commissione stessa in linea con le finalità assegnate dalla legge istitutiva. Il lavoro svolto - va ricordato - ha avuto una finalità precisa e circoscritta, trattandosi di una Commissione parlamentare di inchiesta. Non si trattava tanto di conseguire risultati nel campo della ricerca storica e neppure di un'inchiesta di tipo giudiziario, anche se talune notizie trasmesse alla Procura potranno fare, nel limite degli anni trascorsi, il loro corso. Si trattava, invece, di un lavoro propriamente politico e ci possiamo chiedere che interesse può avere la politica ad indagare su un fatto accaduto alcuni decenni fa e che ha avuto con ogni evidenza conseguenze nel determinare alcuni indirizzi politici e di inibirne altri. Perché cercare di collegare fatti, notizie, testimonianze inedite per ricostruire un quadro che ci parla di sovranità limitata del nostro Paese, di gravi deviazioni e lacune in apparati istituzionali? Mi pare evidente: il tema di fondo è dare forza alla presente stagione della democrazia. La democrazia è più debole, rivela pericolose fragilità, se non c'è trasparenza e se non c'è la possibilità di chiamare le cose per nome e di attribuire responsabilità. Il Parlamento, in rappresentanza dei cittadini, ha anche questo compito ed è bene che lo svolga.

Veniamo a quanto la Commissione ha prodotto. I risultati ottenuti - dobbiamo riconoscerlo - sono parziali. Sarebbe servito altro tempo e forse sarebbe stato più opportuno scrivere una relazione finale, ma non entro in questo argomento. Mi limito a richiamare alcuni filoni di indagine sviluppati, che hanno dato risultanze interessanti: in primis, il memoriale Morucci, la latitanza del brigatista, il suo arresto e la genesi stessa del memoriale; quindi, la pista palestinese che offre interessanti elementi sulla collaborazione tra servizi italiani con i servizi dell'OLP e sui collegamenti tra terrorismo interno e terrorismo internazionale e, ancora, al perdurare della latitanza di Alessio Casimirri e la criticità emersa nelle richieste estraditive e la missione SISDE compiuta per lui in Nicaragua nel 1993; il ruolo svolto dalla trattativa vaticana e la sua interruzione, così come il capitolo sugli scritti dello statista democristiano.

Sono tutti elementi interessanti, su cui non si è potuto fare piena luce, ma che presentano comunque un complessivo risultato di positività. Sottolineo solo tre aspetti in chiave di bilancio: in primo luogo, si sono aperte pagine poco note e non esplorate; in secondo luogo, si è gettata nuova luce su fatti solo parzialmente noti, offrendo elementi utili per indagini ulteriori e collegamenti già possibili, esplorabili ulteriormente; in terzo luogo, la luce fatta è ancora insufficiente e pesa su questo anche il permanere di alcune segretazioni e la latitanza di alcuni protagonisti.

Infine, una considerazione riguarda l'attenzione dei cittadini. Nel caso in esame c'è stato interesse intorno ai lavori della Commissione; me ne sono potuto rendere conto personalmente, avendo partecipato a numerosi incontri sul territorio nazionale, in varie province italiane, e per il fatto che molti amici e conoscenti mi hanno posto domande, mostrando un notevole interesse su quello che era il lavoro della Commissione.

A fronte di ciò, però, va sottolineato il singolare silenzio dei media. Fa pensare il fatto che, quando abbiamo presentato la precedente relazione, approvata con un voto quasi unanime dall'Aula, la gran parte delle testate non abbia ritenuto di darne neppure notizia. Solo un fatto di cronaca lontana? Qualcosa che non merita attenzione? Personalmente non amo le dietrologie, ma qualche dubbio viene su questo corale oblio, che parrebbe quasi concordato, un oblio su una pagina di storia così decisiva per il nostro Paese e per il futuro delle forze politiche.

Ebbene, che la democrazia apra porte e finestre, che non si rigiri nessuna pagina prima di averla letta integralmente. Al di là del lavoro storico e delle competenze che riguardano l'attività giudiziaria, la vigilanza della politica, la necessità di aprire inchieste e di offrire elementi informativi e chiavi di lettura rimane fondamentale per la salute dell'ordinamento democratico.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Palese. Ne ha facoltà.

ROCCO PALESE. Grazie, signor Presidente. Non c'è dubbio che il lavoro effettuato, prodotto dalla Commissione, ha dimostrato, con nuovi elementi, di dare un contributo serio sulla riapertura dell'inchiesta sul caso Moro, uno dei casi che ancora presenta lati oscuri, tutti da chiarire ed è sperabile che venga fatto nel quarantesimo anno di una tragedia incredibile per la democrazia, per lo Stato italiano e anche per le vittime che ci furono nell'attentato famoso di via Fani. Io penso che il lavoro della Commissione abbia dato questo contributo in termini di chiarezza.

Ancora non si comprende quali siano stati i veri motivi per i quali non si sia proceduto a portare a termine i vari tentativi, che pure sono emersi nelle relazioni, così come il presidente di questa Commissione, l'onorevole Fioroni, in maniera sintetica ha tratteggiato; in alcuni punti ha richiamato senza esitazioni che a tutt'oggi ci sono coperture nei confronti di alcuni brigatisti.

Rimane sempre questo punto interrogativo: c'è stata una volontà politica con una regia esterna oppure tutta interna italiana rispetto all'eliminazione del Presidente Moro? È un problema non risolto, per niente. Le situazioni che si sono venute a creare con la famosa e, purtroppo, tragica, a mio avviso, linea della cosiddetta fermezza, fermezza che poi, dopo quattro, cinque mesi, è andata tutta polverizzata, perché cadde il Governo, non ci fu una maggioranza, non ci fu più lo Stato… A quattro mesi di distanza, tutta quella fermezza, secondo la quale bisognava salvaguardare lo Stato, bisognava salvaguardare la Repubblica e quant'altro, venne meno, perché si andò addirittura al precipizio, alle elezioni anticipate.

Non sta a me tratteggiare e dire che la perdita dell'onorevole Aldo Moro è stata una perdita di un'importanza senza precedenti per il Paese. Rimane un aspetto fondamentale, quello che ad oggi, non essendo fatta piena luce, stride: il comportamento assunto - io dico, a tutt'oggi - dagli organi dello Stato e dagli apparati dello Stato nei confronti degli ex brigatisti, che girano liberi, che vanno nelle università e, dall'altra parte, vi sono le famiglie, i figli delle persone che sono state uccise, gente che è stata massacrata in nome di non si sa che cosa.

Ora, davanti a una situazione del genere, non c'è dubbio, io condivido, alla fine, la risoluzione, perché è giusto che ci sia un'ampia discussione e la riapertura del dibattito su queste situazioni, perché la memoria è sempre importante nel contesto soprattutto delle scuole e nelle istituzioni.

Noi, Presidente, molto probabilmente, se saranno rispettate tutte le previsioni che vengono fatte dai giornali per la prossima legislatura - c'è maggioranza, non c'è maggioranza, eccetera -, rischiamo di avere lo stesso quadro del 1976, quando non c'era la possibilità di fare un bel nulla in termini di maggioranza, però, con una grande differenza: allora c'era Aldo Moro, che con una sua intuizione incredibile riuscì a rimettere in pista l'attività del Governo e del Parlamento di questo Paese.

Oggi, io, dal punto di vista politico, spero chiaramente in una “stravittoria” del mio schieramento, ma, ove non dovesse esserci, ahimè, quanto ci mancherà una persona come Aldo Moro!

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bolognesi. Ne ha facoltà.

PAOLO BOLOGNESI. Grazie, Presidente, onorevoli colleghi, dopo tre anni di indagine parlamentare sul rapimento e l'omicidio dell'onorevole Aldo Moro, consegniamo agli atti del Parlamento gli esiti di un'inchiesta che restituisce al Paese una documentata e inedita verità su ciò che avvenne in quei cinquantacinque giorni che cambiarono il corso della storia italiana. Un importante risultato, raggiunto nonostante l'avversione di chi ha fin dall'inizio denigrato e ostacolato l'istituzione e il lavoro della Commissione. Oggi conosciamo una realtà dei fatti che, dopo trentanove anni, ci permette di demolire molte delle falsità costruite, avallate e protette dai portatori di interessi convergenti sull'eliminazione dello statista italiano.

Il caso Moro è stato un omicidio blindato nell'armadio della Repubblica, privato del diritto alla giustizia, attraverso i depistaggi, i ricatti e l'occultamento di atti e prove eseguiti da molteplici protagonisti, la cui modalità operativa ritroviamo nel DNA della strategia della tensione. Da via Fani a via Caetani e nei lunghi cinquantacinque giorni di prigionia dello statista, è ormai certa la presenza e l'azione di soggetti esterni alle Brigate Rosse per l'eliminazione di Aldo Moro e della sua politica, che, in anticipo sulla storia, puntava al superamento degli equilibri di Yalta e alla costruzione di un'Europa dei popoli, con un Partito Comunista indipendente da Mosca.

Grazie al lavoro svolto dalla Commissione, oggi abbiamo iniziato ad aprire l'armadio della Repubblica e accertato le falsità dell'avversione propalata per trentanove anni sul sequestro e l'uccisione di Moro. Una falsità di Stato, che trae origini dalle menzogne contenute nel memoriale di Valerio Morucci e Adriana Faranda, oggetto di trattativa tra brigatisti e soggetti istituzionali perché si affermasse, anche a livello giudiziario, una verità dicibile, funzionale ad un'operazione di stabilizzazione e di chiusura della stagione del terrorismo, omettendo, in cambio, le responsabilità di molteplici soggetti politici e dei loro apparati, a fronte delle garanzie anche di benefici penitenziari previsti dai dissociati. Un accordo nell'interesse di un'impunità generale di dimensioni nazionali e internazionali, possibile grazie anche alle omissioni della magistratura, alle complicità politiche, alle negligenze giornalistiche, ad indagini pilotate o non compiute.

La prima farsa smascherata è, come riferito nel novembre del 2014 dal procuratore della Repubblica di Roma Ciampoli, che la mattina del 16 marzo 1978, insieme alle Brigate Rosse a rapire Moro vi fossero elementi dei servizi segreti dello Stato, uomini della mafia romana, Banda della Magliana, e uomini di nazionalità straniera, che avevano interesse per lo meno a creare la destabilizzazione del quadro politico italiano.

La dinamica di quello che definisco un golpe attuato con un'imboscata prevista dalla tattica militare e che si svolse in via Fani la mattina del sequestro di Moro, è contrastata in modo evidente con l'impreparazione nel maneggiare le armi descritte nel memoriale Morucci. E l'epicentro di quell'azione sarà il bar Olivetti, situato in prossimità del luogo dell'agguato e che la Commissione ha scoperto essere aperto quella mattina, al contrario di quanto affermato in passato. Un'attività di copertura di proprietà di due uomini legati ai servizi segreti e della figlia dell'ex Presidente della Repubblica, Giovanni Gronchi, forse ignara di ciò che stava avvenendo.

Anche sulla prigione di Moro e sulla sua uccisione le Brigate Rosse hanno mentito. Abbiamo raccolto elementi che indicano chiaramente che l'appartamento di via Montalcini o non è stato il solo ad essere utilizzato o, addirittura, non è mai stato impiegato come prigione di Moro, che invece è probabile si trovasse nella zona della Balduina, in via Massimi 91, in un complesso di proprietà dello IOR, caratterizzato dalla presenza di prelati, società statunitensi legate all'Intelligence USA, esponenti tedeschi e dell'autonomia, finanzieri libici e in cui fu ospite anche Prospero Gallinari, allora latitante nell'autunno del 1978.

La versione delle Brigate Rosse su come uccisero Moro, nell'incidente probatorio che abbiamo fatto in Commissione assieme ai RIS, è risultata falsa: Moro non è morto istantaneamente, non è stato steso vivo sul cofano della Renault e il numero di colpi che lo ha ucciso non è quello che dicono i brigatisti. Quindi a sparare non sono solo Maccari, Gallinari e Moretti, i tre brigatisti che si sono autoaccusati, perché la dinamica accertata è totalmente diversa da quanto hanno raccontato. Il sequestro, la prigionia, la morte: oggi possiamo affermare che ciò che accade nei tre principali passaggi di questa tragedia è stato occultato per trentanove anni.

La magistratura approfondirà i nuovi elementi emersi dall'inchiesta parlamentare compiuta dalla Commissione che la relazione che voteremo consegnerà agli atti del Parlamento. Questo Paese deve comprendere l'importanza di fare i conti col proprio passato, non lasciare la propria storia chiusa negli armadi nascosti della Repubblica e fare piena luce sul passato, che altrimenti non passa mai, attraverso l'impegno civile e politico nel ricercare la verità, che è fondamentale per depurare la vita democratica dai ricatti e dai condizionamenti che la inquinano e che la hanno inquinata. Il caso Moro è l'emblema di come il depistaggio possa cambiare la storia di un Paese e il lavoro svolto dalla Commissione dimostra che è possibile dare risposte anche dopo decenni per cambiare il futuro e tutelare appieno la democrazia.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Lavagno. Ne ha facoltà.

FABIO LAVAGNO. Grazie, Presidente. I fantasmi attraversano tutte le culture del mondo, in tutte le epoche, divenendo spesso un topos narrativo: nella cultura occidentale, dai miti di Orfeo ed Euridice, a quello di Polissena, passando per i fantasmi shakespeariani e i romanzi anglosassoni ottocenteschi, si arriva sino al più recente I giganti della montagna di Pirandello. Spesso le storie di fantasmi, per essere rese più verosimili, abbondano di citazioni rispetto alle proprie fonti, è quello che accade analizzando Il giro di vite ed è la stessa tecnica con cui si diffondono anche le leggende metropolitane. Citare le fonti, vere o presunte, è elemento fondamentale per dare spessore ad una storia di fantasmi. Questo si addice a storie di fantasmi, appunto ad opere narrative, si tratta di éscamotage che non si prestano, però, né al dibattito politico, né tanto meno alla storiografia. Eppure esiste nella storia italiana un passaggio, un periodo di cinquantacinque giorni in cui i fantasmi, le entità, le presenze si sprecano e le modalità della sua narrazione non si discostano molto dalle ghost stories. Si tratta di quello che diffusamente viene chiamato come “caso Moro”: una pubblicistica sovrabbondante e spesso di scarsa qualità ha alimentato, nel corso dei decenni, nell'opinione pubblica una sensazione che attorno alla vicenda si addensino ombre e misteri. La politica non è risultata immune a queste suggestioni, molto spesso, anzi, per proprie finalità non ha fatto altro che alimentarle. In quest'Aula, fin dall'inizio, in occasione della discussione generale e delle dichiarazioni di voto sulla legge istitutiva della Commissione, non sono mancati riferimenti alle tesi più complottiste, a lungo portate avanti dal senatore Flamigni, e a generiche evocazioni di verità nascoste e nebbie da diradare.

La relazione sul primo anno di attività della Commissione si incaricava di dichiarare esplicitamente: ancora oggi permangono incoerenze e zone d'ombra; nella stessa opinione pubblica è diffusa la convinzione che le conoscenze sinora acquisite in merito alle responsabilità e alla dinamica dei fatti siano quanto meno incomplete e non definitive; quella stessa opinione pubblica a cui, secondo quelle dinamiche, facevo riferimento precedentemente.

Spiace rilevare che i lavori della Commissione e la loro cronaca siano stati spesso improntati a focalizzare l'attenzione su ipotesi fantasiose e spesso a minimizzare i pochi ma importanti riscontri di carattere più scientifico oggettivo. Purtroppo, in questa storia di fantasmi talvolta occorre rilevare che i primi fantasmi stessi sono i commissari, i quali spesso hanno disertato le sedute.

In questi giorni questo ramo del Parlamento discute e approverà la terza relazione intermedia, non un atto conclusivo, ma un terzo resoconto della propria attività. La Commissione ha abdicato, così, all'ambizione di giungere a una relazione finale e, conseguentemente, di dare la possibilità di presentare eventuali relazioni di minoranza, come previsto nella legge istitutiva. Un'occasione mancata di assumersi una responsabilità politica di fronte al Parlamento e al Paese.

Se l'anno scorso, all'epoca della seconda relazione, dopo l'esito del referendum costituzionale, lo scioglimento anticipato delle Camere era una variabile possibile, oggi la legislatura, nella sua scadenza naturale, è un factumnaturale: la scadenza, insomma, è segnata sul calendario. È vero che in qualunque inchiesta ci si trova, da un lato, a dover fare i conti con i limiti del tempo a disposizione e, dall'altro, a non sapere in anticipo come l'inchiesta stessa si svilupperà, ma ciò non comporta la rinuncia a formulare le conclusioni che siano formalmente tali, sebbene ovviamente esse valgono solo per il momento in cui sono state formulate e non per il futuro. Spiace rilevare ciò di questa Commissione che, a differenza della prima “Commissione Moro” che ebbe un anno in meno a disposizione, dato che iniziò i propri lavori da zero, e ciononostante si preoccupò di consegnare al Paese e al Parlamento una propria relazione compiuta…

PRESIDENTE. Concluda, onorevole Lavagno.

FABIO LAVAGNO. …mentre noi, invece, oggi siamo ancora una volta a una relazione intermedia e non vorremmo che questo fosse il prodromo per un'ulteriore alimentarsi di narrazioni fatte di ombre, depistaggi ed evocazioni mai, mai dimostrate.

Ecco, questa credo che sia una voce minoritaria del Parlamento, perché questo Parlamento avrebbe avuto la possibilità - l'ultima forse per ragioni anagrafiche - di chiudere quella vicenda tragica e drammatica e, invece, la soverchiante maggioranza con cui questa relazione verrà approvata dimostra che si va in una direzione contraria.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Grassi. Ne ha facoltà.

GERO GRASSI. Grazie, Presidente. L'appuntamento in Aula di oggi è l'ultimo di un percorso che è iniziato quattro anni fa. Io ho nella mente e nel cuore i vari passaggi che ho vissuti tutti. Ricordo bene, quando questo viaggio del dolore è partito, i mormorii pubblici e privati di chi sosteneva che l'istituzione di un'ulteriore Commissione d'inchiesta sul rapimento di Moro, sull'omicidio di Moro e sull'omicidio degli uomini della scorta, fosse inutile perché si sapeva tutto. Ci sono stati quelli che hanno tentato di non far partire i lavori dalla Commissione. Rispetto alla legge del maggio 2014, la Commissione si è istituita ed è partita il 3 ottobre. C'erano alcuni gruppi che non designavano i componenti della Commissione. Perché? Me lo sono sempre chiesto. Noi del gruppo del Partito Democratico con questa Commissione abbiamo voluto fare un'operazione di verità. La “Commissione Moro” non guarda al passato; è indirizzata al futuro.

L'intervento del presidente Fioroni ha toccato dei punti salienti del lavoro di una Commissione che, mi piace sottolineare, ha lavorato diversamente da quanto alcuni sostenevano, di fatto a costo zero per lo Stato. Il presidente Fioroni ha toccato alcuni punti - ce ne sono altri - e basterebbero quelli per dimostrare che siamo quasi alla correità morale per quanti continuano a sostenere, a distanza di quarant'anni, una verità completamente smontata. La verità dello Stato sul caso Moro è combaciata per troppo tempo con il “memoriale Morucci - Faranda”. Basterebbe sapere, per chi vuole leggere i documenti, che il signor Valerio Morucci nello stesso periodo ha svolto il nobile ruolo di imputato, di consulente di qualche magistrato, di consulente delle forze dell'ordine e di collaboratore con qualcuno che, rappresentando lo Stato, avrebbe dovuto difendere altri interessi. Dalla documentazione si evince chiaramente che c'è stato un lungo periodo nel quale la trattativa è intercorsa. In via Fani sono rimasti in pochi a sostenere che c'erano solo le Brigate Rosse.

Alcuni brigatisti, autorevoli rappresentanti della magistratura, autorevoli rappresentanti delle forze dell'ordine, rappresentanti di Stati stranieri che hanno vissuto quel tempo hanno sostenuto che in via Fani con le Brigate Rosse c'erano tanti e tanti altri e che addirittura le Brigate Rosse erano comprimarie.

Questo non riduce il livello di criminalità dei brigatisti ma lo aumenta, perché sono stati criminali e sono bugiardi e hanno rappresentato un mondo che non era quello loro, un mondo fatto di commistione tra pezzi dello Stato e pezzi della criminalità. Le contiguità evidenziate da questa Commissione, tra la mafia, la camorra, la 'ndrangheta, la banda della Magliana e le Brigate Rosse non sono un caso.

Io nel 1978 avevo vent'anni. Mi ricordo che le Brigate Rosse esordivano dicendo che avrebbero detto tutto al popolo; siamo ancora in attesa che lo facciano. Dicevano che si muovevano per realizzare la giustizia sociale; siamo ancora in attesa di capire quale giustizia: non ci può essere giustizia che passi attraverso l'omicidio. Ecco perché ha ragione chi dice che in via Fani c'erano anche le Brigate Rosse. E smontato il “memoriale Morucci-Faranda”, questa Commissione è andata sul luogo del delitto, in via Montalcini, dove non c'è una prova che Moro sia stato ucciso lì. Ma all'epoca ci fu qualche magistrato che fece propria una dichiarazione di alcuni brigatisti senza alcuna prova. Nella Renault, nella famosa Renault, non c'è una traccia della presenza dei brigatisti che forse, nel momento in cui Moro è stato ucciso, non c'erano, tant'è che la descrizione che i brigatisti fanno dell'omicidio è una descrizione smontata pezzo a pezzo. Tu puoi sbagliare qualche particolare ma non puoi sbagliare il racconto dell'omicidio che ha caratterizzato la storia della Repubblica italiana.

Ecco perché io sono particolarmente lieto che la Commissione in silenzio, fuori dal clamore, senza l'eco che spesso fanno alcune trasmissioni televisive nelle quali si discute del nulla, è riuscita, con grande sacrificio, a dimostrare che nella vicenda Moro la magistratura e le forze dell'ordine hanno volutamente, per alcuni, sottaciuto prove evidenti. Non si può arrestare un personaggio come Casimirri e poi farlo partire. Non ci si può fermare dietro una porta chiusa, non si può, come disse il procuratore generale di Roma, il dottor Pascalino, accettare supinamente che la polizia di Stato abbia fatto operazioni di parata tendenti a rassicurare la popolazione ma non a cercare Moro.

Il colpo finale della Commissione, che ha operato anche in tempi ristretti, è l'aver individuato con certezza brigatisti mai toccati da provvedimenti giudiziari, brigatisti i cui nomi non sono mai venuti fuori, e aver evidenziato che molto, molto, molto probabilmente la prima prigione di Moro sia stata in via Massimi 91, lì dove le forze di Polizia all'epoca, a seguito di un'indicazione della Guardia di finanza, non entrarono perché palazzina extraterritoriale di proprietà dello IOR, che all'epoca era gestito da Marcinkus. E perché sia chiaro il ruolo dello IOR, Marcinkus era un agente CIA ed era iscritto alla P2 e Paolo VI che tentò la trattativa - e noi abbiamo avuto testimoni che ci hanno raccontato di aver visto le mazzette dei soldi, 10 miliardi di lire dell'epoca - fu osteggiato dallo IOR, tant'è che quel denaro lo andò a trovare fuori, lo andò a trovare a Milano dove c'erano tanti ebrei che lui aveva salvato in occasione della seconda guerra mondiale.

Non è un caso che oggi sia il 12 dicembre 2017. È il giorno in cui in Italia si ricorda la strage di piazza Fontana, che fu l'inizio di un percorso stragista molto oscuro, opaco e nebuloso. Non è un caso che quel giorno, il giorno di piazza Fontana, a Moro fu consigliato un certo percorso, per tornare in Italia dalla Francia dove si trovava. Non è un caso che l'uomo buono, amico, mite, generoso, come Paolo VI definì Aldo Moro, sia a tutt'oggi abbandonato da settori di questa società, che continuano ad ucciderlo, non volendo raccontare la verità.

La Commissione ha fatto il massimo possibile nelle condizioni offerte e consegna al Parlamento, al Paese e - scusatemi - alla storia, un nuovo disegno di quarant'anni della nostra Repubblica, un disegno che ci pone tanti interrogativi, ma un disegno che ci dice anche che, tutt'oggi, si può democraticamente combattere e lottare, perché l'Italia, il Paese, siano migliori di come noi stessi li rappresentiamo.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e, pertanto, dichiaro chiusa la discussione.

(Annunzio di una risoluzione - Doc. XXIII, n. 29)

PRESIDENTE. Avverto che è stata presentata la risoluzione Grassi, Dellai, Distaso, Kronbichler, Gianluca Pini e Sisto n. 6-00371 (Vedi l'allegato A), che è in distribuzione.

(Intervento e parere del Governo - Doc. XXIII, n. 29)

PRESIDENTE. Chiedo al rappresentante del Governo se intende intervenire.

DOMENICO MANZIONE, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Grazie Presidente, solo per ringraziare la Commissione per il lavoro svolto e manifestare l'apprezzamento da parte del Governo, non solo per il merito, ma anche per il metodo, come ha sottolineato lo stesso presidente Fioroni.

Il Governo esprime sin d'ora parere favorevole alla risoluzione Grassi, Dellai, Distaso, Kronbichler, Gianluca Pini e Palese n. 6-00371.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della relazione della Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte del militare Emanuele Scieri sull'attività svolta (Doc. XXII-bis, n. 17) (ore 14,20).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della relazione della Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte del militare Emanuele Scieri sull'attività svolta (Doc. XXII-bis, n. 17).

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è in distribuzione e sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna (Vedi l'allegato A).

Avverto, inoltre, che le eventuali risoluzioni devono essere presentate entro il termine della discussione.     

(Discussione - Doc. XXII-bis, n. 17)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione.

Ha facoltà di parlare l'onorevole Amoddio, presidente della Commissione parlamentare d'inchiesta sulla morte di Emanuele Scieri.

SOFIA AMODDIO, Presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di Emanuele Scieri. Presidente, onorevoli colleghi, Emanuele Scieri era un giovane avvocato di 26 anni, un ragazzo di sani valori e principi morali, intelligente, serio, disciplinato, le cui attitudini sono riconosciute da tutti e lasciavano presagire sicuramente una chiara e forte affermazione in campo professionale.

La chiamata al servizio militare lo raggiunse quando già svolgeva la pratica forense. La scelta l'aveva fatta molti anni prima, durante la visita medica militare, ed aveva optato per svolgere il servizio presso i paracadutisti della Folgore. Emanuele Scieri è morto nella caserma Gamerra di Pisa il primo giorno del suo arrivo e venne ritrovato, sempre all'interno della caserma, tre giorni dopo.

Desidero ricordare che l'allora Ministro della difesa, Scognamiglio, manifestò fiducia nelle inchieste giudiziarie, assicurando che eventuali provvedimenti disciplinari, inclusa la rimozione dei superiori gerarchici e dei responsabili della caserma Gamerra, sarebbero stati adottati a conclusione delle inchieste giudiziarie. Purtroppo, le molteplici e dettagliate - lo specifico - indagini della magistratura, sia ordinaria che militare, si chiusero tutte con decreti di archiviazione.

Il Parlamento italiano immediatamente, sempre nel 1999, si occupò della vicenda, non andando però al di là delle attività di sindacato ispettivo, perché i Governi di quegli anni non espressero una volontà favorevole ad istituire la Commissione d'inchiesta, procedendo così soltanto ad un'indagine conoscitiva sul nonnismo. Dopo ben quattro legislature questa Camera ha invece preso atto delle numerosissime istanze di giustizia provenienti dalla famiglia e dal territorio. E all'inizio di questa di legislatura ben tredici comuni, non solo siciliani, hanno chiesto più volte l'istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta.

In una data casuale, ma particolarmente significativa, il 4 novembre 2015, giorno della festa delle Forze armate, la Camera ha deliberato, a larghissima maggioranza, l'istituzione della Commissione parlamentare d'inchiesta, composta da 21 deputati, che ha lavorato con intensità -lasciatemelo dire -, i dati sono nella relazione, alla quale rimando.

Non è mai mancato - e ci tengo a dirlo - l'aiuto della procura di Pisa, alla quale abbiamo inviato tutti gli atti di indagine, espletati dalla Commissione. Non è mai mancata l'attuale collaborazione dei vertici della Folgore, sia della brigata che della caserma, per tutta l'attività che ha svolto la Commissione.

Fin da subito lo Stato maggiore e l'amministrazione della Difesa si sono messi al servizio con l'invio di numerosi documenti, che la Commissione man mano ha richiesto. Fin da subito il Governo, nella persona della Ministra, Roberta Pinotti, nella sua audizione ha rassicurato la Commissione con le testuali parole: non troverete porte chiuse e neppure socchiuse; sono a vostra disposizione tutti gli atti, anche quelli più sensibili, in possesso dell'amministrazione, necessari ai lavori.

Vorrei sottolineare che i rilievi che sono emersi nella Commissione non intendono assolutamente delegittimare il ruolo centrale dell'istituzione militare. La Commissione ha lavorato nella ricerca della verità sgombra da ogni pregiudizio e, in particolare, sgombra da ogni pregiudizio verso il corpo della Folgore. Ma lasciatemi dire che abbiamo lavorato e depositato la nostra relazione, senza alcun timore reverenziale verso nessuno, perché la Commissione ha un mandato parlamentare e, per dovere istituzionale, ha evidenziato elementi obiettivi, che sono emersi durante le indagini, elementi di responsabilità penale, che sono stati sottoposti al vaglio della procura della Repubblica di Pisa, che ha dichiarato di avere riaperto le indagini sul caso Scieri, dopo oltre diciotto anni.

È utile riepilogare quanto avvenne. Il 13 agosto 1999, dopo il cosiddetto CAR, tutto lo scaglione 7/99, al quale apparteneva Emanuele Scieri, veniva trasferito, a mezzo di due pullman, da Firenze a Pisa, presso la caserma Gamerra. Durante il tragitto, i caporali diedero sfogo alla loro natura irrispettosa della dignità dei componenti dello scaglione, ordinando di mantenere la cosiddetta posizione della sfinge, una posizione innaturale, ovvero rimanere immobili, con la schiena staccata dalla spalliera e le mani sulle ginocchia. Imposero di viaggiare con i finestrini chiusi, con il riscaldamento accesso, col basco in testa e - qualcuno ha detto - anche con la sciarpa al collo, costringendo le reclute a viaggiare così.

Sul pullman praticarono a due reclute il cosiddetto battesimo, consistente nel colpirli con forti pugni al petto, strappare le mostrine e sfregarle al viso. Per dette violenze, i caporali sono stati condannati con sentenza definitiva.

Lo scaglione arrivava in caserma Gamerra, a Pisa, intorno all'ora di pranzo. Tutti vennero radunati dinanzi al magazzino di casermaggio. Specifico che il magazzino di casermaggio si trova proprio di fronte la torre, dove poi tre giorni dopo viene ritrovato il corpo di Scieri, ai piedi di una scala.

Esaurite queste formalità di rito, alle giovani reclute veniva concessa la libera uscita, che Emanuele trascorreva insieme ad alcuni commilitoni in giro per Pisa. Alle 22,15 Emanuele Scieri rientrava in caserma con alcuni commilitoni, tra cui un tale Viberti. Anziché ritirarsi direttamente in camerata, Emanuele Scieri e Viberti si incamminano lungo il muro di cinta della caserma Gamerra, per fumare una sigaretta. Dopo pochi minuti Viberti rientra in camerata, mentre Scieri, secondo quello che ci racconta Viberti, rimaneva a telefonare, all'altezza della zona dove poi tre giorni dopo viene ritrovato defunto. In seguito alle indagini della procura di Pisa, emergerà da queste indagini che nessuna telefonata Emanuele Scieri aveva fatto quella sera.

Alle 23,45, come di regola, alla caserma Gamerra viene effettuato il contrappello, nel corso del quale Emanuele Scieri stranamente risulta assente. Ma Emanuele Scieri era rientrato in caserma. In quell'occasione alcuni commilitoni, non il Viberti, segnalarono che Emanuele Scieri era rientrato in caserma e che fino a pochi minuti prima era stato visto passeggiare in compagnia di Viberti. Allora, trattandosi di una recluta, appena arrivata quel giorno, e rientrata prima dell'orario del contrappello, i superiori avrebbero dovuto prendere in considerazione quantomeno che Scieri poteva avere avuto un malore o avrebbero dovuto prendere in considerazione atti di nonnismo, perché gli atti di nonnismo in caserma Gamerra vi erano all'epoca. Era un fenomeno presente e ben conosciuto dai vertici militari, tant'è che il generale della Folgore, Celentano, ha dichiarato, dinanzi alla Commissione in audizione pubblica, che gli atti di nonnismo erano all'ordine del giorno. E l'allora colonnello Ratti, proprio il giorno in cui Scieri arrivò in caserma, fece firmare a tutte le reclute, compreso Scieri, un'autocertificazione con cui si impegnavano a denunciare eventuali atti di nonnismo subiti.

I militari addetti al contrappello, invece, quella sera, nel rapportino della sera, non segnano: “manca al contrappello Scieri”. Segnano: “mancato rientro in caserma”, che è cosa ben diversa. Si sottolinea che in questo rapportino della sera era previsto uno spazio con eventuali annotazioni, e questo spazio non è stato riempito. Nelle sommarie informazioni testimoniali rese alla procura di La Spezia il sergente maggiore Pugliese dichiara di avere ricevuto quello stesso giorno, 13 agosto 1999, dal colonnello Ratti un ordine con cui doveva attenzionare particolarmente la prima compagnia, cioè la compagnia dov'era stato assegnato Scieri.

Dice Pugliese: fino a mezzanotte e trenta ho esaminato, ho visionato la compagnia, perché quell'orario era a rischio perché qualche nonno in epoca passata andava a fare qualche bravata in danno degli allievi. Le ore serali, quindi, secondo la dichiarazione di Pugliese, ma anche secondo Ratti, erano a rischio. E il colonnello Fantini, audito sempre dalla nostra Commissione, definisce totalmente scorretta quella dicitura “mancato rientro” nel rapportino della sera, e sostiene quello che la Commissione ha sempre sostenuto durante questi anni di indagine, che gli addetti al contrappello avrebbero dovuto riportare quanto riferito dai commilitoni di Scieri, cioè che Scieri era dentro la caserma Gamerra. Il caso di Scieri è stato l'unico episodio in cui un militare era rientrato in caserma prima del contrappello. Questo…

PRESIDENTE. Mi scusi, collega. Onorevole Palese, abbassiamo un po' la voce, per favore.

SOFIA AMODDIO, Presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di Emanuele Scieri. Tutti gli altri atti rispondevano a due casistiche precise: o il militare non era mai rientrato in caserma dopo la libera uscita oppure si era presentato al contrappello, per poi uscire di sotterfugio successivamente. È certo che nessuno, però, quella tragica notte si attivò per cercare Emanuele Scieri dentro la caserma.

Dopo la morte di Scieri si aprirono numerose indagini, una delle quali riguardava l'imputazione di omicidio colposo nei confronti degli addetti al contrappello per avere omesso le ricerche, ma anche questa indagine si è chiusa con un decreto di archiviazione. Eppure la Commissione ha accertato che gli stessi vertici della Gamerra si resero conto di avere omesso le mancate ricerche di Scieri la stessa notte del 13, perché il comandante del Centro addestramento paracadutisti di Pisa inflisse una sanzione disciplinare all'allora capitano di ispezione proprio per non avere attuato le ricerche, e appare veramente singolare e contraddittorio che tutti gli addetti al contrappello si siano giustificati sostenendo che le ricerche sarebbero dovute scattare solo il giorno dopo dal mancato rientro e non quella sera del 13.

Non avevano nessun obbligo, hanno detto, quella sera del 13, di cercare Scieri. Eppure la Commissione ha accertato che, oltre la sanzione al capitano di ispezione, come vi ho già detto, venne inflitta anche una sanzione disciplinare al caporalmaggiore di turno la sera del 13 agosto per non aver attuato nessun intervento volto ad accertare il mancato rientro. Allora, nessuno all'interno della caserma cercò Scieri il 14 e 15 agosto, se non con delle semplici telefonate alla famiglia e al cellulare di Scieri, che squillava invano. Scieri venne ritrovato per caso tre giorni dopo, da quattro militari dello scaglione, il 16 agosto, alle 14,10, ai piedi della scala di asciugatura del paracadute, la scala attaccata ad una torretta. Vi sono elementi rimasti oscuri nella vicenda Scieri sui quali all'epoca le autorità non ritennero di indagare. Dalla relazione di servizio dei carabinieri risulta in maniera inequivocabile che il 13 agosto 1999, mentre Scieri si trovava ai piedi della scala, alle 23,48, mentre era in atto il contrappello, partiva una telefonata dal cellulare in uso al generale Celentano, in uso solamente a lui, generale della Folgore, verso l'abitazione di Livorno.

Chiaramente la telefonata agganciava la cella di Pisa, quindi si ritiene che questo telefono era a Pisa lo stesso momento in cui Scieri si trovava ai piedi della torre, lo stesso momento in cui si attuava il contrappello. E ancora, un altro elemento oscuro: il 15 agosto alla caserma Gamerra questa giornata si apre in maniera insolita, perché alle 5,30 del mattino il generale Celentano, accompagnato dal colonnello Fantini - guardate, lo ha dichiarato in Commissione pubblica - effettua un'ispezione straordinaria all'interno della caserma. È stato direttamente il generale Celentano a parlarci di questa ispezione in maniera spontanea, appena lo abbiamo chiamato in Commissione.

Quella notte perché il generale Celentano, la mattina del 15, deve visitare la caserma Gamerra? La caserma Gamerra era totalmente sotto organico, era un giorno festivo: il generale Celentano ci racconta di avere visitato quella notte, prima di arrivare alle 5,30 alla caserma Gamerra, numerosissime altre caserme. Questa Commissione ha chiesto al comando generale: non esiste assolutamente nessuno scritto da cui si evince che ha visitato le altre caserme. In che cosa sarebbe consistita questa ispezione? Il generale Celentano risponde che con i finestrini abbassati percorse tutto il perimetro della caserma, non vide nulla, non sentì nessun odore; eppure a pochi metri c'era il corpo di Emanuele Scieri giacente da alcune ore. In base alle risultanze investigative, devono escludersi tutte le ricostruzioni che ha fatto la catena di comando nel 1999 e che ha ripetuto in Commissione, ovvero che Scieri si era suicidato - Scieri non si è suicidato - oppure che Scieri si era voluto arrampicare da solo su questa scala della torretta per fare una prova di forza con se stesso, in quanto da lì a poco doveva iniziare il corso di paracadutista.

Queste ipotesi contrastano con la personalità di Scieri e con alcuni elementi oggettivi. Primo, il posto era buio e non conosciuto da Scieri. Ai piedi della struttura metallica vi era una massa di materiale in disuso, era una cosiddetta discarica ai piedi della torretta. Scieri era una persona ragionevole, reverente delle regole militari: non avrebbe mai scalato di propria iniziativa questa struttura di sera, al buio e con le scarpe sciolte. Non avrebbe mai sperimentato la sua efficienza fisica. Per sperimentare la sua efficienza fisica, non si sarebbe, appunto, mai slacciato le scarpe, con il rischio di non potere fare affidamento sulla struttura metallica.

Inoltre, sul corpo di Scieri si trova una ferita al dorso del piede sinistro e una ferita al polpaccio che è totalmente incompatibile con la caduta dall'alto, e questo lo riferiscono i consulenti del pubblico ministero anche nel 1999. Su questa ferita sul polpaccio la Commissione ha fatto i dovuti approfondimenti, con dei consulenti specifici, ovvero con i consulenti della Polizia scientifica di Roma. Quindi, Scieri è stato costretto ad arrampicarsi su quella scala. Onorevoli colleghi, la Commissione ha accertato che alla caserma Gamerra avvenivano gravi atti di violenza, non riconducibili a semplice goliardia nel 1999; che i controlli non erano così sufficienti ad evitare che perfino dopo il controappello diversi paracadutisti scavalcavano il muro di cinta e uscivano dalla Gamerra.

Ha accertato che la zona dove fu trovato il cadavere di Scieri era sì isolata, ma presidiata da anziani che la utilizzavano come spazio di rifugio e di svago, uno spazio esente da controlli, e così via. Mi riporto a quello che ho scritto nella relazione, alla relazione corposa della Commissione, e termino con il ricordare che Scieri, un cittadino italiano, è morto nello svolgimento del servizio militare obbligatorio a causa dello stesso, e chiedo, quindi, che la Camera possa fare le proprie conclusioni della relazione approvata in Commissione e impegnare il Governo a promuovere e adottare tutte le iniziative di propria competenza, così come è scritto nella risoluzione a firma di diversi gruppi parlamentari che abbiamo depositato in Parlamento. Concludo, Presidente: ringrazio veramente, con la mente e con il cuore, tutti i funzionari di Palazzo San Macuto che hanno dato un grande supporto, i finanzieri che si sono occupati della tenuta dell'archivio, la Polizia postale, i consulenti che hanno lavorato a titolo gratuito, la Polizia di Pescara, la Polizia di Stato di Siracusa, la Polizia scientifica di Roma, tutti i collaboratori della Commissione e, non ultimo, ma per primo, un doveroso ringraziamento al comandante della caserma Gamerra, che ci ha sempre fornito tutti i materiali che abbiamo chiesto e tutti gli atti che abbiamo chiesto (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Palma. Ne ha facoltà.

GIOVANNA PALMA. Presidente, onorevoli colleghi, questa Commissione di inchiesta nasce dall'esigenza di procedere all'accertamento della verità e alla individuazione degli eventuali responsabili della morte di Emanuele Scieri, in quanto le inchieste giudiziarie iniziate nel 1999 si conclusero tutte con decreti di archiviazione, lasciando una ferita che è ancora aperta non solo nella famiglia, negli amici e nell'intera comunità di Siracusa, ma nel nostro Paese e nelle forze dell'ordine tutte. La domanda di giustizia sul caso Scieri non si è mai sopita. I consigli comunali di Siracusa, Pachino, Pisa, Ferla, Noto, Sortino, Palazzolo Acreide, Floridia, Buccheri, San Gregorio, Castelverde e Catania hanno chiesto nel 2016 l'istituzione di una Commissione d'inchiesta. Il Comitato “Verità e giustizia per Lele Scieri”, costituito dagli amici più cari di Emanuele, e diversi cittadini hanno seguito con impegno le attività della Commissione parlamentare. La Commissione è riuscita, attraverso un lungo, certosino lavoro, ad individuare i diversi elementi di responsabilità sulla morte di Scieri e le ha consegnate all'attuale procura di Pisa. Anche con la presenza in Commissione della stessa Ministra della difesa, senatrice Pinotti, lo Stato italiano ha finalmente iniziato a dare un senso alla richiesta di giustizia, deliberando l'istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta sulla morte del militare Scieri. La Commissione, intrecciando gli elementi acquisiti nel Novantanove dalla magistratura con nuovi elementi di indagine acquisiti attraverso le audizioni, i consulenti, la polizia di Stato, la polizia postale, la polizia scientifica, la Guardia di finanza, l'acquisizione di ruolini della caserma Gamerra, dei fogli matricolari di paracadutisti, ha fornito nuovi elementi sul clima generale che regnava all'epoca in quel presidio dello Stato che è la Caserma Gamerra di Pisa. La Commissione ha evidenziato la natura delle pratiche, il tipo di relazioni che venivano a stabilirsi tra anziani e reclute, il ruolo dei caporali, e l'atteggiamento e la mentalità di militari, le risposte date dei comandanti a livello di corpo e a livello di brigata. La Commissione ha accertato che alla caserma Gamerra avvenivano gravi atti di violenza non riconducibili a semplice goliardia, che i controlli in caserma erano blandi anche dopo il controappello, tanto che diversi paracadutisti si permettevano di uscire, scavalcando il muro di cinta, e che la zona dove è stato ritrovato il corpo del povero Emanuele Scieri era sì isolata, ma presidiata da alcuni anziani che la utilizzavano come spazio di rifugio e di svago, uno spazio esente da regole e da controlli.

Nel lavoro della Commissione fin dall'inizio è apparso centrale l'approfondimento del tema del cosiddetto nonnismo, per contestualizzare il clima in cui è avvenuta la morte di Emanuele Scieri. Posso affermare che l'inchiesta svolta dalla Commissione ha fatto una nuova luce non solo sul clima generale che regnava nella caserma all'epoca dei fatti, ma anche molto più in dettaglio sulla natura delle pratiche stesse.

Il lavoro della Commissione è stato amplissimo, il grande numero degli auditi, all'incirca 76, le acquisizioni di circa 6.000 pagine di atti, hanno consentito un incrocio di dati e di versioni che ha permesso oggi di evidenziare elementi di responsabilità, ma anche episodi di reticenza. A vantaggio del lavoro della Commissione è stato il tempo che, se da un lato, in qualche caso, può avere appannato le memorie, dall'altro ha però condotto molti degli auditi ad un racconto più onesto, più spontaneo della vita militare, non inficiato da paure e preoccupazioni che nell'immediato determinarono in molti militari un atteggiamento di chiusura. È certo, infatti, che nel Novantanove la forte campagna mediatica e l'avvio incrociato delle indagini amministrative interne alla caserma e di quelle della Procura produssero un diffuso atteggiamento di cautela nei militari. L'essere auditi ad una certa distanza temporale, signori colleghi deputati, dai fatti, e superate le paure per le conseguenze disciplinari che magari non correlate con la morte di Emanuele Scieri potevano emergere, ha fatto sì che alcuni soggetti si sono aperti deponendo in Commissione su questioni fondamentali per ricostruire la vita della caserma Gamerra all'epoca dei fatti. L'apertura di questi soggetti, la convergenza di molte testimonianze su questioni importanti di discipline interna che nell'immediato dell'omicidio Scieri furono categoricamente negate e ostinatamente minimizzate, ha messo in forte evidenza il permanere di sacche di fortissima reticenza o addirittura di vera e proprio omertà nelle versioni di alcuni degli auditi su questioni definitivamente accertate che lasciarono immaginare anche ben altre e più significative omissioni.

Le differenze nel descrivere l'atmosfera all'interno della caserma, nel valutare la gravità dei comportamenti deviati all'interno del corpo, non riguardano solo i militari di leva, anche tra i capi militari la Commissione ha potuto verificare grandi diffidenze nella percezione e nella concezione del fenomeno del nonnismo. All'epoca dei fatti, i militari intervistati furono concordi nel condannare ogni forma di prevaricazione e nell'attribuirsi meriti nell'aver contrastato il fenomeno del nonnismo e perseguito i responsabili ogni qual volta fosse emerso un episodio. Tuttavia, i verbali delle audizioni mostrano con chiarezza un quadro molto più variegato, che va dalla sincera convinzione che il nonnismo fosse una pratica diffusa e del tutto sbagliata, da sanzionare con estremo rigore, ad atteggiamenti del tutto opposti, per esempio con la negazione tanto categorica quanto inverosimile della visibilità o della esistenza stessa del fenomeno o addirittura la sua stessa positività.

A dispetto delle dichiarazioni rese all'epoca ai giornali, infatti, alcuni audizioni mettono in evidenza in maniera lapalissiana, e senza ombra di dubbio, che anche tra i vertici della brigata c'era chi ben conoscendo le diverse pratiche di prevaricazioni in uso le considerava un fatto non solo connaturato al mondo naturale, ma addirittura una prerogativa della Folgore, particolarmente formativa di quell'irrobustimento del corpo e soprattutto del carattere che doveva contraddistinguere gli allievi paracadutisti da tutti quanti gli altri militari. Il quadro delle dinamiche all'interno della caserma all'epoca della morte di Emanuele Scieri, così come ricostruito dall'inchiesta della Commissione, ha messo in evidenza due aspetti diversi e complementari del problema della disciplina: da un lato un'altissima sorprendente tolleranza di comportamenti nettamente in contrasto con i regolamenti militari vigenti, il carattere diffuso e noto di comportamenti trasgressivi, e dall'altro l'esistenza di una sorta di disciplina parallela legata non ai regolamenti formali, ma ai concetti di consuetudine e tradizione, come dire una sorta di regolamento non scritto che normando la relazione gerarchica fra i militari trasmetteva in modo informale codici di comportamento reciproco e libertà d'azione degli allievi. Su questo punto la Commissione ha accertato che non solo Emanuele Scieri ebbe modo di constatare personalmente sin dal suo viaggio in pullman da Firenze a Pisa l'atteggiamento intimidatorio e violento di caporali, ma anche che nella stessa caserma Gamerra erano in uso pratiche che andavano ben oltre dalle “pompate”, le cosiddette flessioni che i giovani allievi dovevano compiere praticamente ad ogni passo e che potevano corredarsi anche di pugni e calci sui dorsali e sui fianchi; ma anche di frequenti incursioni notturne nelle camerate; pratiche più umilianti come il jukebox che consisteva nel chiudere il malcapitato in un armadio, introdurre monetine obbligandolo a cantare. E ancora pratiche più dolorose come la “saponetta”, che consisteva nel percuotere il soggetto con una saponetta appunto infilata in un calzino, o ancora pratiche più raccapriccianti e disgustose come quella della cosiddetta “comunione” che consisteva nel fare odorare o addirittura assumere un composto maleodorante a base di escrementi. La maggior parte dei militari subiva queste pratiche in silenzio, ritenendolo un aspetto inevitabile del rapporto fra anziani e nuovi arrivati. Il codice informale prevedeva un momento di riscatto finale in cui all'anziano, al momento del congedo, veniva restituito senza limiti quanto aveva fatto subire ad altri. Vi erano casi in cui questo momento di risarcimento era particolarmente duro. Un aspetto molto importante riguarda poi l'esistenza di un regolamento informale negli spazi interni alla caserma. C'era un luogo, un'area del casermaggio, che era diventato un vero e proprio spazio di gioco e di svago. Dentro il casermaggio alcuni anziani disponevano addirittura di televisioni e di console per i videogiochi. Ma al di là dell'aspetto dell'ordinarietà e di mancati rientri dalle licenze che emerse subito, e fu in qualche modo usato per giustificare il non avvio delle ricerche immediate di Emanuele Scieri assente al controappello serale, altri fatti di grande rilievo sono stati accertati dalla Commissione: la permeabilità in primis delle mura della caserma Gamerra sia in entrata, che in uscita, l'abitudine di militari a riuscire dalla caserma dopo il controappello, ma anche l'abitudine a rientrare in caserma durante le licenze con il risultato di una presenza all'interno della stessa di militari formalmente assenti, oppure la facilità di introdurre dentro la caserma droga e l'abitudine di alcuni di essi di approvvigionarsi di sostanze stupefacenti da soggetti locali esterni al mondo militare. Tutti questi, e altri ancora elementi che rimangono tutt'oggi secretati, sono stati forniti dalla Commissione alla Procura della Repubblica di Pisa, con formale richiesta motivata di riapertura delle indagini. La nostra richiesta è stata accolta e siamo altamente fiduciosi che la magistratura stia svolgendo le indagini dovute.

Ed infine, consentitemi di dire che questo nostro piccolo, ma grande successo, non soltanto è merito della Commissione, del Parlamento tutto, ma soprattutto del presidente, dell'onorevole Sofia Amoddio, la quale con impegno e con abnegazione vi ha creduto dal primo momento, affinché fosse fatta giustizia su quello che ancora oggi noi consideriamo un figlio dello Stato, vale a dire su Emanuele Scieri (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Prestigiacomo. Ne ha facoltà.

STEFANIA PRESTIGIACOMO. Presidente, signor sottosegretario, colleghi, a distanza di oltre diciotto anni la tragica morte di Emanuele Scieri rappresenta ancora un mistero su cui lo Stato non è riuscito a fare piena luce. Parlamento, Governo e magistratura, nello svolgimento delle proprie prerogative, hanno avuto ognuno un ruolo importante nella ricerca della verità su quanto accaduto e nell'accertamento delle responsabilità. Sia la Camera che il Senato hanno mostrato in questi anni interesse e impegno incessanti sulla vicenda; tutti i partiti, pur nella diversità delle posizioni, si sono adoperati per tenere alta la tensione sul caso, e hanno unanimemente ritenuto la mancata giustizia per la morte di Emanuele Scieri un vulnus grave per le nostre Forze armate e per il nostro Paese.

Nelle forze politiche non è certamente mancato l'impegno; sono forse mancati il coraggio e la determinazione di puntare sin da subito sull'unico strumento davvero utile a fare chiarezza nelle tante opache dinamiche che non si sono affrontate con la dovuta risolutezza. Ricordo che nelle precedenti legislature furono numerose le proposte di legge avanzate da molti gruppi parlamentari per l'istituzione di una Commissione d'inchiesta, purtroppo senza riuscire mai nell'intento: e su questo, col senno di poi, dovremo fare tutti un'autocritica. L'esigenza di non sovrapporre l'inchiesta parlamentare con quelle giudiziarie e amministrative non doveva e non poteva impedire al Parlamento di indagare nell'accertamento dei fatti: non si deve mai avere timore per l'accertamento della verità, e su una vicenda poco chiara, dai tratti oscuri e omertosi, la possibilità di aggiungere ad adiuvandum l'attività di inchiesta del Parlamento doveva essere raccolta come un'opportunità, non come un rischio.

Per quanto concerne il ruolo del Governo, in questi 17 lunghi anni si sono succeduti ben otto Ministri della difesa di diversa connotazione politica, e in tutti, dico tutti, abbiamo riscontrato un'eccessiva prudenza, una difesa d'ufficio dell'apparato, dei gabinetti e dei comandi degli stati maggiori. Lo voglio ribadire senza alcuna ambiguità: le Forze armate meritano da tutto il Paese, e innanzitutto dal Parlamento, il massimo rispetto, la massima considerazione e il massimo sostegno, ma la democrazia e il bilanciamento dei poteri vogliono che il Ministro svolga il suo ruolo con autorevolezza e determinazione anche nei confronti dei propri collaboratori, siano essi civili o militari. Nel caso di Emanuele Scieri purtroppo ciò non è emerso affatto, e molte delle inammissibili e sconcertanti pratiche omertose riscontrate nelle inchieste sono probabilmente proprie di un mondo ego-riferito su cui si poteva e si doveva agire con maggiore fermezza da subito, per evitare che l'accertamento della verità e delle responsabilità fosse ostacolato.

Fortunatamente il quadro è completamente cambiato nell'attuale legislatura: da subito furono depositate cinque proposte per istituire una Commissione parlamentare di inchiesta, tutte basate sulla consapevolezza che in esito alle inchieste giudiziarie, chiuse tutte con decreti di archiviazione, ci fosse il ragionevole dubbio che l'accertamento delle responsabilità fosse ancora da compiere, anche e soprattutto tenuto conto dei molteplici aspetti trascurati dalle indagini.

L'istituzione della Commissione è avvenuta grazie al contributo di quasi tutte le forze politiche, e soprattutto del Ministro della difesa, che ha garantito il suo parere favorevole e la piena collaborazione ai lavori della Commissione. L'attività di inchiesta è stata rilevantissima, come hanno confermato la presidente Amoddio, la collega: oltre 50 sedute, 86 persone audite, numerose indagini effettuate attraverso consulenze e richieste di atti al Comando generale della difesa, alla caserma Gamerra, alla procura ordinaria di Pisa, alla procura militare di Roma. Si è lavorato con grande determinazione alla ricerca della verità, senza preconcetti o pregiudizi e senza voler criminalizzare niente e nessuno, nella consapevolezza che le responsabilità penali sono individuali nel pieno rispetto delle Forze armate e dell'autorità giudiziaria.

Nell'immediatezza dei fatti, purtroppo, la magistratura inquirente privilegiò erroneamente e senza opportuni riscontri la tesi del suicidio, nonostante le numerose evidenti circostanze anomale che avrebbero dovuto imporre verifiche molto più rigorose.

Nei lavori della Commissione infatti sono subito emersi dei fatti singolari, molto inquietanti, che meritavano severi approfondimenti: la non annotazione dell'assenza di Scieri al contrappello, la mancata ricerca del militare all'interno della caserma Gamerra, la misteriosa telefonata dal cellulare in uso al generale Celentano, la misteriosa ispezione effettuata alle 5:30 del 15 agosto 1999, la contaminazione dei luoghi nei primi momenti di indagine e l'assenza del pubblico ministero al primo sopralluogo, le dichiarazioni dei vertici che, al di là delle dichiarazioni formali, sembra non avvertissero nella sostanza l'urgenza morale di fare luce immediatamente sulla morte di un allievo all'interno della caserma Gamerra.

La Commissione, incrociando i dati già acquisiti illo tempore dalla magistratura con nuovi elementi di indagine acquisiti attraverso le audizioni in Commissione e il contributo dei consulenti, la collaborazione della Polizia postale, della polizia scientifica e l'acquisizione di alcuni documenti dalla caserma, ha ritenuto di poter fornire nuovi preziosi elementi utili a fare chiarezza sul fatto. Le numerose criticità e le distorsioni riscontrate nella catena di comando e nel sistema disciplinare, inoltre, hanno fatto delineare a nostro avviso nuovi profili di responsabilità meritevoli di verifica. Per questo la Commissione ha depositato presso la procura della Repubblica di Pisa formale richiesta motivata di riapertura delle indagini, trasmettendo tutti gli atti di indagine e le audizioni espletate. La Commissione ha svolto tutte le attività in modo serio e rigoroso, garantendo la segretezza ed il riserbo nei casi meritevoli e ingaggiando anche duri confronti, a tratti molto aspri con i testi più omertosi, ma anche con alcuni inquirenti che forse non avevano compreso il pieno ruolo e i poteri della Commissione e il doveroso rispetto al Parlamento. Ma tutto è avvenuto con il massimo rispetto dei ruoli e delle competenze, senza sovrapposizioni.

In conclusione sono molto soddisfatta del lavoro svolto, che credo sia davvero una bella pagina del Parlamento, che qualifica questa legislatura e che ci consente di dare una risposta concreta ai familiari, ai tanti amici di Emanuele Scieri che in questi anni non hanno mai mollato nella ricerca della verità. Anticipo da subito il voto favorevole del gruppo di Forza Italia alla risoluzione che approverà la relazione finale della Commissione, e colgo anch'io l'occasione per ringraziare la presidente Amoddio per la capacità e l'impegno mostrati nella guida della Commissione, tutti i colleghi che hanno partecipato ai lavori con dedizione e competenza unica, e i preziosi funzionari interni ed esterni della Camera, che ci hanno supportato in modo davvero eccezionale (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Fucci. Ne ha facoltà.

BENEDETTO FRANCESCO FUCCI. Presidente, onorevole rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, la Commissione d'inchiesta, della quale mi onoro di essere membro, ha svolto un lavoro molto serio e puntuale: la relatrice e presidente della Commissione, onorevole Amoddio, che ringrazio fortemente per le modalità di conduzione dei lavori, lavori nei quali non sono mancati assolutamente audizioni connotate da tensioni, ha svolto considerazioni che condivido in pieno.

In questa sede desidero brevemente, dato l'esiguo tempo concessomi, richiamare alcuni elementi significativi emersi nei lavori della Commissione: nello specifico della vicenda drammatica di Emanuele Scieri, una serie ampia di vicende ed elementi poco chiari sull'atteggiamento della catena di comando della caserma teatro della morte della recluta, e in generale un quadro davvero preoccupante rispetto ai fenomeni del nonnismo. È mia convinzione che la Commissione di inchiesta, con la sua relazione finale e poi con l'impegno posto al Governo nella risoluzione che io stesso ho sottoscritto e che voteremo domani, si sia rivelata un utile elemento per consentire, come del resto è avvenuto, la riapertura delle indagini; ma è mia convinzione anche che essa abbia aperto una luce e un faro sulla necessità di interventi per prevenire e sradicare - e lo dico da appassionato sostenitore delle Forze armate e del loro insostituibile ruolo a tutela della nostra democrazia - fenomeni aberranti che sono oggettivamente inaccettabili. Lavoriamo - questo è il mio auspicio finale - per far sì che i lavori della Commissione d'inchiesta possano rivelarsi come elemento qualitativamente importante per fare definitiva chiarezza sulla triste vicenda del militare Emanuele Scieri (Applausi).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione.

(Annunzio di una risoluzione - Doc. XXII-bis, n. 17)

PRESIDENTE. Avverto che è stata presentata la risoluzione Amoddio, Prestigiacomo, Zappulla, Baroni, Fucci ed altri n. 6-00372 (Vedi l'allegato A), che è in distribuzione.

(Intervento e parere del Governo - Doc. XXII-bis, n. 17)

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo.

GIOACCHINO ALFANO, Sottosegretario di Stato per la Difesa. Grazie, Presidente. Vorrei ringraziare il lavoro svolto dalla Commissione, così come descritto dalla relatrice, onorevole Amoddio, e per come hanno collaborato tutti gli altri, per il clima che si è respirato, testimoniato dagli interventi, qui, in Aula.

Presidente, in questa fase, avendo noi letto la risoluzione, posso anche esprimere il parere.

PRESIDENTE. Assolutamente.

GIOACCHINO ALFANO, Sottosegretario di Stato per la Difesa. Il parere è favorevole, Presidente.

PRESIDENTE. La ringrazio. Il seguito del dibattito è rinviato alla seduta di domani.

Sospendo a questo punto la seduta, che riprenderà alle ore 18 per lo svolgimento delle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in vista del Consiglio europeo del 14 e 15 dicembre 2017.

La seduta, sospesa alle 15 è ripresa alle 18.

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LAURA BOLDRINI

Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in vista del Consiglio europeo del 14 e 15 dicembre 2017.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in vista del Consiglio europeo del 14 e 15 dicembre 2017.

La ripartizione dei tempi riservati alla discussione è pubblicata nel vigente calendario dei lavori (Vedi calendario).

(Intervento del Presidente del Consiglio dei ministri)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Presidente del Consiglio dei ministri, Paolo Gentiloni Silveri.

PAOLO GENTILONI SILVERI, Presidente del Consiglio dei ministri. Signora Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, la tradizione di confronto con l'Aula della Camera e con il Parlamento sulle riunioni dei Consigli europei è diventata, nel corso degli anni, uno degli elementi importanti della nostra dialettica parlamentare. Penso che dobbiamo considerare queste occasioni nel loro rilievo. Poi i Consigli europei possono essere talvolta decisivi per le decisioni che prendono, talvolta possono invece essere espressione di momenti di transizione, ma credo che non sfugga a nessuno di noi - certamente non sfugge all'Aula della Camera e al Governo - che in ogni caso stiamo parlando di una sede decisionale di grandissimo rilievo. E, quindi, il confronto nell'Aula, l'illustrazione da parte mia dei temi che saranno discussi giovedì e venerdì, è un'occasione, credo, importante.

Il Consiglio europeo di giovedì e venerdì prenderà alcune decisioni di rilievo su alcuni argomenti abbastanza precisi e, poi, avrà un momento di discussione su argomenti ancora più importanti. Non ci saranno su questi delle decisioni specifiche, ma saranno discussioni molto rilevanti. Il tutto avviene in una congiuntura, che vorrei segnalare all'Aula alla Camera, perché è una congiuntura particolare. Noi abbiamo attraversato, nel corso degli ultimi due anni, delle fasi diverse nella temperie europea. Abbiamo avuto certamente nel 2016 un doppio shock: lo shock di Brexit e lo shock costituito dalle elezioni americane. Dico che si è trattato di un doppio shock, non perché noi si abbia o si possa avere nulla da ridire sulla decisione democratica del popolo britannico e tantomeno sulla decisione del popolo americano, essendo gli Stati Uniti sempre stati ed essendo tuttora il nostro principale alleato. Ma, certamente, la decisione di Brexit è parsa il culmine di una difficoltà e di una crisi dell'Unione europea (giugno 2016) e il voto negli Stati Uniti è parso in qualche modo caricare l'Europa, l'Unione europea, di una responsabilità e di una domanda particolari, perché è parso essere un momento di ridefinizione dei rapporti tra le due sponde dell'Atlantico e, quindi, una sfida, in un certo senso, a noi europei. Abbiamo avuto poi, nel corso di quest'anno, del 2017, una reazione a mio avviso positiva a questo momento di doppio shock, a cui accennavo. Si potrebbe dire che l'inverno dello scontento europeo si è sciolto anche al sole del Campidoglio, qui a Roma.

Nel marzo scorso, ricorderete l'occasione dei sessant'anni dei Trattati, nei quali c'è stata una decisione importante, perché in quella dichiarazione si è sancita, per la prima volta, l'idea della possibilità di livelli diversi di integrazione nell'ambito dell'Unione europea ma, al di là di questo, c'era uno spirito di reazione, di risveglio che è stato poi irrobustito grandemente dai risultati elettorali - penso soprattutto a quello francese - e rilanciato nel corso dei mesi di quest'anno da orizzonti e discorsi di grandi traguardi più impegnativi del progetto europeo. Ora siamo al dunque nel senso che questa sveglia che in fondo l'Europa ha visto nel 2017 è chiamata l'anno prossimo a una sorta di prova della verità cioè capiremo nei prossimi mesi, nel corso del prossimo anno, prima del 2019 che sarà l'anno del rinnovo del Parlamento europeo e di tutte le cariche fondamentali a livello europeo, capiremo nel 2018 se tale risveglio di volontà, di ambizione europeista si riesce a tradurlo in decisioni politiche, in azioni concrete di Governo o se è destinato a restare semplicemente sulla carta. L'Italia certamente si muoverà e si muove per tradizione pluridecennale della nostra politica estera per spingere nella direzione di un'assunzione di maggiore responsabilità europeista nei mesi che ci aspettano. Non può essere un'Europa ferma per il ritardo nel negoziato per la formazione del nuovo Governo tedesco, per l'attesa delle elezioni politiche nel nostro Paese, per la mancanza di coraggio di unità dei Governi a giustificare una situazione di stallo. Dobbiamo impegnare la forza del nostro Paese per spingere in una direzione contraria.

Veniamo, onorevoli colleghe e colleghi, alle decisioni innanzitutto che verranno prese in questi due giorni. Forse la più rilevante, in una prospettiva di medio-lungo periodo, sarà la decisione di dare il via libera all'intesa che i negoziatori della Commissione e il Governo britannico hanno realizzato sulla prima fase dei negoziati post Brexit. Non era scontato: sapete che è un'intesa che è stata raggiunta nella notte dell'8 dicembre. È stata raggiunta perché si sono, credo, resi evidenti anche i fattori di difficoltà nei quali la scelta del Regno Unito, del leave, ha portato un Paese così importante, così carico di storia e anche così capace nei negoziati diplomatici internazionali. Però la realtà dei fatti è molto dura e la verità è che, a un anno e mezzo di distanza, risulta evidente, senza alcun compiacimento da parte del Governo italiano, che la scelta di separare la propria storia dalla storia dell'Unione europea è una scelta che ha creato più difficoltà che vantaggi ai nostri amici del Regno Unito. Se c'era qualcuno che coltivava aspirazioni divorziste nei confronti dell'Unione europea alla luce dell'esperienza britannica, credo che questo qualcuno abbia visto tali aspirazioni molto ridimensionate nel corso di questo anno e mezzo. Diciamo che la dura realtà è che una scelta di quel genere, che ha tutto il nostro rispetto perché è una scelta di popolo e democratica, ha aperto una fase molto complicata. Questa fase ha avuto un primo punto conclusivo nel riconoscimento delle condizioni fondamentali che la Commissione europea aveva messo sul tavolo per andare alla seconda fase di questo negoziato. Nel gergo della Commissione si dice che sono stati raggiunti progressi sufficienti. Questo sanciranno i Capi di Stato e di Governo con il vertice nella giornata di venerdì.

In cosa consistono i progressi sufficienti? Come sapete, tre questioni. Primo, il non riemergere, che sarebbe naturalmente tristemente pericoloso, della questione irlandese e quindi l'intesa sul fatto che non ci saranno controlli di confine tra Belfast e Dublino e tra Belfast e Londra; secondo, l'impegno da parte del Governo di Londra, certamente non facile per il Governo di Londra, a dare quanto dovuto al bilancio comunitario, non solo per il bilancio comunitario ma anche per la Banca Europea per gli Investimenti, per le diverse agenzie per le quali erano in corso impegni pluriennali da parte del Regno Unito; terzo - questo terzo elemento è quello che dal punto di vista dei nostri interessi nazionali abbiamo fatto pesare con maggiore attenzione - il riconoscimento dei diritti acquisiti da parte del numero molto elevato di cittadini dell'Unione europea che risiedono nel Regno Unito. Tra questi, come sapete, ci sono anche 400.000-500.000 italiani ed è stato importante che, nella prima fase del negoziato, si sia già arrivati a stabilire la difesa dei diritti acquisiti e anche alcune modalità di traduzione di tale difesa dei diritti acquisiti tra cui, importantissima, credo, la conversione automatica dei documenti di residenza attuali dei nostri concittadini nel Regno Unito nei nuovi certificati che saranno loro necessari in quanto non più cittadini dell'Unione europea. Era un impegno che il Primo Ministro May aveva già preso in termini generali nel suo discorso di Firenze e che ha confermato nel corso dei negoziati. Ora il via libera che verrà - non credo ci siano dubbi - dal Consiglio europeo alla prima fase del negoziato, ne apre una seconda e dobbiamo credo essere tutti consapevoli del fatto che la seconda fase non sarà più semplice della prima perché la prima era quasi l'individuazione di una buona volontà a mettere sul tappeto e a risolvere quasi alcuni requisiti di un negoziato. Ora si tratta di sviluppare il negoziato in modo concreto e con un tempo che non è infinito perché sapete che la separazione, l'uscita del Regno Unito, la trasformazione del Regno Unito in un Paese terzo rispetto all'Unione avverrà il 29 marzo 2019. I tempi così ristretti hanno indotto il Governo di Londra a proporre l'istituzione di un periodo transitorio di due anni da quella data prima di arrivare alla definizione della natura dei nuovi rapporti che legheranno l'Unione europea e il Regno Unito. Sul metodo credo che ci sia intesa: sarà il Consiglio europeo di febbraio a stabilire gli obiettivi della seconda fase di negoziato. In altri termini, che tipo di rapporti dare alle nuove relazioni tra noi e la Gran Bretagna: non sarà facile. Il tempo di questo negoziato sarà lungo e complesso: è sempre più facile lavorare sui matrimoni che sui divorzi e quindi un divorzio comporta molte questioni giuridiche e amministrative più complesse e abbiamo visto quanto complesse siano anche le questioni giuridiche di nuovi accordi - penso all'accordo con il Canada o ad altri - figurarsi quelle che partono invece da una realtà che bisogna ridurre e rimodulare e non da una tabula rasa che bisogna riempire.

L'Italia si accingerà al negoziato, come ha fatto finora, con l'atteggiamento di chi certamente difende la posizione unitaria dell'Unione europea che si è confermata in tutti questi mesi e che, altrettanto certamente, guarda alla Gran Bretagna come a un Paese amico, non solo per la storia, che non dimentichiamo, certo, dei decenni che abbiamo alle nostre spalle e anche il ruolo che quel Paese ha avuto nella parte più terribile del Novecento, ma anche i rapporti storici che abbiamo avuto con Londra ci spingono a dire che noi cerchiamo di contribuire al raggiungimento di un'intesa. L'idea di un non-accordo e, quindi, di relazioni regolate semplicemente dalle regole dell'Organizzazione mondiale del commercio non ci appartiene e noi cercheremo di lavorare in un senso diverso, pur sapendo, lo ripeto, tutte le difficoltà dell'impresa.

Via libera alla seconda fase del negoziato Brexit, prima decisione; la seconda decisione che verrà presa riguarda la cooperazione rafforzata sulla difesa. È una decisione che, in un certo senso, fa parte di quell'esigenza, che dicevo all'inizio, di consentire all'Europa di essere, dal punto di vista anche geopolitico, maggiormente all'altezza della domanda di Europa che c'è nel Mediterraneo, in Medio Oriente, nel nostro contesto geopolitico.

Bastano le decisioni che prenderemo giovedì sulla cosiddetta PESCO, la cooperazione di difesa rafforzata su alcuni progetti in particolare di difesa comuni, su cui, peraltro, l'Italia si è portata avanti, penso ad esempio alla cantieristica navale? Certamente, non basta, sono dei piccoli passi che vanno in una direzione giusta, che è importante valorizzare, che, a mio avviso, sono rilevanti anche perché traducono in pratica quel principio affermato proprio nella Dichiarazione di Roma, nel marzo scorso, che ha introdotto, per la prima volta, in un documento ufficiale dell'Unione europea, l'idea della possibilità di diversi livelli di integrazione e cioè la possibilità che il ritmo di costruzione dell'Unione possa essere anche diverso da quello imposto dall'ultimo vagone, il più lento dei ventotto, che si possa andare anche a un ritmo più accelerato con alcuni Paesi che sono disponibili a farlo e la cooperazione sulla difesa è esattamente questo, un gruppo di Paesi, non tutti, dell'Unione europea che si mette insieme, stabilisce alcune priorità e va avanti in quella direzione.

Infine, il terzo capitolo delle decisioni che prenderemo riguarda il grande campo dell'educazione, dell'istruzione, della cultura e io sono molto soddisfatto del fatto che su questo tema - su cui tradizionalmente l'Italia si batte, insiste, cerca di spingere avanti la costruzione dell'Unione europea - si realizzeranno dei limitati, ma molto significativi passi in avanti. Li abbiamo, in un certo senso, condivisi, su iniziativa italiana e francese nell'ultimo incontro dei Capi di Stato e di Governo in Svezia; li tradurremo in decisioni definitive nella giornata di giovedì. Le decisioni riguardano, in primo luogo, il plurilinguismo e cioè l'impegno per tutti i Paesi europei a convergere verso un sistema che comprenda oltre alla lingua madre almeno altre due lingue straniere, nei diversi ordini di scuola; il che è molto utile e può essere anche un'occasione importante, in alcuni Paesi, per la diffusione dell'italiano; riguarda la moltiplicazione di risorse per il programma Erasmus Plus e sappiamo tutti quale sia il valore reale, oltre che simbolico, di questo programma; riguarda il progetto di iniziativa italiana di una carta dello studente europea, che metterà in condizione gli studenti dei diversi Paesi europei di accedere ad alcuni servizi, soprattutto culturali, in tutto il panorama europeo.

Riguarda, infine, il progetto, di matrice francese, della creazione di una ventina di università europee che possano essere più competitive a livello globale in una competizione tra università, nelle quali, obiettivamente, a onor del vero, al di là di alcuni esempi britannici, non sempre le università europee sono al top del ranking internazionale. Quindi, far convergere forze è utile e importante.

Questi sono, colleghe e colleghi, i tre punti fondamentali che verranno decisi nel vertice, ma non meno rilevanti sono gli argomenti su cui il Consiglio europeo prevede una discussione, senza, per il momento, decisioni. E questi sono due argomenti fondamentali per noi e per l'intera Europa; il primo, è un'ulteriore tappa nella discussione che, come sapete, va avanti da un tempo piuttosto lungo sulle politiche migratorie comuni; il secondo, riguarda, invece, l'avvio di una discussione sull'Unione monetaria e bancaria.

Sulle politiche migratorie l'Italia si presenterà a questo Consiglio europeo a testa alta e forte dei risultati che abbiamo ottenuto in questo campo e che sono considerati, per la loro importanza, a livello europeo e internazionale. Sui risultati, si potrebbe dire che i numeri parlano da soli, da un certo punto di vista; io ve ne ricordo alcuni, ma li conoscete bene. Da una parte, parliamo della riduzione del numero di arrivi in Italia, frutto dell'azione in ordine al traffico di migranti, una riduzione consistente, il 33 per cento in meno su base annuale, addirittura il 69 per cento in meno se parliamo del periodo da luglio a oggi; il 69 per cento in meno vuol dire, per tradurlo in cifre assolute, 80 mila persone in meno arrivate in Italia e in Europa, grazie al lavoro che abbiamo fatto in Libia di costruzione di una capacità di attivazione di energie e di rimpatri volontari. Vi do un altro dato che riguarda i rimpatri volontari assistiti fatti dall'Organizzazione internazionale dei migranti dalla Libia verso altri Paesi africani; pensate che sono stati, l'anno scorso, un po' meno di 3 mila, ora, per quest'anno, si stanno avvicinando a 20 mila e, probabilmente, andranno oltre i 20 mila. Parliamo, quindi, di cifre moltiplicate potenzialmente per dieci rispetto a quelle dell'anno scorso. Una capacità, bisogna che lo diciamo forte e chiaro e anche con un certo orgoglio, resa possibile dall'azione politica dell'Italia, perché, se oggi è possibile, alle organizzazioni delle Nazioni Unite, UNHCR e IOM, essere presenti in Libia, intervenire in Libia, se oggi è possibile squarciare il velo sulle condizioni dei diritti umani dei migranti trattenuti in Libia, questo è possibile grazie all'azione dell'Italia e di questa azione, credo, dobbiamo chiamare tutta l'Europa ad essere riconoscente (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Alternativa Popolare-Centristi per l'Europa-NCD, Democrazia Solidale-Centro Democratico e di deputati del gruppo Misto). Ci sono dei problemi di diritti umani in Libia, ci sono dei problemi terribili, onorevoli colleghe e onorevoli colleghi, il punto è che questi problemi terribili, che sono presenti da alcuni anni, purtroppo, da molti anni, in Libia, finalmente, grazie al trattato bilaterale tra Italia e Libia, possono essere svelati e su questi si può cominciare a lavorare.

Se UNHCR, adesso aprirà un centro in Libia per organizzare corridoi umanitari legali per i rifugiati, questo è possibile grazie al Trattato bilaterale tra l'Italia e le autorità libiche; se i numeri di IOM sono moltiplicati per dieci, questo è possibile grazie alla nostra azione; se i riflettori si accendono sulle condizioni inaccettabili dei rifugiati trattenuti in Libia, questo è grazie alla nostra iniziativa (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Democrazia Solidale-Centro Democratico e di deputati del gruppo Misto). E l'Italia deve avere l'orgoglio di aver dimostrato in questi mesi di essere al tempo stesso il Paese che, come è stato detto più volte dalle autorità europee, ha salvato l'onore dell'Europa, perché è il Paese in prima linea come capacità di accoglienza e di salvataggio in mare, e noi rivendichiamo con orgoglio questo nostro primato; contemporaneamente, l'Italia è orgogliosa di un altro primato, e cioè di essere stata capace di mettere in crisi il modello di business dei trafficanti di esseri umani, dimostrando a tutti che quella battaglia si può vincere, e si può vincere gradualmente, rendendo meno disumane le condizioni dei migranti trattenuti in Libia (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Democrazia Solidale-Centro Democratico).

Il punto (e di nuovo su questo punto noi interrogheremo i nostri partner in Europa) è se questo lavoro possa continuare ad essere soltanto un lavoro italiano, magari con un sostegno politico ed economico che noi riconosciamo e di cui siamo grati alla Commissione europea, ad alcuni grandi Paesi europei, primo fra tutti la Germania, senza però diventare fino in fondo un impegno soprattutto sul piano economico condiviso dall'insieme degli Stati membri. Io dico molto chiaramente che questo impegno ha dimostrato di funzionare, e proprio perché ha dimostrato di funzionare non può essere lasciato soltanto sulle spalle dell'Italia, della Commissione e di qualche Stato di buona volontà: deve diventare a tutto tondo un impegno dell'insieme dell'Europa (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Democrazia Solidale-Centro Democratico)!

Io non accetto come responsabile del Governo italiano l'ipocrisia di chi, proprio perché noi abbiamo acceso i riflettori sulla situazione in Libia, scopre la violazione dei diritti umani e dice che i migranti devono essere trasferiti tutti in Europa, parlando di Europa e pensando alla Sicilia. No, cari amici! Il problema è di migliorare lì questa situazione, e di approfittare delle condizioni nuove che abbiamo in questo momento, in cui finalmente - e vi assicuro, avendo seguito in questi anni molto da vicino questa questione, che è la prima volta - abbiamo una disponibilità da parte di numerosi Governi africani ad accettare l'idea di un rafforzamento dei rimpatri volontari assistiti. Non è un caso se OIM è passata da meno di 3 mila a quasi 20 mila, e potrebbe addirittura arrivare vicino a 30 mila nei prossimi 15-20 giorni, perché c'è stato uno scatto di sensibilità e di responsabilità da parte dei Governi africani. Conosciamo le loro difficoltà: sappiamo che non è facile, sia perché una parte dei loro bilanci dipendono dalle rimesse degli emigranti, sia perché non è facile spiegare per ciascuno dei governanti africani alle loro opinioni pubbliche che si accetta il ritorno dei migranti economici nelle comunità da cui si sono allontanati; ma se noi vogliamo davvero le cose di cui parliamo, e cioè trasformare un traffico ignobile in corridoi umanitari, in flussi migratori legali, gestibili, non pericolosi per chi li affronta, dobbiamo avere il coraggio di insistere, insistere nel lavoro con i Governi africani, nei rimpatri volontari assistiti, nel lavoro per denunciare, cambiare e migliorare le condizioni che oggi investono i migranti trattenuti in Libia.

Questo è l'impegno dell'Italia: domanderemo all'Europa se l'impegno dell'Europa è finalmente deciso in questa direzione, o se dobbiamo continuare ad andare solo col sostegno di qualche Paese di buona volontà, e per il resto in ordine sparso.

Io mi auguro che l'Europa colga meglio, pienamente questa occasione. Ripeto: non sottovaluto l'appoggio della Commissione, non sottovaluto l'impegno finanziario della Germania, che è rilevante da questo punto di vista. Vorrei un impegno dell'insieme dei Paesi europei, perché noi non rinunceremo ai nostri principi su queste questioni, non rinunceremo alle ricollocazioni di rifugiati obbligatorie: è una decisione che l'Unione europea ha preso, e sulla quale bisogna insistere; non rinunceremo all'idea che sia possibile accogliere e salvare la vita a chi arriva verso le nostre coste, e contemporaneamente consolidare la capacità dei Paesi africani di riassorbire almeno in parte le migrazioni illegali, il traffico clandestino, per fare questa grande operazione di spostamento dall'illegalità e dalla criminalità alla gestione, alla legalità, alla sicurezza. È un orizzonte non utopistico: quello che abbiamo fatto in questo 2017 dimostra che è possibile arrivare a questo obiettivo, e saremo esigenti con l'Europa per arrivarci.

Infine, colleghi, l'ultimo punto, e forse un punto di rilievo notevole della discussione che avremo al vertice del Consiglio europeo, sarà l'inizio di una discussione la cui fine è prevista al momento per giugno 2018, anche se non sono così sicuro che questa scadenza verrà mantenuta, perché ci sono molte spinte a prendere tempo legate a tanti fattori che ben conoscete del contesto politico europeo: l'avvio della discussione sull'unione monetaria e sull'unione bancaria. È una discussione che cominceremo sulla base di un pacchetto di proposte avanzato dalla Commissione europea, che io considero, questo pacchetto, come una buona base di partenza: quando si dice in gergo diplomatico “una buona base di partenza” significa una buona base di partenza, cioè che i temi sono sul tappeto, c'è uno sforzo per mettere le questioni reali al centro della discussione, bisogna spostare il traguardo di questa discussione il più avanti possibile, sapendo che contemporaneamente ci sono diversi gruppi di Paesi che considerano la proposta della Commissione in modo opposto al nostro, e che quindi vorrebbero tirarla un po' più indietro rispetto a dove essa si è spinta. Per semplificare, ci sarà in questa occasione una discussione tra i Paesi dell'Europa mediterranea, meridionale da una parte e quelli dell'Europa centro-settentrionale dall'altra, che già si va in qualche modo delineando.

Perché dico che il terreno scelto dalla Commissione comunque è una buona base di partenza? Perché ci sono alcuni temi importanti che sono stati decisi e proposti all'attenzione del Consiglio europeo. Il primo è quello di istituire dei meccanismi di riserva comunitari capaci - si dice tecnicamente, di backstop - di reagire alle crisi bancarie e finanziarie; meccanismi di cui - come forse non è sfuggito all'attenzione della Camera - siamo stati carenti nell'ultimo anno, due anni. Ora l'Unione europea si pone il problema di completare l'unione bancaria con un meccanismo di backstop capace di intervenire di fronte a eventuali crisi bancarie o finanziarie di singoli in automatico: non è intergovernativo, è comunitario, nella proposta della Commissione, di fronte a crisi di questo genere. È un passo avanti!

Così come è un passo avanti l'idea, peraltro da sempre sostenuta dall'Italia, di un Ministro delle finanze europeo, anche se dobbiamo - e qui la discussione comincerà subito - intenderci su quale sia la missione del Ministro delle finanze europeo, quale sia il suo rapporto con il bilancio dell'Unione europea, quale sia il suo rapporto con il Parlamento o, comunque, con una legittimazione parlamentare e democratica. Per intenderci, un Ministro delle finanze europeo che non abbia alcun rapporto con il bilancio e le politiche fiscali, alcun rapporto con il Parlamento e la legittimazione democratica, finirebbe per essere un controller, mandato non si sa da chi a controllare i conti economici, in questo caso sapremmo abbastanza di chi, cioè dei Paesi del sud Europa, dell'Europa mediterranea, chiamateli come preferite. Questo tipo di Ministro delle finanze europeo, sinceramente, non ci interessa, ci interessa un Ministro delle finanze europeo che abbia un rapporto con un bilancio dotato anche di risorse proprie e capace di finanziare quello che il Governo italiano chiama l'insieme dei beni comuni europei da finanziare.

Noi abbiamo un grappolo di questioni fondamentali, che vanno finanziate a livello europeo gradualmente, con risorse autonome e proprie del bilancio europeo: autonome e proprie significa realizzate attraverso forme di transazione europea sull'energia, sulle grandi piattaforme informatiche o su altro. Finanziare i beni comuni europei: che significa politiche migratorie comuni, politiche di sicurezza comuni, politiche sociali comuni. La proposta italiana di un fondo per assorbire le crisi asimmetriche dal punto di vista occupazionale: il MEF lo ha definito un Rainy day fund, un fondo per le giornate piovose, diciamo un fondo ombrello, ognuno lo chiami come preferisce, comunque un fondo il cui obiettivo è di attivarsi nel momento in cui ci siano delle difficoltà sociali, occupazionali, asimmetriche, in diversi Paesi. Sarebbe un'innovazione straordinaria per l'Unione europea e per i cittadini europei sapere di poter contare su un ombrello comunitario di fronte a crisi sociali e occupazionali straordinarie.

Noi lavoreremo in questa direzione, i temi giusti sono stati messi sul tappeto, gli obiettivi sui quali l'Italia spingerà perché questi temi giusti si sviluppino sono quelli del lavoro, degli investimenti nei beni comuni, della convergenza tra le diverse economie europee. C'è uno straordinario bisogno di convergenza, non è più possibile l'idea che si consideri di intervenire di fronte agli squilibri macroeconomici soltanto nei casi di economia in deficit e mai nei casi di economie in surplus. È un errore, è un errore anche per le economie che realizzano dei surplus fortissimi, perché quei surplus - che sono uno squilibrio macroeconomico rilevante per le regole europee attuali, anche se nessuno li prende mai in considerazione - potrebbero essere trasformati in investimenti fondamentali per l'insieme dell'economia europea, ma anche per quei Paesi del centro e del nord Europa, che ne trarrebbero beneficio in termini di ammodernamento di infrastrutture e di progresso dei loro Paesi. Quindi, abbiamo l'obiettivo della convergenza come obiettivo fondamentale da mettere sul tavolo di questa discussione.

Il punto, in conclusione, colleghe e colleghi, è in che direzione e con che obiettivo noi vogliamo utilizzare la condizione relativamente favorevole nella quale ci troviamo. L'eurozona si trova per la prima volta da molti anni in una condizione di crescita diffusa e stabile in tutti i Paesi dell'eurozona: in Italia anche, certamente, anzi, ieri l'OCSE ha certificato che siamo, assieme alla Germania, il Paese che cresce più velocemente oggi in Europa.

Quando dico cresce più velocemente, per evitare equivoci, non sto dicendo che cresce più degli altri, perché sappiamo che siamo ancora sotto la media europea in termini di crescita nel nostro Paese e abbiamo molta strada da fare, dico che l'OCSE sostiene che il ritmo di crescita è, in Italia e in Germania, più veloce che negli altri Paesi europei e questa è una grande opportunità. L'Europa come vuole utilizzare questa opportunità di una crescita stabile e diffusa in tutti i Paesi? Restando ferma? Limitandosi a salvaguardare regole ed equilibri costruiti nel corso degli ultimi dieci anni? Timorosa di qualsiasi passo avanti nella direzione della crescita e dello sviluppo? Se questa fosse l'impostazione europea, penso che sarebbe una rinuncia gravissima di cui potremmo pagare il prezzo in termini addirittura storici nei prossimi decenni.

Perché un'occasione come questa, in cui la crescita è così diffusa e così stabile nei diversi Paesi europei, se vogliamo tradurre questi numeri in benefici sociali per le famiglie, per le nostre comunità, in riduzione della povertà, in miglioramento delle nostre infrastrutture, ha bisogno di politiche espansive, di convergenza, di politiche fiscali comuni, di investimenti sui beni pubblici comuni. Questa sarà la linea dell'Italia e mi auguro che, con il sostegno del Parlamento, l'impegno dell'Italia aiuti l'intera Europa a non perdere un'occasione straordinaria che abbiamo aperta davanti (Applausidei deputati dei gruppi Partito Democratico, Alternativa Popolare-Centristi per l'Europa-NCD, Democrazia Solidale-Centro Democratico, Misto-Civici e Innovatori-Energie PER l'Italia e di deputati del gruppo Misto).

(Discussione)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri.

È iscritta a parlare la deputata Marietta Tidei. Ne ha facoltà.

MARIETTA TIDEI. Grazie, Presidente. Il Consiglio europeo che si terrà giovedì e venerdì a Bruxelles riveste un'importanza particolare: tanti temi economici e sociali trattati, ma anche questioni importanti legate da un fil rouge, quello dei confini in senso lato, che rappresenta una delle sfide più importanti per l'Europa. Non parlo solo di confini fisici, ma anche di confini di contenuto, per cercare di capire, in altre parole, in quale direzione debba muoversi l'Europa e quale sia, appunto, lo spazio di azione sui temi che hanno proprio il confine come tratto caratteristico, dall'immigrazione, alla politica di difesa comune, all'allargamento.

E al concetto dei confini ci richiama anche quella che si è imposta come l'urgenza dell'urgenza in tema di politica estera, cioè la vicenda di Gerusalemme. Parto dalla Brexit, che proprio negli scorsi giorni ha registrato una vera e propria svolta con l'accordo siglato tra Bruxelles e Londra. È stato un accordo sofferto, ma anche positivo, che ci lascia ben sperare. Ora, chiaramente bisogna guardare con responsabilità ai negoziati e all'uscita della Gran Bretagna, rispettare sì, la decisione dei britannici, ma allo stesso tempo riaffermare con forza il concetto che il progetto europeo va avanti e deve andare avanti con ancora maggiore determinazione.

Il Consiglio europeo farà anche il punto sulle politiche europee in tema di migrazione. È doveroso capire se la direzione che abbiamo intrapreso è quella giusta. Il grande lavoro portato avanti dall'Italia a Bruxelles per richiamare ogni Paese alla propria responsabilità sul fronte dell'accoglienza, ma anche le importanti misure adottate dal Governo italiano, stanno dimostrando che un altro tipo di politiche non solo sono possibili, ma sono doverose. Accoglienza e sicurezza sono dei principi che possono e devono conciliarsi.

Mi preme qui sottolineare l'importanza dell'approccio che sta diventando proprio dell'Europa e che ha avuto nell'Italia il suo precursore del guardare all'Africa: mi riferisco al Migration compact, al trust fund, che è uno strumento che va però potenziato attraverso nuove risorse. L'Italia su questo fronte è un esempio: dei 199 milioni versati dai principali Stati membri, infatti, 102 sono arrivati da noi, siamo il primo contributore, ma tanti partner europei hanno versato troppo poco; e se Europa deve essere, Europa lo si è anche e soprattutto sul fronte degli impegni che vanno ad impattare sulle emergenze enormi, come quella dei flussi migratori. L'impegno dell'Italia per sostenere la via che guarda all'Africa e l'aiuto alle popolazioni locali si è sostanziato anche nel contributo offerto al quinto vertice dell'Unione africana e Unione Europea in Costa d'Avorio, lo scorso 29 novembre. Dobbiamo riportare l'Africa in cima alla nostra agenda di politica internazionale, nella consapevolezza - e forse sono anche i grandi flussi migratori a ricordarcelo - che dal destino dell'Africa dipende il futuro dell'Europa.

Occorre, tuttavia, rinforzare anche le azioni interne all'Europa, il tema della gestione dei flussi migratori si lega inevitabilmente a quello della sicurezza e della difesa comune. Non a caso, tra i punti all'ordine del giorno nel Consiglio europeo, c'è l'avvio della cooperazione strutturata permanente in materia di difesa, la cosiddetta PESC.

Ricordiamo che il 13 novembre i 23 Stati membri hanno notificato la loro intenzione di aderire alla PESC per rafforzare la cooperazione in materia di difesa. La nascita di questa struttura di difesa, con obblighi precisi per gli Stati aderenti, può favorire nuovi e più incisivi processi di cooperazione e un maggior livello di approfondimento in materia di difesa e sicurezza. Ciò consentirà all'Europa di avere una difesa più efficace ed efficiente, meno frammentata e più reattiva. La prevista collaborazione nei settori degli investimenti in progetti comuni, nello sviluppo delle capacità difensive e di organizzazione delle operazioni è necessaria per aumentare e consolidare il grado di autonomia strategica dell'Europa nel settore della difesa e della sicurezza.

E legata al tema della difesa e della sicurezza senza dubbio vi è la politica di allargamento ai Balcani occidentali. Credo sia necessario assicurare che il processo di allargamento ai Balcani occidentali resti credibile e bidirezionale: se un Paese introduce le necessarie riforme, l'Unione europea deve tenere fede ai suoi impegni e lo sforzo deve essere reciproco. Il successo del percorso dipende molto dall'impegno reale degli attori politici regionali, ma dipende anche dalla capacità dell'Unione europea di evitare messaggi scoraggianti che facciano regredire la regione e frustrino le speranze dei giovani e dei cittadini, con rischi di fuga dal progetto europeo e di crescente instabilità per tutta l'area.

Concludo con la questione di Gerusalemme. Alla luce della gravissima decisione assunta da Trump, l'Italia è tra i cinque Paesi che, attraverso i propri ambasciatori ONU proprio al Palazzo di vetro, hanno esposto tutto il loro disappunto nella dichiarazione comune che sottolinea come la decisione di Trump non sia in linea con le risoluzioni delle Nazioni Unite e non sia di aiuto al processo di pace nella regione. La questione di Gerusalemme deve essere definita attraverso negoziati tra israeliani e palestinesi e non attraverso azioni unilaterali. Credo che su questa vicenda l'Europa dovrebbe parlare con una voce unica, quella della presa di distanza, e le parole dell'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini, vanno assunte come un totem, perché non è pensabile che la situazione tra Israele e Palestina venga risolta in questo modo. Non a caso in quei territori è riesplosa una serie di battaglie e di violenze che non si vedevano da tempo.

Quello del Presidente Trump è stato un gesto a mio avviso sconsiderato, che può innescare una serie di reazioni a catena pericolosissime ponendo le basi per una nuova e sanguinosa escalation del conflitto in un territorio già devastato. Eppure, tutti i più recenti elementi che si sono affermati in quel contesto, dalle infiltrazioni dell'Isis alla polveriera Siria, imponevano, come naturale, un atteggiamento prudente. Quello che bisognava - e a maggior ragione bisogna fare oggi - è costruire la pace non a parole ma attraverso il ripristino della legalità internazionale e riprendendo seriamente in mano l'unico progetto possibile: due Stati per due popoli. Credo che sia giunto il momento di smetterla con gli sterili equilibrismi e dire, con forza, che gli insediamenti israeliani nei territori palestinesi sono illegali e costituiscono il più grande ostacolo al processo di pace (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

La decisione di Trump non può essere minimizzata. Di più proprio oggi, dopo la decisione unilaterale di Trump…

PRESIDENTE. Concluda, deputata.

MARIETTA TIDEI. …sarebbe positivo - e sto concludendo - se l'Europa, anche in un contesto così difficile nel quale gli attori che si confrontano in quel teatro si sono moltiplicati, provasse a giocare un ruolo più forte. La soluzione alla questione israelo-palestinese deve ritornare in cima alla nostra agenda di politica internazionale.

PRESIDENTE. Grazie…

MARIETTA TIDEI. Concludo augurando al Presidente Gentiloni buon lavoro per quello che sarà un Consiglio europeo ricco di questioni importanti e nel quale - sono sicura - l'Italia darà il suo contributo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Di Battista. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO DI BATTISTA. Signora Presidente, signor Presidente del Consiglio, Ministri, deputati, questo molto probabilmente sarà il mio ultimo discorso in Parlamento in questa legislatura (Commenti). Non capisco questi commenti, quasi con giubilo…

PRESIDENTE. Vada avanti, deputato, vada avanti pure.

ALESSANDRO DI BATTISTA. …anche perché vorrei ricordare che anche per molti di voi saranno gli ultimi giorni in Parlamento…

PRESIDENTE. Però, deputato Di Battista, si rivolga a me.

ALESSANDRO DI BATTISTA. ...non per decisioni personali, ma per una decisione del popolo italiano.

PRESIDENTE. Si rivolga a me, si rivolga a me.

ALESSANDRO DI BATTISTA. Attraverso di lei, Presidente, appunto ricordavo che un conto sono le decisioni personali un conto le future decisioni del popolo italiano, che non li rivoterà più. Accolgo l'invito del Presidente del Consiglio quando poc'anzi, appunto, ha detto che queste occasioni sono anche un'occasione di dialettica parlamentare e questo voglio fare: dialettica parlamentare con il suo consenso, signora Presidente. In questi cinque anni - questo lei dovrebbe andare a dire a qualche tecnocrate europeo o a qualche funzionario senza scrupoli, esperto più in capitalismo finanziario e in privazione dei diritti o in svendita, appunto, di diritti - gli dovrebbe dire, signor Presidente del Consiglio, che avete fallito in questi cinque anni.

In questi cinque anni avete provato a fare un lavoro molto, molto sporco: ostacolare un cambiamento e ostacolare quello che voi definite un populismo ma, in realtà, è soltanto voglia di cambiare le cose, anche perché in questo Paese ormai nulla è più populista che accusare di populismo coloro che vogliono cambiare le cose, coloro che si vogliono riprendere un po' di sovranità, che vogliono garantire diritti a giovani, pensionati e risparmiatori. Questo è veramente populista, e avete fatto di tutto, signor Gentiloni, avete fatto di tutto pur di ostacolare questo cambiamento. Io non me le dimentico certe cose e ho questa occasione di ricordarle.

Avete rivotato, per la seconda volta, lo stesso Presidente della Repubblica. Pensate a quelli che da quella parte, a sinistra signora Presidente, dicono che i comunisti erano il peggior nemico al mondo e poi hanno rivotato un ex comunista come Presidente della Repubblica. Questo esclusivamente per ostacolare il cambiamento e sancire un inciucio perenne e permanente che nelle vostre menti ci dovrebbe essere anche nella prossima legislatura.

Successivamente, avete visto che questo inciucio quantomeno dal punto di vista mediatico non funzionava, per cui avete mandato fuori uno e avete chiamato un Presidente del Consiglio, Renzi, che provava a fare il grillino inseguendoci sui nostri temi, con il via ai vitalizi, il via alle auto blu e il dimezzamento degli stipendi dei parlamentari. È andato in Europa, l'ex Presidente Renzi, dicendo: “Datemi qualche mancetta, datemi qualche quattrino che io do qualche bonus al popolo italiano. Così riesco a ostacolare questo cambiamento, riesco a occuparmi del populismo, di questo MoVimento 5 Stelle così pericoloso per i destini di qualche banchiere senza scrupoli”. Non ce l'ha fatta neanche lui.

Per cui, siamo arrivati al Presidente Gentiloni, passando dall'arroganza di Renzi all'irrilevanza politica del Presidente Gentiloni (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico), ma non è successo neanche questo…

PRESIDENTE. Deputato, si esprima con rispetto verso il Presidente del Consiglio.

ALESSANDRO DI BATTISTA. Presidente, ho detto “irrilevanza”, santa pazienza, “irrilevanza”.

PRESIDENTE. Va bene, però può anche evitare (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico)… colleghi, per favore. Colleghi.

ALESSANDRO DI BATTISTA. Ma è irrispettoso “irrilevanza” o non è rispettoso attaccare e non consentire di andare avanti?

PRESIDENTE. Colleghi, per favore, lasciate parlare.

ALESSANDRO DI BATTISTA. Ma neanche si possono utilizzare termini come “irrilevanza”, politica…

PRESIDENTE. Vada avanti, vada avanti.

ALESSANDRO DI BATTISTA. Grazie, signora Presidente. Non ce l'avete fatta neanche in questo caso. Lei, Presidente Gentiloni, non nomina mai il MoVimento 5 Stelle, mai. Eppure, siamo la prima forza politica di questo Paese. Vorrei soltanto dirle, Presidente, che già qualcuno in precedenza non nominava mai un avversario politico: era Veltroni con Berlusconi, ma non gli ha portato tanto bene, non gli ha portato tanto bene. Inoltre, avete attaccato il MoVimento 5 Stelle, senza mai attaccare la povertà, attaccare le cosche, le organizzazioni mafiose, il voto di scambio che è un cancro in questo Paese e senza il voto di scambio - ahi - che c'è stato, il MoVimento 5 Stelle avrebbe vinto in Sicilia. Piuttosto che attaccare, appunto, queste sacche di ingiustizia avete attaccato l'unica forza politica che voleva intervenire e che interverrà e avete fallito e lei, Presidente, dovrebbe avere l'onestà intellettuale di andare in Europa, appunto, a dire: “Io ho fallito, noi abbiamo fallito, perché il MoVimento 5 Stelle è più forte oggi del 2013”.

Le avete tentate tutte e avete anche tentato di fare una legge elettorale che va contro il MoVimento 5 Stelle, che è l'unica forza politica che non fa le alleanze, salvo poi vedere che siete voi oggi che non riuscite più a fare un'alleanza; nessuno più vuole andare con il Partito Democratico. È incredibile: pure Alfano ha mollato il Partito Democratico. È umiliante essere rifiutati da Alfano, è veramente umiliante (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Contestualmente, oltre ad attaccare sistematicamente il MoVimento 5 Stelle, avete attaccato alcune categorie di persone. I giovani: gli avete dichiarato guerra in questo Paese ai giovani. I dati del Jobs Act sono drammatici: 2,7 milioni di contratti a termine, eppure soldi sempre dei cittadini e dei risparmiatori finiti in questi bonus e in queste mancette. 500 mila italiani che hanno dei contratti brevissimi; qualcuno lavora un giorno e poi sta fermo 3-4 settimane e voi li considerate addirittura occupati, occupati perché lavorano un giorno al mese.

Avete attaccato i risparmiatori. Lei prima parlava, Presidente, rispetto alle questioni bancarie e diceva: “Abbiamo tante questioni sul tappeto” (parole sue). No, voi avete tante questioni sotto il tappeto, perché avete tentato in ogni modo, in questi mesi, di ostacolare in realtà una reale presa di coscienza e di ostacolare un tentativo di fare trasparenza su quel che è avvenuto appunto nel sistema bancario italiano. Tra i suoi primi atti, Presidente del Consiglio, lei è riuscito in 24 ore a trovare 20 miliardi di euro a debito e a regalarli alle banche: a MPS, spolpata dal suo stesso partito, e poi a Intesa San Paolo, alla quale avete regalato 5 miliardi di euro di soldi dei contribuenti e gli avete regalato due banchette venete al costo di un euro entrambe (0,50 centesimi a banca).

Avete attaccato i pensionati che vivono in questo Paese con 440 euro di pensione minima, e mi rivolgo per il suo tramite, Presidente, anche ai deputati della Lega Nord che si scagliano quotidianamente contro la “legge Fornero”, anche giustamente, e poi vanno a braccetto con Meloni e Berlusconi, che quella legge l'hanno votata e, senza i vostri alleati, quella legge non sarebbe mai diventata legge dello Stato. Questa, deputati della Lega, si chiama ipocrisia. Guardatevi dentro anche su questa cosa. Avete tentato tutto, appunto, pur di ostacolare il cambiamento, ma non ce l'avete fatta. E lo dico con orgoglio che non ce l'avete fatta.

E dico con orgoglio che il MoVimento 5 Stelle è riuscito a crescere. Siamo la prima forza politica del Paese e, se il popolo italiano lo vorrà, riusciremo finalmente a prendere le redini del Governo e a riuscire a risolvere una serie di problemi che voi non siete riusciti a risolvere.

Lei, prima, parlava di crescita; parliamo di questa crescita: il Paese, l'Italia, cresce. I dati di oggi in merito alla povertà sono allarmanti. Ci sono oltre 10 milioni di poveri in questo Paese, o meglio, 10 milioni di persone che hanno a che fare con la povertà. E l'Italia è il Paese che vanta, ahimè, il numero più alto di poveri e la povertà dovrebbe essere resa fuorilegge. E gli interventi si potevano fare, non - ripeto - regalando mancette e bonus, tanto per accaparrarsi qualche voto, ma facendo con i denari pubblici degli interventi strutturali: il reddito di cittadinanza, la creazione di una banca pubblica di investimento a sostegno delle imprese, tante proposte abbiamo fatto, ma avete sempre rifiutato, per varie ragioni. Uno, perché provenivano dal MoVimento 5 Stelle, da questi pericolosissimi populisti. Due, perché - questa è una mia convinzione - con degli interventi strutturali contro la povertà verrebbe anche stroncato il cancro del voto di scambio e ci sono alcuni personaggi in questo Parlamento, che senza il voto di scambio non verrebbero rieletti neanche dai loro familiari più stretti.

Dica tutto questo in Europa, Presidente del Consiglio. Gli dica anche, dato che si parla molto di rigurgito xenofobo, che i responsabili di questi rigurgiti xenofobi sono coloro che hanno distrutto lo stato sociale, la sanità pubblica, l'istruzione pubblica, tutto a vantaggio della sanità privata e anche dell'istruzione privata. Infatti, così si fronteggiano i rigurgiti di intolleranza, ampliando lo stato sociale e occupandosi anche di quei diritti economici e sociali, che sono stati totalmente abbandonati durante questa legislatura.

Gli dica anche, signor Presidente del Consiglio - e lo dico anche questo con orgoglio - che, se in Italia non c'è una forza politica xenofoba estremamente rilevante, come in altri Paesi europei, è soltanto grazie al Movimento 5 Stelle, che ha incanalato un percorso, che ha incanalato una sana e stra-comprensibile indignazione del popolo italiano, in un percorso splendido di partecipazione e di amore per la politica e anche di amore per le istituzioni. Perché io le ho sempre amate le istituzioni! Ho soltanto avuto il voltastomaco, in questi cinque anni, nel vedere che queste istituzioni non hanno lavorato rispetto al benessere generale, ma si sono occupate più, appunto, di correnti, controcorrenti, poltrone, contro-poltrone. Questo è stato fatto, questo anche deve dire in Europa.

E dovrebbe anche dire, dato che prima la collega del Partito Democratico parlava del diritto del popolo palestinese, che questo Parlamento di fatto ha bocciato, il riconoscimento reale dello Stato di Palestina. I cittadini israeliani hanno tutto il diritto di vivere in uno Stato sicuro, in tranquillità e in pace. Ma, quando voi parlate della soluzione di due popoli e due Stati e lei non ha minimamente parlato della questione palestinese o della decisione di Trump in quest'Aula, signor Presidente del Consiglio, quando voi parlate appunto dei due popoli e due Stati, dovreste ricordarvi che, per esserci due Stati, dovrebbero essere riconosciuti entrambi. E la Palestina dovrebbe essere riconosciuta, perché è uno Stato sovrano. Però, qui, non si hanno gli attributi e il coraggio, di riconoscere quel che dovrebbe essere riconosciuto. Dovrebbe dire tutto questo, signor Presidente del Consiglio.

Infine mi rivolgo al popolo italiano, che ho avuto l'onore in questi cinque anni di rappresentare in questo Parlamento. Non vi fidate, i cambiamenti non verranno tramite slogan elettorali e ancor di meno tramite mancette elargite in questi ultimi giorni di legislatura. Un popolo è popolo, non quando si accontenta di bonus e mancette elettorali, ma quando rivendica i diritti, perché con l'anestesia dei bonus ci hanno totalmente addormentati e un popolo deve alzare la testa.

Concludo, signora Presidente, con una citazione, rivolgendomi appunto nell'Aula, che comunque rappresenta, parole sue ad inizio legislatura, il tempio della democrazia, una democrazia violata per quanto mi riguarda. Mi rivolgo al popolo italiano, appunto, citando una frase che ho letto: possiamo evitare altre scelte disastrose, soltanto cambiando gli uomini che le compiono. C'è la possibilità di cambiare gli uomini che hanno compiuto determinate scelte disastrose? Io ho un'estrema fiducia nel popolo italiano, vi ringrazio e dico agli italiani di non mollare (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Tancredi. Ne ha facoltà.

PAOLO TANCREDI. La ringrazio, signora Presidente, e voglio ringraziare anche il Presidente Gentiloni, perché interpreta, nel suo senso, quello che è il mandato della legge n. 234 del 2012, che questo Parlamento ha fortemente voluto. Infatti, ci si è lamentati spesso dell'impossibilità dei Parlamenti nazionali di intervenire sul momento decisionale europeo, il Consiglio europeo, composto solo dai Governi e che lasciava indietro il sentimento dei Parlamenti e il sentimento dei cittadini. Abbiamo voluto questa legge e questo passaggio, signora Presidente, è un passaggio fondamentale e il Presidente Gentiloni oggi lo ha interpretato nella maniera migliore, parlandoci dell'impegno italiano sui punti all'ordine del giorno del prossimo Consiglio europeo.

Spesso, però, devo dire, signora Presidente - e a lei mi rivolgo soprattutto -, questo Parlamento non è stato in grado di cogliere questa opportunità. L'intervento che mi ha preceduto del deputato Di Battista è la dimostrazione di questo. Lui ha parlato di tutto, tranne che dei punti all'ordine del giorno del Consiglio europeo del prossimo 14 e 15 di dicembre. Questa è un'occasione perduta terribile, in cui il Parlamento incorre, perché spesso introflesso in polemiche di Paese e in propaganda politica. E io credo che la dimostrazione di quello che sto dicendo è stato il triste intervento di Di Battista, che mi ha preceduto.

Ma veniamo, nel poco tempo che mi è concesso, ai punti invece veri. Non devo dire molto. Sono abbastanza allineato e siamo, come gruppo di Alternativa Popolare, allineati sul percorso e sulle idee espresse oggi dal Presidente Gentiloni.

La faccenda della Brexit è una faccenda che ci riguarda molto da vicino. Io credo che dobbiamo essere soddisfatti del lavoro fatto dalla delegazione trattante e dai negoziati fino ad oggi. Abbiamo raggiunto punti importanti, dobbiamo essere determinati. Qualche mese fa il Parlamento ha audito il commissario Barnier, che è incaricato proprio del negoziato e delle trattative. Io penso che bisogna andare avanti con molta decisione e sono d'accordo che non ci debba essere un intento punitivo verso la Gran Bretagna. Non ci deve essere, ma ci deve essere chiarezza su tutti i punti all'ordine del giorno del negoziato, sui diritti dei cittadini dell'Unione in Gran Bretagna, così come sui diritti dei cittadini britannici in Europa. Credo che il punto, a cui si è fermato il negoziato, sia un punto buono, importante: è un ottimo punto di partenza.

Così come, il discorso dei confini tra l'Irlanda del Nord e l'Irlanda del Sud, è un punto importante che ci riguarda, perché riportare a uno stato prima dell'Unione quella frontiera sarebbe grave, sarebbe una punizione per un Paese come l'Irlanda del Sud, che invece vuole rimanere fortemente in Europa ed è uno dei Paesi più europeisti.

Così come credo, dalle dichiarazioni anche del Premier inglese, che ci sia un passo avanti forte anche sul conto che la Gran Bretagna dovrà pagare all'Unione per la sua uscita, che è semplicemente il rispetto di un impegno preso, che deve essere onorato anche nel momento in cui si decide di uscire.

Per quanto riguarda gli altri punti all'ordine del giorno, sono d'accordo sulla moderata soddisfazione del Presidente Gentiloni sul punto a cui è arrivato il dossier che riguarda la difesa. Purtroppo, la soddisfazione non può essere una soddisfazione piena. Io credo che il dossier difesa sia uno di quelli che si presta di più ad essere affrontato in sede unitaria, che potrebbe dare risultati tangibili di maggiore efficienza della spesa e anche maggiore efficacia, portato a un livello e a una dimensione europea. Quindi, su questo io credo che noi dobbiamo rilanciare, dobbiamo spingere ancora di più i nostri, anche se questo dovesse significare lasciare qualche partner europeo indietro, perché non è possibile mantenere indecisione per i veti di qualche partner.

Sull'istruzione è stato detto e non voglio dire altro.

Naturalmente il punto sulla migrazione è fondamentale e condivido l'orgoglio con cui il Presidente Gentiloni si presenterà in sede europea: noi dobbiamo avere l'orgoglio di avere innanzi tutto - quello che ci chiedeva l'Europa - irrobustito fortemente i nostri sistemi di identificazione; negli ultimi tre anni abbiamo fatto passi da gigante sull'identificazione e la gestione dei flussi migratori e per questo possiamo essere più forti sulla richiesta e la pretesa di ridistribuzione dei migranti, perché oggi abbiamo un sistema di identificazione che è un sistema moderno, all'avanguardia, che ha coperto i buchi del passato e credo che debba battere anche le diffidenze degli altri Paesi europei.

Così come dobbiamo essere fortemente orgogliosi di tutto il lavoro che abbiamo fatto in questi anni nell'accoglienza e dobbiamo anche essere soddisfatti dei risultati raggiunti, perché per la prima volta l'Europa ha messo in campo un lavoro e delle risorse per il controllo e la protezione dei confini, per le identificazioni, ma anche per la cooperazione nei Paesi che generano la migrazione e dei Paesi di passaggio.

Il Presidente ha detto benissimo su quello che è stato fatto e che ancora si deve fare e anche qui bisogna pretendere molto di più, partendo dal punto che la Commissione è stata disponibile, ha fatto dei passi avanti, ci è stata vicina in questi anni, finalmente. Io oggi credo che dobbiamo convincere anche altri partner europei che sono più diffidenti o più disattenti alle frontiere mediterranee.

Per quanto riguarda l'unione monetaria e bancaria, io credo che quello che si sta facendo è importante, io penso che la realizzazione del terzo pilastro e l'unione bancaria siano un punto fondamentale; il meccanismo di backstop, come è stato definito, è un fatto importante, ma sarebbe rafforzato da un vero sistema di tutela dei depositi europeo, capendo le diffidenze che hanno altri Paesi, prima di tutto la Germania, che oggi è all'interno di una trattativa per il Governo: io credo che lo sblocco di quella trattativa forse potrà essere utile anche per il completamento di questo dossier.

Voglio solo trattare la faccenda del bilancio proprio dell'Unione, che è la vera svolta che può avere l'Unione…

PRESIDENTE. Onorevole Tancredi, venga a chiudere per favore.

PAOLO TANCREDI. Ho finito. La Commissione Monti, devo dire, Presidente, ha raggiunto risultati deludenti e aveva un mandato che non poteva portare a risultati migliori, perché è chiaro che se si parla di risorse proprie e di tasse proprie si deve parlare anche di spesa, quello che vogliamo fare con quelle risorse, grazie (Applausi del gruppoAlternativa Popolare-Centristi per l'Europa-NCD).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare.

ELIO VITO. Signor Presidente del consiglio, non vi è oggi nel nostro Paese una richiesta e una esigenza di più Europa, di maggiore Europa, ma vi è piuttosto una richiesta e un'esigenza di un'Europa diversa, non di una quantità maggiore d'Europa, ma di una migliore qualità dell'Europa.

Per usare un esempio recente, non l'Europa che sceglie a sorteggio tra Milano e Amsterdam e che è sconfitta pesante per il nostro Governo, ma magari l'Europa che, con il Presidente del Consiglio Berlusconi, scelse Mario Draghi alla presidenza della BCE, un'Europa che sappia favorire l'occupazione e la crescita e che non si rappresenti agli occhi dei Paesi e agli occhi dei cittadini, come l'Europa della burocrazia, dei vincoli, dei limiti all'occupazione e alla crescita.

È questa l'Europa della quale oggi si sente l'esigenza, è questa d'Europa che noi vogliamo ed è anche l'Europa che concretamente abbiamo tratteggiato in questa legislatura, proprio a riguardo dei temi che saranno oggetto del Consiglio europeo del 14 e 15 dicembre.

Lei si è vantato dei risultati ottenuti in merito alle politiche migratorie.

Se - e sottolineo se - quei risultati sono stati raggiunti, è merito del fatto che il Governo ha seguito le direttive e le politiche date in Parlamento dalla Commissione Schengen e dalla Commissione difesa del Senato dai rappresentanti di Forza Italia (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente). E se quei risultati – e sottolineo se - sono stati raggiunti in merito alle politiche migratorie, è dovuto al fatto che il Governo ha cercato male di ripetere la politica fatta con successo dal Governo del Presidente Berlusconi, di accordi con i Paesi dell'altra sponda del Mediterraneo (la Libia, la Tunisia) e il Governo è ancora oggi con ritardo nell'attuazione di quanto votato dal Parlamento, cioè di passare alle fasi successive delle missioni già deliberate dall'Unione europea di contrasto al traffico clandestino.

Venivamo irrisi, quando in Parlamento dicevamo che c'era il rischio che entrassero i Foreign Fighters, i terroristi, sulle rotte dei migranti e tra i migranti: eh già, i terroristi arrivano con gli aerei di lusso, mica con i barconi; ora invece questo rischio è stato configurato come un rischio reale, quindi noi prendiamo atto con soddisfazione che il Governo ha attuato quelle direttive e quegli impegni fatti da Forza Italia e dal Presidente Berlusconi al Governo sulle politiche migratorie, ma va fatto su questo ancora di più.

Per quanto riguarda la politica estera comune, anche qui mi permetto di richiamare il documento che lei conosce, Presidente Gentiloni, votato dalla Commissione difesa ad inizio legislatura, in vista del Consiglio europeo sulla difesa comune, un documento importante, nel quale si impegnava il Governo a proseguire sulla strada dell'integrazione in sede di politica estera.

Ma oggi l'Europa non è un attore della politica internazionale, non lo è e non lo sarà mai, non solo perché non vi è una vera politica estera comune, perché non vengono condivise le informazioni e i servizi essenziali, ma molti Paesi europei - si guardi appunto anche all'Africa e alla Libia - sono diretti concorrenti nella politica estera nazionale, quindi è impossibile avere una politica estera comune, ma non vi può essere una politica estera comune finché non vi sarà una politica di difesa comune e una politica di difesa comune richiede, signor Presidente del Consiglio, maggiori investimenti nel settore della difesa, più spese per la difesa, più spese per investimenti, più spese per la ricerca della difesa.

E il Partito Democratico è stato quello che, pur tra i banchi della maggioranza, ha cercato in questa legislatura di scimmiottare delle tesi superate e anacronistiche, che hanno messo in difficoltà il nostro Paese con accordi già sottoscritti a livello internazionale, che tendevano a far limitare le spese per investimenti nel settore della difesa.

Una scelta quindi sbagliata, suicida: finché il nostro Paese nonna spenderà di più, non conterà di più.

I confronti fra quanto spende il nostro Paese e quanto spende il Regno Unito, la Francia, la Germania sono impietosi e naturalmente siamo ben lontani da raggiungere quell'obiettivo del 2 per cento che pure è stato indicato e da noi sottoscritto all'interno dell'Alleanza atlantica.

Ma sulla politica estera comune due cose: noi dobbiamo essere protagonisti di una graduale politica di riduzione delle sanzioni nei confronti della Russia che danneggiano le nostre imprese (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente) e questo va fatto nel solco del ruolo che il nostro Paese ha avuto del riavvicinamento della Russia con la NATO; il vertice di Pratica di Mare: che senso ha continuare a tenere dei vertici senza la presenza della Russia, con il ruolo che oggi la Russia sta svolgendo del Medioriente, sempre più importante?

E noi come Paese, come Italia, abbiamo la credibilità storica per poter svolgere, all'interno dell'Unione europea, del prossimo Consiglio europeo, una pressante richiesta ai nostri partner affinché si avvii la politica di riduzione delle sanzioni della Russia.

E ho sentito poi, con orrore, parole anche in quest'Aula sulla vicenda della capitale Gerusalemme: si può condividere o meno, per ragioni di opportunità politica, l'attuazione chi Presidente Trump ha fatto di una decisione che era stata già assunta negli anni dei precedenti Presidenti degli Stati Uniti, la si può condividere o meno, la si può criticare o meno, ma quello che non si può fare è ritenere questa decisione moralmente e praticamente responsabile di quello che è invece inaccettabile e dovrebbe essere inaccettabile ossia l'attacco quotidiano sistematico nei confronti della vita di uno Stato democratico riconosciuto dal nostro Paese, dalle Nazioni Unite, dall'Unione europea come lo Stato d'Israele (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente). Non si può porre un nesso tra le due cose, come ho sentito in Aula poco fa, non vi è un nesso: tale nesso non è moralmente accettabile. Se non si condivide l'opportunità di quella decisione del Presidente Trump, è legittimo. Ma la condanna nei confronti dei razzi, dei proclami, della mobilitazione per distruggere uno Stato democratico deve essere unanime da parte della comunità internazionale e da parte delle forze politiche del nostro Paese e su questo, signor Presidente del Consiglio, avremmo voluto sentire una parola anche da lei. E ci sono parse timide le parole che ha pronunciato Federica Mogherini dopo l'incontro con il Presidente Netanyahu: timide e, mi permetto di dire, anche di circostanza di fronte all'aggressione che sta avvenendo, alla sopravvivenza, all'esistenza stessa di uno Stato democratico riconosciuto. Concludo. Ho sentito anche l'intervento - ormai siamo già in campagna elettorale - del collega Di Battista al quale non voglio replicare. Uno augura sempre le migliori fortune, le migliori scelte delle strade che si fanno ma c'è una cosa che voglio ricordare, signor Presidente del Consiglio, e concludo su questo: pare che vi associate ad una lista che si richiama a una più Europa. Ho già detto all'inizio che, a mio giudizio, è sbagliato perché ci vuole un'Europa diversa. Ricordo però che la protagonista di quella lista è stata esclusa dal Governo da Renzi e poi anche da lei dal Governo, quando era Ministro degli Esteri uscente, mentre è stata nominata dal Presidente Berlusconi commissario europeo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Dellai. Ne ha facoltà.

LORENZO DELLAI. Grazie, signora Presidente e signor Presidente del Consiglio, il gruppo parlamentare Democrazia Solidale-Centro Democratico ha molto apprezzato le comunicazioni del Governo e si riconosce nella risoluzione di maggioranza. Vorremmo sottolineare tra le molte due sole indicazioni: in primo luogo l'impulso ad una comune politica di difesa e sicurezza. Forse finalmente possiamo notare passi avanti concreti e significativi oltre le retoriche e le astrattezze. Il fatto che il disegno europeo richiedesse anche un apparato comune di difesa era chiaro ai lungimiranti fin dai primi anni Cinquanta. Il fallimento della CED nei primi anni Cinquanta, ad opera essenzialmente dei francesi, ha rappresentato una delle delusioni più dolorose del grande Alcide De Gasperi che su quella battaglia aveva non a caso speso molto del suo sforzo europeista. Il nuovo quadro degli equilibri mondiali, la sfida del terrorismo globale e, non da ultimo, le difficoltà della finanza pubblica hanno aperto nuove prospettive per l'integrazione degli apparati di difesa e il Consiglio europeo dei prossimi giorni lo sta a dimostrare. Ce ne rallegriamo e invitiamo il Governo ad assicurare il massimo impegno dell'Italia in questa direzione.

In secondo luogo vorrei richiamare le novità positive che si intravedono sul piano della politica europea verso il Mediterraneo e verso l'Africa. Molto, molto ha fatto il nostro Paese con l'Africa in questi cinque anni, come dimostrano i dati e la stessa Unione europea ha fatto proprie alcune nostre importanti intuizioni. Lo si è visto anche nel recente vertice di Abidjan. Abbiamo oggi una presenza ed una politica più percepibile dopo decenni di pasticci dovuti a tentazioni nazionaliste e di colpevoli disattenzioni. Ciò ha prodotto situazioni inaccettabili sul piano umanitario e autolesioniste anche su quello geopolitico. Gli attori globali, vecchi e nuovi, la Cina, la Russia, gli Stati Uniti, prescindendo quasi totalmente dall'Europa, hanno fino ad ora giocato e stanno giocando ancora le loro partite e quelle dei loro alleati regionali con un cinismo pericoloso e destabilizzante.

Un ruolo politico, economico e militare più autorevole dell'Unione europea nel Mediterraneo e in Africa è elemento essenziale per un equilibrio più stabile e per una prospettiva di rispetto dei diritti umani. Consideriamo un segnale incoraggiante quanto previsto nell'agenda del Consiglio europeo e siamo consapevoli che ciò si deve soprattutto allo sforzo delle istituzioni pubbliche e delle molte organizzazioni della società civile del nostro Paese. Giorgio La Pira nella sua straordinaria profezia si chiedeva dove andasse la prua della storia. Ebbene noi crediamo che c'è un luogo oggi nel quale la prua della storia punta in tutti i quattro i punti cardinali: esso è appunto il Mediterraneo.

Non ho qui il tempo per soffermarmi sugli altri molti punti importanti della agenda dei quali ha parlato il Presidente del Consiglio e dei quali parla la risoluzione di maggioranza che abbiamo condiviso e sottoscritto. Aggiungo solamente una considerazione finale di tipo politico. Questo sarà l'ultimo dibattito in vista di un Consiglio europeo dell'anomala e difficile legislatura in corso. Sono molto contento che il nostro gruppo parlamentare abbia accompagnato con la propria fiducia e il proprio sostegno i Governi Letta, Renzi e Gentiloni in particolare nel loro impegno in sede europea. Essi hanno operato bene, valorizzando il patrimonio di credibilità e di rispetto che il Governo di Mario Monti aveva riconquistato con fatica e sacrificio degli italiani nell'emergenza drammatica del 2011 e 2012. La strada però è ancora lunga e tutta in salita: lo è per l'Unione europea, lo è per l'Italia. L'emergenza economico-finanziaria non è archiviata una volta per tutte ma certo possiamo oggi guardare al futuro con un briciolo di maggiore speranza e tuttavia sarà bene tenere sempre presente che per la grandissima parte i nostri problemi non sono affatto colpa dell'Europa. Derivano piuttosto dalle inefficienze e dalle fragilità pubbliche, private e collettive alle quali noi italiani abbiamo trovato comodo non porre riparo con la dovuta sollecitudine e, temiamo, continuiamo a farlo. La campagna elettorale non è ancora formalmente avviata ma già assistiamo al florilegio delle promesse di tutto e verso tutti. Se emergenza acuta ancora si percepisce in Europa verso di noi, credo sia riferita all'affidabilità e alla tenuta del sistema politico. L'approccio di realismo, di serietà, di responsabilità, vorrei dire l'attitudine anti-populista che anche oggi, signor Presidente del Consiglio, ha segnato le sue comunicazioni nel giorno del suo primo compleanno da Premier dovrebbero essere colte non solo come risvolto di un carattere della persona ma come cifra etica e politica di una proposta di ricostruzione del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Democrazia Solidale-Centro Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Scotto. Ne ha facoltà.

ARTURO SCOTTO. Grazie, signora Presidente. Signor Presidente del Consiglio, abbiamo ascoltato con attenzione la sua relazione e abbiamo apprezzato ovviamente come sempre i toni, i decibel bassi, dentro un dibattito politico che permanentemente è attraversato dall'ingiuria, dall'insulto, da uno scontro verbale che allontana i contenuti, allontana i temi e il merito. Tuttavia, signor Presidente, questi toni non si accompagnano alle esigenze di svolta politica che attraversano il Paese e l'Europa. E il primo tema è l'economia e il lavoro. Oggi ci sono dati che inchiodano l'Italia. Il Jobs Act si è rivelato una zattera per imprenditori che hanno preso i soldi ma che non hanno determinato nessuna crescita dell'occupazione stabile. Non lo diciamo noi: lo dice l'INPS, lo dice l'Istat. Ci troviamo di fronte a una crescita e a un'esplosione del lavoro interinale e del lavoro pagato come merce vile. Quando accade questo un Paese è meno democratico e meno sicuro (Applausi dei deputati del gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista). Secondo, i toni aiutano, però, signor Presidente, ci saremmo aspettati qualche parola in più rispetto al rapporto di Amnesty. Lei dice testualmente: l'iniziativa dell'Italia ha acceso i riflettori sui diritti umani in Libia. Ora, ognuno può convincersi di quello che vuole, siamo nell'epoca delle fake news, però, tuttavia, signor Presidente, quel rapporto di Amnesty parla di questi mesi, parla dei lager di questi mesi, parla della condizione dei migranti in Libia nelle settimane anche successive all'accordo con la Guardia costiera libica che, vorrei sommessamente ricordare, è sotto inchiesta dal tribunale internazionale dell'Aia per gravi violazioni dei diritti umani. Dunque, noi che pensiamo, come lei, che l'Italia non può essere trattata come il parente povero dell'Europa e che un'iniziativa sul Mediterraneo vada fatta in un contesto multilaterale e serio e, quindi, di condivisione e di coinvolgimento di tutti, le chiediamo, in maniera esplicita, di procedere alla sospensione dell'accordo con la Libia fino a quando non saranno ripristinati i più elementari diritti umani (Applausi dei deputati del gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista).

Poi c'è un punto - e vado rapidamente a chiudere - che è oggetto anche di una risoluzione che abbiamo presentato; signor Presidente del Consiglio, lei non l'ha citato, ma in queste ore, in queste settimane c'è un piromane che si aggira per l'Europa e per il mondo, si chiama Donald Trump; la scelta di dichiarare Gerusalemme come capitale unica di Israele è un atto di piromania che sta producendo un incendio nel mondo arabo e non solo. E, allora, occorrerebbe un'iniziativa; l'Italia ha fatto bene, in sede di Consiglio di sicurezza dell'ONU, a scegliere la strada del legame con la Francia ed altri Paesi, opponendosi a questa scelta. L'abbiamo apprezzata, però, occorre essere conseguenti e anche rapidi. In queste ore sta succedendo qualcosa di incredibile; dittatori che esistono in quel mondo stanno rivedendo, in questa fase, di nuovo posizioni che gli ridanno verginità agli occhi di masse molto larghe della popolazione araba. Erdogan, al Sisi tornano ad essere riscattati come le figure principali a difesa della questione palestinese. Se posso consentirmi, questo è il principale problema che si sta aprendo nel mondo, si sta aprendo il grande tema della democrazia in Paesi dove la democrazia non c'è e se dobbiamo muoverci in questa direzione, signor Presidente del Consiglio, forse occorrerebbe un atto autonomo dell'Europa e per fare un atto autonomo dell'Europa occorre un atto autonomo dell'Italia. Lei, il 27 febbraio del 2015, in quest'Aula, diede parere favorevole a una mozione, primo firmatario Roberto Speranza, che ebbe 300 voti in quest'Aula e che indicava, come priorità per il nostro Paese, rispetto al conflitto israelo-palestinese, il riconoscimento dello Stato di Palestina (Applausi dei deputati del gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista). Sono passati due anni e mezzo, signor Presidente, vada in Consiglio europeo con questa carta in mano e riapra una prospettiva, dia un segnale forte all'Unione europea che riprenda una funzione, al mondo arabo che non può essere di nuovo riconsegnato a dittatori sanguinari, al mondo che ha bisogno di pace e di stabilità: due popoli, due Stati, che devono vivere in pace e in sicurezza.

Signor Presidente, approviamola, approviamo il riconoscimento dello Stato di Palestina, facciamolo oggi e diamo un segnale al mondo (Applausi dei deputati del gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Pia Locatelli. Ne ha facoltà.

PIA ELDA LOCATELLI. Grazie, signora Presidente. Signor Presidente del Consiglio, la Commissione europea ha proposto cinque progetti per il completamento dell'Unione economico-monetaria, tra cui, in prima battuta, l'inserimento del fiscal compact nei trattati, poi, invece, nel diritto europeo. La delegazione italiana, ma non solo quella italiana, dei Socialisti Democratici al Parlamento europeo ha considerato preoccupante questa iniziativa. Sul tema, il Presidente del Consiglio ha affermato qualche giorno fa che l'unione monetaria, cito: deve mirare a più crescita e convergenza. È stato cauto nella forma, ma, a nostro avviso, pronunciando sostanzialmente un “no” alle politiche di austerità e, quindi, anche all'iniziativa originaria della Commissione. Oggi, invece, il Presidente del Consiglio ha parlato di: buona base di partenza; lo vedremo nello sviluppo dei progetti che richiederà tempo, ma, mentre apprezziamo la strada imboccata sulla difesa comune europea, riteniamo un rischio l'inserimento del fiscal compact nei trattati; riteniamo che rafforzerebbe i poteri già eccessivi della Commissione, poteri regolatorio-amministrativo-burocratici che danno alla Commissione il controllo dell'agenda di Bruxelles. È vero, il nostro debito pubblico condiziona anche in prospettiva la nostra capacità di incidere sull'agenda politica di Bruxelles, ma non si può continuare a realizzare il progetto europeo a compartimenti stagni, implementando solo quello economico-finanziario e non quello politico.

Le linee di sviluppo economico non possono essere determinate soprattutto da istituzioni europee che non hanno una legittimazione democratica attraverso il voto; questo allarga il fossato fra cittadini e istituzioni, non ci difende dalle pulsioni nazionalistiche e populiste e ci fa sentire meno europei, non più europei.

Infine, parlando di migrazioni, assistiamo un po' stupiti alle critiche sulla gestione del fenomeno migratorio. Se qualche organizzazione è in grado di essere presente e svelare quanto sta avvenendo in Libia è grazie a quanto ha fatto l'Italia. Noi, rispetto ad altri Paesi, possiamo dire di aver cercato soluzioni e, anche, di aver fatto azioni utili e questo ci dovrebbe essere riconosciuto, dovremmo rivendicarlo tutti, come un Paese unito, dove non ci si azzuffa su tutto per qualche voto in più.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Massimiliano Fedriga. Ne ha facoltà.

MASSIMILIANO FEDRIGA. Grazie, Presidente, ringrazio lei e ringrazio, per la sensibilità dimostrata, il Presidente del Consiglio dei ministri che, in una discussione così delicata, non si degna nemmeno di ascoltare la discussione generale o, almeno, di ascoltare la voce di tutti i gruppi rappresentati in questo Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini). Faccio un ringraziamento particolare, perché colui che predica il dialogo e il confronto, il Presidente del Consiglio, che deve andare in Europa a confrontarsi, se ne va e non ascolta nemmeno tutti i gruppi, perlomeno della minoranza, che, forse, sono quelli che hanno un dialogo meno costante rispetto alla maggioranza del Partito Democratico. Però, devo dire che, almeno, il Presidente del Consiglio e questo Governo, se pur con quattro anni di ritardo, hanno ascoltato ciò che la Lega e ciò che Matteo Salvini dicevano nel 2013, perché oggi ci accorgiamo che la soluzione del Partito Democratico proposta alla questione “immigrazione” è quella di non far partire gli immigrati dalla Libia: devo dire, con quattro anni di ritardo e con 600.000 arrivi di clandestini nel nostro Paese: ben arrivati (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini); peccato che le soluzioni, però, non siano assolutamente all'altezz, soluzioni che vedono, comunque, l'arrivo di più di 100.000 clandestini nel nostro Paese, anche in quest'anno. L'aborto, di fatto, della proposta dei CPR del Ministro Minniti - che soltanto quattro su venti sono partiti -, lo stesso Minniti che ci racconta che attraverso il flusso di immigrati nel nostro Paese possono arrivare terroristi e io ricordo chiaramente le parole del segretario del Partito Democratico Renzi che quando la Lega denunciava questo pericolo concreto per il nostro Paese e per l'Europa ci dava per coloro che volevano cavalcare la paura e acquisire consensi; lo ricordo chiaramente; oggi, con quattro anni di ritardo, è il Ministro dell'interno del vostro Governo che lo dice.

Allora, Presidente, è chiaro che questa è una presa in giro per il Paese, una presa in giro nata, ovviamente, da quando la stessa legislatura è iniziata, con Governi che non hanno avuto un mandato popolare, Governi e maggioranze che non rappresentano la maggioranza di questo Paese. Dal Governo Letta, di cui noi unici orgogliosamente non abbiamo mai votato un provvedimento, Mare Nostrum compreso, unici che con coerenza da sempre, dall'inizio della legislatura, abbiamo mantenuto una posizione chiara e coerente con quanto detto ai cittadini di questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).

Ebbene, su questo vediamo una sinistra che fa gara ad essere più sinistra: parlo da MDP, e quanto ho sentito è imbarazzante, al PD, al MoVimento 5 Stelle, che addirittura si è inventato di regalare e di dare fino a 1000 euro al mese a chi prende in casa un immigrato clandestino qui a Roma, con la sindaca Raggi (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini). È una gara a chi è più di sinistra, a chi è più pro immigrazione clandestina.

Ma passando dall'immigrazione ad un altro tema cardine che si è discusso quest'oggi, malgrado il Presidente del Consiglio non l'abbia voluto richiamare, noi siamo particolarmente preoccupati per le posizioni prese da gruppi importanti, come il PD e il MoVimento 5 Stelle sulla questione Israele. Perché ci stanno, guardate, le posizioni di ognuno, anche se mi sembra quantomeno strano che non si possa riconoscere ad Israele la possibilità di scegliere quale sia la sua capitale; ma detto ciò, ho sentito posizioni di condanna a Trump e a Israele come se fossero loro a causare scontri, e anche possibili morti, e nulla contro chi ha proclamato l'intifada come Hamas e che ha dichiarato che bisogna… Come l'intifada dei coltelli, l'intifada che ha visto attentati fatti nello Stato di Israele: su quello silenzio assordante (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini)! E purtroppo il nostro Paese si è visto schiavo del padrone di turno, e il padrone di turno l'ha regolarmente bastonato: passando per l'Obama con gli Stati Uniti, adesso non c'è più Obama, il padrone non è più quello, passando per Macron, inchinati a Macron, bastonati, basti pensare al caso Fincantieri o al caso immigrazione sulla Libia, e adesso col nuovo padrone, l'Italia prende una posizione senza un minimo di ragionamento, pensando che ad oggi il conflitto israelo-palestinese non si sta risolvendo! Non è che si stava andando verso una soluzione del conflitto, e le parti in causa stavano trovando una strada percorribile. Anzi, forse la posizione degli Stati Uniti può essere quella che dà una linea di demarcazione e costringe le parti a trovare una via da percorrere per finalmente arrivare ad una risoluzione del conflitto. Ma su questo abbiamo visto che le posizioni delle sinistre, del PD, MDP e MoVimento 5 Stelle sono state molto chiare: pro Hamas, contro Israele, anti-israeliane, velate, magari dette in burocratese o in politichese, ma palesemente anti-israeliane, posizioni che non ci vedranno mai condividere il percorso insieme a queste forze politiche.

E poi, sulle sanzioni alla Russia. Qui abbiamo toccato il massimo: ho sentito colleghi dei gruppi parlamentari schierarsi contro le sanzioni alla Russia. Peccato che la Lega è l'unico movimento che anche in Europa in modo compatto ha votato contro le sanzioni alla Russia (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini)! E non si può tenere una posizione diversa rispetto alla platea di riferimento, per capire se è più conveniente o meno conveniente elettoralmente: gli europarlamentari della Lega hanno votato tutti coerentemente contro le sanzioni alla Russia; potrà piacere o meno la nostra posizione, ma uno sa cosa sceglie quando sceglie Lega. E siamo stufi personalmente di continuare a vedere saltimbanchi che prendono una posizione un giorno, e il giorno dopo invece la cambiano.

E allora per questo (sarà uno dei nostri ultimi interventi in questa legislatura) mi auguro che presto si andrà allo scioglimento di queste Camere, e i cittadini potranno tornare a scegliere una maggioranza che possa governare il Paese secondo le indicazioni avute dagli elettori.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

MASSIMILIANO FEDRIGA. Però Presidente (e vado a concludere) io devo dirle, con tutto il rispetto umano che provo verso coloro che hanno rappresentato cariche importanti durante questa legislatura, che mi auguro che anche le Presidenze di Camera e Senato la prossima legislatura possano trovare delle posizioni più equilibrate e più da arbitro. Perché glielo dico a fine legislatura, ripeto, con tutto il rispetto umano che mi contraddistingue, che su molti provvedimenti, dove lei stessa ha preso posizioni molto chiare a favore di provvedimenti che venivano discussi dalle Aule, non ci siamo sentiti assolutamente tutelati.

Come per esempio l'espulsione di molti parlamentari della Lega durante la discussione sullo ius soli: discussione e proteste che venivano da una scelta di gestire l'Aula in modo assolutamente arbitrario e palesemente pro legge ius soli, che lei ha voluto prendere chiaramente non tutelando i diritti delle minoranze (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini). E per questo mi auguro che la prossima legislatura possa vedere un nuovo Governo che dia risposte al Paese, ma anche delle Presidenze di Camera e Senato che possano tutelare lo svolgimento democratico e dei diritti non soltanto della maggioranza, ma anche delle opposizioni; e lo dico augurandomi di essere maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Mazziotti di Celso. Ne ha facoltà.

ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO. Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, la componente di Civici e Innovatori approverà le comunicazioni del Presidente del Consiglio, perché su tutti gli aspetti che ha illustrato condividiamo la linea del Governo.

Condividiamo, in particolare, la posizione adottata sul tema dell'unione monetaria, sulla quale abbiamo assolutamente la convinzione che si debba proseguire verso una maggiore unità, ma che il tentativo di introdurre figure come il famoso Ministro delle finanze europeo debba essere fatto in un'ottica di coesione e crescita, e non in un'ottica di veti che porterebbe solo a scaricare nuovamente colpe sull'Europa, che probabilmente non avrebbe ma sarebbero degli Stati nazionali. Condividiamo il richiamo ai diritti umani sul tema della migrazione: qui è positivo che la Commissione europea abbia deferito Ungheria, Repubblica Ceca e Polonia per la violazione degli accordi sulla ricollocazione, è un passo avanti importante; bisogna vigilare, perché sul tema della ricollocazione obbligatoria ci sono invece proposte che potrebbero essere contrarie agli interessi italiani.

Allo stesso tempo condividiamo quello che è stato segnalato dal Presidente del Consiglio su come quelli che prima elogiavano la Brexit, adesso comincino forse a rendersi conto di quello che sta davvero accadendo alla Gran Bretagna. Abbiamo una serie di prese di posizione pre-elettorali molto diverse da quelle che c'erano prima: basta vedere l'escalation un po' strana del MoVimento 5 Stelle. Io ho sentito oggi dire all'onorevole Di Battista che ci si deve riprendere la sovranità, ieri a Di Maio che il Parlamento europeo deve avere più poteri, a gennaio a Di Maio che voleva uscire dall'euro, oggi che l'Europa è una grande opportunità di crescita, mettiamoci un'intervista al Sunday Times dove elogiava la Brexit, e abbiamo completato una posizione coerente. Allo stesso modo devo dire che sono rimasto abbastanza stupito di sentir dire, in un dibattito che riguardava tutt'altro, ancora una volta che la priorità è togliere le sanzioni alla Russia. Almeno sarebbe il caso di leggere i dati di questi mesi: sui primi nove mesi l'export in Russia è cresciuto del 23 per cento, qualcosa del genere, nelle regioni del Nord ancora di più; io capisco che ci siano delle vicinanze politiche, in alcuni casi traballanti come denunciava l'onorevole Fedriga, in altre molto consolidate come quella della Lega, alla Russia, ma raccontare che il nostro export è danneggiato quando cresce del 23 per cento rispetto all'anno scorso fa semplicemente sorridere. Quello che fa un po' meno sorridere è che per l'ennesima volta si è avuto un dibattito in Aula dove l'80 per cento, 90 per cento di quello che è stato detto dall'opposizione non riguardava l'oggetto della discussione.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Nicola Fratoianni. Ne ha facoltà.

NICOLA FRATOIANNI. Signora Presidente, sono molte le questioni toccate dall'intervento del Presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, e sono molte le questioni che non ci hanno convinto, anzi ci hanno se possibile preoccupato.

Parto dall'ultima questione affrontata dal Presidente del Consiglio in tema di unione monetaria e bancaria. Le parole che il Presidente del Consiglio ha pronunciato in quest'Aula rischiano di essere caratterizzate da molte buone intenzioni, ma dalla scarsa consapevolezza di chi continua a non misurarsi con la condizione reale nella quale oggi l'Unione si trova. Ci ha detto il Presidente del Consiglio che, rispetto ad alcune delle proposte che lui ha considerato, definite una buona base di partenza (dirò tra poco perché noi le consideriamo insufficienti e in qualche caso pericolose), quella di dar vita ad un Ministro europeo del bilancio è un'ipotesi che va misurata rispetto alle funzioni che questo ipotetico Ministero dovrebbe svolgere. Ci ha detto, tra le altre cose, che sarebbe contrario ad un Ministero che avesse, in particolare, la funzione di controllo rispetto ai bilanci dei singoli Paesi e, dunque, una funzione, probabilmente, realisticamente, ancora una volta di carattere punitivo rispetto ad alcuni Paesi, in particolare a quelli dell'area mediterranea, del sud Europa. Si è dimenticato di dirci, però, che tra quelle proposte, quelle che caratterizzano il pacchetto della Commissione europea su questi temi, ce ne sono alcune, per esempio, quella che chiede di introdurre il fiscal compact nel quadro giuridico, così scrivono, dell'Unione Europea. Vorremmo sapere che cos'è questo grado giuridico, se per esempio ha a che fare, come a noi sembra, con i Trattati dell'Unione europea; ci sono alcune di queste condizioni che rischiano, anzi, realisticamente sono destinate a mantenere ed aggravare, se possibile, una condizione nella quale, dal punto di vista strutturale, l'attuale conformazione dell'Europa e dell'eurozona non può che continuare in una direzione che è fondata, da un lato, sulla svalorizzazione del lavoro e, dall'altro, su politiche che fanno e che continueranno a fare dell'austerità il proprio tratto principale. Auspicare una politica che inverta la tendenza, che faccia della crescita il proprio punto di riferimento significa, inevitabilmente, mettere in discussione le regole e i Trattati su cui oggi è fondato l'assetto strutturale dell'Europa che conosciamo.

Senza mettere in discussione il fiscal compact, senza chiederne la disattivazione, senza chiedere una riscrittura radicale che per esempio tolga di mezzo dal calcolo del pareggio di bilancio le politiche di investimento su alcune materie fondamentali, è semplicemente ridicolo continuare a indicare nella crescita l'orizzonte su cui investire lo sforzo politico del nostro Paese nel quadro europeo; senza chiedere, per esempio, che il mandato della BCE venga esteso e che oltre alle politiche monetarie venga esteso alle politiche dell'occupazione, che possa intervenire direttamente sul terreno degli investimenti, per esempio, superando la condizione attuale, quella che ha visto il famoso piano Juncker continuare a galleggiare nell'inconsistenza e nell'assenza di risorse necessarie a dare vita a una politica espansiva. Chiedere una politica espansiva è semplicemente l'elenco di tante buone intenzioni, incapaci di produrre un'inversione di tendenza dal punto di vista della condizione reale che stiamo affrontando.

In questi anni, negli anni della crisi, l'Europa ha pagato duramente l'impossibilità strutturale di determinare un cambio di rotta. È arrivato il momento che con questa condizione strutturale si facciano i conti fino in fondo e che la si finisca con un discorso che continua ogni volta a non mettere in discussione le regole e a indicare prospettive e soluzioni che, senza mettere in discussione quelle regole, restano semplicemente improponibili e irrealizzabili.

In secondo luogo, c'è una questione che mi ha particolarmente colpito, di questa parlerà più diffusamente di me il mio collega Erasmo Palazzotto nella dichiarazione di voto, ma una cosa la voglio dire: il Ministro Gentiloni ha rivendicato con orgoglio la nostra iniziativa sulla politica delle migrazioni, in particolare la nostra iniziativa e il rapporto con la Libia. Voglio solo dire una cosa al Presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni: lui rivendica l'orgoglio dell'Italia nella nostra iniziativa capace di fermare il flusso dei migranti; ha detto addirittura che grazie alla nostra iniziativa, grazie agli accordi con la Libia, oggi è possibile svelare la drammaticità delle condizioni su cui misuriamo la violazione sistematica dei diritti umani in quel Paese. La verità è che noi dovremmo provare, rispetto a questa scelta e a queste azioni, soltanto vergogna. La verità è che con questa scelta noi abbiamo consegnato migliaia e migliaia di vite alla violenza, alla tortura, alla morte, e abbiamo tolto di mezzo dalla nostra coscienza, cancellato e spostato un po' più in là, quello che, invece, avremmo dovuto tenere ben presente davanti ai nostri occhi e avremmo dovuto affrontare in tutt'altra maniera.

In terzo luogo - e chiudo su questo, lo ha già detto prima di me il collega Scotto, condivido molto le sue parole -, ci ha colpito l'assenza di una questione che oggi è al centro della discussione internazionale: la scelta di Donald Trump di spostare unilateralmente la propria ambasciata a Gerusalemme e, dunque, autonomamente di definire Gerusalemme come capitale unica dello Stato di Israele, è una scelta incendiaria, è un atto pericoloso, è un atto che cancella e contribuisce a cancellare la prospettiva della pace e di una pace stabile e dignitosa in quell'area, la prospettiva di due popoli e due Stati, una prospettiva che, a differenza di quello che ha detto in quest'Aula poco fa il capogruppo della Lega accusandoci di posizioni grossolanamente anti-israeliane, è prospettiva su cui da anni si battono centinaia e centinaia di straordinarie personalità, della cultura innanzitutto, provenienti dalla società israeliana.

È di pochi giorni fa l'ennesimo appello, promosso da tre straordinari intellettuali, Amos Oz, David Grossman, Abraham Joshua, e firmato da oltre ottocento personalità che chiedono ai Parlamenti europei di riconoscere lo Stato palestinese per garantire, anche per questa via, la sicurezza del popolo israeliano. E allora, come già prima di me ha ricordato il collega Arturo Scotto, è arrivato il momento che questo Paese, che questo Governo, riconosca lo Stato palestinese per contribuire alla pace in Medioriente. Si faccia e si faccia adesso (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Rocco Buttiglione. Ne ha facoltà.

ROCCO BUTTIGLIONE. Signora Presidente e signor rappresentante del Governo, voi sapete che l'UDC non fa parte di questa maggioranza e non vota la fiducia a questo Governo. Voteremo invece la mozione che appoggia la politica europea di questo Governo perché riteniamo che la politica europea debba essere sottratta agli scontri di partito perché esprime interessi generali del popolo italiano, su cui è auspicabile la più ampia convergenza di tutte le forze politiche. Spiace che il dibattito di oggi non abbia dato grande dimostrazione di questo sentimento di unità nazionale di cui pure c'è tanto bisogno.

Una parola sulla Brexit: molti in questo Parlamento inneggiavano alla Brexit, la consideravano come un esempio. Noto con piacere che nessuno più è di questa opinione, come nessuno più ci parla di decrescita felice. La Brexit si sta rivelando un pessimo affare per chi l'ha voluta, credo che la linea che segue l'Unione europea sia una linea corretta, non illudiamoci che tutti i problemi siano risolti, i più difficili devono ancora venire al pettine e nessuno ci ha spiegato come si possa evitare di avere un confine fra Irlanda del nord e Repubblica irlandese, mantenendo al tempo stesso la libertà del Regno Unito di imporre dazi sulle merci che provengono dall'Unione europea.

La difesa comune è una necessità impellente, assoluta. Abbiamo fatto in passato alcune scelte di politica industriale, che ci hanno molto legato con la Gran Bretagna. È un tema su cui, quindi, io invito il Governo ad avere grandissima attenzione.

Sull'unione bancaria mi consenta una parola, signora Presidente: non illudiamoci che ci sia alcun accordo che possa contenere la libertà di indebitarsi a volontà. Il grande scambio politico che dobbiamo fare è più rigore nel controllo sui bilanci dei singoli Stati, una politica comune per la competitività ed investimenti per introdurre tutta l'Europa nell'economia della conoscenza.

Sulle migrazioni, infine, la prima tappa è non accettare il ricatto morale, il quale dice che chi è in Libia deve poter venire in Italia. La seconda tappa è: perché la Libia non accetta la Convenzione di Ginevra, non entra nella Convenzione di Ginevra garantendo i diritti dei rifugiati in Libia? Dobbiamo chiedere un intervento forte dell'Unione europea e delle Nazioni Unite per la gestione dei campi per i rifugiati in Libia e dobbiamo ricordare che le politiche dell'immigrazione sono parte di una politica di vicinato: se non c'è la libertà di non migrare, se non c'è la libertà di restare nel proprio Paese perché nel proprio Paese si muore di fame, sarà difficile contenere i flussi migratori. Dobbiamo, insieme con la Germania che ha preso una forte iniziativa in questo senso, chiedere che questa iniziativa divenga un'iniziativa comune europea.

Mi consenta, infine, di esprimere il mio compiacimento perché il Governo ha ripreso le linee di quelle che furono le mie proposte di politica delle migrazioni, che il Parlamento europeo a suo tempo rifiutò di discutere: era dieci anni fa, tutto era più facile.

Ultima osservazione...

PRESIDENTE. Deputato, concluda.

ROCCO BUTTIGLIONE. Solo una parola. Ho sentito chiedere: togliamo le sanzioni alla Russia. Qualcuno non ha, però, ricordato che quelle sanzioni vi sono per una ragione: per difendere l'indipendenza dell'Ucraina. Come pensano di difendere l'indipendenza dell'Ucraina togliendo le sanzioni?

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Capezzone. Ne ha facoltà.

DANIELE CAPEZZONE. Grazie, signora Presidente. Lascio da parte il tema del quale vorrei parlare da subito, e cioè lo schiaffo incredibile e inaccettabile che l'Italia e l'Europa hanno dato a Israele sulla questione di Gerusalemme, con tanto di risatine della commissaria Mogherini, ma questo non mi sorprende nel momento in cui il Governo italiano guida, ahimè, l'inchino vergognoso occidentale verso Teheran, che ha tuttora come obiettivo la distruzione dello Stato di Israele.

Vengo, invece, all'esordio di oggi del Presidente del Consiglio Gentiloni, che ha fatto una confessione freudiana: “Siamo rimasti scioccati due volte da Brexit e Trump”. Eh sì, le élite europee sono rimaste scioccate perché non avevano capito ne su Brexit né su Trump quello che accadeva e perché hanno perso drammaticamente contatto con i ceti medi, ai quali continuano a ripetere stancamente che ci vuole più Europa e più lo ripetono e più la credibilità del progetto europeo crolla. Un paio di mesi fa in una circostanza di questo genere, signora Presidente, avevamo con amara ironia detto al Governo: “Vi sveliamo un segreto: la Francia e la Germania non fanno gli interessi dell'Italia; fanno gli interessi della Francia e della Germania” e si era alla vigilia della vicenda EMA, sulla quale vi facevate illusioni, alla vigilia della vicenda dell'Eurogruppo, sulla quale vi facevate illusioni. La realtà si è incaricata di - come dire - fare chiarezza.

Oggi vi diamo un altro avviso: è partito il treno della competizione fiscale. Molto bene ha fatto il Presidente Trump a fare un grande taglio di tasse; l'Inghilterra è sulla stessa direzione, con tasse sulle imprese al 20 per cento che scenderanno al 18 e presto al 15. Se l'Europa pensa di rispondere con le letterine o alzando la paletta o dicendo: “Non potete farlo” è una tragica ammissione di impotenza. Per questo abbiamo presentato un documento per dire “no” alla tragedia del Ministro delle finanze unico, di quella che chiamate armonizzazione fiscale ma che sarebbe una gabbia a tasse alte e a regolazione alta. Siete costruttori di povertà e di declino; ci mettete sopra il timbro dell'Europa, ma state costruendo un orizzonte di non crescita mentre il mondo attorno a noi corre veloce, abbassa le tasse e taglia la regolamentazione. Buon lavoro, ma speriamo che il vostro lavoro finisca presto perché ne avete combinate troppe (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Direzione Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Pino Pisicchio. Ne ha facoltà.

PINO PISICCHIO. Grazie. Signora Presidente, onorevole rappresentante del Governo, questa di oggi è, con ogni probabilità, l'ultima occasione dell'Aula di Montecitorio per imbastire con il Governo un dialogo sui temi dell'Europa e forse anche per trarre qualche bilancio più largo sull'esperienza dello stesso Esecutivo. L'appuntamento europeo del 14 e 15 è ancora attraversato dalle conseguenze della Brexit, un misto di complicate burocrazie e di ancora timidi auspici di ripartenza. È anche il primo meeting che va in agenda dopo la beffa di quella specie di ruota della fortuna che ci è stata inflitta sull'EMA e che, ancora una volta, ha denunciato la grave insufficienza della politica nella gestione dell'Unione europea, perché non è una comunità di Stati sicura nelle sue scelte e capace di garantire la certezza di un orizzonte quella che affida scelte politiche di quella portata al sorteggio.

Tuttavia, l'Europa è il nostro ineluttabile destino ed abbiamo il dovere di rafforzarla nella sua dimensione politica. La nebulosa dei 27 deve però trovare un nucleo saldo capace di indicare la strada. Credo sia il tempo di convocare i fondatori per ripartire con nuovo smalto e nuovi patti (si ricordava - e il Presidente del Consiglio lo faceva - il sessantennio, celebrato a Roma nel marzo scorso). Credo anche che sia giunto il tempo di farsi carico dell'inevitabile rapporto con il Mediterraneo e con l'Africa. Plaudo alla scelta del Governo di privilegiare il rapporto con i Paesi africani. Impari a farlo anche l'Europa prima che a rappresentare l'intero continente africano sia la Cina, il più grande investitore mondiale anche in quell'area, perché l'Africa e il Mediterraneo, onorevole rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, non sono per l'Europa un problema ma una grande risorsa. Basta solo capirlo.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Vanessa Camani. Ne ha facoltà.

VANESSA CAMANI. Grazie, Presidente. Dalle parole del Presidente Gentiloni abbiamo la garanzia che nel prossimo Consiglio europeo proseguirà l'impegno concreto del nostro Paese a sostegno dell'integrazione comunitaria. Anche oggi, dunque, vogliamo ribadire, senza alcuna esitazione, che l'Europa è e rimane il nostro destino.

Su questo impegno e in questa prospettiva il Partito Democratico condivide la necessità di rafforzare le istituzioni comunitarie come diga per arginare i messaggi e le politiche di divisione e di esclusione. Crediamo fermamente nella funzione dell'Europa come unione di Stati e di cittadini con culture certo diverse ma che insieme lavorano per ridurre le linee di confine e mai per crearne di nuove. Chiediamo, dunque, di trasferire al Consiglio europeo le nostre parole d'ordine, quelle che si richiamano ad un europeismo solidale che promuova una società aperta ed inclusiva, che riduca le distanze tra i cittadini e che sia realmente al servizio della pace e della crescita sociale, anche partendo dal tema che occupa larga parte dell'opinione pubblica, cioè la questione migratoria. Si tratta di un fenomeno che bisogna affrontare costruendo buona integrazione, rafforzando le politiche di cooperazione internazionale, giocando un ruolo, come Europa, nel continente africano. I dati sulla riduzione del numero degli arrivi e sul ruolo dell'Italia per la definizione della questione libica, citati dal Presidente Gentiloni, sono certamente rilevanti, ma dobbiamo uscire dalla retorica dell'emergenza e definire finalmente un modello ordinato che elimini la piaga dei trafficanti di esseri umani e che costruisca un metodo organizzato, civile e gestibile sia sul piano sociale che sul piano umanitario e ciascun Stato membro deve corrispondere, in termini economici e in termini di disponibilità all'accoglienza, a questo nuovo metodo. Infatti, le lancette dell'orologio non possono girare al contrario e non ci sono scorciatoie alla sfida della modernità. L'immigrazione è una costante dettata dalla demografia e la strumentalità di chi nega questa evidenza si è definitivamente acclarata con il voto contrario del MoVimento 5 Stelle e di astensione della Lega Nord al Parlamento europeo sulla modifica del Regolamento di Dublino del novembre 2017. Così come in parallelo, per proteggere gli europei dalle minacce più gravi, dobbiamo accelerare sulla cooperazione rafforzata per la difesa e la sicurezza.

Ma i nostri cittadini, signor Presidente, hanno bisogno di altra protezione e hanno bisogno anche di protezione sociale. L'Europa è dominata dalle diseguaglianze e l'Italia fra tutti esprime la società più diseguale. Su questa attecchiscono i messaggi semplificati e populisti delle destre e del MoVimento 5 Stelle e da qui nasce la rabbia verso tutte le strutture sociali. La migliore medicina contro tutto questo è rappresentata dal pilastro europeo dei diritti sociali, proclamato congiuntamente da Parlamento europeo, Consiglio e Commissione. Costruiamo un'Europa che lotti contro la disoccupazione, la povertà e la discriminazione, che offra opportunità ai giovani e alle persone vulnerabili, che si doti di un modello sociale finalmente universale e definitivamente comune. Se mobiliteremo l'Europa su questa frontiera eviteremo la guerra fra gli ultimi e isoleremo i nazionalismi e le tendenze al sovranismo. Si tratta delle stesse tendenze che hanno condotto alla Brexit e che hanno portato la stessa Gran Bretagna in questo pericoloso vicolo cieco. Sul punto auspichiamo prosegua l'impegno comune dei 27 Stati europei per arrivare a un'intesa complessiva e registriamo con ottimismo gli obiettivi fin qui raggiunti: la tutela dei diritti dei cittadini europei nel Regno Unito, la salvaguardia dell'accordo con l'Irlanda, gli impegni finanziari che Theresa May dovrà garantire.

E a margine del Consiglio si affronteranno anche le questioni di natura prettamente economica. Le novità in campo sono molte e sarà indispensabile evitare che prevalga una visione restrittiva di queste novità. Va bene il nuovo Fondo monetario europeo, purché non replichi l'immobilismo del metodo intergovernativo, e va bene il Ministro delle finanze europee come membro della Commissione, purché disponga di un bilancio e di risorse per realizzare una compiuta politica economica europea. Va bene anche garantire la stabilità degli Stati membri, purché le politiche di bilancio restrittive del fiscal compact non diventino vincoli giuridici dell'Unione.

Nell'intervento del Presidente del Consiglio abbiamo ritrovato sintonia sulla prospettiva comunitaria e sulle conseguenti azioni concrete da intraprendere. Dunque, non mancherà a questo Governo il sostegno del Partito Democratico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Mariano Rabino. Ne ha facoltà.

MARIANO RABINO. Signora Presidente, signor Presidente del Consiglio, con ogni probabilità, come è stato detto più volte, quello di giovedì e venerdì prossimi, sarà l'ultimo Consiglio europeo di questa legislatura. L'imminente fine della legislatura spinge a tracciare una sorta di bilancio di questi cinque anni. Si dirà che alcune problematiche non sono di facile e immediata risoluzione, ma resta il fatto che su alcuni punti - duole dirlo, essendo stato e rimanendo un europeista convinto - molto è ancora da fare, da fare con la determinazione che le contingenze richiedono.

Mi riferisco, ad esempio, ad uno dei cinque punti che saranno trattati nei prossimi giorni dai leader europei: le politiche migratorie. Ebbene, nello schema preparatorio alla riunione dei prossimi giorni, troviamo scritto che - testuali parole - il Consiglio e il Consiglio europeo stanno lavorando alla definizione di una politica migratoria europea globale. L'uso dei modi e dei tempi verbali mi lascia perplesso: “stanno lavorando”? Cioè a dire che il lavoro è in corso, come se questa non fosse una priorità da almeno un paio di anni.

L'ho detto prima e lo ribadisco: nell'aprile del 2015 si tenne un Consiglio europeo straordinario, sul tema della migrazione: cosa si è fatto nel frattempo a livello continentale? Non vorrei peccare di un eccesso di sintesi, nel dire che si è fatto poco e spesso male. Chiudere la rotta balcanica, senza pensare che questo avrebbe, non arrestato, ma semplicemente deviato il flusso di migranti, è stato, per usare un eufemismo, poco lungimirante. Il Mediterraneo si è trasformato in un'autostrada del dolore e della tragedia. L'Europa aveva e ha il dovere di agire con concretezza, risolutezza e determinazione, sia per arrestare l'infame traffico di esseri umani, sia per garantire che chi ha diritto alla protezione internazionale la ottenga e non sia costretto a mendicare, in senso non solo figurato. E ha il dovere di farlo come un corpo unico, senza egoismi nazionalistici. Solo così potremmo ottenere risultati degni del grado di civiltà occidentale.

I fenomeni migratori esistono ed esisteranno sempre. E compito della politica è governarli nel migliore dei modi possibile, non pretendere l'impossibile. Ma, per tornare al bilancio di quanto è stato fatto, vorrei citare una frase che pronunciai nel corso del dibattito, alla vigilia del Consiglio europeo straordinario sulla migrazione di due anni e mezzo fa. Dissi, lo ripeto e lo ribadisco con ancora più forza che, come italiano, come cittadino di un Paese contributore netto dell'Europa - e Scelta Civica, lo voglio sottolineare, è una forza politica fortemente europeista - che l'Europa fino ad ora ha mancato al suo compito, ha mancato al suo ruolo fondamentale, che è quello di mettere in campo una grande iniziativa unitaria di accoglienza e di difesa comune. I Paesi europei ci stanno lavorando? Alla buon'ora, verrebbe da dire!

Scorro rapidamente i punti salienti e scopro che le mosse sono: offrire percorsi di immigrazione legali ai bisognosi di protezione internazionale; promuovere l'integrazione dei cittadini di Paesi terzi negli Stati dell'Unione con meno esperienza in materia di integrazione; riformare il sistema europeo di asilo, senza pensare di toccare la Convenzione di Dublino; il contrasto al traffico di migranti; il rafforzamento delle frontiere esterne dell'Unione europea; la cooperazione con i Paesi di origine e transito.

In linea di principio tutte azioni da mettere in campo, buone e condivisibili e sono certo che, in gran parte dei casi, i Paesi europei sono ben intenzionati nel metterle in pratica. Ma, fino a quando alle parole non seguirà la loro realizzazione pratica, il bilancio non potrà che essere negativo. E lo dico proprio in ragione del mio europeismo. Sono convinto che la risoluzione di certi problemi possa avvenire, solo se i Paesi dell'Unione agiscono come un solo corpo. E sono altrettanto convinto che sia prassi per l'Europa assumere decisioni, sia singole sia a livello collettivo, per avere risorse culturali, politiche e economiche per farlo.

Buone intenzioni, ma timidi passi anche su un altro punto, che mi sta molto a cuore: il sistema di difesa comune, che significa nel medio termine la creazione di un esercito europeo. Ben venga la cooperazione militare, ma anche in questo caso occorre fare un passo avanti, farlo senza timidezza, perché, di fronte alla sempre maggiore legittima domanda di sicurezza da parte dei cittadini e alla contestuale difficoltà per moltissimi Paesi di aumentare i fondi dedicati per le forze armate, è obbligatorio fare ricorso alla collaborazione internazionale, anche perché - giova ricordarlo - la difesa rientra tra gli strumenti di politica estera e fare politica estera senza un esercito è a dir poco difficile.

Colgo l'occasione per una riflessione finale. La cultura è in senso ampio il tratto distintivo di ogni popolo. Simili ma diverse culture, come quelle del nostro continente, hanno contribuito alla definizione di un'identità europea, di cui dovremmo farci vanto. Ma purtroppo - è anche questo un limite che evidenzio in quanto convinto europeista - è un'identità non condivisa, come confermano numerosi sondaggi.

E la colpa è anche e soprattutto della politica, a livello nazionale e sovranazionale, che non ha saputo valorizzare e trasmettere un patrimonio unico inestimabile. Confido che, sin dal prossimo appuntamento - e ancora di più in quelli futuri -, le istituzioni europee si impegnino per realizzare il sogno degli Stati Uniti d'Europa, di un'Europa delle patrie, in cui ogni cittadino possa pienamente e finalmente riconoscersi

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e, pertanto, dichiaro chiusa la discussione.

(Annunzio di risoluzioni)

PRESIDENTE. Avverto che sono state presentate le risoluzioni: Rosato, Lupi, Dellai, Pisicchio, Alfreider e Locatelli n. 6-00373; Marcon, Laforgia ed altri n. 6-00374; Scotto, Palazzotto ed altri n. 6-00375; Fedriga ed altri n. 6-00376; Artini ed altri n. 6-00377; Capezzone ed altri n. 6-00378; Battelli ed altri n. 6-00379; Rampelli ed altri n. 6-00380; Brunetta ed altri n. 6-00381 (Vedi l'allegato A). I relativi testi sono in distribuzione.

(Parere del Governo)

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale, Benedetto Della Vedova, per la replica e anche l'espressione del parere sulle risoluzioni presentate.

BENEDETTO DELLA VEDOVA, Sottosegretario di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale. Grazie, signora Presidente. Mi trattengo ed esprimo solo il parere. Parere favorevole alla risoluzione a firma Rosato, Lupi, Dellai, Pisicchio, Alfreider e Locatelli n. 6-00373. Parere contrario su tutte le altre.

(Dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Pia Locatelli. Ne ha facoltà. Non la vedo però in Aula, dunque, andiamo avanti. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Alfreider. Ne ha facoltà.

DANIEL ALFREIDER. Grazie Presidente. Annuncio il nostro voto favorevole alla risoluzione di maggioranza e chiedo di potere consegnare il testo.

PRESIDENTE. Va bene, d'accordo, grazie. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Buttiglione. Ne ha facoltà.

ROCCO BUTTIGLIONE. Signora Presidente, onorevoli colleghi, noi voteremo, i deputati dell'Udc, voglio dire, voteranno la risoluzione che ha avuto l'approvazione del Governo. Perché lo ripeto, in tutti i grandi Paesi la politica europea non è materia di scontro tra diverse parti politiche, ma è invece momento di unità nazionale, perché gli interessi permanenti del Paese non cambiano: cambiano i Governi, cambiano le maggioranze, ma gli interessi permanenti dell'Italia non cambiano.

Su questo vorrei dire una parola, dopo il dibattito che ho fedelmente ascoltato. L'Unione europea ha una filosofia interna, ha una visione fondata sulla dignità della persona umana e fondata anche sull'economia sociale di mercato. Immaginare che la discussione, di questo o di successivi consigli, porti l'Europa a posizioni in contrasto con questa filosofia fondamentale significa immaginare l'impossibile. Questa filosofia dell'economia sociale di mercato è quella che ha garantito la prosperità dei popoli europei. Noi crediamo che a questa filosofia bisogna essere fedeli e pensiamo che il Governo abbia ben agito, nel senso di riportarci all'interno di questa filosofia.

Molti interventi ragionano dal punto di vista di una libertà di fare debito. Attenti! Con grandi sacrifici abbiamo rimesso in ordine le finanze italiane ed è interesse dell'Italia che anche gli altri Paesi europei si attengano ad una filosofia del giusto controllo del bilancio pubblico, a cui bisogna accompagnare una grande iniziativa per investimenti, un'iniziativa europea per gli investimenti, ed un Ministro delle finanze europeo, che gestisca l'agenda per la competitività dell'Europa, oltre che per la solidarietà sociale, da un lato, e, dall'altro, il controllo necessario sulle dimensioni del deficit dei diversi Paesi dell'Unione.

PRESIDENTE. Adesso do volentieri la parola alla deputata Locatelli, che sta arrivando al suo posto.

PIA ELDA LOCATELLI. Grazie signora Presidente. Il Consiglio europeo dei prossimi giorni ha un'agenda impegnativa e la risoluzione di maggioranza, che abbiamo sottoscritto, non poteva non essere altrettanto ricca. Parto dal vertice di Göteborg, che finalmente si è concentrato su come stimolare la crescita inclusiva, come creare posti di lavoro equo e come sviluppare pari opportunità tra uomini e donne. Sembra quindi, come ha detto l'ambasciatore svedese in Italia qualche giorno fa, che stiamo riprendendo la strada per un'Europa più inclusiva, che mette al primo posto occupazione e crescita eque.

Sulla Brexit si è conclusa una fase di negoziati e, come era prevedibile, non ha avuto un esito vantaggioso per i britannici: alcune decine di miliardi da pagare, più del doppio della loro offerta iniziale, per anni pieni diritti ai cittadini europei residenti in UK, nessuna frontiera tra Irlanda del Nord e Irlanda. Ora si apre la seconda fase delle trattative, ma quale che sia l'esito complessivo del negoziato, noi socialisti ci auguriamo che tra un anno il Parlamento non ratifichi l'accordo e si ritorni ad un nuovo referendum. Qualcuno ci sta lavorando e noi facciamo il tifo per questo gruppo di lavoro.

Ultime due brevissime note; abbiamo apprezzato la posizione dell'Alta rappresentante Mogherini su Gerusalemme, nessun Paese della UE seguirà l'esempio degli USA, una posizione netta, che conferma quanto sosteniamo da tempo: la soluzione del conflitto israelo-palestinese può avvenire solo con la nascita di due Stati con Gerusalemme capitale di entrambi. In questa legislatura abbiamo presentato una mozione, votata alla Camera, per il riconoscimento dello Stato palestinese: mi auguro che il Governo faccia il possibile perché si concretizzi.

Infine, un'altra, per me, buona notizia, per noi socialisti buona notizia: nel consiglio che ha tenuto a Lisbona l'1 e il 2 dicembre, il Partito del Socialismo Europeo ha approvato a larghissima maggioranza la proposta di liste europee transnazionali per le prossime elezioni del Parlamento europeo, un passo avanti per più Europa.

I socialisti voteranno a favore della risoluzione di maggioranza che hanno sottoscritto (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Partito Socialista Italiano (PSI)-Liberali per l'Italia (PLI)-Indipendenti ).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Latronico. Ne ha facoltà.

COSIMO LATRONICO. Signora Presidente, signori rappresentanti del Governo e colleghi, in questi anni abbiamo tenuto una posizione convinta e coerente di opposizione, mettendo in evidenza e in discussione un atteggiamento del Governo sulla politica interna, ma soprattutto sulla politica estera. Abbiamo contestato e contrastato un asse franco-tedesco e l'incapacità di noi italiani e degli altri Paesi d'Europa di rendersi conto che i tedeschi e i francesi facevano il loro interesse e che il problema era la marginalità degli altri Paesi. Il liberale ed europeista Macron ha deciso di nazionalizzare; Europa, mercato: parole al vento, poi l'interesse nazionale, quello francese, ha prevalso. “Il nostro obiettivo è di difendere gli interessi strategici dalla Francia?'” ha spiegato il Ministro dell'economia francese; la domanda sembrava retorica, è rivolta a noi.

Se Oltreoceano si lavora e si approva una riforma fiscale volta a ridurre in maniera ponderosa il peso del fisco, con una serie di importanti tagli che vanno dal 35 al 20 per cento ai contribuenti, un'operazione da 1.500 miliardi di dollari, in Europa si va nella direzione opposta, si discute di imposte, di web tax.

Arrivo alla conclusione, Presidente, per dire che da tempo, spesso inascoltati, noi abbiamo sostenuto la tutela degli interessi italiani.

Per noi è un principio importante: l'Italia deve considerare Brexit un'occasione da cogliere e da sfruttare per riaprire il negoziato tra i 27 Paesi europei per la riscrittura dei trattati, per la riscrittura delle regole, per tenere il fiscal compact fuori dai trattati, per avere più flessibilità, rinegoziare tutto nell'interesse dell'Italia. Ha la forza e soprattutto la volontà, questo Governo, di fare ciò? È una retorica domanda anche questa.

Noi ci apprestiamo a dare un voto contrario a questa mozione di maggioranza e per queste ragioni ovviamente ci auguriamo che la forza politica del prossimo Governo sia anche in grado di affrontare queste tematiche (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Direzione Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Mazziotti Di Celso. Ne ha facoltà.

ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO. Grazie Presidente, Civici e innovatori voteranno in senso conforme ai pareri del Governo, perché riteniamo che quello che accadrà al prossimo Consiglio europeo sia tutto sommato positivo, che le linee di intervento previste, che gli interventi sul sociale, sul pilastro sociale, quelli sulla politica comune di difesa e anche i risultati delle trattative col Regno Unito sulla Brexit siano tutti elementi positivi, che vanno in una direzione di rafforzamento dell'Europa e delle istituzioni europee, un rafforzamento che noi pensiamo debba continuare ed in un senso assolutamente opposto a quello appena espresso dal collega di Conservatori e Riformisti, che sembra voler partire dalla Brexit per provare a smontarli i trattati: noi pensiamo che si debba partire dai trattati per rafforzarli e per avere istituzioni europee più forti e che intervengano in modo più diretto sulle esigenze e le necessità dei cittadini europei, perché noi pensiamo che solo così si possano risolvere gli attuali problemi economici e che chi pensa di farlo come Stato nazionale contrapposto all'Europa stia semplicemente sognando (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Civici e Innovatori-Energie PER l'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Sberna. Ne ha facoltà.

MARIO SBERNA. Grazie signora Presidente, nel dichiarare il voto favorevole del gruppo Democrazia solidale-Centro democratico le chiedo il permesso di consegnare il testo.

PRESIDENTE. Va benissimo, grazie.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Rizzetto. Ne ha facoltà.

WALTER RIZZETTO. Grazie Presidente. Presidente, ruberò qualche secondo in più, visto che non siano intervenuti in sede di discussione generale.

Presidente Gentiloni, che dire? Questo è il vostro canto del cigno per quanto riguarda l'Europa.

Fortunatamente, fortunatamente ve ne state andando e ve ne state andando purtroppo non in modo indolore come ci aspettavamo.

Allora Presidente, come ci presenteremo noi rispetto al prossimo Consiglio d'Europa?

Ci presenteremo, Presidente, ancora una volta deboli, deboli nei confronti di un'Europa che ci sta stringendo sempre più un cappio al collo e l'Esecutivo di questo Paese, che dovrebbe essere un Esecutivo sovrano, non se ne accorge, parlotta, ride, manda messaggi, non riesce a battere i pugni sul tavolo nei confronti di questa pessima Europa.

E ci presenteremo al Consiglio d'Europa con un Primo Ministro di fatto debole e senza più alcun potere, ammesso - ammesso - che il Presidente Gentiloni abbia mai avuto qualche potere in pancia a questo pessimo Esecutivo, in pancia a questo ancor più pessimo Governo.

E allora, Presidente Gentiloni, lei è venuto qui in Aula a parlarci di un qualche cosa di assolutamente aleatorio, non ci ha portato nessuna soluzione definitiva che possa far rialzare la testa al nostro Paese nei confronti, come suddetto, di questa pessima Europa.

Ci ha parlato dello shock che ha provato nei confronti di Brexit: noi siamo invece completamente d'accordo rispetto al fatto che almeno un popolo si è espresso con un referendum e che a questo referendum si sia dato seguito. In Inghilterra, nel Regno Unito, il popolo si è espresso rispetto a tutto quanto; noi non riusciamo neanche ad ipotizzare. Il prodotto interno lordo dell'Inghilterra sta crescendo. La Germania, la grande Germania, purtroppo sta invadendo ogni angolo d'Europa, dalla Grecia alla Spagna. La Spagna stessa ha un prodotto interno lordo che negli ultimi due anni sta galoppando.

La Francia del democratico Presidente Macron alza un muro a Ventimiglia: dobbiamo tenerci tutto quello che, per quanto ci riguarda è migrazione economica di fatto, ma il Presidente Macron, il democratico Presidente Macron, alza i muri a Ventimiglia, non lascia passare nessuno.

E allora, Presidente Gentiloni, noi avremmo voluto lei parlasse di altre cose, non avremmo voluto lei andasse in Europa a farsi dare la fatidica pacca sulla spalla e probabilmente qualcuno le dirà: “Va tutto bene, siete molto bravi, siete molto bravi ma non possiamo fare oltre a quello che non abbiamo fatto, tra l'altro, nei confronti dell'Italia”, un'Italia che comunque ricordo, Presidente, attraverso i meccanismi europei paga ogni anno quanto effettivamente i nostri cittadini devono dare come obolo nei confronti dell'Europa stessa. Avremmo voluto, Presidente, Gentiloni che lei parlasse di lavoro, lei parlasse di welfare, lei parlasse di scuola, lei parlasse di altre abilità e, invece, non ci ha detto nulla di tutto questo ed allora andremo evidentemente a svolgere un'altra volta il ruolo di assoluti comprimari rispetto al Consiglio d'Europa. Meno male, meno male che qualcuno di voi e qualcuno del Governo o qualcuno della maggioranza prima ha invocato a gran voce il termine “austerità” dicendo che non sono più tempi di austerità e meno male: meno male perché, se addirittura fossero tempi di austerità, saremo fritti, saremo fregati in un'Italia che soffre ancora dell'11,5 per cento di disoccupazione generale; rispetto ad un'Italia che non manda in pensione coloro che hanno 67, 68 o 69 anni; rispetto, Presidente, ad una disoccupazione giovanile ancora drammatica sopra il 35 per cento. Non abbiamo sentito questi termini da parte del Presidente Gentiloni. Non abbiamo sentito il Presidente Gentiloni arrivare qui in Aula e dire: guardate, io arriverò in Europa dicendo che abbiamo messo a posto il problema delle casette dei terremotati. No, il Partito Democratico preferisce spendere 400.000 euro per un treno che vaga su e giù per l'Italia con una sorta di fantoccio che dovrebbe essere il segretario del partito stesso, spendere cioè 400.000 euro di quelli che di fatto sono soldi pubblici, mentre le persone dormono ancora fuori casa. Dopo che qualcuno è andato là da loro a dire: non vi lasceremo soli, li avete abbandonati. E allora, Presidente Gentiloni e Governo, vorrei parlarvi di due caratteristiche che contraddistinguono questa bellissima ma purtroppo pessima Italia nei confronti dell'Europa. Sono due indicatori. Ad esempio, uno studio di un famoso quotidiano economico di qualche settimana fa recava due dati: corporate tax rate e total tax rate dell'Italia nei confronti dell'Europa. L'Italia attualmente ha un total tax rate che sfiora il 64,7 per cento, mentre in altri Paesi d'Europa non c'è nel senso che sicuramente è un indice molto, molto più basso. È Europa questa, Presidente? Noi abbiamo unito questa Europa soltanto sotto il segno di una moneta che per noi è debole di fatto, è molto debole mentre per qualcun altro invece è molto forte ma abbiamo i nostri studenti alle scuole medie e alle scuole superiori che non possono neanche imparare una lingua perché i professori mancano. È questa l'Europa unita che noi vogliamo? E poi vi lamentate e prendete paura del Presidente, Donald Trump, che promette - al netto del fatto che uno può essere più o meno d'accordo con la sua politica economica - che realizzerà nei prossimi mesi un drastico taglio di tasse per le aziende americane: avete paura di questa roba qui, voi. Avete paura di esporvi troppo nei confronti della Cancelliera Merkel che probabilmente potrebbe venire a prendervi per l'orecchio e a riportarvi dietro il banco o a riportarvi dietro la lavagna come una volta si faceva a scuola.

Presidente, nell'anno 2016 sono sbarcate 180.000 persone in Italia; nell'anno 2016 circa 2.000 aziende al mese sono state chiuse in Italia per lasciar posto a grandi multinazionali che proprio vanno a farla da padrone nei confronti dell'Europa perché le multinazionali in Italia hanno depredato il tessuto socio-economico, quel poco che restava in Italia di tessuto socio-economico per poi delocalizzare in una notte mandando per strada migliaia e migliaia di operai, migliaia e migliaia di impiegati, migliaia e migliaia di famiglie. Abbiamo presentato nel disegno di legge di bilancio - mi rivolgo al Governo - una cosiddetta norma anti-delocalizzazione. Se le multinazionali in Italia hanno preso soldi pubblici affinché il loro lavoro restasse in Italia, questi soldi prima della delocalizzazione devono essere restituiti nelle tasche degli italiani. Poi parliamo della delocalizzazione: avete parlato di diritti sociali ma come vi permettete di parlare di diritti sociali quando almeno il 20 per cento dei dipendenti italiani non è soggetto di tali diritti e non ha alcun salario minimo garantito poiché non c'è alcun contratto collettivo nazionale e non c'è nessuno scudo sindacale che li copra?

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI. (ore 20,30)

WALTER RIZZETTO. E allora le vostre risposte rispetto a quest'Europa quali sono state? Sono state i contratti a tempo; sono state le sanzioni alla Russia; è stata la legge Fornero; è stato quell'obbrobrio che si chiama anticipo pensionistico; è stato voglio dire l'80 per cento delle domande di anticipo pensionistico social che sono state bocciate. La vostra risposta nei confronti del welfare e del lavoro è che 550 centri per l'impiego oggi in Italia non funzionano e allora non capisco cosa venite a fare in Aula se ad un certo punto proclamate qualcosa e dopo, con la coda fra le gambe, andate a testa bassa ad ascoltare i diktat dell'Europa.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

WALTER RIZZETTO. Presidente - mi avvio a concludere – noi abbiamo proposto dei provvedimenti in pancia all'Unione europea piuttosto semplici. Abbiamo proposto che l'Italia venisse esclusa, ad esempio, dalla famigerata direttiva Bolkestein; abbiamo proposto la revisione di quelli che sono ormai contratti fatti con l'Europa, il Fiscal compact e il Meccanismo europeo di stabilità; abbiamo proposto, ad esempio, al Ministro del lavoro una tutela per quanto riguarda gli ammortizzatori sociali delle aziende, per quanto riguarda la NASpI dei lavoratori stagionali; abbiamo proposto uno scivolo per andare in pensione prima in Italia; abbiamo proposto una revisione completa per quanto riguarda la dispersione scolastica che in Italia esiste ed è ancora molto alta o di puntellare tutte le nostre strutture pubbliche più importanti, ossia le scuole, che cadono a pezzi e per almeno il 30-40 per cento sono soggette a rischio idro-geologico; abbiamo proposto l'IVA al 4 per cento per quanto riguarda…

PRESIDENTE. Concluda, onorevole Rizzetto.

WALTER RIZZETTO. Concludo, Presidente Baldelli. Abbiamo proposto l'IVA al 4 per cento per quanto riguarda i prodotti della prima infanzia. Tanto per essere chiari e chiudere, abbiamo proposto norme di buonsenso. Vi lasciamo come detto nell'incipit di questo mio intervento a questo vostro inutile e triste canto del cigno consapevoli del fatto che avrete brevissima vita politica…

PRESIDENTE. Grazie.

WALTER RIZZETTO. …e che tra qualche mese ve ne andrete assolutamente a casa e non ritornerete qui.

PRESIDENTE. A proposito di brevità, invito i colleghi a mantenere almeno i tempi previsti. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Palazzotto. Ne ha facoltà.

ERASMO PALAZZOTTO. Grazie Presidente, vorrei approfittare di questi scampoli di Legislatura per provare in quest'Aula e in occasione di questo dibattito ad affrontare alcune questioni che sembra che noi vogliamo rimuovere dal nostro dibattito ossia la crisi di questa Unione europea che abbiamo continuato durante tutti questi anni a volere nascondere anche con parole abbastanza edulcorate.

Siamo qui ad ascoltare le parole del Premier Gentiloni che ci viene a raccontare come in fondo, alla fine come una pratica burocratica risolta bene, si affronta l'uscita del Regno Unito dall'Europa, la Brexit. L'Europa sta morendo lentamente, muore nell'irrilevanza della politica non solo del nostro Primo Ministro e del nostro Paese. Si può dire in quest'Aula che l'Italia e che il nostro Primo Ministro è stato irrilevante dentro la politica europea: non è un oltraggio, è una valutazione politica ma muore nell'irrilevanza più complessiva della politica rispetto a quello che accade in questo continente e nel pianeta.

L'Europa muore a Gerusalemme, muore nell'incapacità delle classi dirigenti europee e dei Governi europei di prendere parola davanti ad un atto scellerato che mina non solo il processo di pace tra Israele e Palestina ma che mina la stabilità dell'intera regione mediorientale e con essa degli equilibri su scala planetaria. L'Europa muore nel momento in cui non ha parole per condannare, invece che esprimere preoccupazione, davanti alla scelta di un estremista come il Presidente Trump che purtroppo è a capo di una delle più grandi potenze mondiali sia nel campo economico sia militare. Muore l'Europa che non ha una visione sulla propria politica estera, che non sa esattamente come immaginare il futuro di un Medioriente che è il pianerottolo di casa sua, che è il Mediterraneo, che è il luogo in cui l'Europa è nata.

L'Europa muore nel momento in cui non sa dire una parola su tutto questo ma sa costruire attorno alla crisi mediorientale lauti affari.

Muore, quando fa finta di non vedere che dietro la scelta di Trump c'è la scelta di fomentare e sostenere estremismi da tutte le parti del Medioriente; festeggia, oggi, la scelta di trasferire a Gerusalemme, come capitale di Israele, l'ambasciata degli Stati Uniti, festeggiano gli estremisti e la destra israeliana che è a capo di un Governo israeliano che ha fomentato il conflitto nella regione mediorientale e festeggiano anche gli estremisti sugli altri fronti, festeggiano i terroristi che hanno trovato nuova linfa per costruire nuovo consenso su atti di terrorismo.

Allora, noi, oggi, dobbiamo far sentire le parole di pace con dei gesti concreti e la risposta che l'Europa avrebbe dovuto mettere in campo, davanti alla scelta del Presidente americano, era quella di fare un passo nel riconoscimento pieno dello Stato palestinese, con capitale Gerusalemme Est, così come prevedono le risoluzioni delle Nazioni Unite (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile), perché è dentro quella scelta che, oggi, muore non solo l'Europa, ma rischia di essere seppellito il diritto internazionale, troppe volte calpestato in questi anni da scelte anche dei nostri Governi. Muore nel momento in cui noi facciamo finta di non vedere quello che accade intorno, quello che quella scelta determina, il fatto che Trump fa quella scelta perché dà, in questo modo, una risposta ad Israele, ma la dà anche all'Arabia Saudita in questo nuovo asse, dentro un nuovo conflitto con l'Iran che si sta aprendo; e muore quando non dice una parola sul fatto che lo stesso Presidente Trump mette in discussione gli accordi sul nucleare con l'Iran, che non sono accordi bilaterali tra gli Stati Uniti e l'Iran, ma sono accordi multilaterali fatti con i Paesi europei! E non c'è stata una parola di condanna, da parte del nostro Governo, su queste scelte di Trump, al massimo l'espressione di una viva preoccupazione su quello che questo può determinare.

Muore l'Europa, quando chiude gli occhi in nome degli affari, che anche il nostro Paese fa, sulla vendita di armi in Medioriente, perché noi abbiamo il dovere di dire la verità, in quest'Aula, e la verità è che la nostra politica estera, la politica estera dei Paesi europei è stata guidata più dall'economia della guerra che dalle scelte di investimento sulle politiche di pace. E lo dobbiamo dire, siamo al paradosso in cui, qualche giorno fa, negli scampoli di una carriera politica disastrosa come guida della politica estera di questo Paese, il Ministro Alfano ha firmato un protocollo d'intesa con i ministri degli esteri dell'area mediterranea e, udite bene, col Ministro degli esteri egiziano per un Erasmus Mediterraneo che finanziasse delle borse di studio per giovani universitari e per giovani ricercatori.

Questo è quello che è successo, mentre il nostro Paese non è stato capace di chiedere, fino in fondo, verità e giustizia sull'omicidio di Giulio Regeni e non è stato capace, neanche, di chiedere che l'Europa prendesse una posizione su questo. E, mentre noi eravamo impegnati a chiedere all'Egitto di dire la verità su che cosa era accaduto, la Francia continuava a fare affari vendendo miliardi di armi all'Egitto. Questa è la verità che in quest'Aula nessuno vuole discutere, perché si continua a far finta di niente!

Allora, è nella visione del futuro che noi dobbiamo mettere in campo una proposta politica, lo dico e concludo, non è la Brexit soltanto che uccide l'Europa, che ne uccide i valori e la civiltà. È quello che sta accadendo nel Mediterraneo, è il genocidio che cercate di nascondere dietro le parole “politiche migratorie”, è il genocidio di cui, dopo gli accordi che l'Italia ha sottoscritto con la Libia, noi siamo corresponsabili. Questo è il punto e noi possiamo far finta di non vedere l'ultimo rapporto di Amnesty International, quello di Medici senza frontiere, quello che scrive l'UNHCR sulle responsabilità di quegli accordi rispetto al deterioramento delle condizioni di vita dei migranti e dei rifugiati in Libia. Non oggi sappiamo cosa accadeva in Libia, lo sapevamo anche prima; oggi, il problema è che quello che accade in Libia accade con la complicità del Governo italiano, che i trafficanti di esseri umani, prima, erano pagati dalle loro vittime, oggi, sono pagati dal nostro Governo per cambiare mestiere, per fare i carcerieri, per gestire i nuovi lager che l'Italia e l'Europa hanno costruito in Libia, hanno finanziato in Libia. Questo sta scritto in tutti quei rapporti, sta scritto negli accordi che avete fatto, che prevedono che i soldi che il Governo italiano ha messo sul piatto dei Paesi e dei Governi africani servano a costruire barriere, carceri per i rifugiati.

Questo è quello che avete fatto e, oggi, vengono sbandierati qui, come un successo, come un grande successo i dati e i numeri sulla riduzione dei flussi. Bene, ci sono 80.000 persone, uomini, donne e bambini che non sono arrivati nel nostro Paese; vi siete chiesti che fine hanno fatto, dove li avete mandati e chi avrebbe pagato per trattenerli in quei centri e in quei lager, facendo finta che tutto questo non accadesse? Ecco, questo noi vogliamo dire in questa fine legislatura, dentro quest'Aula, perché rimanga agli annali della storia e anche agli atti di questo Parlamento che mentre voi uccidevate la civiltà europea in quel tratto di mare Mediterraneo, c'era qualcuno che ancora, qui, si opponeva e che stava dalla parte giusta dalla storia.

Questo è quello che noi oggi vogliamo dire, togliendo ogni ipocrisia su quello che in quest'Aula è stato detto, anche perché Europa, per chi non lo sapesse, è nata dall'altra parte del Mediterraneo ed è stata rapita da Zeus che le usò violenza e, oggi, purtroppo Europa, che è nata dall'altra parte del Mediterraneo, da quella parte del Mediterraneo rischia di morire (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Scopelliti. Ne ha facoltà.

ROSANNA SCOPELLITI. Presidente, colleghi, nessuno di noi ha, purtroppo, dimenticato lo sconcerto, lo choc che ha colpito il vecchio continente il 23 giugno 2016, il giorno in cui nacque la Brexit. In quel momento, l'Europa ha visto il momento forse più difficile e doloroso della sua nuova storia, un momento in cui all'esultanza degli euroscettici si contrapponeva la forza della volontà e delle consapevolezze di chi credeva e crede nell'Europa unita. Lo scossone provocato dalla decisione della maggioranza dei cittadini inglesi ha, dapprima, creato perplessità e una sorta di smarrimento che, passo dopo passo, sono stati superati e che, se possibile, hanno anche confermato e rafforzato il senso e la consapevolezza di quel valore essenziale costituito da un'Europa unita.

Oggi, a distanza di un anno e mezzo circa da quel giorno, non possiamo assolutamente sostenere che le problematiche sollevate dalla decisione inglese siano state interamente superate, però possiamo affermare che siamo sulla buona strada, che la prima parte dell'accordo su Brexit ha dato risultati positivi e che, anche se molto c'è ancora da fare e rilevanti sono le questioni da risolvere, si è chiusa la prima parte relativa alle precedenti irrisolte questioni e si può aprire una seconda fase di confronto e di ricerca delle soluzioni più giuste ed equilibrate. Certo, i risultati sinora raggiunti non sanano quella che è stata giustamente definita una ferita geopolitica nella trama europea, ma pongono le basi per pervenire a una sicura partnership tra Europa e Gran Bretagna che produca le necessarie soluzioni che tutti si attendono e che dia delle certezze ai rapporti sociali, al mondo dell'economia, della finanza, dell'impresa, della sicurezza e della difesa.

Ho iniziato questo mio intervento con la Brexit, proprio perché sarà questo il punto cruciale e centrale di discussione nel summit europeo che si terrà giovedì prossimo. I Capi di Stato e di Governo dei 27 daranno, in quella sede, infatti, il mandato formale ad affrontare la seconda fase delle trattative, una fase irta di difficoltà e di incognite, transizioni, istituzioni, commercio, confini, ma che, a seguito del primo e già superato step, potrà essere affrontata con maggiore serenità, a seguito dell'accordo raggiunto l'8 dicembre, un accordo che ha affrontato essenzialmente quattro punti fondamentali: le pendenze economiche, la giustizia, i cittadini dell'Unione europea e l'Irlanda. E proprio per quanto concerne i 13 milioni di cittadini dell'Unione europea residenti nel Regno Unito ed i milioni di cittadini del Regno Unito residenti nell'Unione Europea, ebbene, essi potranno continuare a esercitare i diritti attualmente garantiti dalle normative europee sulla base del principio di parità di trattamento e di non discriminazione. In secondo luogo, il Regno Unito si è impegnato a onorare tutti gli obblighi finanziari dovuti per la sua partecipazione all'Unione europea, secondo la metodologia di calcolo proposta dalla stessa Unione europea. Si tratta, pertanto, di due decisivi passi in avanti per una regolamentazione che non pregiudichi in modo definitivo i rapporti fino a oggi costruiti tra Regno Unito e Unione sulle loro future relazioni.

L'altro elemento preso in considerazione dall'accordo dell'8 dicembre scorso concerne, poi, la regolamentazione delle questioni legate al confine tra Irlanda e Irlanda del Nord. Si è, infatti, stabilito che il Regno Unito si impegni a presentare soluzioni per regolamentare il confine tra Irlanda del Nord e Irlanda senza la creazione di una frontiera fisica e controlli alla frontiera, nel quadro della definizione dell'accordo sulle future relazioni tra Unione europea e Regno Unito. Non si è, poi, invece, concretizzata la richiesta dell'Unione, avanzata affinché la tutela dei diritti dei cittadini dell'Unione residenti nel Regno Unito fosse garantita direttamente dalla giurisdizione della Corte di giustizia dell'Unione europea.

Le disposizioni relative alla protezione dei diritti dei cittadini dell'Unione europea residenti nel Regno Unito saranno sostanzialmente incorporate nel diritto britannico, i cui tribunali dovranno fare riferimento diretto ad esse, assumendo a riferimento sentenze della Corte di giustizia dell'Unione europea; in caso di incertezza, è previsto da parte delle corti del Regno Unito un sistema di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell'Unione europea per un periodo di otto anni dall'entrata in vigore dell'accordo di recesso.

A conclusione poi del mio intervento, desidero sottolineare l'importanza del dibattito odierno che abbiamo affrontato in quest'Aula, e del fondamentale significato in questo contesto della legge che ne determina lo svolgimento, la n. 234 del 2012, lo ricordava il collega Tancredi che è intervenuto prima di me. Questa legge prevede la partecipazione dell'Italia all'Unione europea e la partecipazione del Parlamento alla definizione della politica europea dell'Italia e al processo di formazione degli atti dell'Unione europea. Vedete, questa è una legge di grande significato e di valore ancora più alto, perché definisce la base di un'azione corale e partecipata delle nostre istituzioni in un processo che riguarda il futuro del nostro Paese e della stessa Unione europea. Noi siamo convinti che quando la democrazia e la politica si esprimono ed operano a questi livelli su materie tanto determinanti, producono effetti sociali di grandissimo spessore e di significativa concretezza. Quindi, esprimendo il nostro voto favorevole, incoraggiamo allora il Governo ad operare come ha fatto sino ad ora per sostenere ogni progetto che aiuti il nostro Paese e l'Europa ad affrontare le sfide che ne incrociano i destini; e questo dibattito, gli impegni che sollecitiamo il Governo ad assumere, costituiscono un tassello di sicuro non secondario del progetto complessivo a cui l'Italia adesso è chiamata a partecipare (Applausi dei deputati del gruppo Alternativa Popolare-Centristi per l'Europa-NCD).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Simonetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO SIMONETTI. Presidente, vede, questo è un Governo tra l'altro non molto presente durante questo dibattito, che ha portato il Paese controvento rispetto alle novità positive del 2016 e del 2017 che hanno caratterizzato la politica internazionale europea ed internazionale mondiale; un Governo che considera nella sua descrizione degli shock negativi la Brexit e la vittoria di Trump in America. Anche noi le consideriamo shock, ma che sono shock positivi per la democrazia, degli shock positivi per l'economia, per la politica internazionale, che avremmo dovuto sfruttare al meglio, senza essere quindi sempre succubi della Francia, succubi della Germania; che tra l'altro non ci hanno risposto in maniera ossequiente, ma addirittura per la situazione per esempio dell'EMA su Milano abbiamo visto qual è stato il risultato: l'Italia è nel dimenticatoio dell'Europa, l'Italia è nel dimenticatoio di ciò che si poteva utilizzare in maniera positiva.

Noi siamo per un'Europa diversa, cosa che invece questo Governo non è: noi vogliamo modificarli i Trattati, modificare tutti i Trattati in modo tale da soverchiare questa burocrazia che continua ad opprimere la nostra economia, il nostro made in Italy, la nostra agricoltura, la nostra pesca, la nostra industria. Invece speriamo che il Governo non vada ad inchinarsi di nuovo nei confronti della burocrazia europea, e non vada ad inserire il fiscal compact all'interno della legislazione quadro dell'Unione europea. Speriamo addirittura che sia cauto per la realizzazione alla cooperazione strutturata denominata Pesco, perché anche lì si vanno a ledere degli interessi nazionali nel campo dell'industria e delle imprese degli armamenti e dell'autodifesa nazionale, dell'industria dell'aerospaziale che caratterizza il nostro Paese. Poi tra l'altro noi i confini dobbiamo difenderli con le nostre Forze, non dobbiamo demandare ad altri la difesa dei nostri confini, perché questo porterebbe ad un aumento dell'invasione, non ad una riduzione dell'invasione.

Voi ci avete messo contro l'America, contro Trump, avete deciso unilateralmente di chiedere una convocazione del Consiglio di sicurezza dell'ONU perché questi condannasse l'iniziativa di Trump di scegliere come capitale di Israele Gerusalemme; tra l'altro sarebbe bene che se Israele vuole quella città come capitale, tutta la comunità internazionale glielo consentisse: ognuno si autodetermini. Siete contro Trump, ma Trump nel suo anno di mandato ha portato il PIL del Paese a tre volte tanto rispetto a quello dell'Italia, la borsa americana è ai massimi storici, c'è un ottimismo ai massimi della popolazione americana.

La riforma fiscale che voi non avete fatto, anzi la pressione fiscale in Italia è aumentata, porta ad una no-tax area sotto i 24 mila dollari all'anno; noi siamo ad 8 mila. Addirittura fino a 90 mila dollari all'anno c'è una tassazione del 20 per cento, noi sopra i 75 ce l'abbiamo al 43 per cento. Quindi sarebbero queste le politiche che dovreste perseguire, non altre, non quelle di criticare sempre chi porta un vento nuovo, del vento fresco alla politica nazionale e internazionale.

Ci avete messo contro il popolo catalano, contro l'Inghilterra, contro la Gran Bretagna, che volevate punire nei trattati post Brexit: fortunatamente qualcosa si è limato e non c'è più una trattativa di punizione del popolo che si è autodeterminato. Anche la risposta della Spagna: avete seguito il metodo spagnolo della risoluzione delle iniziative e delle istanze autonomistiche e democratiche passanti da libere votazioni democratiche. Ecco, voi siete stati favorevoli all'utilizzo del manganello: del manganello fisico, quello della polizia, e del manganello politico, quello della giustizia nei confronti del presidente della Generalitat. Vedremo adesso, dopo le elezioni che ci saranno, quale sarà la posizione del Governo; anzi speriamo che si risolva prima la posizione del Governo, perché effettivamente lo stallo… Al Senato il Presidente, e in parte anche qui, ha detto che è preoccupato dello stallo che l'Unione Europea avrà rispetto al fatto che la Merkel non riesce a formare un Governo; io penso che dobbiamo guardare molto più umilmente in casa nostra e capire che lo stallo vero che c'è qui in Italia è questo Governo che è nato, per come è nato, per come ha prodotto, di che cosa è prodotto. Prima si va a votare è meglio è! Questo sarà uno degli ultimi atti di questa legislatura: avremo ancora la legge delle mancette elettorali della finanziaria, e poi finalmente portate i libri in tribunale e salite al Quirinale, dimettetevi e andiamo ad elezioni (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nicchi. Ne ha facoltà.

MARISA NICCHI. Presidente, c'è una scadenza nell'agenda europea imminente che ha un rilievo economico e sociale enorme: la scadenza che prevede di incorporare entro il 2018, nel gennaio 2018, il fiscal compact nelle norme giuridiche dei Trattati europei. Ecco, diciamolo subito: a noi quel patto sembra sbagliato, controproducente, e in nessun modo incorporabile nella cornice dei Trattati europei, ingiustificato a qualunque conferma istituzionale, da riscrivere.

C'è materia abbondante per una valutazione critica della politica di austerità, quella politica che è causa delle sofferenze sociali, causa della depressione dell'economia reale. La nostra mozione prevede molte linee di intervento, uno spettro ampio di riflessione; io ne sottolineo due punti politici, sulla base dei quali noi valutiamo anche le altre mozioni. Serve una riscrittura del patto, che preveda una golden rule per lo scorporo delle spese di investimento anche nazionali per ricerca, sviluppo, innovazione, con l'esclusione delle spese militari. Serve dare un valore vincolante al pilastro europeo dei diritti sociali, tema assente da questa discussione e nella relazione del Presidente: quel pilastro che comprende anche il reddito minimo, e che oggi rischia di essere un insieme di scelte e di misure che sono solo gusci vuoti. È intollerabile il doppio binario: da una parte impegni stringenti per misurare e controllare il deficit strutturale e il debito, dall'altra pura formalità per assicurare comuni diritti sociali e del lavoro in un modo uniforme a livello europeo, un livello dove l'Italia, sul piano proprio dei diritti sociali, si fa notare per i suoi primati negativi.

L'Italia è divenuta il terzo Paese occidentale per disuguaglianza di reddito e il penultimo per mobilità sociale: una feroce ingiustizia! La situazione sociale è quella che ci ha documentato l'ISTAT, e la situazione psicologica è quella che ha descritto il Censis: cioè due parole, povertà e rancore.

È questo il mix che fa crescere i populismi! E io voglio ricordare che non ci preoccupano i populismi, ci preoccupa quando il populismo e i populismi lisciano il pelo alla xenofobia, si scagliano contro innocenti capri espiatori, criminalizzano in modo indistinto l'immigrazione, aprono spazi a nuove forme di fascismo, vecchie e nuove.

Presidente, c'è una questione sociale dolente, esplosiva: l'Italia non può più permettersi di continuare ad avere così tanti bambini e bambine poveri, tassi di dispersione scolastica tra i più alti d'Europa, il minor numero di laureati e i peggio laureati inseriti nel mondo del lavoro, il più alto numero dei NEET, un precariato esistenziale dilagante e il più basso tasso di occupazione femminile, con lo scivolamento dell'Italia - lo voglio dire al Governo - negli indici internazionali sul piano del politiche di genere dal quarantunesimo posto alla cinquantunesima posizione. È questo che influisce sulla caduta delle nascite, altro che concessione di provvisori bonus, servono servizi durevoli, reddito e lavoro, un lavoro per le donne magari libero da ricatti sessuali, ricatti così diffusi nei luoghi di lavoro anche in Italia.

E mi permetta, Presidente, di esprimere tutta la solidarietà alle donne che denunciano, che parlano, alle attrici dello star system e alle donne comuni: un movimento planetario del #MeToo che il Time, voglio ricordarlo al Parlamento italiano, ha riconosciuto come personalità dell'anno e che, invece, in Italia è stato accolto con diffidenza e, talvolta, con discredito, perché, lo sappiamo, la misoginia maschile e femminile ha molti tentacoli. Le donne che parlano si rendono protagoniste di un enorme cambiamento, un cambiamento che ha bene in mente la differenza tra avance, corteggiamento, molestia e ricatto, un cambiamento che vuole affermare nuove relazioni umane.

I dati che ho ricordato ci parlano di bambine e bambini, di giovani, di donne, ci parlano di uno spreco di spirito, che toglie respiro e futuro al nostro Paese. Di fronte a tutto questo non si può continuare a non avere una nuova agenda sociale, diversa da quella sinora perseguita. Voglio ricordare, Presidente, che il Censis, di recente, nel suo rapporto ha scritto, rivolgendosi alla politica, che servono nel nostro Paese un diverso esercizio del potere e la preparazione di un immaginario potente, per uscire - dice il Censis - dalla trappola del procedere a tentoni. Ecco, purtroppo, da quello che abbiamo ascoltato dal Presidente del Consiglio, alla discussione, alle scelte del PD e di questa maggioranza, non possiamo che vedere che ancora si procede a tentoni, in continuità di potere e con quelle politiche che hanno creato tanta amarezza sociale e astensione. Per tutto ciò, noi sappiamo che c'è bisogno di un'altra proposta politica, aperta, unitaria, quella in cui noi, qui, donne e uomini, siamo oggi impegnati, guidati dalla necessità e dalla potenza di quell'immaginario che per noi è legato a due parole fondamentali: libertà, eguaglianza (Applausi dei deputati del gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Elvira Savino. Ne ha facoltà.

ELVIRA SAVINO. Grazie, signor Presidente. Onorevoli colleghi, il Consiglio europeo dei prossimi giorni affronterà temi cruciali per il futuro dell'Unione, quali le politiche migratorie, le politiche di difesa, i negoziati per la Gran Bretagna dopo la Brexit. Con riferimento in particolare al fenomeno migratorio, tra i temi da affrontare c'è innanzitutto quello della stabilizzazione della Libia e della necessità che l'Unione Europea condivida con l'Italia il peso e i costi della pressione migratoria sulla rotta del Mediterraneo centrale, che, per il 2018, lo ricordiamo, sfioreranno i 5 miliardi nel bilancio dello Stato, di cui 3,6 solo per l'accoglienza.

Forza Italia ha sempre stigmatizzato l'atteggiamento dei Governi di centrosinistra di questa legislatura sulla gestione delle politiche migratorie. Sul tema, l'impegno del nostro Paese nei confronti dell'Unione europea dovrà, quindi, essere più concreto, ribadendo con forza la necessità di un maggior sostegno ai Paesi più coinvolti nell'attuale crisi migratoria, come la Grecia e l'Italia, nei costi e nelle procedure di rimpatrio degli immigrati clandestini, come peraltro già prospettato dagli accordi de La Valletta.

A poco serve controllare la rotta libica se poi l'Europa non agisce nelle opportune sedi diplomatiche nei confronti della Tunisia, affinché si impegni a fermare la nuova rotta migratoria illegale anche in collaborazione con il nostro Paese.

È necessario, altresì, condizionare l'attribuzione dei fondi europei, in particolare quelli delle politiche di coesione, al pieno rispetto da parte di tutti gli Stati membri degli obblighi in materia di immigrazione e di asilo, cosa che finora non è mai avvenuta.

Sempre in relazione al fenomeno migratorio, ma con riferimento alla politica estera e di difesa comune, abbiamo ribadito l'importanza di offrire, nella nuova strategia globale in materia di politica estera e di sicurezza, rilievo centrale all'assetto geopolitico dell'area mediterranea, caratterizzato da forte instabilità e fonte di gravi minacce per la sicurezza dell'intera Unione.

Nella nostra risoluzione abbiamo nuovamente sottolineato l'opportunità di diminuire progressivamente ma in tempi certi e ravvicinati le sanzioni economiche nei confronti della Federazione russa, al fine di sostenere un accordo soddisfacente per le parti coinvolte e, per l'Unione europea, la normalizzazione dei rapporti amichevoli con un partner importante, quale appunto la Federazione russa.

Abbiamo, inoltre, rilevato la necessità di un migliore coordinamento a livello europeo nella lotta al terrorismo, in particolare promuovendo una più stretta cooperazione e comunicazione tra i vari servizi di intelligence nazionali - come è stato detto, sarebbe necessaria una Schengen dell'intelligence - e potenziando a livello europeo le attività di ricerca e sviluppo del settore della cybersicurezza.

Rileviamo, altresì, l'importanza di porre al centro dell'agenda europea il rilancio della crescita e dell'occupazione in Europa, utilizzando appieno tutti gli strumenti necessari per realizzare gli investimenti strategici, nonché applicando con intelligenza, sicuramente con più intelligenza, i meccanismi della flessibilità di bilancio.

Sarà necessario definire un piano di riforme della governance dell'eurozona, finalizzato anche a una maggiore integrazione del mercato interno, in particolare nel settore dei servizi, ancora troppo segmentato, migliorare la regolazione e la normativa comunitaria, costruire nuove infrastrutture, migliorare i piani di approvvigionamento energetico, dare impulso agli investimenti in ricerca e sviluppo, innovazione e capitale umano.

Nell'ambito delle attività a livello europeo volte a proseguire i negoziati sulla Brexit, abbiamo ancora una volta chiesto al Governo di salvaguardare gli interessi dell'Italia, adottando ogni opportuna iniziativa volta a garantire lo status giuridico dei cittadini dell'Unione che risiedono o hanno risieduto nel Regno Unito, nonché a garantire la certezza del diritto per le persone giuridiche, incluse le imprese. In ogni caso, chiediamo al Governo di sostenere la volontà di cooperare con il Regno Unito e mantenere un partenariato economico nel reciproco vantaggio.

Ad ogni modo, ci auguriamo che il 2018 segni una svolta decisiva per l'Italia, per il ruolo del nostro Paese in Europa e per l'Europa stessa, nel segno della discontinuità e della crescita, nell'interesse dei cittadini italiani ed europei (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Battelli. Ne ha facoltà.

SERGIO BATTELLI. Grazie, Presidente. Oggi dentro alla nostra risoluzione ci sono i cambiamenti e i punti fermi che porteremo in sede di Consiglio se i cittadini italiani decideranno di dare al MoVimento 5 Stelle questo importante incarico. Il Presidente Gentiloni andrà a sedersi per l'ennesima volta attorno al tavolo del Consiglio europeo, così come prima si sedeva al tavolo del Consiglio affari esteri, perciò lo conosce bene come istituzione. Eppure non si è ancora reso conto che il problema fondante la vera struttura del sistema dell'Unione Europea è proprio quel consesso: chiusi dentro quella stanza, in totale assenza di trasparenza, spesso ricorrendo al metodo intergovernativo, avete imposto - ribadisco imposto - politiche fallimentari. Vi rendete conto che ventotto persone possono stabilire le sorti e la vita di 500 milioni di cittadini europei? Ventotto e ben presto ventisette Capi di Stato e di Governo, ad oggi spesso anche di Governi di minoranza, si arrogano il diritto di scegliere per 500 milioni di cittadini, senza che questi abbiano alcun modo di far pesare la propria visione. Senza contare, tra l'altro, che spesso le decisioni sono state prese da pochi Stati e ratificate dagli altri, rendendo ancora più assurdo questo paradosso.

Presidente Gentiloni, sedendovi ancora una volta intorno a quel tavolo dovrete mettere sul piatto soluzioni a questa distorsione. Proprio lei ha parlato di un'Europa comune, di un'Europa solidale, di un'Europa dei popoli. Sempre tante belle parole ma a conti fatti ci troviamo a far decidere tutto al solito duo franco-tedesco. Nessun resoconto, nessuna votazione, un comunicato stampa e la decisione è assunta. Oggi questo sistema svilisce la rappresentanza democratica di un'Europa che in affanno cerca di trovare credibilità, quella persa anche a causa del Consiglio.

Si impegna il Governo a pretendere totale trasparenza in sede di Consiglio europeo e Consiglio: oggi nella risoluzione di tutti ci dovrebbe essere questo punto, quest'impegno forte e chiaro. Già questo sarebbe più che sufficiente ad attivare una vera rivoluzione copernicana. Invece, troviamo le solite parole, le solite proposte che sapete benissimo rimarranno solo su carta. Dite di essere europeisti e affidate all'Europa il futuro del Paese intero, ma vi dimenticate della democrazia e della trasparenza. Così non si va da nessuna parte. Ricordiamo che le vostre decisioni a porte chiuse hanno partorito accordi come il fiscal compact.

Oggi noi abbiamo una proposta: l'obiettivo principale, il punto focale per provare a far ripartire l'Unione oggi è la democrazia. Occorre democratizzare l'intero sistema, espandendo i poteri, il ruolo e le prerogative delle istituzioni maggiormente rappresentative dei cittadini, in primo luogo il Parlamento europeo - che, a differenza delle altre istituzioni dell'Unione europea, ha una legittimazione democratica diretta – e, in parte minore, la Commissione.

Il ruolo del Consiglio, anch'esso di rilievo, deve esplicarsi esclusivamente all'interno di un dialogo organico che coinvolga tutte le istituzioni. Abbiamo parlato di come già utilizzate il metodo intergovernativo. Invece, dobbiamo imporre la procedura legislativa ordinaria come unico metodo per le decisioni riguardanti le politiche maggiormente impattanti sui diritti dei cittadini. Poi, dobbiamo incrementare i percorsi di coordinamento decisionale a livello europeo, quella dimensione locale e, in particolare, quella dimensione rappresentativa degli interessi dei cittadini. È necessaria la moltiplicazione e l'ampliamento degli strumenti di democrazia diretta e partecipativa e la promozione dello strumento referendario, anche consultivo e senza quorum, a tutti i livelli decisionali. Inoltre, dobbiamo promuovere l'istituzione di un referendum europeo, senza quorum e con voto elettronico.

Parimenti importante risulta, inoltre, essere la trasparenza quale strumento necessario alla partecipazione e al controllo. Bisogna semplificare i processi decisionali al fine di renderli efficienti e trasparenti. Al contempo, occorre identificare con chiarezza la ripartizione dei poteri, in particolar modo individuando i decisori incaricati di stabilire ciascuna politica. Per fare questo occorre che gli incontri in ciascuna istituzione - e in primo luogo nel Consiglio così come in tutti gli altri incontri e nei consessi decisionali, incluso il trilogo - devono essere resi trasparenti attraverso la pubblicazione e la pubblicizzazione delle informazioni e dei resoconti dettagliati, che oggi non esistono, in modo da garantire un meccanismo efficace di accountability.

La solidarietà poi dovrebbe essere il motore dell'UE. Questa bella parola, che si sbandiera continuamente, di fatto è stata seppellita dagli accordi intergovernativi, come quello tra gli Stati dell'Unione e la Turchia: miliardi di euro in cambio di un girarsi dall'altra parte. Stessa cosa in Libia: denaro in cambio di una gestione di bambini, donne e uomini. Il progetto europeo di una vera Europa può sopravvivere e noi ci crediamo. Per costruire l'Europa di domani dobbiamo smettere di mettere toppe ad una ruota bucata che si sgonfia in continuazione. Oggi la ruota va cambiata. È necessario riscrivere le regole di governance istituzionale e ripartire dalla politica, dai principi fondanti del progetto europeo. Solo così possiamo davvero costruire un'Europa di tutti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Garavini. Ne ha facoltà.

LAURA GARAVINI. Presidente, siamo alla vigilia di un Consiglio europeo in cui si prenderanno decisioni importanti e di grande rilievo a cui l'Italia ha contribuito in modo importante. Penso, per esempio, all'avvio di una politica di difesa comune a livello europeo fortemente voluta e perseguita dallo stesso Presidente del Consiglio già nella sua precedente carica di Ministro degli esteri. Si tratta di una conquista che assume una valenza ancora maggiore alla luce dei conflitti e della crescente instabilità in scenari geopolitici anche a noi molto vicini, una politica che per decenni si riteneva essere una chimera irraggiungibile e che, invece, adesso sta diventando realtà. Sta diventando realtà così come l'ipotesi di concordato nella prima fase dell'intesa post Brexit raggiunta proprio nei giorni scorsi tra Unione europea e Gran Bretagna.

È un primo passo positivo perché l'Unione europea ha ottenuto tutto quello che voleva su tutte le questioni all'ordine del giorno, ma soprattutto un'intesa importante perché, se non la si fosse raggiunta, questo avrebbe significato un salto nel buio inquietante non solo per la Gran Bretagna, non solo per l'Europa, ma anche per quei milioni di cittadini che la Brexit la vivono direttamente sulla propria pelle, 600 mila dei quali di origine italiana. L'intesa raggiunta è positiva, va ratificata ed è fondamentale che l'Italia continui a seguire questo dossier con estrema attenzione, così che nei vari regolamenti attuativi non insinuino brutte sorprese.

Ma nel Consiglio europeo dei prossimi giorni si affronterà tutta un'altra serie di questioni come, per esempio, la possibilità di una riforma del Trattato di Dublino, cioè la modifica del sistema di asilo europeo. Lì, per venire a quanto diceva precedentemente l'onorevole Fedriga, ci si augurerebbe coerenza da parte di altre forze. Ad esempio, recentemente nel Parlamento europeo, rispetto a quelle proposte italiane che poi sono state assunte dal Parlamento, ad esempio, prevedere il taglio dei fondi strutturali nei confronti di quei Paesi che si dovessero rifiutare di accogliere migranti ricollocati, l'introduzione di un sistema di quote e il ricollocamento automatico dei profughi in un Paese diverso da quello di accoglienza, la Lega Nord, per esempio, si è astenuta e il MoVimento 5 Stelle addirittura ha votato contro.

Sono misure che invece fanno capire quanto l'Italia abbia fatto e stia facendo in questi mesi a livello europeo e quanto possa contribuire affinché il Consiglio europeo dei prossimi giorni assuma importanti decisioni e c'è da augurarsi, invece, che le diverse forze politiche, anche all'interno di questo Parlamento, abbiano posizioni molto più coerenti anche a tutela di un interesse nazionale. Inoltre, si tratteranno anche altre questioni come, per esempio, l'introduzione di un'agenda sociale a livello europeo, come deciso recentemente al vertice di Göteborg.

Insomma, Presidente, c'è molto da fare anche in Europa. Ci sarebbe bisogno di opposizioni anche costruttive con cui poter lavorare alle ardue sfide che si presentano quotidianamente a livello europeo. E allora, Presidente Gentiloni, vada avanti, non si lasci distrarre. L'Italia era da come minimo vent'anni che non aveva voce in capitolo in Europa e solo negli ultimi 4 anni ha ricominciato ad essere ascoltata, ad avere prestigio e a poter contribuire attivamente alle diverse decisioni che vengono prese a livello europeo. Dunque, Presidente, avanti così e non ci lasciamo assolutamente perdere di vista (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazioni)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Come da prassi, mentre prendete posto se possibile senza urlare, le risoluzioni saranno poste in votazione per le parti non assorbite e non precluse dalle votazione precedenti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Rosato, Lupi, Dellai, Pisicchio, Alfreider e Locatelli n. 6-00373, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 1).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Marcon, Laforgia ed altri n. 6-00374, con il parere contrario del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 2).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Scotto, Palazzotto ed altri n. 6-00375, con il parere contrario del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 3).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Fedriga ed altri n. 6-00376, con il parere contrario del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 4).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Artini ed altri n. 6-00377, con il parere contrario del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 5).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Capezzone ed altri n. 6-00378, con il parere contrario del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 6).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Battelli ed altri n. 6-00379, su cui il Governo ha espresso parere contrario.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 7).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Rampelli ed altri n. 6-00380, su cui il Governo ha espresso parere contrario.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 8).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Brunetta ed altri n. 6-00381, su cui il Governo ha espresso parere contrario.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 9).

So di dire cosa lieta, nel dichiarare che sono esaurite le comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri, in vista del Consiglio europeo del 14 e 15 dicembre 2017. Ma sono certo che… un momento, che succede? Un momento, io ho delle comunicazioni da fare, che sono certo ascolterete con grande interesse.

CARLO SIBILIA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Sì, ma io ho una comunicazione, le do la parola… a meno che non sia su quello che abbiamo finora fatto fino adesso. Allora, prego, onorevole Sibilia. Però approfitti…

CARLO SIBILIA. È soltanto per notificare un errore tecnico, fatto durante le votazioni, perché non era stato bene esposto il numero del fascicolo. In relazione alla risoluzione Scotto, Palazzotto ed altri n. 6-00375, alla quale il gruppo del MoVimento 5 Stelle avrebbe votato in maniera favorevole. Quindi, c'è stato un disguido in questo senso.

PRESIDENTE. Va bene, resta agli atti in questo caso. Non possiamo modificare né l'esito del voto né l'espressione, ma, insomma, dal punto di vista politico, resta agli atti.

Modifica nella composizione di gruppi parlamentari, di una componente politica del gruppo parlamentare Misto e cessazione di una componente politica del gruppo parlamentare Misto.

PRESIDENTE. Comunico che, con lettere pervenute in data odierna, i deputati Vincenzo Piso ed Eugenia Roccella, già iscritti al gruppo parlamentare Misto, componente politica UDC-Idea, hanno dichiarato di aderire al gruppo parlamentare Scelta Civica-ALA per la Costituente Liberale e Popolare-MAIE.

Comunico, inoltre, che, con lettere pervenute in data odierna, i deputati Matteo Bragantini, Enrico Costa ed Emanuele Prataviera, già iscritti al gruppo parlamentare Misto, componente politica FARE!-Pri-Liberali, hanno dichiarato di aderire al gruppo parlamentare Scelta Civica-ALA per la Costituente Liberale e Popolare-MAIE.

La presidenza di tale gruppo, con lettera pervenuta in pari data, ha comunicato di avere accolto tutte le predette richieste.

Conseguentemente, la componente politica FARE!-Pri-Liberali del gruppo parlamentare Misto viene meno, a seguito del passaggio al gruppo parlamentare Scelta Civica-ALA per la Costituente Liberale e Popolare-MAIE di tutti i deputati già iscritti ad essa.

Proposta di trasferimento a Commissione in sede legislativa di una proposta di legge.

PRESIDENTE. Comunico che sarà iscritta all'ordine del giorno della seduta di domani l'assegnazione, in sede legislativa, della seguente proposta di legge, della quale le sotto indicate Commissioni, cui era stata assegnata in sede referente, hanno chiesto, con le prescritte condizioni, il trasferimento alla sede legislativa, che proporrò alla Camera a norma del comma 6, dell'articolo 92 del Regolamento:

alle Commissioni riunite IX (Trasporti) e X (Attività produttive):

S. 2603. - Senatori Crosio ed altri: “Nuove disposizioni in materia di iscrizione e funzionamento del registro delle opposizioni e istituzione di un prefisso unico nazionale per le chiamate telefoniche a scopo promozionale e di ricerche di mercato” (approvata dalla 8a Commissione permanente del Senato) (4619). La Commissione ha elaborato un nuovo testo.

A tale proposta di legge sono abbinate le seguenti proposte di legge: Liuzzi ed altri: “Modifiche al codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in materia di comunicazioni commerciali indesiderate” (3617); Quaranta ed altri: “Disposizioni in materia di comunicazioni commerciali indesiderate” (4007).

Sui lavori dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Secondo le intese intercorse tra i gruppi, le votazioni per l'elezione di due componenti il consiglio di Presidenza della Corte dei conti, di due componenti il consiglio di Presidenza della giustizia amministrativa e di due componenti il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria, previste nella giornata di domani, sono differite alla prossima settimana, dopo gli altri argomenti già previsti.

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Ha chiesto intervenire sul fine seduta, per l'ordine dei lavori l'onorevole Incerti. Ne ha facoltà.

ANTONELLA INCERTI. Grazie signor Presidente, nelle ultime ore l'Emilia occidentale ed in particolare le province di Parma, Reggio Emilia e Modena sono state colpite da un'eccezionale ondata di maltempo, piogge incessanti che hanno rapidamente sciolto la neve abbondantemente caduta domenica, ingrossando fiumi e torrenti.

In poche ore quelle stesse province, piegate fino a poche settimane fa dalla siccità, si sono trovate a dover fronteggiare l'emergenza opposta e contraria.

La situazione più critica nella provincia di Reggio Emilia, in particolare nel comune di Brescello, dove stamattina si è rotto l'argine del fiume Enza, in località Lentigione, dove un migliaio di cittadini sono stati sfollati dalla loro abitazione.

È di queste ultime ore l'ulteriore necessità di un'altra evacuazione di abitanti, altri 1.200, nel quartiere di Santa Croce, nel comune di Boretto.

Ingenti, ingentissimi i danni alle imprese, in particolare una molto importante, l'Immergas, e a tutte le attività commerciali e alle coltivazioni.

Il passaggio della piena in provincia di Parma ha provocato l'interruzione di molte utenze elettriche, soprattutto nelle aree appenniniche, mentre nella bassa si faceva fronte all'acqua con argini e idrovore.

Il torrente Parma ha toccato il livello record di 9 metri e 47 centimetri ed è tracimato travolgendo l'argine e invadendo il centro abitato di Colorno, dove l'acqua ha invaso il piano terra, il cortile e il giardino della reggia e la piazza e i borghi del centro storico; abitazioni, negozi, garage e cantine sono stati sommersi, così a Sorbolo e anche nella zona del carpigiano, a Modena.

La regione Emilia Romagna attiverà nelle prossime ore la richiesta di dichiarazione dello stato di emergenza.

Lo Stato deve restare al fianco di quegli operatori, vigili del fuoco, volontari della Protezione civile, amministratori locali, cittadini, tutte le imprese e i lavoratori che stanno lavorando per difendere le loro case, ma non si sono arresi, rimboccandosi le maniche.

Con i colleghi reggiani, modenesi, parmensi (Romanini, Maestri, Marchi, Gandolfi, Iori e Baruffi) abbiamo avuto dal Presidente del Consiglio Gentiloni rassicurazioni sul rapido accoglimento della richiesta della regione e anche l'attivazione di quegli strumenti necessari per il ristoro dei danni ingenti subiti da imprese, privati e dal patrimonio pubblico, un impegno signor Presidente, che chiediamo anche a questo Parlamento, grazie.

PRESIDENTE. Ha chiesto intervenire l'onorevole Burtone. Ne ha facoltà.

GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Presidente, intervengo per sollecitare la risposta del Ministro dell'interno ad una interrogazione che riguarda la sicurezza. La sicurezza è un tema molto avvertito dalle popolazioni dopo il lavoro, dopo la cura delle malattie. Nello specifico, in questa interrogazione si pone il tema del potenziamento di alcuni commissariati: quello di Caltagirone, in provincia di Catania, di Nicosia, in provincia di Enna, di Niscemi, in provincia di Caltanissetta.

Sono territori in cui è presente in maniera notevole la criminalità organizzata e mafiosa, tra l'altro c'è un aumento anche della microcriminalità, con furti nelle case e nelle campagne. Ecco perché sollecitiamo la risposta da parte del Governo, perché ci sia un efficace intervento di potenziamento, anche se le Forze dell'ordine operano in maniera straordinaria e generosa. Il Ministro risponda e soprattutto intervenga, la ringrazio.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Mucci. Ne ha facoltà.

MARA MUCCI. Grazie Presidente, intervengo per sollecitare l'interrogazione n. 3-03365 e sollecitare un intervento del Ministero dello sviluppo economico e del Ministro dell'interno, perché ormai, Presidente, basta una nevicata, bastano eccessive folate di vento che il nostro Appennino bolognese si ritrova in ginocchio: i comuni di Monzuno, Loiano, Monghidoro, San Benedetto Val di Sambro, Vergato, Alto Reno Terme, Gaggio Montano, Valsamoggia, Pian del Voglio, Grizzana Morandi, Pianoro, Marzabotto, 13 comuni, per un totale di 30.000 famiglie che si trovano a vivere momenti di vero disagio, 3-4 giorni per ripristinare la rete elettrica dopo nevicate addirittura previste, cittadini che si trovano improvvisamente senza luce e in molte parti senza acqua potabile e senza telefono, temperature nelle abitazioni che toccano i 12 gradi. È una situazione insopportabile, che si protrae ad ogni nevicata, famiglie che oggi vivono nel terrore, in completo stato di agitazione, controllando le previsioni del meteo. Ieri, per le forti raffiche di vento, addirittura i cittadini si sono trovati al buio, addirittura dopo il forte vento. Serve un vero e proprio piano straordinario della rete elettrica da parte di ENI e Terna nell'Appennino tosco-emiliano. Per questo chiedo un intervento del Governo, perché nel frattempo queste persone stanno perdendo giorni di lavoro, le aziende non riescono a lavorare e perdono anche loro risorse economiche e la gente sta abbandonando l'Appennino. Questo è un fatto molto grave, manca progettualità e manca manutenzione, quindi chiedo urgentemente l'intervento del Governo e che risponda a questa interrogazione, perché la situazione va chiarita e risolta in maniera definitiva, grazie.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Mercoledì 13 dicembre 2017 - Ore 10:

1. Seguito della discussione della relazione della Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro sull'attività svolta.

(Doc. XXIII, n. 29)

2. Seguito della discussione della relazione della Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte del militare Emanuele Scieri sull'attività svolta. (Doc. XXII-bis, n. 17)

3. Assegnazione a Commissione in sede legislativa della proposta di legge n. 4619 ed abbinate .

(ore 15)

4. Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata .

La seduta termina alle 21,35.

TESTI DEGLI INTERVENTI DI CUI È STATA AUTORIZZATA LA PUBBLICAZIONE IN CALCE AL RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA ODIERNA: GIUSEPPE FIORONI, FABIO LAVAGNO (DOC. XXIII, N. 29)

GIUSEPPE FIORONI, Presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro. (Relazione - Doc. XXIII, n. 29). Presidente, colleghi, illustrerò brevemente la terza relazione sull'attività svolta che la Commissione d'inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro ha approvato a larghissima maggioranza nella seduta del 6 dicembre 2017. Questa larga condivisione, analoga a quella evidenziatasi nelle due precedenti relazioni, evidenzia la serietà dell'approccio che ha caratterizzato lo svolgimento dell'inchiesta. Comunque se ne valutino i risultati, l'inchiesta non è risultata condizionata da quelle logiche di contrapposizione politica che hanno caratterizzato, ad esempio, i lavori delle vecchie Commissioni stragi. Al contrario, il lavoro di ricerca e di indagine ha potuto giovarsi degli spunti e delle indicazioni provenienti da tutte le forze politiche, senza alcuna chiusura preconcetta.

Se si ha a mente l'esperienza delle precedenti inchieste svoltesi sul tema del terrorismo e delle stragi, già questo può essere considerato un risultato importante. Il mandato che la legge istitutiva ha assegnato alla Commissione è quello di accertare: a) eventuali nuovi elementi che possono integrare le conoscenze acquisite dalle precedenti Commissioni parlamentari d'inchiesta sulla strage di via Fani, sul sequestro e sull'assassinio di Aldo Moro; b) eventuali responsabilità sui fatti di cui alla lettera a) riconducibili ad apparati, strutture e organizzazioni comunque denominati ovvero a persone a esse appartenenti o appartenute. Questo era il mandato della Commissione.

Il presupposto dell'inchiesta è dunque che permanga una mancanza di verità, e io condivido le parole che oggi il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha detto in occasione dell'anniversario per piazza Fontana. Una mancanza di verità rispetto ad aspetti importanti della vicenda del rapimento e dell'omicidio di Aldo Moro e dell'uccisione degli uomini della sua scorta, Oreste Leonardi, Domenico Ricci, Salvatore Iozzino, Giulio Rivera e Francesco Zizzi. Ciò naturalmente non implica di sottoporre a una revisione critica il complesso dei giudicati penali definitisi in quasi un ventennio, ma di approfondire gli elementi di incongruità e le numerose lacune, anche al di là dell'accertamento di responsabilità penale attualmente perseguibile. Del resto, proprio il lento e faticoso accumularsi di dati investigativi, anche a causa del progressivo e non sempre coerente rilascio di informazioni da parte dei brigatisti pentiti e dissociati, ha fatto sì che persone inizialmente assolte per la vicenda Moro siano state poi riconosciute con assoluta certezza come partecipanti al sequestro. È questo, ad esempio, il caso di Rita Algranati, che svolse una funzione di appoggio in via Fani, ma anche di terroristi come Germano Maccari o Raimondo Etro, che emersero nelle indagini solo nel corso degli anni Novanta.

All'inizio dei lavori della Commissione, il presupposto dell'inchiesta è stato criticato da alcuni dei protagonisti della stagione del terrorismo brigatista, ma è stato criticato anche da magistrati, da giornalisti e personalità politiche, sulla base dell'assunto che sul caso Moro tutto fosse conosciuto e che quanto non noto fosse residuale e minimale. Le tre relazioni dimostrano abbondantemente che così non era. In realtà, proprio la rilettura sistematica dei cinque processi e dell'attività delle precedenti Commissioni che si sono occupate, in tutto o in parte, della vicenda Moro, la prima Commissione Moro, la Commissione P2, la stragi, la Mitrokhin, ha fatto emergere un elemento di sicuro rilievo: il fatto, cioè, che la ricostruzione storico-politica e giudiziaria della vicenda Moro è risultata fortemente condizionata da una verità affermatasi tra gli anni Ottanta e i primi anni Novanta.

Tale verità era fortemente legata alle interazioni tra le culture politiche all'epoca prevalenti e ad una diffusa volontà di voltare rapidamente pagina rispetto alla stagione del terrorismo.

Ciò, peraltro, è ampiamente evidenziato nelle pagine che questa relazione dedica all'analisi del percorso dissociativo di Valerio Morucci e Adriana Faranda, partendo dal loro arresto, o presunto tale, alle interazioni dei due brigatisti con il SISDE, e alle influenze che le loro dichiarazioni esercitarono sul processo Moro-ter e non solo.

Il lavoro della Commissione è stato, dunque, innanzitutto, lavoro di analisi della ingente quantità di documentazione acquisita. In questo, come in altri ambiti, la Commissione ha potuto compiere passi in avanti, forse in maniera determinante, in quanto ha potuto disporre, grazie alla declassificazione, di documenti, seguita alla “direttiva Renzi” del 2014. E colgo l'occasione per ringraziare, a nome di tutta la Commissione, il Presidente Renzi che ha aperto come non mai i nostri archivi e i nostri cassetti, consapevoli che il futuro del nuovo Paese ed il suo rinnovamento passa sempre e comunque per la capacità di fare piena luce sull'Italia dei misteri. Quindi, questo ci ha consentito di ottenere materiali precedentemente non disponibili e di individuare fonti dimenticate o occultate che sono state analizzate alla luce delle audizioni e delle attività di indagine delegate ai collaboratori e alle forze di polizia. Ricordo, solo per dare un elemento concreto, che la Commissione ha acquisito un totale di 2.250 unità documentali, per un totale di 700.000 pagine, ha delegato oltre 440 attività ai collaboratori, tra cui 256 escussioni. Tutte attività che hanno potuto essere realizzate grazie al grande impegno dei collaboratori della Commissione: magistrati, forze di polizia ed esperti che hanno operato ad esclusivo titolo gratuito e fuori dall'orario di servizio, tenendo presente che la Commissione ha speso in tutti e cinque gli anni complessivamente poche decine di migliaia di euro; credo sia l'unica Commissione d'inchiesta che ha speso queste cifre e non ha utilizzato minimamente ciò che erano spese di rappresentanza.

Seguendo la logica della legge istitutiva, la Commissione non ha inteso proporre una lettura complessiva del caso Moro, quasi dedicandosi a una sorta di storiografia parlamentare. Non è infatti sembrato opportuno tornare sugli elementi già acquisiti con sufficiente certezza e riscontrati con elementi di prova. La Commissione ha invece focalizzato la sua attenzione sugli aspetti che più di altri fanno emergere elementi nuovi o non sufficientemente indagati e specifiche responsabilità. In tutti i casi in cui tali elementi possono integrare notizia di reato, la Commissione ha trasmesso i relativi atti alla procura di Roma, alla procura generale presso la Corte di appello di Roma, a secondo delle rispettive competenze a seguito della avocazione. Mi sembra giusto a tale proposito sottolineare che, durante tutto il corso dell'inchiesta, la Commissione ha proceduto con queste autorità giudiziarie in un'ottica di leale e reciproca collaborazione. Analoga collaborazione è stata riscontrata anche nel rapporto con le Agenzie del sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica, nonché nel rapporto con i Ministeri interessati, in particolare quello degli esteri, della giustizia e dell'interno, e con la polizia di Stato, l'Arma dei carabinieri e la Guardia di finanza. Numerosi aspetti della vicenda Moro sono specificatamente trattati in questa e nelle precedenti relazioni e dal complesso degli elementi acquisiti emerge un'analisi significativamente nuova di molti degli snodi centrali di questo drammatico evento. Per questo, per quanto attiene specificatamente a questa terza relazione, la Commissione ha approfondito in particolare quattro aspetti. Il primo è il complessivo riesame della vicenda di Valerio Morucci e Adriana Faranda che la Commissione ha compiuto allo scopo di rivalutare nella sua interezza il profilo dei due brigatisti che hanno svolto un ruolo importante sia nella vicenda del sequestro, sia nella costruzione dei giudicati penali sul caso Moro. Sulla base di numerose acquisizioni documentali e testimoniali, la Commissione ha realizzato una completa e inedita ricostruzione della vicenda dell'arresto di Morucci e Faranda, che furono catturati il 29 maggio del Settantanove in una casa di viale Giulio Cesare a Roma, dove erano ospiti di Giuliana Conforto, figlia di “Dario”, già agente dell'Unione Sovietica, peraltro ben noto ai servizi italiani e non solo. Le indagini compiute hanno consentito di accertare che l'individuazione del rifugio fu resa possibile dalle confidenze rilasciate da una fonte della squadra mobile di polizia di Roma. Diversi elementi rendono tuttavia probabile, io direi certa, l'esistenza di una sorta di doppio livello nell'arresto di Morucci e Faranda e l'esistenza di una parallela attività anche negoziale svolta per il tramite di Giorgio Conforto. La Commissione ha poi approfondito il percorso dissociativo di Morucci e Faranda, attraverso documentazioni recentemente acquisite dall'AISI, l'analisi su base documentale della vicenda, il cosiddetto memoriale Morucci, che fondò una parte importante della verità giudiziaria sulla vicenda Moro.

Questo ha consentito di individuare con più precisione gli attori politici e giudiziari che nel corso degli anni Ottanta realizzarono la stabilizzazione di una verità parziale sul caso Moro, funzionale a un'operazione di chiusura della stagione del terrorismo, e ne comprendo perfettamente i motivi, che ne ha espunto però alcuni aspetti controversi e forse fastidiosi.

Un secondo tema che trova spazio nella relazione è l'analisi del ruolo della dimensione mediterranea e mediorientale nella vicenda Moro. In questo ambito, la Commissione per la prima volta è riuscita a ricostruire una precisa scansione del rapporto di collaborazione tra Brigate Rosse e formazioni palestinesi maggiormente orientate in senso marxista e ha approfondito le iniziative assunte da servizi italiani per favorire la liberazione di Moro con l'aiuto dell'Olp e del Fronte popolare per la liberazione della Palestina, nel quadro dei controversi accordi di intelligence che l'Italia definì con i vari movimenti palestinesi. Allo stato si può ormai affermare che la vicenda Moro è intimamente connessa col più vasto contesto internazionale del rapporto tra l'Italia e il Medio Oriente in tutti i suoi aspetti, da quello dei traffici d'armi, a quello del rapporto tra terrorismo interno e terrorismo mediorientale.

Una serie di approfondimenti tecnici e di indagine hanno portato poi a valorizzare un terzo tema, quello della latitanza di Alessio Casimirri che continua indisturbato a vivere in Nicaragua. A partire dal reperimento tra la documentazione che la Commissione ha acquisito dall'Arma dei carabinieri di un cartellino fotosegnaletico di Casimirri che appare assolutamente incongruo allo stato degli atti, perché non è mai risultato che Casimirri sia stato tanto meno arrestato, tanto meno fotosegnalato e noi abbiamo accertato che fino a luglio dell'Ottantatré era presente nel nostro territorio nazionale. La Commissione ha riscontrato numerosi elementi di criticità nella vicenda di Casimirri, più volte segnalato e denunciato. È emerso nelle confessioni dei pentiti già nel 1982 che Casimirri poté espatriare verosimilmente con un passaporto grossolanamente contraffatto, sul quale la Commissione ha acquisito elementi mai prima emersi in questi lunghi trentanove anni. A ciò si aggiunge la tardiva emersione delle responsabilità di Casimirri in sede giudiziaria, legato essenzialmente alle omissioni comprese nella testimonianza di Morucci e il fallimentare tentativo compiuto nel Novantatré di ottenerne l'estradizione. In questo quadro, le evidenti protezioni godute da Casimirri per i suoi rapporti con ambienti governativi sandinisti, non sembrano l'unico elemento che ha favorito la latitanza del terrorista. Sono emerse in maniera chiara situazioni di protezione che riguardano i nostri apparati e il nostro il sistema di protezione interno.

Un altro tema importante è stato l'individuazione nella zona della Balduina di un complesso immobiliare di proprietà dello IOR che ospitò nella seconda metà del Settantotto Prospero Gallinari e che era caratterizzato dalla presenza di alti prelati (che è normale nelle palazzine dello IOR), ma insieme con questi, di società statunitensi, una di queste con funzioni di intelligence americana, di esponenti tedeschi dell'autonomia, di finanzieri libici e di due persone contigue alla Brigate Rosse. Tale complesso, anche alla luce delle posizioni e delle indagini svolte, fa pensare che è quello che è stato utilizzato per spostare Aldo Moro dalle auto utilizzate in via Fani a quelle cui fu successivamente trasferito. Data la ristrettezza del tempo. mi limito a evocare altri tre temi affrontati nella relazione: l'esistenza in ambiente lombardo, principalmente milanese, di un filone legato ad ambienti socialisti che fanno riferimento direttamente all'onorevole Craxi che nel corso del sequestro Moro ebbe un ruolo sia nei tentativi di stabilire un contatto con i brigatisti, sia anche nella circolazione di scritti riconducibili a Moro; gli approfondimenti condotti sulla vicenda dalla scoperta del covo brigatista di via Fracchia a Genova e sulla possibile presenza di scritti di Moro; gli accertamenti tecnici delegati al Ris dei Carabinieri di Roma sulle modalità di uccisione di Moro. Gli elementi esposti nella presente relazione integrano, in qualche modo modificano, quelli già oggetto di esposizione nei due precedenti. Del resto compito alla Commissione non è stato solo quello di evidenziare nuovi elementi, ma quello di sgomberare il campo di una serie di false piste che spesso trovano ancora ecco in sede giornalistica e pubblicistica.

La lettura complessiva delle tre Relazioni porta a una revisione di importanti aspetti del sequestro Moro, che, ove opportuno, sono stati oggetto di comunicazione all'Autorità giudiziaria. Ne deriva una riconsiderazione complessiva della vicenda, che la Commissione sottopone al Parlamento e all'opinione pubblica.

Data la natura della Relazione e in linea con quanto espresso nella legge istitutiva, non sembra opportuno trarre delle conclusioni di tipo generale. Può essere però utile sottolineare alcuni elementi che emergono dal lavoro compiuto.

In primo luogo che emerge con chiarezza è che una semplice lettura combinata dei documenti programmatici delle Brigate rosse e delle informative che provenivano dal Medio Oriente avrebbe consentito di individuare una specifica necessità di tutelare la persona di Moro con le massime misure di sicurezza. Ove queste fossero state attuate, forse l'intera vicenda del terrorismo brigatista avrebbe assunto una piega ben diversa da quella che si realizzò.

In secondo luogo, l'analisi del "memoriale Morucci" e delle sue vicende e le attività tecniche delegate evidenziano il carattere "parziale" delle tradizionali ricostruzioni e la necessità quanto meno di integrarle con una valutazione della probabile esistenza di ulteriori appoggi e complicità, anche su un piano logistico.

Emerge poi, al di là delle responsabilità accertate dei brigatisti, la presenza di attori interni e internazionali che operarono nella vicenda. Molti elementi, emersi per la prima volta, indicano che sull'operazione militare delle Brigate rosse si innestò l'azione di una pluralità di soggetti, che per ragioni diverse, influirono sulla gestione e tragica conclusione del sequestro. In questo ambito può collocarsi certo la — già nota - presenza di persone legate alla P2 in diversi ambiti istituzionali, ma anche la presenza, in diversi snodi del sequestro Moro, di personaggi legati alle organizzazioni criminali, o perché interessati direttamente da esponenti politici, o in quanto fornitori di supporto logistico e armi, o semplicemente come "spettatori" della vicenda. Ancora più importante è però il riconoscimento del ruolo di quell'area grigia e invisibile costituita dai rapporti fra Servizi di intelligence. In questo ambito una delle principali acquisizioni è giunta proprio dagli approfondimenti sulla dimensione "mediterranea" della vicenda Moro, con particolare riferimento agli accordi che fondavano la politica estera e di sicurezza italiana, in particolare nei riguardi del Medio Oriente. Analizzando l'esistenza di forme di cooperazione tra entità terroristiche è stato inoltre possibile inquadrare l'azione delle Brigate rosse all'interno di un più vasto "partito armato", composto da diverse formazioni terroristiche italiane, che faceva parte a pieno titolo del terrorismo internazionale di sinistra e non si riduceva a una dimensione puramente nazionale. Anche le nuove acquisizioni relative a una possibile circolazione di scritti di Moro e alle iniziative di trattativa tentate da più attori per garantire la salvezza dello statista arricchiscono di molto il quadro delle conoscenze e confermano la complessità della dimensione politica della vicenda Moro, al di là della schematica divisione in "partito della fermezza" e "partito della trattativa".

Infine, proprio a partire dalla ricostruzione della vicenda dell'arresto di Morucci e Faranda in casa di Giuliana Conforto è emerso uno scenario complesso, che chiama in causa la possibilità che l'arresto di Morucci e Faranda sia stato negoziato e evidenzia le molteplici interrelazioni che, nel corso degli anni '80, definirono il perimetro giudiziario e politico della vicenda Moro.

Sin dall'inizio della sua attività, la Commissione si è data come obiettivo quello di acquisire elementi documentalmente fondati, eventualmente apprezzabili anche in sede giudiziaria. Alla luce delle acquisizioni che ho sommariamente enunciato, la Commissione ritiene di aver fatto significativi passi in direzione della verità e utilizzerà il tempo residuo per portare a termine tutte le possibili indagini.

La Commissione consegna dunque al Parlamento un lavoro che non è esaustivo, ma che rende molto più chiaro uno degli eventi più drammatici della storia della Repubblica italiana.

Nel 2018 ricorre il quarantesimo anniversario dell'uccisione di Moro e degli uomini della sua scorta. L'auspicio è che le acquisizioni dell'inchiesta parlamentare favoriscano una riflessione condivisa su una vicenda che non è solo emblematica della stagione, ormai chiusa, del terrorismo brigatista, ma che ha prodotto effetti di lungo periodo sulla storia del nostro Paese, anche perché non si è stati capaci di affrontare tempestivamente zone d'ombra e responsabilità. Credo che vada riconosciuta a questo Parlamento una più matura capacità di guardare senza riserve e omissioni agli eventi del 1978, che è stata alla base del lavoro di inchiesta che la Commissione ha cercato di compiere.

FABIO LAVAGNO. (Intervento in discussione sulle linee generali - Doc. XXIII, n. 29). I fantasmi attraversano tutte le culture del mondo, in tutte le epoche, divenendo spesso un topos narrativo. Nella cultura occidentale dai miti di Orfeo ed Euridice a quello di Polissena passando per i fantasmi shakespeariani di Amleto e Macbeth e i romanzi anglosassoni ottocenteschi si arriva sino ai più recenti Giganti di Pirandello. Spesso le storie di fantasmi per essere rese più verosimili abbondano di citazioni rispetto alle fonti. E' quello che accade analizzando Giro di vite, ma è la stessa tecnica con cui si diffondono le leggende metropolitane. Citare le fonti, vere o presunte, è elemento fondamentale per dare spessore a una storia di fantasmi.

Questo si addice a storie di fantasmi, ad opere narrative. Si tratta di escamotages che non si prestano, certamente, né al dibattito politico, né tanto meno alla storiografia.

Eppure esiste nella storia italiana un passaggio, un periodo di 55 giorni, in cui i fantasmi, le entità, le presenze si sprecano e le modalità della sua narrazione non si discostano molto dalle ghost stories. Si tratta di quello che diffusamente viene indicato come "Caso Moro".

Un pubblicistica sovrabbondante e spesso di scarsa qualità ha alimentato nel corso dei decenni, nell'opinione pubblica una sensazione che attorno alla vicenda si addensino ombre e misteri. La politica non è risultata immune a queste suggestioni. Molto spesso, anzi, per proprie finalità, non ha fatto altro che alimentarle. In quest'Aula, fin dall'inizio, in occasione della discussione generale e delle dichiarazioni di voto della Legge istitutiva della Commissione non sono mancati i riferimenti alle tesi più complottiste a lungo portate avanti dal senatore Flamigni e a generiche evocazioni di "verità nascoste" e "nebbie da diradare".

La relazione sul primo anno di attività della Commissione si incaricava di dichiarare: "ancora oggi, (...) permangono incoerenze e zone d'ombra (...). Nella stessa opinione pubblica è diffusa la convinzione che le conoscenze sinora acquisite in merito alle responsabilità e alta dinamica dei fatti siano, quanto meno, incomplete e non definitive".

Quella stessa opinione pubblica e secondo quelle dinamiche a cui facevo riferimento in precedenza. Spiace rilevare che i lavori della Commissione e la loro cronaca siano stati spesso improntati a focalizzare l'attenzione su ipotesi fantasiose e spesso a minimizzare, i pochi, ma importanti riscontri di carattere più scientifico e oggettivo, come sono stati i contributi resi da Polizia Scientifica e RIS.

Purtroppo in questa storia di fantasmi i primi fantasmi della Commissione sono stati gli stessi Commissari, i quali hanno spesso disertano le sedute. In questi giorni, questo ramo del Parlamento discute e approverà la terza relazione intermedia. Non un atto conclusivo, ma un terzo resoconto della propria attività. La Commissione ha abdicato cosi all'ambizione di giungere ad una relazione finale e, conseguentemente di dare la possibilità di presentare relazioni di minoranza, così come previsto dalla legge istitutiva. Un'occasione mancata di assumersi una responsabilità politica di fronte al Parlamento e al Paese.

Se l'anno scorso (all'epoca dell'approvazione della seconda relazione) dopo l'esito del referendum costituzionale, lo scioglimento anticipato delle Camere era una variabile possibile; oggi, la fine della Legislatura è un fatto naturale. La scadenza, insomma, è segnata sul calendario.

E' vero che in qualunque inchiesta ci si trova da un lato a dover fare i conti con i limiti del tempo a disposizione e, d'altro lato, a non sapere in anticipo come l'inchiesta stessa si svilupperà, ma ciò non comporta la rinuncia a formulare conclusioni che siano formalmente tali, sebbene ovviamente esse valgano per il momento in cui sono formulate e non per il futuro. La decisione della Commissione appare poco spiegabile se consideriamo che:

l' organismo parlamentare è stato prorogato, aumentando di oltre un terzo la durata originariamente prevista dalla legge; la prima Commissione Moro, pur partendo da zero e con una legislatura I'VIII terminata un anno in anticipo aveva prodotto una sua compiuta relazione.

Se consideriamo quindi l'andamento delle inchieste parlamentari sul caso Moro noteremo che: negli anni Ottanta si giunge a conclusioni, nel 2001 non si presenta alcuna relazione, e nel 2017 si consegna una relazione che però non è conclusiva. Non esattamente un progresso, e soprattutto non una grande risposta all'anti-politica che è diffusa nell'Italia di oggi.

Il documento approvato dalla Commissione ad ampia maggioranza, con il mio solo voto contrario ed un'altra astensione, è apprezzabile nei primi capitoli i quali, rispetto anche alle precedenti produzioni (cioè la prima e la seconda relazione intermedia) sono caratterizzati dal tentativo di una maggiore coerenza e organicità e non sono solo il resoconto dei lavori della Commissione. Analogo giudizio può essere esteso alle conclusioni dei RIS, contenute nelle parti relative a via Montalcini. Gli altri capitoli purtroppo, evidentemente redatti da altre mani, lasciano molto perplessi e dovrebbero interrogare nel profondo tutti coloro che intendono approvarli. Sono parti caratterizzate da salti logici, parti equivoche e, a volte, pericolosamente insinuanti.

Le poche e contraddittorie pagine di conclusioni politiche non superano la generica e abusata definizione di "Caso Moro", inteso nella sua definizione più propria, come avvenimento fortuito, accidentale e imprevisto. La definizione stessa, riferita alla causalità di quegli eventi sembra escludere la possibilità di una sua piena comprensione, proprio perché ritenuta fortuita ed inaspettata. A ben vedere non è così. Basterebbe a tale proposito uno studio ed una comprensione chiara dei fenomeni e delle culture che hanno caratterizzato gli anni Settanta in Italia e una seria convinzione a voler chiudere politicamente quel periodo. La soverchiante maggioranza che approverà questa relazione dimostra con evidenza che non è però questo l'intento.

I lavori della Commissione hanno voluto evitare una storiografia parlamentare dei drammatici e tragici 55 giorni, ma hanno mancato nel possibile salto qualitativo e storico che avrebbe permesso una comprensione non equivoca della vicenda, ponendo punti fermi e indicando con precisone l'angolo di lettura.

L'auspicio è che la grande mole di documentazione raccolta venga resa al più presto e nella misura maggiore possibile disponibile per tutti i cittadini. Si tratta di un patrimonio documentale eterogeneo, ma che costituisce la base per conoscenza dei fatti più approfondita, non basata sulla narrazione dietrologica di questi decenni, costellata di ipotesi funamboliche di eterodirezioni, infiltrazioni, servizi deviati, presunte presenze malavitose, tutte mai riscontrate, in una confusione di probabili e naturali omissioni con misteri e connivenze indicibili.

TESTI DEGLI INTERVENTI DI CUI È STATA AUTORIZZATA LA PUBBLICAZIONE IN CALCE AL RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA ODIERNA: SOFIA AMODDIO (DOC. XXII-BIS, N. 17)

SOFIA AMMODIO, Presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte del militare Emanuele Scieri. (Relazione - Doc. XXII-bis, n. 17). Presidente ed Onorevoli colleghi, Emanuele Scieri era un giovane avvocato di 26 anni di Siracusa. Un ragazzo di sani valori e principi intelligente serio e disciplinato, le cui attitudini riconosciute da tutti, lasciavano presagire una sicura affermazione in campo professionale.

La chiamata ad effettuare il servizio militare lo raggiunse quando già svolgeva la pratica forense. La scelta l'aveva fatta molti anni prima, durante la visita medica militare ed aveva optato per svolgere il servizio presso i paracadutisti della Folgore.

Emanuele Scieri è morto nella caserma Gamerra di Pisa il primo giorno del suo arrivo e venne ritrovato, sempre all'interno della Gamerra, tre giorni dopo.

Desidero ricordare che l'allora Ministro della Difesa, Carlo Scognamiglio manifestò fiducia nelle inchieste giudiziarie, assicurando che eventuali provvedimenti disciplinari, inclusa la rimozione dei superiori gerarchici e dei responsabili della caserma “Gamerra”, sarebbero stati adottati, a conclusione delle inchieste giudiziarie.

Purtroppo le molteplici indagini della magistratura ordinaria e militare si chiusero tutte, con decreti di archiviazione.

Il Parlamento italiano, immediatamente si occupò della vicenda, non andando al di là di attività di sindacato ispettivo o conoscitive anche perché i governi di quegli anni non espressero una volontà favorevole ad istituire una Commissione d'inchiesta, procedendo così, ad una indagine conoscitiva sul fenomeno del nonnismo.

Dopo ben quattro legislature, questa Camera ha invece preso atto delle istanze di giustizia provenienti dalla famiglia e dal territorio. All'inizio di questa legislatura ben 13 comuni, non solo siciliani, hanno più volte chiesto “l'istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta sulla morte del militare di leva Emanuele Scieri”.

In una data casuale, ma particolarmente significativa, il 4 novembre 2015, giorno della festa delle Forze Armate, la Camera dei deputati ha deliberato, a larghissima maggioranza, l'istituzione della Commissione parlamentare d'inchiesta sulla morte del militare di leva Emanuele Scieri, che ho avuto l'onore di presiedere.

La Commissione composta da ventuno deputati, designati in rappresentanza dei gruppi parlamentari di maggioranza e minoranza, ha lavorato con intensità lasciatemelo dire, i dati sono nella relazione, alla quale rimando.

Abbiamo ascoltato 76 persone: familiari, ex militari della caserma Gamerra, esperti, consulenti, magistrati, rappresentanti di associazioni, persone detenute.

Incessantemente la Commissione ha esaminato tutti gli atti delle inchieste giudiziarie già svolte ed ha proceduto ad ulteriori indagini. L'archivio dei documenti della Commissione ha raccolto circa seimila pagine di atti, oltre i video, i filmati, ed i reperti.

Non è mai mancato ci tengo a dirlo, l'aiuto della Procura di Pisa alla quale abbiamo chiesto l'invio degli atti di indagine e la collaborazione degli attuali vertici della Folgore, sia della Brigata che della Caserma, per l'attività della Commissione. Fin da subito lo Stato Maggiore, l'amministrazione della Difesa si sono messi al servizio con l'invio dei documenti, che la commissione ha chiesto nel corso dei due anni.

Fin da subito il Governo, nella persona della Ministra della difesa, senatrice Roberta Pinotti, nella sua audizione ha rassicurato la Commissione con le seguenti testuali parole: “non troverete porte chiuse e neppure socchiuse, sono a vostra disposizione tutti gli atti anche quelli più sensibili, in possesso dell'amministrazione necessari ai lavori”.

Vorrei sottolineare i rilievi emersi in Commissione non intendono delegittimare il ruolo centrale dell'istituzione militare la Commissione ha lavorato nella ricerca della verità, sgombra da ogni pregiudizio in particolare nei riguardi di un corpo, quello della Folgore, che si è sempre distinto per il suo servizio allo Stato, anche attraverso le missioni all'estero, ma lasciatemi dire che abbiamo lavorato e depositato la relazione senza alcun timore reverenziale, perché la commissione ha ricevuto un mandato parlamentare e per dovere istituzionale ha evidenziato gli elementi obiettivi che sono emersi e che hanno permesso di individuare elementi di responsabilità che abbiamo sottoposto al vaglio della Procura della repubblica di Pisa che su istanza della commissione ha già riaperto nuove indagini.

È utile riepilogare sinteticamente quanto avvenne:

Il 13 agosto 1999, terminato il cosiddetto CAR, tutto lo scaglione 7/99 al quale apparteneva Scieri, veniva trasferito a mezzo di 2 pullman militari da Firenze a Pisa, presso la caserma Gamerra.

Durante il tragitto i caporali diedero sfogo alla loro natura irrispettosa della dignità dei componenti dello scaglione, ordinando di mantenere per l'intera durata del viaggio una posizione scomoda ed innaturale (la posizione cosiddetta della sfinge), ovvero di rimanere immobili con la schiena staccata dalla spalliera del sedile e le mani sulle ginocchia. Imposero di viaggiare con i finestrini chiusi e il riscaldamento acceso, costringendo le reclute a tenere il basco in testa nonostante la calura estiva. Sul pulman praticarono a due reclute il cosiddetto “battesimo” consistente nel colpirli con forti pugni sul petto, strappare le mostrine dalla tuta mimetica e sfregarle sul viso. Per dette violenze tre caporali vennero condannati con sentenza definitiva.

Lo scaglione arrivava alla caserma Gamerra di Pisa, intorno all'ora di pranzo; tutti vennero radunati davanti al magazzino di casermaggio. Si specifica che il magazzino di casermaggio si trova di fronte la torre dove poi viene ritrovato il cadavere di Scieri, tre gg. dopo, ai piedi di una scala.

Esaurite le formalità di rito, alle giovani reclute veniva concessa la libera uscita, che - Emanuele Scieri, , trascorreva in compagnia di alcuni commilitoni, passeggiando per il centro di Pisa.

Alle ore 22,15, Emanuele Scieri rientrava in caserma, insieme a Viberti, Gelli, Valentini e Mastrini. Anziché ritirarsi direttamente in camerata, Viberti e Scieri si incamminavano nel vialetto che costeggia il muro di cinta della caserma Gamerra, per fumare una sigaretta. Dopo pochi minuti, il Viberti decideva di rientrare in camerata, mentre Scieri, secondo il racconto di Viberti, rimaneva a telefonare, all'altezza del luogo dove poi è stato ritrovato 3 gg dopo, ai piedi della scala della torre di asciugatura dei paracadute. In seguito, dalle indagini della Procura di Pisa, emergerà che nessuna telefonata venne fatta da Scieri in quel momento.

Alle 23,45, come di regola, veniva effettuato il contrappello, nel corso del quale Emanuele Scieri, stranamente, risultava assente.

In quella occasione alcuni commilitoni (non il Viberti) segnalarono ai militari che procedevano al contrappello: che Emanuele Scieri era regolarmente rientrato in caserma; che fino a pochi minuti prima era stato visto passeggiare in compagnia del Viberti;

Trattandosi di una recluta arrivata in caserma quello stesso giorno e rientrata prima dell'orario del contrappello, i superiori avrebbero dovuto prendere in considerazione l'ipotesi di un malore improvviso o di un atto di nonnismo

Deve essere ribadito che l'esistenza di atti di nonnismo era un fenomeno presente nella caserma “Gamerra” e ben conosciuto dai vertici militari, tanto che in commissione il gen. Della Folgore Celentano ha dichiarato che gli atti di nonnismo erano all'ordine del giorno, e l'allora Colonnello Ratti , proprio il giorno in cui arrivò Scieri in caserma, fece firmare alle reclute dello scaglione 7/99, quindi anche a Scieri, un'autodichiarazione con cui si impegnavano a denunciare eventuali atti di nonnismo subiti.

I militari addetti al contrappello, quella sera, si limitarono ad annotare nell'apposito modulo del rapporto della sera la dicitura “mancato rientro”, anziché scrivere “mancata presenza al contrappello”.

Si sottolinea che nel rapportino della sera era previsto uno spazio per riportare le eventuali note o novità.

Nelle sommarie informazioni testimoniali del 04.10.99 rese alla Procura Militare di La Spezia, il sergente maggiore Simone Pugliese dichiara di aver ricevuto dal Colonnello Ratti, l'ordine di eseguire, la sera del 13 agosto '99, il contrappello nella prima Compagnia, dove era stato assegnato Scieri. Pugliese specifica che su ordine del col Ratti era rimasto nell'edificio della prima Compagnia fino a mezzanotte e trenta, perché: «quell'orario è a rischio perché qualche “nonno” in epoca passata, andava a fare qualche bravata in danno degli allievi». Le ore serali dunque, secondo le dichiarazioni di Pugliese, ma anche secondo i vertici della catena di comando, vedasi col. Ratti, erano a rischio.

Il Colonnello Fantini, audito da questa Commissione il 27.2.17 definisce totalmente scorretta la trascrizione di “mancato rientro” riportata nel “rapportino della sera” e specifica ciò che la Commissione ha sempre sostenuto: “gli addetti al contrappello avrebbero dovuto riportare quanto riferito dai commilitoni, ovvero che Emanuele Scieri era rientrato in caserma.

Il caso di Scieri è stato l'unico episodio in cui un militare entrato in caserma non si sia presentato al contrappello. Questa è una delle numerose anomalie che gettano ombre sul caso Scieri.

Tutti gli altri casi rispondevano a due casistiche precise: o il militare non si era mai presentato in caserma dopo la libera uscita; oppure si era presentato al contrappello per poi uscire di sotterfugio successivamente.

È certo che nessuno, in quella tragica notte, si attivò per cercare Emanuele all'interno della caserma.

Dopo la morte di Scieri si aprirono numerose indagini, una delle quali riguardava l'imputazione di omicidio colposo, nei confronti degli addetti al contrappello, per avere omesso le ricerche, ma anche questa indagine si concluse con un decreto di archiviazione. Eppure la Commissione ha accertato che gli stessi vertici della caserma “Gamerra” si resero conto di aver omesso le ricerche di Scieri, la stessa notte del 13 agosto. Infatti il Comandante del Centro Addestramento Paracadutismo inflisse una sanzione disciplinare -seppure simbolica, di giorni uno di consegna – al Capitano di ispezione.

Appare veramente singolare e contraddittorio che tutti gli addetti al contrappello si siano giustificati sostenendo che le ricerche sarebbero dovute scattare solamente il giorno dopo dal mancato rientro e che non avevano nessun obbligo di cercare la sera del 13 agosto la recluta, sebbene, la Commissione abbia accertato che, oltre la sanzione al capitano di ispezione, come già detto, venne inflitta anche una sanzione disciplinare al caporal maggiore , di turno la sera del 13 agosto '99, “per non aver attuato nessun intervento volto ad accertare i motivi del mancato rientro”.

Nessuno all'interno della caserma Gamerra cercò Scieri né il giorno seguente al contrappello, 14 agosto, né il 15 agosto.

Scieri venne ritrovato, per caso, da 4 militari del suo scaglione, il 16 agosto alle ore 14.10 ai piedi della scala attaccata al muro della torre di asciugatura dei paracadute.

Ma ci sono elementi rimasti oscuri nella vicenda Scieri e sui quali all'epoca le autorità inquirenti non ritennero di indagare.

1) Dalla relazione di servizio dei carabinieri del 18.8.2001 risulta in maniera inequivocabile che giorno 13.8.99 mentre Scieri si trovava, ai piedi della scala, alle ore 23.48 - nello stesso momento in cui era in atto il contrappello - dal cellulare in uso al Gen. Della Folgore Celentano venne effettuata una telefonata diretta all'abitazione dello stesso a Livorno. Gli inquirenti accertarono che tale telefonata si agganciava alla cella di Pisa”.

2) Ed ancora la giornata festiva del 15 agosto alla caserma «Gamerra», si apre in maniera insolita: alle ore 5,30 del mattino il generale Enrico Celentano, accompagnato dal colonnello Fantini, effettua un'ispezione straordinaria all'interno della caserma.

È stato lo stesso generale Celentano spontaneamente a parlarci della sua ispezione.

Alle continue domande della commissione, che ha manifestato delle perplessità su quella visita, Celentano precisa che spese l'intera notte tra il 14 ed il 15 in automobile visitando diverse caserme.

La commissione si è domandata che motivo c'era per una ispezione a Ferragosto?

Alla domanda il gen. Celentano risponde che era suo solito effettuare visite a sorpresa e quella del 15 agosto lo era.

Fermo restando che non si comprende affatto perché avrebbe dovuto visitare le caserme di notte, quando tutti i sottoposti dormono, non si comprende perché a ferragosto allorquando la caserma Gamerra di Pisa era notoriamente sotto organico - circostanza confermata anche da tutti gli altri capi militari.

In che cosa è consistita questa ispezione? Celentano risponde che con i finestrini erano abbassati percorse il perimetro della caserma, non vide nulla, non sentì nessun odore particolare che potesse denunciare la presenza, a pochi metri, del cadavere di Scieri, ormai giacente lì da alcune decine di ore.

In base alle risultanze investigative, devono escludersi tutte le ricostruzioni che la catena di comando della Folgore “suggerì” nel 1999, ovvero che Scieri si era suicidato oppure che era voluto rimanere da solo, per provare la sua efficienza fisica scalando la struttura metallica esterna della scala, in quanto da lì a qualche giorno doveva iniziare il corso di paracadutista.

Queste ipotesi contrastano sia con la personalità di Scieri, che con alcuni elementi oggettivi:

a) il posto era buio e non conosciuto da Scieri;

b) ai piedi della struttura metallica vi era una massa di materiale in disuso che non consentiva di raggiungere agevolmente i piedi della torretta;

c) Scieri era una persona ragionevole e reverente delle regole militari e, quindi, non avrebbe scalato di propria iniziativa quella struttura di sera, al buio e da solo;

d) se fosse stato da solo, per sperimentare la sua efficienza fisica, non si sarebbe mai slacciato le scarpe con il rischio di non potere fare affidamento su un sostegno sicuro in caso di difficoltà nell'ascesa della struttura metallica.

e) nel corpo di Scieri si trova una ferita al dorso del piede sinistro ed una ferita al polpaccio sinistro incompatibile con la caduta, secondo tutti i consulenti, della famiglia, della procura e della Commissione la ferita è stata provocata da terze persone presenti sul luogo.

Sulla base dei suddetti elementi è ragionevole ritenere che Emanuele Scieri, quando è stato lasciato nel cortile da Viberti, sia stato fermato da alcuni militari che lo aggredirono, prima di essere costretto ad arrampicarsi sulla scala.

Onorevoli colleghi la Commissione ha accertato:

che alla caserma “Gamerra” avvenivano gravi atti di violenza, non riconducibili a semplice goliardia;

che i controlli in caserma non erano sufficienti ad evitare che, perfino dopo il contrappello, diversi paracadutisti uscissero dalla Caserma scavalcando il muro di cinta; che la zona dove fu ritrovato il cadavere di Emanuele Scieri era isolata, ma presidiata dagli anziani che la utilizzavano come spazio di rifugio e di svago. Uno spazio in parte esente da regole e controlli.

La Commissione ha accertato che il primo sopralluogo non venne effettuato dal nucleo speciale dei Carabinieri – RIS - e pertanto i rilievi- fondamentali nelle prime ore di un evento così drammatico- non sono stati effettuati con le dovute precauzioni.

Dalle videoriprese dei sopralluoghi dei Carabinieri, che la Commissione ha acquisito, si evince che, in data 27 agosto 1999, militari della “Gamerra” rimuovono tavoli e suppellettili che si trovavano nell'area sotto la scala.

Cari colleghi, la presente relazione non illustra tutti gli elementi raccolti dalla Commissione, perché abbiamo secretato molti atti ed audizioni per non pregiudicare le future indagini giudiziarie che potevano riaprirsi.

Infatti, abbiamo depositato presso la Procura della Repubblica di Pisa, una formale richiesta motivata di riapertura delle indagini e risulta che Procuratore della Procura presso il Tribunale di Pisa ha chiesto ed ottenuto dal Giudice per le indagini preliminari, la riapertura del caso.

Il Procuratore della Repubblica di Pisa ha dichiarato alla stampa, il 28 settembre 2017: «la Commissione parlamentare d'inchiesta ha svolto un lavoro molto serio, approfondito che certamente é meritevole di essere ripreso anche sotto il profilo giudiziario».

Risulta altresì alla Commissione che il 7 ottobre 2017 anche il Procuratore militare dichiarava alla stampa di volere riaprire le indagini per gli aspetti di competenza.

La domanda di giustizia sul caso Scieri non si è mai sopita e con grande dignità la famiglia Scieri, gli amici, hanno sempre richiesto giustizia.

Per questo, preannuncio la presentazione di una risoluzione, a firma di tutti i componenti della Commissione, per tenere conto del lavoro svolto.

Termino col ricordare che Emanuele Scieri, un cittadino italiano, è morto nel corso dello svolgimento del servizio militare obbligatorio e a causa dello stesso.

Chiedo quindi alla Camera di fare proprie le conclusioni della relazione approvata dalla Commissione e di impegnare il Governo a promuovere e ad adottare tutte le iniziative di propria competenza, necessarie all'accertamento della verità sulla morte del militare Emanuele Scieri, con l'avvio, sussistendone le condizioni, dei relativi procedimenti previsti dalla normativa vigente; e a riconoscere, in presenza dei presupposti e dei requisiti di legge, un giusto ristoro e indennizzo ai familiari per la perdita del loro congiunto durante il servizio militare.

Concludo ringraziando quanti hanno lavorato con spirito di abnegazione: la segreteria della Commissione; i funzionari di Palazzo S. Macuto che sono stati di grande supporto al lavoro della Commissione; i finanzieri che si occupano della tenuta dell'archivio; la polizia postale di Pescara per l'aiuto alle indagini nella persona della dott.ssa Narciso; tutti i consulenti che hanno lavorato a titolo gratuito: l'ispettore della Digos di Pescara Facchino, il dirigente generale della Polizia di Stato dott. Alberto Valentinetti; ed ancora per la consulenza cinematica: il commissario della polizia scientifica di Roma Federico Boffi e l'ing. La Cava Grazia.

Ringrazio i collaboratori della commissione il dott. Emiliano Colomasi e l'avv. Francesco Bordonali, l'avv. Silvestre Costanzo.

Un doveroso ringraziamento va al comando generale della difesa, al comandante della caserma Gamerra di Pisa col. Borghesi, i quali hanno risposto sempre con solerzia ed attenzione alle richieste di atti e documenti, della Commissione.

TESTI DEGLI INTERVENTI DI CUI È STATA AUTORIZZATA LA PUBBLICAZIONE IN CALCE AL RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA ODIERNA: DANIEL ALFREIDER E MARIO SBERNA (COMUNICAZIONI DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI IN VISTA DEL CONSIGLIO EUROPEO DEL 14 E 15 DICEMBRE 2017)

DANIEL ALFREIDER. (Dichiarazione di voto - Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in vista del Consiglio europeo del 14 e 15 dicembre 2017). Grazie Presidente, Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi

Il difficile accordo sui punti preliminari del negoziato sulla Brexit è il punto centrale del prossimo Consiglio europeo. Il pre-accordo su Brexit conferma la difficoltà di far fronte alle sfide aperte e pone all'Unione europea incognite forse decisive sulla prossima fase del negoziato e sulla capacità della Gran Bretagna di rispettare gli eventuali accordi.

Il governo ha avuto, e mantiene un ruolo di equilibrio e di moderazione nel confronto europeo. E' un ruolo che abbiamo sempre condiviso e che ribadiamo essere ciò che è davvero importante per l'Unione Europea. Allo stesso principio è ispirata la posizione del governo in merito al confronto sul completamento dell'Unione economica e monetaria: bene ha fatto il Presidente del Consiglio a richiamare l'esigenza di evitare forzature. Condividiamo l'impostazione che oggi Lei signor Presidente del Consiglio ha ribadito in Parlamento: bene un ministro delle Finanze europeo se tale scelta è per lavorare soprattutto ad una maggiore convergenza europea ed a politiche di crescita.

È un richiamo al rispetto delle regole europee, non il contrario, ed alla condivisione dell'obbligo, in primo luogo dei paesi dell'eurozona, ad un cambio di passo. Ad una rafforzata visione strategica.

La medesima visione strategica cui l'Italia, come lei ha ribadito signor Presidente del Consiglio, ha richiamato l'Europa in ordine alle politiche dei flussi migratori ed alla priorità attribuita ad un'intesa con la Libia e altri paesi. Ha ragione. I risultati ottenuti sono l'esito delle scelte che il suo governo ha saputo assumere e imporre in Europa.

Un punto fondamentale è l'integrazione tra i paesi membri, e in quest'ottica, vediamo fondamentale soprattutto per tutta l'area del mediterraneo la costruzione

Noi guardiamo all'Europa delle diversità e delle minoranze soprattutto in una prospettiva di integrazione. Il ruolo delle autonomie territoriali e di un Europa delle regioni non è in contrapposizione ma si integra con l'esigenza di istituzioni europee più forti.

Abbiamo apprezzato molto il suo sostegno al plurilinguismo sia in Italia che soprattutto in tutta Europa.

È il contributo che anche come minoranze abbiamo offerto con una importante iniziativa popolare europea - il Minority Safepack. Nelle diversità di culture ed esperienze vi è una convinzione che ribadiamo anche oggi in quest'aula: oggi piú che mai, occorre più Europa!!!!!

MARIO SBERNA. (Dichiarazione di voto - Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in vista del Consiglio europeo del 14 e 15 dicembre 2017). Abbiamo ascoltato ed apprezzato le comunicazioni del Presidente Gentiloni relative al Consiglio Europeo del 14 e 15 dicembre. Si tratta, di fatto, dell'ultima volta che questa Camera ascolta le parole del Presidente del Consiglio in carica, vista ormai la imminente fine della Legislatura, ed è estremamente significativo che si chiuda con la discussione di un argomento tanto importante quale è l'Europa. Il Gruppo Democrazia Solidale – Centro Democratico voterà certamente la Risoluzione di maggioranza accolta dal Governo, non senza, però, fare qualche brevissima osservazione, potremmo dire a futura memoria.

Le parole del Presidente Gentiloni, come detto, sono apprezzabili ed evidenziano la volontà del nostro Paese di giocare un ruolo importante in Europa. Non serve “battere i pugni sul tavolo”, come si è detto varie volte, in modo sinceramente ridicolo, durante la Legislatura che va a finire, per far sentire la voce di uno dei Paesi fondatori della Ue; conta, però, comprendere cosa di bene ci sia nella Ue, tanto, e cosa di male. E qui non dobbiamo chiudere gli occhi sul fatto che in Europa molto non va.

Ne abbiamo parlato varie volte, ed appare inutile ripetersi. Però non possiamo non osservare che la Brexit sia stata e sia un tornante molto importante per la Ue. No si deve essere anti-europeisti per rendersi conto che dietro quel voto vi era un profondo malessere che non riguardava solo la Gran Bretagna. È vero, come è stato ricordato, che quel voto riprendeva una ad una tradizione sostanzialmente anti Europa molto diffusa nelle Isole britanniche; si ricordi l'epoca della Signora Thatcher, quando qualunque cosa era “colpa dell'Europa. Ma questa tradizione sembrava superata, sin quando il voto, consultivo ma ovviamente vincolante, dei cittadini britannici, non l'ha riportata in auge. E non dobbiamo nasconderci che quel malessere, che ha portato alla uscita di un Paese tanto importante dalla Ue, non è limitato all'oltre Manica. Le pulsioni presenti in Francia, Italia, Germania, non possono essere negate, e non serve demonizzarle, anche se sono sfruttate politicamente in modo irresponsabile.

Queste pulsioni non esistono perché ci sono demagoghi che le agitano. Esistono perché il malessere, il fastidio, la lontananza verso un'Europa incomprensibile, avvertita come autoritaria e non democratica, non ha trovato risposte concrete in una Europa che è rimasta più parola che fatto. Come detto, non serve meno Europa, serve più Europa, ma diversa, democratica, solidale, attenta non solo ai meccanismi economici e bancari, ma soprattutto alle persone, ai loro bisogni, alle loro preoccupazioni. Si tratta, quindi, di gettare le basi per un cambiamento culturale ancor più che istituzionale. L'impegno del Governo sembra andare, per quanto ovviamente possibile, in quella direzione. Per questo, come detto, il nostro Gruppo voterà a favore della Risoluzione di maggioranza. Ci auguriamo che quel cambiamento si evidenzi in tempi rapidi, altrimenti, presto (troppo presto), o tardi, avremo altre exit, con il concreto rischio della fine di una Europa che, piaccia o meno, è stata una delle garanzie di pace di un continente travagliato dalla guerra in pratica da sempre.

SEGNALAZIONI RELATIVE ALLE VOTAZIONI EFFETTUATE NEL CORSO DELLA SEDUTA

  Nel corso della seduta sono pervenute le seguenti segnalazioni in ordine a votazioni qualificate effettuate mediante procedimento elettronico (vedi Elenchi seguenti):

  nella votazione n. 1 la deputata Nesci ha segnalato che non è riuscita a votare;

  nella votazione n. 1 i deputati Gutgeld e Senaldi hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole;

  nella votazione n. 2 il deputato Gutgeld ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 9)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nominale Risoluz. Rosato e a. 6-373 398 398 0 200 236 162 92 Appr.
2 Nominale Risoluz. Marcon e a. 6-374 401 401 0 201 47 354 92 Resp.
3 Nominale Risoluz. Scotto e a. 6-375 403 398 5 200 50 348 92 Resp.
4 Nominale Risoluz. Fedriga e a. 6-376 403 402 1 202 61 341 92 Resp.
5 Nominale Risoluz. Artini e a. 6-377 411 410 1 206 5 405 92 Resp.
6 Nominale Risoluz. Capezzone e a. 6-378 408 362 46 182 13 349 92 Resp.
7 Nominale Risoluz. Batteli e a. 6-379 404 396 8 199 63 333 92 Resp.
8 Nominale Risoluz. Rampelli e a. 6-380 406 400 6 201 60 340 92 Resp.
9 Nominale Risoluz. Brunetta e a. 6-381 407 394 13 198 55 339 92 Resp.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui é mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi é premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.