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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 896 di lunedì 4 dicembre 2017

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO

La seduta comincia alle 13.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

RAFFAELLO VIGNALI, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 1° dicembre 2017.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

  (È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Gioacchino Alfano, Alli, Amendola, Amici, Baldelli, Bellanova, Bernardo, Dorina Bianchi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Braga, Matteo Bragantini, Bressa, Brunetta, Buttiglione, Caparini, Capelli, Casero, Castiglione, Causin, Centemero, Antimo Cesaro, Cominelli, D'Alia, Dambruoso, De Micheli, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Faraone, Fedriga, Ferranti, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Franceschini, Garofani, Gelli, Gentiloni Silveri, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Laforgia, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Marcon, Migliore, Orlando, Pes, Pisicchio, Portas, Ravetto, Realacci, Rosato, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Tabacci, Valeria Valente, Velo, Vignaroli e Zolezzi sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente settantasette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Assegnazione alla V Commissione (Bilancio) del disegno di legge di bilancio.

PRESIDENTE. A norma del comma 1 degli articoli 72 e 120 del Regolamento, il seguente disegno di legge è assegnato alla V Commissione (Bilancio), in sede referente, con il parere di tutte le altre Commissioni permanenti e della Commissione parlamentare per le questioni regionali:

S. 2960. - "Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020" (approvato dal Senato) (4768) e relativa nota di variazioni (4768/l).

Ricordo che, secondo quanto stabilito nella riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo del 29 novembre 2017, l'esame in Assemblea del disegno di legge di bilancio avrà inizio alle ore 9,30 di martedì 19 dicembre 2017, con votazioni non prima delle ore 16; la Commissione Bilancio dovrà concludere l'esame del provvedimento in sede referente entro domenica 17 dicembre, mentre le Commissioni competenti in sede consultiva dovranno concluderlo entro tempi compatibili con tale programmazione dei lavori; il termine per la presentazione degli emendamenti in Assemblea è fissato alle ore 18 di lunedì 18 dicembre.

Nell'Allegato A al Resoconto della seduta odierna sarà pubblicata l'organizzazione dei tempi per l'esame del disegno di legge n. 4768 e della relativa nota di variazioni.

Modifica nella composizione di gruppi parlamentari.

PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data 1° dicembre 2017, il deputato Roberto Marti, già iscritto al gruppo parlamentare Misto, componente Direzione Italia, ha dichiarato di aderire al gruppo parlamentare Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini.

La presidenza di tale gruppo, con lettera pervenuta in pari data, ha comunicato di aver accolto la richiesta.

Discussione della mozione Argentin ed altri n. 1-01746 concernente iniziative di competenza volte a favorire la diffusione dei parchi giochi inclusivi (ore 13,05).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Argentin ed altri n. 1-01746 concernente iniziative di competenza volte a favorire la diffusione dei parchi giochi inclusivi (Vedi l'allegato A).

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione della mozione è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).

Avverto che sono state presentate le mozioni Bechis ed altri n. 1-01761 e Galgano ed altri n. 1-01762 che, vertendo su materie analoghe a quella trattata dalla mozione all'ordine del giorno, verranno svolte congiuntamente. I relativi testi sono in distribuzione (Vedi l'allegato A). Avverto altresì che è stato presentato l'emendamento Lorefice ed altri n. 1-01746/1 alla mozione Argentin ed altri n. 1-01746. Il relativo testo è in distribuzione (Vedi l'allegato A).

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Ha facoltà di intervenire la deputata Anna Margherita Miotto, che illustrerà anche la mozione Argentin ed altri n. 1-01746, che ha sottoscritto in data odierna. Prego.

ANNA MARGHERITA MIOTTO. Grazie, Presidente. Presento questa mozione, che porta la firma della collega Ileana Argentin, che non è potuta intervenire a causa di questo spostamento di orario, ma lo faccio volentieri, perché la collega ha presentato una mozione che si iscrive nel più vasto ambito di provvedimenti che hanno caratterizzato questa legislatura sul versante dell'attuazione della Convenzione dell'ONU per i diritti delle persone con disabilità, provvedimenti che hanno visto l'Aula impegnata con l'approvazione di alcune leggi importanti. Alcune sollecitazioni rivolte al Governo con atti ispettivi, con mozioni, con risoluzioni in Commissione, hanno comportato l'adeguamento del decreto sui nuovi LEA e, quindi, possiamo dire che in questa legislatura si è fatto un passo avanti importante nell'attuazione dei diritti delle persone con disabilità.

Tutto questo - sappiamo bene - incrocia le difficoltà di natura operativa, talvolta la insufficiente copertura finanziaria, ma la cosa che preoccupa di più - debbo dire - è un atteggiamento di natura culturale, per cui si fa fatica a ragionare in chiave di inclusione e di integrazione delle persone con disabilità. Da questo punto di vista, la mozione della collega Argentin punta a coprire un altro vuoto, che riguarda l'accessibilità ai parchi giochi da parte dei bambini con disabilità.

Noi abbiamo una convenzione dell'ONU anche in questo campo. La Convenzione sui diritti del fanciullo è stata firmata a New York il 20 novembre 1989 ed è stata ratificata dallo Stato italiano con legge n. 176 del 1991, ma voglio anche ricordare che una legge più recente, la legge n. 18 del marzo del 2009, ha ratificato e reso esecutiva la Convenzione delle Nazioni Unite sulle persone con disabilità - sui loro diritti, come sappiamo - e quella convenzione prevede, all'articolo 30, comma d), che “gli Stati parte prenderanno le appropriate decisioni per assicurare che i bambini con disabilità abbiano uguale accesso alla partecipazione ad attività ludiche, ricreative e di tempo libero, sportive, incluse tutte quelle attività che fanno parte del sistema scolastico”. Quindi, il gioco è un diritto di tutti i bambini; diventa un problema, quando ci troviamo di fronte a una condizione di disabilità: una difficoltà a muoversi, un'incapacità a vedere, una scarsa capacità di attenzione, di concentrazione, difficoltà nei movimenti, insomma tutte condizioni che possono compromettere l'accesso anche alle attività di gioco per i bambini che presentano difficoltà di questa natura.

Qui non si tratta di individuare parchi giochi separati per i bambini con disabilità - attenzione! -anzi, guai se questo avvenisse; si tratta di attrezzare gli attuali spazi, che oggi sono predisposti dalle amministrazioni locali, dalle comunità regionali, con strumenti idonei per favorire l'integrazione e per consentire una piena accessibilità. È evidente che anche questa è un'altra operazione culturale, perché poco costa, guardate, rendere un parco giochi accessibile, guardare cioè che non ci siano barriere architettoniche, che gli spazi siano tali da poter consentire l'accesso, per esempio, a un bambino in carrozzina, serve però un'attenzione, una sensibilità, una cultura appunto, anche nella progettazione di questi spazi, che tenga conto di condizioni di disabilità.

La mozione, quindi, è molto semplice, come si comprende bene, e intende impegnare il Governo su tre fronti. Il primo: assumere iniziative di natura culturale proprio per far sì che si diffonda la cultura dell'inclusione, anche relativamente a questo ambito della vita sociale, della vita di relazione dei bambini con disabilità.

In secondo luogo, impegna il Governo, in collaborazione con le regioni, perché si tratta pur sempre di materia concorrente, per elaborare delle linee guida che consentano di definire con più chiarezza le caratteristiche di parchi giochi accessibili per tutti i bambini, siano essi normodotati o con disabilità. In terzo luogo, la mozione tende ad impegnare il Governo a prevedere idonee risorse finanziarie per attrezzare questi parchi. Noi ci rendiamo conto che talvolta, laddove sono stati creati in verità per i bambini normodotati, sono in uno stato di abbandono. Quindi, qui si tratta di utilizzare le risorse, avendo anche questa ottica inclusiva, per rendere agibili e decorose queste strutture; occorre pertanto avere anche l'ottica dell'inclusione.

PRESIDENTE. Non essendovi altri iscritti a parlare, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

Il Governo intende intervenire o si riserva successivamente? Si riserva di farlo successivamente. Il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta

Discussione della proposta di legge: Baldelli ed altri: Disposizioni a tutela dei consumatori in materia di fatturazione a conguaglio per l'erogazione di energia elettrica, gas e servizi idrici (A. C. 3792-A) (ore 13,12).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge n. 3792-A: Disposizioni a tutela dei consumatori in materia di fatturazione a conguaglio per l'erogazione di energia elettrica, gas e servizi idrici.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali – A.C. 3792-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.

Avverto, altresì, che la X Commissione (Attività produttive) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Becattini.

LORENZO BECATTINI, Relatore. Grazie Presidente. La proposta di legge n. 3792 reca disposizioni per la tutela dei consumatori in materia di fatturazione a conguaglio per l'erogazione di energia elettrica, gas e servizi idrici. Fa seguito a un lavoro ampio, fatto nella XVII legislatura, sia dal Parlamento sia dal Ministero che anche dall'Autorità preposta al settore e che ha visto molti momenti importanti. Cito a titolo di promemoria la mozione, che questa Camera ha approvato sul finire del 2015, in tema appunto di maxi bollette, che ha dato luogo a un successivo lavoro, svoltosi presso il Mise, con la partecipazione sia delle associazioni dei venditori che dei distributori, appunto nei tre settori cui si fa riferimento. E, poi, questo tavolo ha prodotto un protocollo molto importante, con nuove discipline e nuove regole in questo settore.

Inoltre, la legge sulla concorrenza n. 124 del 2017 ha dedicato due commi dell'articolo 1 al tema che stiamo discutendo e, in particolare, facendo ulteriori previsioni in tema di rateizzazione delle bollette. Vorrei segnalare, infine, che è stato approvato, con un provvedimento dell'Autorità, il testo unico sulla fatturazione.

Quindi, quello che discutiamo oggi nella discussione generale su questa legge, è un ulteriore tassello a tutela del consumatore. E non va dimenticata anche una norma precedente, il codice del consumo, di cui al decreto legislativo n. 209 del 2005, un complesso di norme anch'esso posto a tutela dei consumatori, non solo in questi settori, ma nel complesso delle utenze.

Dal punto di vista del dimensionamento, quando parliamo del complesso delle fatture che vengono emesse per acqua, gas e energia elettrica, ci riferiamo ad un qualcosa che assomma a 500 milioni di fatture emesse annualmente. Quindi, è una cifra molto consistente e, pur essendo stimati i maxi conguagli inferiori all'1 per cento, dati questi volumi, parliamo comunque di scostamenti molto rilevanti.

Nei tre settori, uno, quello idrico, è ancora verticalmente integrato, cioè a dire non vi è una differenza tra chi esercita l'attività di vendita e chi esercita l'attività di distribuzione. Mentre nel gas e nell'energia elettrica si è verificato il cosiddetto unbundling, cioè la separazione appunto tra la distribuzione e la vendita, rispettivamente nel gas a far data dal 1° gennaio 2003 e per il mercato dell'energia elettrica dal 1° luglio 2007.

Il progetto di legge, sul quale ci stiamo concentrando, ha iniziato il lavoro parlamentare nel mese di luglio e, subito dopo l'estate, è iniziata una consistente attività di audizioni, principalmente rivolta a tre settori: quello delle associazioni dei consumatori, che naturalmente sono portatori di istanze specifiche; l'altra parte è quella di chi opera nel settore (le associazioni dei distributori e dei venditori); e naturalmente anche chi è proposto al controllo e alla regolamentazione. In particolare, abbiamo audito l'Antitrust, l'Autorità del gas e dell'energia elettrica e dei servizi idrici e anche l'Acquirente unico.

Successivamente il provvedimento è stato esaminato nella X Commissione, sono stati acquisiti i pareri delle altre Commissioni e oggi abbiamo il progetto, che appunto illustriamo in Aula.

È composto da soli due articoli. Il cardine della legge è la riduzione del termine di prescrizione del diritto al pagamento del corrispettivo, che passa da cinque, nella proposta di legge, a due anni. Quindi è, come dire, una proposta sfidante per l'intero sistema. E naturalmente questo termine della riduzione della prescrizione opera, non solo nel rapporto tra l'utente e il venditore, ma anche nelle relazioni tra chi esercita l'attività di vendita, cioè coloro che emettono le fatture, e chi fa invece il servizio di distribuzione. Ricordiamoci che la distribuzione è un servizio pubblico nel nostro ordinamento; la vendita è una mera attività commerciale. Questa, insomma, è la parte introduttiva.

Dico brevemente quali sono gli elementi rilevanti di questa legge.

L'articolo 1 comma 3 garantisce il diritto all'utente in ogni caso, all'esito della verifica della legittimità della condotta dell'operatore, di ottenere entro tre mesi il rimborso dei pagamenti effettuati a titolo di indebito conguaglio.

Il comma 4 prevede che le disposizioni contenute nei commi precedenti non si applichino, qualora la mancata o erronea rilevazione dei dati al consumo sia ascrivibile alla responsabilità dell'utente. Cerco di dettagliare su questo, perché questa previsione vale soprattutto per il mercato del gas. Infatti, a differenza dell'elettrico, che ha contatori di ultima generazione, nel settore del gas abbiamo questa situazione: a oggi soltanto il 20 per cento dei contatori sono di ultima generazione, cioè quelli che consentirebbero una rilevazione immediata dei dati. E, siccome la maggior parte di questi contatori è ancora presso o dentro le abitazioni, è evidente che l'esercizio della misura può essere ostacolato. Quindi, se è ostacolato, e quindi, se chi deve fare la misura, non può farla, non possiamo caricarlo poi di oneri impropri. Quindi, questo comma 4 è posto a protezione di un meccanismo, nel quale il distributore deve fare il proprio mestiere, il venditore deve fare il proprio mestiere, ma anche il cittadino è opportuno che faccia il proprio mestiere e si renda proattivo, non soltanto nel fare entrare le persone nell'abitazione, se il contatore è lì, ma anche - come vedremo più avanti - svolga anche meglio e in maggior quantità la funzione di autolettura.

Il comma 5 stabilisce che l'Autorità, con propria deliberazione da adottare entro tre mesi dall'entrata in vigore, definisca misure a tutela dei consumatori, determinando le forme attraverso le quali i distributori garantiscono l'accertamento e l'acquisizione dei consumi effettivi.

L'articolo 1, comma 6, invece fa fare un passo in avanti in termini di autoletture. Noi sappiamo che un'autolettura di dimensioni europee - non è il nostro caso purtroppo - sarebbe un principio di interesse generale, perché porrebbe il cittadino nelle condizioni di essere in rapporto diretto con chi eroga il servizio.

Allora, siccome fino ad oggi il lavoro culturale che è stato fatto è stato quello di favorire una comprensione di questo problema dal punto di vista dell'educazione, con questa norma si chiede all'Autorità del gas e dell'energia elettrica di definire misure finalizzate a incentivare l'autolettura, senza oneri a carico dell'utente, ciò a dire: proviamo anche questa e cioè di introdurre nel sistema delle misure, che possano consentire un'incentivazione per chi fa le autoletture in maniera corretta e per un arco di tempo, naturalmente che non sia una sola volta.

L'articolo 1, comma 7, prevede che entro un termine, che qui abbiamo fissato al 1° gennaio 2020 - e poi vedremo se nella fase della presentazione degli emendamenti vi saranno novità sotto questo profilo - si proceda ad un'evoluzione anche dal punto di vista del rapporto tra i cittadini e il sistema informativo integrato. Quest'ultimo è un' acquisizione recente nel settore perché è stato istituito con una legge del 2010; è gestito dall'acquirente unico, ovviamente sulla base di disposizioni che devono essere emanate dall'Autorità del settore. Con la norma abbiamo pensato di andare più avanti, tenuto conto che oggi il sistema informativo regola solo i rapporti tra venditori e distributori. Pensiamo che sia utile che vi sia un momento entro il quale anche il cittadino può interfacciarsi con tale importantissima banca dati e quindi possa acquisire dati che lo riguardano nel settore specifico. Nel fare questo naturalmente sarà necessario che vi sia un rapporto con l'autorità nel settore dal punto di vista delle comunicazioni che, come dire, tuteli la privacy di ciascun cittadino.

Infine abbiamo un secondo articolo molto importante che riguarda l'entrata in vigore della proposta di legge. Qui abbiamo fatto distinzioni in ragione della tecnologia che governa oggi il sistema elettrico, il sistema del gas e il settore idrico e abbiamo ragionato sul fatto che, per applicare la proposta di legge e farla entrare in vigore, è preferibile partire da chi ha un sistema tecnologico già pronto. Nel caso specifico si tratta del settore del mercato elettrico poiché il 97-98 per cento dei contatori sono tele-letti e ciò comporta minore difficoltà rispetto agli altri settori. Quindi si prevede che per il settore elettrico la proposta di legge entri in vigore non appena il provvedimento sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. Per il settore del gas abbiamo spostato l'entrata in vigore al 1° gennaio 2019, tenendo conto di ciò che ho ricordato: la prescrizione che l'Autorità ha fatto ai soggetti distributori di far sì che a quella data almeno il 50 per cento dei contatori siano di ultima generazione. Quindi, con tale principio, anche il settore del gas è in grado di entrare nella nuova configurazione normativa. Infine il settore idrico che è l'ultima acquisizione da parte dell'Autorità - vi è entrato recentemente - ed è quello che non ha la separazione e quindi è un'integrazione verticale, per il settore idrico abbiamo pensato al 1° gennaio 2020. Ho riassunto brevemente il lavoro che è stato fatto con grande impegno da parte di tutti i colleghi della Commissione per cercare di perfezionare via via la norma soprattutto con l'obiettivo, come ho già detto all'inizio, di far sì che diventi un nuovo tassello a tutela del consumatore finale.

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire in altra fase.

È iscritta a parlare la collega Bargero. Ne ha facoltà.

CRISTINA BARGERO. Signor Presidente e onorevoli colleghi, la proposta di legge Baldelli oggi in esame, Disposizioni a tutela dei consumatori in materia di fatturazione a conguaglio per l'erogazione di energia elettrica, gas e servizi idrici, come ha detto precedentemente il collega Becattini è uno degli ulteriori passi che la Legislatura in corso ha fatto a tutela dell'utente, del consumatore, nel settore dei servizi a rete in particolare nel settore dei servizi dell'energia elettrica su cui il legislatore nazionale è intervenuto con diversi provvedimenti nel corso della Legislatura. Vorrei inoltre sottolineare un punto importante della proposta di legge che porta il nome del collega Baldelli, con cui finalmente rimettiamo il consumatore al centro delle scelte del legislatore. La nostra legislazione, proprio per una vecchia derivazione, non è stata una legislazione che vedeva il consumatore al centro dei provvedimenti poiché ciò non è neanche previsto in Costituzione.

È piuttosto di origine statunitense invece l'attenzione nei confronti del consumatore con lo Sherman Act: esso emanato a tutela dei consumatori risale a fine dell'Ottocento. La tutela dei consumatori nel settore dei servizi a rete nasce in Italia con le liberalizzazioni dei servizi a rete, soprattutto con il servizio elettrico. Nel 1995 abbiamo l'istituzione dell'Autorità per l'Energia elettrica e il gas proprio a tutela poi della liberalizzazione del mercato e da quel momento, attraverso un'attività di regolazione che viene data all'Autorità attraverso poteri ispettivi di controllo e anche di sanzione, c'è la diffusione di una maggiore sensibilità sia tra i cittadini sia da parte del legislatore nei confronti dei consumatori di servizi come quelli a rete che sono considerati anche dalla Commissione europea come servizi essenziali per il cittadino. Come prima anticipava il collega Becattini, nella Legislatura in corso soprattutto nel campo dell'energia elettrica ci siamo occupati di tutela del consumatore e di liberalizzazione del mercato con diversi provvedimenti. Oltre alla mozione citata dal collega e alla legge sulla concorrenza nella quale era stato approvato un emendamento che prevedeva la rateizzazione delle maxi-bollette, ci sono stati altri provvedimenti per ridurre il carico delle bollette sui cittadini. Uno di tali provvedimenti è relativo ai contatori intelligenti e al recepimento della direttiva sull'efficienza energetica che poi è stato modificato dal decreto-legge “mille proroghe” n. 244 del 2016 che prevede il termine per l'adozione dei sistemi di contabilizzazione e termo-regolarizzazione negli edifici. Ma anche la legge europea 2017 prevede comunque una disposizione che consente una diminuzione nelle bollette di almeno il 50 per cento grazie alle risorse che derivano dalle riduzioni negli anni 2017 e 2019 della componente tariffaria A3. Anche per quanto riguarda poi l'entrata in vigore del libero mercato a partire dal 2019, da quando acquisiremo il regime di maggior tutela, sono stati messi una serie di paletti a tutela del consumatore che riguardano proprio la possibilità attraverso il sistema informativo integrato disponibile presso l'acquirente unico di avere il più possibile informazioni rispetto alle offerte che vengono proposte dei venditori di energia elettrica.

Ma torniamo alla proposta di legge Baldelli di oggi. Purtroppo il fenomeno delle maxi-bollette negli ultimi anni è giunto anche alle cronache perché gli utenti si sono trovati spesso a dovere pagare conguagli sostanziosi per consumi di energia elettrica, luce e gas e in molti casi i conguagli derivavano anche da conteggi di consumi solamente stimati e non effettivi. Oggi la proposta di legge Baldelli che è stata modificata in sede referente - ci sono state alcune proposte emendative - e forse anche domani in sede di approvazione della proposta di legge potrebbero esserci altri miglioramenti, incide su un fatto di certezza giuridica non è solo un fatto di tutela del consumatore, ma avere imposto un periodo di prescrizione di due anni come ci aveva anche sollecitato l'Antitrust nell'audizione del presidente Pitruzzella, da una parte, costituisce un provvedimento a favore del consumatore utente ma dall'altra costituisce un elemento di certezza del diritto perché due anni di prescrizione per poter sapere qual è il conguaglio della propria bolletta elettrica è un periodo di tempo più che sufficiente.

Infatti diceva il presidente Pitruzzella in audizione: è diventata una priorità assoluta risolvere il problema delle maxi-bollette, ovvero quei conguagli calcolati spesso sulla base di consumi stimati e non effettivi, che arrivano in fattura al consumatore. Parliamo di bollette anche di svariate migliaia di euro, oltre che per i privati cittadini, per le piccole e medie imprese, che si sono ritrovate in serie difficoltà a causa di maxi-conguagli non sostenibili. E tutto ciò è avvenuto anche spesso con delle violazioni del codice del consumo: noi nella proposta di legge a prima firma Baldelli chiediamo anche la sospensione del pagamento del conguagli, qualora ci sia un'istruttoria in corso presso l'Autorità.

Ma un altro fattore a tutela dell'utente, e anche della certezza del diritto, è quello di stabilire che presso il Sistema informativo integrato le informazioni a disposizioni non siano solo a disposizione delle imprese, ma siano a disposizione dei cittadini, che così, anche in sede di contraddittorio, hanno un'arma in più per poter dimostrare, per poter verificare l'effettività dei propri consumi.

Io penso che in questa legislatura molto si sia fatto a tutela del consumatore e dell'utente nei settori regolati, e l'approvazione di questa proposta di legge possa costituire un ulteriore e fondamentale passo perché anche nel nostro Paese finalmente i diritti del consumatore assumano una maggiore rilevanza e dignità (Applausi del deputato Baldelli).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Davide Crippa. Ne ha facoltà.

DAVIDE CRIPPA. Presidente, il MoVimento 5 Stelle ha deciso di non portare alcuna proposta in affiancamento a quella del collega Baldelli, perché di fatto il contenuto era perfettamente meritorio di essere sostenuto, e il lavoro che si è scelto di fare in Commissione è stato quello di emendare il testo nelle sue parti. Noi siamo convinti che, a differenza di quanto detto poc'anzi, sui consumatori non si è fatto nulla in questa legislatura, e che tanti tagli annunciati sui costi delle bollette in realtà si sono rivelati fasulli: tant'è che l'Autorità per l'energia elettrica il gas ed il sistema idrico mandò una relazione poco più di un mese fa, segnalando come la riforma delle tariffe e la questione degli energivori andassero a creare un aumento per quelle fasce deboli di persone, che quindi hanno consumi ridotti, di circa 30-35 euro l'anno. Per cui quando la collega che mi ha preceduto parlava di riduzione delle bollette di almeno il 50 per cento, forse dovremmo evitare di lanciare numeri che non corrispondono al vero, e cercare invece di calare in maniera un po' più corretta il tema della proposta che stavamo andando ad analizzare.

La proposta prevede il tema dei maxi-conguagli. È un tema che attanaglia il consumatore da sempre, e lo vede sempre in un principio di debolezza rispetto alla grande società di vendita e distribuzione di energia. In realtà, il processo è molto più complesso, perché di fatto spesso anche il venditore si trova in mezzo senza avere gli strumenti adeguati per poter avere e dare una fatturazione corretta al consumatore: questo perché la lettura delle misure è affidata, ad esempio nel caso dell'elettrico, alla società di distribuzione, e quindi dipende da lei per il periodo di fatturazione corrispondente al vero. Si è cercato in passato di incentivare le autoletture, ma queste ovviamente, se non hanno un risvolto economico positivo per quanto attiene al consumatore, difficilmente prenderanno piede.

In questa proposta finalmente siamo riusciti ad inserire un meccanismo di stimolo, per far sì che l'Autorità stabilisca un meccanismo di premialità: se l'Autorità fino a ieri consegnava l'autolettura, anche con un esborso economico dalle bollette dei cittadini, in mano al distributore, domani se te la fai tu in maniera costante, probabilmente non dico che possiamo girare l'intera somma, ma probabilmente possiamo spostare almeno il 60-70-80 per cento di quel costo direttamente al consumatore.

Così alla fine magari anche la signora Maria scende volentieri le scale e va nel sottoscala a vedere cosa legge il suo contatore: perché se non c'è un meccanismo che rende premiante questo sistema, difficilmente il consumatore si muove.

Le maxi-bollette: noi abbiamo già provato ad emendare in diversi aspetti questo tema, e lo ripresenteremo anche in Aula. È un tema abbastanza importante anche quello dei furbetti del quartierino: ormai ci sono società di vendita che, in alcuni casi, vanno a chiedere importi non legittimi al consumatore, perché il periodo di prescrizione prima si limitava a cinque anni, quindi c'erano dei soggetti venditori che mandavano un maxi-conguaglio di una decina d'anni. Abbiamo cercato di rendere quantomeno sconsigliato, da un punto di vista di sanzione economica, questo tentativo di recuperare somme fuori dal periodo di prescrizione, ed è stato bocciato in Commissione, ma lo ripresenteremo in Aula con la speranza di poter argomentare meglio un tema che di fatto oggi vede in alcuni casi la società di vendita mandare un conguaglio per 6-7-8 anni, e poi se il consumatore è attento, allora mediante o l'associazione di consumatori, oppure mediante la propria capacità, cerca di opporsi ai 3 anni oltre la prescrizione; in altri casi invece troviamo che spesso il consumatore, spaventato da possibili ingiunzioni di pagamento, decide di pagare anche quelle somme che ormai sarebbero in realtà prescritte.

Alcuni dei nostri emendamenti sono stati accettati. Soprattutto quello che prevede un meccanismo anche di responsabilità, che in qualche modo debba essere meglio definito (e per questo anche qui presenteremo un emendamento in Aula), sul ruolo del distributore: nel senso che è evidente che il venditore oggi potrebbe trovarsi in una posizione molto scomoda, quella, da un lato, di avere un soggetto come distributore che gli manda le letture fuori da un certo periodo di tempo e non è sanzionato da parte dell'Autorità; dall'altro, ci ritroviamo un consumatore che ha finalmente dei diritti, e per il quale però ad un certo punto alcune somme le dovrebbe comunque sborsare il venditore stesso. Il venditore si trova in questo modo in mezzo ad una catena, e non avendo regolamentato bene le responsabilità in carico al primo anello della catena, che è il distributore, credo che potremmo commettere un errore, rischiando di trasferire tutto questo sistema, e la farraginosità di questo sistema, in mano al venditore.

Dobbiamo fare anche un excursus sulla questione contatori, perché, di fatto, noi abbiamo combattuto una battaglia in passato sulla non necessità di includere la sostituzione dei contatori elettronici come onere a carico dei singoli consumatori, e tutti ci hanno risposto che i contatori 2.0 erano eccezionali; poi oggi scopriamo che di fatto l'energia elettrica già quanto meno legge a distanza il contatore, e andiamo in un mercato del gas, o peggio ancora dell'acqua, dove non c'è nemmeno la modalità della lettura a distanza da parte della società che eroga il servizio. Forse il consumatore poteva essere quantomeno magari un po' più contento di partecipare alle spese per le installazioni di contatori intelligenti sul lato gas e acqua, piuttosto che andare a rinnovare il parco contatori di quello elettrico, che di fatto gli svolge lo stesso servizio che svolgeva prima; se non che qualcuno si è accorto che forse l'obsolescenza di quei contatori era andata ormai a scadenza, e quindi bisognava sostituirli perché altrimenti non avrebbero più funzionato. Ma questo è un altro discorso, che probabilmente interessava direttamente le società di distribuzione che avevano installato quei contatori, e di cui dovevano ovviamente rispondere anche da un punto di vista di incapacità della lettura.

Siamo certi che, con l'emendamento rispetto al Sistema informativo integrato, che abbiamo approvato in Commissione, secondo noi con tempi un po' troppo lunghi, quindi dal 2020, il consumatore potrebbe diventare parte attiva nella modalità di accesso al Sistema informativo.

È stato già detto in passato: il Sistema informativo doveva essere un meccanismo che rendeva un po' più semplice la gestione tra venditore e distributore delle letture. In tutto questo mancava il ruolo del consumatore, che, in realtà, è il proprietario di quei dati. Fortunatamente, con un emendamento a nostra firma è stato inserito quello che veniva chiesto anche dall'acquirente unico, cioè di far partecipare in questo modo il consumatore al sistema del SI, in modo tale che anche lui si possa interfacciare, possa proporre l'autolettura e accedere con un codice univoco a una propria posizione. Cercheremo di anticipare questa data perché, a nostro avviso, sembra un po' troppo spostata in là, nel 2020, sembra un po' un tentativo di dilazionare nei tempi qualcosa che nessuno ha voglia di realizzare.

Un altro aspetto che, secondo noi, manca, ed è una grave mancanza, è stato che durante una riformulazione di un nostro emendamento, che prevedeva di estendere anche al concetto delle microimprese, si sono tenuti fuori i professionisti. Vista un po' la battaglia che tutti i gruppi politici hanno fatto la scorsa settimana, difendendo le professioni e l'equo compenso con una carrellata al teatro Brancaccio di tutte le forze politiche, mi aspetto che in Aula questo emendamento venga approvato all'unanimità, perché, di fatto, non è codificato uno studio professionale, o associato, o quello che sia, all'interno di una micro impresa, così come definita oggi nel testo della legge. E non includere, tra la platea dei soggetti, uno studio di ingegneri, di architetti e di avvocati mi sembra quantomeno riduttivo, ancor più derivante dal fatto che non c'è una necessità di copertura dietro questo tipo di provvedimento, per cui non si comprende ad oggi quale sia la ratio del Governo nel non voler comprendere, all'interno di questa proposta, delle categorie professionali. Ma anche in questo caso, abbiamo presentato un emendamento che cercheremo di ribadire durante la discussione per far sì che, magari, si riesca a trovare una quadra anche su questo tema.

Questo sicuramente è un passo avanti, siamo abbastanza consapevoli che è una proposta, che può essere votata in maniera trasversale e bisognerà vedere che iter seguirà al Senato. È evidente che il nostro supporto lo avrà in tutte le sue parti e cercheremo, anche qui, di inserire, laddove ci è possibile, questi concetti per vedere di renderli immediatamente applicabili e codificati, perché, di fatto, oggi ci rendiamo conto che il tema delle maxi bollette e dei maxi conguagli, e soprattutto della debolezza del consumatore di fronte a questi meccanismi, per cui quando hai un problema forse fai prima a pagare piuttosto che a cercare di capire perché ti chiedono i soldi, è un meccanismo che oggi lascia il consumatore un po' in braghe di tela. E quindi crediamo che un piccolo passo in questa direzione sia quantomeno opportuno e, pertanto, sosterremo sin da ora questa proposta, cercando però di migliorare negli aspetti che ho precedentemente elencato.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Simone Baldelli. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Grazie, Presidente. Sono molto soddisfatto del fatto che siamo oggi qui, in Aula, in discussione generale di questa proposta di legge, e non soltanto perché ne sono il primo firmatario, ma perché questa è una battaglia, che, da qualche tempo, si fa in quest'Aula. Me ne sono in qualche misura reso promotore dal 2015 in una mozione, che, come ricordava il relatore Becattini, è stata sottoscritta da diversi gruppi, votata all'unanimità con il parere favorevole del Governo proprio su questo tema e a seguito della quale è stato aperto un tavolo, si è dato vita a un protocollo presso il Consiglio nazionale degli utenti e consumatori, ma, ahimè, non abbiamo avuto grandi risultati ed è il motivo per cui siamo oggi qui, a dover affrontare la questione con una norma e con tutti i problemi che le norme comportano.

Nella mozione, che questo ramo del Parlamento ha approvato nel 2015, si chiedeva una moratoria per quegli utenti che si trovassero in condizioni di dover pagare questi maxi conguagli, queste maxi bollette e della moratoria non v'è stata traccia in tutto questo tempo. Si chiedeva di affrontare il problema con iniziative normative e anche di questo non c'è stato traccia.

È vero, è stata introdotta una norma, nell'ultimo disegno di legge sulla concorrenza, che prevede e disciplina le rateizzazioni, ma basta avere un'utenza casalinga per sapere che le rateizzazioni sono un dato di fatto che già era preesistente alla norma e che sono nell'interesse delle società stesse, che pretendono questi pagamenti, oltre che, forse, dell'utente che intende pagare questi maxi conguagli. Ma, ecco, sostanzialmente il problema è rimasto ed è il motivo per cui, oggi, tutti quanti noi siamo qui a intervenire in questo provvedimento.

Aggiungo, a onor del vero, nel disegno di legge sulla concorrenza io presentai un emendamento, che a grandi linee riprende il contenuto del testo di questa proposta di legge, che fu sottoscritto diversi gruppi a partire dal MoVimento 5 Stelle, dai colleghi di SEL, dalla collega Ricciatti e da molti altri gruppi, da tutto il centrodestra, e che fu respinto dalla maggioranza, sostanzialmente dal PD, che poi era parte importante di questa maggioranza, ma allo stesso tempo do atto al PD di aver mantenuto un impegno politico, che, in quella sede, il PD si prese, cioè quello di respingere l'emendamento ma impegnandosi a dare un percorso rapido a questa proposta di legge in un iter normale, un iter di Commissione; che poi, magari, se avesse avuto i requisiti, e io credo che ce li avrebbe avuti, ma, in forza dei tempi che ci siamo dati e che avevamo di fronte, poi si è scelta anche la strada dell'Aula, per la solennità del momento di confronto e di dibattito che l'Aula prevede e che è giusto dare a una norma come questa. Ecco, do atto al Partito Democratico di aver mantenuto questo impegno perché a luglio è stato incardinato il provvedimento ed è stato nominato un relatore del Partito Democratico. C'è stata oggettivamente una convergenza di tutte le forze politiche, lo ricordava prima il collega Crippa, il MoVimento 5 Stelle stesso ha deciso di non presentare un testo, il Partito Democratico ha fatto altrettanto, il centrodestra tutto ha fatto altrettanto, la Lega, i colleghi di Fratelli d'Italia, MDP, Sinistra Italiana, tutti quelli che hanno voluto sottoscrivere, nell'arcipelago di gruppi che questo ramo del Parlamento è anche difficile riuscire ad osservare e a tener bene a mente, vista la mobilità, i cambi di nome, eccetera, ma, ecco, tutto l'arco parlamentare, almeno il nostro, ha voluto dare il proprio contributo su questa proposta. E l'iter è stato oggettivamente un iter che ha prodotto dei risultati anche di approfondimento utili, perché è oggettivo che è stato così.

Le audizioni ci hanno indotto a una riflessione sulla quantità e sulla diffusione del fenomeno: io avevo spesso chiesto al Governo se avesse dati in relazione a ciò, non ci sono mai stati dati, ma poi, quando hanno sfilato davanti ai microfoni della X Commissione, attività produttive, le associazioni di rappresentanti degli erogatori dei servizi, dei venditori di luce, gas e acqua, lì è stato chiaro quello che poi ha ricordato il relatore in sede di relazione, cioè abbiamo 500 milioni di bollette all'anno. E allora, chi viene a dirci, tra costoro, che il fenomeno è marginale perché i conguagli sopra i 1.000 euro riguardano meno dell'1 per cento delle nostre fatturazioni, ebbene, le vostre fatturazioni sono, solo nel gas, 148 milioni: meno dell'1 per cento, a voler essere proprio di manica larga diciamo che sono 500 mila, 700 mila l'anno, e vi pare poco?

E se a questo ci aggiungiamo altri 200 e rotti milioni dell'energia, altri 60 milioni dell'acqua, eccetera, eccetera, la mia stima prudenziale, cioè molto abbattuta per difetto, è che, ogni anno, abbiamo 2 milioni di consumatori (micro-imprese, secondo il codice del consumo; utenti casalinghi, professionisti, eccetera), almeno 2 milioni di consumatori che ogni anno vengono colpiti da questo flagello - a volte perfino casuale o, se non con dolo, almeno con colpa grave, in qualche caso anche con dolo o con circostanze surreali - di questi maxi conguagli.

Due milioni di persone l'anno vuol dire che dall'inizio legislatura ad oggi noi abbiamo avuto 10 milioni di italiani che sono stati colpiti da questo problema personalmente. Almeno una volta, se non più volte! Io ho visto sondaggi dove il 30 per cento degli intervistati considera questa una priorità, e più di uno su dieci dice di aver avuto questo problema più volte.

Ce n'è di che preoccuparsi, alla faccia del tavolo di confronto al Ministero. Peraltro, ricordo che l'Autorità garante della concorrenza e del mercato - altro elemento assai positivo nell'ambito del quadro delle audizioni che sono state fatte, come ricordava la collega Bargero -, il professor Pitruzzella, ci ha dato un contributo concreto, anche tecnico importante alla redazione del testo così come arriva oggi in Aula. L'Autorità nel 2016 multa per 16 milioni di euro le società di distribuzione dell'energia elettrica - nel caso specifico - per comportamenti contrari al codice del consumo, che, mi piace così ricordarlo en passant, fu varato su delega sotto il Governo Berlusconi nel 2005; quello stesso codice del consumo su cui oggi noi appoggiamo questa nuova norma, con degli articoli, con delle strutturazioni diverse che ci permettono di poter sostanziare un diritto non introducendo nuove pratiche aggressive, perché come correttamente ci ha ricordato anche il professor Pitruzzella, esse sono codificate nella normativa europea e nel codice del consumo, ma andando a incidere sui termini di prescrizione.

Non mi metto a rifare l'elenco dei contenuti dei due articoli, seppur brevi, comunque già fatto dal relatore, che aggiungerebbe semplicemente noia al nostro dibattito, ma il punto fermo qual è? Far valere il diritto dei cittadini di non ricevere maxi-bollette pazze, maxi-conguagli pazzi, cose estemporanee che riguardano tempi che giustamente debbono essere prescritti, perché nessuno di noi potrebbe pensare di pagare il conto di un ristoratore che ci citofonasse a casa venendoci a dire: tre o quattro anni fa sei venuto a cena al mio ristorante, volevo dirti che mi sono sbagliato a farti il conto, non ti ho messo il dolce, quindi mi devi dare 15-20 euro. Lo faremmo accomodare gentilmente o meno gentilmente all'uscio e lo liquideremmo forse a male parole.

Invece, i consumatori devono subire, pena il distacco della luce, del gas, dell'acqua, tutto questo. È ora che tutto questo finisca. Abbiamo ascoltato tutti quelli che potevamo ascoltare, tranne qualcuno che forse non ha avuto neanche la faccia di venire a presentarsi, forse perché aveva qualche cosa da farsi perdonare, perché in tutto questo ci sono autorità che si sono mosse e hanno difeso i consumatori e altre autorità che questo lavoro lo hanno fatto meno o non l'hanno fatto. A buon intenditor, poche parole. Altri che avrebbero dovuto venirci a dare delle delucidazioni tecniche ci hanno mandato una relazione: anche su questo, a differenza di questa strana legislatura dove tutti i leader sono rimasti fuori dal Parlamento, in cui tutti se la sono presa in qualche modo col Parlamento, spero che dalla prossima la musica cambi, ma in questa legislatura anche le autorità o quelli che vengono chiamati in audizione dalle Commissioni parlamentari dovrebbero avere il buonsenso di presentarsi e di riferire in relazione a quello che viene loro domandato, non di snobbare il Parlamento e mandare quattro paginette, perché non è questo il modo di relazionarsi con l'istituzione parlamentare. Chiudo con un ringraziamento, perché oggi si concluderà la discussione generale di qui a qualche minuto e credo che affronteremo la proposta di legge nella giornata di domani, nel seguito, e quindi valuteremo e voteremo gli emendamenti che verranno messi in discussione.

Voglio concludere con un ringraziamento per la sensibilità a tutte le forze politiche che hanno lavorato costruttivamente, in primis al relatore, che con grande buonsenso e con spirito costruttivo ha voluto mettersi al tavolo cercando di ascoltare tutti, dai protagonisti del settore alle forze politiche e alle diverse esigenze; e poi alle altre forze politiche che hanno voluto contribuire positivamente: MoVimento 5 Stelle, MDP, Sinistra Italiana - il PD è incluso nel ringraziamento al relatore -, ma anche per la partecipazione del centrodestra. Cioè, c'è stata una coralità che comprende gli ex colleghi della galassia montiana, Scelta Civica e tutto l'arcipelago che intorno a questo ambiente si è costituito in termini di gruppi o componenti. C'è stata una partecipazione corale e unanime, il che dimostra che volendo, magari non con tempi celerissimi, ahimè, le cose per bene si possono fare, cercando il più possibile di mettersi intorno a un tavolo, ragionandoci, cercando di affrontare problemi che comunque ci sono - nessun testo uscirà perfetto da questo ramo del Parlamento - e cominciandosi a domandare, magari da domani sera, cosa farne per fare in modo che questa non diventi una pagina autoreferenziale in cui ci facciamo complimenti e ringraziamenti tra di noi, ma poi non si dà seguito e corpo all'emanazione di una norma, ma soltanto all'approvazione in uno dei due rami delle Camere per poi finire nel cosiddetto binario morto.

Quindi, il ringraziamento a tutti coloro che hanno voluto contribuire costruttivamente alla redazione di questa proposta il cui ultimo passaggio sarà domani proprio in quest'Aula, e l'auspicio che questa proposta, comunque esca domani da quest'Aula, non rimanga lettera morta, perché ci sono milioni di consumatori che questa proposta l'aspettano. Magari non per il presente, perché non abbiamo facoltà di disciplinare il presente o la moratoria, se non per alcuni aspetti che sono già stati sottolineati, ma almeno mettere un freno affinché queste cattive prassi non ricadano sui cittadini, sui consumatori, per il futuro. Infatti, ne sono profondamente convinto: se oggi viviamo un distacco così siderale tra i cittadini e la politica, è anche perché la percezione del cittadino medio è quella di una politica distante dalla quotidianità della vita del cittadino. Con questa cosa noi riusciamo ad alleggerire per un attimo l'incubo che qualunque cittadino italiano ha di aprire la propria cassetta della posta e trovarci dentro una fregatura, che sia una lettera dell'Agenzia delle entrate, di Equitalia, una multa, una maxi-bolletta, un adempimento burocratico o comunque una rogna. Se riusciamo a fare di questa proposta di legge una legge dello Stato, noi contribuiamo a migliorare la situazione della vita quotidiana di ciascun cittadino e forse ad aggiungere un piccolo tassello a quel bisogno di fiducia che dovrebbe avvicinare istituzioni e cittadini, certamente non tanto per colpa dei cittadini quanto spesso per colpa delle istituzioni. Quindi, muoviamo verso i cittadini le istituzioni stesse.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 3792-A)

PRESIDENTE. Prende atto che il relatore, Becattini, e la rappresentante del Governo rinunziano alle repliche. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della relazione della Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo sui rapporti tra criminalità organizzata e contraffazione (Doc. XXII-bis, n. 13) (ore 14).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della relazione sui rapporti tra criminalità organizzata e contraffazione, approvata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo (Doc. XXII-bis, n. 13).

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).

Avverto, inoltre, che le eventuali risoluzioni devono essere presentate entro il termine della discussione.

(Discussione – Doc. XXII-bis, n. 13)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione.

Ha facoltà di intervenire la relatrice, deputata Cenni.

SUSANNA CENNI, Relatrice. Presidente, colleghi deputati, la relazione che stiamo discutendo, approvata in Commissione all'unanimità, ha caratteristiche un po' diverse dalle altre che sono giunte in quest'Aula. Infatti, non analizziamo oggi alcuni comparti produttivi, non esaminiamo distretti o le dinamiche che il fenomeno della contraffazione ha generato, ma consegniamo all'attenzione della Camera dei deputati e di tutti coloro che osservano, studiano, combattono la contraffazione una lettura trasversale ed una evidenza, sulla quale - ci auguriamo - si possa accrescere consapevolezza, attenzione, azione di contrasto. La relazione analizza, infatti, il rapporto esistente fra questo fenomeno - quello della contraffazione - la sua filiera e la criminalità organizzata.

In questi anni di attività della Commissione d'inchiesta abbiamo prodotto un quadro di informazioni piuttosto chiaro circa le tendenze in atto, le previsioni confezionate da istituti ed esperti. Alcune di queste tendenze oramai sono evidenti, in particolare: la sua crescita esponenziale; un quadro normativo internazionale non omogeneo; una grande capacità dell'impresa contraffazione - la definisco, forse impropriamente, così - di riorganizzarsi con straordinaria flessibilità, a seconda anche dell'innovazione delle norme e delle attività di contrasto; e, ancora, un intreccio diffuso con lavoro nero, inquinamento ambientale. Tutti questi aspetti rappresentano un humus straordinario, in cui l'intreccio fra la contraffazione e le varie forme di criminalità organizzata si è alimentato, come emerso da importanti indagini svolte nel nostro Paese e in contesti internazionali.

Abbiamo svolto molte audizioni, ascoltato testimonianze di autorevoli esponenti delle forze dell'ordine più impegnate nell'attività di contrasto, abbiamo audito figure istituzionali, osservatori internazionali, locali, nazionali - voglio ricordare la Fondazione Caponnetto, l'Osservatorio Placido Rizzotto, il Rapporto sulle agro-mafie - e tutti questi soggetti ci hanno informato circa episodi di intreccio con camorra, 'ndrangheta, Cosa Nostra e anche, purtroppo, con dinamiche di finanziamento di forme di terrorismo internazionale. Singoli episodi e riferimenti erano già emersi dalle precedenti relazioni della Commissione ed è anche per queste ragioni che il presidente, che ringrazio, e l'ufficio di presidenza della Commissione hanno valutato di intraprendere questo approfondimento.

Come vi dicevo, sono stati molti i soggetti che abbiamo ascoltato e non mi soffermo, perché troverete poi nel testo della relazione, con dovizia di dettaglio, molte informazioni; voglio, però, ricordare che uno dei metodi che sempre la Commissione si è data nell'esame del fenomeno è stato la volontà di provare ad analizzare e comprendere tutta la filiera della contraffazione. Fare questo, soprattutto ascoltando procure, addetti ai lavori, ci ha consentito di comprendere che esiste una capillare organizzazione nei vari livelli, dalla produzione al controllo degli arrivi nei porti - penso al nord Europa, ma penso anche a Gioia Tauro, Napoli - ai controlli dei mercati rionali o alla imposizione di prodotti contraffatti ai commercianti, fino a giungere alla rete e alla circolazione della contraffazione online, come abbiamo già avuto modo di discutere con la relazione del collega Baruffi.

Troverete moltissimo materiale nella relazione. Si tratta dei materiali frutto delle indagini di Guardia di finanza, Carabinieri, che ancora una volta qui voglio ringraziare per lo straordinario lavoro che stanno facendo; molte informazioni le abbiamo ottenute durante la missione che abbiamo svolto a Napoli, nel maggio di quest'anno; le audizioni delle procure, la relazione della Direzione nazionale antimafia, lo stesso Ministro Orlando.

Più volte abbiamo ripetuto in quest'Aula i numeri che indicano la dimensione del fenomeno, ne riprendo però alcuni che ci aiutano a comprendere perché la criminalità organizzata sceglie di investire nella contraffazione. Secondo OCSE e EUIPO, l'Ufficio per la proprietà intellettuale dell'Unione europea, il 2,5 per cento degli scambi mondiali è costituito da beni contraffatti, per un valore corrispondente a 338 miliardi di euro, una cifra che più o meno si avvicina al PIL dell'Austria. Le importazioni di merci contraffatte in Europa riguardano il 5 per cento del totale delle importazioni, per un valore pari a 85 miliardi di Euro, l'Italia dopo gli Stati Uniti è il Paese più interessato al fenomeno.

Solo questi dati, presi senza il contesto che li accompagna, ci rappresentano una delle ragioni per cui c'è questa connessione così forte: le merci contraffatte provengono per lo più dalla Cina, Hong Kong e poi altri Paesi asiatici, ma non soltanto; importanti porti, come il Pireo, che oggi è controllato da società cinesi, diventano una delle porte di accesso per i prodotti contraffatti in Europa.

Nella relazione troverete tabelle e statistiche che consentiranno ai colleghi di approfondire, di farsi la propria idea sulla movimentazione delle merci, sulla dimensione affaristica di questo fenomeno. Sappiamo che oramai quasi tutta la sfera delle produzioni commerciali è interessata dalla contraffazione e che le stime globali ci parlano di una tendenza all'aumento della gamma delle produzioni contraffatte: non c'è quasi più niente che non si può manipolare.

Abbiamo dedicato, in questa relazione, un po' di spazio anche agli effetti dannosi della contraffazione, che vanno oltre quelli, già noti, all'economia, alle imprese che lavorano correttamente. Mi riferisco ai danni sulla salute - i prodotti contraffatti spesso utilizzano materiali di scarsa qualità, coloranti e altri materiali nocivi -, al lavoro - numerosissime le casistiche di sfruttamento e condizioni di assoluta mancanza di sicurezza e salute -, all'ambiente, come emerso da gravi fenomeni di inquinamento ambientale, spesso legati allo smaltimento illegale di rifiuti, allo smaltimento e spesso al rogo di scarti di lavorazione. Poi, c'è il tema del danno allo Stato, non solo per il vasto fenomeno di evasione fiscale, ma anche per il contributo al degrado di intere aree urbane e un incremento dei profitti delle organizzazioni criminali, cui si connettono spesso il riciclaggio e il reimpiego di proventi illeciti.

Sempre approfondendo sulle ragioni di questo investimento della criminalità organizzata nell'affare contraffazione, va ricordato che tutte le indagini svolte ci confermano una crescita delle reti strutturate del commercio internazionale, una crescente difficoltà nello svolgimento di controlli nelle sedi doganali, un quadro di norme penali in sede internazionale non sufficientemente coordinato e non sempre considerato una priorità rispetto ad altre emergenze criminali. Guardia di finanza, Carabinieri, Europol, la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo ci hanno confermato che è possibile affermare che nell'ultimo decennio si è assistito ad un aumento dell'interesse della criminalità organizzata nazionale e straniera nel traffico di prodotti contraffatti, che il fenomeno della contraffazione ha assunto nel tempo le sembianze e le peculiarità di un'impresa altamente organizzata, con un mercato di riferimento internazionale e con una rete produttiva e distributiva transnazionale, ed ancora che le organizzazioni criminali applicano alla contraffazione collaudate tecniche adoperate negli altri settori delle attività criminali e hanno realizzato una rete di vendita organizzata secondo un vero e proprio modello di marketing aziendale, volto a garantire la diffusione e il successo del commercio illegale, parallelo e sommerso, con una grande capacità di dispersione geografica nelle fasi della filiera. Queste sono le parole della Direzioni antimafia.

Ed ancora, come opera questa attività: spesso con la sovrapproduzione all'interno delle stesse aziende in cui si producono gli originali o in altri laboratori, utilizzando gli stessi lavoratori, o assemblando componenti contraffatte, diversificando la fase di lavorazione fra diversi Paesi, al fine di trasportare merci, pezzi di merci, prive di riscontri formali di illegalità, oppure infilandosi nel contoterzismo.

Le merci contraffatte provenienti dall'area europea arrivano via terra, quelle di provenienza asiatica attraverso porti e aeroporti, ma c'è una grande capacità di cambiare gli itinerari gestiti a seconda dell'intensità dei controlli esercitati.

Anche i canali di distribuzione sono diversificati: negozi al dettaglio, vendita ambulante, i mercati o le fiere campionarie, il circuito del commercio elettronico; e, ancora, la DNA evidenzia come in aree sotto il controllo di compagini mafiose sia stata imposta la vendita di merce contraffatta ad esercizi commerciali regolari al posto del pizzo.

Come ha confermato il Ministro Orlando durante la sua audizione, la scelta di alcune associazioni criminali di tipo mafioso, soprattutto appartenenti ad alcune storiche famiglie criminali di camorra, di investire nel settore della contraffazione costituisce un dato accertato, accertato in numerosi processi celebrati in Italia e anche in contesti internazionali ed è sostanzialmente dovuta al basso rischio penale a cui vanno incontro gli associati; quindi, alti introiti e bassi rischi.

Così incontriamo importanti famiglie camorristiche, mafiose, cosche, la criminalità cinese, ma troviamo purtroppo anche riscontri pesanti sul finanziamento al terrorismo internazionale: l'operazione “Tuareg”, nel 2006, Guardia di finanza, Milano; Rapporto Europol 2015 e dossier redatti nel 2016 unitamente a Interpol, Europol e forze di polizia francesi, che parlano di un filo molto chiaro che tiene assieme l'attività illecita, svolta da ambienti dell'estremismo islamico in traffici di scarpe contraffatte, e il finanziamento agli attentati del 2015 a Parigi.

Allora, prima di giungere alle considerazioni conclusive, che la Commissione ha ritenuto di consegnare a Parlamento e Governo alla luce del lavoro svolto e illustrato, consentitemi di fermarmi un attimo su quei dati, prodotti dall'indagine del Censis di alcuni anni fa, quei dati che fotografavano un consumatore italiano, soprattutto se giovane, indifferente al fenomeno della contraffazione. Quel consumatore, consapevole di acquistare una griffe falsa: che sia griffe, anche se è falsa! Ecco io spero che questo lavoro, oltre a farci riflettere tutti sulle azioni utili da compiere per migliorare l'attività di contrasto, possa contribuire a fare capire meglio cosa c'è dietro una cintura, una borsa, una maglietta o un orologio, perché c'è tutto questo che abbiamo cercato di raccontare nella relazione. C'è sfruttamento, c'è inquinamento, c'è illegalità, c'è violenza e, purtroppo, c'è anche terrorismo, come abbiamo potuto vedere.

La relazione si conclude con alcune valutazioni e indicazioni di lavoro. Io non ve le leggo e le richiamo soltanto per sommi capi. La penetrazione c'è della criminalità organizzata in queste attività ed è forte. Questo significa che serve un forte impegno comune per contrastarla. Alti profili, bassi rischi: questa è la ragione prima per cui c'è questa penetrazione. È possibile che questa grande organizzazione porti a un'ulteriore crescita del fenomeno di contraffazione.

Vi sono effetti negativi trasversali, come abbiamo cercato di raccontare, sulla salute, sull'ambiente e sul lavoro. Occorre un salto di qualità nelle politiche di contrasto a livello europeo transnazionale. Non basta la sola azione del nostro Paese. Occorre un più forte coordinamento interministeriale. Occorre un linguaggio comune delle forze di polizia e delle magistrature di tutta Europa. Occorre una più forte politica europea nelle aree doganali, perché più di una volta noi ci siamo confrontati con una sorta di dicotomia, tra le politiche del sostegno alla crescita dei traffici commerciali e le politiche necessarie dei controlli doganali. E occorre sicuramente un'ulteriore specializzazione delle forze già attive, che già ci consentono buoni risultati nell'azione di contrasto.

Queste le considerazioni che consegniamo oggi al Parlamento. Ringrazio ancora una volta gli uffici per il contributo che hanno dato alla Commissione nello svolgimento del lavoro di questi mesi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Baruffi. Ne ha facoltà.

DAVIDE BARUFFI. Presidente, onorevoli colleghi, come accennava la collega, questa sarà ragionevolmente l'ultima relazione approvata dalla Commissione d'inchiesta ad arrivare in Aula, pur essendovene altre in corso o concluse di una certa rilevanza. Penso a quella sulla contraffazione internazionale, di cui è relatore il collega Senaldi, piuttosto che a quella sul farmaco, che stiamo concludendo, di cui si è occupato il collega Russo.

Però, sottolineo anch'io quest'aspetto, credo che sia un'opportunità importante questa di una discussione generale alla Camera e la possibilità di accogliere alla fine la risoluzione conclusiva, perché ci consente, non tanto e solo di affrontare un tema trasversale - altre sono appunto di carattere più settoriale come indagini condotte in corso -, ma perché mette in evidenza questo legame, che tiene insieme contraffazione e criminalità organizzata, io spero contribuendo a rendere - se non a tutta l'opinione pubblica, quantomeno al legislatore - un po' più chiara la fallace percezione che c'è sul tema della sicurezza e la minaccia, che invece la contraffazione rappresenta per la tenuta sociale e di sicurezza di questo nostro Paese.

Ricordiamo quelli che sono gli impatti negativi - ne accennava prima anche la relatrice - che la contraffazione ha sul nostro tessuto economico e sociale; certamente l'alterazione di una sana concorrenza di mercato regolato, dentro le regole; colpisce il fatturato delle aziende sane, la loro competitività e la loro capacità di investire risorse per investimenti e in innovazione, di generare lavoro buono, lavoro regolare, lavoro correlato a diritti. Al contrario, invece, la contraffazione porta sempre con sé il lavoro irregolare, porta sempre con sé lavoro nero, lavoro senza diritti, lavoro insicuro, lavoro insalubre, fino talvolta ad arrivare - lo abbiamo appreso anche dalle audizioni che abbiamo svolto - a vere e proprie forme di caporalato.

Ecco, laddove c'è caporalato, non di rado troviamo anche il fenomeno della contraffazione, di ricatto della manodopera più fragile, a partire naturalmente da quella straniera, che ricerca costantemente il rinnovo del permesso di soggiorno.

Vi è una minaccia all'ambiente. Vi sono anche in questo caso indagini, procedimenti e sentenze, che accertano come, laddove si discute di rifiuti, rifiuti gestiti e smaltiti in modo regolare, spesso si ha a che fare anche con scarti di produzione della contraffazione, per arrivare naturalmente anche agli elementi di spia più significativi. Lo abbiamo accertato, anche nel corso delle nostre audizione e dei nostri sopralluoghi con la Terra dei fuochi.

Vi è poi evasione fiscale, evasione contributiva e, non da ultimo, sempre rispetto al tema della percezione di sicurezza, si dimentica, però, di citare nelle cause degrado sociale e degrado urbano, perché laddove c'è illegalità diffusa, come quella che ho primo descritto, si genera anche poi un'insicurezza di prossimità.

Stiamo però al tema. Perché la contraffazione va crescendo e come si lega alla criminalità organizzata? È presto detto, la relazione lo evidenzia. La globalizzazione ha portato con sé in questi anni a un'integrazione sempre più forte dei mercati, sia dal punto di vista della produzione che da quello della commercializzazione, volumi crescenti di scambi, crescenti opportunità, naturalmente anche crescenti contraddizioni economiche e sociali, che qui non rileva esaminare, non fosse che tra questi c'è senz'altro quello degli spazi di opportunità che si sono aperti anche per l'attività illecita.

Era immaginabile d'altronde che, a fronte di queste grandi opportunità di ricchezza, la criminalità organizzata vecchia e nuova rimanesse inerme? Assolutamente no ed è per questa ragione e per questa strada che una piaga, da sempre presente anche nel nostro Paese naturalmente, quella della contraffazione, appunto, è uscita da una dimensione, per così dire, domestica, di prossimità, quasi artigianale, ed è diventata nel tempo un enorme business, che può essere organizzato su scala globale, mettendo in relazione domanda e offerta, organizzando su scala mondiale produzione e commercializzazione. Di questo stiamo parlando.

In questo processo, come dicevo, la criminalità organizzata ha trovato enormi possibilità. La possibilità di attività complementari a quelle più tradizionali, a cui la relatrice faceva anche riferimento, e ad alta redditività e, quindi, una modalità per finanziare i clan. La possibilità di sfruttare le reti internazionali e territoriali, già presenti per le altre attività criminali (penso al mercato naturalmente della droga, delle armi eccetera). La possibilità di riciclare i proventi di queste altre attività, facendosi anche imprenditore qualche volta. La criminalità organizzata si fa anche imprenditrice. Abbiamo analizzato, nella casistica che ci è stata sottoposta, come non esista un modello per organizzare questo tipo di attività. E le diverse mafie hanno trovato anche una loro specializzazione e un loro modo di operare e di organizzare questi illeciti. Però, tra questi, c'è anche l'autorganizzazione, dal punto di vista della produzione, con investimenti di un certo rilievo, che possono essere fatti riciclando, appunto, anche denaro e mettendo in gioco quindi un potenziale di fuoco anche sul nostro territorio di notevole intensità, oltreché reti transnazionali con altri tipi di mafia e altri tipi di criminalità organizzata.

Certo vi è anche la possibilità di rafforzare il controllo territoriale. Anche su questo si potrebbe aprire una parentesi molto lunga. Non ho qui il tempo per farlo, non c'è tempo, però le procure e le forze dell'ordine con la loro attività ci hanno segnalato come il controllo territoriale è causa e effetto anche del radicamento di questa nuova veste di attività criminale, come quella della contraffazione, perché le mafie non accettano concorrenti sul territorio, prima di tutto, nella gestione monopolistica della forza e dell'obbligazione politica, perché il lavoro è merce di scambio nell'obbligazione politica e, quindi, anche l'elemento con cui in un qualche modo costruisci il tuo consenso, perché talvolta, come dicevo, invece puoi organizzare attraverso altre attività illecite manodopera, in modo totalmente illegale e, quindi, il caporalato, lo sfruttamento dell'immigrazione, quella clandestina ma anche quella regolare naturalmente, o la possibilità di sostituire al vecchio pizzo nuove forme di scambio, attraverso i prodotti contraffatti eccetera.

La rete ha enfatizzato tutte queste opportunità.

Il commercio elettronico è stato senz'altro un volano straordinario di crescita dei volumi di scambi commerciali, quindi un grande fattore di ricchezza e di sviluppo anche per il nostro territorio, ma è al tempo stesso un elemento che enfatizza i dati di rischio e la possibilità di penetrazione. Molto spesso attraverso anche piccoli quantitativi, piccoli ordinativi che arrivano però su scala globale: quindi, una sorta di alta velocità, per usare questa metafora, che però ferma in tutte le piccole stazioni, riesce in qualche modo a servire qualsiasi tipo di domanda, qualsiasi tipo di passeggero. Quindi, è un'infrastruttura potentissima e da questo punto di vista assolutamente insidiosa. Abbiamo registrato - lo ricordava la relatrice - anche una certa vulnerabilità nell'accesso al mercato comune per tante ragioni, certo, perché la criminalità sfrutta reti e organizzazioni assolutamente consolidate, perché c'è una percezione differenziata tra Paesi anche sul rischio e la minaccia che la contraffazione rappresenta, perché c'è un dato reale di differente danno economico che viene prodotto ai diversi sistemi economici. Il nostro Paese che vive di prodotti dell'ingegno, vive anche di design, di brevetti, di specializzazione in questo senso e di qualità rappresenta naturalmente un bacino privilegiato per la penetrazione di tali prodotti e siamo il secondo Paese dopo gli Stati Uniti per violazione. Il dato che più salta all'occhio è come anche in questo caso, anche in questo ambito alla frammentazione istituzionale del diritto faccia da contraltare la forza globale della Rete: vale per il commercio in generale e vale anche per la frode in commercio. Mancano, cioè, strumenti adeguati e integrati di contrasto e di sanzione e varrebbe la pena anche su questo spendere una parola - non c'è il tempo di approfondire - ma quando discutiamo dell'Europa che serve, dell'Europa che vorremmo, ecco in questa Europa c'è la possibilità, la necessità e la capacità anche di affrontare questo tipo di sfide. In ciò naturalmente sosteniamo pienamente l'iniziativa del Governo, del Ministro Orlando e naturalmente del Governo nel suo insieme, per affermare uno spazio comune di diritto e strumenti di contrasto adeguati. Negli incontri che abbiamo svolto a Bruxelles con le diverse direzioni abbiamo trovato strutture assolutamente adeguate dal punto di vista della percezione del problema, spesso con poche competenze e poche prerogative e, quindi, anche con poco organico per potersi rapportare a questo tipo di fenomeno. Ci sono sollecitazioni e proposte che sono emerse - si trovano nelle conclusioni della Relazione - e ne abbiamo presentate alcune anche noi come Partito Democratico e, in particolare, una proposta di legge che prova in qualche modo a riorganizzare la risposta del nostro Paese, più che dal verso del diritto penale, dal verso dell'organizzazione dello Stato. Riteniamo che un problema vada sempre preso dalla testa e la necessità di avere forze dell'ordine da un lato più specializzate e dall'altro lato più integrate e banche dati davvero disponibili in modo orizzontale per tutte queste forze chiama in causa un'organizzazione diversa: ad esempio, la possibilità che la cabina di regia sia posta in capo alla Presidenza del Consiglio dei ministri piuttosto che al Ministero dello Sviluppo economico. Crediamo che in questo senso abbiamo prodotto tante analisi, tanto materiale, tante indagini ma, nella legislatura in corso, non si è fatto un passo deciso in questa direzione. Spero che il lavoro che approntiamo anche oggi possa essere in qualche modo raccolto da chi verrà dopo nelle Aule del Parlamento. Non credo, come dicevo, che tutto passi attraverso un inasprimento delle norme penali: il panpenalismo non aiuta generalmente ad affrontare i problemi. Con il Ministro della Giustizia abbiamo condiviso la necessità di lavorare sull'efficacia delle norme laddove, in particolare quelle amministrative, possano rivelarsi più tempestive di quelle penali. Nella Relazione, che abbiamo ricordato prima con la relatrice, abbiamo lavorato soprattutto sulla contraffazione nella Rete. Tuttavia nella Relazione ci sono alcune sollecitazioni puntuali su norme già approvate o norme che potrebbero essere approvate dal Parlamento e che potrebbero andare nella direzione giusta, ripeto, anche di muovere la percezione generale dei cittadini, oltre che degli operatori istituzionali. Il problema di percezione generale - ho cominciato da qui e vorrei finire su questo - è che contraffazione e mafie si tengono per mano come abbiamo provato a illustrare nella Relazione. Chi non ha a cuore il problema della contraffazione spero almeno abbia a cuore quello delle mafie e della criminalità organizzata: credo che questo possa parlare a una percezione generale un po' più diffusa.

Dire che si vogliono contrastare le mafie significa essere coerenti e conseguenti sul piano dell'iniziativa istituzionale, legislativa e amministrativa; significa riconoscere che, attraverso i proventi della contraffazione, si alimenta un sistema di malavita organizzata giacché l'esperienza ci ha insegnato che proprio sul fronte finanziario e sul fronte del patrimonio più efficacemente possono essere colpite le organizzazioni e anche l'interesse che esse hanno in determinati ambiti. Ritengo che lavorare su tale fronte sia lavorare sul fronte della sicurezza dei cittadini. So bene che la percezione è diversa - su questo ha chiuso anche l'onorevole Cenni – tuttavia riuscire a trasmettere tale messaggio significa orientare in modo corretto il problema e le possibili soluzioni anche nel rapporto con il consumatore. Il messaggio che noi dobbiamo inviare a tutti i consumatori, in particolare alle generazioni più giovani, è il seguente: ci sono beni comuni, che sono violati esattamente dalla contraffazione e che prima ho provato sinteticamente ma puntualmente a richiamare, che possono essere nella sensibilità comune e che, invece, spesso non vengono associati a tale fenomeno.

Abbiamo trovato anche elementi di spia per quanto riguarda il terrorismo internazionale: certo da questo punto di vista la produzione è più scarna rispetto a quella della malavita organizzata, tuttavia il compito del legislatore e il compito del Governo, di chi governa la cosa pubblica è sempre di saper leggere in anticipo i fenomeni che si aprono per poter dare un contrasto efficace. Non vorrei che ci trovassimo tra qualche anno, come facciamo oggi rispetto al tema contraffazione e mafie, a dirci che stava cambiando il mondo ma non ce ne siamo resi conto. Non abbiamo elementi per poter dire che quella sarà una nuova autostrada, però ci sono - ce lo hanno riportato le istituzioni internazionali e nazionali - elementi di spia che già sono emersi in procedimenti passati in giudicato che meritano di essere colti con attenzione. Anche questo è un ulteriore contributo non ad enfatizzare o a drammatizzare il problema, ma a riportarlo nella sua giusta percezione. Ritengo che se l'Aula di Montecitorio concluderà la sua attività nella legislatura in corso sul fronte del contrasto alla contraffazione approvando la Relazione sul tema, avrà dato un contributo importante di merito anche per rideterminare le priorità dal punto di vista del contrasto all'illegalità che nel nostro Paese sono presenti ma che trovano negli operatori e nel lavoro quotidiano delle procure e delle forze dell'ordine terminali attenti e intelligenti che ci hanno fornito informazioni utili per avere un Parlamento che non voglia essere inerte ma voglia governare i processi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Annunzio di una risoluzione - Doc. XXII-bis, n. 13)

PRESIDENTE. Avverto che è stata presentata la risoluzione Cenni, Catania ed altri n. 6-00369, che è in distribuzione (Vedi l'allegato A).

(Intervento e parere del Governo - Doc. XXII-bis, n. 13)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato per l'Interno, Domenico Manzione.

DOMENICO MANZIONE, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Intervengo solo per trenta secondi per ringraziare la Commissione della Relazione, per la serietà del lavoro che è stato svolto e anche per il dibattito, Presidente. Il Governo ovviamente si impegna a tenere in debita considerazione tutti i suggerimenti che sono condensati nella parte finale della Relazione. Vorrei ringraziare anche per il chiarimento sull'unico punto che destava qualche perplessità, vale a dire quello previsto alla lettera j), dove si fa riferimento ad un maggiore coordinamento con riferimento ad un eventuale particolare ruolo della Presidenza del Consiglio. Mi sembra che sia stato chiarito abbondantemente che si tratta di un ruolo che andrebbe a sostituire la cabina di regia e che vedrebbe l'attribuzione alla Presidenza del Consiglio della cabina di regia, ora presso il MiSE, e l'effetto sarebbe quello del coordinamento delle forze di Polizia dal momento che, in realtà, per le forze di Polizia un'autorità di pubblica sicurezza nazionale esiste già, il Ministro dell'Interno. Quindi, ringrazio anche per il chiarimento.

PRESIDENTE. Ha facoltà di esprimere anche il parere sulla risoluzione.

DOMENICO MANZIONE, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Il Governo esprime parere favorevole.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della mozione Nesci ed altri n. 1-01701 concernente iniziative volte a contrastare il fenomeno della corruzione in ambito sanitario (ore 14,30).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Nesci ed altri n. 1-01701 concernente iniziative volte a contrastare il fenomeno della corruzione in ambito sanitario (Vedi l'allegato A).

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione della mozione è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).

Avverto che è stata presentata la mozione Lenzi ed altri n. 1-01763 che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalla mozione all'ordine del giorno, verrà svolta congiuntamente (Vedi l'allegato A). Il relativo testo è in distribuzione.

Avverto, inoltre, che è stata presentata una nuova formulazione della mozione Nesci ed altri n. 1-01701 (Vedi l'allegato A) e il relativo testo è in distribuzione.

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.

È iscritto a parlare il collega Massimo Enrico Baroni, che illustrerà anche la mozione Nesci ed altri n. 1-01701 (Nuova formulazione), di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

MASSIMO ENRICO BARONI. Presidente, circa sei mesi fa, a fine giugno 2017, il procuratore generale della Corte dei conti, nel giudizio sul Rendiconto generale dello Stato per il 2016, nella sua requisitoria orale ha avuto modo di evidenziare che “il sistema dei controlli” si struttura in una nutrita serie di “sottosistemi”, a connessione estremamente debole fra di loro, tanto da correre il rischio di essere un “non sistema”. Difatti, proprio per la sua complessità e le sue incongruenze, tale sistema nel complesso non solo risulta scarsamente comprensibile anche agli addetti ai lavori, ma soprattutto è scarsamente efficace per assicurare legalità ed efficienza, e per contrastare quei comportamenti illeciti i cui effetti negativi sulle risorse pubbliche sono spesso devastanti. È necessario un ripensamento globale e senza pregiudizi di tutti i meccanismi di controllo per semplificare il quadro normativo eliminando interferenze e parziali sovrapposizioni, ed innescare quindi, tra i rinnovati meccanismi, nuove e più proficue sinergie, anche con la previsione di strumenti di raccordo e con una particolare attenzione ad escludere le pur frequenti situazioni di conflitti di interesse, soprattutto a livello locale. In questo modo sarebbe più facile raggiungere un duplice obiettivo: dare una spinta all'efficienza della spesa con positivi effetti anche sul mercato, e contribuire ad aumentare concretamente il livello del contrasto a fenomeni di illecito e di corruzione. Meccanismi di spesa efficienti, trasparenti e tempestivi, oggetto di un monitoraggio continuo svolto anche con finalità diverse, impediscono quindi la creazione di queste “zone grigie”, in cui più facilmente si possono insinuare e trovare terreno fertile conflitti di interesse e illeciti di rilievo anche penale. I rilevanti effetti distorsivi delle irregolarità e degli illeciti penali, proprio nei settori in cui più alto è il livello della spesa, come quelli della sanità, della realizzazione di opere pubbliche e della prestazione di servizi, richiedono un approccio più sostanziale che, superando talune impostazioni dottrinarie astrattamente fondate, ma assolutamente inadeguate in concreto, affronti il fenomeno della corruzione in una logica sistematica, che tenga in adeguata considerazione la diffusività del fenomeno e l'insufficienza delle misure finora apprestate dal nostro ordinamento.

Questa è la fotografia della Corte dei conti, questa è la fotografia del lavoro che anche questo Governo si appresta a terminare dopo questa legislatura, questa è la restituzione di un organo di controllo.

Questa mozione si chiama “mozione concernente iniziative volte a contrastare il fenomeno della corruzione in ambito sanitario”, fondamentale e strategica; riteniamo, già nella concomitante approvazione di questa legge di bilancio 2018, che il Governo possa e debba intervenire.

Non è sfuggito che, nella legge di bilancio 2018, avete tentato anche di scimmiottare la nostra idea di sistema operativo di controllo nelle acquisizioni dei beni e servizi in sanità; quello che avete inserito, però, risulta assolutamente aleatorio, insufficiente nel metodo e nel merito. Pertanto, come già fatto nelle precedenti manovre finanziarie, anche in questa ultima legge di bilancio noi presenteremo emendamenti che alzeranno il grado etico di civiltà di questo Governo; voi, perché siete voi, ascoltate le soluzioni proposte dagli stessi che hanno tratto giovamento da un sistema sanitario che funziona poco e male, accondiscendendo e senza distinguersi per aver cercato di correggerlo a rischio della propria poltrona. Non risultano, tra i vostri consulenti e tra i vostri premi Nobel mancati e professori universitari che collaborano nella stesura dei provvedimenti in ambito sanitario, proprio queste persone, i “Laroma”, quelli che hanno messo la loro stessa carriera, la loro stessa posizione per cercare di correggere tutte queste storture.

Il testo della mozione in esame è denominato “misure di contrasto in sanità”; in realtà, questa mozione per noi è molto di più: questa è una vera e propria spending review, che nell'accezione propria del termine dovrebbe significare revisione della spesa pubblica per ridurre gli sprechi e le diseconomie a vantaggio del bilancio e a vantaggio, così si auspica, dei nostri cittadini italiani. Questo significa che è stato tradito da tutti i Governi che si sono succeduti dal 2011, l'anno della grande crisi, e dai diktat della BCE. La revisione della spesa, infatti, è stata utilizzata e abusata per camuffare un'altra realtà, un'altra finalizzazione: il taglio lineare, indistinto e indiscriminato alla spesa pubblica; questo taglio lineare è insistito in maniera insopportabile, se non addirittura feroce, proprio nella sanità italiana.

A luglio 2017, nella relazione sulla gestione finanziaria delle regioni, proprio la Corte dei conti, nel pezzo che vi ho letto, ha messo nero su bianco che, nel periodo 2015-2018 (sono gli anni del Governo Renzi e Gentiloni), per gli obiettivi di finanza pubblica il finanziamento del Sistema sanitario nazionale ha visto una riduzione cumulativa di 10 miliardi e mezzo. Siete riusciti a ridurre di 10 miliardi e mezzo il finanziamento al nostro Sistema sanitario nazionale! Questo lo dice la Corte dei conti, non lo dice il MoVimento 5 Stelle.

Queste riduzioni si aggiungono agli oltre 20 miliardi del quinquennio precedente, 2011-2015: quindi, basta con questo storytelling del centrosinistra e del centrodestra, lo sapete tutti e lo sanno i cittadini che cosa sta succedendo. Questo progressivo definanziamento della sanità pubblica ha significato un taglio inaccettabile a risorse umane del Sistema sanitario nazionale, blocco del turnover, precariato e orari di lavoro insostenibili, in contrasto con le direttive dell'Europa; ha significato una rinuncia alle cure da parte dei cittadini, soprattutto i più fragili, ed una privatizzazione de facto della sanità italiana, costringendo i cittadini a rivolgersi al privato.

La sostenibilità economica del Servizio sanitario nazionale non può e non deve significare una compressione del diritto alla salute, quello che state facendo voi; non può passare attraverso la riduzione di risorse economiche e umane, e non può essere l'éscamotage di una privatizzazione continua e sotto traccia. La sostenibilità economica dev'essere garantita attraverso un coordinato smantellamento non del Sistema sanitario nazionale, ma delle diseconomie, degli sprechi, delle sacche di opacità e corruzione, che non possono essere risolte solo con gli accordi, i protocolli, le dichiarazioni di intenti o di sistemi sovrapposti, ma richiedono piuttosto un sistema coordinato di misure che rappresentano una strategia univoca nella lotta alla corruzione e agli sprechi in sanità.

Diffusamente si è detto che lo stato di salute di una popolazione è la cartina al tornasole del nostro livello di civiltà come Paese, e il MoVimento 5 Stelle ritiene che uno Stato che non combatte e non previene la corruzione e lo spreco misura il proprio livello di inciviltà: questo livello di inciviltà è particolarmente odioso quando si parla di salute dei cittadini.

Il nostro sistema sanitario pubblico dev'essere tutelato dai corrotti e dai corruttori, e dev'essere salvaguardato dall'infiltrazione della malavita, non solo per difendere il servizio pubblico, ma anche e soprattutto per tutelare il diritto fondamentale alla salute dell'articolo 32 della nostra Costituzione.

L'OCSE nel 2017 ha pubblicato il reportTackling Wasteful Spending on Health, che affronta il tema della corruzione in sanità facendo una panoramica sui Paesi OCSE, tra cui l'Italia. Apre tale report affermando: “Una parte significativa della spesa sanitaria è, nella migliore delle ipotesi, spreco, o peggio danneggia la nostra salute”.

Questa mozione si propone di non danneggiare ulteriormente la salute dei cittadini. L'ammontare delle potenziali inefficienze nell'acquisto di beni e servizi del Sistema sanitario nazionale non è quanto avevamo detto l'anno scorso, perché sono stati aggiornati i dati: adesso è di 13 miliardi di euro; questa cifra corrisponde all'incirca a quanto i Governi Renzi e Gentiloni (ma è una coincidenza da questo punto di vista) hanno sottratto in maniera indiscriminata alla sanità pubblica.

Ebbene, noi chiediamo un impegno affinché il Governo adotti misure coordinate per recuperare i miliardi sottratti indebitamente alla salute dei cittadini.

Qualcuno obietterà: il Governo e il Parlamento sono in scadenza. Sì, è vero, ma è anche vero che questa mozione si colloca nella congiuntura favorevole in cui, in concomitanza, abbiamo la via dell'esame della legge di bilancio in questo ramo del Parlamento, quindi potete fare e dovete fare.

Si può chiudere questa legislatura con un sussulto di civiltà.

Buona parte degli impegni della nostra mozione richiedono interventi chirurgici su alcune disposizioni vigenti, è sufficiente inserire nella legge di bilancio che il comma “x” della legge “y” è modificato nella maniera che segue. Questa è un'abilità che certamente non vi è mancata in questi anni, ma cercate di farla fruttare per i cittadini italiani che non stanno bene. Ricordo, Presidente, che la legge Severino fu fatta proprio dagli scampoli della precedente legislatura e i decreti attuativi sono stati fatti addirittura a Camere sciolte, quindi sono cose che potete fare se vi mettete a lavorare.

Allora, andiamo a vedere esattamente e con urgenza cosa si può fare. Chiediamo di affrontare in maniera sistemica il problema della corruzione in sanità attraverso queste misure coordinate, che siano risolutive delle problematiche che abbiamo diffusamente esposto nelle premesse e come sono desunte nelle relazioni o nei report dei diversi organismi sulla corruzione, nazionali e internazionali, tutti del 2016. Bisogna leggerli e bisogna aggiornarsi, l'ANAC compresa.

Chiediamo di rescindere ogni legame esistente - e questo è il nostro Sunshine Act italiano che stiamo proponendo su Rousseau, ed è una legge semplicissima, già adottata in Francia e già in vigore dal 2010 negli Stati Uniti - tra aziende produttrici e prodotti di servizi alla salute ed i professionisti che vi operano, introducendo divieti e sanzioni, volti a rimuovere ogni legame promozionale, diretto o indiretto, sia all'interno delle strutture sanitarie pubbliche o private accreditate, sia durante gli eventi formativi, o quantomeno pubblicare l'erogazione di denari in conflitto di interessi.

È necessario introdurre l'obbligo, quindi, di dichiarazione pubblica, con conseguenze in caso di falso, con multe importanti nei confronti delle multinazionali farmaceutiche e delle società di dispositivi medici che contemporaneamente finanziano tutti questi influencer nella capacità di spesa della sanità italiana, affinché proprio siano rese conoscibili le relazioni e gli interessi che possono coinvolgere questi professionisti, oltre che le attività decisionali ed esecutive in relazione a prodotti e a servizi commercializzabili nell'ambito della salute, inclusi i prodotti assicurativi, prodotti e attività formative. Non ci stupisce che la stessa presidente dell'ordine degli infermieri del collegio dell'IPASVI, nel 2013, aveva quote all'interno della Promesa, quote di una società che faceva intermediazioni di assicurazioni sanitarie, proprio negli anni in cui è uscito l'obbligo dell'assicurazione sanitaria per tutti gli infermieri italiani: così è come operano a contrasto della corruzione, andando a colpire i conflitti di interesse. Questo è il lavoro della maggioranza.

Ma andiamo a vedere velocemente che cosa non è stato fatto in questi cinque anni, che si può fare a costo zero con un codicillo. Noi troviamo che l'ANAC, con atto di segnalazione al Governo e al Parlamento del 14 dicembre 2016, meno di un anno fa, ha segnalato che le disposizioni sulla trasparenza delle nomine dirigenziali, come introdotte e modificate dalla cosiddetta delega Madia del 2016, non si applicano alla dirigenza sanitaria, direttore generale, direttore sanitario, direttore amministrativo, nonché per gli incarichi di responsabile dipartimento e di strutture semplici e complesse. Tali obblighi di pubblicazione riguardano, tra gli altri, i dati e i compensi relativi ad altri incarichi, oltre che a dati reddituali. L'ANAC ha espresso, altresì, la necessità che gli obblighi di pubblicazione della dirigenza sanitaria, già previsti per la dirigenza pubblica, dovrebbero includere anche le prestazioni professionali svolte in regime intramurario, e immaginiamo che per un direttore sanitario ci sia praticamente una curva iperbolica nella possibilità e nel rapporto compensi-monetizzazione di queste prestazioni, dato che voi tutelate i conflitti d'interesse; diciamo che questo refuso nei decreti delegati della Severino, che non si applicano ai dirigenti della sanità, forse, finalmente riuscirete a introdurlo. Tutti i direttori generali, sanitari e amministrativi, magari dovranno conformarsi ad uno dei pochissimi decreti sulla trasparenza e sulla prevenzione della corruzione, che però viene applicato agli altri della pubblica amministrazione.

Per noi è inaccettabile che i dirigenti del Servizio sanitario nazionale, a legislazione vigente, godano di una clamorosa esenzione dalle regole della trasparenza, funzionali, queste, ve lo ricordiamo, a prevenire la corruzione, perché riuscire a colpire i conflitti d'interesse significa riuscire a drenare il brodo di coltura della corruzione, perché a sua volta, se riuscite a drenare il brodo di coltura della corruzione, riuscite a drenare il brodo di coltura della malavita organizzata, che si forma proprio in maniera fistosa all'interno di contesti fortemente corruttibili.

Devo tornare un attimo indietro, Presidente, come lei immagina noi abbiamo chiesto sedici impegni, sono chiarissimi, sono facili, sono prêt-à-porter, dovreste ringraziarci, se volessi fare ironia dovremmo dire che dovreste fare un finanziamento al MoVimento 5 Stelle...

PRESIDENTE. Si rivolga alla Presidenza.

MASSIMO ENRICO BARONI. ...se dovessimo fare ironia, Presidente, per suo tramite, dovremmo dire al Governo che dovrebbe fare un finanziamento al MoVimento 5 Stelle, ma vi ricordiamo che proprio per evitare questi conflitti di interessi noi abbiamo evitato di ricevere finanziamenti pubblici. E questo è un modo di lavorare in cui si va alle radici dei conflitti di interessi, non vi troverete mai in una condizione di dover ringraziare un vostro stakeholder, se riuscirete a fare come noi.

Sono costretto ad andare avanti per quanto riguarda soprattutto la sperimentazione clinica dei farmaci, di cui si è discusso nel DDL Lorenzin, che adesso è all'attenzione del Senato, e ovviamente non avete portato l'asticella un livello adeguato. Andiamo a vedere cosa si dice rispetto proprio a tutta la questione della sperimentazione clinica dei farmaci. Ma, prima di parlare della sperimentazione dei clinica dei farmaci, devo terminare con la questione dell'appropriatezza prescrittiva. L'obbligo di dichiarazione pubblica, con conseguenze in caso di falso, che voi non volete mettere, affinché siano rese conoscibili tutte le relazioni e questi interessi, è collegato con l'appropriatezza prescrittiva. È una misura di spending review, in cui voi avete di fatto penalizzato i medici e i cittadini. I primi vengono deprivati da ogni scelta in scienza e coscienza sulla cura e sulla terapia, e sono costretti a pagare ticket per prestazioni che ora sono garantite solo a pagamento poiché dal regime di ricovero li avete trasferiti al regime ambulatoriale e questo prevede il pagamento del ticket per la maggior parte dei cittadini italiani. Questa è stata un'operazione che avete fatto voi per entrare nelle tasche dei cittadini e definanziare il sistema sanitario nazionale e regionale. Si è voluto ignorare che l'abuso dell'appropriatezza prescrittiva è correlato molto più spesso proprio a queste diverse forme di sponsorizzazione, dirette e indirette, che le industrie dei presidi sanitari elargiscono a vantaggio dei professionisti e degli enti della sanità.

Particolarmente esposto al rischio della corruzione - non è un caso - è proprio il settore della formazione dei professionisti, soprattutto da quando, con l'introduzione degli ECM del sistema obbligatorio di formazione continua in medicina, si è costruito un complesso sistema in cui i diversi attori della formazione sanitaria sono considerati soggetti appetibili da parte delle industrie farmaceutiche e dei dispositivi sanitari, al fine di incrementare la produzione e l'acquisto. Quello che dicevamo prima, il Sunshine Act: mettete l'obbligatorietà della pubblicazione di tutti questi finanziamenti agli operatori sanitari italiani, che lavorano nel momento in cui sono pagati con soldi pubblici, perché se sono contemporaneamente pagati con altri soldi privati, gli italiani lo vogliono sapere. È necessario intervenire sulle sponsorizzazioni, garantendo la trasparenza, la concorrenzialità e la rotazione.

Noi proponiamo anche la costituzione dei fondi indistinti, destinati alla formazione dei professionisti della salute e all'attività di ricerca, proprio per evitare le sponsorizzazioni ad hoc per ogni singolo professionista. Quindi quello diventerebbe un fondo che garantirebbe imparzialità nell'erogazione di questi denari.

Chiediamo un diverso monitoraggio nel settore degli acquisti in ambito sanitario, perché si conosca esattamente quante e quali siano le acquisizioni effettuate con le procedure centralizzate d'acquisto, e quanti e quali siano invece gli affidamenti diretti sul totale degli acquisti.

Questo dato non è possibile ricavarlo. Non siamo in grado di ricavare, in sanità, in che percentuale vengono fatti affidamenti diretti sul totale degli acquisti. Vi sembra mai possibile? È perché non si vuole farlo. Inoltre, il numero di proroghe e rinnovo sul totale degli affidamenti e delle procedure in deroga dettate in situazioni ovviamente di urgenza e presunte infungibilità di beni e servizi. È necessario rendere tracciabile e pubblica l'intera filiera di un bene o servizio in sanità; questo tracciamento riguarderebbe l'intero e-procurement e deve essere uniforme, pubblico e tracciabile. Quindi, l'e-procurement deve seguire alla definizione del fabbisogno della programmazione dei beni da acquistare e dei servizi da appaltare fino alla logistica delle giacenze di magazzino e dell'effettiva somministrazione e consumo del servizio o bene acquistato. È assurdo che nell'era dell'informatizzazione di tutti i processi non sia ancora stato concepito un unico sistema operativo di controllo esterno ed informatizzato che, in modo uniforme sul territorio nazionale, consenta ai cittadini di rilevare in tempo reale e attraverso un interfaccia accessibile a chiunque l'esistenza di anomalie negli acquisti, l'intera filiera di un centro di costo o di un capitolo di bilancio, i titoli che hanno consentito qualsiasi pagamento o incasso, lo stato patrimoniale, i beni di inventario, le rimanenze di magazzino, nonché la movimentazione delle scorte, la completa tracciabilità di ogni prodotto sanitario o farmaceutico, la contabilità separata dell'attività di intramoenia e le fasi dell'esecuzione dei contratti, inclusi i contratti di convenzionamento e accreditamento con le strutture private.

Meno di due anni fa, dal Policlinico Umberto I di Roma sparivano dei chemioterapici di altissimo valore economico - sparivano completamente! -, e se ne è dovuta occupare la procura con grave ritardo. Secondo voi come mai? Perché non esiste nemmeno la tracciabilità, dal punto di vista informatico, di questo tipo di dotazione. In questi anni di Agenda digitale, mancata e inattuata, dal “decreto Balduzzi”, del 2012, voi siete andati lisci, scivolando su questa lastra di ghiaccio fino a fine legislatura, e il cosiddetto fascicolo sanitario elettronico nazionale non ha mai visto luce. Noi non sappiamo per quale ragione, se avete litigato tra di voi, se i portatori di interesse vi hanno fatto litigare al vostro interno, se hanno litigato loro, se era un appalto da 1 miliardo di euro e quindi non siete riusciti a darlo perché sarebbe stato centralizzato eccessivamente, o se comunque avete avuto imperdonabile - imperdonabile! - inerzia sul fascicolo sanitario elettronico, che stanno tutti aspettando proprio per una vera spendingreview. Comunque, questo balletto di rinvii ha messo in luce quello che già sappiamo, ovvero l'incomunicabilità dei sistemi informativi tra diverse regioni, o addirittura tra programmi che sono a disposizione del medico di medicina generale o di altri enti sanitari della stessa regione, in cui non c'è comunicabilità. Ma al di là delle singole responsabilità regionali, più o meno virtuose, la responsabilità vostra è stato un silenzio assoluto, “l'annuncite” di quattro anni e mezzo e il fatto che il sistema informativo sanitario è qualche cosa che funziona a macchia di leopardo. E quando un sistema informativo centralizzato funziona a macchia di leopardo, è il fallimento del sistema informativo centralizzato.

Si sono stratificati dei sistemi operativi e informativi incapaci di comunicare tra loro, incapaci di dare alcuna evidenza del costo-beneficio di ciascun prodotto o servizio della salute e incapace di rilevare qualsiasi spreco, diseconomia oltre che qualsiasi effettivo beneficio in termini di salute. Noi chiediamo l'ovvio: un sistema operativo uniforme su tutto il territorio nazionale che sia in grado di comunicare sulla base di indici di rilevazione automatizzati, l'esistenza di anomalie negli acquisti tali da rappresentare un allarme di spreco, inefficienze o corruzione. Stiamo parlando di software.

Il sistema operativo contabile integrato con il sistema degli acquisti dei contratti dovrebbe prevedere un meccanismo tale che il mancato aggiornamento dello stesso non consenta alcuna operazione successiva o cumulativa, e comporti una penalizzazione economica nonché una responsabilità disciplinare in capo ai soggetti responsabili del mancato aggiornamento. Grazie al MoVimento 5 Stelle, nel frattempo abbiamo introdotto il whistleblowing

PRESIDENTE. Concluda.

MASSIMO ENRICO BARONI. Quanto tempo mi rimane, Presidente?

PRESIDENTE. È finito.

MASSIMO ENRICO BARONI. E questa, per quanto ci riguarda, è una grande conquista di civiltà, che noi abbiamo immaginato anche più incisiva, in modo da introdurre premi e incentivi per chi avesse avuto voglia, in questi cinque anni, di denunciare dei grandi sprechi e delle grandi sacche di corruzione. Chiediamo al Governo di leggere con attenzione la nostra mozione sulla prevenzione e sugli sprechi in sanità.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Bazoli, che illustrerà anche la mozione Lenzi ed altri n. 1-01763, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

ALFREDO BAZOLI. Presidente, anche il Partito Democratico ha presentato e depositato una mozione sul tema del rischio di corruzione in ambito sanitario. Lo abbiamo fatto perché anche noi teniamo molto al nostro Sistema sanitario nazionale, che, nonostante criticità e difficoltà, è ancora oggi uno dei campi di eccellenza del welfare italiano, e perché siamo perfettamente consapevoli che, quando si parla di sanità, si parla di un settore nel quale il rischio di corruzione è estremamente elevato. Questo riguarda, per la verità, non solo il nostro Paese, ma tutto il mondo nel quale il Sistema sanitario è sviluppato come da noi. Questo dipende ovviamente da alcune caratteristiche che riguardano il sistema di welfare sanitario: le dimensioni della spesa pubblica del sistema sanitario; il rilievo che hanno le informazioni e le asimmetrie informative in ambito sanitario; l'entità dei rapporti tra pubblica amministrazione e privati, che ovviamente espone più di altre cose a rischio di corruzione; l'alta specializzazione dei prodotti e delle prestazioni, quindi la necessità di complessi sistemi di regolamentazioni, di regolazione, dentro i quali si annidano spesso anche quelle opacità e quell'area grigia che sono il terreno di coltura dei sistemi corruttivi. E in tutto questo, ovviamente, questo favorisce l'emergere di comportamenti opportunistici, che non sempre sono di facile individuazione, ma che sono caratterizzati tutti da una forma di abuso di posizioni di potere per scopi privati, che spesso possono sfociare anche in fenomeni corruttivi pesanti.

Tanto ciò è vero, tanto ciò è rappresentativo di una realtà generalizzata che, enti indipendenti che si occupano di questi temi, in particolare la rete europea contro le frodi e la corruzione nel settore sanitario, che è una organizzazione no-profit che ha come finalità e mission proprio quella di combattere le frodi, le corruzioni e gli sprechi in sanità, hanno stimato e misurato che in Europa circa il 6 per cento del budget che è destinato alla sanità è assorbito dalla corruzione. Cioè, a livello europeo, a livello sistemico europeo, il 6 per cento delle risorse sono assorbite da fenomeni di natura corruttiva, il che ci dice quanto sia diffuso questo fenomeno, quanto sia pervasivo, quanto questo settore sia soggetto a rischi di questo genere, che sono rischi che noi ovviamente dobbiamo combattere e contrastare nel modo più efficace possibile perché mettono a repentaglio, minano e mettono in discussione l'efficacia della risposta del welfare sanitario, cioè del Sistema sanitario, dell'organizzazione che è destinata alla tutela del diritto fondamentale alla salute, che è appunto garantito e tutelato all'articolo 32 della Costituzione.

Tutto questo, quindi, impone alla politica di intervenire perché questi fenomeni mettono a repentaglio l'efficienza del sistema, sottraggono risorse in un'epoca in cui le risorse pubbliche sono più scarse del passato, perché questo non bisogna mai dimenticarselo: noi lavoriamo e agiamo in un periodo di crisi economica, da cui oggi stiamo faticosamente uscendo, ma che ha certamente comportato una contrazione delle risorse pubbliche generali a disposizione anche per il Servizio sanitario, e quindi l'assorbimento di una parte di queste risorse da parte di fenomeni corruttivi, ovviamente, comporta una inefficienza del sistema e comporta una mancanza di risorse da destinare alle prestazioni sanitarie e a garantire il diritto alla salute. Quindi, tutto questo rischia di compromettere un sistema del quale, invece, noi siamo orgogliosi, perché, lo ripeto, nonostante criticità e difficoltà dovute anche alla contrazione delle risorse pubbliche che sono figlie della crisi, nonostante tutto questo, tutti gli organismi internazionali che si occupano del monitoraggio dei servizi sanitari a livello europeo e mondiale certificano che il Servizio sanitario nazionale rappresenta ancora oggi un'eccellenza a livello mondiale.

E tanto ciò è vero che misurazioni e valutazioni, i criteri uniformi con i quali si misura anche la qualità di questi servizi, come, per esempio, l'aspettativa di vita dei neonati alla nascita nei diversi Paesi che sono sottoposti a questo monitoraggio, ci dicono che l'Italia ancora oggi è al quarto posto su 44 Paesi monitorati a livello mondiale, tra i migliori per quanto riguarda lo sviluppo democratico e dei servizi di welfare e al quarto posto per aspettativa di vita dei bambini che nascono; il che significa che noi abbiamo un sistema che garantisce una qualità di servizio ancora ad altissimo livello, nonostante criticità e difficoltà, tra cui anche quella che si riferisce al fenomeno corruttivo in generale, che, ovviamente, noi sappiamo colpisce in particolare anche il nostro Paese. Come bisogna agire e cosa dobbiamo fare? Qui bisogna essere molto chiari: noi, da questo punto di vista, non siamo all'anno zero, non siamo all'anno zero.

Bisogna agire sul piano della prevenzione, perché noi sappiamo che i fenomeni corruttivi si combattono anzitutto attraverso un efficace sistema di prevenzione, e bisogna agire sul piano della repressione; cioè, laddove la prevenzione non ha funzionato, attraverso una repressione adeguata che funzioni sia per punire le illegalità sia dal punto di vista, come si dice in gergo penalistico, general-preventivo, perché un'efficace repressione ha anche la funzione di dissuadere dal compimento di illegalità. Sul piano della prevenzione, noi in questi anni abbiamo fatto grandi passi avanti. Intanto, in questi anni abbiamo dotato l'Autorità nazionale anticorruzione di risorse economiche e di personale che hanno consentito all'Autorità nazionale anticorruzione di funzionare in maniera molto più efficace di quanto non fosse avvenuto prima, e questo è stato un preciso indirizzo politico che è stato assunto in questi cinque anni di amministrazione in cui il Partito Democratico ha retto insieme ad altri, ma ha retto, con grande responsabilità, le sorti e il destino del Paese.

Quindi, l'Autorità nazionale anticorruzione è stata dotata di risorse, e questo ha consentito l'adozione del Piano nazionale anticorruzione, cioè l'adozione di modelli comportamentali, anche a livello di amministrazione pubblica diffusa e distribuita sul territorio, in grado di prevenire i fenomeni corruttivi. Questo Piano nazionale anticorruzione è stato aggiornato ripetutamente ed è oggi uno dei grandi punti di riferimento che consentono alle amministrazioni di adottare modelli procedimentali in grado di prevenire i fenomeni corruttivi.

A livello sanitario noi sappiamo che l'82 per cento delle aziende sanitarie si è dotata di protocolli anticorruzione, di protocolli modellati su quella ipotesi, su quel modello dell'Autorità nazionale. L'82 per cento delle aziende sanitarie si è dotata di questi protocolli; il 18 per cento ancora no, e questo rappresenta, ovviamente, una necessità di intervento e di miglioramento della situazione, ma questo per dire che in questi anni di grandi passi avanti da questo punto di vista ne sono stati fatti. E anche sul piano della repressione del fenomeno corruttivo non si può dire che siamo all'anno zero, anzi, si deve riconoscere, credo, se si vuole guardare con onestà a quello che è stato fatto in questi anni, che in questi anni, sotto il profilo del miglioramento degli strumenti a disposizione delle autorità giudiziarie per combattere la corruzione, è stato fatto molto.

Prima è stata ricordata dal mio collega che mi ha preceduto la legge sul whistleblowing, che è stata approvata proprio poche settimane fa; una legge che è stata approvata certamente grazie al concorso del MoVimento 5 Stelle, ma su responsabilità del gruppo numericamente più forte di questo Parlamento, cioè il Partito Democratico, che ha approvato questa legge perché sappiamo che è una legge che può consentire di spezzare il vincolo di omertà che dentro le amministrazioni pubbliche e dentro i fenomeni di corruzione è spesso uno dei fattori che impedisce, poi, la scoperta dei fenomeni corruttivi. Abbiamo approvato la legge di riforma del falso in bilancio, abbiamo approvato leggi che servono a semplificare il procedimento penale e ad abbreviare i tempi, abbiamo approvato una serie di riforme sul voto di scambio. Abbiamo esteso ai corrotti le misure di prevenzione patrimoniale, abbiamo adeguato le pene, abbiamo riformato la prescrizione. Credo che in questa legislatura abbiamo fatto più che in tante legislature precedenti per combattere il fenomeno corruttivo, per poter dire e sostenere con grande serenità e convinzione che noi abbiamo un bilancio decisamente in attivo, decisamente in attivo, sia sul piano della prevenzione dei fenomeni corruttivi sia sul piano della repressione dei fenomeni corruttivi.

Allora, cosa c'è da fare? Beh, c'è ancora molto da fare, non c'è il minimo dubbio, ed è per questo che noi chiediamo al Governo di continuare in un impegno che è stato assunto in questi anni in maniera efficace. Chiediamo di continuare perché sappiamo che c'è ancora molto da fare, perché sappiamo che l'ambito sanitario in particolare, come dicevo in esordio, è un ambito nel quale il fenomeno corruttivo si annida più che altrove, ed è un ambito che noi non possiamo permetterci di tollerare, perché mina il rapporto di fiducia tra i cittadini e lo Stato, perché, soprattutto nell'ambito del diritto alla salute, l'efficienza del sistema e la limpidezza e la trasparenza del sistema è uno dei fattori che garantiscono quel rapporto di fiducia tra istituzioni e cittadini che troppo spesso è stato messo a repentaglio in questi anni. Allora, noi dobbiamo agire e fare molto di più, dobbiamo continuare su questa strada anche cercando di migliorare quello che è stato fatto fino a oggi.

E due sono le grandi questioni, due sono le grandi questioni: la prima riguarda la trasparenza. L'unico modo per prevenire i fenomeni corruttivi è garantire la trasparenza dei processi dentro le pubbliche amministrazioni, e in particolare dentro la parte della pubblica amministrazione che si occupa di tutela sanitaria e di welfare sanitario. Quindi, informazioni trasparenti e accessibili, semplificazione di tutte le procedure, misure necessarie per applicare il piano triennale soprattutto contro la corruzione, soprattutto per ciò che riguarda la rotazione dei dirigenti e dei funzionari; quindi, continuare su questa strada che è stata intrapresa in questi anni, predisporre tutte le misure necessarie per la trasparenza dei bilanci, la trasparenza dei bandi di gara e di concorso, la trasparenza nei rapporti con i privati. Quindi, piena attuazione di tutte le strategie di trasparenza che sono la precondizione per prevenire i fenomeni corruttivi, cioè combattere tutte le opacità, tutte le parti non visibili dei procedimenti amministrativi che sono le aree grigie nelle quali si annida la corruzione.

E poi, ancora, predisporre tutte le misure necessarie affinché si attui una separazione netta tra i titolari di gestione dei servizi e i titolari di erogazione dei beni in sanità, perché, anche qui, noi sappiamo che sono fenomeni, questi, nei quali si annida anche quell'area grigia di cui vi dicevo prima.

Quindi, noi siamo assolutamente impegnati, il Partito Democratico è assolutamente impegnato, per garantire l'efficienza del nostro Sistema sanitario, per garantire la qualità del nostro Sistema sanitario, per garantire l'uniformità di trattamento a livello nazionale, che purtroppo oggi non è riscontrabile sempre e ovunque, perché noi sappiamo che ci sono trattamenti differenziati. Questo dipende anche dal fatto che, in alcune regioni italiane più che in altre, sono presenti, visibili e pervasivi, fenomeni corruttivi. Quindi, combattere la corruzione significa anche garantire l'uniformità di trattamento sanitario sull'intero territorio italiano. Noi vogliamo lavorare in quella direzione e questa è la ragione per la quale noi chiediamo al Governo, come Partito Democratico, di continuare a lavorare come ha fatto in questi anni.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Palese. Ne ha facoltà.

ROCCO PALESE. Signor Presidente, non c'è dubbio che, nel contesto della spesa pubblica, l'aggregato della spesa sanitaria rappresenti una parte importante e consistente, 113 miliardi di euro di risorse pubbliche; più vanno considerate una serie enorme, di miliardi di euro, mediamente 35-40 miliardi altri di euro, che si aggiungono ai 113. Quindi, parliamo di 150 miliardi di euro che sono in campo. La parte aggiuntiva chiaramente è una parte tutta privata, che i pazienti sono costretti a spendere per liste d'attesa chilometriche o perché fanno scelte diverse nel contesto delle prestazioni libero-professionali dei professionisti. Per una serie di vicende, la situazione è questa.

Ed è fin troppo evidente che i rapporti della Guardia di finanza, i rapporti della Corte dei conti, i rapporti dell'Anac parlano in maniera chiara. È uno dei settori in cui la corruzione si manifesta in maniera più eclatante e più diffusa. Varie sono le forme e la politica continua a non dare risposte adeguate. Occorrerebbe dare delle risposte adeguate davanti a una situazione di corruzione dilagante. Ci sono alcune ASL - è inutile che giriamo intorno al problema - e si tratta di scegliere, signor Presidente, se è corrotto l'elettrone o l'atomo. E non è questione di schieramento politico: è una questione proprio di sistema all'interno stesso di tutto quello che riguarda il servizio.

Chiaramente non dappertutto, è fin troppo evidente, né tutti sono in questo contesto. Però, ci sono alcuni dati inconfutabili. Il sistema è nelle mani completamente delle regioni. Mettiamoci un punto fermo: la gestione sanitaria è competenza esclusiva delle regioni e il controllo da parte dello Stato sta in verifiche, che vengono fatte periodicamente, per potere vedere se, nel contesto dell'erogazione delle prestazioni sanitarie, vengono rispettati i cosiddetti livelli essenziali di assistenza. Dal punto di vista contabile, se vanno oltre certi parametri, occorre poi che ci sia anche l'attuazione dell'articolo 120 della Costituzione, perché mettono a repentaglio le risorse, i conti pubblici e i vincoli europei, e il Governo poi commissaria, come sono state commissariate, con piani di rientro, tantissime regioni.

Il contesto con cui si muove è questo. Ma la politica, a livello centrale, signor Presidente, davanti a una situazione del genere, si è posta o no un problema serio, che è quello soprattutto dei controlli preventivi? Sicuramente sono utili i piani anticorruzione, i modelli gestionali, l'Anac. Sono utili, così come Consip. Chiaramente io parlo di una Consip bonificata, signor Presidente, non di quello cui abbiamo dovuto assistere negli ultimi mesi. Parlo di una Consip che, in un contesto di spesa pubblica, a parità di condizioni, fatte gare in maniera trasparente per l'acquisizione di beni e servizi nella pubblica amministrazione, su 10 miliardi se ne risparmiavano 4. Poi le ultime vicende mi auguro che siano superate dal punto di vista della trasparenza, perché la possibilità di avere la centralizzazione delle gare è una fonte possibile di trasparenza e anche di risparmio.

Detto questo, però, la governance, così com'è messa, non produce risultati. Non produce risultati perché è troppo legata alla situazione della politica ed è completamente priva di controlli. Lei, signor Presidente, immagini che l'unico controllo, che dovrebbe avere - io dico che “dovrebbe” - la ASL, è un controllo periodico a campione, fatto da una terna del cosiddetto collegio dei revisori dei conti. I rappresentanti ministeriali è noto che arrivano immediatamente nella direzione “x” dove sono designati, cercano di stare quanto meno è possibile, guardano così, sì o no, le cose principali, dopodiché vanno via. Non c'è praticamente nessun controllo. Quindi, in un contesto in cui i controlli sono latitanti, il Governo dovrebbe porsi il problema di come cercare di avere un controllo preventivo. Un controllo preventivo, quantomeno per andare a vedere il contesto con cui vengono spese le risorse, se effettivamente vengono spese per potere potenziare i servizi, se veramente vengono spese per potenziare l'assistenza.

Attenzione, noi teniamo una serie enorme di regioni, dove le addizionali sono aumentate. La mia regione, per esempio, signor Presidente, la Puglia, nel giro di dodici anni, ha inferto ai poveri pugliesi 3 miliardi di euro di tasse aggiuntive per coprire i disavanzi della sanità e non bastano pure. Ora, davanti a una situazione del genere, l'altra domanda: c'è un corrispettivo di miglioramento dei servizi? Neanche per idea. Infatti, oggi, non mi ricordo quale dei quotidiani, tira fuori le liste chilometriche che ci sono, grosso modo, in ogni regione. Ma, in particolare in alcune regioni, specialmente quelle del Sud, il paziente si deve raccomandare l'anima a Dio. Per non parlare della mobilità passiva, per non parlare di tutto quello che riguarda questi aspetti.

Un contesto in cui Anac - lo dice Cantone - soprattutto nelle regioni del Sud non c'è il problema delle gare, non se lo pongono proprio, per l'acquisizione di beni e servizi, che riguardano lavanderia, che riguardano ristorazione, che riguardano beni durevoli, che riguardano dispositivi medici, le protesi e quant'altro. Vige solo un sistema: quello delle proroghe a vita. Alcune acquisizioni di beni e servizi sono in regime di proroga da 10 anni, 11, 12, 13 e chi più ne ha più ne metta, in cui il contesto riguarda aspetti veramente inquietanti da questo punto di vista. C'è il problema repressivo. Ma il problema repressivo quale quadro ci dà, signor Presidente e rappresentante del Governo? Quando scoppia uno scandalo, il quadro che viene fuori è che la filiera del sistema è tutta corrotta. Non c'è una parte, una piccola parte e basta. No! È tutta corrotta, dall'ultimo degli infermieri fino al massimo dei professori ordinari o dei cattedratici o di chi per loro o di primari e quant'altro. Allora, bisogna cercare di continuare a immaginare un modello di governance diversa. E non c'è dubbio che la trasparenza, tutta l'informatizzazione, questo tipo di controllo e il monitoraggio sono parte importante, ma non basta.

Sarebbe sufficiente, signor Presidente, che, invece di avere questo collegio dei revisori farlocco, che serve solamente per dare quell'indennità e basta - tanto per intenderci -, perché sono nominati dalla stessa politica, e il direttore generale lo stesso e via dicendo. Sarebbe sufficiente fare 3, 4 modifiche. Primo: perché mai non tirare fuori un albo dei direttori generali, da cui bisogna mettere le persone, gli aspiranti e anche quelli sanitari e i direttori amministrativi con un superamento di un vero e proprio concorso ogni due anni? Potrebbe essere questo uno dei tanti sistemi, per avere quantomeno persone staccate dalla politica, e fare una graduatoria, non tirare fuori queste forme, che servono solamente come specchio per le allodole, che tirano fuori che bisogna fare questa selezione a livello nazionale e via dicendo, per poi fare un elenco, su cui la politica sceglie. No! Occorre una graduatoria, perché i più meritevoli, i più bravi e quant'altro, quelli, sì, vanno nominati!

E così pure per i direttori dell'unità operativa e per i cosiddetti primari. Bisogna cercare di ritornare a fare i concorsi per merito, non facendo degli elenchi, che poi sceglie la politica e quant'altro, perché solo in questa maniera noi potremo venirne fuori, rispetto ad alcune situazioni.

E così pure, chi potrebbe fare il controllo? Ma perché, invece di tirare fuori il collegio dei revisori, non si tira fuori invece un comitato di vigilanza di controllo della spesa pubblica per ogni ASL a costo zero? Signor Presidente, mi dica lei se il presidente del comitato che controlla tutti gli atti emanati dal direttore generale e dalla direzione generale della sanità o delle ASL prima che diventino esecutivi, venissero presiedute da un colonnello o da un generale della Guardia di finanza o da un giudice alla Corte dei conti e anche da qualche altro rappresentante medico e vi fosse inoltre un elenco di esperti specializzati di cittadini che vanno lì dentro a controllare esattamente che cosa fanno, sicuramente ci sarebbe un grandissimo risparmio e questo solo per quanto riguarda la spesa dal punto di vista generale. Se poi entriamo nel particolare, nell'analisi di essa, si sa bene dove si annida la corruzione. Vogliamo parlare dei motivi per i quali sta esplodendo in molte regioni da diverso tempo, da qualche anno a questa parte la spesa farmaceutica ospedaliera? È dovuta solo ai farmaci innovativi oppure c'è dell'altro? Come mai la spesa farmaceutica convenzionata grossomodo è tenuta sotto controllo e quella ospedaliera, invece, è esplosa in maniera devastante in alcune regioni in modo da provocare uno sfondamento rispetto ai tetti stabiliti dalle leggi di bilancio del Governo o necessari per determinare questi aspetti e questo tipo di situazione? Parliamo delle protesi ortopediche, vascolari e dei dispositivi medici in genere? Parliamo dei servizi di ristorazione, dei servizi di lavanderia e così via? Questo punto di vista potrebbe essere una cosa interminabile. Ora la situazione è tale e noi riteniamo che, oltre a quanto si è fatto, perché qualche cosa è stato fatto ma non è sufficiente nella maniera più assoluta, si dovrebbe fare altro. Nell'ultimo periodo, signor Presidente, ho visto che sia il Governo sia la maggioranza hanno quasi un po' accantonato il ruolo dell'Anac e di Cantone. Invece si stava arrivando al dunque: è evidente che l'Anac non è sufficiente a fare i controlli, se non a determinare. Ma se così come è stato detto per tantissimo tempo, che l'Anac sarebbe servita a determinare quasi un abbattimento della corruzione e quant'altro, allora così come ci sono le sezioni decentrate della Corte dei Conti e le sezioni decentrate del Ministero dell'economia e delle finanze, si sarebbero potute istituire anche sotto la direzione Anac nazionale di Cantone le sezioni decentrate dell'Anac a livello regionale e mandare lì preventivamente gli atti da controllare dei direttori sanitari e dei direttori generali e quant'altro. Sicuramente troveremo un grande riscontro. Sa perché dico questo, signor Presidente? Sono convinto che grosso modo con pochi accorgimenti si potrebbe risparmiare il 10 per cento su 150 miliardi tra risorse pubbliche e risorse private, che rappresenta più della manovra che dovremmo affrontare qui alla Camera. Infatti ci sono alcuni ospedali nel nostro Paese che vengono presi come modello di gestione. Non parlo della precedente gestione del San Raffaele ma se lei va a vedere i bilanci dell'attuale gestione del San Raffaele, si accorgerà che un ospedale di altissima qualità e di livello internazionale con non pochi accorgimenti soprattutto di controllo e con una nuova governance addirittura è in positivo. Parliamo anche di ospedali di media dimensione: le dico cose che conosco esattamente non per sentito dire ma per aver letto quei bilanci. Ad esempio l'Ospedale “Cardinale G. Panico” di oltre 400 posti letto che sta in provincia di Lecce gestito dalle Suore Marcelline che è un gioiello come qualità e va soprattutto benissimo dal punto di vista dei conti e dei bilanci. Quindi per poter fare questo occorre veramente che ci sia una forte volontà politica.

Bisogna cercare in tutti i modi e in tutte le maniere di dare strumenti preventivi obbligatori nei confronti delle regioni che sono responsabili della gestione per far sì che il fenomeno: infatti parliamo di miliardi e miliardi di euro all'anno che vanno in corruzione. Signor Presidente, ricordi un dato (glielo dico proprio in maniera confidenziale anche rispetto alle aspettative da proporre): qui in Italia, negli ultimi anni, si è detto che la panacea del mondo doveva essere il decentramento e il federalismo ma l'unico federalismo che è andato veramente in vigore è solo quella della corruzione a cui la politica è chiamata a mettere riparo cercando di limitarne i danni soprattutto nel Servizio sanitario nazionale.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.

Prendo atto che il Governo non intende intervenire.

Il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta.

Discussione della proposta di legge: Romanini ed altri: Disposizioni in materia di produzione e vendita del pane (A.C. 3265-A) (ore 15,28).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge n. 3265-A: Disposizioni in materia di produzione e vendita del pane.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 1° dicembre 2017 (Vedi l'allegato A della seduta del 1° dicembre 2017).

(Discussione sulle linee generali – A.C. 3265-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che il presidente del gruppo parlamentare del MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.

Avverto, altresì, che la XIII Commissione (Agricoltura) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore per la maggioranza, il collega Francesco Prina.

FRANCESCO PRINA, Relatore per la maggioranza. Grazie, Presidente. Il provvedimento oggi all'esame dell'Assemblea fornisce una risposta normativa ad alcune problematiche particolarmente sentite nel settore della produzione e della commercializzazione del pane relative in particolare ad una regolamentazione chiara di cosa debba intendersi per pane fresco rispetto al pane conservato al fine di meglio garantire la necessaria informazione al consumatore. La proposta di legge introduce la denominazione di “forno di qualità” riservata in via esclusiva ai panifici che producono e commercializzano pane fresco. Inoltre finalmente la proposta di legge definisce e distingue il pane fresco di pasta madre e il pane fresco con pasta madre. Nella finalità dell'articolo 1 del provvedimento, il pane è considerato uno degli elementi fondamentali della nostra nutrizione; è un prodotto capace di rappresentare il territorio italiano e gli antichi saperi legati alla sua lavorazione. Per questi motivi il pane fresco italiano viene riconosciuto dal provvedimento come rappresentativo del patrimonio culturale nazionale. Tuttavia l'evoluzione tecnologica e il mutare delle abitudini di vita degli italiani hanno portato a numerosi cambiamenti nelle modalità di produzione e di vendita del pane. La possibilità di congelamento del prodotto adatto al consumatore e la possibilità di scegliere tra pane fresco, pane confezionato, pane presurgelato e altri prodotti da forno simili. Il consumatore di fronte a tali trasformazioni manca di informazioni corrette sulla qualità del pane in vendita. In sostanza ad oggi la legge non garantisce il consumatore nel riconoscimento del pane fresco artigianale rispetto al pane conservato: tale distinzione è estremamente necessaria non solo per i panificatori ma anche per gli acquirenti a cui la legge ha promesso fin dal 2007 di fornire gli elementi utili per compiere un acquisto oculato del pane, riuscendo a comprendere se il pane che si compra è fresco artigianale o, ad esempio, sfornato ma prodotto con base surgelata o prodotto altrove anche fuori dall'Unione europea. Le differenze sono sostanziali: per il pane artigianale servono acqua, farina e sale e lunga lievitazione; per il pane industriale si possono avere tempi di preparazione più ridotti e ingredienti aggiuntivi tra cui conservanti utili per una più lunga resistenza all'invecchiamento.

È dunque necessario migliorare l'informazione del consumatore sul pane che si compra, mettendolo nelle condizioni di sapere se sta acquistando un prodotto fresco presso un panificio tradizionale, che fa pane nell'arco della giornata, con un procedimento produttivo unico e continuo. Da qui, la proposta di un nuovo e più attuale quadro legislativo che aggiorni la normativa nazionale del settore della panificazione; nuove norme pensate per rendere, da un lato, le informazioni più efficaci e veritiere, accompagnando gli acquirenti e, dall'altro, per consentire alle imprese di panificazione di aumentare e di valorizzare le peculiarità artigianali delle loro attività e dei loro prodotti.

Questo provvedimento, dunque, si occupa di rilanciare, valorizzandolo, il settore del pane fresco artigianale, restituendo competitività ad un comparto di estrema importanza per l'economia del Paese, quello della panificazione artigianale italiana, tutelando la tipicità e la specificità del pane artigianale italiano, un patrimonio inestimabile che conta circa 200 specialità, di cui 95 già iscritte nell'elenco del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali. Si tratta di un settore del valore di 7 miliardi di euro, con 400.000 addetti, operanti in 25.000 imprese, in gran parte di dimensioni familiari, che sfornano in media 100 chilogrammi di pane al giorno, ciascuna. Già il decreto legge del 4 luglio del 2006 introduceva le denominazioni “panificio”, “pane fresco” e “pane conservato”, rinviando ad un decreto ministeriale per l'adozione delle disposizioni di dettaglio, decreto che, poi, non è mai stato emanato. Tuttavia, dopo un lungo cammino in Commissione agricoltura, si è riusciti ad adottare un testo base e solo il 30 novembre scorso è stato votato il mandato al relatore a riferire in Aula.

Ora, entrando nel dettaglio del provvedimento, ricordo che nell'articolo 2 viene data la definizione di “pane” come: il prodotto ottenuto dalla cottura totale o parziale di una pasta convenientemente lievitata, preparata con sfarinati di grano o di altri cereali, acqua e lievito, con o senza aggiunta di cloruro di sodio o sale comune, spezie o erbe aromatiche. Vi è poi l'indicazione delle seguenti possibili integrazioni di denominazioni aggiuntive: “pane fresco”, riservata esclusivamente al pane preparato secondo un processo di produzione continuo, privo di interruzioni finalizzate al congelamento, alla surgelazione di impasti e ad altri trattamenti con effetto conservante; processo di produzione continuo che non deve superare le 72 ore. Altre definizioni sono: “pane di pasta madre” e “pane con pasta madre”.

Nella commercializzazione, invece, viene previsto il divieto di utilizzare la denominazione “pane fresco” per il pane destinato ad essere posto in vendita oltre le 24 ore successive al momento in cui è stato completato il processo produttivo, per il pane posto in vendita successivamente al completamento della cottura di pane parzialmente cotto, comunque conservato, e per il pane ottenuto dalla cottura di prodotti intermedi di panificazione. È previsto, altresì, il divieto di utilizzare denominazioni quali: “pane di giornata”, “pane appena sfornato” e “pane caldo”, nonché qualsiasi altra denominazione che possa indurre in inganno il consumatore. In caso di pane ottenuto da una cottura parziale destinato al consumatore finale, viene prescritto che deve essere contenuto in imballaggi singolarmente preconfezionati, recanti in etichetta le indicazioni previste dalle disposizioni vigenti; deve, inoltre, usare la denominazione evidente di “pane”, completata dalla dicitura “parzialmente cotto” e recare l'avvertenza che il prodotto deve essere consumato previa ulteriore cottura. In caso di prodotto surgelato, l'etichetta deve riportare la dicitura: “pane surgelato”.

Sono previste delle sanzioni, salvo che il fatto costituisca reato, per violazioni degli obblighi; si dispongono pesanti sanzioni amministrative fino alla sospensione dell'attività per violazioni di particolare gravità o recidiva.

I prodotti ottenuti dalla cottura di impasti preparati con farine alimentari, anche se miscelate con sfarinati di grano, devono essere posti in vendita con l'aggiunta, alla denominazione di “pane”, della specificazione del vegetale da cui proviene la farina impiegata.

L'articolo 3 contiene la definizione di “prodotto intermedio di panificazione”. Si impone l'obbligo, per un'impresa che provvede alla lievitazione e alla cottura ovvero alla sola cottura di un prodotto intermedio di panificazione, di commercializzare il pane così ottenuto in scaffali distinti e separati.

L'articolo 4 prevede che il pane sottoposto a trattamenti che ne aumentino la durabilità è posto in vendita con una dicitura aggiuntiva che ne evidenzi il metodo di conservazione e di consumo. Al momento della vendita, anche questo tipo di pane deve essere esposto in scomparti riservati.

L'articolo 5, poi, definisce il lievito come “l'organismo unicellulare avente la capacità di convertire gli zuccheri derivanti dalla degradazione dell'amido in alcool e in anidride carbonica, assicurando la formazione della pasta convenientemente lievitata”. La norma impone che la produzione di lievito deve essere ottenuta da microrganismi presenti in natura. Nei successivi commi 2, 3 e 4, si definiscono “lieviti impiegabili nella panificazione” la crema di lievito e il lievito secco e viene considerato, invece, “pasta madre” quell'impasto ottenuto esclusivamente con farina e con acqua sottoposto ad una lunga fermentazione naturale acidificante, utilizzando la tecnica dei successivi rinfreschi, al fine di consentire la naturale lievitazione dell'impasto.

L'articolo 6 consente l'utilizzo delle paste acide, delle paste acide liquide e delle paste acide in pasta. L'articolo 7 contiene la definizione di “panificio” e le norme sulle modalità di vendita. Secondo quanto prescrive il comma 2 di questo articolo, l'avvio di un nuovo panificio e il trasferimento e la trasformazione di panifici esistenti sono subordinati alla segnalazione certificata di inizio attività, la SCIA.

L'articolo 8 prevede che la denominazione di “forno di qualità” è riservata esclusivamente al panificio che produce e commercializza pane fresco. Per la vendita di pane fresco, questo deve essere posto in scaffali distinti e separati rispetto agli altri tipi di pani.

La figura del responsabile dell'attività produttiva viene disciplinata dall'articolo 9 ed è identificata nel titolare dell'impresa o in un suo collaboratore familiare, socio o lavoratore dipendente dell'impresa di panificazione designato dal legale rappresentante dell'impresa stessa all'atto della presentazione della SCIA. A tale figura viene affidato il compito di assicurare l'utilizzo e la manipolazione delle materie prime. È previsto un corso di formazione professionale accreditato dalla regione o dalla provincia autonoma competente. Si prevede l'esonero da questi corsi formativi quando il titolare è da tre anni che esercita la professione di panificazione oppure sia in possesso di un diploma o di una qualifica professionale in materie attinenti l'attività di panificazione e, comunque, abbia una attività lavorativa di panificazione da almeno un anno, o sia affiancato dal responsabile dell'attività produttiva nella quale si è subentrati.

In tema di mutuo riconoscimento, l'articolo 10 prevede la possibilità di commercializzare nel territorio dello Stato italiano i prodotti da forno realizzati e commercializzati negli altri Paesi membri dell'Unione europea o in uno Stato parte contraente dell'Accordo sullo spazio economico europeo.

L'articolo 11 definisce i vari tipi di pane tradizionale di qualità, il pane tradizionale tipico locale, secondo un decreto del legislativo del 1998 e un decreto ministeriale del 1999, riportato negli elenchi regionali e inseriti nell'elenco nazionale. Il pane è riconosciuto ai sensi della normativa dell'Unione europea in materia di denominazione di origine protetta, DOP, di indicazione geografica protetta, IGP, e di specialità tradizionale garantita. Mentre l'articolo 12 attribuisce la vigilanza sull'attuazione della presente legge alle Aziende sanitarie locali e ai comuni competenti per territorio.

L'articolo 13 prevede che le regioni si adeguino alle disposizioni in esame entro dodici mesi dall'entrata in vigore della legge; per le regioni a statuto speciale e per le province autonome di Trento e Bolzano è prevista la clausola di salvaguardia. Secondo l'articolo 14, il Governo è autorizzato ad apportare nell'esercizio del potere regolamentare, entro sei mesi dall'entrata in vigore del provvedimento, le modifiche necessarie. L'articolo 15 abroga gli articoli dei precedenti provvedimenti in materia di produzione e commercio del pane superati e in contrasto con questo provvedimento. Infine, l'articolo 16 chiarisce i tempi di entrata in vigore di questo provvedimento.

PRESIDENTE. Il collega Pini? Prendo atto che il relatore di minoranza non è in aula. Il Governo? Si riserva in un'altra fase. È iscritta a parlare la deputata Terrosi. Ne ha facoltà.

ALESSANDRA TERROSI. Grazie Presidente. Signor Presidente, onorevoli colleghi, gentile sottosegretario, il provvedimento sul quale iniziamo oggi in Aula il dibattito, atteso da anni dal mondo della produzione artigianale del pane e dalle associazioni dei consumatori, rappresenta l'esito di un approfondito confronto tra i proponenti, la Commissione agricoltura che lo ha istruito, e le associazioni dei produttori, dei distributori e dei consumatori. Un testo di legge che si inserisce appieno nel solco delle iniziative regolamentari e legislative di cui il Governo e questo Parlamento hanno assunto l'iniziativa per tutelare e promuovere le produzioni tipiche e tradizionali disseminate in variegata diversità in tutte le nostre regioni e di cui il nostro Paese è sapiente custode.

Il pane da sempre è considerato uno degli elementi fondamentali della nutrizione, una presenza fissa sulle tavole degli italiani, considerando infatti che, nonostante nel tempo il suo consumo sia progressivamente diminuito, toccando nel 2014 il minimo storico di 90 grammi pro capite, oggi sono ancora oltre 24 mila le imprese di produzione di pane fresco e circa 7 mila quelle di commercio al dettaglio. Il pane, prodotto tipico della tradizione alimentare nazionale, rappresenta la straordinaria sintesi del combinarsi di numerosi saperi che assommano in un tutt'uno la conoscenza della terra e dei metodi di coltivazione, dalla raccolta del grano alla sua lavorazione per la produzione della farina, dalla preparazione dell'impasto alla cottura. Non si hanno notizie precise su dove e quando l'uomo abbia cominciato a produrre e consumare pane, ma studi e ritrovamenti testimoniano come la panificazione si antica di millenni: egizi e babilonesi producevano pane lievitato.

È, inoltre, fuori discussione il fatto che per le società occidentali il pane abbia rappresentato un alimento di base coevolutosi con esse nei secoli, espressione delle alternanti sorti economiche degli Stati. In tempi di carestia si produceva e si consumava soprattutto pane nero, al contrario dei periodi più ricchi, caratterizzati viceversa da una maggiore disponibilità di pane bianco. Nel corso del tempo si sono avvicendate diverse varietà coltivate frutto di un lungo lavoro di domesticazione e di breeding che ha portato il nostro Paese nella favorevole condizione di avere varietà adatte alla coltivazione nei differenti microclimi che lo caratterizzano. Il lavoro di miglioramento genetico del frumento ha avuto prioritariamente gli obiettivi di ridurre la taglia delle piante, aumentare la grandezza della spiga e quindi il numero di cariossidi. Le varietà migliorate, il triticum aestivum, cioè il grano tenero che rappresenta il 95 per cento della produzione mondiale di frumento e il triticum durum, il grano duro, che rappresenta il restante 5 per cento, hanno anche un contenuto in glutine significativamente maggiore dei grandi predecessori e di qualità che ne permette una rapida e migliore panificazione o la produzione della pasta. Studi degli ultimi decenni, tuttavia, stabiliscono una correlazione negativa spesso tra le proprietà tecnologiche dovute al glutine e le qualità nutrizionali; dall'eccesso di glutine e dalla qualità dello stesso infatti dipendono le numerose forme di intolleranza e l'affezione nota con il termine di celiachia. Questo, unitamente alla crisi economica che ha costretto anche l'agricoltura a riflessioni sul modello di sviluppo e sulla sua sostenibilità, ha portato alla riscoperta dei cosiddetti grani antichi che ben si adattano a metodi di coltivazione a bassi input chimici per le loro proprietà riconducibili ad una maggiore rusticità e alla resistenza alle avversità, nonché al possesso di qualità nutritive più equilibrate, e all'utilizzo delle farine da essi derivate per la produzione di pane apprezzato per le proprie caratteristiche nutrizionali e organolettiche.

Le competenze specifiche nella produzione del pane, in molti casi tramandate nei territori e tra le generazioni, possono oggi essere espresse al meglio grazie alle innovazioni tecnologiche che negli anni sono state acquisite dal settore, che hanno riguardato sia i metodi di coltivazione appunto, che quelli della panificazione. Tuttavia, è stata salvaguardata la specificità peculiare che si riflette nelle tante diversificate modalità di produrre tante differenti tipologie di pane proprie del nostro Paese.

Se le innovazioni e le nuove tecnologie hanno portato ad una evoluzione delle modalità di produzione e vendita del pane, le tecniche di conservazione del freddo hanno reso l'offerta di questo prodotto estremamente variegata. Accanto a quello tradizionale, ottenuto con un impasto di acqua, farina e lievito, e con l'aggiunta eventuale di altri ingredienti come, ad esempio, l'olio, cotto e venduto nell'arco di poche ore, oggi è possibile trovare sul mercato pane ottenuto per completamento di cottura effettuata nel punto vendita anche a partire da basi congelate. Le possibilità di scelta del consumatore quindi sono considerevolmente aumentate. È possibile scegliere tra pane fresco, confezionato e presurgelato e altri prodotti da forno similari. Quella che fino ad oggi è mancata è la possibilità per i consumatori di accedere a informazioni corrette sulla qualità del pane posto in commercio. Si tratta, quindi, di allineare la normativa in vigore alle mutate opportunità di produzione e di commercializzazione da un lato, e di consumo dall'altro, di un prodotto che è e deve restare tipico della tradizione italiana. Già dieci anni fa, è stato ricordato, nel 2006, il legislatore si pose il problema di regolamentare la liberalizzazione dell'attività di produzione di pane, rinviando all'adozione di un decreto ministeriale la specificazione in particolare delle denominazioni di panificio, di pane fresco e di pane conservato. Il decreto, che doveva essere adottato entro i 12 mesi, non è stato mai emanato, anche in ragione di alcuni rilievi opposti in sede comunitaria e, nonostante nel settembre 2015, con quasi dieci anni di ritardo, si fosse sancita un'intesa in Conferenza Stato-regioni.

In sostanza, ad oggi, la legge non garantisce il consumatore nel riconoscere il pane fresco artigianale dal pane conservato, da quello prodotto con base surgelata magari confezionata altrove, anche fuori dall'UE. Le differenze sono sostanziali: per il pane artigianale - lo ripetiamo - serve acqua, farina, sale e la lievitazione di una notte, per il pane industriale si possono avere tempi di preparazione più ridotti e ingredienti aggiuntivi, fra cui conservanti, utili per una più lunga resistenza all'invecchiamento. La presente legge si propone di colmare tale vuoto normativo, applicando per il pane quanto accade già per il latte, definendo cioè la denominazione di pane fresco per il prodotto che non ha subito congelazione o altri metodi di conservazione, mentre tutti gli altri tipi di pane vengono annoverati sotto la definizione di pane conservato, indicando anche il metodo di produzione e le modalità di conservazione e consumo. L'obiettivo finale è, quindi, tutelare tipicità e specificità del pane artigianale italiano, un patrimonio inestimabile, che conta circa 200 specialità di cui 95 già iscritte nell'elenco del Mipaaf; un settore del valore di 7 miliardi di euro, con 400 mila addetti, in 25 mila imprese, in gran parte di dimensioni familiari, che sfornano in media 100 chili di pane al giorno ciascuna. La proposta di legge di cui stiamo discutendo definisce, pertanto, il pane come prodotto ottenuto dalla cottura totale o parziale di una pasta convenientemente lievitata, preparata con sfarinati di grano o di altri cereali, acqua e lievito, con o senza aggiunta di cloruro di sodio o sale comune, spezie o erbe aromatiche, definendo chiaramente e specificatamente il concetto di pane fresco ovvero preparato secondo un processo di produzione continuo, privo di interruzioni finalizzate al congelamento, alla surgelazione di impasti e ad altri trattamenti con effetto conservante, vietando conseguentemente l'utilizzo di denominazioni quali pane di giornata, pane appena sfornato e pane caldo, che possono indurre in inganno il consumatore.

Per la stessa ragione, si dispone che la commercializzazione di pane ottenuto dalla lievitazione e dalla cottura ovvero dalla sola cottura di un prodotto intermedio di panificazione avvenga su scaffali distinti e separati dal pane fresco, recanti sia le indicazioni previste dalle norme in materia di etichettatura che la dicitura “pane ottenuto da cottura di impasti” seguita dall'indicazione del metodo di conservazione utilizzato; definisce “panificio”, così come è già stato riportato.

Quindi, un provvedimento completo, che risponde alle istanze di un settore che qualifica la tradizione italiana e accoglie le richieste di sempre maggiori informazioni e chiarezza, che i consumatori, in ogni rilevazione demoscopica, hanno sempre posto al centro delle loro aspettative. L'approvazione di questa legge qualificherà ancor più l'impegno della legislatura che ci apprestiamo a concludere nei confronti dell'agroalimentare e del made in Italy. La finalità ultima è quella di consentire a chi produce di valorizzare al meglio il frutto del proprio lavoro, dando piena e completa informazione a chi acquista il prodotto - il pane, in questo caso - rispetto ai caratteri di unicità, qualità e genuinità intrinseche nelle produzioni artigianali, che la proposta di cui stiamo discutendo pone al centro. Qualità, competenza e trasparenza sono i criteri che hanno ispirato questa iniziativa legislativa e il lavoro della Commissione agricoltura, che ha istruito in sede referente il provvedimento, con la speranza che, con la sua approvazione, diventino patrimonio condiviso per il settore e auspicio di continua implementazione per tutto l'agroalimentare nazionale.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Giuseppe L'Abbate. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE L'ABBATE. Presidente, gentili colleghe, egregi colleghi, la proposta di legge in discussione persegue obiettivi di particolare rilievo per la trasparenza del mercato e la tutela del consumatore. Infatti, dopo la legge n. 248 del 4 agosto 2006, che introduceva la distinzione tra pane fresco e pane conservato, il decreto attuativo che doveva essere adottato entro dodici mesi dall'entrata in vigore della legge non è ancora stato pubblicato. Tale situazione crea grave danno non solo ai consumatori, ai quali è negata la possibilità di riconoscere se il pane che si acquista è fresco o conservato, ma anche i panificatori, che non riescono a fornire evidenza oggettiva del valore aggiunto fornito dalla lavorazione artigianale.

Come i colleghi sanno, il pane conservato è ormai onnipresente nel circuito distributivo, e rappresenta la modalità di vendita nettamente prevalente nel circuito della ristorazione commerciale, dagli autogrill ai bar delle stazioni e degli aeroporti. È quindi assolutamente necessario aggiornare la normativa attuale sulla produzione e vendita del pane, per diverse ragioni, che mi appresto ad elencare: necessità di provvedere alla denominazione di pane fresco, assenza di una definizione codificata dalla legislazione italiana per le differenti tipologie di lievito naturale (pasta madre, pasta acida, lievito madre), migliore classificazione delle tipologie di lievito da impiegare, tutela e valorizzazione del pane fresco e del pane di pasta madre.

Tali carenze comportano una scarsa definizione di prodotti e un'informazione non esaustiva per il consumatore. È pertanto opportuno ed indifferibile procedere ad una rivisitazione della normativa cogente per promuovere il pane fresco e l'uso di lievito naturale, ed offrire al consumatore un'informazione corretta e trasparente sui pani prodotti con queste tecnologie di produzione. A tal fine si è aperta una discussione costruttiva in Commissione agricoltura, di cui faccio parte, che ci ha visto protagonisti di diverse proposte, come quelle di definire le differenti tipologie di lievito commerciale e di lievito naturale, tenendo in considerazione che, nell'accezione generale, le definizioni di pasta madre, pasta acida, lievito naturale e lievito madre sono impiegate come sinonimi; o come quella di provvedere alla definizione di tecnologie di produzione di differenti tipologie di pane fresco; o ancora, quella di proporre una classificazione merceologica delle varie tipologie di pane e lievito che non si presti a ingenerare confusione, disorientamento e frodi o sofisticazioni, e soprattutto che sia in grado di salvaguardare la qualità del prodotto e la consapevolezza del consumatore. Alcune di queste nostre proposte sono state accolte, le altre le riproporremo alla discussione dell'Aula che ci sarà nei prossimi giorni, nella speranza di ottenerne un accoglimento. Il pane è un cibo antichissimo, ed è uno degli alimenti più diffusi e consumati in Italia. Si dice “buono come il pane” perché non esiste pane che non sia buono e che non sia nutrimento per chi lo mangia.

In Italia esistono circa 250 tipi di pane, che per ogni regione descrivono le tante diversità che hanno fatto grande il nostro Paese in campo culinario. Per tutte queste ragioni, abbiamo l'obbligo di difendere il pane, quello buono, quello vero, con una legge, per cui ben venga la discussione di questa legge a difesa dei produttori e dei consumatori.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 3265-A)

PRESIDENTE. Prendo atto che i relatori Gianluca Pini e Prina e il rappresentante del Governo rinunziano alle repliche.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della mozione Quintarelli ed altri n. 1-01620 concernente iniziative volte a promuovere una moratoria internazionale dello sviluppo di sistemi di arma di tipo AWS (Autonomous Weapons System) e a prevedere un divieto di sviluppo e commercializzazione di tali sistemi di arma in ambito nazionale (ore 15,57).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Quintarelli ed altri n. 1-01620 concernente iniziative volte a promuovere una moratoria internazionale dello sviluppo di sistemi di arma di tipo AWS (Autonomous Weapons System) e a prevedere un divieto di sviluppo e commercializzazione di tali sistemi di arma in ambito nazionale (Vedi l'allegato A).

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione della mozione è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni, ma non essendovi iscritti a parlare dichiaro chiusa la discussione.

Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito.

Il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta.

Discussione della mozione Sberna ed altri n. 1-01644 concernente interventi per la bonifica e la protezione ambientale del territorio bresciano (ore 15,58).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Sberna ed altri n. 1-01644 concernente interventi per la bonifica e la protezione ambientale del territorio bresciano (Vedi l'allegato A).

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione della mozione è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.

È iscritto a parlare il collega Bazoli. Ne ha facoltà.

ALFREDO BAZOLI. Presidente, credo che sia una buona notizia, cosa positiva, questa mozione condivisa tra maggioranza e opposizione che punta a mettere all'attenzione del Governo e delle istituzioni nazionali la condizione ambientale della città di Brescia. È una condizione difficile, complicata e delicata, peculiare, che dipende dal fatto che la nostra è una città che ha conosciuto in passato uno sviluppo industriale impetuoso, importante, significativo, che ha garantito benessere economico ma che ha lasciato dietro di sé anche strascichi di natura ambientale, in ragione del fatto che molte delle produzioni, delle realtà economiche, delle aziende, delle imprese che hanno insistito sul territorio vasto della provincia di Brescia erano imprese che avevano una ricaduta ambientale pesante, in un'epoca nella quale le regole, l'attenzione a queste tematiche non erano certamente quelle di oggi.

Quindi, noi oggi abbiamo un territorio, quello della città e della provincia di Brescia più legato allo sviluppo industriale, che è in una condizione certamente di difficoltà e di sofferenza, e sulla quale c'è una grande attenzione - io credo giustificata - da parte dell'opinione pubblica. Bisogna mettere in fila le cose per rendere chiarezza sullo stato, sulla condizione della nostra città, della nostra realtà e dell'area vasta del comune di Brescia. Noi sappiamo da dati certi, clinicamente accertati anche tramite studi epidemiologici, che nel sangue della popolazione bresciana c'è una concentrazione e una presenza di PCB e di diossine che è largamente superiore alla media nazionale. Questo dipende dal fatto che noi abbiamo aree inquinate, abbiamo un sito di interesse nazionale, il sito Caffaro, che è un sito nel quale gli sversamenti delle attività industriali del passato hanno determinato una concentrazione di PCB estremamente rilevante ed elevata, che addirittura ha comportato l'interdizione alla frequentazione di una porzione molto rilevante del territorio cittadino.

Sappiamo, però, che PCB e diossine sono anche il frutto di ricadute ambientali di attività molto presenti nel tessuto economico imprenditoriale bresciano, in particolare delle attività delle acciaierie, che anche oggi sono molto sviluppate, ma che in passato non avevano quelle regole di monitoraggio delle emissioni che ci sono oggi. E sappiamo che quelle lavorazioni producevano diossina che poi, appunto, a ricaduta, è arrivata sul territorio bresciano e che oggi determina questa concentrazione anomala di PCB e diossine nel sangue dei cittadini bresciani. E sappiamo anche che queste sostanze hanno effetti cancerogeni: questo ce lo dice l'Istituto superiore di sanità sulla base di studi ormai accertati. Quelle sostanze hanno effetti cancerogeni certi per alcuni tipi di tumori e probabili per altri tipi di tumori, e non è un caso che l'incidenza di alcuni tipi di tumori sulla popolazione bresciana sia superiore alla media nazionale.

In più, aggiungo che a Brescia c'è stato anche un problema molto rilevante di inquinamento della falda, quindi delle acque superficiali, quelle anche destinate al consumo umano e alla irrigazione. Inquinamento di cromo esavalente, figlio, anche questo, della produzione industriale, in particolare proveniente dalla Val Trompia, che ha causato questo inquinamento della falda.

Quindi, come si capisce, una condizione ambientale ecologica di particolare delicatezza, che ha giustamente, io credo, allarmato la popolazione bresciana. Ed è per questo che noi chiediamo in maniera bipartisan, come si dice, quindi maggioranza e opposizione, una particolare attenzione al Governo e alle istituzioni nazionali su questa particolare e delicata situazione ambientale che ci troviamo a dover fronteggiare, sapendo, e bisogna però dirlo con grande chiarezza, che a Brescia, sotto questo profilo, non siamo all'anno zero. A Brescia le istituzioni cittadine, le istituzioni provinciali e tutto il contesto economico, una volta preso atto e preso coscienza negli ultimi anni di questa condizione ambientale, hanno cercato di avviare tutte le attività necessarie per cercare di ovviare a questa situazione di grande difficoltà. E bisogna dirlo questo, perché bisogna sapere che non siamo all'anno zero, ma che siamo in una fase di consapevolezza che ha comportato anche azioni concrete a difesa dell'ambiente bresciano.

Voglio ricordare alcune cose che sono state fatte. Voglio ricordare che l'azienda di servizi A2A, che è una costola della nostra storia municipale bresciana, che oggi rappresenta una grande eccellenza nel panorama delle aziende erogatrici di servizi in Italia, è intervenuta sui pozzi per ovviare e sanare il problema del cromo esavalente. Oggi il cromo esavalente nell'acqua potabile che arriva nelle case dei bresciani non è più un problema grazie all'intervento di A2A.

Noi abbiamo un tessuto economico che ha preso coscienza della condizione di estremo impatto ambientale anche delle proprie attività. Voglio ricordare, a questo proposito, il consorzio Ramet, che è il consorzio che riunisce le 22 più importanti imprese metallurgiche di Brescia, che ha promosso riduzioni significative delle emissioni con investimenti molto rilevanti, tanto che oggi si può ritenere che, da quel punto di vista, la città e la provincia di Brescia siano un'eccellenza in campo europeo in tema di tutela da emissioni inquinanti.

E, ancora, gli accordi, sempre di quella filiera produttiva così importante e così impattante per l'economia bresciana, e non solo, per lo smaltimento delle scorie, che sono state un grande problema per le discariche anche del bresciano e che, invece, tramite questi accordi, potranno essere smaltite in maniera più virtuosa tramite anche utilizzi interessanti e utili.

E poi, ancora, fatemi dire degli interventi puntualmente promossi dall'amministrazione comunale di Brescia per la risoluzione dell'inquinamento di porzioni importanti e significative di aree della città di Brescia. Voglio ricordare il parco Calvesi, il campo di atletica Calvesi, la cui bonifica oggi è interamente finanziata; ma, ancora, la scuola elementare Deledda, e ancora il parco Passo Gavia, e così tanti interventi significativi che sono stati finanziati, progettati e poi realizzati grazie alla caparbietà e all'indirizzo assunto dall'amministrazione per cercare di risolvere questo enorme problema che la città di Brescia e la provincia di Brescia si trovano a dover fronteggiare.

E, ancora, voglio ricordarlo, i 50 milioni di euro che il Ministero dell'ambiente ha destinato al risanamento dell'area inquinata del sito di interesse nazionale della Caffaro. Cinquanta milioni di euro, di cui trenta destinati, in particolare, alla risoluzione di uno dei problemi principali con i quali dobbiamo fare i conti per quanto riguarda il sito di interesse nazionale, che è esattamente il problema dell'inquinamento della falda. Ebbene, 30 milioni di questi 50 che sono stati destinati dal Ministero dell'ambiente, già destinati per delibera del CIPE al sito di interesse nazionale della Caffaro, questi 30 milioni saranno destinati alla soluzione del problema dell'inquinamento della falda e del sito della Caffaro, con un progetto che è già stato vinto e la cui realizzazione sarà iniziata nel 2019.

Questo per dire che noi siamo dentro una cornice nella quale tutti gli attori coinvolti per la soluzione di questi problemi così rilevanti, così impattanti, così importanti per l'opinione pubblica bresciana, sono oggi al lavoro per cercare di risolvere i problemi.

Ed è per questo che noi chiediamo con forza che dentro questo percorso, che le istituzioni bresciane e che le realtà economiche bresciane hanno intrapreso, ci sia il sostegno continuo e convinto delle istituzioni nazionali, del Governo, dell'Istituto superiore di sanità, che devono continuare nel monitoraggio e devono aiutarci a completare quel percorso.

I 50 milioni che sono stati stanziati per il sito di interesse nazionale sono molto importanti, ma non sono sufficienti. È un inizio che noi prendiamo come un inizio positivo, un'indicazione positiva della voglia di continuare su questo percorso, ma noi chiediamo alle istituzioni nazionali di continuare ad assisterci in questo percorso; e, anzi, noi chiediamo qualcosa di più. Chiediamo che Brescia, proprio per il contesto in cui si trova, proprio per quello che abbiamo fatto, proprio per la forza delle istituzioni economiche, politiche, delle realtà istituzionali che rappresentano la nostra città, possa rappresentare un modello per l'Italia.

L'Italia è vasta, non solo Brescia, ovviamente, conosce queste problematicità ambientali, ma Brescia credo che possa rappresentare un modello da replicare in altre realtà italiane, se anche le istituzioni nazionali ci daranno una mano, se anche il Governo ci darà una mano, se anche l'Istituto superiore di sanità ci darà una mano, cioè se tutti insieme lavoreremo per far diventare questa condizione delicata ambientale della città di Brescia un modello, un esempio da replicare come esempio virtuoso per risolvere problemi e criticità di natura ambientale, che hanno creato così tanta preoccupazione e allarme nell'opinione pubblica bresciana.

Questo credo che sia, quindi, un po' il senso e il significato di questa mozione che abbiamo sottoscritto a più mani con diversi gruppi parlamentari. Il senso e il significato è: aiutateci a continuare in questo percorso, sapendo, care istituzioni nazionali, che la realtà bresciana è una realtà impegnata in questo senso in maniera molto virtuosa.

E, quindi, noi chiediamo di diventare un po' il punto di riferimento nazionale per le tematiche che riguardano bonifiche e sanificazione degli ambienti dal punto di vista dell'inquinamento ambientale complessivo. Credo che possa essere davvero un modello, e quindi noi chiediamo che il Governo ci dia una mano in questo senso.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Alberti. Ne ha facoltà.

FERDINANDO ALBERTI. Grazie, Presidente. Con questa mozione siamo arrivati a un punto di incontro tra noi e buona parte del Parlamento rappresentato in quest'Aula, perché questa mozione effettivamente è il frutto di un punto di incontro dove siamo riusciti a stilare una serie di impegni che impegnano il Governo ad agire in qualche modo a tutela della salute e dell'ambiente del territorio bresciano.

Come dicevo, è un punto di incontro dove, ovviamente, non sono presenti tutte le richieste che il MoVimento 5 Stelle, attraverso i suoi rappresentanti bresciani, ha cercato di portare all'interno di quest'Aula. Una grande mancanza - partiamo proprio dai punti negativi - secondo noi, è proprio quella della moratoria.

Ora, perché il MoVimento 5 Stelle si impunta tanto con questa famosa moratoria sulle discariche? Ma perché, semplicemente, è una richiesta che arriva dai cittadini bresciani. Quindi, dobbiamo fare un passo indietro: perché è nata questa mozione? Questa mozione è nata proprio perché tante persone, tanti cittadini, circa un anno e mezzo fa, scendevano per strada, erano diverse migliaia di persone, scendevano per strada, nelle strade bresciane, per chiedere due parole: basta veleni.

Da lì è nato proprio il primo, di fatto, il coordinamento di tutti i gruppi ambientalisti: comitati cittadini, comitati di associazioni, associazioni ambientaliste, insomma, di vario genere. Si sono messi insieme e hanno deciso di costituire un unico tavolo, che hanno chiamato appunto “Basta veleni”, con il quale interfacciarsi direttamente con le istituzioni. E si sono interfacciati anche con noi. Tra parentesi, in quella manifestazione erano presenti sicuramente molti dei miei colleghi e soprattutto noi del MoVimento 5 Stelle. Ma eravamo presenti, appunto, come cittadini, perché in quella manifestazione l'uso dei simboli era ovviamente vietato. Ma eravamo presenti e chi ci conosce sa che eravamo lì.

Ma non eravamo solo lì in quella manifestazione, eravamo anche presenti quando il tavolo “Basta veleni” ha voluto incontrare i parlamentari bresciani, per portare delle richieste. Ebbene, di quelle richieste, sostanzialmente, buona parte sono confluite poi in questa mozione, tranne, come dicevo all'inizio, il punto fondamentale, la richiesta fondamentale, quella di uno stop, almeno momentaneo di qualche anno, a qualsiasi nuova autorizzazione o ampliamento di discariche nuove o esistenti.

Secondo noi, questa era una richiesta fondamentale e basilare, era il punto zero da cui ripartire. Da parte dei colleghi, soprattutto della maggioranza, che hanno sottoscritto questa mozione, è stato ritenuto che, forse, non era il caso, perché forse il Governo non ce l'avrebbe approvata, se noi avessimo chiesto, avessimo avanzato, una richiesta del genere.

Ma tant'è. Noi riteniamo che quella richiesta era fondamentale. E adesso lo spiego e adesso cito dei numeri, così capirete anche le motivazioni, per cui oggi è necessario dire “stop” a nuove discariche nel territorio bresciano. La provincia di Brescia ospita 31 discariche per rifiuti speciali, in totale circa 665 impianti di trattamento vario, di rifiuti di vario genere. Si stima che nel territorio bresciano siano tombati 35 milioni di metri cubi di rifiuti, quelli conosciuti. Poi ci sono quelli sconosciuti, o meglio, quelli di cui si crede e si teme che ci siano e siano presenti nel territorio bresciano. Sono le cosiddette discariche fantasma. Lo storico dell'ambiente Marino Ruzzenenti stima che il totale, il monte premi - chiamiamolo così - dei rifiuti sotterrati, tombati, sotto il territorio bresciano, arriva a 60 milioni di metri cubi. Se noi lo dividiamo per la superficie dell'estensione della provincia di Brescia, arriviamo a circa 12.500 metri cubi per chilometro quadrato, una cifra che non ha uguali in nessuna zona d'Italia, nemmeno la famosa Terra dei fuochi campana.

Tra il 2012 e il 2014 sono stati tumulati complessivamente in Italia circa quasi 2 milioni di metri cubi, 2 milioni di tonnellate di rifiuti speciali. “Speciali”, per chi non lo sapesse, sono quei rifiuti prodotti dalle aziende. Sono sia rifiuti pericolosi che non pericolosi. Di questi quasi 2 milioni di tonnellate, il 67,7 per cento è finito in Lombardia, o meglio, scusatemi, un terzo di questi rifiuti, è finito in Lombardia. Di questo terzo, quasi il 70 per cento, è finito solo nella provincia di Brescia. La provincia di Brescia, da sola, tra il 2013 e il 2014 ha tombato nel suo territorio il 17,2 per cento di rifiuti speciali trattati in tutta Italia. Il cosiddetto fattore di pressione, se volessimo rapportare tra la quantità di tonnellate tumulata e l'estensione della provincia, arriva a 411,59 tonnellate all'anno per chilometro quadrato. Facendo un paragone con il resto d'Italia, siamo a dieci volte la media nazionale.

Ora basterebbero questi dati per capire che c'è un piccolo problema di rifiuti, un piccolo problema ambientale nella provincia di Brescia. Ma non basta. Credo che servano altri dati e altri numeri. Questi numeri sono i dati della qualità di vita, o meglio, i dati delle analisi epidemiologiche dei cittadini bresciani.

Ora, sappiamo tutti che Brescia ospita all'interno, quasi nel cuore, a pochi passi dal centro storico, uno dei più grandi siti di interesse nazionale, che è appunto quello della Caffaro; per decenni, mentre in America già si metteva al bando il PCB, Caffaro continuava a produrlo allegramente, come se nulla fosse, quando già si sapeva benissimo e si sapeva per certo quali fossero i danni causati da questo prodotto.

Ebbene, se andiamo a vedere, appunto, le analisi del sangue, scopriamo che i cittadini bresciani - vi riporto proprio i dati – presentano elevati livelli di diossina. Quindi, non parliamo nemmeno del PCB, che era il primo prodotto della Caffaro, ma di sottoprodotti, le diossine, ancora più pericolose, perché sono state riconosciute prima come cancerogeni certi per l'uomo e solo successivamente i PCB.

Ebbene, i livelli di diossina all'interno del sangue dei cittadini bresciani è pari a 54 picogrammi equivalenti per grasso per i cosiddetti soggetti non esposti, cioè quelli che non vivono e non consumano abitualmente prodotti che stanno nel raggio di azione della Caffaro. Questo valore è il doppio di quello rilevato nel sangue dei cittadini che vivono nella Terra dei fuochi. Già solo un cittadino che non abita nei pressi della Caffaro ha un valore di diossina doppio a quello rilevato nella Terra dei fuochi, quattro volte la media nazionale: partiamo solo da questo. Ma se andiamo a vedere i soggetti esposti, cioè quelli che abitualmente consumano prodotti che vengono anche coltivati all'interno dell'area, dove gravita e dove pesa il sito di interesse nazionale Caffaro, i valori raggiungono 400 picogrammi equivalenti per grammi di grasso, sostanzialmente dieci volte il valore medio nazionale. Siamo a valori di 10 volte!

Anche il latte materno non è da meno. È molto contaminato da diossina, fino a 147 picogrammi, livello elevatissimo, che non trova eguale, se non in quello riscontrato ad esempio nelle donne che hanno vissuto la guerra in Vietnam. Abbiamo, quindi, donne che presentano un contenuto di diossina pari a quello rilevato decenni fa durante la guerra in Vietnam. Questo per darvi un'idea.

Ma non solo. I dati fortunatamente ci sono. Anche se sono raccapriccianti, ma ci sono.

Il terzo rapporto dello studio Sentieri, pubblicato nell'aprile 2014, dice che Brescia è la città con la maggiore incidenza di tumori rispetto alla media del nord Italia. In particolare: per tutti i tumori maligni (più 10 per cento negli uomini; più 14 per cento nelle donne); per melanomi della cute (più 27 per cento negli uomini; più 19 per cento nelle donne); per linfomi non-Hodgkin (più 14 per cento negli uomini; più 25 per cento nelle donne); per tumore da mammella (più 25 per cento nelle donne).

Insomma con questi dati, è ancora più evidente che c'è una situazione di non sostenibilità. Per questi motivi si spiegano l'azione e l'attività di molti cittadini, che, come dicevo all'inizio, sono scesi per strada, si sono uniti, hanno fatto gruppo e oggi hanno costituito questo tavolo, con il quale cercano di interfacciarsi con le istituzioni. Sono arrivati al Parlamento e, insieme ad altri colleghi, siamo riusciti a portare la loro voce e a trascriverla all'interno di questa mozione, che, come dicevo prima, è sì monca, perché comunque non riporta un punto fondamentale, che è appunto quello della moratoria contro l'attivazione di qualsiasi nuova discarica, ma comunque è un punto di partenza. Certo, è un punto di partenza ritardatario - in questo faccio anche mea culpa - in quanto siamo arrivati dopo cinque anni a portare il tema ambientale e della salute dei cittadini bresciani in Parlamento, cosa che invece i campani sono riusciti a fare molto tempo prima.

Ma io credo che ci sia anche un'altra questione da sollevare. È vero, abbiamo impiegato tanto tempo, però, se non si dice chiaramente di cosa stiamo parlando, di qual è la situazione vera e propria, la situazione che stanno affrontando quotidianamente i nostri cittadini, i nostri concittadini bresciani, significa fare capire ai nostri interlocutori, in questo caso il Governo, che forse va ancora tutto bene.

Dire cioè che, tutto sommato, nonostante i dati allarmanti che sono di dominio pubblico, che tutti conoscono, tutto sommato, il parco della scuola è stato bonificato, tutto sommato arrivano 30-50 milioni di euro per la Caffaro, tutto sommato ci sono imprese che si mettono insieme e cercano di fare un po' di ambientalismo. Ritengo che sia proprio questo il problema più grosso cioè raccontare una verità che non c'è, che non esiste: la situazione a Brescia è drammatica, è allarmante e va detto. Bisogna avere il coraggio di dirlo e non aver paura di raccontare una città, la città di Brescia, che non è quella che tutti credono che sia. Nella città di Brescia la gente muore, si ammala per tumore, si ammala di mal-ambiente. Il numero di cure mediche per la cura di tumori è più elevato rispetto addirittura alla terra dei fuochi o dell'Ilva di Taranto; deve esserci una correlazione tra qualità dell'ambiente e qualità della salute. Crediamo che non servano altri dati per dimostrare che c'è una stretta correlazione tra quello che beviamo, mangiamo e respiriamo e calpestiamo tutti i giorni e la qualità della nostra salute e i dati, come ho detto, giustificano e dimostrano tutto questo. Ma inoltre non lo dicono solo i dati, lo dice anche qualche persona un po' più autorevole e un po' più dentro il meccanismo e, tra le tante, una di esse è anche ad esempio il procuratore aggiunto di Brescia Sandro Raimondi. Questi è venuto in Commissione ecomafie in Parlamento e ha raccontato e ha detto un po' quello che sta analizzando sul territorio del nord e soprattutto nel territorio bresciano, anche su come il Parlamento o chi aveva direttamente le informazioni le ha fatte trapelare, le ha fatte uscire pubblicamente nei confronti dei cittadini e della stampa; anche su questo avrei qualcosa su cui criticare e contestare perché sappiamo benissimo che, all'interno di quella Commissione, i cittadini bresciani o, meglio, i parlamentari bresciani - ce n'è una in particolare - finché le audizioni non sono state rese pubbliche, attraverso i resoconti stenografici, fino ad allora, non si sapeva esattamente nulla di quanto il procuratore aggiunto Raimondi aveva raccontato in quell'audizione. Fortunatamente, esistono i resoconti stenografici e fortunatamente esistono cittadini che hanno tanta voglia di andare a cercare informazioni senza aspettare che un parlamentare gliele racconti e abbiamo scoperto quello che ha detto. Ebbene, ha proprio parlato di Brescia come Terra dei fuochi: la nuova Terra dei fuochi del nord. In realtà, per dire per la verità, noi del nostro gruppo parlamentare l'abbiamo ridefinita e l'abbiamo rinominata perché il nome Terra dei fuochi era troppo riduttivo: richiamava troppi i roghi. Effettivamente roghi ce ne sono stati anche al nord ma non così numerosi da poterla definire Terra dei fuochi. È più una terra dei veleni. Abbiamo preso spunto direttamente proprio dal comitato “Basta veleni” che ha raggruppato così tante persone e comitati. Ma torniamo alle dichiarazione del procuratore Raimondi: ora lui dichiara e leggo perché secondo me le parole che ha utilizzato sono come macigni pesantissimi su tutta l'amministrazione ma soprattutto su certa classe imprenditoriale chi oggi va in giro e racconta una Brescia che non è quella che dovrebbe essere raccontata. Ora Raimondi afferma: “Abbiamo capito che c'è stata proprio un'inversione di rotta, nel senso che dal sud al nord viene effettuata questa attività di illecito trattamento e di illecito commercio, che ha fatto divenire Brescia e le zone limitrofe, a mio modo di vedere, una nuova Terra dei fuochi (…)”. “L'aspetto qualificante di molte imprese operanti nel settore è quello per cui ormai si può fare a meno per certi aspetti di rivolgersi obbligatoriamente a criminalità organizzate di stampo 'ndranghetistico e camorristico pur presenti nel distretto di Brescia”. Il procuratore sta cioè dicendo che c'è una certa classe imprenditoriale che oggi non ha più nemmeno bisogno della camorra e della 'ndrangheta che è presente nel territorio bresciano perché sa benissimo da sola smaltire in modo illecito i rifiuti: talmente è progredita ed evoluta questa classe imprenditoriale. Poi prosegue: “E' diventato un modo callido e “intelligente” di fare impresa da parte di alcuni operatori del settore. Io lo definisco un reato di impresa, dove l'imprenditore del nord ha imparato come fare da solo, in modo autarchico”; anche qui si riferisce all'autarchia che richiama un po' anche la questione ambientale. “Se mi consentite una battuta ha imparato a far ciò senza rivolgersi a esterni ma mettendo in essere una serie di attività in proprio per la gestione dell'illecito trattamento”.

Direi che queste parole o sono parole di un folle ma credo proprio di no, credo che abbia la competenza e l'autorevolezza per affermarle e, se sono vere, sono macigni pesantissimi su tutta la classe imprenditoriale e direi anche dirigente di Brescia e del nord Italia. Ora, subito, gli imprenditori, sentite queste parole, sono corsi ai ripari, dicendo: assolutamente no, noi siamo bravi, noi siamo per il rispetto dell'ambiente tant'è che facciamo economia circolare. Perfetto, abbiamo incontrato questi imprenditori: siamo andati a chiedere loro cosa intendono per economia circolare. Questi imprenditori ci raccontano che per il semplice fatto che loro trattano acciaio, quindi lavorano il rottame, questo per loro è economia circolare e siamo a posto. Basta far diventare tutte le imprese fonderie o acciaierie e facciamo tutti economia circolare e diventiamo campioni del mondo. Ora, capite che, quando ti trovi davanti persone importanti perché sono proprietari di imprese, dirigenti di imprese importanti che fanno centinaia, migliaia e milioni di euro di fatturato con decine, centinaia e migliaia di persone alle proprie dipendenze, e ti senti parlare in questi termini, ti cadono un attimo le braccia. Quindi, quando sento dire: no, da parte dell'imprenditoria bresciana, c'è stato un cambio di rotta perché c'è la voglia di mettersi in regola con l'ambiente - chiamiamolo così - ecco, a me cadono ancora di più le braccia perché non si può assolutamente far affidamento sulle parole di un imprenditore che ti racconta una cosa del genere. Ora sicuramente è stato fatto qualcosa su questo - non lo mettiamo in dubbio - ci sono realtà, ci sono anche sperimentazioni che hanno visto collaborare attivamente in modo molto proficuo cittadini e imprese e istituzioni, che hanno consentito di arrivare a un buon livello per quanto riguarda la qualità dell'ambiente e i rischi annessi all'attività imprenditoriale. Non basta, il messaggio che vorrei lasciare con il mio intervento è proprio: non abbiamo paura ad affermare che a Brescia c'è un problema di ambiente e di salute. Se noi tutti insieme riusciamo a far capire al nostro interlocutore, quindi parlo per i miei colleghi che stanno da questa parte di quest'Aula, che a Brescia c'è una Terra dei fuochi, una Terra dei veleni che è molto più pesante e impattante della Terra dei fuochi campana o addirittura dell'Ilva di Taranto, ebbene, se il nostro interlocutore, il Governo riesce a comprenderlo, allora possiamo cominciare a gettare le basi per riuscire almeno a limitare i danni: non dico a rimediare i danni, ma almeno a porre un freno alla situazione devastante che sta subendo il territorio bresciano.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.

Prendo atto che il Governo si riserva di intervenire successivamente. Il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 5 dicembre 2017 - Ore 11:

1. Svolgimento di interpellanze e interrogazioni .

(ore 15)

2. Seguito della discussione delle mozioni Argentin ed altri n. 1-01746, Bechis ed altri n. 1-01761, Galgano ed altri n. 1-01762 e Rondini ed altri n. 1-01764 concernenti iniziative di competenza volte a favorire la diffusione dei parchi giochi inclusivi .

3. Seguito della discussione della proposta di legge:

BALDELLI ed altri: Disposizioni a tutela dei consumatori in materia di fatturazione a conguaglio per l'erogazione di energia elettrica, gas e servizi idrici. (C. 3792-A)

Relatore: BECATTINI.

4. Seguito della discussione della relazione della Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo sui rapporti tra criminalità organizzata e contraffazione. (Doc. XXII-bis, n. 13)

5. Seguito della discussione delle mozioni Nesci ed altri n. 1-01701, Lenzi ed altri n. 1-01763 e Fossati ed altri n. 1-01765 concernenti iniziative volte a contrastare il fenomeno della corruzione in ambito sanitario .

6. Seguito della discussione della proposta di legge:

ROMANINI ed altri: Disposizioni in materia di produzione e vendita del pane. (C. 3265-A)

Relatori: PRINA, per la maggioranza; GIANLUCA PINI, di minoranza.

7. Seguito della discussione della mozione Quintarelli ed altri n. 1-01620 concernente iniziative volte a promuovere una moratoria internazionale dello sviluppo di sistemi di arma di tipo AWS (Autonomous Weapons Systems) e a prevedere un divieto di sviluppo e commercializzazione di tali sistemi di arma in ambito nazionale .

8. Seguito della discussione della mozione Sberna ed altri n. 1-01644 concernente interventi per la bonifica e la protezione ambientale del territorio bresciano .

La seduta termina alle 16,30.