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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 891 di lunedì 27 novembre 2017

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI

La seduta comincia alle 15.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

VALERIA VALENTE, Segretaria, legge il processo verbale della seduta del 20 novembre 2017.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

  (È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Gioacchino Alfano, Amendola, Amici, Battelli, Bellanova, Berlinghieri, Dorina Bianchi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Matteo Bragantini, Bressa, Brunetta, Caparini, Capelli, Casero, Castiglione, Causin, Antimo Cesaro, Cirielli, D'Alia, Dambruoso, De Micheli, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Faraone, Fedi, Fedriga, Ferranti, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Franceschini, Garofani, Gelli, Gentiloni Silveri, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Laforgia, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Marcon, Migliore, Orlando, Pisicchio, Portas, Quartapelle Procopio, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Tancredi, Velo e Vignali sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente settantadue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Modifica nella composizione di gruppi parlamentari.

PRESIDENTE. Comunico che la deputata Veronica Zanetti, proclamata in data 22 novembre 2017, ha dichiarato, con lettera pervenuta il 23 novembre 2017, di aderire al gruppo parlamentare Partito Democratico.

Comunico, inoltre, che, con lettera pervenuta in data 24 novembre 2017, il deputato Trifone Altieri, già iscritto al gruppo parlamentare Misto, componente Direzione Italia, ha dichiarato di aderire al gruppo parlamentare Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini. La presidenza di tale gruppo, con lettera pervenuta in pari data, ha comunicato di aver accolto la richiesta.

Modifica nella composizione della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati.

PRESIDENTE. Comunico che la Presidente della Camera ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati la deputata Giulia Narduolo, in sostituzione del deputato Alessandro Bratti, cessato dal mandato parlamentare.

Discussione della proposta di legge: Molteni ed altri: Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inapplicabilità e di svolgimento del giudizio abbreviato, nonché modifica all'articolo 69 del codice penale, in materia di concorso di circostanze aggravanti e attenuanti (A.C. 4376-A) (ore 15,04).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge n. 4376-A: Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inapplicabilità e di svolgimento del giudizio abbreviato, nonché modifica all'articolo 69 del codice penale, in materia di concorso di circostanze aggravanti e attenuanti.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 22 novembre 2017 (Vedi l'allegato A della seduta del 22 novembre 2017).

(Discussione sulle linee generali – A.C. 4376-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che la II Commissione (Giustizia) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore, onorevole Nicola Molteni.

NICOLA MOLTENI, Relatore. Presidente, grazie. Questa proposta di legge è indirizzata ad escludere l'applicabilità del rito abbreviato e del conseguente sconto di pena di un terzo per i reati di gravissimo allarme sociale, reati efferati, reati di sangue, tra i quali quelli riconducibili al fenomeno del cosiddetto femminicidio.

Al riguardo, rammento che la vigente normativa, che ovviamente noi vogliamo cambiare con questa proposta di legge, anche in caso di delitti di sangue particolarmente efferati prevede tale sconto di pena per il solo fatto che l'imputato ha compiuto una determinata scelta processuale, peraltro insindacabile da parte del giudice.

In ragione del combinato disposto del bilanciamento delle circostanze attenuanti e aggravanti e dell'applicazione dello sconto di pena proprio della scelta processuale del rito abbreviato, si assiste spesso, infatti, a condanne in tutta evidenza esigue, a fronte della gravità dei delitti commessi; condanne, ad esempio, a soli tredici e quattordici anni di reclusione per l'uccisione di vittime, in massima parte donne, del tutto indifese.

Presidente, questa è una proposta di legge che il gruppo parlamentare della Lega ha presentato ormai qualche anno fa e che è stata condivisa con senso di grande responsabilità da parte della stragrande maggioranza delle forze politiche presenti in quest'Aula; una proposta di legge che era già stata approvata nella precedente legislatura: era stata approvata alla Camera il 29 luglio del 2015 e, poi, per oltre un anno, questa proposta è rimasta bloccata e insabbiata, aggiungo io vergognosamente, al Senato, perché questa proposta era stata abbinata ad una più vasta riforma del codice di procedura penale, ma mai inserita. Quindi, sostanzialmente, l'approvazione, con un atto di grande responsabilità da parte di quasi tutte le forze politiche della Camera e del Parlamento - questa legge alla Camera era stata approvata all'unanimità - si è vista sparire.

È il motivo per cui l'abbiamo ripresentata, condividendola: ringrazio la collega Giuliani, ringrazio la Commissione giustizia e ringrazio in modo particolare la presidente della Commissione giustizia, che in questa battaglia di civiltà e di giustizia ha creduto fin dall'inizio. Oggi noi ripresentiamo nell'Aula della Camera questa proposta di legge, affermando un principio: chi commette reati gravissimi, chi commette reati di grave allarme sociale, chi commette tutti i reati di omicidio aggravato, previsti dagli articoli 576 e 577, semplicemente per una scelta processuale, cioè per accedere al rito abbreviato, cioè un giudizio allo stato degli atti, saltando il dibattimento, durante l'udienza preliminare, possa avere la possibilità di avere uno sconto secco di pena di un terzo; soggetti che si macchiano di reati gravissimi, come, ad esempio, strage, terrorismo o tutti gli omicidi aggravati, ad esempio l'omicidio dell'ascendente o del discendente, l'omicidio premeditato, l'omicidio per motivi abietti o futili, l'omicidio con crudeltà e sevizie, l'omicidio in occasione di stalking, di violenza in famiglia, di violenza sessuale, di violenza su minori: ecco, chi commette reati di questa gravità, di questo allarme sociale rispetto all'opinione pubblica non può, semplicemente per una scelta processuale, avere lo sconto di un terzo della pena e, quindi, essere condannato a tredici o quattordici anni e, dopo sette-otto anni essere libero.

Presidente, questa non è una bandierina ideologica: lo dico a chi in queste settimane, in questi anni ci ha accusato di fare del populismo penale. Non vogliamo fare del populismo penale, non vogliamo piantare delle bandierine né politiche né ideologiche, ma semplicemente affermare due princìpi, che sono gli obiettivi principali della nostra proposta di legge, che, poi, prevede - e la collega Giuliani, poi, entrerà nel merito degli altri aspetti di questa legge - due principi fondamentali, due obiettivi fondamentali. Primo, il principio della certezza della pena: tu, criminale, commetti reati gravissimi, togliendo la vita a delle persone, nella stragrande maggioranza donne indifese, non puoi, semplicemente per una scelta processuale a te favorevole - e, spesso e volentieri, chi accede a questo rito è colpevole - avere lo sconto secco di pena di un terzo, che, unito al concorso e al bilanciamento tra attenuanti e aggravanti, ti porta a scontare in carcere pene esigue. Quindi, primo: affermare il principio la certezza della pena.

Secondo: riaffermare con forza e con grande determinazione in quest'Aula un principio, che è il principio della dignità delle vittime e dei familiari delle vittime, spesso e volentieri, lo ripeto, donne e familiari indifesi.

Io rivendico il percorso che abbiamo attuato nella Commissione giustizia della Camera e nel Parlamento: un percorso di grande responsabilità, di grande buonsenso, di assoluta condivisione, consapevoli che la finalità di questa legge viene prima di qualunque motivazione di natura politica; l'abbiamo condivisa e arriviamo ad un testo, che è il testo che oggi presentiamo alla Camera.

Presidente, credo che questa legge abbia una portata importante: tra l'altro, noi ritorniamo ad una previsione del codice di procedura penale che era già prevista prima della riforma del 1989; c'è una sentenza della Corte costituzionale che afferma la bontà dell'inapplicabilità del rito abbreviato per i reati puniti con la pena dell'ergastolo e, quindi, credo che oggi noi scriviamo una pagina importante della giustizia e della civiltà del Paese.

Un pensiero - e vado a concludere - a tutte quelle associazioni, a tutto quel mondo associativo che, con grande dignità, con grande orgoglio, con grande umiltà, si batte per i diritti delle vittime. Sono tantissime le vittime e i familiari delle vittime che in questi mesi abbiamo incontrato, che portano sul volto i segni della sofferenza per aver perso figlie o parenti in maniera drammatica e tragica. È a loro che questa legge viene intestata, è a loro che questo atto di grande responsabilità del Parlamento conduce.

Io credo - e concludo, Presidente - che questa legge scriva una pagina importantissima del senso di responsabilità e di giustizia del nostro Paese, rivolgendosi, in modo particolare e avendo come obiettivo principale, quello di ridare dignità a persone che hanno perso in maniera tragica e drammatica dei propri cari.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la relatrice, onorevole Fabrizia Giuliani.

FABRIZIA GIULIANI, Relatrice. Grazie, Presidente. Vorrei illustrare in maniera articolata i contenuti di questa proposta di legge, che è stata lungamente lavorata anche nella Commissione in uno spirito di collaborazione, come prima veniva evocato dal collega Molteni.

Questa norma è diretta ad escludere l'applicabilità del rito abbreviato e, dunque, del conseguente sconto di pena di un terzo a reati di gravissimo allarme sociale, tra cui, appunto, i cosiddetti femminicidi.

L'articolo 1, modificando l'articolo 438 del codice di procedura penale, esclude dall'applicazione del rito abbreviato i procedimenti per delitti puniti con l'ergastolo, secondo l'impostazione già adottata dal legislatore - questa è una cosa che vorrei sottolineare, perché è di una certa rilevanza giuridica - nel 1987, che ha superato efficacemente il vaglio della Corte costituzionale.

Nella riforma che stiamo esaminando, questo vorrei davvero sottolinearlo, perché è un elemento che ha un carattere di natura culturale e politica, non c'è nessun giudizio negativo, rispetto al valore dei riti alternativi e alla loro portata deflattiva né, tanto meno, un intervento di tipo punitivo, di tipo, come si dice in maniera - diciamo così - poco ortodossa, “forcaiolo”, con il portato che può venire rispetto alla diminuzione delle garanzie dell'imputato; non si tratta di questo. Non si tratta di una legge che nasce sull'onda di un'emergenza o di un, seppur condivisibile, crescente sentimento popolare, ma, anzi, vorrei sottolineare che alla base della nostra scelta - che è stata, come ho già detto, lungamente ponderata, è stata frutto di un lavoro approfondito, di un confronto aperto - vi è il miglioramento del processo di formazione della prova che va, e ne siamo profondamente convinti, a vantaggio di tutte le parti del processo. Basterà ricordare, ad esempio, il caso dell'omicidio di Meredith Kercher, per il quale è stato condannato con il rito abbreviato Rudy Guede, in concorso con altri due imputati che, però, senza l'abbreviato, sono stati assolti.

Il provvedimento, oggi, all'esame dell'Assemblea, è, appunto, il risultato di un confronto e l'esito di questo confronto è una nuova formulazione del testo, non modificato in sede emendativa, che va ad ampliare il perimetro dell'intervento normativo, inizialmente proposto. Vorrei fare, a questo riguardo, un passo indietro. Attualmente, anche in caso di delitti di sangue particolarmente efferati, il nostro codice prevede, appunto, uno sconto di pena secco, per il solo fatto che l'imputato abbia scelto, in una determinata fase processuale, peraltro insindacabile da parte del giudice, appunto, il rito abbreviato. Questo aspetto, se lo sommiamo al meccanismo del bilanciamento delle circostanze e dell'applicazione dello sconto di pena proprio del rito abbreviato, porta spesso a condanne decisamente irrisorie rispetto alla gravità, all'efferatezza e alla crudeltà di alcuni delitti.

Vorrei ricordare, e lo dico davvero senza nessun intento enfatico, semplicemente come dato, che pochi giorni fa ricorreva appunto il 25 novembre, la giornata dedicata all'eliminazione della violenza contro le donne, istituita dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1999. Ora, le organizzazioni internazionali, le ONG e tutte le altre associazioni che sono volte a sensibilizzare l'opinione pubblica per quel giorno richiamano spesso la materia di cui ci occupiamo. Ecco, proprio in queste occasioni, come legislatore, vorrei ricordare le migliaia di donne vittime di violenze e, tra loro, vorrei ricordare un caso, soprattutto, quello di Vanessa Simonini, di vent'anni, che usciva per passare una serata con gli amici e che venne ritrovata, poche ore dopo, a notte fonda, senza vita, strangolata e gettata sul greto del Serchio da un amico, Simone Baroncini, 35 anni, che la corteggiava, le faceva delle avance, ma si era visto rifiutato. Baroncini rispose in un modo che, purtroppo, è condiviso anche da molti giovani e fu condannato all'ergastolo. Sulla base della legge chiese ed ottenne in primo e in secondo grado l'abbreviato; alla fine, la pena fu di 16 anni. Potrei fare il caso di molte altre donne, ma non siamo qui soltanto per questo.

Voglio dire soltanto che questi casi - che sono purtroppo pochi tra gli esempi che potremmo fare e di cui vorrei dirle, Presidente; riceviamo davvero molte lettere dai familiari che ci sollecitano ad intervenire, anche in maniera normativa - sono davvero molti: gli omicidi in ambito familiare, secondo le forze dell'ordine, sono in lieve ma costante calo e questo è sicuramente un dato che ci conforta, ma poiché il dato complessivo degli omicidi è in calo da diversi anni, per quale ragione resta alto quello relativo ai femminicidi, perché resta alta l'incidenza?

Ecco, nel corso di questa legislatura, seguendo, appunto, il solco tracciato dalla Convenzione di Istanbul, noi abbiamo messo in campo un grande spettro di interventi che tocca gli aspetti più diversi, tocca l'educazione, tocca la prevenzione e tocca, anche, la repressione. Infatti - ecco, questo è un dato che vorrei sottolineare, perché mi pare anche di una certa valenza politica e ci troviamo spesso a farlo quando ci occupiamo di questi casi - per molto tempo si sono messi in opposizione, per quanto riguarda il contrasto alla violenza, gli aspetti preventivi rispetto a quelli repressivi.

C'è chi si colloca su un versante, chi si colloca sull'altro versante. Questa opposizione ha nuociuto alle politiche che sono state fatte, ha finito per innescare ed ampliare uno scontro ideologico che ha portato, spesso, alla paralisi degli aspetti normativi. Sappiamo, invece - la Convenzione di Istanbul ce lo ripete continuamente -, che protezione delle vittime, prevenzione e repressione sono aspetti che devono camminare insieme. Proprio ieri, sui giornali, veniva riportato il grande intervento che sta conducendo il Presidente Macron, in Francia, nei confronti delle violenze domestiche. Ecco, grazie a Dio, in Paesi forse meno provinciali del nostro, non si apre questo scontro ideologico; si è perfettamente consapevoli del fatto che si deve intervenire simultaneamente su tutti questi aspetti ed è esattamente nel solco di questa filosofia che procede questo intervento.

Per questo ritengo importante sottolineare che si introduce - oltre alle cose che abbiamo detto - un nuovo articolo, il 438-ter del codice di procedura penale che prevede, in applicazione del principio del giudice naturale dell'articolo 102 della Costituzione, un rito abbreviato davanti alla Corte di Assise, quando si procede per uno dei delitti su cui essa è competente e per i quali la legge non prevede la pena dell'ergastolo. In tal caso, il giudice, dopo aver disposto il rito abbreviato, trasmette gli atti alla Corte d'Assise per lo svolgimento del rito e provvede a indicare alle parti il giorno, il luogo e l'ora della comparizione. Per reati così gravi appare importante che il giudizio possa avvenire di fronte a un giudice collegiale, anziché soltanto al giudice monocratico, come attualmente avviene.

Un altro elemento che mi preme sottolineare, e che è proprio, appunto, figlio del lavoro, del confronto e della riflessione fatti in Commissione, riguarda la modifica del concorso di circostanze. Infatti, con l'articolo 5 si interviene a modificare l'articolo 69 del codice penale, stabilendo, con riguardo ai delitti contro la persona, il divieto di equivalenza o prevalenza delle circostanze attenuanti, laddove concorrano con le aggravanti dell'articolo 71 n. 1, appunto, l'aver agito per motivi abietti o futili, e n. 4, l'aver adoperato sevizie o l'aver agito con crudeltà verso le persone, per evitare che le aggravanti come la crudeltà o i futili motivi possano soccombere, e non debbono soccombere, finendo per venire annullate. La nostra modifica interverrà, dunque, contro i gravi delitti contro la persona e credo che questo sia un modo per onorare – e vado a concludere, Presidente - la sollecitazione che ci ha fatto l'Europa, diverse volte, rispetto all'assunzione della centralità della vittima, perché quella discussione ideologica così sterile, che ho voluto richiamare poco prima, verrà meno soltanto se riusciremo a mettere al centro le vittime, anche attraversando i confini delle culture politiche dei partiti politici che qui dentro sono rappresentati. Vi ringrazio.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo, che però vi rinunzia.

È iscritto a parlare l'onorevole Daniele Farina, che non è in Aula. Si intende che vi abbia rinunciato.

Non vi sono altri iscritti a parlare e, pertanto, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali, avvertendo che non si darà luogo alle repliche, non essendovi stati interventi.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della proposta di legge: Garnero Santanchè ed altri: Istituzione del Registro pubblico delle moschee e dell'Albo nazionale degli imam (A.C. 2976-A); e delle abbinate proposte: Caparini ed altri; Molteni ed altri; Palmizio (A.C. 486-1570-3421) (ore 15,21).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge n. 2976-A: Istituzione del Registro pubblico delle moschee e dell'Albo nazionale degli imam; e delle abbinate proposte nn. 486-1570-3421.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 22 novembre 2017 (Vedi l'allegato A della seduta del 22 novembre 2017).

(Discussione sulle linee generali – A.C. 2976-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che la I Commissione (Affari costituzionali) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore per la maggioranza, onorevole Enzo Lattuca.

ENZO LATTUCA, Relatore per la maggioranza. Grazie, Presidente. La I Commissione ha avviato l'esame delle proposte n. 2976 Garnero Santanchè ed altri, Istituzione del Registro pubblico delle moschee e dell'Albo nazionale degli imam, e n. 3421 Palmizio, sempre in materia di Istituzione dell'Albo nazionale degli imam, nella seduta del 9 dicembre 2015. Nella seduta del 14 novembre 2017, nell'ambito dell'attività istruttoria sul provvedimento, ha avuto luogo l'audizione informale di esperti.

Nella seduta, invece, del 15 novembre 2017 la Commissione ha consentito all'abbinamento formale della proposta n. 1570 Molteni ed altri, recante disposizioni e delega al Governo in materia di disciplina della realizzazione di nuovi edifici destinati all'esercizio dei culti ammessi e, di conseguenza, ha provveduto ad abbinare all'esame anche la proposta n. 486 Caparini ed altri, recante disposizioni concernenti la realizzazione di nuovi edifici destinati all'esercizio dei culti ammessi, di contenuto identico alla proposta precedente. Nella medesima seduta del 15 novembre, il presidente della Commissione ha comunicato che, considerato che la proposta di legge 2976 Garnero Santanchè risultava iscritta nel calendario dei lavori dell'Assemblea a partire da lunedì 27 novembre per la quota riservata all'opposizione, e non essendovi obiezioni, la medesima proposta si intendeva adottata quale testo base per il seguito dell'esame del provvedimento. Sul testo base sono stati acquisiti i pareri contrari delle Commissioni II e VII. Nella seduta del 21 novembre 2017 la Commissione ha approvato gli identici emendamenti Fiano 1.1 e Roberta Agostini 1.2, entrambi soppressivi dell'intero articolato della proposta di legge, intendendosi così conferito al sottoscritto, in qualità di relatore, il mandato a riferire in senso contrario all'Assemblea.

Prima ancora di passare ad illustrare il contenuto della proposta, che è composta di undici articoli e che si pone l'obiettivo di regolamentare la realizzazione di moschee e l'attività degli imam, ritengo opportuno effettuare una prima considerazione di carattere generale. La presente proposta di legge si caratterizza per l'unilateralità attraverso la quale si intende disciplinare, attraverso la legge, il rapporto tra la confessione religiosa islamica e lo Stato italiano, e, indirettamente, le stesse modalità concrete di esercizio del culto di tale religione. A questo proposito, non può sfuggire la lesione della disposizione del terzo comma dell'articolo 8 della Costituzione, che prescrive sì lo strumento legislativo per la regolazione dei rapporti tra Stato e confessioni religiose, ma sulla base di intese con le rappresentanze delle stesse confessioni. L'assenza di reciprocità in questa materia è costantemente censurata, e ciò avviene in maniera univoca, dalla dottrina e dalla giurisprudenza costituzionale, come emerso anche dalle audizioni tenutesi in Commissione.

Passando all'articolato, l'articolo 1 individua una duplice finalità della proposta di legge: da un lato, la salvaguardia dell'identità e del ruolo delle moschee e degli imam e, dall'altro, il rispetto delle esigenze di trasparenza e di sicurezza. Si dichiara che il registro delle moschee e l'albo degli imam sono istituiti per il perseguimento di tali scopi e sono disciplinati nel rispetto dei principi costituzionali della parità di tutti i cittadini di cui all'articolo 3 della Costituzione e della libertà religiosa di cui agli articoli 8, 19 e 20 della Carta costituzionale medesima.

L'articolo 2, al comma primo, istituisce presso il Ministero dell'interno il registro pubblico delle moschee presenti sul territorio nazionale. Il comma secondo prevede che l'iscrizione al suddetto registro sia subordinata alla presentazione di apposita istanza da parte di coloro che svolgono la funzione di imam o che comunque possono essere considerati soggetti responsabili del luogo di culto. La richiesta è indirizzata al Ministero dell'interno ed è presentata alla prefettura, comunque all'ufficio territoriale del Governo, competente per il territorio in cui è situata la moschea. Il comma 3 rinvia ad un regolamento di attuazione la disciplina relativa del registro, da adottarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'interno.

Il rinvio ad una fonte secondaria dell'ordinamento giuridico come quella regolamentare sembra porsi in evidente conflitto con l'assoluta ed esplicita riserva di legge in riferimento alla disciplina del godimento di diritti fondamentali. L'articolo 3 introduce una serie dettagliata di requisiti necessari per la presentazione della domanda di iscrizione nel registro. In primo luogo, la domanda deve contenere, pena la nullità della stessa, l'indicazione della denominazione e della sede della moschea, l'indicazione della natura giuridica del soggetto che la gestisce, la dichiarazione di chi esercita la funzione di imam o è responsabile della direzione del luogo di culto, e tale dichiarazione deve essere attestata insieme al possesso della cittadinanza italiana e al domicilio regolare in Italia. L'elenco della documentazione allegata deve essere altresì presente in questa richiesta. Si segnala, a questo proposito, un'evidente anomalia, rappresentata dalla previsione della cittadinanza italiana da parte del richiedente come requisito per perfezionare la registrazione all'albo della moschea; come se, in ordine alla libertà religiosa e al godimento del diritto di culto, sia consentita la discriminazione tra cittadini e non cittadini. Inoltre, la domanda deve essere corredata dalla documentazione edilizia e catastale relativa all'immobile adibito a luogo di culto, dal piano economico-finanziario per la gestione della moschea, dall'elenco degli eventuali finanziatori italiani ed esteri, nonché da allegata relazione contenente diversi elementi: l'esposizione dei principi religiosi a cui si ispira l'attività svolta all'interno della moschea, riferimento, questo, che appare alquanto problematico sotto il profilo della legittimità e, soprattutto, sotto il profilo della pervasività del controllo statale; le materie e i principi di insegnamento nel caso alla moschea sia annessa una cosiddetta madrassa o una scuola religiosa; le generalità dell'imam; l'autorità religiosa da cui l'ente dipende; l'elenco delle altre sedi italiane ed estere con i nomi dei responsabili e la consistenza numerica dei fedeli.

L'articolo 4, al comma primo, disciplina le procedure di esame delle istanze di iscrizione al registro, prevedendo che la prefettura curi la fase istruttoria della domanda, provvedendo anche ad assumere pareri e informazioni da parte degli organi di pubblica sicurezza. Tale scelta è in qualche modo rivelatrice dell'impostazione dell'intera legge, evidentemente sbilanciata dalla parte della tutela dell'ordine pubblico, con un approccio che appare assai limitativo di fronte ad una confessione religiosa. Il comma secondo dispone che tali informazioni siano finalizzate anche alla formulazione di un parere motivato sull'impatto sociale derivante dall'autorizzazione all'iscrizione della moschea nel registro; oltre ad esprimere tale parere, la prefettura verifica le condizioni di sicurezza e di igiene dei locali. Il comma 3, infine, prevede una disciplina semplificata per le moschee con più di 200 posti, per le quali le verifiche di sicurezza di cui sopra sono attestate tramite una relazione tecnica redatta da un professionista.

Ai sensi dell'articolo 5, comma primo, il prefetto accerta la presenza di tutti i requisiti e propone al Ministero dell'interno l'iscrizione della moschea nel registro. Il comma 2 dispone che, a sua volta, il Ministro dell'interno verifichi il rispetto di tutte le condizioni stabilite dalla proposta di legge in esame e proceda ad un'ulteriore verifica di compatibilità della moschea con i piani urbanistici del comune in cui è situata e, finalmente, dispone l'iscrizione nel registro. In questo caso viene dimenticata la potestà legislativa regionale in materia di governo del territorio, potestà legislativa concorrente.

L'articolo 6 prevede che i prefetti, oltre ad istruire le richieste di iscrizione al registro, adempiano a diversi compiti in materia di vigilanza e controllo sulle moschee registrate. La trasparenza dell'attività delle moschee è assicurata, ai sensi del comma 2, anche dalla presentazione del bilancio annuale della gestione economico-finanziaria e dall'aggiornamento dell'elenco degli eventuali finanziatori italiani ed esteri. Il comma 3 dispone che, nel caso di cambio del titolare della funzione di imam, il subentrante debba presentare al prefetto, entro quarantotto ore, la documentazione attestante il possesso dei requisiti previsti dalla legge. Infine, in base al comma quarto, il prefetto ha la facoltà, qualora la moschea abbia cessato di possedere uno dei requisiti o non sia stato adempiuto uno degli obblighi previsti dalla presente proposta di legge, di proporre al Ministero dell'interno la revoca dell'iscrizione al registro e, nei casi di particolare gravità, di disporre la chiusura temporanea della moschea nelle more della decisione del Ministero. Non è peraltro chiaro quali conseguenze sul piano giuridico deriverebbero dalla revoca dell'iscrizione all'albo di una determinata moschea, così come dalla mancata iscrizione ab origine allo stesso albo.

L'articolo 7, al comma primo, istituisce e disciplina l'albo nazionale degli imam. L'iscrizione all'albo è condizione indispensabile per l'esercizio della funzione di imam ed è prevista la presentazione di apposita istanza al Ministero dell'interno tramite la prefettura competente. Ai sensi del comma 2, per l'iscrizione all'albo sono necessari i seguenti requisiti: residenza e domicilio in Italia, nonché, in base al già richiamato articolo 3, comma 2, la cittadinanza italiana, conoscenza della lingua italiana, maggiore età, assenza di sentenze di condanna definitiva pronunziate o riconosciute in Italia per delitti non colposi punibili con la reclusione non inferiore nel massimo a tre anni o di sottoposizione a procedimenti penali coerenti con il profilo da ricoprire per i medesimi reati citati.

A questo proposito, la previsione dell'istituzione dell'albo degli imam evidenzia l'inconsapevolezza circa l'impossibilità di assimilare tale figura ad un qualsiasi ministro di culto che, preme ricordarlo, in virtù di tale riconoscimento, ovvero del riconoscimento dello status di ministro di culto, ha diritto ad entrare nelle carceri. Imam è colui che guida la preghiera, testualmente “colui che sta davanti”, e non necessariamente tale figura coincide con la guida della comunità di riferimento, che assume, a seconda dei casi, forme giuridiche eterogenee, spesso di natura associativa.

Risulta, perciò, difficile inquadrare nel nostro ordinamento giuridico questa figura, assimilandola ad un sacerdote della religione islamica e, al tempo stesso, si corre un rischio; il rischio, rilevato anche nel corso delle audizioni da parte di studiosi autorevoli dell'Islam - studiosi dell'Islam e delle sue degenerazioni -, è quello di finire per ottenere effetti contrari e paradossali rispetto alle finalità dichiarate dei proponenti, accreditando singoli imam al di fuori di ogni mediazione, di ogni responsabilizzazione e di ogni forma di controllo da parte di quelle diverse rappresentanze del mondo islamico che in Italia oggi sono presenti e si relazionano con il Ministero dell'Interno e con la direzione centrale degli affari dei culti, e procedendo attraverso questa legge a provocare un'ulteriore frammentazione, parcellizzazione, aumentando così la possibilità di radicalizzazione e di degenerazione di parti di questo mondo. Si tratta di rischi che nessuno intende negare, ma che con questa proposta di legge non si riducono affatto.

La revoca e la sospensione dell'iscrizione all'albo degli imam sono oggetto, invece, della disciplina dettata dall'articolo 8. La sospensione dall'albo è disposta dal Ministero dell'Interno su proposta del prefetto e si applica, ai sensi del comma 1, nel caso l'interessato sia imputato per un delitto non colposo, punibile con la reclusione non inferiore al massimo di tre anni (non è indicato il periodo della durata della sospensione). La revoca dell'iscrizione interviene anche qualora il comportamento dell'imam costituisca una minaccia per l'ordine pubblico e la sicurezza, anche in considerazione dei procedimenti penali in corso. Colpisce, a questo proposito, il cedimento integrale di stampo inquisitorio rispetto ai principi del garantismo e della presunzione di innocenza che non solo è sancito dalla nostra Carta costituzionale, ma che frequentemente è stato invocato in maniera solenne dai proponenti di questa proposta di legge. L'articolo 9 istituisce la Commissione per l'albo degli imam presso il Ministero dell'Istruzione dell'università e della ricerca, con il compito di formare e tenere l'albo.

L'articolo 10 prevede l'istituzione di appositi corsi di formazione e studio presso le facoltà di lettere e filosofia con specializzazione in storia e civiltà orientali nei principali atenei italiani. L'articolo 11 stabilisce, infine, che i soggetti ai quali si applica la proposta sono tenuti a procedere alla registrazione delle moschee, ai sensi dell'articolo 2, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge, ed entro sei mesi devono essere adeguati gli edifici di culto e devono essere nominati gli imam secondo le nuove disposizioni introdotte dal provvedimento.

In definitiva, Presidente, la proposta in oggetto presenta numerosi, gravi e fondati dubbi di legittimità, e non sembra contenere disposizioni normative idonee al perseguimento delle finalità dichiarate dagli stessi proponenti.

La presenza islamica in Italia rappresenta un fenomeno significativo (i musulmani presenti in Italia sono oltre 1.200.000), non privo di problemi di diversa natura. Un problema che merita senza dubbio l'attenzione da parte del Parlamento. A questo proposito, anche in considerazione del seppure rapido lavoro istruttorio effettuato dalla I Commissione, appare opportuno e probabilmente necessario sollecitare il Governo affinché il tentativo di stipulare intese con le rappresentanze della confessione islamica, tentativo più volte fallito - bisogna dirlo - anche soprattutto per le caratteristiche intrinseche di tale rappresentanza frammentata, deistituzionalizzata e degerarchizzata, riprenda, percorrendo la strada tracciata dalla stipula del patto nazionale per un Islam italiano nei mesi scorsi, e prendendo in considerazione la possibilità, peraltro già realizzatasi per altre confessioni, della stipula di intese plurime, se necessario differenziate, che consentano anche in tempi successivi di istituzionalizzare un rapporto tra lo Stato e la rappresentanza islamica, nel pieno rispetto, però, dei principi costituzionali.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la relatrice di minoranza, onorevole Garnero Santanchè.

DANIELA GARNERO SANTANCHE' , Relatrice di minoranza. Grazie, Presidente. Il provvedimento che abbiamo in esame intende perseguire il principale obiettivo di apprestare strumenti di tutela, della sicurezza e soprattutto della trasparenza dei luoghi di culto della religione islamica, salvaguardandone certamente l'identità e il ruolo, nonché di vigilare perché si deve assolutamente impedire che, all'interno dei citati luoghi di culto, ci siano persone che possano svolgere la loro attività non professando quella che è la loro fede religiosa, ma altro.

Noi, e credo che su questo dovremmo essere tutti assolutamente d'accordo, non possiamo escludere il rischio che tali luoghi possano rappresentare il veicolo per la diffusione di ideologie di matrice radicale. Peraltro, diverse evidenze investigative e giudiziarie lo hanno già evidenziato, e hanno individuato proprio nelle moschee e nei luoghi di culto che queste poi diventano la base logistica, o di transito, o di indottrinamento, di arruolamento di combattenti della jihad destinati a operare sia in Italia, che all'estero.

Non dimentichiamo, anzi dobbiamo sottolinearlo con forza, che spesso non vi è un efficace sistema di controllo su quanto viene diffuso e praticato all'interno di tali strutture, con evidenti e chiare ricadute sulla sicurezza dell'intera comunità nazionale.

Proprio da queste considerazioni prende corpo l'imprescindibile esigenza di istituire un registro pubblico delle moschee e un albo nazionale degli imam improntati ad una logica di monitoraggio di situazioni che possono apparire come potenzialmente pericolose, perché non sono volte e destinate all'esercizio del sacrosanto diritto della professione della propria fede.

Dobbiamo partire anche da dati che sono certificati: l'Islam è la prima tra le religioni non cristiane nel nostro Paese, i musulmani presenti in Italia sono circa 1.200.000, di cui oltre il 50 per cento viene dall'area nordafricana, e in particolare dal Marocco, mentre gli altri provengono da Paesi di tradizione islamica collocati tra l'Africa subsahariana, il Medio Oriente e l'Oriente.

La libertà religiosa e di culto che caratterizzano la società laica italiana ed europea hanno consentito la creazione di moschee e la destinazione di luoghi pubblici e privati al culto islamico e all'istituzione di centri culturali islamici. Il fenomeno però, lo dobbiamo assolutamente ammettere, è fuori controllo. Le moschee e i luoghi di culto islamico in Italia presentano un panorama che è estremamente fluido, impossibile da quantificare e da mappare, perché oggi in Italia non abbiamo ancora una conoscenza esatta di quante sono le moschee e i luoghi di culto. Proprio questo è dato, secondo noi, anche dal fatto che non c'è una normativa di quadro nazionale; i luoghi di culto vediamo che spesso cambiano indirizzo, se ne aprono completamente di nuovi, vengono chiusi gli altri, si riaprono e spesso operano in un sistema di assoluta clandestinità.

Noi tutti dobbiamo ricordare quanto era stato affermato dal Dipartimento del tesoro statunitense con riferimento alla moschea, centro studi, di viale Jenner, a Milano, considerata come la principale base di Al Qaeda in Europa, attiva in senso jihadista sin da quando venne aperta, dalla sua fondazione; parliamo del 1988.

Inoltre, dobbiamo sempre ricordare, che partì da Milano il primo attentato suicida di matrice jihadista in Europa, un'autobomba che era guidata da un egiziano residente a Milano contro una caserma della polizia croata; correva l'anno 1995.

Sono noti poi - non sto qua a ricordarli a quest'Aula - tutti i fatti di cronaca che raccontano come almeno quattro tra i maggiori protagonisti degli attentati suicidi in Iraq partirono proprio da Milano. Noi abbiamo viale Jenner e sappiamo cosa rappresenta e siamo certi che di viali Jenner in Italia ce ne sono molti altri che operano sicuramente in quello stato di clandestinità che denunciavo prima.

È evidente dunque come lo sviluppo della minaccia terrorista rappresenti un pericolo serio e concreto che necessita di essere contrastato anche attraverso misure che regolamentino i luoghi di culto islamici e che, nell'ottica di garantire una maggiore sicurezza e trasparenza, debbano tuttavia anche favorire l'integrazione della comunità degli immigrati di fede islamica nella comunità nazionale italiana. Una maggiore integrazione di tale componente che, come abbiamo visto dai numeri è ormai molto consistente nella società, basata sul rispetto reale dei principi della Costituzione e delle leggi della Repubblica non può quindi prescindere dal promuovere un dialogo basato su elementi di garanzia e di tutela dei valori democratici, a partire dalla trasparenza dei luoghi di culto.

È necessario quindi contemperare i valori costituzionali della libertà religiosa e di culto con quelli della sicurezza e della pace sociale. Con la presente proposta di legge si intende dunque regolamentare sia l'edificazione dei luoghi di culto islamici sia la formazione degli imam.

L'esigenza primaria è, quindi, la trasparenza dei luoghi di culto, che devono poter esercitare liberamente il proprio mandato religioso, ma sempre nel rispetto dei valori e dei diritti costituzionali.

Nel contempo, si ritiene che debba essere garantita la sicurezza di tutti i cittadini attraverso verifiche e controlli specifici. Inoltre, dal momento che spesso parliamo dell'Europa e tendiamo sempre a vedere che cosa fanno gli altri Paesi, anche qui vorrei ricordare che Paesi come la Spagna, il Regno Unito e la Svezia hanno già aggiornato la propria legislazione in merito alla regolamentazione dell'edilizia di culto e, quindi, credo che, senza estremismi, senza appartenenze partitiche o estremamente ideologiche, anche in Italia si possa discutere della proposta di legge e mi auguro che il partito di maggioranza non voglia sottrarsi al dibattito parlamentare, perché ognuno porterà avanti le proprie idee, ognuno cercherà di convincere gli altri della bontà delle proprie idee, ma in un momento così difficile e in cui soprattutto è così sentito il bisogno di sicurezza da parte dei cittadini italiani, mi auguro che il PD non voglia soffocare il dibattito sul quale, invece, il Parlamento dovrebbe essere chiamato da domani ad intervenire attraverso la proposta di legge; come dicevamo, in molti Paesi d'Europa che sono più avanti di noi e hanno già legiferato in tal senso e parliamo di Paesi che hanno anche loro una struttura importante.

Quindi, oggi l'Italia è chiamata nel Parlamento italiano a discutere non su una proposta di legge estremista, ossia che stabilisca di chiudere tutte le moschee e tutti i centri di culto e non dia spazio per professare altre fedi religiose, ma su una proposta di legge di assoluta libertà e di garanzia: infatti, la nostra proposta deve semplicemente riempire un vuoto normativo e deve regolamentare ciò che darebbe garanzie a tutti. Quindi, non è una proposta fatta contro, ma è una proposta di legge fatta assolutamente a favore.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

DANIELA GARNERO SANTANCHE', Relatrice di minoranza. E, quindi, è fondamentale che vi sia questo intervento normativo e che sia adeguato: è quanto la presente proposta di legge, su cui la Commissione affari costituzionali si è espressa in senso contrario, si pone invece di raggiungere come obiettivo. La proposta cioè stabilisce di istituire un registro pubblico delle moschee in Italia, alla cui iscrizione provvede il Ministro dell'interno, dopo un'istruttoria svolta dalla prefettura competente per territorio.

La domanda di iscrizione nel registro, proprio per garantire massima trasparenza, dovrà essere corredata della documentazione edilizia e catastale relativa all'immobile adibito a luogo di culto, del piano economico-finanziario per la sua gestione…

PRESIDENTE. La prego di concludere.

DANIELA GARNERO SANTANCHE', Relatrice di minoranza. Devo già concludere, perché io credo che anche la…

PRESIDENTE. È terminato proprio il tempo.

DANIELA GARNERO SANTANCHE', Relatrice di minoranza. Va bene. Concludo dicendo che anche la trasparenza sui soldi e sui bilanci dovrebbe essere fondamentale e quindi mi auguro che possiamo proseguire nelle nostre argomentazioni e che si possa sviluppare un dibattito in Aula, che è quanto ci chiedono i cittadini, ossia di regolamentare una materia, come invece non si vuole fare (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il Ministro.

MARCO MINNITI, Ministro dell'Interno. Mi riservo di intervenire alla fine della discussione generale.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Giammanco. Ne ha facoltà.

GABRIELLA GIAMMANCO. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, oggi all'esame dell'Aula arriva una proposta di legge che sin dall'inizio ha suscitato un vivace dibattito politico, perché relativa a un tema che è stato spesso oggetto di strumentalizzazioni ideologiche ed equivoci che non colgono la vera ratio ispiratrice del testo in discussione.

La volontà di regolamentare, da un lato, i luoghi di culto della religione islamica e, dall'altro, la figura degli imam non nasce di certo dal pregiudizio ideologico da più parti avanzato circa l'automatica equivalenza tra religione islamica e fenomeno terroristico: nulla di più sbagliato. La nostra volontà di procedere con la proposta di legge in discussione nasce dall'esigenza di garantire la maggiore trasparenza possibile all'interno dei luoghi di culto dell'Islam, anche per proteggerne l'identità e salvaguardarne il ruolo e la funzione.

Tra l'altro, non è più comprensibile il fatto che il nostro Paese abbia già realizzato intese con quasi tutte le fedi religiose presenti e professate, ma non disciplini e regolamenti in alcun modo l'esercizio del culto islamico, tanto più alla luce del fatto che l'Islam in Italia è la seconda confessione per numero di fedeli. È quindi quanto mai necessario un patto, Ministro, tra lo Stato italiano e l'Islam per regolamentarne i rapporti.

In più è evidente che non si può sottacere il rischio concreto che le moschee siano utilizzate da soggetti pericolosi che, con la scusa di diffondere i dettami della religione islamica, di fatto giungono a indottrinare potenziali foreign fighters o terroristi, che dir si voglia. Le moschee in questo modo diventano luoghi in cui si incita all'odio verso l'Occidente e i suoi valori, luoghi in cui imam senza scrupoli, che tradiscono il ruolo che dovrebbero avere all'interno della comunità islamica, predicano indisturbati la morte e la guerra santa.

È noto come diversi protagonisti degli attentati suicidi degli ultimi anni abbiano avuto proprio la loro base a Milano, dove la moschea-centro studi di viale Jenner è stata definita come la principale base di Al Qaeda in Europa: lo ricordava bene la mia collega, onorevole Santanchè.

Diverse sono le storie che raccontano come le moschee abbiano spesso rappresentato un'utile base per il reclutamento di giovani combattenti della jihad da parte di predicatori estremisti. Per tali motivi, è necessario impedire che l'intera comunità nazionale possa correre tali rischi con l'istituzione di un pubblico registro delle moschee e di un albo nazionale degli imam e mettere fine ad una situazione di incertezza e di assenza di controlli sulle attività svolte all'interno dei luoghi di culto islamico, che potrebbero proprio diventare terreno fertile per lo sviluppo e la diffusione del fondamentalismo islamico.

Le moschee non possono essere esenti da controlli e avere quindi privilegi speciali. Dobbiamo fornire alla polizia gli strumenti necessari a controllare le moschee; vanno stabilite regole e requisiti precisi finalizzati alla trasparenza e al controllo delle loro attività.

Il provvedimento in discussione vuole disciplinare quindi i luoghi di culto islamico, ma anche la formazione degli imam. In primo luogo, l'intenzione è di fare in modo che le moschee possano essere davvero uno spazio di dialogo e di confronto tra le diverse religioni, oltre che un luogo in cui professare la propria fede, senza influenze di tipo ideologico di matrice islamica.

In secondo luogo, a tale obiettivo si affianca la regolamentazione della figura dell'imam, dietro cui purtroppo si possono nascondere soggetti predicatori del fondamentalismo islamico che possono alimentare il fenomeno del terrorismo e dell'odio verso l'Occidente. Di fronte ad un simile scenario, Forza Italia crede fermamente nella ratio di questa proposta di legge, che in sostanza ha l'obiettivo di fare in modo che i luoghi di culto non vengano snaturati, ma che al contrario rimangano luoghi di preghiera e di incontro, all'interno dei quali si sviluppi una più intensa integrazione con il contesto italiano, in una prospettiva di convivenza pacifica all'insegna del pluralismo religioso quale principio fondamentale del nostro ordinamento.

In conclusione, ci auguriamo vivamente che tutti i partiti, comprendendo l'importanza di tale questione, decidano di affrontare con senso di responsabilità e in un'ottica costruttiva e propositiva un confronto sui temi in oggetto della proposta in discussione, che non può più essere rimandato. Speriamo quindi che l'atteggiamento, soprattutto della maggioranza, sia diverso da quello dimostrato nell'ambito dell'esame di questa proposta in Commissione affari costituzionali: che, approvando un emendamento soppressivo dell'intero testo, di fatto ha sbattuto le porte in faccia a qualsiasi confronto, utilizzando strumentalmente principi costituzionali, senza considerare che su tale questione è necessario contemperare i valori costituzionali sì, ma con la necessaria tutela della sicurezza e della trasparenza dei luoghi di culto, favorendo una piena integrazione della comunità degli immigrati di fede islamica con la comunità italiana.

Colleghi, non possiamo rimanere fermi, non possiamo rimanere ancora fermi: troppo spesso le moschee sono state serbatoio di sentimenti antioccidentali, e i cittadini ci chiedono più tutela e più sicurezza. Non possiamo rispondere alle loro esigenze con l'immobilismo politico: il Parlamento ha il dovere di dare delle risposte ai cittadini, e la maggioranza, la maggioranza di questo Parlamento ha il dovere di non sopprimere tout court i diritti dell'opposizione a un dibattito sereno e civile su una proposta di legge che Forza Italia ritiene essere necessaria e di assoluto buonsenso. Quindi, non è più rinviabile davvero, Ministro, la discussione su questa proposta di legge (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Costantino, che però non è presente in Aula: si intende che vi abbia rinunziato.

Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 2976-A)

PRESIDENTE. L'onorevole Santanchè non ha più tempo, però se ritiene un minuto posso concederglielo, onorevole Santanchè.

DANIELA GARNERO SANTANCHE', Relatrice di minoranza. Un minuto, e la ringrazio, Presidente. Io vorrei semplicemente, come ha già detto la collega Giammanco, che si abbia il coraggio di venire in Aula e di discutere e di portare avanti le proprie idee mettendoci la faccia, perché credo che l'atteggiamento più sbagliato sarebbe quello dell'emendamento soppressivo, cioè ricalcare ciò che è avvenuto in Commissione affari costituzionali. Io credo che invece questo è il luogo deputato per poter discutere, per poterci confrontare, anche - perché no? - per poter migliorare; e trovo che l'atteggiamento è anche proprio mancanza di educazione istituzionale nei confronti dell'opposizione.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore per la maggioranza, onorevole Lattuca, per quattro minuti.

ENZO LATTUCA, Relatore per la maggioranza. Presidente, molto brevemente, io ritengo che quello che è avvenuto in Commissione, che probabilmente potrebbe ripetersi anche domani in Aula, ovvero l'approvazione di un emendamento soppressivo, sia in ogni caso un'assunzione di responsabilità da parte della maggioranza, perché come è noto ci sono altri meccanismi e altri strumenti dal punto di vista regolamentare per evitare il dibattito, come la richiesta di rinvio in Commissione; mentre l'approvazione di un emendamento soppressivo significa assumersi la responsabilità di esprimere la mancanza di condivisione nell'impianto di quella che è la proposta all'ordine del giorno. Quello che voglio dire è che noi ci rendiamo benissimo conto che c'è l'esigenza di affrontare questo tema, l'esigenza di disciplinare con gli strumenti adeguati il rapporto tra la confessione religiosa islamica e lo Stato italiano, ma che riteniamo che questo strumento, questa legge unilaterale, al di fuori di ogni intesa, al di fuori di quello che è il dettato dell'articolo 8 della Costituzione, sia per il metodo sia per alcuni contenuti che lo caratterizzano, non sia uno strumento idoneo e adeguato per affrontare il problema, che c'è, esiste e che vogliamo affrontare.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il Ministro dell'Interno, Marco Minniti.

MARCO MINNITI, Ministro dell'Interno. Signor Presidente, il Governo condivide la cautela e le riserve espresse dal relatore per la maggioranza, con la convinzione e anche la forza che su questi temi si possa e si debba discutere, avendo tuttavia chiaro quali sono i limiti costituzionali a cui noi dobbiamo sempre riferirci e dai quali non possiamo prescindere. La stessa presenza qui del Ministro testimonia che non ci sia alcuna volontà di nascondere la discussione, ma di dire con chiarezza quello che pensiamo.

Come è stato qui detto, ma consentitemi di ritornarci, noi abbiamo gestito le questioni poste anche dalla relatrice di minoranza affrontando apertamente una discussione con i rappresentanti dell'Islam e le associazioni che operano sul territorio nazionale. Abbiamo firmato con loro un patto particolarmente impegnativo; vorrei qui ricordare che affronta alcune delle questioni che sono state poste anche nel disegno di legge. Le moschee sono luoghi pubblici e aperti al pubblico, deve essere reso noto il nome dell'imam che esercita in ogni singola moschea, i sermoni devono essere fatti in lingua italiana, è stato costruito un percorso con le università italiane e con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per la formazione degli imam che operano, esercitano in Italia. Nel momento in cui viene costruita una nuova moschea, è obbligatorio rendere pubblici i finanziamenti ricevuti in Italia e all'estero per la costruzione della nuova moschea.

Infine, in questo patto c'è un riferimento molto importante ai valori costituzionali e agli articoli della nostra Costituzione, in modo tale che, nel momento in cui le associazioni che hanno sottoscritto il patto, che rappresentano una grande maggioranza dei musulmani nel nostro Paese, di fatto hanno operato un chiaro e limpido riconoscimento della nostra Costituzione. Io considero questo patto un dato molto importante, un dato importante per due ragioni: perché, nel momento in cui i sottoscrittori di questo patto hanno riconosciuto in maniera esplicita non solo i punti che io ho detto, ma il riferimento chiaro alla nostra Costituzione, hanno di fatto messo le premesse perché si costruisca un Islam italiano. In qualche modo, nel momento in cui si sottoscrive un patto con riferimento esplicito ai valori fondativi della nostra Costituzione, i sottoscrittori hanno reso evidente che coloro che aderiscono a quel patto sono insieme musulmani e italiani, italiani e musulmani; e questo è un elemento particolarmente importante, perché ci consente di affrontare una seconda questione, e cioè pensare a questo patto come ad un patto che può avere una naturale e forte evoluzione. Sono qui per dirvi con grande chiarezza che, per quanto mi riguarda, è mia profonda convinzione, questa sì profonda convinzione, che sulle materie relative alle religioni, relative all'esercizio di culto, ai luoghi di culto, sia sempre e comunque meglio cercare la via del dialogo e del riconoscimento reciproco, del patto.

Ritengo l'intervento per legge su queste tematiche una questione particolarmente delicata, da affrontare con una certa cautela. Il patto, il riconoscimento reciproco consente di affrontare quelle questioni con maggiore capacità di avere efficacia; l'intervento unilaterale per legge corre il rischio di produrre quella che Kant chiamava l'eterogenesi dei fini, e cioè l'obiettivo di avere una finalità e poi raggiungere una finalità esattamente rovesciata. Sulle materie di religione non è un caso che il nostro Paese abbia sempre privilegiato e scelto l'idea dell'intesa, e non quella dell'intervento di carattere legislativo.

Io continuo a pensarla così e penso anche che questo patto per l'Islam, nel momento in cui ulteriormente sviluppato e, soprattutto, praticato come sta avvenendo concretamente in tutte le realtà italiane, consentirà di dar vita ad un Islam italiano, con il quale io penso, a quel punto, il Governo, le istituzioni potranno procedere alla stipula di un'intesa, perché questa è la ragione vera per la quale non si è stipulata un'intesa: appunto perché l'Islam si è presentato nel nostro Paese come una realtà diversa, in alcuni casi frantumata. Avere, attraverso il patto, spinto perché ci sia il riconoscimento di un processo unificatore dell'Islam italiano consentirà anche di poter lavorare ad un'intesa che renderà ancora più solide le questioni che noi stiamo qui affrontando in quest'Aula. Io mi auguro che vengano considerate come questioni importanti sulle quali il Paese possa discutere, magari, anche dividendosi, perché è naturale che su queste questioni possono esserci opinioni differenti: però farlo, in un quadro di - tra virgolette - reciproco rispetto e reciproco riconoscimento.

Infine, due ultime considerazioni. La prima è questa: le questioni qui sollevate, anche nel dibattito generale dall'onorevole Giammanco, relative alla sicurezza sono questioni che ci impegnano direttamente. Noi abbiamo un quadro di massima attenzione su queste questioni: come voi sapete, il tema del contrasto al terrorismo di derivazione islamista è una delle principali questioni sulle quali ci misuriamo quotidianamente. È utile, forse, ricordare in quest'Aula che, dall'inizio dell'anno, noi abbiamo operato novantasette rimpatri forzati per ragioni di sicurezza nazionale verso soggetti che si stavano predisponendo alla radicalizzazione e, quindi, potevano costituire una minaccia potenziale per il nostro Paese: novantasette, con un significativo aumento rispetto alle cifre dello scorso anno. L'attenzione è massima.

E penso anche che, attraverso una cooperazione positiva e virtuosa sviluppata dal patto con l'Islam, si possano rafforzare questi principi di sicurezza. Anzi, se posso qui dire con chiarezza la mia opinione, io penso che il patto con l'Islam italiano costituisca oggi un elemento importante per le politiche di sicurezza nel nostro Paese; lo considero talmente importante che penso che debba essere sviluppato con un processo verso l'intesa.

Infine - ho concluso -, nelle settimane scorse, a fine ottobre, quest'Aula ha licenziato un disegno di legge sulla radicalizzazione, un disegno di legge che, se non vado errato, ha visto anche convergere in maniera più ampia le forze di questo Parlamento. Io considero quel disegno di legge un disegno di legge molto importante: l'auspicio che faccio in quest'Aula è che il Senato prima della conclusione della legislatura possa convertirlo in legge. Quel disegno di legge è anche il frutto di un'attività che il Governo aveva promosso: quella di un'indagine conoscitiva sui fenomeni della radicalizzazione nel nostro Paese. Ecco, il patto per l'Islam, il disegno di legge sulla radicalizzazione, l'azione che viene fatta quotidianamente dalle forze di polizia e dalla nostra magistratura su questi temi ci consentono di avere un quadro per cui, nel rispetto del principio della libertà religiosa, può essere garantito, con altrettanta certezza e nettezza, il diritto alla sicurezza degli italiani. Ed è per questo, appunto per non dimostrare né sottovalutazione né, tanto meno, la volontà di non misurarsi, che sono venuto qui a discutere in quest'Aula come era mio dovere fare.

(Annunzio di una questione pregiudiziale - A.C. 2976-A)

PRESIDENTE. Avverto che, a norma dell'articolo 40, comma 1, del Regolamento, è stata presentata la questione pregiudiziale di costituzionalità Costantino ed altri n. 1, che sarà esaminata e posta in votazione prima di passare all'esame degli articoli del provvedimento. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione sulle linee generali delle mozioni Dellai ed altri n. 1-01738 e Brunetta ed altri n. 1-01725 concernenti iniziative in relazione al progetto di Addendum alle linee guida della Banca centrale europea in materia di crediti deteriorati (ore 16,07).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni Dellai ed altri n. 1-01738 e Brunetta ed altri n. 1-01725 concernenti iniziative in relazione al progetto di Addendum alle linee guida della Banca centrale europea in materia di crediti deteriorati (Vedi l'allegato A).

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione delle mozioni è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).

Avverto, altresì, che è stata presentata la mozione Ruocco ed altri n. 1-01757, che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalle mozioni all'ordine del giorno, verrà svolta congiuntamente (Vedi l'allegato A). Il relativo testo è in distribuzione.

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.

È iscritto a parlare l'onorevole Palese, che illustrerà anche la mozione Brunetta ed altri n. 1-01725, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

ROCCO PALESE. Grazie, signor Presidente. L'Aula è chiamata a discutere e a pronunciarsi su una mozione estremamente importante per il presente e per il futuro del Paese, perché riguarda, ancora una volta, ahimè, in maniera diretta il sistema del credito, di tutti gli istituti finanziari, di tutte le nostre banche nazionali - e non solo, ad onor del vero, nazionali, perché il riferimento è europeo - e, soprattutto, l'impatto che una decisione in riferimento alle direttive che sono apparse nei primi giorni di ottobre del 2017 da parte della Banca centrale europea rispetto a un indirizzo, a una regolamentazione del tutto nuova, innovativa, del tutto tranchant per come è stata presentata in riferimento ai cosiddetti crediti deteriorati (NPL).

Io penso che sia stata un'azione e un'iniziativa provvidenziale quella del Presidente del Parlamento europeo, del Presidente Antonio Tajani, che ha detto una cosa molto semplice: che il Parlamento europeo non può essere completamente escluso o completamente non tenuto in considerazione rispetto a questa decisione, per giunta in violazione della regolamentazione europea. Attenzione: in violazione della regolamentazione europea. Varie espressioni già ci sono state a livello europeo di sostegno all'intervento del Presidente Tajani e, addirittura, si è finiti in una piccola querelle. Oggi, il 27, un organismo del Parlamento europeo deputato ad esprimere un parere dovrebbe formalizzare la competenza nel contesto di indirizzo del Parlamento europeo rispetto alla situazione del sistema del credito.

Questa iniziativa mira ad un'invasione della politica? Per niente. Noi ci teniamo, come Forza Italia, a sottolineare che l'intervento del Presidente Tajani non mira nella maniera più assoluta a ripristinare o a indirizzare un livello politico che possa determinare o essere determinante o influenzare le scelte autonome della Banca centrale europea. Però, qui siamo in un contesto in cui neanche la Banca centrale europea può assumere delle iniziative che impattino in maniera diretta con la vita dei cittadini.

Veniamo al dunque. La decisione, signor Presidente, è veramente allarmante, per un motivo molto semplice: perché si ritiene che, nel giro di due anni, tutto ciò che è in pancia come crediti deteriorati nelle banche italiane debba essere completamente garantito. Davanti ad una situazione del genere è fin troppo evidente evidenziare che, se noi già siamo fanalino di coda in Europa come crescita - fanalino di coda - e se siamo negli indicatori dell'OCSE agli ultimi posti cioè quasi dappertutto, abbiamo necessità e c'è grande necessità di crescita.

Gli istituti di credito già hanno avuto una serie enorme di traversie, non stiamo qui a ripetere, c'è una Commissione d'indagine che, ahimè, ci vede oggi, con il presidente Brunetta, in prima fila a cercare di stabilire, nell'interesse del Paese, la verità e, soprattutto, che cosa è successo. Perché, poi, la politica - questo sì che è un compito della politica e del Parlamento - deve provvedere ad assumersi le proprie responsabilità decidendo e legiferando per i controlli perché tutto quello che è successo non si ripeta e non accada più, a danno di chi? Dei risparmiatori.

Noi, come Forza Italia, siamo veramente per una tutela del risparmio, così come previsto dalla Costituzione, signor Presidente, e così come è stato il nostro l'unico Governo che è intervenuto, dopo gli scandali Cirio e Parmalat, a difesa dei risparmiatori e a determinare regole nuove; e sono rimaste quelle, non ce ne sono state altre, poi, dopo, nel 2005, con la legge n. 242 del 2005.

Ora, davanti a una situazione del genere, è fin troppo evidente che le banche sarebbero messe nelle condizioni di dover azzerare, sostanzialmente, i crediti deteriorati e di non avere, per due e passa anni, forse, la possibilità di erogare crediti alle aziende, alle piccole e medie industrie e quant'altro e, quindi, in questo senso, noi avremmo che cosa? Una decisione del tutto arbitraria da parte della BCE che metterebbe a serio rischio la crescita del nostro Paese, sicuramente, in questa situazione.

Ora, diciamo anche, in maniera molto chiara, come Forza Italia, che noi siamo per stabilire delle regole ed è fin troppo evidente che il problema dei crediti deteriorati è un problema da risolvere, ma nella maniera dovuta; noi riteniamo che occorre che ci sia - così come il presidente Tajani, pure, a più riprese, ha evidenziato - un tempo congruo, un tempo congruo perché tutto ciò possa risolversi. Allora, per i crediti deteriorati di nuova formazione i sette anni possono andar bene, anche se, in questo senso, mi sembra che non ci sia nessun tipo di impegno, da parte del Governo, a cercare di mettere nelle condizioni, poi, le banche di rispettarli, rispetto ai procedimenti lentissimi della giustizia che riguardano i fallimenti, che riguardano i pignoramenti e quant'altro, rispetto anche alla situazione delle garanzie in essere che hanno le banche, perché abbiamo una giustizia che, altro che lumaca, definirla lenta, definirla arcaica, è veramente, già, un grande complimento che le si fa. Quindi, dobbiamo cercare, subito, di adeguare tutte le normative, tutto il sistema della giustizia, soprattutto quella civile, per consentire che le banche siano, poi, messe nella possibilità di rispettare quei sette anni per i nuovi crediti deteriorati. Ma per i vecchi, che sono una montagna, è fin troppo evidente che non è possibile che questo possa accadere in così breve tempo, perché si aggiungerebbe anche quest'altro tipo di situazione.

Io sono orgoglioso della circostanza che il Presidente Tajani ha avuto anche la capacità di mettere sul piatto un'altra cosa; in Europa ha detto e ha portato avanti la questione dicendo una cosa molto semplice: benissimo, i crediti deteriorati; ma dei derivati, su cui sono molto più esposte le banche degli altri Paesi, quando parliamo? Non è che nel sistema del credito europeo e nella politica monetaria dell'Europa, viene messa in discussione solamente la situazione dei crediti deteriorati, dove siamo isolati e, invece, sulla situazione dei derivati, che riguarda la Germania e che riguarda altri Paesi, nessuno parla.

Qui, però, signor Presidente, non posso non evidenziare il poco, pochissimo peso del Governo italiano, perché noi ci siamo trovati, ancora una volta, isolati in questa situazione, con un Padoan che è andato all'Ecofin e, purtroppo, non è che abbiamo ottenuti grandi risultati o grandi garanzie. Ecco perché noi riteniamo che il Governo debba essere impegnato in prima linea, lo ripeto, in prima linea, a difendere quello che è il risparmio, a difendere il sistema e a dare sostegno a questa iniziativa che è stata assunta da parte del Parlamento europeo, in maniera tale che ci siano delle regole predefinite che possano consentire, da un lato, il rispetto delle regole da parte delle banche, a difesa dei risparmiatori, a difesa dell'euro, della moneta, dell'economia europea e di quant'altro, ma, dall'altro, anche, delle condizioni ragionevoli perché tutto il sistema possa mettersi in regola, senza situazioni traumatiche, che già ne abbiamo avute molte; possiamo veramente non ricordare che cosa è successo nel 2011 a danno di questo Paese, signor Presidente? Uno scandalo incredibile che, adesso, anche esperti, come Luca Ricolfi, riconoscono in maniera chiara e, cioè, che i conti erano a posto, che tutto era a posto e che c'è stato un attacco premeditato, politico, che si è evidenziato come un attacco contro il nostro Paese per poter cercare di abbattere quel Governo. Ora, noi dobbiamo essere attenti, dobbiamo prevenire queste cose.

Sulla posizione espressa dal Presidente Tajani, noi chiediamo un impegno serio; qui, è presente il rappresentante del Governo che ha seguito anche l'aspetto, soprattutto, delle riforme bancarie, per quello che ci riguarda non soddisfacenti per niente, per come sono state poste, per la tempistica e per tutto quanto; noi sappiamo perfettamente quello che sta emergendo all'interno stesso della Commissione d'inchiesta. Pertanto, ribadiamo questo nostro impegno e vorremmo, veramente, con tutto il cuore, signor Presidente, che il Parlamento tutto sposasse, insieme al Governo, questa battaglia che è stata portata avanti e che continua a essere portata avanti dal Presidente del Parlamento europeo, dal Parlamento europeo e anche da altri Paesi per far sì che le cose sicuramente siano messe in regola, però, in un contesto e con i tempi dovuti per poter garantire la tenuta di questo Paese, la crescita di questo Paese, il presente e il futuro. Io penso che questa possa essere la strada maestra e Forza Italia la porterà avanti con tutta la sua forza e con tutti i suoi rappresentanti (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.

(Intervento del Governo)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato per l'Economia e le finanze, onorevole Baretta.

PIER PAOLO BARETTA, Sottosegretario di Stato per l'Economia e le finanze. Presidente, due brevissime osservazioni, la prima, è che le reiterate citazioni del Presidente Tajani da parte dell'onorevole Palese sono opportune, perché ripercorrono le posizioni espresse e le preoccupazioni anche del Governo italiano. Come sapete, il Ministro Padoan e altri colleghi di Governo, su questo singolo aspetto, hanno manifestato, chiaramente nei ruoli e nelle modalità che competono a un Governo nel rapporto con la Commissione, le preoccupazioni di questo percorso, tant'è che se poi, successivamente, nella discussione europea c'è stata una riflessione da parte delle autorità europee, ciò è dovuto anche all'assidua azione che abbiamo fatto. Questa azione è costante; non è vero che il Governo non è in prima linea su questa vicenda; essere in prima linea non significa essere sulle prime pagine, significa lavorare costantemente sulla materia e, per quanto riguarda la questione bancaria, c'è molto da fare a livello europeo, perché molte di quelle regole non coincidono con l'impostazione che noi pensiamo essere opportuna per gli interessi del nostro Paese. Questo vuole anche dire, però, che il sistema bancario italiano ha nuove sfide di fronte a sé che vanno affrontate e che vanno affrontate nell'interesse generale del Paese.

PRESIDENTE. Il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 28 novembre 2017 - Ore 11:

1.Svolgimento di una interpellanza e interrogazioni .

(ore 14,30)

2.Esame e votazione delle questioni pregiudiziali riferite al disegno di legge:

S. 2942 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria e per esigenze indifferibili. Modifica alla disciplina dell'estinzione del reato per condotte riparatorie (Approvato dal Senato).(C. 4741)

3.Seguito della discussione della proposta di legge:

MOLTENI ed altri: Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inapplicabilità e di svolgimento del giudizio abbreviato, nonché modifica all'articolo 69 del codice penale, in materia di concorso di circostanze aggravanti e attenuanti. (C. 4376-A)

Relatori: MOLTENI e GIULIANI.

4.Seguito della discussione della proposta di legge legge (previo esame e votazione della questione pregiudiziale di costituzionalità presentata):

GARNERO SANTANCHE' ed altri: Istituzione del Registro pubblico delle moschee e dell'Albo nazionale degli imam.(C. 2976-A)

e delle abbinate proposte: CAPARINI ed altri; MOLTENI ed altri; PALMIZIO.(C. 486-1570-3421)

Relatore: LATTUCA, per la maggioranza;.GARNERO SANTANCHÈ e INVERNIZZI, di minoranza.

5.Seguito della discussione delle mozioni Dellai ed altri n. 1-01738, Brunetta ed altri n. 1-01725 e Ruocco ed altri n. 1-01757 concernenti iniziative in relazione al progetto di Addendum alle linee guida della Banca centrale europea in materia di crediti deteriorati .

(al termine delle votazioni)

6.Discussione sulle linee generali del disegno di legge:

S. 2942 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria e per esigenze indifferibili. Modifica alla disciplina dell'estinzione del reato per condotte riparatorie (Approvato dal Senato).(C. 4741)

La seduta termina alle 16,20.