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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 890 di mercoledì 22 novembre 2017

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO

La seduta comincia alle 9,35.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

ANNA MARGHERITA MIOTTO, Segretaria, legge il processo verbale della seduta di ieri.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

  (È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alfreider, Artini, Bonafede, Michele Bordo, Matteo Bragantini, Bratti, Capezzone, Causin, Cenni, Cimbro, Colletti, Dal Moro, Dambruoso, Dell'Aringa, Dellai, Di Gioia, Marco Di Maio, Faraone, Gianni Farina, Fedi, Fedriga, Gregorio Fontana, Fontanelli, Galati, Garavini, Garofani, Giachetti, Guerra, La Marca, Laforgia, Lauricella, Losacco, Malpezzi, Marazziti, Marcon, Marotta, Antonio Martino, Mazziotti Di Celso, Giorgia Meloni, Monchiero, Nicoletti, Orfini, Paglia, Piepoli, Pisicchio, Realacci, Rigoni, Rughetti, Ruocco, Sanga, Sandra Savino, Sibilia, Sottanelli, Tacconi, Tancredi, Taranto, Valeria Valente, Vazio, Venittelli, Villarosa, Zanetti e Zoggia sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente centotrentaquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 9,39).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento. Sospendo pertanto la seduta, che riprenderà alle ore 10.

La seduta, sospesa alle 9,40 è ripresa alle 10,05.

Seguito della discussione della proposta di legge: S. 951-1082 - D'iniziativa dei senatori: De Monte; Bellot ed altri: Distacco del comune di Sappada dalla regione Veneto e aggregazione alla regione Friuli Venezia Giulia (Approvata, in un testo unificato, dal Senato) (A.C. 4653).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della proposta di legge, già approvata, in un testo unificato, dal Senato, n. 4653: Distacco del comune di Sappada dalla regione Veneto e aggregazione alla regione Friuli Venezia Giulia.

Ricordo che nella seduta del 14 novembre, su proposta del presidente della Commissione e con l'accordo di tutti i gruppi, l'Assemblea ha deliberato il rinvio del provvedimento alla seduta odierna.

Su tale questione ha chiesto di intervenire il presidente Andrea Mazziotti Di Celso. Prego, ne ha facoltà.

ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO, Presidente della I Commissione. Grazie, Presidente. Ricordo che, nella seduta del 14 novembre, la Commissione affari costituzionali aveva convenuto di proporre un rinvio alla data odierna dell'esame di questo provvedimento, perché, anche se ritenuta la conformità del procedimento all'articolo 132 della Costituzione, essendo intervenuta una lettera del presidente del consiglio regionale che sollevava alcuni temi sul procedimento, si era ritenuto di rinviare di una settimana per consentire al consiglio regionale di deliberare eventualmente una seconda volta e pronunciarsi, fermo restando – ripeto - che si riteneva già completato il percorso costituzionale.

Il consiglio regionale veneto non è stato convocato da allora; è pervenuta, però, una lettera del presidente del consiglio regionale, nella quale, da un lato, si rappresenta l'inadeguatezza del termine assegnato al consiglio regionale per deliberare e, dall'altro, si contesta nuovamente il fatto che un atto di indirizzo - una mozione - potesse essere sufficiente ai fini del requisito dell'articolo 132 della Costituzione che le regioni interessate e i consigli regionali vengano sentiti.

È pervenuta anche un'altra nota, sia a me che alla Presidente, del presidente del gruppo di Forza Italia, onorevole Brunetta, nella quale egli ha richiamato sostanzialmente le tesi già espresse nella lettera precedente del 13 novembre, affermando che, sostenendo la posizione del presidente della regione Veneto, l'atto di indirizzo e mozione adottata dal consiglio regionale veneto non sarebbe stato un atto sufficiente ai fini dell'articolo 132 della Costituzione e che questa pronuncia del consiglio regionale veneto non era stata il frutto di una richiesta del Parlamento e, come tale, non era adeguata rispetto alle disposizioni costituzionali.

Su queste due comunicazioni ho ritenuto di convocare ieri un ufficio di presidenza allargato ai rappresentanti dei gruppi, per verificare se la posizione dei gruppi fosse cambiata e se ci fosse un orientamento diverso alla luce delle nuove comunicazioni. L'ufficio di presidenza si è tenuto ieri e tutti i gruppi presenti, con l'eccezione di Forza Italia, e quindi il Partito Democratico, il MoVimento 5 Stelle, la Lega Nord, Centro Democratico e Sinistra Italiana, hanno confermato l'intenzione di procedere con l'esame, alla luce di tutte le considerazioni già svolte. Di questo ho informato la Presidente della Camera per ogni sua opportuna valutazione.

In questa sede, vorrei svolgere alcune delle considerazioni che ho già condiviso ieri in ufficio di presidenza e poi nel comunicato alla Presidenza nella serata di ieri.

Con riferimento alla lettera del presidente Ciambetti, innanzitutto vorrei precisare che la Commissione, così come l'Aula, non ha fissato alcun termine al consiglio regionale per pronunciarsi, perché, dal punto di vista della Commissione, il consiglio regionale del Veneto si è già pronunciato con la mozione n. 149 del 2012, che era stata già presa in considerazione ai fini dell'esame; è stato solo rinviato di una settimana l'esame, per consentire eventualmente al consiglio regionale del Veneto di pronunciarsi nuovamente.

Ripeto, si era ritenuto che quella mozione fosse adeguata, così come la pronuncia del voto della regione Friuli Venezia Giulia, in quanto il contenuto era univoco e adottato in assemblea dai rispettivi consigli regionali: la pronuncia del Veneto dava mandato al presidente del consiglio regionale e alla giunta di intervenire nei confronti del Parlamento affinché prontamente procedessero all'esame e all'approvazione di una legge ex articolo 132 della Costituzione, quindi era una manifestazione totalmente univoca.

Non c'è stata nessuna fissazione di termini, si è solo convenuto di rinviare di una settimana per dare questa possibilità di pronunciarsi nuovamente.

Ora, io desidero sottolineare che il principio di leale collaborazione, invocato dal presidente Ciambetti nella sua lettera, non funziona in una direzione sola: funziona in due direzioni. In attuazione di questo principio, il presidente Ciambetti avrebbe potuto comunicare ben prima dell'8 novembre l'eventuale intenzione del consiglio regionale del Veneto di convocarsi. Il procedimento è partito al Senato nell'anno 2013, ancora ad aprile del 2017 lo stesso gruppo della Lega Nord aveva sollecitato l'avvio al Senato; c'è stata tutta la prima lettura, c'è stato il percorso in Commissione, quando siamo arrivati qui è arrivata la comunicazione dell'8 di novembre. Una comunicazione che non manifestava in nessun modo l'intenzione di convocare il consiglio regionale: era solo un commento negativo sul fatto che il consiglio regionale non si era pronunciato, ma non vi era alcuna espressione dell'intenzione di riconvocarsi, tanto che non è stato convocato.

Ora, il tema, in questo momento, è per l'appunto quello di conciliare le esigenze di leale collaborazione con l'intenzione, da un lato, di tutti i gruppi, con l'eccezione di Forza Italia, di procedere e, dall'altro, con il fatto che il procedimento costituzionale è stato ritenuto perfezionato, perché, quanto all'idoneità dell'atto di indirizzo ad assolvere la funzione di cui all'articolo 132 della Costituzione, la prassi di entrambe le Camere è chiara in questo senso.

Si è andati avanti sulla base di risoluzioni, di mozioni, di voti, e ci sono una serie di precedenti: la risoluzione n. 37 del 2013 del consiglio regionale del Veneto relativa ai distacchi dei comuni di Lamon, Sovramonte, Asiago, Conco, Enego, Foza, Gallio, Lusiana, Roana, Rotzo, Cortina d'Ampezzo, Livinallongo del Col di Lana e Colle Santa Lucia e Pedemonte dal Veneto al Trentino-Alto Adige; la n. 24 del 2012 sempre del consiglio regionale del Veneto relativa al comune di Cinto Caomaggiore e al suo passaggio dal Veneto al Friuli; la n. 212 del 2014 approvata dal consiglio del Veneto relativa al distacco del comune di Taibon Agordino dal Veneto al Trentino-Alto Adige; la mozione del 2010 approvata dal consiglio regionale del Trentino relativa all'aggregazione dei comuni di Pedemonte, Valvestino e Magasa al Trentino-Alto Adige. Quindi, ci sono innumerevoli precedenti.

Mi soffermo, poi, sull'affermazione secondo la quale il consiglio regionale avrebbe potuto pronunciarsi solo su richiesta del Governo, che non vi è stata solo perché l'articolo 45 della legge n. 352 del 1970 attribuirebbe - secondo chi lo dice - un ruolo fondamentale al Governo, riservando al Governo l'iniziativa legislativa.

Ancora una volta, ricordo che la prassi parlamentare ammette univocamente l'iniziativa parlamentare nei procedimenti di cui all'articolo 132, secondo comma, della Costituzione ed esclude che debba esservi un'iniziativa del Governo. Ci sono casi come Montecopiolo, Sassofeltrio e Lamon in cui è stato avviato l'esame di iniziativa parlamentare: è del tutto evidente, che in questi casi, indipendentemente da una richiesta, il consiglio regionale possa pronunciarsi. Ciò che conta ai sensi della Costituzione è che il consiglio regionale sia stato sentito, nel senso che si sia pronunciato univocamente.

Quanto, infine, alla questione che è stata sollevata circa la validità di un orientamento manifestato in una precedente consiliatura, perché la mozione adottata dalla regione Veneto si riferisce alla precedente consiliatura, anche qui va detto che la prassi parlamentare considera validamente espresso l'orientamento dell'organo regionale quando sia stato deliberato in legislature consiliari precedenti. In questo senso, ci sono le pronunce delle regioni Trentino e Friuli-Venezia Giulia nel procedimento del distacco del comune di Lamon, quella dell'Emilia Romagna sul distacco di Montecopiolo e Sassofeltrio, quella sull'istituzione della sesta provincia pugliese e delle province di Monza, Brianza e Fermo della XIV legislatura, sulle quali le regioni interessate si erano espresse prima, nelle legislature precedenti, rispetto a quelle in cui poi si è pronunciato il Parlamento.

Ricordo, inoltre, la pronuncia del consiglio regionale della Lombardia del 2004 in merito alla proposta di legge riguardante la modifica delle circoscrizioni provinciali di Bergamo e Cremona, approvata dalla Camera dei deputati sia nella XVI che nella XVII legislatura.

Questo per ribadire la correttezza del procedimento seguito e per chiarire i contenuti delle due comunicazioni, diciamo la posizione che la Commissione assunto sulle comunicazioni ricevute.

PRESIDENTE. Se non ci sono altri interventi, prendo atto dell'istruttoria del presidente di Commissione.

(Esame di una questione sospensiva - A.C. 4653)

PRESIDENTE. E' stata presentata la questione sospensiva Menorello, Rubinato e Secco n. 1. A norma del comma 3 dell'articolo 40 del Regolamento, la questione sospensiva può essere illustrata per non più di dieci minuti dal proponente. Potrà altresì intervenire un deputato per ognuno degli altri gruppi per non più di cinque minuti.

Illustra la questione sospensiva il deputato Menorello. Ne ha facoltà.

DOMENICO MENORELLO. Grazie, signor Presidente. Colleghi, vi proponiamo, al di fuori di ogni logica di schieramento, alcuni spunti di riflessione per chiedere soltanto un esercizio di prudenza circa l'opportunità istituzionale di procedere adesso con la proposta di staccare Sappada dal Veneto.

Questa sospensiva non vuole essere, e non è, un giudizio negativo nel merito dell'ipotesi di aggregare Sappada al Friuli, perché si propone esclusivamente di rimettere in ordine logico i problemi. Si deve, cioè, prima prendere in mano il dossier Veneto e, solo poi, si possono azzardare risposte a singole questioni, anche perché, senza rispettare questa logica, qualsiasi decisione particolare assumerà surrettiziamente una grave valenza generale: assumerà un significato di rifiuto del tema dell'autonomia Veneta. Un rifiuto aggravato da una inaccettabile disparità di trattamento, giacché le ragioni che vengono addotte per spostare Sappada in Friuli sono tutte giustissime, ma sono però altrettanto giuste quanto quelle addotte dagli altri diciassette comuni veneti in cui si è già svolto positivamente un referendum popolare e per i quali procedimenti il Parlamento tace da anni.

Si motiva in particolare sul fatto che Sappada debba andare in Friuli-Venezia Giulia perché è parte della diocesi di Udine. Vogliamo assumere, allora, come criterio generale i confini delle diocesi? Proviamoci. Ad esempio, appuntiamoci che l'area di Portogruaro, che, per chi non lo sapesse, è in provincia di Venezia, è in importante parte ricompresa nella diocesi friulana di Pordenone, tant'è che Portogruaro chiese di andare in Friuli già con un lontanissimo referendum del 1991 mai riscontrato dalle Camere. E che dire del vicino comune di Cinto Caomaggiore, oggi sempre in provincia di Venezia, ma ricompreso nella diocesi di Pordenone, che ha chiesto con un referendum del marzo 2006 di andare in Friuli? Quindi, due anni prima di Sappada.

Presidente, io capisco che non interessi a nessuno del Veneto...

PRESIDENTE. Colleghi, per favore, il tono della voce.

DOMENICO MENORELLO. Anche Cortina d'Ampezzo, Livinallongo e Colle Santa Lucia sono stati nel principato vescovile di Bressanone dal Cinquecento e in molte frazioni di questi territori si può ascoltare una lingua appena più dolce di quel ladino che si parla al di là del Passo Campolongo in Val Badia, in Alto Adige. Il popolo di questi comuni chiese con referendum di passare in provincia di Bolzano nell'ottobre 2007, prima di Sappada, ma non se ne fece mai nulla.

Per il vero, di motivi simili per giustificare il cambio di regione ne abbiamo finché si vuole. Che dire, pescando a mo' di esempio, solo qualcuno dei tanti comuni con referendum positivi già svolti? Del comune di Lamon, territorio bellunese, non solo circondato, ma, addirittura, attraversato da comuni della provincia di Trento? O del comune di Pedemonte che oggi è in provincia di Vicenza, ma che non solo apparteneva anch'esso, dal 1535, al principato vescovile del Tirolo, visto che adesso i confini ecclesiastici vanno molto di moda, ma in cui persino il codice civile funziona diversamente, vigendo addirittura il sistema tavolare di Trento nelle operazioni di compravendita degli immobili?

Già, se si decide di passare al merito delle singole posizioni comunali, ogni richiesta ha le sue apparenti ragioni oggettive: abbiamo solo l'imbarazzo della scelta. Ma, allora, dovremmo almeno condividere il principio, cari colleghi, per cui la libera autodeterminazione del popolo o dei popoli comunali debba valere per tutti gli enti locali. Perché Sappada passa al Friuli e gli altri diciassette comuni che hanno positivamente coinvolto le relative popolazioni devono accontentarsi di un lunghissimo silenzio del legislatore? Ma prima di addentrarci in retoriche discussioni pseudostoriche o persino pseudocanoniche dovremmo formulare una domandina preliminare.

PRESIDENTE. Colleghi, il tono della voce, per favore. Prego, vada avanti, collega.

DOMENICO MENORELLO. No, ma è significativo quanto interessi questa questione dell'autonomia del Veneto all'Aula. Perché tutti i comuni veneti chiedono di migrare dove c'è più autonomia? Possibile che non ci sia alcuna domanda di diventare emiliani o lombardi? Prendiamo allora atto, una buona volta, che esiste innanzitutto una questione veneta, una questione dettata - e cito, guardando i colleghi della Lega, il Presidente Zaia nella recentissima audizione svolta presso la Commissione bicamerale sul federalismo - da 600 mila imprese, circondate da regioni a statuto speciale; una regione, il Veneto, che ha 46 dipendenti pubblici ogni 1000 abitanti, mentre il vicino Trentino ne conta 76 su 1000; una regione, il Veneto, con una spesa statale per abitante di 2816 euro, a fronte degli 8092 del Trentino-Alto Adige e dei 4150 della Calabria; una regione, il Veneto, in cui lo Stato spende 627 euro in meno rispetto alla media delle regioni a statuto straordinario. Come mai tutti, ma proprio tutti, i presidenti di regione, nel tempo, hanno sempre fortemente chiesto che non si introduca un precedente di fuga dal Veneto? Perché è pacifico che ciò minerebbe l'intero sistema regionale. Ma questa è proprio la stessa ragione istituzionale per cui il Parlamento, saggiamente, non ha mai dato riscontro in Veneto a passaggi di singoli comuni, non è mai successo, è sempre sembrato a tutte le forze politiche assolutamente evidente che, senza una considerazione della questione veneta in quanto tale, toccare i confini significherebbe e significa semplicemente provocare il Veneto stesso. Il tutto al netto del ricordo che, per altri casi di richieste di passaggio in una regione a statuto speciale, il Governo, nella relazione ad esempio agli atti del caso Lamon riteneva - cito - “imprescindibile una procedura legislativa di rango costituzionale”.

E se ciò è sempre stato vero, il tema Veneto si impone ineludibilmente dopo domenica 22 ottobre 2017. Dopo il 22 ottobre, le forze politiche possono forse deliberatamente fingere di ignorare che la questione dell'autonomia veneta è stata riproposta addirittura dallo stesso corpo elettorale con il referendum che ha portato al voto 2.328.000 veneti? In questo caso non vale lo stesso principio, per questi oltre due milioni di veneti, di autodeterminazione del popolo? Perché dobbiamo umiliare questo pezzo d'Italia, addirittura strappando un comune come prima e, allo stato, unica risposta al voto popolare? Colleghi, è necessario preliminarmente almeno abbozzare un riscontro alla questione veneta in quanto tale, solo successivamente si potrà passare al, se pur giusto, merito dei casi particolari.

Ha sicuramente ragione, cari colleghi, il Presidente Zaia quando, il 31 ottobre, a proposito del caso Sappada, affermava - cito - che l'unico modo di risolvere il problema è dare l'autonomia al Veneto, solo così risolveremo i problemi in modo generale e non parziale, interessato o, peggio, strumentale, concludendo che il Parlamento non può pensare di affrontare questioni di tale complessità esclusivamente aprendo la strada alla secessione municipale. E gli fa eco il Presidente della provincia di Belluno, di altre latitudini politiche, che in ben due lettere ufficiali paventa che, se non si affronta innanzitutto il tema dell'autonomia del Veneto, il caso Sappada aprirà la strada al disfacimento dell'intero bellunese.

Che senso ha non aspettare qualche settimana, proprio ora che il Governo ha indicato la delegazione che dovrebbe impostare la trattativa con il Veneto? La Camera dovrebbe rendersi responsabile di questa provocazione istituzionale a pochi giorni dal voto del consiglio regionale dell'atto contenente la proposta veneta al Governo per la trattativa ai fini dell'intesa di cui all'articolo 116 della Costituzione? Allora, innanzitutto, il Governo tracci, almeno in linea di massima, il perimetro sul quale ritiene possibile istruire l'intesa per una maggiore autonomia veneta, prima di toccare i confini di questa regione. Non rispettare l'ordine logico dei fattori del reale può essere una scelta molto pericolosa sul piano istituzionale.

Il rinvio, cari colleghi, appare ancora più necessario alla luce delle esplicita e reiterata richiesta pervenuta dal Presidente del consiglio regionale del Veneto, ove si afferma che il pronunciamento regionale in atti sarebbe una mera mozione, mancando ancora, come si deduce se si legge il Regolamento del consiglio regionale del Veneto, il parere reso in senso proprio dalla regione Veneto stessa.

Ma non si tratta di disquisire su cavilli costituzionali, si tratta, piuttosto, di riconoscere al legislatore veneto, che lo ha chiesto, il sacrosanto diritto di riflettere ancora sul caso Sappada, a valle del fondamentale referendum popolare del 22 ottobre scorso.

Noi che abbiamo proposto questa sospensiva siamo ben disponibili ad un rinvio più breve di quello proposto, quello che indicherà il Governo, che ci dispiace non vedere rappresentato questa volta dall'onorevole Bressa, singolare anche questo, purché lo Stato dia un segno chiaro di aver compreso che vi è un dovere istituzionale, soprattutto dopo il 22 ottobre 2017, di impostare preliminarmente la questione veneta. Successivamente, i singoli casi potranno trovare, tutti e diciotto, però, o quelli che verranno ancora, una giusta e persino più ampia attenzione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il collega Fedriga. Ne ha facoltà.

MASSIMILIANO FEDRIGA. Grazie, Presidente. Riteniamo che l'iter della proposta di legge per il passaggio del comune di Sappada in Friuli-Venezia Giulia abbia seguito tutte le procedure necessarie per vedere, oggi, un voto, dove ovviamente ogni parlamentare deciderà liberamente la scelta da fare rispetto all'approvazione o meno di questa proposta di legge.

È chiaro che partiamo da dei passaggi fondamentali, che non riguardano soltanto il voto espresso dai cittadini di Sappada, ma riguardano anche i voti espressi da tutte le istituzioni che insistono su quel territorio, da quelle regionali a quelle provinciali. Ma dico di più: proprio in relazione a questo voto e all'ascolto che questo Parlamento deve avere della volontà popolare, concordo con il principio, ovviamente non con le conclusioni, che hanno proposto coloro che hanno presentato la richiesta di sospensiva, ovvero non possiamo perdere tempo e dobbiamo dare una risposta immediata al voto espresso dai cittadini del Veneto al referendum per chiedere maggiore autonomia, proprio in relazione alla sacrosanta volontà popolare: le due cose vanno avanti insieme, perché è quello che chiede la gente, quando le si chiede di esprimersi; e lo dice in modo coerente, per quanto riguarda Sappada, per motivazioni, glielo assicuro, assolutamente di carattere storico-culturale, se mi permette, ovviamente non è il centro il discorso, le ricordo che quei comuni non sono sotto la diocesi di Pordenone, come Portogruaro, ma sotto la diocesi di Concordia-Pordenone, dove ci sono moltissimi comuni veneti, che è una diocesi unica, un po' veneta e un po' friulana, ma che, appunto, si chiama Concordia-Pordenone perché è la diocesi di Concordia e di Pordenone, non è la diocesi solo di Pordenone, e mi dispiace che lei abbia citato solo Pordenone, perché così non è, a differenza di quella di Sappada, la cui diocesi, invece, è quella di Udine, ma penso che siano piccolezze queste.

Ma dicevo, il nostro obiettivo è quello di andare avanti e su questo noi richiamiamo il Governo a fare presto e immediatamente, a dare risposta a quel voto popolare espresso dai veneti per chiedere maggiore autonomia. Però non possiamo utilizzare strumentalmente la questione di Sappada, non per dare maggiore autonomia al Veneto, che è stata la nostra battaglia, e sorprende che oggi alcuni - che magari fanno parte di forze politiche i cui leader nazionali o si sono detti contrari al referendum del Veneto e hanno dovuto assumere, magari qualcuno, delle posizioni autonome, o che non si sono mossi in alcunché durante la campagna per il “sì” al referendum - su Sappada, improvvisamente, si scoprono i più grandi sostenitori dell'autonomia veneta. È un po' contraddittoria questa posizione, che vedo portata avanti da alcuni colleghi.

Allora noi, in modo assolutamente coerente e con grande decisione, diciamo che la volontà popolare e degli enti che insistono su quel territorio non può essere negata e, ovviamente, anche se non riguarda questo provvedimento, noi facciamo un fortissimo appello al Governo - e uso il termine “appello” per utilizzare una parola mite - di procedere subito, immediatamente, con l'iter per dare maggiore autonomia al Veneto, come richiesto dalla stragrande maggioranza dei cittadini veneti. Quando il popolo si esprime, per noi non ci sono discussioni. C'è qualcuno, invece, che crede che all'interno dei Palazzi...

PRESIDENTE. Colleghi, il tono della voce, per favore.

MASSIMILIANO FEDRIGA. ...si possa sovvertire la volontà popolare. Il Veneto ha deciso, Sappada ha deciso, noi stiamo dalla parte della gente, qualcun'altro sta dalla parte dei Palazzi (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il collega Raffaello Vignali. Ne ha facoltà.

RAFFAELLO VIGNALI. Grazie, Presidente. Noi voteremo contro la sospensiva presentata al disegno di legge recante il distacco del comune di Sappada dalla regione Veneto e l'aggregazione alla regione Friuli-Venezia Giulia. Il testo proposto si inserisce nel quadro del procedimento previsto dall'articolo 132, secondo comma, della Costituzione, per il quale provincie e comuni che ne facciano richiesta possono staccarsi da una regione ed aggregarsi ad un'altra, quando la richiesta dell'ente interessato, previo referendum popolare e sentiti i consigli regionali, venga approvata con legge della Repubblica. La stessa Corte costituzionale, con la sentenza n. 66 del 2007, ha indicato come l'articolo 132, primo e secondo comma, della Costituzione si riferisce, pacificamente, a tutte le regioni, senza deroghe alla procedura qualora una delle regioni interessate sia dotata di uno Statuto approvato con legge costituzionale. Pertanto, non risulta necessaria una norma costituzionale, ma è sufficiente una legge ordinaria. Nel caso specifico, noi riteniamo che siano state rispettate le procedure ed i requisiti previsti dalla legge e il comune di Sappada ha svolto con esito positivo il referendum.

Ribadiamo, quindi, il voto contrario del gruppo parlamentare di Alternativa Popolare alla questione sospensiva presentata, per le ragioni sopra esposte, che risultano essere coerenti con la normativa vigente.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il collega Gigli. Ne ha facoltà.

GIAN LUIGI GIGLI. Presidente, vorrei portare qualche elemento alla discussione che riguarda, appunto, la richiesta di sospensiva avanzata dal collega Menorello, richiesta di sospensiva che, se non ho mal compreso le sue parole e le sue argomentazioni, si basa, sostanzialmente, su due fatti; uno, il tentativo di minimizzare, talora, direi, anche con una punta di ridicolizzazione, le motivazioni che sono alla base della richiesta dei sappadini di passare in Friuli, e che si vorrebbero liquidare come mere ragioni di natura economica, legate all'autonomia speciale del Friuli; su questo tema, ritornerò, poi, più diffusamente, in dichiarazione di voto. L'altro argomento che ha portato l'onorevole Menorello è quello del fatto nuovo del referendum per l'autonomia del Veneto che, a suo giudizio, rimetterebbe in discussione tutta la partita, costringendo, in qualche maniera, a resettare le lancette dell'orologio, affinché si dia, prima, risposta compiuta a questa questione, appunto, dell'autonomia del Veneto, per, poi, eventualmente, ridiscutere i temi dei singoli comuni.

Allora, io, sul primo punto da lui portato, vorrei citarvi una fonte non sospetta, molto brevemente; si tratta, proprio, della mozione del consiglio regionale del Veneto che il 28 giugno 2012 diede il via, per così dire, diede il parere al trasferimento, al ritorno, per meglio dire, di Sappada in Friuli. Nella mozione che, lo ricordo, fu approvata quasi all'unanimità, con 42 voti favorevoli su 43 votanti, si dice testualmente: “Fatte proprie le motivazioni di carattere storico, culturale, religioso e linguistico sostenute dai promotori del referendum a favore del passaggio alla regione Friuli Venezia Giulia, che sottolineano le affinità con la provincia di Udine, piuttosto che con quella di Belluno, messe in risalto anche dall'appartenenza mai venuta meno di Sappada all'Arcidiocesi di Udine”. Tutto questo complesso di ragioni storiche, culturali, religiose e linguistiche, il consiglio regionale del Veneto, all'unanimità, quasi, dice che era da vedersi riconosciuto nell'istanza avanzata da Sappada e, addirittura - dice - lo fa proprio; questo per quanto riguarda la serietà delle motivazioni.

Ma veniamo al legame che si sarebbe prodotto con il fatto nuovo del referendum sull'autonomia del Veneto; beh, il referendum sull'autonomia del Veneto non è che è partito l'altro ieri; il referendum sull'autonomia del Veneto è partito per iniziativa, certamente, del Presidente Zaia, in epoche non sospette rispetto a questo dibattito.

Ebbene, mentre il dibattito sul referendum era già in corso, era in fase avanzata di elaborazione, nel consiglio regionale del Veneto, il 6 aprile 2017, a firma di cinque consiglieri, tutti quanti del gruppo parlamentare del Presidente Zaia, cioè della Lega, viene presentata una mozione con la quale si chiede che il Parlamento riprenda al più presto in esame, anzi, testualmente, voglio leggere: “Si sollecita il Senato a ricalendarizzare il provvedimento per l'approvazione definitiva del passaggio di Sappada al Friuli-Venezia Giulia”.

La mozione non viene discussa soltanto perché, evidentemente, nel frattempo, il Senato aveva ripreso l'esame del provvedimento. Allora, se così è, è evidente che ai promotori del referendum, al Presidente Zaia e al suo partito era chiaro che il problema Sappada doveva risolversi contestualmente e non alle calende greche, dopo la eventuale vittoria nel referendum per l'autonomia del Veneto.

Le due vicende, quindi, debbono procedere, semmai, in parallelo, come ha poc'anzi detto il capogruppo Fedriga, e non certamente trovare in questa storia del referendum per l'autonomia del Veneto la motivazione per una dilazione, che significherebbe, di fatto, affossare questo provvedimento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il collega Francesco Sanna. Ne ha facoltà.

FRANCESCO SANNA. Presidente, colleghi, il gruppo del Partito Democratico si esprimerà contro la richiesta di sospensiva della discussione del provvedimento.

Il provvedimento, di fatto, lo stiamo già discutendo, con argomenti di merito e di valutazione di legittimità costituzionale molto utili a questa Camera, che, però, deve ricordarsi di essere solo un pezzo del Parlamento italiano.

Vorrei ricordare a tutti che noi non stiamo iniziando, oggi, come Parlamento italiano, a rispondere all'obbligo di aderire o non aderire ad una richiesta di un comune di spostarsi nella geografia della sua regione o della sua provincia, come ci chiede l'articolo 132 della Costituzione, ma ha iniziato a farlo il Senato della Repubblica, in un tempo che parte, nell'esame parlamentare, dall'ottobre del 2013 e finisce nel settembre di quest'anno. E come finisce? Finisce con un voto di Palazzo Madama che vede in pratica l'unanimità dell'Aula a favore del passaggio di Sappada dalla provincia di Belluno alla provincia di Udine, con un solo voto contrario.

Durante questi quattro anni, i nostri colleghi del Senato, gli uffici del Senato, il Presidente del Senato si saranno posti certamente - questo è uno dei punti della sospensiva - il tema di come la regione Veneto dovesse esprimersi per dire il suo parere, come richiesto dalla Costituzione. Ebbene, hanno preso per correttamente espresso il parere mediante la mozione del 2012, che, anche lì, praticamente all'unanimità, il consiglio regionale del Veneto ha motivatamente espresso su questo tema.

Quindi, secondo me, occorre sgombrare il campo dell'argomento costituzionale e tornare al merito. Questo comune ha o non ha, per poter vedere discussa la sua istanza, alcuni requisiti minimi di natura storica, di natura culturale, di natura linguistica? Qui, si è citata anche la religione, ma la lascerei da parte. Ebbene, tutti dicono di sì.

C'è un tema che riguarda il cosiddetto effetto slavina, cioè il rapporto tra i comuni di confine tra un'autonomia speciale e un'autonomia ordinaria? Ci sono gli strumenti per regolare questo tipo di rapporti. Questa preoccupazione è legittima e degna di massima considerazione, però, non è sufficiente per bloccare il procedimento legislativo. Il Parlamento potrà e dovrà dare risposte a queste preoccupazioni, le preoccupazioni di chi risiede nei comuni dei territori di confine, mediante le diverse condizioni di autonomia, ai sensi dell'articolo 116 della Costituzione e secondo l'istanza del referendum del Veneto, al quale il Governo ha risposto in termini positivi, non da oggi, ma da prima, addirittura, del referendum, indicando anche, oggi, la delegazione trattante con la regione Veneto. In quella sede potranno essere risolti i problemi legati, per esempio, a un diverso modo di finanziare le autonomie locali.

Ben vengano queste iniziative, però permettetemi di dire che il rapporto tra le autonomie locali, le autonomie regionali ordinarie e le autonomie speciali non si basa solamente sui soldi. Potremmo dire che non di solo pane vive la relazione tra la gente, i suoi comuni, la sua regione e il luogo dove vuole andare ad esprimere i poteri della democrazia che viene dal basso. Per questo motivo, riteniamo di dover andare avanti nell'esame del provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il collega Walter Rizzetto. Ne ha facoltà.

WALTER RIZZETTO. Presidente, voteremo contro la questione sospensiva portata qui oggi in Aula, al netto del fatto che sono piuttosto d'accordo con qualche dichiarazione fatta appena dai colleghi, i quali chiaramente voteranno - chi voterà - contro la questione sospensiva.

Presidente, Sappada è in una zona che si sviluppa lungo una valle - per dare anche qualche cenno ai colleghi che probabilmente non conoscono questa zona - attraversata dal fiume Piave, a circa 1.200-1.300 metri di altitudine, ed è esattamente il confine tra Veneto, Friuli-Venezia Giulia e Austria. È, sì, una bella meta turistica, ma quella di Sappada è una storia che, ricordo, vide il paese passare, nel 1400, alla Serenissima Repubblica di Venezia soltanto dopo una breve dominazione francese e, solo nel 1814, Sappada passò sotto gli austriaci, che tra l'altro iniziarono a costruire le prime opere pubbliche, le prime scuole.

Nel 1852 Sappada, invece, passa dalla provincia di Udine a quella di Belluno, ma, ad esempio - per aprire una piccolissima parentesi rispetto anche a quanto ascoltato dal collega Menorello - la parrocchia di Sappada fa tuttora parte della pieve di Gorto, la plêf di Guart, come si dice in friulano, che è arcidiocesi di Udine, non come il caso di Portogruaro sopracitato, che fa parte della diocesi di Concordia-Pordenone. È altra storia, che adesso non ho evidentemente il tempo di spiegare.

Presidente, nel 2007 ci fu un referendum popolare, ci furono motivi importanti, quali questioni geografiche, questioni storiche, questioni culturali, rispetto al passaggio - non al distacco, ma al passaggio - di Sappada in Friuli e fu il referendum più partecipato della storia referendaria italiana, con il 95 per cento degli elettori che votò a favore dell'annessione di Sappada; il più alto dato referendario della storia referendarie italiana.

Inutile poi ricordare - faccio un passaggio brevissimo - quanto hanno già ricordato i colleghi, ovvero l'articolo 132 della Costituzione, che parla di approvazione della maggioranza della popolazione di province, comuni o regioni. Tra l'altro, ricordo che fu proprio - per ricordare un po' la storia - l'allora senatore Ferruccio Saro il primo - se non ricordo male - a far calendarizzare il disegno di legge ordinario n. 1126 in I Commissione (Affari costituzionali) al Senato.

Colleghi, non ci sarà un cosiddetto effetto slavina, perché già, come prima ricordato, oltre all'articolo 132 della nostra Carta costituzionale, c'è un altro passaggio: questo tipo di provvedimenti, questo tipo di iter è normato, oltre che dalla Carta costituzionale, anche dalla legge n. 352 del 1970, che mette un'eventuale e ulteriore garanzia proprio per andare contro questo effetto slavina. Infatti, la legge n. 352 del 1970 va di fatto a disegnare i termini legislativi per poi evidentemente passare la parola anche alle regioni o a quelle che erano le province, assolutamente implicate in questo tipo di percorso e di passaggi.

Il parere favorevole ci fu, nel senso che noi attualmente andiamo a ratificare quanto è un volere popolare e quanto soprattutto, ma non solo, fu un volere delle stesse regioni: ratifichiamo quello che nel 2010 il Friuli-Venezia Giulia andò a decidere in modo favorevole; andiamo a ratificare quanto nel 2012 la regione Veneto fece.

Per concludere, Presidente, Sappada è un'isola linguistica di dialetto tedesco simile a quello di altre località del Friuli - Sauris, ricordo, Timau - che sono da sempre parte del Friuli, quindi lasciamo stare per un attimo tutti gli accenti che possono essere sviluppati sotto meri punti di vista in termini di convenienza, perché il Friuli-Venezia Giulia è sì una regione che ha una sua specialità – specialità, se mi permette, Presidente, svilita negli ultimi cinque anni di governo da parte dell'ormai ex presidente Serracchiani - ma siamo di fronte ad un passaggio chiarissimo e pacifico rispetto a tutto quanto detto. Quindi, Presidente, oltre che dichiarare il voto contrario rispetto alla questione sospensiva, ci auguriamo che questo cammino che i cittadini di Sappada - non i politici, ma i cittadini di Sappada - hanno intrapreso nel luglio del 2007 veda il suo compimento entro qualche giorno.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il collega Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Presidente, vorrei riportare l'alveo della discussione nell'ambito della richiesta del collega Menorello, il quale chiede la sospensiva ai sensi dell'articolo 40 del Regolamento perché vi sono scadenze determinate che necessitano la non discussione del provvedimento. Ebbene, nella proposta a tema, di Menorello ed altri, si fa riferimento chiaro, documentale, specifico ad un'istanza della regione Veneto del 17 marzo 2016, una domanda di avvio di un negoziato ai sensi dell'articolo 116 della Costituzione: nota di disponibilità, del 16 maggio 2016, da parte del Governo e approvazione, il 22 ottobre 2017, da parte del Veneto per particolari condizioni di autonomia. E sempre nel testo della richiesta di sospensiva si pone una questione logica, cioè si dice: nell'ambito della geografia e del rapporto fra regioni, è corretto un modo di procedere sistematico o dobbiamo avere la logica del chi arriva prima, nel momento in cui c'è un'iniziativa di ampio respiro, che tende a dare alla geografia di confine tra due regioni una sorta di armonia che consenta di non svuotare determinate province, di avere - scusate se uso questa parola su questo tema - un ragionamento, anziché una corsa, soprattutto in fine legislatura, ad un consenso territoriale? Perché questo accade: si discute di questo problema perché siamo in zona Cesarini rispetto al voto, e vi è una corsa verso un'appropriazione di consenso a seconda del lato per cui si sta. Ma l'amore per le procedure, per la correttezza, per la logica e per la sistematica è proprio di quest'Aula o dobbiamo abbandonarci a dei campanilismi che danno l'idea de La secchia rapita del Tassoni, 1614? Dobbiamo in qualche modo farci prendere dalla smania di recuperare 10 voti qui, 10 voti lì, del vicino di casa, per ragionare in Parlamento della geografia della differenza fra regioni? Penso che questo sia il vizio di fondo di questa discussione. Stiamo parlando di un comune di neanche 2.000 abitanti, di pochissimi abitanti, ma diventa una questione rilevante - per noi lo è, Presidente -, perché quando si tratta di procedure costituzionali non ci sono sconti. Non ci sono sconti! Bisogna avere il coraggio, in questa materia, di tesaurizzare un altro principio, cioè che l'ostinazione, la capacità di non cambiare idea, è propria degli stolti. Non lo dico io, lo diceva Akhenaton; scusate se mi permetto qualche citazione. Allora, se nel modo in cui ci si approccia alle vicende vi è la possibilità di rileggere una determinata vicenda in modo costituzionale e in modo parlamentare, la proposta del collega Menorello è una proposta logica. Che cosa vi dice? Sospendiamo questa discussione su un comune e ragioniamo sistematicamente. È consentito? Non è consentito? È giusto? È sbagliato? Io penso che un Parlamento ragioni per la generalità e non per le particolarità. Deve ragionare nell'interesse del Paese, non nell'interesse delle specifiche attribuzioni di ciascuno dei propri territori. E proprio la divisione singolare che vi è all'interno di certi partiti - e non mi riferisco, ovviamente, al diritto di Forza Italia di leggere questa procedura in modo costituzionalmente corretto a differenza di quanto possono pensare altri anche per il fatto sopravvenuto, ma anche all'interno della Lega Nord vi sono delle evidenti differenze - vi dà l'idea di come il colpo di reni parlamentare dovrebbe essere quello di dire: “Fermiamoci e ragioniamo nell'interesse di tutti”.

Noi voteremo a favore su questa sospensiva iuxta alligata et probata perché vi sono documenti che consentono di scegliere una linea di carattere generale e non un particolarismo che mi sembra sia estraneo agli scopi del Parlamento.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla questione sospensiva Menorello, Rubinato e Secco n. 1.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 1).

(Esame dell'articolo unico - A.C. 4653)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico della proposta di legge e delle proposte emendative ad esso riferite (Vedi l'allegato A).

La V Commissione (Bilancio) ha espresso il prescritto parere (Vedi l'allegato A), che è in distribuzione.

Avverto che la Presidenza non ritiene ammissibili, ai sensi dell'articolo 89, comma 1, del Regolamento, anche sulla base di quanto stabilito dalla presidenza della I Commissione (Affari costituzionali) nella seduta dello scorso 21 ottobre, gli articoli aggiuntivi Menorello da 1.021 a 1.037, volti a prevedere il distacco di diversi comuni dalla regione Veneto e la loro aggregazione alle regioni Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia, in quanto riguardanti un oggetto diverso da quello disciplinato dalla proposta di legge in esame. Si tratta, peraltro, di proposte emendative di contenuto analogo a quello dell'emendamento De Menech 1.1, già dichiarato inammissibile in sede referente.

Ha chiesto di parlare sul complesso degli emendamenti il collega Menorello. Ne ha facoltà.

DOMENICO MENORELLO. Grazie, Presidente. Sul complesso degli emendamenti vorrei attirare l'attenzione dell'Aula su due aspetti: il primo riguarda il tema degli oneri. Trovo assai bizzarro che si stabilisca, nella proposta di legge, che agli oneri derivanti da questa proposta, stimati in circa 750 mila euro, debba farvi fronte lo Stato italiano. Ci sono molti detti popolari…

PRESIDENTE. Colleghi, per favore. Il tono della voce.

DOMENICO MENORELLO. …che in modo colorito rendono l'idea del danno e della beffa (oltre al danno la beffa). Qui abbiamo una regione che dice: sì, voglio questo comune ma i costi li pagate lì a Roma. È un curioso modo di dirsi federalisti.

Ci sono degli emendamenti - anche il mio, ma anche quelli del collega De Menech e credo altri - che vorrebbero introdurre un principio che ci sembra di assoluta equità, oltre che di buonsenso, cioè che la regione che attira, che fa shopping, paga quanto si prende, lo fa con il proprio portafoglio e non con il portafoglio del papà (siamo tutti maggiorenni e vaccinati).

Quindi, noi vorremmo che l'Aula almeno stabilisse questo principio: chi vuole un comune, chi dà il parere favorevole… perché a questo punto noi abbiamo un unico parere delle due regioni interessate. Il Veneto non si è espresso, perché, se guardiamo tutti i precedenti, il Veneto chiama i propri pareri sugli altri comuni “risoluzioni” e, se leggiamo il regolamento del consiglio regionale, si capisce perfettamente la differenza fra mozioni e provvedimenti formali. Ebbene, il Friuli si è espresso e, quindi, noi procediamo con un solo parere positivo del Friuli e in più paghiamo il conto. Sinceramente, ci sembra troppo.

Dunque, alcuni emendamenti chiedono che gli oneri siano gentilmente supportati dal Friuli-Venezia Giulia, così come si dovrebbe stabilire in senso generale. Qui naturalmente voi capite che gli oneri derivano dal mancato introito per lo Stato che deriverà da questo provvedimento, perché da Sappada lo Stato oggi si prende tutta l'IRPEF e domani ne prenderà solo quattro decimi e gli altri sei decimi rimarranno al Friuli-Venezia Giulia. Quindi, l'IRPEF di Sappada per i sei decimi resterà al Friuli-Venezia Giulia, che avrà quindi un beneficio, ma il conto lo paga lo Stato italiano.

Poi, approfitto di questo contesto per oppormi e dichiararmi non d'accordo col giudizio di inammissibilità su tutti gli articoli aggiuntivi all'articolo 1, perché si dice che non appartengono al perimetro di questa proposta di legge. Colleghi, il perimetro di questa proposta di legge - e lo hanno detto molti autorevolissimi deputati che mi hanno preceduto - è l'autodeterminazione dei popoli, intesi anche nei loro perimetri comunali. Ebbene, se il principio è l'autodeterminazione dei popoli comunali, il perimetro deve essere quello di tutti i diciotto comuni, Sappada compresa, ovvero diciassette comuni che hanno svolto già un referendum in cui il popolo ha detto di voler passare a un'altra regione. Vi cito il comune di Cortina d'Ampezzo, il comune di Livinallongo e il comune di Colle Santa Lucia (spero che LeIene comincino a chiedere anche di questi comuni quando ci interrogano di fuori); il 28 e il 29 ottobre 2007 il comune di Lamon (referendum il 31 ottobre 2005 che, come vedete, è avvenuto prima rispetto a Sappada); il comune di Sovramonte (referendum 9 ottobre 2006); il comune di Asiago, di Conco, di Enego, di Foza, di Gallio, di Roana - tutti conosciuti come Altopiano di Asiago - e di Rotzo il 7 maggio 2007.

PRESIDENTE. Si avvii alla conclusione.

DOMENICO MENORELLO. Finisco. Mi lasci citarli tutti e ho concluso. Comune di Pedemonte, il 10 marzo 2008; comune di Taibon Agordino, 22 aprile 2013; comune di Voltago Agordino, 31 agosto 2014; comune di Cinto Caomaggiore, con problemi simili di diocesi del comune di Sappada, il 26 e il 27 marzo 2006.

Rendiamo giustizia a questi comuni e facciamoli tutti passare alle rispettive regioni, tanto il Parlamento si occuperà molto presto di tanti altri comuni che chiederanno il passaggio al Trentino-Alto Adige o al Friuli-Venezia Giulia.

PRESIDENTE. Collega, la informo che comunque la sua componente aveva esaurito i tempi. Le ho dato il terzo in più - un minuto e mezzo - durante questo intervento.

Ha chiesto di parlare, sul complesso degli emendamenti, il deputato Bianconi. Ne ha facoltà.

MAURIZIO BIANCONI. Grazie, Presidente, soltanto per notare, con il poco tempo che ho a disposizione, in quanto facente parte del mio gruppo - Bianconi, sono io solo -, quindi ho pochissimo tempo, ...

PRESIDENTE. Due minuti.

MAURIZIO BIANCONI. … due minuti, che è veramente curioso che si viva questo dramma incorpore vili sul comune di Sappada. La verità è che in Italia ci sono delle regioni che hanno in mano l'asso di picche e ci sono delle regioni che hanno in mano l'asso di cuori e tutti quei comuni che sono vicini alle regioni che hanno l'asso di cuori in mano vorrebbero goderne. Quindi, l'ingiustizia non è che Sappada avrà i sei decimi dell'IRPEF che rimangono al Friuli e i quattro decimi destinati allo Stato, l'ingiustizia è che questo non l'abbia anche il Veneto, non l'abbia la Lombardia, non l'abbia la Toscana, non l'abbiano tutte le regioni d'Italia. Quindi, non si può invertire il ragionamento: l'ingiustizia è che il centro mangia le tasse alle regioni e ci sono delle regioni che sono privilegiate ed altre no e i comuni che sono vicini alle regioni privilegiate hanno tutto l'interesse ad andarci, punto. Se incominciamo da Sappada, benissimo.

PRESIDENTE. Se nessun altro chiede d'intervenire, inviterei il relatore e il rappresentante del Governo a esprimere il parere sugli emendamenti. Prego, presidente.

ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO, Relatore. Grazie, Presidente. Il parere è contrario su tutti gli emendamenti all'articolo 1.

PRESIDENTE. Il Governo?

LUIGI BOBBA, Sottosegretario di Stato per il Lavoro e le politiche sociali. Il Governo si rimette all'Aula.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.20 Naccarato.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Naccarato. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO NACCARATO. Presidente, l'emendamento propone di sopprimere l'articolo unico della legge. Infatti, il provvedimento per il distacco di Sappada dal Veneto e l'aggregazione al Friuli-Venezia Giulia è stato affrontato con superficialità dal Senato ed è stato condizionato dalle pressioni delle forze politiche in vista delle elezioni regionali friulane della prossima primavera. Solo così si spiega l'approvazione frettolosa di una norma che altera i rapporti tra regioni ordinarie e speciali ed è priva dei presupposti costituzionali e giuridici per essere esaminata.

L'impatto della legge non può essere sottovalutato per gli effetti negativi che produce in Veneto e negli assetti istituzionali italiani. Molti comuni vicini alle regioni speciali chiedono da tempo le condizioni fiscali privilegiate dei confinanti e la risposta non può essere il passaggio nelle regioni speciali: la conseguenza sarebbe l'impraticabile trasformazione di tutte le regioni ordinarie in regioni speciali.

La legge per il distacco di Sappada deve essere respinta per tre questioni fondamentali. È necessaria una legge costituzionale; la legge incide sul territorio di una regione speciale, il cui statuto deve essere approvato con legge costituzionale. La regione speciale ha un'identità speciale, riconosciuta dalla Costituzione e dagli statuti regionali, che può essere alterata con modifiche territoriali mediante distacchi o aggregazioni.

Per comprendere la questione è sufficiente riflettere su un caso teorico, che è molto vicino alla realtà dei fatti: cosa succede se dieci, quindici, comuni veneti delle province di Belluno o di Vicenza votano, attraverso referendum plebiscitario, di distaccarsi dal Veneto e di aggregarsi al Trentino-Alto Adige? È evidente che la modifica territoriale altera non solo il territorio della regione speciale, modifica soprattutto la composizione identitaria, linguistica e culturale, stravolgendo la specialità fissata dalla Costituzione e dallo statuto speciale.

Se fosse sufficiente una legge ordinaria per determinare l'aggregazione di nuovi comuni alle regioni speciali, queste non avrebbero alcuno strumento per tutelare la specialità che deriva dalla Costituzione.

Per queste ragioni, fino alla sciagurata approvazione al Senato della legge per Sappada, per le modifiche territoriali riguardanti le regioni speciali, si era sempre seguita la strada della legge costituzionale.

Secondo: manca il parere della regione Veneto. Il parere delle regioni nel procedimento previsto dall'articolo 132 della Costituzione ricopre un ruolo molto importante; infatti, tale parere ha le finalità che sono state delineate dalla Corte costituzionale nelle sentenze n. 334 del 2004 e n. 246 del 2010, ossia di consentire la complessiva emersione di tutti gli interessi locali implicati nell'operazione e la loro organica valutazione. In pratica, la Corte ha ribadito - e non avrebbe potuto essere altrimenti - che devono essere valutati tutti gli interessi in campo, non soltanto quelli di cui sono portatori gli abitanti dei comuni oggetto del distacco e della conseguente aggregazione.

Non è chiaro perché la regione Veneto, che si vanta di essere un modello di efficacia, non abbia ancora espresso la propria valutazione, visto che il referendum si è svolto nel 2008. Comunque, si tratta di un parere fondamentale, perché ha il compito di consentire la complessiva emersione di tutti gli interessi locali implicati nell'operazione e la loro valutazione. Infatti, per approvare il distacco, non è sufficiente la volontà o l'interesse del comune che vuole andare nella regione speciale e devono essere pesati tutti gli interessi in campo, compresi quelli dei territori che subiscono il trasferimento. A proposito di interessi da valutare, è opportuno ricordare, perché l'Aula lo sappia, che la provincia di Belluno si è espressa con chiarezza contro il distacco.

Infine, terzo argomento, Sappada riceve un privilegio rispetto agli altri comuni che hanno votato per cambiare regione. Moltissimi comuni hanno chiesto con referendum di cambiare regione, molti prima di Sappada, non ci sono motivi validi per esaminare la legge per Sappada prima di quelle per gli altri comuni. Nel 2005 Lamon, nel 2006 Cinto Caomaggiore e Sovramonte, e ancora Noasca, poi Carema, gli otto comuni dell'Altopiano di Asiago, Cortina d'Ampezzo, Colle Santa Lucia, Livinallongo del Col di Lana, Montecopiolo e Sassofeltrio, solo nel 2008 Sappada e, dopo Sappada, Pedemonte, Valvestino e Magasa, Taibon Agordino, Voltago Agordino. Perché per Sappada il Senato ha approvato la legge e per gli altri comuni, almeno per quelli che hanno votato con il referendum prima di Sappada, non si è fatto nulla? La legge per Sappada viola il fondamentale principio di uguaglianza tra cittadini. Perché i cittadini degli altri comuni che hanno chiesto di cambiare regione non vengono trattati come quelli di Sappada? Appare evidente che la legge approvata al Senato assicura a Sappada un'irragionevole e immotivata condizione di favore e privilegio rispetto ad altri comuni nelle stesse condizioni giuridiche.

Per tutte queste ragioni è opportuno fermare il distacco di Sappada dal Veneto e promuovere, insieme a tutte le regioni interessate, un serio piano di interventi per le zone di montagna, con l'obiettivo di risolvere i disagi e le difficoltà di territori che hanno bisogno di sostegno economico e non di cambiare regione (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Rizzetto. Ne ha facoltà.

WALTER RIZZETTO. Grazie, Presidente. Sono piuttosto stupito, Presidente, dalle parole che ho ascoltato poc'anzi da parte di due colleghi. Ho sentito “approvazione frettolosa”. Capisco che il Partito Democratico faccia molta fatica ad approvare le leggi, ma ricordo a quest'Aula che questo è un percorso che è nato nel 2007 . “Approvazione frettolosa, da campagna elettorale”. Mi pare il contrario. Evidentemente tutti utilizzeranno i loro temi e le loro possibilità, anche questa probabilmente, in campagna elettorale, però, quando si parla di approvazione frettolosa, questo è un termine che mi induce a votare ovviamente contro questa proposta emendativa.

Ho ascoltato, Presidente, parole tipo “shopping” prima. Capisco anche che per alcuni colleghi la volontà popolare espressa - lo rinnovo - con un referendum, il più alto referendum in termini di partecipazione entro la storia referendaria italiana, per qualcuno sia “shopping”. Questo state dicendo ai cittadini che hanno votato: uno shopping trasversale, tra due regioni.

Non comprendo, quando si parla di contrasto fra leggi costituzionali e leggi ordinarie. Lo ricordiamo ancora una volta, esiste sì un articolo della nostra Carta costituzionale, il numero 132, che va a normare, va di fatto a porre un solco entro il quale muoversi rispetto a queste che sono – lo rinnovo - volontà popolari, ma esiste, e probabilmente il collega che parlava prima, che è intervenuto prima non la conosce, questa legge, che è la legge n. 352 del 1970, che è una legge ordinaria e che di fatto va a normare quanto, a monte e in modo propedeutico, va a dire l'articolo 132 della Costituzione. Quindi, qui siamo coperti sia sotto un punto di vista di leggi costituzionali sia sotto un punto di vista di leggi ordinarie, al netto del fatto che le regioni si sono espresse. Se ricordo una dichiarazione della attualmente più alta carica in regione Veneto, ovvero del presidente Zaia, il presidente Zaia - vado a ricordare – dice, ed è un virgolettato, “rispettiamo le scelte di tutti e figuriamoci se un federalista impenitente come il sottoscritto oserebbe mettere discussione le scelte di una comunità”. Per me, Presidente, tanto basta.

Quindi, su questa proposta emendativa, ovviamente c'è un parere contrario, cerchiamo semplicemente di ratificare e fare da garanti rispetto ad un percorso storico, culturale, popolare, che ci auguriamo veda la sua luce entro qualche ora, come prima ricordato. Grazie.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Grazie, Presidente. Vorrei, approfittando della pacata discussione che il collega Naccarato ha introdotto in quest'Aula, chiarire quella che è la posizione di Forza Italia su questo provvedimento sotto il profilo delle perplessità che muove rispetto alla procedura seguita in questa vicenda.

Vi è stata una missiva del presidente del consiglio regionale del Veneto che ha consentito di verificare, di seguito ad approfondimenti che il nostro legislativo ha posto in essere, che la procedura risultava non sorretta dai requisiti che l'articolo 132, ovviamente tassativamente, impone. Voi sapete quanto Forza Italia è stata attaccata, tenacemente attaccata, alla difesa della Costituzione in occasione della recente consultazione referendaria e, quindi, coerentemente, non possiamo che essere rigidi su questo punto. Mancava e manca a questa procedura un passaggio che noi non esitiamo, per bocca della giurisprudenza della Corte costituzionale, a ritenere irrinunciabile e fondamentale: cioè, che la regione non si esprima con un atto qualsiasi, ma si esprima con un atto tipico, che è quello del parere.

In questa procedura, la regione veneta non si è espressa con un parere, bensì con una mozione: questo dato che noi abbiamo potuto approfondire solo di seguito alla missiva che ci è stata trasmessa dal presidente del consiglio regionale del Veneto è assolutamente fondante, perché la Suprema Corte costituzionale, la Corte che è del controllo delle leggi, della conformità delle leggi alla Costituzione, ha chiarito più volte, ma puntualmente con una sentenza del 2004, che l'atto tipico del 132 è il parere, non un atto equipollente o simile o una missiva o un passaggio, ma un parere.

Bene, questo parere non c'è in questa procedura: noi stiamo portando in Aula un provvedimento viziato sul piano della rispondenza alla Costituzione, di cui ognuno si assumerà la responsabilità. Sarà per accontentare i territori, sarà per accontentare se stesso, sarà per fare presto, con questo efficientismo che travolge tutto e tutti: questa legislatura è stata caratterizzata dalla voglia di fare indipendentemente dalle regole, anche dalla Costituzione, tanto poi si pensa.

Noi ci pensiamo adesso e diciamo, votando favorevolmente su questo emendamento, che, in qualche modo, non si può, non è consentito, non è corretto portare in Aula un provvedimento viziato sul piano del procedimento costituzionale. Io credo che, se questo è vero, l'equazione è semplice: ci vuole un parere. C'è un parere? Non c'è, c'è una mozione: è necessario un parere. Ecco perché anche la richiesta del collega Menorello di sospendere il giudizio poteva consentire un rimedio, tra l'altro chiesto, come vedremo più avanti nella discussione, dallo stesso presidente del consiglio regionale del Veneto: non si vuole porre rimedio, non si vuole consentire un rimedio, si vuole andare avanti a tutti i costi. Noi, da questo punto di vista, Presidente, con molta pacatezza e senza nessun attaccamento al blasone del territorio, ma cercando soltanto di far rispettare le regole, chiariamo che la nostra posizione deriva da questa scelta di rigore costituzionale e non certamente da interessi diversi.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti. Indìco…

Scusate, revoco la votazione. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Zoggia. Ne ha facoltà.

DAVIDE ZOGGIA. Grazie, Presidente, e scusi per il ritardo. Il nostro gruppo è favorevole alla proposta dell'onorevole Naccarato, nel senso che vi è una preoccupazione di carattere costituzionale che è stata ben rappresentata sia dall'onorevole Naccarato che adesso dall'onorevole Sisto - ovviamente, su questo ci sarà modo di confrontarsi in maniera più approfondita -, ma c'è anche una preoccupazione di carattere politico che io non riesco a comprendere, non riusciamo a comprendere. Sono più di quindici i comuni che hanno chiesto di aderire ad altra regione e non comprendiamo perché ci sia questo atteggiamento verso il comune di Sappada, legittimo, nel senso che il comune Sappada si è espresso con referendum a larghissima maggioranza, ma non ci sia la stessa volontà e la stessa attenzione per quanto riguarda gli altri comuni.

Parlo di un comune che conosco meglio di altri, il comune di Cinto Caomaggiore, che sta nella provincia di Venezia: il referendum si è svolto addirittura due anni prima rispetto a quello di Sappada, nel 2006 anziché nel 2008, e non comprendiamo perché da parte della regione Friuli non ci sia la stessa volontà, la stessa fretta, la stessa attenzione per quanto riguarda l'adesione di questo comune. Verrebbe da dire che ci sono interessi e ragioni di natura economica diversi tra il comune di Sappada e il comune di Cinto Caomaggiore.

Inoltre - e mi dispiace che i colleghi della Lega non rilevino questo -, c'è un fatto politico e giuridico che è successo in queste settimane, che non può essere trascurato. Nella nostra regione si è svolto un referendum che ha avuto una larghissima partecipazione e un larghissimo risultato, che, molto probabilmente, ridisegnerà la storia, anche amministrativa, della regione Veneto, tanto che è stata nominata una commissione mista che dovrà valutarne gli effetti e produrre dei risultati. Ragion per cui credo che il provvedimento, che il Parlamento sta discutendo e si appresterà a votare tra qualche minuto, ha delle ragioni più politiche che tecniche, che, francamente, rischiano di mettere in seria discussione l'iter e il cammino anche della richiesta di altri comuni.

Per queste ragioni sosterremo l'emendamento dell'onorevole Naccarato.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Per cosa?

FRANCESCO PAOLO SISTO. Per rettificare un errore materiale. Il voto di Forza Italia sarà di astensione.

PRESIDENTE. Io non posso dare la parola due volte, quindi la ringrazio.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Fiano. Ne ha facoltà.

EMANUELE FIANO. Presidente, mi esprimo in senso contrario, a nome del Partito Democratico, all'indirizzo che qui ha esposto con grande cognizione il collega Naccarato. Io intendo difendere qui, al di là del merito di alcune posizioni che non sono state espresse, la questione dell'idoneità del percorso parlamentare che qui si è proceduto ad attivare in ordine alla corrispondenza a ciò che esprime l'articolo 132 della Costituzione, anche in ordine - come ha già detto poc'anzi, all'inizio di questa seduta, il presidente Mazziotti Di Celso - alla valutazione sull'idoneità degli strumenti procedurali utilizzati dalla regione Veneto nella prassi sin qui seguita dalle Camere in altre vicende analoghe di richiesta, ex referendum, di distacco di comuni da una regione per un passaggio ad un'altra.

Esprimo, quindi, la convinzione certa che l'iter procedurale che abbiamo seguito qui alla Camera e, peraltro, anche al Senato corrisponda a quanto ci detta la Costituzione e, pertanto, confermo il parere contrario all'emendamento proposto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato D'Incà. Ne ha facoltà.

FEDERICO D'INCA'. Grazie, Presidente. Solo per esprimere il parere contrario all'emendamento Naccarato. Finalmente in quest'Aula oggi possiamo trattare un argomento come quello di Sappada, un referendum che ormai ha quasi dieci anni, che il Parlamento soltanto oggi, finalmente, prende in considerazione come voto finale.

Non è l'unico referendum espresso in questi anni dal territorio veneto, ve ne sono un'enormità, vi sono oltre trenta richieste di referendum secondo l'articolo 132 e sempre di più occorre rifarsi all'articolo 132 della Costituzione come la difesa ultima del cittadino nei confronti di ingiustizie costruite nel corso del tempo.

Prendo, per esempio, il territorio bellunese che, di fatto, vede gran parte di questi comuni che decidono, attraverso la questione referendaria, di avere giustizia davanti allo Stato e davanti a differenze che costituiscono una concorrenza sleale, in uno stesso Stato, tra regioni a statuto speciale e regioni a statuto ordinario.

Finalmente, oggi possiamo dare risposta al territorio, con Sappada e il Friuli-Venezia Giulia: gli atti presi dalla I Commissione indicano che, di fatto, il parere delle singole regioni di appartenenza e di provenienza sono, da una parte, obbligatori, ma non sono vincolanti. Questa diventerà un'importante prassi per il futuro.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Pellegrino. Ne ha facoltà.

SERENA PELLEGRINO. Grazie, Presidente. Con tutta sincerità dico che questa è una discussione sostanzialmente di lana caprina. È accaduto moltissime volte, in questi anni di Repubblica, che dei comuni sono stati aggregati ad altre regioni e si sono avvalsi della Costituzione, ovvero dell'articolo 132, secondo comma, della Costituzione.

Lo vorrei leggere a tutti i nostri colleghi onorevoli: “Si può, con l'approvazione della maggioranza delle popolazioni della Provincia o delle Province interessate e del Comune o dei Comuni interessati espressa mediante referendum e con legge della Repubblica, sentiti - e non di concerto - i Consigli regionali, consentire che Province e Comuni, che ne facciano richiesta, siano staccati da una Regione ed aggregati ad un'altra”.

Ecco, penso che dovremmo mettere da parte discussioni di tipo campanilistico, discussioni di tipo elettorale: “allora mi accaparrano io i mille voti di Sappada, no me li prendo io”… Ecco, penso che, tra l'altro, le discussioni che sono emerse all'interno della Commissione affari costituzionali hanno visto una “banda armata”, tra virgolette ovviamente, dei colleghi del Veneto contro quelli del Friuli-Venezia Giulia.

Vorrei veramente che noi sospendessimo questa discussione e che andassimo serenamente ad applicare la Costituzione e la richiesta. Tant'è vero che, nelle retrovie, qualche deputato del Veneto, quando con breve polemica e provocazione ha detto: ma se Lignano Sabbiadoro chiedesse di passare al Veneto? Che è l'equivalente di Sappada, no? Una città turistica, che aggrega, che fa economia, eccetera. Qualcuno mi ha risposto: “e perché no?”.

Ecco, allora, evidentemente, credo che non sia solo una questione di campanilismo, ma noi dobbiamo ragionare davvero in termini costituzionali; quindi noi respingeremo questo emendamento votando convintamente contro.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Gigli. Ne ha facoltà.

GIAN LUIGI GIGLI. Grazie, Presidente. L'articolo 132, secondo comma, della Costituzione prevede che, affinché possano perfezionarsi questi passaggi da una regione ad un'altra, debbano concorrere tre elementi, in buona sostanza: la volontà dei cittadini espressa attraverso il referendum, il parere delle comunità più larghe interessate dal trasferimento, nel nostro caso le due regioni, e la legge dello Stato.

Ora, qui, con l'emendamento soppressivo di Naccarato, non vogliono certamente, credo, essere rimessi in discussione i termini del referendum, che è stato espresso inequivocabilmente nel 2008, come è stato già detto, a larghissima maggioranza, con il 95 per cento dei “sì”, peraltro reiterato, per così dire, come volontà popolare, attraverso il voto che l'11 novembre di quest'anno il consiglio comunale di Sappada all'unanimità ha espresso. Evidentemente, si vuole contestare, da un lato, la bontà, la significatività del parere espresso segnatamente dalla regione Veneto e, dall'altro, la procedura.

Ora, sul parere, io credo che noi dobbiamo tener conto che, a parte il fatto che anche le due province interessate, cioè Belluno e Udine, si erano espresse, per quanto riguarda la regione Veneto, il valore della mozione è semmai più forte di un parere, in quanto è un'iniziativa diretta del consiglio regionale, che viene prodotta, per così dire, spontaneamente e manifesta nel modo più genuino la volontà della regione. Volontà, che, peraltro, come ho già detto prima, voleva essere addirittura riproposta con una mozione il 6 aprile di quest'anno e che non è stata votata solo perché, nel frattempo, il Senato aveva ricalendarizzato l'iter del provvedimento.

Il Senato stesso, o meglio il suo ufficio studi, sul tema, cioè sull'idoneità della mozione a rappresentare il parere della regione, ha detto esplicitamente che assume rilievo il fatto che entrambe le regioni interessate abbiano manifestato di propria iniziativa il loro orientamento favorevole.

Il loro coinvolgimento nel procedimento, benché tramite mozioni, sembra comunque idoneo ad assolvere nella sostanza la funzione costituzionale delineata dall'articolo 132, secondo comma, all'interno della quale i pareri si collocano. Escludendo il puro dato formale, tali atti potrebbero, infatti, essere considerati tali da consentire la realizzazione della citata finalità dei pareri, ossia la complessiva emersione di tutti gli interessi locali implicati nella operazione.

Bene, su questo parere dell'ufficio studi del Senato, sul successivo voto del Senato, sulle prese di posizione della Commissione bicamerale per gli affari regionali, nessuno si è sentito di intervenire fino a che siamo arrivati, come si diceva, in “zona Cesarini”. Allora, io credo che non sia possibile che, ogni volta che ci sono state delle deliberazioni, esse possano essere impunemente rimesse in discussione. Il presidente Mazziotti Di Celso, questa mattina, ha citato bene dei casi nei quali c'era stato un cambio di legislatura regionale e non per questo è stato rimesso in discussione il parere espresso da un consiglio regionale.

Infine, per quanto riguarda le obiezioni fatte alla modalità con cui la legge viene prodotta, cioè col meccanismo dalla legge ordinaria e non di quella costituzionale, anche qui io credo che il dato sia stato risolto durante la discussione al Senato e noi non possiamo fare finta di dover ricominciare daccapo. È stato già detto, credo fosse dal collega Sanna, che questo non è un atto che comincia qui: noi lo stiamo portando a perfezionamento.

Ultimissima nota che porta a rigettare la proposta dell'emendamento Naccarato: il fatto che ci sia in ballo una regione a statuto speciale non richiede che si sia, per così dire, interventi sullo Statuto della regione stessa. Questo è stato ampiamente chiarito dalla sentenza della Corte costituzionale n. 66 del 2007, che riguardava il comune di Noasca, in Piemonte, che chiedeva di passare nella regione Valle d'Aosta, e in quell'occasione la Corte Costituzionale chiarì, credo, una volta per tutte, il fatto che una regione a statuto speciale non poteva bloccare una procedura semplicemente avvalendosi del suo statuto, in quanto, proprio perché era un'altra regione interessata, l'interesse era di carattere generale e competeva sicuramente allo Stato trattare allo stesso modo le due regioni interessate.

Per questo chiedo di votare contro l'emendamento Naccarato.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.20 Naccarato, con il parere contrario della Commissione e su cui il Governo si rimette all'Aula.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 2).

Passiamo all'emendamento 1.2 De Menech.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega De Menech. Ne ha facoltà.

ROGER DE MENECH. Grazie, Presidente. Io intervengo su questo emendamento, che, come avete letto, ha un profilo tecnico, ma volevo iniziare con un ragionamento strettamente politico.

Abbiamo sentito illustri pareri rispetto all'aspetto costituzionale della norma, al percorso, all'iter; io pongo un altro problema: siamo veramente convinti che noi risolviamo problemi di un pezzo del Paese, di un pezzo del Veneto, di un pezzo della mia provincia, la provincia di Belluno, mettendo dei francobolli in fila? Questo è il tema politico che voglio porre a quest'Aula; questo è il tema, al di là delle giuste osservazioni tecnico-formali che ho sentito in quest'Aula.

La provincia di Belluno rischia di diventare una polveriera, questo è il dato di fatto, e probabilmente oggi, noi, qui, scontiamo colpe che sono molto in là negli anni, perché è vero, questo referendum è datato, è datato 2008, la politica, quella locale e quella nazionale, in questi anni ha coltivato le strutture referendarie della mia provincia e di tutto il Veneto, e in questo senso ha coltivato delle legittime aspettative. Oggi, però, c'è un difetto; lo dico con affetto, ma con determinazione, soprattutto agli amici del Friuli che sono intervenuti: oggi, risolviamo solo un pezzettino, molto piccolo, di quel problema - lo ripeto, molto piccolo - e lasciamo da una parte, lasciamo a lato, altri comuni.

Lo hanno detto bene in tanti, sono diciassette i comuni veneti, otto i comuni bellunesi; tutti questi hanno, pienamente, rispettato l'articolo 132. Io aggiungo un dato, lo dico all'onorevole Gigli: la provincia di Belluno, con due presidenti, nell'ultimo anno e mezzo, ha fatto delibere che non hanno chiesto di bocciare questa norma, hanno chiesto di sospendere questo provvedimento, per avere una visione globale e politica di come noi mettiamo in atto delle politiche per la montagna e fermiamo quello che è il più grave problema di queste zone, che si chiama spopolamento. Le persone vanno via da questi luoghi bellissimi, ma anche complicati da vivere.

Allora, io, oggi, più che “sì” e “no” a Sappada, volevo approfittare, lo dico proprio in maniera brutale, di questo momento di attenzione del Parlamento sulle tematiche della montagna veneta e dei bellunesi per mettere al centro questo che è il vero problema, perché, se noi non decidiamo con forza di risolvere nel suo complesso, ci troveremo in quest'Aula, anche con questo precedente, fra pochi mesi, magari nella prossima legislatura, ad affrontare altri temi simili, altri comuni che hanno le stesse difficoltà.

Allora, è per questo che io voglio, con questi interventi, avere un approccio assolutamente positivo e non, quindi, mettere una comunità contro l'altra, assolutamente no, perché - l'ho detto in discussione generale - da questo provvedimento rischiamo di perdere tutti e perde il comune di Sappada; in questi giorni, lo sanno tutti, ci sono comitati a favore e comitati contro, ci sono delibere del consiglio comunale che ribadiscono il “sì” al referendum, ma ci sono tre sindaci che dicono “no” al referendum, tre ex sindaci; la provincia di Belluno si è espressa, il Veneto, anche qui, con una grande contraddizione; non possiamo nasconderlo, tale contraddizione è trasversale a tutti i partiti, ce lo diciamo, qui; la questione non è del partito “x” o del partito “y”, è trasversale e pervade tutte le forze politiche, tanto è vero, insomma, che la Lega veneta dice una cosa, la Lega qui in Parlamento ne dice un'altra e lo stesso mio partito, ovviamente, si divide fra i veneti e i friulani.

Ma non è questo il problema; voglio dirlo, non è questo il problema; il problema vero è un altro: come mettiamo in atto delle politiche. Dall'altra parte, io, con orgoglio, dico che il Governo - per dire anche le cose positive - ha fatto un'operazione e stiamo portando avanti un fondo di riequilibrio che sta mettendo in linea le politiche della montagna per fermare lo spopolamento. Noi dobbiamo assolutamente accelerare per farlo anche dalla parte di là; magari, farlo al di là dei confini, dico io, farlo in un ambito più vasto.

Chiudo, con una nota; questo emendamento, lo sapete, parte dalla legge di Montecopiolo e Sassofeltrio, perché io ho un'ulteriore preoccupazione per gli amici di Sappada. La parte applicativa, poi, di questa legge, secondo me, è troppo scarna nel provvedimento e questo è un contributo, soprattutto, per il Ministero dell'interno, per quello che dovranno fare dopo, perché non sarà facile gestire un passaggio così complesso e complicato. Questo dimostra la mia personale buona volontà e del partito, almeno territoriale, che rappresento nel mio piccolo, e rappresenta, anche, però, la volontà, oggi, in maniera determinata e forte, di mettere al centro una visione più complessiva di questi temi, altrimenti questo Parlamento sarà miope. Risolverà un piccolissimo problema, forse, io dico forse, ma non vedrà il trave rispetto alla pagliuzza vera che stiamo affrontando oggi.

Allora, l'emendamento, di fatto, riprende quella legge che, come sapete, aveva completato l'iter, ma che si era fermata, proprio, nell'ingresso dell'Aula; è un emendamento, lo ripeto, che è stato costruito proprio per delimitare in maniera importante quello che succede dopo il passaggio del comune di Sappada…

PRESIDENTE. Concluda, per favore.

ROGER DE MENECH. Soprattutto, ci ritornerò dopo, perché cercherò di spiegarlo nel profondo. Io volevo mettere al centro anche la complessità del problema…

PRESIDENTE. Grazie, ha sforato di 30 secondi.

Ha chiesto di parlare il deputato D'Incà. Ne ha facoltà.

FEDERICO D'INCA'. Grazie, Presidente. Intervengo per dire che noi voteremo in maniera favorevole a questo emendamento del collega De Menech. Trovo corretto, anche, che finalmente si possa portare l'attenzione alla mancanza di un fondo per i comuni di confine dal lato del Friuli-Venezia Giulia.

Tra l'altro, Presidente, all'interno della I Commissione, in discussione, si è avuta, da parte del collega Fiano, capogruppo nella I Commissione e da parte del collega Gigli, la volontà politica che in legge di bilancio vi sia il rifinanziamento del Fondo Letta, Fondo che serve, per l'appunto, anche a dare una sorta di tregua a questa richiesta da parte dei comuni di confine col Friuli Venezia Giulia di passare in Friuli Venezia Giulia e che ci permette di poter andare a fondo con la trattativa Stato-regione per quanto riguarda il referendum sull'autonomia del Veneto, referendum importantissimo dove hanno votato 2,3 milioni di veneti e all'interno del quale vi è un secondo referendum, il referendum sulla maggiore autonomia della provincia di Belluno, provincia che, continuiamo a ripetere, è un cuneo tra una regione a statuto speciale, come il Friuli Venezia Giulia e due province a statuo speciale. Per questo motivo, credo che deve essere anche portata avanti in maniera coesa la volontà, appunto, alla Camera, di aggiungere il rifinanziamento del Fondo per i comuni di confine con il Friuli Venezia Giulia, il Fondo Letta, in modo da poter fermare il passaggio e poter capire se, appunto, la trattativa darà una maggiore possibilità ai comuni che sono sul confine, ma anche alla regione Veneto e soprattutto alla provincia di Belluno di poter avere quella che può essere una compensazione che, per troppo e lungo periodo, è mancata nel corso del tempo e ha provocato uno spopolamento che è inimmaginabile nella parte alta della nostra provincia, dove nei prossimi, probabilmente, cinquant'anni, sessant'anni, alla fin dei conti, perderemo cultura e storia, perché non vi saranno più persone che vivranno su quel territorio.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la collega Malisani. Ne ha facoltà.

GIANNA MALISANI. Grazie, Presidente. Io credo che sarebbe un errore non procedere, oggi, con il passaggio di Sappada al Friuli dal Veneto; sarebbe un errore politico. Io non credo che risolveremo i problemi dello spopolamento dei comuni montani non procedendo su questo atto. È un atto particolare; dobbiamo riconoscere che Sappada appartiene, da sempre, al Friuli Venezia Giulia, storicamente, dall'inizio, ha seguito tutte le vicende storiche del Friuli, dall'inizio con il Patriarcato fino alla Seconda guerra mondiale, quando appartenne, mi ricordo, alla Repubblica libera della Carnia. Quindi, è un atto dovuto, un atto dovuto chiesto dai cittadini di Sappada ancora nel 2008. Non rispondere sarebbe un errore politico grave. A questo punto, non possiamo trovare altri sistemi per non rispondere subito a una richiesta della popolazione.

ROGER DE MENECH. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. De Menech, non può intervenire sullo stesso emendamento. È impossibile, non può farlo; no, non può farlo.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.2 De Menech.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 3).

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.4 Rubinato.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Rubinato. Ne ha facoltà.

SIMONETTA RUBINATO. Grazie, Presidente. Il mio emendamento si ispira al fatto che stiamo procedendo con legge ordinaria, mentre, in precedenza, legislatore e Governo, nel caso di Lamon, che ha votato con un referendum nel 2005, hanno considerato imprescindibile procedere mediante lo strumento della legge costituzionale. Ora, il mio emendamento ribadisce che il distacco-aggregazione di Sappada non può essere considerato una semplice variazione di confine territoriale, perché costituisce, comunque, una modifica del territorio attuale della provincia di Udine e, quindi, della regione Friuli Venezia Giulia che, ai sensi dell'articolo 2 dello statuto regionale comprende i territori delle attuali province di Gorizia, Udine, Pordenone e Trieste alla data di entrata in vigore della legge costituzionale 28 luglio 2016. Questa peculiarità, unita a quella della minoranza etnica tedesca in Sappada, conferma a mio avviso la necessità di procedere con lo strumento della legge costituzionale. Ma detto questo sull'emendamento, colgo il tempo che mi è dato per portare in quest'Aula la voce del presidente della provincia di Belluno, perché la procedura dell'articolo 132 chiede al Parlamento di assumere il compito di rappresentare l'interesse nazionale, di ponderare adeguatamente tutti gli interessi in gioco e di inquadrare la propria decisione in un'appropriata prospettiva di medio e lungo termine. Così pure, il parere della regione è per aiutare il Parlamento a fare questo, perché, come ci ha spiegato la Corte costituzionale, serve a consentire la complessiva emersione di tutti gli interessi locali implicati nell'operazione.

Allora, il presidente della provincia di Belluno ha scritto a noi parlamentari una lettera il 6 ottobre, dopo il voto al Senato, e anche, da ultimo, in data di ieri. Credo sia corretto ascoltare la voce di chi rappresenta gli interessi della comunità territoriale più ampia. Il presidente Padrin ha richiamato la nostra attenzione sulle conseguenze - lo sto citando - che l'approvazione del disegno di legge può generare, nel breve e soprattutto nel medio termine, sulla provincia di Belluno e sui territori veneti con la stessa confinante, aprendo un quadro di tensioni che a cascata sarà sempre più difficile riportare ad uno stadio di sereno equilibrio. Sappada è solo la punta di un iceberg. Anche altri numerosi comuni - l'abbiamo sentito oggi - hanno attivato le procedure, e avrebbero motivo di sentirsi ignorati dal Parlamento, se l'opzione Sappada fosse l'unica a tradursi in legge dello Stato. Se questo processo di separazione dal Veneto iniziasse - dice il presidente della provincia di Belluno - è facile prevedere che una palla di neve diventerà presto una valanga. Allora la mia domanda è, e concludo: emerso in quest'Aula, in questa procedura, nei lavori in Commissione, l'interesse nazionale? Sono emersi davvero gli interessi locali in gioco, oltre quelli della comunità di Sappada? Qui non è in discussione la volontà dei sappadini e il fatto di rispettarla. Dico al collega Fedriga, e anche ad altri che hanno parlato di questo, che io sono stata convintamente a favore del referendum per l'autonomia del Veneto, quindi nessuno, da questo punto di vista, può dirmi che io non sia a favore dell'espressione della volontà popolare, però il punto è un altro, la domanda è: se dall'altra parte del confine amministrativo non ci fosse una regione a statuto speciale, i sappadini avrebbero chiesto di fare quel referendum? Se non ci fosse una provincia di Belluno, e non solo, incuneata tra due regioni a statuto speciale, avremmo avuto in Veneto 33 referendum, di cui 18 conclusi con la stragrande maggioranza dei cittadini per il distacco dal Veneto e il passaggio in Trentino-Alto Adige o in Friuli-Venezia Giulia? Io credo che questo sia il tema vero, politico e anche istituzionale. E quei pareri dati in altri tempi a favore, anche dal Veneto, anche dal mio partito insieme agli altri presenti in consiglio regionale - poi valuterà la Corte, il Presidente della Repubblica, se il parere c'è o non c'è -, sono stati dati in modo provocatorio per fare emergere un problema, per fare emergere il problema di quelle terre incuneate tra altre due regioni a statuto speciale, tre autonomie speciali, che noi assolutamente rispettiamo, ma non si può ignorare che Sappada non è un problema specifico: Sappada è la punta di un iceberg come dice il presidente della provincia di Belluno. Noi avremmo voluto che ci fosse stato il tempo per considerare non solo la volontà dei sappadini, sacrosanta, ma anche quella degli altri comuni referendari: diciassette del Veneto, quattro in altre regioni d'Italia, anche se regioni a statuto speciale.

PRESIDENTE. Concluda.

SIMONETTA RUBINATO. Concludo, Presidente, dicendo che la mia domanda è quella cui deve rispondere ogni parlamentare oggi nel votare questo provvedimento, che sembra piccola cosa ma non lo è affatto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Rizzetto. Ne ha facoltà.

WALTER RIZZETTO. Presidente, voteremo contro a questa proposta emendativa appena ricordata in Aula, ricordando alla collega che è appena intervenuta un passaggio.

Ovvero, se questa - e secondo me la collega sbaglia, però questo mio giudizio è del tutto personale - è una proposta ed un passaggio che di fatto è solo la punta dell'iceberg rispetto a quanto sopracitato e detto, se è vero che la collega - e mi rivolgo attraverso il suo tramite, Presidente - va di fatto a differenziare una proposta che possiamo chiamare di rango costituzionale rispetto ad una proposta che possiamo chiamare ordinaria, è altrettanto vero che i primi fautori di questa punta dell'iceberg - a questo punto contraddicendo lo stesso gruppo che la collega rappresenta -, sono gli stessi deputati del Partito Democratico. Infatti, ci son ben due proposte di leggi ordinarie, la prima atto Camera n. 2331, d'iniziativa dell'onorevole Zanin, e la seconda atto Senato n. 2278, del senatore Pegorer, che sono entrambe citate, tra l'altro, in un'interpellanza che il collega Zanin ha presentato all'onorevole Manzione, sottosegretario di Stato per l'Interno, a cui il sottosegretario ha dato risposta positiva, e lo stesso onorevole Zanin nella replica ha detto: la ringrazio, perché la sua risposta positiva è certamente una risposta che conferma tutto quanto abbiamo cercato di manifestare.

Quindi, il Partito Democratico deve mettersi d'accordo, rispetto a questi passaggi, perché da un lato ci parla addosso e ci dice che c'è una legge di rango costituzionale da doversi fare e che c'è una legge ordinaria, ma sono gli stessi che propongono non una ma ben due proposte di legge ordinaria, del deputato Zanin e, al Senato, del senatore Pegorer, sul passaggio di Cinto Caomaggiore in Friuli-Venezia Giulia.

Quindi, Presidente, noi non possiamo far altro, anche ed ulteriormente in questo caso, che dichiararci contrari a questa proposta emendativa, detto anche e non ripetendo tutto quanto citato poc'anzi rispetto a passaggi costituzionali e a leggi ordinarie.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.4 Rubinato, con il parere contrario della Commissione, mentre il Governo si rimette all'Aula.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 4).

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.5 De Menech.

Ha chiesto di parlare il collega De Menech. Ne ha facoltà.

ROGER DE MENECH. Presidente, approfitto per chiudere il ragionamento che ho iniziato con il precedente emendamento. Intanto, per rispondere all'onorevole Rizzetto: se noi oggi ci soffermiamo sulle contraddizioni della politica e dei partiti, ce n'è per tutti, perché ricordo che oggi il collega Sisto, giustamente, argomenta in un certo modo rispetto a Forza Italia, ma al Senato non soltanto Forza Italia ha votato a favore, ma soprattutto ha approvato un ordine del giorno per obbligare la Camera a portare il provvedimento in Aula entro due mesi. Questa polemica la ritengo assolutamente sterile. È una polemica che, come dicevo, attraversa tutti i partiti, perché il tema è più grande rispetto al singolo comune di Sappada.

Allora, se prima dicevo che questo è il metodo migliore per dare delle risposte alle comunità, cioè usare l'articolo 132, oggi chiedo a quest'Aula: qual è il futuro e quale strumento economico, giuridico e parlamentare dovranno usare queste comunità per riuscire ad ottenere diritti in maniera assolutamente legittima? Ho parlato del fondo, chiedo anche quale sarà l'aspetto istituzionale di queste comunità: dovremo usare l'articolo 116, terzo comma, come stanno tentando tante regioni, in maniera più incisiva l'Emilia-Romagna e la Lombardia, e adesso anche, con la legge regionale, il Veneto, oppure nel futuro useremo l'articolo 132 per arrivare allo stesso risultato? Perché io ricordo un'altra cosa, giusto per delimitare i confini della polveriera bellunese: nel 2011 c'è stato pure un referendum provinciale che, come sapete, se noi leggiamo l'articolo 132, è possibile, perché si parla di province e comuni che possono passare.

Allora, io credo che la decisione di oggi sarà anche uno spartiacque rispetto al futuro di quelle comunità. Nel 2011, ci fu la raccolta di 17 mila firme, ma l'ufficio elettorale centrale bocciò quella proposta di referendum provinciale. Però, io credo che un domani dovremo domandarci dell'utilità di questi strumenti sempre con una visione collettiva.

Come vedete, io ho già detto come la penso sull'episodio di Sappada, ma se noi ci fermiamo sull'episodio di Sappada non facciamo un esercizio di politica vera e di risoluzione dei problemi.

Allora, oggi almeno pretendo di riuscire a riportare al centro il problema vero che è - ripeto - quello delle zone marginali del nostro Paese. E, allora, lo ripeto: io vorrei che dalla decisione di oggi… come sapete, la mia visione è critica e il mio gruppo lo sa e per fortuna ho anche la capacità di spiegarla nel mio territorio, perché da sempre io assumo questa posizione e non solo negli ultimi 15 giorni. Da sempre ho avuto il coraggio di andare a Sappada a spiegare il perché di una mia posizione politica rispetto alla teoria dei referendum.

Ma questo perché? Cosa sta succedendo a Belluno? Sta succedendo che sabato prossimo, a Cortina d'Ampezzo, si festeggeranno oppure si celebreranno, con l'ex presidente della provincia autonoma di Bolzano Durnwalder, i dieci anni del referendum della Ladinia, Colle, Cortina e Livinallongo del Col di Lana. Questo è un altro episodio dimostrativo che vi fa capire che, al netto di quello che succede oggi qui su Sappada - e guardo i colleghi che hanno un po' più di capacità di fare un ragionamento politico - questo tema della montagna bellunese va affrontato in maniera incisiva. E non è sufficiente - ripeto - lavorare sui francobolli perché Sappada, anche da un punto vista temporale, arriva dopo tanti altri comuni che avevano manifestato, in maniera legittima, una volontà di staccarsi dal Veneto e poi di andare nelle province limitrofe, Trento, Bolzano oppure il Friuli-Venezia Giulia.

Allora, in questo senso io credo che oggi noi qui possiamo mettere in atto - e mi piacerebbe sentirlo anche dagli altri gruppi parlamentari - quel tipo di proiezione politica, perché - ripeto - se ci fermiamo al francobollo perdiamo tutti e dall'altra parte, come dicevo, dovremmo iniziare a dare delle risposte concrete e anche un solco rispetto a quello che dovranno fare le comunità nel futuro.

Detto questo e vista l'indicazione, io ritiro il mio emendamento 1.5.

PRESIDENTE. Essendo ritirato l'emendamento, decadono tutte le prenotazioni di intervento.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.21 Menorello, con il parere contrario della Commissione mentre il Governo si rimette all'Aula.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Presidente, non me ne vorrà il collega Menorello se, nell'annunciare il voto di astensione di Forza Italia su questo emendamento, mi permetto di ricordare all'Aula e soprattutto a chi è intervenuto prima sull'emendamento precedente che il diritto di rivedere le proprie posizioni è un diritto che non solo deve essere incoraggiato, ma che non può essere criticato sulla scorta di valutazioni meramente aritmetiche. Cioè, noi abbiamo spiegato e Forza Italia anche in Commissione ha lungamente spiegato - e mi dispiace che il livello di attenzione in Commissione poi si traduca in disinvolte affermazioni nell'Aula – che, nel momento in cui manca una condizione essenziale per il perfezionamento del procedimento costituzionale di cui all'articolo 132, questo è un provvedimento viziato e la percezione del vizio non è detto che debba essere genetica, e ci mancherebbe altro che non si possa percepire che la regione Veneto si è espressa con una mozione e non con un parere e di seguito a questa percezione, autorevolmente segnalata, si assuma un atteggiamento conseguente e coerente.

Capisco che la tecnica procedimentale rispetto agli interessi di territorio è uno sport non facilmente praticabile, capisco che le regole costituzionali vengono dopo i propri quartieri e i propri interessi elettorali, lo capisco, tra virgolette, ma che almeno si abbia il coraggio, nel sostenere legittimamente le proprie tesi, di non criticare chi cerca di fare una politica diversa rispetto a quella degli interessi particolareggiati.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega D'Incà. Ne ha facoltà.

FEDERICO D'INCA'. Grazie, Presidente. Dicendo che noi ci asterremo su questo emendamento del collega, diciamo anche che il provvedimento non è viziato. Il provvedimento ha avuto un parere da parte della regione Veneto attraverso una mozione. Era stato dato il tempo di una settimana al consiglio regionale per poter rispondere a questa indicazione appunto avuta dalla Presidente della Camera e, di fatto, non abbiamo avuto nessuna risposta da parte del consiglio regionale del Veneto e, in particolare, dalla sua maggioranza, dalla Lega e dal suo presidente del consiglio Ciambetti che, di fatto, è intervenuto ormai quando i tempi erano ormai ridotti al lumicino.

Tra l'altro, si denota una profonda divisione tra il parere della Lega Nord in Veneto rispetto a quello della Lega Nord in Friuli-Venezia Giulia o qui a Roma. Quindi, vi sono delle divisioni interne che oggi si fa finta di non vedere, ma che esistono all'interno dei singoli partiti sulla visione di insieme del nostro Paese.

Io ripeto che siamo l'unica forza politica che sta esprimendo un voto uguale sia all'interno del consiglio regionale sia all'interno, appunto, di quest'Aula parlamentare e ripeto a tutti che l'articolo 132 risponde a un territorio, un territorio ferito, che è il territorio bellunese, cioè una parte dei comuni confinanti che hanno utilizzato l'unica arma possibile e immaginabile, la nostra Costituzione - un'arma bellissima, quindi - per poter rispondere alle problematiche di un territorio, che in tutti questi anni non è mai stato ascoltato, per le differenze che vi sono tra chi abita un metro più in qua e un metro più in là rispetto ad un confin,e che è soltanto un confine posto dagli uomini, ma non è un confine che divide le montagne, le montagne che sono uguali, che sono le Dolomiti, che sono patrimonio UNESCO e che vedono una gestione completamente diversa tra chi abita, ad esempio, in Trentino-Alto Adige rispetto a chi abita nell'Agordino o nella Valle del Bóite.

E di fatto, sì, il bellunese è una polveriera, una polveriera istituzionale, che finalmente - e finalmente, io ripeto - sta avendo una miccia attraverso, per l'appunto, il passaggio di Sappada e il passaggio di Sappada permette una discussione all'interno di quest'Aula che, diversamente, non è mai stata fatta nel passato. E ripeto anche che qualcuno prima sui giornali locali è intervenuto dicendo che Sappada è un unicum culturale. Non è vero: Cortina d'Ampezzo, che la settimana prossima confermerà i dieci anni della richiesta fatta con il referendum svolto e quindi anche vittorioso, è stata Tirolo per 500 anni e, quindi, ben oltre il periodo in cui Sappada è rimasta nel Friuli-Venezia Giulia.

Quindi, di fatto vi sono culture che in questo momento sono divise una dall'altra e il Parlamento, che è sempre portato a discutere e a guardarsi la punta del naso, non riesce in nessuna maniera a rispondere a questi territori, che hanno assolutamente il bisogno di sopravvivere a questo spopolamento, a questa distruzione della cultura comune, che ha visto 1.000-2.000 anni di storia e che oggi, in pochissimi decenni, rischia di scomparire.

Io mi auguro che Sappada sia la miccia che metta finalmente in moto tutta una serie di provvedimenti all'interno della trattativa tra lo Stato e la regione, tra il Veneto, appunto, e lo Stato centrale, per far sì che questo territorio venga salvaguardato, altrimenti di fatto assisteremo soltanto alla sua scomparsa culturale e fisica.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il collega Alberto Giorgetti. Ne ha facoltà.

ALBERTO GIORGETTI. Grazie, Presidente. A titolo personale per preannunciare il mio voto sull'emendamento Menorello e condividere alcune delle riflessioni che sono state poste a quest'Aula.

Ben ritenendo che il lavoro fatto dal mio gruppo sia comunque un lavoro positivo rispetto al testo, ritengo, da veneto, che oggi il via libera a questo tipo di scelta del territorio sia un via libera problematico, che determinerà una serie di effetti, che sono stati prima ricordati e già annunciati anche dalla collega Rubinato, in merito alla posizione della provincia di Belluno, così come di altri comuni, che hanno evidentemente già aderito a questo tipo di valutazione referendaria, che ha posto già al Parlamento la necessità di un intervento e, quindi, di una valutazione e di una visione di carattere nazionale.

Noi rischiamo di creare un precedente che determinerà, evidentemente, un effetto a caduta su molti altri comuni, il cui unico aspetto, al di là delle caratteristiche territoriali e storiche, è evidentemente l'equilibrio delle risorse con cui sperano, queste realtà territoriali…

PRESIDENTE. Concluda, Alberto Giorgetti.

ALBERTO GIORGETTI. …di poter avere in termini di finanza pubblica migliorata, e quindi di avere un contesto che sia migliore rispetto a quello di oggi.

Credo che sia un tema che noi dobbiamo affrontare complessivamente e che quindi questa scelta di lasciare l'autonomia a Sappada …

PRESIDENTE. Grazie, grazie mille. Non ci sono altri interventi. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.21 Menorello, con il parere contrario della Commissione, il Governo si rimette all'Aula.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 5).

Dobbiamo ora passare a una serie a scalare composta di quattro emendamenti, ai sensi dell'articolo 85, comma 8, del Regolamento. Come applicato nella prassi assolutamente costante, la Presidenza porrà in votazione il primo emendamento, 1.22 De Menech, l'emendamento intermedio, 1.23 De Menech, e l'ultimo emendamento della serie, 1.6 De Menech.

Passiamo all'emendamento 1.22 De Menech.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato De Menech. Ne ha facoltà.

ROGER DE MENECH. Lo spiego, perché questa serie di emendamenti mi è stata suggerita proprio dall'amico sindaco di Longarone, nonché presidente della provincia. Quanto costerebbe se tutta la provincia di Belluno chiedesse di passare con questi parametri al Friuli-Venezia Giulia? Costerebbe 110 milioni di euro. Quanto costerebbe il secondo l'emendamento, se gli otto comuni che hanno già approvato un referendum chiedessero di passare in parte a Trento, in parte a Bolzano e al Friuli-Venezia Giulia seduta stante? Costerebbe 9 milioni di euro. Queste sono le motivazioni di questi emendamenti che mi spingono, però, a dire quello che mi interessava di più rispetto alle cifre nude e crude.

Oggi noi, tutti assieme, anche se non mi vedo d'accordo rispetto alle decisioni, stiamo prendendo una strada - lo dicevo prima -, una via istituzionale, per tentare di risolvere i problemi, venire incontro alle richieste dei referendum. Punto 1: da domani dovremo avere la capacità di farlo con tutti, dovremo avere la capacità di stanziare le risorse per tutti, dovremo avere la capacità di dare soddisfazione anche all'eventuale referendum provinciale, se ce lo dovesse chiedere il presidente della provincia, perché, altrimenti, corriamo il rischio, come dicevo, di trasformare… ed è questa forse la visione che mi separa anche dai colleghi che hanno origine dalla mia stessa terra, avremmo questa incertezza che è l'origine dei miei dubbi rispetto al provvedimento di oggi.

Non è una posizione contro i cittadini di Sappada, il vero problema è se il Parlamento, nel prossimo futuro, avrà la capacità di dare risposte uguali a tutti i territori del Veneto e della provincia di Belluno. Ecco, oggi noi mettiamo un mattone importante, perché decidiamo un iter, quello di una proposta di legge ordinaria, che spero nel futuro varrà per tutti i comuni che vanno a referendum, e decidiamo anche di quantificare qual è lo sforzo economico che lo Stato deve sostenere, come avete visto, i famosi 705.000 euro.

Allora, io sono sempre convinto nella creazione di fondi ad hoc e nel principio di leale collaborazione fra le regioni a statuto speciale e quelle ordinarie, sono convinto del percorso che dobbiamo intraprendere tutti assieme e sono contento delle novità che il Governo sta portando avanti rispetto alla trattativa con l'Emilia e la Lombardia sull'articolo 116, terzo comma, sono convinto che quella sia la strada maestra.

Oggi, però, voglio dire un'ulteriore cosa che si affianca: se il territorio della mia provincia dovesse decidere altre scelte, come quelle che ho citato, dal referendum provinciale al referendum dei singoli comuni, noi dobbiamo dare risposte uguali a tutti i territori, altrimenti, sì, il giorno di oggi sarebbe la sconfitta di tutti e sarebbe quindi solo un francobollo su una cartolina complessiva che non vediamo.

Questo è il tentativo che volevo fare con questi, a dir la verità, quattro emendamenti, che hanno caratteristiche economiche, rimarcando ancora una volta quello che sta al centro. Noi abbiamo bisogno in questi territori - e lo dico anche per le regioni, per quelle regioni grandi, a statuto speciale, che magari non hanno questa affinità con i territori di montagna - di mettere in atto politiche per la montagna: questa è la verità che emerge.

In una provincia che ha una grande capacità di produzione e di manifattura, noi abbiamo bisogno di non spopolare le valli delle nostre comunità, dalla Gordino al Cadore fino a Sappada, e solo con delle politiche di area vasta possiamo rispondere a queste esigenze. Lo dico con forza, perché ne sono convinto, approfittando di questa occasione per me molto, molto complicata.

Come avete visto, ho delimitato il costo di un'autonomia particolare; io spero che da questi numeri, nel prossimo futuro, anche lo stesso Governo in carica oggi possa costruire quello che abbiamo già fatto dall'altra parte, cioè un fondo speciale, duraturo nel tempo, non occasionale, ma che possa iniziare a dare delle risposte di concretezza.

Detto tutto questo e visto il carattere di provocazione da una parte, ma il parere negativo, io ritiro gli emendamenti 1.22, 1.23, 1.7 e 1.6. Grazie.

PRESIDENTE. Ritira tutti e quattro gli emendamenti, vero? Di tutta la serie a scalare, praticamente. Va bene.

Passiamo all'emendamento 1.24 De Menech.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato De Menech. Ne ha facoltà.

ROGER DE MENECH. Ultimo mio intervento, non sono mai intervenuto così tanto, ma credo di poterlo meritare dopo cinque anni in questa Aula e non aver “rotto” più di tanto i colleghi… disturbato, giusto. Lo dico anche con un sorriso, nonostante la difficoltà personale e politica.

Io, prima, ho citato le due lettere di due presidenti della provincia e ricordo a tutti che, al di là della provincia e della regione, proprio in questi giorni anche un'ampia fetta delle parti sociali della mia provincia ha scritto e ha detto la posizione, che è quella che io ho provato a riassumere: la richiesta al Parlamento, alle istituzioni e al Governo di non affrontare a pezzi troppo piccoli il tema della montagna veneta e soprattutto quello della montagna bellunese.

Con questo emendamento io provavo a dare, anche qui, un contributo nel senso dell'organizzazione dei lavori post approvazione eventuale di questo provvedimento, per venire incontro anche ai dubbi e alle perplessità rispetto all'applicazione del principio costituzionale alle regioni speciali, visto che, in questo caso, questo ramo del Parlamento, insieme al Senato in prima votazione, ha deciso di non applicare il principio costituzionale, dando il tempo alla regione Friuli-Venezia Giulia per adeguare il proprio statuto o gli strumenti, gli strumenti vari, i regolamenti che ha a disposizione rispetto all'entrata di un nuovo comune. Quindi, l'intento di questo emendamento era questo.

Come dicevo - e lo dico anche con stima e amicizia al collega D'Incà -, non è vero che dalla sua parte politica tutto è tranquillo. Se noi guardiamo ai territori, anche dentro i movimenti, autonomisti e non, anche dentro il MoVimento 5 Stelle, c'è una discussione aperta, lo sa benissimo, ci sono posizioni diverse, probabilmente frutto esattamente della genesi di questi provvedimenti, che - ripeto - risolvono forse - uso questo termine - un caso, ma non risolvono il problema della sua caratteristica principale.

Proprio con questo spirito di leale collaborazione fra istituzioni e anche fra partiti, io credo che, al di là del voto di oggi, noi da domani dobbiamo iniziare a lavorare per davvero e sul serio per lenire questa polveriera che è la mia provincia, ma che rischia di diventare, come hanno detto anche alcuni colleghi che mi hanno preceduto, tutto il Veneto a cascata, perché è chiaro che la polveriera viene alimentata anche e soprattutto dalla vicinanza con territori che hanno un'autonomia differenziata.

Si possono costruire con questi territori princìpi di leale collaborazione e progetti strategici unificati - lo stiamo facendo e di questo dobbiamo andare orgogliosi - oppure si possono fare scelte diverse. Io sono per la prima, lo dico in maniera molto chiara e lo dico anche come forma di stimolo al Governo, alle regioni, alle province autonome e alle regioni speciali, perché credo solo su questo. Tanto è vero - e chiudo - che ho presentato ovviamente anche un ordine del giorno che sottolinea questo aspetto e che stimola il Governo alla creazione di queste forme particolari di collaborazione, ripeto, non solo economica: non riduciamo sempre tutto solo al vile denaro. I soldi sono importanti, ma, secondo me, per lenire i bisogni della montagna abbiamo bisogno di strategie; anche nelle regioni autonome tutte, non dappertutto, riusciamo a mettere in atto politiche di scala vasta per i problemi della montagna.

Su questo dobbiamo batterci, prendere gli esempi migliori che ci sono in Italia e trasformarli in buone pratiche in tutto l'arco alpino. La “legge Delrio” allora l'aveva riconosciuto alla mia provincia, l'aveva riconosciuto in maniera importante e adesso noi dobbiamo riempire di contenuti quella proposta di legge, quella legge che ormai è dello Stato, la “legge Delrio”, che differenziava le tre province completamente montane confinanti con Stati esteri, dotandole di governance, quindi di governo particolare, e di risorse necessitare per fermare, come dicevo, lo spopolamento.

Detto questo, visto l'indirizzo del mio gruppo e in particolare anche del relatore, ritiro l'emendamento in oggetto.

PRESIDENTE. Quindi, decade anche l'intervento prenotato di D'Incà.

A questo punto, essendo stati dichiarati inammissibili tutti gli articoli aggiuntivi, si applicherà l'articolo 87, comma 5, del Regolamento, non procedendo alla votazione dell'articolo 1, ma direttamente alla votazione finale, previo l'esame degli ordini del giorno.

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 4653)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A).

Avverto che la Presidenza non ritiene ammissibili, ai sensi articolo 89, comma 1, del Regolamento, in quanto estranei rispetto al contenuto del provvedimento, gli ordini del giorno n. 9/4653/1 Ottobre, n. 9/4653/2 Bragantini e n. 9/4653/3 Prataviera, volti a prevedere il distacco di alcuni comuni dalle rispettive regioni e la loro aggregazione ad altre regioni.

Ricordo che si tratta di materie già valutate inammissibili in occasione sia dell'esame in sede referente sia di quello in Assemblea.

Risulta altresì inammissibile, sempre ai sensi dell'articolo 89, comma 1, del Regolamento, l'ordine del giorno n. 9/4653/4 De Menech, volto a istituire un fondo per i comuni della provincia di Belluno.

Se il deputato Nesi non chiede intervenire, chiederei al rappresentante del Governo di esprimere il parere sull'unico ordine del giorno.

MATTEO BRAGANTINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Su questo ordine del giorno? Mi faccia far esprimere prima il parere.

LUIGI BOBBA, Sottosegretario di Stato per il Lavoro e le politiche sociali. Chiederei una sospensione…

PRESIDENTE. È sull'ordine dei lavori o sull'ordine del giorno? Attivate un attimo il microfono al deputato Matteo Bragantini, si spieghi un attimo. Prego.

MATTEO BRAGANTINI. Grazie, Presidente. Non riesco a comprendere, ma accetto, l'inammissibilità dei due ordini del giorno che avevo presentato - il sottoscritto e il mio collega Prataviera -, in quanto riguardano due provvedimenti che sono già calendarizzati da tempo, sia in questa legislatura che nella legislatura precedente, che riguardano casi similari di Cinto Caomaggiore e del comune di Lamon e del passaggio dal Veneto alle province autonome e alla regione del Friuli.

A mio avviso, ritengo che sia auspicabile, in ogni caso, che il Governo si attivi il prima possibile, e anche la Camera, perché, se siamo delle persone democratiche…

PRESIDENTE. La ringrazio. Le tolgo la parola perché questo non può essere un intervento su ordini del giorno dichiarati inammissibili, anche perché, collega, la proposta concerne il distacco del comune di Sappada. Se noi proponiamo il distacco di altri comuni, è logico che è inammissibile come ordine del giorno e come emendamento.

Il rappresentante del Governo mi chiedeva una breve sospensione per poter valutare il parere sull'ordine del giorno Nesi? Cinque minuti vanno bene? Sospendo dunque la seduta, che riprenderà alle 12,20.

La seduta, sospesa alle 12,15, è ripresa alle 12,20.

PRESIDENTE. Avverto che l'ordine del giorno del deputato Nesi è stato ritirato.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 4653)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Distaso. Ne ha facoltà.

ANTONIO DISTASO. Grazie, Presidente. Preannuncio il voto di astensione della componente di Direzione Italia su questo provvedimento, motivato da alcune ragioni di merito soprattutto. Aspetto il via vai, Presidente…

PRESIDENTE. Sì, purtroppo, siamo nel momento dell'Aula di disimpegno.

ANTONIO DISTASO. …senza chiedere sconti.

PRESIDENTE. Se per favore i colleghi almeno si possono allontanare, grazie. Liberare i banchi del Governo. Collega Molea, per favore, liberate i banchi del Governo. Prego, Distaso, andiamo avanti.

ANTONIO DISTASO. Diciamo che sia nel percorso in Commissione, per quanto ci riguarda, alla Camera, che, poi, nei vari passaggi in Aula, la nostra attenzione non è stata concentrata tanto sulla formazione del procedimento di carattere formale e costituzionale che pure abbiamo seguito, ma su ragioni di ordine…

PRESIDENTE. Liberate i banchi del Governo, per favore, Marguerettaz.

ANTONIO DISTASO. …da ragioni, dicevo, di buonsenso e di esperienza, anche dovute ad ultime vicende nazionali. Noi, naturalmente, non possiamo che vedere con favore il principio di autonomia e anche di autodeterminazione delle realtà territoriali, purché avvenga in un quadro uniforme di regole condivise. Molte cose sono state dette: uno dei punti, secondo noi, è che oggi, non invadendo naturalmente la libera espressione delle popolazioni indicate, e per questo il voto di astensione, la maggior parte di queste richieste, come è noto, avviene più per ragioni di carattere economico che non per ragioni di carattere sostanziale, linguistico e culturale. In questo caso, ci sono anche parte di queste motivazioni: una di queste è che, per esempio, il comune in questione fa parte dell'arcidiocesi di Udine. Sappiamo che nei territori questa è una motivazione aggregante non di secondaria importanza.

Ma, secondo noi, questo non è sufficiente oggi a dare una voto pienamente favorevole ad una singola istanza, nel momento in cui sappiamo che, per quello che è accaduto anche con i referendum regionali che sono stati espletati poco tempo fa, potrebbe dar vita ad un quadro di indeterminatezza che noi non saremmo in grado di regolare come dobbiamo.

Quindi, ripeto, il voto è di astensione perché non abbiamo nessuna motivazione contraria alle determinazioni espresse liberamente dalla comunità territoriale, ma riteniamo che compito del Parlamento, della regione, delle regioni interessate, governare questi processi in modo armonico e non indiscriminato e, magari, solo a vantaggio di qualche comune e non di tutte le comunità interessate (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Direzione Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Monchiero. Ne ha facoltà.

GIOVANNI MONCHIERO. Grazie, Presidente. Come è già emerso nella discussione di stamattina e nelle votazioni precedenti, il nostro gruppo lascia libertà di espressione ad ogni singolo componente, anche se nelle discussioni sono emersi due temi che vorremmo sottolineare.

Da un lato, c'è il problema di garantire comunque l'accoglienza della libera volontà espressa dalla comunità locale, dall'altro, c'è il tema ben più complesso dei rapporti fra le varie regioni, con la riproposizione del tema della finanza delle regioni autonome, che stamattina è emerso in moltissimi interventi. Questo è un argomento sul quale il Parlamento dovrebbe riflettere in una visione globale che riveda questa materia, perché è davvero incomprensibile che le comunità locali siano interessate dalla possibilità di cambiare regione al fine di avere più disponibilità economica. Mi pare un tema che denuncia un errore di prospettiva della legislazione nazionale che regola questa complessa materia. Però, mentre su questi grandi temi abbiamo una posizione ben precisa, che però non è l'oggetto della discussione di oggi, sul caso di specie il nostro gruppo lascia la libertà ai singoli di esprimersi come meglio ritengono opportuno.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Walter Rizzetto. Ne ha facoltà.

WALTER RIZZETTO. Grazie, Presidente. Sarò estremamente rapido in questa dichiarazione di voto, voteremo a favore della proposta, ho ascoltato con attenzione tutti gli interventi che i colleghi hanno svolto in quest'Aula e abbiamo già abbondantemente giustificato quanto stiamo per andare a votare durante la discussione delle proposte emendative.

Non vorrei, Presidente, che però questo passaggio, in termini legislativi, potesse quanto meno assomigliare ad altri quesiti referendari che negli ultimi mesi si sono svolti; ricordiamo il quesito in Lombardia, piuttosto che in Veneto. È altra cosa. È altra cosa poiché molto spesso e in questi anni io ho verificato anche di persona quanta volontà ci sia, ad esempio, da parte di certi comuni - e lo sta dichiarando una persona che abita in Friuli-Venezia Giulia - di poter passare al Friuli-Venezia Giulia, quasi come se il Friuli-Venezia Giulia fosse l'Eldorado, fosse quanto mai avvicinabile a quanto stanno vivendo anche, ad esempio, le province autonome di Trento e Bolzano, piuttosto che la Sicilia, in termini di specialità.

È altra cosa: il Friuli-Venezia Giulia non è quell'Eldorado che si vuol far passare, anche in termini di tasse piuttosto che di fiscalità generale. Comunque sia, il Friuli-Venezia Giulia è un territorio che soffre, che soffre della concorrenza - anche a tratti, per quanto mi riguarda, sleale - della vicina Slovenia, piuttosto che dell'Austria, nazioni quantomeno più o meno sovrane, unite in un'Europa che, evidentemente, non è più l'Europa che ci aspettavamo.

Quindi, Presidente, queste sono motivazioni ulteriori, cioè mi sembra che possa esserci un punto di caduta, un vulnus importante se adducessimo soltanto questo tipo di motivazione.

Abbiamo ascoltato, durante tutto l'iter dei lavori parlamentari di stamani, che Sappada ha delle ragioni storiche, culturali e anche, se mi passate il termine, religiose; prima c'è stato un minimo di dibattito rispetto al fatto che un'altra cittadina come quella di Portogruaro appartiene ad un'altra diocesi, ma la cittadina di Portogruaro rappresenta ed è inserita nella diocesi di Concordia-Pordenone, ed è altra cosa rispetto a Sappada, che, invece, fa tuttora parte della pieve di Gorto, dell'arcidiocesi di Udine.

Quindi, ci sono, evidentemente, delle motivazioni che non sono e non vanno nel senso anche delle legittime rimostranze che alcuni parlamentari hanno eseguito, svolto e dichiarato in quest'Aula. Lo rinnovo: Sappada è una sorta di isola linguistica, il dialetto è il tedesco, simile - come prima ho ricordato - alla lingua e al dialetto che si parla a Sauris o a Timau, che sono, tra l'altro, due zone che storicamente fanno parte del Friuli.

Non siamo corsi ai ripari per qualche scadenza elettorale dei prossimi mesi. Lo ricordavano anche i colleghi e l'ho ricordato anch'io: è un percorso iniziato nel 2007, per poi essere celebrato nel 2008 ed è stato il referendum più partecipato rispetto ai quesiti referendari svoltisi in Italia negli ultimi anni.

Quindi, per quanto ci riguarda, nulla osta a questo tipo di proposta. È, sì, vero che la regione Friuli-Venezia Giulia si è espressa, è altrettanto vero che la regione Veneto ha chiesto un po' più di tempo, ma ci sono - lo rinnovo - delle dichiarazioni inconfutabili sotto questo punto di vista da parte del Presidente della regione Veneto, Luca Zaia, che, di fatto, con le sue dichiarazioni non si è messo di traverso rispetto a questo percorso.

Ciononostante, qualcuno è stato accusato di fare campagna elettorale, di amplificare questo tipo di dibattito mettendo benzina sul fuoco: non è così, prima l'ho ricordato in Aula. Rispetto alla differenza tra leggi ordinarie e leggi che hanno un rango costituzionale ci sono - e mi riferisco alla punta dell'iceberg o all'effetto slavina, che qualche collega prima ha citato - delle proposte di legge ordinarie che non sono state proposte da coloro che non vogliono un passaggio costituzionale rispetto a quanto detto, ma sono di deputati e di senatori del Partito Democratico, che, legittimamente, hanno proposto un percorso ordinario.

Chiudo Presidente, citando e ricordando, oltre all'abusato, stamani, articolo 132 della Costituzione, però rettifico subito poiché citare la Carta costituzionale non è mai un abuso, ricordo che c'è una norma, che è la legge n. 352 del 1970, che stabilisce iter e tempi certi rispetto al quesito referendario, che, sulla base di questa legge, deve essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale entro 60 giorni dalla pubblicazione e il Ministero dell'Interno, poi, deve proporre un disegno di legge per i passaggi di comuni a regioni, anche quando si prevede un distacco di un ente locale da una regione a statuto ordinario verso l'aggregazione ad una regione a statuto speciale, in questo caso il Friuli-Venezia Giulia. Voteremo, quindi, Presidente, a favore di questa proposta.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Gian Luigi Gigli. Ne ha facoltà.

GIAN LUIGI GIGLI. Grazie, Presidente. Tra poco, con la definitiva approvazione di questa legge, si compie un atto importante, importante perché riguarda il rispetto della volontà di una comunità, il rispetto della volontà di un popolo. Sono state respinte, per fortuna, tutte le pretestuose obiezioni di carattere procedurale e addirittura costituzionale, che miravano solo ad ottenere delle dilazioni per far naufragare il progetto in prossimità della fine della legislatura. Pur di ottenere una sospensiva non si è esitato ad invocare persino il recente referendum veneto sull'autonomia, pur sapendo bene che molto significativamente lo stesso partito del Presidente Zaia aveva sollecitato, ancora nell'aprile scorso, la ricalendarizzazione del provvedimento in Senato, quando cioè la macchina referendaria per l'autonomia del Veneto si era già messa in moto. È caduto anche il tentativo di invocare nuove votazioni a causa del cambio di consiliatura regionale, come se le deliberazioni degli organi istituzionali potessero essere rimesse in discussione ad ogni elezione.

Io però vorrei dedicare gran parte della mia dichiarazione di voto a rivendicare le ragioni della richiesta di Sappada, che troppo sbrigativamente e in maniera quasi offensiva sono state attribuite ad esigenze di natura economica legate all'eventuale privilegio che si determinerebbe col passaggio alla regione autonoma a statuto speciale. La comunità di Sappada entra nella storia come un territorio di montagna legato fin dall'inizio a quella realtà statuale gloriosa che fu il patriarcato di Aquileia. Una realtà gloriosa che, è bene dirlo tra l'altro in questa sede...

PRESIDENTE. Può provare a cambiare microfono, c'è qualcosa che fa interferenza.

GIAN LUIGI GIGLI. Grazie, Presidente. Una realtà gloriosa, dicevo, il patriarcato di Aquileia, che - è bene ricordarlo in questa nostra sede parlamentare - fu il luogo del primo Parlamento d'Europa, prima ancora di quello inglese, un Parlamento certamente nobiliare, come all'epoca si usava. Ebbene, Sappada resta, sempre col patriarcato del Friuli, patriarcato di Aquileia, entra a far parte, dopo l'occupazione del Patriarcato, nel 1429, da parte della Serenissima Repubblica di Venezia, del territorio della Repubblica di Venezia, ma assegnata sempre alla circoscrizione friulana. Resta in Friuli anche durante l'occupazione napoleonica e il successivo passaggio all'Austria. Resta in Friuli, nonostante, appunto, il Governo austriaco, fino al 1852; è solo a questa data, cioè a 165 anni fa, che dobbiamo far risalire il passaggio, per ragioni che non ci sono note, non comprendiamo, di Sappada al bellunese. Solo da allora, Sappada passa a Belluno, con una breve, ma significativa parentesi, la parentesi della Resistenza, proprio a testimonianza del fatto che non erano gli interessi economici quelli che determinavano il sentirsi parte di una realtà popolare; Sappada fa parte della Libera Repubblica della Carnia durante l'esperienza che va dall'agosto all'ottobre del 1944, un periodo estremamente significativo e, certamente, combattuto non per ragioni di interesse.

Sappada, è stato già detto, fa parte dell'Arcidiocesi di Udine, da sempre; Sappada, nel 1966, quando la regione Friuli Venezia Giulia nemmeno esisteva o stava appena muovendo i suoi primi passi, dà luogo ad una raccolta di firme di tutti i capi famiglia che, già nel 1966, auspicano il passaggio, anzi, il ritorno di Sappada al Friuli.

Sappada, ancora oggi, vale la pena ricordarlo, vede alcune delle sue squadre sportive - e ne cito solo una, ma potrei citare anche il calcio, voglio citare i Camosci dello sci nordico, che hanno portato all'Italia alcune medaglie d'oro nelle competizioni olimpiche, come Pietro Piller Cottrer e Silvio Fauner - competere a livello sportivo nelle sezioni del CONI che riguardano il Friuli Venezia Giulia.

Infine, dal punto di vista militare, la caserma ora dismessa, la caserma Fasil di Sappada era aggregata, non alla vicina brigata Cadore, ma alla brigata Julia, la brigata, appunto, che aveva sede in Friuli, a testimonianza, esattamente, proprio di questa profonda e radicata appartenenza.

Da ultimo, i cittadini di Sappada, per le loro esigenze sanitarie continuano a rivolgersi all'ospedale di Udine e, da questo punto di vista, mi permetto, attraverso di lei, Presidente, di far presente all'onorevole De Menech che se è vero che questa legge avrà un minimo di costo, 700.000 euro sono stati calcolati per quanto riguarda la collettività, dall'altro lato produrrà risparmi, perché voglio ricordare che la sanità in Friuli è gestita totalmente dalla regione autonoma a statuto speciale e, quindi, né il Veneto né il resto d'Italia dovranno più farsi carico delle spese per la tutela della salute dei cittadini di Sappada.

Sappada, infine, è stato già ricordato, è un'isola germanofona, nella quale si parla un dialetto bavarese, tirolese, bavaro-tirolese, simile del tutto a quello che parlano gli abitanti di Sauris e di Timau e, non a caso, Sappada vede un interesse nello statuto della regione autonoma Friuli Venezia Giulia, che ha a che fare, e molto, con la tutela delle minoranze linguistiche, voglio ricordare anche la tutela della lingua friulana e la tutela della lingua slovena; Sappada, certamente, auspica il ritorno al Friuli anche per la tutela della sua lingua.

Ebbene, ora che la questione di Sappada si è risolta, voglio chiudere questo mio intervento, raccogliendo, tuttavia, come molte volte abbiamo fatto in Commissione, l'appello del collega De Menech, affinché si dia ascolto alla voce che viene dai territori di montagna, voce accorata, che sale senza distinzioni di regione, per invertire il rischio di spopolamento, che avrebbe, voglio ricordarlo, devastanti conseguenze non solo per quanto riguarda la desertificazione delle comunità di montagna, ma anche per la tenuta, a cominciare dal punto di vista geologico, dei territori a valle.

Affinché questo non avvenga, è necessario un piano organico di interventi per la montagna, capace di riassicurare prospettive di vita e prospettive di sviluppo, certamente, alla montagna bellunese, ma, altrettanto certamente, alla stessa Carnia, nella quale Sappada va a collocarsi e che soffre, anch'essa degli stessi mali, malgrado regione autonoma a statuto speciale, della montagna bellunese.

Termino, Presidente, se mi è consentito, con un saluto ai cittadini di Sappada, hallo Plodn zurück in Friaul, così direbbero forse in tedesco; mi riesce più facile dirglielo in friulano: mandi Sapade ben rivât dal Friûl; ciao Sappada, bentornata in Friuli, la patria del Friuli da cui sei stata ingiustamente separata nel 1852; sono passati 165 anni, ma, oggi, in quest'Aula, tornano a prevalere le ragioni più profonde della storia.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la collega Pellegrino. Ne ha facoltà.

SERENA PELLEGRINO. Presidente, onorevoli colleghi, il gruppo Sinistra Italiana Possibile voterà a favore di questa legge che disciplina la procedura per il distacco del comune di Sappada dal Veneto e la sua aggregazione alla regione Friuli-Venezia Giulia, così come il nostro gruppo si è già espresso al Senato. È un diritto espresso chiaramente all'articolo 132, secondo comma, della Costituzione, che permette ai cittadini l'aggregazione da una regione a un'altra. Cito testualmente: “Si può, con l'approvazione della maggioranza delle popolazioni della Provincia o delle Province interessate e del Comune o dei Comuni interessati, espressa mediante referendum e con legge della Repubblica, sentiti i Consigli regionali, consentire che Province e Comuni che ne facciano richiesta siano distaccati da una Regione ed aggregati ad un'altra”. E la volontà dei cittadini di Sappada è sempre stata chiara e lineare in merito alla scelta di appartenere al Friuli-Venezia Giulia; una volontà espressa anche formalmente; nel marzo 2008, lo ricordo, Presidente, venne indetto un referendum consultivo. Furono ben il 95 per cento i voti a favore del passaggio dal Veneto al Friuli-Venezia Giulia.

Ma, al di là della giusta volontà popolare, che non può essere mai ignorata, vanno tenuti presenti i rapporti e i legami culturali ed economici che legano Sappada all'area friulana; anche a livello storico, i legami con il Friuli sono forti e radicati. Nel corso dei secoli, il territorio di Sappada è stato sempre legato a quello friulano, sul piano amministrativo, già a partire dalla nascita. Chiunque abbia a cuore la storia di quella terra sa che fin dall'XI secolo anche Sappada era sotto il Patriarcato di Aquileia, parecchi colleghi l'hanno ricordato. Ancora oggi, Sappada fa parte dell'arcidiocesi di Udine ed è proprio di questi giorni lo spostamento del nuovo parroco che è stato trasferito dalla Val Resia in Friuli, proprio a Sappada.

Si tratta, quindi, al netto di inutili campanilismi che in questo caso sono davvero, incredibilmente, espliciti e hanno messo d'accordo tutti i deputati del Veneto, di una realtà che, considerata la propria origine, la propria cultura e la propria storia civile, è assai più vicina e simile alla realtà friulana, piuttosto che a quella veneta.

Uno degli argomenti più forti che hanno indotto la comunità di Sappada a richiedere il passaggio al Friuli-Venezia Giulia è senz'altro rappresentato dalla naturale ricomposizione di una storica oasi linguistica. Difatti, il tratto peculiare della comunità di Sappada è chiaramente la lingua; i sappadini parlano una lingua germanica, omologa alla lingua di ceppo germanico parlata nelle comunità di Sauris e Timau, che risiedono nel Friuli-Venezia Giulia e la lingua rappresenta il maggiore elemento identitario di quelle comunità. Sappada, Plodn, nella lingua locale di ceppo tedesco, Bladen, in tedesco, Sapade o Ploden, in friulano, Sapada, in latino.

Sappada ha sempre trovato il suo naturale, storico e geografico punto di riferimento nel territorio montano del Friuli che si protende verso la Carnia. I riferimenti storici non mancano. È importante ricordare che, durante la prima guerra mondiale, le donne di Sappada parteciparono al rifornimento delle truppe sul fronte orientale con il movimento passato alla storia come quello delle portatrici carniche e, soprattutto, nel 1944, durante il secondo conflitto mondiale, Sappada fece parte della Repubblica Libera della Carnia. La naturale propensione e scelta del popolo di Sappada verso la comunità friulana non deve stupire e, al di là delle prese di posizione politiche e soprattutto partitiche, che in questi anni hanno diviso una volta di più una comunità unita storicamente, deve essere rispettata.

È stata una scelta forte e chiara, che si è concretizzata con il massimo strumento della manifestazione della volontà popolare: il referendum, uno strumento che più di ogni altro manifesta lo stato di democrazia, quello che spesso riesce a sovvertire le logiche di potere; il più alto strumento di democrazia diretta previsto dalla nostra Costituzione per dare modo al popolo di esprimere la sua sovranità e la sua volontà su una determinata questione senza l'interposizione di rappresentanti intermedi.

Siamo talmente convinti che il referendum sia lo strumento di democrazia diretta da tutelare quanto più possibile che - lo voglio ricordare anche in questa sede, Presidente - avevamo chiesto con un esplicito emendamento, che venne bocciato dalla maggioranza in occasione della discussione sulla proposta di modifica costituzionale dello statuto della regione speciale Friuli-Venezia Giulia, che la riforma che prevede le unioni tra comuni passasse tramite referendum; statuto che tuttora, dopo la modifica avallata dal Parlamento, prevede l'obbligatorietà dell'associazione tra comuni, anche se le stesse comunità desiderano accorpamenti differenti.

L'esito fu l'imposizione dall'alto da parte della regione Friuli-Venezia Giulia di accorpamenti che portarono alla realizzazione delle unioni dei comuni e alla cancellazione toutcourt delle quattro province; unica regione in Italia. Vorrei ricordare che oggi, a meno di un anno dalla sua approvazione, molti esponenti che hanno sostenuto quella modifica stanno pubblicamente dichiarando che quella scelta fu un grave errore. Ebbene, di questo non possiamo che essere felici, ma ormai il danno è compiuto e ci vorrà una nuova modifica per ridare dignità alla volontà dei popoli.

È in questa regione che i sappadini chiedono di essere aggregati: non mi sembra un grande affare, dal punto di vista istituzionale. Evidentemente le motivazioni storiche e culturali sono superiori a quelle di mera appartenenza amministrativa a una debole regione a statuto speciale. Ed è per questo che noi pervicacemente riteniamo necessario che per l'istituzione di nuovi comuni e per modificare la loro circoscrizione serva l'approvazione della maggioranza delle popolazioni dei comuni interessati e soprattutto che questa volontà sia espressa con il referendum, strumento di democrazia diretta previsto dalla Costituzione per poter dare al popolo la possibilità di esprimere la sua sovranità e la sua volontà, così come stiamo facendo con la comunità dei sappadini.

Presidente, lei sa che la regione Friuli-Venezia Giulia ha quattro spiccioli da dare alla montagna; penso davvero che il comune di Sappada non abbia questo grande vantaggio economico a entrare all'interno della montagna friulana, ma consideriamo davvero importante il concetto che questi vogliono appartenere a una comunità, a un territorio da cui si sentono strappati ormai da decenni. Facendo proprie quindi le motivazioni di carattere storico, culturale e linguistico sostenute dai promotori del referendum a favore del passaggio alla regione Friuli-Venezia Giulia, il gruppo Sinistra Italiana-Possibile voterà convintamente a favore di questa legge (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Cristian Invernizzi. Ne ha facoltà.

CRISTIAN INVERNIZZI. Signor Presidente, la comunità di Sappada ha il sacrosanto diritto di passare con il Friuli-Venezia Giulia. Questo sacrosanto diritto discende, come dovrebbe essere naturale all'interno di una democrazia rappresentativa come la nostra, da un voto, un voto espresso in libertà, un voto che ritengo anche sia stato abbondantemente e adeguatamente ragionato dai cittadini di Sappada, che indipendentemente dall'anno in cui è stato espresso, quindi quasi dieci anni fa, ha un valore anche oggi.

Viviamo purtroppo in un momento in cui i voti, soprattutto popolari, soprattutto dei referendum - e purtroppo qui in Europa, caso emblematico -, vengono considerati quasi privi di un valore nel lungo termine, in alcuni casi addirittura vengono contestati il giorno dopo essere stati espressi.

Risuonano ancora nelle mie orecchie i commenti e i discorsi, per esempio - un voto, per carità, molto più epocale, rispetto a quello di Sappada -, circa la Brexit, espressi a partire dal giorno dopo: forse hanno sbagliato, se potessero tornare indietro cambierebbero idea.

Però, se ancora il principio dalla sacralità dell'espressione del voto vale, bene, allora noi, che siamo sì rappresentanti del popolo, eletti, e abbiamo anche dei doveri espressi con la delega, dobbiamo partire dal presupposto che, quando una comunità, quando i cittadini italiani vengono chiamati ad esprimere il proprio voto, in particolar modo su questioni che riguardano il futuro loro e dei loro figli, il futuro della propria comunità, questo voto deve essere rispettato.

Questo non significa ovviamente non capire anche quello che è stato espresso sia in quest'Aula che in Commissione da alcuni parlamentari veneti. È chiaro e pacifico che, essendo quello veneto un popolo orgoglioso, un popolo antico, essendo un popolo che, anche poco tempo fa, si è espresso in modo quasi plebiscitario circa il proprio di futuro - e mi riferisco ovviamente al referendum sull'autonomia -, un veneto, in particolar modo un deputato veneto, non può vedere a cuor leggero quello che sta vedendo, cioè il distacco di un comune, che passa da quello che per loro giustamente è un territorio al quale sono strettamente attaccati, sia perché esso rappresenta una storia millenaria, quella della Serenissima Repubblica, sia perché il popolo veneto, a differenza di parecchi altri popoli, anche del nord, ha una concezione di se stesso, della propria storia e della propria lingua, assolutamente invidiabile.

Ma, caro Presidente e soprattutto cari colleghi, sarebbe il caso di interrogarsi su come mai Sappada, che magari in questo caso - sì - ha delle motivazioni storiche alle spalle, a un certo punto decide di staccarsi dal Veneto e di passare con il Friuli-Venezia Giulia. Bisognerebbe interrogarsi sul motivo per il quale altre decine di comunità, che vivono sicuramente in modo pesante il fatto di affacciarsi su realtà che godono di autonomie amministrative per loro soltanto lontanamente immaginabili, decidano a un certo punto di staccarsi da quella che potrebbe essere considerata in qualche modo la madrepatria e andare da altre parti. E non è sufficiente adesso, permettetemi di dire, contestare comunque queste volontà dicendo che con il referendum dall'autonomia è iniziato qualcosa di diverso. I referendum per l'autonomia, sia in Veneto che in Lombardia, sono stati dei big bang, dei big bang poderosi, importanti, che noi auspichiamo possano effettivamente far tornare, anche all'interno di quest'Aula, il discorso circa il federalismo, il discorso circa la necessità di valutare come devono essere le autonomie, la necessità di dare un riconoscimento finalmente importante a queste autonomie.

Certo, questo hanno significato questi due referendum; affermare però che, siccome ci sono stati questi referendum, adesso bisogna interrompere degli iter che sono partiti, secondo noi non solo è sbagliato ma rischia anche di essere un problema per il prosieguo stesso delle applicazioni pratiche che noi auspichiamo possano avere questi referendum. Infatti, non è vero, come avevo detto in apertura, che le mutate condizioni politiche hanno comunque il potere di modificare quella che è l'espressione libera di un popolo.

Noi auspichiamo - ovviamente, ci mancherebbe altro - che il Governo, qui adeguatamente e opportunamente rappresentato ma che purtroppo non vede la presenza del sottosegretario Bressa, che secondo noi sarebbe l'interlocutore anche principale in queste materie, il prima possibile faccia capire quali sono le sue intenzioni, non soltanto nei confronti degli iter già avviati con Lombardia ed Emilia-Romagna, ma anche con le sacrosante, legittime rivendicazioni che il Presidente Zaia, che il consiglio regionale del Veneto e che il popolo veneto stanno portando avanti adesso sulla scorta di un referendum, di cui ricorre oggi, tra l'altro, un mese. Certo, ci piacerebbe sapere quali sono le evoluzioni, consapevoli anche che siamo alla fine della legislatura, che auspichiamo ovviamente avvenga il prima possibile, ma consapevoli anche che qualunque discorso sull'autonomia all'interno di questo Paese incontra ed incontrerà sempre tutta una serie di difficoltà, come la storia ci ha insegnato.

Noi oggi abbiamo parlato di Sappada, abbiamo parlato anche dei problemi inerenti alle comunità che vivono nella provincia montana di Belluno, definita giustamente un cuneo tra due realtà dotate di autonomia speciale e perciò, se vogliamo, più sfortunata rispetto ad altre. Tuttavia, allargherei un po' il discorso: il problema dalle province montane non riguarda solo Belluno; il problema delle province montane riguarda tutto l'arco alpino e prealpino. Io vengo da una provincia, Bergamo, che ha in montagna tutti gli stessi problemi che sicuramente ha Belluno, cioè lo spopolamento, la difficoltà di fare impresa, senza neanche quella speranza, che magari qualcuno a Belluno vede, di poter aderire ad una regione ad autonomia speciale o, ancora meglio, a una provincia ad autonomia speciale per garantirsi il proprio futuro e quello dei propri figli.

Vogliamo fare una seria riflessione sull'importanza di politiche adeguate per impedire che le province montane si spopolino? Facciamola. Abbiamo avuto cinque anni di tempo ma - scusate - io non ho sentito, soprattutto da parte della maggioranza o di esponenti del Partito Democratico che oggi questi discorsi li hanno fatti, in questi cinque anni la necessità di discutere di queste cose. Ma permettetemi anche di dire che è strano sentire da esponenti del Partito Democratico che quello che avviene a Sappada è un rischio perché determinerebbe l'effetto valanga. Ciò è detto da esponenti del Partito Democratico che magari l'anno scorso, proprio in questo periodo, facevano propaganda per un referendum costituzionale che le autonomie le avrebbe uccise. E, allora, sì, se fosse passato quel referendum, Sappada sarebbe stata forse il principio di quell'effetto valanga che voi adesso dite tanto di temere ma che all'epoca, obiettivamente e in modo evidente, non consideravate.

Volete evitare l'effetto valanga nella provincia di Belluno? Ebbene unitevi, cari esponenti veneti del Partito Democratico e degli altri partiti, alla battaglia che sta conducendo il presidente Zaia per far sì che ciò che è stato detto - e mi avvio alla conclusione - dai vostri corregionali poco tempo fa abbia uno sbocco effettivo.

Noi siamo consapevoli e convinti, comunque, che questo Parlamento ormai tutto quello che aveva da dire l'ha detto. Non sarà questo Parlamento o, molto probabilmente, non si voteranno sotto questo Governo quelli che saranno i patti sottoscritti con le regioni Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna in senso di autonomia, ma il campanello d'allarme che arriva da Sappada è soltanto l'ultimo di tutta una serie di avvisi già chiari.

L'auspicio pertanto - mentre ovviamente facciamo un in bocca al lupo e gli auguri ai cittadini di Sappada - è quello di vedere un Parlamento che finalmente - e concludo - non si perda più dietro a tutta una serie di ragionamenti, ovviamente importanti ma privi di effetti reali, ma un Parlamento che decida…

PRESIDENTE. Concluda.

CRISTIAN INVERNIZZI. …sulle autonomie (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Raffaello Vignali. Ne ha facoltà.

RAFFAELLO VIGNALI. Grazie, Presidente. Il gruppo parlamentare di Alternativa Popolare voterà a favore su questo progetto di legge, un progetto già approvato dal Senato e che si inserisce coerentemente nell'ordinamento interno, essendo stati rispettati tutti i criteri ed i requisiti previsti dalla normativa vigente.

Secondo noi il progetto di legge obbedisce in toto alla disciplina prescritta all'articolo 132, comma 2, della Costituzione, che prevede che le province e i comuni che ne facciano richiesta siano staccati da una regione ed aggregati ad un'altra quando la richiesta dell'ente interessato, previo referendum popolare e sentiti i consigli regionali, sia approvata con legge della Repubblica.

Tra l'altro, sottolineiamo, come abbiamo fatto anche nell'intervento precedente, come la disposizione costituzionale non distingue in base alla natura ordinaria o speciale della regione e come la Corte costituzionale abbia indicato che l'articolo 132, primo e secondo comma della Costituzione, si riferisca pacificamente a tutte le regioni.

Siamo pertanto di fronte a una proposta di legge che rispetta le procedure previste dalla normativa vigente.

Inoltre, esprimiamo il nostro voto favorevole anche per sottolineare le specificità storiche, culturali e di territorio della comunità di Sappada, che determina un suo legame e un'affinità naturale con la regione Friuli-Venezia Giulia. La popolazione di Sappada proviene anticamente da popolazioni provenienti dalle valli della Carinzia e del Tirolo, provenienza che determina, ancora oggi, una lingua diversa e ben specifica rispetto alla lingua dei comuni veneti limitrofi. Ma anche la sua architettura e le tecniche costruttive sono quelle tipiche della Carinzia e del Tirolo. Tra l'altro, questo legame con il territorio carinziano è vivo ancora oggi, come dimostra il pellegrinaggio che ogni anno a settembre la comunità di Sappada svolge al Santuario della Madonna Addolorata di Santa Maria di Luggau, con un cammino bellissimo, fra l'altro, di oltre nove ore attraverso le Alpi. Storicamente poi Sappada appartiene da sempre, come è stato anche ricordato, all'arcidiocesi di Udine, alla quale, tra l'altro, si deve anche un grande elemento di sviluppo di quell'area perché fu la diocesi di Udine che promosse la realizzazione dei primi impianti sciistici di risalita a Sappada.

È un legame che da un punto di vista culturale e territoriale conferma pienamente la sua specificità e la pone in stretta relazione con il Friuli-Venezia Giulia, regione a cui la popolazione sappadina chiede da anni di far parte anche sul piano amministrativo. È stato ricordato, giustamente, che nel 2008 al referendum ci fu un risultato plebiscitario, con il 95 per cento dei consensi. Un consenso, quindi, determinato da evidenti ragioni culturali ma anche da motivazioni di ordine economico, fra l'altro, essendo Sappada tra i pochi comuni della provincia di Belluno che non usufruisce dei vantaggi del Fondo perequativo per i comuni veneti confinanti con il Trentino-Alto Adige, anche se, su questo punto, vorrei svolgere una nota, anche rispetto a ciò che diceva prima il collega della Lega Nord. Infatti, non basta avere più risorse per fermare lo spopolamento, a meno che non si pensi a forme di assistenzialismo. Quello che consente che non ci sia lo spopolamento è il fatto che le realtà locali abbiano una vera forza di progettualità di sviluppo. Ci sono tanti casi in Italia - e penso anche alla montagna lombarda e penso, ad esempio, alla zona dell'Alta Val Camonica - che hanno dimostrato come non solo si può fermare lo spopolamento ma, anzi, si può invertire completamente il fenomeno dal punto di vista della popolazione, del fatto che i giovani restano lì e delle opportunità di lavoro. Ma ci vuole progettualità e non bastano solo le risorse, a meno che non si pensi a modelli assistenzialistici ma questo non è sicuramente il caso delle popolazioni di Sappada.

Tutto ciò detto, comprendiamo perfettamente come rispetto a scelte di una tale natura si possano originare fazioni e valutazioni favorevoli o meno ad una richiesta formale come quella della quale stiamo discutendo. Va, tuttavia, ricordato come le previsioni della Carta costituzionale siano originate da valutazioni attente, ponderate e largamente dibattute e, dunque, espresse in termini inequivocabili. Una considerazione, questa, che si trova alla base della decisione che oggi siamo chiamati ad assumere. Il Parlamento si trova, dunque, ad operare in un ambito nel quale - valutata la correttezza delle procedure, la volontà dei cittadini, oltre che di un'intera comunità - appare coerente accogliere favorevolmente la relativa proposta di legge. Ciò non significa non tenere in considerazione valutazioni di altra natura o addirittura contrarie, ma semplicemente esprimere le proprie convinzioni che nella circostanza sono sorrette da un impianto e da motivazioni che riteniamo appropriati. La storia, le consuetudini e le vicende umane della comunità della quale oggi trattiamo, di Sappada, sostengono e confortano un parere favorevole che abbiamo già espresso in altre circostanze. Il gruppo di Alternativa Popolare darà dunque il suo assenso alla proposta in discussione, ritenendo con ciò di rispettare, da un lato, le legittime richieste dei cittadini e di un'intera comunità e, d'altra parte, lo stesso dettato della Carta costituzionale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Zoggia. Ne ha facoltà.

DAVIDE ZOGGIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento al nostro esame dispone il distacco del comune di Sappada dalla regione Veneto e la sua aggregazione alla regione Friuli-Venezia Giulia. Si tratta di una proposta già approvata, secondo me e secondo noi in maniera affrettata dal Senato, e che si colloca nell'ambito del tema previsto dall'articolo 132, secondo comma, della Costituzione, in relazione a distacchi di comuni e province da una regione e la loro successiva aggregazione ad un'altra regione e che, in particolare, constano di richiesta degli enti locali interessati, previa approvazione della stessa con referendum da parte della maggioranza delle popolazioni interessate, e il parere dei consigli regionali coinvolti, adozione di una legge della Repubblica.

Con delibera del consiglio comunale di Sappada del 13 luglio 2007 è stata formulata richiesta di referendum, il referendum è stato indetto con decreto del presidente del 21 dicembre 2007 e si è svolto con esito favorevole alla proposta di distacco e aggregazione. In data 9 e 10 marzo 2008, allo scrutinio referendario hanno partecipato 901 cittadini: 860, pari a oltre il 95 per cento, si sono espressi in favore della proposta e solo 40 si sono espressi contro. L'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di Cassazione ha quindi accertato, a norma dell'articolo 36 della legge 25 maggio 1970, n. 352, che alla votazione il numero dei voti attribuiti alla risposta affermativa sul quesito sottoposto a referendum non fosse inferiore alla maggioranza degli elettori iscritti nelle liste elettorali del comune di Sappada. Questo è il primo dato.

Ovviamente, la regione Friuli ha deliberato favorevolmente, per quanto riguarda l'aggregazione, in data 23 novembre 2010, mentre - e questo è il primo punto politico -, per quanto riguarda la regione Veneto, in data 28 giugno 2012 c'è stata una semplice mozione, con cui è stato conferito il mandato al presidente del consiglio regionale e alla giunta di chiedere al Parlamento e al Governo di procedere all'approvazione di una legge per il passaggio del comune dalla provincia di Belluno a quella di Udine.

Dal nostro punto di vista, come è stato più volte sottolineato, in modo particolare, dall'onorevole Sisto, ci sembra un atto assolutamente insufficiente rispetto all'adozione di una vera e propria delibera. Tuttavia, il tema della variazione dei confini regionali non può essere e non può destare sempre il massimo dell'attenzione e un vaglio necessariamente rigoroso.

Il distacco del comune di Sappada dalla regione Veneto e la sua aggregazione al Friuli Venezia Giulia avviene, come menzionato, a fronte di una forte espressione da parte della cittadinanza, avviene col parere favorevole di una sola regione e questo, come ho più volte ribadito, ci deve fare aprire una profonda riflessione, non soltanto per quanto riguarda il comune di Sappada, ma per quanto riguarda, in generale, i 33 comuni che hanno chiesto il distacco. Difatti, è noto che negli ultimi tredici anni in Veneto, in particolare lungo i confini con le autonomie speciali, si è sviluppata la crescente volontà di migrazione e si è visto svolgersi i referendum, in ben oltre trenta comuni di confine, per chiedere di emigrare come comunità dalla regione Veneto nel territorio delle vicine autonomie speciali, che evidentemente godono di vantaggi competitivi sul piano istituzionale, finanziario e fiscale. Da questo punto di vista, io credo che la discussione di oggi, e anche la discussione futura, non potrà non tener conto di questo aspetto.

Io non credo che il comune di Sappada, come tutti gli altri comuni, avrebbe chiesto con così grande forza di essere aggregato al Friuli Venezia Giulia, se non vi fossero state questioni di carattere economico, finanziario e di bilancio. Ci sono indubbiamente delle ragioni storiche, ma coprire questa necessità da parte dei comuni di aggregarsi ad altre regioni esclusivamente col fatto storico è sostanzialmente un tema finto, perché molti altri comuni hanno, comunque, delle radici e delle relazioni storiche con altre parti del Paese o addirittura con altri Paesi stranieri e non possono ovviamente esercitare gli stessi diritti. La mia stessa città, Venezia, per ragioni storiche legate alla Serenissima, potrebbe chiedere l'aggregazione con chissà che altre comunità, anche fuori regione e anche fuori nazione, purtuttavia questo è ovviamente impedito.

Per tali ragioni io penso che noi abbiamo il dovere-diritto di dire la verità ai cittadini italiani: qui non siamo di fronte a una richiesta che ha un sottofondo storico, qui siamo di fronte a una richiesta che ha una ragione economica, una ragione di bilancio e che vede alcune realtà premiate, tra virgolette, rispetto ad altre. Come ho detto prima nell'intervento, perché il comune di Cinto Caomaggiore non può avere gli stessi diritti del comune di Sappada? Perché il comune di Lamon non può avere gli stessi diritti del comune di Sappada? Perché si accetta l'aggregazione del comune di Sappada e non si accettano invece le aggregazioni degli altri comuni? È evidente che il Friuli Venezia Giulia, anche per il ruolo dell'attuale presidente, sta svolgendo un'azione da una posizione di forza, perché è facile essere regione a statuto speciale e chiedere l'aggregazione di altri comuni, e credo che non sia corretto né nei confronti della regione Veneto né miei confronti delle comunità, di tutte quelle comunità, come è stato più volte ribadito, che hanno comunque chiesto di far parte di altre regioni e che non sono state minimamente prese in considerazione.

In tale contesto, nella nostra discussione parlamentare, infatti, non possiamo limitarci a ragionare sul singolo caso di Sappada, per quanto esso vada indubbiamente rispettato e valutato, anche per il voto espresso dalla comunità. Il rispetto per l'indicazione che ci viene dall'esito referendario, quanto al caso specifico di Sappada, va quindi opportunamente inquadrato sia in riferimento al rischio paventato dal presidente della provincia di Belluno, sia anche rispetto alla prospettata intesa ex articolo 116 della Costituzione, in vista della quale il Governo ha già indicato una delegazione per lo svolgimento della relativa istruttoria. L'intesa potrà certamente attenuare il deficit di autonomia tra il Veneto e le regioni confinanti del Nord Est del Paese. È dunque auspicabile e ragionevole attendere le risultanze dell'istruttoria in corso, tesa alla disamina e valutazione, da un punto di vista tecnico, delle diverse specificità e problematiche connesse alle richieste autonomistiche, imprescindibile per una più oculata gestione del distacco del comune di Sappada dal Veneto e delle analoghe richieste avviate dagli altri numerosi comuni veneti.

Sono, quindi, sostanzialmente queste le motivazioni che ci portano ad essere cauti, cauti e molto dubbiosi, nel valutare questo provvedimento e non troppo, invece, quanto lo strumento legislativo usato, in quanto la procedura prevista dalla Costituzione in tali casi non prevede - purtroppo, vorrei dire io - alcuna disciplina speciale rispetto al passaggio da una regione a statuto ordinario a una regione a statuto speciale.

Però, come dicevo prima, ovviamente, ci deve fare aprire gli occhi per quanto riguarda una valutazione politica, che secondo me si è persa, per esempio, nello svolgimento del referendum costituzionale dell'anno scorso e credo che uno dei motivi del risultato della forte affermazione del “no” sia anche legato a questo: non si è voluto affrontare con la dovuta serietà il tema delle regioni a statuto speciale, si è sostanzialmente sorvolato soprattutto sulla necessità che hanno alcuni comuni di confine di ragionare in merito all'essere confinanti con regioni a statuto speciale.

Ragion per cui, sulla base di queste motivazioni appena illustrate, a nome del gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista, dichiaro il voto di astensione sul provvedimento in esame, ovviamente comprendendo e contemplando eventuali voti negativi al provvedimento, in quanto lo stesso provvedimento investe la ragione e la coscienza di tutti noi (Applausi dei deputati del gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Grazie, Presidente. Mies van der Rohe pare che sia l'autore della famosa frase “Dio è nei dettagli”, diventata poi “il diavolo è nei dettagli” per opera di altri autori. Io devo dire che questo dato del dettaglio è particolarmente rilevante in questa vicenda, che riguarda un piccolo comune, ma questo fatto che nei dettagli è possibile ritrovare la sostanza di determinate realtà, io credo che mai come in questa vicenda balena in tutta la sua evidenza. E più che Dio, io direi il diavolo, perché questa è una legislatura caratterizzata proprio da un mancato rispetto dei procedimenti costituzionali, cioè la Costituzione è soltanto un simulacro che è rimasto lì fermo senza che vi sia stato nella realtà mai il rispetto di quei principi costituzionali. E questo colpo di coda di fine legislatura ci consegna un Parlamento impegnato in sforzi tutti protesi non a legiferare, ma a guadagnare un rapporto fra legge e consenso che, delle volte, non teme limiti: tutto serve per guadagnare un'oncia, un grammo, un granello di consenso, e lo vediamo nella quotidianità, Presidente.

La mia impressione - e quando dico “impressione” utilizzo, ovviamente, un termine eufemistico nel convincimento che la convinzione possa nell'Aula essere smorzata con la parola “impressione” - è che in questa vicenda del comune di Sappada si celino delle insidie evidenti che, innanzitutto, partono dalla dichiarata libertà di voto, che significa perplessità rispetto al procedimento, di gran parte dei gruppi; cioè, anche all'interno delle stesse forze parlamentari, non vi è un convincimento granitico sulla bontà della legge in genere. Siamo abituati a pareri che sono, in qualche modo, manichei - ha torto, ha ragione, sono convinto, non va bene - e il voto, anche quello di astensione, si manifesta in forme particolarmente nette. Bene, su questo provvedimento io trovo una grande incertezza parlamentare, perché ci si rende conto che è un provvedimento di fine legislatura teso soltanto a guadagnare un'oncia di consenso.

Vi sono due profili da questo punto di vista particolarmente - apro e chiudo le virgolette - “divertenti”. Il primo è un profilo ludico, perché intorno a un piccolo comune si è scatenata una guerra mondiale sul piano costituzionale che dà l'idea di come, delle volte, il Parlamento sia costretto ad occuparsi di vicende che, probabilmente, meriterebbero, come era nella sospensiva del collega Menorello, un respiro più ampio: cioè, se vi fosse stata una lettura più ampia del rapporto fra i confini regionali, quale comune non vuole aggregarsi ad una regione a Statuto speciale, dove ci sono ricchezze ovviamente ben superiori a quelle delle regioni ordinarie? È banale chiedere ad un comune ma tu ti vuoi aggregare al Trentino? Ti vuoi aggregare al Friuli-Venezia Giulia? Ma certo!

Allora, è inutile rivendicare una appartenenza che sia svincolata da un discorso di convenienza ed era comunque una situazione che, giustamente, andava gestita nella sistematica logica di un passaggio da una regione all'altra, perché questo sprint, questo rush del comune di Sappada rispetto ad altri comuni farà in modo che tutti gli altri comuni cercheranno, ovviamente, di allinearsi. E questa fuga dalle regioni ordinarie verso quelle a Statuto speciale non è certamente un bel vedere da un punto di vista costituzionale: significa - può essere giusto, può essere non giusto - alterare per ragioni che non sono quelle dell'appartenenza geografica, del sentire una regione rispetto ad un'altra, ma solo di una mera convenienza economica. Non è questo l'articolo 132 della Costituzione, non è la convenienza economica: è la ricognizione della volontà di appartenere ad un altro territorio. È la stessa ragione che ci ha indotto a scrivere sull'inno di Mameli “inno nazionale” e non “inno ufficiale”, cioè il rispetto del concetto di nazione.

Il primo punto è questo, quindi: una sorta di piccolo comune che ha questa ridondanza. Ma il dato più importante che sta a cuore a Forza Italia, e quello, forse, fondamentale, è quello che dicevo all'inizio: lo scarso rispetto di questa legislatura per i principi costituzionali, per l'articolo 132. Qui si è verificato un vulnus evidente, che noi abbiamo appreso, abbiamo approfondito da una lettera del presidente del consiglio regionale del Veneto. Il Veneto non si è pronunciato con il parere richiesto: basterà controllare semplicemente il materiale che ci ha messo a disposizione il Servizio studi. La sentenza n. 334 del 2004 si esprime chiarissimamente con la parola “parere” e anche la norma costituzionale: sentiti i suddetti pareri.

Orbene, il parere non è un atto informale: il parere è un atto formale. Voi immaginate se noi dovessimo spandere questa informalità del procedimento costituzionale per tutti i comuni, cioè se non dovessimo essere rigorosi nel pretendere il rispetto della forma almeno nei procedimenti costituzionali. Basterà una lettera al Presidente del Consiglio? Basterà una delibera di giunta? Non ho idea dove si può spingere l'informalità nei procedimenti costituzionali. Bastava dare più tempo - più tempo, Presidente - al consiglio regionale del Veneto, cosa che non si è intesa dare, nonostante una specifica, espressa e puntuale richiesta.

Si dice che sono passati quattro, cinque anni: ma che importa? Noi stiamo votando oggi: il voto del Parlamento è di oggi, non è di quattro o cinque anni fa. Oggi noi dobbiamo chiederci: quel parere c'è? Quel parere non c'è: c'è una mozione, che - basterà controllare non soltanto le fonti della regione veneta, ma basta leggere il nostro Regolamento - è una cosa molto diversa. Parere, mozione e risoluzione: si può dire che una mozione è un parere? No, lo possiamo dire soltanto al bar che è la stessa cosa, ma pareri e mozioni sono due istituti profondamente diversi, regolamentati in modo diverso anche dalla stessa regione Veneto.

Noi stiamo dando il via libera ad un procedimento costituzionale con una pacca sulla spalla della informalità della ricognizione procedimentale. Qui non c'è da sorridere, perché capisco che gli interessati a guadagnarsi il consenso del comune di Sappada & co. possano sorridere, ma nell'Aula del Parlamento ci si occupa della Costituzione con rispetto delle forme, perché mai come in questi casi la forma è sostanza.

Allora, noi ci asterremo su questo provvedimento, ma non possiamo tacere e, per ragioni di convenienza, anche tra i nostri deputati, ce n'è chi è vicino e chi ha interesse, ma la posizione del gruppo di Forza Italia è granitica da questo punto di vista: percepita la violazione di carattere costituzionale, noi la denunciamo con grande rispetto del Parlamento, ma con grande fermezza, nel convincimento che le transazioni sulla Carta costituzionale - per fortuna il 70 per cento degli italiani ci ha confortato in questa passione per la Costituzione - non se ne fanno.

Se qualcuno si è lamentato del fatto che Forza Italia - guardo con simpatia il capace collega D'Incà: su questo punto devo dire che ha espresso una posizione in Commissione assolutamente corretta dal suo punto di vista - abbia assunto una posizione cangiante, io rammenterò non soltanto - Dante Alighieri lo evito - che, forse, è più importante dubitare che sapere: cioè, chi è ostinato nel convincimento non ha nessuna capacità di essere credibile.

Noi abbiamo recuperato una posizione di difesa del procedimento ed è questo il motivo, Presidente, per cui mi accingo rapidamente alle conclusioni. Quando il presidente Brunetta nelle sue lettere ha sollecitato l'intervento della Presidente Boldrini e, in difetto, noi ci rivolgeremo al Presidente della Repubblica perché non firmi questa legge, perché verifichi la compatibilità di questo procedimento con la Costituzione, noi rappresentiamo con umiltà, ma con fermezza, e con questo nostro voto di astensione il convincimento che stiamo approvando - come tante leggi in questa legislatura - una legge sostanzialmente e, in questo caso, anche formalmente incostituzionale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega D'Incà. Ne ha facoltà.

FEDERICO D'INCA'. Presidente, colleghi, oggi è un giorno che apre una nuova era dal punto di vista istituzionale nel nostro Paese. Per la prima volta, un comune, Sappada, passerà da una regione a Statuto ordinario ad una a Statuto speciale, dal Veneto al Friuli-Venezia Giulia: una vera e propria rivoluzione nelle istituzioni.

Il MoVimento 5 Stelle voterà “sì” al passaggio di Sappada in Friuli-Venezia Giulia, una comunità di 1.306 persone, Plodn in dialetto tedesco locale, isola linguistica tedesca che appartiene alla provincia di Belluno dal 1852, ma che fa parte ancora la diocesi di Udine.

Questa proposta di legge che oggi votiamo in via definitiva nasce dal referendum del 9-10 maggio 2008, quasi dieci anni fa, per il distacco di Sappada e la sua aggregazione al Friuli, in cui votarono 901 cittadini: 860, pari al 95 per cento, con voto favorevole, e 40 contro.

Lo strumento utilizzato dai referendari è stato l'articolo 132 della Costituzione, in cui si permette ad una comunità di chiedere il passaggio del proprio comune da una regione all'altra. Sappada ha delle importanti ragioni culturali, con le quali i referendari hanno sempre motivato la richiesta di passaggio, ma Sappada è solo uno dei tanti comuni che vogliono passare dal Veneto, in particolare dal bellunese, in una regione o nelle due province a statuto speciale, e quindi si sono espressi e hanno votato un referendum negli ultimi dieci anni. Questi comuni sono trentatré solo nel Veneto, otto hanno fatto richiesta di passare in Friuli e venticinque verso le province di Trento e di Bolzano.

Ma perché vi sono tutte queste richieste? E come mai, poi, nessuno chiede di passare in Lombardia o in Emilia-Romagna dal Veneto? Certamente vi sono degli aspetti culturali, come ad esempio tre comuni ladini storici, che sono Cortina d'Ampezzo, Livinallongo del Col di Lana e Colle Santa Lucia, che sono comunità staccate dalla provincia di Bolzano nel 1923 e che hanno fatto richiesta, proprio attraverso un referendum, di tornare in Alto Adige.

Ma tutti gli altri? Perché hanno portato avanti richieste di passaggio nelle regioni contermini? Voglio ricordare che Belluno è un cuneo tra due province a statuto speciale, Trento e Bolzano, e una regione a statuto speciale, il Friuli-Venezia Giulia; è l'unica provincia che subisce una concorrenza sleale di comunità speciali a fianco di comunità ordinarie, appartenenti allo stesso Stato.

Ma in cosa compare in tutta la sua gravità questa differenza? È lo spopolamento, una lenta eutanasia che uccide cultura e storia locale, uno spopolamento che uccide un territorio che ha fatto della forza e dell'orgoglio di essere nati in montagna una prerogativa di vita. La popolazione bellunese ha oggi 206 mila abitanti e perde oltre 1.000 abitanti ogni anno, con un rischio di estinzione in cento anni; viene perso il 5,2 per cento di popolazione ogni anno.

Ma in tutte le altre si assiste a questo spopolamento? No. L'Alto Adige ha avuto 1.198 abitanti più dell'ultimo anno, questo perché vi sono politiche e finanziamenti che permettono alle persone di vivere in montagna. Ricordo a tutti che in Italia la media di figli per donna è 1,39, in Alto Adige è 1,76, il valore più alto del nostro Paese: dove ci sono bambini, c'è speranza, ma questa è un'altra storia.

Torniamo al dato sconfortante della parte alta del bellunese, dove vi sono pochissimi nati, ben sotto il figlio per donna, e dove è emblematico il caso di Cencenighe, nell'Agordino, dove vi sono stati venti decessi nel 2015 e solo quattro nati. Oggi il comune è commissariato perché non si trova nemmeno un cittadino che vuole fare il sindaco. Una situazione che compare in tante aree interne del nostro Paese per mancanza di politiche adeguate, dove legislatori inetti hanno permesso di costruire affollate periferie grigie e senza nome, rendendo disabitate zone difficili ma di incredibile bellezza culturale e storica, che meritano ben altra attenzione.

Ma se non basta lo spopolamento per capire le problematiche che portano i comuni di confine, in particolare il bellunese, a chiedere il passaggio in regioni e province a statuto speciale, ecco altri dati: la provincia di Belluno ha perso 1,2 milioni di presenze turistiche dal 2000 ad oggi, anche se ha il 60 per cento delle Dolomiti patrimonio UNESCO; in provincia di Belluno sono state costruite, o meglio, speculate, 50 mila seconde case, contro le 9 mila dell'Alto Adige; in Alto Adige vi sono 5 mila alberghi contro i 400 del bellunese. Queste sono le differenze di visione legislativa, che si traducono in impatti reali sulle attività produttive e sui cittadini. Voglio anche ricordare che dal Veneto se ne sono andati 14 mila giovani nel 2016 e che spendiamo 8 mila euro l'anno per formare un giovane, questi vanno all'estero, impoverendo nel nostro Paese.

Ma la differenza si vede anche dal comma 4 della legge in esame, dove gli oneri del provvedimento sono 705 mila euro, dati dallo Stato in aggiunta alla regione Friuli e dove, se noi dividiamo 705 mila euro per i 1.306 abitanti di Sappada, risultano 540 euro per singolo abitante. È questa la differenza tra essere cittadino bellunese o friulano? Ancora non lo abbiamo capito.

Ma il problema non è il valore del cittadino friulano o veneto, ma la differenza tra quello che abita di qua o di là di un confine all'interno di una stessa nazione. Possiamo ancora permetterci queste differenze? Nel 2017 esistono ancora motivi di natura internazionale, oggi che facciamo parte dell'Unione europea, che rendono necessarie queste differenze? Possiamo finalmente pensare di colmare verso l'alto queste differenze per i territori come il bellunese, che hanno subito da decenni? Ognuno deve trovare le proprie risposte, per me sono molto chiare.

Pensate, se l'intera provincia di Belluno passasse, con i suoi 206 mila abitanti, in Friuli e quindi questo numero venisse moltiplicato per i 540 euro; il costo aggiuntivo per lo Stato sarebbe pari a 110 milioni di euro ogni anno, un conto approssimativo, che però deve obbligare il Parlamento ad una riflessione, ancora una volta, sulle disparità tra le stesse regioni del nostro Paese.

Allora come si può rispondere a queste differenze, visto che da decine di anni la politica, ad ogni suo livello, è sorda? Si chiama articolo 132 della Costituzione. I cittadini del Veneto, in particolare i bellunesi, hanno risposto con la Costituzione alle mancanze dello Stato e del suo Parlamento, della politica locale e della politica regionale. Solo grazie ad essa trovano giustizia e oggi finalmente il Parlamento è costretto a dare risposta a chi, da quasi dieci anni, chiede risposte dopo aver votato un referendum, come i cittadini di Sappada.

Voglio ricordare che, già nel passato, un altro comune era quasi arrivato al voto dell'Aula, questo comune si chiama Lamon, che cercava di passare in Trentino e grazie alle richieste legittime di questa comunità lo Stato ha prodotto una risposta con il fondo Letta prima e oggi con il fondo dei comuni di confine, finanziato dalle province autonome di Trento e di Bolzano, che ha mitigato in parte delle differenze enormi.

Adesso veniamo al futuro: quello che prevedo, dopo il passaggio di Sappada, è una vera e propria valanga istituzionale di comuni che vorranno passare dal Veneto verso il Friuli-Venezia Giulia e il Trentino-Alto Adige. Solo dalla parte del Friuli vi sono ventisei comuni che faranno richiesta, alcuni dei quali si sono già espressi con referendum nel passato e altri lo faranno nel prossimo futuro.

Presidente, voglio ricordare all'Aula che, come I Commissione, qualcuno quasi rideva sul fatto che il parere richiesto, secondo l'articolo 132 della Costituzione, alle regioni interessate fosse in qualche modo vincolante, in modo da bloccare qualsiasi altra richiesta dopo Sappada. Oggi, finalmente, dopo le discussioni in Commissione affari costituzionali si è appurato che il parere della regione è obbligatorio, ma non vincolante. Per questo motivo, a partire da domani tutti i comuni hanno il diritto di avere risposta da parte del Parlamento, con o senza il parere positivo delle regioni, a partire dal comune di Cinto Caomaggiore.

Oltre a questo, voglio sottolineare che stiamo discutendo e votando una legge ordinaria e non costituzionale e questo diventerà prassi anche per il passaggio dei comuni in Trentino-Alto Adige oltre che in Friuli-Venezia Giulia, cosa di non poco conto perché apre esiti biblici a cui il Parlamento dovrà rispondere, e non certo dopo dieci anni.

Allora, Presidente, possiamo fermare questa valanga...

PRESIDENTE. Colleghi, il tono della voce, per favore.

FEDERICO D'INCA'. ...di comuni che chiederanno il passaggio da una regione a statuto ordinario ad una a statuto speciale? Sì. In Commissione ho proposto la creazione, anche per il Friuli-Venezia Giulia, di un fondo del comune di confine, finanziato dallo Stato, o meglio di rifinanziare il vecchio fondo Letta, in modo da mitigare le differenze tra comuni confinanti. La Commissione affari costituzionali si è espressa a favore della proposta del MoVimento 5 Stelle, in particolare attraverso le parole del capogruppo del PD, Fiano, e di Gigli di Democrazia Solidale, con la responsabilità di portare un emendamento condiviso nella legge di bilancio per il 2018. Avevo proposto un fondo di almeno tre anni, in questo modo possiamo arrivare a capire i primi risultati della trattativa Stato e regione Veneto, dopo il referendum per l'autonomia del 22 ottobre e in particolare del referendum votato l'altro giorno sulla maggiore autonomia della provincia di Belluno.

Ricordo all'Aula che, nel caso qualcuno se lo fosse perso, il 22 ottobre hanno votato in Veneto 2.300.000 persone, per un referendum snobbato da quest'Aula, figlio di un malcontento verso un centralismo che mai ha capito nemmeno le parole di Adriano Olivetti, senza prendere sempre ad esempio Don Sturzo. È stato un referendum inserito nell'alveo costituzionale dell'articolo 5, con il 116 e il 117, che nulla ha a che vedere con indipendenze o altro, altro tema abusato da rappresentanti parlamentari a cui dovremmo regalare, probabilmente, un libro di storia ed una Costituzione.

Ultima nota, Presidente, è per i voltafaccia referendari a fasi alterne presenti in Forza Italia e nella Lega. Farebbe sorridere, se fossimo in una commedia all'italiana, che i rappresentanti di Forza Italia abbiano votato, il 21 settembre 2017, al Senato, il passaggio di Sappada in Friuli e oggi, 22 novembre, improvvisamente cambiano idea, astenendosi; ma anzi, si erano espressi anche i primi di novembre del 2017 a favore, in Commissione, per rispetto - così dicevano - della volontà popolare della comunità di Sappada. Per questi la coerenza non esiste.

Altro discorso vale per la Lega, dove si assiste ad uno scontro tra il presidente del gruppo parlamentare alla Camera, Fedriga, e il presidente del consiglio regionale, Ciambetti, e di fatto anche il presidente della giunta regionale, Zaia. Lettere che arrivano all'ultimo minuto, come se dopo anni in cui parliamo di Sappada, il consiglio regionale del Veneto non avesse mai avuto il tempo di dare un parere aggiuntivo: se prima mancava coerenza, qui si cade addirittura nel ridicolo.

Oggi si apre una nuova fase istituzionale del nostro Paese, con il passaggio del primo comune da una regione ordinaria ad una speciale. In pochi ne hanno contezza in quest'Aula, ma tra qualche anno tutto sarà più chiaro. Mi rattrista solo pensare che si debba arrivare a tanto per cercare di sopravvivere, ma come disse Einstein: non si possono risolvere i problemi con lo stesso tipo di pensiero che li ha creati.

Presidente, dichiaro il voto favorevole del MoVimento 5 Stelle al passaggio di Sappada dal Veneto al Friuli-Venezia Giulia e saluto gli amici di Sappada. Un giorno sono sicuro che in quest'Aula parleremo di macroregioni italiane ed europee, di Eusalp, e allora i confini saranno solo un ricordo e le differenze tra cittadini abitanti nelle stesse montagne, finalmente, avranno fine.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Paolo Coppola. Ne ha facoltà.

PAOLO COPPOLA. Grazie Presidente, onorevoli colleghi, il Partito Democratico voterà a favore del distacco del comune di Sappada dalla regione Veneto. In realtà, noi siamo felici del fatto che, finalmente, Sappada torna al Friuli Venezia Giulia. È un procedimento che dura da più di dieci anni; è del 13 luglio 2007 la delibera n. 33 del consiglio comunale di Sappada in cui si chiede di partire con il procedimento previsto dall'articolo 132 della Costituzione.

Quello che facciamo oggi è dare la giusta risposta ai cittadini di Sappada, una risposta che loro aspettano da molto, da troppo tempo e che il Parlamento avrebbe dovuto dare ben prima di oggi. Si è discusso molto in quest'Aula del tema; in realtà, si è discusso anche di altro, di temi importantissimi, che noi riconosciamo, come il tema dello spopolamento della montagna, un tema fondamentale che va affrontato, anche perché in regione Veneto, purtroppo, la legge regionale sulla montagna non è stata riempita dei contenuti che ci si aspettava. Ma il provvedimento non parla di questo, il provvedimento parla di un comune che chiede di tornare in Friuli Venezia Giulia e, a supporto di questa richiesta, porta motivazioni linguistiche, sociali, storiche e culturali; segue il procedimento dettato dall'articolo 132 della Costituzione ed è incredibile che il collega Sisto sollevi dei dubbi; ai suoi dubbi legittimi io rispondo con le parole di un suo collega che è possibile trovare nei resoconti del 31 ottobre; il collega di Forza Italia, che Sisto conosce bene, diceva: il ruolo del Parlamento è quello di verificare che non ci siano stati abusi nel procedimento. Cosa non avvenuta, nel caso di specie. Il procedimento è stato seguito correttamente; il collega che Sisto conosce bene e che diceva questo il 31 ottobre era lui stesso; tutti quanti possiamo andare a ritrovarlo nei resoconti.

È incredibile, anche, che il presidente del consiglio regionale del Veneto, Ciambetti, pochi giorni fa, abbia scritto una lettera alla Presidente della Camera, dicendo che è venuto a sapere per caso del fatto che si stesse votando sul distacco del comune di Sappada. In effetti, è grave; è grave che il presidente del consiglio regionale del Veneto - nonostante 50 mesi, lo ripeto, 50 mesi di dibattito, perché il procedimento è iniziato nel 2013, dopo più di venti passaggi tra Aule e Commissioni, tra Senato e Camera dei deputati - alla fine si accorga che si sta discutendo di un comune della sua regione. Però, la cosa detta dal presidente Ciambetti non è vera, non è vero che non si è espresso il Veneto, la regione Veneto, il consiglio regionale del Veneto. Leggo dalla mozione del 2012: fatte proprie le motivazioni di carattere storico, culturale, religioso e linguistico sostenute dai promotori del referendum a favore del passaggio alla regione Friuli Venezia Giulia, che sottolineano le affinità con la provincia di Udine piuttosto che con quella di Belluno, messe in risalto anche dall'appartenenza, mai venuta meno, di Sappada all'Arcidiocesi di Udine. La regione Veneto nel 2012 si è espressa, è stata sentita e si è espressa chiarissimamente a favore, per motivi di carattere storico, culturale, religioso e linguistico. Non ci sono motivazioni economiche in nessuno dei documenti e a me sembra strano che il collega Zoggia si permetta, in quest'Aula, di dare dei bugiardi a tutti, di dare dei bugiardi ai cittadini di Sappada, di dare dei bugiardi ai consiglieri regionali della regione Veneto.

È questo, quello di cui si sta parlando; si sta parlando della legittima richiesta di un comune di tornare alla provincia di Udine; è solo su questo che noi abbiamo il dovere di esprimerci. Ed è per questo che annuncio il voto favorevole del Partito Democratico al ritorno di Sappada in Friuli Venezia Giulia.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la collega Simonetta Rubinato. Ne ha facoltà, per un minuto.

SIMONETTA RUBINATO. Presidente, motivo la mia decisione in dissenso dal gruppo, perché ritengo che la decisione si presti a una serie di censure. Non si è seguito un criterio oggettivo di priorità cronologico nell'esame delle richieste degli altri 17 comuni veneti che hanno espresso la volontà di distacco dal Veneto e non si sta procedendo con legge costituzionale.

Seguendo questo modus procedendi che, a mio avviso fa da precedente, le autonomie speciali confinanti sono messe in condizione di scegliere, con ampia discrezionalità, i comuni veneti da aggregare, più attrattivi per il loro interesse socio-economico.

Sento il dovere di raccogliere l'allarme lanciato dal presidente della provincia di Belluno e le voci dissenzienti che si sono manifestate in queste settimane nella stessa comunità sappadina. Ma, paradossalmente, Presidente, sono anche convinta, con questo voto, di assolvere al mio dovere di parlamentare in quanto spetta al Parlamento rappresentare l'interesse nazionale, ponderando adeguatamente e alla giusta distanza tutti gli interessi in gioco.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il collega De Menech. Ne ha facoltà, sempre per un minuto.

ROGER DE MENECH. Condivido pienamente le posizioni del presidente della provincia di Belluno, di pezzi importanti della società bellunese, compreso il mio partito nel territorio, non avendo, oggi, certezze sul futuro, nel suo complesso, dell'intero territorio bellunese che rischia di restare con risposte parziali o insufficienti e credo fortemente che avrebbe dovuto essere la politica a dare risposte concrete a tutti i comuni della mia provincia, referendari e non, risposte unitarie che dovrebbero dare più governo ai territori locali e risorse stabili e durature per garantire tutti i servizi.

È per tutto ciò che, con il rispetto dovuto alla volontà popolare, in difformità dal mio gruppo, non parteciperò al voto finale, credendo che la volontà popolare vada rispettata tutta e sempre. Chiudendo, anche con il rispetto dovuto e augurando un in bocca al lupo agli amici di Sappada, io credo che oggi, per il mio territorio, sia la politica, la politica per la montagna a perdere, e speriamo che da questo momento si possano costruire degli strumenti che diano rilancio ai miei territori.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il collega Bianconi. Ne ha facoltà, sempre per un minuto.

MAURIZIO BIANCONI. Grazie, Presidente. Io annuncio il voto favorevole e ricordo ai puristi della Costituzione, a quelli che oggi ci richiamano alle regole, a quelli che disquisiscono e spaccano il capello in quattro per un povero comunello, che questo Parlamento, in barba alla Costituzione e in barba alle regole, ha passato una legge elettorale con il voto di fiducia, che questo Parlamento ha assorbito, poi per fortuna bocciata dal popolo, una riforma costituzionale promossa dal Governo; ricordo anche che il principio di cittadinanza, principio presupposto dalla Costituzione, questo Parlamento lo vuole ridurre a strumento di integrazione. Quindi, le regole ci sono soltanto per il povero comunello e non ci sono per gli interessi e le convenienze dei grandi gruppi.

Un'ultima cosa, Presidente: qui è la convenienza che ha vinto, non i patriottismi provinciali, e io sono per la convenienza, perché l'articolo 3 dice che tutti i cittadini sono uguali, al di qua e al di là di un confine provinciale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il collega Bragantini. Ne ha facoltà. Sempre per un minuto; state nei tempi, per favore.

MATTEO BRAGANTINI. Grazie, Presidente, noi come Movimento di Fare, siamo favorevoli al passaggio di Sappada, perché riteniamo che la volontà del popolo debba sempre venire rispettata e riteniamo e chiediamo che venga rispettata anche per quanto riguarda tutti gli altri referendum che si sono svolti negli altri comuni del Veneto che vogliono passare in Trentino, in Südtirol o nel Friuli. Questo perché riteniamo che, se non c'erano i presupposti storici, economici e sociali per questa aggregazione, non si dovevano fare i referendum; non si devono prendere in giro i cittadini.

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

Avverto che è stata avanzata, a norma dell'articolo 51, comma 2, del Regolamento, richiesta di scrutino segreto sulla votazione finale del provvedimento, in quanto lo stesso inciderebbe sulle condizioni della minoranza linguistica presente nel comune di Sappada e, quindi, sull'articolo 6 della Costituzione. Tale richiesta non può essere accolta; la proposta di legge, infatti, nel disporre il distacco del comune di Sappada dalla regione Veneto e la sua aggregazione alla regione Friuli Venezia Giulia, dettando altresì le relative disposizioni attuative, è direttamente riconducibile all'articolo 132, secondo comma, della Costituzione, disposizione non richiamata dall'articolo 49 del Regolamento tra quelle in relazione alle quali si può concedere lo scrutinio segreto. Non rileva, ai fini della concessione dello scrutinio segreto, la circostanza che il comune di Sappada sia sede di una minoranza linguistica germanofona, in quanto la misura recata dal provvedimento come sopra delineata non è volta direttamente alla tutela di tale minoranza e non è pertanto idonea ad incidere nel senso chiarito dalla Giunta per il Regolamento nelle sedute del 7 febbraio e 7 marzo 2007 sull'articolo 6 della Costituzione.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Presidente, per un richiamo all'articolo 49 del Regolamento. Presidente, la decisione di non ammettere il voto segreto, al di là del provvedimento e al di là del merito, lascia perplessi, perché è evidente che l'articolo 6 non può essere interpretato in modo ristretto.

Abbiamo avuto, tramite anche l'intervento del collega Gigli, la certezza di come il comune di Sappada abbia una minoranza linguistica importante. Noi stiamo stabilendo con questo provvedimento che quella minoranza linguistica passerà da una regione ad un'altra, quindi l'articolo 6 è perfettamente integrato.

È ovvio, mi rendo conto che, dal punto di vista ermeneutico, sostenere che vi è una diretta o indiretta incidenza appartiene alla sfera della pura interpretazione, ma, ancora una volta in tema di Costituzione, sostenere che l'articolo 6 non debba avere come sua diretta accezione la conseguenza che una minoranza linguistica passi da una regione ad un'altra - mi sia consentito - è assolutamente arbitrario.

Qui vi è un'incidenza diretta su quella minoranza, che da una regione passa ad un'altra. Se questo non è interferire, occuparsi di un problema di minoranza linguistica di matrice costituzionale, credo che davvero c'è un limite anche al rispetto della Costituzione nella sua accezione più semplice.

Nella chiarezza non ci deve essere interpretazione. La domanda è: questo provvedimento influisce sui diritti di quelle minoranze, che passano da una regione ad un'altra? Non è soltanto un passaggio indolore, addirittura da una regione a statuto ordinario ad una a statuto speciale: che cosa c'è di più evidente, come rientrante nell'articolo 6?

Poi, ovviamente mi rendo conto che la Presidenza è sovrana, ma consentirà a una diversa lettura. Sollecito, quindi, un nuovo provvedimento sul voto segreto, per evitare che anche qui si crei quella prassi invalicabile ed immodificabile che, a mio avviso, costituisce uno degli elementi da rivedere approfonditamente in una prossima stesura del Regolamento.

PRESIDENTE. Collega Sisto, approfitto per rispondere, così posso dare un contributo al dibattito. Prima di tutto, la legge non cita mai la tutela di questa minoranza germanofona, e, tra l'altro, questo genere di provvedimenti incide sull'articolo 132, non sull'articolo 6. Non incidendo sull'articolo 6, non può essere invocato il voto segreto.

DOMENICO MENORELLO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DOMENICO MENORELLO. Presidente, anch'io per un richiamo al Regolamento e per aggiungere un ulteriore argomento alle osservazioni dell'onorevole Sisto…

PRESIDENTE. Su quale articolo?

DOMENICO MENORELLO. Articolo 49.

PRESIDENTE. Prego.

DOMENICO MENORELLO. Non corrisponde al vero che non vi sia un esplicito riconoscimento della minoranza linguistica che ha sede presso il comune di Sappada. Segnatamente, questa minoranza linguistica è riconosciuta e classificata come austriaco-bavarese o pustero-carinziana per effetto della legge regionale del Veneto 23 dicembre 1994, n. 73, intitolata appunto “Promozione delle etnie e delle minoranze linguistiche del Veneto”, in forza della quale questa minoranza linguistica del comune di Sappada beneficia di alcune provvidenze previste dalla legge regionale del Veneto medesima.

Ora, non si può mettere in dubbio che con questo provvedimento questi diritti che vengono riconosciuti da una legge regionale del Veneto non ci saranno più; ve ne saranno altri, ma che in questo momento non sono affatto ancora stati indicati.

Quindi, tornando alla lettera dell'articolo 49, questo semplicemente fa obbligo di voto a scrutinio segreto qualora richiesto, come nel caso di cui si discute, quando le disposizioni incidono sui diritti delle minoranze linguistiche - in positivo o in negativo questo non si dice -, e non vi è dubbio che questo provvedimento fa sì che i diritti che discendono dalla legge regionale del Veneto n. 73 del 1994 per la minoranza linguistica che ha sede in Sappada non vi saranno più.

Che ci sia un'incidenza è pacifico, che si debba quindi applicare l'articolo 49 anche. Quindi, anch'io credo di dover umilmente richiedere alla Presidenza una rivisitazione delle sue decisioni. Peraltro, è anche consapevole che molti colleghi confidano in una votazione con queste modalità per poter esprimere davvero il proprio orientamento.

PRESIDENTE. La ringrazio. Colgo l'occasione per rispondere in maniera ancora più dettagliata, perché è vero che noi ci rifacciamo agli articoli del Regolamento, ma sappiamo anche che in passato la Giunta per il Regolamento si è pronunciata sull'interpretazione di questi articoli. Nello specifico, su quello di cui stiamo discutendo, la Presidenza, nella seduta del 17 giugno 2003, ha affermato che possono essere sottoposte al voto segreto soltanto quelle norme che presentino un rapporto di immediata e diretta incidenza sui principi e sui diritti di libertà elencati all'articolo 49 del Regolamento, con esclusione di qualsiasi interpretazione estensiva.

La Presidenza non può, invece, fondare il proprio giudizio sugli effetti eventuali ed indiretti, peraltro in molti casi difficilmente individuabili in via preventiva e nella loro interezza, che la disciplina proposta fosse suscettibile di determinare.

Quindi, è chiaro che la Presidenza si attiene a questa pronuncia e non interpreta in maniera estensiva - come richiesto dai deputati nel richiamo al Regolamento - questo caso.

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 4653)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.

Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta di legge, già approvata in un testo unificato dal Senato, n. 4653:

S. 951-1082 - "Distacco del comune di Sappada dalla regione Veneto e aggregazione alla regione Friuli-Venezia Giulia" (Approvata, in un testo unificato, dal Senato).

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 6).

Sospendo a questo punto la seduta, che riprenderà con il question time alle 15.

La seduta, sospesa alle 13,55, è ripresa alle 15.

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARINA SERENI

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno la Ministra per i Rapporti con il Parlamento, la Ministra dell'Istruzione, dell'università e della ricerca, il Ministro della Giustizia, il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali e il Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti.

Invito gli oratori ad un rigoroso rispetto dei tempi, considerata la diretta televisiva in corso.

(Chiarimenti in ordine al rinnovo della concessione alla società Lottomatica riguardante la gestione del cosiddetto Gratta e Vinci – n. 3-03376)

PRESIDENTE. Il deputato Filippo Busin ha facoltà di illustrare l'interrogazione Gianluca Pini ed altri n. 3-03376 (Vedi l'allegato A), di cui è cofirmatario, per un minuto.

FILIPPO BUSIN. Grazie, Presidente. Il tema è, appunto, quello del rinnovo della concessione per nove anni alla società privata Lottomatica-IGT del famoso Gratta e Vinci. La domanda è semplice: si chiede al Governo una spiegazione del perché sia stata rinnovata questa concessione. Sappiamo che il 14 novembre, in Commissione bilancio al Senato, la votazione è stata anche combattuta e il dibattito è stato acceso, con posizioni discordanti anche all'interno della stessa maggioranza e all'interno del Governo, con un Vice Ministro che ha espresso tutta la sua perplessità sulla modalità del rinnovo.

Chiediamo una spiegazione perché non la troviamo né in punto di diritto, visto che è stata palesemente bypassata, disattesa, violata una norma europea sulla concorrenza, tema nei confronti del quale, almeno su questo, siamo debitori con la Comunità europea, e non è neanche chiaro quale sia l'interesse del concedente, cioè del Governo, di rinnovare, ad un prezzo che è lo stesso di nove anni fa, una concessione che, invece, è in crescita secondo gli stessi dati forniti da Lottomatica e quindi non si capisce quale sia la logica che muove il Governo in questo senso.

PRESIDENTE. La Ministra per i Rapporti con il Parlamento, Anna Finocchiaro, ha facoltà di rispondere.

ANNA FINOCCHIARO, Ministra per i Rapporti con il Parlamento. Grazie, Presidente. Onorevoli deputati, rispondo al quesito posto dagli onorevoli interroganti, sulla base degli elementi forniti al Ministro Padoan, impossibilitato a partecipare alla seduta. Osservo preliminarmente che l'articolo 21 del decreto-legge n. 78 del 2009, richiamato dall'articolo 20 del decreto-legge n. 148 del 2017, al comma 4 prevede che possa essere disposta la prosecuzione, per non più di una volta, del rapporto concessorio in essere, come attribuito con la gara espletata sulla base dello stesso articolo 21; tale previsione era riportata nel bando di gara e nella convenzione di concessione, quindi il citato articolo 20 replica una previsione di legge già esistente.

Considerato che la scadenza della concessione è fissata al 30 settembre 2019, in alternativa al rinnovo, la gara per l'attribuzione della nuova concessione dovrebbe essere indetta nel corso del 2018 e concludersi entro il settembre del 2019. In proposito, l'Agenzia delle dogane rileva quanto segue: nell'ipotesi di gara, risulterebbe impossibile l'incasso di 50 milioni di euro entro il 31 dicembre 2017, come invece prevede l'articolo 20 del decreto-legge n. 148, dovendo l'Agenzia stessa fissare le modalità della prestazione solo dopo l'entrata in vigore della legge di conversione. Nell'ipotesi di gara, sarebbe elevato il rischio di non percepire, nell'esercizio 2018, i 750 milioni di euro che, invece, l'articolo 20, comma 1, del decreto-legge n. 148 del 2017 assicura. Inoltre, in caso di gara, non sarebbe giuridicamente sostenibile prevedere l'incasso dell'intera somma nel 2018. A prescindere dall'eventualità della dilatazione dei tempi di gara per motivi esogeni, una previsione nella norma di legge negli atti di gara che obbliga al pagamento del saldo del prezzo di aggiudicazione entro il 2018 potrebbe essere ritenuta discriminatoria e anticoncorrenziale perché il prezzo di aggiudicazione sarebbe pagato nel 2018 e la nuova concessione avrà decorrenza dal 1° ottobre 2019.

Rilevo, inoltre, che nelle precedenti gare è sempre stato previsto il versamento di una cospicua parte dell'offerta al momento dell'effettiva assunzione del servizio, nel nostro caso il 1° ottobre del 2019, e in diverse occasioni anche in corso di esercizio della concessione. Al riguardo, il Consiglio di Stato, con ordinanza del 12 giugno 2017, ha sollevato questione pregiudiziale alla Corte di giustizia, con la quale ha domandato se il diritto unionale osti ad una norma di legge che preveda che il pagamento del prezzo di aggiudicazione sia effettuato entro due anni dall'inizio di decorrenza della concessione, mentre la concessione stessa abbia una durata molto più lunga. A ciò si aggiunga che, seguendo i criteri utilizzati nelle procedure di selezione nei casi più recenti, la corretta determinazione della base d'asta presupporrebbe la parametrazione del compenso annuo del concessionario stimato sulla base della raccolta registrata nell'ultimo anno (2015 per il lotto e 2016 per l'enalotto) e il parametro risulta pari a una percentuale tra il 126 per cento circa (gara giochi a totalizzatore) e il 165 per cento (gara lotto) del compenso annuo spettante al concessionario. Applicando tale parametro - rapporto una tantum/compenso stimato - alla raccolta registrata per il Gratta e Vinci dell'anno 2016 e quella stimata per il 2017, l'una tantum per la gara relativa alla nuova concessione dovrebbe essere fissata in una misura massima pari a circa 570-580 milioni di euro. Ne consegue, alla stregua delle considerazioni precedenti, che la base di gara in caso di procedura concorsuale non potrebbe essere superiore a 570-580 milioni di euro.

PRESIDENTE. Dovrebbe concludere, Ministra.

ANNA FINOCCHIARO, Ministra per i Rapporti con il Parlamento. Ho concluso, grazie Presidente. La proroga della concessione, al contrario, assicura un gettito di euro 50 milioni per l'anno 2017 e 750 milioni per il 2018.

PRESIDENTE. L'onorevole Busin ha facoltà di replicare.

FILIPPO BUSIN. Grazie Ministro. Mi ha confermato che il Governo, non so se è consapevole o meno o se è un modo per giustificare un comportamento assolutamente ingiustificabile, non sa fare i suoi interessi. Perché, che mi si risponda che la base d'asta sarebbe stata inferiore agli 800 milioni chiesti per il rinnovo di nove anni di Lottomatica non ha nessun significato in termini contrattualistici, quando si sa benissimo che il concessionario ha accettato senza battere ciglio una cifra ben superiore, e visti gli andamenti di mercato di questo specifico settore, visto anche il contingentamento di altri settori che sono comunque in concorrenza con il Gratta e Vinci, come le slot machine, e che quindi non possono crescere a tutto beneficio di questo o di quest'altro settore del Gratta e Vinci, era logico aspettarsi che, al di là della base d'asta, sarebbe stata battuta la concessione a un prezzo molto superiore, a tutto vantaggio delle casse e del gettito per lo Stato. Quindi il Governo ha, con questa risposta, certificato la sua incapacità a fare gli interessi della generalità a tutto beneficio, ovviamente, dei privati, che si fregano le mani per questa incapacità.

Detto questo, rimane la perplessità e lo sconcerto da parte nostra per il comportamento tenuto dal Governo non solo in questa concessione, ma in generale nelle concessioni pubbliche. Abbiamo assistito a un emendamento nel decreto fiscale che rinnova per trent'anni, dopo che c'è stato un vuoto per tre anni, dalla scadenza del 2014, della concessione per l'Autobrennero della A22, senza niente in cambio se non una generica richiesta di gestione in house dell'autostrada. Abbiamo avuto, viceversa, un trattamento penalizzante nei confronti di categorie evidentemente meno forti e meno influenti nelle logiche del Governo che sta predisponendo la nuova campagna elettorale e che hanno penalizzato, ad esempio, i concessionari demaniali, cosiddetti balneari, negando loro quello che, invece, è stato concesso ad altri potentati, quali concessionarie autostradali.

(Elementi in merito allo stato di attuazione del piano straordinario di assunzioni del personale docente di cui alla legge n. 107 del 2015 – n. 3-03377)

PRESIDENTE. La deputata Centemero ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-03377 (Vedi l'allegato A), per un minuto.

ELENA CENTEMERO. Grazie, signora Presidente. Con questa interrogazione noi vogliamo - come se lo chiedono tutti gli insegnanti e come se lo chiede il mondo della scuola - capire esattamente cosa è successo nel piano straordinario di assunzioni, cioè quanti docenti siano rimasti ancora nelle graduatorie di merito dei concorsi, nelle graduatorie ad esaurimento, quanti utilizzi e supplenze siano stati fatti, laddove i docenti non hanno preso servizio o hanno chiesto appunto utilizzi in altre regioni, come siano stati ripartiti poi gli organici tra le diverse regioni, con quali criteri e quanti posti di sostegno, soprattutto, siano stati assegnati, nell'ambito delle supplenze, senza il reale titolo.

PRESIDENTE. La Ministra dell'Istruzione, dell'università e della ricerca, Valeria Fedeli, ha facoltà di rispondere.

VALERIA FEDELI, Ministra dell'Istruzione dell'università e della ricerca. Grazie, Presidente. Onorevole Centemero, l'anno scolastico 2017-2018 non è affatto iniziato in maniera confusa e approssimativa.

Numerose graduatorie della scuola secondaria si sono effettivamente esaurite per effetto del piano di assunzione straordinario, dell'incremento delle facoltà di assunzione ordinarie e del concorso indetto nel 2016 per coprire oltre 63 mila posti.

Misure che, nell'insieme, hanno permesso di dare una concreta risposta a più di 150 mila docenti che attendevano l'immissione in ruolo da anni e, in qualche caso, da decenni. Le graduatorie della scuola secondaria ancora non esaurite lo saranno nei prossimi due anni.

Una riduzione analoga si sarebbe potuta registrare anche per le graduatorie dell'infanzia e della scuola primaria ad appena 20 mila iscritti se non si fosse dovuto procedere all'inserimento di un gran numero di docenti diplomati a seguito delle pronunce della magistratura amministrativa. L'esaurimento di molte graduatorie ha comportato che alcuni posti utilizzabili per le immissioni in ruolo siano rimasti vacanti e disponibili. Rispetto ai 51.773 posti disponibili, che sarebbero stati solo 23 mila senza le più recenti misure, ne sono stati coperti 29.686; dei 22.087 rimasti vacanti, 10.011 sono relativi ai posti di sostegno: questi sono stati coperti con contratti a tempo determinato a causa della carenza di personale specializzato nelle GAE e nelle graduatorie di merito. Per ovviare a tale situazione, ad aprile scorso, è stato bandito un nuovo corso di specializzazione per 9.949 posti, che corrispondono alla massima capacità di accoglienza degli atenei e che permetterà, sostanzialmente, di coprire tutti i posti vacanti e disponibili sul sostegno.

Per il futuro, per coprire i posti vacanti e disponibili, il decreto in materia di formazione iniziale e nuovo reclutamento dei docenti ha previsto un nuovo modello di assunzioni che darà risposte concrete in modo diversificato a tutti: personale abilitato in possesso di almeno tre anni di anzianità di servizio, neolaureati. Quanto alle supplenze, il numero si sta sensibilmente contraendo: siamo passati da oltre 100 mila dello scorso anno a poco più di 83 mila di quest'anno; grazie alle nuove graduatorie per il personale abilitato, al concorso riservato per i docenti con tre anni di anzianità e al concorso per laureati, dal prossimo anno si ridurranno di molto.

Concludendo, la informo che le graduatorie di merito del 2012 sono esaurite in quanto tutti gli aspiranti sono stati immessi in ruolo. Per quanto riguarda la consistenza delle GAE, le metto a disposizione un prospetto dettagliato, regione per regione, che troverà allegato.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Ministra. Non è possibile mettere degli allegati, ma penso che l'onorevole Centemero sarà interessata ad avere comunque la tabella di cui lei parla. La deputata Centemero ha facoltà di replicare.

ELENA CENTEMERO. Grazie. Perché questa richiesta, signora Ministra? Per un semplice motivo: io credo che quando si fanno delle scelte politiche - lei le ha fatte nel presente, nel futuro le farà un altro Governo - si debbano avere dei dati molto chiari su cui ragionare e su cui, poi, prendere delle decisioni e delle scelte politiche che siano rispettose e che contemperino i diversi interessi. Noi sappiamo che nel mondo della scuola si sono sovrapposti e contrapposti una serie, purtroppo, ahimè, di interessi e di diritti che ci vorranno almeno dieci anni per riuscire a districare, noi lo sappiamo bene. Di fatto, il grande piano assunzionale della propaganda renziana ci ha consegnato delle graduatorie ad esaurimento non esaurite.

La cosa che noi vorremmo sapere con certezza - vedrò l'allegato, ma se è quello che già ci era stato fornito in Commissione cultura non ritengo sia assolutamente adeguato - quanti sono i docenti rimasti per ordine e grado di scuola e per classi di concorso all'interno delle graduatorie ad esaurimento di tutte le classi di concorso, in modo tale che noi ci facciamo anche un'idea su quali scelte politiche dovranno essere prese. Di fatto, le graduatorie ad esaurimento non sono state esaurite; di fatto, è stato bandito un nuovo concorso e abbiamo visto la gestione differenziata dell'inserimento dei docenti vincitori di concorso, dell'ultimo concorso, e delle graduatorie ad esaurimento da regione a regione.

PRESIDENTE. Concluda.

ELENA CENTEMERO. Io credo che noi ci troviamo di fronte ad una situazione che richiede davvero dei dati oggettivi, ma non per criticare, per prendere delle decisioni che siano sagge e serie. Manca completamente ogni riferimento alle supplenze relative alle utilizzazioni: molti docenti che hanno preso servizio e sono stati immessi in ruolo in alcune regioni hanno, poi, chiesto l'utilizzo e l'assegnazione provvisoria in altre regioni. Quanti sono i supplenti che le scuole hanno…

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Centemero.

ELENA CENTEMERO. Con quali costi per lo Stato? Questo è molto importante sapere (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

(Chiarimenti in merito ai tempi di riapertura del carcere di Alba – n. 3-03378)

PRESIDENTE. Il deputato Rabino ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-03378 (Vedi l'allegato A), per un minuto.

MARIANO RABINO. Grazie, Presidente. Signor Ministro, lei conosce bene questa vicenda. Premesso che il carcere “Giuseppe Montalto” di Alba è già stato oggetto di diversi atti di sindacato ispettivo inerenti ai necessari interventi di bonifiche e sanificazione dell'istituto in seguito all'accertamento di tre casi di legionellosi nel gennaio 2016, lei sa che il 6 ottobre 2017 i suoi uffici hanno comunicato al sottoscritto il cronoprogramma per la completa riapertura del carcere. Detto cronoprogramma, inerente il rifacimento degli impianti meccanici, l'adeguamento dei servizi igienici e le opere connesse, prevedeva il termine per la progettazione entro il mese di ottobre 2017 e la riapertura completa dell'istituto entro il 2018. Ma il 13 ottobre 2017, il garante comunale dei detenuti di Alba, Alessandro Prandi, dopo aver visionato il cronoprogramma ha affermato che pare difficile individuare la fine del 2018 come riapertura, anche solo parziale, degli attuali padiglioni fuori servizio. Signor Ministro, come stanno le cose?

PRESIDENTE. Il Ministro della Giustizia, Andrea Orlando, ha facoltà di rispondere.

ANDREA ORLANDO, Ministro della Giustizia. Grazie, Presidente. Con l'atto di sindacato ispettivo in discussione, l'onorevole interrogante ripropone una vicenda, come ha ricordato, che è relativa ai servizi di bonifica e di sanificazione resi necessari all'accertamento di tre casi di legionellosi nel gennaio 2016.

Come già esposto in sede di risposta a precedenti atti di sindacato, gli interventi sono stati inseriti dall'amministrazione penitenziaria nel programma triennale 2016-2018, sono stati finanziati ed i lavori relativi sono stati avviati.

L'amministrazione centrale, grazie al diretto intervento e alla sollecita e costante attenzione prestata sulla progressione delle opere già avviate e delle procedure relative alla conclusione dei lavori, ha provveduto alla riapertura del reparto di più recente realizzazione: un immobile di due piani con ventidue camere detentive, per una capienza di trentanove posti.

Tale riapertura, come ricordano gli onorevoli interroganti, ha permesso il rientro in sede di una parte del personale di polizia penitenziaria che era stato distaccato presso altri istituti del distretto.

Il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha, inoltre, comunicato che è stata concordata con le organizzazioni sindacali la costituzione di un gruppo operativo, formato dal personale già addetto all'istituto penitenziario di Alba chiamato ad intervenire a supporto delle attività di traduzione e piantonamento svolto nel territorio del Piemonte meridionale, al fine di limitare al massimo la mobilità del personale.

Quanto ai lavori già programmati per la riapertura definitiva e completa della casa di reclusione, si tratta della realizzazione di significative opere strutturali sull'impianto idrico e di adeguamento dei servizi e degli ambienti detentivi.

Nel rispondere ad altre interrogazioni sul tema, il 17 maggio 2017, avevo assunto l'impegno a dedicare la massima attenzione affinché la definitiva riattivazione dell'istituto penitenziario avvenisse in tempi rapidi. Nella consapevolezza dell'impegno assunto, ho richiesto immediatamente alla competente articolazione ministeriale una relazione sullo stato dei lavori, con specificazione delle date di affidamento e di consegna, delle procedure rispetto ai lavori non ancora avviati, della cronologia prevista per la consegna delle opere e delle ragioni dei ritardi sinora riscontrati.

In risposta alle sollecitazioni e agli indirizzi impartiti, l'amministrazione penitenziaria ha comunicato che la gara per l'aggiudicazione dei lavori si terrà, contrariamente a quanto in precedenza indicato per problemi attinenti alla progettazione esecutiva, entro i primi mesi del 2018 ed i lavori da consegnare immediatamente saranno conclusi entro un anno dalla consegna dei lavori all'impresa aggiudicataria.

In considerazione del breve lasso di tempo trascorso rispetto agli ultimi aggiornamenti forniti dall'amministrazione, non sono allo stato ravvisabili motivi che inducano a formulare previsioni negative sull'effettiva attuazione del programma. Proseguirò nell'assunzione di ogni iniziativa di stimolo affinché la casa di reclusione di Alba possa essere riattivata senza ulteriori ritardi rispetto a quanto già comunicato. Vigilerò, inoltre, affinché non si verifichino vischiosità nello svolgimento delle procedure e, se del caso, assumerò in tutte le sedi le iniziative necessarie.

PRESIDENTE. Il deputato Rabino ha facoltà di replicare.

MARIANO RABINO. Signor Ministro, io la ringrazio e mi dichiaro soddisfatto della sua risposta, che, in qualche modo, però, conferma i dubbi e le incertezze che si sono manifestati ad Alba in capo al garante dei detenuti. Cioè, con riferimento al cronoprogramma, che lei certamente ha sollecitato dopo diverse mie, a sua volta, sollecitazioni, ma richiesto da lei a maggio 2017, il DAP, il Dipartimento di amministrazione penitenziaria, le ha comunicato solo nel mese di ottobre un cronoprogramma che avrebbe previsto la conclusione dei lavori entro il 2018. Lei oggi ci fa capire che la gara, se va bene, si formalizzerà nei primi mesi del 2018 e, poi, ci sarà l'aggiudicazione dei lavori e la ditta avrà come tempo un anno. Stiamo parlando, quindi, di una fine lavori, se tutto va bene, nel corso del 2019 e l'augurio è che sia entro l'anno 2019.

Le voglio dire, dunque, che sono soddisfatto della sua franchezza e sincerità, ma sono dichiaratamente e palesemente insoddisfatto per come funziona il Ministero della giustizia e, in particolare, il DAP, il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, che, su questo tema, ha dimostrato, più e più volte, inefficienze e inadeguatezze talmente rilevanti che non possono non essere censurate. Non si lavora così; questi sono esempi pessimi di pubblica amministrazione, di appesantimenti e di inadeguatezze burocratiche e amministrative.

Glielo devo dire con molta franchezza, lei è il responsabile politico del suo Ministero, non ha una responsabilità diretta, esecutiva, però veder funzionare così un'articolazione così importante è davvero mortificante. Lei consideri che, oggi, ci sono cento agenti nel carcere Giuseppe Montaldo per 46 detenuti, quando, invece, il carcere dovrebbe arrivare ad ospitare fino a 145 detenuti e 124, poi, tra personale di polizia giudiziaria e penitenziaria. Questo, davvero, è un esempio di malamministrazione, signor Ministro.

(Iniziative, anche normative, volte a contrastare il radicamento e lo sviluppo della criminalità organizzata – n. 3-03379)

PRESIDENTE. Il deputato Ermini ha facoltà di illustrare l'interrogazione Verini ed altri n. 3-03379 (Vedi l'allegato A), di cui è cofirmatario, per un minuto.

DAVID ERMINI. Grazie, signora Presidente. Signor Ministro, dopo la morte di Totò Riina, il capo dei capi, il sanguinario capo dei capi, colui che ha gestito la fase stragista, e dopo la morte di Provenzano, si aprono scenari e interrogativi per lo Stato e per le forze democratiche.

Lo Stato ha inferto colpi durissimi alle organizzazioni criminali che oggi vanno ben oltre il loro radicamento in quelli che erano i territori di provenienza. Oggi la criminalità organizzata si estende anche al nord e pone i suoi tentacoli in Emilia Romagna, in Toscana, in Liguria, in Lombardia, in Umbria, in Piemonte, in Veneto; particolarmente grave è anche nelle altre regioni del Meridione, per esempio, in Puglia, nel Foggiano e nel Garganico, nelle zone di Cerignola, dove ci sono state centinaia di morti negli ultimi vent'anni. Quindi, non basta abbattere le leadership, ma occorre lavorare, forse di più, anche tra l'opinione pubblica.

Le chiediamo, signor Ministro, quali siano le iniziative che intende assumere non solo sotto l'aspetto normativo, ma anche in termini di risorse e di organizzazione.

PRESIDENTE. Il Ministro della Giustizia, Andrea Orlando, ha facoltà di rispondere.

ANDREA ORLANDO, Ministro della Giustizia. Grazie, Presidente. Onorevole Ermini, la morte di Riina segna la fine di un'epoca della mafia, quella della mafia visibile, che abbiamo imparato a conoscere, a riconoscere e a contrastare attraverso l'affinamento del sistema normativo sostanziale, processuale e penitenziario, ma non segna certamente la fine della mafia. Se i risultati investigativi e le sentenze della magistratura dimostrano che quella mafia non ha vinto, nel senso che non si è affermato il progetto di dominio che ha segnato i decenni precedenti, non possiamo neanche dire che abbia perso.

Le profonde trasformazioni che hanno interessato la modalità di manifestazione di questi fenomeni criminali, soprattutto in riferimento ai processi di globalizzazione e alle profonde e, spesso, anche opache connessioni con il sistema economico e finanziario, impongono, allora, di fare l'inventario del complesso degli strumenti normativi, per misurarne l'efficacia e, nel contempo, di trovarne di nuovi. Questo è il metodo, peraltro, che ha orientato anche il contributo all'approvazione del nuovo codice antimafia.

Il sistema penale nel suo complesso è ormai più che adeguato, grazie ai recenti interventi normativi finalizzati a contrastare l'illecita accumulazione di ricchezza. Esso richiede solo dei piccoli aggiustamenti.

Occorre, invece, razionalizzare e rendere più efficace l'apparato normativo extrapenale a tutela della legalità, per rendere il sistema economico impermeabile alla penetrazione delle mafie e innalzare la soglia di vigilanza sulle amministrazioni pubbliche. Ciò vuol dire regole di trasparenza, di governance e di responsabilizzazione dei soggetti economici e delle professioni e un adeguamento dei meccanismi di vigilanza e controllo sulle amministrazioni pubbliche, specie locali.

Sul piano internazionale, proseguendo gli importanti risultati già raggiunti in attuazione di importanti strumenti normativi e nell'istituzione della Procura europea, occorre un'opera di ampliamento e rafforzamento degli strumenti di cooperazione delle strutture.

Ma credo che vi sia, soprattutto, il bisogno di una nuova e diffusa spinta di carattere culturale e sociale, in grado di offrire nuove coordinate di decodificazione per leggere l'evoluzione della mafia in tutti gli ambiti della vita sociale, di cogliere i punti di vulnerabilità del sistema, i varchi attraverso cui le organizzazioni criminali riescono a inserirsi e a portare l'azione di contrasto oltre l'ambito dell'azione penale, con l'attenzione all'ordinario svolgersi della vita pubblica e alla cura per le persone, superando anche logiche manichee, meramente repressive, per adottare approcci di prossimità, capaci di guardare ai contesti in cui le mafie proliferano.

Per questo, ispirandoci alla proficua esperienza della consultazione pubblica sull'esecuzione penale, ho voluto avviare una nuova riflessione, istituendo gli Stati Generali della lotta alle mafie.

I lavori degli Stati Generali si concluderanno domani, a Milano, alla presenza del Presidente della Repubblica e delle più alte cariche istituzionali con due giornate di dibattito, nel quale abbiamo voluto coinvolgere altre voci, aprendo alla più ampia partecipazione della società, con l'obiettivo di pervenire a un documento finale e condiviso che abbiamo voluto chiamare “Carta di Milano per la lotta alle mafie del XXI secolo”.

Si tratta di un documento che presenteremo a tutte le istituzioni impegnate su questo fronte, al Governo, al Parlamento e all'Unione europea, con l'accresciuta consapevolezza che un'efficace azione di prevenzione e contrasto richiede un impegno unitario e costante di tutte le forze politiche e sociali e il rafforzamento della democrazia.

PRESIDENTE. Il deputato Verini ha facoltà di replicare.

WALTER VERINI. Grazie, Presidente. Ci dichiariamo soddisfatti, perché le cose che ha detto il Ministro danno il senso che il Governo e lo Stato ci sono e ce n'è tanto bisogno, perché le mafie, nonostante la morte di quel criminale, nonostante gli arresti degli anni scorsi, ci sono, sono invasive, gestiscono mercati come quello delle droghe, dei rifiuti, spesso delle armi, gestiscono, spesso, e si inseriscono nella pubblica amministrazione, lavorando per ottenere appalti, anche attraverso società prestanome.

Gli Stati Generali di Milano sono un appuntamento importante per mettere a punto strategie di contrasto. Noi pensiamo di condividere alcune cose, aggiungiamo, solo per titoli, alcuni obiettivi, per noi, irrinunciabili: bisogna rafforzare l'organizzazione investigativa e giudiziaria, le connessioni tra le banche dati, arrivare alla Procura europea e, poi, occorrono maggiori forme di tutela per le donne e i minori che rompono con le famiglie di mafie. Io spero che il Senato, prima della fine della legislatura, riesca ad approvare la legge che abbiamo qui licenziato a tutela dei testimoni di giustizia.

Poi, bisogna diffondere la cultura della legalità e delle regole nella pubblica amministrazione, nella scuola, nei mezzi di comunicazione, perché quello è il brodo di coltura. E, poi, lavoro, lavoro, lavoro per i giovani; occorre lottare contro il degrado delle periferie, dove spesso c'è brodo di coltura per la cultura mafiosa delle criminalità organizzate e, anche, per raccogliere la manovalanza. Dobbiamo dare, insomma, la percezione e la realtà che lo Stato dà risposte.

In questi anni, infine, abbiamo fatto molte cose: il codice antimafia, la legge per aiutare chi segnala gli episodi di corruzione, ma, guai, nella prossima legislatura, ad abbassare la guardia, perché le mafie ancora ci sono, ma lo Stato e la politica devono essere più forti.

(Iniziative per salvaguardare i livelli occupazionali e la continuità produttiva dello stabilimento Honeywell di Atessa, in provincia di Chieti – n. 3-03380)

PRESIDENTE. L'onorevole Melilla ha facoltà di illustrare l'interrogazione Bersani ed altri n. 3-03380 (Vedi l'allegato A), di cui è cofirmatario, per un minuto.

GIANNI MELILLA. Grazie, signora Presidente. Una settimana fa, la Honeywell ha comunicato la dismissione del suo sito industriale ad Atessa; si trasferirà in Slovacchia, dopo aver preso, in questi anni, milioni e milioni di euro di contributi e sgravi fiscali dallo Stato italiano. I 420 lavoratori, come Davide contro Golia, hanno scioperato per due mesi, ma non ce l'hanno fatta; a loro va la nostra più totale solidarietà umana e politica. Ora 420 famiglie, più 150 dell'indotto, si ritrovano senza lavoro, in una regione già segnata da una forte crisi industriale.

Chiediamo al Governo cosa intenda fare, innanzitutto verso Honeywell, che ha altri siti industriali in Italia e ha consistenti interessi economici nel nostro Paese, per indurla ad un ripensamento rispetto a questa grave scelta e, comunque, cosa intenda fare il Governo per salvaguardare l'occupazione in questo sito industriale.

PRESIDENTE. Il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, Poletti, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

GIULIANO POLETTI, Ministro del Lavoro e delle politiche sociali. Presidente, onorevole, in primo luogo debbo informare che, per quanto riguarda il sito di Atessa, Chieti, il Ministero del Lavoro ha autorizzato per questa azienda la concessione del trattamento di integrazione salariale straordinaria in favore di un numero massimo di 337 dipendenti su un organico di 400 unità, a seguito della stipula di un contratto di solidarietà avvenuto in data 16 marzo 2017 per il periodo 3 aprile 2017-2 aprile 2018.

Inoltre, il Ministero dello Sviluppo economico è stato interessato a questo tema per individuare forme di gestione della reindustrializzazione dello stabilimento di Atessa.

Dopo diversi incontri, da ultimo ieri, il Ministro Calenda ha incontrato le organizzazioni sindacali e la regione Abruzzo per una valutazione della situazione. Al termine del confronto è stato proposto e condiviso quanto segue.

In primo luogo, l'individuazione di un percorso, anche attraverso la consultazione dei maggiori clienti della multinazionale, che porti al mantenimento delle attività nel sito e alla conseguente rioccupazione dei lavoratori; in secondo luogo, la richiesta all'azienda di posticipare i termini della chiusura attraverso l'utilizzo degli ammortizzatori, che permettano una proficua attività di ricerca di nuovi imprenditori senza limitazioni da parte di Honeywell; la costituzione di un apposito gruppo di lavoro presso il Ministero dello Sviluppo economico con le organizzazioni sindacali, Invitalia e il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, il cui primo incontro è già stato fissato per il 4 dicembre prossimo; l'impegno economico dell'azienda a favorire questo processo di rioccupazione nei modi che Governo, istituzioni locali e organizzazioni sindacali individueranno.

Infine, posso comunque assicurare che il Ministero del Lavoro continuerà a monitorare i futuri sviluppi di questa situazione, rendendosi disponibile nell'ambito delle proprie competenze e tenuto anche conto degli istituti di tutela dei lavoratori finora attivati ed eventualmente per quelli necessari per la definizione di un nuovo progetto per il futuro di quella realtà.

PRESIDENTE. Il deputato Melilla ha facoltà di replicare.

GIANNI MELILLA. Signor Ministro, non possiamo lasciare soli questi lavoratori. Nel nostro Paese - lei è Ministro del Lavoro - sa benissimo come troppi lavoratori si sentano soli, non tutelati. Ci sono aziende, in primis grandi multinazionali, che spadroneggiano, che prendono incentivi, sgravi contributivi e fiscali e non hanno nessuna responsabilità sociale, sia nei confronti dei lavoratori che nei confronti dello Stato italiano. È il caso della Honeywell, che si è comportata in modo vergognoso, perché delocalizzare in Slovacchia un'azienda che, dal punto di vista produttivo, ha dei bilanci in ordine, ha una classe operaia di altissima professionalità, approfittando di una concorrenza sleale che viene fatta in questi Paesi dell'Est, ce la dice lunga anche sul tipo di Europa, che non è un'Europa sociale, che purtroppo stiamo costruendo.

Abbiamo dinanzi due alternative: innanzitutto, chiedere alla Honeywell, come ha detto anche lei, di rinviare la dismissione; dall'aprile dell'anno prossimo noi chiediamo che invece si vada molto più in là, perché bisogna cercare in tutti i modi di riconvertire quel sito industriale, perché è possibile farlo, perché le produzioni di quell'azienda possono essere utilmente riconvertite e quindi garantire i livelli occupazionali; altrimenti, lavorare ad una decisa reindustrializzazione, che consenta una rioccupazione dei lavoratori.

Noi seguiremo con rigore, con scrupolo, con serietà, questa vertenza, perché quei lavoratori non li lasceremo soli (Applausi dei deputati del gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista).

(Iniziative di competenza finalizzate a evitare fenomeni di “dumping sociale” ai danni del personale italiano della compagnia aerea Ryanair – n. 3-03381)

PRESIDENTE. Il deputato Paolo Nicolò Romano ha facoltà di illustrare l'interrogazione Sorial ed altri n. 3-03381 (Vedi l'allegato A), di cui è cofirmatario, per un minuto.

PAOLO NICOLO' ROMANO. Presidente, signor Ministro, un recente servizio de LeIene, andato in onda il 12 novembre, ha mostrato come la compagnia irlandese Ryanair riesca a contenere il costo del lavoro pagando i suoi dipendenti italiani molto meno della media del settore; questo nonostante il Governo abbia possibilità di chiedere il rispetto della disciplina contrattualistica e previdenziale italiana, considerando che, proprio lo scorso 14 settembre, la seconda sezione della Corte di giustizia europea ha definitivamente chiarito che, in ambito aeronautico, il luogo di lavoro del personale di volo non è esclusivamente l'aeromobile ma - cito testualmente la sentenza - in quale Stato si trovi il luogo da cui il lavoratore effettua le sue mansioni di trasporto, dove ritorna dopo le sue missioni e dove riceve le istruzioni e organizza il suo lavoro.

Signor Ministro, a seguito di tale storica sentenza, ancora nessuna iniziativa è stata intrapresa da lei e da questo Governo per imporre alla compagnia irlandese il rispetto della legislazione nazionale, così come ha ampiamente dimostrato il servizio de LeIene. Per tale ragione, le chiedo quando pensa di attivarsi.

PRESIDENTE. Il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, Poletti, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

GIULIANO POLETTI, Ministro del Lavoro e delle politiche sociali. Presidente, onorevole, innanzitutto voglio sottolineare che, negli anni, sono stati effettuati numerosi accertamenti da parte degli uffici territoriali dell'ispettorato nazionale del lavoro e dell'INPS nei confronti della compagnia aerea Ryanair, che hanno interessato il personale in servizio presso gli aeroporti di Bergamo, Bologna, Roma Ciampino, Pisa e Bari.

Questi accertamenti hanno riguardato la corretta applicazione delle normative nazionali dei rapporti di lavoro del personale impiegato presso questi aeroporti ed hanno interessato circa mille lavoratori.

In particolare, è stato accertato che il personale in questione era contrattualizzato da parte della compagnia secondo il diritto irlandese, pertanto allo stesso era applicato un regime normativo e previdenziale di questo Paese, regime di minor favore rispetto a quello italiano, sia sotto il profilo economico sia sotto il profilo previdenziale e assistenziale.

La società Ryanair, in fase di accertamento e nella successiva fase contenziosa, ha invece sostenuto l'applicabilità della legge irlandese. Il personale ispettivo che ha proceduto agli accertamenti ha, invece, sostenuto l'applicabilità della legislazione italiana sulla base di un criterio legato al luogo effettivo di svolgimento dell'attività, evidenziando anche le previsioni contrattuali che ancora oggi chiedono a detto personale di risiedere a non più di un'ora dall'aeroporto di assegnazione. I verbali scaturiti dagli accertamenti, che hanno quantificato contestazioni in circa 15 milioni di euro, sono stati tuttavia impugnati dalla società Ryanair, e per ciascuno di essi l'autorità giudiziaria ha definito i relativi giudizi in senso sfavorevole all'amministrazione, ad eccezione del giudice di Roma.

Più in particolare, in quasi tutti i contenziosi l'autorità giudiziaria ha aderito all'interpretazione della società, che ha sostenuto l'applicabilità della disciplina irlandese in relazione alla sede di immatricolazione degli aeromobili e al fatto che la stessa non poteva considerarsi stabilita nel territorio nazionale, anche in mancanza di sedi logistiche e strutture organizzative operanti nel nostro Paese.

La decisione del tribunale di Roma costituisce attualmente l'unico precedente favorevole alla ricostruzione operata dagli organi di vigilanza ispettiva. Il giudice ha, infatti, rigettato il ricorso della compagnia contro l'INPS e condannato la stessa al pagamento dei contributi evasi e alle spese processuali. La sentenza è stata appellata dalla compagnia e il giudizio di appello è a tutt'oggi pendente.

Sui giudizi incide, tuttavia, sfavorevolmente alla ricostruzione degli organi di vigilanza il recente pronunciamento della Corte di giustizia europea del 27 aprile 2017, che ha stabilito che il modello E101 rilasciato da un ente previdenziale di uno Stato membro, che costituisce certificazione della correttezza degli obblighi previdenziali da parte dell'impresa, non è assolutamente sindacabile, né dall'ente previdenziale né da un giudice di altro Stato membro.

Sulle problematiche in questione potrà incidere, peraltro, la nuova disciplina sul distacco transnazionale, recepita in Italia dalla legge n. 136 del 2016, che prevede criteri utili all'individuazione della legislazione applicabile al singolo rapporto di lavoro che, nel caso specifico, possono portare, senza particolari margini, all'applicazione della legislazione italiana. Proprio sulla scorta delle più recenti novità giurisprudenziali e normative, l'ispettorato nazionale del lavoro provvederà ad attivare nuovi accertamenti volti a verificare l'applicabilità delle tutele lavoristico-previdenziali italiane al personale Ryanair che opera presso gli aeroporti italiani.

PRESIDENTE. La deputata Lombardi, cofirmataria dell'interrogazione, ha facoltà di replicare.

ROBERTA LOMBARDI. Grazie, Presidente. Non ci possiamo ritenere assolutamente soddisfatti, signor Ministro, perché, come al solito, poi vi lamentate che arriva prima la magistratura e dopo la politica. Il vostro compito sarebbe diverso: sarebbe di anticipare, con una buona politica, quelle che poi sono le storture che vengono corrette dalla magistratura.

A proposito di politica, noi del MoVimento 5 Stelle non abbiamo mai avuto dubbi sulle protezioni politiche godute ai più alti livelli da Ryanair come primo vettore pubblico.

Non dico “pubblico” a caso, perché consideriamo che solo negli ultimi dieci anni la compagnia irlandese, per operare nel nostro Paese, abbia ricevuto contributi statali pari ad 1 miliardo di euro.

Voi, oltre ad avergli regalato tutti questi soldi, gli avete consentito di sfruttare in maniera vergognosa il personale di volo italiano, piloti e steward di volo che tutto il mondo ci invidia per la loro preparazione. Adesso abbiamo la conferma di queste alte protezioni in quanto, proprio in un fuori onda del servizio delle Iene, una dirigente dell'ente nazionale dell'aviazione civile ha chiaramente indicato come il suo ente abbia le mani legate contro Ryanair, poiché alcune decisioni sono politiche e lo stop viene dall'alto.

Signor Ministro, queste sono affermazioni gravissime, a fronte anche di quello che sta accadendo alla nostra ex compagnia di bandiera Alitalia. L'ENAC non può intervenire contro Ryanair perché lo stop verrebbe dall'alto e, se queste affermazioni non sono vere, io mi aspetto che lei quereli la persona che le ha rese. Ora, non so se lei si rende conto del danno che avete causato alla nostra compagnia di bandiera che ha subito in tutti questi anni una scandalosa concorrenza sleale (questo non lo so). Purtroppo, non se ne rende conto, non se ne rende conto perché è staccato dalla realtà. Il traffico aereo non è solo un mezzo per arrivare da un luogo all'altro a farsi campagna elettorale, ma è la cultura per il turismo che questo Paese deve ritornare a guadagnare e la tutela dei diritti dei lavoratori in ogni settore (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

(Iniziative di competenza per evitare il trasferimento di 153 dipendenti di Almaviva Contact dalla sede di Roma a quella di Catania, in relazione a pronunce giudiziarie di reintegro – n. 3-03382)

PRESIDENTE. Il deputato Fassina ha facoltà, per un minuto, di illustrare la sua interrogazione n. 3-03382 (Vedi l'allegato A).

STEFANO FASSINA. Grazie, Presidente. Signor Ministro, come lei sa a dicembre scorso sono stati licenziati 1.666 lavoratrici e lavoratori di Almaviva perché hanno rifiutato di sottoscrivere un contratto che prevedeva un pesante taglio della retribuzione, incluso il TFR. Venerdì scorso c'è stata un'ordinanza del tribunale di Roma che ha definito discriminatori quei licenziamenti e ha disposto il reintegro. L'azienda ha risposto con arroganza la sera stessa, inviando le lettere a quei lavoratori per un trasferimento collettivo a Catania. Allora, le chiediamo cosa intende fare per bloccare il trasferimento e se non intende, sulla base del codice degli appalti, escludere aziende, che, come Almaviva, attuano comportamenti discriminatori, dalle gare delle pubbliche amministrazioni.

PRESIDENTE. Il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti, ha facoltà di rispondere.

GIULIANO POLETTI, Ministro del Lavoro e delle politiche sociali. Grazie, Presidente, e grazie, onorevole. Voglio preliminarmente evidenziare la massima attenzione che abbiamo posto negli ultimi anni al settore dei call center. Il Governo, consapevole della delicatezza del problema che coinvolge diverse migliaia di lavoratori esposti al rischio di delocalizzazione anche nei Paesi fuori dall'Unione Europea, ha sottoscritto nello scorso mese di maggio con i principali operatori del settore un protocollo di intesa che definisce le buone pratiche sociali e commerciali per gestire i servizi di contatto con la propria clientela in via diretta o indiretta. Inoltre, il Governo, nell'ambito dell'attività dedicata alla gestione delle situazioni di crisi, ha riconosciuto, con una specifica norma inserita nella legge di bilancio, la possibilità per le aziende del settore di fare ricorso agli strumenti di sostegno al reddito previsti dall'articolo 44 del decreto legislativo n. 148.

Con specifico riferimento alla società Almaviva, occorre ricordare che il Governo ha dedicato grande attenzione alla procedura di licenziamento collettivo avviata in data 5 ottobre 2016 da Almaviva Contact per le sedi di Roma e Napoli per complessivi 2.511 lavoratori in esubero. Il Ministero ha impegnato tutte le proprie possibilità per favorire un accordo tra le parti. Successivamente, nel prendere atto della insanabile distanza delle parti per la definizione di un possibile accordo, il 21 dicembre 2016, ultimo giorno della procedura amministrativa, il Governo ha convocato i segretari confederali, i quali hanno manifestato, in quella sede, adesione al percorso proposto dalle istituzioni. In particolare, la proposta era finalizzata a consentire a tutti i lavoratori di accedere agli ammortizzatori sociali previsti a legislazione vigente fino al 31 marzo 2017, in modo da consentire alle parti di avviare in questo periodo un confronto finalizzato all'individuazione di soluzioni strutturali condivise, volte a garantire la salvaguardia dei siti produttivi e la continuità occupazionale. Nell'ambito di questo percorso il Governo si era impegnato anche a svolgere un ruolo di garanzia del corretto confronto tra le parti coinvolte.

Com'è noto, tuttavia i lavoratori della sede di Roma non hanno approvato l'intesa raggiunta.

A fronte della grave situazione sociale che si è a quel punto determinata, è stato attivato un progetto, gestito da ANPAL e dalla regione Lazio, per la ricollocazione dei lavoratori provenienti da Almaviva che ha coinvolto 1.524 lavoratori su 1.627, con la sottoscrizione di specifici patti di servizio e il riconoscimento di 1.190 assegni di ricollocazione. Questo progetto ha visto una serie di azioni sul versante della formazione e dell'accompagnamento al lavoro che sono tuttora in corso.

Pur considerando che la materia coinvolge una diretta competenza dell'autorità giudiziaria - in particolare, è noto che il tribunale di Roma si sia già espresso, seppur con decisione dal contenuto non univoco, sui ricorsi dei lavoratori - ribadisco l'intenzione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali di mantenere viva l'attenzione sulla vicenda dei lavoratori di Almaviva, tanto di quelli per i quali sia già intervenuta una decisione giudiziale quanto per tutti gli altri, nell'ambito delle proprie competenze e avvalendosi dell'attività dell'Ispettorato nazionale del lavoro, con la finalità di garantire il pieno rispetto di tutte le normative in essere sia sul versante degli appalti quanto sul versante lavoristico.

PRESIDENTE. Il deputato Fassina ha facoltà di replicare.

STEFANO FASSINA. Grazie, signor Ministro. Ovviamente, non possiamo ritenerci soddisfatti di questa risposta, anche perché abbiamo provato a formulare dei quesiti specifici. Ci sono 153 lavoratrici e lavoratori che, secondo il tribunale di Roma, hanno subito un licenziamento illegittimo, cioè sono stati licenziati - loro e solo loro - in quanto hanno detto “no” a una regressione retributiva e di condizioni di lavoro molto pesante. Di fronte a un fatto così grave e di fronte a un'azienda che, come lei sa, ha agito in violazione sia delle norme che richiedono un preavviso temporale di 20 giorni, sia sulle norme che richiedono il coinvolgimento delle organizzazioni sindacali quando si tratta di trasferimenti collettivi, la stessa azienda ha intimato a queste lavoratrici e a questi lavoratori - e spesso si tratta di donne relativamente giovani, con bambini a carico - di trasferirsi a Catania. È evidente, dunque, il carattere ritorsivo - sottolineo: il carattere ritorsivo - del comportamento di Almaviva.

Ovviamente, non dubito della viva attenzione che lei ha indicato come atteggiamento del Governo, ma riteniamo che sia assolutamente insufficiente. Riteniamo che serva un provvedimento per bloccare un intervento, per bloccare i trasferimenti, considerando che Almaviva è un operatore che ha moltissimi appalti attraverso le pubbliche amministrazioni e, quindi, non è una delle tante aziende del settore privato che può fare come crede. C'è un codice degli appalti che ha delle norme specifiche che prevedono la possibilità di escludere dalle gare e dagli appalti quelle aziende che ricorrono a comportamenti inaccettabili come quello che abbiamo riscontrato sulla base - ripeto - della sentenza del tribunale. Quindi, ci aspetteremmo dal Governo che applichi fino in fondo e faccia rispettare le norme che sono a presidio minimale della dignità di lavoratrici e lavoratori.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Fassina.

(Iniziative volte a modificare la disciplina dell'indennità di disoccupazione “Naspi” a tutela dei lavoratori stagionali – n. 3-03383)

PRESIDENTE. Il deputato Rizzetto ha facoltà, per un minuto, di illustrare la sua interrogazione n. 3-03383 (Vedi l'allegato A).

WALTER RIZZETTO. Grazie, Presidente, e buongiorno, Ministro Poletti. Ministro, partiamo da questo presupposto, anzi da questo assunto più che presupposto. Lei sa meglio di me, se non come me, che i lavoratori stagionali, che sono più di 300 mila ad oggi in Italia, per quanto mi riguarda e ci riguarda sono un assoluto valore. Sono persone che lavorano non dodici mesi all'anno; si tratta di persone che lavorano cinque, sei e a volte sette mesi all'anno e il lavoro stagionale, per quanto ci riguarda, rappresenta una risorsa fondamentale per la struttura lavorativa italiana.

Dunque, Ministro, con l'introduzione del famigerato Jobs Act di fatto la cosiddetta indennità di disoccupazione - diciamo - è stata dimezzata rispetto ai lavoratori che non lavorano tutto l'anno ma soltanto alcuni mesi. Io vorrei da lei rassicurazioni rispetto a delle persone che anche negli altri sei mesi dell'anno dovrebbero quantomeno ricevere qualcosa da parte dello Stato.

PRESIDENTE. Il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti, ha facoltà di rispondere.

GIULIANO POLETTI, Ministro del Lavoro e delle politiche sociali. Grazie, Presidente, e grazie, onorevole. Voglio preliminarmente ricordare che il decreto legislativo 4 marzo 2015 n. 22, recante disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione involontaria e di ricollocazione dei lavoratori disoccupati, emanato in attuazione della legge n. 183 del 2014, ha previsto l'erogazione di una nuova prestazione di assicurazione sociale per l'impiego, la Naspi.

Successivamente, l'articolo 43, comma 4, del decreto legislativo n. 148 del 2015, ha disposto che, con esclusivo riferimento agli eventi di disoccupazione verificatisi tra il 1° maggio 2015 e il 31 dicembre 2015, e limitatamente ai lavoratori con qualifica di stagionali dei settori produttivi del turismo e degli stabilimenti termali, la durata della Naspi corrisposta in conseguenza dell'applicazione del primo periodo non può superare il limite massimo di sei mesi, salvaguardando in questo modo, per quell'anno, il trattamento di integrazione salariale.

Con decreto legislativo n. 185 del 2016 è stata prorogata per l'anno 2016 l'applicazione della Naspi per i lavoratori stagionali e del settore turistico e termale. In particolare, è stato previsto l'incremento di un mese di Naspi, fino ad un massimo di quattro, qualora abbiano avuto rapporti di lavoro stagionale per almeno tre anni, negli ultimi quattro anni. Per coprire questo intervento è stato necessario uno stanziamento pari a 135 milioni di euro.

Dunque, il Governo ha assicurato per questo periodo un migliore trattamento per i lavoratori che avessero svolto lavori stagionali con continuità nel tempo. Nel disegno di legge 2018 sono stati inseriti importanti interventi in materia di lavoro, prima tra tutti la decontribuzione per le assunzioni stabili dei giovani e la prosecuzione degli ammortizzatori sociali nelle aree di crisi complesse e per le imprese a forte impatto occupazionale che abbiano prospettive di continuità aziendale.

Queste sono le priorità che il Governo ha individuato nella predisposizione della legge di bilancio in corso di discussione in Parlamento. Comunque, giudicando fondate le osservazioni sul tema, il Ministero del Lavoro sta valutando la possibilità di introdurre una norma che possa riferirsi, anche parzialmente, ai criteri già utilizzati nel 2016 per i lavoratori stagionali sistematicamente e ripetutamente impegnati in questa attività.

PRESIDENTE. Il deputato Rizzetto ha facoltà di replicare.

WALTER RIZZETTO. Grazie Presidente. Grazie Ministro, lei lo sa, mi è molto simpatico, ha un fare molto rassicurante, ma per tre quarti della sua risposta non mi ha dato le motivazioni corrette - secondo me -, giuste.

Questa è una domanda: quali provvedimenti il Governo potrà andare a fare? Lei mi ha enumerato per tre quarti della sua risposta - comunque la ringrazio - tutto quello che il Governo ha fatto, e lo sappiamo (io faccio parte della Commissione lavoro, sono vicepresidente di Commissione, quindi con Cesare Damiano, Renata Polverini, con tutti i commissari della Commissione lavoro, con la sottosegretaria Biondelli, lo abbiamo visto parecchie volte, abbiamo messo le mani dentro questi temi e lei lo sa), ma non mi ha detto quello che il Governo dovrà andare a fare. Mi ha detto: forse arriveremo a fare qualcosa; non lo so, in legge di stabilità? Me lo chiedo. Lei sa Ministro che, una volta passata la legge di stabilità, io penso che inizierà una sorta di trimestre, quadrimestre bianco, dove nessuno qua dentro toccherà più palla, tanto meno l'Esecutivo.

Allora, Ministro, sottolineo il fatto che noi ci teniamo molto a questo aspetto, ci teniamo ai lavoratori stagionali. I lavoratori stagionali, di concetto, etimologicamente, non possono lavorare dodici mesi all'anno per un motivo molto semplice: perché molto spesso i lavoratori stagionali lavorano 8, 9, 10, 12, 13, 14 o 15 ore in una giornata di lavoro. Quindi, proporzionalmente, non possono lavorare dodici mesi all'anno poiché oberati dalla fatica. Noi terremo sotto stretto controllo, Ministro, questi eventuali provvedimenti che lei ha promesso, a questo punto, qui in Aula, di portare avanti.

Ricordiamo che gli stagionali in Italia sono più di 300.000; dietro a 300.000 persone ci sono madri di famiglia, padri di famiglia, figli che devono studiare. Ministro, noi confidiamo in un suo impegno importante.

(Iniziative per l'efficienza delle procedure volte al rilascio delle autorizzazioni al transito di veicoli eccezionali – n. 3-03384)

PRESIDENTE. Il deputato Garofalo ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-03384 (Vedi l'allegato A).

VINCENZO GAROFALO. Grazie Presidente. Signor Ministro, buon pomeriggio. Questa interrogazione, di fatto, pone l'attenzione su un settore strategico. Non strategico solo per le imprese che esercitano l'attività del trasporto eccezionale, ma anche per le imprese che utilizzano il trasporto eccezionale per conferire, per portare, i propri beni presso i cantieri o i clienti per i quali loro li producono. La direttiva che è stata emanata dal Governo ha sicuramente delle eccellenti intenzioni e il punto va nella direzione giusta.

A mio giudizio, a giudizio anche di parecchi di coloro i quali oggi impiegano questa direttiva e ci lavorano, sarebbe necessario fare un po' il punto della situazione, per evitare che questi percorsi previsti bene dal Ministero non vadano nella direzione giusta. Le chiedo, appunto, se lei immagina di fare una ricognizione.

PRESIDENTE. Il Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, Delrio, ha facoltà di rispondere.

GRAZIANO DELRIO, Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti. Grazie, Presidente. Grazie onorevole, lei solleva un problema molto importante, che è la possibilità di potere svolgere attività di impresa in condizioni di piena sicurezza.

Abbiamo visto, negli episodi recenti, quanti pericoli possono essere determinati da una cattiva manutenzione delle infrastrutture e da autorizzazioni concesse con leggerezza. La direttiva che abbiamo emanato in materia di autorizzazione ha inteso chiarire e riordinare, come lei ha sottolineato, i principali adempimenti per i trasporti eccezionali, quindi fornire agli enti proprietari e ai gestori delle strade dei riferimenti certi ed uniformi su tutto il territorio nazionale e superare le criticità che sono emerse durante il rilascio delle autorizzazioni e, al contempo, garantire le migliori condizioni di sicurezza, anche allo scopo di snellire e razionalizzare le procedure del rilascio dei permessi.

Dal punto di vista pratico, per le strade statali ANAS già si dispone di una piattaforma per la gestione telematica delle autorizzazioni e recentemente il sistema è stato implementato con le funzioni di firma digitale dei provvedimenti e inoltro tramite PEC al richiedente. Il tempo medio di rilascio, grazie a queste iniziative recentemente intraprese, è di circa 11,8 giorni rispetto ai 15 previsti. ANAS riferisce che, nel gennaio-settembre 2017, ha rilasciato 25.600 provvedimenti autorizzativi.

Per quanto riguarda le autostrade in concessione, per i trasporti eccezionali non si rilevano ritardi nelle autorizzazioni. Sulla viabilità secondaria che attraversa l'autostrada, i gestori autostradali sono stati già sensibilizzati alla massima collaborazione con gli enti gestori di altra viabilità. Per le strade provinciali la direttiva prevede la possibilità di costituire elenchi di strade interessate da più frequenti transiti, cioè corridoi specifici, appunto, per orientare a monte le scelte di itinerario. Questa è la scelta che abbiamo fatto con le imprese.

Però, lei ha ragione a dire che questo è il momento per fare un punto della situazione, dopo diversi mesi dalla nuova direttiva e dalla nuova impostazione, e sicuramente il Governo - le garantisco - è disponibile a continuare il confronto in maniera più serrata con tutti gli enti interessati, per avere la massima celerità e la massima efficienza nel rilascio di autorizzazioni che - ripeto - è un problema non solo di sicurezza, ma anche di efficienza del sistema industriale.

PRESIDENTE. Il deputato Garofalo ha facoltà di replicare.

VINCENZO GAROFALO. Signor Ministro, io intanto la ringrazio per avere lei già aderito a quella che era la mia conclusione dell'interrogazione, cioè fare il punto della situazione, perché se è vero che la direttiva ha come obiettivi la celerità degli adempimenti, lo snellimento, la razionalizzazione, l'uniformità e anche la costituzione del catasto delle strade, e quindi di ragionare per itinerari (in maniera tale da avere su questi itinerari certezze di potere superare le esigenze del trasporto eccezionale), di fatto, nonostante la piattaforma unica (io sono stato, a settembre, a un incontro con gli operatori del settore, incontro molto partecipato e dove era presente anche un rappresentante del Governo e lì è stata presentata una serie di modi di operare positivi), a mio giudizio, ancora non c'è un'uniformità come prevede la direttiva.

Poi c'è il tema della viabilità secondaria, il problema delle province, ci sono un numero enorme di enti che concorrono a formare l'itinerario, come dice lei, in sicurezza. Nessuno vuole mettere in discussione la sicurezza né degli operatori e tanto meno di coloro i quali - purtroppo abbiamo avuto dei casi luttuosi - percorrono le strade e si trovano in quelle condizioni.

Ritengo che le competenze in campo, nonostante non distribuite uniformemente tra concessionari autostradali, ANAS, viabilità secondaria, ci siano; non ci sono ovunque, ma ci sono. Allora, bisogna utilizzare le best practice, come detto, che esistono.

Chiedo a lei che rapidamente si faccia il punto della situazione in un settore che è molto importante - l'ho citato nell'interrogazione - sia nel numero di partecipanti al comparto, che in termini di fatturato e anche in termini di competenza. È un settore che mi auguro che il Ministero prenda immediatamente sotto osservazione.

Loro aspettano una vostra chiamata, credo che si possono ottenere così dei buoni risultati.

(Iniziative finalizzate al superamento delle criticità relative alle infrastrutture stradali e autostradali a nord di Bologna, note come “nodo bolognese” – n. 3-03385)

PRESIDENTE. Il deputato Catania ha facoltà di illustrare, per un minuto, la sua interrogazione n. 3-03385 (Vedi l'allegato A).

MARIO CATANIA. Grazie Presidente. Signor Ministro nel 2015, dopo molti anni di discussioni, è stato accantonata in via definitiva - almeno così pare – l'ipotesi di realizzare una bretella a nord di Bologna, una bretella autostradale, denominata Passante Nord. L'accantonamento, senz'altro condivisibile, è stato anche il frutto di tutto un lavoro fatto dal comitato di cittadini del territorio, che avevano presentato ampia documentazione per dimostrare la inutilità e, anzi, la dannosità di questo progetto. Il Governo ora sta lavorando con la regione e con gli enti locali per una soluzione diversa, che è in sintonia con le richieste del comitato dei cittadini e questo va ovviamente bene. Restano, però, da risolvere alcuni problemi relativi alle opere complementari e, in particolare, al ponte della Trasversale di pianura sulla A13, denominato Nodo di Funo, che rimarrebbe a una sola corsia, più altre questioni collaterali. Su queste chiedo al signor Ministro se non intenda avvalersi di un confronto anche con il comitato dei cittadini.

PRESIDENTE. Il Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, Delrio, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

GRAZIANO DELRIO, Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti. Grazie Presidente, grazie onorevole. Lei pone all'attenzione la necessità di un confronto ulteriore con i comitati dei cittadini. Come lei sa nel codice dei contratti, che questo Governo ha approvato, vi è proprio per la prima volta l'introduzione in Italia del dibattito pubblico per le grandi opere e, in un qualche modo, il Passante di Bologna è stato anticipatore di questa nostra impostazione. E, proprio grazie a quest'interlocuzione e con l'intelligenza del territorio, abbiamo potuto accantonare un progetto, fare project review e avere un progetto adesso pronto, assolutamente credo più adatto al potenziamento del sistema del nodo di Bologna e delle opere di adduzione.

Questo progetto ha analizzato il contesto insediativo esistente ed è stato, appunto, frutto di un'ampia condivisione con gli enti e con i cittadini, con il confronto pubblico che si è svolto tra luglio e novembre 2016 e i cui esiti sono confluiti in uno specifico verbale conclusivo, che è stato sottoscritto dal Ministero, dagli enti, da Autostrade per l'Italia nel dicembre 2016. A seguito del confronto pubblico, poi, Autostrade per l'Italia ha integrato il progetto preliminare e ha sviluppato il progetto definitivo, che è attualmente in fase di valutazione di impatto ambientale, come lei sa.

Quanto agli interventi di completamento della rete viaria di adduzione, che lei sottolinea essere così importante giustamente, il verbale - che è l'atto ufficiale di conclusione del nostro iter –riporta: il potenziamento e il completamento della strada intermedia di pianura, il completamento e lo svincolo della strada provinciale 5, la realizzazione del lotto 3 dell'Asse Lungo Savena e il nodo di Funo per l'accessibilità all'interporto e al Centergross e con rotatorie funzionali. Inoltre, una realizzazione di un nuovo ponte sul fiume Reno, con inserita una pista ciclopedonale.

Il Ministero dell'ambiente ha comunicato che tali ultimi interventi, in virtù delle loro specifiche caratteristiche per gli ambiti territoriali che hanno, non sono confluiti nel progetto principale, ma sono all'esame di compatibilità della procedura approvativa regionale. Il completamento delle opere sopra indicate sono parte integrante, però, dello stesso verbale e, quindi, il confronto continuerà anche sulle opere - le voglio garantire - al fine di migliorare le condizioni della circolazione e della sicurezza stradale a vantaggio di tutta la collettività. La risoluzione del Passante di Bologna, che è una delle tante opere attese da oltre trent'anni insieme alla Asti-Cuneo, alla Valdastico, alla Salerno-Reggio Calabria, credo che sia uno degli elementi che ha caratterizzato la nostra azione. La risoluzione di questo problema in maniera favorevole, quindi, con la piena collaborazione delle popolazioni locali, con cui continueremo a confrontarci fino alla stesura del progetto esecutivo.

PRESIDENTE. Il deputato Catania ha facoltà di replicare.

MARIO CATANIA. Grazie Presidente. Signor Ministro, accolgo con molta soddisfazione il suo intervento. Avevo già piena contezza del fatto che le cose si sono mosse negli ultimi anni nella direzione giusta. C'è stato un approccio diverso rispetto al passato, c'è stato un confronto sul territorio, che ha consentito la maturazione degli orientamenti attuali. In particolare, colgo con soddisfazione il richiamo, da lei fatto nel finale del suo intervento, rispetto alla circostanza che, nei prossimi mesi e nei prossimi anni, comunque si procederà, anche in relazione alla realizzazione delle opere complementari, ad un confronto puntuale con i rappresentanti dei cittadini del territorio, nella consapevolezza che sia questa la modalità giusta, per declinare non solo le vicende del nodo autostradale di Bologna, ma in generale tutto l'approccio della politica nazionale in materia di opere pubbliche.

(Chiarimenti in merito ai tempi e allo stato di avanzamento degli interventi infrastrutturali da realizzare in vista dell'evento “Matera capitale europea della cultura 2019”– n. 3-03386)

PRESIDENTE. Il deputato Latronico ha facoltà di illustrare, per un minuto, la sua interrogazione n. 3-03386 (Vedi l'allegato A).

COSIMO LATRONICO. Grazie, signor Presidente. Signor Ministro, come lei saprà, questa strada riveste una particolare importanza. Stiamo parlando della cosiddetta strada Ferrandina-Matera, che collega la Basentana, la SS 407, con l'asse adriatico, vale a dire la direttrice Murgia-Pollino. Una strada così importante che è stata inclusa in tanti atti di programmazione dal 2001, nel 2006 (delibera CIPE), da ultimo nel Patto per la Basilicata del 2016. Ma, oltre questi atti di programmazione, abbiamo la preoccupazione che non si passi alla fase di progettazione e di appalto e questa strada importante per connettere la Basilicata e superare il suo isolamento, oltre che la capitale della cultura, Matera, sia ancora un pronunciamento programmatico.

PRESIDENTE. Il Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, Delrio, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

GRAZIANO DELRIO, Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti. Grazie Presidente, grazie onorevole. Lei pone il problema del potenziamento, dell'accessibilità al nodo di Matera, capitale della cultura del 2019. Stiamo lavorando da tempo, da oltre quattro anni, e stiamo lavorando al potenziamento delle interconnessioni. Vorrei rapidamente citare il fatto che abbiamo, non solo finanziato la linea ferroviaria Ferrandina-Matera La Martella. Sono lavori per oltre 200 milioni e, quindi, collegheremo per la prima volta Matera alla rete ferroviaria nazionale; anche sulle ferrovie Appulo-Lucane, cioè la linea da Bari, abbiamo cantieri aperti per oltre 15 chilometri. Stiamo raddoppiando in maniera selettiva molte altre tratte e stiamo avviando il restyling della stazione di Matera. Quindi, c'è stata una preparazione molto seria e lunga.

Dal punto di vista della rete stradale, abbiamo diversi interventi per favorire l'accessibilità. Ricordo che sono in corso i lavori per il raddoppio a quattro corsie, come lei sa, della SS 96, dell'Altamura-Bari, che ormai ha già aperto diversi tratti. Abbiamo ammodernato e adeguato il tronco Gravina-Bari, che è stato aperto lo scorso settembre al traffico. Stiamo adeguando la parte Bari-Matera con termine dei lavori prevista a novembre 2018 e abbiamo diversi altri lavori, che adesso non sto a citare per questioni di tempo, che riguardano, appunto, varie altre direttrici, tra cui il completamento della Bradanica e, quindi, altri interventi per diverse centinaia di milioni.

Per quanto riguarda il potenziamento per il collegamento tra Matera e la SS 470, la Basentana, è in corso la gara di appalto per il progetto preliminare, quindi, siamo in fase operativa. Questo serve a soddisfare le richieste che state formulate nel confronto con gli enti territoriali. Per il collegamento Matera-Ferrandina è previsto anche un intervento di restyling della sede stradale esistente, inserito nel piano pluriennale Anas, che ha appaltabilità già subito. Quindi, metteremo in sicurezza e riusciremo a fare alcuni interventi, appunto, di manutenzione straordinaria importante, con un investimento di oltre 15 milioni e dovrà avvenire, l'appaltabilità, già nel 2018. Quindi, siamo in una fase operativa su tutte le direttrici, sia dal punto di vista stradale che ferroviario, e credo che potremo consentire un collegamento certamente adeguato alle esigenze, che Matera 2019 avrà con la grande manifestazione, come capitale della cultura europea.

PRESIDENTE. Il deputato Latronico ha facoltà di replicare.

COSIMO LATRONICO. Signor Ministro, mi consentirà di esprimere qualche perplessità sulla tempistica. Lei ha citato la ferrovia Matera-Bari, ma sa che si parla di una cantierizzazione al 2020, 2021, 2022. E questa è la ferrovia, avremo modo di parlarne, c'è tutto il tema sulla ferrovia della connessione tra Matera e quel tratto lucano, Matera-Altamura, opera ancora non finanziata.

Mentre sul versante pugliese si va avanti, sul versante proprio della connessione tra Altamura e Matera. Ancora non ci sono atti reali di finanziamento di quest'opera. Stiamo alla Ferrandina-Matera, le ho detto, un'opera che si perde nella notte dei tempi in quanto a programmazione. Insomma, l'ultima delibera Cipe è del 2006: siamo nel 2017, sono passati undici anni. Ora siamo all'appalto del progetto preliminare, le voglio solo far notare che siamo all'appalto del progetto preliminare. Lei mi dice che la cantierabilità sarebbe nel 2018: la prendo in parola. Nel 2018 ci vedremo, spero questa strada ci sia.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.

Sospendo a questo punto la seduta, che riprenderà alle ore 16,30. La seduta è sospesa.

La seduta, sospesa alle 16,10, è ripresa alle 16,35.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alfreider, Amoddio, Boccia, Matteo Bragantini, Capezzone, Coppola, D'Ottavio, Dellai, Epifani, Fedriga, Ferrara, Fontanelli, Garofani, Lorenzo Guerini, Laforgia, Mazziotti Di Celso, Piccoli Nardelli, Rampelli, Ravetto, Rosato, Rossomando, Sandra Savino, Speranza, Tofalo, Vignali, Villecco Calipari, Zanetti e Zoggia sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.

I deputati in missione sono complessivamente centotrentotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Rinvio in Commissione della proposta di legge: Laforgia ed altri: Modifica dell'articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e altre disposizioni concernenti la tutela dei lavoratori dipendenti in caso di licenziamento illegittimo (A.C. 4388-A); e dell'abbinata proposta di legge: Airaudo ed altri (A.C. 4610)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della proposta di legge n. 4388-A: Modifica dell'articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e altre disposizioni concernenti la tutela dei lavoratori dipendenti in caso di licenziamento illegittimo; e dell'abbinata proposta di legge n. 4610.

Ricordo che nella seduta del 20 novembre si è conclusa la discussione sulle linee generali e i relatori e la rappresentante del Governo hanno rinunciato ad intervenire in sede di replica.

Le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso i prescritti pareri (Vedi l'allegato A), che sono in distribuzione.

Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori la relatrice per la maggioranza, onorevole Titti Di Salvo. Ne ha facoltà.

TITTI DI SALVO, Relatrice per la maggioranza. Grazie, Presidente. Ho chiesto la parola per proporre all'Aula il rinvio in Commissione delle due proposte di legge; naturalmente, lo farò motivandolo con due considerazioni. Intanto, l'oggetto delle due proposte di legge è il ripristino e l'estensione dell'articolo 18 della legge n. 300, Statuto dei lavoratori, alle imprese con più di cinque dipendenti. Ritengo naturalmente giusta e doverosa la lotta alla precarietà, ritengo giusto e doveroso riconoscere al lavoro dignità e valore. Abbiamo cominciato a farlo dopo anni di sistematica svalutazione del lavoro; basti pensare che nel 2014, quando si insedia il Governo Renzi, l'85 per cento dei contratti era precario.

Dicevo, abbiamo cominciato a farlo, abbiamo cominciato a farlo con il disegno di legge contro il caporalato, abbiamo cominciato a farlo con il Jobs Act e con le norme che aiutano e incentivano il lavoro stabile, abbiamo cominciato a farlo con lo Statuto sul lavoro autonomo, abbiamo cominciato a farlo con le dimissioni in bianco e la legge che le contrasta, abbiamo cominciato, appunto, a farlo. Ora, francamente, dobbiamo andare avanti, ma, con tutta onestà, non ritengo, e la Commissione in maggioranza condivide questa opinione, che l'estensione e il ripristino dell'articolo 18 sia un passo avanti nella direzione che pure dobbiamo percorrere, perché non risolve le nuove forme della precarietà, non aggiunge diritti ai lavoratori della gig economy, non risolve il tema dell'obsolescenza del lavoro dipendente.

Non affronta, cioè, tutti i temi che oggi sono proposti anche dal nuovo modo di lavorare dell'economia digitale e dei nuovi processi produttivi. Che cosa servirebbe fare? Diritto alla formazione, equo compenso, salario minimo nei settori non coperti dalla contrattazione collettiva: sono temi grandi di un confronto importante, che non è proprio di una coda di legislatura; casomai, dovrebbe ispirare un'intera legislatura. Allora, la proposta, ed è questa la prima ragione della richiesta di rinvio in Commissione, è quella di sostituire, invece del confronto sulle nostre distanze sul senso e l'efficacia dell'articolo 18, un confronto che si apre su questo, a partire dalla Commissione.

C'è una seconda ragione della richiesta di rinvio in Commissione: noi siamo molto interessati a ragionare sull'andamento dei licenziamenti e sul rapporto di questi con il contratto a tutele crescenti. Il Jobs Act prevede un monitoraggio sull'andamento dei licenziamenti. Abbiamo un'occasione, il ritorno in Commissione ce la offre. Perché? Perché la legge di bilancio contiene questo tema, il tema dei licenziamenti e del loro costo. L'istruttoria che possiamo fare in Commissione su questo punto, approfondendo i dati (alcuni li abbiamo, ma sono molto grezzi), ci aiuta e ci aiuterebbe a formulare una proposta che può arricchire quel punto della legge di bilancio, quello appunto in cui si parla del costo dei licenziamenti. Quindi, anche in questo caso, la proposta all'Aula del rinvio in Commissione ha questo significato: sostituire ad un confronto sulle distanze, su che cosa noi pensiamo dell'efficacia del ripristino dell'articolo 18, sostituire a questo confronto un confronto di merito, che - insisto e concludo - non sarebbe soltanto rubricato al confronto tra opinioni, diventerebbe legge dello Stato a partire dal 1° gennaio 2018. Perché se c'è una certezza che abbiamo, è che la legge di bilancio arriverà in porto: ciò che lì verrà inserito cambierà, se cambiamenti verranno definiti. La discussione a cui siamo chiamati diversamente è una discussione non solo inappropriata per una coda di legislatura, ma che non porterebbe comunque cambiamenti nella vita delle persone, perché non arriverebbe comunque alla fine.

PRESIDENTE. Ricordo ai colleghi che in Aula non è possibile esporre simboli, e ci siamo capiti; e però, siccome ci siamo capiti, vi chiedo di collaborare.

Sulla proposta di rinvio in Commissione del provvedimento, chiedo, ai sensi dell'articolo 87, comma 7, ultimo periodo del Regolamento, il parere del relatore di minoranza, deputato Giorgio Airaudo. Prego, onorevole.

GIORGIO AIRAUDO. Relatore di minoranza. Presidente, ho cinque minuti, vero? Grazie.

Non stupirò quest'Aula dicendo che noi siamo radicalmente contrari al rinvio in Aula. E non tanto perché questo provvedimento arriva in Aula su iniziativa delle minoranze, perché è stato calendarizzato nell'ambito delle nostre prerogative: siamo contrari a questo rinvio perché le ragioni dicono che esiste un problema di licenziamento in questo Paese. D'altronde l'ha confermato la relatrice, lo conferma la maggioranza, chiedendone il rinvio e provando spostare un pannicello sulla legge di bilancio; lo dice il Partito Democratico attraverso le sue diplomazie che in questi giorni hanno occupato le cronache dei giornali.

Quindi noi siamo di fronte ad un problema reale, ad un problema autentico: è aumentata l'insicurezza, è aumentata la ricattabilità nel mondo del lavoro, sono aumentati i licenziamenti. Ricordo a quest'Aula che stiamo parlando della tutela per i licenziamenti ingiusti, per i licenziamenti non giustificati. Pensiamo che l'idea di rinviare alla legge di bilancio una discussione solo sui risarcimenti, aumentando di qualche mensilità quello che è un tabellario che già esiste, sia un altro modo per mettere una toppa ed un rappezzo su un problema: un po' come si sta facendo secondo noi in queste ore anche sul tema delle pensioni. Non si affrontano i problemi strutturali che creano diseguaglianza in questo Paese, che creano sofferenza tra le nostre cittadine e i nostri cittadini, non li si affronta mettendo delle toppe, cercando delle deroghe, cercando degli espedienti.

E poi c'è un problema di merito: viene proposto come terreno il tema del risarcimento, la nostra proposta di legge parla di reintegro. C'è una grande differenza tra un risarcimento e un reintegro: se qualcuno ha subìto un torto quel torto va sanato, ciò che è stato sottratto va restituito. Pensare che il risarcimento sia l'equivalente della restituzione di un posto di lavoro, sia l'equivalente della restituzione di un'autonomia, sia l'equivalente della restituzione di una dignità, è pensare qualcosa che io non credo pensi neanche la relatrice che mi ha preceduto, e che ha proposto il rinvio in Commissione.

E poi c'è un problema di cultura politica, io credo. Bisogna finirla: lo dico anche a quest'Aula, perché questo Paese non ne può più. Bisogna finirla di dire che i diritti nuovi nascono sostituendo e cancellando quelli vecchi.

Io so da dove viene questa idea: viene da un'idea molto manageriale. È quella, come si dice, che parla della distruzione creativa, ci si è fatta anche della filosofia: sono vent'anni che ci si spiega che il modo migliore per innovare è distruggere tutto. Questo non vale per le relazioni umane, non vale per ciò che è più importante nella vita di un essere umano, cioè avere una propria autonomia, sociale ed economica. Bisogna smetterla di pensare che i nuovi diritti si costruiscono cancellando quelli vecchi. Serve avere una base solida di diritti acquisiti, se se ne vuole espandere di nuovi e costruirne di certi: perché se non succede questo si crea un campo, si crea un contesto che è abbastanza ampio in questo Paese, ed è un campo ed un contesto su cui cavalcano soluzioni spregiudicate; ne vedremo nelle prossime settimane con la fine di questa legislatura, ne vedremo molte, ne sentiamo già gli echi.

E su questo io penso che fallisca tragicamente una parte politica a cui ho dedicato tutta la mia vita fino ad oggi, e che è quella del campo della sinistra. Io penso che quando la sinistra si rassegna ad accettare la limitazione del danno, ad accettare il risarcimento, a pensare che un lavoro può essere sostituito con qualche mesata in più e non essere reintegrato quando si è subìto un torto, quella sinistra non ha preparato il terreno alla destra: quella sinistra sta facendo la campagna elettorale della destra e sta costruendo il consenso della destra in questo Paese. Quindi, noi siamo contrari a questo rinvio, chiediamo che si discuta oggi in quest'Aula e che si affronti un'ingiustizia in questo Paese; e quindi non pensiamo che la legge di bilancio possa farsi carico con qualche mesata in più di risolvere quell'ingiustizia che divide le nostre cittadine e i nostri cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile e di deputati del gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista).

PRESIDENTE. Darò ora la parola, ai sensi dell'articolo 45, comma 1 del Regolamento, ad un deputato per ciascuno dei gruppi che ne facciano richiesta. Ha chiesto di parlare il deputato Francesco Laforgia. Ne ha facoltà.

FRANCESCO LAFORGIA. Signora Presidente, io penso che quest'Aula stia perdendo l'occasione di ragionare di un tema importante e delicato, che non è tanto e solo il ripristino di quel pezzo di statuto dei lavoratori che è stato incomprensibilmente smantellato in questi anni, ma era l'occasione per ragionare dello stato di salute del mondo del lavoro di questo Paese, delle reali condizioni dei lavoratori.

Ho ascoltato dei giudizi persino piuttosto sprezzanti nei confronti della nostra proposta: qualcuno ha detto che è un testo da anni Settanta. Io non so se sia un testo da anni Settanta: so che se vivi in un Paese nel quale i licenziamenti disciplinari sono drammaticamente aumentati, e dietro quei licenziamenti si nascondono dei veri e propri licenziamenti discriminatori, e se vivi in un Paese nel quale quei lavoratori hanno rinunciato persino a tutelarsi e a difendersi perché oggi è più difficile farlo, allora il salto non lo fai agli anni Settanta, lo fai ad un periodo della storia persino più lontano nel tempo, e io penso che di questo noi dovremmo discutere.

E penso che dovremmo tornare persino ai fondamentali. Si dice - ho sentito, lo ha detto la relatrice in quest'occasione, in occasione della discussione generale - che la modernità c'entri poco con i diritti, quando la modernità dovrebbe essere innanzitutto intrisa del tema dei diritti. Io penso dovremmo tornare a discutere di questo! Ci sono argomenti che vengono utilizzati in questo Paese, ad esempio nei confronti dei giovani; si dice: lasciate perdere, quelli lì vogliono ripristinare un ferrovecchio che non vi tutela, perché voi siete in un mondo del lavoro flessibile che non conosce l'articolo 18. Ecco, ritornare ai fondamentali vuol dire insegnare ai nostri figli che nella storia tutelare i diritti di un solo lavoratore ha sempre voluto dire rafforzare i diritti di tutti gli altri, anche di quelli che non sono toccati immediatamente da quel diritto, e dobbiamo ritornare a questa discussione.

Io penso lo si deve fare, e noi lo faremo evitando di farci mettere addosso la maglietta di quelli del passato. Ci chiamano “passatisti” perché appunto ci occupiamo di cose di questo genere, e non ci riusciranno, non riuscirà questa operazione. Per un motivo molto semplice, perché noi in questi anni avremmo voluto ragionare di cose di cui invece non si è voluto ragionare – quelle, sì, che hanno a che fare con la frontiera della modernità - di qual è il rapporto tra i processi di automazione e come l'innovazione tecnologica sostituisce i lavoratori: 9 milioni di lavoratori, dice qualche ricerca, verranno espulsi dal mercato del lavoro in questo Paese in ragione dei processi di automazione e noi non guardiamo a tali processi con un approccio luddista, anzi vogliamo accettare la sfida ma avremmo voluto che in questi anni si ragionasse, ad esempio, di come l'innovazione tecnologica non espelle lavoratori dal mercato del lavoro ma come libera tempo di lavoro. Avremmo voluto ragionare delle sfide dell'economia dell'era digitale perché vogliamo e siamo incuriositi rispetto ai nuovi comportamenti di consumo ma vogliamo che vengano in qualche modo accolti dalla società nel pieno rispetto della dignità dei lavoratori perché, se c'è un fattorino che lavora per una di quelle società di consegna del web che si trovano e il lavoro di quel lavoratore viene scandito da un algoritmo di una piattaforma digitale, vorrei conciliare quel nuovo comportamento di consumo che tante famiglie utilizzano con il rispetto della dignità di quel lavoratore (Applausi dei deputati del gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista). Questo sarebbe stato affrontare i temi della modernità e, invece, si è preferito raccontare un mercato del lavoro più edulcorato di quello che nella realtà è, perché oggi il mondo del lavoro nel Paese si è ulteriormente frantumato, si è precarizzato. Per questo dico che si è persa un'occasione: l'ha persa il Partito Democratico perché questo sarebbe stato un terreno di confronto reale - fatemi dire - ben più efficace di qualche foglio bianco da scrivere e di qualche impegno da prendere per il futuro e anche più efficace di qualche appello di qualche padre nobile del centrosinistra. Non si è voluto affrontare questa discussione. Lo dico al Pd ma lo dico anche al MoVimento 5 Stelle: aver attaccato la nostra proposta ha fatto sì che loro perdessero l'occasione di dimostrare di non essere una delle declinazioni della destra, ma è accaduto proprio questo. Noi continueremo questa battaglia perché vale la pena farla e perché ha a che fare con la civiltà giuridica di un Paese e io dico che ha a che fare innanzitutto con la sua civiltà (Applausi dei deputati del gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista e Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Mazziotti Di Celso. Ne ha facoltà.

ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO. Grazie, Presidente. Noi voteremo a favore del rinvio in Commissione perché il rinvio in Commissione in questo momento…

PRESIDENTE. Onorevole Mazziotti Di Celso, deve cambiare microfono perché fa un rumore di risulta. Scusi ma…

ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO. Grazie, Presidente. Noi voteremo a favore del rinvio in Commissione perché il rinvio in Commissione in questo momento - è inutile nascondercelo - avrà come effetto il fatto che la proposta di legge non sarà approvata così com'è. Per tale ragione avevamo presentato emendamenti soppressivi di tutti gli articoli perché non vogliamo che la proposta di legge venga approvata, non vogliamo che si torni alla legislazione precedente. Mi autoaccuso di quanto diceva l'onorevole La Forgia: io l'ho definita una normativa anni Settanta anche per ragioni storiche, proprio perché è una normativa che non consentiva più al Paese di avere relazioni nei rapporti di lavoro simili a quelle che esistono in tutti i Paesi sviluppati e lo abbiamo pagato in termini di crescita. Il Jobs Act, che abbiamo votato, nonostante tutto quello che si può dire, ha avuto l'effetto di un aumento dei contratti e dei contratti a tempo indeterminato a tutele crescenti. Quindi, affermare oggi che la proposta di legge, con cui si reintroduce l'articolo 18, tutela il lavoro deriva, come ha detto giustamente l'onorevole Airaudo prima, da una differenza di cultura politica: c'è una cultura che è contro i licenziamenti disciplinari, anche senza sapere se magari il risultato dell'aumento è dovuto al fatto che prima non si facevano semplicemente per il terrore di ciò che poteva avvenire in una eventuale causa, e poi c'è una cultura che vuole le assunzioni, che vuole la crescita, che vuole un sistema competitivo, che è la nostra cultura. Noi vogliamo un sistema in cui le imprese possano lavorare e in cui non ci sia un pregiudizio sul fatto che l'impresa vuole licenziare, che adotta un licenziamento disciplinare per divertimento: tale è la cultura di chi ha presentato la proposta di legge che parte da una sfiducia di fondo nell'impresa, in chi vuole investire, in chi vuole lavorare, in chi vuole avere dipendenti e vuole poterli licenziare attraverso un procedimento disciplinare se esistono comportamenti che giustificano il licenziamento.

Dire che sono aumentati i licenziamenti disciplinari senza sapere se sono giustificati o meno dimostra che c'è un pregiudizio. Dall'altro lato direi invece all'onorevole Airaudo che dire che questo spiana il campo alla destra è abbastanza difficile, considerato che tutto il centrodestra sul tema è assente. Non esiste un emendamento: l'ipotesi che la proposta di legge potesse passare non ha interessato il partito del libero mercato, della libertà, di chi dice dalla mattina alla sera di essere liberale, di voler portare avanti l'impresa. Se Forza Italia avesse avuto sulla proposta di legge in esame la stessa energia che ha avuto sulla questione dei balneari o, oggi, sul comune di Sappada, avrebbe potuto quantomeno sostenere di essere un movimento liberale che ha una cultura d'impresa. Non hanno neanche presentato un emendamento sulla proposta di legge perché non gli interessa: d'altra parte per ricordare a tutti (Commenti dell'onorevole Simonetti) per ricordare a tutti…

PRESIDENTE. Onorevole Simonetti, lasci parlare. È iscritto a parlare, poi dirà il suo pensiero.

ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO. Ripeto, per ricordare a tutti che anche sul Jobs Act si assentarono in massa e non votarono, tranne l'onorevole Corsaro che ebbe il merito di ricordare che era una battaglia del mondo di centrodestra da vent'anni.

Noi voteremo - anche per rispondere a chi stava sbraitando in Aula - per il rinvio in Commissione perché la proposta di legge tornerà in Commissione e non sarà approvata. Dico subito che siamo totalmente contrari a una revisione della disciplina delle indennità, cosa che ha adombrato prima l'onorevole Di Salvo, perché pensiamo che un monitoraggio non si faccia a un anno o a un anno e mezzo o a due anni dall'approvazione di una legge ma che ci voglia del tempo per verificare l'andamento di questo tipo di disciplina prima di intervenire con modifiche e non esiste alcun elemento oggi che dimostri che l'entità dell'indennità ha determinato un aumento dei licenziamenti. Quindi decidere nei prossimi due mesi di aumentare l'indennità solo perché sono aumentati i licenziamenti disciplinari, dal nostro punto di vista, è una' idea sbagliata. È evidente che, se in Commissione ripartirà l'esame, ripresenteremo gli emendamenti soppressivi; che se nel disegno di legge di bilancio saranno presenti norme di questo tipo, presenteremo analogamente emendamenti soppressivi, continuando a condurre una battaglia per la libertà di impresa e la competitività che purtroppo siamo quasi sempre soli a combattere (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Civici e Innovatori-Energie PER l'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Fratoianni. Ne ha facoltà.

NICOLA FRATOIANNI. Signora Presidente, vorrei per suo tramite ringraziare l'onorevole Mazziotti Di Celso che mi ha preceduto perché ha avuto nelle sue parole e nelle sue argomentazioni il coraggio che è mancato all'onorevole Titti Di Salvo, il coraggio della verità che a volte aiuta a rendere più chiara e comprensibile la materia di cui in questo caso stiamo discutendo. Lo ha detto con una chiarezza disarmante: la scelta della maggioranza del Partito Democratico e del Governo di rimandare in Commissione la proposta di legge che la sinistra nel Parlamento presenta per reintegrare le tutele dell'articolo 18 è una scelta che ha come obiettivo quello di affossare la proposta di legge. Questa è la verità e da qui vorrei che partissimo per provare a indagare le ragioni di tale scelta. È una scelta un po' ipocrita per la verità; è una scelta poco coraggiosa: la scelta di chi ha paura di entrare fino in fondo dentro una discussione che faccia i conti con la condizione del Paese; con la condizione del lavoro; con la condizione di chi un lavoro non ce l'ha; con la condizione dei molti, dei troppi che oggi vedono quel lavoro ancora più umiliato, ancora più svalorizzato, privato di tutele, di diritti e soprattutto di libertà. Ricordava l'onorevole Di Salvo che il Governo Renzi al momento del suo insediamento di fronte a un mercato del lavoro composto all'85 per cento da contratti precari ha iniziato una forte, coraggiosa battaglia contro la precarietà e che il Jobs Act ne è stato lo strumento principale. Devo dire che un risultato è stato raggiunto: dall'85 per cento siete arrivati, in pochi anni, quasi al 100 per cento. Quest'anno, grazie agli interventi sul mercato del lavoro, il numero dei contratti precari raggiunge e supera il 95-96 per cento del totale e se contiamo il fatto che i contratti che inopinatamente denominate come contratti a tempo indeterminato - quel contratto a tutele crescenti di indeterminato non ha nulla se non la data di scadenza - ebbene se contiamo anche questi allora facciamo il conto pieno. La verità è che in questa operazione, quella di rimuovere i diritti e le tutele del lavoro, c'è la separazione forse definitiva del vostro campo e della vostra storia dalla storia più importante della sinistra di questo Paese e non solo di questo Paese, la storia di una sinistra che ha costruito la sua identità e perfino il suo profilo culturale attorno a un'idea: battersi contro l'ingiustizia, contro la diseguaglianza, battersi perché il diritto dei più deboli, di chi vive la propria condizione in un quadro di disparità di forze, possa farsi valere, perché sia possibile immaginare che la libertà non si ferma al di fuori dei cancelli di una fabbrica e di un luogo di lavoro.

Perché, care colleghe e cari colleghi del Partito Democratico, l'articolo 18 è stato innanzitutto questo. Prima ancora che una modalità di costruzione del contratto di lavoro è stato garanzia di libertà, è stato la condizione per evitare che un lavoratore o una lavoratrice vivesse il proprio rapporto dentro un contesto di subordinazione, nel quale la propria dignità sia messa nella condizione di non potersi esprimere. È per questo, per queste ragioni, per i risultati che quella riforma ha prodotto, risultati che hanno peggiorato la condizione di tanti e tante in questo Paese, che oggi in questo Parlamento Sinistra Italiana - Sinistra Ecologia Libertà - Possibile e Articolo 1 hanno riproposto la necessità di reintrodurre e di estendere le tutele previste dall'articolo 18 dello statuto dei lavoratori. È per queste ragioni, per le ragioni opposte che vi hanno condotto a introdurre quella riforma, che voi oggi affossate questa proposta di legge. Questo è l'unico dato col quale non potete in nessun modo evitare di fare i conti ed è - ve lo ricordo - il terreno su cui noi non ci arrendiamo. Noi non ci fermeremo qui, continueremo a stare col fiato sul vostro collo perché a chiedercelo sono innanzitutto milioni di lavoratori e di lavoratrici che in questo Paese hanno diritto a vedere riconosciuta la tutela - lo ripeto - della propria condizione di libertà sui luoghi di lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Auci. Ne ha facoltà.

ERNESTO AUCI. Grazie, Presidente. Noi come Scelta Civica - ALA voteremo a favore del rinvio in Commissione perché questa proposta di legge vuole ripristinare l'articolo 18 non solo così com'era tanti anni fa ma addirittura con l'estensione del reintegro alle piccole imprese fino a cinque dipendenti. Ora, mi sembra che questo sia un modo sbagliato di affrontare i problemi del mercato del lavoro, quelli della crescita del Paese e quelli dell'occupazione.

Una cosa in questo dibattito si è sentita poco e, cioè, una considerazione che riguarda quello che è l'aspetto internazionale con cui tutti gli altri Paesi e i principali centri di ricerca guardano all'Italia. Ora il Jobs Act è uno dei punti fondamentali in base al quale l'Italia ha riacquistato un po' di credibilità sui mercati internazionali e in base al quale ha potuto anche avere i finanziamenti necessari per riprendere la strada dello sviluppo, uno sviluppo non ancora sufficiente ma certo uno sviluppo assai interessante. In più il Jobs Act ha fatto registrare 900 mila e più occupati e questo non è un dato di poco conto.

Io penso che, al di là delle questioni internazionali, spesso le conseguenze di alcune norme che vorrebbero agevolare i lavoratori in realtà ottengono l'effetto opposto a quello atteso.

In questo caso il reintegro e il ripristino dell'articolo 18 distruggerebbe lavoro, non aiuterebbe i giovani, non aiuterebbe la crescita del Paese.

Dentro il Jobs Act oltre all'articolo 18 c'erano nuovi strumenti per favorire la mobilità nel mercato del lavoro, strumenti che mettevano insieme il sostegno salariale per chi dovesse ritrovarsi disoccupato e la formazione. Questo è un modo nuovo, moderno e che va effettivamente verso l'aumento della produttività che serve al Paese.

Purtroppo, l'implementazione di questo strumento è probabilmente più lenta di quello che sarebbe necessario, ma è su questo che dobbiamo puntare anche per rispondere ai problemi posti dall'innovazione tecnologica che certo richiedono per i lavoratori un cambiamento del loro status, cioè di passare da un certo tipo di lavoro a un altro tipo di lavoro e il nostro mercato deve puntare soprattutto su questo, sul favorire questi passaggi, perché solo in questo modo potremo avere più produttività, più competitività e più lavoro.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Simonetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO SIMONETTI. Grazie, Presidente. Rigetto con forza la tesi del presidente Mazziotti Di Celso, che sostanzialmente fa un parallelo proporzionale dell'impegno di un gruppo parlamentare o di un partito politico rispetto agli emendamenti che presenta, perché questo non sta nella logica delle cose e perché, se è vero come è vero - che poi lui non partecipa alla Commissione lavoro e pertanto probabilmente si sarà perso qualche dibattito - che saranno almeno tre settimane che questa maggioranza ci dice in Commissione che questo provvedimento non sarebbe stato discusso in Aula. La relatrice in Commissione dieci giorni fa ci ha detto che avrebbe posto la questione sostanzialmente di riportare il testo in Commissione. L'ha fatto lunedì in Aula e oggi lo ha replicato. Quindi, io non faccio perdere del tempo ai miei uffici a fare degli emendamenti quando si sa già che questa maggioranza, così come ha già fatto per tutti gli altri provvedimenti delle minoranze, se ne frega del dibattito in Aula e delle richieste legislative dei gruppi di minoranza.

Questo è il metodo democratico, tra virgolette, di questa maggioranza! Questo è il vero dibattito di oggi, perché tutte le iniziative che non provengono da voi non possono essere dibattute nel merito anche in Aula. Questo è stato fatto con noi ed è stato fatto con la “proposta di legge Molteni” sulla legittima difesa. O si cambia e si stravolge il testo, tanto che il presentatore ha vergogna di portare la firma di quel testo, o si prende il testo e lo si butta nel cestino con un voto di maggioranza.

Io non voglio entrare nel merito, perché nel merito ci siamo già entrati in Commissione, noi non condividiamo, di fatto, questa estensione dell'articolo 18 anche ai licenziamenti illegittimi e soprattutto per le aziende sotto i 15 dipendenti. Perché noi vediamo altre iniziative più pregnanti per dare dignità al lavoro e ai lavoratori, tutte iniziative che non sono state prese da questo Governo che, anzi, lavora nell'esatto contrario, perché se i dati che sono stati citati sono i numeri citati anche dal collega Auci bisogna vedere che cosa dicono questi numeri. Non ci sono stati nuovi posti di lavoro con il Jobs Act che, tra l'altro, non è toccato da questa iniziativa legislativa, ma ci sono state tante conversioni di contratti ma non nuovi posti di lavoro, tanto che l'Istat, questo mese, ci dice che il 60 per cento e più dei nuovi contratti è a tempo determinato. Quindi, il vero dibattito che questo Parlamento deve fare è perché non si assume a tempo indeterminato se non con delle facilitazioni economiche decontributive, ma quando queste elargizioni di Stato finiscono l'impresa inizia di nuovo e in grande percentuale ad assumere a tempo determinato. E qui cade l'articolo 18, cade il discorso della bontà della modifica dell'articolo 18.

Noi dobbiamo creare dei percorsi legislativi e delle politiche economiche che possano dare alle imprese la possibilità di assumere e assumere soprattutto dei giovani, in modo tale da poter mandare in pensione i loro padri o addirittura i loro nonni, perché abbiamo dei nonni che lavorano e dei nipoti che sono a casa non far niente, e dare una possibilità a questi giovani sotto i 35 anni, che per il 35 per cento sono disoccupati. Il 35,7 della popolazione giovanile nel nostro Paese è a casa a non far nulla, a non far nulla, perché le imprese non lo assumono.

È su questo che noi dobbiamo ragionare. Dare dignità al lavoro significa anche creare un nuovo welfare aziendale, detassato, in modo tale che chi lavora ha sì dei diritti, dal punto di vista di tutela del posto di lavoro, ma lavora anche con qualità, lavora anche con soddisfazione, e l'impresa che spende dei soldi in welfare aziendale, quindi in asili, in sostegno, in scuole e via via discorrendo, ha la possibilità anche di vedersi detassata questa quota.

Per dare dignità al lavoro in questa nuova era di industria 4.0 che tanto sbandierate, bisogna anche capire che poi questi posti lavoro non vengano sostituiti dalle macchine, perché l'informatizzazione, la meccanizzazione spinta, alla quale ci stiamo avvicinando farà sì che le macchine sostituiranno sempre di più l'uomo, se l'uomo non avrà una formazione professionale adeguata, se non ci sarà la possibilità di incidere in una formazione continua che l'ANPAL non fa, perché la centralizzazione dei centri per l'impiego e la formazione che voi avete voluto – voi, maggioranza, ovviamente - ha portato dei danni in questo senso. Ed è per questo che noi voteremo contro il rinvio in Commissione, non tanto per il merito, ma per il metodo con il quale questa maggioranza si conforma al periodo Renzi. Pensavamo che con Gentiloni ci fosse un new deal perlomeno nei rapporti parlamentari. Invece il silenzio di Gentiloni viene nuovamente coperto dalla dittatura democratica del Partito Democratico che di nuovo, a colpi di maggioranza, come fece con la riforma costituzionale, in cui noi uscimmo addirittura dall'Aula, porterà il Paese nel baratro, tanto che oggi la Commissione europea ci dice “rifate la legge di bilancio perché altrimenti andate nel baratro” (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Rizzetto. Ne ha facoltà.

WALTER RIZZETTO. Grazie Presidente. Dichiaro subito che noi voteremo contro il rinvio in Commissione di questo provvedimento. In seconda battuta, Presidente, ho ascoltato tutti gli interventi che sinora si sono susseguiti qui in Aula e per suo tramite vorrei dire al deputato Mazziotti Di Celso che siede, anzi sedeva, perché probabilmente è andato a fare l'aperitivo o a dichiarare qualcosa alle agenzie…

PRESIDENTE. Onorevole Rizzetto, la prego.

WALTER RIZZETTO. Mi permetta Presidente, perché l'attacco del collega…

PRESIDENTE. Non è presente il collega Mazziotti Di Celso, lei si rivolga alla Presidenza e faccia il suo ragionamento.

WALTER RIZZETTO. Il deputato Mazziotti Di Celso, dopo aver attaccato in modo scomposto e vile un'area politica, non ha neanche il coraggio di restare in Aula ad ascoltare le repliche.

PRESIDENTE. Si rivolga alla Presidenza.

WALTER RIZZETTO. Ricordo che il collega, per suo tramite, Presidente, Mazziotti Di Celso, dopo aver fatto questo endorsement alla maggioranza, propedeutico evidentemente a qualche accordo elettorale fra qualche mese, il deputato in oggetto, non ha fatto un minuto in Commissione lavoro da noi. Non c'è stato una volta, non c'ha capito un tubo rispetto a proposte o non proposte emendative, probabilmente non ha neanche letto il provvedimento. E dopo viene a pontificare qui in Aula, dopo che non c'è stato mai in Commissione nelle ultime tre settimane, quando la Commissione lavoro si è riunita spesse volte, e tutti lo sanno, su questo argomento. Allora, io rigetto in modo sprezzante quanto il collega ha detto, se lo tenga a casa sua. Evidentemente potrebbe restare in Aula per ascoltare anche le repliche rispetto a un'accusa completamente infondata.

Ricordo, per quanto ci riguarda, che noi vorremmo discutere questo tipo di provvedimenti in Aula, tutti dalle loro posizioni, perché è del tutto evidente che ci sono posizioni differenti sull'articolo 18. D'altra parte ci sono posizioni differenti anche per quanto riguarda il sindacato rispetto all'articolo 18, sindacato che tra l'altro non applica lo stesso per i suoi dipendenti e questo mi sembra evidentemente un punto di caduta in termini sindacali. Stiamo assistendo ad uno spettacolo pietoso, se mi passa il termine, che riguarda una determinata area di questo Parlamento, la sinistra che è contro il centrosinistra, il centrosinistra che contro la sinistra sull'articolo 18. Avete sbagliato entrambi colleghi, permettetemelo, ve lo dico umilmente. Ha sbagliato il Partito Democratico in questi anni. Vedo, Presidente, il collega Mazziotti Di Celso rientrare in Aula e gli ricordo che l'aggiramento dell'articolo 18 non l'ha voluto il centrodestra, ma l'ha fatto Matteo Renzi con il Jobs act.

Forse dovrebbe segnarseli questi appunti prima di intervenire a vanvera in Aula. Comunque, Presidente, sempre per il suo tramite, dico: avete sbagliato tutti. La sinistra, anzi il centrosinistra targato Matteo Renzi, ha sbagliato perché un certo tipo di sinistra ha dimenticato quelli che sono i diritti dei lavoratori. Però mi dispiace, ha sbagliato anche la sinistra, la sinistra del Partito Democratico, perché avete dato – permettetemi - un appiglio anche ad altri gruppi politici facendo scendere la quota da quindici a cinque. Ricordiamo, Presidente, che evidentemente - in questo loro non ne hanno nessuna colpa - più dell'87 per cento delle aziende italiane sono formate da piccole e medie imprese che hanno una media di nove dipendenti, è quindi un sillogismo poter parlare di non applicazione dell'articolo 18 sotto i quindici dipendenti, quindi alle 87 per cento delle aziende italiane, perché è del tutto vero che le aziende con i cinque dipendenti non possono permettersi, colleghi, l'articolo 18. Ricordo anche alla sinistra, a sinistra del Partito Democratico, che io qui sopra umilmente ci vedo dei nomi, come firmatari della proposta Laforgia, che era assente all'epoca della votazione del Jobs act, che fanno parte del vostro gruppo politico, che hanno votato l'aggiramento dell'articolo 18 in seno al provvedimento Jobs act. Quindi, un minimo di serietà colleghi.

Prima ascoltavo il collega Simonetti che ha parlato giustamente anche, ad esempio, di robotizzazione dei posti di lavoro: chi manderemo o non manderemo a casa tra vent'anni, i robot o le persone? Io spero non le persone, ma a questo punto spero neanche i robot.

Quindi, la politica per non parlare ancora in modo chiamiamolo ottocentesco sull'argomento, dovrebbe occuparsi molto di più di questi temi: della robotizzazione dei posti di lavoro; di salario minimo, cosa che stiamo cercando di portare avanti in Commissione laddove il 20 per cento dei lavoratori italiani non sono soggetti a nessun contratto collettivo nazionale e a nessuno scudo sindacale; di pensioni. Le figure pessime, permettetemi, che stanno facendo in queste ore i sindacati vicendevolmente rispetto al Governo, non ci dicono nulla di buono in seno alla prossima legge di stabilità. Quindi, per noi, Presidente, seppur dalle nostre posizioni, e concludo, questo provvedimento deve restare in Aula per un'interlocuzione ampia e nei confronti del Governo e nei confronti dei colleghi (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Polverini. Ne ha facoltà.

RENATA POLVERINI. Grazie Presidente. Noi della Commissione lavoro, maggioranza ed opposizione, abbiamo un rapporto di lealtà istituzionale e politico all'interno della Commissione stessa, perché siamo consapevoli e coscienti di trattare argomenti delicati che hanno a che fare con la vita delle persone, ed in particolare dei lavoratori e dei pensionati. Ma quando abbiamo ascoltato l'intervento dell'onorevole Mazziotti Di Celso, che - ahimè - è anche il presidente della Commissione affari costituzionali di questo ramo del Parlamento, non abbiamo potuto non intervenire, perché chi lavora, e in Commissione lavoro lo facciamo, sa perfettamente che quando si arriva in Aula, c'è un grande dibattito, ci sono delle ferme prese di posizione, si fanno tutti i tentativi per provare ad arrivare in Aula con un provvedimento costruito tanto bene da poter essere votato, come abbiamo dimostrato. Non abbiamo mai sottoposto alla fiducia i provvedimenti arrivati da quella Commissione, eppure abbiamo messo in campo decreti importanti sui quali ci siamo divisi, sui quali abbiamo ragionato, come quelli più volte richiamati in questo contesto, a cominciare dal Jobs act. Però sentirci dare lezioni dall'onorevole Mazziotti Di Celso sinceramente non ce lo aspettavamo. Signora Presidente, mi rivolgo a lei, credo anche che il tono utilizzato dall'onorevole Di Celso non fosse assolutamente un tono adeguato tra colleghi che in quest'Aula appunto si confrontano. Noi non ci permettiamo di entrare nel merito della scelta del gruppo, del quale non ricordo il nome, al quale è iscritto l'onorevole Mazziotti Di Celso. Non ci permettiamo, perché siccome fa parte della maggioranza che sostiene questo Governo, io mi sarei aspettata che avesse avuto il coraggio, insieme alla sua maggioranza, di bocciare questo provvedimento in Aula e non di fare quello che questa maggioranza ha sempre fatto, quando non si assume la responsabilità della scelta.

Ricordo a me stessa che un altro provvedimento della Commissione lavoro è tornato in Commissione, perché si trattava del prelievo forzoso - così fu definito - sulle pensioni d'oro, così definite dalla collega Meloni. Ecco, allora, noi non ci aspettiamo lezioni in quest'Aula, ci aspettiamo che i gruppi di maggioranza si assumano le loro responsabilità. Ed è per questo che abbiamo condiviso diverse sedute con i colleghi della maggioranza e delle opposizioni ed abbiamo compreso che non c'era alcuna volontà di ragionare su questo provvedimento. E, allora, siccome non facciamo né esercizio di buone pratiche parlamentari né tantomeno dobbiamo andare su open Camera - credo si chiami così il sito nel quale, a seconda di quanti emendamenti produci, dimostri che sei un parlamentare operativo -, noi lavoriamo quando c'è da lavorare, senza creare false illusioni a nessuno. E purtroppo - mi dispiace dirlo per i partiti sottoscrittori di questa proposta di legge - hanno commesso lo stesso errore commesso dalla CGIL, perché non si sono accontentati di presentare la modifica dell'articolo 18, cioè dai quindici dipendenti in su per com'era, ma addirittura si è scesi ai cinque dipendenti. Quindi, signora Presidente, noi non accettiamo lezioni da nessuno. Siamo un partito liberale, sappiamo fare le nostre scelte, sappiamo difendere i diritti quando li riconosciamo e mettiamo in campo quelle che sono le nostre idee. Per questo voteremo convintamente contro il rinvio in Commissione: discutiamone, qui e adesso, e ognuno si assuma la responsabilità di scegliere (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Tripiedi. Ne ha facoltà.

DAVIDE TRIPIEDI. Grazie Presidente. Intanto vogliamo dire che l'Aula del Parlamento è il posto ideale, per cercare di discutere e per cercare anche di fare capire ai cittadini italiani quale proposta ha un partito e quale proposta ha l'altro partito. Io penso che il Partito Democratico si debba prendere la responsabilità di dire quello che pensa su un tema così delicato, che tratta il diritto del lavoro. Infatti, grazie al Partito Democratico e grazie al Jobs Act, si è distrutto il principio del lavoro e del diritto, se penso al demansionamento, al videocontrollo, se penso all'abolizione dell'articolo 18.

E io mi faccio questa domanda, perché è impensabile cercare di dire affermazioni come che noi del MoVimento 5 Stelle abbiamo attaccato la proposta di Laforgia. Noi non abbiamo attaccato nessuno. Noi siamo stati gli unici coerenti a portare le battaglie in quest'Aula, come abbiamo fatto con il Jobs Act tre anni fa. Io mi chiedo dov'era Laforgia, quando il gruppo politico del MoVimento 5 Stelle faceva ostruzionismo in Aula per difendere i diritti dei lavoratori (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)! Mi chiedo dov'era Speranza, capogruppo del PD, che vota il Jobs Act e poi, sulla pelle dei lavoratori, si fa campagna elettorale in quest'Aula. Io non ci sto! Non ci sto che il MoVimento 5 Stelle venga accusato da persone che, a mio avviso, non hanno mai visto una fabbrica di cinque dipendenti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)! Questa è la verità! Quindi, sparare grosso sulla pelle dei lavoratori, non ci sto e non ci stiamo.

Ma, con questo, voglio tornare un po' sul tema. Noi voteremo contro il rinvio in Commissione, perché crediamo che in Aula si debba trattare quest'argomento, per rispetto del popolo italiano e per rispetto del Parlamento. Questo luogo è proprio fatto apposta per parlare, discutere e cercare di avere una visione politica. Vediamo qual è la visione politica del Partito Democratico, quella del MoVimento 5 Stelle e quella di Laforgia. Confrontiamoci! Non voglio essere un disfattista, perché la carta parla chiaro. Abbiamo fatto un emendamento che ripristina l'articolo 18, come era nel 1970, quindi quel principio di giustizia, dove, se io licenzio un lavoratore senza un giustificato motivo oggettivo, io devo reintegrarlo, per dignità del lavoratore (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Ma non abbiamo voluto fare speculazione. Quindi, qui si dimostra la coerenza del MoVimento 5 Stelle.

Io voglio dire anche a quest'Aula che, durante la discussione generale, il Parlamento era mezzo vuoto. Parlavamo tra di noi, dieci persone. Quindi, io voglio cercare anche di far capire alla parte destra di questo Parlamento che, quando c'è da discutere di questi temi, quantomeno venite in Aula e abbiate anche voi il coraggio di dire come la pensate! Noi ovviamente voteremo contro il rinvio in Commissione e ovviamente cercheremo di avere quella visione di rispetto e di dignità del mondo del lavoro e soprattutto dei lavoratori, che stanno vivendo un momento drammatico innanzi a licenziamenti collettivi, delocalizzazioni, innanzi a una mancanza di rispetto del lavoro in sé. Quindi io prego - magari la relatrice - di fare un passo indietro. Abbiate il coraggio di continuare questa discussione nel luogo adatto, il Parlamento. Abbiate il coraggio (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Rosato. Ne ha facoltà.

ETTORE ROSATO. Grazie Presidente. Oggi affrontiamo un tema di grande serietà, probabilmente una delle questioni, la prima preoccupazione, che abbiamo avuto in questi anni, che abbiamo avuto nel nostro gruppo, cioè il tema del lavoro, il tema dell'occupazione, il tema del diritto al lavoro e il tema del diritto a un buon lavoro.

L'abbiamo affrontato con delle misure, l'abbiamo affrontato con dei risultati, perché poi le discussioni rischiano di essere molto retoriche. Io voglio citare solo qualche numero. Il mix di Jobs Act e di incentivi, che abbiamo utilizzato in questi anni, ha prodotto un milione di posti di lavoro (Commenti). Di questo, oltre la metà (Commenti)…

PRESIDENTE. Colleghi, colleghi! Tutti hanno potuto esprimersi tranquillamente.

ETTORE ROSATO. No, Presidente, non fa niente.

PRESIDENTE. Quindi, nessuna gazzarra in Aula, vi prego.

ETTORE ROSATO. Ha creato un milione di posti di lavoro, oltre la metà di questi posti di lavoro (Commenti)…

PRESIDENTE. Colleghi, colleghi!

ETTORE ROSATO. … sono posti di lavoro a tempo indeterminato. Il tasso di occupazione è aumentato di 2,3 punti. Il tasso di disoccupazione è sceso di 2,6 punti. Il tasso di disoccupazione giovanile è sceso di 12 punti. Abbiamo avuto il record di sempre del tasso di occupazione femminile.

Presidente, questi sono numeri, sono dati, ma noi di questo non siamo appagati. Noi non siamo soddisfatti dei risultati che abbiamo raggiunto. Siamo consapevoli che abbiamo fatto delle norme utili e importanti e che queste norme, come tutte le norme, sono perfettibili, ci si può lavorare. Ci sono misure da migliorare. Per esempio, il Governo, in legge di bilancio, ha inserito una misura che interviene su un punto - ci ragioneremo ancora sulla sua efficacia e sulla misura che è stata adottata - per rendere più onerosi i licenziamenti.

Ma non è solo questo il punto. Il mercato del lavoro non può essere affrontato con ricette di quarant'anni fa. È questo quello che ci si propone oggi, di reintrodurre strumenti di quarant'anni fa. Anzi, non solo di reintrodurre strumenti di quarant'anni fa, ma di aggravare - cosa che non serve né ai lavoratori né alle aziende - abbassando a cinque il limite dei lavoratori interessati nelle aziende per la reintroduzione dell'articolo 18. È una misura non efficace.

Però, Presidente, noi oggi qui non stiamo discutendo del merito, stiamo discutendo del metodo. Noi riconosciamo la dignità di una discussione su questi punti. Riconosciamo la necessità di approfondire queste questioni e, quindi, chiediamo il rinvio in Commissione - e lo ha fatto bene la relatrice prima nel suo intervento - convinti che non basta dire di no. Apriamo una porta, la teniamo aperta questa porta, una porta di discussione, anche politica, anche con i nostri colleghi della sinistra, una porta che noi teniamo faticosamente aperta, perché siamo interessati al merito, non perché il merito è una discussione politica, ma perché il merito riguarda milioni di lavoratori. E, allora, tutto quello che serve a milioni di lavoratori interessa a noi. Per questo teniamo questa discussione aperta nel nostro confronto, anche con voi. Noi teniamo la porta aperta, voi la chiudete; noi ci mettiamo la scarpa dentro per non far chiudere questa porta, e questo rinvio in Commissione è la scarpa per non chiudere questa porta, perché è chiaro che una proposta di legge di questo tipo, con l'introduzione dell'articolo 18 per le imprese sopra i cinque lavoratori, voleva semplicemente chiudere una porta. Noi questa porta del dialogo e della costruzione di un foglio che possa scrivere meglio le regole sul lavoro, anche insieme a voi, la teniamo aperta.

Quindi, spero che su questo lavoro noi possiamo fare passi avanti e che non ci sia una scelta politica di chiusura, perché la scelta politica di chiusura danneggia i lavoratori. Se si mettono al centro i problemi di merito, allora è molto più facile lavorare; se si usa il lavoro, questa discussione, solo come obiettivo politico, allora i risultati non ci sono, e credo che in questo caso avete fatto una forzatura inutile al nostro dialogo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Pongo in votazione, mediante procedimento elettronico, senza registrazione dei nomi, la proposta di rinvio in Commissione del provvedimento avanzata dalla relatrice.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione - Commenti). Colleghi, i colleghi sono tutti uguali. Scusatemi, i colleghi che stanno arrivando e che sono in Aula hanno il diritto di votare, tutti, tutti, indistintamente.

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva per 26 voti di differenza.

Seguito della discussione della proposta di legge: S. 2227 - D'iniziativa dei senatori: Fabbri ed altri: Disposizioni per la celebrazione dei centocinquanta anni dalla morte di Gioachino Rossini (Approvata dal Senato) (A.C. 4665) (ore 17,34).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della proposta di legge, già approvata dal Senato, n. 4665: Disposizioni per la celebrazione dei centocinquanta anni dalla morte di Gioachino Rossini.

Ricordo che nella seduta del 20 novembre si è conclusa la discussione sulle linee generali.

(Esame degli articoli - A.C. 4665)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli della proposta di legge e degli emendamenti presentati.

Le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso i prescritti pareri (Vedi l'allegato A), che sono in distribuzione.

(Esame dell'articolo 1 - A.C. 4665)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 (Vedi l'allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.

Passiamo dunque ai voti. Colleghi, stiamo esaminando un provvedimento e sto per aprire la votazione su un articolo di legge. Abbiamo tutti chiaro? Bene.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 7).

(Esame dell'articolo 2 - A.C. 4665)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 2 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A).

Se nessuno chiede di intervenire sul complesso degli emendamenti, invito la relatrice ad esprimere il parere della Commissione.

IRENE MANZI, Relatrice. La Commissione formula un invito al ritiro, altrimenti parere contrario, degli emendamenti 2.10 Bossa e 2.2 Di Benedetto.

PRESIDENTE. Il Governo?

LUIGI BOBBA, Sottosegretario di Stato per il Lavoro e le politiche sociali. Parere conforme alla relatrice.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 2.10 Bossa, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 8).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 2.2 Di Benedetto, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 9).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 10).

(Esame dell'articolo 3 - A.C. 4665)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 3 (Vedi l'allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.

Passiamo dunque ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 11).

(Esame dell'articolo 4 - A.C. 4665)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 4 (Vedi l'allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.

Passiamo dunque ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 4.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 12).

(Esame dell'articolo 5 - A.C. 4665)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 5 e dell'unica proposta emendativa ad esso presentata (Vedi l'allegato A).

Nessuno chiedendo di parlare, invito la relatrice ad esprimere il parere della Commissione.

IRENE MANZI, Relatrice. Identici emendamenti 5.1 Di Benedetto e 5.2 Nicchi, invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario.

PRESIDENTE. Il Governo?

LUIGI BOBBA, Sottosegretario di Stato per il Lavoro e le politiche sociali. Il parere del Governo è conforme a quello espresso dalla relatrice.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione degli identici emendamenti 5.1 Di Benedetto e 5.2 Nicchi.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Di Benedetto. Ne ha facoltà.

CHIARA DI BENEDETTO. Presidente, in maniera molto veloce, questo emendamento che abbiamo presentato identico io e la collega Nicchi cerca di correggere una tendenza che la maggioranza in realtà ha dall'inizio della legislatura: ogni volta che presenta delle proposte di legge simili a questa poi le coperture sono assolutamente discutibili, addirittura in questo caso io le ho definite in Commissione cultura delle coperture imbarazzanti. Perché già i settori come quello museale o come quello ad esempio degli archivi e delle biblioteche sono stati massacrati in tutti questi ultimi anni da continui tagli; in più si va prevedere come copertura di questa proposta di legge proprio il Fondo per il funzionamento degli istituti museali. Sì, ovviamente per una cifra che non è altissima, ma che comunque puntualmente si va a colpire sempre dei fondi che sono in continua difficoltà: è chiaro che non può essere un metodo condivisibile da parte nostra. La proposta di questo emendamento è molto semplice: quella di spostare il fondo appunto previsto per la copertura di questa proposta di legge a fondi di riserva speciali, che è il fondo che noi proponiamo ogni volta che la maggioranza ci propone queste coperture improponibili e imbarazzanti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti 5.1 Di Benedetto e 5.2 Nicchi, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 13).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 5.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 14).

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 4665)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A).

Qual è il parere del Governo?

LUIGI BOBBA, Sottosegretario di Stato per il Lavoro e le politiche sociali. Ordine del giorno Matarrelli n. 9/4665/1, parere favorevole. Ordine del giorno Nicchi n. 9/4665/2, parere favorevole. Ordine del giorno Carrescia n. 9/4665/3, parere favorevole. Ordine del giorno Marzano n. 9/4665/4, parere favorevole.

Ordine del giorno Di Benedetto n. 9/4665/5, parere favorevole. Ordine del giorno Nesi n. 9/4665/6, parere favorevole. Ordine del giorno Ciracì n. 9/4665/7, parere favorevole. Ordine del giorno Palese n. 9/4665/8, parere favorevole.

PRESIDENTE. Sta bene: non credo quindi ci sia bisogno di passare al voto degli ordini del giorno.

È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 4665)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Ciracì. Ne ha facoltà.

NICOLA CIRACI'. Devo dire che mai giorno fu più adatto, visto che oggi si festeggia Santa Cecilia, che è la patrona della musica (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Direzione Italia).

Questo anno rossiniano è un anno importantissimo: centocinquant'anni dalla morte del maestro. È importante che questa legge affianchi il circuito ordinario previsto dalle norme per lo svolgimento delle celebrazioni: Rossini, la sua figura e la sua opera meritano una grande celebrazione. Noi dobbiamo solo stare attenti che tutto quello che è previsto, cioè attenersi agli ambiti del riordino del materiale storico, artistico, comprenda fino in fondo anche il recupero dei luoghi rossiniani, compreso il bellissimo Conservatorio; e, poiché nella legge non c'è, visto che la somma è abbastanza consistente, soprattutto Rossini è una bandiera che va usata per il made in Italy all'estero. Quindi spero che le celebrazioni non si chiudano nel nostro Paese, ma abbiano un respiro ampio che coinvolga il mondo intero. Per questo ovviamente noi esprimeremo il nostro voto a favore (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Direzione Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Molea. Ne ha facoltà.

BRUNO MOLEA. Signora Presidente, la proposta di legge composta da 5 articoli, già approvata dall'Assemblea del Senato il 26 settembre 2017, dichiara l'anno 2018, nel quale ricorrono appunto i centocinquant'anni dalla morte di Gioacchino Rossini, come anno rossiniano; e com'è indicato nell'articolo 1, mira a celebrare la figura del musicista e a valorizzarne l'opera. Il provvedimento intende costituire le migliori condizioni per festeggiare degnamente il centocinquantesimo anniversario dalla morte di Gioacchino Rossini, avvenuta a Parigi il 13 novembre 1868. Del resto, è noto tutto il mondo il grande contributo che Gioacchino Rossini ha dato la musica e alla cultura del nostro Paese e del mondo intero.

Il 2018, indicato come anno rossiniano, vedrà lo snodarsi di tanti appuntamenti previsti, che si protrarranno fino al 2019: esposizioni, seminari, lezioni, spettacoli potranno caratterizzare, grazie alla collaborazione di enti pubblici e privati, la vita culturale del nostro Paese, della regione Marche e della città di Pesaro. L'Accademia Rossiniana, il Rossini Opera Festival insieme alla Fondazione Rossini daranno il loro contributo prezioso, come da anni del resto fanno, per promuovere in Italia e nel mondo la grande arte rossiniana. Accanto agli eventi, sarà possibile realizzare il recupero, il restauro e il riordino di tutto il materiale storico, artistico, archivistico o grafico riguardante la figura di Rossini, ma anche dei luoghi che nella provincia di Pesaro e Urbino gli furono tanto cari, tra cui soprattutto il Conservatorio.

Gioacchino Rossini è stato sicuramente una figura eccelsa della creatività culturale e artistica dell'Italia, uno dei massimi esponenti della nostra tradizione lirica, ancora oggi invidiata nel mondo: è fattore dell'attrattività italiana, insieme a tante altre componenti. Rossini è stato un musicista originale e imprevedibile, ha saputo interpretare come pochi un tempo ed un Paese; ha interpretato il primo Ottocento e i suoi mutamenti. Per queste ragioni l'importanza della ricorrenza rendeva necessario un apposito intervento legislativo, per poter garantire una cornice adeguata ai tanti progetti e alle tante iniziative che verranno realizzate per ricordare una figura che seppe rinnovare il teatro musicale italiano, e contribuì largamente a rinnovare anche quello europeo, segnando il futuro dell'opera e di tutta la cultura musicale. Per queste ragioni esprimo il voto favorevole della componente Civici e Innovatori (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Civici e Innovatori-Energie PER l'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Santerini. Ne ha facoltà.

MILENA SANTERINI. Presidente, noi esprimiamo un voto favorevole all'approvazione di questo provvedimento, perché vogliamo contribuire, come tutti, a valorizzare e celebrare l'anno rossiniano e ci sembra particolarmente apprezzabile nel testo il sostegno a tutte le attività di diffusione culturale ma anche didattiche e il sostegno all'Accademia Rossiniana del Rossini Opera Festival anche per quello che merita una città come Pesaro così attenta alla cultura e al patrimonio artistico e museale e anche per l'attenzione che viene data alla ricerca e alle borse di studio in merito. Inoltre il Governo ha chiarito e assicurato che alla copertura dell'onere non dovrebbe corrispondere una riduzione di interventi già previsti a norma di legge. Quindi vogliamo in questo modo riconoscere un grandissimo musicista, una grande città che lo valorizza e una regione, la regione Marche, così drammaticamente segnata dal sisma che potrà vedere attraverso il testo anche un rilancio turistico e artistico. Quindi siamo ben felici di esprimere voto favorevole sul provvedimento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Borghesi. Ne ha facoltà.

STEFANO BORGHESI. Grazie, Presidente. Intervengo per annunciare il voto di astensione del nostro gruppo non tanto perché non viene riconosciuto l'evidente valore artistico di Rossini, anzi tutt'altro, ma in quanto perché, come su altri provvedimenti dello stesso tenore, ci siamo sempre astenuti dal momento che non riconosciamo nella maggioranza e nel Governo una capacità di programmazione tale da impedire che tutte le volte sia necessario fare provvedimenti aventi natura di legge spezzettati per argomenti oppure per personaggi del calibro di Rossini e che tutte le volte si debba ricorrere a tale modo di legiferare che non ci trova assolutamente concordi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Lainati. Ne ha facoltà.

GIORGIO LAINATI. Grazie, signora Presidente. Molto brevemente vorrei dire che il gruppo di Alternativa Popolare ovviamente voterà a favore di una proposta di legge così importante sul piano culturale e artistico. Non a caso, signora Presidente, l'articolo 1 recita proprio: “La Repubblica, nell'ambito delle finalità di salvaguardia di promozione del proprio patrimonio culturale, storico, artistico e musicale, celebra la figura di Gioacchino Rossini nella ricorrenza dei centocinquanta anni dalla sua morte…” dichiarando il 2018 l'anno rossiniano. Già questo, signora Presidente, spiega le ragioni di un sì convinto alla proposta di legge ma inoltre c'è il riconoscimento e il sostegno a uno dei più prestigiosi festival operistici italiani conosciuto in Italia e all'estero, in particolare in Francia, il Rossini Opera Festival. Per concludere vorrei ricordare a lei, signora Presidente e onorevoli colleghi, che è anche previsto il recupero, il restauro e il riordino del materiale storico, artistico, archivistico, museografico e culturale riguardante la figura di Gioacchino Rossini nonché - ed è un altro elemento di straordinaria rilevanza - il recupero edilizio e il restauro conservativo dei luoghi rossiniani, incluso il conservatorio, ubicati nella provincia di Pesaro e Urbino anche con le finalità di promozione turistica. Sì alla proposta di legge.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Ricciatti. Ne ha facoltà.

LARA RICCIATTI. Grazie, signora Presidente, a nome di Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista esprimo il nostro consenso al testo arrivato dal Senato che dispone le celebrazioni dei centocinquant'anni dalla morte di Gioacchino Rossini. Preme valorizzare l'opera del grande compositore italiano di origine pesarese. Ci sembra di particolare utilità il sostegno ad attività didattiche, editoriali e scientifiche legate all'Accademia Rossiniana, al Rossini Opera Festival e alla Fondazione Rossini ma anche il recupero e il restauro e il riordino del materiale storico, archivistico, artistico e museale insieme con il recupero edilizio e il restauro dei luoghi rossiniani, tra cui anche il conservatorio.

Tali obiettivi sono tutti di altissimo profilo e ci inducono a ribadire anche in quest'Aula e anche in questa occasione un nostro profondo convincimento cioè che con la cultura si mangia, con la cultura si può contrastare il precariato e si possono produrre nuovi posti di lavoro. Quindi che ben venga il riconoscimento del 2018 come anno rossiniano e ben vengano iniziative collaterali. Siamo sicuri che la città di Pesaro saprà gestire al meglio tale importante opportunità e il prestigiosissimo riconoscimento. Sappiamo bene come nasce la proposta di legge per cui davvero senza retorica e senza ipocrisia mi si permetta di ringraziare una collega che non appartiene neanche al mio gruppo parlamentare per aver avuto questa idea, la senatrice Camilla Fabbri, per il prezioso lavoro svolto al Senato e per la giusta intuizione che ha avuto. Infatti davanti a proposte di legge giuste e serie non ci sono appartenenze partitiche o politiche: sono votane e approvate. Per questo con orgoglio annuncio il voto favorevole di Articolo 1 sul provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Palmieri. Ne ha facoltà.

ANTONIO PALMIERI. Grazie, Presidente. Approfitto dell'ospitalità degli amici e alleati della Lega, per annunciare il voto favorevole di Forza Italia al provvedimento e augurare a tutti un buon proseguimento di lavoro.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Di Benedetto. Ne ha facoltà.

CHIARA DI BENEDETTO. Grazie, Presidente. La proposta di legge che ci apprestiamo oggi a votare definisce l'anno 2018 come anno rossiniano, poiché ricorrono centocinquant'anni dalla morte del celebre compositore italiano Rossini. Per l'occasione viene previsto il finanziamento di una serie di attività culturali legate alla promozione, alla salvaguardia e diffusione delle sue opere e dei luoghi legati alla sua memoria, oltre che di attività di recupero e restauro del materiale storico, artistico e culturale riferibile all'artista. Una menzione a sé merita tuttavia il finanziamento destinato a operazioni di recupero edilizio e di restauro conservativo dei luoghi rossiniani. Per tutte queste attività viene costituito un Comitato promotore delle celebrazioni rossiniane che viene composto dal Presidente del Consiglio dei ministri, dal Ministro dell'Istruzione, dell'università e della ricerca, dal Ministro dei Beni e delle attività culturali e del turismo, dal presidente della regione Marche, dal sindaco del comune di Pesaro nonché da quattro esponenti dell'arte musicale italiana ed europea. A tale Comitato viene attribuito un contributo straordinario di 680.000 euro per l'anno 2018 e 20.000 euro per l'anno 2019, utilizzando come copertura, in maniera assolutamente inopportuna, il Fondo per il funzionamento degli istituti museali. So per certo che quello delle coperture è un tasto dolente per i colleghi della maggioranza che si trovano a difendere l'indifendibile, a sostenere la riduzione di fondi già martoriati, come quello per il funzionamento degli istituti museali, per la proposta di legge in discussione o, peggio ancora, per il funzionamento degli archivi e delle biblioteche come nella proposta sull'anno ovidiano che a breve sarà in Aula.

Come ho avuto modo di rilevare in sede di discussione di provvedimenti analoghi a quello in esame, il gioco di finanziamenti speciali fuori dalle regole stabilite per tutti gli altri operatori culturali e per tutte le altre attività di spettacolo si presta ad alimentare un sistema poco trasparente e sicuramente iniquo che si basa sull'iniziativa di singoli deputati o gruppi deputati provenienti dallo stesso territorio, i cosiddetti santi in paradiso. A ciò aggiungo che il provvedimento prevede il finanziamento di attività finalizzate alla valorizzazione della figura di Rossini ma nulla dice circa i criteri di attribuzione di tali finanziamenti e come gli stessi verranno successivamente gestiti; chi controllerà l'erogazione dei finanziamenti e l'esecuzione delle opere e delle attività culturali. Se guardiamo alla composizione del Comitato rossiniano notiamo che solo in minor parte sono presenti esperti dell'arte musicale italiana ed europea, mentre la restante parte è totalmente di composizione politica. La regione Marche, strettamente legata alla figura del compositore italiano, è già stata martoriata dalla tragedia del terremoto e i suoi abitanti attendono ancora la consegna delle cosiddette casette, che è stata caratterizzata da ritardi colpevoli e da speculazioni, e ancora oggi nel provvedimento in votazione si legge di eventuali stanziamenti da destinare a interventi di edilizia seppure relativi a luoghi rossiniani ma senza criteri chiari e senza un elenco che definisca quali siano questi luoghi. Il terreno sembra fertile per una nuova speculazione anche alla luce di quello che abbiamo trovato all'interno dell'altra proposta di legge sull'anno ovidiano. Tale modalità di erogazione dei finanziamenti ne ricorda una riscontrata di recente nel provvedimento sulle celebrazioni per i duemila anni dalla morte di Ovidio, appunto, che da una parte mira alla valorizzazione dell'opera di Ovidio e dall'altra, però, nasconde una vera e propria sanatoria edilizia nel territorio di Sulmona, che abbiamo avuto modo di denunciare in Commissione cultura.

Sia ben chiaro che l'intento non è quello di togliere valore alle attività culturali che le proposte di legge cercano di portare avanti ma, dall'altra parte, tali proposte non possono diventare dei cavalli di Troia che inseriscono in legge finanziamenti speciali a fondazioni ed amici. Occasioni e ricorrenze, come quella dei 150 anni dalla morte di Gioacchino Rossini, possono essere anche occasione utile per rivitalizzare le zone colpite dal sisma e soprattutto per aiutare i cittadini di quel territorio e anche se le finalità del provvedimento in esame possono apparire in parte condivisibili non è in alcun modo condivisibile il metodo utilizzato e le coperture che vengono previste.

Per tutte queste ragioni il MoVimento 5 Stelle esprime voto di astensione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Alessia Morani. Ne ha facoltà.

ALESSIA MORANI. Grazie, Presidente. Oggi siamo chiamati a votare la proposta di legge, a prima firma della collega senatrice Fabbri, che riguarda la celebrazione dei 150 anni dalla morte del compositore Gioacchino Rossini, uno dei più geniali compositori del panorama musicale italiano, un vero e proprio enfant prodige che compose la sua prima opera che era ancora un adolescente e che ha donato al mondo opere come Il Barbiere di Siviglia, La Cenerentola e il Guglielmo Tell.

Gioacchino Rossini era una figura carismatica, complessa, unico nel suo genio titanico e nella sua arte, un Napoleone di un'epoca musicale, come lo definì lo stesso Mazzini, un artista in crescendo, come disse invece Stendhal, che da una famiglia di semplice origini è arrivato a sedersi nell'Olimpo dei più brillanti musicisti al mondo e di ogni tempo. Quello di Rossini è uno stile unico nella sua dinamicità, nei toni irriverenti ma anche caldi e pieni di passione. La sua prima fase si caratterizza per essere satira di costume e capace di spalancare le porte del teatro anche alle fasce più popolari per diventare poi, con lo Stabat Mater, sacro, intimo, un canto dell'anima. Rossini seppe dedicarsi in egual misura all'opera buffa e al melodramma, rielaborando lo stile del Settecento e segnando l'Ottocento, riuscendo a influenzare anche il tempo successivo con la sua carica di innovazione. Decine di opere liriche musicate senza confini di genere perché seppe, appunto, muoversi dalla farsa alla commedia, dalla tragedia all'opera seria e semiseria.

Un'adeguata celebrazione, quindi, dovuta attraverso il sostegno ad azioni di valorizzazione della personalità e dell'opera di questo eccezionale compositore. Si può quindi dire un atto dovuto da parte di tutti noi oggi più che mai. È infatti di qualche giorno fa il riconoscimento della città di Pesaro come città della musica patrimonio dell'UNESCO, riconoscimento arrivato grazie anche e soprattutto all'eredità rossiniana e al lavoro instancabile e coordinato di tutte le istituzioni pesaresi. Pertanto, con questa legge celebriamo il genio di Rossini e ne valorizziamo ulteriormente le opere, attribuendo al 2018 la dichiarazione di anno rossiniano in onore dell'artista.

Gli strumenti che la proposta di legge prevede sono diversi e si concentrano prevalentemente nell'istituzione e nel finanziamento del comitato promotore che coordinerà le attività formative, didattiche, congressuali, seminariali, espositive e di spettacolo, proprio per promuovere la conoscenza del patrimonio musicale, artistico e documentario relativo all'opera e alla figura di Gioacchino Rossini. Perché il comitato possa lavorare in modo efficace la proposta di legge che oggi votiamo articola la composizione del comitato in diverse presenze: presenze della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero dei beni e delle attività e del turismo, del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, della regione, del comune di Pesaro nonché di insigni esponenti della cultura e dell'arte musicale, italiani ed europei. Tutti questi enti e soggetti andranno a comporre questo comitato promotore,

Pertanto, sono entusiasta che la scelta di celebrare il maestro Rossini a 150 anni dalla sua morte individuando un comitato promotore deputato al coordinamento delle iniziative commemorative abbia raccolto un favore trasversale e l'apprezzamento della società civile, come oggi dimostrato anche dalle dichiarazioni dei colleghi. Pertanto, Presidente, come successe nel 2012 per quello che fu l'anniversario di Giuseppe Verdi, oggi votiamo il Centocinquantesimo delle celebrazioni dalla morte di Gioacchino Rossini. Per questo esprimo il voto favorevole del gruppo del Partito Democratico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Votazione finale ed approvazione – A.C. 4665)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale. Prego i colleghi di prendere posto.

Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta di legge n. 4665: S. 2227 - "Disposizioni per la celebrazione dei centocinquanta anni dalla morte di Gioachino Rossini" (Approvata dal Senato).

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 15).

Organizzazione dei tempi di discussione dei disegni di legge di ratifica.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione dei disegni di legge di ratifica nn. 4685, 4469, 4609-A, 4684, 4303, 4475, 4470 e 4471.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 15 novembre 2017 (Vedi l'allegato A della seduta del 15 novembre 2017).

Discussione del disegno di legge: S. 2823 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica francese relativo all'attuazione di un servizio di autostrada ferroviaria tra l'Italia e la Francia, fatto a Lussemburgo il 9 ottobre 2009 (Approvato dal Senato) (A.C. 4685) (ore 18,06).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 4685: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica francese relativo all'attuazione di un servizio di autostrada ferroviaria tra l'Italia e la Francia, fatto a Lussemburgo il 9 ottobre 2009.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 4685)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire la relatrice, deputata Lia Quartapelle Procopio.

LIA QUARTAPELLE PROCOPIO, Relatrice. Grazie, Presidente. Chiedo l'autorizzazione a depositare il testo della relazione.

PRESIDENTE. Sta bene. L'autorizzazione è accordata.

Prendo atto che il rappresentante del Governo rinuncia a intervenire

Non essendovi iscritti a parlare dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali, avvertendo che non si darà luogo alle repliche.

(Esame degli articoli - A.C. 4685)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del disegno di legge di ratifica, ai quali non sono state presentate proposte emendative. Li porrò dunque direttamente in votazione.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1 (Vedi l'allegato A).

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 16).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2 (Vedi l'allegato A).

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 17).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3 (Vedi l'allegato A).

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 18).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 4 (Vedi l'allegato A).

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 19).

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 4685)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A).

Se nessuno chiede di intervenire per illustrare gli ordini del giorno invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere.

BENEDETTO DELLA VEDOVA, Sottosegretario di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale. Il Governo esprime parere favorevole sugli ordini del giorno n. 9/ 4685/1 Marzano e n. 9/4685/2 Palese.

PRESIDENTE. È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 4685)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Santerini. Ne ha facoltà.

MILENA SANTERINI. Presidente, chiedo l'autorizzazione a consegnare il testo.

PRESIDENTE. Autorizzazione accordata.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Borghesi. Ne ha facoltà.

STEFANO BORGHESI. Dichiaro il voto favorevole e chiedo l'autorizzazione a consegnare il testo.

PRESIDENTE. Perfetto, autorizzazione accordata.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Scopelliti. Ne ha facoltà.

ROSANNA SCOPELLITI. Presidente, per annunciare il voto favorevole di Alternativa Popolare.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Sisto. Ne ha facoltà. Onorevole Sisto, forse a sua insaputa, lei è stato iscritto a parlare in dichiarazione di voto.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Presidente, Forza Italia vota favorevolmente (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Grande. Ne ha facoltà.

MARTA GRANDE. Grazie Presidente, dichiaro il voto contrario del MoVimento 5 Stelle (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Causi. Ne ha facoltà.

MARCO CAUSI. Dichiaro il voto favorevole del Partito Democratico e chiedo di consegnare agli atti la dichiarazione.

PRESIDENTE. Va bene, accordato il permesso per la dichiarazione da presentare.

Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Votazione finale ed approvazione – A.C. 4685)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.

Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge n. 4685: S. 2823 - " Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica francese relativo all'attuazione di un servizio di autostrada ferroviaria tra l'Italia e la Francia, fatto a Lussemburgo il 9 ottobre 2009 " (Approvato dal Senato).

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 20).

Discussione del disegno di legge: S. 2673 - Ratifica ed esecuzione del Protocollo sui privilegi e le immunità del tribunale unificato dei brevetti, fatto a Bruxelles il 29 giugno 2016 (Approvato dal Senato) (A.C. 4469) (ore 18,12).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dalla dal Senato, n. 4469: Ratifica ed esecuzione del Protocollo sui privilegi e le immunità del tribunale unificato dei brevetti, fatto a Bruxelles il 29 giugno 2016.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 4469)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire la relatrice, deputata, Maria Chiara Carrozza.

MARIA CHIARA CARROZZA, Relatrice. Grazie Presidente, chiedo di poter consegnare la mia relazione.

PRESIDENTE. Va bene. Ha facoltà di intervenire se lo ritiene il rappresentante del Governo. Prendo atto che non ritiene.

Non essendovi iscritti a parlare dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali, avvertendo che non si darà luogo alle repliche.

(Esame degli articoli - A.C. 4469)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del disegno di legge di ratifica, ai quali non sono state presentate proposte emendative. Li porrò dunque direttamente in votazione.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1 (Vedi l'allegato A).

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 21).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 22).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 23).

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 4469)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A).

Se nessuno chiede di intervenire per illustrare gli ordini del giorno, invito il rappresentante del Governo a esprimere il parere.

BENEDETTO DELLA VEDOVA, Sottosegretario di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale. Il Governo esprime parere favorevole sugli ordini del giorno n. 9/ 4469/1 Marzano, n. 9/4469/2 Palese e n. 9/4469/3 Scuvera.

PRESIDENTE. È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 4469)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Santerini.

MILENA SANTERINI. Chiedo l'autorizzazione a consegnare il testo.

PRESIDENTE. Bene, autorizzazione accordata.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Borghesi. Ne ha facoltà.

STEFANO BORGHESI. Annuncio il voto favorevole e consegno il testo.

PRESIDENTE. Bene.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Scopelliti. Ne ha facoltà.

ROSANNA SCOPELLITI. Grazie Presidente, sempre per annunciare il voto favorevole di Alternativa Popolare.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Voto favorevole di Forza Italia.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Grande. Ne ha facoltà.

MARTA GRANDE. Grazie Presidente, per annunciare il voto contrario del MoVimento 5 Stelle.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Scuvera. Ne ha facoltà.

CHIARA SCUVERA. Presidente, dichiaro il voto favorevole del PD e consegno il testo.

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Votazione finale ed approvazione – A.C. 4469)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.

Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge n. 4469:

S. 2673 - "Ratifica ed esecuzione del Protocollo sui privilegi e le immunità del tribunale unificato dei brevetti, fatto a Bruxelles il 29 giugno 2016 " (Approvato dal Senato).

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 24).

Discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione dei seguenti trattati: a) Accordo tra la Repubblica italiana e l'Organizzazione internazionale di diritto per lo sviluppo (IDLO) relativo alla sede dell'organizzazione, fatto a Roma il 14 giugno 2017; b) Scambio di lettere tra Repubblica italiana e ICCROM aggiuntivo all'Accordo di Parigi del 27 aprile 1957 e allo Scambio di note del 7 gennaio 1963 sull'istituzione e lo status giuridico del Centro internazionale di studi per la conservazione ed il restauro dei beni culturali, fatto a Roma il 17 marzo 2017; c) Scambio di note tra il Governo della Repubblica italiana e la Multinational Force and Observers (MFO) emendativo dell'Accordo di sede del 12 giugno 1982, fatto a Roma il 7 e 8 giugno 2017; d) Carta istitutiva del Forum internazionale dell'energia (IEF), con Allegato, fatta a Riad il 22 febbraio 2011; e) Memorandum d'intesa tra la Repubblica italiana e il Consiglio d'Europa circa l'Ufficio del Consiglio d'Europa a Venezia e il suo status giuridico, fatto a Strasburgo il 14 giugno 2017 (A.C. 4609-A) (ore 18,17).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 4609-A: Ratifica ed esecuzione dei seguenti trattati: a) Accordo tra la Repubblica italiana e l'Organizzazione internazionale di diritto per lo sviluppo (IDLO) relativo alla sede dell'organizzazione, fatto a Roma il 14 giugno 2017; b) Scambio di lettere tra Repubblica italiana e ICCROM aggiuntivo all'Accordo di Parigi del 27 aprile 1957 e allo Scambio di note del 7 gennaio 1963 sull'istituzione e lo status giuridico del Centro internazionale di studi per la conservazione ed il restauro dei beni culturali, fatto a Roma il 17 marzo 2017; c) Scambio di note tra il Governo della Repubblica italiana e la Multinational Force and Observers (MFO) emendativo dell'Accordo di sede del 12 giugno 1982, fatto a Roma il 7 e 8 giugno 2017; d) Carta istitutiva del Forum internazionale dell'energia (IEF), con Allegato, fatta a Riad il 22 febbraio 2011; e) Memorandum d'intesa tra la Repubblica italiana e il Consiglio d'Europa circa l'Ufficio del Consiglio d'Europa a Venezia e il suo status giuridico, fatto a Strasburgo il 14 giugno 2017.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 4609-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire la relatrice, deputata, Lia Quartapelle Procopio.

QUARTAPELLE PROCOPIO, Relatrice. Chiedo l'autorizzazione a depositare il testo della relazione.

PRESIDENTE. Autorizzazione accordata.

Ha facoltà di intervenire, se lo ritiene, il Governo; prendo atto che non interviene.

Non essendovi iscritti a parlare dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali, avvertendo che non si darà luogo alle repliche.

(Esame degli articoli - A.C. 4609-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del disegno di legge di ratifica, nel testo della Commissione, ai quali non sono state presentate proposte emendative. Li porrò dunque direttamente in votazione.

La V Commissione (Bilancio) ha espresso il prescritto parere (Vedi l'allegato A), che è in distribuzione.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1 (Vedi l'allegato A).

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 25).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2 (Vedi l'allegato A).

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 26).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3 (Vedi l'allegato A).

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 27).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 4 (Vedi l'allegato A).

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 28).

(Esame di un ordine del giorno - A.C. 4609-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'unico ordine del giorno presentato (Vedi l'allegato A).

Se nessuno chiede di intervenire per illustrare l'ordine del giorno, invito il rappresentante del Governo a esprimere il parere sull'unico ordine del giorno Palese n. 9/4609-A/1.

BENEDETTO DELLA VEDOVA, Sottosegretario di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale. Parere favorevole, Presidente.

PRESIDENTE. È così esaurito l'esame dell'unico ordine del giorno presentato.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 4609-A)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Santerini. Ne ha facoltà.

MILENA SANTERINI. Presidente, dichiaro il voto favorevole e chiedo di consegnare il testo.

PRESIDENTE. Va bene. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Borghesi. Ne ha facoltà.

STEFANO BORGHESI. Presidente, annuncio il voto di astensione del nostro gruppo e chiedo di consegnare l'intervento.

PRESIDENTE. Va bene è autorizzato.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Scopelliti. Ne ha facoltà.

ROSANNA SCOPELLITI. Grazie Presidente. Per annunciare il voto favorevole di Alternativa Popolare.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Voto favorevole di Forza Italia.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Grande. Ne ha facoltà.

MARTA GRANDE. Grazie Presidente. Annuncio il voto di astensione del MoVimento 5 Stelle, poiché, essendo una serie di trattati, avremmo preferito votarli singolarmente piuttosto che in un unico pacchetto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Garavini. Ne ha facoltà.

LAURA GARAVINI. Grazie Presidente. Chiedo di potere autorizzare la consegna del documento e dichiaro il voto favorevole del Partito Democratico.

PRESIDENTE. Va bene. È autorizzata a consegnare l'intervento.

Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Coordinamento formale - A.C. 4609-A)

PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, la Presidenza si intende autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.

  (Così rimane stabilito).

(Votazione finale ed approvazione – A.C. 4609-A)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.

Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge di ratifica n. 4609-A: "Ratifica ed esecuzione dei seguenti trattati: a) Accordo tra la Repubblica italiana e l'Organizzazione internazionale di diritto per lo sviluppo (IDLO) relativo alla sede dell'organizzazione, fatto a Roma il 14 giugno 2017; b) Scambio di lettere tra Repubblica italiana e ICCROM aggiuntivo all'Accordo di Parigi del 27 aprile 1957 e allo Scambio di note del 7 gennaio 1963 sull'istituzione e lo status giuridico del Centro internazionale di studi per la conservazione ed il restauro dei beni culturali, fatto a Roma il 17 marzo 2017; c) Scambio di note tra il Governo della Repubblica italiana e la Multinational Force and Observers (MFO) emendativo dell'Accordo di sede del 12 giugno 1982, fatto a Roma il 7 e 8 giugno 2017; d) Carta istitutiva del Forum internazionale dell'energia (IEF), con Allegato, fatta a Riad il 22 febbraio 2011; e) Memorandum d'intesa tra la Repubblica italiana e il Consiglio d'Europa circa l'Ufficio del Consiglio d'Europa a Venezia e il suo status giuridico, fatto a Strasburgo il 14 giugno 2017. "

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 29).

Discussione del disegno di legge: S. 2772 - Ratifica ed esecuzione dei seguenti trattati: A) Convenzione relativa alla costruzione e all'esercizio di un Impianto laser europeo a elettroni liberi a raggi X, con allegati, fatta ad Amburgo il 30 novembre 2009; B) Protocollo di adesione del Governo della Federazione russa alla Convenzione del 16 dicembre 1988 sulla costruzione e sulla gestione del laboratorio europeo di radiazione di sincrotrone (ESRF), fatto a Grenoble il 23 giugno 2014 e a Parigi il 15 luglio 2014; C) Protocollo alla Convenzione relativa alla costruzione e all'esercizio di un Impianto laser europeo a elettroni liberi a raggi X riguardante l'adesione del Governo del Regno di Spagna, con Allegato, fatto a Berlino il 6 ottobre 2011 (Approvato dal Senato) (A.C. 4684) (ore 18,25).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 4684: Ratifica ed esecuzione dei seguenti trattati: A) Convenzione relativa alla costruzione e all'esercizio di un Impianto laser europeo a elettroni liberi a raggi X, con allegati, fatta ad Amburgo il 30 novembre 2009; B) Protocollo di adesione del Governo della Federazione russa alla Convenzione del 16 dicembre 1988 sulla costruzione e sulla gestione del laboratorio europeo di radiazione di sincrotrone (ESRF), fatto a Grenoble il 23 giugno 2014 e a Parigi il 15 luglio 2014; C) Protocollo alla Convenzione relativa alla costruzione e all'esercizio di un Impianto laser europeo a elettroni liberi a raggi X riguardante l'adesione del Governo del Regno di Spagna, con Allegato, fatto a Berlino il 6 ottobre 2011.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 4684)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire la relatrice, deputata Maria Chiara Carrozza.

MARIA CHIARA CARROZZA, Relatrice. Grazie Presidente. Chiedo l'autorizzazione a consegnare il testo della relazione.

PRESIDENTE. Autorizzazione accordata.

Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo, se lo ritiene. Non interviene.

Non essendovi iscritti a parlare, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali, avvertendo che non si darà luogo alle repliche.

(Esame degli articoli - A.C. 4684)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del disegno di legge di ratifica. Poiché non sono state presentate proposte emendative, li porrò direttamente in votazione.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1 (Vedi l'allegato A).

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 30).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2 (Vedi l'allegato A).

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 31).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3 (Vedi l'allegato A).

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 32).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 4 (Vedi l'allegato A).

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 33).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 5 (Vedi l'allegato A).

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 34).

(Esame di un ordine del giorno - A.C. 4684)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'unico ordine del giorno presentato (Vedi l'allegato A).

Qual è il parere del Governo?

BENEDETTO DELLA VEDOVA, Sottosegretario di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale. Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno n. 9/4684/1 Palese.

PRESIDENTE. È così esaurito l'esame dell'unico ordine del giorno presentato.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 4684)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Santerini. Ne ha facoltà.

MILENA SANTERINI. Grazie, Presidente. Consegno il testo, dichiarando il voto favorevole.

PRESIDENTE. Grazie.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Borghesi. Ne ha facoltà.

STEFANO BORGHESI. Annuncio il voto di astensione e consegno il testo.

PRESIDENTE. Grazie. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Scopelliti. Ne ha facoltà.

ROSANNA SCOPELLITI. Grazie, Presidente. Alternativa Popolare voterà a favore.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Forza Italia vota favorevolmente.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Vacca. Ne ha facoltà.

GIANLUCA VACCA. Annuncio il voto favorevole del MoVimento 5 Stelle.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Censore. Ne ha facoltà.

BRUNO CENSORE. Annuncio il voto favorevole del Partito Democratico e chiedo l'autorizzazione per consegnare il testo.

PRESIDENTE. Va bene, autorizzazione accordata.

Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Votazione finale ed approvazione – A.C. 4684)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.

Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge n. 4684:

S. 2772 - "Ratifica ed esecuzione dei seguenti trattati: A) Convenzione relativa alla costruzione e all'esercizio di un Impianto laser europeo a elettroni liberi a raggi X, con allegati, fatta ad Amburgo il 30 novembre 2009; B) Protocollo di adesione del Governo della Federazione russa alla Convenzione del 16 dicembre 1988 sulla costruzione e sulla gestione del laboratorio europeo di radiazione di sincrotrone (ESRF), fatto a Grenoble il 23 giugno 2014 e a Parigi il 15 luglio 2014; C) Protocollo alla Convenzione relativa alla costruzione e all'esercizio di un Impianto laser europeo a elettroni liberi a raggi X riguardante l'adesione del Governo del Regno di Spagna, con Allegato, fatto a Berlino il 6 ottobre 2011" (Approvato dal Senato).

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 35).

Discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla manipolazione di competizioni sportive, fatta a Magglingen il 18 settembre 2014 (A.C. 4303) (ore 18,32).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 4303: Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla manipolazione di competizioni sportive, fatta a Magglingen il 18 settembre 2014.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 4303)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che le Commissioni II (Giustizia) e III (Affari esteri) si intendono autorizzate a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire la relatrice per la Commissione giustizia, deputata Morani.

ALESSIA MORANI, Relatrice per la II Commissione. Presidente, se mi autorizza, depositerei la relazione.

PRESIDENTE. Va bene, autorizzazione accordata.

Ha facoltà di intervenire la relatrice per la Commissione affari esteri, deputata Lia Quartapelle.

LIA QUARTAPELLE PROCOPIO, Relatrice per la III Commissione. Grazie, Presidente. Chiedo l'autorizzazione a depositare il testo della relazione.

PRESIDENTE. Autorizzazione accordata.

Prendo atto che il rappresentante del Governo non intende intervenire.

Non essendovi iscritti a parlare dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali, avvertendo che non si darà luogo alle repliche.

(Esame degli articoli - A.C. 4303)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del disegno di legge di ratifica.

Le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso i prescritti pareri (Vedi l'allegato A), che sono in distribuzione.

Passiamo all'esame dell'articolo 1 (Vedi l'allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.

Passiamo dunque ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 36)

Passiamo all'esame dell'articolo 2 (Vedi l'allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.

Passiamo dunque ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 37).

Passiamo all'esame dell'articolo 3 (Vedi l'allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.

Passiamo dunque ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 38).

Passiamo all'esame dell'articolo 4 (Vedi l'allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.

Passiamo dunque ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 4.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 39).

Passiamo all'esame dell'articolo 5 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A).

Se nessuno chiede di intervenire, invito la relatrice ad esprimere il parere sugli emendamenti riferiti a tale articolo.

ALESSIA MORANI, Relatrice per la II Commissione. Le Commissioni formulano un invito al ritiro, altrimenti parere contrario, degli emendamenti 5.1 Sarti, 5.2, 5.3, 5.4 e 5.5 Agostinelli, 5.6 Sarti, 5.7, 5.8 e 5.9 Agostinelli.

PRESIDENTE. Il Governo?

BENEDETTO DELLA VEDOVA, Sottosegretario di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale. Parere conforme al relatore.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 5.1 Sarti, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 40).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 5.2 Agostinelli, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 41).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 5.3 Agostinelli, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 42).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 5.4 Agostinelli, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 43).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 5.5 Agostinelli, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 44).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 5.6 Sarti, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 45).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 5.7 Agostinelli , con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 46).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 5.8 Agostinelli, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 47).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 5.9 Agostinelli, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 48).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 5 .

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 49).

Passiamo all'esame dell'articolo 6 (Vedi l'allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.

Passiamo dunque ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 6.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 50).

Passiamo all'esame dell'articolo 7 (Vedi l'allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.

Passiamo dunque ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 7.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 51).

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 4303)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A).

Qual è il parere del Governo?

BENEDETTO DELLA VEDOVA, Sottosegretario di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale. Presidente, ordine del giorno Marzano n. 9/4303/1, parere favorevole. Ordine del giorno Palese n. 9/4303/2, parere favorevole.

PRESIDENTE. È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 4303)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Santerini. Ne ha facoltà. Prendo atto che rinunzia all'intervento.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Borghesi. Ne ha facoltà.

STEFANO BORGHESI. Presidente, annuncio il voto favorevole e consegno l'intervento.

PRESIDENTE. E' autorizzato. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Scopelliti. Ne ha facoltà.

ROSANNA SCOPELLITI. Presidente, annuncio il voto favorevole di Alternativa Popolare.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Intervengo per dichiarare il voto favorevole di Forza Italia.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Grande. Ne ha facoltà.

MARTA GRANDE. Presidente, annuncio il voto favorevole del MoVimento 5 Stelle.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Coccia. Ne ha facoltà.

LAURA COCCIA. Presidente, annuncio il voto favorevole del Partito Democratico e chiedo di poter consegnare il testo.

PRESIDENTE. E' autorizzata. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Votazione finale ed approvazione – A.C. 4303)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.

Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge n. 4303:

“Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla manipolazione di competizioni sportive, fatta a Magglingen il 18 settembre 2014”.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 52).

Discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo relativo alla protezione dell'ambiente marino e costiero di una zona del Mare Mediterraneo (Accordo RAMOGE), tra Italia, Francia e Principato di Monaco, fatto a Monaco il 10 maggio 1976 ed emendato a Monaco il 27 novembre 2003 (A.C. 4475) (ore 18,45).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge di ratifica n. 4475: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo relativo alla protezione dell'ambiente marino e costiero di una zona del Mare Mediterraneo (Accordo RAMOGE), tra Italia, Francia e Principato di Monaco, fatto a Monaco il 10 maggio 1976 ed emendato a Monaco il 27 novembre 2003.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 4475)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Gianni Farina.

GIANNI FARINA, Relatore. Presidente, chiedo l'autorizzazione a presentare il testo del mio intervento.

PRESIDENTE. L'autorizzazione è accordata.

Prendo atto che il Governo non ha intenzione di intervenire.

Non essendovi iscritti a parlare dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali, avvertendo che non si darà luogo alle repliche.

(Esame degli articoli - A.C. 4475)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del disegno di legge di ratifica, ai quali non sono state presentate proposte emendative. Li porrò dunque direttamente in votazione.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1 (Vedi l'allegato A).

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 53).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2 (Vedi l'allegato A).

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 54).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3 (Vedi l'allegato A).

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 55).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 4 (Vedi l'allegato A).

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 56).

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 4475)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A).

Se nessuno chiede di intervenire per illustrare gli ordini del giorno, invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere.

BENEDETTO DELLA VEDOVA, Sottosegretario di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale. Il Governo esprime parere favorevole sugli ordini del giorno n. 9/4475/1 Marzano e n. 9/4475/2 Palese.

PRESIDENTE. È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 4475)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Santerini, che non è presente in aula.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Borghesi. Ne ha facoltà.

STEFANO BORGHESI. Annunzio il voto favorevole del nostro gruppo e consegno l'intervento.

PRESIDENTE. E' autorizzato. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Scopelliti. Ne ha facoltà.

ROSANNA SCOPELLITI. Annunzio il voto favorevole di Alternativa Popolare.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palese. Ne ha facoltà.

ROCCO PALESE. Grazie, signora Presidente. Intervengo per annunziare e dichiarare il voto favorevole del gruppo Forza Italia ed essere autorizzato a consegnare il testo della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. L'autorizzazione è accordata.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Grande. Ne ha facoltà.

MARTA GRANDE. Grazie, Presidente. Intervengo per annunziare il voto favorevole del MoVimento 5 Stelle (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Tidei. Ne ha facoltà.

MARIETTA TIDEI. Annunzio il voto favorevole del Partito Democratico e consegno il testo della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. L'autorizzazione è accordata.

(Votazione finale ed approvazione – A.C. 4475)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.

Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge n. 4475: “Ratifica ed esecuzione dell'Accordo relativo alla protezione dell'ambiente marino e costiero di una zona del Mare Mediterraneo (Accordo RAMOGE), tra Italia, Francia e Principato di Monaco, fatto a Monaco il 10 maggio 1976 ed emendato a Monaco il 27 novembre 2003” (Approvato dal Senato).

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 57).

Discussione del disegno di legge: S. 2674 - Ratifica ed esecuzione degli Emendamenti all'Accordo istitutivo del Fondo comune dei prodotti di base del 27 giugno 1980, adottati a L'Aja l'11 dicembre 2014 (Approvato dal Senato) (A.C. 4470) (ore 18,53).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 4470: Ratifica ed esecuzione degli Emendamenti all'Accordo istitutivo del Fondo comune dei prodotti di base del 27 giugno 1980, adottati a L'Aja l'11 dicembre 2014.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 4470)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire la relatrice, deputata Lia Quartapelle Procopio.

LIA QUARTAPELLE PROCOPIO, Relatrice. Chiedo l'autorizzazione a depositare il testo della relazione.

PRESIDENTE. Onorevole Quartapelle Procopio, è autorizzata.

Ha facoltà intervenire il rappresentante del Governo, che non mi pare sia intenzionato a farlo.

Non essendovi iscritti a parlare, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali, avvertendo che non si darà luogo alle repliche.

(Esame degli articoli - A.C. 4470)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del disegno di legge di ratifica, ai quali non sono state presentate proposte emendative. Li porrò dunque direttamente in votazione.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1 (Vedi l'allegato A).

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 58).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2 (Vedi l'allegato A).

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 59).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3 (Vedi l'allegato A).

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 60).

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 4470)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A).

Se nessuno interviene per illustrare gli ordini del giorno, invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sugli ordini del giorno presentati.

BENEDETTO DELLA VEDOVA, Sottosegretario di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale. Il Governo esprime parere favorevole sugli ordini del giorno n. 9/4470/1 Marzano e n. 9/4470/2 Palese.

PRESIDENTE. È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 4470)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Borghesi. Ne ha facoltà.

STEFANO BORGHESI. Annunzio il voto favorevole e consegno l'intervento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Scopelliti. Ne ha facoltà.

ROSANNA SCOPELLITI. Grazie, Presidente. Annunzio il voto favorevole di Alternativa Popolare.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palese. Ne ha facoltà.

ROCCO PALESE. Grazie, signora Presidente. Intervengo per annunciare il voto favorevole da parte del gruppo di Forza Italia ed essere autorizzato a consegnare il testo della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. L'autorizzazione è accordata.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Grande. Ne ha facoltà.

MARTA GRANDE. Grazie, Presidente. Annunzio il voto favorevole del MoVimento 5 Stelle (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Tidei. Ne ha facoltà.

MARIETTA TIDEI. Grazie, Presidente. Annunzio il voto favorevole del Partito Democratico.

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Votazione finale ed approvazione – A.C. 4470)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.

Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 4470:

S. 2674 – “Ratifica ed esecuzione degli Emendamenti all'Accordo istitutivo del Fondo comune dei prodotti di base del 27 giugno 1980, adottati a L'Aja l'11 dicembre 2014” (Approvato dal Senato).

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 61).

Discussione del disegno di legge: S. 2709 - Ratifica ed esecuzione dell'emendamento all'articolo 124 dello Statuto istitutivo della Corte penale internazionale, adottato a L'Aja con risoluzione ICC n. 2 del 26 novembre 2015 (Approvato dal Senato) (A.C. 4471) (ore 18,57).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 4471: Ratifica ed esecuzione dell'emendamento all'articolo 124 dello Statuto istitutivo della Corte penale internazionale, adottato a L'Aja con risoluzione ICC n. 2 del 26 novembre 2015.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 4471)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto, altresì, che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire la relatrice, deputata Lia Quartapelle Procopio.

QUARTAPELLE PROCOPIO, Relatrice. Chiedo l'autorizzazione a consegnare il testo della relazione.

PRESIDENTE. L'autorizzazione è accordata.

Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo. Prendo atto che il rappresentante del Governo non intende intervenire.

Non essendovi iscritti a parlare, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali, avvertendo che non si darà luogo alle repliche.

(Esame degli articoli - A.C. 4471)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del disegno di legge di ratifica, ai quali non sono state presentate proposte emendative. Li porrò dunque direttamente in votazione.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1 (Vedi l'allegato A).

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 62).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2 (Vedi l'allegato A).

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 63).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3 (Vedi l'allegato A).

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 64).

(Esame di un ordine del giorno - A.C. 4471)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'unico ordine del giorno presentato (Vedi l'allegato A).

Invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sull'ordine del giorno n. 9/4471/1 Palese.

BENEDETTO DELLA VEDOVA, Sottosegretario di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale. Parere favorevole, signora Presidente.

PRESIDENTE. È così esaurito l'esame dell'unico ordine del giorno presentato.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 4471)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Borghesi. Ne ha facoltà.

STEFANO BORGHESI. Presidente, dichiaro il voto di astensione del nostro gruppo e consegno il testo della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Scopelliti. Ne ha facoltà.

ROSANNA SCOPELLITI. Grazie, Presidente. Alternativa Popolare voterà a favore.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Duranti. Ne ha facoltà.

DONATELLA DURANTI. Grazie, signora Presidente. Il provvedimento all'esame prevede la ratifica e l'esecuzione dell'emendamento all'articolo 124 dello Statuto istitutivo della Corte penale internazionale adottato a L'Aja il 26 novembre 2015. Voglio ricordare preliminarmente alcune parti del preambolo dello Statuto e le competenze della Corte. Il preambolo fra l'altro recita che gli Stati parti dello Statuto sono consapevoli che tutti i popoli sono uniti da stretti vincoli e che le loro culture formano un patrimonio da tutti condiviso, un delicato mosaico che rischia in ogni momento di essere distrutto. Ricorda che nel corso del secolo scorso - e io aggiungo di questo, purtroppo - milioni di bambini, donne e uomini, sono stati vittime di atrocità inimmaginabili che turbano profondamente la coscienza dell'umanità e che gli Stati parti dello statuto sono determinati ad istituire, nell'interesse delle generazioni presenti e future, una Corte penale internazionale permanente ed indipendente collegata con il sistema dell'organizzazione delle Nazioni Unite competente a giudicare sui crimini più gravi, motivo di allarme per l'intera comunità internazionale. Ricordo altresì l'articolo 5 dello statuto, che definisce le competenze della Corte, competenze, cioè, a giudicare e a perseguire il genocidio, i crimini contro l'umanità e i crimini di guerra.

La ratifica in oggetto prevede un singolo emendamento con il quale si elimina l'articolo 124 dello Statuto che prevede una disposizione transitoria secondo cui uno Stato che diviene parte dello Statuto può dichiarare di non accettare la competenza della Corte per quanto riguarda i reati previsti all'articolo 8 nei sette anni successivi all'entrata in vigore dello Statuto nei confronti di quel Paese. L'articolo 8 esplicita cosa si intenda per crimini di guerra e, cioè, gravi violazioni della Convenzione di Ginevra dell'agosto 1949, vale a dire alcuni atti posti in essere contro le persone o i beni protetti dalle norme della Convenzione di Ginevra. Cito alcuni di questi atti: tortura o trattamenti inumani, deportazione, trasferimento, detenzione illegale, cattura di ostaggi, omicidio volontario e, inoltre, altre violazioni delle leggi all'interno del quadro consolidato del diritto internazionale nei conflitti armati e, cioè, dirigere deliberatamente attacchi contro le popolazioni civili, bombardare città, villaggi o abitazioni, dirigere intenzionalmente attacchi contro edifici dedicati al culto, all'educazione, all'arte o a scopi umanitari o, appunto, ad ospedali.

Per tutte queste ragioni, che ho provato sinteticamente ad illustrare, dichiaro quindi il voto favorevole del gruppo articolo 1 - MDP su questa ratifica, che farà venire meno la facoltà di sospendere la giurisdizione della Corte penale internazionale su crimini di enorme gravità.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Rocco Palese. Ne ha facoltà.

ROCCO PALESE. Grazie, signora Presidente. Intervengo per annunciare il voto favorevole del gruppo di Forza Italia ed essere autorizzato a consegnare la mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. È autorizzato.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Marta Grande. Ne ha facoltà.

MARTA GRANDE. Grazie, Presidente. Annuncio il voto favorevole del MoVimento 5 Stelle (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Sandra Zampa. Ne ha facoltà.

SANDRA ZAMPA. Grazie, signora Presidente. Dichiaro il voto favorevole del gruppo del Partito Democratico su questo provvedimento di grande importanza e chiedo di consegnare per gli atti il testo della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Sta bene. È autorizzata.

Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Votazione finale ed approvazione – A.C. 4471)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.

Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge n. 4471: S. 2709 - "Ratifica ed esecuzione dell'emendamento all'articolo 124 dello Statuto istitutivo della Corte penale internazionale, adottato a L'Aja con risoluzione ICC n. 2 del 26 novembre 2015" (Approvato dal Senato).

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 65).

  Questo era l'ultimo voto. Potete uscire un po' silenziosamente.

Su un lutto del deputato Fabrizio Di Stefano.

PRESIDENTE. Comunico che il collega Fabrizio Di Stefano è stato colpito da un grave lutto: la perdita della madre.

La Presidenza della Camera ha fatto pervenire al collega le espressioni della più sentita partecipazione al suo dolore, che desidero ora rinnovare anche a nome dell'intera Assemblea. Sospendo a questo punto la seduta, che riprenderà al termine della riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo convocata per le ore 19,30 per la lettura degli esiti di tale riunione e dell'ordine del giorno della seduta di lunedì 27 novembre.

La seduta, sospesa alle 19,05, è ripresa alle 19,55.

Cessazione dal mandato parlamentare del deputato Alessandro Bratti.

PRESIDENTE. Comunico che, in data 20 novembre 2017, è pervenuta alla Presidenza la seguente lettera del deputato Alessandro Bratti: "Gentile Presidente, desidero informarla che il consiglio di amministrazione dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), con proprio decreto, mi ha nominato direttore generale, conferendomi così un incarico delicato e impegnativo, che bene si inserisce nel mio percorso professionale e che rappresenta al contempo un prestigioso obiettivo.

Si tratta di un impegno complesso, che comporta delicate responsabilità e che richiede indipendenza di giudizio e autonomia di posizione, tanto che l'articolo 8 della legge 28 giugno 2016, n. 132 ne prevede l'incompatibilità con la carica di membro del Parlamento, così come puntualmente riportato nel decreto di nomina, che mi assegna un termine perentorio di quindici giorni per effettuare la scelta tra le due posizioni. Non ho pertanto dubbi che si tratti di una fattispecie di incompatibilità, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati.

Signora Presidente, sono ormai giunto quasi al termine dell'espletamento del mio secondo mandato parlamentare; nel corso di questi anni ho avuto l'onore e il privilegio di approfondire temi e questioni di ogni genere, arricchendo così il mio bagaglio di conoscenze. Ho avuto modo di confrontarmi con colleghi bravi e appassionati, di cui ho apprezzato le qualità umane e professionali, indipendentemente dalla loro appartenenza politica.

Naturalmente, anche alla luce della mia formazione professionale, mi sono concentrato prevalentemente sulle problematiche ambientali. In particolare, nel corso di questa legislatura, ho avuto l'onore di presiedere la Commissione parlamentare d'inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati. Ho dedicato a questo compito ogni mia energia, cercando di perseguire con la massima imparzialità gli obiettivi stabiliti dalla legge istitutiva e tutelando sempre l'istituzione di cui mi onoro di essere rappresentante. Si è trattata, questa, di un'esperienza di grande importanza che, anche grazie al clima di serenità e di collaborazione presente all'interno dell'organismo, ha permesso non solo di affrontare inchieste delicatissime, ma anche di contribuire a risolvere situazioni complesse in diverse zone del Paese.

In considerazione di quanto premessole, signora Presidente, rassegno immediatamente le dimissioni da deputato. La prego pertanto di volere iscrivere all'ordine del giorno dell'Assemblea l'accettazione delle mie dimissioni al fine di poter accettare l'incarico di direttore generale dell'ISPRA, comunicando così l'assenza di cause di inconferibilità e di incompatibilità, come espressamente richiesto dal decreto di nomina.

Nel rassegnare nelle sue mani il mio mandato parlamentare, rivolgo a lei e a tutti i colleghi un profondo e caloroso augurio di buon lavoro. Le invio i miei più cordiali saluti. Firmato: Alessandro Bratti".

Trattandosi di un caso di incompatibilità, la Camera prende atto, a norma dell'articolo 17-bis, comma 2, del Regolamento, di questa comunicazione e della conseguente cessazione del deputato Alessandro Bratti dal mandato parlamentare.

Proclamazione di un deputato subentrante.

PRESIDENTE. Dovendosi procedere alla proclamazione di un deputato, a seguito della presa d'atto, nella seduta odierna, delle dimissioni del deputato Alessandro Bratti, comunico che la Giunta delle elezioni ha accertato - ai sensi dell'articolo 86, comma 1, del Testo unico delle leggi per l'elezione della Camera dei deputati - che il candidato che, nella lista n. 15 - Partito Democratico nell'XI Circoscrizione Emilia-Romagna, segue immediatamente l'ultimo degli eletti nell'ordine progressivo di lista risulta essere Veronica Zanetti.

Do atto alla Giunta di questo accertamento e proclamo deputata, a norma dell'articolo 17-bis, comma 3, del Regolamento, per l'XI Circoscrizione dell'Emilia Romagna, Veronica Zanetti.

Si intende che da oggi decorre il termine di venti giorni per la presentazione di eventuali ricorsi.

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Sul calendario dei lavori dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Comunico che, a seguito dell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, si è convenuto la seguente articolazione dei lavori per la prossima settimana:

Lunedì 27 novembre (ore 15, con eventuale prosecuzione notturna)

Discussione sulle linee generali delle proposte di legge:

n. 4376 – Modifiche all'articolo 438 del codice di procedura penale, in materia di inapplicabilità e di svolgimento del giudizio abbreviato;

n. 2976 e abbinata - Istituzione del Registro pubblico delle moschee e dell'Albo nazionale degli imam.

Discussione sulle linee generali della mozione Dellai ed altri n. 1-01738 concernente Rivisitazione Addendum alle linee BCE in materia di crediti deteriorati.

Martedì 28 (ore 14:30, con eventuale prosecuzione notturna), mercoledì 29 e giovedì 30 novembre (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna e nella giornata di venerdì 1° dicembre) (con votazioni)

Esame della questione pregiudiziale al disegno di legge n. 4741 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria e per esigenze indifferibili. Modifica alla disciplina dell'estinzione del reato per condotte riparatorie (approvato dal Senato – scadenza: 15 dicembre 2017)

Seguito dell'esame delle proposte di legge:

n. 4376 – Modifiche all'articolo 438 del codice di procedura penale, in materia di inapplicabilità e di svolgimento del giudizio abbreviato;

n. 2976 e abbinata - Istituzione del Registro pubblico delle moschee e dell'Albo nazionale degli imam.

Seguito dell'esame della mozione Dellai ed altri n. 1-01738 concernente Rivisitazione Addendum alle linee BCE in materia di crediti deteriorati.

Nella seduta di martedì 28 novembre, al termine delle votazioni, avrà luogo la discussione sulle linee generali del disegno di legge n. 4741 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria e per esigenze indifferibili. Modifica alla disciplina dell'estinzione del reato per condotte riparatorie (approvato dal Senato – scadenza: 15 dicembre 2017).

Il seguito dell'esame avrà luogo a partire da mercoledì 29 novembre, con priorità rispetto agli argomenti previsti nella giornata precedente e non conclusi.

Avverto che nell'allegato A al resoconto della seduta odierna sarà pubblicata l'organizzazione dei tempi relativa ai seguenti argomenti:

discussione generale della pdl 4376-A – Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inapplicabilità e di svolgimento del giudizio abbreviato, nonché modifica all'articolo 69 del codice penale, in materia di concorso di circostanze aggravanti e attenuanti;

esame della Pdl 2976-A e abb. – Istituzione del Registro pubblico delle moschee e dell'Albo nazionale degli imam.

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Fregolent. Ne ha facoltà.

SILVIA FREGOLENT. Signora Presidente, sabato 25 novembre ricorre la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, istituita dalle Nazioni Unite nel 1999. Kofi Annan, allora Segretario generale delle Nazioni Unite, segnalò come la violenza contro le donne fosse forse la violazione dei diritti umani più vergognosa, proprio perché senza confini né geografia, cultura o ricchezza. Ancora oggi questo reato è tra i più diffusi in Italia e nel mondo: subisce violenza mediamente una donna su tre, i numeri sono sconvolgenti. Ma altrettanto devastante è il contesto in cui spesso avvengono queste violenze: ambienti familiari, di lavoro, di divertimento e luoghi pubblici.

In questi anni il Parlamento ha varato numerosi provvedimenti a tutela delle donne: è stata ratificata la Convenzione di Istanbul, sono state inasprite le pene con la legge contro il femminicidio, sono state stanziate risorse per finanziare il Piano di azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere; sono stati previsti anche congedi speciali per le vittime, perché la violenza non si esaurisce con il dolore fisico. Si tratta di riforme importanti, che dovranno essere proseguite e sostenute da stanziamenti adeguati.

Cambiare le leggi, però, non è sufficiente: va cambiata la società. Questo è un processo culturale più difficile e più insidioso, e riguarda tutti: non possiamo dimenticare che fino al 1996 la violenza sessuale era considerata nel nostro Paese un delitto contro la morale e non contro la persona; ci sono volute sei legislature e quasi vent'anni per approvare proprio in quest'Aula questo principio. L'ordinamento giuridico lo ha recepito, gran parte della cosiddetta cultura di massa ancora no: e non mi riferisco soltanto alle immagini stereotipate della donna oggetto ed ai numerosi scandali di questi giorni, ma al terribile pregiudizio latente che la società ancora alimenta in molteplici situazioni comuni.

La Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, con le sue testimonianze, le sue storie e le iniziative per la prevenzione, il coraggio delle vittime, serve soprattutto a ricordare questo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Pesco. Ne ha facoltà.

DANIELE PESCO. Presidente, alcuni giorni fa sono usciti sui giornali degli articoli riferiti al fatto che probabilmente dei fondi del Governo erano accantonati su Banca Nuova, una banca della Popolare di Vicenza, e questi fondi venivano utilizzati probabilmente per usi impropri, perché collegati ai servizi segreti. La circostanza che questi conti fossero su Banca Nuova - banca di Zonin - ci fa capire come probabilmente vi era un nesso con il fatto che Zonin aveva delle garanzie per ciò che riguarda i controlli e le ispezioni di Bankitalia: ora praticamente abbiamo la conferma che quei controlli e quelle ispezioni fatte un po' così, alla carlona, erano dovute al fatto che, effettivamente, gestiva dei soldi di Palazzo Chigi. La cosa è molto scottante!

Ma la cosa ancora più scottante e che più ci dà fastidio, è il fatto che due giornalisti che hanno voluto raccontare queste cose sui giornali per i quali lavorano, sono stati sottoposti a procedimenti, ad azioni investigative molto dure, nel senso che sono state sequestrati addirittura i loro hardware, le loro memorie anche di 21 anni di attività. Questa è una cosa veramente non di un Paese di diritto come il nostro, è un atteggiamento quasi da dittatura: la cosa ci spaventa moltissimo soprattutto per la libertà di stampa. Molti sindacati hanno già preso posizione su questo; spero veramente che la Presidenza faccia buon uso di queste proteste, perché non è possibile che si continui in questo modo. La libertà di stampa dev'essere assolutamente tutelata!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Sorial. Ne ha facoltà.

GIRGIS GIORGIO SORIAL. Susanna Masi è ad oggi consigliere del Ministro Padoan: apprendiamo, abbiamo appreso oggi dai quotidiani e dalle agenzie di queste ore che la Masi sostanzialmente prendeva - per così dire - doppio stipendio, cioè, stando all'indagine della procura della Repubblica di Milano, continuava a lavorare per la società americana Ernst & Young nonostante la funzione pubblica, fornendo informazioni riservatissime.

Ma c'è di più. La Masi in questi anni è stata designata dagli azionisti pubblici di Stato del Ministero dell'economia e delle finanze nel consiglio di amministrazione di Equitalia, come presidente di Invimit, nel collegio sindacale di Ferrovie dello Stato italiane: quello che ci chiediamo è come mai nessuno abbia mai verificato al Ministero dell'economia e delle finanze, ovvero in Equitalia oppure in Invimit i profili di incompatibilità dei componenti degli organi apicali. I nostri organismi di intelligence stanno vigilando su chi al vertice degli organi istituzionali economico-finanziari sta letteralmente - perché questa è l'accusa della procura - vendendo gli interessi nazionali a potentati esteri? Oppure l'intelligence viene orientata a fare altro, quasi che questi argomenti non siano interessanti per la difesa dell'interesse nazionale?

PRESIDENTE. Deve concludere.

GIRGIS GIORGIO SORIAL. Sono domande che ci poniamo, e chiediamo a questo punto, Presidente, che il Ministro Padoan venga al più presto alle Camere a relazionare sulla vicenda, anche in relazione ad altre nomine che hanno coinvolto proprio suoi consiglieri e membri di organi del MEF, a partire da Fabrizio Pagani, capo della segreteria tecnica del Ministro Padoan.

PRESIDENTE. Grazie.

GIRGIS GIORGIO SORIAL. È una cosa su cui non si può fare silenzio, e chiediamo che il Ministro venga, anche se a fine legislatura, ad intervenire.

PRESIDENTE. Onorevole Sorial, grazie. Abbiamo capito, grazie.

Ha chiesto di parlare il deputato Arlotti. Ne ha facoltà.

TIZIANO ARLOTTI. Presidente, Montecopiolo e Sassofeltrio, due comuni delle Marche che hanno svolto il referendum nel lontano 2007 per distaccarsi dalle Marche ed aggregarsi alla regione Emilia-Romagna, ad oggi attendono ancora una legge che riconosca l'esito del voto referendario. A gennaio di quest'anno è partita la discussione in I Commissione, e una volta completata con la votazione, il provvedimento è stato portato in Aula per la discussione con un parere unanime da parte della Commissione stessa, cui ha fatto seguito ancora oggi un periodo in cui si è bloccato quello che è un testo che ad oggi non è stato inserito nel calendario per essere votato.

Credo che bisogna essere leali e onesti anche con questi cittadini, visto e considerato che oggi è stata approvata la legge del comune di Sappada, e quindi è stata tutelata la volontà di quei cittadini che avevano fatto quella scelta, perché queste istituzioni hanno già subito tanto in questi dieci anni: non è corretto da parte di tutti che in quest'Aula non venga votato un provvedimento che dà risposte a quello che è l'anelito di 3 mila cittadini. Oltretutto i disservizi che sono venuti a crearsi in questi anni non sono stati pochi, e occorre quindi portare a termine il provvedimento in questa legislatura eliminando ogni ostacolo; e, con lo stesso entusiasmo dimostrato per Sappada, è opportuno a mio avviso che lo si porti al voto, rispettando così la Costituzione e la volontà dei cittadini di Montecopiolo e Sassofeltrio. Il Parlamento lo doveva fare fin dal 2007, ed è ora che ciò avvenga.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

  Lunedi 27 novembre 2017, alle 15:

1.  Discussione sulle linee generali della proposta di legge:

MOLTENI ed altri: Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inapplicabilità e di svolgimento del giudizio abbreviato, nonché modifica all'articolo 69 del codice penale, in materia di concorso di circostanze aggravanti e attenuanti. (C. 4376-A)

Relatori: MOLTENI e GIULIANI.

2.  Discussione sulle linee generali della proposta di legge:

GARNERO SANTANCHE' ed altri: Istituzione del Registro pubblico delle moschee e dell'Albo nazionale degli imam. (C. 2976-A)

e delle abbinate proposte: CAPARINI ed altri; MOLTENI ed altri; PALMIZIO. (C. 486-1570-3421)

Relatore: LATTUCA, per la maggioranza GARNERO SANTANCHÈ e INVERNIZZI, di minoranza.

3.  Discussione sulle linee generali delle mozioni Dellai ed altri n. 1-01738 e Brunetta ed altri n. 1-01725 concernenti iniziative in relazione al progetto   di Addendum alle linee guida della Banca centrale europea in materia di   crediti deteriorati.

La seduta termina alle 20,10.

TESTI DEGLI INTERVENTI DI CUI È STATA AUTORIZZATA LA PUBBLICAZIONE IN CALCE AL RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA ODIERNA: LIA QUARTAPELLE PROCOPIO, MILENA SANTERINI, STEFANO BORGHESI E MARCO CAUSI (A.C. 4685)

LIA QUARTAPELLE PROCOPIO, Relatrice. (Relazione – A.C. 4685). Signora Presidente, Signor rappresentante del Governo, Colleghi deputati, l'Accordo al nostro esame è relativo al servizio della cosiddetta “autostrada ferroviaria” fra Italia e Francia: si tratta di un sistema per il trasporto di merci mediante l'utilizzo di vagoni ferroviari speciali che consentono il trasporto su rotaia di TIR e container attraverso il traforo del Frejus, tra Orbassano e Aiton.

Tale servizio di trasporto combinato è un'alternativa, più sostenibile dal punto di vista ambientale, rispetto al trasporto su strada poiché riduce drasticamente l'emissione di gas ad effetto serra.

Ricordo a tale proposito che l'Unione europea ha stabilito, nell'ottobre 2014, nuovi obiettivi per la limitazione delle emissioni di gas ad effetto serra: riduzione del 40 per cento al 2030 in rapporto al 1990, mentre il pacchetto «energia-clima», approvato nell'aprile 2009, prevedeva solamente una riduzione del 20 per cento al 2020 in rapporto al 1990.

Recentemente anche la decisione assunta della Conferenza di Parigi sui cambiamenti climatici (COP 21) ha confermato gli obiettivi ambiziosi dell'Europa in materia di riduzione delle emissioni inquinanti dei trasporti.

Il progetto di cui ci occupiamo è stato avviato in modo sperimentale nel novembre 2003 da una società di proprietà congiunta fra Trenitalia e la Società delle ferrovie francesi, l'Autostrada ferroviaria alpina (AFA) srl. Il servizio è stato più volte rinnovato, fino al giugno 2013, in attesa di un nuovo accordo fra le parti.

La società ha avuto una nuova autorizzazione da parte della Commissione europea nel 2015, in attesa di una nuova procedura di gara per l'assegnazione della concessione decennale, che è stata avviata il 1° agosto scorso con l'indizione della gara d'appalto europea.

L'Accordo in esame mira, quindi, a stabilizzare questo servizio di trasporto, definendo il quadro di riferimento normativo per il suo funzionamento. Il testo definisce gli obblighi delle parti, rinviando la puntuale disciplina a un successivo contratto tra i due Governi e il gestore del servizio.

L'Accordo prevede altresì che i Governi italiano e francese, nel rispetto delle norme comunitarie, possano accordarsi e definire, nell'ambito di una convenzione di finanziamento, una equa ripartizione delle sovvenzioni e dei conferimenti necessari per la gestione del servizio.

Il trattato affida ad un apposito gruppo di lavoro il compito di preparare e svolgere la procedura di selezione del gestore del servizio, nonché di elaborare la bozza di convenzione di finanziamento.

Il disegno di legge di ratifica – già approvato dall'altro ramo del Parlamento - si compone di quattro articoli che riguardano l'autorizzazione alla ratifica, l'ordine di esecuzione, la copertura finanziaria e l'entrata in vigore.

In relazione agli aspetti tecnico-finanziari, la relazione governativa specifica che gli oneri per la prosecuzione del progetto sono già stati stanziati dalla legge di stabilità per il 2016, per un importo complessivo di oltre 29 milioni di euro a copertura del periodo 2013-2018. A sua volta, la legge di stabilità per il 2017 ha disposto lo stanziamento di 10 milioni di euro, per ciascuno degli anni dal 2018 al 2022, per garantire la copertura finanziaria del progetto.

Gli oneri derivanti dal trattato in esame sono invece minimi, perché riguardano solo le spese di missione per partecipare alla riunioni congiunte, e sono quantificati in circa 7.500 euro annui.

La copertura dei restanti oneri, fino al 2018, è infatti già stata disposta dalla legge di stabilità per il 2016 (pari precisamente a 21,026 milioni di euro circa, a 5,4 milioni di euro il 2017 e a 2,6 milioni di euro per il 2018).

Segnalo, infine, che l'Accordo, già oggetto di autorizzazione legislativa da parte della Francia nel 2010, non presenta profili d'incompatibilità con la normativa nazionale e si inserisce nel quadro di quelle iniziative congiunte italo-francesi nel campo delle infrastrutture intese a favorire l'intermodalità e l'interconnessione sostenibile tra i due Paesi.

MILENA SANTERINI. (Dichiarazione di voto finale – A.C. 4685). L'Accordo in oggetto è stato fatto a Lussemburgo il 9 ottobre 2009, si compone di un preambolo e di otto articoli, e si configura come necessario per permettere a Italia e Francia di realizzare una alternativa concreta al trasporto su gomma di merci attraverso i valichi alpini. Si tratta di una scelta, questa, necessaria visto l'aumento della domanda e verso il parziale orientamento ad una riduzione del citato trasporto su gomma. Se l'Accordo non fosse realizzato si avrebbero negative ricadute sulle politiche transfrontaliere ed europee in materia di trasporto di merci. Per questo è stata garantita sinora la continuità del servizio operante dal 2003, in via sperimentale, regolamentata in origine da un Accordo di programma triennale 2004¬2006, con la previsione di aiuti di Stato, per quel che riguarda l'Italia; l'accordo è stato poi prorogato sino al 2012, quando la Commissione Ue ha disposto la fine degli aiuti di Stato per il 30 giugno 2013.

Vista l'importanza del servizio, Trenitalia ha però continuato ad assicurare il servizio a partire dal 1 luglio 2013 per evitare le conseguenze negative già ricordate di una non realizzazione dell'Accordo. Si tratta di un servizio definito provvisorio, e effettuato in previsione di una nuova procedura di gara per l'assegnazione del servizio stesso con una concessione decennale che dovrebbe partire dal 30 giugno 2018, data sino alla quale la Commissione Ue ha consentito (maggio 2015) l'erogazione di aiuti di Stato per la realizzazione di un Accordo che intende, in particolare, assicurare il trasporto di merci pericolose in maniera più sicura, e che si collega direttamente alla realizzazione del collegamento ferroviario Lione-Torino.

Il disegno di legge di ratifica è stato approvato dal Senato il 4 ottobre 2017, e si compone di 4 articoli. In particolare l'articolo 3 reca le norme di copertura degli oneri; Il comma 1 stabilisce che agli oneri derivanti dalla ratifica dell'Accordo si provvede con utilizzo delle risorse già stanziate per le medesime finalità dalla legge di stabilità 2016. Agli oneri eventuali derivanti dagli articoli 5 e 7 dell'Accordo in esame si farà fronte con apposito provvedimento legislativo (comma 2). In base al comma 3, gli oneri derivanti dall'articolo 6 dell'Accordo, quantificati in 7.740 euro annui a decorrere dal 2017, si provvede mediante riduzione dello stanziamento del

fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2017-2019, nell'ambito del programma "Fondi di riserva e speciali" della missione "Fondi da ripartire" dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, utilizzando parzialmente l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.

STEFANO BORGHESI. (Dichiarazione di voto finale – A.C. 4685). Signora Presidente, Onorevoli Colleghi, Signori membri del Governo!

L'Atto Camera 4485 concerne la ratifica e l'esecuzione di un accordo bilaterale italo- francese relativo alla gestione di un'autostrada ferroviaria lunga 175 chilometri tra la località piemontese di Orbassano e quella francese di Bourgneuf/Aiton, nella regione Rodano-Alpi. Ha già superato il vaglio del Senato.

Merita di essere sottolineato come il servizio funzioni dal 2003 e sia amministrato da una società privata partecipata paritariamente da Trenitalia e dalla francese SNCF, mentre l'Accordo all'esame della nostra Assemblea risale al 2009.

L'Autostrada Ferroviaria Alpina movimenta quattro treni al giorno carichi di autocarri ed il tasso di riempimento dei convogli, che aveva sfiorato il 100% nel 2008, si mantiene ancora al di sopra del 70%, malgrado la consistente diminuzione del traffico merci intervenuto negli ultimi anni.

Obiettivo del trattato è quello - condivisibile - di assicurare la continuità del servizio e di creare le condizioni perché si svolga la gara d'appalto che selezionerà il nuovo gestore della tratta a partire dal 2018.

La sua stipula è stata attivamente richiesta anche dalle autorità dell'Unione Europea. Gli oneri di gestione dell'intesa sono inoltre assai modesti, pari a 7.740 euro annui. Va infine ricordato che ogni tir spostato su un treno è un tir in meno che inquina sulle strade.

Il gruppo della Lega Autonomie-Noi con Salvini non ritiene che esistano ragioni per opporsi all'approvazione di questo provvedimento. Auspica inoltre che il Governo crei le condizioni opportune che permettano a Trenitalia o comunque a soggetti imprenditoriali del nostro paese di non essere esclusi dalla gestione della tratta anche dopo il 2018.

MARCO CAUSI. (Dichiarazione di voto finale – A.C. 4685). L'interscambio merci fra l'Italia e i paesi che stanno al suo nord-ovest è di 50,6 milioni di tonnellate all'anno, per un valore di 160 miliardi. 42,4 milioni di tonnellate transitano per la frontiera fra Italia e Francia - e questo già ci dice che quote crescenti di traffico vanno verso nord, attraverso la Svizzera, che ha completato alcuni tunnel ferroviari moderni e ne sussidia l'utilizzo per togliere i TIR dalle sue strade (oltre 2,8 milioni di TIR) e ridurre l'inquinamento prodotto dal trasporto su gomma.

Sulla frontiera fra Italia e Francia invece la distorsione modale è paurosa: 93 per cento del traffico su strada, solo 7 per cento su ferro. In attesa del completamento di progetti infrastrutturali più avanzati, e cioè della nuova linea Torino-Lione, l'utilizzo della linea tradizionale con tecnologie di trasporto che permettano di mettere i TIR su rotaia genera tre importanti benefici: primo, offre una soluzione al trasporto di merci pericolose, che non sono abilitate al transito stradale nelle autostrade del Frejus e del Monte Bianco, anche in seguito al tragico incidente avvenuto il 24 marzo 1999 nel tunnel automobilistico del Monte Bianco, costato la vita a 39 persone; si noti che le merci pericolose, in assenza di un'alternativa su ferro, sarebbero costrette a passare da Ventimiglia, appesantendo la congestione già elevata di un'arteria autostradale che ha grandi fragilità; secondo, fornisce un contributo al riequilibrio modale; anche se questo contributo non è risolutivo, e intercetta circa il 5 per cento del traffico, esso è cresciuto da 6.500 passaggi nel 2004 a quasi 29.000 nel 2016, trasportando in tredici anni un totale di circa 300 mila camion attraverso le Alpi, con una riduzione delle emissioni pari a 5 mila tonnellate di CO2 all'anno; terzo, ricopre il ruolo estremamente importante di facilitatore del cambiamento nel modello di esercizio delle attività di trasporto, con lo sviluppo del traffico delle merci su rotaia. Un cambiamento in prospettiva ineludibile e obbligatorio.

Il rilievo di tali benefici è stato riconosciuto dalla Commissione Europea, che ha acconsentito, in deroga alle normative sulla concorrenza, che su questa tratta possano esistere aiuti di stato, e cioè sussidi pubblici per rendere più attraente la scelta di andare su ferro invece che su gomma, riducendo così congestione e inquinamento sulle strade alpine. Sussidi che peraltro si riducono progressivamente all'aumentare dei volumi di traffico intercettati.

A fronte di questa decisione europea il governo italiano ha già appostato le necessarie risorse per garantire la continuità dell'esercizio, gestito da una società paritetica fra le due società ferroviarie pubbliche di proprietà dello Stato italiano e di quello francese.

A questo punto è essenziale che il Parlamento ratifichi l'accordo fatto in materia con la Francia nel lontano 2009, poiché ci sono tutte le condizioni, una volta esaurita la fase sperimentale dell'esercizio e in vista della conclusione nel 2018 della fase transitoria, di procedere alla stabilizzazione del servizio.

In assenza di ratifica verrebbe a mancare il quadro giuridico per andare oltre la fase transitoria, determinando così l'interruzione dell'attività. Le conseguenze sarebbero gravi, soprattutto per le imprese legate al trasporto di merci pericolose, utilizzate come input in tante produzioni, che sarebbero costrette a sobbarcarsi i costi aggiuntivi della deviazione per Ventimiglia. E sarebbero ancora più gravi a livello di sistema, per i negativi impatti ambientali.

Per queste ragioni il gruppo del Partito Democratico esprime un voto convintamente favorevole all'approvazione del disegno di legge di ratifica dell'accordo fra Italia e Francia per la gestione stabile, a regime, del servizio ferroviario sulla cosiddetta Autostrada Ferroviaria Alpina.

TESTI DEGLI INTERVENTI DI CUI È STATA AUTORIZZATA LA PUBBLICAZIONE IN CALCE AL RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA ODIERNA: MARIA GRAZIA CARROZZA, MILENA SANTERINI, STEFANO BORGHESI E CHIARA SCUVERA (A.C. 4469)

MARIA CHIARA CARROZZA, Relatrice. (Relazione – A.C. 4469). Signora Presidente, Signor rappresentante del Governo, Colleghi deputati, il Protocollo al nostro esame completa le previsioni dell'Accordo istitutivo del Tribunale unificato, che abbiamo approvato lo scorso anno con la legge n. 216, disciplinando gli aspetti relativi ai privilegi fiscali e alle immunità dalla giurisdizionale per le diverse sedi del Tribunale, che attualmente sono previste in Francia, Germania, Regno Unito e Lussemburgo.

Composto da un preambolo e da 19 articoli, il Protocollo dispone l'inviolabilità delle sedi, degli archivi e dei documenti del Tribunale, nonché l'immunità dalla giurisdizione dei suoi beni e delle sue risorse finanziarie. Il testo stabilisce altresì che le immunità si estendano ai componenti dei comitati amministrativo, di bilancio e consultivo ed ai loro atti e documenti.

Il regime delle agevolazioni fiscali del Tribunale include l'esenzione da tutte le imposte dirette e dall'IVA, ma non da quelle imposte che costituiscono il corrispettivo di servizi pubblici.

Relativamente ai privilegi ed alle immunità dei giudici e del Cancelliere, il documento internazionale rinvia al Protocollo sui privilegi e le immunità dell'Unione europea. Analoghe immunità e privilegi vengono accordati anche al restante personale, sia pure con la possibilità degli Stati parte di poterle limitare per il personale già stabilmente residente sul proprio territorio.

Il Protocollo stabilisce altresì che gli Stati interessati adottino le misure necessarie a facilitare l'accesso, il soggiorno e l'uscita dal proprio territorio del personale del tribunale e delle persone convocate o citate davanti ad esso.

Il disegno di legge di ratifica, già approvato dal Senato il 4 maggio scorso, consta di tre articoli che ineriscono rispettivamente all'autorizzazione alla ratifica, all'ordine di esecuzione ed all'entrata in vigore del testo.

Non sono previsti oneri per il nostro Paese e il Protocollo non presenta profili di incompatibilità con la normativa nazionale, con l'ordinamento dell'Unione europea e con le convenzioni internazionali di cui l'Italia è parte.

Conclusivamente non posso non richiamare quanto ho già affermato in veste di relatrice sul disegno di legge di ratifica del Trattato istitutivo del Tribunale: il corpus normativo che ci accingiamo ad approvare riveste un valore peculiare per la tutela del lavoro di ricerca delle nostre imprese e dei nostri centri universitari.

Solo grazie al funzionamento di questi strumenti internazionali, infatti, imprese ed università potranno godere appieno dei benefici di un sistema di mediazione e di gestione delle controversie legali a livello unificato, sistema dal quale, in precedenza gli operatori economici italiani erano esclusi. Auspico, pertanto, una rapida approvazione del provvedimento da parte dell'Aula.

MILENA SANTERINI. (Dichiarazione di voto finale – A.C. 4469). Il Protocollo in oggetto relativo al TUB (Tribunale Unificato Brevetti), è stato fatto a Bruxelles il 29 giugno 2016 e si compone di un preambolo e di 19 articoli. Si tratta di un atto che intende completare le previsioni dell'Accordo istitutivo del TUB, disciplinando aspetti relativi ai privilegi fiscali, e alle immunità dalla giurisdizione per le diverse sedi del tribunale (Francia, Germania, Regno Unito, Lussemburgo), nonché eventuali divisioni locali e regionali attraverso le quali il tribunale possa trovare ad operare.

L'Accordo istitutivo è stato firmato il 19 febbraio 2013, da 25 Stati membri della Ue, ossia tutti quelli allora facenti parte dell'Unione, tranne Polonia e Spagna (la Croazia non faceva ancora parte della Ue). L'Italia si era mostrata critica inizialmente per la decisione relativa al trilinguismo (inglese, francese, tedesco) del TUB, che escludeva l'italiano, ma ha poi accettato il TUB stesso, tramite l'adesione alla cooperazione rafforzata ed all'avvio del processo di ratifica dell'accordo, il 2 luglio 2015. Il nostro Paese ha, infatti, ritenuto che con la ratifica dell'Accordo si realizzasse un effetto unitario tra i membri Ue, grazie al quale i brevetti avranno efficacia a protezione in tutti gli Stati parte della cooperazione rinforzata, e che le competenze del TUIB si estendano anche all'Italia, con ricadute positive sulla attrattività verso investimenti esteri. L'Accordo è stato ratificato, quindi, con Legge 214/2016, anche grazie ad interventi in favore della ratifica effettuati dalle Commissione riunite X e XIV della Camera e dal Senato. Il Protocollo aggiuntivo si è reso necessario proprio per la ricordata localizzazione in vari Paesi Ue delle sedi del TUB in modo da consentire l'applicazione dei regolamenti Ue in base ai quali i brevetti europei possano essere conferiti con un'unica procedura ordinaria, con effetto unitario, grazie al quale il suddetto brevetto avrà efficacia in tutti gli Stati parte della cooperazione rafforzata. Il Disegno di Legge di ratifica, approvato dal Senato il 4 maggio 2017 si consta di tre articoli.

STEFANO BORGHESI. (Dichiarazione di voto finale – A.C. 4469). Signora Presidente, Onorevoli Colleghi, Signori membri del Governo!

La Lega Autonomie-Noi con Salvini non si oppose quando, nell'autunno dello scorso anno, venne sottoposta all'esame delle Camere un'altra ratifica, che concerneva proprio l'istituzione del Tribunale Unificato dei Brevetti, accettata finalmente anche dal Governo del nostro Paese, cedendo sulla posizione di principio contro il trilinguismo della Corte, per meglio tutelare gli interessi degli imprenditori italiani più innovativi.

In quella circostanza, anzi, il nostro Gruppo parlamentare presentò un ordine del giorno per impegnare il Governo a battersi per la riassegnazione al nostro Paese di una delle sedi del Tribunale dislocate nel Regno Unito, una volta che fosse stata data attuazione alla Brexit.

È del 29 marzo scorso la decisione della Signora Theresa May di avviare le trattative per l'uscita della Gran Bretagna dall'Unione Europea. Non sappiamo ancora in che tempi e con quali modalità questo divorzio si consumerà, ma è pressoché certo che separazione sarà.

Secondo noi, quindi, quella nostra proposta è quindi oggi ancor più attuale.

Proprio per questo, la rilanciamo ora, che siamo chiamati a votare sul Protocollo relativo ai privilegi e alle immunità del Tribunale Unificato dei Brevetti, fatto a Bruxelles il 29 giugno 2016.

La relazione illustrativa redatta dal Governo spiega come il Disegno di Legge oggi all'esame della nostra Aula, già passato al vaglio del Senato, si proponga di dare attuazione anche in Italia al regime di immunità funzionali riconosciuto al Tribunale Unificato dei Brevetti per assicurare l'autonomia di giudizio e l'imparzialità dei suoi giudici, proteggere l'indipendenza della struttura e del suo personale e offrire la necessaria tutela a documenti e atti processuali.

Se quanto ha affermato il Governo è vero, dal nostro punto di vista siamo di fronte ad un passaggio essenziale per dare concretezza all'eventuale candidatura del nostro Paese ad ospitare una delle strutture del Tribunale che in futuro dovranno lasciare il Regno Unito dopo il perfezionamento della Brexit.

Con l'EMA, che andrà ad Amsterdam, è purtroppo andata male, forse anche per l'attuale debolezza internazionale dell'Italia. Ma forse potremo in parte rifarci proprio con le strutture di questa magistratura attualmente ospitate nel Regno Unito. Con questo obiettivo finale in mente, il gruppo della Lega conferma il voto favorevole a questo provvedimento.

CHIARA SCUVERA. (Dichiarazione di voto finale – A.C. 4469). Presidente, Onorevoli colleghe e colleghi, seppure limitato al tema dei privilegi e delle immunità, questo Protocollo riveste una grande importanza, perché, completando le previsioni dell'Accordo istitutivo del Tribunale Unificato Brevetti la cui ratifica abbiamo approvato con legge 214/2016, sostanzialmente ne condiziona l'entrata in vigore.

Questo è, dunque, l'ultimo passaggio richiesto agli Stati aderenti perché l'European Patent System entri nell'ordinamento giuridico, dal momento che esso dipende dall'entrata in vigore dell'Accordo istitutivo del TUB.

Ricordo che se l'Italia ha aderito alla cooperazione rafforzata sull'Accordo TUB già nel 2011, è stato accumulato un ritardo per l'adesione alla parte sostanziale del sistema, ossia quella del Brevetto Unitario Europeo, in virtù della pur legittima contestazione del trilinguismo. In questa legislatura parlamento e Governo hanno ritenuto che questa questione, pur fondata, non potesse lasciare fuori l'Italia e, dunque, le sue imprese, dal Sistema, considerando anche le grandi capacità e il potenziale di internazionalizzazione dei nostri professionisti in campo giuridico. Con la risoluzione approvata nel 2015 dalle Commissioni Attività Produttive e Politiche Europee abbiamo chiesto al Governo di procedere all'adesione alla cooperazione rafforzata in materia di brevetto unitario europeo, al contempo continuando a porre il tema della parità linguistica in Europa. Il Governo ha aderito con grande efficacia e determinazione, ed è stata la scelta giusta, se pensiamo ai risultati che sedendo anche se solo in sede finale nel Comitato Ristretto (Selected Committee) l'Italia ha conseguito per le proprie micro e pmi, in termini di procedure e di costi, anche processuali (e rispetto a cui rinvio alla dichiarazione di voto che ho svolto il 14 settembre 2016 sulla ratifica ed esecuzione su TUB).

Quindi l'European Patent System è un'opportunità per le nostre imprese, soprattutto per quelle che innovano. Per mettere ancora più a frutto quest'opportunità e mettere in campo un'azione strategica anche per il nostro sistema professionale, come abbiamo già chiesto in vari atti di indirizzo e ispettivi, il nostro Paese deve approfondire i margini per negoziare, a seguito della Brexit, la riassegnazione della divisione della sede centrale del TUB dall'UK all'Italia, anche per il potenziale di brevettazi ne che sarà sostenuto con le nuove regole. So bene Presidente che gli accordi sulla giurisdizione in esame hanno natura internazionale, ma è altrettanto evidente che la tutela giurisdizionale unica in discorso è strettamente complementare alla parte sostanziale. L'assegnazione all'Italia di una sezione della divisione TUB servirebbe da raccordo per dare più coesione tra Nord e sud Europa soprattutto dopo la sfortunata vicenda di EMA, che ha dimostrato comunque le grandissime capacità tecniche e competitive del nostro Paese.

Credo, dunque, che in questa materia in tale direzione debba andare l'ulteriore sforzo del nostro Governo, anche in virtù degli incoraggianti dati della produzione industriale innescati anche da investimenti in innovazione, dal Patent System al Piano Industria 4.0, e che, dunque, ancor di più mettono in campo le nostre specializzazioni produttive e professionali.

TESTI DEGLI INTERVENTI DI CUI È STATA AUTORIZZATA LA PUBBLICAZIONE IN CALCE AL RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA ODIERNA: LIA QUARTAPELLE PROCOPIO, MILENA SANTERINI, STEFANO BORGHESI E LAURA GARAVINI (A.C. 4609-A)

LIA QUARTAPELLE PROCOPIO, Relatrice. (Relazione – A.C. 4609-A). Signora Presidente,

Signor rappresentante del Governo, Colleghi deputati, il disegno di legge in esame reca l'autorizzazione alla ratifica di cinque accordi di sede tra l'Italia ed organizzazioni internazionali, di cui tre presenti nel territorio nazionale.

Quanto alle tre organizzazioni aventi sede in Italia (l'Organizzazione internazionale di diritto per lo sviluppo (IDLO), il Centro internazionale di studi per la conservazione ed il restauro dei beni culturali (ICCROM) e la Multinational Force and Observers (MFO) - si è resto necessario rinegoziare gli accordi essendo trascorsi molti anni dalla firma ed essendo mutate le esigenze delle organizzazioni stesse.

La loro presenza sul nostro territorio è motivo di prestigio internazionale per il nostro Paese, anche alla luce dei settori di attività coinvolti: la promozione dello Stato di diritto e della giustizia nei Paesi in via di sviluppo, in transizione economica e nei Paesi in situazione post-belliche; la tutela dei beni culturali e il sostegno alle operazioni di mantenimento della pace. Vi sono anche positive ricadute economiche in relazione all'indotto produttivo sviluppatosi negli anni intorno a tali Organizzazioni.

Quanto all'IDLO, mi limito a ricordare che tale Organizzazione opera in oltre 170 Paesi attraverso una rete di circa 2.500 esperti e in collaborazione con 47 associazioni indipendenti e ha organizzato corsi di formazione per oltre 20.000 giuristi provenienti da tutto il mondo. Le attività dell'IDLO sono in rapida espansione: se nel 2010 gestiva 20 progetti per un valore di poco meno di 19 milioni di dollari, nel 2014 i programmi gestiti sono stati 47 per un valore di oltre 87 milioni di dollari.

La revisione dell'Accordo di sede, che risale al 1992 (con modifiche apportate nel 1993), deriva dall'opportunità, da un canto, di tenere conto del mutato quadro istituzionale interno dell'Organizzazione e, dall'altro, di specifiche esigenze segnalate dall'Organizzazione (anche alla luce del trattamento concesso dai Paesi Bassi nell'accordo di sede per l'ufficio distaccato dell'Aja) di consolidare la sua presenza in Italia, scongiurando in tal modo il rischio di un possibile trasferimento della stessa in un altro Paese. Per tali ragioni la Farnesina ha negoziato l'aggiornamento dell'Accordo di sede, contenente anche l'impegno (come già fatto dai Paesi Bassi per il personale di nazionalità olandese) di concedere l'esenzione dalla tassazione diretta anche al personale italiano impiegato.

Passando all'ICCROM, cui aderiscono 133 Stati, a seguito della sottoscrizione dell'Accordo di sede tra l'Italia e l'UNESCO del 1957, ratificato con la legge n. 723 del 1960, il Centro ha stabilito la propria sede a Roma nel 1959. Lo Scambio di lettere tra il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e l'ICCROM ha l'obiettivo di emendare l'Accordo di sede del 1957 modificando la disciplina relativa alle esenzioni fiscali concesse al personale al fine di equiparare il trattamento tra funzionari, senza distinzioni basate sulla nazionalità. Lo Scambio di lettere prevede inoltre la corresponsione di 1 milione di euro una tantum a saldo totale delle somme dovute dallo Stato italiano per la manutenzione della sede dell'ICCROM, secondo quanto statuito dall'articolo 2 dell'Accordo di Parigi del 27 aprile 1957. Anche in questo caso sussiste il rischio, in assenza di ratifica, che l'Organizzazione interpelli la comunità degli Stati membri per accogliere altre manifestazioni d'interesse ad ospitare la sede dell'Organizzazione, a condizioni più vantaggiose di quelle attualmente offerte dall'Italia.

Per quanto riguarda lo Scambio di Note tra l'Italia e la Multinational Force and Observers (MFO), emendativo dell'Accordo di sede del 12 giugno 1982, fatto a Roma il 7 e 8 giugno 2017, ricordo che la MFO è un'operazione multinazionale che svolge attività di peacekeeping nella penisola del Sinai, il cui quartier generale ha sede a Roma. L'Italia è il quarto Paese contributore in termini di uomini con la qualificata partecipazione della Marina militare. La partecipazione italiana è finanziata dalla MFO (esclusi gli stipendi dei militari), senza oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato.

La MFO ha richiesto una nuova modifica dell'Accordo di sede con l'Italia del 1982 per incrementare fino a quattordici (oggi il testo limita la misura a sette funzionari) il numero massimo di funzionari a cui estendere le immunità e i privilegi concessi in virtù dell'Accordo, con l'esclusione di quelli aventi nazionalità italiana, e ciò in ragione dell'intensificazione delle attività nella penisola del Sinai considerate le peggiorate condizioni di sicurezza della regione.

Il quarto accordo al nostro esame, riguardante la Carta istitutiva del Forum internazionale dell'energia (IEF), fatta a Riad il 22 febbraio 2011, è inteso a definire la missione e a regolare l'organizzazione e le attività del Forum, firmata nell'occasione dai rappresentanti di 85 Paesi, tra cui l'Italia. Tale azione politica si è quindi sviluppata attraverso una serie d'incontri negli anni 2009 e 2010. Per mezzo del lavoro del Gruppo d'indirizzo ad alto livello dell'IEF (High-Level steering group) e quindi del Gruppo di indirizzo allargato (Extended steering group) sono stati negoziati i contenuti della Carta istitutiva.

Finalità generale del Forum internazionale dell'energia è la collaborazione tra i Governi dei Paesi consumatori-importatori di energia, dei Paesi produttori-esportatori e dei Paesi di transito, nel riconoscimento delle interdipendenze che legano le loro economie. In un contesto in cui il governo globale dell'energia è in evoluzione, occorre segnalare che una delle principali differenze che caratterizzano il Forum internazionale dell'energia rispetto alle altre organizzazioni internazionali di settore consiste nella vocazione universale e neutrale del Forum e quindi nell'adesione di tutti i maggiori Paesi della comunità internazionale, su base paritaria.

Con l'adozione della Carta istitutiva è stata deliberata in modo definitivo la scelta di Riad come sede permanente del Segretariato del Forum. Il Governo del Regno dell'Arabia Saudita ha provveduto e provvede a mettere a disposizione, senza oneri per gli altri Stati membri, lo spazio per gli uffici e le infrastrutture essenziali necessarie per il funzionamento del Segretariato.

Il Memorandum d'intesa tra la Repubblica italiana e il Consiglio d'Europa circa l'Ufficio del Consiglio d'Europa a Venezia, fatto a Strasburgo il 14 giugno 2017, è volto ad attribuire all'unità già informalmente operante a Venezia lo status giuridico internazionale di Ufficio del CdE, dedicato alla gestione di attività di cooperazione euro-mediterranea nel settore della promozione dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto promosse dal CdE, anche in sinergia con iniziative dell'Unione europea. L'istituzione di un Ufficio periferico del CdE a Venezia permetterà infine al locale capo della struttura di agire per conto del Segretario generale del CdE, consentendo una più agevole gestione amministrativa e contabile dell'Ufficio.

La conclusione di un Memorandum d'intesa per l'istituzione di un Ufficio periferico del CdE a Venezia è stata proposta dal Segretariato del CdE nel 2014. Il testo è stato negoziato dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e recepisce le osservazioni via via trasmesse dalle amministrazioni interessate. Il testo è stato condiviso anche con il comune di Venezia e con la regione Veneto.

Segnalo che nel corso dell'esame in sede referente la Commissione ha approvato un emendamento di recepimento del parere condizionato della Bilancio ai fini del rispetto dell'articolo 81 della Costituzione.

Concludo auspicando la rapida conclusione dell'iter di esame ai fini di una celere ratifica degli Accordi di sede richiamati.

MILENA SANTERINI. (Dichiarazione di voto finale – A.C. 4609-A). Il disegno di legge in esame concerne l'autorizzazione alla ratifica di cinque accordi tra l'Italia ed altrettante organizzazioni internazionali, di cui tre presenti sul territorio nazionale: si tratta dell'Organizzazione internazionale di diritto per lo sviluppo (IDLO), del Centro internazionale di studi per la conservazione ed il restauro dei beni culturali (ICCROM) e della Multinational Force and Observers (MFO) che hanno già la propria sede a Roma in forza di precedenti intese che ora necessitano di essere rinegoziate. Gli altri due accordi riguardano la Carta istitutiva del Forum Internazionale dell'energia IEF e il Memorandum d'intesa con il Consiglio d'Europa sull'Ufficio-CdE-di-Venezia.

L'Accordo con 1'IDLO costituisce la revisione dell'Accordo di sede che risale al 1992, modificato poi nel 1993, ed è dovuto sia al mutato quadro istituzionale dell'IDLO (che dal 2001 è in possesso dello status di osservatore presso l'Onu, e che si occupa della promozione dello stato di diritto), sia al riscontro ed alle specifiche esigenze segnalata dalla stessa organizzazione al fine di consolidarne la presenza in Italia, dove ha sede a Roma, e dove integra l'operato di altre organizzazioni come la FAO, l'IFAD, ecc. L'Accordo consta di 18 articoli.

Lo scambio di lettere tra Italia e ICCROM è aggiuntivo all'Accordo di Parigi del 27 aprile 1957 e allo Scambio di lettere del 7 gennaio 1963 sull'istituzione e sullo status giuridico della stessa ICCROM, che è un'organizzazione intergovernativa alla quale aderiscono 135 Stati, e che promuove a livello internazionale la conservazione, la tutela e il restauro del patrimonio culturale. Il nuovo scambio di lettere è stato fatto a Roma il 17 marzo 2017. Il Centro ha sede a Roma, e il contenuto dello scambio di lettere consiste nella modifica dell'articolo 11 dell'Accordo del 1957, relativo alle esenzioni fiscali concesse al personale dell'Organizzazione, che si estende ora a tutti gli atti compiuti nell'esercizio delle loro funzioni da parte dei funzionari.

Infine, il Memorandum d'intesa tra Italia e il Consiglio d'Europa circa l'ufficio del Consiglio d'Europa a Venezia e il suo status giuridico è stato fatto a Strasburgo il 14 giugno 2017 ed è volto ad attribuire all'unità già informalmente operante a Venezia lo status giuridico internazionale di ufficio del CdE dedicato alla gestione delle attività di cooperazione euro-mediterranea nel settore della promozione dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto. Il memorandum è stato proposto dal Segretariato generale del CdE nel 2014, ed è stato condiviso anche con il Comune di Venezia e con la Regione Veneto ed è stato negoziato dal Ministero degli Esteri. Il memorandum si compone di 30 paragrafi preceduti da una breve premessa.

Il disegno di legge di autorizzazione alla ratifica dei vari accordi ricordati si compone di 4 articoli, di cui il terzo reca le norme di copertura finanziaria.

STEFANO BORGHESI. (Dichiarazione di voto finale – A.C. 4609-A). Signora Presidente, Onorevoli Colleghi, Signori membri del Governo!

Con il Disegno di Legge 4609 la nostra Assemblea viene nuovamente chiamata ad esprimersi su un provvedimento governativo che raggruppa una serie di ratifiche di atti internazionali che sarebbe forse stato meglio esaminare separatamente.

Come il nostro Gruppo ha più volte sostenuto in entrambi i rami del Parlamento, la vera ragion d'essere della sottoposizione alle Camere delle ratifiche è nella necessità di acquisire una valutazione politica di merito, che in questo caso diventa per forza di cose superficiale. Siamo costretti quindi a ripeterci.

Certo, in quattro delle cinque ratifiche è presente l'elemento comune dell'accordo di sede con il quale si regola la presenza nel nostro Paese di altrettanti uffici di organizzazioni internazionali cui la Repubblica Italiana ha aderito. Tre delle intese concernono Roma ed una Venezia. Nel caso della quinta ratifica, invece, manca anche questo elemento federativo comune. Continuiamo pertanto a non comprendere a quali criteri s'ispiri l'orientamento ad accorpare la ratifica di tanti trattati internazionali in realtà non omogenei tra loro.

L'impressione è che si cerchi in questo modo solo di accelerare i tempi, anche a discapito della possibilità di sviluppare un vero confronto, forse confidando anche nel carattere poco divisivo del contenuto delle singole ratifiche. In effetti, a parte questa obiezione metodologica, nel merito degli accordi le osservazioni sono poche.

Per quanto riguarda l'IDLO, acronimo che sta per Organizzazione Internazionale di Diritto per lo Sviluppo, l'urgenza che ha spinto il Governo ad agire è il rischio che la pretesa olandese di recuperare la sede, trasferita in effetti a Roma nel 1988 dopo cinque anni di residenza nei Paesi Bassi, possa progressivamente acquisire maggior forza. Si tratta di un pericolo concreto, dal momento che l'Olanda contribuisce tuttora all'IDLO per il 59% dei suoi fondi, contro il 27% messo a disposizione dall'Italia. A quanto pare, la presenza dell'IDLO a Roma sarebbe foriera di importanti ritorni economici. Come si fa a dir di no?

L'ICCROM è invece il Centro Internazionale di Studi per la Conservazione ed il Restauro dei Beni Culturali, istituito nel 1957 dall'UNESCO. Diciamoci la verità: con quello che accade a Pompei e in tanti altri siti di grande importanza archeologica ed artistica, è un vero miracolo che l'ICCROM sia ancora basato a Roma. Si apprende dalla relazione illustrativa che questo Centro Internazionale ha 35 dipendenti in totale, fra i quali vi sono anche 14 italiani, e che il nostro Paese dovrà corrispondere un milione di euro per compensare alcuni mancati interventi manutentivi che dovevano essere fatti in passato. La domanda è quindi: va bene la sede a Roma, ma siamo sicuri che porti al nostro Paese un utile che giustifica gli oneri che sosteniamo? E' un dubbio che rimettiamo qui all'attenzione dell'Assemblea.

Un altro accordo fra quelli raggruppati nell'Atto al nostro esame concerne la conferma dell'accordo di sede riguardante la MFO, la forza multinazionale di osservazione che garantisce la tenuta degli accordi di Camp David, tuttora un presidio di sicurezza in una regione altamente instabile, ed alla quale partecipiamo come quarti contributori, dopo gli americani, gli egiziani e gli israeliani. Non ci opporremo certamente alla ratifica di questa intesa, anche se ci pare abbia una portata minore, concernendo al fondo il raddoppio del numero di persone che nella sede romana della MFO potranno beneficiare di privilegi e immunità speciali.

Siamo contenti, poi, che venga conferito lo status di ufficio del Consiglio d'Europa alla sede di cui la prestigiosa organizzazione paneuropea già disponeva a Venezia. Ci viene detto che da questo ufficio saranno promosse la cooperazione e la promozione dei diritti umani nell'area euro-mediterranea. Auspichiamo soltanto che queste attività non si ritorcano contro l'interesse del nostro Paese a non vedere aumentare l'instabilità in quegli Stati da quali giunge parte significativa dei migranti irregolari che arrivano in Italia.

Infine, la quinta ratifica concerne la dichiarazione che ha dato vita al Forum Internazionale dell'Energia, una nuova istituzione la cui creazione è stata promossa dall'Arabia Saudita per intensificare il dialogo tra i Paesi produttori e consumatori di prodotti energetici e che avrà sede a Riyadh. E' un passo interessante, questa ratifica, anche perché viene compiuto proprio mentre all'interno della corte saudita assume peso crescente il ruolo di personalità che sono intenzionate a riformare il Paese, allontanandolo da ogni forma di sostegno al radicalismo jihadista.

La gestione di queste intese avrà oneri non proprio trascurabilissimi, trattandosi di cifra ampiamente superiore al milione di euro e prossima ai due.

Signora Presidente, Onorevoli Colleghi, Signori membri del Governo!

La debolezza delle controindicazioni all'approvazione di questi accordi ci impedisce di dichiarare un voto negativo. Vogliamo però sottolineare con la nostra astensione la contrarietà della Lega al metodo che è stato scelto anche in questa circostanza.

LAURA GARAVINI. (Dichiarazione di voto finale – A.C. 4609-A). Grazie Presidente, i trattati che ci apprestiamo a ratificare vanno a modificare in diversi ambiti i rapporti fra il nostro Paese e una serie di organismi internazionali, tre dei quali aventi sede sul territorio italiano. Si tratta di trattati che mirano ad agevolare il funzionamento di tali organismi, in linea con quanto richiesto e previsto da accordi internazionali.

L'accordo fra l'Italia e l'Organizzazione internazionale di diritto per lo sviluppo (IDLO) riguarda il funzionamento della sede dell'organizzazione, che si trova a Roma, l'immunità e i benefici, anche fiscali, dei funzionari dell'Organizzazione stessa, con l'estensione anche ai cittadini italiani dell'esenzione dalla tassazione diretta. L'IDLO opera a sostegno di comunità e governi nel settore delle riforme legislative e dello sviluppo delle istituzioni al fine di promuovere pace, giustizia, sviluppo sostenibile e opportunità economiche. Si affianca a organizzazioni internazionali come la FAO e si occupa di attività di ricerca nel settore del diritto e sui temi della giustizia.

In merito all'ICCROM, ovvero l'lnternational centre for the study of the preservation and the restoration of cultural property, anch'esso con sede a Roma, si regolarizzano questioni analoghe a quelle cui si è appena accennato rispetto all'accordo con I'IDLO, e cioè la previsione dell'immunità e di benefici fiscali per tutti i funzionari, compresi quelli di nazionalità italiana. Il tutto al fine di uniformarsi alla Convenzione del 1947 sui privilegi e sulle immunità degli istituti specializzati delle Nazioni Unite. L'ICCROM è infatti un'organizzazione intergovernativa che promuove a livello internazionale la conservazione, la tutela e il restauro del patrimonio culturale.

Analogo è l'oggetto dello scambio di note fra l'Italia e il Multinational Force and Observers (MFO), un'operazione multinazionale incaricata di attività di peace keeping nella penisola del Sinai, il cui quartier generale ha sede a Roma. In particolare, lo scambio di note riguarda l'estensione dei benefici fiscali e delle immunità a un numero di funzionari maggiore rispetto a quanto fosse previsto fino ad oggi, con la previsione di un numero massimo complessivo di quattordici unità, tuttavia con l'esclusione in questo caso dei funzionari di cittadinanza italiana.

Nel caso del Forum internazionale dell'energia, invece, i rapporti si costituiscono ex novo, dato che si tratta di un organismo ancora in via di istituzione. Ecco che, con la Carta istitutiva del Forum internazionale dell'energia, si dota l'omonimo organismo, da poco istituito, degli strumenti normativi per potere funzionare. Il Forum mira ad essere luogo del dialogo tra Paesi produttori, Paesi consumatori e di transito di energia. Ha il compito di promuovere una migliore comprensione dei problemi globali legati all'energia, delle loro interdipendenze e dei benefici derivanti dal dialogo e dalla mutua cooperazione tra Stati membri, incluse le imprese che operano nel settore.

Infine, il Memorandum d'intesa tra l'Italia e il Consiglio d'Europa riguarda l'istituzione di un Ufficio del Consiglio d'Europa a Venezia, dedicato alla gestione di attività di cooperazione euromediterranea nel settore della promozione dei diritti umani.

I trattati, di cui oggi si vota la ratifica, mirano a rendere più efficienti i citati organismi internazionali.

L'Italia ha tutto l'interesse nel promuovere una modifica del quadro normativa che vada in questa direzione: Ditale affinamento delle relazioni beneficeranno tutti gli Stati coinvolti, in una prospettiva di bene comune internazionale.

L'IDLO, ad esempio, promuove lo sviluppo dello stato di diritto a livello internazionale. Un prezioso lavoro, drammaticamente attuale in un'era nella quale purtroppo la democrazia è ancora quotidianamente calpestata in diversi luoghi del mondo.

L'ICCROM si occupa di un tema tradizionalmente caro all'Italia, quello del patrimonio culturale, in particolare in tema di restauro.

L'MFO contribuisce a mantenere la pace in una zona delicatissima come la Penisola del Sinai.

Il Forum internazionale dell'energia ha la potenzialità di promuovere maggiore consapevolezza delle interdipendenze fra i Paesi esportatori, importatori e di transito di energia.

Non ho bisogno, infine, di sottolineare il ruolo fondamentale svolto dal Consiglio d'Europa nella promozione dei diritti umani a livello globale.

Ecco che la ratifica di questi accordi è di particolare importanza anche perché va ad uniformare il rispettivo funzionamento rispetto a quanto previsto da convenzioni internazionali sugli organismi intergovernativi.

Si tratta inoltre, in tre casi su cinque, di organismiche operano sul suolo italiano, e dunque creano posti di lavoro, mobilitano risorse e danno ulteriore prestigio al nostro Paese attraverso il loro operato.

Per queste ragioni annuncio il voto favorevole del Gruppo del Partito Democratico.

TESTI DEGLI INTERVENTI DI CUI È STATA AUTORIZZATA LA PUBBLICAZIONE IN CALCE AL RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA ODIERNA: MARIA GRAZIA CARROZZA, MILENA SANTERINI STEFANO BORGHESI E BRUNO CENSORE (A.C. 4684)

MARIA CHIARA CARROZZA, Relatrice. (Relazione – A.C. 4684). Signora Presidente, Signor rappresentante del Governo, Colleghi deputati, il disegno di legge al nostro esame, già approvato dal Senato il 4 ottobre scorso, ha per oggetto la ratifica ed esecuzione della Convenzione relativa alla costruzione e all'esercizio di un impianto laser europeo a elettroni liberi a raggi X, con allegati, fatta ad Amburgo il 30 novembre 2009 (Convenzione XFEL); nonché del Protocollo di adesione della Russia alla Convenzione del 16 dicembre 1988 sulla costruzione e gestione del Laboratorio europeo di radiazione di sincrotrone, Protocollo fatto a Grenoble il 23 giugno e a Parigi il 15 luglio 2014 (Convenzione ESRF).

Ricordo che nel corso dell'esame presso l'altro ramo del Parlamento con un apposito emendamento della Commissione Affari Esteri è stato aggiunta al disegno di legge anche la previsione autorizzativa riguardante la ratifica del Protocollo alla Convenzione XFEL, concernente l'adesione della Spagna, fatto a Berlino il 6 ottobre 2011.

La Convenzione XFEL si inserisce nell'omonimo progetto “European XFEL”, allo scopo di realizzare una grande infrastruttura di ricerca per la produzione di raggi coerenti ad altissima brillanza, nonché per il loro utilizzo quale sorgente di luce per fotografare e filmare con risoluzione a livello atomico processi biologici e chimici della materia, tanto condensata quanto allo stato di plasma.

L'infrastruttura European XFEL dovrebbe porre l'Europa all'avanguardia in campo internazionale per quanto concerne le conoscenze scientifiche fondamentali e le loro applicazioni in diversi campi (biologico, biomedicale e dei nuovi materiali).

Dal punto di vista teorico e applicativo, la possibilità di produrre ogni secondo migliaia di pacchetti ultradensi di quanti di luce, coerenti e di dimensione atomica, deriva dallo sviluppo del processo SASE-FEL e della tecnologia superconduttiva TESLA, cui l'Italia ha fornito contributi essenziali, specialmente dal punto di vista della teoria generale. Va del resto ricordato che il direttore del progetto European XFEL il è un italiano, Massimo Altarelli.

Il progetto XFEL vive una sua dimensione autonoma dal 2005, dopo essere nato ad Amburgo quale appendice del progetto internazionale TESLA per lo sviluppo di un grande acceleratore per la fisica delle particelle elementari, di generazione successiva a quello ben noto del CERN di Ginevra.

La Convenzione XFEL è stata firmata il 30 novembre 2009 ad Amburgo da dieci Paesi - Germania, Italia, Russia, Svizzera, Svezia, Repubblica ceca, Slovacchia, Polonia, Ungheria -, mentre Francia e Spagna hanno firmato la Convenzione in un secondo tempo.

Dal punto di vista finanziario per il nostro Paese la sottoscrizione della Convenzione ha comportato un impegno all'esborso di 33 milioni di euro: l'effettiva sottoscrizione sarà limitata a 723 azioni, pari al 2,89 per cento del capitale sociale, in seguito a riconsiderazione del valore del progetto XFEL alla quota di 1.141 milioni di euro. Le azioni sono state al momento sottoscritte dalla Germania e verranno trasferite all'azionista italiano quando questi aderirà formalmente alla Società European XFEL - senza scopo di lucro e a responsabilità limitata - , a conclusione della procedura di ratifica della Convenzione.

La Convenzione consta di un preambolo, 17 articoli, un allegato - ovvero lo Statuto della Società European XFEL - che ne costituisce parte integrante, l'Atto finale della Conferenza dei plenipotenziari, con risoluzione della medesima, e di varie dichiarazioni nazionali.

Il secondo trattato, che disciplina l'adesione della Spagna, è stato incluso – come accennavo - nel presente disegno di legge a seguito dell'approvazione in Senato di un emendamento governativo. Il Protocollo prevede che l'adesione della Spagna avvenga alle stesse condizioni previste per le altre parti, con un contributo di tale Paese in 11 milioni di euro, senza che venga alterata la percentuale delle quote degli altri Paesi partecipanti. Non ci sono quindi nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio italiano.

Il disegno di legge in esame ha per oggetto anche il Protocollo di adesione della Russia alla Convenzione ESRF sulla costruzione e gestione del Laboratorio europeo di radiazione di sincrotrone.

Al Laboratorio europeo di radiazione di sincrotrone, basato a Grenoble, partecipano 12 Stati membri -Francia, Germania, Italia, Regno Unito, Spagna, Svizzera, Belgio, Paesi Bassi, Danimarca, Finlandia, Norvegia, Svezia -; vi sono inoltre otto Paesi che partecipano in qualità di collaboratori - Austria, Portogallo, Israele, Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria, Slovacchia, Sudafrica.

Il laboratorio è uno dei centri di ricerca più importanti al mondo nell'ambito della fisica della materia condensata, della biologia molecolare e della scienza dei materiali. L'adesione della Russia alla Convenzione si realizzerà mediante l'acquisizione del sei per cento delle quote della società e il versamento da parte di Mosca di un contributo una tantum di 10 milioni di euro, come indennità per i costi di costruzione dell'infrastruttura.

Nel giugno 2014 i Paesi membri della Convenzione ESRF hanno approvato la richiesta russa di accedere alla Convenzione, mediante un apposito Protocollo. A questo scopo la Russia ha fornito un contributo una tantum di 10 milioni di euro per i costi di costruzione del Laboratorio, che sono stati finalizzati all'aggiornamento e rafforzamento delle risorse scientifiche dello stesso.

L'adesione della Russia ha comportato inoltre l'acquisizione da parte di questo Paese di una quota del 6 per cento della Società ESRF, pari ad un contributo annuale al bilancio totale di 5.261.000 euro. Il Protocollo, rileva la relazione introduttiva, ridefinisce contestualmente le quote proprietarie del Laboratorio e i contributi annuali da parte di alcuni Paesi: nel caso dell'Italia, il contributo annuale viene ridotto dal 15 al 13,2 per cento.

Tale riduzione è stata concordata in seno al Consiglio di amministrazione del Laboratorio, onde allineare la percentuale del contributo italiano all'utilizzazione media dell'infrastruttura da parte della comunità scientifica italiana nell'ultimo decennio. La quota italiana, del resto, era già stata ridotta, per il periodo 2011-2014 e transitoriamente, alla medesima quota del 13,2 per cento, il che vuol dire un contributo italiano annuo di 11.286.600 euro.

Il disegno di legge di ratifica, che consta di cinque articoli, oltre a recare le consuete disposizioni sull'autorizzazione alla ratifica e sull'ordine d'esecuzione, all' articolo 4 fissa la norma di copertura finanziaria degli oneri derivanti dall'attuazione degli accordi.

In particolare il comma 1 stabilisce che agli oneri derivanti dalla ratifica della Convenzione XFEL, e in particolare dall'articolo 5, paragrafi 2 e 5, e dall'articolo 3, pari a 4.744.374 euro per il 2017, a 3.431.038 euro per il 2018 e a 3.495.247 a decorrere dal 2019, si provvede con riduzione del fondo speciale di parte corrente iscritto ai fini del bilancio triennale 2017-2019 nell'ambito dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, con parziale utilizzazione dell'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.

MILENA SANTERINI. (Dichiarazione di voto finale – A.C. 4684). Il disegno di legge in discussione, approvato dal Senato il 4 ottobre 2017, ha per oggetto la ratifica ed esecuzione della Convenzione relativa alla costruzione e all'esercizio di un impianto laser europeo a elettroni liberi a raggi X, con allegati, fatta ad Amburgo il 30 novembre 2009 (Convenzione XFEL); nonché del Protocollo di adesione della Russia alla Convenzione del 16 dicembre 1988 sulla costruzione e gestione del Laboratorio europeo di radiazione di sincrotrone, Protocollo fatto a Grenoble il 23 giugno e a Parigi il 15 luglio 2014 (Convenzione ESRF). Si segnala altresì che nel corso dell'esame al Senato apposito emendamento della Commissione Affari Esteri di Palazzo Madama ha aggiunto al disegno di legge anche la ratifica del Protocollo alla Convenzione XFEL, Protocollo concernente l'adesione della Spagna, fatto a Berlino il 6 ottobre 2011.

La Convenzione XFEL si inserisce nel programma "European XFEL" allo scopo di realizzare una grande infrastruttura di ricerca che dovrebbe porre l'Europa all'avanguardia nel campo internazionale per le conoscenze scientifiche fondamentali e la loro applicazione in diversi campi. La Convenzione è stata firmata il 30 novembre 2009 ad Amburgo. Dal punto di vista finanziario la firma della Convenzione ha comportato per l'Italia un esborso di 33 milioni di euro. La Convenzione in oggetto consta di 17 articoli, un preambolo, un allegato, e dall'Atto finale della Conferenza dei plenipotenziari con risoluzione della medesima e varie dichiarazioni nazionali.

Successivamente anche la Spagna ha firmato un protocollo alla Convenzione, riguardante la sua adesione, protocollo che consta di un preambolo e 4 articoli. Infine, il Senato, come detto, ha aggiunto anche il Protocollo di adesione della Russia alla Convenzione ESRF sulla costruzione e la gestione del Laboratorio europeo di radiazione di sincrotone, che consta di un preambolo e cinque articoli.

Il disegno di legge di autorizzazione alla ratifica si compone di cinque articoli. In particolare, il quarto reca le norme di copertura finanziaria, pari a 4.744.374 per il 2017, 3.431.038 euro per il 2018 e 3.495.247 a decorrere dal 2019.

STEFANO BORGHESI. (Dichiarazione di voto finale – A.C. 4684). Signora Presidente, Onorevoli Colleghi, Signori membri del Governo!

Con l'Atto Camera 4684, già approvato dal Senato, giunge all'esame della nostra Assemblea un provvedimento che dispone la ratifica ed esecuzione della Convenzione relativa alla costruzione e all'esercizio di un impianto laser europeo a elettroni liberi a raggi X, con allegati, fatta ad Amburgo il 30 novembre 2009 e del Protocollo di adesione del Governo della Federazione russa alla Convenzione del 16 dicembre 1988 sulla costruzione e sulla gestione del laboratorio europeo di radiazione di sincrotrone (ESRF) , fatto a Grenoble il 23 giugno 2014 e a Parigi il 15 luglio 2014.

Al centro del Disegno di Legge vi sono quindi progetti di dimensioni europee ed eccezionale valenza tecnico-scientifica, che riguardano da un lato la tecnologia laser e dall'altro la gestione del laboratorio europeo di radiazione di sincrotrone.

A quanto è dato di comprendere dalla lettura dei testi illustrativi con i quali il Governo ha corredato la presentazione del provvedimento all'altro ramo del Parlamento, Convenzione e Protocollo concernono progetti alla frontiera della ricerca pura ed applicata. Non paiono tuttavia esserci implicazioni militari dirette.

In un caso, si finanzia la costruzione di una grande infrastruttura europea di ricerca per la produzione di raggi X coerenti, ad altissima brillanza, e per il loro utilizzo come sorgente di luce per fotografare e filmare, con risoluzione atomica, i processi biologici, chimici e della materia sia condensata che nello stato eccitato di plasma.

Nell'altro, invece, si associa la Russia alla gestione dello ESRF — o Laboratorio Europeo di Luce di Sincrotrone - basato a Grenoble, Francia, ed attualmente sostenuto da una ventina di Paesi: una struttura che vanta un bilancio annuale di circa 80 milioni di euro, impiega oltre 600 persone ed ospita più di 3.500 scienziati in visita ogni anno.

L'ESRF è dedito alla produzione di raggi X per ricerche e applicazioni in varie discipline. Risponde inoltre a domande ed esigenze provenienti sia dal mondo della ricerca che da quello industriale.

I costi connessi all'esecuzione del provvedimento non sono del tutto trascurabili, essendo stati stimati pari a diversi milioni di euro annui: ben 4,7 nel 2017, 3,4 nel 2018 e quasi 3,4 a decorrere dal 2019.

La Lega Autonomie-Noi con Salvini non è pregiudizialmente contraria all'approvazione del provvedimento, giudicando anzi favorevolmente il coinvolgimento russo in un programma europeo a così elevata intensità di conoscenza, ma rileva la grande difficoltà di esprimere un giudizio politico consapevole su un argomento così tecnico, rispetto al quale, oltretutto, né il Governo né la maggioranza che lo sostiene sono riusciti a far comprendere pienamente quali vantaggi deriveranno concretamente al nostro paese.

BRUNO CENSORE. (Dichiarazione di voto finale – A.C. 4684). Grazie Presidente, onorevoli colleghi, il disegno di legge di ratifica in discussione oggi, avente ad oggetto la convenzione relativa al progetto European XFEL ed i protocolli di adesione alla Convenzione di Spagna e Russia ha incontrato il parere favorevole in Commissione Affari Esteri, proseguendo l'impegno dell'Italia nel solco dell'avanguardia internazionale nel campo del sapere scientifico. Come già è noto, l'Italia ha inteso contribuire alla realizzazione di questa infrastruttura di ricerca di eccellenza a livello atomico, con un importante stanziamento di 41 milioni di euro e - insieme ad altri 11 paesi - con il contributo inestimabile di 650 scienziati nel Laboratorio di Grenoble. Il Partito Democratico riconosce e sostiene tale progetto per la sua straordinaria rilevanza. Annuncio pertanto il voto favorevole del gruppo.

TESTI DEGLI INTERVENTI DI CUI È STATA AUTORIZZATA LA PUBBLICAZIONE IN CALCE AL RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA ODIERNA: ALESSIA MORANI, LIA QUARTAPELLE PROCOPIO, STEFANO BORGHESI E LAURA COCCIA (A.C. 4303)

ALESSIA MORANI, Relatrice per la II Commissione. (Relazione – A.C. 4303). Come anticipato dalla collega Quartapelle, mi soffermerò sui contenuti del disegno di legge di autorizzazione alla ratifica ed esecuzione della Convenzione, che si compone di 7 articoli.

In particolare, segnalo che gli articoli 1 e 2 del disegno di legge prevedono, rispettivamente, l'autorizzazione alla ratifica e l'ordine di esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla manipolazione di competizioni sportive. In particolare, per quanto riguarda l'esecuzione, l'obbligo scatta a partire dalla data di entrata in vigore della Convenzione stessa, prevista dall'articolo 32, paragrafo 4 a seguito della ratifica da parte di 5 Stati firmatari, dei quali almeno 3 siano membri del Consiglio d'Europa.

Gli articoli da 3 a 5 introducono disposizioni di adeguamento dell'ordinamento nazionale alle previsioni della Convenzione. Si tratta di limitati interventi relativi a: l'individuazione dell'autorità nazionale competente, in attuazione dell'art. 9 della Convenzione (art. 3); la previsione della confisca penale obbligatoria, anche per equivalente, dei beni che costituiscono il prodotto, il profitto o il prezzo di delitti di frode in competizioni sportive o di esercizio abusivo di attività di gioco o di scommessa, in attuazione dell'art. 25 della Convenzione (art. 4); la previsione della responsabilità amministrativa degli enti in caso tali reati siano commessi a loro vantaggio, in attuazione degli articoli 18 e 23 della Convenzione (art. 5). Come spiegato dalla Relazione illustrativa del disegno di legge, il Governo ritiene che non necessitino di adeguamento le restanti parti della Convenzione, in quanto il nostro ordinamento prevede già misure di prevenzione delle frodi sportive e forme di cooperazione tra le società sportive e le autorità pubbliche di regolamentazione (artt. 1-14 della Convenzione) e persegue penalmente le condotte di frode nelle competizioni sportive attraverso le fattispecie di reato previste dalla legge n. 401 del 1989 (artt. da 15 a 28 della Convenzione).

Per i profili che necessitano invece di adeguamento, l'articolo 3 del disegno di legge dà attuazione nel nostro ordinamento all'articolo 9 della Convenzione, che invita gli Stati a identificare una autorità responsabile per la regolamentazione delle scommesse sportive e per l'applicazione di misure di contrasto delle manipolazioni delle competizioni. L'autorità competente viene individuata dal legislatore nell'Agenzia delle dogane e dei monopoli. Si ricorda, infatti, che l'Agenzia, in veste di amministrazione dei monopoli, è garante della legalità e della sicurezza in materia di gioco e svolge funzioni di controllo sulla produzione e vendita dei tabacchi al fine di assicurare il regolare afflusso delle imposte. In particolare, nel comparto dei giochi, l'Agenzia provvede alla verifica della regolarità del comportamento degli operatori e al contrasto dei fenomeni di gioco illegale. Si ricorda infine che l'incorporazione dell'amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (AAMS, l'autorità di vigilanza nei settori dei giochi e dei tabacchi) nell'Agenzia delle dogane è stata disposta, a decorrere dal 1° dicembre 2012, dall'articolo 23-quater del decreto-legge n. 95 del 2012.

L'articolo 4 dà invece attuazione all'articolo 25 della Convenzione, che richiede agli Stati Parte di adottare le misure legislative necessarie a consentire il sequestro e la confisca di beni, dei documenti e degli strumenti utilizzati per commettere i reati o dei profitti dei reati, anche attraverso l'aggressione a beni di valore equivalente a tali profitti. A tal fine, il disegno di legge disciplina la confisca, anche per equivalente, dei beni che costituiscono il prodotto, il profitto o il prezzo del reato. Con l'inserimento nella legge n. 401 del 1989 di un nuovo articolo 5-bis, il provvedimento prevede che in caso di condanna (o patteggiamento) per uno dei delitti previsti dalla legge (frode in competizioni sportive e altri delitti di esercizio abusivo di giochi o scommesse), il giudice debba ordinare la confisca penale (comma 1) e, se questa non è possibile, ordinare la confisca di beni di valore equivalente a quelli che costituiscono il prodotto, il profitto o il prezzo del reato e di cui il reo ha la disponibilità anche indirettamente o per interposta persona (comma 2).

L'articolo 5 introduce nel decreto legislativo n. 231 del 2001 la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche per reati di frode in competizioni sportive e di esercizio abusivo di giochi e scommesse, dando così attuazione all'articolo 23 della Convenzione.

In particolare, il disegno di legge inserisce un nuovo articolo 25-duodecies nel catalogo dei reati che costituiscono presupposto della responsabilità amministrativa degli enti, prevedendo specifiche sanzioni pecuniarie per la commissione dei reati di frode nelle competizioni sportive e di scommesse illecite (artt. 1 e 4 della legge n. 401 del 1989). La riforma prevede che: in caso di commissione di delitti, all'ente si applichi la sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma corrispondente a massimo 500 quote; in caso di contravvenzioni, all'ente si applichi la sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma corrispondente a massimo 260 quote.

Inoltre, il comma 2 dell'articolo 5 prevede, per la sola condanna relativa a delitti, l'applicazione delle sanzioni interdittive per l'ente previste dall'articolo 9 del decreto legislativo n. 231 del 2001 (interdizione dall'esercizio dell'attività; sospensione o revoca di autorizzazioni, licenze o concessioni; divieto di contrattare con la PA; esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi ed eventuale revoca di quelli già concessi; divieto di pubblicizzare beni o servizi), per una durata non inferiore a un anno. La previsione della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche dovrebbe indurre le società che operano nel settore a dotarsi di modelli organizzativi volti a prevenire la commissione di reati tali da consentire loro l'esenzione da responsabilità, ai sensi degli articoli 6 e seguenti del decreto legislativo).

L'articolo 6 del disegno di legge prevede che si sia attuazione alle disposizioni della legge di ratifica con le risorse disponibili a legislazione vigente, senza nuovi oneri per la finanza pubblica.

L'articolo 7 prevede l'entrata in vigore della legge il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, senza vacatio legis.

LIA QUARTAPELLE PROCOPIO, Relatriceper la III Commissione. (Relazione – A.C. 4303). Signora Presidente, Signor rappresentante del Governo, Colleghi deputati, mi soffermerò sull'inquadramento giuridico-internazionale della Convenzione, mentre la collega Morani tratterà dei profili di adeguamento del nostro ordinamento interno agli impegni assunti dall'Italia mediante questo strumento pattizio.

La Convenzione del Consiglio d'Europa sulla manipolazione di competizioni sportive, fatta a Magglingen, nel Cantone Berna, il 18 settembre 2014 è intesa a prevenire, individuare e combattere le partite truccate e la manipolazione delle competizioni sportive.

La Convenzione è stata aperta alla firma in occasione della XIII Conferenza dei Ministri dello sport degli Stati membri del Consiglio d'Europa che si è svolta nella località elvetica nel settembre 2014 ed è stata dedicata ai temi della corruzione nelle manifestazioni sportive e della cooperazione in ambito sportivo su scala europea.

L'atto internazionale è stato messo a punto da un gruppo di redazione intergovernativo istituito dal Comitato di direzione dell'Enlarged Partial Agreement on Sport (EPAS), organo che fornisce una piattaforma di cooperazione intergovernativa nell'ambito dello sport tra le autorità pubbliche dei suoi Stati membri.

L'espressione «manipolazione di competizioni sportive» fa riferimento non soltanto agli «incontri» – competizioni in cui si confrontano due atleti o due squadre – né alla sola manipolazione del risultato finale di una competizione sportiva, ma più in generale a tutte le possibili modifiche intenzionali e irregolari dello svolgimento o del risultato di una competizione sportiva, volte a interferire in tutto o in parte con il carattere imprevedibile della competizione stessa per ottenere un indebito vantaggio personale o in favore di terzi.

L'accresciuta commercializzazione degli eventi sportivi e la loro esposizione mediatica hanno favorito – specie a partire dagli anni Duemila – un consistente incremento degli interessi economici legati ad alcuni risultati sportivi e incentivato lo sviluppo di nuove attività lecite e anche illecite.

In questo contesto generale si segnalano due fenomeni peculiari: in primo luogo il moltiplicarsi delle tipologie di scommesse offerte, a volte in assenza di un controllo efficace da parte delle autorità competenti, così da favorire la diffusione di scommesse più facili da influenzare e di forme di manipolazione più difficili da scoprire; in secondo luogo lo sviluppo di un consistente mercato illegale, che offre agli utenti margini di rendimento particolarmente elevati, in grado di attirare le organizzazioni criminali, interessate alla manipolazione delle competizioni sportive su cui sono effettuate le scommesse, al fine di ricavare profitti grazie ad esse, riciclando, in tal modo, denaro di provenienza illecita.

Occorre rilevare che alcuni rilevanti profili del fenomeno corruttivo in ambito sportivo sono già oggetto di convenzioni sulla criminalità organizzata e sulla corruzione – rispettivamente la Convenzione delle Nazioni Unite sulla criminalità organizzata transnazionale (Palermo, 2000) e la Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione (Mérida, 2003). Tali convenzioni, tuttavia, non considerano, espressamente i casi di manipolazione delle competizioni sportive che esulano dal contesto della criminalità transnazionale o dalla nozione di corruzione in senso proprio.

Del pari, come riferimenti normativi per elaborare strumenti di lotta contro le organizzazioni criminali che corrompono gli sportivi e si servono delle scommesse per riciclare denaro «sporco» e per finanziare le loro attività potrebbero essere utilizzate due specifiche convenzioni del Consiglio d'Europa in materia di corruzione e di riciclaggio del 1998 e del 2005.

La manipolazione delle competizioni sportive può, però, essere attuata attraverso pratiche non riconducibili alla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla corruzione, così come le scommesse illegali e i profitti che derivano dalla manipolazione dei risultati sportivi non necessariamente rientrano nell'ambito di applicazione della Convenzione sul riciclaggio.

Alla luce di tali considerazioni, dunque, l'opzione rappresentata dall'elaborazione di uno strumento ad hoc in grado di riunire tutte le misure preventive e repressive per un'efficace lotta alla manipolazione delle competizioni sportive, potenziando nel contempo il profilo della cooperazione internazionale, è parsa la più idonea. L'interesse per una convenzione internazionale in materia risiede, in prevalenza, nella promozione di un approccio globale in vista dell'adozione di princìpi condivisi volti a prevenire, individuare e punire la manipolazione delle competizioni sportive.

Per perseguire efficacemente tale obiettivo la Convenzione in esame «associa» – sul piano del contenuto – tutti i potenziali soggetti che operano nella lotta alle manipolazioni de quibus, cioè autorità pubbliche, organizzazioni sportive e operatori di scommesse. In tal senso, i Governi sono sollecitati ad adottare misure idonee, anche di natura legislativa, per indurre, ad esempio, le autorità di controllo sulle scommesse sportive a contrastare le frodi, anche limitando o sospendendo la possibilità di effettuare scommesse, o limitando, in caso di necessità, l'accesso agli operatori coinvolti e il blocco dei flussi finanziari tra questi ultimi e i consumatori.

Le organizzazioni sportive sono, invece, invitate a dotarsi di regole più stringenti contro la corruzione, nonché a prevedere sanzioni e misure disciplinari per i casi di violazione, oltre a princìpi di buona governance.

Per l'analisi dettagliata dei contenuti dell'articolato della Convenzione rinvio alla relazione svolta ad avvio dell'esame in sede referente. Richiamo la rilevanza delle norme concernenti gli aspetti repressivi e di cooperazione internazionale (articolo 1, paragrafo 2). Quanto alle numerose definizioni fornite dall'articolo 3, risultano particolarmente dettagliate quelle relative alle nozioni di «scommessa sportiva» – rispetto alla quale sono differenziate le ipotesi di «scommessa illegale», «scommessa irregolare» e «scommessa sospetta» – e di «partecipante alla competizione» – in cui rientrano le figure di atleti, personale di supporto e official/officiel, ovvero proprietari, azionisti, dirigenti e personale delle società sportive nazionali e internazionali, nonché arbitri e componenti delle giurie.

Tra gli interventi che gli Stati parte sono chiamati ad attuare sul piano dello scambio di informazioni segnalo l'identificazione di una piattaforma nazionale operativa nella lotta alla manipolazione delle manifestazioni sportive. La piattaforma nazionale dovrà, in particolare, fungere da centro di informazioni, raccogliendo e trasmettendo i dati rilevanti alle autorità e alle organizzazioni interessate.

Le previsioni in tema di diritto penale sostanziale appaiono ispirate all'esigenza che la manipolazione delle competizioni sportive sia espressamente sanzionata dal diritto interno degli Stati parte così da poter essere punita in modo adeguato.

Al fine di ricondurre i casi di manipolazione delle competizioni sportive nell'ambito della prevenzione del riciclaggio gli Stati parte dovranno altresì adoperarsi perché gli operatori di scommesse sportive applichino la necessaria «diligenza» nei confronti dei consumatori e nell'esercizio della loro attività. Vi è anche un rilevante profilo concernente le responsabilità delle persone giuridiche.

Dal momento che i reati riconducibili all'area della manipolazione di competizioni sportive implicano sovente l'utilizzo di tecnologie informatiche e della comunicazione, nella Convenzione è considerato anche il profilo della conservazione delle prove «elettroniche».

Per quanto concerne, infine, il settore della cooperazione giudiziaria in ambito penale, la Convenzione prevede che gli Stati parte cooperino tra loro nella misura più ampia possibile a fini investigativi e processuali in conformità agli strumenti nazionali e internazionali vigenti, oltre che in tema di estradizione e di assistenza giudiziaria in materia penale, in base ai trattati internazionali, regionali e bilaterali applicabili.

Anche a questo riguardo è evidente l'intenzione di non creare un regime di assistenza differenziato a causa del significativo quadro giuridico-internazionale di cui già da tempo dispone il Consiglio d'Europa, che può applicarsi efficacemente anche alla cooperazione rispetto ai reati relativi alla manipolazione delle competizioni sportive.

Concludo qui la mia esposizione auspicando una celere ratifica del provvedimento.

STEFANO BORGHESI. (Dichiarazione di voto finale – A.C. 4303). Signora Presidente, Onorevoli Colleghi, Signori membri del Governo!

Attorno alle competizioni sportive ruota un indotto molto ampio e complesso, del quale sono parte anche le scommesse sui risultati dei singoli incontri e delle grandi manifestazioni. Il nostro Paese ha conosciuto fin dagli anni ottanta il fenomeno delle scommesse clandestine legate alle partite del campionato di calcio, in talune circostanze affiorato sotto forma di scandali che hanno comportato l'intervento della magistratura ordinaria e della giustizia sportiva.

Influenzare i pronostici per lucrarne un indebito vantaggio implica la negazione dell'idea stessa di sport e colpisce anche gli interessi legati al mondo dei concorsi legali. Con la Convenzione sulla manipolazione delle competizioni sportive, fatta a Magglingen il 18 settembre 2014 alla presenza dei Ministri dello Sport degli Stati membri, il Consiglio d'Europa ha creato la cornice per provvedere alla più efficace tutela della regolarità delle competizioni sportive.

Con l'Atto Camera 4303 che giunge oggi all'esame finale da parte dell'Assemblea della Camera dei Deputati si è conseguentemente scelto non soltanto di disporre l'autorizzazione a ratificare ed eseguire la Convenzione, ma altresì di intervenire anche sul nostro diritto interno.

Ne è scaturito un provvedimento che consta di sette articoli, che tra le altre cose affidano all'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli il compito di regolamentare le scommesse sportive in Italia.

Altre disposizioni presenti nel provvedimento integrano inoltre il diritto penale con alcune norme supplementari, che introducono la confisca dei guadagni illecitamente conseguiti manipolando la regolarità delle competizioni sportive.

Si aggravano poi le sanzioni per i reati di frode sportiva, l'esercizio abusivo di gioco o scommesse e le punizioni ai danni di chi gestisca giochi d'azzardo tramite apparecchi vietati.

Una clausola d'invarianza finanziaria assicura che dall'attuazione del provvedimento non possano derivare oneri ulteriori a carico dello Stato.

La Convenzione vera e propria contiene invece 41 articoli, nei quali viene contemplato il rafforzamento della cooperazione internazionale per reprimere il fenomeno.

Signor(a) Presidente, Onorevoli Colleghi, Signori membri del Governo!

Attesa l'elevata finalità sociale perseguita da questa ratifica e dalle misure di adeguamento interno che l'accompagnano, il Gruppo della Lega Autonomie-Noi con Salvini non si opporrà all'approvazione del provvedimento.

LAURA COCCIA. (Dichiarazione di voto finale – A.C. 4303). La ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla manipolazione di competizioni sportive, firmata a Magglingen il 18 settembre 2014 è finalizzata a prevenire, individuare e sanzionare le partite truccate e la manipolazione delle competizioni sportive, coinvolgendo tutte le parti interessate a questo obiettivo, e cioè le autorità pubbliche, le organizzazioni sportive e gli operatori di scommesse sportive.

Ad oggi la Convenzione è stata firmata da 31 dei 47 Paesi membri del Consiglio d'Europa (l'Italia ha firmato il 7 aprile 2016) ed è stata ratificata da Norvegia, Portogallo e Regno Unito, tutti e tre Paesi membri. Come stabilito dall'articolo 32, par. 4, della Convenzione, essa entrerà in vigore decorsi tre mesi dal raggiungimento di cinque ratifiche (delle quali almeno tre di Paesi membri del Consiglio d'Europa)

La Convenzione, aperta alla firma in occasione della XIII Conferenza dei Ministri dello sport degli Stati membri del Consiglio d'Europa incentrata sui temi della corruzione nelle manifestazioni sportive e della cooperazione in ambito sportivo su scala europea, è stata messa a punto da un gruppo intergovernativo istituito dal Comitato di direzione dell'Enlarged Partial Agreement on Sport (EPAS) ed adottata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa.

La norma va a integrare altri testi che già riguardano la criminalità organizzata e la corruzione: la Convenzione sulla criminalità organizzata transnazionale e quella contro la corruzione, entrambe sotto l'egida dell'Onu, oltre a due altre Convenzioni promosse dal Consiglio d'Europa, una sulla corruzione e l'altra sul riciclaggio.

Il nuovo testo riguarda più specificamente le pratiche che non sono riconducibili a questi due ambiti, come per esempio le scommesse illegali. Una norma internazionale permette di stabilire un approccio globale nella prevenzione, individuazione e punizione della manipolazione delle competizioni sportive. Per raggiungere il numero più alto di Paesi firmatari possibile, è stata data la possibilità di sottoscrivere il testo anche a Stati non membri del Consiglio d'Europa.

Ci sono motivi molto chiari perché si è reso necessario un intervento di questo tipo. Negli ultimi anni, infatti, l'accresciuta commercializzazione degli eventi sportivi e la loro esposizione mediatica hanno favorito un notevole incremento degli interessi economici legati ad alcuni risultati sportivi e incentivato lo sviluppo di nuove attività lecite e anche illecite.

In questo contesto generale è emerso il moltiplicarsi delle tipologie di scommesse offerte, a volte in assenza di un controllo efficace da parte delle autorità competenti, così da favorire la diffusione di scommesse più facili da influenzare e di forme di manipolazione più difficili da scoprire; inoltre, abbiamo assistito allo sviluppo di un consistente mercato illegale, che offre agli utenti margini di rendimento particolarmente elevati, in grado di attirare le organizzazioni criminali, interessate alla manipolazione delle competizioni sportive su cui sono effettuate le scommesse, al fine di ricavare profitti grazie ad esse, riciclando, in tal modo, denaro di provenienza illecita.

Con l'espressione «manipolazione di competizioni sportive» si fa riferimento non soltanto agli «incontri» — competizioni in cui si confrontano due atleti o due squadre — né alla sola manipolazione del risultato finale di una competizione sportiva, ma più in generale a tutte le possibili modifiche intenzionali e irregolari dello svolgimento o del risultato di una competizione sportiva, volte a interferire in tutto o in parte con il carattere imprevedibile della competizione stessa per ottenere un indebito vantaggio personale o in favore di terzi.

Come dicevo prima, alcuni importanti profili del fenomeno corruttivo in ambito sportivo sono già oggetto di convenzioni sulla criminalità organizzata e sulla corruzione ma nessuna di esse ha affrontato espressamente i casi di manipolazione delle competizioni sportive che esulano dal contesto della criminalità transnazionale o dalla nozione di corruzione in senso proprio.

In tal senso, questa ratifica rappresenta uno strumento unico in grado di riunire tutte le misure preventive e repressive per un'efficace lotta alla manipolazione delle competizioni sportive, potenziando nel contempo il profilo della cooperazione internazionale che favorisce, dunque, un approccio globale in vista dell'adozione di princìpi condivisi volti a prevenire, individuare e punire la manipolazione delle competizioni sportive.

Per perseguire efficacemente tale obiettivo la Convenzione in esame «associa» — sul piano del contenuto — tutti i potenziali soggetti che operano nella lotta alle manipolazioni, cioè autorità pubbliche, organizzazioni sportive e operatori di scommesse. Sottolinea che, in tal senso, i governi sono sollecitati ad adottare misure idonee, anche di natura legislativa, per indurre, ad esempio, le autorità di controllo sulle scommesse sportive a contrastare le frodi, anche limitando o sospendendo la possibilità di effettuare scommesse, o limitando, in caso di necessità, l'accesso agli operatori coinvolti e il blocco dei flussi finanziari tra questi ultimi e i consumatori.

Le organizzazioni sportive sono, invece, invitate a dotarsi di regole più stringenti contro la corruzione, nonché a prevedere sanzioni e misure disciplinari per i casi di violazione, oltre a princìpi di buona governance.

In particolare, la convenzione fa carico agli Stati il dovere di individuare e di adottare, in conformità con la legge applicabile e con la giurisdizione interessata i mezzi più efficaci di lotta contro le scommesse illegali; a tale fine, si indicano talune ipotesi quali il blocco o limitazione diretta o indiretta dell'accesso agli operatori «remoti» di scommesse illegali e la chiusura degli operatori stessi; il blocco dei flussi :finanziari tra gli operatori di scommesse illegali e i consumatori; il divieto per gli operatori di pubblicizzare le loro attività; la sensibilizzazione dei consumatori verso i rischi connessi alle scommesse illegali. Ma favorisce anche lo scambio di informazioni tra le autorità pubbliche, le organizzazioni sportive e gli operatori delle scommesse.

La legge di ratifica della Convenzione individua nell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli l'autorità responsabile per la regolamentazione delle scommesse sportive e per l'applicazione di misure di contrasto delle manipolazioni delle competizioni: Inoltre, si consente al giudice "in caso di condanna o patteggiamento per uno dei delitti previsti dalla legge (frode in competizioni sportive e altri delitti di esercizio abusivo di giochi o scommesse)", di "ordinare la confisca penale e, se questa non è possibile, ordinare la confisca di beni di valore equivalente a quelli che costituiscono il prodotto, il profitto o il prezzo del reato e di cui il reo ha la disponibilità anche indirettamente o per interposta persona.

Ma viene anche introdotta la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche per reati di frode in competizioni sportive e di esercizio abusivo di giochi e scommesse, con l'obiettivo di "indurre le società che operano nel settore a dotarsi di modelli organizzativi volti a prevenire la commissione di reati".

Oggi, dunque, ci dotiamo di uno strumento importante nelle politiche di prevenzione e contrasto della frode sportiva; una concreta ed efficace risposta internazionale a una questione cruciale di questi tempi che favorisce anche una maggiore collaborazione tra autorità pubbliche, organizzazioni sportive e operatori di gioco legali in merito al tema delle frodi sportive. Questo è un provvedimento importante che tratta materie di notevole rilievo sul piano della tutela della legalità e che ci consente di fare notevoli e significativi passi avanti nella lotta contro la frode sportiva.

TESTI DEGLI INTERVENTI DI CUI È STATA AUTORIZZATA LA PUBBLICAZIONE IN CALCE AL RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA ODIERNA: GIANNI FARINA, STEFANO BORGHESI, ROCCO PALESE E MARIETTA TIDEI (A.C. 4475)

GIANNI FARINA, Relatore. (Relazione – A.C. 4475). Signora Presidente, Signor rappresentante del Governo, Colleghi deputati, l'Accordo Italo-franco-monegasco concernente l'ambiente marino costiero di una zona del Mar Mediterraneo (cosiddetto Accordo RAMOGE) concluso il 10 maggio 1976, fu il risultato di un'iniziativa dell'allora principe di Monaco Ranieri per limitare l'inquinamento marino nel Mediterraneo con la creazione di una zona pilota.

L'accordo era originariamente delimitato ad un area che andava da Genova a Saint-Raphaël, - da qui l'acronimo che fa riferimento a Saint-Raphaël, Monaco e Genova – ed in seguito alla ratifica dell'accordo originario, avvenuta per l'Italia con la legge 24 ottobre 1980, n. 743, si ebbe l'ampliamento della zona originaria in modo da far coincidere le suddivisioni amministrative dell'Italia e della Francia - e segnatamente la regione francese della Provenza-Alpi-Costa Azzurra e la Regione Liguria - con il perimetro del mare territoriale interessato. L'estensione del perimetro all'alto mare si è avuta poi nel 1993 con l'attuazione del Piano RAMOGEPOL.

Il testo emendato nel novembre 2003 introduce elementi di novità quali l'allargamento ulteriore della zona RAMOGE e l'estensione degli obiettivi dell'Accordo anche al contrasto del degrado marino costiero e alla tutela della biodiversità.

L'Accordo RAMOGE si inserisce coerentemente nell'ordinamento giuridico nazionale vigente, con particolare riferimento alla legge 31 dicembre 1982, n. 979, recante disposizioni per la difesa del mare, nonché nel quadro giuridico internazionale a tutela dell'ambiente marino, come la Convenzione di Barcellona, che raccomanda vivamente l'istituzione di accordi subregionali tra Stati vicini per la realizzazione dei propri obiettivi.

Particolare rilievo assumono i primi quattro articoli dell'Accordo RAMOGE emendato: in particolare l'articolo 1 prevede l'istituzione di una Commissione composta dalle delegazioni delle tre Parti, ciascuna delle quali designa un massimo di sette delegati e può essere assistita da esperti per l'esame di questioni particolari. L'articolo 2 fissa la nuova delimitazione della zona RAMOGE anche in riferimento alla porzione del litorale continentale e alle isole situate nei limiti del mare territoriale. L'estensione di tali limiti geografici può avvenire in seno alla Commissione RAMOGE su proposta di una delle Parti contraenti, del Comitato tecnico o del Segretariato, salvo obiezione di una delle tre Parti nei tre mesi successivi.

L'articolo 3 stabilisce che la Commissione RAMOGE ha quale propria missione lo stabilimento di una più stretta collaborazione tra i competenti servizi delle tre Parti contraenti e delle collettività territoriali rispettive per i fini previsti dall'Accordo RAMOGE emendato.

L'articolo 4 elenca dettagliatamente i compiti della Commissione RAMOGE, tra i quali figurano quelli di promuovere studi, ricerche e scambi di informazione, tenere aggiornato il Piano di prevenzione e di intervento italo-franco-monegasco sugli inquinamenti marini (Piano RAMOGEPOL), favorire l'informazione e la partecipazione del pubblico all'attuazione degli obiettivi dell'Accordo, assicurare il necessario coordinamento con gli organismi internazionali e, infine, raccomandare ai tre Governi e alle collettività territoriali interessate ogni misura atta a perseguire gli scopi dell'Accordo, fornendo altresì ogni anno alle Parti contraenti un rapporto sulla gestione complessiva dell'Accordo.

Per quanto concerne gli aspetti finanziari dell'Accordo, l'articolo 12 prevede che ciascuna delle Parti contraenti si assuma le spese della propria rappresentanza nella Commissione RAMOGE e nei relativi Comitati, oltre alle spese per le ricerche condotte sul proprio territorio e per l'attuazione delle diverse raccomandazioni. Il bilancio dell'Accordo in esame è costituito dai contributi ordinari delle Parti fissati, quanto all'ammontare, dalla Commissione RAMOGE, nonché dai contributi volontari la cui accettazione è parimenti approvata dal Comitato direttivo della commissione. Le spese di comune interesse gravano sul bilancio dell'Accordo.

La relazione tecnica, allegata al provvedimento, fa presente a tale proposito che l'attuazione dell'accordo non implicherà nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Nel raccomandare una celere approvazione del provvedimento, ricordo che dall'aprile 1991 con l'incidente della petroliera Haven al largo di Genova, i tre Stati firmatari dell'Accordo RAMOGE si sono impegnati anche nella lotta contro l'inquinamento marino di origine accidentale e che si concretizza in annuale esercitazioni congiunte anti-inquinamento che l'anno scorso si sono svolte nelle acque antistanti il Principato di Monaco e quest'anno, proprio nei giorni scorsi, nel Golfo di Aiaccio, con la partecipazione di unità della nostra Marina militare e della Marina francese.

STEFANO BORGHESI. (Dichiarazione di voto finale – A.C. 4475). Signora Presidente, Onorevoli Colleghi, Signori membri del Governo!

E' giunto nella nostra Aula di Montecitorio anche il Disegno di legge con il quale il Governo chiede al Parlamento l'autorizzazione a procedere alla ratifica e a dare esecuzione all'intesa con la quale nel 2003 si è emendato l'accordo RAMOGE, risalente all'inizio degli anni ottanta.

Il RAMOGE, ratificato dall'Italia con la legge 743/1980, istituiva una cooperazione trilaterale tra il nostro Paese, la Francia ed il Principato di Monaco per la lotta all'inquinamento marino. Con l'intesa oggi al nostro esame, il RAMOGE viene modificato ed esteso sia nell'oggetto che nell'ambito di applicazione, per far sì che la tutela dell'ambiente marino mediterraneo sia intesa in un'accezione più ampia, che include anche la protezione della biodiversità, e copra anche l'alto mare.

Si tratta quindi di accettare impegni più stringenti, per definire ed aggiornare i quali viene prevista anche la creazione di alcuni organi nuovi all'interno del RAMOGE, in particolare dando vita ad una Commissione e ad un Comitato tecnico di esperti a suo supporto.

Signora Presidente, Onorevoli Colleghi, Signori membri del Governo!

Dalla ratifica ed esecuzione della nuova intesa, che attende il nostro voto da ben 14 anni, non dovrebbero derivare nuovi oneri a carico del bilancio dello Stato. Non si vede quindi per quale motivo il Gruppo della Lega dovrebbe negare il proprio voto favorevole a questo provvedimento. L'interesse che si mira a proteggere è rilevante e si possono immaginare importanti ricadute positive sulla Liguria, sulla Toscana e sulla Sardegna, regioni che sulla qualità delle proprie acque marine costruiscono gran parte della propria reputazione turistica.

ROCCO PALESE. (Dichiarazione di voto finale – A.C. 4475). Si tratta della Ratifica dell'Accordo tra l'Italia, la Francia e il Principato di Monaco, relativo alla protezione dell'ambiente marino e costiero di una zona del Mare Mediterraneo (Accordo RAMOGE), fatto a Monaco il 10 maggio 1976 ed emendato a Monaco il 27 novembre 2003: presentata per la prima volta nel 1970, in occasione dell'assemblea plenaria della Commissione internazionale per l'esplorazione scientifica del Mediterraneo (CIESM), a seguito della necessità manifestata da parte del Principe Ranieri III di Monaco di preservare il Mediterraneo, al fine di realizzare azioni comuni per limitare l'inquinamento marino attraverso la creazione di una zona pilota quale laboratorio di idee per la tutela dell'ambiente marino.

Il 27 novembre 2003, l'Accordo è stato emendato nel nuovo testo, ora sottoposto a procedimento di ratifica, introducendo elementi di novità, quali l'allargamento della zona RAMOGE e l'estensione degli obiettivi dell'Accordo, non più limitato alle sole attività di prevenzione e di lotta agli inquinamenti del mare, ma relativo anche al contrasto del degrado marino-costiero e alla tutela della biodiversità.

Il Gruppo Forza Italia dichiara pertanto il voto favorevole alla Ratifica in esame.

MARIETTA TIDEI. (Dichiarazione di voto finale – A.C. 4475). Signor presidente onorevoli colleghi, con il voto che ci apprestiamo a dare a questa ratifica che rinnova con emendamenti 4 articoli del l'Accordo RAMOGE, accordo Italo-franco-monegasco sulla tutela dell'ambiente marino costiero di una zona del Mar Mediterraneo, noi proseguiamo una felice e lungimirante intuizione di 41 anni fa dell'allora principe di Monaco Ranieri III per contrastare l'inquinamento marino nel Mediterraneo creando una zona pilota nella ricerca e salvaguardia della flora e fauna marina.

Con il tempo l'area interessata da questo accordo internazionale si è progressivamente ampliata fino a comprendere tutto il tratto costiero della regione francese della Provenza-Alpi-Costa Azzurra e della regione Liguria. Un esempio di condivisione e cooperazione tra paesi, regioni e territori d'Europa davvero paradigmatico e da replicare. Un esempio ancora di quel principio di sussidiarietà di cui spesso si parla ma che poi si fa fatica a riconoscere e a introdurre come buona pratica politica e amministrativa.

Ora l'accordo RAMOGE prevede una serie di strutture e procedure che oltre al monitoraggio costante dell'ambiente marino attraverso studi e ricerche e scambi di informazione, hanno lo scopo di tenere aggiornato il Piano di prevenzione e di intervento italo-franco-monegasco sugli inquinamenti marini. Questo lavoro sulla prevenzione non può impedire il verificarsi di episodi accidentali come l'incidente che nell'aprile 1993 vide protagonista la petroliera Haven al largo di Genova. In quell'occasione i tre Stati firmatari dell'Accordo RAMOGE decisero di impegnarsi anche nella lotta contro l'inquinamento marino di origine accidentale.

A tale proposito è opportuno menzionare come tale attività si concretizzi d'allora fino ad oggi in annuali esercitazioni congiunte anti-inquinamento, che per esempio l'anno scorso si sono svolte nelle acque antistanti il Principato di Monaco e quest'anno, nel Golfo di Ajaccio, con la partecipazione di unità della nostra Marina militare e della Marina francese.

Mentre altre parti del mondo dai Caraibi all'oceano Pacifico lamentano crescenti livelli di inquinamento, fenomeni come immense isole di rifiuti di plastica, e altre forme di inquinamento, danni ambientali di cui non si riesce ad individuare alcuna responsabilità sia privata che pubblica, l'accordo RAMOGE che tra l'altro prevede meccanismi partecipativi di informazione e partecipazione del pubblico all'attuazione degli obiettivi dell'Accordo, rappresenta davvero un modello di eccellenza nella tutela condivisa e partecipata dell'ambiente e pone il nostro paese insieme agli altri membri del patto, all'avanguardia sul piano globale nelle politiche di tutela internazionale dell'ambiente.

TESTI DEGLI INTERVENTI DI CUI È STATA AUTORIZZATA LA PUBBLICAZIONE IN CALCE AL RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA ODIERNA: LIA QUARTAPELLE PROCOPIO, STEFANO BORGHESI E ROCCO PALESE (A.C. 4470)

LIA QUARTAPELLE PROCOPIO, Relatrice. (Relazione – A.C. 4470). Signora Presidente, Signor rappresentante del Governo, Colleghi deputati, il Fondo comune dei prodotti di base, con sede ad Amsterdam, è un organismo finanziario intergovernativo il cui accordo istitutivo, negoziato in seno all'UNCTAD (United Nation Conference on Trade and Development) tra il 1976 ed il 1980, fu firmato a Ginevra il 27 giugno 1980 ed è in vigore dal 19 giugno 1989.

L'Italia ne ha autorizzato la ratifica con legge n. 584 del 6 agosto 1984. Il Fondo ha lo scopo di sostenere lo sviluppo del settore dei prodotti di base attraverso prestiti concessi ai singoli progetti.

Fanno parte del CFC 113 componenti: 103 Paesi, 12 dei quali appartenenti all'UE e 10 organizzazioni internazionali tra le quali l'Unione Europea, l'Unione Africana, il Mercato Comune dei Caraibi (CARICOM), il Mercato Comune per il Sud-Est dell'Africa (COMESA) e la Comunità Economica Eurasiatica (EAEC).

La finalità primaria del CFC è il consolidamento dello sviluppo socio-economico dei Paesi in via di sviluppo (PVS) e dei Paesi meno avanzati (PMA) produttori di materie prime, attraverso il finanziamento o cofinanziamento di progetti pilota nel settore delle materie prime destinati al miglioramento della produzione e del commercio di tali prodotti, rilevanti per le economie dei Paesi produttori.

L'obiettivo è il miglioramento sia della capacità produttiva e qualitativa in un quadro di sostenibilità ambientale, sia dell'accesso al mercato. Il CFC è inoltre finalizzato allo sviluppo di prodotti innovativi ed al raggiungimento di condizioni stabili di operatività sui mercati per migliorare e sostenere le esigenze dei PVS e PMA (proteggendoli così dalle fluttuazioni dei prezzi), alla diversificare della produzione di materie prime, all'industrializzazione del settore produttivo nei paesi più poveri per incrementarne le quote di export, all'ottimizzazione dell'intera filiera delle materie prime.

Le proposte emendative dell'Accordo oggi al nostro esame, frutto di un'ampia discussione svoltasi nel Consiglio esecutivo del Fondo ed in appositi gruppi di lavoro, sono finalizzate a consentire all'organismo finanziario di adattarsi al nuovo scenario economico finanziario internazionale. L'intento principale è quello di permettere al Fondo di reperire risorse presso la comunità dei donatori su base volontaria, essendosi nel frattempo esaurite le contribuzioni degli Stati membri, e di cancellare alcune azioni esigibili e i corrispondenti debiti contratti da tali Stati.

Fra le misure di maggior rilievo, si segnala l'introduzione di un nuovo obiettivo per il Fondo, quello di promuovere lo sviluppo dei prodotti di base e di contribuire allo sviluppo sostenibile sul piano sociale, economico e ambientale; vengono altresì previste alcune nuove funzioni per l'organismo finanziario, fra cui quella di poter mobilizzare risorse e di porsi come fornitore di servizi. Viene inoltre allargata a qualsiasi organizzazione intergovernativa, e non solo a quelle che si occupino di integrazione economica regionale, la possibilità di diventare membro del Fondo.

Sul piano delle risorse finanziarie, viene, fra l'altro, prevista una procedura più stringente per l'aumento delle quote di capitale, e viene trasferita al Consiglio dei Governatori la facoltà di decidere a maggioranza qualificata il versamento delle quote di capitale sottoscritte dai Membri al momento dell'adesione. Vengono inoltre eliminate le previsioni relative alla concessione di doni e al fondo di riserva, nonché contemplata la possibilità di accettare risorse finanziarie messe a disposizione su base volontaria da uno o più Membri

Il disegno di legge di ratifica consta di tre articoli che ineriscono rispettivamente, all'autorizzazione alla ratifica (articolo 1), all'ordine di esecuzione (articolo 2) ed all'entrata in vigore del testo (articolo 3). Non sono previsti oneri. Non prevedendosi più contributi obbligatori, viene anzi eliminato un onere potenziale per il bilancio pubblico.

Concludo auspicando una rapida adozione del provvedimento, già approvato dal Senato, poiché la riforma del CFC si inserisce nel processo di razionalizzazione e ridefinizione della cooperazione allo sviluppo che sta caratterizzando la nostra politica estera di questi anni, favorendo l'accesso delle materie prime sui mercati internazionali, lo sviluppo di prodotti innovativi, il raggiungimento di condizioni stabili di operatività sui mercati per migliorare ed il sostegno alle le reali esigenze dei Paesi in via di sviluppo.

STEFANO BORGHESI. (Dichiarazione di voto finale – A.C. 4470). Signora Presidente, Onorevoli Colleghi, Signori membri del Governo!

Secondo il Ministero dello Sviluppo Economico, i prodotti di base sono "sostanze naturali o minerali trasformati, utilizzati in un processo di fabbricazione per la fornitura di prodotti finiti". Si tratta in sostanza delle cosiddette "materie prime", di vitale importanza per l'economia del nostro Paese e cruciali anche ai fini dello sviluppo delle moderne tecnologie rispettose dell'ambiente, come auto elettriche e fotovoltaico.

Il provvedimento che viene oggi sottoposto all'esame della nostra Aula, e già passato al vaglio del Senato, concerne la ratifica da parte del nostro Paese di una serie di emendamenti adottati nel 2014 all'Aja per modificare ed aggiornare l'Accordo istitutivo del Fondo comune dei prodotti di base, risalente al lontano 1980. Tra le modifiche che è stato necessario imporre, ne figura anche una impostasi per tener conto dell'avvenuta apparizione dell'euro sui mercati finanziari internazionali.

L'obiettivo dichiarato degli emendamenti adottati all'Aja è quello di permettere al Fondo comune per i prodotti di base di reperire risorse presso la comunità dei donatori su base volontaria, essendosi ormai esaurite le contribuzioni degli Stati membri.

Da tempo, in effetti, i Paesi dell'Osce aderenti al Fondo comune, compreso il nostro, avevano manifestato l'indisponibilità a concedere ulteriori contribuzioni in assenza di una riforma globale del Fondo, della sua configurazione e dei suoi obiettivi.

Il Governo ci ha informati del fatto che gli emendamenti adottati all'accordo istitutivo del Fondo comune per i prodotti di base non comportano nessun versamento da parte degli Stati membri ed anzi, al contrario, prevedono la cancellazione delle 10mila azioni esigibili e dei corrispondenti debiti contratti per la loro sottoscrizione da parte dei Membri.

Esisterebbe quindi un beneficio potenziale anche per noi, poiché la nostra Repubblica si vedrebbe cancellare azioni per quasi 2 milioni e 750mila unità di conto ed il corrispondente onere potenziale a nostro carico.

Ulteriori motivazioni che hanno portato alla predisposizione delle modifiche consisterebbero nell'esigenza di eliminare formulazioni diventate col tempo obsolete anche in relazione all'esigenza di rinnovare gli obiettivi del Fondo a trent'anni dalla sua istituzione.

Non vediamo in queste finalità nessun elemento che possa giustificare un voto contrario da parte del gruppo della Lega Autonomie-Noi con Salvini, che invece annuncia il proprio sostegno a questa ratifica.

ROCCO PALESE. (Dichiarazione di voto finale – A.C. 4470). Il Fondo comune dei prodotti di base riguarda le materie prime e l'organismo finanziario intergovernativo, operativo dal 1989, che vuole favorire i Paesi in via di sviluppo produttori di materie prime e di prodotti di base. Il compito che ha questo Fondo è quello di finanziare progetti pilota, il cui obiettivo è quello di migliorare la qualità e l'innovazione della produzione e del commercio dei prodotti di base, al fine di agevolare l'accesso al mercato dei Paesi produttori. Tra gli obiettivi principali degli emendamenti è stato inserito quello di promuovere lo sviluppo dei prodotti di base e di contribuire allo sviluppo sostenibile sul piano sociale, economico e ambientale.

Vengono previste alcune nuove funzioni, tra cui quella di poter mobilizzare risorse e di porsi come fornitore di servizi. Viene inoltre allargata a qualsiasi organizzazione intergovernativa, e non solo a quelle che si occupano di integrazione economica regionale, la possibilità di diventare membro del Fondo.

L'Italia, che ha ratificato questo Accordo nel 1984, è l'ottavo Paese donatore e partecipa da allora molto attivamente alle sue attività. Dichiaro pertanto il voto favorevole del Gruppo Forza Italia.

TESTI DEGLI INTERVENTI DI CUI È STATA AUTORIZZATA LA PUBBLICAZIONE IN CALCE AL RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA ODIERNA LIA QUARTAPELLE PROCOPIO, STEFANO BORGHESI, ROCCO PALESE E SANDRO ZAMPA (A.C. 4471)

LIA QUARTAPELLE PROCOPIO, Relatrice. (Relazione- A.C. 4471). Signora Presidente, Signor rappresentante del Governo, Colleghi deputati, la nostra Commissione è chiamata ad esaminare il disegno di legge di ratifica di un emendamento allo Statuto istitutivo della Corte penale internazionale, già approvato dall'altro ramo del Parlamento.

La Corte è la prima giurisdizione internazionale permanente competente a giudicare persone accusate di crimini internazionali. L'istituzione di questo organismo rappresenta il punto d'arrivo di un lungo processo di definizione della natura della responsabilità penale internazionale da parte della Comunità internazionale e della stessa dottrina internazionalistica. Lo Statuto della Corte, adottato al termine della Conferenza Diplomatica di Roma nel luglio 1998, è entrato in vigore il 1° luglio 2002.

Com'è noto, l'Italia ha ratificato l'atto fondatore di questa nuova giurisdizione internazionale con la legge n. 232/1999. Il nostro è stato il primo Paese europeo a ratificare lo Statuto, mediante la legge 12 luglio 1999, n. 232 Le norme di adeguamento dell'ordinamento interno alle disposizioni recate dallo Statuto - in assenza delle quali era impossibile cooperare con la Corte, ad esempio consegnandole gli autori (o i presunti autori) di gravi crimini internazionali che in Italia avessero cercato rifugio - sono state adottate, con forte ritardo, dalla legge n. 237 del 2012.

A differenza dei due tribunali ad hoc istituti degli anni Novanta (per la ex-Jugoslavia e per il Ruanda), la Corte penale internazionale non è un organo delle Nazioni Unite, ma un soggetto autonomo, dotato di una propria personalità giuridica internazionale.

Tale configurazione, se sottolinea il suo carattere di indipendenza, non nega ovviamente una strettissima relazione tra la Corte e il sistema Onu. La Corte è composta da 18 giudici, scelti tra persone in possesso dei requisiti di nomina ai più alti uffici giudiziari nei paesi di provenienza.

L'Assemblea degli Stati parti è composta da un rappresentante per ciascun Paese membro e, oltre al potere di eleggere giudici e Procuratore, ha importanti compiti nell'amministrazione e nella gestione finanziaria della struttura. Essa ha poi ha anche una importante funzione nel procedimento di revisione dello Statuto, perché può approvare modifiche da sottoporre poi alla ratifica degli Stati membri.

La Corte ha una competenza materiale che riguarda, nei termini definiti dallo Statuto, il genocidio, i crimini contro l'umanità, i crimini di guerra e l'aggressione. Si tratta, evidentemente, dei crimini di maggiore rilevanza per la comunità internazionale, riconosciuti ormai come tali dal diritto consuetudinario. Non sono stati invece inclusi nella competenza della Corte una serie di altri crimini, come ad esempio il traffico di droga, il terrorismo internazionale, il mercenarismo e i gravi danni ambientali (pure parzialmente richiamati tra i crimini di guerra).

A parere di alcuni osservatori, la Corte sta attraversando una fase di grave difficoltà. I paesi aderenti sono arrivati a 124, ma restano ancora fuori tre Membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell'Onu su cinque (Stati Uniti, Cina e Russia) e una serie di altri Stati importanti e popolosi (ad esempio l'India).

La giurisdizione della Corte, poi, non è accettata nella grande maggioranza del mondo arabo, che mantiene ancora un atteggiamento di grande diffidenza nei confronti di questo, come di altri strumenti del sistema di giustizia internazionale. Oltre ad un certo rallentamento delle nuove adesioni, c'è poi il crescente fenomeno di Paesi che criticano esplicitamente l'operato della Corte, annunciano l'abbandono o, addirittura, l'abbandonano veramente (come il Burundi).

Perfino il Sudafrica aveva deciso di ritirare la sua adesione allo Statuto, anche se tale scelta è stata per ora annullata da una sentenza della Corte suprema, che ha ritenuto che il Governo non potesse assumere tale decisione senza l'autorizzazione del Parlamento.

Il provvedimento sottoposto all'esame della Commissione consiste nella soppressione dell'articolo 124 dello Statuto, che prevede una clausola di temporanea e parziale esclusione della giurisdizione della Corte, per i propri cittadini o sul proprio territorio, per i crimini di guerra.

La previsione (introdotta nello Statuto di Roma solo negli ultimi giorni della Conferenza diplomatica) è espressione delle preoccupazioni manifestate da diversi Stati, e in particolare dai membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, per l'assenza di previsioni che consentissero agli Stati di limitare la giurisdizione della Corte. Francia e Stati Uniti, in particolare, lamentavano l'assenza di garanzie nei confronti di possibili incriminazioni delle truppe impegnate all'estero in missioni di peace keeping.

Si tratta un'esenzione che riguarda solo uno degli ambiti di competenza della Corte (i crimini di guerra), può essere attivata solo nel momento in cui lo Stato diventa parte dello Statuto, può valere per un periodo massimo di sette anni e non può essere invocata per i procedimenti avviati su iniziativa del Consiglio di Sicurezza. Fino ad oggi gli unici due Paesi che l'hanno invocata (in situazioni molto diverse tra loro) sono stati la Francia e la Colombia (tra il 2002 e il 2009). Attualmente la clausola non è in vigore per nessun Paese.

La decisione di cancellare la previsione è stata assunta, per consensus, dall'Assemblea degli Stati Parti del novembre del 2015. Secondo l'articolo 121, comma 4, dello Statuto, la modifica entrerà in vigore un anno dopo la ratifica da parte dei 7/8 degli Stati parte. Ad oggi l'emendamento risulta ratificato soltanto da tre Paesi, cioè Finlandia, Norvegia e Slovacchia.

Il disegno di legge di ratifica si compone di 3 articoli che dispongono, rispettivamente, in merito all'autorizzazione alla ratifica, all'ordine di esecuzione ed all'entrata in vigore. Dall'applicazione del provvedimento non derivano ovviamente maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.

STEFANO BORGHESI. (Dichiarazione di voto finale – A.C. 4471). Signora Presidente, Onorevoli Colleghi, Signori membri del Governo!

La Corte Penale Internazionale è un essenziale presidio del diritto contro la pratica della barbarie, essendo competente a giudicare su reati come il genocidio, i crimini contro l'umanità ed i crimini di guerra, anche se non sempre il suo coinvolgimento è stato politicamente opportuno o effettivamente neutrale. La circostanza che la sua attivazione, tramite il deferimento di qualche personalità alla sua giurisdizione, dipenda dall'azione della procura della Corte, dall'iniziativa di uno Stato aderente o da un atto del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha in effetti più volte condotto ad esiti controversi, lamentati soprattutto dai Paesi africani, che hanno contestato la natura politicamente persecutoria di alcuni procedimenti. Fondata nel 2002 sulla base di uno Statuto approvato a Roma quattro anni prima, la Corte Penale Internazionale deriva dalle esperienze fatte dopo il secondo conflitto mondiale con i grandi processi istruiti contro i criminali di guerra nazisti e giapponesi rispettivamente a Norimberga e Tokyo, ma non vi hanno aderito né gli Stati Uniti, né la Russia né la Cina, cioè ben tre delle cinque potenze che nel Consiglio di Sicurezza dell'Onu possono esercitare un diritto di veto sulle decisioni. Il provvedimento sottoposto all'esame della nostra Assemblea oggi concerne la ratifica da parte del nostro Paese dell'emendamento con il quale viene soppresso l'articolo 124 dello Statuto istitutivo della Corte Penale Internazionale. Questo articolo conteneva una misura transitoria di importanza non trascurabile, poiché permetteva ad un Paese che avesse accettato le competenze della Corte in materia di genocidio, crimini contro l'umanità, crimini di guerra e crimini di aggressione, di sottrarsi con una dichiarazione alla giurisdizione del tribunale relativamente ai crimini di guerra commessi sul suo territorio o da suoi cittadini, per i primi sette anni successivi all'entrata in vigore dello Statuto di Roma nei suoi confronti. Introducendo questo emendamento si è in pratica rimossa una riserva, disposta originariamente soltanto in favore dei nuovi Stati aderenti alla Corte Penale Internazionale, nessuno dei quali potrà in futuro sospendere eventuali procedimenti a carico per crimini di guerra nei primi sette anni di sottoposizione ai poteri di quel Tribunale. In nessun caso, l'articolo 124 dello Statuto di Roma si applicherebbe peraltro al nostro Paese, per cui riteniamo in larga misura irrilevante questa misura. Si tratta però di un'ulteriore compressione della sovranità nazionale degli Stati, circostanza che ci rende comunque scettici sui risultati cui condurrà. Anche per questo motivo, il gruppo della Lega Autonomie-Noi con Salvini si asterrà su questo specifico provvedimento. La Corte Penale Internazionale, di per sé, è un'istituzione preziosa. Ma c'è il rischio che un domani qualche procuratore esuberante la attivi anche contro di noi, magari per contestarci come un crimine contro l'umanità il respingimento dei migranti economici o qualche altra iniziativa adottata dalle nostre forze dell'ordine a difesa della legalità nel nostro Paese.

ROCCO PALESE. (Dichiarazione di voto finale – A.C. 4471). La ratifica riguarda l'emendamento all'articolo 124 dello Statuto istitutivo della Corte penale internazionale adottato a L'Aja con risoluzione del 26 novembre 2015.

La Corte è la prima giurisdizione penale internazionale a carattere permanente, ed è competente a giudicare sui principali crimini di rilevanza internazionale, dal genocidio ai crimini contro l'umanità ai crimini di guerra. Lo Statuto della Corte, adottato a Roma nel luglio 1998, è entrato in vigore nel 2002.

Dichiaro il voto favorevole del Gruppo Forza Italia.

SANDRA ZAMPA. (Dichiarazione di voto finale – A.C. 4471). Signor Presidente, colleghe e colleghi, l'istituzione della Corte penale internazionale, competente a giudicare su genocidio, crimini contro l'umanità e crimini di guerra, ha rappresentato il punto di arrivo di un lungo processo di definizione della natura della responsabilità penale internazionale che ha visto il concorso della politica e di un gran numero di stati nazionali da un lato, e dal l'altro, quel lo del la dottrina e giurisprudenza internazionalistica.

La ratifica ora all'esame dell'Aula riguarda l'emendamento all'articolo 124 dello Statuto istitutivo della Corte penale, entrato in vigore il 1 luglio 2002. La decisione di riesaminare l'articolo 124, che prevede una clausola di temporanea e parziale esclusione del la giurisdizione del la Corte per i propri cittadini o sul proprio territorio per i crimini di guerra, è stata presa nel corso della sessione dell'Assemblea degli Stati Parte, tenutasi a New York nel dicembre 2014. La proposta di emendamento a medesimo articolo è giunta allo stato di decisione i n plenaria nel novembre dell'anno successivo.

Con l'entrata in vigore dell'emendamento verrà quindi meno la facoltà per gli Stati di sospendere nei propri confronti e per sette anni la giurisdizione del la Corte per i crimini di guerra Tale facoltà costituiva finora l'unica eccezione alla piena e autonoma operatività della Corte erga omnes. Di essa si sono avvalse in passato soltanto Francia e Colombia La clausola di "opt out" dell'articolo 124, fu inserita nel corso dei negoziati precedenti l'adozione dello Statuto della Conferenza Diplomatica di Roma del 1998, come disposizione di compromesso finalizzata a favorire un maggior numero di adesioni allo Statuto. La clausola è espressione delle preoccupazioni manifestate da diversi Stati, e in particolare dai membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, per l'assenza di previsioni che consentissero agli Stati medesimi di l imitare la giurisdizione del la Corte. A titolo di esempio valga qui menzionare che paesi come Francia e Stati Uniti, eccepivamo l'assenza di garanzie nei confronti di possibili incriminazioni delle loro truppe impegnate all'estero in missioni di peace keeping. Peraltro va sottolineato come ben tre membri del Consiglio di Sicurezza del l'ONU ovvero gli Stati Uniti, la Russia e la Cina non abbiano a tutt'oggi sottoscritto lo Statuto.

Alla fine del 2016 diversi Paesi avevano criticato l'operato della Corte, minacciandone anche l'abbandono come Sud Africa e Gambia o abbandonando effettivamente come il Burundi. Ciò pone agli Stati che hanno concorso alla nascita della Corte, e l'Italia avendo ospitato la Conferenza diplomatica del 1998 ha una particolare responsabilità, una preoccupazione per il proseguimento della sua attività e ci sollecita come Paese a una rapida approvazione del provvedimento, anche allo scopo di riaffermare il nostro attaccamento e apprezzamento per questa Istituzione.

SEGNALAZIONI RELATIVE ALLE VOTAZIONI EFFETTUATE NEL CORSO DELLA SEDUTA

  Nel corso della seduta sono pervenute le seguenti segnalazioni in ordine a votazioni qualificate effettuate mediante procedimento elettronico (vedi Elenchi seguenti):

  nelle votazioni dalla n. 1 alla n. 5 il deputato Gutgeld ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario;

  nelle votazioni nn. 2 e 47 la deputata Bonomo ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario;

  nella votazione n. 3 la deputata Gribaudo ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario;

  nella votazione n. 3 il deputato De Menech ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole;

  nelle votazioni nn. 3 e 4 il deputato Falcone ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario;

  nelle votazioni n. 3, n. 33 e dalla n. 56 alla n. 62 il deputato Micillo ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole;

  nella votazione n. 4 la deputata Bargero ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario;

  nella votazione n. 6 i deputati Argentin e Gutgeld hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole;

  nella votazione n. 7 la deputata Fregolent ha segnalato che non è riuscita votare;

  nella votazione n. 7 la deputata Manzi ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole;

  nelle votazioni dalla n. 10 alla n. 12 la deputata Gribaudo ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario;

  nelle votazioni dalla n. 11 alla n. 13 la deputata Paris ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario;

  nelle votazione dalla n. 14 alla n. 24 la deputata Bonomo ha segnalato che non è riuscita a votare;

  nelle votazioni nn. 18 e 19 il deputato Falcone ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole;

  nelle votazioni n. 19 la deputata Albanella ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole;

  nella votazione n. 24 la deputata Lombardi ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario;

  nella votazione n. 29 i deputati Pesco e Mantero hanno segnalato che non sono riusciti ad astenersi dal voto;

  nelle votazioni n. 32 la deputata Bonomo ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole;

  nelle votazioni nn 32 e 60 la deputata Lombardi ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole;

  nella votazione n. 34 il deputato Valiante ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole;

  nelle votazioni della n. 44 alla n. 48 la deputata Covello ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario;

  nella votazione n. 47 il deputato Marantelli ha segnalato che non è riuscito a votare;

  nella votazioni dalla n. 49 alla n. 52 la deputata Covello ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario;

  nella votazione n. 50 la deputata Gadda ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole;

  nella votazione n. 56 la deputata Antezza ha segnalato che non è riuscita a votare;

  nella votazione n. 65 il deputato Impegno ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 5 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nominale Pdl 4653 - Quest. sospensiva 379 376 3 189 96 280 117 Resp.
2 Nominale Pdl 4653 - em. 1.20 376 330 46 166 59 271 116 Resp.
3 Nominale em. 1.2 381 334 47 168 117 217 115 Resp.
4 Nominale em. 1.4 389 341 48 171 60 281 114 Resp.
5 Nominale em. 1.21 392 277 115 139 52 225 114 Resp.
6 Nominale Pdl 4653 - voto finale 351 277 74 139 257 20 109 Appr.
7 Nominale Pdl 4665 - articolo 1 375 291 84 146 291 0 121 Appr.
8 Nominale em. 2.10 378 359 19 180 123 236 119 Resp.
9 Nominale em. 2.2 378 351 27 176 116 235 118 Resp.
10 Nominale articolo 2 378 292 86 147 292 0 118 Appr.
11 Nominale articolo 3 381 296 85 149 296 0 117 Appr.
12 Nominale articolo 4 383 296 87 149 296 0 117 Appr.
13 Nominale em. 5.1, 5.2 378 358 20 180 152 206 116 Resp.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui é mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi é premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.

INDICE ELENCO N. 2 DI 5 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 26)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
14 Nominale articolo 5 382 321 61 161 250 71 116 Appr.
15 Nominale Pdl 4665 - voto finale 365 279 86 140 279 0 115 Appr.
16 Nominale Ddl 4685 - articolo 1 362 361 1 181 292 69 115 Appr.
17 Nominale articolo 2 360 358 2 180 292 66 115 Appr.
18 Nominale articolo 3 342 340 2 171 281 59 115 Appr.
19 Nominale articolo 4 343 341 2 171 278 63 115 Appr.
20 Nominale Ddl 4685 - voto finale 366 358 8 180 288 70 115 Appr.
21 Nominale Ddl 4469 - articolo 1 358 349 9 175 281 68 116 Appr.
22 Nominale articolo 2 363 354 9 178 285 69 115 Appr.
23 Nominale articolo 3 361 352 9 177 283 69 115 Appr.
24 Nominale Ddl 4469 - voto finale 371 361 10 181 292 69 115 Appr.
25 Nominale Ddl 4609-A - articolo 1 369 280 89 141 280 0 115 Appr.
26 Nominale articolo 2 369 282 87 142 282 0 115 Appr.


INDICE ELENCO N. 3 DI 5 (VOTAZIONI DAL N. 27 AL N. 39)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
27 Nominale articolo 3 364 280 84 141 280 0 115 Appr.
28 Nominale articolo 4 365 278 87 140 278 0 115 Appr.
29 Nominale Ddl 4609-A - voto finale 360 276 84 139 275 1 115 Appr.
30 Nominale Ddl 4684 - articolo 1 349 333 16 167 333 0 114 Appr.
31 Nominale articolo 2 341 324 17 163 324 0 114 Appr.
32 Nominale articolo 3 336 319 17 160 319 0 115 Appr.
33 Nominale articolo 4 342 327 15 164 326 1 115 Appr.
34 Nominale articolo 5 354 340 14 171 340 0 114 Appr.
35 Nominale Ddl 4684 - voto finale 356 341 15 171 339 2 115 Appr.
36 Nominale Ddl 4303 - articolo 1 337 336 1 169 335 1 114 Appr.
37 Nominale articolo 2 346 345 1 173 345 0 113 Appr.
38 Nominale articolo 3 344 343 1 172 343 0 113 Appr.
39 Nominale articolo 4 352 350 2 176 350 0 113 Appr.


INDICE ELENCO N. 4 DI 5 (VOTAZIONI DAL N. 40 AL N. 52)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
40 Nominale em. 5.1 351 334 17 168 86 248 113 Resp.
41 Nominale em. 5.2 351 334 17 168 81 253 113 Resp.
42 Nominale em. 5.3 352 335 17 168 73 262 113 Resp.
43 Nominale em. 5.4 347 325 22 163 68 257 113 Resp.
44 Nominale em. 5.5 347 325 22 163 69 256 113 Resp.
45 Nominale em. 5.6 347 327 20 164 66 261 113 Resp.
46 Nominale em. 5.7 352 330 22 166 70 260 113 Resp.
47 Nominale em. 5.8 345 323 22 162 65 258 113 Resp.
48 Nominale em. 5.9 351 330 21 166 70 260 113 Resp.
49 Nominale articolo 5 354 353 1 177 350 3 113 Appr.
50 Nominale articolo 6 348 347 1 174 345 2 113 Appr.
51 Nominale articolo 7 349 347 2 174 346 1 113 Appr.
52 Nominale Ddl 4303 - voto finale 344 344 0 173 344 0 113 Appr.


INDICE ELENCO N. 5 DI 5 (VOTAZIONI DAL N. 53 AL N. 65)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
53 Nominale Ddl 4475 - articolo 1 326 326 0 164 326 0 113 Appr.
54 Nominale articolo 2 317 316 1 159 316 0 114 Appr.
55 Nominale articolo 3 323 323 0 162 323 0 113 Appr.
56 Nominale articolo 4 321 321 0 161 321 0 113 Appr.
57 Nominale Ddl 4475 - voto finale 323 323 0 162 322 1 113 Appr.
58 Nominale Ddl 4470 - articolo 1 322 322 0 162 322 0 113 Appr.
59 Nominale articolo 2 318 318 0 160 318 0 113 Appr.
60 Nominale articolo 3 313 313 0 157 313 0 113 Appr.
61 Nominale Ddl 4470 - voto finale 321 321 0 161 321 0 113 Appr.
62 Nominale Ddl 4471 - articolo 1 308 295 13 148 295 0 113 Appr.
63 Nominale articolo 2 304 290 14 146 290 0 113 Appr.
64 Nominale articolo 3 300 287 13 144 287 0 113 Appr.
65 Nominale Ddl 4471 - voto finale 291 280 11 141 280 0 113 Appr.