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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 880 di venerdì 27 ottobre 2017

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI

La seduta comincia alle 9,30.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

ANNA MARGHERITA MIOTTO, Segretaria, legge il processo verbale della seduta di ieri.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

  (È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Bernardo, Dambruoso, Dellai, Epifani, Gregorio Fontana, Garofani, Laforgia, Pannarale, Pisicchio, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rosato e Sani sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente novantadue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 9,35).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Elementi in relazione all'asserita provenienza italiana del camion coinvolto nell'attentato avvenuto il 14 ottobre 2017 a Mogadiscio e iniziative per contrastare un eventuale traffico internazionale di materiali di armamento – n. 2-01987)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all'ordine del giorno Quartapelle Procopio ed altri n. 2-01987 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Quartapelle Procopio se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica. Ne ha facoltà.

LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Grazie, Presidente. Sabato 14 ottobre 2017, a Mogadiscio, è avvenuto uno dei più gravi attentati che la capitale somala abbia vissuto negli ultimi anni: un camion bomba carico di 500 chili di esplosivo si è fatto saltare in aria e ha provocato più di 300 vittime e oltre 400 feriti. Per questo, credo sia importante sfruttare anche questa occasione per fare arrivare al Governo somalo e ai cittadini somali la solidarietà e la vicinanza dell'Italia.

Qualche giorno prima, il 4 di ottobre, sulla cronaca di Firenze si riportavano i risultati di un'indagine promossa dalla Direzione distrettuale antimafia del capoluogo toscano che, sostanzialmente, segnalava un traffico con la Somalia di mezzi militari dismessi, ma ancora idonei all'utilizzo, gestiti da un'organizzazione criminale somala con base in Toscana e probabilmente con qualche legame con Al Shabaab. Secondo le accuse di questa indagine, il gruppo trasferiva dei mezzi in Somalia senza demilitarizzarli, cioè lasciando inalterate le caratteristiche per l'uso in scenari di guerra, violando la normativa internazionale per l'embargo verso la Somalia. Al fine di aggirare i controlli, quello che faceva l'organizzazione criminale era che, invece di caricare sui container i camion interi e spedirli via mare, li smontava pezzo a pezzo, ma li teneva completamente uniti.

C'è un precedente rispetto a questa indagine: il 7 di ottobre di due anni prima il direttore interregionale dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli di Campania e Calabria riferì al Parlamento - alla Commissione l'inchiesta sul ciclo dei rifiuti - che l'Agenzia aveva operato dei sequestri su automezzi di tipo militare dismessi dall'Esercito italiano e aveva svolto indagini su una filiera che portava a persone o organizzazioni vicini ad Al Shabaab, cioè ai terroristi islamici ritenuti responsabili di numerosi attentati in Somalia, fra cui appunto, probabilmente, anche l'attentato di sabato 14 di ottobre.

La stampa italiana, e non solo, ha fatto emergere il sospetto che il camion coinvolto nell'attentato di Mogadiscio, che era probabilmente dotato di protezioni speciali di carattere militare per aver resistito al posto di blocco, possa essere effettivamente di provenienza italiana e magari proprio di provenienza di quelli oggetto della transazione della rete criminale scoperta dall'Agenzia delle dogane, su cui c'è l'inchiesta della magistratura fiorentina.

Quindi, questa interpellanza serve a capire se e quali iniziative il Governo abbia disposto, insieme al Governo della Somalia, per capire se effettivamente l'ipotesi della stampa nazionale, e cioè che il camion esploso il 14 ottobre sia collegato in un qualche modo all'inchiesta fiorentina, trovi conferma o sia destituita di fondamento e, più in generale, quali siano le iniziative intraprese a livello nazionale, e soprattutto internazionale, per far luce sul possibile traffico illegale di materiale bellico dismesso dal nostro Paese e portato in Somalia in violazione dell'embargo.

Non c'è bisogno di spiegare perché questa domanda sia estremamente importante sia per la sicurezza del Corno d'Africa e, più in generale, per l'efficacia delle nostre azioni di contrasto alle reti di terrorismo internazionale.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale, Benedetto Della Vedova, ha facoltà di rispondere.

BENEDETTO DELLA VEDOVA, Sottosegretario di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale. Grazie, Presidente. Innanzitutto mi consenta di unirmi al cordoglio espresso dall'onorevole interpellante per le vittime e per i cittadini somali colpiti.

Le indagini condotte dalle autorità somale per accertare la matrice dall'attacco terroristico del 14 ottobre scorso, ai cui atti ufficiali non è ancora consentito l'accesso, proseguono ad oggi a ritmo serrato. Non sono noti, al momento, elementi dai quali risulterebbe che il camion bomba utilizzato nell'attacco a Mogadiscio fosse un veicolo militare. Anche se i camion di fabbricazione italiana rientrano tra i più comuni e diffusi automezzi circolati nella capitale somala, non ci sono elementi accertati circa il fatto che il veicolo utilizzato fosse di produzione italiana.

In base alle informazioni ricevute anche dal Ministero dell'interno, dal Ministero della Giustizia e dall'Agenzia delle dogane, non esiste ad oggi nessun riscontro sui presunti legami tra l'attentato in questione e l'indagine che ha portato all'arresto in Italia di alcune persone, sia italiani che somali, per le attività di esportazione di mezzi militari, o parti di esse, dismessi, ma non demilitarizzati, verso la Somalia. Tale indagine è stata riportata dagli organi di stampa circa dieci giorni prima dell'attentato. A seguito di un'analisi degli elementi oggettivi attualmente disponibili, emerge infatti come l'ipotesi di un collegamento tra le due vicende rappresenti semplicemente una deduzione di tipo giornalistico, legata in parte alla coincidenza temporale tra gli arresti avvenuti in Italia e l'attentato a Mogadiscio.

Riguardo alle iniziative intraprese a livello internazionale per far luce sul traffico illegale di materiale bellico dismesso dal nostro Paese, preciso che la Somalia è soggetta a regime sanzionatorio su armamenti e materiale connesso introdotto a partire dalla risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite n. 733 del 1992. Sulla base della risoluzione n. 1519 del 2003 è stato istituito un gruppo di monitoraggio, poi denominato Somalia Eritrea Monitoring Group (SEMG), per effetto dalla risoluzione n. 1907 al 2009, composto da esperti incaricati di vigilare il rispetto da parte degli Stati e delle autorità somale delle disposizioni sanzionatorie. Nell'ultimo rapporto di fine mandato del SEMG, di inizio ottobre, non sono state rilevate violazioni del regime sanzionatorio inerenti a veicoli di produzione italiana.

Segnalo anche che, a partire dal 2013, le Nazioni Unite hanno attenuato le misure di embargo, al fine di agevolare il rafforzamento e lo sviluppo delle forze di sicurezza del Governo somalo per il contrasto del terrorismo. In tale contesto l'Italia ha attuato le proprie iniziative di sostegno alle forze di sicurezza somale, sempre nella massima collaborazione con il SEMG, come peraltro riconosciuto da rappresentanti del gruppo di monitoraggio nel corso di recenti contatti con la nostra rappresentanza permanente presso le Nazioni Unite. Grazie, Presidente.

PRESIDENTE. L'onorevole Quartapelle Procopio ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Ringrazio molto il sottosegretario per la risposta, di cui mi dichiaro soddisfatta. Credo che l'interpellanza servisse a portare all'attenzione del Governo dei sospetti che sono, per certi versi, giornalistici, ma sono anche suffragati da un'indagine esistente della magistratura. Quindi, ringrazio molto per la chiarezza sulla natura prettamente giornalistica dei legami tra quanto emerso dall'indagine e l'attentato del 14 ottobre.

Ritengo però importante sottolineare che tra Italia e Somalia vigono vari accordi di cooperazione, in particolare, la legge n. 64 del 2016, che è un accordo di cooperazione in materia di difesa in Somalia, che prevede anche la cessione di materiale bellico all'interno di quanto previsto dall'embargo dell'ONU. Quindi ritengo particolarmente importante continuare a vigilare su questa tematica, cioè sulla possibilità che esistano delle reti criminali italiane, criminali internazionali, che trasportino in Somalia materiali bellici. Per noi la Somalia è un Paese di un'area strategica, che è il Corno d'Africa, è un Paese estremamente fragile, esistono degli accordi di cooperazione militare ed è quindi importantissimo che ci sia la massima attenzione su possibili fatti che avvengano in violazione di quanto previsto dalla legge italiana e da quanto disposto dalle Nazioni Unite. Grazie.

(Iniziative volte a integrare il contratto di servizio 2017-2026 concluso tra Governo e Trenitalia ai fini della previsione di un collegamento a lunga percorrenza sull'asse ferroviario Agrigento-Caltanissetta-Enna-Catania – n. 2-01962)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Iacono ed altri n. 2-01962 (Vedi l'allegato A). Chiedo all'onorevole Iacono se intenda illustrare la sua interpellanza o si riservi di intervenire in sede di replica. Ne ha facoltà.

MARIA IACONO. Grazie, Presidente, signor sottosegretario. Riassumo il senso dell'interpellanza presentata dai deputati del Partito Democratico inerente, appunto, la riattivazione dei servizi ferroviari a lunga percorrenza sull'asse Agrigento-Caltanissetta-Enna, frettolosamente soppressi nel 2010 e che hanno causato un danno enorme alla mobilità di ben tre province con un bacino di utenza di quasi un milione di cittadini.

All'inizio dell'anno questo Governo ha - diligentemente, direi - stipulato con l'impresa ferroviaria italiana un contratto di servizio nazionale di durata decennale per la disciplina dei treni a lunga percorrenza, che ha contemplato l'aumento delle tracce orarie commissionate al Ministero delle infrastrutture e trasporti al fine di potenziare il servizio, il tutto nell'ottica di innalzare ulteriormente l'offerta dei treni classificati come intercity e intercity notte, fondamentali per il trasporto pubblico dei cittadini, specie laddove il servizio commerciale ad alta velocità non può essere erogato per motivi prettamente strutturali.

Abbiamo apprezzato fortemente l'atteggiamento positivo posto in essere dal Governo, dicevo, che, in controtendenza rispetto al passato, ha deciso di investire su questa tipologia di servizi ferroviari, che, nell'ultimo decennio, invero, hanno conosciuto un progressivo declino. Nell'immaginario collettivo, la decisione di tagliare la Freccia del Sud, come veniva comunemente chiamata dagli utenti l'antenna Agrigento-Catania per Roma e, prima ancora, per Milano, ha rappresentato una mortificazione nei confronti dei territori, che, da sempre, hanno dovuto fare e fanno, ancora oggi, i conti con l'isolamento dovuto all'assenza di trasporti aerei e strade efficienti.

La rete ferroviaria, che oggi è stata adeguatamente potenziata grazie all'upgrade infrastrutturale posto in essere da RFI in Sicilia è una via di comunicazione sottoutilizzata in base agli investimenti operati nell'ultimo decennio. La stessa rete, grazie al suo ammodernamento, potrebbe permettere collegamenti sicuri, leggermente più veloci e puntuali, tra il capolinea Agrigento centrale, le stazioni di Canicattì, Caltanissetta centrale ed Enna, fino a Catania, dove poi agganciare le vetture letto al già esistente intercity notte per Messina e Roma.

A fronte, come dicevo, di un investimento sicuramente irrisorio rispetto all'ordine di grandezza rappresentato dal quantitativo di denaro pubblico impegnato per la stipula del contratto di servizio nazionale, è possibile, allora, ripristinare un collegamento con il servizio intercity notte, che, rispetto al passato, non sarà unicamente utilizzato dalle popolazioni siciliane per abbandonare la terra natia e raggiungere i centri del nord, ma servirà anche e soprattutto a migliaia di turisti per poter raggiungere la Sicilia da Roma, viaggiando comodamente a bordo di una carrozza letto e risvegliarsi nell'incantevole scenario della Valle dei templi, senza necessità di dover trasbordare bagagli o cambiare vettori per raggiungere la destinazione.

Al contempo, credo, il servizio intercity notte - che, anche dai dati che abbiamo studiato, forniti da Trenitalia, per quanto concerne la Sicilia, gode di ottima salute con altissima frequentazione dei treni, specie nei periodi estivi e in prossimità delle feste - rappresenta una valida, sicura e necessaria alternativa al gommato, rispetto al quale risulta assai più comodo e allo stesso trasporto aereo, economicamente conveniente solo in caso di prenotazione anticipata e non in caso, ad esempio, di necessità immediate.

Siamo, dunque, a chiedere, signor sottosegretario, di voler riconsiderare la possibilità di inserire, all'interno del contratto di servizio nazionale per lunga percorrenza, una integrazione relativa a specifiche tracce orarie, volte al ripristino della cosiddetta antenna per Agrigento-Catania, oltre alla disponibilità delle infrastrutture, del materiale rotabile, anche da parte degli enti locali; tanti sindaci e tante amministrazioni sono pronti a mettersi in gioco presso i propri territori, e, quindi, credo che questo non potrà che giovare all'economia turistica, alla quale ormai molti comuni guardano come prima fonte di sostentamento.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato, Benedetto Della Vedova, ha facoltà di rispondere.

BENEDETTO DELLA VEDOVA, Sottosegretario di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale. Grazie, Presidente. Come è noto, la caratteristica dei treni intercity e intercity notte è quella di non essere economicamente sostenibili da Trenitalia, come avviene ad esempio per i treni ad alta velocità, e rientrano pertanto nel contratto di servizio stipulato con lo Stato, che eroga corrispettivi in coerenza con quanto stabilito dal piano economico-finanziario, inserito anch'esso nel contratto.

I treni notte da e per la Sicilia, dopo aver registrato in passato un lieve calo per quanto concerne la frequentazione, determinato dalla velocizzazione dei servizi diurni, nonché dall'incremento della presenza sul mercato dei vettori aerei low cost, negli ultimi anni hanno conosciuto una stagione di decisa ripresa e gradimento da parte dell'utenza: motivazioni che hanno spinto il Ministero a mantenere inalterata l'attuale offerta di treni intercity e intercity notte per la Sicilia.

Nel caso specifico, il collegamento tra Agrigento e Roma, fu soppresso alcuni anni fa in considerazione di un progressivo calo delle frequentazioni.

Come detto, il MIT, proprio per venire incontro all'esigenza dell'utenza e limitare al massimo i disagi, ha ritenuto di mantenere, con il nuovo contratto di servizio 2017-2026, l'offerta da e per la Sicilia anche per quanto concerne i collegamenti notturni. L'attuale offerta del contratto di servizio per la Sicilia prevede, quindi, una coppia di intercity notte Milano-Sicilia e viceversa, due coppie di intercity notte Roma-Sicilia e viceversa, due coppie intercity diurni Roma-Sicilia e viceversa. C'è da aggiungere che la tipologia delle infrastrutture locali interessate dal materiale rotabile che compone i convogli intercity non consente al momento di migliorare ulteriormente il servizio ferroviario svolto.

Tuttavia, i competenti uffici del MIT avvieranno quanto prima un tavolo di confronto con RFI e Trenitalia, per valutare il rapporto costo-beneficio del ripristino della cosiddetta antenna di collegamento Catania-Agrigento, ad oggi servita da collegamenti regionali, considerando che dovrà svilupparsi attraverso una tratta di linea interna particolarmente tortuosa nel percorso.

PRESIDENTE. L'onorevole Iacono ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

MARIA IACONO. Grazie, Presidente. Sì, mi ritengo parzialmente soddisfatta perché apprezzo l'apertura manifestata dal Governo, che intende dunque istituire questo tavolo tecnico con Rete Ferrovie Italiane Italiana e Trenitalia, al fine di valutare soluzioni attuabili per la riattivazione del servizio ferroviario a lunga percorrenza nelle province di Enna, Caltanissetta ad Agrigento.

Tuttavia, voglio puntualizzare alcune cose, perché ritengo opportuno sottolinearle in questa sede e soprattutto affermare come il servizio dei treni regionali non copra la tratta Agrigento-Catania. Per raggiungere il capoluogo etneo, nella fattispecie, è necessario effettuare addirittura due cambi treno, a Caltanissetta Centrale e a Caltanissetta Xirbi, dove si deve poi attendere la coincidenza con il regionale veloce Palermo-Catania. Va da sé che questa soluzione scoraggia a priori l'utenza e in particolare i turisti dall'utilizzare il vettore ferroviario. Anche il sistema di coincidenze con gli attuali servizi intercity e intercity notte, che lei ricordava, da Agrigento, Caltanissetta ed Enna risulta alquanto scomodo, costringendo a lunghe attese presso le stazioni di Termini Imerese o Catania Centrale, senza contare poi che la vera forza dei servizi intercity risiede proprio nella opportunità offerta ai viaggiatori di partire da una località ed arrivare ad un'altra senza effettuare alcun trasbordo.

In ordine, invece, ai problemi infrastrutturali prospettati, da notizie che abbiamo avuto modo di attingere direttamente da colloqui fatti con Ferrovie e acquisiti, appunto, da Rete Ferroviaria Italiana, è stato possibile, ad esempio, accertare che l'intera relazione Catania-Agrigento, via Caltanissetta Xirbi, risulta essere stata recentemente ammodernata e addirittura elettrificata per l'intera estensione, quindi con una velocità commerciale media paragonabile a quella delle altre linee in esercizio in Sicilia. L'unico fattore che implicava un perditempo, che era stato inserito in un progetto, è stato poi messo da parte e accantonato dopo la decisione di sospendere i servizi a lunga percorrenza. Per quanto concerne, infine, il materiale rotabile da utilizzare, Trenitalia ha a disposizione locomotori che godono della circolabilità sulla linea in questione e anche un numero di carrozze, credo, sufficiente a svolgere il servizio.

Restiamo, però, fiduciosi in attesa di conoscere gli esiti del tavolo tecnico, che vedrà appunto coinvolte RFI e Trenitalia, sicuri del fatto che alla fine prevarrà il buonsenso e si potrà procedere ad integrare l'attuale contratto di servizio stipulato lo scorso gennaio con l'auspicata antenna tra Catania, Enna, Caltanissetta e Agrigento, restituendo così a un milione di cittadini qualcosa che era stato, ripeto, troppo frettolosamente soppresso.

(Orientamenti in relazione al progetto di riduzione dei presidi della polizia postale e delle comunicazioni – n. 2-01986)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Sarti ed altri n. 2-01986 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Nesci se intenda illustrare l'interpellanza di cui è cofirmataria o se si riservi di intervenire in sede di replica.

DALILA NESCI. Grazie, Presidente. Signor sottosegretario, l'interpellanza di oggi si è resa necessaria perché il Ministero dell'interno ha taciuto e nicchiato sul futuro della Polizia postale. In proposito, infatti, lo scorso 17 maggio, scrivemmo una nota al prefetto, Roberto Antonio Sgalla, direttore centrale delle specialità della Polizia di Stato; nella circostanza intervenimmo a seguito di una nota sindacale dello scorso 16 maggio, riassuntiva di un incontro, nella stessa data, col prefetto Sgalla, avvenuto sulla razionalizzazione dei presidi della Polizia postale. Quell'incontro tra i sindacati e il direttore centrale delle specialità della Polizia di Stato portò i primi a comunicare che il personale della Polizia postale, per effetto dell'avviato progetto di razionalizzazione, sarà chiamato – cito - a svolgere attività nelle squadre mobili delle questure; per cui, ovviamente, dovrà occuparsi anche di altre tipologie di reati.

Nella nostra nota al prefetto Sgalla e in un successivo incontro, osservammo che, per come è rappresentata, la riorganizzazione in corso sembrava destinare altri compiti alla Polizia postale, non più preposta al contrasto esclusivo dei crimini informatici e dei reati commessi tramite l'utilizzo della rete.

Allora, chiedemmo al prefetto Sgalla, cito testualmente, di illustrarci in dettaglio gli altri compiti in affidamento alla riformata Polizia postale, posta, come peraltro evidenziato dai sindacati, la necessità di salvaguardare i ruoli tecnici e di tutelare il personale tutto.

Dalla nostra iniziativa del maggio scorso è passata tanta acqua sotto i ponti. Purtuttavia, il Ministero dell'interno è rimasto sulle sue. Spero che, oggi, non giustifichi le scelte sulla Polizia postale col solito atteggiamento del Governo, che maschera i tagli imposti dal sistema dell'euro con giri di parole lontane dalla realtà.

Nel nostro Paese, a fronte di dati che si riportano in aumento, un aumento dei casi di cyberbullismo, pedopornografia, stalking e frodi informatiche, la Polizia postale è l'unico organo che contrasta taluni reati che avvengono tramite Internet e strumenti informatici.

Con il DM 15 agosto 2017 del Ministero dell'interno è stato previsto il riordino delle specialità delle forze di polizia contenente numerosi tagli, con incoerenti criteri di razionalizzazione delle risorse umane e la pretesa di spending review. La conseguente chiusura delle sezioni di Polizia postale sul territorio ha lasciato i cittadini senza tutela certa per i reati informatici.

È utile precisare che i costi delle sedi della Polizia postale hanno gravato, per gran parte, su Poste Italiane che ne ha finanziato i fitti e gli strumenti di lavoro. Pertanto, il prospettato obiettivo di risparmio sarebbe fittizio. Sono almeno una quarantina gli uffici nel mirino del Governo che potrebbero essere eliminati già entro fine anno. Il rischio è la cancellazione delle specializzazioni, proprio come accaduto con il Corpo forestale dello Stato, con tutte le drammatiche conseguenze che sappiamo.

Lo smantellamento dei centri di prossimità della Postale è un percorso avviato da tempo; infatti, dal 2010 al 2017, gli agenti sono passati da 2 mila a 1.400, con 110 uffici sparsi nel territorio nazionale. Trattasi di un taglio del tutto scriteriato, sganciato da valutazioni economiche e geografiche o legate ai livelli di criminalità nei territori.

L'attività di prevenzione e repressione dei reati informatici deve avvenire direttamente sul territorio presidiato per essere, in concreto, tempestiva ed efficace, anche nella raccolta delle denunce. I cittadini hanno diritto ad un livello di sicurezza uniforme, senza discriminazioni territoriali che svantaggerebbero le province non sedi di corte d'appello.

Inoltre, si rischia di estromettere centinaia di operatori professionalizzati dalla specialità per indirizzarli in altri uffici; così, si vanno a perdere le competenze e l'efficacia operativa acquisita dal personale in questione, con conseguenti collassi di sezione per carico di lavoro.

Chiediamo, dunque, se trovi conferma questo progetto di smantellamento della Polizia postale e chiediamo se non si reputi controproducente, sia a livello finanziario che per la sicurezza dei cittadini, ridurre alla cieca i presidi territoriali di servizi così fondamentali.

Inoltre, chiediamo come Ministro e Governo intendano salvaguardare l'insostituibile patrimonio professionale e tecnico delle unità di Polizia postale, destinate ad altri organismi preposti al contrasto, appunto, di altre tipologie di reati.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale, Benedetto Della Vedova, ha facoltà di rispondere.

BENEDETTO DELLA VEDOVA, Sottosegretario di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale. Signor Presidente, il decreto legislativo n. 177 del 2016 prevede, in attuazione dei principi di delega sulla riorganizzazione delle forze di polizia, di cui all'articolo 8, comma 1, lettera a), della legge 7 agosto 2015, n. 124, che il Ministro dell'interno, con proprio provvedimento, stabilisca le modalità di esercizio da parte delle forze di polizia dei compiti istituzionali nei relativi comparti di specialità, nonché i criteri per razionalizzare la dislocazione dei presidi sul territorio.

In attuazione del citato disposto normativo e sulla base dei contributi forniti da un gruppo di lavoro interforze costituito presso il dipartimento della pubblica sicurezza, è stata adottata la direttiva a firma del Ministro dell'interno dello scorso 15 agosto.

Il provvedimento, pur confermando l'impianto delineato negli atti di indirizzo emanati nel 1992, 1998 e 2006, ne attualizza i contenuti, avuto riguardo ai mutamenti intervenuti negli ultimi anni nello scenario economico e sociale del Paese, nel quadro normativo di riferimento e nella stessa evoluzione della fenomenologia criminale.

La direttiva del Ministro dell'interno definisce, quindi, parametri che, in linea generale, permettono di basare su criteri oggettivi ed omogenei la valutazione in ordine all'istituzione, all'accorpamento e alla soppressione degli uffici e dei reparti operanti sul territorio. Ciò con l'obiettivo di ottimizzare le risorse disponibili e conferire un maggior impulso all'azione operativa nei rispettivi principi di efficienza, efficacia ed economicità.

Tanto premesso, nel contesto del complessivo riordino delle specialità, una particolare attenzione sarà riservata alla rimodulazione dell'assetto ordinamentale e organizzativo della Polizia postale e delle comunicazioni, di cui gli interpellanti paventano lo smantellamento, con conseguenti rischi sul versante della prevenzione dei reati informatici.

La Polizia postale, come è noto, è stata particolarmente interessata negli ultimi anni da notevoli trasformazioni. Alle tradizionali mansioni di scorta e tutela di beni e servizi postali, si sono aggiunte, infatti, nuove competenze, connotate da alta specializzazione tecnologica.

Con l'ingresso nell'era della società informatica, il ricorso al web ha assunto un carattere sempre più pervasivo, rivestendo il ruolo non solo di veicolo indispensabile per lo scambio di informazioni e l'accesso alle grandi banche dati, ma anche di strumento di sviluppo e funzionamento dell'economia e degli apparati pubblici.

L'evoluzione delle tecnologie informatiche e delle modalità di scambio dei dati ha, quindi, determinato un significativo incremento delle esigenze di tutela dei servizi di comunicazione.

In questo scenario, il comparto della sicurezza postale e delle comunicazioni assume un ruolo strategico, sia per contrastare il crimine informatico, sia per combattere, efficacemente, l'abuso del web da parte delle organizzazioni terroristiche, sia per garantire la fruibilità, in condizioni di sicurezza, della rete da parte della generalità degli utenti.

Muovendo da tali considerazioni, il piano di razionalizzazione punterà a concentrare, senza alcun decremento dei servizi operativi del settore, le più spiccate e qualificate risorse professionali nei compartimenti dei capoluoghi regionali e nelle sezioni provinciali in cui operano procedure distrettuali che hanno ampia competenza in tema di crimini informatici.

Il nuovo assetto organizzativo della Polizia postale e delle comunicazioni sarà, quindi, ispirato ad esclusive esigenze di efficientamento e di adeguamento alle trasformazioni tecnologiche in atto, assicurando l'operatività di strutture ad alto tasso di specializzazione, in grado di rispondere, tempestivamente, al dinamico mutamento della criminalità informatica e alle esigenze della moderna società della comunicazione.

PRESIDENTE. L'onorevole Sarti ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

GIULIA SARTI. Grazie, Presidente. La risposta è: no, non siamo affatto soddisfatte, perché la risposta letta dal sottosegretario, che ovviamente proviene dal Ministero dell'interno, è un po' la stessa risposta che ci si rimpalla da troppo tempo e cioè, da una parte, si dice: salvaguardiamo la professionalità di questi agenti; il Corpo di polizia postale e delle telecomunicazioni è ovviamente cambiato in questi anni, stanno aumentando i reati di cyberbullismo, i reati informatici, i reati legati alla pedopornografia, tutto quello che riguarda i reati sulla rete Internet e, quindi, vogliamo concentrare queste professionalità nei capoluoghi di regione e in quelle sezioni dove c'è più bisogno di attenzione e dove queste professionalità sono meglio esercitate.

Il problema, qual è? È che noi stiamo descrivendo quello che succede, oggi, nelle sezioni di Polizia postale che, attualmente, stanno lavorando. Sembra che ci siano dei paradossi nelle operazioni che si stanno facendo in questi anni al Ministero dell'interno e che sono arrivate fino a questo decreto del 15 agosto. Infatti, da una parte, si crea l'Internet day, la formazione nelle scuole da parte degli agenti di Polizia postale, perché giustamente siamo in una fase in cui anche nelle scuole c'è bisogno, per gli studenti, di avere una formazione sui reati di cyberbullismo, una maggiore consapevolezza di quelli che sono i rischi della rete Internet, quindi si chiede agli agenti addirittura di andare anche a fare formazione nelle scuole - cosa che hanno già fatto in passato, che continuano a fare e che sono benissimo in grado di svolgere -, ma il punto qual è? Non si può chiedere tutto questo, cioè imporre un carico impressionante agli agenti di Polizia postale e allo stesso tempo procedere alla chiusura di una marea di presidi sul territorio, o comunque alla loro razionalizzazione.

Infatti, se dobbiamo tutelare le professionalità, che senso ha che molti agenti siano già stati mandati a lavorare nelle questure? Che senso ha che, una volta che fanno corsi da vice sovrintendente, non possano ritornare presso le specialità, quindi presso la specialità della Polizia postale? Che senso ha aver ridotto negli ultimi anni, come diceva prima la mia collega, gli agenti da 2.000 a 1.400? Che senso ha non avere, come dicevo, un piano per prevedere la tutela vera, effettiva, di ulteriori assunzioni e di garantire le professionalità? La verità è che non si sa come garantire queste professionalità, ancora non c'è scritto nulla per capire come fare, perché quando questi agenti poi vanno in forza a lavorare magari presso le questure, non si ritrovano gli stessi strumenti che hanno nelle sezioni dove operano a tutt'oggi o dove hanno operato fino al giorno prima con una convenzione in essere, come sappiamo, con Poste Italiane, che garantiva naturalmente sia la fruizione degli spazi sia degli strumenti di lavoro adeguati. È ovvio che le questure oggi non sono dotate in tutta Italia di strumenti informatici degni di poter perseguire i reati informatici nella maniera più corretta, e gli agenti di Polizia postale, a quel punto, non è che possono inventarsi la celerità di un sistema o la capacità di fare indagini, se gli strumenti non ci sono! Dunque, ci sono già ad oggi degli immensi problemi. Quindi, nel momento in cui si crea un disegno come questo, di razionalizzazione, di ottimizzazione delle risorse disponibili, ottimizzare non vuol dire ridurre all'osso le professionalità, ottimizzare non vuol dire ridurre gli agenti in tutti questi anni senza prevedere un effettivo piano di nuove assunzioni, di formazione soprattutto dei nuovi agenti, perché è questo che manca.

Ciò che stiamo rappresentando noi, che stiamo cercando di far capire, non oggi ma da tempo, perché abbiamo presentato emendamenti alla legge di bilancio e abbiamo anche ottenuto lo stanziamento di risorse in passato proprio per la specialità della Polizia postale - abbiamo fatto ulteriori interrogazioni, abbiamo presentato emendamenti, come le dicevo, in tutte le situazioni in cui si poteva parlare di riordino di questa specialità -, è che ovviamente le nostre specialità devono essere prese, tutelate, e ci deve essere, prima ancora di riorganizzare, prima ancora di prevedere un piano, un decreto come quello del 15 agosto, una seria previsione di quello che sarà il futuro, cioè di quelli che saranno i piani per le nuove assunzioni e per la formazione di altri agenti.

Quando avremo abbastanza organico, allora sì che potremo fare un disegno anche di chiusura e un ragionamento su come chiudere determinati presìdi! Ma ad oggi la verità è che già sono pochi questi agenti, già sono ridotti all'osso, già ci sono uffici dove c'è magari un solo agente, allora il piano qual è? Prima togliamo tutti gli organici, li riduciamo all'osso, e poi diciamo che non fanno nulla e allora li chiudiamo. Ci credo che non fanno nulla, se già in passato, in tutti questi anni, il piano è stato quello di ridurre l'organico invece di aumentarlo, invece di formare nuove persone in grado di combattere questo tipo di criminalità, che è fortissima ed è la vera emergenza che abbiamo oggi, non solo nel nostro Paese ma a livello internazionale! Se questo è il piano, come si possono fare dei ragionamenti? Ripeto, quello che stiamo chiedendo e che vorremmo percepire e capire dal Ministero dell'interno è un chiaro intento nella previsione di ulteriori agenti che possano andare a consentire veramente di mantenere la professionalità e la capacità di questa specialità di poter continuare ad operare nel migliore dei modi.

Fino ad oggi abbiamo sentito, purtroppo, solo belle parole, ma nulla nei fatti. Dulcis in fundo, siamo al termine della legislatura, e al termine della legislatura non ci si dovrebbe permettere di portare a termine un disegno del genere, perché, come le dicevo, questa specialità, questo reparto così importante avrebbe bisogno di un'attenzione maggiore e non certo di arrivare a dei tagli di fine legislatura previsti in questo modo, senza che ci sia stato un effettivo percorso serio e maturato con tutti gli operatori del settore.

PRESIDENTE. Dovremmo ora passare all'interpellanza urgente Cimbro e Ferrara n. 2-01989, ma siamo in attesa che arrivi la rappresentante del Governo, quindi sospenderei la seduta, che riprenderà tra qualche minuto, alle 10,15. La seduta è sospesa.

La seduta, sospesa alle 10,10, è ripresa alle 10,15.

(Chiarimenti in merito alle criticità derivanti dal progetto di realizzazione di una vasca di laminazione nel comune di Senago per il contenimento delle acque del torrente Seveso – n. 2-01989)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Cimbro e Ferrara n. 2-01989 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Cimbro se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

ELEONORA CIMBRO. Presidente, è la seconda volta che intervengo in quest'Aula per parlare della vasca di laminazione di Senago: un'opera assolutamente importante, che però si inserisce all'interno di un progetto molto più ampio, che è stato pensato in anni passati per evitare le esondazioni del fiume Seveso, il fiume più inquinato d'Europa, e quindi evitare anche oggettivi disagi per la città di Milano. Il progetto, ricordiamo, ha avuto un'accelerazione importante in vista di Expo 2015, perché indubbiamente quell'evento, l'Esposizione universale che è durata sei mesi, doveva essere tenuta anche all'interno di un sistema che avrebbe dovuto reggere a qualsiasi evento, anche come quello delle forti piogge che a volte ci sono nel nostro territorio. Detto questo, fin da allora, fin da quando già diversi anni fa si è iniziato a pensare a questo progetto, in molti hanno avanzato delle critiche; anche perché ad oggi ricordiamo che sono partiti i lavori per le vasche di laminazione di Senago che sono più di una, quindi stiamo parlando di un intervento molto importante e con un forte impatto ambientale, e abbiamo poche certezze invece rispetto al sistema di tutto il progetto: quindi oggi siamo qui anche per capire dalla sottosegretaria che cosa realmente si sta facendo rispetto a tutto il progetto.

Mi piace in questa sede, credo che sia utile e importante ricordare tutte le criticità che sono state sollevate, che ho cercato anche di esporre attraverso questa interpellanza. Innanzi tutto un'insufficienza ed approssimazione dello studio di ipotesi alternative e della cosiddetta alternativa zero: la contraddizione a cui giunge la valutazione di impatto ambientale a pagina 8, dove si sostiene che gli otto invasi dell'ipotesi alternativa non possono sostituire i quattro di sistema, ma eventualmente contribuire ad una rimodulazione e ottimizzazione degli stessi in relazione alla loro fruibilità. In tale circostanza, né l'Agenzia interregionale per il fiume Po (Aipo) né regione Lombardia sono in grado di offrire alcuna motivazione che smentisca i rilievi sollevati dal comune.

Seconda criticità: carenza istruttoria del procedimento anche relativamente alla sedimentazione all'interno delle vasche. Le motivazioni fornite dalla controparte non sono idonee a superare l'obiezione sollevata in sede di ricorso; in ogni caso non può essere condivisibile che la valutazione di impatto ambientale si limiti a fare un generico rinvio agli esiti dei monitoraggi da effettuare.

Impatto paesaggistico: il comune ha rilevato che le vasche risultano realizzate all'interno dell'area protetta del Parco delle Groane e all'interno del corridoio ecologico regionale RER. A fronte di tali rilievi, la controparte qualifica l'area come un pratone che non presenta fattori naturalistici propri, e che pertanto può essere sacrificata. Mancano il rispetto dei limiti di profondità massima presenti dal Piano cave di città metropolitana: il comune sostiene il mancato rispetto del limite massimo di profondità previsto dal Piano cave, e la controparte replica sostenendo che nel caso di opere idrauliche trova applicazione una deroga che consente escavazioni sotto la linea di falda. Non vi è garanzia nel progetto dell'interferenza tra le pessime acque delle vasche e quelle della falda.

Quarta criticità: gravi difetti istruttori relativi alla VIA riguardo il tema delle acque. Nella relazione di VIA si sostiene che non sussistono pericoli di inquinamento, stante l'asserita ridotta permanenza delle acque e l'esistenza del materassino bentonitico (molto sommariamente, lo strato di argilla) che impermeabilizzerà il fondo. A riguardo si eccepisce invece che il suddetto materassino non appare idoneo a proteggere l'ambiente dagli altri effetti delle acque insane. Abbiamo poi un'istruttoria lacunosa sia nel SIA che nella VIA in merito all'impatto che l'opera avrebbe sulla salute pubblica: il legale dell'ente ritiene che il problema dell'impatto dell'opera sulla salute pubblica sia stato del tutto trascurato, con evidenti violazioni di legge. Il piano di manutenzione, che in realtà è il contenuto essenziale del SIA e della VIA, viene posticipato al momento della redazione definitiva. Mancanza del piano di utilizzo del materiale di scavo: per le opere oggetto di VIA, che l'elaborazione del piano debba avvenire prima dell'espressione del parere conclusivo della procedura di valutazione. Mancata previsione del versamento dei diritti di escavazione: nella VIA infatti non si è tenuto conto del versamento dei diritti di escavazione al comune, violando una precisa disposizione normativa.

La mancanza di pareri nel decreto di approvazione della VIA e nella relazione ad esso collegata; inoltre l'opera si realizza a 15 chilometri dal luogo dell'esondazione in derivazione al canale scolmatore, e dunque non riesce a ridurre significativamente le ondate di piena, proprio perché è l'unica che nel sistema nelle vasche di laminazione non sarà localizzata lungo l'asta del Seveso. Mancato adempimento, nel progetto posto a gara, delle prescrizioni indicate nella VIA: le argomentazioni sollevate riguardano essenzialmente lo stralcio dal progetto delle opere di collegamento ciclopedonali che, secondo Aipo, dovranno formare oggetto di un altro progetto. Stessa procedura riguardo all'integrazione delle opere: la commissione VIA aveva invitato a valutare l'integrazione delle opere, ed Aipo ha rinviato questa fase ad altro progetto. Stessa procedura è stata seguita per la mitigazione degli impatti sulle residenze lungo la strada provinciale 175, disattendendo in pratica quanto richiesto in fase di conferenza di servizi per la VIA.

A fronte di tutte queste criticità, che sostanzialmente si possono riassumere dicendo che esistono progetti alternativi, che ci sono alcune criticità soprattutto derivanti dalla possibilità che quest'opera possa intercettare anche la falda acquifera, e rispetto anche a criticità sul bando che è stato bandito per l'assegnazione di queste opere, noi chiediamo se il Ministro interpellato sia a conoscenza del fatto che, a seguito dell'obsolescenza del citato progetto, sarà necessario mettere in atto misure necessarie a prevedere tutele per l'inquinamento della falda acquifera e per i fanghi speciali che si formeranno, e a tal fine se si è in grado di fornire una stima realistica delle quantità di fanghi speciali che si verranno a depositare a seguito dell'utilizzo delle vasche e dei conseguenti costi per lo smaltimento degli stessi. Perché è il tema vero è che quest'opera, che dovrà durare per tanti anni sul territorio, ha un problema di manutenzione e di costi legati alla manutenzione che sono davvero rilevanti. Se non ritenga opportuno fornire adeguate informazioni su costi manutentivi presunti per la tutela delle acque di falda e per i piani di emergenza in caso di contaminazione, su pratiche di trasparenza e controlli antimafia predisposti per l'appalto, e su quale realisticamente sarà la percentuale di eventi esondativi evitati con la realizzazione di tali vasche. Di quali elementi disponga sulla realizzazione dell'intero progetto, e non solo di parti di esso, alla luce della non realizzazione delle vasche previste oltre quelle di Senago.

PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare, Silvia Velo, ha facoltà di rispondere.

SILVIA VELO, Sottosegretaria di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare. Con riferimento alle questioni poste e sulla base degli elementi acquisiti, si fa presente che progetti per la risoluzione o la mitigazione degli effetti delle piene del fiume Seveso sono da tempo oggetto di analisi e studio da parte dei soggetti territorialmente competenti. A riguardo, la regione Lombardia ha rappresentato che è stato introdotto un nuovo principio cui ispirare i progetti di sistemazione e mitigazione del rischio idraulico, che prevede di evitare ulteriori incrementi in altezza delle arginature dei corsi d'acqua e la realizzazione di nuovi scolmatori; ciò al fine di evitare di risolvere la problematica in una zona ricreandola o aggravandola in una zona più a valle.

L'Autorità di bacino del fiume Po ha quindi indicato una serie di opere per il governo delle piene dei corsi d'acqua del bacino medesimo. Nel 2009 la regione Lombardia ha attivato un accordo di programma con l'Autorità di bacino, Aipo - Agenzia interregionale per il fiume Po, la provincia di Milano e il comune di Milano, riguardante appunto la salvaguardia idraulica e la riqualificazione dei corsi d'acqua dell'area metropolitana milanese, mediante il quale sono state programmate e finanziate opere prioritarie di mitigazione del rischio idraulico su tutti i principali corsi d'acqua, e sono stati contestualmente programmati e finanziati anche alcuni interventi di riqualificazione dei corsi d'acqua molto degradati. Gli interventi previsti nell'accordo sono a loro volta stati inseriti in un più ampio accordo di programma, finalizzato alla programmazione ed al finanziamento di interventi urgenti e prioritari per la mitigazione del rischio idrogeologico, stipulato il 4 novembre 2011 tra regione Lombardia e Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

Al fine di integrare le politiche per la sicurezza con quelle del risanamento paesaggistico e ambientale del corso d'acqua e dell'intero bacino del fiume, la regione Lombardia ha peraltro attivato un accordo quadro di sviluppo territoriale (contratto di fiume) con tutti gli enti istituzionali del bacino Seveso e con tutti i portatori di interesse.

Inoltre, nel giugno 2011, su richiesta della giunta regionale, l'AIPO e il comune di Milano hanno svolto uno studio idraulico del torrente Seveso - tratto dalle sorgenti alla presa del canale Scolmatore di nord-ovest - e uno studio di fattibilità della vasca di laminazione dello stesso canale a Senago, che ha aggiornato il quadro degli interventi necessari per risolvere le problematiche del Seveso contenute nel PAI e nei successivi studi dell'Autorità di bacino. Lo studio è assunto a nuovo quadro di riferimento per gli aspetti della sicurezza idraulica ed è parte del Piano di azione del contratto di fiume. Il predetto studio ha evidenziato e confermato la necessità di laminare in tutto il bacino a monte del canale Scolmatore, per un volume d'acqua pari a 4,4 milioni di metri cubi, per mettere in condizioni di sicurezza una portata di piena con tempo di ritorno di cento anni.

Nello specifico, l'obiettivo di tutte le opere programmate e da programmare è quello di azzerare la portata di piena a monte della deviazione del predetto canale, che può attualmente ricevere una portata fino a 30-35 metri cubi al secondo. Per ottenere ciò, lo studio in questione ha evidenziato la necessità di procedere dando priorità all'adeguamento del canale Scolmatore e alla realizzazione di un sistema di aree di laminazione ubicate nei comuni di Senago, Paderno Dugnano, Varedo e Lentate sul Seveso, per un volume complessivo appunto di 4,4 milioni di metri cubi.

Con riferimento a tali interventi, la regione Lombardia ha evidenziato altresì che l'adeguamento del canale Scolmatore di nord-ovest e la realizzazione dell'area di laminazione a Senago, pur non risolvendo tutte le problematiche (che necessitano la realizzazione completa del programma di vasche di laminazione precedentemente descritto), garantirebbero comunque una significativa mitigazione del rischio nelle zone a valle. A titolo esemplificativo rispetto ai tredici eventi di esondazione registrati tra il 3 maggio 2010 e il 7 luglio 2014, in presenza della laminazione di Senago, la regione segnala che ne sarebbero stati evitati totalmente sei, per due si sarebbe raggiunto il limite e per i cinque rimanenti non si sarebbe potuta scongiurare l'esondazione, tuttavia questi ultimi sarebbero stati molto mitigati in termini di intensità.

Ancora titolo esemplificativo, rispetto all'esondazione a Milano del 25 giugno 2014, la regione evidenzia che, in presenza della vasca di Senago, la predetta esondazione non avrebbe avuto luogo. Per contro, l'esondazione del 7-8 luglio 2014, viste le caratteristiche di evento centennale e con un volume di piena prossime ai 4 milioni di metri cubi, sarebbe stata azzerata con l'attivazione contemporanea di tutte le aree di laminazione previste.

La regione Lombardia ha, altresì, rappresentato di aver posto il tema del torrente Seveso tra gli obiettivi prioritari nella propria pianificazione territoriale ed ha vincolato urbanisticamente le aree oggetto degli interventi previsti nel nuovo assetto di progetto del corso d'acqua, e di conseguenza le aree in cui è prevista la realizzazione delle vasche di laminazione, allo scopo di impedirne un'eventuale occupazione urbanistica. Sono stati, inoltre, previsti progetti di depurazione e miglioramento della qualità delle acque del bacino del Seveso riguardante i cinque agglomerati urbani in provincia di Milano. L'Amministrazione regionale ha, infine, segnalato che l'opera finalizzata ad evitare le esondazioni del Seveso è stata appaltata a cura dell'AIPO ed i lavori sono attualmente in corso. Ovviamente, per quanto di competenza, pur essendo - come dicevo - la competenza in capo agli enti territoriali, il Ministero continuerà a svolgere un'attività di sollecito nei confronti appunto degli enti territoriali competenti e anche a svolgere, ovviamente, le proprie attività, seguendo con alto livello di attenzione la vicenda.

PRESIDENTE. L'onorevole Cimbro ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

ELEONORA CIMBRO. Grazie Presidente. Ringrazio anche la sottosegretaria per questa risposta che evidentemente è una risposta che rimanda a chi a più responsabilità rispetto alla realizzazione di quest'opera, cioè alla regione Lombardia. Ricordiamo, infatti, che regione Lombardia e l'assessore Beccalossi sono stati protagonisti non solo della progettazione di quest'opera, anche e soprattutto nella fase definitiva, ma anche politicamente sono stati protagonisti della concertazione che c'è stata anche a livello ministeriale per arrivare il prima possibile alla realizzazione di quest'opera. Lo dico perché noi abbiamo una regione Lombardia a guida Lega Nord e, purtroppo, anche nel comune di Senago le recenti elezioni amministrative hanno consegnato il comune a una sindaca appunto della Lega Nord, che oggi si oppone a quest'opera, dimenticandosi completamente che chi ha voluto, realizzato, e sta realizzando quest'opera, è un esponente importante del partito di cui lei fa parte.

Quindi, non si capiscono da un punto di vista politico anche queste schizofrenie, per cui da una parte si decide in un modo, e dall'altra si dice l'esatto contrario. È evidente che le istanze che oggi noi di Articolo 1-MDP portiamo in quest'Aula rispetto a quest'opera, sono istanze che da sempre ci vedono protagonisti sul territorio. Non abbiamo mai cambiato la linea, anche scontrandoci pesantemente a livello territoriale con il precedente sindaco di Milano e anche con l'attuale, che appartengono al Partito Democratico; questo perché nessuno di noi ritiene che la politica non debba risolvere i problemi. Il problema delle esondazioni delle acque su Milano e delle acque del Seveso è sicuramente un problema importante, ricordiamo però a tutti noi che se queste acque fossero pulite, e stiamo parlando quindi del fiume più inquinato d'Europa, non ci sarebbe stato alcun problema anche a raddoppiare il canale Scolmatore e fare arrivare appunto queste acque nel Ticino. Il Ticino si è opposto ovviamente a questa ipotesi, proprio perché stiamo parlando del fiume più inquinato d'Europa. Quindi, mi fa specie che nella risposta si dica che oltre alla realizzazione di queste vasche, che indubbiamente ridurrebbero il rischio di esondazioni su Milano, si sia attivato anche un progetto per depurare le acque. Noi abbiamo sempre sostenuto nella fase del progetto alternativo che depurare prima le acque, e quindi rendere queste acque pulite, avrebbe portato necessariamente a risposte e soluzioni alternative, senza andare a impattare in modo così forte sul territorio. Stiamo parlando appunto di vasche di laminazione che hanno una portata enorme, che insistono su un territorio con una forte presenza di cittadini che vivono e che utilizzano anche il territorio. Un territorio che è rimasto, grazie alle amministrazioni di centrosinistra che hanno governato Senago, un territorio verde. Abbiamo ricordato che parte di questo territorio fa parte di un parco, il Parco delle Groane.

Allora, di fronte a tutto questo scenario, e anche all'incertezza rispetto alla realizzazione delle altre vasche, noi ritorniamo in quest'Aula a dire che probabilmente una progettazione diversa, e soprattutto una politica che davvero sia lungimirante, avrebbe dato risposte diverse a un problema che oggettivamente tutti noi riconosciamo. Quindi, ci auguriamo che il bando venga fatto e sia fatto secondo tutti i criteri (abbiamo chiesto una verifica anche da parte dell'Anac e stiamo aspettando una risposta), che non ci siano problemi legati appunto a infiltrazioni sulla falda, perché stiamo parlando di acqua che arriva in tutti i comuni che stanno a sud di questo intervento. Non vorremmo svegliarci tra dieci anni con problemi di tumori e di malattie di cittadini che hanno nel frattempo bevuto quest'acqua. Ci auguriamo, perché su questo non abbiamo alcuna rassicurazione, che venga fatta un'opera di manutenzione e di pulizia di questi fanghi che rimarranno a sedimento di queste vasche, puntuale e costante, facendo un'attenzione estrema anche alla manutenzione delle vasche stesse, perché qualsiasi infiltrazione nella falda sarebbe davvero nefasta. Allo stesso tempo, chiediamo, visto che l'opera è già partita, quanto meno che si faccia di tutto perché ci sia davvero a monte la depurazione delle acque, perché tutti questi problemi legati anche alla possibilità di infiltrazioni nella falda si azzererebbero con un'azione puntuale di prevenzione per filtrare queste acque a monte.

Quindi, noi continueremo a vigilare, continueremo a produrre atti di sindacato ispettivo. Sappiamo che il Ministero su questo ha delle responsabilità secondarie rispetto a quelle della regione Lombardia, però io penso che per risolvere i problemi si debba davvero tener conto di tutte le istanze, non soltanto quelle della città di Milano, che giustamente chiede di poter evitare le esondazioni, ma anche dei comuni che purtroppo si vedono calati dall'alto opere infrastrutturali enormi, gigantesche, senza avere rassicurazioni rispetto alla tutela dell'ambiente e soprattutto alla salute dei cittadini. Quindi, noi continueremo a vigilare, mi fa piacere che anche il Ministero, su questo, sia dalla nostra parte.

(Iniziative di competenza volte ad assicurare la regolarità delle procedure relative all'elezione del direttore del Conservatorio di musica San Pietro a Majella di Napoli – n. 2-01980)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente dei deputati Laboccetta e Brunetta n. 2-01980 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Laboccetta se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

Aspetti, onorevole Laboccetta, purtroppo sono desolato, francamente oggi è una giornata particolare, dobbiamo sospendere la seduta, perché non siamo ancora nelle condizioni di avere una risposta, a meno che - lo chiedo all'onorevole Vito -, avendo invece la risposta all'interpellanza dell'onorevole Vito, vogliamo invertire e procedere prima con l'interpellanza dell'onorevole Vito e poi con quella dell'onorevole Laboccetta, nella speranza che sia arrivata la risposta relativa all'onorevole Laboccetta. Decidiamo, possiamo sospendere oppure possiamo proseguire.

Allora, vi chiedo scusa, ci siamo? Onorevole Vito, le chiedo scusa di nuovo, onorevole Laboccetta, prego.

AMEDEO LABOCCETTA. Grazie, signor Presidente, onorevole sottosegretario. L'interpellanza sottoposta all'attenzione dell'Aula e del Governo verte su una situazione molto grave, che riguarda il Conservatorio di musica San Pietro a Majella di Napoli, che è, a giudizio del maestro Paolo Isotta, il più glorioso istituto musicale del mondo.

Abbiamo l'impressione - a voler essere gentili – che, all'interno del Ministero dell'istruzione e della ricerca, il MIUR, come si dice oggi con un brutto acronimo, qualche funzionario, non sappiamo quanto e da chi coperto, agisca se non in combutta, ma con un'evidente unicità di fine, con la direttrice uscente del Conservatorio, per far annullare un voto democratico onde costei possa restare, in una prorogatio che già si configura infinita, nella posizione di direttore di detta prestigiosa istituzione accademica. L'intervento che svolgiamo oggi nei confronti del Governo non è atto di partigianeria, bensì richiamo fermissimo, che tende a far sì che la democrazia e il buon diritto vengano rispettati.

Veniamo al merito. È un fatto che il 29 giugno scorso il maestro Carmine Santaniello, attuale direttore del Conservatorio di musica di Avellino, è stato eletto direttore del Conservatorio di musica San Pietro a Majella di Napoli: 102 votanti, su 111 aventi diritto, si sono recati all'urna, una sola è bastata, e 64 di loro hanno espresso la preferenza per il professore Santaniello. Anche questo è un fatto. Doverosamente, la Commissione elettorale ha proceduto alla proclamazione dell'eletto, gliene ha dato comunicazione: altro fatto incontrovertibile. Ecco invece che, a seguito di un esposto anonimo, spedito alla Direzione generale per la programmazione, il coordinamento e il finanziamento delle istituzioni della formazione superiore del Ministero dell'istruzione, retta dal dottor Daniele Livon - quanta chirurgica precisione in un pezzo di carta che stranamente sfugge alla sua naturale destinazione, cioè il cestino dei rifiuti -, quell'ufficio richiede all'attuale direttrice del Conservatorio un'informativa circa la regolarità dell'elezione.

Che stranezza! La direzione generale mette in moto una procedura conoscitiva per il contenuto di uno scritto anonimo e che cosa fa? Richiede lumi non all'organo competente - la Commissione elettorale - bensì alla direttrice pro tempore, Elsa Evangelista, attuale occupante del posto al quale è stato eletto il maestro Santaniello. Poi, altra stranezza, la direttrice non si consulta con la Commissione elettorale. A che cosa serviva rivolgersi all'organo competente, ci chiediamo. E cosa fa? Risponde alla richiesta ministeriale, comunicando - lo scopriva solo in quel momento, ahinoi, o meglio ahilei – che, al primo turno di elezioni, aveva preso parte un docente, secondo lei, incandidabile e questo candidato aveva riportato la bellezza, si fa per dire, di solo 11 voti e non era stato ammesso al turno di ballottaggio. Un altro fatto: nessuno dei docenti partecipanti all'elezione ha impugnato in alcun modo lo svolgimento o l'esito delle tenute consultazioni, cioè i diretti interessati, ovviamente non eletti, non ritengono di avere motivo di mettere in discussione la legittimità dell'elezione del professore Santaniello, ma a lamentarsi ci pensa una ben informata manina rigorosamente anonima.

Ecco che, con nota del 6 ottobre, il direttore Livon comunica alla direzione al Conservatorio di non poter sottoporre al Ministro dell'istruzione la ratifica della nomina del maestro Santaniello a nuovo direttore. Nella stessa nota il direttore - e sono convinto che ciò non è una sorpresa per nessuno - invita la direttrice Evangelista e il presidente del Conservatorio, professore Palma, ad assumere un provvedimento di annullamento in autotutela del procedimento elettorale che aveva visto vincitore il professore Santaniello.

L'11 ottobre 2017 la stampa riporta la notizia dall'avvenuto annullamento dell'elezione, anche questa volta non è una grande sorpresa, anzi diventa una sorpresa per Santaniello, che pure era evidentemente interessato alla procedura e che non aveva ricevuto nessuna delle predette comunicazioni. Succede poi che la Commissione elettorale, che il dottor Livon e l'interessata direttrice in carica avevano guardato bene dal coinvolgere nella vicenda, dichiara alla stampa ciò che tutti sanno, e cioè che la procedura per l'elezione del direttore del conservatorio è perfettamente regolare.

A dirla tutta, non siamo soli nel sostenere questa battaglia di giustizia e di rispetto: le sigle sindacali CGIL, CISL, UIL e Gilda-Unams, con nota congiunta, si sono rivolte al Ministero dell'istruzione, chiedendo che venga rispettata la volontà espressa dal corpo elettorale. A conferma della strumentalità, a dir poco, dell'iniziativa improvvida assunta nei confronti del maestro Santaniello, 59 docenti, cioè la maggioranza del corpo elettorale, composto da 111 soggetti, hanno rivolto al Ministro una petizione con la quale hanno chiesto il rispetto della sovranità elettorale. Ancor di più. A conferma della stima della quale gode il nuovo direttore - perché tale deve essere considerato Carmine Santaniello - il Consiglio direttivo della Conferenza dei direttori dei conservatori di musica italiani si è rivolto al Ministro, rappresentando pesantemente la ferma contrarietà di quell'organismo all'ingiusto sovvertimento dell'esito delle elezioni. Si rasenta l'assurdo, si rasenta l'assurdo! In assenza di qualsivoglia impugnativa dell'esito della procedura di elezione, qui si vuole procedere all'annullamento del risultato.

Non ripeterò adesso la critica esposta per iscritto nella mia interpellanza alle motivazioni dell'atto, che, ripeto, sono risibili e infondate. La partecipazione al primo turno elettorale di un professore di seconda fascia non è meritevole di alcuna considerazione, lo Statuto del Conservatorio non fa alcuna distinzione tra docenti di prima e seconda fascia, l'intervento del direttore generale è un'ingiustificata interferenza nell'autonomia statutaria della secolare istituzione accademica della città di Napoli, autonomia prevista nel decreto del Presidente della Repubblica n. 132 del 2003. Abbiamo citato per iscritto precedenti che vanno nella direzione opposta rispetto a quella che si vorrebbe imporre per il conservatorio di Napoli e relativi a tanti docenti di seconda fascia che hanno potuto non solo partecipare all'elezione dei direttori di conservatorio, ma hanno ricoperto tale incarico per diversi mandati. Segnalo anche che tempo fa, se non sbaglio a Latina e Cesena, due professori di seconda fascia hanno partecipato ad un ballottaggio e nessuno ha mosso rilievi.

Rimane poco da aggiungere: il decreto del 16 ottobre 2017 della direttrice del Conservatorio San Pietro a Majella, con il quale è stato disposto l'annullamento dell'elezione del nuovo direttore dell'istituzione per il triennio 2017-2020, è illegittimo, è ingiusto, è infondato, è offensivo per la democrazia. È incomprensibile parlare, come riportato nel decreto, di evidenti criticità nella procedura elettorale per la nomina del nuovo direttore, che ne inficerebbero il risultato, così come è totalmente infondato e, a causa di ciò, non residua in capo all'Amministrazione alcuna discrezionalità.

La realtà è totalmente diversa: l'attuale direttrice del Conservatorio, con proprio atto discrezionale e in evidente stato di incompatibilità, non aveva il potere di annullare l'esito delle elezioni per il nuovo direttore e procurarsi l'ingiusto vantaggio di rimanere in carica per altro tempo. Il Ministro ha il dovere di assicurare il rispetto dell'esito delle regolari votazioni che hanno portato all'elezione del professore Santaniello a Direttore del Conservatorio di Napoli. Mi auguro che la risposta di oggi sia soddisfacente.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Laboccetta. Prima di dare la parola alla sottosegretaria Velo, mi scuso io con lei e anche con l'onorevole Vito. Ovviamente non è riferito alla persona, ma in quanto rappresentante del Governo, sottosegretaria Velo, io chiederò alla Presidente della Camera di scrivere al Ministro per i rapporti con il Parlamento. Io sono in quest'Aula da parecchi anni, un livello di sciatteria, superficialità e approssimazione, come quello che si è verificato oggi, francamente, non lo ricordo e penso che questo non sia il rapporto che il Governo deve avere con il Parlamento.

La sottosegretaria di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare, onorevole Velo, ha facoltà di rispondere.

SILVIA VELO, Sottosegretaria di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare. In relazione a quanto prospettato dagli onorevoli interpellanti, si rappresenta preliminarmente quanto il Regolamento recante i criteri per l'autonomia statutaria, regolamentare e organizzativa delle istituzioni artistiche e musicali, approvato con decreto del Presidente della Repubblica n. 132 del 2003, dispone sulle elezioni del direttore.

In particolare, l'articolo 6 stabilisce che il direttore è eletto dai docenti delle istituzioni, nonché dagli assistenti, dagli accompagnatori al pianoforte, dai pianisti accompagnatori, tra i docenti anche di altri istituzioni in possesso di particolari requisiti di comprovata professionalità, stabiliti con il regolamento previsto all'articolo 2, comma 7, lettera a), della legge n. 508 del 1999. Lo stesso articolo 6 precisa, altresì, che, in sede di prima applicazione e fino all'adozione del predetto regolamento, i requisiti sono stabiliti dallo Statuto di ciascuna istituzione, con riferimento all'esperienza professionale di direzione acquisita anche in ambiti multidisciplinari ed internazionali.

Il contratto collettivo nazionale di lavoro del 16 febbraio 2005 ha successivamente introdotto una modifica nella disciplina del rapporto di lavoro del personale docente delle istituzioni di alta cultura, istituendo un'unica area professionale docente articolata in due fasce. Per il caso che qui interessa, si precisa che lo Statuto del Conservatorio San Pietro a Majella di Napoli dispone, all'articolo 6, comma 2, che il direttore è eletto dai docenti dell'istituzione e dagli accompagnatori al pianoforte tra i docenti anche di altre istituzioni in possesso di particolari requisiti di comprovata professionalità, stabiliti con il citato regolamento, di cui all'articolo 2, comma 1, lettera a), della legge n. 508 del 1999, operando una evidente quanto netta distinzione tra elettorato attivo ed elettorato passivo.

Con un esposto anonimo presentato al Ministero e indirizzato anche all'Autorità nazionale anticorruzione e alla Corte dei conti, sono state segnalate irregolarità nello svolgimento della procedura svoltasi per l'elezione del direttore del Conservatorio di Napoli. Le irregolarità denunciate sarebbero consistite nell'ammissione, da parte della commissione elettorale, della candidatura di un docente di seconda fascia, da considerarsi illegittima alla luce delle disposizioni statutarie e di quelle contenute nel regolamento adottato dall'istituzione per disciplinare l'elezione in questione.

Pertanto, alla luce di tale segnalazione, il Ministero chiedeva al Conservatorio di fornire chiarimenti in merito e l'attuale direttore del Conservatorio trasmetteva una relazione descrittiva dell'intera procedura elettorale, accompagnata dalle copie degli atti ad essa connessi. Da tale documentazione è emerso che, tra le cinque candidature esaminate dalla commissione elettorale, è stata accolta anche quella di un docente di seconda fascia, in contrasto con quanto disposto sia dall'articolo 6, comma 2, dello Statuto, sia dall'articolo 3, comma 1, dell'apposito regolamento adottato dall'istituzione.

Tutto ciò posto, si evidenzia, tra l'altro, che la questione è stata affrontata e definitivamente risolta dal Consiglio di Stato, Sezione VI, con sentenza n. 6839 del 27 dicembre 2011. L'alto consesso ha dichiarato che la carica di direttore dell'istituzione AFAM spetta, in base al sopra richiamato articolo 6, comma 2, del DPR n. 132 del 2003. ai soli docenti di prima fascia, ritenendo che la norma opera una netta distinzione, rapportata alla nomenclatura del tempo, tra coloro che hanno diritto all'elettorato attivo (docenti, assistenti, accompagnatori e pianisti accompagnatori) e coloro a cui spetta all'elettorato passivo (i soli docenti). Secondo il giudice amministrativo, la diversa qualificazione introdotta con l'articolo 20 del contratto nazionale di lavoro del 16 febbraio 2005 - professori di prima fascia per i professori e professori di seconda fascia per gli assistenti e gli accompagnatori - non può incidere sulla portata del contenuto normativo dell'articolo 6, comma 2, del DPR n. 132 del 2003, perché, altrimenti, cito fra virgolette, “mediante un artificio nominalistico la platea di riferimento nettamente identificata da quella disposizione, verrebbe surrettiziamente allargata a figure che manifestamente escludeva”. L'istituzione e, in particolare, la commissione elettorale, pertanto, pare avere adottato una interpretazione delle norme statutarie basandola erroneamente sulle norme contrattuali e non su quelle regolamentari, rendendo in tal modo vulnerabile il procedimento. Per effetto, dunque, di tale interpretazione, il numero dei voti validi riportati dal candidato che ai sensi dello Statuto e del regolamento non sarebbe dovuto essere ammesso, avrebbe potuto determinare un risultato diverso delle operazioni del primo turno e, conseguentemente, l'ammissione al ballottaggio di un candidato differente, rendendo ipoteticamente possibile un esito diverso dell'intera procedura elettorale.

Alla luce delle predette considerazioni, il Ministero non poteva non invitare gli organi del conservatorio San Pietro a Majella ad una valutazione circa l'opportunità di adottare provvedimenti in fase di autotutela. All'esito di tale autonoma valutazione, il direttore in carica del conservatorio ha adottato il provvedimento datato 16 ottobre 2017, con il quale ha annullato d'ufficio la procedura elettorale in questione. Con una nota del 19 ottobre 2017, il Ministero ha preso atto dell'annullamento in autotutela ed ha comunicato all'istituzione di restare in attesa del rinnovo della procedura elettorale e del relativo esito.

Gli onorevoli interpellanti richiamano quanto è avvenuto in occasione delle nomine dei direttori di seconda fascia dei conservatori di Torino e Bologna. Sul punto, occorre considerare che, come sopra indicato, il tema in questione è stato a lungo dibattuto, oggetto di interpretazioni non univoche e di contenzioso giurisdizionale, fino a che, una volta preso atto del consolidamento del sopracitato orientamento giurisprudenziale, è stato chiesto all'Avvocatura generale di esprimersi definitivamente sul tema. L'Avvocatura, con nota del 2 ottobre 2015, ha precisato, superando un precedente parere reso proprio sulla procedura elettorale riguardante la nomina del direttore del conservatorio di Bologna, come sia necessario dare seguito all'impostazione del giudice amministrativo, in quanto la ridetta lettura dell'articolo 6 del DPR n. 132 del 2003, oltre a rispondere a criteri di ragionevolezza e logicità, è senz'altro favorevole all'interesse pubblico ad avvalersi, per l'espletamento delle funzioni di rilievo apicali, dei docenti in possesso della più elevata qualifica professionale.

Pertanto, il MIUR, allorché ha ricevuto modifiche statutarie da parte delle istituzioni AFAM, in accordo con il Dipartimento della funzione pubblica e con il Ministero dell'economia e delle finanze, chiede alle istituzioni di precisare che l'elettorato passivo per l'elezione del direttore spetta esclusivamente ai docenti di prima fascia. In considerazione dell'incertezza giuridica pregressa, invece, non si è ritenuto opportuno intervenire sugli incarichi in corso.

PRESIDENTE. L'onorevole Laboccetta ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

AMEDEO LABOCCETTA. Innanzitutto, Presidente, la ringrazio per le considerazioni che lei ha rivolto nei confronti del Governo rispetto alla metodologia che, oggi, quest'Aula ha dovuto subire. Detto ciò, rimango esterrefatto nell'ascoltare la risposta letta poc'anzi dal sottosegretario. Rimango esterrefatto e non sono certo soddisfatto: il Governo si sta arrampicando ancora una volta sugli specchi su una questione che è chiarissima: il professore Santaniello è stato, a mio giudizio, a nostro giudizio, regolarmente eletto. Il Ministro ha il dovere di confermare questo risultato perché le elezioni si sono svolte regolarmente. Qualsiasi eccezione o rilievo andavano posti nei confronti della commissione elettorale, era l'unico organo deputato a decidere. Deve intervenire il Ministro, secondo noi, per rispettare la libera scelta dei docenti del conservatorio di Napoli; tutto il resto - me lo si lasci dire - sono chiacchiere. Torneremo pesantemente su questo argomento con nuovi atti e nuove iniziative. Troppe manovre opache si stanno sviluppando attorno a questa vicenda e tutto questo non è certamente accettabile.

(Iniziative volte ad assicurare, nell'ambito del processo di accorpamento del personale dell'ex Corpo forestale dello Stato all'Arma dei carabinieri, una piena integrazione che salvaguardi comunque il riconoscimento di alcuni benefici già acquisiti relativi al trattamento economico e giuridico – n. 2-01988)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Vito ed altri n. 2-01988 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Vito se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

ELIO VITO. Sì, la Ringrazio, signor Presidente. Come diceva lei stesso dal titolo, non è la prima interpellanza che il gruppo di Forza Italia rivolge al Governo sulla vicenda della soppressione dell'accorpamento del personale del Corpo forestale dello Stato, accorpamento sul quale sin dall'inizio abbiamo espresso forti riserve, perplessità, critiche sia sull'aspetto dell'efficacia nei confronti della tutela del personale stesso, che di fatto è transitato da un ordinamento civile ad un ordinamento militare, sia per la perdita di efficacia delle funzioni che il Corpo forestale dello Stato ha svolto. Devo dire, signor Presidente, signor rappresentante del Governo, che, purtroppo, entrambe le nostre preoccupazioni si sono rilevate veritiere.

Al Corpo forestale dello Stato non sono state ancora garantite quelle tutele che aveva in quanto personale dell'ordinamento civile, né d'altra parte il Governo ha ritenuto che potesse essere questa l'occasione per assicurare al personale dell'Arma dei carabinieri altro genere di tutele a cui, invece, come personale militare, non aveva diritto.

In buona sostanza, poteva essere questa l'occasione per riconoscere anche all'Arma dei carabinieri alcuni degli istituti che erano previsti originariamente per il personale civile del Corpo forestale dello Stato. Invece, siamo in una situazione di confusione, di incertezza che comporta una perdita di funzioni anche da un punto di vista operativo.

Noi abbiamo svolto, come gruppo, recentemente, un'interrogazione al Ministro Martina, che ha risposto in maniera insufficiente, a nostro giudizio, in quest'Aula. Il numero degli incendi che c'è stato quest'estate, ad esempio, ma, soprattutto, la quantità di superficie boschiva che è stata distrutta, dimostrano come, con questo provvedimento, nonostante l'abnegazione dei Vigili del fuoco e del nuovo personale assorbito dall'Arma dei carabinieri, il nostro territorio abbia perso la necessaria tutela, la quale andava salvaguardata proprio in funzione del periodo estivo. Naturalmente, la causa degli incendi dolosi è una causa che era persistente anche in precedenza, ma gli effetti maggiori che ci sono stati, a nostro giudizio, sono dovuti proprio alla mancata efficacia di questa operazione di assorbimento.

Ora, sappiamo che il Governo ha in itinere un provvedimento che prevede delle modifiche al decreto originario Madia con il quale si è dato luogo all'assorbimento.

Signora rappresentante del Governo, la prego di riferire ai ministri interessati, i Ministro della difesa, il Ministro per la pubblica amministrazione, il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, che è in corso presso la Commissione ambiente una indagine conoscitiva, proprio sulle cause e sulla maggiore distruttività degli incendi di questa estate. Noi chiediamo al Governo di soprassedere da ogni altro intervento sulla vicenda dell'accorpamento del Corpo forestale dello Stato e di attendere, quantomeno, le conclusioni dell'indagine conoscitiva che la Commissione ambiente sta svolgendo. Sarebbe una funzione anche di rispetto nei confronti del Parlamento e sarebbe anche una funzione di utile prudenza che il Governo potrebbe esercitare su una materia così delicata e sulla quale è in ballo il nostro ambiente, il nostro territorio che ha subito, questa estate, dei danni ingenti.

PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare, Silvia Velo, ha facoltà di rispondere.

SILVIA VELO, Sottosegretaria di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare. Il transito del personale del Corpo forestale dello Stato nell'Arma dei carabinieri è stato oggetto, da parte del comando generale, di un esame approfondito nell'ambito del quale particolare attenzione è stata dedicata agli istituti normo-economici già vigenti nel Corpo.

In tale ottica, l'Arma ha richiesto un parere - mantenendo informati tutti i comandi ove presta servizio personale del disciolto Corpo forestale dello Stato - al dipartimento della funzione pubblica sulla possibilità di prevedere l'applicazione transitoria degli istituti già previsti per il Corpo forestale dello Stato.

Il 27 febbraio e il 21 aprile 2017, rispettivamente, il dipartimento della funzione pubblica e il Ministero dell'economia e delle finanze hanno espresso parere conforme alla - cito letteralmente - “necessaria progressiva integrazione di aspetti precipui di ordinamenti diversi a fronte del mantenimento di funzioni che non possono che comportare il medesimo regime di impegno per il personale proveniente dall'ordinamento civile e transitato in quello militare” e nel concordare sull'individuazione di “una fase assolutamente transitoria (…), non oltre la prossima procedura di concertazione”, convenendo, in altri termini, sulla necessità di preservare la vigenza degli istituti normo-economici già esistenti per il disciolto Corpo forestale dello Stato, con carattere assolutamente transitorio e per un arco temporale già definito a priori.

Al riguardo, i contenuti dell'approfondimento in esame sono stati progressivamente partecipati al consiglio centrale di rappresentanza, CoCeR, al cui parere è stata altresì sottoposta, il 29 maggio scorso, la bozza della circolare citata dall'interpellante. L'efficacia di tale circolare, inizialmente prevista per il 1° settembre, è stata procrastinata per esigenze, attualmente in via di risoluzione, connesse all'implemento della rete informatica e all'approfondimento di alcuni istituti, anche alla luce delle risorse disponibili.

In conclusione, si può affermare che la circolare in questione entrerà a breve in vigore e terrà nella dovuta considerazione sia le esigenze e le attese del personale di ogni ruolo sia, nel contempo, quelle di una piena funzionalità istituzionale.

PRESIDENTE. L'onorevole Vito ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

ELIO VITO. No, signor Presidente, non sono soddisfatto della risposta del Governo per vari aspetti. Innanzitutto, la circolare che è stata richiamata e che è stata sospesa nella sua applicazione, a nostro giudizio, è del tutto insoddisfacente.

Il problema non è di far perdere delle funzioni, delle indennità che avevano i dipendenti del Corpo forestale dello Stato transitati ai Carabinieri; il problema è di estendere, al limite, queste funzioni, queste indennità, questi diritti, anche sindacali, al personale dell'Arma dei carabinieri. Questo, a nostro giudizio, è il modo per rendere giustizia al personale del Corpo forestale e per riconoscere gli stessi diritti anche al personale dell'Arma dei carabinieri.

D'altra parte, voglio citare solo due dati, che sono anche notori, che inviterebbero il Governo alla prudenza, piuttosto che proseguire su questa strada sbagliata.

Il primo dato è notorio: c'è stata un'ordinanza del TAR dell'Abruzzo, del TAR di Pescara, la n. 235 del 2017, che ha sollevato dei forti dubbi di costituzionalità sull'intero impianto dell'assorbimento e dell'operazione della legge Madia. Mi permetto di dire, per inciso, che erano gli stessi dubbi che erano stati sollevati in Parlamento. Ecco, già questo dovrebbe comportare che il Governo sospenda ulteriori atti e attenda gli esiti del pronunciamento della Corte costituzionale che rischiano di essere degli esiti distruttivi sull'operazione di assorbimento del Corpo forestale dello Stato.

Rispetto, poi, alla efficacia operativa dell'operazione della legge Madia, io cito un altro dato, signor Presidente, anche qui un dato oggettivo. Il Corpo forestale dello Stato, prima dell'assorbimento, aveva una dotazione organica di oltre 8.300 unità, lo ripeto, 8.300. Ad oggi, il nuovo comando di unità per la tutela forestale, ambientale e agroalimentare dispone di circa 6.500 militari. Vi è stata, quindi, una perdita di uomini e di capacità nella tutela ambientale e nella lotta agli incendi e non è neanche vero che questo nuovo Corpo sarebbe un Corpo unificato che raccoglie tutte le competenze e le operatività in materia, perché sappiamo che vi sono poi i corpi autonomi delle province autonome e delle regioni a statuto speciale.

Inoltre, la soppressione del Corpo forestale dello Stato ha creato dei serissimi problemi, quest'estate, con le regioni che avevano stipulato, tutte, con il Corpo stesso, delle convenzioni, al fine di tutelare l'ambiente e di combattere gli episodi di incendio che si sono verificati.

Ecco, io credo che in politica, anche nella nostra esistenza, bisogna sempre saper riconoscere i propri errori, che i propri errori debbano essere di insegnamento. Era un'operazione che è stata compiuta perché avrebbe dovuto comportare dei risparmi; non ha comportato dei risparmi, perché, proprio sul decreto correttivo che stiamo discutendo, il Servizio bilancio del Senato ha detto che manca la copertura, perché ci sono delle indennità ausiliarie che devono essere riconosciute al personale del Corpo forestale dello Stato; quindi, è un'operazione che comporta dei costi; i tribunali amministrativi hanno sollevato la questione della perdita di diritti del personale del Corpo forestale alla Corte costituzionale. Il provvedimento non è stato, nemmeno, l'occasione per riconoscere questi stessi diritti al personale dell'Arma dei carabinieri e, dal punto di vista dell'efficacia, ha prodotto degli effetti devastanti sul nostro territorio, non per mancanza di professionalità e abnegazione del personale, ma - ho citato i dati - proprio per le difficoltà logistiche, operative e quantitative, tant'è che all'unanimità la Commissione ambiente, proprio per la straordinarietà degli effetti degli incendi di questa estate, ha deciso di avviare un'indagine conoscitiva.

Per tutte queste ragioni, io non sono soddisfatto della pervicacia che il Governo sta mostrando nel voler seguire una strada sbagliata, una strada che dimostra di non tutelare con efficacia il nostro ambiente e il territorio, che meritano, invece, la necessaria tutela e che dimostra anche di non salvaguardare i diritti né dell'ex personale civile del Corpo forestale dello Stato né del personale dell'Arma dei Carabinieri, ai quali, naturalmente, va detto per inciso, va sempre la nostra gratitudine.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

  Lunedì 6 novembre 2017, alle 14:

1.  Discussione sulle linee generali del disegno di legge:

S. 2287-bis - Disposizioni in materia di spettacolo e deleghe al Governo per il riordino della materia (Approvato dal Senato; risultante dallo stralcio, deliberato dal Senato il 6 ottobre 2016, dell'articolo 34 del disegno di legge n. 2287). (C. 4652)

e delle abbinate proposte di legge: CAPARINI ed altri; BRAMBILLA; BRAMBILLA; CESA; BATTELLI ed altri; GAGNARLI ed altri; D'OTTAVIO ed altri; RIZZETTO ed altri; BORGHESE e MERLO; RAMPI ed altri; LODOLINI ed altri; RICCIATTI ed altri; ZANIN ed altri. (C. 417-454-800-964-1102-1702-2861-2989-3636-3842-3931-4086-4520)

Relatore: RAMPI.

2.  Discussione sulle linee generali della proposta di inchiesta parlamentare:

COPPOLA ed altri: Proroga del termine per la conclusione dei lavori della Commissione parlamentare di inchiesta sul livello di digitalizzazione e innovazione delle pubbliche amministrazioni e sugli investimenti complessivi riguardanti il settore delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione. (Doc. XXII, n. 81)

Relatore: COPPOLA.

3.   Discussione sulle linee generali del disegno di legge:

Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2017 (Approvato dalla Camera e modificato dal Senato). (C. 4505-B)

Relatrice: BERLINGHIERI.

4.  Discussione sulle linee generali della proposta di legge:

S. 951-1082 - D'INIZIATIVA DEI SENATORI: DE MONTE; BELLOT ed altri: Distacco del comune di Sappada dalla regione Veneto e aggregazione alla regione Friuli Venezia Giulia (Approvata, in un testo unificato, dal Senato). (C. 4653)

La seduta termina alle 11,05.