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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 875 di venerdì 20 ottobre 2017

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARINA SERENI

La seduta comincia alle 9,30.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

CLAUDIA MANNINO, Segretaria, legge il processo verbale della seduta di ieri.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

  (È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Capelli, Coppola, Epifani, Ferranti, Gregorio Fontana, Fontanelli, Giancarlo Giorgetti, Laforgia, Manciulli, Marazziti, Migliore, Pes, Realacci, Sanga, Sani, Simone Valente e Valeria Valente sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente ottantanove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 9,33).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Iniziative volte a promuovere un processo di rinnovamento del sistema universitario nazionale secondo criteri meritocratici - n. 2-01973)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all'ordine del giorno Binetti e Pisicchio n. 2-01973 (Vedi l'allegato A).

Chiedo alla deputata Binetti se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica. Sì, prego, ne ha facoltà.

PAOLA BINETTI. Presidente, sottosegretario, questo tema che vogliamo affrontare questa mattina è tra i più importanti che riguardano non solo i processi di innovazione e sviluppo del Paese, ma riguardano anche quel problema complesso, con cui ci siamo misurati durante tutta questa legislatura, ossia il problema dei giovani e quello del rapporto tra i giovani, il processo di formazione, soprattutto di alta formazione come quella universitaria, e poi il loro ruolo nella società attraverso quello che potrebbe essere il proseguimento del piano di studi piuttosto che un collocamento professionale.

Questo problema ci rimanda ad una riflessione molto seria su quella che è la mission dell'università. Noi sappiamo, dai dati oggettivamente raccolti anche dall'OCSE, che i giovani italiani sono quelli che si laureano più tardi, in minor numero e soprattutto che, nonostante la laurea, si collocano meno opportunamente sul piano professionale, cioè, a parità di altre condizioni, la laurea non sembra rappresentare quell'incentivo non solo all'assunzione, ma anche alla successiva progressione di carriera.

Ci troviamo, quindi, davanti ad una visione complessiva che riflette nel nostro Paese una scarsa consapevolezza di ciò che l'università fa, di ciò che potrebbe fare, ma anche di ciò che storicamente ha sempre fatto, perché noi ricordiamo, con quel pizzico di orgoglio italiano, che le università sono nate in Italia. L'università di Padova, l'università di Bologna sono tra le più antiche università d'Europa e sappiamo anche che queste università sono nate sostanzialmente per volontà degli studenti e orientate alla formazione stessa degli studenti. Ma, oggi, questo che potrebbe essere un capitolo molto positivo della nostra storia sembra del tutto accantonato.

I giovani, oggi, vanno all'università, in un certo senso, per poter approfondire temi e problemi di loro interesse, ma non sempre questo approfondimento si traduce poi in concrete opportunità di formazione. Il problema si pone a diversi livelli. La prima domanda che ci si può porre è questa: questi studenti, andando all'università, riescono davvero a sviluppare conoscenze, competenze, ad acquisire quegli abiti di grande qualità che potrebbero permettere loro di inserirsi positivamente nel lavoro? La seconda domanda è: le università, oggi, sono in condizioni di intercettare il bisogno di cultura, ma, accanto al bisogno di cultura, anche il bisogno di una specificità nella formazione al lavoro, inteso a 360 gradi, che permetta a questi ragazzi di inserirsi nel sistema? La terza domanda da porsi è questa: i docenti che insegnano nelle università sono in grado di garantire agli studenti le necessarie condizioni per la loro formazione personale, professionale e culturale, e sono in grado di garantire al sistema quella capacità di evolvere in modo coerente con le condizioni e le situazioni e le circostanze non solo del Paese, ma in una visione ben più ampia, com'è il sistema, in quanto viviamo in un contesto di globalità?

Di fatto queste tre domande hanno fatto evolvere profondamente la domanda anche sulla valutazione di tutti gli attori coinvolti in questo sistema. Fino a pochi anni fa, l'unico sistema di valutazione attuato era la valutazione dello studente e noi la misuravamo con due parametri sostanzialmente: quanto tempo impiegava a laurearsi ossia se si laureava in corso o fuori corso e con che media si laureava questo studente, qualunque fosse la domanda.

Tant'è vero che ci sono degli organismi che assumono e assumevano soltanto persone laureate in corso e con una media non inferiore al 105. Per esempio, mi riferisco in questo momento alla Banca d'Italia, con tutta la complessità di problemi che li investe, cioè si faceva riferimento in modo qualitativo ai tempi di studio e alla qualità dello studio che i ragazzi avevano supportato.

Ora, noi ci troviamo davanti ad una situazione in cui, invece, il sistema di valutazione, pur rimanendo attento alla valutazione dello studente o delle classi di studenti, si è aperto alla valutazione dei docenti. Come si fa a valutare i docenti? Quali sono i criteri che ci dicono: questo è un buon docente? La mia domanda è molto seria, perché attualmente il sistema di reclutamento dei docenti universitari si legge soprattutto con una frase, che sembra una frase magica, che sono “le tre mediane”. La domanda che si pone a una persona che voglia partecipare ad una abilitazione scientifica nazionale, per poi accedere alla docenza universitaria, è questa: hai le tre mediane? Le tre mediane sono sostanzialmente l'impact factor, cioè quanto hai pubblicato, dove hai pubblicato, perché l'impact factor è più una misura della cornice in cui collochi il tuo lavoro, cioè quanto vale la rivista su cui pubblichi, che non una misura di valutazione del lavoro stesso. Quanta gente ha citato il suo lavoro, il famoso citation index? Certamente lo possono citare per lodarlo o lo possono citare anche per criticarlo, il citation index non ci dice se l'elogio è positivo o negativo.

A conti fatti, attualmente tutti i parametri che permettono di superare, in qualche modo, l'abilitazione scientifica nazionale sono riconducibili al numero e alla collocazione degli articoli scientifici pubblicati; nulla dicono di ciò che dovrebbe essere la valutazione effettiva del docente nella sua qualità di relazione con gli studenti, nella sua capacità di sviluppare capacità nei loro studenti, nella sua capacità di promuovere competenze, o quelle che si chiamano adesso skills, nei propri studenti.

Ecco allora che la valutazione, come spesso accade, una volta che si è concentrata con i docenti e quindi ha espresso tutti i suoi dubbi e tutte le sue incertezze, si sposta anche sul sistema, perché molto spesso i docenti dicono: è talmente alto il numero degli studenti che frequentano - il che succede solo in alcune facoltà, peraltro - che noi non siamo in grado di garantire, come dire, una relazione di formazione significativa, sia pure attraverso attività di gruppo con gli studenti. Mi riferisco, per esempio, a facoltà molto numerose, penso a Scienze della formazione - a Roma Tre ci sono 700 iscritti - oppure penso ad altre facoltà che seguo con particolare attenzione, con particolare passione, come la Facoltà di Medicina, in cui la formazione dello studente di medicina si misura profondamente attraverso la sua possibilità di fare tirocini, di frequentare i reparti, di frequentare i laboratori di ricerca, i laboratori di analisi, eccetera. Quindi, la valutazione diventa una valutazione di sistema: quanti sono i letti su cui questi studenti - i letti significa quanti sono i malati - potranno fare pratica; quante sono le opportunità in un laboratorio di mettersi davvero in gioco e non soltanto di stare a guardare.

Quindi: valutazione del sistema università, valutazione dei docenti, valutazione degli studenti. In questa complessità assoluta, che rende oggettivamente difficile individuare di volta in volta il bandolo della matassa, interviene l'ANVUR, una formazione istituita recentemente, da pochi anni, proprio dal MIUR, che valuta, che cerca di valutare questo complesso, che cerca di esprimere dei giudizi e lo fa anche a partire da un'autovalutazione di tutto il sistema AVA - che è l'autovalutazione degli atenei - e poi su questa base lega quelle che sono le risorse economiche che verranno attribuite.

Fatta salva tutta questa complessità, che già rende difficile inserirsi a un certo livello, il sistema di corruzione, di cui la cronaca ci ha dato notizia recentemente e di cui torna disgraziatamente a darci notizia con una certa periodicità, è quello che rivela accordi trasversali tra docenti per la tutela, il sostegno e la promozione di persone, che oltretutto non sembrano avere titoli, qualità e capacità tali da reggere il confronto con quelle che sono, molto spesso, vocazioni alla ricerca, vocazioni alla docenza, vocazioni proprio allo spirito universitario che invece vediamo affiorare molte volte in tanti giovani che, fin dagli inizi della loro vita universitaria, si impegnano a pieno titolo, a pieno ritmo, mettendo in gioco capacità, competenze, valori; tutto questo perché ritengono che l'università possa essere un volano fondamentale per il rinnovo di una società, e quindi anche per promuovere quel rinnovamento, che è culturale, che è ideale, che è tecnologico, che è sistematico del sistema Paese. Tutto questo ci siamo chiesti proprio venendo, come tutti, a conoscenza di questo meccanismo perverso di accordi che, in qualche modo, promuovevano alcuni, ma, soprattutto, escludevano molti altri, scoraggiandoli, cercando di influire sul fatto che questi neppure si presentassero alle selezioni, all'abilitazione. C'è una serie di meccanismi inauditi, tipo che nessun lavoro può uscire senza che il professore che dirige quell'area lo abbia rivisto, lo abbia valutato, ne abbia, in qualche modo, incoraggiato la pubblicazione.

Professori che tenevano questi titoli parcheggiati sul proprio tavolo a lungo, persone che, in qualche modo, favorivano che in quei lavori condotti da alcuni fossero inserite le firme di altri che a quei lavori non avevano partecipato. Non sto qui a dire l'infinita serie di sintomi, piccoli, medi o di più alto rilievo, con cui si cerca di scoraggiare a monte il ragazzo o, peggio ancora, di utilizzare talenti e capacità dei ragazzi più laboriosi, facendo salire su questo carro ragazzi che non hanno le stesse capacità, ma, soprattutto, non hanno lo stesso impegno. Ecco, quindi, che noi finiamo con il selezionare una classe docente che è consapevole di essere figlia di un privilegio, che non ha guadagnato quel privilegio, che non è all'altezza della situazione di quell'area disciplinare in cui si troverà inserita, che non è motivata alla formazione degli studenti che in qualche modo gli verranno attribuiti, posto che la prima e principale vocazione dell'università è la formazione e la docenza, perché per istituti di ricerca noi abbiamo anche altre realtà che prioritariamente e in esclusiva si dedicano alla ricerca.

Viceversa, nel sistema università, ricerca e formazione quanto meno sono due binari che procedono in modo totalmente parallelo. Non sarebbe concepibile un'università che non dedicasse alcune delle sue risorse migliori alla formazione degli studenti, ma formare lo studente non è soltanto formare le matricole, non è soltanto accompagnarli alla laurea. Una volta laureati, la vera vocazione di un'università è selezionare i talenti migliori perché svolgano quel lavoro nella sua città, che oggi viene, peraltro, riconosciuto come la terza missione dell'università. Accanto alla ricerca e accanto alla formazione la terza missione dell'università è quella che valuta l'impatto che l'università ha nel territorio circostante. Lo misura attraverso brevetti, lo misura attraverso anche altre opportunità di collaborazione con il sistema aziendale, con il sistema professionale del territorio.

Quindi, noi, però, rinunciando a formare i migliori dei nostri studenti e rinunciando ad offrire loro in modo equo, in modo di giustizia, il sistema premiante a cui hanno diritto, introduciamo quel germe spaventoso che, una volta messo in circolo, non è solo frutto della corruzione, che già sarebbe grave, ma diventa, a sua volta, generatore di corruzione, perché ci si convince che l'unica cosa che funziona in Italia è l'istituto della raccomandazione o, comunque, l'istituto di qualcuno che si prende cura di te e che, a prescindere dai tuoi meriti, ti promuove. Ora, e concludo questa fase, la domanda è cosa intenda fare il Ministero in questo campo, che è obiettivo prioritario di ogni Paese, cioè generare le migliori forze intellettuali, morali e professionali che ci possano essere.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Istruzione l'università e la ricerca, Gabriele Toccafondi, ha facoltà di rispondere.

GABRIELE TOCCAFONDI, Sottosegretario di Stato per l'Istruzione l'università e la ricerca. Grazie, Presidente. Gli onorevoli interpellanti, come abbiamo sentito, sollecitano iniziative tese a perseguire la più alta qualità della formazione universitaria, da realizzare mediante un profondo rinnovamento del nostro sistema universitario, assicurando adeguate risorse sia economiche sia, ancor più, morali.

Esigenza, questa, che appare tanto più urgente in considerazione di vicende - come quella, recentemente venuta alla luce, oggi anche richiamata, che vede coinvolti alcuni professori sottoposti ad indagini per presunti episodi di corruzione nell'ambito di procedure di reclutamento nelle università - che ledono fortemente il prestigio delle istituzioni universitarie e contribuiscono a far venir meno la fiducia che i cittadini devono porre in esse. L'interpellanza, partendo da premesse di inquadramento complessivo del sistema universitario nazionale, anche rispetto al panorama europeo, affronta questioni rilevanti di funzionamento dello stesso sistema. Un sistema composto non solo dalle singole università, ma, nel caso di specie, dalla somma di comportamenti individuali che, come tali, è necessario analizzare. Le criticità del sistema universitario emerse sono riconducibili a comportamenti individuali eticamente e moralmente deprecabili, ma che non devono, tuttavia, essere utilizzati per generalizzare ed estendere la valutazione negativa all'intero sistema e alle istituzioni che lo costituiscono.

Il sistema universitario nazionale, sotto il profilo istituzionale, ha certamente registrato importanti progressi nel corso degli ultimi anni, che, in questo momento, a causa dei recenti fatti di cronaca, rischiano di passare in secondo piano. Riguardo al caso specifico, si precisa che i fatti di cronaca richiamati si riferiscono alle due tornate 2012 e 2013 dell'abilitazione scientifica nazionale, ASN. A seguito di un primo controllo da parte del Ministero, risulta che, rispetto ai docenti indagati, 16 hanno fatto parte delle commissioni nominate per l'abilitazione scientifica nazionale 2012-2013. Inoltre, uno degli indagati ha fatto parte della commissione dell'abilitazione scientifica nazionale 2016-2018, dalla quale ha rassegnato le dimissioni nel mese di giugno ultimo scorso. Non vi è dubbio che i fatti contestati, qualora risultassero confermati in sede giudiziaria, rappresenterebbero, oltre che un'ipotesi di reato, un pessimo esempio per tutti coloro che si adoperano per perseguire la qualità, la competenza, la trasparenza e il merito.

Su tali comportamenti la Ministra ha già riferito, esprimendo pubblicamente parole chiare di censura rispetto a quanto accaduto nella recente vicenda della procedura di abilitazione scientifica nazionale del settore concorsuale di diritto tributario. Le misure da adottare per contrastare fenomeni come quelli denunciati alla procura di Firenze devono essere ben calibrate e volte a sanzionare principalmente gli individui responsabili di tale condotta e, solo laddove sia verificata l'assenza di adeguata vigilanza da parte delle istituzioni o una loro colpevole omertà, anche queste ultime. Nell'ambito delle suindicate procedure di abilitazione scientifica nazionale, il Ministero, come previsto dalla legge n. 240 del 2010, ha il compito di nominare le commissioni formate mediante sorteggio, di verificare la regolarità formale degli atti relativi ai lavori delle commissioni e di pubblicare i risultati. La citata normativa rinvia, quindi, ai relativi regolamenti attuativi per le procedure di formazione delle commissioni di valutazione, che sono composte da cinque professori ordinari a seguito di apposito sorteggio effettuato all'interno di liste, una per ciascun settore concorsuale, contenenti i nominativi dei professori appartenenti al settore concorsuale che hanno presentato domanda per esservi inclusi e rispetto ai quali è stata accertata la qualificazione scientifica da parte dell'Anvur.

L'individuazione dei componenti le suindicate commissioni nazionali avviene, pertanto, attraverso un meccanismo non di scelta discrezionale, ma di sorteggio casuale. Nel corso dei lavori della commissione nominata per il settore oggetto di indagini, per le tornate 2012 e 2013, sono state rassegnate dimissioni da parte di più commissari, che hanno determinato la necessità di integrare ripetutamente la stessa commissione mediante sorteggio.

Sempre con riferimento alle suindicate tornate, in esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali che, in accoglimento di ricorsi proposti da alcuni candidati non abilitati, hanno ordinato all'amministrazione di procedere al riesame dei candidati ricorrenti a cura di una nuova commissione, il Ministero ha provveduto alla formazione di tale commissione mediante ricorso a nuovo sorteggio. Si osserva che le procedure dell'abilitazione nazionale sono caratterizzate da assoluta trasparenza atteso che delle stesse viene data ampia pubblicità sul sito dedicato all'ASN dove risultano pubblicati gli elenchi dei nominativi degli aspiranti commissari e i relativi curricula, gli elenchi dei candidati all'abilitazione, i decreti direttoriali recanti le liste aggiornate degli aspiranti commissari sorteggiabili, le sequenze numeriche estratte nell'ambito del sorteggio ai fini dell'individuazione dei componenti le commissioni, i decreti direttoriali concernenti la nomina e, ove necessario, l'integrazione delle commissioni, i decreti direttoriali di accettazione delle dimissioni rassegnate dai commissari, gli atti dei lavori delle commissioni e i relativi risultati. Parimenti sullo stesso sito sono pubblicati gli avvisi relativi alla programmazione dei sorteggi che si svolgono in modalità aperta al pubblico nonché ogni altra informazione riferita alla procedura. La pubblicità di tutte le fasi della procedura, oltre a garantire la trasparenza della stessa, consente un controllo anche a livello generalizzato delle attività connesse ivi compresi i lavori delle commissioni valutatrici. Quanto al codice di comportamento richiamato dall'interrogante è opportuno specificare che il Ministero nel corso degli ultimi sei mesi ha collaborato con l'Anac e con gli altri organismi rappresentativi del mondo accademico, il Consiglio degli studenti universitari, la Conferenza dei rettori, il Consiglio universitario nazionale e la Conferenza dei direttori e dei dirigenti amministrativi ai fini della stesura di una specifica sezione dedicata alle università del Piano nazionale anticorruzione. Il documento, oggetto di scrupoloso esame, concerne anche fattispecie analoghe a quelle oggi in questione. In questo aggiornamento del Piano nazionale anticorruzione sono stati sondati, con approfondimenti e suggerimenti di possibili misure, alcuni aspetti chiave che riguardano le università e il mondo della ricerca: valutazione e finanziamento dei progetti di ricerca, processo di accreditamento delle sedi e dei corsi di studio, reclutamento dei professori, conflitti di interesse tra partecipanti al reclutamento e personale dell'ateneo, formazione delle commissioni giudicatrici ed eventuali conflitti di interesse dei componenti, scarsa trasparenza dei criteri e delle procedure di valutazione, codice di comportamento, codice etico, procedimenti disciplinari. Il documento è stato sottoposto a consultazione pubblica, chiusasi il 15 settembre scorso, al fine di acquisire osservazioni e contributi in vista dell'imminente adozione del testo definitivo. Tale documento si propone di togliere ogni area di opacità e zone d'ombra e affrontare in modo serio, rigoroso e trasparente ogni parte del funzionamento dell'università. Proprio al fine di conferire alle indicazioni che proverranno dal documento definitivamente adottato, è precisa intenzione del Ministero, entro il corrente mese, adottare per la prima volta un vero e proprio atto di indirizzo sulla trasparenza e sui conseguenti comportamenti che devono ispirare la vita accademica e devono improntare codici etici e di autoregolamentazione degli atenei. Questo sotto il profilo della trasparenza e della prevenzione della corruzione.

Per quanto riguarda, invece, le azioni da intraprendere per garantire l'accesso dei più meritevoli alle cattedre universitarie e le eventuali sanzioni da introdurre, occorre in primo luogo rammentare che il Ministero, attuando un principio posto dalla legge, ha messo in campo incentivi per premiare comportamenti virtuosi da parte delle università in materia di reclutamento, destinando anche per il 2017 una percentuale della quota premiale del Fondo di finanziamento ordinario, pari al 20 per cento, alla valutazione delle politiche di reclutamento relative al triennio 2014-2016 basata sui dati relativi alla VQR 2011-2014 effettuata dall'Anvur con particolare riferimento alla qualità della produzione scientifica dei soggetti reclutati da ciascun ateneo e al peso dei nuovi ingressi e dei passaggi di qualifica interni all'Ateneo stesso.

Inoltre, nell'ambito del costante monitoraggio sullo stato del sistema universitario con il contributo dell'Anvur, il Ministero potrà analizzare gli aspetti distorsivi sopra richiamati anche al fine di comprendere quanto i comportamenti individuali siano penetrati nel sistema; valuterà quindi l'opportunità di introdurre correttivi sia alla normativa sull'abilitazione sia alle procedure concorsuali bandite dalle università improntati non solamente al maggior rigore e trasparenza possibile ma anche ad aspetti sanzionatori nei confronti di un reclutamento che non risulti oggettivamente ispirato al merito.

PRESIDENTE. La deputata Binetti ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

PAOLA BINETTI. Sicuramente si vede che il Ministro ha preso atto di questo ultimo fatto, ultimo ma non unico e soprattutto mi auguro con tutto il cuore che abbia preso atto anche di un altro elemento importante: due terzi delle cose che ha ricordato il sottosegretario Toccafondi sono già in atto ma ciò non ha impedito che si verificassero situazioni come quella descritta che, ripeto, non è né unica né in qualche modo come dire riservata soltanto a un tipo di settore scientifico-disciplinare o un ateneo. La enunciazione di principi, di metodologie, direi quasi pedissequamente proprio di linee guida già nella narrazione che ne faceva il sottosegretario rivelava uno dei suoi talloni di Achille ossia le dimissioni dei commissari. Non vi è dubbio che la dimissione di un commissario può essere un atto di scelta libera e personale per motivi qualunque - per motivi di salute, per motivi familiari, per motivi di impegno in settori di ricerca particolarmente, come dire, in quel momento coinvolgenti - ma non vi è nemmeno dubbio che le dimissioni da commissario possono anche essere oggetto di una sorta di trattativa come di fatto accade in alcuni casi, soprattutto quando, come nel caso descritto, le dimissioni dei commissari si succedevano con una certa regolarità, step by step. È vero che la responsabilità è personale e che coloro che si lasciano corrompere e corrompono sono persone dotate di tutta la loro intelligenza, di tutta la loro volontà, di tutta la loro premeditazione nel voler perseguire un obiettivo piuttosto che un altro e, quindi, è chiaro che su questo punto deve e può essere soltanto la magistratura ad esprimere il suo parere ma non è nemmeno vero che sono solo rumor, come probabilmente potrebbero sembrare, quelli secondo i quali in molte università si sa che quel professore, che in quella scuola, che in quella facoltà passano quel tipo di persone piuttosto che altre. Non sono forse prove documentate ma non ci vorremmo svegliare, come sta accadendo recentemente in altri campi, dietro un'affermazione drammatica di questo tipo: tutti lo sapevano. Peccato che la frase “tutti lo sapevano” esplode soltanto quanto l'evento drammatico denunciato da qualcuno assurge all'onore della cronaca. A me sembra importante e forse io non l'ho rilevato del tutto nella risposta del sottosegretario accanto al rigore delle trattative burocratiche. È stato fatto ripetutamente uso della parola “trasparenza”, “trasparenza”, “trasparenza”. Si è fatto giustamente riferimento all'Autorità anticorruzione, l'Anac. Trasparenza e lotta alla corruzione sono obiettivi necessari ma non sufficienti perché si potrebbe essere totalmente trasparenti e talmente buoni conoscitori della norma da non infrangerla veleggiando elegantemente attraverso le norme ma non per questo vorrebbe dire che si è autenticamente meritocratici. Questo potrebbe non significare che il merito di quel giovane ricercatore, di quel giovane docente viene premiato nel modo giusto e necessario. Lo si può fare: quanto si è più bravi si è tanto più capaci di tenere in ordine le carte; quanto si è più sprovveduti, direi più ingenui tanto si è più rozzi ma non è detto che certe volte chi è più rozzo alla fine sia più colpevole di chi è più elegante e riesce a veleggiare.

Sappiamo che il sistema degli atenei è solo parzialmente meritocratico. Sappiamo che ci si muove molto, pochi anni fa fu fatta un'inchiesta sulle università italiane, utilizzando come parametro di riferimento un indicatore banale, il cognome. Si vede chiaramente non solo la concentrazione di alcuni cognomi in alcune sedi universitarie, ma si vede addirittura la concentrazione di alcuni cognomi in alcuni settori scientifico-disciplinari; ciò non vuol dire che il figlio non possa essere anche più bravo del padre, per carità di Dio, anzi, godendo anche di una serie di facilitazioni non premianti sotto il profilo della raccomandazione, ma premianti sotto il profilo della formazione e dell'individuazione delle strutture di eccellenza in cui formarsi, ci sono dei figli d'arte che riescono ad acquisire titoli, capacità e competenze più velocemente di altri. Ma è chiaro che il sistema meritocratico, il sistema premiante del maestro - il maestro, che era quello che in università a tutt'oggi lo si considera, come dire, il più alto punto di riferimento - è proprio quello di saper fare giustizia fra i suoi allievi e probabilmente di mettere in condizione allievi che sono in minori condizioni economiche, in migliori condizioni, in un certo senso alle loro spalle, di metterli in condizione di guadagnare quelle posizioni prestigiose a cui avrebbero diritto in virtù del lavoro che fanno e dell'intelligenza che ci mettono.

Quindi, io guarderò con grandissimo interesse al documento a cui ha fatto riferimento la Ministra Fedeli, che, peraltro, credo anche per la sua storia personale e professionale, è attenta al merito, è attenta alla qualità del lavoro che si svolge, è attenta ai diritti delle persone. Forse sono diritti immateriali, ma sono i diritti di chi lavora dalla mattina alla sera per raggiungere degli obiettivi, di chi investe la propria storia e la propria persona. Quindi, sono certa che quel documento nasce con una premessa che non può che essere sommamente rispettosa di questo valore, ma mi auguro che poi, nella fattualità, l'oggettività estrema dei criteri, vedi, per esempio, il famoso indicatore che dicevo prima, l'impact factor e il citation index sono indicatori quantitativi importantissimi, ma non ci dicono della disponibilità, non ci dicono della qualità della docenza, che non è nemmeno solo fare una lezione; una volta il concorso per associato era subordinato al fatto che il candidato facesse una lezione davanti ai membri della commissione e risultasse essere convincente in quella lezione.

La tenuta di un corso non è la lezione nella sua singolarità, è quella programmazione della formazione che richiede competenze specifiche in questo campo. Noi dobbiamo mandare un grande messaggio ai nostri aspiranti professori universitari, che lo fanno per essere professore e, quindi, lo fanno per mettersi in gioco in questa relazione, non soltanto per chiudersi; conosciamo tanti professori ordinari, direttori di dipartimento che sono eternamente in viaggio, una sorta di turismo congressuale di alto profilo in cui stabiliscono legami, stabiliscono relazioni, fanno accordi, definiscono anche progetti di ricerca di alto profilo, peccato che non li si veda mai - mi riferisco, per esempio, alla facoltà di medicina - in reparto, in sala operatoria, in aula, perché sono sempre impegnati in altro. Ecco, io mi auguro che questa etica del docente, che è fondamentale nel professore universitario, si traduca davvero nella qualità e nello spessore della relazione di formazione.

Non so come la si può misurare, perché lo sappiamo tutti che non può essere un indicatore sufficiente - finisco, Presidente - il giudizio dello studente, perché a volte il giudizio dello studente è un giudizio di chi quanto più lo studente è motivato a fare, tanto più esige dei professori esigenti, qualitativamente anche capaci di mettere, come diceva Amaldi, ai cavalli di razza la greppia la si mette alta; ma se sono studenti più orientati a un lavoro facile, cercheranno il professore che chiede di meno e concede di più. Noi abbiamo bisogno, invece, di professori di alto profilo, professori esigenti, ma capaci di darsi in questa relazione di formazione, che è una - non ce lo dimentichiamo - delle più importanti per cambiare la qualità della classe dirigente di un Paese.

(Misure per contrastare i crescenti episodi di violenza causati da movimenti di estrema destra e iniziative, anche normative, per evitare la partecipazione alle competizioni elettorali di liste dichiaratamente ispirate all'ideologia fascista - 2-01975)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Miccoli ed altri n. 2-01975 (Vedi l'allegato A). Chiedo al deputato Miccoli se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

MARCO MICCOLI. Grazie Presidente, l'interpellanza nasce a monte di una preoccupazione per quanto sta accadendo in questi ultimi mesi nel Paese, ma soprattutto nella capitale: una recrudescenza di azioni squadriste di stampo fascista, che probabilmente prende spunto anche dai recenti successi che organizzazioni e partiti politici di chiara natura xenofoba stanno avendo in Europa alle ultime elezioni. Purtroppo, è un susseguirsi di episodi che vengono elencati nella interpellanza, non tutti, perché sono episodi che si stanno protraendo ormai dal dicembre del 2016 con una certa frequenza, quasi settimanale. Sono episodi che sono organizzati ad arte da alcune organizzazioni, quali Forza Nuova, CasaPound, Roma ai Romani, che vedono protagonisti un po' gli stessi personaggi, più volte fermati e denunciati, ma che ritornano ogni volta sui luoghi dove questi episodi si stanno man mano effettuando; episodi che, per lo più, prendono di mira famiglie di immigrati, su un tema specifico, peraltro, che è quello dell'assegnazione legittima di case popolari a famiglie di immigrati, ovviamente di origine straniera, numerosi. Essendo il patrimonio immobiliare pubblico della città di Roma costruito all'epoca del boom demografico, negli anni Sessanta, gli appartamenti sono di elevate metrature e, quindi, a queste famiglie con molti figli vengono assegnate del tutto legittimamente.

E, quindi, abbiamo assistito a una serie di episodi, a partire dal 6 dicembre del 2016 a San Basilio, dove viene aggredita, da una trentina di esponenti di questi gruppi, una cittadina di origini marocchine con la famiglia. Il 24 gennaio e il 28 settembre poi è ripetuto un altro simile episodio al Trullo, all'estrema periferia di Roma Ovest, dove proprio Forza Nuova, insieme a Roma ai Romani, hanno impedito a una famiglia di origini egiziane di prendere possesso di una casa popolare dopo lo sgombero di occupanti abusivi che, probabilmente, loro stessi avevano organizzato. Il 30 giugno del 2017, stessa situazione a Tor Bella Monaca, quartiere periferico di Roma Est, in questo caso, dove un cinquantaduenne bengalese va a prendere possesso della casa assegnatagli e viene picchiato da quattro esponenti sempre di queste formazioni. In quello stesso giorno, CasaPound manifestava di fronte al centro di accoglienza di via del Frantoio a Tiburtino III, che, successivamente, nelle settimane dopo è oggetto di violenze, peraltro organizzate con un espediente che la stessa magistratura ha rilevato: si è utilizzata la testimonianza falsa di una abitante del quartiere per dire che c'erano state delle aggressioni effettuate da immigrati del centro di accoglienza, cosa che poi si è dimostrata falsa, lì vengono picchiati alcuni immigrati, viene denunciato un finto sequestro di persona e, successivamente, viene circondata una chiesa dove una trentina di immigrati stavano pregando. La stessa organizzazione ha organizzato l'occupazione simbolica del Ferro hotel, che era destinato come centro d'accoglienza, questo il 21 gennaio 2017. Ci sono altri pestaggi di matrice sempre squadrista ad Ostia, il 2 febbraio 2017. Ad agosto ancora tafferugli, sempre davanti al Centro di via del Frantoio. Il 2 settembre una quarantina di immigrati rimane bloccata all'interno della chiesa e poi, ultimamente, alla Magliana, dove per due volte si è assistito ad occasioni in cui sempre la stessa Forza Nuova, guidata da questi esponenti che vengono considerati i capi romani di questa organizzazione, si è resa protagonista di incidenti. Potrei ricordare anche, a pochi passi da qua, l'assalto che fu effettuato da questi stessi personaggi, infiltrati nella manifestazione dei tassisti a Roma, manifestazione nazionale, in cui si è tentato di assaltare la sede del Partito Democratico al Nazareno.

Quindi, la preoccupazione è che, appunto, in questa fase c'è questa recrudescenza organizzata ad arte, alcune volte; poi, ovviamente, c'è la questione che ricordo: siamo in attesa di quello che succederà il 28 ottobre a Roma, dove è stata annunciata questa provocazione, la marcia su Roma dei patrioti italiani, sempre organizzata da Forza Nuova. Prendiamo atto che il Ministero dell'interno è stato chiarissimo sul divieto a questa manifestazione-provocazione. In queste ore, il capo nazionale di Forza Nuova ha però smentito la possibile rinuncia alla manifestazione, confermando che c'è una volontà a manifestare il 28 ottobre. Ovviamente, è una giornata che può essere anche difficile per la città, in quanto, legittimamente, le organizzazioni antifasciste, hanno organizzato dei presidi, una mobilitazione sostanzialmente per rispondere a questa provocazione.

Quindi, a monte di tutto questo, noi ci chiediamo se sia opportuno valutare da parte del Ministero dell'interno la possibilità di accogliere liste elettorali, che già sono state presentate a Roma nel X Municipio. Si voterà il 5 novembre: Casapound ha presentato più liste per le elezioni municipali, ha imbrattato praticamente tutto il municipio di manifesti attaccati illegalmente. Casapound si è resa protagonista, di recente, di episodi di violenza in quel quartiere: vorrei ricordare che uno dei capi di Casapound, in questo caso della zona di Roma Est, soprannominato Zippo, è stato condannato in via definitiva a due anni e mezzo di reclusione per aver picchiato e mandato all'ospedale quattro nostri esponenti dei giovani democratici mentre attaccavano dei manifesti.

Insomma, in virtù della nostra legislazione vigente - la XII disposizione transitoria, poi divenuta legge Scelba e la legge Mancino -, noi chiediamo se sia opportuno non solo operare in termini di repressione e di prevenzione rispetto a questi gruppi che effettuano questo tipo di violenze, ma anche prendere in considerazione l'eventualità di poter non accogliere le liste elettorali presentate non solo adesso, ma che in futuro verranno presentate alle elezioni regionali e politiche.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Gianpiero Bocci, ha facoltà di rispondere.

GIANPIERO BOCCI, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Grazie, Presidente. Le forze di polizia, come del resto è stato anche ricordato ora nell'illustrazione, svolgono sull'intero territorio nazionale un continuo monitoraggio verso i contesti e gli ambienti connotati da estremismo di qualunque orientamento politico, al fine di intercettare per tempo e prevenire il compimento di qualsiasi illegalità. Al tempo stesso, segnalano con tempestività all'autorità giudiziaria le fattispecie che integrano gli estremi di reato per le valutazioni di competenza, in particolare, come per gli episodi che sono stati segnalati, che sono episodi che si sono svolti esclusivamente nel territorio di Roma - ma, naturalmente il riferimento è un riferimento molto più ampio -, con riferimento alle manifestazioni di discriminazione e di xenofobia che, anche nella circostanza degli episodi romani, hanno caratterizzato quelle vicende.

Con specifico riguardo a quanto è stato ora evidenziato ed è stato evidenziato anche dagli onorevoli interpellanti, segnalo che l'azione della polizia di Stato ha consentito nell'arco temporale compreso tra il 2011 e il 2016 di arrestare 53 militanti o simpatizzanti di estrema destra e di deferirne, a vario titolo, all'autorità giudiziaria 1.066. Dall'inizio del corrente anno, gli arresti sono stati diciotto e le denunce 325.

Aggiungo, inoltre, che la polizia postale e delle comunicazioni, sia a livello centrale sia attraverso le proprie articolazioni sul territorio, svolge una quotidiana, puntuale attività di monitoraggio degli spazi web e, in particolare, delle piattaforme social, finalizzata alla prevenzione e al contrasto di condotte penalmente rilevanti. In particolare, la polizia postale approfondisce a livello investigativo le segnalazioni dell'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, organismo della Presidenza del Consiglio dei ministri e dell'Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori, organismo questo, invece, incardinato presso il Ministero dell'interno.

Per quanto concerne i principali mezzi di comunicazione sulla Rete, il monitoraggio viene compiuto con particolare attenzione sia in caso di contenuti inneggianti al fascismo sia verso tutte quelle forme di discriminazione o di altre configurazioni di intolleranza e di incitamento all'odio. Laddove vengono registrati comportamenti penalmente rilevanti, la polizia postale provvede a trasmettere comunicazione di notizia di reato all'autorità giudiziaria, al fine di identificare i responsabili e di richiedere l'oscuramento del sito web incriminato.

Quanto, poi, alla questione dell'esclusione dalle consultazioni elettorali di liste presentate da formazioni dichiaratamente fasciste, si rappresenta, preliminarmente, che la valutazione dei requisiti per l'ammissibilità delle liste elettorali per le elezioni è demandata alle commissioni elettorali circondariali nominate dal presidente della Corte d'appello. Come è noto, si tratta di organismi sui quali il Ministero dell'interno non dispone di poteri di intervento circa le decisioni da esse assunte, operando le stesse in completa autonomia, senza vincolo gerarchico con l'Esecutivo.

Il Ministero dell'interno, tuttavia, nell'ambito dei suoi poteri, dirama le istruzioni per la presentazione e l'ammissione delle candidature, sia per le elezioni amministrative che per quelle politiche, richiamando sempre e puntualmente l'attenzione delle commissioni sulla necessità di ricusare i contrassegni in cui siano contenute espressioni, immagini o raffigurazioni che facciano riferimento a ideologie autoritarie, come tali vietate a norma della XII disposizione transitoria e finale, primo comma, della Costituzione e della legge 20 giugno 1952, n. 645. Puntuali indicazioni saranno fornite in tal senso anche in occasione delle prossime elezioni politiche.

PRESIDENTE. Il deputato Miccoli ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

MARCO MICCOLI. Ringrazio il sottosegretario. Devo dire che i dati che ci ha dato confermano le nostre preoccupazioni e, quindi, la bontà dell'interpellanza. I numeri sono abbastanza chiari: 53 arresti dal 2011 al 2016 e già siamo a diciotto arresti nel 2017, se ho capito bene, con 325 denunce nel 2017 e 1.066 denunce negli anni precedenti. Quindi, diciamo che la sensazione di un aumento, di un'escalation è confermata da questi dati.

Noi prendiamo atto del lavoro che le forze dell'ordine e il Ministero dell'interno stanno effettuando per contrastare questo fenomeno. Prendiamo anche atto dell'operato della polizia postale e degli interventi che sono stati fatti: purtroppo, è un fenomeno talmente evidente e largo che, ovviamente, ci sarà ancora molto lavoro da fare.

Mi permetto solo di fare alcuni appunti alla risposta. È vero che la valutazione è demandata alle commissioni sull'accettazione delle liste e che il Ministero dell'interno fornisce, ovviamente, le indicazioni che riguardano alcuni metodi per ricusare le liste, però, è anche vero che, proprio in virtù della legge Mancino, dei dati che ci sono stati forniti e del fatto che i protagonisti di queste violenze spesso sono i leader di queste formazioni che si presentano alle elezioni, noi sostanzialmente chiediamo e continueremo a chiedere, anche con l'opportuna modalità di vigilanza, è il fatto che queste formazioni, in virtù di quella legge, dei dati che ci sono stati forniti e dei protagonisti delle violenze, ma anche per la tipologia dei simboli che vengono usati (Forza Nuova, di recente, ha utilizzato un manifesto che è lo stesso manifesto che veniva utilizzato dal regime fascista negli anni della dittatura fascista per pubblicizzare questa manifestazione, un richiamo chiaro, un'apologia chiara al fascismo), vadano sciolte. Da questo punto di vista è chiaro, a nostro modo di vedere, che queste formazioni, proprio utilizzando la nostra legislazione, in particolare la legge Mancino, vadano sciolte, vadano messe in condizioni di non poter essere protagoniste della vita amministrativa e politica del Paese, perché ne va della qualità delle nostre istituzioni, della difesa delle istituzioni democratiche.

Nel IV municipio di Roma è da mesi che non si riesce più ad organizzare e ad effettuare un consiglio municipale senza che, appunto, questi squadristi entrino nell'Aula e impediscano lo svolgimento del consiglio municipale, sono mesi, ormai, e faranno così - hanno annunciato - finché non si chiuderà il centro d'accoglienza di via del Frantoio, che è un centro di accoglienza regolare, che funziona, tra l'altro, sotto la vigilanza del Ministero dell'interno.

Ecco, noi pensiamo che questa azione di contrasto e di prevenzione vada continuata, così come il Ministero dell'interno e le forze dell'ordine stanno facendo; ci permetteremo, però, insieme alle associazioni antifasciste, di continuare nella nostra richiesta in difesa delle istituzioni democratiche. Non possiamo permettere che simili formazioni politiche, di chiaro stampo fascista, siano protagoniste della vita politica e democratica del nostro Paese.

(Elementi e iniziative in ordine alla realizzazione delle strutture ospedaliere oggetto dell'accordo di programma integrativo concluso nel 2007 tra lo Stato e la regione Calabria - 2-01977)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Nesci ed altri n. 2-01977 (Vedi l'allegato A).

Chiedo alla deputata Nesci se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

DALILA NESCI. Sì, grazie, Presidente. Sottosegretario, colleghi, come sappiamo la sanità è ridotta a numeri, a formule matematiche, a conti e parametri folli. La causa, è inutile nasconderlo, sta nel sistema monetario dell'euro che produce indebitamento all'infinito, impone tagli miliardari e costringe i pazienti ad attese e sofferenze disumane. I ricchi possono curarsi, i poveri muoiono abbandonati; al massimo il sistema pubblico garantisce loro, ma solo nelle regioni più organizzate, i cosiddetti livelli essenziali di assistenza che costituiscono uno standard minimo di prestazioni garantite, tuttavia dipendenti dalle fasi del ciclo economico. In questo quadro, il diritto alla salute, tutelato come fondamentale, secondo l'articolo 32 della Costituzione, è compresso, per non dire cancellato; si avvantaggia la sanità privata.

A nulla, perciò, serve il progresso scientifico e tecnologico se l'intera popolazione non può beneficiare delle nuove molecole o della chirurgia d'avanguardia. Si pensi al costo del Sofosbuvir per l'epatite C e al fatto che il farmaco non viene assicurato se un paziente non ha già il fegato a pezzi.

Più volte ho insistito, in quest'Aula, sul problema dell'emissione della carta moneta da parte della Banca centrale europea che appartiene a banche private; essa crea i soldi dal nulla, li passa allo Stato e, nel tempo, ne riceve il corrispondente valore nominale più gli interessi. Purtroppo il sistema è blindato, ha il potere di disinformare, screditare, distrarre, mentire, scoraggiare e deviare. Dall'emissione di moneta da parte della privata Banca centrale europea derivano i tagli alla sanità, alla scuola, alla giustizia, ai trasporti, alla cultura, alla sicurezza, ai lavori e servizi pubblici, in sintesi, ai diritti primari.

Lo Stato, che ha dovuto sborsare quasi 126 miliardi per gli aiuti a Paesi dell'euro, è nella morsa degli equilibri di finanza pubblica, del pareggio di bilancio e della riduzione all'osso del rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo. Così il futuro è nero, segnato.

Nel contesto aumentano gli spazi per l'affarismo mafioso, il clientelismo, la corruzione, le ruberie e lo scaricabarile tra Stato, regione e apparati burocratici.

Un esempio concreto e pesante è la vicenda dei nuovi ospedali della Calabria che furono pretesi dall'allora governatore regionale Agazio Loiero; correva l'anno 2007, tre minori erano morti per malasanità, fu disposta l'emergenza socio-economico e sanitaria regionale e le lacrime da coccodrillo della politica erano la costante di interviste e programmi televisivi. Uno spettacolo di falsità e indecenza, una finzione continua e disgustosa che doveva preparare il terreno per nuove speculazioni. Fu proprio così, negarlo o minimizzare non procura voti, non resuscita i morti e non solleva il potere pubblico dalle proprie gravi responsabilità: lo Stato e la regione firmarono così un accordo, il 13 dicembre 2007, per costruire in Calabria quattro nuovi ospedali. Nella deliberazione della giunta regionale della Calabria n. 307 del 12 luglio 2011 si legge, con espresso rinvio all'accennato accordo di programma integrativo, di uno stanziamento complessivo di 285.589.141,77 euro; questa la cifra ufficiale riportata, tra risorse statali e quote regionali, per la realizzazione dei nuovi ospedali di Catanzaro, della Sibaritide, della Piana di Gioia Tauro e di Vibo Valentia.

Nella citata deliberazione si riferisce, più avanti, di un decreto dirigenziale del Ministero del lavoro datato 18 febbraio 2009, con cui, in merito ai quattro suddetti ospedali, venne formalizzato il finanziamento complessivo di 178.615.153,06 euro. La Calabria - rammento - era già in stato di emergenza sanitaria; il 17 dicembre 2009 fu sottoscritto tra le due parti l'accordo sul piano di rientro dal debito del settore sanitario della regione, ai sensi dell'articolo 1, comma 140, della legge n. 311 del 2004, facendovi rientrare la realizzazione dei citati nuovi ospedali. Con ordinanza n. 10 del 25 marzo 2010, il commissario delegato pro tempore approvò i progetti preliminari di tre dei quattro ospedali, cioè quelli di Vibo Valentia, della Piana di Gioia Tauro e della Sibaritide, prescrivendo ai soggetti attuatori di apportare le modifiche già indicate dal Ministero della salute. Con ordinanza n. 5 del 6 luglio 2010, il commissario delegato, mi riferisco all'allora governatore Giuseppe Scopelliti, dava incarico alla stazione unica appaltante della regione Calabria di procedere alla redazione dei successivi atti di gara per i progetti preliminari degli ospedali di Vibo, della Piana di Gioia Tauro e della Sibaritide, in collaborazione con la regione Lombardia.

Con ordinanza del commissario delegato n. 10 dell'8 novembre 2010 fu recepito il protocollo di intesa tra la regione Lombardia, la regione Calabria e il commissario delegato per l'emergenza socio-economico sanitaria della medesima, sottoscritto in data 20 dicembre 2010. La regione Lombardia aveva già individuato una propria società in house, cioè Infrastrutture Lombarde Spa, con il compito di espletare, per conto della stessa regione Lombardia, le attività di assistenza tecnica, supporto alla stazione appaltante e al responsabile unico di procedimento, come pure di gestione di progetto e costruzione, nonché di alta sorveglianza circa la realizzazione dei tre nuovi ospedali di Vibo Valentia, della Piana di Gioia Tauro e della Sibaritide. Questo è l'antefatto, ma, qui, va rilevato che dal 2007 non è stato costruito neppure un nuovo ospedale e, com'è ovvio, il rischio è che si perda tutto.

Andiamo avanti, per un attimo, all'attualità, a ciò che dicono le carte. Prima che il Governo dia i numeri, rispondendo alla mia interpellanza, fornisco alcuni dati, ripresi testualmente dal programma operativo per gli anni 2016-2018 della regione Calabria, commissariata - ricordo - per l'attuazione del piano di rientro. Riguardo al nuovo ospedale di Vibo Valentia, si legge nel citato programma operativo: nell'ambito del progetto preliminare posto a base di gara si prevede che la nuova struttura sanitaria abbia una dotazione di 350 posti letto, oltre a 42 posti letto tecnici, per un totale di 392 posti letto.

Il quadro economico del progetto prevede un complessivo impegno di spesa pari a 143.965.197,29 euro, di cui 100 milioni di risorse pubbliche e 43.965.197, 29 di risorse private.

Riguardo al nuovo ospedale della Sibaritide, si legge nel citato programma operativo: nell'ambito del progetto preliminare posto a base di gara si prevede che la nuova struttura sanitaria abbia una dotazione di 334 posti letto, oltre a 42 posti letto tecnici, per un totale di 376 posti. Il quadro economico del progetto prevede un complessivo impegno di spesa pari a 143.921.997,42 euro, di cui 102.710.928,33 di risorse pubbliche e 41.211.069,09 di risorse private.

Riguardo al nuovo ospedale della Piana di Gioia Tauro si legge nel citato programma operativo: nell'ambito del progetto preliminare posto a base di gara, si prevede che la nuova struttura sanitaria abbia una dotazione di 314 posti letto, oltre a 38 posti letto tecnici, per un totale di 352 posti. Il quadro economico del progetto prevede un complessivo impegno di spesa pari a 150.133.542,61 euro, di cui 100.952.735,67 di risorse pubbliche e 49.180.806,94 di risorse private.

Queste le cifre ufficiali, cui bisogna aggiungere la soluzione adottata per il nuovo ospedale di Catanzaro, di cui vi dirò subito, perché nel giugno 2015 partirono i lavori della Commissione – si fa per dire – paritetica, istituita dal Commissario al piano di rientro con lo scopo di favorire l'integrazione in corso fra l'Azienda ospedaliera “Pugliese Ciaccio” e l'Azienda ospedaliera universitaria “Mater Domini”, su cui il MoVimento 5 Stelle ha obiettato forzature della struttura commissariale, tentativi plurimi di scavalcare le prerogative della regione e di caricare sul “Pugliese Ciaccio” i debiti ingenti della “Mater Domini”, azienda che non ha Pronto soccorso, non tratta urgenze e beneficia di un illecito surplus di finanziamento da parte della regione Calabria, senza un valido protocollo d'intesa e nel silenzio colpevole e fisso dei ministeri vigilanti.

L'obiettivo dichiarato nel programma operativo della regione Calabria per gli anni 2016-2018 è realizzare i nuovi ospedali di Vibo Valentia, della Sibaritide e della Piana di Gioia Tauro, quindi – cito testualmente – valutare, all'esito della definizione del processo di integrazione tra l'Azienda ospedaliera “Pugliese Ciaccio” e l'Azienda ospedaliera universitaria “Mater Domini”, gli investimenti necessari alla realizzazione dell'azienda unica. Di conseguenza l'obiettivo è - prosegue lo stesso testo - rifinalizzare, attraverso la stipula di un accordo di programma, le seguenti risorse, che cito: 39.355.468,38 euro di fondi a carico dello Stato, a valere sulle risorse articolo 20, seconda fase; 42.116.863,63 euro di fondi regionali, acquisiti attraverso l'accensione di un mutuo e già finalizzati al nuovo ospedale di Catanzaro; 17.571.984,68 euro di fondi statali, articolo 71, legge n. 448 del 1998. Tutto ciò per un totale di 99.044.316,69 euro, fatto salvo quanto previsto dalla legge regionale n. 9 per la l'assegnazione di ulteriori risorse di finanziamento.

Come sempre, però, avviene il colpo di scena. Lo scorso 29 settembre, l'Ansa della Calabria ha riferito che la giunta regionale della Calabria ha deliberato di dare mandato all'Avvocatura regionale di verificare la possibilità di intraprendere azioni risarcitorie nei confronti di Infrastrutture lombarde ed altri eventuali soggetti responsabili dei danni causati dai gravi errori fatti nel corso degli adempimenti della progettazione dei nuovi ospedali calabresi. Insomma, la regione Calabria di centrosinistra si è svegliata, a distanza di tre anni dalle ultime elezioni regionali, e dopo aver sottoscritto i contratti per l'avvio dei cantieri ha annunciato possibili azioni legali, rilevando gravi errori di progettazione.

A questo proposito devo ricordare che nel marzo 2015 andai personalmente al Dipartimento dei lavori pubblici della regione Calabria, invitando il dirigente generale, Domenico Pallaria, a verificare le carte, prima di dare inizio ai lavori. Con i colleghi parlamentari calabresi del MoVimento 5 Stelle avevo formalmente chiesto al Governatore Mario Oliverio di illustrare, in merito ai nuovi ospedali, i problemi e l'iter all'intera rappresentanza parlamentare eletta in Calabria. Un'iniziativa di assoluto buonsenso, per coinvolgere, dato che la sanità calabrese è gestita dal Governo nazionale tramite il commissario ad acta, tutti i parlamentari espressi dall'elettorato calabrese, tra i quali la collega onorevole Rosy Bindi, presidente della Commissione bicamerale antimafia. In proposito, infatti, c'erano grossi problemi: possibili interessi mafiosi, evidenti forzature e strane coincidenze.

Il costruttore Tecnis venne poi raggiunto da interdittiva antimafia in seguito revocata. Invece, sull'ubicazione dell'ospedale della Piana di Gioia Tauro, c'erano stati ricorsi per la scelta di privare una scuola agraria con convitto di una porzione di terreno funzionale alla didattica, per i maggiori costi di adeguamento infrastrutturale e per l'utilizzo muscolare delle deroghe dell'emergenza sanitaria regionale, con cui si era scavalcata la volontà già espressa dalla maggioranza dei sindaci del territorio. Avevamo denunciato tutto, senza ottenere risposte definitive, né dai ministri interrogati né dal Capo dello Stato, presso cui pende da anni il ricorso straordinario di un comitato civico della Piana di Gioia Tauro.

Inoltre, l'ospedale di Vibo Valentia doveva, e dovrebbe, sorgere in zona a rischio idrogeologico molto elevato, classificata come R4. Ne avevo parlato con un procuratore della Repubblica e avevo invitato il governatore Oliverio a riflettere bene e a non lasciarsi sedurre - cosa che però poi fece - dalla moda di siglare protocolli di intesa antimafia, che spesso servono per dare una parvenza di pulizia a pratiche gravate da nebulosità e da ombre di interessi milionari. Oliverio è lo stesso personaggio che, sulle questioni dell'ospedale della Piana di Gioia Tauro, fece scena muta - audito il 22 giugno 2015 in Commissione antimafia - rispetto a domande specifiche del collega deputato Riccardo Nuti.

In quanto a coincidenze, vale ricordare la storia di Giovanni Laganà, fino al 6 agosto 2013 dirigente generale del Dipartimento regionale lavori pubblici. All'epoca il burocrate si dimise per iniziare una nuova carriera nel settore privato, perché negli uffici della regione Calabria ci fu un turnover dei manager, ma Laganà si chiamò fuori da solo: il posto nella pubblica amministrazione evidentemente non era più tra le sue aspirazioni professionali. Però, nell'ottobre 2013, la testata Corriere della Calabria segnalò un'anomalia. Il dg andò via dopo aver guidato…

PRESIDENTE. Ha concluso il tempo, onorevole. Dovrebbe concludere.

DALILA NESCI. Concludo, Presidente, magari faccio meno in replica.

PRESIDENTE. No, questo non è possibile. Quindi dovrebbe concludere.

DALILA NESCI. Chiudo. Quindi, dicevo che Laganà andò via dopo aver assegnato le più importanti gare del terzo millennio, l'ultima alla Tecnis, che si aggiudicò due delle tre gare, e che tra i progettisti annoverava proprio la moglie.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole.

DALILA NESCI. Per chiudere, Presidente, perché ovviamente la domanda deve essere chiara, ci dica quindi quali iniziative di competenza intenda assumere il Governo rispetto alla precisata intesa fra regione Calabria ed Infrastrutture lombarde e per capire che fine hanno fatto questi soldi per gli ospedali mai costruiti. Grazie.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Interno, Gianpiero Bocci, ha facoltà di rispondere.

GIANPIERO BOCCI, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Grazie, Presidente. Prima di entrare nel merito del quesito posto, devo rammentare, come già avvenuto in occasione di altri atti ispettivi, che tali attribuzioni appartengono alle specifiche prerogative regionali, sulle quali di norma il Ministero della salute può limitarsi ad un ruolo di verifica. Per rispondere ai quesiti posti dal presente atto ispettivo è necessario, dunque, fare riferimento agli elementi informativi pervenuti, per l'occasione, da parte della regione Calabria.

La questione segnalata dagli onorevoli interpellanti è particolarmente complessa.

Essa, difatti, trae origine da una scelta, risalente nel tempo, di affidare l'attuazione dell'accordo di programma per la realizzazione di quattro nuovi ospedali, sono stati ricordati, tra questi quelli di Vibo Valentia, della Piana di Gioia Tauro e della Sibaritide, oltre a quello di Catanzaro. Da quel momento fino al trasferimento delle competenze dal commissario delegato alla regione Calabria, avvenuto con ordinanza del Capo del Dipartimento della protezione civile, e parliamo in questo caso del 5 dicembre 2012, le attività finalizzate alla realizzazione dell'accordo di programma sono state esercitate nell'ambito del regime introdotto dalla citata ordinanza di Protezione civile del 21 dicembre 2007. Fino al 2010 l'attività commissariale era giunta alla sola progettazione preliminare dei tre ospedali ricordati, mentre per il quarto, quello di Catanzaro, non era stato possibile avviare nemmeno la fase di progettazione, poiché l'accordo di programma del 2007 prevedeva, quale presupposto, l'accorpamento dell'azienda ospedaliera Pugliese-Ciaccio con l'azienda universitaria Mater-Domini, mai realizzatasi.

I progetti sono stati successivamente sottoposti al parere del Ministero della salute, il quale ebbe modo di rilevare che essi non rispettavano gli standard di costo desumibili dall'analisi di strutture simili e non erano conformi alle norme tecniche di costruzione introdotte dal decreto ministeriale del 14 gennaio 2008, né alle normative vigenti all'epoca sui gas medicali, sui materiali pregiati, sul risparmio energetico e sulla tutela idrogeologica. Cionondimeno, con ordinanza del 25 marzo 2010, il commissario delegato ha approvato i progetti preliminari dei nuovi ospedali di soli lavori, dando mandato alla stazione unica appaltante di effettuare la necessaria revisione dei progetti sulla base delle osservazioni formulate dal Ministero della salute.

Preso atto della complessità della revisione dei progetti da parte della stazione unica appaltante al fine di adeguarli alle prescrizioni indicate dal Ministero della salute, il nuovo commissario delegato ha ritenuto, attraverso un protocollo di intesa tra la regione Calabria e la regione Lombardia, di avvalersi di una società in house della regione Lombardia, che è stata ricordata ora anche nell'illustrazione, esattamente Infrastrutture Lombarde Spa, per le attività di assistenza tecnica e supporto alla stazione appaltante. A tale riguardo, è stato precisato che la regione Lombardia, in un'ottica di collaborazione interregionale, si è obbligata a fornire la predetta attività di assistenza a fronte del mero rimborso dei costi effettivamente sostenuti. Va, peraltro, rimarcato che le argomentazioni a sostegno della legittimità della convenzione e del protocollo sottoscritti con la regione Lombardia sono state condivise dal Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri, con nota del 5 aprire 2011, nonché dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, con nota 13 ottobre 2011, e dall'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, oggi Anac, con deliberazione n. 106 del 16 dicembre 2011.

Questa attività di supporto ha dato la possibilità di addivenire nel febbraio 2011, e dunque in meno di un anno, all'aggiornamento dei progetti preliminari relativi ai tre predetti ospedali, i quali, positivamente valutati dai rispettivi RUP, sono stati posti a base della gara di concessione integrata di progettazione definitiva ed esecutiva, di realizzazione dei nuovi ospedali e di gestione dei servizi non sanitari per la durata della concessione.

Occorre rimarcare che questa attività di supporto tecnico ha dato la possibilità di integrare i progetti preliminari sulla base delle indicazioni, cui si è fatto prima riferimento, dettate dal Ministero della salute in tema di conformità alle regole, soprattutto in termini di sicurezza, tipiche dell'edilizia sanitaria. In esito ai bandi di concessione integrata emanati in relazione ai tre summenzionati ospedali, i concessionari hanno dunque potuto intraprendere l'attività di aggiornamento dei progetti preliminari sulla base delle indicazioni dell'ente concedente. Su tale attuale fase, dalla quale dipenderà l'effettiva efficienza e funzionalità delle opere, è svolta un'attenta attività di monitoraggio da parte del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo del settore sanitario della regione Calabria. Ebbene, anche in ragione della predetta attività di monitoraggio, esercitata attraverso un costante rapporto con gli uffici della regione, può darsi notizia che il progetto definitivo del nuovo ospedale di Vibo Valentia è ormai in via di adozione, mentre, per quanto riguarda gli altri due ospedali, in ragione di ulteriori fattori di complessità emersi, potranno essere realizzati solo al di fuori della valenza attuale che sta dentro il programma operativo che, ricordo, termina nel 2018.

Con riferimento, invece, al nuovo ospedale di Catanzaro, desidero evidenziare che, a fronte degli iniziali ostacoli alla sua realizzazione, il commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro ha istituito, nel giugno 2015, un'apposita commissione paritetica al fine di favorire il processo di integrazione tra l'azienda ospedaliera Pugliese-Ciaccio e l'azienda universitaria Mater Domini, il cui accorpamento, come detto in precedenza, rappresenta una condizione essenziale posta dall'accordo di programma. Concludo, pur nella consapevolezza che la competenza primaria in materia di organizzazione e realizzazione della rete ospedaliera è in capo alla regione, il Ministero della salute continuerà a monitorare, anche attraverso il commissario per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo, sul seguito dell'attività finalizzata al concreto compimento dell'accordo di programma.

È, tuttavia, doveroso precisare che tale attività di monitoraggio non potrà riguardare le situazioni segnalate dagli onorevoli interpellanti, le quali attengono a un periodo in cui l'azione amministrativa è stata svolta sulla base del regime introdotto dall'ordinanza della Protezione civile del 21 dicembre 2007 e in merito alla quale è infatti intervenuta la giunta regionale, che ha di recente dato mandato alla propria avvocatura di valutare le condizioni possibili per avviare azioni risarcitorie avverso la società Infrastrutture Lombarde Spa, nonché nei confronti di eventuali altri soggetti che potrebbero essere coinvolti per gravi errori e inadempimenti commessi nelle attività da loro espletate inerenti alla realizzazione dei tre ospedali.

PRESIDENTE. La deputata Nesci ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

DALILA NESCI. No, non sono soddisfatta, Presidente, perché al Governo abbiamo chiesto che fine abbiano fatto le centinaia di milioni di euro per la realizzazione dei nuovi ospedali calabresi, e abbiamo anche chiesto della legittimità dell'intesa tra la regione Calabria e Infrastrutture Lombarde, società della regione Lombardia, siglata quando le due regioni erano amministrate dal centrodestra.

Inoltre, abbiamo chiesto conto dello stato di attuazione dell'accordo di programma integrativo sottoscritto nel 2007 dal Ministero della salute e dalla regione Calabria, nonché del monitoraggio sulle procedure della realizzazione dei nuovi ospedali, primo compito affidato al commissario per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario calabrese, come risulta nel provvedimento governativo di nomina, del 12 marzo 2015 e, come al solito, abbiamo ricevuto risposte vaghe e pilatesche perché il sottosegretario si è nascosto dietro ai numeri che in buona parte avevamo anche anticipato nell'illustrazione. Il punto è semplice. Nel 2007 il Governo nazionale, all'epoca di centrosinistra, ordinò l'emergenza socio-economico sanitaria per la regione Calabria e pensò di risolvere i problemi atavici del servizio sanitario calabrese costruendo quattro nuovi ospedali che poi diventarono tre, come è stato spiegato con l'integrazione a Catanzaro dell'ospedale “Pugliese-Ciaccio” all'ospedale “Mater Domini”. A noi del MoVimento 5 Stelle non risulta che, dalla proclamazione avvenuta nel dicembre 2014, il governatore della Calabria Mario Oliverio, renziano dell'ultima ora, abbia provveduto a chiedere lumi al Governo in merito all'intesa della regione con Infrastrutture lombarde. L'Antitrust - su questo la contesto, sottosegretario - non ha affatto condiviso l'intesa tra le due regioni e, anzi, l'ha contestata in modo inequivocabile nell'atto del 6 settembre 2011. Bisognerebbe, inoltre, chiedere lumi ad Antonio Catricalà, magistrato, professore di diritto, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri e poi Viceministro dello sviluppo economico, in quanto dal 9 marzo 2005 al 16 novembre 2011 fu presidente dell'Antitrust o bisognerebbe chiedere all'attuale sottosegretario allo sviluppo economico, Antonio Gentile, che nel 2011 era sottosegretario all'economia e poi aderì con l'allora governatore Scopelliti al Nuovo Centrodestra ed in seguito, da solo, ad Alternativa popolare, i partiti del Ministro della salute Beatrice Lorenzin.

Oggi ci suona strano per non dire incredibile che proprio Oliverio in Calabria soprannominato “Pallapalla” - ciascuno di voi mediterà sul nomen omen - annunci a tre anni dal suo insediamento eventuali iniziative legali contro Infrastrutture Lombarde dalla regione ritenuta responsabile - cito la nota stampa ufficiale – “di gravi errori di progettazione”. Ma Infrastrutture Lombarde non era una garanzia, ripetendo le parole riferitemi dal dirigente Pasquale Gidaro, del dipartimento regionale lavori pubblici? La regione Calabria ha visto solo oggi i gravi errori di progettazione per cui ha rimescolato le carte, fermo restando che le azioni legali prospettate potrebbero essere uno specchietto per le allodole per definirle poi con un vecchio “scurdàmmuce o passato”. Ciò, al di là dei vuoti papelli burocratici passati in tutta fretta a lei, sottosegretario che ha risposto, dovrebbe chiederselo anche il Governo nazionale considerato che ha messo la quota maggioritaria per la costruzione dei nuovi ospedali calabresi. Ricordo come fosse ieri la sicumera con cui al dipartimento regionale lavori pubblici mi risposero sulla vicenda dei nuovi ospedali così come ricordo l'ostinato mutismo del Governo Oliverio per il quale è sempre e solo tutto a posto. Con che faccia lo stesso Oliverio potrà continuare a dire che è tutto a posto sapendo che una parte della magistratura ha in mano le carte dell'accordo della regione con Infrastrutture Lombarde e che un'altra parte della magistratura aveva già osservato, in attesa di reati, il molto elevato rischio idrogeologico circa il sito dell'ospedale nuovo di Vibo Valentia? E allora: non sono una finzione scenica forse i protocolli antimafia che sono stati firmati, se centrodestra e centrosinistra hanno agito allo stesso modo sugli ospedali nuovi della Calabria destinata a rimanere terra di conquista, terra di affari, di micidiali omissioni? In una recente lettera al governatore Oliverio, il sottosegretario Antonio Gentile ha domandato: “La Calabria può permettersi il lusso di perdere questi cospicui finanziamenti?”. Il sottosegretario Gentile poi ha proseguito: “I tre progetti sono stati redatti dalla struttura tecnica regionale. Successivamente le ditte partecipanti alla procedura di gara hanno prodotto i progetti definitivi”. “Infrastrutture Lombarde S.p.A. - ha chiesto poi Gentile - ha mai scelto i siti o li ha scelti la struttura tecnica regionale?”. Qui va rinfrescata la memoria a Gentile almeno sulla scelta del sito dell'ospedale nuovo della Piana di Gioia Tauro, su cui il Governo nazionale ha chiare responsabilità a cui non ha fatto cenno il sottosegretario che ha risposto alla mia interpellanza. In qualità di soggetto attuatore, infatti, del Commissario delegato per la realizzazione del nuovo ospedale della Piana, il prefetto Giuseppe Zannini Quirini, si legge in una relazione dell'11 ottobre 2013 protocollo n. 31886, firmata dall'attuale direttore generale del dipartimento lavori pubblici della regione Calabria, Domenico Pallaria: dopo aver a più riprese incontrato le istituzioni locali competenti, con e-mail-nota del 25 giugno 2008 ha comunicato al Commissario delegato Spaziante la scelta del sito, individuato in territorio del Comune di Palmi, nei pressi dello svincolo autostradale, preferibile a quello precedentemente individuato dai Sindaci del Comitato, in quanto in posizione baricentrica, di facile raggiungibilità e - per le motivazioni di ordine pubblico riportate nella nota - preferibile in quanto asseritamente di proprietà dell'amministrazione provinciale di Reggio Calabria. Il medesimo sito, del resto, era già stato individuato e ritenuto idoneo - ha scritto il Pallaria - anche dal generale Cetola, commissario straordinario di nomina ministeriale dell'Asp di Reggio Calabria.”.

Se prestiamo attenzione quindi alle date, la riferita e-mail-nota del soggetto attuatore è del 25 giugno 2008: il prefetto Giuseppe Zannini Quirini comunicò al commissario governativo per l'emergenza sanitaria, il generale Vincenzo Spaziante, l'individuazione di un sito che, a quella data, non era nemmeno di proprietà della provincia di Reggio Calabria, se non “asseritamente”. Ripeto: asseritamente. E il sottosegretario Gentile e l'intero Governo cui appartiene farebbero bene a focalizzarlo perché il pastrocchio nasce dallo stato di emergenza sanitaria della regione Calabria che poi prosegue con le complicità manifeste dei partiti di centrodestra e di centrosinistra. “Appare strano - ha aggiunto Gentile nella sua lettera ad Oliverio - che a contestare i progetti preliminari delle strutture ospedaliere non siano le ditte aggiudicatarie delle concessioni ma la stessa regione Calabria che, a suo tempo, aveva redatto i medesimi progetti”. Il senatore ha proseguito poi: “Il sempre annunciato e mai realizzato avvio dei lavori non può, a mio giudizio, essere addebitato a soggetti terzi ma all'incapacità delle strutture regionali che hanno seguito l'iter procedurale”. È curioso allora che il sottosegretario Gentile abbia dimenticato che quelle strutture regionali, cioè il dipartimento lavori pubblici, erano sotto la guida politica di suo fratello Pino, ai tempi assessore della giunta calabrese guidata da Scopelliti.

Stride allora che il sottosegretario Gentile abbia prospettato che, cito, “potrebbe anche verificarsi che le ditte aggiudicatarie della concessione, non in grado fino ad oggi di avviare i lavori, potrebbero scaricare le loro inadempienze ed avviare a loro volta un'azione risarcitoria nei confronti della regione Calabria”. Che cosa è questo: un tentativo forse di preservare il suo gruppo politico a cui apparteneva il fratello?

Al sottosegretario Gentile, Oliverio ha replicato che oggi dobbiamo correre ai ripari per i vecchi errori del passato e allora, di rimando, sempre Oliverio a Gentile dice che il rischio della perdita dei finanziamenti sarebbe altissima.

Noi vogliamo sapere - non ci fermeremo - dove sono andati a finire quei soldi, per che cosa sono stati spesi, chi ha sbagliato e chi pagherà di tasca propria. Vogliamo sapere quanti soldi sono stati bruciati e chi non ha vigilato e perché, soltanto dopo dieci anni, escono fuori questi errori, malgrado i nostri continui avvertimenti. Soprattutto dovete dirlo ai calabresi e agli altri italiani dove siano finiti i fondi per i nuovi ospedali calabresi e dovete dirlo alle migliaia di pazienti che dalla Calabria partono per il Centro-Nord per cure che alla regione costano circa 300 milioni all'anno. Quindi ditelo a queste famiglie e spiegate che l'emergenza sanitaria in Calabria è stata un business anche perché sappiamo come vengono ripartiti i fondi del Fondo sanitario nazionale alle regioni e mi riferisco ovviamente anche alla mancata presentazione di un nuovo piano di rientro da parte della regione che per legge avrebbe potuto far cessare il commissariamento se approvato ma ovviamente Oliverio non ha voluto agire nemmeno in questo senso.

Dovrei raccontarvi tante altre cose ma mi chiedo oggi dove siano le televisioni e i giornali che nel 2007 raccontavano l'assurda morte per malasanità dei minori calabresi Federica Monteleone, Flavio Scutellà e Eva Ruscio. Perché adesso non si occupano dello scandalo dei nuovi ospedali della Calabria che è nato da quelle tragedie e che vale oggi circa mezzo miliardo di euro? Noi continueremo a braccarvi con gli argomenti e non vi lasceremo scampo perché dobbiamo avere risposte soprattutto per la dignità di tutti i calabresi e degli italiani che ci hanno rimesso risorse, tempo e salute.

(Iniziative volte a tutelare l'integrità paesaggistica e ambientale dell'area destinata a ospitare il nuovo centro commerciale del comune di Due Carrare in provincia di Padova - n. 2-01978)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Narduolo ed altri n. 2-01978 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Narduolo se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

GIULIA NARDUOLO. Grazie, Presidente. L'interpellanza di cui sono prima firmataria è rivolta al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo e riguarda la paventata costruzione di un nuovo grande centro commerciale in comune di Due Carrare in provincia di Padova.

Ripercorro brevemente la storia di questo progetto, che, obiettivamente, ha qualche anno, perché l'iter è iniziato dal 1994, quindi è un Progetto che viaggia da più di vent'anni, ormai. Tuttavia, dopo alterne vicende e dopo alcuni anni di silenzio, in data 17 maggio 2017, la società Deda Srl ha protocollato nel municipio di Due Carrare la proposta di un nuovo accordo di programma per la costruzione di un nuovo centro commerciale, da realizzarsi in un'area situata a sud della strada provinciale n. 9 e a ridosso del casello autostradale di Terme Euganee sulla autostrada A13.

Tale accordo di programma sostituisce un accordo di programma precedente e prevede che la nuova struttura commerciale occupi una superficie di 32 mila metri quadrati per 12 metri di altezza, con una superficie destinata ai negozi di oltre 60 mila metri quadrati, quindi su due piani, configurandosi così come il più grande centro commerciale della provincia di Padova e uno dei più grandi centri del Veneto.

La proprietà definisce questo progetto come un lifestyle center, una nuova definizione abbastanza in voga che definisce un centro commerciale di ultima generazione destinato a shopping di qualità e al tempo libero.

L'area di intervento su cui dovrebbe sorgere la struttura è attualmente utilizzata parzialmente a fini agricoli e ricade comunque nella zonizzazione «D4 Centro Commerciale integrato» già dal 1994, da quando è iniziato l'iter di questo lungo progetto. Quindi, è consentito, secondo il piano regolatore, l'insediamento di una grande struttura di vendita.

Come dicevo, la società Deda sarebbe la società costruttrice, ma l'operazione sarebbe finanziata dal fondo di investimento estero Orion European Real Estate Fund.

In questi mesi, da quando è ripreso a spron battuto l'iter di questo progetto, vi sono state numerose prese di posizione e anche manifestazioni, ricordo anche una fiaccolata che si è svolta nei mesi scorsi, per esprimere la contrarietà a questo progetto. Sono coinvolte diverse amministrazioni comunali, associazioni di categoria, associazioni ambientaliste e di stampo culturale, perché la nuova struttura viene da più parti denunciata come potenzialmente dannosa per il territorio su cui insisterebbe per diverse ragioni. Ne elenco brevemente quattro.

La prima, per un motivo culturale e paesaggistico: la struttura, il centro commerciale, sorgerà in un contesto tipicamente rurale, caratterizzato tuttavia da presenze architettoniche importanti, perché si situerebbe a poche centinaia di metri di distanza dal cinquecentesco castello del Catajo, che sorge nel comune di Battaglia Terme, il comune immediatamente confinante, e la villa Dolfin-Dal Martello, risalente al XVII secolo, per cui una zona di grande interesse storico-ambientale. Nelle immediate vicinanze, inoltre, si estende il Parco regionale dei Colli Euganei, istituito nel 1989, che è un ambito di pregio paesaggistico inserito nella lista dei siti di importanza comunitaria; e inoltre, a circa 800 metri, scorre il Canale Battaglia, inserito anch'esso nella rete dei canali storici, per cui un altro elemento di pregio storico-ambientale.

Secondo motivo di contrarietà espresso da più parti è una motivazione economico-commerciale: in una provincia come quella di Padova, in cui negli ultimi anni la presenza della grande distribuzione ha raggiunto - secondo i dati forniti dai vari osservatori e anche dalle associazioni di categoria - 536 metri quadrati ogni 1.000 abitanti, un ipermercato, un centro commerciale delle dimensioni prospettate dal progetto costituirebbe un colpo mortale alla rete di piccoli e medi esercizi commerciali presenti nei centri storici dei paesi limitrofi, a Due Carrare, e ovviamente al centro storico di Due Carrare stesso.

Peraltro, queste attività, questi piccoli esercizi commerciali hanno già vissuto e stanno ancora vivendo una grave crisi a causa, ovviamente della concorrenza inaffrontabile di supermercati e centri commerciali che, comunque, nella zona della provincia di Padova sono numerosi. Sempre i dati delle associazioni di categoria evidenziano che, per ogni nuovo posto di lavoro creato dalla futura struttura o da strutture analoghe, se ne perderebbero quattro in altri settori, in particolar modo nel piccolo commercio locale.

Altro motivo di criticità nei confronti del sorgere di una nuova struttura commerciale di queste dimensioni sarebbe di tipo viario: il grande afflusso di traffico che una simile struttura richiamerebbe avrebbe effetti deleteri sulla viabilità di una zona già pesantemente interessata da un volume di traffico intenso, che, in particolare nelle ore di punta, è causa di quotidiani ingorghi sia nella strada provinciale 9, sia nella vicina strada statale Adriatica n. 16. Ricordo, peraltro, che il parcheggio che verrebbe costruito a servizio del centro commerciale conterebbe circa 8 mila posti auto, quindi una dimensione notevole per occupare il traffico che arriverebbe verso il centro commerciale.

Infine, l'altro punto di criticità è di carattere ambientale: infatti, la costruzione di una simile struttura rischia di vanificare l'obiettivo di ridurre il consumo di suolo in un territorio già pesantemente compromesso. Il Veneto, purtroppo, vanta un triste primato in questo senso per quanto riguarda il consumo di suolo. Inoltre, evidenzio che la zona limitrofa, negli anni scorsi e anche più recentemente nel 2014, è stata anche soggetta ad allagamenti - il comune di Battaglia Terme ha subito un'alluvione in quell'anno - e quindi l'impermeabilizzazione di un'area tanto vasta costituirebbe un ulteriore vulnus al delicato assetto idrogeologico dell'area.

Inoltre, aggiungo un elemento dal mio punto di vista importante: il comune di Due Carrare rientra nell'area interessata alla proposta di candidatura MaB Unesco, lanciata dalla Strada del Vino dei Colli Euganei a fine 2016. Di cosa si tratta? Si tratta di un modello per valorizzare l'area dei Colli e Terme Euganee e della Bassa Padovana, attraverso la conservazione delle risorse e lo sviluppo sostenibile, col pieno coinvolgimento delle comunità locali, allo scopo di promuovere una relazione equilibrata fra le comunità umane e gli ecosistemi. Quella proposta rappresenterebbe la più vasta area MaB in Europa dedicata alla salute preventiva e alla qualità della vita. Per cui riteniamo che una struttura che potesse sorgere in questo contesto pregiudicherebbe pesantemente anche questo tipo di riconoscimento.

Pertanto, in relazione alle caratteristiche della zona che ho descritto e le emergenze rilevabili nel contesto, riteniamo di sostenere le proteste e le criticità che sono nate da parte delle amministrazioni e delle associazioni di categoria rispetto a questa opera, che non appare idonea, evidentemente, al luogo in cui dovrebbe sorgere, né appaiono idonee le opere di mitigazione previste dal progetto per ridurre l'impatto ambientale.

Riteniamo che questo progetto, come ho già specificato, metterebbe in grave difficoltà le attività commerciali dei comuni limitrofi, purtroppo già fiaccate dalla crisi di questi anni e contribuirebbe ad aumentare il problema della viabilità stradale, con conseguenti danni all'ambiente e alla salute dei residenti.

Pertanto, insieme con i colleghi firmatari dell'interpellanza, chiediamo quali atti possano essere posti in essere per tutelare l'integrità paesaggistica ed ambientale del territorio interessato dal progettato nuovo centro commerciale nel comune di Due Carrare, ovviamente alla luce dei profili paesaggistici e idrogeologici e della necessità di tutelare un'area limitrofa ad un sito di interesse comunitario e nella quale sono presenti beni di notevole interesse culturale che potrebbero essere pesantemente compromessi dall'opera.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato, Giampiero Bocci, ha facoltà di rispondere.

GIANPIERO BOCCI, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Come è stato ricordato, si chiede al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo notizie in merito a questa paventata realizzazione di un centro commerciale in comune di Due Carrare, prospiciente il Castello del Catajo e prossimo alle pendici de Colli Euganei.

La competente soprintendenza ha attivato una serie di controlli e ha acquisito notizie al riguardo. In effetti, si tratta di una previsione che prevede la realizzazione di un centro commerciale, il cui progetto, addirittura, prevedrebbe un edificio multipiano di 12 metri d'altezza, per una superficie coperta di circa 35 mila metri quadrati; il fronte dell'edificio si svilupperebbe per circa 300 metri. Si tratterebbe, dunque, di un edificio di considerevoli dimensioni. L'area interessata del complesso è pianeggiante, scarsamente edificata, rilevante dal punto di vista ambientale e culturale proprio perché è in prossimità di complessi storici molto importanti e significativi. Inoltre, è prossima al territorio tutelato del Parco regionale dei Colli, pur non ricadendo al suo interno.

Date le sue dimensioni, l'intervento confluirebbe nell'ambito di applicazione del procedimento di Valutazione di impatto ambientale, ai sensi del combinato disposto del decreto legislativo n. 152 del 2006, ovvero il codice dell'ambiente, e della legge della regione Veneto del febbraio 2016. Ad oggi, il nuovo progetto non risulta formalmente pervenuto alla soprintendenza, nell'ambito di un rinnovato procedimento di VIA.

Precedentemente, con riferimento ad un analogo progetto di insediamento commerciale previsto nella medesima zona, ai piedi dei Colli Euganei, nel 2013, la stessa sovrintendenza rese un motivato parere contrario nel procedimento di VIA provinciale avviato per la valutazione del suo impatto sul territorio. In esito a tale pare preclusivo e sulla base di altre considerazioni della commissione valutante, il procedimento venne archiviato e non fu mai concluso. A tale proposito, si ritiene opportuno precisare che il comune rese edificabile l'ambito territoriale in parola ai fini commerciali con una variante di piano urbanistico adottata nel 1994. Alterne vicende portarono, poi, sia il comune che la regione Veneto a differenti considerazioni in ordine a tale previsione edificatoria e con una successiva variante al piano l'area fu riportata alla precedente destinazione agricola in analogia alle aree circostanti. Tuttavia, a seguito dei ricorsi contro l'inedificabilità dell'area avviati e vinti in varie sedi giurisdizionali dalla società che è stata ricordata, la Deda, proprietaria del fondo, l'edificabilità del lotto fu mantenuta e il comune condannato ad una consistente quantità di risarcimento dei danni o, differentemente, ad un accordo con la proprietà, come stabilito dal giudice.

Quindi, urbanisticamente, l'insediamento commerciale risulta conforme al vigente strumento del Piano attuativo e vi è già un piano di lottizzazione approvato e convenzionato per la realizzazione della viabilità interna al lotto. Non risulta, invece, alcun titolo edilizio rilasciato per la realizzazione del centro commerciale.

Sotto il profilo delle tutele derivanti dal codice dei beni culturali e del paesaggio, l'ambito di insediamento non risulta, ad oggi, sottoposto ad alcun vincolo; tuttavia, pur non sussistendo tutele culturali e paesaggistiche e, quindi, competenze dirette da parte del Ministero dei beni e delle attività culturali sulla fattibilità dell'opera, la competente soprintendenza ha rappresentato che, allo stato delle informazioni disponibili, l'impatto derivante dalla nuova struttura commerciale parrebbe compromettere e creare forti criticità alle interrelazioni con il contesto, come motivato nel parere contrario espresso dallo stesso ufficio nel citato procedimento di VIA al precedente progetto, poi, archiviato.

Inoltre, seppure l'area del centro commerciale non ricada all'interno del Parco regionale, è comunque prossima al perimetro del Parco. Secondo la soprintendenza è inconfutabile l'ampia visione che si avrà del nuovo complesso. In conclusione, secondo la soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per l'area metropolitana di Venezia e le province di Belluno, Padova e Treviso, tale possibilità edificatoria parrebbe incidere sui valori del paesaggio, depauperandone la peculiarità culturale e la possibilità di espansione turistica rese proprio dalla bellezza dei Colli citati e dai territori confinanti.

Secondo, inoltre, quanto comunicato dai competenti uffici del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, dalle verifiche effettuate sulle mappe di pericolosità idraulica e di rischio idraulico del Piano di gestione per il rischio di alluvione approvato a marzo 2016, il sito su cui è prevista la realizzazione del centro commerciale risulterebbe interessato da aree a pericolosità e rischio idraulico. La soprintendenza ha assicurato il proprio impegno per la conservazione dei valori paesaggistici e culturali della zona.

PRESIDENTE. La deputata Narduolo ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

GIULIA NARDUOLO. Grazie. Ringrazio per la risposta, perché, effettivamente, è quello che volevamo sentire, sia da parte dei profili sollevati dal Ministero dei beni e delle attività culturali sia per quanto riguarda i profili sollevati dal Ministero dell'ambiente, a cui, peraltro, è rivolta come secondo destinatario la presente interpellanza. Effettivamente, l'esistenza di un parere già negativo precedente della soprintendenza e il fatto che non ci sia ancora una utilizzazione commerciale sono elementi molto importanti e anche ciò che è stato chiaramente detto, che abbiamo chiaramente sentito, rispetto all'impatto fortissimo che quest'opera molto grande - ripeto, andrebbe configurandosi come il centro commerciale più grande della provincia e tra i più grandi del Veneto - avrebbe nel contesto circostante, anche per quanto riguarda il rischio idraulico, che, assolutamente, credo sia un elemento da non sottovalutare.

Per cui, io ringrazio il Ministero per aver prestato ascolto anche alle richieste di interessamento più volte manifestate, anche direttamente al Ministro Franceschini, che è stato recentemente in visita a Padova, che ha avuto modo di incontrare direttamente alcuni amministratori e rappresentanti delle categorie economiche che gli hanno consegnato anche della documentazione in merito a questo progetto, che aveva promesso un suo impegno e un suo interessamento, che, evidentemente, è arrivato.

Questa risposta ci aiuta ad aiutare l'amministrazione comunale di Due Carrare a cercare di scongiurare un'opera che sarebbe, come abbiamo detto, pericolosamente impattante non solo per il territorio Due Carrare, ma per tutto il territorio della zona limitrofa ai Colli Euganei e della Bassa padovana, che francamente non ne sente il bisogno, perché, come dicevamo, il Veneto ha un triste primato di consumo di suolo, di superfici cementificate e un triste primato di metri quadri dedicati alla grande distribuzione organizzata.

Mi permetto di chiudere con un auspicio riferito proprio al tema del consumo di suolo. Sappiamo che la legge nazionale sul consumo di suolo è ora al Senato, in Commissione ambiente; siamo nell'ultimo scorcio di legislatura, mi permetto di auspicare, anche a nome dei colleghi che hanno sottoscritto l'interrogazione, che possiamo arrivare ad un'approvazione definitiva di uno strumento che consenta alle amministrazioni e, più in generale, al territorio di essere salvaguardato da ulteriori cementificazioni, cosa di cui, appunto, il nostro Paese, francamente, non sente il bisogno.

(Orientamenti in merito all'acquisizione di nuove tecnologie informatiche da parte della pubblica amministrazione, con particolare riferimento al cosiddetto cloud computing - 2- 01946)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Bruno Bossio ed altri n. 2-01946 (Vedi l'allegato A). Chiedo alla deputata Bruno Bossio se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

VINCENZA BRUNO BOSSIO. Grazie, Presidente, il cloud computing, secondo la definizione fornita dal NIST, che è l'Istituto nazionale degli standard e della tecnologia degli Stati Uniti, è: “un modello per abilitare accessi” – cito testualmente – “a network ubiqui, convenienti e on-demand di un bacino condiviso di risorse configurabili di computazione che possono essere rapidamente acquisiti e rilasciati con il minimo sforzo di gestione o di interazione con il fornitore dei servizi”.

Come sappiamo, i servizi di cloud computing possono essere di tipo privato o community, che prevede l'utilizzo di infrastrutture ICT dedicati internamente a singole organizzazioni o per un gruppo limitato di organizzazioni, oppure di tipo “pubblico”, che fa riferimento a infrastrutture ICT comuni e condivisibili da un numero non predefinito di organizzazioni, garantendo allo stesso tempo l'isolamento ad ogni singola organizzazione.

Sempre più aziende e pubbliche amministrazioni stanno utilizzando il cloud computing, la cui efficacia ed efficienza è ampiamente documentata nella letteratura scientifica e nelle analisi di mercato. Molti Stati hanno già implementato politiche di cloud first, ottenendo, in questo modo, ottimi risultati dal punto di vista prestazionale, garantendo al tempo stesso significativi risparmi di spesa, il tutto nella massima sicurezza, di gran lunga superiore a quella offerta dai singoli data center. Da tempo, infatti, tutte le analisi nell'ambito della sicurezza cibernetica segnalano la riduzione della base d'attacco, e quindi dei data center, come uno degli interventi principali per limitare i rischi.

Ad oggi, le pubbliche amministrazioni possono acquisire servizi di cloud computing tramite la cosiddetta Gara SPC – lotto 1, gara Consip, sulla base delle linee guida emanate, finora, dall'Agenzia per l'Italia digitale sul cloud computing. I servizi di cloud offerti attraverso questa gara sono limitati alla tipologia cloud privato e non sono previsti servizi di cloud pubblico. Come già nel corso dell'audizione davanti alla Commissione di inchiesta parlamentare sui livelli di digitalizzazione della pubblica amministrazione, svoltasi alla Camera dei deputati il 24 novembre 2016, è possibile leggere che l'accesso ai servizi sul cloud pubblico deve essere garantito dal punto di vista tecnologico e opportunamente regolamentato.

Per rimanere, comunque, al passo con i tempi, l'Italia ha sviluppato, con il Piano triennale per la trasformazione digitale o per l'informatica, come vogliamo dire, una politica di adozione di cloud pubblico, aperto a tutti i fornitori di tecnologia che potrebbe vedere una concreta adozione nell'arco dei prossimi due anni. Riteniamo che questo tempo, ad oggi ancora teorico, sia comunque troppo lungo, vista la velocità dell'innovazione tecnologica, e si dovrebbe accelerare nel più breve tempo possibile in modo tale da non costringere Consip a precludere l'accesso al cloud pubblico nelle prossime gare, sempre in attesa dell'attuazione del Piano triennale.

Infatti, alla data odierna, non è mai stata bandita una gara d'appalto per una convenzione o un accordo quadro per l'acquisizione di cloud pubblico e le pubbliche amministrazioni non hanno quindi una procedura semplificata per acquisire questo tipo di servizi, ad eccezione di alcune convenzioni già in essere da diversi anni per servizi off-line e che hanno progressivamente inserito anche la fornitura di servizi online. Il progetto SPC, essendo stato pensato diversi anni fa, oltre 4, ed essendo attualmente basato su soluzioni tecnologiche il cui sviluppo, spesso, è abbandonato, rischia di offrire servizi obsoleti, non potendo beneficiare del continuo sviluppo in innovazione operato da parte dei maggiori provider. Tutto ciò è in contraddizione con il paradigma del cloud first che, come ricordato nell'interpellanza, dovrebbe rispettare criteri che consentano di essere rapidamente acquisiti e rilasciati con il minimo sforzo di gestione o di interazione con il fornitore del servizio.

D'altra parte, qualora l'attuazione del Piano non avvenga in tempi brevi e rimanga un periodo di incertezza per tutto il mercato, le pubbliche amministrazioni che intendano adottare soluzioni di cloud pubblico non presenti in SPC non avranno più a disposizione lo strumento delle convenzioni Consip e dovranno necessariamente attivare forme di acquisto complesse e lente, oppure dovranno rinunciare.

Le aziende che avendo già adottato con soddisfazione soluzioni cloud dovessero decidere di continuare ad usarlo, dovranno, quindi, attivare forme di acquisto con procedura d'urgenza. Inoltre, in conclusione, è doveroso ricordare la full compliance, con il GDPR, il Regolamento sulla privacy, che entrerà in vigore il prossimo maggio 2018, che prevede, per tutte le piattaforme, soluzioni cloud in linea con la nuova normativa della privacy.

Per questo chiediamo al Governo se ritenga prioritario implementare politiche di cloud first; se ritenga opportuno dare un indirizzo a Consip, affinché attivi la necessaria procedura per predisporre strumenti idonei per acquisire public cloud, cloud da parte della pubblica amministrazione, nello spirito, sostanzialmente, dell'allargamento della concorrenza; e, ai sensi del recente Piano triennale per l'informatica nella pubblica amministrazione, quali siano gli orientamenti in merito all'introduzione, nel cosiddetto cloud della PA, di servizi di public cloud offerti da operatori privati.

PRESIDENTE. Il Vice Ministro dell'economia e delle finanze, Morando, ha facoltà di rispondere.

ENRICO MORANDO, Vice Ministro dell'Economia e delle finanze. Grazie, signora Presidente. Consip, in coerenza con la strategia per la crescita digitale 2014-2020, nonché con il Piano triennale ICT della pubblica amministrazione, ha operato, collaborando con l'Agenzia per l'Italia digitale, predisponendo un quadro di gare per la fornitura di servizi innovativi alle pubbliche amministrazioni, nel quale si colloca la procedura di gara, suddivisa in quattro lotti, per i servizi di cloud computing, di sicurezza, di realizzazione di portali e servizi online e di cooperazione applicativa per le pubbliche amministrazioni. In particolare, il lotto 1 della suddetta iniziativa, offre servizi innovativi in logica cloud computing che rispondono agli obiettivi di semplificazione dei processi di gestione dei centri di elaborazione dei dati, di riduzione di nuovi investimenti su infrastrutture tradizionali, di abbattimento di costi d'acquisto di licenze di servizi professionali e di gestione tecnica.

Rispetto ai modelli di cloud computing presenti in letteratura, tenuto conto dei requisiti espressi e fissati dall'Agenzia per l'Italia digitale, la scelta è stata quella del community cloud della PA, ossia un modello di cloud computing in cui le infrastrutture fisiche, rese disponibili dal fornitore, siano dedicate alla pubblica amministrazione e le cui risorse elaborative siano logicamente assegnate alle amministrazioni contraenti, garantendo così la segregazione logica degli ambienti e dei dati. Si è ritenuto opportuno, infatti, optare per un modello di cloud che desse adeguate garanzie, anche sotto il profilo della sicurezza e della protezione dei dati. A tal fine, i centri servizi messi a disposizione dal fornitore aggiudicatario, dai quali vengono erogati servizi cloud, oltre a dover essere certificati ISO 27001, devono essere interconnessi alla rete del sistema pubblico di connettività.

Si segnala tuttavia che i servizi di tipo SaaS - mi spiace, Presidente, ma ci sono da adesso in poi numerose sigle, che nella parte scritta saranno anche specificate - l'erogazione è consentita anche attraverso la rete Internet - sostanzialmente un modello di cloud di tipo pubblico - mediante centri servizi differenti da quelli dai quali vengono erogati, come specificato in seguito, i servizi IaaS e PaaS (Platform as a Service), purché anch'essi certificati ISO 27001, consentendo - questa è la sostanza - l'utilizzo di infrastrutture tecnologiche fisiche anche in modalità non esclusiva per le pubbliche amministrazioni contraenti.

Più nel dettaglio i servizi cloud computing offerti nel Lotto 1 sono di tipo IaaS, servizi di calcolo e memorizzazione per la fruizione di risorse remote virtuali; PaaS, servizi per lo sviluppo, collaudo ed esercizio di applicazioni, poggianti su infrastrutture di tipo IaaS; e infine SaaS, servizi applicativi erogati direttamente alle pubbliche amministrazioni (conservazione digitale, produttività individuale, comunicazione unificata, social collaboration e analisi dei dati).

Il modello di governo e controllo della fornitura prevede poi un comitato di direzione tecnica, composto da Agit, Consip e dal fornitore, che ha tra i propri compiti la valutazione di proposte di inserimento di nuovi prodotti o servizi complementari ai servizi già oggetto della fornitura e nel rispetto dei massimali contrattuali, che potranno essere resi dal fornitore alle amministrazioni. In riferimento a tale compito, sono state recentemente approvate - lo dico a titolo esemplificativo - le proposte tecniche dei seguenti nuovi servizi, che si prevede di attivare prossimamente ad avvenuto completamento della valutazione di congruità economica, il DRaaS (Disaster Recovery as a Service), servizio posto a garanzia della continuità operativa dei servizi erogati dalle pubbliche amministrazioni, contraddistinto da range di valori molto elevati e inoltre CaaS, servizio basato su tecnologia altamente innovativa che consente di eseguire processi di sistema e applicativi in un ambiente protetto ed isolato, realizzando la piena indipendenza del servizio applicativo dall'infrastruttura sottostante, con una immediata e completa portabilità dei servizi IT.

In definitiva, il listino dei servizi cloud del Lotto 1 era riconducibile all'offering dei principali cloud service provider di mercato, in una logica, pertanto, di apertura a diverse possibili tecnologie proprietarie, risultando, stante l'attenzione posta al tema dell'aggiornamento tecnologico, improprio quindi, a nostro avviso, descriverne i contenuti in termini di obsolescenza.

Si segnala, altresì, che il contratto-quadro del Lotto 1 è stato sottoscritto il 20 luglio 2016 e che alla data del 31 agosto 2017 risultavano sottoscritti oltre 90 contratti esecutivi dalle amministrazioni centrali e locali, per un valore ordinato di oltre 14 milioni di euro. Al 31 dicembre 2017 si stima una previsione di nuovi ordini per un valore di circa 17 milioni di euro. Questo lo dico, nello specifico, in relazione alle osservazioni contenute nella interpellanza sulla complessità di accesso per le PA, evidenziando al contrario, questi dati, un incoraggiante volume di ordini.

In riferimento, infine, alla consultazione di mercato, pubblicata sul sito della Consip, ai fini dell'avvio della quinta edizione della gara per la fornitura delle licenze d'uso Microsoft Enterprise Agreement dei servizi connessi per le pubbliche amministrazioni, anch'essa espressamente richiamata nell'interpellanza, si rappresenta che questa non possa essere ancora intesa come rappresentativa di una maturata volontà di Consip in merito alla richiesta di servizi cloud, tanto che in essa, peraltro, non compare un esplicito riferimento ad essi.

La predetta consultazione si prefiggeva, in generale, l'obiettivo di verificare l'evoluzione della fornitura in oggetto, che ha subito nel tempo una rapida trasformazione in termini di domanda della PA di evoluzione tecnologica, di articolazione dell'offerta e di evoluzione - quest'ultimo particolare è molto rilevante - della regolazione prevista dall'Agenzia per l'Italia digitale. Proprio nella consapevolezza di tale rapida evoluzione, Consip ha avviato un'istruttoria - in questo senso la risposta alla domanda contenuta nell'interpellanza è positiva -, un'istruttoria per definire opportune soluzioni d'acquisto del citato software commerciale per la pubblica amministrazione, sia nella forma cloud, sia in modalità tradizionale, in un'ottica di necessario coordinamento con il complesso degli strumenti disponibili nell'ambito del programma di razionalizzazione degli acquisti, nonché tenendo nella debita considerazione le indicazioni fornite dall'Agenzia per l'Italia digitale nel Piano triennale per l'informatica nella PA 2017-2019.

Occorre, infine, considerare che attualmente l'offerta di questo tipo di licenze sul mercato europeo si è ampliata, con la presenza di nuovi players. Si pone, pertanto, l'esigenza di assicurare la più ampia concorrenzialità e, al contempo, di veicolare la crescente domanda di servizi cloud della pubblica amministrazione, a seconda delle caratteristiche della stessa, verso lo strumento di volta in volta più adeguato. In ragione di ciò sono in corso, da parte di Consip, i necessari approfondimenti. Solo in seguito alle conseguenti valutazioni, si potranno fornire notizie certe sull'impianto della futura gara ad evidenza pubblica.

L'insieme di queste attività dovrà infine ispirarsi al rispetto della regola fissata dall'Agip, che ha stabilito che una copia dei dati dovrà comunque risiedere sul territorio italiano, e l'insieme di queste attività dovrà svilupparsi in cooperazione, da parte di tutti i soggetti pubblici interessati, con il team digitale presso la Presidenza del Consiglio dei ministri. La ringrazio, signora Presidente.

PRESIDENTE. Grazie, Viceministro, anche per lo sforzo fra sigle e inglese tecnico. La deputata Bruno Bossio ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza. Prego, onorevole.

VINCENZA BRUNO BOSSIO. Ringrazio il Governo, ma devo dire francamente di non essere soddisfatta, perché, a parte un'apertura finale, nell'ultima parte dell'intervento del Viceministro, io vorrei dire che, piuttosto che rispondere alla domanda, si è preferito approfondire alcune questioni, che francamente io vorrei chiarire.

Nel Lotto 1 è stato scelto il cloud computingcomunity cloud” o cloud privato, facendo quindi una scelta che sostanzialmente impedisce la piena concorrenza. Dopodiché si dice che su questo ci sono altre possibilità, per cui indirettamente entri in qualche misura anche il cloud pubblico. Ebbene, esattamente quello che vorremmo evitare, cioè che ci fossero sostanzialmente delle gare che aprano pienamente alla concorrenza sul cloud privato come sul cloud pubblico.

Rispetto al tema dell'obsolescenza, evidentemente il comitato di direzione tecnica che si è formato è giustificato proprio dal fatto che è necessario, alla luce anche dell'evoluzione costante della tecnologia – ripeto, sono passati quattro anni -, definire altri servizi e probabilmente altri elementi di innovazione tecnologica.

Acquisisco positivamente la disponibilità di Consip di istruire - mi sembra di capire - una gara su questo tema che è stato posto, perché, ripeto, l'Italia, con il Piano triennale, ha indicato alcune cose, ma andare rapidamente nella direzione del cloud first credo che sia un obbligo anche legato sostanzialmente alla sicurezza dei sistemi. Grazie.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Grazie, Presidente Sereni. Torno sul caso di via di Portonaccio, delle 250 mila multe elevate ai cittadini su una corsia preferenziale a Roma per un importo di oltre 23 milioni di euro. Un caso che ha avuto una rilevanza nazionale, l'ho portato in questa Assemblea, Presidente, in un'interpellanza al Governo.

È notizia recente che il giudice di pace abbia emesso due sentenze a favore dei ricorrenti ed è altrettanto evidente che la vicenda giudiziaria avrà i suoi tempi, i tempi della giustizia italiana e i tempi che saranno necessari per l'eventuale appello e per l'eventuale terzo grado. Si tratta di un contenzioso imponente, perché la base è molto imponente, e anche l'importo è molto imponente, un numero di ricorrenti assai ampio. Credo che si debba sottolineare l'aspetto critico del rapporto tra amministrazione e cittadini, il comportamento della giunta, che, secondo me, in questo caso va stigmatizzato.

Verificheremo se ci sarà la richiesta di appello anche su queste sentenze e sulle successive. In ogni caso, anche il Governo, interpellato sulla vicenda, è parso volersene lavare le mani. Noi, Presidente, continueremo a insistere su questo caso, lo riproporremo all'attenzione di questo ramo del Parlamento e all'attenzione del Governo. Continuiamo, Presidente, a chiedere che il Governo faccia un'ispezione ministeriale sul posto, sul territorio, per verificare se ancora oggi sussistano, come noi riteniamo, condizioni per le quali cittadini incolpevoli e male informati continuino a prendere sanzioni ingiuste da parte di un'amministrazione che sembra infischiarsene di questo problema.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

  Lunedì 23 ottobre 2017, alle 15:

  Discussione sulle linee generali della proposta di legge costituzionale:

ALFREIDER ed altri: Modifiche allo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige/Südtirol in materia di tutela della minoranza linguistica ladina (Approvata, in prima deliberazione, dalla Camera, modificata, in prima deliberazione, dal Senato, approvata, senza modificazioni, in prima deliberazione, dalla Camera e approvata, in seconda deliberazione, dal Senato). (C. 56-D)

Relatore: FRANCESCO SANNA.

La seduta termina alle 11,45.