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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 865 di venerdì 6 ottobre 2017

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARINA SERENI

La seduta comincia alle 9,30.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

RICCARDO FRACCARO, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 4 ottobre 2017.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

  (È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Gioacchino Alfano, Alli, Amendola, Baretta, Bellanova, Bernardo, Dorina Bianchi, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Bosco, Matteo Bragantini, Bratti, Bressa, Brunetta, Caparini, Capelli, Casero, Catania, Censore, Coppola, Damiano, De Menech, Dellai, Epifani, Fedriga, Ferranti, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Franceschini, Frusone, Garofani, Gelli, Gentiloni Silveri, Giacomelli, Laforgia, Locatelli, Losacco, Lotti, Manciulli, Marcon, Martella, Migliore, Morassut, Orlando, Pes, Pisicchio, Portas, Rampelli, Realacci, Rosato, Rughetti, Sanga, Sani, Tabacci, Valeria Valente e Velo sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente novantaquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Modifica nella composizione del Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione.

PRESIDENTE. Comunico che, in data 4 ottobre 2017, il Presidente del Senato ha chiamato a far parte del Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione, il senatore Enrico Cappelletti, in sostituzione del senatore Marco Scibona, dimissionario.

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 9,36).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Intendimenti in merito alla promozione della questione di legittimità costituzionale in relazione a disposizioni in materia di pianificazione paesaggistica ed edilizia di cui alla legge n. 16 del 2017 della Regione siciliana – n. 2-01965)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all'ordine del giorno Mannino e Pisicchio n. 2-01965 (Vedi l'allegato A).

Chiedo alla deputata Mannino se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

CLAUDIA MANNINO. Grazie Presidente. Molto brevemente perché credo che il testo sia abbastanza chiaro. Sostanzialmente si tratta di due articoli che vengono approvati nel collegato alla legge di stabilità della regione siciliana che, secondo noi scriventi, rappresentano dei motivi di incostituzionalità dei provvedimenti stessi. Il primo si riferisce all'articolo 48 del collegato alla legge di stabilità della regione siciliana, in cui sostanzialmente si dice che tutte le opere di pubblico interesse, senza specificare quali, magari entro quali budget, entro che ambiti di territorio, senza specificare nulla, di fatto, possono essere adottati e possono essere realizzati, nel rispetto dei tempi previsti, con una precisa modalità. Anche qui la modalità è molto discutibile, dal nostro punto di vista, poiché sostanzialmente questa modalità prevede una deroga nel momento in cui il territorio di riferimento non avesse ancora adottato un piano paesaggistico. Ma non solo, questa deroga si innesca con una semplice richiesta da parte del richiedente che può essere un ente pubblico, ma anche un ente privato, e a prescindere da qualsiasi tipologia di attività, comprese le attività estrattive, fatta eccezione forse solo per gli impianti di trattamento dei rifiuti e delle discariche. Sostanzialmente si avvia con una semplice richiesta da parte del richiedente che viene fatta non magari ad una conferenza di servizi, non magari dalla sovrintendenza, visto che parliamo di piani paesaggistici, bensì viene fatta in riferimento all'assessore dei beni culturali e dell'identità siciliana. Quindi, di fronte ad una varietà di tipologie di opere, il richiedente si riferisce esclusivamente all'assessore regionale dei beni culturali e dell'identità. Ma non solo, questa richiesta non deve adeguarsi a quelli che sono gli eventuali piani paesaggistici adottati, o, anche in assenza di un piano paesaggistico, visto che la regione siciliana non ne ha, basta che questo progetto abbia ricevuto un qualsiasi nulla osta, una qualsiasi autorizzazione, un qualsiasi avallo, da qualsiasi ente regionale, comunale o comunque che abbia a che fare con il paesaggio. Questo credo che sia altamente rischioso per una regione che sicuramente ha uno statuto speciale, però dal punto di vista di quelle che sono le garanzie di salvaguardia e tutela del paesaggio, costituzionalmente garantite dall'articolo 9, penso che gli articoli costituzionali che prevedono l'autonomia della regione siciliana vengano decisamente dopo.

Nello stesso provvedimento, quindi sempre nel collegato alla legge di stabilità della regione siciliana, viene fatto poi un ulteriore, a mio avviso, regalo. In particolare, mi riferisco all'articolo 49 del provvedimento che inserisce in quello che la Sicilia ha recepito essere il testo unico sull'edilizia (solo che noi l'abbiamo adottato nel 2001, la regione siciliana lo ha adottato nel 2016, con qualche anno di differenza) un articolo 21-bis.

Nella regione siciliana il testo unico sull'edilizia è stato recepito dalla legge regionale n. 16 del 2016 e questo articolo 21-bis - un articolo che è scritto al contrario di quella che è la sua funzione – sostanzialmente dice che: nel momento in cui i rappresentanti politici di un territorio, di un comune, fossero inadempienti in riferimento alle ordinanze di demolizione o all'emissione dell'ordinanza di demolizione stessa, la regione può mandare i commissari ad acta. Di questo provvedimento, sostanzialmente, è intanto discutibile il modo in cui è stato adottato, perché quando si è fatta la discussione in commissione di questo emendamento non si aveva traccia (essendo anche discutibile la modalità con cui viene gestita l'attività legislativa della regione siciliana, a mio avviso); è stato proposto con un emendamento dall'assessore regionale del territorio ambiente, Maurizio Croce, direttamente in aula e approvato, quindi, il 9 agosto. Questo articolo 21-bis quindi, sostanzialmente, dice che i commissari ad acta non si possono mandare nel momento in cui gli inadempienti sono chi effettivamente emette le ordinanze di demolizione e cioè i funzionari delle pubbliche amministrazioni, i dirigenti dei comuni che hanno questa responsabilità. Questo ovviamente mi preoccupa per due motivi: uno perché se questa geniale normativa venisse copiata e clonata in tutte le altre regioni, avremmo un caos nelle procure di tutte le regioni d'Italia, perché di fatto i comuni sarebbero inadempienti e di conseguenza le regioni per questo provvedimento non potrebbero mandare i commissari ad acta. Gli unici soggetti che potrebbero emettere le ordinanze di demolizione, così come dice qualche candidato alla presidenza della regione siciliana, rimarrebbero solo, di fatto, le procure. Procure che ovviamente verrebbero ingolfate e verrebbero ulteriormente ingolfate se ovviamente - lo conosciamo bene - il disegno di legge del senatore Falanga diventasse legge così com'è, perché avremmo delle regioni che non possono mandare i commissari ad acta ai comuni. Quindi, solo le procure potrebbero emettere l'ordinanza di demolizione ma poi la “Falanga”, di fatto, stabilirà dei criteri di priorità con cui effettivamente verranno poi rallentate le attività delle procure e ciò ovviamente creerebbe un problema. Quindi, su questi due argomenti, io chiedo al Governo se reputa opportuno, ai sensi dell'articolo 127 della nostra Costituzione, sollevare davanti alla Corte costituzionale l'inappropriatezza e il rischio di questi due provvedimenti.

PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Sesa Amici, ha facoltà di rispondere.

SESA AMICI, Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Grazie Presidente. Con riferimento all'interpellanza in oggetto, che concerne la verifica dei presupposti di costituzionalità della legge 11 agosto 2017, n. 16, della regione siciliana, avente ad oggetto le disposizioni programmatiche e correttive per l'anno 2017, si rappresenta, per quanto di competenza e sulla base degli elementi forniti dal dipartimento per gli affari regionali e autonomie locali quanto segue. Gli interpellanti, infatti, chiedono al Governo se non ritenga di promuovere la questione di legittimità costituzionale per ciò che riguarda le modifiche inerenti alla pianificazione paesaggistica che la regione siciliana ha introdotto con gli articoli 48 e 49 della suddetta legge regionale. In particolare, si lamenta che, a causa dell'articolo 48 della sopracitata legge, si violi la salvaguardia e la tutela del paesaggio, mentre con il successivo articolo 49 si tende ad indebolire i poteri delle regioni in tema di vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia. Al riguardo si deve far presente che la legge regionale in questione è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della regione siciliana n. 35, il 25 agosto 2017 e che, pertanto, i termini previsti dall'articolo 127 della Costituzione, ai fini di un'eventuale impugnazione delle norme innanzi alla Corte Costituzionale scadranno il prossimo 24 ottobre 2017. Si rappresenta, altresì, che sulla legge in argomento il dipartimento per gli affari regionali e le autonomie locali ha in corso un'articolata istruttoria che prevede la partecipazione di numerosi amministrazioni centrali oltre al dipartimento per gli affari europei e della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri e all'Autorità nazionale anticorruzione.

Tra questi, seguendo i Ministeri: dell'economia e delle finanze, dello sviluppo economico, del lavoro e delle politiche sociali, della giustizia, dell'interno, dell'istruzione, università e ricerca, dell'ambiente, delle infrastrutture e dei trasporti, delle politiche agricole alimentari e forestali, dei beni e delle attività culturali e del turismo e della salute. Si precisa comunque che, al termine di questa attività istruttoria in precedenza richiamata, sarà il Governo, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, a valutare, in conformità a quanto previsto dall'articolo 127, comma 1, della Costituzione, l'opportunità di sollevare la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale.

PRESIDENTE. La deputata Mannino ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

CLAUDIA MANNINO. Sinceramente, mi aspettavo una risposta “sì” o “no”; il Governo sta rispondendo che faranno una sorta di conferenza dei servizi tra Ministeri e regione per valutare “se”. Credo che questa risposta però non sia soddisfacente, a mio avviso, proprio perché, soprattutto per quel che riguarda l'abusivismo edilizio e per quel che riguarda la varietà degli ambiti di applicazione dell'articolo 48 del collegato alla legge di stabilità, credo che veramente non possiamo permetterci questa attesa. Probabilmente mi sarei aspettata un intervento mirato, una sospensione di tutti quelli che potrebbero essere, di qui al 25 ottobre, i procedimenti o i nulla osta definitivi che la regione o l'assessore ai beni culturali…Se ne ha la competenza, perché, non essendoci ambito di applicazione, qualsiasi cosa rientra nel piano paesaggistico, qualsiasi argomento, fatta eccezione per gli impianti di gestione rifiuti. Quindi, mi sarei aspettata una risposta che prevedesse quanto meno una sospensione, oppure un coordinamento con il Ministero o con la Presidenza del Consiglio, in attesa di tale valutazione.

Mi dispiace non aver sentito neanche questo tipo di impegno da parte del Governo, ma di una maxi-commissione, che praticamente coinvolgerà tutti i Ministeri, e vedremo. Io, personalmente, mi attiverò per sollevare, con gli strumenti a mia disposizione, questa tematica, perché, soprattutto per quel che riguarda le attività estrattive in Sicilia, sappiamo bene qual è la situazione, e sappiamo anche le polemiche che sono nate all'indomani dello “sblocca Italia”.

Tutte queste cose camminano insieme in questo Paese, però non possiamo far finta sempre di non vederle e non accorgercene. E lo sottolineo fortemente, anche perché il 25 ottobre è prima delle elezioni regionali, e, come spesso accade, prima di una campagna elettorale, si fanno banchetti molto ampi per portare a casa un determinato risultato.

Concludo, quindi, sottolineando la criticità sull'articolo 21-bis, che è totalmente incostituzionale. Non credo sia necessaria una Commissione pluri-ministeriale per dire che la regione non può auto-vincolarsi, auto-impedirsi di controllare il suo territorio e scaricare il barile e la responsabilità giuridica e penale e amministrativa sulle procure: procure che sappiamo bene, anche dal punto di vista finanziario, non stanno in ottime situazioni. Ci tengo a sottolineare come l'unica richiesta che le procure hanno avanzato, in riferimento ad esempio al disegno di legge del senatore Falanga, era proprio che, affinché esse non si ingorgassero per effetto di tali fantomatiche priorità, si permettesse alle procure di accedere ai fondi previsti da Cassa depositi e prestiti per le demolizioni, l'accesso alle procure per quello che è l'emendamento approvato a mia prima firma sempre nel disegno di legge cosiddetto Falanga, che prevede una copertura di diversi milioni per effettuare le demolizioni. Nella risposta al Governo mi sarei quindi aspettata un maggiore impegno, e non posso minimamente reputarmi soddisfatta.

(Iniziative di competenza volte a favorire l'accesso al fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, con particolare riferimento alle garanzie richieste da istituti bancari – n. 2-01947)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Catalano ed altri n. 2-01947 (Vedi l'allegato A).

Chiedo al deputato Catalano se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

IVAN CATALANO. Presidente, sottosegretaria, in questi mesi mi è capitato spesso di incontrare imprenditori che fanno innovazione nella mia regione. Qualche tempo fa ho incontrato Mario, che ha quasi 80 anni, e negli ultimi 30 ha guidato una grande azienda lombarda, un'azienda simbolo della produttività del mio territorio. Nonostante l'età, ha deciso di continuare a dare il suo contributo per l'economia della zona e ha scelto di continuare ad innovare: ha aperto una start up nel campo del tessile, che per anni ha rappresentato un settore chiave dell'economia del territorio. L'azienda di Mario ha scommesso sull'innovazione tecnologica e ha ottenuto un brevetto.

Poi ho incontrato Giorgio, che ha 30 anni ed ha creato un'impresa che opera nel campo della riqualificazione energetica e industriale. Grazie alla sua innovazione, gli imprenditori potranno risparmiare fino a oltre il 10 per cento dell'energia nelle loro aziende.

Qualche mese dopo ho incontrato Domenico e Matteo: loro erano operai, hanno rilevato la loro azienda quando il proprietario ha deciso di chiuderla, e hanno riassunto i loro colleghi che altrimenti sarebbero rimasti senza lavoro. Anche loro hanno scelto di innovare, ed ora la loro azienda ha ordini, clienti e sta andando avanti.

Con il Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, l'Unione europea e lo Stato italiano affiancano all'impresa i professionisti che hanno difficoltà ad accedere al credito bancario perché non dispongono di sufficienti garanzie. Con questo strumento lo Stato si assume il rischio d'impresa, per incentivare la creazione di nuove imprese, l'innovazione e l'occupazione. Lo scopo di tale garanzia pubblica è quello di sostituirsi in parte alle costose garanzie altrimenti richieste alle imprese dagli istituti di credito a fronte della concessione di un prestito.

Tra tutte le storie che vi ho raccontato prima, solo Mario ha ottenuto accesso al Fondo di garanzia, però ha dovuto dare ulteriori garanzie personali per accedere al finanziamento; mentre Giorgio, Domenico e Matteo non hanno avuto accesso al Fondo e si sono visti negare il prestito: non tanto perché le loro idee non erano valide, le loro imprese non erano valide o i loro prodotti non fossero validi, ma soltanto perché non avevano sufficienti garanzie personali. I loro prodotti erano validi sul mercato, lo sono tuttora, tanto che hanno presentato alle banche i loro ordini e i clienti che hanno, ma ciò non è bastato: alcune imprese infatti si sono viste richiedere ulteriori garanzie rispetto all'importo non coperto dalla garanzia dello Stato, fin oltre il 100 per cento, se non anche di più, rispetto all'intero finanziamento richiesto. Temo che questo sia la conseguenza del fatto che le banche puntano ad investire nei mercati azionari e obbligazionari, in quanto più redditizi, e chiedono invece alle imprese garanzie personali per avere accesso al credito. Le banche non accettano di avere sulle loro spalle nemmeno il rischio residuale d'impresa, e quindi scelgono di scaricarlo completamente sulle imprese.

La verità è che le banche, nonostante la garanzia pubblica, continuano a non dare fiducia alle imprese del nostro territorio. Le banche devono necessariamente avere un ruolo attivo nella vita delle imprese: non possiamo permettere che le nostre imprese siano svantaggiate dal nostro sistema bancario. Le banche devono dare la possibilità alle imprese di accedere al credito garantito, perché ad oggi le nuove imprese hanno di fatto due possibilità quando ciò viene loro negato: o rivolgersi al credito illegale, quindi agli strozzini, oppure rinunciare alla loro idea, all'innovazione, alla nuova occupazione, se non addirittura alla loro idea di azienda, che invece questo provvedimento della garanzia pubblica tende a promuovere. Pertanto con la mia interpellanza chiedo al Governo cosa intende fare per far sì che chiunque voglia fare impresa nel nostro Paese lo possa realmente fare, e venga messa nelle condizioni di farlo.

PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Sesa Amici, ha facoltà di rispondere.

SESA AMICI, Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Il Fondo istituito con la legge n. 662 del 1996, all'articolo 2, comma 100, lettera a), è uno strumento nella titolarità del Ministero dello sviluppo economico, gestito dalla Banca del Mezzogiorno - MedioCredito Centrale quale capofila di una rete di banche che fruisce di una controgaranzia dello Stato di ultima istanza, volta tra l'altro a ridurre gli assorbimenti degli istituti finanziatori in termini di capitali di vigilanza. Esso sostiene, in sintesi, le esigenze di liquidità e di nuovi investimenti, contrastando il fenomeno di contrazione del credito.

Nel corso dei suoi 18 anni di attività, come ha precisato il Mise, e soprattutto nell'ultimo decennio, segnato da una delle più gravi crisi economiche e finanziarie nella storia moderna, il Fondo ha svolto un ruolo fondamentale per assicurare che alle piccole e medie imprese italiane arrivasse un congruo flusso di finanziamenti bancari, sostenendone l'attività e lo sviluppo. Gli effetti del Fondo sulle imprese beneficiarie sono stati oggetto in questi ultimi anni di diverse autorevoli indagini.

Rimanendo allo studio condotto da Banca d'Italia, citato dal resto dagli onorevoli interpellanti, si evidenzia che, se è vero che l'analisi ha rilevato effetti deboli del Fondo sui finanziamenti garantiti, è altresì vero che la stessa indagine ha viceversa rilevato come il Fondo abbia migliorato sensibilmente l'accesso al credito e la struttura finanziaria delle imprese garantite. Peraltro va ricordato che, al fine di incrementare ulteriormente l'efficacia e l'efficienza del Fondo, è stata varata, proprio nel corso del corrente anno, un'importante riforma dello strumento la cui completa entrata in vigore è prevista nei primi mesi del 2018. Tale riforma è incardinata sull'adozione, ai fini dell'accesso alla garanzia del Fondo, di un nuovo modello di valutazione basato sulla probabilità di inadempimento delle imprese e sulla rimodulazione delle percentuali di copertura del Fondo in funzione inversa della rischiosità dell'imprenditore. Obiettivo principale della riforma è dunque focalizzare gli interventi del Fondo proprio in favore delle imprese comunque economicamente e finanziariamente sane che presentano maggiori difficoltà di accesso al credito. Questa riforma risponde quindi all'esigenza rappresentata dagli onorevoli interpellanti di ampliamento della platea delle aziende che possono accedere al Fondo. Quanto poi nello specifico al tema principale posto dall'interpellanza, si rammenta che le vigenti disposizioni operative del Fondo adottate con decreto del Ministero dello sviluppo economico, sentito il Ministro dell'economia e delle finanze, prevedono nei paragrafi E3 12 per la garanzia diretta e nel paragrafo E3 13 per la controgaranzia, che “sulla quota di finanziamento garantita dal Fondo non può essere acquisita alcun'altra garanzia reale, assicurativa e bancaria. Sulla parte residua del finanziamento possono essere acquisite garanzie reali, assicurative e bancarie, il cui valore cauzionale complessivo (…) non superi la quota di finanziamento non coperta dalla garanzia del Fondo”. In materia di garanzie accessorie, quindi, la vigente normativa del Fondo prevede che la banca finanziatrice possa acquisire dall'impresa, sulla parte del finanziamento non coperta dalla garanzia pubblica, garanzie reali, bancarie o assicurative, entro determinati limiti. Nonostante il riconoscimento di una simile possibilità, nell'ambito del complessivo “portafoglio garanzie” del Fondo, l'incidenza dei finanziamenti assistiti da garanzie reali, bancarie o assicurative, è decisamente marginale: solo lo 0,73 per cento dei finanziamenti garantiti dal Fondo è assistito da garanzie reali. Analoghi limiti non sono invece previsti per l'acquisizione di garanzie personali (le fideiussioni). Può dunque accadere nella prassi che la banca finanziatrice possa richiedere all'impresa beneficiaria garanzie personali per importi anche superiori alla quota di finanziamento non coperta dalla garanzia pubblica. Il tema legato all'acquisizione di garanzie personali sui finanziamenti coperti dal Fondo è da sempre seguito dal Ministero per lo sviluppo economico con grande attenzione e, proprio nell'ultimo biennio, è oggetto di un'attenta valutazione. Ad una prima analisi, il problema sembra presentare una rilevanza pratica relativa. Infatti, nel caso di inadempimento dell'impresa beneficiaria, la banca, una volta escussa la garanzia del Fondo, si rivarrà sull'impresa inadempiente sempre e solo nei limiti della quota di finanziamento a proprio rischio non coperta dalla garanzia del Fondo. Il Ministero, dal punto di vista invece quantitativo, sulla base dei dati riferiti all'anno 2016 per il numero di finanziamenti garantiti dal Fondo sui quali la banca ha acquisito garanzie personali, rileva che si ha un'incidenza pari al 59,78 per cento rispetto alla complessiva operatività del Fondo come si specificherà in seguito. Per la rimanente quota di finanziamenti, pari al 40 per cento circa del totale, solo una parte marginale, come detto, riguarda finanziamenti assistiti da garanzie reali, assicurative e bancarie. Le banche, in presenza della garanzia del Fondo, non chiedono all'impresa alcuna garanzia neanche sulla parte di finanziamento non coperta dalla garanzia del fondo. Per esemplificazione, saranno allegati a questa interpellanza i dati forniti dal gestore del fondo in ordine a ulteriori garanzie che risultino richieste alle imprese garantite dal Fondo. Nell'ambito della operatività del fondo nel 2016 e nei primi nove mesi del 2017 - il dato è aggiornato al 25 settembre 2017 - per oltre il 99 per cento delle operazioni accolte, i soggetti richiedenti la garanzia dichiarano di non avere acquisito garanzie reali. Nel 2016, per 841 operazioni, pari allo 0,73 del totale, risultano acquisite garanzie reali sulla quota non garantita dal Fondo; mentre nel 2017 le operazioni con garanzie reali risultano 659, pari allo 0,78 del totale.

Per le restanti operazioni i soggetti richiedenti dichiarano di non aver acquisito alcuna garanzia (45.209 operazioni nel 2016, pari al 39,49 per cento del totale e 67.362 nel 2017, pari all'80,07 per cento del totale) ovvero di aver acquisito invece garanzie personali (68.437 del 2016, pari al 59,78 del totale e a 16.106 nel 2017 pari al 19,14 per cento del totale).

Per quanto riguarda, infine, l'aspetto richiamato dagli onorevoli interpellanti della condotta di alcune banche che richiederebbero alle imprese garanzie ulteriori sulla quota garantita dal Fondo in violazione delle regole di funzionamento del medesimo, la Banca d'Italia, sentita in proposito, ha fornito riferimenti circa il trattamento prudenziale per il rischio di credito nel caso di operazioni finanziarie garantite dal Fondo e assistite dalla garanzia di ultima istanza dello Stato. In particolare l'Istituto ha osservato che, in considerazione del fatto che le garanzie dirette e le controgaranzie a prima richiesta erogate dal Fondo sono ritenute conformi ai requisiti delle forme di protezione del credito di tipo personale, previste dal regolamento EU n. 575/2013, gli intermediari, in base al “principio di sostituzione”, sono tenuti ad applicare i seguenti parametri alla quota di esposizione coperta dalla garanzia del fondo: il fattore di ponderazione previsto per esposizioni dirette verso lo Stato italiano, pari allo zero per cento, qualora la banca utilizzi una metodologia standardizzata per il calcolo del requisito patrimoniale a fronte del rischio di credito; il caso di fallimento dello Stato italiano qualora la banca utilizzi la metodologia basata sui rating interni. Infine la Banca d'Italia ha precisato comunque che la normativa prudenziale europea non vieta alle banche di acquisire ulteriori forme di protezione del credito sulla quota di finanziamento garantito dal Fondo. Peraltro, se la banca adottasse il metodo standardizzato sopracitato, la circostanza non avrebbe impatto sulla ponderazione applicabile alle esposizioni garantite dal Fondo che rimarrebbero comunque pari allo 0 per cento.

PRESIDENTE. La ringrazio, sottosegretaria. Non è possibile produrre allegati alle interpellanze, ma immagino che l'interpellante avrà piacere di avere la tabella che lei ha citato.

Il deputato Catalano ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

IVAN CATALANO. Grazie, Presidente. La risposta è molto corposa e sono curioso di leggere l'allegato che chiedo alla sottosegretaria. I dati che ha citato sono legati alle imprese che hanno accettato comunque di avere un credito in presenza delle richieste delle banche e la garanzia personale purtroppo viene richiesta dal sistema bancario alle aziende relativamente giovani, alle start up, perché le banche non hanno grossa fiducia verso tali aziende: le banche sembrerebbero non capire a volte che l'innovazione portata dalle start up non è soltanto l'innovazione classica digitale, come un'app o qualsiasi strumento software che noi siamo abituati a capire, ma a volte un'innovazione passa per un'innovazione di processo e sembrerebbe che le banche non comprendano tale tipo di innovazione. Quindi, di fronte ad un'azienda che porta questo tipo di prodotto, di innovazione di processo, le banche non danno fiducia e chiedono garanzie personali. Tuttavia, sottosegretario, se la garanzia personale si riducesse anche al 30 o al 40 per cento, ma il problema è che il Fondo garantisce l'80 per cento, quindi c'è un 20 per cento residuo, se la garanzia si limitasse a chiedere il 10 per cento in più, quindi il 30 o il 40 per cento, le giovani imprese non avrebbero problemi ad accettare il credito e quindi aumenterebbero le aziende che consentono al Fondo di realizzare l'attività che lei ci ha mostrato. Ma il fatto è che le banche chiedono oltre il 100 per cento e arrivano anche al 120 per cento e quando una start up deve garantire personalmente con il proprio patrimonio - tra l'altro il patrimonio dell'imprenditore, non il patrimonio della società - una fideiussione pari al 120 per cento chiaramente non ha bisogno: se ha il patrimonio in sé, per quale motivo dovrebbe chiedere un finanziamento alla banca? Lo chiede chiaramente perché il prodotto è talmente innovativo, il processo è talmente innovativo che ha bisogno di una spinta e, siccome la banca non si assume più il rischio d'impresa in Italia, come ad esempio negli altri Paesi europei ma anche extraeuropei, lo Stato, venendo incontro a tale necessità, a tale mancanza, ha sostituito la banca.

Però, se l'atteggiamento è questo, le imprese, le start-up non ricevono il finanziamento, non accettano le condizioni della banca e quindi, a volte, troviamo giovani persone, ma anche persone di età avanzata, che propongono delle idee, dei prodotti innovativi e sono costrette a rinunciare alla loro attività imprenditoriale, alla loro idea, perché non hanno finanziamenti oppure devono ricorrere al patrimonio personale, che, magari, volevano lasciare come riserva in caso di problemi futuri, solo per iniziare.

La cosa che mi ha colpito particolarmente, sottosegretaria, nel parlare con le imprese del mio territorio, non solo con le start-up, ma anche con le altre imprese, è che, quando si presentano in banca e vanno dal direttore e portano il business plan, portano gli ordini, portano le anticipazioni che hanno avuto dai loro clienti, portano tutte le garanzie che i loro clienti e fornitori possono dare per aiutarle ad avere credito, anche davanti a tutta questa mole di informazioni, la banca non si fida. Addirittura, una banca ha risposto ad un'impresa dicendo: sì, però, io non posso fidarmi dello Stato, quindi mi rivolgo prima a te, prendo la garanzia da te e, poi, nel caso le cose vadano male, tu ti rivolgerai allo Stato per ottenere la tua garanzia.

Però, non è così che dovrebbe funzionare, quindi, io mi impegnerò, con la sua risposta, anche nei confronti degli istituti di credito, per far capire alle imprese che l'innovazione di processo merita fiducia, perché nel nostro Paese, se non innoviamo i processi, Industria 4.0 ce la possiamo anche sognare, sottosegretaria; questa cosa è fondamentale.

Quindi, invito il Governo, magari anche nella legge di stabilità, a prevedere qualche cosa per dire alle banche: guardate, nel credito che noi garantiamo, che noi Stato garantiamo, perché ci sostituiamo a voi nell'esporci al rischio delle imprese, non potete chiedere fideiussioni personali agli imprenditori che vadano oltre una certa quota superiore alla parte non garantita; lo facciamo perché dobbiamo rimettere in moto un'economia, nel nostro Paese, che deve puntare sull'innovazione del processo, oltre che sull'innovazione del prodotto.

Questo è l'impegno che le chiedo; eventualmente, se c'è una possibilità, io mi faccio anche parte attiva, con un emendamento in legge di stabilità, se c'è l'appoggio dei colleghi e del Governo, per proporre questa possibilità.

Detto questo, cerchiamo, sottosegretaria, di aiutare le nostre imprese il più possibile, riducendo, sicuramente, la burocrazia, ma anche questo tipo di problemi, perché nel nostro territorio, in Lombardia, ma anche nella mia provincia, le imprese che vogliono fare innovazione sono tante e, davanti a questi ostacoli, vederle rinunciare è veramente un peccato. Il nostro Paese rischia di perdere un'innovazione che già rispetto agli altri Paesi europei la fa concorrere egregiamente, ma, a volte, ci vede, purtroppo, fanalino di coda nelle classifiche.

(Iniziative di competenza in ordine a problematiche relative all'emissione di titoli obbligazionari da parte di Banca popolare di Bari e Credito Valtellinese – n. 2-01966)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Pesco ed altri n. 2-01966 (Vedi l'allegato A).

Chiedo al deputato Pesco se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

DANIELE PESCO. Grazie, Presidente, grazie, sottosegretario. Questa interpellanza è riferita a delle operazioni bancarie che hanno a che fare con il decreto n. 18 del 2016, che ha dato la possibilità alle banche o, meglio, a società veicolo di finanziarsi per acquistare i crediti deteriorati delle banche e, logicamente, gestirli, recuperarli e, in qualche modo, cercare di ridurre quel macigno delle sofferenze che, attualmente, stanno affossando le nostre banche. Ricordiamo bene: 312 miliardi, l'ultima stima di giugno 2017, valore lordo; sappiamo che le banche, comunque, hanno accantonato diverse quantità di risorse per coprire questo buco, però 312 miliardi sono sempre tanti.

Il Governo e la maggioranza hanno già fatto diversi interventi per dare una mano agli istituti bancari; ricordiamo IMU-Bankitalia, con i quali sono state rivalutate le quote Bankitalia in possesso delle banche socie di Bankitalia; ricordiamo la possibilità di mettere a perdita le svalutazioni, appunto, sui crediti deteriorati; ricordiamo i vari interventi sulle banche popolari, sulle BCC: insomma, è stato fatto veramente tanto.

Non ci aspettavamo che venisse creato uno strumento da utilizzare in modo truffaldino come questo; e, guardate bene, non ce l'abbiamo né con la Popolare di Bari né con Creval. A noi interessa solo che questo strumento delle GACS, garanzia su crediti in insofferenza, venga utilizzato bene e non come è utilizzato ora, e cerco di spiegarvi perché, perché abbiamo notato questo.

Allora, la garanzia come funziona? Una società veicolo, di solito di proprietà della banca, per un certo periodo di tempo, acquista i crediti deteriorati e, per farlo, si fa finanziare dal mercato, attraverso cosa? Attraverso l'emissione di obbligazioni. Queste obbligazioni hanno diversi gradi di rischiosità, senior, mezzanine e junior. Le senior sono meno rischiose, le junior sono quelle più rischiose. La garanzia pubblica prevede che vengano coperte, appunto, con la garanzia, le obbligazioni senior, ma i crediti che vengono acquistati non sono crediti “buoni”, logicamente, perché sono crediti in sofferenza, e si avranno delle difficoltà a recuperare questi crediti.

Quindi, è facile immaginare che le persone che acquisteranno le obbligazioni junior o mezzanine si assumeranno dei rischi, perché, in teoria, a queste obbligazioni più rischiose dovrebbero essere associati dei crediti più rischiosi, per i quali è più difficile il recupero. Mi sembra un discorso abbastanza ragionevole.

Innanzitutto, eravamo già contro questo sistema, perché l'utilizzo dei soldi pubblici in questo modo ci sembra, appunto, un pochino rischioso; due banche hanno utilizzato questo sistema, la Popolare di Bari e Creval - lo ripeto, contro le quali non abbiamo nulla, per ora, poi andremo a vedere bene come sono state gestite, però, per ora, non abbiamo nulla contro di loro -, e che cosa succede? Succede che la fetta di obbligazioni senior che viene messa sul mercato è molto grande, la fetta, invece, delle obbligazioni mezzanine e junior è molto piccola. Che cosa vuol dire? Vuol dire che, alla fine, il rischio di questo recupero di questi crediti deteriorati è tutto a carico dello Stato e la cosa non ci piace.

Diamo due numeri: ad esempio, la Popolare di Bari ha messo sul mercato obbligazioni per un totale di circa 150 milioni di euro; alcuni di questi titoli sono stati venduti, poi, sotto la pari e, soprattutto junior e senior, non sappiamo se le junior e le senior sono state vendute sotto la pari, in pratica si sono fatte finanziare e hanno acquistato crediti per 471 milioni di valore nominale lordo, con 143 milioni di euro, quindi, praticamente, al 30 per cento.

Ora, la fetta delle junior e delle mezzanine pesa solo per 24 milioni di euro nominali, vendute a 17,4 milioni di euro, che corrisponde praticamente al 12 per cento dell'intera torta. Quindi, capiamo bene come il rischio, il rischio di impresa, se vogliamo definirlo così, nel caso ipotetico uno comprasse tutti questi titoli, è il 12 per cento rispetto alla possibilità di portare a casa appunto il 100 per cento; sappiamo che è una cosa molto ideale, però, insomma, ci sembra un rischio molto, molto basso e, in più, non sappiamo neanche chi ha comprato queste obbligazioni junior e mezzanine; perché a comprarle è stato un veicolo magari collegato a chi gestisce gli stessi crediti, potremmo pensare che, magari, fa rientrare questa spesa, appunto, nel suo rischio d'impresa, sapendo che, comunque, una buona parte è garantita dallo Stato.

Quindi, abbiamo veramente molti dubbi; ma chi dovrebbe garantire che i conti sono stati fatti in modo corretto, che non vi è troppo rischio per lo Stato di perdere questi soldi - Stato, ricordiamo, con i soldi dei cittadini, perché alla fine sono soldi dei cittadini -, chi ha fatto questi conti? Ebbene, il decreto prevede che questi controlli dovrebbe farli l'agenzia di rating. Ma il decreto non entra nel particolare, non dice: agenzia di rating, tu devi fare una relazione, devi rendere pubblica questa relazione, devi analizzare questo, questo e questo; no, dice solo che la banca deve fornire dei dati e si ferma lì.

Quali sono i dati? Sono, logicamente, i volumi di capitale attesi dalla remunerazione di questi crediti, il costo dell'operazione e si cita, solo alla fine, lo spessore delle fette delle obbligazioni. Anche in questo caso viene dato - diciamo così - un peso minimale a quella che secondo noi è la cosa più importante. Se le obbligazioni mezzanine e junior sono poche, vuol dire o che i crediti sono molto buoni, e non è questo il caso, oppure che c'è qualcosa sotto, che ci indica, praticamente, che si stanno utilizzando soldi pubblici per foraggiare le banche di nascosto; alla fine è questo.

Noi non siamo contro, diciamolo; visto che le banche detengono i risparmi dei cittadini, non siamo contro l'utilizzo pubblico per salvare i risparmi dei cittadini, però, siamo contro l'utilizzo truffaldino di strumenti come questi, che possono, appunto, mettere in difficoltà il nostro Paese, la nostra economia e, soprattutto, le risorse pubbliche.

Andiamo avanti. Creval non ha messo sul mercato 471 milioni di crediti deteriorati, ma ne ha messi sul mercato tre volte tanto, 1.400 milioni; le percentuali, però, sono sempre quelle. Chi le ha comprate, cioè la società veicolo, le ha comprate circa al 37 per cento, prezzo comunque discreto, non bassissimo, ma, anche in questo caso, lo spessore delle junior e delle mezzanine è sempre intorno al 12 per cento.

Non ci va, non ci va e c'è qualcosa che non va bene, diciamo così.

In più, andiamo a vedere chi ha fatto il giudizio di rating: tra queste società che hanno fatto il giudizio di rating chi c'è? C'è Moody's. Io non ho nulla contro Moody's, però non è che abbia un bel curriculum, perché è una delle agenzie di rating che è stata condannata in America per aver gonfiato i rating sui mutui subprime. Quindi, io qualche dubbio ce l'avrei, però adesso notiamo solo ciò che dice la stampa e ciò che è successo.

Quindi, noi chiediamo questo: chiediamo al Governo - se fa ancora parte del CICR, non sappiamo ancora fino a quando - se, facendo parte del Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio, ha la possibilità di accedere a questi esami, a questi verbali dell'agenzia di rating, a queste certificazioni per sapere che cosa c'è all'interno di questi crediti deteriorati e quali sono le aspettative di recupero, soprattutto, per le quote junior e mezzanine.

Chiediamo, poi, se sa chi ha comprato le junior e le mezzanine per vedere se ci sono dei conflitti di interesse e chiediamo, poi, se non sia il caso di prevedere qualcosa in più per queste cartolarizzazioni, nel senso di una garanzia per i soldi cittadini. Visto che si basa tutto sul giudizio dell'agenzia di rating, però l'agenzia di rating è pagata dalla stessa banca che vende questi crediti, anche in questo caso c'è un po' di conflitto d'interesse che dovremmo sanare. Quindi, magari dovrebbe essere il Ministero a scegliere a quale agenzia di rating far fare il giudizio su questi crediti, e non la banca stessa.

Poi, magari servirebbe anche un'assicurazione: parliamo dell'assicurazione della garanzia, quindi potrebbe sembrare una cosa iperbolica, però, alla fine, visto che sono soldi dei cittadini, ci teniamo che questi soldi vengano spesi bene. Quindi, servirebbe un'assicurazione per l'agenzia di rating sul fatto che il suo giudizio è un giudizio buono, perché, magari, può anche sbagliarsi e, se si sbaglia, però, coloro che ci rimettono sono i cittadini. Quindi, noi veramente chiudiamo qualche garanzia in più per lo Stato, per i cittadini e per il risparmio.

PRESIDENTE. Prima di dare la parola alla sottosegretaria Amici, saluto la delegazione della Grande Commissione parlamentare Italia-Russia, guidata dalla Vicepresidente della Duma di Stato della Federazione Russa, Irina Yarovaya (Applausi). Ringrazio per questa visita, la delegazione è accompagnata dal Vicepresidente della Camera, Simone Baldelli, che presiede la parte italiana della Commissione. Buon lavoro e benvenuti a Montecitorio.

La sottosegretaria di Stato, Sesa Amici, ha facoltà di rispondere.

SESA AMICI, Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Con l'interpellanza in esame, come, del resto, l'ha illustrata il collega, onorevole Pesco, si chiedono notizie sulle iniziative da parte del Governo su alcune operazioni di cessione e di sofferenza effettuate dalla Banca popolare di Bari e dal gruppo Creval.

Al riguardo, la Banca d'Italia, sentita in proposito, ha fatto presente, per quanto di competenza, che, con riferimento alla Banca popolare di Bari, l'operazione effettuata nella seconda metà del 2016 ha riguardato un portafoglio di crediti in sofferenza costituito da 915 posizioni, per complessivi 400 miliardi di euro, di cui il 71 per cento assistito da garanzia ipotecaria e il 29 per cento di natura chirografaria. Il portafoglio ceduto aveva un valore contabile, al netto delle rettifiche, pari a 148,2 milioni di euro.

Come rappresentato nel testo dell'interpellanza, in data 1° agosto 2016, la Banca popolare di Bari ha ceduto tale portafoglio alla società veicolo Popolare Bari NPLs 2016 Srl, costituita ai sensi della legge n. 130 del 1999, la quale ha finanziato l'acquisto mediante l'emissione di tre classi di titoli così suddivise: la tranche senior per un importo di 126,5, dotata di rating rilasciato dalle agenzie DBRS e Moody's e con rendimento pari all'Euribor a sei mesi, più lo 0,5 per cento; le tranchemezzanine per 14 milioni di euro, dotate di rating rilasciato sempre dalle suddette agenzie, con rendimento pari all'Euribor a sei mesi, più il 6 per cento; la tranchejunior per 10 milioni di euro, non dotata di rating, con rendimento pari all'Euribor a sei mesi, più una percentuale del 15 per cento. Tutte queste notes hanno una scadenza al 2036.

Al fine di fornire liquidità, la Banca popolare di Bari ha concesso allo SPV una riserva di cassa per complessivi 6,5 milioni di euro.

Il 24 ottobre del 2016 l'intermediario ha ceduto la totalità dei titoli di mezzanine e junior ad investitori istituzionali, a fronte di un corrispettivo complessivo pari a 17,4. Con decreto del MEF del 25 gennaio 2017 è stata concessa la garanzia statale, la GACS, sulla tranchesenior.

Con riferimento, invece, al gruppo Creval, l'operazione, effettuata nella seconda metà del 2017, ha riguardato un portafoglio di crediti in sofferenza costituito da 6.951 posizioni, per complessivi 1,4 miliardi di euro, di cui circa il 67 per cento assistito da garanzia ipotecaria e il 33 per cento di natura chirografaria. Secondo quanto riportato nella semestrale del 2017 dell'intermediario, il portafoglio ceduto aveva un valore contabile, al netto delle rettifiche, pari a 526 milioni di euro.

Nello scorso mese di luglio, come rappresentato nel testo dell'interpellanza, Creval ha ceduto tale portafoglio alla società veicolo Elrond NPL, costituita ai sensi della legge n. 130 del 1999, la quale ha finanziato il suo acquisto mediante l'emissione di tre classi di titoli. Queste sono così suddivise: la tranchesenior per un importo di 464 milioni di euro, dotata di rating rilasciato sempre dalle agenzie scope e Moody's e con rendimento pari all'Euribor a sei mesi, allo 0,5, mentre le tranche mezzanine per il 42,5, dotate anche queste del rating di rilascio sempre delle suddette agenzie, con rendimento pari all'Euribor a sei mesi, più il 6 per cento; la tranchejunior pari a 20 milioni di euro, non dotata di rating e con rendimento pari all'Euribor a sei mesi, più il 10 per cento. Tutte queste notes emesse hanno scadenza al 2040.

Al fine di rifornire una riserva di cassa, la Creval ha concesso un finanziamento a ricorso limitato di importo pari a 18,5 milioni di euro. Il 14 luglio del 2017, Creval ha ceduto il 95 per cento delle tranchemezzanine e junior a investitori istituzionali, al prezzo complessivo di 20 milioni di euro. L'intermediario ha trattenuto il 5 per cento delle tranchemezzanine e junior in ottemperanza alla normativa comunitaria prevista dall'articolo 405 del CRR. La tranchesenior, sulla quale è stata rilasciata la garanzia statale GACS, è stata interamente ritenuta dall'originator.

Per entrambe le operazioni sopra descritte, la Banca d'Italia ha fatto presente che le attività risultano esternalizzate a società specializzate, le quali hanno altresì determinato le previsioni di recupero e i costi dell'operazione all'interno di un business plan e le somme rinvenienti gli incassi sui crediti ceduti sono destinate ai pagamenti dovuti ai portatori di titoli e agli altri oneri connessi all'operazione secondo l'ordine di priorità definito all'interno del decreto GACS.

Le citate operazioni di cartolarizzazione hanno, inoltre, consentito la cognizione contabile dei crediti ceduti, come attestato dalle società di revisione. Tale attestazione è stata rilasciata sulla base della verifica dell'effettivo trasferimento dei rischi e benefici, secondo quanto previsto dal principio contabile IAS 39. La presenza di forme di finanziamento, il cui rimborso dipende dall'andamento dei crediti cartolarizzati erogati dai soggetti originari agli investitori in via diretta o indiretta, avrebbe comportato il mancato verificarsi di tale condizione.

PRESIDENTE. Il deputato Pesco ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

DANIELE PESCO. Presidente, a me viene da ridere. Veramente, con tutto il rispetto per la sottosegretaria, di cui prendo le difese, non si può far scrivere una risposta così da Banca d'Italia. È vergognoso! Il Ministro dell'economia e delle finanze avrebbe dovuto riscrivere a Bankitalia e dirgli: scrivimi una risposta che abbia senso, perché la risposta che mi hai dato non ha senso. Questo è del tutto irrispettoso verso voi al Governo, verso noi deputati e verso i cittadini. È una cosa che fa veramente arrabbiare: mi ha riletto la domanda, mi ha riletto l'interpellanza, Bankitalia ha riscritto l'interpellanza nel testo della risposta, e basta; ha aggiunto solo due note su cosa prevede la legge. Ma non ci interessa, noi abbiamo fatto altre domande!

Abbiamo chiesto se, innanzitutto, sa chi ha preso queste obbligazioni junior e mezzanine; se non ritiene che sia troppo piccola la fetta delle junior e mezzanine rispetto al totale, perché, secondo noi, si utilizzeranno i soldi dei cittadini per pagare interamente questi crediti; poi, abbiamo chiesto se non sia il caso di prevedere delle assicurazioni per i soldi dei cittadini che verranno spesi in questo modo. È una cosa vergognosa, io sono veramente indignato e su questo veramente faremo una battaglia.

Non finisce qui. Ieri sono uscite le linee guida della BCE sui crediti in sofferenza delle banche. Queste linee guida metteranno ancora di più sul baratro le nostre banche, perché prevedono degli accantonamenti esosi per i crediti in sofferenza. Le nostre banche italiane sono messe male, lo sappiamo benissimo, hanno troppi crediti in sofferenza, però se attuiamo delle linee guida troppo severe in un tempo troppo breve, troppo repentino, così come è successo con le regole di Basilea e poi è arrivato il bail-in, in modo troppo veloce, e troppo rapido, le banche andrebbero in default e la cosa sarebbe molto grave.

Quindi, veramente chiedo l'intervento del Governo per prendere una posizione seria, decisa, determinata, in tutte le sedi europee alle quali avete accesso, per portare questa posizione. È molto rischioso attuare in un tempo così breve quelle linee guida di cui appunto abbiamo sentito parlare e abbiamo letto ieri.

(Chiarimenti in merito al perfezionamento dell'intesa volta al riconoscimento giuridico della Congregazione Italiana per la Coscienza di Krishna – n. 2-01932)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Quartapelle Procopio ed altri n. 2-01932 (Vedi l'allegato A).

Chiedo alla deputata Bonaccorsi se intenda illustrare l'interpellanza di cui è cofirmataria o se si riservi di intervenire in sede di replica.

LORENZA BONACCORSI. Grazie Presidente. Grazie sottosegretaria. La Congregazione italiana per la coscienza di Krishna ha presentato da alcuni anni l'istanza per essere riconosciuta dallo Stato italiano come ente di culto. La procedura va avanti da oltre sette anni e precisamente dal gennaio del 2010. Purtroppo questa materia è regolata ancora da un'anacronistica legge fascista del 1929 e da un regio decreto del 1930. Dopo una lunghissima istruttoria, durata oltre quattro anni, nel 2014, è arrivato il parere favorevole del Consiglio di Stato e, come previsto dalla legge, il Ministero dell'interno ha predisposto il decreto del Presidente della Repubblica, che è stato trasmesso alla Presidenza del Consiglio dei ministri, e che da più di tre anni è fermo presso gli uffici della Presidenza.

Ma perché è importante tale riconoscimento? Si tratta semplicemente di prestigio o della soddisfazione di vedere legittimamente riconosciuto il movimento in modo più ufficiale? La motivazione è decisamente più importante: la ragione del riconoscimento come ente di culto ha effetti pratici importanti ed elimina residui ostacoli al pieno riconoscimento della libertà religiosa. Senza tale riconoscimento, i membri della congregazione italiana per la coscienza di Krishna non possono essere sicuri di assistere malati in ospedali, detenuti nelle carceri, e persino partecipare ad incontri nelle scuole o nell'università oppure pensiamo ai visti per i maestri spirituali che visitano i nostri Paesi che potrebbero avere un iter facilitato, cosa che non avviene sino ad ora. Non bisogna dimenticare, inoltre, anche le facilitazioni fiscali concesse a qualunque ente no profit e alle ONLUS che, senza questo riconoscimento, sono negate al movimento. Torniamo alla legge di epoca fascista del Ventinove, la cosiddetta “legge sui culti ammessi”. Essa non garantiva e non garantisce la libertà religiosa, ma solo una mera tolleranza rispetto alla religione maggioritaria che a quel tempo punto divenne la religione di Stato, quella cattolica. A vegliare sui culti ammessi c'era sempre l'attenzione del Ministero degli interni dell'epoca naturalmente e delle forze dell'ordine, non proprio il massimo per le minoranze religiose dell'epoca. A cambiare le cose è arrivata la democrazia e la nostra Costituzione. Essa riconosce e garantisce la libertà religiosa e lo Stato italiano afferma di essere portatore di una laicità positiva cioè una laicità che mette sullo stesso piano tutte le credenze religiose, ne riconosce le specificità e soprattutto non rimane indifferente al fenomeno religioso che, nelle società attuali, ricopre un ruolo importante e non può essere relegato ad una semplice scelta privata. L'Italia riconosce che il fenomeno religioso è parte integrante di quella dinamica sociale che deve essere riconosciuta, rispettata, e sostenuta, dallo Stato mediante garanzia e tutele.

Pertanto, per usare le parole della nostra Carta costituzionale: l'esercizio della libertà religiosa concorre con altri fattori al pieno sviluppo della persona umana e al progresso spirituale della società. Una concezione simile è oggi la sola che garantisce pari dignità e pari diritti e doveri a tutte le confessioni religiose. Da noi sono arrivate molte leggi ad emendare e correggere le discriminazioni della legge del Ventinove, un'enorme produzione di norme e codici che dettano regole per una molteplicità di particolari situazioni e contingenze, che vorrebbe con ciò garantire ai singoli la possibilità di trovare, in un angolo o nell'altro nell'ordinamento, una tutela per quasi tutte le evenienze e circostanze che l'attività religiosa può comportare. In particolare, nel 1984 si è arrivati ad un nuovo Concordato con la Chiesa cattolica e la legge sulle intese e gli enti di culto che è quella che riguarda il nostro caso. La stipulazione dell'intesa a partire dal 1984 ha accorciato le distanze tra la disciplina giuridica della Chiesa cattolica e quella di altre religioni, ma al tempo stesso ha approfondito le distanza tra le comunità che sono riuscite a concludere l'intesa con lo Stato italiano e quelle che, per un motivo o per un altro, ne sono rimaste prive, creando così nuove differenze.

Nel suo complesso la disparità di disciplina non è stata tanto ridotta, ma spostata da un settore a un altro dell'ordinamento giuridico. La storia italiana negli ultimi 35 anni conferma, quindi, l'opportunità di definire un quadro di diritti riconosciuti a tutte le realtà religiose.

Questo punto è stato più volte sottolineato negli ultimi anni dagli esperti delle Nazioni Unite sulla libertà di religione. In differenti rapporti, questi funzionari hanno sottolineato la necessità che la procedura di riconoscimento, o di registrazione delle comunità religiose, sia rapida, trasparente, equa, inclusiva, non discriminatoria, e non metta le comunità religiose, che chiedono il riconoscimento, di fronte ad ostacoli burocratici non necessari o persino a periodi di attesa non calcolabili. Queste istanze sono state accolte in molte leggi sulla libertà di religione in diversi Paesi che stabiliscono condizioni e termini precisi per proporre, accettare o respingere, la richiesta di riconoscimento o di registrazione. Per citare solo un esempio virtuoso di un Paese ai nostri confini, la legge di libertà religiosa della Slovenia prevede che la registrazione possa essere richiesta da cento fedeli di una confessione religiosa che sia presente nel Paese da almeno dieci anni, lo Stato ha 60 giorni di tempo per accettare o respingere la richiesta e, contro il diniego di riconoscimento, è possibile il ricorso per via amministrativa.

A questo punto, però, visti i tempi, si interroga il Governo per sapere se il Governo stesso non ritenga necessario indicare una data certa per espletare gli adempimenti del caso, visto che già il 20 gennaio del 2017, ad una analoga interpellanza, il rappresentante del Governo rispondeva così: la Presidenza del Consiglio dei ministri sta espletando gli adempimenti di competenza necessari al riconoscimento giuridico della Congregazione italiana per la coscienza di Krishna, non essendoci più nulla di ostativo.

PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Sesa Amici, ha facoltà di rispondere.

SESA AMICI, Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Grazie Presidente. Prima di dare la risposta, volevo fare una premessa all'intervento della collega Bonaccorsi, perché è del tutto evidente che la sua illustrazione ha riguardato non solo gli aspetti della richiesta specifica, ma ha posto un tema più generale della questione riguardante la libertà religiosa, e quindi di tutto un procedimento che esula. Lo dico a cappello di questo, per evitare che si dichiari insoddisfatta rispetto al testo, perché il testo risponde a un quesito molto particolare.

Come ricordava l'onorevole Bonaccorsi, insieme all'onorevole Quartapelle Procopio e ad altri deputati che l'hanno sottoscritta, questa interpellanza si riferisce al procedimento di riconoscimento giuridico quale ente di culto della Congregazione italiana per la coscienza di Krishna. Si chiede in particolare al Governo se non ritenga necessario indicare una data certa per l'espletamento degli ultimi adempimenti volti al riconoscimento giuridico della precedente congregazione.

È stato correttamente ricordato che questa questione è stata già oggetto di un precedente atto di sindacato ispettivo a cui il Governo ha risposto in quest'Aula, fornendo una risposta il 20 gennaio scorso. Senza quindi ripercorrere tutte le tappe di questo complesso e articolato procedimento, dell'iter previsto per il riconoscimento giuridico degli enti, in questa sede si rammenta solo che, in una prima fase, l'amministrazione dell'interno, dopo aver acquisito i necessari elementi istruttori, oltre che il parere del Consiglio di Stato, aveva trasmesso il 26 novembre del 2014 lo schema di decreto di riconoscimento alla Presidenza del Consiglio dei ministri per il seguito di competenza. Tuttavia, prima della conclusione del procedimento era stata ravvisata l'opportunità di ulteriori approfondimenti. Nella precedente, infatti, risposta fornita all'onorevole interpellante, cui aveva fatto sopra riferimento, si era dato conto della circostanza che il Ministero dell'interno, concluso il supplemento istruttorio, aveva di nuovo provveduto a trasmettere alla Presidenza del Consiglio dei ministri lo schema del DPR di riconoscimento della personalità giuridica e di approvazione dello statuto della Congregazione italiana per la coscienza di Krishna, completando quindi, per i suoi aspetti di competenza, tutte le fasi procedimentali previste dalla normativa.

Quindi, il provvedimento, a questo punto, è ora veramente alla valutazione della Presidenza del Consiglio dei ministri, ed è in fase di definizione.

PRESIDENTE. La deputata Bonaccorsi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

LORENZA BONACCORSI. La ringrazio sottosegretaria, Amici. No, purtroppo, mi pare di ripercorrere la stessa risposta della precedente interpellanza del gennaio 2017: diede un'analoga risposta.

A questo punto davvero sono passati altri dieci mesi quasi, quindi non si capisce quali siano di fatto le questioni ostative per il riconoscimento; e ciò mi pare che sia abbastanza curioso, perché il riconoscimento in questione non può essere concesso come un privilegio, mi pare, ma a seguito di un iter che mi pare di aver capito essere stato compiuto, e quindi a questo punto ritengo sia necessario avere tale riconoscimento il prima possibile.

PRESIDENTE. Noi avremmo ora l'interpellanza urgente Fassina e Marcon n. 2-01963. Non è presente l'interpellante; se la sottosegretaria Amici ritiene, possiamo sospendere cinque minuti. Se entro i cinque minuti non arriva, ovviamente consideriamo questa interpellanza decaduta; però aspettiamo cinque minuti, perché ci comunicano dal gruppo che sta arrivando.

Sospendo, quindi, la seduta per cinque minuti.

La seduta, sospesa alle 10,35, è ripresa alle 10,40.

(Interpellanza urgente Fassina e Marcon n. 2-01963)

PRESIDENTE. La seduta è ripresa. Purtroppo l'interpellante non riesce ad arrivare in tempo. Ha preannunciato che trasformerà la sua interpellanza urgente n. 2-01963 in un'interrogazione a risposta scritta, alla quale ovviamente il Governo provvederà rapidamente.

È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Organizzazione dei tempi di esame di disegni di legge.

PRESIDENTE. Avverto che nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna sarà pubblicato lo schema dell'organizzazione dei tempi per l'esame del disegno di legge: S. 2834 - Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea - Legge di delegazione europea 2016-2017 (approvato dal Senato) (4620), e della Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea (Anno 2016) (Doc. LXXXVII, n. 5); del disegno di legge: S. 1324 – Delega al Governo in materia di sperimentazione clinica di medicinali nonché disposizioni per il riordino delle professioni sanitarie e per la dirigenza sanitaria del Ministero della salute (approvato dal Senato) (3868-A e abbinate).

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

  Lunedì 9 ottobre 2017, alle 14:

1.  Discussione congiunta sulle linee generali del disegno di legge e del documento:

S. 2834 - Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea - Legge di delegazione europea 2016-2017 (Approvato dal Senato). (C. 4620)

Relatori: TANCREDI, per la maggioranza; GIANLUCA PINI, di minoranza.

Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea (Anno 2016). (Doc. LXXXVII, n. 5)

Relatore: BERGONZI.

2.  Discussione sulle linee generali del disegno di legge

S. 1324 - Delega al Governo in materia di sperimentazione clinica di medicinali nonché disposizioni per il riordino delle professioni sanitarie e per la dirigenza sanitaria del Ministero della salute (Approvato dal Senato). (C. 3868-A)

e delle abbinate proposte di legge: CATANOSO GENOESE; RONDINI ed altri; GRIMOLDI; LENZI; FABBRI; MIOTTO ed altri; SENALDI ed altri; BINETTI; LODOLINI ed altri; GREGORI ed altri; VEZZALI; VEZZALI; LENZI e GHIZZONI; ELVIRA SAVINO; ELVIRA SAVINO. (C. 334-993-1088-1229-1429-1961-2312-2518-2781-3263-3307-3319-3377-3999-4556)

Relatore: MARAZZITI.

La seduta termina alle 10,45.