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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 860 di giovedì 28 settembre 2017

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI

La seduta comincia alle 9.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

CATERINA PES, Segretaria, legge il processo verbale della seduta di ieri.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

  (È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Amoddio, Boccia, Bonafede, Matteo Bragantini, Causin, Centemero, Coppola, Dambruoso, Ferranti, Fico, Fontanelli, Galati, Garofani, Guerra, Lauricella, Locatelli, Manciulli, Marcon, Mazziotti Di Celso, Meta, Migliore, Pannarale, Portas, Ravetto, Rosato, Rossomando, Sanga, Schullian, Simone Valente, Valeria Valente e Venittelli sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente centododici, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 9,07).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Seguito della discussione delle mozioni Occhiuto ed altri n. 1-01687, Marchi ed altri n. 1-01705, Melilla ed altri n. 1-01708, Simonetti ed altri n. 1-01709, D'Incà ed altri n. 1-01710, Rampelli ed altri n. 1-01711, Tancredi e Bosco n. 1-01712 e Paglia ed altri n. 1-01713 concernenti iniziative in ordine ai criteri di ripartizione del fondo di solidarietà comunale, anche nell'ottica dell'attuazione della riforma del federalismo fiscale (ore 9,08).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Occhiuto ed altri n. 1-01687, Marchi ed altri n. 1-01705, Melilla ed altri n. 1-01708, Simonetti ed altri n. 1-01709 (Nuova Formulazione), D'Incà ed altri n. 1-01710, Rampelli ed altri n. 1-01711, Tancredi e Bosco n. 1-01712 e Paglia ed altri n. 1-01713 concernenti iniziative in ordine ai criteri di ripartizione del fondo di solidarietà comunale, anche nell'ottica dell'attuazione della riforma del federalismo fiscale (Vedi l'allegato A).

Avverto che dopo la conclusione della discussione sulle linee generali, che ha avuto luogo nella seduta di lunedì 25 settembre 2017, sono state presentate le mozioni Melilla ed altri n. 1-01708, Busin ed altri n. 1-01709, D'Incà ed altri n. 1-01710, Rampelli ed altri n. 1-01711, Tancredi e Bosco n. 1-01712 e Paglia ed altri n. 1-01713, nonché una nuova formulazione della mozione Busin ed altri n. 1-01709, il cui primo firmatario diventa il deputato Simonetti. Tali mozioni sono già state iscritte all'ordine del giorno.

(Intervento e parere del Governo)

PRESIDENTE. Il rappresentante del Governo, onorevole Morando, ha facoltà di esprimere il parere sulle mozioni all'ordine del giorno.

ENRICO MORANDO, Vice Ministro dell'Economia e delle finanze. Grazie, signor Presidente. Rapidissimamente, due osservazioni che servono per motivare i pareri che poi rapidamente esprimerò sulle diverse mozioni. Tutte le mozioni sollevano il problema della, da molte mozioni considerata eccessiva, gradualità nell'abbandono del criterio della spesa storica e, quindi, l'eccessiva gradualità e lentezza del processo di adozione del criterio cosiddetto perequativo.

A questo proposito, che è un tema, ripeto, comune a tutte le mozioni, il Governo cerca di motivare i propri pareri sulle mozioni a partire da una constatazione: la lentezza di questo processo, l'eccessiva gradualità, è in primo luogo dovuta al fatto che si è scelto di graduare molto nel tempo l'innalzamento della quota del Fondo di solidarietà nazionale attribuita su base perequativa; dal 20 per cento del 2015, come si sa, si arriverà, con innalzamento graduale, al 100 per cento del 2021, quindi in un orizzonte temporale lungo. In secondo luogo, la gradualità deriva dal fatto che si considera, come criterio, solo il 50 per cento della capacità fiscale anziché l'interezza della capacità fiscale stessa e il terzo elemento di questo processo, che viene considerato mediamente troppo lento, è quello di applicare meccanismi correttivi volti a smussare le eccessive variazioni di anno in anno in aumento o in diminuzione.

Ora, tutti e tre questi meccanismi, che, per intenderci, possiamo chiamare di rallentamento del passaggio dal criterio della spesa storica al criterio perequativo, sono il risultato della costruzione di un difficile compromesso con le rappresentanze del sistema delle autonomie locali. Voglio dire chiaramente che il Governo sarebbe favorevole ad una accelerazione di questo processo. Come è noto le rappresentanze, messe di fronte alla radicalità del passaggio dal criterio della spesa storica al criterio perequativo, esercitano un'azione comprensibile, ma da valutare come tale, di freno a un'accelerazione che sono in grado di considerare eccessiva.

Il secondo elemento comune è quello che riguarda i livelli essenziali delle prestazioni. La mancata definizione di questi livelli essenziali delle prestazioni è sicuramente un limite gravissimo dell'assetto normativo attuale e anche in rapporto a ciò che prevede la Costituzione. Ora, anche considerando l'orizzonte temporale di questo Governo - la legislatura nella prossima primavera terminerà -, io penso che sia estremamente complicato stabilire che in questa fase si realizzi per ciascuno dei comuni – 7.987 - la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni, a causa della eterogeneità dei comuni e, soprattutto, che si realizzi a proposito di tutte le funzioni fondamentali, così come è previsto. Penso, invece, che il recente cambio di metodologia di computo dei fabbisogni standard, con un più esteso utilizzo della funzione di costo per il calcolo del fabbisogno, costituisca un ponte naturale verso la possibile determinazione di quello che si potrebbe chiamare un livello qualitativo standard, in qualche misura assimilabile ai livelli essenziali delle prestazioni, perlomeno per alcune delle funzioni fondamentali più rilevanti. Penso, per esempio, al settore dell'istruzione e degli asili nido.

Fissati questi due criteri di valutazione, signor Presidente, passo all'illustrazione dei pareri sulle mozioni e seguirò l'ordine del fascicolo.

Sulla mozione n. 1-01687, con primo firmatario Occhiuto, il parere è favorevole con una riformulazione. Chiederei ai presentatori di accettare di sostituire, nel punto numero 1) degli impegni al Governo, il termine “rovesciare” con le parole “attenuare gli effetti del meccanismo”. Credo che la proposta sia chiara.

Sulla mozione n. 1-01705, a primo firmatario Marchi, per le ragioni che ho appena spiegato, il parere è favorevole con una riformulazione. Chiederei ai presentatori di accettare, alla lettera a) del punto 1) degli impegni al Governo, di sostituire l'aggettivo “essenziali” (la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni) con una formulazione leggermente diversa, che ho spiegato prima e che recita “dei livelli qualitativi standard delle prestazioni”, in modo tale che si tratti di un impegno che questo Governo può ragionevolmente assumersi per la fase che ancora resta della legislatura. Inoltre, alla lettera d) dell'impegno al Governo, sempre della mozione Marchi n. 1-01705, invece di affermare, sempre per la stessa ragione, “il superamento progressivo”, che implicherebbe di fatto l'attuazione della riforma del catasto, che non è tra le cose possibili nell'orizzonte temporale immediato, modificare il testo dicendo “favorire il superamento”.

PRESIDENTE. Scusi un attimo, Vice Ministro, un chiarimento. Nella riformulazione che lei fa, al punto a), lei inserisce la richiesta, sostanzialmente, di modificare i livelli essenziali standard. Siccome qui c'è un riferimento all'articolo 117, che parla esattamente dei livelli essenziali, dobbiamo togliere il riferimento articolo 117?

ENRICO MORANDO, Vice Ministro dell'Economia e delle finanze. Sì, credo che sarebbe ragionevole dire - non avevo fatto caso a questo particolare, lei ha ragione e mi scuso -, credo che sarebbe preferibile dire “la definizione dei livelli qualitativi standard delle prestazioni, utilizzando la previsione legislativa di ancorarne” eccetera.

PRESIDENTE. Perfetto, quindi togliamo il riferimento all'articolo 117. Prosegua, grazie. Scusi, Ministro.

ENRICO MORANDO, Vice Ministro dell'Economia e delle finanze. Vale questo punto anche per…mi pare che ero arrivato adesso alla mozione Melilla, vero, quella successiva?

PRESIDENTE. Sì.

ENRICO MORANDO, Vice Ministro dell'Economia e delle finanze. Al punto 2) della mozione Melilla n. 1-01708, chiederei di sostituire, anche in questo caso, l'aggettivo “essenziali” con “qualitativi standard”, in maniera tale che la frase diventi “tese a individuare livelli qualitativi standard delle prestazioni”, e al punto 3) degli impegni al Governo, poiché la dizione “degli spazi finanziari a favore” risulta, credo, anche un po' generica, e in ogni caso tradisce la finalità per cui il proponente ha scritto il punto 3), credo che sarebbe preferibile, e quindi chiedo di modificare la dizione: invece di “degli spazi finanziari a favore” scrivere “della autonomia finanziaria del sistema delle autonomie”. Se è chiaro, proseguo con il punto successivo.

PRESIDENTE. Assolutamente sì.

ENRICO MORANDO, Vice Ministro dell'Economia e delle finanze. Siamo alla mozione Simonetti n. 1-01709 (Nuova formulazione). In questo caso, per gli impegni al Governo il parere è favorevole al punto 1), è contrario al punto 2) ed è favorevole al punto 3) di questa mozione, qualora, dopo le parole “strumenti normativi” si accettasse di inserire “ulteriori rispetto a quelli già adottati nel settembre 2016” e poi prosegue “di riparto del fondo di solidarietà” e così via. A queste condizioni, il parere è favorevole.

Passiamo adesso alla mozione successiva, la mozione D'Incà n. 1-01710. Il parere è favorevole al primo impegno ed è contrario al secondo, al punto 2), che, a sua volta, si articola in diverse lettere. Il parere sul punto 2) è interamente contrario; ho cercato di vedere se fosse possibile differenziare tra le diverse lettere del punto 2) ma in realtà sono, come è giusto che sia nella logica dei proponenti, collegate l'una con l'altra in maniera tale che è difficile disgiungere l'una lettera dall'altra. Sono una proposta razionale, che il Governo non condivide, mentre condivide l'impegno di cui al punto 1 (Commenti del deputato D'Incà)

PRESIDENTE. Lo vediamo dopo, onorevole D'Incà.

ENRICO MORANDO, Vice Ministro dell'Economia e delle finanze. Per quello che riguarda il punto 1), mi sono dimenticato di ricordare che, anche in questo caso, la proposta è di scrivere “ad assumere iniziative per la definizione dei livelli qualitativi standard delle prestazioni”, sulla base del consiglio del Presidente, togliendo il riferimento all'articolo 117 della Costituzione, che prevede i livelli essenziali delle prestazioni. Se i proponenti accettano di modificare così il testo, il parere è favorevole al punto 1); se invece non l'accettassero, e sarebbe perfettamente legittimo, il parere è contrario anche sul punto 1). Per quello che riguarda la mozione Rampelli n. 1-01711, il parere è contrario sulla parte in premessa ed è invece favorevole sulla parte impegnativa.

Per quello che riguarda…

PRESIDENTE. Le chiedo scusa, non voglio interromperla, ma dobbiamo con gli uffici renderci conto della situazione. Quindi, questa sua precisazione comporta che tutte le premesse delle altre mozioni lei le considera accolte, sostanzialmente favorevoli.

ENRICO MORANDO, Vice Ministro dell'Economia e delle finanze. Sì, non l'ho precisato.

PRESIDENTE. Così siamo tranquilli, grazie.

ENRICO MORANDO, Vice Ministro dell'Economia e delle finanze. Ho cercato di andare all'essenziale. La mozione successiva, se non vado errando, è la mozione Tancredi e Bosco n. 1-01712. Anche in questo caso, al punto 2) della parte impegnativa della mozione, in merito all'espressione “copertura dei livelli essenziali delle prestazioni”, propongo ai firmatari della mozione di sostituire l'aggettivo “essenziali” con “qualitativi standard”. E, sempre al punto 2), di aggiungere la parola “anche” prima di “mediante”. Il testo attuale recita “per finanziare mediante risorse statali”.

Propongo di scrivere “per finanziare anche mediante risorse statali aggiuntive”, eccetera. Anche in questo caso va tolto il riferimento all'articolo 117 della Costituzione e al punto 3) nuovamente si fa riferimento ai livelli essenziali delle prestazioni. Per la ragione che ho già spiegato, propongo di dire “livelli qualitativi standard delle prestazioni”.

Passiamo ora alla mozione Paglia n. 1-01713. Per quello che riguarda il punto 1, anche in questo caso la mozione recita “livelli essenziali delle prestazioni”. Propongo ai firmatari della mozione di sostituire, in funzione di un parere favorevole, con la definizione che ho già proposto per tutte le altre mozioni “livelli qualitativi standard delle prestazioni”. Il parere, poi, è contrario al punto 2) dell'impegno al Governo ed è favorevole, invece, al punto 3). Credo di avere esaurito, signor Presidente.

(Dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vargiu. Ne ha facoltà.

PIERPAOLO VARGIU. Grazie, Presidente. Noi crediamo che il tema che viene portato in discussione oggi da queste mozioni sia un tema centrale, che va anche ben al di là rispetto al problema della ripartizione dei fondi destinati ai comuni per quelli che da oggi chiameremo i livelli qualitativi standard delle prestazioni. Crediamo che sia un tema che è figlio di una discussione in atto in questo Paese da tantissimo tempo, che deriva dalla riforma federalista del 2001; riforma federalista che, in maniera intelligente dal punto di vista concettuale, propose la definizione dei costi standard di talune prestazioni fornite alla collettività e tarò queste prestazioni sul livello qualitativo e sul livello di spesa delle regioni considerate più virtuose.

Da questa interpretazione discende, poi, la contestazione che viene fatta, come il rappresentante del Governo ha sottolineato, da molte delle mozioni che sono oggi presenti in Aula, e cioè una eccessiva gradualità nel passaggio dal sistema che era basato sulla perequazione storica a quello che, invece, è sostenuto da condizioni relative al riferimento dei costi standard. Bene, credo che l'occasione che oggi si presenta in Aula sia quella di iniziare un dibattito che va bene al di là e che, probabilmente, avrà in questo mese anche un focus particolare relativo ai referendum consultivi che verranno svolti nella regione Lombardia e nella regione Veneto il 22 di ottobre prossimo, perché sono referendum ed è comunque una riflessione, un ragionamento, che non potrà essere totalmente estraneo alle attività di quest'Aula, che mette in discussione i temi relativi al significato dei valori correlati alla coesione nazionale; nel senso che, modificare il ragionamento dal costo standard al livello qualitativo standard delle prestazioni significa cambiare il focus, significa cioè sostenere che in questo Paese esistono dei diritti garantiti a tutti coloro che sono cittadini italiani e che il compito dello Stato, che è certificato dal riconoscimento di ciascuno di noi nell'ambito dei valori della coesione nazionale, è quello fondamentalmente di garantire pari punti di partenza, pari opportunità e pari servizi di base a tutti i cittadini su tutto il territorio nazionale.

È il ragionamento che tante volte noi ci troviamo a fare quando riflettiamo sui temi della sanità. È vero che un intervento del 118 è un intervento del 118, che una siringa è una siringa, però dire che una siringa costa la stessa somma su tutto il territorio nazionale è corretto, dire che un intervento del 118 costa nello stesso modo nelle regioni montuose della Valle d'Aosta o nella città di Milano non è corretto. Questa è una valutazione che noi dobbiamo sempre tenere a mente ed è quella che informerà il gruppo di Direzione Italia nella valutazione del voto sulle mozioni oggi in Aula.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Menorello. Ne ha facoltà.

DOMENICO MENORELLO. Grazie, signor Presidente. le mozioni in esame sparpagliano sul tavolo le più eterogenee criticità della ripartizione del Fondo di solidarietà comunale, tutte comunque denunciando che l'atteso federalismo fiscale è ad un punto morto. Le censure per lo più si attestano sul piano applicativo, mentre dovremmo più radicalmente ammettere che esse sono gli amari frutti di un federalismo stravolto. L'IMU era stata così denominata perché avrebbe dovuto essere proprio un'imposta municipale unica, ma ormai, come documentano gli scritti del professor Antonini, conta la vertiginosa bellezza di 200.000 aliquote e di 97.000 detrazioni diverse per una catalogazione degli immobili con 9.700 modelli comunali differenti. Ottomila comuni, da Milano fino a Morterone con i suoi 34 abitanti, possono variamente stabilire detrazioni e aliquote. Si trovano persino agevolazioni del 50 per cento per chi adotta un cane randagio fino a una forte detrazione per chi ha in casa un disabile con invalidità superiore al 100 per cento. Dare questo tipo di autonomia ai comuni non è federalismo: è piuttosto l'inferno fiscale e il caos locale ha paradossalmente generato come punto d'ordine un più forte centralismo. Così l'IMU finisce per assicurare ai comuni meno risorse della vecchia ICI perché questa imposta si dice comunale ma è il Governo centrale a trattenere e redistribuire la gran parte del suo gettito. Quindi, ribaltando il principio di responsabilità che è il fondamento stesso di ogni riforma federalista, il sindaco ci mette la faccia potendo usare ed abusare di quella iperbolica e superficiale autonomia di cui si è detto ma i soldi li prende lo Stato che in parte li ridistribuisce con le conseguenti sperequazioni tracciate nelle mozioni. Allora proprio tali aporie devono farci coscienti di essere giunti agli antipodi del federalismo fiscale nonché di aver tradito gli scopi per cui era nato questo tributo locale che avrebbe dovuto permettere la tracciabilità fiscale e politica: tu, sindaco, mi chiedi queste tasse che vanno a te e io ti misuro poi con il voto. Venendo ora per cenni al merito delle sperequazioni denunciate, i testi proposti sembrano aver dimenticato, con un'appena accennata eccezione di cui si dirà, una delle principali cause della iniqua ripartizione del Fondo di solidarietà comunale ovvero la impazzita situazione del catasto italiano, base di calcolo dell'imponibile IMU. In particolare, secondo il decreto del Presidente del Consiglio del 10 settembre 2015, il Fondo di solidarietà comunale viene ripartito anche considerando le cosiddette capacità fiscali dei comuni. Tuttavia, essendo la base imponibile IMU costituita dal valore catastale degli immobili, la capacità fiscale di un comune dipende da tale valore catastale che però accusa differenze macroscopiche tra i territori della nazione. Quindi i criteri di distribuzione del Fondo penalizzano enormemente i comuni che in autonomia e con modalità virtuose hanno provveduto all'aggiornamento delle rendite catastali rapportandole a valori di mercato giacché ad essi viene applicata una supposta maggior capacità fiscale che comporta minori trasferimenti dal Fondo di solidarietà. Questo effetto distorsivo viene poi amplificato dalla struttura orizzontale del Fondo stesso in forza della quale comuni apparentemente ricchi, ma solo perché i valori immobiliari dei relativi territori sono stati rivalutati, devono perequare nei confronti dei comuni che appaiono poveri solo perché le stime dei gettiti IMU derivano da rendite catastali basse, se non persino simboliche. Almeno fino al 17 marzo scorso il Governo negava questo enorme problema: infatti ad una interrogazione proposta a proposito del contenzioso che il comune di Padova ha avviato contro lo Stato, denunciando l'ingiusta ripartizione del Fondo a causa dell'abnorme diversità dei valori catastali, il Governo rispondeva laconicamente affermando - cito la risposta - che non si ravvisano situazioni di ingiustizia a danno dei comuni che hanno provveduto alla revisione delle rendite. Al contrario, però, nel dispositivo della mozione proposta oggi da autorevoli deputati del PD, finalmente si chiede proprio il superamento progressivo del tax gap tra valori di mercato e valori catastali così ammettendo che quanto denunciato da alcuni comuni, come Padova, è un problema tutt'altro che secondario e a cui il Governo dovrà ora almeno favorire - citando la riformulazione - un immediato seppur parziale rimedio. Per questo aspetto la componente Civici e Innovatori per l'Italia voterà a favore della relativa mozione, astenendosi invece su proposte che appaiono eccessivamente generiche o, a volte, a dir poco pretenziose come le richieste di ulteriori trasferimenti per aree che già godono di situazioni privilegiate.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Murgia. Ne ha facoltà.

BRUNO MURGIA. Grazie, Presidente. Signor Vice Ministro, mi sarei sorpreso se lei avesse accettato la base del ragionamento che facciamo in questa nostra mozione Rampelli ed altri n. 1-01711 perché lei è molto ottimista quando dice che nel 2021 arriveremo al cento per cento della spesa perequativa. Nel frattempo noi sosteniamo che dalla spesa storica alla spesa perequativa vi siano enormi problemi per i comuni e molte disparità tra il mondo del nord e tutto il resto. Questo non significa avere una visione per la quale bisogna utilizzare ulteriori risorse spese a pioggia come è sempre stato, però occorre sicuramente una maggiore attenzione anche alla luce dei referendum che si terranno in Lombardia e nel Veneto nel prossimo periodo. Vi sono molti comuni che, con alcuni vincoli anche imposti dall'Europa, hanno una enorme difficoltà a spendere risorse soprattutto nel campo della spesa sociale e dunque per arrivare a livelli qualitativi standard crediamo che ci siano ancora enormi difficoltà. Continuiamo a pensare che vi siano differenze tra regioni forti e regioni deboli. Io non ho poi il mito del Mezzogiorno anche come oggetto di discussione culturale e politica ma ritengo che vi siano comunque differenze. Faccio anche un esempio che riguarda la mia Sardegna. Il CNEL e l'Istituto Tagliacarne hanno stabilito quali sono i gap infrastrutturali e devo dire che, guardando i dati, sono molto interessanti e anche più o meno drammatici. Le do alcune cifre, signor Ministro: sulle reti energetiche se poniamo l'Italia a 100, abbiamo il Mezzogiorno al 64,5 per cento e la Sardegna al 35 per cento; sulle reti stradali facciamo l'Italia 100, Mezzogiorno 87 e Sardegna 35; nelle reti ferroviarie - in questo caso il dato è ancora più drammatico – se l'Italia è a 100, il Mezzogiorno a 87 e la Sardegna a 15,08. Sulle infrastrutture economiche e sociali - dice l'Istituto Tagliacarne con il CNEL - se l'Italia è a 100, il Mezzogiorno è a 84 - quindi un po' c'è riequilibro - e la Sardegna a 66. Cosa significa? Lei accetta la nostra proposta di impegno. Noi riteniamo che soprattutto per quanto riguarda la spesa sociale, la spesa per gli asili nido, in particolare per l'istruzione si debba fare molto di più, più in fretta e meglio perché vi sono comunque comuni che hanno enormi difficoltà anche per la crisi ovviamente che ha attanagliato i nostri territori ma non solo l'Italia ovviamente. Noi chiederemo la votazione per la parte di premessa, che è la parte più politica e ovviamente accogliamo l'impegno del Governo soprattutto per realizzare tale distribuzione più equa. La nostra visione è sempre quella di una Italia unita che possa crescere con maggiore solidarietà e quindi rafforzare il quadro della unità nazionale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vezzali che però, non essendo in Aula, s'intende che vi abbia rinunciato.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Paglia. Ne ha facoltà.

GIOVANNI PAGLIA. Grazie, Presidente. Innanzitutto ritengo che debba essere chiarito in premessa che, come sempre, c'è un convitato di pietra in dibattiti come questi che hanno a che fare con la modalità attraverso cui vengono distribuite e redistribuite le risorse destinate ai nostri comuni: il comitato di pietra è la situazione finanziaria generale cui gli enti locali sono stati costretti negli ultimi anni. Ricordo che ci sono stime che parlano, a partire dal 2010 ad arrivare ad oggi, sostanzialmente di oltre 10 miliardi di euro di tagli solo sul sistema dei comuni. Ora è chiaro che concentrarsi sempre solo ed esclusivamente su questo, credo sia un po' il limite sella mozione da cui è partito il dibattito di oggi, la mozione Occhiuto ed altri n. 1-01687. Se vogliamo discutere non di come si restituiscono ai comuni le risorse indispensabili al loro ordinario funzionamento - dico ordinario funzionamento: quindi non sto parlando di servizi aggiuntivi - ma ci limitiamo a discutere di come redistribuire la povertà rimasta, noi abbiamo un problema di fondo.

È per questo che nella nostra mozione - e mi dispiace che su questo punto ci sia un parere contrario del Governo - noi avevamo insistito esattamente sul fatto che sia lo Stato a farsi carico dell'uguaglianza del sistema di servizi all'interno del territorio nazionale, e se ne faccia carico con risorse proprie, di fatto andando a ripristinare quelle che sono state le dotazioni tagliate negli ultimi anni.

Io credo che ci sia sempre stato: questo è un Paese in cui il tema della disuguaglianza è storico, non è di oggi ma appartiene alla sua storia. Il problema è che la disuguaglianza, in questo caso anche fra aree territoriali, è sempre insostenibile, è sempre insopportabile ed è sempre un problema; però diventa un problema particolarmente insostenibile quando le risorse si abbassano al punto tale che, per chi sta in basso nella classifica di quella disuguaglianza, significa molto semplicemente non arrivare più nemmeno a fornire quelli che sono i livelli essenziali. Ma questo vale ormai in tutte le aree del Paese: chi frequenta le nostre città, cioè tutti noi, ha esperienza di cosa significa vivere con tariffe che si alzano sempre di più fino a diventare di fatto insostenibili. Ce lo dicono per esempio i dati sull'iscrizione ai nidi e alle materne nelle aree più ricche del Paese, dove i nidi e le materne ci sono, che dal momento della crisi sono in crollo, e non sono in crollo perché ci sono meno bambini: sono in crollo perché molto probabilmente le persone non possono più permettersi di spendere rette in rialzo per iscrivere i loro figli a quelli che dovrebbero essere servizi essenziali. Ce lo dice lo stato delle nostre strade, che siano comunali, come in questo caso, o provinciali. Ce lo dice lo stato dello sfalcio dei nostri viali, o dello stato semplicemente delle nostre rotonde, per dirlo in termini banali. Ce lo dice il fatto che anche i servizi generali dei comuni ormai sono messi a durissima prova; e questo impatta significativamente sulla condizione di vita ordinaria delle persone, perché in Italia la maggior parte dei servizi alla persona sono esattamente gestiti dai comuni. Questo significa che sono gestiti in modo molto diseguale, cioè c'è chi ha più diritti in Italia e c'è chi ne ha di meno; lo sono su base territoriale, cioè nel Nord Italia ci sono più diritti che nel Sud, e sono stati colpiti in modo altrettanto forte all'interno della crisi, ma questo ha fatto sì che ci siano delle sopravvivenze di servizi nel Nord e nel Sud ci siano stati degli azzeramenti.

Preso atto di questo, cosa dovrebbe fare lo Stato? Ed era il senso delle nostre mozioni. Dovrebbe impegnarsi non a rimestare sempre solo ed esclusivamente (poi su questo dirò qualcosa) all'interno del Fondo di solidarietà comunale, cioè di quel fondo orizzontale in cui i comuni si trasferiscono fra di loro risorse che sono appunto scarse; ma quello che lo Stato dovrebbe fare sarebbe realmente impegnarsi con un fondo proprio, com'era peraltro previsto inizialmente proprio dalla legge istitutiva del federalismo fiscale, per andare a riequilibrare e a garantire a tutti i livelli essenziali di servizi.

Dico livelli essenziali, nonostante accetti ed abbia accettato la riformulazione proposta dal Governo, perché credo che sia esattamente di questo che parliamo. Io vorrei capire qual è lo standard di qualità che in qualche modo il Ministro Morando ci viene a proporre con la riformulazione, perché è molto difficile da capire. Io credo non si possa nemmeno fare la media della qualità offerta in questo Paese, perché ci sono alcuni servizi che sono offerti in alcuni comuni ad un livello di qualità talmente bassa, che sarebbe offensivo anche solo pensare che quelli facciano media. Il livello essenziale delle prestazioni, termine che io preferisco, invece ha a che fare con un altro concetto: il fatto che tutti i cittadini italiani, indipendentemente che vengano da Bologna o indipendentemente che vengano da Catanzaro, avrebbero diritto ad avere città egualmente ordinate, avrebbero diritto ad avere servizi per gli anziani non autosufficienti o per le persone in generale non autosufficienti altrettanto buoni, avrebbero diritto ad avere i loro figli con la possibilità di andare agli asili e alle materne, perché sono tutti cittadini dello stesso Stato.

Il problema è che oggi così non è, perché da alcuni anni tutto il meccanismo della redistribuzione interna viene affidato al fatto che, con meccanismi abbastanza farraginosi, ad alcuni comuni viene tolto e viene destinato ad altri. A questo proposito - lo dico perché credo abbia un impatto anche sulla nostra discussione - io prima di venire qui sono stato alla Commissione bicamerale per il federalismo fiscale: lì ci viene proposta un'ipotesi di revisione delle metodologie di calcolo della capacità fiscale dei comuni che, con motivazioni e metodologie definite opache e di fatto incomprensibili dallo stesso Ufficio parlamentare di bilancio, ha un effetto per cui la redistribuzione interna delle risorse avverrà, se dovesse essere confermata questa previsione del Governo, a partire dal prossimo anno con un effetto redistributivo chiaro, netto e a senso unico. I comuni del centronord, ma in particolar modo del Nord, avranno un impatto assolutamente positivo, cioè improvvisamente si scopre che la loro capacità fiscale era troppo alta, li abbiamo sempre considerati troppo ricchi; e incredibilmente i comuni del Sud, a partire dai grandi comuni del Sud (quelli messi peggio sarebbero Taranto e Napoli), vengono considerati troppo ricchi: erano considerati troppo poveri, improvvisamente scopriamo che erano ricchi.

Quindi con un effetto per cui, a partire dal prossimo anno, ci saranno risorse che saranno trasferite in senso inverso da comuni come Taranto e Napoli a comuni come Padova o Bologna.

Voi capite che, solo a raccontarla, questa cosa ha dell'incredibile, perché cozza con quella che è la realtà materiale che chiunque conosce in questo Paese. La realtà materiale di questo Paese non è quella di comuni ricchissimi al Nord e di comuni poverissimi al Sud: questo è il senso per cui noi abbiamo preferito presentare una nostra mozione diversa da quella che era stata inizialmente prevista dall'onorevole Occhiuto. Noi vogliamo che si riconosca il fatto che in questi anni anche per un amministratore del Nord ci sono state difficoltà immense a far quadrare i bilanci, anche i cittadini del Nord hanno visto i loro servizi calare sensibilmente in termini di qualità; tuttavia noi riconosciamo che mai e poi mai si arriva a livello di aree storicamente e strutturalmente più in difficoltà.

Ci rendiamo però conto che non possiamo andare dai cittadini, che hanno visto a loro volta calare i servizi, a dire: dovete trasferire ancora risorse; non si può nemmeno fare il contrario, però, francamente! Perché fare il contrario è proprio immorale. Arrivare al principio per cui si dice “state ricevendo troppo” a chi i servizi non li ha, a chi i servizi non li ha! Quando abbiamo fatto l'altro decreto, quello sui fabbisogni standard che è l'altro pezzo del federalismo fiscale, anche lì con una contestazione nostra è stato detto che in aree in cui non c'è, o presumibilmente non c'è il servizio pubblico di trasporto locale, magari perché gestito da consorzi ufficialmente esterni ai comuni, il fabbisogno è stato calcolato a zero: come se non meritassero risorse, quei comuni! Anche lì parliamo di grandi comuni tutti del Mezzogiorno. Non meritano risorse perché ufficialmente non hanno i servizi: non hanno il servizio e non meritano risorse! Improvvisamente scopriamo che erano più ricchi di quello che si pensava fino al giorno prima. Questo è il risultato, che noi stiamo dicendo sostanzialmente a un pezzo di Paese che deve rimanere strutturalmente indietro rispetto ad un altro. E lo stiamo dicendo, però, ai cittadini di quella parte d'Italia!

A me piacerebbe solo una cosa (e vado a chiudere). Mi piacerebbe che questo Parlamento riconoscesse una volta per tutte, anche al termine di una fase storica molto lunga in cui la bandiera del federalismo è stata agitata, e anche malamente agitata, alcuni punti elementari della discussione. Riconoscesse il fatto che è una cosa positiva legare in prima battuta la capacità impositiva di un comune alla scelta di dare dei servizi, perché questo fa parte di un patto politico che si può stringere tra un'amministrazione locale e la propria cittadinanza. È giusto che un'amministrazione locale possa andare dai propri cittadini e dire: volete pagare più tasse e avere più servizi? Volete pagarne meno e avere meno? È la base della distinzione tra destra e sinistra. Però, fatto questo, che noi comprendiamo e giustifichiamo, compito dello Stato nazionale è di dire ai cittadini: indipendentemente da come la pensi la vostra amministrazione, alcuni servizi essenziali - è come dice il Vice Ministro! - ad una qualità standard elevata lo Stato italiano, perché siete tutti cittadini italiani, li garantisce a tutti. A tutti e in uguale misura. Allora, così, noi avremmo fatto un sistema che, al di là che sia federalista o meno, è comunque un sistema di responsabilità degli amministratori e di tutela dei cittadini; con il meccanismo di adesso io credo non ci sia né responsabilità degli amministratori, né purtroppo tutela dei diritti dei cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Simonetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO SIMONETTI. Presidente, Vice Ministro, oggi lei ha coniato una nuova visione che va nella scia iper-centralistica del suo partito. Tanto la mozione del PD non cita il federalismo fiscale e non cita l'esperienza comune della scorsa legislatura, quando assieme si varò la legge n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale che iniziava a dare uno spiraglio di futuro a questo Paese; tanto il suo nuovo conio della modifica autonoma dall'articolo 117, che è stato un inizio di barlume di federalismo approvato addirittura da voi nel 2001, oggi cancella, nel silenzio ovattato di quest'Aula, anche la definizione di livelli essenziali delle prestazioni, che lei ridefinisce come livelli qualitativi standard delle prestazioni. Sono piccoli messaggi, questi, ma che denotano la dirompente volontà di mantenere uno Stato iper-centralista a seguito della riforma costituzionale, che però è stata sonoramente bocciata lo scorso dicembre.

Però, voi ostinatamente continuate a schiacciare gli enti locali, a schiacciare le autonomie locali, a non voler prendere in mano quell'esperienza che ha dato forza a degli Stati non solo europei, ma a anche quello americano, per esempio, che sono di fatto federali. Lo Stato più forte dell'Unione europea è la Germania che ha una previsione federalista decisamente accentuata; voi, invece, non lo perseguite quell'esempio. Perseguite l'esempio dell'iper-centralismo e le mozioni che vanno ad essere giudicate positive da parte del Governo sono quelle che vogliono rimpinguare un capitolo di spesa dello Stato a favore degli enti locali. Non che noi non siamo a favore che gli enti locali abbiano delle risorse, ma devono essere risorse che vengono ad essere prodotte e trattenute direttamente sul luogo. Non deve esserci una transumanza di flussi di denaro dal territorio al vertice dello Stato centrale per poi essere ristornati nel territorio, perché in questo passaggio i comuni virtuosi ci perdono, i comuni virtuosi vengono ad essere colpiti, vengono ad essere penalizzati dalle mancate attuazioni dall'articolo 117 della Costituzione, che definisce i livelli essenziali delle prestazioni e dei costi standard. Tanto che ce l'ha ricordato anche lei: il passaggio dalla spesa storica, quindi dalla definizione dei trasferimenti rispetto alla spesa storica, ai costi standard, è un procedimento lungo, ma è talmente lungo che se annacquato, come viene annacquato oggi, diventerà praticamente inattuato, tanto che la volontà del fondo perequativo è quella solo di utilizzare il 30 per cento nel 2016 e il 40 per cento di parte dei fondi di solidarietà comunale, mentre la parte storica è sempre quella prevalente. Una parte storica che, come lei ha ricordato, trova resistenze; ma sa perché trova resistenze la modifica dalla spesa storica al costo standard? Trova resistenze perché i territori non virtuosi non hanno voglia di diventare virtuosi, gli va bene così, gli va bene spendere, scialacquare, in funzione di ciò che hanno sempre fatto. Ma questa resistenza deve essere vinta dalla volontà del Governo di andare a estirpare le inefficienze. Se voi assecondate questa volontà di continuo utilizzo della spesa storica, vuol dire che anche voi siete complici di una gestione scellerata della finanza pubblica dello Stato.

Questo è il dato politico di oggi, il dato politico non è quello di dare parere favorevole su una parte della nostra mozione, che ovviamente noi non accetteremo, e chiederemo un voto convintamente favorevole su tutti e tre gli impegni, impegni che portano a chiedere anche una maggiore premialità per tutti quegli enti che sono virtuosi. Non riesco a capire perché il Governo abbia dovuto dare parere contrario a una volontà decisamente logica, ovvia: chi è più bravo, chi più utilizza in maniera virtuosa le sue risorse, deve essere premiato. Non capisco perché ci debba essere un ostracismo da parte del Governo di questo concetto che è talmente lapalissiano che noi consideriamo basilare nei rapporti fra cittadino, eletto, e istituzioni. Con il federalismo, il concetto che anche lei ha votato nella scorsa legislatura, il concetto del vedo-voto-pago, è il concetto fondamentale affinché non ci siano degli sprechi nella pubblica amministrazione. Se un sindaco sa che può progettare il futuro del proprio territorio in base alle risorse che produce il suo territorio, saprà anche come chiedere quelle risorse e i cittadini che daranno quelle risorse sapranno il nome e il cognome della persona che utilizza i propri soldi e se quei soldi che vengono dati dalle tasse locali sono stati utilizzati con quella finalità per le quali sono stati richiesti.

Quindi: vedo-voto-pago, responsabilizzazione, un maggiore attaccamento dei cittadini verso le istituzioni, quindi, non un menefreghismo totale e un'antipolitica sempre più crescente, una spesa minore, perché ovviamente non si possono scialacquare i soldi che vengono chiesti a livello territoriale. Questo, però, non è nei vostri programmi, perché la parola federalismo viene cancellata dalla mozione del Partito Democratico. La legge n. 42 viene dimenticata da questa maggioranza, lei stesso modifica autonomamente il concetto di LEP che è stato sancito dalla Costituzione con un voto d'Aula sedici anni fa.

Pertanto, mi pare che ci sia una volontà di non cambiare, una volontà di rimanere iper-centralistici. Però il vento sta cambiando, il vento fortunatamente cambia e cambierà sostanzialmente ancora dopo il 22 ottobre di quest'anno, con il referendum di due regioni, le regioni trainanti del Paese che non vogliono eludere un aiuto a chi e più in difficoltà, ma vogliono iniziare a trattenere le risorse sul proprio territorio, affinché ci sia la possibilità di una spesa migliore. I referendum sull'autonomia del Veneto e della Lombardia saranno lo spartiacque per dare al Paese un nuovo futuro, un nuovo new deal, una nuova visione di insieme che parte dalle autonomie locali, parte dal regionalismo, parte dal fatto che i cittadini contano e non è lo Stato a determinare con dei lasciti, con delle prebende, con dei trasferimenti decisi a tavolino da un funzionario del Ministero, l'esistenza stessa delle autonomie locali. È questo che noi dobbiamo e vogliamo che venga a essere ribadito nella nostra mozione che va a favore degli enti locali. Non ci serve l'elemosina dello Stato, noi vogliamo sostanzialmente che gli enti locali trattengano, possano trattenere le risorse che loro stessi producono sul loro territorio, poi ci sarà il Fondo perequativo per coloro che devono mettersi in carreggiata, ma si devono mettere in carreggiata senza la spesa storica, perché altrimenti il menefreghismo continuerà a regnare sovrano in questo Paese che ovviamente non ha voglia di cambiare, non ha voglia di risollevarsi, soprattutto questa maggioranza non ha voglia di risollevare il Paese.

Chiudo, Presidente, ricordando anche un'altra discriminazione dei piccoli comuni che sono soprattutto al Nord (lei sa benissimo come, per esempio, su 9 mila comuni italiani, 1.200 sono solo in Piemonte). È inutile che si faccia una previsione sulla capacità fiscale quando i piccoli comuni hanno una residenzialità inferiore rispetto alla loro capacità residenziale, ciò porta ad avere degli scompensi di trasferimenti. Quindi, le piccole realtà da voi sono state punite due volte: sono state punite perché lasciate da sole, lasciate senza una guida anche territoriale, avete abolito le province, non si riescono a fare le unioni dei comuni perché i vincoli del Patto di stabilità e del pareggio di bilancio impongono anche per le fusioni dei parametri che sono impossibili da trattenere, non hanno le risorse, non hanno residenzialità, ma vengono puniti perché le seconde case per voi fanno reddito, per voi le seconde case fanno una capacità fiscale che gli stessi devono poi riuscire a conteggiare per avere i trasferimenti.

Presidente, il 22 ottobre sarà una data fondamentale per portare aria fresca, aria pulita, aria nuova, all'interno di questo palazzo che è sordo alle esigenze dei cittadini, che è sordo anche alla sua stessa storia, perché anche lei Vice Ministro votò la legge n. 42 che oggi disconosce con i ragionamenti che ha testé fatto (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tancredi. Ne ha facoltà.

PAOLO TANCREDI. La ringrazio, Presidente. Cercherò di esporre la mozione molto brevemente anche perché è una mozione molto facile da comprendere, con contenuti molto semplici, rimando ad essa per tutte le questioni di dettaglio.

Io credo che, come è stato detto, il Fondo di perequazione, il Fondo di solidarietà, di cui oggi parliamo, è molto differente da quello che aveva immaginato e costruito la legge n. 42 del 2009, una legge che, lo ricordo, era nata con un accordo molto ampio in Parlamento; c'era un'alba di speranza federalista allora che era molto forte e che investiva tutte le forze parlamentari. È chiaro che è nel corso di questi otto anni le priorità sono molto cambiate. C'è stata una crisi fortissima, c'è stata anche una concentrazione anche informativa sullo sperpero della spesa pubblica, soprattutto da parte dei comuni. Secondo me, in parte, è ingiusto questo accanimento sugli enti locali, perché è chiaro che lo sperpero di spesa pubblica è complessivo da parte dello Stato.

C'è stato un rigurgito centralista; c'è stato negli apparati dello Stato e c'è stato anche in quest'Aula. D'altronde, il partito che era stato il promotore e il protagonista di quell'alba di speranza federalista oggi stesso si dichiara sovranista. Quindi, insomma, è chiaro che i passaggi, anche politici e di atteggiamenti, dal 2008-2009 ad oggi sono stati tantissimi e, diciamo, anche di inversioni complete di prospettiva ve ne sono state tantissime.

Ma in realtà i bilanci di questi anni hanno dovuto affrontare i vincoli di finanza pubblica imposti dall'Europa, dai partner, dal debito pubblico e dalla crisi e ci siamo trovati, in maniera elastica, a dover gestire l'imposizione comunale lasciando un po' da parte quello che era il principio cardine, che, secondo me, non va abbandonato, che è quello dell'autonomia e della responsabilità impositiva data agli enti locali e alle istituzioni locali, naturalmente con lo Stato che deve fare da buon padre di famiglia e deve operare la perequazione lì dove c'è una maggiore esigenza di fabbisogno o dove, al contrario, c'è una minore capacità impositiva. Da questo punto di vista è chiaro che il Fondo è stato utilizzato in questo modo.

Inoltre, voglio solo ricordare brevissimamente il fatto che oggi discuteremo del rendiconto e dell'assestamento e per me c'è un dato storico, che è quello della pressione fiscale, che è un dato importantissimo e credo che sia certificato da questo rendiconto. È un'inversione di tendenza fortissima che testimonia il lavoro di questi anni, seppur convulso e confuso. Tuttavia, credo che, da quel Parlamento e da quel Governo, che nel 2009 approvava il federalismo fiscale, ad oggi, vi sia stata una sorta di continuità e un rigore sui conti pubblici e ciò lo testimonia la dinamica del deficit di questi anni, ma anche il tentativo, in condizioni difficili, della riduzione fiscale.

Ebbene, dobbiamo ricordare, per esempio, che, anche sulla spinta di alcune sollecitazioni da parte dell'Unione europea, nel 2013 ci fu uno scalino - lo definirei “scalone” - sull'imposizione sulla casa molto forte. Allora, si diceva che noi eravamo nel panorama dei partner europei il Paese che meno incideva con la imposizione sulle rendite immobiliari e sugli immobili, cosa di certo sbagliata dal punto di vista concettuale. Sbagliammo forse allora a fare un aumento così traumatico e io credo di ricordare che si trattò di un aumento, da un anno all'altro, di circa 18-19 miliardi di euro sull'imposizione sugli immobili. Questo ha generato un fenomeno ciclico rispetto alla crisi che già era in atto nel mercato immobiliare. Questo fenomeno negativo è stato solo parzialmente e marginalmente sopito dalla successiva eliminazione della imposizione sugli immobili abitazione principale.

È chiaro che il Fondo di perequazione si è mosso per riequilibrare tutte queste azioni che il Parlamento e il Governo si trovavano a fare in momenti, a volte, molto concitati per i conti pubblici italiani ed è così, quindi, che siamo arrivati a questo Fondo di dotazione.

Io non devo dire molto altro; credo che sia scontato che il Fondo non possa essere solo questo, lo hanno detto in molti ed è contenuto in tante mozioni.

Dico subito che accetto la riformulazione del Governo. Naturalmente, era nostra intenzione chiaramente che quelle fossero risorse aggiuntive, quelle del Governo, però è chiaro che una perequazione verticale è necessaria anche per il senso proprio del ruolo dello Stato nel riequilibrio dei conti.

Allo stesso modo, accettiamo la riformulazione anche sui livelli qualitativi standard delle prestazioni e mi fa piacere anche, da questo punto di vista, che il Governo proponga questa riformulazione sostanzialmente accettando il senso dell'impegno che abbiamo messo nella mozione, perché riteniamo che comunque, al di là di tutto quello che è successo in questi otto anni che ho cercato molto brevemente e con molta superficialità di raccontare in questo breve intervento…

PRESIDENTE. Mi scusi. Colleghi, dobbiamo abbassare un po' la voce, gentilmente. Prego

PAOLO TANCREDI. …l'obiettivo dell'autonomia e della responsabilità fiscale in capo alle amministrazioni locali e agli enti locali e la misurazione della qualità dell'azione degli amministratori con dei livelli standard qualitativi delle prestazioni decisi a livello centrale deve rimanere nel mirino del Governo e del Parlamento, sia in questo scampolo di legislatura sia nei prossimi anni.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Albini. Ne ha facoltà.

TEA ALBINI. Grazie, Presidente. Il Fondo di solidarietà comunale per il 2017 presenta modifiche relativamente marginali sul complesso delle risorse disponibili e, pertanto, la dotazione complessiva del Fondo è sostanzialmente identica a quella del 2016. Le assegnazioni riconosciute a ciascun comune variano in qualche caso in misura significativa per effetto della progressiva applicazione dei criteri perequativi basati sui fabbisogni e sulle capacità fiscali standard, avviata nel 2015 con la percentuale del 20 per cento aumentata al 30 nel 2016 e ora portata al 14.

Gli importi comprendono la formazione del riparto del Fondo di solidarietà comunale, come determinato a seguito dell'accordo sancito dalla Conferenza Stato-città del 19 gennaio scorso, che comporta, però, l'aspettativa di sollecita approvazione di una modifica al comma 450 della legge di bilancio 2017, con la quale si riprendono metodi già attivati nel 2015-2016 per mitigare le riduzioni eccessive di risorse causate dalla perequazione.

La nota metodologica del MEF del gennaio 2017 dà conto di una composizione complessiva del Fondo pari al 2016, che rimane sostanzialmente articolata in due componenti.

Qui finisce il ragionamento più tecnico, ma, signor Viceministro, occorre considerare che negli anni uno dei principi cardine del federalismo fiscale si è andato affievolendo, fino quasi a sparire. Mi riferisco all'autonomia impositiva degli enti locali, che doveva garantire le risorse necessarie a svolgere le funzioni pubbliche proprie dell'ente e a soddisfare i bisogni e le aspettative dei propri cittadini-contribuenti.

Agli enti è stato praticamente impedito di disporre di risorse individuate in modo autonomo, in un corretto rapporto fra città e governo della città. Il Fondo perequativo doveva servire all'integrale finanziamento delle spese riconducibili alle funzioni fondamentali, coprendo la differenza fra fabbisogni standard e capacità fiscali, mentre per le spese…

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Albini. Io vorrei pregare i colleghi… Onorevole Chiarelli, onorevole Palese, io vi prego; potete uscire. Sta parlando una collega; non è necessario stare in Aula a fare discussioni. Se state in Aula, ascoltate o parlate a bassa voce. Prego.

TEA ALBINI. Mentre, per le spese non fondamentali, si sarebbe coperto parzialmente con un fondo perequativo orizzontale, basato sulla capacità fiscale per abitante. Ma una cosa così articolata aumenta di fatto lo squilibrio fra comuni del nord e centro Italia e quelli del sud, perché è del tutto evidente che, se non vengono risolte le differenze territoriali, la ripartizione del Fondo in larga massima sulla spesa storica o sulle capacità fiscali continua a penalizzare il Mezzogiorno.

Capisco che a fine mandato è difficile incidere in modo significativo sulla modifica delle regole, ma il riequilibrio dei livelli essenziali diventa ineludibile per evitare, come dicevo, che ci siano cittadini di serie A e cittadini di serie B.

Su questo punto in sede di legge di bilancio il nostro gruppo chiederà impegni concreti al Governo, ritenendo, questo, uno dei punti qualitativamente più significativi dell'intera manovra. Un piccolo appunto, esclusivamente a livello personale e forse non condivisibile.

Vorrei ricordare che qualche anno fa, in una legge finanziaria, era previsto il passaggio del catasto ai comuni. A quell'epoca io ero assessore al bilancio del comune di Firenze, eravamo pronti - almeno alcuni grandi comuni erano pronti ad accettare quel passaggio, che avrebbe garantito il vero governo del territorio, il vero controllo del territorio da parte dei comuni -, poi quella norma, chissà come, sparì. Signor Vice Ministro, sono sempre convinta che sarebbe auspicabile quel passaggio e, se può, confido in lei: pensiamoci. Lo riterrei uno dei punti più qualitativi che si potrebbero individuare proprio a favore delle politiche territoriali degli enti.

Signor Vice Ministro, mi consenta ancora un ragionamento molto semplice, ma sono convinta, per quel poco che io la possa conoscere, che sicuramente ne terrà conto. Non vorremmo che i comuni virtuosi fossero penalizzati da regole non corrispondenti alla realtà dei fatti e, del resto, i comuni che, per condizione o territorio, hanno avuto difficoltà nel rispetto delle regole devono essere aiutati a rientrare nei parametri comuni e da sempre sostengo che, quando viene affrontato, per qualsiasi cosa, il grande tema degli enti locali e, in particolare, dei comuni, sarebbe quanto meno …

PRESIDENTE. Scusi. Onorevole Marantelli, la potrei pregare gentilmente… Grazie.

TEA ALBINI. Sarebbe quantomeno auspicabile che chi pensa o dispone degli strumenti per la definizione di regole e comportamenti sapesse realmente di cosa stiamo parlando.

Comunque, signor Vice Ministro, il nostro gruppo accetta la riformulazione da lei proposta (Applausi dei deputati del gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista).

ENRICO MORANDO, Vice Ministro dell'Economia e delle finanze. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ENRICO MORANDO, Vice Ministro dell'Economia e delle finanze. Io avevo proposto, a proposito della mozione Occhiuto, di sostituire la parola: “rovesciare”, al punto primo dell'impegno del Governo, con l'espressione: “attenuare gli effetti del”. I proponenti, e io sono d'accordo, mi dicono che preferirebbero che il termine: “rovesciare” fosse sostituito dal verbo: “rimodulare”. Io non ho obiezioni.

Personalmente penso che l'espressione “attenuare gli effetti” fosse più coerente con le loro intenzioni, ma, se loro preferiscono “rimodulare”, anche il Governo è d'accordo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Russo. Ne ha facoltà.

PAOLO RUSSO. Intanto, grazie, Presidente e grazie anche al Governo e al Vice Ministro per la sua cortesia e il garbo con cui affronta queste vicende, sapendo che oggi non discutiamo della grande questione meridionale; oggi discutiamo di una cosa un po' più piccola, un po' più semplice, discutiamo di una vicenda che sa dell'incredibile, di una vicenda che nella sua realtà è molto più avanti rispetto alla più vivida immaginazione e che dovrebbe indurre tutti, a cominciare dal Governo, a fermarsi.

La vicenda è ormai fin troppo nota: si chiedono correzioni al fine di evitare che il riparto di risorse risulti irritante e beffardo. Non stiamo valutando - e lo dico a molti colleghi che autorevolmente sono intervenuti prima di me - la qualità nella capacità di spendere dei singoli comuni, ma stiamo dicendo una cosa diversa: stiamo provando a indicare al Governo che è giunto il momento di evitare che un riparto rappresenti un elemento sperequativo nei confronti di chi non ha. Vorremmo evitare che il Governo si trasformasse in una sorta di Robin Hood al contrario, stiamo suggerendo al Governo di adeguare il modello di riparto al buonsenso.

Il buonsenso prevedrebbe che in quelle realtà ove vi sono meno asili, non vi è una capacità attraverso gli asili di garantire il servizio mensa, a quei comuni si dovrebbe e si potrebbe dare un sostegno maggiore in ragione di quella carenza di servizi che è offerta al cittadino. È questo il tema che noi proviamo a offrire.

Vorrei anche precisare che non basta che il Governo talvolta ci rassicuri e dica: va bene, questo riparto è fatto in questo modo, ma noi poi interveniamo attraverso strumenti diversi per ammorbidire, per lenire questa condizione. È evidente che gli strumenti diversi sono gli strumenti straordinari, quelli delle politiche con risorse europee, il che determinerebbe una condizione che è unica nel suo genere, cioè il Governo utilizza le risorse ordinarie per generare quella sperequazione, che poi va rimediata attraverso risorse straordinarie: è l'esatto contrario che dovremmo provare a fare. Dovremmo provare a sommare le risorse ordinarie e quelle straordinarie per lenire questa condizione, per limitare questa condizione, per giungere a livelli essenziali di prestazioni uguali in ogni parte del Paese. Questo è il tema di quest'oggi ed è la sollecitazione che noi proviamo a fare con la mozione che abbiamo presentato.

Provate a spiegarlo a parole vostre, che, insomma, paradossalmente utilizzate risorse nazionali perché si alimenti il divario, perché aumenti la distanza, perché diventi più profondo il gap. È evidente che non può essere così.

Devo dire - e il garbo del Vice Ministro non mi deve far velo rispetto al merito - che il Vice Ministro ci dice contemporaneamente due cose che vanno nella direzione esatta di lasciare sostanzialmente le cose come stanno, perché il Vice Ministro con grande garbo ci ha detto, da una parte: se ne parla nel 2021 di provare a riequilibrare, lo prevede la norma, non è colpa del Vice Ministro. Nel 2021, chissà chi lo vedrà.

Ma, d'altra parte, quando noi incalziamo per dire: e sui livelli essenziali? Beh, il mio traguardo di governo è così breve che su questo non ne parliamo proprio, se ne parlerà quando se ne parlerà. Quindi, da una parte, quando c'è da misurare un'opportunità per quelle realtà comunali che sono indietro, si prova a rispondere: nel 2021; d'altra parte quando si prova, viceversa, a misurare davvero la possibilità che quei livelli essenziali di prestazioni di servizio siano garantiti in modo eguale in ogni parte del Paese, si dice: il traguardo del mio Governo è troppo breve, se ne riparlerà quando se ne riparlerà.

È evidente che il combinato disposto di queste due condizioni radica una condizione obiettiva di ineguaglianza, di diseguaglianza, di obiettiva condizione per la quale non vi è la sostenibilità dal punto di vista politico. Il risultato è che in quei comuni nei quali non vi è il servizio il combinato disposto di questo articolato sistema di misura determina che la prospettiva di avere una risorsa è pari a zero, per cui, se c'è un comune che non ha mensa o che non ha asili, con questo riparto, può essere virtuoso quanto si vuole, può ottenere qualunque benefit e opportunità, ma avrà praticamente una risorsa pari a zero.

È evidente che, se questo è il dato, dobbiamo rimediare e dobbiamo rimediare non rinviando alle calende greche, ma dobbiamo prevedere subito, non domani o dopodomani, una misura che consenta una vera perequazione.

E devo dire: è venuto mai in mente a qualcuno dalle parti del Ministero dell'economia, dalle parti del Ministero degli interni, dalle parti del Ministero per la coesione territoriale, che questo è un modello di riparto insopportabile, ingiustificato, intollerabile?

Con questa mozione, con la nostra - devo dire che anche le altre mi paiono orientate in questo senso - proviamo a spingere il Governo, a spingerlo un po' verso, come vogliamo dire, uno sforzo straordinario di buonsenso, uno sforzo non ordinario di buonsenso, un impensabile atto di coraggio e di lungimiranza politica? Oh mamma mia, a me sembra semplicemente voler sollecitare il Governo ad un atto di concretezza, dare a chi ha di meno e consentire a chi ha di più, ma dare a chi ha di meno. Oggi, viceversa, si dà a chi già ha e si sottrae quella risorsa a chi non ha e a chi non ha servizi. È evidente che con questo modello di riparto si genera un'ulteriore tassa per il Mezzogiorno, la tassa per la mensa scolastica, la tassa che genera dispersione scolastica, che si somma alla tassa sui trasporti.

In assenza di trasporti pubblici, è evidente che questo è un ulteriore costo per famiglie e per imprese, e si somma alla tassa sulla sanità. In assenza di servizi essenziali garantiti, è evidente che la migrazione diventa un'ulteriore tassa per quel cittadino del Mezzogiorno. Ma a questa tassa si somma quella dell'RC auto e ora quella sugli asili e sulle mense. E si pone evidente, signor Ministro, un altro tema. Se si continuano a garantire livelli essenziali differenziati, se si continua a non consentire una perequazione in questo senso, è evidente che si pone un altro tema, e il tema è quello della tassazione differenziata in ragione dei livelli di prestazione. Ma, perdonatemi, se si garantiscono servizi diversi, per quale ragione bisogna pagare la stessa quantità di tassa?

È evidente che, fin quando il Governo garantisce un sistema così sperequato, si induce sempre di più una condizione per la quale forse sarà opportuno riflettere anche da questo punto di vista. Noi non chiediamo un riparto diverso per garantire risorse e basta; noi proviamo a chiedere un riparto diverso per garantire i diritti ad ogni cittadino, per garantire diritti uguali, perché pretendiamo doveri uguali, ma vogliamo che nei servizi i diritti siano uguali (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Incà. Ne ha facoltà.

FEDERICO D'INCA'. Presidente, colleghi, la discussione in atto sulle mozioni in materia di funzionamento del fondo di solidarietà comunale e di attuazione del federalismo fiscale ci offre un'ottima occasione di confronto per valutare le problematiche conseguenti alla parziale realizzazione della riforma prevista dalla legge n. 42 del 2009 evidenziate nei testi delle mozioni presentate. I correttivi contenuti negli impegni delle mozioni in esame sono necessari ed è importante trovare soluzioni immediate per dare risposte ai comuni che da anni lamentano la mancanza di risorse sufficienti per assolvere alle funzioni assegnate loro dalla riforma. Nei tempi bui della crisi e della recessione è noto in quali misure i comuni abbiano contribuito in modo sostanzioso al risanamento della finanza pubblica, con elevati tagli di spesa e imposte in concomitanza al fenomeno di erosione della base imponibile per via dell'aumentata pressione fiscale erariale e per la perdita dei posti di lavoro.

Ora che dal 2015 l'economia italiana è in ripresa, seppur lenta, è doveroso che il Governo si faccia carico di compensare i sacrifici sopportati dai comuni, realizzando i provvedimenti necessari a rendere l'assetto federalista della legge n. 42 del 2009 coerente e perfettamente funzionante. Il Governo lo deve ai cittadini e alle comunità territoriali che hanno sofferto l'insufficienza dei servizi durante la crisi, proprio quando la domanda di assistenza sociale e sussidi doveva fronteggiare emergenze sociali. Anche oggi molti comuni non possono migliorare la qualità e i livelli dei servizi oltre i livelli di sufficienza. Inoltre, solo di recente, e per precisione dall'anno 2016, grazie al passaggio al sistema dell'equilibrio di bilancio, i comuni hanno ripreso le attività di investimento.

Non si sottovalutino, poi, le calamità naturali che hanno messo in difficoltà molte comunità e che dovrebbero spingere tutti i comuni dei territori a rischio ad adottare misure preventive per preservare il territorio da terremoti ed alluvioni.

PRESIDENTE. Scusi, onorevole D'Incà. Colleghi tutti, per favore! Prego.

FEDERICO D'INCA'. Auspichiamo che queste mozioni siano l'occasione per dare l'impulso all'Esecutivo affinché adotti i dovuti provvedimenti per completare la riforma fiscale. Tutti i sindaci, trasversalmente, ci chiedono di essere messi in condizione di governare. Non lo dobbiamo fare per loro, ma per i cittadini di tutti quei comuni in situazioni di disagio che, nonostante la pressione fiscale elevata, non possono usufruire di assistenza e servizi di qualità idonei a soddisfare questa domanda. Gli effetti distorsivi dell'attuale sistema perequativo, per i quali si chiedono correttivi tramite le mozioni, non rappresentano il fulcro dei problemi qui evidenziati, ma la conseguenza della deviazione dal percorso federalista, perché, come le mozioni evidenziano, la sottrazione dei fondi e risorse ai comuni è stata più elevata rispetto alla riduzione degli sprechi della spesa storica, per anni non ancorata ai fabbisogni.

Ecco perché, pur condividendo gli impegni delle mozioni oggi in discussione, evidenziamo come le richieste contenute nei nostri impegni siano risolutive e contribuiscano a superare definitivamente le difficoltà lamentate da un gran numero di comuni. Infatti, anche se si intervenisse per correggere la ripartizione del fondo di solidarietà comunale, questo consentirebbe solo una diversa ripartizione di esigue risorse per i comuni stessi, ma resterebbe irrisolto il problema base di riduzione delle risorse a disposizione dei comuni, in quanto dalla fiscalizzazione dei trasferimenti il comparto dei comuni è stato sottoposto ad una serie di tagli che ammontano a 9 miliardi di euro, la gran parte dei quali è entrata dentro il calcolo perequativo, come evidenziato dall'analisi dell'IFEL.

Tra l'altro, i comuni beneficiari della quota di solidarietà sono 4.324, mentre sono 2.309 i comuni che presentano assegnazioni negative, e di questi si rileva che il 50 per cento dei comuni peggiora la propria posizione rispetto ai trasferimenti storici, e trattasi dei comuni con popolazione inferiore ai mille abitanti per una quota del 25 per cento; per i comuni con popolazione fino a 5 mila abitanti la quota dei comuni svantaggiati è pari al 10 per cento, mentre chi si avvantaggia di questo riparto nuovo dal 2017 sono quelli compresi tra i 5 mila e i 20 mila abitanti. Si tenga conto del fatto che, partendo dall'analisi della spesa comunale del 2013, il totale dei fabbisogni monetari è stato rilevato nella misura di 34 miliardi di euro, cifra superiore al totale dei gettiti standard che compongono la capacità fiscale dei comuni, pari a 30 miliardi. Dunque, le risorse comunali avrebbero bisogno di un incremento di 4 miliardi di euro. È palese, allora, che solo incrementando le risorse di spettanza dei comuni tramite lo sblocco della leva fiscale, la rinegoziazione dei debiti dei comuni, che ad oggi scontano tassi di interesse fuori mercato, e la riassegnazione a regime ai medesimi del prelievo sugli immobili e fabbricati della categoria catastale D si potrebbe, con i dovuti correttivi, far sì che il sistema perequativo possa concretamente agire per ridurre la differenza tra i comuni in termini di capacità fiscale pro capite.

Diversamente, si creano attriti fra i comuni che sono costretti a cedere quote delle loro entrate, pur essendo nella necessità ovvero nella volontà politica di migliorare il benessere e la qualità della vita dei loro cittadini. Si va a una sorte di conflittualità comunale interna al nostro Paese, e questo, a mio parere, è molto grave. Per concludere, poniamo l'accento sulla necessità che il Governo ottemperi al più presto al disatteso disposto normativo di definizione dei livelli essenziali delle prestazioni, di cui all'articolo 117, secondo comma, della Costituzione, come richiesto dalle mozioni. E per me è inaccettabile, Viceministro, che si vadano a cambiare i nostri impegni, con una richiesta di passaggio dai LEP ai livelli standard qualitativi, perché non sono presenti all'interno della nostra Costituzione; questa è una motivazione per cui non accetto le riformulazioni.

Solo allora emergerà con evidenza quali e quanti enti locali hanno bisogno di ulteriore sostegno finanziario a carico della fiscalità generale, fatto salvo quello che deve essere un immediato intervento con fondi aggiuntivi statali e sovracomunali destinati all'implementazione del servizio degli asili nido nei comuni delle zone svantaggiate. Questa, a mio parere, Viceministro, è una delle problematiche più grandi nel nostro Paese, e in mezzo a questa confusione, dove probabilmente siamo soltanto io e lei che ci stiamo ascoltando, nel 2015 lei sa benissimo che abbiamo avuto 485 mila nati nel nostro Paese, pari a 1,35 figli per donna. Nel 2016 abbiamo avuto 474 mila nati, pari a 1,34 figli per donna. Di questo passo, sapendo che, per mantenere la popolazione del Paese, ci vogliono 2,1 figli per donna, gli italiani sono destinati all'estinzione, per certi versi, sul lungo periodo. Questa è una definizione che spaventa il sottoscritto, vedo che l'Aula non è molto interessata.

Personalmente sono preoccupato e credo che uno dei più importanti passaggi, io mi auguro al di fuori di questa mozione o di questo discorso, è che si prenda atto dell'importanza degli asili nido all'interno del nostro Paese per permettere alle nostre famiglie di credere in un futuro: in questo momento è la più grave mancanza per i nostri giovani che li spinge ad andare all'estero.

Mi permetto anche di fare un accenno sull'importanza dei due referenti sull'autonomia…

PRESIDENTE. Scusi, onorevole D'Incà. Colleghi, bisogna abbassare il tono della voce per favore!

FEDERICO D'INCA'. È una campanella che suona a vuoto. Se ci fosse Olivetti, le definirebbe le campane che suonano, ma non è in quest'Aula.

I referendum sull'autonomia del Veneto e della Lombardia sono passaggi importantissimi, Presidente, Vice Ministro, perché definiscono la volontà di una parte consistente del tessuto produttivo del nostro Paese e di 15 milioni di abitanti di parlare al Governo centrale per chiedere maggiore autonomia nella legislazione, in definitiva forse anche maggiori risorse, anche se questa non è la prerogativa dei due referendum.

Ciò significa che è fortissimo e molto, molto sentita in questi anni una differenza di gestione da parte dello Stato, una titubanza, un balbettio continuo nella gestione di un Paese che chiede di avere un maggiore federalismo in tante realtà produttive e credo che anche l'operazione che state facendo in Emilia Romagna, con l'attribuzione di un regionalismo differenziato, è risultata dalla volontà di altre due regioni di avere maggiore autonomia attraverso questi referendum.

Per cui di fatto, tenuto conto anche dell'esito del referendum del 4 dicembre, che era un referendum centralista voluto da Matteo Renzi, vi è da parte del Paese una richiesta di maggiori autonomie locali controllate e verificate e assolutamente, a mio avviso, attraverso risorse che ci possano far pensare in maniera più positiva nei confronti del futuro, a partire dal desiderio delle nostre famiglie di avere bambini (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Causi. Ne ha facoltà.

MARCO CAUSI. Grazie, Presidente. Dopo alcuni anni torniamo a parlare di federalismo fiscale: penso che sia una buona notizia e un segnale, insieme a quelli che ci vengono dall'economia con crescita del PIL e dell'occupazione sensibilmente superiori alle attese anche se ancora insufficienti, che stiamo uscendo dalla fase più acuta della peggiore crisi economica che ha travolto l'Italia degli ultimi ottant'anni.

È stata la crisi a fermare la riforma della finanza locale avviata nel 2001 e attuata sul piano normativo nel 2009 con la legge n. 42, un progetto che aveva chiara l'ambizione di valorizzare una delle più importanti ricchezze che l'Italia ha ricevuto dalla sua storia, un asset competitivo eccezionale, che non ha eguali al mondo, cioè un vasto universo di comunità e di istituzioni locali e municipali riconosciuto dai cittadini, con radici storiche fortemente stratificate, base della democrazia repubblicana, front office quotidiano con i problemi reali delle famiglie e delle imprese.

È un progetto - si badi bene - fissato dalle norme costituzionali dentro un quadro di sostenibilità e di solidarietà in cui l'autonomia è strumento per un rapporto più stretto e valutabile tra cittadini e amministratori e lo Stato esercita funzioni di coordinamento e di perequazione. La crisi ha quindi bloccato il processo di riforma; ha prodotto un aumento di centralizzazione; ha chiesto agli enti locali e regionali un contributo importante all'aggiustamento di finanza pubblica: 18 miliardi di riduzione di spesa, secondo la Corte dei conti, fra il 2009 e il 2015. Un'inversione di tendenza è emersa negli ultimi due anni grazie al superamento del Patto di stabilità interno e alla nuova regola di equilibrio di bilancio. Questo ha premesso al comparto un aumento di spesa di 2,5 miliardi di cui 1,5 per investimenti.

Nel tornare a parlare di federalismo fiscale, però, non dobbiamo fare l'errore di ripartire da zero. Come direbbe Massimo Troisi, ripartiamo almeno da tre. Grazie alla legge n. 42 del 2009 e al lavoro fatto negli anni successivi, noi oggi conosciamo costi e fabbisogni standard dei servizi essenziali e delle funzioni fondamentali delle prestazioni erogate da regioni e da comuni, coprendo un vasto campo di welfare pubblico.

Siamo in grado di misurare le capacità fiscali standard dei territori e queste conoscenze hanno permesso di mettere in campo strumenti di coordinamento della finanza pubblica multilivello, come, ad esempio, i piani di rientro che hanno funzionato. Basti pensare al caso della Sicilia che ha raggiunto l'equilibrio nei conti della sanità ed è uscita dal commissariamento: questo non ha impedito alla Sicilia, mentre riduceva la spesa e faceva risanamento, di scalare la classifica degli indicatori di qualità del Servizio sanitario elaborati dalle agenzie nazionali e di arrivare al settimo posto, un esempio lampante che la qualità di un servizio pubblico non dipende dalla quantità di soldi che vi vengono iniettati, ma dal modo in cui vengono spesi.

Considerato che in Sicilia è in corso una campagna elettorale, permettetemi di dire che il Partito Democratico è orgoglioso e rivendica questo come altri risultati raggiunti dal suo Governo, dal Governo di centrosinistra in quella regione nella legislatura che si sta concludendo.

Insomma, non abbiamo più il Patto di stabilità interno, abbiamo i costi e i fabbisogni standard, abbiamo gli indici di capacità fiscale, abbiamo strumenti di regolazione della finanza pubblica multilivello basati su conoscenze condivise sui dati.

A confronto con dieci anni fa siamo in un mondo diverso: abbiamo fatto passi da gigante anche al paragone con gli altri Paesi europei ed è da qui che dobbiamo ripartire, se le condizioni macrofinanziarie ce lo permetteranno, e non dagli slogan che ci ributtato indietro nel tempo. Ad esempio, non è vero che il Fondo di solidarietà comunale abbia penalizzato il sud. La verità è che l'introduzione dei fabbisogni standard ha fatto emergere forti distanze fra livelli di servizio e fabbisogni soprattutto nelle città più grandi, sia del nord che del sud. Ha messo insomma in evidenza che la spesa storica è lontana dal soddisfare i fabbisogni nelle aree urbane più grandi come Milano, come Roma, come Napoli, dove le amministrazioni civiche devono sostenere i costi di servizi che in città più piccole non esistono, ad esempio il trasporto su ferro.

Mi riferisco qui alle analisi dell'iFEL e dell'Ufficio parlamentare di bilancio, che mostrano con chiarezza come uno dei temi prioritari sia quello delle grandi aree urbane che oggi chiamiamo città metropolitane. Non mi è chiaro se la sindaca pro tempore ne sia a conoscenza, ma Roma è stata beneficiata dai nuovi meccanismi di perequazione sia nel 2016 sia nel 2017.

È vero poi che nell'impianto della legge n. 42 del 2009 ci sono alcuni elementi su cui il lavoro di attuazione non è mai cominciato, complice la crisi, e che dovrebbero invece rappresentare la strada maestra per il completamento della riforma: la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni nei settori della sanità e soprattutto nei settori diversi dalla sanità: assistenza, servizi materno-infantili; l'utilizzo degli obiettivi intermedi di servizio che il Vice Ministro Morando oggi ci propone di chiamare “livelli qualitativi di servizio” - noi accettiamo tale nuova formulazione, ma è una variabile-ponte rispetto ai LEP, anche in relazione ovviamente ai vincoli di bilancio -; la ricognizione quantitativa è metodologicamente controllata dei fabbisogni infrastrutturali, perché il processo di perequazione infrastrutturale non è mai cominciato; la trasformazione del Fondo di solidarietà comunale nei termini previsti dalla legge, cioè in un fondo verticale, che perequa con risorse centrali e non solo, come oggi, con trasferimenti orizzontali tra gli enti.

Anche i referendum di Lombardia e Veneto ci riportano indietro nel tempo: disconoscono la legge n. 42, che contiene tutti gli elementi normativi prima descritti e porta la firma di Roberto Calderoli, e strizzano l'occhio alla proposta avanzata dalla Lega e dal PDL nel 2013 di trattenere il 75 per cento dei tributi nei territori dove risiedono i contribuenti che li hanno generati. Si tratta di una proposta incostituzionale, dannosa per la finanza pubblica italiana e pericolosa sul piano economico e politico anche per i cittadini delle regioni del nord che si vorrebbero beneficiare.

So bene che i referendum fanno riferimento all'autonomia differenziata prevista dall'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, ma il messaggio politico è sulle tasse e ciò rende queste consultazioni, a mio modo di vedere, sostanzialmente inutili.

I costituenti lo sapevano bene e nell'articolo 75 dalla nostra Carta vietarono referendum su leggi tributarie e di bilancio.

Alla domanda “vuoi pagare meno tasse e avere più servizi”, la risposta è ovvia. Insomma, questi referendum sono soldi e risorse sprecate.

Il Governo di Madrid ha puntato proprio su questo, sul danno erariale, per costruire un quadro giuridico che giustificasse il durissimo attacco alla Generalitat della Catalogna. Io non arrivo ad invocare questa strada, ma sono convinto che siano davvero soldi buttati; e soprattutto risorse sprecate: risorse di discussione pubblica, di attenzione dei cittadini, di discussione sui media, che potrebbero essere meglio utilizzate per parlare di cosa sono i governi di prossimità, come contribuiscono alla coesione sociale, come potrebbero migliorare le loro performance.

L'ultima cosa che possiamo permetterci è di litigare fra di noi, di mettere a rischio la coesione nazionale, in uno scenario mondiale ed europeo già colmo di rischi e di pericoli. Con tutta franchezza, io in questo momento storico non sono solidale con gli indipendentisti catalani, mi sembra, politicamente, una battaglia davvero stupida.

Nella legge n. 42 del 2009 e nelle norme successive, così come nel terzo comma dell'articolo 116 della Costituzione, l'Italia ha elaborato e messo a disposizione istituti avanzati e sostenibili per un federalismo che sia efficiente e solidale. È da lì che bisogna ripartire, lavorando per completare i tasselli ancora mancanti.

Stiamo facendo accademia, Presidente? Stiamo trasformando l'Aula di Montecitorio in una sala convegni? Io non credo. Certamente non stiamo discutendo di azioni, provvedimenti e obiettivi a breve termine, ma abbiamo il dovere, mentre usciamo dalla crisi, di riprendere il filo del ragionamento del lavoro per costruire rapporti fra Stato ed enti locali e regionali che siano sempre più avanzati e sappiano migliorare la qualità dei servizi per i cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Votazioni)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Come da prassi, le mozioni saranno poste in votazione per le parti non assorbite e non precluse dalle votazioni precedenti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Occhiuto ed altri n. 1-01687, come riformulata su richiesta del Governo, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 1).

Passiamo alla votazione della mozione Marchi ed altri n. 1-01705.

Avverto che è stata chiesta la votazione per parti separate, nel senso di votare la lettera a) del primo capoverso del dispositivo distintamente dalla restante parte della mozione.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Marchi ed altri n. 1-01705, come riformulata su richiesta del Governo, ad eccezione della lettera a) del primo capoverso del dispositivo. Il parere del Governo è favorevole.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 2).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Marchi ed altri n. 1-01705, limitatamente alla lettera a) del primo capoverso del dispositivo, come riformulata su richiesta del Governo, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 3).

Passiamo alla votazione della mozione Melilla ed altri n. 1-01708.

Avverto che è stata chiesta la votazione per parti separate, nel senso di votare il terzo capoverso del dispositivo distintamente dalla restante parte della mozione.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Melilla ed altri n. 1-01708, come riformulata su richiesta del Governo e per quanto non assorbita dalle votazioni precedenti, ad eccezione del terzo capoverso del dispositivo. Il parere del Governo è favorevole.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 4).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Melilla ed altri n. 1-01708, limitatamente al terzo capoverso del dispositivo, come riformulata su richiesta del Governo, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 5).

Passiamo alla votazione della mozione Simonetti ed altri n. 1-01709 (Nuova formulazione).

Avverto che i presentatori non hanno accettato le riformulazioni proposte dal Governo relative al secondo e terzo capoverso del dispositivo, e pertanto il parere deve intendersi contrario su tali capoversi.

Avverto, altresì, che è stata chiesta la votazione per parti separate, nel senso di votare dapprima la premessa congiuntamente al primo capoverso del dispositivo, su cui il Governo ha espresso parere favorevole. A seguire, congiuntamente il secondo e terzo capoverso del dispositivo; il parere del Governo è in questo caso contrario.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Simonetti ed altri n. 1-01709 (Nuova formulazione), limitatamente alla premessa e al primo capoverso del dispositivo, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 6).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Simonetti ed altri n. 1-01709 (Nuova formulazione), limitatamente al secondo e al terzo capoverso del dispositivo. Il parere del Governo è contrario.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 7).

Passiamo alla votazione della mozione D'Incà ed altri n. 1-01710. Avverto che i presentatori non hanno accettato le riformulazioni proposte dal Governo e, pertanto, il parere deve intendersi contrario al dispositivo.

Avverto, altresì, che è stata chiesta la votazione per parti separate, nel senso di votare il dispositivo distintamente dalla premessa.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione D'Incà ed altri n. 1-01710, limitatamente al dispositivo, con il parere contrario del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 8).

In virtù della reiezione del dispositivo della mozione D'Incà ed altri n. 1-01710, non si procederà alla votazione della relativa premessa.

Passiamo alla votazione della mozione Rampelli ed altri n. 1-01711.

Avverto che è stata chiesta la votazione per parti separate, nel senso di votare il dispositivo distintamente dalla permessa.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Rampelli ed altri n. 1-01711, limitatamente al dispositivo, con il parere favorevole del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 9).

A seguito dell'approvazione del dispositivo delle mozione Rampelli ed altri n. 1-01711, ne verrà ora posta in votazione la premessa.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Rampelli ed altri n. 1-01711, limitatamente alla premessa, con il parere contrario del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 10).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Tancredi e Bosco n. 1-01712, come riformulata su richiesta del Governo, e per quanto non assorbita dalle votazioni precedenti, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 11).

Passiamo alla votazione della mozione Paglia ed altri n. 1-01713.

Avverto che i presentatori hanno accettato la riformulazione proposta dal Governo relativa al primo capoverso del dispositivo, mentre non hanno accettato l'espunzione del secondo capoverso del dispositivo.

Avverto, altresì, che è stata chiesta la votazione per parti separate, nel senso di votare il secondo capoverso del dispositivo distintamente dalla restante parte della mozione.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Paglia ed altri n. 1-01713, come riformulata su richiesta del Governo, e per quanto non assorbita dalle votazioni precedenti, ad eccezione del secondo capoverso del dispositivo, con il parere favorevole del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 12).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Paglia ed altri n. 1-01713, limitatamente al secondo capoverso del dispositivo, su cui il Governo ha espresso parere contrario.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 13).

Sui lavori dell'Assemblea (ore 10,54).

PRESIDENTE. Dovremmo ora passare al seguito della discussione della proposta di legge n. 2305-A/R recante disposizioni per lo sviluppo della mobilità in bicicletta e la realizzazione della rete nazionale di percorribilità ciclistica.

Tuttavia, poiché la Commissione bilancio non ha ancora espresso il parere sul testo e sulle proposte emendative presentate, il seguito dell'esame del provvedimento non potrà avere luogo nella seduta odierna.

Ricordo, comunque, che il seguito alla discussione è previsto, come stabilito nella riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo dello scorso 26 settembre, nel programma dei lavori per il mese di novembre.

Seguito della discussione dei disegni di legge: S. 2874 - Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2016 (Approvato dal Senato) (A.C. 4638); S. 2875 - Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle Amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2017 (Approvato dal Senato) (A.C. 4639) (ore 10,55).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione dei disegni di legge, già approvati dal Senato, nn. 4638 e 4639: Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2016; Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle Amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2017.

Ricordo che nella seduta di ieri si è conclusa la discussione generale congiunta e il rappresentante del Governo è intervenuto in sede di replica, mentre il relatore vi ha rinunciato.

(Esame degli articoli - A.C. 4638)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del disegno di legge n. 4638 recante il Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2016.

Poiché non sono state presentate proposte emendative, li porrò direttamente in votazione.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1 (Vedi l'allegato A).

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 14).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2 (Vedi l'allegato A).

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 15).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3 (Vedi l'allegato A).

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 16).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 4 (Vedi l'allegato A).

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 17).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 5, con i relativi allegati 1 e 2 (Vedi l'allegato A).

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 18).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 6 (Vedi l'allegato A).

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 19).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 7 (Vedi l'allegato A).

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 20).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 8 (Vedi l'allegato A).

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 21).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 9 (Vedi l'allegato A).

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 22).

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 4638)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Latronico. Ne ha facoltà.

COSIMO LATRONICO. Grazie, signor Presidente. Rappresentante del Governo…

PRESIDENTE. Un attimo, onorevole Latronico. Colleghi, ci saranno delle dichiarazioni di voto. Quindi, pregherei gentilmente tutti coloro che non intendono ascoltare di uscire e di consentire a chi parla di farlo in una condizione accettabile. Prego, onorevole Latronico.

COSIMO LATRONICO. Signor Presidente, rappresentante del Governo, l'assestamento 2017 ed il rendiconto sono gli ultimi documenti che fotografano i risultati della politica economica dei Governi Renzi e Gentiloni. Abbiamo ascoltato di frequente la valorizzazione di piccoli segnali di inversione di rotta nei confronti della crescita, trascurando di considerare l'abisso che c'è tra i ritmi di crescita dei Paesi europei e quelli che si registrano in Italia. Le principali economie europee hanno ormai raggiunto i livelli di precrisi ed hanno tassi di crescita nettamente superiori al nostro. In Italia, invece, mancano almeno 6 punti e mezzo di punti di PIL rispetto al 2008. Negli ultimi otto anni abbiamo assistito alla chiusura di 158 mila imprese nel settore dell'artigianato e del commercio e negli ultimi nove anni abbiamo perso un milione di posti di lavoro.

Quanto ai numeri attuali sul lavoro, bisogna verificare la qualità e la stabilità di quelli recuperati. Mi limito a ricordare che la Corte dei conti nel merito dei provvedimenti che esaminiamo, oltre ad aver rilevato una serie di anomalie e di incongruenze nella contabilità delle amministrazioni, ha parlato di nessuna reale riduzione della spesa e di riforme confuse. Per giudicare la politica economica dei Governi Renzi e Gentiloni bastano, colleghi, alcuni dati: il dato sul debito pubblico, che non viene mai citato, è quello che avrà le maggiori conseguenze sui conti pubblici, posto che ormai si è portata a ridosso dei 2.300 miliardi.

Dopo quattro anni di conti pubblici in deficit, il saldo netto da finanziare - quindi uno dei saldi fondamentali rispetto al disegno di legge di bilancio - è aumentato. L'avanzo primario, indice che consente di migliorare il rapporto debito/PIL, peggiora, addirittura si dimezza, aumentano anche le spese in conto capitale, cioè le spese per investimenti; peccato però che, all'interno di questa tipologia di spesa, viene fatta rientrare anche l'acquisizione di attività finanziarie. Da tale considerazione emerge con chiarezza che l'aumento di 20 miliardi di questo tipo di spesa è riconducibile ai salvataggi bancari, nulla a che vedere, quindi, con gli investimenti in conto capitale in senso stretto.

Da tali documenti, signor Presidente, e non solo, si evincono le politiche economiche del rinvio adottate in questi anni, politiche che si sono contraddistinte con le entrate una tantum, i bonus, largamente inefficaci, i tagli agli enti territoriali, soprattutto ai comuni, costretti poi - abbiamo sentito poco fa - a diminuire i servizi, investimenti sui territori di competenza, oltre che sugli enti di area vasta, come le province, e nessun concreto attacco alla spesa pubblica improduttiva, una spending review solo sbandierata e mai attuata.

Quello che invece andava fatto, quello che noi di Direzione Italia abbiamo spesso invocato, era un coraggioso e concreto attacco alle grandi questioni che abbiamo davanti: tassa, spesa, debito. E lì, in quella pressione fiscale elevatissima, in quel livello di spesa pubblica, che poi richiama un'intermediazione politica, in quel fardello del debito pubblico, questa è la grande questione politica che abbiamo davanti: se non si rilancia la domanda, se non si rendono le nostre imprese più competitive, riducendo il carico fiscale, le imprese non assumeranno, non assumeranno abbastanza, perché il lavoro non si crea per norma e c'è un'unica vera politica in grado di creare condizioni favorevoli alla ripresa dell'economia, e di conseguenza in grado di mettere le imprese in condizioni di assumere, abbassare le tasse in modo consistente, forte e duraturo. Il migliore Jobs Act possibile, il solo modo per favorire la creazione di nuovi posti di lavoro è un taglio fiscale massiccio, che renda le nostre imprese più competitive e rimetta in moto la domanda in questo nostro Paese. Signor Presidente - concludo -, vogliamo ricordare cosa si è prodotto in ambito fiscale? L'accorpamento dell'Agenzia delle entrate ed Equitalia, un vero e proprio mostro con l'obiettivo di colpire il contribuente italiano.

PRESIDENTE. Concluda.

COSIMO LATRONICO. Su tutto ciò, noi di Direzione Italia - concludo Presidente - continueremo a portare avanti le nostre iniziative liberali, troveremo chi insieme a noi deciderà di sostenerle per dare un nuovo slancio al Paese (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Direzione Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buttiglione. Ne ha facoltà.

ROCCO BUTTIGLIONE. Grazie, signor Presidente. Noi dell'UDC voteremo a favore di questo Rendiconto di bilancio. Voteremo a favore di questo Rendiconto di bilancio, anche se non abbiamo buoni rapporti con questo Governo in questa fase, perché segna un punto importante nel riequilibrio dei conti dello Stato. Non siamo ancora in condizione di ridurre il debito, forse un pochino col prossimo bilancio, però abbiamo smesso di accumularlo: è un primo grande risultato. Votiamo a favore, però, con una grande preoccupazione: la spesa non è diminuita, o se diminuisce in alcuni settori, diminuisce per una compressione artificiale, manca un ridisegno del perimetro dello Stato, che ci sia uno Stato che costi di meno e sia più efficiente.

Poi, per la fine del 2017, noi ci aspettiamo ovviamente un ulteriore restringimento del quantitative easing. Noi siamo in una situazione di economia drogata, in cui non paghiamo interessi sul debito pubblico o, perlomeno, gli interessi sul debito pubblico sono largamente ridotti dalla politica della Banca centrale europea. Non durerà ancora a lungo, teoricamente potrebbe anche finire con il 2017, probabilmente durerà ancora nel 2018, ma sicuramente non andrà oltre i termini di scadenza del mandato di Mario Draghi e dopo dovremo affrontare dei mercati i quali valuteranno la sostenibilità del nostro debito.

Per questo, lanciamo un avvertimento al Governo, un invito: bisogna che si aggredisca il debito pubblico, sapendo che il male dell'Italia, quello che ci blocca, è l'ammontare del debito, non le proibizioni dell'Unione europea, e che con questo debito, per affrontare i mercati, abbiamo bisogno del sostegno all'Unione europea. Se non avessimo questo debito, non avremmo bisogno di quel sostegno. Politiche keynesiane, politiche di spesa pubblica, non sono possibili in questo contesto.

Chiudo rivolgendo un augurio al mio amico Wolfgang Schäuble, che diventerà Presidente del Parlamento tedesco. Molti lo hanno attaccato. Attenti! Spero che non ci dobbiamo trovare a rimpiangerlo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Monchiero. Ne ha facoltà.

GIOVANNI MONCHIERO. Grazie, Presidente. Io inizierei facendo un piccolo appunto sull'ordine dei lavori. Mi sembra di ricordare che, in circostanze analoghe, le dichiarazioni di voto sull'approvazione del Rendiconto e sull'assestamento si usasse farle congiunte. Oggi non è andata così, Presidente, e la cosa mi stupisce un po', pensavo che ci fosse un accordo in tal senso. Dall'animazione che agita i banchi della Presidenza, direi che forse questo dubbio non è solo mio.

Comunque, il Rendiconto generale dello Stato, come quello di qualsiasi altro ente, dovrebbe essere un momento di verifica dell'attendibilità dei conti. Io so bene che le assemblee politiche sono il luogo invece dove la maggioranza è a priori a favore e la minoranza a priori contro, ma io vorrei invece ribadire che, per votare contro un Rendiconto, dovrei essere convinto che questo Rendiconto non sia veritiero. Nel caso di specie non ho nessun dubbio nel ritenere, invece, veritieri i dati che ci fornisce lo Stato e a questa serena certezza si accompagna anche una soddisfazione per il buon andamento della gestione 2016. Tutti i dati di gestione, relativi sia alla competenza che alla cassa, presentano un significativo miglioramento rispetto all'anno precedente. Gioverà notare che il saldo del 2016 ha un valore negativo di 11 miliardi di euro, mentre nell'anno precedente il saldo era ben 41, quindi questo miglioramento dei conti è un dato da tenere in considerazione, è un dato positivo. Questo dato si riflette naturalmente su tutti i valori, anzi è la conseguenza del miglioramento, della riduzione delle spese correnti, del miglioramento anche del saldo delle entrate.

Per tutte queste ragioni, credo che il trend del 2016, che fra l'altro i conti più recenti ci danno confermato anche per il 2017, segna comunque un'inversione di tendenza rispetto agli anni bui susseguiti alla grande crisi del 2008. Si tratta di una tendenza, ovviamente, che va consolidata, però sarebbe davvero sciocco non prendere atto di questo dato positivo. Quindi, anche sotto questo aspetto, annuncio il voto favorevole della componente dei Civici e Innovatori.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nastri. Ne ha facoltà.

GAETANO NASTRI. Grazie, Presidente. L'Assemblea è chiamata ad esprimersi con riferimento ai disegni di legge oggetto di esame congiunto, che riguardano il Rendiconto generale dello Stato e di assestamento che, rispettivamente, rappresentano, da una parte, lo strumento attraverso il quale il Governo adempie all'obbligo costituzionale di rendere conto al Parlamento dei risultati della gestione finanziaria, e, dall'altra, l'aggiornamento degli stanziamenti del bilancio, anche sulla scorta della consistenza dei residui attivi e passivi accertata in sede di rendiconto dell'esercizio scaduto al 31 dicembre precedente.

Entrambi i provvedimenti, che giungono dal Senato, essendo stati approvati in prima lettura, si pongono all'attenzione del Parlamento in maniera limitativa, in quanto restringono la possibilità per il legislatore di dedicare la giusta attenzione, considerato che si prende atto soltanto di quanto riportato nei rendiconti sottoposti al suo esame…

PRESIDENTE. Chiedo scusa. Onorevole Buttiglione. Grazie.

GAETANO NASTRI. … in maniera, a mio avviso troppo frettolosa, perché il valore a mio avviso, non solo di merito, ma anche politico, dei due documenti che rappresentano la premessa più importante rispetto alla sessione di bilancio che si sta per aprire e che porterà il Paese verso il momento elettorale. Quindi, a maggior ragione i documenti al nostro esame hanno un valore politico che credo debba essere sottolineato in modo adeguato. Ciò detto, mi preme innanzitutto sottolineare come il gruppo Fratelli d'Italia voterà convintamente contro il Rendiconto e l'assestamento del bilancio al nostro esame. Siamo convinti, infatti, della bocciatura non solo di questi due singoli provvedimenti, ma anche, naturalmente, della politica economica e fiscale di questo Governo e di quelli precedenti, che si sono susseguiti in modo più o meno legittimo dal 2013. Si inseriscono in un quadro generale di decisioni assunte per l'economia e la società del nostro Paese nettamente sbagliate e controproducenti, anche attraverso azioni basate sull'aumento della pressione fiscale, anche in modo sconsiderato, che hanno depresso l'economia e la domanda interna.

La crescita dell'1,6 per cento del PIL nominale, che risulta dal conto economico della pubblica amministrazione, che va valutata positivamente, sarebbe ancora lenta e inconsistente rispetto alla media della crescita europea, che viaggia ad oltre il 2 per cento, che conferma come siamo il fanalino di coda a livello continentale. A fronte di tali considerazioni, che testimoniano come la nostra forza di opposizione politica non sia contraria a prescindere, non posso tuttavia non rilevare come chi vive e fa politica sul territorio come noi rileva quotidianamente le continue e persistenti difficoltà legate alle situazioni di crisi delle famiglie, delle imprese, delle attività commerciali e artigianali che aprono e chiudono continuamente nel giro di pochi mesi, proprio perché ormai intraprendere attività nel nostro Paese è praticamente impossibile.

Per non parlare, poi, della situazione fiscale, giunta a un punto di non ritorno e degna di un Paese da terzo mondo. Altro che rottamare le cartelle esattoriali o le liti tributarie; qui l'unica cosa che andrebbe davvero rottamata, e presto, è la deriva in cui sta scivolando il sistema fiscale italiano, sempre più in basso, sempre più giù, in un vortice di inefficienza e di livelli di incapacità veramente difficili da raggiungere. Sarebbe riduttivo pensare che il problema del fisco oggi sia solo l'invio dei dati delle fatture, ed è l'ennesimo pasticcio legato al cosiddetto spesometro, che ha obbligato a posticipare i termini di presentazione dei dati. Qui siamo di fronte a una fase così oscura e negativa del sistema fiscale nazionale di fronte alla quale i contribuenti e gli operatori del settore non sanno più cosa fare.

Vogliamo ricordare il balletto delle norme di istruzione dei decreti su Ace, aiuto alla crescita economica, o degli studi di settore? Vogliamo ricordare ancora le proroghe e le proroghe delle proroghe, comprese quelle che arrivano a tempo scaduto? E che dire delle norme inapplicabili e inapplicate, così come è stata, ad esempio, quella per la prima scadenza del versamento della tassa sugli affitti brevi? E potrei continuare. Questo a fronte di una politica economica fiscale e sociale che ha portato in questi anni il Paese in uno stato di profonda crisi e depressione, nonostante i timidissimi segnali positivi del PIL, ma non dimentichiamoci l'opera che svolge il lavoro sommerso in tutto questo. Assistiamo inermi e impotenti a una continua fuga da parte di cittadini italiani all'estero. Questo è un dato che non viene rilevato da questa analisi macroeconomica, ma che per noi ha una valenza fondamentale.

Noi abbiamo assistito, nel 2016 e negli anni precedenti, a un continuo arrivo di extracomunitari, oltre 170 mila lo scorso anno, in cerca non di rifugio, non di un luogo dove non esiste la guerra, ma semplicemente di un luogo dove costruire un futuro economico per se stessi, a fronte degli italiani, oltre 250 mila, che sono stati costretti ad emigrare all'estero in cerca di opportunità di lavoro. Queste considerazioni dovrebbero preoccupare le istituzioni e il Governo. L'aspetto peggiore è che, nonostante dati così evidenti, emerge chiaramente da precedenti provvedimenti e da quelli che andremo a votare oggi quale sia la politica del Governo Gentiloni, in perfetta sintonia con il suo predecessore. Siamo di fronte a una politica del bilancio che nel suo testo originario stanzia, in aggiunta a quelli già previsti, seicento milioni per le politiche a favore degli stranieri, dei richiedenti asilo e dei profughi, e altri 134 milioni per le politiche connesse al permesso di soggiorno e alla qualifica di rifugiati.

A fronte di tali aumenti, cui sono stati aggiunti altri 55 milioni di euro in sede di esame del disegno di legge di assestamento in Commissione al Senato, con un emendamento presentato dal Governo assistiamo a una decurtazione vergognosa di altri capitoli di spesa, un taglio di oltre 234 milioni di euro per le politiche a sostegno di persone con disabilità, non autosufficienti e invalidi civili, e di 50 milioni di euro per le politiche della famiglia.

Questo è l'emblema della politica economica del Governo: da una parte, una spesa incontrollata per l'ospitalità e per favorire l'ingresso di extracomunitari e di manodopera a basso costo, dall'altra, un taglio della spesa destinata alle fasce deboli della nostra popolazione. È sufficiente questo dato per evidenziare che c'è un totale scollamento tra le politiche economiche del Governo e le esigenze reali del Paese, che avrebbe bisogno di interventi per l'abbattimento della spesa fiscale e il sostegno delle fasce deboli. Aggiungo ancora come in termini di programmazione della spesa corrente essa continua a risentire di una spending review poco efficace, perché poco seria, in quanto basata esclusivamente su tagli lineari utili soltanto a buttare fumo negli occhi ai cittadini al fine di cavalcare l'onda sempre più lunga del populismo.

Si tratta di una strategia utile forse in termini elettorali, ma che comunque l'esperienza insegna che non potrà durare ancora a lungo, sia perché inconcludente, sia perché i benefici derivanti dai tagli ai costi della democrazia sono irrisori almeno quanto i costi stessi.

Per queste considerazioni, evidenzio che, se il quadro economico rispetto a qualche anno fa ci appare leggermente migliore, così come la lettura dei dati provenienti dall'Istat, occorre tuttavia rilevare come i dati numerici e quantitativi devono essere valutati nel loro complesso, nell'insieme, ovvero attraverso una interconnessione. Ed è per questo che, nonostante la lettura rosea che i colleghi della maggioranza hanno tentato di presentarci, la nostra valutazione su entrambi i provvedimenti è totalmente negativa. Riteniamo che le politiche economiche di questo Governo e, soprattutto, il pesante lascito sui conti del precedente Governo Renzi non vadano nella direzione giusta.

Continuiamo ad essere convinti che il taglio della spesa abbia dato risultati deludenti e che le politiche di crescita siano ancora troppo deboli e di corto respiro. Ci troviamo di fronte alla fine di un ciclo di una legislatura che ha affrontato sfide pesanti e che, nel contempo, a mio avviso, avrebbe potuto consentire di migliorare lo stato di salute dell'economia del Paese, se si fossero realmente fatte politiche di riduzione di tanta spesa corrente improduttiva legate alla spending review.

Il debito pubblico è cresciuto con una progressiva crescita che è arrivata a livelli preoccupanti, e restano per così dire inevase tante questioni ancora aperte che sono, dal nostro punto di vista, ancora da affrontare e che ci portano in costante divergenza rispetto a quello della sinistra. La disoccupazione, ad esempio, permane a livello emergenziale e continua ad essere un problema molto più serio di quanto le statistiche correnti ci dicono. La situazione economica delle famiglie e delle imprese permane difficile all'interno del timido quadro di miglioramento che si intravede. Per queste ragioni, ribadisco il voto contrario del gruppo di Fratelli d'Italia su entrambi i provvedimenti.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tabacci. Ne ha facoltà. Non lo vedo in Aula; si intende che vi abbia rinunziato.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pastorino. Ne ha facoltà.

LUCA PASTORINO. Grazie, Presidente. Il decreto di assestamento per l'anno 2017 al nostro esame prevede un peggioramento del saldo netto da finanziare di 21,9 miliardi per variazioni per atto amministrativo, c'è scritto così nella relazione. Quindi, tradotto in italiano, si tratta dell'impatto di 20 miliardi di euro su tale saldo del decreto n. 237 del 2016, che il Governo ha chiamato “salva risparmio”, ma che sarebbe più corretto chiamare “salva banche”, il quale ha comportato un incremento dell'acquisizione di attività finanziarie per tale somma, ovvero per oltre 20 miliardi. L'assestamento è stato poi aiutato, per così dire, dalla riduzione della spesa per interessi per circa 2 miliardi e dall'aumento delle entrate per circa 3 miliardi, dovuto alla ripresina in corso. Le spese sono state ridotte di circa un miliardo.

Alla fine, il saldo netto da finanziare peggiora in termini di competenze di 17,4 miliardi rispetto al dato indicato nella legge di bilancio per il 2017. Insomma, quando si tratta di finanziare gli istituti di credito non si bada a spese, non ci si preoccupa dei saldi di finanza pubblica; tutt'altra musica per la sanità, la scuola, le pensioni, il contrasto dei cambiamenti climatici e gli interventi per la cura del territorio. Con gli ultimi emendamenti presentati ieri dal Governo si finanziano ulteriormente di 100 milioni le spese generali del Ministero della difesa, mentre, per dare altri 18 milioni ai nostri servizi di informazione non si trova niente di meglio che toglierli alla cooperazione migratoria, alla faccia dell'“aiutiamoli a casa loro”. Il voto su questo provvedimento sul bilancio consuntivo del 2016 esprime un giudizio più generale sulle politiche di finanza pubblica di questo Governo e del Governo Renzi.

Il Governo si gloria della maggior crescita attuale. Vorrei riportare al riguardo alcune osservazioni dell'ex responsabile del prestigioso ufficio studi di Bankitalia, Pierluigi Ciocca. Questi afferma che sono i dati di una ripresa ciclica non consolidata delle componenti della domanda e mediocre sia in assoluto sia nel confronto internazionale, soprattutto mediocre rispetto a un crollo dei picchi ciclici trimestrali di dieci anni fa che si commisura negli scarti negativi seguenti: meno 6,8 per cento il PIL; meno 4,2 i consumi privati; meno 27 per cento gli investimenti; meno 21,4 per cento la produzione industriale; meno 2 per cento l'occupazione; più 7,1 le esportazioni. Ancor meno può usarsi la parola crescita: farlo è puro analfabetismo economico. Si ha crescita quando la progressione del prodotto, oltre ad essere tendenziale e non ciclica, più che da un maggiore impegno del lavoro e delle altre risorse già disponibili ma sottoutilizzate scaturisce principalmente da un'intensificata accumulazione di capitale unita a ricerca, innovazione, progresso tecnico. Non è purtroppo questo il caso dell'economia italiana oggi, nonostante la ripresina. La produttività langue su bassi livelli; lo stock netto di capitale flette; il prodotto orario del lavoro è diminuito sia nel 2015 sia nel 2016.

Accennavamo alle spese per il welfare. Alcuni dati sono significativi: il DEF 2017 prevede che il rapporto tra la spesa sanitaria e il PIL diminuirà dal 6,7 per cento nel 2017 al 6,5 per cento nel 2018 per poi precipitare al 6,4 per cento nel 2019, lasciando intendere che l'eventuale ripresa del PIL non avrà ricadute positive sul finanziamento pubblico del Servizio sanitario nazionale. La Corte dei conti quantifica che, nel periodo 2015-2018, la turnazione degli obiettivi di finanza pubblica ha determinato una riduzione cumulativa del finanziamento del Servizio sanitario nazionale di 10,51 miliardi di euro rispetto ai livelli programmati. La stessa Ragioneria generale dello Stato attesta che dal 2010 al 2016 la spesa sanitaria è diminuita mediamente dello 0,1 per cento annuo, mentre cresce la popolazione anziana. Altro elemento di riflessione riguarda le spese militari ed in particolare i programmi di acquisizione dei famosi F35, un programma originariamente previsto in più di 18 miliardi che sempre, secondo la Corte dei conti, ha visto raddoppiati i costi unitari e ha avuto un impatto occupazionale molto ridotto anche rispetto alle stesse previsioni iniziali. Si parla per il momento di circa 1.600 unità impegnate a fronte di una forchetta previsionale annunciata tra le 3.586 le 6.395 unità. È stata bocciata anche la modesta proposta dell'onorevole Damiano, presidente della Commissione lavoro della Camera, di bloccare l'aumento dell'età pensionabile, in particolare per le donne, la più alta d'Europa. Niente da fare: i tagli del welfare devono proseguire, due pesi e due misure. Adesso il Governo si appresta con la presentazione della Nota di aggiornamento del DEF 2017 a chiedere al Parlamento la deroga al percorso di avvicinamento verso l'obiettivo di medio periodo, il pareggio di bilancio. Non è la prima volta, anzi, se non vado errato, si tratta della quinta volta che ciò accade. La cosa ha un che di surreale, avendo il Parlamento tutto nella scorsa legislatura approvato la modifica dell'articolo 81 dalla nostra Costituzione che costituzionalizzava per l'appunto il pareggio di bilancio. Come Sinistra Italiana-Possibile non solo abbiamo presentato una proposta di modifica di tale norma ma, nel corso dell'iter della riforma costituzionale voluta dal Partito Democratico e da Renzi, abbiamo presentato un emendamento in tal senso che è stato respinto dalla maggioranza, la stessa che oggi mendica un voto trasversale per derogare alla norma che essa stessa ha fortemente voluto in Costituzione. Non saranno alcune parziali proposte correttive alla prossima legge di bilancio che determineranno una reale discontinuità con le politiche di austerità espansiva perseguite dal Governo. Serve una reale correzione di rotta rispetto alle politiche imposte dalle norme dell'Unione europea. Renzi aveva proposto di portare il deficit per cinque anni vicino al 3 per cento ma poi ha subito precisato che si tratta di un programma per la prossima legislatura, nel corso della quale con ogni probabilità il nostro non potrà essere Presidente del Consiglio. Dunque nient'altro che uno spot: D'altronde, da quando è stato Presidente di turno dell'Unione europea, Matteo Renzi non ha neanche accennato a qualsivoglia modifica dei Trattati europei. Non condividiamo inoltre l'utilizzo che si propone per la maggiore flessibilità di bilancio: la moltiplicazione di inutili bonus. Serve una politica di investimenti pubblici dedicata alla conversione ecologica del nostro sistema produttivo, a rimediare al dissesto idrogeologico del nostro Paese, alla messa in sicurezza antisismica dando lavoro qualificato a centinaia di migliaia di giovani. Francia e Germania mascherano i loro interessi nazionali sotto presunti ideali europeisti: l'Italia deve saper difendere i propri interessi nazionali e pesare in Europa. Il nostro Paese può gettare tutto il suo peso nella riforma del Fiscal compact che dovrebbe essere inserito entro quest'anno nei Trattati europei. Bisogna avere il coraggio di farlo pena la riduzione del nostro Paese a colonia di altri, come le recenti acquisizioni di nostri asset finanziari e produttivi dimostrano.

È questo un breve intervento, qualche passaggio su alcuni punti, che intende sottolineare e ribadire, com'è stato fatto ieri anche in Commissione bilancio, il voto estremamente contrario nel merito della politica del Governo e di quello precedente e, quindi, un voto contrario espresso anche in Aula dal gruppo di Sinistra Italiana-Possibile su entrambi i provvedimenti che verranno votati a breve (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Guidesi. Ne ha facoltà.

GUIDO GUIDESI. Grazie, Presidente. Premetto che la nostra sarà un'unica dichiarazione di voto sui due provvedimenti come da prassi. Inizio dalla questione che riguarda la crescita, la tanto paventata crescita da parte della maggioranza e del Governo soprattutto in questo ultimo periodo facendo riferimento anche alla vicina presentazione e discussione del DEF che avverrà la prossima settimana. Se fosse vero che le riforme del Governo hanno aiutato la crescita, la comparazione dei dati di crescita dello Stato italiano rispetto agli altri Stati europei non dovrebbe essere questa. Il Paese cresce circa un terzo rispetto agli altri Paesi europei e, se utilizzassimo la stessa argomentazione che usano la maggioranza e il Governo, potremmo dire che effettivamente le riforme che hanno fatto i Governi di centrosinistra sono state un limite alla crescita se comparate agli altri Paesi europei. Di sicuro hanno dato un po' di spunto e un po' di aiuto seppur piccolo…

PRESIDENTE. Gentilmente il banco del Governo…

GUIDO GUIDESI. …il superammortamento inserito in Industria 4.0 per gli investimenti; la rimodulazione e la riconferma degli incentivi che riguardano sia l'efficientamento energetico che la ristrutturazione edilizia. La previsione dei piani individuali di risparmio ha agevolato sicuramente chi li ha fatti, disponendo sostanzialmente una cancellazione dell'imposta di successione e storicamente ricordiamo quante discussioni politiche ci sono state sulla questione ma, raccogliendo molta liquidità, non hanno ancora aiutato gli investimenti nelle aziende e, da quel punto di vista, ci sarà da disporre sicuramente qualcosa all'interno legge di stabilità. Inoltre c'è stato il rientro dei capitali che ha portato attraverso un condono - lo chiamiamo così in maniera molto semplicistica ma quello è - alcune entrate nel bilancio e la rottamazione delle cartelle di Equitalia che anche in questo caso è una scelta che politicamente abbiamo condiviso ma francamente non è sicuramente coerente rispetto a quanto si è professato a suo tempo, quando le parti erano invertite in quest'Aula.

Tale è la discussione sostanzialmente sui dati di crescita cioè un Governo che finalmente ci dice che il Paese cresce e noi che vi diciamo: guardate che il Paese cresce un terzo rispetto agli altri Paesi europei per cui probabilmente le vostre riforme sono state un limite alla crescita, un blocco alla crescita perché altrimenti non si spiegherebbero questi dati. Inoltre vi è tutta la situazione reale: la crisi sociale che ha investito ed investe il Paese all'interno dei territori e sui cittadini è una crisi sostanzialmente irrisolta e in alcuni casi e in alcuni settori decisamente aggravata. La spesa sociale è aumentata solo ed esclusivamente per le prestazioni rispetto all'immigrazione e tutti gli emendamenti che abbiamo presentato sull'assestamento tendono a sopprimere le spese sull'immigrazione per immetterle nel sistema sociale dei cittadini italiani. Pertanto siamo in una situazione dove la crisi sociale è assolutamente ancora molto presente all'interno dei territori. Inoltre si assiste alla mancanza degli investimenti sui territori. Si è confermata una scelta che, dal nostro punto di vista, è una scelta totalmente demenziale e scellerata che è bloccare totalmente la possibilità di investimento da parte dei territori e da parte degli enti locali che hanno potenzialità di investimento non solo perché hanno risorse ma anche e soprattutto perché hanno gestito le proprie risorse con responsabilità e, per tale ragione, hanno capacità di investimento.

Voi avete confermato l'accentramento delle tesorerie uniche, il blocco, sostanzialmente, della possibilità di investimento e di spesa da parte dei comuni, non solo in materia di investimenti strutturali ma anche dal punto di vista del personale all'interno dei singoli comuni. Poi c'è stata la legge cosiddetta Delrio, che io non so se qualcuno di voi ha ancora il coraggio di difendere: una legge che ha sostanzialmente portato non solo al default delle province, ha cancellato la democrazia nella scelta di chi gestisce quegli enti, ma ha soprattutto causato danni incredibili rispetto al personale delle province, per cui al pubblico impiego, ed anche rispetto ai servizi che quegli enti davano. È inutile che ce lo nascondiamo: se dovesse quest'anno esserci un inverno molto nevoso, tutti quegli enti non riusciranno a rispondere in maniera qualitativamente positiva al servizio di sgombero della neve. È un piccolo dettaglio, ma per territori che sono assolutamente virtuosi è un dettaglio decisamente importante rispetto alle conseguenze che ha provocato quella normativa.

Trovo assurdo, in questo dibattito, nel dibattito che riguarda gli enti locali e le regioni, il silenzio assordante dei colleghi parlamentari lombardi e veneti. Silenzio assordante, perché, in una situazione come questa, è conseguenza naturale e normale che Lombardia e Veneto, private della capacità di investimento, private del gettito fiscale, di parte del loro gettito fiscale attraverso il residuo fiscale che hanno, chiedano ai loro cittadini un sostegno rispetto alla richiesta di maggiore autonomia. Noi continuiamo a pensare che quella sia la strada, che il vero nemico della spesa pubblica e degli sprechi, che il vero nemico dell'incancrenimento di questa struttura statale sia il centralismo.

E noi non siamo neanche convinti che le centrali di acquisto siano una risposta positiva alla revisione della spesa, alla razionalizzazione della spesa: mettere insieme una centrale d'acquisto A, che spendeva per una fornitura un euro, e una centrale d'acquisto B, che spendeva per una fornitura 2 euro, è logico che si crea una media di 1 euro e mezzo e lo spreco di mezzo euro in continuazione. La centralizzazione è la certificazione dello spreco, dal nostro punto di vista, e quello è il nemico. Il nemico è il centralismo, il nemico è la centralizzazione dei poteri.

E lì ci sono gli sprechi. Spesso e volentieri noi parliamo di come razionalizzare le società municipalizzate. Non facciamo alcuna differenza da questo punto di vista; però è giusto anche dirci che ci sono società municipalizzate che funzionano bene, che non hanno situazioni debitorie, che hanno servizi e che offrono servizi di grande qualità al territorio. Allora lì dobbiamo differenziare, dobbiamo differenziare su chi gestisce le amministrazioni e le società pubbliche in maniera oculata, e su chi invece crea spreco e assistenzialismo.

Sul debito pubblico: è ovvio, e lo si evince dai dati, che non si poteva peggiorare un record come quello del 2016. Di sicuro, la parte dove si sono utilizzati 20 miliardi di euro come “salva banche” è una parte rilevante, che magari poteva essere investita in altri modi: poteva essere investita per abbassare magari un po' la fiscalità, poteva essere investita su qualcosa che creasse realmente indotto. Si è fatta quella scelta. Ma il dato più rilevante è quello della situazione reale. Lo ribadiamo, la situazione occupazionale non migliora, i salari sono decisamente peggiorati, e qui continuiamo a combattere e a proporre un confronto rispetto alle possibilità che vengono date ad alcuni datori di lavoro, che sono le cooperative, che sfruttano i lavoratori: in alcuni casi, non in tutti, ma a questo bisogna mettere assolutamente un freno.

E non si pensi che la crisi, che c'è nell'edilizia, possa essere compensata da investimenti in palazzoni che andranno a possibili rifugiati, come abbiamo letto sulla stampa. Noi crediamo che ci possa essere un investimento sull'edilizia, però funzionale alla tutela ambientale, funzionale al rinnovamento, e lì noi pensiamo ci sia molto e tanto da fare.

PRESIDENTE. Deve concludere.

GUIDO GUIDESI. Sulla produttività, e concludo: noi siamo il Paese con la produttività più bassa, e la produttività non è dettata solo dalle prestazioni lavorative, ma dal fatto che non si sono ancora risolti i gravosi impedimenti che ci sono nelle attività economiche, riguardo alla giustizia, riguardo alla burocrazia, e riguardo soprattutto alla centralizzazione della spesa (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tancredi. Ne ha facoltà.

PAOLO TANCREDI. Presidente, intanto annuncio il voto favorevole di Alternativa Popolare sia sul rendiconto che sul documento successivo, che è quello dell'assestamento di bilancio. Anch'io voglio tenermi sulle linee generali e non scendere nei dettagli, e magari utilizzare anche un po' meno del tempo che mi è concesso.

Devo dire che, credo per la legislatura, ma anche per la mia esperienza personale ci troviamo in un momento storico: questo è l'ultimo rendiconto della legislatura che approviamo, e io credo che sia la fine di un ciclo, che però secondo me è cominciato in coincidenza con il mio inizio dell'esperienza parlamentare, nel 2008-2009; cioè è il ciclo di quei Governi che si sono determinati in un modo o nell'altro, o con caratteristiche un po' diverse l'uno dall'altro, ma secondo me in una sostanziale continuità. Tra l'altro sono tutti i Governi che io ho appoggiato, occasionalmente; ma si sono determinati ad una scelta di rigore sulla spesa pubblica, ad una riduzione della spesa pubblica e ad un'attenzione sui saldi, anche in collegamento con le indicazioni che ci dava l'Unione europea, e nella contemporaneità di una crisi fortissima, la più forte dal dopoguerra ad oggi.

Ecco, io in quei Governi vedo una sostanziale continuità: non sono d'accordo per esempio con chi attribuisce al Governo Monti un particolare accanimento sulle entrate e sul rigore, perché il Governo precedente, cioè quello Berlusconi-Tremonti, ha messo in piedi delle norme che ancora oggi resistono, e ancora oggi sono fonte di riduzioni di spesa e di rigore nelle amministrazioni pubbliche: il decreto-legge n. 78 del 2010, il n. 112 del 2008. E da lì che si è iniziata la forte attenzione sulla spesa pubblica, sulla riduzione della spesa e sull'efficienza e sul miglioramento dei saldi. È da lì che è iniziata la dinamica positiva di questi anni, testimoniata da questo documento: una dinamica positiva per esempio dell'indebitamento netto, che sicuramente ha visto l'Italia ai primi posti in Europa in termini di virtuosità rispetto alla discesa dello stesso. Così come anche sul debito pubblico: quest'ultimo è cresciuto, è vero, in questi otto anni, ma se andiamo a vedere la nostra dinamica di crescita del debito pubblico e i nostri volumi di crescita rispetto a quelli dei maggiori partner europei, vediamo che anche da quel punto di vista l'Italia è stata virtuosa; perché è chiaro che ci dobbiamo confrontare con un contesto, e non si può parlare in termini assoluti di riduzione o aumento del debito pubblico. Comunque anche su quel fronte, vediamo dopo questi 9-10 anni che ci sono risultati e aspettative confortanti da questo punto di vista.

La crescita: io non sono d'accordo con il collega che mi ha preceduto, Guidesi; è vero che noi abbiamo ancora un gap di crescita rispetto alla media dell'Unione europea, ma voglio ricordare che questo gap purtroppo ce lo abbiamo da trent'anni, non da oggi. Abbiamo delle caratteristiche strutturali appesantite; però questi ultimi anni, soprattutto l'ultimo anno, vedono nelle nostre previsioni di crescita una riduzione di quel gap.

È vero, siamo ancora al di sotto, ma quello che ci separa dalla media europea è un 25 per cento, a fronte di un 50 per cento, cioè eravamo alla metà della crescita europea, sostanzialmente, solo pochi anni fa. Quindi, anche da questo punto di vista, dobbiamo rivendicare con orgoglio questi risultati. Credo che è innegabile che rispetto a questi risultati ci sia il merito di un contesto internazionale, che naturalmente condiziona il nostro Paese in gran parte, e non potrebbe essere altrimenti, ma c'è anche il segno, che può essere considerato più o meno forte, di interventi fatti, e lo dico a questo punto differenziandomi dal resto, soprattutto in questa legislatura, che hanno aiutato questa maggiore crescita, rispetto alle previsioni e anche rispetto all'aumento che c'è stato nella media UE.

Presidente, l'orgoglio di chi ha sostenuto l'azione del Governo in questi anni è quello di vedere una dinamica dei saldi che dimostra politiche oculate e sensate rispetto alla spesa pubblica e alla nostra partecipazione all'Unione, anche in considerazione di quello che è il debito pubblico che ha questo Paese, che ci è stato lasciato dai Governi precedenti. Ma c'è anche l'orgoglio degli ultimi rendiconti, in questo e in quello precedente, di vedere alcune voci di spesa importanti che, pur - ripeto - nella buona dinamica dei saldi, sono aumentate, sono cresciute, forse non in maniera rilevante, ma ci sono, come la spesa per l'istruzione (certo qualcuno potrebbe non essere d'accordo su questo). Però, insomma, di fatto, c'è stato un impegno del Governo, da questo punto di vista, di discontinuità con quello che è stato fatto in precedenza o con quello che si poteva fare in precedenza; si pensi alla spesa per il sociale, agli aiuti alle imprese.

Non possiamo qui trascurare i dati che ci vengono dall'Istat e dai maggiori osservatori, che ci dicono di una produttività in aumento, di una produzione in aumento e soprattutto anche, un dato molto importante, una fiducia da parte degli imprenditori e delle imprese che è ai massimi livelli. Io credo che questo sia in parte, in buona parte, merito del segno che ha dato il Governo, soprattutto mi riferisco al Governo Renzi e in particolare al Governo Gentiloni, che, nell'ambito di risultati comunque confortanti dal punto di vista dei saldi, hanno contrattato e ottenuto degli spazi di flessibilità anticiclici a favore della crescita e del bilancio da parte dell'Unione. Li hanno ottenuti in forza di una politica seria anche dei Governi precedenti, li hanno ottenuti grazie ad un'azione diplomatica nell'Unione che spesso viene sottovalutata che io, invece, considero uno dei punti forti di questa legislatura e dell'azione di questo Governo. Quindi, da questo punto di vista, sicuramente vi è l'orgoglio per questo rendiconto. Naturalmente tutto si può migliorare, si può fare molto di più. Abbiamo vissuto periodi concitati, qualcuno ha ricordato di un po' di confusione su alcune norme, ma questo credo che per gli anni che abbiamo vissuto sia assolutamente normale e inevitabile.

Voglio fare un ultimo accenno al dato che, invece, in questo rendiconto, mi sembra più importante, più positivo, più in discontinuità, con quello che c'è stato negli anni passati. Soprattutto, anche qui, in questa legislatura (anche i Governi precedenti avevano comunque avuto come stella polare il non aumento delle tasse), abbiamo fatto forti riduzioni fiscali. Nei rendiconti degli anni passati non venivano premiati da un'effettiva diminuzione della pressione fiscale. Voi sapete che poi la pressione fiscale è un numero secco, le entrate sul PIL, che naturalmente nel rendiconto sono incontestabili. Abbiamo avuto delle novità forti, per esempio nel sistema europeo dei conti, che ha messo dentro la pressione fiscale delle quantità che prima non c'erano, e comunque abbiamo avuto dei recuperi straordinari anche dall'evasione.

E allora, questo dato, considerando il bonus degli 80 euro che ancora dal sistema europeo dei conti non viene considerato come riduzione di pressione fiscale, ma di fatto lo è, dimostra che noi abbassiamo, rispetto al 2015, nel 2016, di ben un punto la pressione fiscale. L'abbassiamo in presenza di misure molto forti sul recupero dell'evasione. Per esempio, la questione dello split payment ha portato diversi miliardi in più che naturalmente incidono negativamente sul dato della pressione fiscale. Attenzione, li ha portati a regime, così come l'odioso aumento di frequenze delle comunicazioni della fatturazione. So che qualcuno qui se ne è lamentato, purtroppo amici miei anche io me ne lamentavo quando venivano, però se si vanno a vedere i dati, poi effettivamente quelle misure hanno portato ad un aumento del gettito. Quindi, da questo punto di vista, avevano centrato coloro che invece sponsorizzavano quelle misure. Così come la disclosure, anche se è una tantum, ha portato, anche essa, una massa di entrate che vanno ad incidere su quel dato. Quindi, la pressione fiscale è in diminuzione e credo che per noi sia il dato migliore. Credo che potremo vantarci di questo anche per le prossime previsioni che ci saranno a breve, sui dati 2017-2018 (Applausi dei deputati del gruppo Alternativa Popolare-Centristi per l'Europa-NCD).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Melilla. Ne ha facoltà.

GIANNI MELILLA. Grazie, signor Presidente. Signor Vice Ministro, onorevoli colleghi, il Parlamento fa bene a discutere in modo approfondito questi provvedimenti, perché esercitiamo una funzione costituzionale molto delicata e importante, quella di controllare l'operato dell'Esecutivo per verificare, appunto, se il Governo abbia dato seguito in modo corretto alla gestione finanziaria prevista dalla legge di bilancio annuale, approvata nello scorso anno. Noi voteremo a favore perché riscontriamo, quindi, questa correttezza nella attuazione delle leggi di bilancio.

Naturalmente questo non vuol dire assolutamente entrare nel merito delle scelte contenute nella legge di bilancio. Ho sentito dei colleghi che si sono molto dilungati nel merito, ma non è questa la sede in cui discutere il merito di queste scelte; qui si discute semplicemente la correttezza nell'attuazione di quelle scelte da parte del Governo e da parte anche di varie amministrazioni autonome rispetto all'amministrazione dello Stato.

La struttura dell'atto, dell'intero atto, sia il Rendiconto generale dell'amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2016, che le disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2017, naturalmente devono essere viste nel loro insieme e facciamo bene, per prassi, a unificare la dichiarazione di voto su questi due disegni di legge. La struttura di questa manovra si presenta molto complessa, anche da un punto di vista tecnico, comprendendo, infatti, il conto consuntivo del bilancio e il conto consuntivo generale del patrimonio a valore, nonché i conti consuntivi allegati di alcune amministrazioni statali dotate di autonomia finanziaria.

In particolare, il conto generale del patrimonio risulta essere il documento contabile in grado di presentare la situazione patrimoniale dello Stato quale risulta in chiusura di esercizio per effetto delle variazioni e delle trasformazioni prodotte nei suoi componenti attivi e passivi dalla gestione di bilancio e da qualsiasi altra causa. Naturalmente, in estrema sintesi vorrei anche svolgere qualche riflessione in merito al fatto che il saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato per il 2016 presenta un valore negativo pari a 11,1 miliardi di euro, con un miglioramento, però, di 30,4 miliardi rispetto al saldo registrato nel 2015, che si era invece assestato ad un valore negativo di 41,5 miliardi. Il risparmio pubblico nel 2016 evidenzia, quindi, un miglioramento rispetto all'anno precedente, assestandosi a più 32,8 miliardi a causa sia dell'aumento delle entrate correnti (più 16,7 miliardi) sia della diminuzione della spesa corrente (meno 20,2 miliardi). Nel documento economico contabile si conferma poi un dato già noto: nel 2016 il PIL ai prezzi di mercato registra una crescita nominale dell'1,6 per cento rispetto all'anno precedente e una variazione in volume anch'essa di segno positivo, pari allo 0,9 per cento, confermando un dato in crescita quasi identico a quello registratosi nel 2015, che fu dello 0,8 per cento.

Non possiamo, però, non sottolineare che a dieci anni dalla crisi il PIL italiano è stimato ancora a livelli inferiori di quello del 2007 di quasi 8 punti, con una perdita cumulata di circa 800 miliardi di euro. I problemi investono sia il lato della domanda, con consumi inferiori del 5 per cento e investimenti inferiori di quasi il 30 per cento, sia il lato dell'offerta, con una perdita ulteriore di produttività del lavoro. Sono state adottate purtroppo in questi anni politiche economiche a nostro avviso inefficaci e sbagliate, perché se si continua a seguire una politica dell'offerta basata sulla contestuale riduzione della spesa e dell'imposta come via per recuperare la crescita e si sprecano a questo fine anche i margini di flessibilità ottenuti in sede europea i problemi di crescita e di aumento dell'occupazione non si avviano nella direzione di una risoluzione significativa.

In connessione funzionale con lo strumento del Rendiconto del bilancio bisogna procedere all'esame del disegno di legge di assestamento 2017 che, nel configurarsi come il primo a essere predisposto conformemente alle più recenti modifiche apportate alla legge di contabilità e finanza pubblica - e questo è un fatto grandemente positivo -, si conferma un atto non solo necessario ma fortemente opportuno per mettere a regime i margini di flessibilità concessi alle amministrazioni. È vero che il saldo netto da finanziare presenta una variazione di segno negativo pari nel complesso a 17,4 miliardi, tuttavia occorre sottolineare che il valore è comunque coerente con il limite massimo stabilito dall'allegato 1 della legge di bilancio 2017 come successivamente modificata. Si accoglie favorevolmente il risultato dell'aumento delle entrate per 2,8 miliardi e della riduzione della spesa per interessi per 1,9 miliardi. Altrettanto favorevolmente si registra il dato per cui le previsioni circa il risparmio pubblico migliorano rispetto a quelle iniziali per un valore di 2,9 miliardi. Bene anche il dato sulle entrate finali che aumentano di 5,3 miliardi rispetto alle previsioni, frutto di un incremento delle entrate tributarie per 1,8 miliardi e di quelle extra-tributarie per 3,5 miliardi.

Le proposte di assestamento formulate con il presente disegno di legge migliorano dunque i saldi di finanza pubblica sia aumentando le entrate sia con una riduzione delle spese finali, imputabile alla rilevante riduzione della spesa per interessi, sia riducendo il rimborso delle passività finanziarie. Il quadro economico si assesta con queste condizioni perché purtroppo si registra un peggioramento dell'avanzo primario e le previsioni assestate delle spese finali fanno registrare un incremento di 22,7 miliardi tanto a livello di spese correnti quanto a livello di spese in conto capitale.

Per questi motivi il gruppo Articolo 1 - Movimento Democratico e Progressista voterà a favore su questi due disegni di legge (Applausi dei deputati del gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palese. Ne ha facoltà.

ROCCO PALESE. Grazie, signor Presidente. Forza Italia voterà convintamente contro il Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'anno per l'esercizio finanziario 2016 e voterà contro l'assestamento del bilancio del 2017 producendo un'unica dichiarazione di voto.

Signor Presidente, poniamo alla sua attenzione e all'Aula quanto evidenziato dal referto della Corte dei conti che ha riscontrato anomalie, incongruenze ed irregolarità nel merito del Rendiconto 2016, soprattutto sulla componente residui. In pratica ci troviamo davanti ad una gestione con dati incompleti o, peggio, non veritieri; aumento consistente dei residui passivi con ritardi dei pagamenti nella pubblica amministrazione. Di fatto, signor Presidente, siamo di fronte al fallimento di uno degli obiettivi prioritari del Governo Renzi prima e Gentiloni ora sul problema dei tempi di pagamento della pubblica amministrazione. Questi invece di diminuire sono aumentati, con conseguente aumento dei residui passivi. È proprio di oggi la ricognizione fatta dal Corriere della Sera: “Lo Stato che non paga i debiti. Tolti alle imprese 43 miliardi”, che si aggiunge anche all'altro grande quadro che riguarda la spesa pubblica nella sanità. La sanità ha un debito con le PMI di 23 miliardi. Per non parlare dei comuni: oltre 100 hanno dichiarato il dissesto finanziario e 200 circa sono in pre-dissesto. Noi riteniamo che anche sulla situazione delle riforme tutti i risultati che dovevano essere dati anche dal punto di vista economico in positivo non siano stati ottenuti. Mi riferisco, per esempio, alla riforma delle ex province che ha provocato un disastro finanziario senza precedenti, tanto che viaggiano in deroga a qualsiasi legge di contabilità, senza bilanci ma solo con sommari consuntivi di fine anno. Anche nella versione netta sul Rendiconto, al netto delle regolazioni debitorie, il saldo di competenza è di segno negativo, in linea con i valori di segno negativo che si sono registrati nelle annualità precedenti sia per la competenza sia per la cassa.

E, ancora, si riscontrano anomalie ed incongruenze nelle contabilità delle amministrazioni. Un'analisi più approfondita pone in luce la sovrastima delle previsioni di bilancio per i capitoli o articoli nei quali si riscontrano criticità (si veda, signor Presidente, l'allegato C, volume 3, del referto). Altro dato allarmante che emerge dal Rendiconto è la presenza cospicua di minori entrate, sia come competenza sia come cassa. L'allegato 23 - referto della Corte dei conti - è stato espressamente escluso dalla dichiarazione di regolarità, non essendo stato possibile per la Corte riscontrare sempre gli elementi giuridico-contabili ad esso sottesi. Allo stesso modo sempre la Corte ha dichiarato non regolari i capitoli compresi nell'allegato 23 qualora gli stessi siano stati oggetto di mancata parifica nell'allegato 1 per le poste contabili relative alle fasi di versare residui e da versare competenze.

Quindi, all'esito dei controlli effettuati, signor Presidente, la Corte dei conti ha riscontrato l'esistenza di eccedenze di spesa rispetto alle previsioni definitive di competenza, alla consistenza dei residui e alle autorizzazioni definitive di cassa per i capitoli indicati nell'allegato 5, lettera a), della decisione, così come ha riscontrato che risultano non pervenuti o non ammessi a registrazione per riscontrate irregolarità o non registrati dalla Corte perché non si è ancora concluso il procedimento di controllo ai fini del mantenimento in bilancio delle relative poste in conto residui.

Signor Presidente, una bocciatura a 360 gradi di tutta la gestione dell'esercizio finanziario 2016 e anche, in parte, dell'assestamento, con l'aggravante che il debito pubblico aumenta giorno dopo giorno, in un contesto di grande preoccupazione, poiché la fase di acquisto dei titoli di Stato, da parte della BCE, si avvia purtroppo alla fase finale, con conseguente aumento dei tassi di interesse per il servizio del debito.

Un grosso punto interrogativo permane sul sistema bancario; alla fine del 2016, il Parlamento ha autorizzato, con venti miliardi di euro, sia il salvataggio di MPS, sia delle banche venete, ma solo per MPS, signor Presidente, già si prevedono costi complessivi, non quelli previsti al momento dell'emanazione del provvedimento, a carico dello Stato, non inferiori a 26 miliardi ed altri ancora ne occorreranno per le banche venete, nel momento in cui si dovrà realizzare il risultato finale, rispetto agli NPL.

Per non parlare, poi, signor Presidente, di una voce che non compare, che aleggia semplicemente; mi riferisco al problema derivati dello Stato; così come non possiamo non menzionare la situazione, visto che continuamente si fa leva sull'utilizzo del fondo di riserva, dei debiti fuori bilancio dello Stato, altro problema che non emerge da nessuna parte e che, invece, è un problema reale, gravissimo nel contesto della gestione finanziaria che il Governo ha portato.

Così come abbiamo riscontrato, signor Presidente, in tutto questo contesto, non solo nell'esercizio finanziario del 2016, ma anche negli anni precedenti, che la spesa per gli investimenti è in calo. Ora, non siamo in grado di utilizzare, per il 2016, i 2 miliardi di euro di flessibilità per la spesa per investimenti autorizzati dall'Unione europea per l'anno 2016, e non ci sono le motivazioni del perché mai la spesa per investimenti, che noi, con tanta fatica, riusciamo ad avere come flessibilità all'interno della trattativa con l'Unione europea, poi, nel nostro Paese non riusciamo ad utilizzarla.

Aumentata, è fin troppo evidente, risulta la disoccupazione, soprattutto quella giovanile e soprattutto nel Mezzogiorno; nonostante qualche zero virgola zero di crescita, bisogna rilevare, anche rispetto a qualche piccolo incremento del prodotto interno lordo, che siamo fanalino di coda in Europa, così come nei vari indicatori OCSE siamo quasi sempre o ultimi o penultimi.

Cosa dire, in tutto questo contesto, rispetto alla situazione del Mezzogiorno e dei Fondi strutturali? Noi, qui, siamo in un contesto veramente di grande responsabilità da parte del Governo; i Fondi strutturali per investimenti, che possono stimolare veramente la crescita, sono disponibili come competenza e cassa come non mai ma non vengono utilizzati, in un continuo scaricabarile tra le regioni - tutte, a gestione del centrosinistra - e il Governo. Ora, la preoccupazione riguarda anche l'azione che doveva essere svolta da quella fantomatica Agenzia per la coesione che non sappiamo dove sia finita, non ne abbiamo notizie, non ci risulta essere veramente importante per quello che è stato fatto, perché quella costa 5 milioni di euro all'anno come spesa di assistenza tecnica. Quanto al problema del credito d'imposta, abbiamo avuto anche una riduzione; rispetto al credito d'imposta, che doveva essere una cosa automatica, chiedete agli imprenditori, chiedete agli agenti di settore quante difficoltà ci sono rispetto alla situazione di questo automatismo.

Io penso che bisogna porre rimedio, da parte del Governo, con interventi efficaci, con interventi veri, mirati, perché le famiglie in stato di povertà sono veramente in aumento e questo è veramente un grave problema per il Paese. Il carico fiscale è enorme. Sappiamo perfettamente che non è stato fatto nulla. Allo stesso modo, il Governo dovrebbe spiegare perché mai, nel 2015, 2016, si prevedevano privatizzazioni, l'ultima nel 2016, per 3,5 miliardi di euro e, invece, non ne abbiamo avuto nessuna notizia, sono sparite completamente dall'agenda del Governo.

Per non parlare delle norme di salvaguardia sull'IVA, che noi spostiamo semplicemente di 10 miliardi, rispetto anche alla situazione generale di tutto quello che riguarda la contabilità dello Stato; quindi, continuiamo a spostare il problema, ma è una cosa che rimarrà sul groppone degli italiani e che avrà in eredità il prossimo Governo.

Potremmo continuare, signor Presidente, ma già questi sono motivi più che sufficienti per votare “no”. Il Paese ha bisogno di una scossa, ha bisogno di meno tasse, ha bisogno di meno Stato, di meno burocrazia, ha bisogno di più investimenti, più meritocrazia, più sicurezza, più difesa del risparmio, più difesa dei diritti fondamentali, della previdenza e dell'assistenza sanitaria dove, invece, rispetto al prodotto interno lordo, il fondo sanitario continua a diminuire e, soprattutto, la possibilità delle prestazioni continua a essere un problema serio rispetto ai ticket, alle liste d'attesa e a quant'altro. Occorre più lavoro per i giovani; per fare ciò c'è bisogno di un nuovo Governo, forte, autorevole e di centrodestra e gli elettori sono pronti a fare questo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cariello. Ne ha facoltà.

FRANCESCO CARIELLO. Grazie, Presidente.

PRESIDENTE. Le chiedo scusa, onorevole Cariello, ho saltato l'onorevole Auci. Le dispiace se facciamo parlare per dichiarazioni di voto l'onorevole Auci, poi le ridò la parola? Grazie.

Prego, onorevole Auci, ha facoltà di parlare per dichiarazione di voto.

ERNESTO AUCI. Grazie, Presidente. Cercherò di essere rapido, con alcune osservazioni veloci. È ben vero, come ho sentito prima, che oggi non si discute di questioni di merito per quel che riguarda bilancio e assestamento, ma ho sentito prima che, effettivamente, si è parlato molto di politica economica, si sono dette delle cose sulla crescita, si sono fatte valutazioni su come stiamo andando e su cosa si dovrebbe fare. Ora, io vorrei puntualizzare alcuni dati che possono essere utili per impostare la nostra discussione e anche le nostre divergenze su dati reali. In prima cosa, la crescita; noi stiamo crescendo a buon ritmo, come avete visto sono state aggiornate continuamente le previsioni in rialzo. Il gap rispetto al resto dell'Europa non si è mantenuto uguale, ma è diminuito; oggi, noi cresciamo meno del resto dell'Europa, ma cresciamo i due terzi del resto d'Europa e non meno della metà, com'era prima. Quindi, stiamo colmando gradualmente il gap. Sta andando bene l'export, sta andando discretamente la domanda interna, si stanno riprendendo gli investimenti, specie quelli privati. Abbiamo una crescita abbastanza sana e importante, basata soprattutto sull'industria, quindi, dobbiamo eventualmente pensare a cosa fare per rafforzare ancora la crescita dell'industria. Le politiche economiche fatte in questi anni, pur con qualche inevitabile errore, se volete, sono state, quindi, corrette; ci hanno portato lungo un sentiero abbastanza stretto a riacciuffare la crescita internazionale, abbiamo potuto aumentare l'occupazione di ben un milione di unità, anche se ci sono molti contratti a termine, ma i contratti a termine non sono precariato, sono una forma di, se volete, prudenza, in vista di non chiarezza sulle prospettive future. E, come avete visto da analisi internazionali negli ultimi tempi, la non chiarezza non è dovuta a questioni economiche, ma soprattutto ad incertezze politiche; quindi, questo Parlamento dovrebbe pensarci in maniera molto approfondita.

Degli investimenti pubblici si è detto; è vero, sono ancora insufficienti; sono stati tagliati negli anni passati, bisogna cercare di aumentarli e riportarli al livello a cui erano prima della grande crisi. Tuttavia, per far questo, non possiamo puntare, a mio avviso, su un incremento indiscriminato della spesa pubblica; sento, che, qui, molti vogliono rivedere il Fiscal compact, se rivedere il Fiscal compact vuol dire aumentare indiscriminatamente la spesa pubblica, magari dicendo che quel 3 per cento va superato e di molto o, comunque, non rispettando i parametri concordati con l'Europa, dubito che questa sia la ricetta giusta per il nostro Paese.

Questa ricetta, se attuata, non ci porterà più crescita, ma ci porterà dritto verso una crisi: quindi, meno crescita e meno occupazione.

Per quanto riguarda l'Europa, quindi, noi abbiamo, in questo momento, l'opportunità di partecipare al tavolo della ricostruzione dell'Europa, un tavolo che certamente si aprirà dopo le elezioni tedesche e dopo le elezioni francesi…

PRESIDENTE. Concluda.

ERNESTO AUCI. Presidente, non era ancora…

PRESIDENTE. Onorevole Auci, lei aveva saltato il turno, io le ho restituito il tempo. Lei mi ha detto che avrebbe parlato cinque minuti, io l'ho avvisata a sei minuti: manca un minuto ai cinque minuti. Questo è per la chiarezza di tutti.

ERNESTO AUCI. Grazie. Quindi, per quel che riguarda l'Europa dobbiamo partecipare al tavolo della ricostruzione dell'Europa facendo bene quello che dobbiamo fare. Circa il futuro, il nostro compito è rafforzare la competitività, riprendendo la strada delle riforme. Le poche o molte riforme che abbiamo fatto, in questo periodo, ci hanno aiutato e portato a questi livelli di crescita. Se sapremo riprendere la strada delle riforme e partecipare attivamente a quella che è la ricostruzione dell'Europa che si preannuncia, noi potremo rafforzare la crescita anche negli anni futuri.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cariello, con il quale mi scuso per prima. Ne ha facoltà.

FRANCESCO CARIELLO. Non c'è problema, Presidente, grazie. Come dicevo, oggi si discutono due documenti contabili e ragionieristici: è paradossale sentire come la discussione si stia portando sul confronto delle politiche economiche. Non è, a nostro avviso, questa la sede su questi due documenti, che semplicemente devono racchiudere in maniera ragionieristica quella che è stata la visione di politica economica di questo Governo e dei Governi precedenti. Quindi, non si fa altro che prendere atto di quelli che sono i numeri che dovrebbero rispondere alle previsioni che i Governi hanno voluto inserire nei documenti economici degli anni precedenti e nelle leggi di bilancio, su cui, realmente, in quella sede, ci si confronta sui temi e sulle visioni di politica economica.

Quindi, a nostro avviso, l'unica cosa che si può rilevare, in seguito a questo rendiconto e al successivo documento di assestamento finanziario 2017, è l'aumentata leggibilità dei documenti, grazie anche alla riforma dei documenti contabili; ma è soltanto una modalità con cui andiamo a visionare, appunto, questi documenti. Quindi, una maggiore leggibilità, ma, come anche è stato rilevato nelle discussioni, questa maggiore leggibilità non è andata anche nel verso di una maggiore e più incisiva trasparenza nei dettagli delle singole missioni.

Vediamo, per esempio, le missioni relative alla salute e alla difesa, in cui i dati aggregati, magari, sono ben esplicitati e si riescono veramente a leggere in maniera semplice, peccato che manca tutta una serie di specificità e di dettagli per poter realmente rendere il Parlamento autonomo in un'analisi completa di questa documentazione. Questa è la valutazione che mi sento di fare sui documenti in sé.

È chiaro che i numeri sono il frutto delle politiche economiche di questi Governi, che noi non condividiamo e, quindi, automaticamente, il nostro voto sarà negativo sia sul rendiconto che sull'assestamento che andremo a votare più avanti; ma, di fatto, rimane un dato inequivocabile, su cui penso si possa misurare anche la politica dei Governi Renzi, Gentiloni e anche Letta precedentemente, insomma di tutto il quadriennio del Partito Democratico, ed è il rapporto debito-PIL.

Questa era la legislatura che nasceva a seguito del Governo Monti, quindi in piena austerità, e che avrebbe dovuto determinare un'inversione di tendenza nel rapporto debito-PIL. Dati alla mano, visto che i numeri li mettete per giustificare un po' le vostre politiche, abbiamo un rapporto debito-PIL che si è assestato sul 132 per cento.

Quest'anno, con il nuovo DEF che avete da poco varato, c'è una correzione, grazie ai miglioramenti lievi sul PIL, che si porterà al 131,6, ma nel 2014 eravamo al 131,8: quindi, praticamente, questa inversione di tendenza dove la vedete? Dov'è? Cosa ha prodotto l'austerità? Cosa hanno prodotto le politiche di tagli indiscriminati? Perché, poi, anche grazie al fatto che con questi documenti voi ribadite che si è ripreso un po' il controllo delle finanze pubbliche, si riesce veramente a tenere sottocchio e sotto controllo la spesa pubblica, ma, in realtà, non c'è stato un efficientamento della spesa pubblica.

Quello che noi abbiamo sempre ribadito è che la spesa pubblica, come spending review, intesa proprio come revisione della spesa, non va semplicemente intesa come riduzione della spesa, bensì come un efficientamento della stessa, con aumento della sua produttività. Non è tagliando e togliendo soldi ai servizi essenziali o, magari, facendo gravare sugli enti locali gli equilibri di finanza pubblica e, quindi, l'eliminazione di alcuni capitoli di spesa che si fa efficientamento della spesa pubblica: quello è semplicemente taglio lineare, sono tagli indiscriminati che sono proseguiti nei vari Governi, ma il dato finale è che il rapporto debito-PIL è sempre lì. Quindi, la valutazione è tutta basata su questi dati e il nostro voto è fortemente contrario.

Mi preme sottolineare anche come, nel lontano 2014, il Governo, sempre targato PD, faceva riferimento alle privatizzazioni come una grossa leva per poter ridurre sensibilmente quel debito. Il Ministro Morando nella discussione generale ha detto, giustamente, che dobbiamo pensare di vendere alcuni asset dello Stato, non di svenderli, e questo non è il momento opportuno, perché, altrimenti, si andrebbe a svenderli. Ma, allora, mi chiedo: come mai fu messo, all'epoca, un piano di svendita, a questo punto, per poter abbassare il rapporto debito-PIL, quando, poi, effettivamente, non lo si è andato a percorrere, quando non si sono trovati anche quei risultati per poter correggere realmente il rapporto debito-PIL?

Quindi, è una situazione praticamente in stallo da quattro anni a questa parte; una situazione che non cambierà, credo, anche fino a fine legislatura: ormai questo è l'ultimo rendiconto che ci apprestiamo, come Parlamento, ad approvare. Ribadisco ancora la necessità che si vada veramente a confrontarsi sulle politiche di spesa pubblica nella prossima legge di bilancio, che è l'ultima, sperando di porre le basi di una reale revisione della spesa pubblica e di una reale inversione di tendenza. Per questi motivi, noi voteremo in modo contrario sia al Rendiconto dello Stato che al disegno di legge di assestamento 2017 (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marchi. Ne ha facoltà.

MAINO MARCHI. Grazie, Presidente. Vorrei innanzitutto fare una valutazione di metodo. Noi abbiamo fatto un esame tradizionale del Rendiconto, sostanzialmente in Commissione bilancio e in modo rapido, anche per farlo prima delle prossime importanti scadenze: la Nota di aggiornamento al DEF e la legge di bilancio; non è l'esame sull'insieme delle entrate e delle spese e sui risultati ottenuti in ogni comparto della pubblica amministrazione, coinvolgendo tutte le Commissioni, che abbiamo disegnato riformando la legge di contabilità.

Il bicameralismo, da questo punto di vista, certamente, non aiuta, ma il bicameralismo rimarrà ancora a lungo, così come l'abbiamo conosciuto fin qui. E allora, siccome, invece, è importante che il Parlamento lavori in modo diverso sul rendiconto, nella prossima legislatura credo che il Parlamento dovrà valutare come poterlo fare in un regime, appunto, di bicameralismo perfetto.

Entrando nel merito e per evitare di essere accusato di trionfalismo, comincerò da quattro problemi consistenti con cui dobbiamo misurarci: il livello di povertà, che tocca una parte consistente della popolazione in termini di rischio di povertà o di esclusione sociale e il crescente livello di popolazione in povertà assoluta. L'elevato livello di disoccupazione, che è la questione più rilevante sul piano sociale; il gap Nord-Sud, che è un'altra questione storica del nostro Paese; la questione della caduta degli investimenti negli anni della crisi. Su questi temi, siamo andati avanti o indietro nel 2016? Penso che su tutti abbiamo fatto passi avanti, passi avanti verso la costruzione di un moderno sistema di protezione contro il rischio di povertà assoluta, con aiuti economici e percorsi di reinserimento, che ha portato nel marzo di quest'anno all'approvazione della legge delega sul contrasto alla povertà, a cui si è arrivati anche per le maggiori dotazioni finanziarie per la lotta alla povertà decise con la legge di stabilità 2016.

Sul versante dell'occupazione, l'aumento dei posti di lavoro di poco meno di un milione negli ultimi anni, compreso il 2016, è un dato importante, non per dire che siamo arrivati, ma per porci l'obiettivo di ridurre ulteriormente la disoccupazione, non solo sotto il 10 per cento, ma non si potrà credo essere soddisfatti almeno finché non si saranno raggiunti i livelli pre-crisi. Noi puntiamo sul lavoro, per dare dignità e futuro alle persone. Per questo non pensiamo che la soluzione sia di dare sussidi, ma di aiutare a trovare lavoro e di aiutare le imprese a crearlo.

Gap Nord-Sud. Nel 2016, così come nel 2015, il Mezzogiorno è cresciuto più del resto del Paese. Vi è stato il consolidamento degli accordi dei piani per l'uso dei fondi europei, nel 2016 abbiamo ripristinato il credito di imposta per gli investimenti al Sud, che risultati sta già dando. Gli investimenti restano un grande problema, ma per quelli privati si sono individuati strumenti come il super-ammortamento, già dal 2016, e l'iper-ammortamento, dal 2017, che stanno dando risultati molto significativi. Per gli investimenti pubblici non è più un problema di risorse - quelle le abbiamo messe - ma di funzionamento della macchina pubblica, su cui occorre intervenire. I bandi di gara sono diminuiti dal 2015 al 2016, secondo il Cresme, in valore da 26 a 19,2 miliardi (meno 26,1 per cento) e in numero da 18.720 a 16.909 (meno 9,7 per cento), nonostante l'aumento di risorse, e problemi analoghi si sono riscontrati per gli enti locali. Quindi, occorre intervenire sui meccanismi burocratici e tecnici.

Un'altra grande difficoltà è la crescita. Dal 2014 siamo usciti dalla recessione e entrati in una fase di ripresa, pari alle previsioni e diverse volte superiore alle stesse. È una crescita bassa, lo sappiamo, ma d'altra parte, in questo inizio di secolo e di millennio, solo nel 2006 si superò il 2 per cento, con il Governo Prodi, Governo mandato a casa dalla sinistra del bicchiere sempre mezzo vuoto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), e anche chi promise il 6 per cento, dicendo che il 3 del 2000 era troppo basso, poi ci portò alla crescita zero. Colpa dell'11 settembre, si è detto, perché c'è sempre qualcuno o qualcosa a cui dare la colpa del non mantenimento di promesse mirabolanti. La bassa crescita viene dagli anni Novanta e non si recupera in un anno. Il fatto che cresciamo meno della media europea resta certamente un problema, a cui la maggioranza e il PD non si sottraggono, ma bisogna guardare anche alle tendenze. Il Vice Ministro Morando ha sottolineato più volte, in questi giorni, che la crescita italiana è stata nel 2015 inferiore al 50 per cento di quella media europea, nel 2016 inferiore del 50 per cento rispetto alla media europea, nel 2017 si tende ad una crescita inferiore del 25, cioè quel gap si riduce, anche grazie alle riforme che abbiamo fatto ed è un gap che ha una causa sostanziale: il settore edile delle costruzioni. Confermare e ampliare gli incentivi per l'eco-bonus e sisma-bonus, da una parte, far ripartire gli investimenti pubblici dello Stato e dei comuni, dall'altra, è la via per superare questa differenza.

Un altro dato da sottolineare, senza trionfalismi: in questa legislatura le previsioni sul PIL, deficit-PIL, saldo primario, spesa per interessi, si sono sempre realizzate, e qualche volta in meglio. Non è quasi mai successo in passato; adesso ci siamo abituati e sembra normale, ma normale non è. La correzione dell'Istat di questi giorni sul deficit - 2,5 invece di 2,4 - non cambia nella sostanza, che è quella di una progressiva riduzione del deficit, ancora più consistente nel 2017, che continuerà nel 2018, in un quadro di crescita più alta delle stime precedenti, con un debito pubblico che si stabilizza: è cresciuto di circa tre punti nella prima fase della legislatura, dal 2015 comincia a scendere.

Resta certamente il problema più serio, di certo la soluzione non è l'austerità, perché con l'austerità il rapporto debito/PIL è notevolmente cresciuto, causa la recessione, e non è nemmeno la spesa senza limiti. La via principale è la crescita, con più crescita si è avviato il calo del debito sul PIL, proprio negli ultimi anni, è una via stretta, si può pensare a vie più aggressive, per mettersi al riparo da fasi di aumento dei tassi di interesse e dello spread, aggressività che non può essere ristrutturazione del debito, cioè farlo pagare a chi ha investito in titoli di Stato, né riduzione draconiana della spesa pubblica. Può valutarsi, in una fase diversa del mercato - quella che si sta aprendo adesso -, la valorizzazione del patrimonio pubblico, che però, appunto, non sia svendita.

Altro elemento significativo di questi anni: la riduzione della pressione fiscale. Rimane sempre alta, c'è ancora molto da fare, però si è passati dal 43,3 per cento del 2015 al 42,9 del 2016, che è di fatto 42,3, perché gli 80 euro sono una riduzione fiscale di 10 miliardi sul lavoro dipendente e non una spesa, al di là delle classificazioni statistiche. Vi sono state misure strutturali, come quella degli 80 euro, appunto, come quella della riduzione dell'IRAP in relazione al lavoro dipendente stabile, come quelle sulla prima casa. Va anche considerato che nel dato della pressione fiscale rientra il maggior gettito derivante da misure anti evasione, come lo split payment, per cui la riduzione sui contribuenti che hanno sempre pagato è di fatto ancora maggiore. Ovviamente, la lotta all'evasione fiscale è rimasta lo strumento principale di maggiori entrate nel 2017 e presumibilmente lo sarà anche per il 2018.

Alcune valutazioni, poi, su due aspetti specifici. Il primo è relativo alle autonomie locali. È indubbio che dopo le decisioni sulla TASI-prima casa e altre sull'IMU, l'autonomia finanziaria si è ridotta, è aumentata la finanza derivata. Non è un problema risolvibile in questa legislatura, ma nella prossima certamente dovrà essere affrontato. Resta problematica la situazione delle province. Nel 2016 e nel 2017, e soprattutto in questo anno, abbiamo fatto, però, interventi che hanno tamponato la situazione; dovrà essere la principale destinazione di risorse sulle autonomie territoriali nel 2018, ultimo anno problematico, in quanto dal 2019 non vi saranno più gli effetti dei tagli del DL 66/14. In questi anni, però, abbiamo su superato il patto di stabilità interno e questo è un grande risultato. Non basta per rilanciare gli investimenti degli enti locali al livello che vorremmo, ma siamo sulla strada giusta.

Nella prossima legge di bilancio il tema degli investimenti e degli enti locali dovrà trovare un ulteriore impulso, così come mi auguro il superamento di vincoli ordinamentali che con il pareggio di bilancio non hanno più senso.

L'altra questione è quella della scuola. Se guardiamo all'analisi delle spese per le principali missioni, vediamo che a fronte di una spesa che si è ridotta del 3,1 per cento dal 2016 rispetto al 2015, quella sull'istruzione invece è aumentata.

PRESIDENTE. Concluda.

MAINO MARCHI. E questo vale anche per l'istruzione universitaria; cioè noi abbiamo investito su questo settore, passando da 49 miliardi a 53 nel 2016.

Per queste ragioni e per i dati complessivi del rendiconto 2016 e dell'assestamento 2017, il voto del gruppo parlamentare del Partito Democratico - questo vale anche come dichiarazione di voto per quanto riguarda l'assestamento - sarà favorevole (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

Prima di passare al voto, salutiamo gli alunni e i docenti della scuola media statale “Don Salvatore Vitale” di Giugliano, in Campania, in provincia di Napoli, che assistono ai nostri lavori in tribuna (Applausi).

(Votazione finale ed approvazione – A.C. 4638)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.

Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge n. 4638: S. 2874. - "Rendiconto generale dell'amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2016" (Approvato dal Senato).

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 23).

(Esame degli articoli - A.C. 4639)

PRESIDENTE. Passiamo ora all'esame degli articoli del disegno di legge n. 4369, recante disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle Amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2017.

Avverto che, in data 27 settembre, dal Senato è pervenuta una rettifica formale al testo del disegno di legge A.C. 4639 “Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle Amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2017”, concernente la struttura delle tabelle che riportano le modificazioni approvate dal Senato.

È pertanto in distribuzione, da questa mattina, lo stampato corretto (Vedi l'allegato A).

Informo l'Assemblea che, in relazione al numero degli emendamenti presentati, la Presidenza applicherà l'articolo 85-bis del Regolamento, procedendo in particolare a votazioni per principi o riassuntive, ai sensi dell'articolo 85, comma 8, ultimo periodo, ferma restando l'applicazione dell'ordinario regime delle preclusioni e delle votazioni a scalare.

A tal fine il gruppo Lega Nord e Autonomie e il deputato Iannuzzi Cristian sono stati invitati a segnalare gli emendamenti da porre comunque in votazione.

(Esame dell'articolo 1 - A.C. 4639)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1, con le annesse tabelle, e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A).

Se nessuno chiede di intervenire sul complesso degli emendamenti riferiti all'articolo 1, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

MARCO MARCHETTI, Relatore. Presidente, rispetto all'articolo 1, su tutti gli emendamenti c'è un invito al ritiro o parere contrario.

PRESIDENTE. Il Governo?

ENRICO MORANDO, Vice Ministro dell'Economia e delle finanze. Parere conforme al relatore.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tab. 2.1 Palese, con il parere contrario di Commissione e Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 24).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tab. 2.2 Colonnese, con il parere contrario di Commissione e Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 25).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tab. 2.3 Lorefice, con il parere contrario di Commissione e Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 26).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tab. 2.4 Lorefice, con il parere contrario di Commissione e Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 27).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tab. 2.5 Nesci, con il parere contrario di Commissione e Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 28).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tab. 2.6 Nesci, con il parere contrario di Commissione e Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 29).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tab. 2.7 Silvia Giordano, con il parere contrario di Commissione e Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 30).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tab. 4.1 Palese, con il parere contrario di Commissione e Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 31).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tab. 4.2 Palese, con il parere contrario di Commissione e Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 32).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tab. 4.3 Palese, con il parere contrario di Commissione e Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 33).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tab. 8.1 Guidesi, con il parere contrario di Commissione e Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 34).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tab. 8.2 Guidesi, con il parere contrario di Commissione e Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 35).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tabella 8.3 Guidesi, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 36).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tabella 8.4 Guidesi, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 37).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tabella 8.5 Guidesi, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 38).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tabella 8.6 Guidesi, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 39).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tabella 10.1 Cristian Iannuzzi, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 40).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tabella 14.1 Grillo, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 41).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1, con le annesse tabelle.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 42).

(Esame dell'articolo 2 - A.C. 4639)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 2 (Vedi l'allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.

Passiamo dunque ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 43).

(Esame dell'articolo 3 - A.C. 4639)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 3 (Vedi l'allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.

Passiamo dunque ai voti.

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 44).

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 4639)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A).

Se nessuno chiede di intervenire per illustrare gli ordini del giorno presentati, invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere.

ENRICO MORANDO, Vice Ministro dell'Economia e delle finanze. Grazie, signor Presidente. Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno n. 9/4639/1 Fossati; mentre esprime parere contrario sull'ordine del giorno n. 9/4639/2 Martelli; esprime parere favorevole sui seguenti ordini del giorno n. 9/4639/3 Melilla, n. 9/4639/4 Albini, n. 9/4639/5 Guidesi, n. 9/4639/6 Allasia, n. 9/4639/7 Borghesi, n. 9/4639/8 Grimoldi e n. 9/4639/9 Invernizzi. Il Governo esprime parere contrario sugli ordini del giorno n. 9/4639/10 Molteni, n. 9/4639/11 Pini, n. 9/4639/12 Rondini e n. 9/4639/13 Saltamartini. Il Governo esprime parere favorevole sugli ordini del giorno n. 9/4639/14 Simonetti, n. 9/4639/15 Borghi e n. 9/4639/16 Palese.

PRESIDENTE. A questo punto vorrei sapere dai colleghi, in particolare della Lega, se consideriamo accolti e, quindi, non si insiste per la votazione degli ordini del giorno sui quali il Governo ha espresso parere favorevole; mentre presumo che votiamo soltanto gli ordini del giorno sui quali il Governo ha espresso parere contrario. Sta bene.

Onorevole Fossati, il parere sull'ordine del giorno n. 9/4639/1 è favorevole e quindi presumo che anche per lei valga lo stesso principio. Mentre invece, onorevole Martelli, il parere sull'ordine del giorno n. 9/4639/2 è contrario.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/4639/2 Martelli con il parere contrario del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 45).

Ordine del giorno n. 9/4639/3 Melilla: parere favorevole; ordine del giorno n. 9/4639/4 Albini: parere favorevole; ordine del giorno n. 9/4639/5 Guidesi: parere favorevole; ordine del giorno n. 9/4639/6 Allasia: parere favorevole; ordine del giorno n. 9/4639/7 Borghesi: parere favorevole; ordine del giorno n. 9/4639/8 Grimoldi: parere favorevole; ordine del giorno n. 9/4639/9 Invernizzi: parere favorevole. Ordine del giorno n. 9/4639/10 Molteni: parere contrario. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/4639/10 Molteni.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 46).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Gianluca Pini n. 9/4639/11, con il parere contrario del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 47).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Rondini n. 9/4639/12, con il parere contrario del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 48).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Saltamartini n. 9/4639/13, con il parere contrario del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 49).

Ordine del giorno Simonetti n. 9/4639/14, parere favorevole. Ordine del giorno Borghi n. 9/4639/15, parere favorevole. Ordine del giorno Palese n. 9/4639/16, parere favorevole.

È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 4639)

PRESIDENTE. Dovremmo ora passare alle dichiarazioni di voto finale.

Prendo atto che gli onorevoli Latronico, Tabacci, Guidesi, Tancredi, Melilla, Palese, Cariello e Marchi, che avevano chiesto di parlare per dichiarazione di voto, rinunziano ad intervenire. Preciso, per chi ci ascolta, che le rinunzie sono dovute al fatto che gli interventi erano complessivi con quelli che abbiamo fatto sul Rendiconto.

(Votazione finale ed approvazione – A.C. 4639)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.

Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge n. 4639: S. 2875 - “Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle Amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2017” (Approvato dal Senato).

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 50).

Dovremmo ora passare al seguito dell'esame del testo unificato delle proposte di legge recante disposizioni concernenti la coltivazione e la somministrazione della cannabis a uso medico. Essendo la Commissione bilancio convocata alle ore 14,15 per l'espressione del parere sul testo e sulle proposte emendative presentate, sospendiamo la seduta fino alle ore 15 in attesa di tale parere. La seduta è sospesa.

La seduta, sospesa alle 13, è ripresa alle 15.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alfreider, Artini, Dellai, Fico, Garofani, Laforgia, Mannino, Marcon, Pisicchio, Portas, Rampelli, Sanga e Sottanelli sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.

I deputati in missione sono complessivamente centododici, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Colleghi, ricordo che alle ore 14,15 era convocata la Commissione bilancio per l'espressione del parere sul testo e sulle proposte emendative presentate al testo unificato delle proposte di legge recante disposizioni concernenti la coltivazione e la somministrazione della cannabis a uso medico.

Chiedo al vicepresidente della V Commissione, Fanucci, quale sia l'esito di tale riunione.

EDOARDO FANUCCI, Vicepresidente della V Commissione. Grazie, Presidente. Le confermo quanto da lei annunciato con riferimento al progetto di legge recante disposizioni concernenti la coltivazione e la somministrazione della cannabis ad uso medico. Il Governo ha depositato agli atti della Commissione bilancio, la nostra Commissione, in data odierna, una nota della Ragioneria generale dello Stato che evidenzia alcuni profili problematici dal punto di vista finanziario. Alla luce dei predetti rilievi, la Commissione non ha potuto esprimere il proprio parere, ma ha, tuttavia, deliberato di chiedere al Governo la predisposizione, nel termine di quattro giorni, di una relazione tecnica, ai sensi dell'articolo 17, comma 5, della legge n. 196 del 2009.

PRESIDENTE. Prendo atto di quanto rappresentato dal vicepresidente Fanucci.

Il seguito dell'esame del provvedimento non potrà pertanto avere luogo nella seduta odierna e, secondo quanto stabilito in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo dello scorso 26 settembre, sarà iscritto all'ordine del giorno della seduta di martedì 31 ottobre.

Sui lavori dell'assemblea.

PRESIDENTE. Avverto che, con lettera in data 27 settembre 2017, il presidente della Commissione finanze ha rappresentato che l'ufficio di presidenza della Commissione ha concordato in ordine all'esigenza di chiedere il rinvio a lunedì 16 ottobre dell'inizio dell'esame in Assemblea del testo unificato della proposta di legge n. 3411 in materia di compensazione e certificazione dei crediti nei confronti delle pubbliche amministrazioni, previsto dal vigente calendario dei lavori a partire lunedì 2 ottobre.

Conseguentemente, il provvedimento sarà iscritto all'ordine del giorno della seduta di lunedì 16 ottobre, prima degli argomenti già previsti, per lo svolgimento della discussione sulle linee generali e, a partire dalla seduta di martedì 17 ottobre, per il seguito dell'esame, anche in questo caso prima degli argomenti già previsti.

Avverto, inoltre, che nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna sarà pubblicato lo schema recante l'organizzazione dei tempi della proposta di legge n. 1994-B, recante disposizioni in materia di criteri per l'esecuzione di procedure di demolizione di manufatti abusivi (Vedi l'allegato A).

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il collega Melilla. Non lo vedo.

Ha chiesto quindi di parlare la collega Anna Giacobbe. Ne ha facoltà.

ANNA GIACOBBE. Grazie, Presidente. Intervengo per sollecitare la risposta all'interrogazione, al Ministro dello sviluppo economico, n. 3-03197 del 28 luglio 2017, sulle prospettive industriali della Piaggio Aero e delle sue attività produttive nel territorio ligure. interrogazione nella quale chiediamo quali iniziative intenda adottare il Governo per garantire che l'azienda mantenga gli impegni presi con le istituzioni e le organizzazioni sindacali, considerato il livello strategico delle attività svolte da Piaggio Aero. L'azienda ha più volte, a più riprese, annunciato di voler cedere le attività della divisione motori; è di ieri la notizia divulgata dall'agenzia Reuters, secondo la quale la proprietà di Piaggio Aero intenderebbe vendere il ramo d'azienda che produce jet executive a un consorzio cinese a sostegno statale. L'ultimo incontro con le parti presso il MISE risale all'agosto 2016. Il Governo ha titolo ad esercitare per Piaggio i poteri speciali nei settori della difesa e della sicurezza ed è, quindi, urgente che si dia conto alle istituzioni locali e alle organizzazioni dei lavoratori dei criteri che il Governo intende seguire nell'esercizio di quei poteri, per garantire che l'azienda mantenga gli impegni assunti con l'accordo di programma del 2014.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la collega Patrizia Maestri. Ne ha facoltà.

PATRIZIA MAESTRI. Presidente, voglio solamente richiamare l'attenzione del Parlamento e del Governo sull'annunciata chiusura da parte della direzione aziendale dello stabilimento Froneri di Parma, una multinazionale con sede in Gran Bretagna, nata nell'ottobre del 2016, come joint venture fra Nestlé e R&R Ice Cream, specializzata nel settore del gelato, del surgelato e del settore lattiero caseario refrigerato. Fra le sedi produttive di Froneri vi è, appunto, lo stabilimento di Parma, ex Nestlé, adibito al confezionamento di gelati, e nel quale sono impiegati 180 lavoratori fissi che nel periodo stagionale diventano 250. Nonostante l'azienda, nel luglio di quest'anno, abbia smentito alle RSU le prime voci circa l'imminente intenzione di Froneri Italia di cessare l'attività, ieri il management dell'azienda ha comunicato alle RSU l'intenzione, quindi, di chiudere lo stabilimento e avviare la conseguente procedura di licenziamenti collettivi. Immediatamente i lavoratori presenti hanno dichiarato lo stato di agitazione, il blocco degli straordinari e delle flessibilità, ed hanno dato mandato ai sindacati di intraprendere tutte le iniziative utili per l'annullamento delle procedure di licenziamento e l'avvio di un confronto. Il sito produttivo ex Nestlè di Parma è parte integrante del patrimonio industriale e provinciale di Parma, ed è inserito in quella filiera di produzione alimentare di cui la città emiliana è simbolo dell'Italia nel mondo. La sua chiusura avrebbe conseguenze non trascurabili sull'industria parmense e sui livelli occupazionali, determinando la perdita di oltre 200 posti di lavoro.

Questa mattina, insieme al collega Giuseppe Romanini, ho presentato un'interrogazione ai Ministri del lavoro, Poletti, e dello sviluppo economico, Calenda, chiedendo la rapida convocazione di un tavolo di confronto con l'azienda e il sindacato. Siamo personalmente e politicamente vicino ai lavoratori che vedono minacciata la parte occupazione, e solidali con le famiglie e la città. Con questo intervento ho voluto portare in Parlamento la voce dei lavoratori che tra qualche minuto si ritroveranno in presidio davanti ai cancelli dello stabilimento di Parma. Siamo con voi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il collega Ribaudo. Ne ha facoltà.

FRANCESCO RIBAUDO. Presidente, come lei sa, il prossimo mese di ottobre si aggiorneranno le graduatorie del personale ATA, e c'è un'incongruenza, una discriminazione, per quanto riguarda il riconoscimento del punteggio per coloro che hanno lavorato appunto nei centri di formazione professionale. A tale scopo ho presentato un'interrogazione - e a questo punto diventa urgente avere una risposta da parte del Governo , la n. 3-03150, del 10 luglio 2017, che è volta proprio a chiedere al Governo quali iniziative intenda assumere per capire qual è il riconoscimento dei titoli di servizio per il personale degli istituti parificati e nei centri di formazione professionale. Rammento e ricordo che, mentre per gli insegnanti questo punteggio viene riconosciuto nelle graduatorie, per il personale ATA non viene riconosciuto, quindi c'è una discriminazione di fatto, perché di fatto lavorano nello stesso comparto, quindi dovremmo capire che cosa è successo. Quindi, ne sollecito appunto la risposta, proprio perché dal 1° ottobre i lavoratori devono sapere cosa possono scrivere nelle relative istanze.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il collega Achille Totaro. Ne ha facoltà.

ACHILLE TOTARO. Presidente, volevo suo tramite far presente e ricordare al Governo, al Ministro degli affari esteri, Alfano, e al Ministro della Giustizia, la tragica vicenda di Niccolò Ciatti: un ragazzo di ventidue anni che nel mese di agosto è stato massacrato di botte e ucciso davanti a una discoteca a Lloret de Mar, in Spagna, vicino Barcellona.

Questa vicenda la sollevai già nel mese scorso - c'è stato un intervento del Ministro Alfano, che prendeva degli impegni per intervenire - perché ha dell'incredibile. Infatti, uno degli autori materiali è recluso nelle carceri spagnole - si tratta di tre giovani ceceni -, mentre altri due sono stati allontanati dalle autorità spagnole, sono stati scarcerati, sono stati messi in libertà, e si sono recati in Francia, dove entrambi, ma anche il terzo, che è ancora agli arresti in Spagna, avevano chiesto asilo politico. Siccome siamo un po' scottati da vicende del passato che hanno riguardato anche terroristi sanguinari che hanno avuto la possibilità di risiedere in Francia e di avere delle tutele per non scontare neanche un giorno di carcere, Presidente, chiedo suo tramite di intervenire presso il Ministro, presso il Governo italiano, affinché intervenga presso il Governo francese perché questo non si verifichi. Infatti, Niccolò Ciatti deve avere giustizia, lo chiedono migliaia di persone, trasversalmente, appartenenti a vari schieramenti politici della sua zona, della sua terra, perché poteva essere nostro fratello, nostro figlio, uno di noi. Allora noi chiediamo giustizia perché non si potrà verificare che dei delinquenti possano avere semmai anche il diritto d'asilo in Francia, un Paese nostro alleato dove il Governo fa degli affari, giustamente fa degli accordi. Ebbene, si accordi anche per far tornare questi signori in Spagna perché scontino la pena che devono scontare, e Nicolò Ciatti possa avere un minimo di giustizia.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

  Venerdì 29 settembre 2017, alle 9:

Svolgimento di interpellanze urgenti.

La seduta termina alle 15,10.

SEGNALAZIONI RELATIVE ALLE VOTAZIONI EFFETTUATE NEL CORSO DELLA SEDUTA

  Nel corso della seduta sono pervenute le seguenti segnalazioni in ordine a votazioni qualificate effettuate mediante procedimento elettronico (vedi Elenchi seguenti):

  nelle votazioni dalla n. 1 alla n. 5 il deputato Falcone ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole;

  nelle votazioni dalla n. 15 alla n. 17 la deputata Santerini ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole;

  nelle votazioni dalla n. 17 alla n. 22 il deputato Manfredi ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole;

  nella votazione n. 23 la deputata Albanella ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole;

  nella votazione n. 24 il deputato Busto ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario;

  nelle votazioni nn. 25 e 26 la deputata Santerini ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario;

  nella votazione n. 26 la deputata Mariani a segnalato che ha erroneamente votato a favore mentre avrebbe voluto votare contro;

  nella votazione n. 28 la deputata Di Vita ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole;

  nella votazione n. 33 il deputato Vallascas ha segnalato che ha erroneamente votato a favore mentre avrebbe voluto votare contro;

  nelle votazioni dalla n. 37 alla n. 50 la deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita a votare;

  nelle votazioni dalla n. 37 alla n. 40 il deputato Falcone ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 4 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nominale Moz. Occhiuto e a. 1-1687 rif. 358 288 70 145 288 0 104 Appr.
2 Nominale Moz. Marchi e a. 1-1705 I p. rif. 354 344 10 173 332 12 104 Appr.
3 Nominale Moz. Marchi e a. 1-1705 II p. rif. 357 320 37 161 248 72 104 Appr.
4 Nominale Moz. Melilla e a. 1-1708 I p. rif. 357 345 12 173 343 2 104 Appr.
5 Nominale Moz. Melilla e a. 1-1708 II p. rif 356 295 61 148 293 2 104 Appr.
6 Nominale Moz. Simonetti e a. 1-1709 nf I p. 360 351 9 176 351 0 104 Appr.
7 Nominale Moz. Simonetti e a. 1-1709 nf II p 362 350 12 176 122 228 104 Resp.
8 Nominale Moz. D'Incà e a. 1-1710 I p. 365 355 10 178 152 203 104 Resp.
9 Nominale Moz. Rampelli e a. 1-1711 I p. 365 348 17 175 348 0 104 Appr.
10 Nominale Moz. Rampelli e a. 1-1711 II p. 368 352 16 177 119 233 104 Resp.
11 Nominale Moz. Tancredi e a. 1-1712 rif. 369 345 24 173 344 1 104 Appr.
12 Nominale Moz. Paglia e a. 1-1713 I p. rif. 367 364 3 183 364 0 103 Appr.
13 Nominale Moz. Paglia e a. 1-1713 II p. 370 368 2 185 167 201 103 Resp.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui é mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi é premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.

INDICE ELENCO N. 2 DI 4 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 26)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
14 Nominale Ddl 4638 - articolo 1 370 368 2 185 235 133 103 Appr.
15 Nominale articolo 2 369 368 1 185 234 134 103 Appr.
16 Nominale articolo 3 370 369 1 185 234 135 103 Appr.
17 Nominale articolo 4 372 371 1 186 237 134 103 Appr.
18 Nominale articolo 5 375 374 1 188 240 134 103 Appr.
19 Nominale articolo 6 369 368 1 185 232 136 103 Appr.
20 Nominale articolo 7 374 373 1 187 239 134 103 Appr.
21 Nominale articolo 8 370 369 1 185 237 132 103 Appr.
22 Nominale articolo 9 371 370 1 186 237 133 103 Appr.
23 Nominale Ddl 4638 - voto finale 352 351 1 176 218 133 101 Appr.
24 Nominale Ddl 4639 - Tab. 2.1 352 341 11 171 47 294 100 Resp.
25 Nominale Tab. 2.2 354 333 21 167 117 216 100 Resp.
26 Nominale Tab. 2.3 346 293 53 147 82 211 100 Resp.


INDICE ELENCO N. 3 DI 4 (VOTAZIONI DAL N. 27 AL N. 39)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
27 Nominale Tab. 2.4 349 308 41 155 94 214 100 Resp.
28 Nominale Tab. 2.5 347 311 36 156 96 215 100 Resp.
29 Nominale Tab. 2.6 345 336 9 169 123 213 100 Resp.
30 Nominale Tab. 2.7 350 347 3 174 132 215 100 Resp.
31 Nominale Tab. 4.1 354 336 18 169 40 296 100 Resp.
32 Nominale Tab. 4.2 352 350 2 176 56 294 100 Resp.
33 Nominale Tab. 4.3 350 348 2 175 58 290 100 Resp.
34 Nominale Tab. 8.1 356 354 2 178 57 297 100 Resp.
35 Nominale Tab. 8.2 345 343 2 172 57 286 100 Resp.
36 Nominale Tab. 8.3 346 344 2 173 57 287 100 Resp.
37 Nominale Tab. 8.4 352 350 2 176 56 294 100 Resp.
38 Nominale Tab. 8.5 352 351 1 176 57 294 100 Resp.
39 Nominale Tab. 8.6 348 346 2 174 57 289 100 Resp.


INDICE ELENCO N. 4 DI 4 (VOTAZIONI DAL N. 40 AL N. 50)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
40 Nominale Tab. 10.1 349 307 42 154 16 291 100 Resp.
41 Nominale Tab. 14.1 350 348 2 175 132 216 100 Resp.
42 Nominale articolo 1 351 347 4 174 217 130 100 Appr.
43 Nominale articolo 2 350 347 3 174 214 133 100 Appr.
44 Nominale articolo 3 347 343 4 172 212 131 100 Appr.
45 Nominale odg 9/4639/2 342 340 2 171 150 190 100 Resp.
46 Nominale odg 9/4639/10 343 343 0 172 55 288 100 Resp.
47 Nominale odg 9/4639/11 339 337 2 169 55 282 100 Resp.
48 Nominale odg 9/4639/12 341 341 0 171 56 285 100 Resp.
49 Nominale odg 9/4639/13 337 337 0 169 55 282 100 Resp.
50 Nominale Ddl 4639 - voto finale 341 338 3 170 206 132 99 Appr.