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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 853 di martedì 19 settembre 2017

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI

La seduta comincia alle 11.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

GIULIO CESARE SOTTANELLI, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 15 settembre 2017.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

  (È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Angelino Alfano, Alfreider, Amoddio, Artini, Baretta, Chaouki, Cicchitto, Coppola, Damiano, De Menech, Manlio Di Stefano, Epifani, Fico, Meta, Pes, Rigoni, Francesco Saverio Romano, Scanu e Schullian sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente centotré, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Modifica nella composizione della Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo.

PRESIDENTE. Comunico che la Presidente della Camera ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo la deputata Annagrazia Calabria in sostituzione della deputata Lorena Milanato, dimissionaria.

Svolgimento di interpellanze e di interrogazioni.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze e di interrogazioni.

(Iniziative in relazione al progetto di dismissione dell'immobile denominato “Villa Olga” di proprietà dello Stato italiano, sito nella città di Salonicco in Grecia – n. 3-03239)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interrogazione all'ordine del giorno Tacconi n. 3-03239 (Vedi l'allegato A).

Il sottosegretario di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale, Benedetto Della Vedova, ha facoltà di rispondere.

BENEDETTO DELLA VEDOVA, Sottosegretario di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale. Grazie, Presidente. Razionalizzare le proprietà immobiliari dello Stato all'estero è una delle priorità che la legge ha assegnato alla Farnesina, una priorità che comporta obiettivi impegnativi che coinvolgono il MAECI nel raggiungimento dei previsti saldi di finanza pubblica e nella riduzione del debito, imponendo esplicitamente una revisione della politica sugli immobili demaniali.

Dapprima, la legge di stabilità 2016 ha stabilito che il MAECI versi all'entrata del bilancio dello Stato 20 milioni di euro per il 2016 e 10 milioni di euro sia per il 2017 che per il 2018, tramite operazioni di dismissione immobiliare di beni non più utili per le finalità istituzionali. Successivamente, la legge di bilancio 2017 ha incrementato tali cifre, stabilendo che il MAECI dovrà conseguire dalle dismissioni immobiliari proventi per 26 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017, 2018, 2019 e per il 2019 è stato inserito un target di 16 milioni di euro. La manovra deve essere accompagnata, in un'ottica di riduzione delle spese fisse, da una politica di razionalizzazione degli immobili demaniali attraverso accorpamenti di uffici, condivisioni di servizi, inclusi quelli relativi alla sicurezza, e realizzazione di aree comuni. Con le medesime disposizioni, la legge ha altresì previsto che, nel caso di mancato raggiungimento dei suddetti obiettivi, siano decurtati fondi per un ammontare corrispondente destinati all'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo. Poiché a nessuno sfugge l'importanza che l'attività di cooperazione ha per la politica di questo Ministero, si comprende come le dismissioni del patrimonio immobiliare abbiano conseguenze ben più ampie di quanto si possa immaginare.

In merito alla proprietà demaniale “Villa Olga”, ex sede del consolato d'Italia a Salonicco, l'Amministrazione inizialmente intendeva procedere al restauro conservativo dell'immobile. Tale operazione non ha avuto esito positivo a causa degli onerosi costi necessari per la ristrutturazione dell'edificio. Successivamente vennero avviati contatti con il comune di Salonicco, che ha sempre manifestato un interesse riguardo all'immobile, per valutare congiuntamente delle possibili soluzioni per un futuro uso dell'edificio anche a scopi culturali. Anche quest'ultimo approccio non diede alcun esito concreto. Di recente si è quindi deciso di procedere all'alienazione della villa, quale ipotesi maggiormente conveniente per l'Amministrazione, realizzando in primo luogo una stima di valore del bene, in applicazione alla legge n. 183 del 2011, avvalendosi di un expertise locale. A seguito di ciò, l'ambasciata ad Atene ha avviato una procedura ad evidenza pubblica per la vendita dell'immobile tramite un'indagine esplorativa per manifestazione di interesse, finalizzata alla ricerca di un potenziale acquirente secondo le procedure previste dalla legge. La pubblicazione dell'avviso dell'asta a cura dell'ambasciata italiana ad Atene, prevista nel prossimo mese di ottobre, sarà, come di consueto, consultabile anche sul sito web del MAECI.

Per quanto riguarda la scuola italiana ad Atene, che riveste anch'essa una notevole rilevanza per l'Amministrazione, sono stati avviati, nel corso dell'estate, degli interventi di messa in sicurezza dell'edificio di proprietà della Santa Sede, al fine di consentire l'avvio del nuovo anno scolastico 2017-2018. Contestualmente è stata avviata la ricerca per l'individuazione di un nuovo immobile in locazione, per il trasferimento della scuola italiana ad Atene a partire dal prossimo anno scolastico 2018-2019.

Per quanto riguarda, infine, la cancelleria consolare, che attualmente è ubicata in un edificio in locazione, l'Amministrazione sta valutando la possibilità di trasferire gli uffici del consolato presso gli spazi disponibili all'interno del compound dell'ambasciata. Grazie.

PRESIDENTE. L'onorevole Tacconi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interrogazione.

ALESSIO TACCONI. Grazie, Presidente. Ringrazio il sottosegretario Della Vedova per l'esauriente risposta. In effetti la nostra domanda al Governo e al Ministero andava proprio nella direzione della continuazione della razionalizzazione di cui parlava anche il sottosegretario. Noi ci siamo sempre espressi favorevolmente sulla razionalizzazione dei beni demaniali dello Stato e quindi ci pareva giusto anche che questa azione fosse messa in pratica in terra ellenica, dove, come ha spiegato anche il sottosegretario, la situazione è abbastanza complessa. Ci sono due città in cui ancora il demanio - quindi lo Stato italiano - ha degli interessi: Salonicco, con l'ex sede del consolato italiano non più utilizzata, e Atene, dove la situazione è più complessa. In merito a questo vorrei ringraziare anche l'ambasciatore Marras, perché sin dal primo giorno della sua permanenza ad Atene ha sempre dimostrato, da una parte, una straordinaria vicinanza alla comunità italiana residente in Grecia, ma anche un deciso impegno per mettere ordine alla complessa situazione demaniale di cui stiamo parlando.

Partiamo da Salonicco. “Villa Olga” è naturalmente un edificio storico, un edificio che è stato anche teatro di straordinari avvenimenti, nel passato, di accoglienza ed umanità durante la Seconda Guerra mondiale, a cura del console Zamboni, e quindi fa un po' pena – diciamo -, fa dispiacere vedere un edificio così bello e l'immagine italiana che è legata a questo edificio lasciati all'abbandono e all'incuria. Quindi, molto bene il fatto che si proceda con una procedura di evidenza pubblica. Speriamo che questa cosa possa risolversi in maniera positiva.

Naturalmente la nostra richiesta era un po' anche una provocazione, nel senso che, se in effetti da “Villa Olga” si può ottenere un'entrata di cassa, perché a quel punto non utilizzare gli stessi proventi per mettere a posto la situazione che c'è ad Atene. È chiaro che siamo anche consapevoli dei vincoli, sia dei vincoli di legge che quelli stabiliti dalle ultime leggi di stabilità, che, come ricordava il sottosegretario Della Vedova, inducono alla razionalizzazione per non dover poi prendere dei fondi che già sono in qualche maniera sfruttati in altro modo e probabilmente anche in modo più opportuno.

Se questo non è possibile, naturalmente siamo felici di sapere come, sia per la scuola che per la cancelleria consolare, sono già stati fatti e sono in programma degli interventi di messa in sicurezza da una parte, di ricerca di nuovi immobili per la scuola dall'altra e anche il progetto che la cancelleria consolare posso essere ospitata all'interno dei locali dell'ambasciata. Quindi, da questo punto di vista, siamo soddisfatti degli interventi e dei progetti che l'ambasciata e il Ministero stanno portando avanti per risolvere questa complessa situazione, che ancora vediamo in terra ellenica.

Io ho visitato, ho avuto il piacere di visitare la scuola di Atene, scuola italiana in Grecia, e sarò felice di vedere come, sia per la sicurezza degli alunni, sia per la sicurezza degli insegnanti, dal prossimo anno scolastico si possa trovare un nuovo immobile, magari, immagino, anche più consono per portare avanti le attività didattiche appunto legate alla scuola. Quindi, di nuovo, dichiaro la mia soddisfazione per la risposta del sottosegretario.

(Iniziative volte a contrastare il diffondersi di movimenti che si ispirano all'ideologia fascista, anche in relazione a vicende occorse presso lo stabilimento balneare “Punta Canna” in località Sottomarina del comune di Chioggia (Venezia) – n. 3-03152 e n. 3-03241)

PRESIDENTE. Il Vice Ministro dell'Interno, Bubbico, ha facoltà di rispondere alle interrogazioni Crivellari ed altri n. 3-03152 e Cimbro ed altri n. 3-03241 (Vedi l'allegato A). Le interrogazioni, vertendo sullo stesso argomento, verranno svolte congiuntamente.

FILIPPO BUBBICO, Vice Ministro dell'Interno. Grazie, signor Presidente. In relazione all'episodio da cui traggono spunto le interrogazioni all'ordine del giorno, presentate rispettivamente dall'onorevole Crivellari ed altri e dall'onorevole Cimbro ed altri, rappresento che, a seguito dell'articolo di stampa apparso il 9 luglio scorso su un quotidiano a tiratura nazionale, personale della DIGOS ha effettuato un apposito sopralluogo presso il lido balneare Playa Punta Canna per le verifiche e gli accertamenti del caso. Sul posto è stata accertata la presenza di diversi cartelli, tra cui uno con la riproduzione di immagini di Benito Mussolini e altri con frasi del signor G.S., dipendente del citato lido, che invitavano gli ospiti all'ordine, alla pulizia e alla disciplina. Ulteriori verifiche effettuate sulla rete Internet hanno permesso di individuare anche un video della spiaggia, che riproduceva la voce dello stesso G.S., mentre pronunciava frasi contro la democrazia.

Il giorno successivo, il prefetto di Venezia, acquisito il rapporto della questura ed informata l'autorità giudiziaria, ha adottato un'ordinanza, ai sensi dell'articolo 2 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, con la quale è stata intimata al signor G.S. l'immediata rimozione di ogni riferimento al fascismo contenuto in cartelli, manifesti e scritte presenti all'interno dello stabilimento, con contestuale ordine di astenersi dall'ulteriore diffusione di messaggi contro la democrazia.

Nella stessa giornata, il 10 luglio, il signor G.S. è stato sentito quale persona informata sui fatti dalla DIGOS e successivamente deferito in stato di libertà per il reato di apologia del fascismo, di cui all'articolo 4 della legge n. 645 del 1952. La citata comunicazione di notizia di reato ha portato all'instaurazione di un procedimento penale e il pubblico ministero, titolare del fascicolo, ha delegato la DIGOS medesima ad effettuare ulteriori approfondimenti investigativi. Il rapporto della questura e l'ordinanza del prefetto di Venezia sono stati trasmessi al sindaco di Chioggia per le valutazioni di competenza in ordine all'eventuale revoca della concessione demaniale del lido Playa Punta Canna, rilasciata alla società Summertime Srl.

L'ente locale si è riservato ogni ulteriore provvedimento all'esito del procedimento penale in corso, segnalando che, dopo i fatti di luglio, sono stati eseguiti presso il lido in questione diversi sopralluoghi, effettuati da parte della Polizia locale e del personale degli uffici amministrativi; sopralluoghi nel corso dei quali non è stata riscontrata la presenza di alcun comportamento illecito, né di forme propagandistiche antidemocratiche o inneggianti al regime fascista.

Su un piano più generale, ricordo poi che l'ordinamento giuridico prevede in materia alcuni fondamentali presidi di legalità, uno dei quali richiamato dallo stesso onorevole interrogante. Faccio riferimento innanzitutto alla legge n. 645 del 1952, la cosiddetta legge Scelba, relativa al divieto di riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista e al decreto-legge n. 122 del 1993, convertito dalla legge n. 205 del 1993, la cosiddetta legge Mancino, che offre specifici strumenti per la prevenzione e il contrasto dell'antisemitismo, del razzismo e della xenofobia.

Gli istituti delineati da tali normative sono oggetto di rigorosa e puntuale applicazione da parte delle autorità provinciali di pubblica sicurezza e delle forze di Polizia. In particolare, esse presentano la massima attenzione all'attività di prevenzione che si sviluppa in un costante monitoraggio e in una meticolosa raccolta informativa, al fine di cogliere ogni eventuale segnale di turbativa dell'ordine e della sicurezza pubblica e di deviazione dalle regole del diritto e dalla pacifica convivenza. D'altra parte, le forze di Polizia segnalano, sempre e puntualmente, all'autorità giudiziaria tutte le iniziative poste in essere da comportamenti di associazioni di ispirazione estremista, qualunque ne sia l'orientamento, per le quali possono ritenersi sussistenti ipotesi di reato.

PRESIDENTE. L'onorevole Crivellari ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interrogazione.

DIEGO CRIVELLARI. Grazie, Presidente. Dico subito che mi dichiaro soddisfatto e ringrazio il Vice Ministro Bubbico per la risposta articolata. Quella di Chioggia è una vicenda che ha destato particolarmente scalpore, non solo sul territorio di Chioggia e dintorni, ma a livello nazionale, quest'estate. Devo dire, insomma, che si è fatta giustamente luce e, quindi, gli elementi che ci hanno fornito, anche in termini di risposta, ci rendono - lo ribadisco - soddisfatti. Qualche considerazione a margine, comunque, va fatta perché, rispetto a questi episodi, dovremmo ricordare che troppo spesso viene derubricata, quasi a goliardia, questa forma, anche reiterata, di apologia di fascismo e c'è, evidentemente, anche, a nostro avviso, una sottovalutazione di questi fenomeni.

Io, personalmente, credo che non si possa sicuramente scherzare o cercare anche maldestramente di mettere in burla fenomeni come il fascismo o il nazismo o, come nel caso anche di foto che abbiamo visto e riferite alla spiaggia Punta Canna, scherzare sulle camere a gas: è una questione politica, è una questione culturale a cui tutti quanti, anche soprattutto come cittadini, siamo chiamati, nel rispetto della legalità e della Costituzione.

Si tratta di fenomeni che vanno sicuramente monitorati e di situazioni che non possiamo sottovalutare e, da questo punto di vista, credo che anche la politica e le istituzioni abbiano una essenziale funzione educativa. C'è sicuramente una cornice, che è quella della politica, in cui ci si distingue, si lotta anche aspramente, ma, in una Repubblica che - voglio ricordarlo - è nata dalla Resistenza antifascista, non possiamo permetterci, oggi, nel 2017, di propagandare ancora una volta, anche se in maniera maldestra, anche se si è tentati di giustificare, valori che rimandano al fascismo, all'antisemitismo e alle pagine più scure della storia nazionale. Credo che, anche partendo da vicende come questa, serva una riflessione sicuramente della politica, serva una presa in carico di responsabilità da parte di tutti e, soprattutto, serva anche prendere coscienza di come, oggi, troppo spesso, vicende come questa rischiano poi di essere moltiplicate e propagate anche sui social media e sul web, magari creando un effetto di emulazione o dando sfogo, poi, anche sul web, come è successo, purtroppo, a reiterate manifestazioni di apologia di questi valori e di queste idee per noi intollerabili. Ringrazio ancora il Governo e, naturalmente, continueremo a monitorare questa situazione.

PRESIDENTE. L'onorevole Cimbro ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interrogazione.

ELEONORA CIMBRO. Grazie, Presidente, ringrazio anche il Vice Ministro per essere intervenuto qui, oggi, in Aula, su un tema così importante. Peraltro, ricordo l'attenzione che il Vice Ministro ha sempre avuto rispetto a questi temi: un paio d'anni fa c'è stato un incontro qui, alla Camera, con tanti amministratori locali del territorio che rappresento, che è quello di Milano e provincia, per esprimere una forte preoccupazione per la crescita di questi movimenti, che, quotidianamente, purtroppo, sul nostro territorio, tentano di imbrattare anche la memoria storica di questo Paese, organizzando manifestazioni, cercando di coinvolgere anche i più giovani rispetto a un revisionismo storico che ci preoccupa molto.

E penso che anche l'episodio di Chioggia sia emblematico di quanto, come ricordava anche il collega che mi ha preceduto, ormai ci sia una sorta di subcultura che tenta, nella migliore delle ipotesi, di ridicolizzare un periodo storico che, invece, ha caratterizzato e ha, come dire, coinvolto un intero popolo, per sconfiggere ideali di fascismo e valori completamente opposti a quelli su cui si è fondata la democrazia e, nella peggiore delle ipotesi, si tratta di forze politiche che ammiccano a questi movimenti, a queste forze politiche che, purtroppo, in molti casi, vengono rappresentate anche nei consigli comunali dei nostri territori.

Io penso che, a partire da questo episodio, si debba davvero lavorare tutti insieme, perché la legge Fiano possa essere votata anche al Senato, perché, proprio la settimana scorsa, abbiamo avuto la possibilità di riflettere e mettere in campo delle azioni concrete, perché anche semplicemente il ricordo fatto attraverso simboli, fatto attraverso immagini di questo periodo buio della nostra storia, possa essere assolutamente non solo stigmatizzato, ma anche punito. Quindi l'impegno del Parlamento è quello di avere strumenti ancora più certi per poter intervenire, l'impegno delle forze politiche, democratiche e progressiste di questo Paese è quello, invece, di combattere culturalmente, purtroppo, una subcultura che si sta diffondendo in modo preoccupante. Da parte nostra c'è il massimo impegno e ringraziamo ancora una volta il Vice Ministro e il Governo per l'attenzione posta rispetto a questi episodi.

(Iniziative di competenza volte a contrastare le attività di talune imbarcazioni private finalizzate ad ostacolare le operazioni di salvataggio dei migranti – n. 3-03159, n. 3-03178 e n. 3-03179)

PRESIDENTE. Passiamo alle interrogazioni Schirò n. 3-03159, Burtone e Schirò n. 3-03178 e Albanella ed altri 3-03179 che, vertendo sullo stesso argomento, saranno svolte congiuntamente (Vedi l'allegato A).

Il Vice Ministro dell'interno, Filippo Bubbico, ha facoltà di rispondere.

FILIPPO BUBBICO, Vice Ministro dell'Interno. Signor Presidente, in relazione alle interrogazioni poste dagli onorevoli Schirò, Albanella, Berretta e Burtone, che si discutono, come già da lei annunciato, congiuntamente, in quanto vertenti su analoga questione, informo che, effettivamente, nei mesi scorsi alcuni sodalizi del circuito identitario europeo, Generazione Identitaria, avevano avviato una mobilitazione con l'asserito fine di difendere l'Europa dall'invasione di centinaia di migliaia di clandestini, a loro dire agevolata dalle organizzazioni non governative che prestano attività di soccorso dei migranti nel Mar Mediterraneo.

L'attività investigativa svolta dalle questure interessate, con il supporto conoscitivo assicurato dal circuito di collaborazione internazionale di polizia, ha consentito di accertare che esponenti del citato circuito identitario avevano, effettivamente, noleggiato una nave, la C-Star, con l'intento di raggiungere, alla fine di luglio, il porto di Catania per imbarcare alcuni militanti e rinnovare la medesima azione dimostrativa che il 12 maggio era stata messa in atto nei confronti della motonave Aquarius, appartenente alla organizzazione SOS Mediterranée. Secondo elementi di informazione provenienti anche da fonti aperte, la C-Star noleggiata in vista di tale azione sarebbe dovuta partire da Gibuti nella seconda metà di luglio, fare scalo a Cipro, per poi approdare a Catania, dove avrebbe dovuto imbarcare alcuni militanti e proseguire il viaggio verso le coste libiche. In realtà, sulla base degli elementi acquisiti, è emerso che la nave non è mai arrivata nel porto di Catania; la capitaneria di porto etnea ha infatti comunicato che non è stata mai inoltrata alcuna comunicazione di prearrivo presso lo scalo etneo della nave C-Star.

La questura ha precisato, inoltre, che, in quei giorni, l'imbarcazione, dopo una iniziale tappa al largo di Creta, si è diretta nei mari prospicienti la Libia, come è emerso dalla localizzazione tramite trasponder, e ha terminato il percorso al largo di Malta.

Rappresento, poi, che il Ministero della giustizia interessato sulla questione ha riferito che il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Catania, alla notizia del paventato approdo della nave C-Star, ha avviato immediatamente le opportune indagini di coordinamento con la questura. Preciso, inoltre, che nei giorni 22 e 28 luglio si sono svolti senza alcun problema per l'ordine pubblico la conferenza stampa organizzata dalla rete antirazzista catanese e il presidio nei pressi della prefettura, organizzato da alcune sigle sindacali, con l'obiettivo di rendere pubblicamente nota l'opposizione dei movimenti antirazzisti etnei alla annunciata iniziativa del movimento Generazione Identitaria.

Assicuro, infine, che la situazione continuerà a essere attentamente monitorata, al fine di impedire eventuali azioni di disturbo in mare e, più in generale, per prevenire ogni eventuale turbativa dell'ordine e della sicurezza pubblica.

PRESIDENTE. L'onorevole Schirò ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alle sue interrogazioni.

GEA SCHIRO'. Grazie, Presidente; signor Vice Ministro, grazie di essere qui. Mi dichiaro parzialmente soddisfatta dalla ricostruzione storica di come possa essere avvenuto il noleggio e in ogni caso di come questi ragazzi, questi ventenni tedeschi siano arrivati a scegliere di noleggiare una barca per compiere un gesto simile. Questo perché mentre gli storici hanno bisogno di fatti emblematici, cioè di un grande fatto che venga spiegato, i sociologi hanno bisogno di fenomeni di massa; noi qui siamo di fronte a due fenomeni di massa che si contrappongono, da una parte, la crescente intolleranza, rappresentata come massima espressione da questo fatto e, dall'altro, il fenomeno migratorio e, quindi, questa migrazione verso il nord del Mediterraneo che, davvero, è diventata la nostra maggiore preoccupazione.

Non possiamo nemmeno, quando analizziamo questi fenomeni, utilizzare il senno di poi, perché il cosiddetto senno di poi - avremmo potuto, avremmo dovuto, cosa avremmo dovuto fare con i migranti o con l'intolleranza - fa travisare sia l'interpretazione dei fatti passati che la lettura di quei fatti. Per cui bisogna reagire subito, immediatamente, non solo stigmatizzando, ma agendo. Non sappiamo esattamente cosa avrebbe fatto la capitaneria di porto di Catania, dalla sua lettura, comunque, al contrario, mi dichiaro soddisfatta e ci dichiariamo soddisfatti, parlo anche a nome dei colleghi, delle politiche marittime di collaborazione costruttiva con la Guardia costiera, anche quella libica, al netto del rispetto del diritto internazionale e del diritto del mare. Ove questi diritti vengano infranti, ovviamente c'è qualcosa che non va.

Siamo ovviamente convinti che questa sia solo una parte del cosiddetto “problema dei migranti”, complementare e non avulso dalla soluzione dei problemi dei migranti, della tratta e del trasporto dalle aree subsahariane. Sono sicura che ciò che per noi è un problema, anzi il principale problema di ordine sociale - siamo sicuri, anzi, non: sono sicura - sia lo stesso per l'Unione africana. Siamo convinti che il futuro prossimo del dramma euro-africano, perché è un dramma che coinvolge a pieno titolo sia l'Europa che l'Africa, debba essere affrontato con un dialogo e una riflessione continua tra gli Stati dell'Unione europea e quelli dell'Unione africana. Da parte nostra dobbiamo continuare incessantemente ad educare e a diffondere la cultura della tolleranza, e una continua lotta all'antisemitismo, e dell'apertura. Questa legislatura ha dimostrato che si possono ampliare sempre di più i diritti, dobbiamo continuare a fare questo lavoro e continuare su questa strada non soltanto con il lavoro poliziesco, ma con una rivoluzione culturale che ci deve continuare ad accompagnare.

(Iniziative per tutelare il marchio della mozzarella di bufala campana – n. 3-03142)

PRESIDENTE. Il Vice Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali, Andrea Olivero, ha facoltà di rispondere all'interrogazione Carella ed altri n. 3-03142 (Vedi l'allegato A).

ANDREA OLIVERO, Vice Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali. Presidente, onorevoli colleghi, con riferimento al sistema antifrode a tutela della mozzarella di bufala campana DOP, ricordo che il nostro decreto-legge n. 911 del 2014 ha introdotto strumenti che rendono più trasparente l'utilizzo della materia prima nelle fasi di produzione. La norma, infatti, rende obbligatoria la comunicazione dei quantitativi prodotti e lavorati da parte degli allevatori dei caseifici e degli intermediari, per la maggior tracciabilità dell'intero comparto produttivo. È resa, inoltre, obbligatoria la separazione fisica degli spazi di lavorazione del latte proveniente da allevamenti inseriti nel sistema di controllo della mozzarella di bufala campana DOP da quelli dove avviene la lavorazione di latte di altra provenienza. È stata istituita la piattaforma informatica “tracciabilità della filiera bufalina”, dove devono registrarsi allevatori, caseifici e intermediari. Circa poi la modifica del disciplinare della DOP mozzarella di bufala campana, si precisa che ogni modifica deve essere ampiamente giustificata e deve essere in linea con quanto previsto dal regolamento comunitario, mentre assume significativa rilevanza altresì il parere offerto dalle regioni competenti per il territorio, come pure l'evidenza pubblica della proposta di modifica. Il Mipaaf ha ricevuto in data 1° giugno 2017, dal Consorzio di tutela riconosciuto, la richiesta di modifica del disciplinare della mozzarella di bufala campana DOP, e al momento è in attesa dei pareri delle regioni competenti, come previsto dal decreto interministeriale succitato.

Si rassicura l'onorevole interrogante sul fatto che questo Ministero avrà cura di valutare che ogni proposta di modifica non pregiudichi il livello di qualità di uno dei prodotti più rinomati del made in Italy, e che negli ultimi anni sta registrando un trend positivo di crescita. Quanto ai controlli sugli operatori della filiera produttiva della DOP mozzarella di bufala campana, l'Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione delle frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF), di questo Ministero, ha posto in essere cicli di controllo per verificare la corretta applicazione della normativa. Si è controllata l'iscrizione degli operatori al portale informatico, la corretta trasmissione dei dati sulle produzioni e movimentazione di latte bufalino e derivati, e la congruenza dei dati produttivi di allevamento con la consistenza dei capi nelle stalle e delle produzioni casearie con le quantità di latte impiegato.

PRESIDENTE. L'onorevole Carella ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interrogazione.

RENZO CARELLA. Presidente, onorevole Olivero, sono parzialmente soddisfatto della risposta, e voglio continuare a rappresentare le preoccupazione degli agricoltori, degli allevatori di bufale e dei componenti della filiera della mozzarella DOP, che riguarda il Lazio, la Campania, la Puglia e il Molise, i quali continuano a denunciare alle autorità competenti come il latte di bufala prodotto in Italia sia nettamente inferiore alla mozzarella commercializzata. Devono essere attivati ulteriormente i controlli da parte delle ASL e dei nuclei antisofisticazione, per controllare la filiera della mozzarella DOP. Il prezzo di un chilogrammo di mozzarella, in alcuni supermercati, addirittura costa meno del quantitativo di latte necessario per produrlo. La cosa grave, a mio avviso, è la delibera che lei richiamava, del maggio 2017, del Consorzio per la tutela del formaggio mozzarella di bufala campana, che chiede la modifica del disciplinare della predetta mozzarella, allo scopo, tra l'altro, di prevedere la possibilità di introdurre nel metodo di preparazione il confezionamento e la commercializzazione a temperature di meno 18 gradi di paste. Questo vuol dire che si cerca di introdurre materiale non riferibile al territorio della DOP.

Tale modifica è stata trasmessa, come lei richiamava, al Ministero delle politiche agricole e alimentari, e io penso che occorra molta attenzione nell'accogliere questa richiesta. La mozzarella di bufala, vorrei ricordare, è un bene straordinario, limitato e prodotto in un preciso territorio, frutto del lavoro e dell'esperienza di agricoltori e allevatori italiani. Noi siamo preoccupati, e la ringrazio per quest'ennesima testimonianza di impegno al controllo, e, a tal fine, richiamo peraltro una risoluzione del Parlamento del giugno 2016, proprio in conseguenza dell'azione della Commissione di inchiesta sulle frodi. Siamo preoccupati dall'ennesimo tentativo di industrializzazione di questo antichissimo prodotto rurale del Mezzogiorno d'Italia: si corre il rischio, signor sottosegretario, di banalizzarlo, creando un danno agli allevatori che producono il latte nell'area della suddetta DOP. Noi chiediamo ancora un impegno straordinario del Governo per tutelare realmente i consumatori, gli allevatori, i trasformatori di filiera, contro quella che, a nostro avviso, costituisce un'alterazione del mercato agroalimentare della mozzarella di bufala DOP.

(Iniziative volte all'introduzione dell'obbligo di indicare in etichetta l'origine della materia prima anche per la filiera grano-pasta – n. 2-01652 e n. 3-02941).

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza Elvira Savino n. 2-01652 e all'interrogazione Latronico n. 3-02941, che, vertendo sullo stesso argomento, saranno svolte congiuntamente (Vedi l'allegato A). Chiedo all'onorevole Savino se intenda illustrare la sua interpellanza. Prego, onorevole.

ELVIRA SAVINO. Sì, grazie Presidente. Questa interpellanza, signor Vice Ministro, risaliva allo scorso 9 febbraio, ed era relativa allo schema di decreto legislativo che il Ministro Martina, il 20 dicembre 2016, aveva trasmesso alle autorità di Bruxelles per una verifica circa l'iter autorizzativo per configurare un nuovo modello di etichettatura che indicasse con chiarezza se la pasta secca fosse prodotta in Italia o in un altro Paese. Questo schema di decreto è diventato poi, come lei sa, un decreto ministeriale pubblicato in GazzettaUfficiale lo scorso 17 agosto. Questo decreto prevede che le confezioni di pasta secca prodotte in Italia indichino obbligatoriamente in etichetta le diciture sul Paese di coltivazione del grano e del Paese di molitura, e se queste fasi avvengono in Paesi diversi. Per indicare questo possono essere utilizzate, a seconda della provenienza, le seguenti diciture: “Paesi UE e “Paesi non UE”. Se il grano duro è coltivato almeno per il 50 per cento in un solo Paese, come potrebbe essere, ad esempio, l'Italia, si potrà usare la dicitura “Italia e altri Paesi UE e non UE”. Queste indicazioni sull'origine del grano dovranno essere apposte in etichetta in un punto evidente nello stesso campo visivo, in modo da essere facilmente visibili, chiaramente leggibili e indelebili. In merito a questo decreto ministeriale, i manager delle principali aziende pastaie italiane, per esempio Barilla o Voiello, hanno già avanzato forti dubbi e perplessità, in quanto l'indicazione in etichetta dell'origine della materia prima della pasta confonderebbe i consumatori e indebolirebbe la competitività della filiera. Inoltre, l'origine da sola non sarebbe sinonimo di qualità, e questa è una valutazione che proviene anche dalla Commissione europea.

Ai dubbi del gruppo Barilla sono seguiti poi quelli espressi dai pastai italiani e dalla loro associazione industriale, la Aidepi, i quali hanno dichiarato che la formula scelta dal Governo non ha alcun valore aggiunto per il consumatore: l'origine del grano non è sinonimo di qualità e l'etichetta da sola non basta. Il decreto sull'etichettatura - dicono - risponde alla richiesta di trasparenza sull'origine della materia prima, che proviene sicuramente dai consumatori; tuttavia, l'origine del grano non è in alcun modo sinonimo di qualità, poiché l'eccellenza dell'industria molitoria italiana è riconducibile alla capacità dei nostri mugnai di individuare, selezionare, miscelare e trasformare le migliori varietà di frumento, quali che siano le loro origini, per la produzione di semole e di frumento duro di altissima qualità, semole che costituiscono uno degli ingredienti essenziali per il successo della pasta italiana nel mondo.

Inoltre, rimangono inalterate le problematiche relative al deficit quantitativo della produzione nazionale e del controllo sul corretto approvvigionamento di frumento duro dell'industria semoliera.

Quindi, lo schema incide sostanzialmente sui delicati equilibri dell'industria alimentare.

L'Italia è il principale produttore europeo di grano duro destinato alla pasta, con 5 milioni di tonnellate, su una superficie coltivata pari a circa 1,3 milioni di ettari, concentrata soprattutto in Puglia e Sicilia, che da sole rappresentano il 42 per cento della produzione nazionale. Nonostante ciò, la produzione italiana non è sufficiente a soddisfare la domanda domestica, perlomeno quella di grano di alta qualità e probabilmente neanche quella destinata all'esportazione, ed è pertanto necessario ricorrere all'importazione di circa 2,3 milioni di tonnellate annue di grano dall'estero, che non è assolutamente di qualità inferiore, anzi a volte di qualità superiore, e viene pagato forse di più di quello italiano dai nostri industriali della pasta. Quindi, chiedo, visto che questo, che era appunto uno schema di decreto, è diventato un decreto ministeriale, se non sarebbe stato opportuno avviare, prima del varo di questo decreto, un tavolo di concertazione con il coinvolgimento di tutti gli attori della filiera, al fine di valutare la possibilità di adottare un tipo di etichettatura, che concretamente garantisca i consumatori ed i produttori

PRESIDENTE. Il Vice Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali, Andrea Olivero, ha facoltà di rispondere.

ANDREA OLIVERO, Vice Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali. Grazie Presidente. Considerata l'analogia delle questioni rappresentate, rispondo appunto congiuntamente.

Mi preme, anzitutto, evidenziare che il Ministero delle Politiche agricole ha sempre sostenuto, anche a livello europeo, la necessità di un'adeguata etichettatura, per tracciare l'effettiva origine dei prodotti e per consentire al consumatore una scelta consapevole.

Voglio sottolineare, anche a fronte delle cose che poco fa l'onorevole collega ha indicato, che noi non perseguiamo certo logiche protezioniste, che sarebbero assolutamente fuori luogo, vista la nostra propensione all'export e alla ricchezza appunto del nostro settore agroalimentare. Ma vogliamo dare risposte ai nostri consumatori, mettendoli nella condizione di potere costantemente avere informazione sui prodotti e anche sulle materie prime, con le quali questi sono realizzati. È questo uno degli obiettivi prioritari che perseguiamo costantemente, per tutelare appunto le nostre produzioni agroalimentari e insieme il nostro mercato e i nostri consumatori.

Come già avvenuto per i prodotti lattiero-caseari, col decreto dello scorso agosto, abbiamo introdotto anche per il grano per la pasta l'obbligo di indicazione d'origine in etichetta, in via sperimentale per due anni. Si tratta di una scelta condivisa con il Ministro Calenda, che anticipa la piena attuazione del Regolamento europeo n. 1169 del 2011, a lungo, troppo a lungo, disatteso. Il nostro obiettivo è dare massima trasparenza delle informazioni al consumatore, rafforzando così la tutela dei produttori e dei rapporti di una filiera fondamentale per l'agroalimentare made in Italy.

Il decreto prevede una fase di 180 giorni dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale per l'adeguamento delle aziende al nuovo sistema e lo smaltimento di etichette e confezioni già prodotte. Pertanto, l'obbligo definitivo scatterà il prossimo 17 febbraio. In particolare, nelle confezioni di pasta secca prodotte in Italia, dovranno essere indicati obbligatoriamente in etichetta il Paese di coltivazione del grano e il Paese di molitura. Se queste fasi avvengono nel territorio di più Paesi, possono essere utilizzate, secondo la provenienza, le diciture “Paesi UE”, “Paesi non UE”, “Paesi UE e non UE”. Se il grano duro è coltivato almeno per il 50 per cento in un solo Paese, come ad esempio l'Italia, si potrà usare la dicitura: Italia e altri Paesi UE e/o non UE. Le indicazioni sull'origine dovranno essere apposte in etichetta in un punto evidente e nello stesso campo visivo, in modo da essere facilmente riconoscibili, chiaramente leggibili e indelebili, come è stato poc'anzi rammentato.

Il decreto decadrà in caso di piena attuazione dell'articolo 26, paragrafo 3, del Regolamento UE n. 1169 del 2011, che prevede i casi in cui debba essere indicato il Paese d'origine o il luogo di provenienza dell'ingrediente primario utilizzato nella preparazione degli alimenti, subordinandone l'applicazione all'adozione di atti di esecuzione da parte della Commissione, che ad oggi, purtroppo, non sono stati ancora emanati.

Riguardo poi ai controlli sulle importazioni, rispetto ai quali, appunto, l'onorevole Latronico ha interrogato il nostro Ministero, rilevo che nei Paesi dell'Unione europea il controllo ufficiale sui residui di prodotti fitosanitari negli alimenti rappresenta una delle priorità sanitarie più rilevanti nell'ambito della sicurezza alimentare. Pertanto, sia i prodotti italiani che quelli di altra provenienza, destinati a essere movimentati nel territorio nazionale e in altro Stato dell'Unione europea o esportati in uno Stato terzo, sono sottoposti a rigorose verifiche.

In ogni caso, la tematica dei residui dei prodotti fitosanitari nel nostro Paese è di competenza del Ministero della Salute, che coordina e definisce i programmi di controllo ufficiali dei prodotti alimentari, ivi compresi i piani annuali in materia di residui di prodotti fitosanitari negli alimenti, garantendo l'uniformità dei controlli su tutto il territorio nazionale e sull'importazione. Particolare è la ricerca di tali residui nei prodotti d'importazione e regolarmente effettuata dagli uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera del Ministero della Salute. Le modalità di controllo previste consentono di gestire ed eventualmente respingere i prodotti fitosanitari provenienti da altri Paesi, non conformi ai criteri stabiliti a livello nazionale ed europeo. Grazie all'efficacia dei controlli messi in atto e all'accresciuta attenzione sulle derrate provenienti dai Paesi terzi, anche in particolare rispetto proprio al tema del grano e dei cereali, la presenza di residui di fitofarmaci non rappresenta al momento una particolare criticità. In ogni caso, il Ministro della Salute continua a monitorare la sicurezza alimentare dei prodotti sul territorio, in particolare all'importazione, mantenendo un elevato livello di attenzione.

PRESIDENTE. L'onorevole Elvira Savino ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

ELVIRA SAVINO. Vice Ministro, a me pare che sia quasi più forte di voi: non riuscite a fare dei provvedimenti che si prefiggano come obiettivo quello dell'interesse generale. Voi riuscite a legiferare solo nell'interesse di qualche categoria per ragioni, per così dire, elettorali o interessi di parte. Tra l'altro, nella sua risposta, lei sostanzialmente ha evidenziato anche tutte le contraddizioni che sono presenti in questo decreto. Infatti, questo provvedimento, che poteva anche partire con delle buone intenzioni e non aveva neanche delle fortissime contrarietà - e si figuri se io, che sono peraltro pugliese, che è un territorio che, come ho detto e illustrato, provvede in maniera sostanziale all'approvvigionamento di grano in Italia, non sarei favorevole a tutelare gli agricoltori e i coltivatori pugliesi -, però ha finito col diventare un obbrobrio, che ha messo in serissima difficoltà l'industria pastaria italiana e che probabilmente non servirà neanche agli agricoltori. Infatti, questo provvedimento sostanzialmente rafforza il pregiudizio secondo il quale l'origine di una materia prima determina la qualità di un prodotto finale - non è così e in questa direzione vanno anche le indicazioni della Commissione – e, soprattutto, non ha una logica. Essendo stato scritto in una visione, per così dire, di favorire qualcuno, è del tutto privo di visione, perché quando si fanno gli interessi di una categoria, non ci si rende conto poi dei danni che si possono procurare a tutto il sistema.

Ma andiamo per ordine. Questo schema di decreto, come abbiamo detto, è stato emesso a luglio, poi è stato approvato ed entrato in Gazzetta Ufficiale il 17 agosto scorso, entrerà in vigore, come lei ci ha detto, a febbraio del 2018, dopo 180 giorni, e sarà adottato in via sperimentale. Quindi, questa deroga evidentemente alle indicazioni della Commissione non si comprende bene: due anni, dopodiché facciamo quest'esperimento e vediamo come va.

Però, Vice Ministro, perché tutto questo avviene? Perché - ha citato prima il Regolamento (UE) n. 1169 del 2011, che appunto è quello relativo all'etichettatura d'origine dei prodotti alimentari - lei sa meglio di me che questo tipo di decreti vanno notificati alla Commissione prima di essere emessi. La Commissione ha tre mesi per esprimersi su questo tipo di decreti, dopodiché ci può essere o un silenzio assenso oppure il decreto può essere discusso. In questo caso il decreto è stato discusso e, a maggio, vi era giunta indicazione informale di un parere non favorevole della Commissione.

A giugno, quando si è reso evidente che il parere sarebbe stato certamente contrario, voi avete ritirato il decreto - a luglio, il 19 - e poi il giorno dopo, cioè il 20, l'avete riemesso. E voi sapete bene che questo provvedimento è del tutto illegittimo, perché sostanzialmente è in totale violazione del regolamento n. 1169 del 2011 che prevede, come ho detto, che per questo tipo di atti sia necessaria la notifica. Quindi, sostanzialmente la Commissione potrebbe chiedervi di ritirarlo. Per cui, voi sostanzialmente state prendendo in giro gli agricoltori perché probabilmente questo decreto sarà ritirato e mettete in serissima difficoltà gli industriali italiani della pasta e, tra l'altro, mi pare che vogliate forzare la mano alla Commissione.

Quindi, sono queste, ancora una volta, le ragioni per le quali voi andate a battere i pugni in Europa e, comunque, lo fate, diciamo, sotto traccia. Quindi, ancora una volta sbagliate nel metodo e nel merito e noi pensiamo che così non potremo mai contare qualcosa in Europa perché lei sa, Vice Ministro, perché lo ha detto pochi istanti fa, che in Europa si sta discutendo una normativa sull'etichettatura di origine del grano, si sta discutendo una normativa su questo tema e come è scritto sul decreto, all'articolo 7, qualora entrasse in vigore decadranno gli effetti di questo decreto. Quindi, voi sostanzialmente lasciate le imprese industriali della pasta in Italia in un doppio limbo: cioè, intanto la normativa che voi avete messo è cogente e, quindi, sono obbligati ad adeguarsi e, quindi, ci impiegheranno del tempo. Sei mesi sono corretti; non sembrano tanti, ma in realtà sono pochi per modificare, con dei costi anche significativi, l'etichettatura, perché cambiano gli imballaggi e cambia tutto. Il decreto potrebbe essere ritirato e, quindi, essere sostanzialmente inefficace e inutile, oppure potrebbe cambiare ancora, nel senso che l'Europa potrebbe cambiare i criteri di etichettatura e, quindi, le imprese saranno costrette a rimodificare di nuovo le etichette e quindi, diciamo, potrebbero fare un lavoro doppio. Dunque, mi pare evidente che siete dei dilettanti quando scrivete i provvedimenti.

Ma poi io le chiedo (scusi, Vice Ministro): ma noi stiamo parlando della pasta e pasta significa Italia. Pasta è una parola che non si traduce e noi che cosa facciamo? Costringiamo le associazioni di categoria dei pastai italiani e le industrie italiane della pasta ad andare a Bruxelles a parlare con i funzionari per farsi tutelare o per farsi aiutare su un tema come quello della pasta? E i funzionari di Bruxelles ci ridono dietro perché dicono: “Ma voi siete in Italia e venite qui a chiedere aiuto sulla pasta? Ma il vostro Governo dov'è?”. Allora, ciò che voi avete fatto di assolutamente sbagliato con questo decreto è mettere uno contro l'altro gli attori della filiera della pasta. Cioè, la filiera della pasta, che - ripeto - è il simbolo del nostro made in Italy, non la tutelate certamente obbligando a scrivere in etichetta qualcosa che non dice nulla circa la qualità della pasta. Proprio perché è il simbolo del nostro made in Italy andava trattata insieme, andava gestita con un approccio globale, andavano sentiti tutti gli attori della filiera che, peraltro, è quello che i nostri industriali italiani, che sono più lungimiranti di voi, stavano già facendo con i contratti di filiera, perché è giusto capire l'origine del grano, è giusto che la pasta sia di qualità, però è giusto che il grano sia di qualità. Per cui, che cosa fanno i nostri industriali con i contratti di filiera? Garantiscono un reddito di base ai produttori, però li inducono anche, attraverso le loro indicazioni, a migliorare la qualità del grano, perché se gli industriali italiani sono costretti a comprare il grano dall'Italia ma quel grano non è di qualità e ha uno scarso valore proteico e la pasta si scuoce voi non state dando nulla ai nostri consumatori, se queste erano le intenzioni di questo decreto. Cioè, in sostanza sembra abbastanza singolare che voi, che dovreste fare una cosa che è quella di governare e la fate abbastanza male, pretendiate di insegnare agli industriali italiani della pasta come si fa la pasta. Cioè, è abbastanza strano, è abbastanza singolare.

Quindi, sostanzialmente per tornare al decreto, voi bloccate le imprese perché non c'è certezza di questa norma ma, comunque, si dovranno adeguare perché la norma è cogente e ha anche delle sanzioni. Bloccate l'incentivo a migliorare la qualità del grano e, quindi, sostanzialmente non apportate nulla in più a vantaggio dei consumatori se - ripeto - questo era l'obiettivo di questo decreto e quello sarebbe dovuto essere perché questa etichetta non dice nulla sulla qualità della pasta. Inoltre, prendete anche in giro gli stessi agricoltori, perché questa norma probabilmente decadrà o, comunque, sarà modificata o, comunque, è una norma abbastanza vaga. Quindi, l'unica cosa che magari fate per i vostri agricoltori è farla entrare in vigore a febbraio 2018 che mi sembra anche una data abbastanza simbolica e voi, diciamo, con le norme fatte in prossimità delle date simboliche siete abbastanza esperti.

Quindi - ripeto - mettere uno contro l'altro gli attori della filiera della pasta è abbastanza ridicolo. L'unico auspicio nella direzione nella quale pensiamo di andare, alla luce di questo che ho premesso, è di coinvolgere gli industriali perlomeno a lavorare sulle circolari di questo decreto, cioè proviate e almeno abbiate il buongusto di coinvolgerli per quanto attiene alla parte applicativa di questa norma perché noi sappiamo che la vita delle imprese italiane è già complicata e non mi sembra sensato complicargliela ancora con ulteriori norme che, peraltro, penalizzano un settore che fa da traino alla nostra industria in Italia e nel mondo. Quindi, questa è l'aspettativa e - ripeto - questa normativa non dice nulla circa la qualità della pasta. Se questo decreto era stato fatto nell'interesse dei consumatori l'obiettivo non è stato raggiunto.

Comunque concludendo, Vice Ministro, dico che ancora una volta con questo provvedimento avete tradito le aspettative di tutti e mi pare evidente che, alla luce di tutto questo, gli industriali italiani non vi voteranno più, ma siccome questo decreto è un pasticcio, oltre che un mezzo imbroglio, sono sicura che non vi voteranno neanche gli agricoltori.

PRESIDENTE. L'onorevole Latronico ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interrogazione.

COSIMO LATRONICO. La ringrazio, Presidente, e ringrazio il Vice Ministro per le informazioni che ci ha fornito. Naturalmente, si tratta di una questione così complessa e speriamo che questo non sia un capitolo chiuso ma sia un capitolo aperto, perché è un tema che incrocia interessi consolidati e relazioni internazionali. Vero è che c'è un mondo che vive attorno al grano nella nostra terra: 5 milioni di tonnellate, 2 milioni e mezzo di ettari, insomma c'è un mondo che però realizza in questi anni, come sa il Vice Ministro, delle perdite importanti. Ricordo che le quotazioni del grano destinato alla produzione della pasta hanno perso il 43 per cento del loro valore - si è dimezzato il valore del grano - mentre il grano tenero, quello destinato alla panificazione, ha perso il 20 per cento. Quindi, c'è un settore agricolo che produce grano, che rappresenta un pezzo importante del made in Italy, che va assolutamente protetto.

Gli altri fatti è inutile ribadirli perché sono di tutta evidenza. Nei porti italiani ancora ora, in queste settimane, continuano a giungere navi che portano grano da tutto il mondo con pochissimi controlli sanitari e ciò, oltre a contribuire alla riduzione del prezzo del grano italiano, crea grandi problemi sulla tracciabilità e sulla salubrità del prodotto importato. Poi, sono d'accordo con quanto si diceva, cioè che bisogna costruire un'alleanza tra produttori e trasformatori, però dobbiamo anche costruire un patto di lealtà tra produttori e trasformatori perché l'eccellenza italiana sia in evidenza con spazi straordinari per ciascuno. Naturalmente dobbiamo evitare, appunto, importazioni che alterano le condizioni e l'idea di tracciare è sicuramente un'idea su cui bisogna concorrere e lavorare su scala europea, trovando dei regolamenti che non siano superabili, che abbiano la forma della cogenza e io auspicherei che il Governo italiano, oltre a tenere un negoziato sul piano europeo per evitare che si facciano provvedimenti inutili, riesca anche a costruire un'alleanza tra i produttori e i trasformatori italiani, perché il prodotto italiano sia leggibile in etichetta, la materia e la trasformazione, e ne possiamo fare un punto di forza dell'agroalimentare italiano. Questo è l'auspicio e speriamo che il Governo o i Governi che succederanno si possano realmente impegnare su questo tema.

(Iniziative di competenza volte a garantire la disponibilità del farmaco Creon a favore dei pazienti affetti da fibrosi cistica – n. 2-01933)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza Binetti e Pisicchio n. 2-01933 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Binetti se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

PAOLA BINETTI. Tra le grandi difficoltà a cui può andare incontro una persona quando si ammala è quella di ammalarsi di una malattia rara. Nel caso di una malattia rara, come per esempio è la fibrosi cistica, la difficoltà sta nel trovare, con la tempistica opportuna, quei farmaci che permettono di contenere la malattia. In genere non si riesce a guarire di queste malattie, tutt'al più si riesce a cronicizzarle e a ridurne l'impatto negativo e evitare quelle che sono le conseguenze della sintomatologia che si producono: è quella che si chiama una sorta di prevenzione terziaria.

Nel caso specifico di cui stiamo parlando, questo farmaco, il Creon, è un insieme di enzimi pancreatici: le amilasi, per offrire, in qualche modo, un supporto operativo al metabolismo dei glucidi; le lipasi, per offrire un supporto al metabolismo dei lipidi e le proteasi, per offrire un supporto adeguato al metabolismo di proteine, perché i cibi che noi mangiamo sono sempre cibi molto complessi, in cui proteine, grassi e zuccheri sono mescolati in una maniera a volte davvero difficile da essere digeribile per queste persone. Stiamo parlando di pazienti con fibrosi cistica, in cui il pancreas non è in grado di produrre questi cosiddetti enzimi pancreatici, che svolgono questo ruolo fondamentale per la nutrizione. Per fare un'idea, il Creon è un farmaco che va preso non ai pasti - come dire, prima di pranzo e prima di cena o tutt'al più prima di colazione prendo una pasticca di Creon –, no, questo farmaco va preso prima di ogni volta che si mangia, anche per esempio un semplice snack. Si pensi ai bambini e si ha l'idea di come sia capillarmente diffuso, nell'arco della giornata, il ricorso a questo farmaco, la cui carenza ha conseguenze gravissime. Questa è la premessa.

Il Creon è un farmaco che viene distribuito in format molto diversi, di cui i più diffusi sono i format 10.000 e 25.000, in cui 10.000 e 25.000 fanno riferimento alla concentrazione di enzimi presenti e questo a sua volta fa riferimento alla gravità della patologia di cui soffre il soggetto, quindi alla necessità di disporre di un farmaco che copra in maniera più o meno esaustiva il suo bisogno di essere, come dire, assistito nella fondamentale funzione digestiva.

Bene, si capisce quale può essere stato il panico a cui sono andati incontro prevalentemente le famiglie - perché parliamo soprattutto di bambini, è una malattia su base genetica, una malattia che si manifesta nell'infanzia e che poi copre tutto l'arco della vita - quando si sono resi conto che nelle farmacie il farmaco non era più disponibile.

A monte di questo, vale la pena fare una piccola osservazione. Il farmaco era prima prodotto da una grande casa farmaceutica, che, a un certo punto, ha ceduto il brevetto alla Mylan. Questa seconda casa farmaceutica in qualche modo ha recepito il brevetto e si è fatta carico della produzione di un farmaco che ha - detto male, nella maniera più dura che possa essere possibile - un mercato irrinunciabile da parte di questi pazienti; quindi, chi si è fatto carico del brevetto nel suo rilievo sapeva bene, a modo suo, di star facendo un affare, cioè di avere un farmaco in cui tutti i test erano stati già superati, l'efficacia era stata dimostrata, il mercato si era già creato.

Bene, la Mylan a un certo punto ha smesso di rifornire gli ospedali, ha smesso di rifornire le farmacie, ha smesso anche di rispondere alle richieste dei pazienti che ne facevano richiesta. Potrei, e forse qualcuno lo leggo, non peraltro, ma perché non sembri che quello che sto dicendo sono, come dire, parole in libertà. La Lega fibrosi cistica scrive il 16 novembre del 2016, facendo presente che in alcuni luoghi molto precisati, dalla città di Matera al Gaslini, l'Ospedale Gaslini, l'ospedale di Santa Corona, l'ospedale Borea, l'ospedale Vittoria, ad Albenga l'ospedale della Misericordia, quindi sia farmacie che ospedali, mancava il farmaco. Fa seguito, dopo poco, la ASL Roma B, che denuncia la mancanza di farmaco, l'ospedale di Monterotondo. Dopodiché si attiva il magazzino farmaceutico dell'Umbria 2 di Terni. Questo è totalmente documentato, con date, luoghi, quantitativi, nomi di strutture che hanno chiesto il farmaco e non lo hanno trovato.

Successivamente, crescendo la denuncia, ma non essendo in grado la casa Mylan di rispondere alle richieste, alle sollecitazioni che venivano proposte, gli scrivono direttamente dall'ASL di Tortona, dall'ASL Roma 2, il CTO, il Centro traumatologico, sempre da Roma, da via Bresadola, da Torre Spaccata, dalla Casilina, da Catania, da Acireale, dal Gaslini, dal Galliera, cioè da Nord a Sud ospedali, case farmaceutiche, persone continuano a chiedere. Il 29 novembre, il 7 e il 9 dicembre ci sono delle richieste, il 12 dicembre ci sono delle richieste dall'Ospedale Santa Maria della Pietà di Roma, ancora il 14 dicembre dall'Umbria e dalle Marche, da Pesaro, si fa la segnalazione, il 15 dicembre ulteriormente, il 22 dicembre dalla Toscana.

Non so se si capisce da questa documentazione puntuale – puntuale -, struttura che dovrebbe chiedere, pazienti che chiedono, risposte mancate della Mylan obbligano a questo punto le benedette associazioni dei malati a scrivere una lettera di protesta all'Aifa, in tutti i modi. L'Aifa si assume l'onere di fare un'indagine per capire che cosa stia succedendo e la risposta che manda è ambigua, sotto il profilo delle cause che hanno creato questo ritardo, e però, in un certo senso, ottimistica, nel senso di dire: nel giro di pochi giorni il farmaco sarà realmente disponibile in tutte le farmacie. Perché dico che è ambigua? Perché fa riferimento a un cambio di sistema informatico nella Mylan e che evidentemente non era stato previsto nelle conseguenze disastrose che avrebbe portato, cioè la superficialità assoluta di chi non si rende conto che il cambiamento informatico, che sarà pure auspicabile per la modernizzazione dell'azienda, può gettare nel panico decine e decine, centinaia di malati di tutta Italia, è veramente gravissimo. Io potrei continuare a citare, fino all'8 settembre 2017 il Creon non è disponibile.

Che cosa succede? Perché io faccio questa interpellanza e perché mi sono rivolta al Ministero della salute e perché ho insistito anche per averla oggi, perché non è un caso che io abbia insistito perché fosse oggi. Perché tra due giorni l'Aifa incontra l'associazione dei pazienti e quindi io volevo che l'associazione dei pazienti potesse contare su quella che è la risposta del Governo; perché mi auguro, e l'ascolterò molto volentieri, che questa risposta offra ai pazienti uno strumento in più per difendere quello che sappiamo tutti essere un diritto costituzionale. Il diritto alla salute – l'abbiamo detto tante volte, l'abbiamo commentato in quest'Aula – ce lo dà il nostro Signore Gesù Cristo, ma il diritto alle cure tocca e compete davvero al Governo e quindi a tutte le strutture preposte a questo.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la salute, Davide Faraone, ha facoltà di rispondere.

DAVIDE FARAONE, Sottosegretario di Stato per la Salute. Grazie, Presidente. Desidero ringraziare gli onorevoli interpellanti per l'opportunità offertami in questa sede di fornire i dovuti e necessari chiarimenti sulla delicata vicenda della carenza del farmaco Creon, il quale, come ricordato dai medesimi interpellanti, è di fondamentale importanza per tutti coloro che sono affetti da fibrosi cistica.

Preliminarmente ritengo opportuno precisare che, come riportato nell'atto ispettivo in questione, l'Aifa ha prontamente fornito riscontro alla richiesta proveniente dalla Lega italiana fibrosi cistica Onlus, rappresentando come la situazione segnalata originasse da problematiche inerenti il sistema di gestione degli ordini, in merito al quale l'azienda produttrice aveva dichiarato di aver posto rimedio con regolare ripresa dell'operatività.

Premesso ciò, ritengo opportuno precisare che, in generale, in ipotesi di carenza di medicinale, vale a dire nei casi di farmaco non disponibile o non reperibile in commercio su tutto il territorio nazionale, a causa della impossibilità da parte del titolare dell'autorizzazione di immissione in commercio di assicurare una fornitura appropriata e continua, l'Aifa, ove non sia possibile individuare sul territorio nazionale valide alternative, può autorizzare con proprio provvedimento, al fine di garantire la continuità terapeutica, l'importazione da mercati esteri dello stesso medicinale o di medicinali approvati per le stesse indicazioni, su specifica richiesta di medici specialistici operanti presso strutture del Sistema sanitario nazionale.

Ebbene, al riguardo mi preme segnalare che dalle informazioni acquisite presso l'AIFA è emerso che, pur riconoscendosi la carenza del citato farmaco, carenza peraltro evidenziata anche sul sito istituzionale della medesima Agenzia nella sezione “Elenco dei medicinali attualmente carenti”, ad oggi non sono pervenute, presso la medesima Agenzia, richieste di importazione di farmaco analogo autorizzate all'estero.

Desidero, in ogni caso, rassicurare gli onorevoli interpellanti che, stando sempre alle informazioni prese dall'AIFA, la situazione di indisponibilità del medicinale oggetto di questo atto ispettivo è previsto che termini entro il primo ottobre. La società titolare di autorizzazione di immissione in commercio del farmaco in questione ha, infatti, fornito all'AIFA ampie rassicurazioni al riguardo, impegnandosi ad adottare tutte le misure ritenute necessarie per la definizione del problema entro il corrente mese di settembre.

Sono, peraltro, lieto di comunicare che, per quanto sia ormai imminente la risoluzione della problematica evidenziata, l'AIFA avrà comunque modo di affrontare, insieme alla Lega italiana fibrosi cistica, nel corso di un apposito incontro prossimo, previsto entro la fine del mese corrente, una disamina delle ragioni della recente criticità, oltre che la definizione condivisa di ogni altra ulteriore iniziativa ritenuta opportuna.

In conclusione, desidero fornire agli onorevoli interpellanti la piena assicurazione che il Ministero della Salute continuerà a seguire con particolare attenzione l'evolversi della vicenda, valutando l'opportunità di adottare tutti gli strumenti necessari al fine di garantire ai pazienti affetti da fibrosi cistica la necessaria continuità terapeutica e, al contempo, la giusta serenità psicologica per affrontare tale patologia.

PRESIDENTE. Salutiamo studenti e insegnanti dell'Istituto di istruzione superiore “Luca da Penne-Mario dei Fiori” di Penne, in provincia di Pescara, che assistono ai nostri lavori dalla tribuna.

L'onorevole Binetti ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

PAOLA BINETTI. Intanto io ringrazio, perché so che l'essere stato presente qui e aver accettato la mia sollecitazione a risponderci proprio prima dell'incontro tra l'associazione e l'AIFA non è stato facile per il sottosegretario, quindi la ringrazio davvero - lo dico sinceramente - di essere qui e di essersi fatto carico di questo problema.

Ora, però, sinceramente, il fatto che si rimandi a dire che i pazienti non hanno chiesto di comprare il farmaco all'estero, il fatto che l'AIFA dica che nessuno le ha chiesto di comprare il farmaco all'estero, mi sembra una giustificazione veramente peregrina, perché, se io sono malato, se io ho una patologia cronica, se ho bisogno davvero di questo farmaco per poter mangiare - e lei sa benissimo che noi consideriamo il mangiare una funzione basica, non lo consideriamo una terapia, quindi non lo consideriamo sospendibile, il mangiare -, diventa essenziale che io possa essere messo in condizione di assumere, insieme al cibo, gli enzimi necessari per poterlo digerire.

Ora, che si dica ‘si potevano comprare all'estero ma non l'avete chiesto', ma dico: a chi tocca questa responsabilità? Al farmacista tocca semplicemente assicurare il farmaco al paziente che glielo chiede, alla casa farmaceutica tocca assicurare alla farmacia il farmaco necessario. Se il farmaco non c'è, qualcuno dovrà procurarlo laddove è necessario. Non è che l'utente finale deve ripercorrere tutta la filiera per poter giungere, poniamo, non so, in Olanda, in Inghilterra, dove è possibile ottenere questo farmaco, perché questo è veramente un atteggiamento di chi ribalta la responsabilità su chi è vittima e per di più gli dice: non solo sei vittima, detto male, ma sei anche inadeguato, sei anche incapace di tutelare i tuoi interessi. Francamente non mi sembra giusto questo.

Ciò premesso, io credo che la casa farmaceutica Mylan meriterebbe davvero, se esistesse nel sistema, una sanzione molto pesante: è un anno, è dal 16 novembre, io non ho letto, sottosegretario, tutte le lettere che ho ricevuto, tutte le sollecitazioni che ho ricevuto, da tutta l'Italia, sono tutte documentate, una ad una, con numero di persone, con numero di dosi necessarie e quant'altro, è tutto documentato.

Questo, da un certo punto di vista, ci fa pensare quale livello di competenza hanno raggiunto le associazioni che tutelano interessi e diritti dei malati, ci dice della qualità e della professionalità dell'Associazione della fibrosi cistica, ci dice del rigore professionale della sua Presidente, la dottoressa Puppo Fornaro, ci dice come loro registrano punto per punto, non si limitano a generiche rassicurazioni telefoniche, ma affrontano il problema con una categoria professionale, che, a mio avviso, è mancata alla stessa Mylan. Perché altrimenti non si può dire che, siccome sto aggiornando il sistema informatico, allora non ti do quei farmaci che rispondono strutturalmente alla tua qualità di vita.

Voglio dire, con tutto il rispetto, perché lo stiamo vivendo in questi giorni, non è che siamo davanti alla Ryanair che si è sbagliata nel programmare le ferie dei suoi piloti e quindi decide che sospende cinquanta voli al giorno, pazienza, li caricherà su altri voli, dicono loro che non ci saranno gravi problemi o gravi disagi, ma qui è il mio farmaco, per la mia salute, per ciò che io ora debbo mangiare. Non ci sono tanto facilmente giustificazioni a cui si può dar luogo. E quella casa farmaceutica, che si assume la responsabilità di fare proprio un brevetto, che peraltro ha già superato tutti i passaggi di ricerca, di sperimentazione e anche di accreditamento, poi cosa fa? Perde il treno perché il sistema informatico non è adeguato? Ma fallo girare su un sistema informatico vecchio mentre costruisci il sistema informativo parallelo. Non è accettabile. Non è accettabile e io mi auguro con tutto il cuore che perlomeno la sanzione morale e la sanzione professionale che arrivi a questa casa farmaceutica abbia tutta la pesantezza che merita.

Francamente mi sarei aspettata, a suo tempo, la prima volta che l'AIFA è intervenuta, che avesse, come dire, denunciato anche la strumentalità dell'argomentazione che va tolto il farmaco dalla circolazione; che avesse detto alla casa farmaceutica: signori, ma voi sottraete un farmaco vitale a una quantità infinita di persone perché state aggiornando il sistema farmaceutico? Ma dovevate prima aver prodotto quintali di queste medicine per poterle distribuire anche nella fase di transizione. Cioè, c'è troppa superficialità, questo è stato un caso gestito malissimo, malissimo, dalla Mylan. Malissimo! Ed è per questo che io sono sicura che - ed è questo il valore della nostra interpellanza - il Ministero si farà parte integrante perché è inaffidabile e quindi va monitorato sui tempi stretti.

Sottosegretario, lei ha sentito che io ho letto le date giorno per giorno, se poi per caso le volesse, penso che lei le avrà già, gliene farei volentieri dono: 13 giugno, 14 luglio, 20 luglio, 2 agosto, non stiamo parlando di una richiesta che è stata fatta il 16 di novembre dell'anno scorso, la prima documentata, e poi magari rifatta dopo sei mesi, stiamo parlando di un monitoraggio quotidiano. Questa casa farmaceutica è inadeguata al suo compito, non è in grado di gestire un problema tipico dei malati rari, per i quali non ci sono farmaci alternativi. E allora ben venga un controllo strettissimo del Ministero e dell'AIFA a garanzia di questi pazienti.

Comunque, io voglio sperare che il primo di ottobre il farmaco sia presente in tutte le farmacie, noi faremo un controllo, ovviamente non lo farò io, lo faremo insieme all'Associazione della fibrosi cistica, ma faremo un controllo a tappeto, il primo ottobre, in tutte le farmacie e in tutti gli ospedali. Si sono già offerti, i pazienti, di contribuire a questo monitoraggio, per sapere se è l'ennesima favola raccontata. Però, certo, in questo momento, dovrebbe essere veramente duro raccontare una favola al Governo, nella sua persona e negli impegni che lei si è assunto, raccontare una favola al Parlamento, perché, anche se in questo momento l'Aula è piena soprattutto dei giovani della scuola media superiore, è virtualmente presente tutta intera, e quindi è difficile che possa, in qualche modo, defraudare l'intero Parlamento di una parola data.

E poi, terzo ma non ultimo, l'impegno che si è preso rispetto all'AIFA, la quale ha questa responsabilità specifica, altrimenti che lo vogliamo a fare, l'EMA, noi, in Italia, se l'AIFA non è in grado di garantire che il farmaco, già scoperto, già accreditato, già qualificato, raggiunga il suo utente? Che ci importa che stia in qualche magazzino all'estero? A noi importa, in questo momento, che arrivi in Italia ai nostri pazienti e che vengano garantiti tutti loro, uno per uno, con quello di cui hanno bisogno.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze e delle interrogazioni all'ordine del giorno.

Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 15.

La seduta, sospesa alle 12,20, è ripresa alle 15.

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARINA SERENI

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Bindi, Braga, Cominelli, Ferrara, Lorenzo Guerini, Manciulli, Mazziotti Di Celso, Piccoli Nardelli, Speranza, Tofalo, Turco, Vignaroli e Villecco Calipari sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.

I deputati in missione sono complessivamente centotredici, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Seguito della discussione della proposta di legge: S. 361 - D'iniziativa dei senatori: Ranucci e Puglisi: Modifiche al decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242, in materia di limiti al rinnovo dei mandati degli organi del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI) e delle federazioni sportive nazionali, e al decreto legislativo 27 febbraio 2017, n. 43, in materia di limiti al rinnovo delle cariche nel Comitato italiano paralimpico (CIP), nelle federazioni sportive paralimpiche, nelle discipline sportive paralimpiche e negli enti di promozione sportiva paralimpica (Approvata dal Senato) (A.C. 3960-A) (ore 15,02).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della proposta di legge, già approvata dal Senato, n. 3960-A: Modifiche al decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242, in materia di limiti al rinnovo dei mandati degli organi del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI) e delle federazioni sportive nazionali, e al decreto legislativo 27 febbraio 2017, n. 43, in materia di limiti al rinnovo delle cariche nel Comitato italiano paralimpico (CIP), nelle federazioni sportive paralimpiche, nelle discipline sportive paralimpiche e negli enti di promozione sportiva paralimpica.

Ricordo che nella seduta del 14 settembre 2017 si è concluso l'esame degli emendamenti e degli ordini del giorno.

IGNAZIO LA RUSSA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Onorevole La Russa, su cosa?

IGNAZIO LA RUSSA. Presidente, chiedo l'inversione dell'ordine del giorno, per invertire il provvedimento in esame con il secondo punto all'ordine del giorno della seduta odierna, che ritengo più urgente dell'attuale.

PRESIDENTE. Onorevole La Russa, io per la verità avevo già aperto questo punto dell'ordine del giorno... ci sono altri interventi? Onorevole Coscia, prego.

MARIA COSCIA, Relatrice. Grazie, Presidente. Io vorrei ricordare al collega e a lei, Presidente, ma già lo sa perfettamente, che noi stiamo trattando un provvedimento che abbiamo già esaminato la settimana scorsa e che sta nella fase di voto finale; siamo, quindi, arrivati alle dichiarazioni di voto finale, dopo che la scorsa settimana abbiamo votato sia gli emendamenti che gli ordini del giorno.

Vorrei ricordare, in modo particolare, che è un provvedimento atteso da molto tempo, che viene dal Senato, che è di iniziativa parlamentare; tra l'altro, su questo, se lei mi permette una leggera digressione, vorrei dire che molte volte in quest'Aula si è discusso e si è parlato e sottolineato il fatto che eravamo, diciamo, eccessivamente impegnati da provvedimenti del Governo, piuttosto che da provvedimenti di iniziativa parlamentare. Ebbene, in questo caso, si tratta, appunto, di una iniziativa parlamentare, d'iniziativa dei colleghi del Senato, che ha avuto un lungo iter e una discussione molto approfondita al Senato e che poi, finalmente, è giunto alla Camera, per la verità già da qualche mese; e anche in VII Commissione abbiamo avuto un esame molto approfondito, che ci ha impegnato per diversi mesi in un confronto che è stato, in alcune fasi, anche aspro, che però poi, alla fine, ha portato ad una decisione finale della Commissione, che, se pure a maggioranza, se pure larga perché ha coinvolto anche gruppi significativi delle opposizioni, ha trovato anche nelle forze che si erano opposte, poi, alla fine, un via libera che è stato molto centrato sui contenuti del provvedimento.

Sui contenuti del provvedimento, vorrei semplicemente ricordare che si tratta di un provvedimento che, da un lato, è vero, porta i mandati del Presidente e degli organi esecutivi del CONI da due a tre mandati, ma, dall'altra, c'è un'ulteriore innovazione molto importante, che prevede di introdurre per la prima volta, per le federazioni sportive, il numero del limite dei mandati. Quindi, per concludere, Presidente, esprimo il parere, non solo mio ma di tutto il gruppo del PD, contrario a questa inversione.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 15,07).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Si riprende la discussione.

DAVIDE CRIPPA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DAVIDE CRIPPA. Grazie, Presidente. Visto che comunque ci sono cinque minuti di attesa, ne approfitto per segnalare che, nel momento in cui lei riceve una richiesta, come in questo caso dal collega La Russa, e decide di dar seguito e, quindi, fa intervenire un esponente contrario rispetto alla proposta, doveva già annunciare i cinque minuti del tempo necessario per la chiamata al voto, invece ha aspettato l'intervento della collega del Partito Democratico per allungare oltre i cinque minuti ed arrivare, complessivamente, a dieci minuti come termine di preavviso. Io credo che, veramente, magari possiamo evitare di fare questi giochetti per garantire un numero alla sua maggioranza.

PRESIDENTE. Onorevole Crippa, mi dispiace per lei, ma non è stata così macchinosa la mia decisione. Ad essere precisi, per essere sincera, l'onorevole La Russa mi aveva anticipato questa intenzione; io, però, pensavo che ci sarebbe stato prima un altro intervento e, quindi, non ho dato la parola all'onorevole La Russa prima di leggere l'ordine del giorno; gliela ho data, facendo una forzatura, dopo la lettura dell'ordine del giorno, perché, per la verità, l'onorevole La Russa me lo aveva anticipato e pensavo che l'intervento dell'onorevole Coscia sarebbe stato molto più veloce. In ogni caso, a questo punto, i cinque minuti sono passati e, quindi, non facciamo la sospensione, votiamo subito e non c'è nessun problema. Prego i colleghi di prendere posto.

IGNAZIO LA RUSSA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

IGNAZIO LA RUSSA. Voglio darle atto che quello che ha detto è assolutamente vero e, quindi, ritiro la richiesta di inversione dell'ordine del giorno.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 3960-A)

PRESIDENTE. Allora andiamo avanti perché in ogni caso ci sono le dichiarazioni di voto, consideriamo che stiano andando avanti i 20 minuti.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Pia Elda Locatelli. Ne ha facoltà.

PIA ELDA LOCATELLI. Noi Socialisti voteremo a favore di questo provvedimento, che limita il numero di mandati per tutti gli organi elettivi delle Federazioni sportive del CONI, così come limita il rinnovo delle cariche nel Comitato italiano paralimpico, nelle federazioni, nelle discipline e negli enti di promozione sportiva paralimpica.

Voglio ringraziare la relatrice e le colleghe che hanno voluto segnare il provvedimento con la prospettiva di genere, è quello che vorremmo fosse presente in tutte le leggi varate da questa Camera ed è la dimostrazione concreta di come l'aumento delle presenze femminili in questa legislatura porti a dei risultati positivi.

Come ha ricordato la collega Coscia, il mondo dello sport è da sempre - e lo è tuttora - un mondo di uomini, dove le donne vengono sempre sottorappresentate, spesso poco considerate, a volte persino derise. I vertici delle dirigenze sportive sono quasi di esclusivo appannaggio maschile, basti pensare alle 45 presidenze di federazione, 45 uomini su 45 presidenze. Negli organi decisionali delle istituzioni sportive presi nel loro insieme, la presenza delle donne è inferiore al 20 per cento e agli ultimi posti in Europa. Con questo provvedimento si compie un primo e importante passo, prevedendo la promozione delle pari opportunità tra uomini e donne nell'accesso agli organi direttivi ed impone che tutti gli statuti si adeguino, una volta che questo provvedimento sarà legge.

Sappiamo bene che il problema della rappresentanza è solo uno dei tanti che devono affrontare le nostre atlete, ce ne sono molti altri a cominciare dalle differenze economiche, all'accesso alle sponsorizzazioni, alla mancanza di tutele per la maternità. Questo è un primo segnale importante. Ci auguriamo, come per altri importanti provvedimenti varati da questo ramo del Parlamento, che il Senato proceda al più presto alla sua approvazione. Ovviamente voteremo a favore.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Matarrese. Ne ha facoltà.

SALVATORE MATARRESE. Grazie, signora Presidente. Signor Ministro, onorevoli colleghi, il gruppo Direzione Italia dichiara voto favorevole all'approvazione di questa legge.

Una legge importante perché interviene sulla governance del Comitato olimpico nazionale, che è il più grande organismo che gestisce di fatto 11 milioni di tesserati e 95 mila società, quindi e ha una funzione importantissima, non solo nel sistema sportivo, ma anche nel sistema sociale del nostro Paese. Dare un'uniformità e un'omogeneità di governance anche nei mandati, in linea con il Comitato olimpico internazionale, credo sia un fatto assolutamente positivo, aziendalmente corretto e sicuramente a garanzia di mandati che abbiano quella giusta durata per non generare patologie e, nello stesso tempo, per generare la possibilità di programmare e organizzare le risorse e le strutture sportive nella maniera più idonea ad assolvere al loro obiettivo.

È una legge importante, per la quale probabilmente ci sarebbe voluto un po' più di coraggio, per andare incontro alle difficoltà che i volontari - che sono la gran parte, nelle società sportive dilettantistiche - affrontano all'interno di queste strutture. Quindi, una maggiore attenzione a questi ruoli assolutamente non retribuiti ma assolutamente fondamentali nel sistema sportivo, forse sarebbe stata auspicabile; così come la circostanza che in tutte le manifestazioni olimpiche e non solo la presenza delle donne è rilevante (quasi più della metà), anche con notevole successo, avrebbe dovuto spingere ad avere una riflessione e forse un'iniziativa affinché negli organi di governo delle strutture federali vi fosse una maggiore presenza femminile, che di fatto è davvero, davvero minoritaria. Quindi, da questo punto di vista, forse una maggiore attenzione sarebbe stata auspicabile. Così come ci si augura che questa legge consenta, in questa uniformità, anche una maggiore armonia. Quello che è apprezzabile è che non si sia voluto intervenire, anche dal punto di vista politico, nel condizionare, come era emerso nel dibattito, con delle direttive politiche l'operato di questa struttura, che è una struttura che ha i suoi benefici anche economici. È vero che gestisce 400 milioni dello Stato, ma è anche vero che l'attività sportiva in senso lato porta nelle casse dello Stato ben 600 milioni. Questo testimonia ancora di più che forse quanto più le direttive della politica sono lontane dalla gestione dello sport, molto più lo sport riesce a dare migliori risultati e a soddisfare quelle che sono le esigenze dei cittadini. Quindi, confermiamo il voto favorevole su questa legge, anche se forse auspicavamo una maggiore prospettiva in queste problematiche che rimangono all'interno lo sport, quali la presenza del mondo femminile e soprattutto quella del volontariato, che è un'attività davvero predominante, soprattutto nei livelli più bassi, nei livelli dove si sente sempre di più l'azione sociale dello sport sulla cittadinanza. Quindi, confermiamo il voto favorevole su questo disegno di legge (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Direzione Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Molea. Ne ha facoltà.

BRUNO MOLEA. Signora Presidente, nell'annunciare il voto favorevole della componente Civici e Innovatori, voglio sottolineare come questo provvedimento, che è stato all'attenzione della VII Commissione, che lo ha fortemente dibattuto e modificato, porta di fatto un importante cambiamento all'interno di quella che è la disciplina che regola i termini di elezione dei presidenti del CONI, delle Federazioni, delle discipline associate, degli enti di promozione sportiva, in particolare stabilendo quanti sono i limiti del mandato di cui ogni presidente può usufruire. Il fatto che si sia portato a tre il limite dei mandati è sicuramente una fatto di grande attenzione al mondo dello sport. Infatti, tre mandati sono il limite necessario che consentono a un presidente di prendere coscienza, nel primo mandato, del suo ruolo, e mettere in campo le sue strategie innovative e funzionali allo sviluppo della Federazione, dell'ente di promozione o della disciplina associata per il futuro; il successivo mandato è quello della realizzazione dell'impianto che si è messo in campo, e contestualmente anche quello in cui si cerca, soprattutto per quanto riguarda le Federazioni, di capire se ci sono possibilità, al di fuori dei confini italiani, per assumere ruoli all'interno del CIO; il terzo viene di conseguenza: è naturale, se uno assume un ruolo all'interno del CIO, quando si candida non può non essere il rappresentante di una Federazione, da qui la necessità di avere a disposizione un terzo mandato. Quindi, un tempo congruo, che consente, da una parte, di individuare finalmente le condizioni di un naturale ricambio che deve esserci all'interno del mondo dello sport, dall'altra, però, anche la garanzia che consente di costruire in prospettiva un futuro non soltanto di livello nazionale ma anche internazionale in termini di rappresentanza del nostro Paese all'estero all'interno del Comitato olimpico internazionale.

Altro elemento di grandissima importanza è sicuramente la parità di genere - chi mi ha preceduto lo ha già sottolineato -, l'importanza che finalmente si apra in maniera chiara e netta la partecipazione anche alle donne, come è giusto che sia. Un altro elemento che voglio sottolineare insieme a questi è anche il fatto che finalmente si stabilisca che chi si ricandida dopo un periodo di permanenza alla carica di presidente lo debba fare con un quorum abbastanza significativo, che è stato individuato nel 55 per cento. Sono tutti provvedimenti che vanno nella direzione di mettere finalmente ordine, chiarezza e prospettiva nell'attività più generale del mondo sportivo, soprattutto a livello di vertice, il CONI, per esempio, ma anche a livello di Federazioni e, per ricaduta, degli enti di promozione sportiva.

Tuttavia, come ho detto in sede di discussione generale, voglio sottolineare una preoccupazione: questo provvedimento interessa anche i territori periferici e tutti quei presidenti dei comitati provinciali del nostro territorio - che sono tanti - in un momento in cui c'è anche un'evidente carenza di ruoli dirigenziali e di persone disposte ad assumerli. Ecco, mettendo questo vincolo anche sui territori periferici, la mia preoccupazione è che talvolta si rischi di distruggere situazioni estremamente valide a fronte di situazioni che invece possono risultare non altrettanto valide; quindi avrei avuto un'attenzione diversa verso la periferia rispetto al vertice. Ciò nonostante, non posso non esprimere grande soddisfazione per questo provvedimento, che, ripeto, rappresenta una pietra miliare nel percorso del mondo dello sport, e che determina finalmente con chiarezza quali sono le regole di rappresentanza, i tempi della rappresentanza e i tempi per la costruzione anche dei futuri dirigenti, perché avendo messo questo termine è inevitabile che chi si assume la carica di presidente di una determinata organizzazione, sia essa federazione piuttosto che ente di promozione o disciplina associata, non può non caricarsi anche l'onere del futuro e quindi pensare anche alla costruzione di un futuro gruppo dirigente che, alla scadenza del suo mandato, dovrà subentrare.

Credo che questo sia l'elemento pregnante di tutta quanta l'iniziativa che è stata messa in campo, che darà sicuramente, nel futuro non immediato ma nel tempo, dei frutti importanti, e che farà sì che molti dirigenti nuovi possano affacciarsi alle federazioni e agli enti di promozione sportiva. Quindi, facendo queste osservazioni, concludo rinnovando il voto favorevole della componente di Civici e Innovatori verso questo provvedimento, ringraziando anche tutti i colleghi che insieme a me, all'interno della VII Commissione, vi hanno lavorato; e abbiamo lavorato con grande impegno e soprattutto condividendo la volontà di determinare un prodotto che potesse essere veramente utile al mondo dello sport (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Civici e Innovatori per l'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Rampelli. Ne ha facoltà.

FABIO RAMPELLI. Presidente, rappresentante del Governo, Ministro, colleghi deputati, nel corso della discussione generale abbiamo potuto già anticipare alcune nostre perplessità in ordine a questa legge, soprattutto perché intempestiva, in buona sostanza: un provvedimento eccezionale ha una logica e un senso se viene calato - dal momento che si tratta appunto di una proroga di termini, di stabilire comunque un tetto di mandati superiore a quelli che vengono fin qui ricoperti dagli attuali vertici sia del CONI sia delle Federazioni sportive - se c'è un grande evento internazionale, come poteva essere un'Olimpiade, che ahimè il MoVimento 5 Stelle ha negato non tanto a Roma capitale ma all'Italia intera. Ma in assenza di qualcosa di eccezionale, come può essere per il CONI la gestione dei Giochi olimpici, occorre tornare all'ordinaria amministrazione, che prevede anche degli interventi di scenario che possano rimettere ordine a una materia che prevede anche una delega di Governo, che evidentemente il Governo ha deciso di esercitare in misura molto limitata fin qui, perché non ci sono grandi tracce strutturali della presenza del Governo nelle politiche sportive italiane, questo va detto.

Non si può attribuire certamente - sarebbe un errore imperdonabile - la responsabilità all'attuale presidente del CONI, perché sono le politiche di sistema che non stanno funzionando.

Allora, visto che non è data la grazia al popolo italiano di assistere alle Olimpiadi celebrate sul proprio territorio, ci si aspettava un provvedimento più organico, dove si potesse per esempio parlare della ragione per la quale molti giovani hanno difficoltà a interfacciarsi con il mondo dello sport e a usufruire delle strutture sportive. Ci sono alcuni sport, che pure hanno fatto grande l'Italia nel mondo, nel corso degli anni e dei decenni, che sono quasi scomparsi dalla scena. Certo, non ce la possiamo prendere con le federazioni che gestiscono, per esempio, l'atletica leggera. Se siamo scomparsi dal panorama internazionale o quasi, lo si deve probabilmente alla scarsa presenza dello sport nel circuito e nel percorso dell'istruzione e della formazione.

Quindi, manca il reclutamento e questo è un tema che forse qualcuno si sarebbe dovuto porre e che non è stato posto. Manca una politica dei grandi eventi sportivi, che vengono invece distribuiti in maniera più o meno casuale sul territorio nazionale e spesso il CONI e le federazioni sono lasciati soli nel tentativo di accaparrarsi la possibilità di ospitare grandi eventi. Manca una politica generale sull'impiantistica sportiva, tale da fornire la possibilità soprattutto alle fasce sociali meno abbienti di praticare l'attività sportiva. Manca una politica di contrasto al doping, che sia energica, penetrante e convincente, laddove lo sport dovrebbe essere esattamente l'opposto in termini di valori di riferimento e, quindi, prediligere il confronto nella competizione leale. Ma spesso ci si tappano entrambi gli occhi, per impedire la visione dell'utilizzo improprio di sostanze dopanti, soprattutto nell'attività apicale e nell'attività d'eccellenza.

Manca una visione dello sport nella terza età, anche come prevenzione per le malattie cardiovascolari e per migliorare la qualità della vita dei cittadini che invecchiano e, quindi, per sviluppare un duplice beneficio, perché c'è un beneficio anche per la società, in termini di costi inferiori per il funzionamento delle strutture sanitarie.

Ci saremmo aspettati questo e molto di più: il rapporto tra lo sport e le disabilità. Tra le fasce sociali più deboli, c'è anche chi non ha la fortuna e la possibilità di accedere alla pratica sportiva. Ora manca, per esempio, anche - sarebbe stato auspicabile sempre per guardare alle attività agonistiche - una politica di reintroduzione degli ex atleti azzurri nel circuito, per così dire, della società, laddove fattori traumatici comunque intervengono e spesso fanno dei campioni, che hanno fatto spellare le mani a milioni di persone, delle persone viceversa che stanno in disparte nella società, che fanno fatica a introdursi, dopo avere dato lustro alla nazione. Tutti se ne dimenticano e penso che sia un fatto deleterio.

Manca tutto questo e noi ci saremmo aspettati, una volta che il Parlamento è chiamato a discutere di attività sportive, non che si mettesse una sorta di sigillo a una marchetta o poco più, ma che appunto si approfittasse della circostanza per parlare una volta per tutte, in una fase oltretutto difficile per la nostra gioventù. Su questo, non vengono fatti i giochi della gioventù nelle scuole, tanto per tornare al tema della scuola; non è obbligatoria l'educazione motoria nella scuola primaria, cosa invece più che auspicabile e necessaria. In altri Paesi lo è. Quindi, tutta la parte sociale dello sport è completamente dimenticata.

Non è sviluppata contestualmente quell'attività di sostegno dello Stato all'attività agonistica e all'attività apicale, non c'è praticamente niente. Anzi, devo dire che c'è anche una sorta di conflitto incomprensibile di interessi tra Stato, CONI, Coni Servizi, gestione dell'impiantistica sportiva pubblica e, nel caso della capitale d'Italia, c'è il problema della gestione delle bellezze monumentali del parco del Foro italico. È la città dello sport, di cui non si sa bene che cosa fare, perché lo Stato non investe; cade spesso e volentieri in larghi settori di un'urbanistica di eccellenza, che ci invidia l'intero mondo. Cadono a pezzi interi settori del parco del Foro italico.

Addirittura c'è chi vorrebbe utilizzarlo, impropriamente, a mio giudizio. Su questo, ci deve essere un dibattito pubblico, aperto, che deve vedere coinvolte le sovrintendenze, gli intellettuali, gli uomini di cultura e le università. C'è chi vorrebbe trasformare tutti gli impianti in cavea - che hanno comunque determinato la stessa vocazione e visione del Foro italico - in impianti più capienti, andando a fare degli interventi che di fatto stravolgono. Abbiamo visto che cosa è successo nel Centrale del tennis. Fortunatamente le sovrintendenze hanno imposto che il nuovo Centrale del tennis, per ospitare gli Internazionali, fosse realizzato con strutture temporanee, ma se c'è un progetto di copertura del nuovo temporaneo Centrale del tennis, significa che di temporaneo non c'è nulla e, quindi, si sta di fatto andando a menomare, da un punto di vista ambientale, architettonico e naturalistico, un bene che non è alienabile e che non è negoziabile.

Quindi, noi chiediamo in particolare che il Governo sorvegli quest'operazione, perché, semmai, va realizzato un palazzetto dello sport nella grande area adiacente al parco del Foro italico, ma in un'area compatibile, non dentro il Foro italico! Come avvenne nelle Olimpiadi del 1960, quando venne realizzato il grande stadio del nuoto, una piscina olimpica di 50 metri, senza però superfetazioni, senza coperture, in cavea, esattamente come in cavea erano tutti gli altri impianti sportivi e tutti gli altri campi da tennis del parco del Foro italico. Se si vuole fare qualcosa di nuovo, benissimo, noi siamo i più felici del mondo, ma si fa fuori dal perimetro del parco monumentale del Foro italico.

Questo lo dica al presidente del CONI, Ministro Lotti, perché penso che sia fondamentale che questo dibattito - ripeto - emerga, venga alla luce e possa essere affrontato in totale assoluta trasparenza, nel rispetto ovviamente degli interessi di tutti.

Noi siamo interessati a sviluppare l'impiantistica sportiva, a sviluppare le attività sportive, a sviluppare la promozione sportiva, a sviluppare lo sport per tutti. Pensiamo, anzi, che sia fondamentale. E non riteniamo una grande genialata la proposta del Ministro Fedeli di anticipare di un anno la durata dei licei, per esempio, perché è una fase in cui la disoccupazione giovanile ha raggiunto un record assoluto. Siamo terz'ultimi nella graduatoria europea, forse non c'è proprio bisogno di mettere in mezzo alla strada i ragazzi e gli studenti anticipatamente, rispetto già alle tante insidie che la strada offre a questi nostri ragazzi.

Quindi, questa è tutta la materia che noi avremmo desiderato potere sviluppare in un dibattito ampio e virtuoso, che invece ci viene impedito, perché dobbiamo in buona sostanza decidere se prolungare di un mandato il mandato del presidente del CONI, se portare a tre mandati massimo il mandato dei presidenti delle federazioni. È abbastanza avvilente: o si parla dei mandati di tutti i presidenti di tutti gli enti partecipati dallo Stato o si parla di una materia soltanto e, allora, non si parla soltanto dei mandati, ma si parla di questa materia in senso ampio, affinché i cittadini possano capirci e magari condividere o dissentire, ma non fare i tifosi di un presidente del CONI o di un presidente di una federazione, perché la materia è del tutto insensibile al popolo italiano e anche a noi. Quindi, per queste ragioni…

PRESIDENTE. Concluda, grazie.

FABIO RAMPELLI. Chiedo scusa e concludo e dichiaro il voto di Fratelli d'Italia. Per queste ragioni noi, non avendo nulla contro il presidente Malagò e contro i presidenti delle federazioni, anzi apprezzandone le attività, certamente non voteremo contro, ma non possiamo sostenere questa pagliacciata di una discussione unicamente mirata a stabilire la durata del mandato di un presidente (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Santerini. Ne ha facoltà.

MILENA SANTERINI. Grazie, Presidente. Questo provvedimento ha degli obiettivi limitati, ma non per questo meno importanti. Più che altro sono obiettivi utili che il mondo dello sport ha atteso e su cui hanno lavorato tutti e due i rami del Parlamento e, in particolare, ha lavorato con attenzione e con concentrazione anche la VII Commissione.

Noi siamo consapevoli che il mondo dello sport è un mondo complesso, di grande impatto sul sistema economico-sociale dell'Italia. Coinvolge l'imprenditoria, la pubblica amministrazione, il terzo settore, il volontariato e per questo richiede una gestione oculata, efficiente e soprattutto una grande trasparenza.

Per questo il provvedimento che stiamo per votare introduce il limite dei mandati negli organi del CONI, nelle federazioni sportive nazionali, comprese quelle olimpiche e paralimpiche.

Questo favorirà l'introduzione, appunto, di regole certe, omogenee, che possano dare l'idea di una governance responsabile e trasparente nella pratica sportiva a tutti i livelli e, vorrei sottolineare, non solo nelle grandi competizioni. Per questo, mentre annuncio il voto favorevole di Democrazia Solidale e Centro Democratico, vorrei richiamare l'attenzione sul rischio di alimentare un dibattito solo sui grandi eventi sportivi, mentre sappiamo benissimo che lo sport è un fenomeno di massa che, soprattutto, educa alla convivenza e all'inclusione sociale ed è questo l'aspetto che a noi sta più a cuore. Grazie allo sport si possono abbattere molte barriere, soprattutto in contesti sociali ed economici difficili e per questo è ancor più necessaria una dirigenza capace e che lavori in modo trasparente. Poi, lo sport richiede la partecipazione di tutti, a cominciare dalle scuole, ed è uno strumento di lotta ad ogni discriminazione ed è per questo che anche l'aspetto legato alla parità di genere ci trova favorevoli. Per questo, noi siamo d'accordo e siamo sempre favorevoli quando le regole possano favorire, appunto, lo sviluppo, in questo caso, dello sport come strumento, in particolare, di politiche di integrazione sociale e di inclusione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Vezzali. Ne ha facoltà.

MARIA VALENTINA VEZZALI. Presidente, Ministro, colleghi, in questa legislatura si è parlato molto di sport e, altrettanto, si è fatto in concreto per questo mondo che molte opportunità ha dato e dà al Paese, sia a livello nazionale che internazionale. Troppo spesso lo ricordiamo e lo celebriamo solo in occasione di eventi di grande impatto mediatico, come i giochi olimpici e paralimpici, o lo riduciamo a tifoseria calcistica. Lo sport, invece, è fatto di tante federazioni, di tanti sport cosiddetti minori, che poco spazio trovano sui mezzi di comunicazione, ma che coinvolgono milioni di persone, non solo atleti, ma anche volontari, famiglie, istruttori, preparatori atletici, massaggiatori, tecnici e così via. Un segnale importante di attenzione si è avuto con l'istituzione di un Ministero ad esso dedicato e con le tante iniziative che il MIUR e il CONI hanno avviato per promuovere l'attività motoria fin dalla scuola primaria, perché lo sport è insieme educazione alla salute, impegno, disciplina, consapevolezza delle proprie potenzialità, condivisione e valorizzazione delle attitudini personali, opportunità. Quindi, per tutto ciò che lo sport rappresenta, si impone un appoggio strategico alla materia. I dirigenti nazionali del CONI e le istituzioni devono trovare sinergie a tutto vantaggio del buon funzionamento del sistema, della trasparenza, della gestione dei finanziamenti, dell'individuazione di risorse per lo sviluppo del mondo sportivo italiano che è fatto di professionisti e di dilettanti, donne e uomini che ci mettono l'anima e che meritano la giusta attenzione. Infatti, va ricordato che lo sport non è solo un gioco con delle regole, ma un settore strategico per l'economia nazionale, un mezzo di integrazione, un sistema complesso che si fonda su buone regole e sana alimentazione, sul quale scommettere per migliorare la qualità della vita dei cittadini.

Praticare sport è utile per la formazione e l'educazione dei nostri giovani; lo sport svolge un'insostituibile funzione sociale, soprattutto nelle periferie e nei quartieri o località dove mancano centri di aggregazione. Lo sport abbatte barriere e la cronaca recente ci ha raccontato di Valerio, un ragazzo affetto da sindrome di Down che, esperto nuotatore, ha salvato una bambina in difficoltà a Sabaudia, un giovane che ha utilizzato la sua esperienza sportiva per dimostrare coraggio e generosità e che nella sua semplicità non si è sentito un eroe.

Questo settore è però anche una realtà organizzata che si basa soprattutto su una miriade di associazioni e società sportive senza scopo di lucro che, a fronte di enormi sacrifici e tanta passione, rappresenta il vero vivaio dello sport italiano, un mondo nel quale i dirigenti sono volontari e le palestre luoghi non sempre idonei. Si tratta di una realtà che, come tante altre attive nel Paese, va regolamentata.

La storia di questo provvedimento nasce nel 2014 e se oggi è in votazione in Assemblea è certamente grazie al lungo e paziente lavoro di mediazione che i relatori al Senato e alla Camera hanno svolto per superare le diverse posizioni rappresentate, le resistenze e le aspettative e per conciliare, soprattutto, interessi diversi. Un grande lavoro di mediazione che ha portato al testo che stiamo per approvare. Porre un limite massimo al numero dei mandati ai vertici del CONI e delle Federazioni sportive, in primo luogo, uniforma lo sport italiano ai limiti fissati, in tre mandati, tanto per il CIO che per la FIFA, ma richiede anche una riflessione di merito e di metodo e non si può ridurre alla mera richiesta di avvicendamento dirigenziale, non può essere visto solo come un ricambio generazionale o ridursi alla rivendicazione di quote rosa, pur sacrosante. Deve portare con sé idee, proposte, insomma, una nuova governance del sistema sportivo italiano che assicuri la massima apertura del settore ai cambiamenti culturali e sociali, alla competizione e sia aperta alla partecipazione più ampia possibile nella gestione, che deve consentire l'accesso anche delle donne come in ogni altra realtà del Paese.

Il Comitato olimpico nazionale rappresenta lo sport italiano ai massimi livelli internazionali; come in tutti gli ambienti la credibilità e l'affidabilità dei singoli diventano importanti, così come la durata dell'incarico rende i presidenti dei riferimenti nazionali certi, degli interlocutori con i quali intrattenere relazioni stabili. Tutto condivisibile se non fosse che questa esigenza è divenuta l'altra faccia dell'immobilismo, delle cordate, dei “sì”, “dovrebbe”, ma” che caratterizzano il nostro Paese. Un metodo che ha reso ventennali gli incarichi, che ha ridotto l'interesse per queste nomine all'amministrazione di grandi eventi, a quelli sui diritti televisivi o alle scommesse. Insomma, questioni enormi. Un sistema di gestione che ha reso ancora più ampio il divario fra alcune discipline come il calcio e l'automobilismo, che dispongono di grande attenzione mediatica e di sponsorizzazioni miliardarie, e tutto il resto dello sport, del dilettantismo; un universo nel quale si fanno enormi sacrifici per sopravvivere, dove i dirigenti sono volontari e parlano ai giovani di valori positivi, l'unico vero messaggio che lo sport, inteso come agenzia educativa, può e deve veicolare senza “se” e senza “ma”.

Va anche detto che le generalizzazioni non pagano, perché molti presidenti di federazione hanno lavorato bene e a loro va reso il merito di aver tenuto alta l'attenzione su alcune discipline minori, nonostante le difficoltà. La scherma è un esempio di dedizione e continuità di successi, una grande famiglia che non tradisce mai in termini di medaglie e di impegno, che da anni centra risultati. Gli ultimi campionati del mondo di atletica lo hanno dimostrato; noi facciamo fatica ad essere competitivi e il problema non è la mancanza di atleti, ma è nel sistema che non riesce a guardare lontano, a scommettere, perché fa fatica a investire, anche se lo sport pesa per il 4 per cento sul prodotto interno lordo; è praticato da un terzo degli italiani, fra professionisti e dilettanti, rappresenta un segmento dell'economia che fattura ogni anno circa 14 miliardi e che genera quasi 5 milioni di entrate per le casse dello Stato.

Ciò detto volevo ricordare che la scelta di rinunciare a Roma 2024 non ha reso onore ai valori olimpici, perché la discussione si è fermata agli impianti, alle implicazioni speculative; nessuno ha voluto guardare alle infrastrutture che sarebbero rimaste a disposizione della gente, all'immagine del Paese che avremmo inviato all'estero, alle barriere architettoniche che si sarebbero potute abbattere a vantaggio dell'accessibilità delle nostre città, agli impianti moderni che avremmo potuto regalare alla comunità e ai giovani che si sarebbero potuti coinvolgere.

Il provvedimento in esame è un compromesso, consente al Parlamento di decidere senza assumere una posizione dominante, lascia cioè che il cambiamento ci sia, ma che avvenga gradualmente e nel rispetto dell'autonomia del settore. Abbiamo impiegato anni per arrivare a questo testo, per trovare la giusta soluzione e guardare così sia agli interessi dello sport sia a quelli del Paese. L'auspicio è che il Senato lo approvi in breve tempo. Annuncio, quindi, il voto favorevole del gruppo Scelta Civica-ALA per questo provvedimento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Giancarlo Giordano. Ne ha facoltà.

GIANCARLO GIORDANO. Grazie, Presidente. Interveniamo solo per iscrivere questo provvedimento tra i tanti provvedimenti che possono essere descritti come un'occasione persa, un'occasione sciupata dalla maggioranza.

Persa, perché questa poteva essere l'occasione per aprire una riflessione di pensiero lungo sullo sport, sul mondo dello sport e su quello che serve al mondo dello sport, che è un'infrastruttura essenziale per un Paese moderno come il nostro. Bisognava probabilmente parlare e approfondire, come dire, le caratteristiche e le qualità dello sport, quelle come la capacità di coinvolgimento associativo, quelle relative alla tutela e alla promozione del settore dilettantistico, quelle relative alla promozione dell'impiantistica territoriale e - perché no? - pensare ad una riforma veramente complessiva del settore, arrivando fino a intravedere e a ridisegnare le competenze delle regioni, degli enti locali e - perché no, anzi forse fondamentali - quelle degli istituti scolastici e della loro autonomia. Invece, si è scelta un'altra strada, la strada di un accordo, mal celato per la verità, tra il Partito Democratico e Forza Italia che restituisce alla nazione tutta una legge, una leggina che in qualche modo si determina come una legge ad personam al contrario.

Siamo di fronte a un'occasione sciupata eppure non mancava - lo debbo riconoscere - la buona volontà né le buone intenzioni in chi ha immaginato di intervenire in senso riformista su questa materia. Se ne ritrova traccia nell'intervento sulla questione di genere che è un merito di questa norma e se ne ritrova traccia nella, come dire, suspense che ancora accompagna un provvedimento incompleto ed incompiuto. Questo ci orienta ad un voto di astensione, che è un'astensione faticosa - lo diciamo - perché le caratteristiche che avremmo voluto ritrovare in questo provvedimento dovevano essere di ben altra qualità e di ben altra profondità.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Borghesi, che non vedo in Aula: s'intende che vi abbia rinunciato. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Scopelliti. Ne ha facoltà.

ROSANNA SCOPELLITI. Grazie, Presidente. Signor Ministro, colleghi, oggi parliamo di sport e sappiamo bene che lo sport è destinato ad avere un ruolo sempre maggiore nel Paese perché è portatore di valori fondamentali per lo sviluppo della nostra società ed è giusto che, proprio per questa sua importanza, segua dei percorsi e delle regole fondamentali per lo svolgimento e l'interpretazione corretta della sua attività. Per questo oggi parliamo di questa proposta di legge, peraltro già approvata dal Senato, che dispone in materia di limiti al numero dei mandati degli organi del Comitato olimpico nazionale, delle federazioni sportive nazionali e delle discipline sportive associate negli enti di promozione sportiva e reca, inoltre, delle disposizioni relative agli organi del Comitato italiano paralimpico, definendo nuovi limiti al rinnovo dei mandati degli stessi, di quelli delle federazioni sportive paralimpiche e degli enti di promozione sportiva paralimpica.

Il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea richiama espressamente la funzione dello sport come valore fondamentale per favorire la promozione dell'attività fisica a vantaggio della salute, dell'istruzione e della formazione ma, soprattutto, dell'inclusione sociale, valori questi che rappresentano uno strumento di promozione umana e sociale e contribuiscono a una corretta educazione dei giovani e - lo voglio ripetere - all'inclusione delle categorie a maggior rischio di esclusione sociale.

In questo quadro appare pertanto indispensabile rivedere anche la governance dello sport al fine di ottimizzarne le funzioni per accrescere la sua credibilità a livello nazionale e mondiale e per orientare il mondo sportivo verso innovazioni che ne assicurino lo sviluppo futuro.

A seguito di ciò risulta, poi, un elemento di rilevante importanza prevedere un limite ai mandati delle cariche, proprio al fine di garantire un assetto gestionale più corretto e più dinamico, anche allo scopo di assicurare innovazioni gestionali operative in un mondo, quale quello sportivo, che paradossalmente appare, invece, spesso non dinamico e ingessato.

La cultura degli italiani nei confronti della pratica sportiva è notevolmente cambiata negli ultimi anni e bisogna proprio su questi temi cercare di essere anche noi al passo coi tempi e, quindi, i numeri dei praticanti sono aumentati in maniera considerevole in tutte le fasce di età e in entrambi i generi e in tutte le regioni, raggiungendo anche dei risultati rilevanti.

In tale contesto risulta, quindi, indispensabile approvare questa proposta di legge che ha come obiettivo la revisione del sistema di rinnovo della dirigenza e la garanzia effettiva del ricambio degli organi direttivi apicali. Questa è un'esigenza che, devo dire, è molto sentita e, soprattutto, è un'esigenza fondamentale per evitare il perdurare della presenza di una sola persona per lungo tempo in capo agli organi citati, favorendo così un ricambio che è indispensabile e che può solo produrre effetti positivi sul sistema. È, quindi, necessario intervenire con queste misure idonee ed adeguate per rendere più chiari e rigorosi i limiti alla durata complessiva dei mandati per gli organi e anche per scoraggiare quelle interpretazioni o quelle prassi che sono elusive della legge. Inoltre, diventa essenziale prevedere, per la credibilità di tutto il sistema sportivo nazionale, un limite ai mandati al fine di raggiungere una maggiore trasparenza, evitando di ricorrere a forme troppo lunghe di gestione concentrate in un'unica persona che non garantiscono, appunto, quella credibilità che è irrinunciabile per organi come il CONI che - è del tutto evidente - hanno un assoluto rilievo anche e soprattutto di carattere internazionale. Il ricambio, pertanto, diventa un presupposto indispensabile per una gestione corretta degli organi citati, in modo da assicurare un quadro normativo più equo e consono al mondo dello sport, che riveste anche un significato rilevante sotto il profilo economico e sociale del Paese.

E proprio sulla scorta di queste considerazioni assumono un grande rilievo la promozione di grandi eventi sportivi e la stessa realizzazione di strutture e infrastrutture che sono indispensabili a sostenerla, costituendo questi elementi un ulteriore volano di sviluppo del tessuto economico e produttivo.

Questa proposta di legge, pertanto, al di là di costruire una misura esaustiva rispetto alle problematiche di questo comparto, costituisce un elemento importante per assicurare quel rinnovamento che deve riguardare ogni settore, proprio a partire da quello gestionale.

Il mondo sportivo non ha bisogno di competenze soltanto ma anche di nuovi soggetti che producano quel rinnovamento tanto atteso e così significativo per il mondo sportivo italiano, un rinnovamento che può essere garantito anche e soprattutto attraverso il limite ai mandati, come previsto da questa proposta di legge.

La proposta di legge al nostro esame può costituire veramente un importante punto di riferimento per ulteriori azioni che possano favorire lo sviluppo degli sport sotto altri profili. E questa, peraltro, è un'occasione per sollecitare la politica a favorire e a sostenere, sempre di più e sempre meglio, il mondo dello sport, investendo in questo settore anche attraverso l'impiantistica sportiva nelle periferie.

Ecco, non dimentichiamo le periferie, perché sono importantissime soprattutto per lo sport e soprattutto per l'inclusione. Sono delle zone del nostro territorio che vanno valorizzate e quale modo migliore per valorizzare le periferie se non quello di costruire in esse, appunto, delle strutture che possano mettere insieme i ragazzi e iniziarli al mondo dello sport, che poi è un mondo sicuramente di competizione ma che ci dà anche dei valori importantissimi come la solidarietà, l'amicizia, il fatto di voler condividere e partecipare a quelle che sono le vittorie e, soprattutto, anche riuscire a capire e a superare le sconfitte.

Ecco, questi sono dei luoghi importantissimi che vanno assolutamente promossi e che vanno assolutamente creati. Io penso per esempio - ed è capitato in Calabria - all'inaugurazione di un campo sportivo per il calcio dei giovani di San Luca. Ecco, quella è una grandissima risposta che si dà contro le mafie, perché ti fa vedere un altro mondo, un mondo completamente diverso, un mondo di amicizia e di solidarietà, un mondo che può offrirti anche quelle occasioni che ti spingono ad andare via e a rifiutare un contesto come quello mafioso che spesso viene descritto in Calabria, ma che può veramente dare delle alternative e offrire veramente una grandissima forza per poter creare le donne e gli uomini di domani.

Non aggiungo nulla a quanto invece detto precedentemente anche dalla collega Vezzali sul discorso delle Olimpiadi, perché penso che la collega sia stata molto esaustiva e si tratta, comunque, di una grande occasione, una grande occasione che abbiamo perso e che invece, secondo me, era molto importante, ma purtroppo sono state prese altre decisioni.

Quindi, in conclusione, io penso che sia importante continuare a rispettare e a sostenere i valori che lo sport rappresenta, nella certezza che, così facendo, sosterremo e favoriremo il suo ruolo sociale che è davvero tanto importante e fondamentale per la nostra società. Esprimiamo, quindi, il parere favorevole sul testo in discussione e nella circostanza sollecitiamo il Governo, ancora una volta, a continuare la sua opera di sostegno nel favorire lo sviluppo dello sport nel nostro Paese proprio, come dicevo prima, per il rilevante e importante significato che lo sport ha nella società italiana.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Fossati. Ne ha facoltà.

FILIPPO FOSSATI. Presidente, noi interveniamo sulla legge che disciplina i principi statutari del Comitato olimpico nazionale e disegna la sua struttura. C'è bisogno di una legge che intervenga su questo punto, su questo tema? Eccome! Eccome ci sarebbe bisogno, di un intervento sulla governance dello sport italiano, sulla sua struttura.

Lo sport, la sua diffusione è una politica pubblica per eccellenza, una politica pubblica di grandissima importanza. Poteva non esserlo, o non essere considerata tale 75 anni fa, quando la norma che regola il rapporto dello Stato con il CONI fu redatta: eravamo nel 1942, c'era il regime fascista; ma oggi, nel terzo millennio, dopo tutto quello che è avvenuto nella società italiana, che è in linea con lo sviluppo dei comportamenti e delle persone nella società globale, tutti sanno che lo sport ha una grandissima rilevanza nelle politiche pubbliche.

Lo sport è importante per chi lo fa in termini di salute, di capacità di questo strano fenomeno globale sociale che è l'attività sportiva, di capacità di includere le persone al di là dei loro talenti, delle loro capacità, delle loro provenienze. Sul versante educativo: la formazione della personalità attraverso lo sport. Sul versante dell'animazione ambientale: si disegnano i tracciati dello sport, e si disegnano meglio in questo modo le città, i territori, si difendono. Attenzione, lo sviluppo: lo sport ha il 2 per cento medio del PIL in Europa! Il 2 per cento sono un sacco di soldi. E non è, come si potrebbe pensare, lo sport di eccellenza, i diritti televisivi del calcio: no no, questo 2 per cento del PIL sono i soldi delle famiglie, sono i soldi dell'impiantistica sportiva, dell'abbigliamento sportivo, degli istruttori, dei corsi, che muovono un'economia vasta e diffusa, fatta di lavoro, di presenza sociale. Questo è lo sport!

Ed è anche importante per chi non lo fa: il 40 per cento che abbiamo in Italia, e non ci si scrolla ormai da più di dieci anni da quel dato, di sedentari assoluti, sono un problema sociale, perché sono un problema di salute e di solitudine urbana. Noi abbiamo la maglia nera in Europa, siamo i penultimi sulla classifica dei sedentari. Le cose non vanno bene per la diffusione dello sport in Italia. Lo sport si diffonde, conquista nuovi cittadini, ne perde altri; e il saldo da un po' di anni è un saldo negativo.

Bene. Abbiamo dato una delega nel 1942 al Comitato olimpico, che assume in Italia lo status di ente pubblico. Una delega totale: solo in Italia esiste questa condizione, solo in Italia. Allo Stato rimane una funzione di mera vigilanza sugli atti di rilevanza statutaria. C'è un Ministro, e noi siamo contentissimi - il Ministro lo sa - che anche questo Governo abbia fatto questa scelta. Lo dico perché è una scelta rara: se non ricordo male, Lotti è il terzo Ministro nella storia repubblicana, forse il quarto, dello sport; in genere ce la si cava con una qualche delega ad un sottosegretario appunto sulla vigilanza degli atti di rilevanza statutaria del CONI. C'è un Ministro ma non ci sono le funzioni; e non va bene, non va bene per il Paese, non va bene neanche per il povero CONI. Ora, povero, non esageriamo: è un modo di dire. Che non è organizzato, non può esserlo per affrontare l'esplosione delle attività sportive, la trasformazione delle motivazioni, delle modalità, della qualità sociale che si deve assicurare alle attività sportive, delle tipologie nuove in un mondo in cui tendenzialmente ciascuno ha il proprio sport.

Leggevo ieri un'intervista di Giovanni Malagò, il presidente del CONI, che dice: ma come facciamo? Solo quelle che abbiamo censito sono 380, le attività sportive, quando le federazioni riconosciute dal CIO sono una trentina, di sport che noi conosciamo, che sono organizzati in qualche modo, sono poche decine.

Non c'è un piano delle attività sportive del Paese, non ci sono campagne per la diffusione dello sport, non ci sono obiettivi verificati ed esposti in una sede ufficiale, non c'è un mandato. E non sto parlando dell'attività del Ministro: sto parlando degli atti ufficiali che un Governo, che un Paese dovrebbe avere, pubblici, verificabili. C'è un finanziamento importante: più di 400 milioni al Comitato olimpico, ma non ci sono verifiche di risultato. Come fa a lavorare un ente come il CONI, un ente pubblico, il mondo sportivo in generale, senza mandato, senza verifiche? Che deve fare? Vincere le medaglie? E certo; ma noi investiamo su questo i soldi pubblici, è questo è il nostro obiettivo? No, naturalmente. E allora bisogna cambiare, investire, dare fiducia allo sport di base, allo sport per tutti, al grande lavoro che milioni di volontari, di tecnici fanno nel Paese tutti i giorni, e hanno poi le briciole dei finanziamenti e - ancor più grave - nella considerazione pubblica. Cambiare, cambiare: c'è bisogno di una riforma, di una riforma strutturale; una legge quadro, che rimetta in campo un assetto diverso dello sport italiano. La vuole il Governo, la vuole il CONI, la vuole il mondo sportivo da anni e anni ma questa riforma non arriva.

Bene. Di fronte a questa necessità, arriva in Parlamento questa legge strana. Strana perché si occupa di un punto di fronte a questo scenario: il punto è il limite dei mandati degli organismi dirigenti del CONI e delle federazioni e di alcune procedure elettorali. Strana! Dico perché strana: perché un limite dei mandati c'è nella legge vigente. La legge vigente disegna un limite: il presidente del CONI ha il limite dei due mandati; due mandati del CONI sono otto anni, due mandati olimpici.

È andato bene questo limite? Ha dato buona prova? C'è qualche problema? Non è dato sapere; anzi, nessuno si è lamentato; anzi, questo limite dei mandati a due ha assicurato un ricambio nel CONI. Questo gruppo dirigente attuale nasce da un ricambio che è stato agevolatissimo dalla vicenda dei due mandati. Quindi è una situazione che sta in qualche modo anzi funzionando; sto parlando del Comitato olimpico. E allora perché? Beh, si dice: è il momento delle federazioni sportive, basta con i presidenti a vita nelle federazioni sportive, che sono enti di diritto privato ma che - anche qui una particolarità dell'Italia - svolgono ancora delle funzioni pubbliche, e quindi noi ci dobbiamo interessare per lo meno dei principi con cui vengono gestite. Giusto, io sono molto d'accordo, molto d'accordo. Direi che la logica avrebbe voluto: estendiamo il limite che già esiste per il CONI, due mandati, ai presidenti delle federazioni; sarebbero bastate due righe, e forse neanche una legge. E invece si dice nel dispositivo, nella legge: per le federazioni si fanno tre mandati. Non è bello ma può andare, direi; finiamola qua. No, perché a sorpresa si fa un'altra cosa: si va controsenso e si estende a tre il mandato del presidente e della giunta del CONI. Perché? C'è un difetto di motivazione! Ce n'è bisogno per le Olimpiadi? Deroghiamo quando ci sono o ci saranno le Olimpiadi. Ce n'è bisogno per motivi eccezionali, progetti e campagne da concludere? Magari! Deroghiamo e condizioniamo il terzo mandato del presidente, e in quel caso diamo un potere di indirizzo al Governo, diamo un terzo mandato vincolato a qualche impegno, a qualche cosa: così erano tutti i nostri emendamenti nella discussione in Commissione. No, non c'è stata risposta, è una legge generale.

Concludo. È stato sbagliato non cogliere l'occasione di iniziare un lavoro di modifica strutturale della governance del CONI, è stato sbagliato e sarà una questione che ritroveremo nella prossima legislatura.

Fatemi spendere tre secondi per dire il limite maggiore: noi potevamo approfittare almeno per fissare qualche cosa di serio nel senso della puntualità e della sanzionabilità se non si allargava la presenza delle donne negli organismi delle federazioni e del CONI. Questo Parlamento ha adottato la Carta europea dei diritti delle donne nello sport che parlava di questo e diceva che non è possibile che continui a vivere un mondo in cui le donne non hanno nessun presidente di federazione, trentatré - se non sbaglio - su venticinque federazioni negli organismi direttivi complessivi, e un deficit ancora di presenza che stride clamorosamente con il ruolo invece maggioritario che le donne hanno conquistato nello sport. Dichiaro l'astensione del gruppo Articolo 1 (Applausi dei deputati del gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Palmieri. Ne ha facoltà.

ANTONIO PALMIERI. Grazie, gentile Presidente. Ministro Lotti, annuncio subito il voto favorevole di Forza Italia al provvedimento. Abbiamo seguito i lavori in Commissione, abbiamo apprezzato le modifiche che sono state introdotte e abbiamo apprezzato anche il fatto che la maggioranza abbia, per una volta, rinunciato al classico atteggiamento di chiusura sui provvedimenti che ha caratterizzato il Governo Renzi da un lato e anche, in parte, l'attuale Governo Gentiloni. Per questo motivo abbiamo focalizzato i nostri emendamenti unicamente sul punto che ha segnalato l'onorevole Fossati nella chiusura del suo intervento, cioè nell'immettere in questa normativa una dose maggiore di pari opportunità e di presenza femminile all'interno delle dirigenze delle federazioni. Tutto questo però, nonostante appunto che i nostri emendamenti non siano stati apprezzati e quindi approvati, non ci impedisce di pensare che con questo provvedimento si faccia un passo in avanti, si pongano limiti che prima non c'erano, ci si allinei a quelli che sono i mandati dei grandi organismi internazionali. Queste per noi sono ragioni più che sufficienti per confermare il nostro voto favorevole, come già era stato fatto, peraltro, al Senato.

Chiudo con una sola osservazione: io credo che in questo periodo che stiamo vivendo - lo dico al Ministro Lotti, lo dico a me stesso, lo dico a tutti noi - siamo tutti chiamati a un di più di responsabilità, ciascuno nel compito e nel ruolo che più o meno pro tempore svolge. Quindi, l'auspicio vero è che assieme e, se mi consentite, al di là di questa norma, coloro i quali hanno nelle mani la gestione dello sport in Italia, di vertice nelle varie federazioni, abbiano dentro di sé, dentro il loro impegno, questo di più di responsabilità, cioè il fatto di essere consapevoli che oggi più che mai lavorare non è lavorare per un potere personale o per conservare la poltrona, una prebenda, ma è davvero lavorare perché cresca, in questo caso, un intero movimento sportivo. Con questo auspicio chiudo e confermo il voto favorevole di Forza Italia.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Simone Valente. Ne ha facoltà.

SIMONE VALENTE. Grazie Presidente. Quando si parla di sport in quest'Aula si trovano tutti d'accordo a descriverne il grande valore sociale, educativo e salutistico; e su questo devo dire che nessuno può obiettare. Ma quello che queste belle parole nascondono è una governance sportiva dove lo Stato ormai da anni si è fatto da parte, in favore di un'esclusiva gestione del CONI di tutte le attività sportive. Il Governo statale è venuto meno a ogni compito di vigilanza sull'ente a cui tutti gli anni eroga più di 400 milioni di euro, lasciando spazio a una gestione alquanto discutibile dei denari pubblici. Non è stato un caso, ma una precisa volontà politica, avviata con l'ex Premier Matteo Renzi che ha tenuto per sé la delega allo sport, ed è continuata con l'attuale “non Ministro” Luca Lotti. Su questo il Partito Democratico ha una precisa responsabilità ed è una responsabilità grandissima, visto che avete deciso di abbandonare totalmente lo sport scolastico, e la buona scuola ne è la dimostrazione perché non ha concluso nulla. Avete deciso di non dare delle linee guida precise con una visione a lungo termine e avete abbandonato le migliaia di associazioni sportive che ogni giorno si trovano a combattere contro la mancanza di risorse e di impianti sportivi.

Non solo, non avete mai avviato una vera riforma dello sport italiano perché il sistema che oggi è in piedi a voi va bene così. Avete sempre trattato le federazioni e i tesserati come bacino di voti, non come mondi da valorizzare. Lo dimostrano gli stretti legami che esistono fra uomini politici, CONI e dirigenti federali. Proprio in quest'Aula, e al Senato, siedono presidenti di federazione e di enti di promozione sportiva che sono allo stesso tempo parlamentari part-time. Io posso citare degli esempi: il più eclatante è il senatore Sibilia. Questo intreccio fra politica e sport deve interrompersi, per noi è una priorità, per il Ministro Lotti non lo è, probabilmente perché quei voti fanno comodo e ci sono troppi equilibri da mantenere. Tutto questo, come sempre, va a discapito di chi pratica sport perché costretto a subire un sistema dirigenziale che in alcuni casi risulta troppo distante dallo sport praticato, sempre più legato a scelte e dinamiche che non puntano allo sviluppo e alla crescita delle federazioni sportive, ma piuttosto alla ricandidatura dei propri vertici con drammatiche conseguenze sulla gestione dei soldi pubblici, dalla irregolarità dei bilanci alla mancanza totale di fondi. Il tema della governance è, quindi, una priorità da affrontare con un Ministro incolpevole e imbarazzante che ha ritardato a rendersene conto. Quando sembrava avesse compreso la gravità della situazione, l'unica cosa che ha saputo fare è stata una legge sanatoria di quelle che centro e sinistra e centrodestra amano tanto.

Noi crediamo fortemente che i ruoli apicali nelle federazioni sportive debbano essere svolti da persone qualificate che guardino allo sport per farne crescere il suo potenziale, per rinnovarlo seriamente e non per l'ennesima poltrona da collezionare. Chi è chiamato a guidare una federazione sportiva deve farlo consapevole dell'importanza del proprio ruolo e deve concentrare il proprio impegno per garantire il miglioramento di tutto il movimento che è chiamato a rappresentare, anziché iniziare a stringere legami politici che assicurano una più duratura permanenza sulla poltrona. È importante sottolineare come ci siano presidenti federali che hanno lavorato duramente in questi anni, e a cui va riconosciuto il merito del lavoro svolto, e ciò rende l'operato del Ministro ancora più negativo, perché non è riuscito a valorizzare queste risorse. Abbiamo chiesto al Partito Democratico e al Ministro Lotti di inserire norme stringenti per garantire candidature che possano impedire a nuovi presidenti di avere conflitti di interesse. Quindi, non soltanto impedire legami con la politica, ma più in generale garantire piena autonomia e libertà da possibili condizionamenti esterni. Vede Presidente, noi proponiamo questo perché abbiamo ormai capito che il mondo dello sport rappresenta uno degli esempi più chiari del perché il nostro Paese, in tutti questi anni, non abbia mai voluto dotarsi di una legge sul conflitto d'interessi. A causa di questo vuoto normativo, abbiamo avuto situazioni davvero assurde all'interno delle federazioni sportive e del CONI; il caso eclatante del presidente Chimenti che sedeva alla CONI Servizi e in contemporanea era presidente della federazione golf.

C'è poi un altro aspetto importante in questa legge, forse il fulcro di tutto che qualcuno ha provato anche a legare alla candidatura di Roma 2024, riguarda il distinguo fra organi federali e CONI. Sembra di essere davanti a una legge “salva Malagò”. L'articolo 1 di questa legge estende nei fatti il mandato dell'attuale presidente del CONI che potrà fare un terzo mandato da numero uno dello sport. Insomma si mettono alcuni paletti per i presidenti delle federazioni, e questo è positivo, ma si allargano le maglie per il CONI, è un vero e proprio paradosso non spiegabile logicamente, ma solo politicamente. Una cosa è certa: non siamo favorevoli a un tetto per i mandati dei presidenti di federazioni, lo abbiamo messo nero su bianco nelle nostre proposte emendative. Per il MoVimento 5 Stelle si devono svolgere al massimo due mandati incluso quello in corso. Per questa legge che stranamente arriva in Aula pochi mesi dopo l'inizio di un quadriennio olimpico, invece, ci devono essere tre mandati per i presidenti federali. Oggi troppo spesso i presidenti federali svolgono il ruolo a vita, trasformando le federazioni in veri e propri centri di potere e sono questi stessi centri di potere che dipendono totalmente dai vertici del CONI che li finanzia. Il finanziamento diventa l'arma di ricatto del CONI. Allora, finché non si uscirà da questa stretta dipendenza delle federazioni dal CONI continueremo ad avere un sistema legato e immobile che di fatto mette i presidenti federali in condizione di essere ricattati.

Concludo, Presidente, citando il presidente della federazione basket serba, l'ex campione Sasha Danilovic, che nei giorni scorsi ha detto che la sua federazione ha un budget pari a un ventesimo di quella italiana. Il paragone fra i successi dei due movimenti, e quindi delle due federazioni, non è neanche lontanamente paragonabile. Il nostro sport ha bisogno di liberarsi dai signorotti delle deleghe e premiare merito ed entusiasmo. Questo è prioritario perché lo sport è una priorità, almeno per il MoVimento 5 Stelle (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Coccia. Ne ha facoltà.

LAURA COCCIA. Presidente, Ministro, onorevoli colleghi, con questa proposta di legge interveniamo sulla disciplina che regola il funzionamento del mondo dello sport, con particolare riguardo ad un aspetto circoscritto, ma cruciale per la sana e corretta gestione di un organismo pubblico, cioè il sistema di rinnovo della dirigenza e la garanzia dell'effettività del ricambio degli organi direttivi apicali.

Questo provvedimento assume valore per la governance di tutto lo sport italiano; infatti, si introduce un tetto ai mandati di presidenza e governo per il CONI e il Comitato paralimpico, e, per la prima volta, anche per le federazioni sportive nazionali e le associazioni sportive. In pratica, questi organi potranno essere rieletti tramite assemblea ogni quattro anni per un massimo di tre volte, ma per il terzo mandato si dovrà avere una maggioranza qualificata del 55 per cento.

Questo porterà a un doppio vantaggio. A livello nazionale, per quanto riguarda le federazioni sportive e le associazioni sportive riconosciute dal CONI, si procederà finalmente ad una regolamentazione che andrà a tutelare le realtà sane e a scardinare le rendite di posizione, situazioni immobilizzate ormai da decenni, opacità varie che ancora permangono nello sport italiano. E a livello internazionale, perché la previsione di un tetto di tre mandati è lo stesso previsto per la dirigenza del Comitato olimpico internazionale. Questo permetterà all'Italia e ai suoi rappresentanti di avere pieno mandato, più forza e di recuperare, quindi, credibilità e costanza nella costruzione di rapporti fondamentali per le scelte future.

E il tema del recupero della credibilità, consentitemi, è all'ordine del giorno, viste le scelte infauste compiute, per esempio, dal comune di Roma, quando ha rinunciato alle Olimpiadi e alle Paralimpiadi del 2024 perché bisognava occuparsi della manutenzione della città e, invece, oggi, non abbiamo né l'uno né l'altro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Questo provvedimento è importante perché riguarda milioni di tesserati italiani nello sport, organizzazioni piccole e grandi, decisive per la vita sociale delle nostre comunità. Con questo provvedimento abbiamo avuto il coraggio di trovare una soluzione equilibrata e di guardare agli interessi del mondo dello sport e, contestualmente, del nostro Paese.

E vorrei ricordare alle colleghe e ai colleghi, che ci hanno accusato di non aver posto la giusta attenzione al tema, per noi fondamentale, della parità di genere per l'accesso alle cariche dirigenziali, che il Partito Democratico, con un emendamento della capogruppo in VII Commissione, Maria Coscia, ha affermato per primo questo sacrosanto principio, che sarà applicato anche al mondo dello sport.

Vorrei, infine, ricordare alle colleghe e ai colleghi che le esigenze delle atlete sono molte altre e sarebbe bello vedere la stessa attenzione e partecipazione quando si parla dei diritti delle atlete nello sport.

Dunque, un movimento di così grande vastità ha bisogno di avere una governance di grande efficacia, efficienza e, soprattutto, grande trasparenza. Con il limite di mandati e deleghe si dà risposta alle istanze di rinnovamento della classe dirigente che sempre più spesso si levano dalla società civile, mettendo fine alla consuetudine delle deleghe per l'elezione dei presidenti che ha portato nel corso degli anni a rendere opaco il mondo dello sport, sottraendo le federazioni sportive nazionali al rischio di cristallizzazione nell'assetto gestionale.

Questo serve ad una sana e corretta gestione di qualsiasi organismo pubblico, voglio ricordarlo, che si finanzi anche attraverso soldi pubblici; le altre sono chiacchiere. Trasparenza, rinnovamento e competitività sono le tre parole chiave per descrivere questa riforma. Purtroppo, oggi qualcuno continua ad agire perché l'Italia non conti più niente nello sport a livello internazionale.

Come ho già potuto sottolineare, il grave errore politico e strategico nel rifiuto da parte del MoVimento 5 Stelle di ospitare i Giochi del 2024 ha inciso non solo sul prestigio del nostro Paese, ma anche sulla diffusione stessa dello sport. Con questa scelta, che sarebbe riduttivo definire miope, abbiamo rinunciato a diversi miliardi di euro che il CIO ci avrebbe dato e che saranno, invece, investiti negli impianti sportivi, nelle infrastrutture, nelle periferie di Parigi e di Los Angeles. Parlo di soldi per le metro, per gli autobus, per riparare le strade: tutte cose che a Roma sarebbero servite come il pane.

Abbiamo perso l'occasione di fare la storia, di organizzare i primi Giochi olimpici e paralimpici secondo i nuovi criteri stabiliti dall'Agenda 2020, che prevede che le due manifestazioni vengano plasmate sulle città e sulle loro esigenze, con un controllo ferreo che eviti che gli impianti sportivi diventino cattedrali nel deserto, e, invece, diventino patrimonio di tutta la città e dei suoi cittadini. Mentre Parigi e Los Angeles festeggiavano le vittorie, nella capitale si svolgeva la Notte bianca degli impianti sportivi di Roma. Un evento presentato in pompa magna, ma che, in realtà, è passato in sordina, al quale hanno aderito solo otto impianti su quasi duecento: un flop clamoroso, frutto del disinteresse sempre più preoccupante del MoVimento 5 Stelle verso un intero settore della nostra vita sociale.

La presenza di grandi eventi sportivi internazionali significa investimenti e riqualificazioni da mettere a disposizione delle nostre comunità, significa sviluppo, occupazione e diffusione della cultura sana dello sport, basata su lealtà, impegno, inclusione. Grazie a questo provvedimento, ora l'Italia è più competitiva a livello internazionale e può tornare a dire la sua in uno scacchiere molto combattivo. Noi non abbiamo paura, noi crediamo che i grandi eventi siano uno straordinario strumento di rilancio per le singole città e per tutto il Paese; crediamo nelle sue capacità e nella sua straordinaria energia.

Abbiamo agito e agiamo per rispettare e rafforzare l'interesse e la forza dello sport italiano nel mondo. Lo sport è rilevante perché riguarda decine di milioni di persone, ma non lo deve fare solo quando ci sono grandi eventi, ma nella quotidianità. Parlare di sport, infatti, significa parlare della vita quotidiana delle persone, perché sono milioni gli italiani di tutte le età che praticano sport in maniera amatoriale, dilettantistica o professionistica. Parlare di sport e regolamentare tutto ciò che si riferisce alla pratica sportiva significa mandare messaggi direttamente agli atleti, ai giovani e ai meno giovani, alle famiglie. Decidere di occuparsi di palestre e sport in periferia significa dare slancio alla diffusione della pratica sportiva e dei suoi valori di lealtà, rispetto, impegno e condivisione. Per questo è importantissimo lo straordinario investimento di 100 milioni di euro per gli impianti sportivi di periferia iniziato durante i mille giorni del Governo Renzi, che ha già permesso a molte strutture sportive di essere rinnovate, tornando ad essere un patrimonio di tutti i cittadini.

Vogliamo dire chiaramente ai cittadini che le riforme che questo Parlamento ha portato avanti incideranno e cambieranno anche un ambito in cui spesso rimangono delle zone d'ombra di cui nessuno sembra mai volersi occupare. Per queste ragioni, il Partito Democratico voterà favorevolmente, perché noi siamo una vera forza di rinnovamento e non abbiamo paura né di cambiare e neppure di governare questo Paese. Agli altri lasciamo l'immobilismo e le bugie. L'Italia ha bisogno di guardare al futuro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Bianconi. Ne ha facoltà.

MAURIZIO BIANCONI. Grazie Presidente, può anche darsi che la proposta di legge non sia peggiorativa di quella che sostituisce ma quello che non va è il contesto. C'è una specie di lobby che si gioca la politica e le poltrone dello sport al gioco dei quattro cantoni: ora io qua, te là, dopo di te là, lui qua, e io laggiù e così via. Le deficienze e le manchevolezze sono veri e propri baratri sia nel settore agonistico sia in quello sociale sia in quello promozionale sia nel mantenimento e nella conservazione del patrimonio impiantistico e monumentale. Tutti piangono per la mancata competizione a sede olimpica per Roma. Io, invece, penso che sia stata una decisione sacrosanta. Non abbiamo soldi; inoltre, la giustizia penale è già ingolfata ed in crisi e …

PRESIDENTE. La invito a concludere.

MAURIZIO BIANCONI. …le chiedo trenta secondi… a Torino poi c'è già e abbiamo già fornito un villaggio olimpico in modo che sia occupato da chi di dovere ma soprattutto manca una classe dirigente sportiva, capace di garantire un futuro degno di questo millennio. Per tutti questi motivi, non potendo criticare la proposta di legge in sé, io mi asterrò.

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

MARIA COSCIA, Relatrice. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARIA COSCIA, Relatrice. Grazie, Presidente. Proprio come diceva lei, intervengo per ringraziare rapidamente gli uffici, in modo particolare gli uffici a sostegno dell'Aula e gli uffici della Commissione VII che ci hanno supportato in questo lavoro che credo sia stato molto positivo e rivolgo un ringraziamento anche a tutti i membri della Commissione e a tutti i gruppi di quest'Aula.

(Coordinamento formale - A.C. 3960-A)

PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, la Presidenza si intende autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.

  (Così rimane stabilito).

(Votazione finale ed approvazione – A.C. 3960-A)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.

Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta di legge n. 3960-A: “Modifiche al decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242, in materia di limiti al rinnovo dei mandati degli organi del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI) e delle federazioni sportive nazionali, e al decreto legislativo 27 febbraio 2017, n. 43, in materia di limiti al rinnovo delle cariche nel Comitato italiano paralimpico (CIP), nelle federazioni sportive paralimpiche, nelle discipline sportive paralimpiche e negli enti di promozione sportiva paralimpica”.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 1).

Seguito della discussione delle mozioni Marcon, Duranti ed altri n. 1-01662 e Corda ed altri n. 1-01663 concernenti la situazione di crisi nello Yemen, con particolare riferimento all'emergenza umanitaria e all'esportazione di armi verso i Paesi coinvolti nel conflitto (ore 16,27).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Marcon, Duranti ed altri n. 1-01662 e Corda ed altri n. 1-01663 concernenti la situazione di crisi nello Yemen, con particolare riferimento all'emergenza umanitaria e all'esportazione di armi verso i Paesi coinvolti nel conflitto (Vedi l'allegato A).

Ricordo che, nella seduta di lunedì 17 luglio 2017, si è conclusa la discussione sulle linee generali ed è intervenuto il rappresentante del Governo.

Avverto che, in data odierna, sono state presentate le mozioni Quartapelle Procopio, Alli, Marazziti, Locatelli ed altri n. 1-01695, Archi ed altri n. 1-01696; Vezzali ed altri n. 1-01697 e la risoluzione Pili n. 6-00348 e i relativi testi sono in distribuzione (Vedi l'allegato A).

(Parere del Governo)

PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sulle mozioni e la risoluzione presentate. Prego, sottosegretario Della Vedova.

BENEDETTO DELLA VEDOVA, Sottosegretario di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale. Grazie, Presidente. Il Governo esprime parere contrario sulle mozioni Marcon, Duranti ed altri n. 1-01662 e Corda ed altri n. 1-01663. Il Governo invece esprime parere favorevole sulle mozioni Quartapelle Procopio, Alli, Marazziti, Locatelli ed altri n. 1-01695; Archi ed altri n. 1-01696 e Vezzali ed altri n. 1-01697. Il Governo esprime parere contrario sulla risoluzione Pili n. 6-00348.

(Dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Locatelli. Ne ha facoltà.

PIA ELDA LOCATELLI. Grazie, signora Presidente. Siamo ormai a tre anni dall'inizio della guerra civile in Yemen, nel settembre 2014. La guerra è iniziata con un colpo di Stato vero e proprio che ha interrotto un processo di transizione democratica ma nei fatti si tratta di una contrapposizione tra sciiti e sunniti, una contrapposizione che ha un'etichetta religiosa, non certamente un contenuto religioso. In ballo ci sono gli interessi e le lotte per il dominio della regione, non della religione. Noi tuttavia siamo qui a discutere mozioni che affrontano due aspetti legati in modi diversi al conflitto yemenita. Il primo riguarda la situazione umanitaria nel Paese: un disastro che le diverse mozioni hanno illustrato nei loro tragici numeri. Il secondo: la produzione italiana di armi e la vendita di esse a Paesi coinvolti nel conflitto. Noi, il nostro Paese, deve continuare a sostenere la mediazione delle Nazioni Unite e i negoziati per il cessate il fuoco; ad attivarsi per promuovere iniziative volte a far rispettare il diritto internazionale umanitario e i diritti umani; a favorire le condizioni per una soluzione negoziata del conflitto per la stabilizzazione del Paese, per la costruzione di una pace duratura ed inclusiva di tutte le risorse disponibili, compreso il contributo che le donne possono dare come previsto dalla risoluzione ONU n. 1325 del 2000 e seguenti. Per gli aspetti umanitari ricordo che, alla Conferenza dei donatori di Ginevra, il Governo italiano ha annunciato un contributo pari a 10 milioni di euro per il biennio 2017-2018. Per quanto riguarda il tema della produzione e vendita di armi, ricordo che l'Italia si muove in stretto raccordo con i partner dell'Unione europea con i quali vi sono incontri periodici di coordinamento e anche in un quadro di stretto coordinamento con i nostri principali alleati. Chiediamo infine il rispetto delle norme vigenti nazionali, europee, internazionali anche nel raccordo con i partner dell'Unione europea. I socialisti voteranno secondo l'indicazione del Governo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Menorello. Ne ha facoltà.

DOMENICO MENORELLO. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, l'intervento militare voluto dal Governo sunnita dello Yemen di Mansur Hadi ha portato a una situazione umanitaria disastrosa che è stata definita dall'ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari come la peggiore crisi del mondo con 17 milioni di persone che soffrono di grave insicurezza alimentare. Siamo di fronte a un conflitto interno al mondo musulmano che ha già ucciso oltre 10.000 persone con 4.000 feriti. Non solo, vi sono pesanti ricadute anche sull'accesso dei bambini all'istruzione che ha sostanzialmente smesso di funzionare per quasi 2 milioni di minori con la chiusura di oltre 3.500 scuole.

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LAURA BOLDRINI (ORE 16,32)

DOMENICO MENORELLO. La situazione dello Yemen comporta inoltre gravi rischi per la stabilità della regione in tutto il Corno d'Africa, nel Mar Rosso e in ampie parti del Medioriente. Segnaliamo poi come ormai è noto che Al Qaida e lo Stato islamico Daesh hanno approfittato, stanno approfittando del deterioramento dalla situazione politica e di sicurezza nello Yemen per espandere la propria presenza e aumentare il numero e la portata dei propri attacchi terroristici.

Dunque è di assoluta attualità la risoluzione del Parlamento europeo già del 25 febbraio 2016, recentemente richiamata con altro voto del 15 giugno 2017, ove si ribadisce la proposta di embargo sulle armi e si invita a una soluzione negoziale del conflitto, riaffermando testualmente la necessità che tutti gli Stati membri dell'Unione applichino rigorosamente le disposizioni sancite nella posizione comune 2008 del Consiglio sulle esportazioni di armi.

Ma il ruolo dell'Europa deve diventare molto più determinato e determinante anche a fronte del progressivo, sensibile coinvolgimento, in questo scontro, di altri Paesi arabi, segnatamente l'Arabia Saudita e l'Iran. Urge dunque che anche l'Italia svolga un maggior ruolo di mediazione, richiamando il suo ruolo attuale di membro non permanente del Consiglio di sicurezza dell'ONU, organo che ha proprio la responsabilità principale nel mantenimento della pace e della sicurezza internazionale ed inoltre ricordando che nel 2018 l'Italia assumerà la presidenza dell'OSCE.

Vanno allora sostenute le mozioni presentate, che impegnano il Governo ad esprimere in ogni consesso internazionale o sede di confronto con rappresentanti di Paesi stranieri, in particolare del mondo arabo, il nostro impegno a sostenere gli sforzi da parte delle Nazioni Unite, affinché vengano mobilitate le necessarie risorse per finanziare l'azione di soccorso internazionale, a fronte dell'emergenza alimentare; a richiedere un'indagine imparziale e indipendente su tutte le accuse di abusi, torture e uccisioni di civili e altre violazioni del diritto internazionale in materia di diritti umani, nonché il rispetto degli stessi diritti umani e delle libertà di tutti i cittadini yemeniti e il miglioramento della sicurezza di tutti coloro che lavorano per le missioni umanitarie.

Le mozioni poi chiedono di assumere iniziative per bloccare l'esportazione di armi e articoli correlati prodotti in Italia o che transitano per l'Italia destinati all'Arabia Saudita e a tutti i Paesi coinvolti nel conflitto armato nello Yemen.

Ci auguriamo poi che, a fronte dell'approvazione di queste mozioni, il Governo voglia a breve riferire sull'applicazione in particolare di quest'ultimo punto, relativo alla moratoria della vendita di armi e ciò al fine di svolgere un fattivo ruolo nel calmierare la situazione in essere (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Civici e Innovatori per l'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Cirielli. Constato che non è in Aula, allora andiamo avanti.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Vezzali. Ne ha facoltà.

MARIA VALENTINA VEZZALI. Grazie Presidente, sottosegretario e colleghi, se serviva un esempio da citare per dimostrare quali disastri può portare un conflitto, lo Yemen è quello che ci vuole: un Paese ricco di storia, ma diviso tra dinastie rivali e gruppi tribali, che non ha saputo fare tesoro del processo democratico, che pure aveva conosciuto e che oggi è attraversato da miserie terribili.

Al caos istituzionale è seguita un'azione militare guidata dall'Arabia Saudita, che coordinava dieci Paesi dell'area del Golfo e che ha messo in ginocchio lo Yemen, un Paese che vive oggi una situazione difficile, nel quale la situazione umanitaria si è fatta disastrosa: la popolazione è costretta a vivere in condizioni terribili, vista la carenza di viveri e di acqua potabile, l'impossibilità di assicurare agli sfollati cure mediche e assistenza, un Paese nel quale i bambini sono morti a centinaia, ma per buona parte dei sopravvissuti si è aperta la strada del reclutamento militare.

Le associazioni umanitarie che hanno operato e permangono nel Paese hanno subito attacchi e perdite umane e parlano di numeri spaventosi; solo per citarne alcuni: 10.000 morti, 40.000 feriti, 200.000 persone colpite, milioni di sfollati. L'UNICEF ricorda che la maggior parte dei bambini yemeniti non può accedere all'istruzione. Un bacino di persone che potrebbe ingrossare le fila dei migranti e rendere florido il terreno agli scafisti e a quanti, nel Mediterraneo, utilizzano la disperazione delle persone per trarre profitti.

Nel rapporto del gruppo di esperti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite si legge che la devastazione provocata dall'intervento militare dell'Arabia Saudita non ha scalfito la volontà degli Houthi Ali di proseguire il conflitto, un conflitto segnato da violazioni del diritto umanitario internazionale da tutte le parti coinvolte.

Nonostante le risoluzioni del Parlamento europeo che invitavano all'embargo sulle armi e sulla soluzione politica del conflitto, ancora oggi la situazione permane di grave disagio e costituisce una minaccia per la sicurezza e la pace a livello internazionali, così come è fallito il tentativo di negoziazione che si è avuto a Kuwait City.

Il Governo italiano ha espresso più volte nei consessi internazionali la seria preoccupazione per la situazione che si è determinata in Yemen e in occasione della conferenza dei donatori di Ginevra ha annunciato un contributo di 10 milioni di euro di aiuti umanitari per il biennio 2017-2018, ma le attuali condizioni dello Yemen rischiano di far crescere la minaccia terroristica, visto che Al Qaeda si è estesa fino a controllare quasi tutto il Paese, in balìa di un vuoto di potere. L'Italia è impegnata nel rispetto delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per trovare una soluzione politica e non militare del conflitto, basato sul dialogo, l'inclusione di tutti gli attori regionali coinvolti, che tuteli le minoranze e porti alla ricomposizione pacifica della controversia e alla sospensione delle ostilità.

L'auspicio è che si possano creare le condizioni affinché si riapra un negoziato e si possano intensificare nel frattempo i controlli sulle richieste di imprese italiane per ottenere la licenza di esportazioni di armi e a imporre prescrizioni e divieti, ove fossero accertate violazioni da parte degli organismi internazionali, per evitare che ad alimentare la già drammatica situazione yemenita contribuisca anche il flusso incontrollato di armi.

Un grazie, prima di concludere, va alle associazioni di volontariato che, nonostante le condizioni proibitive e il rischio per l'incolumità personale degli operatori, continuano a sostenere le popolazioni stremate e ad assicurare la loro presenza, oltre che a fornire assistenza sanitaria, perché senza di loro la situazione sarebbe ancora più grave.

Annuncio che il gruppo Scelta Civica-ALA per la Costituente Liberale e Popolare-MAIE sosterrà le mozioni in linea con le posizioni espresse dal Governo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Marcon. Ne ha facoltà.

GIULIO MARCON. Grazie e mi scusi Presidente, ma noi abbiamo presentato e depositato ormai prima dell'estate questa mozione e abbiamo chiesto che l'Aula ne discutesse, perché da troppo tempo assistiamo in questo Paese a una guerra inaccettabile, con l'inerzia e la complicità della comunità internazionale.

La guerra ha portato con sé un'emergenza umanitaria gravissima, che ha messo in ginocchio il Paese e la popolazione civile in Yemen: ricordo che sono state uccise oltre 10.000 persone, 40.000 sono rimaste ferite, tra le vittime ci sono centinaia di donne e di bambini, un impatto umanitario tremendo, 2 milioni di persone sono attualmente sfollate a causa di questi combattimenti e 2 milioni di bambini non hanno la possibilità di andare a scuola, milioni e milioni di persone necessitano di assistenza umanitaria, tra cui il cibo, l'acqua, rifugio, servizi sanitari.

Secondo l'UNICEF, il conflitto nello Yemen ha avuto pesanti ricadute sull'accesso dei bambini all'istruzione, che ha smesso di funzionare per quasi 2 milioni di minori e l'attuale crisi nello Yemen è il risultato dell'impossibilità del Paese di darsi un Governo condiviso, nel quadro di una guerra civile su cui sono intervenuti attori e potenze straniere, tra cui, lo ricordiamo, l'Arabia Saudita e la coalizione da questa guidata, coinvolgimento di questi Paesi che ha avuto e hanno avuto un ruolo deleterio, aggravando il conflitto e la situazione umanitaria in questo Paese.

L'intervento militare a guida saudita nello Yemen, compreso l'uso di bombe a grappolo bandite a livello internazionale, ha portato ad una situazione umanitaria disastrosa che interessa la popolazione in tutto il Paese, ed è noto che gli attacchi aerei della coalizione militare a guida saudita nello Yemen hanno colpito bersagli civili tra cui ospedali, come quello di Medici senza Frontiere colpito nel gennaio del 2016, scuole, mercati, magazzini cerealicoli, porti e un campo di sfollati, danneggiando gravemente infrastrutture essenziali per la fornitura degli aiuti e contribuendo, in questo modo, alla grave carenza di generi alimentari e di carburante nel Paese. Secondo Save the Children in almeno 18 dei 22 governatorati del Paese gli ospedali sono stati chiusi o gravemente danneggiati a causa della guerra. Ricordiamo anche che sono stati chiusi ben 153 centri sanitari che in precedenza fornivano nutrimento a oltre 450 mila bambini insieme a 158 ambulatori che erogavano servizi di assistenza sanitaria di base a quasi mezzo milione di persone.

Accanto all'emergenza umanitaria c'è il tema della destabilizzazione della regione. La situazione nello Yemen comporta gravissimi rischi per la stabilità della regione, in particolare nel Corno d'Africa, nel Mar Rosso e nel resto del Medio Oriente. Al-Qaeda nella penisola araba è riuscita a sfruttare il deterioramento della situazione politica e di sicurezza in questo Paese espandendo la propria presenza e aumentando il numero e la portata dei propri attacchi terroristici. La coalizione a guida saudita e il blocco de facto da essa imposto allo Yemen ha causato la morte, come ricordavo prima, di migliaia di persone. Tutto questo ha ulteriormente destabilizzato il Paese; sono state distrutte le infrastrutture fisiche e, come ricordavamo prima, le condizioni umanitarie della popolazione, la condizione umanitaria di quel Paese è estremamente grave.

La comunità internazionale in questi mesi ha tentato di intervenire nel conflitto ma senza successo. Ricordo che il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite più volte ha approvato risoluzioni sullo Yemen per porre fine a questa guerra e per porre fine anche al trasferimento di sistemi d'arma e per garantire l'assistenza umanitaria alla popolazione civile senza raggiungere, però, i risultati auspicati. In modo chiaro le Nazioni Unite hanno denunciato anche la responsabilità delle potenze straniere nel conflitto e ricordo che il Parlamento europeo se n'è occupato più volte: la risoluzione del 15 giugno 2017 del Parlamento europeo sulla situazione umanitaria nello Yemen, da cui ha preso origine la mozione che oggi poniamo ai voti, richiama la precedente del 25 febbraio in merito alla proposta di embargo sulle armi, una risoluzione che invita a una soluzione negoziale del conflitto. E vorrei evidenziare che la risoluzione del Parlamento europeo del 25 febbraio 2016 contiene, in particolare, l'invito ad avviare un'iniziativa finalizzata all'imposizione, da parte dell'Unione europea, di un embargo sulle armi nei confronti dell'Arabia Saudita, tenuto conto anche delle gravi, gravissime accuse di violazioni del diritto umanitario internazionale e dei diritti umani da parte di tale Paese e del fatto che il continuo rilascio di licenze di vendita di armi all'Arabia Saudita violerebbero, pertanto, la posizione comune del Consiglio dell'8 dicembre 2008.

Ricordo che la risoluzione del Parlamento europeo è stata votata a larghissima maggioranza. Anche i deputati del Partito Democratico hanno votato quella mozione in cui si chiede all'Unione europea di introdurre un embargo europeo sul trasferimento di armi all'Arabia Saudita coinvolta pesantemente nel conflitto. Per cui, non comprendiamo perché nella mozione presentata e depositata dal PD oggi non venga ripreso quell'invito, invito che invece è contenuto nella mozione a prima firma Zanin del Partito Democratico in Commissione difesa, in cui si chiede di sospendere il trasferimento di sistemi d'arma ai Paesi coinvolti nella guerra nello Yemen. Riteniamo, quindi, un po' ipocrita la disposizione contenuta in quella mozione, nella mozione del PD che oggi viene discussa, in cui non si fa riferimento a quella disposizione che invece era contenuta nella risoluzione del Parlamento europeo e che il PD stesso aveva votato. Non è un caso che poche ore fa in un comunicato stampa Amnesty International, Oxfam e la Rete per il disarmo abbiano stigmatizzato questa posizione sostenendo, invece, tutte le mozioni che chiedono l'embargo in modo esplicito delle armi all'Arabia Saudita.

Ricordiamo che l'Italia continua a trasferire sistemi d'arma a questo Paese e recentemente - alcuni mesi fa - la Ministra Roberta Pinotti è stata accolta cordialmente dal regime saudita. Un Paese dove le donne vengono discriminate e oppresse e i diritti umani calpestati; un Paese che ha sostenuto finanziariamente il terrorismo internazionale. Come si evince dalla relazione al Parlamento sulla legge n. 185, nel solo 2016 l'Italia ha venduto armi all'Arabia Saudita per un valore di 427 milioni di euro, con un incremento del 66 per cento rispetto all'anno precedente. All'Arabia Saudita sono stati venduti aeromobili, bombe, siluri, razzi, missili, altre apparecchiature per la direzione del tiro, esplosivi, combustibili militari, apparecchiature elettroniche, apparecchiature specializzate per l'addestramento militare o per la simulazione di scenari militari. Nello stesso anno, nel 2016, ai Paesi del Medio Oriente l'Italia ha venduto armi per un valore di otto miliardi e mezzo di euro, pari a oltre il 50 per cento delle esportazioni italiane totali. Ricordiamo anche che l'ultima relazione al Parlamento ex lege n. 185 del 1990, per l'anno 2016, depositata in Parlamento lo scorso aprile, ci dice che la RWM Italia, i cui ordigni sono stati utilizzati per bombardare la popolazione civile nello Yemen, è salita al terzo posto per giro d'affari nel settore difesa in Italia.

Per questo noi chiediamo al Governo italiano - e concludo - di impegnarsi in sede europea ed internazionale per sostenere lo Yemen e il popolo yemenita. Soltanto una soluzione politica di questo conflitto inclusiva e negoziata può ripristinare la pace. Serve un nuovo ciclo di negoziati di pace sotto l'egida delle Nazioni Unite finalizzati alla fine dei combattimenti e al raggiungimento di una ripresa del dialogo con l'urgente obiettivo, attraverso una tregua umanitaria, di consentire l'ingresso e la distribuzione di generi alimentari e di farmaci. Tra gli impegni europei e internazionali che l'Italia si deve impegnare a sostenere c'è quello di un'indagine imparziale ed indipendente su tutte le accuse di crimini di guerra, richiesta che viene da Amnesty International e da Oxfam. Dobbiamo chiedere all'Arabia Saudita di porre fine ad ogni azione che violi il diritto umanitario internazionale; dobbiamo chiedere che l'Unione europea si impegni in questo senso, come la risoluzione del Parlamento europeo ha fatto e come, purtroppo, la risoluzione di maggioranza non chiede quest'oggi. Chiediamo all'Italia di sostenere, invece, le risoluzioni del Parlamento europeo che auspicano l'imposizione dell'embargo sulle armi all'Arabia Saudita e chiediamo che in questo modo venga rispettata la legge n. 185. Se si vuole aiutarli a casa loro almeno non con le bombe. Porre fine alla tragedia dello Yemen è un obiettivo inderogabile e non può essere sacrificato alla Realpolitik e agli interessi economici dell'industria militare del nostro Paese. Per questo chiediamo coerenza: basta vendere bombe ai Paesi in guerra, basta vendere bombe all'Arabia Saudita. Rispettiamo la legge n. 185 e mettiamo in pratica le risoluzioni dell'ONU e del Parlamento europeo per contribuire a fermare la guerra nello Yemen (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Cirielli, che prima era assente. Ne ha facoltà per due minuti, deputato Cirielli. Prego.

EDMONDO CIRIELLI. Grazie, Presidente. Chiedo scusa per il contrattempo. Il gruppo di Fratelli d'Italia, pur apprezzando lo spirito umanitario che contraddistingue entrambe le mozioni, ritiene però sbagliate innanzitutto le prese di posizione finali, gli impegni per il Governo, l'idea che l'Italia possa intromettersi in questa vicenda senza avere un ruolo chiave in quell'area specifica.

Per carità, richiamare gli impegni dell'ONU o impegnarci nella nostra posizione di socio dell'Unione europea, della NATO, e soprattutto dell'Unione europea, rappresenta un aspetto che certamente l'Italia può seguire e credo che già il Governo sia impegnato in questa direzione. Ma, d'altro canto, assumere iniziative chiare contro l'Arabia Saudita che non è un Paese che ci piace per il ruolo che ha svolto a livello del terrorismo internazionale e per il ruolo equivoco sicuramente nella crisi in Siria e in Iraq, ma rimane tuttavia un alleato strategico degli Stati Uniti e, quindi, della NATO, ed è un Paese dove gli altri partner da anni vendono le armi.

Quindi, non capiamo per quale motivo dovremmo solo fare un'azione unilaterale contro un Paese che, tra virgolette, sarebbe amico, intromettendosi peraltro indirettamente anche sullo scenario militare. Noi crediamo che danneggiare le nostre industrie della difesa con atti declamativi, che possono anche quasi essere mascherati da fini umanitari, sia un errore, e quindi pensiamo che sia sbagliato questo intervento, un intervento a gamba tesa, che parte da fini nobili ma persegue fini contrari agli interessi nazionali.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Guglielmo Picchi, che non è però presente in Aula: si intende che vi abbia rinunziato.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Paolo Alli, che non è però ugualmente presente in Aula: si intende che vi abbia rinunziato.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Donatella Duranti. Ne ha facoltà.

DONATELLA DURANTI. Signora Presidente, il voto su queste mozioni, sulle mozioni di oggi sulla crisi umanitaria dello Yemen, era un voto molto atteso: è stato ricordato che già alcune associazioni umanitarie hanno preso posizione rispetto a come sta andando la discussione e il voto su queste mozioni. Era un voto molto atteso anche perché l'Europarlamento - ma ci tornerò dopo, sul contenuto della risoluzione dell'Europarlamento - ha votato a larga maggioranza qualche giorno fa, il 13 settembre, una risoluzione che prevede l'embargo delle armi verso lo Yemen, e che soprattutto chiede di interrompere il conflitto. Lo dico così: non è comprensibile neppure per noi l'atteggiamento del Partito Democratico, che è quantomeno incoerente rispetto a quello che è accaduto nell'Europarlamento; e voglio ricordare che la Commissione esteri dell'Europarlamento il 12 settembre scorso ha proposto la risoluzione che poi è stata votata il giorno seguente, e quella proposta di risoluzione è stata approvata da tutti i gruppi, dal gruppo dove sono presenti i socialisti e il Partito Democratico fino al MoVimento 5 Stelle.

La discussione di oggi e queste mozioni sono secondo noi di grande rilevanza: sono di grande rilevanza perché stiamo parlando di una delle catastrofi umanitarie più grandi dell'epoca moderna. Parliamo dello Yemen, che è il Paese più povero del mondo arabo: i suoi abitanti, circa 28 milioni, vivono dall'inizio del 2015, quando appunto ha avuto avvio l'intervento militare a guida dell'Arabia Saudita, una situazione drammatica, che nonostante sia sotto gli occhi di tutti, non ha visto e non vede l'attenzione da parte della stampa europea e internazionale, e che però è una situazione che è destinata ad aggravarsi.

Molti Paesi, nonostante ci sia questa disattenzione della stampa e questa disattenzione dei Parlamenti dei Paesi europei, sono responsabili e sono coinvolti nella distruzione dello Yemen e della sua popolazione. Lo è anche il nostro, ed è proprio questa una delle ragioni alla base delle mozioni. L'Italia contribuisce a questa tragedia con armi prodotte sul proprio territorio ed inviate all'Arabia Saudita, il Paese che guida la coalizione militare nel conflitto sullo Yemen, anche armi che sono state inviate anche dopo l'avvio dell'intervento militare. Come ha documentato l'ONU con un rapporto sull'utilizzo di bombe italiane sulle zone civili in Yemen, l'utilizzo da parte dell'aeronautica saudita di ordigni prodotti ed esportati dall'Italia, dall'azienda RWM Italia Spa, per bombardare diversi centri abitati da civili in Yemen, si possono appunto definire come crimini di guerra: un'agenzia dell'ONU afferma che il nostro Paese, con l'esportazione delle armi all'Arabia Saudita per il conflitto nello Yemen, sta compiendo crimini di guerra, si sta coprendo di questo vergognoso crimine. Il Parlamento e il Governo italiani hanno il dovere di compiere ogni sforzo per fermare la carneficina in Yemen, per far tacere le armi e occuparsi di una delle catastrofi attuali più gravi del mondo.

Perché dobbiamo intervenire, dobbiamo fare ogni sforzo, e immaginavamo oggi di uscire da questa discussione con impegni precisi, concreti, davvero tesi a fermare la catastrofe umanitaria? Perché la nostra Costituzione ripudia la guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali, perché la legge n. 185 del 1990 prevede che le operazioni di esportazione, importazione e transito di armamenti vengano regolamentate dallo Stato proprio secondo i principi del ripudio della guerra; che sono vietate operazioni quando siano in contrasto con la Costituzione, quando manchino adeguate garanzie sulla definitiva destinazione dei materiali, e sono vietate esportazioni verso i Paesi in stato di conflitto armato. Di questo parliamo quando parliamo dello Yemen: di un Paese in stato di conflitto armato. Verso Paesi la cui politica contrasti con i principi dell'articolo 11 della Costituzione, recita ancora la legge n. 185 del 1990, verso i Paesi nei cui confronti sia stato dichiarato l'embargo totale o parziale delle forniture belliche da parte dell'ONU, verso i Paesi i cui Governi sono responsabili di accertate violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti dell'uomo.

Ma non solo: l'ATT, il Trattato internazionale sul commercio delle armi che il nostro Paese ha ratificato, vieta l'esportazione di armamenti ai Paesi sotto embargo, e in tutti i casi in cui - leggo testualmente - sia a conoscenza al momento dell'autorizzazione che gli armamenti possano essere utilizzati per commettere atti di genocidio, crimini contro l'umanità, gravi violazioni delle Convenzioni di Ginevra del 1949, attacchi diretti a obiettivi o a soggetti civili protetti in quanto tali, o altri crimini di guerra definiti dagli Accordi internazionali di cui lo Stato è parte.

E allora di che cosa parliamo? Parliamo proprio di questo: dopo oltre 800 giorni di conflitto la situazione umanitaria in Yemen è catastrofica; dal marzo 2015 almeno 10 mila persone sono state uccise, più di 40 mila ferite; al maggio 2017 erano 17 milioni su 28 milioni le persone che necessitavano di assistenza alimentare, 2,2 milioni di bambini soffrono di malnutrizione acuta grave; il sistema sanitario è sull'orlo del collasso, e negli ospedali mancano risorse, medicine, materiali, personale, ed è scoppiata quella che è stata definita l'epidemia di colera più grave dal 1949. Infine in quel Paese è molto diffuso il fenomeno dei bambini soldato: vengono utilizzati i bambini nei conflitti armati.

Una delle principali cause della terribile situazione è anche il blocco navale imposto, come nota la risoluzione dell'Europarlamento di cui parlavo prima, che riferisce che il blocco aereo e navale imposto allo Yemen dalle forze e dalla coalizione a guida Arabia Saudita sin dal marzo 2015 ha rappresentato una delle principali cause della catastrofe umanitaria. Tante volte ci siamo sentiti dire in quest'Aula: lo dobbiamo fare perché ce lo chiede l'Europa; ebbene, noi ci aspettavamo che il Governo e il partito di maggioranza rispondessero questa volta davvero all'Europa. Ce lo chiede l'Europa: dobbiamo compiere un intervento diverso per aiutare il popolo dello Yemen, lo dobbiamo fare appunto perché ce lo chiede l'Europa. E come ce l'ha chiesto l'Europa? Nei giorni scorsi il Parlamento europeo ha approvato una nuova risoluzione sulla situazione umanitaria nello Yemen, la terza in tre anni: si è espresso infatti a luglio 2015, a febbraio 2016, e la terza appunto nei giorni scorsi, con la nuova risoluzione dell'Unione europea del 13 settembre votata a larga maggioranza - lo ripeto, votata anche dai colleghi del Partito Democratico che siedono all'Europarlamento.

L'Europarlamento si è espresso però non per un monitoraggio, per un'attenzione maggiore: i monitoraggi, l'attenzione non si negano a nessuno; si è espresso chiaramente a favore di un embargo delle forniture di armi verso l'Arabia Saudita, ha ribadito - lo dico testualmente - la necessità che tutti gli Stati membri dell'Unione applichino rigorosamente le disposizioni sancite nella posizione comune 2008/944/PESC del Consiglio sull'esportazione di armi.

Ha ricordato che nella risoluzione del febbraio 2016 ha invitato l'Alta rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini, anche qui testuale (è detto nella risoluzione): ad avviare un'iniziativa finalizzata all'imposizione da parte dell'Unione europea di un embargo sulle armi nei confronti dell'Arabia Saudita, tenendo conto delle gravi accuse di violazione del diritto umanitario internazionale da parte di tale Paese, cioè dell'Arabia Saudita, nello Yemen e del fatto che il continuo rilascio di licenze di vendita di armi all'Arabia Saudita violerebbe pertanto la posizione comune. Il diritto internazionale - lo voglio ricordare - è quello che protegge le popolazioni e le infrastrutture civili.

L'Europa ci chiede di intervenire, ma non solo. Ricordo in quest'ultimo minuto che mi è rimasto, signora Presidente, un altro atto di rilevanza piuttosto significativa: il voto unanime del consiglio comunale della città di Iglesias, comune limitrofo al comune di Domusnovas dove risiede la fabbrica RVM, dove si costruiscono le armi coinvolte nel conflitto dello Yemen. In questa risoluzione del consiglio comunale si chiede allo Stato italiano di rispettare i principi costituzionali e la normativa sulla commercializzazione delle armi, cioè quella legge n. 185 del 1990 che prevede che non si possono inviare le armi a Paesi come l'Arabia Saudita e che prevede, altresì, che si possa costituire un fondo per la riconversione dell'industria bellica. Sarebbe il momento di applicare compiutamente questa legge e il dettato costituzionale per liberare i lavoratori e le comunità dal ricatto occupazionale. Concludo, signora Presidente. Domani il Presidente Gentiloni interverrà all'Assemblea dell'ONU, noi auspichiamo, anche se non abbiamo più tanta speranza, che intervenga per sostenere la richiesta di un'indagine internazionale sui crimini di guerra, perché quel popolo martoriato guarda a noi, guarda alle nostre coscienze di uomini e di donne, alla nostra responsabilità politica (Applausi dei deputati del gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Archi. Ne ha facoltà.

BRUNO ARCHI. Grazie, signora Presidente. La guerra che stiamo oggi a discutere si protrae da oltre due anni e ha causato ben oltre 16.000 vittime, fra i quali molti civili, ridotto almeno 7 milioni di persone alla fame, tra i quali 2 milioni di bambini, provocando una grave carestia e un epidemia di colera. La situazione di caos che si è determinata a seguito del conflitto, soprattutto in alcune aree dello Yemen, ha favorito nel corso di questo periodo il radicamento di gruppi terroristici, quali ISIS e Daesh, e Al-Qaeda nella penisola arabica, che costituiscono una minaccia rilevante per la sicurezza dell'Europa e dell'Occidente, un elemento di destabilizzazione trasversale per tutti gli Stati. Sono questi tutti ingredienti che ci fanno gridare da un lato alla catastrofe umanitaria, dall'altro anche, come sostengono i giornali, forse anche giustamente, al fatto che si tratti di una delle solite guerre dimenticate. Allora vediamo di evitare di continuare a dire che si tratti di guerre dimenticate, proponendo anche al Governo di attivarsi, di farsi promotore nelle sedi competenti, nelle quali noi svolgiamo un'azione rilevante - in ambito Nazioni Unite, in ambito Unione europea, in ambito del G7, laddove siamo presenti in via permanente e costante - di continuare a dibattere del problema e fare in modo che esso non venga assolutamente accantonato, e, laddove stiamo per passare il testimone, mi riferisco alle Nazioni Unite e al G7, ad altri Paesi, di avviare una forma di concertazione, nel passare il testimone, nel passare le consegne, affinché il Governo possa lavorare in questi mesi restanti, da qui al 31 dicembre, per lasciare il segno e dare un segnale forte alla comunità internazionale. A tale proposito, proprio in questi giorni, domani, come ripeteva un collega, interverrà il Presidente Gentiloni nell'ambito dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite. Sono questi i tre fori, quelli più importanti, dove l'Italia può giocare un ruolo. Siccome ci ripetiamo in continuazione che ci spetta il ruolo che ci compete, che ci deve essere dato quasi per virtù divina, e allora vediamo di guadagnarcelo, in questi mesi. Cerchiamo di lavorare attivamente affinché possa essere fatto qualche cosa di concreto in questa direzione. D'altro canto, tutto lascia intendere che questa sia l'unica direzione possibile, perché sappiamo che di fronte a questa catastrofe umanitaria che si sta verificando nello Yemen, noi abbiamo tutto il diritto anche di intervenire, avendo una parte attiva e una voce in capitolo.

Direi che in ambito del G7 (è evidente che il vertice si è già svolto) noi possiamo anche approfittare, nel corso delle ultime riunioni a livello alti funzionari, durante le quali generalmente c'è un sonnacchioso passaggio di consegne alla Presidenza subentrante (nella fattispecie canadese), per cercare di ravvivare un po' queste riunioni e dargli un contenuto un pochino più stimolante, cercando di attirare l'attenzione anche dei partner su questo tema che è di primaria importanza.

La stessa cosa possiamo fare nella restante parte dell'anno, prima che l'Olanda sopraggiunga in questo biennio di seggio non permanente alle Nazioni Unite, affinché in questi pochi mesi che ci separano dalla fine dell'anno l'Italia possa svolgere o dire la sua in questo contesto. Direi che ciò va fatto anche soprattutto in ambito dell'Unione Europea perché si è parlato molto spesso che noi si ha un ruolo fondamentale di Paese fondatore e allora cerchiamo di metterlo in pratica questo ruolo di Paese fondatore, anche in questo contesto, alla luce di quelle che sono le tematiche dei diritti umani, di tutela dei bambini, delle carestie. Lavorare non contro, ma con la società civile e le organizzazioni internazionali competenti, come l'Organizzazione mondiale della sanità, la Croce Rossa internazionale, le organizzazioni non governative, e insieme elaborare una piattaforma comune da un punto di vista umanitario.

Una parte è la parte umanitaria, ovviamente, altro è l'aspetto politico. Sappiamo che l'inviato speciale delle Nazioni Unite per lo Yemen nel corso di questi due anni ha raccolto poco o nulla sotto il profilo dei negoziati politici per cercare di addivenire a una qualsivoglia soluzione negoziata dell'annosa questione. Anche su questo aspetto molto particolare penso noi si possa dire la nostra. In ambito europeo mi interessa di puntualizzare che è necessario promuovere un rafforzamento sempre più puntuale del meccanismo di consultazione periodico europeo sul controllo delle esportazioni di armamenti convenzionali. La risoluzione approvata dal Parlamento europeo il 13 settembre del 2017 sull'esportazione di armi, tra le altre cose, invita infatti gli Stati membri e il Servizio europeo per l'azione esterna, cioè il SEAE ad aumentare la coerenza dell'attuazione della posizione comune e a rafforzare i meccanismi di scambio di informazioni rendendo disponibili informazioni migliori dal punto di vista qualitativo e quantitativo per le valutazioni dei rischi correlati al rilascio di licenze di esportazione. Quindi, per concludere, direi, signora Presidente, che abbiamo un piano politico e un piano umanitario su cui penso il Governo possa e debba intervenire in questo scampolo di legislatura.

Capisco che a fine legislatura magari ci si lasci, come dire, cose da fare, anche di carattere internazionale per ultime, però questo è un problema importante. Sono questi poi i temi dell'attualità internazionale, che piaccia o no, e non aspettano che l'Italia compia la fine legislatura per avere una risposta. C'è tutto il tempo necessario affinché il Governo possa opportunamente lavorare; l'ha fatto, lo sappiamo, lo sta facendo, ma forse qualcosa di più può essere sempre fatto. Si dice che tutto è perfettibile però allora, se sappiamo questo e ci diciamo in continuazione che dobbiamo avere il ruolo che ci compete, facciamo in modo che questo ruolo effettivamente ci venga riconosciuto non per volontà divina, ma anche perché si fa qualche cosa di concreto. Penso ci sia la volontà politica, soprattutto nel Governo - me lo auguro e lo chiedo formalmente -, affinché possiamo fare un qualcosa di concreto dal punto di vista politico e, non solo. Mi riferisco evidentemente al contesto umanitario in ambito Nazioni Unite, G7 e Unione europea (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Alli. In via del tutto eccezionale, ne ha facoltà.

PAOLO ALLI. Grazie Presidente. Mi scuso per l'inconveniente per cui non ero presente quando lei mi ha chiamato. Molto brevemente, il tema dello Yemen è un tema che si inserisce in una situazione molto complessa del Golfo, che deve stare costantemente alla nostra attenzione. È chiaro che la penisola araba è cruciale per gli equilibri dell'intero Medio Oriente non soltanto per il tema del petrolio, ma per la situazione geopolitica molto complessa che si è venuta a creare.

C'è stato da parte degli Stati Uniti un allontanamento, con l'amministrazione Obama, dalla penisola araba, in particolare dall'alleato storico Arabia Saudita. La nuova amministrazione americana, con il Presidente Trump, ha dato importanti segni di riavvicinamento. In questo interregno si è scatenato il conflitto con lo Yemen, che, ancora una volta, spiace dirlo, è un conflitto che affonda le proprie radici nelle tensioni e negli scontri interni al mondo islamico tra componente sciita e componente sunnita. Quello che, però, vorrei evidenziare, perché dimostra, a mio modo di vedere, la particolare importanza del tema yemenita e di questa nostra mozione, è che il nuovo attore che si è affacciato sulla scena di quella regione si chiama Iran, e l'Iran ha una strategia di accerchiamento dell'Arabia Saudita a nord e a sud. E mentre la parte a nord passa attraverso l'alleanza con gli sciiti iracheni, con gli Hezbollah e con Hamas, la parte a sud della cintura ha nello Yemen e nei ribelli Houthi, che sono sciiti, che hanno preso il potere, l'elemento fondamentale.

Questo giustifica, motiva, spiega la violenza con la quale l'Arabia Saudita ha attaccato e continua a tenere alta la tensione nello Yemen, da cui scaturisce la forte e drammatica situazione umanitaria che noi in questa mozione denunciamo; quindi, questo era solo per dire che lo scenario in cui questo conflitto si inquadra è assai più ampio e complesso. Credo che, quando gli scenari sono così complessi, siano possibili solo soluzioni multilaterali. Quindi, correttamente la mozione richiama le Nazioni Unite e l'Unione europea, cioè i grandi organismi multilaterali, alle proprie responsabilità. Non possiamo farci tentare da scorciatoie, da soluzioni bilaterali o da interventi, magari, che mettano in campo una violenza militare, pensando di risolvere problemi che solo il consenso della intera comunità internazionale può invece risolvere.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Basilio. Ne ha facoltà.

TATIANA BASILIO. Presidente, colleghi presenti in Aula, finalmente oggi ci troviamo, dopo mesi, a discutere della terribile questione dello Yemen, dello Stato dello Yemen, e di questa terribile tragedia che stanno vivendo le popolazioni yemenite. Negli ultimi mesi la situazione è degenerata, completamente degenerata: i bombardamenti sono incessanti, la crisi sanitaria continua a colpire vittime innocenti. Siamo dinanzi ad una delle più gravi catastrofi umanitarie della nostra storia recente. Da oltre due anni alla guerra civile interna tra ribelli sciiti Houthi e le milizie sunnite fedeli al Governo di Mansur Hadi si è sostituita una guerra per procura sulla pelle del popolo yemenita. Da un lato l'Iran, che si erge a paladino della difesa degli sciiti, e dall'altra la coalizione sunnita guidata dall'Arabia Saudita. La guerra fratricida ha finito per rafforzare le tendenze fondamentalistiche e settarie, con la comparsa sul terreno di terroristi sunniti di Al Qaeda che alimentano ancor più il terrore e la morte tra la popolazione civile.

Il merito di questa mozione è senz'altro quello di obbligare il Parlamento italiano ad affrontare questo tema rimosso dall'agenda politica e al quale, purtroppo, anche l'Italia dà il suo tragico contributo. Dall'inizio del conflitto sono state uccise oltre 10 mila persone, delle quali circa 4.700 civili, e 40 mila sono rimaste ferite, oltre a 8 mila civili. Tra le vittime si contano centinaia di donne e di bambini, l'impatto umanitario sulla popolazione civile degli attuali scontri tra le diverse milizie, dei bombardamenti e dell'interruzione della fornitura dei servizi essenziali ha raggiunto proporzioni intollerabili. Abbiamo due milioni di persone attualmente sfollate internamente ai confini a causa dei combattimenti, due milioni di bambini non hanno la possibilità di andare a scuola, 18,8 milioni di persone, tra cui 9,6 milioni di bambini, necessitano di un'assistenza umanitaria, ma di assistenza umanitaria vera, non quella che si continua a millantare sui giornali o sugli articoli o sui comunicati stampa, compresi cibo, acqua, rifugio, carburante e servizi sanitari, poiché non hanno più nulla.

Una crisi alimentare che colpisce, dai dati forniti dall'ONU, circa 17 milioni di persone su un totale della popolazione di 27 milioni. Sono delle cifre impressionanti, e soffermiamoci su questi numeri. Siamo anche tutti a conoscenza che il Governo sta contribuendo a questo orrore. Non abbiamo più bisogno di attendere invano risposte che mai sono arrivate, poiché ormai è accertato che l'Italia è complice di questi crimini di guerra, perché questa è la giusta parola che dobbiamo dare a questo conflitto, crimini di guerra. La guerra che sta distruggendo lo Yemen è combattuta con armi anche italiane. L'Italia, infatti, nonostante i giochi e le scuse del Governo per nascondere questo gravissimo fatto, per la verità molto avvilenti, è tra i Paesi fornitori delle bombe che l'Arabia Saudita, posta a guida della coalizione sunnita, sgancia ogni giorno sullo Yemen. È questo quello che accade ogni giorno e che tutte le TV italiane tacitano; ne hanno parlato solo marginalmente, ma ormai non ne parla più nessuno, siamo tutti in silenzio qui dentro (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Ormai le prove di questa partecipazione alla guerra si moltiplicano. Quei frammenti recuperati sul campo di guerra, infatti, confermano che gli ordigni utilizzati provengono dalla Rwm Italia, che ha sede legale a Ghedi, a Brescia - io oggi mi trovo qui a discutere una mozione a mia prima firma sugli ordigni nucleari e una mozione a prima firma Corda che provengono tutte e due, come la madre dell'orrore, sempre da Brescia - e che produce le bombe negli stabilimenti, però, di Domusnovas in Sardegna, sotto il controllo della società tedesca Rheinmetall. Questo per me è un momento veramente di imbarazzo, perché non vorrei che dalla mia terra arrivassero queste tristissime notizie, dalla terra bresciana, sia per gli ordigni nucleari sia per la sede legale di questa azienda.

Nei mesi scorsi sono stati esportati materiali di armamento per circa 257 milioni di euro, ed è una cifra impressionante. Solo nel 2016, come si evince nella relazione del Parlamento ai sensi dell'articolo 5 della legge 9 luglio 1990, la famosa legge n. 185, l'Italia ha venduto armi all'Arabia Saudita per un valore di 427 milioni circa di euro, con un incremento del 66 per cento rispetto al 2015, il 66 per cento di incremento. Siamo una fabbrica di armi, ormai, non siamo più uno Stato a questo punto. All'Arabia Saudita sono stati venduti aeromobili, bombe, siluri, razzi, missili ed accessori, apparecchiature per la direzione del tiro, esplosivi e combustibili militari, apparecchiature elettroniche, apparecchiature specializzate per l'addestramento militare e per la simulazione di scenari militari, tecnologia per lo sviluppo, produzione e utilizzazione delle armi.

Nello stesso 2016, nei Paesi del Medioriente, l'Italia ha venduto armi per un valore di 8,5 miliardi di euro, pari a oltre il 50 per cento delle esportazioni italiane totali. Ma ce ne rendiamo conto? Ma questa è una lista della spesa o una lista della morte? Il Governo italiano, nonostante tali evidenze, continua a rilasciare autorizzazioni per la costruzione e la fornitura di armamenti all'Arabia Saudita, accampando scuse varie e raffazzonate, compresa quella di dire che si tratta di bombe tedesche e che noi siamo solo un Paese di transito. Ma la legge n. 185 del 1990 non fa distinguo in questo, ed è meschineria incredibile cercare di aggirare i paletti della stessa legge accampando simili motivazioni, perché stiamo, ovviamente, noi come Stato italiano, trasgredendo una legge molto chiara. Tutte queste autorizzazioni violano la legge sull'export militare che impedisce l'esportazione e il transito di armi verso Paesi coinvolti in guerre che non rispettano le convenzioni internazionali in materia di diritti umani.

Ed ora arriviamo al clou di questa dichiarazione di voto, poiché chiediamo che l'Italia, a questo punto, si ispiri a decisioni votate a larga maggioranza mercoledì 13 settembre di questo anno, non di dieci anni fa o di qualche anno fa. Al Parlamento europeo c'è stata una bellissima discussione e votazione. In questi giorni, infatti, e per la terza volta in due anni, il Parlamento dell'Unione si è espresso a favore di un embargo delle forniture di armi verso l'Arabia Saudita, richiedendo all'Alto rappresentante per la politica estera Federica Mogherini di farsi promotrice di un'iniziativa in tal senso presso gli Stati membri e ai Governi nazionali di muoversi senza più ulteriori esitazioni, ma, probabilmente, qui l'esitazione non è contemplata nel nostro vocabolario.

Confidiamo, quindi, che la risoluzione votata da 386 europarlamentari, tra i quali anche quelli eletti nelle liste del PD, si possa concretizzare nel voto favorevole anche nella mozione che stiamo discutendo oggi, la nostra, e che chiede esattamente la stessa cosa di quello che è appena stato votato in Europa.

Ora io mi sono letta la mozione a prima firma Quartapelle Procopio e sinceramente la trovo abbastanza sconcertante poiché si dice: se ci sarà un embargo, noi lo rispetteremo, faremo, diremo, come se la maggioranza PD fosse un'entità astratta, che non ha poteri decisionali in quest'Aula e nel Parlamento. Si aspetta quindi che il Parlamento europeo decida e faccia qualcosa e poi dica ai parlamentari del PD: ora dovete fare questo. Ma un conto è ratificare una decisione europea e un conto è iniziare a dire che l'Italia pone l'embargo per la vendita delle armi a questi Paesi. Infatti non ho capito perché nel Parlamento non si può prendere una decisione del genere, depositando mozioni che sono letteralmente ridicole perché, probabilmente, non sapevate da che parte girarvi, in quanto le mozioni sono arrivate in esame oggi, quando sono state discusse a luglio e nessuno si è premunito in questi mesi di presentare una mozione quantomeno condivisa con noi perché la prima mozione depositata era la nostra. La mozione presentata dal PD non impegna a fare assolutamente nulla. Stiamo solo parlando di aria, di parole, di un qualcosa che, quanto meno, è stato depositato. Noi ci domandiamo per quale assurdo motivo dobbiate portare un voto in quest'Aula che è addirittura peggiorativo di quello che hanno votato i vostri colleghi al Parlamento europeo. Non siete nemmeno in grado di essere coerenti con le scelte più coraggiose che hanno preso i vostri colleghi in Europa. A questo punto che cosa ci state a fare in questo Parlamento, colleghi del PD? E mi rivolgo anche alla Presidenza, stanno facendo qualcosa? Stanno votando mozioni inutili, vegetando, lavandosene le mani rispetto a quanto sta accadendo alla popolazione yemenita; so che la Presidente Boldrini su questo aspetto è molto sensibile, perché si è sempre occupata di aiuti umanitari, si è sempre occupata di questo nella sua vita, prima di essere parlamentare, e quindi, poiché la Presidente è stata eletta dalla maggioranza di quest'Aula, alzate un po' le teste invece che leggere tutti quei benedetti iPhone e ascoltate le parole; ascoltate quello che accade alla popolazione dello Yemen, con le bombe, vendute dall'Italia (perché questi ordigni partono dall'Italia), con le quali tutti i giorni sono provocati morti e massacri nei mercati e negli ospedali su popolazioni che non c'entrano assolutamente nulla e lo si fa solo per vendere, solo per lo scopo di incassare soldi e di far guadagnare sempre quei pochi mentre tutti se ne stanno lavando le mani. In questa mozione nessuno ha scritto assolutamente niente delle bombe che partono da Domusnovas: non c'è scritto assolutamente nulla. Quindi noi non prenderemo in considerazione alcuna mozione che quanto meno non parli di questi ordigni che partono dall'Italia e che vanno in barba a una legge che è molto chiara sull'export delle armi militari: la legge n. 185 del 1990 che deve essere rispettata perché esiste. Quindi, con questo provato conflitto dello Yemen e con la produzione di armi italiane si conferma che anche il Governo italiano a questo punto ha le mani sporche di sangue a causa delle armi che esporta e che partono dall'Italia e, per colpa vostra, le hanno sporche anche tutti i cittadini italiani perché le armi hanno matricola e matrice italiana cioè partono dalle industrie che hanno sede legale qui e quindi sulla base della legge n. 185 del 1990 i controlli vanno fatti. È inutile dire che l'azienda è tedesca. Noi ci dissociamo - concludo - assolutamente da questa politica sporca e sanguinosa. Se il Governo è sordo ed indifferente alle sorti di tanti civili massacrati, il Parlamento in questo momento ha l'obbligo di battere un colpo e di obbligarlo a cambiare politica. I telegiornali non ne parlano ma noi ancora sì…

PRESIDENTE. Concluda, deputata.

TATIANA BASILIO. …e vi garantisco che le immagini di ciò che accade nello Yemen sono agghiaccianti. Non voteremo nessuna mozione che non abbia preso in carico quanto meno le bombe che partono da Domusnovas (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Nicoletti. Ne ha facoltà.

MICHELE NICOLETTI. Grazie, Presidente. Mi spiace che si pensi che il Parlamento e la maggioranza sia insensibile rispetto all'elemento centrale della mozione che noi stiamo discutendo cioè l'aspetto umanitario. Giustamente tutti i colleghi che sono intervenuti sia pur rappresentando punti diversi hanno sottolineato la drammaticità della situazione.

Secondo la FAO quella nello Yemen è la crisi alimentare più grave al mondo: 17 milioni le persone che necessitano di assistenza alimentare, delle quali 7 milioni si trovano in una situazione di emergenza; 2.200.000 bambini soffrono di mal nutrizione e ancora decine di migliaia di persone uccise o ferite; un sistema sanitario al collasso; 100.000 casi sospetti di colera; violenze sulle donne e i bambini e, come è già stato ricordato, oltre 2 milioni il numero totale di bambini yemeniti che non frequentano la scuola. Certamente uno degli elementi di questa gravissima situazione alimentare è legato anche alla situazione di blocco aereo e navale imposto allo Yemen sin dal marzo del 2015. Sarebbe però profondamente ingiusto dire che noi facciamo solo delle parole. Il nostro Governo è intervenuto e sta intervenendo con 10 milioni di euro di aiuti umanitari nel biennio 2017-2018. Si tratta del doppio del contributo rispetto al 2016. Non basta. Non è solo il Governo ma anche la cooperazione italiana che sta intervenendo anche con un impegno delle associazioni e del mondo privato nel settore della sicurezza alimentare, dell'assistenza sanitaria, della prevenzione della violenza di genere e dell'istruzione. Non c'è da parte italiana solo un impegno personale ma c'è anche un impegno perché gli altri Paesi facciano la stessa cosa. Oggi alle Nazioni Unite il Ministro degli Affari esteri e della cooperazione Alfano ha richiamato questo punto fondamentale. L'ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari ha stimato una spesa di 2 miliardi e 100 milioni di dollari per il 2017 ma dai Paesi donatori ne sarebbero arrivati meno di un terzo. È quindi necessario impegnare il nostro Governo anche in considerazione della nostra presenza nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite affinché l'Onu possa rafforzare l'appropriazione di assistenza umanitaria nello Yemen e fronteggiare così tale gravissima crisi.

Esiste un secondo profilo e, quindi, una seconda linea di impegno, che è il profilo politico. Le crisi umanitarie nascono infatti da situazioni politiche, da conflitti politici che sono già stati ricordati. Questa situazione espone la regione a gravi rischi per la stabilità. Vi sono naturalmente infiltrazioni di organizzazioni terroristiche. Vi sono gravissime violazioni delle leggi di guerra. Di fronte a questo è urgente una iniziativa politica: la ferma condanna di tutti gli attacchi terroristici prima di tutto; l'esortazione al Governo dello Yemen ad assumersi le proprie responsabilità nella lotta contro l'ISIS e contro tutte le organizzazioni terroristiche - in questo senso è importante l'iniziativa del Ministro degli esteri oggi all'ONU - ancora l'impegno a far rispettare il diritto internazionale, anche prendendo provvedimenti affinché i responsabili dei crimini di guerra vengano perseguiti penalmente a livello internazionale. Ma non può esservi solo un'iniziativa di questo genere. È essenziale che l'Italia si faccia anche protagonista di un processo negoziale inclusivo alle Nazioni Unite, agevolando lo sforzo che già si sta facendo a livello del segretario generale e dell'inviato speciale e a livello di Unione europea ma anche assumendo una iniziativa in altri conflitti.

Penso al Libano dove l'Italia ha saputo assumere un ruolo attivo grazie alla propria posizione e anche in questo caso si dovrebbe valutare se proprio il nostro Paese non possa ospitare una conferenza internazionale di pace.

Infine, la terza questione riguarda la questione degli armamenti; la mozione che illustro non è reticente sul punto: ricorda la crescita delle vendite internazionali di materiali di armamento, ricorda le preoccupazioni, espresse anche dall'Amministrazione degli Stati Uniti, nei confronti dell'uso di marmi nei confronti dei civili e, quindi, al di fuori del diritto umanitario; ricorda puntualmente la legislazione italiana, chiedendone una puntuale applicazione e di più, anche una sua rivisitazione, una implementazione laddove noi dovessimo accorgerci che la legislazione italiana, come si dice, pur così scrupolosa e articolata, non è uno strumento sufficiente per intervenire e poi ricordando la tanto citata risoluzione del Parlamento europeo che nessuno qui intende indebolire, ma anzi viene assunta nelle premesse come impegno implicito a rafforzare quello che viene qui ricordato, come un invito ad avviare un'iniziativa finalizzata all'imposizione, da parte dell'Unione europea, di un embargo sulle armi nei confronti dell'Arabia Saudita.

Questa è un'iniziativa che noi vogliamo assumere dentro l'Unione europea, perché questo è il tratto caratteristico della nostra politica estera, che si sta impegnando anche sul fronte della difesa e se per la prima volta noi oggi possiamo parlare di un sistema comune europeo di difesa e dunque di una regolazione comune di tutto ciò che riguarda gli strumenti di difesa e quindi anche il traffico e il commercio delle armi, se noi lavoriamo dentro questa linea fortemente europeista, non possiamo non fare anche di questo impegno per la pace e per un controllo delle armi nei confronti di questi Paesi un impegno europeo.

Per questo, l'impegno politico che noi qui assumiamo non è semplicemente quello di attuare più scrupolosamente ciò che il nostro Paese è già tenuto a fare dalla legislazione nazionale, ma a trasferire in sede europea questo impegno, per un più forte aiuto ed assistenza umanitaria, per dei negoziati politici inclusivi e per un controllo rigoroso del traffico di armi all'interno di questi Paesi, che, come è stato detto più volte, violano il diritto internazionale e non rispettano i diritti umani e per questo io esprimo il voto favorevole del Partito Democratico alla mozione a prima firma Quartapelle (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazioni)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti. Come da prassi, le mozioni e la risoluzione saranno poste in votazione per le parti non assorbite e non precluse dalle votazioni precedenti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Marcon, Duranti ed altri n. 1-01662, su cui il Governo ha espresso parere contrario.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 2).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Corda ed altri n. 1-01663, su cui il Governo ha espresso parere contrario.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 3).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Quartapelle Procopio, Alli, Marazziti, Locatelli ed altri n. 1-01695, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 4).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Archi ed altri n. 1-01696, per quanto non assorbita dalle votazioni precedenti, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 5).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Vezzali ed altri n. 1-01697, per quanto non assorbita dalle votazioni precedenti, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 6).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Pili n. 6-00348, su cui il Governo ha espresso parere contrario.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 7).

Seguito della discussione delle mozioni Basilio ed altri n. 1-01081, Marcon ed altri n. 1-01673 e Gianluca Pini ed altri n. 1-01674 concernenti iniziative in materia di dislocazione, trasporto e acquisizione di armi nucleari in Italia (ore 17,42).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Basilio ed altri n. 1-01081 (Nuova formulazione), Marcon ed altri n. 1-01673 e Gianluca Pini ed altri n. 1-01674 concernenti iniziative in materia di dislocazione, trasporto e acquisizione di armi nucleari in Italia (Vedi l'allegato A).

Ricordo che nella seduta di lunedì 24 luglio 2017 si è conclusa la discussione sulle linee generali. Avverto che in data odierna sono state presentate le mozioni Vezzali ed altri n. 1-01698, Moscatt, Alli ed altri n. 1-01699 e Duranti ed altri n. 1-01700. I relativi testi sono in distribuzione ((Vedi l'allegato A).

(Parere del Governo)

PRESIDENTE. Il rappresentante del Governo ha facoltà di intervenire esprimendo, altresì, il parere sulle mozioni presentate.

DOMENICO ROSSI, Sottosegretario di Stato per la Difesa. Mozione Basilio ed altri n. 1-01081 (Nuova formulazione), parere contrario. Mozione Marcon ed altri n. 1-01673, parere contrario. Mozione Gianluca Pini ed altri n. 1-01674, parere contrario. Mozione Vezzali ed altri n. 1-01698, parere contrario. Mozione Moscatt, Alli ed altri n. 1-01699, parere favorevole. Mozione Duranti ed altri n. 1-01700, parere contrario.

(Dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Pia Locatelli. Ne ha facoltà.

PIA ELDA LOCATELLI. Grazie, signora Presidente. Quando il 15 giugno 1976 Enrico Berlinguer, in un'intervista a Giampaolo Pansa sul Corriere della Sera, riconobbe la necessità dell'Italia di non uscire dalla NATO diede prova quanto meno di senso della realtà. L'Alleanza atlantica, con il Patto di Varsavia, erano alla base dell'equilibrio tra Est ed Ovest e sarebbe stato temerario creare i presupposti per una rottura di questo equilibrio. Penso anche di non sbagliare se affermo che il segretario dell'allora PCI era al corrente, con milioni di concittadini, che nei pressi della frontiera di nord-est fossero dislocate armi nucleari tattiche speculari a quelle del blocco sovietico. Sono convinta delle buone intenzioni dei colleghi, ma francamente la discussione sulle armi nucleari presenti in Italia mi pare quantomeno lunare, così come allo stesso modo mi sembra pretestuoso utilizzare il tema per rimettere ancora una volta in discussione la partecipazione al programma dell'F-35. Ritengo pure sbagliata la scelta dei tempi, non solo per gli esperimenti nordcoreani ma perché da tempo l'unico trattato in vigore, quello di non proliferazione nucleare, è stato già violato dal Pakistan e non viene più implementato mentre la proposta di una messa al bando dell'arma atomica, adottata da 122 Paesi, rischia di ottenere l'effetto opposto o, quanto meno, la più assoluta irrilevanza.

Infine, vorrei notare che nel momento in cui la Russia di Putin ha deciso che la risposta ad un attacco convenzionale della NATO sarebbe nucleare, piaccia o meno la deterrenza continua ad essere l'unica polizza di assicurazione. A questo punto mi chiedo perché i colleghi non abbiano presentato una mozione per l'uscita dell'Italia dalla NATO, il che comporterebbe automaticamente la soluzione del problema delle armi nucleari e del programma dell'F-35, mentre se ritengono possibile parteciparvi disarmati ci spiegassero come.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Stefano Dambruoso. Ne ha facoltà.

STEFANO DAMBRUOSO. Grazie mille, Presidente. Onorevole Presidente, illustri colleghi, onorevole sottosegretario, il tema oggi in esame è purtroppo tornato di grande utilità in quanto la politica degli ultimi decenni orientata al controllo e alla non proliferazione delle armi nucleari, biologiche e chimiche e di altri strumenti di distruzione di massa ha fatto un enorme passo indietro nei tempi più recenti, portando grande instabilità nell'ordine internazionale.

Le regole esistono e sono contenute in larga parte, ma non esclusivamente, proprio nei trattati internazionali multilaterali che regolano l'uso, il possesso e la circolazione di armi nucleari e di prodotti correlati. Tra tutti il più importante rimane proprio il Trattato di non proliferazione nucleare che circoscrive il numero di Paesi militarmente nucleari ai 5 membri permanenti del Consiglio di sicurezza e promuove il disarmo nucleare con un bilanciato impegno di questi ultimi, nonché lo sviluppo degli usi pacifici delle tecnologie nucleari. A fronte della rinuncia a sviluppare un programma nucleare militare, le potenze atomiche sono tenute a fornire assistenza nel campo della tecnologia nucleare civile nonché ad adoperarsi per frenare la corsa agli armamenti e ridurre le proprie dotazioni. Il Trattato è in vigore dal 5 marzo 1970 e la sua implementazione prevede una conferenza di riesame ogni cinque anni. Ad oggi sono 189 i Paesi firmatari e l'Italia vi ha aderito fin dal 1975, partecipando a numerose iniziative volte ad incentivare a livello internazionale una politica di disarmo nucleare col progressivo superamento della logica della deterrenza.

Ad oggi il rischio della proliferazione nucleare e di uso di armi nucleari è ancora una minaccia presente nel contesto internazionale e forse ancora più di prima, non solo in considerazione della condotta allarmante di alcuni Stati - e necessariamente va citata la Corea del Nord, che continua a condurre test nucleari nonché lanci di missili balistici in violazione degli obblighi internazionali - ma anche alla luce di nuove minacce come quelle rappresentate, purtroppo, dal terrorismo internazionale.

Come Civici e Innovatori consideriamo davvero che il disarmo nucleare sia uno degli obiettivi principali della politica di governo e riteniamo indispensabile promuovere un approccio inclusivo che coinvolga nel percorso dei trattati internazionali di non proliferazione anche gli Stati più refrattari. Non c'è altra soluzione, davvero non c'è altra soluzione; occorre adottare misure condivise per procedere, come comunità internazionale, alla piena operatività del Trattato sulla messa al bando del materiale fissile, idoneo alla fabbricazione di armi nucleari, nonché per la conferma e l'universalizzazione in termini giuridici vincolanti della moratoria sugli esperimenti nucleari.

Il Governo, come ha già fatto durante la riunione dei Ministri degli esteri del G7, tenutasi a Lucca il 10 e l'11 aprile scorso, deve proseguire nel suo impegno di mediazione in vista della conferenza di riesame del Trattato di non proliferazione nucleare del 2020 e deve assumere un ruolo ancora più forte a sostegno delle misure di disarmo e di non proliferazione nucleare in tutte le sedi internazionali. Il nostro Paese ha fatto della battaglia contro il nucleare una propria bandiera. Occorre portarla avanti con sempre più forza e convinzione all'interno della comunità internazionale, ma deve anche continuare a perseguire, in tutte le sedi possibili, i nostri obiettivi di disarmo e di pace. E proprio con questa convinzione, che esprimo come rappresentante della componente di Civici e Innovatori, che voteremo a favore della mozione di maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Civici e Innovatori per l'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Valentina Vezzali. Ne ha facoltà.

MARIA VALENTINA VEZZALI. Grazie, Presidente. Governo, colleghi, il tema del nucleare è uno dei pochi sul quale il richiamo alla responsabilità è imprescindibile. Sono consapevole del fatto che sia un argomento divisivo perché porta con sé le posizioni pacifiste, che lo contrastano senza “se” e senza “ma”, e l'approccio di chi governa e che è chiamato a decidere, che cerca di gestirlo pragmaticamente.

Le recenti notizie di stampa che accendono i riflettori sulle continue dimostrazioni di forza della Corea del Nord ci dovrebbero indurre alla massima cautela. Dovremmo, cioè, evitare di fare dichiarazioni o di assumere iniziative sull'onda emozionale su una questione che ha importanti ricadute internazionali. Non dovremmo, per questo, discutere delle alleanze in essere o mettere in dubbio che l'Italia sia un Paese non nucleare, visto che con lo strumento referendario si è deciso di rinunciarvi anche per fini civili. La nostra partecipazione alla NATO e i legami che abbiamo con gli Stati Uniti hanno alla base accordi politici, economici, culturali, strategici e portano con sé degli impegni da rispettare: tra questi quello di fornire le basi e di garantire la riservatezza delle operazioni che si svolgono in quei luoghi. Il terrorismo impone ingenti misure di sicurezza, impegni economici, dispiegamento di forze e di mezzi.

Nonostante gli sforzi che ciascun Paese mette in campo, è chiaro a tutti che senza la collaborazione internazionale è impossibile contrastarlo; e nel mix di calamità naturali e paura diffusa, la richiesta di sicurezza oggi è maggiore che nel passato. E siccome non possiamo raccontarci che la difesa si fa con il cuore, ma con dei sofisticati e innovativi sistemi che non si contrastano con le belle parole, dobbiamo anche ragionare e programmare investimenti coerenti adeguati a consentirci di rispondere ad esigenze precise.

Ridurre le spese militari è un controsenso, se ad ogni imprevisto si invoca la presenza dello Stato e l'invio di militari o l'innalzamento del livello di sicurezza: la difesa è un sistema complesso, che per essere efficiente deve essere adeguato. Nessun essere umano si esprimerebbe a favore della guerra e del ricorso alle armi, della costituzione di arsenali e del possesso di tecnologia di ultima generazione; ma nell'accezione moderna e nella comunità internazionale, l'armamento è da considerarsi una forma imprescindibile di difesa. Così come l'impegno internazionale dell'Italia a favore del mantenimento della pace nei luoghi che ne sono stati scenario, o in Paesi dove sono in atto contrapposizioni fra etnie e religioni o persecuzioni, deve essere il motivo di orgoglio. Come è giusto ricordare che le donne e gli uomini che si occupano della nostra sicurezza rischiano, come è avvenuto di recente in Francia, di divenire bersaglio di contestatori e di terroristi solo perché essi sono simbolo dell'unità della nazione, dell'autorità o incarnano lo spirito di servizio; o di morire, come i carabinieri a Nassiriya, e in tutte le altre operazioni che ci vedono impegnati; o come è avvenuto domenica a due poliziotti, a seguito di un incidente mentre si recavano a sedare una rissa: un tributo di vite umane che troppo spesso viene archiviato come non notizia.

Se i Governi di destra e di sinistra che si sono succeduti non hanno ritenuto di discutere l'alleanza con gli Stati Uniti, questo conferma che la difesa non può essere oggetto di opportunità elettorali, né negoziabile se il contesto internazionale rimane quello attuale. Ad Aviano e Ghedi operano le truppe NATO sotto il controllo americano: dobbiamo ritenere che all'interno delle basi si compiano operazioni lecite, manovre che non possono minare il livello di fiducia fra alleati, né arrecare danno alle comunità loro prossime perché svolte in aree nelle quali il livello di sicurezza è alto. Ciò che è legittimo chiedere, nel rispetto degli accordi vigenti, è che venga concordata ogni modifica quantitativa o qualitativa del materiale bellico presente nelle basi di Aviano e Ghedi, che non vengano dismesse aree militari senza la dovuta bonifica e riqualificazione, e che il personale sia adeguatamente seguito a livello medico per scongiurare il rischio di malattie da esposizione a materiali tossici e pericolosi. Per quanto sopra esposto, esprimo parere favorevole sulle mozioni che vanno in questa direzione (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica-ALA per la Costituente Liberale e Popolare-MAIE).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Giulio Marcon. Ne ha facoltà.

GIULIO MARCON. Signora Presidente, colleghi e colleghe, signori del Governo, questo tema che affrontiamo con le mozioni che discutiamo questa sera è un tema molto importante; ed è molto importante anche a seguito degli avvenimenti di queste settimane, di questi mesi: faccio riferimento alla vicenda dei lanci missilistici dal Nord Corea, dalla Corea del Nord, ma anche faccio riferimento a quello che è successo negli ultimi anni, al rischio di un'escalation nucleare soprattutto relativamente ad alcuni Paesi, alle vicende dei contenziosi con l'Iran, con altri Paesi che hanno intrapreso la strada della costruzione di bombe e missili nucleari.

Le armi nucleari mettono in pericolo la sopravvivenza della specie umana e del pianeta: abbiamo tutti il dovere di intervenire per evitare il rischio gravissimo della distruzione del nostro pianeta. Le Nazioni Unite in più di un'occasione hanno provato a porre fine a questa avventura così tremenda; e ricordo che proprio alcune settimane fa, alcuni mesi fa, il 7 luglio 2017, l'Assemblea generale dell'ONU ha approvato il Trattato per la messa al bando delle armi nucleari, sotto la pressione di associazioni, movimenti, della società civile internazionale, che ha preso parte attiva ai negoziati per definire il testo di un trattato che andasse in quella direzione.

A favore hanno votato 122 Paesi. Tra questi Paesi non c'è l'Italia: l'Italia si è allineata con i Paesi della NATO, con altri Paesi che hanno boicottato di fatto l'approvazione di questo Trattato, e questo è un fatto sicuramente negativo. Non c'erano motivi per non sottoscriverlo, questo Trattato: l'Italia si è piegata in questo modo alle ragioni della realpolitik e dell'alleanza militare con la NATO. Certe volte più che alleanza sembra una dittatura, la dittatura di un volere che non è quello del nostro Paese, ma del Paese che dirige l'Alleanza atlantica, gli Stati Uniti. E nonostante il ruolo dell'ONU in materia nucleare sia stato sovrastato dall'unilateralismo degli Stati Uniti e della NATO, il Trattato per la messa al bando definitivo delle armi nucleari è un passo importante in avanti, che noi dovremo raccogliere; per questo crediamo, e chiediamo, dato che da domani inizia la raccolta delle firme (ne servono 50 per la ratifica) che l'Italia riveda la sua posizione e firmi, ratifichi questo Trattato.

Ricordo che nel 1968 l'articolo 6 del Trattato di non proliferazione interveniva e prevedeva che ciascuna parte contraente perseguisse negoziati per definire nel più breve tempo possibile misure che conducessero al disarmo nucleare. Lo stesso Trattato prevedeva una cosa molto importante: che i Paesi che non avevano l'arma nucleare non mettessero a disposizione i loro territori per il transito, la detenzione, l'installazione e lo stoccaggio dell'uso di armi nucleari. Tutto ciò non è avvenuto: il nostro Paese, come sappiamo, ha una settantina di ordigni nucleari su 180 presenti in Europa nelle basi di Ghedi e di Aviano; e ricordo che noi non abbiamo informazioni, quando visitiamo queste basi non abbiamo alcune informazioni e il Governo italiano, i Governi italiani in più di un'occasione si sono rifiutati di dare delle informazioni. Queste informazioni noi invece le abbiamo dagli Stati Uniti, le abbiamo dalle visite che, almeno fino ad oggi, sono state compiute per controllare lo stato di manutenzione e di controllo di questi ordigni con il personale che li deve tutelare e li deve in qualche modo salvaguardare.

Da tempo ricordo che il Pentagono ha stanziato ingenti risorse per ammodernare il proprio arsenale nucleare, e questo ci riguarda, l'arsenale di bombe atomiche: compreso quello delle armi depositate nelle basi all'estero, o in quelle di Paesi alleati. Si tratta ad esempio delle nuove bombe B61-12.

Su questo arsenale, come ricordavo, il Governo italiano ha sempre rifiutato di fornire informazioni, e le poche notizie di cui disponiamo - lo ricordavo prima - ci provengono dai rapporti delle ispezioni sulla sicurezza degli arsenali nucleari rilasciati dal Pentagono, che ci dicono se ci siano stati problemi o meno rispetto al personale che entra in contatto con questi armamenti. Per questo fa un certo effetto, e noi la critichiamo, la decisione di cui abbiamo saputo quest'estate, la decisione degli Stati Uniti di secretare anche tali report, rendendo impossibile l'accesso anche a queste limitate informazioni. Ricordo che queste informazioni non hanno mai alimentato o rappresentato un rischio rispetto alla sicurezza relativa alla detenzione di queste armi; eppure anche queste informazioni noi non potremo più averle.

Noi abbiamo un'esigenza, che è quella di un controllo minimamente efficace di questi armamenti: lo dobbiamo soprattutto rispetto alla popolazione locale, rispetto al nostro Paese, rispetto a chi magari sul proprio territorio deve subire la presenza di questi ordigni.

Per questo noi con la nostra mozione chiediamo alcune cose: chiediamo di attivarci, chiediamo al Governo di attivarsi presso la NATO e gli Stati Uniti, facendo valere l'impegno a non ospitare più armi nucleari assunto col Trattato di non proliferazione, incluso il divieto di installazione, di transito, di detenzione e uso delle armi nucleari, per chiedere un'immediata rimozione di qualsiasi ordigno presente sul territorio nazionale.

Chiediamo al Governo, in seconda battuta, di opporsi alle decisioni degli Stati Uniti di secretare, come dicevo prima, i report delle ispezioni sulla sicurezza degli arsenali nucleari all'estero, cosa che renderebbe impossibile per l'opinione pubblica avere accesso a informazioni minime sulla sicurezza della popolazione che abita vicino alle basi nel nostro Paese.

Terzo, chiediamo di non procedere all'acquisizione dei requisiti hardware e software necessari per equipaggiare le varie versioni del velivolo F-35 delle capacità necessarie per trasportare e sganciare armi nucleari del tipo B61-12, il cui schieramento operativo sul territorio europeo è previsto a partire dalla fine del presente decennio. Noi siamo tout-court contro il programma degli F35, ovviamente, ma il Governo dica una parola chiara che non si impegni a montare o a far montare sul territorio italiano gli ordigni nucleari B61 su questi cacciabombardieri. Questi impegni del Governo italiano portano con sé la necessità non solo di un'azione coerente per il disarmo nucleare, voluto a parole ma disatteso nei fatti, ma anche un ripensamento radicale della politica della difesa del nostro Paese. Serve un modello di difesa sufficiente e non aggressivo, una politica di pace e non un nuovo interventismo militare. Serve una riduzione della spesa militare e non nuove politiche di riarmo. Serve la riconversione dell'industria bellica e non il sostegno all'industria militare. Gli armamenti nucleari devono essere considerati illegali, essere vietati e messi al bando. L'Italia non può averli e non può detenerli sul territorio, pur per conto di altri Paesi o di alleanze militari di cui fa parte. Dobbiamo rilanciare il disarmo nucleare e per questo dare l'esempio: no alle B61 sugli F-35, sì alla rimozione degli ordigni nucleari dalle basi di Ghedi e di Aviano. Il nostro Governo, lo ripetiamo ancora, si impegni a ratificare il nuovo Trattato per il disarmo nucleare contribuendo, in questo modo, alla costruzione della pace e ad evitare il rischio dell'olocausto nucleare per il nostro pianeta (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile).

PRESIDENTE. Aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Picchi, ma non è in Aula. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Alli. Ne ha facoltà.

PAOLO ALLI. Grazie Presidente. Le recenti vicende nella penisola coreana, che ho avuto l'opportunità la scorsa settimana di visitare con una importante delegazione dell'Assemblea parlamentare della NATO, hanno riportato all'attenzione della comunità internazionale il tema degli armamenti nucleari. In realtà, questo rischio non è mai venuto meno, perché stiamo parlando di una Corea del Nord che secondo gli esperti è dotata di alcune testate nucleari, quando le due grandi potenze, Stati Uniti e Russia, hanno 7.000 testate ciascuno e questo non è certamente un fatto ignoto. Eppure, è chiaro che l'emozione dell'attività che il dittatore nord-coreano Kim Jong-un sta svolgendo ha colpito molto l'immaginario collettivo occidentale e quindi, giustamente, ha rilanciato all'attenzione della nostra opinione pubblica questo rischio.

Il rischio, come dicevo, non è mai venuto meno, anzi abbiamo assistito nel corso degli anni all'affacciarsi di nuovi attori al mondo delle armi nucleari. Sappiamo della questione iraniana delicatissima, abbiamo visto Paesi come il Pakistan dotarsi di armi nucleari, la Nord Corea stessa per quanto - ripeto - certamente non con un arsenale paragonabile a quello delle grandi potenze però è in grado comunque di innescare meccanismi catastrofici. Devo dire che nuovi elementi di tensione, comunque, si moltiplicano anche vicino a noi, perché non è che le attività della Federazione russa nell'enclave di Kaliningrad siano molto tranquillizzanti per l'Europa da questo punto di vista.

In tutto questo panorama molto, molto complesso, è chiaro che la comunità internazionale non ha altri strumenti se non quelli del tentativo di convincimento, della mediazione diplomatica, e in questo senso il Trattato sulla non proliferazione è uno strumento che, per quanto imperfetto come tutti gli strumenti negoziali, è l'unico che oggi la comunità internazionale può cercare di utilizzare per arrivare a una logica di progressivo disarmo nucleare. Serve certamente una grande volontà da parte di tutti, a partire dai grandi attori nelle discussioni che, come accennavo, ho avuto l'occasione di avere in Corea del Sud la scorsa settimana.

Questo tema del Trattato sulla non proliferazione è stato toccato sia da noi, come esponenti dell'Assemblea parlamentare della NATO, sia dalla controparte sudcoreana, ed è stato comunque apprezzato come tema perché vi è anche l'affermazione da parte dei rappresentanti degli alleati della NATO che bisogna andare verso questo percorso. La situazione nella penisola coreana è tale per cui la Corea del Sud rifiuta di rispondere alle possibili aggressioni nucleari armandosi a proprio volta di armi nucleari perché sta lottando, e continua a lottare, per la denuclearizzazione della penisola coreana. Come dicevo prima, non ci sono alternative agli strumenti negoziali e quindi, quello che nella mozione di maggioranza viene richiamato come necessità di andare verso l'applicazione concreta di questo Trattato, è l'unica seria possibilità. La difesa è sempre legittima, ma mai può essere una difesa che rischia di creare competizioni impari, perché chi ha una dotazione nucleare è evidentemente in una posizione di completa supremazia rispetto a chi non ce l'ha, dal punto di vista almeno della deterrenza e, soprattutto, non può esserci un sistema che si chiami sistema difensivo se impiega strumenti di distruzione di massa che possono innescare conseguenze catastrofiche. Quindi, bisogna andare avanti certamente sulla strada del disarmo nucleare.

L'ultima mia considerazione, signora Presidente, è che comunque il vero rischio in questa vicenda, come in tante altre che riguardano la sicurezza internazionale e la pace sul nostro pianeta, è che il multilateralismo, che ha caratterizzato il lavoro della comunità occidentale nel corso dei decenni con la creazione dei grandi organismi internazionali sia in campo politico, come le Nazioni Unite, sia in campo economico, sia in campo militare, come la NATO, questa logica multilaterale venga poco per volta soppiantata da logiche bilaterali che sono logiche che contraddistinguono oggi i due più grandi attori alternativi all'Occidente, che sono la Federazione russa e la Cina, che mai hanno creduto nel multilateralismo. Io credo che oggi corriamo un rischio particolare purtroppo alla luce della tendenza del nuovo Presidente americano (non direi della nuova amministrazione perché vediamo pesi e contrappesi che vengono messi in atto). Certamente anche le dichiarazioni di poche ore fa del Presidente Trump, molto muscolari, hanno comunque sempre il retropensiero dell'affermazione di una logica bilaterale. Se questo accadesse anche da parte degli Stati Uniti, che sono stati insieme all'Europa gli inventori del multilateralismo, sarebbe un gravissimo danno per l'umanità. Io credo che il nostro Paese, che ha sempre ragionato in ottica multilaterale, debba continuare in questa direzione, debba continuare ad affermare il ruolo delle Nazioni Unite, dell'Unione europea, della NATO, dei grandi organismi nei quali ci si confronta e tutti attorno al tavolo hanno la stessa dignità, grandi o piccoli che siano, perché questo è l'unico strumento che può consentire di continuare e migliorare un clima di tolleranza e di pace nel mondo, in un tempo nel quale, come vediamo, i rischi aumentano - ahimè - ogni giorno, anziché ridursi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Duranti. Ne ha facoltà.

DONATELLA DURANTI. Grazie, signora Presidente. Anche queste mozioni sono per noi di straordinaria importanza soprattutto in questo momento in cui appunto la deterrenza nucleare è diventata di nuovo all'ordine del giorno.

È sotto gli occhi di tutti quello che sta accadendo tra la Corea del Nord e gli Stati Uniti d'America, tant'è che, appunto, l'Assemblea generale dell'ONU ha approvato un Trattato per la messa al bando degli armamenti nucleari e per la loro progressiva eliminazione totale. Perché ci riguarda? Io lo dico con stima alla collega Pia Locatelli: in questa mozione non facciamo riferimento all'uscita dalla NATO, è una mozione che non c'entra assolutamente nulla con l'uscita dalla NATO, ci mancherebbe altro. C'entra, invece, con trattati che l'Italia ha sottoscritto e che, secondo me, a mio giudizio, non rispetta. Uno su tutti, il Trattato di non proliferazione nucleare. Dicevo, ci riguarda perché l'Italia custodisce il più alto numero di armi nucleari statunitensi schierate in Europa. In Italia ci sono 70 ordigni B61, che sono, appunto, bombe a testata nucleare, e qualche giorno fa è stata anche autorizzata ufficialmente la produzione della B61-12, una nuova arma con una testata nucleare della potenza media pari a quella di quattro bombe di Hiroshima.

L'Air Force continuerà a testare fino alla fine del 2019 la bomba B61-12 prima di avviare la produzione di serie. La produzione del primo lotto sarà quasi destinata certamente all'Europa, dove sono presenti le versioni più obsolete della bomba B61 e dovrà essere congegnato entro il marzo del 2020. L'intera produzione B61-12 si completerà nel 2025 e coinciderà con il ritiro dal servizio del sistema d'arma all'idrogeno B83, e le B61-12 LEP resteranno in servizio fino al 2050, mentre, per l'appunto, il 7 luglio di quest'anno l'Assemblea generale dell'ONU ha messo al bando gli armamenti nucleari e prevede - lo voglio ripetere - la loro progressiva eliminazione. Foto satellitari pubblicate dalla Fas mostrano le modifiche già effettuate nelle basi italiane, nelle basi di Aviano e Ghedi-Torre, proprio per installarvi le B61-12, e le basi italiane di Ghedi e di Aviano dovrebbero ospitare complessivamente dalle 30 alle 50 bombe nucleari B61-12, che, peraltro, sono anche destinate ad essere impiegate sui caccia F35-A, come annunciato dall'Air Force. Gli F35-A potranno avere a bordo le B61-12, queste bombe a testata nucleare così devastante.

L'Italia, secondo noi, viola in questa maniera il Trattato di non proliferazione delle armi nucleari, il quale recita che gli Stati militarmente non nucleari, e l'Italia è uno Stato militarmente non nucleare, che siano parte del Trattato, e l'Italia è parte del Trattato, si impegnano a non ricevere armi nucleari o altri congegni nucleari esplosivi, né il controllo su tali armi e congegni esplosivi direttamente o indirettamente. E mentre l'Italia diventa così, con la previsione di ospitare anche le B61-12 a Ghedi e ad Aviano, un bersaglio prioritario di un'eventuale rappresaglia nucleare, il Pentagono ha deciso di non rivelare più i report delle ispezioni di sicurezza sui suoi armamenti atomici. Voglio ricordare che sono stati presentati in questa legislatura, ma anche nelle precedenti, diversi atti di sindacato ispettivo sul tema, e anche noi parlamentari abbiamo avuto accesso ad alcune informazioni solo perché venivano pubblicati questi report.

Da oggi in poi neanche più questo tipo di informazioni sarà a disposizione. Nella nostra mozione chiediamo che il Governo rispetti il Trattato di non proliferazione nucleare e che ponga in atto iniziative finalizzate alla rimozione progressiva da parte degli Stati Uniti d'America delle armi nucleari presenti sul territorio italiano.

E chiediamo di rinunciare a installare le B61-12 e qualsiasi altra arma nucleare, a non procedere, ovviamente, all'acquisizione delle componenti hardware e software necessarie per equipaggiare la versione degli F35-A con le armi nucleari B61-12 e ad approfittare della giornata di domani, per così dire. Il Trattato che è stato approvato dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite lo scorso 7 luglio con 122 voti a favore, e ricordo e ribadisco che quel giorno l'Italia era assente, sarà aperto alla firma a partire dal 20 settembre 2017, proprio da domani. Il Presidente Gentiloni avrebbe potuto - ma credo che, ovviamente, non lo farà - approfittare della giornata di domani per sottoscrivere il Trattato, e quindi poi procedere alla sua ratifica. Il Trattato di cui abbiamo parlato e che vorremmo che l'Italia sottoscrivesse riguarda il bando delle armi nucleari, la loro progressiva eliminazione totale, ma, di più, vieta anche solo la minaccia dell'utilizzo di armamenti nucleari.

Questo perché nel Trattato si dice che l'utilizzazione delle armi nucleari è ripugnante; si usa proprio questo termine, ovviamente scritto in inglese. È ripugnante perché contrario alle leggi dell'umanità e alla coscienza e ai dettami della coscienza pubblica. Ricordiamo tutti che cos'è stata la fase dell'utilizzo delle armi nucleari nel mondo e che cosa è stata anche la fase della deterrenza nucleare. Oltretutto, questo Trattato, che inspiegabilmente noi non abbiamo ancora sottoscritto, completa, per così dire, l'insieme di norme che proibiscono l'utilizzo di armi di distruzione di massa. Viene, cioè, dopo la Convenzione per la proibizione delle armi biologiche e la Convenzione per la proibizione delle armi chimiche.

Cioè, nel tempo la comunità internazionale, anche visti i risultati, le conseguenze drammatiche dell'utilizzo ripugnante delle armi nucleari e di qualsiasi arma di distruzione di massa, ha provveduto, con convenzioni, con protocolli contrattati, a mettere uno stop, e quindi a prevederne il loro bando. In più, il preambolo del Trattato fa anche riferimento al diritto internazionale umanitario, che non consente in alcun modo un diritto illimitato nella scelta dei mezzi e dei metodi di guerra, cioè non tutti gli armamenti si possono utilizzare. In questo caso, questo Trattato esplicita con grande chiarezza la messa al bando degli armamenti nucleari.

Vede, signora Presidente, penso che non si possa far finta di nulla, non si possa tacere sulla mancata sottoscrizione del Trattato da parte dell'Italia, perché non solo il pericolo nucleare è di nuovo all'ordine del giorno, ma perché il nostro Paese, non solo per il ripudio della guerra contenuto nella sua Costituzione, ma anche per la legge n. 185 del 1990, di cui abbiamo parlato a proposito della mozione sullo Yemen, e per la grande sensibilità che il popolo italiano ha sempre avuto sulle questioni che riguardano gli armamenti e la guerra, avrebbe dovuto avere un ruolo maggiore, un ruolo positivo verso la sottoscrizione e la ratifica di questo Trattato. Non è chiaro perché non lo abbia fatto. C'è un'occasione che noi abbiamo, ulteriore rispetto a quella di domani, del 20 settembre 2017: l'occasione in cui l'Italia sarà alla Presidenza del Consiglio di sicurezza dell'ONU, a novembre di quest'anno.

Ecco, mi auguro che il dibattito pubblico su questo tema così fondamentale per la difesa dell'umanità intera si mantenga alto e a novembre l'Italia possa rivedere le sue posizioni, che sono inspiegabilmente ingiuste ed inspiegabilmente drammatiche per le conseguenze che possono avere nel quadro geopolitico dell'intero mondo (Applausi dei deputati del gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Elio Vito. Ne ha facoltà.

ELIO VITO. Signora Presidente, credo che il dibattito sulle armi nucleari sia di grande attualità e di grande importanza ma chiariamoci su quali armi nucleari. Infatti questo disvela un po' l'atteggiamento di ambiguità e di contraddizione: non stiamo parlando dell'allarme che c'è oggi nel mondo per la minaccia nucleare che proviene da Paesi che sono al di fuori del Trattato riconosciuto internazionalmente sulla non proliferazione delle armi nucleari. Faccio riferimento ad esempio ai recenti esperimenti della Corea del Nord. No, le mozioni proposte dai colleghi del MoVimento 5 Stelle e dai colleghi della sinistra fanno riferimento, quasi come se fossimo negli anni Cinquanta o negli anni Sessanta, alle armi nucleari nel nostro Paese. Quindi ripropongono un tema che temevamo e speravamo fosse definitivamente superato riguardante la nostra collocazione atlantica, i nostri rapporti con gli alleati che legittimamente detengono anche un potenziale armamento nucleare che naturalmente tutti ci auguriamo non debba essere mai utilizzato.

Signora Presidente, che so essere molto sensibile sul tema, non ho visto bandiere arcobaleno sui nostri balconi quando la Corea del Nord ha fatto i suoi esperimenti missilistici; non ho visto marce di pacifisti; non ho visto digiuni di protesta da parte dei colleghi che oggi propongono queste mozioni come se il pericolo fosse che il nostro Paese potesse detenere o armarsi o dotarsi di armi nucleari. L'Italia non è un Paese nucleare; non lo sarà; non può esserlo; non vuole esserlo nemmeno per quanto riguarda il settore civile con scelte che, discutibili o meno, comunque sono state prese. Quindi risollevare il dibattito non tanto da parte dei partiti minoritari della sinistra - con i quali non so se il Partito Democratico, che pure ha delle responsabilità su questa vicenda, dovrà fare i conti - ma da parte di un partito come il MoVimento 5 Stelle che si candida a governare il Paese, che potenzialmente vorrebbe essere il primo partito del Paese, disvela la sua vera natura nonostante i tour che fa all'estero il candidato in pectore Vicepresidente alla Camera, Di Maio. La mozione disvela la vera natura del MoVimento 5 Stelle che è contro l'Alleanza atlantica, contro le tradizionali relazioni del nostro Paese e l'effetto di un'approvazione della mozione sarebbe esplosivo non delle armi nucleari ma proprio delle relazioni internazionali: costringerebbe di fatto il nostro Paese a uscire dalla NATO; costringerebbe il nostro principale alleato, gli Stati Uniti, a guardarci con diffidenza e con sospetto perché noi dovremmo rivelare cose che, secondo i trattati internazionali e il trattato al quale apparteniamo, non possono essere rivelate. Quindi è un dibattito di grande attualità e di grande pericolosità.

Naturalmente Forza Italia è contraria all'utilizzo delle armi nucleari; è contraria alla proliferazione delle armi nucleari; ritiene di appartenere, di avere nel proprio DNA una costituzione pacifica per la dissoluzione delle diatribe e dei conflitti internazionali che ancora oggi animano il mondo per la via diplomatica, per la via del dialogo, per la via del non utilizzo delle armi. Ma il tema che oggi si propone nel mondo, il tema che rende inammissibili le mozioni presentate riguarda non i Paesi che detengono le armi nucleari e che sono stati protagonisti della pace nella seconda guerra mondiale che, ripeto, detengono legittimamente le armi nucleari perché sono i Paesi riconosciuti dal Trattato di non proliferazione delle armi nucleari ma oggi vi è una strategia di proliferazione di armi nucleari al di fuori di quei Paesi. Di tale problema le mozioni originarie all'ordine del giorno non trattano come se non fosse invece la questione più urgente. Vi sono Paesi al di fuori del Trattato di non proliferazione che si stanno dichiaratamente e apertamente dotando di armi nucleari. Si tratta di Paesi che potenzialmente possono essere anche vicini ad organizzazioni terroristiche, che fanno esperimenti con armi nucleari in aperta violazione del Trattato che qui viene richiamato e al quale l'Italia aderisce.

Allora qual è la vera finalità di queste mozioni, qual è l'effetto pratico che vogliono raggiungere? Non il Trattato sul divieto delle armi nucleari votato recentemente all'ONU e, devo dire opportunamente, senza il consenso del nostro Paese in quanto sprovvisto del consenso delle potenze che possiedono legittimamente tali ordigni che, ripeto, tutti auspichiamo non siano mai utilizzati. È più proficuo infatti creare nel mondo un clima di fiducia ad opera soprattutto di coloro che possiedono gli armamenti nucleari. Sono i Paesi pacificatori del mondo che devono assumersi la responsabilità, attraverso il dialogo e il confronto, di pacificare il mondo e faccio riferimento naturalmente ai principali due Paesi che detengono legittimamente armamenti nucleari, gli Stati Uniti e la Federazione Russa: le principali potenze nucleari che hanno le più importanti relazioni internazionali e i maggiori poteri in seno al Consiglio di sicurezza dell'ONU; Paesi, in particolare gli Stati Uniti, che hanno un ruolo preponderante nelle missioni di pace alle quale partecipa anche il nostro Paese. Nella mozione del MoVimento 5 Stelle infatti vi è anche un riferimento alle missioni internazionali di pace delle quali invece riteniamo che il nostro Paese debba essere orgoglioso, fiero di appartenervi e di esserne protagonista. Non è quindi questione di trasparenza o meno ma di mantenere un sistema di alleanze internazionali che è funzionale alla stabilità internazionale, un sistema di alleanze che è propedeutico al perseguimento dell'obiettivo di un mondo privo di armi nucleari, che è un obiettivo che si deve raggiungere prendendo atto delle condizioni di sicurezza che oggi sono presenti nel nostro Paese, nell'Europa, nell'intero contesto mondiale e valutando, anche nell'ambito dell'Alleanza atlantica, l'atteggiamento più funzionale da tenere in un contesto nel quale nuovi Paesi minacciano di dotarsi di armi nucleari e di utilizzarle. Tale sistema è necessario anche per tutelare le nostre Forze armate, alle quali va sempre un sentimento di gratitudine da parte di Forza Italia, per metterle nelle migliori condizioni per poter operare e nella condizione di migliore sicurezza. Ma, ripeto, non vi è solo la responsabilità dei partiti della sinistra minoritaria o del MoVimento 5 Stelle di proporre posizioni che noi riteniamo irresponsabili e minacciose per la nostra appartenenza al tradizionale contesto di alleanze internazionali. Vi è una responsabilità anche del Partito Democratico che pure ha presentato una mozione condivisa con il Governo che noi ci sentiamo di condividere perché ribadisce lo stato esistente.

Allo stesso modo riteniamo di dover condividere anche la mozione presentata dai colleghi della Lega e conosciamo le ragioni della loro scelta di essere assenti ai lavori parlamentari e verso i quali non comprendiamo le ragioni della contrarietà del Governo.

Dicevo della responsabilità del Partito Democratico in questa legislatura: avere autorizzato e in qualche misura promosso un dibattito folle sulla riduzione delle spese militari; un dibattito folle sullo stesso principale strumento militare del quale il nostro Paese si sta dotando anche in omaggio a programmi pluridecennali che sono stati già votati dal Parlamento. Questo ha messo in discussione la nostra credibilità internazionale, ha messo in discussione le nostre relazioni internazionali, non solo le relazioni del nostro Paese ma le relazioni anche del nostro ambiente. Perché il Partito Democratico lo ha fatto? Perché c'erano ragioni di spending review? No, per la semplice e solita ambiguità politica per la quale vuole essere un po' partito di Governo - e, aggiungo io, di malgoverno - e un po' partito di opposizione che strizza l'occhio all'opposizione di sinistra sui tradizionali temi come su altri temi dei quali abbiamo già trattato e che toccano altre sensibilità. Ma questo è un modo di fare politica irresponsabile: una forza di Governo non può essere contemporaneamente anche una forza di opposizione. Quindi abbiamo dovuto contrastare all'inizio della legislatura mozioni che provenivano dal Partito Democratico e che mettevano in difficoltà il nostro Paese e il nostro Governo e la nostra capacità di dotarci di strumenti efficaci dal punto di vista della difesa e della sicurezza.

Il risultato è che oggi giungono, proprio da quegli alleati, da quei partiti di opposizione - e concludo - che premevano affinché fossero adottate quelle soluzioni, addirittura degli strumenti che mettono in discussione la nostra appartenenza alla comunità internazionale e all'Alleanza atlantica.

Concludo dicendo quindi che è questa la posizione di Forza Italia ed è una posizione che noi possiamo ribadire, come sempre di grande responsabilità e coerenza: siamo per il mantenimento della pace, siamo per il non utilizzo delle armi nucleari, siamo per il mantenimento dello status non nucleare nel nostro Paese, ma siamo anche per rispettare gli impegni internazionali, la nostra appartenenza e la nostra collocazione internazionale e siamo anche - signora Presidente, concludo - per rispettare i nostri obblighi rispetto all'aumento delle spese per la difesa: un Paese sicuro deve spendere per la difesa e per la sicurezza. Questo è l'atteggiamento che porterà Forza Italia a votare contro le mozioni presentate (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Luca Frusone. Ne ha facoltà.

LUCA FRUSONE. Grazie Presidente, in questa mozione prima di tutto, prima di parlare di nucleare, F-35 e via dicendo, si dovrebbe parlare un attimino di coerenza, perché di questo in fin dei conti si tratta.

Chi mi ha preceduto ha parlato anche di Trattato nordatlantico, di NATO e via dicendo; in realtà quello che noi volevamo tirar fuori da questa mozione era far capire l'incoerenza di questo Paese, di questo Governo e dei precedenti su questo aspetto, perché l'Italia da sempre, soprattutto diciamo la parte più di centrosinistra di questo Paese, soprattutto il Partito Democratico, quando si parla di trattato di non proliferazione lo fa con orgoglio, perché l'Italia è stato capofila di questo Trattato e continuano a ribadire, con la bandiera arcobaleno da un lato e con invece le bombe nucleari dall'altra, questa appartenenza a questo Trattato di non proliferazione, però dall'altra parte abbiamo delle bombe nucleari su suolo italiano, cosa che sarebbe vietata proprio dal Trattato di non proliferazione.

Io capisco anche i discorsi che riguardano un altro tipo di accordo, quello Atlantico, essendo il nostro un Paese NATO, ovvero di fare la nostra parte in questa alleanza, però voglio ricordare anche che ci sono dei Paesi NATO che hanno richiesto e ottenuto di non avere più bombe nucleari sul loro territorio, quindi in realtà non vedo come le due cose siano collegate tra di loro.

Quindi sono state dette e sono state fatte più delle chiacchiere che portati dei fatti reali, per quanto riguarda questo argomento.

Quindi in realtà noi quello che chiediamo e quello che chiediamo oggi un po' al Partito Democratico è che non si può avere il piede in due scarpe, bisogna decidere che cosa fare: o strappare il Trattato di non proliferazione e continuare ad avere bombe sul suolo italiano, ma lo dite chiaramente e dire che quindi l'Italia non è più un Paese che non vuole il nucleare, oppure dovete semplicemente chiedere agli Stati Uniti di spostare quelle bombe dal nostro territorio e naturalmente - questo è un altro impegno - anche impegnarsi a non acquisire quei sistemi d'arma che hanno capacità nucleari, come appunto gli F-35, perché è chiaro: in realtà il ruolo strategico di quell'aereo è proprio questo e l'Italia sarebbe proprio l'avamposto nucleare degli Stati Uniti in caso di conflitto.

È questo il ruolo strategico degli F-35, sono inutili tutte le chiacchiere su un aereo di quinta generazione e via dicendo: in realtà principalmente gli Stati Uniti ce lo fanno comprare per essere il loro avamposto nucleare. Io dico una cosa sola: ditelo chiaramente, ditelo che lo comprate per gli Stati Uniti, senza tante manfrine e senza tante storie, strappate il Trattato di non proliferazione e votatevi la vostra mozione, che dice tutto e non dice niente: è una mozione che dice che da una parte bisogna evitare la proliferazione nucleare, ma dall'altra bisogna essere un Paese nucleare. Decidete che cosa volete fare, questo in realtà fa una forza di Governo, una forza che vuole governare questo Paese senza incoerenza.

Quindi noi non dobbiamo giustificare con nessuno la nostra mozione, anzi, è una mozione che ha bisogno anche di coraggio per essere scritta e portata avanti, perché noi semplicemente vogliamo essere chiari anche sulla nostra politica estera, perché abbiamo capito che l'Italia purtroppo da anni, da quasi sempre, non ha mai avuto una politica estera e sta lì ad aspettare l'ordine di qualcuno più grande e lo vediamo benissimo, l'abbiamo visto con la mozione precedente, con le bombe che noi diamo all'Arabia Saudita che le usa per bombardare lo Yemen e anche qui c'è un'incredibile ipocrisia.

Quindi noi non siamo qui a chiedere chissà cosa, però ci sembra assurdo parlare di non proliferazione con delle bombe in casa nostra.

Semplicemente questo: abbiate coraggio, ditelo chiaramente quello che volete fare, ma sarà una scelta politica.

Quello che non ci possiamo permettere oggi è effettivamente mescolare le carte: da una parte fare i pacifisti e dall'altra avere il moschetto in mano, non funziona così. Dite chiaramente quello che volete fare, noi probabilmente sappiamo come voterete sulla nostra mozione, visto che il Governo già ha dato parere contrario, ma noi non stiamo chiedendo chissà cosa.

Argomentate. Se la vostra argomentazione è: “Siamo un Paese NATO e dobbiamo dare le nostre basi agli americani per essere un avamposto nucleare” allora, dall'altra parte, strappate il Trattato di non proliferazione e poi vedremo tutte le associazioni, tutti pacifisti d'Italia, che comunque sono più vicini a un'area di centrosinistra che di centrodestra, come la prenderanno.

Abbiate il coraggio almeno di dire ai vostri elettori che non siete più una forza pacifista, almeno abbiate questo coraggio, questo oggi stiamo chiedendo, né più, né meno: prendetevi le vostre responsabilità, fate una scelta politica seria, non come accade in campagna elettorale, perché ricordo a tutti il famoso tweet di Matteo Renzi, in cui diceva che l'Italia non ha bisogno di F35 ma più soldi per ospedali, scuole e via dicendo e invece stiamo continuando a comprarli, stiamo andando avanti, anzi state andando avanti con questo processo di acquisizione degli F35: si è semplicemente diluito l'acquisto per una questione economica, ma non per una questione geostrategica, né pacifista, né morale, ma solamente perché servivano un po' di soldi per qualcos'altro, magari 80 euro.

In realtà state proseguendo con una politica incoerente, quando si parla di scelte di armamenti, quando si parla di nucleare e - vi dico la verità - accetterei, anche se naturalmente non mi piace, questo cambio di forma del Partito Democratico, ma diciamo sarebbe più coerente da parte vostra dire: “Basta, lo ammettiamo una volta per tutte: non toglieremo mai quelle bombe, siamo per essere una potenza nucleare, siamo per avere queste bombe a Ghedi e ad Aviano, quindi non riapriamo più il discorso”.

Accetterei molto di più un discorso franco come questo, piuttosto che il bipolarismo che avete dimostrato in tutti questi anni, accetterei di più questo coraggio, rispetto a queste mozioni che non dicono nulla, queste mozioni che veramente non sanno né di carne né di pesce e tengono sempre questo maledetto piede in due scarpe.

Tirate fuori un attimo il coraggio, fate una scelta politica e non una scelta di convenienza, per mantenervi ancora una piccola parte dell'elettorato che vi vota per questi temi, perché ancora non ha capito che in realtà siete per gli F-35, siete per le bombe nucleari, siete per tutto questo.

Fatelo, accetterei molto di più un discorso del genere, apprezzerei magari non la scelta, ma apprezzerei il coraggio, piuttosto che vedere ancora questi discorsi, avere queste mozioni successive alle nostre, tanto per allungare il brodo e far credere a qualcuno che effettivamente ci siano dei temi pacifisti all'interno delle discussioni del PD.

Temi che riguardano il disarmo nucleare, temi che riguardano anche una revisione della spesa militare, piuttosto che continuare con questo balletto perché alla fine di questo si tratta, di un balletto. State cercando di mescolare tutto quanto per non dire ai vostri elettori che ormai di quei principi di sinistra, di cui un tempo vi vantavate, non è rimasto più niente. Ma questo credo che ormai l'abbiano capito in tanti, anche per via delle vostre alleanze al Governo. Ma come posso dire: un poco come stolti pensiamo che potreste - e concludo, Presidente - sorprenderci magari votando a favore della nostra mozione. A questo punto smentiteci e vediamo che cosa accadrà (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Antonino Moscatt. Ne ha facoltà.

ANTONINO MOSCATT. Signora Presidente, sottosegretario, gentili colleghi, sono già intervenuto sul tema lo scorso luglio all'inizio della discussione in merito alla mozione in oggetto e oggi non vorrei ripetermi, però purtroppo l'attualità di questi giorni, con i continui esperimenti nucleari della Corea del Nord, rende il dibattito su questo argomento nuovo ed urgente. Indubbiamente il tema del disarmo e della non proliferazione delle armi porta con sé un intreccio pesante di passato e presente: il passato è stato la fine della Seconda guerra mondiale, con la corsa agli armamenti della Guerra fredda durante la quale le armi nucleari hanno paradossalmente contribuito, in un perverso e strambo braccio di ferro, a mantenere un quadro di stabilità. Con la fine della Guerra fredda ci troviamo di fronte a un quadro internazionale assolutamente nuovo e nel 1970 è entrato in vigore il Trattato di non proliferazione nucleare, il cosiddetto TNP, che diventa la base del sistema internazionale di non proliferazione nucleare. Si tratta di un accordo che l'Italia ha ratificato fin dal 1975 e, quindi, di un impegno di lungo periodo per il nostro Paese che, soprattutto per quanto riguarda le politiche di difesa e di sicurezza, ha sempre fatto del consolidamento delle istituzioni e degli strumenti multilaterali una delle proprie scelte di fondo irrinunciabili per la tutela della stabilità. Il presente è che ad oggi hanno aderito al TNP 189 Paesi. Si stima che attualmente nel mondo ci siano almeno 15 mila ordigni, in particolare negli arsenali degli Stati Uniti, della Russia, della Gran Bretagna, Francia, Cina, Israele, India, Pakistan e Corea del Nord. Il presente è la minaccia della Corea del Nord, che continua a testare il proprio materiale nucleare in barba alle richieste della comunità internazionale e alle minacce di embargo; il futuro è terribilmente e inevitabilmente incerto.

Tracciando dunque le fila in questo quadro dobbiamo prendere atto, per prima cosa, che la proliferazione nucleare continua a rappresentare un rischio nel contesto internazionale, un rischio grandissimo, e in secondo luogo che le condizioni di sicurezza del contesto internazionale sono terribilmente fragili. Ora, a questo punto vorrei porre a me stesso e a voi una domanda di senso: come possiamo garantire la pace e l'incolumità dei cittadini? Ritenete davvero che percorrere la strada dell'esasperazione del dibattito interno aiuti? Ritenete davvero che lanciare suggestioni, che sono in parte inattuabili, irrealizzabili e non utili al dibattito, aiuti? Ritenete che far finta che non esistano i vincoli internazionali e gli obblighi, a partire da quelli con la NATO, aiuti? Ritenete davvero - cosa peggiore - che alimentare e cavalcare le legittime paure dei cittadini aiuti? Forse aiuteranno a fare un bel titolo sul giornale di domani o a lanciare una provocazione sui social, ma in tutta onestà credo proprio che siano inutili e dannose.

Noi, io, condividiamo pienamente che l'utilizzo delle armi nucleari sia ripugnante. Lo condividiamo pienamente, ma crediamo che serva serietà e responsabilità delle azioni e delle parole. Crediamo che la risposta sia insieme, perché nessuno Stato da solo può gestire tutto ciò; non lo può fare. La risposta non può essere di uno Stato singolo; la risposta è nella alleanze, la risposta è nella concertazione, la risposta è nella diplomazia. Nessuno di noi si augura il ricorso alle armi nucleari da parte di chicchessia.

Tuttavia, dobbiamo essere onesti e dirci che purtroppo questa è un'eventualità oggi più reale di ieri e che il nostro Paese sta facendo, con i nostri alleati dell'Alleanza atlantica, attraverso la diplomazia delle Nazioni Unite e con le relazioni bilaterali che portiamo avanti, quanto in suo potere per scongiurare tale eventualità, ma sempre in un quadro di lealtà e di confronto con i partner delle nostre alleanze. Si tratta di discussioni eterogenee che coinvolgono non solo i singoli Stati e non gli Stati da soli ma anche le loro alleanze nel loro complesso.

Il disarmo nucleare costituisce uno degli obiettivi principali di politica estera del nostro Governo e il nostro Governo in politica estera non ha avuto nessuna ambiguità, tant'è che è diventato punto di riferimento per tutte le alleanze ed è diventato punto di riferimento per tutte le missioni internazionali. È solo attraverso un approccio inclusivo, che coinvolga nel percorso del Trattato di non proliferazione nucleare anche gli Stati nucleari, che si potrà conseguire il disarmo nucleare, condizione necessaria ad assicurare la stabilità e la sicurezza internazionale per tutti. Pertanto, è necessario proseguire nella promozione di un approccio progressivo e bilanciato al disarmo nucleare, che tenga conto degli equilibri di sicurezza con l'obiettivo ultimo - un grande obiettivo - di un mondo privo di armi nucleari. Abbiamo, però, il dovere di non ridurre questo argomento ad una dannosa semplificazione tra buoni e cattivi, tra guerrafondai contro pacifisti, perché non è così. Abbiamo il dovere di ricordare, con rammarico ma con onestà, che questo tema si muove nelle linee del compromesso, degli accordi e degli equilibri difficili, e questo è quello che dobbiamo perseguire e lì sì che ci vuole coraggio, nel perseguire questa strada difficile ma che è l'unica che può portare all'obiettivo.

Il Partito Democratico con questa mozione ribadisce il proprio impegno su questi temi ed esorta il Governo a continuare a svolgere un ruolo attivo a sostegno delle misure di disarmo e di non proliferazione nucleare in tutte le sedi internazionali proprie. Per tali ragioni, esprimo il voto favorevole sulla mozione a mia prima firma e del collega Alli del Partito Democratico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazioni)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Come da prassi, le mozioni saranno poste in votazione per le parti non assorbite e non precluse dalle votazioni precedenti.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Basilio ed altri n. 1-01081 (Nuova Formulazione), su cui il Governo ha espresso parere contrario.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 8).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Marcon ed altri n. 1-01673, su cui il Governo ha espresso parere contrario.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 9).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Gianluca Pini ed altri n. 1-01674, cu cui il Governo ha espresso parere contrario.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 10).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Vezzali ed altri n. 1-01698, su cui il Governo ha espresso parere contrario.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 11).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Moscatt, Alli ed altri n. 1-01699, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 12).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Duranti ed altri n. 1-01700, su cui il Governo ha espresso parere contrario.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 13).

Secondo le intese intercorse tra i gruppi, lo svolgimento degli ulteriori argomenti iscritti all'ordine del giorno è rinviato alla seduta di domani.

Modifica nella composizione di gruppi parlamentari.

PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in sede odierna, il deputato Gianfranco Sammarco, già iscritto al gruppo parlamentare Alternativa Popolare-Centristi per l'Europa-NCD, ha dichiarato di aderire al gruppo parlamentare Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente. La presidenza di tale gruppo, con lettera pervenuta in pari data, ha comunicato di aver accolto la richiesta.

In morte dell'onorevole Anna Maria Nucci Mauro.

PRESIDENTE. Comunico che è deceduta l'onorevole Anna Maria Nucci, già deputata della Camera dei deputati dalla IX all'XI legislatura. La Presidenza della Camera ha già fatto pervenire ai familiari le espressioni della più sentita partecipazione al loro dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea.

STEFANIA COVELLO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

STEFANIA COVELLO. Signora Presidente, Anna Maria Nucci Mauro: dire che la politica le scorresse nel sangue potrebbe apparire una banalità, ma è stato invece proprio così. Anna Maria Nucci, figlia di Guglielmo Nucci, è cresciuta a pane e politica. Cattolica e di sinistra, è stata eletta nelle file della Democrazia Cristiana, deputata per tre legislature; successivamente ha continuato ad essere impegnata in politica, sposando la causa del Partito popolare italiano e dell'Ulivo. Autenticamente riformista, si è distinta per rigore morale e impegno nel rappresentare ideali e territorio: non si è mai lasciata ghettizzare nelle cosiddette quote, perché da donna lo riteneva avvilente, e perché in realtà era convinta che lo spazio si potesse creare grazie alle capacità di ognuna. Certo non era facile, soprattutto nel contesto da cui proveniva, ma la tenacia e la forza che l'hanno sempre contraddistinta le hanno consentito di esercitare i suoi mandati con grande autorevolezza e assoluta indipendenza.

Si è battuta per il riconoscimento del lavoro domestico e del ruolo della donna nel mondo del lavoro, così come per la tutela dell'ambiente e delle nostre bellezze. È stata sottosegretario alla pubblica istruzione e all'università nel Governo Goria, portando il suo bagaglio professionale, essendo docente, in quello che considerava uno dei gangli vitali dello Stato e della società, la scuola. Da docente e insegnante ha sempre considerato i giovani il vero insostituibile capitale della sua terra.

Ma Anna Maria Nucci non era solo questo: la vita le ha dato grandi soddisfazioni ma purtroppo anche grandi dolori, come la perdita di uno dei suoi due figli per un incidente stradale, il caro Giorgio, un'esperienza traumatica che l'aveva profondamente segnata. Oggi piangiamo quindi una donna di straordinario valore, profondamente segnata, ma protagonista di grandi battaglie culturali e politiche, che non ha mai abdicato dall'impegno civile, neanche durante il periodo della sua sofferenza: ha custodito i suoi valori e ha cercato di declinarli al meglio nella sua professione e nell'esercizio dei suoi mandati da legislatore.

Quando parliamo di queste personalità, e ne rileggiamo la storia, proviamo per certi aspetti un sentimento di inadeguatezza; invece il carisma non è un dono comune, l'autorevolezza è qualcosa che si ha perché la si riconosce. In lei questi talenti erano ben evidenti, e la sua scomparsa ci priva di un indiscusso punto di riferimento che lascia un vuoto davvero incolmabile, e noi faremo di tutto per portare avanti il suo pensiero e i suoi ideali (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Interventi di fine seduta.

GIANNI MELILLA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANNI MELILLA. Signora Presidente, dopo anni di calo sono tornati a crescere gli infortuni mortali sul lavoro. L'INAIL ha comunicato i dati dei primi sette mesi del 2017: ci sono stati in Italia 591 morti bianche, il 5,2 per cento in più rispetto all'anno scorso. Aumentano dell'8 per cento tutti gli infortuni sul lavoro, soprattutto aumentano gli infortuni sul lavoro dei lavoratori che hanno più di 60 anni: questa è una realtà sicuramente dovuta non solo all'aumento sproporzionato dell'età pensionabile, ma anche alla caduta dei diritti sindacali sui posti di lavoro. È molto deludente l'avvio dell'Ispettorato nazionale del lavoro; sono stati disinvestiti i servizi di prevenzione, e anche di vigilanza sui luoghi di lavoro: nella prossima legge di stabilità dovremo cercare nuovi investimenti nella prevenzione e nella vigilanza e nel controllo della salute nei luoghi di lavoro, perché non possiamo rassegnarci ad una deriva che aumenta nel nostro Paese l'ingiustizia e le disuguaglianze sociali a svantaggio dei più deboli.

MARIA EDERA SPADONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARIA EDERA SPADONI. Presidente, per la seconda volta in una settimana mi ritrovo a nome del mio gruppo parlamentare a sollecitare la Boschi a riferire in Aula. Questa notte l'ennesima donna, una dottoressa di turno alla guardia medica nel Catanese, è stata aggredita e violentata da un ventiseienne.

La violenza sulle donne è una violazione dei diritti umani, una minaccia al godimento delle libertà fondamentali, ai sensi del diritto internazionale generale e delle Convenzioni sui diritti umani. Il Piano nazionale d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere, adottato il 7 luglio 2015, è scaduto lo scorso 17 luglio. La Boschi in questi giorni ne ha annunciato la bozza, noi vogliamo il testo definitivo. Vogliamo capire se il Piano precedente ha funzionato, cosa invece c'è da migliorare. È già troppo tardi, troppe donne vengono abusate, ammazzate e violentate.

Mi rivolgo anche alla Presidenza della Camera, alla sensibilità sua, ovviamente, Presidente Boldrini. Troviamo un momento di discussione in quest'Aula silente sul tema dal 2013, anno dell'approvazione della legge sul femminicidio. Chiedo a questa Aula collaborazione nel far sì che le donne maltrattate non si sentano abbandonate dalle istituzioni. Agiamo adesso (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)!

PRESIDENTE. Grazie, deputata Spadoni. La ringrazio per avere anche voluto sollevare questo tema che sicuramente è tra le mie priorità e che io cerco sempre di portare avanti: un impegno con tutte le deputate che anche partecipano all'Intergruppo che abbiamo istituito su questo tema.

DALILA NESCI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DALILA NESCI. Grazie Presidente. Sullo stesso argomento perché è doveroso e necessario che la Ministra Boschi riferisca in Aula. Nella notte un'altra donna, di turno da guardia medica nel catanese, è stata aggredita e violentata da un giovane di 26 anni. Abbiamo già ricordato che purtroppo è scaduto il 17 luglio scorso il Piano nazionale d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere. Vogliamo che ci sia il nuovo testo al più presto.

Come è noto, nel caldo estivo, il Parlamento è stato impegnato a senso unico sul decreto-legge in tema di vaccinazioni, adottato senza alcuna necessità ed urgenza e poi convertito malgrado le gravi violazione della Costituzione. Solo recentemente, invece, il Ministro Boschi ha annunciato la bozza di questo nuovo Piano. Quindi, è urgente che ciò avvenga. Ci rivolgiamo alla Presidenza, a lei Presidente Boldrini, notoriamente sensibile sull'argomento, perché è indispensabile, qui dentro il Parlamento, uno specifico confronto in Aula, visto che è dal 2013, l'anno di approvazione della legge sul femminicidio, che non l'affrontiamo in maniera seria e coordinata.

Abbiamo, dunque, l'obbligo di collaborare e di recuperare il tempo perduto, per impedire altre violenze e per intervenire in modo efficace e concreto a tutela dei diritti delle donne, che non possono sentirsi abbandonate da uno Stato che ha il dovere di essere garante delle libertà e del pieno sviluppo della persona umana, che in una società ancora troppo patriarcale e maschilista non può esserci (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Signora Presidente. Anch'io sollecito una risposta ad una interrogazione che abbiamo presentato e che ha come riferimento questo episodio così grave di violenza. Ieri notte una donna è stata aggredita e violentata, un medico che prestava la propria azione nella guardia medica di Trecastagni, in provincia di Catania. Purtroppo non è il primo episodio, questi luoghi dell'urgenza e dell'emergenza sono spesso luoghi di violenza. È un paradosso: nel luogo dove viene spesso salvata la vita, viene messa in discussione la vita degli operatori.

Noi vogliamo entrare nel concreto e nella nostra interrogazione facciamo riferimento ad una lettera che abbiamo mandato al prefetto di Catania. C'è stata la disponibilità del prefetto a convocare il comitato provinciale per l'ordine pubblico con la presenza dei rappresentanti dell'azienda provinciale della sanità. Il problema è questo: bisogna tornare a dare sicurezza agli operatori e per fare questo bisogna pensare a un posto di polizia oppure alla polizia privata. Quindi, sono delle proposte concrete che noi formuliamo, perché ci sia la possibilità di tornare a lavorare con serenità proprio in questi luoghi di frontiera. Era questa la richiesta che facciamo, ci auguriamo che il Ministro dell'interno e il Ministro per la salute vengano al più presto a dare una risposta ad una interrogazione che risponde ad un'esigenza vera delle nostre comunità.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

  Mercoledì 20 settembre 2017:

(ore 9,30 e ore 16,30)

1.  Seguito della discussione della proposta di legge:

ERMINI ed altri: Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale, concernenti i delitti di frode patrimoniale in danno di soggetti vulnerabili e di circonvenzione di persona incapace. (C. 4130-A)

e delle abbinate proposte di legge: CIRIELLI ed altri; FUCCI; CAPARINI ed altri; FERRARESI ed altri. (C. 40-257-407-4362)

Relatore: ERMINI.

2.  Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:

CATANOSO GENOESE; CATANOSO GENOESE; OLIVERIO ed altri; CAON ed altri; VENITTELLI ed altri; RAMPELLI ed altri: Interventi per il settore ittico. Deleghe al Governo per il riordino e la semplificazione normativa nel medesimo settore e in materia di politiche sociali nel settore della pesca professionale. (C. 338-339-521-1124-4419-4421-A)

Relatore: LUCIANO AGOSTINI.

3.  Seguito della discussione della proposta di legge:

ASCANI ed altri: Disciplina e promozione delle imprese culturali e creative. (C. 2950-A)

Relatrice: MANZI.

4.  Seguito della discussione dei progetti di legge:

Ratifica ed esecuzione del Protocollo addizionale di Nagoya – Kuala Lumpur, in materia di responsabilità e risarcimenti, al Protocollo di Cartagena sulla biosicurezza, fatto a Nagoya il 15 ottobre 2010. (C. 3916-A)

Relatore: NICOLETTI.

Ratifica ed esecuzione dei seguenti protocolli: a) Protocollo n. 15 recante emendamento alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, fatto a Strasburgo il 24 giugno 2013; b) Protocollo n. 16 recante emendamento alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, fatto a Strasburgo il 2 ottobre 2013. (C. 2801)

e dell'abbinata proposta di legge: SCHULLIAN. (C. 3132)

Relatori: VAZIO, per la II Commissione; NICOLETTI, per la III Commissione.

  (ore 15)

5.  Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

La seduta termina alle 19,10.

SEGNALAZIONI RELATIVE ALLE VOTAZIONI EFFETTUATE NEL CORSO DELLA SEDUTA

  Nel corso della seduta sono pervenute le seguenti segnalazioni in ordine a votazioni qualificate effettuate mediante procedimento elettronico (vedi Elenchi seguenti):

  nella votazione n. 1 la deputata Sarti ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario;

  nella votazione n. 2 la deputata Antezza ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario;

  nella votazione n. 3 le deputate Antezza e Covello hanno segnalato che non sono riuscite ad esprimere voto contrario;

  nelle votazioni nn. 4, 5 e 6 la deputata Covello ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole;

  nella votazione n. 7 la deputata Covello ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario;

  nella votazione n. 13 il deputato Capodicasa ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nominale Pdl 3960-A - voto finale 406 343 63 172 281 62 93 Appr.
2 Nominale Moz. Marcon e a. 1-1662 422 421 1 211 120 301 87 Resp.
3 Nominale Moz. Corda e a. 1-1663 419 418 1 210 117 301 87 Resp.
4 Nominale Moz. Quartapelle P. e a. 1-1695 427 374 53 188 288 86 87 Appr.
5 Nominale Moz. Archi e a. 1-1696 429 368 61 185 292 76 87 Appr.
6 Nominale Moz. Vezzali e a. 1-1697 432 371 61 186 292 79 87 Appr.
7 Nominale Risol. Pili n. 6-348 425 386 39 194 88 298 87 Resp.
8 Nominale Moz. Basilio e a. 1-1081 n.f. 417 416 1 209 112 304 85 Resp.
9 Nominale Moz. Marcon e a. 1-1673 414 412 2 207 113 299 85 Resp.
10 Nominale Moz. Pini G. e a. 1-1674 422 417 5 209 48 369 85 Resp.
11 Nominale Moz. Vezzali e a. 1-1698 422 365 57 183 82 283 85 Resp.
12 Nominale Moz. Moscatt e a. 1-1699 424 368 56 185 296 72 85 Appr.
13 Nominale Moz. Duranti e a. 1-1700 421 418 3 210 114 304 85 Resp.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui é mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi é premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.