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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 836 di martedì 18 luglio 2017

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO

La seduta comincia alle 11.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

ANNA MARGHERITA MIOTTO, Segretaria, legge il processo verbale della seduta di ieri.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

  (È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Angelino Alfano, Alfreider, Amoddio, Artini, Baretta, Brambilla, Caparini, Catania, Chaouki, Cicchitto, Cimbro, Coppola, Damiano, Epifani, Fico, Mazziotti Di Celso, Merlo, Meta, Molteni, Pagano, Palma, Pannarale, Pes, Scanu, Schullian, Sereni, Sorial, Vignaroli e Zolezzi sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente centotré, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Svolgimento di una interpellanza e interrogazioni.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di una interpellanza e di interrogazioni.

(Iniziative volte a tutelare i livelli occupazionali presso la società Consulmarketing – n. 3-02738)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interrogazione all'ordine del giorno Paglia n. 3-02738 (Vedi l'allegato A).

La sottosegretaria di Stato per il Lavoro e le politiche sociali, Franca Biondelli, ha facoltà di rispondere.

FRANCA BIONDELLI, Sottosegretaria di Stato per il Lavoro e le politiche sociali. Grazie, Presidente. Passo a illustrare l'atto parlamentare dell'onorevole Paglia, inerente alle vicende occupazionali e produttive della società Consulmarketing Spa.

La società, avente sede legale e unità operativa in Milano, opera su tutto il territorio nazionale nel settore della rilevazione dati e delle ricerche di mercato.

Il 22 marzo 2016 la società ha dato avvio ad una procedura di licenziamento collettivo nei confronti di 465 dipendenti su un organico complessivo pari a circa 1100 unità lavorative. Alla base di tale decisione, vi era l'esigenza da parte della società di contenere il sensibile incremento del costo del lavoro a seguito delle procedure di stabilizzazione avviate nel corso degli anni 2013-2014.

La predetta procedura si è conclusa il 6 giugno 2016 con un accordo sindacale, che prevedeva, tra l'altro, il ricorso a licenziamenti su base volontaria (al riguardo, la società ha effettuato otto licenziamenti sulla base del criterio della non opposizione) e il ricorso, per il periodo dal 28 giugno al 5 dicembre 2016, a un contratto di solidarietà di tipo difensivo nei confronti di 388 lavoratori prevalentemente impiegati nell'attività di rilevazione di mercato, i cosiddetti rilevatori. Tuttavia, tale strumento non è stato effettivamente utilizzato poiché non si è conclusa la relativa istruttoria. Sempre al fine di fronteggiare l'aumento del costo del lavoro, la società ha previsto il ricorso a contratti di collaborazione coordinata e continuativa. Tali contratti, nella maggior parte dei casi, sono stipulati dalla società con propri lavoratori assunti in precedenza con contratto a tempo indeterminato, ovvero a termine, mentre solo una piccola parte di essi hanno riguardato soggetti esterni.

Con una nota inviata il 7 dicembre 2016 alle rappresentanze sindacali dei lavoratori, la società indicava i lavoratori con cui aveva sottoscritto i contratti di collaborazione. Conseguentemente, le rappresentanze sindacali comunicavano alla società l'avvio dello stato di agitazione. Successivamente, lo scorso 19 gennaio, la società, che al momento aveva in organico 991 unità lavorative, ha dato avvio ad una nuova procedura di licenziamento collettivo nei confronti di 350 lavoratori impiegati nel settore rilevamenti nell'ambito della commessa con la società Nielsen Services Italy Srl.

Conseguentemente, la regione Lombardia e il Ministero dello sviluppo economico hanno avviato le prime interlocuzioni con le parti sociali, al fine di verificare le condizioni di un possibile accordo. Nello specifico, lo scorso 9 marzo, presso il Ministero dello sviluppo economico, alla presenza dei rappresentanti della regione Lombardia, il Vice Ministro Bellanova, ha incontrato separatamente i vertici aziendali e le rappresentanze sindacali dei lavoratori. Nel corso di quell'incontro, il rappresentante del Governo ha invitato le parti a proseguire il confronto, allo scopo di salvaguardare i livelli occupazionali, assicurando il supporto necessario per approfondire ogni aspetto utile al buon esito della vertenza.

A seguito della conclusione, con esito negativo, della fase sindacale della procedura di licenziamento collettivo, si sono tenuti, il 23 marzo e il 3 aprile scorsi, due incontri nell'ambito della successiva fase amministrativa. Nel corso di quegli incontri la società ha manifestato l'intenzione di esternalizzare l'esecuzione della commessa con Nielsen Services Italy come unica soluzione per il contenimento dei costi. Tale posizione non è stata, tuttavia, accolta dai sindacati, che hanno, invece, insistito sul ricorso a diversi strumenti di riduzione del costo del lavoro nell'ambito del rapporto di lavoro subordinato.

Lo scorso 4 aprile si è tenuto un ulteriore incontro presso il Ministero dello sviluppo economico, nel corso del quale la società ha ribadito le ragioni della scelta di procedere al licenziamento collettivo. All'incontro non ha preso parte, seppure invitata, la Nielsen Services Italy, che ha declinato l'invito dichiarando di non avere alcuna responsabilità nella gestione del personale di Consulmarketing Spa.

La fase amministrativa della procedura si è conclusa lo scorso 6 aprile presso la regione Lombardia, con un verbale di mancato accordo tra le parti. In seguito, la società ha intimato 157 licenziamenti, che si sono svolti in due tranche nel periodo compreso tra aprile e maggio scorsi. Ad oggi, l'organico complessivo della società ammonta a 841 unità lavorative. Con riferimento ai contratti di collaborazione, la società ha comunicato di avere, ad oggi, 278 collaboratori attivi, di cui 160 ex lavoratori subordinati e 118 nuovi collaboratori. In particolare, per i cosiddetti rilevatori, i contratti di collaborazione coordinata e continuativa, attivati nel corso del 2016, sono stati certificati presso la commissione della Fondazione Marco Biagi dell'Università degli studi di Modena e Reggio Emilia.

Segnalo, inoltre, che l'Ispettorato territoriale del lavoro competente ha reso noto di aver ricevuto, lo scorso 13 luglio, la comunicazione di inizio del procedimento di certificazione da parte della Commissione istituita presso la Fondazione Marco Biagi dell'Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, su istanza di Consulmarketing, riguardante il contratto di collaborazione coordinata e continuativa a tempo indeterminato per l'attività di rilevazione prezzi dei prodotti di largo consumo di due lavoratori. Al riguardo, il citato ispettorato, tenuto conto degli accertamenti in corso inerenti la genuinità dei contratti in questione, si è attivato, poi, per garantire la partecipazione di un funzionario alla seduta della Commissione di certificazione, che si terrà domani, 19 luglio, al fine di esporre le opportune osservazioni.

Da ultimo, per quanto di competenza, posso assicurare che il Ministero del lavoro, che rappresento, continuerà a monitorare la situazione e a seguire attentamente l'evoluzione, mettendo in campo, laddove ne ricorrano i presupposti, gli strumenti previsti dalla normativa vigente a salvaguardia dei livelli occupazionali.

PRESIDENTE. Il deputato Giovanni Paglia ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interrogazione. Ha cinque minuti.

GIOVANNI PAGLIA. Grazie, Presidente. Io non posso essere soddisfatto della risposta, perché credo non possano essere soddisfatti non i lavoratori, ma, in questo caso, le lavoratrici, perché è bene dire le cose come stanno: utilizzare il maschile, quando di fatto ad essere coinvolte sono quasi esclusivamente lavoratrici, non è corretto.

Quando parliamo di 456 persone, che, a tranche, sono vittime di una procedura di licenziamento collettivo, che nel frattempo, rispetto a quando io svolsi la mia interrogazione, è andato avanti e, come è stato giustamente rappresentato dal Governo, è andato avanti nel peggiore dei modi possibili, non può lasciare soddisfatti.

Ma io credo che, soprattutto, non poter lasciare soddisfatti, non tanto me, ma credo tutti noi, che su questo dovremmo riflettere profondamente per cambiare le cose, è il modo in cui tutto questo è maturato. Credo, infatti, che non sia più accettabile, in Italia, una situazione in cui si hanno grandi società, spesso multinazionali, come tutte le grandi società del tempo che ottengono contratti, in questo caso parliamo della Nielsen, e poi per operare decidono di non farlo in proprio, ma danno di fatto vita a società terze, sempre e solo monocommittenti nei confronti della prima, a cui affidano, mantenendo ovviamente nel frattempo già il taglio di una parte dei profitti per se stesse, una parte del lavoro. E quando, poi, queste società, per una ragione o per l'altra - e la ragione, in realtà, è sempre la stessa: il fatto che i lavoratori si ribellano a condizioni di lavoro inadeguate - si ribellano, quando c'è questa ribellione da parte dei lavoratori, i rapporti con la società vengono tagliati e i lavoratori rimangono senza lavoro. Questo è quello che succede quotidianamente e che è successo anche in questo caso, perché quello che non c'è, nella sua relazione, sottosegretaria, è che il motivo per cui si è innescato il primo ciclo di lotte, quello del 2014, è che le lavoratrici semplicemente chiedevano fino in fondo il rispetto del contratto nazionale di lavoro; e lo hanno ottenuto attraverso un ciclo di lotte, tant'è che nel 2016 il verbale a cui si faceva riferimento diceva, tra le altre cose, esattamente questo: che si azionava la solidarietà difensiva, ma nel frattempo si riconosceva quel diritto, un diritto che aveva portato le persone a lavorare per 800-900 euro al mese.

Di fronte a questo diritto è stato chiesto non semplicemente di contrattare diverse condizioni di lavoro, ma, una per una, le lavoratrici sono state avvicinate ed è stato proposto loro di passare da lavoratore a tempo indeterminato per la società Consulmarketing a lavoratori a Cococo - lavoratrici - per 200 euro circa al mese, senza malattia, senza ferie, esattamente come comprende quel tipo di contratto.

È davanti a questo ricatto inaccettabile che c'è stato un nuovo ciclo di lotte, che è quello cui faceva riferimento la mia interrogazione, con cui chiedevano alla politica e chiedevano al Governo una cosa molto semplice: di farsi parte attiva non per accompagnare verso il licenziamento le persone, come è accaduto, ma di essere l'unico interlocutore in grado, per forza politica che gli è attribuita dalla Costituzione italiana, di portare a quel maledetto tavolo anche la Nielsen.

Questo veniva chiesto al Governo: di non limitarsi a fingere che il conflitto in corso fosse tra la Consulmarketing, cioè un'azienda fasulla sotto molti aspetti o, comunque, una cosiddetta azienda schermo, e le lavoratrici, ma di portare a quel tavolo e costringere ad assumersi fino in fondo tutte le sue responsabilità la vera stazione appaltante, ovvero la Nielsen. La parte peggiore della sua risposta - io credo, signora sottosegretaria, che se ne renda conto da sola - è quella in cui si dice: noi abbiamo chiamato la Nielsen al tavolo, ma non è venuta, e, poi, si passa a parlare d'altro. Quello è il punto di rottura.

Noi dobbiamo chiederci se sia accettabile o meno, in Italia, che un'azienda che viene chiamata al tavolo del Governo, perché c'è di mezzo il lavoro di 456 persone, si rifiuti di sedersi al tavolo; non si rifiuti di dare risposte, che già sarebbe grave, ma addirittura si rifiuti preliminarmente di cominciare una discussione, come se non fossero fatti suoi.

Io credo che noi dobbiamo imparare una lezione da questo, a parte il fatto che io mi auguro, anche se non è stato detto, che le osservazioni del Ministero del lavoro presso la Fondazione Biagi siamo assolutamente negative, cioè rilevino che è inaccettabile proporre ad un lavoratore di passare da un contratto all'altro solo per tagliargli 600 euro al mese di salario e diritti, perché questa è una truffa e va chiamata con il suo nome.

Ma io credo che la riflessione più profonda vada fatta esattamente sul grado di responsabilità che le aziende appaltanti hanno nei confronti di tutta la catena di appalti e subappalti, perché, se non si mette in discussione questo e non si afferma fino in fondo che la responsabilità del mantenimento del posto di lavoro è di chi ha in mano il contratto principale e, forse, addirittura di chi quel contratto l'ha firmato, se non c'è questa catena di solidarietà globale garantita dalla legge, noi, di casi come quello di Consulmarketing, ne avremo a centinaia; infatti, ne abbiamo centinaia alle spalle, ogni giorno ce n'è uno in Italia ed è esattamente lo strumento attraverso cui passano continuamente precarietà e sfruttamento del lavoro.

(Iniziative volte a promuovere la scelta di percorsi di formazione in campo scientifico, anche al fine di superare alcune differenze di genere nel mercato del lavoro – n. 2-01506)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza Centemero n. 2-01506 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Centemero se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

ELENA CENTEMERO. Grazie, signor Presidente, voglio illustrare abbastanza brevemente questa interpellanza. A partire da quella che è la situazione che attualmente, e da qualche anno, stiamo vivendo di crisi economica, le disuguaglianze sono aumentate: sono aumentate in termini di salari, in termini di benessere, in termini di opportunità e, in questo ambito, le donne hanno visto ridurre decisamente i loro diritti, hanno visto ridurre notevolmente le loro opportunità, soprattutto nell'ambito nel mercato del lavoro e dell'economia.

L'interpellanza si pone proprio come obiettivo quello di chiedere al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca di dare vita ad un processo di orientamento per le ragazze e i ragazzi, in modo particolare le studentesse. Infatti, dai dati internazionali e, in particolar modo dal “The ABC of gender equality in education”, viene sottolineato come gli insegnamenti, nelle scuole italiane in modo particolare, non siano seguiti, particolarmente nell'ambito scientifico, nell'ambito delle STEM - cioè, scienza, tecnologie, ingegneria e matematica -, dalle ragazze. Quindi, sostanzialmente, c'è un gender gap in questo settore, che è il settore, rispetto a tutti quanti gli altri, in cui, a livello internazionale, soprattutto l'Unione europea ci dice che, nel presente, ma soprattutto nel futuro, ci sarà la maggiore occupazione per i ragazzi e per le ragazze e la maggiore occupabilità.

Quindi, la richiesta che noi facciamo, l'interpellanza che rivolgiamo proprio al Ministero, è di indicare cosa intenda fare la Ministra interpellata per facilitare un orientamento verso questi settori che danno maggiori opportunità, sapendo che, oltretutto, le ragazze si laureano prima e meglio dei coetanei maschi, ma si laureano, purtroppo, in tutta una serie di aree in cui il lavoro è maggiormente precario: penso, ad esempio, all'ambito linguistico-letterario e all'ambito delle occupazioni che riguardano il mondo medico e sanitario.

Quindi, questo è un elemento molto importante, perché significa non solo dare pari opportunità alle donne e agli uomini, alle ragazze e ai ragazzi, ma significa anche dare alle ragazze una maggiore autonomia e noi sappiamo quanto l'autonomia sia fondamentale, soprattutto nei momenti in cui le donne vivono il fenomeno della violenza.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Istruzione l'università e la ricerca, Gabriele Toccafondi, ha facoltà di rispondere.

GABRIELE TOCCAFONDI, Sottosegretario di Stato per l'Istruzione l'università e la ricerca. Grazie, Presidente. Corre l'obbligo precisare, in via preliminare, che la questione rappresentata dall'onorevole interpellante è già all'attenzione del Ministero, che ha, ormai, posto in essere una serie di iniziative con l'obiettivo di sensibilizzare le ragazze e i ragazzi sui temi delle pari opportunità e sul superamento degli stereotipi e delle false credenze, fra cui quella che vorrebbe le studentesse meno inclini allo studio delle cosiddette discipline STEM.

Ciò anche alla luce dei dati relativi al numero di donne che occupano posizioni tecnico-scientifiche nel nostro Paese, i quali ci impongono un'ampia riflessione su quale ruolo la scuola, attraverso specifici percorsi di orientamento e formazione, possa svolgere per far accrescere la consapevolezza nelle studentesse e negli studenti dell'irrinunciabilità del proprio pari contributo allo sviluppo sociale e culturale del Paese, anche in ambiti ritenuti tradizionalmente e non correttamente poco attrattivi per le donne.

In considerazione di ciò, il MIUR, in collaborazione con il Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri, in occasione dell'8 marzo, Giornata internazionale della donna, ha dato l'avvio al “Mese delle STEM”, con l'obiettivo di promuovere queste discipline nelle scuole di ogni ordine e grado, in modo uguale tra le studentesse e gli studenti.

L'iniziativa offre alle istituzioni scolastiche una serie di strumenti utili a diffondere la passione per le materie scientifiche e tecnologiche e la consapevolezza della straordinaria opportunità, anche professionale, che le STEM possono offrire, contribuendo in tal modo a sradicare un pericoloso pregiudizio.

A partire dalla data dell'8 marzo, quindi, tutte le scuole interessate hanno potuto collegarsi all'indirizzo noisiamopari.it e avere accesso ai materiali e alle attività proposte per il Mese delle STEM dalle aziende che hanno risposto ad apposita manifestazione di interesse. Le proposte riguardano attività formative, che vedranno protagoniste le studentesse e gli studenti, sia in presenza che online, e strumenti didattici per informare, sensibilizzare e orientare, diretti sia ai docenti che alle studentesse e agli studenti.

Si precisa, inoltre, che tutte le scuole possono aderire all'iniziativa “Le studentesse contano!” per la promozione e la valorizzazione delle eccellenze attraverso l'invio di un videomessaggio da parte delle studentesse appassionate di una delle materie STEM per raccontare la propria esperienza. Tutte le aziende coinvolte potranno selezionare una studentessa al fine di destinarle un percorso formativo specifico in una delle materie STEM, in suo favore e per la scuola di appartenenza.

Si segnala, inoltre, che questo Ministero ha inviato, il 3 marzo scorso, una nota della competente Direzione generale per lo studente, l'integrazione e la partecipazione alle scuole di ogni ordine e grado, nell'ambito della loro autonomia didattica e organizzativa, ad effettuare un approfondimento dei temi legati alle pari opportunità e alla lotta alle discriminazioni, di cui all'articolo 3 della Costituzione.

Infine, si rende noto che, ultimamente, il MIUR ha trasmesso a tutte le scuole di ogni ordine e grado l'avviso pubblico, nell'ambito del Programma operativo nazionale (PON) per la scuola 2014-2020, per la presentazione di progetti finalizzati all'orientamento scolastico e al riorientamento.

Si evidenzia che le azioni relative alle proposte progettuali possono riguardare anche la promozione delle discipline STEM.

PRESIDENTE. La deputata Elena Centemero ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

ELENA CENTEMERO. Signor Presidente, no, non sono soddisfatta per una semplice ragione. Ieri e anche oggi abbiamo letto sui giornali dati inquietanti sulla situazione dei nostri ragazzi e delle nostre ragazze nel nostro Paese. Noi sappiamo che i NEET sono, in Italia, il 19,9 per cento, una ragazza o un ragazzo su cinque; siamo il primo Paese in Europa con un tasso così alto di NEET e il Paese che ci segue è la Grecia, con il 15 per cento.

Di fronte a questa cosa, il nostro Ministero dell'Istruzione, dell'università e della ricerca, in cooperazione con il dipartimento delle pari opportunità, dà vita ad interventi spot, perché quando mi viene raccontato, mi viene detto, nella risposta che ci viene fornita dal sottosegretario Toccafondi, che si fa il mese delle STEM, l'8 marzo, a cui le scuole, ovviamente, essendo autonome, possono o non possono aderire, quando mi si dice che ci sono, appunto, dei siti in cui scaricare materiali, quando mi si dice, e va bene, che ci sono dei PON per l'orientamento e il riorientamento, non mi si dice, però, sostanzialmente, che c'è un investimento strutturale, una politica forte, in questo Paese, che non solo si limita a fare degli interventi spot, ma, ad esempio, pone al centro del piano di formazione dei docenti il tema delle pari opportunità, oppure rende strutturale l'investimento per il potenziamento nell'ambito delle STEM.

Noi sappiamo benissimo che l'organico dell'autonomia, l'organico potenziato non è andato, assolutamente, per nulla, incontro ai bisogni delle scuole che hanno richiesto il potenziamento in queste aree, proprio per supportare non solo le difficoltà, ma anche l'indirizzo e l'orientamento dei ragazzi e delle ragazze verso quei settori che sono quelli nei quali il resto del mondo investe, sostanzialmente.

E, poi, mi si permetta di dire, concludendo, che non ci sono politiche strutturali nel momento in cui il comma 16 della legge n. 107 del 2015 è sostanzialmente inapplicato, nel senso che il Ministero non ci ha ancora fatto vedere, dopo due anni, delle linee guida che riguardano appunto il contrasto alla violenza nei confronti delle donne e la parità tra donne e uomini all'interno delle scuole.

Ecco, io credo che – sì - ci siano dei begli intenti, questo possiamo anche riconoscerlo, ma, di fatto, non c'è un vero investimento, una vera politica strutturale che faccia sì che il tema, prima di tutto, dell'orientamento diventi veramente centrale in tutto il percorso formativo dei nostri ragazzi e delle nostre ragazze. Molto spesso noi vediamo che i ragazzi fanno delle scelte casuali, lo vediamo, il 40 per cento dei ragazzi e delle ragazze, al termine dei licei, degli istituti tecnici e professionali o, comunque, del percorso di formazione professionale non sa cosa scegliere nella parte successiva. Ecco, non c'è un vero investimento sull'orientamento e, dall'altra parte, non c'è un vero investimento sulla cittadinanza. Parlare di pari opportunità significa anche parlare di cittadini e di cittadine responsabili. Direi che, proprio, mi ritengo insoddisfatta.

(Iniziative di competenza volte all'affermazione di standard appropriati di abbigliamento scolastico – n. 3-03105)

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Istruzione, l'università e la ricerca, Gabriele Toccafondi, ha facoltà di rispondere all'interrogazione Centemero n. 3-03105 (Vedi l'allegato A).

GABRIELE TOCCAFONDI, Sottosegretario di Stato per l'Istruzione, l'università e la ricerca. Grazie, Presidente. In primo luogo, occorre ricordare con l'entrata in vigore della legge n. 59 del 1997 e del conseguente Regolamento, emanato con decreto del Presidente della Repubblica n. 275 del 1999, è stata riconosciuta alle istituzioni scolastiche personalità giuridica e autonomia didattica, organizzativa, di ricerca, sperimentazione e sviluppo. Ciò permette alle scuole di adottare regolamenti di istituto che disciplinano temi come quello oggetto dell'interrogazione in discussione.

Difatti, il consiglio di circolo o di istituto della singola istituzione scolastica, che ha specifica funzione di controllo e di indirizzo, stabilisce i criteri a cui il collegio dei docenti deve attenersi nella composizione del piano triennale dell'offerta formativa e delibera il regolamento interno che disciplina la vita dell'istituto.

L'argomento oggetto dell'interrogazione trova, pertanto, adeguata soluzione nell'ambito dell'autonomia scolastica e nei termini appena illustrati. Non esiste, in realtà, una normativa a carattere nazionale che regolamenti l'abbigliamento da adottare da parte delle studentesse e degli studenti a scuola, bensì, il regolamento interno, assunto da ciascun autonoma istituzione scolastica, ben può comprendere anche le raccomandazioni per l'adozione di un abbigliamento opportuno nell'ambiente scolastico.

Risulta che sono numerosi i regolamenti di istituto che nella sezione “Diritti e doveri degli studenti” fanno un chiaro riferimento al rispetto dell'ambiente scolastico e all'adozione, da parte delle studentesse e degli studenti, di un abbigliamento adeguato.

Ciò posto, il Ministero non può che rispettare l'autonomia riconosciuta alle istituzioni scolastiche che hanno tutti gli strumenti per poter regolamentare anche la questione oggetto dell'interrogazione. Al riguardo, si dà comunque assicurazione che gli uffici dell'amministrazione non mancheranno di fornire la più ampia informativa in merito.

PRESIDENTE. La deputata Centemero ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interrogazione.

ELENA CENTEMERO. Signor Presidente, ovviamente stiamo parlando di un tema abbastanza delicato, sul filo di legge, nel senso che va a impattare con il tema dell'autonomia scolastica al quale ogni istituzione scolastica si attiene.

Io, comunque, non mi ritengo soddisfatta della risposta che è stata fornita dal Ministero, innanzitutto, per una ragione: è vero che esiste una norma sull'autonomia, è vero che esiste lo statuto degli studenti e delle studentesse, è vero che esistono dei regolamenti di istituto, ma questi regolamenti d'istituto, appunto, sono d'istituto e, quindi, il tema di quello che deve essere l'abbigliamento consono per un ambiente come quello della scuola viene trattato con le modalità più diverse e più ampie, nelle diverse istituzioni scolastiche.

Allora, perché questa interrogazione e cosa mi sarei aspettata dal Ministero? Per quanto riguarda l'interrogazione, è chiaro che noi ci troviamo all'interno di una società, nello specifico quella dell'ambiente scolastico, particolare. Io stessa quando ero a scuola, spesso, redarguivo alcuni studenti per il loro modo di vestire, perché il modo di vestire, anche per chi entra in quest'Aula, deve essere consono rispetto all'ambiente in cui uno si trova e, quindi, è una questione di rispetto, una cultura del rispetto del luogo nel quale tu ti trovi e la scuola è un ambiente educativo dove, sicuramente, a mio giudizio, non si può concedere troppo nell'abbigliamento.

Oltretutto, il fatto è che l'abbigliamento porta con sé anche il confronto tra le studentesse e gli studenti e, quindi, rivela, a volte, delle differenze, anche a livello economico sociale, marcate e, quindi, invita spesso i ragazzi e le ragazze a chiedere molto nell'abbigliamento ai genitori, alle famiglie.

Ecco, questo è un tema su cui dobbiamo riflettere in un Paese in cui continuano ad aumentare le disuguaglianze, continua ad aumentare la povertà e, magari, si potrebbe chiedere, e questa potrebbe essere una cosa interessante, direttamente alle studentesse e agli studenti cosa pensano dell'abbigliamento che si possa portare a scuola e cosa pensano, per esempio, dell'utilizzo che viene fatto, in molti Paesi, di forme di divisa o, comunque, di un abbigliamento che sia uniforme per la scuola e che indica anche l'appartenenza ad una comunità. Sarebbe bello un elemento di partecipazione come questo.

Però, io dal Ministero mi sarei aspettata che cosa? Un atto normativo, delle linee di indirizzo, una nota ministeriale da mandare alle scuole, per richiamare, appunto, al tema dell'abbigliamento, nei termini sia, appunto, di decoro, sia nei termini proprio delle disuguaglianze, ma, soprattutto, mi aspetterei un controllo, un controllo nel senso di vedere che cosa fanno le scuole per quanto riguarda il tema di un abbigliamento consono nei loro regolamenti d'istituto. Sarebbe molto interessante aprire un dibattito su questo che credo interessi anche il Paese, interessi le famiglie e interessi anche gli studenti stessi.

(Iniziative volte a garantire un presidio dei carabinieri nel comune di Cassano d'Adda e, nel contempo, il trasferimento della compagnia dell'Arma dei carabinieri nel comune di Pioltello – n. 3-03157)

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato, Gabriele Toccafondi, ha facoltà di rispondere all'interrogazione Malpezzi n. 3-03157 (Vedi l'allegato A).

GABRIELE TOCCAFONDI, Sottosegretario di Stato per l'Istruzione l'università e la ricerca. Presidente, corre l'obbligo precisare che l'Arma dei carabinieri pianifica la dislocazione dei propri presìdi ispirandosi al duplice criterio di mantenere un dispositivo territoriale efficiente e adeguato per l'assolvimento dei propri compiti istituzionali e salvaguardare, nel contempo, l'esigenza di contenimento della spesa pubblica. In tale contesto, si colloca l'ipotesi del trasferimento della compagnia carabinieri dalla sede di Cassano d'Adda, sovradimensionata ed onerosa in termini di costi di locazione e di utenze, a quella del limitrofo comune di Pioltello, attualmente occupata dalla tenenza dell'Arma. A seguito di tale trasferimento, il comando compagnia di Cassano d'Adda verrebbe dislocato a Pioltello, e l'attuale tenenza riconfigurata in stazione capoluogo, mentre a Cassano d'Adda rimarrebbe un presidio dell'Arma dei carabinieri, a livello di stazione, con possibilità di elevazione a tenenza. In tale ottica, il sindaco di Cassano d'Adda ha avanzato alcune soluzioni strutturali, attualmente in corso di valutazione da parte dell'Arma, utili a garantire la permanenza presso il proprio comune di un presidio dell'Arma, tenenza o stazione.

PRESIDENTE. La deputata Malpezzi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interrogazione.

SIMONA FLAVIA MALPEZZI. Presidente, sono abbastanza soddisfatta; dico abbastanza perché i comuni hanno poi bisogno di tempi certi, per qualsiasi intervento. Per esempio, per quanto riguarda il comune di Cassano d'Adda, che, come è stato specificato anche nella risposta da parte del sottosegretario, si è già mosso con una serie di suggerimenti e di proposte, questo avrà poi la necessità di stanziare fondi a bilancio, quindi la necessità di avere dei tempi certi per poter dare delle risposte poi ai propri cittadini. Quello che a noi tranquillizza è aver avuto oggi la conferma che Pioltello, che ha già stanziato i fondi per l'ampliamento in uno degli ultimi consigli comunali, potrà definitivamente partire e accogliere, a questo punto al più presto, la compagnia; sull'altro fronte, che si incoraggi il comune di Cassano d'Adda a continuare ad avanzare proposte nell'ambito di questo dialogo con l'Arma dei carabinieri, alla quale chiediamo però una risposta in tempi brevi per consentire anche all'amministrazione di Cassano di potersi organizzare. Prendiamo atto che i presìdi che erano stati chiesti sono confermati; questa è una buona notizia per tutti i cittadini della zona dell'Adda Martesana.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento dell'interpellanza e delle interrogazioni all'ordine del giorno.

Sospendo a questo punto la seduta, che riprenderà alle ore 14.

La seduta, sospesa alle 11,40, è ripresa alle 14.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Adornato, Bindi, Boccia, D'Ambrosio, Ferrara, Lorenzo Guerini, Piccoli Nardelli, Rossomando, Sottanelli, Speranza, Tofalo e Villecco Calipari sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.

I deputati in missione sono complessivamente centoquindici, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Modifica nella composizione di gruppi parlamentari.

PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data 17 luglio 2017, la deputata Elisa Simoni, già iscritta al gruppo parlamentare Partito Democratico, ha dichiarato di aderire al gruppo parlamentare Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista. La presidenza di tale gruppo, con lettera pervenuta in data odierna, ha comunicato di aver accolto la richiesta.

In morte dell'onorevole Giovanni Pieraccini.

PRESIDENTE. Comunico che è deceduto l'onorevole Giovanni Pieraccini, già membro della Camera dei deputati dalla I alla IV legislatura e del Senato della Repubblica dalla V alla VI legislatura.

La Presidenza della Camera ha già fatto pervenire ai familiari le espressioni della più sentita partecipazione al loro dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea.

Informativa urgente del Governo sulla situazione in Venezuela.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di un'informativa urgente del Governo sulla situazione in Venezuela. Dopo l'intervento del rappresentante del Governo, interverranno i rappresentanti dei gruppi in ordine decrescente, secondo la rispettiva consistenza numerica, per cinque minuti ciascuno. Un tempo aggiuntivo è attribuito al gruppo Misto.

(Intervento del Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, onorevole Angelino Alfano.

ANGELINO ALFANO, Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale. Signor Presidente, onorevoli colleghi, non è possibile ignorare il senso di angoscia e preoccupazione che ci afferra tutti dinnanzi alla drammatica situazione che sta vivendo il Venezuela. È una crisi senza precedenti, economica, politica, sociale, che colpisce un grande e ricco Paese, un Paese lontano eppure a noi così vicino. Così vicino per almeno due motivi: il primo è costituito dalle radici profonde comuni che affratellano Italia e Venezuela; il secondo è rappresentato dagli oltre 150 mila connazionali che lì vivono e che ci chiedono aiuto. C'è poi un fatto, che è un fatto particolare che non può lasciarci indifferenti e che giustamente ha dato origine a questa informativa: l'irruzione di estremisti vicini alle posizioni chaviste nell'Assemblea Nazionale, in contemporanea con le celebrazioni della festa nazionale lo scorso luglio.

Quando un Parlamento, il luogo delle scelte democratiche, viene violato con la violenza, penso che non si possa rimanere indifferenti, per questo ho voluto condannare pubblicamente e con forza questo episodio, che ha anche determinato il ferimento di alcuni parlamentari di origine italiana. A loro e ai loro colleghi vorrei rinnovare qui in quest'Aula tutta la mia solidarietà e vicinanza; la stessa solidarietà che ho voluto esprimere ieri in videoconferenza ai rappresentanti della nostra collettività in Venezuela e al personale che presta servizio nella nostra rete diplomatica consolare a Caracas. A questi nostri connazionali, che hanno testa e cuore in Italia e piedi in Venezuela, ho voluto ribadire con forza che il Governo c'è e sta facendo tutto il possibile per aiutarli, anche rafforzando quei servizi che facilitino a tanti italiani l'ottenimento di quel salvagente - così lo hanno definito - che legittimamente ci hanno chiesto, e che è rappresentato dal passaporto italiano.

Il Venezuela attraversa una situazione sempre più difficile; le proteste di piazza durano ormai da tre mesi, con un pesantissimo saldo in termini di vite umane, feriti e arrestati. Vi è il concreto rischio che le violenze possano degenerare a tal punto da sfuggire al controllo tanto del Governo quanto dell'opposizione. Vi sono purtroppo già chiari segnali che si sta andando in questa direzione, verso questo scenario: penso all'attacco contro il tribunale supremo dello scorso 27 giugno e all'irruzione nel Parlamento venezuelano che ricordavo poc'anzi. Governo e forze di opposizione sono fermi sulle rispettive posizioni. Il Governo continua a mantenersi intransigente sulla convocazione dell'Assemblea costituente prevista per il 30 luglio. Pur rispettando i principi di sovranità e di autodeterminazione, non abbiamo potuto fare a meno di rilevare le nostre perplessità per il sistema di voto previsto per la Costituente: non ci appare coerente con i criteri di suffragio universale e di libera ed eguale partecipazione all'espressione delle scelte individuali, che riteniamo essenziali nel contesto dello Stato di diritto.

L'opposizione, dal canto suo, continua a richiedere la liberazione di tutti i detenuti politici, la fissazione di libere elezioni e, soprattutto, la sospensione dell'elezione della Costituente, forte del risultato del referendum popolare di domenica. Oltre 7 milioni di cittadini si sono chiaramente pronunciati contro il progetto del Presidente, il 40 per cento circa di un elettorato che ha voluto esprimersi nonostante gli evidenti limiti organizzativi e le precarie condizioni di sicurezza che attraversa il Paese. In questo scenario complesso non manca qualche timido segnale incoraggiante: mi riferisco alla decisione del Presidente Maduro di concedere gli arresti domiciliari al leader dell'opposizione Leopoldo Lopez, che esce dopo tre anni di dura detenzione in un carcere militare. Si può leggere questa evoluzione come possibile apertura al dialogo. È necessario, tuttavia, che a tale misura facciano seguito analoghi provvedimenti nei confronti di tutti gli altri detenuti politici e che lo stesso Lopez, così come il suo collega sindaco Ledezma, sia al più presto liberato definitivamente.

In generale il Paese è ora a un bivio: da una parte, la strada verso la soluzione negoziata fra le parti; dall'altra, la strada verso il caos. Certo, come vi ho appena detto, c'è un muro contro muro alimentato da una profonda sfiducia fra il Governo e le opposizioni, ma proprio per questo è necessario, ora più che mai, un grande e convinto sostegno dei Paesi amici per salvare il Venezuela dal baratro. Noi continueremo ad operare per favorire la mediazione tra le parti, di concerto con l'Unione europea e, in particolare, con i Paesi che insieme al nostro hanno le più consistenti comunità residenti. E, infatti, proprio per questo ho promosso un coordinamento con Spagna e Portogallo, ossia due degli Stati dell'Unione europea maggiormente interessati alla crisi, perché anche dall'Unione europea possa essere indirizzato un messaggio chiaro, forte e autorevole. Proprio ieri a Bruxelles abbiamo nuovamente affrontato, con i colleghi Ministri degli esteri, la crisi venezuelana per rilanciare la richiesta, al Governo Maduro, di sospendere il processo di creazione dell'Assemblea costituente. Il Governo deve tenere conto della volontà popolare, espressa domenica, di arrivare ad una soluzione politica della crisi. Continueremo, quindi, a mantenere elevata l'attenzione sul Venezuela e a considerare tutte le opzioni sul tavolo. Non possiamo rimanere inermi innanzi alle violazioni del diritto del popolo venezuelano a vivere in pace e in sicurezza e a scegliere liberamente i propri rappresentanti.

L'impegno sul Venezuela ha visto coinvolto anche il Presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni. Ricordo la sua lettera del 18 giugno scorso, firmata anche dal suo omologo spagnolo Mariano Rajoy, nella quale si esprimeva al Presidente Maduro la profonda preoccupazione per la gravità della situazione e lo si invitava a desistere dalla convocazione della Costituente. Parallelamente, a Caracas il nostro ambasciatore ha compiuto un passo presso il presidente della Commissione preparatrice per l'Assemblea costituente per riaffermare la disponibilità del nostro Paese a favorire ogni contatto fra le parti. Noi, comunque, continuiamo e continueremo a mantenere aperti i canali di comunicazione sia con il Governo sia con gli esponenti dei principali partiti di opposizione. Certo deve essere chiaro che una mediazione oggi può essere possibile solo partendo dal rispetto delle quattro condizioni riassunte dal Segretario di Stato, monsignor Parolin, lo scorso dicembre: rispetto delle prerogative del Parlamento; rilascio di tutti i detenuti politici; apertura di canali umanitari; fissazione di un calendario elettorale certo. A queste inevitabilmente si aggiunge una quinta, ovvero la sospensione del processo costituente. Contestualmente, entrambe le parti devono agire urgentemente per fermare ogni azione violenta nel Paese. È chiaro, peraltro, che anche in Venezuela, come in ogni Stato sovrano, è sul Governo che cade inevitabilmente la maggiore responsabilità per il mantenimento di condizioni di pace e sicurezza.

Stiamo anche lavorando per estendere il fronte dei Paesi che possono indurre il Governo venezuelano ad agire con il massimo senso di responsabilità. Vi sono, infatti, due ipotesi: la prima è quella di un dialogo sostenuto da mediatori regionali, cioè latino-americani. Questo formato, tuttavia, non risulta gradito alle opposizioni per lo squilibrio nella scelta dei Paesi mediatori troppo a favore del Governo, e per ora non ha dunque sortito alcun effetto.

La seconda ipotesi, più recente, è quella di un gruppo formato da Paesi della regione e Paesi extra America Latina a cui si è associata anche l'Italia. Si tratta di un'iniziativa intrapresa a livello ambasciatori a Caracas che mira a ristabilire un minimo di fiducia fra le parti, anche se, purtroppo, non vi sono stati al momento risultati concreti. In questi tentativi continuiamo ad avvalerci del prezioso contributo della diplomazia vaticana, che rappresenta sempre un sicuro punto di riferimento per tutte le parti in causa. Il suo aiuto è essenziale per cercare di individuare altre combinazioni di Paesi i cui buoni uffici possano essere accettati da Governo e opposizioni. Sappiamo, purtroppo, che in questa fase storica il margine di azione della organizzazione degli Stati americani è molto limitato nella crisi venezuelana. Occorre, tuttavia, cercare ogni strada per il coinvolgimento di organizzazioni regionali e, ovviamente, ancora di più delle Nazioni Unite, offrendo la nostra disponibilità a partecipare a possibili azioni di mediazione per le quali abbiamo le professionalità e le esperienze adeguate.

Onorevoli colleghi, il continuo aggravarsi della crisi economica incide sempre di più anche sulla sicurezza e sulle condizioni di vita degli italiani di Venezuela. Il Governo non può rimanere indifferente agli appelli dei 150 mila connazionali residenti in Venezuela; non li ha mai abbandonati e mai lo farà. Il sistema di controllo dei cambi e il perdurare dell'alta inflazione hanno pesantemente eroso il potere d'acquisto di molte famiglie, che si ritrovano ora più povere di prima. Nel corso della videoconferenza di ieri con la comunità italiana in Venezuela ho illustrato ai nostri connazionali le procedure che alla Farnesina abbiamo per rafforzare un personale che non è ai livelli che desidereremmo avere e, quindi, per inviare personale aggiuntivo presso le nostre sedi diplomatiche o consolari. Oltre ad avere incrementato nei mesi scorsi il personale destinato ai servizi consolari e all'assistenza alla comunità italiana, abbiamo aumentato i fondi a disposizione della rete di consoli onorari operanti nel Paese, che svolge una encomiabile opera di sostegno all'ambasciata e ai consolati nell'assistenza ai tanti italiani che si trovano in difficoltà. Vorrei cogliere l'occasione per ringraziare, ancora una volta, e sottolineare la professionalità e l'impegno dell'ambasciatore Mignano e di tutto il personale in servizio presso le nostre sedi diplomatiche o consolari in Venezuela. Ogni giorno svolgono un lavoro preziosissimo per aiutare i nostri connazionali, correndo anche rischi per la propria incolumità, come è facile peraltro immaginare. Per garantire a questo personale di lavorare in sicurezza stiamo anche rafforzando il contingente dei carabinieri presso il consolato generale di Caracas. Negli ultimi mesi sono stati inoltre indirizzati numerosi interventi strutturali di rafforzamento della sicurezza delle nostre sedi. Stiamo infine valutando un intervento normativo che ci permetta di assumere ulteriore personale a contratto in loco, visto che il relativo contingente fissato dalla legge viene già utilizzato al massimo delle sue capacità e spero, ovviamente, di avere il sostegno del Parlamento per questo intervento normativo. Ho anche dato indicazione alle strutture della Farnesina di predisporre un piano straordinario di assistenza ai cittadini italiani più vulnerabili, un piano del valore di un milione di euro. È un piano che va ad integrarsi ai fondi già disponibili quest'anno e che incrementa notevolmente i fondi erogati a favore dei connazionali bisognosi nel 2016. Una prima parte di tali nuovi fondi, cioè 400 mila euro, è stata inviata all'inizio di maggio al consolato generale a Caracas; una seconda tranche, del valore di 300 mila euro, giungerà nei prossimi giorni e la restante quota, salvo che l'evoluzione della situazione non suggerisca altrimenti, verrà erogata nei prossimi mesi.

Nel corso del 2017 sono stati inoltre approvati i contributi, per un totale di 30 mila euro, a favore di due enti di Caracas che forniscono assistenza tramite l'erogazione di sussidi, pacchi dono ed assistenza medica e farmaceutica e di cui beneficiano circa 1.200 nostri connazionali anziani e indigenti. Abbiamo, poi, evitato il rincaro delle percezioni consolari; infatti, l'Italia - e penso che vada evidenziato - è l'unico tra i Paesi europei che è riuscito a evitare che la svalutazione forzosa della moneta venezuelana avesse conseguenze negative sul costo dei servizi consolari per i nostri concittadini. Diversamente, vi sarebbero state ripercussioni negative su quella parte della collettività già provata dagli effetti della crisi.

Ricordo che la Farnesina ha dedicato particolare attenzione alla situazione dei pensionati italiani nel Paese: ad inizio anno abbiamo risolto il problema del tasso di calcolo del cambio per le integrazioni al minimo delle pensioni. La Farnesina continua a seguire attentamente anche la questione del pagamento delle pensioni di circa un migliaio di cittadini italo-venezuelani rientrati in Italia e titolari di pensione venezuelana; in questo ci stiamo coordinando con Spagna e Portogallo, dove i titolari di pensioni venezuelane registrano problemi analoghi, per effettuare insieme passi appunto congiunti presso le autorità di Caracas. L'obiettivo è quello di individuare una soluzione almeno parziale della questione, una soluzione che riconosca l'erogazione di un contributo minimo per i titolari di pensione residenti all'estero.

Vorrei anche ricordare la questione dei crediti vantati dalle nostre aziende, alcune delle quali restano fortemente esposte in mancanza di pagamenti da parte delle autorità venezuelane. Le imprese italiane - ci tengo molto a sottolinearlo - non hanno abbandonato il Paese e ciò, nonostante il continuo deterioramento della situazione politica ed economica. Del resto la presenza industriale italiana in Venezuela è di lunga tradizione, e ha dato un importante contributo allo sviluppo del Paese, in particolare in campo infrastrutturale ed energetico. I nostri imprenditori, come mi è stato testimoniato anche ieri sera nella videoconferenza che ho avuto da Caracas, sono pronti a dare un contributo al rilancio dell'economia venezuelana quando le condizioni lo permetteranno. Mi piace ricordare al riguardo le parole pronunciate da De Gasperi a Bruxelles nel 1948, quando disse: per salvare la libertà bisogna salvare la pace, ma il regime di libertà non si salva se non si attua la ricostruzione economica, che è la premessa della giustizia sociale.

Le nostre imprese auspicano però il pagamento dei crediti che vantano per lavori svolti e che ammontano a circa 3 miliardi di euro. Continueremo quindi a sollevare il tema dei crediti delle nostre aziende con le autorità venezuelane e sempre lo faremo ai massimi livelli, perché è importante che le aziende italiane vengano compensate per l'impegno profuso nel Paese in tutti questi anni di storica presenza. Compatibilmente con i vincoli di bilancio, stiamo continuando ad approfondire, tra gli strumenti risarcitori previsti dalla legge, le modalità affinché tali crediti siano recuperati.

Onorevoli colleghi, in conclusione dico che l'Italia vuole restare vicina al Venezuela, al popolo venezuelano e ai tanti connazionali che vi risiedono: una vicinanza - e qui raccolgo un auspicio di questi connazionali - che spero possa essere condivisa dalla RAI e più in generale dai mezzi di informazione nazionali, cui chiedo il massimo dell'attenzione per questa crisi; un'attenzione che questo Parlamento non ha mai mancato di rivolgere al Venezuela e ai nostri connazionali residenti. Una cosa quindi è certa: se le violenze dovessero continuare, noi non ci gireremo dall'altra parte né resteremo silenti, e sono contento di poterlo dire in un'Aula parlamentare che sento idealmente molto vicina a quella di Caracas (Applausi).

(Interventi)

PRESIDENTE. Passiamo agli interventi dei rappresentanti dei gruppi.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Porta. Ne ha facoltà.

FABIO PORTA. Signor Presidente, cari colleghi e signor Ministro, signor sottosegretario, il gruppo del Partito Democratico ha apprezzato la sensibilità, soprattutto la tempestività con la quale il Governo ha voluto rispondere al nostro invito a riferire con urgenza qui alla Camera sull'evoluzione, purtroppo negativa, della crisi umanitaria e istituzionale che da lunghi mesi investe un paese a noi caro, il Venezuela.

Venendo qui oggi, signor Ministro, lei ha confermato il grande livello di attenzione e di preoccupazione con il quale il Governo segue questa vicenda, nonché il suo grande rispetto verso il Parlamento: quel rispetto che non hanno avuto quei gruppi paramilitari che la scorsa settimana hanno fatto irruzione nel Parlamento venezuelano, ferendo gravemente sette nostri colleghi deputati, dei quali uno in forma molto, molto grave. A quei deputati e all'Assemblea legislativa del Venezuela va la solidarietà del Parlamento italiano, che quasi un secolo fa ha sofferto l'onta e la vergogna di un analogo squadrismo di stampo fascista.

Domenica scorsa i venezuelani si sono espressi in forma libera e democratica attraverso un plebiscito popolare, promosso dai partiti di opposizione al Governo, secondo quanto stabilito dalla Costituzione: 7.676.894 persone si sono espresse in forma massiccia contro la proposta del Governo Maduro di dare vita, attraverso un'Assemblea costituente non eletta a suffragio universale, ad una prospettiva di stampo chiaramente antidemocratico.

In un clima segnato da intimidazioni e violenze, ci sono stati due morti durante le operazioni elettorali, con una campagna elettorale di una sola settimana, tra l'altro proibita e ostacolata in tutti i modi dal Consiglio nazionale elettorale. Con un numero di seggi sette volte inferiore a quello previsto per le consuete elezioni, l'opposizione ha raggiunto quasi lo stesso numero di voti delle ultime assemblee parlamentari, quando conquistò i due terzi dei seggi dell'Assemblea legislativa: un successo evidente, un chiaro e inequivocabile “no” alla proposta di Assemblea costituente avanzata dal Governo Maduro.

Un serio rischio per la democrazia: così il Vaticano ha stigmatizzato questa ipotesi attraverso il suo rappresentante presso l'Organizzazione degli Stati americani. Come lei sa bene, signor Ministro, anche il Presidente del Consiglio Gentiloni ha invitato il Presidente Maduro a riconsiderare questo progetto: “L'Assemblea costituente - ha scritto Gentiloni insieme al Primo ministro spagnolo Rajoy al Presidente venezuelano - dividerebbe ancora di più il Paese anziché unirlo”; stessa posizione espressa dall'Unione europea attraverso il suo Alto rappresentante per la politica estera Federica Mogherini, alla quale oggi va tutta la nostra solidarietà per il pesante attacco e le offese ricevute proprio dal Presidente Maduro.

Anche noi, signor Ministro, crediamo al dialogo e ad una soluzione pacifica della grave crisi in atto, non dimenticando che dall'inizio delle proteste i morti sono ormai quasi cento; un dialogo però che, per essere concreto, non solo un'enunciazione di princìpi, deve partire dal rispetto delle quattro condizioni che tutti gli organismi internazionali hanno indicato come irrinunciabili. Mi riferisco alla liberazione dei detenuti politici e permettetemi di salutare il padre di uno dei leader dell'opposizione, Leopoldo López, oggi in tribuna ad assistere ai nostri lavori (Applausi); all'apertura di un canale per gli aiuti umanitari; al rispetto delle prerogative costituzionali del Parlamento; e alla convocazione di libere elezioni a suffragio universale.

In Venezuela, signor Ministro - lei lo ricordava -, vive una delle più grandi collettività italiane all'estero: si tratta di milioni di uomini e donne, che, nel corso di oltre un secolo, hanno contribuito alla crescita di quel Paese e, con le loro rimesse, anche del nostro. L'Italia sta facendo molto, con il rafforzamento della rete consolare e lo stanziamento di 1 milione di euro per l'assistenza ai cittadini indigenti.

Abbiamo risolto il problema delle pensioni italiane in Venezuela e stiamo cercando…

PRESIDENTE. Concluda.

FABIO PORTA. …di affrontare la questione più complessa del pagamento delle pensioni venezuelane in Italia.

Concludo invitando il Governo, il Parlamento, anche i mezzi di informazione - ha fatto bene il Ministro a ricordarlo - a fare di più: lo dobbiamo al futuro democratico di un Paese amico, ai nostri tanti connazionali che vivono in Venezuela e alle prospettive di pace e sviluppo dell'intero continente sudamericano (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Grande. Ne ha facoltà.

MARTA GRANDE. Presidente, in questi mesi il Venezuela è stato teatro di violenti scontri tra la popolazione, con una escalation di violenza che si è fatta sempre più intensa negli ultimi giorni, tanto da interessare praticamente tutti i media internazionali.

Come è noto, dalla morte del Presidente Chávez, il Venezuela ha conosciuto, sia pure a fasi alterne, periodi di instabilità economica e sociale che hanno contraddistinto in modo pressoché sistematico l'agenda politica del Paese. Certo è che, per comprendere ed affrontare seriamente la questione venezuelana, sarà necessario proporre un ragionamento più strutturato e non limitarsi ad un'analisi superficiale, ma piuttosto operare un reale approfondimento per raggiungere la radice del problema.

La destabilizzazione politica, ancor prima che sociale, di tutta l'America Latina è, infatti, un tema tristemente noto e quanto accade oggi è sotto molti aspetti il frutto malato di quella scelta scellerata.

La realtà delle cose però ci indica un sentiero alternativo che il potere oggi, in tutta la sua incomprensibile miopia, tende ad interpretare in modo totalmente opposto rispetto all'evidenza dei fatti: gli scontri di piazza, la depressione economica, il petrolio come metro principale per misurare la forza oggettiva degli Stati nemici dei propri stessi popoli, ma soprattutto il macabro bagno di sangue che sempre, costantemente, contraddistingue, quasi alla stregua di una necessità, certe operazioni politiche, tutte cose che sembrano provenire da un mondo lontano, che hanno un retrogusto nostalgico ed evocano nefasti scenari di un mondo diviso da muri, barriere e ideologia.

Oggi, invece, nel pieno dell'era post ideologica si esita a comprendere un fatto: minare l'autonomia degli individui è una strategia grottesca, oltre che intollerabile, strategia su cui purtroppo insistono non solamente i singoli Presidenti di molti Paesi, così come certe ingerenze esterne, che - si badi bene - non sono più scelte di Stati autonomi, ma, piuttosto, il frutto di operazioni di stampo macroeconomico e sistematicamente producono un esito contrario a quello desiderato.

Noi, invece, crediamo e intendiamo operare in una direzione opposta e ci interessa intensificare il dialogo, il rispetto, la tolleranza e la diplomazia, perché tanto i popoli, quanto i vertici chiamati a governare, possano raggiungere un'armonia di intenti improntata al rispetto delle specificità culturali dei Paesi.

In realtà, ciò che accade in Venezuela, pur considerando, come è giusto che sia, tutti i dettagli sociopolitici di un Paese che da molti anni si regge su equilibri precari, è un fatto di facile lettura e, anzi, in definitiva, oserei dire inevitabile. Nelle piazze, fra le strade, si scontrano opposte fazioni di un mondo estinto oramai da troppo tempo. Certo è che da una parte la forte spinta restauratrice di un capitalismo messo a dura prova negli anni di Chavez prima e di Maduro poi, e dall'altra la forte matrice ideologica, che molto ha influenzato e influenza la cultura e le scelte politiche di gran parte del popolo venezuelano, sono tutti fattori che hanno contribuito ad innescare un incendio le cui fiamme sono spaventosamente divampate nell'ultimo periodo e i cui esiti sono purtroppo tristemente noti a tutti.

Il Venezuela però, oggi, è un palcoscenico su cui tutti siamo chiamati a recitare la nostra parte e, se effettivamente ha un senso parlare in termini apertamente positivi di globalizzazione e di ridimensionamento, almeno in termini culturali, del concetto stesso di nazione e confine, ebbene non c'è miglior momento di questo per dimostrarlo. Perciò siamo qui oggi per ribadire la nostra contrarietà ad ogni forma di repressione armata del popolo venezuelano e a invocare a gran voce un massiccio e convinto intervento delle diplomazie europee, in primis, quella italiana, che vanta, per ovvie ragioni, un antico rapporto di amicizia con il popolo venezuelano.

Siamo consapevoli del grande sforzo che il Ministero sta facendo per monitorare, con l'attenzione dovuta, gli sviluppi di questa crisi e per tutelare i nostri connazionali sul territorio. Proprio per questo, abbiamo bisogno di tessere una robusta trama diplomatica e fare quanto sia possibile affinché si arrivi all'elezione del 2018 in un contesto sostanzialmente pacificato. Saranno poi i venezuelani a esprimersi alle urne.

Fino a quel giorno, la politica ha il compito di evitare il degenerare degli scontri di piazza, che fino ad oggi si sono susseguiti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fitzgerald Nissoli. Ne ha facoltà.

FUCSIA FITZGERALD NISSOLI. Grazie, Presidente. Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, la scorsa settimana abbiamo visto in varie località italiane tanti cittadini venezuelani in fila per votare al referendum simbolico indetto in Venezuela, non riconosciuto, in cui il 98,4 per cento dei votanti ha respinto il progetto di cambiamento costituzionale del Presidente Maduro.

Oggi si registra un livello insostenibile di crisi, anche se l'origine è lunga e quella economica dura da anni. Siamo ad un punto di conflitto istituzionale in cui vengono minati anche i diritti umani e si è alla soglia della guerra civile, in un Paese dove vivono circa 130 mila italiani e 600 mila europei.

Signor Presidente, non possiamo rimanere a guardare e bene ha fatto il Governo ad agire sia sul piano diplomatico, sia su quello umanitario, stanziando fondi aggiuntivi per i nostri connazionali lì residenti.

Riteniamo rilevante l'azione congiunta di Gentiloni e Rajoy che, ribadendo il rapporto speciale che i due rispettivi Paesi europei hanno con il Venezuela per la presenza considerevole delle comunità spagnole e italiane, radicate da decenni nel Paese sudamericano, e la comunanza di valori, costumi e tradizioni, hanno esortato il Presidente Maduro a non procedere ad indire l'Assemblea costituente.

Infatti, tale gesto farebbe aumentare la conflittualità e la disgregazione interna del Paese, mentre oggi è necessario ricucire i troppi strappi causati dalle repressioni violente. Anche Papa Francesco ha inviato una lettera personale al Presidente venezuelano per favorire il dialogo e ha pregato per il Venezuela durante l'Angelus di domenica scorsa, giorno del referendum. Non ci può sfuggire il valore simbolico e politico di tale gesto.

Ma mentre la diplomazia lavora, la situazione si fa sempre più grave e la crisi umanitaria incalza. Dall'Italia i parenti dei connazionali residenti in Venezuela raccolgono il grido di aiuto mandando pacchi con cose da mangiare, soprattutto farina, legumi e medicine, ma spediscono anche saponi, perché non sanno più con che cosa lavarsi; quindi, è una situazione disastrosa.

Signor Presidente, ritengo che sia arrivato il momento che il Governo si faccia carico di aprire un corridoio umanitario per gli italiani che vivono in Venezuela e di attivarsi con più efficacia diplomatica per l'avvio di un processo di normalizzazione. Le ultime notizie ci fanno sperare che si potrebbe aprire uno spiraglio, come ha ricordato lei signor Ministro, con la concessione degli arresti domiciliari al leader dell'opposizione Leopoldo Lopez. Ancor di più alla luce di questo, è necessario agire con sapiente solerzia per far cessare le violenze e avviare una pacificazione sociale che porterebbe anche al benessere in considerazione delle ricchezze naturali di questo Paese. Non si tratta di interferire con le questioni interne, ma di promuovere la pace sociale e i diritti umani. Come possiamo lasciar morire i bambini per mancanza di medicinali in un Paese con il quale abbiamo un pezzo di storia in comune?

Ecco queste sono le nostre considerazioni e vorremmo che i valori che ci caratterizzano nella nostra proiezione internazionale, nell'essere presenti dove c'è bisogno di umanità, ci portino ancora una volta a dare speranza ad un popolo e sostegno ai nostri connazionali in difficoltà che sentano la presenza viva del loro Paese, del nostro Paese, al loro fianco. L'Italia non può dimenticare i propri figli, quindi agiamo con diplomazia, ma anche con concretezza, perché la fame e la malattia non aspettano (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Martelli. Ne ha facoltà.

GIOVANNA MARTELLI. Grazie Presidente. Non è possibile comprendere l'attuale crisi in Venezuela senza analizzare nel loro insieme le cause che si sviluppano dall'interno e che non vengono spiegate nel complesso dei principali mezzi di comunicazione. Il criterio fondato sulla logica amico-nemico risponde più ad una disputa tra le élite dei partiti politici e dei gruppi economici che agli interessi fondamentali del popolo venezuelano e alla difesa dei beni comuni. Al di là delle versioni della lingua mediatica che interpreta tutto quello che sta succedendo nel Paese come crisi umanitaria, dittatura, prigionieri politici, e della narrativa eroica del Venezuela del socialismo e della rivoluzione che interpreta tutto quello che sta succedendo nel Paese come guerra economica o attacco dell'imperialismo, ci sono tematiche, soggetti e processi resi invisibili, che agiscono più in profondità e che costituiscono l'essenza dello scenario politico nazionale. Se c'è qualcosa che potrebbe considerarsi una specificità del caso venezuelano è che il contesto socio-politico è lacerato e decisamente confuso. Siamo di fronte a una crisi politica e istituzionale complessa che interessa tutte le istituzioni, pertanto è necessario considerare la nostra funzione e condividere alcuni elementi di riflessione, a partire dall'intervento straniero.

Il ricco insieme di risorse naturali del Paese, la posizione geostrategica, l'influenza in merito all'integrazione regionale dei Paesi latinoamericani, così come le alleanze con la Cina, la Russia o l'Iran, attribuiscono al Venezuela una notevole importanza in termini geopolitici. Dall'instaurazione della Repubblica bolivariana è cresciuta l'intensità dell'interventismo statunitense in Venezuela che si è rafforzato all'indomani della morte del Presidente Chávez. Ma, se parliamo di interventismo, non possiamo solo parlare degli Stati Uniti: in Venezuela sono presenti crescenti forme di interventismo cinese per quanto riguarda la politica e le misure economiche che si sono andate prendendo. Ciò porta a una perdita di sovranità, ad un incremento della dipendenza nei confronti della potenza asiatica e a processi di flessibilizzazione economica.

Tutte le vie di ingerenza straniere si stanno sviluppando per favorire l'accumulazione capitalista e l'appropriazione di risorse naturali e nulla hanno a che vedere con le rivendicazioni popolari. La condizione sociale, la crisi del modello di accumulazione della rete del petrolio, la corruzione nel Paese, l'aspra vulnerabilità del tessuto sociale e le intensità degli attacchi e degli scontri politici hanno fatto cadere, nel loro insieme, le istanze delle istituzioni formali di tutti gli ambiti della società, canalizzando buona parte delle dinamiche sociali sulle vie di meccanismi informali, sotterranei e illegali.

In ambito economico, la corruzione si è trasformata in un meccanismo trasversale, motore della distribuzione della rendita del petrolio, concentrando enormi somme di denaro e mettendolo a disposizione delle discrezionalità di pochi, svuotando così le basi dell'economia formale della rendita.

L'arretramento della condizione sociale fa crescere nella popolazione tendenze del tipo ‘si salvi chi può'. C'è poi da considerare che la frammentazione del potere ha contribuito al generarsi, al crescere e al potenziarsi di diversi poteri territoriali illegali, che controllano con le armi i territori.

La tensione politica: in un ambito politico-giuridico lo Stato di diritto non è riconosciuto e rispettato dai principali attori politici, che non solo si disconoscono mutuamente, ma ricorrono ad azioni politiche estreme, disposti a tutto per vincere l'uno sull'altro. E noi? E l'Italia? Dobbiamo uscire dalla logica manichea e posizione polarizzata. Le parole chiave sono: dialogo e solidarietà; dialogo e solidarietà dove l'unico attore esterno ammesso sono le Nazioni Unite, che hanno strumenti e competenze per garantire che in questa fase complessa il popolo venezuelano arrivi all'appuntamento elettorale del 2018 nella massima libertà di espressione e nella solidarietà di una migliorata condizione sociale e di vita (Applausidei deputati del gruppoArticolo 1-Movimento Democratico e ProgressistaCongratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cicchitto. Ne ha facoltà.

FABRIZIO CICCHITTO. Grazie, Presidente. Onorevole Ministro, dobbiamo usare un linguaggio della verità e allora dobbiamo dirci che, se nel passato, vedi il Cile, c'è stato un intervento americano che ha determinato un potere autoritario di destra, per quello che riguarda il Venezuela, abbiamo una evidente involuzione della sinistra. Già in Chávez c'erano elementi autoritari, ma Chávez si sosteneva su una situazione economica diversa e aveva un reale carisma; Maduro non ha il carisma, non ha la maggioranza del popolo, porta avanti una gestione autoritaria del potere, collocato su un impianto di sinistra ma di una sinistra autoritaria, totalitaria, che sta opprimendo il popolo. Questo è il paradosso della situazione venezuelana, chi la presenta in altro modo fa una straordinaria operazione di mistificazione rispetto alla realtà; c'è una contrapposizione fra Maduro e la grande maggioranza del popolo venezuelano, che si è espressa, in primo luogo, nell'elezione del Parlamento, poi con la contrapposizione di Maduro, dell'esercito, di nuclei di provocatori della polizia, che agiscono contro le manifestazioni. Una operazione di questo tipo adesso cerca di realizzare un autentico colpo di Stato attraverso una Costituente, la cui sigla è caratteristica di un corporativismo di sinistra, per cui si vota per categorie e si può votare più volte. Questo è il punto: la crisi, l'involuzione della sinistra nel Venezuela.

La sinistra può essere portatrice di elementi di libertà e di democrazia, ma può essere anche portatrice - e il Venezuela è un esempio - di elementi di autoritarismo, sostanzialmente reazionari, che possono portare a un autentico colpo di Stato di Maduro contro la grande maggioranza del suo popolo.

Questa situazione colpisce anche in modo fortissimo gli italo-venezuelani, gli italiani che lavorano lì, gli italiani ai quali va la nostra solidarietà, ma una solidarietà non generica, che gioca con le parole, ma conoscendo le categorie politiche ed economico-sociali con le quali noi ci dobbiamo misurare.

Quindi, signor Ministro degli esteri, nel condividere la sua relazione, però, noi dobbiamo sapere che ci stiamo trovando di fronte a un colpo di Stato in corso, un colpo di Stato che non è stato fatto come fu fatto quello di Pinochet, con un'operazione militare durissima e rapida , ma un colpo di Stato che si dipana, volta per volta, perché ogni volta si ritrova di fronte alla grande maggioranza del popolo venezuelano, come ha dimostrato il fatto che ben 7 milioni e 200 mila venezuelani hanno votato in questo referendum.

Questa è la grande questione che abbiamo davanti, che ha davanti l'Italia, che ha davanti la Comunità europea, che ha davanti la comunità internazionale. Chi viene qui a fare discorsi - e ne abbiamo sentito oggi qualcuno - falsamente equidistanti gioca con un'operazione, con un colpo di Stato che è nel suo corso e che va condannato e bloccato. I colpi di Stato vanno condannati sempre, sia che li facciano la destra e gli americani, sia che li faccia la sinistra, come sta avvenendo in Venezuela (Applausidei deputati dei gruppiAlternativa Popolare-Centristi per l'Europa-NCD, Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvinie Misto-Direzione Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Gianluca Pini. Ne ha facoltà.

GIANLUCA PINI. Grazie, Presidente. Io vorrei - prima di analizzare un attimo la situazione e rendere noto quello che è il nostro pensiero come gruppo parlamentare - invitare il Ministro a una maggiore attenzione su quello che legge o, per lo meno, a controllare meglio quello che i suoi uffici gli preparano, perché, onestamente, al di là dell'ambiguità su alcuni passaggi, che sono, però, diciamo così, “macro”, non è accettabile sentire in quest'Aula parlare, come ha detto lei, leggo testualmente, di “segnale incoraggiante” il fatto che il Presidente Maduro abbia messo ai domiciliari il leader dell'opposizione. Se per lei mettere ai domiciliari un leader dell'opposizione è un segnale incoraggiante, c'è troppa distanza politica fra il concetto di libertà che abbiamo noi e quello che avete voi in questo Governo (Commenti del Ministro Alfano). Ministro, è inutile che se la prenda. Tutti gli attori internazionali, come qualcuno ha anche ricordato, di maggioranza, hanno citato quelli che sono i quattro elementi fondamentali e irrinunciabili per i quali si può pensare di stimolare un dialogo e il primo di questi è la liberazione - non la messa ai domiciliari! -, è la liberazione di tutti gli esponenti dell'opposizione; quindi è inutile che si arrabbi, se legge qualcosa che magari i suoi uffici le hanno preparato in maniera sbagliata. E lasci che l'opposizione, all'interno di questo Paese, le faccia le pulci sul fatto che lei abbia disatteso in qualche modo quello che era un segnale di rischio che già da tempo veniva. Perché, anche la richiesta o la sollecitazione che viene fatta di creare un gruppo, così, misto, fra Paesi latino-americani e Paesi non latino-americani per cercare una mediazione, sarà un fallimento. Se veramente credete che, da qui a dodici giorni, qualcuno riesca a fermare quella follia che Maduro sta cercando di fare, non avete capito che si sta scivolando verso una guerra civile (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini)! È quello lo scenario che, purtroppo, si dovrà andare a fronteggiare, a meno che qualcuno non abbia il coraggio di andare alle Nazioni Unite, in maniera convinta, e fare allontanare tanto la Russia, quanto la Cina, da un sostegno che, di fatto, purtroppo, ancora c'è nei confronti di chi presiede in questo momento, in maniera assolutamente dittatoriale, il Venezuela.

Però, sono tre i punti che secondo noi dobbiamo affrontare come Paese, sia sul piano internazionale, in senso lato, sia sul piano di quelli che sono i contesti specifici nei quali si può attivare un dialogo, sperando che questo effettivamente si possa attivare.

Uno è, appunto, il coinvolgimento delle due principali potenze mondiali che ancora, in qualche modo, in maniera un po' ambigua, non mollano la presa su interessi specifici che hanno all'interno di quel Paese; su questo va fatto, secondo noi, un lavoro specifico e capillare.

Io posso capire che a qualcuno dia fastidio vedere, non, come ha detto il collega Cicchitto, un'involuzione della sinistra latinoamericana, ma un vero e proprio fallimento di quel modello, non solo ideologico, ma proprio culturale: un fallimento culturale di un modello socialista che da sempre, comunque, mostrava segni di autoritarismo e che, purtroppo, in tempi che mai nessuno avrebbe sospettato, in tempi così moderni, ha effettivamente, poi, dato il peggio di sé.

Quello che, poi, interessa noi internamente, come Paese, è sicuramente dare un sostegno ben diverso e ben più sostanzioso, Ministro, ai cittadini italiani che vivono in Venezuela da tanto tempo, che hanno fatto, sì, la loro fortuna nel passato, ma che hanno fatto anche la fortuna di quel Paese, dandogli un sostegno economico vero, concreto, non una manciata di briciole, quando in realtà, poi, magari, si spendono miliardi per i finti profughi che arrivano all'interno di questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).

Fare tutto il possibile, solo su questo concordo: l'impegno della Farnesina - questo lo apprezziamo - di mandare più personale qualificato possibile in questo momento, per far sì che tutti i cittadini italiani, che vogliono uscire prima che ci sia una pericolosa escalation di violenza all'interno quel Paese, possano tornare in Italia, con la dignità di persone normali, non di migranti o di profughi come, magari, vorreste voi (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Palazzotto. Ne ha facoltà.

ERASMO PALAZZOTTO. Grazie, signor Presidente. Signor Ministro, anche noi siamo molto preoccupati per la degenerazione della situazione in Venezuela.

Apprezziamo lo sforzo che si fa da parte del nostro Governo per il sostegno ai cittadini italiani residenti in Venezuela, ma non possiamo non affrontare in quest'Aula una riflessione che, purtroppo, ci vede ancora una volta provare a mettere in discussione la logica del campismo con cui, molte volte, questo Parlamento e anche questo Governo affrontano le questioni che riguardano la politica estera.

In Venezuela è in atto una crisi senza precedenti, che trae origine dalla crisi economica che, per l'abbassamento del prezzo del petrolio, su cui il Governo venezuelano aveva impostato anche tutto il sistema di Stato sociale, ha determinato tensioni sociali senza precedenti. Noi sappiamo che il Governo venezuelano non è stato capace di gestire queste tensioni e questa crisi economica; sappiamo e diciamo chiaramente che c'è un problema di rispetto delle libertà civili in questo momento in Venezuela, ma sappiamo anche che c'è una condizione straordinaria, legata alle ingerenze esterne di potenze straniere, a partire dagli Stati Uniti d'America, che hanno interessi strategici dal punto di vista energetico in quel Paese e che, da sempre, si oppongono alle riforme che erano state messe in campo, nel processo della rivoluzione bolivariana, da Hugo Chávez, che ha preso i soldi da quelle multinazionali che stavano derubando, come è successo in molte esperienze dell'America latina, i popoli di quel continente e li ha messi a disposizione per fare il più grande processo di sottrazione dalla povertà di milioni di cittadini venezuelani che vivevano in condizioni drammatiche.

Sappiamo che oggi c'è il rischio di una guerra civile e vorremmo che questo Governo si schierasse apertamente per un processo di pace. Il processo di pace si costruisce provando ad avere una condizione di neutralità dentro a quel processo e, invece, questo Governo ed esponenti politici della maggioranza hanno continuamente, in questi mesi, preso le parti dell'opposizione.

Io non ho mai sentito l'onorevole Cicchitto, il presidente Cicchitto, dire qualcosa quando, nel 2002, la stessa opposizione organizzò un golpe nei confronti del presidente Chávez, che godeva non solo del carisma, ma anche del grande consenso di buona parte del popolo venezuelano, che lo andò a liberare nottetempo.

Eppure, c'è un doppiopesismo insopportabile nel dibattito politico di quest'Aula parlamentare: c'è la condanna senza se e senza ma della gestione disastrosa di una condizione quasi vicina alla guerra civile in Venezuela, ma c'è il silenzio assordante rispetto al Governo turco, che in carcere imprigiona i parlamentari. Perché non si chiede, in questo Parlamento, la scarcerazione di Demirtas, che è il leader dell'opposizione in Turchia al Governo di Erdogan (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile)? Perché state in silenzio davanti a tutto questo?

Allora, io penso che bisogna chiedere libertà per i detenuti politici e per gli esponenti dell'opposizione, sapendo distinguere, perché dentro l'opposizione venezuelana ci sono anche forze golpiste, ci sono anche mercenari al soldo di potenze straniere. Buona parte delle violenze, da una parte e dall'altra, sono di gruppi di collettivi paramilitari che si sono spesso autorganizzati e che trovano finanziamenti in potenze straniere, non solo del continente latino-americano, ma anche degli Stati Uniti.

Io penso che da questo punto di vista parole di verità sarebbero queste: sarebbe riconoscere che dentro quella partita, dentro la situazione venezuelana si stanno giocando altre partite e il nostro Governo non può far finta di niente, non può schierarsi sempre e soltanto dalla parte dei nostri alleati quando in gioco ci sono gli interessi strategici di altri e non i nostri.

Io penso, e concludo, Presidente, che bisogna sostenere con forza il lavoro di mediazione della Santa Sede, ed è per questo che tra le proposte della Santa Sede non c'è la messa in discussione della Costituente; bisogna trovare nella Costituente il terreno di un processo di pace unitario, se è il caso chiedendo anche modifiche al meccanismo di suffragio elettivo di quell'Assemblea costituente; e bisogna chiedere che l'ONU svolga un ruolo in questa partita. Vorrei che il Governo italiano, invece di venire in quest'Aula ad esprimere falsa e ipocrita solidarietà rispetto al popolo venezuelano, chiedesse alle Nazioni Unite di mandare un inviato di pace in Venezuela e di aprire una pratica in Consiglio di sicurezza perché si avvii un processo di pace sotto l'egida delle Nazioni Unite e non sotto Governi che nutrono altri interessi nei confronti del Venezuela (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Vezzali. Ne ha facoltà.

MARIA VALENTINA VEZZALI. Grazie, Presidente. Governo, colleghi, il Venezuela ha rappresentato una opportunità per la comunità italiana che nel dopoguerra ha cercato fortuna in Sudamerica e per anni è stata la realtà più ricca di quell'area. Ora, invece, le sorti del Venezuela sono critiche: dopo anni di Governo, Chávez ha indebitato il Venezuela che ora si trova a fare i conti con una inflazione che si aggira intorno al 700 per cento e l'economia che si è ridotta di un quinto. La popolazione è povera: c'è penuria di cibo e medicine e la mortalità infantile è arrivata a sfiorare il 30 per cento; per mancanza di coagulanti sono deceduti un funzionario della nostra ambasciata e due suoi familiari; un nostro diplomatico è stato ucciso nella sua casa durante un tentativo di rapina; ha subito agguati anche il nostro ambasciatore, fatti questi denunciati con atti parlamentari. Il Governo venezuelano è insolvente per quasi 3 miliardi di dollari verso le imprese italiane, messe a dura prova dalla situazione di generale instabilità.

La morte di Chávez ha portato al Governo Maduro, che non ha mai goduto di grande popolarità: alle ultime elezioni è stato rieletto per un soffio. Il Paese sta scivolando verso la guerra civile. Nonostante le gravi difficoltà economiche e i disordini, 7 milioni di cittadini hanno votato per il referendum contro la riforma costituzionale proposta da Maduro. Il risultato non si presta ad interpretazioni, è l'espressione di una chiara volontà: oltre il 98 per cento dei votanti ha detto “no”, compresi quasi 700 mila venezuelani residenti all'estero.

La situazione con questo risultato diviene sempre più precaria, la democrazia incerta e la sicurezza degli individui è minacciata da continui sequestri ad opera di bande criminali che si finanziano grazie alle estorsioni.

La nostra comunità si aspetta risposte. Sarebbero in migliaia pronti a rientrare: un controesodo che finora si è preferito evitare, cercando di inviare aiuti sul posto e misure di sostegno; persone che non sono in grado neppure di far fronte alle spese per il viaggio. Dobbiamo farci carico dei nostri connazionali in difficoltà, assicurare loro gli standard di sicurezza e di assistenza. Alcune regioni sono molto attive nell'invio di medicinali e con le raccolte fondi, ma possiamo fare di più. Se siamo famosi al mondo per l'accoglienza, abbiamo anche il dovere di sostenere quegli italiani che con grandi sacrifici hanno lasciato la loro terra e i loro familiari per scommettere su un futuro migliore, che hanno lavorato e sostenuto per anni i loro congiunti rimasti in Italia. Abbiamo il dovere di farci carico di quelle responsabilità che un Paese ha verso i suoi cittadini. Invito, dunque, il Ministro a proseguire con la maggiore determinazione possibile le azioni già intraprese dalla nostra diplomazia.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Marazziti. Ne ha facoltà.

MARIO MARAZZITI. Grazie, Presidente. Signor Ministro degli Affari esteri, la ringrazio, a nome del nostro gruppo, dell'informativa e delle notizie che indicano come stia continuando un'attenzione speciale per un Paese per noi particolarmente importante, vicino e amico, cosa che, da tempo, l'Italia sta facendo. Non è solo per i 150 anni di emigrazione, per i 4 milioni di persone di origine italiana, il 13 per cento di quel Paese, o per i 150.000 passaporti. Ricordo che l'11 marzo del 2015, dopo l'arresto del sindaco Ledezma, presso il Comitato diritti umani di questo Parlamento, abbiamo fatto un'audizione dove tutta la drammaticità, già, emergeva, ai danni di chi si opponeva a un processo di involuzione autoritaria che, progressivamente, è peggiorato e, oggi, è diventato un'involuzione autoritaria contro il popolo venezuelano.

Noi sappiamo di questa attenzione, di questo impegno che, ovviamente, per ora, non ha ancora scongiurato un precipitare della situazione, ma sette visite del Viceministro Giro, penso all'impegno dell'ambasciatore Mignano, hanno permesso trenta liberazioni di prigionieri politici e, sicuramente, oggi, l'Italia è il Paese che più da vicino sta accanto al popolo venezuelano, per evitare che si aggiungano altre migliaia ai 1.366 arrestati per motivi politici, nel solo 2017, e che questa guerra civile a bassa intensità diventi una guerra a tutto campo.

C'è la necessità di fare presto; gli aiuti alla popolazione civile predisposti dall'Italia sono un altro segnale di attenzione, ma occorre un processo di pace, occorre scongiurare, in tutti i modi, l'involuzione ulteriore che l'Assemblea costituente porterebbe nella situazione venezuelana, con il Presidente Maduro che ignora il fatto che 7 milioni 200.000 cittadini si siano pronunciati, al 98 per cento, in condizioni difficili, anche se in una consultazione informale. Ebbene, in questa situazione noi abbiamo una scelta da fare, la scelta si chiama: o pace preventiva o non far scoppiare pienamente la guerra civile. Questo si chiama dialogo, riassegnare al Parlamento che c'è in Venezuela la sua centralità, non far procedere il percorso di Assemblea costituente che delegittimerebbe le uniche decisioni prese dal popolo venezuelano fino adesso, utilizzare il percorso indicato dalla Santa Sede come base di un vero negoziato tra le parti e, quindi: Parlamento, dialogo nazionale, liberazione dei prigionieri politici, protezione della popolazione civile, in una situazione in cui, in soli quattro anni, prima per un dollaro bastavano 25 bolivar e adesso ce ne vogliono ottomila e l'inflazione è all'800 per cento. Non è Weimar, è una bancarotta che rischia di scoppiare in tutta l'America Latina e nell'America Centrale. Ebbene, questo vuol dire una iniziativa italiana. L'Italia, la Spagna e il Portogallo sono Paesi che hanno un credito, un'esperienza e qualcosa da dire in quell'area. Le Nazioni Unite possono essere il luogo dove si prende la decisione per una iniziativa di pace; l'Italia può prendere una iniziativa politica per questa pace e per questo dialogo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole La Russa. Ne ha facoltà. Onorevole La Russa, io so che lei lo vorrebbe tenere segreto, però, penso che mi sarà concesso farle gli auguri, perché, oggi, lei compie gli anni.

IGNAZIO LA RUSSA. Volevo tenerlo segreto, ha ragione, grazie (Applausi). La ringrazio, però, molto, Presidente, così come ringrazio il Ministro per avere voluto svolgere questa relazione al Parlamento, alla Camera e, anche, per la decisione, sulla quale concordo, di rafforzare al massimo la presenza e diplomatica e non diplomatica in Venezuela, a tutela degli interessi e della possibilità di movimento e anche di rientro in patria degli italiani che desiderassero farlo.

E finisce qui la mia soddisfazione, perché sono molto deluso, non tanto e non solo, dell'azione del Governo, quanto e soprattutto, della reazione di questo Parlamento, che, non so se è sordo, ma, sicuramente, è vuoto. Questo sarebbe il meno, capita spesso in occasioni come queste, ma mi pare abbia affrontato, in forma assolutamente burocratica, una questione di drammatica attualità. Non si tratta di fare, qui, filosofia, di invocare provvedimenti di pace, di pensare a tempi lontani. Il 30 di questo mese, in Venezuela, ci sarà un colpo di Stato se non sarà impedita la votazione sulla nuova Costituzione o Assemblea costituente o come la chiama il buon Maduro.

Allora, io credo che questo Parlamento, anzi, l'Italia, il Governo dovrebbe - forte della presenza di italiani in Venezuela, del nostro interesse per ciò che succede in quella parte del mondo - assumere un atteggiamento completamente diverso. Io sono rimasto veramente allibito, stupito. Il primo intervento del Partito Democratico ha definito - tanto per cambiare, così siamo tutti d'accordo - la situazione venezuelana una situazione di stampo fascista; e, allora, siamo a posto, la possiamo condannare, è di stampo fascista: naturalmente, Castro, Chávez son tutti noti hitleriani o mussoliniani o chissà che altro, come tutti, naturalmente, sanno e conoscono, ma non sono da meno gli altri interventi più articolati. Gli amici, anzi, i colleghi, non amici, dei Cinque Stelle hanno fatto una specie di atlante geografico, un intervento che è quello che si insegna ai ragazzini di terza media: questo è il Venezuela, c'è la crisi economica, vediamo che succede. Il 30 di questo mese c'è il colpo di Stato!

Beh, io non mi sono, invece, stupito degli interventi di sinistra, disperatamente protesi a tentare di dire che, come al solito, non è colpa dell'ideologia che si è incardinata in quel Paese, ma è colpa della Cina, dell'America, ho sentito parlare delle forze golpiste, degli Stati Uniti, di tutti, tranne che di chi ha arrestato in questi ultimi tre anni 4.000 oppositori, tranne che di chi, dal 2013 ha dichiarato che si può sparare sulla folla solo se si raduna per protestare, o di chi ha rinviato il referendum revocativo o revocatorio che era previsto per gennaio, senza data, tranne che per chi ha fissato il colpo di Stato giudiziario per questo mese, tranne che per chi ha la complicità, incredibile, della asserita, com'è che si chiama da loro, Corte Suprema di giustizia, che ha fatto 250 sentenze contro il Parlamento liberamente eletto che non è a favore di questo Governo. È un Parlamento di opposizione. Contro di loro non ho sentito molto, dobbiamo fare un'azione di pace. Allora, meglio Trump, che almeno ha detto: se fate questa cosa al 30 luglio, sanzioni dure e immediate.

Vogliamo dire quale sarà la reazione dell'Italia, nel caso in cui si continuasse, non solo ad arrestare, imprigionare, perseguitare gli oppositori, ma a fare questo ulteriore passo di colpo di Stato?

Io mi aspetto un'azione del Governo molto, molto più incisiva. Non mi aspettavo molto dal Parlamento, ma quello che ho sentito mi ha lasciato veramente allibito e confido che la drammaticità del momento e la speranza che Antonio Ledezma possa presto riacquistare la libertà non finisca nello squallore del dibattito di oggi, ma rientri nel cuore degli italiani (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale e del deputato Altieri).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Menorello. Ne ha facoltà, per due minuti.

DOMENICO MENORELLO. Signor Presidente, signor Ministro degli esteri, la guerra civile in cui precipita il Venezuela è anomala, perché le opposte parti la combattono con metodi radicalmente differenti: il Governo con quelli di Fidel Castro e il popolo con quelli di Vàclav Havel. Gli eredi di Chavez, cioè, impongono un castrismo che si sperava ormai decaduto, con il carcere e l'assassinio per gli oppositori, il blocco del Parlamento e prostrando il Paese nella miseria, ma commuove un popolo che, mentre vive nelle code per ottenere un po' di sostentamento, spesso smettendo di mangiare, perché i bambini abbiano un boccone, lascia che la violenza venga solo dall'alto. Ancora una volta, il chavismo incita alla lotta e non trova che una risposta pacifica, trova un popolo che preferisce quel potere dei senza potere che quarant'anni fa Havel dal carcere profetizzava come la vera rivoluzione. C'è un Venezuela già libero, perché il popolo ha la libertà…

PRESIDENTE. Concluda.

DOMENICO MENORELLO. Credo di avere due minuti, Presidente.

PRESIDENTE. Gliene è rimasto uno, infatti. Le ho segnalato che mancava un minuto.

DOMENICO MENORELLO. Grazie. C'è un Venezuela già libero, perché il popolo ha la libertà di non versare sangue; un popolo che ogni giorno sa combattere la fame con la pentola comunitaria distribuita in molte chiese, trasformando così il bisogno in condivisione contro la disperazione; un popolo innervato di opere sociali, come Trabajo y Persona, che ha insegnato a qualcosa come 1.500 donne un lavoro, per mantenere nuovamente le proprie famiglie; un popolo che domenica scorsa è di nuovo esistito politicamente, con 7 milioni di persone a votare nelle strade e nei sagrati contro il golpe costituzionale e per il partito unico del prossimo 30 luglio.

Signor Ministro, dobbiamo difendere in ogni modo questa comunità civica venezuelana, sia con le armi della diplomazia sia incoraggiando la solidarietà diffusa degli italiani, a partire dalla partecipazione alla giornata di preghiera indetta dalla Conferenza episcopale del Venezuela per il prossimo 21 luglio. Ciò non solo per sostenere l'eroica resistenza dei venezuelani contro il neo castrismo di Maduro, ma anche per poter, guardandoli, imparare nuovamente noi stessi il desiderio di essere popolo (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Civici e Innovatori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Altieri. Ne ha facoltà, per due minuti.

TRIFONE ALTIERI. Presidente, signor Ministro, 7 milioni 200 mila cittadini del Venezuela hanno votato, manifestando grande coraggio, affrontando le violenze che il regime di Maduro impone, per gridare la loro contrarietà al colpo di Stato che Maduro sta preparando, togliendo ogni riferibilità a un Parlamento democraticamente eletto, di cui però è opposizione, perché già nelle ultime elezioni Maduro è stato sconfitto. Questo è stato un grido d'allarme, signor Ministro, rivolto, a nostro parere, essenzialmente alla comunità internazionale, perché per quei 7 milioni 200 mila venezuelani ci sono stati seggi in 101 Paesi del mondo, anche nel nostro Paese; anche in Italia c'erano 30 seggi dove si è votato per dire “no” al colpo di Stato di Maduro. Hanno gridato quindi con forza “aiuto” alla comunità internazionale, e hanno gridato con forza la fine di un regime marxista, di una dittatura di stampo castrista e socialista. Loro amano chiamarsi socialisti del XXI secolo, ma stanno riducendo quei Paesi, che governano nel XXI secolo, alla fame, alla violenza e alla povertà. Ritengo che il nostro Paese, anche per rispetto dei tanti italiani che vivono in Venezuela, debba fare molto e di più, dichiarandosi fermamente contrario al tentativo di golpe che Maduro vuole mettere in campo con la Costituente, perché quella è tutto tranne che una Costituente.

PRESIDENTE. Concluda, onorevole.

TRIFONE ALTIERI. Si tratta solo di esautorare il Parlamento e i cittadini venezuelani di ogni potere e di impostare una dittatura con la forza e la violenza. A questo, l'Italia e la comunità internazionale devono dire “no” con decisione (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Direzione Italia e del deputato La Russa).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Binetti. Ne ha facoltà, per due minuti.

PAOLA BINETTI. Presidente, signor Ministro, l'abbiamo sentito ripetere da tutti coloro che sono intervenuti, o per lo meno da quasi tutti quelli che sono intervenuti: quella che Maduro ha in mente è una riforma costituzionale che in realtà consegna il Paese a una dittatura con cui lui potrebbe tornare a governare fino alla fine dei tempi, forse fino a che non ci fosse un golpe di quelli che potrebbero esitare davvero nel sangue, con quella violenza che spesso siamo abituati a leggere attraverso la stampa e che caratterizza una serie di movimenti di protesta in America Latina.

Sappiamo perfettamente che c'è una popolazione in Venezuela che ha detto “no” a questo Governo, che ha detto “no” a questa riforma costituzionale, che ha detto “no” alla fame. Ricordiamo che il Venezuela è un Paese che galleggia sul petrolio, è un Paese ricco, è un Paese pieno di risorse umane, non si capisce come tanta povertà si sia potuta impadronire degli aspetti più minuti della vita. Non ci sono farmaci. Noi stessi, insieme ad alcuni amici, abbiamo promosso una spedizione di farmaci, perché ci sembrava giusto venire incontro ad alcune necessità. Ma questo Paese muore, e muore per la volontà - me lo lasci dire - di un pazzo criminale che è salito al potere legalmente ma che occupa questo potere in modo del tutto illegale.

Quella riforma costituzionale non si ha da fare, perché la popolazione ha detto “no”; l'ha detto liberamente, l'ha detto in tutto il mondo dove si trovava, anche fuggita dalla persecuzione, quelli sì, che sono anche rifugiati. A tutti questi noi dobbiamo una risposta internazionale. Noi affidiamo al nostro Ministro degli Affari esteri, con l'energia, la forza e la determinazione e la lucidità con cui difende i nostri valori, il compito di portare la volontà anche del nostro Paese a tutti i concittadini venezuelani (Applausi dei deputati del gruppo Misto-UDC-IDEA).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Locatelli. Ne ha facoltà, per due minuti.

PIA ELDA LOCATELLI. Signor Presidente, da poche ore si è concluso il referendum organizzato dalle opposizioni perché il popolo venezuelano potesse esprimersi liberamente sul piano del Presidente Maduro, un piano per riscrivere la Costituzione chavista del 1999 e portare il Paese verso il presidenzialismo a vita: dittatura piena. L'importanza di questo referendum non ufficiale non sta tanto nel risultato scontato, ma nella partecipazione: oltre 7 milioni e mezzo di partecipanti, cioè tutta l'opposizione, è andata a votare, nonostante le difficoltà. Questo voto è molto più di un'espressione simbolica di opposizione, è un fortissimo “no” che si è levato dal Paese contro Maduro. Il Paese è in rivolta da quasi quattro mesi, dalla vergognosa sentenza della Corte suprema che privava il Parlamento - ha tentato di farlo - delle sue prerogative parlamentari. Gravissimo! Quindi, cento morti, centinaia di imprigionati per ragioni politiche, criminalizzazione del sindacato, condanne di civili da parte di tribunali militari, e la lista è lunghissima. Sono appena tornata da una riunione del consiglio dell'Internazionale socialista che si è tenuta alle Nazioni Unite: era presente come ospite speciale il Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ed erano presenti le delegazioni di un centinaio di Paesi, tra queste le delegazioni venezuelane. Abbiamo ascoltato le loro testimonianze; le loro richieste sono quelle che sono state illustrate qui. Il Segretario generale delle Nazioni Unite ha confermato che l'ONU è a disposizione per promuovere una mediazione, ma ci vuole il consenso delle due parti perché la mediazione si faccia, e Maduro non ci sta. Chiedo al Governo di lavorare in questa direzione. Infine, saluto il padre di Leopoldo Lopez, dirigente di Voluntad Popular, membro dell'Internazionale socialista; mi unisce affettivamente a questa persona questo legame politico (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Partito Socialista Italiano (PSI)-Liberali per l'Italia (PLI)).

PRESIDENTE. Concluda, onorevole.

PIA ELDA LOCATELLI. Infine, il collega Pini non c'è, ma io credo che il padre di Lopez sia…

PRESIDENTE. No, onorevole Locatelli, abbiamo anche esaurito il tempo, la ringrazio.

È così esaurito lo svolgimento dell'informativa urgente del Governo.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 15,14).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno avere luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Sospendo a questo punto la seduta, che riprenderà alle ore 15,35.

La seduta, sospesa alle 15,15, è ripresa alle 15,35.

Seguito della discussione della proposta di legge: Dambruoso ed altri: Misure per la prevenzione della radicalizzazione e dell'estremismo violento di matrice jihadista (A.C. 3558-A).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della proposta di legge n. 3558-A: Misure per la prevenzione della radicalizzazione e dell'estremismo violento di matrice jihadista.

Ricordo che, nella seduta del 6 luglio 2017, sono stati accantonati gli emendamenti riferiti all'articolo 5 ed è stato da ultimo respinto l'articolo aggiuntivo Rampelli 7.050.

Avverto che la V Commissione (Bilancio) ha espresso il parere prescritto, che è in distribuzione (Vedi l'allegato A).

Avverto, inoltre, che fuori dalla seduta l'articolo aggiuntivo Roberta Agostini 8.060 è stato ritirato dalla presentatrice.

Chiedo alla relatrice come intenda proseguire nell'esame del provvedimento.

BARBARA POLLASTRINI, Relatrice per la maggioranza. Grazie, signor Presidente. Intendo proseguire, riprendendo l'articolo 5, che avevamo accantonato nella precedente seduta.

PRESIDENTE. Sta bene.

(Esame dell'articolo 5 - A.C. 3558-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 5 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A).

Se nessuno chiede di intervenire sul complesso degli emendamenti, invito dunque la relatrice ad esprimere il parere della Commissione.

BARBARA POLLASTRINI, Relatrice per la maggioranza. Immediatamente, signor Presidente. Subemendamenti: 0.5.201.1 Carfagna, contrario; 0.5.201.4 Invernizzi, invito al ritiro o parere contrario; 0.5.201.2 Carfagna, invito al ritiro o parere contrario; 0.5.201.5 Invernizzi, invito al ritiro o parere contrario; 0.5.201.6 Invernizzi, parere favorevole; 0.5.201.7 Naccarato, parere favorevole; 0.5.201.3 Carfagna, invito al ritiro o parere contrario.

Emendamenti: 5.201 della Commissione, parere favorevole; 5.53 Carfagna, invito al ritiro o parere contrario; 5.54 Carfagna, parere contrario; 5.50 Becattini, parere contrario; 5.55 Carfagna, parere contrario; 5.56 Gregorio Fontana, parere contrario; 5.70 Garnero Santanchè, parere contrario; 5.100, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento, parere favorevole.

PRESIDENTE. Il Governo?

FILIPPO BUBBICO, Vice Ministro dell'Interno. Parere conforme, Presidente.

PRESIDENTE. Non vedo il relatore di minoranza e per questo do per acquisito che non esprima i pareri.

Passiamo, dunque, ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento 0.5.201.1 Carfagna, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 1).

Passiamo alla votazione del subemendamento 0.5.201.4 Invernizzi.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pagano. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO PAGANO. Presidente, intervengo perché francamente siamo molto contrariati da questo parere che viene dalla relatrice. Francamente avere predisposto la possibilità anche che la Costituzione italiana venga ad essere ossequiata e seguita all'interno del comitato pensavamo che fosse, almeno questo, un elemento di garanzia non solo costituzionale ma anche in generale per tutti. Quindi, non riusciamo a comprendere. Avremmo anche piacere di sapere di più dalla relatrice sui motivi di un qualcosa che è dato per scontato e che, invece, viene esattamente negato. Penso che sia un segnale negativo. Ovviamente, noi voteremo favorevolmente e, quindi, non ritireremo per nulla questo emendamento.

BARBARA POLLASTRINI, Relatrice per la maggioranza. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BARBARA POLLASTRINI, Relatrice per la maggioranza. Grazie, signor Presidente. Poiché il tema ricorrerà in altri emendamenti, è anche la mia occasione per dire ai colleghi che, se hanno la pazienza di leggere l'emendamento presentato dalla Commissione, vedranno contenuti quei riferimenti. Ci sono, infatti, riferimenti specifici ai temi della salvaguardia dei princìpi costituzionali, delle libertà delle donne e dei bambini e delle tutele ai bambini e, in particolare, se voi avete la pazienza di vedere l'emendamento 5.201 della Commissione, vedrete che abbiamo dato opinione favorevole sulle due parole: “costituzionalmente garantiti”.

Quindi, io ritengo che l'emendamento della Commissione 5.201, con il subemendamento 0.5.201.6 Invernizzi, rispondano alle esigenze che sono state poi poste nel dibattito.

PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori del subemendamento 0.5.201.4 Invernizzi non accettano l'invito al ritiro proposto dalla relatrice per la maggioranza e insistono per la votazione.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento 0.5.201.4 Invernizzi, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 2).

Passiamo alla votazione del subemendamento 0.5.201.2 Carfagna.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Presidente, pare che allorquando vi sia un richiamo in qualche emendamento alla parola “Costituzione” vi sia immediatamente una sorta di retropensiero che porta ad esprimere il parere contrario, come se gli effetti del “no” referendario si fossero estesi in modo inaccettabile - e su questo mi riferisco, ovviamente, al Partito Democratico - essenzialmente a qualsivoglia richiamo forse anche semplice e ovvio a quelli che sono i principi costituzionali.

In un provvedimento di questo genere proprio il richiamo che viene dal subemendamento in questione è semplicissimo: è alle donne e ai minori nell'ottica di un'effettiva integrazione e del rispetto, anche in ambito familiare, delle leggi dello Stato e dei principi fondamentali della Costituzione. Cioè, sostanzialmente noi affermiamo che, in una logica anche di integrazione, bisogna fare riferimento necessario e indispensabile ai cardini del sistema costituzionale.

Ora, il parere contrario o invito al ritiro su questo subemendamento inducono al sospetto, perché non vi sarebbe nessuna ragione, nessuna appartenenza che possa legittimare un veto a che tutto questo avvenga nel rispetto dei principi normativi, e soprattutto nell'ottica dalla Costituzione. E mi stupisce che una relatrice illuminata come la collega Pollastrini possa non avere una sensibilità sviluppata verso un invito, che risponde soltanto alla necessità di tenere fermo un pilastro in questa materia, che è data proprio non da un nazionalismo becero, ma da un richiamo a quelli che sono princìpi assolutamente decisivi per la struttura - e valori, mi suggerisce il collega Sarro - fondamentali rispetto a quello che è il nostro sistema. Allora, io invito fortemente ad una riflessione su questo subemendamento, e chiedo alla relatrice, da par sua, una parola di moderazione. Noi voteremo ovviamente a favore.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fiano. Ne ha facoltà.

EMANUELE FIANO. Presidente, vorrei per il suo tramite chiarire al collega Sisto: il senso del subemendamento 0.5.201.2 Carfagna, rispetto a ciò che noi andiamo ad approvare poche righe dopo, è restrittivo. Perché ci sono due concetti che la collega Carfagna e il collega Occhiuto volevano inserire nel testo dell'emendamento della Commissione: primo, l'ottica di un controllo dell'effettiva integrazione; secondo, il rispetto dei principi fondamentali della Costituzione.

Il rispetto dei principi fondamentali della Costituzione (posto che immagino che il collega Sisto, nonché giurista, convenga che non esistono leggi che non possono guardare al rispetto della Costituzione) viene comunque da noi integrato con l'accoglimento del subemendamento 0.5.201.6 Invernizzi, il quale inserisce alla quarta riga del testo dell'emendamento 5.201 della Commissione “costituzionalmente garantiti”. Con il che il testo diventa (leggo l'emendamento 5.201 della Commissione): “Il Comitato dedica particolare attenzione alla verifica del rispetto dei diritti e delle libertà delle donne e dei minori costituzionalmente garantiti”; con il che viene salvaguardata esattamente la seconda parte del subemendamento 0.5.201.2 Carfagna, il quale dice: nel rispetto delle leggi dello Stato e dei principi fondamentali della Costituzione. Io non ricordo molte altre leggi di questo Stato che dicano “nel rispetto delle leggi dello Stato”!

La prima parte, quella che ci chiede di salvaguardare un'effettiva integrazione, secondo noi è restrittiva. Primo, perché nel dibattito sulla legge in Commissione diverse forze politiche di opposizione hanno sostenuto, secondo me non senza ragione, che questa legge si occupa della deradicalizzazione. Non è una legge che si occupa del monitoraggio e dell'integrazione: può verificare se nel contesto di una mancata integrazione sorgano purtroppo germogli di radicalizzazione jihadista, violenta, eccetera; ma noi facciamo tutto questo, come spiega il testo dell'emendamento 5.201 della Commissione, vedendo a 360 gradi lo spettro, sia delle attività che sono investite da questi fenomeni, sia del complesso della questione della deradicalizzazione, in più comprendendo, con l'approvazione del subemendamento Invernizzi, l'effettiva verifica del rispetto dei diritti costituzionalmente garantiti.

Penso di aver risposto all'onorevole Sisto, per il suo tramite, Presidente, che abbiamo fatto ancora di più di quello che proponeva il subemendamento Carfagna.

PRESIDENTE. Avverto che il gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente ha esaurito il tempo previsto dal contingentamento per il seguito dell'esame. Come da prassi costante, la Presidenza concederà a tale gruppo un tempo aggiuntivo pari ad un terzo di quello originariamente previsto.

Avverto anche che è nato il figlio dell'onorevole Lattuca, Tommaso. I complimenti vanno all'onorevole Lattuca, e ovviamente anche alla mamma di Tommaso (Applausi).

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento 0.5.201.2 Carfagna, con il parere contrario della Commissione e del Governo

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 3).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento 0.5.201.5 Invernizzi. Vi era un invito al ritiro, che mi pare non viene accolto: parere contrario della Commissione e del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 4).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento 0.5.201.6 Invernizzi, con il parere favorevole della Commissione e del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 5).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento 0.5.201.7 Naccarato, con il parere favorevole della Commissione e del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 6).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento 0.5.201.3 Carfagna, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 7).

Passiamo alla votazione dell'emendamento 5.201 della Commissione.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Squeri. Ne ha facoltà.

LUCA SQUERI. Presidente, vi ricorderete la volta precedente, la seduta precedente, quando ho evidenziato il fatto che era quantomeno strano che una legge che affronta il problema della prevenzione per quanto riguarda la radicalizzazione jihadista, in tutto il suo testo non avesse mai citato il termine “moschea”. Adesso l'emendamento che andiamo ad approvare contempla quello che nel testo originale riguardava i luoghi dove la commissione poteva andare a svolgere monitoraggio, e si è pensato di cercare di risolvere il problema non tanto aggiungendo il termine “moschea” ai luoghi elencati (c'erano le scuole, gli istituti penitenziari, c'erano gli ambulatori, gli ospedali), ma i soggetti; e si è avuto il coraggio, il grande coraggio di inserire come soggetto le guide religiose: questo, immagino, anche per includere le guide religiose musulmane.

Ecco, io chiaramente non voterò contro questo emendamento, perché vedrà il voto unanime di tutta l'Aula: mi asterrò, ma proprio per evidenziare quanto non si abbia la determinazione e il coraggio, da parte della sinistra, di affrontare, nella maniera più concreta, più incisiva, problemi del genere.

Date proprio l'impressione di dover dare una risposta alla grande aspettativa che ha il popolo italiano su questi problemi, ma non siete proprio portati a dargli risposte vere e concrete e, dunque, vi arrampicate sui vetri e uscite con questo tipo di proposte che, ripeto, non serviranno a nulla.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fiano. Ne ha facoltà.

Però, colleghi, vi pregherei di avvisarmi in tempo, grazie.

EMANUELE FIANO. Presidente, questo è un punto significativo di questa legge, riguarda i compiti di questo Comitato. Premesso che questa legge viene fuori dal centrosinistra, dalle forze che hanno sorretto il Governo, per il suo tramite, vorrei dire all'onorevole Squeri, che ringrazio perché pone temi reali e seri, che forse sarebbero più significative le vostre critiche se voi aveste proposto al Parlamento un progetto di legge, come ce ne sono in tutta Europa, come hanno proposto l'onorevole Dambruoso e il collega Manciulli, i primi due firmatari, su un tema così delicato, che noi abbiamo inteso prendere di petto. In secondo luogo vorrei significare, per il suo tramite, Presidente, al collega Squeri che, al contrario di altre leggi europee, noi abbiamo fatto una scelta chiara nella titolazione di questa legge, peraltro frutto di una sintesi di dialogo non sempre semplice. Abbiamo voluto indicare con chiarezza che vogliamo mettere in campo misure di prevenzione della radicalizzazione e dell'estremismo violento di matrice jihadista. Quindi sappiamo bene di che cosa vogliamo occuparci, non abbiamo nessun dubbio, né nessuna timidezza. Lo ripeto, per il suo tramite: il collega Squeri vada a vedere i titoli delle leggi che ci sono in Europa o delle delibere europee per vedere se abbiamo avuto coraggio o no di chiamare per nome quello di cui vogliamo occuparci.

Infine, noi abbiamo fatto una scelta chiara: siccome oggi la radicalizzazione di matrice jihadista, violenta di matrice jihadista, solo in piccola parte (lo dicono tutti i soggetti auditi, tutte le relazioni, anche quelle di cui abbiamo avuto solo qualche cenno svolte presso il Governo, tutte le analisi e le indagini sociali che si sono svolte in Italia e in Europa) avviene all'interno delle moschee (certamente avviene anche all'interno delle moschee, ma prevalentemente, purtroppo per tutti noi, avviene sulla rete Internet o tramite rapporti personali), noi abbiamo inteso assegnare ai compiti di monitoraggio della Commissione parlamentare tutto lo scibile umano, tutti i campi in cui la radicalizzazione può avvenire, senza una specifica sulle moschee. Abbiamo detto che in tutti i campi la Commissione potrà agire, perché la Commissione potrà audire gli esperti, i rappresentanti, le figure che riguardano le forze di polizia, la magistratura, i presidi, i rappresentati del sistema scolastico, le rappresentanze del sistema sanitario, i rappresentanti del sistema penitenziario (il secondo luogo per importanza dove avviene la radicalizzazione dopo Internet è il sistema penitenziario, non solo le moschee). Potrà audire, come lei ha detto, peraltro su richiesta di Forza Italia, i ministri di culto e anche le guide religiose, perché altrimenti in italiano Imam sarebbe una definizione non precisa.

Dunque, noi non restringiamo in alcun modo la sede fisica dell'attività di monitoraggio di questa Commissione parlamentare. Sarebbe stato restrittivo, come ho avuto modo di dire per un altro emendamento, restringere e citare solo uno di questi aspetti come specifico, cioè quello delle moschee.

Per noi, lo dico perché rimanga a verbale, il tipo di attività di monitoraggio di questa Commissione parlamentare dovrà comprendere anche i luoghi di culto. Non lo si poteva dare come definizione esclusiva, primo anche per le ragioni statistiche che ho cercato di illustrare, e secondo perché noi vogliamo che si diffonda questo tipo di conoscenza che possiamo fare attraverso il Parlamento, a parte l'attività del Governo, in tutti questi luoghi. Io penso che abbiamo dato una risposta omnicomprensiva. Non c'è nessuna timidezza, penso invece che proporre al Parlamento, con questo titolo, questa legge sia un atto di coraggio che questa volta, mi dispiace, viene da questa parte e non da quell'altra.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 5.201 della Commissione, con il parere favorevole del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 8).

A seguito dell'approvazione dell'emendamento 5.201 della Commissione, sono preclusi gli emendamenti 5.53 e 5.54 Carfagna. È stato ritirato l'emendamento 5.50 Becattini e risulta precluso anche l'emendamento 5.55 Carfagna.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 5.56 Gregorio Fontana, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 9).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 5.70 Garnero Santanchè, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 10).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 5.100, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento, con il parere favorevole della Commissione e del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 11).

Passiamo alla votazione dell'articolo 5.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Squeri. Ne ha facoltà.

LUCA SQUERI. Grazie Presidente. Per annunciare il voto contrario di Forza Italia a questo articolo e per specificare, tramite lei, all'onorevole Fiano, che non è vero quello che ha asserito che loro sono gli unici ad avere avuto il coraggio di affrontare un tema del genere a differenza nostra; non è vero in due punti. Uno sostanziale, perché di fatto di coraggio - lo ripeto - ne vedo poco nel modo in cui è stato affrontato il problema e l'altro perché, proprio due emendamenti fa, è stato bocciato un emendamento proposto dall'onorevole Santanchè e dall'onorevole Palmizio che era un emendamento tratto da un progetto di legge che Forza Italia ha presentato. Vi ricorderò anche che altri emendamenti, addirittura, sono stati dichiarati inammissibili proprio perché presenti in altre proposte di legge sempre fatte da Forza Italia.

Per cui, ribadisco che, rispetto a un problema così drammatico, quale è la radicalizzazione jihadista, non avete, a mio avviso, i basilari per dare risposte concrete. Sta di fatto che abbiamo dovuto assistere al tentativo di portare a compimento una legge scellerata quale lo ius soli. Evidentemente nel Governo qualcuno che ragiona in maniera più concreta c'è, tant'è che è stato annunciato il suo ritardo nell'affrontare al Senato, ma immagino proprio che non sia solamente un ritardo, ma sia una resa rispetto a una proposta scellerata.

PRESIDENTE. Onorevole, stiamo all'articolo 5, però, per favore.

LUCA SQUERI. Siamo all'articolo 5 e concludo ribadendo il voto contrario di Forza Italia.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 5, nel testo emendato.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 12).

(Esame dell'articolo 8 - A.C. 3558-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 8 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A).

Se nessuno chiede di intervenire sul complesso degli emendamenti, invito la relatrice per la maggioranza ad esprimere il parere della Commissione.

BARBARA POLLASTRINI, Relatrice per la maggioranza. La Commissione esprime parere favorevole sull'emendamento 8.57 Gregorio Fontana con riformulazione…

PRESIDENTE. Scusi un attimo, onorevole Pollastrini. Mi perdoni, onorevole Pagano, pensavo che volesse intervenire sull'emendamento. Vuole intervenire sul complesso degli emendamenti? Prego.

ALESSANDRO PAGANO. Presidente, a nome del nostro gruppo desidero intervenire pesantemente su questo argomento, con il garbo che ci contraddistingue, con il modo con cui evidentemente dobbiamo per forza di cose interloquire con il Parlamento, però è chiaro che noi siamo in profondo dissenso, non solo con questo articolo, ma, in generale, per tutto quello che evidentemente è l'impalcatura complessiva. Veda, Presidente, e mi rivolgo anche indirettamente all'Aula, avrà notato che la nostra opposizione fino adesso c'è stata, però è stata su toni assolutamente, diciamo, normali, perché la nostra impressione è stata quella che questo è un disegno legge scritto da tecnici - usiamo un termine largo -, da forze che certamente hanno individuato positivamente questo percorso, e che poi il partito di maggioranza, come suo solito, ha annacquato, ha portato al ribasso.

Lo abbiamo notato da alcune sfumature, lo abbiamo notato anche dai ragionamenti complessivi che sono stati fatti, per cui il nostro giudizio finora è “va beh, tutto sommato ci può stare, però potevate fare molto di più”, e, probabilmente, chi vi aveva suggerito le consulenze che vi erano arrivate andava esattamente in questa direzione. Ma tant'è, quando si ha un Parlamento dopato come questo, dove soltanto con poche migliaia di voti si può decidere tutto e il contrario di tutto a forza di numeri, questo è il risultato. Ma sull'articolo 8 casca l'asino, perché con l'articolo 8 è evidente che qui c'è un progetto che non può essere assolutamente sdoganato da parte del partito di maggioranza, del Partito Democratico, soprattutto, e anche di chi, evidentemente, sostiene queste tesi, perché, quando si fanno articoli del tipo “linee guida sul dialogo interculturale e interreligioso finalizzate a diffondere la cultura e il pluralismo”, questo è inaccettabile, Presidente, perché la società italiana è già rispettosa delle altre culture.

Il rispetto e la tolleranza fanno parte del nostro DNA, della nostra storia, della nostra cultura millenaria. Guardi, vengo adesso da un convegno dove abbiamo parlato di geopolitica nei rapporti Italia-Marocco, quindi un quadrante economico niente male nel senso di importanza complessiva rispetto ai temi che sono in questo momento in pista in tutta Europa e in tutto il mondo. Ebbene, la testimonianza di un deputato del Regno del Marocco è stata esattamente quella che sto cercando adesso di narrare per sintesi: io amo l'Italia perché tutti coloro che sono venuti, anche della mia famiglia, della mia comunità, sono venuti qui e mi hanno sempre raccontato, sin da quando ero bambino, che c'è stata un'accoglienza, una capacità di essere inseriti in questo contesto, che è unico e irripetibile.

Ed è vero, perché questa è la nostra storia, lo ha certificato poco fa un deputato; non pronuncio il nome, perché non lo ripeterei mai, ma ci sono gli atti che sono facilmente reperibili. Questo è il ragionamento che evidentemente dobbiamo fare e che ci appartiene, ed è la chiave di lettura su cui, invece, ci scontriamo pesantemente con voi, perché, nel momento stesso in cui si va a mettere un articolo in cui si vuole diffondere la cultura e il pluralismo, noi siamo convinti che questo sia il passepartout per potere realizzare quel processo di disgregazione sociale e culturale che riguarda il nostro Paese, e tutto quello che è il nostro DNA in termini di fede, in termini di storia, in termini di identità, in termini di comportamento, in termini di tradizione, lo si vuole smantellare.

Presidente, che sia chiaro: l'Occidente, in questo momento, vive un'operazione “a schiaccianoci”, utilizzo questo termine, mi prendo il copyright. Da una parte, l'Occidente viene schiacciato da una dittatura laicista e nichilista, che, appunto, ha come obiettivo quello di essiccare le nostre radici, e, dall'altra parte, c'è la dittatura islamico-radicale che vuole tagliare le radici, e nel mezzo ci sta l'Occidente, a maggior ragione l'Italia. La cultura progressista di tipo massonico è evidente che sta cercando di favorire questo tipo di progetto, perché profondamente contrario alla cultura cristiana, quella cultura cristiana che, evidentemente, non appartiene a un partito o a un altro, ma appartiene all'Italia in quanto tale. E, quindi, il progetto di togliere l'ethos alla nostra storia, alla nostra dimensione antropologica, è un progetto che appartiene alle forze progressiste, è un progetto che appartiene alle forze politiche che, ovviamente, mirano a disgregare tutto questo. Quindi, il pluralismo, e mi avvio alle conclusioni…

PRESIDENTE. Deve proprio concludere, onorevole.

ALESSANDRO PAGANO. …è la chiave di lettura per potere distruggere tutto quello che appartiene alla nostra storia. Ecco perché, e noi saremo più precisi in seguito nel dibattito che ovviamente ci sarà, noi diciamo assolutamente “no” a questo articolo e, nel complesso, a questo punto, anche alla legge.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Pagano. Oltre che più precisi, anche più concisi, perché la Lega Nord ha terminato anche i tempi aggiuntivi che sono stati assegnati; quindi, i prossimi interventi saranno brevi interventi, che saranno computati nel campo degli interventi a titolo personale. Siamo a questo punto ai pareri, onorevole relatrice.

BARBARA POLLASTRINI, Relatrice per la maggioranza. Allora, riprendiamo…

PRESIDENTE. Aspetti, onorevole. Però , onorevole Sannicandro, vi posso pregare di prenotarvi per tempo? Perché, altrimenti, è un problema. Onorevole Sannicandro, vuole parlare sul complesso degli emendamenti? Allora, onorevole relatrice, prego.

BARBARA POLLASTRINI, Relatrice per la maggioranza. Sull'emendamento 8.57 Gregorio Fontana parere favorevole con riformulazione, che, se lei mi consente, le leggo: al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: “diffondere la cultura del pluralismo” con le seguenti: “promuovere la conoscenza approfondita della Costituzione, con particolare riferimento ai principi fondamentali e ai diritti e doveri dei cittadini, e a promuovere la cultura della tolleranza e del pluralismo e il principio supremo della laicità dello Stato”. Parere contrario sugli emendamenti 8.50 Santerini e 8.51 Centemero, parere favorevole sugli emendamenti 8.52 Fiano e 8.100, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento, contrario sugli emendamenti 8.53 Invernizzi, 8.58 Gregorio Fontana e 8.55 Elvira Savino.

PRESIDENTE. Bene, mi dà anche il parere sugli articoli aggiuntivi, visto che ci siamo?

BARBARA POLLASTRINI, Relatrice per la maggioranza. Invito al ritiro o parere contrario, espresso anche dalla V Commissione (Bilancio), sull'articolo aggiuntivo 8.01 Centemero. Parere contrario, espresso anche dalla V Commissione (Bilancio), sull'articolo aggiuntivo 8.02 Centemero…

PRESIDENTE. Quello è stato ritirato. Il Governo?

FILIPPO BUBBICO, Vice Ministro dell'Interno. Parere conforme, Presidente.

PRESIDENTE. Passiamo all'emendamento 8.57 Gregorio Fontana. Ho bisogno di sapere se viene accettata la riformulazione, onorevole Fontana o chi per lui. Sì, bene, grazie, onorevole Occhiuto.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 8.57 Gregorio Fontana, nel testo riformulato, con il parere favorevole di Commissione e Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 13).

Passiamo all'emendamento 8.50 Santerini.

MILENA SANTERINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MILENA SANTERINI. Lo ritiro, Presidente.

PRESIDENTE. Grazie. Ora siamo all'emendamento 8.51 Centemero.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 8.51 Centemero, parere contrario della Commissione e del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 14).

Passiamo alla votazione dell'emendamento 8.52 Fiano.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pagano. Ne ha facoltà, per un minuto.

ALESSANDRO PAGANO. Presidente, solo per evidenziare che i principi enunciati nell'emendamento precedente, a proposito del Consiglio d'Europa e in generale dell'Unione europea, ovviamente ci vedono profondamente d'accordo, non fosse altro per un fatto e cioè che, per volontà politica dell'Unione europea, sono state tagliate le radici cristiane. Queste radici cristiane oggi non ci sono più - così vollero Chirac e la massoneria internazionale di allora - e oggi stanno producendo questo risultato.

Per cui, sia pure in un minuto, sinteticamente, ci teniamo a ribadire che il male che noi oggi stiamo cercando di combattere con le logiche di questo pluralismo derivano da questo, perché la nostra cultura era tale che già abbondantemente suppliva a tutto questo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sannicandro. Ne ha facoltà.

ARCANGELO SANNICANDRO. Solo per esprimere il mio stupore, perché ritengo che il collega che mi ha preceduto, già con l'intervento precedente, anziché leggere la Costituzione italiana, ha letto lo Statuto Albertino. Perché è nello Statuto Albertino che è sancito quello che lui ha affermato. L'articolo 1 dello Statuto Albertino recita: la religione cattolica apostolica romana è l'unica religione di Stato. Gli altri culti sono tollerati (articolo 1 dello Statuto Albertino).

Quest'articolo è stato ampiamente superato - non voglio citare altre cose -, ma perlomeno dall'articolo 8 della Costituzione italiana. Siccome mi posso sbagliare oppure non posso essere creduto, lo voglio rileggere a me stesso, come dicono gli avvocati, e non alla Corte: tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. Ma, allora, quando lei mostra tanta ostilità nei confronti del pluralismo religioso, ma che cosa vorrebbe? Che cosa vorresti?

PRESIDENTE. Si rivolga a me, onorevole Sannicandro.

ARCANGELO SANNICANDRO. Che cosa vorrebbe? Abbiamo approvato giustamente, quasi all'unanimità - e questo fa onore a questo Parlamento a quest'Aula - l'emendamento 8.57 Gregorio Fontana, Ravetto che dice esattamente quanto afferma la Costituzione, che contraddice lo Statuto Albertino. Quindi, decidiamoci, entriamo perlomeno nel ventesimo secolo, se non vogliamo stare nel Milleottocento (Applausi dei deputati del gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 8.52 Fiano, con il parere favorevole della Commissione e del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 15).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 8.100, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento, con il parere favorevole della Commissione e del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 16).

A questo punto è precluso l'emendamento 8.53 Invernizzi, così come l'emendamento 8.58 Gregorio Fontana. Invece, l'emendamento 8.55 Elvira Savino è precluso dall'8.100, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento, limitatamente alla parte consequenziale. Quindi, sulla parte non consequenziale lo mettiamo in votazione, con il parere contrario della relatrice…

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pagano. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO PAGANO. Presidente, quando si fanno interventi di un minuto, lei comprenderà che hanno più il valore….

PRESIDENTE. No, le spiego il problema, onorevole Pagano, così ci intendiamo. Siccome la lettura dei pareri a volte è complicata, se lei mi avvisa prima, io evito di buttare il fiato nel leggere i pareri per cinque minuti e le do la parola subito. È tutto qui, è solo un fatto di convenienza di tempo.

ALESSANDRO PAGANO. Chiedo scusa, Presidente. Comunque, in un minuto, intervengo, replicando all'onorevole Sannicandro, il quale ogni volta evidentemente ha dei nervi scoperti, non può essere spiegato diversamente, visto che io non parlo mai delle cose nel modo in cui da lui sono state trattate; noi invece vogliamo dire, quando si ribadiscono i principi della Costituzione, che non sono legati a un qualcosa che non è previsto - ci mancherebbe altro, né io l'avevo citato - ma la Costituzione parla di libertà della donna, la Costituzione parla di diritti dei minori, dei bambini, tutte cose che invece altre religioni/politiche negano e che nei propri contesti familiari personali, radicalizzati in una certa maniera, creano difficoltà a quelle persone e a quei cittadini. Il richiamo è alla Costituzione. È lei che è andato fuori pista! E, comunque, penso che questo sia stato abbondantemente capito da tutti.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Grazie Presidente. Quest'emendamento della collega Elvira Savino ha una prima parte, che direi storicamente essere quasi naturale. Perché, se è vero che taluni movimenti si annidano in distorsioni culturali, che fanno della violenza una malcelata forma di religiosità, il tentativo che quest'emendamento cerca di proporre, cioè di snidare e di monitorare queste possibili compromissioni nell'ambito scolastico, io credo che sia assolutamente lodevole.

Qualcuno dovrebbe spiegarci perché, con il proliferare di tante Commissioni, di tante indagini, di tanti luoghi in cui sedersi - uso un'espressione un po' più elegante -, è evidente che la necessità di avere un monitoraggio in fase preventiva e nella fase preventiva più delicata, in cui i convincimenti culturali possono diventare poi indelebili, credo sia un'iniziativa assolutamente lodevole. Non comprendo perché non si debba dare il via libera ad un tentativo di prevenzione, intelligente a mio avviso, che può essere un ottimo viatico, perché questa legge non si avvii, come si sta avviando, ad essere, ancora una volta, un mero cartellone pubblicitario, ma senza che quella pubblicità possa essere definita non ingannevole. Voteremo a favore.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buttiglione. Ne ha facoltà, per un minuto.

ROCCO BUTTIGLIONE. Grazie Presidente. Fermi restando gli eguali diritti di tutte le religioni, vorrei sottoporre all'attenzione di quest'Assemblea, il fatto che in un Paese vicino a noi, e non di scarsa cultura giuridica - mi riferisco alla Repubblica federale tedesca -, è dominante il tema della “Leitkultur”. Leitkultur significa che esiste una cultura di base (ogni Paese ha una cultura di base). Anche l'Italia ha una cultura di base, lo diceva Carlo Azeglio Ciampi. Sottolineava che questa cultura di base era una cultura cristiana. Non vorrei che un eccesso di entusiasmo per il pluralismo facesse dimenticare che anche gli italiani hanno una loro cultura di base e che chi viene in Italia deve, se non adottare al cento per cento, quantomeno rispettare questa cultura di base. Voteremo quest'emendamento.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 8.55 Elvira Savino, limitatamente alla parte principale, su cui c'è il parere contrario della Commissione, del Governo ed anche dalla V Commissione (Bilancio).

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 17).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 8 nel testo emendato.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 18).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 8.01 Centemero, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 19).

Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo 8.02 Centemero.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pagano. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO PAGANO. Presidente, anche se forse un po' fuori tema, però, intervengo per ribadire nell'ultima votazione utile di quest'articolo, come, sempre poco fa, in questo convegno a cui accennavamo poc'anzi, il Marocco, attraverso l'Istituto Mohammed VI per la formazione degli imam, predicatori, predicatrici, eccetera eccetera, sta portando avanti un piano anti-radicalizzazione e per la promozione dell'Islam tollerante. Perché lo ribadisco e lo prendo ad esame? Perché, come si vede, dall'altra parte del Mediterraneo hanno capito tutto, cioè che il problema è dall'altra parte, non è dalla nostra parte, dove invece noi dobbiamo annacquare i nostri ideali e i nostri principi per cui, in nome di un pluralismo, il Natale non ci sarà più, la Pasqua non ci sarà più, i crocifissi saranno tolti, cosa che abbondantemente in molte parti e in molte scuole d'Italia avviene. È evidente quindi che il problema culturale, così come viene impostato in questo momento dalla sinistra e da una parte importante di questo Parlamento, non va bene.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 8.02 Centemero, con il parere contrario della Commissione, del Governo e della V Commissione (Bilancio).

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 20).

(Esame dell'articolo 9 - A.C. 3558-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 9 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A).

Se nessuno chiede di intervenire, invito la relatrice per la maggioranza ad esprimere il parere.

BARBARA POLLASTRINI, Relatrice per la maggioranza. Presidente, sull'emendamento 9.50 Invernizzi, parere contrario; sull'emendamento 9.100, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento, parere favorevole.

PRESIDENTE. Il Governo?

FILIPPO BUBBICO, Vice Ministro dell'Interno. Parere conforme.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 9.50 Invernizzi, su cui vi è il parere contrario della relatrice e del Governo.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pagano. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO PAGANO. Presidente, per completare un ragionamento che ho fatto un po' frammentato per motivi regolamentari, dico che solo un'identità forte può consentire il rispetto reciproco. I foreign fighters, quelli tedeschi, francesi e inglesi che sono stati catturati in Siria, di fronte a un'intervista ben precisa, “perché hai deciso di diventare quello che sei diventato?”, hanno risposto: perché la società occidentale è corrotta, è marcia, è una melma, non ha più valori, non ha più ideali, non ha più principi: è esattamente la battaglia che sta conducendo la Lega in tutto il Paese, cioè che solo un'identità forte può riuscire a prevenire tutto questo. Quindi, al di là di quella che è la bontà di quest'articolo 9, ci sorprende come il nostro emendamento non sia stato accettato. Comunque, è una battaglia che noi condurremo ovviamente nelle nostre piazze.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 9.50 Invernizzi, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 21).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 9.100, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento, con il parere favorevole della Commissione e del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 22).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 9, nel testo emendato.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 23).

(Esame dell'articolo 10 - A.C. 3558-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 10 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A).

Se nessuno chiede di intervenire, invito la relatrice per la maggioranza ad esprimere il parere.

BARBARA POLLASTRINI, Relatrice per la maggioranza. Presidente, sull'emendamento 10.100 (da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento), parere favorevole; sull'emendamento 10.50 Centemero, parere favorevole con la seguente riformulazione, che le leggo: “Al comma 1, aggiungere infine le parole: nonché l'eventuale adesione alle analoghe campagne promosse da istituzioni internazionali di cui l'Italia fa parte”. Sull'emendamento 10.60 Giorgis, parere favorevole.

PRESIDENTE. Il Governo?

FILIPPO BUBBICO, Vice Ministro dell'Interno. Parere conforme.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 10.100, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento, con il parere favorevole della Commissione e del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 24).

Passiamo alla votazione dell'emendamento 10.50 Centemero: prendo atto che è accolta la riformulazione proposta. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 10.50 Centemero, come riformulato, con il parere favorevole della Commissione e del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 25).

Passiamo alla votazione dell'emendamento 10.60 Giorgis.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giorgis. Ne ha facoltà.

ANDREA GIORGIS. Presidente, onorevoli colleghi, vorrei richiamare l'attenzione dell'Aula su questo emendamento, perché in esso trova esplicitazione quello che a mio avviso dovrebbe essere uno dei profili qualificanti l'intera proposta di legge: contrastare e prevenire i processi di radicalizzazione che conducono all'estremismo violento attraverso il dialogo interreligioso e interculturale, attraverso la conoscenza, il rispetto e la condivisione dei principi costituzionali e, quindi, attraverso la conoscenza, il rispetto e la condivisione del pluralismo, della laicità dello Stato, delle libertà, a partire da quella religiosa, dell'uguaglianza tra le persone, tra gli uomini e le donne e tra le comunità, e naturalmente attraverso la conoscenza, il rispetto e la condivisione dei corrispondenti doveri.

Sono, infatti, convinto che l'efficacia del presente provvedimento dipende dalla sua capacità di promuovere adesione ai principi costituzionali da parte di tutti coloro che vivono in Italia, quale che sia il Paese da cui provengono e la religione che professano. Il che significa affermare la primazia della Costituzione e delle leggi che in conformità di essa sono state approvate su ogni eventuale richiesta di autonomia da parte di gruppi o comunità. Non vi può essere, insomma, tradizione culturale o pratica religiosa che giustifichi o autorizzi una limitazione dell'efficacia dei principi costituzionali e della legge.

Al tempo stesso, coerentemente a tale prospettiva costituzionale significa contrastare, come recita appunto l'emendamento che stiamo per votare, ogni forma di discriminazione tra cui, in particolare, l'islamofobia. Certo, si potrebbe obiettare che l'espresso riferimento alla necessità di contrastare l'islamofobia sia superfluo o pleonastico, perché quell'impegno è già implicitamente ricompreso nella formula generale del contrasto alle discriminazione di origine religiosa. In realtà, specie in una proposta di legge che ha circoscritto il proprio oggetto alle sole forme di radicalizzazione e di estremismo violento di matrice jihadista, l'esplicitazione a mio avviso appare opportuna, soprattutto se si considera quanto sia importante per l'efficacia stessa del provvedimento che stiamo discutendo scongiurare il rischio che si possa diffondere un sentimento ostile nei confronti di coloro che professano la religione islamica in quanto musulmani. Del resto, come suggerisce anche l'esperienza di altri Paesi, per contrastare efficacemente sul piano culturale e politico i processi di radicalizzazione occorre chiamare all'impegno l'intera società, occorre coinvolgere tutte le persone e tutte le formazioni sociali, a partire dai mussulmani e dalle loro comunità, ed occorre sostenere e valorizzare le prese di posizione e le iniziative di questi ultimi contro il terrorismo.

Con questo obiettivo concludo il mio intervento citando due recenti iniziative, una di portata europea e l'altra di carattere locale che a me sembrano importanti e che mi auguro lascino un segno contribuendo a farne nascere di ulteriori e in grado di isolare i terroristi e quanti tendono ad avere atteggiamenti di neutralità nei loro confronti. La prima è la marcia dei 60 imam, che da Parigi a Berlino hanno attraversato le città europee che sono stati insanguinate dagli attentati per pregare e dire “no” alla barbarie del terrorismo nel nome dell'Islam; la seconda, di carattere locale e alla quale ho avuto la fortuna di partecipare, è un ciclo di confronti promosso dall' ANPI e dalla comunità islamica di Torino con le altre comunità religiose, studiosi e istituzioni proprio sul fenomeno della radicalizzazione e dell'estremismo violento, al fine di individuare e sperimentare insieme misure e iniziative volte a contrastarne e a prevenirne la diffusione e a riaffermare e consolidare le molte e buone ragioni del pluralismo e dell'impegno per una convivenza pacifica tra persone uguali nei diritti e nei doveri e, al tempo stesso, libere e perciò diverse (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Capezzone. Ne ha facoltà per un minuto.

DANIELE CAPEZZONE. Grazie, signor Presidente. No, proprio non ci siamo. L'intervento del collega Giorgis è naturalmente rispettabile - rispettabilissimo - ma esprime esattamente quella strategia della negazione del problema, quella strategia della rimozione, vorrei dire quella denial strategy che la scorsa settimana portava lo stesso collega Giorgis a proporre emendamenti per cassare l'aggettivo “jihadista” dalla stessa rubrica del provvedimento.

No, collega Giorgis! Il problema non è la nostra islamofobia; il problema è il terrorismo islamista e finché ci sono deputati in buona e in ottima fede come lei, che non riescono a mettere insieme le due parole “terrorismo islamista”, che non riescono a comprendere che il problema non è l'islamofobia presunta dell'Occidente - e concludo, signor Presidente - ma il fatto che c'è un pezzo di Islam oggi purtroppo vincente culturalmente e militarmente…

PRESIDENTE. Grazie…

DANIELE CAPEZZONE. …che ha in disprezzo le nostre istituzioni e la nostra stessa vita. Finché non comprenderemo questo, onorevole Giorgis, saremo in guai molto profondi. Per questo voteremo contro.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buttiglione. Ne ha facoltà per un minuto.

ROCCO BUTTIGLIONE. Grazie, signor Presidente. Mi sembra un emendamento sbagliato per due motivi: il primo è di tecnica legislativa. I politici mettono parole, i giuristi devono trovare significati. Nel momento in cui si crea una norma ridondante si apre lo spazio ad un'interpretazione la quale alla norma ridondante, cioè che non introduce nulla di nuovo nell'ordinamento, dovrà dare un significato, e questo è uno dei problemi più gravi di tecnica legislativa che abbiamo nel nostro Paese. Ma l'altro motivo è che dobbiamo cercare di non tornare indietro nel tempo, al Medioevo quando ogni gruppo sociale aveva una legge per sé, perché - e ricordiamo la islamofobia, l'antisemitismo e l'avversione per i meridionali - dobbiamo dare protezioni ai cittadini sulla base del fatto che sono cittadini e basta.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pagano. Ne ha facoltà, per un minuto.

ALESSANDRO PAGANO. Presidente, faccio mio il discorso che ha fatto l'onorevole Capezzone, a dimostrazione che anche se si proviene da culture diverse quando c'è buon senso ovviamente si pensa alla stessa maniera. Sono sorpreso non soltanto dall'emendamento Giorgis di islamofobia - ma qual è questa islamofobia? Ma dove si vive? In quale Paese stiamo vivendo? Un Paese di fantasia? - e soprattutto il parere favorevole che è stato dato.

La verità è che questo laicismo nichilista, che per forza di cose deve passare obbligatoriamente, che cosa vuole? Il nulla! Vuole che il tutto sia relativo, che tutto sia vero, perché da abbattere qui c'è l'uomo nella sua verità oggettiva e conoscibile, ovvero la società così come ci è stata consegnata. Questo è il vero nemico vostro! È un nemico culturale, un nemico che certamente, con questa logica del pluralismo che voi avete realizzato, mira a distruggere quanto citato dalla Costituzione in primis e poi dalla nostra storia e dalla nostra identità.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sisto. Ne ha facoltà per tre minuti.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Presidente, me ne serviranno anche meno. La raffinatezza dell' emendamento a firma Giorgis non mi impedisce di ravvisare due critiche di carattere strutturale: la prima è l'impossibilità di mettere insieme la promozione di principi di uguaglianza e la promozione di principi di contrasto alle discriminazioni. Mi sembra che le due cose non possano stare insieme e si crea sicuramente una confusione, almeno per la normalità del linguaggio normativo.

Ma quello che trovo inaccettabile è: “, tra cui l'islamofobia”. Cioè, un “tra cui” significa che ve ne sono altri? E perché soltanto l'islamofobia? E perché l'islamofobia, in un contesto in cui non c'è nessun motivo di inserirla? Mi sembra che vi siano tutte le ragioni per votare contro questo emendamento nonostante sicuramente i buoni propositi ma, come sempre, qualche volta i propositi vanno oltre le intenzioni di chi li propone. Noi voteremo contro.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Fedriga. Ne ha facoltà per un minuto.

MASSIMILIANO FEDRIGA. Grazie, Presidente. A me sembra veramente che nella discussione di questo emendamento e con il parere favorevole espresso su questo emendamento in un provvedimento che, io ricordo, si chiama: “Misure per la prevenzione della radicalizzazione e dell'estremismo violento di matrice jihadista”, il problema della maggioranza - e qui si vede la tara mentale, la follia, la follia profonda che guida ideologicamente contro la ragione il Partito Democratico - è l'islamofobia. Cioè, il problema è l'islamofobia. Si vuole negare la realtà che c'è una diretta connessione tra fondamentalismo e Islam, una diretta connessione, ma per lavarsi la coscienza e per dire: “No, apriamoci al mondo; siamo i mondialisti” bisogna mettere in questo provvedimento, di cui ho ribadito le finalità, il contrasto all'islamofobia. C'è qualcosa che non quadra.

Capiamo che è provvedimento di fatto - e concludo - inutile, un provvedimento che certifica il fatto non solo che non si è in grado ma che non si vuole combattere efficacemente il fondamentalismo islamico in nome di un'ideologia che sta, purtroppo, penalizzando i cittadini di questo Paese.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sannicandro. Ne ha facoltà.

ARCANGELO SANNICANDRO. Presidente, io credo che non sia giusto attribuire al collega Giorgis un intento che non ha. D'altronde, basta leggere il testo dell'emendamento e si capisce bene che dice tutt'altro rispetto a quello che è stato sostenuto dai colleghi in precedenza. Giorgis che cosa dice?

Salvo e impregiudicato che questo testo di legge vuole combattere il terrorismo jihadista, come lo chiamate, però stiamo attenti, dice, a non trascendere, come d'altra parte questo dibattito anche in qualche maniera evidenzia, stiamo attenti a non trascendere in una concezione di discriminazione razziale, religiosa, eccetera.

E se ci fossero dubbi sull'intento corretto del collega Giorgis, basta leggere la fine dell'emendamento. Dice: in coerenza con quanto già previsto dal decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122. È dal 1993 che l'Italia si è dotata di una legge contro la discriminazione etnica, religiosa e razziale. Quindi dice il collega Giorgis: intanto introduco questo emendamento soltanto perché stiamo parlando di questo, altrimenti non l'avrei neanche proposto; circoscritto il contenuto del testo della proposta di legge, ho richiamato il decreto-legge del 1993, che è diventato anche legge, dal 1993. Questo dice, perché non credo che si possa essere contrari al fatto che bisogna diffondere la cultura del pluralismo, il dialogo interreligioso e interculturale, eccetera eccetera. Io mi permetto anche di aggiunge di mio che, se mi consentite, la legge è anche superflua, perché tutti questi obiettivi culturali sono già parte dei programmi scolastici italiani, e mi fa specie che qui lo si dimentichi con tanta libertà.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Santerini. Ne ha facoltà.

MILENA SANTERINI. L'emendamento che dice che dobbiamo promuovere il dialogo interculturale e interreligioso può essere al massimo ridondante, può essere superfluo, ma certamente è necessario e utile; altrimenti che strade abbiamo per vivere in una società complessa e pluralista? L'unica strada che abbiamo è il dialogo interculturale: ne abbiamo bisogno anche tra italiani, ne abbiamo bisogno tra vecchi e giovani, ne abbiamo bisogno tra uomini e donne. Se non ci capiamo tra persone di mentalità e culture diverse, le società andranno distruggendosi!

Al massimo l'emendamento può essere effettivamente ridondante. Perché? Perché è la base di fondo dell'intervento contro il radicalismo! Noi dobbiamo partire dal dialogo, altrimenti non capiremo le scelte di questi ragazzi. Altro è negare l'evidenza, cioè negare che nonostante il dialogo interculturale e interreligioso, le nostre società occidentali ed europee sono abitate anche da ragazzi ribelli, spesso violenti e a volte terroristi e crudeli. Questa legge non lo sta negando, lo sta affrontando; io avrei in alcuni punti corretto alcuni aspetti, ma certamente non lo sta negando.

Così come non si può negare che esista l'islamofobia. Esiste l'islamofobia, esiste l'antisemitismo, esiste l'antigitanismo, esiste il razzismo: esistono tutte queste forme di odio. Perché? Perché spesso la nostra mentalità e la nostra cultura sono primitive, perché non rinunciamo al nemico o all'altro: quindi l'islamofobia, con buona pace di chi lo nega, esiste. Esiste cioè quel meccanismo che ci porta a dire che poiché esistono dei terroristi, l'Islam è naturalmente violento; così come questo meccanismo esiste per tanti altri tipi di odio. Quindi un emendamento comunque, a mio parere, necessario.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palazzotto. Ne ha facoltà.

ERASMO PALAZZOTTO. Presidente, solo per dire che molte volte nel corso della storia la religione è stata usata sotto forma di fanatismo per commettere crimini aberranti, e a nessuno passerebbe in mente di trovare un nesso tra la religione cattolica e le aberrazioni che in nome la religione cattolica nella storia sono state commesse: a partire dall'uccisione di Giordano Bruno, alla Santa Inquisizione, alle crociate che in nome di una religione sono andate a normalizzare, a convertire gli infedeli, che erano gli islamici.

Questo per dire che oggi mettere assieme e sullo stesso piano il terrorismo di matrice jihadista, perché è quello il termine da utilizzare, e l'intera religione islamica, come ha fatto l'onorevole Capezzone, l'Islam e il terrorismo, come ha fatto l'onorevole Fedriga, non solo è un abominio in termini di logica, ma è anche il motivo fondamentale per cui noi voteremo favorevolmente a questo emendamento.

Perché l'islamofobia è uno degli elementi principali che alimenta il combustibile del terrorismo (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini). Noi abbiamo bisogno di produrre…

PRESIDENTE. Colleghi, per favore! Colleghi! Colleghi! Colleghi! Ognuno di voi ha parlato tranquillamente, lasciamo… Onorevole Pagano, per favore! Prego, onorevole Palazzotto.

ERASMO PALAZZOTTO. Noi abbiamo bisogno… Capisco, Presidente, che il fanatismo ha diverse forme di espressione: questa è una di quelle (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini). Ma il punto è che oggi noi abbiamo bisogno di promuovere il dialogo interculturale, di chiamare dalla parte della giustizia e della libertà tutti gli attori che in ogni campo, sia esso religioso o politico, si battono per costruire un mondo migliore; e l'unica cosa che non dobbiamo fare è alimentare lo scontro di civiltà, è alimentare esattamente quei sentimenti che oggi stanno rendendo il mondo un posto così pericoloso. Su questo si fonda buona parte anche della retorica, della narrazione che i terroristi utilizzano rispetto alle procedure e alle pratiche di arruolamento.

Ecco, io credo che da parte di questo Parlamento sottolineare che c'è un problema di islamofobia in questo Paese - e probabilmente il dibattito di quest'Aula lo dimostra oltre ogni misura - sia fondamentale, perché un problema di islamofobia c'è anche in questo Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Guidesi, per un minuto. Ne ha facoltà.

GUIDO GUIDESI. Presidente, io trovo questo dibattito alquanto surreale. E nel trovarlo surreale, dico una cosa che credo sia una santa verità: qui si sta discutendo di islamofobia, che qualcuno può dire ci sia o non ci sia; di sicuro coloro i quali sono i portatori, e giustamente condannano il negazionismo storico, oggi stanno iniziando il negazionismo al terrorismo islamico (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini). E questa cosa è inaccettabile, perché nessuno può negare il fatto che il terrorismo è islamico, e tutti i discorsi che ha mi hanno preceduto dall'altra parte dell'emiciclo inviterei a farli nei Paesi islamici: andate là a parlare di dialogo,…

PRESIDENTE. Concluda, onorevole Guidesi.

GUIDO GUIDESI. …andate là a parlare di libertà religiosa, e vedrete il risultato che avrete.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Longo, per un minuto. Ne ha facoltà.

PIERO LONGO. Signor Presidente, veda, l'emendamento in trattazione mi sembra squilibrato. Io lo voterei volentieri se il collega onorevole Giorgis avesse avuto l'accortezza di inserire nell'inciso “tra cui l'islamofobia” anche la cristianofobia (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente); perché dobbiamo ricordarci sempre che l'Islam ha un solo libro, e noi cristiani invece abbiamo più libri. E quindi, come si dice, timeo hominem unius libri; poi si faranno tradurre.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Invernizzi, per un minuto. Ne ha facoltà.

CRISTIAN INVERNIZZI. Presidente, c'era stata una scommessa all'interno del nostro gruppo su quando finalmente qualcuno sarebbe uscito a dire che se ci sono gli attentati in Europa è colpa di Salvini, colpa della Le Pen, è colpa di quei cattivi occidentali che non riescono a capire i profondi sentimenti di rivalsa che la società araba ha nei confronti dei cattivi occidentali, colonialisti, imperialisti. E che insomma, se ogni tanto sgozzano qualcuno, un prete di 83 anni a proposito di cattolicesimo, se ogni tanto investono qualcuno con i camion, perché di questo stiamo parlando, la colpa alla fine sapete di chi è? È della nostra società, che non siamo in grado di parlare con loro, non siamo in grado di chiedere scusa. La scommessa non vi dico chi l'ha vinta, ma ha vinto poco, perché sapevano che saltava fuori (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Fiano. Ne ha facoltà.

EMANUELE FIANO. Presidente, solo per chiarire alcuni concetti, perché questo è un dibattito che verte su questioni molto sentite. Per il suo tramite all'onorevole Guidesi: come si fa a dire alla maggioranza, che vuole approvare questa legge, che noi non capiamo che c'è una matrice nel terrorismo? Ma rileggete ogni tanto il titolo o no? “Misure per la prevenzione della radicalizzazione e dell'estremismo violento di matrice jihadista”. Stiamo dicendo che derivano da qualche altra matrice i prolegomeni del terrorismo islamico? No, lo stiamo dicendo esattamente così. La seconda questione: questo articolo vuole dire “facciamo tutto ciò che è possibile fare per la prevenzione della radicalizzazione, perché dopo quando arriva il terrorismo c'è la legge sul terrorismo di due anni fa che questo Parlamento ha approvato”. Facendolo, non calpestiamo il diritto costituzionale alla professione, in questo Paese, di qualsiasi fede, con il limite che la fede non può diventare radicalizzazione o terrorismo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Gigli. Ne ha facoltà.

GIAN LUIGI GIGLI. Presidente, brevissimamente, solo per dire, tramite lei, all'onorevole Palazzotto, che c'è una differenza fondamentale tuttavia a livello storico. È vero i cristiani di errori ne hanno fatti tanti, ma c'è un libro, il Vangelo, che non ha mai fatto predicazione di violenza e ogni volta ha costretto i cristiani a ritornare al punto. Questo non può essere detto allo stesso modo per il libro sacro dell'Islam o quanto meno non può essere detto interamente per il libro sacro dell'Islam.

E c'è una differenza: è vero che il cristianesimo poi, dopo, ha anche deviato, ma l'Islam sin dall'inizio, dalle sue origini, si è imposto sulla punta delle baionette; la prima Jihad la fece Maometto stesso. Allora, forse, questo emendamento sarebbe stato meglio accolto se si fosse limitato a dire “il contrasto alle discriminazioni di origine religiosa, tutte”. Oggi se c'è in atto una discriminazione religiosa è contro il cristianesimo e contro, al massimo, a Israele.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Saltamartini. Ne ha facoltà.

BARBARA SALTAMARTINI. Grazie Presidente. Solo in aggiunta ad alcune considerazioni rispetto a quanto hanno già detto i colleghi del mio gruppo parlamentare. Io ho sentito spesso in quest'Aula che non occorre rafforzare leggi già esistenti perché noi andiamo semplicemente a complicarci la situazione. Questo vale solo quando quelle leggi le vogliono fare, quelle misure in più per rafforzare le leggi le vogliono fare alcuni gruppi parlamentari. In questo caso esiste già una legge, lo hanno ricordato - credo- i colleghi di MDP, che si chiama “legge Mancino”, che prevede già in maniera molto chiara cosa si intende per discriminazione e cosa si può o non si può fare. Rispetto a questo, in realtà, l'unica cosa che state inserendo qui è l'ennesima volontà di impedire le libere opinioni, ma del resto in quest'Aula già altre leggi vogliono fare questo.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 10.60 Giorgis, con il parere favorevole della Commissione e del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 26).

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LAURA BOLDRINI (ore 17)

PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 10, nel testo emendato.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 27).

(Esame dell'articolo 11 - A.C. 3558-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 11 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A).

Se nessuno chiede di intervenire, invito la relatrice per la maggioranza ad esprimere il parere.

BARBARA POLLASTRINI, Relatrice per la maggioranza. La Commissione esprime parere contrario sull'emendamento 11.1 Invernizzi, mentre esprime parere favorevole sugli emendamenti 11.60 Dambruoso, 11.51 Fiano e 11.6 Invernizzi. La Commissione esprime parere contrario sugli emendamenti 11.7 Invernizzi e 11.52 Santerini, mentre esprime parere favorevole sull'articolo aggiuntivo 11.0100 (da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento).

PRESIDENTE. Il Governo?

FILIPPO BUBBICO, Vice Ministro dell'Interno. Grazie Presidente, conforme alla relatrice.

PRESIDENTE. Il relatore di minoranza non c'è.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 11.1 Invernizzi, con il parere contrario della Commissione e del Governo. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Pagano. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO PAGANO. Presidente, con riferimento all'intervento (lei non c'era) dell'onorevole Palazzotto che parlava apertamente di islamofobia, quasi addebitando a questo gruppo delle responsabilità derivanti dalle stragi o dei tentativi di stragi che si possono in ogni giorno realizzare in Italia, siamo qui per spiegare materialmente, per il suo tramite, che questo concetto è sicuramente utile a lui per demonizzare il problema e, da un certo punto di vista, per addebitare anche responsabilità culturali. Ma dall'altra parte, vogliamo anche dire in maniera molto chiara che noi rifiutiamo questo metodo. Riportare ogni volta avanti metodologie antiche, addirittura risalire alle crociate, al Mesozoico, non sapere più dove andare indietro, per negare quello che è un fenomeno chiaro, è un qualcosa che noi in maniera chiara rifiutiamo. E all'interno del minuto che mi è stato concesso, cito questa fonte che penso possa togliere ogni dubbio: in Svezia - fonte dei servizi pubblici di informazione - il numero delle aree dove ormai si applica la Sharia, nella città di Stoccolma, è di 62 su 90, cioè in due terzi della capitale si applica la Sharia. Non è che stiamo parlando di qualcosa che è fuori dal mondo, ma della Svezia. Da qui a poco, la logica di questo articolo, che avete approvato poco fa sul dialogo interreligioso in questa modalità, porterà inevitabilmente a questo fenomeno culturale.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 11.1 Invernizzi, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 28).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 11.60 Dambruoso, con il parere favorevole di Commissione e del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 29).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 11.51 Fiano, con il parere favorevole della Commissione e del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 30).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 11.6 Invernizzi, con il parere favorevole di Commissione e Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 31).

L'emendamento 11.7 Invernizzi è precluso dall'approvazione degli emendamenti 11.60 Dambruoso e 11.51 Fiano. Quindi, andiamo all'emendamento 11.52 Santerini, su cui i pareri sono contrari.

MILENA SANTERINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MILENA SANTERINI. Lo ritiro, Presidente.

PRESIDENTE. Lo ritira, va bene.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 11, nel testo emendato.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 32).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 11.0100, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento, con il parere favorevole di Commissione e Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 33).

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 3558-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A).

Avverto che è in distribuzione la nuova formulazione dell'ordine del giorno n. 9/3558-A/18 Garnero Santanchè.

Se nessuno chiede di intervenire per illustrare gli ordine del giorno, invito il Vice Ministro Bubbico ad esprimere il parere. Prego.

FILIPPO BUBBICO, Vice Ministro dell'Interno. Grazie, signora Presidente. L'ordine del giorno n. 9/3558-A/1 Turco è accolto con la seguente riformulazione: impegna il Governo a valutare l'opportunità di intervenire con idonee misure normative ovvero con regolamenti.

Sull'ordine del giorno n. 9/3558-A/2 Mucci invito al ritiro o parere contrario, essendo stata trattata e risolta la questione con la soppressione dell'articolo 5 del testo base.

L'ordine del giorno n. 9/3558-A/3 Santerini è accolto con la seguente riformulazione: impegna il Governo a valutare la possibilità di coinvolgere le comunità religiose islamiche nelle azioni di prevenzione e contrasto del radicalismo, azioni da condurre soprattutto nelle carceri e sul territorio in collaborazione con le università italiane e le associazioni che già oggi svolgono detto compito.

Sull'ordine del giorno n. 9/3558-A/4 Nesi invito al ritiro o parere contrario. L'ordine del giorno n. 9/3558-A/5 Palese è accolto con la seguente riformulazione: impegna il Governo a valutare l'opportunità di assumere le iniziative opportune al fine di coinvolgere la Conferenza unificata nell'attività di contrasto dei fenomeni di radicalizzazione e di estremismo violento attraverso una maggiore cooperazione tra le diverse istituzioni della Repubblica. Sull'ordine del giorno n. 9/3558-A/6 Altieri invito al ritiro o parere contrario, essendo le questioni segnalate già svolte dalle forze e dalle strutture di Polizia. Sull'ordine del giorno n. 9/3558-A/7 Carrescia invito al ritiro, essendo stato risolto il problema con l'emendamento 7.61. L'ordine del giorno n. 9/3558-A/8 Vargiu è accolto con la seguente riformulazione: cancellare il quarto capoverso delle premesse e nel dispositivo concludere il primo periodo a “contrastanti”, quindi cancellare “e che spesso si rivelano persino inefficaci nonostante un ingente impiego di risorse pubbliche”. Ripeto, da cancellare.

Sull'ordine del giorno n. 9/3558-A/9 Marzano invito al ritiro o parere contrario, essendo stata risolta la questione nel testo. L'ordine del giorno n. 9/3558-A/10 Mazziotti di Celso è accolto, mentre l'ordine del giorno n. 9/3558-A/11 Dambruoso è accolto con la seguente riformulazione: impegna il Governo a valutare la possibilità di individuare strumenti per promuovere. Sull'ordine del giorno n. 9/3558-A/12 Invernizzi invito al ritiro o parere contrario. Sull'ordine del giorno n. 9/3558-A/13 Molteni invito al ritiro o parere contrario. L'ordine del giorno n. 9/3558-A/14 Tinagli è accolto con la seguente riformulazione: impegna il Governo a valutare l'opportunità che possano essere presi in considerazione i contributi degli enti locali attraverso specifici rapporti redatti dall'ANCI per rendere più solide le politiche di prevenzione dei fenomeni di radicalizzazione violenta.

Sull'ordine del giorno n. 9/3558-A/15 Rondini invito al ritiro o parere contrario. L'ordine del giorno n. 9/3558-A/16 Quartapelle Procopio è accolto. Sull'ordine del giorno n. 9/3558-A/17 Gianluca Pini invito al ritiro o parere contrario. Sull'ordine del giorno n. 9/3558-A/18 Garnero Santanchè (Nuova formulazione) invito al ritiro o parere contrario. Sull'ordine del giorno n. 9/3558-A/19 Palmizio invito al ritiro o parere contrario. Sull'ordine del giorno n. 9/3558-A/20 Galgano invito al ritiro o parere contrario. Sull'ordine del giorno n. 9/3558-A/21 D'Agostino invito al ritiro per estraneità di materia. È pregevole l'invito…

PRESIDENTE. Parere contrario, comunque.

FILIPPO BUBBICO, Vice Ministro dell'Interno. …ma è contrario, esatto.

PRESIDENTE. Ora abbiamo l'ordine del giorno n. 9/3558-A/22 Giorgis.

FILIPPO BUBBICO, Vice Ministro dell'Interno. L'ordine del giorno n. 9/3558-A/22 mi manca.

PRESIDENTE. Allora adesso provvediamo, perché abbiamo gli ordini del giorno n. 9/3558-A/22 Giorgis, n. 9/3558-A/23 Pili e n. 9/3558-A/24 Occhiuto.

FILIPPO BUBBICO, Vice Ministro dell'Interno. Il n. 9/3558-A/22 Giorgis è accolto.

Sull'ordine del giorno n. 9/3558-A/23 Pili, invito al ritiro o contrario. Sull'ordine del giorno n. 9/3558-A/24 Occhiuto invito al ritiro o contrario.

PRESIDENTE. Allora, iniziamo con l'ordine del giorno n. 9/3558-A/1 Turco. Qui c'è una riformulazione. Accetta la riformulazione? Bene, vado avanti.

Ordine del giorno n. 9/3558-A/2 Mucci, c'è un invito al ritiro oppure parere contrario. Dove sta la deputata? Lo ritira. Va bene, andiamo avanti.

Ordine del giorno n. 9/3558-A/3 Santerini, C'è una riformulazione. Va bene la riformulazione? Allora vado avanti.

Ordine del giorno n. 9/3558-A/4 Nesi, c'è un invito al ritiro, altrimenti parere contrario. C'è il deputato Nesi? Non lo vedo in Aula. Cosa facciamo? Va bene, decade, se io non ho riscontro.

Andiamo avanti con l'ordine del giorno n. 9/3558-A/5 Palese, c'è una riformulazione. L'accetta? Sì, vado avanti.

Ordine del giorno n. 9/3558-A/6 Altieri, c'è un invito al ritiro o parere contrario. Altieri?

Lo vedete? No. Il gruppo? Il gruppo vuole il voto. Bene, passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/3558-A/6 Altieri.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 34).

Siamo all'ordine del giorno n. 9/3558-A/ 7 Carrescia, c'è un invito al ritiro o parere contrario. Ritirato, bene, andiamo avanti.

Ordine del giorno n. 9/3558-A/8 Vargiu, c'è una riformulazione. Deputato Vargiu? Va bene. Andiamo avanti. Siamo all'ordine del giorno n. 9/3558-A/9 Marzano, c'è un invito al ritiro o parere contrario.

MICHELA MARZANO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Lo vuole in votazione, deputata? Non la sento.

MICHELA MARZANO. Lo ritiro.

PRESIDENTE. Benissimo, ritirato, andiamo avanti.

Ordine del giorno n. 9/3558-A/10 Mazziotti Di Celso, il parere è favorevole, quindi andiamo avanti. Ordine del giorno n. 9/3558-A/11 Dambruoso, c'è una riformulazione. Questore Dambruoso, va bene? Sì, andiamo avanti.

Ordine del giorno n. 9/3558-A/12 Invernizzi, c'è un invito al ritiro o parere contrario. Lo mettiamo in votazione. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/3558-A/12 Invernizzi.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 35).

Siamo all'ordine del giorno n. 9/3558-A/13 Molteni, anche qui invito al ritiro o parere contrario. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/3558-A/13 Molteni.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 36).

Siamo all'ordine del giorno n. 9/3558-A/14 Tinagli, c'è una riformulazione. Deputata, va bene? Vado avanti.

Ordine del giorno n. 9/3558-A/15 Rondini, c'è un invito al ritiro o parere contrario. Lo vuole in votazione? No, alt, attenzione, c'è il Governo che sta valutando il parere. Facciamo un accantonamento magari o è in grado il Governo di rivedere il parere? Vedo che sta scrivendo il Vice Ministro Bubbico.

FILIPPO BUBBICO, Vice Ministro dell'Interno. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FILIPPO BUBBICO, Vice Ministro dell'Interno. Rivedo la posizione sull'ordine del giorno n. 9/3558-A/15, a firma Rondini. Può essere accolto con la seguente riformulazione: invita il Governo a valutare l'opportunità di disporre... di proporre un aggravamento delle pene per i reati di radicalismo violento.

PRESIDENTE. Deputato? Va bene per lei, andiamo avanti, allora.

Siamo all'ordine del giorno n. 9/3558-A/16 Quartapelle Procopio, il parere è favorevole. Vado avanti.

Ordine del giorno n. 9/3558-A/17 Gianluca Pini. Qui c'è un invito al ritiro. No, lo vuole in votazione. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/3558-A/17 Gianluca Pini, su cui il parere è contrario.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 37).

Ordine del giorno n. 9/3558-A/18 Garnero Santanchè (Nuova formulazione) invito al ritiro o parere contrario. Mi date un riscontro? Lo mettiamo in votazione. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/3558-A/18 Santanchè. (Nuova formulazione)

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 38).

Siamo all'ordine del giorno n. 9/3558-A/19 Palmizio, c'è un invito ritiro o parere contrario. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/3558-A/19 Palmizio.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 39).

Siamo all'ordine del giorno n. 9/3558-A/20 Galgano. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Galgano. Ne ha facoltà.

ADRIANA GALGANO. Grazie signora Presidente. Signor Vice Ministro, io sono sorpresa del parere negativo e dell'invito ritiro rispetto all'ordine del giorno. In questo ordine del giorno si rilevava come i movimenti estremisti jihadisti hanno in comune la repressione della donne e il considerare la donna un essere inferiore.

Quindi, anche rifacendomi a diverse sentenze internazionali, a pareri internazionali, la promozione della libertà della donna e della parità è un elemento di contrasto alla diffusione degli estremismi. In questo senso, impegniamo il Governo a valutare l'opportunità di programmi di formazione preventivi e di formazione dei docenti per lo sviluppo della parità di genere. Quindi, invito il Governo a riconsiderare il parere negativo, nell'ottica dell'importante obiettivo che ha questo ordine del giorno, anche in relazione a tanti pronunciamenti internazionali.

FILIPPO BUBBICO, Vice Ministro dell'Interno. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FILIPPO BUBBICO, Vice Ministro dell'Interno. Signora Presidente, per rivedere il parere, con una riformulazione. Proporrei di chiudere l'impegno alle parole “al raggiungimento della parità di genere”, dal momento che le attività relative alla formazione dei docenti attengono ad altri interventi, ad altri strumenti, e comunque nella legge sono già ricompresi. Quindi, chiudere l'impegno a “parità di genere”.

PRESIDENTE. Deputata, accoglie la riformulazione?

ADRIANA GALGANO. È accolta, grazie.

PRESIDENTE. Bene, allora vado avanti. Ordine del giorno D'Agostino n. n. 9/3558-A/21, vi è un invito al ritiro o parere contrario: prendo atto che si insiste per la votazione. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno D'Agostino n. 9/3558-A/21, con il parere contrario del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 40).

Ordine del giorno Giorgis n. 9/3558-A/22, il parere è favorevole: andiamo avanti. Ordine del giorno Pili n. 9/3558-A/23, vi è un invito al ritiro o parere contrario: prendo atto che si insiste per la votazione. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Pili n. 9/3558-A/23, con il parere contrario del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 41).

Ordine del giorno Occhiuto n. 9/3558-A/24, vi è un invito al ritiro o parere contrario: prendo atto che si insiste per la votazione. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Occhiuto n. 9/3558-A/24, con il parere contrario del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 42).

È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 3558-A)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Pia Locatelli. Ne ha facoltà.

PIA ELDA LOCATELLI. Presidente, nel gennaio dello scorso anno si è svolto alla Camera un incontro organizzato dall'Intergruppo donne, diritti e pari opportunità, da lei presieduto; titolo del convegno: “Le donne contro Daesh, il contrasto al radicalismo e al fondamentalismo”. In quell'occasione - molte colleghe lo ricorderanno - sono intervenute le madri di due giovani occidentali che hanno perso la vita dopo essere stati reclutati per combattere con Daesh.

Queste donne ci hanno raccontato come i loro figli, nati e cresciuti in Occidente, in brevissimo tempo siano stati radicalizzati e arruolati nelle file dell'ISIS. Tra le cause principali indicate dalle madri, la mancanza di lavoro, il disagio sociale, l'assenza di prospettive per il loro futuro. Da quelle testimonianze, dagli interventi di esperte e di esperti, abbiamo appreso che il problema esiste anche nel nostro Paese, da qui la necessità di svolgere azioni informative e preventive, soprattutto nelle scuole, e l'utilità di mettere in collegamento i diversi Parlamenti nazionali dell'Unione europea.

Questa proposta di legge è proprio volta alla prevenzione, a quanto ci hanno detto quelle madri sui segnali da captare prima che divenga troppo tardi, e prevede misure e programmi per prevenire fenomeni di adesione alla radicalizzazione. Ma il provvedimento vuole anche agire sul recupero in termini di integrazione sociale, culturale e lavorativa di soggetti disponibili ad interrompere un percorso di annichilimento, nel rispetto dei diritti, a cominciare dalla professione di fede e delle libertà individuali, e garantendo la sicurezza delle persone. Coniugare diritti e doveri in questo campo non è cosa facile, per questo serve il supporto e la collaborazione tra soggetti diversi, a cominciare dalle famiglie, dalla scuola e da chi opera nel web. Voteremo ovviamente a favore del provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Partito Socialista Italiano (PSI)-Liberali per l'Italia (PLI)).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Rocco Buttiglione. Ne ha facoltà.

ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Presidente, i deputati dell'UDC voteranno a favore di questo provvedimento. Lo faranno fondamentalmente perché è la prima volta che l'Italia si rende conto della necessità di contrastare lo jihadismo e l'integralismo islamico sul terreno culturale. Ci rendiamo conto di alcune difficoltà della maggioranza su questo punto: una parte della maggioranza ha accettato in pieno la teoria del multiculturalismo e del fatto che tutte le culture valgono allo stesso modo, e quindi nessuna di esse vale in realtà qualche cosa. Un provvedimento che in realtà è a difesa di un dato nazionale italiano, la cultura nazionale italiana, quella che in Germania chiamano la Leitkultur; un provvedimento che le torna difficile da accettare. Da questo derivano alcuni difetti tecnici della legge, qualche sovrabbondanza, qualche richiamo retorico che noi volentieri le perdoniamo, in forza della sua direzione fondamentale. Guardate che, non solo in Italia ma in Europa, il tema di una cultura fondamentale europea, che poi riporta al tema delle radici cristiane dell'Europa, è un tema che va crescendo. In Germania, il Ministro Thomas de Maizière ha fatto un manifesto sull'identità tedesca in cui questo tema ritorna.

Se vogliamo battere i populismi, anche noi, le forze popolari tradizionali, dobbiamo avere il coraggio di prendere in mano la bandiera della identità nazionale, e di un'identità europea, che non è cancellazione delle identità nazionali, ma piuttosto loro potenziamento, perché vivono soltanto l'una nel rapporto con l'altra. Questo non vuol dire esclusivismo, ma chi viene in Europa deve sapere che questa terra ha una cultura, e deve sapere che gli è chiesto di accettare gli elementi fondamentali di questa cultura, non nella loro versione religiosa, naturalmente in quella laica, ma con sincerità e pienezza di cuore.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Capezzone. Ne ha facoltà.

DANIELE CAPEZZONE. Signora Presidente, riconosciamo che nella legge ci sono anche buone intenzioni, ma queste buone intenzioni non sono sufficienti a definire una strategia, per questo Direzione Italia si asterrà. Per carità, le azioni positive, i numeri verdi, i comitati parlamentari, nulla di dannoso, ma la nostra sensazione, che abbiamo ribadito nel corso del dibattito con interventi ripetuti e puntuali, è che manchi la visione d'assieme, manchi il contesto, manchi il quadro dentro cui questi interventi si inseriscono. Lo vogliamo comprendere o no che un pezzo di Islam, oggi purtroppo vincente culturalmente e militarmente, ci ha dichiarato guerra?

E questo dichiararci guerra vuol dire se possibile per loro sconfiggere l'Occidente, piegarlo e imporre il califfato, e se questo non è possibile perlomeno, dal loro punto di vista, seminare morte, sangue e terrore nel nostro Occidente. È una guerra: o la vincono loro o la vinciamo noi. Per vincere la guerra non bastano i numeri verdi, non bastano le azioni positive e meno che mai i comitati parlamentari; bisogna mettere i terroristi in condizione di non nuocere, bisogna sconfiggere ed eliminare i loro capi con ogni mezzo e occorre indurre gli Stati, oggi fiancheggiatori del terrorismo, a non supportarlo più e naturalmente, in positivo, proporre il modello della libertà, della democrazia, dello Stato di diritto, della non teocrazia, della separazione tra Stato e Chiesa.

Ma se non mettiamo le cose in questo contesto non ci capiamo. C'è stato chi addirittura proponeva di eliminare dalla rubrica della proposta di legge l'aggettivo “jihadista”. È passato inopinatamente un emendamento finale che tramuta questa proposta di legge in un provvedimento che anziché contrastare l'estremismo deve preoccuparsi di contrastare l'islamofobia, come se questa fosse la priorità. A noi pare che ci sia una grande rimozione, una grande strategia di negazione della realtà. Questo è un gruppo dove ci sono laici e credenti e fatelo dire a un laico: siamo dentro - e concludo, signora Presidente - a una grande rimozione. Accadde esattamente un anno fa, in chiesa, in Francia, a Rouen, dove un prete fu ucciso e sgozzato sull'altare mentre diceva messa e subito tanti editorialisti, commentatori e, ahimè, anche politici osarono dichiarare: “La religione non c'entra”. Ecco, fintanto che vi saranno quelli che commentano in questa direzione io temo che non avremo capito nulla di quello che accade e non aver capito nulla è la migliore premessa per essere uccisi e travolti dal sangue e dalla morte ed è quello che noi non vogliamo (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Direzione Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Stefano Dambruoso. Ne ha facoltà.

STEFANO DAMBRUOSO. Grazie, Presidente. Io depositerò il mio intervento anche per essere più sintetico avendo dieci minuti comunque a disposizione, ma preferivo davvero spendere due parole direttamente per rappresentare anche che questa è una proposta di legge che sia io sia il collega Manciulli abbiamo fortemente voluto sin dall'inizio, cercando poi una cooperazione nella sua stesura per completare l'obiettivo che avevamo previsto e che ci eravamo divisati e grazie, appunto, ad una preziosissima partecipazione sia della relatrice, evidentemente, ma senz'altro dell'onorevole Fiano siamo davvero riusciti a riempire di contenuti una proposta di legge che aveva un obiettivo chiaro: evitare di associare inutilmente musulmani e moschee al terrorismo jihadista, perché quel terrorismo jihadista noi lo abbiamo inserito nel titolo.

Noi abbiamo pensato questo provvedimento perché avevamo l'intenzione di completare una normativa nazionale che già di per sé ha un contenuto fortemente punitivo e repressivo e che è stata introdotta proprio in questa legislatura - soltanto due anni fa, nel 2015 - allorché sono state introdotte delle misure fortemente sanzionatorie e che già da questo punto di vista hanno completato un quadro normativo che non bastava più a difenderci contro queste nuove forme di terrorismo islamista, proprio perché l'Isis è qualcosa che ha cambiato profondamente e nelle radici l'approccio terroristico e le condotte terroristiche dei nuovi affiliati.

Quindi, avevamo la necessità di completare una normativa anche in linea con altri Paesi europei che già da tempo hanno introdotto nei loro ordinamenti questa tipologia di normativa che ha natura squisitamente preventiva e che sollecita il nostro ordinamento non a distinguere fra religione cristiana e islamofobia in termini di necessità di trovare le ragioni di priorità dell'una rispetto all'altra, piuttosto che negare le tradizioni senz'altro cattoliche e cristiane del nostro Paese e della stragrandissima maggioranza dei cittadini elettori italiani.

Avevamo la necessità, invece, di prevedere e di sollecitare gli operatori del settore a misurarsi con l'altra dimensione della prevenzione, che è quella dello sviluppo e della sollecitazione del dialogo interreligioso e interculturale. L'islamofobia, a cui si è fatto riferimento in modo a mio parere non condivisibile pur rispettando l'animosità di chi ha introdotto questo tipo di argomento, è una delle conseguenze che abbiamo riscontrato non noi parlamentari che auspichiamo, appunto, anche l'apertura e, quindi, l'introduzione del Comitato interparlamentare che diventerà finalmente un luogo di conoscenza in questo Parlamento sino ad oggi non previsto e che non è più possibile in questo contesto storico ignorare di possedere. Quindi, abbiamo voluto che ci fosse nella nostra previsione legislativa il Comitato interparlamentare proprio per creare un luogo di conoscenza e per diffondere evidentemente in tutta la Camera una conoscenza che si andrà ad acquisire proprio in sede di Comitato interparlamentare. Ma tutto questo non è servito, perché ho sentito alcuni interventi critici, fondatamente e rispettabilmente critici, che però non possono essere condivisi neanche nelle ragioni dell'opposizione fine a se stessa allorché in una maniera banalizzante si è prospettata la necessità di una legislazione di questo genere per creare nuovi posti e nuovi luoghi di potere da attribuire a qualcuno.

Così come non ci bastava e non possiamo condividere quelle sollecitazioni intervenute, con emendamenti che non sono stati approvati e che in vari interventi sono stati ricordati, della necessita di ricordare per forza con la parola “moschea” una parte delle previsioni legislative. Non ci interessava ricordare che questo è un provvedimento che è figlio dei tempi e che è figlio di questo fenomeno terroristico legato senz'altro alla religione musulmana nella sua parte più radicalizzata, nella parte che noi riteniamo residuale e che ci preoccupa - non ci spaventa ma ci preoccupa - e che vogliamo governare nella maniera più completa.

Non ci troviamo di fronte fortunatamente in questo periodo storico, in Europa prima ancora che in Italia, ad un fenomeno ingovernabile come invece rischia di diventare un fenomeno che nulla ha a che fare con questo, che è quello dell'immigrazione dal continente africano, che nulla ha a che fare con il terrorismo. Invece abbiamo dei numeri preoccupanti e superiori rispetto al passato in Europa di cittadini europei aderenti all'Isis che ci preoccupa fortemente e noi su questo vogliamo lavorare.

Non ci interessa raccogliere il consenso di chi sta pensando al voto di settembre, di ottobre e di novembre fino ad aprile, quando andremo a votare. Non ci interessa! Ci interessa fornire, munire e dotare la nostra legislazione di misure che abbiano davvero il valore di completamento di misure preventive ma, soprattutto, che pensano davvero alle generazioni dei miei figli e forse anche dei miei nipoti, allorché nel nostro Paese, con numeri sempre più crescenti di cittadini legittimamente praticanti la religione musulmana, ci troveremo di fronte, per esempio nelle scuole ma ancora di più nelle carceri - e già si comincia da adesso a monitorarle con maggiore attenzione e sul web per monitorare e controllare sempre meglio - alla diffusione di una messaggistica jihadista che non ci possiamo più permettere. Ebbene, su tutti questi tre fronti avevamo la necessità di creare un luogo di osservazione, il CRAD, appunto, che abbiamo introdotto e abbiamo inserito all'interno del Ministero dell'interno e che non creerà altri posti di potere, non creerà altri posti da regalare al privilegiato di turno o all'amico del gestore del potere di turno. Non è questo; il Ministero dell'interno ha già delle strutture proprie che saranno invece riorganizzate e razionalizzate anche in vista del CRAD, che lavorerà in sinergia assolutamente importante, appunto come dicevo prima, con il Comitato interparlamentare.

Noi abbiamo fortemente creduto che questo provvedimento desse uno spazio davvero di maggiore rassicurazione a quelle che saranno le generazioni che a noi interessano di più, che interessano di più agli operatori del settore e soprattutto ai parlamentari che, con particolare attenzione, si sono messi al lavoro su questa proposta di legge.

Abbiamo pensato passo dopo passo, davvero per vedere che cosa sarà l'Italia di qui a 10-15 anni, allorché vorremo, e vorremmo, che davvero un dialogo interreligioso evitasse, a noi che siamo ancora in tempo per poter parlare di prevenzione, e quindi di evitare quello che è accaduto in Francia o che sta accadendo in Germania, che sta accadendo in Inghilterra; ecco, abbiamo lo spazio e il tempo per evitare tutto questo.

La parte sanzionatoria l'abbiamo già introdotta. Abbiamo una capacità di monitoraggio e di intelligence assolutamente adeguata, e non va mai dimenticato il lavoro che quotidianamente l'intelligence e le forze di polizia svolgono al riguardo; ma davvero noi stiamo raggiungendo un obiettivo che io considero fondamento e importante, se non epocale, e cioè quello di munire, fornire la nostra legislazione di strumenti che mai in altri periodi storici saremmo stati in grado di introdurre. Per cui il nostro gruppo senz'altro aderirà con particolare partecipazione ad un voto favorevole a questa legge.

PRESIDENTE. Deputato La Russa, io le devo dare la parola: se lei va al suo posto…

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato La Russa. Ne ha facoltà. Ecco. Se si affretta, così riusciamo a continuare…

IGNAZIO LA RUSSA. Presidente, poiché il collega Dambruoso, che non ha più un gruppo, poteva parlare più di dieci minuti, pensavo che potesse proseguire ad oltranza, fin quando voleva. E allora, per quello mi ero attardato.

PRESIDENTE. No, no, aveva nove minuti.

IGNAZIO LA RUSSA. Comunque va bene, una regola ex novo. Comunque mi scuso per il ritardo.

Caro Presidente, cari colleghi, io ero relatore di minoranza, ho già avuto modo di dirlo, e non ho esercitato questa funzione, perché sono rimasto subito, immediatamente profondamente deluso dall'uso che il Parlamento, la Commissione prima ancora, come ha dimostrato anche l'ultimo intervento di Dambruoso, ha fatto di quella che doveva essere una legge di prevenzione dell'estremismo e del terrorismo islamico. L'ha trasformata in qualcosa o di assolutamente inutile, o addirittura di dannoso.

Non parlo degli emendamenti inopinatamente dichiarati inammissibili, ma un riferimento il Presidente me lo consentirà da qui a un minuto; ma come esempio semplice, comprensibile a tutti, vi cito un articolo che era presente nel testo della legge, e non scritto da noi, da chi aveva presentato il disegno di legge, che prevedeva una delle poche cose concrete di questa legge: la formazione specialistica per le forze di polizia. Diceva: una formazione specialistica per coadiuvare il personale a riconoscere e ad interpretare i segnali di radicalizzazione dell'estremismo jihadista, al fine di valutare la necessità di intervenire con conseguenti iniziative. Quindi creava un canale di formazione, per individuare da parte degli agenti… Abolito. Scomparso. Sostituito con un'incredibile, mi permetta di dire vergognoso articolo, l'articolo 7, che in maniera confusa e ignobile parla mischiando tutto di formazione specialistica, anziché di una formazione per individuare e garantire la visibilità dell'inizio di questi fenomeni.

E allora, Presidente, questo esempio, meglio di tante parole, fa capire che questa non è neanche una legge, come io avevo temuto, che getta fumo negli occhi, ma è una legge al contrario che fa capire qual è la volontà di questa maggioranza. È finita con l'essere addirittura una legge che punisce, o quantomeno individua come pericolo, coloro che hanno il timore dell'estremismo e del terrorismo islamico! L'islamofobia che cos'è? Vuol dire la paura dell'Islam! Del tutto ovviamente ingiustificata, visto che, per carità!, non è successo niente, né in Italia né in Europa, che possa ingenerare una paura di crescita del terrorismo jihadista. Assolutamente!

Così come poi invece - ed ecco il danno, oltre all'inutilità - ha trovato la soluzione.

C'era una vecchia canzone di Gaber che parlava di soluzione: ci vorrebbe un Gaber a cantare la conclamata… Io ho visto con quanto orgoglio l'ha detto Dambruoso un minuto fa: la modifica fatta da questa Commissione, che ha introdotto un comitato parlamentare. Quattro articoli! Come si combatte il terrorismo islamico? Con un comitato parlamentare, composto… Neanche dalla Commissione, da tutti: da cinque… Quindi, per carità: ben selezionati parlamentari, che studieranno, interrogheranno, interverranno, e una volta l'anno faranno una relazione all'Aula vuota del Parlamento; o, se ci sarà decenza, magari la faranno nella Sala della Regina vuota o piena di portaborse. E questo è il grande frutto del lavoro per prevenire il pericolo del terrorismo islamico!

Vede, si poteva fare qualcosa senza tanto sforzo. Noi abbiamo proposto l'inserimento di uno specifico reato di terrorismo islamico; ci è stato detto che era un emendamento inammissibile, perché prevedeva delle pene, mentre questo è un provvedimento di sola prevenzione. Quindi non poteva esserci! Bene. E allora abbiamo presentato un altro emendamento, che prevedeva - udite udite! - che si imponesse a coloro che esercitano funzioni di culto, imam o come li volete chiamare, di dirlo, di dichiararlo alle autorità italiane: guardate che io sono uno che esercita una funzione di culto, che predica nelle moschee. Chiedevamo a questo signore, oltre che di dichiarare, di essere poi capace di fare il sermone anche in italiano, o solo in italiano; ma era il minimo per far capire che sappiamo dove si può annidare la predicazione: non che tutte le moschee predichino, ma vogliamo capire chi è che gestisce le moschee e cosa predicano. Quindi, che c'è di male se vogliamo prevenire?

Signor Presidente, io capisco che non ci si può opporre, ma si può denunziare politicamente - ed io lo faccio assumendomene pienamente la responsabilità politica - l'inammissibile decisione, priva di ogni precedente regolamentare, con cui lei ha ritenuto, con un provvedimento politico - non tecnico, politico! - di escludere questo emendamento, che grida vendetta!

Non era mai successo che un Presidente escludesse per ragioni squisitamente politiche un emendamento che chiunque capisce di questa materia sa che non poteva essere eliminato. E lo chieda ai suoi predecessori, che pure erano di sinistra, lo chieda a Violante, lo chieda a chi c'era prima di lei, se hanno mai dichiarato inammissibile un provvedimento con le ragioni con cui è stato fatto.

E allora un provvedimento che fa un po' di “poltronificio”, un provvedimento che dice che il vero pericolo è l'islamofobia, un provvedimento che elimina quello che voi stessi avevate chiesto, e cioè almeno di istruire le forze di polizia a cercare di capire i segnali della radicalizzazione: via! Oh, fosse mai che la Polizia li scopre, fosse mai! Per fortuna la Polizia e i carabinieri son così bravi che senza le vostre leggi riescono a fare un lavoro meraviglioso, il più delle volte vanificato dalla predicazione culturale di puro assoggettamento che viene da questo Governo e da questa maggioranza.

E allora in condizioni come queste una legge, che poteva essere un segnale importante per dire: guardate che ci siamo accorti che ci avete dichiarato guerra, guardate che vogliamo prevenire le vostre azioni, che vogliamo contrastare le vostre azioni, che vogliamo controllare veramente coloro che si accingono a predicare l'odio; una legge che poteva senza tanto sforzo fare questo, per ragioni che io definisco ideologicamente abiette ha finito per fare il lavoro contrario e ridurci a mera ed ossequiosa osservanza di un politically correct che vuole che si parli di confronto interreligioso, di possibilità di integrazione. Qui si doveva non parlare di integrazione e di confronto religioso, ma individuare i metodi per prevenire il terrorismo.

Non l'avete fatto in nessuna maniera, non l'avete fatto in nessun modo. Fratelli d'Italia non può che votare contro questo provvedimento e aspettare che l'Ufficio di Presidenza, che la riunione dei presidenti dei gruppi metta prima o poi in discussione la proposta di legge che noi abbiamo presentato, per far sì che ci sia una norma che punisca in maniera anche preventivata coloro che si accingono ad utilizzare metodi per accrescere il terrorismo islamico, lo chiamo col proprio nome (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Non voglio adesso ritornare su questa polemica, su questa questione dell'inammissibilità degli emendamenti, lei ha già avuto una motivazione dal Vicepresidente Giachetti che era di turno. Tuttavia, le posso assicurare: nessuna valutazione politica, mai, ma estraneità di materia. Quindi ci tenevo che rimanesse agli atti.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Santerini. Ne ha facoltà.

MILENA SANTERINI. Grazie. Ci sono due interpretazioni dello jihadismo, del terrorismo jihadista, ambedue a mio parere fuorvianti. Una è quella che interpreta le cause del terrore come esito di un Islam naturalmente violento, cioè si fa riferimento al Corano, alla tradizione, per considerare il terrore come scritto quasi geneticamente nella storia dell'Islam. L'altro punto di vista invece giustifica il terrorismo attraverso le colpe dell'Occidente che avrebbero condotto il mondo islamico a questo estremismo. È chiaro che ambedue queste interpretazioni - e le abbiamo anche ascoltate e sentite in quest'Aula - sono fuorvianti. Siamo di fronte a un fenomeno complesso e particolare, a una forma di utopia antipolitica che investe soprattutto il desiderio di molti musulmani di subordinare il politico al religioso, quindi un'utopia antilaica. Ed è un conflitto in gran parte anche intraislamico non è soltanto contro di noi, anche se ovviamente non sottovaluto le ferite del terrorismo nel mondo occidentale. Quindi siamo di fronte a un mondo musulmano che cerca senso soprattutto di fronte agli sconvolgimenti della questione palestinese, delle guerre in Iraq, e cerca una soluzione - è stato detto - ultrareligiosa alla disperazione musulmana.

Questo ci aiuta in parte a capire come possiamo affrontare questo tema anche in Italia. Noi come gruppo Democrazia Solidale - Centro Democratico voteremo la legge anche perché vogliamo sottolinearne l'aspetto di prevenzione, l'aspetto che richiede un maggiore impegno nel dialogo interculturale e interreligioso. È chiaro che questa è a nostro parere la direzione in cui andare e questo non perché si neghi la violenza jihadista, non perché stiamo edulcorando la realtà, non perché stiamo dicendo che non ci sono stati attentati, bombe, accoltellamenti, investimenti; non stiamo dicendo questo. Stiamo dicendo però che se non affrontiamo il tema in radice all'interno delle patologie della nostra società, non lo risolveremo.

Non stiamo, vorrei dire ad alcuni colleghi, combattendo il nemico saraceno, anzi dobbiamo evitare che in qualche modo tutta questa vicenda che colpisce l'opinione pubblica faccia crescere un odio antislamico. In questo senso l'islamofobia, anche se lateralmente, c'entra con questa legge. Sappiamo benissimo che l'equazione Islam uguale terrorismo è purtroppo all'ordine del giorno. Visto che l'islamofobia esiste, lo sappiamo e l'abbiamo anche detto nel lavoro della Commissione Jo Cox, abbiamo visto il pericolo di un risentimento musulmano. Però non stiamo neanche facendo un lavoro di decondizionamento dei membri di qualche setta. Non stiamo lavorando sulle sette, non stiamo cercando di strappare dei ragazzi a un lavaggio del cervello. Il terrorismo è frutto invece di tutto una serie di fenomeni che nascono e crescono anche proprio all'interno delle loro comunità.

Ed è per questo che abbiamo insistito molto con gli emendamenti e con gli ordini del giorno sul coinvolgimento delle comunità religiose, perché è soltanto entrando dentro il terreno, l'humus di cui si nutrono i ragazzi violenti, che potremo sconfiggere il terrorismo. Quindi è un tema che non deve essere strumentalizzato politicamente, è un tema a cui si risponde guardando la complessità politica, sociale, religiosa del tema. È un problema su cui agire, e in questo siamo d'accordo, a livello di una maggiore presenza nelle carceri, a livello di una vigilanza sul web, a livello di un lavoro nelle scuole.

Anche noi siamo perplessi sull'utilità di comitati e di commissioni e così via. Probabilmente non sarà questo che porterà ad essere efficace la legge, ma comunque potrebbe portare a una razionalizzazione. Noi non conosciamo bene questo fenomeno, non sappiamo veramente quanti sono i ragazzi che vi aderiscono e dico ragazzi perché sappiamo una cosa sola che sono in stragrande maggioranza giovani, i due terzi sono tra i quindici e venticinque anni. Per il resto, a parte questo elemento generazionale, abbiamo un panorama molto variegato. Abbiamo ragazzi che si rivoltano contro i responsabili musulmani, quindi una sorta di Sessantotto islamico, ce l'hanno con i loro responsabili, con le loro vecchie generazioni perché non hanno difeso abbastanza la causa islamica. Ci sono poi i foreign fighters e bisogna stare attenti a non confondere i terroristi con quelli che vanno a difendere la causa per esempio patriottica siriana. Molti sono squilibrati, molti hanno avuto una vita di fallimenti e scelgono di morire riscattando da martiri il loro fallimento. Alcuni hanno un disagio psichico e sociale. Insomma c'è anche una banalità del terrorismo che purtroppo i media alimentano. Altri invece sono figli della società bene, esprimono invece un progetto nichilista, estremista. È un fenomeno estremamente variegato che dovremmo analizzare a fondo e su cui dobbiamo agire con molta saggezza.

Si può parlare di giovani radicalizzati? A mio parere noi non dobbiamo lavorare come se stessimo facendo il decondizionamento di una persona affiliata a una setta. Di giovani estremisti ce ne sono molti anche nella galassia neonazista, ci sono gli estremisti che arrivano a uccidere per la causa ecologica o antiabortista. Oggi stiamo ovviamente parlando degli estremisti musulmani, ma non pensiamo che siano l'estremizzazione dell'Islam. In qualche modo, come sappiamo, sono persone che non sono state educate nella fede religiosa autentica, la riscoprono dopo, vanno a leggere per la prima volta il Corano su Internet in forma deviata. Quindi l'idea che a mio parere è più convincente è quella che si tratti di una islamizzazione del nichilismo e non viceversa, cioè giovani vuoti di senso, autodistruttivi, alla ricerca di un'identità violenta, che trovano nell'Islam una causa per cui vivere, ma anche per cui morire degnamente. Quindi non solo persone religiose che si radicalizzano diventando estremisti, ma è il contrario: l'Islam è diventata la causa globale dei falliti e dei violenti.

In questo caso dobbiamo quindi lavorare, come in parte la legge fa, su vari punti. Il primo, ed è il nostro emendamento che è stato accettato, è quello di collocare tutto questo nel contesto del diritto all'esercizio della libertà religiosa; è l'emendamento che abbiamo proposto all'articolo 1. Noi crediamo che le diverse appartenenze delle persone devono essere esercitate nel quadro della comune adesione ai principi della Costituzione. Questo pluralismo identitario si esprime attraverso il diritto alla libertà religiosa; è il primo punto molto importante.

Da qui deriva che questa adesione ai valori costituzionali deve essere fatta attraverso il lavoro con le comunità religiose, si devono dissociare perché possiamo veramente prevenire il terrorismo. Dobbiamo, poi, lavorare sulla formazione, anche a livello universitario. Vorrei citare qui l'esempio del FIDR, del Forum Internazionale Democrazia e Religioni, che è una federazione delle principali università del Centronord Italia che ha lavorato a lungo per una formazione dei quadri musulmani. Una formazione civica, costituzionale, è un punto, secondo me, molto importante.

L'altro aspetto fondamentale è che chiaramente emerge come l'allarme sulle moschee non sia soltanto irrealistico, ma sia sbagliato dal punto di vista politico, prima di tutto perché non è in moschea che nasce il terrorismo, ma poi perché è un attentato alla libertà religiosa. E, infine, il lavoro principale va fatto nelle carceri e nelle scuole, naturalmente, con una presenza competente, con una presenza attenta, capace di distinguere i diversi casi, le diverse biografie degli estremisti.

In questo senso, anch'io penso che citare il dialogo interculturale e interreligioso come aspetto, come fondamento del lavoro di prevenzione, possa essere inutile, ma sia comunque qualche cosa che ci riporta alla vera possibilità di sconfiggere l'estremismo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Parisi. Ne ha facoltà.

MASSIMO PARISI. Signora Presidente, Governo, onorevoli colleghi, l'obiettivo di questa legge, il contrasto alla radicalizzazione e all'estremismo violento di matrice jihadista, è un obiettivo certamente condivisibile, è un obiettivo che noi condividiamo, è un obiettivo che ogni forza politica responsabile non può non condividere. E, se passiamo poi dall'obiettivo alle strade che sono state definite per raggiungere questo obiettivo, come abbiamo visto anche dal dibattito in quest'Aula, le perplessità ci sono; ci sono nel dibattito che abbiamo affrontato, ci sono su alcuni emendamenti che sono stati oggetto di discussione, ci sono sugli strumenti che abbiamo adottato.

Un tempo si diceva: quando non sai come risolvere un problema, fai una commissione, fai un comitato, fai un gruppo. Il rischio che abbiamo corso e stiamo correndo è in fondo anche questo. Tuttavia, l'obiettivo è alto, l'obiettivo, come dicevo, è condivisibile, e noi lo riconosciamo, lo condividiamo, nonostante alcune perplessità sul merito del provvedimento. Così come riconosciamo una dose modesta, ma, comunque, che è giusto riconoscere, di coraggio nell'affrontare questo tema, nel chiamare le cose con il loro nome, perché spesso in questo Paese è difficile anche chiamare le cose con il loro nome. E conoscere il nemico, conoscere l'avversario è un modo per approcciarsi nel modo giusto al problema. Tuttavia, ripeto, la strada che si è seguita, i provvedimenti che si sono individuati attraverso questa proposta di legge sono in parte un quaderno di buone intenzioni, che andrà riempito con l'azione di questo comitato nazionale, dei comitati regionali e anche del comitato parlamentare, di cui, forse, non c'era la più grande necessità e il più grande bisogno.

E tuttavia, siccome stiamo combattendo una battaglia che è anche sul fronte culturale, che è anche sul fronte della prevenzione, d'accordo, se servono strumenti in più, facciamoli, purché si riconosca il problema, si riconosca l'avversario, si riconosca e si condivida l'obiettivo.

Non sono così convinto che siamo deficitari noi, come ho ascoltato in qualche intervento, dal punto di vista del dialogo interreligioso. Non credo sia così, né credo che questa sia la strada che porti a chissà quali soluzioni, perché, purtroppo, abbiamo visto come questi fenomeni sfuggano anche al controllo, fra virgolette, delle religioni ufficiali, cosa che nel caso dell'Islam è particolarmente difficile, non essendoci quasi niente di ufficiale in quel campo. Non sono così convinto che sia così essenziale parlare anche di islamofobia, nel momento in cui è una forma di estremismo jihadista a seminare il terrore in mezzo mondo e nel momento in cui, per esempio, migliaia di cristiani vengono perseguitati in altri Paesi del mondo.

E tuttavia, ripeto, se serve fare una commissione in più, se serve fare un comitato in più, facciamolo; starà nell'azione di questi organismi il merito di questo provvedimento, sarà l'azione di questi organismi a dirci se abbiamo perso tempo, riempiendo un quaderno di buone intenzioni, o se, invece, abbiamo fatto qualcosa di positivo.

Noi crediamo che si potesse fare di più e meglio. Si poteva fare anche peggio, per la verità alcune cose che c'erano nella versione originaria di questo provvedimento…mi riferisco a misure che sarebbero passate come atti di favoritismo nei confronti di soggetti a rischio di radicalizzazione per la reintegrazione nel mondo del lavoro, quando sappiamo benissimo quanto questo sia un problema delicato e sentito per gli italiani, a prescindere dalla loro religione e dalla loro fede. Quindi, per certe cose il provvedimento è stato anche migliorato. Condividiamo l'obiettivo di massima di questo provvedimento; non faremo mancare, dunque, il nostro voto a sostegno, nella convinzione che siamo a un primo passo, che siamo a un piccolo passo in una grande sfida e in una grande battaglia che è anche culturale.

Penso, per esempio, a fenomeni come quello dei foreign fighters, per fortuna limitato nel nostro Paese, per fortuna ridotto nel nostro Paese, ma, purtroppo, abbiamo visto diffuso nei Paesi europei, diffuso nel mondo occidentale. È un fenomeno che credo ci interroghi in profondità e con angoscia, perché è di tutta evidenza che è una sfida anche per le nostre società, per la nostra comunità e per la nostra cultura. Bene il fatto che ci si ponga anche dal punto di vista culturale, quindi una sfida nei confronti della scuola, nei confronti degli enti formativi, nei confronti delle nuove e giovani generazioni; bene anche, e forse vale la pena di dirlo, il fatto che per adesso dobbiamo ringraziare, per il fatto che il nostro Paese sia stato fortunatamente fino ad oggi risparmiato da episodi sanguinosi, da attentati violenti, il buon lavoro che certamente è stato fatto dalle nostre forze di sicurezza, dai nostri apparati di intelligence, da tutti gli uomini a cui va certamente la nostra gratitudine e la nostra riconoscenza.

Se questa piccola azione ulteriore che il Parlamento fa, varando questo provvedimento, sarà di aiuto anche per la loro azione e per la loro attività, e certamente non costituirà un ostacolo, quindi speriamo bene che lo sia, avremo fatto, comunque, una cosa positiva. In ragione di ciò e in ragione di queste considerazioni, il nostro sarà un voto positivo, anche se, ripeto, poco entusiasta nei confronti di questo provvedimento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Andrea Maestri. Ne ha facoltà.

ANDREA MAESTRI. Signora Presidente, onorevoli colleghi, la matrice prevalente di questo provvedimento è securitaria, quindi molto parziale anche sul piano dell'efficacia. Questa matrice emerge chiaramente dall'incardinamento del CRAD, il Centro nazionale sulla radicalizzazione, nel Dipartimento libertà civili e immigrazione del Ministero dell'interno e dalla riconducibilità, evidenziata anche dalla Commissione parlamentare per le questioni regionali, alla materia ordine pubblico e sicurezza, ascritta alla competenza esclusiva statale. Suscita perplessità l'inedita figura del prefetto del capoluogo di regione, che, in base all'articolo 3, oltre a presiedere il CCR, il Centro regionale sulla radicalizzazione, coordina gli altri prefetti della regione, assumendo un improprio ruolo gerarchico sovraordinato per la tutela della sicurezza pubblica.

La connotazione di questo provvedimento quale legge manifesto che si iscrive tra le misure dettate dall'emergenza è confermata dalla previsione di risorse aggiuntive, anche se a tempo e non strutturali, a favore delle istituzioni scolastiche per la didattica interculturale e il contrasto all'odio online. Contravvenendo al molto saggio e poco praticato brocardo latino entia non sunt multiplicanda sine necessitate, questa legge spot ne crea ben 22: il CRAD, i venti CCR e il Comitato parlamentare. Sprezzante del pericolo, e anche un po' del ridicolo, il novello legislatore dell'emergenza assegna a quest'ultimo una funzione di monitoraggio molto impropria, perché si spinge fino all'audizione e all'esame di dirigenti scolastici e rettori.

C'è anche il rischio, ben evidenziato in sede di parere della Commissione cultura, che gli stessi POF, i Piani dell'offerta formativa, e le linee guida dell'Osservatorio sull'integrazione degli alunni stranieri siano surrettiziamente subordinati al piano strategico del CRAD, con una pericolosa commistione di contenuti securitari e con la prevaricazione delle finalità di prevenzione, controllo sociale e ordine pubblico su quelle genuinamente culturali e formative, sul terreno del dialogo interculturale e interreligioso.

Questo provvedimento si colloca in un contesto di artificiale sovraesposizione mediatica degli attacchi di matrice islamista, alimentata da cattivi politici e cattive politiche, che non tengono seriamente conto dei dati reali.

Uno studio della ricercatrice italiana all'università dell'Essex, Margherita Belgioioso, ha analizzato le matrici degli attentati compiuti in Europa nel biennio 2014-2015. Di questi, solo il 3,89 per cento è attribuibile a gruppi jihadisti. Secondo i dati forniti dal Global terrorism database, il 62,25 per cento degli attentati è compiuto da organizzazioni europee, da gruppi di estrema destra, di estrema sinistra, anarchici, separatisti e anche animalisti. Il 15 per cento è compiuto da movimenti anti-immigrati, il 4 per cento da gruppi anti-Islam e - ripeto - il 3,89 per cento da gruppi jihadisti.

Secondo le statistiche di Europol, il terrorismo di matrice islamica è responsabile dello 0,7 per cento degli attacchi terroristici in Europa tra il 2006 e il 2013. Il restante 99,3 per cento è di altra matrice.

Siamo anche noi, ovviamente, preoccupati dalla crescente radicalizzazione e dall'estremismo violento di matrice jihadista, ma anche di quello neofascista, antisemita, razzista, antigitanista e, non ultimo, islamofobo. Fare una legge che illumina solo una parte del problema e ignora tutto il resto è una scelta politica parziale, mediocre e ideologica. Le forti criticità che ho cercato di evidenziare nel mio intervento motivano, pertanto, il voto di astensione del gruppo di Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Invernizzi. Ne ha facoltà.

CRISTIAN INVERNIZZI. Grazie signora Presidente. Se dovessimo basare il nostro ragionamento esclusivamente sull'ultimo intervento e sulle ragioni esposte nell'ultimo intervento, dovremmo dire che probabilmente stiamo perdendo tempo.

All'interno dell'Aula parlamentare della Camera dei deputati, nel 2017, dopo quello che è avvenuto negli ultimi tre anni in Italia, c'è un gruppo politico che non ha alcun problema a dire che non vi è una questione pesante e grave in Europa, per quanto attiene al radicalismo islamico.

Questo è il segnale, cari colleghi, di come la battaglia prima ancora - e son d'accordo - che militare contro il radicalismo islamista, dovrebbe essere culturale. Infatti, noi ci troviamo a piangere, quasi ogni due o tre mesi - la frequenza più o meno è questa -, decine di cittadini europei, che indipendentemente dalle loro opinioni politiche, dai loro orientamenti sessuali, semplicemente per il fatto di essere occidentali, in quanto tali, sono identificati come nemici, non da convertire, ma da sgozzare, da triturare sotto i camion.

Se veramente noi pensiamo che non vi sia un problema di radicalismo islamico nelle nostre comunità, all'interno anche di Stati che hanno una tradizione immigratoria ben più lunga della nostra, dobbiamo capire forse e farci una domanda su quale sia il nostro concetto di Europa, su quale sia il concetto anche di sentirsi orgogliosi di essere portatori di una storia, che sicuramente ha delle pagine oscure nel passato, ma che ancora oggi - dico nel 2017 e mi riferisco alla civiltà europea, quella occidentale - non ha nulla di cui vergognarsi, di fronte alle altre civiltà.

Io ho apprezzato l'intervento dell'onorevole Dambruoso, ho già avuto occasione in sede di discussione dei vari emendamenti di esternare, appunto, l'apprezzamento per l'attività professionale del nostro collega, che fu uno dei primi in Italia, se non il primissimo, ad occuparsi come magistrato del problema degli attentati islamici.

Ho apprezzato, soprattutto, il passaggio in cui, con una certa pacatezza, comunque sottolineava il proprio disappunto per l'emendamento che è stato approvato e che richiamava l'attenzione sul rischio islamofobia in Italia e, quindi, la necessità di provvedere a tutta una serie di interventi, finalizzati a far sì che questo non vi fosse.

L'ho apprezzato, perché è più o meno lo stesso approccio che noi abbiamo nei confronti del problema, che ci troviamo a dovere affrontare. E ci spiace tanto che anche in sede, appunto, di discussione, su come fare per prevenire la radicalizzazione e l'estremismo violento, un'importante parte politica al Parlamento, quella che oggi rappresenta la maggioranza relativa, si sia premurata di far sapere a tutti che non è un problema di islamofobia.

È preoccupante, molto preoccupante, perché noi o ci ficchiamo in mente che il radicalismo di matrice jihadista, come vi piace definirlo, ha delle pesanti attinenze con la religione islamica, oppure culturalmente abbiamo già perso. Culturalmente la battaglia che queste persone portano quotidianamente contro i nostri valori, contro le nostre tradizioni, ve l'hanno già vinta. Qui non c'è un problema di non risultare islamofobi. Non è questo il problema ed è pericoloso anche inserire classificazioni di questo tipo. Infatti, se passasse il concetto che, quando attacchi il radicalismo islamico, tu vuoi attaccare in questo modo anche la religione islamica e pertanto non puoi farlo…c'è un precedente proprio di pochi giorni fa. Un sottosegretario del Governo attualmente in carica, mi riferisco a Migliore, in televisione ha detto ad un nostro esponente, tra l'altro: non si può utilizzare la parola “clandestino”. È vietato utilizzare la parola clandestino, perché questo è indice di razzismo.

Nel momento in cui a coloro che vogliono fare una battaglia - e ripeto, ancora prima che militare, culturale - tu impedisci di utilizzare determinati termini, che non sono per nulla razzisti, significa che ti poni in una condizione, che era già stata peraltro prevista settant'anni fa dal grande George Orwell nella sua immortale opera “1984”. Se, all'interno di quest'Aula, noi dibattiamo, non di come impedire che, in un mercatino di Natale, tra bambini, donne e via dicendo, a un certo punto, mentre ti stai divertendo, mentre stai festeggiando anche - spero che sia ancora legittimo nell'Europa del 2017 una radicatissima tradizione cristiana -, a un certo punto ti vedi travolto, tu e la tua famiglia, da un camion; se non parliamo e non discutiamo di questo, di cosa dobbiamo discutere? Gli americani hanno un bellissimo modo di dire, si chiama il test dell'anatra, per sottolineare in alcuni casi la illogicità di alcune pretese. Il test dell'anatra dice che, se sembra un'anatra, nuota come un'anatra e starnazza come un'anatra, probabilmente è un'anatra.

Allora, se vi è una persona, che, prima di uccidere, rilascia una dichiarazione filmata, in cui afferma di voler sacrificare la propria vita, portandosi dietro il maggior numero possibile di infedeli, per Allah, per la sua grandezza, per manifestare in questo modo la vera natura, secondo lui, dell'Islam, ma siamo proprio noi a dover dire che questo non c'entra niente con l'Islam? Oppure è il mondo islamico che dovrebbe fare uno sforzo ulteriore, rispetto a quelli che ha fatto finora? E permettetemi di dire sforzi assolutamente inutili fino adesso, per espellere questa concezione che è radicata al suo interno. O dobbiamo preoccuparci noi di non passare per islamofobi, nel momento in cui avviene ed è successo a tutti noi che gli imam - quindi non persone che con l'Islam non c'entrano nulla, ma imam che vengono invitati a predicare in alcune moschee o centri islamici e cito l'esempio di Bergamo tre anni fa - dopo vengono arrestati per propaganda jihadista? Di fronte a fatti di questo tipo, affermare che allora un collegamento con il radicalismo islamico c'è anche nel circuito delle moschee è da islamofobi o è da realisti?

Io non entro nel merito delle ricerche, sentite le percentuali fatte, ma ritengo che vi sia una grandissima differenza tra lo sfasciare una vetrina della sede di un partito politico avverso, come capita spesso anche alla Lega Nord, e armarsi, andare in una piazza e sparare contro tutti. C'è una grandissima differenza, onorevole Maestri, una profondissima differenza; una differenza che è autoevidente, non c'è neanche bisogno di spiegarla. Io continuerò, e come Lega Nord continueremo ad opporci alla sconfitta già annunciata, la sconfitta di un Occidente che, quasi sempre - l'abbiamo sentito anche in alcuni discorsi precedenti -, sente il dovere di chiedere scusa, di chiedere scusa al resto dal mondo. Abbiamo sentito ancora citare le crociate, abbiamo sentito citare Giordano Bruno in quest'Aula, mentre parlavamo del radicalismo islamico, abbiamo sentito - è legittimo, per carità - condannare alcuni aspetti della religione e della storia cristiana, ma, se la Lega Nord avesse preso la parola per condannare alcuni aspetti della storia della regione islamica, così come è stato fatto tranquillamente nei confronti di quella cristiana, saremmo stati accusati di islamofobia. Invece, forse, dobbiamo anche metterci in mente che dovremmo insegnare ai nostri figli non a non essere islamofobi, all'interno delle scuole, ma qual è stata veramente la storia dell'Europa, cos'è la storia del nostro Stato, cos'è la storia delle nostre comunità, perché, di fronte agli attacchi che ci vengono portati, ripeto, indipendentemente dal fatto che si sia di destra o di sinistra, eterosessuali o omosessuali, ma in quanto occidentali e pertanto simboli di un mondo che loro ripugnano al punto tale da sacrificare la propria vita, pur di portarsi dietro il maggior numero dei nostri conterranei, noi abbiamo soltanto un dovere, che non è fare leggi di questo tipo, onorevoli colleghi, ma è prendere atto della realtà: c'è un problema islamico in Italia, c'è un problema islamico in Europa: affrontiamolo prima che sia troppo tardi (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Giovanni Mottola. Ne ha facoltà.

GIOVANNI CARLO FRANCESCO MOTTOLA. Signora Presidente, sottosegretario, colleghi, il gruppo parlamentare di Alternativa Popolare voterà a favore della proposta di legge recante misure per la prevenzione del radicalismo e dell'estremismo jiadista. Parliamo di un progetto di legge che concerne un fenomeno complesso ed insidioso, perché la radicalizzazione dei soggetti costituisce un pericolo grave e costante per la nostra società. Il progetto di legge è diretto a disciplinare l'adozione di misure, di interventi e programmi volti a prevenire i fenomeni di radicalizzazione e di diffusione dell'estremismo violento di matrice jiadista, nonché a favorire la deradicalizzazione ed il recupero, in termini di integrazione sociale e culturale, dei soggetti coinvolti, cittadini italiani o stranieri residenti in Italia.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI (ore 18,30)

GIOVANNI CARLO FRANCESCO MOTTOLA. Diciamo subito che, nel nostro Paese, questo fenomeno ha caratteristiche meno pesanti rispetto ad altre nazioni europee colpite dai fatti criminosi, come la Francia ed il Belgio - si ricordino a proposito i gravi fatti avvenuti, come quello del Bataclan o di Molenbeek -, ma costituisce senza alcun dubbio un potenziale pericolo anche per l'Italia. I nostri apparati di sicurezza hanno sempre operato con grande professionalità e capacità riconosciute anche all'estero; a loro va tutta la nostra gratitudine ed il nostro sostegno, e, grazie al loro impegno, sono stati arrestati soggetti pericolosi e smantellate strutture ed organizzazioni terroristiche. Questo mentre, con azioni non coordinate e portate avanti soprattutto dal mondo del volontariato, si è cercato di prevenire, attraverso il confronto e l'inclusione, fenomeni di radicalizzazione. In un tale contesto si inserisce questa proposta di legge, che fornisce risposte importanti, soprattutto sotto il profilo preventivo, per circoscrivere ed arginare un fenomeno complesso e particolarmente grave. In un ambito di tale natura, oltre ad un sostegno sempre più completo ai nostri apparati di sicurezza, appare opportuno intervenire anche in altri settori della nostra società, come le scuole e le università. È infatti il mondo della scuola il nucleo fondamentale su cui costruire un avanzato multiculturalismo che permetta nel nostro Paese quella regolare convivenza pacifica tra culture e religioni diverse, al fine di permettere e di prevenire l'estremismo più radicale. Il mondo della scuola costituisce il luogo più sensibile per l'eventuale diffondersi di estremismi, che devono essere repressi con i mezzi più opportuni.

Ma, come ho detto precedentemente, vanno efficacemente prevenuti anche attraverso un cambio di cultura che comporti il coinvolgimento e la responsabilizzazione di soggetti che, se appunto non coinvolti o emarginati, potrebbero essere più facilmente arruolati da organizzazioni terroristiche. Quindi, il mondo dell'istruzione costituisce un contesto nel quale è possibile operare, assicurando come il nostro Stato e la nostra società siano capaci di farsi carico delle esigenze dei singoli, appartenenti a qualunque razza o religione, e non intendono abbandonare e lasciare indietro nessuno. È attraverso questo percorso virtuoso, con insegnamenti specifici, con seminari di studio, con la costante presenza dell'insegnante - che rappresenta il cuore della nostra istituzione scolastica -, che verranno aiutati anche soggetti meno propensi all'integrazione a recepire ed acquisire quelle basi culturali indispensabili a tutti per sentirsi parte della comunità italiana.

Il progetto di legge propone altresì un piano specifico per evitare la radicalizzazione nelle carceri, altro punto fondamentale da tenere in costante monitoraggio. Anche in questo caso, è utile che esistano all'interno degli istituti penitenziari persone con specifiche conoscenze e competenze che permettano di prevenire in modo efficace la radicalizzazione dei soggetti a rischio. Si tratta di un impegno dello Stato che, attraverso soggetti adeguatamente preparati ed esperti del settore, favorisce la creazione di percorsi formativi e di scambio culturale utili a fornire il confronto, piuttosto che lasciare il campo libero allo scontro. Naturalmente, l'impegno dello Stato su questo fronte deve procedere di pari passo con il lavoro di prevenzione e di repressione. Questo equilibrio non può e non deve venire meno in un momento in cui il pericolo e la preoccupazione del terrorismo si fanno più forti, ed il nostro Paese deve affrontarlo in un contesto di legalità, di democrazia e di fermezza, ma creando tutte le condizioni e fornendo tutte le opportunità per giungere ad un completo e formativo inserimento degli stranieri nel nostro tessuto sociale e produttivo.

Questo testo costituisce quindi un elemento nuovo e molto significativo nell'ambito di una tematica estremamente complessa che il nostro Paese deve affrontare con tutti i mezzi possibili, senza rinunciare ai principi su cui è fondato e dei propri stili di vita. Questa proposta rappresenta uno strumento significativo ed efficace che va ad inserirsi nel contesto ordinamentale e sociale del Paese, non confliggendo con altri elementi ma semmai fornendo un'ulteriore spinta a quel processo che fa della prevenzione e dell'inclusione sociale i suoi principali cardini. Il provvedimento di cui discutiamo si confronta con ambiti e spazi molto vasti, nei quali possono svilupparsi quei processi di radicalizzazione che tanto ci preoccupano per la loro potenziale pericolosità; terreni che vanno individuati e sui quali occorre lavorare, tenendo ben presenti i contesti sociali nei quali operare per favorire il confronto e l'integrazione. Ecco perché ci si rivolge al mondo dell'istruzione, scuole e università, al mondo del lavoro e al mondo delle carceri. Questo è il cuore e questa la missione della legge, e non possiamo che sostenere e favorire questo tipo di impegno che tende al confronto e all'inclusione, approfittando ed analizzando ogni ambito nel quale l'assenza dello Stato potrebbe favorire fenomeni di isolamento e poi di radicalizzazione. È un lavoro, quello che intende favorire questa legge, che ci porta a ragionare, ad adoperare, ad analizzare: sono queste le fasi più utili e più adeguate per affrontare un fenomeno che solo il populismo inutile di qualcuno vorrebbe affrontare in termini di scontro.

Sappiamo bene che esiste chi non ha ancora capito che i muri di fucili non bastano ad arrestare fenomeni tanto complessi, che isolando le persone e abbandonando le comunità si creano solamente bacini in cui è facile far crescere il seme della radicalizzazione. Le scuole, le università, i luoghi di lavoro, la vita sociale in genere, debbono costituire momenti fruibili da tutti i cittadini, italiani e stranieri, cristiani e musulmani. È da questo incontro e dal successivo confronto che possono svilupparsi i presupposti di una crescita culturale che costituisce il solo vero antidoto alla radicalizzazione. E questo provvedimento, per il quale esprimiamo un voto favorevole, tende a raggiungere proprio questo scopo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Roberta Agostini. Ne ha facoltà.

ROBERTA AGOSTINI. Presidente, la proposta che ci accingiamo a votare prevede una serie di politiche in una chiave di prevenzione e non di repressione per affrontare il fenomeno della radicalizzazione. Una prima nota andrebbe fatta sulla cautela che dobbiamo usare nell'impiegare termini come radicalizzazione o come jihad, che non hanno una definizione univoca. Ciò che è radicale può variare da una cultura a un'altra, non sempre al termine è associato una valenza negativa; i radicali italiani credo ne siamo una testimonianza, così come le suffragette inglesi, che venivano bollate all'epoca come un movimento radicale.

E anche la parola “jihad” può essere associata a più di un significato, come ci hanno spiegato autorevoli esperti e come abbiamo ascoltato anche in quest'Aula.

Anche io, come il collega Giorgis, avrei preferito che si espungesse dal testo il riferimento alla matrice jihadista. Penso che, se avessimo allargato il raggio d'azione della legge, non avremmo corso il rischio, come ha dichiarato anche il professor Melloni in audizione, di creare un caso speciale ma, anzi, avremmo potuto ricomprendere politiche anche rispetto alle forme diverse di terrorismo che si manifestano su scala mondiale. Ricordo la strage di Utøya il 22 luglio in Norvegia ad opera di un terrorista di estrema destra, Anders Breivik, che uccise 77 persone, molti ragazzi che partecipavano ad un campus laburista, colpevoli solo di aver favorito l'immigrazione in Norvegia. Credo, però, che le modifiche apportate in Commissione siano state importanti e che il riferimento all'estremismo violento, con l'introduzione del riferimento alla violenza e l'adesione ad ideologie di matrice jihadiste ispirate all'uso della violenza e del terrorismo abbiano precisato, in maniera essenziale, il raggio d'azione del contrasto ad un fenomeno che, comunque, ha evidentemente caratteristiche particolari, uniche, specifiche.

L'approccio di fondo è quello della prevenzione e del coinvolgimento nel percorso di prevenzione delle istituzioni territoriali, della scuola, dell'università, delle associazioni, delle autorità religiose, e la sfida è proprio quella di affrontare un fenomeno tanto complesso attraverso i nostri valori costituzionali: la laicità dello Stato, la tutela dei diritti e delle libertà personali, la tolleranza, il dialogo interreligioso e culturale. Il terrorismo punta a colpire col terrore il nostro stile di vita, i nostri giovani e la società aperta; punta a dividere, a instillare in ciascuno di noi la paura del nostro vicino. La forza e l'efficacia della nostra reazione si misura dalla capacità di preservare e far prevalere i valori della democrazia. Lo scontro non è tra Occidente ed Oriente, non è uno scontro di civiltà ma, caso mai, il tema è il progressivo deterioramento della storia nei processi di quelle aree mediorientali e casomai il ruolo che in quei processi ha avuto l'Occidente.

Gli esperti ci dicono che tra le centinaia di migliaia di figli di immigrati musulmani in Italia sono pochissimi quelli coinvolti in un'attività di propaganda estremista, anche se i numeri non sono ovviamente certi. Dopo l'attentato alle Torri gemelle del 2001, l'Europa tutta è stata colpita da sanguinosi attentati terroristici: Madrid, Parigi, Bruxelles, Londra, Berlino e Nizza, attentati compiuti per la maggior parte dai cittadini residenti, magari anche con precedenti penali, ed a cui, però, il nostro Paese è stato risparmiato. Si potrebbero formulare molte ipotesi per spiegare il fatto che appunto il nostro Paese sembra essere stato preservato: ragioni storiche, giuridiche, politiche e la capacità dei nostri apparati di sicurezza. Fatto sta che probabilmente l'Italia affronta i problemi in maniera diversa dal resto d'Europa e forse possiamo anche trovarci in una posizione di vantaggio proprio per sperimentare politiche di prevenzione in un lavoro di prospettiva e strategico che contenga un approccio multidisciplinare, sociologico, psicologico e antropologico. Come si diventa terroristi? Ci sono teorie diverse. C'è un dibattito francese molto interessante: si parla di una islamizzazione della radicalità più che di una radicalizzazione islamica e si pone l'accento sull'eredità coloniale. Probabilmente ci sono diverse letture che possono coesistere. Io credo che serva puntare lo sguardo laddove le storie ci dicono che avvengono più frequentemente i processi di radicalizzazione, come le carceri. Amri, l'attentatore di Berlino, si è radicalizzato in un carcere italiano e lo stesso vale per alcuni attentatori del Bataclan così come di Charlie Hebdo. Serve attivare il ruolo della scuola come luogo dell'intercultura, del dialogo interreligioso, della cittadinanza e anche dell'educazione alla parità di genere e del contrasto alle discriminazioni, compresa l'islamofobia. Bisogna attivare la formazione a tutti i livelli delle forze dell'ordine, dei docenti e degli operatori. La sfida, Presidente, così come è stato anche per il passato, è nella società civile, è nella risposta che la comunità saprà trovare, nella capacità delle nostre società di reagire secondo valori democratici.

Alle politiche di repressione, alla lotta senza quartiere contro il terrorismo si deve affiancare una contro narrazione che provi con chiarezza a dire che non c'è uno scontro di civiltà e che, anzi, sostenerlo alimenta la capacità di proselitismo dei terroristi. Una giovane scrittrice marocchina, Karima Moual, che è venuta in audizione in Commissione, ci ha detto che è necessaria una contro narrazione dell'Islam, intesa non solo come fede ma anche come cultura, come tradizione, come storia. Non basta denunciare il messaggio jihadista, ma occorre anche un nuovo racconto sui musulmani che dia voce ai suoi intellettuali, ai suoi sapienti, ai suoi ribelli, ai suoi progressisti, ai suoi laici e anche alle sue femministe. La sfida riguarda tutti: riguarda la comunità mussulmana e riguarda la comunità italiana e quella europea.

La legge è certamente perfettibile. È molto migliorata dal lavoro che abbiamo fatto nella Commissione e al quale credo e mi auguro che abbiamo dato anche un contributo positivo. Consegna nelle mani del Governo la responsabilità del piano rispetto al quale noi vigileremo attentamente. Certamente può essere migliorata nel passaggio della discussione al Senato, ma proprio per tutte le cose che ho detto noi voteremo a favore (Applausi dei deputati del gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Grazie, Presidente. Il titolo di questa proposta di legge prometteva bene: “Misure per la prevenzione della radicalizzazione e dell'estremismo violento di matrice jihadista”. Ci si aspettava un provvedimento relativo a misure per la prevenzione e noi siamo abituati a dare a queste parole un significato molto pragmatico, talvolta troppo pragmatico, perché nel nostro sistema la joint venture fra misure e prevenzione provoca guasti inenarrabili e molto spesso si fonda solo sul sospetto e travolge qualsiasi tipo di situazione che sia in qualche modo avvicinabile alla presunzione di non colpevolezza e alla personalità della responsabilità.

Dunque, misure per la prevenzione. Ci aspettavamo un provvedimento che fosse - come posso dire - plastico dal punto di vista non della esplosività ma almeno del toccare una norma che potesse effettivamente… e, invece, come può accadere per un quadro come Quarto Potere di Pellizza da Volpedo - e c'è un bellissimo esemplare di Mario Ceroli nei nostri corridoi - se si chiede un commento su quel quadro la risposta è: “Un bel quadro”, cioè una norma che, nello svolgimento del tema, tradisce completamente ogni aspettativa, una norma vuota, una norma propagandistica, una norma - udite, udite - che è all'italiana - e mi si faccia passare questo termine che vuole essere, una volta tanto, non di amore come io sento per il nostro Paese ma di un modo di ragionare - e che crea soltanto comitati. Voi ditemi se si possono effettuare misure per la prevenzione della radicalizzazione dell'estremismo violento di matrice jihadista mediante la creazione di una serie di comitati che si intersecano come scatole cinesi o come matrioske, se voi preferite, in una corsa verso il nulla senza pari? Perché questi comitati - e le sigle poi sono una caratteristica dei comitati dal CRAD, quello nazionale, al CCR, quello regionale, al Comitato semplicemente, cioè quello parlamentare - hanno dei compiti e delle composizioni inestricabili, perché non si comprende come si articoleranno. Le presenze sono così variegate e così inestricabili, perché bisogna accontentare tutti quando si fanno i comitati e non si può rischiare che qualcuno rimanga fuori. Allora, i comitati diventano una sorta di platea indistinta, con competenze tanto variegate che disperdono i saperi e, quindi, manifestano un'incapacità di prevenire il jihadismo. Cioè, qui non stiamo parlando di una prevenzione qualsiasi: misure di prevenzione al jihadismo, comitati. Io vi chiedo come si possa ragionevolmente pensare di combattere il jihadismo con una serie di comitati vuoti e con competenze tanto variegate da essere dispersive e con una serie di indistinte attribuzioni, con piani che non si capisce come debbano essere stilati. Una sorta di delega in bianco a chi?

A chi un domani sarà presidente, anche a livello parlamentare, di questo Comitato, dove ci saranno cinque deputati e cinque senatori; per carità, nel rispetto di maggioranza e opposizione. Prevenzione del jihadismo: come si intersecheranno questi tre comitati? Quale sarà l'interfaccia, quale sarà la logica che guiderà un prefetto che deve nominare il suo comitato regionale, dalla nomina di quello nazionale e dalla nomina di quello parlamentare? Come andranno queste fisarmoniche sfasate, questi strumenti senza spartito a prevenire il jihadismo?

Si potrebbe trovare allora una soluzione, noi ci aspettavamo, nel linguaggio pragmatico, cioè nel come debbono essere realizzate queste fantomatiche (fatemelo dire), tanto sono larghe, competenze dei comitati. Noi qui apprendiamo allora che le parole utilizzate…Guardate, nelle leggi le parole contano, perché qui la propaganda è proprio questa: propugnare degli scopi ma sostanzialmente non raggiungerli, per espressa scelta della legge! Abbiamo scritto una legge sulle misure di prevenzione contro il jihadismo. Ma neanche per idea! Noi abbiamo finto di scrivere una legge con titolo “Misure per la prevenzione”: un po' come qualche legge cosiddetta Minniti di ultima memoria, in cui l'esplosività del titolo e il modo roboante di proporla poi è naufragato, è il caso di dire, di fronte all'incapacità di quella legge di fronteggiare un fenomeno che ormai supera se stesso. È un fenomeno che supera se stesso!

Allora è - come posso dire? - metodologicamente inspiegabile che a fronte di questi drammi, di queste situazioni così pesanti, si risponda con tre comitati che debbono avere lo scopo di prevenire mediante competenze assolutamente intoccabili: nel senso che non si toccano, che non si leggono, che non si vedono. Allora fa sorridere l'emendamento del collega Giorgis: per carità, capisco, animato da altezza culturale sublime, laddove introduce anche l'islamismo tra le forme... Diciamo, diventa un po' beffardo dover recepire un'apertura culturale, a fronte di un nulla dal punto di vista pragmatico. Ecco perché vi è una protesta pesante di Forza Italia contro questo modo di scrivere le leggi: mettersi coccarde senza meriti, prendersi dei meriti senza averne diritto!

Allora, Presidente, se noi dovessimo analizzare le specifiche competenze di questi comitati - come posso dire? Fatemelo passare, diciamo così - indistinti, ebbene, è rimasto fuori da queste competenze il luogo più amato del jihadismo: le moschee. E no, qui non si può parlare di moschee: non si parla di moschee perché se no si offendono le sensibilità religiose. Ma è la prevenzione del jihadismo o è il rispetto delle sensibilità (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente)? E quando ci si trova di fronte ad attentati, le sensibilità dove vanno a finire? Ma voi temete, temete di urtare le sensibilità! E allora c'è una legge bandiera, ma è una legge che è soltanto una bandiera!

Io credo che questa sia la confessione di un modo di ragionare tra l'altro sballato. Sballato significa: al di fuori del centro del nostro ordinamento, perché noi abbiamo un centro che è la Costituzione. E io credo di non dire una cosa sbagliata, Presidente, se segnalo che questa maggioranza, e soprattutto una sorta di intellighenzia di questa maggioranza - una presunta intellighenzia, perché l'intellighenzia non è una autoreferenzialità, una superiorità soltanto dichiarata, ma vuol dire scrivere le leggi per la gente! - non comprende che la multiculturalità non significa rinnegare i princìpi costituzionali: non si va oltre la Costituzione per la multiculturalità! Bisogna prima rispettare la Costituzione, e poi rivolgersi alla multiculturalità.

Allora, quando noi abbiamo affannosamente chiesto di ribadire i principi centrali, qualche volta con successo, molte volte con insuccesso… E lo ius soli si fonda esattamente su questo stesso errore: che la cittadinanza diventi un presupposto per l'integrazione, e non sia l'integrazione a dover meritare la cittadinanza (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente)! Come se noi fossimo un Paese in cui dobbiamo soltanto accogliere per poter integrare, e non che chi si integra acquista il titolo per entrare in questo Paese.

Allora, in questa malcelata voglia di multiculturalità, di work in progress, dove il progress non significa lavorare nella progressione, ma una falsa idea del progresso, credo che aver eliminato le mosche è la confessione del flop di questa legge. Ma come? I luoghi più amati, i luoghi più risaputi dove si annida questo radicalismo, per carità, non si toccano.

Signori miei, inutile. Qualcuno dice che utile per inutile non vitiatur: inutile per inutile vitiatur! Qui c'è una doppia inutilità, di scelta, di metodo, di contenuti, di finalizzazione. Avremo altri comitati? Avremo altre poltrone? Gratuite: ma perché, la gratuità è un'esimente alla stupidità legislativa? Io credo che non è così! Avremo altri presidenti di Commissione, e questo può essere una soddisfazione per chi lo sarà; però credetemi, per noi di Forza Italia è l'ennesima delusione. Su temi così seri, su temi così importanti, dove ci vorrebbe un impegno sinergico, ma per ottenere risultati! Le forze dell'ordine, che quotidianamente rischiano la pelle su questi temi, io credo che leggendo questo provvedimento non ne saranno gratificate, ma lo avvertiranno come una ulteriore mortificazione, laddove da quei comitati (Commenti del deputato Manciulli)

PRESIDENTE. Onorevole Manciulli!

FRANCESCO PAOLO SISTO. …dovranno in qualche modo dipendere. Io credo che anche il nervosismo di qualche collega della maggioranza dimostri quanto le sensibilità non debbano essere quelle, ma quelle dei cittadini italiani e quelle del nostro ordinamento. Voteremo contro (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tofalo. Ne ha facoltà.

ANGELO TOFALO. Presidente, in questi pochi minuti vorrei spiegare i motivi del nostro voto contrario, i motivi per cui non crediamo all'efficacia delle norme che produce questa maggioranza che appoggia questo Governo. Cercherò di farlo con serenità, nonostante la palese inadeguatezza alle risposte che il nostro Paese offre nell'attuale scenario geopolitico internazionale.

L'ex Presidente del Consiglio, oggi ancora segretario del Partito Democratico, Matteo Renzi, l'ex Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, oggi Presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, l'ex Ministro dell'interno, oggi agli esteri, Alfano, e l'ex Autorità delegata, oggi Ministro dell'interno, Minniti, sono impegnati a fare il gioco della “cadegra”. Vi ricordate da bambini? Tutti giravano in tondo, ed uno alla fine rimaneva in piedi; l'unica variante è che allora c'era una sedia in meno, qui stranamente c'è sempre una poltrona per tutti.

Tante sedie, ma soluzioni ai problemi reali come sempre poche e non buone; anzi, siamo arrivati al paradosso in cui il vero problema è incarnato purtroppo in chi finge di proporre soluzioni. Anche su temi così importanti come l'estremismo jihadista, come la radicalizzazione, come il terrorismo, fenomeni pericolosi, con l'irruenza e violenza che rappresentano, hanno risposto con una proposta di legge che è un'ulteriore delega; così come la politica fallimentare degli ultimi vent'anni, che ha prodotto il susseguirsi di salafiti, la jihad, i talebani, Al Qaeda, Boko Haram, l'ISIS - ma di questo noi abbiamo discusso già nel decreto-legge cosiddetto antiterrorismo. E a questi problemi ci pensano altri? Chi? No, sempre gli stessi, seduti già su altri tavoli, in altre commissioni, comitati e coordinamenti a non risolvere alcun problema. Purtroppo non avete un'idea di Paese, e una proposta di legge pasticciata non cambierà lo stato delle cose.

La prima domanda molto onestamente che mi son fatto dopo aver letto questa proposta è stata: ma la prevenzione, per intenderci quella operativa, non è gestita dai nostri apparati di intelligence? Ah, no, quelli li utilizzate per le vostre guerre di bande e di poltrone; tra l'altro l'attuale Ministro dell'interno Minniti era Autorità delegata nel casino dei pasticci di Consip, che spesso sui giornali hanno tirato in ballo anche alcune agenzie dei nostri servizi. La prevenzione, quella invece non operativa ma culturale, non dovrebbe essere già fatta dalla scuola pubblica? Ah, no, quella l'avete completamente distrutta con un vostro decreto.

Io sono troppo razionale e pragmatico per capire le logiche di consenso, lottizzazione e strategia politica delle poltrone, ma sono certo che a qualcuno fuori da questo palazzo, con la mia stessa tendenza alla razionalità, verrebbero in mente idee molto più semplici ed operative: ad esempio investire nel comparto intelligence, formando nuove professionalità; aumentare i poteri di controllo di un comitato che già esiste, il Copasir, per garantire alle rappresentanze democratiche del Parlamento di assolvere ai propri doveri costituzionali; migliorare e ottimizzare i lavori del CISR, del CISR tecnico, del CASA, che già fa queste cose. Cose banali, talmente scontate da essere ahimè poco interessanti. Vero? Serviva l'ennesima proposta di legge spot. Qualche autorevole volpone della Prima Repubblica ricordo che diceva che in Italia per non risolvere un problema si crea un comitato, e per non avere delle risposte basta creare una Commissione d'inchiesta.

Allora io vorrei chiedere a Renzi, Gentiloni, Minniti, Alfano, se credono in tutta onestà di aver mai governato con efficacia uno solo dei tanti fenomeni riconducibili al tema della sicurezza, e questo è uno di quelli: uno solo, mi facciano un solo esempio.

I risultati che oggi ci portano questi Governi non eletti dal popolo sono mezzo milione di migranti circa ogni tre anni, anche meno, una vera catastrofe, esclusivamente sulle nostre coste (poi si è scoperto, tra l'altro, per una vostra precisa volontà, di Matteo Renzi, palesata a Bruxelles). E ora che sono finite le mancette che vi hanno concesso in cambio, vi sembra ancora un buon metodo, un buon modo di affrontare la problematica? E adesso che gli italiani si sono arrabbiati, per non utilizzare altri termini, a causa della vostra incapacità di governare il fenomeno migranti, e non di subirlo così come stiamo facendo, cacciate dal cilindro lo ius soli, scritto tra l'altro con i piedi. Un nuovo milione e mezzo di poveri da inserire in un Paese economicamente al tracollo e in affanno rispetto ad altri Paesi d'Europa e il tutto senza alcuna strategia politica, alcuna strategia sociale o culturale, soprattutto tesa all'integrazione. Forse, secondo me, e lo sapete bene anche voi, qualcuno semplicemente sta cercando un futuro pacchetto di voti utilizzabile; sappiate che le persone non sono numeri, abbiate rispetto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

State creando artatamente una nuova guerra tra poveri in nome di una finanza apolide, sradicata dalle realtà, che esige da noi dipendenti una forza lavoro a basso costo e la privazione di ogni diritto. State creando i presupposti per un nuovo disordine sociale e allo stesso tempo andate in tv per dire che gli italiani sono diventati razzisti. Con le vostre azioni goffe, gonfiate quotidianamente le vele dell'intolleranza e di chi su di essa costruisce pericolose teorie politiche. Vedo però con piacere che Renzi sta diffondendo in TV le nostre idee, naturalmente con la credibilità che lo contraddistingue, ma almeno sta capendo verso quale strada deve andare questo Paese. Quando saremo al Governo, in Europa dovranno decidere se i soldi della gestione degli hub per il riconoscimento e l'accoglienza, sei i viaggi di rimpatrio per i non aventi diritto sono un problema esclusivamente italiano o di una comunità un po' più grande. Bene, in Europa dovranno darci risposte, altrimenti ci troveremo costretti a rivedere la quota che mettiamo ogni anno sul tavolo.

Basta chiacchiere, vogliamo un progetto concreto in cui i giovani precari della scuola, mediatori culturali, avvocati e medici, abbiano gli strumenti finanziari ed organizzativi per far sì che il sistema Paese governi il fenomeno dell'immigrazione così come gli altri esperti quello della radicalizzazione. Vogliamo un progetto concreto per aiutare le forze di polizia con maggiori strumenti e strutture, un piano di sicurezza efficace che preveda un intervento coordinato di chi già si occupa per legge di questi temi. Vogliamo nuove regole e maggior controllo per le ONG. Basta pezze a colori, adesso servono soluzioni concrete. Quando ci direte con franchezza che negli ultimi anni abbiamo solo subito la decisione di altri Paesi molto più bravi di noi a far valere la propria sovranità, a fare la guerra e a spolparsi l'Africa, magari? Quando decideremo di riportare la politica al più alto livello decisionale, evitando che aziende multinazionali dettino il tempo al Parlamento? Ho visto che dopo quell'intervento scomposto a 8 e Mezzo in cui Renzi mi ha citato, ulteriormente mi cita nel suo libro. Ormai il buon Matteo mi pensa intensamente. Matteo stai sereno e continua a scrivere il tuo libro, continua dopo anni di Governo ad offrire agli italiani suggestioni di sirene di finte trattative internazionali e congiuntivi mancati; grazie a questo tuo lavoro ti stai trasformando dal bomba di Rignano sull'Arno al pallonaro di Palazzo Chigi e la cosa più stupefacente è che stai facendo tutto da solo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Noi ti diciamo un immenso grazie.

Però forse del tuo libro ti sei scordato di parlare delle decine e decine di annunci e di accordi e di viaggi, quelli sì in Libia, del Ministro Minniti, dove dopo ogni accordo raggiunto ed annunciato arrivano migliaia e migliaia di migranti sempre di più ogni anno. Ma con chi li fate questi accordi, veramente me lo chiedo, sono proprio curioso? Ma con chi li fate? Ogni volta che li annunciamo: 10.000. Vi prego basta non c'è più posto nemmeno per gli italiani. E mentre Renzi sarà in qualche libreria a fare selfie e a firmare un libro che non leggerà mai nessuno, noi continueremo a riprogettare il futuro di questo Paese senza farci intimorire da niente e da nessuno, stando sempre più attenti alle polpette avvelenate di chi utilizza l'arma della menzogna per delegittimare l'avversario politico.

Ci confronteremo sulla nostra idea d'Italia, sul sogno che abbiamo per il futuro del Paese. Sono sogni concreti, realizzabili e soprattutto condivisi. Dobbiamo dare una risposta immediata a chi non ha i soldi per arrivare a fine mese, per i giovani che pensano solo a emigrare, per chi non riesce neppure a sfamare i propri figli. Ma dobbiamo anche pensare all'Italia che vogliamo tra vent'anni, a come produrremo l'energia, a come mantenere sano il nostro corpo e l'ambiente in cui viviamo, all'educazione dei nostri figli, agli investimenti sulla rete per essere competitivi a livello mondiale, alla strategia per dare un nuovo impulso al turismo, al made in Italy, alla nostra cultura.

Non rallentate la rivoluzione gentile. Lo capite che lo stiamo facendo anche per voi? Per questo vi invitiamo tutti dal 22 al 24 settembre a Rimini, dove vi racconteremo l'Italia cinque stelle che stiamo riprogettando (Applausi dei deputati del gruppoMoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Manciulli. Ne ha facoltà.

ANDREA MANCIULLI. Grazie Presidente. Mi permetta, vorrei per prima cosa fare dei ringraziamenti non formali alla I Commissione, a chi si è molto impegnato, dalla relatrice Pollastrini, al collega Fiano, e gli altri che hanno partecipato a questa discussione che non è stata né facile, né banale in questi mesi. Si è molto migliorato, a mio avviso, il testo che io e l'onorevole Dambruoso avevamo presentato, soprattutto perché volevamo che in qualche maniera questo Parlamento producesse uno sforzo come quello che ha fatto e per il quale ringrazio tutte le forze politiche a prescindere dall'essere d'accordo o meno sul tema della prevenzione.

Voglio ringraziare in particolare anche per il contributo che hanno portato nelle audizioni, e anche fuori dalle audizioni (perché nel percorso che ci ha avvicinato a questa legge c'è stata anche un'intensa attività di convegni e di discussioni, anche in queste stanze del nostro Parlamento, sul tema della deradicalizzazione e della tipologia della minaccia del terrorismo jihadista), le forze dell'ordine e tutto il mondo del nostro antiterrorismo che, vorrei rassicurare l'onorevole Sisto, non si vergognano affatto di questa legge, tanto che hanno invitato chi l'ha scritta più volte anche a illustrarla agli agenti e alle forze operative dell'antiterrorismo che si trovano a confrontarsi col tema della prevenzione da qualche tempo.

Vorrei, proprio per questo, partire dall'oggetto di fondo di questa legge: perché è necessaria la prevenzione e perché nell'antiterrorismo il tema della prevenzione è una scoperta recente? Questa domanda è una domanda fondamentale. Il terrorismo di matrice jihadista esiste dalla guerra in Afghanistan, dall'emergere del qaedismo. Il qaedismo aveva delle sue caratteristiche, il qaedismo era un movimento terroristico classico. Nelle due principali narrazioni di se stesso il qaedismo, sia nel discorso celebre di Bin Laden del Novantotto, che nel programma scritto che si intitola “Per un nuovo ordine internazionale” del 2004, fa la scelta di definire Al Qaeda come un movimento terroristico che colloca l'obiettivo di creazione di un Califfato islamico molto lontano nel tempo e lontano soprattutto dalla strategia presente. Al Qaeda non ha mai voluto costruire uno Stato islamico nell'immediato, voleva agire nell'ombra e nella clandestinità come un fenomeno elitista, brutale, che ha prodotto l'11 settembre e molti altri attentati, ma capace come dicono le stesse parole di al Zawahiri, di reimmergersi come un fiume carsico, come quelli che stanno nelle montagne dell'Afghanistan, di scomparire, di essere una minaccia latente e clandestina. Questa tipologia di terrorismo ha portato con sé una tipologia e metodologia organizzativa. Al Qaeda oggettivamente produceva più che moschee, lo voglio dire perché soprattutto da persone che hanno una forte cultura giuridica ci si aspetta la precisione anche nei termini, un fenomeno che stava nelle cosiddette madrasse spurie, cioè scuole coraniche non ufficiali che spesso vivevano parallele alle moschee, ma che molto spesso venivano disconosciute dalle moschee stesse. Tuttavia, Al Qaeda ha sempre curato molto il mondo della confessione islamica e anche il rapporto con le moschee più radicali e da lì si è nutrita per attingere la propria tipologia di terrorismo.

Difatti, quel tipo di militante aveva attorno ai trent'anni, era fortemente islamizzato e molto più ridotto nel numero, facilitando non poco il compito dell'antiterrorismo che l'ha dovuto fronteggiare, perché aveva, come si può dire, la tendenza a raggrupparsi e a stare in luoghi fisici facilmente controllabili. Perché non ci prendiamo in giro: per quel che riguarda l'aspetto di repressione, in Europa non ci sono moschee che, in qualche maniera, non abbiano un vaglio preventivo; e non lo possiamo scoprire oggi, perché altrimenti significa che non ci occupiamo di antiterrorismo e, quando si affronta un qualsiasi decreto di questa importanza, invece bisognerebbe sapere di cosa si parla e di cosa si narra. Perché a un certo punto, invece, nasce il tema della prevenzione? Perché Daesh ha cambiato le regole del gioco, Daesh, anche per il rapporto, e non c'è qui il tempo di dirlo, con i servizi segreti di Saddam Hussein e con il mondo baahtista, ha introdotto nel jiadismo alcune forme molto occidentalizzate di lotta. Ha, prima di tutto, deciso di costruire uno Stato.

Perché ha deciso di farlo? Perché voleva costruire un prodotto narrativo che avesse una bandiera, dei confini, un orizzonte ideologico da comunicare al resto del mondo. Esiste la patria dei fondamentalisti, per la quale ci si può battere in vario modo. Questa cosa non sarebbe riuscita se, insieme a questo, non si fosse cominciata una guerra mediatica in grande stile senza precedenti. Il primo a mostrare le esecuzioni in diretta fu Al Zarkawi, il leader di Al Qaeda in Iraq, la formazione dalla quale si è originato Daesh. Ve le ricordate tutti le esecuzioni con il condannato vestito di arancione, come a Guantanamo, e la brutalità? Giuliano Ferrara ne pubblicò una in fotogrammi su il Foglio, facendo scalpore. Fu l'inizio di una guerra mediatica che non si è mai arrestata e ha cambiato profondamente le regole del gioco.

Perché le ha cambiate? Perché quel prodotto lì non aveva più bisogno di passare nelle moschee e nei luoghi di culto, non aveva più bisogno di passare nei luoghi ufficiali. Quel messaggio passava in rete, e passava benissimo, riproducendosi più come un virus che come un contagio culturale. E quel messaggio ha creato una nuova tipologia di persone, i simpatizzanti, cioè persone che non sono né terroristi né foreign fighters, che, in qualche maniera, provano simpatia per questo fenomeno e che non si sa quando, se e come passeranno agli atti. Qual è il problema? Che questi simpatizzanti stanno spesso in un segmento di età molto giovane, fra 14 e 25 anni, e, se non si va a cercarli a scuola oppure nei luoghi di aggregazione o in luoghi che non hanno niente a che vedere con la dimensione di culto, sfuggono.

Molti degli attentatori degli ultimi mesi, a cominciare da quelli di Londra, ma se ne potrebbero citare tanti, rispondono a questa tipologia, che non ha reato che lo persegue e che non ha, soprattutto, strumenti per contrastarla. Tutte le forze di intelligence, e mi riferisco soprattutto a quelli che, come me, su queste cose lavorano e studiano, stanno preconizzando l'utilizzo di forme preventive, perché, purtroppo, verso questa nuova minaccia non c'è possibilità di agire solo repressivamente. Non stiamo discutendo di una cosa astratta; stiamo discutendo e stiamo dando alle nostre forze dell'ordine la capacità di intervenire su un fenomeno che fino a oggi ci ha paralizzati. Vedete, non lo voglio dire astrattamente, vi voglio raccontare una storia, che grazie ai ROS, che l'hanno in qualche maniera trattata, possiamo vedere alla luce degli occhi nel nostro Paese.

È la storia di Meriem Rehaily, nata nel 1995, studentessa al terzo anno presso l'Istituto “De Nicola” di Piove di Sacco. Meriem, che era brava in informatica, faceva un certo uso dei computer, ma, soprattutto, la sua insegnante si rende conto, dai propri temi, dai temi che fa, che c'è una qualche difficoltà con questa ragazza, perché tratta argomenti molto delicati e in una maniera non bella.

Meriem a un certo punto comincia a scappare di casa. Il babbo, che è perfettamente integrato, non è un ottentotto, è un cittadino di origine marocchina perfettamente integrato, va dai carabinieri a dirgli che sua figlia scappa di casa. Sua figlia, come si può dire, a un certo punto si allontana e sparisce. Si capisce che nell'istituto c'erano state fughe di notizie e utilizzo improprio di computer. Si capisce che da quel computer è partita una lista di poliziotti italiani che è finita come obiettivo su un sito riconducibile allo Stato Islamico. Quando la procura di Venezia decide di farla arrestare, Meriem era già in Siria, dove tuttora è, a Raqqa. Noi non ci stiamo occupando di cose lontano da noi.

PRESIDENTE. Deve concludere.

ANDREA MANCIULLI. Noi ci stiamo occupando di prevenire il terrorismo che possiamo avere anche dentro di noi, e su questo dovremmo essere un po' più nitidi, come siamo stati oggi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Coordinamento formale - A.C. 3558-A)

PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, la Presidenza si intende autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.

  (Così rimane stabilito).

BARBARA POLLASTRINI, Relatrice per la maggioranza. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BARBARA POLLASTRINI, Relatrice per la maggioranza. Presidente, mi rendo conto, non voglio rubare tempo, ma è doveroso ringraziare, almeno da parte mia e del presidente della mia Commissione, gli uffici per come ci hanno accompagnato in un lavoro davvero complicato e inedito con la loro maestria. Aggiungo il mio ringraziamento a tutte le colleghe e colleghi, naturalmente innanzitutto i colleghi che hanno condiviso questo traguardo, ma, come sempre, noi siamo in un Parlamento e non posso che ringraziare anche i colleghi da cui ci differenzia una valutazione di fondo, ma che hanno dato vita al dibattito che abbiamo tutti sentito.

(Votazione finale ed approvazione – A.C. 3558-A)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.

Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta di legge n. 3558-A:

"Misure per la prevenzione della radicalizzazione e dell'estremismo violento di matrice jihadista".

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 43).

Interventi di fine seduta.

PIA ELDA LOCATELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Colleghi, come sempre, vi prego, se volete uscire, di farlo in silenzio.

PIA ELDA LOCATELLI. Grazie, signor Presidente. Sabato 22 luglio cadrà il sesto anniversario della strage di Utoya, una strage totalmente nascosta all'opinione pubblica nel suo preciso significato politico. Vennero uccisi sessantanove giovani socialisti e laburisti norvegesi perché favorevoli ai valori del multiculturalismo e dell'immigrazione dell'Unione europea. Oggi lo stragista Breivik è in carcere, ma il suo manifesto politico, scritto tra il 2009 e il 2011, inviato via mail in tutta Europa, minaccia di realizzarsi. Il suo obiettivo è cacciare tutti gli immigrati, soprattutto quelli islamici, dal nostro continente. Per raggiungere questa meta, Breivik elencò nel suo compendio i partiti che avrebbero potuto agevolare l'impresa: Russia Unita di Putin, Le Pen in Francia, English Defense League in UK, Jobbik in Ungheria e Lega e Forza Nuova in Italia. Ebbene, nel 2014 questi partiti hanno creato un gruppo unico all'Europarlamento e hanno rafforzato i loro rapporti con Mosca.

Oggi tutti ricordano il Bataclan, Nizza, Berlino, Manchester; nessuno ricorda Utoya. Eppure, per numero di morti ed efferatezza, Utoya è stata una delle più sanguinose stragi del nuovo millennio. Fu la punta violenta di quegli slogan che oggi sono ripetuti a gran voce da Le Pen e Salvini. Ma che risposte vuole dare l'Europa? Un eventuale Governo con la Lega che risposta darebbe a questo fenomeno epocale?

Intendo ricordare Utøya perché fu la prima evidenza violenta di questo pensiero antimmigrazione e xenofobo, che allontana le soluzioni, per alimentare paure e irrazionalità, all'unico scopo di guadagnare consensi elettorali. E intendo ringraziare ancora una volta Luca Mariani, che con il suo prezioso libro, su questa strage in silenzio sugli innocenti, ha impedito la cancellazione della sua memoria.

GIANNI MELILLA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Colleghi, vi pregherei di abbassare il tono della voce e di uscire, lasciando in modo, a chi vuole e deve intervenire, di farlo. Grazie.

GIANNI MELILLA. Grazie signor Presidente. È scomparso alcuni giorni fa Giovanni Franzoni, una delle più importanti personalità del cattolicesimo democratico e delle comunità cristiane di base del nostro Paese.

Don Franzoni iniziò la formazione nel sacerdozio nell'ordine benedettino. Fu eletto abate dell'Abbazia di San Paolo fuori le mura di Roma…

PRESIDENTE. Onorevole Frusone…grazie.

GIANNI MELILLA. …e in tale veste partecipò alle ultime due sessioni del Concilio Vaticano II, risultando il più giovane tra i padri conciliari. Fu un teologo di rara forza intellettuale e di grande suggestione per noi giovani negli anni Settanta. Avviò l'esperienza dalla comunità cristiana di base di San Paolo, che assunse allora scelte forti, come la solidarietà con le lotte operaie e con l'autunno caldo o le critiche alle forme più negative del potere temporale del Vaticano, come ad esempio la finanza vaticana, lo IOR, che allora trafficava con gli ambienti criminali e affaristici di questo Paese. Il suo impegno per il “no” al referendum per il divorzio gli valse la sospensione a divinis e l'appoggio al Partito Comunista nel 1976 lo ridusse allo stato laicale. Fu brutalmente licenziato dalla Chiesa cattolica. Il suo impegno continuò, però, nella comunità di San Paolo e nelle comunità cristiane di base italiana. Bellissima la sua rivista Com-Nuovi tempi, forte il suo impegno contro la guerra, costante la sua testimonianza con il Vangelo e con la Chiesa dei poveri (Applausi dei deputati del gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista).

ALESSANDRO ZAN. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO ZAN. Grazie Presidente. Vorrei portare all'attenzione del Governo una interrogazione da me presentata, che ha visto la sottoscrizione di decine di colleghi, dato che negli ultimi vent'anni il lavoro delle cooperative e delle aziende operanti nel sistema carcerario italiano, che affiancano e sostengono le istituzioni, è stato fondamentale per la riabilitazione e il reinserimento nella società dei detenuti, attraverso efficaci programmi di qualifica professionale.

Tuttavia, nel 2017, i fondi attribuiti dalla legge Smuraglia a queste cooperative sono stati decurtati quasi del 50 per cento e, negli anni precedenti, c'è stata una continua decurtazione del contributo, provocando un rischio concreto di fallimento delle stesse, che con i loro percorsi di crescita professionale riducono la possibilità di recidiva dei detenuti, una volta tornati in libertà, contribuendo così da un lato alla sicurezza collettiva e, dall'altro, a garantire opportunità lavorative giorni ai giovani laureati nel settore.

Anche il Ministro della giustizia, lo scorso 11 aprile, ha riconosciuto l'altissimo valore sociale in questione, avendo assicurato di avere dato indicazione per il rifinanziamento della legge Smuraglia, in particolare attraverso sgravi fiscali e contributivi per le aziende che assumono detenuti lavoratori.

Come il Ministro, anche la Corte dei conti nel 2013 ha definito la legge come uno strumento assolutamente necessario per rieducare i detenuti alla legalità e dare loro una prospettiva lavorativa e professionale per il futuro, individuando in questo provvedimento - per usare le parole della Corte - l'unica forma di attivazione del lavoro carcerario, che non fosse semplice assistenzialismo e pietismo.

Concludo dicendo che per questo abbiamo presentato un'interrogazione al Ministro della Giustizia, perché chiarisca quali iniziative abbia adottato o voglia adottare per scongiurare il rischio di fallimento di queste aziende cooperative, così preziose per il loro importante lavoro.

SABRINA CAPOZZOLO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SABRINA CAPOZZOLO. Grazie Presidente. In questi giorni stiamo assistendo ad un vero e proprio disastro ambientale. L'intera Italia sta bruciando da nord a sud. La Campania è stata colpita al cuore, brucia il Vesuvio, diversi comuni del napoletano e Napoli stessa. Più di cento sono gli ettari di Parco nazionale del Vesuvio distrutti e una quota parte della riserva naturale integrale di Tirone alto Vesuvio. Brucia l'avellinese e solo ieri, in provincia di Salerno, erano attivi più di ventiquattro incendi e oggi la mia terra brucia.

Sono stati distrutti ettari ed ettari di verde nel Parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, dalla costiera all'Agro nocerino-sarnese, da Agropoli a Policastro, l'intera regione è in fiamme. Vegetazione distrutta, famiglie evacuate, strutture ricettive a rischio, treni fermi per via delle fiamme, che in molte zone hanno invaso i binari. Ho visto la disperazione di tanti, che rischiavano di perdere le proprie case e tutto ciò che queste rappresentano. E questo a causa di un vero e proprio disegno criminale. È impossibile che tanti incendi possano divampare in maniera del tutto spontanea. Come ritengo non casuale la concomitanza con la quale le fiamme si propagano da una parte all'altra del nostro Paese. Siamo dinanzi ad un vero e proprio disastro ambientale e, ad oggi, non è ancora possibile fare la stima dei danni.

Sento il dovere di ringraziare a nome mio - e credo di poterlo fare anche a nome di quest'Aula - tutti i volontari che in un modo o nell'altro hanno dato il loro contributo: la Protezione civile mobilitatasi immediatamente; i vigili del fuoco; le forze dell'ordine; l'esercito e tutti coloro che anche in queste ore stanno lavorando, per mettere in sicurezza cose e persone.

Condanno, invece, senza appello chi c'è dietro a tutto questo. Signor Presidente, abbiamo il dovere di prendere dei seri provvedimenti, inasprendo ancora di più le pene per chi si macchia di questo reato. Ma, soprattutto, dobbiamo lavorare assiduamente sulla prevenzione. Guardo la mia terra ferita e provo rabbia e tristezza. Il pianeta Terra e l'unica casa che c'è stata donata e dovremmo averne più cura (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

FUCSIA FITZGERALD NISSOLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FUCSIA FITZGERALD NISSOLI. Grazie Presidente, intervengo semplicemente per sollecitare la risposta alla mia interrogazione a risposta scritta n. 4-15972, che è stata annunciata il 20 marzo 2017. Penso che sia passato un tempo sufficiente per avere una risposta e si tratta di dare risposte a persone invalide, che hanno bisogno di accompagnamento, e il tempo in questo contesto è davvero prezioso. Quindi, mi auguro di avere presto una risposta.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

  Mercoledì 19 luglio 2017, alle 9,30:

  (ore 9,30 e ore 16,30)

1.  Seguito della discussione delle mozioni Ruocco ed altri n. 1-01594, Melilla ed altri n. 1-01653, Marchi, Tancredi, Librandi, Tabacci, Locatelli, Gebhard ed altri n. 1-01654, Brunetta ed altri n. 1-01655, Simonetti ed altri n. 1-01658, Capezzone ed altri n. 1-01659, Paglia ed altri n. 1-01668, Zanetti ed altri n. 1-01670 e Rampelli ed altri n. 1-01671 in materia di trasparenza dei contratti derivati stipulati dal Ministero dell'economia e delle finanze.

2.  Seguito della discussione della Relazione della XIV Commissione sulla Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea riferita all'anno 2017 e sul Programma di lavoro della Commissione per il 2017. (Doc. LXXXVII-bis, n. 5-A)

Relatrice: BERLINGHIERI.

3.  Seguito della discussione del disegno di legge:

Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2017. (C. 4505-A)

Relatrice: BERLINGHIERI.

4.  Seguito della discussione della proposta di legge:

RICHETTI ed altri: Disposizioni in materia di abolizione dei vitalizi e nuova disciplina dei trattamenti pensionistici dei membri del Parlamento e dei consiglieri regionali. (C. 3225-A/R)

e delle abbinate proposte di legge: VACCARO; LENZI e AMICI; GRIMOLDI; CAPELLI ed altri; VITELLI ed altri; LOMBARDI ed altri; NUTI ed altri; PIAZZONI ed altri; MANNINO ed altri; SERENI ed altri; CAPARINI ed altri; GIACOBBE ed altri; FRANCESCO SANNA; TURCO ed altri; CRISTIAN IANNUZZI; MELILLA ed altri; CIVATI ed altri; BIANCONI; GIGLI ed altri; CAPARINI ed altri.

(C. 495-661-1093-1137-1958-2354-2409-2446-2545-2562-3140-3276-3323-3326-3789-3835-4100-4131-4235-4259)

Relatori: RICHETTI, per la maggioranza; TURCO, di minoranza.

5.  Seguito della discussione della proposta di legge:

FIANO ed altri: Introduzione dell'articolo 293-bis del codice penale, concernente il reato di propaganda del regime fascista e nazifascista. (C. 3343-A)

Relatori: VERINI, per la maggioranza; FERRARESI, di minoranza.

6.  Seguito della discussione della Relazione all'Assemblea sulle forme di raccordo tra lo Stato e le autonomie territoriali e sull'attuazione degli statuti speciali, approvata dalla Commissione parlamentare per le questioni regionali. (Doc. XVI-bis, n. 11)

7.  Seguito della discussione delle mozioni Rampelli ed altri n. 1-01582, Allasia ed altri n. 1-01549, Donati ed altri n. 1-01542, Della Valle ed altri n. 1-01565, Laffranco ed altri n. 1-01610 e Ricciatti ed altri 1-01641 concernenti iniziative relative all'applicazione della cosiddetta direttiva Bolkestein.

8.  Seguito della discussione della relazione sul fenomeno della contraffazione sul web, approvata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo. (Doc. XXII-bis, n. 9)

9.  Seguito della discussione delle mozioni Carfagna, Lupi, Abrignani, Castiello, Cirielli ed altri n. 1-01557, Brignone ed altri n. 1-01661, Silvia Giordano ed altri n. 1-01665, Gadda ed altri n. 1-01666, Vargiu ed altri n. 1-01667 e Fossati ed altri n. 1-01669 concernenti iniziative in materia di raccolta e donazione dei farmaci non utilizzati.

10.  Seguito della discussione della proposta di legge:

S. 361 – D'INIZIATIVA DEI SENATORI: RANUCCI e PUGLISI: Modifiche al decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242, in materia di limiti al rinnovo dei mandati degli organi del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI) e delle federazioni sportive nazionali, e al decreto legislativo 27 febbraio 2017, n. 43, in materia di limiti al rinnovo delle cariche nel Comitato italiano paralimpico (CIP), nelle federazioni sportive paralimpiche, nelle discipline sportive paralimpiche e negli enti di promozione sportiva paralimpica (Approvata dal Senato). (C. 3960-A)

Relatrice: COSCIA.

11.  Seguito della discussione delle mozioni Marcon, Duranti ed altri n. 1-01662 e Corda ed altri n. 1-01663 concernenti la situazione di crisi nello Yemen, con particolare riferimento all'emergenza umanitaria e all'esportazione di armi verso i Paesi coinvolti nel conflitto.

  (ore 15)

12.  Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

La seduta termina alle 19,25.

TESTI DEGLI INTERVENTI DI CUI È STATA AUTORIZZATA LA PUBBLICAZIONE IN CALCE AL RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA ODIERNA: STEFANO DAMBRUOSO (A.C. 3558-A)

STEFANO DAMBRUOSO. (Dichiarazione di voto finale – A.C. 3558-A). Onorevole Presidente, Rappresentante del Governo, onorevoli Colleghi, non posso che esprimere il mio più sincero compiacimento per il testo in esame, nato come proposta di legge a mia prima firma e migliorato nel corso dei lavori in Commissione Affari costituzionali con il contributo di tutti gli schieramenti politici. L'articolato è, infatti, frutto di un confronto molto costruttivo, all'esito di un'indagine conoscitiva che ha coinvolto interlocutori istituzionali e qualificati esponenti della società civile, e prevede efficaci misure volte al reinserimento sociale di coloro che hanno già intrapreso la jihad o che simpatizzano per l'estremismo violento di matrice jihadista.

L'iniziativa appare oggi più che mai necessaria: in un momento storico in cui la minaccia di matrice jihadista rappresenta un serio pericolo per la pace e la sicurezza internazionale, le misure proposte vanno a completare la nostra legislazione antiterrorismo prevedendo il recupero e il reinserimento sociale di coloro che vengono indottrinati o addestrati alla jihad. A fronte delle nuove disposizioni introdotte nel nostro ordinamento dal decreto-legge 18 febbraio 2015, n. 7, le norme contenute nel testo in esame intendono favorire l'adozione di una vera e propria strategia di prevenzione, in linea con le politiche europee di contrasto alla radicalizzazione indicate da ultimo nella comunicazione della Commissione europea del 20 aprile 2016 dal titolo "Attuare l'Agenda europea sulla sicurezza per combattere il terrorismo e preparare il terreno per un'autentica ed efficace Unione della sicurezza" (COM(2016)230), approvata con parere favorevole con condizioni dalle Commissioni riunite 1^ e 2^, che evidenzia la necessità di un efficace contrasto della minaccia rappresentata dai cosiddetti foreign fighters, favorendo la circolazione delle informazioni su tutti i movimenti di questi ultimi e agevolando l'inserimento dei soggetti già radicalizzati in programmi di riabilitazione e di sostegno al disimpegno dalla violenza e dell'odio.

Entrando nel merito del provvedimento, l'articolo 1, comma 1, anche tenuto conto della risoluzione del Parlamento europeo del 25 novembre 2015 sulla prevenzione della radicalizzazione e del reclutamento di cittadini europei da parte di organizzazioni terroristiche (2015/2063 (INI)), disciplina l'adozione di misure, interventi e programmi diretti a prevenire fenomeni di radicalizzazione e di diffusione dell'estremismo violento di matrice jihadista nonché a favorire la deradicalizzazione e il recupero in termini di integrazione sociale, culturale e lavorativa dei soggetti coinvolti, cittadini italiani o stranieri residenti in Italia. In base a quanto stabilito dal comma 2 del medesimo articolo, per "radicalizzazione" si intende il fenomeno che vede persone abbracciare, anche se non sussiste alcuno stabile rapporto di dipendenza dai gruppi terroristici, ideologie di matrice jihadista, ispirate all'uso della violenza e del terrorismo, anche tramite l'uso del web e dei socialnetwork.

L'articolo 2, introdotto dalla Commissione di merito, prevede inoltre l'istituzione, presso il Dipartimento delle libertà civili e dell'immigrazione del Ministero dell'Interno, del Centro nazionale sulla radicalizzazione ("CRAD"), con la finalità di promuovere e sviluppare le misure, gli interventi ed i programmi diretti a prevenire fenomeni di radicalizzazione e di diffusione dell'estremismo violento di matrice jihadista nonché a favorire la deradicalizzazione dei soggetti coinvolti. La composizione ed il funzionamento del Centro sono disciplinati con decreto del Ministro dell'interno, da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge, in modo da assicurare la presenza di rappresentanti del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza della Presidenza del Consiglio, dei Ministeri degli affari esteri e della cooperazione internazionale, dell'interno, della giustizia, della difesa, del lavoro e delle politiche sociali, dell'istruzione, dell'università e della ricerca e della salute, nonché di qualificati esponenti di istituzioni, enti e associazioni operanti nel campo religioso, culturale, educativo e sociale e della Consulta per l'Islam italiano, istituita con decreto del Ministro dell'interno del 10 settembre 2005, con funzioni consultive. Il CRAD elabora annualmente il piano strategico nazionale di prevenzione dei processi di radicalizzazione e di adesione all'estremismo violento di matrice jihadista, e di recupero dei soggetti coinvolti nei fenomeni di radicalizzazione. Tale piano è approvato dal Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'interno, acquisiti i pareri delle Commissioni parlamentari competenti e del Comitato parlamentare istituito, e definisce i progetti, le azioni e le iniziative da realizzare, anche prevedendo l'adozione di strumenti legati all'evoluzione tecnologica, tra cui la possibile istituzione di un numero verde, la promozione di progetti pilota o di poli di sperimentazione per l'individuazione delle migliori pratiche di prevenzione, nonché il possibile utilizzo dei fondi europei RAN (Radicalisation Awareness Network). Il CRAD, con il Piano strategico nazionale di prevenzione, ha altresì il compito di promuovere il dialogo interreligioso e interculturale, il rispetto dei principi costituzionali, della laicità dello Stato e della libertà religiosa, e il contrasto ad ogni forma di discriminazione razziale, etnica, religiosa, di genere e di orientamento sessuale, nonché il contrasto a pratiche che colpiscono l'integrità fisica, la dignità e i diritti delle persone.

Con il compito di dare attuazione al Piano strategico nazionale, sono istituiti anche i Centri di coordinamento regionali sulla radicalizzazione (CCR), presso le Prefetture - UTG dei capoluoghi di regione. Tali centri sono tenuti a presentare al CRAD una relazione sull'attuazione del Piano con cadenza annuale. Il CCR è presieduto dal Prefetto o da un suo delegato ed è composto da rappresentanti dei competenti uffici territoriali delle amministrazioni statali, degli enti locali e da qualificati esponenti di istituzioni, enti e associazioni operanti nel campo religioso, culturale, educativo e sociale in ambito regionale, nonché delle associazioni e organizzazioni che operano nel campo dell'assistenza socio-sanitaria e dell'integrazione, nonché delle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori. La composizione e le modalità di funzionamento del centro di coordinamento regionale sono disciplinate dal prefetto del capoluogo di regione, con proprio provvedimento, anche in relazione all'esigenza di assicurare un costante raccordo informativo con le altre Prefetture - UTG della regione. Al prefetto del capoluogo di regione compete altresì l'adozione di tutte le iniziative volte a coordinare le attività previste nell'ambito del piano di prevenzione con le esigenze di tutela della sicurezza della Repubblica.

La proposta prevede poi all'articolo 4 l'istituzione in sede parlamentare di un Comitato per il monitoraggio dei fenomeni di radicalizzazione e dell'estremismo violento di matrice jihadista, con particolare attenzione alle problematiche inerenti le donne e i minori. Il Comitato parlamentare è composto da cinque deputati e cinque senatori, nominati entro venti giorni dall'inizio di ogni legislatura dai Presidenti dei due rami del Parlamento, in proporzione al numero dei componenti dei gruppi parlamentari, garantendo comunque la rappresentanza paritaria della maggioranza e delle opposizioni e tenendo conto della specificità dei compiti del Comitato. Tale organismo svolge la sua attività anche attraverso l'audizione di figure istituzionali, di componenti della magistratura e delle forze di polizia, di ministri di culto, di guide religiose e di operatori sociali, indirizzando la sua attività conoscitiva in particolare su scuole, università, ospedali, ambulatori pubblici e istituti penitenziari. Si affida al Comitato anche il compito di esaminare un rapporto semestrale redatto dalla Polizia postale e delle comunicazioni, anche in collaborazione con istituti specializzati - contenente elementi informativi e dati statistici sulla diffusione via web di idee estreme, tendenti al terrorismo violento di matrice jihadista, e di effettuare un monitoraggio specifico sui luoghi di accoglienza o di detenzione amministrativa dei migranti.

Si prevede ancora la presentazione al Parlamento con cadenza annuale di due relazioni: l'una dell'istituendo Comitato parlamentare sull'attività svolta con l'elaborazione di eventuali proposte o segnalazioni su questioni di propria competenza; l'altra del Governo sulle politiche attuate ogni anno in materia di prevenzione e contrasto dei fenomeni di radicalizzazione e di estremismo violento di matrice jihadista, nonché sui risultati ottenuti.

Il provvedimento prevede, poi all'articolo 7, che i ministeri competenti e le amministrazioni locali, in coerenza con il Piano strategico nazionale elaborato dal CRAD, definiscano le modalità per lo svolgimento di attività di formazione, anche per la conoscenza delle lingue straniere, consistenti in particolare in programmi e corsi specialistici volti a fornire elementi di conoscenza anche in materia di dialogo interculturale e interreligioso per prevenire fenomeni di radicalizzazione ed estremismo violento di matrice jihadista. Le attività di formazione sono rivolte in particolare al personale: delle Forze di polizia e delle polizie municipali; delle Forze armate; dell'amministrazione penitenziaria, del Garante nazionale e dei garanti locali dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale; dei docenti e dirigenti delle scuole di ogni ordine e grado e delle università; degli operatori dei servizi sociali e socio­sanitari, del personale dei corpi di polizia locale.

L'articolato dispone anche all'articolo 8 interventi finalizzati a prevenire episodi di radicalizzazione nell'ambito scolastico. In particolare, dispone che l'Osservatorio nazionale per l'integrazione degli alunni stranieri e per l'intercultura elabori, conformandosi al piano strategico elaborato dal Centro nazionale sulla radicalizzazione, linee guida sul dialogo interculturale e interreligioso, finalizzate a diffondere la cultura del pluralismo e a prevenire episodi di radicalizzazione in ambito scolastico. Le linee guida sono adottate con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e sono comunicate agli uffici scolastici regionali e alle istituzioni scolastiche. Esse devono essere periodicamente aggiornate e, anche a tal fine, l'Osservatorio effettua, con cadenza annuale, un monitoraggio delle iniziative avviate dalle istituzioni scolastiche.

Il piano strategico nazionale ai sensi dell'articolo 10 dovrà poi contenere la previsione di progetti per lo sviluppo di campagne informative, attraverso piattaforme multimediali che utilizzino anche lingue straniere. Per le stesse finalità è previsto che la RAI, in qualità di concessionaria del servizio pubblico, realizzi una specifica piattaforma multimediale per la messa in onda di prodotti informativi e formativi in lingua italiana e araba. Al contempo, il piano strategico nazionale promuove attività di comunicazione in partnership con altri soggetti, pubblici o privati, nonché sinergie tra i media nazionali volte, in particolare, a diffondere la cultura del pluralismo, il dialogo interreligioso e interculturale, il principio dell'uguaglianza di genere e il contrasto alle discriminazioni di origine religiosa, tra cui l'islamofobia, in coerenza con quanto già previsto dal decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205.

SEGNALAZIONI RELATIVE ALLE VOTAZIONI EFFETTUATE NEL CORSO DELLA SEDUTA

  Nel corso della seduta sono pervenute le seguenti segnalazioni in ordine a votazioni qualificate effettuate mediante procedimento elettronico (vedi Elenchi seguenti):

  nella votazione n. 1 i deputati Manfredi, Preziosi e Sgambato hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario;

  nelle votazioni dalla n. 1 alla n. 25 i deputati La Marca e Fedi hanno segnalato che non sono riusciti a votare;

  nelle votazioni nn. 1 e 2 e dalla n. 18 alla n. 21 la deputata Mongiello ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario;

  nella votazione n. 2 la deputata Bergamini ha segnalato che non è riuscita a votare;

  nella votazione n. 8 il deputato Piepoli ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole;

  nella votazione n. 8 il deputato Oliverio ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario;

  nella votazione n. 10 il deputato Cuomo ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario;

  nelle votazioni dalla n. 10 alla n. 20 la deputata Gribaudo ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario;

  nella votazione n. 11 il deputato Cuomo ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole;

  nelle votazioni dalla n. 12 alla n. 16 la deputata Venittelli ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario;

  nelle votazioni dalla n. 20 alla n. 25 il deputato Capodicasa ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole;

  nella votazione n. 25 la deputata Schiro' ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole;

  nella votazione n. 25 il deputato Molea ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario;

  nella votazione n. 26 il deputato Matteo Bragantini ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario;

  nella votazione n. 26 i deputati Daga e Micillo hanno segnalato che non sono riusciti ad astenersi dal voto;

  nelle votazioni nn. 26 e 27 la deputata Nicchi ha segnalato che non è riuscita a votare;

  nella votazione n. 27 il deputato Micillo ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole;

  nella votazione n. 28 il deputato Gutgeld ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario;

  nelle votazioni dalla n. 34 alla n. 38 il deputato Falcone ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario;

  nella votazione n. 42 il deputato Alberti ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole;

  nella votazione n. 43 la deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole;

  nella votazione n. 43 il deputato Ferraresi ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 4 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nominale Pdl 3558-A - subem. 0.5.201.1 319 319 0 160 96 223 104 Resp.
2 Nominale subem 0.5.201.4 339 337 2 169 98 239 102 Resp.
3 Nominale subem 0.5.201.2 359 359 0 180 108 251 100 Resp.
4 Nominale subem 0.5.201.5 363 363 0 182 108 255 100 Resp.
5 Nominale subem 0.5.201.6 369 369 0 185 369 0 100 Appr.
6 Nominale subem 0.5.201.7 369 304 65 153 304 0 100 Appr.
7 Nominale subem 0.5.201.3 380 380 0 191 117 263 100 Resp.
8 Nominale em. 5.201 383 277 106 139 277 0 98 Appr.
9 Nominale em. 5.56 397 397 0 199 129 268 97 Resp.
10 Nominale em. 5.70 395 335 60 168 69 266 97 Resp.
11 Nominale em. 5.100 392 336 56 169 335 1 97 Appr.
12 Nominale articolo 5 399 319 80 160 258 61 96 Appr.
13 Nominale em. 8.57 rif. 395 395 0 198 377 18 96 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui é mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi é premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.

INDICE ELENCO N. 2 DI 4 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 26)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
14 Nominale em. 8.51 394 322 72 162 50 272 95 Resp.
15 Nominale em. 8.52 405 279 126 140 278 1 95 Appr.
16 Nominale em. 8.100 395 281 114 141 277 4 95 Appr.
17 Nominale em. 8.55 398 395 3 198 132 263 95 Resp.
18 Nominale articolo 8 402 345 57 173 327 18 95 Appr.
19 Nominale art. agg. 8.01 401 401 0 201 123 278 96 Resp.
20 Nominale art. agg. 8.02 407 405 2 203 131 274 96 Resp.
21 Nominale em. 9.50 403 402 1 202 135 267 96 Resp.
22 Nominale em. 9.100 409 279 130 140 274 5 96 Appr.
23 Nominale articolo 9 412 393 19 197 328 65 95 Appr.
24 Nominale em. 10.100 410 289 121 145 288 1 96 Appr.
25 Nominale em. 10.50 rif. 407 342 65 172 342 0 96 Appr.
26 Nominale em. 10.60 404 342 62 172 274 68 94 Appr.


INDICE ELENCO N. 3 DI 4 (VOTAZIONI DAL N. 27 AL N. 39)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
27 Nominale articolo 10 416 405 11 203 333 72 94 Appr.
28 Nominale em. 11.1 417 353 64 177 74 279 94 Resp.
29 Nominale em. 11.60 413 370 43 186 369 1 94 Appr.
30 Nominale em. 11.51 418 276 142 139 275 1 94 Appr.
31 Nominale em. 11.6 417 414 3 208 414 0 94 Appr.
32 Nominale articolo 11 418 405 13 203 338 67 94 Appr.
33 Nominale art. agg. 11.0100 420 272 148 137 270 2 94 Appr.
34 Nominale odg 9/3558-A/6 392 392 0 197 129 263 92 Resp.
35 Nominale odg 9/3558-A/12 398 398 0 200 131 267 92 Resp.
36 Nominale odg 9/3558-A/13 408 347 61 174 73 274 92 Resp.
37 Nominale odg 9/3558-A/17 412 412 0 207 141 271 92 Resp.
38 Nominale odg 9/3558-A/18 n.f. 417 417 0 209 139 278 92 Resp.
39 Nominale odg 9/3558-A/19 413 413 0 207 139 274 92 Resp.


INDICE ELENCO N. 4 DI 4 (VOTAZIONI DAL N. 40 AL N. 43)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
40 Nominale odg 9/3558-A/21 411 410 1 206 148 262 91 Resp.
41 Nominale odg 9/3558-A/23 409 409 0 205 142 267 90 Resp.
42 Nominale odg 9/3558-A/24 403 403 0 202 130 273 90 Resp.
43 Nominale Pdl 3558-A - voto finale 373 360 13 181 251 109 84 Appr.