Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 806 di martedì 30 maggio 2017

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI

La seduta comincia alle 10,35.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

ANNA MARGHERITA MIOTTO, Segretaria, legge il processo verbale della seduta di ieri.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

  (È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Angelino Alfano, Alfreider, Amoddio, Artini, Bindi, Borletti Dell'Acqua, Braga, Cicchitto, Cimbro, Coppola, Damiano, Epifani, Fava, Fico, Galati, Gentiloni Silveri, Giorgis, Marcon, Meta, Piccoli Nardelli, Rampelli, Sammarco, Scanu, Sereni, Sottanelli e Vignaroli sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente centododici, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Svolgimento di una interpellanza e interrogazioni.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di una interpellanza e interrogazioni.

(Elementi ed iniziative a tutela della salute della popolazione residente nel comune di Montichiari, in provincia di Brescia, anche in relazione alla presenza di discariche e a episodi di sospetta intossicazione - n. 3-02592, n. 3-03054 e n. 3-03056)

PRESIDENTE. Passiamo alle prime interrogazioni all'ordine del giorno   Zolezzi n. 3-02592, Cominelli n. 3-03054 e Alberti n. 3-03056 (Vedi l'allegato A), che, vertendo sullo stesso argomento, verranno svolte in maniera congiunta.

Il sottosegretario di Stato, Domenico Rossi, ha facoltà di rispondere.

DOMENICO ROSSI, Sottosegretario di Stato per la Difesa. Per rispondere ai quesiti posti, che attengono a una vicenda di rilievo locale, è necessario riferirsi innanzitutto agli elementi forniti dall'ARPA Lombardia e dall'Azienda di tutela della salute di Brescia.

In particolare, l'ARPA ha comunicato di aver preso in considerazione la situazione di molestie olfattive nell'aria di Vighizzolo, frazione di Montichiari, sin dal 2007, quando sono stati avviati i primi monitoraggi dell'aria. Successivamente, a seguito delle segnalazioni dei residenti, è stata avviata, nel 2011, una campagna di misure più sistematica, atta ad individuare le cause del fenomeno. Il monitoraggio è stato condotto per un periodo di oltre due anni e l'indagine, pur non individuando una specifica correlazione di causa-effetto a carico di un impianto specifico, ha permesso di osservare una maggiore presenza di ammoniaca, la quale tuttavia si è ridotta nel tempo. I monitoraggi, proseguiti nel 2013, hanno successivamente accertato la presenza di sostanze chimiche derivanti dalla degradazione delle sostanze organiche a bassissima soglia olfattiva. Da allora le segnalazioni di forte disagio olfattivo pervenute all'Agenzia si sono estremamente ridotte, diventando sporadiche nell'arco degli ultimi tre anni.

Relativamente a quanto accaduto il 17 ottobre 2016 presso il plesso scolastico sito nella frazione di Montichiari, la medesima ARPA ha riferito che i propri tecnici, appena arrivati sul posto, hanno eseguito campionamenti dell'aria all'interno dell'edificio senza registrare particolari anomalie. Inoltre è stata compiuta una visita ispettiva alla discarica Gedit, già in passato oggetto di segnalazioni per molestie olfattive, senza riscontrare particolari problemi di odore, se non quello tipico della movimentazione dei rifiuti. In ogni caso è stata verificata anche la correttezza dei formulari dei rifiuti conferiti nella mattinata e dei formulari del percolato in uscita, i quali sono risultati conformi.

A seguito di una successiva visita ispettiva più approfondita sulla medesima discarica sono emerse problematiche e anomalie che hanno formato oggetto di specifica segnalazione da parte dell'ARPA alle autorità competenti, tra le quali in particolare il comune di Montichiari, che ha poi attivato un apposito tavolo tecnico dedicato alla problematica.

Ritengo opportuno far presente che, oltre all'attività scaturita a seguito dell'episodio del 17 ottobre, l'ARPA aveva già svolto sul territorio di Montichiari, la scorsa estate, un monitoraggio piezometrico, chimico e radiometrico delle acque sotterranee, per verificare eventuali impatti prodotti dalle stesse sulla falda. Gli esiti analitici del monitoraggio non hanno rilevato superamenti delle concentrazioni soglia di contaminazione, mentre hanno evidenziato concentrazioni di nitrati superiori al limite previsto dal decreto legislativo n. 31 del 2001 per l'uso idropotabile e dal decreto legislativo n. 30 del 2009 per la protezione delle acque sotterranee. È da evidenziare tuttavia che la presenza di nitrati è probabilmente riconducibile ad una contaminazione diffusa determinata dalla vocazione agricola della zona.

Per quanto concerne l'opportunità di promuovere uno studio epidemiologico complessivo sulla popolazione di Montichiari, auspicato dalle interrogazioni in esame, faccio presente che l'ATS di Brescia ha riferito che tale studio è già attuato e le relative elaborazioni ricomprendono i dati ricavati dalle banche e dai registi a partire dall'anno 2000 fino all'anno 2015. Anche gli eventi sanitari di Vighizzolo, frazione del comune di Montichiari, fanno dunque parte dell'insieme dei dati epidemiologici registrati su tutta la popolazione residente nel comune.

Di fronte all'allarme sociale generato dalla vicenda di Vighizzolo, l'ATS di Brescia ha comunque ritenuto opportuno effettuare un'analisi specifica, con lo scopo di rilevare eventuali eccessi di patologia locale che, nel totale dei dati di Montichiari, risultassero sottostimati, confrontando i risultati con il valore medio di tutti i comuni dell'ATS e con quelli dei comuni confinanti, gran parte dei quali sede di discariche. L'analisi specifica ha previsto uno studio epidemiologico descrittivo, che ha lo scopo primario di studiare le caratteristiche di una malattia (frequenza, andamento, eccetera) a livello di popolazione e che consente di registrare gli eventuali eccessi di patologia, ma non di identificare le cause di tali eccessi. Solo nel caso in cui si dovessero effettivamente registrare tali eccessi, verranno compiute ulteriori analisi.

Nell'ambito di tale studio ATS ha adottato un sistema di monitoraggio territoriale che analizza i principali indicatori di salute (mortalità per varie cause, incidenza tumorale, eventi cardio e cerebrovascolari, malattie respiratorie, eventi riproduttivi, eccetera) sulla base di una molteplicità di fattori, il primo dei quali è costituito dalla residenza. Ad oggi, vista la complessità del progetto, ATS ha un'ulteriore fase di sviluppo.

Ad ogni modo voglio rassicurare gli interroganti che sarà cura del Ministero della salute verificare l'andamento della situazione ed adottare, in collaborazione con le istituzioni locali, tutte le iniziative ritenute opportune al fine di garantire la salute dei residenti del territorio.

PRESIDENTE. L'onorevole Zolezzi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interrogazione.

ALBERTO ZOLEZZI. Grazie, Presidente. Ringrazio il sottosegretario. È importante l'ultima cosa che ha detto, cioè che questi dati siano arrivati all'attenzione anche del Ministero della salute. Ricordiamo che ci sono voluti sette mesi per avere questi dati e forse qualcosa non è ancora emerso con chiarezza da quello che è questa “terra dei fuochi del Nord”, fra ventun milioni di tonnellate di rifiuti e centinaia di migliaia di tonnellate di fanghi sversati tutti gli anni, ancora adesso, a Montichiari. Le molestie odorigene sono un grave problema, ma è più grave quando ci potrebbe essere stato un rischio tossico.

Io credo che non sia accettabile questa risposta, di cui nella globalità non sono soddisfatto, perché è stata evacuata una scuola e ci sono stati altri episodi tossici dopo il 17 ottobre 2016. In pratica i bambini hanno accusato mancanza di fiato, dispnea, lacrimazione, hanno avuto sensazioni di soffocamento; undici di questi bimbi sono stati ricoverati in ospedale, sono stati rilevati valori elevati di carbossiemoglobina, intossicazione da ossido di carbonio.

È grave che non venga pubblicato il dato dell'acido solfidrico. L'intossicazione apparentemente, come dato clinico, sembrava quella dell'acido solfidrico, che è un'intossicazione molto grave, perché basta una concentrazione elevata di questa sostanza, basta anche un solo respiro, per uccidere. Dobbiamo ricordare alcune aziende, come la Coimpo in provincia di Rovigo, dove morirono quattro operai proprio alla prima missione della Commissione ecomafie nel 2014.

Ricordiamoci di questa regione, questa regione che vuole l'autonomia, la regione Lombardia, ma che importa tutti gli anni gli escrementi di 6 milioni di persone, 600 mila tonnellate di fanghi. Perché il dubbio grosso, visti i sintomi, è che semplicemente siano stati sparsi dei fanghi intorno alla scuola di Vighizzolo, dove poi si è liberata questa nube tossica che ha preoccupato, che ha causato questi gravi sintomi agli studenti.

Ricordiamoci che a Montichiari, un'azienda, la Valli di Lonato, di cui è titolare Sergio Parolini, fratello dell'assessore regionale lombardo allo sviluppo economico Mauro, è autorizzata a spandere fanghi, è l'unica autorizzata. Non spande solo fanghi, ma è autorizzata anche a spandere i famosi gessi di defecazioni: una truffa legalizzata per cui butto un po' di calcio sopra i fanghi e magari un po' di acido solforico così escono dal ciclo dei rifiuti e non sono più tracciati. È pressoché impossibile adesso capire se sono stati sparsi questi gessi.

Per cui la cosa più semplice, signor Presidente e sottosegretario, è cambiare la normativa. L'Allegato 2 al decreto-legge n. 75 del 2010 deve essere abrogato.

Non è possibile che ci sia un turismo dei fanghi da altre regioni verso la Lombardia, e che si spandano senza tracciatura, e che dopo sette mesi non abbiamo ancora risposta a questi dubbi. Montichiari è una terra dei fuochi; e abbiamo questo Parolini Sergio, fanghista, che è addirittura candidato sindaco a Desenzano, adesso. Ha chiesto di importare altre 200 mila tonnellate di fanghi! Ci vorrà un certificato di istruttore di sub per i bambini per andare a scuola in apnea a Montichiari: altro che altri certificati che chiedete con così tanta foga, senza avere testi di decreto! Montichiari è anche limitrofo a Castiglione delle Stiviere, unico comune dove arrivano ecoballe in grande quantità, e sono arrivati 40 mila metri cubi di percolato, 2 metri cubi per elettore, cioè cancerogeni contenenti PFAS. Sono arrivate ecoballe, 7 mila tonnellate di gessati e altre schifezze; i nitrati citati dal sottosegretario sono 102 milligrammi per litro nelle acque superficiali: visto che la falda non è distanziata, quella superficiale da quella profonda, a breve arriveranno nelle acque potabili, quindi bisognerà evacuare questi comuni, Castiglione e Montichiari. Anche i nitrati nelle falde, nelle acque potabili possono dare problemi di sviluppo per i bambini, e possono dare metaemoglobinemia e patologie molto gravi, comprese quelle cancerogene; e nell'acqua secondo l'EPA, l'ente di protezione ambientale americano, non dovrebbero essere sopra a 10 milligrammi.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

ALBERTO ZOLEZZI. A Castiglione sono 33, a Montichiari sono anche più elevati. Quindi adesso si sta discutendo in Commissione ambiente la risoluzione n. 7-00925: è l'occasione per spingere il Governo in una direzione di sostenibilità, e per dare un futuro anche ai bambini di quelle terre martoriate.

PRESIDENTE. L'onorevole Miriam Cominelli ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interrogazione.

MIRIAM COMINELLI. Presidente, sottosegretario, io mi dichiaro soddisfatta della risposta all'interrogazione per quello che riguarda l'azione sul presente: è sicuramente importante l'approfondimento ulteriore che ATS ha deciso di compiere sulla zona a seguito dell'evento di Vighizzolo. Le tempistiche e le modalità sono particolarmente complesse, proprio credo per avere un risultato che sia scientificamente utile, e sia soprattutto utile per capire come agire nel futuro in un territorio come quello di Montichiari, che è emblematico un po' della situazione bresciana, se vogliamo: Brescia è un territorio ricco, un territorio in cui la produzione industriale, la produzione economica è andata molto avanti, e molte volte l'ha fatto purtroppo a discapito delle tematiche ambientali e sanitarie. È un territorio che però ora si è accorto di questa problematica, e sta cercando di porvi rimedio. Purtroppo ci sono casi, come quello di Vighizzolo, che sono casi emergenziali.

La modalità io credo migliore per affrontare l'eredità del passato e le sfide del futuro è proprio questa, cioè evitare gli allarmismi, evitare i sensazionalismi, che possono essere utili più per polemica politica che per altro, e invece provare ad applicare un piano serio di analisi dell'esistente e di proposta ad esempio di bonifica dei territori. E ancora, guardando al futuro, io sono prima firmataria di una proposta di legge che propone l'estensione del fattore di pressione per l'individuazione delle discariche su tutto il territorio nazionale, ampliandolo, magari facendolo diventare un qualcosa che va oltre le volumetrie, ma che parla anche di impatto ambientale degli impianti di trattamento rifiuti.

Quindi ribadisco: Brescia può diventare anche un esempio di come si può trattare il territorio italiano, che ha dato tanto in termini di beneficio economico e che adesso merita sempre maggiore attenzione da un punto di vista ambientale e sanitario. Quindi ringrazio per la risposta, e propongo anche in questa sede di valutare, a seguito di quelle che sono le analisi di ARPA e di ATS anche sul resto del territorio bresciano, la possibilità eventualmente di verificare l'esigenza di ulteriori approfondimenti da parte di ATS in studi epidemiologici, per capire effettivamente l'entità e la gravità o meno della situazione e poter agire in maniera il più puntuale ed efficace possibile.

PRESIDENTE. L'onorevole Alberti ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interrogazione.

FERDINANDO ALBERTI. Presidente, sottosegretario, in merito alla risposta che ci ha dato si tratta alla fine di informazioni che già avevamo: speravamo che dopo sei mesi qualche informazione arrivasse, e invece siamo ancora qui a capire, a cercare di capire da dove proveniva quell'odore fastidioso e pericoloso che ha portato all'evacuazione di una scuola di bambini, una scuola elementare.

Quanto detto dal mio collega Zolezzi lo ribadisco, e aggiungo, anzi confermo la nostra preoccupazione più grande. Probabilmente quegli odori provenivano non tanto dalle discariche presenti a Montichiari, ma da un'attività legata allo spandimento di fanghi e di gessi. Come diceva il mio collega sulla situazione dello spandimento di fanghi da depurazione, la conosciamo perché per i fanghi, prima che essi possano essere messi sul terreno, occorre chiedere un'autorizzazione; e sappiamo appunto, come ha detto il mio collega, che c'è un solo operatore sul territorio di Montichiari che è autorizzato a spandere fanghi.

Però noi suggeriamo al Ministero di svolgere un'indagine più dettagliata, perché noi i dati ulteriori non possiamo ottenerli: quella riferita ai gessi. Sui gessi non c'è alcuna autorizzazione da chiedere, quindi noi non sappiamo esattamente quante tonnellate sono state sparse sul territorio di Montichiari. Come diceva il mio collega, basta semplicemente un po' di calce e i fanghi, da rifiuto pericoloso che necessita di autorizzazioni per essere utilizzato, vengono trasformati in un non rifiuto, i cosiddetti gessi. Questi materiali sono tossici, sono pericolosi tanto quanto, forse anche di più dei fanghi.

Chiedo quindi a voi, perché noi, per quello che abbiamo potuto fare, abbiamo chiesto i dati; e basta incrociare quanti fanghi venivano autorizzati, sono stati autorizzati negli ultimi 5 anni, vedere chi è stato autorizzato e l'andamento della produzione e dell'utilizzo di questi fanghi. Noteremo che vi è una diminuzione: sarebbe bene incrociare questi dati con l'utilizzo dei gessi, noi ci scommettiamo, ma veramente ci scommettiamo tutto quello che volete, che la linea sarà in aumento, e guarda caso sarà probabilmente la stessa azienda, l'unica che è oggi autorizzata a trattare i fanghi.

Questo è dunque un suggerimento che possiamo dare al sottosegretario da riportare al Ministro: al Ministro che ultimamente ha avuto alcuni incontri, sia sul territorio bresciano sia con alcuni gruppi e rappresentanti di associazioni ambientaliste bresciane, e si è detto - dopo essere venuto a conoscenza, per fortuna dopo quattro anni di legislatura, della situazione grave e allarmante della provincia di Brescia - favorevole a prendersi in carico questa situazione. Non è una questione di evitare allarmismi: l'allarme è già scattato, il territorio bresciano, i cittadini che vivono il territorio bresciano sono molto, molto allarmati, molto preoccupati, lo sono da tantissimo tempo. C'è qualcuno che si sveglia ora, si sveglia forse ultimamente in quest'Aula, solo perché la paura di fare una figuraccia tremenda davanti alle telecamere per non aver fatto nulla in quattro anni forse si è mossa un po' fuori, e ha deciso di fare qualcosa. Arriverà spero in Aula una mozione firmata da tutti i gruppi che compongono quest'Aula, nella quale chiediamo di intervenire seriamente e pesantemente sul territorio bresciano.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

FERDINANDO ALBERTI. Non solo sulla questione di Montichiari e di Vighizzolo, ma su tutta l'area bresciana: perché parafrasando un detto, il bresciano più sano ha la rogna. Ma questi sono dati, sono dati reali già che abbiamo in mano. Quindi, sottosegretario, spero che possiate fare qualcosa per il territorio bresciano.

PRESIDENTE. Meno male che ha parafrasato, perché se la diceva com'era, non oso immaginare.

(Iniziative di competenza volte a mantenere operativi il punto nascite e la pediatria dell'ospedale di Angera, in provincia di Varese – n. 3-02657)

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato, Domenico Rossi, ha facoltà di rispondere all'interrogazione Franco Bordo e Scotto n. 3-02657 (Vedi l'allegato A).

DOMENICO ROSSI, Sottosegretario di Stato per la Difesa. Prima di dare le informazioni in merito allo specifico punto nascita oggetto dell'atto ispettivo, ritengo doveroso illustrare, per quanto brevemente, il quadro generale della materia, nel quale si inseriscono le possibili iniziative di competenza del Ministero della salute. Devo rammentare infatti che la riorganizzazione…

PRESIDENTE. Mi perdoni. Colleghi, per favore! Potete parlare fuori e lasciare il Governo, che faccia il suo intervento. Prego, sottosegretario Rossi.

DOMENICO ROSSI, Sottosegretario di Stato per la Difesa. Dicevo, la riorganizzazione dei punti nascita scaturisce dall'accordo Stato-regioni del 16 dicembre 2010 sul documento concernente le linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità della sicurezza e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nel percorso nascita e per la riduzione del taglio cesareo. Tale accordo muove dalla piena consapevolezza, condivisa dalle regioni, che un punto nascita in cui non si raggiunge un sufficiente numero di parti all'anno è una struttura sanitaria che, proprio per la mancanza di una significativa casistica, non è in grado di assicurare quegli standard di sicurezza che debbono essere garantiti alla partoriente e al nascituro. In particolare, nell'ambito di tali standard acquista un essenziale rilievo la definizione del volume minimo dei parti, la cui individuazione è stata successivamente recepita dal decreto ministeriale n. 70 del 2015, recante: “Definizioni degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera”. Tale volume corrisponde nel nostro Paese, come è noto, in 500 parti all'anno. Una soglia questa - devo precisare - già sensibilmente più bassa rispetto a quella indicata dall'Organizzazione mondiale della sanità, che riferisce di 1.000 parti annui.

Al fine di venire incontro alle esigenze dei territori più disagiati o, comunque, di strutture minori, il Ministero della salute ha previsto, con un ulteriore successivo provvedimento, il decreto ministeriale 11 novembre 2015, la possibilità di concedere deroghe al mantenimento di punti nascita anche al di sotto della soglia dei 500 parti annui. Tali deroghe, tuttavia, sono subordinate al parere strettamente tecnico del Comitato percorso nascita nazionale, che opera presso il Ministero della salute (ciò, ovviamente, fermo restando diverse scelte programmatorie eventuali della regione).

Tutto ciò premesso e passando alla specifica questione posta dagli interroganti in merito al punto nascita dell'ospedale “Carlo Ondoli” di Angera, in provincia di Varese, preciso che il parere sfavorevole alla deroga, espresso dal citato comitato, è scaturito dalle seguenti considerazioni: da una parte, la valutazione della sussistenza di condizioni di disagio orogeografico ha evidenziato che le distanze e i tempi di percorrenza verso punti di nascita alternativi non sarebbero aumentati in modo significativo; dall'altra, il tasso di scelta delle donne in gravidanza residenti in molti comuni appartenenti al bacino di utenza del punto nascita di Angera risultava comunque basso, essendo spesso scelti i punti nascita alternativi. La recente riapertura del reparto di pediatria e successivamente anche del punto nascita dell'ospedale “Carlo Ondoli” rientra, pertanto, nell'ambito delle scelte programmatorie della regione Lombardia in relazione alle quali, come è noto, essa ha una piena autonomia amministrativo-gestionale cui tuttavia corrisponde anche la responsabilità di garantire la sicurezza per la madre e il nascituro in condizioni di efficienza, efficacia ed economicità dell'assistenza.

PRESIDENTE. L'onorevole Franco Bordo ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interrogazione. Prima, però, salutiamo studenti e insegnanti dell'istituto superiore “Di Vittorio - Lattanzio” di Roma, che assistono ai nostri lavori (Applausi). Prego, onorevole Franco Bordo.

FRANCO BORDO. Grazie, Presidente. La ringrazio per la risposta, signor sottosegretario. È una risposta che arriva sei mesi dopo l'interrogazione, avanzata in data 14 dicembre dello scorso anno e depositata a seguito di una protesta, un'iniziativa importante che ha coinvolto decine, anzi direi centinaia, di persone del comune di Angera e dei comuni limitrofi, in modo particolare delle donne, di madri e di partorienti che avevano intrapreso questa protesta in difesa del loro ospedale, in difesa del loro punto nascite, in difesa della loro pediatria, anche perché, insieme al decreto regionale di chiusura della maternità e del punto nascite, veniva chiuso anche il reparto di pediatria, una cosa, appunto, assolutamente incomprensibile e che privava quel territorio di due servizi prioritari, essenziali e importanti.

Io dissento sulla modalità con cui si è arrivati, anche se con un accordo fra Stato e regioni, ad adottare quei criteri che lei ha elencato che sono, a mio avviso, criteri troppo fermi, dei paletti che non considerano realtà per realtà e qualità del reparto che, invece, coinvolge territorio per territorio e la qualità del servizio che viene reso su quel territorio. Alla fine, insomma, è soltanto e soprattutto una questione numerica che si riconduce molto al tema della spending review, al tema, appunto, di penalizzare alla fine i cittadini. Noi non difendiamo situazioni indifendibili come quelle dove si contano poche decine o si contavano poche decine di parti all'anno o intorno alle centinaia. Però, quando come nel caso di Angera, appunto, nell'anno precedente al decreto si avevano 480 parti - per cui vicinissimi alla soglia dei 500 - si capisce anche che è stata più che legittima quella protesta da parte delle mamme di Angera (così si chiamava quel comitato).

Io ho voluto mantenere questa interrogazione e ascoltare ovviamente - e gliene sono grato - la sua risposta, anche in onore di quella iniziativa, di quella battaglia spontanea che ha permesso a quella città e a quel territorio di vedere riaperto un servizio. In questi tempi, in cui siamo abituati soltanto alla privazione di servizi territoriali non soltanto nel mondo della sanità ovviamente, il fatto che ci sia stata un'iniziativa popolare che abbia potuto anche dimostrare - non soltanto protestare - l'errore di quelle scelte e che abbia portato un'istituzione, come la regione Lombardia, a rivedere quella posizione, assumendosene anche la responsabilità, io penso che vada appunto ad onore di quelle mamme e di quella mamma che ho conosciuto. Infatti, quando andai a trovarle, nel momento della protesta, c'era la signora Sabrina, che in quel momento era incinta e in attesa di partorire, che era il simbolo di quella battaglia per la riapertura del punto nascite. Lei non ha potuto partorire nel suo ospedale, ma, grazie anche alla sua lotta oggi, tante mamme possono farlo nuovamente ad Angera. Sono state definite - e vado a concludere - “mamme ribelli”. Io penso che siano state ribelli quel tanto che basta, quel tanto che è bastato, quel tanto che è giusto per portare avanti una protesta legittima e legale, una protesta che ha portato i suoi frutti e che forse anche altri territori potrebbero guardare con attenzione.

(Elementi ed iniziative in merito a problematiche relative al pagamento del canone Rai nel caso in cui l'intestatario del canone sia diverso dall'intestatario dell'utenza elettrica, nell'ambito del medesimo nucleo familiare - n. 2-01404)

PRESIDENTE. Passiamo alla interpellanza Di Battista ed altri n. 2-01404 (Vedi l'allegato A).

L'onorevole Nesci ha facoltà di illustrare l'interpellanza di cui è cofirmataria.

DALILA NESCI. Grazie, Presidente. Il tema, infatti, è l'inserimento del pagamento del canone RAI nella bolletta elettrica. Il pagamento è stato inserito con la legge di stabilità del 2016. Ci tengo a sottolineare che questa interpellanza, a firma anche dei miei colleghi, era stata depositata nel giugno 2016. Quindi, sicuramente la risposta arriva tardiva e, dunque, molte cose sono comunque ormai successe. Noi avevamo chiesto di fare slittare la riscossione in bolletta del canone proprio perché avevamo rilevato delle criticità e dei problemi. Gli stessi problemi li avevamo sollevati anche proprio nel corso dei lavori della legge di stabilità del 2016 e con noi anche diverse associazioni di consumatori avevano previsto i problemi che comunque a noi risultano.

Quindi, tuttora il Governo potrebbe risolverli e vorremmo sapere quindi, con questa interpellanza, se si pone rimedio a quelle criticità. Essenzialmente, il problema riguarda la presunta illegittimità della dichiarazione sostitutiva dei titolari di un'utenza elettrica che devono inviare all'Agenzia delle entrate questa dichiarazione, in quanto non sono, in realtà, tenuti al pagamento del canone. Quindi, ribadisco che quest'obbligo, così come l'ha confezionato il Governo, ricade sul cittadino, mentre non dovrebbe essere così. Quindi, mi aspetto una risposta dal Governo.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la Difesa, Domenico Rossi, ha facoltà di rispondere.

DOMENICO ROSSI, Sottosegretario di Stato per la Difesa. Ritengo necessario ricordare che, in relazione al canone Rai, la legge di stabilità 2016, in primo luogo, ha previsto la riduzione a 100 euro dell'importo dovuto, ulteriormente ridotto a 90 euro per effetto della legge di stabilità 2017, e, in secondo luogo, ha stabilito una nuova modalità di riscossione, come ricordato, basata sulla presunzione di possesso del televisore per i soggetti titolari di utenza di fornitura di energia elettrica nel luogo di residenza. La riforma legislativa, lo rammento, non ha inciso sul presupposto dell'obbligo del pagamento del canone di abbonamento alla televisione per uso privato, che non è costituito dalla residenza, ma dalla detenzione dell'apparecchio atto a trasmettere i programmi. Rilevo che i previsti atti attuativi di competenza dell'Agenzia delle entrate e del Ministero dello sviluppo economico sono in vigore e si pongono in linea con le conferenti disposizioni della legge di stabilità 2016 e conformi ai richiamati principi generali dell'ordinamento.

In merito a quanto osservato circa la necessità di attingere dai dati delle anagrafi comunali per individuare la famiglia fiscale, evidenzio che la procedura descritta è stata così delineata dal Regolamento 13 maggio 2016, n. 94, del Ministro dello sviluppo economico, adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, in attesa del completamento dell'Anagrafe nazionale della popolazione residente, ANPR. Al riguardo, rappresento che l'ANPR, che a regime andrà a sostituire le circa 8 mila anagrafi comunali, è stata istituita presso il Ministero dell'interno, ai sensi dell'articolo 62 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 e per permettere la realizzazione dell'ANPR sono già stati emanati diversi provvedimenti sulle modalità di funzionamento del medesimo. Nella circolare n. 6 del 16 maggio 2016 del Ministero dell'interno è specificato che il subentro dell'ANPR alle anagrafi comunali avverrà secondo un piano definito sulla base dei criteri fissati nell'allegato A del DPCM n. 194 del 2014 (distribuzione geografica, dimensione demografica, livello di informatizzazione dei comuni e uniformità dei relativi sistemi informativi), che sarà pubblicato sul portale informativo dell'ANPR.

Nello scorso mese di giugno 2016 sono state pubblicate le specifiche tecniche per la trasmissione dei dati, da parte dei comuni, all'ANPR. Pertanto, allo stato attuale, non risulta possibile utilizzare le informazioni contenute in una banca dati strutturata e tempestivamente aggiornata come quella che a regime sarà l'ANPR. Alla luce di tale situazione, il citato Regolamento n. 94 del 2016, all'articolo 7, comma 2, ha previsto che, fino al completo avvio dell'ANPR, i comuni sono tenuti a continuare a trasmettere all'Agenzia delle entrate, su richiesta, i dati relativi alle famiglie anagrafiche, per le finalità introdotte dalla legge di stabilità 2016 in materia di canone TV.

Sono stati, pertanto, richiesti ai comuni i dati sulle famiglie anagrafiche, compiendo un notevole sforzo per aggiornare il sistema informativo di gestione del canone TV (dal mese di ottobre 2015 sono stati immessi nel sistema gli archivi anagrafici di quasi 3.300 comuni, inserendo o aggiornando i dati di oltre 13 milioni di famiglie) ed evitare l'addebito ai familiari dei soggetti esenti dal pagamento del canone. Tuttavia, la non completezza dell'archivio e l'impossibilità di disporre di aggiornamenti in tempo reale non hanno consentito l'utilizzo della banca dati ai fini dell'addebito del canone, e pertanto tali dati potranno essere utilizzati in una fase successiva di controllo dei pagamenti eseguiti e di verifica della spettanza di eventuali rimborsi.

Al riguardo, è opportuno rappresentare che l'impianto delineato è peraltro in linea con quanto previsto all'articolo 1, comma 159, della legge di stabilità 2016, che prevede che “le imprese elettriche, all'atto della conclusione dei nuovi contratti di fornitura, acquisiscono la dichiarazione del cliente in ordine alla residenza anagrafica nel luogo di fornitura. Il cliente è tenuto a comunicare ogni successiva variazione”. Considerato che tale informazione non è sempre disponibile per alcuni contratti stipulati fino al 31 dicembre 2015, nel citato regolamento è stata prevista un'attività di riscontro tra i dati del luogo di fornitura dell'energia elettrica risultanti nel sistema informativo integrato gestito da Acquirente Unico Spa e quelli sulle residenze dei cittadini risultanti nel sistema informativo dell'Anagrafe tributaria. Alla luce di quanto riferito, in fase di prima applicazione del nuovo sistema di pagamento del canone e tenuto conto di possibili anomalie nei contratti elettrici, proprio per evitare che tali comportamenti anomali comportassero addebiti non corretti del canone TV, con il richiamato provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate del 24 marzo scorso è stata prevista la specifica sezione nella dichiarazione sostitutiva per consentire al contribuente di indicare il codice fiscale del componente della propria famiglia anagrafica sulla cui utenza elettrica è addebitato il canone. Tale dichiarazione sostitutiva, la cui presentazione può essere effettuata in qualunque giorno dell'anno, ha effetto per l'intero canone dovuto per l'anno di presentazione e non deve essere ripresentata ogni anno, come, invece, è previsto per la dichiarazione di non detenzione dell'apparecchio televisivo.

È opportuno evidenziare che la procedura delineata dal regolamento si basa sul presupposto che i contribuenti titolari di un'utenza elettrica di tipo domestico residenziale siano effettivamente residenti nell'abitazione dichiarata da loro stessi all'impresa elettrica. Infatti, la circostanza che soggetti della stessa famiglia anagrafica siano titolari di più utenze elettriche di tipo residenziale (tipologia contrattuale D2) per diverse dimore, considerato che tale tipologia contrattuale è espressamente prevista per l'abitazione in cui l'intestatario ha la sua residenza anagrafica, rappresenta un'anomalia e comporta la fruizione di una significativa agevolazione tariffaria rispetto alle altre tipologie contrattuali e un minore introito a copertura dei costi di trasporto definiti dall'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico. Preciso, in relazione alle osservazioni riguardo ai costi di riscossione del canone, che non si verifica alcun aumento a carico dei contribuenti, poiché il compito svolto dalle imprese elettriche in attuazione delle previsioni del regolamento attuativo viene remunerato mediante ricorso ai risparmi conseguiti sul bilancio dell'Agenzia delle entrate derivanti dalla mancata attività di riscossione, svolta in passato dall'Agenzia stessa ed attualmente affidata alle imprese elettriche in base alle disposizioni del citato regolamento.

Con riguardo ai rilievi concernenti il pagamento mediante domiciliazione bancaria, evidenzio che la comunicazione preventiva di non detenzione di apparecchi televisivi all'Agenzia delle entrate vale anche ad escludere l'addebito nei predetti casi di domiciliazione bancaria del pagamento della bolletta elettrica da parte degli utenti. In conclusione, sottolineo che la riforma del canone di abbonamento ha prodotto un complesso di effetti positivi e assai rilevanti: ha ridotto a 90 euro l'entità del canone Rai, ne ha modificato le modalità di riscossione, introducendo la rateizzazione in dieci mensilità, aspetti decisamente migliorativi per il contribuente. La nuova presunzione di possesso dell'apparecchio televisivo consistente nella titolarità dell'utenza di fornitura elettrica nel luogo di residenza ha semplificato e contribuito in modo significativo a rafforzare la riscossione del canone di abbonamento televisivo, incidendo vigorosamente sullo storico fenomeno dell'evasione.

Evidenzio, in particolare, che, per il primo anno di applicazione della nuova modalità, la riscossione del canone Rai ha registrato un risultato ragguardevole, essendo stati riversati dalle imprese elettriche nel 2016 circa 2,150 miliardi di euro al 30 gennaio 2017, secondo le stime dell'Agenzia delle entrate. Raffrontando questo dato con la previsione di introito rapportato alle stime dei soggetti che risultavano in possesso di utenza elettrica domestico-residenziale (di circa 2,250 miliardi di euro), si evince che nel 2016 si è verificata una modestissima morosità di circa il 4 per cento; ciò ha comportato il sostanziale abbattimento dell'evasione del canone stesso.

PRESIDENTE. L'onorevole Nesci ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

DALILA NESCI. No, Presidente, non sono completamente soddisfatta, perché nella risposta del sottosegretario vengono comunque confermate le nostre perplessità, e ci sono dei principi che, comunque, vanno ribaditi, e cioè, se c'è l'obbligo di dichiarazione sostitutiva in capo al soggetto titolare di una utenza elettrica, che però non è tenuto al pagamento del canone in quanto già dovuto da un altro componente della famiglia anagrafica. Con la sua risposta, capiamo che è in corso un lavoro per avere effettivamente dei registri aggiornati e far sì che l'Agenzia delle entrate sia in grado di avere tutti quanti i dati.

Però, in ogni caso, comunque il disagio si è creato per alcuni cittadini e non possiamo mai sostenere il principio per cui è sul cittadino che deve gravare l'onere di comunicare i dati che sono già in possesso della pubblica amministrazione. Questo è un principio che comunque rimane, è patrimonio della pubblica amministrazione.

Quindi non posso che comunque ritenermi insoddisfatta del fatto che il Governo, a fronte di queste criticità e problemi, abbia voluto comunque legiferare in tal senso, quindi addebitare il canone in bolletta, nonostante la macchina burocratica non fosse pronta. Al di là del fatto che le cose si stanno forse risolvendo (rimane il “forse” perché valuteremo nel tempo, ci riserviamo anche di incidere eventualmente, se ci sarà una prossima legge di stabilità, per non creare ulteriori disagi ai cittadini), però questa è una modalità di lavoro che non possiamo accettare, perché già in fase di esame delle leggi di stabilità lo avevamo detto al Governo: l'Agenzia delle Entrate evidentemente non è pronta a fare questo cambio di paradigma.

Lo dico perché sul tema della Rai c'è comunque una grande difficoltà da parte dei cittadini all'accettare il pagamento di questa imposta: da un lato dovrebbe essere anche un piacere poter contribuire al servizio pubblico radiotelevisivo; dall'altro, se ogni volta il cittadino viene sollecitato solo per il pagamento dell'imposta e poi sul versante dell'informazione, quindi del pluralismo e dell'imparzialità, la stessa attenzione non ce la mettono né la Rai stessa, né il Governo - che ovviamente dà la concessione alla Rai - avremo sempre difficoltà a far capire ai cittadini che tutti quanti dobbiamo contribuire al bene pubblico, in questo caso anche al servizio pubblico radiotelevisivo. Quindi rimangono le questioni burocratiche e tecniche che il Governo promette di risolvere a breve, però questa attenzione il Parlamento, e il Governo tutto, devono averla per non rimanere oltre in odio ai cittadini.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento di una interpellanza e delle interrogazioni all'ordine del giorno.

Sospendo la seduta che riprenderà alle ore 12 per lo svolgimento della discussione sulle linee generali del decreto recante disposizioni urgenti in materia finanziaria.

La seduta, sospesa alle 11,20, è ripresa alle 12.

Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo (A.C. 4444-A).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 4444-A: Conversione in legge del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo.

Ricordo che, nella seduta del 4 maggio, sono state respinte le questioni pregiudiziali Caso ed altri n. 1, Marcon ed altri n. 2, Saltamartini ed altri n. 3 e Brunetta ed altri n. 4.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 4444-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista, MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.

Avverto, altresì, che la V Commissione (Bilancio) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore per la maggioranza, onorevole Guerra.

MAURO GUERRA , Relatore per la maggioranza. Grazie Presidente. Signor Viceministro, colleghi, chiedo sin d'ora l'autorizzazione poi a depositare un testo scritto di questa relazione, data la complessità e la vastità delle questioni.

PRESIDENTE. E sin d'ora, la consideri acquisita.

MAURO GUERRA , Relatore per la maggioranza. Grazie. Testo che arriva dopo due settimane di intenso lavoro parlamentare, rispetto al quale, consentitemi di fare ora quello che di solito si fa al termine dell'esame dei provvedimenti di legge: i ringraziamenti. Li faccio ora perché il lavoro di Commissione è stato particolarmente significativo e importante, si è chiusa una fase, e quindi devo ringraziare sin d'ora gli uffici della Commissione bilancio, il dottor Somma e i suoi collaboratori, per il contributo prezioso a un lavoro, lo ripeto, non semplice. Ringrazio il Viceministro Morando per la tenacia e la sapienza con la quale ha assistito e ha contribuito all'esito di questi lavori. Ringrazio soprattutto i deputati di tutti i gruppi, a partire da quelli di opposizione, che, pur nell'asprezza di passaggi carichi sia nel merito che nel metodo di tensioni e di contrasti politici rilevanti (penso soltanto, per citarne alcuni, al passaggio sull'“emendamento Federconsorzi”, alle questioni del lavoro occasionale ad altri), nonostante l'asprezza e il rilievo politico di questi passaggi, hanno consentito di condurre a termine l'esame e le modifiche al provvedimento.

Un provvedimento ampio, ricco di temi e di questioni, pur tutte coerenti rispetto al titolo del provvedimento stesso, un provvedimento che consegniamo all'Aula oggi significativamente modificato dal lavoro parlamentare. Significativamente modificato, ma anche confermato e arricchito nelle sue linee fondamentali e nei suoi obiettivi, quelli dichiarati dall'inizio: la correzione dei conti pubblici, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite dagli eventi sismici e misure per lo sviluppo. Abbiamo lavorato nel solco di quel sentiero stretto, richiamato anche dal Ministro Padoan nel corso della sua audizione, e proprio del lavoro di questi anni, dei Governi che si sono succeduti. Un sentiero stretto che costruisce il suo equilibrio tra le esigenze irrinunciabili di controllo dei conti e di perseguimento del risanamento della finanza pubblica nel percorso concordato e definito nel rispetto delle regole e dei vincoli europei, ma prima ancora indispensabile per noi, per garantire stabilità e sostenibilità finanziaria al nostro Paese. Un percorso stretto tra questa esigenza e quella dell'implementazione, della crescita, di un programma nazionale delle riforme volto a modernizzare il Paese e a irrobustire e potenziare crescita e sviluppo che si vanno lentamente consolidando.

Come è noto, il provvedimento opera un intervento correttivo sui conti pubblici per il 2017 pari in termini di indebitamento netto ad una correzione di circa 3,1 miliardi, operata in parte preponderante sul lato delle entrate, per circa 2,8 miliardi, ed in parte sul lato della spesa. L'effetto migliorativo sui conti pubblici è di circa 0,2 punti percentuali di PIL. Si tratta di una correzione già prefigurata nel Documento di economia e finanza 2017, sulla base di un dialogo intercorso nei primi mesi del 2017 tra il Governo italiano e la Commissione europea. All'interno di questo percorso le maggiori risorse reperite per i prossimi anni, con gli interventi contenuti in questa manovra, sono quasi integralmente utilizzate e destinate ad una parziale disattivazione delle cosiddette clausole di salvaguardia, confermando l'impegno alla completa disattivazione delle stesse.

Intanto l'intervento sulla parte delle entrate: abbiamo cercato, rispetto a questo tema, di tenere insieme misure volte a contrastare l'evasione fiscale e garantire gettito IVA, con la necessità di non caricare ulteriori gravosi adempimenti burocratici e limitare criticità di liquidità e di cassa per imprese e professionisti.

Lo abbiamo fatto attraverso, per esempio, un'accelerazione dei rimborsi da conto fiscale per i soggetti passivi di imposta, cui si applica il cosiddetto split payment, - anticipazioni e rimborsi, sia detto per inciso, dei quali beneficeranno non soltanto i soggetti interessati direttamente dallo split payment, ma tutti i contribuenti - e anche attraverso norme su detrazioni e compensazioni.

Ancora dal lato delle entrate, una delle rilevanti novità di questa manovra consiste nell'introduzione della cosiddetta web tax, portando a conclusione un lavoro al quale si applica da anni la Commissione bilancio in questa legislatura, disponendo che le società non residenti che appartengono a gruppi multinazionali con ricavi superiori a un miliardo di euro e che effettuano cessioni di beni e prestazioni di servizio in Italia, per un ammontare superiore a 50 milioni, avvalendosi di società residenti o di stabili organizzazioni, possono avvalersi di una procedura di cooperazione e collaborazione rafforzata per la definizione dei debiti tributari, prevedendo, in rapporto con l'Agenzia delle entrate, una valutazione della sussistenza dei requisiti che configurano la stabile organizzazione mediante un'istanza finalizzata all'accesso a un nuovo regime di adempimento collaborativo.

È significativo sottolineare che le entrate derivanti dalla nuova disciplina sono destinate al Fondo per la non autosufficienza e al Fondo per le politiche sociali, per un ammontare non inferiore a 100 milioni di euro annui, mentre la restante parte è destinata al Fondo per la riduzione della pressione fiscale.

Tra le altre misure, sul fronte delle entrate, merita sottolineare come, con l'articolo 4, si estende poi la cedolare secca con un'aliquota al 21 per cento sui redditi derivanti dalle locazioni brevi di immobili ad uso abitativo e come, per esempio con una norma inserita proprio nel corso dell'esame in Commissione, si estende fino al 31 dicembre 2021 la possibilità, per i soggetti che si trovano nella no tax area - penso a pensionati, dipendenti, autonomi, i cosiddetti incapienti - di cedere la detrazione fiscale loro spettante ai fornitori che hanno effettuato i lavori condominiali per l'incremento dell'efficienza energetica, disponendo altresì che la detrazione medesima possa essere ceduta anche ad altri soggetti privati, compresi istituti di credito e intermediari finanziari, completando così un lavoro che era stato avviato nel corso dell'esame dell'ultima legge di bilancio e che, in quella sede, non si era riusciti a portare a compimento.

Vi sono poi le norme che incrementano e rimodulano la tassazione sui tabacchi e sui giochi, sempre dal lato delle entrate, e con le quali si dà attuazione al piano di riduzione degli apparecchi, del numero degli apparecchi per il gioco.

Sempre sul lato delle entrate, si interviene, con un emendamento approvato in Commissione, con una rideterminazione della base dell'ACE - l'aiuto alla crescita economica - ripristinando il meccanismo di calcolo dell'ACE che era precedentemente previsto rispetto alle modifiche che erano state introdotte dal decreto del Governo e quindi dando, su questo versante, una maggiore continuità e certezza programmatoria alle imprese e alle aziende.

Sempre dal lato delle entrate, è importante richiamare l'introduzione di indici sintetici di affidabilità fiscale dei contribuenti, a cui sono correlati benefici specifici in relazione ai diversi livelli di affidabilità, prevedendo contemporaneamente la progressiva eliminazione degli effetti derivanti dall'applicazione dei parametri e degli studi di settore, con l'obiettivo esplicito di favorire l'emersione spontanea delle basi imponibili e stimolare l'assolvimento degli obblighi tributari da parte del contribuente, migliorando la collaborazione tra questo e l'amministrazione finanziaria.

Un altro blocco di misure, già presenti nel testo originario del decreto e sul quale si è lavorato in modo importante nel corso dell'esame in Commissione, riguarda le disposizioni in materia di enti territoriali e di enti locali.

Si va da misure che introducono disposizioni volte ad agevolare l'approvazione dei bilanci da parte di province e città metropolitane, alla revisione e alla predisposizione delle metodologie per la determinazione dei fabbisogni e delle capacità fiscali standard delle regioni a statuto ordinario nelle materie diverse dalla sanità, a misure importanti in materia di personale dei comuni e delle province, che iniziano a sbloccare quei blocchi sul turnover, seppure parzialmente, che in questi anni sono diventati progressivamente più pesanti e difficili da sostenere per l'operatività degli enti territoriali nell'esercizio e nell'assolvimento delle loro funzioni fondamentali, a partire dai comuni più piccoli fino a quelli con popolazione inferiore ai 3.000 abitanti.

Ma il cuore del dibattito sugli enti territoriali in Commissione è stato e si è svolto attorno al tema delle province, questo ente per il quale dovrà essere ed è in corso di ripensamento la collocazione complessiva all'interno del nostro ordinamento e dell'assetto istituzionale del Paese dopo gli esiti del referendum del 4 di dicembre e la loro conferma come ente di rilievo costituzionale.

Occorre lavorare ancora per garantire a questi enti non la sopravvivenza, non l'esistenza in vita, ma la capacità di assolvere pienamente a funzioni fondamentali importanti che sono ancora loro assegnate, quali quelle in materia di edilizia scolastica, di viabilità, di tutela dell'ambiente e di pianificazione e programmazione.

Questi enti hanno vissuto e stanno vivendo una fase transitoria difficile, in una condizione spesso emergenziale.

Con questo provvedimento non risolviamo tutti i problemi aperti su questo versante, ma indichiamo una volontà, cominciamo ad esprimere una volontà di Parlamento e Governo di dare risposte che consentano a questi enti di vivere questa fase di transizione, per approdare ad un assetto, sia dal punto di vista istituzionale che dal punto di vista delle possibilità e delle competenze finanziarie, più stabile e definito, che ha come traguardo, se ne devo citare uno, quello del 2019, anno nel quale verranno meno le misure di contribuzione ai saldi di finanza pubblica previste per le province e anno nel quale saranno disponibili, torneranno ad essere disponibili per le province stesse risorse importanti

Ma nel frattempo, per il 2017 e il 2018, con il lavoro in Commissione, abbiamo apportato una serie di modifiche che comportano l'ampliamento delle risorse fino a 180 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018 per l'esercizio delle funzioni fondamentali, con un significativo incremento rispetto a quanto previsto originariamente dal decreto e con un incremento, anche da 100 a 170 milioni per il 2017, del contributo in favore delle province per l'attività di manutenzione straordinaria della rete viaria di competenza delle province e delle regioni e ancora, con un'autorizzazione ulteriore di spesa di 15 milioni di euro per il 2017, per gli interventi di edilizia scolastica, quindi con interventi che riguardano l'insieme delle funzioni fondamentali e le specifiche esigenze in materia di viabilità e di edilizia scolastica.

Vi è poi una serie di norme importanti che riguardano anche i comuni, norme di semplificazione, di riduzione di un sistema stretto di vincoli che ne ha limitato in questi anni l'autonomia.

Una volta introdotto il principio del pareggio di bilancio, è possibile cominciare a togliere una serie di vincoli specifici su singole voci di spesa che limitano le capacità organizzative e autonome degli enti locali e in particolare dei comuni.

Si interviene poi anche sulla ripartizione del Fondo per il trasporto pubblico locale.

Un altro capitolo di grande rilievo politico e sostanziale della manovra è quello che riguarda gli interventi per le zone colpite dagli eventi sismici: già nel testo del decreto vi era e vi è una serie di misure importanti; nel corso dell'esame in Commissione queste misure sono state ulteriormente ampliate, ad iniziare dall'assegnazione di spazi finanziari volti ad agevolare l'effettuazione di investimenti connessi alla ricostruzione da parte degli enti locali colpiti, misure volte a sostenere le capacità di progettazione dei comuni nelle aree colpite, misure volte a sostenere ulteriormente le imprese del settore turistico e del commercio, a rafforzare la previsione delle zone franche urbane, che è già prevista nel decreto, a mettere a disposizione maggiori risorse per la copertura dei cosiddetti danni indiretti derivanti dagli eventi sismici, misure volte a regolarizzare e a dare risposta alle istanze presentate dalle imprese agricole relativamente ai danni subiti da eventi calamitosi, non solo per il terremoto, ma anche in relazione ad altri eventi meteorologici quale le gelate, eccetera. Insomma, un insieme di misure importanti su questo fronte così come sono importanti le misure complessive, dagli articoli 47 a 52, sul sistema dei trasporti con interventi sulla gestione delle reti ferroviarie regionali e con iniziative volte prima di tutto a rafforzare la sicurezza ferroviaria anche mediante il coinvolgimento di Rete ferroviaria italiana; le norme che prevedono il trasferimento a Ferrovie dello Stato delle azioni di ANAS; le norme di modifica del codice degli appalti relative all'Anac dal punto di vista del potenziamento della struttura dell'Anac e anche della capacità di iniziativa dell'Anac stesso; sono importanti le norme per il trasporto su strada con il rifinanziamento di alcuni fondi per il settore dell'autotrasporto. Ricordo l'inserimento nel testo delle norme relative al prestito ponte per garantire il funzionamento e il servizio di Alitalia e tutta una serie di altre norme che riguardano le piccole e le medie imprese, le start up innovative, gli interventi sull'energia; una serie di misure volte a sostenere le iniziative di sviluppo del sistema economico del nostro Paese.

Allo stesso modo sono importanti le norme in materia di istruzione e di cultura. Per quanto riguarda l'istruzione, ricordo anzitutto l'importantissima norma che aumenta la disponibilità del Fondo destinato all'incremento dell'organico docente e dell'autonomia; un incremento del Fondo destinato a coprire l'onere per le retribuzioni del personale docente a tempo indeterminato che si determinerà in conseguenza del consolidamento nell'organico delle scuole di ogni ordine e grado di 15.100 posti provenienti dall'organico di fatto, un investimento di grande importanza come di grande importanza sono gli interventi sulle istituzioni di alta formazione artistica e sui sistemi bibliotecari locali. Lasciatemi ricordare anche la norma relativa agli incarichi di direttore di istituti e luoghi della cultura di rilevante interesse nazionale per i quali si afferma un principio: non si costruisce una norma anti-TAR, come erroneamente si è detto, ma si afferma il principio per il quale i nostri luoghi di cultura ambiscono a poter avere alla loro direzione le migliori professionalità e competenze a livello internazionale. Nel corso dell'esame sono stati disposti anche incentivi fiscali nel settore dell'editoria e delle emittenti locali. Si è intervenuti sul lavoro occasionale: rispetto ad esso molto si è detto e molto si dirà ancora e su di esso si determinano e determineranno anche scelte politiche di grande rilievo. Ciò che tengo a ribadire nella presente relazione è che, con la norma approvata, che risponde e raccoglie esigenze rappresentate da quasi tutti i gruppi parlamentari e ha ricevuto addirittura il consenso unanime sull'intervento concernente i lavori occasionali destinati al lavoro domestico e alle famiglie, si risponde a necessità del sistema economico e delle famiglie, dei prestatori occasionali, del contrasto al lavoro nero e al super-sfruttamento, non si ripristinano i voucher, si introducono due istituti completamente diversi, limitando gli ambiti per le imprese e impedendo abusi, garantendo piena tracciabilità ai diritti dei lavoratori. Viene incrementato poi di 58 milioni per il 2017 il Fondo per il diritto al lavoro dei disabili e vi è una serie di altre misure previdenziali e organizzative; ci sono misure che riguardano il potenziamento dell'organico della Corte dei conti; misure sulla eliminazione del conio delle monete da 1 e 2 centesimi; sul Fondo per le mense scolastiche biologiche e tante altre iniziative che vanno nel senso di consolidare gli obiettivi e le linee di azione contenuti originariamente nel decreto-legge. Insomma - concludo, Presidente - abbiamo lavorato in queste settimane in Commissione bilancio a consolidare, ad allargare quel sentiero stretto di cui parlavo all'inizio, in equilibrio tra controllo, miglioramento dei conti e sostegno alla crescita attraverso riforme e interventi che cambiano, modernizzano il Paese, lo adeguano e lo attrezzano rispetto alle grandi sfide che vive oggi e che lo attendono domani (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Guerra, anche per il rispetto dei tempi.

Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza, onorevole Alberto Giorgetti. Può anche intervenire dal Comitato dei nove, se preferisce.

ALBERTO GIORGETTI, Relatore di minoranza. Grazie, Presidente. Sto sul terreno delle riflessioni fatte dal relatore Guerra, che colgo l'occasione ovviamente per ringraziare, così come il Vice Ministro Morando, per il lavoro e la dedizione che hanno messo nel chiudere, nella nostra Commissione bilancio, il testo al nostro esame, oggi in Aula. Anch'io ringrazio veramente gli uffici e tutti i colleghi della V Commissione che hanno collaborato lealmente perché il testo potesse essere progressivamente migliorato.

Resto sul terreno del relatore Guerra che inizia e conclude il suo intervento affermando: “abbiamo consolidato un sentiero stretto”. Non v'è dubbio: abbiamo migliorato un sentiero che era stretto ma tale resta ed è qui il problema di fondo su cui noi evidentemente ci troviamo a ribadire una logica di piena opposizione al provvedimento, preparando quelli che dovranno essere nuovi elementi da portare nel dibattito politico che seguirà la manovra e che dovrà animare un confronto in sede nazionale che si avvicina all'appuntamento elettorale con visioni diverse e scelte diverse.

Vede, relatore Guerra, noi probabilmente oggi più che di un sentiero stretto - lo diciamo anche al Governo - avevamo bisogno di un'autostrada, se non a quattro, a sei corsie, con la determinazione nel cercare elementi di stimolo per lo sviluppo che purtroppo non si intravedono nella manovra, nonostante un'apertura data dal Vice Ministro Morando in relazione al fatto di evitare un effetto di compressione rispetto allo sviluppo che comunque la manovra correttiva purtroppo determinerà.

La nostra è una scelta ovviamente di responsabilità a fronte di uno scenario che sembra sempre non toccare queste Aule. È di queste ore la riflessione in merito alla correzione dei conti pubblici che dovremo fare di qui a fine anno con la legge di bilancio. È di queste ore una riflessione in merito a ciò che sta accadendo sui mercati anche rispetto allo spread che ha ripreso a salire e, quindi, la necessità di dare segnali di stabilità che evidentemente aiutino i mercati finanziari a mantenere l'attenzione nei confronti del nostro Paese molto più legata alle dinamiche dell'economia reale piuttosto che alle valutazioni sulla finanza pubblica. Insomma, ci troviamo a chiudere un pacchetto che è fatto di tutte le cose raccontate del relatore Guerra che sono sicuramente provvedimenti di interesse, ma hanno un impatto che noi riteniamo marginale rispetto alle scelte che dovevano essere adottate e cominciate già in questa fase.

Diciamo “cominciate” perché non ci può essere detto che si tratta solo di manutenzione dei conti pubblici per lo 0,2, perché avete sottolineato più volte il tema dello sviluppo: correzione e sviluppo. Se si fa un decreto che, evidentemente, tiene conto solo parzialmente del tema della correzione, ma ha l'obiettivo di essere uno strumento eterogeneo, come è stato, che va a radunare una serie di interventi per cercare anche di incentivare lo sviluppo, avremmo potuto e dovuto stressare quest'ultima parte cercando di lavorare per fare in modo che alcune scelte importanti fossero ricomprese in questo strumento. Ne abbiamo citate alcune che danno anche l'idea dei percorsi che si vogliono attivare.

Siamo felici che finalmente si sia raccolto da parte del Governo l'argomento che riguarda il tema delle zone franche, seppure in una condizione sicuramente negativa come quella del terremoto. Tuttavia, riteniamo che sia uno strumento interessante per la prospettiva futura, ossia lavorare con strumenti che consentano anche una fiscalità, soprattutto nelle aree svantaggiate, che possa essere legata non solo agli eventi di natura calamitosa, ma anche ad altre questioni: evidentemente i temi di carattere territoriale e di specificità riconosciuti dall'Unione europea che noi abbiamo il dovere di valorizzare con strumenti che siano anche innovativi.

Penso alla nostra proposta - che riprenderemo sicuramente più avanti - che riguarda il varo sperimentale della flattax, cioè un intervento robusto per quello che riguarda il tema della riduzione della pressione fiscale e della semplificazione, perché è vero che molti interventi sono stati fatti. Abbiamo apprezzato sicuramente anche l'inserimento degli indici sintetici di affidabilità fiscali, perché sono un passo in avanti - è inutile negarlo - rispetto a quelli che sono gli studi di settore, ma maggiore coraggio, maggiore determinazione, voglia di cominciare a intraprendere una strada diversa, che purtroppo in questa manovra non si vede, nemmeno nelle scelte che sono state fatte sugli enti locali.

Noi abbiamo spinto - l'abbiamo detto al relatore e al Governo più volte - per rifinanziare le province, ma questo è stato fatto in parte, solo in parte. Noi abbiamo avuto la determinazione di presentare emendamenti per finanziare in modo più significativo questi enti, allo stesso tempo garantiamo loro una serie di eccezioni che riguardano la tenuta della finanza locale, che, a nostro modo di vedere, rappresentano continue concessioni rispetto alle regole che poniamo in termini di armonizzazione contabile, in termini di armonizzazione dei bilanci, rispetto a quello che dovrebbe essere una finanza che va pienamente resa trasparente nel rapporto con i cittadini.

E poi, nella logica della trasparenza, riguardo le province andiamo ad inserire una norma che rappresenta, a mio modo di vedere, l'eccezione maggiore in termini negativi nelle scelte fatte riguardo gli enti locali, cioè di poter mettere a bilancio le sanzioni amministrative delle multe della velocità piuttosto che di altri interventi a carico dei cittadini, che determineranno un effetto bancomat nel rapporto con i territori. Da una parte, consentiamo di avere nuove fonti d'entrata, dall'altra, evidentemente, il prelievo avviene sempre a carico di un soggetto, che è il cittadino che deve pagare di fronte a delle sanzioni. Oltretutto, mai - ma il Vice Ministro Morando è molto più preciso di me e so che troverà elementi per confutare questa valutazione - andiamo a inserire una posta (quindi, in relazione a questo, a fare delle previsioni) che avrà un valore contabile pieno - presumo - nei bilanci delle province; mentre il tema delle sanzioni più in generale ha sempre avuto un elemento di secondarietà, di estraneità rispetto a quelle che erano le voci pure con cui si andava e si va a fare la valutazione in termini di pareggio di bilancio piuttosto che delle regole che devono animare la vita, la spesa e le entrate degli enti locali.

Ho citato questo caso per dire del tentativo, che ha avuto il sapore in questa manovra, di inserire una serie di cose della serie “andiamo avanti, cerchiamo di passare la giornata, poi si vedrà”. E credo sia stato comunque un tentativo di miglioramento del testo, però restano in discussione tutti i nodi.

Noi riteniamo che sia importante cominciare a confrontarsi su quello che dovrà essere fatto nei prossimi mesi. È evidente che dal tema del governo dei tassi, per quello che riguarda l'aspetto del debito pubblico, si passerà più in generale alle scelte che dovranno essere fatte per mettere in sicurezza i conti pubblici nei prossimi mesi; come sosterremo in Europa una politica che sia in grado di dare dei margini diversi al nostro bilancio nazionale, e quindi quali politiche potremmo attivare rispetto ad altri Paesi che hanno caratteristiche molto diverse rispetto alle nostre.

Ci stiamo avventurando verso una fase che rischia di essere più critica rispetto al passato: l'annuncio del Governatore della BCE, quindi di Draghi, di avere ancora una fase in cui c'è la possibilità, da parte della BCE, di comprare titoli di Stato emessi dai Paesi a sostegno del loro debito, è evidente che è una fase che non durerà troppo nel tempo, quindi abbiamo un margine di lavoro che è di tempo ridotto, e dovremmo ragionare su quali potranno essere gli elementi per portare ancora nell'interesse del mercato i nostri titoli pubblici, che fino ad oggi, grazie a Dio e grazie comunque al lavoro del Tesoro, sono sempre stati collocati in modo positivo.

Ma dobbiamo essere altrettanto seri nel dire che oggi la BCE svolge un ruolo determinante per l'acquisto di questi titoli. È evidente che, quindi, le politiche connesse al controllo dell'inflazione da parte della Banca centrale europea, piuttosto che delle questioni che riguardano la tenuta dell'economia dell'area euro, sono tutti argomenti che riguardano anche noi.

Allora, Presidente, voglio chiudere - lei mi ha richiamato al tempo - riflettendo, perché tanti sarebbero gli argomenti che poi riprenderemo in sede di dibattito. Maggior coraggio, maggiore determinazione, nel mettere in sicurezza non solo una “parte” dell'anno, ma una proiezione significativa, anche se questa correzione va nel 2017-2018; una correzione importante che faccia arrivare la legge di bilancio come un momento di sintesi che non sia particolarmente pesante nei confronti della finanza pubblica.

La terza questione riguarda tutte le politiche che devono essere attivate per lo sviluppo, perché a mio avviso, in questa manovra, se ne accenna solo ad alcune; manca il disegno, la visione, rispetto alla prospettiva di un Paese che paga oggi un prezzo pesante in termini di crescita rispetto agli altri dell'area euro in termini di produttività. Presidente, credo che tutti questi elementi non siano evidenziati in questa manovra, quindi, alla luce di questo, noi daremo un voto contrario, con l'obiettivo ovviamente di discutere - speriamo a parti invertite e in tempi non troppo lunghi - nuovi provvedimenti che diano slancio al Paese.

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo, Vice Ministro Morando, si riserva di intervenire in sede di replica.

È iscritto a parlare l'onorevole Sibilia. Ne ha facoltà.

CARLO SIBILIA. Presidente, questa discussione sulle linee generali è su un provvedimento che è stato volgarmente definito “manovrina”, e - parliamoci chiaro - a cosa serve? Andiamo a leggerla. All'articolo 9, che è il cuore della manovra, vi è praticamente l'avvio della sterilizzazione delle clausole di salvaguardia concernenti le aliquote dell'IVA e delle accise. Che vuol dire? In base ad alcuni patti scellerati che il nostro Governo ha contratto con l'Europa, in base ai nostri conti pubblici, dovremmo avere, rebussic stantibus, una possibilità, il 1° gennaio 2018, di un aumento delle aliquote IVA e delle accise: dal 22 per cento dovrebbero passare, dal 1° gennaio 2018, al 25,9; e l'aliquota IVA del 10 per cento dovrebbe passare al 13 per cento, sempre nel 2018. Quindi, siccome il Governo non è riuscito a stare nei patti e, quindi, cerca di ridurre questo aumento dell'IVA - che comunque ci sarà -, ha deciso di racimolare tra i 3 e i 5 miliardi qui e lì.

Ovviamente, quando si recuperano dai 3 ai 5 miliardi, sono 3 o 5 miliardi che oggi sono all'interno del sistema finanziario italiano, quindi li andiamo a prendere un po' dalle imprese, un po' dai liberi professionisti, perché è l'unica parte dove ancora c'era qualcosa che magari veniva concesso e che oggi viene tagliato. Quindi, capiamo bene di cosa stiamo parlando, traduciamo in italiano quello che è politichese, ovvero: recuperare del danaro che oggi viene messo in qualche modo ad agevolazione dei liberi professionisti, delle piccole e medie imprese e dei cittadini, per rispettare un patto che il Governo ha fatto, per conto dei cittadini, senza alcun mandato, con l'Europa, così da non veder esplodere l'aumento delle aliquote IVA.

Sostanzialmente il nostro Governo ha detto all'Europa: guardate, noi rientriamo nei conti, così non c'è bisogno di aumentare questa aliquota IVA dal 22 al 25,9 per cento e dal 10 al 13 per cento, poi ovviamente ognuno farà le sue specificazioni. Per fare questo, chiaramente, c'è stata la necessità di dover recuperare del danaro, e vediamo dove vengono presi questi soldi. Vengono presi dallo splitpayment, ovvero tassa sulla liquidità, come la chiamiamo noi, ovvero quel meccanismo che decide di far pagare sostanzialmente due volte l'IVA ai professionisti, quindi l'estensione dello split payment anche alle partite IVA.

Non vengono introdotte misure correttive degli effetti distorsivi che derivano dallo split payment, generando una carenza di liquidità in capo alle imprese, nonché l'insorgenza sistemica di crediti IVA, recuperabili solo attraverso rimborsi a lungo termine ovvero a sei, sette mesi oppure compensazioni, che poi vengono ristrette. Bastava apportare un semplice correttivo - quello che abbiamo proposto noi - ovvero consentire ai fornitori della pubblica amministrazione di acquistare beni e servizi senza l'applicazione dell'IVA, evitando in tal modo l'insorgenza di crediti dell'IVA stessa e compensando, quindi, la carenza di liquidità.

Queste sono delle proposte alternative, perché è evidente che, se noi andiamo a toccare il nostro sistema finanziario, inteso come sistema fiscale, questo Paese non ne ha più da dare, non ha più niente da dare. Ogni volta che si tocca un'agevolazione fiscale, perché bisogna fare i conti con l'Europa, è evidente che, dall'altra parte, perdiamo una serie di vantaggi per il sistema produttivo; uno di questi è lo split payment esteso alle imprese e ai professionisti, una manovra che, in base ovviamente alle previsioni di Governo, farà recuperare del denaro, probabilmente, però non è un danaro che si recupera senza spese; a farne le spese sono i professionisti, quelli che fino all'altro ieri facevano un po' di cassa con l'IVA che versavano, ovviamente avendo del tempo per farlo, mentre adesso viene richiesto di farlo subito.

Altra cosa che viene realizzata per recuperare questi soldi, e quindi cercare di scongiurare questo aumento dell'IVA, sono le compensazioni. L'istituto delle compensazioni viene irrigidito con procedure di accesso che si riducono dai 15 mila a 5 mila euro, sopra i quali è necessaria l'apposizione del visto di conformità sulle dichiarazioni per l'esercizio della compensazione; ovvero, prima, se volevo compensare i miei crediti con i debiti fino a 15 mila euro potevo farlo, oggi questo meccanismo è stato ridotto, c'è stata una stretta fino ai 5 mila euro. Questo significa colpire ancora di più i professionisti, le piccole e medie imprese, quelle che fanno compensazione, quelle che chiaramente tendono ad equilibrare i loro bilanci con i crediti che magari hanno nei confronti della pubblica amministrazione e con le tasse che devono alla pubblica amministrazione.

Ma qui il meccanismo viene reso molto più complesso e c'è anche una previsione di recuperare un certo quantitativo di denaro che è molto ottimistica da parte del Governo, perché non c'è scritto da nessuna parte che questo meccanismo riuscirà a far recuperare danari e soprattutto credo che sia, invece, un metodo per scoraggiare l'istituto della compensazione, che noi proponiamo di estendere.

È assurdo, oggi, uno Stato che vede fallire le proprie piccole e medie imprese, che hanno una quantità indefinita di crediti nei confronti della pubblica amministrazione, ma dall'altra parte la pubblica amministrazione gli chiede continuamente di pagare tasse, di pagare l'INPS; dall'altra parte, non vengono regolati i conti dalla stessa pubblica amministrazione, che è sempre in ritardo sistematico sui pagamenti, e poi arriva Equitalia e le aziende, strette in questa morsa, finiscono di produrre, quindi finisce il gettito, finisce l'occupazione, esattamente quello che sta accadendo nel nostro Paese. Mettere una stretta sulle compensazioni forse vi farà rispettare i patti europei, ma sicuramente non aiuterà le imprese.

Altra questione che è stata molto dibattuta è la questione dell'introduzione della web tax. Parliamoci chiaro, forse il termine è proprio completamente distorto, non c'è nulla che possa essere definito web tax - grazie al cielo, tra le altre cose mi verrebbe da dire -, ma semplicemente viene introdotta una procedura che è rivolta - cito testualmente - a definire debiti tributari della eventuale stabile organizzazione, senza il pagamento di sanzioni, che vengono ridotte all'osso, e senza punibilità per eventuali reati tributari.

Che significa? Significa che, a fianco delle evasioni o delle elusioni fiscali fatte dai grandi colossi dell'online, lo Stato italiano dice: va beh, accordiamoci, mettiamoci seduti a tavolino, io ti sconto le pene, ti sconto le sanzioni. Ed è esattamente, se vogliamo, quello che già viene realizzato. Infatti, va evidenziato che si tratta di una procedura complementare a quella che è già disciplinata nel nostro ordinamento, ovvero il famoso ruling preventivo che è disciplinato dall'articolo 31-ter del DPR n. 600 del 1973, ma contrariamente al ruling preventivo, che disciplina appunto il rapporto tributario per il futuro, la procedura che viene introdotta è una vera e propria sanatoria per il pregresso, essendo finalizzata a risolvere, in via concordata, eventuali contestazioni sull'esistenza o meno della stabile organizzazione e dunque relazione all'omessa dichiarazione di redditi in Italia. Quindi, solo chi ha già effettivamente eluso viene ad avere il vantaggio di questa fase di colloquio, invece di una vera e propria contestazione.

In sostanza, noi abbiamo provato in qualche modo ad inserire e ad alleviare qualche misura che, secondo noi, è veramente eccessiva a livello di stretta al sistema della piccola e media impresa. Mi viene da citare il ricalcolo dell'ACE, della quale si è parlato tantissimo, cioè di quel contributo che veniva dato alla crescita economica, diciamo così, per cui quelle aziende che andavano ad investire all'interno della propria impresa venivano in qualche modo avvantaggiate. Ora c'è una rimodulazione, perché il Governo utilizza questa rimodulazione ancora una volta per racimolare danari. Questo significa che quei danari che il Governo prevede di racimolare non saranno più all'interno delle agevolazioni per la crescita economica. Quindi che cosa significa? Che, ancora una volta, andiamo a penalizzare le piccole e medie imprese, quelle che addirittura investono il proprio capitale all'interno della propria impresa. Se c'era una misura che magari poteva servire, era questa; rimodulandola se ne riduce l'efficacia.

La sostanza è sempre la stessa. Anche qui, all'interno di questa manovrina, viene sancito un principio al quale ci ha abituato questo Governo, in questi anni, ovvero, pur di rispettare incauti patti fatti con l'Europa, vengono realizzate delle vere e proprie razzie alle tasche dei cittadini italiani. Si è cominciato dai cittadini, si è continuato con le famiglie, adesso stiamo arrivando agli imprenditori, siamo arrivati ai professionisti, tra poco non ci saranno più categorie da andare a toccare e questo diventa problematico.

Allora, fare una discussione e realizzare un provvedimento, perché dobbiamo scongiurare un aumento dell'IVA che voi stessi avete contrattato con l'Europa - perché queste famose clausole di salvaguardia arrivano da provvedimenti antecedenti -, significa non essere riusciti a rispettare il proprio programma di governo. Nonostante questa manovra - questo c'è da dirlo - il primo gennaio 2018 l'IVA comunque aumenterà. Quindi le aliquote che voi prevedevate di far aumentare dal 22 al 25,9, grazie a questa manovra, aumenteranno dal 22 al 25. Grazie a questa manovra, invece che dal 10 al 13, aumenteranno dal 10 all'11, ma aumenteranno.

Vediamo poi ad ottobre - visto che c'è in corso questa situazione di una imminente legge elettorale -, a quel punto, il prossimo Governo che si formerà ad ottobre dovrà farsi carico dei problemi che avete creato, esattamente come quei problemi che sono stati creati dall'impianto costituzionale pensato dal Governo e poi bocciato dai cittadini nelle urne il 4 dicembre. Sarà triste doverci far carico di queste problematiche - sto buttando un po' le mani avanti -, perché, quando saremo noi al Governo, dovremo noi andare a parlare con l'Europa, a dirgli: guardate che è problematico, guardate che è problematico rispettare questi impegni che il nostro Governo, purtroppo, ha preso sulle spalle dei cittadini senza chiedere nulla a nessuno e soprattutto non siamo in grado di farlo, probabilmente. Ci sono tante giustificazioni che si possono dare, ma la vera problematica è che sono sempre le stesse persone a soffrire delle vostre manovre. È questo il vero problema! E quindi tutti questi anni che sono passati con voi al Governo, credo che ci abbiano restituito un'Italia che sta peggio rispetto a quella che avete preso, e questa è l'espressione massima del fallimento: è evidente che così stando l'impianto sul quale voi metterete ancora una volta la fiducia, il Movimento 5 Stelle voterà contro.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Albini. Ne ha facoltà.

TEA ALBINI. Presidente, l'atto che ci apprestiamo a votare ha come titolo: “Conversione in legge del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria e iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo”. Vede, Presidente, io mi domando, e domando all'Aula, che ci fanno qui dentro i voucher, gli stadi, la Ryder Cup 2022, i direttori dei musei, il sostegno rafforzato ad un teatro romano ed altre misure simili; che ci facevano le risorse per la ristrutturazione dei debiti contratti dal consorzio agrario, tolte poi per la forte opposizione in Commissione di quasi tutte le forze politiche. È evidente che siamo in presenza di un decreto omnibus, dove, come d'abitudine, c'è di tutto e ci può stare di tutto. E allora abbiamo approfittato del fatto che l'Europa ci aveva chiesto un aggiustamento dei conti pubblici per 3,4 miliardi, pari a un taglio dell'indebitamento di uno 0,2 per cento del PIL, per correggere quella legge di bilancio 2017 che era stata costruita per rispondere in grande misura alle promesse elettorali pro referendum del Governo Renzi; e solo per memoria, ricordo che nonostante ciò il referendum del 4 dicembre è stato bocciato dagli italiani.

In estrema sintesi, analizzando questo decreto-legge e vedendo tutto quello che c'è, ci sono punti che apprezziamo, per i quali abbiamo contribuito anche con i nostri emendamenti. Ringrazio il relatore Guerra ed il Vice Ministro Morando per la pacata cortesia con cui hanno comunque discusso sui vari emendamenti che anche noi avevamo presentato, indipendentemente dal risultato finale; e sono convinta che se fosse dipeso da loro, probabilmente, pur con le debite differenze, sarebbe stato possibile avere un'attenzione diversa anche alle questioni pregiudiziali che noi avevamo posto. In particolare, a solo titolo esemplificativo, ci sono misure interessanti in materia di entrate, quali l'estensione della politica dello split payment, l'abbassamento del limite delle compensazioni fiscali, l'incremento della tassazione sulla base ACE, che dovrebbero in parte garantire gli interventi in materia di enti territoriali, interventi essenziali per consentire un minimo di certezza nel definire le scadenze e la qualità della chiusura dei conti per il 2017, a sostegno, seppur parziale, di quegli enti la cui frettolosa eliminazione ha creato i problemi che ormai sono sotto gli occhi di tutti: basta pensare alla viabilità provinciale o alla manutenzione delle nostre scuole superiori. Io penso che una maggiore autonomia impositiva avrebbe consentito di affrontare in modo organico il problema all'origine, e soprattutto non avrebbe mortificato le aspettative ed i bisogni di ogni singolo territorio. Troviamo misure, ancorché non esaustive, ma apprezzabili per le zone colpite dal terremoto e da altri eventi calamitosi; così come sul personale pubblico e sull'ordinamento scolastico, e sulla disciplina dei giochi.

Non mi fermerò ad analizzare ogni singolo punto del decreto. Per cui mi limito ad una domanda: ma cos'è che manca? A nostro giudizio manca un'idea forte che possa guidare interventi per un rilancio economico del Paese; manca un progetto reale per un piano che riguardi giovani e ambiente; non ci sono disposizioni per finanziare in modo sostanziale investimenti pubblici; nessun investimento a tutela del territorio, anche a contrasto del dissesto idrogeologico; ancora troppo debole è la risposta alla lotta alla povertà e per il diritto ad una sanità pubblica e a servizi sociali in favore delle categorie più fragili.

Troppo debole, dicevo: e pur apprezzando la norma inserita con la proposta emendativa del presidente Boccia sulla cosiddetta web tax, che destina i primi 100 milioni ricavati dalla sua applicazione al Fondo sociale, riteniamo fondamentale ristabilire per intero quanto tagliato anche nell'intesa del febbraio 2017 tra Governo e regioni. Rimane il grande punto oscuro della residua, ma ancora cospicua, disattivazione dell'incremento delle aliquote IVA e delle accise nel prossimo anno, per effetto dello scatto automatico delle clausole di salvaguardia. Su questo punto non è indifferente evidentemente il destino di questa legislatura.

In questi ultimi giorni c'è il tentativo da parte del Partito Democratico, o almeno della sua maggioranza, di voler addossare a questo gruppo l'eventuale responsabilità di far cadere questo Governo, proprio con la conversione di questo decreto-legge. Vorrei entrare nel merito della questione, anche perché il tema è delicato e riguarda, a nostro parere, la tutela della dignità del lavoro. Parlavo prima del referendum bocciato dagli italiani il 4 dicembre: ecco Presidente, domenica scorsa si sarebbe dovuto tenere un altro referendum, che avrebbe spazzato via non solo i voucher, ma un'intera e continuata arroganza politica. Per questo, lo scorso marzo, furono tolti d'urgenza, e poi oggi vengono riesumati con altro nome, e ripuliti, infiocchettati, ma sempre voucher sono. E vede, Presidente, non vengono riproposti dal Governo, come sarebbe stato logico, visto che li aveva eliminati lui, ma con un emendamento a questo decreto-legge proposto dall'onorevole Di Salvo e riformulato dai relatori, approvato anche da Lega e Forza Italia: a nostro parere, con il tentativo di cercare l'incidente, addossando a questa parte politica l'eventuale crisi, fregandosene dei milioni di firme raccolte dalla CGIL, delle posizioni espresse dal nostro gruppo anche in sede di maggioranza, e anche di quella parte interna dello stesso Partito Democratico che già in Commissione aveva fatto sentire in modo chiaro il proprio disagio a votare.

A questo proposito vorrei citare testualmente una dichiarazione del presidente Damiano. Cito: “Sul tema dei voucher si è prodotto un doppio strappo, di contenuto e di metodo. Di contenuto perché il nuovo contratto di prestazione occasionale si aggiunge alle forme di lavoro flessibile già esistenti. Un altro colpo al Jobs Act, che aveva propagandato il “disboscamento” delle modalità di assunzione precarie. Con questa scelta si va, invece, nella direzione opposta. Inoltre, questo nuovo contratto si colloca al gradino più basso delle tutele, addirittura al di sotto del “lavoro a chiamata”, e si muove nella logica del lavoro flessibile a basso costo. Il Jobs Act non prevedeva il contrario? In secondo luogo, c'è uno strappo di metodo: un argomento come quello dei voucher è materia tipica di concertazione tra Governo e parti sociali, e questo non è avvenuto”. Non dovrei aggiungere altro a queste autorevoli parole, che illustrano bene da un punto di vista tecnico anche la nostra posizione.

Signor Presidente, qui in gioco non c'è la regolazione di alcuni lavoretti saltuari e occasionali, ma la voglia di dimostrare che le sorti di un Paese e del suo Governo sono nelle mani di altri, che lo esercitano al di là di qualsiasi indicazione arrivi dal Paese, sotto forma di referendum persi o da perdere, e al di là di fuoriuscite dal proprio stesso partito. In questi ultimi anni, molte volte ho sentito demonizzare la parola “concertazione”: perdita di tempo, rallentamento nelle decisioni, cedimento; eppure, a mio parere, è una bella parola, e si può definirla come una delle forme di partecipazione collaborativa. Se fosse stata applicata in modo corretto, si sarebbero potuti evitare errori e forzature: forse la “buona scuola”, il Jobs Act avrebbero potuto essere diversi e forse condivisi dalle parte sociali e da legittimi portatori di interessi; forse, si sarebbe potuta evitare la richiesta di referendum e tutto quello che ne è conseguito. Ma è stato preferito un atteggiamento duro, quasi si volesse lo scontro, convinti che tutto questo avrebbe pagato.

Signor Presidente, in conclusione, questo atto che ci apprestiamo a votare conferma questo metodo: nessun ascolto, nessuna concertazione, nessun ripensamento. In Commissione avevamo chiesto di riflettere, e a quanto pare non si è potuto e non si è voluto. Per cui oggi troviamo una manovra che risente fortemente di questa nuova prova di forza, indicando già da ora quale potranno essere le future scelte e i futuri compagni di viaggio: evidentemente, signor Presidente, non sono i nostri.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Guidesi. Ne ha facoltà.

GUIDO GUIDESI. Grazie, Presidente. Capisco che il relatore, che ringrazio - e probabilmente lo farà anche il Vice Ministro - porti i risultati, secondo lui, e poi gli aspetti positivi di questa manovra, ma la realtà è che non ci saremmo trovati qui a discutere di una manovra, senonché questa manovra fosse una manovra correttiva dei conti; e, quando c'è una manovra correttiva dei conti, è evidente che i soldi da qualche parte vanno presi. Per cui, rispetto agli aspetti positivi rivendicati dal relatore ci sono parecchi aspetti negativi.

È una manovra che arriva su indicazione dell'Unione Europea, perché questo Governo non ha raggiunto gli obiettivi che si era prefissato: mancano circa 4 miliardi di euro che vengono recuperati un po' da una parte e un po' dall'altra, ma sostanzialmente si va ancora una volta a colpire l'economia reale e la gravissima situazione economica-sociale che oramai nel Paese vige da troppo tempo.

Questo è un dato di fatto. Io mi soffermo essenzialmente su tre aspetti principali: il primo è il rapporto con l'Unione europea, nel senso che oggi noi ci troviamo qui ancora di fronte ad una situazione dove si dice: “La strada era molto stretta; abbiamo, tra virgolette, fatto i compiti a casa e questo è”, ma rispetto a tutto quello che ci eravamo detti, tutte le volte che noi ci troviamo di fronte a una situazione di valutazione di una manovra di bilancio, di un correttivo di bilancio o di una legge di stabilità, noi siamo in quella strada stretta e quella strada oggi così stretta non vi dovrebbe essere se le riforme fatte da questo Governo e dal precedente avessero funzionato. Questa è una realtà. Oggi possiamo tranquillamente dirci che quei 2-3 anni di pseudo-riformismo e di tanto paventato riformismo non hanno avuto dei riscontri positivi rispetto alla situazione economica del Paese e del bilancio dello Stato. Questo è il primo aspetto.

Il secondo aspetto riguarda la questione territoriale che, per me, è totalmente sintetizzata nel posticipo di quella autonomia o, tra virgolette, pseudo-autonomia con partecipazione alla fiscalità da parte degli enti locali (un ulteriore posticipo) ed è lì sintetizzata perché tanto come l'Europa si comporta con il Governo italiano allo stesso modo il Governo italiano si comporta con gli enti locali e con i territori. Ma lì la strada non è stretta; lì la strada non c'è più. Lì non ci sono più spazi e ciò che oggi andate a recuperare, posticipando o aggravando ulteriormente gli enti locali della possibilità di fare investimenti a scapito della crescita, avrà come conseguenze la cancellazione di alcuni servizi. Basta che parliate con i vostri amministratori locali e vi renderete perfettamente conto che, soprattutto nel settore socio-assistenziale, gli enti locali e anche le regioni virtuose ovviamente - perché quelle che hanno fin qui sprecato purtroppo continueranno a farlo - dovranno tagliare alcuni servizi. È lo stesso identico comportamento e lo stesso identico trattamento che noi denunciamo, tutti insieme, rispetto alla strada stretta che ci ha portato fin qui.

Il testo del Governo è stato indubbiamente migliorato - testo del Governo su cui ha ragione chi ha detto che è un decreto omnibus perché c'è dentro sostanzialmente di tutto - ed è stato altresì migliorato dal lavoro che è stato fatto in Commissione. È un miglioramento dovuto ad alcune proposte di semplificazione.

Una la possiamo chiamare difesa rispetto a qualcosa che era troppo, e mi riferisco soprattutto al condono di Federconsorzi. Sulla web tax noi abbiamo un'idea diversa dalla vostra rispetto a come è stata portata nel testo; voi nel testo avete portato sostanzialmente una regolarizzazione di un concordato e di un condono sanzionatorio penale e fiscale per le aziende della digitalizzazione globale.

Poi, siamo di fronte a ulteriori tagli, al sostanziale blocco degli investimenti e su questo punto vi è il terzo tema (e vado a concludere): è possibile avere una prospettiva di crescita, come gli altri Paesi dell'Unione europea, se l'unico modo che utilizzate per trattare il bilancio dello Stato e l'economia reale di questo Paese è quello di rattoppare tutte le volte? Noi anche oggi stiamo sostanzialmente valutando un rattoppo di quello che c'è, cioè il tentare di recuperare qualcosa da una parte e dall'altra a scapito soprattutto delle piccole e medie imprese, e ha ragione chi le ha citate. Questa manovra poteva andare ulteriormente a colpire chi si è salvato dalla crisi, dalla burocrazia e dalla pressione fiscale, però lì siamo; cioè, non c'è un pensiero e una prospettiva di investimento sulla crescita né c'è un binario sul quale volete investire e questa situazione va avanti da tre anni ed è un rattoppo continuo. Poi, se a questo ci mettiamo il fatto - e io credo sia giusto dirlo e sia giusto anche ammetterlo da parte vostra - che le vostre riforme non hanno funzionato, anzi sono state un limite alla crescita di questo Paese, la situazione di fatto è quella che vediamo oggi.

Allora, in tutto questo va da sé che una riflessione dal punto di vista generale andrà fatta. Se siamo ad un passo dall'attivazione delle clausole di salvaguardia, bisognerà capire come questo Governo o il futuro Governo intenderà intervenire da quel punto di vista lì. Però, un po' di coerenza e un po' di lealtà nei confronti dei cittadini ci vorrebbe, perché qui le strade diventano sostanzialmente due: la prima è fare un ulteriore rattoppo rispettando vincoli che non possiamo rispettare, e tutti sappiamo che sono imposti dall'Unione Europea; la seconda è quella invece di avere il coraggio, di avere il coraggio non di fare riforme, che poi non sono riforme, ma di avere il coraggio di spingere sugli investimenti liberando gli enti locali, di avere il coraggio di fare un taglio forte alla pressione fiscale, di avere il coraggio di spingere le nostre aziende e di aiutarle ad investire e forse questo diventa l'unico modo - l'unico modo! - per salvare l'economia reale di questo Paese. Il vostro, quello di oggi, è ulteriormente uno schiaffo a quell'economia reale e sarà un danno notevole per le piccole e medie imprese e per i lavoratori.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Auci. Ne ha facoltà.

ERNESTO AUCI. Grazie, Presidente. Signor Vice Ministro, onorevoli colleghi, come è stato detto, vorrei anch'io cominciare ricordando che la manovra che stiamo discutendo nasce da un pressante invito, da parte della Commissione europea, per correggere i nostri saldi di bilancio dell'anno in corso. La Commissione sembrava, secondo me, preoccupata non tanto e non solo dello scostamento dello 0,2 per cento del deficit quanto della mancanza di obiettivi chiaramente percepibili di riduzione dell'enorme debito pubblico, debito che rischia di esporci ad una valutazione negativa da parte dei mercati nel momento in cui la BCE dovesse rallentare o eliminare gli acquisti di titoli statali attualmente in atto con il programma del QE. Quindi, i cosiddetti burocrati di Bruxelles si sono mostrati in questa occasione assai più previdenti e lungimiranti di molti politici di casa nostra, che li accusano continuamente di una certa ottusità burocratica.

Il senso politico e non solo contabile di questa richiesta era, quindi, quello di avere da parte nostra segnali chiari sul percorso che vogliamo intraprendere per superare la semi-stagnazione in cui continuiamo a vivacchiare. Si trattava, da un lato, di disegnare una traiettoria graduale, ma credibile, per la riduzione del debito pubblico, sostenendo, nel contempo, la competitività, e quindi le potenzialità di crescita del nostro sistema economico. Basta leggere quello che ha detto ieri Draghi alla Commissione europea per vedere come questa impostazione sia quella che effettivamente ci viene richiesta.

Abbiamo, invece, una manovra che è ampia, ma dai contorni non ben definiti, che, probabilmente, riuscirà a centrare i target contabili, ma che appare nel complesso inadeguata a lanciare un messaggio chiaro non solo ai mercati, ma ai nostri stessi cittadini su dove vogliamo andare e sul come arrivarci.

Come ben sapete, il debito pubblico viene calcolato non solo in cifra assoluta, ma anche in rapporto al PIL. Quindi, ci vorrebbero, da un lato, misure volte a ridurre il debito, come il contenimento della spesa pubblica e le privatizzazioni, e, dall'altro, provvedimenti capaci di aumentare la competitività della nostra economia, come, ad esempio, le liberalizzazioni, il sostegno agli investimenti pubblici e privati e la riduzione degli oneri e degli intralci burocratici, in modo da cercare di aumentare il PIL, cioè il denominatore di questa frazione. Ma nei 67 articoli del decreto sono del tutto marginali i tagli alla spesa pubblica, mentre manca completamente una seria spinta alle privatizzazioni. A questo proposito, si sta affermando una teoria, fatta propria anche da autorevoli esponenti del PD, in base alla quale non si deve privatizzare, perché il rendimento delle partecipazioni pubbliche in termini di dividendi incassati sarebbe superiore al costo del debito dello Stato.

È possibile che questo sia vero in un momento di tassi particolarmente bassi, come quello attuale, ma, se il volume del debito è troppo alto, la sua sostenibilità nel tempo è comunque a rischio, per cui una graduale e prudente politica di alleggerimento del portafoglio è comunque altamente consigliabile e, in molti casi, come il nostro, indispensabile.

Per quanto riguarda lo stimolo alla crescita, le misure proposte appaiono più dettate da contingenze occasionali che da una visione organica e coerente. In nessun luogo si favorisce la concorrenza, e, anzi, il nuovo blocco della piattaforma Flixbus va in direzione contraria. Le misure di estensione dello split payment sono destinate a danneggiare la liquidità delle imprese in un periodo in cui il credito rimane difficile. Gli investimenti pubblici continuano a diminuire a causa della difficoltà di applicazione del nuovo codice degli appalti, mentre quelli privati si stanno riprendendo in seguito all'entrata in funzione delle norme previste nel pacchetto Industria 4.0. La mancanza di infrastrutture pubbliche efficienti frena, dunque, la competitività dei settori industriali, che pure si stanno ben posizionando sui mercati internazionali, e che, quindi, costituiscono un nostro punto di forza, che andrebbe in ogni modo sostenuto.

A questo proposito, faccio notare che la nostra bilancia commerciale registra un forte attivo e che questo dimostra quanto siano infondate le tesi di coloro che sostengono che ci converrebbe uscire dall'euro per poter esportare ancora di più grazie alla svalutazione della nuova lira. Per contro, si potrebbe avere il paradosso che, a parità di altre condizioni, il forte attivo dei nostri conti con l'estero potrebbe spingere la nostra nuova moneta verso una rivalutazione, e non già una svalutazione.

Quest'ultima, cioè la svalutazione, sarebbe invece determinata dalla crisi di fiducia e dalla fuga dall'Italia che seguirebbe una nostra unilaterale uscita dall'euro. Tutti i risparmiatori, anche i piccolissimi, correrebbero in banca a ritirare i propri depositi, per nascondere le preziose banconote in euro sotto il materasso; così penserebbero di proteggersi dalla svalutazione e dall'inflazione. L'aumento dell'incertezza provocherebbe una drastica contrazione dei consumi. La conseguenza sarebbe il collasso delle banche e di molte imprese. Insomma, entreremmo in una crisi epocale, provocata da scelte politiche avventurose e tecnicamente errate.

Quanto, infine, alla norma che vuole reintrodurre una forma di voucher per famiglie e piccole imprese, essa dimostra, in primo luogo, quanto sia stata sbagliata la precedente decisione di evitare il referendum, cancellando la normativa allora in vigore.La CGIL sta facendo una battaglia tutta politica, basata su dati errati, che va contro l'interesse dei lavoratori saltuari, ma la riproposizione di una norma simile in questo contesto non appare un'idea molto brillante. Insomma, due errori non fanno una cosa giusta. Piuttosto, sarebbe stato meglio ripristinare la precedente normativa sulla responsabilità civile negli appalti, pure questa oggetto del referendum della CGIL. Oggi come oggi la responsabilità diretta è in prima battuta del committente anche per problemi di aziende subfornitrici di cui il capocommessa non può avere tutte le informazioni necessarie per un'accurata valutazione della situazione aziendale. Questo eccesso di responsabilità sta intralciando l'attività delle imprese e rischia di aumentare il contenzioso, con un ulteriore freno agli investimenti.

Concludo richiamando la stringente necessità per il nostro Paese di mandare non equivoci segnali ai mercati sulla nostra volontà di avviare una graduale riduzione del debito pubblico, sostenendo, nel contempo, la nostra competitività, in modo da poter raggiungere rapidamente tassi di crescita simili a quelli degli altri Paesi europei. Non abbiamo tempo da perdere, la politica monetaria ultra accomodante della BCE non potrà durare a lungo. Bisogna ricordare che negli anni Ottanta, prima della nascita dell'euro, il peso degli interessi che dovevamo pagare sul debito raggiunse il livello del 12 per cento sul PIL. Ora siamo intorno al 4-5 per cento, una cifra sempre enorme, che limita le nostre possibilità di destinare risorse pubbliche ad investimenti e a politiche di reinserimento delle persone che sono senza lavoro, pur cercandolo attivamente. Ancora una volta, rischiamo di doverci accontentare di marginali aggiustamenti, rinviando ad altra occasione la definizione di politiche più credibili ed efficaci, ma non è saggio continuare a confidare sempre nello stellone italico.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pastorino. Ne ha facoltà.

LUCA PASTORINO. Grazie, Presidente. Abbiamo partecipato molto attivamente, come i colleghi, ai lavori in Commissione bilancio, che sono durati oltre una settimana, e anch'io mi associo comunque, in ogni caso, al di là del merito del provvedimento e di quello che contiene, al lavoro che in quella Commissione si riesce comunque sempre a fare, anche perché credo che sia capacità e volontà da parte del relatore e anche da parte del Governo ogni tanto di arginare delle situazioni in cui veniamo catapultati, che, francamente, mettono in difficoltà tutta la Commissione, dalla maggioranza alla minoranza. Mi riferisco, per esempio, a quando è arrivato sul tavolo del relatore, del Governo e di tutti noi l'emendamento che attribuiva 40 milioni di euro, se non ricordo male, ai consorzi agrari, 40 milioni di euro su quel fronte lì, con la storia che ha, quando poi era sotto gli occhi di tutti il fatto che il problema delle province, per dirne uno, non sarebbe stato risolto.

Quindi, nonostante, a dir la verità, nessuno degli emendamenti del gruppo di Sinistra Italiana- Possibile sia stato preso in considerazione, credo che il provvedimento qualcosa di positivo lo porti, lo abbia. Quindi, parlo dei provvedimenti che riguardano il terremoto, tutte le iniziative che riguardano le compensazioni. Ho anche applaudito al fatto che sono stati introdotti questi indici di affidabilità fiscali, l'ho detto insieme ad altri, nella speranza che poi di fatto questo divenga uno strumento di premialità che vada a superare gli studi di settore in cui tante persone sono impantanate; vedremo come andrà a finire. Però, i lati positivi poi è chiaro che vengono molto, ma molto, annacquati in un contesto di un decreto che è diventato un decreto omnibus come tutte le cose, dove dai 67 articoli iniziali si è arrivati durante la settimana ad avere, nella serata di mercoledì sera, 32 emendamenti nuovi e via dicendo. Quindi con tante cose che hanno arricchito il testo molto spesso in maniera negativa.

In un decreto così, come diceva la collega Albini, non si sa cosa c'entrasse alla fine l'emendamento per i direttori dei musei, anche quello è stato un episodio che durante la settimana ci ha lasciato un po' stupiti, per usare un'espressione gentile. Insomma un Ministro della Repubblica che prende a schiaffi per un giorno il TAR e poi il giorno dopo fa catapultare nella Commissione bilancio, nel testo della manovrina, una norma interpretativa della legge del 2001, vuol dire che tutta quella rabbia nei confronti del TAR non era neanche poi tanto giustificata. Io ho fatto un paragone tra una persona che fa il Ministro della cultura e mio figlio che gioca a pallone e se la prende con l'arbitro. Questi sono i termini di paragone che ci hanno lasciato un po' senza parole, così come la Ryder Cup, eccetera, eccetera.

Poi, nelle giornate di venerdì e sabato, è arrivato quello che già si sapeva sarebbe dovuto arrivare ovvero l'emendamento sui voucher, l'emendamento sui voucher con questa reintroduzione di cui hanno già parlato altri che è stata una reintroduzione in sfregio a una dialettica politica parlamentare, alla Costituzione, a tante cose che sono state coinvolte nel dibattito degli ultimi mesi. Non più tardi di marzo i voucher sono stati ritirati con una discussione che c'è stata in quest'Aula; tutto questo per evitare evidentemente le possibili ripercussioni del referendum che avremmo dovuto effettuare domenica scorsa. Quindi, a due giorni dalla data del referendum, anche in spregio a quello, alla raccolta di firme che è stata fatta dalla CGIL (oltre un milione di persone), è stato reintrodotto questo sistema di precarizzazione che toglie ancora una volta il valore vero al lavoro; questo è il punto. Se un vulnus si era creato dopo marzo era quello che forse - ma dico forse - poteva coinvolgere certi aspetti della vita familiare legate veramente a piccole esigenze, ma il valore da attribuire al lavoro è assolutamente un altro e lo si fa con una formula molto ampia. Badate bene, si parla nel provvedimento di cinque dipendenti assunti a tempo determinato come soglia utilizzabile dalle microimprese, ma sono cinque dipendenti a tempo indeterminato. Quindi voglio dire un'azienda piccola potrà avere cinque dipendenti a tempo indeterminato e 4 o 5 dipendenti a tempo determinato, quindi una platea che essi allarga ogni giorno di più a ogni lettura di questo emendamento che è stato presentato qualche giorno fa. Questo è un punto su cui faremo battaglia, la faremo insieme noi di Possibile, insieme a Sinistra Italiana. È già stata scritta una lettera al Presidente della Repubblica che è anche un po' garante dell'articolo 75 dalla Costituzione, quindi del fatto che l'espressione possibile della volontà popolare sia stata esautorata in questo in questo modo qua. Lo faremo dentro e fuori dall'Aula come abbiamo sempre fatto.

Circa le riforme portate avanti dal Governo Renzi, e adesso condotte dal Governo Gentiloni, non è più come i primi tempi in cui si diceva sono riforme di cui non si possono misurare subito i loro effetti, si vedranno nel tempo. Adesso, ormai, è passato il tempo sufficiente per misurare gli effetti di tutte queste riforme, riuscite o non riuscite, perché ricordo che c'è stato anche referendum il 4 dicembre, referendum costituzionale, che è stato respinto dagli italiani.

Quindi queste riforme sono misurabili in tanti modi, sono misurabili anche dal punto di vista degli effetti occupazionali perché, non più tardi di qualche mese fa, un paio di mesi fa, nell'analisi del DEF, abbiamo visto i dati dell'Istat che ci diceva, ci rivelava come 4,6 milioni di persone nel nostro Paese sono in condizioni di povertà assolute, più di 8 milioni sono quelli in condizione di povertà relativa. L'INPS tracciava anche le dinamiche occupazionali del nostro Paese con dei lineamenti decisamente drammatici per quanto riguarda la disoccupazione giovanile.

Poi c'è lo spazio per gli enti locali, anche lì una grande riforma. Guardate che io da amministratore locale - lo dico al relatore Guerra, che lo è ancora -, insieme a tanti altri, aspettavamo una riforma degli enti locali, una riforma delle province, ma doveva essere una riforma attraverso la quale capire chi dovesse fare che cosa e con quali soldi, evitando le sovrapposizioni che c'erano tra diversi livelli, regionali, provinciali e comunali. Questo doveva essere fatto. Invece è stata fatta una riforma che oggi mette in ginocchio, con il referendum costituzionale che è stato respinto dagli italiani, un sistema territoriale fatto di scuole, fatto di strade, fatto di risorse che non ci sono, perché il taglio c'è e, nonostante l'intervento compensativo, ci troviamo davanti a una situazione che da qui, a qualche mese, produrrà inevitabilmente il dissesto da parte di questi enti. Proprio stamattina ho sentito una persona che lavora alla provincia della Spezia e vi leggo qualche dato, così almeno capiamo di cosa stiamo parlando: la provincia della Spezia ha entrate proprie per 15 milioni di euro, di questi 4 milioni di euro sono spesi per i mutui contratti, soprattutto a seguito dell'alluvione del 2011 (si tratta di una riforma che riguarda le province e che non guarda i territori e i loro problemi e in più incarna in se stessa dei meccanismi secondo i quali chi è stato più virtuoso viene penalizzato nella ripartizione delle risorse; capite bene che siamo anche un po' al paradosso), e 5 per il personale. La finanziaria prevede qui per la provincia un taglio di 21 milioni di euro, a cui va aggiunto un ulteriore taglio di 2,7 milioni di euro. La grande beffa è che con il correttivo, dopo il taglio di 21 milioni di euro, verrebbero restituiti soltanto 7 milioni di euro. Il risultato è che non ci sono soldi per le strade, per le scuole e per gli stipendi. Dal taglio sono escluse le province che invece tre anni fa hanno dichiarato il dissesto e non quelle che come la nostra, quindi quella della Spezia, hanno tentato di essere responsabili. Il punto è quello, questa è una realtà che coinvolge i cittadini, le loro aspettative. Già quest'anno, sempre parlando di mio figlio, al quale fischieranno le orecchie comunque, alla ripresa dell'anno scolastico, la scuola di mio figlio era senza riscaldamento perché, durante le festività, erano stati chiusi gli impianti e quindi alla ripresa non c'era stato il modo di riavviarli. Questo è solo un esempio. Vi è anche l'esempio della provincia della Spezia sulle manutenzione stradale: gli uffici dell'ente hanno stimato che per potere fare una manutenzione dignitosa per le strade provinciali servirebbero circa 17 milioni di euro e ad oggi la provincia ne ha al massimo 300 mila e presto non avrà neanche più quelli. Questa è un po' la situazione ed è una situazione - partiamo da dove ero partito prima - che misura gli effetti delle riforme fatte in questi anni.

Poi ci sono anche i comuni, perché poi sui comuni sì qualcosa è stato fatto, però anche lì avevamo chiesto lo sblocco del turnover al cento per cento e questo non è stato possibile farlo e quindi solo i comuni fino a 3.000 abitanti avranno questa possibilità. Ma, se in un comune mediamente piccolo, da 3.500, 4.000 abitanti, va in pensione il ragioniere, non può sostituirlo con un 75 per cento di ragioniere o con un pezzo di qualcos'altro, perché questa è una roba da matti che mal si concilia con le esigenze di una comunità. Solo il nostro gruppo credo che abbia sollevato questo tipo di perplessità, ma è una perplessità che ci sta tutta, perché all'articolo 22 si dà la possibilità ai comuni di assumere personale a tempo determinato, pagandolo con contratti di sponsorizzazione e accordi di collaborazione con soggetti privati, a condizione che le assunzioni siano finalizzate esclusivamente alla fornitura di servizi aggiuntivi rispetto a quelli ordinari, di servizi pubblici non essenziali. L'ho già detto in Commissione: i servizi pubblici non essenziali sono un campo non proprio regolare. Questa è una norma che si presta, a nostro modo di vedere, a episodi possibili di collusione tra pubblica amministrazione e soggetto privati, fuori da ogni senso logico, che apre un fronte potenzialmente pericoloso e quindi una norma più che bizantina, una norma pericolosa per l'ente pubblico, per i suoi amministratori e per la buona gestione della cosa pubblica.

Ecco poi, appunto, l'ha detto già qualcun altro, ma ricordiamoci che, da qui a qualche mese, ci saranno e ci sono ancora tutte le clausole di salvaguardia, per cui, dal primo gennaio 2018, l'aliquota IVA dal 10 aumenterà all'11,5 rispetto al 13, salirà al 12 nel 2019; l'aliquota ordinaria del 22 nel 2018 salirà al 25 per cento, per poi risalire ancora nel 2019 e scendere nel 2020.

Ecco, questo è un altro problema enorme, è un altro problema enorme perché vuol dire sostanzialmente che è l'effetto di queste politiche degli ultimi anni, quindi i soldi, che sono stati utilizzati dal Governo Renzi in questi anni, che non hanno creato occupazione e che hanno creato i danni che abbiamo visto alle province o agli enti locali, lasciano in eredità questa roba qui, che per evitarla si stima occorrano 14 o 15 miliardi di euro.

Ma non occorreranno 14 o 15 miliardi di euro tra dieci anni: tra tre mesi.

Ecco io l'ho detto anche prima in una conferenza stampa, che come gruppo di Sinistra Italiana- Possibile abbiamo fatto proprio per sottolineare la negatività della reintroduzione dei voucher: mi sono permesso anche di dire che, in questa discussione di questi giorni, basata soprattutto e solo sul fatto se si andrà a votare d'estate - ci sono già le battute sulle cabine e sugli ombrelloni - sulla legge elettorale, tra il Rosatellum di Rosato o il sistema tedesco corretto del collegio eccetera eccetera, si perdessero di vista le responsabilità politiche della situazione in cui ci troviamo, perché se si andrà a votare a settembre o a ottobre - chi lo sa? - in ogni caso ci sarà una legge di bilancio che dovrà scontare queste cose, questi 14 miliardi di euro per le clausole di salvaguardia, le province e tutto quello che ho detto fino adesso.

Ecco, questo è un punto secondo me importante nella discussione, che viene giustamente occupata dalla legge elettorale e dalle elezioni.

Noi dicevamo già che saremmo dovuti andare a votare 3 o 4 anni fa, dall'inizio, quando la situazione era difficilmente gestibile, però questo non deve essere un alibi per nessuno per dire che, tra 3 o 4 mesi, dobbiamo trovare, cioè quest'Aula, chi ci sarà qui, dovrà trovare 14 miliardi di euro per evitare di affossare, di continuare ad affossare il sistema dell'impresa e comunque il mondo del lavoro.

Questa è un po' la sostanza e il riassunto che mi sento di fare.

Noi avevamo proposto tanti emendamenti, che come ho detto sono stati tutti respinti; erano andamenti basati, a nostro modo di vedere, su equità sociale, su criteri di progressività, sulle cose che diciamo sempre; alcuni forse erano, come potremmo chiamarli, anche emendamenti di bandiera, ma guardate che gli emendamenti di bandiera oggi sono tutti, perché c'è tanto bisogno di equità nella nostra società, dove le disuguaglianze e i problemi sono tanti, dove si parla tanto di periferie, ma le periferie non sono solo i luoghi fisici: le periferie sono i lavoratori con i voucher, le periferie sono i disoccupati, le periferie sono anche professionisti ai quali chiediamo sempre più sacrifici.

Questo è il mondo in cui viviamo, per cui, come è stato già detto, avevamo presentato un emendamento diverso sulla web tax, come ha detto l'Europa, ci siamo permessi di avanzare l'ipotesi di una riflessione sulla reintroduzione dell'IMU a chi le tasse le può pagare: non l'ha detto Marcon di Sinistra Italiana, ce l'ha detto la matrigna Europa.

Abbiamo proposto come al solito la Tobin tax, rivedere le imposte di successione e donazione e poi abbiamo proposto di provare a spostare un po' di più l'attenzione su questioni ambientali; questa sarà la terza volta che lo dico, ma, a mio modo di vedere e a nostro modo di vedere, al giorno d'oggi il catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi e dei sussidi ambientalmente favorevoli, che è stato reso disponibile non più tardi di tre mesi fa, ci ha detto che in Italia si spendono ancora 16 miliardi di euro a sostegno delle energie fossili, quindi lo stesso catalogo auspica che da qui al 2030 questa quantità di denaro venga spostata e riallocata verso contributi diciamo ambientalmente sostenibili.

Ecco, questo è un percorso che noi chiediamo già da qualche mese di poter iniziare, ma da subito, per innescare quei meccanismi di virtuosità che sarebbero anche molto utili a far ripartire certi settori produttivi: mi riferisco anche banalmente al settore dell'edilizia, con tutto quello che potrebbe comportare in termini di nuove occupazioni in quel settore lì, nella riqualificazione degli edifici pubblici privati.

Vado a concludere: cerchiamo di non sottrarre l'attenzione di chi ci ascolta - sempre meno, ma come ho detto prima il nostro gruppo sarà anche al di fuori di quest'Aula per spiegare le ragioni di queste nostre affermazioni - comunque non cerchiamo di sottrarci alle responsabilità di questi anni e delle politiche che hanno condotto a questo tipo di situazione, che adesso viene lasciata lì e che risolverà qualcun altro tra qualche mese oppure la risolverà l'Europa.

Però, appunto, gli obiettivi quelli devono essere.

Per quanto concerne la politica in Europa, bisogna intervenire in tutte le sedi europee, l'abbiamo già detto, al fine di una radicale riscrittura dei trattati europei, promuovendo le disposizioni procicliche come quelle contenute nel fiscal compact.

Per quanto riguarda la politica fiscale, non ci stancheremo mai di dire che occorre modificare la politica dei redditi, ricorrendo alla leva fiscale al fine di far emergere le diverse capacità economiche dei contribuenti, di sostenere lo sviluppo, di ridistribuire il reddito e di contrastare l'evasione fiscale ed il lavoro sommerso attraverso, come abbiamo detto, l'introduzione vera e propria della web tax, l'accentuazione della progressività fiscale dell'IRPEF, per esempio con la previsione di un'ulteriore aliquota per lo scaglione di redditi oltre i 100.000 euro.

Per quanto riguarda gli investimenti pubblici, nel DEF appunto abbiamo visto delle percentuali molto basse: cambiare rotta e utilizzare un punto di PIL rispetto al tendenziale, che oggi è intorno al 2,5-2,6, per arrivare al 3,6 per fare politiche pubbliche d'investimento, in particolare poi per la messa in sicurezza del Paese e per l'ambiente.

Ricordiamoci che c'è anche da dare un'occhiata - ribadiamo quanto abbiamo detto due mesi fa - sul pubblico impiego, perché il problema del turnover non è stato risolto, ma poi ci sarà anche da trovare le risorse per il rinnovo del contratto del pubblico impiego.

E poi ci sono i temi ambientali di cui abbiamo parlato.

Ecco, vado alla conclusione per dire che sì, andremo a votare evidentemente tra qualche mese, ricordiamoci però la responsabilità politiche di quello che è stato e di quelli che sono i problemi che rimangono sul campo, dopo tanti anni di annunci e cose non fatte (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cariello. Ne ha facoltà.

FRANCESCO CARIELLO. Grazie Presidente, intanto confermo anche quanto anticipato dal collega relatore per la maggioranza, il collega Guerra, che il lavoro nella nostra Commissione si è svolto con piena collaborazione anche per l'apporto delle opposizioni.

In questo, anche se fondamentalmente noi non condividiamo diversi aspetti della manovra, abbiamo comunque deciso di collaborare e di dare il nostro apporto positivo e propositivo, perché capiamo il momento, ma non ne capiamo - come sempre e ora lo spieghiamo - i presupposti che hanno generato questa manovra correttiva.

E andiamo al dunque: appunto, perché la chiamiamo manovra correttiva?

Chiariamo in base a quale errore di fondo dobbiamo correggerci, perché, se non spieghiamo questo, viene meno insomma la ragione della nostra posizione: ci si corregge rispetto a qualcosa con cui ci confrontiamo ed è quel qualcosa con cui ci confrontiamo che noi non condividiamo, che è il Patto di stabilità e crescita, dal quale deriva un pareggio di bilancio e dal quale deriva un percorso di avvicinamento al pareggio strutturale di bilancio che non ci trova d'accordo.

Ed ecco perché, vuoi la caduta di un Governo che aveva fatto dei programmi, quei programmi non stanno fornendo gli effetti desiderati e quindi ci si chiede e si chiede al Paese di correggere quei conti.

Quindi quanto previsto dalla legge di bilancio 2017 oggi ci ritroviamo, a maggio 2017, a rivedere i saldi di finanza pubblica per 3,1 miliardi.

Non mi addentrerò nei dettagli che ragionieristicamente parlando condividiamo e – è quanto già espresso dai vari colleghi, soprattutto dal collega Guerra - sono inquadrati in un percorso di riordino di quei saldi.

Bene, il problema è appunto con quello con cui ci dobbiamo confrontare.

Tra l'altro - apro e chiudo parentesi - una legge di bilancio che noi abbiamo sempre ribadito è un'incompiuta, un'incompiuta perché di mezzo c'è stato un referendum che non l'ha resa tale, quindi non ha portato a compimento nemmeno il processo di discussione e di conversione in legge perché al Senato praticamente non è stato possibile aggiungere tutte quelle norme o correzioni che ci si auspicava, che diversi gruppi, tra cui anche noi come opposizione, avevamo auspicato fossero apportate. Questa è la base dell'errore renziano per antonomasia: insomma il Governo Renzi, negli ultimi tre anni, ha indicato una rotta che si sta rivelando diversa da quelle che erano le previsioni e quindi sbagliata per risollevare le sorti e lo sviluppo del nostro Paese. Ma veniamo ora al dettaglio: la manovra è correttiva perché sono necessarie risorse per ridurre l'indebitamento netto del 2017 pari a 3,1 miliardi. Dove sono state trovate queste risorse? Questa è la domanda a cui rispondere e su cui dare spiegazione anche ai cittadini italiani non solo da un punto di vista ragionieristico, di dettaglio ma anche di principio. Faccio una premessa: era questo il caso o comunque la giusta occasione per poter realmente parlare o avviare una spending review che è un'altra incompiuta di questa legislatura. Infatti, se dovevamo trovare risorse, si è cominciato a parlare con il Governo Monti, poi con il Governo Letta, poi con il Governo Renzi, della chimera della spending review che avrebbe generato tante di quelle risorse da poter realmente rimettere a posto i nostri conti. In realtà, una reale spending review, che non siano tagli, che non siano riduzioni di stanziamenti, a seconda della variazione della geografia politica che avevano i vari Governi che si sono susseguiti, al di là di quello, non si è mai operata. Ricordo le discussioni anche in Commissione bilancio dove, con la disponibilità di tutte le forze, si è sempre auspicata una reale collaborazione che entrasse nei dettagli delle varie voci di spesa e di entrata all'interno del bilancio pubblico affinché si operasse una seria spending review che significa efficientamento della spesa, non necessariamente tagli e quindi magari anche investimenti o spesa produttiva, quindi intesa come spesa che produce anche efficienza e crescita all'interno del nostro Paese. Ma ci si è concentrati o, meglio, ci si è accaniti sulla lotta all'evasione o all'elusione fiscale senza comprendere che è giusto agire e recuperare tutto quello che, in maniera illecita, viene sottratto alla fiscalità generale ma non si è compreso che la vera leva della rinascita e della sistemazione dei conti di finanza pubblica è lo sviluppo. Si è molto parlato delle tasse sui giochi e del recupero della tassazione sui giochi ma, in realtà, la vera innovazione per noi sta nel non indurre il cittadino a giocare e quindi parlo anche del famoso emendamento sul limite della pubblicità del gioco d'azzardo. Noi non dobbiamo indurre il cittadino a giocare: lasciamo libertà di scelta ad ogni persona rispetto a quello che può o vuole fare dei propri soldi ma certamente non dobbiamo indurla a spendere di più e in un certo senso anche tassarla per il suo “vizio” o voglia di giocare.

Abbiamo inoltre anche posto altri obiettivi: la burocrazia come peggior nemico dello sviluppo stesso. Lo ha detto anche la Corte dei Conti: le continue modifiche sulle modalità di attuazione dei tagli, tornando all'argomento della spending review, gravano sugli investimenti e limitano fortemente lo sviluppo sostenibile da un punto di vista finanziario, economico e ambientale del nostro Paese ma, senza investimenti, non ci sarà mai sviluppo.

Ma la cosa peggiore, rilevata anch'essa dalla Corte dei conti e che costituisce il vero problema, è che la complessa definizione degli assetti e delle competenze dei livelli di Governo comporta sempre frequenti rifinanziamenti e, quindi, riallocazioni delle stesse risorse. In questo muovere sempre ogni volta le poste in gioco si crea inefficienza e problemi soprattutto alla buona spesa. Gli spazi di manovra per qualunque altro Governo, tenuto conto dei saldi che emergono da questa manovra correttiva, si riducono ed è stato ribadito: lo spazio è stretto, è strettissimo. Qualsiasi Governo, nell'ambito di questo percorso di avvicinamento al pareggio strutturale di bilancio, avrà problemi a garantire anche il finanziamento dei servizi essenziali nel Paese. Penso agli enti locali, alle province, a tutti quei servizi più vicini ai cittadini e, quindi, se non azzeriamo, riscriviamo o cancelliamo del tutto il Patto di stabilità e crescita è impensabile uscire da questa palude.

In tutto ciò il MoVimento 5 Stelle ha comunque mostrato una reale e fattiva collaborazione, come anticipavo all'inizio del mio discorso, e abbiamo discusso e arricchito il provvedimento con i nostri apporti. Parliamo, ad esempio, dell'annosa questione dei mutui degli enti locali, un problema che abbiamo posto sin dall'inizio della discussione della legge di bilancio perché la manovra è un po' la prosecuzione di quella, e della rinegoziazione degli stessi mutui con tassi più vicini a quelli attuali di mercato. Si è fatto un passettino in avanti proponendo un emendamento all'interno del quale ci sono stati riconosciuti o per lo meno sono stati considerati come argomento e inglobati tutti gli altri emendamenti delle opposizioni tra cui i nostri, ma nel merito non si è operato come noi volevamo. Noi avevamo chiesto che un ente locale potesse realmente porre in essere una rinegoziazione con il suo interlocutore diretto, la Cassa depositi e prestiti, e anche con il Ministero. È chiaro che le visioni sulla questione sono state non totalmente divergenti, ma andavano in direzioni diverse.

Per quanto riguarda il ristoro del gettito IMU e Tasi di alcuni comuni, in particolare il comune di Torino, sul quale sono state anche portate questioni tecniche fondanti, gli emendamenti non sono stati approvati.

Riguardo ai fondi per le funzioni principali delle province abbiamo ottenuto e abbiamo fatto un passo avanti in quella direzione: sono state stanziate più risorse ma sempre nell'ambito di un quadro generale che è quello del Patto di stabilità e crescita. Noi non possiamo continuare a non garantire certi servizi quali la manutenzione delle strade, la manutenzione delle scuole, gli edifici scolastici, che hanno loro problemi, come è stato ribadito da più parti, e riteniamo che sia necessario affrontare con coraggio il tema, ma la manovra non lo fa e non lo farà, come è stato ribadito, anche l'eventuale manovra di proiezione nel prossimo anno, perché lo scenario politico non lo permetterà sicuramente.

Abbiamo dato anche il nostro contributo alla discussione sui voucher proponendo una nostra proposta di legge che introduce una nuova tipologia di contratto soprattutto guardando alle micro, piccole e medie imprese. Ma in realtà la maggioranza è intervenuta con un emendamento che ha generato più un dibattito mediatico che non un effettivo passo avanti, perché si è praticamente ripristinata la condizione precedente a quella che ha generato l'annullamento di un referendum. In pratica, vi è stata la cancellazione dell'istituto dei voucher semplicemente per non porsi di fronte agli elettori e non poter essere giudicati con un referendum perché ormai si è capito che non si è più nelle corde di quello che è il Paese.

Potrei citare tanti altri episodi: è chiaro che mi limito, anche per una questione di tempo, e interverranno anche altri colleghi. Ma tengo a ribadire soprattutto, sempre in tema di spese in servizi più vicini ai cittadini, quella del fondo al trasporto pubblico locale. Sappiamo quanto si soffre in termini proprio di servizi sul trasporto locale, e abbiamo visto di buon occhio la stabilizzazione di quel fondo, che avete svincolato dalle accise sulla benzina. Bene, ma in prospettiva, i soldi si sono ridotti sul fondo, gli stanziamenti sono inferiori. Noi avevamo proposto un emendamento che poneva un sostanziale investimento, un concreto aiuto al trasporto pubblico locale, ora che il fondo è svincolato appunto dalle accise sulla benzina, ma anche lì, non c'è stato verso.

Quindi, per queste ragioni e per il cappello iniziale che ho spiegato, siamo comunque fortemente critici su questa manovra, perché di principio non siamo d'accordo con quello che è il percorso di avvicinamento al pareggio strutturale di bilancio, e per una mancanza di investimenti concreti per poter rilanciare lo sviluppo di questo Paese. È chiaro che ormai il percorso è tracciato verso la fine della legislatura, e chissà, forse questa sarà l'unica e ultima manovra che questo Governo avrà messo in atto.

PRESIDENTE. La ringrazio. A questo punto sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 14,30.

La seduta, sospesa alle 13,45, è ripresa alle 14,35.

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARINA SERENI

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Adornato, Ferrara, Fraccaro, Lorenzo Guerini, Francesco Saverio Romano, Speranza, Tofalo e Villecco Calipari sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.

I deputati in missione sono complessivamente centodiciannove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Si riprende la discussione del disegno di legge n. 4444-A.

(Ripresa discussione sulle linee generali - A.C. 4444-A)

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Simone Baldelli. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Presidente Sereni, siamo alla discussione generale dell'esame in Aula, in prima lettura - e, per quanto riguarda questo ramo del Parlamento, temo l'ultima -, del disegno di legge di conversione del decreto-legge sulla manovra correttiva varata dal Governo. È terminato l'esame in sede referente, già l'onorevole Giorgetti, come relatore di minoranza, ha tracciato in linea di massima le linee guida di ciò che il mio gruppo pensa su questo testo; testo varato da un Governo che non è figlio di una vittoria alle elezioni, come dovrebbero essere i Governi, ma figlio di una sconfitta in un referendum, e già questo è un punto di partenza che la dice lunga su quali possano essere le prospettive e le proiezioni di volontà di un Governo e di una manovra correttiva di questo senso.

Aggiungo che, l'assenza di una visione di insieme, la necessità, inevitabile, purtuttavia, alla quale difficilmente ci si rassegna, della perimetrazione sempre più ridotta del raggio di azione di una manovra che inevitabilmente è molto più attenta a gettare lo sguardo verso il basso, alle esigenze della quotidianità che non a una proiezione futura, la dice lunga sui limiti, ancorché ridotti, di un testo che probabilmente è stato migliorato in Commissione, per il lavoro del relatore e di tanti colleghi che hanno proposto emendamenti, ma che, per alcuni aspetti, dalla Commissione esce anche peggiorato, e vedremo perché. Mentre stiamo qui, con la testa bassa, a guardare la quotidianità di questa manovra correttiva, se, alzando la testa, guardiamo a un orizzonte più lungo, abbiamo il problema delle clausole di salvaguardia, abbiamo il problema di una politica monetaria - lo accennava prima il collega Giorgetti - da parte della BCE che, prima o poi, esaurirà i propri effetti e ci costringerà ad avere a che fare con cifre molto importanti - che fino ad adesso sono state ridotte - in termini di interessi sul debito, che hanno dato agio alla nostra economia, grazie all'operazione che la BCE ha fatto in questi anni di acquisto dei titoli di Stato, di potere avere dei margini. Ecco, questi margini sono stati utilizzati male, a nostro avviso, in termini di disponibilità di finanza pubblica, perché hanno perso di vista lo sviluppo, perché non hanno avuto una proiezione futura, anche in termini di riforme.

Le riforme sono state fatte male, sono state spesso annunciate e disattese, ci si è infilati nella strada delle riforme nella maniera più sbagliata. L'esempio classico tra tutti questi è probabilmente quello delle province: si sono cancellate le vecchie province ma non si sono - come era ovvio - tolte le funzioni di un organo, peraltro costitutivo della provincia; si sono lasciati questi enti nell'impossibilità di agire, nell'assenza completa di risorse per far fronte a quelle che sono le loro competenze; non si è deciso in questa fase di sostenerle adeguatamente, ma che cosa succede? Gli si dà mano libera per far cassa con le multe. Tra l'altro quest'operazione, non per la parte province, era stata già inserita in un testo che girava, il Viceministro Morando forse ne era a conoscenza, come bozza della manovra perché poi in tutto questo mondo molto particolare delle manovre, quando vengono approvate ed escono nella forma del decreto-legge, c'è tutta una quantità di variabili che impazziscono e tra queste variabili c'era una norma che prevedeva che le città metropolitane potessero mettere da parte e derogare a quegli articoli del codice della strada che prevedono la destinazione alla sicurezza stradale di certi fondi cioè il 50 per cento dei fondi delle multe, sostanzialmente quelle normali, e il 100 per cento per la parte di competenza delle multe derivanti dagli autovelox: si metteva da parte la norma, permettendo alle città metropolitane di far cassa con le multe sulla funzione di una generica viabilità. Questa norma forse anche grazie - lo dico con un pizzico di presunzione - alla nostra denuncia era scomparsa dal testo base della manovra ed era scomparsa dal decreto-legge ma è stata reinserita con un emendamento sottoscritto da diverse forze politiche, non certo dalla forza politica alla quale appartengo io, da Forza Italia che, invece a differenza di altre forze politiche, si è battuta in Commissione contro la norma e che cosa dice l'emendamento? Lo leggo perché anche questo è molto singolare: “Per gli anni 2017 e 2018 le province e le città metropolitane, in deroga alla legislazione vigente…” - quella che prevede che i soldi delle multe vadano alla sicurezza stradale - “…possono utilizzare le quote previste dall'articolo 142, comma 12-ter…” - quelle sugli autovelox - “e dall'articolo 208, comma 4…” - il 50 per cento delle multe elevate dai vigili per capirci - “…del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, per il finanziamento degli oneri riguardanti le funzioni di viabilità e di polizia locale con riferimento al miglioramento della sicurezza stradale”. Poi vi è questa cosa ipocrita del riferimento al miglioramento della sicurezza stradale, che non si capisce poi a quale parola o parole sia riferita, ve lo potevate risparmiare. La verità è che tale norma contravviene in maniera diametralmente opposta a quanto il Parlamento ha approvato a gennaio 2016, quando, con riferimento ad una mozione, lo stesso Parlamento, questa Camera, all'unanimità, con il parere favorevole del Governo, “ha impegnato il Governo ad adottare ogni iniziativa utile a mettere fine agli episodi di utilizzazione impropria degli apparecchi o sistemi di rilevamento della velocità attraverso l'utilizzazione di dispositivi o di mezzi tecnici di controllo a distanza, di cui all'articolo 142, comma 12-bis, del Codice della strada, nell'inosservanza - peraltro - dell'obbligo di utilizzazione delle risorse per manutenzione e messa in sicurezza delle infrastrutture stradali, posto dal comma 12-ter dello stesso articolo” - quello che viene derogato - “ed a proporre al Parlamento” - si impegnava il Governo - “nel primo provvedimento utile, modifiche normative atte a disciplinare il meccanismo sanzionatorio attualmente previsto nell'articolo 142, comma 12-quater, ultimo periodo, sì da superare le difficoltà oggettive rappresentate dall'impossibilità di “intercettare” i predetti proventi - direttamente introitati dagli enti stessi, anche se inadempienti - per decurtarli della percentuale prevista a titolo di sanzione per l'inosservanza dei predetti obblighi”. Detto tra parentesi, la percentuale di sanzione è il 90 per cento, non una parte insignificante. “A tal fine potrà essere valutato di prevedere che le risorse in parola” - si parla di quelle degli autovelox - “siano introitate direttamente su apposito capitolo del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per essere riassegnate agli enti aventi diritto per la realizzazione di specifici piani di intervento conformi alle finalità di legge nonché di sostituire il predetto meccanismo sanzionatorio con sanzioni amministrative pecuniarie adeguate”- ok? - e “(…) a presentare al Parlamento, entro il 30 settembre 2016” cosa che non è mai successa, “un report sullo stato di attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 142, commi da 11-bis ad 11-quater, che, in particolare, indichi quali e quanti enti locali sono stati inadempienti rispetto agli obblighi di legge in esame”. Significa cioè gli enti che non presentano la relazione in cui dicono quanti soldi gli entrano in cassa dalle multe e dalle multe con gli autovelox.

Insomma questa è la mozione approvata dalla Camera. A maggio 2016 il Ministro Delrio in quest'Aula, in un question time presentato dal sottoscritto, dice: “insieme all'UPI e all'ANCI” - insieme al Gatto e alla Volpe: pensa con quale compagnia pensava di fare la riforma delle sanzioni di questo genere di violazioni del codice della strada - “stiamo predisponendo lo schema di decreto…” - era il 25 maggio 2016 e stava predisponendo lo schema di decreto –“…insieme al Ministero dell'Interno per favorire e rendere più stringente la rendicontazione dell'ammontare complessivo degli stessi proventi”. Le sanzioni amministrative, dice Delrio, non possono essere assolutamente un mezzo per fare cassa e far quadrare i bilanci: così Delrio, Ministro dei Trasporti, nel 2016. Un anno dopo il Ministro dei trasporti 2017, sempre un certo Graziano Delrio, quando gli chiediamo come mai solo 300 su 8.000 enti depositino questa benedetta relazione, ci viene a spiegare che serve un'azione nuova, una revisione della disciplina sanzionatoria anche modificando l'entità delle sanzioni secondo principi di ragionevolezza, proporzionalità ed effettività, l'obbligo della rendicontazione dei proventi delle sanzioni amministrative e anche la disciplina dei criteri di rendicontazione stessa e dei meccanismi sanzionatori per gli enti inadempienti. Questa farsa continua: fino a una settimana fa Delrio ci diceva di stabilire sanzioni, magari di non togliere il 90 per cento, ma di stabilire sanzioni credibili per fare in modo che presentino tale rendicontazione e che si attengano agli obblighi di legge, cioè destinare queste somme per la sicurezza stradale. Che cosa succede? Che in Commissione passa un emendamento che permette alle province e alle città metropolitane, che sono quelle che notoriamente fanno più cassa con le multe, di mettere da parte per due anni le norme che prevedono che non si possa far cassa con le multe e che tali multe servano alla sicurezza stradale. Allora, signori miei, voi vi rendete conto che state dando mano libera al cosiddetto cassa-velox e già gira l'hashtag sui social? State dando mano libera a queste amministrazioni per far sentire e far considerare lo Stato ancora più nemico di quanto non sia considerato oggi? Questo è l'emblema di come si affrontano i problemi del nostro sistema ordinamentale. Le province rimangono ma vengono esautorate delle risorse mentre restano le competenze e non sanno come gestire le emergenze e le esigenze e voi dite allo Stato, anziché di metterci i soldi di fare carne di porco con le multe perché questo è ciò che sta accadendo ed è quello che inevitabilmente accadrà e non salverà la coscienza di chi scrive queste norme inserire, come è scritto nell'ultima parte dell'emendamento, “con riferimento al miglioramento della sicurezza stradale”: che vuol dire? Vuol dire che se una provincia deve rimettere a posto una strada provinciale o magari costruirla da capo, con riferimento alla sicurezza stradale, i soldi deve prenderli massacrando di multe i cittadini? O in una grande città con riferimento alla sicurezza stradale nella funzione di viabilità c'è tutto, c'è qualunque cosa, c'è perfino se non sbaglio l'illuminazione, l'illuminazione scolastica. Allora credo che dobbiamo essere onesti con noi stessi per poter provare a essere onesti con gli altri: questa roba qui è un pasticcio che, per così dire, dà la cifra di come vengano affrontati tali problemi. Noi l'abbiamo detto anche in Commissione: siete voluti andare avanti. Prendetevi le vostre responsabilità per ciò che succederà ma se oggi, di fronte un'esigenza circoscritta, un'esigenza correttiva circoscritta, si permette questo, cioè si permette la deroga al principio cardine che, fino ad oggi, in qualche modo, ha retto, con mille difficoltà, il rapporto, nel codice della strada, tra amministrazioni e cittadini, perché quella era la regola base, io ti do la possibilità di fare le multe, però il 50 per cento dei soldi delle multe che fai nella tua città me lo destini alla sicurezza stradale, a mettere a posto le strade, alla cartellonistica, tuttalpiù ai mezzi per la polizia municipale, ma, insomma, ecco, non ci fai proprio quello che ti pare, perché altrimenti salta tutto. E per quanto riguarda gli autovelox, il principio qual è? Li puoi usare, ma i soldi che arrivano da tutto questo li devi usare per la sicurezza stradale, non ci puoi far cassa, se tu quella norma la fai saltare, eh, beh, a quel punto è una guerra a chi fa più soldi, gli autovelox diventano delle macchine mangiasoldi. E chi paga, secondo voi? Pagano i cittadini, pagano quei cittadini che si ritrovano la multa dell'autovelox, perché l'autovelox, anziché essere messo come deterrente, è messo nascosto, a tradimento, e pagano i turisti. Noi abbiamo la provincia italiana che dobbiamo rilanciare in chiave turistica e sappiamo che la provincia - specie nel centro Italia, ma lo stesso vale per il nord, vale per le grandi città - vive di turismo familiare, di persone che prendono la macchina e hanno casa fuori, hanno casa al mare, casa in montagna, casa in collina; tutti quelli che andranno in giro con la propria macchina, con la propria famiglia vivranno nell'incubo di tornare a casa e trovarsi la multa per eccesso di velocità, fatta o magari presa in un punto in cui il limite di velocità viene artatamente abbassato anche se non è necessario farlo, perché magari lì a quell'amministrazione, a quella provincia, da domani, o a quel comune, da ieri, è comodo mettere l'autovelox, fisso o mobile, o la pattuglia, perché alla fine il bilancio del piccolo comune o, adesso, i bilanci in crisi delle province possono essere risanati da questo.

Io mi auguro che ci sia più buonsenso in molti presidenti di provincia, che si trovano a dover gestire tante situazioni difficili in una circostanza che non hanno né creato né voluto, che non nella norma così come è stata pensata, voluta e scritta e mi auguro che di questa norma non ci si approfitti. Lo vedremo alla prova dei fatti quello che succederà, ma è chiaro che tutto questo dà la cifra; ci si poteva impegnare a migliorare il testo su tante cose, in questo caso, mi dispiace, il testo è stato scientificamente, volutamente e drammaticamente peggiorato. È come se aveste aumentato le tasse, peggio, perché almeno le tasse hanno il concetto di progressività, le multe non hanno neanche quello, per cui le multe penalizzano in particolare quelli più poveri. Eccola la sinistra di Governo; questo, che contraddice in maniera sistematica quello che il Parlamento ha approvato all'unanimità e, col parere favorevole del Governo, inserito in questa manovra, è un qualcosa che io personalmente trovo vergognoso (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Rocco Palese. Ne ha facoltà.

ROCCO PALESE. Signora Presidente, sin dal momento dell'approvazione della legge di stabilità per il 2017 era fin troppo evidente che ci sarebbe stata, successivamente, la verifica da parte dell'Unione europea e che ci sarebbe stata la censura di una manovra correttiva, in un primo momento stimata in 5 miliardi, perlomeno da notizie, così, solo di stampa, non ufficiali, e poi che si è concretizzata con i 3,8 miliardi che il Governo ha definito con questo decreto. Io penso che questo decreto non sia stato, poi, alla fine, una manovra correttiva così come richiesta dall'Europa, il Governo avrebbe dovuto presentare una manovra correttiva in cui individuava le misure per consentire quanto concordato con l'Europa e il rispetto dei parametri dettati dall'Europa.

Questo decreto - come si evinceva pure dal titolo, dall'oggetto - avrebbe dovuto fermarsi a disposizioni urgenti in materia finanziaria, invece, il Governo ha ritenuto di intervenire sugli enti territoriali, di intervenire sulle zone colpite da eventi sismici, ancora una volta, e di intervenire per lo sviluppo. Quindi, alla fine, questo decreto è diventato un omnibus, e dopo il passaggio nella Commissione, addirittura, è diventata, grosso modo, per la mole e anche per gli argomenti trattati, una vera e propria legge di stabilità bis, come se ci fosse bisogno che, agli oltre quasi 1.300 commi che vi erano nella legge di stabilità di quest'anno, si aggiungesse questo ulteriore decreto che è veramente enorme.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI (ore 14,55)

ROCCO PALESE. Soprattutto, da parte del Governo e della maggioranza c'è stato uno specie di furore normativo; io capisco che, forse, sarà l'ultimo provvedimento di questa legislatura, l'ultimo provvedimento importante, però, c'è stata, proprio, una corsa continua, fino all'ultimo secondo, all'ultimissimo secondo, anche se, ad onor del vero, bisogna ammettere che le proposte presentate all'ultimissimo secondo, fuori tempo massimo, da parte del Governo, guarda caso, quelle, secondo me, avevano pure una certa rilevanza, ma, presentate fuori tempo massimo, purtroppo, neanche la Commissione, con tutta la disponibilità che aveva avuto, di questo e dell'altro mondo, durante la discussione di tutto il provvedimento e l'esame del provvedimento, ha potuto prendere in considerazione; mi riferisco all'ammissibilità rispetto a un provvedimento che avrebbe riguardato le università e rispetto anche a un altro aspetto di natura tecnica che poteva riguardare, come iter procedimentale legislativo, interventi poi a cascata sulla riforma delle cosiddette partecipate.

Ma torniamo alla manovra; un omnibus, l'ennesimo omnibus, su cui il Governo chiederà l'ennesima fiducia. Riteniamo che questa manovra correttiva abbia veramente i suoi limiti nel contesto, proprio, della correzione, perché la stragrande maggioranza della correzione finanziaria si basa sul recupero dell'evasione. Questo intendimento del recupero dell'evasione, ad onor del vero, è stato utilizzato negli ultimi anni, sempre, da tutti i Governi; sembra che il recupero dell'evasione sia un pozzo senza fondo e si ricavano, sempre, delle cifre che, poi, bisogna vedere se, effettivamente, corrispondono alla realtà.

I numerosi emendamenti correttivi rispetto, per esempio, alla situazione delle liti pendenti, inducono a pensare a un futuro pessimistico, stando agli operatori che hanno suggerito a noi, comuni mortali, su questa materia, degli accorgimenti, dei miglioramenti e le proposte migliorative sotto forma di emendamento tendevano a che ci fosse un iter procedurale e procedimentale, rispetto alla situazione delle liti pendenti, diverso da quello proposto o integrato dal Governo che poteva avere anche delle limitazioni; è sperabile che quanto proposto dal Governo raggiunga gli obiettivi. Stando a quello che riferiscono, gli esperti - chi è in trincea, parlo di avvocati tributaristi, commercialisti - sono abbastanza perplessi; speriamo che, invece, gli obiettivi da parte del Governo vengano raggiunti, perché, altrimenti, ahimè, dovremo fare ulteriori correzioni.

L'altro rammarico è relativo a un'esigenza molto seria sulla rottamazione delle cartelle di Equitalia; qui c'è un'esigenza enorme da parte di tanti e tanti contribuenti che hanno presentato domanda per potere usufruire della rottamazione e del piano, che, però, sono in grande difficoltà, perché questa crisi economica ancora non prende il via, siamo ultimi in Europa, come è risaputo, nella zona euro, come crescita e quant'altro; rispetto a questo tipo di situazione si chiedeva se potesse esserci la possibilità di aumentare da 5 a 10 le rate e il differimento del saldo al 2019. Sarebbe stato un provvedimento che avrebbe consentito a tanta gente, che ne ha veramente il desiderio, di mettersi a posto con il fisco e, contestualmente, anche allo Stato di determinare un maggiore incasso o un maggiore introito. Ahimè, anche qui, non è stato possibile avere ascolto. E invece noi abbiamo avuto una pioggia enorme di emendamenti da parte del Governo - ben trentadue! - e oltre venti da parte del relatore, i più svariati.

Io penso che, signor Presidente, l'intervento dell'opposizione ha evitato che si concretizzasse un paradosso. Quale era il paradosso? Questa è una manovra correttiva, ebbene, con la manovra correttiva c'è stato un emendamento, da parte del Governo, che riguardava i cosiddetti consorzi agrari, una delle tante vergogne e uno dei tanti scandali di questo Paese che, indipendentemente dai Governi che si sono succeduti, dal colore politico, dalle maggioranze e quant'altro, dura da tanti anni: una situazione al limite della fatiscenza economico-finanziaria e della fatiscenza amministrativa, cioè siamo oltre all'illegalità totale di una situazione.

Però, insomma, io ritengo che sia stato completamente inopportuno, vista la manovra correttiva, tirar fuori questo emendamento, perché, in pratica, si iniziava con un primo intervento di 40 milioni di euro nel 2017, nel 2018, per poter finanziare di nuovo e risanare questa Federconsorzi e quant'altro, con i consorzi agrari, però poi nulla si diceva per il proseguo; quindi, una manovra correttiva, con l'obiettivo di tirar fuori una correzione seria, imposta dall'Europa, e che però, contestualmente, approvava una norma tipo questa, con cui, sì, si stanziavano i 40 milioni di euro, ma con cui, soprattutto, potenzialmente aumentavano le possibilità di ulteriore indebitamento o di obbligazioni verso terzi, in questo caso la Federconsorzi, rispetto al provvedimento. Poi alla fine, le insistenze dell'opposizione sulla inopportunità, in questo decreto, di questa proposta che veniva fatta dal Governo, hanno indotto il Governo stesso, ad onor del vero, a ritirare. Quindi, vi è stato un intervento da parte delle opposizioni in riferimento a questo.

Molto contestata è stata un'altra norma, che nulla aveva a che vedere con la correzione, per cui questo decreto, questa manovra c'è stata, ossia la nomina ad personam di un alto dirigente del Ministero dei beni culturali. L'altro elemento di grande scontro, poi, c'è stato sul problema di intervenire sull'interpretazione autentica del Tar, in riferimento al concorso dei dirigenti presi dall'estero per i musei, e c'è stata una serie di situazioni veramente poco chiare.

Ora, il problema che riguarda, invece, la situazione degli enti territoriali (sono gli ennesimi interventi, emendamenti, che sono stati poi esaminati e approvati da parte della maggioranza e del Governo, i più svariati), emerge con estrema urgenza. Io mi auguro che, nella prossima legislatura, ci sia la possibilità di effettuare un punto fermo, molto serio, sul problema della finanza locale e della finanza territoriale, perché non è possibile che, continuamente, da parte di tutti, da parte della maggioranza e da parte anche delle opposizioni, signor Presidente, perché non sarebbe corretto non dire che anche le opposizioni, sollecitate dagli enti territoriali, da ANCI, UPI e quant'altro, da Città metropolitane e così via, anche noi, come opposizioni, formuliamo proposte emendative che, in pratica, alla fine, sono contraddittorie, tutte, perché, da un lato, si stabiliscono alcune regole, si stabiliscono le sanzioni, si stabilisce il rispetto di alcuni parametri, eccetera, e poi passano dei mesi e anche noi, come opposizioni, siamo costretti, sollecitati dal territorio, a proporre emendamenti che disattivano le sanzioni, che cambiano i parametri del Patto di stabilità, che cambiano questo, che cambiano quello, eccetera.

Ora, non è più possibile che si proceda in questa maniera, perché tutto questo poi determina, di fatto, una enorme confusione e bisognerebbe, insomma, fare un punto fermo sulla finanza territoriale, eccetera, a mio avviso, un intervento molto serio che mettesse un punto fermo perché credo che la situazione vada veramente fuori controllo.

E così pure ci sono stati degli interventi sulle province. Allora, per quanto riguarda le province, in questa legislatura ci sono tante cose che non sono andate nel senso dovuto, ma se c'è stata una riforma che noi abbiamo contestato sin da subito come opposizione è stata la riforma delle province, la riforma Delrio. Diciamo che questo può essere individuato sicuramente come uno degli errori capitali del Governo e della maggioranza, perché era fin troppo evidente che le province avrebbero attraversato una fase di grande confusione; e soprattutto il fatto di aver consentito che alcune funzioni - tipo le strade e tipo le scuole - fossero svolte ancora dalle province, senza che ci fosse la possibilità di avere delle risorse, avrebbe creato un grave disagio, in questo contesto, nella gestione.

Io ritengo che altro grave errore sia stato effettuato, da parte del Governo, non in riferimento alle città metropolitane, perché di questo abbiamo già parlato al momento della riforma e abbiamo espresso le nostre critiche e le nostre contrarietà, ma ce n'è uno, anche qui, molto molto evidente, un errore proprio marchiano, ossia quello di non aver - dal punto di vista economico-finanziario della legge proprio di contabilità - stabilito che a una certa data venisse fermata la gestione delle cosiddette ex province e che da una certa data partisse la nuova gestione ex novo, completamente, delle cosiddette aree vaste e per le città metropolitane, per quello che riguardava le città metropolitane, cioè creando delle gestioni liquidatorie a costo zero rispetto a situazioni di portone e di incarichi, perché si nominavano gli stessi presidenti in carica o gli stessi presidenti delle città metropolitane come commissari liquidatori per poter dividere le gestioni; perché qui nessuno parla e si interessa di quello che c'è in pancia dal punto di vista dei contenziosi, dei contratti in essere, dei danni della finanza pubblica, a danno delle tasche dei cittadini, all'interno della gestione economico-finanziaria delle ex province. Quando si scoprirà, altro che dissesto finanziario, poi vedremo! Perché c'è un indebitamento nascosto, che non viene fuori ancora, al momento.

Sulla situazione del terremoto, ulteriori interventi ci sono stati, io auspico che gli interventi che sono stati effettuati in questa sede, in questo provvedimento, riescano quanto meno ad accelerare quanto più possibile la ricostruzione, come così importanti sono state pure alcune situazioni di agevolazioni fiscali che sono state alcune introdotte e alcune prorogate.

Rispetto poi al problema della crescita, signor Presidente, mi riesce difficile riuscire a comprendere quello che è successo in riferimento al credito d'imposta per il Mezzogiorno. Bene, il Governo è venuto qui in Aula a febbraio di quest'anno dando la grande notizia di una grande attenzione per il Mezzogiorno, dicendo: questo è il decreto per il sud, cioè venne battezzato come decreto per il sud, anche perché c'era stata pure un'integrazione di risorse sul fondo per il credito di imposta e poi c'erano stati dei correttivi normativi, suggeriti da Confindustria, dalle parti sociali, dagli enti territoriali e quant'altro, per poter agevolare e far diventare in maniera automatica la possibilità di usufruire di questo credito di imposta. Ebbene, che cosa è successo? Che in questi mesi si apprende: a) che è stata fatta con estremo ritardo la nuova modulistica rispetto alle regole che erano state cambiate; b) peggio ancora, che la stragrande maggioranza delle Agenzie delle entrate addirittura non era riuscita, in mancanza del modello nuovo, della modulistica e, peggio ancora, quando c'è stata la modulistica, per i ritardi nell'aver aggiornato il software, purtroppo, ad usufruire di questa misura.

Da qui il Governo ha dedotto che la misura, in pratica, era inefficace, che non serviva e, quindi, da qui, la giustificazione di dire: togliamo 110 milioni di euro rispetto a questo. Attenzione: non è che la misura non funziona, è una responsabilità del Governo, che non è stato in grado di organizzare immediatamente la possibilità che tutti potessero usufruire di questo. Io ritengo che questo sia stato un grave errore e speriamo che non ci siano altri interventi sulla situazione, per esempio, che riguarda i fondi strutturali. Noi, signor Presidente, abbiamo un grande problema: quello della crescita degli investimenti. Abbiamo una diminuzione della spesa per investimenti - tra il 2015 e il 2016 c'è stata -, nonostante avessimo chiesto una flessibilità di 2 miliardi e mezzo di euro all'Europa proprio per aumentare gli investimenti nel 2016. Non sappiamo che cosa ci dirà l'Europa il prossimo anno, perché, nel momento in cui c'è una diminuzione della spesa per investimenti, mi sembra che possibilità di flessibilità ulteriori per investimenti sono inesistenti, per lo meno questo dicono i regolamenti.

Davanti ad una situazione del genere che cosa succede? Che sulla situazione dei fondi strutturali, soprattutto destinati alle regioni dell'Obiettivo 1 - alla Sicilia, alla Campania, alla Puglia e alla Calabria -, noi siamo in grandissimo ritardo: siamo in grandissimo ritardo sul piano operativo generale, siamo in ritardo ancora più grave sui piani di sviluppo rurale e quasi nessuna regione ha tirato fuori ancora i programmi che riguardano la pesca. Sono questi i tre segmenti che riguardano questo tipo di situazione.

Io più volte ho sollecitato un intervento del Governo, dell'agenzia che, poi, è stata creata - questa mega agenzia che fu creata due-tre anni fa, che doveva risolvere tutti i problemi dei fondi di coesione, eccetera -, per un motivo molto semplice. Io ho sempre condiviso una misura da molti criticata, ritenuta invasiva, ma secondo me efficace: i commissariamenti da parte del Governo nei confronti delle regioni in riferimento alla gestione della sanità, della spesa sanitaria.

Nel momento in cui alcune cose non vanno per il verso giusto dal punto di vista della gestione, siccome minano la tutela della tenuta dei conti pubblici a livello nazionale, rispetto anche all'Europa, rispetto ai mercati, rispetto a tutto, è giusto che il Governo intervenga e intervenga con commissari per poter fare, poi, le correzioni dovute; anche se, anche qui, ci sarebbe da aprire una piccola parentesi, perché queste norme dal punto di vista procedimentale erano un po' carenti, avevano qualche anello debole. Per questo motivo, nella prima parte del Governo Renzi vennero fatte delle norme ancora più stringenti sui commissariamenti, sulla sanità, eccetera, ritenute, a mio avviso, efficaci, per poi arrivare, sotto referendum, nell'ultima legge di stabilità, perché De Luca aveva bisogno di gestire roba del genere, con quella famosa “norma De Luca”: addirittura, quello che era stato ritenuto essenziale dallo stesso Governo alcuni mesi prima viene completamente disattivato. Grave errore.

Detto questo, quello che io non comprendo è perché mai non bisogna utilizzare la stessa forma e lo stesso trattamento per le regioni inadempienti in riferimento alle scelte effettuate sugli investimenti e sulle opere da finanziare con i fondi strutturali da parte delle regioni inadempienti. Qui bisognerebbe intervenire: perché mai non viene fatto un intervento che sarebbe salutare e che sarebbe a tutela dei cittadini di quelle regioni? Perché i cittadini colpevoli debbono prendersi tutta la situazione dei danni in riferimento a quanto si è determinato.

Quindi, signor Presidente, io penso che, oltre a tutte le situazioni che ho esposto, alle tante altre che, poi, le diranno i miei colleghi dell'opposizione, e alle tante altre che sono pure emerse, noi abbiamo arricchito questo provvedimento di una discussione ideologica interminabile, su cui si è vista, e continua a vedersi, una netta divisione da parte della maggioranza in riferimento alla situazione dei voucher. Infatti, in questo momento, il dibattito è focalizzato non su questo provvedimento che riguarda la vita quotidiana, il presente e il futuro del nostro Paese, ma su due argomenti: sui voucher e sulla legge elettorale.

Non si parla d'altro: non si riesce a capire perché nessuno parli di provvedimenti seri, di quello che ci aspetta dopo, rispetto alla legge di stabilità. Le situazioni sono tanto varie, c'è tanta confusione, ma tutti parlano soprattutto della legge elettorale: la gente ne sarà pure appassionata, non c'è dubbio che il Paese ha bisogno della legge elettorale, ci mancherebbe, perché non è possibile stare nella situazione a tutti conosciuta, ma occorrerebbe interessarsi anche di questa situazione.

E ci hanno arricchito di un post-congresso: nella Commissione bilancio è come se ci fosse stato un post-congresso da parte del Partito Democratico sui voucher, con una divisione ideologica completamente assurda. I discorsi mi hanno fatto tornare un po' indietro negli anni, quando c'erano Marx, Lenin e Mao Tze-tung: siamo a quel livello di impostazione ideologica, anzi, forse, anche peggio per alcuni aspetti. Altri, invece, vivendo al giorno d'oggi, guardando un po' all'Europa, quindi non alla liberalizzazione selvaggia, non chissà a che cosa, ma guardandosi intorno, si chiedono: ma cosa è bene avere? Qualche ora di lavoro in più oppure il lavoro nero? Ma che cosa è bene avere? Qualche ora di lavoro in più oppure niente?

La divisione è questa e non c'è dubbio che occorrono controlli, che occorrono verifiche, perché ci sono sempre distorsioni dappertutto, ma caricare di un aspetto ideologico fino all'ennesima potenza, con tre ore di discussione che, alla fine, avevano stancato tutti su questa situazione, un provvedimento di correzione di finanza pubblica, è stata una cosa veramente fuori luogo, tanto che, ad un certo punto, abbiamo detto: questo argomento lasciatelo alla fine ed approvatelo, scannatevi da soli; alla fine, vediamo un po' che cosa poteva essere, che cosa poteva succedere.

Davanti a questo tipo di impostazione, io penso che sia arrivato anche il momento di definire il quadro della situazione e il Governo avrà modo di farlo, visto che c'è la situazione di correzione. Si parla di tante cose, spero, è sperabile che il Governo in sede di replica ci dica anche qualche cosa su come affrontare il resto dell'esercizio finanziario in riferimento agli adempimenti, per esempio, della Nota di aggiornamento, della legge di stabilità del prossimo anno, perché, anche qui, si comincia a vivere una confusione senza precedenti.

Di queste cose, poi, se ne parla sui giornali, nei capannelli, se ne parla dappertutto, tranne nell'unica sede in cui se ne dovrebbe parlare: quindi, il Governo tiri fuori una parola anche di chiarezza su quello che attende il Paese, attendono i cittadini, attende il mondo imprenditoriale, anche perché i mercati sono in fibrillazione e sono in fibrillazione mica così, per caso. Noi abbiamo avuto delle condizioni favorevoli come non mai, irripetibili: gli interventi della BCE provvidenziali, il petrolio che è crollato, il cambio a favore, i tassi di interesse a favore, per trovarci, poi, alla fine, con che cosa? Che siamo il fanalino di coda in riferimento alla situazione della crescita nella zona euro, con una disoccupazione senza precedenti, con il 30 per cento delle famiglie - come dice l'Istat - al di sotto della soglia della povertà, con una situazione veramente ingovernabile. E a ingovernabilità economico-finanziaria e socio-economica, noi aggiungiamo altra ingovernabilità senza dire niente e senza avere parole di chiarezza. Noi attendiamo una parola definitiva da questo punto di vista. Per questo motivo, Presidente, io preannuncio già che, da parte della mia componente, sarà un “no” alla fiducia e un “no” al provvedimento.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Crippa. Ne ha facoltà.

DAVIDE CRIPPA. Grazie, Presidente. Giusto per comprendere il tempo a disposizione…

PRESIDENTE. Essendo un decreto, lei ha un tetto massimo di 30 minuti. Poi, chiaramente…

DAVIDE CRIPPA. Trenta minuti, perfetto. Cercherò di essere più breve, anzi, lo spero.

PRESIDENTE. Questa è facoltà sua, diciamo.

DAVIDE CRIPPA. Presidente, volevo intervenire sul tema della “manovrina” e sulle modifiche che sono state apportate, perché sono tematiche, a mio avviso, abbastanza rilevanti. Parto da un semplice emendamento del Governo che va a cercare di sanare una problematica legata all'incentivazione degli impianti fotovoltaici, che, in maniera fraudolenta, sono stati marchiati dai produttori con caratteristiche non corrispondenti al vero. Ovvero, grazie a una marchiatura di prodotto europeo, hanno beneficiato di un ulteriore incentivo erogato dallo Stato italiano - o meglio incentivato dalla componente tariffaria caricata in bolletta - e per il quale oggi ci si trova, giustamente in questo caso, a dovere almeno garantire un incentivo decurtato di una quota percentuale, per le persone che sono state frodate da questo sistema. Infatti ci sono arrivate numerosissime segnalazioni nel corso degli anni e diverse aziende oggi sono incorse in questo tipo di richiesta da parte del GSE di revoca dell'incentivo e, quindi, con conseguente impossibilità di procedere ai pagamenti dei mutui aperti per l'installazione dei pannelli fotovoltaici.

Peccato che però noi abbiamo presentato un subemendamento, che andava a correggere un altro tipo di situazione, che è quella anche degli impianti più piccoli, cioè da 1 a 3 kilowatt. Ricordo al Viceministro Morando e al relatore che c'era un regime di incentivazione più elevato per gli impianti da 1 a 3 kilowatt e per i quali la signora Maria, tipicamente, sul proprio tetto di casa ha beneficiato di quell'incentivo e, quindi, ha anche magari aperto dei mutui per l'installazione di un piccolo impianto fotovoltaico.

Non comprendo la ratio per cui non si è voluto estendere anche a tutti gli impianti incentivati - quindi voleva dire da 1 kilowatt a salire, secondo quelle che erano le regole del conto Energia -, evitando quindi di dare almeno ragione a quei cittadini che si vedono oggi truffati, per i quali hanno messo in campo le azioni legali di richieste di risarcimento. Peccato che poi le società, la maggior parte delle quali sorte a quell'epoca in pieno boom del fotovoltaico, hanno aperto e chiuso con una rapidità disarmante. Quindi, oggi ci ritroviamo che quelle persone non hanno quel tipo di diritto: mentre per l'impianto di 3 kilowatt sì, per quello da 2,99 no. Questo credo che sia un errore abbastanza evidente, è una stortura dell'emendamento del Governo, a cui abbiamo cercato di rimediare, ma ovviamente l'occhio critico del relatore e del Governo è stato quello di dire “no” a qualsiasi proposta di modifica avanzata dai gruppi di opposizione. Lo ripresentiamo in Aula e credo che sarà inutile, però c'è veramente un principio abbastanza chiaro su questa questione.

Vado alla seconda tematica, che vorrei sottolineare con quest'intervento. È quella per cui, nonostante l'accantonamento, poi si è proceduto alla bocciatura dell'emendamento, che andava a segnalare la necessità di rendere automatico un meccanismo di erogazione dei bonus energia. C'è stata una discussione ampia in Commissione, nella quale si era evidenziata l'idea del Governo di non cambiare i parametri di riferimento rispetto all'ISEE. Segnaliamo che, come già segnalato anche in Commissione, il 30 per cento degli aventi diritto oggi accede ai bonus energia. Quindi, Presidente, c'è il 70 per cento delle persone in Italia, che avrebbero diritto a un bonus energia elettrica e gas e non lo sanno nemmeno. Questo evidentemente ha un apporto economico non elevatissimo, ma che io considero abbastanza decente, nella maniera in cui, ad esempio sull'elettrico, può arrivare a 150 euro all'anno, che, a fronte delle bollette della classica pensionata e di una famiglia con 3-4 figli a carico, in alcuni casi di reddito ISEE sotto gli 8 mila euro, credo sia un punto molto importante.

Noi volevamo rendere chiaro un meccanismo automatico di incentivazione e di erogazione di questo bonus, per evitare che di fatto ci ritroviamo ogni anno per cui il soggetto, che magari ha perso lavoro, deve prendere, uscire di casa, andare a fare la dichiarazione e la richiesta al comune, che a quel punto lo scheda. Ahimè, è uno strumento che, spesso in maniera anche opportunistica, viene gestito dai comuni, come “visto ce l'ho fatta, ti ho dato 150 euro” e in realtà sono fondi che sono prelevati dalle bollette dei cittadini e, pertanto, sarebbe abbastanza auspicabile che venisse fatta una battaglia di dignità e di principio, per rendere trasparenti e automatici quegli indennizzi.

Lo chiedono, credo, anche le imprese fornitrici di energia, perché evidentemente ci sarebbe una minore morosità in alcuni casi di alcuni dei soggetti. Pertanto, andremmo anche ad agevolare questo meccanismo, magari con erogazione diretta del bonus al fornitore di energia, in quel caso titolare del POD assegnatario.

L'emendamento è stato poi ripresentato anche in Aula, solo sotto la veste di rendere automatico il meccanismo e, quindi, di non andare ad alterare le modalità di calcolo rispetto al parametro ISEE. Però, ovviamente, credo a tutti non ci sarà data la possibilità di discuterne all'interno di quest'Aula. Noi proseguiremo in questa battaglia, perché la riteniamo una battaglia di dignità e di civiltà, soprattutto perché viene da una campagna di informazione e messa in atto da quindici associazioni di consumatori, che si chiama “Bonus a sapersi”. Quindi, è un meccanismo partito, tra l'altro, con fondi prelevati dal Ministero dello sviluppo economico, per quel tipo di attività di informazione dei consumatori. Una volta che i consumatori arrivano ad avere un pacchetto finale con un allarme, forse dovremmo fare la fase 3, quella definitiva, codificando l'allarme che hanno lanciato in un'azione operativa. E potevamo farlo all'interno della manovrina, visto che avete inserito la qualunque. Evidentemente non è stato accettato questo tipo di attività.

Presidente, passo all'altro argomento, che mi tocca trattare oggi, perché credo non ci sarà speranza di trattarlo in futuro: il decreto Alitalia. È stato inserito anche qui un piccolo appunto sulle condizioni di ammissibilità degli emendamenti. Mi è stato dichiarato inammissibile un emendamento, che prevedeva il, solito ormai, tentativo di tassazione delle piattaforme petrolifere, quindi l'IMU sulle piattaforme, perché non è ammissibile. Poiché si sta parlando di attività di gettito per lo Stato, evidentemente mi sembrava abbastanza corretto inserirlo all'interno di una manovrina, visto che, di fatto, nelle leggi di stabilità è considerato ammissibile. E in questo caso, invece, è stato dichiarato dal Presidente di Commissione inammissibile, nonostante i ricorsi del caso.

Vedremo come saranno dichiarati tutti gli altri emendamenti che abbiamo depositato, anche se non verranno mai discussi. E si arriva invece ad avere considerato ammissibile l'emendamento di Alitalia, nonostante fosse in qualche modo iniziata un'istruttoria all'interno della Commissione trasporti e dopo aver audito i commissari. Presidente, anche qui, sugli emendamenti del Governo, i subemendamenti delle minoranze non sono stati in nessun modo credo nemmeno guardati. Infatti sugli emendamenti di Alitalia abbiamo segnalato diverse questioni.

Abbiamo segnalato diverse questioni che partivano, in primo luogo, dalla nomina dei commissari. Quindi, visto che non si può tornare indietro nel tempo, impegnavamo il Governo a valutare che, tra i soggetti oggi in carica come commissari di Alitalia, non ci fossero soggetti che avessero dei ruoli di incarico all'interno delle società che gestivano Alitalia prima del commissariamento. Quindi, evidentemente, il ruolo ricavato dal commissario Laghi, che all'epoca era presidente di Midco - che gestiva, quindi, CAI e che era all'interno di Alitalia con il 51 per cento - ci sembrava evidente che non dovesse essere la figura del commissario più adatta per gestire questo tipo di situazione. Come lo stesso fatto di essere all'interno del collegio sindacale, dal quale evidentemente si è dimesso dopo la nomina di commissario, ma era nel collegio sindacale di Unicredit, una delle società con cui Alitalia ha uno dei debiti più elevati.

E qui credo che l'opportunità della politica sia quella di trovare persone un po' differenti. Mi sembra che Laghi ormai sia inflazionato e utilizzato ovunque. Lo avete utilizzato e gestito nella faccenda Ilva. Potevate trovare un altro professionista del settore che potesse gestire questa pratica e, invece, no. Probabilmente, perché chi vi consiglia i soggetti da mettere all'interno delle fasi commissariali sono le stesse banche, che sono poi gli enti che devono recuperare i soldi della vendita prima del fallimento.

Sulla faccenda Alitalia noi abbiamo cercato di porre anche altri paletti, innanzitutto paletti dei compensi dei commissari, perché riteniamo che la figura del commissario debba essere una figura di nomina pubblica, come lo è, quindi soggetta a quelle regole della pubblica amministrazione del tetto massimo di 240.000 euro. Anche in questo caso, emendamento bocciato. Lo abbiamo fatto perché le voci che circolano rispetto alla modalità di calcolo oggi in essere sulle procedure dei commissari credo che siano abbastanza allarmanti, in virtù del fatto che i lavoratori stanno rischiando i posti di lavoro, vengono annunciati già esuberi e stanno già avviando anche le prime mobilità. Vorrei comprendere come si abbia la faccia tosta di andare ad erogare milioni di euro alla gestione commissariale; per di più, alla stessa gestione commissariale viene dato il compito, visto che è previsto così dall'ordinamento legislativo, di avviare un'azione disciplinare e di indagine di responsabilità rispetto al vecchio management. Cioè, praticamente ci troveremmo nella condizione in cui un commissario dovrebbe avviare l'azione rispetto a se stesso. Ovviamente, di queste condizioni voi fate finta di non vedere nulla, come conflitto di interessi, e andate avanti.

Abbiamo cercato di porre un'altra questione molto importante, sulla restituzione di questo fantomatico prestito ponte, perché abbiamo la consapevolezza che poi si faccia come è successo per l'Ilva. In quel caso, erano 300 i milioni che erano stati dati come prestito, questi dovevano essere restituiti dal soggetto che sarebbe subentrato dal punto di vista industriale, quindi che comprava l'Ilva, e poi i decreti successivi hanno trasferito al soggetto commissario l'incarico della restituzione- Quindi, anche in questo caso, siamo in attesa di rivedere quei fondi, cosa che peraltro credo non vedremo nel caso di Alitalia. Perché? Abbiamo provato ad inserire le modalità per cui, qualora queste somme non venissero restituite, queste fossero restituire dall'acquirente, visto che in realtà la filosofia con cui era iniziato il decreto “Ilva” era che l'acquirente dovesse restituire il prestito ponte, ma ce l'avete bocciato. Perché chiedevamo questo? Perché mi sembra una ragionevolezza di fondo, che è quella per cui, se ti mantengo operativa un'azienda perché la voglio rendere anche appetibile da un punto di vista del mercato, quindi far sì che, quando vieni a comprare questa attività, essa sia funzionante, evidentemente potrai corrispondere i soldi poiché in questo caso lo Stato italiano ha messo della liquidità per garantire la funzionalità. Anche in questo caso, l'emendamento è stato bocciato.

Un altro aspetto che volevamo è che, se non si vogliono restituire le somme sotto forma di liquidità, evidentemente, per quella quota parte, esse vengano remunerate come azioni della nuova società che gestirai, in modo tale da avere anche un controllo operativo nel consiglio di amministrazione e di non far finta di niente rispetto a quello che è successo fino ad adesso, con l'ottimo Montezemolo che ha gestito un'azienda, portandola al fallimento. Anche in questo caso, l'emendamento è stato bocciato. Abbiamo provato ad inserire emendamenti che provassero a parlare di inclusione e di un piano industriale con la parte più alta e di premialità verso il numero degli occupati, quindi che uno dei criteri all'interno della procedura del commissario fosse quello di garantire non tanto il maggiore introito per le casse dei debitori, quindi i favoroni alle banche, ma cercare di migliorare quel meccanismo e parametrarlo in base all'importo che mi viene pagato e il numero di persone che mi garantisci, perché altrimenti ci troviamo poi a gestire un problema sociale e di ammortizzatori sociali che sono una problematica di natura economica. Anche in questo caso, non avete voluto ascoltare nessun tipo di indicazione.

Sempre sulla questione Alitalia, abbiamo provato a parlare di coinvolgimento dei lavoratori all'interno dei consigli di amministrazione, perché, a nostro avviso, oggi sembra evidente come quei gridi di allarme che più volte erano stati segnalati, anche dai sindacati di base nel corso degli anni, siano stati completamente inascoltati dal Ministero, salvo poi lamentare, prima di un referendum interno ad Alitalia, che non ci fosse altra alternativa. In quelle modalità ci si è poi scontrati col fatto che i lavoratori hanno una dignità e la mandano avanti, anche con rifermento a quella per cui non possono essere accettate delle condizioni come diktat.

Evidentemente, il meccanismo con cui i lavoratori possono segnalare e migliorare la gestione di un'azienda come quella di Alitalia deve rientrare oggi in un ruolo di gestione anche all'interno del collegio sindacale e con il consiglio di amministrazione.

Presidente, all'interno di questa manovrina sono state inserite tantissime “marchettine” sparse qua e là, con tutta una serie di modifiche regolamentari rispetto agli ordinamenti passati. Segnaliamo solo che la modalità e il modusoperandi a cui ormai ci avete abituato, da quattro anni a questa parte, è quella con cui non avete neanche la dignità di provare a portare avanti dei provvedimenti in maniera separata. Quindi, su Alitalia si potevano trattare con le Commissioni competenti tutti gli aspetti: la nomina del commissario è di competenza del Ministero dello sviluppo economico, la strategicità del vettore aereo è materia della Commissione trasporti. Evidentemente c'era la possibilità di gestire e di trattare il problema. Credo di non sbagliare, portando avanti la considerazione che non lo avete fatto per velocizzare il percorso ma semplicemente per evitare la discussione nel merito. Quindi, quella discussione sul tema di Alitalia, che per un certo periodo di tempo è stata tutti i giorni sui giornali, sarebbe di nuovo ritornata in auge, e avreste fatto l'ennesima figuraccia, dopo che il vostro capo politico, qualche anno fa, disse: Alitalia decolla, decolla l'Italia; salvo poi schiantarsi contro un muro, contro le sue stesse parole.

Allora, Presidente, segnalo come sia abbastanza irrituale che ci si ritrovi sempre all'interno di quest'Aula con degli emendamenti che assorbono provvedimenti già incardinati in altre Commissioni. Secondo me questo è un problema anche di natura regolamentare, perché credo che iniziare da una scadenza per gli emendamenti su un provvedimento e poi dover rincorrere quanto stava succedendo all'interno del decreto “manovrina” per cercare di presentare come subemendamenti gli emendamenti che erano già stati preparati e presentati in Commissione trasporti, credo che faccia tutto tranne che il bene del Paese. Ma probabilmente la certezza è di non dare visibilità all'ennesimo tentativo di insabbiare la questione di Alitalia, su cui vi siete schiantati in un referendum dei lavoratori.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pili. Ne ha facoltà.

MAURO PILI. Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, ogni provvedimento che giunge all'attenzione di quest'Aula ha i connotati genetici della maggioranza e del Governo che lo propone. In questo caso, questo provvedimento è davvero la precisa rappresentazione di questa maggioranza, di questo Governo, di questo Esecutivo: un provvedimento sotto ogni punto di vista pasticciato, confuso, oserei dire rabberciato, per come è stato costruito anche nel percorso parlamentare; un accrocchio indecoroso di sollecitazioni di lobby, di pretese, di interessi di basso cabotaggio che si sono concentrati appunto su questa che è stata definita dai più una manovrina, che in realtà si può configurare come una “manovretta”, qualcosa che va davvero ad intercettare i più bassi interessi del Paese, ma anche per mettere davvero i paletti su alcune questioni di straordinario rilievo di affari di privati nell'interesse pubblico.

Anche i più esperti genetisti avrebbero difficoltà a connotare geneticamente questo provvedimento; sarebbero costretti a cedere le armi, per capire quello che è l'ispiratore di un provvedimento così privo di quei connotati che costituzionalmente devono essere alla base di un decreto d'urgenza. Voi tutti sapete che l'urgenza, l'omogeneità e la straordinarietà sono elementi costituzionali di un decreto che non possono in alcun modo essere individuati in questo provvedimento. In realtà, queste elementari disposizioni costituzionali sono calpestate senza timore passando da Montecitorio arrivando a Palazzo Madama con il via libera del Colle più alto che continua silente ad accettare questa malversazione costituzionale dei decreti-legge. E quindi è evidente che siamo dinanzi ad un provvedimento confuso e rabberciato sul piano della sostanza ma anche sul piano dell'indice: basta guardare l'indice del provvedimento per capire la sua sconnessione, il pasticcio anche nella forma in cui viene proposto. Non solo non vi è rigore costituzionale che pare essere ormai passato davvero in secondo piano, anzi totalmente irrilevante sul piano della valutazione da parte dal Capo dello Stato, ma ci sono elementi che lasciano comprendere come ci sia difficoltà a individuare una ratio, non soltanto quella del riallineamento dei conti pubblici ai diktat europei ma anche una ratio per quanto riguarda la politica interna. Vi è una montagna di lobby e faccendieri che ruotano anche intorno a questa manovra e mai come in questo caso sarà facile leggere nomi e cognomi: in questo provvedimento ci sono i nomi e cognomi dagli sponsor del golf per arrivare ai teatri d'élite. È evidente che solo chi ha cecità istituzionale non può accorgersi di quello che è avvenuto in questo provvedimento. Per tale motivo non potrò affrontare tutti i temi considerata la vastità, la confusione che viene proposta dal provvedimento ma cercherò sommessamente di guardare alle questioni che paiono invece più significative e artatamente inserite in esso per essere nascoste, per essere in qualche modo occultate rispetto al rilievo stesso che queste hanno nel quadro generale dell'interesse pubblico e sostanzialmente dell'interesse del Paese. Ci sono almeno quattro questioni che voglio tentare di mettere a fuoco per far comprendere come in un provvedimento così confuso e rabberciato si possano insinuare azioni delittuose nei confronti dell'interesse pubblico e della stessa visione strategica di un Paese che è governato da lobby e da interessi che esulano l'interesse pubblico. Il primo è il pozzo senza fondo, quel buco nero dell'Alitalia che ancora una volta voi rimpinguate con 600 milioni di euro di un prestito pseudo-ponte (e anche il prestito è pseudo) che rappresenta l'emblema di un sistema che continua a foraggiare un'azienda fallita, fallimentare nella sua gestione, nella sua strutturazione gestionale e poi vedremo nel dettaglio per quale motivo questi 100 milioni di prestito ponte sono un ulteriore lancio di denaro pubblico al vento senza alcun tipo di risposta sostanziale in termini gestionali, strategici, di visione di una compagnia che avrebbe dovuto incrementare il trasporto aereo ed essere funzionale allo sviluppo economico e che invece è stata funzionale soltanto agli affari e alla gestione di quella partita in termini estremamente privatistici e davvero poco edificanti per un Paese.

Il secondo punto che mi permetterò di affrontare è la privatizzazione sottobanco dell'ANAS che viene proposta nel silenzio assoluto del Parlamento e anche dei media. C'è un'operazione che va a ledere l'interesse alla mobilità, il diritto universale alla mobilità sul quale si incide con una subdola privatizzazione compiuta con un decreto d'urgenza senza aver consentito al Parlamento e alla Commissione Trasporti, da una parte, e Infrastrutture, dall'altra, di esaminare compiutamente un passaggio che è nato in termini occasionali - lo dice più volte il Ministro Delrio: ne stiamo discutendo, è soltanto un'idea, è soltanto una ipotesi - e poi in realtà si concretizza con decreto, con un provvedimento, un articolo che consente la strada peggiore della privatizzazione dell'interesse, del diritto pubblico al servizio stradale. Inoltre si prevede la discriminazione istituzionale rispetto alle autonomie locali, ai comuni e alle province, dovuta a quella aberrante gestione costituzionale che se ne è fatta: da una parte, le province, una volta cancellate, una volta riammesse, una volta cancellate le funzioni, una volta stabilendo l'obbligo di ripristinare i fondi ma con riduzioni campali.

Anche in questo caso, si registra un atteggiamento, ad esempio, verso la regione Sardegna non soltanto discriminatorio ma anche offensivo sul piano della lealtà istituzionale perché, da una parte, si concludono accordi a firma di Ministri che poi, invece, nel provvedimento vengono sostanzialmente disattesi in maniera puntuale e in maniera chiara, facendo davvero un atto incongruo e sleale sul piano istituzionale del rapporto tra Stato e regione.

Ultimo punto, la visione dello sviluppo infrastrutturale del Paese che ancora una volta è strabica: un Governo che continua a guardare in maniera strabica la questione invece rilevante e fondamentale del riequilibrio infrastrutturale tra il nord e sud e tra quelle aree marginali del Paese, ad esempio, le regioni insulari, in questo caso la Sardegna, che ha negli indici infrastrutturali la fotografia esatta del divario che esiste e che, ancora una volta, non solo non colmate ma ampliate in maniera notevole.

Veniamo al buco nero. Voi proponete con questo decreto-legge un prestito ponte di 600 milioni di euro. Ma come è possibile che un Governo reiteratamente, dopo la tanto sbandierata esigenza di privatizzazione, è costretto a intervenire di nuovo con un prestito ponte della cifra modesta di 600 milioni di euro? Voglio entrare nei dettagli dei costi di Alitalia perché tutti comprendano che non c'entra niente il costo del personale che è in linea con i costi europei, comprese le compagnie low cost. Cosa, invece, incide in una gestione fallimentare e affaristica, una ruberia quotidiana, nella gestione di Alitalia? Ad esempio, un'ora di volo di Alitalia costa il 35 per cento in più di quanto costa un'ora volata della compagnia Ryanair. Stiamo parlando del 35 per cento: un costo straordinariamente rilevante che si scaraventa sulla gestione e sulla qualità del servizio, perché se avessimo più qualità di servizio e più efficienza si potrebbe anche discutere, ma stiamo parlando di servizio nettamente inferiore sul piano della qualità che le compagnie low cost, anche le più scalcagnate, riescono a dare in termini di puntualità, di efficienza, di periodicità anche delle connessioni. Il costo che paghiamo non è, quindi, il costo dei dipendenti, ma è semmai una strategia che è quella di pagare molto di più alcuni servizi rispetto ad altri. Il costo medio per dipendente di Alitalia al netto degli oneri è di 48.000 euro in linea con tutte le compagnie europee. Se andiamo a valutare, invece, i costi della manutenzione ci accorgiamo che la manutenzione di Alitalia viene fatta nelle gioiellerie perché non è pensabile che, nel 2015, l'ultimo dato compiuto e analizzato dallo stesso bilancio della società, ci sia un costo di 400 milioni di euro all'anno di manutenzione per 122 aeromobili. Questo vuol dire, facendo un rapido calcolo, che ogni aereo è oggetto di manutenzione per 3.200.000 euro. Ma, direte, che la manutenzione è la sicurezza: no, i parametri della sicurezza sono universalmente uguali per tutti; non c'è qualcuno che è più bello o più bravo nella manutenzione; tutte le compagnie devono essere sullo stesso piano e così è quello che avviene. In realtà, considerando la composizione della flotta tutta a medio raggio e regionale, noi abbiamo che Alitalia spende circa 1.000 euro di manutenzione per un'ora di volo. Ripeto: 1.000 euro di manutenzione per un'ora di volo, cioè il 40 per cento in più di quanto spende qualsiasi altra compagnia europea dalle majors, dalla British Airways, per arrivare a Lufthansa, che spendono il 40 per cento in meno per la manutenzione. Chi ruba e chi ha rubato su un costo del 40 per cento in più della manutenzione e perché i cittadini italiani devono pagare quei 600 milioni di prestito ponte per chi ha rubato e ha continuato a rubare, per esempio, sulle manutenzioni e i costi dell'handling e dell'assistenza ai passeggeri?

Vuol dire che per noi, ogni volta che l'aereo fa la toccata a terra o riparte, c'è un costo medio di 1.500 euro, il 20 per cento in più di quello che capita in qualsiasi altro contesto europeo e anche in questo caso parliamo di un risparmio, che si avrebbe immediatamente, di 60 milioni di euro. E che dire di un costo del carburante del 6,3 per cento in più? E stiamo parlando delle cose più elementari, quelle più visibili. Forse l'Alitalia fa rifornimento nelle pompe dell'Agip o dell'ENI lungo la Fiumicino-Roma o ha una capacità di acquisizione del fuel jet in contesti internazionali che gli consente, alla pari delle altre, di abbattere il costo del carburante? No, l'Alitalia spende il 6,3 per cento in più nel carburante, quindi, è evidente che qualcosa succede, che qualche ruberia, passatemi questo termine, esiste anche su questo versante.

E che dire, poi, infine, dei 600 milioni di euro che Alitalia spende per il godimento di beni di terzi nella gestione delle sue strutture? Seicento milioni di affitti, di godimento di beni di terzi; noi stiamo parlando di costi che sono oltre il 20 per cento del fatturato e il 18 per cento dei costi, di cose che non si sono potute contabilizzare, che nessuna società può permettersi, seicento milioni di affitto e di godimento di beni di terzi.

Ebbene, noi, con questo provvedimento, andiamo ad avallare questo “magna, magna” generalizzato dell'Alitalia e non solo lo avalliamo, ma lo finanziamo con i soldi del Paese. Voi direte: ma è un intervento industriale quello che fa il Governo; no, è un intervento politico, è un intervento strategico delle forze politiche che, ancora una volta, mettono mano a questo carrozzone dell'Alitalia. E la dimostrazione è che, qualche settimana fa, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Delrio ha firmato i decreti con i quali autorizza una regalia di soldi regionali della Sardegna, attraverso un decreto del Ministro, appunto, per dare 50 milioni di euro all'Alitalia per fare una pseudo continuità territoriale con la Sardegna. Anche in quel caso è dimostrato, con tutti i dati, che sono soldi regalati, privi di qualsiasi consistenza e legittimazione giuridica, economica e sostanziale. Però, il magna magna sardo, autorizzato, sottoscritto dal Governo in carica, vede come artefice l'assessore regionale dei trasporti, il peggiore assessore dall'era nuragica in poi, il peggiore che si possa ricordare a memoria d'uomo in Sardegna, un grossolano esponente di una lobby politico bancaria, ben riferita agli ambienti del Partito Democratico che, proprio per questi reiterati regali, una volta a Tirrenia, una volta, in questo caso, ad Alitalia, viene promosso dal Governo Gentiloni-Renzi a presidente dell'Autorità portuale della Sardegna, cioè più soldi regali a questi faccendieri di Alitalia e più vieni premiato.

Quindi, non si può dire che non ci sia una logica politica, c'è un inquadramento strategico della politica che punta a coprire, appunto, questo tipo di risultati. È una vergogna non soltanto per la Sardegna, ma, anche, per l'Italia.

A ciò si aggiunge che in questo provvedimento proponete l'abbattimento dei costi aeroportuali all'ENAV; guarda caso, è un provvedimento che nasce per gli aeroporti piccoli, solo dopo che questi sono stati privatizzati, come per dire: se è il pubblico che li gestisce teniamo i costi più alti in assoluto, se subentra qualche amico, per esempio la F2i, dove ci sono le compartecipazioni societarie delle banche amiche del Governo Renzi e non solo, è evidente che si abbattono i costi gestionali, per giunta dell'ENAV, e si arriva a creare, anche, in quel caso, un rapporto straordinario di dipendenza tra l'interesse privato e quello pubblico. In questo caso, è emblematica la vertenza dell'aeroporto di Alghero dove l'anticorruzione sta lavorando alacremente per capire il grado dell'interesse di un aeroporto svenduto con l'avallo del Ministro, un aeroporto piccolo, però con un milione e passa di passeggeri con Ryanair, demolito in due anni dall'ignavia, dall'incapacità politica del Governo regionale e di quello nazionale, per favorire, anche in questo caso, l'Alitalia.

E poi l'ANAS; da 69.000 dipendenti, ANAS e Ferrovie dello Stato raggiungeranno i 100.000 dipendenti. Non è una partita che si può derubricare a un quadro societario che muta. No, stiamo parlando del principale diritto universale alla mobilità; non stiamo parlando di tariffe, di pedaggio, stiamo parlando della mobilità fondamentale dell'Italia, compresa anche quella regione che io non reputo facente parte, per l'atteggiamento dello Stato, dell'Italia, appunto la Sardegna, dove si vede un atteggiamento proteso a fare soldi piuttosto che a erogare servizi.

Non vi è una strategia funzionale a migliorare l'efficienza stradale, ma semplicemente il tentativo di guardare alla finanza per acquisire più soldi. Non c'è il progetto di razionalizzare l'ANAS, quel carrozzone dell'ANAS, non ci si pone il problema di capire perché gran parte delle opere pubbliche in Italia hanno tempi biblici per essere realizzati e hanno costi 3 o 4 volte superiori al resto dell'Europa. Per quale motivo non si affronta il tema di come si spendono i soldi, come è possibile che una strada che inizialmente costava 400 milioni di euro, cito la Sassari-Olbia, diventi una strada da un miliardo e 200 milioni? Per quale motivo? E si risolve forse il problema con questa subdola privatizzazione, cedendo le quote di ANAS alle Ferrovie dello Stato? No, si cerca soltanto un ulteriore collettore finanziario, per continuare a gestire e a gestire in malo modo una struttura che ha dimostrato di essere fallimentare sotto ogni punto di vista.

Vogliono mani libere, questa è la realtà e a chiunque dica che non è privatizzazione, cito l'ultima intervista di Gianni Vittorio Armani, il Presidente dell'ANAS, che dice: spero che presto l'ANAS esca dalla pubblica amministrazione, abbiamo entrambi bisogno di crescere. Cioè, vuole mani libere, ma per fare che cosa? Forse tutta la corruzione che abbiamo registrato, i ponti che cadono cambieranno se sarà dentro la struttura delle Ferrovie dello Stato? Non era forse meglio affrontare il tema della corruzione progettuale dei capitolati d'appalto in partenza, piuttosto che avventurarsi in una missione priva di visione e priva di strategicità?

In realtà, Armani è molto scaltro, dice: noi vogliamo fare cassa, vogliamo metterci nel compendio internazionale e attraverso le Ferrovie dello Stato ci daranno più mutui, li chiama così. In realtà - dice Armani - la strada che al momento sembra più percorribile è quella di un prelievo sull'accisa che grava sui carburanti. L'idea di Armani, avallata da questo Governo, è di imporre agli italiani un'ulteriore tassazione per quanto riguarda la fruizione del diritto alla mobilità per fare cassa, per continuare ad affrontare il tema della spesa pubblica non in termini di riduzione, ma di ulteriore prelievo per continuare ad aumentare lo spreco. Questa è la visione che Armani propone e aggiunge: abbiamo pensato anche a una tariffazione basata sulla identificazione della targa. Per questo signore, manager di Stato, anche la privacy diventa una elemento marginale, pur di tassare, pur di valutare, appunto, un prelievo. E questa è la dimostrazione di come un elemento come questo venga introdotto in un decreto rabberciato, confuso, ma che mira a regalare un servizio pubblico al più becero interesse privato. Lo dico io, è una mia visione negativa delle cose, ma la Commissione competente scrive: si verifichi l'esigenza di accompagnare tale misura, quella della fusione, alla scelta irreversibile di non riproporre politiche volte alla privatizzazione. Quando la Commissione competente arriva a scrivere, a mettere nero su bianco, e richiama il Governo a non fare procedure di privatizzazione è evidente che sta mettendo le mani avanti rispetto a un'ipotesi che è molto più concreta di quello che in realtà sta avvenendo. Cito la SS 195 che collega Cagliari con Pula, l'ha attraversata tre giorni fa il Ministro delle Infrastrutture, Delrio, qualche settimana prima il Premier cinese; i lavori sono iniziati a luglio del 2011, dovevano concludersi e devono concludersi a luglio del 2017. Il sito dell'ANAS, quello ufficiale, dice che dal 2011 al 2017 è stato realizzato il 37,6 per cento dei lavori. Ma può un'ANAS proporsi di entrare in un'altra società senza aver prima capito quali sono le ragioni di fondo, gestionali, strutturali, interne, per cui una strada di 120 milioni di euro in sei anni non riesce ad avanzare oltre il 37,62 per cento? Questo è il tema.

Avete fatto ritardare il sistema dei lavori pubblici in Sardegna e in Italia, introducendo una modifica del codice degli appalti, quando vi è stato detto (io personalmente l'ho detto al Ministro): attenzione, bloccherete tutto il sistema, perché nel momento in cui non salvaguardate il transitorio, quello che è già avviato, create condizioni perché questo venga bloccato.

Che dire della Sassari-Olbia? Oltre un miliardo di investimento, il 50 per cento dei cantieri fermi, cantieri non partiti; ci sono più imprese calabresi su quel tratto di strada che in tutta la Calabria, stranamente con ribassi di opere pubbliche che sono davvero improponibili e davvero scandalosi. Quindi, non riequilibrio, no efficienza, no efficacia, ma privatizzazione di un servizio di diritto pubblico, che è quello della mobilità; una privatizzazione parapubblica, funzionale, anche in questo caso, ai grandi gruppi che voi sostanzialmente volete mettere in campo, senza pensare che sarà una fusione contro le aree deboli, le aree che non potranno produrre denaro, che non avranno pedaggio, che non avranno movimentazione, zero risorse, le risorse tutte nelle aree forti del Paese, quindi una privatizzazione funzionale, davvero, a nuove discriminazioni, a nuovi divari, all'ampliamento degli stessi.

E poi la parte relativa alla questione delle province. Anche in questo caso, non avete saputo misurare le funzioni. Quando c'è un ente che ha delle funzioni, vanno misurate, vanno parametrate, vanno messe in campo azioni per cui tu non fai un taglio lineare, ma dici all'ente quanti chilometri di strada devi gestire, quanti plessi scolastici devi manutenere, in base a quello io ti assegno le risorse: no, qui c'è stato un taglio punitivo, dimenticandosi quella norma costituzionale che vede di pari grado lo Stato, le autonomie locali e le regioni, e c'è lo Stato che ha imposto e la Corte costituzionale reiteratamente ha bocciato l'atteggiamento del Governo su questo versante, cancellando appunto risorse senza concordare. Si è passati da quell'aberrante Patto di stabilità a quell'equilibrio di bilancio, che sostanzialmente è ancor più peggiorativo di quanto non fosse il Patto di stabilità.

E, in questo caso, si introduce il tema che è all'attenzione di tutti i media regionali: l'assessore regionale del PD, tre giorni fa, ha esortato i parlamentari sardi a non votare o, comunque, a opporsi allo stanziamento messo in questo provvedimento. Da una parte, avete tagliato 100 e avete fatto un accordo; il vostro Ministro, l'8 febbraio 2017, ha firmato un accordo in cui si stabilivano 20 milioni di euro per il 2017 e 30 milioni per il 2018, dal 2018 in poi; in realtà, in questa manovra avete dimezzato quegli stanziamenti che avevate sottoscritto con un patto di ferro, di lealtà istituzionale con la regione Sardegna, cioè non date fede nemmeno al rispetto delle briciole, figuriamoci che tipo di lealtà istituzionale ci si può aspettare da un Governo come questo; un Governo che stanzia 97 milioni di euro, un prestito che diventerà, come molto spesso capita, un regalo per fare la Ryder Cup, un torneo internazionale di golf, come se uno sport d'élite non avesse la capacità di trovare gli sponsor, di finanziarsi, ma deve passare attraverso un Ministro di Stato, Lotti, ben conosciuto in Sardegna per aver passeggiato in lungo e in largo a promettere di qua e di là imprese produttive improbabili con soluzioni altrettanto improbabili e che, però, trova i 97 milioni di euro per un prestito per realizzare un torneo di golf, come per dire che, davanti al golf, le risorse si possono sempre trovare.

E per concludere, le risorse date al teatro Eliseo: non mi importa di chi sia, io so soltanto che la cultura deve essere quella che va dal piccolo al grande Paese, che va dall'entroterra alle grandi città e che non ci possono essere grandi città o grandi strutture della cultura che ricevono questo tipo di stanziamenti e altre sono costrette a chiudere perché c'è poca gente e perché la cultura non è un investimento. In realtà, questo è l'atteggiamento, è la dimensione, la fotografia di questo Governo, che dimostra di aver fatto una manovretta, da parte di chi persegue il piccolo cabotaggio, che non persegue lavoro e sviluppo, e la dimostrazione è il provvedimento che avete messo in campo per pagare le ore dei lavavetri. Quando un Governo si preoccupa e anzi spacca la maggioranza per introdurre sistemi di pagamento per ore da lavavetri, vuol dire che è un Governo che non ha alcuna visione strategica, che non ha capacità di puntare allo sviluppo economico, ma che guarda davvero il basso cabotaggio, sceglie la strada del lavoro a ore piuttosto che quello dell'investimento economico. Una manovra da lavavetri! E allora, di fronte a questa pochezza di visione, alle grandi truffe di Stato, dall'ANAS per arrivare all'Alitalia, questo Governo si conferma piccolo, molto piccolo, capace di perseguire piccole cose, ma nel contempo di distruggere interessi pubblici straordinari, dalle strade alla mobilità aerea, sull'altare degli interessi privati e degli affari di pochi amici, che, ancora una volta, con questo provvedimento tutelate e che, ancora una volta, mettete in campo in maniera aperta e palese.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Melilla. Ne ha facoltà.

GIANNI MELILLA. Grazie, signor Presidente. Questo decreto è molto complesso, ha 67 articoli, 4 titoli, centinaia e centinaia di capi e di commi. Gli ambiti in cui interviene sono molto eterogenei. La Commissione, peraltro, ha apportato centinaia di modifiche in sede di conversione in legge del decreto. Siamo in presenza di una mini-legge di stabilità, quindi un secondo treno a cui si sono agganciate tante emergenze, al punto tale che si sono unificati anche altri decreti che erano in via di conversione, come ad esempio quello dell'Alitalia. Siamo partiti con un decreto che doveva affrontare due, pur grandi, questioni. La prima, più rilevante, e cioè l'aggiustamento dei conti, di 3,4 miliardi, per la nota contestazione che ci era stata fatta a livello europeo. E poi c'era una seconda questione importante, che riguardava gli ulteriori interventi a favore delle popolazioni delle zone terremotate. Naturalmente, poi, cammin facendo, il ruscello è diventato un torrente, il torrente è diventato un fiume di una certa importanza. Ci sono questioni che noi del gruppo di Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista condividiamo, come per esempio il contrasto all'evasione fiscale attraverso lo split payment. Tra l'altro, sappiamo tutti che, su questo terreno, un grande Ministro delle finanze, forse uno dei più grandi della storia della Repubblica italiana, come Vincenzo Visco, ha prodotto una elaborazione molto importante, che ha avviato, da parte dello Stato italiano, un cammino che noi riteniamo molto importante nel contrasto alla criminalità derivante dalla evasione fiscale.

C'è la riduzione degli apparecchi da divertimento, anche questo è un provvedimento importante che va incontro anche a una emergenza sociale che è diventata, purtroppo, anche sanitaria, perché ha comportato gravi squilibri psichici in tante persone che sono diventate dipendenti di queste centinaia e centinaia di migliaia di apparecchi da divertimento che sono installati nei nostri bar e locali dei giochi; c'è la web-tax, che è stata introdotta nelle forme transitorie, che ci consente anche una normativa europea che ancora arriva. Sono cose importanti, su cui abbiamo potuto misurare anche la destrezza e l'intelligenza con cui si è mosso il Viceministro Morando a nome del Governo. Certo, il Viceministro Morando si trova molto a suo agio quando tratta grandi temi economici; naturalmente, comprendiamo la sua sofferenza quando, invece, la Commissione bilancio si è persa nel rivolo di tanti provvedimenti che non avevano nessun carattere di universalità e obbedivano a logiche diverse.

Naturalmente, il Governo ha fatto sue tutte le modifiche apportate dalla Commissione bilancio, perché, come è noto, la politica non deve prevalere solo nella giustezza che la Costituzione prevede sull'economia, ma, a volte, gli interessi, anche in Parlamento, fanno sentire alta la loro voce. E viene in mente quella bella frase di Carlo Marx, quando diceva che non è la coscienza che determina l'essere sociale, ma è il contrario: e, quindi, interessi di parte, spesso, prevalgono sulla politica nel senso più nobile del termine. Siamo adulti e vaccinati, ma non ci arrendiamo a questa visione che noi riteniamo miope e che ha fatto tanti danni alla finanza pubblica.

Ma prima di passare ai rivoli e rivoletti, io vorrei mettere in evidenza una questione che per noi parlamentari di sinistra è un po' un vulnus, una ferita e penso che questa ferita possano comprenderla tutti quei parlamentari del Partito Democratico che provengono dalla nostra stessa storia. Mai sarebbe stato immaginabile nel passato e non perché da quella parte venissero dei veti nei confronti dell'attività autonoma del Governo e del Parlamento, no; ma mai un partito di sinistra avrebbe mai preso in nessuna considerazione il grido di dolore che proveniva dal più grande sindacato italiano, dalla Confederazione generale italiana del lavoro, che ha posto un problema di metodo prima che di merito sulla introduzione in forma nuova, ma simile, dei voucher all'interno di un decreto che non li conteneva da parte del Governo e che non è stato neanche presentato dal Governo, ma è stato presentato da parlamentari del Partito Democratico, peraltro, con una storia sindacale di grande rispetto. Bene, le cose non possono essere sottaciute, mi dispiace che alcuni colleghi abbiano inteso questa posizione come una debolezza nei confronti delle organizzazioni sindacali: assolutamente no. Noi poniamo un problema di democrazia, di correttezza costituzionale. La Costituzione prevede il referendum abrogativo. L'istituto del referendum abrogativo scatta nel momento in cui una massa di cittadini considerevole, più di 500 mila, raccoglie delle firme: in questo caso, sono state raccolte 3 milioni di firme da un sindacato che organizza 5 milioni e mezzo di cittadini, lavoratori, pensionati e disoccupati.

Questo referendum doveva svolgersi domenica scorsa: al posto del referendum, il Governo legittimamente ha riconosciuto, evidentemente, le ragioni di quel referendum ed ha abrogato i voucher, li ha abrogati totalmente. A nostro avviso avrebbe fatto bene a non abrogarli totalmente, ma a prevedere la possibilità di ricorrere al lavoro occasionale, come abbiamo proposto con una nostra proposta di legge, perché noi non siamo sciocchi da pensare che non ci sia anche un'esigenza ed una necessità di incentivare il lavoro occasionale in alcune occasioni. La nostra proposta di legge, ben prima della reintroduzione dei nuovi voucher, è la n. 4496, depositata in Parlamento, che, appunto, prevede che le famiglie possano ricorrere al lavoro occasionale, soprattutto, in presenza di lavoro domestico, di babysitter, di ripetizioni private, di assistenza straordinaria a familiari malati o disabili, per un certo numero di giorni all'anno, per un certo numero di ore all'anno. Il Governo non ha presentato questa modifica, quando, invece, ha abolito tout court i voucher.

Noi non pensavamo che la sfacciataggine potesse arrivare a riproporre, dopo alcune settimane e proprio nella settimana in cui si doveva fare il referendum abrogativo, una nuova normativa che, nei fatti, non dà alcuna certezza al superamento dei voucher così come erano stati concepiti in passato, perché allarga questo strumento ad una platea praticamente generale delle imprese italiane: perché parlare di imprese al di sotto dei cinque dipendenti vuol dire parlare della maggioranza delle imprese commerciali e artigianali di questo Paese; altra cosa è se si fosse limitato, come c'era anche un emendamento di una collega del Partito Democratico, credo della collega Incerti, se non erro, che noi avevamo dichiarato di approvare. Invece si è preferita una forzatura.

Questa forzatura ha molti significati. Prima di tutto, quello di dire: qui comandano i furbi, allora noi vi rubiamo il referendum e, poi, lo reintroduciamo. Il quesito che abbiamo superato nei fatti viene reintrodotto da una normativa che per noi non è assolutamente accettabile. E non lo diciamo noi: lo dicono i proponenti. I proponenti, naturalmente, si rivolgeranno a chi garantisce la Costituzione in questo Paese - perché un “giudice a Berlino”, fortunatamente, in Italia, c'è ed è a poche centinaia di metri da qui -, dal Presidente della Repubblica alla Corte costituzionale. Quello che si è fatto è molto grave: siamo in presenza di un furto della democrazia, prima ancora che del merito. Quindi questo, secondo noi, mette in cattiva luce complessivamente questo decreto, al di là di quelle cose positive di cui ho parlato nella prima parte del mio intervento.

Naturalmente ci sono ragioni più generali, perché la rottamazione è una cultura che non guarda solo alle persone, e già questo è sbagliato perché non si rottamano le persone, si rottamano le cose, casomai. No, la rottamazione è intesa anche nel senso di una storia, di una cultura, di una organizzazione di sinistra, che vedeva nello stretto rapporto tra la sinistra politica e la sinistra sociale una chiave della modernizzazione del nostro Paese. Qui non si tratta di accettare i veti da parte di nessuno. Si tratta di reclamare una vocazione sociale della sinistra politica e, quindi, di non mettere in discussione diritti che sono stati frutto di battaglie decennali del movimento operaio italiano. Questa politica della rottamazione culturale è un qualcosa di profondamente ingiusto, che noi non accettiamo, che noi contestiamo. Quindi, per questo, la nostra opposizione è stata particolarmente veemente.

Passando poi ai rivoli e rivoletti di cui ho parlato, non bastava aver regalato 2 milioni di euro al teatro Eliseo di Luca Barbareschi, diretto pro tempore, spero, da Luca Barbareschi. Naturalmente da parte nostra non c'è nessun rilievo di natura personale, trattandosi di un attore, di un intellettuale e di un ex uomo politico, che è stato anche qui in questi banchi, a cui auguriamo miglior fortuna.

Noi diciamo che si tratta di 2 milioni in un decreto ad un teatro, in modo estemporaneo e casuale, e non nel quadro di una politica culturale, che avesse come mira la valorizzazione del patrimonio culturale italiano. Già questo a noi non andava bene e abbiamo presentato un emendamento soppressivo. Ma mai ci saremmo aspettati un emendamento di un deputato del Partito Democratico e di un deputato di Forza Italia congiuntamente, uguali, che raddoppiasse questo contributo, da 2 milioni a 4 milioni. Non è giusto, non è corretto! Non ci sono i soldi per tante cose importanti. Io non voglio fare demagogia, ma ci sono tante cose importanti e la Commissione cultura ne ha sollevate alcune di grandissima importanza, che hanno a che fare con l'università, con la ricerca, con la cultura, ma in un quadro di programmazione, non in un quadro di interventi ad personam.

Oppure possiamo dire dell'insufficienza con cui si è intervenuti a favore delle province e degli enti locali, che purtroppo versano in una situazione di grandissima sofferenza. Le province avevano chiesto 650 milioni di euro. Hanno avuto una cifra molto più modesta. Certamente capiamo gli sforzi che ci sono da parte del Governo per reperire risorse. Però, come possiamo poi dire che si trovano 4 milioni per il teatro diretto da Barbareschi o si trovano 97 milioni per la Ryder Cup per il golf e non ci sono soldi per fare iniziative? Si dirà: sono fideiussioni. Io voglio semplicemente dire che gli eventi sportivi sono tutti meritevoli di attenzione e che guai se noi non considerassimo gli investimenti nello sport e nella realizzazione di eventi importanti, valorizzandoli e, quindi, cercando di programmarli nel migliore dei modi. Ma qui siamo in presenza di interventi assolutamente fuori di un contesto logico di programmazione, che noi non possiamo accettare. Sul fondo sociale le risorse non si sono trovate, eppure si sarebbero dovute trovare. Così come per quanto riguarda le misure a favore delle popolazioni delle zone terremotate. Ne sono state fatte alcune importanti, che noi abbiamo appoggiato, ma certo si poteva fare molto di più, utilizzando in maniera diversa risorse che sono state allocate diversamente.

Si è introdotta anche una modifica del decreto, prevedendo ulteriori risorse. Sommandole negli anni, parliamo di risorse consistenti, di 45 milioni di euro, per i giornalisti, per le aziende editoriali in crisi. Si finanziano varie centinaia di prepensionamenti di grandi quotidiani. Naturalmente, noi abbiamo ben a cuore la sorte dei lavoratori, ma qui si va in pensione a 58 anni, si va in pensione con 25 anni di anzianità. Se queste condizioni fossero estese ai lavoratori esodati, ai lavoratori colpiti dalla legge Fornero, quali sarebbero stati gli effetti sulle casse dello Stato?

Noi sicuramente ai giornalisti, che usufruiranno di queste provvidenze, auguriamo ogni bene naturalmente, perché si tratta di lavoratori, che però sono come tutti i lavoratori delle aziende in crisi di questo Paese. Non ci devono essere i figli e i figliastri, soprattutto se in questa categoria spesso giornalisti di grido, che hanno a disposizione le televisioni in prima serata o nei pomeriggi domenicali, disprezzano continuamente l'organo che poi gli approva queste provvidenze, con una logica antiistituzionale e antiparlamentare, che ha prodotto seri guasti nella vita politica del nostro Paese. Magari si condannano le pensioni dei parlamentari, ma le pensioni dei parlamentari non beneficiano di queste provvidenze. E di questo ne dovremo discutere, quando arriverà in Aula quel provvedimento, perché non mi risulta che da parte del MoVimento 5 Stelle si rilevino queste cose, quando noi dobbiamo, invece, batterci, affinché tutti i lavoratori siamo trattati nello stesso modo, soprattutto quando sono in un momento di difficoltà, di crisi aziendale. Potremmo rifare la storia della Repubblica italiana, parlando dei miliardi, decine, centinaia di miliardi, che lo Stato italiano ha dato alle grandi imprese editoriali, ai grandi quotidiani, dei favori che sono stati fatti al sistema dell'emittenza radiotelevisiva, pubblica e privata, di questo Paese. Noi pensiamo che da parte di un potere importante - una volta si diceva “quarto potere” - ci debba essere anche una serietà nell'approccio agli istituti della democrazia.

Siamo l'unico Paese del mondo, in cui i partiti non hanno un euro di finanziamento pubblico. I partiti sono stati demoliti da una campagna sistematica di odio e di disprezzo, che ha determinato un impoverimento dalla democrazia. E queste cose noi le dobbiamo dire, perché c'è una famosa e bellissima poesia di Bertolt Brecht, che parla della situazione che a un certo punto si determinò, quando andarono a prendere gli ebrei e nessuno parlò. Poi andarono a prendere gli zingari e nessuno parlò. Poi andarono a prendere i comunisti e nessuno parlò. Poi alla fine non ci rimase nessuno e vennero a prendere te, che ti sei stato zitto, anzi hai favorito questo clima antidemocratico nel nostro Paese.

Quindi, noi abbiamo espresso, soprattutto - lo ripeto - per la vicenda dei voucher, una critica profonda e netta a questo decreto, che segna uno strappo con la democrazia. Il 17 giugno la CGIL sarà a Roma, in una grande manifestazione per il lavoro e la democrazia. Noi saremo con loro, quello è il nostro posto, perché quando si umilia non solo la democrazia ma anche la dignità del lavoro, quando i diritti dei lavoratori diventano una merce da sacrificare sul mercato politico per costruirsi fortune elettorali e personali, si accende una spia rossa. E noi non possiamo oltrepassare quel confine, non possiamo entrare in una zona in cui non esistono più le stelle polari del riferimento sociale, della dignità dei lavoratori, gli obiettivi di una società equa, giusta, in cui per il mondo del lavoro non ci siano le umiliazioni del comando adnutum, come era una volta. Purtroppo nel nostro Paese ci sono milioni di lavoratori che vivono una situazione di precarietà, di disoccupazione, di abbandono. Noi dobbiamo essere in grado, come sinistra, di ridare al mondo del lavoro, al mondo dalla precarietà, un riferimento preciso, per questo abbiamo contrastato con forza l'introduzione dei voucher in questo decreto (Applausi dei deputati del gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Sorial. Ne ha facoltà.

GIRGIS GIORGIO SORIAL. Presidente, vorrei solo partire da un punto fondamentale: continuiamo a chiamarla manovrina, ma questa di “ina” non ha proprio niente, nessun diminutivo. Non dovremmo neanche chiamarla “manovruccia” o “manovretta”, perché in realtà né i vezzeggiativi né qualsiasi altra tipologia di aggettivo può servire a definire questa che è una manovra vera e propria, con tutto quello che ne compete e ne comporta dal punto di vista dei soldi, quindi dal punto di vista economico e finanziario e tutto quello che ne compete e ne comporta dal punto di vista delle “marchette” che sono state inserite all'interno di questa manovra.

Partiamo da un punto fondamentale, perché sui numeri bisogna stare molto attenti, e abbiamo notato che all'interno dei numeri, inseriti anche nella relazione introduttiva di questa manovra, c'è un punto fondamentale, che riporta a quella che è la voluntary disclosure-bis, ossia al recupero di tutto quello che è stato secretato in alcune cassette bancarie e che magari è frutto - son contabile - di azioni che non sono propriamente state dichiarate al fisco. L'impostazione di questa manovra si basa tanto anche su questi numeri, perché si sa benissimo che la voluntary disclosure ha avuto un grado di adesione molto basso, e che caso mai ha avuto un effetto culturale che è completamente deleterio, perché crea quell'illusione - anzi, ormai quella certezza - che, comunque sia, in maniera regolare ci saranno condoni, ci saranno sanatorie, e quindi le persone che in realtà possono in qualche modo non destinare o non dichiarare i propri proventi al fisco, o fare delle azioni che non sono propriamente corrette, hanno la certezza da questo Governo che prima o poi verrà sanata ogni situazione. Allora è impossibile che questa voluntarydisclosure porti nelle casse 1,6 miliardi di euro, proprio per l'adesione molto bassa. E cosa succede? Questi 1,6 miliardi di euro erano stati utilizzati da questo Governo per giustificare il rinvio dell'aumento dell'IVA al 2018, ma la relazione tecnica a questa manovra mette le mani avanti, spiegando che gli eventuali introiti derivanti dalla sanatoria delle liti con il fisco, ossia circa 400 milioni di euro - ma è tutta una previsione, è tutto stimato -, serviranno a compensare proprio i mancati introiti eventuali della voluntarydisclosure. Quindi comprendiamo - voglio che sia messo nero su bianco ed evidenziato, Presidente, e lo anticipiamo all'Italia intera - che le clausole di salvaguardia non sono state disinnescate, quindi nel 2018 è già pronto, per colpa di questo Governo, l'aumento dell'IVA. È scritto nero su bianco, per quello che vi ho appena spiegato.

Siamo in una situazione in cui la voluntarydisclosure per l'appunto era stata presentata per convincere gli evasori a regolarizzare la situazione del contante domestico, tutto quel contante che era stato depositato nelle cassette di sicurezza, che in Italia viene stimato per circa 1 miliardo e mezzo. Da questo punto di vista, ci rendiamo conto che già questo aspetto non funziona, ma le risorse stesse che vengono utilizzate in questa manovra non funzionano. Vediamo che ci sono delle risorse che vengono destinate per interessi privati ed interessi particolari, uno su tutti il caso di questi 4 milioni di euro dati al teatro che viene diretto e gestito direttamente da un certo Barbareschi. In più, ci sono i famosi 97 milioni della Ryder Cup. Premetto una cosa, Presidente e Governo, il golf è uno sport bellissimo, ed invito le persone che ci seguono anche ad andare a giocare, ma non si possono utilizzare 97 milioni di euro come garanzia per un'organizzazione privata, su un campo privato, di un torneo internazionale. Viene definito come un torneo che dovrebbe avere un grande successo, quindi, se avrà grande successo e i privati guadagneranno da quel torneo, non vedo l'esigenza pubblica di destinare 97 milioni di euro a copertura, anche perché di sport bellissimi in Italia ce ne sono tanti, ben venga che i soldi vengano messi per favorire tutte le associazioni dilettantistiche e tutte quelle che permettono sul territorio di partecipare ai giochi sportivi e di fare sport. Quindi, altri soldi messi così, ma c'è una serie di situazioni che sono pazzesche, come quella del prestito ponte all'Alitalia.

Sento ancora da qualcuno definirlo prestito ponte - l'emendamento del Governo lo chiama “finanziamento” -, ma in realtà non è nessun finanziamento: sappiamo benissimo che questi soldi non verranno mai restituiti. Perché dico questo? Perché nell'emendamento stesso non c'è nessun vincolo perché vengano restituiti, non c'è nessuna indicazione quando questi soldi potranno essere restituiti. Abbiamo presentato una serie di emendamenti per vincolarli, per definire un piano industriale anche per la situazione di Alitalia, ma naturalmente non sono stati presi in considerazione. Sono 600 milioni di euro messi lì, l'ennesimo aiuto statale ad un'azienda che è privata (49 per cento è di Etihad), e qualsiasi piano non prevede che ci sia un apporto pubblico dal punto di vista dell'azionariato pesante; quindi sono 600 milioni buttati lì, senza nemmeno garantire i livelli occupazionali, che è un paradosso. Lo Stato mette dei soldi ma poi se ne frega completamente dei lavoratori: è allucinante! È assurdo! E su Alitalia c'erano tantissime begli emendamenti che abbiamo presentato. Abbiamo chiesto, visto che ci sono dei commissari, che questi commissari sono stati nominati dal Governo e che si mettono 600 milioni di euro dei soldi pubblici in questa azienda, almeno definiamo un tetto massimo dei livello degli stipendi di questi commissari, cioè 240.000 euro, che è il livello che viene messo anche ai dirigenti pubblici. Invece no, naturalmente sono troppo pochi soldi. L'abbiam visto anche qualche giorno fa con coloro che lavorano in RAI: ormai, quando si deve applicare il tetto dei 240.000 euro, si definiscono tutti artisti, pur di non definirsi giornalisti e quindi sottostare al compenso massimo dei 240.000 euro. Naturalmente ogni riferimento non è casuale, ma è reale e voluto.

Poi c'è la questione dei voucher: con questa manovra avete ripreso ed inserito la questione dei voucher. I voucher vengono predisposti dal Governo qualche tempo fa, poi, per paura della sonora, ennesima bocciatura a un eventuale referendum sui voucher, di fretta e furia, dopo aver passato un anno e mezzo a dire che erano la manna per il lavoro nazionale, vengono ritirati, si prepara un decreto per cancellare i voucher e, a distanza di poco tempo, cosa fa il Governo? Nella prima manovra utile reinserisce il voucher. Ma qual è la situazione? Proprio a un mese dalla loro cancellazione, che sembrava che non dovessero più rientrare da nessuna parte, sono stati riesumati, con questi soliti emendamenti che vengono presentati in Commissione quando nessuno se ne accorge. La questione è la dimostrazione vera e propria, Viceministro Morando, che questo strumento non ha funzionato per andare contro il lavoro nero. Avete continuato a sponsorizzarlo come l'unico strumento possibile ed immaginabile per andare contro il lavoro nero, in realtà non è l'unico strumento possibile ed immaginabile per andare contro il lavoro nero. La dimostrazione è che non ha funzionato nemmeno questo, è solo servito a precarizzare ancora di più il lavoro. Gli esempi sono palesi: il medico assunto con regolare contratto era affiancato da un altro medico che era pagato con voucher.

Sono uscite sui giornali queste storie, ma ve le devo raccontare io? Una situazione allucinante. È una battaglia che naturalmente andrà avanti anche su tale questione perché non c'è una normativa chiara sui contratti di collaborazione, non viene creata un'armonizzazione della legislazione su tutto quanto riguarda i contratti di lavoro e in particolare quelli che in qualche modo possono andare a risolvere tale situazione. Noi abbiamo depositato anche una proposta di legge in merito, una proposta di legge dei miei colleghi della Commissione lavoro, a prima firma della collega Ciprini, che modifica tutto l'assetto dei contratti di collaborazione e che vorrebbe andare oltre l'ulteriore precarizzazione che voi avete fatto con i voucher cambiando ad essi semplicemente il nome ed aumentando leggermente di qualcosina il valore del voucher stesso. Ma ci sono molte altre situazioni allucinanti: infatti ci ritrovavamo dalla notte alla mattina con emendamenti presentati così d'emblée dal Governo per mezzo del relatore sulle più disparate disposizioni. Dunque cosa accade? Vi racconto il seguente episodio che molti dei miei colleghi hanno già raccontato: a distanza di 24 ore dalla bocciatura del TAR delle nomine del Ministro Dario Franceschini per la direzione dei cinque musei, arriva il rimedio in una manovra economica ad una bocciatura del TAR. Qual è il rimedio? Bypassare una legge che Dario Franceschini stesso aveva scritto cioè ci si ritrova nella situazione che, per compensare gli errori che voi stessi fate, dovete stabilire norme per rimediare alle vostre stesse bocciature e alle vostre stesse incompetenze. Eravamo noi gli incompetenti, eravamo noi quelli che non studiavano e ai quali si bocciava tutto. Ma chissà perché arriviamo qui e in quattro anni vi hanno bocciato la riforma della pubblica amministrazione Madia; i cittadini hanno bocciato il referendum costituzionale; la Corte costituzionale ha continuato a bocciarvi qualsiasi norma possibile e immaginabile. Chi sono gli incompetenti? Voi siete quelli che si fanno bocciare tutto e la prossima volta che sentirò uno di voi dire in televisione a qualcuno dei miei colleghi di andare a studiare, gli ricorderò che quelli che devono studiare sono i Ministri di questo Governo che, ancora una volta, si fanno bocciare le norme che loro stessi scrivono. Dunque, ci ritroviamo dalla sera alla mattina un emendamento per salvarsi la faccia dalla figuraccia che è stata fatta davanti al mondo intero: il PD corre ai ripari per difendere il Ministro Franceschini con una norma che bypassa la sentenza del TAR stesso. Ma ci sono altri episodi: voi pensate sia finita qui ma io ho un malloppo di questioni che ci siamo scritti durante la manovra che, ripeto, non è una manovrina, chiamiamola così com'è: è una manovra fatta e finita. Sulla questione dei doppi incarichi, in una situazione dove la precarizzazione è quella che vi ho raccontato prima dove ci sono professionisti di ogni natura che non hanno possibilità di accedere ad alcun tipo di lavoro, un eletto, in consiglio comunale o a livello locale, giustamente non può essere professionista per un comune magari contiguo allo stesso comune dove fa il consigliere comunale per una questione anche di mercato: ci sono talmente tanti professionisti in giro, se fa il consigliere comunale, fategli fare il consigliere comunale; poi se esercita come professionista può continuare a fare il professionista per i privati ma almeno nei confronti della pubblica amministrazione lo si tenga fuori dalla pubblica amministrazione. E cosa fate? Zac! Con un colpo di spugna cancellate una norma che già c'era e prevedeva il divieto del doppio incarico da questo punto di vista e fate in modo che ci sia la possibilità per questi consiglieri di accedere comunque alla consulenza da espletare per i comuni. È una disposizione allucinante perché ci ritroviamo veramente nell'ennesima situazione in cui i politici stessi, perché son politici scelti e messi lì dai partiti, hanno la possibilità di ottenere dai comuni contigui, che magari sono di quello stesso colore politico, consulenze per quella professione. Ma, dio mio, se fanno i professionisti e sono così bravi, continuino a farlo nel settore privato, lasciate la possibilità anche ad altri magari di ruotare e di poter prestare la propria opera nei confronti delle pubbliche amministrazioni. Anche in questo caso un vostro emendamento, che voi avete avallato, cancella tale norma. Cos'altro poi? Oltre a quello che fate per voi stessi c'è quello che fate per i vostri amici: è l'ennesima storia.

Voglio raccontarvi la storia seguente, quella di mercoledì notte: nel disegno di legge di conversione di questo decreto-legge spunta a sorpresa l'emendamento del Governo che di fatto abbuona ad un signore imprenditore 121 milioni di euro che l'ANAS rivendica da due anni ma che il concessionario non paga. La storia qual è? È la storia della cosiddetta Autostrada dei Parchi dove ci sarebbe una concessione naturalmente che doveva essere versata nei confronti dello Stato e tale concessione naturalmente non è data gratis. Se voi andate a vedere i bilanci della A24 e della A25, non è che questo signore imprenditore paga la concessione e poi non gli entrano i soldi dai canoni autostradali. Gli entrano dei signor soldi. Vi invito ad andare in Abruzzo in macchina, a prendere queste autostrade e capire e vedere quanto sono i costi dell'autostrada. La questione parte dalla situazione seguente: si trattava delle rate scadute del prezzo del corrispettivo di gara proprio con questo imprenditore, di cui non cito il nome perché tanto non serve, che si era aggiudicato la concessione. Il costo, fissato a dicembre 2002, era di 568 milioni e all'epoca si era concordata una rateizzazione degli interessi regolarmente pagata fino a quattro anni fa, fino al 2013 quando il ruolo del concedente della rete autostradale è passato dall'ANAS al Ministero delle infrastrutture ed allora da quel momento incominciano i guai perché incomincia il contenzioso tipico della pubblica amministrazione, un contenzioso complicatissimo che sfocia in una prima transazione con la quale però non si chiude la partita. Si va avanti con una serie di 121 rate scadute per un totale di 425 milioni di euro; le future rate con gli interessi porterebbero nelle casse della società pubblica 782 milioni di euro fino al termine della concessione prevista nel 2030. Fatto sta che l'emendamento abbuona tutto ciò, dilazionando il pagamento e, tra l'altro, trasferendo le competenze e ridefinendo la competenza del pagamento dal Ministero dei Trasporti all'ANAS. Perché tutto ciò? Si veda quello che accade in Abruzzo: naturalmente ci sono interessi particolari dal concessionario al presidente della regione, la politica ha il colore del Partito Democratico in quella regione e, quindi, è l'ennesima marchetta che viene fatta a questo signore per evitare di fargli pagare subito 121 milioni di euro. Sarebbe costretto a tirare fuori più di 400 milioni di euro per evitare di incorrere nei rigori del codice civile. La cosa particolare è che, guardando alle fonti di stampa, sembrerebbe che la faccenda non trovi nemmeno l'accordo di tutti i membri del Governo stesso tanto è che il Ministro competente delle infrastrutture e dei trasporti, Graziano Delrio, la trovava indigeribile ed è per questo che sembrerebbe che sia stata ritardata anche la sua votazione in Commissione bilancio. Giovedì naturalmente poi salta fuori anche un altro subemendamento, che vi dicevo prima, che contrasta l'emendamento principale del Governo e fa in modo che i soldi debbano essere restituiti all'ANAS e non al Ministero dei trasporti e che vengano pagate tutte le rate rimaste. Le pressioni sono fortissime, questa proposta emendativa viene ritirata per essere ripresentata da un altro partito presente qui alla Camera e di supporto al Partito Democratico ma, naturalmente, poi si va avanti e quell'emendamento fatidico che permette di fare questo regalo ad un concessionario privato che prende soldi dai cittadini ogni qual volta essi utilizzano l'autostrada: nonostante prenda dei soldi dai cittadini viene abbonato il pagamento delle rate di questa concessione. Quale giustificazione viene data? Perché io so già cosa dirà il Partito Democratico: bisogna mettere in sicurezza l'autostrada. Io sono d'accordo: quell'autostrada - l'ha detto anche un collega abruzzese l'altro giorno in Commissione - è ridotta in una situazione allucinante (Applausi del deputato Melilla), i pilastri di quell'autostrada - grazie per l'applauso al collega abruzzese - sono in uno stato allucinante. Ma allora si facciano le cose in maniera trasparente e si chieda un contributo anche a chi i soldi dai cittadini continua a prenderli perché non è un'autostrada gratuita. Non siamo in Germania dove le autostrade vengono in toto pagate dallo Stato: il cittadino mette il suo contributo, lo mette. O fate l'autostrada gratis e allora ben venga che si dilazioni il pagamento delle rate di concessioni autostradali a un imprenditore, oppure, finché i cittadini ci mettono i loro soldi e c'è un privato che guadagna da quell'autostrada, si chiedano i contributi a quello stesso imprenditore. A me questa situazione ha ricordato - qualcuno di voi se li ricorderà - gli oneri di urbanizzazione di Sorgenia, quando, mi sembra, nel 2014 o con la legge di bilancio 2015, per un debito di Sorgenia – Sorgenia, naturalmente, azienda del patron De Benedetti, numero uno del Partito Democratico - si fa un emendamento ad hoc per cancellare gli oneri di urbanizzazione, quindi il debito che aveva Sorgenia nei confronti dello Stato.

Allora, com'è che fate queste manovre? Le fate a vostro uso e consumo, avreste potuto approvare una serie di emendamenti che abbiamo presentato che andavano nella direzione dei cittadini; potevate approvare una serie di emendamenti con cui abbiamo affrontato anche la questione dei voucher, ma, invece, di approvare quelli, ci presentate un emendamento sulla reversibilità delle pensioni dei coniugi dei parlamentari. La presentatrice dell'emendamento viene intervistata dal giornale e sembrerebbe che abbia detto al giornale stesso: non è normale che poi i coniugi dei parlamentari - correggetemi se sbaglio, io ho trovato queste dichiarazioni sui giornali - vadano a fare la sguattera o non mi ricordo quale altra categoria lavorativa. Ora, quell'emendamento, cosa fa? Aumenta del 20 per cento la pensione di reversibilità di una categoria, di una categoria che, diciamo, qualche vantaggio c'è l'ha, sono i coniugi dei parlamentari, per carità, magari devono sopportare i parlamentari per quello che fanno e, magari, per come i cittadini li appellano, visto le porcate che fanno, però, diciamo che aumentare a loro il 20 per cento della pensione di reversibilità, quando i pensionati fuori stanno come stanno con delle pensioni minime che non sono minime, ma sono irrisorie, perché 495 euro al mese di pensione non può essere una pensione minima, ma irrisoria, io penso che sia una vergogna e una presa in giro di voi tutti nei confronti dei cittadini italiani che stanno fuori.

Allora, noi non possiamo che avere la voglia, proprio la passione, perché noi vogliamo andare a votare, noi vogliamo andare a votare e giocarci il Governo di questo Paese su queste cose che avete fatto e sulle proposte che noi in quattro anni abbiamo presentato, perché, poi, tutti noi parlamentari del MoVimento 5 Stelle andremo piazza per piazza per raccontare queste cose e andremo a spiegare ai cittadini, ad ognuno di loro che le promesse che farete in campagna elettorale saranno carta straccia, perché sono sicuro che scriverete dei programmi bellissimi, ma confrontati con queste cose che avete fatto in questi quattro anni, saranno carta straccia. Ed è per questo che vogliamo andare al Governo al più presto, ed è per questo che vogliamo andare al voto al più presto possibile, per non permettervi più di fare delle manovre economiche di questa natura (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Paola Bragantini; è l'ultimo intervento della discussione generale. Prima, però, se mi permette, abbiamo in visita alla Camera una delegazione di funzionari e di magistrati del Centro giudiziario anticorruzione dell'Afghanistan, che assistono ai nostri lavori dalla tribuna. La Presidenza li saluta (Applausi). Prego, onorevole Bragantini.

PAOLA BRAGANTINI. Presidente, colleghe e colleghi, anche se oggi, in questi giorni passati, leggendo le cronache dei giornali, più che questa manovra, sembra essere invece il sistema elettorale l'argomento che tiene più banco e occupa le nostre energie, il provvedimento che discutiamo, oggi, tocca la vita delle famiglie e degli italiani sotto moltissimi aspetti, sociali ed economici. Voglio sottolinearlo; in tutti questi giorni, a dispetto delle cronache, il Governo e il Parlamento stanno approntando una manovra di ampio respiro e di lunga prospettiva, a dispetto del nome che noi stessi gli abbiamo dato: manovrina. Si parte dagli interventi a favore degli enti territoriali, si rafforzano le azioni per le zone colpite dal sisma e, in generale, si propone una sventagliata di misure per lo sviluppo che attraversa vari settori e vari campi. Lo sguardo è rivolto alle prossime scadenze e in questo caso non sono nemmeno le elezioni anticipate, bensì il prossimo ottobre, quando un Parlamento, questo o un altro, dovrà affrontare la nuova legge di bilancio, una nuova interlocuzione con l'Unione europea per confermare le clausole di salvaguardia e mantenere stabile l'IVA, predisporre misure per lo sviluppo dell'economia e la stabilizzazione della vita amministrativa degli enti locali.

Enti locali che, ormai da troppi anni, si trovano in mezzo al guado di processi di spending review necessari quanto dolorosi, di riforme della tassazione, anche rivoluzionarie e così ravvicinate nel tempo da rendere difficile qualsivoglia programmazione delle attività. Mi riferisco, innanzitutto, alla provincia, da ormai troppo tempo in fase di precarietà, dal Governo Monti in avanti quando si provò a chiudere l'ente con una legge ordinaria, poi cancellata dalla Corte Costituzionale, fino alla legge Delrio, che trasforma la provincia, con uno sguardo, però, alla contemporanea riforma costituzionale che, purtroppo, non è arrivata alla fine del suo lungo percorso. Oggi, la provincia c'è e svolge funzioni nelle quali non è stata sostituita da altri enti e per la quale è necessario e non differibile trovare adeguate risorse. Qui, in questo testo, si trova una prima risposta, ma, davvero, si tratta di una risposta importante, certo, ma ancora emergenziale e, soprattutto, non strutturale; è una risposta a cui si deve dare un seguito. La destinazione strutturale di fondi specifici, adeguati, è indispensabile per mantenere efficienti i servizi che sono in capo alla provincia e alla Città metropolitana, tali da consentire un'adeguata programmazione e l'uscita dalla perenne situazione di mobilitazione emergenziale, nella quale si trovano coloro che occupano ruoli di responsabilità e rappresentanza di questo ente, che, ancora oggi, rimane, lo ricordo, in Costituzione.

Ci siamo occupati, poi, delle regioni e di argomenti inerenti la sanità, con correzioni relative ai servizi previsti nei livelli essenziali di assistenza e in materia di farmaci. Tra l'altro, credo dobbiamo essere orgogliosi di avere destinato una parte dei proventi della rivoluzionaria web tax, inserita con un emendamento del presidente della Commissione, Boccia, al Fondo nazionale assistenza, con un indirizzo politico preciso che condivido profondamente. Abbiamo dedicato attenzione al tema delle fusioni dei comuni, con incentivi significativi, misure specifiche sul personale, superando in modo graduale il blocco del turnover, norme in materia di sanzioni per il mancato rispetto del patto di stabilità, norme sul riparto del Fondo di solidarietà comunale, sul trasporto pubblico locale e anche sulle sanzioni per chi non sostiene i costi del servizio, attraverso l'acquisto del biglietto.

Nel corso della discussione degli emendamenti a questo provvedimento abbiamo parlato anche di un contenzioso che mi sta particolarmente a cuore: il contenzioso che il comune di Torino e l'allora sindaco Fassino avevano avviato nei confronti del Governo. Il nodo era la riforma della vecchia IMU avviata dal Governo Monti e i calcoli rivelatisi errati circa i ristori dovuti alle amministrazioni locali. Si è giunti fino a una sentenza del Consiglio di Stato che dà ragione al comune di Torino, ma non entra nel merito rispetto agli importi che il comune stesso avrebbe dovuto ricevere. Oggi, il Governo, con ampia argomentazione tecnica, spiega che quanto è dovuto è già stato ristorato e nega ogni ulteriore addebito nei confronti del comune. Non sta a noi, ora, spiegare le delicate vicende amministrative che motivano questo contenzioso che, di fatto, però, prosegue ancora oggi, ma sta a noi impedire che questo argomento diventi un alibi e un cavallo di battaglia da utilizzare ogni volta che l'amministrazione Appendino si trova in difficoltà. Come si trova, di fatto, in difficoltà, ora, visto che la Corte dei conti ha definitivamente dissipato i dubbi circa la regolarità dei bilanci della giunta guidata da Piero Fassino, negando l'esistenza di operazioni che avessero prodotto debiti fuori bilancio, cosa che da mesi giunta e sindaco Appendino hanno raccontato ai torinesi. Adesso, la nuova giunta si trova a dover rispondere davvero delle proprie scelte e a gestire un bilancio complesso, ma in ordine; adesso si devono scoprire le carte e Appendino deve fare il bilancio del comune di Torino e deve farlo proprio insieme alla sua giunta. Non possiamo permettere che questo argomento del contenzioso con il Governo venga usato ogni volta per buttare un pallone in tribuna nel dibattito locale. Ovviamente, sono di Torino io stessa, penso di poter parlare anche a nome dei colleghi, dicendo che se sono dovuti questi danari al nostro territorio è opportuno che questi vengano dati, per questo invitiamo la giunta a fare il lavoro nel modo più corretto ed efficace. Se il sindaco ha argomenti tecnici per controbattere la nota tecnica del Governo con cui si rigettano le pretese torinesi, allora proceda speditamente al ricorso annunciato e ancora mai prodotto, piuttosto che ad emendamenti sulla manovra, come è successo in questi giorni. Si fa così, si prende carta e penna e si scrive, dimostrando, oltretutto, che i contenziosi si fanno qualunque sia il colore del Governo e della giunta. Se, invece, questi argomenti non ci sono, non si usi più questo come uno specchietto per le allodole. Se questi argomenti non ci sono, non rimane al sindaco che lavorare per chiudere un bilancio in ordine, senza debiti fuori bilancio, senza l'utilizzo di oneri di urbanizzazione per coprire la spesa corrente, insomma non le rimane che lavorare con l'obiettivo di chiudere bene il bilancio come ha fatto la giunta del comune di Torino, prima guidata da Piero Fassino.

Torniamo al testo della manovra: molto spazio agli enti locali, ma anche all'economia, perché la crescita del nostro Paese è ancora un germoglio fragile esposto ai venti e va sostenuto con misure efficaci. Ci sono norme che possono essere una svolta seria per l'emersione del nero e la lotta all'evasione fiscale, nonché a favore della professionalizzazione di settori emergenti, non solo la già citata web tax, ma anche il riordino del settore delle locazioni brevi, che negli ultimi anni ha creato dal nulla un nuovo settore e colpito nuovi target di utenza, favorendo un turismo economico.

Ci sono, poi, le misure in materia di giochi, che hanno l'obiettivo di concretizzare la riduzione del 30 per cento di quelle odiose macchinette che noi in questo testo definiamo apparecchi da divertimento. Questa, però, è una battaglia culturale, ancor prima che legislativa: ridurre i momenti di familiarità con il gioco d'azzardo è il primo essenziale passo, ed è quello che stiamo compiendo, ma molto possono fare, ed effettivamente stanno facendo, regioni ed enti locali con progetti diffusi, con il coinvolgimento di scuole, associazioni, ASL. Noi possiamo sanzionare i gestori inadempienti e normare meglio l'accesso al gioco, ma la consapevolezza è la prima arma vera per ricondurre i numeri dell'uso e dell'abuso del gioco d'azzardo italiano in un alveo di fenomeno non così allarmante quanto lo è oggi. Vigileremo insieme agli enti locali, affinché questa riduzione si veda materialmente nei nostri centri urbani e spingeremo affinché l'informazione e la prevenzione siano sempre più diffusi.

Ora, stiamo per approvare un provvedimento importante, spiace non aver potuto fare di più, spiace non aver potuto fare ancora meglio, spiace che molti argomenti importanti siano finiti nelle norme frullatore del dibattito politico, schiacciati da polemiche più generali e spesso astratte e non siano stati adeguatamente valorizzati, ma davvero è stato fatto un grande lavoro in queste settimane e in questi giorni. E anche se la riforma della disciplina delle prestazioni occasionali e l'introduzione del libretto di famiglia, effettivamente, avrebbero meritato uno spazio di dibattito ad hoc, con maggiore spazio all'ascolto e alla concertazione, è anche vero che la mediazione raggiunta è una buona mediazione, che va a confinare in modo stringente l'utilizzo degli strumenti inseriti nella norma e che consentirà alle famiglie di utilizzare in chiaro collaboratori domestici e badanti e, insieme alle piccole imprese, a sopperire ai picchi di lavoro con uno strumento che assicuri comunque tutele alla forza lavoro impiegata.

Oggi abbiamo nuovi strumenti e sarà compito degli organi preposti ai controlli, ai sindacati e alle organizzazioni datoriali e a tutti noi vigilare, affinché gli abusi siano fermati e mai considerati la norma. Alle imprese oggi diamo una grande responsabilità: non sprecare uno strumento utile che è stato loro affidato.

Una breve nota sulle modifiche che abbiamo apportato al codice dei contratti pubblici e all'organizzazione dell'ANAC: modifiche che hanno l'intenzione di rendere più fluido il lavoro degli enti e dell'ANAC, soggetto che in questi mesi ha un ruolo sempre più importante per la nostra vita amministrativa e che ha la necessità di avere un'organizzazione in grado di rispondere a sollecitazioni sempre più numerose e diverse.

Voglio chiudere citando uno dei provvedimenti inseriti in questa manovra, che ho piacere di citare anche se si tratta di un piccolo intervento, ma che possiede un grande significato storico e simbolico per me, conoscendo molto bene la comunità istriana, fiumana e dalmata, residente a Torino. In mezzo ai tanti interventi si è trovato modo di ricordare e rafforzare la presenza culturale di questa minoranza di italiani, che è stata travolta dalla storia ma che ancora ama la propria patria. Sostenendo le loro attività culturali, noi non aiutiamo semplicemente una comunità all'estero, ma ricordiamo innanzitutto a noi stessi che non c'è futuro senza memoria del passato e non c'è crescita senza senso della comunità, quel senso di comunità che la politica, tutti noi, troppo spesso dimentichiamo, troppo presi da polemiche più o meno strumentali, che credo, invece, dovremmo riscoprire nel nostro operare quotidiano, nelle nostre discussioni, nel rispetto che le forze politiche dovrebbero avere sempre l'una nei confronti dell'altra, e nella nostra capacità di mostrare al Paese che, pur partendo da idee diverse, a volte anche molto diverse, l'obiettivo del nostro impegno è e deve essere sempre il bene della nostra comunità: bene della comunità che anche attraverso i provvedimenti contenuti in questa manovra noi speriamo di raggiungere (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 4444-A)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore di minoranza, onorevole Alberto Giorgetti, ma non mi sembra interessato. L'onorevole Guerra, relatore per la maggioranza, anche lui cede il passo. Il Governo, invece, è interessato, Vice Ministro Morando, prego.

ENRICO MORANDO, Vice Ministro dell'Economia e delle finanze. Grazie, signor Presidente. Come ha detto il Ministro Padoan nel corso dell'audizione proprio su questo decreto, questo intervento si muove in uno spazio stretto, tra esigenza di consolidamento fiscale ed esigenza di sostegno alla crescita; uno spazio che, nel corso di questi ultimi due o tre anni, è diventato un po' più largo di quanto non fosse grosso modo all'inizio di questa legislatura, ma, vorrei dire al deputato Giorgetti, non possiamo illuderci e soprattutto, secondo me, non possiamo illudere i cittadini italiani circa il fatto che esista una sorta di deus ex machina o di provvedimento miracoloso, che è in grado molto rapidamente di far diventare questo sentiero così stretto quella che lui ha chiamato l'autostrada della crescita.

Possiamo arrivare all'autostrada della crescita, ma se continuiamo con coerenza lungo una linea che tiene conto di questa Scilla e Cariddi, cioè di questa esigenza di consolidamento da sposare sistematicamente con l'esigenza di sostegno alla crescita. E, infatti, fin dall'inizio - io questo elemento lo voglio sottolineare anche per valorizzare il dibattito parlamentare, che c'è stato ed è stato una cosa, a mio giudizio, assai seria -, già nella discussione generale, purtroppo da troppi completamente non dico ignorata ma poco considerata, sulla base della stessa relazione del relatore Guerra, noi abbiamo definito con una larga intesa, molto al di là della maggioranza di Governo, una sorta di linea di principio generale, a cui ispirare gli interventi modificativi che si volevano o si potevano fare.

Questa sorta di indirizzo generale era la seguente: senza intaccare la strutturalità del consolidamento fiscale - perché, naturalmente, facendo questo, avremmo fatto venir meno l'intera impalcatura della nostra politica economica e fiscale - lavoriamo, tuttavia, a ridurre ulteriormente l'impatto recessivo della correzione necessaria. Perché, sia chiaro, deputato Giorgetti, se si fa una correzione di finanza pubblica o una manovra restrittiva, comunque, per l'effetto dei moltiplicatori, anche se si scelgono al meglio le misure, nel modo più oculato, comunque un effetto restrittivo del prodotto inesorabilmente si determina. Quindi, noi abbiamo scelto, attraverso un confronto, un indirizzo generale, che è stato l'ispiratore della sottolineatura, da un lato, delle esigenze di modifica e, poi, del tentativo di introdurre queste modifiche, come largamente è avvenuto.

Abbiamo sostanzialmente detto: attenzione, per la prima parte del decreto, alle norme fiscali; è vero, che lo split payment e le altre misure della solidarietà nel carico IVA sono misure che ci consentono di ottenere risultati importanti nel contrasto all'evasione e all'elusione fiscale, risultati che sono tecnicamente definiti e quantificati in relazione tecnica, ma contemporaneamente, se non stiamo attenti al nodo dei crediti di imposta, rischiamo di dare un colpo alla crescita. Perché? Perché i crediti di imposta, se non vengono accelerati, nei rimborsi non eseguiti creano alle imprese italiane un problema di liquidità. Ma se le imprese hanno problemi di liquidità, la crescita potenziale viene danneggiata e viene danneggiata seriamente.

In secondo luogo, abbiamo detto: attenzione alle misure che riguardano il sistema degli enti locali, in particolare sulla loro capacità di investire, perché, se gli enti locali, in particolare le province, questo si è detto dall'inizio, non sono messe in grado di svolgere quelle funzioni, in particolare, sulla mobilità, che sono cruciali ai fini dell'erogazione di servizi essenziali per l'attività di impresa, noi rischiamo di danneggiare la crescita.

In terzo luogo, abbiamo detto: attenzione, è venuto il momento di adottare un primo provvedimento in attesa che, sulla base delle conclusioni molto importanti del G7, grazie all'iniziativa dell'OCSE, si addivenga ad una soluzione di tipo globale sul tema della tassazione delle imprese, delle grandi corporation che lavorano prevalentemente sulla rete. Abbiamo detto: attenzione, in questo momento ci sono imprese italiane ed europee che soffrono di un carico fiscale troppo elevato a causa di quello zero carico fiscale che agisce, che grava su queste imprese. Quindi, è venuto il momento di adottare una norma di transizione verso quell'esito che speriamo sia costruito sulla base dell'accordo intervenuto di grande novità al G7, in forza delle proposte che su questo punto avanzerà l'OCSE.

E abbiamo detto: è necessario individuare qualche ulteriore misura di sostegno alla crescita perché solo così, solo implementando le misure di sostegno alla crescita potremo contrastare l'effetto recessivo che, inesorabilmente, la manovra correttiva di finanza pubblica presenta. Infine, anche a causa del nesso fortissimo che c'è tra livello eccessivo di disuguaglianze, livello crescente della povertà assoluta e difficoltà economica, abbiamo detto: bisogna affrontare il tema, nei limiti del possibile, dell'incremento delle risorse destinate al contrasto del fenomeno della povertà, a partire dalle famiglie che hanno bambini e a partire dalle famiglie dove ci sono persone non autosufficienti.

Sulla base di questo indirizzo generale, sono stati presentati gli emendamenti. Io ho sentito dire che nessun emendamento delle opposizioni è stato accolto. Ma su questi temi che io ho richiamato - su tutti questi temi - erano stati presentati emendamenti della maggioranza e della opposizione che, attraverso il confronto e grazie a proposte di riformulazione avanzate dal relatore, sono stati accolti: naturalmente, non con le soluzioni tecniche e non, qualche volta, nelle quantità adottate nell'emendamento originario, ma sono stati accolti.

Li voglio elencare perché resti il segno, in questo dibattito, di questo lavoro comune. Primo: sul tema liquidità delle imprese in rapporto allo split payment, abbiamo adottato una misura che per tutti i contribuenti, non solo per le imprese coinvolte nel processo cosiddetto dello split payment, cioè dei rapporti commerciali con la pubblica amministrazione e con gli altri soggetti di cui alla norma dell'articolo 1, riduce in modo molto significativo, strutturalmente, i tempi per il rimborso. E questo è stato fatto all'unanimità, con un emendamento approvato da tutti, perché tutti avevano presentato emendamenti su questo obiettivo.

In secondo luogo, abbiamo adottato norme sulle province, in particolare, concentrate sulla possibilità per le province di svolgere meglio di quanto oggi non possano, a causa delle ristrettezze finanziarie, la loro posizione sul versante della mobilità provinciale. Risolto il problema? Certamente no, perché ci vuole una quantità di risorse per risolverlo che davvero non è disponibile, ma, attenzione: nel 2019, la norma che ha imposto il contributo così pesante alle province rispetto all'operazione di consolidamento fiscale scade e, quindi, noi dobbiamo individuare le soluzioni transitorie 2017-2018, perché nel 2019 agiremo in un altro contesto. Queste misure che abbiamo adottato sulle province sono state adottate con larghissimo consenso, perché? Perché tutti avevano presentato emendamenti esattamente per allargare lo spazio dell'intervento ANAS sulla viabilità provinciale, per ridurre le dimensioni del taglio alle province e anche per accrescere la capacità delle province di svolgere la loro attività sul versante dell'edilizia scolastica.

Su tutti e tre questi interventi, decine di emendamenti sono stati raccolti in uno, che ha approntato il problema. In modo soddisfacente per tutti? No, ma tutti avevano proposto emendamenti in questa direzione.

Abbiamo adottato la norma per la procedura di cooperazione e collaborazione rafforzata per le grandi corporation che lavorano sulla rete e, attenzione, abbiamo deciso - queste sono risorse certe, io non ne sento parlare come tali - che 100 dei milioni che verranno da questa norma siano prioritariamente decisi per legge, dedicati ad aumentare il Fondo sociale per la non autosufficienza, e che solo dopo vengano utilizzati per altri scopi. Quindi, non è vero che non abbiamo agito sul versante del Fondo sociale per la non autosufficienza, perché c'è una misura di aumento delle risorse di quel Fondo particolarmente significativa e non è una cosa aleatoria, perché la discussione tra di noi ha riguardato questa norma da 450 o 550 milioni di euro: quindi, i primi 100 sono sicuri e i primi 100 vanno ad incrementare quel Fondo.

Quarto: misure ulteriori per la crescita. Abbiamo finalmente affermato - fatemelo dire, perché è una norma che mi è molto cara e durante la legge di bilancio non sono riuscito, anche per incapacità mia, a lavorare in modo tale che venisse introdotta -, con norma, che la misura di agevolazione e di incentivo per gli investimenti in ristrutturazione edilizia e per l'ecobonus si potrà applicare concretamente - non a parole, ma nei fatti -, concretamente, ai grandi condomini anni Cinquanta, Sessanta e Settanta, dove le famiglie proprietarie sono largamente incapienti. Finalmente questo incentivo non servirà soltanto per ristrutturare casa e migliorare l'efficienza energetica degli alloggi delle famiglie che stanno meglio, ma anche degli alloggi posseduti dalle famiglie che stanno peggio.

Questo è un incentivo potenziale alla crescita di portata straordinaria, perché se voi guardate il Paese mentre camminate, dovunque siate, vedete le case singole ristrutturate e vedete i grandi condomini non ristrutturati. Perché? Perché lì ci sono gli incapienti e non potevano accedere a questi incentivi. Con la norma che abbiamo approvato questo potrà accadere e potrebbe accadere, finalmente, che anche l'edilizia dia un contributo alla crescita dell'occupazione e del prodotto che, in questi anni certamente di grande recessione, non ha dato.

Questo, dunque, è ciò che abbiamo fatto durante il lavoro, ispirati ad un obiettivo generale: mantenere la strutturalità del consolidamento, ma ridurre l'impatto sulla crescita in maniera tale che non avesse da questo punto di vista il prodotto interno lordo troppo a soffrire dell'esigenza di correzione. Ci siamo impegnati in modo che, a mio giudizio, si può ben sostenere che gli effetti recessivi, inevitabili, siano sostanzialmente da considerare trascurabili, come, secondo me, è anche tecnicamente possibile documentare.

Una seconda osservazione rapidissima e, poi, finisco prima di farne una terza sul lavoro occasionale. La seconda osservazione rapidissima è: io ho sentito dire in questo dibattito che le clausole di salvaguardia sono nel bilancio pubblico italiano perché ce le ha messe l'Europa o ce le ha imposte l'Europa. Io dico sinceramente che se il dibattito politico lo facciamo così, non andiamo da nessuna parte, perché non è vero: le clausole di salvaguardia le abbiamo introdotte progressivamente nel corso di questi anni noi, e noi - noi - siamo responsabili di non farle scattare. E noi ci siamo impegnati nel Documento di economia e finanza a non farle scattare e con questo primo provvedimento le abbiamo ridotte già in modo significativo negli anni prossimi. Ma, certamente, le clausole non sono rimosse, nessuno ha mai sostenuto che sono già rimosse da questo provvedimento: sono ridotte per intensità proprio perché, vorrei dire all'onorevole Giorgetti, gli interventi sono strutturali e, quindi, per la somma di cui al decreto, certamente, le clausole di salvaguardia sono strutturalmente eliminate. Ma si tratta di una componente minoritaria.

L'Europa avrà tante responsabilità, ma certo non ha quella di avere introdotto le clausole di salvaguardia. Noi siamo riusciti a disinnescarle nel 2015, nel 2016 e nel 2017. Adesso ci siamo impegnati a disinnescarle per il 2018, abbiamo cominciato con questo decreto e dobbiamo proseguire con la legge di bilancio. Perché questo è un impegno che abbiamo assunto e che dobbiamo onorare al meglio. Perché siamo degni di fiducia? Perché abbiamo preso questo stesso impegno nel 2016, nel 2017, nel 2018 e l'abbiamo onorato. Non c'è ragionevole motivo per pensare che non riusciremo a farlo anche per l'anno prossimo.

Ma smettiamola di dire che le ragioni, per cui abbiamo un'economia che cresce meno degli altri, sono di tipo europeo. L'Europa sta crescendo come e addirittura più degli Stati Uniti d'America. Quindi, le ragioni per cui l'Italia non riesce a raggiungere il ritmo medio di crescita dell'Europa non stanno fondamentalmente nelle scelte europee. Il che non vuol dire che non bisogna cambiare molto, moltissimo dell'orientamento di politica economica e fiscale dell'Europa. Ma dobbiamo cercare le ragioni vere delle nostre difficoltà in Italia.

E le ragioni vere sono date da un elemento inoppugnabile. Primo, noi abbiamo una produttività che non cresce adeguatamente dai primi anni Novanta. Questa produttività non cresce adeguatamente, ma non è vero che la mancata crescita media descrive l'andamento medio di tutto il sistema Paese, perché nella manifattura la produttività cresce, nei servizi la produttività decresce. Nei servizi c'è la pubblica amministrazione. Vogliano convincerci che questo dato dimostra in maniera inoppugnabile che abbiamo un problema di riforme strutturali nei servizi, in particolare nel contributo che la pubblica amministrazione dà alla crescita della capacità competitiva del Paese? Qui c'è il nodo delle riforme strutturali. Alcune le abbiamo fatte, altre dobbiamo farle. Se il Paese dovesse dare la sensazione, non fuori di sé, ma prima di tutto ai propri cittadini, che la strategia delle riforme si arena e che la stagione delle riforme è finita, allora, sì, saremmo condannati al declino. E qui dipende da noi, non dipende dall'Europa, anche se il contesto della politica economica e fiscale europea, che può cambiare dopo quello che è accaduto in Francia - può cambiare e anche molto radicalmente - è un contesto decisivo, per fare in modo che le riforme che si fanno in Italia abbiano successo oppure no.

Infine, rapidissimamente, mi è stato chiesto dalla deputata Albini: ma che c'entrano in questo decreto, lei ha detto i voucher, io dico le norme sul lavoro occasionale? Ora qui le cose sono, secondo me, descrivibili in modo preciso e, a mio giudizio, onesto.

Il Governo ha ritenuto e ritiene utile e necessario che ci sia, tra i contratti di lavoro disponibili in Italia, un contratto di lavoro occasionale, che regoli il lavoro occasionale. Un contratto che non si può comprare dal tabaccaio, come è accaduto fino a ieri - di qui l'eliminazione dei voucher, quindi non si può comprare dal tabaccaio -, ma si deve concludere con certezza di doveri e di diritti per entrambe le parti, in piena trasparenza e totale tracciabilità. Infatti, qui il nemico sapete tutti qual è: il lavoro nero, il grande nemico da sconfiggere in questo campo. Il Governo aveva quest'intenzione politica esplicita, ovvero sostituire quello che c'era, i voucher comprati dal tabaccaio, con un contratto di lavoro occasionale, trasparente e tracciabile, portatore di diritti e di doveri per entrambe le parti, sia pure nei limiti del contratto di lavoro occasionale.

Abbiamo constatato che la grandissima parte dei gruppi di maggioranza e di opposizione riteneva che questa fosse la sede. Abbiamo cioè registrato 21 emendamenti parlamentari, presentati per la regolazione del lavoro occasionale, 21 emendamenti dei gruppi di maggioranza e dei gruppi di opposizione, quasi tutti i gruppi con pochissime eccezioni. Abbiamo visto che quelle proposte erano sostanzialmente convergenti, per la parte che vedeva come datore la famiglia, e che moltissime differivano, compreso l'emendamento 60.01 in particolare presentato dal gruppo del MoVimento 5 Stelle - lo cito, così si può andare a vedere cosa sto dicendo -, che prevede interventi che vedono come datore un'impresa, sia pure con delle regole del tutto diverse rispetto alla soluzione che è stata adottata. Allora, il Governo, visti questi emendamenti - ripeto 21 - presentati da tutti, per regolare in questa sede il tema, ha semplicemente deciso di assecondare questa tendenza. Naturalmente abbiamo lavorato con il relatore per operare una sintesi, partendo in particolare da un emendamento, che era stato presentato da una delle forze di maggioranza. Per quello che riguarda il metodo, a mio avviso, questo è semplicemente quello che è accaduto, ferma quella decisione politica, quell'orientamento politico iniziale, di cui ho detto: no ai voucher, sì a un contratto che regoli i rapporti di lavoro occasionali.

Ora nel merito, in conclusione, vorrei fare notare - e insisto - che le ipotesi, presentate negli emendamenti anche da numerose forze di opposizione, non riguardano soltanto il rapporto di lavoro che vede come datore la famiglia, ma anche l'impresa. Poi le soluzioni divergono e, tra le soluzioni possibili, noi ne abbiamo scelta una. Quindi, non abbiamo reintrodotto dalla finestra quello che è uscito dalla porta, perché i voucher non ci sono più e c'è una nuova forma di contratto di lavoro, che ha le caratteristiche che abbiamo lungamente discusso in Commissione, chiarendo che si tratta di un rapporto di lavoro, che rende il datore e il lavoratore rispettivamente titolari di doveri e di diritti, a differenza di quello che accadeva con il rapporto caratterizzato dal contratto di lavoro finto, che si comprava dal tabaccaio.

(Esame dell'articolo unico - A.C. 4444-A)

PRESIDENTE. Avverto che è in distribuzione un errata corrige al provvedimento in esame, che reca limitate modifiche di carattere formale e correzione di alcuni refusi.

Passiamo, quindi, all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione, nel testo recante le modificazioni apportate dalla Commissione, e delle proposte emendative riferite agli articoli del decreto-legge (Vedi l'allegato A).

ANDREA MAESTRI. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANDREA MAESTRI. Grazie Presidente. Intendiamo svolgere un richiamo al Regolamento, in particolare all'articolo 96-bis, comma 7, in riferimento all'inammissibilità dell'emendamento sui voucher e degli altri emendamenti che contengono disposizioni particolaristiche, come l'emendamento “ammazza TAR” o “Franceschini 2, la vendetta”. Estranea al contenuto e alle finalità è la ratio del decreto-legge che ci accingiamo a convertire.

Mi sembra che siano state eluse le sentenze della Corte costituzionale n. 32 del 2014 e n. 94 del 2016, che hanno ravvisato la violazione dell'articolo 77, comma 2, della Costituzione, in riferimento ad emendamenti introdotti in sede di conversione, privi del necessario requisito dell'omogeneità e in assenza di qualsivoglia nesso funzionale con le disposizioni del decreto-legge.

Gli stessi principi sono stati ribaditi nella Giunta per il Regolamento del febbraio 2007, allorché il Presidente della Camera Bertinotti affermò che il regime di ammissibilità degli emendamenti ai decreti-legge è basato su criteri più rigidi di quelli applicati in via generale. Infatti, gli emendamenti e gli articoli aggiuntivi devono essere strettamente attinenti alla materia, al contenuto materiale del decreto-legge, laddove per i progetti di legge ordinari è prevista la mera inammissibilità degli emendamenti estranei alla materia.

La Giunta per il Regolamento del 9 marzo 1982 e la circolare del Presidente della Camera del 10 gennaio 1997 escludono espressamente la possibilità di votare in Commissione emendamenti di cui appaia comunque dubbia l'ammissibilità. Ciò in quanto spetta alla Presidenza della Camera far sì che le decisioni in materia di ammissibilità si conformino alla prassi costantemente seguita, volta a garantire un'uniforme applicazione dei criteri di ammissibilità in tutte le fasi del procedimento di conversione in legge dei decreti-legge, principi ribaditi da ultimo nella seduta del 24 maggio 2016 dal Presidente di turno Di Maio.

In conclusione, l'emendamento sui voucher e gli altri a contenuto particolaristico erano e sono chiaramente inammissibili, perché il decreto-legge prevede disposizioni in materia di previdenza e fiscalità del lavoro, ma nulla sulla disciplina sostanziale del lavoro occasionale o accessorio. Chiedo alla Presidenza di essere garante del rispetto della Costituzione e del Regolamento della Camera, tanto più in una materia socialmente sensibile, come quella dei diritti e della dignità del lavoro.

PRESIDENTE. Onorevole Maestri, sulle obiezioni in ordine alla circostanza che nel corso dell'esame in sede referente sia stato ritenuto ammissibile l'articolo aggiuntivo Di Salvo 54.09, in materia di lavoro occasionale, e ulteriori emendamenti, rilevo e osservo che il vaglio di ammissibilità di tale emendamento consegue all'analoga valutazione compiuta dalla presidenza della Commissione bilancio su tutte le altre proposte emendative in materia di disciplina del lavoro accessorio, una delle quali presentata anche dal gruppo di Sinistra italiana.

L'ammissibilità dell'articolo aggiuntivo Di Salvo 54.09 e delle altre proposte emendative presentate sulla medesima tematica risponde infatti a uno dei criteri di valutazione chiaramente esplicitati in occasione della seduta della Commissione del 15 maggio, laddove si è evidenziato come, analogamente a quanto avvenuto in occasione dell'esame da parte della Camera di analoghi decreti-legge, si fosse attribuito un particolare rilievo alla coerenza delle finalità perseguite dalle proposte emendative con quelle del decreto-legge, ivi comprese le misure che comportano un aumento delle entrate, anche per effetto dell'emersione di base imponibile.

Coerentemente con tale impostazione, la presidenza della Commissione ha quindi ritenuto che il predetto articolo aggiuntivo, nel definire una normativa sul lavoro occasionale, rispondesse alla predetta finalità di favorire l'emersione di attività economiche che altrimenti sarebbero destinate a rimanere nell'area del lavoro nero o sommerso.

Peraltro, in ordine alla valutazione non è stata avanzata alcuna contestazione, né in termini di richiesta di rivalutazione della stessa da parte della presidenza della Commissione né di richiesta di investire della questione la Presidenza della Camera, laddove, per prassi consolidata, le contestazioni in materia di ammissibilità dovrebbero essere sollevate in sede referente subito dopo la relativa pronuncia presidenziale, e comunque prima della relativa votazione.

Alla luce di tali elementi, la Presidenza non può che confermare la valutazione di ammissibilità dell'articolo aggiuntivo Di Salvo 54.09. Analoghe considerazioni devono svolgersi con riferimento all'emendamento in materia di direttori dei musei.

(Posizione della questione di fiducia - Articolo unico - A.C. 4444-A)

PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire la Ministra per i rapporti con il Parlamento, senatrice Anna Finocchiaro.

ANNA FINOCCHIARO, Ministra per i Rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, onorevoli deputati, a nome del Governo, autorizzata dal Consiglio dei ministri, pongo la questione di fiducia sull'approvazione, senza emendamenti ed articoli aggiuntivi, dell'articolo 1 del disegno di legge n. 4444-A, di conversione del decreto-legge 24 aprile 2017 n. 50, nel testo licenziato dalla Commissione, comprensivo dell'errata corrige.

PRESIDENTE. A questo punto, a seguito della posizione della questione di fiducia, la Conferenza dei Presidenti di gruppo è immediatamente convocata presso la biblioteca della Presidente, al fine di stabilire il prosieguo dell'esame del provvedimento. La seduta è sospesa.

La seduta, sospesa alle 17,33, è ripresa alle 18.

Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Comunico che nell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, a seguito della posizione della questione di fiducia da parte del Governo sul disegno di legge n. 4444-A, Conversione in legge del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo (scadenza: 23 giugno 2017 – da inviare al Senato), si è convenuta la seguente organizzazione dei lavori.

La votazione per appello nominale avrà inizio domani, mercoledì 31 maggio, a partire dalle ore 17,35, previe dichiarazioni di voto a partire dalle ore 15,30.

Il termine per la presentazione degli ordini del giorno è fissato alle ore 10 di domani.

L'esame degli ordini del giorno avrà luogo domani, al termine della votazione per appello nominale sulla questione di fiducia, con eventuale prosecuzione nella seduta di giovedì, nella quale si svolgeranno anche le dichiarazioni di voto finale, con votazione finale entro la fine della parte antimeridiana della seduta.

Nella giornata di domani non avrà luogo lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata (question time).

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Mercoledì 31 maggio 2017, alle 15,30:

Seguito della discussione del disegno di legge:

  Conversione in legge del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo. (C. 4444-A)

Relatori: GUERRA, per la maggioranza; ALBERTO GIORGETTI, di minoranza.

La seduta termina alle 18,05.

TESTI DEGLI INTERVENTI DI CUI È STATA AUTORIZZATA LA PUBBLICAZIONE IN CALCE AL RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA ODIERNA: MAURO GUERRA (A.C. 4444-A)

MAURO GUERRA, Relatoreper la maggioranza. (Relazione per la maggioranza – A.C. 4444-A). La dimensione finanziaria dell'intervento. Il provvedimento opera un intervento correttivo sui conti pubblici per il 2017 pari, in termini di indebitamento netto, ad una correzione di circa 3,1 miliardi, operata in parte preponderante sul lato delle entrate, per circa 2,8 miliardi, ed in parte residuale, per poco meno di 0,3 miliardi, sul lato della spesa. L'effetto migliorativo sui conti pubblici è di circa 0,2 punti percentuali di Pil, con una conseguente riduzione, dal 2,3 al 2,1 per cento di Pil, dell'indebitamento netto atteso per il 2017. Si tratta di una correzione già prefigurata nel Documento di Economia e Finanza 2017, sulla base di un dialogo intercorso nei primi mesi del 2017 tra il Governo italiano e la Commissione europea. Per gli anni successivi gli effetti migliorativi sull'indebitamento sono pressoché nulli, in quanto le maggiori risorse reperite per tali anni sono quasi integralmente utilizzate per una parziale disattivazione delle c.d. clausole di salvaguardia, per un importo pari a circa 3,8 miliardi nel 2018, 4,4 miliardi nel 2019 e 4,1 miliardi nel 2020.

Il provvedimento, che nel testo iniziale consta di 66 articoli, è stato consistentemente modificato ed integrato nel corso dell'esame in Commissione, che ne ha esteso le linee di intervento ad una significativa pluralità di contenuti, che possono articolarsi secondo le aree tematiche che di seguito si illustrano, evidenziando, unitamente alle norme iniziali, tutte le principali novità inserite in sede referente

L'intervento sulle entrate. Tra le principali misure in tema di entrate va segnalata in primo luogo l'estensione (articolo 1) dell'ambito applicativo dello split payment. Si tratta dello speciale meccanismo di versamento dell'IVA dovuta per le operazioni effettuate nei confronti di soggetti pubblici introdotto dalla legge di stabilità 2015, con il quale si consente all'erario di acquisire direttamente l'imposta dovuta: in tal caso le pubbliche amministrazioni devono versare direttamente all'erario l'imposta sul valore aggiunto che è stata addebitata loro dai fornitori. Per effetto del decreto in esame tale modalità di versamento è estesa all'IVA dovuta per tutte le operazioni (prestazioni di servizi e cessioni di beni) effettuate nei confronti delle Pubbliche Amministrazioni inserite nel conto consolidato pubblicato dall'ISTAT. Il meccanismo viene esteso anche ad altri soggetti, tra cui in particolare le società controllate dalle pubbliche amministrazioni. Nel corso dell'esame in commissione sono state introdotte alcune disposizioni volte a consentire, dal 1° gennaio 2018, un'accelerazione dei rimborsi da conto fiscale per i soggetti passivi d'imposta a cui si applica lo split payment, prevedendosi che per gli stessi i rimborsi sono pagati direttamente dalla struttura di gestione (Equitalia) sui fondi di bilancio resi disponibili dall'Agenzia delle entrate, eliminandosi così i tempi per l'accredito di specifici fondi da parte dell'Amministrazione finanziaria. Sempre nel corso dell'esame in commissione, con l'articolo 1-bis si è introdotta la c.d. web tax, disponendosi che le società non residenti che appartengono a gruppi multinazionali con ricavi superiori a 1 miliardo di euro e che effettuano cessione di beni e prestazioni di servizio in Italia per un ammontare superiore a 50 milioni avvalendosi di società residenti o di stabili organizzazioni possono avvalersi di una procedura di cooperazione e collaborazione rafforzata per la definizione dei debiti tributari. A tal fine i soggetti interessati possono chiedere all'Agenzia delle entrate una valutazione della sussistenza dei requisiti che configurano la stabile organizzazione mediante un'istanza finalizzata all'accesso al regime dell'adempimento collaborativo. Per coloro che estinguono i debiti tributari della stabile organizzazione dovuti in base all'accertamento con adesione, le sanzioni amministrative sono ridotte alla metà. Si dispone inoltre che in tal caso il reato di omessa dichiarazione non è punibile. Non possono avvalersi della norma in esame le società che abbiano avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni e verifiche o dell'inizio di qualunque attività di controllo amministrativo o dell'avvio di procedimenti penali relativi all'ambito di applicazione dell'istanza in esame. Le entrate derivanti dalla nuova disciplina ora introdotta sono destinate al Fondo per la non autosufficienza e al Fondo per le politiche sociali per un ammontare non inferiore a 100 milioni di euro annui. La restante parte è destinata al Fondo per la riduzione della pressione fiscale. Nel corso dell'esame sono state altresì (articolo 1-ter) apportate alcune modifiche alla disciplina della riapertura dei termini per la collaborazione volontaria in materia fiscale (cd. voluntary disclosure), stabilendosi tra l'altro che se ai fini di tale collaborazione alla formazione del reddito concorrono redditi di lavoro, ad essi si applica la disciplina del credito d'imposta per redditi prodotti all'estero (detrazione dell'imposta pagata all'estero) anche in caso di omessa presentazione della dichiarazione o di omessa indicazione dei redditi prodotti all'estero. Si estende inoltre l'esonero dagli obblighi dichiarativi previsto dalla legge anche con riferimento all'IVIE (imposta sul valore degli immobili situati all'estero) ed all'IVAFE (imposta sul valore dei prodotti finanziari, dei conti correnti e dei libretti di risparmio detenuti all'estero dalle persone fisiche residenti nel territorio dello Stato), di cui all'articolo 19, rispettivamente commi 13 e 18, del D.L. n. 201 del 2011. Sono infine poi modificate, oltre all'applicabilità delle sanzioni, anche le conseguenze dell'insufficiente versamento delle somme dovute.

Si dispone inoltre (articolo 2) che l'effettuazione della detrazione dell'IVA dovrà ora avvenire con la dichiarazione relativa all'anno in cui il diritto alla detrazione è sorto e non più con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo alla maturazione del diritto. Sempre in materia fiscale, con l'articolo 3 si introduce una misura di contrasto alle compensazioni fiscali indebite, riducendo a 5.000 euro il limite oltre il quale è necessario il visto di conformità per le compensazioni, stabilendo inoltre l'obbligatorietà del l'uso dei servizi telematici in tutti i casi di compensazione; con l'articolo 4 si estende poi la cedolare secca (con aliquota al 21 %) sui redditi derivanti dalle locazioni brevi di immobili ad uso abitativo. Con una norma inserita nel corso dell'esame in commissione (articolo 4-bis) estende fino al 31 dicembre 2021 la possibilità per i soggetti che si trovano nella no tax area (pensionati, dipendenti e autonomi) di cedere la detrazione fiscale loro spettante ai fornitori che hanno effettuato i lavori condominiali per l'incremento dell'efficienza energetica, disponendosi altresì che la detrazione medesima può essere ceduta anche ad altri soggetti privati (compresi istituti di credito e intermediari finanziari).

Vengono altresì disposti, agli articoli 5 e 6, incrementi della tassazione sui tabacchi e sui giochi, e, con gli articoli 5-bis e 6-bis (introdotti in sede referente) si è previsto, rispettivamente: - che l'Agenzia delle dogane e dei monopoli proceda all'inibizione dei siti web recanti offerta di taluni prodotti da tabacchi ovvero di pubblicità di giochi, scommesse e concorsi operanti in difetto di concessioni o autorizzazione; - che la prevista riduzione del 30% del numero dei nulla osta agli apparecchi new slot, che ne porterà il numero a 265 mila, debba determinarsi entro il 30 aprile 2018. Le misure sull'entrata si completano poi (articoli 8 e 11) con una rideterminazione della base ACE (Aiuto alla Crescita Economica) su cui si è intervenuto in commissione eliminando le norme che, per il calcolo del beneficio, introducevano una base di riferimento mobile (cd. criterio incrementale su base mobile) e sostituendo tale previsione con una riduzione delle aliquote ACE - e con la previsione di modalità agevolate per la definizione delle controversie tributarie pendenti. Sempre in commissione si è estesa l'applicabilità dell'articolo 11, al fine di consentire a ciascun ente territoriale di stabilire entro il 31 agosto 2017 - con le modalità di legge previste per i propri atti - l'applicazione delle norme in tema di definizione agevolata delle controversie tributarie a quelle in cui è parte il medesimo ente.

Rileva inoltre, benché non concorra al reperimento di risorse, l'intervento sulla c.d. clausola di salvaguardia (introdotta dalla legge di stabilità 2015 a tutela dei saldi di finanza pubblica) operato dall'articolo 9, con il quale si rimodulano gli aumenti di Iva ed accise dalla stessa previsti a decorrere dal 2018, che vengono in parte disattivate, per gli importi che si sono all'inizio di questa relazione evidenziati. A seguito di tale intervento, gli importi che rimangono affidati all'operare delle clausole medesime risultano pari a circa 15,7 miliardi nel 2018, 18,9 miliardi nel 2019 e 19,2 miliardi nel 2020.

Tra le norme sull'entrata va segnalata anche, all'articolo 9-bis introdotto in Commissione, la disciplina concernente l'introduzione di indici sintetici di affidabilità fiscale dei contribuenti, cui sono correlati specifici benefìci, in relazione ai diversi livelli di affidabilità, prevedendo contemporaneamente la progressiva eliminazione degli effetti derivanti dall'applicazione dei parametri e degli studi di settore. L'istituzione di tali indici ha l'obiettivo esplicito di favorire l'emersione spontanea delle basi imponibili e di stimolare l'assolvimento degli obblighi tributari da parte del contribuente, anche migliorando la collaborazione tra questi e l'Amministrazione finanziaria. Gli indici sono approvati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze entro il 31 dicembre del periodo d'imposta per il quale sono applicati e sono soggetti a revisione ogni due anni, mentre un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate individuerà annualmente le attività economiche interessate dagli indici. Va anche rammentato come nel corso dell'esame in commissione sia stata modificata (all'articolo 12) la disciplina del credito d'imposta per la ristrutturazione edilizia e l'eliminazione delle barriere architettoniche concesso in favore delle imprese alberghiere, sia consentendo per alcuni profili un più agevole ricorso a tale credito e nel contempo rendendo più stringenti le condizioni per usufruire del beneficio.

Oltre che sul lato delle entrate, il reperimento delle risorse opera in parte minore anche sul lato della spesa, con una riduzione per il 2017 (poi recuperata nel biennio successivo) delle risorse stanziate per il credito d'imposta per l'acquisto di beni strumentali nuovi destinati a strutture produttive nelle zone del Mezzogiorno e con una diminuzione delle dotazioni finanziarie in alcuni programmi di spese dei Ministeri

Disposizioni in materia di enti territoriali. Tra le misure che interessano il settore della finanza locale posso evidenziarsi, oltre alle modifiche dei criteri di riparto sul Fondo di solidarietà comunale contenuti nell'articolo 14, su cui sono stati poi operate diverse modifiche nel corso dell'esame in commissione che ne hanno anche disposto un incremento di 11 milioni dal 2018, diverse disposizioni che recano la concessione di contributi, quali l'articolo 15 nei confronti delle province (e della città metropolitana di Cagliari) della regione Sardegna, l'articolo 20 in favore delle province delle regioni a statuto ordinario e l'articolo 21 in favore della fusione di comuni; si introducono inoltre disposizioni volte ad agevolare l'approvazione dei bilanci da parte di province e città metropolitane - cui viene consentito di predisporre il bilancio di previsione per il solo 2017 (anziché per il triennio 2017-2019) - ed a modificare alcune scadenze per gli enti dichiarati in dissesto (articoli 18 e 19), nonché (articolo 24) a prevedere a decorrere dall'anno 2017 la predisposizione delle metodologie per la determinazione dei fabbisogni e delle capacità fiscali standard delle Regioni a statuto ordinario, nelle materie diverse dalla sanità; nella materia si è anche intervenuti, sempre sull'articolo 24 in sede di commissione, rinviando di un anno, dal 2018 al 2019, l'entrata in vigore dei nuovi meccanismi di finanziamento delle funzioni regionali relative ai livelli essenziali di assistenza ed ai livelli essenziali delle prestazioni (ai sensi dell'articolo 117 Cost.), come attualmente disciplinati dal D.Lgs. n. 68 del 2011; un ulteriore intervento è poi operato dall'articolo 22 in materia di personale dei comuni e delle province, consentendo in talune situazioni di procedere in deroga alle norme vigenti ad assunzioni di personale sia a tempo determinato che a tempo indeterminato. Deroghe poi ampliate nel corso dell'esame in commissione, consentendosi, sempre all'articolo 22, lo sblocco del turn over per i comuni con popolazione da 1.000 a 3.000 abitanti, qualora questi abbiano una spesa di personale inferiore al 24% delle entrate correnti; si dispone altresì che i comuni possano cedere le proprie capacità assunzionali all'unione di comuni di cui facciano eventualmente parte. Sempre in commissione sono state introdotte (rispettivamente agli articoli 16,18,20 e 25) diverse disposizioni di interesse delle province, con le quali: - si dispone un contributo di 10 milioni per il 2017 a favore di talune province che hanno dichiarato il dissesto entro il 2015; - si amplia la possibilità per le province (e città metropolitane) di destinare alle funzioni di viabilità e polizia locale i proventi da violazioni al codice della strada; - viene rideterminato il contributo per il finanziamento delle funzioni fondamentali degli enti, aumentandolo fino a 180 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018 (in luogo di 110 milioni per l'anno 2017 e di 80 milioni per il 2018) e confermandolo nell'importo di 80 milioni a decorrere dal 2019 e, inoltre, si incrementa da 100 a 170 milioni di euro per l'anno 2017 in contributo in favore delle province per l'attività di manutenzione straordinaria della rete viaria di competenza delle province delle regioni; - viene autorizzata la spesa di 15 milioni per il 2017 per gli interventi di edilizia scolastica.

Riferibile al settore degli enti territoriali è altresì l'attribuzione (articolo 25) alle regioni ed alle province – rispettivamente per 400 milioni di euro nel 2017 e per circa complessivi 300 milioni nel quadriennio 2017-2020 – di quote del Fondo previsto dalla legge di bilancio 2017 per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo strutturale; l'articolo è stato in più punti modificato in commissione, in particolare ridefinendo e semplificando, anche con riguardo ai comuni fino a 5.000 abitanti le procedure attualmente previste per la concessione di spazi finanziari ai comuni per l'effettuazione di investimenti, nonché i nuovi criteri stabiliti dall'articolo 27 per la ripartizione del Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale: criteri volti tra l'altro a far sì che i servizi di trasporto locale e regionale siano affidati con procedure ad evidenza pubblica. In tema di trasporto pubblico locale sono state introdotte all'articolo 27 medesimo diverse disposizioni, che qui non si dettagliano, già contenute in uno schema di decreto legislativo poi non pubblicato a seguito della sentenza 251/2016 della Corte costituzionale, tra Da segnalare anche (articolo 35) l'estensione a tutte le amministrazioni locali della possibilità (ora prevista per i soli comuni e province) da parte dell'Agenzia delle entrate di svolgere le attività di riscossione delle entrate tributarie o patrimoniali.

Norme in materia sanitaria. Gli articoli da 29 a 32 recano alcune disposizioni di interesse del settore sanitario, prevedendosi, in sintesi: a) che per monitorare ed accertare la spesa per l'assistenza farmaceutica ospedaliera, nel biennio 2016-2017, l'AIFA si avvalga dei dati di fatturato delle aziende farmaceutiche trasmessi attraverso il Sistema di interscambio, introducendosi poi dal 2018 alcuni obblighi nell'ambito delle fatture elettroniche; b) che per recepire quanto stabilito in sede di Intesa Stato-regioni sulla riduzione delle risorse di edilizia sanitaria vengono modificate alcune regole di contabilizzazione da parte delle regioni nel 2018; c) il trasferimento dal Ministero dell'interno al Ministero della salute delle competenze relative al finanziamento delle prestazioni sanitarie urgenti od essenziali agli stranieri non in regola con le norme sul soggiorno.

Misure relative alle zone colpite dai recenti eventi sismici. In favore delle zone colpite dagli eventi sismici a far data dall'agosto 2016 l'articolo 41 stanzia 3 miliardi per il triennio 2017-2019 ed istituisce un Fondo per accelerare le attività di ricostruzione, con una dotazione pari a circa 491 milioni nel 2017, 717 milioni nel 2018 e 700 milioni nel 2019; un ulteriore incremento di risorse viene altresì disposto dall'articolo 42, (complessivi 327 milioni per il triennio 2017-2019), che stanzia altresì 150 milioni nel 2017 per l'avvio di interventi urgenti (articolo 42). Sono inoltre introdotti, in favore delle zone in questione, alcuni interventi agevolativi fiscali, costituiti in particolare:

- da alcune proroghe di termini in materia di adempimenti e di versamenti tributari a favore dei soggetti, persone fisiche e imprese, localizzate nei comuni colpiti dagli eventi sismici, prevedendosi nel contempo la possibilità di versare le somme dovute mediante rateizzazione (articolo 44);

- dalla proroga a tutto il 2019 del il periodo entro il quale le imprese localizzate nei comuni colpiti dagli eventi sismici che effettuano investimenti possono beneficiare del credito d'imposta per l'acquisto di beni strumentali (articolo 44) e dalla messa a disposizione di risorse (16 milioni nel 2017 e 30 milioni annui dal 2017 al 2019) per la erogazione ai comuni di una compensazione della perdita del gettito TARI;

- dalla istituzione di una zona franca urbana nei comuni delle regioni del Lazio, dell'Umbria, delle Marche e dell'Abruzzo colpiti dagli eventi sismici, stabilendosi nel contempo che la fruizione delle agevolazioni che ne derivano sono fruibili nel limite delle risorse stanziate, pari a circa 195, 168 e 142 milioni rispettivamente per gli anni 2017, 2018 e 2019 (articolo 46); con una norma inserita in commissione (46-sexies) si prorogano al 31 dicembre 2017 le agevolazioni per le zone franche urbane nei territori colpiti dagli eventi sismici del 20 e del 29 maggio 2012 disposte dalla legge di stabilità 2016, incrementando a tal fine di 5 milioni per il 2017 le relative risorse

Tra i numerosi interventi aggiunti durante l'esame in commissione, possono qui in rapida sintesi segnalarsi, all'articolo 41, uno stanziamento di 5 milioni per il triennio 2017-2019 in favore dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, l'intervento recato dall'articolo 43-ter, mediante cui si consente ai Presidenti delle Regioni di stipulare mutui di durata massima venticinquennale per il finanziamento degli interventi sugli edifici pubblici e per opere di urbanizzazione nei centri storici ed urbani interessati dagli eventi sismici del maggio 2012, nonché, all'articolo 46-quinquies, l'introduzione di alcune disposizioni in favore del trattamento economico del personale assunto gli uffici speciali per la ricostruzione in relazione agli eventi sismici dell'aprile 2009 nella città de L'Aquila e negli altri comuni del cratere, ivi compresa la possibilità di aumento della dotazione organica degli uffici speciali medesimi.

Nel corso dell'esame in commissione il novero delle misure in favore delle zone interessate da eventi calamitosi è stato ulteriormente ampliato, ad iniziare, mediante l'articolo 43-bis, dall'assegnazione di spazi finanziari volti ad agevolare l'effettuazione di investimenti connessi alla ricostruzione da parte degli enti locali colpiti dagli eventi sismici del 2016 e 2017; viene modificato l'articolo 44, incrementando - di 10 milioni nel 2017 e stanziando 13 milioni per il 2018 - le risorse disponibili per l'erogazione dei contributi che potranno essere concessi alle imprese del settore turistico e del commercio, per la ripresa economica nelle zone colpite dagli eventi sismici del 2016.

Si incrementa poi (articolo 45-bis) l'importo della prima rata relativa al 2017 di Fondo di solidarietà comunale da erogare da parte del Ministero dell'interno ai comuni colpiti dagli eventi sismici a partire dal 29 agosto 2016, e (articolo 46-bis) si introduce una norma volta a regolarizzare le istanze presentate dalle imprese agricole relativamente ai danni subiti da eventi calamitosi per i quali è stata deliberato lo stato di emergenza, imprese cui con altra norma si prevede che possano accedere ad interventi finanziari di sostegno anche in relazione ai danni subiti dagli eventi eccezionali dell'aprile 2017. Con un ulteriore articolo (46-quater) sono stati estesi gli incentivi all'acquisto di case antisismiche, agendo in particolare sule detrazioni economiche previste dal cd. Sismabonus per gli interventi di riduzione del rischio sismico. Significativo nella materia in questione è anche l'intervento (anche esso operato in sede di commissione) sulla procedura per la concessione delle anticipazioni, che nel testo vigente prevede che il MEF disponga le anticipazioni su richiesta del Dipartimento della protezione civile, nel cui ambito ora si dispone (articolo 46-octies) che tale richiesta attesti le esigenze di cassa derivanti dall'effettivo avanzamento delle spese ammissibili al contributo del FSUE ed, inoltre, si incrementa di 200 milioni di euro (da 300 a 500 milioni) l'importo massimo delle risorse anticipabili.

Misure per lo sviluppo. Tra gli interventi previsti dal decreto-legge per lo sviluppo economico e in materia di infrastrutture vengono in rilievo gli articoli da 47 a 52 sul sistema dei trasporti, nel cui ambito: si prevedono interventi sulla gestione delle reti ferroviarie regionali, con iniziative volte a rafforzarne la sicurezza ferroviaria anche mediante nuove forme di coinvolgimento di Rete Ferroviaria italiana; si dispone inoltre la riprogrammazione del 50% delle risorse disponibili in favore di Grandi Stazioni Rail per il completamento del Programma Grandi Stazioni, istituendo altresì di un Fondo (20 milioni nel 2018) per finanziare l'ammodernamento dei carri merci; si prevede il trasferimento a Ferrovie dello Stato Italiane S.p.A. delle azioni di ANAS S.p.A., mediante aumento di capitale, per un importo corrispondente al patrimonio netto di ANAS, e, con disposizione introdotta in commissione, si è intervenuti sulla norma (articolo 50) che autorizza l'ANAS S.p.A., per gli anni 2017, 2018 e 2019, a definire le controversie con le imprese appaltatrici derivanti dall'iscrizione di riserve o da richieste di risarcimento, al fine di introdurre, nelle previsioni relative alla definizione delle controversie, un apposito preventivo parere all'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), in luogo di una apposita preventiva informativa all'ANAC medesima. Sempre con riguardo all'ANAC l'articolo 52-ter modifica l'articolo 211 del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 50/16), in materia di pareri di precontenzioso attribuiti all'ANAC, aggiungendo due disposizioni con cui: - si legittima l'ANAC ad agire in giudizio contro i bandi, gli altri atti generali e i provvedimenti relativi ai contratti di rilevante impatto di qualsiasi stazione appaltante, che violino le norme in materia di contratti pubblici; - si attribuisce all'ANAC la facoltà di emettere un parere motivato avverso un provvedimento, adottato da una stazione appaltante, ritenuto gravemente lesivo delle disposizioni del Codice dei contratti pubblici, entro sessanta giorni dalla notizia della violazione. Con il successivo articolo 52-quater infine, si attribuisce all'ANAC il potere di definire con propri regolamenti l'organizzazione, il funzionamento e l'ordinamento giuridico del proprio personale, fermo restando che il trattamento economico del personale dell'Autorità non può eccedere quello definito in attuazione del piano di riordino della nuova ANAC adottato con DPCM 1 febbraio 2016. In commissione è stato altresì inserito l'articolo 52-quinquies, che prevede, al fine dell'immediato avvio dei lavori di messa in sicurezza antisismica delle autostrade A24 e A25, a favore della società concessionaria «Strada dei Parchi» che gestisce le medesime autostrade abruzzesi A24 e A25, la sospensione del versamento delle rate del corrispettivo della concessione della vigente Convenzione (art. 3, lett. c) relative agli anni 2015 e 2016, pari ciascuna rata all'importo di 55.860.000 euro, comprendente gli interessi di dilazione.

Sempre in ambito finanziario e di sviluppo si autorizza (articolo 50) il Ministero dell'economia e delle finanze a deliberare e sottoscrivere un aumento del capitale sociale fino a 300 milioni di Invitalia·Agenzia nazionale investimenti e sviluppo d'impresa, per favorire gli investimenti nel settore dei trasporti; si autorizza inoltre l'ENAV (articolo 51) a destinare alla riduzione della tariffa per i servizi di terminale una quota delle risorse relative alla fornitura dei servizi della navigazione aerea di rotta in favore del traffico civile. Nel corso dell'esame in commmissione sono state introdotte, rispettivamente agli articoli 47 e 48 dell'articolo, disposizioni volte a consentire che il collegamento ferroviario via mare con la Sicilia possa effettuarsi anche con navi veloci, ed a precisare alcuni compiti degli agenti accertatori ai fini del contrasto all'evasione tariffaria. Sono state altresì introdotte alcune disposizioni in materia di trasporto su strada mediante l'articolo 47-bis, che oltre ad operare alcune semplificazioni in materia, anche modificando talune norme del codice della strada, provvede anche a rifinanziare alcuni fondi per il settore dell'autotrasporto: 55 milioni di euro per l'anno 2017 a beneficio del comitato centrale per l'albo degli autotrasportatori, 10 milioni di euro per gli anni 2017 e 2018 per talune agevolazioni e deduzioni forfetarie, 35 milioni di euro per l'anno 2018 per l'attuazione di progetti per migliorare la catena intermodale e decongestionare la rete viaria. In tema di trasporti viene inoltre sostituito interamente l'articolo 50, introducendo, con talune modifiche dovute ad alcune circostanze nel frattempo intervenute, le norme attualmente contenute nel decreto legge n. 55 del 2017 relative alla continuità del servizio svolto da Alitalia SAI S.p.A. Viene nel contempo modificato l'articolo 66 del decreto legge in esame relativamente alla copertura finanziaria: il comma 3 del DL 55/2017 prevedeva una copertura di 300 mln € a valere sulle risorse dell'art. 50 (qui, come detto, sostituito dall'emendamento di modifica) e di 300 mln € mediante riduzione del Fondo finalizzato ad integrare le risorse iscritte in bilancio statale destinate alle garanzie prestate dallo Stato. Tale ultima copertura, per 300 mln €, risulta confermata ed introdotta pertanto all'art. 66, mentre gli altri 300 mln € vengono coperti modificando il comma 3 dell'art. 66, portando da 1.301, 9 a 1.601, 9 mln € lo stanziamento ivi previsto. Viene inoltre ridotta a 100 mln € la giacenza da detenere a fine anno sul conto corrente di tesoreria a decorrere dal 2017.

In tema di regime fiscale possono segnalarsi, all'articolo 56, la modifica la disciplina del patent box (tassazione agevolata dei redditi derivanti da alcuni beni immateriali, quali marchi e brevetti), escludendo i marchi dal novero dei beni agevolabili ed includendo invece, nel novero dei redditi che beneficiano del patent box medesimo, anche quelli derivanti dall'utilizzo congiunto di beni immateriali, a specifiche condizioni. L'articolo 57 estende alle PMI le disposizioni derogatorie alla disciplina civilistica vigenti per le startup innovative, tra cui in particolare quelle concernenti la possibilità di effettuare un'offerta pubblica delle quote sociali, anche mediante equity crowfunding, estendendo inoltre di un anno il periodo di applicazione delle regole sul rapporto di lavoro nelle startup innovative suddette; il medesimo articolo inoltre modifica la disciplina che dispone la detassazione dei redditi derivanti da investimenti a lungo termine nel capitale delle imprese effettuati da casse previdenziali e fondi pensione, modificando in direzione favorevole alla gestione dell'investimento la vigente disciplina in materia. Su tale articolo si è intervenuti in sede di commissione con diversi interventi di modifica, tra i quali si possono segnalare: consentire l'investimento nei PIR – piani individuali di risparmio, anche alle casse di previdenza e ai fondi pensione con l'applicazione del regime fiscale agevolato che ne prevede la detassazione e disporre che, per i predetti enti, gli investimenti nei PIR non sono sottoposti ai limiti quantitativi previsti dalla legge; autorizzare per il finanziamento dei centri di competenza ad alta specializzazione nell'ambito del Piano nazionale Industria 4.0, una spesa di 10 milioni di euro per l'anno 2018 e di 20 milioni di euro per l'anno 2019; l'ampliamento della durata del regime agevolativo previsto per le start-up innovative, da quattro anni a cinque anni dalla data della costituzione delle stesse; consentire ai titolari di impianti di generazione di energia elettrica, alimentati da bioliquidi sostenibili, di optare - in alternativa al mantenimento del diritto agli incentivi riconosciuti alla data di entrata in esercizio dell'impianto – per una rimodulazione degli incentivi stessi, con un incremento di questi per i primi due anni) ed una riduzione per i successivi tre. Con il successivo articolo 57-quater si interviene infine sulla disciplina dei controlli e delle sanzioni in materia di incentivi nel settore fotovoltaico, modificando l'articolo 42 del D.Lgs. n. 28/2011. Sempre riferibile al tema dello sviluppo è l'articolo 60-ter in tema di social innovation che, al fine di consentire il più adeguato ed efficace sviluppo dei progetti autorizza il Ministero dell'istruzione, a trasferire alle pubbliche amministrazioni nell'ambito delle regioni meno sviluppate, la proprietà intellettuale dei progetti di Social Innovation, nonché la proprietà dei beni strumentali e delle attrezzature realizzati e acquisiti nell'ambito degli stessi, e la relativa gestione e utilizzazione.

In sede di commissione si è poi intervenuti in materia di cartolarizzazioni mediante l'articolo 60-sexies, con cui, modificandosi la legge n. 130 del 1999 sulla cartolarizzazione dei crediti, si mira a permettere alle società cessionarie di crediti deteriorati di banche e intermediari finanziari di concedere finanziamenti volti a migliorare le prospettive di recupero di tali crediti e a favorire il ritorno in bonis del debitore ceduto, affidando in tale caso la gestione dei crediti ceduti e dei finanziamenti concessi a una banca o un intermediario finanziario autorizzato; si è altresì previsto, tra le varie disposizioni recate dal nuovo articolo, di costituire una società veicolo avente, come esclusivo oggetto sociale, il compito di acquisire, gestire e valorizzare, nell'esclusivo interesse dell'operazione di cartolarizzazione, i beni posti in garanzia dei crediti cartolarizzati.

Altra modifica in tema di disciplina del capitale d'impresa è contenuta nell'articolo 58, disciplina il trattamento tributario spettante alle somme prelevate da riserve IRI (imposta sul reddito d'impresa) in caso di fuoriuscita dal regime IRI medesimo, attribuendo ai soggetti interessati un credito d'imposta pari al 24 per cento, al fine di evitare doppie imposizioni. In materia interviene infine l'articolo 60, recante la disciplina relativa al trattamento fiscale dei proventi derivanti dall'investimento effettuato in quote del capitale o del patrimonio di società e/o fondi di investimento (OICR), da parte di dipendenti, manager o gestori delle medesime entità: la nuova disciplina qualifica i proventi medesimi come reddito di capitale, con possibile applicazione dell'aliquota del 26%, in luogo dell'aliquota marginale, in modo dal dare maggiore certezza nell'applicazione della qualificazione reddituale degli stessi.

Ulteriori norme contenute egli articoli da 61 a 63, attengono agli eventi ed alle strutture del settore dello sport, prevedendo: - interventi necessari per assicurare l'organizzazione degli eventi di sci alpino che si terranno a Cortina d'Ampezzo nel 2020-2021; - misure di natura autorizzatoria e urbanistica volte ad agevolare la finanza di progetto nell'ammodernamento degli impianti sportivi pubblici; - la concessione della garanzia dello Stato per un ammontare fino a € 97 mln, per il periodo 2017-2027, ai fini della realizzazione del progetto Ryder Cup 2022 relativamente alla parte non coperta dai contributi dello Stato. Da segnalare che l'articolo 62, in tema di impianti sportivi, è stato in più punti modificato nel corso dell'esame in commissione. Le modifiche principali riguardano l'introduzione del divieto di includere nel progetto la realizzazione di nuovi complessi di edilizia residenziale e di una disciplina di dettaglio degli immobili con destinazione d'uso non sportiva. Altre modifiche rilevanti risiedono nella previsione di un esame delle istanze concorrenti in conferenza di servizi preliminare e nella definizione dei contenuti del progetto definitivo. Viene inoltre introdotta una norma che disciplina le metrature consentite per gli spazi interni all'impianto destinati a ristorazione e vendita di articoli sportivi. Vengono infine modificate le soglie, relative alla capienza dell'impianto, utilizzate per l'applicazione delle disposizioni in materia di “esclusiva” per le attività commerciali nei pressi dell'impianto sportivo alla società sportiva utilizzatrice dell'impianto medesimo e in materia di applicazione delle regole sulle controversie.

Da ultimo, l'articolo 66 dispone ai commi 1 e 2 il rifinanziamento, rispettivamente, del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili in corso di gestione e del Fondo per interventi strutturali di politica economica (FISPE). Esso inoltre dispone, nell'ambito del complessivo quadro finanziario del provvedimento da esso risultante, la destinazione degli effetti migliorativi derivanti dal provvedimento, pari a 3,1 miliardi di euro per il 2017, al miglioramento dei saldi, al fine di garantire il raggiungimento degli obiettivi programmatici di finanza pubblica indicati nel DEF 2017.

Istruzione e cultura. L'articolo 22 prevede la possibilità per gli istituti o luoghi della cultura di interesse nazionale di avvalersi di competenze o servizi professionali attraverso il ricorso a contratti di lavoro autonomo, di natura occasionale o coordinata e continuativa, per una durata massima di 9 mesi e consente altresì il rinnovo per ulteriori 4 anni, degli incarichi di direttore degli istituti o luoghi medesimi, conferiti a seguito di procedure di selezione pubblica internazionale. Dispone inoltre, a seguito di diverse modifiche introdotte durante l'esame in commissione, l'istituzione dal 2018 di un nuovo Fondo con una dotazione finanziaria di 1 milione di euro annui - destinato principalmente a potenziare il funzionamento dei sistemi bibliotecari locali – nonché una spesa di complessivi 5 milioni per il 2017, destinata alle Soprintendenze archeologia, belle arti e paesaggio e ad altre analoghe finalità. Viene poi disposto (articolo 22-bis) l'avvio di processi di graduale statizzazione e razionalizzazione di una parte degli Istituti superiori di studi musicali non statali e delle Accademie di belle arti non statali, da definire con appositi decreti ministeriali da emanarsi nel rispetto di alcuni principi previsti dalla L. 508/1999, di riforma delle istituzioni dell'alta formazione artistica e musicale (AFAM), istituendo a tale scopo un fondo con un finanziamento di 43 milioni per il triennio 2017-2019 e 20 milioni a decorrere dal 2020. Sempre nel corso dell'esame in commissione è stato poi introdotto l'art. 22-ter, che aumenta la disponibilità del Fondo destinato all'incremento dell'organico (docente) dell'autonomia, la cui attuale dotazione finanziaria - pari a 140 milioni per il 2017 ed a 400 milioni a decorrere dal 2018 – è incrementata complessivamente di circa 1.180 milioni per gli anni dal 2017 al 2025 e di circa 185 milioni a decorrere dal 2026. L'incremento del Fondo è destinato a coprire l'onere per le retribuzioni per il personale docente a tempo indeterminato che si determinerà in conseguenza del consolidamento nell'organico delle scuole di ogni ordine e grado (c.d. organico di diritto) di 15.100 posti provenienti dall'organico di fatto. In particolare, il riferimento è alla spesa annuale per retribuzione base, ricostruzione di carriera, progressione economica e carta elettronica per l'aggiornamento e la formazione del docente di ruolo.

Oltre alla previsione, in sede di esame in commissione, di alcuni commi che contengono misure per implementare le attività culturali promosse in favore della minoranza italiana in Istria, Fiume e Dalmazia, viene inserita nell'articolo 22 una disposizione che, interpretando autenticamente una norma del decreto-legge n. 83/2014 (L. 106/2016), dispone che alla procedura di selezione pubblica internazionale per il conferimento degli incarichi di direttore di istituti e luoghi della cultura di rilevante interesse nazionale dotati di autonomia speciale, ivi prevista, non si applicano i limiti di accesso ai posti di lavoro presso le amministrazioni pubbliche per i cittadini non italiani.

Nel corso dell'esame in commissione sono inoltre stati disposti incentivi fiscali nel settore dell'editoria e delle emittenti locali, mediante l'attribuzione dal 2018 di un credito di imposta in favore di imprese e lavoratori autonomi che effettuano investimenti in campagne pubblicitarie sulla stampa quotidiana e periodica e sulle emittenti televisive e radiofoniche locali, nonché disponendo l'indizione di un bando annuale per l'assegnazione di finanziamenti alle imprese editrici di nuova costituzione, al fine di favorire la realizzazione di progetti innovativi (articolo 57-bis). Nel corso dell'esame parlamentare si è poi intervenuti (articolo 12) sul Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione, incrementando da 100 a 125 milioni di euro l'importo massimo della quota delle eventuali maggiori entrate, versate a titolo di canone di abbonamento alla televisione, destinata a confluire nel Fondo medesimo negli anni 2017 e 2018.

Sempre in tema di editoria, nel corso dell'esame in commissione si è intervenuti, con l'articolo 64-bis, sul sistema di vendita della stampa quotidiana e periodica, prevedendo tra l'altro: l'eliminazione della previsione di rilascio dell'autorizzazione da parte dei comuni per l'esercizio dell'attività di vendita da parte dei punti vendita esclusivi e non esclusivi; la definizione di una nuova disciplina per l'apertura di nuovi punti vendita anche a carattere stagionale, stabilendo, salvo talune circostanze, che essa avviene mediante segnalazione certificata di inizio attività (Scia); l'introduzione della possibilità per i punti vendita esclusivi di svolgere un'attività addizionale di distribuzione, previa Scia. Si stabilisce infine che in sede di Conferenza unificata sono individuati criteri per la liberalizzazione degli orari e dei periodi di chiusura dei punti vendita, la rimozione degli ostacoli che limitano la possibilità, per i punti di vendita esclusivi, di ampliare le categorie di beni e i servizi offerti al pubblico, e la possibilità di svolgere l'intermediazione di servizi.

Lavoro e previdenza. Tra le disposizioni che incidono in tema di lavoro e previdenza nel testo del decreto-legge, possono segnalarsi quelle dall'articolo 38, che modificano la tempistica per l'assunzione di impegni sui capitoli del bilancio dello Stato relativa ad erogazioni a favore dell'INPS, intervengono sulla disciplina sulla dismissione del patrimonio immobiliare da reddito dell'INPS ed ampliano la possibilità di rimodulare la percentuale delle risorse degli enti di previdenza che possono essere destinate alla sottoscrizione di fondi immobiliari; quelle contenute dall'articolo 53, con cui si precisano meglio le caratteristiche che devono avere determinate attività lavorative ai fini della corresponsione della cd APE sociale, nonché della applicazione della riduzione del requisito dell'anzianità contributiva in favore dei cosiddetti lavoratori precoci; l'articolo 54, che modifica la disciplina del documento unico di regolarità contributiva (DURC).

Nel corso dell'esame parlamentare è stata poi ridefinita con l'articolo 54-bis, anche in relazione alla recente soppressione dei c.d. voucher, una nuova disciplina delle prestazioni di lavoro occasionale, mediante cui vengono definite tali le attività lavorative che danno luogo nell'anno a compensi (esenti da imposizione fiscale, non incidenti sull'eventuale stato di disoccupazione e computabili ai fini della determinazione del reddito necessario per il rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno) complessivamente non superiori a: 5.000 euro per ciascun prestatore con riferimento alla totalità degli utilizzatori; 5.000 euro per ciascun utilizzatore, con riferimento alla totalità dei prestatori; 2.500 euro per prestazioni rese complessivamente da ogni prestatore in favore dello stesso utilizzatore. La norma istituisce il Libretto di famiglia, vale a dire un apposito libretto nominativo prefinanziato, acquistabile presso l'INPS o gli uffici postali, e utilizzabile per il pagamento di talune tipologie di prestazioni occasionali; definisce inoltre i limiti di reddito degli utilizzatori in relazione ai quali alcuni compensi dei prestatori sono computati al 75% dell'importo, il regime delle coperture assicurative e previdenziali del prestatore, nonché i casi di divieti di utilizzo del nuovo istituto.

Viene altresì incrementato di 58 milioni per il 2017 il Fondo per il diritto al lavoro dei disabili, con corrispondente riduzione del Fondo per il finanziamento dell'assegno di disoccupazione (articolo 55-bis), e, con l'articolo 55-ter, si prevede, quanto al contributo dovuto dai soggetti autorizzati alla somministrazione di lavoro, che gli interventi finanziati includano le misure stabilite dal contratto collettivo nazionale di lavoro dirette a garantire ai lavoratori somministrati una protezione complessiva in termini di welfare.

In tema di previdenza è stata introdotta in commissione una norma (articolo 53-bis) con il quale viene autorizzata una specifica spesa per il sostegno degli oneri derivanti dal rifinanziamento per l'accesso alla pensione di vecchiaia anticipata per i giornalisti dipendenti da aziende in ristrutturazione o riorganizzazione per crisi aziendale (previsto dall'articolo 3, comma 1, del D.Lgs. 69/2017). Da segnalare anche l'introduzione della facoltà di indirizzare le risorse destinate alla cassa integrazione guadagni straordinaria per le imprese situate nelle aree industriali di crisi complessa alla prosecuzione (senza soluzione di continuità ed a prescindere dall'applicazione di specifici criteri di concessione degli ammortizzatori) del trattamento di mobilità in deroga, fino a un periodo massimo di 12 mesi, a favore dei lavoratori che operino in tali aree (articolo 53-ter). Con l'articolo 60-quinquies, infine, viene modificata la disciplina delle forme pensionistiche complementari (D.Lgs. n. 252 del 2005) dispone che non sono ammesse azioni dei creditori del depositario e del sub-depositario (o nell'interesse degli stessi) sulle somme di denaro (la liquidità) e sugli strumenti finanziari dei fondi pensione depositate a qualsiasi titolo presso un depositario.

Altre disposizioni. Nel corso dell'esame parlamentare è stata inserita una norma (articolo 11-bis) con cui si autorizza la Corte dei conti ad avviare procedure concorsuali per assumere fino a un massimo di 25 magistrati contabili, in aggiunta alle facoltà di assunzione già previste a legislazione vigente e ferma restando la dotazione organica della Corte. Viene inoltre stabilizzata nell'ordinamento l'efficacia della disciplina della mediazione obbligatoria in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno da responsabilità medico-sanitaria e da diffamazione a mezzo stampa o con altro mezzo di pubblicità nonché contratti assicurativi, bancari e finanziari, prevedendosi nel contempo dal 2018 una relazione annuale in proposito.

In tema di accoglienza si è intervenuti (articolo 13-ter) sulla attuale disciplina della frontiera marittima nella regione Puglia, rendendo più dettagliate le modalità di rendicontazione della gestione delle risorse destinate al finanziamento degli interventi straordinari concernenti la prima assistenza dei gruppi di stranieri privi di qualsiasi mezzo di sostentamento ed in attesa di identificazione o espulsione. Sempre in ordine all'accoglienza si è autorizzato il Ministero dell'interno, a realizzare, nell'ambito delle risorse disponibili, interventi per assicurare condizioni logistiche idonee e a superare criticità igienico-sanitarie in presenza di insediamenti spontanei di stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio nazionale, anche in relazione allo svolgimento dei lavori stagionali.

Si è poi proceduto a disporre (articolo 13-quater) la sospensione dal 1° gennaio 2018 del conio delle monete da 1 a 2 centesimi destinando i relativi risparmi di spesa al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato. Mediante un intervento di modifica dell'articolo 64 si è istituito il Fondo per le mense scolastiche biologiche – presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, con una dotazione di 4 milioni di euro per il 2017 e 10 milioni di euro annui a decorrere dal 2018.

Da rammentare infine, all'articolo 46-novies, il recepimento del contenuto del decreto legge n. 54 del 29 aprile 2017 (A.C. 4451) che come è noto incrementa i dispositivi di sicurezza interna del Paese in occasione del vertice dei capi di Stato e di Governo dei Paesi del G7, che ha avuto luogo a Taormina nelle giornate del 26 e 27 maggio 2017.