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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 793 di mercoledì 10 maggio 2017

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO

La seduta comincia alle 9,30.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

GIOVANNI SANGA, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

  (È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alfreider, Artini, Bellanova, Matteo Bragantini, Caparini, Causin, Dambruoso, Dellai, Di Gioia, Epifani, Fico, Gregorio Fontana, Giancarlo Giorgetti, Giorgis, Locatelli, Losacco, Marazziti, Marcon, Marotta, Monchiero, Pisicchio, Portas, Rampelli, Realacci, Rossomando, Schullian, Tabacci e Turco sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente centodiciassette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 9,34).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento. Sospendo pertanto la seduta, che riprenderà alle ore 9,55.

La seduta, sospesa alle 9,35, è ripresa alle 10.

Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 2 maggio 2017, n. 55, recante misure urgenti per assicurare la continuità del servizio svolto da Alitalia S.p.A. (A.C. 4452) (Esame e votazione di una questione pregiudiziale).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della questione pregiudiziale Allasia ed altri n. 1 (Vedi l'allegato A), presentata al disegno di legge n. 4452: Conversione in legge del decreto-legge 2 maggio 2017, n. 55, recante misure urgenti per assicurare la continuità del servizio svolto da Alitalia S.p.A.

Avverto che, a norma del comma 3 dell'articolo 40 e del comma 3 dell'articolo 96-bis del Regolamento, la questione pregiudiziale può essere illustrata per non più di dieci minuti da uno solo dei proponenti. Potrà altresì intervenire un deputato per ognuno degli altri gruppi per non più di cinque minuti.

(Esame di una questione pregiudiziale – A.C. 4452)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame della questione pregiudiziale presentata (Vedi l'allegato A).

Il deputato Stefano Allasia ha facoltà di illustrare la sua questione pregiudiziale n. 1.

STEFANO ALLASIA. Grazie, Presidente. Grazie al Governo.

Onorevoli colleghi, il provvedimento di conversione in legge n. 55 del 2 maggio 2017, recante misure urgenti per assicurare la continuità del servizio svolto da Alitalia S.p.A., presenta profili di incompatibilità con diverse norme costituzionali e con la giurisprudenza costituzionale, che è intervenuta ripetutamente in merito a circostanze che rendano ammissibile o meno l'utilizzo dello strumento del decreto-legge.

Il decreto-legge in esame, che conferma l'intervento dello Stato nella gestione Alitalia attraverso la procedura di amministrazione straordinaria, è contrario a quanto disposto dall'articolo 41 della Costituzione, che sancisce la libertà dell'iniziativa economica privata, profilandosi una sorta di statalizzazione della società, che vede lo Stato invadere la sfera del privato. Infatti, la procedura di amministrazione straordinaria delle imprese in stato di insolvenza nasce per la ristrutturazione o vendita delle imprese a partecipazione pubblica o operanti nel settore dei servizi pubblici essenziali, ma l'intervento su Alitalia è un esproprio nella gestione della proprietà attraverso l'intervento generale dello Stato nel settore privato.

La dichiarazione dello stato di emergenza dovrebbe, inoltre, servire per periodi brevi, altrimenti comporta una stabilizzazione dell'emergenza, che costituisce una forzatura del sistema democratico del governo del Paese.

Invece, dal 2008 ad oggi, lo Stato, riconoscendo la condizione di crisi della società di bandiera, ha avuto un'ingerenza forte in numerose occasioni, con diversi interventi, elargendo dal 2008, anno del primo prestito ponte di 300 milioni di euro, fino al 2014, anno dell'ingresso per il 49 per cento di Etihad e la nascita della nuova Alitalia svincolando dallo Stato, una somma pari a 4,1 miliardi di euro, escludendo l'attuale prestito ponte di 600 milioni.

Nel medesimo arco temporale, il nostro Paese ha vissuto una delle crisi economiche più rilevanti dell'ultimo secolo e i Governi che si sono succeduti hanno scelto di destinare ingenti risorse economiche per il risanamento dell'Alitalia, anche dopo la sua completa privatizzazione e la consistente partecipazione azionaria della compagnia aerea di bandiera degli Emirati Arabi.

È evidente che la deliberata scelta di destinare sistematicamente ingenti risorse pubbliche, distogliendo da interventi mirati a far uscire il nostro Paese dalla crisi economica, presenta profili di criticità rispetto ai principi costituzionali sanciti da oltre dieci articoli della Costituzione.

Tale ingerenza statale, che perdura da un decennio, snatura le caratteristiche straordinarie di necessità e urgenza dell'intervento governativo, ai sensi dell'articolo 77 della Costituzione, e non si presenta risolutiva delle problematiche legate all'Alitalia, tanto più che la gestione dell'emergenza attraverso l'adozione di regimi commissariali, anziché accelerare la messa in atto di azioni concrete, in molti casi ha ritardato la soluzione del problema.

La prassi legislativa del ricorso continuo e reiterato all'uso della decretazione d'urgenza, che è stata più volte censurata dalla Corte costituzionale, svuota e mortifica il ruolo del Parlamento, in contrasto ai dettami dell'articolo 70 della Costituzione, che affida alle due Camere l'esercizio di una funzione pubblica.

Per tali motivi chiediamo che l'Aula si esprima sul disegno di legge in esame, il cosiddetto decreto Alitalia. Grazie.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Paolo Nicolò Romano. Ne ha facoltà.

PAOLO NICOLO' ROMANO. Grazie Presidente. Avevamo lasciato, appena due anni fa, Alitalia nelle mani dell'ex Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, che con esultanza ci invitava ad allacciare le cinture perché Alitalia decollava veramente. Abbiamo tutti visto invece come, al contrario, Alitalia sia precipitata verso l'abisso del suo ennesimo fallimento. Purtroppo, per quanta enfasi si possa mettere nelle parole, se a governare aziende ci lasci gli stessi che l'hanno depauperate in tutti questi anni difficilmente le cose possono migliorare.

Il MoVimento 5 Stelle, fin dal principio, ha avanzato dubbi sull'ingresso degli arabi di Ethiad nell'azionariato di Alitalia e quello che sta emergendo sulla stampa ci sta purtroppo dando ragione. Ma non è questo il momento per una disamina delle criticità di questa ennesima occasione persa per Alitalia e per l'intero Paese, avremo il tempo di affrontare le responsabilità dei manager non solo inadeguati, come lo stesso Ministro Calenda ha riconosciuto, ma profondamente corrotti, su cui chiederemo alle autorità competenti di fare luce; infatti, a breve, presenteremo degli esposti contro chi ha gestito Alitalia in questi ultimi due anni, determinando il disastro che è sotto gli occhi di tutti.

Ma andiamo alla questione pregiudiziale posta dalla Lega Nord. Il MoVimento 5 Stelle, pur restando critico sul decreto, si asterrà in quanto non ravvisiamo motivi di incostituzionalità. Resteremo comunque vigili affinché questi seicento milioni non servano a procrastinare la soluzione dei problemi di Alitalia con il solo scopo di prendere tempo per scavallare la prossima tornata elettorale.

Concludo dicendo che mi fa sorridere che la Lega Nord, che adesso è all'opposizione, stia facendo le barricate contro una prestito ponte di seicento milioni, che serve esclusivamente a non lasciare a terra a persone che hanno già pagato il biglietto e a non lasciare a casa il personale che sta pagando per colpa delle scellerate scelte del management di Alitalia. La Lega deve avere l'onestà intellettuale di ricordare agli italiani che quando nel 2008 fu al Governo con Berlusconi, non solo acconsentì al prestito ponte di 300 milioni di euro per salvare l'allora Alitalia, ma approvò un emendamento che scaricò questi 300 milioni di euro di prestito sulle spalle dell'intera collettività nazionale.

Come se non bastasse, avete consentito anche di regalare una compagnia ripulita di debiti ai cosiddetti capitani coraggiosi, scaricando tutte le passività, e qui parliamo di più di 7 miliardi di euro, non 600 o 300 milioni, sulle spalle di tutti i contribuenti italiani. Quindi, mi sembra assurdo che adesso vi ergiate a paladini difensori dei contribuenti italiani (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il collega Alberto Giorgetti. Ne ha facoltà.

ALBERTO GIORGETTI. Grazie Presidente. Forza Italia si asterrà su questa pregiudiziale di costituzionalità legata al varo del prestito ponte per consentire la vita di Alitalia fino all'ottobre 2017. Si asterrà perché ritiene che comunque Alitalia abbia una valenza fondamentale per il trasporto nazionale, come compagnia di bandiera, evidentemente punto di riferimento tra le compagnie di bandiera nel mondo. Una realtà su cui la nostra parte politica ha lavorato in modo rilevante negli anni scorsi ritenendo che fosse una priorità del Paese, una priorità che noi andiamo a ribadire anche oggi essere fondamentale nella prospettiva di uno sviluppo, che il nostro Paese non ha agganciato, degno di questo nome.

Però, è altrettanto vero che le nostre perplessità su questo prestito ponte sono basate su elementi di natura tecnica, di merito e di natura politica. Natura tecnica perché un prestito ponte di seicento milioni così rilevante, in questa fase storica, nei rapporti con l'Europa, e con una condizione complessiva che penalizza i nostri conti pubblici che stiamo correggendo per uno 0,2 per cento di punti rispetto agli errori fatti dal Governo nelle leggi di bilancio, è una tegola pesante per i nostri cittadini, è una tegola pesante nel rapporto con l'Europa. Si va a chiedere la flessibilità da una parte e dall'altra non si riesce a gestire anche l'ordinario, come dovrebbe essere, di una compagnia di bandiera rispetto alla quale il monte complessivo del debito è spaventoso.

Non dobbiamo dimenticare che oltre 3 miliardi di euro sono la cifra che ha portato verso l'amministrazione straordinaria questa azienda. Ed è altrettanto evidente che questi 600 milioni oggi portati in Europa alla valutazione per il cosiddetto intervento ponte sono un peso che si aggiunge in modo significativo a tutto quello che in questo momento coinvolge in termini di debito il nostro Paese. È un elemento grave di giudizio relativamente alla vigilanza in questi mesi, perché arrivare a un debito così elevato dimostra che il nostro Governo è stato disattento, superficiale, particolarmente capace di fare comunicazione, ma poco concreto nell'individuare un percorso aziendale che fosse degno di questo nome. Basti pensare che il Governo Renzi, e Renzi stesso, nel momento in cui è stato fatto l'accordo nel 2014 con Etihad, hanno annunciato a noi cittadini con trionfalismo, vista la situazione di Alitalia, di prepararsi con le cinture, perché vi era una prospettiva di garanzia certa sulla tenuta nel tempo di una capacità manageriale e gestionale che avrebbe garantito all'azienda un futuro solido, un futuro di crescita. Così non è avvenuto, com'è evidente agli occhi di tutti, come è evidente all'Europa, com'è evidente alle compagnie internazionali che in questo momento ritrovano un'Alitalia in condizioni di grave difficoltà con i problemi che sono qui ricordati. Un fallimento pesante dal punto di vista del rapporto con i sindacati che hanno evidentemente decretato in qualche modo la loro fine di credibilità, addirittura con quell'iniziativa sul referendum, per cui non c'è stata possibilità (non c'è evidentemente una visione di lungo periodo) per riuscire ad immaginare una prospettiva degna di questo nome.

Perciò il nostro voto, Presidente, sarà un voto di astensione consapevole. Astensione perché non siamo d'accordo nella fine di Alitalia immediata, perché riteniamo che possa avere una prospettiva che possa rilanciare lo sviluppo e la rete dei trasporti a livello internazionale per il nostro Paese. Dall'altra parte, riteniamo che tutte le strategie del Governo, compresa quest'ultima, meritino un punto di caduta che oggi non si intravede. Non si riesce a intravedere nel decreto quella che è la prospettiva aziendale dell'Alitalia, non si riesce a intravedere da chi sta gestendo questa situazione oggi, un approdo che ci motivi in qualche modo a discutere in modo più serio la prospettiva di Alitalia ed eventualmente a partecipare a questo tipo di dibattito per cercare di garantire uno scenario che oggi purtroppo non si riesce in alcun modo a intravedere.

Quindi, per questi motivi, il nostro è un atteggiamento di profondo dubbio, pur non volendo che l'azienda fermi le macchine, abbiamo necessità di chiarezza e ci attendiamo chiarezza da parte del Governo su una prospettiva strategica, operativa e aziendale, che non sperperi i soldi dei cittadini, ma che dia credibilità nel tempo e forza a questa azienda per potersi rilanciare in modo adeguato. Per questo Forza Italia si asterrà sulla pregiudiziale presentata dai colleghi della Lega (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il collega Brandolin. Ne ha facoltà.

GIORGIO BRANDOLIN. Grazie Presidente. Questo disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 55 del 2017 reca - lo ricordo -: misure urgenti per assicurare continuità del servizio svolto da Alitalia.

Rimanendo nel merito della questione pregiudiziale, ricordo relativamente all'utilizzo del decreto-legge che per la nostra Costituzione presupposto necessario affinché il Governo possa legittimamente adottare decreti-legge è il ricorre dei casi straordinari di necessità e di urgenza. Nel caso in esame, ovviamente, tali presupposti sono costituiti dalla gravissima situazione finanziaria di Alitalia: 3 miliardi di debiti. La situazione della società è tale da impedire l'adempimento delle semplici obbligazioni correnti comprese quelle funzionali all'esercizio dell'attività di collegamento aereo. La cassa potrebbe esaurirsi in brevissimo tempo senza che la società possa acquisire beni e servizi con pagamento immediato o possa costituire depositi. Questa situazione si è già verificata: non appena è stata diffusa la notizia della richiesta da parte dell'Alitalia di ammissione a procedure di amministrazione straordinaria, la IATA ha chiesto alla società la costituzione e il pagamento di un deposito a garanzia della continuità delle obbligazioni assunte nell'ambito dei sistemi di regolazione internazionale dei rapporti economici con i vari vettori per far volare gli aerei. Il 2 maggio Alitalia ha proceduto al pagamento della prima tranche del valore di 30 milioni di euro.

Secondo le previsioni di Alitalia, le esigenze finanziarie per il semestre maggio-ottobre 2017 sono pari a 597 milioni di euro. In tale situazione si rende indispensabile un finanziamento statale per garantire la disponibilità del circolante necessario a far volare gli aerei, senza la quale l'attività di trasporto esercitata da Alitalia dovrebbe essere interrotta nei prossimi giorni. L'istanza di ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria ha fatto seguito, come si sa, all'esito negativo della consultazione dei lavoratori sull'accordo che è stato raggiunto il 14 aprile. L'assemblea degli azionisti ha preso atto dell'esito del referendum e il consiglio di amministrazione, considerata la grave situazione economica, patrimoniale e finanziaria della società nonché il venir meno del supporto di soci e l'impraticabilità in tempi brevi di soluzioni alternative, ha deciso, all'unanimità, di presentare l'istanza di ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria.

Entrando nel merito della violazione dell'articolo 41 della Costituzione presente nella questione pregiudiziale, ricordo che l'articolo disciplina l'iniziativa economica privata stabilendo che essa è libera. Poiché nel successivo articolo 42 i costituenti hanno precisato che la proprietà è pubblica o privata, questo significa che allo Stato e agli enti pubblici non è assolutamente vietato dalla Costituzione intervenire nell'attività economica (basta andare a leggere il terzo comma dell'articolo 41 e l'articolo 43 della Costituzione). L'attività pubblica è stata pensata dal costituente come integrativa e complementare rispetto a quella privata.

Entrando, poi, nel merito del decreto, la disciplina generale di amministrazione straordinaria contenuta nella cosiddetta “legge Prodi-bis” in cui si è innestata la procedura speciale della cosiddetta “legge Marzano” per determinate categorie di imprese, è stata già applicata all'Alitalia dal governo Prodi prima e poi dal Governo Berlusconi. Nel 2008 sono stati varati ben tre decreti-legge sempre per far fronte alla crisi di Alitalia. Lo stesso decreto-legge n. 80 del 2008 aveva previsto l'erogazione di un prestito a breve termine pari, all'epoca, a 300 milioni. Inoltre, la nostra Costituzione all'articolo 43 prevede che ai fini di utilità generale la legge possa perfino trasferire mediante espropriazione e salvo indennizzo allo Stato ad enti pubblici e a comunità di lavoratori o di utenti imprese che gestiscono servizi pubblici essenziali di preminente interesse generale. Non è questo il nostro caso; l'ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria è avvenuta su richiesta dell'imprenditore, a seguito di istanza motivata e corredata di adeguata documentazione. All'istanza ha fatto seguito l'ammissione immediata alla procedura di amministrazione straordinaria con decreto del MISE, che ha determinato lo spossessamento del debitore (non l'esproprio). Si tratta di una serie di adempimenti finalizzati alla ristrutturazione e salvaguardia del valore economico e produttivo dell'impresa e alla tutela dei risparmiatori. Inoltre, come ha ricordato il Ministro Calenda in audizione, si sottolinea che verrà data priorità ad una partnership industriale più che finanziaria. Il prestito di 600 milioni, notificato tempestivamente alla Commissione europea, rispetta pienamente i limiti indicati dalla stessa ed è concesso non per una ristrutturazione a medio termine - cinque anni - ma per una vendita o una ristrutturazione da realizzare in coerenza con la disciplina europea, nell'intento di migliorare nell'immediato il conto economico.

Ricordo che il decreto-legge stabilisce, inoltre, che l'amministrazione straordinaria dovrà provvedere in prededuzione - che significa, quindi, anteponendola agli altri debiti della procedura - alla restituzione entro sei mesi dell'importo erogato dei 600 milioni, oltre agli interessi maturati. Ecco, quindi, che questo importo entrerà di nuovo nel bilancio dello Stato e per 300 milioni, in particolare, nel Fondo ammortamento dei titoli di Stato.

Per tutti questi motivi il gruppo del PD voterà contro su questa questione pregiudiziale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il collega Stefano Fassina. Ne ha facoltà.

STEFANO FASSINA. Grazie, Presidente. Approvare la pregiudiziale di costituzionalità presentata dalla Lega Nord vorrebbe dire distruggere le residue possibilità di salvare un'attività di interesse nazionale, un servizio pubblico. Vorrebbe dire colpire attività economiche importanti dirette e indirette.

Vorrebbe dire colpire e mettere in condizione di disoccupazione decine di migliaia di lavoratrici e di lavoratori non solo, appunto, di Alitalia, ma anche dell'indotto, non solo a Roma, ma in tutto il nostro Paese.

Quindi, è difficile comprendere le ragioni della questione pregiudiziale che è stata presentata, anche perché, come è stato già ricordato, una delle ragioni dell'attuale condizione fallimentare di Alitalia sta nel 2008, in quel mancato accordo che si prospettava con Air France KLM e il ricorso, a fini puramente elettorali, alla soluzione dei cosiddetti “capitani coraggiosi”, portata avanti dall'allora Premier Silvio Berlusconi, nella cui maggioranza, appunto, sedeva anche la Lega Nord.

E poi lasciatemi dire anche che trovo singolare che, da una parte, onorevoli della Lega Nord partecipino all'assemblea dei lavoratori a Fiumicino e al consiglio comunale straordinario a Fiumicino e si impegnino per il salvataggio di Alitalia, anche attraverso risorse pubbliche, e poi qui marciano in direzione contraria.

Va precisato, innanzitutto, che siamo di fronte a un finanziamento a titolo oneroso, tra l'altro molto oneroso, perché, entro sei mesi, devono essere restituiti, oltre ai 600 milioni, anche gli interessi, che sono pari all'euribor più 1.000 punti base. Quindi, non sono sperperate risorse dei contribuenti, ma c'è un'esigenza, appunto, di intervenire per evitare danni di gran lunga maggiori, sui quali ovviamente ci sono responsabilità da mettere sul tavolo: c'è la responsabilità del management e c'è da capire il comportamento, assolutamente assurdo, che ha avuto Etihad, ma c'è anche da valutare la responsabilità del Governo Renzi, che, quando Etihad rilevava il 49 per cento delle azioni della nuova Alitalia, celebrava l'evento come la svolta definitiva.

A nostro avviso, il decreto che è stato presentato è inadeguato, ma per difetto e non per eccesso: non perché è un'ingerenza, non perché è un esproprio, ma perché non basta. Siamo in una situazione in cui, se vogliamo dare una strategia di potenziale continuità e, magari, anche di sviluppo ad Alitalia, l'ingresso dello Stato nell'azionariato avrebbe dovuto essere significativo e accompagnare la ricerca di partnership industriali e strategiche per consentire, appunto, di colmare quella carenza che poi ha portato, nel giro di due anni dopo l'ingresso di Etihad, alla crisi di questi giorni.

Quindi, manca da parte del Governo un'assunzione di responsabilità ed è inaccettabile che, anche nella relazione che accompagna il decreto, si individuino i lavoratori e le lavoratrici che hanno votato “no” al referendum come corresponsabili dell'amministrazione straordinaria alla quale oggi si arriva.

Quelle lavoratrici e quei lavoratori hanno detto “no” perché non c'era e non c'è un piano industriale, non per indisponibilità a fare sacrifici, ma perché, come è noto, ne hanno già fatti molti in questi anni.

Allora, il decreto - ma poi ne discuteremo quando verrà in Aula e in Commissione - va cambiato affinché ci possa essere una presenza dello Stato nel capitale per rilanciare e rivitalizzare un asset che è importante per il nostro Paese, sia direttamente sia per le attività commerciali e per le attività turistiche che esso consente di sviluppare (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il collega Franco Bordo. Ne ha facoltà.

FRANCO BORDO. Grazie, Presidente. Con decreto del Ministero dello sviluppo economico, il 2 maggio 2017, è stata disposta l'apertura della procedura di amministrazione straordinaria e la nomina del collegio commissariale della società Alitalia - Società Aerea Italiana Spa.

Il decreto, richiamato anche nella relazione illustrativa al provvedimento in esame, ha disposto l'ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria della società, ai sensi della cosiddetta “legge Marzano”, a seguito dell'istanza depositata il 2 maggio dalla società stessa, nella quale si evidenzia la seguente situazione patrimoniale, aggiornata al 28 febbraio 2017: un numero di dipendenti pari a oltre 11 mila unità, un'esposizione debitoria complessiva pari a circa 3 miliardi di euro, superiore alle soglie minime di legge, lo stato di insolvenza della società, con passività correnti per circa 2,3 miliardi, a fronte di attività correnti per euro 921 milioni.

Come è evidente, si tratta di una contingenza particolarmente straordinaria, che impone allo Stato di intervenire sulla base della salvaguardia di alcuni principi di rango costituzionale, che non dovrebbero essere sottovalutati, nemmeno dai colleghi della Lega Nord.

Il primo riguarda il mantenimento della connettività territoriale del Paese attraverso un servizio di trasporto aereo efficiente e capace di arrivare capillarmente in tutte le aree del Paese. Il secondo riguarda la salvaguardia di quei 4 milioni di clienti che hanno già acquistato biglietti Alitalia e che vanno economicamente tutelati. Anche questo è un principio economico di primaria importanza da tutelare. Non si tratta di nessuna ingerenza statale, ma di garantire diritti essenziali.

La vicenda Alitalia, purtroppo, in queste ultime settimane è stata affrontata sulla base della lotta politica, della contingenza di uno scontro pre-elettorale, che certamente non fa bene alle migliaia di lavoratori della compagnia aerea che rischiano il posto di lavoro, né tantomeno agli utenti del trasporto aereo, così come al sistema economico del nostro Paese.

Ecco che sarebbe opportuno per tutti, soprattutto per il Parlamento, evitare le chiacchiere da bar e leggere le carte. Cosa ci dicono, infatti, le carte? La statalizzazione della società è chiaramente esclusa dalla stessa disciplina evidenziata dal decreto-legge, che, al contrario, guarda, attraverso il lavoro che svolgeranno i commissari, al mercato degli operatori del trasporto aereo, nazionali o internazionali che siano.

Il comma 2 dell'articolo 1 prevede, infatti, che i commissari straordinari, al fine della predisposizione del programma di amministrazione straordinaria, provvedono ad un invito per la raccolta di manifestazioni di interesse, finalizzata alla definizione della procedura di amministrazione straordinaria e, sulla base di indirizzi alternativi ammissibili, a un programma di ristrutturazione o a un programma di cessione dei complessi di beni e contratti sulla base di un programma di prosecuzione dell'esercizio dell'impresa.

Le conseguenti procedure dovranno essere espletate entro sei mesi dalla concessione del finanziamento. Entro sei mesi, quindi, non un intervento permanente dello Stato in Alitalia, ma un'operazione di commissariamento, ahimè, necessaria, che ha precisi limiti di intervento.

Il decreto-legge dispone un finanziamento a titolo oneroso di 600 milioni di euro, della durata di sei mesi, che il Ministero dello sviluppo economico, con proprio decreto da adottare di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, erogherà a favore di Alitalia.

L'erogazione del prestito è prevista per fare fronte alle indilazionabili esigenze gestionali della società stessa e delle altre società del gruppo sottoposte ad amministrazione straordinaria, al fine di evitare l'interruzione del servizio, con particolare riferimento ai collegamenti aerei svolti sul territorio nazionale, ivi compresi quelli coperti da onere di servizio pubblico, nonché per ciò che concerne la continuità dei rapporti internazionali tra vettori.

L'auspicio è che i commissari lavorino per individuare una soluzione industriale che sappia garantire tutti i livelli occupazionali coinvolti, che sappia dare uno sviluppo, un nuovo sviluppo, alla compagnia di bandiera, anche con il coinvolgimento di un operatore del trasporto aereo di caratura internazionale.

Sulla base di queste considerazioni, il gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista esprime voto contrario alla pregiudiziale di costituzionalità (Applausi dei deputati del gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il collega Vincenzo Garofalo. Ne ha facoltà.

VINCENZO GAROFALO. Grazie, Presidente. Il nostro gruppo parlamentare, Alternativa Popolare, voterà contro la pregiudiziale presentata al decreto-legge recante misure urgenti per assicurare la continuità del servizio svolto da Alitalia. Voterà contro intanto perché questo è un intervento assolutamente consentito in tema di legislazione europea sugli aiuti di Stato. E voterà contro perché è un intervento diretto per salvaguardare l'operatività della società Alitalia.

Voterà contro perché l'impiego della “legge Marzano” è assolutamente legittimo e, così come illustrerò in seguito, i 600 milioni di euro previsti come prestito per la società dovranno essere restituiti con gli interessi maturati entro sei mesi dalla erogazione.

Noi ricordiamo pure che questa procedura è stata già utilizzata altre volte, come è stato ricordato dai colleghi. Possiamo citare due casi molto importanti di aziende private, come Parmalat e Ilva. Possiamo anche sottolineare che questa procedura di amministrazione straordinaria è prevista dalla legge e pertanto è pienamente operativa al fine di salvaguardare e risolvere situazioni di crisi aziendali. L'amministrazione straordinaria consentirà pertanto ad Alitalia di continuare a operare, di assicurare la gestione operativa per sei mesi, tempo necessario per potere presentare una proposta di soluzione definitiva, salvaguardando l'azienda, i creditori e i lavoratori.

Sottolineiamo che questo decreto-legge prevede l'erogazione di un finanziamento di 600 milioni per permettere la prosecuzione dei servizi anche al fine di evitare, come dicevo prima, disagi e penalizzazioni agli utenti, che si verificherebbero certamente nel caso di interruzione immediata degli stessi collegamenti.

Si tratta, in sostanza, di un decreto-legge pienamente in linea con i criteri previsti dall'articolo 77 della Costituzione, criteri che assicurano la straordinarietà e l'urgenza dell'intervento normativo, che sono insiti, tra l'altro, nelle stesse azioni intraprese per evitare le interruzioni dei servizi, come ho detto prima, di collegamenti aerei, ed evitare, appunto, che l'azienda non possa continuare a operare.

L'amministrazione straordinaria è prevista dalla legge come procedura concorsuale diretta alla conservazione del patrimonio produttivo tramite prosecuzione, riattivazione e riconversione dell'attività imprenditoriale. L'amministrazione straordinaria permetterà, quindi, agli stessi amministratori di accertare rapidamente l'orientamento del mercato - tra l'altro, già sono stati previsti rapidissimi interventi - e formulare un programma diretto a definire le successive azioni, che non sono quelle della statalizzazione.

Risulta, pertanto, chiaro che non esiste alcuna violazione dell'articolo 41 della Costituzione, che prevede, ovviamente, la libertà di iniziativa economica, ma, al contrario, stiamo parlando di un intervento previsto da una legge pienamente operativa e rispettoso dei principi europei sugli aiuti di Stato.

Ciò consentirà - cerco di arrivare alla conclusione - di salvaguardare questa società e tutelare sia i lavoratori che gli utenti, in considerazione anche dei disagi gravi che deriverebbero dall'interruzione immediata del servizio svolto dalla compagnia Alitalia, ma nel merito del decreto-legge interverremo quando sarà esaminato il testo dall'Aula.

Per tutto quanto esposto e per quanto detto prima, ribadisco il voto assolutamente contrario del gruppo Alternativa Popolare.

PRESIDENTE. Sono così esauriti gli interventi sulla questione pregiudiziale.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla questione pregiudiziale Allasia ed altri n. 1.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 1).

Seguito della discussione del disegno di legge: Delega al Governo in materia di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza (Già articolo 15 del disegno di legge n. 3671, stralciato con deliberazione dall'Assemblea il 18 maggio 2016) (A.C. 3671-ter-A); e dell'abbinata proposta di legge: Abrignani ed altri (A.C. 865) (ore 10,34).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 3671-ter-A: Delega al Governo in materia di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza (Già articolo 15 del disegno di legge n. 3671, stralciato con deliberazione dall'Assemblea il 18 maggio 2016); e dell'abbinata proposta di legge n. 865.

Ricordo che nella seduta del 21 aprile si è conclusa la discussione sulle linee generali e il relatore e il rappresentante del Governo hanno rinunciato a intervenire in sede di replica.

(Esame degli articoli - A.C. 3671-ter-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del disegno di legge, nel testo della Commissione.

Le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso i prescritti pareri (Vedi l'allegato A), che sono in distribuzione.

Avverto che, fuori della seduta, gli emendamenti Ricciatti 2.6 e Camani 2.9 sono stati ritirati dalle presentatrici.

(Esame dell'articolo 1 - A.C. 3671-ter-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A).

Se nessuno chiede di intervenire, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

GIANLUCA BENAMATI, Relatore. Presidente, all'articolo 1 abbiamo due emendamenti, l'emendamento Da Villa 1.1 e l'emendamento Civati 1.2. Per l'emendamento Da Villa 1.1 parere favorevole, per l'emendamento Civati 1.2 invito al ritiro o parere contrario.

PRESIDENTE. Il Governo?

TERESA BELLANOVA, Vice Ministra dello Sviluppo economico. Parere conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Da Villa 1.1, con il parere favorevole della Commissione e del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 2).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Civati 1.2, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 3).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1, nel testo emendato.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 4).

(Esame dell'articolo 2 - A.C. 3671-ter-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 2 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A).

Se nessuno chiede di intervenire, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

GIANLUCA BENAMATI, Relatore. Presidente, do i pareri riservandomi successivamente eventualmente di motivarli a richiesta.

Emendamento Allasia 2.3, parere contrario. Emendamento Da Villa 2.4, parere favorevole. Emendamento Allasia 2.5, parere contrario. Emendamento Allasia 2.8, parere contrario. Emendamento Da Villa 2.7, parere contrario. Emendamento Camani 2.15, parere favorevole. Emendamento Da Villa 2.10, parere favorevole. Emendamento Da Villa 2.11, parere contrario.

Qui mi risultano alcuni ritirati, Presidente: sentivo nel suo…

PRESIDENTE. Sì. L'emendamento Civati 2.1 c'è ancora, è l'emendamento Ricciatti 2.6 che è ritirato.

GIANLUCA BENAMATI, Relatore. Emendamento Civati 2.1, invito al ritiro o parere contrario.

PRESIDENTE. E anche qui, solo l'emendamento Civati 2.2 sopravvive.

GIANLUCA BENAMATI, Relatore. Lo stesso dell'emendamento Civati 2.1: emendamento Civati 2.2, invito al ritiro o parere contrario.

Per gli identici emendamenti Sarti 2.12, Camani 2.13 e Allasia 2.14, parere favorevole.

PRESIDENTE. Il Governo?

TERESA BELLANOVA, Vice Ministra dello Sviluppo economico. Parere conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 2.3 Allasia, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 5).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 2.4 Da Villa, con il parere favorevole della Commissione e del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 6).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 2.5 Allasia, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 7).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 2.8 Allasia, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 8).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 2.7 Da Villa, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 9).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 2.15 Camani, i pareri sono favorevoli.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 10).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 2.10 Da Villa, i pareri sono favorevoli.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Saluto intanto docenti e studenti dell'Istituto Ettore Majorana di Roma, che seguono i nostri lavori (Applausi).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 11).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 2.11 Da Villa, i pareri sono contrari.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 12).

Passiamo all'emendamento 2.1 Civati, i pareri sono contrari.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Airaudo. Ne ha facoltà.

GIORGIO AIRAUDO. Grazie, Presidente. Francamente, attraverso lei vorremmo capire perché viene chiesto il ritiro e si dà un parere contrario a questo emendamento - e questo intervento vale anche per l'l-bis, nel caso questo non venisse accolto -, che propone la cosa più ovvia e più semplice da fare, cioè tutelare l'occupazione nei casi di amministrazione straordinaria. Chiunque abbia affrontato casi di questo tipo sa che il valore che resta in quelle imprese sottoposte ad amministrazione straordinaria è il valore, la professionalità e la competenza degli uomini e delle donne che vi lavorano. L'idea che non si preveda che si tuteli innanzitutto l'unico valore che hanno quelle aziende, perché l'unico interesse che possono avere è nella professionalità e nelle conoscenze di quelle forze lavoro, è francamente inspiegabile. Si ha molto la sensazione di come si è fatto, purtroppo, a lato del Jobs Act, con la riduzione degli ammortizzatori in riferimento ai fallimenti, cioè si vogliano liberare i brand, i marchi, gli immobili, scaricando i lavoratori senza protezione sociale. E devo dire che mi colpiscono anche quei ragionamenti che vengono sussurrati, cioè sul fatto che la Ragioneria ci direbbe che non ci sarebbero le coperture. Francamente, se non c'era copertura per difendere l'occupazione, i posti di lavoro e quell'attività industriale che si difendono sui corpi, sulla storia, sul cervello degli uomini e delle donne che vi lavorano, per cos'altro volete trovare i soldi? Allora, noi pensiamo che questo emendamento sia il minimo sindacale, lo dico sinceramente, sia il “sei politico” per qualunque iniziativa voglia volgere a tutelare le imprese che vanno in amministrazione straordinaria attraverso gli uomini e le donne che vi lavorano, non attraverso gli interessi e gli affari che ci si possono fare sopra. Quindi noi ci auguriamo che venga cambiato il parere o che, comunque, l'Aula faccia cambiare il parere.

GIANLUCA BENAMATI, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANLUCA BENAMATI, Relatore. Sì, Presidente, come promesso, motivo i pareri, quando necessario. In questo caso ci sono due emendamenti simili, che ricopiano, nel caso dell'emendamento 2.1, un emendamento che è stato prima accettato e poi espunto dal testo della Commissione per un parere contrario della Commissione bilancio, e devo dire che quanto ho sentito si sarebbe evitato se ci fosse stata una partecipazione attenta ai lavori della Commissione, che sono stati molto approfonditi.

Nessuno sussurra nulla, nel senso che l'idea di incrementare le salvaguardie per i lavoratori che fanno parte di aziende in amministrazione straordinaria è stata condivisa da tutti i gruppi politici e dal Governo.

Nello specifico, ricordo con precisione che i lavoratori delle aziende in amministrazione straordinaria godono del regime dell'articolo 7, comma 10-ter, della legge n. 263 del 1993 che copre, con la cassa di integrazione, le attività connesse al percorso del commissario. Successivamente, con questo emendamento, che era stato inserito e che, poi, ha ricevuto un parere negativo della Commissione bilancio in termini di difficile quantificazione e di coperture, la questione riguarda i due anni e i periodi successivi per l'esercizio degli obblighi connessi alla vendita.

Da questo punto di vista, faccio presente che le formulazioni, appunto, si fermano di fronte al fatto che questo è un provvedimento di delega, che avrà una precisa quantificazione degli oneri quando il legislatore delegato avrà stabilito le questioni di dettaglio, ma la Commissione medesima, nelle sue sedute, ha sempre ritenuto essenziale aumentare queste guarentigie.

Proprio per questo, si è richiesto, a fronte di due pareri negativi della Commissione bilancio, la predisposizione di due ordini del giorno; di un ordine del giorno da parte dei gruppi - alcuni lo hanno presentato in maniera simile -, che fa proprio il contenuto di questi emendamenti. Trattandosi di legge delega, l'ordine del giorno è uno strumento molto efficace e importante e da qui nasce l'invito al ritiro per queste condizioni, ma tutti abbiamo condiviso questa necessità, questa sensibilità e la tutela dei lavoratori come patrimonio principale delle aziende in amministrazione straordinaria.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il collega Paglia. Ne ha facoltà.

GIOVANNI PAGLIA. Grazie, Presidente. Intervengo solo perché avevo bisogno di un chiarimento; mi scuso, non avendo partecipato alle attività della Commissione, però qualcosa almeno del bilancio penso di capire e, ormai, anche delle procedure parlamentari. Io mi chiedo e chiedo alla Commissione bilancio, che, peraltro, mi risulta si sia espressa in termini molto più dubitativi di quanto qui viene detto, su una legge delega, cioè su una legge che non produce un'immediata cogenza, che vuole? Esattamente ci spieghi: che vuole? Perché questa, al massimo, dovrebbe intervenire nel momento in cui si va a produrre il decreto legislativo, in cui il legislatore potrebbe dire: non posso adempiere alla quanto richiesto alla lettera m), perché richiede una copertura finanziaria che non abbiamo. Ma dare una delega al Governo sulla base di un'indicazione politica, di tenere presente anche questo, sulla base di cosa sarebbe impossibile? Io vorrei che la Commissione bilancio lo spiegasse o spiegasse, altrimenti, perché prende ordini dalla Ragioneria dello Stato, senza mai essere in grado…

PRESIDENTE. Concluda.

GIOVANNI PAGLIA. …di fare un minimo di ragionamento politico. Mai. Piegati alla Ragioneria dello Stato e incapaci di motivare. Se non è così, la Commissione bilancio si faccia viva, per favore (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile e Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il collega Fassina. Ne ha facoltà.

STEFANO FASSINA. Grazie, Presidente. In aggiunta a quello che ha appena detto il mio collega Paglia, vorrei sottolineare un punto: le esigenze dei lavoratori e delle lavoratrici, quando si tratta di fare interventi, vengono sempre rinviate e subordinate a presunte esigenze finanziarie. Stiamo parlando, appunto, di una legge delega: se i colleghi del Partito Democratico hanno davvero a cuore il punto, la soluzione è piuttosto semplice, si è fatta tante volte. Si introduce un fondo per affrontare l'incertezza della potenziale spesa e si condiziona l'utilizzo degli ammortizzatori sociali di cui parla l'articolo nell'ambito delle risorse del fondo.

Qua il punto è un altro: non sfugge a nessuno la differenza tra una norma di una legge delega e un ordine del giorno, lo abbiamo visto tante volte questo film. Quindi, noi insistiamo per il voto favorevole all'emendamento (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la collega Ricciatti. Ne ha facoltà.

LARA RICCIATTI. Grazie, signor Presidente. Ci è ben chiaro quello che le colleghe e i colleghi di Sinistra Italiana hanno rappresentato all'interno di quest'Aula, perché il tema della costruzione di ammortizzatori sociali per i lavoratori coinvolti nelle imprese in amministrazione straordinaria è stato il mio gruppo parlamentare ad avanzarlo, mostrando tutte le perplessità e le preoccupazioni per i destini di quelle lavoratrici e di quei lavoratori.

Io, dinnanzi al tema delle tutele delle lavoratrici e dei lavoratori, non vorrei che in quest'Aula si finisse con la solita polemica, che si apre tutte le volte che si parla di coperture finanziarie, fra la Commissione bilancio e la Ragioneria dello Stato. A me piacerebbe, però - non lo dico a mo' di polemica, deve essere chiaro -, che la Commissione bilancio facesse pace o trovasse una sorta di pax ispanica con la Ragioneria dello Stato, per permettere all'Aula e alle Commissioni di lavorare in autonomia e in serenità.

Ci siamo trovati davanti a questo problema e abbiamo chiesto dei supplementi di riflessione sia alla Commissione bilancio sia alla Ragioneria dello Stato. Non a caso ieri c'è stata un'inversione dell'ordine dei lavori, proprio per cercare di ottenere una soluzione che potesse immaginare anche di accogliere i contenuti dell'emendamento. Segnalo che l'emendamento, identico a quello del collega Civati, il 2.6, porta la mia prima firma, a dimostrazione della bontà del contenuto di quell'emendamento.

Io immagino che adesso anche la Vice Ministra Bellanova vorrà tranquillizzare tutte le colleghe e i colleghi all'interno di quest'Aula, perché c'è stato un confronto molto onesto, molto franco e, sotto certi aspetti, anche duro all'interno della Commissione, in cui noi abbiamo chiesto delle tutele per quelle lavoratrici e per quei lavoratori, che devono immaginare, devono poter avere gli ammortizzatori sociali. Ci è stato chiesto di ritirare l'emendamento, il mio gruppo parlamentare l'ha fatto, abbiamo presentato un ordine del giorno a questa legge delega, dove, nei contenuti, non diciamo nulla di più e nulla di meno rispetto a quello che abbiamo scritto all'interno dell'emendamento, con l'auspicio che, questo sì, il Governo accolga il nostro ordine del giorno.

Nel momento in cui il Parlamento concede la delega al Governo, vogliamo sperare che, però, sia il Governo a farsi carico della piena e concreta attuazione affinché le lavoratrici e i lavoratori possano godere, esattamente come le altre lavoratrici e i lavoratori, degli ammortizzatori sociali.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Palese. Ne ha facoltà.

ROCCO PALESE. Grazie, signor Presidente. Io intervengo in qualità di componente e di vicepresidente di opposizione della Commissione bilancio, per tranquillizzare, signor Presidente, la collega che mi ha preceduto, per il suo tramite, perché l'iter procedimentale rispetto alla situazione del raccordo tra la Commissione bilancio e la Ragioneria dallo Stato c'è, eccome. Ci mancherebbe! E c'è anche un grande lavoro istruttorio, ma ci sono le disposizioni di legge, tra cui l'articolo 81 dalla Costituzione, che bisogna rispettare: o si ha la cultura che, in base al rispetto all'articolo 81 della Costituzione, ci deve essere un visto di regolarità contabile, oltre che quello chiaramente legislativo - non c'è dubbio -, oppure siamo fuori luogo. Evidentemente deve essere - e questo, signor Presidente, va risollecitato in un contesto di nuova regolamentazione dei lavori -, perché che le Commissioni di merito legittimamente propongono tutte le disposizioni legislative di questo e dell'altro mondo, non c'è dubbio, ma per fortuna che in questo Paese ancora c'è l'unico baluardo che è rimasto rispetto alla spesa pubblica - relativamente al controllo, ovviamente, non alla discrezionalità - ed è la Ragioneria generale dello Stato. Infatti, se riusciamo anche a delegittimare quel baluardo, alla fine, poi, altro che troika, occorrerebbe chi sa che cosa in questo Paese.

Quindi, io assicuro la collega che ci sarà un controllo fermo e stringente rispetto ad una serie di legittime aspirazioni, tutte, ma che purtroppo non sono supportate da un'adeguata copertura finanziaria rispetto all'iter procedimentale, alle relazioni tecniche e alle coperture che ci debbono essere. Piacerebbe a tutti dare tutto a tutti, ma purtroppo non è possibile.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la collega Camani. Ne ha facoltà.

VANESSA CAMANI. Grazie, Presidente. Io vorrei ricordare ai colleghi come una delle finalità che, attraverso questa legge delega, abbiamo esattamente inserito tra i criteri e i principi direttivi, ai quali il Governo si dovrà attenere per rimodulare la disciplina dell'amministrazione straordinaria, è la salvaguardia della continuità produttiva e dell'occupazione, sia diretta che indiretta.

Quindi, la volontà del Parlamento di affidare al Governo la responsabilità di garantire, in tutti i modi possibili, i lavoratori diretti e dell'indotto l'abbiamo espressa non solo in riferimento al tema degli ammortizzatori sociali, ma direttamente come una delle finalità principali che questa legge delega deve realizzare.

Inoltre, ricordo all'onorevole Fassina, per il suo tramite, che un fondo per le tutele dei lavoratori in amministrazione straordinaria esiste già; non è che il Partito Democratico o il Governo non si siano voluti occupare e preoccupare di istituire questo fondo. Il problema è, invece, relativo alla quantificazione degli oneri che dovrebbero derivare da una previsione di questo genere. Ecco perché noi riteniamo, invece, molto positivo l'impegno che il Governo, attraverso il Vice Ministro, si è assunto in fase di discussione del provvedimento, di condivisione con il gruppo del Partito Democratico, con il gruppo dell'Articolo 1-MDP e con tutti i gruppi che hanno partecipato ai lavori di Commissione, come Lega Nord e MoVimento 5 Stelle: un impegno politico, che va oltre evidentemente il testo dell'emendamento e che anche noi, come l'onorevole Ricciatti, riprodurremo in un ordine del giorno, che impegnerà in questo senso il Governo a perseguire concretamente la tutela dei lavoratori, che non può essere ridotta a una discussione tra la competenza delle finanze pubbliche, tra la bilancio o la Commissione attività produttive, ma che ha invece un principio che il Partito Democratico difende con coerenza e convinzione.

PRESIDENTE. Non ci sono altri interventi. Passiamo quindi ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 2.1 Civati ed altri, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 13).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 2.2 Civati, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 14).

Siamo agli identici emendamenti 2.12 Sarti, 2.13 Camani e 2.14 Allasia, con il parere favorevole della Commissione e del Governo.

Ha chiesto di parlare il relatore Benamati. Ne ha facoltà.

GIANLUCA BENAMATI, Relatore. Presidente, intervengo qui, anche se non richiesto, per motivare il parere su questi tre emendamenti, perché il tema sotteso a questi emendamenti è un

tema affatto delicato. Riguarda la soppressione della lettera m), al comma 1, e riguarda in specifico la previsione di ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria, anche in deroga ai requisiti di cui alle lettere previste dalla legge delega, per le aziende che sono soggette di confisca - diciamo - per ragioni di mafia.

Questo comma era stato inserito in fase di votazione e di discussione all'interno del percorso di Commissione, peraltro ampiamente condiviso da tutte le forze politiche in Commissione, in quanto la finalità e lo scopo precipuo di salvaguardia di questo tipo di realtà erano condivisi. Come lei sa, Presidente, la Commissione antimafia non è richiesta di esprimere pareri ex ante sulla trattazione. Successivamente c'è stata l'indicazione di un percorso legislativo ad hoc per le aziende in queste condizioni e alcuni rilievi relativi all'attenzione che questo tipo di aziende, anche, per esempio, rispetto alle figure delle persone che se ne occupano, necessitano.

Per questa ragione, pur condividendo l'importanza di questo tipo di proposta e in relazione alle attività della Commissione specifica che si sta muovendo su questo tema, io, come relatore, e il Governo, come se si è sentito, abbiamo espresso un parere favorevole.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti 2.12 Sarti, 2.13 Camani e 2.14 Allasia, con pareri favorevoli.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 15).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2, nel testo emendato.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 16).

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 3671-ter-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A).

Se nessuno chiede di intervenire per illustrare gli ordini del giorno, invito la rappresentante del Governo a esprimere il parere.

TERESA BELLANOVA, Vice Ministra dello Sviluppo economico. Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno n. 9/3671-ter-A/1 Nesi fino a: “la crisi di grandi imprese”.

PRESIDENTE. Quindi, chiede di sopprimere tutta l'altra parte dell'ordine del giorno?

TERESA BELLANOVA, Vice Ministra dello Sviluppo economico. Sì

PRESIDENTE. Quindi, è favorevole con riformulazione, sopprimendo la parte da dove ha detto fino alla fine.

TERESA BELLANOVA, Vice Ministra dello Sviluppo economico. Sì.

Il Governo esprime parere favorevole sugli ordini del giorno n. 9/3671-ter-A/2 Palese, n. 9/3671-ter-A/3 Ricciatti e n. 9/3671-ter-A/4 Camani.

Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno n. 9/3671-ter-A/5 Allasia con la seguente riformulazione: “a valutare l'adozione di tutte le iniziative utili alla salvaguardia delle attività produttive e dell'occupazione diretta e indiretta”.

Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno n. 9/3671-ter-A/6 Crippa, con la seguente riformulazione: “ad adottare, in tema di determinazione dei compensi dei commissari, criteri improntati a trasparenza ed efficacia dell'opera prestata, nonché, per quel che riguarda il fatturato, criteri coerenti con i limiti previsti dalla legge per le società pubbliche non quotate”.

PRESIDENTE. Sull'ordine del giorno n. 9/3671-ter-A/1 Nesi si accetta la riformulazione? Sì.

Sugli ordini del giorno n. 9/3671-ter-A/2 Palese, n. 9/3671-ter-A/3 Ricciatti e n. 9/3671-ter-A/4 Camani il parere è favorevole.

Sull'ordine del giorno n. 9/3671-ter-A/5 Allasia si accetta la riformulazione? Sì.

Sull'ordine del giorno n. 9/3671-ter-A/6 Crippa si accetta la riformulazione? Sì.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 3671-ter-A)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Palese. Ne ha facoltà.

ROCCO PALESE. Grazie, signor Presidente. Voteremo a favore di questa proposta di legge, che è una delega al Governo in materia di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, perché prevede in sé una semplificazione delle attuali procedure.

Una semplificazione nella fattispecie con un miglior coordinamento all'interno stesso delle varie forme che si sono susseguite nei vari provvedimenti legislativi in merito allo stato di insolvenza delle grandi imprese. Avere la possibilità di individuare alcuni punti fermi non c'è dubbio che determina una maggiore tutela dello stato di diritto in un settore molto importante che riguarda sì la produzione, il sistema industriale, ma riguarda soprattutto il lavoro all'interno del nostro Paese e la possibilità anche di determinare alcune situazioni che riguardano la tempistica, perché i tempi attuali sono biblici in alcune situazioni. Invece c'è bisogno che ci sia una definizione abbastanza snella rispetto alle situazioni previste.

I criteri che vengono definiti in situazione di strumento di delega non c'è dubbio che sono il numero di lavoratori subordinati non inferiore a 200 unità; così come i debiti per un ammontare complessivo non inferiore ai due terzi dell'ammontare dell'attivo; così anche la parte che riguarda la presenza di concrete prospettive di recupero da realizzarsi. Tutto ciò determina uno sforzo e auspichiamo che il Governo, anche in tempi brevissimi, proceda.

Uno dei punti di forza della riforma è dunque quello della coerenza sistematica, per unificare una disciplina stratificata su diversi interventi normativi, con l'obiettivo di contemperare le esigenze dei territori e l'interesse pubblico alla conservazione del patrimonio e alla tutela dell'occupazione nelle imprese in stato di insolvenza che, per dimensioni, appaiono di particolare di rilievo economico e sociale. Per questo motivo, è importante anche che ci sia la definizione di una procedura unica.

Per ultimo aggiungo anche che, nel corso dell'esame di questo provvedimento in sede referente, è stata inserita una previsione che riguarda le imprese che sono oggetto di confisca, ai sensi del codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, perché anche in questo senso siano ammesse all'amministrazione straordinaria anche in mancanza dei requisiti previsti dal disegno di legge in esame. Trattasi di situazioni particolari, soprattutto quando hanno consistenza patrimoniale e quando c'è produzione: la possibilità di continuare questa produzione e soprattutto la tutela anche dei posti di lavoro.

Ritengo pertanto che queste siano le condizioni che soddisfano uno snellimento di tutte le procedure, soprattutto rispetto alla tempistica, ma anche e soprattutto al coordinamento delle attuali norme che sono estremamente dispersive e farraginose. Per questo motivo, confermiamo il voto favorevole.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Nastri. Ne ha facoltà.

GAETANO NASTRI. Grazie Presidente. Il disegno di legge all'esame dell'Assemblea, chiamata ad esprimersi oggi con il voto finale in prima lettura, contiene disposizioni in materia di riforma della disciplina delle procedure di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza. Non vi è dubbio che, specie alla luce delle ultime, e aggiungo prevedibili, condizioni disastrose che riguardano l'Alitalia, il tema d'amministrazione straordinaria costituisce un argomento quanto mai significativo e importante per il ruolo che questo strumento ha svolto negli ultimi anni di profonda crisi per il salvataggio di pezzi importanti del tessuto produttivo nazionale e per la salvaguardia dell'occupazione.

Il provvedimento che, lo ricordo, deriva dallo stralcio di un originale disegno di legge che stabiliva la delega al Governo per la riforma organica delle discipline della crisi di impresa e dell'insolvenza, è stato modificato in diversi e significativi punti nel corso dell'esame in sede referente, a mio modo di vedere in senso peggiorativo. Avremmo infatti condiviso misure più decise e coraggiose, in grado di determinare un impatto sul tessuto economico produttivo del sistema delle grandi imprese in crisi, più semplici e decise. Gli interventi, riconducibili all'individuazione dei criteri per l'accesso alla procedura di insolvenza, appaiono complicati e farraginosi, così come emergono forti perplessità in merito alla legittimazione attiva e al meccanismo di nomina del commissario straordinario, dell'attestatore e del comitato di sorveglianza.

Ancora: non convincono le norme che stabiliscono l'istituzione di un albo dei commissari straordinari indicati alla lettera f), del comma 1, dell'articolo 2, in merito ai principi e ai criteri direttivi. Tale albo infatti si pone in una posizione di specialità rispetto agli albi professionali già istituiti, generando possibile confusione tra professionalità specifiche previste dagli ordinamenti professionali e competenze vantate da quanti non sono iscritti negli albi professionali. Al contrario, avrebbe dovuto farsi strada un criterio di ragionevolezza, ovvero privilegiare la designazione di professionisti esperti nella gestione delle imprese in crisi e nella predisposizione di piani di risanamento, in modo che la scelta poteva ricadere sui professionisti già esperti da decenni e penso, ad esempio, alla categoria professionale dei dottori commercialisti. Questi ultimi, infatti, sono soggetti a cui la legge riconosce specifica competenza nella predisposizione di piani di risanamento e nell'amministrazione e nella liquidazione di aziende, di patrimoni e di singoli beni. Pertanto, non vedo il motivo di sovrapporre ulteriori figure professionali a quelle già esistenti. Così come desta altrettanta perplessità il meccanismo di nomina dei membri del comitato di sorveglianza. Probabilmente, la previsione è il retaggio delle scelte effettuate dagli estensori del disegno di legge che ripropone la procedura dell'amministrazione straordinaria, dal momento che il componente scelto in rappresentanza dei creditori è nominato dal tribunale mentre i restanti sono designati dal Ministero dello sviluppo economico.

Insomma, questo testo nel complesso non ci convince del tutto. Emergono chiaramente una serie di difficoltà nel condividere un disegno di legge che attribuisce espressamente al Governo criteri di delega nel riordino della disciplina della procedura di amministrazione straordinaria e di criteri direttivi. Se, in linea generale, è condivisibile l'intenzione di unificare e razionalizzare la disciplina dell'amministrazione straordinaria attualmente frammentata in quattro provvedimenti normativi peraltro ormai retrodatati, mi riferisco alla legge n. 95 del 1999, poi sostituita dal decreto legislativo n. 270 sempre del 1999, risultato inadeguato e modificato con il decreto-legge n. 347 del 2003, “legge Marzano”, in occasione del dissesto del gruppo Parmalat e poi ancora con il decreto-legge n. 134 del 2008, tuttavia i criteri direttivi, che stabiliscono una procedure unica di amministrazione straordinaria con finalità conservative volte alla regolazione dell'insolvenza delle singole imprese, per quanto finalizzati a rendere omogenea una disciplina, come detto, allo stato frammentata, non sono sufficienti per attribuire un apprezzamento complessivo dell'impianto normativo in oggetto. L'industria italiana ormai è praticamente scomparsa tra le crisi economiche e finanziarie - probabilmente la più grave del dopoguerra - che ha lasciato distruzione e cenere nel tessuto sociale e produttivo nazionale e per il processo di delocalizzazione, che appare purtroppo inarrestabile, il sistema Paese oggi è dilaniato, anche a causa di regole nazionali, ma soprattutto comunitarie sbagliate e completamente insensibili ad aspetti connessi alla valorizzazione e alla tutela dei marchi italiani, alla salvaguardia di migliaia di posti di lavoro e al rilancio del nostro patrimonio e del made in Italy.

Pertanto, se gli attuali strumenti e le attuali misure di salvaguardia delle imprese e di garanzia dei creditori risultano inadeguati e se è vero che la vigente stratificazione dei provvedimenti normativi rendeva necessario il riordino della disciplina, a mio avviso, l'eccessivo ricorso alla legge delega, che conferisce una grande discrezionalità al Governo su un processo di riforma particolarmente delicato che avrebbe avuto bisogno, viceversa, di un più ampio coinvolgimento a partire dal Parlamento, ci spinge ad esprimere un voto di astensione su un provvedimento che - ripeto - per quanto necessiti di essere aggiornato rispetto alle condizioni attuali in cui viviamo riteniamo, però, sia di difficile applicazione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Abrignani. Ne ha facoltà.

IGNAZIO ABRIGNANI. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, con l'applicazione di questo disegno di legge delega il legislatore si pone nel solco già tracciato dal decreto-legge n. 83 del 2015, che ha il pregio di sostenere, con incisivi ma non risoluti interventi, il perseguimento di un'emersione tempestiva della crisi di impresa che limiterebbe le perdite dell'intero tessuto economico oltre che consentire, laddove è possibile, il risanamento aziendale a beneficio della preservazione dei valori aziendali.

Infatti, nel disegno di legge di riforma del diritto fallimentare è stata eliminata la parola “fallimento”, da sempre portatrice di discredito e negatività non necessariamente giustificati dall'esito sfortunato di un'attività di impresa, che implica sempre e comunque un rischio d'impresa, facendo ricadere tale fattispecie in una possibile fase fisiologica della vita di un'impresa. Inoltre, si è reso opportuno allineare la normativa italiana in tema di insolvenza a quella presente negli altri Stati membri, salva una successiva attività di armonizzazione normativa su base comunitaria in fase di definizione. Il tentativo è, quindi, quello di attuare un approccio organico di riforma attraverso un nuovo testo unico dell'insolvenza.

È indubbio come l'accavallarsi e lo stratificarsi di interventi normativi diversi, tutti all'insegna dell'emergenza, e la frequenza del cambiamento del dato normativo non hanno facilitato e non facilitano una lettura coerente del quadro normativo, che rimane sospeso e incastonato tra il vecchio sistema normativo del regio decreto e le diverse legiferazioni intervenute in materia dal 2006 a oggi. Questo è il motivo, peraltro, che ha indotto il precedente Governo a costituire la cosiddetta “Commissione Rordorf”, il cui scopo è stato quello di tentare di trovare, attraverso lo strumento della legge delega, un momento di organicità e di tracciare delle linee sistematiche di una normativa ormai troppo stiracchiata nel tempo e proveniente da istanze diverse.

Le innovazioni introdotte sono molteplici e vanno nel generale quadro di favorire quegli strumenti di composizione stragiudiziale delle crisi e una fase preventiva di allerta, finalizzata all'emersione della crisi di impresa e ad una sua risoluzione assistita. Inoltre, la facilitazione nello stesso quadro dell'accesso a piani attestanti il risanamento e agli accordi di ristrutturazione dei debiti ha portato soprattutto diverse riduzioni delle incertezze interpretative, anche di natura giurisprudenziale, che potranno sicuramente accelerare le procedure in materia.

In caso di sbocco giudiziario della crisi, è prevista, in particolare, una procedura unica di amministrazione straordinaria con finalità conservatrice, finalizzata alla regolazione dell'insolvenza di singole imprese ovvero di gruppi di imprese, laddove queste si trovino nelle condizioni già indicate dalla disciplina vigente. Non meno importante è stata, infine, la parte riguardante la revisione della disciplina dei privilegi, che ha tra le maggiori novità anche un sistema di garanzie mobiliari.

Inoltre, accanto alle concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico dell'attività imprenditoriale, è stata introdotta la salvaguardia della continuità produttiva e dell'occupazione, diretta e indiretta, stabilendo che il concetto di grande impresa - e dunque il requisito dimensionale - non è più ancorato ai soli occupati, ma, come noi abbiamo proposto in Commissione, anche alla media del volume di affari degli ultimi tre esercizi.

È stata inoltre colmata una lacuna dell'attuale legge fallimentare, che non considera il concetto di insolvenza di gruppo, anche alla luce del regolamento recente dell'Unione europea sull'insolvenza transfrontaliera, che impone una disciplina della crisi di gruppo che il legislatore non contempla, eccetto talune disposizioni in tema di amministrazione straordinaria.

È stato, quindi, ipotizzato lo svolgimento di una procedura unitaria per la trattazione dell'insolvenza di gruppo, con appositi criteri di competenza territoriale e con obblighi di reciproca informazione a carico degli organi della procedura nel caso di processi distinti che si svolgano in sedi giudiziarie diverse.

Infine, vorrei soltanto citare la eliminazione della liquidazione coatta amministrativa, che rimane unicamente come possibile sbocco dei procedimenti amministrativi volti all'accertamento e all'irrogazione delle sanzioni in caso di gravi irregolarità gestionali dell'impresa.

In questa sede mi dispiace soltanto dover sottolineare come la proposta che, a nome del mio gruppo e, direi, della precedente Commissione, il sottoscritto aveva avanzato in X Commissione non ha avuto il dovuto seguito, in particolare per gli aspetti riguardanti l'accelerazione, da noi auspicata, dell'intervento di amministrazione straordinaria in sede amministrativa, che avrebbe consentito sicuramente un più celere e risolutivo raggio d'intervento in caso di crisi d'impresa.

Vorrei evidenziare che si tratta di imprese che molto spesso hanno bisogno di interventi celeri, non solo da parte della giustizia civile, ma anche da parte del legislatore, in quanto il mercato è in continua evoluzione e spesso non aspetta i decreti attuativi per risolvere situazioni annose. Ci saremmo aspettati, pertanto, un provvedimento che non rimandasse a data da destinarsi aspetti come la risoluzione assistita o la gestione d'insolvenza delle realtà imprenditoriali di grandi dimensioni, ma, attraverso un provvedimento organico, facesse uscire una legge immediatamente applicabile per la materia che trattiamo.

Sotto un altro profilo, in sede di unificazione dei modelli procedurali, avevamo ritenuto, stante il progressivo ridursi del numero di grandi imprese presenti nel territorio italiano, con gravi conseguenze sul piano sociale e occupazionale, di favorire l'accesso all'amministrazione straordinaria e di estendere il perimetro applicativo della relativa normativa attraverso la riduzione dei requisiti dimensionali e l'ampliamento dei soggetti legittimati a richiedere l'avvio della procedura stessa.

È inevitabile, comunque, che il provvedimento avesse bisogno di interventi, perché basta pensare che la normativa di base è ancora costituita da un regio decreto del 1942. È ben vero che le leggi, poi, sono state ripetutamente modificate e che talvolta si è trattato di modifiche di ampio respiro, che hanno interessato interi settori della legge, ma, per certi versi, ciò ha persino accentuato lo scarto tra disposizioni riformate e quelle rimaste invariate, che ancora risentono di un'impostazione nata in un contesto temporale e politico ben lontano da quello attuale.

Pertanto, l'esigenza di un approccio di riforma non più episodico ed emergenziale, bensì sistematico e organico, in modo da ricondurre a linearità un sistema divenuto nel tempo troppo farraginoso, doveva rappresentare comunque la mission di questo procedimento, al quale, nonostante queste piccole eccezioni, il nostro gruppo parlamentare non farà però mancare il suo sostegno. Ed è per questi motivi che annuncio il voto favorevole a nome di ALA-Scelta Civica.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la collega Adriana Galgano. Ne ha facoltà.

ADRIANA GALGANO. Grazie, signor Presidente, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, il tema dell'amministrazione straordinaria è quanto mai significativo e importante per il ruolo che questo strumento può svolgere per il mantenimento di aziende importanti nel nostro tessuto nazionale e per la salvaguardia dell'occupazione diretta e indiretta. Lo sforzo maggiore della riforma è quello di dare coerenza sistematica a una disciplina che oggi è stratificata in diversi interventi normativi; ha l'importante obiettivo di contemperare le esigenze dei creditori e l'interesse pubblico alla conservazione del patrimonio e alla tutela della occupazione diretta e indiretta.

Un'innovazione significativa riguarda l'attribuzione della competenza sulle procedure di amministrazione straordinaria alle sezioni specializzate in materia di impresa presso i tribunali sedi di corte di appello.

Punto qualificante è certamente quello concernente l'istituzione e la disciplina dell'albo dei commissari straordinari per l'amministrazione delle grandi imprese in stato di insolvenza, per l'iscrizione al quale sono predeterminati i requisiti di indipendenza, professionalità, onorabilità e trasparenza.

Rispetto al testo presentato dal Governo, è stata introdotta dal Parlamento una tempistica più stringente e questo è stato sicuramente molto importante. Infine, una necessità perseguita è stata quella di tenere conto delle novità introdotte anche in sede comunitaria. Il riferimento è al regolamento (UE) 2015/848 sulle procedure di insolvenza. Tale regolamento, al fine di preservare il buon funzionamento del mercato interno, inteso come spazio di libertà, sicurezza e giustizia, indica come indispensabile che le procedure di insolvenza, che spesso hanno rilevanza transfrontaliera, siano efficaci e omogenee tra i Paesi membri.

Oltre a ciò, si è tenuto anche conto delle raccomandazioni della Commissione europea, in particolare la n. 135 del 2014, con la quale si incoraggiano gli Stati membri ad istituire, nell'ambito del fallimento e dell'insolvenza delle imprese, un quadro giuridico che sia orientato, da un lato, a incoraggiare una ristrutturazione efficace delle imprese sane in difficoltà e, dall'altro lato, a promuovere l'imprenditorialità, gli investimenti e l'occupazione.

Per tutte queste ragioni, il gruppo Civici e Innovatori esprimerà il proprio voto favorevole sul provvedimento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Giovanni Paglia. Ne ha facoltà.

GIOVANNI PAGLIA. Grazie, Presidente. Quando si cominciò, si normò la prima volta in materia di insolvenza di grande impresa, dei grandi gruppi entrati in crisi industriale, che si dovevano accompagnare - diciamo provare ad accompagnare - verso la continuità produttiva, era il 1979 e viene da dire che era un'altra Italia. Aveva una cosa in comune, allora, con quella di oggi, cioè una crisi molto profonda, che andava, in qualche modo, a rideterminare quelli che erano gli equilibri finanziari ed economici all'interno del Paese e in cui ci si poneva l'obiettivo, evidentemente condivisibile, di far sì che un momento di crisi profonda non lasciasse dietro di sé un deserto industriale. Era un'Italia, però, molto diversa, perché era un'Italia in cui le grandi imprese esistevano, le grandi imprese erano centrali all'interno del sistema produttivo nazionale, erano imprese che avevano un legame forte con la politica e, comunque, potevano essere indirizzate, in qualche modo, da parte della politica.

Esisteva allora, in qualche modo, quella cosa che noi chiamiamo “politica industriale” e che poi si è progressivamente persa. Tenere in piedi e garantire continuità produttiva ad una grande impresa, allora, voleva dire intervenire pesantemente all'interno del sistema economico, per provare a indirizzarlo nella direzione che si voleva.

Poi c'è stato il passaggio successivo, quando nel 1999, di fatto, la legge precedente venne abrogata e poi di nuovo riproposta con un decreto legislativo, ma perché lì interveniva l'Europa e si vedeva un passaggio di paradigma, perché l'Europa non voleva più, allora, che potesse esistere una legge in cui in qualche modo lo Stato, la politica, l'intervento pubblico potesse intervenire per tutelare il proprio sistema produttivo nazionale. Si disse allora che quella era una legge che violava in qualche modo il principio di concorrenza e, soprattutto, violava il divieto di aiuti di Stato.

Così, violando il divieto di aiuti di Stato, si andava anche ad indirizzare un nuovo tipo, un nuovo paradigma economico, in cui la politica industriale doveva progressivamente scomparire e in cui lo Stato doveva arretrare. Un tipo di paradigma che, evidentemente, non avrei condiviso allora, anche se avevo troppi pochi anni per occuparmene direttamente, ma continuo a non condividere oggi, e credo anche un tipo di paradigma che ha pesantemente influenzato in negativo anche la storia di questo Paese, tant'è che oggi noi usciamo, o meglio, siamo ancora, sotto alcuni aspetti, immersi in una pesantissima crisi economico-finanziaria, ma che è soprattutto una crisi industriale, perché questo Paese ha perso, tra il 2007 e oggi, il 25 per cento della propria capacità produttiva; ed è stata una crisi industriale lasciata andare così, che è stata forse accompagnata dai Governi che si sono succeduti secondo il profilo degli ammortizzatori sociali, ma che, di fatto, è stata accettata, come se fosse una catastrofe su cui la politica, su cui i Governi, su cui il Parlamento non poteva fare nulla, e questo lo dicono gli esiti, perché, altrimenti, non si spiegherebbe come noi dovessimo solo limitarci a commentare il fatto che un quarto della capacità produttiva del Paese, sotto il profilo dell'industria, se ne è andato.

Oggi interveniamo per una modifica di queste normative in questo quadro. Poi c'era la “legge Marzano”, che provava in qualche modo a tornare indietro, almeno per le grandissime imprese, ma, di fatto, non è stata mai utilizzata. Credo che la cominciamo a utilizzare oggi, quando, con una legge delega, interveniamo per modificarla, perché Alitalia, di fatto, se escludiamo il Parma calcio, che è un po' fuori dalle dinamiche dei grandi poli industriali del Paese, ma, al netto del calcio, oggi con Alitalia andiamo ad intervenire per la prima volta e per fortuna, sotto alcuni aspetti, anche se, come ha spiegato prima, nel dibattito precedente, il collega Fassina, si poteva fare anche qui decisamente di più e diversamente in termini di continuità aziendale.

Esistono ancora oggi le grandi imprese in Italia, cioè quelle imprese a cui si rivolge questa normativa? Esistono sempre di meno. Se avessimo voluto fare una legge che, in qualche modo, andava ad avere la possibilità di intervenire fino in fondo anche sulla vera ricchezza produttiva di questo Paese, cioè le medie imprese, che sono quelle che andrebbero spinte ad allargarsi ulteriormente, ma che sono in questo momento le più vivaci, quelle che sopravvivono, quelle che rappresentano il vero core, probabilmente si sarebbe dovuto avere il coraggio di scendere un po' di più sul numero di dipendenti che rappresentano uno dei requisiti per poter accedere a questo tipo di procedura, che è importante. Infatti, la possibilità che si vada o non si vada in amministrazione straordinaria, a tutela, come si dice, della continuità produttiva e della continuità occupazionale, fa esattamente la differenza fra un Paese che durante una crisi può avere gli strumenti per mantenere in piedi il proprio apparato industriale e un Paese che ha rinunciato ad avere tali strumenti.

Quindi, noi ci asterremo su questa normativa, alla fine, su questa delega, da un lato perché, per votare a favore di una delega, bisogna sempre avere un minimo di fiducia nel Governo che poi andrà a rappresentare i decreti legislativi, e noi questa fiducia non l'abbiamo; quindi, votare a favore di una delega, fosse anche solo da questo punto di vista, non lo faremmo, ma c'è anche proprio questa questione di merito. È una legge che può avere una sua utilità, che va, come è stato detto giustamente anche da altri colleghi, a fare una cosa importante sotto il punto di vista della chiarezza normativa, cioè si dà l'obiettivo di ricomprendere le crisi all'interno di un'unica casistica legislativa, ma non allarga, secondo me, abbastanza il panorama, non lo fa rispetto all'Italia di oggi. Si immagina ancora un'Italia che era quella di ieri; oggi, per fortuna, sotto alcuni aspetti, se andate a vedere le grandi imprese di questo Paese, paradossalmente, sono escluse da questa norma, perché parliamo degli istituti di credito - e quelli hanno una loro dinamica propria, che, purtroppo, ben conosciamo; abbiamo grandi imprese del parastato, sostanzialmente o comunque in qualche modo legate allo Stato, ENI, ENEL, eccetera, eccetera, eccetera, che, se vogliamo - lo pensiamo tutti -, hanno condizioni di mercato in questo momento tali per cui è difficile immaginare che possano essere destinatarie di questo provvedimento, tant'è che sono le uniche che hanno attraversato bene la crisi, non fosse altro perché hanno profitti garantiti, rendite garantite e vivono in mercati protetti.

Su tutto il resto, temo che avremo poca capacità di intervenire.

Infine, due cose. Una va sottolineata: è vero che andiamo a ricomprendere la casistica sotto una stessa fonte normativa, ma è altrettanto vero che comunque lasciamo due canali separati, perché mettiamo due canali all'interno di una stessa legge. Prima erano due canali su due leggi diverse, cioè quella per le imprese di più piccola dimensione, che continueranno ad essere sottoposte in qualche modo ad un intervento dell'autorità giudiziari; e quelle, invece, su cui interviene direttamente il Governo, quindi la politica, cioè le grandissime imprese, quelle che abbiano un fatturato multiplo rispetto a quello previsto per il primo caso.

Anche qui, mettiamo una grande responsabilità in capo all'autorità giudiziaria e anche il fatto comprensibile di ridurre a dieci giorni i termini entro cui deve essere proclamato lo stato di insolvenza, è chiaro che, da un lato, velocizziamo le procedure - e questo è un bene -, dall'altro mettiamo a carico del tribunale e delle imprese una responsabilità molto vasta: in dieci giorni valutare le carte per decidere se dichiarare lo stato di insolvenza e avviare la procedura, è una responsabilità in tempi ristrettissimi, vista la complessità di alcuni casi, che noi mettiamo. E quindi su questo credo che il Governo dovrà riflettere, perché i tempi ordinari della giustizia sono una cosa, poi si pretende ogni tanto che in una settimana, o poco più, si intervenga su alcuni dei casi più complessi in assoluto.

Infine - e concludo su questo, perché ne abbiamo fatto oggetto anche prima di dibattito, durante la valutazione del voto sugli emendamenti -, c'è la questione, non indifferente per noi, anzi, sotto alcuni aspetti, centrale, del rapporto fra amministrazione straordinaria e ammortizzatori sociali. Abbiamo inserito con un nostro emendamento, fortunatamente anche di Sinistra Italiana, la condizione della tutela della continuità anche occupazionale, dei livelli occupazionali, come uno degli obiettivi che si danno al commissario straordinario; è del tutto evidente, però, che gli ammortizzatori sociali in questo caso servono: perché, è vero che c'è l'obiettivo della garanzia per l'occupazione, ma, se non ci sono gli strumenti che, mentre siamo ancora in una fase di crisi, consentano di tenere agganciati i lavoratori a quell'impresa, la garanzia occupazionale diventa virtuale.

Io ritengo, noi riteniamo che una legge di questo tipo abbia e debba avere sempre necessariamente due obiettivi: uno, l'interesse nazionale a che determinate produzioni, che si ritengono strategiche e che hanno un impatto forte sul sistema economico, permangano in essere in questo Paese; due, il fatto che questo avvenga senza sacrifici eccessivi da parte dei lavoratori e, comunque, sempre sacrifici concordati. Dunque, da questo punto di vista, l'esistenza di ammortizzatori sociali, la garanzia di ammortizzatori sociali, è la cerniera che in qualche modo tiene uniti i due obiettivi, che altrimenti rischiano necessariamente di divergere, almeno nel tempo dell'amministrazione straordinaria.

Queste sono le motivazioni che in qualche modo complessivamente ci portano a dare un voto di astensione, sperando ovviamente che per una volta (sarebbe la prima, forse) il Governo possa stupire il Parlamento ed emanare un decreto legislativo all'altezza delle aspettative (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Allasia. Ne ha facoltà.

STEFANO ALLASIA. Presidente, Governo, colleghi, il tema della disciplina dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza è oggi più che mai di attualità: sappiamo quello che sta vivendo l'Alitalia, per la quale, dopo l'esito negativo del referendum, si è aperta la procedura di amministrazione straordinaria, con la nomina di tre commissari da parte del Ministero dello sviluppo economico; conosciamo la storia dei casi più grandi di crisi aziendali degli ultimi quindici anni, dal crac Parmalat all'Alitalia appunto, e all'Ilva.

Il Governo è intervenuto in materia dapprima con il decreto legislativo n. 270 del 1999, il cosiddetto “Prodi-bis”, e successivamente emanando una procedura speciale per l'accesso diretto all'amministrazione straordinaria, con il decreto-legge n. 347 del 2003, la cosiddetta “legge Marzano”, proprio per il salvataggio di Parmalat.

Fino ad oggi tutti gli interventi sono stati dettati da situazioni emergenziali, che difatti hanno reso la disciplina meno omogenea, rendendone impossibile un'applicazione generale: da qui la delega al Governo per la riforma organica dell'amministrazione straordinaria.

Di fronte all'attuale quadro economico ci saremmo aspettati un intervento più deciso e risoluto, considerando anche che stiamo entrando nella fase conclusiva di questa legislatura e probabilmente non avremo neppure modo di vedere attuata questa riforma nella sua interezza. Certo è che la situazione in cui si trovano in questo momento molte aziende italiane è assolutamente drammatica e ha bisogno di essere prontamente affrontata in tutte le sue sfaccettature.

Da tempo assistiamo a scenari poco incoraggianti: aziende che falliscono, compresse tra la morsa dei ritardi di pagamento e quella del ridotto accesso al credito; a questo si aggiunge un sistema di tassazione abnorme e vetusto, e un apparato burocratico estremamente lento e farraginoso.

Bisogna dunque agire subito e trovare soluzioni a tutto tondo, per impedire che le nostre aziende falliscano, a cominciare dalla riforma del fisco. La pressione fiscale a cui sono sottoposti i contribuenti risulta costantemente tra le più alte in Europa: riguardo all'Irpef, un contribuente italiano paga infatti quasi mille euro in più rispetto alla media europea, e per le imprese vantiamo il triste primato di tassazione più alta in assoluto dell'Eurozona, con differenziali di oltre 21 punti percentuali, per un totale pari a oltre il 64 per cento delle tasse.

È evidente come in tale scenario le imprese fatichino a rimettersi sulla strada della crescita. Ciò che desta più preoccupazione è che ci sono le condizioni per stimolare il potenziale ancora inespresso del tessuto produttivo italiano, immaginando per esso un futuro abbastanza incerto; ed anzi proprio la mancanza di una visione politica che veda nel sistema produttivo del Paese l'elemento trainante dell'economia italiana, è essa stessa un ostacolo alla sua crescita. Questo clima di assoluta incertezza si ripercuote poi sugli investimenti, rispetto ai quali il nostro Paese risulta essere uno tra i meno competitivi e attrattivi dell'Europa.

Pertanto, anche se nel provvedimento si possono riscontrare alcuni spunti interessanti, in generale non lo si ritiene rispondente alle necessità espresse dal mondo produttivo. Siamo soddisfatti del fatto che in Commissione si sia trovato spazio per le proposte di modifica dei presupposti dimensionali per l'accesso alla procedura: per le imprese singole il numero minimo di dipendenti è stato stabilito in 250, e non più in 400 come all'inizio nel testo originario presentato dal Governo; e in complessivi 800, anche se avremmo voluto 400, in caso di contestuale richiesta di ammissione alla procedura di più imprese del gruppo. In questo modo si amplia la platea delle imprese che possono accedere all'amministrazione straordinaria.

Riteniamo poi importante l'inserimento, accanto alle concrete prospettive di recupero economico delle attività imprenditoriali, della salvaguardia della continuità produttiva e dell'occupazione diretta e indiretta. Un ulteriore passo in avanti, tuttavia, poteva essere fatto con il riconoscimento della tutela del sistema di aziende fornitrici di quelle in amministrazione straordinaria, che rappresentano un indotto di alto valore sociale ed economico. In tal senso, nei principi di delega si sarebbe dovuta esplicitare la necessità di salvaguardare, nell'ambito dei programmi di ristrutturazione per la selezione di potenziali acquirenti, la continuità dei lavori affidati a terzi.

In generale, il disegno di legge di delega appare abbastanza debole nei principi rispetto all'importanza degli interessi da salvaguardare: dalle esigenze dei creditori alla garanzia di conservazione del patrimonio produttivo, occupazionale e della continuità aziendale. Per tale ragioni, il voto è contrario (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Raffaello Vignali. Ne ha facoltà. Non è presente: si intende che vi abbia rinunziato.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la collega Albini. Ne ha facoltà.

TEA ALBINI. Presidente, il disegno di delega per la riforma organica delle discipline della crisi di impresa e dell'insolvenza trae origine dal lavoro della cosiddetta commissione Rordorf, e nasce essenzialmente dal bisogno di riordino sistemico ed organico delle procedure, diventate nel tempo farraginose e ampiamente modificate da quelle originarie risalenti al 1942. Il Governo ha dato risposta alle sollecitazioni e alle raccomandazioni europee sulle procedure di insolvenza richiamate dalla Commissione delle Nazioni Unite per il diritto commerciale, a cui hanno aderito anche Stati non europei, compresi gli Stati Uniti; ed è in tema di reciprocità, riconoscendo provvedimenti giurisdizionali dei vari Paesi, che questo atto si inserisce fra l'altro nell'ampia attività legislativa di revisione di tutte le procedure concorsuali: in particolare, qui si parla della crisi delle imprese, definendo i profili delle procedure finalizzate a favorire la composizione stragiudiziale della crisi, a facilitare il risanamento, la ristrutturazione del debito oltre che a ridurre le incertezze e la discrezionalità interpretativa. Questo provvedimento sul tema dell'amministrazione straordinaria delle imprese in stato di insolvenza tende a superare la frammentarietà della disciplina attuale, riconducendo a sintesi le norme che mirano al recupero e al risanamento delle aziende in crisi, aiutato, come dicevamo, dalle novità normative introdotte anche in sede europea. Si istituisce, nell'ambito del fallimento e dell'insolvenza delle imprese, un insieme normativo utile all'imprenditoria, agli investimenti e all'occupazione.

Questo disegno di legge delega, in sintesi, rientra in modo ordinato in un complesso quadro normativo nazionale ed europeo nel momento più difficile ed altrettanto articolato del quadro economico e produttivo del nostro Paese, particolarmente fragile, anche rispetto ed in confronto con altri Paesi. Anche se sarebbe stata auspicabile una legge organica di più ampio respiro, apprezziamo comunque l'ambizione del provvedimento, teso a salvaguardare, oltre che il diritto dei creditori di veder soddisfatte le proprie attese, anche quello, altrettanto importante, di conservare l'attività imprenditoriale ed i posti di lavoro.

Per perseguire questo obiettivo il provvedimento definisce, in un'unica procedura di amministrazione straordinaria più snella e veloce, lo strumento più incisivo ed efficace per favorire il recupero dell'impresa in crisi e anche, e non solo, la salvaguardia dei posti di lavoro. È da apprezzare il miglioramento e l'incentivazione a tutti i livelli di trasparenza, sia in ambito decisionale che in quello procedurale e, in ultimo, la regolamentazione dei compensi ai commissari.

In conclusione, pur dando un giudizio positivo del lavoro fatto in Commissione, chiediamo al Governo di operare per far sì che le tutele per i lavoratori e le lavoratrici delle aziende in crisi siano le più estese e complete possibili. Apprezziamo, comunque, il tentativo di porre al centro del provvedimento il tema del lavoro, del rilancio delle imprese e dell'occupazione tramite il recupero dell'equilibrio economico dell'azienda. Per noi i temi del lavoro e delle politiche industriali sono punti fondamentali, ovviamente, non solo riferibili a questo specifico provvedimento ma, più in generale, ai punti cardine della nostra agenda politica e parlamentare. Concludendo, signor Presidente, dichiaro il voto favorevole del gruppo MDP (Applausi dei deputati del gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la collega Giammanco. Ne ha facoltà.

GABRIELLA GIAMMANCO. Grazie, Presidente. L'istituto dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese, introdotto nel 1979 accanto alle altre procedure concorsuali tradizionali per evitare il fallimento di imprese di rilevante interesse pubblico, è stato oggetto nell'ultimo decennio di una serie di interventi legislativi che hanno modificato l'originario impianto normativo. Il quadro complessivo che ne è seguito è certamente complesso e si caratterizza per la compresenza di diversi modelli procedurali, il cui discrimine applicativo è dato dalla presenza o meno di determinati requisiti di ammissione alla procedura.

Negli anni, i Governi si sono, quindi, trovati in prima linea di fronte a crisi aziendali che hanno investito realtà imprenditoriali importanti, risolvendo casi sotto il duplice profilo dell'occupazione e della complessiva perdita di ricchezza che al sistema economico sarebbe derivata in caso di cessazione di tali attività.

I numeri mostrano che la procedura di amministrazione straordinaria può ancora rappresentare una modalità di gestione dell'insolvenza e di intervento pubblico ancora valida, se, comunque, volta sempre alla conservazione del patrimonio produttivo del Paese. Complessivamente, infatti, nei quindici anni successivi alla riforma del 1999, l'amministrazione straordinaria ha interessato 136 gruppi di imprese, con circa 121 mila lavoratori in totale.

Una buona gestione e disciplina della crisi di impresa e di insolvenza rappresenta, dunque, un elemento cruciale per tutto il sistema economico e per il benessere sociale.

È stato da più parti osservato, infatti, che la possibilità di disporre di una serie di strumenti efficienti per la gestione e la risoluzione delle crisi, con l'obiettivo di procedere ad una tempestiva liquidazione delle realtà imprenditoriali meno produttive, ovvero ad una ristrutturazione di quelle che, invece, presentano una situazione di difficoltà temporanea, aumenti la produttività generale del Paese e ne preservi il tessuto economico. La riforma che ci approssimiamo a votare persegue, quindi, l'obiettivo di ridisegnare, in un'ottica di maggiore conformità alle tendenze dell'ordinamento europeo, la disciplina delle procedure di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza. Emerge la volontà di introdurre un'unica procedura di amministrazione straordinaria, che abbia una finalità di tipo conservativo del patrimonio produttivo dell'impresa e che, dunque, regoli in maniera uniforme non solo lo stato di insolvenza della singola impresa, ma anche di gruppi di imprese, che, in ragione della loro dimensione, hanno un impatto economico-sociale rilevante. Un altro elemento risiede nella previsione dell'istituzione, presso il Ministero dello sviluppo economico, di un albo dei commissari straordinari per l'amministrazione delle grandi imprese in stato di insolvenza, prevedendo tra i requisiti per l'iscrizione all'albo l'avere svolto funzioni di amministrazione ovvero direttive nell'ambito di imprese di notevoli dimensioni.

Tuttavia, a parte questi elementi ed altri che possono essere ritenuti sicuramente positivi dal gruppo di Forza Italia, abbiamo anche ravvisato la necessità di procedere ad alcuni miglioramenti e perfezionamenti del testo, che comunque non ci sono stati, avendo specifico riguardo, come gruppo Forza Italia, alla questione dei requisiti di ammissione alla procedura, al potenziamento del legame tra amministrazione straordinaria e la sussistenza di concrete prospettive di recupero, una maggiore tutela del ceto creditorio. È noto, infatti, come negli anni sia mancata un'analisi approfondita dell'effettiva soddisfazione degli interessi dei creditori. Fino ad oggi, purtroppo, l'amministrazione straordinaria non ha rappresentato pienamente uno strumento di politica industriale efficace e troppo spesso, a fronte della crisi di molte aziende, è infatti mancato uno strumento di risoluzione che desse alle imprese la possibilità di un recupero di produttività concreto nei tempi necessari per rimanere sul mercato.

L'auspicio, quindi, è che la procedura di amministrazione straordinaria possa essere migliorata preservando l'istituto quale strumento di intervento pubblico nell'economia per la salvaguardia occupazionale e il rilancio produttivo, quindi sulla base di queste due direttrici che dovrebbero camminare parallelamente, cioè appunto salvaguardia occupazionale e rilancio del tessuto produttivo e del tessuto economico.

Gli elementi condivisibili del provvedimento oggi in discussione, quindi, non ci esimono dal sottolineare che siamo in presenza di un intervento di delega legislativa, per cui sarà quanto mai necessario attendere la sua concreta elaborazione e realizzazione da parte del Governo e quindi l'implementazione della normativa con i suoi decreti delegati. Forza Italia, quindi, ha deciso di astenersi dal votare il provvedimento, il nostro voto sarà un voto di astensione per dare un giudizio definitivo sul complesso della riforma che verrà, quando appunto i decreti legislativi di iniziativa governativa vedranno la luce (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Andrea Vallascas. Ne ha facoltà.

ANDREA VALLASCAS. Grazie, Presidente. Nell'annunciare l'astensione del MoVimento 5 Stelle su questo provvedimento, desidero illustrare le nostre valutazioni su questa riforma organica della disciplina dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, valutazioni così come sono maturate nel corso dei lavori in Commissione.

Questo disegno di legge nasce come stralcio dall'originaria delega al Governo per la riforma organica delle discipline delle crisi d'impresa e dell'insolvenza. C'è da dire subito che noi condividiamo la ratio che sottende il provvedimento, ma, nei fatti, ci sono troppi elementi che lo rendono ancora insufficiente, soprattutto a fronte della crisi profonda che coinvolge il nostro tessuto produttivo.

Questo disegno di legge nasce con un obiettivo nobile: mettere ordine e rendere coesa una materia che si è sviluppata negli anni sull'onda di singole emergenze, che hanno riguardato particolari aziende o gruppi industriali. Questa genesi particolare ha fatto sì che si stratificasse nel tempo un quadro normativo che risultava poco organico e di fatto di complessa applicazione. In poche parole, non c'è stata negli anni, e probabilmente non ci poteva essere, una visione d'insieme che inserisse le crisi industriali e i singoli piani di salvataggio e rilancio in una logica più ampia e di sistema. Viceversa, per ogni singola azienda, grande azienda in crisi, è stata avviata una procedura particolare di natura emergenziale. Questo modus operandi non è più accettabile. Oggi, la crisi economica da una parte e il processo di deindustrializzazione dall'altra hanno spazzato via o hanno ridimensionato il peso di aziende che hanno fatto la storia della nostra industria. È cambiata la geografia stessa dell'economia italiana: molte aziende hanno chiuso i battenti, perché scalzate dalla crisi, altre hanno delocalizzato, altre ancora sono state oggetto dello shopping di investitori e speculatori stranieri.

Questa situazione critica è fotografata dai dati dell'Unità per la gestione delle vertenze delle imprese in crisi del Ministero dello sviluppo economico, presso il quale, nel corso dello scorso anno, erano stati aperti 145 tavoli di confronto, vertenze che riguardano aziende come le ex acciaierie Lucchini, l'Alcoa, Almaviva, Ilva, Novelli, Selcom, Vesuvius, solo per citarne alcune. Dietro queste sigle ci sono imprese, operai e una storia manifatturiera, che oggi rischiano di essere cancellati per sempre.

Ogni anno nell'Unione europea oltre 200 mila aziende dichiarano lo stato di insolvenza, con ricadute negative per oltre 1.700.000 lavoratori. Di fronte a questa situazione drammatica non sarebbe stato possibile proseguire con un approccio frammentario ed emergenziale. L'attuale disciplina relega, infatti, la materia della gestione delle crisi industriali ad un ambito incerto, caratterizzato dall'occasionalità degli interventi e dai troppi elementi di discrezionalità. Tutto questo in un contesto in cui - come detto - la materia non riguarda più singole realtà, ma interessa sempre più una molteplicità di grandi aziende, grandi gruppi industriali.

Oggi, lo sforzo maggiore della riforma dovrebbe essere proprio quello di ridare unità e coerenza sistematica a un corpus di norme che si è stratificato nel corso degli anni, fin dalla cosiddetta legge Prodi del 1979. Si tratta di rispondere ad alcune essenziali esigenze: da una parte c'è la necessità di tutelare i creditori e gli investitori, dall'altra, altrettanto forte, la necessità di salvaguardare l'azienda e il suo patrimonio, rappresentato dalla forza lavoro, dagli impianti e da un know-how. Oggi è sentita la necessità, da parte di tutti gli attori che ruotano attorno ai settori dell'economia, di regole certe e di un approccio di sistema alle crisi.

C'è quindi bisogno di mettere mano alla normativa di riferimento, ma è proprio su come il Governo intende affrontare un processo di riordino della materia che abbiamo delle perplessità. In primo luogo - e non ci stancheremo mai di dirlo - non condividiamo la scelta della legge-delega. La legge-delega conferisce all'Esecutivo un eccessivo potere discrezionale sulla materia che, viceversa, necessita di un ampio coinvolgimento, a cominciare dal Parlamento. Non è più pensabile, viste anche le dimensioni dell'emergenza economica, affrontare le criticità per compartimenti stagni o, peggio, affidandoci alle singole volontà del Governo o del Ministro di turno. Per le implicazioni, anche sociali e non solo economiche, questa è una materia che non solo riguarda tutti, ma deve essere arricchita con il contributo di tutti. Il Parlamento – è il caso di ricordarlo - è la sede nella quale si raccolgono le volontà, le istanze e le competenze, anche di altissimo livello, che vengono espresse dalla società.

L'altro aspetto che non condividiamo è l'approccio parziale e settoriale con cui viene affrontato il processo di riordino, quando l'obiettivo era, viceversa, proprio quello di raggiungere una sintesi, una coerenza sistematica, in una materia che si è stratificata nel tempo con provvedimenti diversi.

Questa norma è quanto resta dello stralcio dell'originario disegno di legge sulla delega al Governo per la riforma organica delle discipline delle crisi di impresa e dell'insolvenza. Se l'obiettivo era quello di rendere più organica la materia, qual è la ragione dello stralcio? Come MoVimento 5 Stelle abbiamo proposto l'esame unico e congiunto della II e X Commissione. Eravamo convinti - e restiamo convinti - che in questo caso si sarebbe potuto parlare effettivamente di un approccio sistematico alla disciplina, uscendo così dalle logiche emergenziali ed episodiche che hanno caratterizzato la materia.

Entrando nello specifico del testo in esame, il disegno di legge-delega prevede alcuni criteri direttivi, che introducono una procedura unica di amministrazione straordinaria con finalità conservative, volte alla regolazione dell'insolvenza delle singole imprese. C'è da dire che, nel corso dell'esame in Commissione, c'è stata un'ampia e importante partecipazione di numerosi soggetti e operatori di settore, che si sono resi disponibili a condividere con i commissari esperienze e conoscenze specifiche. Segnalo che in X Commissione sono state accolte quattro proposte emendative presentate dal gruppo MoVimento 5 Stelle. La prima riguarda la procedura e i tempi di approvazione dei decreti legislativi: i decreti dovranno essere adottati entro dodici mesi e dovranno essere sottoposti al parere delle Commissioni competenti per aspetti in materia e oneri finanziari.

Una seconda proposta riguarda la procedura di apertura della fase di amministrazione straordinaria. La terza proposta, accolta, concerne i casi di incompatibilità dell'incarico di commissario. Ad esempio, non possono essere conferiti allo stesso soggetto più incarichi riferiti a imprese diverse, salvo in casi eccezionali o nel caso di aziende che appartengono allo stesso gruppo. Infine, una quarta proposta emendativa introduce criteri sulle modalità di remunerazione dell'attività dei commissari. In pratica, si dovrà tenere conto dell'efficienza e dell'efficacia dell'opera prestata e dovranno essere parametrati, secondo fasce coerenti, alle dimensioni dell'impresa, all'attivo realizzato, al passivo accertato e al fatturato conseguito nel rispetto dei tetti stabiliti per le altre procedure concorsuali.

Nel complesso ribadisco la condivisione del gruppo MoVimento 5 Stelle della logica che ha reso necessario approntare un disegno di legge in materia, ma, nel contempo, ribadisco i dubbi che hanno animato il lavoro in Commissione, dubbi che non vengono fugati dalla stesura finale, seppure siano presenti alcuni importanti proposte emendative. Pertanto, ribadisco che il voto del MoVimento 5 Stelle su questo provvedimento sarà di astensione. Grazie (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Angelo Senaldi. Ne ha facoltà.

ANGELO SENALDI. Grazie, Presidente. Arriviamo oggi alla votazione finale di un provvedimento che tratta di un argomento posto in agenda dalla Commissione attività produttive già all'inizio di ottobre 2015, prima della proposta del Governo dello scorso anno, proprio a significare la consapevolezza, da parte del Parlamento, della necessità di revisione complessiva e condivisa delle procedure di amministrazione straordinaria per grandi imprese in stato di insolvenza.

La legge-delega contiene alcuni principi che pongono ordine alla stratificazione normativa che, a far tempo dal 1979, si è via via accumulata nella nostra legislazione, dalla legge n. 270 del 1999 alla legge n. 39 del 2004, all'intervento del decreto-legge n. 134 del 2008, ai successivi decreti degli ultimi anni: una stratificazione che si era resa necessaria dalle condizioni mutate e particolari di più casi di crisi d'impresa, che non trovavano, nelle norme in vigore, completa e piena possibilità di esplicare la propria funzione.

Lo stralcio dell'amministrazione straordinaria dal disegno di delega per la riforma delle discipline di crisi d'impresa e dell'insolvenza ha permesso un approfondimento e una serie di revisioni da parte della Commissione referente, che hanno, a nostro avviso, meglio precisato i contorni delle norme di delega in approvazione, al fine di rendere preciso e puntuale, e quindi concretamente efficace, l'intervento di revisione delle procedure, con intenzioni conservative del patrimonio produttivo collegate a precisi parametri e presupposti legati allo stato di insolvenza, al contorno dimensionale dell'azienda ed al numero dei dipendenti.

Credo che questo lavoro sia stato essenziale, anche perché i decreti attuativi, che ripasseranno dalla Commissione, potranno ripercorrere questi aspetti e, quindi, credo che il lavoro fatto dalla Commissione, di approfondimento proprio grazie allo stralcio dell'articolo 15 del decreto-legge del Governo, sia stato un valore aggiunto in questo procedimento legislativo.

Già dalla precisazione dell'oggetto della delega stessa, contenuto nell'articolo 1, si evidenzia come l'obiettivo da realizzare sia la massima tutela della capacità produttiva delle grandi aziende, al fine di garantire l'occupazione sia diretta che indiretta, in particolare delle piccole e medie imprese creditrici, spesso incapaci di sopravvivere alle difficoltà delle grandi aziende clienti.

Il testo si inserisce inoltre nel quadro normativo europeo, in accordo con i recenti regolamenti e la raccomandazione del 2014, che invita ad istituire un quadro giuridico chiaramente orientato ad incoraggiare una ristrutturazione efficace delle imprese in difficoltà, ma che conservano comunque potenzialità di ripresa e di sviluppo.

Ritengo importante sottolineare alcuni aspetti ed alcune variazioni apportate al testo base in sede referente, perché, a mio avviso, danno plasticamente la cifra della volontà di operare per la salvaguardia della continuità aziendale, in primo luogo accelerando i tempi delle decisioni, valorizzando la funzione del Ministero dello sviluppo economico ed identificando, nelle sezioni specializzate di impresa presso le corti d'appello, l'autorità giudiziaria preposta al controllo del procedimento, per offrire una strada, direi, preferenziale, per garantire la massima celerità nell'affrontare la crisi aziendale in atto. Oggi più che mai la tempistica non è una variabile indipendente rispetto alla possibilità di ripresa di aziende in difficoltà, anzi il fattore tempo risulta determinante nella buona riuscita delle azioni di salvataggio. Un mondo in continua mutazione, interconnesso, rapido nelle decisioni, sempre aperto ed attivo richiede risposte celeri e veloci che molte volte si scontrano, o si scontravano, con regole burocratiche pensate per altre realtà ed altre epoche.

Così come di rilievo nel provvedimento è la definizione di un albo dei commissari straordinari per l'ammissione delle grandi imprese in stato di insolvenza per garantire alti livelli di trasparenza di procedure e decisioni. I soggetti inseriti nell'albo dovranno possedere requisiti stringenti di indipendenza, professionalità ed onorabilità, dovranno essere liberi da qualsiasi conflitto di interessi e non potranno, salvo casi specifici, eccezionali e motivati, essere nominati da parte del Mise per seguire più imprese in amministrazione straordinaria. Anche per quanto attiene i compensi dei commissari verranno introdotti parametri e criteri oggettivi legati all'efficacia e all'efficienza del lavoro svolto, oltre che alla dimensione dell'impresa amministrata.

Viene definita in maniera compiuta e precisa la cosiddetta procedura accelerata per le società quotate di rilevanti dimensioni, sulla scorta delle finalità della “legge Marzano”, dando compito diretto al Ministero dello sviluppo economico di disporre in via provvisoria l'ammissione all'amministrazione straordinaria, con la nomina del commissario straordinario a cui seguirà comunque la conferma o la revoca da parte del tribunale. Anche in questo caso, la scelta è improntata ad accrescere il livello di trasparenza, piuttosto che lasciare alla decretazione d'urgenza la disciplina per tamponare le emergenze come avvenuto in casi più o meno recenti. Così come il requisito dimensionale relativo al concetto di grande impresa non viene più ancorato ai soli occupati, bensì riferito alla media del volume di affari degli ultimi tre esercizi. Inoltre vengono indicati principi e criteri direttivi per quanto riguarda il comitato di sorveglianza di cui fanno parte oltre i membri nominati dal Mise, anche i creditori nominati dal tribunale, la cui funzione è quella di vigilanza sull'attuazione del programma e sulle effettive prospettive di risanamento e recupero economico e sulle modalità di intervento del tribunale sulla sospensione e risoluzione dei contratti pendenti e sul pagamento dei crediti pregressi.

Infine, siamo certi che grazie all'impegno del Governo espresso in maniera chiara e decisa dalla Viceministra Bellanova, si possa risolvere in fase di attuazione della delega la questione aperta della estensione della tutela dei lavoratori coinvolti, dall'apertura delle procedure fino agli atti successivi all'esecuzione del piano predisposto dal commissario.

Tre parole, quindi, per riassumere questo provvedimento: celerità, trasparenza e salvaguardia. È un provvedimento che non può essere derubricato a semplice definizione di procedimenti amministrativi, ma è una potente leva di politica industriale in un'epoca, quella attuale, di grandi trasformazioni, di innovazioni produttive e di processi, di novità delle modalità di lavoro, di cambiamenti e di evoluzione nei parametri di valutazione energetica ed ambientale. In questo scenario così poco decifrabile e prevedibile, uno strumento capace di salvaguardare il lavoro e la produzione delle grandi imprese strategiche è un punto importante nel processo complessivo e generale di revisione delle procedure concorsuali e parte di quell'opera di aggiornamento legislativo, di semplificazione e di responsabilizzazione che i Governi negli ultimi tre anni hanno perseguito con forza. Viene proposta oggi una risposta chiara e certa, semplificata e idonea, a sostegno di passaggi difficili e complicati. A nome del Partito Democratico annuncio il sostegno e il voto favorevole al provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Coordinamento formale - A.C. 3671-ter-A)

PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, la Presidenza si intende autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.

  (Così rimane stabilito).

(Votazione finale ed approvazione – A.C. 3671-ter-A)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.

Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge n. 3671-ter-A:

"Delega al Governo in materia di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza (Già articolo 15 del disegno di legge n. 3671, stralciato con deliberazione dall'Assemblea il 18 maggio 2016)".

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 17).

Dichiaro così assorbita la proposta di legge n. 865.

Seguito della discussione della proposta di legge: S. 1349 - D'iniziativa dei senatori: Marcucci ed altri: Iniziative per preservare la memoria di Giacomo Matteotti e di Giuseppe Mazzini (Approvata dalla 7a Commissione permanente del Senato) (A.C. 3844-A) (ore 12,10).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della proposta di legge, già Approvata dalla 7a Commissione permanente del Senato, n. 3844-A: Iniziative per preservare la memoria di Giacomo Matteotti e di Giuseppe Mazzini.

Ricordo che, nella seduta dell'8 maggio, si è conclusa la discussione sulle linee generali e la relatrice e il rappresentante del Governo hanno rinunciato a intervenire in sede di replica.

Avverto che la Commissione bilancio ha espresso il prescritto parere (Vedi l'allegato A), che è in distribuzione. In particolare, tale parere reca tre condizioni, formulate ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, che saranno esaminate e poste in votazione ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento.

(Esame degli articoli - A.C. 3844-A )

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli della proposta di legge, nel testo della Commissione.

(Esame dell'articolo 1 - A.C. 3844-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 (Vedi l'allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 18).

(Esame dell'articolo 2 - A.C. 3844-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 2 (Vedi l'allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 19).

(Esame dell'articolo 3 - A.C. 3844-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 3 (Vedi l'allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 20).

(Esame dell'articolo 4 - A.C. 3844-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 4 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A).

Se nessuno chiede di intervenire sul complesso degli emendamenti, invito la relatrice ad esprimere il parere della Commissione.

GIULIA NARDUOLO, Relatrice. La Commissione esprime parere favorevole su tutti e tre gli emendamenti.

PRESIDENTE. Il Governo?

ANTIMO CESARO, Sottosegretario di Stato per i Beni e le attività culturali e il turismo. Conforme ai pareri espressi dalla relatrice.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 4.100, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento, con il parere favorevole della Commissione e del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 21).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 4.101, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento, con il parere favorevole della Commissione e del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 22).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 4.102, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento, con il parere favorevole della Commissione e del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 23).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 4, nel testo emendato.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 24).

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 3844-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A).

Qual è il parere del Governo?

ANTIMO CESARO, Sottosegretario di Stato per i Beni e le attività culturali e il turismo. Grazie, Presidente. Allora…

PRESIDENTE. Le chiamo io gli ordini del giorno. Ordine del giorno Palese n. 9/3844-A/1.

ANTIMO CESARO, Sottosegretario di Stato per i Beni e le attività culturali e il turismo. Accolto.

PRESIDENTE. Quindi, parere favorevole. Ordine del giorno Rocchi n. 9/3844-A/2.

ANTIMO CESARO, Sottosegretario di Stato per i Beni e le attività culturali e il turismo. Parere favorevole, con riformulazione: “impegna il Governo a valutare l'opportunità di (…)”. Al secondo capoverso: “a utilizzare presso la Domus mazziniana anche docenti di scuola (…)”. Il terzo capoverso non è accolto.

PRESIDENTE. Ordine del giorno Amato n. 9/3844-A/3.

ANTIMO CESARO, Sottosegretario di Stato per i Beni e le attività culturali e il turismo. Accolto come raccomandazione.

PRESIDENTE. Ordine del giorno Nesi n. 9/3844-A/4.

ANTIMO CESARO, Sottosegretario di Stato per i Beni e le attività culturali e il turismo. Accolto come raccomandazione.

PRESIDENTE. Ordine del giorno Tinagli n. 9/3844-A/5.

ANTIMO CESARO, Sottosegretario di Stato per i Beni e le attività culturali e il turismo. Accolto.

PRESIDENTE. Ordine del giorno Palese n. 9/3844-A/1: parere favorevole.

Ordine del giorno Rocchi n. 9/3844-A/2: parere favorevole con riformulazione. Si accetta la riformulazione? Sì.

Ordine del giorno Amato n. 9/3844-A/3: accolto come raccomandazione.

Ordine del giorno Nesi n. 9/3844-A/4: accolto come raccomandazione.

Ordine del giorno Tinagli n. 9/3844-A/5: parere favorevole.

È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.

Lo svolgimento delle dichiarazioni di voto e la votazione finale avranno luogo nella parte pomeridiana della seduta, dopo la commemorazione dell'ottantesimo anniversario della morte di Antonio Gramsci, prevista per le ore 16,30.

Sospendo la seduta che riprenderà alle ore 15, per lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.

La seduta, sospesa alle 12,20, è ripresa alle 15.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno la Ministra per i rapporti con il Parlamento, la Ministra della salute, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, la Ministra dell'istruzione dell'università e della ricerca e il Ministro dell'economia e delle finanze.

(Iniziative volte a sospendere le procedure per la restituzione delle somme richieste ai familiari delle vittime del terremoto de L'Aquila a seguito del processo penale relativo alle responsabilità della Commissione Grandi Rischi, in attesa della definizione del contenzioso civile – n. 3-03004)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interrogazione all'ordine del giorno Melilla ed altri n. 3-03004 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Melilla se intenda illustrare, per un minuto, la sua interrogazione o se si riservi di intervenire in sede di replica.

GIANNI MELILLA. Grazie. Il Presidente del Consiglio dei ministri ha richiesto, in questi giorni, ai familiari delle vittime del terremoto dell'Aquila la restituzione dei risarcimenti avuti. Avete così riaperto una ferita dolorosa. Vi chiediamo di ripensarci e voglio per questo motivo leggervi le parole di una mamma, Maria Grazia Piccinini, che ha perso in quel terremoto la figlia, Ilaria Rambaldi, che studiava all'Aquila: “Ciò che mi fa più male in tutto questo” - ci dice questa mamma - “è sapere che lo Stato mi è contro. Nel caso che mi riguarda, lo Stato si è fatto carico dei cittadini solo dopo la tragedia e nulla ha fatto prima. Anzi, dopo ha risarcito e indennizzato tutto e tutti, con una sola eccezione: i morti.

PRESIDENTE. Concluda.

GIANNI MELILLA. Per le vittime c'è stato solo il calvario dei processi, tanti, lunghi e incerti…

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Melilla…

GIANNI MELILLA. …sia nell'esito che nella realizzabilità. Lo Stato capisca che infierire su anime doloranti…

PRESIDENTE. Melilla, deve concludere.

GIANNI MELILLA. …non è onorevole”.

PRESIDENTE. La Ministra per i rapporti con il Parlamento, Anna Finocchiaro, ha facoltà di rispondere per tre minuti.

ANNA FINOCCHIARO, Ministra per i Rapporti con il Parlamento. Grazie, Presidente. In seguito al sisma verificatosi nella città dell'Aquila nel 2009, l'autorità giudiziaria ha avviato un processo penale nei confronti degli allora componenti della commissione grandi rischi. In tale procedimento i famigliari delle vittime si sono costituiti parte civile nei confronti degli imputati e della Presidenza del Consiglio, in qualità di responsabile civile. In primo grado, il tribunale dell'Aquila, con sentenza n. 380 del 2012, ha condannato i componenti della commissione. I capi civili della sentenza hanno altresì condannato la parte pubblica al pagamento di una provvisionale alle parti civili, oltre alle spese legali.

Conseguentemente, con nota del 13 novembre 2012 il Dipartimento della protezione civile ha chiesto un parere all'Avvocatura dello Stato, che ha evidenziato la necessità di provvedere al pagamento delle somme liquidate a titolo di provvisionale prima del deposito della sentenza penale di condanna, al fine di evitare un processo esecutivo con ulteriore aggravio di spese. Alla luce del richiamato parere, la Protezione civile ha provveduto, quindi, alla liquidazione delle somme dovute alle parti civili a titolo di provvisionale nonché alle spese del giudizio.

La corte d'appello dell'Aquila, con sentenza n. 3317 del 2014, ha parzialmente riformato la sentenza di primo grado, assolvendo tutti gli imputati, fatta eccezione per l'allora vice capo dipartimento dell'area tecnico-operativa. Quest'ultima condanna, tuttavia, è stata limitata solo ad alcune vittime, così come sono state limitate ai famigliari delle suddette vittime le statuizioni, tra cui rientra la provvisionale prevista in primo grado. Alla luce di tali elementi, solo per 19 delle parti civili si è proceduto al recupero della suddetta previsionale.

Come già è accaduto rispetto alla sentenza di primo grado, anche per la pronuncia della corte d'appello il Dipartimento ha chiesto, con nota del 4 dicembre 2014, all'Avvocatura generale dello Stato di esprimere il proprio parere in ordine al recupero delle somme pagate a titolo di provvisionale, chiedendo espressamente se l'amministrazione dovesse procedere all'immediata ripetizione delle stesse o fosse possibile attendere il passaggio in giudicato della pronuncia. Con nota del 12 dicembre 2014, l'Avvocatura generale ha espresso il proprio parere favorevole all'invio di un atto di diffida alle parti civili beneficiarie delle statuizioni civili ormai prive di efficacia. Pertanto, in ottemperanza al nuovo parere espresso, con nota del marzo del 2015 il Dipartimento della protezione civile ha provveduto a intimare alle parti civili di provvedere alla restituzione.

Successivamente, a seguito della conferma da parte della Cassazione delle statuizioni di grado d'appello, il Dipartimento della protezione civile ha nuovamente intimato alle parti civili di restituire le somme dovute. L'Avvocatura distrettuale dello Stato ha rappresentato in proposito la necessità di doversi procedere giudizialmente nei confronti di coloro, i quali, pur invitati alla restituzione, non abbiano provveduto. A ciascuno risulta ovvio che ogni azione compiuta in proposito sia dal Dipartimento della protezione civile sia dall'Avvocatura dello Stato è stata fondata esclusivamente su valutazioni di carattere tecnico-giuridico…

PRESIDENTE. Concluda, Ministro.

ANNA FINOCCHIARO, Ministra per i Rapporti con il Parlamento. …tenendo presente - concludo subito, Presidente - anche le possibili responsabilità contabili. Nella vicenda, dunque, non è stata adottata alcuna scelta di carattere discrezionale e ancor meno di ordine politico, e, anzi, il Governo sta considerando, data la peculiarità del caso, tutte le possibili forme di rinuncia, riduzione o dilazione delle richieste che siano compatibili con i limiti di legge.

PRESIDENTE. L'onorevole Melilla ha facoltà di replicare, per due minuti.

GIANNI MELILLA. Signora Ministra, ho speranza che le sue ultime parole spingano il Governo a ripensare a quello che ha fatto. Avete riaperto una ferita, spinti da una mentalità burocratica e disumana. Vi è una complessa vicenda processuale, tra l'altro in corso in sede civile per i risarcimenti, e il problema è che sono passati otto anni senza che si definiscano i risarcimenti per le vittime del terremoto. Tornate sui vostri passi con ragionevolezza e umanità, non ci sono atti dovuti dinanzi al dolore di migliaia di famigliari che è riesploso, e quindi vanno ricercate tutte le vie per sanare questa vicenda, come vi ha anche chiesto il sindaco de L'Aquila, Massimo Cialente.

Tutti ricordano quei sacchi neri forniti dallo Stato dopo il 6 aprile del 2009 e le file di bare nei funerali di Stato alla caserma della Guardia di finanza de L'Aquila. Lo Stato ha le sue responsabilità, e non vengono contemplate solo con la ricostruzione delle case e gli aiuti alla economia; no, vi è una responsabilità più generale, per non avere svolto attività di prevenzione, di informazione, di messa in sicurezza degli edifici. Per questo noi vi chiediamo di non stare su questa linea cieca, insensibile, non condivisibile, arcigna, perché lo Stato deve stare dalle parte delle vittime del terremoto.

(Chiarimenti in merito alla concentrazione nell'aria di sostanze tossiche a seguito dell'incendio sviluppatosi presso il deposito della società Eco-X di Pomezia – n. 3-03005)

PRESIDENTE. L'onorevole Pellegrino ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-03005 (Vedi l'allegato A) per un minuto.

SERENA PELLEGRINO. Grazie, Presidente. Il vasto rogo nell'azienda di rifiuti Eco-X del 5 maggio a Pomezia, per estensione e rilevanza dell'inquinamento provocato, rientra oggettivamente tra i delitti di disastro ambientale previsti dalla legge sugli ecoreati. Sono stati registrati dall'ARPA valori oltre la norma di PM10 e confermata la presenza di amianto; siamo in attesa di conoscere i dati relativi agli idrocarburi policiclici aromatici e alle diossine. Il silenzio delle istituzioni dopo le denunce dei cittadini e le richieste di immediato intervento ha come esito questo disastro. La salute dei cittadini, Ministro, e dell'ambiente - Ministro Galletti, approfitto anche della sua presenza - è prioritaria, e la richiesta di notizie certe e di azioni a tutela della sanità pubblica è un obbligo. Attendiamo, quindi, da lei una corretta informazione sulla composizione della nube tossica e sulla salute della popolazione esposta all'inquinamento.

PRESIDENTE. La Ministra della salute, Beatrice Lorenzin, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

BEATRICE LORENZIN, Ministra della Salute. Grazie, Presidente. Vorrei approfittare di questa occasione per dare, appunto, delle comunicazioni puntuali proprio in questa sede, che è quella del Parlamento italiano, sul gravissimo incendio che c'è stato a Pomezia. Fin dalle primissime ore sono stata in contatto con il sindaco e la regione Lazio, abbiamo allertato le direzioni generali del Ministero, l'Istituto superiore di sanità, l'Istituto zooprofilattico, tutti gli enti pubblici preposti alla gestione dell'emergenza, e, ovviamente, anche i carabinieri dei NAS, che sono intervenuti immediatamente.

Ciò detto, vorrei darvi immediatamente i dati, e cioè quanto mi è stato comunicato dall'ARPA Lazio, dall'Istituto zooprofilattico sperimentale del Lazio e della Toscana e dall'ASL Roma 6.

L'ARPA ha evidenziato che sono ad oggi disponibili solo i valori delle polveri sottili PM10 relativi al giorno dell'incendio e a quello successivo, cioè il 5 e il 6 maggio; valori che sono risultati superiori ai limiti previsti dalla legge, ma limitatamente alle immediate vicinanze dello stabilimento e non anche nei centri abitati adiacenti, fortunatamente. L'Agenzia ha in ogni caso precisato che gli stessi risultano analoghi ai valori registrati nel centro urbano di Roma nei periodi invernali di particolare criticità di inquinamento.

Rispetto alla questione della presenza di idrocarburi policiclici aromatici, l'Istituto zooprofilattico sperimentale del Lazio e della Toscana ha comunicato che i risultati delle prime rilevazioni su ben nove campioni di vegetali raccolti nelle vicinanze del sito interessato dall'incendio hanno dato esito negativo. Quanto, invece, alla presenza di diossine, l'ARPA ha riferito che i dati saranno disponibili da domani, in quanto richiedono tempi di analisi maggiori, e mi farò portavoce della comunicazione ufficiale di questi dati.

Rispetto, invece, all'amianto, l'ASL Roma 6 ha comunicato che già nella giornata del 7, non appena è stato possibile accedere in sicurezza all'interno dell'impianto, sono stati effettuati campionamenti delle lastre di copertura dei capannoni dello stabilimento, che hanno evidenziato la presenza di fibre di amianto. A questo proposito, vi comunico che sono pervenuti proprio oggi, in tarda mattinata, i risultati delle analisi effettuate dall'ARPA Lazio in merito alla presenza di fibre di amianto nell'aria.

Fortunatamente, diciamo, non è stata rivelata presenza di fibre di amianto nell'aria: questo è un dato estremamente positivo per la cittadinanza.

Ci preoccuperemo adesso, invece, nella gestione della rimozione dei rifiuti, che gli operatori preposti alla gestione di questi rifiuti siano ovviamente messi in sicurezza, proprio per non avere contaminazioni. La direzione generale salute e politiche sociali della regione Lazio ha incaricato l'Istituto superiore di sanità di collaborare per effettuare ulteriori analisi e per affiancare la regione nella definizione dei programmi di monitoraggio e di sorveglianza sanitaria dei cittadini esposti, e quindi per tutto quello che riguarda la fase due, che comincerà nelle prossime ore.

L'ASL Roma 6, in stretta collaborazione con la Direzione degli alimenti e della sanità animale del Ministero della salute, allo scopo di evitare, secondo il principio di precauzione, ogni potenziale rischio per la salute della popolazione, immediatamente dopo l'incendio ha fornito specifiche indicazioni ai sindaci dei comuni di Pomezia e di Ardea per l'adozione di ordinanze urgenti finalizzate a interdire nell'arco di cinque chilometri dall'area dell'incendio la raccolta, la vendita e il consumo di prodotti ortofrutticoli…

PRESIDENTE. Concluda, Ministra.

BEATRICE LORENZIN, Ministra della Salute. …il pascolo e l'utilizzo di foraggi esposti per gli animali, nonché per mantenere gli animali chiusi nelle stalle. Inoltre, è stata data indicazione che i prodotti ortofrutticoli coltivati al di fuori di detta area debbano essere accuratamente lavati prima del consumo. L'ASL Roma 6 ha poi riferito, allo scopo di fornire puntuale e aggiornata informazione alla popolazione, che sono state pubblicate nell'homepage del sito web dell'azienda tutte le precauzioni da adottare e i consigli più utili. Purtroppo, il mio tempo è concluso; comunque, lascio l'interrogazione nel dettaglio ai colleghi interroganti.

PRESIDENTE. L'onorevole Fassina, cofirmatario dell'interrogazione, ha facoltà di replicare per due minuti.

STEFANO FASSINA. Grazie, Ministro. Noi valutiamo con grande attenzione le risposte che lei ha fornito. È evidente che le preoccupazioni rimangono, da persone responsabili; credo rimangano anche a lei, da Ministro responsabile, preoccupazioni su una vicenda che ha ancora degli elementi di incertezza. Ha riconosciuto che alcune analisi non sono ancora disponibili. Stamattina l'ex procuratore di Civitavecchia, Gianfranco Amendola, ha fatto un bell'intervento su un giornale nel quale ha richiamato il principio fondamentale che vige in materia ambientale, che è il principio di prevenzione. Nel momento in cui si ha incertezza, è utile prevenire e, magari, eccedere nella prevenzione, piuttosto che farsi trovare in difetto.

Dobbiamo dire che in questi giorni non sempre questo principio è stato rispettato. È successo che, nel momento in cui il sindaco di Pomezia chiudeva scuole e attività nel raggio di dieci chilometri, invece l'outlet di Castel Romano, che sta a 6 chilometri dall'azienda dove si è sviluppato l'incendio, rimaneva aperto, con conseguenze di un qualche rilievo sulla salute delle lavoratrici e dei lavoratori.

Quindi, noi auspichiamo innanzitutto la massima informazione e, appunto, l'applicazione di quel principio di prevenzione, nel momento in cui abbiamo a che fare con la salute dei cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile).

(Iniziative di competenza in ordine alla situazione della gestione dei rifiuti a Roma - n. 3-03006)

PRESIDENTE. L'onorevole Scopelliti ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-03006 (Vedi l'allegato A), per un minuto.

ROSANNA SCOPELLITI. Presidente, signor Ministro, 300 tonnellate di rifiuti giacciono lungo le strade di Roma, 15 mila tonnellate di rifiuti sono ancora ferme in impianti di trattamento meccanico-biologico non funzionanti, contribuendo a rendere la situazione in città insostenibile.

Nelle zone periferiche di Roma si registra la presenza di cumuli di immondizia, che mettono a repentaglio la salute dei cittadini e recano un danno inimmaginabile all'immagine internazionale della nostra capitale. La situazione, già di per sé grave, è destinata a peggiorare per l'annunciato fermo per manutenzione degli inceneritori situati nell'Italia settentrionale, impianti che da luglio non potranno più ricevere e smaltire i rifiuti prodotti a Roma.

Il piano del comune prevede il raggiungimento della soglia del 70 per cento della raccolta differenziata nel 2021; tuttavia, non viene neanche prevista la discarica di servizio per le circa 300 tonnellate di immondizia non riciclabile che, quotidianamente, gli impianti dell'AMA non riescono a smaltire.

Chiediamo quindi al Governo di intervenire quanto prima per risolvere una situazione gravissima per le conseguenze sulla salute pubblica e insostenibile per il danno che Roma e l'Italia intera sono costrette a subire.

PRESIDENTE. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Gian Luca Galletti, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

GIAN LUCA GALLETTI, Ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare. Presidente, ringrazio gli onorevoli Scopelliti e Mottola per aver presentato un'interrogazione su un problema così di attualità.

Conosciamo tutti la criticità della gestione dei rifiuti a Roma capitale, che si ripropone al Paese in maniera ciclica. Ciò è dovuto principalmente al persistere su quel territorio di carenza impiantistica.

Io, nei mesi scorsi, ho più volte ricordato che la situazione è difficile: ho scritto anche personalmente all'amministrazione capitolina, in virtù dell'importanza che ricopre la capitale d'Italia anche per tutto il Paese, per evidenziare la necessità di una compartecipazione di tutti gli ambiti, nelle rispettive competenze, alla risoluzione di questo problema, tenendo in considerazione che la situazione del Lazio è anomala rispetto alle altre regioni, perché Roma produce più del 50 per cento dei rifiuti che produce l'intera regione del Lazio. Quindi, è chiaro che lì ci deve essere una risposta in termini di chiusura del ciclo integrato dei rifiuti. Così oggi non avviene, perché, come ricordavo prima, c'è una carenza impiantistica evidente.

La raccolta differenziata è oggi di poco superiore al 40 per cento, quindi ancora indietro rispetto ad altre zone del territorio; si avviano a smaltimento circa 500 mila tonnellate annue e, smaltendo queste 500 mila tonnellate, si portano a saturazione tutti gli altri impianti a livello regionale e anche a livello extraregionale, data la mancanza a Roma di una discarica di servizio.

Nel Lazio sono operativi - lo ricordo - due impianti di termovalorizzazione: uno è a San Vittore e uno a Colleferro; quest'ultimo, però, opera a ridottissimo regime. Stante questa situazione, Roma è costretta a portare fuori dal proprio territorio di competenza circa 197 mila tonnellate all'anno di rifiuto umido. E dove li porta? Li porta verso gli impianti del Nord Italia. Allora, questa può essere una soluzione di emergenza, ma non può essere la condizione strutturale, perché il Nord non può essere la discarica di Roma, è logico! E poi non solo, ma è legata alla disponibilità di impianti capaci di poter prendere quei rifiuti, il che non sempre accade: ad esempio, nei prossimi mesi parte di quei termovalorizzatori andrà in manutenzione e quindi la disponibilità sarà limitata.

Non solo, ma quello che mi preoccupa è anche il fatto che parte di questi rifiuti va fuori dall'Italia, in Austria…

PRESIDENTE. Concluda, Ministro.

GIAN LUCA GALLETTI, Ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare. …e sono raddoppiati negli ultimi mesi. Ecco, credo che noi non possiamo più perpetuare una situazione di questo genere, che rischia oltretutto di portarci in breve tempo ad infrazione UE. Detto questo, il mio Ministero, come ho detto dai primi giorni,…

PRESIDENTE. Grazie, Ministro.

GIAN LUCA GALLETTI, Ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare. …è a disposizione del comune di Roma per ogni aiuto possibile in questo senso.

PRESIDENTE. L'onorevole Mottola, cofirmatario dell'interrogazione, ha facoltà di replicare, per due minuti.

GIOVANNI CARLO FRANCESCO MOTTOLA. Ministro, Presidente, colleghi, non posso che dichiararmi insoddisfatto per questa risposta, perché io mi aspetto qualcosa di più dal Governo, che decida se non è il caso di fare un commissariamento e di intervenire su questo, perché, come ogni cittadino romano, sono particolarmente turbato; vorrei dire un'altra parola, che forse è l'unica che si adatta, ma credo che in quest'Aula non si possa dire.

Ieri sera mi è capitato, come a molti di voi immagino, di ascoltare il sindaco di Roma che, a Porta a Porta, cercava di giustificarsi e di spiegare. Come romano mi sarei aspettato che la prima cosa fosse una parola di scuse, una parola di scuse per i romani che sono costretti a sopportare questa situazione; invece c'è stato il solito balletto, vergognoso, di accuse alle altre amministrazioni, la solita arroganza del potere: “noi abbiamo fatto”, “stiamo facendo”, in realtà non è stato fatto nulla. E soprattutto, si cerca di campare su quello che si dovrebbe fare, seguendo le indicazioni dell'Europa, che tante sciagure viene accusata di fare; invece qui fa benissimo, a dare queste indicazioni. Piani che dovrebbero avvenire nel 2021, ma, nel frattempo, non si fa nulla per risolvere la situazione.

Ripeto: è soltanto un balletto di “scarica barile”, ai danni dei predecessori, delle amministrazioni e anche del Governo, di tutti quanti. Riguardo a queste accuse, ci sono state già delle repliche molto dure: una è arrivata proprio in questo momento da parte della regione, che spiega che non è stata data alcuna indicazione. Ma quello che a questo proposito mi ha colpito di più è stata un'intervista della Muraro, l'assessore prima tanto decantata e poi silurata dalla Raggi, che dice che, a Roma, anche i bambini sanno che, in questo periodo, c'è un aumento della produzione di rifiuti e si cerca sempre una soluzione, ma niente è stato fatto. Ecco, a Roma anche i bambini sanno quello che succede, il sindaco no!

(Chiarimenti sullo stato del procedimento di adozione dei decreti legislativi del cosiddetto “collegato agricolo” - n. 3-03007)

PRESIDENTE. L'onorevole Schullian ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-03007 (Vedi l'allegato A), per un minuto.

MANFRED SCHULLIAN. Presidente, non avrò bisogno del minuto: l'interrogazione mira solo ad avere informazioni sullo stato attuativo del collegato agricolo.

PRESIDENTE. Il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Maurizio Martina, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

MAURIZIO MARTINA, Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali. Presidente, onorevoli deputati, con l'approvazione del collegato agricolo, al termine di un lungo e approfondito lavoro del Parlamento, noi abbiamo raccolto la sfida di innovare e sviluppare un settore cruciale per l'intera economia italiana, su alcuni assi portanti: semplificazione, tutela del reddito, ricambio generazionale e riorganizzazione delle filiere. Numerose sono le deleghe al Governo preordinate al riordino di diversi settori di fondamentale importanza. Il Ministero, anche di concerto con gli altri dicasteri interessati, si è da subito attivato per una pronta attuazione.

Vorrei partire dallo schema di decreto sul Testo unico controlli nel settore della produzione con il metodo biologico, per il quale, dopo le necessarie concertazioni, lo scorso 12 aprile abbiamo richiesto l'iscrizione al preconsiglio dei ministri per l'esame preliminare. Sul Testo unico forestazione, il competente gruppo di lavoro ha già approntato l'articolato da inoltrare alle amministrazioni competenti, così come per le modalità di finanziamento e di gestione delle attività di sviluppo e promozione del settore ippico, altro grande tema su cui da tempo siamo impegnati. Per l'attuazione delle deleghe, di cui all'articolo 15, per il riordino di Agea e di Agecontrol, informo l'interrogante che il provvedimento è in corso di elaborazione proprio in questi giorni. Riguardo alla gestione dei rischi in agricoltura, prevista dall'articolo 21 con particolare riferimento ai fondi di mutualizzazione, contiamo di varare entro il prossimo giugno una bozza di provvedimento. In ogni caso, la relativa disciplina è stata già predisposta nel maggio 2016, ed è in corso di adozione il provvedimento per il riconoscimento e la revoca degli organismi gestori specifici. Infine, per quanto riguarda il codice agricolo, abbiamo impostato un lavoro attraverso un gruppo specifico di competenze che sta elaborando una prima bozza di codice, che noi contiamo di presentare anche alla vostra attenzione entro l'estate.

PRESIDENTE. L'onorevole Schullian ha facoltà di replicare.

MANFRED SCHULLIAN. Presidente, l'interrogazione voleva sottolineare l'importanza delle tematiche che sono state demandate al Governo, e speriamo col Governo che si riesca ad adempiere alle deleghe.

(Iniziative, anche in sede europea, in materia di gestione del rischio in agricoltura, in caso di danni derivanti da eccezionale maltempo o da calamità ambientali - n. 3-03008)

PRESIDENTE. L'onorevole Romanini ha facoltà di illustrare l'interrogazione Oliverio ed altri n. 3-03008 (Vedi l'allegato A), di cui è cofirmatario, per un minuto.

GIUSEPPE ROMANINI. Grazie, signor Presidente. Signor Ministro, con i cambiamenti climatici il territorio italiano si mostra sempre più fragile, colpito da ondate eccezionali di maltempo con conseguenti danni ingenti all'agricoltura, alle aziende ortofrutticole e zootecniche.

Il sistema italiano delle assicurazioni di gestione dei rischi in agricoltura, nonostante vi siano norme per quel che riguarda interventi ex ante e interventi ex post, non riesce ad assicurare la necessaria tutela agli agricoltori e agli allevatori, che lamentano la scarsa attrattività di questi strumenti, elevati costi burocratici, sfasamenti e ritardi nell'erogazione dei contributi. Se a ciò aggiungiamo che la riflessione che si è aperta in sede europea tende ad una riduzione di questi strumenti, e il fatto che le oscillazioni di mercato aggiungono rischi all'attività agricola, vorremmo sapere dal signor Ministro come intende intervenire in sede europea per garantire tipologie di assicurazione maggiormente collegate alle situazioni climatiche e di mercato, e come, a livello nazionale, si intenda operare per compensare le perdite economiche subite da questo settore.

PRESIDENTE. Il Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali, Martina, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

MAURIZIO MARTINA, Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali. Grazie Presidente. Onorevoli deputati, stiamo lavorando per potenziare gli attuali strumenti assicurativi a disposizione delle aziende del settore primario e favorire una più ampia diffusione degli stessi sul territorio, proprio nel senso delle indicazioni che venivano anche dall'interrogante. Per questo è stata disposta una revisione del testo del decreto legislativo n. 102 del 2004. Con la riforma si punta ad integrare e ammodernare gli strumenti di gestione del rischio in agricoltura in linea con quelli già previsti dalla normativa comunitaria dal Programma di sviluppo rurale 2014-2020, dando spazio alle polizze assicurative innovative a copertura del ricavo aziendale. Per contrastare il fenomeno sempre più frequente della volatilità dei prezzi dei prodotti agricoli sui mercati nazionali e internazionali, abbiamo approvato il Piano assicurativo agricolo nazionale 2017, che ha introdotto per la prima volta in Europa la sperimentazione, come sapete, della polizza ricavo per il settore cerealicolo che noi intendiamo estendere a breve anche per il settore risicolo. Per la gestione di questo strumento sono stati stanziati dal Governo 10 milioni di euro, i primi 10 milioni di euro, che si aggiungono ai fondi approvati dal Ministero con l'obiettivo di rafforzare i contratti di filiera.

Inoltre, con il Piano assicurativo agricolo 2017 sono state introdotte le polizze indicizzate con una dotazione iniziale di un milione di euro, le quali consentono di stipulare contratti assicurativi in agricoltura sulla base di parametri climatici e meteorologici. In ordine alle polizze agricole tradizionali, è in atto un processo, un lavoro, di revisione e semplificazione delle attuali procedure non semplice, ma necessario, con l'obiettivo di alleggerire la burocrazia che la normativa comunitaria ha oggettivamente introdotto, in particolare in materia di controlli. Le proposte di emendamento delle vigenti norme comunitarie, come sapete, sono state già sottoposte anche all'attenzione della Commissione europea e recepite - questo è un fatto importante - nello schema di regolamento cosiddetto omnibus di revisione di medio termine della PAC, della politica agricola comune, la cui approvazione è calendarizzata per la fine del 2017. Il Parlamento europeo ha approvato un suo primo passo, adesso siamo in apertura di trilogo. Quindi andiamo avanti anche sul fronte europeo, nella consapevolezza che questo è un tema cruciale, decisivo, soprattutto per il futuro delle nostre aziende agricole.

PRESIDENTE. L'onorevole Taricco, cofirmatario dell'interrogazione, ha facoltà di replicare, per due minuti.

MINO TARICCO. Grazie Presidente. Io ringrazio il Ministro per le informazioni che ci ha fornito, soprattutto nell'ultima parte, che era una delle questioni che volevamo sentirci dire, perché è chiaro ciò che è successo nel mese di aprile un po' in tutte le regioni italiane; facciamo prima ad elencare quelle nelle quali non ci sono stati problemi che non quelle nelle quali ci sono stati problemi. Le stime che sono state fatte ci dicono che hanno causato danni per oltre 100 milioni di euro soltanto quelle brinate che ci sono state. Se poi andiamo a vedere negli anni quanto questa tipologia di situazione ha causato danni, i numeri diventano altissimi. Sicuramente il Fondo di solidarietà nazionale ha degli spazi di intervento limitati, legati al fatto che laddove ci sono, ad oggi, assicurazioni rimangono complesse le tipologie di intervento, ma c'è da notare che, proprio negli ultimi anni, a causa delle complessità a cui il Ministro nella sua risposta faceva riferimento, abbiamo avuto significative riduzioni sulle assicurazioni, soltanto tra il 2006 e il 2014 siamo a oltre il 26 per cento di riduzione del monte complessivo assicurato.

Da questo punto di vista, da una parte la semplificazione cui lei faceva riferimento nella gestione complessiva e nel superamento delle anomalie che in molti casi bloccano questo tipo di questioni, unita al fatto che siamo in un ritardo enorme con i pagamenti relativi alle rate passate, sono tra le motivazioni del fatto che molti hanno aspettato ad assicurare, assicurando soltanto la grandine. Credo che valutare la possibilità di qualche intervento straordinario in questa tipologia di situazione debba ancora essere uno dei temi sul tavolo del Ministero.

(Iniziative volte a promuovere il risarcimento dei danni subiti dai pensionati italiani truffati dall'ex direttore dell'Inca Cgil di Zurigo - n. 3-03009)

PRESIDENTE. L'onorevole Ciprini ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-03009 (Vedi l'allegato A).

TIZIANA CIPRINI. Al di fuori dei confini nazionali operano, da anni, patronati che fanno capo ai maggiori sindacati come CGIL, CISL, UIL e ACLI. Svolgono un'attività importante di consulenza fiscale, assistenza e tutela nei confronti dei connazionali per il disbrigo delle pratiche pensionistiche, dichiarazioni di redditi, eccetera. In Svizzera, però, 70 lavoratori italiani sono stati truffati da un funzionario della CGIL, tale Antonio Giacchetta, direttore a Zurigo del patronato Inca, che ha sottratto circa 12 milioni di euro di contributi versati per anni dai nostri connazionali in territorio elvetico per crearsi la pensione integrativa. Faccio presente che questi patronati ricevono finanziamenti pubblici dal Ministero del lavoro attraverso una valutazione con sistema a punti che tiene conto dell'organizzazione degli uffici e del volume di attività. L'attività sospetta di patronato gestito da Giacchetta sarebbe stata segnalata più volte al Ministero del lavoro che avrebbe dovuto svolgere attività ispettive e di controllo al fine di stroncare la truffa.

Ministro, vi farete carico del risarcimento danni a favore dei pensionati truffati, stante la grande inadempienza del Ministero del lavoro, agendo eventualmente in rivalsa anche nei confronti dell'Inca-CGIL?

PRESIDENTE. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Poletti, ha facoltà di rispondere.

GIULIANO POLETTI, Ministro del Lavoro e delle politiche sociali. Grazie Presidente e grazie onorevole. Innanzitutto tengo a precisare che il controllo e la vigilanza del Ministero del lavoro sugli istituti di patronato hanno ad oggetto l'attività e l'organizzazione e la rispondenza di questi alle finalità previste dal legislatore ai fini della ripartizione delle risorse destinate al finanziamento di questi istituti. Esula pertanto dall'ambito del controllo del Ministero del lavoro l'operato dei dipendenti dei singoli patronati, atteso che, pur svolgendo gli stessi attività di pubblico interesse, non sono enti pubblici, ma persone giuridiche di natura privata che svolgono la loro attività per effetto di uno specifico mandato conferito dall'assistito.

Ciò detto, con riferimento alla vicenda in esame che ha visto coinvolto il direttore dell'ufficio Inca-CGIL di Zurigo, già oggetto di indagine parlamentare conoscitiva da parte del Comitato per le questioni degli italiani all'estero, voglio sottolineare che il Ministero del lavoro, non appena giunte segnalazioni circa la possibile sussistenza di fatti penalmente rilevanti posti in essere, ha disposto nel 2009 una ispezione straordinaria presso la sede Inca-CGIL di Zurigo. Dalle risultanze ispettive tuttavia non sono emerse gravi irregolarità amministrative o violazione dei compiti istituzionali tali da determinare l'adozione delle misure, di cui all'articolo 16 della legge n. 152, inerenti lo scioglimento e il commissariamento del patronato. Successivamente sono state svolte ulteriori verifiche dalle quali è emerso che l'attività del patronato è stata svolta conformemente alle regole previste. Il Ministero del lavoro ha inoltre provveduto a richiedere periodicamente alla sede italiana del patronato notizie in merito agli sviluppi della situazione dato che la secretazione della documentazione, per la concomitanza delle indagini da parte della magistratura elvetica, non consentiva altre visite ispettive.

Nel settembre 2015, le autorità elvetiche hanno condannato il responsabile del patronato Inca, Giacchetta, a nove anni di carcere con arresto immediato per i reati commessi tra il 2002 e il 2009, di truffa, falso e appropriazione indebita a danno di 76 famiglie di pensionati italiani che hanno conseguentemente subito un danno economico quantificato in circa 12 milioni di franchi svizzeri.

Ribadito che il Ministero del lavoro ha fatto quello che era in suo potere, una volta ricevute le segnalazioni concernenti i fatti oggetto dell'interrogazione, faccio presente che il Ministero degli affari esteri ci ha informato che gli uffici consolari di Zurigo e Basilea hanno fornito continua assistenza ai cittadini italiani coinvolti nella vicenda, erogando, sin dal 2009 e fino ad oggi, i sussidi in danaro a coloro che, a seguito del danno subito, si sono trovati in una situazione di grave difficoltà economica ed ha manifestato, a seguito della nostra richiesta, disponibilità ad accogliere eventuali richieste di integrazione di fondi volte all'erogazione di ulteriori sussidi in favore dei singoli pensionati coinvolti in questa situazione.

PRESIDENTE. L'onorevole Ciprini ha facoltà di replicare, per due minuti.

TIZIANA CIPRINI. Ministro, lo sa bene che il sistema dei controlli presso i patronati all'estero fa acqua da tutte le parti; lo sa perché l'esposto in cui i pensionati truffati denunciavano falsificazioni continue è giunto sulla sua scrivania. Sa, ma non reprime, eppure il suo Ministero finanzia un giro d'affari di circa 40 milioni di euro l'anno che, dal 2001 ad oggi, ha fruttato oltre mezzo miliardo ai soliti noti - INCA-CGIL, INAS-CISL, ITAL-UIL e ACLI -, che si spartiscono i finanziamenti pubblici in regime di monopolio.

Troppe le irregolarità e i pochi controlli del suo Ministero. Le varie denunce parlano di registri e pratiche taroccate, prestazioni inventate, firme mancanti, attestazioni false, il tutto per gonfiare i rimborsi pubblici; a Zurigo è spuntato pure un timbro del consolato italiano a disposizione del truffatore Giacchetta. Anche le ispezioni si riducono ad una farsa: visite ispettive annunciate prima, che si riducono in semplici gite all'estero da parte degli ispettori ministeriali. Tutto terreno fertile, quindi, per far proliferare le truffe. Il Comitato per le questioni degli italiani all'estero ha chiesto la revisione del sistema, ma questo progetto rimane ancora disatteso.

E, clamorosamente, anche la segretaria della CGIL, Susanna Camusso, ha voltato le spalle a questi settanta pensionati italiani che, da oltre cinquant'anni, vivono in Svizzera, che hanno speso tutta una vita all'estero, con sacrificio, per poter dare un futuro migliore ai propri figli. La Camusso ha declinato ogni responsabilità dell'INCA-CGIL dalla truffa perpetrata, eppure è il comitato direttivo della CGIL che nomina i presidenti delle associazioni INCA nel mondo. Il patronato a Zurigo oggi ha cambiato nome, ma continua la sua attività. La CGIL, quindi, continua ad incassare, ma non vuole risarcire le truffe fatte dai suoi.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI. (ore 15,37)

TIZIANA CIPRINI. Il sindacato ritorni, piuttosto, al suo ruolo originario di tutela dei lavoratori: basta a questi finanziamenti pubblici senza alcun controllo pubblico, stop ai bilanci opachi senza obbligo di trasparenza e stop a quel legame di operosi interessi che coniuga politica e sindacati, come da proposta del MoVimento 5 Stelle. Ministro, è ora che lei si assuma le responsabilità nei confronti di questi pensionati truffati (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

(Chiarimenti sul ritardo dell'avvio dell'Ape, social e volontaria, nonché sulle misure a garanzia del diritto alla pensione per i cittadini che intendano aderire all'Ape volontaria - n. 3-03010)

PRESIDENTE. L'onorevole Simonetti ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-03010 (Vedi l'allegato A), per un minuto.

ROBERTO SIMONETTI. Grazie, Presidente. Vede Ministro, noi siamo sempre stati contrari all'Ape e abbiamo votato contro la manovra finanziaria che lo prevedeva, però, di fatto, voi l'avete previsto ed è diventato legge. Stante il fatto che, all'attualità, chi vuole accedere all'Ape social - che sono i disoccupati, gli invalidi, i parenti che hanno dei familiari con disabilità a carico - non possono farlo per la vostra inerzia nel redigere i decreti attuativi. C'è un palleggio fra il Governo e il Consiglio di Stato e, di fatto, tutto è fermo, c'è uno stallo.

In più, per l'Ape volontaria, voi considerate il mutuo come un anticipo finanziario a garanzia pensionistica e non un diritto acquisito per poter avere un accesso alla pensione qualora ci fosse di fatto un aumento dell'età pensionistica, con la probabilità seria che si possano creare nuovi esodati, ma questa volta addirittura con un mutuo carico. Quindi, io sono a richiedere qual è lo stato dell'arte sia per l'Ape social che per l'Ape economica.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Simonetti, anche per il rispetto dei tempi.

Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti, ha facoltà di rispondere.

GIULIANO POLETTI, Ministro del Lavoro e delle politiche sociali. Grazie, Presidente. Grazie, onorevole, la legge di bilancio per il 2017 ha previsto, come è noto, in via sperimentale fino al 31 dicembre 2018, due nuovi istituti: l'anticipo finanziario a garanzia pensionistica (Ape volontaria) e l'indennità di accompagnamento alla pensione di vecchiaia (Ape sociale). Si tratta di due istituti assolutamente innovativi che hanno richiesto, per la loro adozione, accertamenti complessi anche in ragione del novero e della qualità dei soggetti coinvolti nella loro attuazione - INPS, banche e assicurazioni - e nel cui iter di adozione si è ritenuto altresì di dare luogo ad un confronto con le organizzazioni sindacali che, prima del varo della legge di bilancio, avevano sottoscritto il protocollo nel quale era prevista l'introduzione degli istituti in questione. L'allungamento dei tempi di adozione dei decreti si giustifica, dunque, in ragione della complessità di cui si è appena detto.

Con specifico riferimento al quesito posto dagli onorevoli interroganti, faccio presente che, sullo schema di decreto attuativo dell'Ape sociale, sono pervenute numerose osservazioni da parte del Consiglio di Stato e, sulla base di queste osservazioni, sono state apportate le modifiche necessarie prima di procedere all'invio del testo, che avverrà prevedibilmente nella giornata di domani, alla Corte dei conti ai fini della prescritta registrazione.

Inoltre, sulla base dei rilievi del Consiglio di Stato e anche in considerazione del protrarsi dei tempi di adozione del DPCM, nello schema di decreto è stato previsto che, a prescindere dalla data di presentazione della domanda per il conseguimento del beneficio, l'erogazione della prestazione venga retrodatata al 1° maggio, sempre che a tale data l'interessato possieda tutti i requisiti necessari.

Per quanto riguarda, invece, l'Ape volontaria, nel ribadire che questo strumento costituisce a tutti gli effetti un finanziamento a garanzia pensionistica, posso comunque dire che il relativo schema di decreto è stato predisposto e sarà trasmesso a breve al Consiglio di Stato per il prescritto parere.

In parallelo, sia per l'Ape sociale che per l'Ape volontaria sono stati preventivamente predisposti gli atti previsti al fine di contenere al minimo i tempi di attivazione successivi alla pubblicazione dei decreti stessi.

PRESIDENTE. L'onorevole Simonetti ha facoltà di replicare, per due minuti.

ROBERTO SIMONETTI. Grazie, Presidente. Alla parte più importante dell'interrogazione il Ministro non ha dato risposta, cioè non c'è la certificazione del diritto pensionistico per chi vorrà accedere all'Ape volontaria. Questo significa sostanzialmente che se, da qui al 2018, il Governo o chi verrà alzerà l'età pensionabile, ci saranno delle persone che avranno dovuto accendere un mutuo per avere una flessibilità. Le ricordo, Ministro, che la vera flessibilità non si fa con un accordo con le banche e con le assicurazioni facendo pagare un mutuo al 2,7 per cento, che è un tasso enormemente superiore a qualsiasi tipo di aliquota di tasso di mutuo che normalmente un cittadino può fare per un mutuo ipotecario immobiliare (perché li danno all'1 per cento). Voi, per mandare in pensione le persone, fate fare loro un mutuo ventennale, che sarà pari a 40-50 mila euro, al tasso del 2,7 per cento. Quindi, l'accordo con le banche lo potevate anche evitare facendo una vera riforma, la riforma della “legge Fornero”, senza andare a disturbare i lavoratori con un palleggio fra INPS, banche, Governo per l'accensione di un mutuo.

Il dato è che non ci sarà comunque una certificazione del diritto: quindi, se io oggi, ipoteticamente - perché i decreti non ci sono -, accendo un mutuo e, poi, voi cambiate la data per poter accedere alla mia pensione e, quindi, non potrò più andare a 67 anni, ma a 68 anni, per esempio, quell'anno lì io non avrò lavoro, non avrò pensione, ma avrò un mutuo a carico. Quindi, voi creerete esodati con mutuo a carico: questa è la situazione che voi volete creare con una finta flessibilità in uscita e mettete in difficoltà non solo i lavoratori, non solo le imprese che non sanno come gestire la cosa, ma addirittura anche tutti coloro che lavorano in questo settore, come i patronati, che ricevono migliaia di richieste per l'accesso all'Ape social e all'Ape volontaria, alle quali non sanno rispondere, perché l'inerzia vostra sta creando un grande caos.

È inutile che lei mi venga a dire che questo sistema innovativo è complicato da redigere: l'avete proposto voi, l'avete creato voi e l'avete votato nel mese di dicembre dell'anno scorso. Sono passati cinque mesi e in cinque mesi non avete fatto nulla (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).

(Iniziative urgenti volte a scongiurare la sospensione dell'attività dei centri di assistenza fiscale (CAF) – 3-03011)

PRESIDENTE. L'onorevole Rizzetto ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-03011 (Vedi l'allegato A), per un minuto.

WALTER RIZZETTO. Grazie, Presidente e buongiorno, Ministro. Partiamo da un presupposto, Ministro: avete già decapitato nella legge di stabilità 2014 i patronati; ora ci state provando anche con i centri di assistenza fiscale. Allora, Ministro, la domanda è molto semplice: lei sa che, dal 15 maggio, i CAF, allo stato dell'arte attuale, non effettueranno più le pratiche necessarie, per i cittadini di una determinata fascia sociale, evidentemente, per quanto riguarda l'indicatore ISEE.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI (ore 15,44)

WALTER RIZZETTO. In particolare, l'oggetto del contendere è effettivamente il rimborso economico spettante ai CAF che mi pare ovvio il Ministero in questo momento non vuole concedere. Vorrei semplicemente essere rassicurato su questo.

PRESIDENTE. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

GIULIANO POLETTI, Ministro del Lavoro e delle politiche sociali. Grazie, Presidente. Grazie, onorevole, con riferimento alle questioni sollevate, sottolineo che il regolamento ISEE, di cui al decreto n. 159 del 2013, prevede espressamente che l'INPS possa stipulare apposite convenzioni con i centri autorizzati per l'assistenza fiscale - i CAF - per le imprese, per i lavoratori dipendenti e i pensionati ai soli fini della trasmissione delle dichiarazioni sostitutive uniche e per l'eventuale assistenza nella compilazione.

Pertanto, ricade pienamente nell'autonomia gestionale dell'INPS la scelta di provvedere all'offerta del servizio di assistenza alla compilazione della DSU con risorse interne all'ente oppure convenzionandosi con i CAF, laddove le risorse del bilancio dell'ente consentano la copertura degli oneri finanziari derivanti. Al riguardo l'INPS, espressamente interpellata, ha riferito che già da settembre 2016 ha avviato un apposito tavolo tecnico con la consulta dei CAF per il rinnovo della convenzione relativa ai servizi di certificazione ISEE per il 2017. Nell'ambito del tavolo sono state avanzate diverse proposte che sono tuttora al vaglio. Informo che al fine di addivenire ad un testo di convenzione condiviso, sono in corso ulteriori incontri tra Inps e la consulta dei CAF. Il prossimo incontro è fissato per domani 11 maggio. Ci tengo ad evidenziare che il Ministero del lavoro ha seguito con attenzione l'evoluzione del confronto e ha prestato tutta la sua collaborazione al fine di un buon esito. Auspico e sono fiducioso che si possa nei prossimi giorni giungere ad una soluzione, in modo da poter garantire continuità al prezioso servizio svolto dei CAF in favore dei cittadini e delle loro famiglie.

Da ultimo, segnalo che, al fine di semplificare gli adempimenti, è intenzione del Governo verificare la possibilità di varare la DSU precompilata sulla base delle informazioni disponibili negli archivi cui l'Inps può accedere.

PRESIDENTE. L'onorevole Rizzetto ha facoltà di replicare per due minuti.

WALTER RIZZETTO. Grazie, Presidente. Vede Ministro, lei mi è particolarmente simpatico perché in tutte le risposte che dà, è molto rassicurante, quasi come se arrivasse Natale a maggio di quest'anno e non a dicembre. Il problema è che non mi ha risposto. Nel senso che io oggi mi sarei aspettato una risposta secca: sì o no? Questi fondi al CAF verranno dati o non verranno dati? Dopodiché, Ministro, lei lo sa meglio di me, sicuramente capisco la posizione che lei deve

tenere, ma quando lei mi parla di Inps, ebbene Inps a chi risponde se non al Ministero del lavoro che lei presiede? Lei è il Ministro del lavoro, Ministro Poletti. Inps non legifera da sola, lo sa perfettamente, lo sa meglio di me, Inps al massimo va a diramare qualche circolare, ma è il Ministero del lavoro che batte i pugni sul tavolo e dice: sì, si pagano i centri di assistenza fiscale, per dare la possibilità, Ministro, non ai miliardari - non ai miliardari! - ma alle persone che non possono permettersi, ad esempio, uno studio di commercialisti, non possono permettersi una pratica che, invece, in pancia al centro di assistenza fiscale sarebbe quasi - dico quasi – gratuita. Allora si va sempre a penalizzare - e questa è una cosa grave, Ministro - gettando nell'incertezza i cittadini che, di fatto, non prendono 15 mila euro al mese, ma quelli che hanno le pensioni minime, quelli che effettivamente sono disoccupati, coloro che, rispetto all'indicatore ISEE, non vanno in ferie alle Maldive, ma vanno semplicemente ad ottenere, lei lo sa, degli sconti rispetto alle prestazioni assistenziali sanitarie minime. Di questo stiamo parlando! Quindi io spero, Ministro, che questa seduta le sia utile per poter domani...

PRESIDENTE. Concluda.

WALTER RIZZETTO. Chiudo, grazie Presidente. ...in seno a questo incontro, dire in modo ufficiale e non ufficioso: il Ministero, il Governo paga i CAF, affinché l'ISEE venga fatto gratuitamente ai cittadini meno abbienti.

(Iniziative di competenza volte a colmare le gravi carenze di organico che interessano gli Uffici scolastici della Sardegna - n. 3-03012)

PRESIDENTE. L'onorevole Capelli ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-03012 (Vedi l'allegato A) per un minuto.

ROBERTO CAPELLI. Onorevole Ministra, siamo tutti coscienti, ma a volte non sempre adeguatamente conseguenti, delle molteplici problematiche che attanagliano il mondo della scuola. Non ultima tra queste è la grave carenza di personale negli uffici scolastici regionali. In particolare, in Sardegna siamo di fronte a scoperture superiori al 50 per cento del personale sulla dotazione organica complessiva, fino ad arrivare al 60 per cento tra i funzionari. Viste le reiterate sollecitazioni e gli impegni da lei assunti, signora Ministra, in particolare quello del 16 gennaio ultimo scorso nel corso dell'incontro con le rappresentanze sindacali, le chiedo quali iniziative di tipo strutturale sono state successivamente assunte o intende assumere per affrontare con urgenza la situazione di grave carenza di personale che le ho rappresentato nella interrogazione in discussione.

PRESIDENTE. La Ministra dell'Istruzione, dell'università e della ricerca, Valeria Fedeli, ha facoltà di rispondere per tre minuti.

VALERIA FEDELI, Ministra dell'Istruzione, dell'università e della ricerca. Grazie, onorevole Capelli, la ringrazio davvero, mi dà modo di illustrare le misure che questo Ministero sta ponendo in atto per ovviare alla situazione di carenza di organico del personale in servizio presso l'Ufficio scolastico regionale per la Sardegna, che è stato da lei segnalato.

Anzitutto, mi corre l'obbligo di rappresentare che tutti gli uffici del MIUR, sia centrali che periferici, presentano scoperture più o meno rilevanti di organico, che scaturiscono principalmente dalle limitazione delle facoltà assunzionali dell'Amministrazione dettate dai provvedimenti normativi varati negli ultimi anni, i quali, perseguendo la finalità di contenimento della spesa pubblica, non hanno consentito un adeguato turn over. La situazione è resa ancora più grave al MIUR da una concentrazione di pensionamenti per raggiungimento dell'età pensionabile nel triennio 2015-2017, superiore alla media degli ultimi trienni.

Per superare le intuibili criticità legate alla carenza di personale, il Ministero in diverse occasioni ha chiesto autorizzazione ad assumere nuove unità, anche sulla base di piani di reclutamento straordinario. Al riguardo si sono, comunque, cercate soluzioni atte a tamponare l'emergenza. Infatti, rappresento che, con note del 21 e del 26 aprile 2017, rispettivamente del MEF e della Funzione pubblica, il MIUR è stato autorizzato a scorrere le graduatorie vigenti di vari concorsi del personale delle aree funzionali per un totale di 171 unità. All'esito si potranno attivare anche le procedure di mobilità intercompartimentale. Vorrei, altresì, evidenziare che è ancora in corso la procedura di mobilità del personale proveniente dalla Croce Rossa e che sono previsti ulteriori ingressi per mobilità del personale proveniente dalle Camere di commercio.

Inoltre, non appena avuta notizia delle possibilità assunzionali, calcolate sulla base delle cessazioni avvenute nell'anno 2016, ragionevolmente entro il prossimo mese di settembre il Ministero provvederà ad elaborare un nuovo Piano di reclutamento che terrà in particolare considerazione le scoperture di personale da lei evidenziate.

Con specifico riferimento alla situazione dell'Ufficio scolastico regionale (Usr) Sardegna, segnalo che già nei primi mesi di quest'anno sono stati adottati alcuni immediati interventi di riorganizzazione, condivisi con le organizzazioni sindacali, disponendo soluzioni di sussidiarietà tra uffici in sede di istruttoria dei procedimenti. Quanto alla misura, da lei citata, dell'utilizzo in comando presso l'Usr Sardegna di personale di ruolo del Ministero della difesa, si verificherà la possibilità di individuare una soluzione per consentirne la stabilizzazione. Spero che le misure illustrate daranno al più presto adeguata risposta alle necessità degli uffici dell'amministrazione scolastica della Sardegna.

PRESIDENTE. L'onorevole Capelli ha facoltà di replicare per due minuti.

ROBERTO CAPELLI. Non posso che dichiararmi soddisfatto degli impegni presi e delle scadenze prospettate: che possano dare una soluzione strutturale alla problematica che ho evidenziato, perché sempre di più, signora Ministra, ripartire dall'istruzione è fondamentale. Infatti, intervenire sullo squilibrio evidente in merito ai trasferimenti finanziari degli Atenei sardi, intervenire sull'andamento del tasso di dispersione scolastica tra i più alti d'Italia - maglia nera è la Sicilia con il 25 per cento, seguita immediatamente dopo dalla Sardegna con il 24,7 per cento di dispersione scolastica - e ridare fiducia e coscienza ai nostri giovani sul fatto che sull'istruzione e sulla conoscenza è basato il futuro del nostro Paese, se non del mondo intero, come ci insegna il passato e come ci insegna la storia, bene, questi problemi non possono essere stralciati dal fatto che, se a tutto questo si aggiungono le gravi carenze del sistema, chiamiamolo per semplificare, organizzativo della macchina scolastica e dell'istruzione, sarà difficile raggiungere dei risultati. Credo che, comunque, con questi presupposti troverà il pieno sostegno perché la soluzione sia per l'intero Paese, non solo per la Sardegna, che comunque, purtroppo, si contraddistingue per le altre negatività, che le ho illustrato, sempre del mondo della scuola.

(Intendimenti in ordine alla erogazione di un finanziamento straordinario a favore dell'Istituto statale per sordi di Roma, attualmente a rischio di chiusura per mancanza di risorse - n. 3-03013)

PRESIDENTE. L'onorevole Vezzali ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-03013 (Vedi l'allegato A) per un minuto.

MARIA VALENTINA VEZZALI. Grazie, Presidente. Ministro, l'Istituto statale per sordi di Roma, istituito nel 1786, nel tempo ha assunto le funzioni di centro di eccellenza sulla sordità. Fra le sue attività si ricorda quella della formazione per operatori in grado di interagire con questo tipo di disabilità. Nella mia interrogazione n. 5-10564, ricordavo le gravi difficoltà economiche che sta vivendo e che derivano dal suo mancato riordino. La risposta che mi è stata fornita faceva presagire il rapido riesame della questione degli istituti atipici e la definitiva soluzione. Considerata la gratuità delle prestazioni che offre questo centro e le politiche di integrazione che il Governo difende e promuove, non ritiene che sia il caso di valutare un finanziamento straordinario in attesa del Regolamento del Governo, che consenta al suddetto istituto di proseguire le sue attività e di salvare ventuno lavoratori, precari da diciassette anni, visto che sono ormai senza stipendio da tre mesi?

PRESIDENTE. La Ministra dell'Istruzione, dell'università e della ricerca, Valeria Fedeli, ha facoltà di rispondere per tre minuti.

VALERIA FEDELI, Ministra dell'Istruzione, dell'università e della ricerca. Onorevole Vezzali, la ringrazio in quanto mi dà modo di chiarire e aggiornare quanto già esposto lo scorso 16 marzo in occasione della discussione in Commissione cultura di analoga interrogazione a sua prima firma.

In primo luogo, sottolineo che l'Istituto statale per sordi di Roma non svolge più attività scolastica in senso stretto dal primo settembre 2000, data in cui le scuole di pertinenza dell'istituto sono state giuridicamente distaccate dallo stesso per essere aggregate all'Istituto statale di istruzione specializzata per sordi Magarotto.

L'Istituto, al momento, svolge attività di documentazione, consulenza, formazione e aggiornamento sulla sordità, direttamente e mediante gli enti, le associazioni e le scuole ospitate. Dunque, ha assunto la veste di un centro servizi per le persone sorde e per i diversi operatori in grado di interagire con le stesse, rispondere a richieste e stringere collaborazioni, sia sul piano nazionale che su quello internazionale.

Ciò detto, è evidente che la questione da lei segnalata non può essere risolta senza previamente procedere all'approvazione del relativo Regolamento di riordino, già previsto dall'articolo 21, comma 10, della legge n. 59 del 1997. Tale disposizione prescrive, infatti, che le scuole e gli istituti a carattere atipico di cui al testo unico in materia di istruzione sono riformati come enti finalizzati al supporto dell'autonomia scolastica e, nel caso di specie, come ente nazionale di supporto all'integrazione delle persone sorde, dotato di personalità giuridica e di autonomia amministrativa e sottoposto alla vigilanza del MIUR. A testimonianza dell'impegno del MIUR, ricordo che sono stati predisposti, nel tempo, diversi schemi di regolamento, i cui iter, tuttavia, non si sono mai perfezionati a causa di rilievi mossi dalla Corte dei conti e di obiezioni avanzate dal MEF, attinenti ad aspetti di legittimità e di merito, a dimostrazione della complessità giuridica della questione.

Come da lei ricordato, è recentemente intervenuta una disposizione normativa introdotta dalla legge 20 febbraio 2017, n. 19, finalizzata a consentire l'adozione del succitato Regolamento, il cui iter è stato subito riavviato dal MIUR. Alla luce di questa disposizione normativa sono convinta che la questione degli istituti a carattere atipico potrà essere riesaminata e risolta a regime. Tuttavia, è chiaro a tutti che la problematica finanziaria dell'Istituto permane nelle more dell'adozione del Regolamento; al riguardo, come ho avuto modo di dire io stessa ad una delegazione dell'istituto e ai miei uffici in più occasioni, ai lavoratori e alle organizzazioni sindacali rappresentative, non esistono, a normativa vigente, nel bilancio del MIUR, canali di finanziamento per l'Istituto. Abbiamo comunque chiarito che l'Istituto ha la possibilità di concorrere in rete con l'Istituto scolastico Magarotto ai bandi per l'attribuzione di fondi PON coerenti con le attività concretamente poste in essere, nonché di poter svolgere corsi di formazione per i docenti, essendo un ente accreditato in piattaforma MIUR.

Tuttavia, tenuto conto dell'emergenza della situazione finanziaria e della mancata corresponsione della retribuzione ai lavoratori, appare chiara la necessità di un intervento finanziario ponte che consenta all'Istituto di avere risorse sufficienti fino al settembre 2017; intervento del quale tutti, Parlamento e Governo, responsabilmente, dobbiamo farci sostenitori.

PRESIDENTE. L'onorevole Vezzali ha facoltà di replicare, per due minuti.

MARIA VALENTINA VEZZALI. La ringrazio, Ministro, per la risposta e alla luce di quanto espresso nelle sue ultime righe, mi ritengo parzialmente soddisfatta. L'Istituto statale per sordi di Roma è in attesa da vent'anni dell'emanazione del Regolamento di riordino e a seguito della mia interrogazione e della rassicurante risposta che oggi lei ha sottolineato, fornita lo scorso 16 maggio, il 27 aprile scorso c'è stato un sit-in davanti alla sede del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per chiedere di avviare la procedura e nel contempo un finanziamento straordinario per consentire all'Istituto di non cessare l'attività. Non credo sia utile rimandare decisioni; il tempo da solo non sistema le cose. Credo, invece, che una soluzione ponte, come da lei auspicato alla fine della sua risposta, o affrontare questo problema sia una questione di volontà più che di opportunità. Mi preme ricordare che in politica non sempre si riescono a fare grandi cose, ma dalla somma e dall'attenzione per quelle piccole si valuta l'operato di chi ci governa. E l'attenzione, se è rivolta a persone più deboli, rende più nobile l'impegno.

PRESIDENTE. Concluda, onorevole.

MARIA VALENTINA VEZZALI. Ventun posti di lavoro non cambiano le statistiche sull'occupazione, ma ventun lavoratori dimenticati - e mi avvio alle conclusioni - si sommano al numero di quelli che manifestano malessere, che il lavoro l'hanno perso, che non lo cercano e non lo trovano. Per quello che è riuscito a fare questo centro nei lunghi anni della sua storia, credo che debba e possa meritare l'attenzione che chiede, mi auguro, alla luce delle disposizioni normative indicate, che si possa salvare in tempi rapidi.

(Chiarimenti in merito alla designazione di Alessandro Profumo quale amministratore delegato di Leonardo spa, nonché in merito alla revisione della direttiva sui requisiti degli amministratori delle società controllate dal Ministero dell'economia e delle finanze - n. 3-03014)

PRESIDENTE. L'onorevole Brunetta ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-03014 (Vedi l'allegato A), per un minuto.

RENATO BRUNETTA. Signor Presidente, signor Ministro, il tema è la nomina del dottor Profumo quale nuovo amministratore delegato di Leonardo Spa. Il mio question-time non ha alcuna animosità né alcun pregiudizio. Il 1° marzo 2017, il dottor Profumo viene rinviato a giudizio dal tribunale di Lagonegro per usura bancaria in MPS, partecipata del MEF. Il 16 marzo, lei, signor Ministro, approva una nuova direttiva che svuota il codice deontologico sugli amministratori delle partecipate, voluto dal Governo Monti e poi confermato dalla direttiva Saccomanni, che recepiva un orientamento a riguardo del Senato. La svolta era nel senso di cancellare i criteri che prevedevano l'ineleggibilità, proprio in caso di delitti previsti dalle norme che disciplinano l'attività bancaria e finanziaria. Il 18 marzo, lei, signor Ministro, nomina Profumo quale nuovo AD di Leonardo Spa; il 21 aprile, il tribunale di Milano dispone nei confronti di Profumo un provvedimento di imputazione coatta per i reati di falso in bilancio e manipolazione informativa in MPS.

PRESIDENTE. Concluda, onorevole.

RENATO BRUNETTA. Signor Ministro, era proprio necessario nominare il dottor Profumo nuovo AD di Leonardo Spa? Perché lei ha cambiato il codice deontologico due giorni prima? Perché lo ha cambiato?

PRESIDENTE. Il Ministro dell'economia e delle finanze, Pietro Carlo Padoan, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

PIETRO CARLO PADOAN, Ministro dell'Economia e delle finanze. Grazie, Presidente, grazie, onorevole Brunetta. Il Ministero dell'economia e delle finanze, come lei ricordava, ha depositato la lista dei candidati per il rinnovo del CDA di Leonardo in data 7 aprile scorso nel rispetto dei termini e delle modalità previste dalla normativa in materia. La lista del Ministero contiene anche il nominativo del dottor Alessandro Profumo che potrà ricoprire la carica di amministratore delegato della società a seguito di specifica delibera del consiglio di amministrazione che sarà nominato dalla prossima assemblea. La designazione del dottor Profumo scaturisce dalla valutazione effettuata a valle del processo di selezione svolto, in linea con quanto disposto dalla direttiva del Ministro dell'economia e delle finanze sulle procedure di individuazione dei componenti degli organi sociali nelle società partecipate dal Ministero, con il supporto di primarie società di consulenza per la selezione e il reclutamento manageriale e sulla base di criteri di professionalità e secondo prassi di uso comune di mercato. La direttiva Saccomanni, emanata nel 2013, prevede l'inserimento negli statuti delle società controllate dal Ministero, della cosiddetta clausola etica, in materia di requisiti di onorabilità dei componenti degli organi sociali della società che dispone la non eleggibilità o decadenza dalla carica per coloro che hanno ricevuto un decreto di rinvio a giudizio per alcuni specifici reati. Nel caso specifico di Finmeccanica, oggi Leonardo, il Ministero ha richiesto alla società, nel marzo 2014, di sottoporre all'assemblea, convocata per l'approvazione del bilancio 2013 e per il rinnovo delle cariche sociali, l'inserimento nello statuto della clausola etica. L'assemblea del 15 maggio 2014 non ha approvato la modifica in esame, per la quale era richiesto, a norma di statuto, il voto favorevole di almeno i tre quarti del capitale presente in Assemblea e pertanto lo statuto della società non è stato modificato. Lo Statuto rinvia alle norme del Testo unico della finanza per quanto attiene alle disposizioni in materia di eleggibilità e decadenza dei componenti del consiglio d'amministrazione, prevedendo che non possa essere eletto chi risulta condannato con sentenza definitiva, salvi gli effetti della riabilitazione per alcuni specifici reati.

Si evidenzia che, in presenza di designazione da parte degli azionisti, l'accertamento dei requisiti di onorabilità dei candidati è effettuato sulla base delle disposizioni normative e di statuto, al fine di assicurare criteri di designazione omogenei fra tutti i candidati, inclusi quelli indicati dagli azionisti di minoranza. Pertanto, la designazione del dottor Alessandro Profumo rispetta tutti i requisiti di legittimità previsti dalle vigenti disposizioni normative e di statuto di Leonardo. In merito all'eventuale costituzione del MEF, contenuta nell'interrogazione scritta dell'onorevole Brunetta, quale parte civile nel procedimento contro il dottor Profumo, relativo, cito, ai presunti reati di falso in bilancio e manipolazione informativa in MPS, si precisa che la situazione potrà essere compiutamente valutata una volta conosciuti gli elementi del procedimento stesso, tenendo anche conto delle eventuali decisioni che il consiglio d'amministrazione della banca intenderà prendere.

PRESIDENTE. L'onorevole Brunetta ha facoltà di replicare, per due minuti.

RENATO BRUNETTA. Signor Ministro, non prendiamoci in giro: il problema non è Finmeccanica, è lei. Finmeccanica non ha recepito il codice deontologico. Il 16, Finmeccanica designerà. Il problema è la designazione del Governo. Lei ha indicato il giorno 18 marzo 2017 il dottor Profumo quale nuovo amministratore delegato di Leonardo Spa, sapendo che era stato rinviato a giudizio a Lagonegro, e avendo cambiato due giorni prima la direttiva “Saccomanni”, eliminando quella parte sui delitti delle norme che disciplinano l'attività bancaria e finanziaria, guarda caso; una modifica che si potrebbe dire adpersonam. Il 21 aprile, per soprammercato, il tribunale di Milano dispone nei confronti di Profumo un provvedimento di imputazione coatta per i reati di falso in bilancio e manipolazione informativa in MPS, banca partecipata dallo Stato, dal suo Ministero. Oggi lei ci deve spiegare - non ce l'ha spiegato, perché il problema non è di Finmeccanica -, perché ha cambiato il codice deontologico degli amministratori a soli due giorni dalle designazioni, una sorta di mossa adpersonam. E in ogni caso, lei conferma questa designazione in vista del 16? Il problema non è di Finmeccanica, è del Governo, è suo, che ha nominato Profumo amministratore delegato di Finmeccanica, dopo aver cambiato il codice deontologico, conoscendo, prima e dopo, i provvedimenti dell'autorità giudiziaria. Nessuna acrimonia nei confronti del dottor Profumo, nessuna animosità, però, non c'era nessun altro manager in grado di poter fare con credibilità nazionale ed internazionale l'amministratore delegato di Finmeccanica, signor Ministro (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente)?

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.

Sospendo a questo punto la seduta, che riprenderà alle ore 16,30 con la commemorazione dell'ottantesimo anniversario della morte di Antonio Gramsci.

La seduta, sospesa alle 16,10, è ripresa alle 16,35.

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LAURA BOLDRINI

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Adornato, Alfreider, Bellanova, Caparini, Capelli, Antimo Cesaro, Cicchitto, Dambruoso, Epifani, Garofani, Locatelli, Lupi, Manciulli, Marcon, Nicoletti, Pisicchio, Rampelli, Schullian, Tabacci, Valeria Valente e Venittelli sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.

I deputati in missione sono complessivamente centoventi, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Proclamazione di un deputato subentrante.

PRESIDENTE. Dovendosi procedere alla proclamazione di un deputato, a seguito del decesso del deputato Maurizio Baradello avvenuto in data 9 maggio 2017, comunico che la Giunta delle elezioni ha accertato, nella seduta odierna - ai sensi dell'articolo 86, comma 1, del testo unico delle leggi per l'elezione della Camera dei deputati, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361 -, che il candidato che, nell'ordine progressivo della stessa lista n. 16 - Scelta Civica con Monti per l'Italia nella medesima I Circoscrizione Piemonte 1, segue immediatamente l'ultimo degli eletti risulta essere Ernesto Auci.

Do atto alla Giunta di questo accertamento e proclamo deputato, a norma dell'articolo 17-bis comma 3, del Regolamento, per la I Circoscrizione Piemonte 1, Ernesto Auci.

Si intende che da oggi decorre il termine di 20 giorni per la presentazione di eventuali ricorsi.

Nell'ottantesimo anniversario della morte di Antonio Gramsci.

PRESIDENTE. (Si leva in piedi e, con lei, l'intera Assemblea ed i membri del Governo). Care colleghe e cari colleghi, quest'anno ricorre l'ottantesimo anniversario della morte di Antonio Gramsci. Socialista e poi tra i fondatori del Partito Comunista, di cui divenne segretario nel 1926, Gramsci fu membro della Camera dei deputati tra il 1924 e il 1926, l'anno in cui venne arrestato. Intervenne in questa nostra Aula una sola volta, il 16 maggio 1925, durante la discussione di un disegno di legge contro le società segrete, denunciando che quel provvedimento non era tanto volto a colpire la massoneria quanto le organizzazioni dell'opposizione antifascista. Gramsci fu interrotto dai deputati fascisti almeno trenta volte, di cui diciotto dallo stesso Mussolini, che pochi mesi prima, il 3 gennaio 1925, nell'Aula della Camera, aveva dichiarato di assumersi - cito - “la responsabilità politica, morale, storica del delitto Matteotti”. Il delitto Matteotti, come è noto, provocò la protesta dei deputati aventiniani, ma Gramsci e i comunisti, ritenendo inefficace quella scelta, nel novembre del 1924 decisero di riprendere posto tra i banchi del Parlamento e di proseguire da lì la loro opposizione al regime. Arrestato nel 1926, nel 1928 Gramsci fu condannato dal tribunale speciale a vent'anni di reclusione. Le sue condizioni di salute, già precarie, si aggravarono durante la detenzione. Si spense all'alba del 27 aprile 1937, poco dopo la scarcerazione, che avvenne per amnistia.

Gramsci fu un marxista originale, non dogmatico e mai prigioniero di schemi precostituiti, che ha seguito fino all'estremo sacrificio un ideale di giustizia sociale. Il carattere libero della sua ricerca ha influenzato la vita politica dell'Italia repubblicana ed ha contribuito alla diffusione della sua opera in tutto il mondo. Ancora oggi è tra gli autori più studiati in molti Paesi. Invito tutti voi, cari colleghi e care colleghe, a visitare la mostra "Gramsci. I quaderni e i libri del carcere", che abbiamo inaugurato lo scorso 27 aprile nel corridoio dei Busti qui a Montecitorio e dalla quale emerge la capacità di Gramsci, pur fisicamente recluso, di indagare con spirito libero e critico sulla storia italiana, sul ruolo degli intellettuali, sulla questione meridionale, sulla natura del partito politico, sui grandi autori della letteratura, del teatro, del pensiero filosofico. Il 28 aprile 1947 l'Assemblea Costituente commemorò Gramsci a dieci anni dalla morte e decise di collocare in sua memoria un busto che ancora oggi ne ricorda la figura. Intervennero rappresentanti di diversi gruppi politici, anche molto distanti dalle sue idee. Mi piace ricordare quanto disse Giovanni Gronchi, intervenuto a nome della Democrazia Cristiana: “Per noi, ogni combattente per un ideale di libertà e di giustizia è degno di omaggio, al di sopra di ogni dissenso. Ma quando un combattente ha la statura morale e intellettuale di Gramsci …raggiunge un'altezza che può per noi rappresentare l'incarnazione di quel principio di devozione alla propria fede, che è a fondamento del nostro pensiero e delle nostre idealità". Per queste ragioni sono certa che, a distanza di così tanti anni dalla sua scomparsa, tutti noi, pur nella diversità delle opinioni certamente, possiamo riconoscerci nel discorso e nel ricordo di Antonio Gramsci (Applausi).

Ora darò la parola ai colleghi e alle colleghe che hanno chiesto di intervenire in commemorazione di Antonio Gramsci.

Ha chiesto di parlare la deputata Chiara Gribaudo. Ne ha facoltà.

CHIARA GRIBAUDO. Presidente, onorevoli colleghi, sono trascorsi ottant'anni dalla morte di Antonio Gramsci. Il 27 aprile scorso, data di questo doloroso anniversario, la Camera ha inaugurato una mostra, quella che ricordava poco fa, dei suoi scritti: una piccola importante parte dell'immensa eredità che ha lasciato a tutti noi. Si tratta di un ricchissimo bagaglio concettuale studiato, tradotto e approfondito in tutto il mondo, da lui utilizzato per interpretare la complessità della società civile, i meccanismi di potere, le dinamiche dei processi di modernizzazione con le indimenticabili pagine su americanismo e fordismo. Le sue idee, a partire da quella di egemonia, sono tanto attuali da continuare a permeare il discorso contemporaneo prestandosi ad un imprescindibile confronto per ogni ideologia anche opposta o diversa da quella marxista di cui Gramsci era orgogliosamente figlio. Noi dunque non ricordiamo soltanto la morte di un martire dell'antifascismo, membro eletto di questa Camera dello Stato italiano, arrestato in violazione dell'immunità parlamentare e detenuto per undici anni fin quasi alla morte. Non ci rassegniamo all'idea del logoramento della sua eredità intellettuale nel corso di questi ottant'anni. Al contrario oggi onoriamo la memoria di Antonio Gramsci, rivendicando le qualità del suo pensiero anticipatore, aperto, originale e non dogmatico. Onoriamo la sua vivacità e curiosità intellettuale e il suo rigore; onoriamo l'amore assoluto per la libertà di un uomo che ha sacrificato la vita per le sue idee senza mai chinare il capo dinnanzi alla dittatura fascista. Celebriamo un uomo le cui opere rappresentano nel contempo un classico della cultura italiana ed internazionale ed una fonte inesauribile di strumenti di interpretazione della complessa realtà contemporanea.

Oggi, contro quell'indifferenza da lui odiata è nostro dovere rendere la vita e lo spirito di Antonio Gramsci un esempio per le nuove generazioni di cittadini italiani così come lo è per tutti coloro che vogliono affrontare le disuguaglianze e le ingiustizie che attentano ai valori profondi della vita, della libertà e della dignità umana ad ogni latitudine. Ogni giorno, quando una coscienza libera e critica si risveglia ed alza la testa, trova una guida ed un riferimento indispensabile nei testi e nella figura di Antonio Gramsci, quel sardo orgoglioso, quel grande comunista italiano, questo cittadino del mondo che tutti noi onoriamo (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Grande. Ne ha facoltà.

MARTA GRANDE. Grazie, Presidente. La storia di Gramsci, oggi che sappiamo e dobbiamo comprendere la grande lezione che il Novecento ci ha lasciato in eredità, racconta la vicenda di un uomo prima che di un politico, un uomo libero, un uomo tollerante, un uomo italiano. Se dicessimo che Gramsci ha contribuito a sensibilizzare il sentimento della libertà, i cuori degli italiani saremo forzi ingrati perché il messaggio che ci arriva dalla sua opera è più autentico, più profondo, senza dubbio universale. Egli ha liberato lo spirito dell'uomo, lo slancio vitale, la ricerca della verità. Tante volte ci cimentiamo nell'impresa titanica di ricercare la parola chiave che possa schiuderci il sentiero per la descrizione più efficace di un ideale, di un'epoca, più semplicemente delle ragioni per cui un uomo sacrifica la propria vita. La parola che più di tutte può raccontare lo sforzo di Antonio Gramsci è tolleranza: un concetto semplice che solo apparentemente richiede un esercizio modesto. Eppure, dov'è oggi la tolleranza e quanti ne sono capaci? Più del pugnale e più del coraggio rivoluzionario di chi ha liberato il nostro Paese con le armi, lo strumento con cui realmente e definitivamente si vince la guerra contro i fascismi che pure si rinnovano ed assumono diverse forme, stili e linguaggi è sempre la comprensione del prossimo, del diverso, del più lontano: comprendere per arricchirci, per progredire, per imparare la scienza che trasforma l'odio in curiosità, in una irresistibile attrazione per le differenze e le asimmetrie, in una mano costantemente tesa verso il più debole e il più povero, l'ultimo perché la miseria non deve essere una meta ideale ma deve piuttosto valere come un monito, come un mostro da sconfiggere contro cui oggi noi tutti con forza dobbiamo lottare. Per questo noi sappiamo che Gramsci oggi forse, più di ogni altro, è un padre della patria e mai quanto nel nostro tempo ci parla e continua ad insegnare la sua lezione come fosse ancora vivo perché vivo è il suo ricordo nel cuore più bello dell'Italia (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Antonio Palmieri. Ne ha facoltà.

ANTONIO PALMIERI. Verso Antonio Gramsci forte oppositore alla dittatura fascista non possiamo che avere rispetto. Dal Gramsci politico tutto ci separa. Come scrisse don Gianni Baget Bozzo nel 2008 “Tutto il nuovo del comunismo italiano sta in lui. E quel “nuovo” è la chiave della penetrazione del PCI nella cultura italiana, nelle professioni, nelle istituzioni, nella magistratura: la rivoluzione attraverso la conquista della società civile e non attraverso il suo annullamento, come pensava Lenin”. Com'è noto per Gramsci il Partito Comunista doveva avvicinarsi al potere, conquistando le casematte cioè esercitando un'egemonia culturale attraverso la scuola, le case editrici, i giornali, la magistratura. Viviamo ancora gli effetti negativi dell'applicazione di questa concezione. Scrive Dino Messina il 24 aprile su Il Corriere della Sera: “Togliatti aveva ben valutato il valore degli scritti di Gramsci. Essi sarebbero stati la base teorica per la costruzione della “via italiana al socialismo”. Ma naturalmente le parti scomode sarebbero rimaste in archivio. Così i “Quaderni” e le “Lettere dal carcere” di Gramsci ebbero due vite: la prima sotto l'attenta sorveglianza togliattiana, per servire la causa del partito comunista più forte d'Occidente. La seconda, più libera, come contributo di un grande teorico italiano alla comprensione della complessità occidentale.”

Per questo motivo sarebbe miope e ingiusto non riconoscere in Gramsci una figura intellettuale centrale della cultura del Novecento come filosofo, giornalista, linguista, critico letterario, uno degli autori più tradotti, studiato negli Stati Uniti, in Irlanda, in Francia e in altri Paesi.

Anche in Italia, il più recente dibattito su Gramsci e sulla sua vicenda carceraria, a cui appunto la Camera dedica in questi giorni una mostra, ha posto in luce nuovi elementi di riflessione.

L'opera politica e intellettuale e la forza morale di Gramsci lo rendono parte della storia culturale e civile del nostro Paese e per questi aspetti della sua opera, pur nell'incolmabile divario della concezione politica, Forza Italia gli rende omaggio, ricordando gli ottant'anni dalla sua morte (Applausi - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Grazie, deputato Palmieri.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Scotto. Ne ha facoltà.

ARTURO SCOTTO. Grazie, signora Presidente, ottant'anni fa moriva un gigante del pensiero, il fondatore del Partito Comunista, la figura che più di tutte ha influenzato la cultura del movimento operaio a cavallo tra i due secoli, in Italia e nel mondo.

Pasolini scriveva, ne “Le ceneri di Gramsci”: “è un brusio la vita (…) Ma io, con il cuore cosciente di chi soltanto nella storia ha vita, potrò mai operare, se so che la nostra storia è finita?”

Ecco, la storia non è finita, ha prodotto la Costituzione repubblicana, le conquiste di milioni di lavoratori, la trasformazione delle plebi in popolo, in classe dirigente generale.

Tentarono di spegnere quel cervello, lo fecero condannandolo a vent'anni di carcere, separandolo dagli affetti e dal partito, in quel lungo inverno italiano che portava il nome di fascismo, quella rivoluzione passiva che aveva portato al potere quel regime che, presentato come l'antipartito, ha aperto le porte a tutti i candidati, ha dato modo a una moltitudine incomposta di coprire, con una vernice di idealità, politiche vaghe e nebulose, lo straripare selvaggio delle passioni, degli odi, dei desideri.

Il fascismo è diventato così un fatto di costume, si è identificato con la psicologia antisociale di alcuni strati del popolo italiano.

Sembrano pagine scritte oggi, eppure i suoi quaderni sono stati la miniera di idee da cui ha attinto la migliore cultura antidogmatica italiana e da cui il PC ha tratto l'ispirazione più alta della sua elaborazione politica: la via italiana e democratica al socialismo e la Costituente.

Gramsci muore in una clinica romana il 27 aprile del 1937, stremato dalla malattia, dalla fatica di quella prigionia, spezzata da centinaia di lettere, che per il leader comunista furono “il solo legame che mi unisce” scrive ancora “al mondo ed è ciò che rompe di tanto in tanto la mia segregazione e il mio isolamento”.

La storia non è mai un fatto lineare. Gramsci aveva reciso i legami con quella cultura deterministica che espelleva dallo scorrere degli avvenimenti, dal flusso della vita dei popoli, la volontà ottimistica delle moltitudini.

La storia - e vado a concludere - come racconta a Delio, suo figlio, riguarda gli uomini viventi e tutto ciò che riguarda gli uomini, quanti più uomini è possibile, tutti gli uomini del mondo, in quanto si uniscono fra di loro in società e lavorano e lottano e migliorano se stessi.

Questa lezione universale oggi vive nel cuore e nell'azione di chi si batte ancora per cambiare quel mondo grande e terribile, dove le diseguaglianze continuano a essere insopportabili (Applausi).

PRESIDENTE. Grazie, deputato Scotto.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Cicchitto. Ne ha facoltà.

FABRIZIO CICCHITTO. Presidente, in due minuti è quasi impossibile ricordare Gramsci.

Nel primo dopoguerra, egli fu tra i più intelligenti protagonisti del tragico errore commesso da chi ritenne che era arrivata l'ora della rivoluzione, mentre invece l'unica via possibile per la democrazia italiana sarebbe stata quella di rifare l'Italia, come proponeva Turati, con un programma riformista.

Una volta operata la scissione dal PSI e fondato il Partito Comunista d'Italia, Gramsci, diversamente da Togliatti, marcò l'autonomia culturale e politica da Stalin, che espresse in modo assai argomentato con la famosa lettera del 1926.

Arrestato, egli sviluppò una riflessione di fondo sulle ragioni della sconfitta, si confrontò sul piano culturale con Benedetto Croce e con Giovanni Gentile, elaborò la teoria dell'egemonia fondata sulla conquista delle casematte culturali, ideologiche e amministrativo-istituzionali per fare una sorta di rivoluzione culturale che conquistasse il potere partendo dal cervello della società e non attraverso la rivoluzione armata, risultata impossibile nell'Occidente, e che anzi fu una delle cause della vittoria del fascismo e del nazismo negli anni Trenta.

In questo modo egli diede a Togliatti, che era stato in radicale dissenso con lui sui rapporti con l'Urss, la teoria politico-culturale che diede fondamento alla strategia della via italiana al socialismo, che non raggiunse l'obiettivo di arrivare al potere, ma consentì al Pci di radicarsi nelle pieghe della società italiana e di conquistare la supremazia nell'organizzazione della cultura.

Le sue lettere ci consegnano anche la storia di una lunga sofferenza personale e pongono anche interrogativi non ancora risolti su alcune presenze intorno a lui, come quella di Piero Sraffa.

Salutiamo Antonio Gramsci, che è stata una personalità di grande rilievo e che tuttora parla alla nostra coscienza attraverso le lettere e i quaderni (Applausi).

PRESIDENTE. Grazie, deputato Cicchitto.

Ha chiesto di parlare il deputato Invernizzi. Ne ha facoltà.

CRISTIAN INVERNIZZI. Grazie, signora Presidente, gli ottant'anni dalla morte di Antonio Gramsci, la cui statura culturale, morale e intellettuale viene giustamente riconosciuta da tutti, offrono l'occasione per riflettere, come è giusto anche che sia, sulla situazione attuale, su come sia cambiata fortemente la società italiana in questi ottant'anni e su come sia cambiata anche la sinistra in questi ottant'anni.

Antonio Gramsci, che ebbe una vita difficile e una vita minata dalla povertà, riscattata dall'orgoglio, dallo studio, dalla dedizione, una vita esemplare, ci fa capire come dovrebbero essere i politici, soprattutto di sinistra, oggi.

Antonio Gramsci ebbe il coraggio di mettere la propria libertà, la propria vita, sul piatto per lottare per quello per cui credeva.

Era una sinistra quella, onorevole Presidente, che parlava di eguaglianza sociale, che parlava di dignità dei lavoratori, che lottava per i ceti più poveri, per coloro che non avevano voce, era una sinistra magari i cui discorsi venivano liquidati, all'interno dei salotti dell'alta borghesia o dell'aristocrazia, come discorsi fatti da persone che parlano alla pancia della gente, che offrono soluzioni semplici a problemi complessi, che magari hanno l'ardire di voler far partecipare alla vita pubblica e politica persone il cui grado culturale non è sufficiente per potere offrire risposte.

Discorsi questi, onorevole Presidente, che oggi fa la sinistra ogniqualvolta non i populisti, ma il popolo magari, vota diversamente da come loro ritengono opportuno.

Son passati ottant'anni, signora Presidente, e oggi ci troviamo a doverci confrontare non più con una sinistra che parla di dignità, di eguaglianza, ma con una sinistra che purtroppo è finita vittima della dittatura del politicamente corretto e del radical-fighettismo.

A fronte di una sinistra che all'epoca, per le proprie idee, per coerenza del proprio credo, offriva ripeto la propria libertà e la propria vita, noi oggi - e concludo - ci troviamo una sinistra che si è dimenticata la sua natura storica, che traffica in banche e che non risponde più agli ideali per i quali è nata (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).

PRESIDENTE. Grazie, deputato Invernizzi.

Ha chiesto di parlare il deputato Marcon. Ne ha facoltà.

GIULIO MARCON. Grazie, signora Presidente, Nel 1927, dal carcere di San Vittore, Gramsci scriveva alla moglie su Nansen, il grande esploratore norvegese. Avendo osservato - scrive Gramsci - che sulle spiagge della Groenlandia si ritrovano alberi e detriti che dovevano essere di origine artica, Nansen pensò di poter raggiungere il Polo facendo trasportare la sua nave dai ghiacci. Così si lasciò imprigionare dai ghiacci e per tre anni e mezzo la sua nave si mosse solo in quanto si spostavano i ghiacci.

Tempo pseudonimo della vita - avrebbe detto in un'altra occasione -, terribile metafora della sua condizione personale, stretto tra le mura del carcere, ma anche vocazione della temperie di un secolo tremendo. Bordeggia tra passato e presente, per citare un suo quaderno, eppure, setacciando la storia e la cultura italiana, Gramsci si fa originale archeologo di un pensiero fecondo per il domani, per la prassi: il partito politico come intellettuale collettivo; la vocazione nazionalpopolare di qualsiasi progetto rivoluzionario; l'egemonia come costruzione del consenso; il ruolo pedagogico degli intellettuali; la necessità di una riforma intellettuale e morale del Paese; la consapevolezza, da comunista, del confronto con il liberalismo conservatore di Croce, ma soprattutto dell'incontro con la rivoluzione liberale di Piero Gobetti e del pensiero economico progressivo di Piero Sraffa.

Raffinato uomo politico di cultura, ma anche rigoroso spirito morale, anche lui avrebbe potuto scrivere, come Piero Gobetti, nella controcopertina dei suoi libri: che ho a che fare io con gli schiavi? E per questo rivendicò il suo essere partigiano, il suo odio per gli indifferenti. Disse che la verità è rivoluzionaria. Fu una sorta di generoso lampadiere, camminò tra le tenebre di una vita costretto a spegnersi, ma con la luce rivolta all'indietro, aiutando chi stava dietro di sé a prendere la strada giusta.

Prima dell'amnistia, con due righe, avrebbe potuto uscire dal carcere, ma quelle due righe, a regime fascista, non le scrisse mai. Scrisse, invece, molto di più, lasciandoci insieme al grande affresco dei quaderni quelle lettere, lui così schivo e spigoloso, piene di grazie ai suoi cari, aiutando anche noi a muoverci tra quei ghiacci terribili della storia italiana e a lottare per quegli ideali, cui Gramsci ha sacrificato la sua vita (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Vargiu. Ne ha facoltà.

PIERPAOLO VARGIU. Grazie, Presidente. Sono consapevole come non sia facile una riflessione breve per ricordare Antonio Gramsci.

PRESIDENTE. Può cambiare microfono, deputato, che questo fa rumore. Se cambia microfono, è meglio, grazie.

PIERPAOLO VARGIU. Grazie, Presidente. Sono consapevole come non sia facile ricordare con una riflessione Antonio Gramsci. Da sardo, provo a ricordarlo con una sua frase, che è stata utilizzata dal Partito comunista di Torino, per la commemorazione che si svolgerà il 27 di aprile. Dice Gramsci, il 24 di agosto, in una lettera alla madre: i combattenti non devono essere compianti, perché hanno lottato, non perché costretti, ma perché così hanno scelto consapevolmente.

Ecco, da liberale, la stessa frase, lo stesso spirito di fratello, lo trovo nelle parole di Piero Gobetti, che con Gramsci ebbe tanti contatti, che scrisse “La rivoluzione liberale”, prima di morire, esule in Francia, venticinquenne, anche in conseguenza delle percosse dei fascisti. Gobetti era editore e, in tutti i libri che editava, scriveva nel frontespizio: cosa ho a che fare io con gli schiavi? Ma la stessa frase, lo stesso spirito di frase, io lo trovo anche in una cultura che è completamente diversa da questa, nella parole di un poeta statunitense, controverso qui in Italia, Ezra Pound, che scrive: un uomo che non si batte per le proprie idee o vale poco lui o valgono poco le proprie idee. Tre mondi diversi, diversissimi e distanti tra loro, eppure ci danno un'indicazione, con la stessa identica testimonianza, che è quella della convinzione nelle proprie idee.

Nino Gramsci è una figura gigantesca, che ha reso onore a questo Parlamento e a questo Paese. Per evitare che la sua commemorazione sia soltanto un bagno di parole di retorica, che non credo che a Gramsci piacerebbero, ciascuno di noi rifletta sui valori politici di parte, ma più ancora su quelli etici, che sono universali, per cui Gramsci e altri hanno dato la vita (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Vezzali. Ne ha facoltà.

MARIA VALENTINA VEZZALI. Grazie, Presidente. Oggi commemoriamo, a ottant'anni dalla sua morte, Antonio Gramsci, un teorico della politica, ma soprattutto un politico pratico, un combattente, come lo definì Palmiro Togliatti.

Una sintesi che gli rende merito ricorda che, fino a quando fu libero di agire, fu prima di tutto un giornalista, un agitatore e organizzatore politico, ma, negli anni trascorsi in carcere, accumulò un'ingente mole di scritti, che, pubblicati dopo la sua morte, rivelarono i lineamenti di un pensiero originale e sistematico, che fa di lui un classico del Novecento, uno dei più tradotti, letti e studiati in tutto il mondo.

Un intellettuale, quindi, impegnato in politica, convinto che in una società che si compone di forze contrapposte la supremazia di un gruppo sociale si manifesta in due modi: come dominio e come direzione intellettuale e morale. Riteneva che la cultura non dovesse essere un privilegio aristocratico, ma un mezzo per acquisire consapevolezza della realtà.

Di umili origini, nella sua breve esistenza fu capace di coniugare le sue diverse passioni, primeggiando per capacità e profondità di pensiero come filosofo, linguista, critico letterario, storico, giornalista, politico.

Sedette in questa Camera e, nel maggio 1925, intervenne per la sua prima e unica volta, dando vita ad uno scontro verbale con Mussolini, che merita di essere riletto, perché dà la misura del suo spessore intellettuale e del suo coraggio.

Le sue idee socialiste lo portarono a distinguere tra il regime, che esercita la forza, e la politica del consenso, che è quindi egemonia sociale. Interpretarle al meglio rendeva nobile l'impegno politico, idee, queste, che lo resero vittima della persecuzione e che lo costrinsero al confino e alla detenzione.

Antonio Gramsci è e resta una delle figure più interessanti del ventesimo secolo. Quest'occasione ci permette di ricordarlo, sollecitando contestualmente il recupero e l'analisi della sua opera, perché Gramsci ha ancora molto da dirci, ma occorre saperlo ascoltare (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Piepoli. Ne ha facoltà.

GAETANO PIEPOLI. Grazie, Presidente. Noi non solo rendiamo omaggio a questa grande figura di martire, di combattente e di antagonista privato della libertà e che divenne simbolo di straordinaria capacità di resistenza morale e stoica operosità in condizioni fisiche disperate. Noi sappiamo che il nostro Paese gli deve rendere omaggio, perché non è possibile oggi misurarci con le sfide del declino della democrazia e della stanchezza della democrazia, facendo a meno o saltando la lezione di Gramsci.

Da lui venne un contributo di pensiero che, per la ricchezza e la profondità dei suoi presupposti e per la modernità dei suoi svolgimenti e delle sue anticipazioni, è giunto a trascendere non solo ogni limite di parte, ma i confini della stessa vicenda storica di cui era figlio, la vicenda del comunismo italiano e internazionale. Questo ci dice la grande fortuna che incontrano oggi gli scritti di Gramsci in Europa e fuori Europa, soprattutto in quell'Europa che, come è stato scritto ancora di recente, sembra irrimediabilmente uscita fuori dalla storia.

Infine, come meridionale, come pugliese, come barese, che nella sua infanzia passava davanti a quel tetro carcere di Turi, che mi ricordava, per le mie piccole letture di studente delle elementari, lo Spielberg di Silvio Pellico, vorrei ricordare come egli, nella sua luminosa modestia intellettuale, raccontava il tentativo nelle sue note dal carcere - cito testualmente - di superare un modo di vivere arretrato, come quello che era proprio di un sardo del principio del secolo, per appropriarsi di un modo di vivere e di pensare, non più da villaggio e regionale, ma nazionale e tanto più nazionale, in quanto cercava di inserirsi in modi di vivere e di pensare europei. Ma questo noi sappiamo che non fu solo il tentativo: fu il suo approdo, fu la sua vicenda compiuta.

E, allora, è nelle nostre mani la responsabilità della sua lezione, che significa due cose molto semplici. Da una parte, per i giovani, che sono alla ricerca disperata di modelli e di punti di riferimento: cari giovani, leggete, leggete, leggete i suoi scritti, sine glossa, perché sono scritti che possono essere letti sine glossa. E ricordo qui, en passant, quella bellissima appassionata difesa delle lingue classiche, del latino e del greco, che tanti Ministri riformatori della pubblica istruzione dovrebbero sempre avere presente.

Ma poi per noi, che siamo immersi in questa crisi di sistema, profonda crisi di sistema politico-istituzionale, credo che valga la pena ricordare che la lezione di Gramsci ha sicuramente una grande attualità, ma, forse, vale anche la pena di dire che vale per lui quello che, tanti anni fa, venne detto per quell'altro gigante che ieri abbiamo commemorato, per Aldo Moro, ovvero sia: “Forse bisogna ammettere, a questo punto, che non vale trascrivere parole che rimangono di altri, che servono soltanto a ricordare e non durano e non diventano nostre se non ci riesce, almeno per una volta, almeno per una parola, di rivivere dentro il loro suono l'intelligenza e la sofferenza che le hanno pensate”. Ed è questa, poi, la prova che ci tocca oggi e nel futuro, se vorremo, per il nostro domani, interrogare Gramsci senza rimorsi (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Murgia. Ne ha facoltà.

BRUNO MURGIA. Signora Presidente e colleghi, a ottant'anni dalla morte, Antonio Gramsci è diventato un'icona globale: dagli Stati Uniti all'Australia, l'intellettuale, tra i fondatori del Partito Comunista, è citato, approfondito e studiato come non mai.

Le sue frasi vanno per la maggiore anche sui social network. Recentemente, il settimanale di cultura de la Repubblica, Robinson, lo ha ritratto come se fosse dipinto da Andy Warhol, occhialini tondi compresi. C'è un film nelle sale, che si chiama “Nel mondo grande e terribile” di un bravissimo regista, Daniele Maggioni, fatto con molto amore e con tanta passione: le sue parole, da egemonia nazionalpopolare, fanno parte non solo del linguaggio politico, ma sono entrate anche nel discorso pubblico e nell'analisi comune.

Gramsci piace non solo per la sua vita, ricca, terribile, ma molto umana, ma anche perché in effetti non fu, come è detto, un rigido comunista togliattiano. Infatti, molti lo studiano appropriandosi di alcuni suoi concetti basilari: il più celebre è la presa del potere che passa, con la vittoria delle idee, dentro la società. Fu, questo, un concetto chiave, studiato, usato, imitato e criticato.

Dino Messina, recentemente, sul Corriere, si chiede se le riletture da destra furono appropriazioni indebite: a mio modo di vedere, direi di no. Dieci o più anni fa, Gramsci fu utilizzato addirittura dai neocon americani. All'inizio della sua avventura, Sarkozy lo citò più volte e disse: “Il potere si conquista con le idee, rupture compresa”.

Ma nella sua critica alla società capitalistica ci fu, a mio modo di vedere, una rilettura di un gruppo di intellettuali di destra tra gli anni Settanta e Ottanta. Fu interessante scoprire che, anche nel nostro mondo, la cultura, l'ecologia, il cinema e, più in generale, la cultura popolare avessero un senso oltre la politica vittima di furori ideologici e divisivi, tant'è vero che mondi contrapposti provarono a confrontarsi oltre gli steccati e - come diceva lo stesso Gramsci - odiando gli indifferenti.

Un grande intellettuale, dunque, non certo un'icona del pensiero liberale o nazionale e conservatore, ma le sue idee sono importanti e attuali ancora oggi (Applausi).

PRESIDENTE. Termina così la commemorazione di Antonio Gramsci.

Si riprende la discussione della proposta di legge n. 3844-A (ore 17,15).

PRESIDENTE. Riprendiamo il seguito della discussione della proposta di legge, già approvata dalla 7a Commissione permanente del Senato, n. 3844-A.

Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta si è concluso l'esame degli emendamenti e degli ordini del giorno.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 3844-A)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Locatelli. Ne ha facoltà.

PIA ELDA LOCATELLI. Grazie, signora Presidente. Come socialista sono davvero contenta dell'iniziativa per preservare la memoria di Matteotti e di Mazzini. È una proposta presentata dal segretario del PSI Riccardo Nencini come secondo firmatario al Senato.

Sono intervenuta due volte in quest'Aula per commemorare Giacomo Matteotti, martire socialista, che, nel suo ultimo intervento in quest'Aula, ebbe il coraggio, lui solo, di contestare le elezioni che avevano visto vittorioso il Partito fascista. Era il 30 maggio 1924: dieci giorni dopo - il 10 giugno -, fu rapito e ucciso.

In quelle occasioni sottolineai che il brutale assassinio fascista fece di Matteotti un eroe, ma, paradossalmente, fece passare in secondo piano le sue idee e le sue battaglie politiche.

I suoi scritti, i suoi discorsi in Parlamento, per lui il luogo centrale di tutta l'azione politica, e il suo pensiero restano tutt'oggi sconosciuti ai più.

Oggi questa proposta di legge è volta a colmare questa lacuna: grazie a questo provvedimento, la casa di Matteotti a Fratta Polesine diventa monumento nazionale e il fondo stanziato presso la Presidenza del Consiglio servirà a finanziare progetti come l'erogazione di borse di studio, la digitalizzazione, il riordino, l'inventario di materiale bibliografico e archivistico, pubblicazioni inedite, iniziative didattiche e formative da svolgersi in collaborazione con il MIUR e coinvolgendo direttamente gli istituti scolastici dell'intero territorio nazionale.

Sono lieta che la proposta sia partita dal PD, il partito, per una parte, figlio anche di quel PCI che non ha mai amato Matteotti, mal digerendo il fatto che il primo eroe dell'antifascismo fu un socialista che non si faceva sovietizzare, “un pellegrino del nulla”, come lo definì Gramsci. Un'iniziativa che ha, dunque, il valore di un risarcimento storico, ma rappresenta, soprattutto per le giovani generazioni, uno stimolo alla conoscenza della bella politica, troppo spesso minata e infangata dal populismo e dai movimenti antipartitici, e alla difesa della democrazia, oggi più che mai necessarie. Ovviamente, voteremo convintamente a favore del provvedimento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Molea. Ne ha facoltà.

BRUNO MOLEA. Grazie, signora Presidente. La proposta di legge in esame intende preservare e valorizzare la memoria di due figure eccellenti della storia politica italiana: Giacomo Matteotti e Giuseppe Mazzini.

Promuovere oggi la memoria di una figura importante come quella di Giacomo Matteotti ha sicuramente un duplice significato: diffondere certamente la conoscenza della straordinaria esperienza umana e intellettuale del deputato polesano, affiancare al mito sedimentato nel corso delle generazioni la ricerca e l'educazione alla conoscenza storica e, insieme, confermare la fedeltà del Parlamento e delle istituzioni repubblicane ai propri valori fondanti, alla propria memoria e alla propria storia migliore.

Il discorso tenuto da Giacomo Matteotti alla Camera il 30 maggio del 1924 rappresenta una delle più significative testimonianze di coraggio, di intransigenza, omaggio al valore delle istituzioni e riconoscimento della centralità del Parlamento nella vita pubblica di un Paese civile. La democrazia, in Italia e nel mondo, ha bisogno di rinnovarsi e di crescere, ma anche di riconoscere e riscoprire le proprie radici e i propri grandi esempi.

Studiare o ristudiare la figura di Matteotti significa porsi nell'ottica di affrontare una rinnovata consapevolezza, l'evoluzione di un'intera parabola umana e politica piena di pagine e di spunti degni di riflessione e di approfondimento: dal giovanissimo Giacomo Matteotti, amministratore locale e dirigente cooperativo, all'analisi del suo profilo di intellettuale e di giurista, alla sua attività sindacale, alla sua esperienza di pacifista durante la Prima guerra mondiale; dalla rete dei rapporti intessuti con le socialdemocrazie europee ad un esame attento ed articolato della sua formidabile attività parlamentare lungo il periodo compreso fra il 1919 e il 1924.

Giacomo Matteotti è anche un simbolo dell'evoluzione della coscienza democratica del socialismo italiano e del progressivo riconoscimento del Parlamento come luogo centrale per l'avanzamento dei diritti, per le conquiste del movimento operaio democratico. Egli non fu un teorico nel senso classico del termine, ma seppe come pochi analizzare e cogliere lucidamente la radicale censura rappresentata dal movimento fascista nell'inquieto panorama dell'Italia liberale e il suo carattere antidemocratico.

Nel corso dell'esame in Commissione, è stato introdotto l'articolo 4, dedicato alla memoria di Giuseppe Mazzini. Questo articolo reca nuove previsioni inerenti la Domus mazziniana di Pisa, ovvero la casa-museo dove Mazzini soggiornò e, poi, morì il 10 marzo del 1872. Costituita in istituto, con personalità giuridica di diritto pubblico, con la legge n. 1230 del 1952, ha il fine di cooperare agli studi e alle ricerche sulla vita, sul pensiero, sull'opera di Mazzini, nonché alla raccolta e alla conservazione di cimeli e documenti ed ogni altra attività che valga a diffondere la conoscenza del pensiero e dell'azione mazziniana.

Credo di poter affermare che nessuno dei protagonisti della storia del nostro Paese aveva un'idea così alta e così completa di che cosa dovesse essere l'Italia come Giuseppe Mazzini. Giuseppe Mazzini subordinava il concetto di patria a quello più ampio di umanità, auspicando che il concetto di nazione fosse superato a favore di una federazione fra i popoli europei, che, da un lato, avrebbe permesso la rimozione delle tensioni internazionali sanando le ferite nazionaliste e, dall'altro, avrebbe permesso lo sviluppo anche dei popoli più poveri.

Questi due personaggi ci hanno insegnato ad esaltare la cultura del rispetto delle regole e della libertà, della libertà altrui, senza rinunciare alla moderna evoluzione dalla democrazia. Per questo motivo, per queste ragioni, il gruppo di Civici e Innovatori esprimerà il voto favorevole a questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Civici e Innovatori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Bruno Murgia. Ne ha facoltà.

BRUNO MURGIA. Signora Presidente, grazie. Noi voteremo “sì” anche a questo provvedimento, anche se si tratta di due personaggi ovviamente diversi. Pensiamo che senza memoria non ci sia futuro. Matteotti ovviamente è diverso da Mazzini: Mazzini fu fondatore risorgimentale dell'Italia; l'altro, socialista, vittima di una assolutamente inaccettabile violenza politica.

Ci piace, comunque, poter verificare, come Parlamento o, magari, come Commissione, i programmi e stabilire che questi programmi, che ricordano i personaggi che stiamo esaminando oggi, abbiano sempre assoluto valore scientifico. Con questi motivi, appunto, ribadisco il voto favorevole di Fratelli d'Italia.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Santerini. Ne ha facoltà.

MILENA SANTERINI. Grazie, Presidente. Anche noi voteremo favorevolmente su questo provvedimento. Naturalmente sono due figure molto diverse, ma ambedue emblematiche per tanti aspetti: Mazzini, padre della patria per certi aspetti, con un senso universale del destino italiano; Matteotti, un modello, soprattutto per noi parlamentari, un modello di politico onesto e coraggioso.

È un provvedimento che ha avuto un cammino piuttosto lungo, che è stato modificato per lungo tempo in VII Commissione, con un lavoro che, naturalmente, prevedrà un terzo passaggio al Senato, ma ci aspettiamo che sia un passaggio breve. Ovviamente mi associo ai colleghi nel dire l'importanza della preservazione della memoria di Giacomo Matteotti: a più di novant'anni dalla morte, una voce libera, un deputato socialista, che è rimasto nella memoria ed è, in questo senso, una voce molto moderna per la capacità di prefigurare un'Italia diversa e pacifica e, soprattutto, libera da tutte le costrizioni che il fascismo imponeva.

A questo provvedimento così importante è stata unita anche la questione della Domus mazziniana di Pisa e anche qui siamo di fronte a una conservazione della memoria molto importante, un archivio con migliaia di lettere, con volumi, con emeroteca, insomma un patrimonio immenso che va sicuramente conservato e che va assolutamente valorizzato. È, quindi, un caso - potremmo dire - unire queste due figure in un unico provvedimento, però forse è un caso che non viene sicuramente a creare conseguenze negative, perché forse proprio la cultura, la memoria, l'identità sono messe in causa in modo diverso con questi due profili di uomini italiani.

Quindi, intervenendo ovviamente dove possiamo e come possiamo, per quanto permettono le nostre risorse, a favore della memoria di personaggi come loro, noi sostanzialmente lavoriamo per creare una coscienza condivisa di questo Paese.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Vezzali. Ne ha facoltà.

MARIA VALENTINA VEZZALI. Grazie, Presidente, sottosegretario, colleghi, oggi abbiamo l'occasione, in un momento politico particolare, di ricordare le due figure di Giacomo Matteotti e Giuseppe Mazzini. Questo provvedimento, che li vede accomunati dalla necessità di preservare e diffondere il patrimonio storico-culturale che ci hanno lasciato ed i luoghi che li hanno ospitati, cade in un periodo difficile per la storia dell'Europa e della nostra democrazia, strattonate dalle derive che, a vario titolo, animano il dibattito e dividono i cittadini, troppo spesso esasperati dalle quotidiane difficoltà. Due profili diversi, ma che hanno avuto il medesimo rigore di fronte all'importanza della questione morale. Per entrambi andava difesa la valenza etica della politica, che consentisse di realizzare una forte solidarietà sociale.

Matteotti, socialista riformista, non credeva nei cambiamenti violenti e rivoluzionari, ma in quelli più democratici da portare avanti senza dimenticare l'impegno sociale; ebbe il coraggio di denunciare i profitti della speculazione e del capitalismo, che, quando crescono inversamente ai compensi e alle esigue risorse della classe lavoratrice dei ceti intermedi, rischiano di minare la libertà e la dignità dei cittadini: un monito che, a distanza di tanti anni, è ancora valido e che è stato ricordato di recente in più occasioni dal Presidente della Repubblica e perfino dal Santo Padre a quella politica che, troppo spesso, si concentra sulle dispute e non, come dovrebbe, sulla ricerca del bene comune.

Giuseppe Mazzini fu sostenitore non solo dell'unità nazionale, ma anche di un'unità internazionale fra i popoli d'Europa, basata non solamente su una moneta unica, ma sulla condivisione di un comune patrimonio culturale e storico. Potremmo dire che aveva capito molto tempo prima che l'Europa ha bisogno di radici profonde e di essere governata non solo come un grande mercato, ma come una comunità di cittadini consapevoli della grande sfida che offre in termini di opportunità, la sola a poter dare risposte alla globalizzazione e alla società multietnica che stiamo piano piano diventando. Una società complessa può interpretare il futuro solo se tiene conto e fa tesoro della sua storia, se insegna alle nuove generazioni ad avere ideali e a difenderli. La democrazia, infatti, non è una conquista senza tempo, ma un bene prezioso da proteggere.

Il finanziamento che questo provvedimento assegna consentirà la tutela dei beni archivistici e la ricerca storica, lo studio del pensiero di Matteotti e la sua diffusione, l'erogazione di borse di studio, la digitalizzazione e catalogazione di materiale biografico, la pubblicazione di materiale inedito, oltre a consentire la promozione di iniziative didattiche e formative in collaborazione con il Ministero dell'istruzione e su tutto il territorio nazionale. Inoltre, prevede che per la Domus mazziniana possa terminare il ventennale commissariamento e possa divenire funzionale la gestione della casa museo intitolata a Mazzini, una delle figure più significative del Risorgimento italiano, finora condivisa da università e istituzioni territoriali.

Matteotti e Mazzini hanno sacrificato la loro vita, ucciso il primo, esule il secondo, per difendere le loro idee e il popolo, al quale attribuivano grande importanza. Di Matteotti resta alla storia l'affermazione: “Uccidete pure me, ma l'idea che è in me non l'ucciderete mai”. Di Mazzini mi piace ricordare un pensiero tratto da I doveri dell'uomo, che riassumo: bisogna mettere al centro della propria vita il dovere, senza speranza di premio, senza calcoli di utilità; un modo di stare al mondo difficile per le innumerevoli tentazioni cui siamo esposti e perché interpretiamo la democrazia come la condizione dei diritti, dimenticando troppo spesso il dovere di rispettarla. Mi sento di dire, alla vigilia degli impegni elettorali importanti: difendiamola, non solo per noi, ma per i nostri ragazzi. A nome del gruppo di Scelta Civica-ALA-MAIE, annuncio il voto favorevole al provvedimento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Rocco Palese. Ne ha facoltà.

ROCCO PALESE. Grazie, signora Presidente. Non c'è dubbio che voteremo a favore di questo provvedimento: un provvedimento commemorativo, non c'è dubbio, per il novantesimo anniversario della morte, perché si prevedono una serie di iniziative rispetto a quello che è questo evento, ma soprattutto altamente storico ed educativo della memoria.

Ahimè, quanto siamo lontani dai tempi in cui, qualche anno fa nelle scuole e nelle università, abbiamo profondamente studiato e preso come esempio, in termini di libertà, Matteotti, ma qui vi si associa Giuseppe Mazzini, altro padre della costruzione che c'è stata, nel nostro Paese, dal punto di vista storico e della memoria.

È importante che - punto centrale di questo provvedimento -, finalmente torniamo alle borse di studio. Quanta nostalgia, signora Presidente, rispetto alla meritocrazia nelle scuole, quanta massificazione, quanta trascuratezza c'è nel cercare di dare un esempio di educazione vera e storica agli alunni, a tutti quelli che frequentano il ciclo formativo. Certo, c'è anche, adesso, la modernità, con la digitalizzazione, la catalogazione del materiale bibliografico, non c'è dubbio che riveste grande importanza questa iniziativa nei confronti di un deputato che ha pagato con la vita le sue idee, la sua libertà e la sua, senza dubbio, progressione nel cercare di attuare, nel contesto del Parlamento, quella che era una sua grande idea di libertà e di democrazia. A ciò si associa la promozione degli studi sulla vita di Giuseppe Mazzini, in contemporanea e in connessione con l'Università degli studi di Pisa, della Scuola Normale Superiore e della Scuola Superiore Sant'Anna; sicuramente, anche in questo caso, mi sembra abbastanza pertinente tale associazione. Mi sembra pure che sia un buon esempio che oggi il Parlamento si trovi nelle condizioni di dare, soprattutto per la formazione, questo messaggio che si dà alle nuove generazioni.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Serena Pellegrino. Ne ha facoltà.

SERENA PELLEGRINO. Presidente, onorevoli colleghi, il gruppo Sinistra Italiana Possibile voterà a favore di questa proposta di legge che stabilisce significative iniziative per preservare la memoria di Giacomo Matteotti e di Giuseppe Mazzini. Questa proposta di legge era stata pensata in funzione del novantesimo anniversario della morte di Giacomo Matteotti, celebrato nel 2014, e, purtroppo, approda in Aula in ritardo rispetto agli intendimenti dei proponenti. A mitigare almeno in parte i ritardi dell'iter parlamentare c'è il fatto che dalla XII Commissione della Camera sono stati inseriti nuovi importanti articoli, quali la dichiarazione di monumento nazionale della casa museo Giacomo Matteotti e le nuove disposizioni inerenti la Domus Mazziniana di Pisa, in particolare riferite alla composizione del consiglio di amministrazione e alla gestione dell'istituto.

Quindi, anche se in ritardo, questo Parlamento, espressione del popolo sovrano, con questa legge dispone un ulteriore contributo a ricordo della vita e del sacrificio del deputato veneto. Proprio qui, in quest'Aula, il 30 maggio 1924, Giacomo Matteotti ebbe modo di dare prova del suo coraggio e della sua abnegazione, denunciando le prepotenze del partito e dei gregari di Mussolini nella provincia di Rovigo; prepotenze di cui egli stesso aveva avuto esperienza diretta. Era il 1924, il primo anno in cui per le votazioni politiche venne utilizzata la cosiddetta legge Acerbo; i fascisti avevano ottenuto la maggioranza alla Camera, ma si trattava di una maggioranza assai fragile, ottenuta soprattutto grazie a brogli e violenze di ogni genere. Matteotti volle denunciare proprio questo aspetto, nonostante molti gli avessero consigliato di agire con prudenza. Secondo il deputato socialista, troppo rilevanti erano stati i soprusi fascisti ed era, quindi, doveroso che la Camera fosse messa al corrente di tale situazione e che, proprio dai banchi di quest'Aula, l'Italia tutta potesse conoscere il vero volto del fascismo, un volto autoritario e violento. La scelta di parlare liberamente, di attaccare apertamente Mussolini e i suoi metodi antidemocratici fu una scelta che gli costò la vita e la sua morte, come quella di molti altri italiani - Gobetti, Gramsci, che proprio oggi abbiamo celebrato, i fratelli Rosselli e di tantissimi altri - fu una morte figlia di quelle tensioni e di quella deriva autoritaria che avevano dato vita e portato al potere il fascismo.

La sua morte, però, Presidente, non fu vana; a lui, al suo coraggio, alla sua aspirazione di servire fino in fondo la democrazia e le istituzioni liberali del Paese si ispirarono moltissimi giovani che scelsero di avversare e combattere il fascismo e i suoi alleati nazisti, negli anni Trenta e dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943.

Matteotti, per i suoi tempi fu anche un politico moderno, prefigurava un nuovo assetto dello Stato fondato sulle autonomie territoriali e su un ruolo diverso dei partiti e dei sindacati come espressione radicata della democrazia organizzata, che doveva impedire la tracimazione della dittatura fascista. Oggi, in cui in troppe situazioni si antepone l'interesse privato a quello pubblico, in cui si arriva a perdere interesse verso le vicende del nostro Paese, ancora oggi sono necessarie figure come Giacomo Matteotti, uomini e donne in grado di leggere i segni dei tempi e di offrire esempi di coraggio, lealtà e abnegazione. Ricordare, studiare significa aiutare a scoprire e a valorizzare il profilo intellettuale e umano di questo martire, vero e proprio simbolo della libertà, della democrazia e della giustizia sociale del nostro Paese.

La memoria della figura di Matteotti ha un senso se sappiamo attualizzarla, spenderla anche in questa fase storica dell'Italia, dove rigurgiti di autoritarismo, nuovi e vecchi populismi, dove la perdita di credibilità delle istituzioni democratiche e una divaricazione tra cittadini e politica ci richiamano a quel pensiero severo e lungimirante. Per questi motivi riteniamo che occorra, ancora di più, incoraggiare e sostenere lo studio e la conoscenza delle sue idee e del suo vissuto.

Con questa legge speriamo di approfondire la figura di Giacomo Matteotti, di ravvivare il suo ricordo e, assieme, di coltivare le sue virtù nelle nuove generazioni. Sosteniamo, quindi, l'impianto di questa legge che vede anche il superamento del commissariamento e la ristrutturazione del management della Domus Mazziniana, coinvolgendo le università della città di Pisa; questo è un grandissimo passaggio. Non possiamo, però, non sottolineare che il contributo sia davvero esiguo e auspichiamo davvero, Presidente, che il concetto di invarianza di bilancio venga per sempre abolito per quello che riguarda la ricerca storica, atto indispensabile perché ogni cittadino possa capitalizzare la sua memoria (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Stefano Borghesi. Ne ha facoltà.

STEFANO BORGHESI. Grazie, Presidente. Da tempo denunciamo una mancanza di programmazione da parte di questa maggioranza nell'affrontare provvedimenti di questo tipo; da tempo denunciamo un metodo che non ci trova d'accordo e che ha prodotto solo una serie di provvedimenti a singhiozzo che, a volte, possono sembrare estemporanei e dai contenuti molto diversi e, addirittura, magari, altre volte, completamente estranei gli uni agli altri. Ed è questo un po' l'episodio del provvedimento che è discusso qui, in Aula, oggi. Quindi, per una questione di un metodo che da tempo sosteniamo non essere il nostro e che da tempo sosteniamo non essere corretto, annuncio il voto di astensione del nostro gruppo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Pizzolante. Ne ha facoltà.

SERGIO PIZZOLANTE. Grazie, Presidente. Come ha detto la collega Locatelli, di Matteotti molti italiani conoscono solo, o quasi solo, il gesto eroico del famoso discorso in difesa della democrazia e contro il fascismo pronunciato in quest'Aula, che, poi, lo portò al martirio e alla morte. Poco si sa, poco si conosce, invece, dell'uomo politico, della sua opera, delle sue idee, delle sue lotte. Matteotti fu una figura originale, singolare, e questa originalità fu colta anche ad osservatori come Pietro Gobetti e Gaetano Salvemini. Da un lato, egli era un riformista turatiano, in polemica molto forte con i massimalisti e i comunisti dell'epoca, però contemporaneamente era un riformista intransigente, sia nelle lotte sociali che avvennero in quegli anni nel Polesine, sia successivamente nella lotta al fascismo. Questa intransigenza la riservò anche a tendenze collaborative con il fascismo, che esistevano anche nel mondo liberale e cattolico e nello stesso mondo socialista e della sinistra italiana. Fu una figura quindi originalissima; fu una figura che seppe interpretare qui a Roma, ma soprattutto nella sua terra e nel Polesine, il riformismo delle opere concrete. Era un uomo che si sporcava le mani, che metteva la sua conoscenza e la sua scienza giuridica a disposizione dei più deboli, dei poveri, degli operai. Organizzò le lotte sindacali in agricoltura nel Polesine; organizzò le società di mutuo soccorso, per dare risposte concrete ed organizzate ai più poveri, i servizi di assistenza legale che lui offriva gratuitamente agli operai. Insomma, una figura davvero originale sul piano politico, per il coraggio di contrapporsi sia al massimalismo di sinistra sia al fascismo, ma anche un grande organizzatore di opere e di risposte concrete sul territorio. Quindi è molto importante quello che stiamo facendo oggi, cioè aiutare e finanziare tutte le iniziative e le attività di studio, le attività di organizzazione dell'archivio, della memoria e delle opere di una figura così importante e fondamentale per la storia della nostra democrazia.

Così anche per Mazzini facciamo un'opera molto importante, che è quella di andare a risistemare e ricostruire le strutture, la Domus mazziniana, rimetterla in regola, rifinanziare le attività a favore della memoria, della storia e della cultura dell'esempio di Giuseppe Mazzini, che aveva una visione alta, quasi spirituale, della patria, dell'Italia unita, dell'Europa. Una cultura dei diritti ma anche una cultura dei doveri, molto importante in un'epoca in cui sembra che ci siano soltanto diritti o, peggio, soltanto desideri da soddisfare senza doveri, senza le responsabilità, senza l'etica della responsabilità che Mazzini ci ha insegnato; e in questa epoca abbiamo bisogno dell'etica della responsabilità e della cultura dei doveri di fronte all'esplosione dei populismi. Mazzini creò l'Italia libera e democratica, Matteotti cercò di salvare quell'Italia, dalla deriva fascista. Non ci riuscì, ma le opere di Mazzini, la storia, la cultura, le idee di Mazzini e di Matteotti furono a fondamento dell'Italia postfascista, dell'Italia che poi divenne, anche grazie al loro insegnamento, repubblicana, libera e democratica. Quell'opera, quell'esempio di questi due grandi italiani furono a fondamento di quella fase della ricostruzione dell'Italia. Oggi quelle storie e quelle culture possono essere a fondamento dell'Italia che vuole resistere ai populismi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto alla deputata Luisa Bossa. Ne ha facoltà.

LUISA BOSSA. Presidente, io anticipo il voto favorevole di Articolo 1. Sono state dette già molte cose sulle due figure, io non voglio ripeterle, quindi, al di là del dato tecnico, normativo, su cui ci sono le relazioni che esplicano nel dettaglio i passaggi, in questa fase a me preme sottolineare l'importanza politica di questa decisione. L'ideale di giustizia sociale, di coraggio, di fedeltà alla legge e allo Stato, la lungimiranza culturale di Matteotti e l'alto valore simbolico del suo stesso esempio di vita, quello di un uomo che parla alla Camera e sa che pagherà un prezzo, ma va avanti e procede, affronta a testa alta il destino di martire delle libertà, sono così importanti da poterli considerare costitutivi della Repubblica italiana.

Exegi monumentum aere perennius”: ho innalzato un monumento più duraturo del bronzo, cantava Orazio nel Libro III delle Odi. Ecco, questo ha fatto Giacomo Matteotti: ha eretto un monumento, ma non di pietra, non di sola pietra, ma di esempio, di vita, di coerenza. Dunque, preservarne la memoria, indicarne l'esempio, non è un rito cerimoniale, ma è la cura delle radici. Direi che qui poggia l'edificio democratico costituzionale del nostro Paese. La libertà, la democrazia, il diritto di parola, il diritto di voto, la libertà di manifestazione e di espressione del pensiero sono per noi abitudini, sono così entrati nel nostro lessico, nel nostro stile, che non ci facciamo più caso, ma sono pietre preziose di cui abbiamo smesso di ammirarne la bellezza. Ci sembrano scontate, garantite, ormai acquisite, ma le libertà ci vuole una vita a conquistarle, e un attimo - sottolineo un attimo - a perderle. Lo aveva visto Matteotti nel 1924, non smettiamo di vederlo anche noi oggi, non smettiamo di ricordarlo (Applausi dei deputati del gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Antonio Palmieri. Ne ha facoltà.

ANTONIO PALMIERI. Gentile Presidente, siamo già in ritardo con questa proposta di legge, e nemmeno la finiremo oggi, perché deve tornare al Senato, quindi è inutile perdere tempo: annuncio il voto favorevole di Forza Italia. Lamento, come hanno fatto altri colleghi che sono intervenuti prima di me, che uno stanziamento di 300.000 euro per un solo anno sia un dato assolutamente insufficiente, per continuare un'opera di memoria che, se non alimentata, diventa una memoria che sta in soffitta ed appartiene al passato, mentre noi siamo per una memoria che sia presente e che quindi ci aiuti ad evitare che il futuro ci riporti a vivere situazioni che abbiamo visto in passato e che hanno coinvolto, nel caso in cui parliamo, Giacomo Matteotti. Quindi mi fermo qui e confermo il nostro voto favorevole.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Simone Valente. Ne ha facoltà.

SIMONE VALENTE. Presidente, io non sto a sottolineare, come è già stato fatto da alcuni colleghi, l'importanza dei due personaggi che sono citati in questa legge, a cui viene dato un riconoscimento molto ampio di valori e di principi che, anche con grande intento, alcuni colleghi vogliono portare avanti. Devo dire che molto spesso questo tipo di proposta di legge nasce proprio con le migliori intenzioni, assolutamente condivisibili, c'è da fare però un appunto, che è quello che ormai il MoVimento 5 Stelle avanza ogni qual volta si presenta un testo simile, ovvero un appunto di metodo, perché, se alcune proposte sono assolutamente condivisibili, non lo è l'approccio con cui andate - la maggioranza - ad inserire alcune proposte che spesso sono eterogenee, che spesso sono iniziative di celebrazioni, di festival o di contributi unatantum a fondazioni ed associazioni che vengono fatte con legge invece che seguire un processo che potrebbe essere quello ministeriale, con una distribuzione dei fondi e dei criteri oggettivi, che ogni volta noi auspichiamo.

Ecco perché ancora una volta in Commissione cultura abbiamo sollevato questa problematica, e la solleviamo qua, semplicemente auspicando che ci sia una lungimiranza, una programmazione a lungo termine anche nella distribuzione dei fondi pubblici, e non si debba tutte le volte occupare anche quest'Aula in discussioni di testi di legge che sono totalmente eterogenei - e l'inserimento dell'articolo 4 a questo testo lo dimostra ampiamente - ma auspichiamo che ci sia un iter totalmente diverso con criteri oggettivi. Proprio per tali motivi, che ho ampiamente illustrato, annunzio il voto di astensione del mio gruppo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Manzi. Ne ha facoltà.

IRENE MANZI. Grazie, signora Presidente. “La memoria è un possente strumento per capire e rispondere alle sollecitazioni del presente”: con queste parole del professor Amos Luzzatto la relatrice del provvedimento, la collega Giulia Narduolo, pochi giorni fa ha concluso il suo intervento in discussione sulle linee generali e ho voluto iniziare la mia dichiarazione di voto proprio con questa frase perché penso che questo sia il tema principale, al di là delle questioni di metodo che sono state citate, posto oggi in quest'Aula dall'approvazione della proposta di legge diretta a preservare la memoria di Giacomo Matteotti e Giuseppe Mazzini.

La parola “memoria” del resto è contenuta nel titolo stesso della proposta di legge e la memoria è un elemento intorno al quale l'Assemblea è spesso intervenuta in questi anni, approvando ad esempio il provvedimento istitutivo del Premio Di Vagno dedicato alla prima vittima della violenza fascista; dichiarando Casa Gramsci a Ghilarza monumento nazionale; ricordando, come abbiamo fatto poco fa, la figura di Antonio Gramsci e occupandoci oggi dei due protagonisti della storia di questo Paese, Giacomo Matteotti e Giuseppe Mazzini. La proposta di legge se ne occupa destinando, purtroppo a distanza di tre anni da quella che era la sua intenzione originaria, un contributo di 300.000 euro a favore di iniziative su tutto il territorio nazionale relative allo studio e alla diffusione del pensiero di Matteotti, dichiarando la Casa natale di Matteotti monumento nazionale e intervenendo per restituire piena operatività alla Domus mazziniana di Pisa.

Sono state già ricordate le azioni e gli obiettivi che il provvedimento intende favorire soprattutto riguardo alla figura di Matteotti, obiettivi e misure diretti a portare ad evidenza quelli che sono stati, secondo me, i valori fondanti della vita di Matteotti, non solo la tragica fine, emblema concreto della violenza e dell'oppressione del regime fascista, ma gli ideali che ne hanno animato la vita: dal neutralismo durante la prima guerra mondiale di fronte invece all'interventismo delle “radiose giornate di maggio”; l'impegno in prima linea e in prima persona contro la violenza fascista ben prima che questa si facesse regime, consapevole della profonda cesura che quel movimento antidemocratico rappresentava per le istituzioni liberali del nostro Paese; il riformismo praticato nell'azione politica parlamentare e l'impegno nella difesa delle istituzioni rappresentative; il valore posto alla questione morale con la denuncia della corruzione del regime.

“Noi difendiamo la libera sovranità del popolo italiano al quale mandiamo il più alto saluto e crediamo di rivendicarne la dignità”: con queste parole pronunciate proprio in quest'Aula nel celebre discorso del maggio 1924, autentico testamento politico e morale, Matteotti nel denunciare i brogli e le violenze compiute durante le recenti elezioni difendeva il valore e la dignità delle istituzioni dell'Italia liberale e il valore della sovranità popolare che il regime con la legge Acerbo - la legge elettorale che aveva regolato quelle elezioni - e poi con le leggi fascistissime stava iniziando a mutare ed avrebbe con ancor più forza e prepotenza alterato facendosi dittatura. Tali valori e principi furono vissuti in prima persona da Matteotti anche a costo della vita stessa: valori e principi di libertà, democrazia, eguaglianza, moralità che lo stesso Mazzini, accomunato a Matteotti in questo provvedimento, con la sua vita e con il suo esempio ha saputo rappresentare fino in fondo. Ci occupiamo di lui restituendo piena operatività a quella Domus mazziniana che con il suo museo dedicato alla memoria di Mazzini ed il ricco centro documentario e archivistico svolge appieno la funzione di luogo di conservazione e diffusione della memoria; la Domus mazziniana in cui Mazzini, allora Casa della famiglia Rosselli, morì il 10 marzo 1872 sotto il falso nome di George Brown, negoziante italiano emigrato in Inghilterra, esule in un'Italia monarchica unita e libera, impaurita però per l'ostinata difesa dei valori repubblicani e democratici che la figura e l'azione dell'esule genovese portava ancora con sé.

Matteotti e Mazzini sono due figure della storia del nostro passato che parlano in modo forte e profondo al nostro presente, al presente delle nostre istituzioni e della nostra fragile democrazia, con la centralità dell'educazione laica e civile del pensiero mazziniano, con la rivendicazione del valore della difesa delle istituzioni democratiche di Matteotti, del ruolo insostituibile di un Parlamento liberamente eletto dai cittadini quale luogo di discussione e confronto democratico; con il richiamo ai diritti e ai doveri mazziniani e al valore della patria risorgimentale, luogo identitario della comunità nazionale contro i nazionalismi aggressivi dell'oggi. Entrambi sono stati protagonisti della nostra storia nazionale la cui eredità morale e politica è parte del nostro stesso testo costituzionale.

La Costituzione repubblicana è ispirata dalle idee del socialismo e dell'azionismo, erede proprio di quella Carta costituente della Repubblica romana del 1849, prima ed unica esperienza di governo diretto di Mazzini, il testo che, quasi cento anni prima della Repubblica italiana, proclamava nel suo articolo terzo che: “La Repubblica colle leggi e colle istituzioni promuove il miglioramento delle condizioni morali e materiali dei cittadini”, primo ed autentico riconoscimento di un principio di eguaglianza formale e sostanziale che cento anni dopo avrebbe ispirato i costituenti italiani. Ma c'è un altro elemento che ho richiamato all'inizio del mio intervento che il provvedimento contiene in sé: il valore della memoria e la memoria stessa. Rispetto alla memoria il nostro Paese purtroppo non ha un rapporto facile con la storia più o meno recente: solo pochi mesi fa proprio qui a Roma è stata distrutta una targa commemorativa dell'omicidio Matteotti e qui e altrove riemergono pericolosamente movimenti nazionalisti e neofascisti. Sembra quasi scolorirsi la memoria del nostro passato. Eppure la nostra democrazia e la democrazia in genere ha un bisogno profondo della memoria, della conoscenza di quello che è stato, di cosa si è compiuto per renderla possibile. La memoria rende più forte la coscienza nazionale, più consapevoli i valori democratici, più profondo il senso di appartenenza alle istituzioni. È questo che oggi vogliamo ricordare in quest'Aula. Lo facciamo approvando questo provvedimento e mi auguro che per tutti i colleghi, anche per coloro che esprimeranno il loro voto di astensione, questo possa rappresentare un passo, un piccolo passo per provare a costruire una memoria condivisa di questo Paese di cui c'è grande e autentico bisogno ed è proprio con questo auspicio che dichiaro il voto favorevole del Partito Democratico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Binetti. Ne ha facoltà.

PAOLA BINETTI. Nei pochi istanti che ci toccano come gruppo, volevo solo sottolineare il piacere che c'è stato nell'ascoltare le testimonianze sul valore della politica alta che hanno impersonato sia Mazzini sia Matteotti perché è stata una politica nella quale le idee sono andate di pari passo con la testimonianza concreta della loro vita. Forse l'auspicio che a livello di Parlamento mi auguro maggiormente è che ognuno di noi sappia ritrovare questo collegamento che non è più possibile recidere e che invece è proprio esattamente quanto ci chiedono i cittadini. È anche molto bello che la presente proposta di legge parli all'obbligo dello studio, della riflessione, dell'approfondimento in una cultura che spesso si ferma agli aspetti più emozionali. È chiaro che Matteotti ci emoziona ancora come ci emoziona la vita di Mazzini cioè la vita di chi paga di persona, fino in fondo, fino al prezzo finale della propria esistenza per testimoniare il valore delle idee in cui crede. Credo che contestualmente questo possa essere per noi un invito a ripensare una politica alta e per i più giovani ad immergersi nello studio di coloro che sono considerati a modo loro veramente il Pantheon di un pensiero democratico e di un pensiero in cui le virtù repubblicane occupano il primo posto.

(Coordinamento formale - A.C. 3844-A)

PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, la Presidenza si intende autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.

  (Così rimane stabilito).

(Votazione finale ed approvazione – A.C. 3844-A)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.

Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta di legge n. 3844-A: S. 1349 - "Iniziative per preservare la memoria di Giacomo Matteotti e di Giuseppe Mazzini" (Approvata dalla 7ª Commissione permanente del Senato).

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Applausi) (Vedi votazione n. 25). (Applausi).

Seguito della discussione delle mozioni Marcon ed altri n. 1-01589, Capezzone ed altri n. 1-01600, Caso ed altri n. 1-01601, Melilla ed altri n. 1-01602, Brunetta n. 1-01604, Guidesi ed altri n. 1-01609 e Rampelli ed altri n. 1-01626 concernenti la questione dell'inserimento del cosiddetto Fiscal compact nei Trattati europei, nonché le politiche economiche e di bilancio dell'Unione europea (ore 18).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Marcon ed altri n. 1-01589, Capezzone ed altri n. 1-01600, Caso ed altri n. 1-01601, Melilla ed altri n. 1-01602, Brunetta n. 1-01604, Guidesi ed altri n. 1-01609 e Rampelli ed altri n. 1-01626 concernenti la questione dell'inserimento del cosiddetto Fiscalcompact nei Trattati europei, nonché le politiche economiche e di bilancio dell'Unione europea (Vedi l'allegato A).

Avverto che, dopo la conclusione della discussione sulle linee generali, che ha avuto luogo nella seduta di martedì 18 aprile 2017, sono state presentate le mozioni Guidesi ed altri n. 1-01609 e Rampelli ed altri n. 1-01626, che sono già state iscritte all'ordine del giorno.

Avverto inoltre che è stata presentata la mozione Rosato, Tancredi, Dellai, Pisicchio, Parisi ed altri n. 1-01627 (Vedi l'allegato A); il relativo testo è in distribuzione.

(Intervento e parere del Governo)

PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sulle mozioni all'ordine del giorno.

ENRICO MORANDO, Vice Ministro dell'Economia e delle finanze. Grazie signora Presidente, la questione essenziale che accomuna tutte le risoluzioni che sono state presentate è quella che riguarda l'iscrizione o meno del cosiddetto Fiscal compact nell'ordinamento giuridico permanente dell'Unione, diciamo cioè l'integrazione del Fiscal compact nei trattati.

Poi, come è naturale, dato il carattere di questo argomento, le mozioni si diffondono su moltissimi altri temi, ma anche sulla base della discussione che si è svolta nella fase di illustrazione delle mozioni stesse, ritengo che le questioni sollevate dalle stesse possano essere concentrate attorno a questo tema.

Ora, andando all'essenziale, le ragioni del parere favorevole del Governo sulla risoluzione Rosato e per questo aspetto, per quello che riguarda cioè la richiesta di un impegno del Governo ad opporsi all'iscrizione nell'ordinamento giuridico dell'Unione del cosiddetto Fiscal compact, anche con riferimento alle altre mozioni, la posizione del Governo è favorevole all'accoglimento delle risoluzioni perché il Governo condivide la scelta di un contrasto all'iscrizione del Fiscal compact nell'ordinamento giuridico permanente dell'Unione sostanzialmente per tre ragioni, che vado ad illustrare rapidamente e poi implicitamente già mi sono pronunciato sulle risoluzioni.

La prima di queste ragioni è quella che riguarda il fatto che il Governo italiano ha posto - questo ma anche quello precedente e per la verità anche quelli ancora precedenti, ma con particolare forza i Governi di questa ultima fase - noi abbiamo posto da tempo il problema di un mutamento del metodo di calcolo del pareggio strutturale.

Abbiamo messo in evidenza quali siano le anomalie dell'attuale metodo, con riferimento in particolare alla cosiddetta disoccupazione strutturale, e abbiamo a più riprese proposto, nel corso di questi ultimi anni, di adottare una metodologia di calcolo del pareggio strutturale più vicina a quella adottata dal Fondo Monetario Internazionale e dall'OCSE che, come abbiamo più volte messo in evidenza, in particolare in occasione della discussione sul Documento di economia e finanza non solo di quest'anno, ma anche degli anni immediatamente precedenti, è una metodologia, quella del Fondo Monetario e quella dell'OCSE che, se adottata in Europa dall'Unione, affermerebbe come conseguenza che l'Italia ha già raggiunto o è comunque vicinissima al pareggio strutturale, cosa che non capita adottando il metodo di calcolo dell'Unione europea, con particolare riferimento ad un tasso di disoccupazione cosiddetto strutturale che è molto elevato e riflette le conseguenze di questa sua dimensione assolutamente abnorme sul calcolo del cosiddetto output gap.

Noi non abbiamo intenzione di consentire all'incorporazione del Fiscal compact nell'ordinamento europeo prima che sia intervenuto un accordo formalizzato su di un nuovo metodo di calcolo dell'indebitamento strutturale. Poiché questo accordo non è intervenuto, non siamo d'accordo sull'incorporazione del Fiscal compact nei trattati, come sbrigativamente un po' si dice.

La seconda ragione della nostra opposizione e quindi dell'accoglimento della mozione Rosato è che noi abbiamo da tempo chiarito ai nostri partners dell'Unione europea e dell'area dell'euro che, se alla modifica dei trattati si deve procedere - ed è chiaro che la scelta di incorporare il Fiscal compact nei trattati implica la riforma dei trattati per definizione - allora se questa riforma ci deve essere, allora questa riforma non può essere limitata a quella necessaria per incorporare il Fiscal compact nei trattati. Quindi intendiamo continuare ad insistere nel confronto con i nostri partners europei, con gli altri Governi dell'Unione e con gli organismi comunitari, per giungere sì ad interventi di riforma dei trattati, che siano articolati su tutti i temi che emergono all'attenzione dall'esperienza di questi anni, molto al di là di quello che non sia previsto dal Fiscal compact.

La terza ragione per la quale noi condividiamo la scelta di non incorporare il Fiscal compact nei trattati è quella che riguarda la particolare situazione nella quale versa l'Unione europea dopo la decisione assunta, prima attraverso il referendum e poi con decisione del Parlamento nazionale britannico, del Regno Unito di uscire dall'Unione. È del tutto è evidente che, poiché l'incorporazione del Fiscal compact nei trattati implica una riforma dei trattati che, se si tentasse di operare immediatamente questa incorporazione, implicherebbe una decisione dell'Unione europea compreso il Regno Unito, noi riteniamo che sia assolutamente improponibile un intervento di riforma dei trattati allo scopo di cui si occupano le risoluzioni, consentendo al Regno Unito di avere un enorme peso nella decisione, un Paese che, per decisione dei suoi cittadini prima e del Parlamento britannico poi, ha deciso di uscire dall'Unione.

Questa terza ragione, da sola, basterebbe ovviamente per non procedere ora, alla scadenza prevista per la verifica del Fiscal compact dall'articolo 16 del Fiscal compact stesso, all'integrazione del Fiscal compact nei trattati. Ma, per quello che riguarda l'orientamento del Governo, valgono anche le altre due.

Per quello che riguarda il concreto pronunciamento sulle mozioni, il Governo, quindi, accetta la mozione Rosato, Tancredi, Dellai, Pisicchio, Parisi ed altri n. 1-01627.

Il Governo sottolinea che la parte impegnativa della mozione, di cui, mi scuso, ho un vecchio e non ricordo…

PRESIDENTE. Sì, mi deve dare i pareri su tutte adesso.

ENRICO MORANDO, Vice Ministro dell'Economia e delle finanze. Sì, sì, adesso le do i pareri su tutte, perché dirò che su tutte le altre il parere è contrario.

PRESIDENTE. Va bene.

ENRICO MORANDO, Vice Ministro dell'Economia e delle finanze. Faccio una proposta, ai proponenti la mozione Melilla ed altri n. 1-01602 del gruppo Articolo 1, nel senso di chiedere loro - in funzione di un parere favorevole del Governo anche su quella mozione - di espungere dalla parte impegnativa del loro testo il punto 3), che riguarda l'impegno a far adottare dalla Germania una certa politica economica e fiscale. Ritengo che questo sia, per così dire, un po' al di fuori della portata degli impegni accettabili da parte del Governo italiano. Altra cosa è discutere in sede comunitaria, con gli altri Governi, circa la necessità che i Paesi in surplus adottino politiche fiscali espansive; un'altra cosa è accettare, come impegno praticabile da parte del Governo italiano, questa indicazione. Ma le altre due indicazioni, contenute in questa mozione, primo firmatario Melilla, sono dal Governo condivise. Sulla parte di premessa di questa mozione, il Governo ha diffuse riserve, ma in ogni caso, se venisse accolta la proposta di espungere il punto 3), il parere sarebbe favorevole, oltre che sulla mozione Rosato, anche sulla mozione che ha come primo firmatario Melilla.

Il parere è contrario su tutte le altre mozioni.

(Dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Capezzone. Ne ha facoltà.

DANIELE CAPEZZONE. Grazie, signora Presidente. Signor Vice Ministro, il Governo sa, nel consenso o quasi sempre nel dissenso, la serietà con la quale cerchiamo di ascoltare le tesi, che ci vengono proposte. Il Vice Ministro sa anche che, da questi banchi di questa opposizione di Direzione Italia, sono sempre venute delle proposte e, nel nostro piccolo, una visione, non degli slogan, non degli spot, ma il tentativo di inserire queste proposte in un'architettura complessiva. Una premessa e tre considerazioni.

La premessa. Da questi banchi, anche in diverse leggi di stabilità, rompendo dogmi, rompendo tabù per altri, dicevamo che anche il vincolo del 3 per cento poteva essere messo in discussione. Poteva essere messo in discussione, nella nostra visione, non però per regali o regalini elettorali occasionali (gli 80 euro) o regali elettorali futuri (redditi di cittadinanza), ma per una grande operazione, che avevamo chiamato e chiamiamo di shock fiscale, un grande taglio di tasse, accompagnato da un corrispondente taglio di spesa, nel tentativo di affrontare quello che è il vero problema italiano di competizione con gli altri Paesi: un total tax rate, una pressione fiscale e contributiva sulle nostre imprese, con un differenziale che è spaventoso rispetto agli altri Paesi e ci mette fuori competizione. Questa avrebbe dovuto essere e dovrebbe essere l'ossessione dei Governi italiani. Ahimè, non è stato così né per i Governi di centrodestra, né per i Governi di vecchio centrosinistra, né per i Governi tecnici, né per il Governo Renzi, né per il Governo Gentiloni.

Sulla base di questa premessa noi formuliamo tre proposte.

Numero uno, quella di cogliere l'occasione del grande negoziato, che ci sarà tra Londra e Bruxelles su Brexit, per una rinegoziazione complessiva dei ventisette Paesi europei. Anziché avere come portabandiera europeo uno Juncker - che si esprime in modo, devo dire, sgarbato e sgrammaticato nei confronti del popolo e degli elettori inglesi e non credo renda anche un buon servizio ai ventisette Paesi europei -, all'Europa converrebbe cogliere l'occasione di quel negoziato per ridiscutere le nostre regole e - seconda osservazione - per ridiscuterle nel senso della flessibilità. Lei lo sa, signor Viceministro, questa è la nostra ossessione: per ridiscuterle dicendo “no” a una prospettiva di omogeneizzazione fiscale e, semmai, valorizzando elementi di competizione fiscale. sicché i sistemi a tasse basse fungano da modello per quelli a tasse alte.

Terza osservazione, che riguarda, però, i nostri compiti a casa, e spiace che anche su questo il Governo ci dica “no” a una richiesta di impegno a una politica interna di riduzione di tasse, spesa e debito. Infatti, in discussione non è il principio del pareggio di bilancio. In discussione è il livello a cui realizzi il pareggio di bilancio. Se il pareggio di bilancio lo realizzi al 30 per cento di spesa e tasse, sei in una dimensione di Paese occidentale e di economia di mercato. Se il pareggio di bilancio lo realizzi al 52 per cento di spesa sul PIL e con il total tax rate che evocavo in apertura, sei in una situazione in cui sei fatalmente fuori competizione.

Continueremo da questi banchi - lo abbiamo fatto in modo critico qualunque fosse il Governo e con spirito collaborativo - a riproporre questa linea: in Italia meno tasse, meno spesa, meno debito; in Europa una linea di rinegoziazione complessiva, nel segno della competizione fiscale e non di una omogeneizzazione fiscale forzata (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Conservatori e Riformisti).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Rizzetto. Ne ha facoltà.

WALTER RIZZETTO. La ringrazio, Presidente. Buongiorno, Vice Ministro. Vice Ministro, era partito molto bene il suo intervento, nel senso che mi sembrava quasi alimentato da un fiato anti europeista. Solo che dopo si è chiuso male. Nel senso, Vice Ministro, che lei ha dato parere favorevole alla mozione del capogruppo, collega Ettore Rosato. Vado agli impegni di questo tipo di documento: “a sostenere in sede europea l'opposizione all'incorporazione del contenuto del Fiscal compact nell'ordinamento giuridico dell'Unione europea”.

La nostra proposta - vado a leggerle il primo impegno - era ed è: “ad attivarsi affinché non avvenga il recepimento del Fiscal compact all'interno dei trattati costitutivi dell'Unione europea”.

Quindi, se non simili nella forma e nella grammatica, sono piuttosto trasversali gli impegni. E, quindi, anche per un solo impegno, avremmo voluto e avremmo desiderato che in questo caso l'Esecutivo ci desse un po' più di considerazione ed un po' più di ragione alla fine.

Vice Ministro, Presidente, cerchiamo di spiegare rapidissimamente. Non che io sia un accademico in questo, ma cerchiamo di spiegare rapidissimamente qual è il vero cuore del cosiddetto Fiscal compact, che - lei sa perfettamente - risiede nell'articolo 3.1, che riguarda il famoso pareggio di bilancio, che afferma di fatto che la posizione di bilancio della pubblica amministrazione di una parte contraente deve essere in pareggio o in avanzo.

Allora, molto probabilmente, in questi anni, i cittadini - ma non per colpa loro - ignorano questo tipo di passaggio o non tutti lo conoscono. Ma i cittadini devono sicuramente sapere e conoscere il passaggio per cui, secondo il Fiscal compact, l'Italia si impegna a dimezzare in vent'anni lo stock del debito pubblico. Ovvero noi dobbiamo pagare, di circa 1.000 miliardi - anzi, più di 1.000 miliardi -, circa 50 miliardi di euro all'anno. In più aggiungiamoci gli interessi.

Ora, il Fiscal compact ci costa circa 80 miliardi all'anno. Ottanta miliardi all'anno potrebbe essere un costo paragonabile ad aver perso una guerra, Vice Ministro, esattamente la stessa guerra che Mario Monti dichiarò al popolo italiano in seno al suo pessimo Esecutivo: un salasso di dimensioni bibliche, in cui - ed ancora in questo momento - non c'è nessun contrappeso in termini di entrate, poiché sappiamo perfettamente che, come da lei ricordato, il problema del lavoro e della disoccupazione in Italia è strutturale e, in Italia, ci sono migliaia di aziende che cadono come mosche. Quindi, se e qualora non ci fosse una posizione decisa contro questa Europa, scordiamoci i termini: crescita e occupazione.

Addirittura, siamo stati così intelligenti da mettere il cosiddetto pareggio di bilancio in Costituzione: per renderlo fruibile ai più, pareggio di bilancio - lo rinnovo - significa di fatto che uno Stato non può più spendere per i propri cittadini più di quanto toglie loro in termini di tasse. I detrattori rispetto a questo assunto, a questa tesi, che può essere più o meno convincente, dicono che il pareggio di bilancio rende quasi automatica la riduzione del debito pubblico, ovvero, se ogni anno lo Stato non si indebita ulteriormente, da questo punto di vista, rispetto agli anni precedenti, di fatto, è sufficiente una modesta crescita - per i sostenitori di questi passaggi - per ridurre il debito. Ma, come prima detto, se queste sono le forche caudine sotto le quali noi dobbiamo passare, scordiamoci per i prossimi anni crescita e ripresa.

Quindi, se per qualcuno queste regole europee - pessime regole europee - sono regole d'oro, per quanto ci riguarda, per quanto mi riguarda, noi vediamo in queste regole europee un cappio al collo dei cittadini, che progressivamente, di giorno in giorno, di ora in ora, si stringe sempre di più in termini di cessione di sovranità e in termini di sottomissione a regole ferree disegnate, di fatto, solamente sul modello tedesco. Schiavi di questa Europa, schiavi probabilmente della regina di questa Europa, che si chiama Germania, con la sua Cancelliera. E tutto questo, tra l'altro, non in un periodo florido: in un periodo nel quale stiamo vivendo probabilmente la più grande crisi finanziaria ed economica degli ultimi anni.

Allora, io vorrei capire, qualche anno fa, dove stavano i nostri politici illuminati quando a lanciare degli allarmi contro questo modus operandi non fu l'ultimo arrivato, ma furono dei Premi Nobel: parlo di Kenneth Arrow, parlo di Peter Diamond, parlo di William Sharpe, che dicevano che inserire in Costituzione il cosiddetto pareggio di bilancio sarebbe stata una scelta improvvida, che avrebbe portato, di fatto, alla recessione.

Secondo non questi luminari - questi sì che, probabilmente, sapevano quello che stavamo dicendo in quel momento -, ma secondo gli altri luminari, che poco illuminati probabilmente erano in quel passaggio, in economia si doveva essere abbastanza intuitivi per capire che, in un periodo di crisi, di fatto di crisi, c'è una cosiddetta decrescita del gettito - entrano, evidentemente, meno soldi - e, dall'altra parte, sotto il profilo del welfare, sotto il profilo del lavoro, gli ammortizzatori sociali abbiamo visto che in questi anni non sono diminuiti, ma sono evidentemente cresciuti, e questo - lei mi insegna - fa aumentare il deficit pubblico.

Quindi, ripeto, noi avremmo dovuto probabilmente prendere una posizione sicuramente più forte, non soltanto oggi, ma già prima rispetto a questo tipo di passaggio. Io penso che in Europa si potrebbe dire che, di fatto, si è diffuso un cosiddetto fondamentalismo di bilancio e si sta perseguendo una cieca dottrina in termini di austerità. Quante volte, Viceministro, abbiamo ascoltato anche Presidenti della Repubblica, qui in Italia, che, in un sussulto di dignità, hanno detto: basta con questo passaggio in termini di austerità. Ma ci siamo ancora dentro questa austerità, non siamo riusciti a toglierci quel cappio al collo di cui di cui parlavo prima.

Diciamo che per i Paesi come l'Italia, politicamente, tra l'altro, piuttosto instabili, non soltanto queste politiche europee, in primis, il cui strumento principe di decapitazione è il Fiscal compact, aumentano recessione, ma aumenta notevolmente, quasi come fosse un parallelo, quasi come fosse un sillogismo rispetto a tutto quanto detto, la disoccupazione: 36 per cento di disoccupazione giovanile, 11,5 per cento di disoccupazione globale. Non possiamo permettercelo.

Allora, io mi rivolgo al Governo, all'Esecutivo, sulla base anche di quello che affermano i Trattati. Ricordiamo una cosa: ricordiamo - e non lo diciamo noi che siamo un'opposizione, lo dice l'illustre giurista, professor Guarino - che il Fiscal compact è illegittimo, perché, di fatto, è in contrasto con tutti i Trattati fondanti dell'Unione europea, laddove esattamente c'è scritto che l'Italia - e lo dico in modo più o meno demagogico - è ancora uno Stato sovrano. E gli impegni di questa mozione andavano proprio in questo senso: riconoscere, Presidente, all'Italia le fattezze di uno Stato sovrano, che va in Europa non schiavo della grande Germania, ma alzando la testa per poter dire qualcosa in più rispetto a quello che, negli ultimi anni, abbiamo detto.

Così non si è fatto e così, Presidente - e vado a concludere -, abbiamo castrato tutte le aspettative dei lavoratori, dei disoccupati, dei pensionati, delle forze dell'ordine, di coloro che avrebbero voluto utilizzare parte di questi oltre 2 miliardi di debito in modo eccellente e, invece, probabilmente, lo stesso debito si è utilizzato per fare delle porcherie in Italia e non per far crescere le aziende, non per aiutare gli ospedali, non per costruire scuole.

Allora, guardiamoci allo specchio, Viceministro: riguardiamo quello che c'è scritto in queste mozioni e cerchiamo di dare soddisfazione anche a coloro che, molto spesso, sono considerati populisti, ma, se per populisti significa stare dalla parte del popolo - concetto trito e ritrito, ma voglio risottolinearlo in quest'Aula -, allora noi stiamo dalla parte del popolo, dalla parte di coloro che - e lo dico per la terza volta in quest'Aula - hanno il cappio al collo sempre più stretto, ora dopo ora in questa Europa che non ci piace.

PRESIDENTE. Concluda.

WALTER RIZZETTO. Quindi, per quanto ci riguarda - e chiudo, Presidente -, noi daremo voto favorevole a tutte le proposte che arriveranno a dire e che diranno, di fatto, essendoci scritto in queste mozioni, che il Fiscal compact deve sparire una volta per tutte dai nostri radar.

ENRICO MORANDO, Vice Ministro dell'Economia e delle finanze. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Voleva cambiare un parere, mi pare, vero? Allora, facciamolo subito.

ENRICO MORANDO, Vice Ministro dell'Economia e delle finanze. No, il parere non volevo cambiarlo, però volevo proporre in omaggio all'osservazione che ho fatto sulla mozione che ha come primo firmatario Melilla, una soluzione diversa da quella proposta dalla mozione; qualora venisse accolta, allora il parere potrebbe essere favorevole.

Propongo di sostituire il punto 3, quello nel quale c'era un impegno al Governo per far cambiare l'orientamento di politica fiscale del Governo tedesco - cosa che a me, personalmente, piacerebbe, ma diciamo che non credo sia un impegno assumibile dal Governo -, con questa frase: “ad adottare le iniziative opportune presso le competenti sedi europee, affinché sia garantito il rispetto della regola” - perché anche questa, effettivamente, è una regola - “che fissa al 6 per cento il surplus commerciale massimo consentito ad ogni Paese”. Se i proponenti accettassero questa riformulazione del punto 3, il parere potrebbe essere favorevole.

PRESIDENTE. Va bene. Il proponente ha già detto che accetta. La ringrazio.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Zanetti. Ne ha facoltà.

ENRICO ZANETTI. Grazie, Presidente. Il Fiscal compact è stata una risposta ad una situazione di progressivo e veloce deterioramento della situazione economica e dei conti di molti Paesi; una risposta che poteva avere una sua efficacia, anche prospettica, nella misura in cui fosse stata accompagnata da un'altrettanta pervasività sul piano regolamentare, normativo e dei trattati, in ordine agli aspetti opposti a quelli che sono i vincoli, e cioè le opportunità che derivano dall'essere tutti soci di una casa comune, piuttosto che tutti padroni della propria piccola singola abitazione, e quindi gli aspetti di solidarietà, gli aspetti di mutualità, gli aspetti di opportunità, la concentrazione sulla crescita, con riguardo a quei Paesi all'interno dell'area euro che crescono sotto la media europea e per i quali è necessario prevedere forme di aiuto, piuttosto che, indipendentemente da questo fattore, forme di vincolo e di contenimento.

Purtroppo, questa accelerazione di integrazione sotto forma di vincoli non ha visto negli anni successivi adeguati avanzamenti sul fronte della mutualizzazione dei rischi e della solidarietà tra i Paesi e, conseguentemente, della concentrazione sugli aspetti veri della crescita e dell'occupazione.

È, quindi, fondamentale, oggi, evitare un impianto, che poteva essere un primo passo in una costruzione europea sempre più forte, ma che è divenuto invece qualcosa di avulso nell'eterno rinvio delle giuste cessioni di sovranità nel senso non del vincolo ma della solidarietà. È giusto che oggi venga fermato e non semplicemente modificato o, ancora, integrato con altre clausole di flessibilità, che, andando a innestarsi su un impianto eccessivamente rigido, producono più confusione e disorientamento anche in termini di percezione di quella che è la dialettica tra i diversi livelli istituzionali nazionali ed europei, piuttosto che, invece, una efficace mitigazione di quell'impianto rigido di partenza.

Va ripensato integralmente e da questo punto di vista noi riteniamo che - ed è per questo che la abbiamo, a nostra volta, sottoscritta - la mozione a prima firma Rosato ponga nel modo corretto questi temi, consenta di evitare che la risposta che è stata data in anni passati continui a venir percepita dai cittadini come una risposta di paura, perché sono stati gli stessi Governi, nell'istante in cui hanno infittito i vincoli ma non hanno al pari accresciuto le forme di mutualizzazione dei rischi e di solidarietà, a trasmettere nei cittadini quell'approccio di paura che oggi, dobbiamo dire con franchezza, è stato anche il loro.

Un impianto, quindi, basato sulla paura va smantellato, per costruire naturalmente un equilibrio maggiore, tra vincoli e solidarietà, che continui certamente a mantenere al centro il realismo, che continui a mantenere al centro la necessità di non poter pensare che la crescita possa essere interamente costruita sul debito, sul deficit, perché questo sarebbe veramente suicida, ma che, certamente, in contesti soprattutto di difficoltà economica e, ribadisco, in contesti dove ci sono Paesi che crescono più della media europea e Paesi che crescono meno, sia costruita per favorire la crescita laddove ce n'è meno e soltanto poi chiedere la giusta restituzione in termini di maggiore propensione ai tagli di spesa, di maggiore propensione al contenimento del deficit, alla riduzione del debito, a quei Paesi che, proprio grazie a un approccio davvero condiviso sul fronte della mutualizzazione dei rischi, hanno potuto veder crescere la loro capacità, appunto, di crescita rispetto alla media europea.

Così come giustissimo è porre in modo forte, fortissimo, il tema dei parametri legati al cosiddetto output gap, e quindi la crescita potenziale, cosa che l'Italia ha fatto e ha fatto con forza anche con il Governo precedente, ottenendo anche sul rinvio di questo nodo ampi margini di manovra di bilancio, che invero, a nostro avviso, avrebbero dovuto essere mantenuti come linea politica anche in questa fase, proprio perché di manovrine correttive è giusto parlare nell'istante in cui si va a 360 gradi a correggere anche le altre regole, sulle quali invece si evita in sede europea di andare finalmente a chiudere la discussione.

Daremo, pertanto, il nostro voto favorevole alla mozione Rosato ed altri, cui abbiamo aggiunto le nostre firme, ci conformeremo al parere del Governo sulle altre mozioni.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Giulio Marcon. Ne ha facoltà.

GIULIO MARCON. Grazie, signora Presidente. Intanto vorrei dire questo: nel parere che ha dato il Vice ministro ci sono molti elementi di ambiguità e io penso anche di ipocrisia politica, perché quando si dà il parere favorevole a una sola mozione, di fatto, con l'aggiunta di quella di Articolo 1-MDP e si nega il parere favorevole a mozioni che contengono principi e obiettivi simili, si fa un gesto di strumentalità politica e si evita di affrontare il merito. E questo da una persona seria come Il Vice ministro Morando non me lo sarei aspettato.

Poi vorrei dire questo: il Partito Democratico dovrebbe sapere cosa fa la mano sinistra quando lavora con la mano destra, perché il 16 febbraio di quest'anno, i deputati del PD a Strasburgo hanno votato una risoluzione, paragrafo 22, che leggo testualmente: “Il Parlamento europeo chiede l'integrazione del Fiscal compact nel quadro giuridico dell'Unione europea e nel diritto dell'Unione Europea”, quindi a Bruxelles i deputati del PD votano l'integrazione del Fiscal compact nei trattati, mentre qui l'orientamento è diverso, quindi parlatevi e cercate di trovare una sintesi.

Poi vorrei dire un'altra cosa, signor Viceministro: quando lei ha dato il parere favorevole non ha fatto riferimento ai principi, come posso dire, fondanti del Fiscal compact, non ha parlato di rimettere in discussione il principio del 3 per cento, del rapporto deficit-PIL, non ha parlato del principio della riduzione del 60 per cento dello stock di debito con politiche ovviamente molto pesanti, come è stato in questi anni, non ha parlato della necessità di rimettere in discussione i cosiddetti principi di convergenza delle politiche di bilancio; sostanzialmente ha detto: va rivisto il Fiscal compact perché ci sono problemi di metodo di calcolo sul prodotto e sulla disoccupazione strutturale, c'è la Brexit, però non ha citato i punti principali che riguardano il giudizio negativo che diamo sul Fiscal compact e sulle politiche che sono state ispirate dal Fiscal compact.

Vorrei, intanto, anche ricordare che, quando noi di Sinistra Italiana abbiamo presentato in quest'Aula emendamenti, per esempio in particolare sulla riforma costituzionale, in cui chiedevamo di modificare l'articolo 81 - sappiamo che lì c'è un principio architrave del Fiscal compact, il pareggio di bilancio - i deputati del PD hanno votato contro, quindi a testimonianza che anche la mozione che è stata depositata oggi, a prima firma Rosato, è piena di ambiguità, piena di punti opachi e anch'essa non prevede una discussione di quei punti fondamentali che, insomma, sono alla base del Fiscal compact.

Quindi, io vorrei dire questo: l'obiettivo che noi ci proponevamo e ci proponiamo con questa mozione è di avviare un'inversione di rotta radicale, cosa che, nella mozione della maggioranza e del giudizio che dà il Governo su quella mozione, non si vede. Noi abbiamo detto che andava, in qualche modo, rimesso in discussione il corpo dei principi contenuti nel Fiscal compact, come prima ricordavo. E vorrei dire che non c'è solo il problema della convergenza delle politiche di bilancio, ma c'è il problema della convergenza delle politiche fiscali, economiche, sociali, del lavoro, del welfare, problema che non si è mai posto e che non è posto in queste mozioni, così come non si è mai posto il problema della convergenza delle bilance commerciali, come si sa bene.

L'Europa dice a noi che dobbiamo fare delle riforme strutturali, ma siamo noi che dovremmo dire all'Europa di fare la sua riforma strutturale, quella più importante, ovvero un processo che porti non solo alla democratizzazione delle sue istituzioni, ma a politiche diverse da quelle che sono state fatte fino ad oggi. I trattati come il Fiscal compact non hanno reso più coesa l'Europa, ma l'hanno disunita, non hanno superato gli squilibri regionali, ma li hanno acuiti, non hanno reso più efficienti le istituzioni europee, ma le hanno delegittimate agli occhi dei popoli europei, hanno depresso le economie, non le hanno rilanciate, non hanno funzionato, non funzionano e non funzioneranno.

Vede, signor Viceministro, le politiche europee guidate dal Fiscal compact hanno messo in ginocchio alcuni Paesi, hanno fatto crescere le diseguaglianze e la povertà, hanno indebolito la domanda interna, non hanno funzionato non funzionano e non funzioneranno. Vede, signor Vice Ministro, le politiche europee guidate dal Fiscal compact hanno messo in ginocchio alcuni Paesi, hanno fatto crescere le diseguaglianze e la povertà, hanno indebolito la domanda interna, alimentando una politica restrittiva, invece di sposare una prospettiva espansiva e di rilancio degli investimenti. Allora, il Fiscal compact andrebbe radicalmente riscritto, radicalmente, in caso contrario ne andrebbe sospesa la sua applicazione.

Vorrei ricordare che il piccolo Portogallo del sobrio e modesto Antonio Costa è stato molto più coraggioso del Rodomonte Matteo Renzi, Francia e Spagna hanno sforato il rapporto deficit-PIL di 1o 2 punti, mentre l'Italia di Renzi e Gentiloni si è spaventata per un paio di decimali. Quindi, noi diciamo che andrebbe tolto il pareggio di bilancio, andrebbe riconsiderato il rapporto deficit-PIL, escludendo le spese per investimenti, lavoro e welfare. Quindi, se siete d'accordo con Renzi che vuole ribellarsi al Fiscal compact, votate con noi nei prossimi mesi la legge per togliere il pareggio di bilancio dall'articolo 81 della Costituzione. Naturalmente, nel contesto di politiche diverse, serve meno politica dell'offerta e più politica della domanda, più investimenti pubblici e meno sgravi fiscali alle imprese, più Workers Act e meno Jobs Act. Quindi, bisogna radicalmente rivedere il funzionamento dell'unione monetaria, il funzionamento della BCE, il funzionamento dell'eurogruppo e delle altre istituzioni.

Senza la riscrittura e la revisione del Fiscal compact, noi chiediamo al Governo la sospensione della sua applicazione, chiediamo la sospensione, non l'opposizione in sede europea e poi vediamo che cosa succede. Chiediamo che ci sia un gesto unilaterale del nostro Governo e, quindi, questo è il momento di cambiare direzione, rivoltare le politiche di austerità, capovolgere le politiche pubbliche, ridare, così, speranza all'Europa e rimetterla sulla carreggiata di una nuova prospettiva. Questo è il modo migliore per difendere l'Europa, però servono gesti più coraggiosi; noi riteniamo che il parere dato dal Governo alla mozione di maggioranza non vada in questa direzione, ci mantenga nell'ambiguità, ci mantenga nel quadro di scelte, di direzioni della politica economica che il Governo ha promosso in questi anni e che si mantengono in un grande tasso di ambiguità e di ipocrisia.

Ecco perché noi chiediamo di votare la nostra mozione; voteremo contro la mozione del Partito Democratico e valuteremo sugli altri aspetti le mozioni che sono state depositate dagli altri gruppi politici (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Guido Guidesi. Ne ha facoltà.

GUIDO GUIDESI. Grazie, Presidente. Noi, oggi, per l'ennesima volta tentiamo, attraverso gli strumenti parlamentari che abbiamo, in questo ringrazio il collega Marcon, sostanzialmente, di fare un dibattito su un pezzetto dei problemi che abbiamo con l'Unione europea; parliamo del Fiscal compact e, orgogliosamente, oggi, noi rivendichiamo il fatto che quel giorno il nostro movimento fu l'unico a votare contro.

Oggi, c'è grande attenzione rispetto a questa situazione, un'attenzione che, però, vive un po' nell'ambiguità della maggioranza, un'ambiguità che è tra sogno o realtà, tra quella visione di una Europa romantica e tra la realtà, rispetto, invece, alle questioni che sono in scadenza. Oggi, la domanda è: questo Paese è in grado di rispettare quel trattato, gli obiettivi e i vincoli di quel trattato? La risposta è: no. Ed è ovvio che sia così e noi su questa risposta negativa dovremmo affrontare il dibattito, non sulle singole intenzioni, ma sullo stato della realtà, sullo stato dell'arte, cioè che questo Paese non sarà mai in grado di rispettare quegli obiettivi. Credo che di questo siamo assolutamente consci tutti; allora c'è l'ambiguità di una discussione di chi vede l'Europa come un grande spazio comunitario, come tutto quello che ci si racconta sempre, ma, nella realtà, vi è la difficoltà di non raggiungere gli obiettivi che avete sostenuto a suo tempo.

E poi c'è la questione della credibilità; è vero, non è credibile che gli investimenti e la crescita o l'aiuto alla crescita si possano attuare facendo deficit e facendo debito pubblico.

Ma, perché, adesso cosa sta succedendo? Noi continuiamo a chiedere spazi di flessibilità e fa parte della credibilità anche come si utilizza quella flessibilità. Per esempio, rispetto alla mozione del collega Marcon, noi siamo assolutamente in disaccordo rispetto alla questione dei migranti; noi diciamo una cosa completamente diversa da quella che dicono loro, però l'Italia ha utilizzato quella flessibilità per fare questa roba, che per noi è il business dell'accoglienza; e, allo stesso modo, quando parliamo e si parla di riforme, la credibilità non è solo nel farle le riforme, ma è anche il risultato di quelle riforme e, probabilmente, in questo, soprattutto, negli ultimi anni, soprattutto nei tre ultimi Governi che si sono succeduti, c'è stato un grandissimo errore, dal punto di vista del metodo utilizzato per fare le riforme, perché le riforme vanno fatte, ma vanno fatte delle buone riforme, perché ci sono anche riforme, come quelle che avete fatto voi, che peggiorano le situazioni.

E poi il risultato, dal punto di vista economico, è che c'è disuguaglianza tra Paesi all'interno dell'Unione europea, tra cittadini all'interno dell'Unione Europea, tra cittadini dello stesso Stato, ma, soprattutto, c'è un aumento incredibile della povertà e c'è una mancanza di lavoro incredibile.

Allora, noi possiamo continuare a tentare, attraverso le regole e le opportunità che ci offre il Regolamento parlamentare di fare discussioni a step, come quella che stiamo facendo oggi, ma questo Parlamento - ed è l'invito che continuiamo a rivolgere - dovrebbe fare una seria e sana discussione e un dibattito concreto rispetto allo stato dell'arte dell'Unione europea e alla situazione in cui si trova l'Italia all'interno dell'Unione europea (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Tancredi. Ne ha facoltà. Deputato Tancredi, si affretti, è il suo turno. Prego, deve fare le scale, eccolo, ci siamo.

PAOLO TANCREDI. Grazie, Presidente. Non rinuncio, ma sarò breve e non utilizzerò tutto il tempo che mi è concesso. Intanto, per annunciare che il nostro gruppo voterà la mozione a prima firma Rosato e firmata anche da noi e tutte le mozioni, comunque, che avranno il parere favorevole del Governo. Il Fiscal compact, nella narrazione di questi anni… potrei avere un bicchier d'acqua, per favore.

PRESIDENTE. Sì, con calma, con calma, per carità, che già abbiamo avuto dei precedenti, in quest'Aula.

PAOLO TANCREDI. Non si preoccupi.

PRESIDENTE. La prego, non si affretti, faccia con calma, tanto il suo intervento è più breve del previsto.

PAOLO TANCREDI. Condividiamo, quindi - e ci rimettiamo alla mozione di maggioranza -, tutte quelle misure e tutte le azioni che dovrà fare il Governo italiano in sede dell'Unione per arrivare a questo appuntamento della revisione del Fiscal compact, così come pensiamo sia impossibile non prevedere che il Fiscal compact non entri all'interno dei trattati, seppur corretto. Da questo punto di vista, però, è bene anche fare alcune precisazioni. Il Governo Renzi, il Governo precedente è stato protagonista di una stagione di negoziato importante con l'Europa che ha portato alla revisione di importanti parametri, certo, forse, piccoli, al discorso della flessibilità, ebbene, quel Governo, nel momento in cui portava avanti questo forte negoziato ha rispettato i parametri legati agli impegni che il Governo italiano aveva preso anche nella firma di quel regolamento, del Fiscalcompact, del six-pack e via dicendo. Gli obiettivi di medio termine, seppur - come si dice nella mozione - evidentemente prociclici, in un momento in cui la crisi era già matura, noi li abbiamo comunque corretti, ma seguendo le procedure previste all'interno dei trattati e dei regolamenti.

In questo contesto, lo Stato italiano ha fatto in questi anni una correzione fiscale importantissima sull'indebitamento netto, che sfiora i quattro, cinque punti di correzione, ma da questo punto di vista, devo dire, però, che quel negoziato, da parte di quel Governo, non ha avuto il favore - come mi sarei aspettato - di tutta l'opinione pubblica nel dibattito pubblico italiano e anche di questo Parlamento. Infatti, se da una parte venivamo sempre rimproverati per il rigore, da un'altra parte non siano stati incoraggiati nel negoziato che abbiamo fatto con l'Europa.

Per concludere, credo che noi abbiamo delle priorità: non possiamo mettere in discussione il Fiscalcompact nella sua applicazione generale. Credo che qualcosa si debba fare, per esempio molto sulla spesa degli investimenti: abbiamo quasi dimezzato, in questi dieci anni, la spesa per investimenti della pubblica amministrazione. C'è il Piano Juncker, che è insufficiente, da questo punto di vista. Allora, sul regime del saldo dell'indebitamento netto, credo che una considerazione sugli investimenti è bene che, nella revisione del Fiscalcompact, venga fatta, perché, ripeto, condividendo tutto il portato della mozione di maggioranza, non sono d'accordo se l'Italia porterà richieste per aumentare la spesa corrente. Da questo punto di vista, non siamo credibili in Europa: abbiamo un indebitamento forte.

E anche tutte le misure che dovrebbero portarci a una condivisione dei rischi - mi riferisco, per esempio, al completamento dell'unione bancaria, col terzo pilastro, che è il sistema di tutela dei depositi - sollevano dei dubbi e delle paure da parte dei nostri partner del nord Europa - i tedeschi tipicamente - che non possiamo ignorare, non possiamo mettere da parte. Siamo un Paese fortemente indebitato, che naturalmente ha fatto uno sforzo all'interno delle regole europee.

Oggi abbiamo una grande necessità di finanziare la crescita, di cercare di rifinanziare la crescita e di ridurre il gap che abbiamo con altre economie importanti dell'area euro. Probabilmente, se avessimo anche qualche decimale in più di crescita, avremmo anche più respiro sulla caduta del debito pubblico, che è la nostra priorità. Credo che lo spazio lo dobbiamo chiedere dove lo spazio serve a questo obiettivo, cioè soprattutto sugli investimenti produttivi.

Concludo ribadendo il voto favorevole del nostro gruppo alla mozione di maggioranza.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Gianni Melilla. Ne ha facoltà.

GIANNI MELILLA. Signora Presidente, nel dibattito generale sulla mozione abbiamo avuto modo di sviluppare le nostre convinzioni su questo importante tema, quindi mi limiterò in questo intervento innanzitutto a manifestare il mio apprezzamento per l'analisi che ci ha fornito il Viceministro Morando e per la scelta di non procedere all'incorporamento del Fiscalcompact nei Trattati europei, come Italia, e sostenere appunto una opposizione abbastanza coraggiosa e condivisibile. Naturalmente, ci aspettiamo poi una coerenza dei comportamenti rispetto a tutto ciò che caratterizza la scelta del nostro Governo nell'ambito europeo.

Abbiamo anche apprezzato una scelta fatta recentemente, qualche giorno fa, dai Ministri dell'economia di Italia, Francia, Spagna e Portogallo: una lettera importante che è stata mandata alla Commissione europea - che forse non ha avuto l'importanza dovuta sugli organi di stampa - in cui si chiede con forza di rivedere il metodo di calcolo del deficit strutturale, quindi dei bilanci.

È una scelta importante, che vede Paesi che sono fondamentali per l'integrazione europea. Noi non siamo affetti da cretinismo parlamentare, come chiamavano sia Marx che Engels quelle parti politiche affette da una certa infermità: quella di considerare quello che si fa all'interno di un palazzo, all'interno di un Parlamento, come fondamentale rispetto ai destini del mondo. Noi non stiamo discutendo in questo caso del destino dell'Europa, stiamo discutendo di una questione molto importante che ha a che fare con il destino dell'Europa, che è appunto il Fiscalcompact. Ma questo non mette assolutamente in discussione, quando noi critichiamo il Fiscalcompact, il pareggio di bilancio, quello che si è fatto con la modifica dell'articolo 81 della Costituzione, e non modifica nel modo più assoluto la nostra vocazione europeista. Per noi l'Europa non è una scelta romantica, per noi l'Europa è una scelta politica, è una scelta culturale, è una scelta economica, ed è una scelta irreversibile! Per questo siamo animati da grande passione, quando vediamo che ci si appresta, magari in modo sbagliato, a voler assolutamente codificare nei trattati europei, quindi nell'ordinamento giuridico europeo, una normativa che è basata su un calcolo del pareggio di bilancio che assolutamente non ci soddisfa. Del resto, lo diceva anche il Viceministro Morando, siamo in buona compagnia, tra l'altro in una compagnia assolutamente non sospetta, perché lo stesso Fondo monetario internazionale e l'OCSE hanno dei rilievi per quanto riguarda questo metodo di calcolo adoperato dalla Commissione europea. Quindi, prima di discutere di un incorporamento definitivo del Fiscalcompact nell'ordinamento giuridico europeo, dobbiamo prima stabilire un nuovo calcolo per il pareggio di bilancio; ovviamente un nuovo calcolo condiviso non solo a livello europeo, ma con il Fondo monetario internazionale e con l'OCSE.

Secondo: la riforma dei trattati deve avvenire in un contesto complessivo: non è che si può discutere solo del Fiscalcompact, dobbiamo discutere di tante altre cose che vanno a modificare l'ordinamento giuridico europeo in senso complessivo. Poi, siamo purtroppo in un momento di sfasamento temporale, perché, come si è detto giustamente, non è possibile che facciamo partecipare alla ridefinizione dei trattati europei una nazione, una grande nazione, come il Regno Unito, che invece ha fatto la scelta di uscire dall'Unione europea.

Per questo motivo, essendo il tema di oggi non l'Europa nel senso più generale, ma questo tema specifico del Fiscalcompact nell'ordinamento giuridico europeo, noi voteremo anche la mozione del Partito Democratico, che appunto assume questo impegno per noi dirimente, importante, e naturalmente apprezziamo il fatto che sia stata raccolta la nostra mozione. Voteremo anche la mozione di Sinistra Italiana, che ci sembra raccolga questa stessa esigenza, che era la base della nostra mozione, mentre non appoggeremo altre mozioni, non tanto perché su questo punto possono avere una posizione analoga alla nostra, ma perché hanno caratterizzato e caratterizzano la loro battaglia in senso antieuropeo, e noi non siamo d'accordo. Le critiche all'Unione Europea non possono mai mettere in discussione la scelta europeista del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Alberto Giorgetti. Ne ha facoltà.

ALBERTO GIORGETTI. Grazie, Presidente. Il gruppo di Forza Italia ha presentato la mozione Brunetta n. 1-01604 riguardante la vicenda del Fiscal compact nella quale chiede di poter tornare all'impianto originale del Trattato di Maastricht e di intervenire, attraverso strumenti legislativi, mediante i quali poter lavorare per smontare una situazione generale che noi evidentemente vogliamo ribadire come una situazione grave che penalizza oggi il nostro Paese e che sostanzialmente ha determinato un sistema complessivo di vincoli che oggi mette un freno grave allo sviluppo dell'Italia; mette un freno grave anche alla prospettiva di risanamento dei conti pubblici e soprattutto pone un problema, come ricordava prima l'onorevole Melilla - rassicurandolo sul fatto che nessuno di noi ha intenzione di mettere in discussione l'Europa, non certamente il nostro gruppo - di fatto della disaffezione da parte dei cittadini nei confronti dell'Unione europea, determinata prioritariamente dalle vicende che caratterizzano i nostri cicli economici che dimostrano che tali vincoli sono insensati e irrazionali, con velocità diverse.

È evidente e sotto gli occhi di tutti che la recente campagna elettorale che abbiamo vissuto in Francia dimostra che uno dei temi fondamentali è proprio utilizzare le leve fiscali, in particolar modo da parte del nuovo Presidente, per cercare di risvegliare uno sviluppo che in Francia viene considerato debole e la prospettiva lanciata dal Presidente francese è di ridurre la tassazione sulle aziende, ridurre la tassazione sui soggetti e sulle persone fisiche, avviare una fase di ridiscussione per quanto riguarda la tassa sulle successioni, porre un limite massimo di tassazione al patrimonio: sembra un dibattito quasi italiano. È un caso? No, non è un caso. Evidentemente oggi nei vincoli europei, negli ultimi Trattati sostenuti anche da noi, ci sono limiti che dimostrano come questo tipo di vincoli ha sostanzialmente bloccato lo sviluppo, privilegiando il rigore rispetto alla crescita.

Questi due temi sono evidentemente centrali, cari colleghi. Il Fiscal compact, come gli interventi che hanno caratterizzato la fase straordinaria della crisi che ha coinvolto l'Europa insieme ad altri Paesi, è stato gestito con regole che avrebbero dovuto sortire effetti diversi. Purtroppo così non è. Noi abbiamo un'aspettativa nei confronti del Governo perché in qualche modo imprima una svolta nei confronti del Paese con una politica e con una presenza a livello europeo che rimette in discussione tali principi. Li rimette in discussione non tanto sotto l'aspetto propagandistico che abbiamo vissuto troppe volte in questi anni: lo stesso Renzi ha ripreso questo argomento cercando ora di scimmiottare altri leader che sono risultati vincenti ma noi abbiamo una campagna elettorale di fronte e siamo preoccupati di arrivare con una condizione dei conti pubblici e dell'economia italiana fortemente indebolita. Quindi l'obiettivo è cercare di rimettere in moto le dinamiche che consentono un superamento di tali vincoli, lavorando su quelli che possono essere fattori di interesse e di valore del nostro Paese.

È evidente che se noi paghiamo più di altri Paesi il Fiscal compact, uno degli elementi fondamentali è il tema del debito. Noi avevamo aperto nel nostro Governo un filone di lavoro che consentiva di poter valutare il sistema economico italiano e quindi complessivamente il valore del Paese, la solvibilità del Paese in sede europea non solo per ciò che riguardava il debito pubblico che si era accumulato ma anche sulla base dei valori delle famiglie, del patrimonio privato, un elemento che, consolidato con il debito pubblico, consentiva all'Italia di stare al secondo o al terzo posto in base ai dati degli ultimi anni sulla crescita del prodotto interno lordo in campo europeo, dimostrando di avere una capacità di tenuta e quindi margini su cui poter utilizzare le risorse pubbliche più ampi di quelli di oggi.

È evidente che per fare un intervento forte di riduzione della pressione fiscale, oltre ad avere buone idee e soprattutto scegliere gli strumenti giusti, bisogna avere una capacità di copertura importante, bisogna avere una capacità da parte dello Stato di potersi muovere in numeri che non stringano troppo i cordoni della borsa. È evidente quindi che il tema del debito è fondamentale: non possiamo porci il problema di dover ridurre il debito senza avere strumenti idonei, senza avere la possibilità di utilizzare anche forme che consentano la crescita, interventi di carattere fiscale che siano incentivanti per la crescita, e sostanzialmente varare un pacchetto di norme che consenta di poter gestire progressivamente secondo tappe meno forzate, rispetto a quelle che ricordava giustamente l'onorevole Rizzetto, e determinando comunque un effetto leva sugli investimenti e sulla crescita delle aziende e una capacità di ripresa della spesa delle famiglie, che oggi purtroppo non si intravede. Noi abbiamo apprezzato la battuta del Viceministro Morando, quando dice che nei confronti del Fiscalcompact ci siamo mossi, con Governi anche di segno politico diverso, cercando di ottenere spazi di manovra maggiore. È altrettanto evidente oggi l'onere per poter lavorare e guadagnare questi spazi, rimettendo in discussione evidentemente la validità giuridica di questi trattati, il fatto che possano essere o meno inseriti nella legislazione europea - noi siamo assolutamente contrari, ovviamente, alla pari del Governo e della maggioranza -, il fatto che si portino fattori tipici del nostro territorio, della nostra storia economica, della nostra storia creditizia alla valutazione dell'Europa, che non può pensare di immaginare un percorso di crescita gestito dalla Germania dal punto di vista della finanza e dal punto di vista dei limiti. È evidente che noi dobbiamo valorizzare le nostre specificità, e su questi argomenti, colleghi, noi continuiamo a tornare, in realtà: stiamo parlando di quei limiti europei che sono gli stessi che ci porteranno nelle prossime ore ad avere una discussione molto pesante sulla manovra che è stata appena varata, che discuteremo in Commissione bilancio e poi in quest'Aula, e che, a nostro modo di vedere, è frutto di dinamiche che sono sostanzialmente legate, in parte, a un Governo che non riesce a individuare soluzioni di manutenzione del bilancio dello Stato che siano credibili, perché purtroppo non funzionano - avevamo detto che con lo 0,2 non avrebbe funzionato, purtroppo è accaduto così -, nello stesso tempo notiamo che vengono recuperate forme di copertura che negli anni scorsi, prima dell'inizio della crisi vera e propria, non sarebbero stati immaginabili, quindi esiste già un po' di flessibilità, quella che ha trattato il Governo e quella che nei fatti si sta guadagnando, provvedimento su provvedimento, per chi ha un po' di memoria, relativamente a forme di copertura che mai sarebbero state accettate tempo fa. Ne cito una per tutte: la lotta all'evasione come dato preventivo sul tema della copertura. Questa è una flessibilità reale: anni fa non avremmo potuto conteggiare la lotta all'evasione se non a consuntivo. È evidente che c'è quindi un atteggiamento diverso, ci sono le condizioni in sede europea, perché tutti i Paesi vivono questa situazione di rigidità - noi più degli altri - per rimettere in discussione questi trattati, ripartendo da quelli che sono i valori fondamentali su cui però noi stimoliamo il Governo. Noi non abbiamo visto, diceva il Viceministro Morando, una grande determinazione nel sottolineare all'Europa la difesa del nostro sistema creditizio, gli interventi che avrebbero dovuto qualificare il percorso di rilancio nella domanda e di crescita degli investimenti. Non abbiamo notato una difesa significativa del patrimonio delle famiglie, né in sede nazionale né in sede locale, dove sono stati aggrediti patrimoni con tassazioni sempre più pesanti, con tassazioni complessive sugli immobili che sono sempre più evidenti e in qualche modo non eque, cioè una serie di interventi che, invece di supportare a livello nazionale i fattori di forza che vi avrebbero potuto dare gli elementi per chiudere accordi, evidentemente tutelassero il sistema nazionale e la crescita. Dubitiamo, Presidente, che ci sia la volontà fino in fondo di trattare questo argomento, allora è evidente che Forza Italia non è convinta della mozione di maggioranza, perché la riteniamo debole, la riteniamo inadeguata; riteniamo che questa proposta sia una proposta di chi, in realtà, non crede fino in fondo nel valore delle nostre aziende nazionali, del nostro sistema del credito e delle nostre famiglie. Chiudendo, noi voteremo la nostra mozione, e siamo in attesa di misurare il Governo sui fatti e sui risultati che porterà da questa trattativa (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Caso. Ne ha facoltà.

VINCENZO CASO. Presidente, siamo qui oggi per parlare del Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell'Unione economica e monetaria, conosciuto da tutti come fiscalcompact, e siamo qui proprio perché l'articolo 16 di questo Trattato dice che esso, entro i cinque anni dall'entrata in vigore del Trattato stesso, dovrà essere inserito, in base a una valutazione dell'esperienza maturata, all'interno dell'ordinamento giuridico dell'Unione europea, e la scadenza appunto coincide con quest'anno, il 2017.

È veramente curioso che oggi tutte le mozioni che abbiamo letto chiedano invece di non inserire questo trattato all'interno appunto della normativa dell'Unione europea. È curioso perché i Parlamenti precedenti, cui molti componenti sono presenti anche oggi, l'hanno votato quel Fiscalcompact, e tutto il Parlamento di allora, ad eccezione forse della Lega Nord, aveva votato l'inserimento del pareggio di bilancio in Costituzione. Quindi oggi, incredibilmente, c'è un passo indietro da parte di tutti.

Ricordiamo anche, durante la campagna referendaria dell'anno scorso, l'ex Premier e attuale Premier ombra, Renzi, che appunto parlava spesso del Fiscalcompact e dell'impossibilità di doverlo inserire all'interno dall'ordinamento europeo. Fortunatamente gli italiani non gli hanno creduto molto, e hanno bocciato anche quella riforma, anche perché all'interno della stessa campagna referendaria prometteva poi di abbandonare la politica, se avesse perso il referendum, ma ci sembra che così non sia stato. Quindi, ripeto, vi è stata improvvisamente questa marcia indietro da parte di tutti, quindi il Fiscalcompact non va bene per tutti, e peccato che invece abbiamo sempre eseguito pedissequamente tutte le cose che ci sono state chieste dall'Europa, inclusa la manovrina che sarà a breve approvata; tutte sono state sempre eseguite. In particolar modo, ricordiamoci anche che continuando a dire che si è tutti contro i diktat europei quando poi si continua a seguirli, si continua a dire delle bugie, e si dà la percezione che queste siano la verità. Infatti, ci ricordiamo anche come, proprio a febbraio di quest'anno, una risoluzione del Parlamento europeo a firma Mercedes Bresso chiedeva di inserire il Fiscalcompact all'interno dei trattati, votato appunto dal PD nel Parlamento europeo.

Ma il punto qual è? Il punto è che possiamo anche decidere di porre un veto, di non inserire il Fiscalcompact, ma non basta, dobbiamo renderci conto di questo: non basta! Non basta innanzitutto perché il Fiscalcompact è solo una parte dei trattati, ma un'altra parte è già stata inserita nel nostro ordinamento. Mi riferisco soprattutto al pareggio di bilancio, che è stato inserito dentro la Costituzione. Addirittura, il primo voto che fu fatto praticamente all'unanimità in questo Parlamento nella legislatura precedente, fu fatto addirittura prima che entrasse in vigore il Fiscalcompact: siamo stati addirittura così bravi da anticiparlo, e lì tutti favorevoli, il Parlamento di allora era tutto favorevole.

E questo non basta ancora, perché le regole principali del Fiscal compact - in particolare la regola del 3 per cento sul rapporto deficit/PIL e la riduzione dello stock di debito pubblico di un ventesimo per la parte eccedente il 60 per cento del rapporto debito/PIL - sono in realtà già inserite all'interno di altri regolamenti già recepiti, come il six pack e il two pack, già risalenti agli anni 2010 e 2011.

L'inserimento invece della regola di bilancio nella nostra Costituzione risale ad ancora prima: la legge costituzionale n. 1 del 2012, che ha modificato l'articolo 81, era stata votata con il primo voto già il 30 novembre 2011, quindi ancora prima del Fiscal compact, tra l'altro una modifica assolutamente non necessaria, perché lo stesso Fiscal compact chiede preferibilmente di inserire a livello costituzionale, non era neanche un obbligo, ma noi siamo stati ligi alle cose che ci chiede l'Europa.

Dunque, Presidente, come ripeto, non basta dire che non accettiamo il Fiscal compact, perché tutte quelle regole sono già presenti all'interno del nostro ordinamento.

Dunque Presidente, bisogna in realtà quindi modificare tutta l'impostazione che viene fatta dall'Unione europea perché è vero quello che Padoan sempre ci dice e ce l'ha detto anche nelle audizioni sul DEF, ossia che noi siamo in un sentiero stretto e in questo sentiero stretto ci dobbiamo muovere, ma noi siamo voluti entrare in questo sentiero stretto, abbiamo deciso noi di entrarci e adesso di incamminarci nel sentiero stretto.

Dobbiamo anche dire che invece non c'è alcuna teoria economica che ci dice che ci possa essere stabilità e crescita ponendo un parametro del 3 per cento al rapporto di indebitamento: non esiste, è un'idiozia credere che inserire dei vincoli possa portarti ad avere stabilità e crescita (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

E quali sono state poi le conseguenze di tutto questo? Le conseguenze sono state che alla prima crisi è risultato praticamente impossibile uscirne, tant'è vero che continuiamo a portarcela dietro questa crisi e ormai fa parte della nostra famiglia. E gli obiettivi che si diceva di voler raggiungere con il Fiscal compact dove sono? Non ci sono obiettivi raggiunti con l'introduzione di questi parametri all'interno dei bilanci: il debito pubblico, che si diceva di voler diminuire, in Italia è continuato ad aumentare tuttora; lo stesso pareggio di bilancio che voi avete detto di voler inseguire e raggiungere dal 2014 in poi è stato continuamente spostato e adesso è previsto nel 2019.

Ovviamente poi non parliamo delle conseguenze sociali invece di tali parametri: ricordiamo infatti che il premio Nobel dell'economia Paul Krugman ci aveva avvisato del fatto che inserire in Costituzione il vincolo del pareggio di bilancio avrebbe potuto portare alla vera e propria dissoluzione dello Stato sociale e questo sta avvenendo, l'abbiamo visto tutti, lo abbiamo visto per la prima volta con la Grecia. Qual è, dov'è la solidarietà tra i popoli europei in quanto è stato fatto nei confronti della Grecia? Oltre a rifiutare completamente il volere popolare dei cittadini greci, l'unico risultato che si è raggiunto è stato di eliminare lo Stato sociale greco, di costringere i cittadini a fare ulteriori sacrifici e alla Grecia di vendere gli asset che possedeva.

E questo è lo stesso che, certo più lentamente perché siamo un Paese più grande rispetto alla Grecia, sta avvenendo anche in Italia: ce la siamo già dimenticati la Fornero o ci siamo già dimenticati di tutte le misure antisociali che avete creato? La sanità continua a subire tagli per passare probabilmente ad una sanità più privata e abbiamo lo Stato sociale che è sempre più debole.

Ricordiamoci magari la sentenza della Corte Costituzionale n. 275 del 2016, che ci ha ricordato, in estrema sintesi, che i servizi primari incomprimibili per i cittadini non possono venire negati da vincoli di bilancio e che il corpus normativo costituzionale nazionale è superiore all'obbligo del pareggio di bilancio, anche se inserito in un singolo articolo della Costituzione.

È questo il problema, Presidente. Infatti, quali sono gli obiettivi di questi vincoli? Perché sembra tanto che gli obiettivi siano dissoluzione completa dello Stato sociale e il creare un'economia completamente differente da quella che caratterizzava l'economia italiana. L'abbiamo visto sulle banche. Le banche, secondo Draghi, in Italia sono troppe e, quindi, riduciamo le piccole banche, facciamole anche fallire, per avere delle grosse uniche banche d'affari internazionali. E lo stesso vogliamo fare con le nostre piccole e medie imprese che erano l'ossatura dell'economia. Quante ne sono fallite per questi tremendi vincoli di bilancio? Che senso ha tutto questo, Presidente? Che senso ha continuare a guardare a sterili vincoli, senza considerare invece il volere del popolo? Forse l'Unione europea dovrebbe chiedersi innanzitutto quali sono i valori e dovrebbe chiederlo ai cittadini e non di certo a dei burocrati o ad una politica che si è dimostrata assolutamente distante dagli interessi del popolo. Quindi, magari, è quello che dobbiamo fare...

PRESIDENTE. Concluda, per favore.

VINCENZO CASO. …rivedere completamente quali sono gli obiettivi dell'Unione europea e facciamolo chiedendolo alle persone (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Fanucci. Ne ha facoltà.

EDOARDO FANUCCI. Grazie Presidente. In quest'occasione parliamo del Fiscal compact e, riprendendo le parole dell'onorevole Caso, ho un'immagine del suo intervento: il periodo 2013-2017, questi cinque anni alla fine dei quali spetta anche a noi, in questa sede, grazie alla discussione sulle mozioni in esame, dover trarre conclusioni sul Trattato e sui trattati ai quali il Fiscal compact è collegato. E tali conclusioni non possono essere positive. Il tagliando che noi andiamo a fare oggi al Fiscal compact, a cinque anni dalla sua introduzione, è un tagliando che vede più ombre rispetto alle luci. Noi vogliamo segnalarlo con un intervento dal forte valore politico e simbolico, un segnale chiaro all'Europa che non ci piace, che il Fiscal compact non può entrare, così com'è oggi, nell'ordinamento giuridico dell'Unione europea che deve trarre le conseguenze da questa nostra conclusione, deve adeguare gli strumenti e modificarli che non significa cancellarli, non significa uscire dall'Europa, non vuol dire che noi ce ne andiamo via a gambe levate da questo sistema. Noi questo sistema lo vogliamo cambiare dalle fondamenta.

Il privilegio di potere intervenire alla fine del presente dibattito è un grande privilegio, perché ci dimostra come a volte la politica rimane legata alle casacche rispetto ai contenuti. Come si fa, davanti a questa proposta, a votare contro, quando nei singoli interventi - che ho ascoltato con grande attenzione - alla fine quasi di tutti se ne condivide l'impianto?

Io non l'ho votato il Fiscal compact: non c'ero nell'occasione in cui il Parlamento ha avuto l'occasione per votarlo. Ma molti deputati, qui in quest'Aula, hanno votato quel provvedimento e oggi hanno un ripensamento. È possibile ripensare una scelta sbagliata oppure no? E quando si richiede un correttivo rispetto ad un provvedimento, mi aspetto che nei contenuti e negli interventi che sono oggi oggetto di proposta, si arrivi con un voto a palesare questo cambio di rotta.

Dai colleghi dell'MDP ho visto un'apertura a questo nostro intervento con la mozione. In altri, quest'apertura non l'ho vista. Addirittura, in alcuni interventi, soprattutto in quello di Marcon dove si parla di ipocrisia politica, dove si parla di ambiguità, si va fuori asse e si è intellettualmente poco onesti, a mio avviso. Guardiamo ai contenuti e guardiamo alle motivazioni che ci portano a redigere queste mozioni.

Il primo intervento: la riforma dei trattati deve essere una riforma complessiva e non puntuale e specifica.

Il secondo: la situazione attuale dell'Unione europea. Come ha detto bene il Viceministro Morando, noi oggi viviamo un momento in cui la Brexit incide profondamente sullo stato dell'arte di tutto ciò che riguarda l'Europa. Questo è un elemento che non può essere trascurato.

Il terzo elemento: se il Fiscal compact evidenzia una formula e i dati e gli elementi che caratterizzano questa formula a noi non convincono, dobbiamo intervenire per rimodellare quella formula. Non può essere un'Europa che si fonda sulle formule, deve essere un'Europa che si fonda sulla carne viva delle persone. E solo passando da lì si può tornare ad avere una nuova empatia con i popoli che l'Europa hanno formato.

La mozione del PD chiede questo. Chiede di trasformare un patto che si può definire di austerità, in un patto di crescita e, quindi, non solo di stabilità e crescita, ma in un patto che metta al centro la crescita in questa formula. Chiede di valorizzare quella che può essere l'impostazione di una golden rule che valorizzi gli investimenti, anziché una spesa corrente, sterile e fine a se stessa. Chiede la mutualizzazione dei debiti pubblici, con l'istituzione di un fondo di rimborso del debito, che è lo strumento per rilanciare l'idea degli eurobond. Chiede il sussidio di disoccupazione europea.

Tutte queste misure stanno alla base di un ripensamento del Fiscal compact, di un suo collegamento con gli altri trattati europei. In Europa, in particolare in Germania, c'è qualcuno che chiede il fallimento dei singoli Stati, qualora le cose non funzionino. Noi proponiamo gli Stati uniti d'Europa, non gli Stati falliti d'Europa! E su questa logica, tra Barroso e Obama non ho dubbi: scelgo Obama, che nei momenti di crisi ha deciso di investire profondamente, con una rivisitazione della spesa pubblica a favore degli investimenti, ma al tempo stesso in sostegno dei più deboli, con l'Obamacare, oggi di attualità e di discussione pubblica.

E così abbiamo fatto noi, perché per essere credibili occorre dare corso alle parole. E le parole hanno un forte peso, se sono seguite da azioni concrete, nella giusta direzione. Noi nel 2015 dall'Europa, grazie al Governo Renzi, abbiamo ottenuto flessibilità. Quella flessibilità a cosa è servita? Per ridurre la pressione fiscale e sostenere quella crescita, certo, ancora al di sotto delle nostre aspettative, ma comunque una crescita migliore, rispetto al tendenziale degli anni passati.

E sulle formule di riferimento cosa abbiamo fatto? Rapporto deficit-PIL nel 2015 al 2,7; rapporto deficit-PIL nel 2016 al 2,4 per cento. Quindi nella corretta direzione, una direzione che dà il senso che quella flessibilità è servita a sostenere l'economia italiana, non a indebolirla, così come è accaduto nei momenti difficili del Governo Monti. Altrimenti politiche procicliche rischiano veramente di mettere in ginocchio Stati che provano a ripartire.

Ma vi sono altre politiche. Ad esempio, per parlare alle persone e non solo parlare di numeri, il servizio civile europeo, una politica fiscale unitaria, un'inclusione sociale che possa partire dal basso, un nuovo corso sull'immigrazione dove l'Italia non sia lasciata sola, una difesa comune che metta al centro la lotta al terrorismo. Sono tutte politiche da affrontare insieme, dove la politica nazionale possa essere, per una volta, messa al primo posto, rispetto anche alla casacca politica che ci caratterizza.

Questo è quello a cui noi vogliamo tendere, questo è quello che vogliamo portare a casa con questa mozione, che è un primo passo, è un passo almeno nella giusta direzione. Caso, nel suo intervento, ed altri dicono: è un passo che non è sufficiente, non basta. Ma certo, va nella giusta direzione, e con un voto a questa nostra mozione siamo convinti che potreste dimostrare le vostre buone intenzioni, potremmo dimostrare che siamo qui non soltanto a portare la nostra linea politica, ma a confrontarci sui contenuti dei singoli provvedimenti. Allora, su questo, chiudo con un appello: che davvero si possa votare favorevolmente rispetto alla mozione del nostro capogruppo, dell'onorevole Rosato, che certamente prende le mosse da un ampio convincimento del PD, ma che cerca anche di accogliere istanze di altre mozioni nei contenuti e nei propositi anche di discussioni diverse rispetto a quelle avvenute qui oggi. Rivendichiamo che la flessibilità non sia una concessione, ma un diritto, a determinate condizioni; che gli investimenti del “piano Juncker” siano frutto di una nostra azione in Europa, ma che non siano ad oggi sufficienti. Serve ancora, ancora e ancora un'azione in quella direzione.

Siamo europeisti convinti, non vogliamo uscire dall'Europa, ma la vogliamo rifondare e cambiare profondamente: questo è il significato dell'idea “Europa sì, ma non così”. E oggi, con questa mozione, facciamo sul serio, nella giusta direzione, con un “no” al Fiscal compact nell'ordinamento europeo. Ma questo è solo un primo passo di un'entusiasmante avventura da vivere tutti insieme, a testa alta e con i piedi per terra (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Commenti dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazioni)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Colleghi, per favore, possiamo adesso seguire le votazioni, anche perché ne abbiamo parecchie? Pregherei i colleghi di prendere posto. Posso chiedere ai colleghi di prendere posto e di consentire l'inizio delle votazioni? Grazie della collaborazione.

Colleghi e colleghe, come da prassi, le mozioni saranno poste in votazione per le parti non assorbite e non precluse dalle votazioni precedenti.

Avverto che i presentatori della mozione Marcon ed altri n. 1-01589 hanno chiesto la votazione per parti separate, nel senso di votare dapprima la premessa, congiuntamente al primo capoverso del dispositivo e, a seguire, ciascuno dei rimanenti capoversi del dispositivo.

Passiamo, dunque, ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Marcon ed altri n. 1-01589, limitatamente alla premessa e al primo capoverso del dispositivo, su cui il Governo ha espresso parere contrario.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 26).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Marcon ed altri n. 1-01589, limitatamente al secondo capoverso del dispositivo, su cui il Governo ha espresso parere contrario.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 27).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Marcon ed altri n. 1-01589, limitatamente al terzo capoverso del dispositivo, su cui il Governo ha espresso parere contrario.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 28).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Marcon ed altri n. 1-01589, limitatamente al quarto capoverso del dispositivo, su cui il Governo ha espresso parere contrario.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 29).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Marcon ed altri n. 1-01589, limitatamente al quinto capoverso del dispositivo, su cui il Governo ha espresso parere contrario.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 30).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Marcon ed altri n. 1-01589, limitatamente al sesto capoverso del dispositivo, su cui il Governo ha espresso parere contrario.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 31).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Marcon ed altri n. 1-01589, limitatamente al settimo capoverso del dispositivo, su cui il Governo ha espresso parere contrario.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 32).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Marcon ed altri n. 1-01589, limitatamente all'ottavo capoverso del dispositivo, su cui il Governo ha espresso parere contrario.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 33).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Marcon ed altri n. 1-01589, limitatamente al nono capoverso del dispositivo, su cui il Governo ha espresso parere contrario.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 34).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Marcon ed altri n. 1-01589, limitatamente al decimo capoverso, con il parere contrario del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 35).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Marcon ed altri n. 1-01589, limitatamente all'undicesimo capoverso, con il parere contrario del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 36).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Marcon ed altri n. 1-01589, limitatamente al dodicesimo capoverso, con il parere contrario del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 37).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Marcon ed altri n. 1-01589, limitatamente al tredicesimo capoverso, con il parere contrario del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 38).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Marcon ed altri n. 1-01589, limitatamente al quattordicesimo capoverso, con il parere contrario del Governo (Commenti)... colleghi, è prerogativa, dunque...

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 39).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Marcon ed altri n. 1-01589, limitatamente al quindicesimo capoverso, con il parere contrario del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 40).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Capezzone ed altri n. 1-01600, con il parere contrario del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 41).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Caso ed altri n. 1-01601, con il parere contrario del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 42).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Melilla ed altri n. 1-01602, come riformulata su richiesta del Governo e su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 43).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Brunetta n. 1-01604, con il parere contrario del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 44).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Guidesi ed altri n. 1-01609, con il parere contrario del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 45).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Rampelli ed altri n. 1-01626, per quanto non assorbita dalle votazioni precedenti e su cui il Governo ha espresso parere contrario.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 46).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Rosato, Tancredi, Dellai, Pisicchio, Parisi ed altri n. 1-01627, per quando non assorbita dalle votazioni precedenti e su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 47).

Interventi di fine seduta.

ROBERTO MORASSUT. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO MORASSUT. Grazie, Presidente. Quanto è accaduto, questa notte, nel quartiere di Centocelle a Roma, lascia sgomenti. Una bottiglia incendiaria lanciata contro un camper che sostava nel parcheggio di un centro commerciale ha ucciso una ragazza di vent'anni e due bambine di otto e quattro anni, di origine rom. Elisabeth, Angelica e Francesca, vivevano in quel camper insieme ai genitori e ad altri otto fratelli e sorelle. Un gesto inequivocabilmente doloso, come da poco confermato dalle autorità inquirenti che dovranno accertarne la matrice; assicurare alla giustizia il colpevole di questa orribile strage spetta alla magistratura che dovrà accertare se si è trattata di una vendetta interna alla comunità rom o di un atto di razzismo, ma, certo, non possiamo tacere il clima entro un cui questo atroce delitto si consuma, la marginalità in cui è costretta a vivere la maggior parte delle persone rom nella capitale e, spesso, in tutt'Italia.

È compito nostro, della politica, adoperarsi seriamente per superare le cause di questa emarginazione. Oggi è stato posto un biglietto sul luogo della strage, con dei fiori, c'era scritto: mi sento in colpa anche io. Dobbiamo fare nostro questo sentimento e rispondere con azioni concrete per superare questa marginalità. Con lei, Presidente Boldrini, abbiamo visitato giorni fa il quartiere romano di Tor Bella Monaca ed abbiamo misurato che nella periferia romana convivono degrado e militanza civile, nella deprecata periferia di Roma, nei suoi variopinti, difficili, terribili, ma al tempo stesso bellissimi quartieri, come Centocelle, vivono quasi due milioni di romani, stranieri, rom, immigrati, cittadini extracomunitari, ed in questi quartieri, ogni giorno, si snoda una vita contraddittoria fatta di male e di bene, di eroismo e di semplicità, di apostolato, ma anche di violenza, di sopraffazione. Questa è una delle dimensioni contemporanee delle metropoli, ma c'è qualcosa di particolare che riguarda Roma; non si può continuare a nascondersi dietro l'alibi dei vizi romani irreversibili e inguaribili, per questo ricordiamoci che la morte di Elisabeth, di Angelica e di Francesca non è il frutto di un isolato caso di violenza o di un atto sporadico, folle o criminale, ma un episodio dentro una corona di fatti, nel clima di una città che rischia di perdere se stessa come capitale di una nazione (Applausi).

PRESIDENTE. La Presidenza si associa al cordoglio per la morte di queste tre ragazzine. Veramente, mi auguro che presto venga fatta chiarezza su quanto accaduto.

VINCENZO CASO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

VINCENZO CASO. Presidente, nel DEF di quest'anno abbiamo avuto una novità che è quella degli indicatori di benessere sostenibile. Fin dall'inizio abbiamo avuto dubbi sull'applicazione di questi strumenti, nel senso che, pur condividendo l'idea, il metodo con cui è stato fatto è stato sicuramente molto strano, nel senso che il Governo ha utilizzato degli indicatori che sembravano più fatti per far bella figura, diciamo così, che non con una seria analisi scientifica ed economica. In particolar modo, nei giornali di oggi, ritroviamo un articolo a firma Franco Mostacci, in cui ci dice di un errore che è stato compiuto all'interno del DEF, in particolar modo per il fatto che è stato fatto un confronto; il MEF metteva a confronto il reddito medio disponibile pro capite a prezzi correnti, quindi, includendo l'inflazione, con il PIL pro capite a prezzi costanti, quindi, praticamente facendo un confronto fra due indicatori assolutamente impari.

Ci chiediamo come mai sia possibile questa cosa, se Padoan potesse anche chiarire come sia possibile fare un errore del genere e, soprattutto, ci chiediamo come mai anche l'Ufficio parlamentare di bilancio che, ricordiamo, dovrebbe essere al servizio del Parlamento e che paghiamo ogni anno, non abbia, invece, rilevato alcuna anomalia all'interno di questi indicatori di benessere. Sicuramente è una cosa che speriamo non accada più (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PAOLO PARENTELA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PAOLO PARENTELA. Grazie, Presidente. Intervengo per sollecitare una risposta a una mia interrogazione parlamentare, la n. 4-16366, in merito alla truffa perpetrata sulle tariffe dell'acqua della regione Calabria e della Sorical Spa a danno dei comuni e di tutti i cittadini calabresi. Nessun adeguamento tariffario poteva essere applicato ai comuni calabresi da parte di Sorical, ciò nonostante, al 31 dicembre 2008, l'aumento applicato ai comuni calabresi è stato del 22 per cento per l'acqua fornita a gravità e del 26 per cento per l'acqua fornita per sollevamento. Nel luglio del 2009, la Corte costituzionale emette la sentenza n. 246 con la quale ribadisce, rispondendo anche ad un ricorso della stessa regione Calabria, che la disciplina della tariffa del servizio idrico integrato è competenza legislativa esclusiva dello Stato. La Corte dei conti, inoltre, della Calabria, in una famosa relazione, evidenzia l'errata conversione della tariffa iniziale da lire in euro e la mancata applicazione di una delibera regionale che avrebbe fissato la tariffa iniziale a prezzi più bassi di quelli previsti nella convenzione di affidamento, con relativo maggiore fatturato per la società. I responsabili politici di questa truffa non solo sono a piede libero, anzi, oggi ricoprono importanti poltrone nella politica calabrese.

L'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico è al corrente degli adeguamenti tariffari che in Calabria sono stati stabiliti anche da procedure regionali, anche in questo caso contro legge, ed allora ci chiediamo come mai non ha diffidato la regione Calabria ad adeguare le tariffe alla normativa vigente in materia. Chi pagherà per tutto questo, Presidente? Oltre al danno, la beffa. Abbiamo degli acquedotti fatiscenti e l'acqua che arriva, spesso e volentieri, non è di ottima qualità. È così difficile applicare la legalità in Calabria, Presidente? Le sentenze della Corte costituzionale si devono rispettare e applicare, altrimenti vuol dire che in Calabria non esiste lo Stato e regna la legge del più furbo, delle mafie, dei colletti bianchi e della massoneria. Attendiamo una celere risposta del Governo perché l'acqua è un bene di tutti e non un affare di pochi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

EMANUELE FIANO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

EMANUELE FIANO. Grazie, Presidente. A Milano, per la terza volta in pochi giorni, un circolo del Partito Democratico, il circolo Venturini, dopo che già era successo al circolo Vicentino e al circolo Fratelli Cervi, è stato vandalizzato, imbrattato con delle scritte, deturpato e danneggiato. Noi a Milano, insieme alla giunta, perseguiamo una linea politica che tiene insieme diritti e doveri, accoglienza e sicurezza, non ci faremo intimidire da chi vuole farci tornare indietro, con la violenza, da questa idea di governo dei problemi. Non ci faremo intimidire da chi pensa, con una scritta, di volerci far cambiare idea. Chiediamo alle autorità inquirenti e alle forze dell'ordine, rapidamente, di individuare coloro che si sono macchiati di questo ennesimo atto di violenza contro la democrazia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Esprimo la solidarietà della Presidenza al Circolo che è stato colpito da questa violenza.

Ricordo a tutti che domani, giovedì 11 maggio, è convocata, alle ore 14, la riunione del Parlamento in seduta comune per l'elezione di un giudice della Corte costituzionale e che la chiama avrà inizio dai senatori.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Giovedì 11 maggio 2017, alle 9,30:

1.  Seguito della discussione dei disegni di legge di ratifica:

Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa contro il traffico di organi umani, fatta a Santiago de Compostela il 25 marzo 2015, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno. (C. 3918-A)

Relatori: AMODDIO, per la II Commissione; NICOLETTI, per la III Commissione.

S. 2186 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo fra il Governo della Repubblica italiana e il Governo dello Stato di Israele in materia di pubblica sicurezza, fatto a Roma il 2 dicembre 2013 (Approvato dal Senato). (C. 4225)

Relatore: FEDI.

2.  Discussione della relazione della Giunta per le autorizzazioni sulla richiesta di deliberazione in materia di insindacabilità, ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento penale nei confronti della deputata Argentin. (Doc. IV-ter, n. 17-A)

Relatrice: ROSSOMANDO.

La seduta termina alle 20.

SEGNALAZIONI RELATIVE ALLE VOTAZIONI EFFETTUATE NEL CORSO DELLA SEDUTA

  Nel corso della seduta sono pervenute le seguenti segnalazioni in ordine a votazioni qualificate effettuate mediante procedimento elettronico (vedi Elenchi seguenti):

  nella votazione n. 1 le deputate Bonomo e Mongiello hanno segnalato che non sono riuscite ad esprimere voto contrario;

  nelle votazioni dalla n. 1 alla n. 12 la deputata Elvira Savino ha segnalato che non è riuscita a votare;

  nella votazione n. 4 i deputati Allasia e Guidesi hanno segnalato che hanno erroneamente votato a favore mentre avrebbero voluto astenersi dal voto;

  nella votazione n. 4 il deputato Busin ha segnalato che ha erroneamente votato a favore mentre avrebbe voluto votare contro;

  nelle votazioni nn. 4 e 16 la deputata Bonomo ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole;

  nelle votazioni dalla n. 6 alla n. 9 il deputato Falcone ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario;

  nella votazione n. 8 la deputata Tartaglione ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario;

  nelle votazioni nn. 15 e 16 la deputata Piccione ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole;

  nelle votazioni dalla n. 15 alla n. 17 la deputata Covello ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole;

  nella votazione n. 17 la deputata Tartaglione ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole;

  nelle votazioni dalla n. 17 alla n. 24 e dalla n. 44 alla n. 47 la deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita a votare;

  nella votazione n. 25 il deputato Capodicasa ha segnalato che è riuscito ad esprimere voto favorevole;

  nella votazione n. 47 il deputato Sanga ha segnalato che ha erroneamente votato contro mentre avrebbe voluto votare a favore.

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 4 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nominale Ddl 4452 - quest. preg. 1 366 285 81 143 14 271 104 Resp.
2 Nominale Ddl 3671-ter-A e abb. - em. 1.1 361 360 1 181 360 0 104 Appr.
3 Nominale em. 1.2 366 365 1 183 112 253 104 Resp.
4 Nominale articolo 1 369 302 67 152 302 0 104 Appr.
5 Nominale em. 2.3 375 374 1 188 112 262 103 Resp.
6 Nominale em. 2.4 378 378 0 190 363 15 103 Appr.
7 Nominale em. 2.5 380 331 49 166 65 266 103 Resp.
8 Nominale em. 2.8 380 379 1 190 63 316 103 Resp.
9 Nominale em. 2.7 379 379 0 190 113 266 103 Resp.
10 Nominale em. 2.15 384 371 13 186 369 2 103 Appr.
11 Nominale em. 2.10 382 382 0 192 381 1 103 Appr.
12 Nominale em. 2.11 382 382 0 192 117 265 103 Resp.
13 Nominale em. 2.1 378 327 51 164 98 229 103 Resp.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui é mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi é premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.

INDICE ELENCO N. 2 DI 4 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 26)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
14 Nominale em. 2.2 380 318 62 160 89 229 103 Resp.
15 Nominale em. 2.12, 2.13, 2.14 378 378 0 190 378 0 103 Appr.
16 Nominale articolo 2 382 282 100 142 269 13 103 Appr.
17 Nominale Ddl 3671-ter e abb. - voto finale 390 278 112 140 264 14 99 Appr.
18 Nominale Pdl 3844-A - articolo 1 386 316 70 159 315 1 99 Appr.
19 Nominale articolo 2 385 315 70 158 315 0 99 Appr.
20 Nominale articolo 3 391 321 70 161 321 0 99 Appr.
21 Nominale em. 4.100 390 362 28 182 362 0 99 Appr.
22 Nominale em. 4.101 398 369 29 185 369 0 99 Appr.
23 Nominale em. 4.102 394 367 27 184 367 0 99 Appr.
24 Nominale articolo 4 396 321 75 161 321 0 99 Appr.
25 Nominale Pdl 3844-A - voto finale 358 288 70 145 288 0 105 Appr.
26 Nominale Moz. Marcon e a. 1-1589 - cpv 1° 366 360 6 181 139 221 97 Resp.


INDICE ELENCO N. 3 DI 4 (VOTAZIONI DAL N. 27 AL N. 39)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
27 Nominale Moz. Marcon e a. 1-1589 - cpv 2° 364 363 1 182 140 223 97 Resp.
28 Nominale Moz. Marcon e a. 1-1589 - cpv 3° 362 362 0 182 143 219 97 Resp.
29 Nominale Moz. Marcon e a. 1-1589 - cpv 4° 364 364 0 183 148 216 97 Resp.
30 Nominale Moz. Marcon e a. 1-1589 - cpv 5° 369 369 0 185 147 222 97 Resp.
31 Nominale Moz. Marcon e a. 1-1589 - cpv 6° 366 308 58 155 67 241 97 Resp.
32 Nominale Moz. Marcon e a. 1-1589 - cpv 7° 364 363 1 182 140 223 97 Resp.
33 Nominale Moz. Marcon e a. 1-1589 - cpv 8° 366 365 1 183 143 222 97 Resp.
34 Nominale Moz. Marcon e a. 1-1589 - cpv 9° 363 363 0 182 145 218 97 Resp.
35 Nominale Moz. Marcon e a. 1-1589 - cpv 10° 369 369 0 185 147 222 97 Resp.
36 Nominale Moz. Marcon e a. 1-1589 - cpv 11° 366 366 0 184 141 225 97 Resp.
37 Nominale Moz. Marcon e a. 1-1589 - cpv 12° 367 367 0 184 145 222 97 Resp.
38 Nominale Moz. Marcon e a. 1-1589 - cpv 13° 362 362 0 182 147 215 97 Resp.
39 Nominale Moz. Marcon e a. 1-1589 - cpv 14° 364 349 15 175 104 245 97 Resp.


INDICE ELENCO N. 4 DI 4 (VOTAZIONI DAL N. 40 AL N. 47)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
40 Nominale Moz. Marcon e a. 1-1589 - cpv 15° 368 368 0 185 120 248 97 Resp.
41 Nominale Moz. Capezzone e a. 1-1600 367 307 60 154 50 257 97 Resp.
42 Nominale Moz. Caso e a. 1-1601 364 363 1 182 120 243 97 Resp.
43 Nominale Moz. Melilla e a. 1-1602 rif. 364 283 81 142 260 23 97 Appr.
44 Nominale Moz. Brunetta 1-1604 367 294 73 148 46 248 97 Resp.
45 Nominale Moz. Guidesi e a. 1-1609 360 301 59 151 45 256 97 Resp.
46 Nominale Moz. Rampelli e a. 1-1626 357 344 13 173 101 243 97 Resp.
47 Nominale Moz. Rosato e a. 1-1627 364 304 60 153 246 58 97 Appr.