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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 786 di venerdì 28 aprile 2017

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO

La seduta comincia alle 10,35.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

ANNA MARGHERITA MIOTTO, Segretaria, legge il processo verbale della seduta di ieri.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

  (È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, la deputata Bindi è in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente centodue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 10,38).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Chiarimenti ed iniziative di competenza volte a ripristinare l'agibilità e il decoro del Conservatorio San Pietro a Majella di Napoli – n. 2-01770)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all'ordine del giorno Bossa ed altri n. 2-01770 (Vedi l'allegato A).

Chiedo alla deputata Luisa Bossa se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

LUISA BOSSA. Grazie, buongiorno Presidente. Tutti sappiamo che il Conservatorio San Pietro a Majella di Napoli è uno dei più antichi e prestigiosi del mondo. È nato nel 1807, ha avuto, tra i suoi allievi, direttori e figure importantissimi della cultura musicale (Vincenzo Bellini, Donizetti, Cilea) e però, da tempo, questa istituzione culturale vive uno stato di sofferenza.

Nel luglio del 2012 il Ministro dell'Istruzione, dell'università e della ricerca dispose una visita ispettiva con il successivo insediamento del dottor Mottola come commissario straordinario. Il commissariamento fu giustificato con la necessità di ristabilire correttezza dell'azione amministrativa e contabile.

Da allora, signor sottosegretario, non pare che sia cambiato qualcosa. Anzi, nel novembre 2016 – quindi, pochi mesi fa - la trasmissione Rai Report ha documentato, con un servizio, la situazione curiosa di un docente del conservatorio di Napoli che insegna contemporaneamente anche in Cina. In particolare, viene documentata la situazione del professor Alfonso Amato, docente di pianoforte, che fa lezione sia presso la struttura napoletana sia presso il conservatorio musicale di Tianjn, con la conseguente necessità di concentrare il suo monte ore a Napoli in tempi molto ristretti, determinando perciò un danno alla qualità della didattica.

Nel servizio giornalistico di Rai Report vengono documentate le lamentele di diversi allievi e di insegnanti, che considerano dannosa l'impossibilità per l'insegnante di essere presente con assiduità presso la struttura culturale. Durante le interviste, la cosa che colpisce è che sono arrivate molte testimonianze che appaiono, però, evasive, non esaustive – diciamo -, contraddittorie dei dirigenti della struttura, a riprova di una situazione assolutamente non chiara.

Io le chiedo, pertanto, se il Governo è a conoscenza di quanto sopra esposto. Non ritiene di dover assicurare, naturalmente nell'ambito delle sue competenze, un intervento per ripristinare una situazione di agibilità e di decoro per uno dei conservatori, sicuramente, tra i più importanti del mondo? Grazie.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Istruzione l'università e la ricerca, Gabriele Toccafondi, ha facoltà di rispondere.

GABRIELE TOCCAFONDI, Sottosegretario di Stato per l'Istruzione l'università e la ricerca. Grazie, Presidente. Gli onorevoli interpellanti segnalano la situazione del conservatorio di musica San Pietro a Majella di Napoli, già oggetto di precedenti atti di sindacato ispettivo, cui questo Ministero ha fornito risposta.

Preliminarmente, si evidenzia che la reputazione di cui gode il conservatorio, sia in Italia che all'estero, è certamente quella di un'istituzione di prestigio. Tale livello è attestato, fra l'altro, dalle relazioni intrecciate con altri prestigiosi conservatori e università, come Sorbonne, Harvard, San Pietroburgo, Mosca. In questi anni è stato, inoltre, avviato il progetto di pubblicazione di testi musicologici di altissima rilevanza scientifica, tra cui gli atti dei convegni organizzati presso il conservatorio stesso e le giornate di studio dedicate ai protagonisti della vita musicale antica e contemporanea con la collana denominata “Edizioni del Conservatorio di musica San Pietro a Maiella”.

Per di più, il conservatorio è stato dichiarato “bene di interesse storico-architettonico”. A dare il via libera al riconoscimento sono stati il Mibact e la Soprintendenza per i beni architettonici. Grazie al provvedimento, potrà essere preservato non solo l'edificio che ospita il conservatorio di musica, ma anche tutto il patrimonio artistico, musicale e decorativo, composto, tra l'altro, da dipinti, arredi, strumenti musicali, cimeli, stampe e foto antiche.

Tutto ciò posto, si rappresenta che il conservatorio sta cercando, seppur faticosamente, di ritornare ad una organizzazione delle attività gestionali e didattiche all'altezza del suo prestigio. In particolare, l'approvazione del rendiconto generale per l'esercizio finanziario 2015 e del bilancio di previsione per il 2017, da parte dei revisori dei conti, sembra testimoniare il lavoro svolto dall'amministrazione del conservatorio, per contemperare l'esigenza di contenimento della spesa con la necessità di garantire la funzionalità dell'istituto.

All'indomani dell'entrata in vigore della legge n. 56 del 2014, rubricata “Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni dei comuni”, l'amministrazione ha dovuto far fronte alla voltura di tutti i contratti di somministrazione, alla verifica e alla programmazione di tutti gli interventi relativi alla manutenzione ordinaria e straordinaria, prima affrontati dalla provincia. Ciò si è tradotto, in termini contabili, appostando in bilancio le risorse per garantire la copertura finanziaria, secondo una razionale programmazione sul lungo periodo, anche relativamente alla gestione del patrimonio immobiliare. Come si evince dalle scritture contabili, la spesa relativa al primo anno di consumo delle varie utenze è stata onorata e non si registrano sospesi.

Relativamente al riscaldamento, per entrambe le stagioni 2015/2016 e 2016/2017, in ossequio ai termini indicati nelle relative ordinanze sindacali, si è proceduto ad affidare l'incarico alla società specializzata, dotando l'intero istituto di riscaldamento, con le dovute verifiche di messa in sicurezza e funzionalità dell'impianto, rimasto acceso fino al 31 marzo scorso.

Per quanto riguarda l'organizzazione della didattica e le presunte lamentele degli studenti, la direzione del conservatorio ha riferito che, relativamente ai corsi del biennio, del triennio e del vecchio ordinamento, si sono svolti circa 50 esami finali nella sessione autunnale e circa 80 esami finali nella sessione speciale di febbraio.

Relativamente al caso del docente citato nell'interpellanza, la direzione del conservatorio, direttamente interpellata dal Ministero, ha riferito che lo stesso ha presentato un monte ore pienamente rispettoso del contratto nazionale di lavoro. La direzione ha altresì precisato che, attualmente, l'interessato non ha incarichi di docenza presso il conservatorio di Tianjn.

In conclusione, si informa che il MIUR, tenendo in considerazione quanto segnalato dagli onorevoli interpellanti, proprio al fine di salvaguardare il prestigio, l'agibilità e il decoro dell'istituzione, ha proceduto, nel corso del 2015, a chiedere una prima rendicontazione al conservatorio, circa l'utilizzo dei finanziamenti accordati per l'edilizia e attrezzature relativi al periodo 2007-2013 e, in assenza di riscontro, ha fissato il nuovo termine al 10 maggio prossimo venturo. Decorso tale termine senza adeguata risposta, sarà cura del Ministero valutare l'opportunità di ulteriori interventi, anche di tipo ispettivo.

A ulteriore conferma di quanto comunicato dall'istituzione per quanto riguarda la situazione del docente menzionato nell'interpellanza, procederà alla verifica delle presenze dello stesso presso il conservatorio per l'anno accademico 2016/2017 e all'acquisizione delle autorizzazioni rilasciate dalla stessa istituzione relativamente ad eventuali incarichi presso enti terzi. Grazie.

PRESIDENTE. La collega Luisa Bossa ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

LUISA BOSSA. Grazie, signor sottosegretario. La ringrazio davvero per essere venuto in Aula a dare la giusta attenzione a un tema, come la tutela e la valorizzazione del conservatorio di Napoli, che merita, secondo me, una posizione di rilievo nelle politiche culturali di questo Paese.

Al di là della questione specifica sollevata nell'interpellanza, qui si gioca un pezzo d'identità culturale non solo di Napoli, ma dell'Italia intera, se è vero, come è vero, che il conservatorio è un gioiello nazionale.

Mi dichiaro insoddisfatta della sua risposta, signor sottosegretario, perché lei ha riportato pedissequamente i dati, i numeri, che naturalmente le sono stati forniti, ma tutto ciò che è annunciato (opportunità di intervento di tipo ispettivo: procederemo alla verifica delle presenze, vedremo se è stata autorizzata, eccetera) sono cose annunciate da tempo. Io stessa ho presentato tantissime interpellanze, interrogazioni, ma non vengono mai praticate e, comunque, se vengono praticate, vengono praticate in modo insufficiente. Io credo che sia necessaria una terapia d'urto e per questo spero che il Governo faccia la sua parte, sia responsabile e consapevole fino in fondo.

(Iniziative, anche in sede di Unione europea, a tutela dei diritti umani e della libertà religiosa in Egitto – n. 2-01759)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Preziosi ed altri n. 2-01759 (Vedi l'allegato A).

Chiedo al deputato Preziosi se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

ERNESTO PREZIOSI. Grazie, Presidente. Oggi ci troviamo in una data che presenta una singolare coincidenza con il tema dell'interpellanza e, cioè, la visita di Papa Francesco in Egitto. Nel programma di questa visita vi è l'incontro con i vertici della Chiesa copta che non sarà, ne sono certo, un'occasione per denunciare le ingiustizie e i crimini subìti in quella comunità religiosa. Certo, ci sarà anche questo, ma verrà soprattutto ribadito il rispetto e l'importanza per la convivenza pacifica in quel Paese.

Il terrorismo sa che destabilizzare la convivenza secolare multireligiosa della realtà egiziana avrebbe una sua efficacia non solo per l'unità interna del Paese, ma per l'intera area mediorientale. I leader religiosi che oggi si incontreranno non concederanno nulla all'identificazione tra Islam e terrorismo, ribadiranno invece il ruolo profetico del perdono cristiano, il ruolo fondamentale delle religioni per l'integrazione e la pace, incontrandosi anche in quel prestigioso centro accademico sunnita in cui avverrà un incontro dal titolo significativo: rinnovamento del discorso religioso.

Bene, tutto ciò non toglie nulla alla drammaticità di quanto è accaduto e di quanto accade in quelle e in tante altre parti del mondo. La persecuzione e l'intolleranza per motivi religiosi e di credo sono molto diffuse. Purtroppo, questi problemi sono andati peggiorando in molte regioni del mondo e la libertà religiosa è strettamente limitata o negata in più della metà dei Paesi del nostro pianeta.

Questa tendenza si sta sviluppando con effetti negativi. Gli attacchi alla libertà religiosa pongono un problema che prima di chiamare in causa la sicurezza, laddove possibile la prevenzione e la repressione, rinviano alle cause profonde che alimentano l'intolleranza religiosa dei popoli. Queste, come sappiamo, nascono nella società, nel disagio sociale, nell'ignoranza, e forniscono indirettamente, spesso inconsapevolmente, alle varie forme di terrorismo internazionale, manovalanza.

Si tratta, pertanto, di un problema che prima di essere un problema di sicurezza è un problema culturale e politico insieme. È, quindi, la politica che deve affrontare il problema nel suo complesso, rivolgendosi alle radici del fenomeno e dando spazio e sostegno a quelle forme di democrazia che contribuiscono a definire un corretto rapporto tra confessioni religiose e Stati.

L'evoluzione della società contemporanea spinge ad affrontare in nuovi termini il tema della libertà religiosa unitamente, quindi, a quello della laicità, concetto quest'ultimo che si misura nella prassi con l'incontro tra religioni e realtà secolari.

La laicità può divenire in forme inedite una questione che non solo permette una distinzione necessaria tra le due realtà, ma in qualche modo ne promuove il dialogo, ne costituisce allo stesso tempo un elemento dinamico e di collaborazione. Al centro sta la centralità della persona, in particolare della dignità umana richiamata da tanti trattati e convenzioni. È il riferimento per un'equilibrata interpretazione, anche giurisprudenziale, del principio di laicità nel nostro come negli altri ordinamenti statali.

Ci sono due cammini, un duplice cammino destinato ad incontrarsi quindi, quello degli Stati delle nazioni e dei popoli, e con essi degli organismi internazionali, e quello delle fedi, delle religioni, delle chiese. Da un lato, ho fatto cenno al cammino degli Stati, all'importanza della laicità, ma perché non riferirsi al cammino delle chiese che registra in questa nostra fase storica più di un progresso in quello che è il dialogo interreligioso e in quello che sono i colloqui di tipo ecumenico che avvengono, ad esempio, attraverso le confessioni cristiane.

Come non ricordare tutta una serie di eventi che hanno segnato anche il pontificato attuale di Papa Francesco, con incontri che hanno un rilievo storico, si pensi all'incontro che ha visto Papa Francesco recarsi nelle chiese luterane nel nord Europa. Ma anche per quanto riguarda il tema dell'Islam, c'è un'apertura, c'è un dialogo che si sta costruendo; certo è molto faticoso ed è da incoraggiare.

Le cifre dei cristiani perseguitati nel mondo sono cifre molto alte, sono cifre che ci dicono di una recrudescenza di questo fenomeno. Vorrei richiamare alcuni dati di quella che è la situazione presente che ci parlano di una persecuzione rivolta soprattutto ai cristiani. È un dato inoppugnabile che non deve, però, farci dimenticare i molti altri focolai, in cui altre confessioni, altre minoranze religiose, sono perseguitate e i fatti accaduti nella storia, quando i cristiani stessi hanno oppresso altre espressioni religiose. È una storia da riconsiderare e da conoscere.

Diversi sono i rapporti e diversi i numeri e le definizioni che categorizzano i perseguitati per motivi religiosi. Incrociando questi dati - ripeto - si trova una recrudescenza del fenomeno, un'incentivazione continua in più frontiere.

Vorrei evidenziare che esistono due tipi in proposito di persecuzione: quella attuata direttamente dagli Stati, ne è un esempio eclatante la Corea del Nord, e quella invece dei gruppi iperestremisti, come ad esempio è accaduto di recente, e l'interpellanza parte proprio da uno di questi fatti, in Egitto, dove peraltro il potere politico si stava impegnando per tutelare le libertà religiose. Si pensi a gesti come quello dello stesso Presidente della Repubblica che si reca alla messa natalizia dei cattolici. Ma anche per quanto riguarda le costruzioni, la possibilità di edificare, la protezione offerta agli istituti religiosi e agli edifici di culto. Certo, la Corea del Nord rappresenta una recrudescenza particolare di questa repressione di Stato di una confessione religiosa.

Nell'interpellanza presentata e sottoscritta da oltre quaranta deputati, si fa riferimento al fatto specifico del 9 aprile scorso, la domenica delle Palme, in cui, in un momento di festa per tutte le comunità cristiane, due attentati suicidi in Egitto hanno colpito le chiese copte gremite di fedeli di Tanta e di Alessandria, provocando 47 morti e più di 100 feriti. Immediata è stata la rivendicazione dell'attentato da parte della cellula egiziana del Daesh operante ormai da alcuni anni nella penisola del Sinai, che ha preso di mira già più volte unità militari di polizia, l'industria turistica, attribuendosi, tra l'altro, la strage del volo 9268 con la morte di 224 persone a bordo. Non è la prima volta, quindi, che la comunità copta è fatta oggetto di attentati da parte dei terroristi islamici. Questi attentati contro i cristiani d'Egitto rilevano in qualche modo una difficoltà che colpisce esattamente un Paese in cui la convivenza pacifica tra culti era un dato di fatto, un dato acquisito. Quindi, è un campanello d'allarme ulteriore perché destabilizza una zona geografica, un contesto territoriale, mina la stessa unità interna del Paese. L'Egitto, peraltro, rappresenta una situazione con molti punti positivi per il rispetto delle religioni. La stessa Costituzione attuata parzialmente ancora, ma resa effettiva già da un paio di anni, ha all'interno una serie di norme che garantiscono in questo senso.

Gli attentati del 9 aprile ci dicono che non ci possiamo accontentare di attribuire la causa di queste stragi solo ad un fenomeno generico di intolleranza religiosa e alla volontà di polizia etnica magari. Questi elementi, che pure esistono e sono gravi, non posso nascondere il carattere di atto politico rivolto appunto a minare l'integrità e l'unità del Paese e con esso a destabilizzare il Medio Oriente e più in generale la comunità internazionale. Un'azione che, peraltro, procede da anni con modalità sconosciute nel passato. Esemplare, a tale proposito, sono i tanti focolai di guerre civili che si accendono nel continente africano, nella penisola arabica e in Medio Oriente. L'uso della violenza contro le comunità religiose mira a rompere un equilibrio antichissimo in molti casi frutto anche di civiltà e di progresso di questi popoli, che ha permesso nei secoli l'integrazione e lo sviluppo di culture diverse e il dialogo.

Accanto all'impegno allora delle religioni rivolto a intensificare il dialogo e la conoscenza reciproca, accanto ai passi dedicati ad accelerare il cammino ecumenico e il dialogo interreligioso, che non mancano ma vanno incentivati, è necessaria una decisa azione politica.

Il 23 settembre 2015 alla Camera dei deputati abbiamo approvato una mozione, che impegnava il Governo italiano a rafforzare l'applicazione della libertà religiosa e della protezione delle minoranze religiose nei Paesi a rischio, nel rispetto della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo; nonché a destinare parte dei fondi per la cooperazione allo sviluppo per il sostegno di progetti di tutela delle minoranze religiose e per la promozione di una cultura di tolleranza religiosa in generale. La situazione determinatasi in Egitto chiama altresì il nostro Paese in primis, ma anche tutti gli altri Paesi europei e le istituzioni comunitarie, nonché quelle internazionali, a un di più di presenza, a una responsabilità più chiara e concreta per assicurare alla popolazione di quel Paese in particolare un presente e un futuro di pacifica convivenza, nella sicurezza più grande. Occorre affrontare, cioè, quella situazione egiziana nel quadro di una politica mediterranea, perché è in tutta questa area, dal Nordafrica alla Turchia, che i radicalismi cercano di cancellare secoli di convivenza e dialogo tra le fedi.

Il tragico e barbaro rapimento di Giulio Regeni, con la sua scomparsa avvenuta in circostanze ancora da chiarire dal momento che non sono stati trovati i responsabili, dà al nostro Paese titoli ulteriori per guidare iniziative volte ad assicurare un contrasto efficace della minaccia terroristica in un Paese chiave come l'Egitto; ed è proprio su questi temi che abbiamo posto interpellanza al Governo.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale, Vincenzo Amendola, ha facoltà di rispondere.

VINCENZO AMENDOLA, Sottosegretario di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale. Presidente, desidero in primo luogo ringraziare l'onorevole Preziosi per aver sollevato una questione di grande attualità e rilevanza internazionale, anche alla luce della mozione approvata da questa Camera da lei proposta, riguardante il rispetto dei diritti umani e della libertà religiosa, e in questo specifico della sua interpellanza, in Egitto. Un tema, come lei citava, ancora più attuale, vista la storica visita del Santo Padre in quel Paese, che inizierà proprio tra poche ore; e la ringrazio per le sue parole, che aprono anche ad una visione della necessità di interrogarsi e di agire sulla convivenza religiosa, contro le vecchie e nuove persecuzioni.

Come è noto, il Ministro Alfano ha immediatamente condannato i vili attentati compiuti durante la domenica delle palme nelle due chiese cristiane copte di Tanta ed Alessandria, che hanno causato un tributo di sangue spaventoso in un luogo di pace. Nell'esprimere vicinanza alle famiglie e alle vittime e solidarietà alle chiese copte e al popolo egiziano, il Ministro Alfano ha ribadito che il Governo italiano è al fianco dei Paesi impegnati in prima linea a contrastare il terrorismo, in Egitto come in tutto il Medio Oriente; si tratta anche di una minaccia diretta a colpire la convivenza pacifica e le minoranze religiose. Non a caso, tali orribili attentati costituiscono da un lato la riprova dell'efferatezza senza limiti degli esecutori e dei mandanti di tali stragi, dall'altro la conferma che in Egitto, come in altre aree del Medioriente e del Nordafrica, colpite dal fenomeno terroristico, martoriate da conflitti settari, le comunità religiose cristiane pagano un tributo di sangue altissimo alla destabilizzazione regionale in corso, e cadono vittime di violenza e intimidazione, spesso nei loro stessi luoghi di preghiera.

Il Governo italiano è ben consapevole della dimensione della sfida terroristica cui deve far fronte l'Egitto, e del tentativo del terrorismo di scatenare nel Paese un conflitto su basi religiose, alterando equilibri e convivenze millenarie tra comunità di diverso credo, unite tuttavia da una forte identità nazionale. Il nostro comune impegno per sconfiggere la barbarie del terrorismo e ogni forma di intolleranza e fanatismo può produrre risultati concreti e durevoli solo attraverso un progresso dell'intera società egiziana, riaffermando i valori fondamentali del pluralismo e dello Stato di diritto, garantendo il pieno rispetto dei diritti economici, civili, politici, sociali e culturali, nonché assicurando spazio per la società civile ai difensori dei diritti umani.

Il Governo italiano, insieme ai partner europei, mantiene con l'Egitto un confronto molto franco su tali temi: come lei ricordava, un confronto franco che nell'ultimo anno ci ha visti fortemente impegnati e determinati nella ricerca della verità sul dolorosissimo caso Regeni.

Il fatto che l'Egitto sia un Paese chiave della regione nella lotta contro il terrorismo non può essere considerato come un ostacolo alla ricerca della verità: piuttosto, il fatto che abbiamo sempre riconosciuto all'Egitto questo ruolo deve essere un incentivo alla ricerca della verità; e allo stesso modo, quando poniamo la questione del rispetto dei diritti umani, non lo facciamo certo per minare la stabilità dei Governi, ma lo facciamo per consolidarla e per creare condizioni più stabili di governo in un Paese, come l'Egitto, così decisivo in tutta la regione.

Siamo quindi pronti ad assistere il Cairo nel raggiungere questi obiettivi. Uno strumento importante, peraltro evocato nella stessa interpellanza e sul mandato della mozione approvata proprio da questa Camera, è costituito dalla cooperazione allo sviluppo. La cooperazione italiana è infatti particolarmente attiva sul piano generale della tutela dei diritti umani in Egitto: è in corso un programma dedicato ai diritti dei minori e all'empowerment delle famiglie; sono stati inoltre recentemente approvati due importanti programmi di assistenza, l'uno contro la violenza di genere e l'altro in favore degli adolescenti a rischio di immigrazione irregolare, che troveranno concreta attuazione mediante un'azione coordinata e concertata con le organizzazioni internazionali operanti in blocco. Nella regione il Governo promuove anche numerose iniziative umanitarie negli scenari di crisi, a sostegno delle comunità religiose ed etniche vittime della violenza di Daesh e di altri gruppi terroristici; tra queste iniziative figurano programmi di cooperazione allo sviluppo specificamente mirati a sostenere sul piano umanitario gli appartenenti alle comunità minoritarie in Medioriente, nel pieno rispetto dei principi di imparzialità e umanità.

Desidero sottolineare che su di un piano più generale, la tutela della libertà di religione e delle minoranze religiose nel mondo sono temi per i quali è fortissimo l'impegno politico del Ministro Alfano e di tutto il Ministero, col supporto anche degli atti della Camera qui approvati. La Farnesina, anche grazie alla costante azione di verifica e monitoraggio della condizione delle minoranze religiose nel mondo svolta dalla propria rete diplomatica, conduce numerose iniziative sul tema, anche in coordinamento con l'Unione europea: su nostro impulso, il tema della tutela delle libertà di religione è al centro di risoluzioni tematiche promosse annualmente dall'Unione europea in seno all'Assemblea generale delle Nazioni Unite e del Consiglio diritti umani, ricordando anche la nostra presenza in Consiglio di sicurezza, che è vigile su questi temi.

La tutela della libertà di religione e delle minoranze religiose è uno dei temi oggetto del dialogo di politica estera che il Ministro Alfano ha avviato sin dall'inizio del suo mandato con la Santa Sede. Si tratta infatti di valori imprescindibili, su cui intendiamo far convergere la comunità internazionale; e il suo richiamo al lavoro delle chiese contro le nuove persecuzioni e per una nuova convivenza va assolutamente in questa direzione. Guardiamo - non è un caso, proprio in questa giornata storica - con grande speranza alla missione del Santo Padre al Cairo, nel ricordo delle parole che da sempre pronuncia anche il Grande Imam di al-Azhar, che invita il mondo intero ad unirsi e a serrare i ranghi per affrontare e porre fine al terrorismo. E proprio nella consapevolezza che i leader religiosi possono svolgere un ruolo fondamentale nella prevenzione dell'incitamento all'odio e alla persecuzione delle minoranze, il Ministero, e soprattutto il Ministro Alfano, intendono promuovere prossimamente, con la qualificata partecipazione della Santa Sede, un evento dedicato alla tutela della libertà religiosa e delle minoranze religiose.

PRESIDENTE. Il deputato Ernesto Preziosi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

Colgo l'occasione per salutare il Liceo scientifico statale “Pietro Mazzone” di Roccella-Gioiosa Ionica (Reggio Calabria), che segue i nostri lavori. Saluto gli studenti e i docenti (Applausi). Prego, collega Preziosi.

ERNESTO PREZIOSI. Ringrazio il sottosegretario, e ringrazio attraverso lui il Ministro e il Governo intero, per quanto ha detto e per quanto hanno messo in cantiere, oltre le cose già fatte finora. In fase di replica vorrei tornare solo un momento a ribadire l'importanza del ruolo che il nostro Paese può svolgere all'interno dell'Unione su questo tema in particolare.

L'Italia è un Paese centrale per la libertà religiosa, ospitando la Santa Sede, e come Parlamento non possiamo ignorare la rilevanza e responsabilità che come Paese abbiamo per tutto ciò che è possibile fare; ma insieme è fondamentale che l'Italia giochi un ruolo determinato all'interno dell'Unione europea.

Esistono due risoluzioni del Parlamento europeo sulla libertà religiosa, una del 2011 e l'altra del 2016. Oltre a ribadire gli impegni urgenti del quadro internazionale, è importante notare che nella seconda delle risoluzioni citate si è stabilito, al punto n. 10, di nominare una figura nuova, un rappresentante speciale e permanente per le questioni della libertà di religione e credo. È stato nominato per questo Ján Figel', slovacco, già commissario europeo per l'istruzione e la cultura. Questa nuova figura è alle dirette dipendenze del Presidente della Commissione, quindi, e non dell'Alto rappresentante per la politica estera. Mi sembra come una sorta di rafforzamento di quell'azione che l'Unione intende svolgere in questa direzione e questa nomina evidenzia anche un implicito legame con le azioni di cooperazione allo sviluppo della UE, così come avevamo richiamato anche nella mozione che il Partito Democratico ha presentato nel settembre scorso.

D'altra parte, va riconosciuto che l'Unione europea ha ripetutamente espresso il suo impegno a favore della libertà di religione, della libertà di coscienza e della libertà di pensiero e ha sottolineato che i Governi hanno il dovere di garantire tale libertà in tutto il mondo, così come ha sottolineato che lo sviluppo dei diritti dell'uomo, della democrazia e delle libertà civili è la base comune su cui l'Unione europea fonda le sue relazioni con i Paesi terzi e ciò è stato contemplato dalla clausola democratica figurante proprio negli accordi conclusi tra l'Unione e tanti di questi Paesi.

Inoltre, considerato che secondo l'articolo 18 del Patto internazionale sui diritti civili e politici ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione, che tale diritto include la libertà di avere o di adottare una religione o convinzione di propria scelta, così come la libertà di manifestare la propria religione o convinzione, individualmente e collettivamente, in pubblico o in privato, mediante il culto, l'insegnamento, le pratiche e l'osservanza dei riti, è ovvio che la libertà di pensiero e di coscienza si esprime anche per quanto riguarda i credenti e non solo per loro, ma anche per gli altri, per gli agnostici e per le persone senza credo. C'è una tutela complessiva che ribadisce proprio attraverso questa sottolineatura il riferimento diretto e centrale ai diritti essenziali della persona. Allora, è necessario che l'Unione europea ai vari livelli ponga proprio in essere azioni concrete, come quelle che lei già annunciava, nella piena condivisione degli Stati membri e capaci di influire positivamente nelle relazioni internazionali. È un modo efficace per esprimere la preoccupazione per l'abuso della religione da parte dei responsabili di atti terroristici in numerosi regioni del mondo e una denuncia chiara di quelle che sono le strumentalizzazioni della religione in diversi conflitti politici; la religione è altra cosa, le fedi e le confessioni sono altro da quello che le ideologie o addirittura il terrore, il volere di morte e di distruzione, possono portare.

Papa Francesco diceva, nel viaggio compiuto nel novembre 2015 in Africa, che il dialogo interreligioso non è un'opzione ma una necessità. È una necessità evidente e noi, come politica, non possiamo non recepire che questa necessità ci riguarda tutti insieme.

(Iniziative volte ad ottimizzare la governance di Enit con particolare riguardo alla trasparenza di procedure di assunzione e di gara, nonché di spese per missioni e retribuzioni – n. 2-01771)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Fantinati ed altri n. 2-01771 (Vedi l'allegato A).

Chiedo al deputato Fantinati se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

MATTIA FANTINATI. Grazie, Presidente. Già il titolo è abbastanza eloquente. L'ENIT, agenzia italiana del turismo, a seguito della trasformazione in ente pubblico economico è attualmente guidata da un consiglio di amministrazione nuovo che è stato nominato dal Governo nel luglio 2015, cioè oltre un anno e mezzo fa.

In questo pur lungo lasso di tempo, come è del tutto evidente, non sono stati ancora raggiunti i risultati attesi e l'unico effetto visibile della gestione post riforma è un aumento sia dei costi dell'ente sia dell'opacità delle scelte effettuate, che appaiono eccessivamente discrezionali e difformi dalla normativa vigente.

Innanzitutto, si segnala che il sistema di governance in ENIT si è dimostrato inefficace e dispendioso, oltre a non consentire un monitoraggio costante dell'attività svolta e segnatamente di quella affidata al direttore esecutivo, il quale, in verità, ha un ruolo effettivo da direttore generale.

Sono state, poi, riscontrate moltissime opacità, sulle quali si chiede che venga fatta chiarezza una volta per tutte, riguardanti, tra l'altro: conflitti di interessi, incompatibilità, gestione dei progetti, contrazione dei finanziamenti, vigilanza e controllo e funzioni di indirizzo, missioni, uffici esteri, contratti di lavoro, gare, appalti, selezione e impiego delle risorse umane, immobili e sprechi di risorse.

Peraltro, sotto il profilo operativo si deve considerare che in più di un anno e mezzo l'ENIT ha realizzato poco o nulla e di certo non attività quantitativamente e qualitativamente adeguate alle aspettative, limitandosi a poche campagne social media e a qualche evento fieristico, in cui è stato possibile valutare l'implementazione degli aspetti di immagine. Si tratta degli unici risultati conseguiti nella nuova gestione.

Torniamo a parlare di governance, che non solo non corrisponde a quello assentito dal Ministero vigilante, ma prevede anche posizioni e profili dirigenziali difformi dalla pianta organica originariamente stabilita. Probabilmente, si è stravolto il modello organizzativo per ovviare alle situazioni di incompatibilità e al conflitto di interessi. Inoltre, tale pianta organica non risulta pubblicata sul sito istituzionale dell'ente in quanto - si suppone - mai approvata dal Ministero vigilante. Quindi, il nuovo schema organizzativo adottato dal consiglio di amministrazione sarebbe gravato da seri profili di illegittimità.

In un siffatto contesto la nomina dei dirigenti, seppure sia avvenuta sulla base di delibere del consiglio d'amministrazione, non ha seguito le procedure corrette in termini di trasparenza relativamente ai criteri applicati e alle modalità di valutazione dei soggetti responsabili. La pubblicità data alla selezione è stata minima: una piccola news su una pagina di terzo livello del sito - nessun quotidiano, nessun altro canale – e, ad ulteriore dimostrazione della carenza nella procedura, emergono seri dubbi sull'imparzialità della stessa, laddove i candidati prescelti sono risultati essere in rapporti consolidati con gli organi dell'ente o con il Ministero vigilante. Ancora, è stato verificato un grave difetto di trasparenza, in quanto i curricula dei nuovi dirigenti non sono stati caricati nella sezione “amministrazione trasparente” del sito.

Sul piano generale, poi, risulta violato il dettato della legge di riforma dell'ENIT in materia di invarianza della spesa, giacché con la riorganizzazione dell'ente vi è stato un incremento del numero complessivo dei dirigenti a carico del bilancio dello Stato, considerato che agli originali nove, trasferiti ad altri uffici pubblici, si sono aggiunti tre neoassunti e tutti, indipendentemente dalla loro allocazione, rimarranno in via permanente una voce di costo nei capitoli di spesa dell'ENIT.

Nonostante l'assunzione di personale dirigenziale decisa dal consiglio d'amministrazione dell'ente nel corso del 2016, emerge tuttavia una diffusa incapacità operativa e gestionale che si riflette costantemente sul raggiungimento e perseguimento dei risultati e sull'immagine complessiva dell'offerta turistica del nostro Paese.

Si segnalano, poi, le lacune nella comunicazione istituzionale, soprattutto in quella offerta dal sito, con seri problemi di trasparenza e completezza, nonché nell'aggiornamento dei dati delle informazioni fornite tramite web. Tale carenza contrasta con il dispendio di energie - e risorse chiaramente - finalizzato a proiettare un'immagine positiva degli amministratori attraverso media, strumenti estranei agli interessati, e politiche di promozione turistica.

Analoghe lacune, se non maggiori, emergono dalla gestione dell'osservatorio, affidato per legge all'ENIT, di cui non è attualmente assicurata la piena operatività. Vi è, poi, la visibile carenza di una reale capacità elaborativa e progettuale, non essendo presidiata tale fondamentale esigenza mediante l'individuazione di un adeguato profilo dirigenziale.

Dunque, è molto difficile comprendere i criteri con i quali è stata data la priorità nell'assunzione di personale dirigente, nonché quale ordine sia stato dato agli obiettivi sottesi al piano delle assunzioni definite dalla stessa pianta organica vigente deliberata dal consiglio d'amministrazione. Tale problema investe parimenti il Ministero vigilante, che non si è dimostrato attento nel verificare le difformità contenute nei citati atti assunti dall'ente.

Inoltre, il profilo giuridico dell'ENIT, quale ente pubblico - ancorché economico, ricordiamo - ha importanti implicazioni per ciò che riguarda le politiche del personale, cioè in materia di assunzioni, dotazione organica e trattamento economico, contenimento della spesa, procedure di selezione eccetera. Un'amministrazione pubblica ha l'obbligo di rispettare i principi stabiliti dalla legge in termini di trasparenza, pubblicità ed imparzialità, nonché quelli riferiti all'ordinamento del lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione, la cui infrazione pone a serio rischio la validità dei contratti stipulati.

L'iter individuato dall'ENIT per procedere a nuove assunzioni appare piuttosto controverso. Seppure l'ENIT non avesse l'obbligo di applicare la disciplina che regola il reclutamento del personale negli enti pubblici (come invece richiede la stringente interpretazione giurisprudenziale soprattutto della Corte dei conti), e abbia quindi adottato una procedura di selezione diversa dal concorso pubblico usualmente inteso, tuttavia l'articolo 18 del decreto legislativo n. 112 del 2008 prescrive comunque l'inderogabile applicazione dei criteri di trasparenza, pubblicità ed imparzialità. Invece, gli avvisi del bando di assunzione non risultano apparsi su alcun quotidiano, come nessuna iniziativa risulta essere stata intrapresa dall'ente per garantire la massima diffusione e partecipazione alla selezione. Secondo una consolidata giurisprudenza e secondo le indicazioni comunitarie, pubblicare l'avviso solo sul sito è ritenuto assolutamente insufficiente.

Riguardo al rispetto dei principi di trasparenza, nel bando è stata citata una delibera dell'ENIT, in merito alla commissione concorsuale, non presente né consultabile sul sito, al pari di tutti gli altri atti assunti, la cui pubblicazione nell'area trasparenza risulta essere stata completamente omessa.

Quanto al criterio di imparzialità, si rileva come il bando consenta alla commissione concorsuale di utilizzare soggetti terzi, contravvenendo in primis al regolamento di organizzazione dell'ente, che in tali procedure obbliga ad avvalersi di personale interno in possesso di adeguato livello contrattuale, e facendo emergere forti dubbi circa la genericità di siffatta previsione, che espone al rischio di rilevanti opacità e alterazioni dei risultati.

Queste perplessità sono avvalorate da un'altra previsione contenuta nel bando, riguardante l'assegnazione di un punteggio all'esito del colloquio (quantificato entro un limite massimo di 40 punti) senza che sia accompagnato dall'indicazione di alcuna griglia di valutazione o di criteri puntualmente definiti.

A quanto pare, e concludo, una gestione così fallimentare dell'ENIT non fa altro, a giudizio degli interpellanti, che confermare la dicitura di ente inutile o meglio «carrozzone»; a conferma di ciò, si ricorda una lettera spedita da dipendenti e dirigenti dell'ente all'ex Presidente del Consiglio pro tempore Matteo Renzi, nella quale chiedevano di essere accorpati all'ICE e di farlo il più rapidamente possibile. Sottosegretario, che dire, sappiamo che l'efficienza, soprattutto nel pubblico, che poi si riflette nel privato, passa attraverso la competenza, che nasce dalla meritocrazia e dalla trasparenza.

PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato per i Beni e le attività culturali e il turismo, Dorina Bianchi, ha facoltà di rispondere.

DORINA BIANCHI, Sottosegretaria di Stato per i Beni e le attività culturali e il turismo. L'onorevole Fantinati, unitamente agli onorevoli colleghi, chiede al Ministero dei Beni culturali quali iniziative intenda assumere per ottimizzare la governance dell'ente ENIT, e garantire la trasparenza delle procedure di assunzione, gare, missioni retribuzioni.

Con riferimento al tema del modello organizzativo, si rappresenta che, all'indomani dell'insediamento del nuovo consiglio di amministrazione dell'ENIT, avvenuto in data 8 ottobre 2015, lo stesso, preso atto della delibera n. 19 del 2015 del commissario straordinario, ha provveduto a redigere, nel dicembre 2015, un nuovo piano di riorganizzazione dell'ente funzionale al rilancio della sua attività, comunicato all'amministrazione con protocollo 5322 del 22 dicembre 2015 e riscontrato favorevolmente dalla stessa in medesima data, nelle more di una successiva redazione definitiva.

Inizialmente erano previste cinque figure dirigenziali in corrispondenza di cinque direzioni, a fronte delle nove inserite nel precedente organigramma dell'ente pubblico non economico.

Successivamente, lo stesso consiglio di amministrazione ha provveduto a rimodulare i profili dirigenziali, riducendoli a tre (direttore finanziario, direttore innovazione e sviluppo digitale e direttore commerciale), in aggiunta alla figura del direttore esecutivo, essendosi dotato nel frattempo di un regolamento di organizzazione che prevede una dotazione organica corrispondente a 78 unità di personale.

Il citato regolamento organizzativo, peraltro, è stato di recente ulteriormente modificato in alcune sue parti ed è in corso di pubblicazione sul sito istituzionale dell'ENIT. Al momento sono pubblicate sul sito web dell'ente, in esposizione grafica, le articolazioni degli uffici con la descrizione sintetica dei singoli settori di attività, nonché la scheda relativa al numero delle unità di personale in servizio. Lo schema grafico consente di accedere alle rispettive caselle e avere informazione immediata e diretta delle funzioni e del personale attribuito.

Per quanto riguarda le modalità di svolgimento della selezione richiamata, si precisa che sia i relativi avvisi che i curricula dei nuovi dirigenti sono pubblicati sul sito web dell'ENIT e sono consultabili seguendo il percorso: “Amministrazione trasparente”, poi “Personale”, poi cliccando “Dirigenti”.

Per quel che concerne l'invarianza della spesa relativa alla riorganizzazione dell'ente, si rappresenta che, con decreto 71791 del 2016 è stata disposta la variazione in diminuzione sul capitolo 6820 del centro di responsabilità 16-Direzione generale turismo, pari ad euro 580.562 in conseguenza della mobilità verso altre amministrazioni del personale dirigenziale dell'ente prima della sua trasformazione.

Gli avvisi di reclutamento e le relative procedure di selezione del personale rispondono a quanto previsto nel regolamento per il reclutamento e la selezione del personale dipendente, pubblicato sul sito web dell'ente, seguendo il percorso “Amministrazione trasparente”, poi cliccando “Bandi di concorso” e “Regolamento”, che, in ottemperanza a quanto disposto dall'articolo 18 del decreto legislativo n. 112 del 2008, prevede all'articolo 1, comma 6, l'esemplificazione dell'applicazione dei criteri di trasparenza, pubblicità e imparzialità. La consistente partecipazione ai bandi pubblicati, che risulta essere stata pari a 10 mila istanze, cioè domande, è sicuramente elemento indicativo dell'effettiva concorrenzialità garantita dalle modalità di pubblicità adottate.

In particolare, secondo quanto comunicato dallo stesso ENIT, gli avvisi sono stati pubblicati sul sito web istituzionale e veicolati sui principali canali social (Facebook, Twitter, blog, giornali online).

In relazione agli altri elementi evidenziati nell'interpellanza e che si riferiscono alle modalità di costituzione della commissione concorsuale, la possibilità di utilizzare soggetti terzi e le modalità di assegnazione dei punteggi sono coerenti con quanto previsto nel già citato regolamento, che, all'articolo 5 (che è l'articolo sulla procedura selettiva per le assunzioni a tempo determinato), ripreso, poi, dall'articolo 6 (procedura selettiva per le assunzioni a tempo indeterminato), dice che la commissione incaricata delle attività di reclutamento e selezione è composta dal direttore esecutivo o da un suo delegato, dal dirigente responsabile delle risorse umane o da un suo delegato e dal dirigente dell'area dell'attività richiedente, ed eventualmente da esperti, anche esterni, nominati dal consiglio di amministrazione.

Per quanto concerne il punteggio attribuibile al singolo candidato, il bando fissa pari a 100 il valore massimo disponibile, specificando i criteri di attribuzione che saranno declinati nel singolo bando.

La lettura degli avvisi pubblicati evidenzia come, a proposito dei titoli e del curriculum, sia presente una definizione di dettaglio e, per quanto concerne il colloquio, il valore massimo attribuibile è indicato pari a 40 punti. Il bando specifica che il colloquio verterà sulle attività e sulle mansioni connesse alla funzione oggetto di selezione.

Il Ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo, onorevole Fantinati, è pienamente consapevole di quale sia il ruolo strategico dell'ENIT per il rilancio di un settore, che è quello del turismo, che è estremamente importante per il nostro Paese, e continuerà a seguire l'implementazione della riforma come delineata nel decreto-legge n. 83 del 2014, proprio concepita per ridare a quest'ente una maggiore capacità operativa.

PRESIDENTE. Il deputato Fantinati ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

MATTIA FANTINATI. Presidente, sottosegretario, è chiaro che mi spiace un po' che nelle tribune in Aula non vi siano rappresentanti dell'ente, però parlo con lei quale membro del Ministero che ha l'obbligo e la responsabilità di vigilare.

In questa situazione in cui ci troviamo c'è quantomeno una culpa in vigilando. Ho ascoltato quello che mi ha detto e ho ascoltato anche l'excursus che mi ha fatto, però, purtroppo, non posso essere soddisfatto della sua risposta proprio per la situazione in cui l'ENIT si trova in questo momento, perché, dopo la riforma - non che prima avesse lavorato in modi eccezionali - ma soprattutto dopo la riforma, l'ENIT è completamente fermo, non sta producendo assolutamente nulla.

E la cosa che mi dispiace è che all'interno di questo ente ci siano dirigenti, ci siano delle gare di appalto fatte un po', chiamiamole, al limite della legalità, che ci siano conflitti di interessi che noi abbiamo denunciato tantissime volte, gliene dico uno per tutti, quello di Lazzarini che continua a essere il country manager della Emirates, che è un vettore di trasporto, oppure di Preiti, che è socio di maggioranza di Sociometrica, oppure Bastianelli, che è stato assunto a tempo indeterminato, quando un contratto di pubblica amministrazione che assume dei burocrati dovrebbe essere di tre anni, a tempo determinato. E ci si chiede perché ci siano queste situazioni, tant'è vero che, a supporto delle mie osservazioni, qualche settimana fa il Ministro stesso, Franceschini, fermato ai microfoni di Piazza Pulita, alla domanda ‘cosa ha fatto lei in questo anno e mezzo?' non ha saputo dare un esempio concreto, palpabile, di cosa abbia effettivamente fatto.

E guardi che, lei l'ha anche detto prima, la promozione è importantissima. Le faccio un esempio da cui possiamo copiare - purtroppo copiamo sempre dall'estero -: lo Stato del Colorado non ha promosso il suo Stato per due anni, ha perso il 30 per cento degli incoming, 2 miliardi di dollari. Allora hanno preso un ufficio, hanno iniziato a fare promozione, hanno investito nel primo anno 5 milioni di dollari, hanno avuto un return on investment, un ROI, del 1200 per cento e negli anni successivi, negli altri sei anni, ne hanno messi altri 20 milioni. E il compito dell'ENIT, proprio perché siamo il Paese della biodiversità, del patrimonio culturale, della natura, della bellezza, dell'enogastronomia, è importante, ma anche relativamente semplice, perché promuovere l'Italia nel mondo è facilissimo. Mi viene in mente un esempio su tutti: Pompei. Forse non ha nemmeno bisogno di un brand suo per farsi conoscere nel mondo. Pompei è famosissima, è tanto famosa dentro, quanto è famigerato ciò che sta fuori Pompei, e molto probabilmente in come si trovano gli scavi archeologici di Pompei.

Io glielo dico molto tranquillamente, io sono di Verona e sono anche fortunato, perché Shakespeare, un poeta inglese di cinquecento anni fa, ambientò uno dei suoi principali poemi, tragedie anzi, a Verona, e tutti i visitatori che vengono a scambiarsi promesse d'amore sotto il balcone di Giulietta scoprono che poi possono ascoltare la lirica in uno degli anfiteatri romani più affascinanti del mondo; sempre se rimane ancora così, perché abbiamo un sindaco, Tosi, che ha dato la sua gestione agli amici degli amici e la Fondazione che gestisce l'anfiteatro, non si capisce come mai, ma è in perdita di 30 milioni e questa persona, chiaramente, non era assolutamente competente. E non solo Verona, ma anche tanti altri, non è che il Cenacolo Vinciano abbia avuto bisogno del libro di Dan Brown, però dopo il libro abbiamo avuto un boom di visite. Perché dobbiamo farci promuovere il Paese da stranieri illuminati, quando c'è l'ENIT che sperpera soldi pubblici e dovrebbe fare solo questo?

Sottosegretario ai beni culturali, onorevole Bianchi, io so bene che lei vanta una lunga carriera politica, soprattutto di lungo corso, mi permetta anche un po' variegata visto che in poco più di dieci anni ha cambiato sette partiti. Io immagino, sono sicuro che, sebbene lei sia un neuroradiologo, sappia quanto il turismo è importante per il nostro Paese: 10 per cento del PIL, 11 per cento dell'occupazione e, soprattutto, ha una caratteristica, è ad alta intensità di manodopera: un miliardo investito nel petrolio genera 300 posti di lavoro, un miliardo investito nel turismo genera 12 mila posti di lavoro. Quindi, quando diciamo che il turismo è il nostro petrolio, il nostro oro nero, addirittura lo stiamo sottostimando. E poi le do anche un altro dato: 30 mila miliardi - hanno stimato - è il valore del nostro patrimonio culturale, ma forse non è la cifra di per sé, è che chi l'ha stimato, ha stimato anche quello di Francia e Spagna ed ha trovato che il nostro è sette volte superiore, ma noi come introiti siamo assolutamente inferiori a questo.

Vi siete mai chiesti, colleghi, come mai l'Italia è il Paese più desiderato da ogni turista, ma vengono a visitarlo una volta sola e non tornano più? Noi siamo, nella classifica dei Paesi più desiderati, al primo posto; siamo al quinto per quanto riguarda gli arrivi e qui si potrebbe anche discutere, non potrebbe neanche essere un problema; siamo al settimo, però, per quanto riguarda gli introiti e questo ci lascia capire che ci sono due Paesi, Regno Unito e Tailandia, che hanno meno arrivi di noi, ma introitano e fatturano molto di più.

Poi siamo all'ottavo posto per quanto riguarda la competitività; abbiamo perso, negli ultimi dieci anni, 25.000 posti di lavoro e 3,4 miliardi di euro, ma li abbiamo persi in un periodo, in questi ultimi dieci anni, dove il turismo nel mondo è schizzato alle stelle e noi, invece di cavalcare l'onda, di surfare l'onda, in qualche modo non solo l'abbiamo subita, ma l'abbiamo anche persa.

Tutto ciò si capisce se si guarda un'altra classifica ed è questa la cosa che mi fa arrabbiare. A parte il diciottesimo posto nella classifica di Country Brand, c'è un articolo di poco tempo fa su IlCorriere della Sera che diceva che siamo al diciottesimo posto come attrattività, anche per la corruzione nella politica, ma la classifica che mi fa più arrabbiare è che siamo sessantacinquesimi rispetto a quanto il Governo percepisce il turismo come settore strategico: siamo il Paese più desiderato e siamo uno dei Paesi che non tiene conto del turismo come risorsa strategica. Primo posto e sessantacinquesimo: questa è una vergogna.

Sull'ENIT ho continuato a fare interrogazioni, interpellanze e mozioni; ho presentato, dal 14 ottobre 2016 ad oggi, sette interrogazioni sui conflitti di interessi, sugli appalti poco trasparenti, sulle gare, per esempio, sugli stand fieristici dati sempre alla Gamma Srl, ma non ho ancora ricevuto una risposta.

Allora, non posso dire che siate ignoranti, non posso dire che non ve ne siate accorti; posso pensare, come qualche maligno, che siate complici e che non abbiate fatto nulla e, da quanto è emerso anche nell'ultimo anno, vi è un'evidente incapacità dell'ENIT nella redazione e nella realizzazione di progetti di promozione, nonché dei piani di attività e interventi puntuali. Risulta addirittura che l'ENIT non abbia aggiornato né il piano triennale né quello annuale, l'unica cosa che sappia fare è andare in qualche fiera (quella di Mosca ci è costata circa 500.000 euro per due stand). Glielo dico, sottosegretario: sono andato anch'io a quella di Mosca per vedere com'erano le cose, per capire com'erano le cose. Ho chiesto di parlare con il direttore, erano le ore 10 del secondo giorno di fiera, non c'era più nessuno, erano andati via tutti e mi hanno offerto un prosecco. Allora, è così che noi investiamo i nostri soldi? Quando poi Bastianelli stesso, ai microfoni di Piazza pulita, dice - testuali parole - che le fiere sono “ininfluenti per promuovere realmente il turismo nel nostro Paese”. Lo dice Bastianelli stesso. Non risulta nemmeno coltivata sinora nessuna efficace strategia di lancio sul web dell'immagine turistica nazionale, anche mediante l'utilizzo dei diversi strumenti digitali offerti nell'ambito della rete del sistema di telecomunicazioni, nonostante l'assunzione di un dirigente con l'incarico specifico di seguire questo delicato innovativo settore. L'ENIT ha rinunciato da tempo a presidiare - e finisco, Presidente - in modo robusto e costante l'importante segmento promozionale rappresentato dai workshop all'estero, nonostante il loro indubbio valore sotto il profilo commerciale.

Non finisce qui, non finisce con questa interpellanza, non finisce con queste interrogazioni. Io farò di tutto per far venire alla luce tutto quello che io ho scoperto in termini di situazioni poco trasparenti, a costo di andare all'ANAC e alla Corte dei conti.

(Iniziative di competenza, anche di carattere ispettivo, a tutela dei diritti del minore in relazione ad un recente caso di allontanamento dalla famiglia di origine – n. 2-01769)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Marco Di Stefano ed altri n. 2-01769 (Vedi l'allegato A).

Il deputato Marco Di Stefano ha facoltà di illustrare la sua interpellanza.

MARCO DI STEFANO. Grazie, Presidente. Mi permetta solo dieci secondi per esprimere la mia solidarietà e l'apprezzamento al sottosegretario Bianchi per un attacco appena fatto dal mio collega sulla vita politica del sottosegretario, che nulla ha a che fare nel merito della questione di cui abbiamo discusso…

PRESIDENTE. Dovrebbe parlare della sua interrogazione.

MARCO DI STEFANO. Anche lei avrebbe dovuto interrompere il collega.

PRESIDENTE. Cosa?

MARCO DI STEFANO. Sull'attacco che non c'entrava niente nel merito.

PRESIDENTE. Sono espressioni politiche. La invito a parlare di questa interrogazione, per favore. Io penso di saper fare il mio lavoro.

MARCO DI STEFANO. Signor sottosegretario, in questa interpellanza, insieme ad altri trenta deputati, non solo del Partito Democratico, vorremmo porre alla sua attenzione un tema sociale molto importante, molto delicato, inevitabilmente politico: su come le istituzioni devono intervenire per garantire che, anche nelle sempre più frequenti crisi delle unioni familiari, non siano i bambini, se non in casi inevitabili, a pagarne il prezzo più alto. Potrebbe bastare anche un solo caso, e tutti sappiamo che è accaduto purtroppo, in cui si sbaglia, è umano. Potrebbe sbagliare un'autorità giudiziaria sollecitata da uno dei due genitori in guerra, potrebbe sbagliare un CTU, potrebbe sbagliare un servizio sociale o una casa famiglia, per stravolgere l'intera vita di un bambino - la vita intera di un bambino! -, che è innocente.

Ed è in questo ambito che si inserisce la vicenda di cui vorrei parlare oggi. Un bambino di dieci anni, il 15 febbraio 2017, ha svolto un tema sul rispetto, scrivendo queste parole: “Nel dizionario italiano la parola “rispetto” significa: astenersi da atti offensivi verso qualcuno. Secondo me è importante rispettare gli altri, perché, se tu non lo fai, loro non rispettano te e così via. A me invece è successo il contrario, dice il bambino. Un giorno, quando stavo a scuola, mentre facevo merenda, la maestra mi dice che c'erano delle persone che mi volevano parlare. Appena sono entrato nella stanza, mi sono saltate agli occhi tre persone, di cui una poliziotta senza la sua divisa e due assistenti sociali. Poi ho visto altre persone agli angoli. Io non sapevo niente, cosa mi dovevano dire e cosa mi dovevano fare. Secondo me questa esperienza, che ho vissuto, non deve insegnare niente a me, piuttosto a quelle tre persone che mi hanno preso con la forza e tutte le altre cose che mi hanno fatto. Dovrebbero essere loro a capire qualcosa. Io penso di essere abbastanza rispettoso nei confronti degli altri, perché ho capito come ci si sente a non essere rispettati.” Questo tema ha preso dieci dalla sua maestra.

Questo bimbo ha soli dieci anni, è straordinario, educato, studioso, pratica lo sport a livello agonistico, è tra i più bravi in Italia a giocare a tennis, in un prestigioso circolo sportivo. Questo bimbo racconta che il 15 dicembre scorso è stato prelevato a scuola, nelle ore di lezione, da un tutore, da un assistente sociale e cinque poliziotti. Racconta di essere stato fatto uscire dalla classe e portato in una stanza, dove, per due ore, è stato sottoposto a un interrogatorio pressante, minaccioso; ha pianto, si è disperato; ha chiesto, implorando ripetutamente, della mamma, mentre gli agenti insistevano nel portarlo via. Racconta che, dopo oltre due ore di tortura psicologica, è stato trascinato con forza per i corridoi della scuola, mentre continuava a piangere e gridare di volere la mamma. Racconta che in tre lo hanno sollevato, uno lo teneva per le gambe e due per le braccia, poi hanno raggiunto l'auto di servizio e l'hanno spinto dentro con forza, rassicurandolo che, una volta fuori dalla scuola, avrebbe potuto telefonare alla madre, ma hanno mentito.

E tutto questo è accaduto proprio a scuola, in quel luogo in cui un bambino dovrebbe ricevere insegnamenti per la sua vita e per il suo futuro, un luogo dove dovrebbe sentirsi al sicuro. Gli agenti hanno poi raggiunto la casa famiglia; la madre non è stata avvisata, se non dopo quattro ore, dell'accaduto, ma senza l'indicazione del luogo ove fosse il bambino. Al bambino è stato vietato di telefonare alla mamma per molto tempo e, quando finalmente ha potuto parlarle, le ha chiesto di raggiungerlo immediatamente, perché non poteva più resistere alle sofferenze e umiliazioni a cui era sottoposto.

Il 19 dicembre 2016 lo stesso bimbo, dopo quattro giorni passati senza mai uscire dalla casa famiglia e senza andare a scuola, parlando con la mamma, dice: “Non ce la faccio più. Non mi potete fare stare in questo schifo, voglio stare con te, dovete sbrigarvi, voglio stare con te, non ce la faccio più. Io non ci riesco più a vivere qui dentro, non ci riesco più. Perché ci devo andare di mezzo io? Che cosa c'entro io? Io non ho mai fatto niente, non ho mai fatto niente di male in vita mia, io mi ritrovo qui e non è giusto. Io voglio andare al circolo. Guarda quanto è bello il circolo - guardava le foto del suo circolo -, guarda quanto è bello, guarda che bella vita che facevo. Me l'hanno rovinata tutta, tutta me l'hanno rovinata. Non è possibile, non possono trattare così i bambini. Io piango sempre. Non è possibile. Perché devo vivere queste cose brutte? Perché?”

Sono passati 140 giorni da quel 15 dicembre ed ancora oggi il bambino vive in casa famiglia. È evidente la totale assenza di continuità col suo regime di vita precedente, da una condizione di benessere ad una condizione, direi, quasi di indigenza. Non può più avere le sue abitudini, la sua stanzetta, non può più praticare lo sport preferito, in cui era uno dei primi in Italia, né incontrare i suoi amici. Non può neanche - sembrerebbe - avere con sé un cellulare, un tablet o un computer, strumenti che oggi utilizzano tutti i bambini del mondo, oltre che per comunicare anche come fonte di conoscenza e di sapere.

Il lungo calvario di questo bambino deriva dalla separazione dei suoi genitori, che, iniziata come consensuale, si tramuta in una guerra a causa della diatriba sull'effettiva celiachia e intolleranza al glutine del minore.

La madre, essa stessa celiaca, e in possesso di numerosi referti attestanti la malattia, ha iniziato ad evitare la somministrazione di cibi contenenti glutine a tutela della salute del bimbo. Il padre, non concorde sul problema alimentare del figlio, avrebbe continuato - come sembrerebbe da notizie assunte - a somministrargli alimenti contenenti il glutine, sostenendo che l'intolleranza fosse frutto della follia di una madre. Questo fatto, purtroppo, provocava numerosi dolori fisici al bambino, per cui la madre, a tutela dello stato di salute del bambino, ha iniziato ad attuare misure di allontanamento del padre in difesa della sua incolumità. Il padre, come reazione, accusa la ex moglie di mettergli contro il figlio - e qui parliamo di PAS, di sindrome da alienazione parentale - e chiede la modifica delle condizioni di separazione con l'affido esclusivo del minore. La decisione, rimessa nelle mani del giudice ordinario, che rigetta la richiesta, finisce in corte d'appello, che commina il regime degli incontri protetti e stabilisce che il bambino abbia una dieta priva della sostanza di glutine.

Un'ispezione, datata 4 gennaio 2017, sottosegretario, da parte dell'ASL competente, riscontra, dopo un accurato sopralluogo nella casa famiglia, la totale carenza di ogni autorizzazione e prescrizione per la preparazione e somministrazione di alimenti a soggetti allergici e intolleranti, in particolare al glutine, atteso il fenomeno della contaminazione. Il sistema immunitario del piccolo Jacopo sarebbe stato ripetutamente compromesso per fenomeni di malassorbimento di sostanze nutritive, dovuti alla somministrazione di alimenti non privi di glutine, e la documentazione medica e le prove fotografiche in mio possesso, puntualmente trasmessale, sembrerebbero, purtroppo, dimostrare tutto questo.

Non solo, quindi, esiste il reale problema alimentare del bambino segnalato dalla madre, ma è ancora più grave il fatto che sarebbero in atto diversi procedimenti pendenti alla procura della Repubblica di Roma nei confronti dell'uomo, che avrebbe più volte aggredito la moglie alla presenza del figlio. Da tutto questo nasce lo stato di paura e timore della donna che, purtroppo però, nel cercare di proteggere se stessa e il figlio, viene interpretato come alienante nei confronti del padre ovvero viene accusata di PAS sul proprio figlio. Questo è il punto fondamentale di questa vicenda, così come di altre centinaia di storie simili: la PAS, ovvero la sindrome di alienazione parentale, che sembrerebbe non essere addirittura una malattia riconosciuta scientificamente, ma la semplice ipotesi di disfunzione psicologica.

Mi chiedo, e le chiedo: può essere la semplice ipotesi il motivo di un allontanamento forzato di un figlio da un genitore? O, per lo meno, si può arrivare ad una soluzione così grave, cioè quella di stravolgere l'infanzia di un bambino e segnare per sempre la sua vita senza resistenza, prima di un contraddittorio, di un processo, delle prove certe? Mi chiedo: se per caso un giorno dovesse essere accertato l'effettivo comportamento violento del genitore di fronte al proprio figlio, se venisse confermata la compromissione dello stato di salute del minore, dovuta all'alimentazione forzata a base di glutine, la madre potrebbe essere ancora accusata di PAS o più semplicemente essere riconosciuta come una madre, una delle tante madri che ama il proprio figlio e ha il dovere di proteggerlo? E nell'attesa dell'esito del procedimento, di una sentenza definitiva, è lecito strappare un bambino dalla propria realtà familiare e sociale per farlo vivere in una casa famiglia?

La storia di questo bambino, purtroppo, è la stessa storia di molti altri figli dello Stato, abbandonati al destino delle decisioni spesso affrettate ed imprevidenti di tutto il sistema della tutela minorile, un sistema che deve trovare un'organica riforma, ormai da troppo tempo in cantiere, ma mai realizzata. Mentre il dolore dei bambini e dei genitori credo debbano imporre un intervento prioritario rispetto a tante altre cose di cui si discute e si vota in quest'Aula e che, sinceramente, ritengo valgano molto di meno.

Io tenterò, insieme ad alcuni colleghi e tecnici di questa materia, di proporre una proposta di modifica della legge. Ma lei sa benissimo, senza che ci prendiamo in giro, quali sono i tempi in Parlamento. Per cui bisogna, secondo me, che il Governo si impegni a attuare un intervento immediato per cercare di risolvere questo problema, che coinvolge circa 30 mila bambini, 30 mila bambini che sono parcheggiati nelle case famiglia, nelle comunità di tutta Italia, bambini che a soli uno, due, tre, quattro anni, entrano in una struttura in attesa di tornare a casa o essere adottati e non sanno quando usciranno, bambini incastrati in un mondo nebuloso, fatto di cooperative, istituzioni, tutor, servizi sociali, tribunali minorili, in cui circolano fiumi di denaro e di finanziamenti. Delle strutture, addirittura, non si sa quante siano, non si sa neanche quanto realmente costino alle casse pubbliche. Bambini affidati temporaneamente per periodi che non dovrebbero durare più di due anni e che invece diventano sine die, in attesa di un decreto del tribunale che, a volte, non arriverà mai.

Questa non vuole essere un'accusa alle comunità delle case famiglia, la stragrande maggioranza delle quali fa un lavoro encomiabile, ma vuol essere una denuncia della sofferenza di ormai tanti, troppi bambini, che soffrono, e con loro soffrono i genitori, l'allontanamento forzato dalla propria famiglia; la stessa sofferenza del bambino protagonista della triste vicenda di cui parliamo, la stessa sofferenza della madre di questo bambino, la cui colpa è quella di essere troppo amorevole e protettiva. È una madre che sarà destinata ad esserlo sempre di più, sempre più alienante, se ogni sera alle diciannove ascolterà il proprio figlio supplicarla di fare qualcosa per ridagli il suo sacrosanto diritto di essere un bambino come tutti gli altri, ad avere il diritto di vivere la sua adolescenza come tutti i suoi amichetti, la sofferenza di una madre e di un figlio costretti a vedersi in unico incontro settimanale sotto la sorveglianza di assistenti sociali.

Sono qui, signor sottosegretario, a chiedere fino a che punto è lecito che un tribunale, in una società in cui il conflitto, spesso violento, è all'ordine del giorno per semplici parcheggi, per una partita di calcio, per una precedenza non data, intervenga togliendo un figlio alla madre quando non si ravvisano comportamenti talmente gravi da ricorrere a estremi rimedi, ma si ravvisino invece le solite ormai guerre tra marito e moglie laddove, per colpa a volte di semplice accuse dall'uno all'altro, gli unici a pagare un prezzo altissimo sono solo e sempre loro, i più innocenti, i bambini.

Il nostro codice civile prevede come il giudice possa disporre in via cautelare e urgente anche l'allontanamento del figlio dalla residenza familiare ovvero l'allontanamento del genitore convivente che maltratti o abusi il minore in ipotesi di comportamento dei genitori talmente gravi da non poter essere neutralizzato mediante misure meno invasive. In questo caso, invece, come purtroppo in molti altri, la motivazione dell'allontanamento è che uno dei due genitori potrebbe, per vendetta personale, avere accusato l'altro di essere malato di un eccesso di affetto divenendo alienante e simbiotico, al punto di mettere in cattiva luce un genitore rispetto al figlio.

Si potrebbe aprire un ampio dibattito e sicuramente si aprirà nei prossimi giorni un ampio dibattito. Io le chiedo sottosegretario innanzitutto se le risulta essere stata inviata una corposa documentazione dall'avvocato che assiste la madre del bimbo alla fine del 2016 e se “sì” quali iniziative ispettive ha intrapreso il Ministero; se quanto narrato e quanto allegato dagli interpellanti corrisponde a realtà; se la motivazione con cui il giudice avrebbe deciso di togliere il minore alla mamma sarebbe veramente quella di essere una madre simbiotica, con un eccesso di affetto, colpevole di PAS, sindrome di alienazione parentale, nonostante, come è noto, è in atto ancora una grande e accesa discussione tra psicologi e psichiatri mondiali in merito al suo riconoscimento scientifico; se questa vicenda come tante altre che sono ormai riportate ogni giorno dai media non possa in qualche modo suscitare preoccupazione al Ministero per i numerosi, a volte, affrettati casi di allontanamento forzato di minori dalle famiglie sulla base di motivazioni che appaiono spesso agli interpellanti perlomeno discutibili a fronte di così gravi e drammatiche sentenze. Le chiedo quali iniziative per quanto di competenza siano state adottate o si intendano adottare, in particolare di carattere ispettivo, in relazione alla vicenda così narrata, nonché in relazione alla più ampia problematica della tutela effettiva dei diritti del minore e della sua volontà in casi di allontanamento dalla famiglia, ed infine quali iniziative si intendano adottare riguardo al comportamento degli operatori della polizia di Stato e del comune di Roma, se accertato come descritto nel caso specifico nei confronti del minore e nell'eventualità risultasse improprio, quali provvedimenti si intendono assumere in proposito.

PRESIDENTE. Colgo l'occasione per salutare studenti e docenti della Direzione didattica statale “Principe di Piemonte” di Maglie, provincia di Lecce, che seguono i nostri lavori (Applausi). Il sottosegretario di Stato per la Giustizia, Ferri, ha facoltà di rispondere.

COSIMO MARIA FERRI, Sottosegretario di Stato per la Giustizia. Grazie Presidente. Buongiorno, devo dire che questo atto di sindacato ispettivo che è in discussione tratta un tema particolare, un tema che riguarda un singolo caso che però va certamente affrontato a 360 gradi, in quanto tocca uno dei temi forse più delicati e più importanti perché riguarda i diritti dei minori, riguarda il rapporto tra i minori e i genitori naturali, riguarda il rapporto tra i minori affidati alle comunità, alle case famiglia, riguarda il tema dei minori affidati ad altre famiglie. Quindi tutto un tema certamente delicato sul quale l'attenzione del Governo è davvero molto alta perché ci sono in gioco i diritti dei minori, i diritti di tanti bambini e bambine, la cui vita, la cui crescita, chiaramente dipende anche da un provvedimento giurisdizionale. È chiaro che la delicatezza della materia impone anche una premessa nei rapporti con l'autorità giudiziaria, in quanto, come ben sapete, il Ministero non può certamente invadere il campo dell'attività giurisdizionale, quindi l'autonomia della magistratura, la magistratura minorile che poi è competente a prendere questi provvedimenti e anche a controllare perché esiste anche un potere ispettivo in capo al procuratore dei minori per quanto riguarda le case famiglia. So che, tra l'altro, il nuovo procuratore dei minori di Roma, che si è da poco insediato, sta puntando molto anche su questi esercizi di questi poteri e quindi con un controllo che certamente riguarda anche la fase dopo l'affidamento, non solo il provvedimento. Quindi, la materia è molto delicata e complessa e massima è l'attenzione del Governo per le competenze che ha di fronte non solo a questo caso, ma a tutti i casi che riguardano i nostri minori.

Ma veniamo all'interpellanza: si parla della vicenda di un minore che è collocato dal tribunale per i minorenni di Roma presso la casa famiglia Betania, con un provvedimento del 14 settembre 2016. Gli interpellanti segnalano presunte irregolarità e delle modalità poco consone, viene definito così nell'interpellanza, che avrebbero contraddistinto l'operato del tutore provvisorio, dell'assistente sociale, dell'agente di PS, nel dare esecuzione al citato provvedimento. Rappresentano poi quanto riferito dagli organi di stampa che il bambino avrebbe delle difficoltà a mantenere dei costanti rapporti con la madre, subirebbe forme di bullismo (questo tra l'altro è un altro tema sul quale anche la politica si sta impegnando e sta lavorando) e gli sarebbe precluso l'uso del telefono e della televisione. Queste sono delle accuse indicate nell'interpellanza sottoposte alla nostra attenzione. Si parla poi di un sopralluogo dell'ufficio tecnico del XIV municipio di Roma presso la casa famiglia dove sarebbero emerse secondo gli interpellanti inadempienze in ordine ai profili igienico-sanitari e all'abitabilità della struttura. Quindi questa è un po' la sintesi che poi è stata illustrata oggi dall'onorevole interpellante.

In risposta a questa interpellanza va innanzitutto evidenziato come il provvedimento di allontanamento di un minore dall'ambito familiare di appartenenza costituisca una delle misure maggiormente utilizzate nella prassi giurisprudenziale per fronteggiare, spesso con carattere d'urgenza, i casi in cui l'inadeguatezza dei soggetti esercenti la responsabilità genitoriale, o comunque conviventi con il minore, produca effetti di tale gravità da necessitare l'interruzione immediata dei legami interpersonali. Tale provvedimento è disciplinato per quanto attiene ai procedimenti de potestate dagli articoli 330 e seguenti del codice civile e intende appunto assicurare la tutela dell'integrità psicofisica del minore, eliminando una situazione di grave pericolo per la stessa. Per quanto riguarda l'ascolto del minore, la legislazione italiana è una delle più evolute e sensibili nella previsione di una disciplina volta a tutelare il diritto del minore ad esprimere in maniera libera e incondizionata la propria volontà nell'ambito dei procedimenti aperti a sua tutela. Si consideri infatti che per effetto delle disposizioni contenute nel decreto legislativo n. 154 del 2013, ed in osservanza dei principi fissati dalle convenzioni internazionali a cui il nostro Paese ha aderito, l'ascolto del minore in tali procedimenti, disciplinato anche dall'articolo 336-bis del codice civile, costituisce un momento necessario previsto a pena di nullità di provvedimenti emessi.

Quanto invece alle modalità con cui deve essere eseguito l'allontanamento, va rilevato come le stesse esigono un'attenta e specifica valutazione della realtà su cui il provvedimento è destinato ad incidere e che non possano pertanto che essere rimesse al prudente apprezzamento della magistratura che, nell'effettuare tali valutazioni, potrà contare sull'ausilio di esperti del servizio sociale e di operatori socio-sanitari nonché delle forze di polizia specializzata.

Nel quadro così delineato si colloca l'analisi del caso riportato nell'atto di sindacato ispettivo. In merito sono stati acquisiti elementi conoscitivi dal tribunale per i minorenni di Roma che voglio riportare in questa sede: nel novembre 2014 in relazione al minore, indico le iniziali: J e C, risultano aperti due procedimenti civili poi riuniti ad iniziativa rispettivamente del padre e del pubblico ministero.

In entrambi i giudizi è stata chiesta la sospensione della responsabilità genitoriale della madre del minore, in particolare il pubblico ministero, e apro le virgolette: “considerata la gravità della condotta genitoriale materna”, chiudo le virgolette, ha chiesto, aperte le virgolette, “anche l'eventuale temporaneo collocamento in struttura del minore”, chiudo le virgolette, come peraltro già suggerito dal consulente tecnico d'ufficio nominato nel corso del giudizio di separazione dinanzi al tribunale di Tivoli tenutosi nell'anno 2012. La Corte d'appello, nel definire il precedente giudizio di separazione con la pronuncia del 19 marzo 2014, aveva incaricato un'apposita struttura di assicurare un sostegno psicologico al bambino e di facilitarne la ripresa del rapporto con il padre, che il minore non incontrava da almeno due anni, ma era risultato che la madre si fosse rifiutata di partecipare agli incontri programmati e di condurvi il figlio.

Nel corso del giudizio dinanzi al tribunale per i minorenni è stata pertanto disposta una nuova consulenza tecnica d'ufficio, anche con la finalità di facilitare la relazione tra il padre e il bambino. Secondo quanto riferito dal tribunale, la consulenza tecnica ha evidenziato come ogni tentativo di riavvicinare il minore al padre fosse rimasto senza esito, anche a causa delle accuse che il bambino ha continuato a muovere al genitore, che, continuamente riproposte dalla madre, non hanno trovato riscontro nei ripetuti approfondimenti processuali svolti in varie sedi, sia civili che penali.

Per tali motivi, con decreto del 18 novembre 2016, il tribunale, confermando il precedente provvedimento dell'8 settembre 2016, oltre a sospendere la responsabilità di entrambi i genitori, ha disposto senza ulteriore ritardo l'allontanamento del minore dalla madre ed il suo collocamento in un'idonea casa famiglia, che è quella di cui parliamo. Per quanto attiene all'esecuzione del provvedimento, il tribunale ha evidenziato di avere atteso la definizione del procedimento di reclamo proposto dalla madre e rigettato dalla Corte d'appello, con pronuncia del 14 novembre 2016.

Il Ministero dell'interno ha riferito a riguardo come, in esecuzione del decreto del tribunale che aveva disposto l'intervento della forza pubblica in considerazione delle precedenti e ripetute condotte ostruzionistiche della madre e della sua mancata collaborazione con i soggetti istituzionali incaricati dell'attuazione del provvedimento, in data 25 novembre 2016 fosse giunta richiesta di ausilio alla Divisione anticrimine della questura da parte del servizio sociale del XV Municipio di Roma Capitale, e a seguito dell'incontro con il tutore e con l'assistente sociale assegnatario del caso, si fosse così concordato di dare esecuzione al provvedimento presso la scuola frequentata dal minore. In data 15 dicembre 2016 personale della Divisione anticrimine del commissariato di PS si è pertanto recato presso la scuola frequentata dal minore, dove, in una stanza messa a disposizione e lontana dalle classi dove veniva accompagnato dalla maestra, ha avuto luogo il colloquio con lo stesso; e secondo quanto riferito dal competente Dicastero, il bambino è stato informato del contenuto del provvedimento, e vista l'impossibilità di ottenerne la collaborazione, il tutore, l'assistente sociale e il referente dell'ufficio minori hanno “concordato di dare esecuzione al decreto e di prelevare il minore, prendendolo in braccio per essere condotto da tutti gli operatori presenti presso la struttura protetta individuata dal servizio sociale competente”. Dell'esecuzione del decreto è stata immediatamente data comunicazione al tribunale per i minorenni, nonché avviso telefonico alla madre e al suo legale.

Tale ricostruzione appare in linea con quanto riferito dallo stesso tribunale per i minorenni, che ha altresì evidenziato come all'inserimento in casa famiglia il bambino abbia incontrato i giudici delegati dal collegio affinché gli fossero chiarite le ragioni della decisione del tribunale ed approfonditi i motivi del suo rifiuto del rapporto con il padre. Secondo la relazione del medesimo ufficio, il bambino è da allora rimasto nella struttura scelta dal tutore tra quelle maggiormente qualificate per l'accoglienza e la tutela dei minori di questa fascia di età, continuando a frequentare la classe V elementare nella sua stessa scuola e a praticare le attività sportive a cui era dedito. Risulta altresì che il bambino ha stabilito buoni rapporti con gli educatori della casa famiglia e con i coetanei, dimostrando capacità di socializzare e disponibilità alle relazioni interpersonali, e continuando ad incontrare regolarmente la madre.

Anche in riferimento allo stato di salute, il tribunale ha evidenziato come non si siano riscontrate problematiche sanitarie di rilievo, e che le condizioni del minore sono state ritenute buone dal medico pediatra che l'ha visitato. Anche le valutazioni raccolte nell'ambiente scolastico dal tutore sono positive, e le buone condizioni di salute e di vita relazionale del minore sono state del resto confermate anche dai competenti uffici di Roma Capitale.

Per quanto attiene alle paventate criticità strutturali della casa famiglia, il tribunale ha evidenziato come reiterate ispezioni da parte del NAS dei carabinieri del servizio specializzato della ASL non abbiano riscontrato problematiche relative ai profili a cui si riferisce l'interpellanza parlamentare. L'analitica ricostruzione fornita dal tribunale procedente dimostra la costante attenzione riservata al caso.

L'attività processuale è peraltro in corso, ed è stata fissata una prossima udienza per il 9 maggio 2017 con convocazione del personale del servizio sociale del municipio competente e dell'ufficio tutela pubblica del comune di Roma. Desidero sottolineare la data del 9 maggio 2017, perché è una fase processuale che è certamente significativa, e che, nel rispetto dell'autonomia e dell'esercizio della funzione giurisdizionale da parte della magistratura, può essere l'occasione anche per vagliare elementi nuovi e per capire quale sia il vero interesse concreto del minore, che può essere anche modificato. Sarà il magistrato a valutarlo; non resta al Ministero che non entrare in una vicenda processuale, ma aspettare che gli organi competenti giurisdizionali valutino anche il 9 maggio, sulla base appunto di un reclamo che è stato presentato, quale sia il reale interesse del minore, che deve essere l'unica stella polare che deve guidare non solo gli atti ispettivi del Ministero della giustizia, nel rispetto dell'esercizio dell'autonomia della magistratura, ma anche la stessa magistratura nel valutare concretamente quale sia la strada giusta da percorrere per la crescita di questo minore.

Giova rilevare che la vicenda è stata attentamente seguita dal Ministero della giustizia, per il tramite della competente Direzione, che ha svolto i necessari approfondimenti in seguito agli esposti formalizzati dal legale della madre del minore, e quindi abbiamo monitorato la situazione; e all'esito dell'articolata istruttoria, la predetta articolazione ministeriale allo stato ha escluso profili di rilievo disciplinare a carico dei magistrati procedenti, che risultano aver assunto decisioni ampiamente motivate ed aderenti alle risultanze processuali e ad accertamenti tecnici svolti. Inoltre la Direzione generale dei magistrati ha evidenziato che dalle successive verifiche compiute dalla procura della Repubblica presso il tribunale per i minorenni di Roma, risulta che il minore sia ben inserito nella struttura presso la quale si trova, essendo tra l'altro positive le relazioni del minore con gli operatori della casa famiglia e con gli altri bambini. Giova peraltro rilevare come l'adozione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare, nei casi previsti dalla legge e nelle forme del contraddittorio, sia rimessa alla insindacabile valutazione dall'autorità giudiziaria, nel rispetto del principio del prevalente interesse del minore. Il Ministero continuerà comunque a seguire con la massima attenzione gli sviluppi della vicenda, in linea con l'impegno prioritario - e lo sottolineo, prioritario - rivolto alla tutela dei minori.

Proprio nella consapevolezza del ruolo strategico svolto dalle comunità di accoglienza a sostegno dei minori che hanno fatto ingresso nel circuito penale e di quelli in situazione di disagio familiare, il Ministro della giustizia ha emanato lo scorso 6 ottobre una direttiva che mira ad intensificare i rapporti tra autorità giudiziaria minorile e comunità di accoglienza pubbliche del privato sociale. In considerazione del rilevante contributo alla crescita del sistema di accoglienza, sostegno e sviluppo, dei percorsi di reinserimento dei minori che il privato sociale e il complesso delle cooperative sociali assicurano, l'adozione della direttiva si è resa necessaria all'esito di un'approfondita disamina, nella prospettiva di svolgere un'attenta azione di coordinamento dei controlli di verifica costante su procedure e prassi e costi, con l'obiettivo di accompagnare e sostenere l'azione della magistratura nella protezione e nella tutela dei diritti dei minori. L'atto di indirizzo richiama in particolare la necessità che il collocamento in comunità disposto dall'autorità giudiziaria garantisca la massima trasparenza nella scelta delle strutture, secondo criteri obiettivi predeterminati derogabili solo in casi di necessità ed urgenza, e adeguatamente motivati.

Il complesso delle iniziative assunte appare pertanto decisamente orientato alla tutela dell'interesse prevalente del minore in tutte le ipotesi in cui l'autorità giudiziaria debba ricorrere al collocamento al di fuori della casa familiare.

Continueremo, quindi, a seguire la vicenda. Attendiamo l'esito dell'udienza del 9 maggio e, comunque, nell'esercizio dei nostri poteri continueremo secondo queste linee-guida, in cui il Ministero crede e che ha ritenuto necessario introdurre.

PRESIDENTE. Il deputato Marco Di Stefano ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

MARCO DI STEFANO. Presidente, ringrazio il sottosegretario Ferri di essere qui e di rispondere ad un'interpellanza delicata su un tema molto delicato e lo ringrazio anche per la correttezza con cui ha risposto.

Però, il sottosegretario ha la documentazione che l'ufficio ispettivo mi ha chiesto per poter fare questa interpellanza e se l'ha ascoltata, se ha ascoltato i DVD e se ha visto le foto, sa perfettamente che le cose poi non è che stanno così, in realtà.

Innanzitutto, voglio ricordare che quando il papà di questo bimbo fece l'appello al papà stesso vennero comminati gli incontri protetti con il bambino per i suoi comportamenti violenti, di cui credo dovrebbero avere anche copia su un DVD sia il sottosegretario sia il Ministero.

Rimango sorpreso quando si dice che, a fronte di alcune verifiche fatte all'interno della casa famiglia, si è trovato tutto quanto in regola, perché io qui, sottosegretario - ma lo ha anche lei, perché gliel'ho mandato - ho il verbale di un sopralluogo fatto dalla ASL competente in cui - io ho poco tempo, però voglio brevemente descriverle cosa dice - la ASL competente afferma: al momento dell'ingresso del minore assistito ho ricevuto comunicazioni di natura verbale da parte della madre dello stesso; poi, si dice: “Il locale adibito alla preparazione degli alimenti consta di due ambienti contigui tra loro, uno adibito alla cucina e in possesso dei requisiti previsti per le strutture di civile abitazione e un altro a deposito derrate alimentari. Di fatto, in riferimento a quanto detto si è accertato che sono stati rinvenuti nel locale deposito alimenti, attiguo alla cucina, n. 2 contenitori in cui vengono conservati in maniera promiscua sia derrate alimentari prive di glutine che attrezzature dedicate alla preparazione delle stesse. Tali contenitori risultano tuttavia sovraccarichi e riposti in bassa scaffalatura dedicata al magazzinaggio e ad alimenti di varia natura. Nel locale deposito, inoltre, si segnala la presenza di un frigocongelatore sovraccarico di generi alimentari in promiscuità tra loro”.

Lei sa benissimo, sottosegretario, che una persona che è intollerante al glutine può essere facilmente contaminata e se lei vede le foto del bimbo, che le abbiamo mandato e che sembrerebbero scattate dopo alcuni mesi all'interno della casa famiglia, vedrà che il bambino è completamente trasformato, gonfio, con frequenti attacchi di diarrea, con dolori allo stomaco, con pelle desquamata in base a fotografie di mani e di schiena, e questi sono i sintomi classici di chi è intollerante al glutine e mangia sostanze alimentari con il glutine.

Credo che non ci sia ancora discussione sul fatto principale della disputa di questo bimbo e della diatriba fra i genitori. C'è chi dice che è celiaco e c'è chi dice che non è celiaco. Io credo che il bambino, poi, abbia una repulsione nell'andare con un genitore che lo costringe con violenza e anche di questo lei dovrebbe avere un DVD con la registrazione del bambino - e penso che le sia stato consegnato dal servizio ispettivo - in cui il bambino si rifiuta di andare con un genitore che gli impone di mangiare cibo con glutine, altrimenti non lo manda più a fare tennis o non lo manda più nella scuola privata, perché è convinto che la mamma sogna che il bambino sia celiaco.

Dunque, non è difficile accertarsi se un bambino sia celiaco. Qui ci sono circa venti-trenta certificati medici, sottosegretario; c'è l'esenzione del ticket da parte della ASL competente nei confronti del bambino perché lo ritiene celiaco. Per cui, su questo punto, credo che non vi sia più discussione.

Adesso, però, il problema è un altro. Io capisco che di casi drammatici ce ne sono tantissimi perché appena ho postato la mia interpellanza su un social sono stato travolto da tante mamme e papà che conoscono il bambino e la mamma e chiedono giustizia per un bambino e per una mamma che non hanno fatto niente di male e che vivono felici; ma sono stato travolto anche da tante mamme e da tanti papà che hanno questa situazione, questo scontro feroce che ormai esiste nel nostro Paese tra genitori che, pur di fare delle vendette, pur di fare delle rivalse, si attaccano e denunciano l'altro genitore.

Dicono: “Mia moglie - o mio marito - mi mette contro mio figlio”, e questo basta per far sì che poi un tribunale dei minori possa togliere questo bambino facendo pagare al bambino lo scotto delle questioni.

Ho sentito che il Ministero dice che il bambino si può prendere con la polizia, per le braccia e per le gambe e trasportare fuori dalla sua scuola. Probabilmente per legge si può fare, ma io mi chiedo quanto inciderà sul futuro della vita di questo bambino quell'atto che è stato commesso e mi chiedo quanto debba vigilare lo Stato affinché questo non accada.

Io credo che prima di togliere un bambino a una madre o a un padre ci devono essere situazioni veramente drammatiche e gravi. Io penso che i soldi che si investono nelle case-famiglia potrebbero essere investiti dello Stato, ad esempio, per una continua, anche H24, assistenza psicologica, assistenza fatta con assistenti sociali nella casa stessa del bambino, della mamma e del papà, per poter cercare di risolvere il problema che in realtà esiste, che esiste presso molti genitori.

Chi di noi non ama il proprio figlio? Chi di noi non ha questo senso di protezione nei confronti del figlio? Quale madre, sapendo che un figlio va a pranzo con un padre che gli fa mangiare prodotti con glutine a cui lui è allergico e ritorna a casa gonfio, con la diarrea, con i dolori, quale mamma, dicevo, non si mette di traverso e cerca di non mandare il figlio, di convincere il figlio a non andare con il padre? Credo che questo sia un fatto normale, ma credo che da qui ad arrivare a togliere un bambino ce ne sia, anche perché tra le cose che chiedo al sottosegretario è poter vigilare.

Io lo ringrazio ancora per la sua disponibilità, in quanto so quanto sia sensibile a questo tema e so che conosceva anche questo tema. Però chiedo, ad esempio, di capire che ci sono alcuni buchi neri in questa storia. So che qualche giorno fa si è svolta un'udienza e gli avvocati che difendono la madre non sono stati chiamati. Mi chiedo se questo sia un presupposto per potere cambiare il collegio del tribunale in quanto, non chiamando gli avvocati, non si è data la possibilità di avere un contraddittorio all'interno di un'udienza.

Poi, mi chiedo, ad esempio, perché non si è trovata una strada maestra, quella che credo che sia scritta anche nella legge. Prima di togliere un bambino a un genitore, a una madre o a un padre, si cerca di darlo in affidamento magari a un nonno, a una nonna, a una sorella, a un fratello. Perché nelle carte che io ho - e che credo che anche il sottosegretario abbia - non c'è mai un accenno di un tentativo di mandare questo bambino, prima che nella casa-famiglia, di corsa e in maniera sbrigativa come se fosse un pacco da donare a qualcuno, non c'è questo tentativo di affidare il bambino a un familiare?

Infine, sottosegretario, io quando ho postato questa interpellanza su un social sono stato travolto da messaggi di genitori e c'è anche una petizione. Il papà di questo bambino ha sporto una denuncia per abbandono di minore, perché il bambino è stato per quattro ore dentro al circolo “Due Ponti”, che è uno dei circoli più prestigiosi di questa città, a giocare a tennis e in piscina con i suoi amichetti. C'è una raccolta firme di 250 genitori di questo circolo che dicono che il bambino non è stato mai abbandonato, anzi il bambino stava in piena allegria con i suoi amichetti a giocare, e questo è quello che vorrebbe tornare a fare.

Ci sono stati tanti commenti al mio post, ma gliene riporto soltanto uno, gliene leggo soltanto uno perché sono centinaia. Le leggo il post di una mamma che conosce questa storia: “Gentile onorevole, la ringrazio di cuore per quello che sta facendo. Questa vicenda è irragionevole rispetto alle logiche della nostra società e ai comuni valori sociali, morali e legali. Per chi conosce il bimbo e la mamma, purtroppo non è solo irragionevole ma tremenda, diabolica e infernale. Da mamma di due figli, da quattro mesi, da quando ho saputo incredula dell'accaduto, ormai metto in dubbio qualsiasi principio legale che da laureata in giurisprudenza avrei dovuto apprendere. La legalità non esiste, i nostri diritti non esistono, i bambini non sono tutelati. La prego di ridare a J. la sua vita”.

Allora, io conoscendo anche il suo particolare attaccamento a questi problemi, sottosegretario, la prego, se non l'ha fatto prima, di iniziare un'attività di ispezione per questa vicenda e per tutte le altre, perché ce ne sono centinaia, e di ascoltare qualche DVD che le è stato mandato, di ascoltare le voci di supplica di questo bambino e di immaginare che una madre non può divenire alienante ascoltando un bambino che tutte le sere alle 7 la implora di portarlo via. E chi dice che il bambino sta in ottime condizioni, che il bambino sta bene, mi dovrebbe spiegare… perché il sottoscritto per Pasqua, come fa da vent'anni, da quando faccio politica - anch'io in più di un partito se ai colleghi interessa - puntualmente a Natale e a Pasqua vado in tutte le case-famiglia a portare doni ai bambini, da vent'anni a questa parte.

Quando a Pasqua ho chiesto di poter andare presso questa casa famiglia, non avendone il diritto, perché noi parlamentari possiamo entrare in un carcere, ma non possiamo entrare in una casa famiglia, quando ho chiesto di entrare in casa famiglia, dove generalmente il 99 per cento delle volte ho avuto sempre grande ospitalità, dalle suore, dai preti, dalle cooperative che gestiscono queste case famiglia, mi è stato risposto che non erano gradite le uova perché erano talmente pieni di regali e di doni che non sapevano che cosa farsene. Questo, se permette, sottosegretario, è un fatto non irrilevante in questa vicenda, che un parlamentare non possa entrare in una casa famiglia, con il permesso, annunciando la sua venuta.

PRESIDENTE. Deve concludere.

MARCO DI STEFANO. Arrivo subito, Presidente, alla conclusione. Le dico - anche a chi dice che in questa storia va tutto bene Madama Dorè - le cito soltanto alcune frasi che sembrerebbero essere registrate; uso sempre il condizionale perché poi, di fronte a questi fatti delicati, bisogna avere le prove. Le ultime parole di Jacopo di qualche giorno fa alla mamma: sono disperato, ogni giorno per me questa sofferenza c'è, ogni giorno qui dentro tu non sai quanta sofferenza c'è. Parlami ancora mamma, non voglio smettere di parlare con te. Non posso fare più niente, pensa quando avevo l'opportunità di stare insieme, insieme ai miei amici. Adesso quelli che ci vanno di mezzo siamo noi, non è giusto. Loro fanno la loro bella vita e io e te stiamo soffrendo, perché io non sto con te e tu non stai con me, perché dovete impedire la vita ad una madre e a un figlio che stanno bene insieme. Tu non puoi sapere quello che passo io, perché non ci vivi, non sai quello che succede qui dentro, non lo sai. Succede di tutto qua dentro, non sai quanto sarò felice quando mi dirai che esco.

E mi perdoni, Presidente, visto il tema molto delicato, concludo soltanto con una lettera che sembrerebbe pubblicata da un giornale.

PRESIDENTE. Non abbiamo più tempo, mi dispiace, è finito il tempo.

MARCO DI STEFANO. Sono quattro righe, posso? Una lettera che il bambino ha scritto al Papa, non posso leggerla?

PRESIDENTE. Mi spiace, è fuori di un minuto. Non è che non può leggerla.

MARCO DI STEFANO. Comunque, c'è su un giornale una lettera del bambino di supplica al Santo Padre per ascoltarlo e per dargli la possibilità di tornare a vivere una vita da bambino.

PRESIDENTE. Solo una precisazione tecnica: dai nostri atti risulta che lei ha inviato una serie di supporti al Ministero; al servizio Assemblea, invece, li ha consegnati solo ai fini della pubblicazione dell'atto. Ovviamente, il servizio Assemblea non può procedere in nessun modo su questo genere di materiale che ha prodotto.

(Iniziative normative volte alla revisione delle modalità di elezione e composizione degli Ordini e dei Collegi delle professioni tecniche – n. 2-01772)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Mazziotti Di Celso e Monchiero n. 2-01772 (Vedi l'allegato A).

Chiedo al deputato Mazziotti Di Celso se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO. Sì, grazie, Presidente. Signor sottosegretario, ci ritroviamo a distanza di circa un anno e mezzo su questo tema degli ordini delle professioni tecniche. In questo caso, l'occasione è una lettera che è stata inviata a marzo di quest'anno al Ministero della Giustizia dalla Rete professioni tecniche, firmata dai presidenti nazionali di una serie di ordini, che cito: architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori, chimici, dottori agronomi e dottori forestali, geologi, geometri e geometri laureati, ingegneri, periti agrari e periti agrari laureati, periti industriali e periti industriali laureati, e tecnologi alimentari.

In questa lettera si riproponeva nuovamente la necessità di una nuova disciplina di elezione degli organi territoriali e nazionali di questi ordini professionali. Si faceva presente, tra l'altro, l'opportunità di riallineare le fasi elettorali alla fine di quest'anno per cercare di avere delle elezioni nello stesso momento, e comunque si richiedeva di procedere quanto prima con una normativa per regolamentare questo aspetto.

Come dicevo, noi avevamo già sollecitato, con una precedente interpellanza, alla fine del 2015, il Ministero su questo tema, perché è molto tempo che si attende questa disciplina. Erano circolate delle bozze, in quella fase, di modifiche del decreto del Presidente della Repubblica n. 169 del 2005, appunto sulle elezioni, e anche delle voci sui contenuti.

Tra questi contenuti, uno che noi avevamo auspicato non fosse vero o che l'intenzione venisse modificata era quello di consentire ulteriori proroghe degli organi degli ordini professionali, perché ci sono organi in carica oramai da tre mandati, visto che c'è stata una proroga del termine di due mandati nel 2011, e quindi che scade in questo momento, e ci eravamo augurati che il Governo, invece, scegliesse una strada diversa, di regolamentare nel senso di migliorare l'accesso e semplificarlo, ma anche di favorire l'accesso dei professionisti più giovani agli organi degli ordini, cosa che è chiaramente difficile se si consentono nuovi mandati a chi magari è in carica da quindici anni.

È importante farlo perché, in realtà, questi ordini sono in molti casi in crisi. È di pochi giorni fa la pubblicazione di uno studio de Il Sole 24 Ore dal quale emerge che le iscrizioni agli esami, le candidature agli esami di abilitazione sono precipitate per questi ordini da 80 mila circa nel 2006 a 55 mila nel 2015. Si parla, quindi, di meno 30 per cento, si arriva a meno 50 per cento per una categoria importante come quella degli ingegneri in questo momento, per i chimici si parla del 52 per cento, in alcuni casi è ancora più grave la situazione degli iscritti attraverso le cancellazioni. Tra gli architetti le cancellazioni hanno superato le abilitazioni quest'anno, con un saldo negativo pesante, e anche lì un 45 per cento in meno di persone che si sono presentate all'esame di abilitazione.

Insomma, è un sistema, quello degli ordini, che è in crisi; è in crisi un po' per la congiuntura economica, naturalmente, ma, se si vanno a vedere questi dati che sono stati pubblicati, si vede che c'è una riduzione fortissima di quelli che si iscrivono agli ordini e partecipano agli esami di abilitazione anche in rapporto al numero complessivo dei laureati.

Molti meno vanno a fare l'esame. Quindi, pensiamo che si debba intervenire sicuramente con una nuova disciplina, ma che si debba incoraggiare maggiore partecipazione, maggiore rappresentatività, quindi evitare quella che era stata descritta come una semplificazione, quindi l'abbassamento dei quorum, che ha come unico effetto di far sì che chi è già ai vertici degli ordini abbia una possibilità molto più agevole di essere riconfermato con la sola partecipazione della sua base elettorale, e modificare le norme sugli scrutatori in maniera da assicurare una maggiore imparzialità.

Ho già parlato del termine del numero massimo di mandati e anche delle liste. Sulle professioni legali, ad esempio, si è intervenuti limitando il numero di candidature agli ordini; ecco, qui bisognerebbe evitare la possibilità di presentare liste che includano l'intero numero di membri dell'ordine tra i candidati che consentono, sostanzialmente, di fare l'en plein a chi rappresenta la maggioranza.

Sono tutte iniziative importanti, perché è chiaro che le professioni tecniche, in un momento in cui l'innovazione, la ricerca e lo sviluppo tecnologico sono la chiave per la crescita economica di tutti i Paesi del mondo, e in particolare di quelli già sviluppati, ecco, noi pensiamo che gli ordini debbano svolgere un ruolo importante. Troppo spesso abbiamo situazioni che vengono trascinate per anni o per decenni, pochissimo ricambio, pochissimo accesso ai giovani. Noi pensiamo, ad esempio, che sarebbe importante introdurre il principio per il quale, in caso di parità, all'ordine viene eletto il candidato più giovane e non quello più anziano, visto che tendenzialmente la presenza di giovani è molto scarsa.

Insomma, noi pensiamo che il Governo debba intervenire con una riforma, da un lato, urgente - sono girate, anche in questo caso, voci giornalistiche sul fatto che sia imminente l'emanazione di un decreto: su questo noi pensiamo che sia urgente, e quindi ci auguriamo che le voci siano vere e confermate - e che sia un decreto coraggioso, che favorisca l'accesso dei giovani alle professioni tecniche.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la Giustizia, Cosimo Maria Ferri, ha facoltà di rispondere.

COSIMO MARIA FERRI, Sottosegretario di Stato per la Giustizia. Grazie, Presidente. Ringrazio anche il presidente Mazziotti, perché questa interpellanza, firmata da lui e da altri deputati, dà l'occasione per parlare di un tema importante come quello delle professioni, dell'importanza della Rete, del ruolo che sta svolgendo e che in questi anni ha svolto anche di collaborazione con il Ministero della Giustizia, che, come tutti voi sapete, ha un potere di vigilanza sugli ordini professionali, e sappiamo quanto sia importante il ruolo dei professionisti nella sicurezza, nell'assetto del territorio e anche nell'accertamento della verità, se pensiamo al loro ruolo di consulenti tecnici d'ufficio e anche di parte.

Quindi, un mondo, quello dei professionisti, a cui dobbiamo guardare sempre con grande attenzione, grande rispetto e anche grande gratitudine, per il lavoro che fanno da professionisti con il mondo delle istituzioni e con le pubbliche amministrazioni, sia locali che regionali e nazionali statali.

L'interpellanza tocca appunto il tema delle modifiche del DPR n. 169 dell'8 luglio 2005 e, come diceva il presidente Mazziotti Di Celso, il riordino del sistema elettorale, la composizione degli organi e degli ordini professionali interessati e anche la necessità di uniformare le date di indizione delle elezioni per tutti gli ordini e i collegi d'Italia; manifesta poi la necessità, l'esigenza, di un ricambio ai vertici degli ordini professionali e di garantire una ragionevole limitazione anche della possibilità di rielezione e tutto quello che è stato detto sull'esigenza di rappresentatività, ma anche di democrazia interna.

Per quanto riguarda, quindi, la posizione del Ministero su questo tema, su questo riordino, sulla modifica del DPR, oltre a segnalarne la delicatezza, devo richiamare una nostra risposta a una interpellanza urgente, e il 4 dicembre 2015 è la data di quella seduta. La richiamo perché in quella sede era stato già possibile, per il Ministero della giustizia, esporre quale fosse stata l'origine dell'iniziativa normativa. Il Ministero, infatti, si è attivato ad un ripensamento della disciplina elettorale nell'ambito di una serie di incontri con le categorie professionali interessate, e proprio in questa prospettiva va confermato che è stato avviato lo studio di un intervento normativo di riforma dei sistemi elettorali di ordini e collegi, sia territoriali sia nazionali, ispirato dall'esigenza di garantire e realizzare gli obiettivi di rappresentatività e di maggiore democrazia e rinnovamento.

Come comunicato dalla competente articolazione ministeriale, il progetto normativo è attualmente in fase di avanzata istruttoria. L'onorevole Mazziotti Di Celso parlava di urgenza, di necessità, io posso confermare e assicurare che, per quanto riguarda il Ministero, si sia in una fase di avanzata istruttoria, ma voglio dire qualcosa di più, siamo in dirittura d'arrivo per dare alla luce queste modifiche, dopo aver davvero interloquito con tutti i soggetti e fatto un'istruttoria davvero completa. Trattasi di un'istruttoria articolata e complessa, in ragione della problematicità del settore dei procedimenti elettorali da disciplinare, settore che, nel vigore della vigente disciplina, ha dato luogo anche ad un purtroppo consistente contenzioso.

L'intervento riformatore, inoltre, riguarda un numero considerevole di professionisti ed un panorama di categorie portatrici di interessi non sempre univoci, va detto, con la conseguente necessità di orientare i sistemi elettorali in funzione delle peculiarità e delle caratteristiche anche numeriche di ciascun ordine professionale. È intendimento prioritario, inoltre, garantire, in seno agli organi elettivi, adeguata rappresentanza di genere: il tema delle quote di genere è molto caro al Ministero e su di esso vogliamo intervenire, con tutte le difficoltà derivanti dalla disomogenea presenza di donne e uomini nelle varie categorie professionali. Poste tali premesse e tali principi ispiratori, obiettivo della riforma è quello di razionalizzare, semplificare e uniformare la disciplina elettorale per le professioni regolamentate. Lo schema di riforma delle regole elettorali si propone, in primo luogo, di ridurre il numero dei componenti dei consigli dell'ordine o collegio territoriale, nonché dei consigli nazionali in proporzione al numero di iscritti.

È stata prevista una riduzione del numero delle preferenze, ciascun elettore potrà esprimerle in numero non superiore a una determinata soglia; l'elettore dovrà inoltre esprimere il proprio voto in favore di candidati appartenenti al genere meno rappresentato in una percentuale minima, e la lista con le candidature dovrà, al riguardo, presentare candidati di entrambi i generi. Analoghi principi a garanzia del pluralismo e a tutela del genere meno rappresentato trovano attuazione nella parte della novella relativa alla composizione e all'elezione dei consigli nazionali. All'elezione del consiglio nazionale si procede presso ciascun ordine o collegio territoriale. A tale fine dovrà essere convocata un'apposita seduta di consiglio, che delibera, a maggioranza dei presenti, i candidati che intende eleggere, e la scheda elettorale dovrà consentire un numero massimo di preferenze esprimibili non superiore ad una certa soglia, così come ai candidati appartenenti al genere meno rappresentato dovrà essere attribuita una percentuale minima di voti espressi. Punti particolarmente delicati della riforma, tuttora in fase di analisi e di valutazione, sono rappresentati dalla fissazione di un limite di eleggibilità e dalla revisione dei quorum elettorali necessari.

Questi, quindi, sono i punti su cui stiamo riflettendo: quorum elettorali e limite di eleggibilità. Limite di eleggibilità che, secondo alcuni - e questa è una delle proposte che sono state sottoposte anche al Ministero -, si potrebbe limitare per le cariche. Quindi, per presidenti e segretari si potrebbe imporre un limite e, invece, si potrebbe non imporlo per quanto riguarda i consiglieri, per garantire una rotazione nelle cariche apicali, quindi garantire lì un turnover e non perdere, invece, l'esperienza della continuità per quanto riguarda i consiglieri dell'ordine, proprio per garantire anche una funzionalità all'organo. Questa può essere una delle ipotesi, ce ne sono anche altre, il Ministero sta valutando e chiarendo questi due punti. Si arriverà poi, presto, a dare alla luce, penso anche nelle prossime non voglio dire settimane, ma comunque il tempo è certamente vicino alla soluzione.

Per quanto concerne l'elezione degli ordini territoriali, è infatti tuttora oggetto di approfondimento l'ipotesi di modifica dell'articolo 3, comma 5, del DPR n. 169 del 2005, a norma del quale - apro le virgolette -: “in prima votazione l'elezione è valida se ha votato un terzo degli aventi diritto per gli ordini con più di 1.500 iscritti all'albo e la metà degli aventi diritto per gli ordini con meno di 1.150 iscritti all'albo; in seconda votazione l'elezione è valida se ha votato un quinto degli aventi diritto per gli ordini con più di 1.500 iscritti all'albo e un quarto degli aventi diritto per gli ordini con meno di 1.500 iscritti all'albo; e in terza votazione l'elezione è valida qualsiasi sia il numero dei votanti”, e chiudo le virgolette; ho recitato la norma.

Per quanto riguarda il limite dei mandati è tuttora oggetto di riflessione la opportunità di mantenere o modificare il confine attualmente segnato dal DPR n. 169 del 2005, secondo il quale i consiglieri non possono essere eletti per più di due volte consecutive. E nello stesso senso è in corso di valutazione la possibilità che sia fissata un'unica data per lo svolgimento delle procedure elettorali degli organi e delle professioni. E come confermato dalla competente articolazione ministeriale, lo strumento regolamentare appare, comunque, appropriato e conforme alla scelta del legislatore di delegificare la materia. Tale strumento, peraltro, già ricordato in passato, è stato già utilizzato per il settore universitario e della ricerca scientifica, nonché per la modifica introdotta nella disciplina dell'ammissione all'esame di Stato per alcune professioni. La complessità del tema e la delicatezza di ognuno dei profili in corso impongono comunque un'attenzione, una cautela, perché andiamo a incidere comunque in materie, come potete capire, elettorali, di diritti e, quindi, delicate. Pertanto, noi stiamo completando questa riflessione, e certamente, però, al più presto, dovremmo arrivare a proporre una sintesi e una modifica regolamentare.

Si tratta di un progetto riformatore, pur in stato di avanzata riflessione, che richiede, su alcuni punti essenziali, la prosecuzione del lavoro svolto, anche alla luce dei contributi costruttivi - devo dire che non sono mai venuti meno e per questo ringrazio le categorie interessate - tenuti sempre nella massima considerazione. Grazie.

PRESIDENTE. Il deputato Andrea Mazziotti Di Celso ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO. Grazie, Presidente. Grazie anche al sottosegretario, perché questa risposta, rispetto naturalmente a quella della prima interpellanza, è molto più completa, fa sperare in un arrivo veloce a destinazione dei lavori, visto che, anche sui temi di merito, il sottosegretario ha dato una serie di indicazioni, alcune naturalmente soddisfacenti, e penso al limite delle candidature, alla parità di genere, a questo tipo di interventi.

Per quel che riguarda il tema dei mandati, devo dire che la mia posizione, e anche quella di tutto il gruppo, è sempre stata che sarebbe opportuno evitare un ulteriore consolidamento delle posizioni, perché è vero che esiste un valore nell'esperienza, è anche vero, però, che sono cariche che durano cinque anni, ma stiamo parlando di dieci anni, quando si parla di due mandati, e che limitare - mi scusi per il gioco di parole - il limite di mandati alle sole cariche, potrebbe avere come effetto quello che i consiglieri restino per chissà quanto tempo in consiglio, in attesa che l'altro faccia il presidente per un certo periodo di tempo e che, alla fine, il consiglio resti sostanzialmente immutato per un periodo di tempo spropositato.

Quindi, ripeto, quei dati che io segnalavo indicano una scarsa appetibilità - se così posso dire - dell'iscrizione all'ordine da parte di una gran parte dei giovani che si affacciano alle professioni. Cali del 50 per cento, come quelli di cui ho parlato, sono gravi. Credo che dare il segnale che non si interviene in maniera severa e stringente sul limite dei mandati dia ancora una volta un segnale di mancanza di democrazia generazionale, nel senso che noi siamo un Paese nel quale, in tutti i settori, nei servizi in particolare, le possibilità di accesso alle professioni, così come le possibilità di accesso alle concessioni - penso a un question-time di ieri -, che comunque è un altro tipo di tema, sono sempre limitate da quello che c'è, cioè dai consigli dell'ordine in carica, dal titolare della concessione a cui è stata prorogata quattro volte, e alla fine poi si chiede ai nostri giovani di essere dinamici, brillanti, di essere ottimisti verso il futuro. Ecco, credo che per essere ottimisti sia importante avere la possibilità di competere alla pari. È evidente che chi è stato presidente di un consiglio dell'ordine o consigliere, a maggior ragione se ha svolto tutte e due le cariche per un periodo lungo, è in grado di condizionare le elezioni e quindi ha maggiori chance di essere eletto, di fare eleggere persone a lui vicine.

Credo che noi abbiamo il dovere di favorire un ricambio generazionale, che non vuol dire buttare via l'esperienza, perché - ripeto - dieci anni di presenza in un consiglio non sono pochi, ma vuol dire evitare di avere delle cariche quasi a vita, visto che ormai siamo arrivati ai quindici anni e, se viene fuori qualche ulteriore proroga di quello che è già in corso, qualcuno arriverà anche a venti; credo che sarebbe un messaggio negativo per i nostri giovani. Ringrazio il sottosegretario e anche il Ministro della giustizia, che ha portato avanti in maniera seria e approfondita questo tema; però, veramente auspico che l'effetto del decreto che sarà emanato non sarà quello di consolidare ancora una volta delle rendite di posizione, dal punto di vista elettorale, all'interno degli ordini, ma sia un decreto che favorisca davvero un ricambio. Grazie.

(Iniziative di competenza volte a individuare procedure omogenee di assegnazione di beni del patrimonio pubblico a Onlus e associazioni che svolgano attività di rilevante valore sociale, con particolare riferimento alla realtà di Roma – n. 2-01748)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Roberta Agostini ed altri n. 2-01748 (Vedi l'allegato A).

Chiedo alla deputata Roberta Agostini se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

ROBERTA AGOSTINI. Grazie, Presidente. Abbiamo presentato questa interpellanza perché negli ultimi mesi a Roma sono stati eseguiti alcuni sfratti di associazioni e centri culturali. A molte associazioni, circa una settantina, sono arrivate le determinazioni di sgombero e a moltissime - moltissime! - sono arrivate ingiunzioni per il rilascio delle sedi e il pagamento di morosità. Si tratta di realtà che avevano ottenuto spesso la sede con affitti agevolati, in base a una vecchia delibera, che era la delibera n. 26 del 1995; una delibera che aveva in quel momento due obiettivi: offrire servizi sociali per i cittadini, affidando gli spazi alle associazioni che avevano finalità sociale, e anche di puntare al riuso di spazi spesso inutilizzati.

Molti anni dopo, la giunta Marino, per rispondere ad una sacrosanta - e io credo giustissima esigenza di mettere ordine al problema dell'uso del patrimonio immobiliare pubblico, dopo lo scandalo di “affittopoli” - aveva approvato la delibera n. 140, a cui però doveva seguire un regolamento che distinguesse, nel panorama delle associazioni, tra chi lavorava per l'interesse generale e il bene pubblico e chi invece usufruiva di un immobile e occupava gli spazi semplicemente per finalità private. In realtà, poi, caduta la giunta Marino, la delibera è stata applicata in modo indiscriminato e alle associazioni è arrivata l'ingiunzione a pagare gli affitti a prezzi di mercato, insomma tutto quello a cui abbiamo assistito, pretendendo anche gli arretrati per gli anni pregressi.

Tra i destinatari ci sono sicuramente situazioni di abuso o attività economiche, ma ci sono soprattutto moltissime situazioni che, invece, rappresentano un vero e proprio capitale sociale per la città: realtà, associazioni, centri culturali, centri sociali, che hanno legami molto importanti con il territorio, con la comunità e anche con le istituzioni. Io ne cito alcune, perché tra le realtà destinatarie di questi provvedimenti c'è il “Celio Azzurro”, per esempio, che è un importante centro interculturale, che dovrebbe essere un fiore all'occhiello di una città che ha a cuore e che punta al progetto dell'integrazione sociale e culturale. Ci sono realtà come l'Accademia filarmonica romana, che è un'istituzione concertistica tra le più antiche d'Italia; “Il grande cocomero”, che è un centro riabilitativo per i ragazzi del Policlinico Umberto I, nato oltre venti anni fa; poi c'è la scuola di musica popolare di Testaccio, con una storia lunga più di quarant'anni; c'è l'associazione “A Roma, Insieme” che si occupa delle mamme e dei bimbi che vivono nel carcere di Rebibbia. Insomma, ci sono associazioni e realtà che chi è di Roma, chi vive a Roma, conosce e apprezza ormai da lungo tempo.

Le associazioni hanno poi denunciato anche un atteggiamento da parte della Corte dei conti, che, in qualche momento, è sembrato travalicare dei confini adeguati. È di questi giorni la notizia che - ed è la novità, anche rispetto al testo che avevo depositato qualche settimana fa -, a seguito di alcuni ricorsi presentati, la Corte dei conti ha emesso due sentenze importanti, con le quali riconosce la natura particolare dei locali destinati ad usi di pubblica utilità sociale e culturale e che, quindi, questa natura particolare non li rende utilizzabili alla stregua di locali da affittare a libero mercato. Dunque, la Corte dei conti riconosce che non c'è danno erariale, anzi riconosce il valore sociale delle attività svolte negli spazi, che quindi non possono essere messi a bando a prezzi di mercato, perché vincolati, appunto, ad un uso sociale e culturale. Naturalmente si tratta di sentenze importanti, che fissano alcuni principi, però credo che poi ci sia bisogno di un'attività di governo, ordinata e adeguata, per gestire situazioni che possono essere molto utili per la città e per i cittadini.

Naturalmente si tratta di temi e problemi che hanno come principali protagonisti gli enti locali, ma che io credo chiamino in causa anche noi, anche il Parlamento, e anche il Governo, al quale io chiedo quale sia la sua opinione riguardo a questa vicenda e se non ritiene di poter prendere in qualche modo in carico questi problemi, naturalmente per quanto è in suo potere, anche sul piano di un intervento normativo, di un intervento legislativo, tenuto conto che noi abbiamo leggi importanti a partire dalla legge n. 266 del 1991 che regola l'attività di volontariato con la quale si consente, con questa legge, anche agli enti locali di stipulare convenzioni con le associazioni, e soprattutto questo Parlamento ha approvato la legge n. 106 del 2016 con cui prevediamo si possa sostenere l'autonoma iniziativa dei cittadini che concorrono, anche in forma associata, a perseguire il bene comune, favorendo l'inclusione e il pieno sviluppo della persona. Di questa legge noi siamo in attesa dei decreti attuativi, nei quali ad esempio si potrebbero prevedere misure atte a valutare l'impatto sociale del lavoro associativo e comunque definire criteri uniformi, condivisi, trasparenti, di associazioni del patrimonio, per associazioni o realtà che svolgono funzione sociale e culturale.

Aggiungo da ultimo, e faccio presente, che durante l'approvazione della legge cosiddetta sulla sicurezza urbana, quest'Aula ha approvato un ordine del giorno che impegna il Governo a concertare con i sindaci misure per tutelare gli spazi concessi ad enti e associazioni che svolgono attività di natura sociale, culturale, assistenziale, indispensabili soprattutto in riferimento alle fasce più deboli della società, ivi compresa l'individuazione di soluzioni in riferimento ad eventuali procedure di rilascio di immobili comunali loro assegnati o concessi in locazione. Quindi, queste sono le questioni che vorrei porre al Governo, sapendo che c'è un lavoro che, anche da qui, dalla postazione nazionale del Governo e del Parlamento, possiamo fare.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la Giustizia, Ferri, ha facoltà di rispondere.

COSIMO MARIA FERRI, Sottosegretario di Stato per la Giustizia. Grazie Presidente. L'onorevole Agostini con il presente atto parlamentare richiama l'attenzione sui provvedimenti adottati da Roma Capitale per ottenere il rilascio di alcuni immobili e per il recupero di somme dovute per indennità di occupazione da parte di diverse associazioni culturali, sociali e di volontariato, operanti nel territorio del comune di Roma. Al riguardo voglio evidenziare innanzitutto l'esclusiva competenza del comune nell'adozione delle deliberazioni volte a regolamentare la concessione provvisoria di beni immobili del proprio patrimonio al fine di destinarli alla realizzazione di attività o servizi di interesse pubblico. Tale circostanza che ho voluto premettere impedisce al Governo di interferire con l'autonomia decisionale dell'ente territoriale. Rappresento comunque che gli enti del terzo settore, citati nel presente atto parlamentare, non hanno inviato agli uffici del Ministero del lavoro nessuna segnalazione sulle questioni richiamate.

Voglio inoltre sottolineare che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali sostiene e promuove lo sviluppo del terzo settore e dell'impresa sociale attraverso la valorizzazione del ruolo e il coinvolgimento attivo dei diversi soggetti, anche mediante la diffusione della cultura del volontariato e della responsabilità sociale d'impresa. Il predetto Dicastero realizza infatti protocolli d'intesa e accordi di programma con enti pubblici, privati e del privato sociale. Il Ministero del lavoro favorisce inoltre la partecipazione attiva degli enti del terzo settore sostenendone le capacità organizzative e rafforzando le reti in un'ottica di sussidiarietà. Inoltre sostiene finanziariamente le iniziative dei predetti enti sulla base della valutazione degli obiettivi conseguiti, promuovendo la trasparenza delle procedure amministrative e contabili, secondo la normativa vigente. Il Ministero del lavoro cura inoltre la gestione amministrativa dei contributi erogati a favore delle associazioni di volontariato e delle ONLUS per l'acquisto di beni strumentali e di ambulanze, nonché dei beni da donare a strutture sanitarie pubbliche.

Da ultimo faccio, presente che in relazione alle attività previste dalla legge delega per la riforma del terzo settore, il Ministero del lavoro curerà l'attuazione e la gestione degli interventi posti a carico dei fondi strutturali comunitari, nonché le attività di vigilanza e il controllo nei confronti degli enti del terzo settore e delle ONLUS.

Quindi, in questi settori di competenza del Ministero, noi vigileremo come Governo con la massima attenzione, con la massima trasparenza, con la massima responsabilità, per coloro che rivolgeranno questi protocolli, queste interlocuzioni e gestiranno questi fondi col Ministero del lavoro; quindi massima attenzione, responsabilità e trasparenza. Però sulla gestione in sé degli immobili, è chiaro che laddove la gestione sia dell'ente territoriale rimane questo rapporto tra proprietario dell'immobile, ente territoriale e associazione che entra nella disponibilità delle l'immobile a seguito dell'ente che glielo ha conferito. Per quanto riguarda l'indennità poi di occupazione, è chiaro che è un'indennità che riguarda il rapporto tra comunità ed ente territoriale.

PRESIDENTE. La collega Roberta Agostini ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

ROBERTA AGOSTINI. Prendo atto della risposta del Governo e della dichiarazione diciamo di incompetenza, per quanto attiene ad alcuni profili che sono stati sollevati dall'atto che abbiamo presentato. Continuo a ritenere che per quanto riguarda invece le attività svolte da queste associazioni, dal privato sociale, da centri culturali e sociali, che operano nella città di Roma, ci sarebbe bisogno di una maggiore attenzione e anche di un maggiore sostegno da parte del pubblico, anche con atti di carattere normativo che ci impegniamo, comunque, a presentare, anche partendo da ordini del giorno e da atti che sono stati approvati da questa Camera, continuando comunque a sollecitare l'attenzione del comune di Roma su un problema che è un problema vero, che è un problema serio, sul quale secondo noi non si è fatto abbastanza. Non c'è stata abbastanza attenzione da parte, in particolare, del comune e della attuale amministrazione

PRESIDENTE. Prima di passare alla prossima interpellanza, facciamo una pausa tecnica di dieci minuti, la seduta riprenderà alle ore 13.

La seduta, sospesa alle 12,55, è ripresa alle 13.

(Iniziative, anche normative, volte a prevenire e contrastare infiltrazioni della criminalità organizzata nel settore della gestione e del trattamento dei rifiuti - n. 2-01749)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Zolezzi ed altri n. 2-01749 (Vedi l'allegato A).

Chiedo al deputato Stefano Vignaroli se intenda illustrare l'interpellanza di cui è cofirmatario o se si riservi di intervenire in sede di replica.

STEFANO VIGNAROLI. Presidente, sottosegretario, abbiamo chiesto questa interpellanza urgente in virtù dell'ennesima, direi, inchiesta che riguarda il rapporto tra politica, mafia, criminalità e rifiuti. In particolare, ci siamo rivolti a voi per questa denominata “Piramidi”.

Al centro di tale inchiesta vi sono due imprenditori, Antonio e Carmelo Paratore, rispettivamente padre e figlio, appartenenti a Cosa nostra e arrestati giorni fa per il trattamento illecito di rifiuti che provengono da tutto il territorio nazionale: sono stati sequestrati ben 50 milioni di euro. I Paratore sono accusati di essere al centro di un anomalo sistema aziendale, tra cui una discarica per rifiuti pericolosi, la Cisma Ambiente Spa, con sede in Melilli (Siracusa), dove, grazie all'appoggio di pubblici funzionari della regione siciliana, avrebbero gestito rifiuti senza alcuna autorizzazione, realizzando quindi enormi introiti e inquinando l'ambiente. Dunque, grazie alla complicità dei funzionari regionali, l'impresa Cisma non subiva nessun controllo.

Occorre sottolineare al riguardo che uno dei funzionari, Gianfranco Cannova, già fu arrestato nel 2014 (con la Commissione ce ne siamo occupati) nell'ambito dell'inchiesta “Terra mia”, sempre riguardante il campo dei rifiuti, con l'accusa sempre di essere stato il mediatore tra uffici regionali e la Oikos di Domenico Proto. Questo schema ricorre spesso, quello di favorire, soprattutto in Sicilia, l'imprenditore privato: fu istituita anche una commissione apposita in Sicilia; però devo dire che il risultato inquietante di questa commissione fu preso e fu stracciato.

E quindi Crocetta diciamo che dorme, da questo punto di vista!

Ma torniamo all'ordinanza del GIP, nella quale si legge che un funzionario della regione siciliana, Mario Corradino, indagato per traffico di influenze illecite, tramite l'onorevole Saverio Romano riesce ad avere, così come osservato dagli investigatori, a settembre del 2014 un appuntamento con il Ministro dell'ambiente Gianluca Galletti. L'incontro viene osservato dagli investigatori, che però non riescono ad intercettare i contenuti del dialogo. Il GIP ricostruisce anche il tentativo di Paratore di accreditarsi con Invitalia, società per azioni partecipata al 100 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze.

Nel giugno 2014 Matteo Renzi, Presidente del Consiglio, si reca in Cina per una delle sue visite istituzionali, con una delegazione di imprenditori italiani, per realizzare una società con il 49 per cento di capitale cinese. Come si legge a pagina 82 dell'ordinanza (quindi non siamo noi a dirlo), nella delegazione di Invitalia c'è anche Antonio Paratore, ritenuto qui affiliato al clan mafioso Santapaola. Ma c'è di più: sempre nell'ordinanza di arresto si legge che Carmelo Paratore riesce perfino a incontrare un Viceministro dello sviluppo economico (non dice il nome), e la sua ditta, pochi mesi dopo - guarda caso, nel marzo del 2015 - ottiene un contratto per lo smaltimento dei rifiuti dell'Ilva di Taranto. L'accordo prevede che il polverino, ovvero lo scarto industriale dell'acciaieria, venga conferito proprio a Melilli: guarda caso la discarica dei Paratore, guarda caso.

Durante la visita di Renzi in Cina era presente anche Pietro Colucci: ho letto qualche comunicato e Invitalia ha negato, però io ho visto che c'è un comunicato stesso dell'azienda di cui è presidente, ci sono delle foto; Colucci è presidente della Kinexia, oggi confluita in Wasteitalia, società che ha subito recentemente un sequestro da parte della Guardia di finanza. Si apprende, stavolta da fonti di stampa, che Pietro Colucci avrebbe partecipato anche ad alcune cene di finanziamento dell'ex Premier Renzi: anche su questo ci sarebbe molto da dire, sulle cene di finanziamento dell'ex Premier.

La famiglia Colucci, e la sua Daneco, sono tornate alle cronache per le vicende giudiziarie della discarica di Latina, con accuse di frode e ombra di subappalti a prestanome dei casalesi. Ma non solo: è coinvolta in diverse vicende giudiziarie. Noi con la Commissione d'inchiesta ne abbiamo trovato un po' in tutto il territorio italiano: danni ambientali in Calabria, inchieste in Lombardia, a Verona; era aggiudicataria, perfino, di un lotto del bando dei quattro inceneritori siciliani, quello emanato da Totò Cuffaro, dichiarato dall'Unione europea poco trasparente. Inoltre la Daneco me la sono ritrovata anche in un'interrogazione, che presentai e a cui non ho ancora ricevuto risposta, quando trovai la Daneco in Ancitel Energia e Ambiente, dove sottolineavo il conflitto di interesse di questa società per quanto riguarda l'accordo ANCI-Conai.

Ma ritorniamo in Sicilia, in questa sorta di viaggio nella criminalità e negli affari sui rifiuti. Durante la missione in Sicilia della Commissione d'inchiesta ci occupammo dell'interdittiva antimafia emessa dalla prefettura di Catania riguardante il consorzio Simco. Questo consorzio vede la partecipazione di Oikos: Oikos Spa è proprietà della famiglia Proto, anch'essa destinataria ad agosto 2014 di un ulteriore provvedimento di interdittiva antimafia, e di un'inchiesta di corruzione denominata “Terra mia”, ne avevo già parlato prima. Ma oltre alla Oikos chi è che partecipava a questo consorzio Simco? Gesenu, la società metà pubblica (comune di Perugia) e metà del monopolista romano dei rifiuti Manlio Cerroni. Come indicato nelle motivazioni dell'interdittiva antimafia, tra gli assunti di Gesenu ci sono pregiudicati anch'essi con precedenti mafiosi. Gesenu partecipa con il 10 per cento anche alla Tirreno Ambiente Spa con sede a Messina, che è coinvolta nelle indagini relative alla gestione della discarica di Mazzarrà Sant'Andrea, è risultata priva di fideiussioni, e si sta determinando un disastro ambientale per la grande presenza di percolato.

Socio di maggioranza della Tirreno Ambiente è, anche qui, un'amministrazione pubblica, il comune stesso sciolto per infiltrazioni mafiose ad ottobre del 2015.

Le indagini su Gesenu arrivano anche a Viterbo, oltre che a Perugia. La Viterbo Ambiente è detenuta in qualità di socio di maggioranza dalla società Gesenu Spa e per il restante dalla Cosp Tecno Service, una cooperativa ternana. L'interdittiva antimafia per Viterbo ha evidenziato, da un lato, i legami di Gesenu con il clan Santapaola e, dall'altro, i rapporti d'affari di Cosp con Buzzi (Mafia Capitale). In pratica, avvenne una sorta di triangolazione, di accordo: Cosp lascia gli appalti di AMA a Roma e li lascia favorendo Buzzi; in cambio, va a Viterbo, mettendosi in società con Gesenu. Di questo accordo ne parla Buzzi stesso nella relazione di bilancio del 2012, del 29 giugno. Per quello stesso appalto Buzzi poi verrà rinviato a giudizio con l'accusa di turbativa d'asta e per aver agevolato l'associazione di tipo mafioso diretta da Carminati. Nelle intercettazioni emerge, a detta di Buzzi, che anche Cerroni fosse presente in quella riunione all'AMA e prima dell'aggiudicazione di quel bando Buzzi, uscendo da quella riunione, era già sicuro di aver vinto proprio in virtù di questo accordo.

Gesenu, come abbiamo detto, fa capo a Manlio Cerroni che è proprietario della discarica di Malagrotta a Roma e fu arrestato nel gennaio 2014 (ne ho parlato tanto). Direi solo e voglio sottolineare che Galletti e il Governo con lo “Sblocca Italia” hanno dichiarato gli inceneritori di Malagrotta, quindi di proprietà di Cerroni, un sito di interesse strategico nazionale. Insomma, un bel regalo.

Ma potrei continuare questo viaggio un po' cervellotico di intrecci tra aziende e amministrazioni un po' in tutta Italia. Tuttavia, chiedo al Governo, in questo caso, una cosa ben precisa: come sia mai possibile che i Paratore, che sono da tempo in odor di mafia con il clan Santapaola, possano avere così tanto credito da viaggiare in Cina con Renzi; e chi li ha invitati? Questo non lo dice il MoVimento 5 Stelle, ma sta scritto a pagina 82 dell'ordinanza del GIP.

Ma c'è di più: vogliamo sapere che si sono detti e a che scopo il Ministro Galletti abbia ricevuto il funzionario della regione siciliana Mario Corradino, poi indagato per traffico di influenze; come poi vogliamo sapere chi è quel Vice Ministro dello Sviluppo economico - che cita l'ordinanza - che riceve direttamente Carmelo Paratore, e non credo poi che sia un caso che pochi mesi dopo, quindi a marzo 2015, ottiene che il polverino dell'Ilva venga smaltito, guarda caso, nella sua discarica di Melilli, senza averne i requisiti e senza nessun controllo.

Chiediamo, infine, quali iniziative intende intraprendere il Governo nei confronti della Daneco, proprio per tutte quelle questioni che ho citato prima. Non basta fare i viaggi con Renzi, e altro che finanziamenti di Colucci a Renzi! Noi vogliamo delle risposte dettagliate e vogliamo capire che cosa è successo.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la Giustizia, Cosimo Maria Ferri, ha facoltà di rispondere.

COSIMO MARIA FERRI, Sottosegretario di Stato per la Giustizia. Signor Presidente, onorevoli colleghi, con l'interpellanza all'ordine del giorno l'onorevole Zolezzi, unitamente agli altri deputati, prendendo spunto dagli elementi derivanti da varie inchieste giudiziarie descrivono una situazione di diffusa illegalità nel settore della gestione dei rifiuti.

A parere degli interpellanti e in base a quanto da loro rappresentato, risulterebbe la presenza sul territorio nazionale di due gruppi industriali che si sarebbero resi responsabili di numerosi atti e comportamenti illeciti in violazione della normativa di tutela ambientale e di affidamento degli appalti relativi alla gestione del ciclo dei rifiuti. Al riguardo, quindi, pongono una serie articolata di quesiti volti a conoscere le iniziative che si intendono adottare per contrastare le infiltrazioni della criminalità organizzata e per migliorare la normativa nel settore ambientale.

È ampiamente acclarato che l'illegalità ambientale rappresenti uno dei comparti privilegiati dalle organizzazioni criminali, interessate a reinvestire capitali di provenienza illecita e a intercettare considerevoli flussi di risorse finanziarie, nonché a svolgere attività strettamente correlate, quali quelle di bonifica e di risanamento ambientale. In tale ambito i clan malavitosi, inizialmente dediti a una mera attività volta a favorire l'allestimento di siti clandestini o ad occultare i rifiuti abusivamente, hanno poi perfezionato le proprie capacità di infiltrazioni nei settori dell'allocazione di sostanze pericolose (come nella Terra dei fuochi) e delle emergenze determinate dall'esaurimento delle discariche legali.

D'altra parte, le attività illecite nel settore ambientale non sono ascrivibili esclusivamente alle associazioni mafiose, essendo stata rilevata la presenza di interessi collaterali attestati sempre più frequentemente presso segmenti di imprenditoria distorta.

Questa ricostruzione ha trovato ulteriore conferma dagli esiti dell'operazione “Piramidi”, citata nell'interpellanza, condotta dall'Arma dei carabinieri nel marzo 2017 nei confronti di elementi riconducibili al sodalizio mafioso catanese Santapaola-Ercolano nelle province di Catania, Palermo, Messina, Siracusa, Roma e Bolzano.

In relazione a questo scenario, si assicura che le forze di polizia dedicano alla tematica la massima attenzione, in particolare attraverso l'attività di unità investigative specialistiche dislocate sul territorio operanti in stretta sinergia con gli organismi centrali deputati alle attività di impulso e coordinamento.

La strategia di contrasto delle mire affaristico-criminali delle organizzazioni malavitose si fonda anche su un modello rinforzato di prevenzione e controlli, imperniato sull'istituzione presso le prefetture dell'elenco dei fornitori, prestatori di servizio ed esecutori di lavori non soggetti a infiltrazione mafiosa, cosiddetta “white list”.

L'iscrizione in tali elenchi riguarda, com'è noto, anche le imprese operanti nel trasporto e nello smaltimento dei rifiuti per conto di terzi, settore ritenuto dal legislatore tra i più esposti al rischio di infiltrazione mafiosa.

Con specifico riferimento alle misure finalizzate al contrasto della accumulazione illecita di ricchezza a cui si fa riferimento nel primo quesito dell'interpellanza, si intende innanzitutto evidenziare come la nuova disciplina degli ecoreati, per la quale ha lavorato anche il Dicastero della giustizia, introdotta con la legge n. 68 del 2015, abbia esteso ai più gravi delitti in materia ambientale l'istituto della confisca, anche per equivalente, del profitto o provento del reato. Tale misura ablativa può essere eseguita solo in seguito alla irrevocabilità della sentenza di condanna o applicazione della pena, mentre medio tempore il vincolo di indisponibilità sul profitto o provento del reato è assicurato attraverso la misura cautelare del sequestro preventivo, anche per equivalente.

Sempre al fine di contrastare le infiltrazioni criminali perseguendo le imprese che conquistano condizioni di vantaggio sul mercato e più alti profitti grazie all'elusione o alla trasgressione delle norme, la citata legge n. 68 del 2015 ha previsto anche per i più gravi reati ambientali la responsabilità amministrativa derivante da reato per le persone giuridiche.

Con riferimento invece alla cosiddetta “confisca allargata”, disciplinata dall'articolo 12-sexies del decreto-legge n. 306 del 1992, si rileva che tale disposizione non contempla, allo stato, tra i reati presupposto quelli in materia ambientale.

Sulla riforma degli ecoreati desidero segnalare - e ricordo che il Governo, tra l'altro, ha collaborato anche in sede parlamentare non solo con la maggioranza ma anche con le opposizioni - che si tratta di una legge che davvero introduce reati severi: si passa dal tema delle contravvenzioni a quello dei delitti gravi; introduce, poi, il tema del disastro ambientale, con il reato di disastro ambientale, e dell'inquinamento ambientale; rafforza le misure cautelari personali e opera, quindi, anche in tema di confisca; tratta anche il tema della bonifica e, quindi, introduce anche delle misure premiali per chi si ravvede e pone in essere condotte con cui non solo si previene ma si interrompe il reato; si investe anche nelle bonifiche proprio per salvaguardare quello che deve stare a cuore, cioè da una parte la lotta alla criminalità organizzata, interrompendo quindi queste condotte criminose, e dall'altra, però, si interviene per rafforzare la tutela ambientale, il diritto alla salute e anche, appunto, quello che si produce.

Parlavamo prima della Terra dei fuochi e, quindi, di tutto quello che si produce anche nel settore agroalimentare e che si mangia, come i prodotti che provengono da quelle terre.

Quindi massima severità, massima cautela, massima trasparenza e un effetto deterrente che oggi, grazie alla riforma degli ecoreati, è stato raggiunto, sulla quale il Parlamento ha lavorato. Tuttavia, si evidenzia inoltre che all'esame del Senato c'è un disegno di legge, il n. 2134, recante modifiche al codice delle leggi antimafia, che prevede un ulteriore potenziamento dell'istituto, estendendolo, e mi riferisco all'articolo 12-sexies del decreto-legge n. 306 del 1992, quindi un ulteriore potenziamento dell'istituto, estendendolo ai delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, nel cui elenco sono stati opportunamente inseriti i più gravi delitti ambientali di disastro e inquinamento e il delitto di traffico organizzato di rifiuti. Il regime giuridico che ne deriverebbe, in caso di approvazione del provvedimento, è di particolare rigore.

Come è noto, infatti, la condanna per ciascuno dei delitti indicati nel citato articolo 51, comma 3-bis, ancorché non definitiva, ma confermata in grado di appello, comporta l'adozione delle misure inibitorie e decadenziali indicate dall'articolo 67 del codice delle leggi antimafia. Gli onorevoli interpellanti chiedono, inoltre, l'adozione di un'iniziativa normativa volta ad escludere dalle gare di appalto le società senza certificazione antimafia anche in caso di appalti misti pubblico-privati. Sul presupposto che il quesito riguardi la fattispecie di cui all'articolo 83, comma 3, lettera b), del codice delle leggi antimafia, si ritiene che tale disposizione non sia suscettibile di determinare smagliature nei meccanismi di prevenzione antimafia. Le prefetture, infatti, sono state sensibilizzate più volte ad applicarla con la massima accortezza, posto che molto di frequente i requisiti di onorabilità richiamati dalla norma non appaiono pienamente sovrapponibili a quelli prescritti ai fini della liberatoria antimafia.

In ordine alla richiamata partecipazione degli imprenditori Paratore alla missione in Cina a seguito del Premier, allora Presidente del Consiglio Renzi, Invitalia ha riferito - perché era Invitalia che organizzava la delegazione, e quindi Invitalia ha predisposto e ha fatto gli inviti per la delegazione in seguito alla missione del Presidente del Consiglio -, Invitalia ha comunicato al Ministero dell'interno che della delegazione italiana guidata dal presidente di Invitalia medesima non hanno fatto parte né Antonio né Carmelo Paratore. La delegazione era composta dai rappresentanti di otto aziende, nessuna delle quali riconducibile ai suddetti. Né gli imprenditori in questione risultano essere stati mai presenti a eventi o missioni organizzate da Invitalia in altri Paesi con operatori italiani.

Invitalia ha precisato anche che la società Kinexia non è stata ammessa al Business Forum in Cina con l'allora Presidente del Consiglio per la firma del protocollo d'intesa con la società cinese Cecep. L'azienda era stata precedentemente selezionata sulla base dei requisiti indicati dalla municipalità di Yuyao, che, in linea con il piano quinquennale del Governo cinese, era alla ricerca di aziende con tecnologie all'avanguardia nel settore della tutela ambientale e del biomedicale per promuovere partnership all'interno di nuove aree industriali.

PRESIDENTE. Colgo l'occasione per salutare studenti e docenti delle due scuole che ci seguono, l'Istituto comprensivo via Tor de Schiavi di Roma e l'Istituto comprensivo “Giacomo Leopardi” di Saltara, Pesaro (Applausi).

Il deputato Zolezzi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

ALBERTO ZOLEZZI. Grazie, Presidente.

Alla fiera del waste, per due soldi, del polverino dall'Ilva Paratore comprò. E venne il funzionario Cannova che mangiò i controlli e il polverino entrò nella discarica di Melilli. E venne il lupo e il clan Santapaola che mangiò i soldi e il piano approvò. E venne il fuoco che bruciò i rifiuti. In Italia, dal 2015, sono oltre 100 gli incendi a impianti di gestione rifiuti. È una vera e propria guerra, ma alla fiera del waste per due soldi forse un Viceministro Paratore comprò. Al termine della canzone si dice che sia il Signore che risolve tutto. Ora, chiedo a questo Governo se aspettiamo il Signore per risolvere i problemi dell'ambiente.

Ma quanti si sono fatti comprare? In questa interpellanza, fra l'altro, evidenziamo che ci sono due galassie in Italia poco virtuose, per essere diplomatici: quella dei Paratore e quella dei Colucci. Su Paratore abbiamo visto queste accuse, di essere il supporto, il braccio economico del clan Santapaola, rapporti con imprenditori, con politici, con funzionari pubblici, tra cui, appunto, Mario Corradino si è detto che risulta avere incontrato addirittura il Ministro Galletti per conto dei Paratore accusati di mafia, perché poi possiamo anche migliorare la normativa, ma, se abbiamo questi problemi gravissimi intrinseci anche nello stesso Governo, facciamo fatica. Galletti è uno dei fondatori di Hera, bocciata dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato perché semplicemente troppo grande. Un Ministro che dal punto vista imprenditoriale fece dei grossi errori, che vanno avanti. Tra l'altro, un'azienda che ha 3 miliardi di euro di debiti.

Anch'essa, Hera, ha subito un incendio recentemente a Castiglione delle Stiviere, in provincia di Mantova. Carmelo Paratore risulta, appunto, avere incontrato un Viceministro del Mise. Chi era? Potevate dircelo, è chiaro che è importante. Calenda era Viceministro, oppure De Vincenti, e sarebbe importante sapere chi è che non sapeva che i Paratore erano già in odore di mafia. Ci fu una dipendente, con incarichi in Parlamento, che sa il turco, braccio destro di Bersani. Chi è questa dipendente che, forse, si aggira ancora per questi palazzi? Sono accuse, però sarebbe interessante capire ed eventualmente chiarire. E poi, appunto, Paratore, che, dopo questi incontri, questi contatti, si aggiudica il contratto per smaltire questi rifiuti dell'Ilva, che è un altro dei buchi neri di questo Governo. Dodici decreti per tentare di gestirla, per continuare in realtà a inquinare, e sono documentate in oltre 100 le vittime dal solo inquinamento dell'Ilva. I rifiuti vengono gettati nella discarica Mater Gratiae, rifiuti di ogni tipo dal sito dell'Ilva, compreso l'amianto in polvere, un rifiuto altamente pericoloso.

Per cui, non si capisce perché il polverino debba essere portato in Sicilia e fanghi e altre schifezze in provincia di Mantova. Per dare lavoro a qualche ditta di trasporto o, forse, c'è qualcosa di più? La Commissione ecomafie sta spulciando i dati dei rifiuti radioattivi accatastati a Statte in un capannone agricolo a pochi chilometri dall'Ilva: 18 mila fusti di materiale radioattivo in parte provenienti dall'Ilva stessa. I Paratore, abbiamo visto, hanno gestito rifiuti e appalti in Sicilia e in Puglia, e hanno tentato di allargarsi in Campania. Quindi, abbiamo un'Italia davvero infiltrata ancora sotto questi Governi. I contatti tra i Paratore, Cannova e i funzionari erano frenetici e lo stesso Presidente della Repubblica dice che la palude della corruzione è la prima causa del fenomeno mafioso.

L'altra galassia è, appunto, quella dei Colucci. La galassia parte in questo caso con l'incontro di Galletti, uomo proveniente dall'UdC. E uomo proveniente dall'UdC è anche Vietti, ex Vicepresidente del CSM, ora presidente di Waste, in precedenza presieduta dallo stesso Pietro Colucci, ora Gruppo Waste Italia, nato nel 2015 dalla fusione della citata Kinexia. Questa società ha 300 milioni di euro di debiti e sta rischiando il fallimento. Cannova è il dirigente siciliano ed è un altro anello di collegamento tra i Paratore e i Colucci; arrestato anche in questa inchiesta, era stato arrestato nell'inchiesta su Oikos. È un collegamento inquietante, perché i Paratore sono accusati di essere in contato con il clan Santapaola, hanno gestito i rifiuti in varie regioni. Oikos era, per esempio, nel consorzio Simco, insieme a Gesenu, società collegata a Cerroni, a sua volta collegato a Colucci, e in tantissime faccende in cui poi a loro volta si ritrovano anche i Colucci, collegati con Altecoen, impresa legata anch'essa al clan Santapaola.

La Daneco è coinvolta ed è stata condannata in primo grado per il disastro ambientale nella discarica di Ca' Filissine, in provincia di Verona. La condanna è del 2012, dove il percolato veniva addirittura, secondo le accuse, scaricato nel corpo della discarica. Ci sono altri disastri ambientali in Piemonte a Ghemme, in Campania a Sant'Arcangelo Trimonte, in Puglia e in Calabria. Queste galassie, in qualche modo, riescono ad agire su tutta la nostra nazione e sono in contatto con il clan di Nitto Santapaola, condannato come mandante per le stragi di Capaci, di via D'Amelio e per altri feroci omicidi. Si dice che soffra di licantropia clinica.

In questa indagine “Piramidi” si mettono in luce sospetti incontri e appalti concessi grazie a esponenti di questo Governo. Questi incontri non sono stati chiariti da voi, oggi, qui in Aula. La magistratura farà il suo lavoro, ma davvero non sapere chi è il Viceministro che ha incontrato Paratore ci lascia piuttosto perplessi. E attendiamo anche chiarimenti su queste missioni, per capire davvero se ci sono state o se non ci sono state.

C'è sicuramente un'altra contiguità semantica fra questo Governo Gentiloni e il licantropo Nitto Santapaola. Questo, infatti, è un Governo mannaro: non amministra, non risolve e non previene i problemi, ma spaventa, ogni tanto arriva in Aula e impedisce di sottoporre a valutazione di impatto ambientale grandi progetti dei lobbisti amici su trivelle, autostrade e TAV inutili. Riduce i fondi per le intercettazioni, sia mai che si ripeta un'altra indagine Consip, dove un altro Ministro, Lotti, è accusato di aver sabotato l'indagine per un appalto da 2,6 miliardi di euro, l'appalto più grande d'Europa. Negli ospedali questo Governo ha messo le linee guida scritte dalle assicurazioni a garanzia dei pazienti e non le linee-guida sanitarie; un Governo che ha sciolto il Corpo forestale dello Stato nei Carabinieri, inficiando la stessa legge n. 68 citata dal sottosegretario Ferri.

Ci sono voluti due anni con questi Governi per attuare le facilitazioni al compostaggio, una cosa semplicissima; questo Governo è proprio lento nell'attuare le nostre proposte, proposte nel MoVimento 5 Stelle approvate.

Questo Governo lascia inalterata, e anzi la peggiora, una situazione già evidenziata nella scorsa legislatura dalla Commissione presieduta da Massimo Scalia. Alcune famiglie - Cerroni, Colucci e altre - continuano a condividere gli affari in tutta la filiera dei rifiuti italiani.

Questo Governo non è intervenuto sulla trasparenza dei finanziamenti ai partiti: fino a 100 mila euro possono essere donati senza pubblicare nessun nominativo dei donatori. Quanto ha donato Daneco al PD? Risulta da notizie di stampa che Colucci ha partecipato alle cene elettorali di Renzi.

Il sottosegretario ha parlato, giustamente, dell'iscrizione in white list. Daneco attende questa iscrizione almeno dal novembre 2015, quando vinse un appalto per la discarica di Mariana Mantovana. La prefettura di Roma sta lavorando in questo periodo e probabilmente darà l'esclusione dalla white list, ma, in un anno e mezzo, questa iscrizione non è mai stata prodotta. È impossibile far partecipare un'azienda che non abbia l'iscrizione completa. Bisognerebbe capire, poi, chi pagherà questi disastri fatti da aziende, appunto, che non sono iscritte in white list, i disastri li abbiamo citati e sono gravissimi. Chi si è fatto finanziare il partito? Chi ha consentito che si aggiudicasse appalti senza essere iscritta? Stiamo rischiando un altro caso Caffaro, e voi non fate niente, Daneco non paga per i disastri precedenti e continua ad aggiudicarsi appalti, perché? Anche perché avete le mani legate.

Voi, come Governo, state svolgendo egregiamente un'importante funzione, con le vostre terga e i vostri gomiti fate manutenzione delle sedie e dei banchi del Governo. Noi abbiamo ricevuto 738 giorni di sospensione per aver chiesto uguaglianza fra cittadini e politici per la questione dei vitalizi. I cittadini sono tutti al 41-bis, in un carcere duro, non potendo votare e scegliere chi li rappresenti, non potendosi lasciare alle spalle il puzzo degli incendi di mafia e del percolato degli speculatori, non potendo avere lavoro dal mondo dei rifiuti, sono stimati da Althesys 195 mila posti di lavoro, recuperando materia e tendendo a rifiuti zero e a costo zero (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

(Iniziative di competenza volte a prevenire e contrastare la proliferazione di realtà associative di ispirazione neofascista, in particolare in Lombardia – n. 2-01750)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Cimbro ed altri n. 2-01750 (Vedi l'allegato A).

Chiedo alla deputata Cimbro se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

ELEONORA CIMBRO. Grazie Presidente e ringrazio anche il sottosegretario. Il giornalista di Repubblica, Paolo Berizzi, da sempre attento ai movimenti neonazisti operanti in Lombardia, già vittima in passato di diverse minacce tramite il web, ha subito un ulteriore e gravissimo atto intimidatorio: qualche settimana fa la sua auto, che si trovava sotto la sua abitazione nel centro di Bergamo, è stata presa di mira da un gruppo di persone, appartenenti ad un gruppo neonazista sul quale l'inviato di Repubblica sta svolgendo inchieste da diversi anni. Questi vandali hanno inciso diversi simboli sulla carrozzeria: un crocifisso sul cofano, una svastica su una delle portiere e un simbolo delle SS su un'altra.

Dopo una serie di esposti alla procura di Varese, il cronista ha scelto questa volta di rivolgersi alla questura bergamasca per denunciare l'accaduto. Il caso è stato analizzato dal comitato di prevenzione e sorveglianza della prefettura di Bergamo che ha deciso per la sorveglianza dinamica nei confronti di Berizzi. Agenti di polizia controlleranno la sua abitazione e i luoghi che frequenterà. Della vicenda si sta occupando la Digos bergamasca, che sta cercando di individuare i colpevoli.

Già nel 2013 Berizzi aveva ricevuto una serie di minacce da parte degli ultrà varesini «Arditi 2012», dichiaratamente di estrema destra e collegati con i «Blood and Honour» che seguono anch'essi il Varese Calcio. Quest'ultimi gli avevano dedicato un grande striscione, definendo Berizzi «un infame». Lo striscione, esposto in curva, era stato accompagnato da una serie di cori e insulti. La colpa del cronista era quella di aver pubblicato, il giorno precedente, un articolo on line dedicato ad un capo ultrà dei Varese. Si raccontava la storia di Gjoni Landi, 39 anni, albanese di Tale, capo degli «Arditi» e tra i leader dei «Blood and Honour», entrambi gruppi xenofobi e neonazisti. Nel dicembre 2016, inoltre, Berizzi aveva parlato su Repubblica dei Do. Ra., acronimo della Comunità militante dei dodici raggi, che si rifà al sole nero, simbolo del castello di Wewelsburg, sede operativa delle SS. I Do.Ra., infatti, sono la più organizzata comunità nazionalsocialista operante al momento in Italia.

Da diversi anni, Paolo Berizzi, attraverso servizi e inchieste, si occupa e racconta l'estremismo politico di destra, con le sue derivazioni xenofobe e violente. Non si è mai fermato di fronte alle minacce, così come siamo certi non si fermerà ora. Non saranno volgari e vigliacche provocazioni ad impedire il suo lavoro giornalistico, per fortuna.

Nell'esprimere, dunque, la solidarietà degli interpellanti a Paolo Berizzi, che si aggiunge a quella di molti altri colleghi deputati, del Comitato di redazione di Repubblica, e della Federazione nazionale stampa italiana, si intende riportare in questa sede richiesta del segretario generale e del presidente della Federazione nazionale stampa italiana, Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti, i quali hanno chiesto provvedimenti immediati dopo che il Ministero dell'interno ha disposto misure di protezione nei confronti del cronista, nella speranza che quanto accaduto sia sufficiente per intervenire e sciogliere il gruppo neonazista, in accordo coi principi costituzionali, con la legge n. 645 del 1952, la cosiddetta «legge Scelba» e la legge n. 205 del 1993, la cosiddetta «legge Mancino».

A fronte di quanto premesso, si chiede: intanto, se il Governo sia a conoscenza della situazione sopra esposta e quali iniziative abbia in concreto attuato e quali intenda intraprendere, per quanto di competenza, al fine di evitare che, nel prossimo futuro, si ripetano i gravissimi fatti come quelli che abbiamo esposto qui in Aula oggi; quali iniziative di competenza si intendano assumere per assicurare il rispetto della legalità e del valori e dei principi affermati nella Costituzione e impedire che il nostro Paese divenga ancor di più luogo fertile per l'insediamento di realtà di ispirazione fascista, xenofoba e razzista; quali iniziative urgenti intenda assumere il Governo per prevenire l'esponenziale crescita di realtà di ispirazione neofascista, xenofoba e razzista, nelle provincie lombarde e se non intenda adottare iniziative specifiche per prevenire, per quanto di competenza, che in futuro si organizzino raduni di organizzazioni nazifasciste come avvenuto nel recente passato; quali iniziative di competenza si intendano assumere affinché venga applicata rigorosamente la legislazione vigente in materia, in particolare, come abbiamo già ricordato, la «legge Scelba» e la cosiddetta legge «Mancino».

Aggiungo che anche il 26 aprile il giornalista Paolo Berizzi è stato oggetto di pesanti minacce, in quanto sotto casa è stato appeso un ulteriore striscione con le parole “infame delatore vigliacco” a firma Do.Ra., “Giù le mani dal M.A.B.”, ovvero il Manipolo d'avanguardia Bergamo, quindi continua ad essere oggetto di pesanti minacce da parte di questi gruppi neonazisti e neofascisti.

Noi ricordiamo in quest'Aula che circa un anno fa è stato fatto un incontro con il Viceministro Bubbico, insieme a tutti, i tanti sindaci che sul territorio operano per mantenere la legalità e che quotidianamente si trovano in situazioni, come quella descritta da Paolo Berizzi. Io credo che sia arrivato il momento di dare una risposta chiara e univoca nei confronti di queste formazioni, che agiscono senza tener in alcun conto quelli che sono, appunto, i dettami della Costituzione.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato, Ferri, ha facoltà di rispondere.

COSIMO MARIA FERRI, Sottosegretario di Stato per la Giustizia. Signor Presidente, onorevoli colleghi, con l'interpellanza all'ordine del giorno, l'onorevole Cimbro, insieme ad altri deputati, nel richiamare la particolare esposizione al rischio del giornalista Paolo Berizzi, a cui va tutta la nostra attenzione e solidarietà, per quanto riguarda gli episodi che sono stati indicati e di cui è a conoscenza anche il Ministero - quindi, chiaramente, massima attenzione, grande rispetto di chi esercita la propria professione, salvaguardando anche la sua incolumità -, che è stato vittima di ripetute minacce e intimidazioni per le sue inchieste su alcuni gruppi neonazisti, rivolge al Ministero dell'interno una serie di sollecitazioni, affinché siano intraprese iniziative volte a prevenire la diffusione di realtà di ispirazione neofascista, xenofoba e razzista.

Si informa, innanzitutto, che già a partire dallo scorso mese di febbraio il prefetto di Bergamo aveva disposto idonee misure di protezione in favore del giornalista Paolo Berizzi, sulla base delle risultanze di una riunione tecnica di coordinamento delle forze di polizia.

A seguito di due ulteriori atti di intimidazione, tra cui l'episodio di danneggiamento dell'autovettura, di cui si fa menzione nell'interpellanza, la situazione di esposizione al rischio del signor Berizzi è stata riesaminata in due ulteriori riunioni di coordinamento interforze, tenutesi il 15 e il 30 marzo scorsi, all'esito delle quali è stata disposta l'intensificazione delle misure tutorie nei confronti del giornalista e dei suoi familiari.

Su un piano più generale, si assicura che le autorità provinciali di pubblica sicurezza e le forze di polizia seguono con la massima attenzione gli episodi di intimidazione che possano incidere sulla libera determinazione dei giornalisti nell'espletamento dell'attività professionale. La loro protezione, al pari di quella di tutte le altre categorie di persone esposte a rischio a causa delle funzioni esercitate, costituisce una priorità nella pianificazione dei servizi di polizia, nell'ambito dei piani coordinati di controllo del territorio. Infatti, oltre che per l'applicazione delle vigilanze generiche radiocollegate, nell'ambito dei citati piani di prevenzione generali, la valutazione dell'esposizione al rischio è oggetto di un'approfondita e periodica rivisitazione ai fini dell'equilibrata applicazione dei dispositivi di protezione previsti dalla legge. Ad oggi, nel territorio nazionale sono attivi, a tutela dei giornalisti, venti dispositivi tutori, adottati su determinazione dell'Ufficio centrale interforze per la sicurezza personale, nonché 161 servizi di vigilanza generica radiocollegata, adottati su disposizione delle autorità provinciali di pubblica sicurezza.

Venendo alla richiesta degli onorevoli interpellanti di contrastare la crescita di realtà di ispirazione neofascista, xenofoba e razzista, si rileva che l'ordinamento giuridico prevede in materia alcuni fondamentali presidi di legalità, tra l'altro richiamati dagli stessi onorevoli interpellanti. Si fa riferimento, innanzitutto, alla legge n. 645 del 1952, la cosiddetta “legge Scelba”, emanata in attuazione della XII disposizione transitoria e finale della Costituzione, relativa al divieto di riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista, e inoltre al decreto-legge n. 122 del 1993, la cosiddetta “legge Mancino”, che offre specifici strumenti per la prevenzione e il contrasto dell'antisemitismo, del razzismo, della xenofobia, con l'introduzione della fondamentale condanna di gesti, azioni e slogan legati all'ideologia nazifascista.

Si assicura che gli istituti delineati da tali normative sono oggetto di rigorosa e puntuale applicazione da parte delle autorità provinciali di pubblica sicurezza e delle forze di polizia. In particolare, esse prestano la massima attenzione all'attività di prevenzione, che si sviluppa in un costante monitoraggio ed una meticolosa raccolta informativa, al fine di cogliere il minimo segnale di turbativa dell'ordine, della sicurezza pubblica e di deviazione dalle regole del diritto e della pacifica convivenza. D'altra parte, le forze di polizia hanno sempre puntualmente segnalato all'autorità giudiziaria tutte le iniziative poste in essere da componenti di associazioni di ispirazione estremista, per le quali potevano ritenersi sussistenti ipotesi di reato.

In merito ad ulteriori iniziative, che possono essere adottate in tale ambito, va anche ricordato che la “legge Scelba”, già menzionata, consente l'adozione di un provvedimento di scioglimento di movimenti di ispirazione fascista solo a seguito di una sentenza penale irrevocabile, che abbia accertato il verificarsi, in concreto, della fattispecie della riorganizzazione del disciolto partito fascista.

Allo stato attuale non risulta che i movimenti in questione siano stati destinatari di pronunce giurisdizionali legittimanti l'adozione di siffatto provvedimento di rigore.

Gli onorevoli interpellanti chiedono, inoltre, l'adozione di specifiche iniziative per prevenire l'organizzazione di raduni da parte delle associazione in questione. È evidente come il tema sollevato presenti connotati di particolare delicatezza, in quanto incide sul diritto di riunione in luogo pubblico costituzionalmente garantito. Si tratta, com'è noto, di un diritto che può essere compresso soltanto per comprovati motivi di sicurezza o incolumità pubblica ed è per questo che, a fronte di ciascuna manifestazione, le autorità di pubblica sicurezza sono chiamate a valutare la sussistenza o meno delle condizioni necessarie allo svolgimento dell'iniziativa, operando di volta in volta un equo contemperamento tra il diritto di riunione con le esigenze, altrettanto rilevanti, di tutela della sicurezza pubblica.

Si conclude, assicurando che il Ministero dell'interno continuerà a vigilare con assiduità e accuratezza sull'attività dei movimenti politici estremistici, qualunque ne sia l'orientamento, per prevenire e reprimere, attraverso una rigorosa e puntuale applicazione delle leggi vigenti, le iniziative che possano sfociare in atti illeciti. Quindi, è massima l'attenzione da parte del Ministero nel verificare che movimenti si costituiscano in violazione di divieti espressi dalla legge - e che non possono certamente essere istituiti - e, nello stesso tempo, garantire quelle esigenze di sicurezza e di legalità nel rispetto di tutti i diritti costituzionali, con la massima attenzione e con il contemperamento di tutti i diritti e i valori della nostra Carta costituzionale.

Concludo, rinnovando la nostra solidarietà, la nostra massima attenzione, nei confronti del giornalista Paolo Berizzi, nei confronti suoi e dei familiari, per le gravi minacce e gli atti intimidatori che ha dovuto subire. Quindi, grande vicinanza al giornalista Berizzi.

Dall'altra parte, colgo l'occasione per ringraziare le tante forze dell'ordine, che lavorano e che si occupano della tutela di tante personalità, non solo del mondo del giornalismo. Oggi si parla di tutela dei giornalisti e quindi ho ricordato anche dei dati, di coloro che sono oggetto di misure di tutela, ma voglio dire grazie, a nome del Governo, ai tanti poliziotte e poliziotti che lavorano con grande serietà e professionalità e che si dedicano anche a questo settore della tutela, della sicurezza, dell'ordine pubblico e dell'incolumità di tanti soggetti. Grazie per il lavoro che fanno, ventiquattro ore su ventiquattro, chiaramente con grande sacrificio e grande professionalità.

PRESIDENTE. La collega Cimbro ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

ELEONORA CIMBRO. Grazie, Presidente. Io non sono soddisfatta della risposta, anche perché qui non stiamo parlando semplicemente di un problema di sicurezza pubblica e mi spiace che, tutte le volte che in questa Aula viene sottoposto un problema di questa natura, si finisca a parlare di sicurezza pubblica. Anche noi ovviamente esprimiamo solidarietà e apprezzamento per il lavoro che fanno le forze dell'ordine su tutto il nostro territorio nazionale, ma qui stiamo parlando di gruppi che hanno una precisa ispirazione.

Peraltro, credo che parlare di sicurezza in relazione a gruppi di qualunque ispirazione sia fuorviante rispetto all'oggetto dell'interpellanza, perché noi stiamo parlando di formazioni neofasciste e neonaziste, quindi che hanno una - come dire - matrice politica ben definita. Non stiamo parlando in generale di gruppi estremisti, perché altrimenti probabilmente avrei sottoposto un'interpellanza di altra natura.

Siccome rispetto a questa fattispecie esistono due leggi - la “legge Scelba” e la “legge Mancino” - io avrei preferito che il discorso si fosse concentrato su questa questione: gruppi neofascisti e neonazisti che agiscono liberamente su tutto il nostro territorio nazionale, benché ci siano due leggi che impongano lo scioglimento di questi gruppi di fronte a un Governo e uno Stato che li lascia agire in piena libertà. Ora, io capisco che si stia aspettando, che ci sia un iter anche che riguarda la giustizia, per cui solo di fronte a certi reati si può intervenire, ma ricordo anche che siccome dichiaratamente questi gruppi sono neofascisti e neonazisti, dal nostro punto di vista, c'è assolutamente lo spazio per poter intervenire.

E se così non fosse, visto che io penso di aver già presentato decine di interrogazioni e di interpellanze urgenti su questo tema, credo che sia giunto il momento, a fine legislatura, per questo Parlamento, di prendere in mano la situazione e di modificare la norma. So benissimo che le forze dell'ordine hanno le mani legate perché la norma non è chiara, ma forse politicamente dovremmo riuscire a convincere la maggioranza delle forze presenti in questo Parlamento ad intervenire in una certa direzione. È chiaro che questa mancanza di un intervento rispetto a questa norma abbia un motivo dichiaratamente politico, perché ci sono delle forze di destra presenti in questo Parlamento che non vogliono che si metta mano alla norma. Io penso che sia giunto il momento di farlo perché stiamo davvero parlando di persone che sì ispirano a formazioni che sono emblema di un periodo storico e di avvenimenti anche storici profondamente gravi. Allora che queste formazioni possano agire liberamente su tutto il nostro territorio nazionale dovrebbe essere davvero un problema che tutti noi sentiamo, perché agiscono contro i principi della Costituzione e non contro i principi di partiti che sono particolarmente sensibili e che quindi continuano a rivendicare in quest'Aula e continuano a richiedere l'intervento dello Stato e del Governo rispetto a questi episodi.

Questo è quello che dice il giornalista Paolo Berizzi, che ha detto di recente al comizio per il 25 aprile a Bergamo, di fronte al Sindaco Gori: queste organizzazioni operano indisturbate nell'indifferenza generale, è ora di dire basta, bene che lo Stato protegga i cronisti, ma deve fare di più, deve sciogliere questi gruppi; ci sono due leggi per fermarli, facciamole rispettare, è un fatto di civiltà. Io utilizzo le parole del giornalista per riassumere il senso anche di questa ennesima interpellanza su questo tema in quest'Aula. Credo che sia giunto il momento con coraggio di mettere mano alla norma per fare in modo che lo Stato possa intervenire rispetto a un fenomeno che è sotto gli occhi di tutti. Tutte le volte ci siamo ritrovati a dover semplicemente verificare se ci fossero elementi che minavano la sicurezza pubblica, ma qui siamo davvero oltre, c'è un problema culturale importante di una mentalità che si sta diffondendo a macchia d'olio su tutto il territorio nazionale di forze e di gruppi che continuano ad operare per elevare ancora di più il livello di tensione sociale, che si ispirano a principi che sono dichiaratamente razzisti e xenofobi e che incitano alla violenza.

Allora io spero e credo che non si debba arrivare al casus belli per poter intervenire. Io penso che un Governo responsabile debba, e lo ribadirò con una lettera indirizzata direttamente al Viceministro Bubbico che ha seguito anche la situazione specifica della Lombardia, intervenire in altro modo, perché noi siamo stufi di sentirci dare sempre le stesse risposte. Il problema c'è, è sotto gli occhi di tutti, io non penso che voi viviate in un altro Paese, sapete benissimo che queste formazioni ci sono e continuano ad operare indisturbate e credo che dare risposte semplicemente basate su una questione di sicurezza pubblica sia del tutto inadeguato. Per cui abbiamo qualche mese davanti, cerchiamo davvero di intervenire in questa direzione, perché va bene la tutela, va bene il contrasto da un punto di vista culturale, cosa che stiamo facendo, cosa che stanno facendo con grande fatica anche i nostri amministratori locali, però poi quando ci sono episodi di questa natura bisogna andare sul territorio a sciogliere questi gruppi.

Noi abbiamo portato all'attenzione anche del Viceministro casi di sindaci che sono stati appunto minacciati e continuano episodi di questa natura tutti i giorni, quotidianamente. Non stiamo parlando di una cosa che voi non conoscete, non posso crederci, non posso crederci! Per cui davvero da parte nostra c'è la massima disponibilità. So che anche l'ex collega del PD Fiano ha fatto un lavoro egregio da questo punto di vista e vi sono delle proposte di legge depositate che possono andare a colmare il vuoto legislativo, facciamo in modo che ci sia una convergenza politica perché si raggiunga un risultato.

(Iniziative volte a recepire i rilievi dell'Anac relativi alla trasparenza del sistema della dirigenza sanitaria, anche modificando il decreto legislativo 4 agosto 2016 n. 171 – n. 2-01773)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Lorefice ed altri n. 2-01773 (Vedi l'allegato A).

Chiedo alla collega Lorefice se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

MARIALUCIA LOREFICE. Grazie Presidente. Grazie sottosegretario. L'interpellanza che noi oggi le rivolgiamo è urgente non perché la ritiene tale il MoVimento 5 Stelle, ma l'Anac, e il suo depotenziato, così possiamo definirlo, presidente Raffaele Cantone, che già nel mese di dicembre aveva fatto un preciso atto di segnalazione al Parlamento e al Governo e mi riferisco alla delibera n.1388 del 14 dicembre 2016, quindi parliamo di ben quattro mesi fa. L'Anac in quell'occasione aveva segnalato che le disposizioni sulla trasparenza delle nomine dirigenziali, così come erano state introdotte e modificate dalla “delega Madia” nel 2016, non si applicano alla dirigenza sanitaria. Mi spiego meglio: gli obblighi di pubblicazione che vengono previsti per tutti i dirigenti pubblici non vengono invece applicati ai dirigenti delle aziende del Servizio sanitario nazionale, quindi al direttore generale, al direttore sanitario, al direttore amministrativo, non vengono applicati agli incarichi di responsabile di Dipartimento delle strutture sia semplici che complesse. E questi obblighi di pubblicazioni riguardano, tanto per fare un esempio, i dati e i compensi relativi alle altre cariche, gli incarichi con oneri a carico della finanza pubblica, i dati reddituali e così via. Ora l'Anac ritiene che questa differenza sia un mero refuso del legislatore e ne chiede quindi l'intervento. Noi probabilmente siamo un po' più maliziosi, riteniamo invece che questa differenza possa essere considerata una enorme responsabilità, una grave incompetenza, se non addirittura un vero e proprio atto di malafede.

L'interpellanza è urgente anche per un altro motivo, perché i dati che noi abbiamo sulla corruzione in sanità sono davvero impietosi e sono stati tra l'altro illustrati recentemente, quindi proprio nel 2017, dal rapporto “curiamo la corruzione”. Secondo questa ricerca se si sommano gli impatti di sprechi e corruzione con un indicatore di inefficienza si raggiunge il 6 per cento delle spese correnti annue nel Sistema sanitario nazionale. In parole semplici cosa significa? Significa che l'ammontare delle potenziali inefficienze nell'acquisto dei beni e dei servizi nell'ambito del Servizio sanitario nazionale corrisponde a circa 13 miliardi di euro; lo ripeto sono ben 13 miliardi di euro. Secondo il rapporto citato gli episodi di corruzione più frequenti in ambito sanitario che cosa riguardano? Riguardano le liste d'attesa, la segnalazione dei decessi alle imprese funebri private, i favoritismi ai pazienti che provengono dalla libera professione e poi le nomine apicali. Ricordiamo che l'impianto della legge Severino, che il precedente Governo si vanta di aver migliorato proprio tramite la “delega Madia”, introduce uno strumento essenziale e semplice che serve a combattere la corruzione e che è la trasparenza e in particolare la trasparenza nelle nomine e proprio negli incarichi apicali. Con l'occasione ricordo anche che il Governo, a seguito della sentenza della Consulta che ha dichiarato incostituzionale parte della “delega Madia”, ha pensato bene di modificare con solerzia e diciamo anche con un inusuale spirito di collaborazione, il decreto legislativo sulla dirigenza sanitaria, eliminando per esempio la previsione della rosa dei candidati dalla quale il presidente della regione deve individuare i dirigenti generali del Servizio sanitario nazionale. Tra l'altro, unica disposizione che in realtà poneva un primo argine, anche se non esaustivo, alla discrezionalità del presidente della regione e all'inaccettabile meccanismo che lega le nomine della dirigenza sanitaria agli interessi purtroppo della politica.

Il Governo sembra ignorare le richieste che provengono dall'Anac e le sue segnalazioni, proprio come quelle di quattro mesi fa. Tra l'altro, sempre l'Anac faceva anche riferimento al decreto n. 33, quello sulla trasparenza, che, al momento, non consente alla medesima Anac di irrogare le diverse sanzioni che vengono previste per coloro che non si adeguano alla trasparenza.

Insomma, all'Anac si propone il gioco delle tre carte, perché, da un lato, si dà, però, dall'altro lato, si toglie e l'escamotage dei decreti correttivi e integrativi a piacimento è davvero stupefacente. Si fa una riforma, che poi viene integrata, viene rettificata, viene svuotata, solo naturalmente se conviene; basta depennare in religioso silenzio, con una gomma misteriosa, la norma che è scomoda, che, in un primo momento, era stata venduta come un vessillo. Se, poi, qualcuno se ne accorge, magari, si dice che è stato un refuso, che, forse, è stata la manina di un tecnico, che non si sa, insomma, si ha quasi l'impressione che il Governo faccia i provvedimenti a sua insaputa.

Fatto sta che qui noi parliamo di dirigenti del Servizio sanitario nazionale, che, a legislazione vigente, godono di un'inaccettabile esenzione tanto dalle regole della trasparenza, che sono funzionali a prevenire la corruzione, quanto dalle regole di imparzialità nella loro selezione. È inaccettabile che le disposizioni sulla trasparenza, che sono previste per tutti gli ambiti della dirigenza pubblica, non vengano invece previste per questo, che, tra l'altro, lo ricordiamo, si trova a gestire delle risorse notevoli che riguardano un ambito molto delicato, che è quello della salute dei cittadini. Sottolineiamo ancora una volta che è altrettanto noto che c'è un legame fra questo tipo di dirigenza e sicuramente l'ambito politico.

Per cui, con l'interpellanza, si chiede di cogliere l'occasione di modifica del decreto legislativo sulla dirigenza sanitaria, una modifica che è resa necessaria dalla dichiarazione di incostituzionalità della “delega Madia” e di correggere questa palese e grave incongruenza che riguarda la trasparenza dei dirigenti del Servizio sanitario nazionale.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato, Cosimo Maria Ferri, ha facoltà di rispondere.

COSIMO MARIA FERRI, Sottosegretario di Stato per la Giustizia. Presidente, la questione posta dagli onorevoli interpellanti necessita innanzitutto di un corretto inquadramento giuridico, che non può prescindere dalla precisazione dei termini entro i quali si sono inserite le iniziative normative del Ministero della salute citate nell'atto ispettivo in esame.

Preliminarmente, dunque, devo ricordare che l'articolo 11, comma 1, lettera p) della legge 7 agosto 2015, n. 124 in tema di dirigenza sanitaria ha demandato al Governo l'emanazione di un decreto delegato, avente come specifico oggetto la disciplina di una selezione unica su base nazionale dei direttori generali ai fini dell'inserimento in un elenco nazionale istituito presso il Ministero della salute, da cui le regioni e le province autonome siano chiamate ad attingere ai fini del conferimento degli incarichi della dirigenza sanitaria.

Al medesimo decreto è stata, altresì, demandata la disciplina di un innovativo sistema di verifica e di valutazione dell'attività dei direttori generali, in grado di pervenire anche alla decadenza dall'incarico nel caso di mancato raggiungimento degli obiettivi o nel caso di gravi o comprovati motivi o, ancora, di grave disavanzo o di manifesta violazione di legge e regolamenti o, infine, del principio di buon andamento e imparzialità.

Tali misure costituiscono un evidente passo in avanti nella direzione della responsabilizzazione della dirigenza sanitaria, oltre che nell'intento di porre rimedio alle inefficienze organizzative indotte in diverse realtà sanitarie regionali da fenomeni di eccessiva ingerenza politica nelle nomine degli organi di governance delle aziende sanitarie, nonché di uniformare i criteri di nomina e di valutazione di tali figure apicali assicurando la migliore tutela dei principi di imparzialità e trasparenza nel conferimento degli incarichi.

In attuazione delle citate disposizioni, pertanto, il decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 171, ha disciplinato l'istituzione dell'elenco razionale di soggetti idonei alla nomina di direttore generale degli enti del Servizio sanitario nazionale e ha delineato un nuovo sistema di verifica e di valutazione dell'attività dei direttori stessi. In tale contesto, il citato decreto legislativo ha introdotto, tra l'altro, la significativa circostanza per la quale il mancato rispetto degli adempimenti previsti in materia di trasparenza comporta la cancellazione dall'elenco nazionale e la preclusione al reinserimento nello stesso.

Risulta pertanto evidente che, in ragione dei principi e criteri direttivi contenuti nella legge delega, il decreto legislativo n. 171 non avrebbe in ogni caso potuto modificare la vigente normativa in materia di trasparenza, peraltro destinataria di una distinta norma di delega, introducendo, in ipotesi, nuovi adempimenti per la dirigenza sanitaria, senza con ciò eccedere palesemente i limiti della delega medesima.

Quanto alle discrasie normative indicate nell'interpellanza in esame in relazione alla citata disciplina della trasparenza, che determinerebbero una posizione asimmetrica della dirigenza sanitaria rispetto alla restante dirigenza pubblica, desidero ricordare che le perplessità formulate dagli onorevoli interpellanti hanno già trovato adeguata rassicurazione in via interpretativa da parte dell'Anac.

Detta Autorità, infatti, nell'adunanza dell'8 marzo 2017, ha approvato in via definitiva - apro le virgolette - le «Linee guida recanti indicazioni sull'attuazione dell'articolo 14 del decreto legislativo n. 33 del 2013 - Obblighi di pubblicazione concernenti i titolari di incarichi politici, di amministrazione, di direzione o di governo e i titolari di incarichi dirigenziali - come modificato dall'articolo 13 del decreto legislativo n. 97 del 2016» - chiuse le virgolette -, nelle quali ha chiarito che l'asserita difformità negli obblighi di trasparenza previsti per la dirigenza sanitaria rispetto a quelli previsti per la dirigenza in generale deriverebbe da un refuso nell'elaborazione dell'articolo 15 del decreto legislativo n. 97 del 2016 e, pertanto, gli obblighi previsti dal citato articolo 14 del decreto legislativo n. 33 del 2013 sono applicabili - e lo sottolineo: sono applicabili - anche alla dirigenza sanitaria, ovvero ai direttori generali, sanitari ed amministrativi, nonché ai responsabili di Dipartimento, di struttura complessa e semplice. Quindi, penso che questo deliberato dell'adunanza plenaria chiarisca e riporti a far comprendere in maniera chiara qual è l'orientamento e l'applicabilità di questi principi anche alla dirigenza sanitaria ed amministrativa.

PRESIDENTE. La deputata Lorefice ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

MARIALUCIA LOREFICE. Grazie, Presidente. Grazie, sottosegretario, non siamo soddisfatti di questa risposta, ma la invito anche, se posso permettermi, a scambiare due parole con l'Anac e si renderà conto che la stessa Anac, comunque, ha sollevato questo problema, le posso assicurare anche ultimamente. Quindi, magari, sarebbe bene che riusciste a parlarvi per capire dove sta il problema e, soprattutto, che il Ministero intervenisse attraverso una norma, perché una cosa è la legge e una cosa sono le linee guida.

Quindi, ripeto, non possiamo ritenerci soddisfatti. Noi avremmo, in realtà, gradito un chiaro e un immediato impegno di fronte alle osservazioni che abbiamo sollevato anche tramite l'interpellanza: quindi, riportare subito i decreti legislativi e correttivi in Consiglio dei ministri e apportare le modifiche necessarie e, magari, cogliere l'occasione anche per correggere quella parte relativa al depotenziamento fatto all'Anac in materia di appalti, da questa, ripeto, manina sconosciuta e, quindi, dare, in realtà, all'Anac questo potere sanzionatorio in materia di trasparenza.

Lei ha fatto riferimento all'articolo 14 e all'articolo 15: si tratta semplicemente di fare questo e, cioè, di cambiare il riferimento all'articolo 15 con il riferimento all'articolo 14 del decreto sulla trasparenza. Si tratta di cambiare solo, quindi, un numero, che però colloca - mi permetto di dire - in una sorta di limbo dorato il direttore generale, il direttore sanitario, il direttore amministrativo del Servizio sanitario nazionale. Sarebbe il caso di dare un segnale forte sulla trasparenza e sulla prevenzione della corruzione in sanità.

Abbiamo ribadito tante volte - non solo oggi, ma tante volte -, che, comunque, la corruzione in sanità è uno dei problemi sicuramente più evidenti che il nostro Paese oggi ha e, quindi, non è accettabile che per cambiare un semplice numero ci si impegni senza, in realtà, nulla di concreto e, addirittura, si rimandi semplicemente alle linee guida dell'Anac.

Le linee guida dell'Anac sugli obblighi di pubblicazione, che peraltro sono sospesi solo in relazione ai dati reddituali e patrimoniali, tentano un'interpretazione autentica - che in realtà spetta solo al legislatore - di quello che l'Anac ritiene, come ha detto lei stesso, solo un refuso. È chiaro che in uno Stato di diritto l'interpretazione autentica di una legge non può spettare all'Anac, né le linee guida possono disciplinare diversamente la legge, ma semplicemente possono esplicarla. Non è possibile che questo Governo usi - ribadisco - l'éscamotage dei decreti correttivi e integrativi per modificare e per svuotare le leggi che in precedenza avevano detto essere rivoluzionarie. Questi decreti devono essere usati solo ed esclusivamente per correggere, per limare, per dare coerenza, per risolvere problemi applicativi, sempre e comunque nel rispetto della delega originaria. Le leggi devono essere chiare e non dovrebbero essere ambigue, le leggi devono essere coerenti. Tra le linee guida e la legge, prevale la legge, e questa cosa immagino che la capisca chiunque, anche chi non ha una laurea in giurisprudenza.

Quale coerenza, tanto per fare un esempio, può esserci nel fatto che, mentre un dirigente del Ministero della salute è tenuto a pubblicare gli importi di viaggio di servizio, missioni pagate con i fondi pubblici, oppure dati e compensi relativi all'assunzione di altre cariche presso enti pubblici e privati, dall'altra parte questo obbligo non è previsto per il direttore generale di una struttura sanitaria? I direttori generali, nell'ambito della dirigenza pubblica, godono già in modo ingiustificato di uno status privilegiato, sono uomini soli al comando collocati dalla politica, ed è proprio tale contiguità alla politica che richiederebbe invece una trasparenza più rafforzata. Questa contiguità alla politica deve essere rescissa concretamente e non solo annunciata. Tra l'altro, il recentissimo parere del Consiglio di Stato, che è stato espresso l'11 aprile del 2017, proprio in riferimento al decreto correttivo e integrativo del decreto sulla dirigenza sanitaria, per la parte in cui il Governo elimina il numero numerico della rosa dei candidati da proporre al presidente della regione, evidenzia che - sono giusto tre righe, è un virgolettato - “una modifica di queste previsioni, con un nuovo sbilanciamento verso la fiduciarietà della nomina, rischierebbe di attenuare la concreta portata della riforma e il suo impatto sull'organizzazione del servizio sanitario”. Questo l'ha detto e l'ha scritto pochi giorni fa il Consiglio di Stato, non lo sta dicendo il MoVimento 5 Stelle.

Tra l'altro, non è raro rilevare dalla cronaca giudiziaria il coinvolgimento proprio delle figure dirigenziali del Servizio sanitario nazionale, del direttore generale o del direttore amministrativo, nei fatti più eclatanti di corruzione in sanità. Cito un fatto proprio di qualche giorno fa, a titolo di esempio: il recente arresto del direttore generale dell'ASL 1 di Napoli, che era stato nominato proprio da poco tempo dal presidente della Campania, De Luca. Parimenti, non è raro scoprire che numerosi dirigenti delle strutture sanitarie non posseggono i requisiti richiesti dalle norme oppure ricoprono più incarichi incompatibili. La trasparenza sui siti istituzionali, attraverso il controllo sociale e diffuso da parte di chiunque, dovrebbe proprio prevenire queste cose, senza aspettare che sia la magistratura ad intervenire.

Quindi, è bene che questo Governo, che è appeso a un filo al precedente Presidente del Consiglio, prima di andare a casa - perché ci andrà a casa -, ripari i diversi danni ed errori fatti, come peraltro diffusamente emersi anche dalle decisioni della Consulta. Non ci interessa in questa sede indagare sull'incompetenza o sulla malafede, e neanche scoprire chi ha messo questa norma misteriosa, ci interessa solo un'immediata assunzione di responsabilità, quindi che il Governo riprenda in mano i suoi decreti correttivi e integrativi e corregga le riforme maldestre tanto annunciate ma progressivamente svuotate, e corregga i suoi purtroppo intollerabili errori.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

  Martedì 2 maggio 2017, alle 15:

1.  Seguito della discussione dei disegni di legge:

Ratifica ed esecuzione dei seguenti Accordi: a) Accordo di cooperazione tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo degli Emirati Arabi Uniti, nell'ambito della cultura, arte e patrimonio, fatto a Dubai il 20 novembre 2012; b) Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica di Malta in materia di cooperazione culturale e di istruzione, fatto a Roma il 19 dicembre 2007; c) Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Montenegro, fatto a Podgorica il 26 settembre 2013; d) Accordo di cooperazione culturale, scientifica e tecnica tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica del Senegal, fatto a Roma il 17 febbraio 2015; e) Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica slovacca sulla cooperazione in materia di cultura, istruzione, scienza e tecnologia, fatto a Bratislava il 3 luglio 2015; f) Accordo di collaborazione nei settori della cultura e dell'istruzione tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica di Slovenia, fatto a Roma l'8 marzo 2000. (C. 3980-A)

Relatore: FEDI.

S. 2194 - Ratifica ed esecuzione della Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo di Barbados per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le evasioni fiscali, fatta a Barbados il 24 agosto 2015 (Approvato dal Senato). (C. 4226)

Relatrice: LA MARCA.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo di Costa Rica sullo scambio di informazioni in materia fiscale, con Allegato, fatto a Roma il 27 maggio 2016. (C. 4254)

Relatrice: LA MARCA.

Ratifica ed esecuzione dei seguenti Accordi: a) Accordo euromediterraneo nel settore del trasporto aereo tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da un lato, e il Governo dello Stato d'Israele, dall'altro, fatto a Lussemburgo il 10 giugno 2013; b) Accordo sullo spazio aereo comune tra l'Unione europea e i suoi Stati membri e la Repubblica moldova, fatto a Bruxelles il 26 giugno 2012; c) Accordo sui trasporti aerei fra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da un lato, gli Stati Uniti d'America, d'altro lato, l'Islanda, d'altro lato, e il Regno di Norvegia, d'altro lato, con Allegato, fatto a Lussemburgo e Oslo il 16 e il 21 giugno 2011, e Accordo addizionale fra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da un lato, l'Islanda, d'altro lato, e il Regno di Norvegia, d'altro lato, riguardante l'applicazione dell'Accordo sui trasporti aerei fra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da un lato, gli Stati Uniti d'America, d'altro lato, l'Islanda, d'altro lato, e il Regno di Norvegia, d'altro lato, fatto a Lussemburgo e Oslo il 16 e il 21 giugno 2011. (C. 2714)

Relatore: FEDI.

2.  Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:

FIORIO ed altri; CASTIELLO ed altri: Disposizioni per lo sviluppo e la competitività della produzione agricola e agroalimentare con metodo biologico. (C. 302-3674-A)

Relatrice: TERROSI.

3.  Seguito della discussione del disegno di legge:

Disposizioni per la celebrazione dei 500 anni dalla morte di Leonardo da Vinci e Raffaello Sanzio e dei 700 anni dalla morte di Dante Alighieri. (C. 4314-A)

e dell'abbinata proposta di legge: GIANLUCA PINI ed altri. (C. 4252)

Relatrice: PICCOLI NARDELLI.

4.  Seguito della discussione della proposta di legge:

ERMINI: Modifica all'articolo 59 del codice penale in materia di legittima difesa. (C. 3785-A/R)

e delle abbinate proposte di legge: MOLTENI ed altri*; LA RUSSA ed altri; MAROTTA e SAMMARCO; MOLTENI ed altri; FAENZI; GELMINI ed altri; GREGORIO FONTANA ed altri; FORMISANO e PORTAS; MOLTENI ed altri. (C. 2892-3380-3384-3419-3424-3427-3434-3774-3777)

Relatori: ERMINI, per la maggioranza; LA RUSSA e MOLTENI, di minoranza.

*Tutti i deputati firmatari della proposta di legge hanno ritirato la propria sottoscrizione dopo la conclusione dell'esame in sede referente.

5.  Seguito della discussione delle mozioni Rosato ed altri n. 1-01508, Binetti ed altri n. 1-01558, Cominardi ed altri n. 1-01559, Rampelli ed altri n. 1-01561, Ricciatti ed altri n. 1-01562, Palese ed altri n. 1-01571, Allasia ed altri n. 1-01607 e Catalano ed altri n. 1-01608 in materia di robotica ed intelligenza artificiale.

La seduta termina alle 14,10.