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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 770 di giovedì 30 marzo 2017

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO

La seduta comincia alle 9,35.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

DAVIDE CAPARINI, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

  (È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alfreider, Amoddio, Matteo Bragantini, Bueno, Buttiglione, Capelli, Causin, Dambruoso, Dellai, Di Benedetto, Di Gioia, Fauttilli, Ferranti, Fico, Fontanelli, Galati, Garofani, La Russa, Lainati, Manciulli, Manzi, Marazziti, Marcon, Migliore, Murgia, Nicchi, Pes, Piccoli Nardelli, Gianluca Pini, Pisicchio, Realacci, Rosato, Sanga, Schullian, Tabacci e Valeria Valente sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente centoventinove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Trasmissione dal Senato di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissioni in sede referente.

PRESIDENTE. Il Presidente del Senato, con lettera in data 29 marzo 2017, ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge, che è stato assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alle Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e II (Giustizia):

  S. 2705 - "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 17 febbraio 2017, n. 13, recante disposizioni urgenti per l'accelerazione dei procedimenti in materia di protezione internazionale, nonché per il contrasto dell'immigrazione illegale” (4394) – Parere delle Commissioni III, IV, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), XI, XII e XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dal comma 1 del predetto articolo 96-bis, è altresì assegnato al Comitato per la legislazione.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 9,39).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Sospendo pertanto la seduta, che riprenderà alle ore 10.

La seduta, sospesa alle 9,40, è ripresa alle 10.

Seguito della discussione della proposta di legge: S. 116-273-296-394-546 - D'iniziativa dei senatori: Palma; Zanettin ed altri; Barani; Casson ed altri; Caliendo ed altri: Disposizioni in materia di candidabilità, eleggibilità e ricollocamento dei magistrati in occasione di elezioni politiche e amministrative nonché di assunzione di incarichi di governo nazionale e negli enti territoriali (Approvata, in un testo unificato, dal Senato) (A.C. 2188-A); e delle abbinate proposte di legge: Dambruoso ed altri; Colletti ed altri (A.C. 1442-2770).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della proposta di legge, già approvata, in un testo unificato, dal Senato, n. 2188-A: Disposizioni in materia di candidabilità, eleggibilità e ricollocamento dei magistrati in occasione di elezioni politiche e amministrative nonché di assunzione di incarichi di governo nazionale e negli enti territoriali; e delle abbinate proposte di legge nn. 1442-2770.

Ricordo che, nella seduta di ieri, è stato da ultimo approvato l'articolo 5 e che sono stati accantonati l'emendamento Giachetti 4.203, nonché la votazione dell'articolo 4.

Avverto che le Commissioni hanno presentato l'emendamento 4.301, che è in distribuzione.

(Esame dell'articolo 6 - A.C. 2188-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 6 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A).

Se nessuno chiede di intervenire, invito i relatori e il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sugli emendamenti riferiti all'articolo 6.

WALTER VERINI, Relatore per la maggioranza per la II Commissione. Grazie, Presidente.

Sugli emendamenti 6.218 Sisto, 6.10 Dadone, 6.200 Sisto, 6.219 Sisto, 6.201 Colletti, il parere è contrario. Sugli emendamenti 6.220 Colletti, 6.203 Parisi, 6.222 Colletti, 6.221 Colletti, così come sugli identici emendamenti 6.202 Sisto e 6.204 D'Attorre il parere è contrario.

Sugli emendamenti 6.205 Molteni, 6.206 Sisto, 6.207 Colletti, 6.208 Sannicandro, 6.209 Colletti il parere è contrario. Anche sugli emendamenti 6.210 Sisto e 6.235 Rampelli il parere è contrario.

Sugli emendamenti 6.211 Molteni, 6.3 Molteni, 6.212 Sisto, 6.213 Molteni, 6.223 Sisto e 6.214 Molteni il parere è contrario. Sull'emendamento 6.600 delle Commissioni il parere è favorevole. Sugli emendamenti 6.215 Sisto e 6.216 Molteni il parere è contrario. Sull'emendamento 6.300, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento, il parere è favorevole; sul 6.217 Colletti il parere è contrario e sul 6.301, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento, è favorevole.

PRESIDENTE. Bene, grazie. La parola al Governo.

GENNARO MIGLIORE, Sottosegretario di Stato per la Giustizia. Grazie, signor Presidente. Il parere del Governo è conforme a quello del relatore di maggioranza.

PRESIDENTE. Ora la parola al relatore di minoranza.

FRANCESCO PAOLO SISTO, Relatore di minoranza. Grazie, Presidente.

PRESIDENTE. Siamo a pagina 2 del fascicolo, 6.218 Sisto.

FRANCESCO PAOLO SISTO, Relatore di minoranza. Sul 6.218 Sisto il parere è favorevole; 6.10 Dadone favorevole; 6.200 Sisto favorevole; 6.219 Sisto favorevole; 6.201 Colletti, 6.220 Colletti, 6.203 Parisi, 6.222 Colletti favorevole e anche 6.221 Colletti; identici 6.202 Sisto e 6.204 D'Attorre favorevole; 6.205 Molteni, 6.206 Sisto favorevoli, come per il 6.207 Colletti e il 6.208 Sannicandro, 6.209 Colletti, identici 6.210 Sisto e 6.235 Rampelli, 6.211 Molteni sempre favorevole; 6.3 Molteni favorevole; 6.212 Sisto, 6.213 Molteni, 6.223 Sisto, 6.214 Molteni favorevoli; 6.600 delle Commissioni mi rimetto all'Aula, 6.224 favorevole, 6.225, 6.216, 6.217, 6.230 favorevole…

PRESIDENTE. Ci sono solo il 6.216 Molteni, il 6.300, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento, e il 6.301, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento.

FRANCESCO PAOLO SISTO, Relatore di minoranza. Allora sul 6.216 Molteni il parere è favorevole, sul 6.300 delle Commissioni mi rimetto all'Aula.

PRESIDENTE. Poi c'è il 6.217 Colletti.

FRANCESCO PAOLO SISTO, Relatore di minoranza. Ho già detto, Presidente, il parere è favorevole. Il 6.230 è ritirato. Sull'emendamento 6.301, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento mi rimetto all'Aula.

PRESIDENTE. Va bene, grazie.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 6.218 Sisto ed altri, con i pareri contrari di Commissioni e Governo, favorevole il relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 1).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 6.10 Dadone, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo e con il parere favorevole del relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 2).

Passiamo alla votazione dell'emendamento 6.200 Sisto, con il parere contrario di Commissioni e Governo e favorevole del relatore minoranza.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Grazie, Presidente. Non si può definire, questa discussione, una semplice querelle di matrice parlamentare che ignora i numeri che la Camera dei deputati propone nei rapporti fra una maggioranza che, abitualmente, non ascolta e una opposizione che, in qualche modo, cerca di far valere le proprie ragioni. Qui, il tema è molto più ampio, si tratta di garantire ai cittadini la fiducia nell'amministrazione della giustizia, perché è evidente che nelle componenti che regolano anche la qualità della politica del nostro Paese la fiducia nell'amministrazione della giustizia è uno dei punti principali; un Paese che non vede un rapporto di chiarezza, di stima, di onorabilità, tra chi dovesse imbattersi in una vicenda giudiziaria e chi deve giudicare, è un Paese, come diceva il mio maestro, che perde credibilità. È il processo quello che fa la differenza rispetto alla qualità della civiltà di un Paese. Allora, noi, con questo emendamento e con tutta una serie di emendamenti, cerchiamo di mantenere l'onorabilità del sistema giustizia. E io chiedo all'Aula se i magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari eletti al Parlamento europeo, al Senato della Repubblica o alla Camera dei deputati possano tornare a svolgere le funzioni svolte prima del mandato. Il Senato così aveva deciso; il Senato aveva deciso così. Io, poi, non sono neanche d'accordo con la prospettiva del collega Sannicandro: non tocchiamo, perché, se no, chissà che succede. Noi stiamo toccando e, quindi, il Senato dovrà eventualmente stabilire se ratificare queste modifiche. Non c'è nessuno spirito di conservazione dell'atto; l'atto sarebbe stato conservato se le modifiche fossero state lievissime e, quindi, il Senato, mantenuto l'impianto fondamentale del proprio provvedimento, avesse la possibilità solo di limarlo per piccole cose. Ma noi, qui, l'abbiamo sconvolto il provvedimento; quindi, il Senato, molto probabilmente, dovrà, e io mi auguro che lo faccia, tornare sui nostri passi e restituire, come ha fatto con il primo provvedimento, maggiore dignità a questa scelta parlamentare. Noi ci proviamo e insistiamo perché il testo sia ripristinato; il colpo di mano in Commissione ce lo vuole impedire, l'Aula vuole avallare il colpo di mano in Commissione? Io penso che il Senato questo non potrà consentirlo. Chiedo che l'emendamento 6.200 Sisto sia votato.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 6.200 Sisto, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo e con il parere favorevole del relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 3).

Gli emendamenti 6.219 Sisto e 6.201 Colletti sono preclusi dalla votazione di ieri dell'emendamento 5.601.

Quindi, passiamo all'emendamento 6.220 Colletti, con il parere contrario di Commissioni e Governo, favore del relatore di minoranza.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Colletti. Ne ha facoltà.

ANDREA COLLETTI. Presidente, durante la discussione nelle Commissioni giustizia e affari costituzionali, una manina, anzi, tre manine hanno cambiato questo comma inserendo la possibilità per quei magistrati che fanno politica - e che grazie al fare politica hanno, ovviamente, automaticamente le valutazioni di professionalità aumentate rispetto ai colleghi che fanno davvero i magistrati - di poter scegliere, una volta terminato il loro corso politico, di andare direttamente presso la Corte di Cassazione. Non solo un magistrato entra in un gruppo politico e, quindi, fa politica attiva, non solo fa carriera sulle spalle degli altri magistrati che devono sostituirlo e quindi aumentare i loro carichi di lavoro ma, usciti dal Parlamento, oltretutto hanno anche un'opzione in più: fanno carriera contro gli altri magistrati e possono andare, come giocando a monopoli, in Corte di cassazione senza nemmeno passare dal via. Presidente, tale previsione sembra cucita apposta su alcuni parlamentari dell'attuale maggioranza che sono deputati, senatori, forse un ministro o un sottosegretario che magari non potranno o non saranno più rieletti nella prossima legislatura e grazie alla mano esperta, ad esempio, del collega Ermini del Partito Democratico da febbraio in poi, da marzo in poi, quando finalmente potremo tornare a votare, andranno a ricoprire gli scranni dorati, perché sono dorati anche quegli scranni, all'interno della Corte di cassazione, superando quindi i diritti dei magistrati che a tutt'oggi e in queste ore, in questi giorni, in questi anni hanno fatto il loro duro lavoro nelle aule di giustizia. Presidente, sarebbe un po' da spiegare tale modifica da parte dei presentatori; sarebbe da spiegare soprattutto chi favorisce e mi aspetterei dai presentatori i nomi e i cognomi di coloro che eventualmente verranno favoriti da questo emendamento: nomi, cognomi e magari anche appartenenza politica, giusto per sgombrare il campo da eventuali conflitti di interesse o da aspettative di una via d'uscita molto comoda e molto ampia. Lo chiediamo soprattutto per una questione inerente anche all'articolo 3 della Costituzione ovvero permettere a tutti i politici ma soprattutto a coloro che lavorano fuori dalle stanze dorate del Parlamento di avere gli stessi diritti, anzi permettere ai cittadini fuori dal Parlamento di avere qualche diritto in più rispetto ai politici che siedono in questo Parlamento e, quindi, con l'emendamento 6.220 da me presentato semplicemente chiediamo di ritornare alla formulazione originaria del progetto di legge uscito dal Senato. Non chiediamo nulla di vendicativo nei confronti dei magistrati che fanno politica. Chiediamo solo che i magistrati che fanno politica nelle Aule del Parlamento e nel Governo non siano privilegiati rispetto agli altri magistrati e ci sembra il minimo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Sannicandro. Ne ha facoltà.

ARCANGELO SANNICANDRO. È bene far conoscere all'Aula qual era il testo del Senato. I magistrati che, dopo aver esercitato il mandato parlamentare, dovessero ritornare nel proprio ruolo, secondo il testo del Senato possono scegliere tra questa ipotesi: “essere ricollocati in ruolo in un distretto di corte di appello diverso da quello in cui è compresa, in tutto o in parte, la circoscrizione elettorale nella quale sono stati eletti e diverso da quello in cui prestavano servizio all'atto del collocamento in aspettativa, con il vincolo dell'esercizio delle funzioni collegiali per un periodo di cinque anni e con il divieto di ricoprire, in tale periodo di tempo, incarichi direttivi o semidirettivi. Essi non possono, comunque, esercitare successivamente le funzioni nel distretto di corte di appello in cui è compresa la circoscrizione elettorale nella quale sono stati eletti.” Come per dire: dove sei stato eletto, non potrai più tornare. Poi continua : “I magistrati già in servizio presso la Corte di cassazione…” e c'è una disciplina ad hoc. La norma che adesso dovremmo approvare e che noi contestiamo che cosa dice invece? Quei magistrati possono “esseri ricollocati in ruolo presso gli uffici della Corte di cassazione e della Procura generale presso la Corte di cassazione, avendone i requisiti, - c'è un'alternativa che prima non era prevista – o in un distretto di corte di appello diverso da quello in cui è compresa, in tutto o in parte, la circoscrizione elettorale nella quale sono stati eletti, con il divieto di ricoprire, - prima per cinque anni, oggi per il periodo di tre anni - incarichi direttivi o semidirettivi e, in ogni caso, - questo vale per il Senato e vale per noi - con il vincolo di esercitare funzioni giudicanti collegiali - questo lo si lo trovava già - nel corso del medesimo periodo di tre anni - mentre lì era cinque anni - anche in caso di trasferimento ad altro ufficio”.

E non si dice, non si menziona più la circoscrizione nella quale sei stato eletto: chiaro? Lì potrai pur ritornare. Ora voi capite come certi limiti sono stati allentati: da qui nascono le nostre rimostranze. Per tale ragione nasce il mio sospetto - come diceva quel tale, a pensar male spesso ci si azzecca, anche se non è corretto - che si sta lavorando per alterare perlomeno l'equilibrio che al Senato hanno raggiunto nella speranza forse di non farlo neanche passare perché giustamente i senatori diranno ma quale è la logica. Anzi chiedo che se c'è qualcuno che ha proposto l'emendamento, che si alzasse in Aula e dicesse perché i cinque anni sono diventati tre, perché un magistrato, che non può poi ritornare a fare il magistrato laddove è stato eletto, oggi ci potrà ritornare e ce lo spiegasse in Aula perché può darsi che noi abbiamo capito male, siamo dei malpensanti e, in questo caso, voteremo anche a favore. Ma ce lo devono spiegare: o il Governo che ha dato il consenso o qualcuno che ha presentato l'emendamento e non voglio dire chi è.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Ermini. Ne ha facoltà.

DAVID ERMINI. La ringrazio, signor Presidente. Questa modifica che viene apportata alla norma del Senato attraverso gli emendamenti non soltanto del sottoscritto e poi riformulati dai relatori, sostanzialmente mette fine a quello che, sì, era un privilegio perché mi sarebbe piaciuto sapere come mai chi era in Cassazione poteva tranquillamente tornare in Cassazione soltanto dopo due anni, mentre quelli che andavano nei distretti avevano bisogno di aspettare per cinque anni. Non solo ma come mai coloro che invece avevano i requisiti e possono andare in Cassazione soltanto con un concorso, questo non l'avrebbero potuto fare. Quindi chi era in Cassazione tornava in Cassazione dopo soli due anni; chi aveva i requisiti perché non veniva dalla Cassazione, non ci poteva andare: quello era un privilegio, onorevole Colletti. Mi si permetta di dire una cosa: io non accetto lezioni di conflitto di interessi da chi, caro onorevole Colletti, ha fatto il relatore sulla responsabilità medica, facendo nella sua professione l'assistenza a chi fa causa per responsabilità medica (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Basta con questa storia dei conflitti di interessi: guardatevi in casa vostra!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Marotta. Ne ha facoltà.

ANTONIO MAROTTA. Grazie, Presidente. E allora questo articolo che riguarda il ricollocamento dei magistrati in ruolo dopo l'esperienza in politica presuppone un dato di fatto di cui tutti dobbiamo essere consapevoli e di cui questa proposta di legge, dopo tanto, si fa carico e questa maggioranza, dopo tanto tempo, si fa carico ed è il primo elemento di cui bisogna tener conto. Nel merito, stabilito che il magistrato deve rientrare, alla fine dell'esperienza politica, allora noi abbiamo cercato di individuare il percorso che più tranquillizza i cittadini e l'opinione pubblica rispetto al rientro in ruolo del magistrato che si era dedicato per un certo periodo della propria vita all'attività politica. E allora che cosa viene criticato? La possibilità per questi magistrati di poter rientrare in ruolo presso la Corte suprema. Bisogna tener conto di due elementi perché è nel merito che bisogna affrontare il problema al di là della propaganda perché, se vogliamo fare propaganda, siamo tutti bravi a farla ma quello è populismo che non porta da nessuna parte. Se il magistrato deve tornare in ruolo, allora diciamo che, prima, per rientrare in Corte di Cassazione, come prevede la lettera a) del secondo comma, c'è bisogno di avere i requisiti. Ciò significa che devi avere maturato un'anzianità ed aver superato tutti i vari step della propria attività professionale per cui ha riconosciuto dal Consiglio superiore della magistratura che cosa? Le funzioni di legittimità. Quindi, arriva lì non perché ce lo mandiamo noi, perché ha i requisiti innanzitutto per potere andare lì: primo elemento.

Secondo elemento: come voi ben sapete e mi insegnate, la Corte di cassazione, il giudice di legittimità, opera, interpreta ed interviene su questioni di diritto. Allora, se c'è la possibilità di frammistione tra il politico e il magistrato, il magistrato che rientra dalla politica, non è certo nella Corte di cassazione, dove sono sottoposte all'attenzione del magistrato solamente ed esclusivamente questioni di diritto. Quindi, non ci può essere alcun elemento, perché non si giudica il fatto, non si entra nel fatto; entrando solamente nel diritto non ci può essere nessuna predisposizione da parte del magistrato che rientra in questa casella, che è il giudice di legittimità, da poter eventualmente portare ad interpretazioni che, poi, possano contribuire a dare un'immagine sbagliata ai cittadini della magistratura.

E quando si dice che deve rientrare in un altro distretto di corte di appello, io vorrei fare un esempio: voi sapete che nel Lazio c'è una sola corte d'appello, il che significa che chi viene eletto e svolge attività parlamentare qui a Roma o in provincia non può più rientrare a Roma, non può più entrare in tutta la regione Lazio. Perché? Perché dovendo andare fuori dalla corte di appello ed essendoci nel Lazio una sola sede di distretto di corte di appello, automaticamente, deve andare fuori dal Lazio.

Allora, o stabiliamo che il magistrato - e ho concluso - deve non tornare più a fare il magistrato - su questo possiamo discutere e potremmo trovare anche un accordo -, ma se come decidiamo e come tutti dicono c'è un sostanziale rispetto della Carta costituzionale, allora dobbiamo tener conto che questi elementi, come quelli che vengono dopo - il rientro al Ministero, all'Avvocatura dello Stato -, sono tutte situazioni che servono esclusivamente a tranquillizzare proprio quella che è l'opinione pubblica e la terzietà del giudice.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il collega Bonafede. Ne ha facoltà.

ALFONSO BONAFEDE. Grazie, Presidente. In questo contesto totalmente mistificatorio della realtà, voglio chiarire semplicemente un principio: chi era in Cassazione prima di darsi alla politica, dopo un periodo, che, tra l'altro, alla Camera è stato praticamente annullato, poteva tornare in Cassazione, perché - lo dico al collega Ermini - aveva i requisiti perché già c'era in Cassazione. Chi, invece, è venuto qui in Parlamento senza essere già in Cassazione non aveva i requisiti e nemmeno li ha dopo che è stato in Parlamento, perché solo un partito che ha perso ogni genere di logica e ogni genere di meritocrazia può pensare che la Finocchiaro, che è in Parlamento da ventisette anni ha raggiunto i requisiti per stare in Cassazione senza aver fatto negli ultimi ventisette anni un giorno di magistratura (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)! Io vorrei capire se qualcuno qui si rende conto dello schiaffo in faccia …

PRESIDENTE. Concluda.

ALFONSO BONAFEDE. …che si sta dando ai tanti magistrati che lavorano quotidianamente servendo lo Stato e che si vedono superati da magistrati che, ventisette anni fa, hanno deciso di occupare queste poltrone (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Presidente, al di là delle polemiche di carattere personale, che credo che debbano essere lasciate al di fuori di quest'Aula, soprattutto quando vengono, con tutta l'abilità del collega Ermini, utilizzate per non leggere gli emendamenti, io vorrei soltanto ricordare all'Aula come è stata modificata questa lettera a) dell'articolo 6, perché qui, parliamoci chiaro, l'opera di semplificazione per evitare che vi possano essere dei doverosi paletti che il Senato aveva posto al rientro dei magistrati eletti in politica sono stati completamente divelti.

Infatti, il Senato aveva detto con molta chiarezza che possono scegliere se essere ricollocati in un ruolo di distretto di corte di appello diverso da quello in cui è compresa la circoscrizione in cui erano stati eletti; diverso da quello in cui prestavano servizio all'atto del collocamento in aspettativa; che non potevano esercitare le funzioni del distretto di corte di appello in cui è compresa la circoscrizione elettorale nella quale sono stati eletti; che i magistrati in servizio presso le procure generali, nonché presso la Procura nazionale antimafia, sono ricollocati presso un organo collegiale per almeno cinque anni e non possono ricoprire incarichi direttivi o semidirettivi nello stesso periodo. Dove sono tutte queste attenzioni? Le avete eliminate, altro che parlare dei conflitti di interesse dei singoli deputati! Parliamo delle norme e spiegateci perché tutto questo voi l'avete eliminato: a pro di che, a pro di chi?

Io credo che questo sia il tema, Presidente, al di là dell'interpretazione alata su eventuali chance che possono essere date a consiglieri di Cassazione, requisiti astratti, requisiti concreti, qui noi ricollochiamo i magistrati che tornano dalla politica in posizioni pericolose, dal punto di vista astratto ovviamente, per il principio di terzietà. E se questo è vero, come è vero, il quesito che la maggioranza, che col colpo di mano ha modificato il provvedimento del Senato deve porsi, è perché. Perché tornare indietro rispetto a queste garanzie? Io una risposta ce l'ho, ma la risposta la deve dare il Parlamento, non certamente il singolo parlamentare. Voteremo a favore di questo emendamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Berretta. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE BERRETTA. Presidente, in realtà, contrariamente a quel che dice il collega Bonafede, l'opera di mistificazione prosegue. Il disposto della norma in questione, rispettoso dell'articolo 51 della nostra Costituzione, prevede che coloro i quali hanno svolto il mandato parlamentare possano arrivare alla Cassazione ove ne abbiano i requisiti, quindi, previa valutazione. Oltretutto, Presidente, al collega Bonafede sfugge il fatto che io posso essere anche collocato in corte d'appello o in tribunale ed avere i requisiti per andare in Cassazione. Quindi, non c'è un automatismo collegato all'esercizio delle funzioni: io posso avere i requisiti ed esercitare le funzioni soltanto allorché il CSM mi chiamerà a ricoprire quel determinato ruolo. Quindi, noi non stiamo facilitando nessuno, non stiamo assicurando a nessuno una corsia preferenziale: stiamo regolamentando il percorso di fuoriuscita dalla politica e il ritorno alla magistratura con tutte le garanzie del caso per i cittadini, ma anche per coloro i quali hanno svolto un ruolo e hanno diritto al mantenimento del proprio posto di lavoro e hanno diritto a non essere danneggiati dallo svolgimento del ruolo politico.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 6.220 Colletti, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo e con il parere favorevole del relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 4).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 6.203 Parisi, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo e con il parere favorevole del relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 5).

Passiamo all'emendamento 6.222 Colletti.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Bonafede. Ne ha facoltà.

ALFONSO BONAFEDE. Grazie, Presidente. Per dovere di replica nei confronti di quello che ha detto prima il deputato del Partito Democratico, voglio chiarire una cosa: che qui non si parla di mantenere il posto di lavoro. A parte che è veramente ricattatorio continuare a parlare di posto di lavoro, cercando di insistere su un punto che dovrebbe essere sensibile per i cittadini e ne parla chi quel partito, quel posto di lavoro, in Italia, lo ha massacrato negli ultimi tre anni! Perché ci sarebbe da mantenere una certa coerenza, cioè la parola “posto di lavoro” dovrebbe essere preclusa ai deputati del Partito Democratico e di questa maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Ma visto che, non solo la utilizzano, ma ne abusano anche, vediamo qual è il concetto di “posto di lavoro” per il collega Berretta. Per il collega Berretta, il posto di lavoro è quello, per esempio, devo citare il caso eclatante della attuale Ministra Finocchiaro, che, ventisette anni fa, ha deciso di lasciare la magistratura: per ventisette anni ha svolto l'attività politica, completamente schierata, perché chi fa attività politica per definizione è schierato; per ventisette anni non sa che cosa vuol dire l'attività nelle aule di tribunale, e se oggi decide di lasciare, ma non decide di lasciare e questo lo sappiamo tutti, ma se magari gli elettori decidessero di non rieleggerla, potrebbe tornare non al posto di lavoro che ha lasciato ventisette anni fa, quello è il “posto di lavoro”, che vuol dire? Un magistrato va a fare attività politica e dopo, anche se non fa attività inquirente o giudicante, comunque si deve garantire a quella persona di poter lavorare all'interno dei ministeri o dell'avvocatura, che tra l'altro sono alcune opzioni previste dalla legge. Ma non vuol dire che deve addirittura andare in Corte di Cassazione, perché dovete mettervi in testa che gli avanzamenti di carriera o la carriera, nella vita, non si fa con il campo di calcetto oppure venendosi a sedere qui, in quest'Aula, e magari non intervenendo per anni o non facendo niente (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), ma continuando a progredire nella carriera. La carriera si fa con i meriti e non si può pensare che ci siano persone che vadano in Corte di Cassazione senza aver svolto, negli ultimi ventisette anni, un minimo di attività giudiziaria.

Allora, se per favore qualcuno vuole dirci - ancora lo ripetiamo - a favore di chi questa norma è stata scritta o, se non vuole arrivare a tanto, quanto meno spiegarci le motivazioni, però, vi chiedo, senza prenderci in giro, senza prendere in giro noi, senza prendere in giro i cittadini italiani e senza prendere in giro tutti i magistrati, che, ribadisco, quotidianamente lavorano al servizio della giustizia italiana e che non possono giustamente tollerare di essere superati da gente che, negli ultimi ventisette anni, non ha fatto niente se non fare carriera all'interno dei Palazzi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Berretta. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE BERRETTA. Presidente, non ho l'esigenza di difendere l'onorevole Finocchiaro, che ha svolto il suo mandato ed è qui a fare il Ministro, quindi stiamo parlando di una cosa assolutamente ipotetica, che non si sta verificando, che non si verificherà, quindi è davvero pretestuoso, è un modo, ancora una volta, di mistificare e utilizzare questa disciplina seria che stiamo dettando noi, rendendola ridicola in maniera davvero inopportuna, perché si tratta, invece, di una disciplina seria, una disciplina che prevede che, contrariamente a quel che dice il collega Bonafede, oggi, chiunque sia stato qui e ritorni in magistratura, abbia pochi limiti. Invece noi introduciamo il limite della impossibilità di incarichi direttivi e semidirettivi, la necessità di far parte di un collegio, il fatto che uno non possa per tre anni esercitare le proprie funzioni nel luogo in cui è stato eletto, cioè tutta una serie di paletti che oggi non ci sono e vengono introdotti.

Sono paletti più restrittivi, quindi, se fosse vero quel che dice l'onorevole Bonafede, dovrebbero essere pienamente concordi con noi, e invece c'è, ancora una volta, un'opposizione pretestuosa, pregiudiziale, che non consente di affrontare un tema che tutti gli scienziati che ci sono qui, in tanti anni, non sono stati in grado di risolvere, e noi, con grande sforzo, finalmente stiamo tentando di affrontare e di affrontare fino in fondo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Marotta. Ne ha facoltà.

ANTONIO MAROTTA. Grazie, Presidente. Al di là e lontano da me ogni spirito di polemica, però, vorrei dire in maniera molto tranquilla e serena: è inutile gridare per quest'unico caso, se c'è, dei ventisette anni.

Evidenziamo un'altra cosa, che mi sembra più logica e più naturale, una statistica seria: da quello che leggevo qualche giorno fa sui giornali, mi pare che il numero di magistrati che in questo momento sono fuori ruolo per un'attività collegata alla politica si contano sul numero delle dita, su due mani, saranno otto, nove, questa è la realtà. Non è che se noi alziamo la voce, quando diciamo “ventisette anni”, riusciamo a riempire di contenuto quello che noi vogliamo esprimere. La verità è che sono otto, nove magistrati. E la verità è che questi magistrati - che, ripeto, per la prima volta questo Governo, questa maggioranza, si è posto il problema di irregimentare in una legge seria ed articolata -, nel momento in cui finisce la loro attività, non hanno il problema di tornare al lavoro, non è il problema dell'operaio, ma si prospetta loro una serie di scelte, che vanno dal rientrare in magistratura, con tutte le conseguenze che sono previste nel Capo A, i vari paletti di cui voi dovete tener conto, così come altre situazioni, quali essere inquadrati nel ruolo autonomo dall'Avvocatura dello Stato, andare al Ministero della giustizia, essere collocati a riposo.

Quindi è un ventaglio di scelte che si dà a questi magistrati. Sembrerebbe, quando sento i discorsi in quest'Aula, che il magistrato vada in politica per poi andare in Corte di Cassazione e questo, per la verità, è assolutamente non vero e lo dobbiamo affermare con forza! Il magistrato ha una serie di scelte, tra cui c'è pure quella, ma perché? Per una serie di attività e di progressione in carriera che ha maturato lui, con la sua attività professionale. Cioè, noi in questo momento non gli riconosciamo niente di più quello che il Consiglio superiore, che è l'organo di autogoverno a cui loro fanno riferimento, gli consente, per aver valutato la sua posizione, ossia di ricoprire quella carica.

E allora cerchiamo di essere sereni nella valutazione di questo provvedimento: ventisette, trenta anni, la verità è che sono pochi i magistrati di cui ci dobbiamo occupare, fortunatamente, io dico fortunatamente sono pochi, e sarebbe ancora meglio se non ci fossero proprio, ma questo è un altro discorso, il discorso è che abbiamo otto casi e non da ventisette anni.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto a titolo personale la collega Dadone. Ne ha facoltà.

FABIANA DADONE. Grazie, Presidente. Senza voler far polemica di alcun tipo, se ieri fosse stato approvato l'emendamento, a mia firma e dei colleghi, che chiedeva il blocco della valutazione professionale per i magistrati in politica che, di fatto, non svolgono quella professione, non sarebbe stato un problema così enorme. Perché uno non è che vuole pensar male, però, alla fine, come insegna la tristissima storia politica italiana, ci si azzecca.

Quindi, se fosse stato approvato quell'emendamento tanto quanto, su questa previsione specifica non si dovrebbe dir niente. Ma in questo caso è difficile non pensar male, con tutto quello che mi vogliono dire i colleghi di giustizia, anche perché, di fatto, chi fa politica e non svolge questo lavoro nei tribunali, si trova ad essere collocato nelle professioni della Corte di cassazione in livelli che non gli dovrebbero competere. Quindi, mi dispiace ma, se ieri aveste approvato quell'emendamento, noi oggi non insisteremmo così tanto su questo argomento.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 6.222 Colletti, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo, e con il parere favorevole del relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 6).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 6.221 Colletti, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo, e favorevole del relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 7).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti identici 6.202 Sisto e 6.204 D'Attorre, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo, e favorevole del relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 8).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 6.205 Molteni, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo, e favorevole del relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 9).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 6.206 Sisto, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo, e favorevole del relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 10).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 6.207 Colletti, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo, e favorevole del relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 11).

Passiamo alla votazione dell'emendamento 6.208 Sannicandro.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Sannicandro. Ne ha facoltà.

ARCANGELO SANNICANDRO. Gli emendamenti che noi abbiamo presentato sono pochi, ma sono tutti caratterizzati da uno scopo: ripristinare il testo del Senato. Quindi, qui si dice: al comma 2, lettera a), sostituire, ovunque ricorra, la parola: tre, con la seguente: cinque; perché - ripeto ancora per l'ennesima volta - il limite temporale per astenersi dall'esercitare la giurisdizione all'esito del mandato in un certo luogo di cinque anni, è quello che il Senato ha sempre previsto, ed è quello che ha suggerito il Consiglio superiore della magistratura.

Io ho atteso un lungo dibattito, da un quarto d'ora, venti minuti, e ho fatto una domanda, ma nessuno mi ha saputo rispondere: perché da cinque l'abbiamo riportato a tre? E l'ho chiesto pure a coloro i quali hanno firmato gli emendamenti.

ALFONSO BONAFEDE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALFONSO BONAFEDE. Presidente, chiedo: l'emendamento è il 6.208, giusto?

PRESIDENTE. Sì.

ALFONSO BONAFEDE. Quindi, il collega Sannicandro parlava di un altro emendamento, relativo al numero degli anni.

PRESIDENTE. Stava parlando dell'emendamento 6.208 Sannicandro.

ALFONSO BONAFEDE. Va bene, volevo questo chiarimento.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 6.208 Sannicandro.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 12).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 6.209 Colletti, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo, e favorevole del relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 13).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti 6.210 Sisto e 6.235 Rampelli, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo, e favorevole del relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

Colgo l'occasione per salutare studenti e docenti delle classi Terza E e Terza D, della Scuola Secondaria di Primo Grado Duca d'Aosta, di Roma, nonché dell'Istituto di Istruzione Superiore Tecnico Professionale Nelson Mandela, di Castelnovo ne' Monti, provincia di Reggio Emilia, che assistono ai nostri lavori (Applausi).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 14).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 6.211 Molteni, pareri contrari di Commissioni e Governo, favorevole il relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 15).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 6.3 Molteni, pareri contrari di Commissioni e Governo, favorevole il relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 16).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 6.212 Sisto, pareri contrari di Commissioni e Governo, favorevole il relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 17).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 6.213 Molteni, pareri contrari di Commissioni e Governo, favorevole il relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 18).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 6.223 Sisto, pareri contrari di Commissioni e Governo, favorevole il relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 19).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 6.214 Molteni, pareri contrari di Commissioni e Governo, favorevole il relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 20).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 6.600 delle Commissioni, parere favorevole del Governo, il relatore di minoranza si rimette all'Aula.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 21).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 6.215 Sisto, pareri contrari di Commissioni e Governo, favorevole il relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 22).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 6.216 Molteni, pareri contrari di Commissioni e Governo, favorevole il relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 23).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 6.300, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento, pareri favorevoli di Commissioni e Governo, il relatore di minoranza si rimette all'Aula.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 24).

La votazione dell'emendamento 6.300 ha precluso la votazione dell'emendamento 6.217, quindi andiamo al 6.301.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 6.301, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento, pareri favorevoli di Commissioni e Governo, il relatore di minoranza si rimette all'Aula.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 25).

Passiamo alla votazione dell'articolo 6. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Piepoli. Ne ha facoltà.

GAETANO PIEPOLI. A nome del gruppo Democrazia Solidale-Centro Democratico, dichiaro con una certa difficoltà che voteremo a favore di questo articolo, perché, come in fondo ha detto il collega Sannicandro, rappresenta il minimo sindacale e, quindi, rispetto al nulla è un passo in avanti. Però, la bizzarra hybris (ὕβρις) retorica dei colleghi Sisto e dei colleghi del MoVimento 5 Stelle non ci può, comunque, far dimenticare che è stata un'occasione perduta, in quanto con una certa leggerezza abbiamo omesso di analizzare che questa disciplina non è semplicemente un ennesimo capitolo dell'eterna barricata sulla giustizia o del conflitto tra politica e giustizia. È, invece, un tentativo di collocare il servizio giustizia come costituzionalmente garantito all'interno di una sfera di protezione che, in un certo qual modo, riesca a difenderlo persino rispetto ai magistrati. Dico questo non perché, naturalmente, ci sia un'acrimonia di alcun tipo, ma perché questo provvedimento si colloca all'interno di una crisi di sistema complessiva che rischia di travolgere anche la magistratura e lasciare in piedi solo i singoli magistrati da assecondare o da perseguire. Questa consapevolezza noi abbiamo dimostrato, in un certo qual modo, di averla solo in misura manchevole, ovverosia di aver discusso con una qualche leggerezza della profondità della crisi. Vorrei qui ricordare, en passant, che certamente sarebbe stata sufficiente la capacità di autogoverno e di autodisciplina dei magistrati attraverso il proprio organo di autogoverno che è il CSM, così come avviene in altri ordinamenti, ma, proprio perché siamo dentro una crisi di sistema, questo non è sufficiente e avrebbe richiesto una più radicale consapevolezza da parte del Parlamento. In questo senso, ahimè, è un'occasione, per molti versi, mancata e non abbiamo, ovviamente, nessuna speranza che il Senato, che mi pare abbastanza ingolfato di lavoro legislativo, sia in grado di raddrizzare e di ulteriormente approfondire questi temi. Vorrei dire, con buona pace di tutti, che la Corte costituzionale, per quanto ci riguarda, ma la Corte europea dei diritti dell'uomo, da anni richiamano sul fatto che la terzietà non è solo un dato soggettivo e oggettivo, ma che richiede, inevitabilmente, nel contesto in cui noi siamo, anche l'apparenza, ovverosia, sino in fondo, la percezione da parte degli utenti del servizio giustizia. Mi pare che il dibattito che noi, qui, abbiamo svolto, nonostante le buone intenzioni, abbia dimostrato che da questa transizione infinita che ci faccia uscire dalla crisi di una giustizia malata non siamo ancora usciti (Applausi dei deputati del gruppo Democrazia Solidale-Centro Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Presidente, volevo soltanto ratificare quanto emerso dalla semplice lettura delle differenze di questo articolo 6 rispetto a quanto il Senato aveva scritto, perché ognuno, poi, si assuma la propria responsabilità e leggendo quello che è stato effettuato, capisca bene il pessimo servizio che ha reso al rapporto fra il cittadino e la giustizia. Dicevo qualche minuto fa che il grado di credibilità della giustizia è quello che fa la civiltà di un Paese. Ebbene, io mi chiedo: un Parlamento che va in controtendenza rispetto alle indicazioni del Consiglio superiore della magistratura e che, in qualche modo, sconfessa l'organo di autogoverno dei magistrati, che servizio rende alla giustizia e perché, lo ripeto, perché noi abbiamo dimagrito queste garanzie? Qual è la ragione politica per consentire che un magistrato che legittimamente scelga di fare politica non debba avere delle difficoltà a rientrare nei ranghi, senza aver dato prova di recupero certificato di terzietà? Qual è il motivo? Perché aprire questo commodus discessus che non ha nessuna ragione rispetto a una mediazione senatoriale? Questo è un quesito a cui credo che, nonostante le acrobazie, e qui di parlamentari capaci di argomentare ce ne sono tanti - si possa rispondere con un dato oggettivo. Diceva un pubblico ministero: io le carte non le posso mangiare.

Qui gli articoli non si possono mangiare; si potrà dire tutto quello che si vuole, si potrà argomentare, avendo la forza dei numeri - e non c'è niente di più facile quando si gioca 11 contro 5 che argomentare, perché si vince, lo so bene -, ma resta il fatto che i dati, l'oggettività, le norme soppresse, le scelte scellerate di evitare talune cautele del Senato rimarranno scolpite in quest'Aula e non soltanto nelle mie parole, ma nella coscienza di chi voterà a favore di questo articolo, sapendo che pone in essere un'operazione scorretta sul piano costituzionale e in antitesi rispetto al Consiglio superiore. Purtroppo, qui, il voto segreto non è possibile chiederlo, perché io sono convinto che il voto segreto avrebbe restituito dignità a questo provvedimento e la ragion politica vale più della ragione giuridica, della ragione costituzionale, ma battersi per una causa giusta è straordinario e noi ci battiamo per una causa giusta, Presidente, in difesa di quei magistrati che lavorano quotidianamente e debbono essere trattati esattamente come quelli che stanno in politica e difendono la terzietà, soggetti a tutti i tipi di verifiche, e, invece, per chi va in politica e poi deve poter rientrare, per esempio, viene escluso il ruolo autonomo dell'Avvocatura dello Stato, viene esclusa la necessità di tornare in un organo collegiale per almeno cinque anni, di ricoprire incarichi direttivi o semidirettivi, cioè tutta una serie di benefit, tutta una serie di dimagrimenti, tutta una serie di facilitazioni che non hanno nessun senso e contro cui i cittadini hanno diritto di protestare! Ecco, perché noi voteremo convintamente contro questo articolo 6, Presidente, nello stretto convincimento che la difesa di una buona causa, di un buon diritto valga più dei numeri.

PRESIDENTE. Avverto che il gruppo Forza Italia ha esaurito il tempo previsto dal contingentamento per il seguito dell'esame. Essendone stata fatta richiesta e come da prassi la Presidenza concederà un tempo aggiuntivo pari ad un terzo di quello originariamente previsto.

WALTER VERINI, Relatore per la maggioranza per la II Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

WALTER VERINI, Relatore per la maggioranza per la II Commissione. Grazie, Presidente. Molto brevemente vorrei fare un po' il punto in relazione anche al voto su questo emendamento. Noi abbiamo, io ritengo, rispettato fondamentalmente l'impianto uscito dal Senato, ma all'interno di quell'impianto, a nostro giudizio, c'erano dei vuoti, dei vuoti assolutamente da colmare e così ha lavorato la Commissione. Io voglio ricordare, per esempio - nel corso dei vari emendamenti, qualcuno lo ha fatto già, ma lo voglio sottolineare - che l'attuale normativa e quella approvata dal Senato non inserivano nelle restrizioni legate alla candidabilità e legate al ricollocamento quei magistrati che ricoprivano o ricoprono l'incarico di parlamentari, non erano contemplati i parlamentari europei, non erano contemplati gli amministratori regionali, non erano contemplati i sindaci o gli amministratori locali, non erano inseriti quei magistrati che prestano per una fase della propria vita il proprio servizio per lo Stato, al di fuori della giurisdizione attiva. Ecco, tutte queste figure e questi ruoli all'interno delle istituzioni, che non sono oggi contemplati dalla normativa vigente e che non sono e non erano contemplati nel testo licenziato dal Senato, sono stati inseriti dalla Commissione. Io ritengo che questo sia stato un passo in avanti importante; al tempo stesso, noi abbiamo, da un lato, irrobustito alcune clausole legate al ricollocamento, per esempio, portando a tre anni, dai due previsti dal Senato, la possibilità di ricoprire, entro i tre anni successivi al mandato, gli incarichi direttivi o semidirettivi e, al tempo stesso, è vero, abbiamo abbassato a due anni, ma, anche qui, senza poter assumere ruoli direttivi o con l'obbligo di andare nei collegi, quindi a due anni da cinque, il tempo per il reinserimento. Ma noi crediamo che, così, davvero, si sia portato a compimento un disegno che, come ricordava prima il deputato Berretta, mai era stato portato a compimento, perché noi dobbiamo tenere insieme due principi costituzionali; il primo principio che è legato all'articolo 51 e che irrobustito da sentenze della Corte costituzionale riguarda il diritto alla eleggibilità e alla candidabilità di tutti i cittadini senza discriminazioni e senza eccezione. Il secondo è quello - lo ricordava bene anche il deputato Piepoli nella sua dichiarazione - il principio dell'autonomia, dell'indipendenza e della terzietà che deve essere garantita e percepita. Per questo ritengo che la Commissione abbia fatto un buon lavoro e tutte le dichiarazioni sopra le righe, alcuni aggettivi che ho ascoltato come “scandaloso”, insomma li rimando al mittente perché appartengono non alla sfera del dibattito politico corretto ma alla sfera della propaganda di basso livello. Li rimando al mittente senza polemiche perché, secondo me, stiamo giungendo all'approvazione di un provvedimento importante che tiene insieme questi due principi. Aggiungo anche un altro concetto - mi permetto, Presidente, e mi avvio a concludere - che ho sottolineato anche nella relazione. Penso che la funzione del magistrato - lo voglio sottolineare - sia particolarissima per i motivi che ho detto e tuttavia dobbiamo anche tutti avere la consapevolezza che, su novecentotrenta deputati, si sta parlando di cinque magistrati in aspettativa con due dei quali io ho avuto l'onore di collaborare in questi anni - penso alla presidente della Commissione e penso al questore Dambruoso - che anche in questa circostanza hanno dimostrato una correttezza, un distacco e un rigore assolutamente fuori dal comune di cui va dato atto. Ma se pensiamo al tema della rappresentanza - lo ricordava ieri il capogruppo Rosato - è giusto ricordare che in questo Parlamento siedono centodieci docenti universitari o insegnanti, siedono cento avvocati, circa ottanta giornalisti, centodieci tra dirigenti e impiegati pubblici: insomma le categorie sono rappresentate benissimo e molte di queste giustamente legiferano anche su atti che poi riguardano le loro professioni, come gli imprenditori e i sindacati.

PRESIDENTE. Concluda.

WALTER VERINI, Relatore per la maggioranza per la II Commissione. È giusto così perché, quando si è qui, si rappresentano tutti i cittadini e non le categorie. Per cui certi toni che ho sentito contro i magistrati mi sono sembrati sbagliati, sopra le righe e contro un provvedimento che invece è equilibrato (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Sannicandro. Ne ha facoltà.

ARCANGELO SANNICANDRO. Vorrei richiamare ancora una volta l'attenzione di tutti sul livello più apprezzabile del testo del Senato proprio nell'articolo 6. La sintesi che nel Senato hanno trovato è tutta riassunta in questo passaggio dell'articolo 6, lettera a), i magistrati che tornano alle funzioni “non possono, comunque, esercitare successivamente le funzioni nel distretto di corte di appello in cui è compresa la circoscrizione elettorale nella quale sono stati eletti”. Vale a dire che tu non potrai tornare più a fare il magistrato laddove hai preso i voti per arrivare in Parlamento. Questo divieto scompare nel nostro testo: il resto è tutto a cascata. Il resto è anche grave ma l'immagine della proposta di legge sta in questa frase che è stata cancellata.

Per quanto riguarda l'intervento del collega che mi ha preceduto, voglio ricordargli che l'articolo 1 del testo del Senato prevedeva che la disciplina fosse applicata ai magistrati eletti al Parlamento europeo: non è vero che noi abbiamo introdotto questa indicazione e così anche la previsione che i medesimi soggetti non posso essere candidati per l'elezione alle cariche di presidente della provincia o di consigliere provinciale o assumere l'incarico di assessore provinciale, eccetera, eccetera. Mancava soltanto l'incarico a livello regionale ma non è questo il punto. Infatti già in passato il Consiglio superiore della magistratura è intervenuto con circolari e altri provvedimenti interni secondo la logica che noi oggi stiamo trasformando in legge e il Senato e noi stiamo esaminando questa proposta di legge perché il Consiglio superiore della magistratura ha detto che era necessaria una norma di carattere generale perché non possiamo andare avanti con i provvedimenti interni che possono essere circolari, delibere e via discorrendo. Questo è il punto. Noi all'opera ci siamo messi e però alla fine non abbiamo raggiunto un risultato adeguato alle aspettative della stessa magistratura più pensosa e più meditata.

E vorrei anche dirvi un'altra cosa. In un passaggio della famosa delibera del 2015 si parla anche dei magistrati che, entrati in politica, potrebbero rimanerci per decenni e il Consiglio superiore della magistratura dice di tenere presente che un magistrato che entra in politica e ci sta vent'anni - ripeto: vent'anni - non può essere considerato alla pari del magistrato che fa una sola legislatura perché l'altro praticamente ha perso la mentalità del magistrato e il Consiglio superiore della magistratura dice di prevedere una disciplina differenziata.

Quindi non c'è da scandalizzarsi se si evidenzia che i magistrati possono rimanere in quest'Aula per decenni e che pertanto non posso essere equiparati e non possono essere considerati magistrati che furono. Invece, anche non soltanto non l'abbiamo considerato, ma ne abbiamo fatto oggetto di polemica, quasi che si stesse arrecando una offesa di carattere personale.

Qui in discussione non sono i pochi o molti magistrati: qui è in discussione l'immagine della magistratura - dice il CSM -, come ha detto giustamente il collega Piepoli. Si tratta di fare una legge che protegga la magistratura anche rispetto ai singoli magistrati, perché, indipendente dal fatto che possano essere tutti quanti onesti o meno, quello che serve è che il cittadino, quando si trovi di fronte al magistrato, non abbia turbamento perché possa pensare che si tratti di un magistrato che non sia indipendente, ma animato da pregiudizi, anche politici, e quindi non può andare a casa accettando serenamente la sentenza che quel giudice eventualmente dovesse emanare.

Per questo motivo sull'articolo 6 noi voteremo contro (Applausi dei deputati del gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista).

PRESIDENTE. Avverto che il gruppo Articolo 1- Movimento Democratico e Progressista ha esaurito il tempo previsto dal contingentamento per il seguito dell'esame. Essendone stata fatta richiesta e come da prassi, la Presidenza concederà un tempo aggiuntivo pari ad un terzo di quello originariamente previsto.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Bonafede. Ne ha facoltà.

ALFONSO BONAFEDE. Grazie, Presidente. Il collega Verini ha concluso il suo intervento facendomi pensare un po' a quel termine che, se non ricordo male, si chiama “supercazzola”, dicendo che c'è qualcuno che fa interventi contro i magistrati.

Vorrei semplicemente ricordare al collega Verini che non è più nel ventennio berlusconiano, in cui c'era chi faceva finta di essere pro magistrati e chi faceva finta di essere contro i magistrati, ma, in realtà, si strumentalizzava una finta battaglia per dare vita ad una farsa.

Qui, adesso, siamo fuori da quel ventennio perché c'è il MoVimento 5 Stelle e, allora, non si può fare più una semplificazione di quel tipo e non si possono dire più menzogne di quel tipo. Infatti, ad esempio, è allucinante dire che viene mantenuto l'impianto originario del Senato, perché praticamente questo articolo al Senato stabiliva che, per un magistrato che aveva fatto politica, il periodo di astensione dalla funzione di magistrato fosse di cinque anni. È un termine, secondo noi, minimo, ma comunque in qualche modo può essere considerato congruo, tant'è che al Senato il MoVimento 5 Stelle ad un certo punto ha dato un segnale positivo rispetto a questo termine.

Il Partito Democratico - come al solito ogni tanto viene il dubbio che stia facendo qualcosa di buono per il Paese e, invece, immediatamente questo dubbio viene cancellato - alla Camera decide di ridurre il periodo di astensione da cinque a tre anni. Ma non solo: qui alla Camera si rifiuta di eliminare lo scandalo - perché di scandalo si parla, collega Verini -, per cui un magistrato che sta qui - tra l'altro, io mi devo correggere, Presidente, perché prima ho detto che la Ministra Finocchiaro è qui da ventisette anni: no, è qui da trent'anni - una Ministra che sta qui a fare politica da trent'anni, possa contemporaneamente, mentre era qui e si disinteressava delle aule giudiziarie, fare carriera politica e avanzare a scapito dei magistrati che lavorano.

Adesso, qui alla Camera è stato aggiunto un elemento in più: cioè, uno che fa carriera non essendo mai all'interno delle aule giudiziarie per trent'anni, poi, appena finisce il mandato, ha anche il diritto di opzione. Perché, se fosse stato nelle aule giudiziarie - ma non c'è stato -, se ci fosse stato come gli altri colleghi, che sono stati lì a sudare su pile di fascicoli, se ci fosse stato avrebbe conseguito il diritto a passare alla Cassazione. E perché, allora, eliminare questo ipotetico percorso di carriera che avrebbe potuto fare quel magistrato, ma che non ha fatto? Diamogli il diritto di opzione!

Allora si arriva al punto in cui con questo articolo, che è diventato allucinante, il magistrato che non ha fatto il magistrato può, però, optare di andare a fare il giudice della Corte di cassazione: cioè, la Corte suprema di cassazione, il più alto livello a cui un magistrato può ambire dopo anni e anni di duro lavoro. Qui lo si mette su un vassoio a portata di chi è stato seduto all'interno del palazzo non facendo mai il giudice.

Aggiungo un'altra cosa. Chiaramente io non faccio attacchi personali, perché non mi interessa fare attacchi personali, ma mi interessa fare degli esempi che siano emblematici di uno scandalo che è a portata solo della “casta”. Il collega Verini ha parlato sia della presidente Ferranti sia del questore Dambruoso: al riguardo, io ribadisco, non c'entra niente parlare dell'onore di aver lavorato con certe persone piuttosto che con altre: c'entra che, se un magistrato ha smesso di lavorare, non può avanzare nella carriera.

Ad un certo punto, il collega Verini si è lanciato su un discorso per cui il collega Dambruoso avrebbe mantenuto un certo distacco: io gli ricordo che è stato presente mentre si votava in Commissione, ha votato in Commissione e ha presentato pure emendamenti. Io non so il collega Verini quale distacco di Dambruoso si sia sognato nella notte, perché questo distacco non c'è stato: ha partecipato, ha votato e ha emendato il provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il collega Gigli. Ne ha facoltà.

GIAN LUIGI GIGLI. Sarò brevissimo, Presidente. Io ho ascoltato l'onorevole Verini cercare di fare un'assimilazione, indicare dei criteri di similitudine, quanto meno, tra la professione del magistrato e quella di tante altre professioni qui rappresentate.

Vorrei sommessamente ricordargli che, a prescindere dall'attenzione particolare che ha sempre legato la figura del magistrato al lavoro legislativo, perché è colui che le leggi, in qualche modo, deve sanzionarle nella loro inadempienza - tant'è che c'è stata da sempre nella nostra democrazia un'attenzione giusta alla separazione dei poteri, che rende peculiare, appunto, il rapporto del magistrato rispetto a quello del potere legislativo e del potere esecutivo -, c'è un fatto che differenzia tutte le altre professioni da lui citate con quella del magistrato: il magistrato procede il suo avanzamento di carriera sulla base dell'anzianità. Nessun'altra delle professioni qui dentro rappresentate - medici, professori universitari, avvocati, quant'altro - vanno avanti per anzianità, ma vanno avanti eventualmente per concorsi e nell'ambito della loro professione, il che rende l'aspetto profondamente diverso.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 6, nel testo emendato.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 26).

(Esame dell'articolo 7 - A.C. 2188-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 7 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A).

Se nessuno chiede di intervenire sul complesso degli emendamenti, invito il relatore ad esprimere il parere delle Commissioni.

WALTER VERINI, Relatore per la maggioranza per la II Commissione. Presidente, sull'emendamento 7.3 Molteni il parere è contrario, così come sull'emendamento 7.201 Rampelli.

Sull'emendamento 7.4 Marotta il parere è favorevole, se riformulato nel seguente modo: dopo la parola: “responsabili”, aggiungere le seguenti: “in qualità di capi degli uffici”. Sull'emendamento 7.301 il parere è favorevole…

PRESIDENTE. È l'emendamento 7.300, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento.

WALTER VERINI, Relatore per la maggioranza per la II Commissione. Sì, era il 7.300, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento, chiedo scusa, era numerato diversamente.

Sull'emendamento 7.200 Colletti il parere è contrario, così come sull'emendamento Rampelli 7.202. Sull'emendamento 7.301, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento, il parere è favorevole.

PRESIDENTE. Relatore Sisto?

FRANCESCO PAOLO SISTO, Relatore di minoranza. Grazie, Presidente. Sull'emendamento 7.3 Molteni il parere è favorevole, così come sui successivi emendamenti 7.201 Rampelli, 7.4 Marotta. Sull'emendamento 7.300 (da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento) mi rimetto all'Assemblea. Sull'emendamento 7.200 Colletti il parere è favorevole, così come sull'emendamento Rampelli 7.202.

PRESIDENTE. Poi c'è l'emendamento 7.301 (da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento) della Commissione bilancio.

FRANCESCO PAOLO SISTO, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Assemblea.

PRESIDENTE. Il Governo?

GENNARO MIGLIORE, Sottosegretario di Stato per la Giustizia. Il parere è conforme al parere del relatore per la maggioranza.

PRESIDENTE. Passiamo all'emendamento 7.3 Molteni.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 7.3 Molteni, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo e con il parere favorevole del relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 27).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 7.201 Rampelli, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo e con il parere favorevole del relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 28).

Passiamo all'emendamento 7.4 Marotta, sul quale c'è un parere favorevole con riformulazione. Accetta la riformulazione, onorevole Marotta? Sì, accetta la riformulazione.

Passiamo, dunque, ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 7.4 Marotta, così come riformulato, con i pareri tutti favorevoli.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 29).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 7.300 (da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento), con il parere favorevole delle Commissioni e del Governo e su cui il relatore di minoranza si rimette all'Aula.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 30).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 7.200 Colletti, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo e con il parere favorevole del relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 31).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 7.202 Rampelli, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo e con il parere favorevole del relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 32).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 7.301 (da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento), con il parere favorevole delle Commissioni e del Governo e su cui il relatore di minoranza si rimette all'Aula.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 33).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 7, nel testo emendato.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 34).

(Esame dell'articolo 8 - A.C. 2188-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 8 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A).

Invito il relatore ad esprimere il parere delle Commissioni.

WALTER VERINI, Relatore per la maggioranza per la II Commissione. Sull'emendamento 8.2 Dadone il parere è contrario, sull'emendamento 8.300 (da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento) il parere è favorevole, sull'emendamento 8.1 Colletti il parere è contrario.

PRESIDENTE. Il relatore di minoranza Sisto?

FRANCESCO PAOLO SISTO, Relatore di minoranza. Il parere è favorevole sugli emendamenti 8.2 Dadone e 8.1 Colletti, mentre mi rimetto all'Aula sull'emendamento 8.300 (da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento).

PRESIDENTE. Il Governo?

GENNARO MIGLIORE, Sottosegretario di Stato per la Giustizia. Parere conforme al parere del relatore per la maggioranza.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti. Siamo a pagina 10 del fascicolo.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 8.300, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento, con il parere favorevole delle Commissioni e del Governo e su cui il relatore di minoranza si rimette all'Aula.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Intanto colgo l'occasione per salutare studenti e docenti del Liceo “Giotto Ulivi” di Borgo San Lorenzo (Firenze) che seguono i nostri lavori (Applausi).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 35).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 8.2 Dadone, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo, e con il parere favorevole del relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 36).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 8.1 Colletti, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo, e con il parere favorevole del relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 37).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 8, nel testo emendato.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 38).

(Esame dell'articolo 9 - A.C. 2188-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 9 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A).

Invito il relatore ad esprimere il parere delle Commissioni.

WALTER VERINI, Relatore per la maggioranza per la II Commissione. Sull'emendamento 9.600 delle Commissioni il parere è favorevole, mentre sull'emendamento 9.205 Parisi, sugli identici emendamenti 9.203 D'Attorre e 9.206 Sisto, nonché sugli emendamenti 9.211 Rampelli, 9.204 e 9.210 Molteni, e 9.212 Rampelli, nonché sugli articoli aggiuntivi 9.0200 e 9.0201 Colletti, il parere è contrario.

PRESIDENTE. Il relatore Sisto?

FRANCESCO PAOLO SISTO, Relatore di minoranza. Tutti i pareri sono favorevoli.

PRESIDENTE. Il Governo?

GENNARO MIGLIORE, Sottosegretario di Stato per la Giustizia. Il parere è conforme a quello espresso dal relatore per la maggioranza.

PRESIDENTE. Passiamo, dunque, ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 9.600 delle Commissioni, i parere sono tutti favorevoli.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 39).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 9.205 Parisi, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo e con il parere favorevole del relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 40).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti 9.203 D'Attorre e 9.206 Sisto, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo e favorevole del relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 41).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 9.211 Rampelli, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo e favorevole del relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 42).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 9.204 Molteni, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo, e favorevole del relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 43).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 9.210 Molteni, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo e favorevole del relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 44).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 9.212 Rampelli, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo e favorevole del relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 45).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 9, nel testo emendato.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 46).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 9.0200 Colletti, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo e favorevole del relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 47).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 9.0201 Colletti, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo e favorevole del relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 48).

Avverto che l'articolo 10, insieme agli emendamenti, è precluso dalla votazione delle identiche proposte emendative 1.211 Colletti e 1.250 Naccarato, che abbiamo approvato ieri.

(Esame dell'articolo 12 - A.C. 2188-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 12 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A).

Se nessuno chiede di intervenire sul complesso degli emendamenti, invito il relatore ad esprimere il parere delle Commissioni.

WALTER VERINI, Relatore per la maggioranza per la II Commissione. Le Commissioni esprimono parere contrario sugli identici emendamenti 12.200 Parisi, 12.205 Colletti e 12.208 Sisto, e sugli emendamenti 12.207 Sisto e 12.202 e 12.201 Colletti.

Le Commissioni esprimono parere contrario sugli identici emendamenti 12.203 Sannicandro, 12.206 Sisto e 12.211 Rampelli.

Le Commissioni esprimono parere contrario sugli emendamenti 12.209 Sisto e 12.2 e 12.1. Molteni, mentre è favorevole sull'emendamento 12.300, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento e sugli identici emendamenti 12.204 Gasparini e 12.210 Marotta e sull'emendamento 12.301, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento.

Le Commissioni esprimono parere contrario sugli articoli aggiuntivi 12.0203 Colletti e 12.0200 Parisi, e sugli identici articoli aggiuntivi 12.0201 Sisto e 12.0202 Sannicandro.

PRESIDENTE. Relatore Sisto?

FRANCESCO PAOLO SISTO, Relatore di minoranza. Con i tempi del relatore di minoranza…

PRESIDENTE. Le chiedo i pareri.

FRANCESCO PAOLO SISTO, Relatore di minoranza. Voglio illustrare i pareri, vorrei illustrarli perché questa è una norma sicuramente rilevante…

PRESIDENTE. Vuole illustrare i pareri che adesso mi dà?

FRANCESCO PAOLO SISTO, Relatore di minoranza. Voglio spiegare perché do dei pareri favorevoli.

PRESIDENTE. Questo lo può dire dopo con i tempi del relatore di minoranza, però se adesso mi dà i pareri, io poi chiedo il parere anche al Governo.

FRANCESCO PAOLO SISTO, Relatore di minoranza. L'importante è che i tempi che io posso utilizzare…

PRESIDENTE. Li può usare anche dopo quando mi illustrerà la ratio dei suoi pareri.

FRANCESCO PAOLO SISTO, Relatore di minoranza. Mi limito a dare i pareri: parere favorevole sugli identici emendamenti 12.200 Parisi, 12.205 Colletti e 12.208 Sisto, favorevole sugli emendamenti 12.207 Sisto e 12.202 e 12.201 Colletti, 12.209 Sisto e 12.2 e 12.1. Molteni, e sugli identici emendamenti 12.204 Gasparini e 12.210 Marotta…

PRESIDENTE. Un attimo solo, ha saltato gli identici emendamenti 12.203 Sannicandro, 12.206 Sisto e 12.211 Rampelli. Li chiamo io facciamo prima.

FRANCESCO PAOLO SISTO, Relatore di minoranza. Seguo il fascicolo. Ho saltato una pagina. Parere favorevole sugli identici emendamenti 12.203 Sannicandro, 12.206 Sisto e 12.211 Rampelli e sugli emendamenti 12.209 Sisto e 12.2 e 12.1. Molteni; sull'emendamento 12.300, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento mi rimetto all'Aula; sugli identici emendamenti 12.204 Gasparini e 12.210 Marotta mi rimetto all'Aula. Sull'emendamento 12.301, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento mi rimetto all'Aula. Sugli articoli aggiuntivi, i pareri sono tutti favorevoli.

PRESIDENTE. Il Governo?

GENNARO MIGLIORE, Sottosegretario di Stato per la Giustizia. Presidente, parere conforme a quello espresso dal relatore per la maggioranza.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione degli identici emendamenti 12.200 Parisi, 12.205 Colletti e 12.208 Sisto, a pagina 14 del fascicolo.

Se nessuno chiede di intervenire, passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti 12.200 Parisi, 12.205 Colletti e 12.208 Sisto, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo e il parere favorevole del relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 49).

Passiamo alla votazione dell'emendamento 12.207 Sisto.

FRANCESCO PAOLO SISTO, Relatore di minoranza. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO, Relatore di minoranza. Presidente, intervengo per illustrare le ragioni del parere favorevole su questo emendamento. L'articolo 12 è un articolo assai delicato, perché riguarda la disciplina transitoria - chiamiamola così, ammesso che ce ne fosse bisogno - con riferimento a quello che debbono fare i magistrati in carica alla data di entrata in vigore della presente legge.

Segnalo che la disciplina del Senato è stata clamorosamente peggiorata, perché vi è la possibilità di un'automatica collocazione, in barba a quelli che sono i criteri usuali di accesso a determinate cariche presso gli uffici della Corte di cassazione, della procura generale presso la Corte di cassazione e della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, con non solo una diminuzione del divieto di ricoprire incarichi direttivi e semidirettivi da tre a due anni, ma con la riproposizione di organi monocratici, che sono stati espressamente vietati dalla circolare del Consiglio superiore della magistratura.

Cioè, creiamo veramente non un doppio binario, di più: un trattamento completamente diversificato per chi oggi è in politica! Io credo che questa sia una norma incostituzionale, cioè una norma che ha, proprio nella diversità di trattamento, un presupposto intollerabile.

Invito veramente il Governo a riflettere, perché poi arriveranno, come sono arrivati per tante situazioni, gli strali della Corte costituzionale, per stabilire che non si possono avere due pesi e due misure in modo così sfacciato, in modo così intollerabile, in modo così diversificato. Voteremo questa norma? Non voteremo questo emendamento? Noi insistiamo Presidente, e spiego perché ho dato questo parere favorevole: per una questione proprio di pudore costituzionale, se potessi usare questa espressione. Quindi, il parere favorevole su questo emendamento nasce da questa esigenza.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Ermini. Ne ha facoltà.

DAVID ERMINI. Presidente, vorrei dire una volta per tutte - siccome insigni giuristi come il presidente Sisto continuano a dire una cosa che non c'è scritta -, che non c'è la collocazione automatica. Se il presidente Sisto fosse così gentile da farci vedere dove è scritta la collocazione automatica, me ne starei zitto. Ma qui non si tratta di una collocazione automatica: occorrono i requisiti, per poter accedere alla Corte di cassazione! Occorrono i requisiti! Non solo ci sarà un concorso, che dovrà decidere se un soggetto ci potrà andare, ma ci sarà anche una valutazione di idoneità - prevista proprio da una norma fatta dal centrodestra ai tempi in cui governava - in cui ci sarà la valutazione dell'idoneità, da parte di una commissione, peraltro, composta non solo da magistrati. Questi sono i vagli sotto cui dovranno passare coloro che vorranno andare in Cassazione. Quindi, per cortesia, smettiamola di dire delle cose che non sono vere. Non vi è nessuno automatismo!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Sannicandro. Ne ha facoltà.

ARCANGELO SANNICANDRO. Presidente, forse non ci sarà nessun automatismo, però credo che bisognerebbe spiegare per quale motivo si modifica la norma introdotta dal Senato.

Il Senato che cosa dice? I magistrati in carica alla data di entrata in vigore della presente legge, alla cessazione del mandato di parlamentare europeo, eccetera, hanno queste possibilità: essere ricollocati in ruolo con il vincolo di esercizio di funzioni collegiali, per un periodo non inferiore a tre anni e con il divieto di ricoprire incarichi direttivi o semidirettivi per il periodo di tre anni.

Cosa facciamo noi? Modifichiamo questa disposizione e diciamo: essere ricollocati in ruolo con il vincolo di esercizio di funzioni collegiali, oppure, avendo già i requisiti - come dice Verini - presso gli uffici della Corte di cassazione, della procura generale presso la Corte di cassazione e della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, per un periodo non inferiore a tre anni e con il divieto di ricoprire incarichi direttivi o semidirettivi per il periodo di due anni.

Perché si modifica la norma introdotta dal Senato? Questa è la spiegazione che bisognerebbe dare, al di là del possesso dei requisiti. Questa spiegazione, che chiediamo dall'inizio della seduta, non è mai arrivata. Così come non è mai arrivata la spiegazione sul fatto che, laddove sono previsti cinque anni - cinque anni sono la proposta del CSM, che hanno recepito al Senato, perché hanno ritenuto che due, tre, quattro anni o quattro anni e mezzo fossero insufficienti per garantire la serenità ai cittadini imputati o parti di un processo -, c'è una riduzione a tre anni, sempre, in ogni caso, in ogni occasione, e non è stata mai data una giustificazione.

Allora, proprio per aiutare i colleghi del Senato, ai quali sostanzialmente diciamo che hanno sbagliato, si può suggerire ai colleghi del Senato il motivo per cui modifichiamo la norma, riducendo da cinque a tre anni? Almeno al Senato, glielo vogliamo dire o no? Questa è la situazione.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 12.207 Sisto, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo e il parere favorevole del relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 50).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 12.202 Colletti, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo e il parere favorevole del relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 51).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 12.201 Colletti, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo e il parere favorevole del relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 52).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti 12.203 Sannicandro, 12.206 Sisto e 12.211 Rampelli, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo, parere favorevole del relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

Saluto intanto studenti e docenti della Scuola media “Zanella” di Padova, che seguono i nostri lavori e che salutiamo (Applausi).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 53).

Passiamo all'emendamento 12.209 Sisto.

FRANCESCO PAOLO SISTO , Relatore di minoranza. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO , Relatore di minoranza. Presidente, pochi secondi per illustrare il parere favorevole, come relatore, su questo emendamento.

L'impudenza di queste modifiche arriva fino al punto da ipotizzare che il magistrato che dismette la politica possa entrare in un ruolo dell'Avvocatura, senza che sia un ruolo autonomo dell'Avvocatura, che era il minimo sindacale richiesto anche dal Senato, per garantire che vi fosse una differenziazione fra il magistrato che dismette la politica e gli avvocati dello Stato. Ma voi immaginate dove siamo arrivati. Siamo arrivati ad una parificazione tout-court dal punto di vista della - come posso dire - provenienza, dal punto di vista dalla genesi, dal punto di vista del portato culturale, che si ha nel passaggio, da ipotizzare un rientro dei magistrati dalla politica tout-court all'Avvocatura dello Stato.

Credo che questo emendamento costituisca il modo per recuperare - ahimè, probabilmente inutile -, ma questa modifica è la cartina di tornasole dello spirito che ha ispirato la falcidia assolutamente inaccettabile del provvedimento del Senato. Voteremo a favore.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Sannicandro. Ne ha facoltà.

ARCANGELO SANNICANDRO. Due secondi per dire che il Senato ha scritto: “essere inquadrati in un ruolo autonomo dell'Avvocatura dello Stato”, perché all'Avvocatura dello Stato s'arriva previo concorso e allora, per attenuare, come dire, la deroga, hanno introdotto il ruolo autonomo, al di là della differenziazione o meno…

PRESIDENTE. Collega, dovrebbe alzarsi.

ARCANGELO SANNICANDRO. Sto alzato.

PRESIDENTE. Allora può sollevare il microfono…ecco, adesso è in piedi.

ARCANGELO SANNICANDRO. Stavo dicendo, questa è la motivazione. Invece noi, incuranti della riflessione del Senato, sopprimiamo l'inciso: “in un ruolo autonomo dell'Avvocatura”. Questo è quanto.

PRESIDENTE. La ringrazio. Non ci sono altri interventi.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 12.209 Sisto, con i pareri contrari delle Commissioni e del Governo e il parere favorevole del relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 54).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 12.2 Molteni, con i pareri contrari delle Commissioni e del Governo, e il parere favorevole del relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 55).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 12.1 Molteni, con i pareri contrari delle Commissioni e del Governo e il parere favorevole del relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 56).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 12.300, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento, con i pareri favorevoli delle Commissioni e del Governo, si rimette all'Aula il relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 57).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti 12.204 Gasparini e 12.210 Marotta, con i pareri favorevoli delle Commissioni e del Governo, si rimette all'Aula il relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 58).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 12.301, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento, con i pareri favorevoli delle Commissioni e del Governo, si rimette all'Aula il relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 59).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 12, nel testo emendato.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 60).

Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo 12.0203 Colletti, con il parere contrario di Commissioni e Governo e con il parere favorevole del relatore di minoranza.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Presidente, questa è una delle aberrazioni più intollerabili che è stata effettuata dal maquillage mutilante della Camera rispetto al Senato, perché qui abbiamo eliminato le possibilità di astensione e ricusazione di giudici che abbiano partecipato a consultazioni elettorali europee o nazionali, sia sotto il profilo dall'articolo 36, sia sotto il profilo dell'articolo 37 del codice di rito penale, sia sotto il profilo dell'articolo 51 del codice di procedura civile.

Io trovo che questa sia una scelta eufemisticamente intollerabile; qualcuno mi deve spiegare perché, se io ho di fronte uno che mi è stato avversario politico, non possa dire: scusa, caro mio, forse non è il caso che tu ti occupi di questo processo, non è il caso che tu continui, in qualche modo, da un punto di vista diverso, in cui io sono sicuramente succube del tuo volere, è bene che ti tolga da parte, ti invito ad astenerti e se non ti astieniti ti ricuso.

Qualcuno mi deve spiegare perché sono state abolite queste norme. Qual è la ragione, una ragione, come posso dire, plausibile, un minimo di ragione perché io non possa invocare questa causa di ostilità, di appartenenza, come un motivo di terzietà del giudice?

Qui stiamo dicendo sostanzialmente, non inserendolo nelle cause di astensione e di ricusazione, che io posso dire al mio avversario politico: scusa, è opportuno, per gravi motivi di convenienza, che tu ti astenga; lui non si astiene e io non lo posso ricusare, non lo posso ricusare!

Premetto che il pubblico ministero non si può ricusare, come è notorio, ma noi siamo di fronte ad una scelta incredibilmente - lo ripeto - incredibilmente penalizzante per la credibilità della giustizia e non faccio riferimento a nessun caso, non mi interessa, bastano i principi generali. Allora, se noi avremo il coraggio, in quest'Aula, di dire che io non posso ricusare il mio avversario politico, che potrebbe non astenersi, io non ho nessuno strumento per mandarlo a casa e mi devo tenere il mio avversario politico come mio giudice.

Questa è un'Aula che perde il lume della ragione e nessuno mi ha spiegato perché avete eliminato questo articolo, perché in Commissione, con quel colpo di mano, è stato eliminato? In ossequio a che cosa? Per proteggere chi, che avrebbe il dovere di non svolgere quella funzione?

Purtroppo, io ho chiesto il voto segreto su questo emendamento; ritengo che il Regolamento, quando si occupa dell'articolo 25, debba necessariamente prevedere la possibilità del voto segreto. Qui parliamo del giudice naturale, c'è un giudice naturale che io possa individuare diverso dal mio avversario politico: mi è stato detto che non si può procedere con la votazione segreta perché c'è un precedente.

Anche su questa logica dei precedenti, mi consentirà la Presidenza, ma, come nel diritto vivente, il precedente non può costituire una corazza, una camicia di forza; non si può dire che, solo perché una volta si è deciso in un modo, va deciso per sempre in questo modo.

In queste ipotesi, l'individuazione del giudice naturale è un dato ineliminabile. Allora, io vi prego colleghi, su questo emendamento, che cerca di ripristinare il corretto equilibrio fra chi giudica e chi è giudicato, come si può votare contro, soltanto perché qualcuno in Commissione giustizia e affari costituzionali ha stabilito che così non deve essere? Cioè, noi siamo meri recettori di volontà di pochi o affermiamo il nostro diritto a fare diritto, vero, quello che deve essere protetto dalla Costituzione, per la qualità della giustizia?

Si tratta di norme importanti e io vi pregherei, davvero, di valutare il voto favorevole su questo emendamento. Noi voteremo a favore.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Colletti. Ne ha facoltà.

ANDREA COLLETTI. Presidente, questa che intendiamo inserire non è semplicemente una norma di buonsenso, ma dovrebbe essere una norma minima di civiltà.

Qualora dovesse passare la legge, così come questa maggioranza, oggi, la vuole approvare, ebbene un deputato, un senatore, un assessore di qualsiasi partito potrebbe tornare, dopo tre anni e un mese, a operare come pubblico ministero là dove ha fatto l'assessore, là dove ha fatto il consigliere regionale, là dove, magari, ha fatto il sindaco e, magari, da pubblico ministero potrebbe addirittura indagare, per ipotesi, il sindaco che l'ha battuto alle elezioni, dell'altro partito.

Ciò vale per altre personalità o altri iscritti a partiti opposti a quello di provenienza, senza che l'indagato, l'imputato, ma non parliamo solo di penale, parliamo anche di diritto civile, senza che le parti all'interno del processo civile possano nemmeno ricusarlo, perché questa Commissione giustizia e questa Commissione affari costituzionali, oggi, hanno deciso che non esistono ipotesi di astensione e ricusazione per i politici che tornano a fare i magistrati e, quindi, domani una persona potrebbe trovarsi, come detto, un ex deputato a indagarlo o a decidere su una condanna.

La totale ipocrisia sta nel fatto che il Senato e il Partito Democratico hanno votato contro la decadenza di Minzolini, proprio perché era stato condannato da un collegio in cui c'era un ex sottosegretario degli ex DS, e per questo il Partito Democratico aveva detto che vi era un fumus persecutionis (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle); e, oggi, quando noi proponiamo di mettere un limite ai politici che tornano a fare i magistrati, lo stesso Partito Democratico, magari per lasciarsi le mani libere, prossimamente, di votare nuovamente la decadenza per un politico condannato, afferma e dice di non voler mettere nessun limite alla ricusazione e all'astensione di questi magistrati ex politici, che potranno tornare a indagare, magari, i loro avversari politici, senza nessun limite e ritegno.

Ebbene, Presidente, questa è una norma che è nel rispetto conforme del dettato costituzionale del giusto processo e, anzi, si rischierebbe di far dichiarare incostituzionale questa norma, qualora non fosse prevista un'ipotesi di astensione obbligatoria o ricusazione da parte delle parti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Molteni. Ne ha facoltà.

NICOLA MOLTENI. Grazie, Presidente. Noi abbiamo tenuto, durante questo dibattito, una posizione di ascolto, di attento ascolto, perché partivamo da una considerazione, ovvero, la domanda che questo Parlamento, che quest'Aula si doveva porre è se servisse oppure no una norma idonea ed opportuna per disciplinare l'annoso contrasto tra politica e giustizia, in modo particolare, tra politica e magistratura; in modo particolare, se servisse una norma chiara e precisa che dettagliasse il rapporto, anzi, il diritto, il diritto sacrosanto, da parte di un magistrato, ai sensi dell'articolo 51, di poter partecipare alle elezioni politiche, amministrative ed europee. Noi riteniamo che i magistrati abbiano il sacrosanto diritto di poter partecipare rispetto ai dettati dell'articolo 51, così come riteniamo assolutamente sacrosanto il fatto che un principio cardine che più volte ci viene ribadito e ripetuto, ovvero quello dell'autonomia, dell'indipendenza, della neutralità e della terzietà a garanzia della credibilità della magistratura, venga rispettato nella giusta suddivisione: autonomia e indipendenza della politica nell'esercizio delle funzioni normative, autonomia e indipendenza della magistratura nell'esercizio delle funzioni giurisdizionali.

Quindi, abbiamo ritenuto, nel corso del dibattito, che una norma servisse, che servisse una disciplina, partendo dal presupposto che la disciplina approvata dal Senato, su un punto di caduta che ha visto il consenso unanime da parte delle forze politiche, fosse il testo idoneo ed opportuno.

Le modifiche apportate dalla Commissione giustizia e apportate in quest'Aula, evidentemente, sviliscono e riducono la portata applicativa di questa norma. E se è vero quello che ha detto prima il collega Verini, ovvero che i cambiamenti apportati dalla Commissione giustizia e da quest'Aula servono a colmare dei vuoti, è vero, servono a colmare dei vuoti ovvero ad applicare questa disciplina non solo al parlamentare o all'eurodeputato, ma anche all'amministratore locale o ai magistrati fuori ruolo: altro tema particolarmente sensibile, anche grazie all'opportuno dibattito introdotto in questa Aula dal collega Giachetti.

Quindi, alcune modifiche andavano apportate per ampliare, estendere e completare la portata di questa norma. Il collega Berretta, intervenendo nel dibattito, ha altresì affermato una cosa assolutamente giusta: prima non c'era alcuna disciplina normativa, una disciplina normativa è stata introdotta, la disciplina normativa introdotta al Senato evidentemente era molto più completa e molto più garantista dell'autonomia, dell'indipendenza, della terzietà e della neutralità del magistrato nel momento in cui, cessata la propria attività politica, tornava a svolgere la sua funzione di magistrato.

Nonostante la riduzione dei limiti che sono stati posti e di cui si è ampiamente dibattuto - dai cinque anni, ai due anni, ai tre anni - riguardanti la possibilità di poter esercitare funzioni inquirenti e la possibilità di poter esercitare funzioni giudicanti all'interno di un collegio - ne abbiamo già abbondantemente discusso -, il nostro era l'atteggiamento di chi era consapevole con grande senso di responsabilità che una norma, seppur questa non fosse la norma migliore, servisse per dare una risposta chiara e certa.

Credo, tuttavia, che questo particolare passaggio sia di gravità inaudita ed è il motivo per cui noi votiamo l'articolo aggiuntivo del collega Colletti ed è il motivo per cui condividiamo le considerazioni del collega Colletti e del collega Sisto, perché impedire la possibilità di astensione e conseguentemente impedire la possibilità di ricusazione di colui il quale, fino al giorno prima, faceva politica e il giorno dopo, tornando nell'esercizio delle sue funzioni di magistrato, torna a giudicare, è uno svilimento del principio di terzietà e di credibilità della magistratura stessa ed è il motivo per cui il Senato opportunamente aveva introdotto quella norma; incomprensibilmente, la stessa norma alla Camera viene soppressa.

Per rispetto nei confronti dei cittadini ma soprattutto per rispetto nei confronti di una giustizia che deve essere giusta, equa, che garantisca in tempi rapidi e certi giustizia ai cittadini, invito il relatore, il Governo e la maggioranza a cambiare il proprio voto su questo articolo aggiuntivo e a riportare all'interno della proposta di legge in esame una possibilità democratica, civile e sacrosanta a tutela e a garanzia anche della magistratura perbene, che esercita con cognizione e competenza le proprie funzioni (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Sannicandro. Ne ha facoltà.

ARCANGELO SANNICANDRO. Noi condividiamo l'articolo aggiuntivo 12.0203 Colletti perché tra l'altro, come vedrete più in là, ne abbiamo presentato uno analogo. L'istituto della astensione e della ricusazione, come è noto a quest'Aula, sono previsti sia dal codice di procedura penale sia dal codice di procedura civile. L'ordinamento, in sostanza, si preoccupa del fatto che, davanti a un magistrato, talvolta può accadere che una delle due parti, nel caso di magistrato civile, oppure un imputato sia una persona che abbia una relazione o abbia avuto una relazione con il magistrato. Pertanto, vi sono ipotesi tipiche in cui il magistrato deve astenersi e, se non si astiene, è prevista la ricusazione con cui si dice: tu non mi puoi giudicare.

Tuttavia, c'è sempre l'ultimo caso in cui si dice che il magistrato ha l'obbligo di astenersi in casi in cui esistono gravi ragioni di convenienza: lo stesso vale sostanzialmente con altre parole nel campo penale. Facciamo un esempio pratico: se il magistrato x e l'imputato y fanno parte dello stesso circolo del tennis e sono frequentatori abituali, dei compagni di squadra oppure se sono commensali abituali, se vanno in ferie insieme con le loro famiglie e potrei fare molti esempi tratti dalla vita quotidiana, come può tranquillamente accadere, orbene l'ordinamento saggiamente dispone che, in questi casi, il magistrato si deve astenere per le ragioni che è inutile stare qui ulteriormente a spiegare.

Ora giustamente il Senato ci ha riflettuto e ha detto: qualora tu magistrato sia stato in politica o, meglio, abbia fatto parte della Camera dei deputati, del Senato, del Parlamento europeo, del consiglio comunale, sia stato sindaco, eccetera, eccetera e ti capita davanti - scusate l'espressione - un imputato che almeno nei cinque anni precedenti è stato della tua parte avversa ma anche dalla tua stessa parte è giusto che, in questo caso, tu ti debba astenere e quindi, se non ti astieni, la parte ti potrà ricusare. Ma è tanto rivoluzionaria, è tanto assurda questa norma o si inserisce nella civiltà del nostro ordinamento, si inserisce nella civiltà del codice Rocco? Il codice Rocco tanto vituperato prevedeva queste disposizioni mentre noi qui, che siamo in una democrazia costituzionale, non riusciamo a prevederle - non so se vi rendete conto - e senza alcuna motivazione. Non c'è stata qui una modifica apportata al testo del Senato di cui in quest'Aula sia stata data una spiegazione. Ho detto che noi manderemo al Senato un testo profondamente modificato, neanche in linea con il dettato o, meglio, i suggerimenti, le riflessioni del Consiglio superiore dalla magistratura ma quest'Aula è sorda e grigia e non fornisce una motivazione né a quest'Aula né al Senato e questo è intollerabile su una materia così delicata. Tenete presente che l'approvazione di questa proposta di legge è auspicata dal mondo della magistratura associata ed è auspicata dal Consiglio superiore della magistratura perché, come afferma il CSM in una famosa delibera, non possiamo andare avanti ad evitare conflitti di interesse con le circolari e atti simili, non possiamo andare avanti soltanto con il testo unico sulle elezioni della Camera dei deputati del 1957. Quindi c'è da colmare una lacuna e ovviamente, come ho spiegato già prima, addirittura spingendosi a riflessioni e suggerimenti che vanno ben al di là delle nostre titubanze e della nostra moderazione, per chiamarla così. Dunque per quale motivo? Abbiate almeno la dignità, il coraggio, il dovere di dirci per quale motivo avete cassato a piè pari un intero articolo, l'articolo 13, introdotto dal Senato per rasserenare i cittadini e per la credibilità dell'intera magistratura.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Palese. Ne ha facoltà.

ROCCO PALESE. Grazie, Presidente. Intervengo per sottoscrivere l'articolo aggiuntivo 12.0203 Colletti e condividere tutte le argomentazioni che i colleghi che mi hanno preceduto hanno espresso per supportare il voto favorevole e la condivisione di tale proposta emendativa. Molti dei colleghi, signor Presidente, parlano del futuro: cose che accadranno. Io personalmente conosco le cose pugliesi ma penso che tutto il territorio nazionale è ricchissimo di una serie di esempi e di storture incredibili. Vogliamo ricordare Maritati? Vogliamo ricordare lo stesso Emiliano? Vogliamo ricordare Nicastro? Vogliamo ricordare che cosa sta accadendo in questi giorni a Taranto con il procuratore della Repubblica che adesso si candida a sindaco? Vogliamo ricordare i candidati che ci sono stati nel 1994 e che poi hanno continuato subito dopo ad esercitare: Mandoi, Cillo? Vogliamo ricordare Giannicola Sinisi candidato alla presidenza della regione, sconfitto, che poi ha continuato a fare politica? Vogliamo ricordare Magrone? Ma quanti di questi casi, quanti, quanti, quanti? E allora qui c'è un conflitto, un connubio tra la maggioranza, tra il Partito Democratico e parte, spezzoni di magistratura in riferimento a questo (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Conservatori e Riformisti) e c'è un conflitto di interessi dichiarato, perpetrato all'interno dalla Commissione con la presidente. Ma perché non dirle queste cose? Perché ci dobbiamo prendere in giro? E queste cose non pensate che possano mutare il corso dell'inchiesta in essere perché la magistratura rispetto a questo è un potere sovraordinato a tutto e a tutti. Convincetevi: questo è il problema, non vi salverete lo stesso (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Conservatori e Riformisti)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Longo. Ne ha facoltà per un minuto.

PIERO LONGO. Grazie, signor Presidente. Il problema dell'astensione è un problema delicatissimo perché anche adesso un magistrato politico potrebbe astenersi ma non è vero. Chiede al suo presidente, al suo superiore se può astenersi. Come decide il superiore gerarchico? Con decreto non motivato. E finisce qui, quindi, noi non sappiamo, nessuno potrà mai sapere, perché il superiore abbia ritenuto insussistente la ragione delle gravi ragioni di convenienza. Per converso, non si può - come è stato già più volte ricordato - avanzare una proposta di ricusazione: la risposta del Senato su questo punto era molto equilibrata. La risposta delle Commissioni congiunte non solo è squilibrata è, in realtà, talmente politicamente intrisa di cose inconfessabili che io ritengo veramente che questo debba essere sottolineato (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Ermini. Ne ha facoltà.

DAVID ERMINI. Grazie, Presidente. Io noto una certa acidità, un certo accanimento nei confronti dei magistrati penali soprattutto, ma anche civili, mentre noto una certa tolleranza - adesso, poi, vorrei capire perché - verso i magistrati amministrativi, contabili. Perché per i magistrati penali e civili si chiede la ricusazione automatica, per gli altri magistrati sembra che….

PIERO LONGO. Quale automatica?

DAVID ERMINI. …no, perché c'è scritto nell'emendamento Sisto, è inutile che ti arrabbi (Commenti del deputato Longo).

PRESIDENTE. Collega Longo…

DAVID ERMINI. È inutile che ti arrabbi (Commenti del deputato Longo)!

PRESIDENTE. Collega Longo, per favore!

DAVID ERMINI. Avete una tolleranza, tant'è che abbiamo allargato adesso…

PRESIDENTE. Si rivolga alla Presidenza, Ermini, grazie.

DAVID ERMINI. …delle norme le abbiamo allargate in questa circostanza, alla Camera dei deputati, verso gli altri tipi di magistrature. Io vorrei ad un certo punto fare anche delle domande, perché negli emendamenti si parla di elezioni europee, nazionali e regionali: mi sarebbe piaciuto sapere anche se vale per chi si è speso nelle campagne referendarie, non lo so, oppure per quelli che hanno fatto i post su Facebook o quelli che fanno interviste contro i politici.

Mi dovete spiegare perché se un magistrato ha la faccia di candidarsi e di esporsi pubblicamente e di non andare a cena o di avere rapporti sottobanco, ma di mettere la faccia e di dire: io mi schiero perché voglio esercitare un'attività che la Costituzione mi permette, ci deve essere la ricusazione automatica. Questa è una cosa che, secondo me, è abbastanza intollerabile, perché fa più politica qualcuno che non entra nelle istituzioni rispetto a quelli che entrano nelle istituzioni.

Allora, è giusto che ci sia la ricusazione, ha ragione Sannicandro. Sannicandro ha elencato tutta una serie di circostanze in cui l'astensione e la ricusazione sono obbligatorie, sono già previste dal codice. Allora, mi dovete spiegare perché io dovrei avere una ricusazione automatica nei confronti di un soggetto che sia candidato alle elezioni e non dovrei avere la ricusazione automatica contro chi ha fatto i comitati per il “no” oppure non potrei avere la ricusazione automatica contro chi fa i post su Facebook o si espone pubblicamente contro una parte politica.

Allora, ci sono le norme che sono previste dal nostro codice e all'interno della norma sulla ricusazione c'è tutto. Qualcuno adesso si scandalizza perché i provvedimenti sono espressi con decreto, ma quando sono stati al Governo quelli che si scandalizzano il codice di procedura penale lo potevano cambiare. Allora mi chiedo perché non l'hanno fatto.

Io credo che quando si fanno le norme contro le persone o si vorrebbero norme contro le persone, dopo essere stati abituati a fare le norme ad personam, alla fine, in qualche modo, ci si annoda. Siccome la legge deve essere uguale per tutti, non soltanto per chi si schiera, ma per chi dopo va a comporre degli organi collegiali oppure, se va in procura, va solo in quella generale presso la Corte di cassazione, questi magistrati non faranno indagini né giudicheranno in modo monocratico. Colletti ha fatto un esempio prima: perché non è stata utilizzata la ricusazione nel caso citato dal collega Colletti? Perché la difesa si vede non ha ritenuto opportuno chiedere la ricusazione di quel magistrato, peraltro un magistrato che non sarebbe rientrato neanche in questa norma - e concludo - perché era già fuori da otto anni e non da cinque.

Ma, al di là di tutto questo, io credo che la legge debba essere uguale per tutti e volere fare delle norme contro delle persone, secondo me, è assolutamente sbagliato. Ecco perché credo che dobbiamo respingere questo emendamento.

PRESIDENTE. Avverto che il gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista ha esaurito anche i tempi aggiuntivi. Come già fatto in precedenti ed analoghe circostanze, la Presidenza consentirà ai deputati di tale gruppo lo svolgimento, per ciascun emendamento, di un solo breve intervento per illustrare la posizione del gruppo, della durata di un minuto, da imputare ai tempi previsti al contingentamento per gli interventi a titolo personale.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Cirielli. Ne ha facoltà.

EDMONDO CIRIELLI. Presidente, colleghi, in questo emendamento, ma anche nella discussione che si è aperta, si annida il fulcro di questa proposta di modifica di legge e anche l'incongruenza, se mi consentite.

Vede, Presidente, la dimostrazione che la norma così proposta dal PD e dalla maggioranza, che, come abbiamo già detto, è tardiva, perché è un tema che esiste da anni e, comunque, certo, non è un tema da trattare a pochi mesi dalle elezioni, risiede proprio negli istituti della ricusazione e dell'astensione, perché questi istituti regolano una vicenda incidentale, straordinaria, rispetto alla quale il magistrato terzo, così come prevede l'articolo 111 della Costituzione - perché avere un magistrato terzo è un diritto dei cittadini e chi non la conosce vada a leggere la Costituzione, che è chiarissima sul tema specifico -, non è più terzo.

Invece, nello specifico, quando un magistrato decide liberamente - perché ne ha il diritto - di entrare e diventare un politico, da quel momento in poi non è più terzo. Quindi, è un palliativo la vicenda dell'astensione e della ricusazione, è un pannicello caldo, che non risolve il problema della perdita di credibilità delle istituzioni e della vicenda oggettiva permanente che si crea nel momento in cui un magistrato, che ne ha la libertà, decide. E ci mancherebbe, perché il diritto all'elettorato passivo è un diritto previsto dalla Costituzione, che vale per tutti e vale, quindi, anche per i magistrati.

Quindi, respingiamo al mittente gli attacchi alle persone: questo sì, sarebbe un attacco più che alle persone ai diritti. Ebbene, nel momento in cui un magistrato, legittimamente, decida di diventare un politico perde la sua terzietà: la perde in maniera oggettiva e la perde anche in maniera soggettiva, che tanto basta, perché il cittadino ha il diritto, previsto dall'articolo 111, di avere un giudice terzo.

Ecco perché questa norma è insufficiente, è sbagliata: non si risolve trasferendo di distretto o posponendo la possibilità negli anni di diventare un giudice inquirente, perché quel giudice non sarà mai più una persona terza e, quindi, capace - sul piano oggettivo, si intende - di affrontare la giurisdizione. Quindi, la riforma doveva andare nel senso di impedire che il magistrato divenuto politico, nel rientro nella sua amministrazione, possa svolgere funzioni di giurisdizione. Non lo avete fatto, qualunque forma di limitazione, di passo in avanti non soltanto è inutile, ma finisce semplicemente come apparire come una norma politica, punitiva verso quello o quell'altro, e il nodo viene al pettine quando, poi, parliamo di istituti come quelli della ricusazione e dell'astensione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la collega Dadone. Ne ha facoltà.

FABIANA DADONE. Grazie, Presidente. Semplicemente per sollecitare - per suo tramite, chiaramente - il sottosegretario Migliore a partecipare al dibattito, tenuto conto che abbiamo sentito…

PRESIDENTE. Il Governo è in Aula, collega Dadone.

FABIANA DADONE. Sì, sì, lo vedo, accidenti se lo vedo, difficile non notarlo: il problema è che non proferisce verba da ore. E, visto che il Partito Democratico si è espresso sull'argomento, sarebbe piacevole o, quanto meno, costruttivo capire il motivo per cui il Governo ha fornito parere favorevole alla soppressione di questa parte, anche solo per avere un dibattito che avesse un senso.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il collega Occhiuto. Ne ha facoltà.

ROBERTO OCCHIUTO. Grazie, Presidente. Il collega, onorevole Sisto, nel suo intervento, mentre illustrava le ragioni del voto del gruppo di Forza Italia a questo emendamento, si è riferito alla possibilità di votare questo emendamento e gli altri che ricadono nella stessa fattispecie con votazione segreta.

Effettivamente è stata una richiesta che, per le vie brevi, l'onorevole Sisto ha verificato presso gli uffici della Presidenza, ma la fattispecie sembrerebbe, comunque, disponibile a essere sottoposta a voto segreto, in ragione di quanto è disposto all'articolo 49 del nostro Regolamento, laddove si dice che possono essere sottoposte a votazione segreta le questioni che incidono sui principi e sui diritti di libertà, in particolare quelle riferibili agli articoli della Costituzione che vanno dal 24 al 27.

Ora, l'articolo della Costituzione in questione è, appunto, l'articolo 25, che riguarda il giudice naturale e vorremmo capire meglio dalla Presidenza per quale ragione questa votazione, che è riferita ad un diritto già stabilito all'articolo 25 della Costituzione, non possa essere sottoposta a votazione segreta.

Nel caso fosse possibile, chiedo formalmente che questo emendamento e gli altri che attengono alla stessa materia siano votati all'Assemblea con votazione segreta.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Però è già intervenuto sull'emendamento...

FRANCESCO PAOLO SISTO. Sull'ordine dei lavori, Presidente.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Grazie, Presidente. Io credo che vi sia un'autonomia del Presidente della Camera anche rispetto ai precedenti. Quei precedenti sono frutto di valutazioni di altri Presidenti della Camera. Il diritto vivente si evolve e si evolve anche per quest'Aula.

Ora, io non credo che si possa, per un precedente datato, decidere sempre nella stessa maniera. Mi hanno insegnato che il precedente giurisprudenziale non è fonte del diritto, ma è l'autonomia di ciascuno - proprio i giudici ce lo insegnano - che ci deve consentire di adeguare il fatto al momento storico.

Ora, si può davvero ritenere che individuare il giudice naturale non afferisca ad uno di quegli elementi dell'articolo 25 della Costituzione, segnato dall'articolo 49?

Io mi appello alla sua autonomia, Presidente, perché lei possa valutare autonomamente, senza essere incatenato in un precedente datato, perché oggi votare una norma sulla ricusazione e astensione del giudice costituisce uno dei diritti fondamentali proprio nei rapporti fra giudice e politica. Se non lo è, diciamocelo subito: quello che ha deciso qualsiasi Presidente, il Presidente Violante, vent'anni fa, ci vincola oggi. Ma questo è assurdo, questo significa non dare alla Camera nessuna chance di autonomia.

Io credo che questo sia proprio uno di quei casi in cui la stretta pertinenza fra l'articolo 25 e la nozione di giudice naturale debba trovare, da parte sua, un gesto di autonomia. Io la invito ad accogliere la richiesta del nostro rappresentante di gruppo.

PRESIDENTE. La volontà di continuare a seguire l'interpretazione e, quindi, seguire la prassi consolidata in materia, è legata anche ad una valutazione da parte della Presidenza, non del Presidente, della ratio per cui ci sono stati determinati precedenti in passato e che ha portato a determinati precedenti in passato.

In particolare, lo scrutinio segreto su questa materia è stato consentito quando si trattava di disposizioni che andavano a modificare le competenze degli organi giurisdizionali e non del singolo giudice. Questa prassi è volontà della Presidenza che si continui a seguire. Quindi, lei ha anticipato un intervento prima della mia risposta e, quindi, noi abbiamo la sua risposta prima del mio intervento, ma sostanzialmente ci siamo capiti.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il collega Bonafede. Ne ha facoltà.

ALFONSO BONAFEDE. Presidente, io volevo semplicemente replicare a quanto incredibilmente affermato dal collega Ermini, il quale, a un certo punto, ha fatto riferimento al caso a cui aveva fatto riferimento il collega Colletti. Si chiama caso Minzolini, lo può anche pronunciare, il collega Ermini, caso di persona condannata in via definitiva che il Partito Democratico ha salvato insieme al partito di Minzolini.

Quindi, una volta chiarito qual era il riferimento di Ermini, dico che è allucinante confrontare uno che si è schierato politicamente con uno che si è schierato in una campagna referendaria, perché il referendum, nonostante quello che abbia pensato in passato Matteo Renzi, è di tutti i cittadini e i cittadini si schierano come vogliono, a prescindere dal colore politico, e tutti fanno la battaglia referendaria che vogliono, senza essere schierati, a differenza di qualcuno che viene qua dentro.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il collega Capezzone. Ne ha facoltà.

DANIELE CAPEZZONE. Grazie, signor Presidente. Per verbalizzare, sull'onda di una cosa molto positiva che diceva il collega Palese, vorrei rivolgermi, per suo tramite, al collega Ermini e ai colleghi del Partito Democratico.

È un ricordo, ma forse, a volte, i ricordi aiutano a costruire il futuro: ero ragazzino, avevo quindici anni e, nel 1987, sull'onda della drammatica vicenda giudiziaria di Enzo Tortora, Enzo Tortora, i radicali, con il sostegno dei liberali, dei socialisti e di tante personalità, promossero un referendum sulla responsabilità civile dei magistrati, che andò al voto e gli italiani sostennero quella scelta in modo plebiscitario, all'80 per cento.

Si pose il problema, l'anno dopo, in Parlamento, di come attuare e rispettare il responso referendario. I partiti di allora, il pentapartito, pure affidandosi a un uomo prestigioso come Giuliano Vassalli, decisero di tradire il responso referendario, di fatto di annullare e annacquare la responsabilità civile - per tenere buono il giustizialismo, pensavano - nell'illusione, diciamo così, di allontanare i pericoli.

Onorevole Ermini, se lei rileggesse i resoconti - era il 1988 - ventotto, ventinove anni fa, trovava gli onorevoli Ermini di allora. Sono passati ventinove anni, sento le stesse illusioni. Siccome ora - e chiudo davvero - i cicli sono più brevi, sarà curioso e non serviranno ventinove anni, magari serviranno ventinove mesi, la volta prossima per ascoltare gli onorevoli Ermini del MoVimento 5 Stelle, anche loro, magari, coltivare le stesse illusioni. Stiamo molto attenti (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Conservatori e Riformisti).

PRESIDENTE. Non ci sono altri interventi, passiamo dunque ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 12.0203 Colletti, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo e con il parere favorevole del relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 61).

Passiamo all'articolo aggiuntivo 12.0200 Parisi, su cui c'è il parere contrario delle Commissioni e del Governo e il parere favorevole del relatore di minoranza.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Palese. Ne ha facoltà.

ROCCO PALESE. Per sottoscrivere questo emendamento e per aggiungere una considerazione, signor Presidente. Spesso sento che i colleghi che si interessano del settore dell'ordinamento giudiziario e che svolgono le professioni in tribunale, riferiscono che, sicuramente, poi, sono ininfluenti perché saranno giudicati da terzi, le persone messe sotto indagine e quant'altro. Sarà pure vero e sarà pure vero constatare che molte di queste indagini - io parlo di quelle pugliesi - poi sono finite, dopo undici anni, nel nulla, perché inventate. E sarà pure vero, però, che per undici anni hanno tenuto sotto scacco le persone, cioè in sofferenza, le hanno tenute in quella maniera. Non è vero che passano indenni le situazioni, c'è gente che non ha potuto fare il concorso di professore universitario ordinario, c'è gente che si è ammalata di leucemia. C'è tutto, tanto, tante cose ci sono. Non è che solo perché vanno così… No, si inventano, e lo fanno giornalmente, queste cose rispetto a tante altre.

Perché dico l'invenzione? L'invenzione è quando il primo, secondo, terzo, quarto, quinto grado, sesto, vi è sempre assoluzione, assoluzione, assoluzione.

Ora davanti a una situazione del genere non si può rimanere impassibili. Non fate l'errore di Forlani e di Andreotti…

PRESIDENTE. Si rivolga alla Presidenza.

ROCCO PALESE. Presidente, lo ricordo anche a lei, nella storia, se la rispolveri, vada a vedere. c'è una grande illusione: il potere, la cupola, rimangono intatte.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Parisi. Ne ha facoltà.

MASSIMO PARISI. Presidente, vorrei su questo emendamento rinnovare la richiesta di voto segreto, a nome del mio gruppo, anche per segnalare che nella precedente votazione l'emendamento è stato respinto per una ventina di voti. Ora, a parte che le presenze nei banchi non sono, data l'ora, molto cospicue, ma si potrebbe perfino prevedere e sostenere che la decisione della Presidenza di poco fa, basandosi su un precedente, ha di fatto, come dire, condizionato l'esito di un voto che poteva forse essere diverso, visto anche lo scarsissimo margine su quell'emendamento.

Quindi, io invito la Presidenza a riflettere su questa richiesta, che rinnovo, di votazione segreta, anche per lasciare esprimere i deputati e i parlamentari nella piena libertà.

PRESIDENTE. La ringrazio. La materia è analoga, è la stessa materia, quindi valgono le stesse considerazioni svolte prima.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Presidente, non si può far passare impunemente questo vero e proprio abuso di matrice parlamentare che consente che una norma saggia introdotta dal Senato possa essere cancellata per una manciata di voti.

Io credo che qui la politica c'entri poco, qui non è una scelta che afferisce all'appartenenza, afferisce alla protezione di categorie che, da questo punto di vista, dovrebbero dare l'esempio.

Io mi aspetterei esattamente il contrario, mi aspetterei un atteggiamento di ampia collaborazione, perché queste forme di tutela dei cittadini, non della politica, siano incastonate nel processo penale. Si poteva con un impeto, con un colpo di resipiscenza parlamentare, almeno cambiare questo punto; neanche questo.

Allora, se mi consentite una valutazione metodologica, questa è la logica conclusione di un pessimo provvedimento che la Camera si accinge a licenziare, partito con un colpo di mano in Commissione, arrivato in Aula, senza la possibilità di dare neanche una chance, il minimo sindacale della tutela dei diritti dei cittadini, neanche un ripensamento, anzi un rullo compressore apre autostrade verso porte girevoli troppo scorrevoli e che, a mio avviso, rimarrà una delle pagine peggiori di questa legislatura. Voteremo a favore!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Bonafede. Ne ha facoltà.

ALFONSO BONAFEDE. Grazie, Presidente. Soltanto per ribadire l'importanza di una norma che ricordo non è del MoVimento 5 Stelle, è la norma che era stata approvata al Senato anche dal Partito Democratico e che non si capisce per quale ragione, anche perché non lo spiega la maggioranza e non lo spiega il Governo, che lei giustamente ha sottolineato essere presente in Aula, anche se, Presidente, mi consenta di dire che, anche se fosse stato assente, non ci sarebbe stata nessuna differenza…

PRESIDENTE. C'è una differenza, perché il Regolamento prevede che il Governo stia in Aula, altrimenti non potremo svolgere neanche la seduta.

ALFONSO BONAFEDE. Assolutamente. Questo conferma il fatto che il Governo sia presente, non conferma però che il Governo stia partecipando realmente, dal mio punto di vista, al dibattito parlamentare.

Allora, detto questo, voglio ribadire l'importanza di non confondere. Questo lo dico per rispetto nei confronti di tanti cittadini che non si schierano politicamente e che però amano battersi di fronte a un referendum che riguarda la Costituzione o l'acqua pubblica.

Quello che ha detto prima il collega Ermini è offensivo nei confronti di quei cittadini che proprio non vogliono schierarsi politicamente, ma che pure pensano di dover rivendicare il loro diritto ad esprimere il loro pensiero di fronte a una campagna referendaria.

A parte che, apro e chiudo parentesi, nell'ultima campagna referendaria, quella politicizzata dall'allora Presidente del Consiglio Matteo Renzi, in quella campagna referendaria, i magistrati hanno avuto un atteggiamento di assoluta estraneità rispetto a quelle che erano le posizioni in campo. Ricordo che l'ANM dichiarò di non volersi pronunciare sul “sì” o sul “no”.

Ora, per quanto riguarda l'articolo, ribadisco che il Partito Democratico con un po' di coerenza rispetto a quanto aveva fatto lo stesso Partito Democratico al Senato, dovrebbe semplicemente qui reintrodurre una norma che al Senato era condivisa trasversalmente da tutti.

Voglio anche però aggiungere una cosa: nella votazione precedente e probabilmente anche in questa, l'emendamento non è passato per una ventina di voti, forse sedici voti. In questo senso, mi rivolgo al collega Brunetta, capogruppo del partito Forza Italia, per dirgli che forse, se il settore di Forza Italia non fosse stato quasi completamente vuoto, quell'emendamento, che è sostenuto anche da Forza Italia, sarebbe stato approvato.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 12. 0200 Parisi, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo, e favorevole del relatore di minoranza

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 62).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici articoli aggiuntivi 12.0201 Sisto e 12.0202 Sannicandro, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo, e favorevole del relatore di minoranza.

  Dichiaro…

Revoco l'indizione della votazione.

Passiamo alla votazione degli identici articoli aggiuntivi 12.0201 Sisto e 12.0202 Sannicandro.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Tertium datur nel senso che io non credo che l'Aula possa non essere nuovamente interessata quando la causa è così giusta…

PRESIDENTE. A lei restano un minuto e trentanove.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Come relatore?

PRESIDENTE. Come relatore ha già esaurito tutti i tempi, adesso sta usando quelli del suo gruppo.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Accelero il dire e dico soltanto che non si può rimanere certamente inerti di fronte a questa situazione assolutamente direi arrogante, che la maggioranza ha assunto di fronte a tutta un'Aula che si rivolta contro e cerca soltanto di affermare i principi. Vedo sorrisi, vedo compiacimento, ma è il compiacimento dei numeri, non dei cittadini. I cittadini vogliono essere tutelati, non vogliono essere mortificati a botta di numeri, questa è la verità, voi mortificate i cittadini. Prendetevi i numeri qui, al Senato vedremo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Sannicandro. Ne ha facoltà.

ARCANGELO SANNICANDRO. Stavo riflettendo: Presidente del Consiglio Matteo Renzi, Ministro di Giustizia Orlando, il Governo accetta il provvedimento del Senato con tutte le sue varianti di cui abbiamo parlato. Presidente del Consiglio Gentiloni, Ministro di Giustizia Orlando, il Governo qui dice il contrario di quanto ha detto al Senato. Ma a che gioco stiamo giocando?

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Mazziotti Di Celso. Ne ha facoltà.

ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO. Presidente, solo per fare un attimo di chiarezza su questo emendamento e su tutto quello che è stato detto. Per informazione di quelli che hanno votato, la norma che stiamo votando non è una norma che dà al cittadino il diritto di sollevare il problema politico, come è stato discusso nel caso Minzolini, dicendo che c'era nel collegio un avversario politico e conseguentemente la grave inimicizia che, peraltro può essere comunque sollevata, che giustifica un'astensione. No, la norma è automatica, funziona sulla base del semplice fatto che uno si sia candidato, quindi sostanzialmente ovunque, e che una delle parti abbia ricoperto un ruolo amministrativo o politico nei cinque anni precedenti ovunque. Stiamo dicendo quindi che se un magistrato è stato candidato alle elezioni comunali a Trento nel Partito Democratico, una persona che ha avuto un ruolo politico, a qualsiasi livello, in tutto il resto della penisola, magari nel Partito Democratico, ha il diritto di ricusarlo, e il giudice viene ricusato in automatico.

Questo è così, è assolutamente automatico, perché la valutazione discrezionale della ricusazione è vero che è prevista ed avviene, ma avviene sui casi come la grave inimicizia o un interesse patrimoniale, dove la definizione è generica. Quando si tratta di casi soggettivi, come per il coniuge, o casi simili dove vengono precisamente definiti, il giudice che emette l'ordinanza sull'argomento non ha nessuna discrezione. Qui si dice: chi si è candidato a un'elezione, a qualsiasi livello, si deve astenere o può essere ricusato se una delle parti ha avuto uno di quei ruoli. Discrezionalità zero! Quindi stiamo dicendo - ripeto - che in automatico, a prescindere dalla posizione politica, a prescindere dall'eventuale inimicizia o rivalità politica, magari per l'appartenenza - nel caso di appartenenza - a un qualsiasi partito, a una lista civica - perché vale anche per chi si è candidato in una lista civica, ovunque -, è ricusato automaticamente se una delle parti, non imputato, era nei cinque anni precedenti eletta o ricopriva un ruolo politico da un'altra parte.

È chiaramente irragionevole! È totalmente irragionevole! Io non sono uno - lo sa l'onorevole Sisto - che ha espresso posizioni particolarmente flessibili sui temi dell'imparzialità dei magistrati, sono stato spesso un sostenitore - lo sono tuttora - della separazione delle carriere, e sulla materia disciplinare sono intervenuto cento volte, ma qui si sta introducendo una norma automatica - lo dico anche all'onorevole Sannicandro, che su questi temi invece spesso è molto più severo di me - che porta all'irrazionalità, lo ripeto, per la quale il candidato a Trento di Sinistra Italiana o dei Democratici e Progressisti - se si candida un magistrato - può essere ricusato da un qualsiasi rappresentante politico eletto nei cinque anni precedenti o che ha svolto attività politica nei cinque anni precedenti anche in un microcomune della Sicilia. Dove sia la razionalità di questa norma, qualcuno deve spiegarmelo.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici articoli aggiuntivi 12.0201 Sisto e 12.0202 Sannicandro, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo e il parere favorevole del relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 63).

(Esame dell'articolo 14 - A.C. 2188-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 14 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A).

Se nessuno chiede di intervenire sul complesso degli emendamenti, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

WALTER VERINI, Relatore per la maggioranza per la II Commissione. Presidente, sugli identici emendamenti 14.1 Colletti e 14.2 Molteni, parere favorevole.

PRESIDENTE. Il relatore di minoranza, Sisto?

FRANCESCO PAOLO SISTO, Relatore di minoranza. Si rimette all'Aula.

PRESIDENTE. Il Governo?

GENNARO MIGLIORE, Sottosegretario di Stato per la Giustizia. Parere conforme a quello espresso dal relatore per la maggioranza.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti 14.1 Colletti e 14.2 Molteni, con il parere favorevole delle Commissioni e del Governo, mentre si rimette all'Aula il relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 64).

Passiamo alla votazione dell'articolo 14.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Distaso. Ne ha facoltà.

ANTONIO DISTASO. Presidente, colgo l'occasione della votazione di questo articolo - visto anche che ci avviamo alla conclusione dell'esame di questo provvedimento - per provare a riassumere, come più egregiamente di me hanno fatto altri colleghi del gruppo, da Palese a Capezzone, quale sia la nostra impostazione sul punto, che deve partire da una considerazione di carattere generale e che non prescinde ma deve presupporre l'esame di questo provvedimento all'interno di quella che è la nostra concezione oggi dello Stato, del principio di equiordinazione dei poteri sancito dalla nostra Costituzione - che io ho imparato sin dall'esame di diritto costituzionale, ben 31 anni fa - e a cui questo Parlamento, per sua colpa, ha abdicato in più tempi della sua vita. Penso alla modifica dell'articolo 68, secondo comma, della Costituzione, penso alla responsabilità civile dei magistrati, penso al fatto che oggi si eserciti ancora una pressione psicologica su una forza parlamentare - io non mi spiego ancora perché ciò avvenga, se ci sia un problema di ricatti o di eventuali questioni ricattabili -, perché oggi la prima dignità del parlamentare sarebbe quella di difendere l'autonomia di questa istituzione, non che debba…

PRESIDENTE. Collega, deve concludere.

ANTONIO DISTASO. Concludo. Non che debba prevalere su qualsiasi altra, ma se qui abbiamo rappresentanti in Parlamento dell'Associazione nazionale magistrati che pretendono di dettare a noi le regole, questo dovrebbe essere inaccettabile per qualsiasi parlamentare che abbia la coscienza dritta.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 14, nel testo emendato.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 65).

(Esame dell'articolo 15 - A.C. 2188-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 15 (Vedi l'allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.

Passiamo dunque ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 15.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 66).

Chiederei ai relatori i pareri sui due articoli aggiuntivi Colletti 15.0100 e 15.0101.

WALTER VERINI, Relatore per la maggioranza per la II Commissione. Parere contrario.

PRESIDENTE. Relatore Sisto?

FRANCESCO PAOLO SISTO, Relatore di minoranza. Parere favorevole.

PRESIDENTE. Il Governo?

GENNARO MIGLIORE, Sottosegretario di Stato per la Giustizia. Parere conforme a quello espresso dal relatore per la maggioranza.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo 15.0100 Colletti. Se nessuno chiede di intervenire, passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 15.0100 Colletti, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo e il parere favorevole del relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 67).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 15.0101 Colletti, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo e il parere favorevole del relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 68).

(Esame dell'articolo 16 - A.C. 2188-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 16 (Vedi l'allegato A) al quale non sono state presentate proposte emendative.

Non ci sono interventi. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 16.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 69).

(Ripresa esame dell'articolo 4 - A.C. 2188-A)

PRESIDENTE. Dobbiamo passare ora all'emendamento 4.301 delle Commissioni, al quale sono riferiti due subemendamenti, e all'emendamento 4.203 Giachetti, accantonato nella seduta di ieri insieme alla votazione dell'articolo 4.

Invito i relatori a dare i pareri sull'emendamento delle Commissioni, sui due subemendamenti e sull'emendamento 4.203 Giachetti.

MARCO DI MAIO, Relatore per la maggioranza per la I Commissione. Allora, sul 4.301, Presidente, c'è un mero errore tecnico di scrittura, dove si parla di “legge di conversione del presente decreto”, che va corretto scrivendo semplicemente “la presente legge”. Quindi, con questa formulazione, il parere è favorevole, ovviamente, perché è l'emendamento delle Commissioni. Sul subemendamento 0.4.301.1 il parere è contrario, mentre sul successivo 0.4.301.2 Mazziotti Di Celso è favorevole con una riformulazione, sostanzialmente si sostituisce, all'inizio, la parola “dopo”, mettendo “al comma 1-bis, aggiungere il seguente periodo”; dopodiché, invece nella prima riga si sostituiscono le parole “di cui al comma 1-bis”, con “di cui al presente comma”.

PRESIDENTE. La ringrazio. Poi c'è il 4.203 Giachetti.

MARCO DI MAIO, Relatore per la maggioranza per la I Commissione. Invito al ritiro, per questo.

PRESIDENTE. La ringrazio. Il relatore di minoranza?

FRANCESCO PAOLO SISTO, Relatore di minoranza. Grazie, Presidente. Sul subemendamento 0.4.301.1 Colletti, parere favorevole; sul subemendamento 0.4.301.2, mi rimetto all'Aula; sull'emendamento delle Commissioni parere favorevole e per quanto concerne il 4.203 Giachetti parere favorevole. Lo avevamo sottoscritto, quindi…

PRESIDENTE. Il Governo?

GENNARO MIGLIORE, Sottosegretario di Stato per la Giustizia. Parere conforme al relatore di maggioranza.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Sì, Presidente, pochissimi istanti soltanto per ringraziare innanzitutto tutti i colleghi che sono intervenuti nella giornata di ieri per sostenere il mio emendamento, per ringraziare il Comitato dei diciotto e i Presidenti delle Commissioni che hanno riformulato l'emendamento, che è diventato l'emendamento delle Commissioni, che sostanzialmente tiene in piedi l'impianto, e ovviamente per ringraziare anche il Governo, che ha fatto uno sforzo per venire incontro a un'esigenza che credo fosse trasversalmente di interesse comune, cioè che ci fosse una grande trasparenza nella visibilità di questo tipo di incarichi. Credo che abbiamo fatto un buon lavoro e, quindi, grazie a questo, ritiro il mio emendamento. Grazie.

PRESIDENTE. Quindi l'emendamento 4.203 Giachetti è ritirato.

ROCCO PALESE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROCCO PALESE. Grazie, Presidente, per significare che io, prima dell'inizio della seduta di ieri, avevo sottoscritto e formalizzato l'emendamento.

Detto questo, però, signor Presidente, posso continuare?

PRESIDENTE. La sto seguendo, non la guardo, ma la sento.

ROCCO PALESE. Detto questo, però, atteso che il subemendamento risolve comunque il problema, è da evidenziare che, secondo me…

PRESIDENTE. Palese, mi scusi, lei non può intervenire su quell'emendamento, perché è stato ritirato, non c'è più.

ROCCO PALESE. Ma io lo avevo sottoscritto…

PRESIDENTE. Sì, però, è stato ritirato dal primo firmatario. Lei è il secondo firmatario.

ROCCO PALESE. Io l'avevo fatto mio prima ancora di tutta la discussione.

PRESIDENTE. No, lo ha sottoscritto, è un'altra cosa. E, comunque, non lo può fare suo, in questo momento.

ROCCO PALESE. Io volevo semplicemente significare che, per rispetto al collega Giachetti, io comunque mi associo a ritirare la firma, visto che anche questo…

PRESIDENTE. Va bene, va bene, è stato ritirato, quindi.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento 0.4.301.1 Colletti, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo e favorevole del relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 70).

Passiamo alla votazione del subemendamento 0.4.301.2 Mazziotti Di Celso; il parere è favorevole con riformulazione. Prendo atto che la riformulazione è accettata.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento 0.4.301.2 Mazziotti Di Celso, nel testo riformulato, con il parere favorevole delle Commissioni e del Governo e sul quale il relatore di minoranza si rimette all'Assemblea.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 71).

Passiamo alla votazione dell'emendamento 4.301 delle Commissioni.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palese. Ne ha facoltà. Ha un minuto, a titolo personale.

ROCCO PALESE. Grazie, Presidente. Semplicemente, per evidenziare e dare atto che, grazie al collega Giachetti, che ha mantenuto il punto fermo e non ha accettato nessun tipo di mediazione o annacquamento dell'emendamento che aveva proposto, alla fine poteva essere approvato anche nella maniera in cui era stato proposto originariamente. Noi parliamo di una situazione totalmente ridicola e fittizia, con un costo di 20.000 euro annui, che, a mio modo di vedere, non ci saranno neanche.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Bonafede. Ne ha facoltà.

ALFONSO BONAFEDE. Grazie, Presidente. In coerenza con quanto avevamo detto ieri, così come ieri sostenevamo l'emendamento Giachetti, perché ci sembrava assolutamente fondato e ci sembra, nelle sulle finalità, anche per come è stato assorbito, però ieri noi eravamo tutti d'accordo sul fatto che la pubblicazione di quella tabella non costava esattamente nulla, ora è previsto uno stanziamento di 20.000 euro per quello che noi, più volte, abbiamo detto essere un adempimento privo di spese, perché non sappiamo perché pubblicare un PDF dovrebbe comportare una spesa di 20.000 euro e, quindi, votiamo favorevolmente, però non possiamo non sottolineare la perplessità rispetto ad uno stanziamento che, ieri come oggi, è totalmente inutile.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 4.301 delle Commissioni, nel testo subemendato, con la correzione apportata dal relatore.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 72).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 4, nel testo emendato.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 73).

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 2188-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A).

Ha chiesto di parlare il collega Palese. Ne ha facoltà.

ROCCO PALESE. Presidente, ho chiesto di intervenire per illustrare nel merito l'ordine del giorno…

PRESIDENTE. Un attimo, dobbiamo dare i pareri. Lo vuole illustrare? Prego.

ROCCO PALESE. L'ordine del giorno n. 9/2188-A/4 da me presentato è un punto dirimente della norma che ha cambiato anche l'orientamento della mia componente nell'esprimere il voto finale, perché pensavamo di astenerci, invece noi voteremo contro.

L'ordine del giorno è molto semplice. Capisco che più emendamenti bocciati poco fa in riferimento alla disciplina relativa all'astensione o alla ricusazione dei magistrati potevano essere una cosa molto avanzata per il Governo. Invece, l'ordine del giorno chiede solo che il Governo valuti la possibilità, con atti di carattere normativo, di affrontare il tema dell'adeguamento normativo relativo all'astensione o alla ricusazione dei magistrati rientrati in attività dopo l'esperienza politica di Governo, cioè un ordine del giorno in cui si chiede un impegno generico, futuro, senza alcun punto fermo rispetto a questo tema.

Vorrei vedere il parere del Governo anche per mettere alla prova fino in fondo se sia veramente una valutazione di merito, signor Presidente, quella che è stata detta oppure se, invece, c'è un “no” a prescindere, perché c'è un divieto rispetto alle tante situazioni e riflessioni che sono emerse.

Per questo motivo mi auguro e mi aspetto anche che l'ordine del giorno venga accolto favorevolmente dal Governo.

PRESIDENTE. Qual è il parere del Governo?

GENNARO MIGLIORE, Sottosegretario di Stato per la Giustizia. Il Governo formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sugli ordini del giorno Iannuzzi n. 9/2188-A/1, Mucci n. 9/2188-A/2, Nesi n. 9/2188-A/3 e Palese n. 9/2188-A/4.

PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione degli ordini del giorno Iannuzzi n. 9/2188-A/1 e Mucci n. 9/2188-A/2.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Nesi n. 9/2188-A/3, con il parere contrario del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 74).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/2188-A/4 Palese, con il parere contrario del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 75).

PRESIDENTE. È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 2188-A)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Edmondo Cirielli. Ne ha facoltà. Cambi microfono, meglio cambi posto con Rampelli.

EDMONDO CIRIELLI. Grazie, Presidente. Colleghi, il nostro partito con grande difficoltà e con amarezza si appresta a votare in maniera contraria a questo provvedimento. Votiamo contro perché, come abbiamo anche più volte detto e ribadiamo, il provvedimento è inefficace e tardivo, probabilmente ha una vena anche di anticostituzionalità, considerando l'articolo 111 della nostra Carta fondamentale, che chiarisce che è un diritto dei cittadini avere un giudice terzo. Ma votiamo contro con amarezza perché riteniamo che la materia vada regolamentata, andava regolamentata, c'è stata una lunga inerzia colpevole da parte del legislatore e della politica perché la cronaca politica e giudiziaria degli ultimi venti anni ha ampiamente dimostrato che sia alcuni settori del centrodestra sia in maniera particolare il PD e i partiti di maggioranza di centrosinistra hanno tirato per la giacchetta e messo praticamente in difficoltà la grande istituzione della magistratura coinvolgendola nell'agone politico negli ultimi anni. Le vicende giudiziarie del leader politico di Forza Italia, Berlusconi, hanno sicuramente caratterizzato in maniera negativa questa stagione ventennale della politica e dei rapporti tra la politica e magistratura ma ancora più grave è la responsabilità del centrosinistra e del Partito Democratico che, da un lato, non ha inteso mai regolamentare la materia in maniera adeguata e, dall'altro, ha riempito la propria classe dirigente di magistrati portandoli a livelli di importanza istituzionale particolare: pensiamo all'attuale Presidente del Senato. Allo stesso modo il coinvolgimento e spesso la contiguità con qualche corrente della magistratura ha confermato un andazzo assolutamente inaccettabile. Noi riteniamo però scorretto che, adesso che mutano i tempi, adesso che una serie di vicende giudiziarie vedono coinvolti esponenti di spicco del PD, alla chetichella, alla fine di una legislatura, si agiti la battaglia della democrazia della separazione dei poteri quasi a voler rimproverare ai magistrati o, peggio ancora, all'istituzione della magistratura un coinvolgimento interessato nell'agone politico. Se c'è stata la colpa è colpa di qualcuno, colpa dei singoli: i magistrati nel loro complesso fanno il loro dovere e non hanno il compito di cambiare le leggi. Anzi gli esponenti della magistratura che si candidano e che vengono eletti non sono più semplici magistrati: diventano politici e quindi fanno parte della categoria di cui facciamo parte anche noi che sediamo in quest'Aula del Parlamento. Sono cioè esponenti politici e la regolamentazione del rientro nella propria carriera degli esponenti politici è un problema del Parlamento, non è un problema della magistratura. La magistratura ne subisce i contraccolpi e con essa, per la sua credibilità, l'intero sistema del nostro ordinamento e, ovviamente, i cittadini. Questo pannicello caldo potrebbe anche rappresentare un piccolo passo in avanti, perché cerca di limitare i danni del coinvolgimento diretto di magistrati nella politica, prevedendo delle difficoltà ulteriori e nella candidatura e nel rientro, quindi, con anni per svolgere le funzioni giurisdizionali dopo il rientro, così come per l'impiego al di fuori del proprio distretto di corte d'appello; tutta una serie di piccoli aggiustamenti che, con una sorta di resipiscenza, di fatto, dimostrano e svelano la cattiva fede del Governo. Su questo io voglio battere ed è il motivo per cui noi ci apprestiamo a votare contro.

Noi riteniamo che sia insufficiente questo provvedimento, perché per quanto ci riguarda, fermo restando che c'è il pieno diritto all'elettorato passivo, nel senso che i magistrati, così come qualunque altro cittadino, hanno il diritto di partecipare al progresso della propria comunità locale, piuttosto che nazionale e, quindi, hanno il diritto di candidarsi, è evidente che tout court, nel momento in cui si candidano, perdono la loro terzietà. L'articolo 111, come dicevo prima, della nostra Carta fondamentale è chiarissimo: è un diritto del cittadino avere un magistrato terzo, che lo giudichi o che lo indaghi. Questo è il punto di fondo: chi si candida perde oggettivamente questa terzietà e la perde soggettivamente rispetto al cittadino che ricorre alla legge, all'imputato, piuttosto che alla parte lesa.

Noi crediamo, da questo punto di vista, che fosse necessario un intervento più radicale che dovesse riguardare soprattutto il reingresso, prevedendo con chiarezza che chi si candida, chi viene eletto e, poi, rientra nella magistratura lo deve fare con funzioni di natura amministrativa e, comunque, senza avere la possibilità di esercitare una giurisdizione. Tutto questo non viene affrontato, anche perché ci sono tanti magistrati del PD in Parlamento e, quindi, mi rendo conto che esiste ancora qualche corrente che è in simbiosi, così come lo erano le cooperative rosse, così come lo era l'Unipol e così come oggi alcuni esponenti passano con tranquillità, al termine della loro carriera o durante la loro carriera, alla prosecuzione con altri mezzi della carriera all'interno del Partito Democratico. Ma questo è inaccettabile.

Noi respingiamo al mittente il coinvolgimento della magistratura nella sfera politica: sono singoli magistrati che sbagliano, perché la magistratura è sana e non è un caso che esponenti di rilievo dell'Associazione nazionale magistrati hanno chiesto per primi chiarezza e nettezza di separazione tra la politica e la funzione giurisdizionale. Tutto ciò in questo provvedimento non c'è ed ecco perché noi non possiamo votare a favore.

Certo, potremmo riconoscere, come ho già detto, qualche piccola miglioria, ma è un provvedimento così sistemico, così importante, così centrale, così atteso, che andiamo a fare sugli sgoccioli di una legislatura che, sulla bocca di tutti, almeno a parole, a cominciare dall'ex Presidente del Consiglio dei ministri, dovrebbe arrivare a febbraio prossimo, quando sappiamo bene, con il vecchio adagio dello “stai sereno”, che ci porterà al voto nel giro di pochi mesi.

Allora, intervenire per fare una polemica inutile, come dicono a Napoli, per “fare ammuina”, a poco tempo dall'inizio della campagna elettorale, ci sembra veramente una cosa sbagliata, che non risolve il problema del rapporto sano, di rispetto innanzitutto, che ci deve essere tra il potere legislativo e il potere giudiziario, tra il potere esecutivo e il potere giudiziario. Non sta a me ricordare delle frasi ad effetto del Presidente del Consiglio di tipo punitivo, dal sapore smargiasso e demagogico, nel trattare il tema importante, in genere, del rapporto con la magistratura. Noi pensiamo che ci vuole equilibrio e, soprattutto, senso dello Stato.

Il nostro gruppo, un'opposizione patriottica, un partito sano, animato da un moderno nazionalismo, non può che difendere con forza lo Stato e le sue istituzioni, al di là del fatto che i singoli possano sbagliare e possano compiere degli atti che compromettono la credibilità. Anzi, le leggi servono proprio a questo: a salvaguardare la credibilità delle istituzioni; e le istituzioni si salvaguardano quando si hanno chiari gli obiettivi e si usano con chiarezza gli strumenti legislativi. Questo strumento legislativo introdotto dal Partito Democratico, dalla maggioranza, non ha chiari gli obiettivi né le strategie e, quindi, non può essere votato e sostenuto dal gruppo di Fratelli d'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Pisicchio. Ne ha facoltà.

PINO PISICCHIO. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, il recente rapporto del GRECO, l'organismo del Consiglio d'Europa che opera sul terreno dell'anticorruzione, poneva dodici raccomandazioni all'Italia, in cima alle quali c'era l'invito di introdurre nel nostro ordinamento norme chiare ed applicabili per regolare le spinose questioni del conflitto di interessi dei parlamentari e dei limiti più stringenti per la partecipazione dei magistrati alla politica.

Una legge sul conflitto di interessi, in verità, l'avremmo anche approvata alla Camera più di un anno fa, ma se ne sono perse le tracce al Senato. Sulla controversa partecipazione dei magistrati alla politica, invece, abbiamo oggi l'opportunità di chiudere un cerchio che da troppi anni attende risposte convincenti e la cui mancata definizione, forse, è ragione di più di una difficoltà nel rapporto tra politica e giustizia: parliamo della partecipazione dei magistrati alla politica e del loro accesso ai ruoli di rappresentanza elettiva.

La questione, scolpita anche in Costituzione con l'articolo 98, terzo comma, che pone evidentemente l'esigenza di tutelare non solo la posizione di terzietà del magistrato, ma anche della sua percezione rispetto al sentiment della pubblica opinione, trova in questo provvedimento risposte, forse non del tutto esaustive, certamente coerenti, però, con l'esigenza di evitare quella strana forma di revolving doors tra carriera magistratuale e carriera politica che ha caratterizzato l'esperienza di diversi magistrati trasmigrati in politica con la toga sulle spalle.

Era Max Weber ad usare l'espressione Beruf per esprimere, al tempo stesso, il concetto di vocazione e di professione. Nel caso dei magistrati si tratterebbe di stabilire - vado a conclusione - se la vocazione insita nell'esercizio dell'alta funzione possa continuare o debba deragliare verso altri approdi. Questo provvedimento un poco ripara il vulnus quando questa posizione si espande, si porta in politica. Per questo accordiamo il voto favorevole ad un provvedimento che almeno comincia a porre qualche utile paletto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Pastorelli. Ne ha facoltà.

ORESTE PASTORELLI. Grazie, signor Presidente. Onorevoli colleghi, anche i fatti più recenti testimoniano quanto complesso sia stabilire delle regole sulla candidabilità dei magistrati: tra i tanti, cito il caso Minzolini, perché è uno degli argomenti usati. Il fumus persecutionis ha riguardato l'essere stato Sinisi, uno dei magistrati della corte d'appello che lo ha giudicato attivamente impegnato in politica.

È evidente che, quando un magistrato entra a far parte del sistema politico, dunque, la sua terziarietà ne risulta indiscutibilmente compromessa, quella passata, come quella futura. Così come garantisce la Costituzione, nessuno vuol negare ad un magistrato la libertà di candidarsi, ma occorre fare una scelta chiara e definitiva per la sua credibilità, anche in difesa del cittadino che ha il sacrosanto diritto di sentirsi giudicato senza avere neppure lontanamente il timore di un pregiudizio di natura politica.

Se, a fianco di questo provvedimento che stiamo discutendo, ce ne fosse un altro, che noi socialisti da tempo chiediamo, che stabilisse la separazione effettiva delle carriere dei magistrati, il problema di un ritorno dalla politica alla magistratura sarebbe più facilmente regolabile. La componente socialista voterà a favore di questo provvedimento, che ha introdotto dei significativi miglioramenti, perché rallenta o seleziona i passaggi di Stato tra magistratura e politica, pur restando elementi di compromissione dell'immagine del magistrato che si sarebbero potuti evitare.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Rocco Palese. Ne ha facoltà.

ROCCO PALESE. Signor Presidente, che vi fosse la necessità di intervenire su questo tema era da anni a tutti ben chiaro, mettendo, finalmente, mano al decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 30 marzo del 1957, il testo unico delle leggi recante “Norme per l'elezione dei deputati e dei senatori” che regola la materia e al decreto legislativo n. 267 del 2000, che contiene il regime della ineleggibilità dei magistrati alle elezioni amministrative, provinciali, comunali e circoscrizionali.

Il testo licenziato dal Senato rappresentava un punto di equilibrio che colmava una lacuna nell'ordinamento, contemperando diversi principi costituzionali: la separazione tra attività giudiziaria e attività politica e la facoltà per i magistrati, garantita dalla nostra Costituzione, di accedere a cariche elettive e a incarichi di governo sia nazionali che locali.

Un testo che cercava di mettere ordine, e che stabiliva, non che ai magistrati fosse preclusa la possibilità di fare politica, ma che introduceva regole chiare e precise.

Regole chiare e precise sia in tema di candidabilità, sia in tema di ricollocamento in ruolo dei magistrati dopo la loro esperienza politica o di governo, al fine di evitare anche il semplice sospetto di influenze indebite e di interessi "politici" nell'esercizio di questi ruoli delicati.

Attualmente è consentito ai magistrati ex parlamentari di poter tornare a svolgere, senza limitazione alcuna, funzioni giudiziarie, mentre manca una specifica normativa per i magistrati eletti al Parlamento europeo o che abbiano ricoperto cariche elettive nelle regioni e negli enti locali.

Anche il Consiglio d'Europa ha censurato l'assenza nel nostro ordinamento di adeguate norme in merito alla candidabilità, all'ineleggibilità e al ricollocamento dopo l'esperienza politica.

E sollecitazioni sono venute anche dalla magistratura stessa: da Gherardo Colombo, all'ex vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, Vietti, fino al procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti, che esprimono posizioni anche molto drastiche.

E, non nascondiamoci, la necessità di un intervento normativo nasce anche dall'atteggiamento di taluni magistrati, che hanno interpretato in modo "creativo" il proprio ruolo con eccessi di protagonismo mediatico e alla ricerca del consenso personale, che, guarda caso, è sovente propedeutico ad un coinvolgimento diretto nell'agone politico.

Il provvedimento nasceva anche con l'intento di porre freno a questa pratica deleteria, proprio per il rispetto che abbiamo nei confronti dei tanti magistrati che svolgono il proprio lavoro con encomiabile abnegazione e tra mille difficoltà, che lo svolgono, dal punto di vista professionale, al meglio e che lo svolgono anche in maniera indipendente.

Una norma in grado di assicurare un'effettiva applicazione dei principi di imparzialità e di indipendenza della magistratura e scongiurare il rischio di un utilizzo spregiudicato da parte del candidato della titolarità dell'ufficio giudiziario ricoperto per fini elettorali.

E cosa dire, signor Presidente, della soppressione delle modifiche alle norme relative all'astensione e alla ricusazione dei magistrati? Il testo del Senato aveva - giustamente - introdotto norme in tal senso - e di buon senso - che contribuissero a porre una barriera nella commistione tra magistratura e classe politica, che affrontassero i casi in cui il magistrato, rientrato in attività dopo l'esperienza politica e di governo, si fosse trovato di fronte ad una parte processuale, che avesse a sua volta partecipato ad una delle consultazioni elettorali o avesse ricoperto incarichi di governo nazionale, regionale e locale. La Commissione ha soppresso tutto.

E quindi non è stato, qui, approvato nulla.

È stato fin troppo evidente che, nel corso dell'esame in questa Camera, il provvedimento sia stato di molto affievolito, peggiorato, attenuato, rispetto al testo licenziato dal Senato, in cui si era riusciti a percorrere una strada condivisa, con un testo votato quasi all'unanimità. Noi ritenevamo che la strada maestra fosse riprendere il testo licenziato dal Senato. Questo testo è invece insufficiente, è un pannicello caldo per dire che si è affrontato il problema e basta. Non risolverà alcunché.

Noi ci saremmo aspettati un provvedimento più coraggioso, che licenziasse un testo che, nel rispetto dell'autonomia e dell'indipendenza della magistratura e delle scelte di ciascun sindaco magistrato, consentisse di affermare concretamente il principio della divisione dei ruoli tra il potere giudiziario e il potere politico, garantendo quel necessario equilibrio tra i poteri raggiungibile anche attraverso serie norme sulla candidabilità e sulla ricollocazione dei magistrati dopo la loro esperienza politica e di governo.

Questo, purtroppo, non è stato e ce ne rammarichiamo. Si è persa una grande occasione. Un ulteriore, grave danno, innanzitutto alla magistratura. Per tali ragioni, preannuncio il voto contrario della componente Conservatori e Riformisti (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Conservatori e Riformisti).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Piepoli. Ne ha facoltà.

GAETANO PIEPOLI. Grazie, Presidente. A nome del gruppo Democrazia Solidale-Centro Democratico annuncio il voto favorevole, anche devo dire con una discussione e anche in un certo qual modo con una lacerazione rispetto al testo che qui ci apprestiamo a votare, perché consideriamo, al di là di quelle che possono essere state le battaglie di schieramento e quindi anche le identificazioni su singole posizioni, che è stata un'occasione perduta per la Camera dei deputati.

Questo testo, infatti, in un certo qual modo peggiora quello che ci viene dal Senato e lo peggiora soprattutto nel suo rifiuto di rendersi conto del contesto e delle esigenze che stanno dietro a questo contesto, rispetto al quale occorre legiferare.

Qui non si tratta di un ennesimo capitolo dell'antica e inesauribile barricata sulla giustizia o del conflitto tra politica e giustizia. Il tema di fondo è che siamo dentro una crisi di sistema - di sistema globalmente inteso, non solo politico istituzionale - e che, quindi, questo intervento sul rapporto tra candidabilità dei magistrati e dinamiche dalla loro esperienza professionale comporta la consapevolezza che noi dobbiamo trovare una soluzione che ci aiuti a uscire da questa crisi e non che la renda ulteriormente e paradossalmente peggiore e che, quindi, la renda anche endemica.

Il tema che questa legge vuole risolvere, in un certo qual modo, in altri contesti, sarebbe stato possibile organizzarlo attraverso le regole dell'autodisciplina - e questo lo ha già fatto il Consiglio superiore della magistratura - ma proprio perché siamo dentro un contesto di crisi globale di sistema noi interveniamo con una legge. E, quindi, non potevamo e non dovevamo essere indifferenti rispetto agli esiti e alle conseguenze del testo che andiamo a votare e non dovevamo, né potevamo essere indifferenti rispetto alla qualità del prodotto legislativo.

Ci sembra, invece, che ci sia stata, come dire, una debolezza rispetto a questi interrogativi. E quindi ecco, da qui, le ragioni del nostro disagio, e mi spiego.

Noi abbiamo il problema, in questa crisi di sistema, di garantire e tutelare la funzione costituzionale della magistratura, anche paradossalmente - ma è solo apparentemente una battuta - rispetto ai magistrati. E proprio per questo noi avevamo il problema di trovare soluzioni più solide e più forti in prospettiva. Garantire, salvare e tutelare la magistratura anche rispetto ai magistrati, significa avere la coscienza che in questa crisi di sistema rischia di evaporare la nozione stessa di magistratura come funzione costituzionale, così che rimangono, invece, solo i singoli magistrati da inseguire o da perseguire, e questo non è - mi pare - un grande risultato.

In un certo qual modo, noi rischiamo di esprimere una somma di debolezze, anziché esaltare i punti di forza e anche, quindi, di abdicare alla funzione del Parlamento e della Camera dei deputati, soprattutto rispetto a una più solida consapevolezza, come dire, tecnica rispetto alla sua discrezionalità etico-politica. Perché qui c'è in gioco un complesso di compiti che la magistratura, nel dare giustizia e nel fornire il servizio della giustizia, è chiamata ad assolvere. Di questo complesso di compiti, mi pare che in questo testo non ci sia grande coscienza, soprattutto rispetto a una nozione che ci sembra importante: la giurisprudenza ormai consolidata, sia della nostra Corte costituzionale, sia della Corte europea dei diritti dell'uomo in tema appunto di processo e accesso alla giustizia, sottolinea che la terzietà, l'indipendenza, non è solamente un dato soggettivo e oggettivo, ma soprattutto deve anche, ahimè, essere organizzata secondo un principio di apparenza, ovverosia deve essere riconosciuta da chi accede al servizio giustizia. Questo mi pare che, tecnicamente, nelle norme che noi abbiamo organizzato, sia un po' debole. In un certo qual modo, abbiamo mancato a un compito che noi avevamo, ovverosia quello non solo di riconoscere la potestas, ma anche di accrescerne l'auctoritas.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Vargiu. Ne ha facoltà.

PIERPAOLO VARGIU. Grazie, Presidente. Colleghi, a nome del gruppo dei Civici e Innovatori, io credo che il nostro voto favorevole sia legato al nostro giudizio su questa legge, che consideriamo una buona legge su un tema difficilissimo. Tema difficilissimo, perché dai tempi in cui Alexis de Tocqueville parlava di tripartizione dei poteri, credo che sia scorsa tantissima acqua sotto i ponti e che oggi i poteri siano decisamente molti di più di quelli, cosa che un liberale come me sicuramente apprezza, perché molti poteri tendono a controllarsi tra di loro. Però, va senz'altro detto che una parte di questi poteri oggi non hanno una diretta legittimazione democratica, non sempre sono trasparenti nei loro movimenti ed è difficile il loro controllo.

Cosa ha fatto allora questa legge? Questa legge ha contemperato, ha tentato di contemperare, il dettato costituzionale dell'articolo 51, che disciplina il diritto di qualsiasi cittadino italiano a far parte degli organi elettivi, e ha comportato contemporaneamente il fatto che sia compendiato anche il diritto di avere la conservazione dell'attività di lavoro, qualora questa sia nell'ambito pubblico. Dal 1957 noi attendevamo una declinazione ulteriore di questo diritto, credo che con questa legge abbiamo provato a farla.

Allora, io vorrei interrogarmi su alcune considerazioni. La prima: il diritto del cittadino italiano, di qualsiasi cittadino italiano, alla partecipazione alle attività delle istituzioni attraverso l'elezione diretta, attraverso l'elettorato passivo della sua comunità, a quale esigenza risponde? Risponde alla garanzia della possibilità di rappresentanza. C'è, però, un'altra esigenza che riguarda la magistratura che tutti i cittadini italiani sentono ed è la garanzia della terzietà che tante volte è risuonata come richiesta all'interno di quest'Aula. La garanzia di una terzietà che certifichi il mantenimento dell'equilibrio tra i poteri, mantenimento di equilibrio che forse oggi dovremmo interrogarci se c'è nella sua pienezza; oggi la magistratura - io credo che sia un dato di fatto - ha acquisito un potere enorme e, dal mio punto di vista, anche un'autorevolezza impropria. Avrei mille esempi da fare, ne sono stati fatti tanti, ma ne faccio qualcuno che forse non è stato particolarmente rilevato. Si pensi all'ANAC, all'Autorità anticorruzione, che oggi rischia, non certo per colpa dell'ANAC, di diventare una sorta di mega Ministero che entra nell'ambito di tutte le attività economiche di questo Paese. Decisamente è una cosa impropria, nel senso che, in un Paese che funziona bene, probabilmente di un'attività così intensa e così pervasiva di un organo di anticorruzione non se ne sentirebbe bisogno. Si pensi anche ai magistrati in politica. Io non penso ai nostri colleghi che sono in quest'Aula, sono sotto i riflettori ed è estremamente ben verificato e controllato il loro operato; io penso ai tanti magistrati - dicono che siano duecentoventi - che noi troviamo nei Ministeri, negli uffici, nei Gabinetti, nella produzione legislativa, e che entrano in maniera importante nella produzione delle leggi di questo Paese.

Ecco, la domanda che un cittadino normale - provo a comportarmi da cittadino normale - si fa è la seguente: è utile che ci sia questa presenza che risponde ad articoli di garanzia della Costituzione? Io ho una risposta: è utilissimo che ci siano. In un sistema in fisiologia, io mi sentirei di garantire la presenza in modo veramente militare. In questa situazione, in cui i poteri non sono propriamente in equilibrio, io mi aspetterei che ci siano degli interventi di organi di autogoverno, quindi io mi aspetterei che, quando noi ci troviamo di fronte all'idea che un magistrato in attività possa diventare segretario del più importante partito politico italiano, ci sia da parte dell'organo di autogoverno della magistratura un pronunciamento di merito. Mi aspetterei che, di fronte agli errori che ci sono in tutte le professioni, parlo della mia professione medica, dove esistono sicuramente i medici scorretti, esistono quelli matti, esistono quelli scarsi, ancora di più nell'ambito di un potere dello Stato, fosse necessario che gli organi di autogoverno funzionino e funzionino in maniera da dare garanzie ai cittadini sul buon funzionamento complessivo del sistema.

Quindi, a mio avviso, a nostro avviso, il tema non è quello che la magistratura eccede. Dal nostro punto di vista, il tema è che oggi manca l'autorevolezza della politica e, come succede in fisica, gli spazi che non sono occupati dalla materia vengono occupati da altra materia.

Per cui, forse, quest'Aula farebbe bene a fermarsi e a interrogarsi su quale sia il motivo perché manca la forza della politica in questo Paese e degli altri due poteri dello Stato che la politica deve incarnare. Forse perché la qualità della politica si è modificata nel tempo. Ieri abbiamo commemorato Alfredo Reichlin che a diciott'anni rischiava la propria vita per la resistenza. Credo che noi proveniamo da esperienze diverse. E nella crisi economica di questo Paese che rende la gente scontenta, la guida, la guida della politica, ha perso oggi l'autorevolezza perché non ottiene i risultati sperati, ma anche per altri motivi che dobbiamo avere il coraggio noi politici di raccontare. Avviene perché nella politica c'è troppa corruzione, perché nella politica ci sono ancora dei privilegi che oggi vengono considerati intollerabili dalla gente normale.

Ecco, colleghi, quando io sento il presidente dei magistrati, dell'Associazione nazionale magistrati, Davigo, che dice che lui vorrebbe vivere in un Paese dove il coraggio sia per essere delinquenti e non sia per essere onesti, ebbene io sto dalla parte di Davigo, sto dalla parte dei magistrati, penso di essere d'accordo con quello che dice Davigo. Un po' meno d'accordo con Davigo sono quando sento dire che, per distinguere le pecore bianche dalle pecore nere della politica, sono utili i processi. Un Paese che mette sotto processo persone perbene o persone oneste soltanto perché fanno politica e dopo dieci anni dice se appartenevano alla categoria delle pecore bianche o delle pecore nere, non è un Paese civile, dal mio punto di vista.

Per cui penso che questo disprezzo per la politica che oggi noi tutti viviamo, chi fa politica lo vive purtroppo dolorosamente sulla propria pelle quotidianamente, allontani i migliori dalla politica e credo che alimenti derive populistiche al ribasso. Per cui passa l'idea che i politici, tutti ladri e tutti incapaci, non debbano avere nessuna speciale qualità, né competenza, non è richiesta, non serve. E devono essere solo dei portavoce dei cittadini, il cui parere vale peraltro uno, o sembrerebbe in qualche caso zero, come quello del loro rappresentati.

Ecco sin qui la diagnosi. La terapia? La storia ci insegna che spesso per cambiare il corso delle cose, per riequilibrare i poteri, servono eventi scioccanti; nella storia del nostro Paese ci sono stati eventi scioccanti che hanno consentito di ripartire da zero. Ma va tenuto in mente che non è stato sufficiente, ad esempio, in questo Paese, lo shock di Tangentopoli; dice Davigo che i politici rubano come allora e si vergognano di meno. Allora, forse, oggi, questo Parlamento che sta per approvare una buona piccola legge, non ha le armi sufficienti per invertire il corso della storia. Però è certo che se questo Paese avesse una maturità sufficiente, chiunque oggi abbia responsabilità da classe dirigente, dovrebbe ridurre l'intensità della voce, abbassare i toni, quando urla l'evidenza dei sintomi della malattia che è sotto gli occhi di tutti. Dovrebbe invece concentrarsi sulla necessità di una terapia condivisa, per la quale serve molto più il ragionamento del cervello che non l'istinto dettato dalla pancia, per salvare la vita a questa nostra Italia oggi in rianimazione (Applausi dei deputati del gruppo Civici e Innovatori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega D'Alessandro. Ne ha facoltà.

LUCA D'ALESSANDRO. Grazie Presidente. Membri del Governo, colleghi, questo poteva essere un bel giorno per il Parlamento italiano, avremmo potuto approvare così come c'era arrivato il testo del Senato, ed anche questa Camera avrebbe riaffermato la forza e l'indipendenza del potere legislativo nel nostro sistema repubblicano. Purtroppo non è andata così. Dopo il voto espresso qualche settimana fa da Palazzo Madama, con cui si è sconfessata la legge Severino e si è riconosciuta l'autodichia delle Camere, facciamo un passo indietro. Ci eravamo illusi che quel voto libero che in coscienza i senatori hanno espresso fosse il primo capitolo di una nuova storia da scrivere sui rapporti fra politica e giustizia. Con quel voto il Senato ha riconosciuto che, nei confronti del senatore Minzolini, si poteva ravvisare il cosiddetto fumus persecutionis e perché? Perché a giudicare un membro del Parlamento era stato chiamato un magistrato che in passato aveva ricoperto incarichi politici nella parte avversa.

Sono stati anche autorevoli esponenti del Partito Democratico a riconoscere questa anomalia, cui purtroppo oggi questa Camera non trova una soluzione definitiva. Che i rapporti tra magistratura e politica siano sbilanciati in favore della prima è del tutto evidente, come del resto evidente è, però, che la causa di questo sbilanciamento sia da addossare del tutto alla politica stessa, una politica debole che non riesce, anche quando ne ha l'occasione, ad intervenire affinché si torni a quel rispetto dei ruoli e delle prerogative che sarebbe invece dovuto.

Secondo la volontà dei nostri padri costituenti, nel nostro ordinamento la magistratura e soprattutto i pubblici ministeri godono di una totale autonomia ed indipendenza dal Governo e dal potere legislativo. Lascia perplessi il fatto che fino ad oggi il legislatore abbia sancito solo una causa di ineleggibilità per i magistrati che scelgono la vita politica. Al fine di garantire quel bene costituzionalmente rilevante che è la terzietà, l'imparzialità del giudice, oggi si fa un passettino avanti, arrivando a stabilire alcuni motivi di incandidabilità, estendendo la disciplina delle elezioni europee, ed elevando da sei mesi a cinque anni il periodo in cui il magistrato non deve aver prestato servizio nel territorio in cui si candida. Un passo avanti, questo, che secondo noi non è però abbastanza. Sarebbe stato utile e necessario aumentare il periodo di aspettativa obbligatorio per i magistrati prima della candidatura. Noi non siamo arrivati a proporre, come qualcun altro, che la decisione di candidarsi portasse all'automatica decadenza dalla magistratura, ma qualcosa di più si doveva e si poteva fare. Peggio però si è fatto con riguardo al ricollocamento dei magistrati candidati e poi eletti oppure no. Per quelli non eletti, il Senato giustamente aveva previsto che per cinque anni non avrebbero potuto ricoprire funzioni nei tribunali ricadenti nel territorio di candidatura, e che per lo stesso periodo avrebbero potuto ricoprire solo funzioni giudicanti collegiali. Anche qui si è fatto un passo indietro, limitando a solo due anni l'obbligo di svolgere le funzioni giudicanti e togliendo il criterio della collegialità. Per i candidati eletti, invece, il testo proveniente dal Senato è stato ulteriormente peggiorato. L'altra Camera aveva previsto alcune opzioni: essere collegati presso un distretto di Corte d'Appello diverso da quello del territorio in cui i magistrati sarebbero stati eletti e da quello in cui prestavano servizio in precedenza con vincoli alle funzioni collegiali per cinque anni; in alternativa, i magistrati avrebbero potuto optare per il collocamento in ruolo autonomo presso il Ministero della giustizia, per il collocamento presso l'Avvocatura dello Stato oppure a riposo, con contribuzione volontaria. Norme di buonsenso ovviamente smontate dal lavoro fatto in Commissione, con i magistrati candidati e non eletti che potranno addirittura fare carriera in Corte di Cassazione.

È stata disegnata la carriera di magistratura prevedendo la possibilità di ricoprire incarichi in Cassazione, in procura generale e in procura nazionale antimafia per chi torna a svolgere attività giudiziaria a conclusione del mandato parlamentare: per noi è un enorme errore. Ed è un errore ancora più grande alla luce di quello che la Commissione ha fatto, sopprimendo le innovazioni che si volevano inserire in materia di astensione e ricusazione dei giudici. La norma era semplice: nel caso in cui il magistrato e un imputato si fossero trovati ad essere entrambi candidati nei cinque anni antecedenti il processo o avessero ricoperto incarichi di Governo, il magistrato si sarebbe dovuto astenere, oppure l'imputato avrebbe potuto adire la ricusazione. Una norma sacrosanta, un principio di buonsenso, talmente di buonsenso che è stato completamente cancellato. Ed allora, proprio in virtù di questa cancellazione, nuovi casi “Minzolini” potranno avvenire, quindi nuovamente un uomo che ha fatto o fa politica potrà trovarsi ad essere giudicato da un altro uomo che ha fatto politica nella parte a lui avversa. Viene meno il principio di terzietà, viene meno la fiducia per i cittadini nei confronti della magistratura, viene meno soprattutto la credibilità di un giudice che si trovi in queste condizioni, e viene meno questa fiducia, ancor di più, sapendo che quel giudice che ha fatto politica potrà esercitare anche una funzione monocratica.

Mi avvio a concludere, lo faccio, rimarcando la delusione per la decisione che la Camera si appresta a prendere, licenziando questo provvedimento. Abbiamo perso un'occasione storica, e voglio far notare un fatto: le opposizioni, nell'affrontare le votazioni che si sono succedute in Aula, hanno tenuto in pratica sempre un atteggiamento unitario, votando gli stessi emendamenti e facendolo con le stesse motivazioni. Non credo sia capitato molte altre volte di vedere la destra, la sinistra, i centristi di opposizione e i Cinquestelle votare sempre in maniera identica. Purtroppo oggi si è deciso di affossare questo provvedimento. Lo abbiamo tenuto in un cassetto per tre anni e poi stravolto. Lo rimandiamo al Senato modificato e peggiorato in tutti gli articoli. Con la legislatura ormai agli sgoccioli sarà difficile vederlo approvato: speriamo che questa non sia la volontà, ma il dubbio ce l'abbiamo, non possiamo negarlo. L'atteggiamento della maggioranza e soprattutto delle forze moderate che ne fanno parte è francamente incomprensibile. Alle giravolte, però, siamo abituati: le abbiamo viste sul disegno di legge sul processo penale, le vediamo oggi. C'è chi evidentemente non ha grossa passione per la coerenza per il rispetto delle idee che dovrebbero guidare l'azione politica di tutti. Noi questa passione invece l'abbiamo e, come siamo abituati a fare di solito, voteremo secondo coscienza, quindi in maniera decisamente contraria a questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica-ALA per la Costituente Liberale e Popolare-MAIE).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Andrea Maestri. Ne ha facoltà.

ANDREA MAESTRI. Presidente, questo disegno di legge istituisce una sorta di checkpoint giuridico sull'ingresso e sull'uscita dei magistrati da funzioni pubbliche elettive o di Governo. Tra chi, come la voce autorevole di Piercamillo Davigo, ritiene che i magistrati non debbano fare politica praticamente mai e chi, invece, all'opposto, spinge il principio di eguaglianza di tutti i cittadini ad accedere alle cariche pubbliche fino a ritenere un diritto senza limitazioni quello del magistrato di assumere ruoli politici, noi guardiamo alla Costituzione. La Costituzione, come sempre, ci indica la strada giusta da percorrere, quella dell'equilibrio e del doveroso contemperamento di un diritto soggettivo a candidarsi, ad essere eletto, e, come dicono gli articoli 3 e 51 della Costituzione, a partecipare, in condizioni di eguaglianza, all'organizzazione politica del Paese, con la preziosa garanzia dell'autonomia, dell'indipendenza e dell'imparzialità, sia agita che percepita, di ogni magistrato, sancita dall'articolo 104.

Noi siamo convinti che le modifiche introdotte dal Senato al testo in discussione abbiano indebolito questo equilibrio, in particolare nella delicatissima fase dell'uscita dalla politica e del rientro in magistratura. È un tema che si pone fin dagli albori del diritto, e qui vengono in mente, tra le altre, la Lex Cornelia de magistratibus e la Lex Cornelia de tribunicia potestate, che già allora imponevano una pausa di due anni per poter accedere alle cariche successive, e vietavano, a chi avesse già ricoperto la carica di tribuno, di poter accedere ad altre cariche. Il provvedimento oggi in discussione, pur con l'obiettivo condivisibile di colmare vuoti normativi che sono causa di conflitti e di incertezze interpretative, affronta troppo superficialmente e disinvoltamente la fase del rientro nei ruoli della magistratura dopo un'esperienza politica più o meno lunga. Si introduce una sorta di relocation come quella prevista per i richiedenti asilo, come se fosse neutra la scelta di ricollocare un magistrato che sia stato parlamentare o Ministro nei ruoli della Corte di cassazione o dell'Avvocatura dello Stato o del Ministero della giustizia o in un distretto di Corte d'appello diverso da quello della circoscrizione elettorale. Non si giustifica in particolare, con i principi costituzionali che prima richiamavo, il privilegium, riservato ai magistrati già in servizio presso la Corte di cassazione, il Consiglio di Stato e la Corte dei conti centrale, di essere ricollocati dopo il mandato politico nel ruolo di provenienza e nell'esercizio delle funzioni giudiziarie.

Sono queste, insieme a tante altre, le ragioni di merito che ci portano a leggere questo provvedimento in chiaroscuro, e a considerarlo non pienamente in sintonia con i principi e con i valori espressi dalla Costituzione. Per questo, il gruppo di Sinistra Italiana-Possibile esprimerà un voto di astensione (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Nicola Molteni. Ne ha facoltà.

NICOLA MOLTENI. Presidente, noi abbiamo partecipato a questo dibattito credo con senso di assoluta responsabilità, consapevoli dell'importanza e della delicatezza del tema. Credo che si avverta, si avvertiva e si avvertirà nel Paese, anche a fronte dei casi di cronaca e di opinione pubblica che si sono sviluppati soprattutto in questi ultimi giorni, la necessità di una regolamentazione chiara, precisa, seria, nel campo di delimitazione tra ruolo della funzione della politica e quello della giustizia, in modo particolare tra ruolo della funzione della politica e quello della magistratura. Proprio in quest'ottica, al Senato, sempre con medesimo atteggiamento di grande responsabilità, la Lega ha votato a favore di questo provvedimento.

Un provvedimento sostanzialmente condiviso, approvato quasi all'unanimità, laddove si è trovato un punto di caduta tra le esigenze, probabilmente contrapposte, tali e necessarie per cui, da un lato, venisse garantito un diritto e un principio costituzionale sacrosanto, sancito dall'articolo 51 della Carta costituzionale, ovvero la possibilità di partecipare, e l'elettorato attivo e passivo alle elezioni amministrative e politiche; e un altro principio, che per me è un principio cardine, rispetto al quale noi vogliamo costantemente manifestare la nostra adesione, che è il principio dell'autonomia e dell'indipendenza della magistratura: se da un lato vanno riconosciute l'autonomia e l'indipendenza della politica, abilitata ad esercitare la propria funzione all'interno del proprio campo di applicazione, dall'altro lato crediamo che vadano riconosciute sempre e comunque, non solo come uno slogan elettorale, l'autonomia e l'indipendenza della magistratura. Più la magistratura è autonoma e indipendente rispetto al potere politico, più la magistratura poi riesce ad esercitare con competenza, efficacia e cognizione la propria funzione: che è una funzione fondamentale, la funzione giurisdizionale, che è quella di garantire giustizia ai cittadini e al Paese.

Proprio la necessità di delimitare in maniera chiara, senza sovrapposizioni, senza ambiguità, senza opacità questi campi di applicazione, ha portato opportunamente a varare il disegno di legge che è stato poi approvato al Senato, che incredibilmente è rimasto fermo per due anni prima di approdare nell'Aula della Camera, e che in maniera a mio avviso eccessivamente veloce è poi tornato in discussione alla Camera. E io credo che si sia persa un'occasione, un'occasione importante; e lo dice chi, rappresentando una forza politica nel corso di questo dibattito, ha tenuto - ripeto - un atteggiamento di grande responsabilità: consapevoli di una necessità, consapevoli di una emergenza democratica, cioè quella di fissare in maniera chiara e indiscutibile dei paletti, che fossero paletti realistici e sostanzialmente credibili, proprio per da un lato stabilire le regole sulla candidabilità del magistrato, sulla eleggibilità del magistrato. Ma in modo particolare io credo che il tema principale fosse sul ricollocamento dei magistrati una volta terminata ed esercitata la funzione politica: proprio per non inquinare quello spazio di terzietà, di imparzialità, di neutralità che fa parte, che appartiene proprio alla funzione del magistrato.

Io credo che il testo approvato dal Senato questi elementi e questi principi li salvaguardasse: venivano salvaguardati, riconosciuti e impressi. Ci chiediamo il motivo per cui, laddove spesso e volentieri i buoni testi approvati dalla Camera vengono poi stravolti dal Senato, questa volta sia accaduto esattamente il contrario: un buon testo approvato dal Senato, condiviso, equo, equilibrato, sia stato stravolto in modo particolare su alcuni punti specifici, che rappresentano i vulnus a mio avviso di questo disegno di legge che voi andrete ad approvare, e che porteranno, ovviamente, questi vulnus che sono stati introdotti, a cambiare il voto da parte del gruppo della Lega. Noi, se il testo fosse rimasto il testo del Senato, avremmo votato a favore; con alcune modifiche che avete apportato ci saremmo astenuti; il corso del dibattito, in modo particolare su quattro punti fondamentali, che sono i quattro punti che hanno stravolto, peggiorando il senso di questa legge, porterà il gruppo della Lega a votare contro.

Voteremo contro perché questa è un'occasione persa, una grandissima, clamorosa occasione persa da parte di una maggioranza e di un Governo; che tra l'altro è sempre più traballante, perché voglio ricordare che il dato politico che emerge dal dibattito a cui abbiamo assistito nella giornata di oggi è che un emendamento fondamentale, cioè sul ripristino della possibilità di astensione e di ricusazione del magistrato che aveva svolto precedentemente una funzione politica e si sarebbe poi trovato a svolgere una funzione giurisdizionale, l'emendamento presentato da vari colleghi è stato bocciato con soli 26 voti di differenza tra maggioranza e opposizione. Anche forse per qualche responsabilità da parte delle opposizioni stesse, ma sicuramente per una maggioranza che non ha più i numeri nemmeno su un tema così importante per poter garantire una solidità politica all'interno di quest'Aula.

Vado a dire quelli che sono i quattro elementi, le quattro motivazioni, i quattro principi rispetto ai quali lo stravolgimento portato alla Camera induce il gruppo della Lega a votare contro. In primo luogo: la diminuzione da cinque a due, che non è formale, è sostanziale. Il fatto che solo… Prima era di cinque anni, ora soltanto di due anni, il tempo entro cui il magistrato, ritornando a svolgere la funzione giurisdizionale, non la dovrà esercitare all'interno del territorio rispetto al quale poi ha svolto attività politiche. Cinque anni e due non è una differenza minima. E ci chiediamo il motivo per cui si è deciso di optare per questa soluzione; così come ci chiediamo motivo per cui non si sia deciso di accogliere un emendamento di buonsenso presentato dal MoVimento 5 Stelle, dalla collega Dadone, per bloccare, rispettando quelle migliaia di magistrati che svolgono con impegno e con serietà, e che hanno deciso di continuare la propria carriera e la propria attività giurisdizionale nell'interesse della giustizia e dei cittadini, non si sia deciso di bloccare gli avanzamenti di carriera di coloro i quali, operando una scelta precisa, una scelta di campo, cioè dedicarsi alla politica e abbandonare la toga, debbono continuare ad essere valutati e a poter godere dell'avanzamento di carriera.

Crediamo che sia un vulnus grave, soprattutto per rispetto, ripeto, di quei magistrati che hanno deciso, in consapevolezza, in scienza e in coscienza, di continuare a svolgere la propria attività sul campo, nelle aule di giustizia, garantendo giustizia ai cittadini.

Non capiamo il motivo per cui si sia deciso (terzo punto) di reintrodurre come possibilità di ricollocamento del magistrato, una volta esercitata la funzione politica, di ritorno all'interno della funzione giurisdizionale, quella di essere ricollocato in Cassazione. Noi non vogliamo pensare che ci siano motivazioni particolari, ma evidentemente il dubbio e l'alibi vengono alimentati. E anche su questo punto più volte è stato ripetuto, il collega Sisto ha più volte chiesto chiarimenti alla maggioranza stessa, e i chiarimenti non sono giunti.

Poi arriviamo all'elemento che ha portato, in un dibattito a mio avviso assolutamente importante all'interno di quest'Aula, il motivo per cui si sia deciso di cancellare un aspetto che è un aspetto di civiltà, di democrazia e di giustizia, nel buon funzionamento della giustizia stessa, di sopprimere il principio dell'astensione e della consequenziale ricusazione automatica del magistrato. Proprio per delimitare e per recuperare quel senso di credibilità, di neutralità, di imparzialità e di rispetto: più il magistrato è neutrale ed imparziale, più il magistrato è credibile, e più il sistema giustizia è credibile, e merita rispetto da parte del cittadino. Non capiamo le motivazioni rispetto alle quali si sia deciso di togliere questa norma!

È vero, come ha detto il collega Verini, questa norma, questo provvedimento e le modifiche che sono state apportate alla Camera colmano alcuni vuoti. Assolutamente vero! In modo particolare per quanto riguarda l'applicabilità di questi principi, di questi paletti per coloro i quali, svolgendo la funzione giurisdizionale di magistrato, hanno poi deciso di svolgere un'attività politica non in Parlamento, ma ad esempio nelle amministrazioni locali: quello era un terreno completamente sguarnito, al Senato si sono dimenticati di disciplinarlo, opportunamente è stato disciplinato e introdotto alla Camera. Ma è, altresì, vero che le modifiche non si sono limitate a riempire dei vuoti, ma sono andate a toccare aspetti importanti e significativi, determinanti, cruciali e centrali del testo approvato al Senato.

Io credo - e concludo, Presidente - che questa sia una grande occasione persa. È soprattutto una grande occasione persa da parte della politica, per ridelimitare la propria autonomia, la propria indipendenza, la propria serietà, il proprio campo, il proprio spazio d'azione rispetto alla magistratura e all'interno dell'ambito della giustizia. È responsabilità della politica se spesso e volentieri sovrapposizioni o conflitti di interesse, a danno della giustizia stessa, sono stati in questi anni alimentati. Abbiamo cercato di dare un po' di buonsenso e un po' di responsabilità: il nostro è stato un atteggiamento di assoluta responsabilità, rispettoso del ruolo del magistrato. Nel nostro Paese ci sono tanti magistrati che svolgono nel silenzio delle aule di tribunale la propria funzione. Ecco, oggi si poteva dare un messaggio importante al Paese, un messaggio importante all'opinione pubblica, un messaggio importante soprattutto nei confronti di coloro che del servizio giustizia usufruiscono quotidianamente.

Mi rammarica - e concludo, rimarcando il voto contrario da parte del gruppo della Lega -l'assenza del Ministro Orlando. Sarebbe stata una presenza che avrebbe sicuramente qualificato questo dibattito (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Antonio Marotta. Ne ha facoltà.

ANTONIO MAROTTA. Presidente, oggi ci apprestiamo a licenziare un provvedimento di grande importanza: non solo perché regoliamo una materia che da anni esigeva una regolamentazione, perché assolutamente così come era il rapporto tra la magistratura e ciò che è esterno alla magistratura, attività politica o altre attività in altri enti pubblici o locali… Ma anche e soprattutto perché riguarda un aspetto che negli ultimi anni, ma anche prima, ha rappresentato un momento di tensione sempre fortissima nei rapporti tra magistratura e politica.

È chiaro che anche questo provvedimento venga vissuto così e, allora, per certi, poteva sembrare un momento in cui il legislatore, la politica riprendesse il sopravvento nei confronti della magistratura e, oserei dire, utilizzando un termine forte, in maniera punitiva, volesse intervenire in quella che è l'attività del magistrato.

È chiaro che questo provvedimento, così com'è, non va assolutamente in quella direzione, ma non è tanto l'importanza del provvedimento che qui a me e al mio gruppo preme sottolineare, ma è quello che ci sta dietro.

Quello che auspichiamo noi è che ci sia un cambio culturale, che parta dalla magistratura stessa, con riferimento a quella che è la sua funzione necessaria, primaria nell'ordinamento democratico del nostro Paese.

Già la Corte costituzionale: voglio citare un fatto che ci serve di esempio e che sia anche poi la strada sulla quale dobbiamo muoverci; che cosa diceva la Corte costituzionale qualche anno fa, quando ci fu una trattenuta sugli stipendi di tutti i pubblici impiegati, soprattutto quelli di categoria di prima fascia? Su iniziativa quindi e opposizione da parte di tutti, ma anche della magistratura, che veniva inclusa in questo provvedimento, che diceva la Corte costituzionale? La Corte, badate bene: per la loro posizione (si riferiva all'indipendenza e all'autonomia) i magistrati non debbono essere costretti a negoziare con il Governo per il loro trattamento economico.

Un dato importantissimo, che aldilà di mettere i magistrati in questa sfera, giustificava anche il perché. Perché è chiaro che l'autonomia e l'indipendenza, che è sacra, in un sistema democratico, per i magistrati, non poteva avere condizionamenti dall'esterno, non doveva avere condizionamenti dall'esterno, quindi anche la remunerazione economica doveva essere lasciata stare ed è giusto che sia così.

Ma apriva anche un altro spazio la Corte: i magistrati si devono astenere da rapporti che possano stabilire legami o dare il segno esterno di legami in conflitto con la loro funzione imparziale e indipendente, perciò invitava il legislatore ad interventi che potessero, in maniera chiara, fissare regole precise sulla partecipazione dei magistrati alla vita pubblica, sui conflitti di interesse, sulle incompatibilità, sugli obblighi di astenersi, sull'incandidabilità, sugli incarichi esterni e tanto è stato fatto in questa direzione.

Ma qual è il principio e la ratio che io voglio enucleare da questo intervento della Corte, da questa citazione?

Tra la carriera del magistrato e del giudice e quella del politico c'è una vocazione fondamentale diversa, perché il magistrato ha una vocazione magistratuale, il politico una vocazione politica: non possono confondersi le due vocazioni, non ci sarà mai un momento in cui possono incontrarsi, non ci deve essere un momento in cui queste due vocazione si possono incontrare, perché nel momento in cui si incontrano vuol dire che il magistrato ha perduto quella caratteristica che lo tiene al di fuori del sistema, di tutto ciò che è un sistema democratico.

Qual è questa caratteristica, questo elemento che lo tiene fuori?

È la terzietà, non essere di parte.

Guardate: il politico è di parte, non può essere diversamente perché il politico rappresenta delle scelte, rappresenta dei valori, rappresenta dei fatti di scelta concreta, rappresenta una parte politica, il politico è di parte e qui si vede e deve essere di parte, perché anche nel raggiungere un obiettivo, possiamo avere percorsi diversi tra un partito, una forza politica e un'altra forza politica ed è giusto che sia così.

Il magistrato questo non se lo può permettere.

Con questo che voglio dire? Voglio dire che io mi aspetto, col passare del tempo, questa svolta culturale che porti nella piena autonomia, ma anche nella consapevolezza, per i magistrati, di aver fatto una scelta, di aver fatto un giuramento, che è quello della terzietà, al di là della presenza dei magistrati in Parlamento e qui ce ne sono due che sono stati - a cui esprimo piena solidarietà mia e del gruppo - ingiustamente attaccati, perché non è la loro funzione.

Il problema è concettuale, il problema è culturale e io penso che in questa strada noi dobbiamo sostanzialmente convincere - e ne sono convinti la maggior parte - che la loro strada è una strada diversa dalla strada della politica o dell'intervento nella gestione della cosa pubblica.

Perché? Perché il sistema costituzionale affida a loro un elemento importante. Qual è questo elemento, che il sistema affida ai magistrati?

La serenità, la tranquillità del cittadino, che deve sapere, sa, deve credere fermamente che, nel momento in cui viene giudicato, viene giudicato da un magistrato al di sopra e al di fuori di tutte quelle che sono le situazioni politiche o le situazioni contingenti del momento e anche di questo si è tenuto conto in questa normativa, che andava fatta, è chiaro che andava fatta.

Perché? Perché diciamo che da sempre si parlava di una normativa che intervenisse in questo settore, sollecitata, come dicevo, anche dalla Corte.

E che cosa ha detto, che cosa abbiamo detto in questa normativa? Abbiamo messo una serie di paletti, paletti importanti.

A me non interessa, guardate, che siano 2 anni, 3 anni, 2 anni e 6 mesi: non è il tempo, non è il tempo che può condizionare - e mi avvio alla fine - non è il tempo che può condizionare le scelte o la terzietà del magistrato.

Sono inutili queste battaglie, mi sembrano proprio fuori luogo: perché se il Senato aveva detto 4 anni e noi diciamo 3 o viceversa, significa che abbiamo salvato il tutto?

È assolutamente incongruente questo discorso.

Noi abbiamo messo dei paletti per cui 5 anni prima uno che vuole candidarsi deve allontanarsi, deve rientrare, quando rientra, nell'inquirente. Perché? Anche qui c'è una valutazione e una ratio di merito: perché quando tu giudichi è una cosa, sei nella giudicante, quando sei inquirente, quando sei inquirente, tu allora sì che puoi agire nei confronti del singolo e quindi portare lì quella dose di parzialità che hai acquistato quando sei stato in politica, ma non certo nella giudicante.

Abbiamo detto nei collegi proprio per essere maggiormente tranquilli. Non nei direttivi e nei semidirettivi, in cui tu svolgi una funzione sicuramente più determinante, perché bene o male sei il capo del collegio e quindi puoi portare delle forzature.

Mai nello stesso posto.

E allora che possiamo fare di più?

È inutile che ci fermiamo a discutere e a confrontarci sul mezzo anno in più o il mezzo anno in meno: si tratta di una serie di paletti che per la prima volta spingono anche il magistrato a riflettere, nel momento in cui vuole lasciare quello che, per me, non dovrebbe mai lasciare, perché la magistratura, per quel che l'opinione pubblica ritiene, è una scelta di vita, che si lascia quando si va in pensione, come scelta di vita, ce ne sono tante altre, quelle delle forze dell'ordine, che rischiano per noi; anche in quel caso, è una scelta di vita.

PRESIDENTE. Concluda, onorevole.

ANTONIO MAROTTA. Mi avvio a concludere. Allora, questo è l'appello che noi dobbiamo, tutti insieme, fare alla magistratura, un appello che ci porti a dire: benissimo, queste sono le regole, ma il vostro primo interesse è quello di portare avanti e salvaguardare quell'impegno che avete assunto con la Repubblica italiana.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Arcangelo Sannicandro. Ne ha facoltà.

ARCANGELO SANNICANDRO. Signor Presidente ed egregi colleghi, la proposta di legge che ci è stata trasmessa dal Senato della Repubblica il 13 marzo 2014 è una proposta di legge che al Senato fu presentata dai senatori di vari schieramenti politici. Le loro proposte, poi, furono unificate, per cui leggo: proposta n. 2188 di iniziativa dei senatori Palma, Zanettin, Sacconi, Casson, Chiti, Cirinnà, Cuomo, Esposito, Pezzopane, Tarquinio, D'Ambrosio Lettieri. Ho letto i nomi, appunto, per chiarire che la proposta era sottoscritta da tutte le forze politiche, che hanno lavorato seriamente ed intensamente al Senato, riuscendo a fare la quadratura del cerchio, in un certo senso. Sembrava un'impresa impossibile, perché, da un lato, c'era la posizione di chi riteneva che il magistrato non dovesse affatto entrare in politica, perché la nostra Costituzione prevede che la legge può stabilire casi di ineleggibilità, la nostra Costituzione lo prevede, altri, invece, ritenevano che il magistrato, alla pari di tutti gli altri cittadini, potesse entrare in politica, farsi eleggere nei vari consessi elettivi e, poi, ritornare al suo antico mestiere. Due posizioni estreme; tra queste due posizioni, alla fine, si è trovata una sintesi, per cui i magistrati possono candidarsi, possono esercitare il mandato, possono ritornare al loro lavoro, dopo che il mandato è esaurito, però, con delle cautele, perché qui non è in discussione l'onestà o la disonestà del singolo magistrato, la parzialità o imparzialità del singolo magistrato. È evidente che essere passati dalla funzione giurisdizionale alla funzione politica comporta dei problemi; problemi molto spesso di credibilità del magistrato. Un cittadino, quando si trova di fronte a un magistrato che sa che è stato politico e probabilmente della sua parte o, meglio, di parte avversa, certamente, non sarà sereno e non accetterà mai una sentenza emessa da costui con serenità, che poi è la condizione necessaria per la coesione sociale. Perché se il cittadino non condivide, non rispetta quella istituzione, che addirittura lo giudica o lo giudica addirittura negativamente, voi capite che c'è una frattura all'interno del rapporto tra potere e cittadino molto grave. Ora, ci sono state audizioni, ci sono stati dibattiti; alla fine, il Senato ha deliberato un testo che ha visto il consenso di tutte le forze politiche. Ora, questo testo è stato trasmesso a noi il 13 marzo 2014. La Camera l'ha tenuto nel cassetto per tanto tempo, per circa tre anni.

Alla fine lo prende in discussione, lo esamina e che cosa fa? Lo sovverte, sostanzialmente lo sovverte, vanificando o mettendo in forse la possibilità che il provvedimento fosse varato in tempi brevi. Badate, è dal 1957 che si attende una disciplina organica in materia di candidabilità, eleggibilità e ricollocamento dei magistrati in occasione di elezioni politiche e amministrative, nonché di assunzione di incarichi di governo nazionale e negli enti territoriali. È dal 1957; il problema è stato sempre avvertito. C'è quella scarna disciplina contenuta nel testo unico per le elezioni della Camera dei deputati del 1957 e, poi, sostanzialmente non c'è ben altro; non c'è ben altro. Alla inquietudine che ha attraversato sempre le forze politiche, i cittadini, i giuristi, il Consiglio superiore della magistratura ha risposto con dei provvedimenti autonomi, con delle linee guida interne, con delle circolari interne, con delle regole di condotta interne, ma niente di più. Per cui il Consiglio superiore della magistratura ci chiede, nel 2015, con una delibera, di affrettarci a trasformare in norma generale, quindi, in legge, quelle che erano state le regole che la stessa magistratura si era data. E da qui nasce questo provvedimento e forse per quella sollecitudine la Commissione giustizia della Camera dei deputati ha rispolverato, tirato fuori dal cassetto la proposta di legge che il Senato aveva così approvato. Ora, come si è comportata la Commissione giustizia e, quindi, come si è comportata la maggioranza in quest'Aula? Ora, per quanto riguarda la maggioranza si potrà dire che stante il bicameralismo è evidente che una Camera è sovrana alla pari dell'altra e, quindi, può prendere decisioni anche contrastanti; il Governo è sempre uno, c'era Matteo Renzi, oggi c'è Gentiloni, però al dicastero della giustizia c'è sempre Gentiloni. Per cui non si capisce, come dire, la vicenda surreale che abbiamo vissuto… Ministro Orlando, ho detto qualche altro Ministro? Ah, volevo dire: il Presidente del consiglio Gentiloni e il Ministro della giustizia Orlando. Ora, non si capisce per quale motivo sulle stesse questioni, il Governo, al Senato, ha dato parere favorevole e, alla Camera, ha dato parere contrario. È una situazione surreale, ma non soltanto surreale; non è stata fornita alcuna spiegazione, per cui queste modifiche, veramente, inquietano, inquietano perché non se ne conoscono né la ragione né, tutto sommato, gli autori. Qual è il partito, genericamente inteso, il partito anche occulto, che ha sostenuto queste modifiche e in che cosa consistono? Consistono, semplicemente, nell'alleggerimento delle limitazioni che il Senato aveva posto al rientro dei magistrati, al ricollocamento dei magistrati all'interno della magistratura, al ritorno al lavoro. Guardate che quanto il Senato ha fatto, quanto ha deciso, lo ha deciso in sintonia perfetta col Consiglio superiore della magistratura. Il fatto che ricorre nel testo del Senato il limite dei cinque anni, come limite per potersi candidare in alcuni luoghi dove si è prestato servizio, il limite per cui, quando ritorni a lavorare, a fare il magistrato, non potrai assumere incarichi monocratici, oppure non potrai fare l'inquirente….

PRESIDENTE. Concluda, onorevole.

ARCANGELO SANNICANDRO. Ho finito già? Ho capito. Volevo dire che sono tutti i limiti che, come dire, erano intesi a garantire la serenità del cittadino e a garantirgli che il magistrato che ha di fronte fosse imparziale. Tutte le deroghe, tutti gli emendamenti che la Commissione giustizia ha approvato vanno in questa direzione: una sorta di captatio benevolentiae della magistratura gratis. Non ce l'hanno chiesta: qualcuno ha parlato di servilismo gratuito - ripeto : servilismo gratuito - di una classe politica succube di una pretesa dei magistrati che non esiste perché se i testi fanno fede, i testi del Consiglio superiore della magistratura sono pieni di saggezza e invitano i politici a fare altrettanto. Devo concludere perché lei mi ha già scampanellato, vorrei soltanto ricordarvi quanto è stato proprio immotivatamente deliberato con la cassazione dell'articolo 13 del testo che proviene dal Senato in materia di astensione e di ricusazione cioè oggi si può ricusare un magistrato oppure un magistrato si deve astenere se ha inimicizia grave con una delle due parti ma non si deve astenere addirittura qualora appartenga alla parte politica avversa della persona che sta giudicando (Applausi dei deputati del gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Grazie, Presidente. Riprendo volentieri il mio posto tra i banchi di Forza Italia dopo aver esercitato quello di relatore di minoranza ma, come ho detto dal Comitato dei nove, di minoranza apparente perché dell'arroganza mostrata in questo frangente dal Partito Democratico, il partito dei giudici della Camera dei deputati, dobbiamo dire con molta franchezza. Infatti, come diceva bene il collega Sannicandro, la stranezza incontenibile di questo provvedimento è che vi è un Partito democratico del Senato e un Partito democratico della Camera. Vi è una sorta di inesplicabile differenza che certamente data immagino da un profondo ripensamento di carattere ideologico su questi temi, cioè si è trattato sicuramente di un colpo di fulmine, di una sorta di conversione sulla via di Damasco che ha dato l'idea al Partito democratico della Camera che i giudici che sono in politica vanno più protetti, più tutelati, più blindati, perché possano tornare a fare i giudici, di quanto i colleghi del Senato hanno ritenuto. Tale antinomia insopportabile dal punto di vista della coerenza è il leitmotiv di questo provvedimento. Chiedo ai colleghi della Commissione giustizia: ma quante volte avete licenziato i provvedimenti in quindici giorni, lavorando giorni e notti, pur di portare rapidamente un provvedimento in Aula? Questo provvedimento è rimasto fermo per tre anni, dal 2014, nonostante i solleciti anche di chi vi parla quando era presidente della Commissione, oltre a quelli del presidente Brunetta - anni di solleciti - e quando un provvedimento rimane fermo vi è un motivo, una ragione che da qualche parte bisogna anche cercare e certo non è l'inerzia meccanica del Parlamento o della Commissione giustizia che ha licenziato decine di provvedimenti mentre questo inspiegabilmente è rimasto fermo, per essere improvvisamente rivitalizzato per una polemica fra magistrati, tutti e due in politica, e quindi portato in Aula direi improvvisamente ex abrupto con un gesto di violenza che ha avuto il suo acme in Commissione, Presidente, quando questo relatore si è visto piombare gli emendamenti, già con il parere dell'altro relatore, già con le riformulazioni mutando i pareri dati nel 2015. È un provvedimento che dà l'idea di un colpo di mano parlamentar-giudiziario se mi fate passare questo termine (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente). Siamo cioè di fronte ad un provvedimento che ha una genesi vergognosa dal punto di vista della educazione parlamentare. Ma voi veramente pensate che i cittadini non si rendano conto di tutto questo e che possiate passare indenni solo perché avete trenta voti in più rispetto agli altri, rispetto a critiche che nascono da precise ragioni culturali? Avete abrogato, come si faceva alla scuola elementare con il cassino sulla lavagna, le norme sull'astensione e sulla ricusazione. Vi dovete vergognare per questa abrogazione.

È una vergogna che quanto è stato approvato all'unanimità al Senato sia stato cancellato con un colpo di mano non consentendo a chi è stato in politica di dire a chi è stato avversario: tu non puoi essere il mio giudice (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente) e perché avete fatto questo? Qual è la ragione di tutto questo? Qual è questo privilegio che il Partito Democratico riserva ai giudici parlamentari della Camera e non a quelli del Senato? Perché questo è il quesito: giudici parlamentari della Camera e giudici parlamentari del Senato una differenza inspiegabile e di insopprimibile intollerabilità che ci porta a dire oggi che questo è uno dei peggiori provvedimenti per modalità, per tempi, per violenza, per incapacità di apprezzare. Non c'è stato un ripensamento in Aula, neanche uno, neanche uno: anzi quell'emendamento Giachetti ma, per carità, un emendamento certamente importante, certamente utile ma che nulla aggiunge e nulla offre sull'altare della garanzia dei cittadini di fronte ai giudici che stanno in politica. L'articolo 101 della Costituzione, la caratteristica di questa legislatura, Presidente, è che la Costituzione esiste sulla carta e certo qualcuno ha cercato di sovvertirla e di modificarla per farle terreno di conquista e poter rimanere al Governo per i prossimi vent'anni. Per fortuna il 70 per cento degli italiani ha detto che la Costituzione è questa e questa rimane. Ma non la si rispetta: l'articolo 101, i giudici sono soggetti soltanto alla legge, qui è la legge che è diventata soggetta ai giudici (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente). Voi avete fatto esattamente questo: avete sovvertito l'articolo 101 dalla Costituzione perché avete subordinato a determinati interessi - lo dico con molta chiarezza e con molta franchezza - perché ho testimone il Senato che ha detto il contrario e invoco quella formulazione in cui c'erano magistrati certamente non teneri, come Casson, che hanno votato quel provvedimento. E allora i vostri quelli che hanno da dire su questo provvedimento non siamo soltanto noi, sono anche i vostri parlamentari, i vostri giudici parlamentari del Senato. È stato un colpo di mano, un modo di fare intollerabile che si è manifestato in Aula con un'indifferenza rispetto alla sollevazione di tutte le opposizioni, anche di parte della vostra maggioranza, su certi temi. Avete depauperato questo provvedimento di tutti gli anni previsti nella camera di necessaria decompressione per restituire al giudice che si candida e che prende posizione, sceglie un partito, chiede di essere eletto e talvolta è addirittura eletto. Be', che cosa avete fatto? La Camera di decompressione viene completamente snaturata. Giusto un quarto d'ora in camera di decompressione per poi tornare addirittura in ruoli monocratici, Presidente. Che cosa c'è di peggio di un giudice che decide da solo e che si abbia il sospetto fondato, perché l'imparzialità non deve soltanto essere ma deve anche apparire, un giudice che si ha il fondato sospetto che sia di parte decide da solo. Ma neanche questo, neanche il pudore di dire che devono rientrare nei collegi: l'avete eliminato. L'avete eliminato: neanche nei collegi ma almeno la garanzia di più giudici che decidano. Noi siamo i difensori dei giudici che lavorano, togati ed è l'articolo 3 il nostro ispiratore. Noi difendiamo chi è quotidianamente nelle aule giudiziarie e non deve vedere colleghi che, poiché stanno in politica, hanno percorsi privilegiati. Qualcuno ha detto che quell'articolo 12, la norma transitoria. non presuppone applicazioni automatiche. Sono curioso di vedere la lettura di quell'articolo 12: “avendone già i requisiti” cosa vuol dire? Quanti magistrati hanno i requisiti per poter andare in Cassazione e non ci vanno perché ce ne vanno altri che hanno gli stessi requisiti. Ma questo soltanto chi conosce i marciapiedi della giustizia lo può dire. Quindi non cercate di gabbare il Parlamento con queste opinioni. Procura generale della Cassazione, procura della Direzione nazionale antimafia cioè organi monocratici: chi esce dalla politica avrà percorsi privilegiati (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente) e sono sicuro che questo accadrà e deve accadere secondo una certa logica ma questo è scandaloso, non è consentito. Dovrebbero scegliere loro percorsi meno privilegiati per essere credibili ed è innegabile che questa dovrebbe essere la saggezza, la credibilità dell'istituzione giudiziaria perché voi che cosa fate, illustri colleghi della maggioranza, perché illustri vi considero quando si è in quest'Aula io ho rispetto del voto ma ho il diritto di esprimere la mia riprovazione per come esercitate questo diritto di voto. I rapporti fra politica e magistratura sono fondamentali in questo Paese: noi abbiamo avuto vere e proprie rivoluzioni politiche a colpi di procedimenti penali. Il nostro dovere deve essere quello di ripristinare una serenità di rapporti, di ripristinare una certezza che la politica non invada la magistratura e che la magistratura non invada la politica, come la Costituzione prescrive. E che facciamo noi? Noi sottomettiamo l'esercizio della funzione legislativa alle esigenze di chi sta in politica come magistrato. Una sorta di suicidio istituzionale in cui, anziché pretendere la divisione dei poteri ed il rispetto di principi, come l'imparzialità, la serenità, che la Corte costituzionale ha più volte sottolineato essere una delle caratteristiche, noi ci lanciamo in avventure di dimagrimento di garanzie e addirittura - addirittura - disegniamo le carriere di chi esce dalla politica; le disegniamo, aggiungendo ruoli, togliendo garanzie, diminuendo gli anni, offrendo di questo Parlamento, per pochi numeri, un'immagine assolutamente inaccettabile.

Il Partito Democratico si è assunto una grande responsabilità: è diventato il partito dei giudici del Parlamento, di questa Camera. Il Partito Democratico del Senato si era comportato in modo diverso e noi confidiamo che quel Partito Democratico del Senato, che rappresenta più efficacemente gli interessi dei cittadini, che si preoccupa, insieme a noi - perché l'abbiamo votato anche noi quel provvedimento, con una mediazione importante -, di tutelare il singolo che va davanti al giudice e non il giudice che rientri al più presto nel suo ruolo, sia capace di riprendere le redini di questa diligenza e di portarla diligentemente - scusatemi il bisticcio - verso l'unico traguardo possibile: il rispetto dei principi costituzionali. Noi voteremo non contro, di più, questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Bonafede. Ne ha facoltà.

ALFONSO BONAFEDE. Grazie, Presidente. Oggi si parla del rapporto tra magistratura e politica e, in particolare, sulla possibilità per un magistrato di andare, ad un certo punto nella sua vita, a fare politica attivamente, a chiedere di essere eletto e a dare il suo contributo. Ora chiarisco subito la posizione del MoVimento 5 Stelle sul punto: un magistrato che decide di andare a fare politica può farlo, ma, allora, se fa quella scelta che lo porta dal potere giudiziario, che lo vede terzo per definizione, al potere politico, che lo vede schierato per definizione, allora o non torna più a fare il giudice o, quantomeno, è necessario che trascorra un lasso di tempo molto ampio dopo il quale tornerà a fare il giudice. Questo è il primo punto.

Il secondo punto è molto semplice: se il magistrato è andato a fare politica e, magari guadagna un sacco di soldi facendo politica, contemporaneamente, siccome non sta andando più nelle aule di tribunale a fare il lavoro da magistrato, non può avere avanzamenti di carriera. Ricordiamolo ancora una volta: attualmente, una Ministra di questo Governo - la Ministra Finocchiaro - da trent'anni non entra in un'aula di tribunale come giudice eppure, in questi trent'anni, ha avuto degli avanzamenti di carriera che oggi, ove decidesse di uscire - come non farà - dalla politica, la potrebbero portare addirittura alla Suprema Corte di cassazione.

È incredibile, è inaudito ed è inaudito agli occhi di tutti, tranne del Partito Democratico che, al Senato, aveva approvato, insieme anche al sostegno, per esempio, del MoVimento 5 Stelle, una proposta di legge che lanciava qualche segnale, che non era quella che volevamo noi, ma lanciava qualche segnale, ma, come al solito, quando c'è in mente la possibilità che il Partito Democratico faccia una cosa buona, il Partito Democratico subito torna con coerenza a quello che è il suo livello normale, cioè fare leggi che non hanno senso, al solo fine di scrivere fra poco un tweet: abbiamo finalmente riformato la magistratura.

Cos'è che è peggiorato? Il periodo era di cinque anni: cinque anni è il periodo minimo. Se un magistrato ha fatto politica non può passare un tempo inferiore a cinque anni prima di andare a fare il magistrato e, quindi, di apparire oltre che di essere terzo nei confronti di un cittadino che, magari, è imputato sotto il giudizio di quel magistrato. Ebbene, il Partito Democratico ha deciso, per motivi che rimangono ignoti nonostante tutto il dibattito parlamentare, di ridurre da cinque a tre.

Addirittura, se il magistrato che va in politica non viene eletto, ma si candida, quindi fa campagna elettorale, con bandiere e comizi, possono passare anche solo due anni e soltanto, tra l'altro, per alcuni magistrati, non per tutti. Dopodiché, nel testo originario, quello che arrivava dal Senato, era prevista anche la possibilità per un politico, per esempio che si veda giudicare da un magistrato che è stato precedentemente in politica, di ricusare quel magistrato, perché legittimamente un politico può pensare di voler avere un giudice terzo e non un giudice che, nel periodo precedente, ha militato in politica. Questa norma è stata cancellata. Perché? Non lo sappiamo, perché il Partito Democratico e il Governo sono stati in rigoroso e religioso silenzio.

Ma c'è il top dell'aberrazione di ogni tipo di logica meritocratica. Noi abbiamo proposto, con l'emendamento Dadone, la possibilità di bloccare l'avanzamento di carriera per un magistrato che non sta lavorando come magistrato. Questo provvedimento è stato bocciato, ma non solo. Se il magistrato, quando si è dato alla politica, era in un tribunale, però, nel corso degli anni, ha avuto l'avanzamento di carriera, può tornare.

Questa norma non era prevista nel testo del Senato, perché nel testo del Senato c'era scritto che se uno era stato in Cassazione e veniva dalla Cassazione, poi, dopo un periodo di tempo di cinque anni, tornava in Cassazione. Qui, invece, il Partito Democratico dice: non solo quello che era già in Cassazione, anche quello che era in tribunale, è stato qui e non ha fatto più niente in tribunale, però nel frattempo sono passati gli anni, anche lui ha maturato i requisiti per andare in Cassazione e ci va direttamente, scavalcando tutti i magistrati che, quotidianamente, lavorano come servitori dello Stato. Questa è una aberrazione e non c'è bisogno di spiegarlo; è un'aberrazione chiara ed è evidente che, però, il Partito Democratico, come tutte le aberrazioni, porta avanti con assoluta serenità.

Noi dobbiamo chiarirlo subito: oggi non ci chiediamo se siamo pro o contro i magistrati, come qualcuno del Partito Democratico, buttandola in caciara, ha provato a fare durante il dibattito, perché, vedete, questa domanda - sei pro o contro i magistrati? - oltre ad essere fondamentalmente stupida, è una domanda che risente di un ventennio berlusconiano in cui i due poli fintamente contrapposti strumentalizzavano la magistratura per farsi una battaglia fino addirittura a parlare di “toghe rosse”. Oggi c'è il MoVimento 5 Stelle e questo teatrino è crollato, mettetevelo in testa: è crollato una volta per tutte. Qui la riflessione che va fatta è sulla separazione dei poteri. Montesquieu diceva: “Chiunque abbia potere è portato ad abusarne. Egli arriva sin dove non trova limiti. Perché non si possa abusare del potere occorre che il potere arresti il potere”. Allora, Presidente, la domanda non è se una forza politica deve difendere la politica o la magistratura: questa è una domanda, ancora una volta, stupida e assurda. La risposta è che una forza politica non deve difendere né la politica né la magistratura, ma il confine che sta di mezzo; è quel confine che deve rimanere sempre marcato tra politica e magistratura, perché quel confine rappresenta la pietra angolare su cui la democrazia viene costruita, perché un cittadino sappia che c'è chi fa le leggi e chi giudica sulla base di quelle leggi, e chi fa le leggi vive in uno schieramento politico, chi giudica deve essere per definizione terzo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Presidente, quel confine è stato superato innumerevoli volte dal Partito Democratico nel corso di questa legislatura. È stato superato - tanto per fare qualche esempio - nel momento in cui, per esempio, l'allora sottosegretario Legnini del Governo del Partito Democratico è andato al CSM a presiedere l'organo di autogoverno della magistratura, cosa che non era mai accaduta; così come, ogni volta che devono essere nominati dei membri laici all'interno degli organi di garanzia, il Partito Democratico mette sempre uomini di partito per cercare di conquistare terre che dovrebbero essere estranee alla politica. È stato cancellato quel confine ogni volta in cui il Partito Democratico non ha avuto rispetto della magistratura, come quella volta in cui Matteo Renzi disse che uno dei problemi della giustizia erano le ferie dei magistrati: perché noi siamo arrivati a questo punto e ogni tanto ricordo che i magistrati italiani sono i più produttivi d'Europa. È stato cancellato nel momento in cui il Partito Democratico è intervenuto a gamba tesa sulla giustizia amministrativa, alterando gli equilibri che c'erano nell'organo di autogoverno della giustizia amministrativa e nominando la Manzione ex capo dei Vigili urbani come giudice del Consiglio di Stato, una persona che non aveva mai fatto il giudice! È stato cancellato, quel confine, ogni volta in cui, di fronte a uno scandalo giudiziario, il Partito Democratico dice: arriveremo fino al terzo grado di giustizia, delegando e affidando alla magistratura delle valutazioni etiche che non vogliono fare o che molto più probabilmente non sanno fare. Presidente, è stato cancellato quella volta in cui, la scorsa settimana, di fronte al famoso caso Minzolini, un condannato in via definitiva che doveva decadere per legge è stato salvato dal Partito Democratico. Vede, è questo il danno più grande che quel partito sta facendo all'Italia: la trasformazione costante dei valori più belli in merce di scambio con cui barattare poltrone. Un vero e proprio saccheggio, Presidente, non solo di giustizia, ma di un senso di giustizia. Un costante tentativo di devastare le coscienze più belle di questo Paese, quando si dice: non mandare il curriculum, vatti a fare una partita di calcio con chi conta, perché questa è la logica che anima anche questo procedimento.

E a me non me ne frega niente della Finocchiaro, della presidente Ferranti o del questore Dambruoso, ormai questi sono casi passati, a me interessa rivolgere un messaggio ai magistrati giovani di questo Paese, quelli che lavorano, quelli che sono cresciuti nel modello e probabilmente anche nel mito di giudici come Falcone, Borsellino e altri giudici che hanno dato la vita per la giustizia. Io a quei magistrati voglio dare un senso di meritocrazia. Quando - e concludo, Presidente - un giornalista chiese a Falcone: ma chi glielo fa fare, lui disse con una semplicità disarmante: lo spirito di servizio. Ecco, Presidente, io ai magistrati di questo Paese, che lavorano quotidianamente, voglio dire che, se il popolo lo vorrà, ci sarà una forza di Governo, il MoVimento 5 Stelle, che gli darà la possibilità di lavorare in autonomia, rivendicando però anche l'indipendenza della politica, e di lavorare in totale e costante estraneità rispetto alle dinamiche politiche, proprio con quello che diceva Falcone: lo spirito di servizio (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Ermini. Ne ha facoltà.

DAVID ERMINI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi e colleghe, il rapporto fra magistratura e politica è un rapporto che deve essere sempre costruttivo, perché è sulla divisione dei poteri che si basa il nostro sistema democratico. Questo è un provvedimento atteso e che oggi ci fa scrivere delle norme molto importanti. La domanda che ci viene posta è: ma i magistrati hanno diritto di candidarsi? Di partecipare alla vita istituzionale nel senso politico? Hanno diritto, in modo più ampio, ad esprimersi pubblicamente sulle loro idee politiche? A manifestare i loro pensieri in relazione, non soltanto all'ideologia, ma anche all'attività istituzionale di partito? Questo è un tema grande, un tema importante, perché la manifestazione del pensiero politico non si esprime solo attraverso la candidatura, ma attraverso anche quelle che sono le proprie idee, che vengono espresse sui social, che vengono espresse attraverso le interviste, che vengono espresse spesso anche attraverso la vita associativa. E allora bisogna sempre andare molto cauti quando si parla di questi temi.

Se la garanzia per i cittadini è quella di avere non solo il diritto di essere giudicati da un giudice imparziale, ma anche quella di avere soltanto la percezione di essere giudicati da un giudice imparziale, allora, come dicevo, ci dobbiamo chiedere se chi ha formato e sostenuto i comitati referendari, per esempio, sia per il “sì”, che per il “no”, o chi ha scritto giudizi pesanti su esponenti politici sui social network, oppure se ha rilasciato interviste contro o a favore del Governo o addirittura contro o a favore del Presidente del Consiglio, chi attacca una parte politica, ebbene, queste persone non si candidano, ma possiamo sapere se fanno avere al cittadino la percezione di essere giudicati da giudici, da magistrati imparziali?

E allora noi dobbiamo accettare, perché è bene che i giudici, quelli che intendono affrontare le elezioni politiche, ci mettano la faccia, perché è giusto che la trasparenza, la chiarezza nei confronti dei cittadini sia sempre la prima cosa. E allora questa legge mette dei paletti precisi: non può candidarsi nella circoscrizione elettorale un magistrato che ha svolto la funzione in quel luogo nei cinque anni precedenti, dovrà essere in aspettativa per almeno sei mesi e non può candidarsi se ha cessato la sua attività anche per il raggiungimento dell'età della pensione da almeno due anni. E la norma, guardate, vale non solo per i parlamentari italiani, ma vale per i parlamentari europei, vale per gli assessori regionali, vale per i presidenti di regione, vale per i sindaci, vale per i consiglieri, vale per gli assessori, per i sindaci metropolitani.

Questo mi serve anche per dire che tutti oggi, molti, si sono dichiarati innamorati della legge che era venuta dal Senato e nessuno ha sollevato il dubbio che quella legge, che ci è arrivata dal Senato, potesse essere monca. Poteva essere monca perché non prevedeva le incompatibilità per tutta una serie di magistrati che ricoprivano incarichi di governo a livello territoriale e, soprattutto, perché non aveva affrontato un tema importante, che noi abbiamo affrontato: tutti i magistrati che sono all'interno dei Ministeri, che sono in diretta collaborazione con i ministri, fanno più o meno politica dei magistrati che siedono in Parlamento? Oppure hanno un modo di fare politica su un settore completamente diverso, ma comunque incidono sulla vita politica e istituzionale di questo Paese?

Quello non era considerato, nessuno si è posto il dubbio, nessuno si è posto una domanda, avete messo gli occhi solo sul numero degli anni, come se l'imparzialità e la terzietà di un giudice la potessimo quantificare su quanti anni di purgatorio gli facciamo fare. Avete fatto - e lo dico a chi si è espresso contro questa legge - una battaglia demagogica, una battaglia che serve, forse, a fargli avere qualche preferenza, ma che non serve certamente a migliorare il livello istituzionale di questo Paese. Perché è troppo facile dire: l'altra volta è stata approvata all'unanimità. E che c'entra se è stata approvata all'unanimità? Se mancavano dei settori è stato giusto che questo ramo del Parlamento, in qualche modo, intervenisse.

Quando si stabilisce il rientro in magistratura, noi abbiamo posto delle norme per i magistrati che rientrano, abbiamo specificato che deve rientrare il magistrato in un distretto di Corte d'appello diverso da quello dove è stato eletto, per tre anni non può ricoprire incarichi direttivi, per tre anni svolge esclusivamente funzioni giudicanti collegiali, di fatto non fa indagini, non fa indagini! E vorrei, suo tramite, Presidente, spiegare ancora una volta perché mi sono spiegato male prima - si vede, io non riesco, non sono un professore -, ma vorrei spiegare all'onorevole Bonafede che un giudice può essere magistrato di Cassazione anche se non si siede sulla poltrona in Piazza Cavour. Perché un magistrato di Cassazione può fare anche il giudice monocratico, può fare il presidente di tribunale, il presidente di Corte d'appello. Ecco perché la legge che era venuta fuori dal Senato andava cambiata, perché quella, sì, creava delle disparità, perché creava una facilitazione soltanto per i magistrati di Cassazione che erano seduti in Cassazione, mentre i magistrati di Cassazione che svolgevano altre funzioni non avevano la stessa potenzialità. Ecco perché andava adeguata quella norma. E non è, come ho spiegato prima, ma si vede - ripeto, io non mi so spiegare - che comunque quel passaggio avviene attraverso una doppia valutazione, da parte di una commissione tecnica e poi attraverso un concorso con la domanda che si presenta al Consiglio superiore della magistratura.

Quindi i paletti, anche per il rientro, ci sono, ma non possiamo valutare soltanto il purgatorio, il periodo degli anni di purgatorio, per avere un giudice terzo. Il giudice terzo è terzo se lo è dentro. Il giudice è terzo e imparziale se, come fanno la stragrande maggioranza dei giudici, sa essere imparziale indipendentemente da chi gli si pone davanti. Cosa vuol dire tre anni o due anni? Serve solo per fare delle polemiche sterili e totalmente inutili.

Ma come ho detto, siamo andati a coprire delle lacune delle norme che venivano dal Senato, perché abbiamo toccato tutti i rami della magistratura. Non possiamo calcolare soltanto i nove parlamentari che sono oggi magistrati, che sono seduti due alla Camera e sette al Senato. Stiamo parlando di pochissimi casi. Stranamente questa legge non è stata fatta quando qui era pieno di magistrati e governava il centrodestra; chissà come mai nessuno l'ha fatta mai questa legge? Però qualche domanda e qualche risposta magari ogni tanato bisognerebbe darsela, perché forse sarebbe anche più chiaro più nei confronti dei cittadini e anche per quanto riguarda la nostra storia.

Quindi noi vogliamo rivendicare questa legge, la vogliamo rivendicare come legge completa che non guarda in faccia nessuno; infatti non esclude nulla, non esclude nessuno, tocca tutti, cosa che invece sembra che a qualcuno, magari, non interessasse. Ci sono che state mosse critiche, ma pensiamo davvero, come dicevo, che sia solo il termine, l'anno di purgatorio, che possa stabilire la nostra terzietà? Si è parlato del caso Minzolini. Guardate: con questa legge il caso Minzolini non c'entra veramente nulla, perché il giudice che era nel collegio che ha giudicato Minzolini erano già otto anni che era uscito dagli incarichi politici; per cui qualsiasi norma, anche quella del Senato, non avrebbe toccato minimamente quel caso.

Noi vogliamo un rapporto franco con la magistratura, vogliamo un rapporto anche critico, anche di discussione, ma un rapporto costruttivo, collaborativo, perché noi sappiamo che la divisione dei poteri è importante, ma soprattutto noi vogliamo un rapporto trasparente. Preferiamo i magistrati che fanno politica mettendoci la faccia, rispetto a quelli che magari scrivono le proposte di legge o mandano sotto banco le veline a qualche gruppo parlamentare per presentare gli emendamenti. Noi vogliamo che i magistrati siano cittadini come tutti gli altri, stiano nelle regole che noi oggi abbiamo in qualche modo stabilito con questa legge, e siamo sicuri di poter affrontare tranquillamente il diritto costituzionale, sia di quei magistrati, sia dei cittadini che devono avere la certezza di essere giudicati da magistrati imparziali. Andiamo avanti, andiamo avanti con trasparenza, lealtà, competenza, merito, umiltà, caparbietà; queste sono le nostre parole d'ordine, ed è per questo che annuncio il voto favorevole del Partito Democratico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

MARCO DI MAIO, Relatore per la maggioranza per la I Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Immagino per un ringraziamento. Ne ha facoltà.

MARCO DI MAIO, Relatore per la maggioranza per la I Commissione. Presidente, sì, un ringraziamento non formale a tutti i colleghi delle Commissioni affari costituzionali e giustizia, i presidenti delle Commissioni, agli uffici, al Governo, al sottosegretario Migliore, perché credo si sia fatto un buon lavoro in maniera congiunta nell'integrare e rafforzare l'equilibrio che era emerso dal testo del Senato. Credo che sia un testo che va anche a rafforzare quel principio di separazione e autonomia dei poteri che ci sta a cuore, e che era il vero obiettivo di questo provvedimento. Penso sia doveroso, a nome anche del collega Verini che assieme a me ha seguito come relatore per la Commissione giustizia questo provvedimento, rivolgere all'Aula, in questa circostanza, un ringraziamento, lo ripeto, non formale.

(Coordinamento formale - A.C. 2188-A)

PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, la Presidenza si intende autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.

  (Così rimane stabilito).

(Votazione finale ed approvazione – A.C. 2188-A)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.

Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta di legge, già approvata, in un testo unificato, dal Senato, n. 2188-A, di cui si è testé concluso l'esame: S. 116-273-296-394-546 – “Disposizioni in materia di candidabilità, eleggibilità e ricollocamento dei magistrati in occasione di elezioni politiche e amministrative nonché di assunzione di incarichi di governo nazionale e negli enti territoriali” (Approvata, in un testo unificato, dal Senato) (2188-A).

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 76) (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Dichiaro così assorbite le proposte di legge nn. 1442 e 2770.

Interventi di fine seduta (ore 15,25).

ALESSANDRA TERROSI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALESSANDRA TERROSI. Grazie, Presidente. Prendo la parola per portare a conoscenza dell'Aula i fatti di violenza che si sono verificati nei comuni di Vallerano e di Vasanello in provincia di Viterbo, il primo accaduto nel febbraio scorso ai danni di un ventiquattrenne colpito con pugni, calci e cinghiate e il secondo lo scorso sabato, vittime un diciassettenne e il fratello maggiorenne di questi. Gli inquirenti hanno immediatamente iniziato le indagini e dai primi accertamenti sembrerebbe che tali violenze abbiano matrice politica e che siano coinvolti esponenti dell'associazione CasaPound Cimini verso il cui leader locale, coinvolto solo nel primo episodio, è stata messa in atto la misura di custodia cautelare mediante arresti domiciliari dal 15 marzo scorso.

Gli inquirenti hanno immediatamente proceduto alle indagini del caso e l'auspicio è che si arrivi rapidamente alla individuazione dei colpevoli. Il problema tuttavia non può essere declinato solo in termini di ordine pubblico in un territorio che ha conosciuto la Resistenza e l'antifascismo militante, in cui le comunità hanno prosperato operosamente mettendo in pratica quotidianamente gli ideali di democrazia, di libertà di espressione e di solidarietà. La politica e le istituzioni devono farsi portavoce della preoccupazione delle famiglie e degli amministratori locali circa il maturare di un clima di sopraffazione, e coattori di una risposta unanime, che non può che essere all'insegna della politica, della partecipazione, del rispetto e del fermo respingimento di azioni violente e intimidatorie.

Sollecito, infine, Presidente, la risposta da parte del Ministero degli Interni all'interrogazione sullo stesso tema n. 3-02842 a prima firma dell'onorevole Mazzoli, di cui sono cofirmataria (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

DAVIDE MATTIELLO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DAVIDE MATTIELLO. Grazie, Presidente. Era il 31 di marzo del 1984 quando due killer uccisero Renata Fonte. Renata Fonte era sposata, aveva due bambine piccole, era impegnata in politica, era una giovane amministratrice, faceva l'assessore. Renata venne uccisa per il suo impegno politico, venne uccisa da quella convergenza maledetta tra criminalità organizzata e politica. Venne uccisa perché difese il bene comune.

Oggi, trentatré anni dopo (Renata Fonte aveva trentatré anni quando fu uccisa), la memoria di Renata Fonte deve essere per noi uno sprone perché ancora oggi troppi sono gli amministratori pubblici, segnatamente sindaci, consiglieri e assessori, minacciati, intimiditi. Lo ha denunciato ancora recentemente l'ANCI, lo ha denunciato ripetutamente Avviso Pubblico che ci informa che dall'inizio dell'anno sono già 72 i casi accertati di violenza ai pubblici amministratori. C'è una proposta di legge uscita dalla Commissione d'inchiesta senatoriale Lo Moro già votata in Senato che credo noi abbiamo il dovere di approvare definitivamente quanto prima, per sostenere i pubblici amministratori e onorare quelli che hanno perso la vita per il loro impegno politico. Domani ricorderemo Renata Fonte, il suo impegno per Porto Selvaggio, quel luogo meraviglioso che qualcuno avrebbe voluto piegare ad una speculazione immobiliare, non è stato vano: oggi Porto Selvaggio è un parco naturale. Renata Fonte la sua battaglia l'ha vinta (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)!

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Venerdì 31 marzo 2017, alle 9,30:

  Svolgimento di interpellanze urgenti.

La seduta termina alle 15,30.

SEGNALAZIONI RELATIVE ALLE VOTAZIONI EFFETTUATE NEL CORSO DELLA SEDUTA

  Nel corso della seduta sono pervenute le seguenti segnalazioni in ordine a votazioni qualificate effettuate mediante procedimento elettronico (vedi Elenchi seguenti):

  nella votazione n. 1 i deputati Pagani e Paola Bragantini hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario;

  nelle votazioni n. 1 e n. 2 il deputato Busto ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole;

  nelle votazioni dalla n. 1 alla n. 3 e nn. 64, 67 e 68 il deputato Rampelli ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole;

  nella votazione n. 2 la deputata Fitzgerald Nissoli ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario;

  nella votazione n. 3 i deputati Paris, Rubinato e Censore hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario;

  nelle votazioni dalla n. 3 alla n. 5 il deputato De Rosa ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole;

  nelle votazioni dalla n.4 alla n. 7 la deputata Piccione ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario;

  nella votazione n. 10 il deputato Borghese ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole;

  nella votazione n. 14 la deputata Galgano ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario;

  nella votazione n. 21 il deputato Migliore ha segnalato che ha erroneamente votato contro mentre avrebbe voluto votare a favore;

  nella votazione n. 26 la deputata Covello ha segnalato che non è riuscita a votare;

  nella votazione n. 27 la deputata Covello ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario;

  nelle votazioni nn. 27 e 28 la deputata Tartaglione ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario;

  nella votazione n. 38 il deputato Cassano ha segnalato che ha erroneamente votato contro mentre avrebbe voluto votare a favore;

  nella votazione n. 49 il deputato Prataviera ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole;

  nella votazione n. 49 la deputata Paris ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario;

  nella votazione n. 50 il deputato Pesco ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole;

  nella votazione n. 52 la deputata Pellegrino ha segnalato che non è riuscita ad astenersi dal voto;

  nelle votazioni n. 52 e n. 53 il deputato Melilli ha segnalato che non è riuscito a votare;

  nella votazione n. 53 il deputato Famiglietti ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario;

  nella votazione n. 54 il deputato Capodicasa ha segnalato che ha erroneamente votato a contro mentre avrebbe voluto votare a favore;

  nella votazione n. 56 il deputato Capodicasa ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole;

  nella votazione n. 58 la deputata Bargero ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole;

  nelle votazioni dalla n. 61 alla n.76 la deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita a votare;

  nella votazione n. 62 la deputata Bonomo ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario;

  nella votazione n. 69 il deputato Busto ha segnalato che ha erroneamente votato a favore mentre avrebbe voluto astenersi dal voto.

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 6 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nominale Pdl 2188-A ed abb. - em. 6.218 293 292 1 147 100 192 118 Resp.
2 Nominale em. 6.10 310 281 29 141 104 177 117 Resp.
3 Nominale em. 6.200 325 317 8 159 133 184 117 Resp.
4 Nominale em. 6.220 372 369 3 185 173 196 112 Resp.
5 Nominale em. 6.203 373 362 11 182 159 203 112 Resp.
6 Nominale em. 6.222 381 370 11 186 165 205 109 Resp.
7 Nominale em. 6.221 384 373 11 187 162 211 107 Resp.
8 Nominale em. 6.202, 6.204 385 371 14 186 161 210 107 Resp.
9 Nominale em. 6.205 391 317 74 159 94 223 107 Resp.
10 Nominale em. 6.206 384 371 13 186 164 207 107 Resp.
11 Nominale em. 6.207 392 378 14 190 139 239 107 Resp.
12 Nominale em. 6.208 379 379 0 190 173 206 107 Resp.
13 Nominale em. 6.209 375 375 0 188 165 210 107 Resp.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui é mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi é premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.

INDICE ELENCO N. 2 DI 6 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 26)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
14 Nominale em. 6.210, 6.235 380 368 12 185 164 204 107 Resp.
15 Nominale em. 6.211 391 390 1 196 136 254 107 Resp.
16 Nominale em. 6.3 390 388 2 195 136 252 107 Resp.
17 Nominale em. 6.212 392 391 1 196 166 225 107 Resp.
18 Nominale em. 6.213 391 389 2 195 139 250 107 Resp.
19 Nominale em. 6.223 391 391 0 196 169 222 107 Resp.
20 Nominale em. 6.214 395 380 15 191 169 211 107 Resp.
21 Nominale em. 6.600 398 346 52 174 344 2 106 Appr.
22 Nominale em. 6.215 397 385 12 193 161 224 106 Resp.
23 Nominale em. 6.216 400 388 12 195 163 225 106 Resp.
24 Nominale em. 6.300 398 318 80 160 315 3 106 Appr.
25 Nominale em. 6.301 402 314 88 158 312 2 106 Appr.
26 Nominale articolo 6 360 328 32 165 196 132 104 Appr.


INDICE ELENCO N. 3 DI 6 (VOTAZIONI DAL N. 27 AL N. 39)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
27 Nominale em. 7.3 376 364 12 183 130 234 103 Resp.
28 Nominale em. 7.201 382 380 2 191 138 242 103 Resp.
29 Nominale em. 7.4 rif. 387 387 0 194 385 2 103 Appr.
30 Nominale em. 7.300 387 256 131 129 255 1 103 Appr.
31 Nominale em. 7.200 391 390 1 196 182 208 103 Resp.
32 Nominale em. 7.202 389 388 1 195 182 206 103 Resp.
33 Nominale em. 7.301 392 261 131 131 259 2 103 Appr.
34 Nominale articolo 7 388 345 43 173 252 93 104 Appr.
35 Nominale em. 8.300 388 333 55 167 331 2 103 Appr.
36 Nominale em. 8.2 387 347 40 174 141 206 103 Resp.
37 Nominale em. 8.1 386 347 39 174 140 207 103 Resp.
38 Nominale articolo 8 384 275 109 138 249 26 103 Appr.
39 Nominale em. 9.600 389 389 0 195 389 0 103 Appr.


INDICE ELENCO N. 4 DI 6 (VOTAZIONI DAL N. 40 AL N. 52)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
40 Nominale em. 9.205 390 296 94 149 54 242 103 Resp.
41 Nominale em. 9.203, 9.206 395 394 1 198 183 211 103 Resp.
42 Nominale em. 9.211 392 379 13 190 168 211 103 Resp.
43 Nominale em. 9.204 395 383 12 192 169 214 103 Resp.
44 Nominale em. 9.210 390 351 39 176 140 211 103 Resp.
45 Nominale em. 9.212 389 377 12 189 165 212 103 Resp.
46 Nominale articolo 9 394 334 60 168 237 97 103 Appr.
47 Nominale art. agg. 9.0200 391 377 14 189 137 240 103 Resp.
48 Nominale art. agg. 9.0201 390 377 13 189 138 239 103 Resp.
49 Nominale em. 12.200, 12.205, 12.208 382 370 12 186 163 207 103 Resp.
50 Nominale em. 12.207 355 346 9 174 154 192 104 Resp.
51 Nominale em. 12.202 349 341 8 171 147 194 104 Resp.
52 Nominale em. 12.201 355 347 8 174 148 199 104 Resp.


INDICE ELENCO N. 5 DI 6 (VOTAZIONI DAL N. 53 AL N. 65)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
53 Nominale em. 12.203, 12.206, 12.211 353 353 0 177 157 196 104 Resp.
54 Nominale em. 12.209 361 361 0 181 156 205 104 Resp.
55 Nominale em. 12.2 374 364 10 183 159 205 104 Resp.
56 Nominale em. 12.1 373 363 10 182 157 206 104 Resp.
57 Nominale em. 12.300 371 260 111 131 259 1 104 Appr.
58 Nominale em. 12.204, 12.210 376 290 86 146 221 69 103 Appr.
59 Nominale em. 12.301 383 255 128 128 255 0 103 Appr.
60 Nominale articolo 12 384 369 15 185 213 156 103 Appr.
61 Nominale art. agg. 12.0203 347 346 1 174 160 186 102 Resp.
62 Nominale art. agg. 12.0200 352 352 0 177 162 190 102 Resp.
63 Nominale art. agg. 12.0201, 12.0202 366 365 1 183 161 204 101 Resp.
64 Nominale em. 14.1, 14.2 359 340 19 171 340 0 101 Appr.
65 Nominale articolo 14 353 353 0 177 331 22 100 Appr.


INDICE ELENCO N. 6 DI 6 (VOTAZIONI DAL N. 66 AL N. 76)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
66 Nominale articolo 15 359 348 11 175 327 21 100 Appr.
67 Nominale art. agg. 15.0100 358 358 0 180 150 208 100 Resp.
68 Nominale art. agg. 15.0101 357 357 0 179 151 206 100 Resp.
69 Nominale articolo 16 364 269 95 135 249 20 100 Appr.
70 Nominale subem. 0.4.301.1 356 355 1 178 126 229 100 Resp.
71 Nominale subem. 0.4.301.2 rif. 357 338 19 170 338 0 101 Appr.
72 Nominale em. 4.301 (versione corretta) 357 355 2 178 355 0 100 Appr.
73 Nominale articolo 4 360 327 33 164 233 94 100 Appr.
74 Nominale odg 9/2188-A ed abb./3 341 340 1 171 47 293 100 Resp.
75 Nominale odg 9/2188-A ed abb./4 334 333 1 167 145 188 100 Resp.
76 Nominale Pdl 2188-A ed abb. - voto finale 242 213 29 107 211 2 97 Appr.