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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 744 di venerdì 17 febbraio 2017

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO

  La seduta comincia alle 9.

  PRESIDENTE. La seduta è aperta.
  Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

  RICCARDO FRACCARO, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.

  PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
  (È approvato).

Missioni (ore 9,05).

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Bindi, Matteo Bragantini, Bueno, Caparini, Dambruoso, Faraone, Gregorio Fontana, Garofani, Gelli, Locatelli, Losacco, Manciulli, Mannino, Marazziti, Sanga, Valeria Valente e Valentini sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente novantatré, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna).

Trasmissione dal Senato di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissioni in sede referente.

  PRESIDENTE. Il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza, in data 16 febbraio 2017, il seguente disegno di legge, che è stato assegnato ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alle Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e V (Bilancio):
  S. 2630. – «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244, recante proroga e definizione di termini. Proroga del termine per l'esercizio di deleghe legislative» (4304) – Parere delle Commissioni II, III, IV, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VII, VIII, IX, X, XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale), XII, XIII e XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

  Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dal comma 1 del predetto articolo 96-bis, è stato altresì assegnato al Comitato per la legislazione.

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 9,07).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

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(Iniziative di competenza in merito alle disposizioni della legge regionale del Veneto n. 30 del 2016 relative alle figure professionali di estetista e onicotecnico – n. 2-01635)

  PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all'ordine del giorno dei deputati Rostellato ed altri n. 2-01635 (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo alla deputata Rostellato se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  GESSICA ROSTELLATO. Sì, grazie Presidente. Sottosegretario Bressa, con questa interpellanza urgente, come firmatari, chiediamo se è intenzione del Governo – e noi riteniamo che vi sia questa necessità – di impugnare l'articolo 112 del Collegato alla legge di bilancio della regione Veneto. Questo articolo va a modificare la legge n. 29 del 1991 che disciplina l'attività di estetica nella regione Veneto. Cosa modifica questo articolo 112 ? Va a eliminare l'esclusiva competenza delle estetiste nell'esercitare l'attività di onicotecnico e viene demandata alla giunta l'istituzione di un corso di formazione, senza però indicare né i tempi né i modi nella durata di questo corso di formazione. Inoltre viene definito cosa si intende per figura di onicotecnico e viene previsto un elenco regionale in cui questi professionisti devono essere iscritti.
  Di fatto, quindi, la regione Veneto attraverso questa modifica – tra l'altro in un testo che probabilmente non è la sede ideale dove fare certe modifiche e senza confrontarsi con le associazioni di categoria – va a istituire una nuova figura professionale.
  Noi sappiamo che, ai sensi dell'articolo 117, comma 3, della Costituzione, le professioni sono una materia concorrente tra Stato e regioni, ma la Corte costituzionale si è espressa più volte nel senso di dire che si intende, come materia concorrente, che lo Stato deve individuare le figure professionali, i profili e i titoli abilitativi, mentre la regione deve solamente legiferare in merito al collegamento con la realtà regionale e alla formazione di queste figure professionali.
  Quali firmatari di questa interpellanza noi crediamo sia auspicabile che la normativa in ambito di professioni sia uniforme su tutto il territorio nazionale. Non è auspicabile certo che ogni regione abbia figure professionali diverse: questo anche a tutela del consumatore, a nostro parere, nel senso che il consumatore ha diritto di sapere che quel professionista ha effettuato lo stesso percorso formativo in tutte le regioni e che quindi il consumatore stesso è tutelato. Vorrei sottolineare anche il fatto che, probabilmente, viene anche intaccata la libertà di concorrenza in quanto, attualmente, la figura dell'onicotecnico non esiste ed è effettuata esclusivamente dall'estetista, che deve seguire un corso professionale di almeno tre anni prima di poter effettuare questa attività, mentre, attraverso questo corso regionale, che non si sa neppure di quante ore e quanto tempo dovrà durare, queste persone potranno svolgere la stessa professione delle estetiste.
  Sappiamo che vi è parecchio contenzioso tra Stato e regioni, purtroppo, e non è nostra intenzione tentare di aumentarlo, però riteniamo che in questo caso sia auspicabile che lo Stato sottolinei questa necessità di uniformità nell'ambito delle professioni e quindi siamo a richiedere al Governo se ha intenzione di impugnare questo articolo del Collegato alla legge di bilancio.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Gianclaudio Bressa, ha facoltà di rispondere.

  GIANCLAUDIO BRESSA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Grazie, Presidente. Con riferimento all'interpellanza n. 2-01635 dell'onorevole Rostellato, si premette che come è noto il Governo può promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale nei confronti di leggi regionali ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione, entro il termine Pag. 3di 60 giorni dalla loro pubblicazione. Durante tale periodo viene svolta un'accurata istruttoria, che coinvolge tutte le amministrazioni centrali interessate competenti per materia. Completata l'istruttoria, sia sotto il profilo della legittimità costituzionale sia sotto quello della compatibilità con la normativa statale e comunitaria vigente in materia, nonché sulla base della giurisprudenza della Corte costituzionale e degli orientamenti assunti dal Governo per analoghe fattispecie, le leggi regionali vengono sottoposte alla valutazione del Consiglio dei ministri.
  La legge della regione Veneto n. 30 del 30 dicembre 2016, recante «Collegato alla legge di stabilità regionale 2017», oggetto della presente interpellanza, è stata pubblicata sul Bollettino Ufficiale della regione n. 127 del 30 dicembre 2016. Il termine entro il quale il Governo potrà eventualmente sollevare la questione di legittimità costituzionale in via principale andrà pertanto a scadere il prossimo 28 febbraio.
  In proposito l'onorevole interpellante chiede di conoscere quali iniziative il Governo intenda intraprendere, atteso che la predetta legge regionale, nella sostanza, prevede innanzitutto l'abrogazione dell'esclusiva competenza in capo all'estetista di esercitare l'attività di onicotecnico e stabilisce che la giunta regionale debba disciplinare, senza fissare un termine di applicazione, i contenuti di un corso di formazione relativo all'attività di onicotecnico, prevedendo che questa possa intervenire nell'applicazione, ricostruzione, decorazione di unghie artificiali. Tali attività sono assoggettate ai requisiti igienico-sanitari previsti dalla regolamentazione vigente e dovranno essere inseriti in un apposito elenco regionale.
  A tal fine vengono richiamate le sentenze della Corte costituzionale che hanno giudicato illegittime iniziative similari a quella veneta relative all'istituzione di una nuova figura professionale. A mero titolo esemplificativo si ricorda la sentenza n. 108 del 2012, che riguarda la regione Toscana, la n. 117 del 2015, che riguarda la regione campana, la n. 217 del 2015 che riguarda la regione Umbria, considerato che la potestà legislativa regionale nella materia concorrente delle professioni deve rispettare il principio secondo cui l'individuazione delle figure professionali, con i relativi profili e titoli abilitanti, è riservata per il suo carattere necessariamente unitario allo Stato.
  Riguardo alla questione, ai fini di un'eventuale impugnazione della norma regionale, si segnala che è in corso l'istruttoria da parte del Dipartimento per gli affari regionali, che coinvolge le amministrazioni interessate per competenza, alcune delle quali hanno già fatto pervenire un parere di evidente illegittimità costituzionale. Si fa presente altresì che al momento si è in attesa di conoscere le controdeduzioni da parte della regione Veneto, a seguito della trasmissione in via di mediazione alla stessa delle osservazioni formulate dai Ministeri competenti.
  Pertanto non è possibile allo stato – e prima dell'esame della suddetta legge da parte del Consiglio dei ministri – fornire ulteriori elementi informativi, posto che il termine entro cui si può procedere all'impugnativa scadrà il 28 di febbraio.

  PRESIDENTE. La deputata Rostellato ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  GESSICA ROSTELLATO. Sì, grazie Presidente, grazie sottosegretario Bressa. Sì, mi ritengo soddisfatta della risposta, ovviamente auspicando che arriviamo all'impugnazione della legge. Comunque è già positivo che vi sia un'istruttoria in corso e che il Governo si sia mobilitato per riportare, per mantenere soprattutto, l'omogeneità statale nell'ambito delle professioni.
  Colgo però l'occasione, sottosegretario Bressa, per sottolineare che, nonostante sia necessario mantenere l'omogeneità a livello statale e che quindi le regioni non debbano legiferare su nuove professioni, in questo ambito, dell'estetica, vi è effettivamente una necessità di aggiornare la normativa nazionale, aggiornarla nella creazione di queste figure che fanno parte Pag. 4delle competenze dell'estetica, come ad esempio il tatuatore, il piercer, il make-up artist e l'onicotecnico. Quindi, sarebbe necessario che lo Stato, a livello nazionale, legiferasse in questo ambito.
  Ma sarebbe anche necessario rivedere le sanzioni in caso di abusivismo di questa professione. Nell'ambito dell'estetica, effettivamente, vi è un abusivismo dilagante. Spesso, per ogni professionista in regola, ve n’è uno abusivo e dunque vi sarebbe necessità sicuramente di rivedere le sanzioni, che risalgono al 1990 e non sono adeguate, per contrastare l'abusivismo.
  Vi sarebbe anche necessità di definire meglio come deve avvenire la vendita di prodotti da parte di questi professionisti. A tal fine, segnalo che, come deputati del Partito Democratico, a fine 2016, abbiamo depositato una proposta di legge, a prima firma Marco Donati, con 60 firme, la n. 4169, che va appunto a modificare la legge n.1 del 1990, che è la legge che disciplina il settore estetico. Quindi, auspico che questa legge possa essere discussa nel corso di questa legislatura, che possa iniziare la discussione e vi sia possibilmente anche l'approvazione, e che il Governo tenga conto di questa necessità, che è sentita a livello nazionale, di aggiornare questa normativa.

(Iniziative di competenza a tutela del lupo, «specie particolarmente protetta» ai sensi dell'articolo 2 della legge 11 febbraio 1992, n. 157 – n. 2-01657)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Paolo Bernini ed altri n. 2-01657 (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo al deputato Paolo Bernini se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  PAOLO BERNINI. Grazie Presidente. Onorevole Ministro, lei certamente saprà che l'Italia è già, anzi direi di nuovo, sotto procedura di infrazione per il mancato rispetto della «direttiva Habitat», proprio per la mancata designazione di zone speciali di conservazione e adozione di misure di conservazione degli habitat naturali, della flora e della fauna selvatica. La stessa direttiva che invece, secondo voi, potrebbe consentirvi di ricorrere agli abbattimenti selettivi dei lupi, come previsto all'articolo 16 della direttiva stessa e come previsto dal «Piano lupo 2017». Peccato che abbiate omesso questo dettaglio, invece rilevantissimo, di essere un Paese già sotto procedura di infrazione per non aver tutelato la biodiversità e che, per ottenere la deroga per abbattere i lupi, dovreste dimostrare di aver protetto la specie, di avere i dati scientifici pubblicati relativi al censimento nazionale della specie, che invece non ci sono, di avere messo in pratica tutti i dovuti sistemi di deterrenza per proteggere le greggi, cosa che non è stata fatta, e di aver determinato, in modo impeccabile, la natura di ogni episodio di predazione, siano essi lupi, cani o meticci ibridi. Anche questo non è un sistema applicato con serietà e con la dovuta formazione dei medici veterinari Asl. E vi sarebbe molto da dire su come non funzionano, come siano mal gestiti, i sistemi attuali di indennizzo.
  Poi finiamola anche di usare termini fuorvianti che volutamente sottendono a scorrette, quanto errate, interpretazioni, perché lupi e cani, che si riproducono tra loro, visto che appartengono alla stessa specie, non sono ibridi, ma meticci e, come previsto dal Regolamento n. 338 del 1997 dell'Unione europea, non solo i lupi sono una specie particolarmente protetta, ma lo sono anche tutti quei soggetti che da essi derivano fino alla quarta generazione, ancorché derivati da un incrocio tra domestici, incrocio lupo-cane. Questo fenomeno, peraltro, nonostante il tentativo fuorviante del progetto Ibriwolf di creare un problema che non esiste in termini di reale minaccia per la specie del lupo, è da chiarire, come dimostrano le ricerche pubblicate dal dottor Rosario Fico dell'Istituto zooprofilattico del Lazio e della Toscana. I risultati hanno mostrato che i cani e i lupi italiani sono geneticamente ben differenziati, suggerendo che l'introgressione dei geni domestici non ha inciso sul patrimonio Pag. 5genetico del lupo e che gli ibridi possono essere non identificabili in base a criteri di osservazione e la loro rimozione dalla popolazione selvatica è un obiettivo probabilmente impossibile. Suggeriamo che la gestione e gli sforzi di conservazione debbano essere concentrati sulle popolazioni di cani randagi che sono la fonte primaria di ibridazione del lupo. Per questo sarebbe più che opportuno che il Governo indagasse su tutti gli animali catturati e costretti in cattività anche da Ibriwolf. Come ? Solo per citare un caso, quello dei sei cuccioli catturati in tana, strappati alla madre e al branco e messi in gabbia, presso il centro di recupero di Semproniano, perché ibridi o no, per il sopracitato Regolamento, ciò non potrebbe in alcun modo avvenire. Per di più ci chiediamo: a che titolo e se a spese dello Stato ?
  Appare, inoltre, più che mai assurdo che, nonostante siano stati disattesi tutti i principi cardini del «Piano lupo 2002», voi abbiate il coraggio di rispondere oggi con l'arroganza e la protervia che contraddistinguono questo Governo nella gestione della biodiversità, proponendo, come soluzione ai problemi, e per racimolare qualche voto tra gli allevatori, gli abbattimenti dei lupi.
  Il «Piano lupo» è stato redatto dall'Unione zoologica italiana Onlus e non dall'Ispra, come stabilito dall'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997, ed ora all'esame della Conferenza Stato-regioni prima della sua definitiva adozione. L'Unione zoologica italiana Onlus è presieduta dal professor Boitani, anche responsabile del progetto Ibriwolf il quale ha dichiarato, che non sono previsti gli abbattimenti selettivi dei lupi, negando evidentemente quanto invece previsto e anche da lui indicato nel piano di conservazione e gestione del lupo del 22 dicembre 2015.
  Lei, Ministro dell'ambiente, ha dichiarato in precedenza che nel «Piano lupo» non è previsto il ricorso agli abbattimenti selettivi come da deroga prevista dall'articolo 16 della «direttiva Habitat», mentre in altre circostanze ha sostenuto che l'abbattimento di un massimo del 5 per cento degli esemplari «non mette a rischio la presenza del lupo in Italia. Se non facciamo questo, il bracconaggio diventerà lo strumento di tutela degli agricoltori. E allora davvero la sopravvivenza del lupo sarà a rischio»; quindi, uccidiamo i lupi per proteggerli.
  In Italia non esiste un censimento dei lupi e il «Piano lupo 2017» per stessa ammissione dei redattori non può utilizzare dati scientifici pubblicati poiché non ce ne sono, come riportato a pagina 13 del Piano: «In mancanza di una stima formale basata su un programma nazionale di censimento del lupo, la popolazione appenninica è stata stimata attraverso un metodo deduttivo». Lo stesso nuovo piano ammette di fatto il fallimento totale del precedente «Piano lupo» del 2002 e il mancato rispetto della «direttiva Habitat» per quanto concerne la tutela dei lupi e del loro habitat, con il rischio dell'avvio di una procedura di infrazione.
  Pertanto, chiediamo di sapere: quali siano i dati nazionali raccolti e pubblicati relativi all'uso dei deterrenti e dei sistemi dissuasivi in opera ad oggi su tutto il territorio italiano; in che modo siano valutati gli episodi di predazione sulle greggi e se questi siano verificati da esperti medici veterinari forensi; per quali motivazioni per la realizzazione del «Piano lupo» si sia deciso di avvalersi dell'Unione zoologica italiana, e se, a tale riguardo, la consulenza sia stata decisa con affidamento diretto, se sia a titolo oneroso e, in tal caso, con quale impegno economico a carico dei cittadini italiani; per quale motivo l'Ispra, organo tecnico-scientifico del Ministero, non sia stato ritenuto idoneo alla realizzazione del «Piano lupo»; se il Ministro non ritenga di dover tenere conto delle reazioni negative e delle perplessità espresse da alcune regioni, i cui presidenti hanno dichiarato di non voler approvare un piano che, tra le altre criticità, prevede gli abbattimenti; per quale ragione il documento non sia presente e consultabile sul sito del Ministero, ma sia reperibile unicamente sul sito di una Onlus; come siano garantiti l'affidabilità e il carattere Pag. 6scientifico del piano, dal momento che è stato realizzato senza alcun dato pubblicato e senza conoscere la consistenza dei lupi in Italia; con quale metodo si dovrebbe stabilire la quota del 5 per cento degli abbattimenti selettivi previsti dalla «direttiva Habitat», visto che il piano lupo non sembra dare indicazioni sufficienti in tal senso; se si intenda confermare la relazione tra il bracconaggio e l'esigenza di concedere la deroga agli abbattimenti selettivi; in che modo il Governo intenda procedere con la tutela del lupo, che appare invece ancora a rischio, tenendo conto che, ad esempio, secondo i dati pubblicati dal «progetto lupo Piemonte», su una popolazione di circa 80 lupi, 12 sono morti a causa di attività umane tra il 2011 e il 2012, mentre in Maremma nel 2014 almeno 13 lupi, su una popolazione di 30 individui, sono stati illegalmente uccisi; se il Ministro intenda fornire dati aggiornati sui sistemi di deterrenza messi in opera e quale sia attualmente il sistema più indicato per misurare il fenomeno della predazione; se le misure previste per i piani di monitoraggio, per la deterrenza e per garantire il riconoscimento degli indennizzi siano accompagnate da risorse congrue.
  In che modo il Governo intenda tutelare una specie particolarmente protetta e favorirne la convivenza con le attività umane, garantendo e sostenendo economicamente l'applicazione e l'uso di tutti i deterrenti e, di conseguenza, la tutela degli habitat e, più in generale, della biodiversità.

  PRESIDENTE. Il Ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare, Gian Luca Galletti, ha facoltà di rispondere.

  GIAN LUCA GALLETTI, Ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare. Presidente, grazie all'onorevole interpellante. In via preliminare si segnala che la bozza di Piano cui fa riferimento l'onorevole interpellante non è quella in discussione in sede di Conferenza Stato-regioni; peraltro la bozza di Piano oggi in discussione supera gran parte delle criticità sollevate, proprio in ragione del costruttivo confronto tecnico fra le amministrazioni centrali e regionali, che ha portato alla chiusura tecnica del procedimento. Rispetto alla possibilità di rendere pubblico il Piano prima della sua approvazione da parte della Conferenza, si segnala che, di prassi, fino alla chiusura del procedimento, tali atti sono riservati e accessibili solo alle amministrazioni concertanti.
  Riguardo ai dati nazionali richiesti, si evidenzia che il lupo in Italia è una fra le specie più studiate e meglio conosciute, con una popolazione minima stimata di 1.070 individui per la popolazione appenninica e di 100 individui per la popolazione alpina. La forte ripresa del lupo negli ultimi decenni ha portato a riconoscere la specie in uno stato di conservazione soddisfacente rispetto ai parametri proprio della direttiva «habitat» (quella che citava lei, onorevole), e a migliorare la sua classificazione da «minacciata» a «vulnerabile» nella classificazione della Lista rossa IUCN, rappresentando gli esiti di un successo per il nostro Paese.
  Per assicurare una maggiore e più coerente gestione e conservazione del lupo, a partire dal 2016 è stato avviato un lavoro per la redazione di un nuovo Piano di azione del lupo. Guardate, io potevo benissimo fare a meno di intraprendere questo percorso, perché il mio Ministero non ha competenze sulla gestione del lupo: la gestione del lupo spetta esclusivamente alle regioni. Ho solo preso atto di una situazione per me intollerabile: lo dico da Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ma lo dico anche da cittadino di questo Paese. Avere chiuso gli occhi davanti a questo problema e avere lasciato alle regioni, che svolgono bene il loro compito in tanti settori, un tema così rilevante senza una cornice quadro di indirizzo, ha voluto dire per anni aprire la caccia al lupo: sì, oggi, se volete sapere, la caccia al lupo è aperta. Oggi, mentre parliamo, senza questo Piano, la caccia al lupo è aperta, e chi respinge questo Piano, di fatto, sta facendo in modo che la caccia Pag. 7al lupo in questo Paese resti aperta, perché il problema ce l'abbiamo tutto lì ! Il problema sono i 250-300 lupi che ogni anno in questo Paese vengono bracconati, perché non c’è nessuna azione che in qualche modo vada a prevedere la convivenza fra i cittadini, le attività economiche e la presenza del lupo. Manca questo oggi, non è che manchi chissà che cosa: mancano delle azioni che tendano a fare questo. E come ho agito io ? Come sono abituato a fare: ho chiesto alla scienza «che cosa intendete fare ?». Cioè, «quali sono le proposte che ci fate ?». E ritengo che questo sia il percorso nelle materie ambientali che riguardano anche situazioni così complesse, perché stiamo parlando di una situazione complessa, e sia il miglior modo di agire.
  E siamo andati, per intenderci, dai maggiori esperti che ci sono in Europa, non è che l'ho fatto con due tecnici pur bravi del mio Ministero. Abbiamo messo al tavolo 70 scienziati, coordinati dal presidente Boitani, la cui statura scientifica è conosciuta in tutta Europa e stimata in tutta Europa, e abbiamo redatto un elenco di azioni. Questo elenco di azioni, che sono 22, le abbiamo poi sottoposte agli stakeholder da una parte, che sono sia le associazioni agricole, sia le associazioni ambientaliste, alle regioni dall'altra, con le quali abbiamo avuto una valutazione tecnica positiva; dopodiché questo Piano dovrà andare prossimamente alla Conferenza Stato-regioni per la definitiva approvazione. Ma è un percorso del tutto trasparente !
  Poi si può dire che piace, non piace, per l'amor di Dio: ognuno è giusto che abbia le proprie idee. Io posso dire semplicemente che questo Piano ha una valenza scientifica forte, che io la situazione così com’è adesso non la lascio, perché non mi sento moralmente di poter lasciare una situazione indecorosa come quella che stiamo vivendo oggi: voglio almeno mettere a disposizione delle buone pratiche che possano aiutare ad evitare il bracconaggio. Ma guardate, parliamo di cose che sono anche abbastanza alla portata di tutti. Il Piano prevede 22 azioni di conservazione: misure per la prevenzione dei danni da predazione; nucleo anti-bracconaggio composto dai carabinieri forestali e dalle polizie locali. Sarà giusto fare un nucleo anti-bracconaggio specializzato proprio per il lupo, che oggi non esiste ? È un male fare questo ? L'addestramento di cani al rilevamento di bocconi avvelenati. Oggi non esistono, oggi i lupi vengono uccisi prevalentemente con i bocconi avvelenati. È giusto fare un addestramento dei cani affinché questa pratica finisca ? Io credo che sia giusto, davvero ! Le vaccinazioni dei cani randagi per ridurre l'ibridazione con i lupi, che sono quelli più pericolosi; oltre ad una più stretta regolamentazione dello strumento delle deroghe al divieto di rimozione generale, già previsto dalla legislazione vigente.
  Io su questo voglio essere molto chiaro. Prima di tutto: compatibilità con la normativa europea. Chiaramente siamo tranquilli: questo è compatibile con la normativa europea. Sono ancora più tranquillo, vi dirò, perché prima di portare alla concertazione il Piano del lupo, chiaramente abbiamo fatto una verifica preventiva con l'Europa: noi su questo piano abbiamo un assenso, ancora ufficioso, da parte della Commissione, da parte degli apparati europei, che ritengono che così il Piano vada bene. D'altra parte non è che ci inventiamo niente di nuovo: la rimozione dei lupi è prevista in gran parte, se non quasi nella totalità dei Paesi europei; quindi oggi siamo l'eccezione noi rispetto agli altri; non è che siamo noi che per primi ci buttiamo in questa cosa. Oggi, se penso alla Francia, alla Germania, ma quasi – ripeto – a gran parte dei Paesi europei, nella loro legislazione interna, in conformità alla direttiva «habitat», prevedono la rimozione dei lupi.
  Lo dico con molto dispiacere, perché, quando si travisano le cose (non lo dico in questo caso agli onorevoli interpellanti: lo dico rispetto a un dibattito sui giornali che ho letto negli ultimi mesi), quando si dicono delle falsità, si rischia poi di ottenere l'effetto contrario. E quella di dire «apriamo la caccia al lupo» è davvero una falsità, perché se io dico a mio figlio Pag. 8«apriamo la caccia al lupo», lui pensa che dal giorno dopo chiunque possa prendere un fucile e andare a sparare a un lupo. Io sfido chiunque a dire che con questo Piano domani un qualsiasi cittadino può prendere il fucile e andare a sparare al lupo. Non è così ! Il lupo con questo Piano è più tutelato di prima, non meno, è più tutelato di prima, molto più tutelato. Allora si può dire «avete aperto la caccia al lupo», perché fa bene elettoralmente, perché ad alcune associazioni ambientaliste fa bene per avere più soci e per dare più disponibilità su coloro che credono in loro, ma questa è una bugia; e io sfido chiunque a venire a un confronto con me e sostenere che da domani con questo Piano è aperta la caccia lupo, così come si intende, dicendo «è aperta la caccia al lupo», si prende il fucile e si va a sparare. Chi dice questo è un bugiardo. Punto ! Non dico altro, perché è così.
  Quand’è che si può prelevare il lupo, per intenderci ? Quand’è che si può arrivare a prelevare un lupo ? È una procedura molto complicata, molto tutelante. Intanto prima di tutto deve essere attivata dalla regione: non è che il Ministero d'imperio può partire e dire «preleviamo quel singolo esemplare di lupo». No: il Ministero, perché non ha nessuna competenza sulla gestione del lupo, non può agire in nessun modo sul prelievo dei lupi; deve essere la regione che si attiva e chiede al Ministero di avere l'autorizzazione a prelevare un lupo.
  Non mi voglio nascondere dietro alle parole, perché altrimenti dopo mi dicono: dici «prelevare» perché non vuoi dire la parola. «Prelevare», che sia chiaro, vuole dire prendere quel lupo e sopprimerlo, non è che mi nascondo dietro a questo. Stiamo allora parlando di questo. Quand’è che ciò può avvenire ? La regione lo chiede al Ministero. Il Ministero dice: hai fatto tutto quello che il piano prevede, tutto ? Il che vuole dire: hai fatto il piano anti lupo ? Hai messo le recinzioni ai pascoli in maniera che il lupo non possa predare gli agricoltori ? Hai dato, perché spetta a loro, tutti i rimborsi per i danni provocati ? Hai istituito il nucleo antibracconaggio ? Hai addestrato i cani ? Vi è una serie di condizioni, previste dal piano: solo se sono state messe in atto tutte quelle condizioni, tutte quelle condizioni, allora il Ministero chiede all'ISPRA un parere tecnico-scientifico, quindi se quel lupo, il singolo lupo individuato, non un lupo preso a caso, cioè, se quel singolo lupo presenta un carattere aggressivo tale da poter essere pericoloso per le condizioni antropiche di quella zona. Solo in questo caso, stiamo parlando solo in questo caso. Allora, voi ditemi se avete il coraggio di dire che, con queste regole, abbiamo aperto la caccia al lupo. Qui noi stiamo parlando, per intenderci, di decine, decine e decine di aziende agricole e di persone che stanno perdendo il lavoro, anche perché noi non le stiamo tutelando; oggi il lupo è libero di fare quello che vuole e non ci sono azioni di prevenzione di nessun genere.
  Abbiamo abbandonato gli agricoltori, abbiamo abbandonato delle zone intere. Allora, io dico che questo equilibrio, difficilissimo da trovare, fra la presenza del lupo, le attività economiche e la presenza dell'uomo, anche, va assolutamente regolato. Se noi su questo aspetto facciamo una mera strumentalizzazione politica, davvero non rendiamo un servizio a questo Paese. Non facciamo un servizio al lupo in primis, perché lasciamo il bracconaggio libero, non lo facciamo alle attività economiche di questo Paese e non lo facciamo ai paesi montani.

  PRESIDENTE. Il deputato Busto ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta all'interpellanza Paolo Bernini ed altri n. 2-01657, di cui è cofirmatario.

  MIRKO BUSTO. Ministro, no, non sono soddisfatto. Non sono soddisfatto perché, ancora una volta, ci ripropone una strategia, una narrazione che è curiosa. È un ossimoro tutelare eliminando. Non riesco a capacitarmi che questa possa essere una configurazione sensata. Lei ha detto e ripetuto anche adesso che, per fermare il bracconaggio, visto che c’è un problema di coesistenza, noi li uccidiamo direttamente. Quindi questo uno...

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  GIAN LUCA GALLETTI, Ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare. Ma sono 22 azioni !

  MIRKO BUSTO. Sì, lei ha detto anche che c’è tutto un percorso prima, ma questo percorso prima è lo stesso che c'era nel piano lupi del 2002 e nei piani precedenti, e invece non si è fatto nulla. Però, le dico una cosa che è stata fatta: è stato soppresso il Corpo forestale dello Stato. Quello sì, quello è stato soppresso, e poteva avere una funzione anche per andare incontro a questo tipo di problemi, e, invece, abbiamo anche una proposta della riforma della legge sui parchi, adesso, in discussione, che prevede di aprire i parchi alla caccia.
  Quindi, non capisco la ratio che sta dietro questo tipo di intervento, però voglio dirle una cosa: l'altro giorno, leggendo le sue dichiarazioni, mi è venuta in mente una cosa. Era il 2003: George Bush – si ricorderà, lei era assessore, mi pare, a Bologna – negli Stati Uniti flagellati da incendi, propone di tagliare otto milioni di ettari per fermare gli incendi. Ecco, mi sembra che la logica sia la stessa: tagliamo gli alberi per fermare gli incendi, distruggiamo le foreste per fermare gli incendi. Lei ci dice, invece, che abbiamo una popolazione che non abbiamo stimato, anzi, abbiamo stimato, cioè non abbiamo censito, non c’è un censimento.
  Quindi, questo già è un primo grande inadempimento del piano lupi precedente; quindi, non abbiamo utilizzato una metodologia scientifica chiara e trasparente per capire quanti ce ne sono. Quindi, non sappiamo quanti ce ne sono, decidiamo che, alla fine di un processo lungo, che però in Italia, purtroppo, per come anche state gestendo questo Paese, finirà senza nessun esito, molto probabilmente, quindi, alla fine di questo lungo percorso, cosa succede ? Noi possiamo ucciderne il 5 per cento. Lei ha detto un lupo: questo lupo, io voglio sapere, come facciamo a capire che sopra ha il numero minore di 5 per cento, voglio capire come facciamo, se non abbiamo un censimento; come facciamo a sapere che quel lupo lì è sotto il 5 per cento.
  E poi ci sono tanti altri problemi. È stato ricordato prima dal collega Bernini: non abbiamo stimato il numero di lupi presenti, non abbiamo censito il numero preciso di lupi presenti. Non abbiamo aiutato gli agricoltori e gli allevatori, lei lo ha detto, abbiamo abbandonato gli agricoltori. Ma chi li ha abbandonati ? Voi avete abbandonato gli agricoltori, avete abbandonato quel terremoto, li avete abbandonati con la gestione del lupo, cioè non è che siamo noi. Se non siete capaci a governare, ci sono tanti altri lavori da fare in questo Paese, non c’è soltanto il Ministero e il Governo, mi sembra, no ? Quindi, non abbiamo aiutato gli allevatori. I dati gridano vendetta, perché li ha ricordati prima: il progetto Life Medwolf dice che, sui danni da predazione da cani nel 2014, il 98 di questi proviene da allevamenti e pascoli non vigilati da pastori, il 57 per cento non ha cani da pastore e guardiania e solo il 41 ha due cani ogni 500 pecore, l'85 per cento non ha recinzioni per prevenire l'attacco da parte di predatori.
  Cioè, noi li abbiamo lasciati fare come se i lupi non ci fossero e dopo dieci anni si dice che creano qualche problema. Non si è fatto nulla, poi si crea qualche problema; la stessa cosa che succede per l'orso, la stessa cosa che succede per tutti gli animali, la fauna selvatica. Non si fa nulla, dopodiché si dice: ok, c’è un problema, e adesso chi lo risolve ? I cacciatori, facciamo sparare i cacciatori, in altri casi, come, per esempio, le ricordavo la riforma della legge n. 394. Ora, voglio andare avanti: c’è un problema anche, dicevo prima, di danno. Non abbiamo aiutato gli agricoltori, li abbiamo lasciati da soli: significa anche che noi queste persone non le abbiamo compensate del danno, perché, mi perdoni, quando noi risarciamo un capo abbattuto, non risarciamo il danno totale che ha subito, risarciamo solo una minima parte.
  Infatti, c’è tutta una serie di danni indiretti, lo stress sul gregge, la riduzione, Pag. 10la perdita di produzione del latte, gli aborti, le ferite, l'aumento di spese per le cure, tutta una serie di spese che, secondo alcune stime, può far salire il danno fino a diciotto volte. E, quindi, è ovvio che generiamo una certa rabbia, insofferenza, negli allevatori, perché non li stiamo compensando. Peraltro, c’è un altro grande problema, come veniva ricordato prima, cioè il fatto che molto spesso il problema non sono neanche i lupi, il problema è il randagismo, il problema sono i meticci oppure gli ibridi, come veniva detto.
  Quindi, non viene fatto un accertamento da una perizia medico-legale, che deve essere fatta da un medico veterinario con comprovata esperienza, e quindi, giustamente, non si riesce a capire se è stato un cane, semplificando, o è stato un lupo, e quindi tutta la rabbia viene riversata sul lupo, quando quello che manca, in realtà, che cos’è ? C’è la negligenza dei proprietari, certamente, ma, soprattutto, il livello istituzionale è quello che è mancato, il mancato rispetto dei doveri previsti dalla normativa vigente che tutela gli animali da affezione, quindi la legge n. 281 del 1991, la tutela degli animali d'affezione e prevenzione del randagismo. Su questo non si è fatto nulla, si lascia andare tutto, si lascia correre, e dopo si interviene dicendo: sì, alla fine, forse, qualcuno potrà sparare. Non ha senso, non ha senso. Noi stiamo veramente lasciando correre, con questo piano, con questo concetto, noi lasciamo una porta aperta, un piede nella porta di un sistema che non va da nessuna parte.
  Lasciare nelle mani dell'abbattimento è, come viene proposto nella legge parchi, far risolvere il problema ai cacciatori, che sono quelli che spesso lo hanno creato con i ripopolamenti. Come pure un altro, per esempio, elemento di aumento del numero di lupi è il grande esubero di ungulati, anche lì portato spesso dai ripopolamenti favoriti dai cacciatori. Quindi, c’è un problema che va affrontato con un po’ più, secondo noi, credo, di rigidità. Rigidità vuol dire mettere dei paletti seri, dire: c’è un problema di Direttiva Habitat, di possibile infrazione sulla Direttiva Habitat ? Quindi, noi dobbiamo difendere la popolazione del lupo, poiché abbiamo investito tante risorse, tanto tempo, per far riprendere; dobbiamo fare un censimento serio per sapere quanta ce n’è, perché, altrimenti, ci basiamo su numeri un po’ così, riduttivi, sistemi deduttivi, numeri un po’ a caso, e quindi non sappiamo neanche qual è il reale stato di rischio sulla popolazione del lupo.
  E dopo facciamo queste di vulnerabilità, certo, perché è vulnerabile. Poi facciamo queste aperture, queste aperture che purtroppo, stante lo stato attuale dei fatti e la mancata gestione, anzi non solo la mancata gestione ma la volontaria e colpevole distruzione degli organi di tutela del patrimonio dello Stato, del patrimonio faunistico dello Stato, del patrimonio di biodiversità dello Stato, la caccia e l'abbattimento diventano la soluzione ultima e la soluzione unica, alla fine.
  Quindi, noi le chiediamo del Piano. Lei l'ha detto: ci sono tanti impegni. Sono buoni impegni e vanno messi in pratica. Mettiamoli in pratica, ma togliamo questa finestra, togliamo questa finestra verso l'abbattimento, perché il lavoro va fatto e lei lascia un punto di scappatoia, una scappatoia. Pensi a un recipiente in pressione: se si lascia un buchino, la pressione non sarà mai abbastanza per creare un cambiamento. Se lei lascia una scappatoia, il sistema si evolverà verso quella scappatoia. Bisogna avere una rigidità che ci consenta di risolvere il problema, dando alle persone, agli allevatori e agli agricoltori, le giuste compensazioni, invogliandoli e incentivandoli, aiutandoli a mettere in atto tutte le misure di prevenzione – tutte ! – e poi, con un censimento, con un'analisi seria di quello che sta succedendo, valutare se il problema c’è ancora. Io credo che il problema non ci sarà più, non ci sarà più ! Questo le chiediamo. Faccia perché glielo stanno chiedendo, almeno ad oggi. Io non so, perché l'ultima versione non l'abbiamo potuta vedere, ma ad oggi sappiamo che 11 presidenti di regione le hanno chiesto di rimuovere questa parte e noi ci uniamo al loro grido, ci uniamo al grido di tanti cittadini italiani Pag. 11che non vogliono vedere vanificato un lavoro di tanti, di prevenzione della biodiversità e della tutela del lupo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

(Iniziative di competenza tese ad affrontare l'emergenza amianto e a favorire la bonifica dello stabilimento Ilva di Taranto – n. 2-01660)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Duranti ed altri n. 2-01660 (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo al deputato Francesco Ferrara se intenda illustrare l'interpellanza di cui è cofirmatario o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  FRANCESCO detto CICCIO FERRARA. Grazie, Presidente. Signor Ministro, il 12 gennaio di quest'anno si è svolto un incontro tra i rappresentanti dell'Ilva di Taranto e le organizzazioni sindacali, il cui tema all'ordine del giorno era l'emergenza amianto. A quell'incontro, però, non erano presenti i commissari. Va ricordato che il 31 dicembre 2016 scadeva il termine entro il quale gli stessi commissari avrebbero dovuto trasmettere al suo Ministero la mappatura dei rifiuti pericolosi o radioattivi e del materiale contenente amianto, aggiornata al 30 giugno. Tale relazione è stata consegnata il 27 dicembre 2016. Le organizzazioni sindacali, in particolare la FIOM-CGIL, hanno ripetutamente ravvisato la necessità che i commissari, all'interno della relazione, facessero riferimento non solo alla mappatura ed alle attività di bonifica già effettuate ma anche al piano di bonifica, al numero e ai dati anagrafici degli addetti ed alle caratteristiche degli eventuali prodotti contenenti amianto, nonché alle misure adottate o in via di adozione ai fini della tutela della salute delle lavoratrici e dei lavoratori e dell'ambiente. Questo per permettere ogni verifica necessaria all'eventuale allontanamento degli stessi lavoratori e lavoratrici dalle fonti di rischio presenti nello stabilimento siderurgico.
  La richiesta, avanzata dalle organizzazioni sindacali, è rafforzata e sostenuta dai dati presenti nella relazione, che i commissari hanno presentato a luglio 2016 in Parlamento. In quella relazione, infatti, si specifica come nello stabilimento dell'Ilva di Taranto siano ancora presenti circa 3.820 tonnellate di amianto, di cui 3.700 in materia friabile e 120 in matrice compatta. Anche gli interventi di rimozione di materiale contenente amianto e lo smaltimento di rifiuti, eseguiti negli anni 2013-2015, sono riferiti maggiormente a materiale di matrice friabile. Sono stati eseguiti, infatti, 140 interventi in matrice compatta e 150 in quella friabile; sono state smaltite 409 tonnellate di compatta e quasi 1.325 di friabile. I dati relativi al censimento del materiale contenente amianto, agli interventi di rimozione, allo smaltimento e ai campionamenti ambientali, al fine di verificare la dispersione di fibre di amianto in ambienti di lavoro, sono anche inviati all'ASL e alla regione Puglia.
  Durante il già citato incontro del 12 gennaio scorso, l'azienda si sarebbe rifiutata di consegnare e anche soltanto di far visionare alle organizzazioni sindacali la relazione dei commissari.
  A questo punto, crediamo sia necessario che il Governo, così come richiesto peraltro anche dalle organizzazioni sindacali, apra un tavolo di confronto con le istituzioni locali, ASL, ARPA, regione Puglia, i commissari e lo stesso Governo, al fine di verificare la corretta attuazione di tutte le misure utili e necessarie alla tutela e alla salvaguardia della salute e della sicurezza di tutti i dipendenti dello stabilimento Ilva.
  Per questo, signor Ministro, le chiediamo come intenda adoperarsi affinché questo tavolo di confronto sia immediatamente attivato, rendendo inoltre note le precise modalità con cui saranno affrontati gli interventi di bonifica durante la gestione commissariale, compreso l'accesso per le organizzazioni sindacali alla relazione del 27 dicembre, in modo da dare Pag. 12pronta e positiva soluzione all'emergenza amianto che interessa lo stabilimento Ilva di Taranto.

  PRESIDENTE. Il Ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare, Gian Luca Galletti, ha facoltà di rispondere.

  GIAN LUCA GALLETTI, Ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare. Grazie, Presidente, e grazie anche all'onorevole interrogante. Come è noto, in data 30 dicembre 2016 Ilva ha provveduto a trasmettere la mappatura dei rifiuti pericolosi e radioattivi e del materiale contenente amianto aggiornata al 30 giugno 2016, ai sensi del decreto-legge n. 98 proprio dell'anno 2016. Allo stato è in corso l'esame della documentazione. La relazione, trasmessa dai commissari straordinari di Ilva, fornisce il dettaglio dei rifiuti pericolosi in giacenza al 30 giugno 2016 presso gli stabilimenti attivi di Ilva Spa in amministrazione straordinaria, riportando, per ciascuno di essi, l'indicazione del codice CER e la descrizione del rifiuto stesso nonché l'indicazione della quantità in giacenza. La relazione fornisce, inoltre, il dettaglio della mappatura, alla stessa data, dei materiali contenenti amianto presso gli stabilimenti di Ilva in cui se ne registra la presenza.
  Peraltro, secondo quanto riferito sempre dal subcommissario, Ilva ha predisposto, a seguito della mappatura effettuata, uno specifico piano degli interventi di rimozione e di bonifica dei materiali contenenti amianto che, partendo dal censimento dei manufatti contenenti amianto, identifica: le aree o gli impianti aziendali in cui detti manufatti sono presenti; le tipologie di interventi che sono stati identificati per ciascuna area o impianto, suddividendoli tra interventi di demolizione, di bonifica e di smaltimento dei rifiuti prodotti; il costo previsto per le suddette categorie di interventi; la pianificazione di svolgimento degli interventi, con la relativa tempistica per il completamento. Il piano ad oggi contempla circa 18 interventi ritenuti prioritari, per i quali sono in corso le attività di assegnazione degli ordini per l'esecuzione. L'attuazione di tali interventi ha un costo complessivo previsto pari a circa 36 milioni di euro.
  Tanto premesso e tenuto conto, tra l'altro, che allo stato è in corso la procedura concorsuale relativa all'assegnazione a soggetti privati degli asset di Ilva Spa in amministrazione straordinaria, si rappresenta che solo a conclusione di tale procedura, con l'individuazione del soggetto aggiudicatario, si potrà valutare l'opportunità di istituire un apposito tavolo tecnico di confronto.

  PRESIDENTE. Il deputato Francesco Ferrara ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta all'interpellanza Duranti ed altri n. 2-01660, di cui è cofirmatario.

  FRANCESCO detto CICCIO FERRARA. Grazie. Signor Ministro, le informazioni che lei giustamente qui riportava, come sa, erano presenti anche nella nostra interpellanza. Il punto è che, nell'attesa che verrà il soggetto assegnatario e, quindi, quando passerà di mano a un'altra proprietà, noi siamo di fronte ad un impianto che purtroppo, per tutti gli elementi che lei anche qui ricordava, è e rimane ancora area importante dentro alla quale ci sono pericolosi elementi, in particolare che hanno a che fare con l'amianto e che possono avere a che fare anche con le persone e, quindi, con i lavoratori che in quell'impianto sono presenti.
  Per questa ragione noi pensiamo che sia utile mettere a disposizione quel lavoro di ricerca che è stato effettuato e, quindi, capire come siano dislocati attualmente tutti i tipi di materiale pericoloso derivanti dall'amianto, per avere, con le organizzazioni sindacali, un quadro di conoscenza; e, quindi, per rendere trasparente un problema che è di enorme importanza, come lei sa, non solo per quell'azienda ma anche per i cittadini e per le cittadine di Taranto. E, insieme agli enti preposti, per fare in modo che questa modalità di intervento in quell'area sia, da un lato, percepita come un fatto che effettivamente si sta facendo Pag. 13e non invece che si racconta senza poi che concretamente si dia conto di questo lavoro, perché questo è un problema importante soprattutto per chi lavora e soprattutto per le popolazioni: sapere che ci sono cose che si stanno facendo giorno per giorno per mettere in sicurezza aree o impianti è una cosa importante e quindi occorre rendere trasparente questa cosa. Per questa ragione io penso sia utile che lei, in quanto Ministro e rappresentante del Governo, faccia sì che ci sia questo tavolo regionale con l'ASL, con l'ARPA, con la regione Puglia e con le organizzazioni sindacali, in modo tale da dare assicurazioni e da far vedere che cosa si sta facendo e quali sono i problemi e i limiti ancora di questi interventi, e produrre un elemento di trasparenza che può aiutare a fare quegli atti necessari a mettere in sicurezza il lavoro e le lavoratrici e i lavoratori di quella città e di quell'impianto.

(Chiarimenti e iniziative di competenza in materia di tariffe degli abbonamenti ferroviari relativi alle tratte ad alta velocità – n. 2-01647)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Ferrara ed altri n. 2-01647 (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo al collega Francesco Ferrara se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  FRANCESCO detto CICCIO FERRARA. Grazie, Presidente. Signor sottosegretario, Trenitalia ha cominciato il 2017 con un lancio di nuovi abbonamenti per l'Alta velocità, immettendo sul mercato quattro tipi diversi di tagliandi, che si differenziano per costo e giorni di utilizzo. Dal mese di febbraio i pendolari di Frecciarossa avrebbero dovuto scegliere tra l'utilizzo di un abbonamento completo, valido per tutta la settimana e a tutte le ore o limitato per le corse nella fascia 9-17 e quindi fuori dall'orario di punta per i pendolari, e tra un abbonamento valido dal lunedì al venerdì a tutte le ore o limitatamente alla fascia 9-17. I nuovi prezzi applicati a tutti e quattro i tipi di abbonamento hanno comprensibilmente fatto infuriare i pendolari che si sono ritrovati da un giorno all'altro a dover pagare abbonamenti in media più cari del 35 per cento, una vera e propria stangata per migliaia di famiglie e di lavoratori e lavoratrici pendolari. I prezzi proposti da Trenitalia erano davvero insostenibili per un gran numero di abbonati. Solo per fare qualche esempio, sulla tratta Roma-Napoli si sarebbe passati da 356 euro a 481 euro fino alla domenica e a 427 euro fino al venerdì, e così anche sulla Napoli-Salerno, dove addirittura si andava dai 170 euro di oggi ai 230 euro dal lunedì alla domenica e ai 204 euro dal lunedì al venerdì. La decisione di Trenitalia di aumentare il prezzo degli abbonamenti mensili ci appare incomprensibile e immotivata, soprattutto perché non si è assistito ad un aumento significativo dei collegamenti disponibili: i treni, in linea di massima, sono sempre gli stessi dell'anno scorso, quindi, a fronte di un servizio rimasto sostanzialmente invariato, il prezzo è salito e di non poco. Pensiamo che questa sia una politica sbagliata, cioè che sanare i conti delle aziende scaricando i costi sui dipendenti e sugli utenti e privatizzando servizi che, dal nostro punto di vista, sono strategici per il nostro Paese, sia un errore grave in questo Paese. Secondo alcune stime, i pendolari italiani sono circa 3 milioni, che ogni giorno si spostano in treno per andare a lavorare e trascorrono almeno un terzo della loro giornata per uscire di casa, prendere un mezzo, raggiungere la stazione di partenza – e questo ha un costo – prendere un treno – e questo ha un altro costo –; una volta arrivati alla stazione di arrivo, devono prendere un altro mezzo per raggiungere il luogo di lavoro e questo ha un altro costo; e la sera fanno il percorso inverso. Probabilmente, basterebbe intensificare i treni regionali veloci che, piazzati in orari strategici, garantirebbero grandi risparmi per i viaggiatori pendolari, evitando loro di acquistare costosi abbonamenti sull'Alta velocità. Comunque, lo scorso 25 gennaio, dal confronto Pag. 14tra Governo, Trenitalia e le commissioni infrastrutture e mobilità e governo del territorio della Conferenza delle regioni è emerso un compromesso transitorio per il dimezzamento dei rincari, fino a una soluzione definitiva. Le revisioni di prezzo saranno in vigore con gli abbonamenti di marzo, acquistabili da metà febbraio e i viaggiatori che hanno già acquistato il titolo di viaggio per il mese di febbraio potranno chiedere un rimborso sulla differenza. Tale soluzione, seppure temporanea, consentirà una riduzione del 10 per cento della crescita del prezzo dell'abbonamento più richiesto, quello che copre dal lunedì al venerdì senza limiti di orario. Le altre tipologie di abbonamento erano state diminuite del 15 e del 5 per cento. Pur prendendo atto di questo primo risultato – ribadiamo: ovviamente provvisorio –, richiamiamo l'attenzione su tutti i soggetti coinvolti, vista la dimensione sociale che questo nuovo pendolarismo che utilizza l'Alta velocità va assumendo sempre di più, anche perché, seppur del 10-15 per cento per una famiglia di impiegati o operai, tale aumento incide comunque in maniera consistente sul bilancio familiare. Anzi, a volerla dire proprio tutta, già prima degli aumenti di quest'anno un abbonamento ai trasporti incide pesantemente sul bilancio delle famiglie. Su uno stipendio medio che va dai 1.200 ai 1.300 euro al mese, un abbonamento ai treni ad alta velocità porta via circa un terzo dello stipendio; a questa cifra vanno aggiunte le spese aggiuntive per raggiungere la stazione di partenza, i luoghi di lavoro dalle stazioni di arrivo. Se prendiamo come esempio due città come Roma e Napoli, occorre aggiungere altri 35 euro al mese per l'abbonamento ai mezzi di trasporto romani e altri 35 euro o 42 euro per quelli napoletani, e sono altri 70-80 euro al mese. E questo vale solo per chi vive nel capoluogo. Per chi vive invece in provincia, raggiungere le stazioni della città ovviamente ha un altro costo e quindi sono sempre costi che si aggiungono ad altri costi. Il 6 febbraio scorso abbiamo infatti scoperto che, per colpa di un algoritmo sbagliato, ai pendolari venivano imposti abbonamenti altissimi, con il risultato che per dieci anni gli abbonati Trenitalia avrebbero pagato più del dovuto, con tariffe evidentemente falsate. Su questa vicenda siamo immediatamente intervenuti la settimana scorsa con un question time qui in Aula. Alla nostra richiesta di un immediato risarcimento della platea di pendolari, su cui ha impattato l'errore di calcolo, il Ministro ha fornito una risposta tecnicamente ineccepibile, ma comunque insoddisfacente, visto che i pendolari ogni giorno affrontano viaggi infernali a prezzi gonfiati e che il problema, pur essendo stato individuato anni fa, non ha trovato una soluzione e si sono dovute attendere le denunce pubbliche delle associazioni dei pendolari e dei consumatori per arrivare ai rimborsi. Una cosa incredibile, una beffa che solo adesso viene parzialmente sanata. A tal proposito ne approfitto per chiedere cosa si è fatto nel frattempo e cosa si farà per fare luce sulla vicenda degli abbonamenti sovraregionali gonfiati, con particolare riferimento al pieno accertamento delle responsabilità per quello che, più che a un semplice disagio, somiglia ad una vera e propria truffa, visto che migliaia di pendolari avrebbero pagato abbonamenti di fatto gonfiati. Quello che bisogna a tutti i costi evitare ovviamente è il rimpallo di responsabilità, per procedere quanto prima al risarcimento dei pendolari; e soprattutto bisogna evitare che a pagare siano gli enti locali che, oltre ai tagli subìti per effetto delle manovre economiche di questi ultimi anni, dovranno caricarsi gli esborsi necessari a mantenere gli impegni sottoscritti nei contratti di servizio stipulati con Trenitalia, la quale non intende vedere scalfiti gli importi concordati e garantiti a livello pluriennale.
  Per tutti questi motivi, in attesa che dal tavolo tecnico, appositamente costituito, vengano individuate le soluzioni strutturali per risolvere il problema delle tariffe per gli abbonamenti alta velocità, vorremmo sapere cosa intenda fare il Governo per evitare che il compromesso transitorio raggiunto per il dimezzamento dei rincari dei prezzi degli abbonamenti all'alta velocità Pag. 15non rappresenti solo una soluzione tampone, per differire soltanto di qualche mese il problema degli aumenti, che si potrebbe ripresentare dopo il mese di giugno; cosa intenda fare per sostenere i pendolari dal punto di vista economico e dei servizi, visto che già oggi i costi per l'abbonamento ai mezzi di trasporto, in particolare ai treni, incidono pesantemente sui bilanci familiari e rappresentano uno sforzo economico enorme e un danno materiale evidente per tanti lavoratori e per tante lavoratrici.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le Infrastrutture e i trasporti, Umberto Del Basso De Caro, ha facoltà di rispondere.

  UMBERTO DEL BASSO DE CARO, Sottosegretario di Stato per le Infrastrutture e i trasporti. Grazie, Presidente. In premessa ricordo che, come dichiarato dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato e ribadito dall'Autorità di regolazione dei trasporti, la natura di «mercato» dei servizi di alta velocità implica che ciascuna impresa ferroviaria effettui le proprie scelte commerciali autonomamente, in funzione della loro redditività attesa, senza condizionamenti di alcun tipo in termini di quantità, conseguentemente di prezzo, dei servizi offerti, se non il pieno rispetto di un corretto confronto concorrenziale. In particolare, non esiste alcuno specifico obbligo in capo agli operatori dell'alta velocità di offrire servizi in abbonamento.
  Tra l'altro, l'Autorità ha introdotto misure specifiche a tutela e a garanzia dei passeggeri che aderiscano a quelle offerte commerciali. Essa ha, altresì, espresso l'auspicio che tutte le imprese che operano nel segmento dell'alta velocità mantengano gli abbonamenti e configurino la propria offerta in modo da favorire la mobilità delle persone e la riduzione dei tempi di spostamento via ferrovia tra grandi città contigue. Gli abbonamenti per i treni ad alta velocità sono dunque una tipologia di titoli di viaggio emessa per autonoma scelta commerciale nell'ambito di un segmento di mercato liberalizzato nel quale Trenitalia, unica impresa ad averli mantenuti e ad offrirli ai propri clienti pendolari, ne sostiene l'intero onere economico, senza compensazione con corrispettivi pubblici, come accade invece per altre tipologie di servizi quali gli intercity e i treni regionali. Pertanto tali abbonamenti, rientrando nelle logiche commerciali delle imprese ferroviarie, vengono gestiti in piena autonomia dalle stesse con conseguente determinazione delle regole e delle modalità di attuazione.
  Tuttavia, occorre rilevare che negli ultimi anni si è registrato lo spostamento sui treni ad alta velocità, in considerazione proprio dell'offerta di questo servizio, di una certa quota di clientela di pendolari il cui target, oltre ad avere connotazioni peculiari sotto il profilo socio-economico, media o medio-alta capacità di spesa, è anche abbastanza circoscritto in termini di fasce urbane di provenienza. Caratteristica del fenomeno è che risulta accentuato nelle tratte iniziali, per esempio la Roma-Napoli, e in quelle finali, per esempio Milano-Torino, della linea alta velocità italiana che da Torino porta a Napoli, dove, concentrandosi il maggior numero di abbonati, si determinano significative riduzioni delle disponibilità di posti offerti sulle più lunghe distanze. È di tutta evidenza, quindi, che un abbonamento sui treni ad alta velocità, senza vincoli di orari e non limitato ai soli giorni lavorativi, finisce per limitare la disponibilità di carico altrimenti destinabile a clienti disposti a percorrere tratte più lunghe sui medesimi treni. Sotto tale aspetto, quindi, Trenitalia ha tentato di recuperare, con gli incrementi evidenziati anche dagli onorevoli interpellanti, un qualche margine operativo in grado di compensare le eventuali perdite connesse alla impossibilità di vendere biglietti, anche a prezzo pieno, per tratte più lunghe e ben più remunerative. Ultima considerazione riguarda il dato numerico dei viaggiatori davvero interessati a tali servizi: da fonti della stessa Trenitalia si tratta di una quota di poco superiore a 7 mila persone. In ogni caso Trenitalia, su sollecitazione del Ministero Pag. 16delle infrastrutture e dei trasporti, ha ritenuto – come è noto – di dimezzare, in via transitoria, gli aumenti degli abbonamenti di alta velocità, in attesa di soluzioni definitive a cura di un tavolo tecnico appositamente avviato. L'operatività dei nuovi prezzi è stata prevista a valere sugli abbonamenti di marzo; per quanto pagato in più a febbraio è stato, comunque, disposto il rimborso agli abbonati già a partire dal 9 febbraio scorso. Come il Ministro Delrio ha avuto modo di assicurare nel corso del question time, qui alla Camera, lo scorso 8 febbraio, il tema va affrontato in maniera strutturale. Infatti, tra le ipotesi al vaglio del tavolo tecnico vi è anche quella di inserire in contratto di servizio con contribuzione pubblica alcuni collegamenti di alta velocità in orario pendolare. Sul tema è stata indetta per il prossimo 2 marzo apposita riunione presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con tutte le parti coinvolte – presidenza della Conferenza delle regioni e delle province autonome, amministratore delegato di Trenitalia –, cui parteciperà lo stesso Ministro.
  Con riferimento, poi, all'ulteriore rilievo avanzato dagli onorevoli interpellanti circa l'algoritmo di calcolo della cosiddetta tariffa sovraregionale, ricordo che la determinazione delle tariffe nel trasporto regionale rientra tra le competenze di ciascuna regione o provincia autonoma per i treni che servono il proprio territorio mentre, per i treni che servono il territorio di due o più regioni, sino al 2007, si applicava la tariffa nazionale, le cui variazioni erano deliberate dal CIPE, che era col tempo divenuta notevolmente più bassa delle singole tariffe deliberate dalle regioni. Pertanto, in sede di Commissione trasporti della Conferenza delle regioni e delle province autonome, si stabilì di introdurre la cosiddetta «tariffa regionale con applicazione sovraregionale», calcolata sommando il costo delle singole tratte regionali, secondo i prezzi in vigore in ciascuna regione, e applicando alla somma un correttivo matematico che tenesse conto di una serie di fattori. Questo correttivo è un algoritmo che venne definito ed approvato da detta Commissione nel 2007. Come ha riferito Trenitalia, alcuni abbonati ed associazioni di consumatori hanno evidenziato che, nel corso del tempo, quel metodo di calcolo ha prodotto delle sostanziali differenze di prezzo rispetto a percorrenze analoghe, svolte all'interno di ogni singola regione, soprattutto per effetto della forte e differenziata dinamica delle tariffe attuate negli ultimi anni dalle regioni. La questione è stata, quindi, sottoposta all'attenzione della predetta Commissione trasporti, che ha attivato un tavolo di approfondimento per l'analisi e la eventuale revisione dell'algoritmo; tale tavolo, i cui lavori si erano interrotti nel 2015, riprenderà a breve la sua attività.
  Da informazioni assunte presso la Conferenza delle regioni, il 15 febbraio scorso, nel corso di un incontro tra il coordinatore della Commissione infrastrutture, una delegazione di assessori regionali e l'amministratore delegato di Trenitalia, è stata confermata e ribadita la volontà di accelerare il confronto, affinché in tempi rapidi possa essere individuata una soluzione condivisa e soddisfacente per tutti, soprattutto naturalmente per l'utenza. In proposito, il 22 febbraio prossimo la Commissione infrastrutture incontrerà Assoutenti ed inoltre il tema è stato programmato all'ordine del giorno della Conferenza dei presidenti delle regioni per il prossimo 23 febbraio.

  PRESIDENTE. Il deputato Francesco Ferrara ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  FRANCESCO detto CICCIO FERRARA. Grazie, Presidente. Io ovviamente ringrazio il sottosegretario per gli argomenti che ha portato alla nostra interpellanza, ma c’è un punto di fondo che francamente io non condivido – mi faccia dire –, non posso accettare. Qui stiamo parlando di imprese che hanno un profilo strategico per il nostro Paese e per questa ragione queste imprese dovrebbero svolgere, com’è giusto che sia – io non voglio tornare su Pag. 17tutta la materia della discussione, che pure c’è stata e c’è ancora, sul tema delle privatizzazioni e il ruolo dello Stato nell'economia e nelle politiche industriali –, tuttavia mi faccia dire che un'impresa strategica come quella del trasporto, che ha a che fare con la vita dei cittadini e delle cittadine del nostro Paese, parte da un altro assunto, e non da questo, cioè come fare in modo di servire, di essere utile, alla propria utenza; il tema è come fare profitto.
  Quindi, se quello è il tema, capisco anch'io che un'impresa, per fare profitto, decide di concentrarsi esclusivamente sull'alta velocità, decide che i vagoni di notte non ci possono più stare, decide che sui treni veloci regionali non vale la pena investire. Fa solo quel prodotto, quel prodotto ha un costo e chi se ne frega se il dipendente della scuola, piuttosto che della pubblica amministrazione, deve andare da Napoli a Roma, sono problemi suoi. Se può pagare 500 euro ci va, se non li può pagare non ci va, casomai si licenzia e va a piedi.
  Questo per me è inaccettabile. In un Paese civile e democratico, come spesso diciamo, è inaccettabile, perché questo vuole dire che le persone vengono dopo il profitto, dopo il mercato. Per me una concezione così fatta della società è inaccettabile. Per questo noi non siamo d'accordo su tutto quanto ciò che è stato detto, per una ragione di fondo: perché anche se sono privati, sono in Italia, hanno a che fare con le regole nel nostro Paese, hanno a che fare con un sistema che non può prescindere da elementi così fatti.
  Lei sa come io e come il Presidente di oggi prendiamo quel treno e li vediamo. Ma le pare normale che, dopo aver pagato 400 euro, sono seduti; arrivo io, che ho il biglietto prenotato su quel posto, si devono alzare – alzare – perché non hanno diritto a stare seduti. Poi scendono a Roma, poi prendono la metropolitana, poi prendono l'autobus, poi vanno a lavorare e poi dopo le ore di lavoro rifanno la stessa cosa, arrivano a Napoli, devono prendere la metropolitana, l'autobus oppure devono prendere la vesuviana, la circumvesuviana, oppure il loro mezzo di trasporto. E noi che cosa gli rispondiamo ? «Il mercato»; quale mercato ? Ma di che parliamo ? Qui dobbiamo rispondere a un problema che ha a che fare con la vita delle persone, con la vita delle persone ! Non si può ridurre una persona ad essere soggetto delle regole del mercato, che è un modo di dire, del profitto, perché poi le regole del mercato sono fare i soldi.
  Io penso che invece bisogna intervenire. Queste aziende devono avere a che fare con un orientamento che non può prescindere da elementi basilari che hanno a che fare con il ruolo sociale che le imprese svolgono nel nostro Paese. Credo che, da questo punto di vista, il Governo debba fare di più e tutto il necessario per far sì che anche sulla dinamica dei costi, dei prezzi, anche sulle scelte che quell'azienda fa (perché sono discutibili le scelte che Trenitalia ha fatto sui piani industriali), si intervenga, per fare in modo di svolgere un ruolo autorevole, forte. Io so che non siamo più i padroni, però è così: svolgere un ruolo autorevole, importante, per decidere assieme sia le politiche industriali e, contemporaneamente, anche le politiche verso le utenze. Questo è il ruolo che ha un Governo in un Paese. Questo è il ruolo che debbono avere le imprese se vogliamo salvaguardare – certo – l'interesse delle imprese, ma anche la vita delle persone, anche la loro dignità, visto che, come noi sappiamo, chi lavora nel pubblico impiego o nella scuola (che poi sostanzialmente sono gli 8 mila pendolari che si muovono, questo è il grosso, quello è dove lavorano) non va oltre i 1.350 euro al mese.

(Chiarimenti in merito ad asserite irregolarità nell'assunzione di dirigenti presso l'Agenzia delle dogane e dei monopoli e iniziative di competenza a tutela del dipendente pubblico che segnali eventuali illeciti – n. 2-01658)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Pesco ed altri n. 2-01658 (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti). Pag. 18
  Chiedo al deputato Pesco se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  DANIELE PESCO. Grazie Presidente. Intendo sì presentare quest'interpellanza, perché secondo noi è un caso molto grave che si sta verificando all'interno dell'Agenzia delle dogane. Siamo già intervenuti su questo tema in quanto secondo noi la fase di scelta dei dirigenti all'interno della pubblica amministrazione è una fase molto delicata e purtroppo su un concorso che è stato fatto nel 2013 si sono verificate diverse irregolarità.
  Siamo alla seconda interpellanza e alla terza interrogazione in generale su questo tema, in quanto le irregolarità sono state veramente tante. Mi riferisco ad esempio allo svolgimento del tema, in quanto sembra che i temi trattati nelle due prove scritte fossero già comunque dibattuti all'interno di corsi organizzati da un sindacato, grazie probabilmente a rapporti interni, visto che questo corso era destinato agli incaricati di funzioni dirigenziali. I temi trattati nella seconda prova erano stati oggetto di comunicazioni, diciamo così, di direttive, da parte di un dirigente che ha fatto solo dopo essere stato nominato all'interno della commissione esaminatrice; e siamo nel 2012.
  Nel 2013 si svolge il compito, vi sono i temi che riguardano queste prove e arrivano i primi ricorsi. I primi ricorsi arrivano in realtà dopo la correzione delle prove, dopo la lista dei vincitori del concorso. Questo perché ? Perché probabilmente vi sono state delle irregolarità non solo nella scelta dei temi, ma anche nella correzione dei temi, tant’è che il TAR del Lazio ha bollato come inaffidabile la commissione che ha corretto queste prove. Perché ha detto che è stata inaffidabile la commissione ? In quanto hanno corretto i temi in modo un pochino particolare. Un membro della commissione (tra l'altro lo stesso membro di cui parlavo prima, quello che aveva scelto i temi e che aveva dibattuto di questi temi nell'ambito di un corso per dirigenti incaricati) ha avocato a sé, logicamente con una decisione presa in commissione esaminatrice insieme agli altri membri, la correzione di tutti i temi e ha chiesto ai colleghi di commissione di esaminare in modo collegiale solo i temi – diciamo così – al di sopra di una certa votazione data da lui stesso. Questa scelta è stata condivisa tra tutta la commissione certo, però fatto sta che i temi sono stati corretti in modo molto veloce. Da un calcolo che è stato fatto sui tempi utilizzati per la correzione complessiva di questi temi è emerso che ogni tema è stato corretto in circa due minuti. Un tempo logicamente impossibile per gestire questa correzione. E forse si capisce dal susseguirsi di altri eventi come hanno fatto a correggere i compiti in modo così rapido.
  Sì, perché, oltre a questi ricorsi, sono avvenute altre denunce in riferimento particolare al fatto che probabilmente, durante lo svolgimento dei temi, erano state distribuite, o persone sono arrivate già con in mano, delle Gazzette Ufficiali contraffatte. È stato pubblicato su diversi giornali il fatto che appunto ci fossero delle Gazzette Ufficiali con all'interno il tema svolto d'esame. Una cosa veramente molto imbarazzante per l'Agenzia delle dogane e vale la pena ricordare il fatto che probabilmente il concorso è stato, diciamo così, truccato in questo modo. Quindi capiamo perché per la correzione dei compiti è stato impiegato così poco tempo: perché vi erano dei compiti praticamente identici e anche nella punteggiatura questi compiti erano identici. Già per questo motivo, secondo noi, il concorso andrebbe annullato. Quindi, abbiamo le prove d'esame che praticamente erano state già decise a monte e condivise in modo generale con alcuni partecipanti al concorso, in più sono state distribuite delle Gazzette contraffatte e questo ci fa capire che appunto questo concorso praticamente sarebbe del tutto da annullare.
  Ma andiamo avanti perché le dogane non si sono arrese, hanno continuato a fare opposizione ai vari ricorsi delle persone che non sono rimaste soddisfatte dallo svolgimento di questo concorso. Ha fatto opposizione utilizzando, tra l'altro, delle risorse pubbliche, risorse pubbliche Pag. 19preziose come, ad esempio, l'Avvocatura dello Stato. Ha utilizzato l'Avvocatura dello Stato per chiedere di poter comunque conferire incarichi temporanei alle persone che hanno giovato di questo contributo, di questo beneficio, cioè l'invio della Gazzetta Ufficiale contraffatta. Una cosa secondo noi molto, molto delicata, tant’è che poi sono nate anche delle indagini da parte della Procura e da parte delle forze dell'ordine che stanno appurando cosa sia avvenuto in quei giorni proprio del concorso.
  Secondo noi, è una cosa molto, molto delicata, che getta comunque – mi dispiace usare la parola – fango sull'onore dell'Agenzia delle dogane e non si può, secondo me, permettere alla dirigenza dell'Agenzia della dogane di conferire incarichi alle persone che comunque sono coinvolte da questa procedura. Si tratta di procedure penali e, quindi, bisogna aspettare un attimo nel conferire altri incarichi a queste persone.
  Vi è poi una cosa secondo noi ancora più grave, perché l'attuale direttore generale delle dogane, che ha finito il suo mandato, è stato comunque, non dico né nell'organizzazione del concorso né il regista del concorso, però mi viene da dire: è stata una persona comunque informata sui fatti, probabilmente su ciò che stava avvenendo. Ebbene, secondo noi non è opportuno in questo caso dare una proroga a questa persona; secondo noi, visto ciò che è successo, sarebbe il caso di troncare con la vecchia gestione dell'Agenzia delle dogane, e provare a pensare a una nuova gestione. Purtroppo questo non sta avvenendo, perché è stata chiesta la proroga di altri sei mesi, e la proroga mi sembra che sia stata data. Quindi ancora una volta abbiamo persone legate in qualche modo, oppure presenti durante lo svolgimento di attività legate al concorso, che comunque hanno poi innescato fenomeni non idonei alla gestione della pubblica amministrazione: ebbene, queste persone vengono confermate. Arriva la richiesta di poter dare altri incarichi temporanei alle persone coinvolte, e secondo noi questo non è un modo di agire per gestire la pubblica amministrazione, soprattutto nel rispetto di quelli che dovrebbero essere i principi del buon andamento, della trasparenza, della legalità e dell'imparzialità. Questo non è avvenuto, e secondo noi ci vuole un taglio netto col passato per passare veramente ad una gestione nuova.
  Ma vi è di più, perché le persone che hanno avuto il coraggio di denunciare questi avvenimenti sono state bersagliate da provvedimenti disciplinari. Ora, il MoVimento 5 Stelle è stato autore di una proposta di legge che è diventata legge sul whistleblowing. Questa legge veramente dà garanzia, dovrebbe dare garanzia alle persone che hanno il coraggio di denunciare abusi all'interno della pubblica amministrazione: questo nell'ambito dell'Agenzia delle dogane non è avvenuto. Una delle persone che ha denunciato (tra l'altro membro di un sindacato, quindi rappresentante sindacale), ha fatto delle esternazioni, e per quelle esternazioni è stata punita con provvedimento disciplinare, con un richiamo disciplinare: questo non è assolutamente secondo noi corretto. Queste persone vanno tutelate e vanno sostenute nel loro coraggio di svolgere queste azioni !
  Quindi, Presidente, Viceministro, noi chiediamo che cosa intendiate fare: se intendiate veramente rinnovare la proroga al direttore dell'Agenzia delle dogane, se intendiate dare l'Ok a rinnovare temporaneamente queste persone, che comunque sono indagate, se intendiate veramente conferire loro degli incarichi temporanei; e se non sia il caso veramente di annullare in autotutela questo concorso, svolgere un altro concorso e avere garanzie che le persone che verranno scelte per svolgere compiti dirigenziali all'interno di un settore così delicato come quello delle dogane – che ricordiamo, ha a che fare con i rapporti commerciali, con i rapporti internazionali, con la merce che arriva in Italia, veramente svolge lavori molto, molto delicati –, se non sia il caso di avere garanzie che le persone scelte per svolgere attività dirigenziali siano persone veramente oneste.

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  PRESIDENTE. Prima di passare la parola al Vice Ministro, colgo l'occasione per salutare studenti e docenti del Liceo scientifico «Preseren» di Trieste, che seguono i nostri lavori.
  Il Vice Ministro dell'economia e delle finanze, Luigi Casero, ha facoltà di rispondere.

  LUIGI CASERO, Vice Ministro dell'Economia e delle finanze. Presidente, in merito all'interpellanza urgente in esame avente ad oggetto il concorso pubblico per il reclutamento di 69 dirigenti di fascia seconda indetto presso l'Agenzia delle dogane e dei monopoli, alcune nomine dirigenziali presso la medesima Agenzia e il procedimento disciplinare a carico di una dipendente e rappresentante sindacale dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, si riferisce quanto segue.
  Preliminarmente, si fa presente che l'amministrazione delle dogane e dei monopoli non ritiene opportuno pronunciarsi su aspetti rilevati nell'interpellanza in esame che attengono a indagini giudiziarie in corso, attesa la necessità di non interferire con l'azione della magistratura procedente; e come sa l'interpellante, questa è una linea che seguiamo nelle risposte delle interpellanze.
  Per quanto attiene gli altri aspetti rilevati nell'interpellanza in esame, in particolare sul concorso pubblico per il reclutamento di 69 dirigenti indetto nel 2011, si rinvia alla risposta resa il 30 settembre 2016, in riscontro alla precedente interpellanza, sempre dell'onorevole Pesco, n. 2-01477, nella quale sono state svolte diffuse considerazioni, ritenute attuali.
  Con riferimento poi alla memoria del 9 gennaio 2017 depositata dall'Avvocatura generale dello Stato in sede giudiziale del 12 gennaio 2017, alla quale fanno cenno gli interpellanti, l'Agenzia delle dogane rappresenta che trattasi di un atto, depositato dall'organo legale per un'udienza camerale del 12 gennaio 2017, volto alla difesa dell'Agenzia medesima nel procedimento instaurato da alcuni ricorrenti per la revocazione della sentenza del Consiglio di Stato – Sezione quarta, n. 1447/2016, avente a oggetto la stessa procedura concorsuale.
  I supremi giudici, ritenendo legittima la maggior parte delle attività svolte in sede concorsuale, avevano disposto la rimozione di un rilevato vizio di collegialità mediante la nuova correzione, ad opera della stessa commissione esaminatrice, di alcuni elaborati in precedenza non esaminati dal plenum del collegio. Come previsto dalla legge, l'Avvocatura dello Stato ha assunto la difesa dell'Agenzia, così come nelle precedenti fasi processuali, anche nel giudizio instaurato per la revocazione della citata sentenza del Consiglio di Stato.
  In punto di sentenza della Corte costituzionale n. 37 del 2015, gli onorevoli interpellanti fanno riferimento a nomine dirigenziali «taroccate» nelle agenzie fiscali. L'Agenzia riferisce che tali nomine sarebbero in realtà gli incarichi provvisori di funzionari dirigenziali per le agenzie fiscali attraverso procedure conformi ai propri regolamenti di amministrazione, che conferivano a funzionari sprovvisti della relativa qualifica; tali procedure sono state poi confermate dall'articolo 8, comma 20, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito con modificazioni dall'articolo 1, comma 1, della legge 26 aprile 2012, n. 44 e da successive leggi di proroga. La finalità della norma e delle successive proroghe era quella di colmare parzialmente e temporaneamente la grave e perdurante carenza di dirigenti riscontrabile nell'organico delle agenzie fiscali. L'Agenzia rileva che al termine di procedure comparative oggettive e rigorose, perfezionate nel corso del tempo, veniva attribuita a funzionari di terza area e di comprovata esperienza la titolarità delle funzioni in argomento, per il tempo strettamente necessario all'acquisizione, mediante le procedure disciplinate dall'ordinamento, di dirigenti di ruolo.
  Con la richiamata sentenza n. 37 del 2015, la Corte costituzionale ha poi dichiarato l'illegittimità costituzionale della citata norma e delle proroghe. Dal giorno successivo a quello della pubblicazione della menzionata sentenza (25 marzo Pag. 212015), l'Agenzia delle dogane ha disposto la cessazione di tutti gli incarichi dirigenziali fino ad allora conferiti, in applicazione delle norme caducate, attribuendoli ad interim a dirigenti del proprio organico in aggiunta agli incarichi da essi già condotti. In dipendenza da ciò, le procedure fino a quel momento seguite in materia di conferimento di incarichi dirigenziali erano del tutto legittime, in quanto conformi a norme vigenti a quella data.

  PRESIDENTE. Il deputato Daniele Pesco ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  DANIELE PESCO. Presidente, ringrazio il Viceministro per la risposta, ma non siamo per nulla soddisfatti, in quanto non vi è nessuna presa d'atto del Ministero su quanto sta accadendo attualmente all'Agenzia delle dogane in merito ai dirigenti, in merito al concorso truccato. È secondo noi un'attività molto simile a quella che fa lo struzzo, quando mette la testa sotto la sabbia. Secondo noi invece bisognerebbe fare veramente di più, bisognerebbe veramente attuare una presa d'atto: il concorso è stato fallato grazie a diversi strumenti, e quindi bisogna mettere la parola «fine» su questa storia. Il concorso va rifatto, bisogna dare la possibilità a tutti di ripartecipare, a tutti coloro che hanno logicamente i titoli per farlo, di partecipare al concorso e farne uno nuovo, farlo in breve tempo; magari facendolo svolgere non più all'Agenzia delle dogane, ma ad un ente terzo a questo punto, perché l'Agenzia delle dogane non si è dimostrata all'altezza di svolgere in modo onesto un concorso. E questa è la cosa da fare subito, oggi !
  Purtroppo ancora una volta assistiamo a delle risposte che non arricchiscono di nuovi elementi questa discussione, che ormai si protrae da molto tempo. Capiamo che ci sono delle indagini in corso, è giusto che le indagini vengano fatte, è giusto che vengano colpite le persone che hanno sbagliato; ma le dogane non posso rimanere ferme: bisogna veramente dare gli strumenti per avere una classe dirigenziale sicura, che possa svolgere con onestà e capacità le varie funzioni che l'Agenzia delle dogane deve svolgere.
  Ma andiamo oltre, perché prima non mi sono soffermato sul fatto che la sentenza del TAR è stata poi ribaltata in parte dal Consiglio di Stato, e anche questo groviglio bisognerebbe riuscire a modificare. Nel senso che il Consiglio di Stato ha detto: «Okay, teniamo buoni i vincitori, diamo la possibilità di correggere i temi delle persone non dichiarate vincitrici».
  Questo non ci basta, perché, se il concorso è stato veramente truccato, il Consiglio di Stato dovrebbe andare oltre, anzi, non oltre, dovrebbe veramente attenersi a quello che aveva detto il TAR del Lazio. Insomma, quel concorso non andava bene, quindi va rifatto. Noi assistiamo, ancora una volta, a un fenomeno molto diffuso nella pubblica amministrazione, che è quello della scelta dei dirigenti e l'affidamento degli incarichi ad personam. Come ci ha ricordato bene il sottosegretario prima, vi era una norma che consentiva di nominare dirigenti all'interno dell'ente grazie esclusivamente a dei colloqui e all'esperienza fatta: è stata dichiarata incostituzionale, ma ci sembra che anche le norme che comunque si sono susseguite poi successivamente – scusate il bisticcio di parole – praticamente danno l'opportunità all'Agenzia di continuare a fare le stesse cose, cioè affidare incarichi temporanei sempre alle stesse persone.
  Questo non va bene. Sappiamo che la legge non va bene, però, secondo noi, le pubbliche amministrazioni dovrebbero fare il possibile per indire dei concorsi e scegliere le persone giuste o le persone più capaci. Questo non sta avvenendo né nell'Agenzia delle dogane né nell'Agenzia delle entrate. Si prova a fare dei concorsi, ma, alla fine, li si fa così male che, grazie ai ricorsi, questi concorsi vengono logicamente buttati, diciamo così, nel buio. Questo non va bene, quindi bisogna fare di tutto per cercare di riuscire a togliere ed eliminare quei legami che permettono di nominare dirigenti le persone più fidate. Questo non va bene, perché con il rapporto Pag. 22di fiducia poi si innescano altri fenomeni legati alla mala gestio, e questo noi non lo vogliamo.
  Noi vogliamo veramente una pubblica amministrazione onesta, che lavori secondo i principi della pubblica amministrazione, nel rispetto di quei principi, e chiediamo veramente di fare il possibile affinché la pubblica amministrazione cambi affinché non si ripetano più cose come quelle già successe. Rimarco la necessità di tutelare le persone che fanno queste denunce; quindi, veramente, dovremmo incoraggiarle di più. Oltre a ciò che è stato già prescritto grazie alla legge sul whistleblowing, ebbene, secondo noi il Ministero dovrebbe riuscire a fare qualcosa in più, delle linee guida o, comunque, dei decaloghi, qualcosa per riuscire a incoraggiare le persone a denunciare gli abusi, perché, fino a quando i cittadini non capiranno che è necessaria una presa d'atto della singola persona per riuscire a tirar fuori le cose che vanno male, ebbene, questo Paese non riuscirà a cambiare.

(Chiarimenti in ordine all'adozione di un piano di interventi teso ad evitare il superamento del livello di disavanzo concordato con le istituzioni europee per l'esercizio finanziario 2017 – n. 2-01661)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Monchiero ed altri n. 2-01661 (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo al deputato Monchiero se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  GIOVANNI MONCHIERO. Molto rapidamente, Presidente, la nostra interpellanza fa un po’ la storia degli eventi degli ultimi mesi e mette insieme due problemi, quello della tenuta del sistema bancario, e ieri il Parlamento ha definitivamente convertito in legge il decreto che consente al Governo di utilizzare i venti miliardi accantonati il 21 dicembre per evitare la crisi di alcune banche di rilevanza nazionale, prima fra tutte il Monte dei Paschi di Siena, e, accanto a questo intervento, che noi abbiamo sostenuto anche votando la fiducia al Governo, ma che abbiamo criticato in qualche dettaglio, perché, secondo noi, il decreto non affronta in modo corretto e completo la problematica della dirigenza di queste banche, per cui sul voto finale sul provvedimento il nostro gruppo si è astenuto, dicevo, a questa vicenda si unisce il rischio di una procedura di infrazione a carico del nostro Paese per uno sforamento del deficit che si aggira sul 4 per mille del bilancio dello Stato, più o meno, forse anche meno.
  Ora, a fronte di questa eventualità, noi condividiamo, ovviamente, le preoccupazioni del Ministro Padoan, che ha dichiarato che la procedura d'infrazione deve essere evitata, ma, al tempo stesso, vorremmo capire meglio come riusciremo ad evitarla, perché alcune delle misure accennate non ci sembrano molto condivisibili. Ecco, non vorremmo che, per l'ennesima volta, si tamponasse questa piccola falla con l'aumento della benzina o con altre misure così poco strutturali. Per questo, vogliamo sapere qual è l'opinione del Governo in materia.

  PRESIDENTE. Il Vice Ministro dell'Economia e delle finanze, Luigi Casero, ha facoltà di rispondere.

  LUIGI CASERO, Vice Ministro dell'Economia e delle finanze. Grazie, Presidente. Con l'interpellanza in riferimento si chiedono chiarimenti al Governo in merito alle misure di bilancio correttive da adottare con urgenza per ricondurre l'indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche al livello richiesto dalla Commissione europea (dal 2,3 per cento del PIL programmato dal Governo nell'ultimo Draft Budgetary Plan per il 2017 a circa il 2,1 per cento) e scongiurare così l'apertura di una procedura di infrazione. Al riguardo si precisa che, nelle comunicazioni inviate alla Commissione da parte del Governo, è stato evidenziato che il rispetto della regola del debito viene assicurato sia tenendo conto delle circostanze eccezionali, ma anche di una politica di bilancio attenta Pag. 23alla stabilità del debito e del disavanzo.
  Da tempo l'Italia consegue significativi avanzi primari, che, nel 2016, hanno consentito la sostanziale stabilizzazione del rapporto debito-PIL, pur in un contesto europeo caratterizzato da notevoli pressioni deflazionistiche. Un altro fattore chiave riguarda la stima dell’output gap (il divario tra il PIL potenziale ed effettivo), che in una situazione macroeconomica non ordinaria viene sottovalutata dal modello concordato a livello europeo per l'Italia, così portando a valutazioni distorte dello stato effettivo delle finanze pubbliche italiane ai fini delle regole di bilancio europee. In merito ai timori esternati nella premessa dell'interpellanza circa l'instabilità dei mercati finanziari e il conseguente ampliamento del differenziale tra il rendimento dei titoli italiani e il bund tedesco occorre ribadire quanto già chiarito dal Ministro dell'economia e delle finanze in Parlamento nelle recenti audizioni.
  La struttura del debito pubblico italiano e la sua gestione hanno permesso nel corso del tempo di ridurre i rischi connessi all'evoluzione dei tassi di interesse. L'Italia ha progressivamente aumentato la quota degli strumenti finanziari con scadenza superiore o uguale a dieci anni, che ha raggiunto il 24 per cento nel 2016. Considerando la struttura attuale dello stock del debito, anche uno shock che aumentasse permanentemente l'intera curva dei rendimenti di 100 punti base avrebbe un impatto esiguo sulla spesa per interessi. Tale impatto è pari a solo lo 0,13 per cento del PIL il primo anno, 0,28 per cento nel secondo, 0,40 nel terzo e lo 0,50 del PIL nel quarto anno. Nell'ipotesi teorica che tutto il debito debba essere rifinanziato il primo anno, un aumento di 100 punti base della curva dei rendimenti incrementerebbe la spesa per interessi di 1,12 per cento del PIL nel 2016.
  Si osservi, inoltre, che i dati relativi al 2016 diffusi in questi giorni dalla Banca d'Italia e dall'Istat mostrano rispettivamente un'evoluzione più virtuosa del debito pubblico rispetto alle attese e una crescita dell'economia reale migliore di quanto programmata ad ottobre nel DBP (0,9 per cento contro lo 0,8 atteso). La minore crescita dello stock del debito rispetto alle previsioni è stata a sua volta determinata dal buon andamento dei saldi di cassa. In occasione della predisposizione del Documento di economia e finanza il Governo aggiornerà le previsioni di crescita economica per il 2017 e per gli anni successivi, e terrà conto dei dati di consuntivo del 2016 su PIL, indebitamento netto e debito pubblico; inoltre, si valuteranno possibili revisioni alle variabili internazionali esogene (prezzo del petrolio, tasso di cambio, politica monetaria, eccetera) e il loro impatto sull'economia. Le previsioni di finanza pubblica per il 2017 saranno basate su un nuovo quadro economico complessivo in cui la crescita reale del PIL non sarà l'unica determinante; conterà l'andamento di tutte le variabili che influenzano le basi imponibili e le dinamiche della spesa.
  Tale aggiornamento consentirà, pertanto, di valutare con maggiore precisione le previsioni a legislazione vigente, e quindi l'entità delle misure correttive di bilancio eventualmente necessarie. In merito alla composizione delle misure di bilancio, il Governo sta valutando sia misure dal lato delle entrate sia misure dal lato della spesa. In linea con la strategia di bilancio adottata negli ultimi anni, l'impostazione prudente della politica fiscale sarà bilanciata con l'obiettivo della stabilizzazione dell'economia. Si tratta di misure scelte per l'impatto particolarmente contenuto sulla crescita e tenuto conto degli effetti distributivi. Sono esclusi interventi sulle imposte sui redditi e sui profitti delle imprese, mentre verranno rafforzati gli strumenti messi in campo per ridurre l'evasione e incentivare il pagamento spontaneo da parte dei contribuenti.
  In merito all'impatto delle misure prefigurate sulla crescita, le valutazioni del Governo sono in linea con quelle formulate anche dall'Ufficio parlamentare di bilancio, secondo cui gli effetti sul PIL Pag. 242017 delle misure correttive e aggiuntive dovrebbero essere particolarmente limitate.
  Si sottolinea che a queste misure di contenimento della spesa e di aumento delle entrate si accompagneranno misure espansive: si intende, infatti, stanziare una cifra superiore a un miliardo di euro per affrontare le conseguenze dell'ultima scossa di terremoto e, in generale, dell'attività sismica di questi mesi per sostenere le popolazioni colpite dal sisma e per far fronte all'emergenza.
  L'ipotesi di una possibile procedura di infrazione è estremamente allarmante e va scongiurata. Un aggiornamento della dinamica del saldo di finanza pubblica strutturale è quindi indispensabile per evitare l'apertura di tale procedura, che comporterebbe una riduzione di sovranità sulle scelte di politica economica e costi ben superiori alla finanza pubblica del Paese in termini di sottrazione di risorse per il settore pubblico, per la crescita, per l'occupazione, a seguito del probabile aumento dei tassi di interesse.
  La ragione principale per cui è necessario evitare la procedura di infrazione oggi è dunque semplice: occorre evitare che aumenti di spesa per gli interessi pagati sul debito pubblico possano appesantire la crescita. È da notare che la spesa per interessi del 2016 è stata inferiore alla spesa del 2012 di circa 17 miliardi di euro, l'equivalente di un punto di PIL. È, quindi, indispensabile persistere nello spendere risorse per fare investimenti pubblici e produrre beni pubblici.
  Per concludere, il Governo intende continuare ad utilizzare tutti gli strumenti di politica economica a sua disposizione per permettere all'economia di tornare su un sentiero di maggiore crescita, in linea con la raccomandazione della Commissione europea e con quelle dell'OCSE, che proprio ieri ha presentato la Survey sull'Italia per il 2017, la revisione selettiva delle spese fiscali, tax expenditure, e le nuove priorità di spese, che saranno finalizzate a supportare la crescita inclusiva basata sull'occupazione, consumi e riduzione delle disuguaglianze sociali.
  Le riforme sul mercato del lavoro e sui prodotti, quelle relative alla pubblica amministrazione e al sistema giudiziario nonché gli strumenti messi in campo per stabilizzare il sistema bancario costituiscono elementi di un disegno unitario, all'interno del quale gli effetti benefici derivati da ciascuna azione rafforzeranno gli altri e rafforzeranno la crescita.

  PRESIDENTE. Il deputato Giovanni Monchiero ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  GIOVANNI MONCHIERO. Grazie, signor sottosegretario, per la dettagliata relazione che per molti aspetti condividiamo ed apprezziamo, anche per la situazione complessiva del nostro indebitamento che, oggettivamente, ha visto un contenimento della spesa per interessi che può consentire qualche elasticità nel bilancio.
  Detto questo e – ripeto – confermando l'apprezzamento per la visione che il Ministro Padoan e il Governo hanno sempre manifestato sul problema della spesa pubblica e dell'incoraggiamento dell'iniziativa privata, io vorrei ancora sommessamente, però, riportare l'attenzione del Governo su alcune misure che noi avremmo invocato e che non ho colto nel suo intervento, in particolare per quanto riguarda un maggiore controllo sui costi correnti della spesa pubblica, utilizzando meglio quelle misure che riguardano l'applicazione dei costi standard. Soprattutto, noi insistiamo che venga avviata realmente la procedura di alienazione dei beni pubblici e di privatizzazione di molte aziende pubbliche, che sono di per sé un incremento del disavanzo complessivo del Paese.
  Sempre per quanto riguarda la pubblica amministrazione, noi sottolineiamo la necessità di accelerare la digitalizzazione delle procedure e anche di migliorare le tecniche di performance del personale pubblico.
  Con queste raccomandazioni, sulle quali mi permetto di insistere a nome del mio gruppo, apprezzo, comunque, il tono complessivo e il contenuto della sua risposta.

Pag. 25

  PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Ordine del giorno della prossima seduta.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

  Martedì 21 febbraio 2017, alle 11:

  1. – Svolgimento di interpellanze e interrogazioni.

  (ore 15, con votazioni non prima delle ore 18)

  2. – Discussione del disegno di legge (per la discussione sulle linee generali e, previo esame e votazione delle eventuali questioni pregiudiziali presentate, per il seguito dell'esame):
   S. 2630 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244, recante proroga e definizione di termini. Proroga del termine per l'esercizio di deleghe legislative (Approvato dal Senato) (C. 4304).

  3. – Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:
   FUCCI; FUCCI; GRILLO ed altri; CALABRÒ ed altri; VARGIU ed altri; MIOTTO ed altri; MONCHIERO ed altri; FORMISANO: Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie (Approvate, in un testo unificato, dalla Camera e modificate dal Senato) (C. 259-262-1312-1324-1581-1769-1902-2155-B).
  — Relatori: Gelli, per la maggioranza; Colletti, di minoranza.

  4. – Discussione delle mozioni Bergamini ed altri n. 1-01249, Colletti ed altri n. 1-00239 e Palese ed altri n. 1-01513 concernenti iniziative volte ad agevolare il trasferimento di detenuti stranieri nei Paesi d'origine.

  La seduta termina alle 10,50.