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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 689 di lunedì 10 ottobre 2016

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO

  La seduta comincia alle 15,30.

  PRESIDENTE. La seduta è aperta.
  Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

  FERDINANDO ADORNATO, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 3 ottobre 2016.

  PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Amendola, Amici, Baldelli, Bellanova, Bergamini, Bernardo, Dorina Bianchi, Biondelli, Bobba, Bocci, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Matteo Bragantini, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Bueno, Capelli, Casero, Castiglione, Centemero, Antimo Cesaro, Cimbro, Cirielli, Costa, D'Alia, Dambruoso, De Micheli, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Manlio Di Stefano, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Galati, Garofani, Gelli, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Grillo, Kronbichler, La Russa, Locatelli, Lorenzin, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Merlo, Migliore, Nicoletti, Orlando, Pisicchio, Polidori, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rigoni, Rosato, Domenico Rossi, Rughetti, Sanga, Santerini, Scalfarotto, Scotto, Spadoni, Tabacci, Valeria Valente, Velo, Vignali e Zanetti sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente ottantanove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna).

Discussione della proposta di legge: Lauricella ed altri: Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale in materia di furto di materiale appartenente a infrastrutture destinate all'erogazione di energia, di servizi di trasporto, di telecomunicazioni o di altri servizi pubblici (A.C. 2664-A) (ore 15,35).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge n. 2664-A: Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale in materia di furto di materiale appartenente a infrastrutture destinate all'erogazione di energia, di servizi di trasporto, di telecomunicazioni o di altri servizi pubblici.
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali – A.C. 2664-A)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.Pag. 2
  Avverto che il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
  Avverto, altresì, che la II Commissione (Giustizia) si intende autorizzata a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Giuseppe Berretta.

  GIUSEPPE BERRETTA, Relatore. Grazie Presidente. Il provvedimento all'esame dell'Assemblea è diretto a introdurre una nuova figura di reato che ha per oggetto il fenomeno conosciuto comunemente come il furto di rame. Questo fenomeno deve essere ricondotto a quello più generale dei furti di materiali sottratti ad infrastrutture energetiche e di comunicazione. In particolare, il problema del furto di rame colpisce negli ultimi anni con sempre maggiore frequenza le società operanti nel settore dei trasporti, così come le altre aziende operanti nel settore dell'energia e delle telecomunicazioni che utilizzano il rame. La frequenza dei furti ha assunto rilevanti proporzioni con gravi danni patrimoniali, pesanti ritardi alla circolazione dei treni, disagi per i viaggiatori. Dopo una notevole diminuzione di tali furti nel triennio 2007-2009, un sensibile aumento dei furti di rame si è registrato nel triennio successivo in particolare nel 2012 quando i furti di rame sono stati 19.701, le persone denunciate sono state 3.431 e i delitti scoperti sono stati 1.641. Per tale ragione, quindi in ragione di tale incremento, si è intervenuti in materia nel 2013 con lo strumento del decreto-legge che ha modificato la fattispecie penale di furto e di ricettazione prevedendo specifiche aggravanti e stabilendo nelle medesime ipotesi l'arresto in flagranza di reato obbligatorio. Nello specifico è stato aggiunto come aggravante del furto quello commesso su componenti metalliche o altro materiale sottratto a infrastrutture destinate all'erogazione di servizi di trasporto, di energia, di telecomunicazioni o di altri servizi pubblici e gestite da soggetti pubblici o da privati in regime di concessione pubblica; esso è sanzionato con la pena della reclusione da uno a sei anni e la multa da 103 euro a 1.032 euro. Analoga modifica ha riguardato l'articolo 648 del codice penale con l'introduzione di una specifica ipotesi di ricettazione aggravata se il fatto riguarda denaro o cose provenienti dal furto aggravato ai sensi del nuovo articolo 625-bis, primo comma, n. 7-bis.
  Tanto per l'ipotesi di furto aggravato di materiali provenienti da infrastrutture destinate all'erogazione di servizi pubblici, quanto per le ipotesi di ricettazione aggravata degli stessi materiali, gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria devono procedere all'arresto in flagranza. Per quanto la nuova circostanza aggravante abbia sortito degli effetti favorevoli, rallentando il trend di crescita di questo tipo di reato, l'allarme rimane alto, in quanto i danni subiti sia dalle aziende, che dai consumatori, sono molto elevati. Proprio in relazione ai danni ai consumatori, segnalo che l'Osservatorio nazionale sui furti di rame, istituito presso la direzione centrale della polizia criminale, ha evidenziato di recente come il fenomeno in questione sortisca danni indiretti sull'economia, con particolare riferimento a quelli che colpiscono la collettività in termini di disservizi, incidendo sulla continuità di erogazione di servizi pubblici essenziali e pertanto sulla normale conduzione della vita quotidiana, sulla percezione di sicurezza e sui processi produttivi del Paese. Al riguardo è stato evidenziato che la società ENEL, nel solo anno 2015, ha segnalato disservizi nell'erogazione di energia per circa 700 milioni di minuti, mentre le Ferrovie dello Stato, per il medesimo anno, hanno comunicato il blocco o il rallentamento della circolazione ferroviaria per circa 7 mila treni, per un totale di 138.525 minuti.
  Il fenomeno non si limita, come si è portati a credere, al trasporto ferroviario, ma coinvolge anche quello stradale. Ad esempio, i ripetuti furti di rame avevano compromesso il funzionamento dell'intero impianto dell'autostrada A91 Roma-Fiumicino. L'ANAS, inoltre, ha comunicato Pag. 3nel giugno scorso di aver ripristinato l'illuminazione e comunque di aver fatto investimenti per circa 300 chilometri di nuovi cavi in alluminio che sono stati interrati e posti all'interno di condotte cementificate al fine di evitare il ripetersi dei furti; quindi, un enorme investimento.
  Il provvedimento in esame si pone in quest'ottica, prevedendo una nuova figura di reato in luogo dell'aggravante, aggravando il reato di associazione a delinquere quando il reato fine è il furto di rame e prevedendo la competenza della procura distrettuale per questa ultima ipotesi.
  Al testo originario della proposta, la Commissione ha apportato solo due modifiche: l'una diretta a estendere la fattispecie di reato, ritenendo sufficiente la condotta di sottrazione alle infrastrutture senza necessità che il materiale sottratto appartenga alle medesime infrastrutture, l'altra diretta ad evitare che la competenza del reato associativo ricada nella competenza della Direzione distrettuale antimafia.
  In particolare, l'articolo unico della proposta in esame rende anzitutto il furto di rame autonoma fattispecie di reato. Nello specifico la formulazione della fattispecie ricalca pressoché integralmente quella dell'aggravante di cui all'articolo 625, primo comma, n. 7-bis, lasciando inalterata anche l'entità della sanzione detentiva. È sensibilmente aumentata, invece, la pena pecuniaria, i minimi e i massimi della multa sono fissati rispettivamente in mille e 5 mila euro.
  Come si è detto, è stata eliminata dal testo originale la differenza con l'aggravante. Secondo la proposta originaria la nuova formulazione si doveva distinguere da quella dell'aggravante oggi vigente, laddove faceva riferimento ad altro materiale appartenente a infrastrutture, mentre l'aggravante fa riferimento invece ad altro materiale sottratto a infrastrutture. Dopo diversi approfondimenti in Commissione si è preferito confermare nel nuovo reato la formulazione adottata per l'aggravante essendo questa apparsa più completa.
  Anche sulla base di quanto accertato in sede giudiziaria, che vede vere e proprie bande strutturate dedicate a questo tipo di reato, viene introdotta la fattispecie associativa del delitto di furto e ricettazione di materiali sottratti a infrastrutture energetiche e di comunicazione; è, a tal fine, integrato il contenuto dell'articolo 416 codice penale cui è aggiunto un comma finale che ne prevede la punibilità con la reclusione da tre a otto anni quando l'associazione a delinquere è diretta a commettere taluno dei reati di cui all'articolo 624-ter e all'articolo 648 sulla ricettazione.
  Anche in tal caso, per esigenze di coordinamento, con l'introduzione del nuovo articolo 624-ter del codice penale, è adeguato il contenuto dell'articolo 648, primo comma, del codice penale, attualmente relativo all'aumento di pena per la ricettazione di materiali derivanti dal furto aggravato di cui all'abrogato articolo 625, primo comma, n. 7-bis. La ricettazione risulterà pertanto aggravata quando il fatto riguarda denaro o cose provenienti da delitti di furto in danno di infrastrutture e non più dal corrispondente furto aggravato.
  Una modifica importante al testo è stata fatta al comma 2 dell'articolo unico, nella parte in cui interviene sull'articolo 51 del codice di procedura penale, in particolare sul comma 3-bis. Dal combinato disposto tra questa modifica e il vigente articolo 371-bis del codice di procedura penale derivava l'attribuzione della competenza dei reati associativi finalizzati al furto di rame alle direzioni distrettuali antimafia con un aggravio di lavoro per queste ultime anche in tutti quei casi in cui il furto del rame si riduca nel caso concreto a un fatto isolato e di scarso allarme sociale. Pertanto, si è pensato di attribuire la competenza alla procura distrettuale.
  Una seconda modifica al codice di procedura penale riguarda la disciplina dell'arresto obbligatorio in flagranza con l'introduzione nel codice penale del nuovo autonomo reato di cui all'articolo 624-ter. Al comma 2 dell'articolo 380 del codice di procedura penale è stato soppresso, nella lettera e), il superato riferimento all'aggravante Pag. 4di cui al numero 7-bis, ed è stata aggiunta una nuova lettera e-ter che aggiunge il furto in danno di infrastrutture energetiche e di comunicazione tra i delitti per i quali gli ufficiali e agenti di polizia debbono procedere obbligatoriamente all'arresto in flagranza.
  Presidente, io chiederei di essere autorizzato al deposito integrale della relazione.

  PRESIDENTE. Sì, è autorizzato, collega.
  Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo.

  COSIMO MARIA FERRI, Sottosegretario di Stato alla Giustizia. Il Governo ha seguito con particolare attenzione questa proposta di legge, e concorda con la relazione che è stata svolta ora dall'onorevole Berretta. Il testo che quest'Aula oggi è chiamata ad esaminare risponde all'intento di affrontare un fenomeno non nuovo nel panorama della criminalità nazionale, che sta producendo in questi ultimi anni effetti dannosi per il sistema economico nazionale e per l'intera collettività, in quanto ha ricadute significative sulla continuità di alcuni servizi pubblici essenziali, come i trasporti e l'erogazione di energia elettrica.
  Da qui nasce anche l'esigenza di specializzare e di razionalizzare il tipo di intervento dal punto di vista della competenza, e da qui nascono le modifiche del codice di procedura penale: ci si occupa oggi di una fattispecie di furto la cui particolarità risiede nelle caratteristiche del suo oggetto, costituito da materiali che devono essere considerati, oltre che come componenti di un patrimonio, come accade per le fattispecie di furto tradizionalmente disciplinate dal codice, anche nella loro funzione di componenti di impianti e di infrastrutture destinate all'erogazione di energia, di servizi di trasporti, di telecomunicazioni o di altri servizi pubblici.
  All'origine dell'odierno intervento, teso ad introdurre un'ipotesi autonoma di reato, vi è stata, come sempre deve accadere quando il legislatore opta per il ricorso al presidio della sanzione penale, un'approfondita analisi della questione, la quale ha confermato che, al di là del disvalore delle singole condotte criminose di furto, si tratta di un fenomeno complesso, così radicato da produrre serie ricadute in termini di disservizi alla collettività e pregiudizi per il sistema produttivo del Paese. Mi riferisco, in particolare, allo studio condotto dall'Osservatorio nazionale sui furti di rame, istituito nel 2014 presso il Ministero dell'interno allo scopo di monitorare, in base al principio della sicurezza partecipata, il fenomeno criminale dei furti di rame ai danni di enti e società operanti nel settore dei trasporti, dell'energia e delle telecomunicazioni, nonché delle aziende elettrotecniche ed elettroniche attive nella produzione e nell'utilizzazione dei beni prodotti con l'impiego di rame.
  I dati relativi alle operazioni di polizia giudiziaria compiute nel triennio 2013-2015 hanno consentito di ricostruire un quadro delittuoso preoccupante, caratterizzato da migliaia di episodi dal nord al sud dell'Italia di furto e ricettazione di cavi, bobine e matasse di rame, sottratti, nell'ordine di quintali e tonnellate, prevalentemente lungo linee ferroviarie, all'interno di stabilimenti o ditte specializzate, o in danno della società Enel; e rinvenuti in occasioni e con modalità eterogenee, spesso presso depositi di rottamazione, ovvero seguendo la pista della gestione e del traffico illecito di rifiuti.
  Queste attività illecite sono quasi sempre poste in essere da più soggetti in concorso tra loro, e sempre più spesso rientrano nel programma delle organizzazioni criminali che perseguono un moderno disegno lucrativo, gestendo le varie fasi del traffico del cosiddetto «oro rosso», che vanno dal furto seguito dal trattamento e dalla reimmissione del materiale nel mercato lecito, così come dal ricevimento in nero del materiale alla cessione dello stesso previa falsificazione documentale ad altre imprese. Quindi, il problema è molto serio, è generale, e l'esame giurisprudenziale di una serie di Pag. 5provvedimenti dell'autorità giudiziaria, ma anche di attività della polizia giudiziaria, impongono un intervento normativo.
  Quanto precede è indicativo della pervasività del fenomeno di cui ci occupiamo, il quale assume una valenza criminosa che va ben oltre la tutela tradizionale del patrimonio: ciò spiega la specifica esigenza di prevenzione e contrasto sulla quale il Parlamento è chiamato a pronunciarsi, e che viene perfezionata con il provvedimento in esame al culmine di un percorso che ha visto succedersi una serie graduale di interventi, di pari passo con l'aggravarsi delle dimensioni del fenomeno. In particolare, come spesso accade, la prima risposta che ha consentito l'emersione del fenomeno in questione è stata data dalla giurisprudenza, che iniziò a fronteggiare la situazione ricorrendo alla pena prevista dall'aggravante tradizionale del furto commesso su cose destinate a pubblico servizio o a pubblica utilità. È poi seguita una modifica del quadro normativo, con l'articolo 8 del decreto-legge n. 93 del 2013 che ha introdotto specifiche aggravanti: primo, per il furto commesso su componenti metalliche o altro materiale sottratto ad infrastrutture destinate all'erogazione di energia, di servizi di trasporto, di telecomunicazioni o di altri servizi pubblici gestiti da soggetti pubblici o da privati in regime di concessione pubblica (e mi riferisco all'articolo 625, comma 1, numero 7-bis); secondo, per la ricettazione, se il fatto riguarda denaro o cose provenienti dal furto aggravato ai sensi della nuova circostanza appena indicata; terzo, per entrambe le suddette nuove ipotesi è stato introdotto l'arresto obbligatorio in flagranza.
  Giungiamo quindi all'intervento normativo in esame, che si pone sulla scia del percorso inaugurato nel 2013 e intende introdurre, per attribuire specificità alla tutela degli interessi protetti, un'autonoma fattispecie di reato, che nella sua formulazione ricalca quella della vigente aggravante, della quale si prevede infatti l'abrogazione lasciandone invariata la pena detentiva da uno a sei anni di reclusione, ed aumentando sensibilmente la pena pecuniaria: adesso da 103 a 1.032 euro, diventerà da 1.000 a 5.000 euro una volta approvata la legge.
  Pure a fronte della sostanziale identità degli elementi costitutivi tra vecchia e nuova fattispecie penale, nondimeno la risposta oggi offerta dal legislatore penale presenta caratteri di novità, perché vuole essere chiara e completa: prima di tutto l'introduzione dell'autonoma fattispecie di furto in danno di infrastrutture energetiche e di comunicazioni risponde sul piano simbolico e su quello pratico all'esigenza del normare, cioè del dotare di una norma ad hoc un fenomeno che, come si è detto, ha assunto dimensioni così gravi ed allarmanti, tali da non poter più essere affrontato dal versante della circostanza aggravante che, come tutti sanno, non esprime un disvalore autonomo, ma indica quello che sta intorno al fatto principale che costituisce illecito.
  In secondo luogo, la tipizzazione di un'autonoma figura di reato, fermo restando il potere del giudice di commisurare la pena alla gravità del caso concreto, recide ogni dubbio sulla possibile elisione, per effetto del giudizio di bilanciamento tra circostanze, dello specifico disvalore che si intende sanzionare. Questa scelta ha ricevuto in casi analoghi l'avallo della giurisprudenza di legittimità e, in linea di principio, della Corte costituzionale.
  Infine, quanto a completezza e coerenza della risposta sanzionatoria, mi preme sottolineare un doppio profilo: permane la volontà di punire, come ipotesi aggravata, la ricettazione avente ad oggetto denaro o cose provenienti dal nuovo reato di furto in danno di infrastrutture energetiche e di comunicazione, ed in questo senso si prevede l'adeguamento del contenuto dell'articolo 648 del codice penale; la seconda novità di rilievo è poi rappresentata dall'introduzione di una nuova fattispecie di reato associativo, per punire adeguatamente quella che, come si è detto, costituisce oramai una pratica stabile di ideazione ed esecuzione di delitti di furto e ricettazione di materiali sottratti ad impianti e infrastrutture. A questo scopo, si prevede l'aggiornamento dell'articolo Pag. 6416-bis del codice penale, introducendo la reclusione da 3 a 8 anni per l'associazione diretta a commettere taluno di tali delitti.
  Venendo alle modifiche riguardanti il codice di procedura penale, si rende necessario il coordinamento con la disciplina dell'arresto obbligatorio in flagranza, misura che viene oggi prevista in relazione alla nuova fattispecie di furto in danno di infrastrutture energetiche e di comunicazione. Si interviene poi sull'articolo 51 del codice di procedura penale, per l'individuazione dell'ufficio del PM cui spettano le funzioni investigative per i procedimenti aventi ad oggetto il nuovo reato.
  A questo proposito si è svolto un attento dibattito in Commissione, all'esito del quale si è giunti alla soluzione di equilibrio, tra le esigenze sottese alle indagini più complesse e quelle inerenti l'efficienza organizzativa degli uffici, di riservare alla procura distrettuale la cognizione non del singolo episodio ma delle ipotesi associative del furto in danno di infrastrutture e della corrispondente fattispecie di ricettazione previste dal nuovo comma dell'articolo 416 del codice penale. Ciò accade in conformità alla ratio normativa di garantire che le investigazioni sulle manifestazioni delittuose legate alla criminalità organizzata siano svolte da magistrati maggiormente specializzati.
  L'introduzione del reato di furto in danno di infrastrutture energetiche e di comunicazione, del quale si discute oggi in quest'Aula, non costituisce il risultato di una scelta che attua l'inutile proliferazione di norme incriminatrici, per le ragioni già esaminate, ma giustifica l'adozione di una risposta sanzionatoria rinnovata e autonoma in considerazione della pervasività assunta da questo fenomeno e della gravità delle sue conseguenze, di cui risente non solo il sistema economico produttivo nazionale ma l'intera collettività civile, a fronte del pregiudizio alla continuità dei servizi pubblici essenziali. Su questo punto mi sembra opportuno sottolineare che il disegno che questo Governo sta portando avanti è di alleggerire il ricorso alla sanzione penale, laddove essa non sia giustificata in relazione alla gravità del fatto e alla finalità del trattamento punitivo, che può essere garantito da sanzioni meno afflittive, come quella amministrativa o civile pecuniaria. In questo senso ci si è mossi a gennaio di quest'anno, con la depenalizzazione e l'abrogazione.
  Al tempo stesso si intende però modernizzare il ricorso alla sanzione penale, quando, come nel caso in esame, la natura dell'interesse protetto richieda un superiore grado di afflittività sul piano generale preventivo e repressivo, come è accaduto per la tutela dell'ambiente e come sta accadendo per il contrasto al caporalato. Si sente il bisogno di affrontare il crimine nelle sue forme più moderne. Peraltro, la finalità di codificare e punire adeguatamente tutte queste condotte, che sono espressive di più grave offensività per la collettività e che ha ispirato mesi fa anche altre riforme, come quella dell'omicidio stradale, trova ancor prima un precedente nell'evoluzione della disciplina del furto in abitazione e del furto con strappo, condotte assurte da circostanze del furto a reati autonomi in base ad una scelta legislativa analoga a quella adottata con la proposta di legge in esame, motivata dalla presa di coscienza delle crescere del disvalore di una determinata fattispecie.
  Sulla base di queste premesse, si vuol compiere dunque un percorso di riesame e aggiornamento degli strumenti normativi vigenti, che appare in linea con il diritto vivente e rientra nei poteri del legislatore, purché sia attuato nel rispetto dei principi costituzionali. Su questo senso va l'orientamento della Cassazione Sezioni unite n. 26351 del 26 giugno 2002, così la Corte costituzionale, che ha giustificato l'aggravamento di una risposta punitiva per condotte particolarmente gravi nel quadro del principio di proporzionalità del presidio penale, inteso non soltanto quale proporzione tra gravità del fatto e sanzione penale bensì anche e soprattutto quale criterio generale di congruenza degli strumenti normativi rispetto alle finalità da perseguire; per tutte, la sentenza della Corte n. 487 del 1989.
  Su questo profilo, è noto che la Corte costituzionale ha dettato in più occasioni Pag. 7la discrezionalità del legislatore nella determinazione del trattamento sanzionatorio, che non deve trasmodare nella manifesta irragionevolezza o nell'arbitrio, come avviene quando si sia di fronte a sperequazioni sanzionatorie tra fattispecie omogenee non sorrette da alcuna ragionevole giustificazione. In questo solco si muove la proposta di legge, che si pone al di fuori di automatismi sanzionatori, per dare sistemazione organica a un'ipotesi di furto che, per il suo oggetto e la natura degli interessi lesi, è dissimile da quelle tradizionali; per questo, nonché per la rilevante sua diffusa offensività, richiede del tutto ragionevolmente un intervento punitivo autonomo.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Giovanni Burtone. Ne ha facoltà.

  GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Signor Presidente, è diffusa nella nostra società, nella nostra comunità, l'idea – io penso sbagliata – che le istituzioni sono lontane dai problemi reali dei cittadini. Questa opinione è sostenuta dal vento populista dell'antipolitica che viene soffiato nel nostro Paese, però credo che con l'esame di questo provvedimento, che noi iniziamo proprio in quest'Aula, si dimostri che, invece, le istituzioni guardano ai problemi reali delle nostre comunità. Infatti, parlare di furti di rame non è una cosa che possa interessare una parte, se pur rilevante, dei cittadini; parlare di furti di rame significa parlare di tanti che utilizzano i treni, di tanti che operano nel campo dell'agricoltura, di tanti che si trovano a vivere in parti periferiche della città, perché i furti di rame in genere vengono realizzati per bloccare i vettori delle linee ferroviarie regionali; quando avviene un furto di rame in aperta campagna, significa non permettere l'irrigazione agricola; ci sono furti di rame che bloccano l'illuminazione delle periferie delle nostre città.
  Parlo di questioni che sono reali, che vengono vissute sulla pelle dei nostri cittadini; quindi, si tratta di un reato diffuso, non limitato. C’è una ripetitività, e nel momento in cui si sostiene che non ci troviamo ormai davanti a fatti episodici, credo che si debba pensare ad un'organizzazione che operi nel settore, a delle organizzazioni, a bande che sono bene definite, organizzate, e che hanno anche alcune professionalità, perché si interviene sull'alta tensione, a volte e ci sono incidenti anche mortali di coloro i quali vogliono rubare il rame. Non c’è dubbio che tanti realizzano questi furti avendo alle spalle anche capacità tecniche – che è ancora più inquietante –, sapendo che questo rame sarà venduto, ci sarà una ricettazione di questo materiale. Ad essere colpite sono le Ferrovie dello Stato, l'Enel e la Telecom, quindi il rame che serve per fonti energetiche, che serve per la comunicazione.
  Il sottosegretario faceva riferimento al lavoro anche predisposto dal Ministero dell'interno, all'osservatorio: basta andare sul sito per vedere che ci sono ben 24 cartelle che descrivono le azioni che sono state compiute dalla polizia e dai carabinieri; le operazioni poi hanno dato vita a dei processi. Le Ferrovie dello Stato hanno avuto perdite, dal 2013 al 2016, in questo settore, per ben 26 milioni di euro, e 12 milioni sono serviti per ripristinare le reti. Ma le difficoltà maggiori ce l'hanno innanzi tutto i cittadini, i cittadini che non possono viaggiare quando trovano che una certa linea è stata privata del rame per il collegamento; ce l'hanno gli agricoltori, e di tale difficoltà porto un esempio concreto, perché l'ho vissuta direttamente: agricoltori protestavano perché il Consorzio di bonifica della provincia di Catania non poteva dare l'acqua perché i pozzi non erano sostenuti dalla corrente elettrica, perché in quei siti era avvenuto un furto di rame.
  Quindi c’è questo fatto significativo che viene rilevato anche dagli atti dell'osservatorio, c’è questa ripetitività, allora io credo che bisogna dire un'altra questione, anche questa significativa. Il 90 per cento di questi furti avviene nel Mezzogiorno, c’è anche su questo una questione meridionale, probabilmente perché è più facile, Pag. 8forse, l'arruolamento di disperati, però non va sottovalutato, signor sottosegretario, anche l'aspetto della copertura dell'organizzazione mafiosa sul furto, ma anche, poi, sulla collocazione successiva, sulla ricettazione, perché alcune indagini proprio che io ho letto dal sito del Ministero portano all'est, al fatto che questo materiale venga lì riciclato.
  Ora, io credo che il Parlamento stia operando nella giusta dimensione, non sottovalutando un reato che non è minore, e sono stati predisposti – è stato detto dal relatore al sottosegretario – una serie di interventi che rendono questo un reato pesante: l'aggravante che viene data per cui chi commette il reato in flagranza deve essere arrestato, deve essere arrestato, così come il reato associativo, perché operiamo in un campo in cui c’è l'interesse pubblico, l'interesse del cittadino in carne ed ossa, e quindi c’è la necessità di dare un segnale preciso per frenare quello che è avvenuto negli anni scorsi. Vi è stata, man mano, una crescita, anche perché c’è questo meccanismo perverso dell'aumento del prezzo del rame.
  Ecco perché accanto all'aggravante – ed è questa una proposta che io ho presentato con un emendamento – credo si debba predisporre un piano per la tracciabilità di questo materiale, così come si fa per i rifiuti speciali. Si crei un albo: io ho proposto la formulazione di questo albo, in modo che si possa seguire il percorso dell'utilizzo di questo materiale. Un materiale – è stato detto: l'oro rosso – ormai di grande interesse. Ecco perché il Governo e il Parlamento stanno ben operando. Credo che la legge vada vista come una legge che interverrà per dare una risposta ai nostri cittadini.
  Qualcuno in Commissione ha sottovalutato questo reato, altri hanno detto «ma ci sono cose altrettanto importanti da fare». Sì, ci sono anche altre cose importanti da fare, però il cittadino ha bisogno anche di queste risposte: ne ha bisogno chi viaggia la mattina da pendolare, ne ha bisogno l'agricoltore, ne ha bisogno chi vive in periferia, perché nel centro della città è difficile rubare i cavi di rame, molto più semplice farlo in periferia. E sappiamo che non è poi facile fare la sostituzione nei tempi e c’è gente che vive al buio per intere settimane.
  Ecco perché io do l'apprezzamento alla proposta di legge che è stata presentata. Mi auguro che possa essere al più presto varata in questa Camera e al Senato.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Daniele Farina. Ne ha facoltà.

  DANIELE FARINA. Grazie, Presidente. Io, differentemente dai colleghi che mi hanno preceduto, non condivido l'entusiasmo intorno a questo provvedimento, che titola «Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale in materia di furto di materiale appartenente a infrastrutture destinate all'erogazione di energia (...)»; insomma, un modo pomposo per identificare una condotta delittuosa che è il furto di rame. Allora, noi siamo intervenuti su questo medesimo argomento – veniva ricordato anche dal relatore – già a seguito del decreto-legge n. 93 del 2013.
  Abbiamo anche successivamente istituito un osservatorio nazionale sui furti di rame, e oggi, nuovamente, pochi anni dopo, mettiamo mano al codice penale e di procedura, costruiamo una fattispecie autonoma ed una associativa, tiriamo in ballo le procure distrettuali antimafia, rendiamo obbligatorio l'arresto in flagranza.
  La domanda che poniamo noi, come già la ponemmo nel 2013, è: servirà a qualcosa ? Noi pensiamo di no, e lo avevamo, ripeto, già ricordato nel 2013; i dati ci hanno dato ragione e siamo anche convinti che ce ne daranno anche in futuro. Il relatore ricordava che negli ultimi anni l'osservatorio registra un rallentamento nel trend di crescita; quindi, non è che decresce, ma il trend di crescita dei furti di rame rallenta. Non credo che sia a motivo della legislazione che abbiamo introdotto allora, ma, molto più semplicemente, il prezzo del rame, dai massimi del 2012 ad oggi, è sceso sui mercati internazionali, e quindi anche sul nostro, di oltre il 30 per cento.Pag. 9
  Credo che sia questo, piuttosto che la legislazione, il motore di questo rallentamento del trend. Semplicemente, noi sosteniamo l'idea che intervenire su questi fenomeni esclusivamente con modifiche codicistiche serve a poco, ovvero che non si ottengono risultati a costo zero, che poi è la caratteristica della nostra super produzione legislativa in generale, e a maggior ragione sulla materia di giustizia. Servirebbe rafforzare le misure di controllo e prevenzione, il personale operante, i mezzi; ma questo, ovviamente, costa.
  E, allora, diventa più facile mettere mano al codice. I risultati, però, colleghi, saranno, come sono stati in passato – questo diciamo noi – pari a zero. Servirà per fare un po’ di statistica e a qualcuno in televisione, ma noi riteniamo che questo sia proprio un modo sbagliato di legiferare, dissociato da ogni ragionamento sull'efficacia della norma; tanto più che anche questo nostro lavoro, tempo e risorse, rischia di fare la fine di innumerevoli altri, ovvero di giacere al Senato, vittima della maggioranza e dei suoi equilibri.
  Potremmo fare una lista dei provvedimenti approvati qui alla Camera dei deputati e che giacciono, senza colpo ferire, nell'Aula o nelle Commissioni del Senato. Quindi, una nuova fattispecie di reato, un'aggravante, un giro di vite, questa XVII legislatura non li ha negati a nessuno, e pensiamo che non verranno negati neanche questa volta. Diciamo, però, noi aggiungiamo, che non servono e, ripeto di nuovo, non servono a nulla, tanto meno a ridurre le condotte delittuose che si dichiara di voler combattere. Il sottosegretario Ferri parla di una norma chiara e completa; noi ci permettiamo di correggere in «completamente inutile».

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche – A.C. 2664-A)

  PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore e il rappresentante del Governo rinunziano alla replica.
  Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della mozione Vito ed altri n. 1-01346 concernente iniziative per il rinnovo dei contratti dei comparti dei vigili del fuoco, delle forze dell'ordine e delle forze armate (ore 16,10).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Vito ed altri n. 1-01346 concernente iniziative per il rinnovo dei contratti dei comparti dei vigili del fuoco, delle forze dell'ordine e delle forze armate (Vedi l'allegato A – Mozioni).
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione della mozione è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).
  Avverto che sono state altresì presentate le mozioni Cozzolino ed altri n. 1-01384, Fiano, Pizzolante, Monchiero, Fauttilli ed altri n. 1-01385 e Piras ed altri n. 1-01386, che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalla mozione all'ordine del giorno, verranno svolte congiuntamente. I relativi testi sono in distribuzione (Vedi l'allegato A – Mozioni).

(Discussione sulle linee generali)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
  È iscritta a parlare la deputata Renata Polverini, che illustrerà anche la mozione n. 1-01346, di cui è cofirmataria. Ne ha facoltà. Non è presente.
  È iscritta a parlare la deputata Federica Dieni, che illustrerà anche la mozione n. 1-01384, di cui è cofirmataria. Ne ha facoltà. Non è presente.
  Allora, do la parola alla deputata Marilena Fabbri, che illustrerà anche la mozione n. 1-01385, di cui è cofirmataria. Ne ha facoltà. Un attimo, collega, arriva la collega Dieni; quindi, diamo prima la parola Pag. 10alla collega Dieni per rispettare l'ordine, va bene ? Grazie. Prego, collega Dieni.

  FEDERICA DIENI. Grazie, Presidente. Tra i primi compiti che uno Stato è chiamato ad assolvere vi è quello di garantire l'ordine e la sicurezza, oltre al controllo di ciò che avviene nel suo territorio. Questo accade non soltanto perché lo Stato è l'unico ente titolato a detenere l'utilizzo della forza su un'area geografica, ma anche perché esso rappresenta un potere che non può venire sfidato da altri contropoteri. Peraltro, non ci troviamo in Svezia o in Islanda: l'Italia è un Paese in cui altri contropoteri esistono e sono in forte concorrenza con lo Stato per il controllo delle proprie zone di influenza. Mi riferisco, ovviamente, alle mafie, un fenomeno che, come è noto, non è più relegato al Sud, ma che ormai, grazie alla connivenza di una certa politica, si sta espandendo anche al Nord. Questo avviene non solo, come succedeva in passato, se le mafie sentono il profumo dei soldi, nel caso, per esempio, della realizzazione di grandi opere, cui questo Governo, come è noto, è particolarmente affezionato: ormai, la mafia è presente in modo strutturale in molte zone del Paese.
  Con questi presupposti, un Governo responsabile punterebbe sulle forze dell'ordine; d'altra parte, se mi permettete, è anche un atteggiamento masochistico quello di chi rappresenta uno Stato sovrano e lascia spazio a forze che minano questa sovranità. Invece, per uno sguardo piccino e meschino che caratterizza il ceto politico professionista di questo Paese, l'Esecutivo, come gli altri che l'hanno preceduto, svilisce l'attività delle forze dell'ordine e di quelle che si occupano della gestione delle emergenze per fare cassa in modo facile.
  È ormai dall'esplosione della cosiddetta crisi dei debiti sovrani, infatti, che il risparmio nel settore pubblico procede su due gambe: da una parte, il blocco del turnover, dall'altro, lo stop alla contrattazione. Un approccio doppiamente sbagliato: non solo perché ha colpito specialmente le classi dei lavoratori più poveri, quelli che campano con poco più di mille euro al mese, lasciando intatte le sacche di privilegio degli amici e degli amici degli amici, ma anche perché si è voluto risolvere la crisi asfaltando la domanda interna attraverso tasse, tagli lineari e, naturalmente, una serie di norme che comprimono i lavoratori dell'amministrazione.
  Queste misure hanno svilito e sviliscono ancora oggi il pubblico impiego senza diminuire la piaga dell'eccessiva burocratizzazione. Nel caso delle forze dell'ordine e dei vigili del fuoco si è sancita per legge la specificità del comparto, ma tale riconoscimento, valido per il turnover, non ha risparmiato le buste paga. Oltre ad essere inutilmente sadici, i tagli stipendiali diventano in questo settore anche masochistici, e per questo, fondamentalmente, stupidi, dato che contribuiscono a tagliare il ramo su cui sono seduti proprio il Governo e i politicanti di questo Parlamento.
  Meno soddisfazione degli operatori delle forze dell'ordine significa più criminalità; più criminalità significa meno sicurezza; meno sicurezza è uguale a meno consenso. Non è un caso se molti esponenti delle forze dell'ordine hanno visto proprio nel MoVimento 5 Stelle un motivo di speranza e a noi si sono rivolti per far valere le proprie istanze. Il MoVimento 5 Stelle, infatti, non ha mai cambiato idea: è da quando parte il nostro impegno in politica che lo ripetiamo. I giornali, nel dicembre del 2013, gridarono al colpo di Stato quando Beppe Grillo invitò i poliziotti a ribellarsi contro i politici e contro questo stato di cose. Ma come potete pensare seriamente che le persone che sono chiamate a garantire la vostra sicurezza e ad accompagnarvi in giro con le vostre auto blu – e tali sono, visto che, al massimo, avete cambiato il colore – debbano sopportare in silenzio, e chinando la testa, che voi vi ingozzate, mentre loro sono costretti a fare i salti mortali per arrivare alle fine del mese ?
  Pagare adeguatamente le forze dell'ordine e i vigili del fuoco non è una pretesa assurda, ma una rivendicazione di dignità; una dignità che, purtroppo, vediamo, nel Pag. 11caso di questa categoria, doppiamente svilita: da una parte, infatti, li si lascia a piedi con le auto di servizio senza più benzina o senza più carta per le fotocopie, con le divise lise, li si costringe, magari, a comprare da soli caschi, scudi o giubbotti antiproiettile adeguati per non rischiare la vita; d'altra parte, quel rispetto che non si riconosce in pubblico viene negato anche nella sfera privata, costringendo poliziotti, carabinieri, vigili del fuoco, finanzieri, forestali – li cito perché ancora esistono –, polizia penitenziaria ad affrontare un lavoro sempre rischioso per uno stipendio con cui, magari, non riescono neppure a fare arrivare la famiglia a fine mese.
  Questi non sono impiegati qualunque, ma garantiscono con la loro vita la sicurezza e l'ordine pubblico nelle nostre città e nel Paese. La sola Polizia di Stato, che tiene un conto dal 1981 dei propri caduti, piange 380 morti con un'età inferiore ai trentacinque anni. Per offrire una proporzione si tratta del triplo dei morti degli attentati di Parigi del 2015: una vera e propria strage.
  Ma pagare meglio le forze dell'ordine, oltre che di dignità, è una questione di diritto. Con la sentenza n. 178 del 2015, la Corte costituzionale ha, infatti, dichiarato l'illegittimità costituzionale sopravvenuta del regime di sospensione della contrattazione collettiva iniziata nel 2010 e prorogata dalla legge n. 147 del 2013 e dalla legge n. 190 del 2014, eppure tutto ciò ancora non è avvenuto.
  La verità è che le forze dell'ordine in questo Paese sono state prese in giro prima dalla destra, che le portava in palmo di mano a parole, per poi trascurarle nei fatti e, poi, dalla sinistra, che è sempre stata afflitta da quella sindrome dei figli di papà che guardano con disprezzo i figli del popolo, così ben descritta da Pasolini. Eppure, destra e sinistra hanno in quest'Aula ancora dei professionisti delle relazioni pubbliche che continuano a raccontare le loro fole ai sindacati delle forze dell'ordine e dei Vigili del fuoco, salvo, poi, quando si parla di tirare le somme, comportarsi esattamente al contrario.
  Anche la discussione odierna in quest'Aula è un esempio lampante. È un bene, per carità, che il collega Elio Vito abbia voluto sollevare la questione degli stipendi, ma, forse, sarebbe il caso che ricordasse che quello che diede il via al blocco era proprio il Governo di cui faceva parte come Ministro per i rapporti con il Parlamento. Ora, con che credibilità può venire in quest'Aula a pestare i piedi e a spiegarci che quella norma non va bene ?
  Prima, comunque, dicevo che i tagli sulla pubblica amministrazione camminano su due gambe: quella, appunto, del blocco degli stipendi e quella del blocco del turnover. Quindi, tra le ragioni del pericoloso ridimensionamento dei servizi ai cittadini non c’è solo il taglio degli stipendi, ma anche piante organiche che non sono più adeguate dopo troppi anni a sostenere una tenuta minima del comparto sicurezza e di gestione delle emergenze. È per questa ragione che nella nostra mozione, senza mettere troppa carne al fuoco, abbiamo voluto prendere in esame anche questo aspetto, cercando di dare un'indicazione molto concreta al Governo e a costo zero.
  Forze di polizia e di soccorso sono, infatti, quelle che immediatamente vengono evocate nel momento in cui pensiamo all'urgenza e che riteniamo fondamentali. Ci si dimentica spesso dei Vigili del fuoco, che svolgono un ruolo fondamentale a presidio del cittadino, specie per ciò che riguarda la difesa e il primo intervento in caso di calamità, rischi derivanti da incendi o da altri incidenti. Va detto, però, che questo tipo di dimenticanza non si limita soltanto al dibattito politico e pubblico, ma, purtroppo, si traduce in una disattenzione normativa a cui il MoVimento 5 Stelle ha più volte tentato di porre rimedio.
  Con questo non voglio dire che in Italia esistano, specie nel settore pubblico, delle categorie particolarmente coccolate da questo Governo, va ammesso, però, che dei Vigili del fuoco ci si ricorda solo quando capita qualche tragedia. Per questa ragione, vorrei cogliere questa occasione per rendere loro doverosamente il merito che Pag. 12dobbiamo, per i tanti interventi silenziosi, per la loro generosità e abnegazione nei momenti in cui la tragedia colpisce parti del territorio. Non c’è terremoto, inondazione, incendio, in cui nelle foto dei giornali manchino l'elmetto e il giubbotto di un vigile del fuoco. Sono protagonisti della solidarietà e del sacrificio e li trattiamo, invece, da comparse. Ebbene, nel Corpo dei vigili del fuoco, nello specifico, questa carenza di personale sta diventando emergenziale.
  Si parla di un nuovo concorso, ma ancora la road map per un effettivo rafforzamento di risorse presenti nel Corpo appare vaga. E questo mentre in molte parti d'Italia vengono lamentate scoperture consistenti: in Calabria, per esempio, come ho già sottolineato più volte, ci sono caserme appena messe a nuovo che restano deserte a causa della mancanza di personale o zone in cui i tempi di intervento si dilatano a causa della distanza dei presidi. È per questo che cogliamo questa occasione per domandare con forza un segnale di attenzione tanto nei confronti dei discontinui, quanto degli idonei. Chiediamo semplicemente che il Governo, in questa sede, si impegni a prorogare le graduatorie dei Vigili del fuoco oltre il 31 dicembre 2016 e finché non ci sarà un nuovo concorso. Nel caso in cui non fossero approvate nuove graduatorie in tempi stretti, infatti, non ve ne sarebbero altre disponibili.
  Anche con l'attenzione verso questi aspetti si fa sicurezza, mentre, dall'altra parte, ci sono molte chiacchiere e cialtroneria. Penso, ad esempio, alla celeberrima risoluzione Fiano, che è diventata un po’ come la ricerca del Sacro Graal, qualcosa che dovrebbe risolvere tutti i problemi di questo mondo, ma che, purtroppo, non è altro che un oggetto mitologico. Eppure, all'inseguimento della risoluzione Fiano troviamo impegnati i sindacati ed altre associazioni che ci chiedono di sottoscrivere la risoluzione Fiano, di calendarizzare la risoluzione Fiano: peccato che la risoluzione Fiano nessuno l'abbia mai vista ! Esiste, invece, una risoluzione Cozzolino, che Fiano pensi a sottoscrivere così almeno risparmiamo un po’ di tempo.
  Per concludere, signor Presidente, noi siamo consapevoli che anche questa mozione rappresenta l'ennesimo specchietto per le allodole, una discussione sul nulla. Il Governo ha già qualche briciola in serbo da regalare alle forze dell'ordine e ai Vigili del fuoco e la farà cadere dalla tavola con l'aspetto compassato di chi ha fatto un bel gran regalo. Eppure, attenzione, cari colleghi della maggioranza e dell'Esecutivo: quelli con i quali vi state comportando tanto sdegnosamente sono coloro che ancora vi garantiscono di poter continuare a comandare, almeno per il poco tempo che vi resta fino alle prossime elezioni.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la collega Polverini, che illustrerà la mozione Vito ed altri n. 1-01346, di cui è cofirmataria. Ne ha facoltà.

  RENATA POLVERINI. Grazie, Presidente. Colleghi, il gruppo di Forza Italia ha ritenuto doveroso presentare un atto di indirizzo e ne ha chiesto la calendarizzazione prima dell'avvio dell'esame della sessione di bilancio, proprio perché contiene un impegno preciso molto chiaro al Governo, di cui lo stesso Esecutivo ci auguriamo possa farsi carico sin dalla presentazione della manovra che sarà presto, appunto, al nostro esame. Con questa mozione, a prima firma Elio Vito, ma al quale, poi, si sono aggiunti tutti i colleghi del gruppo parlamentare di Forza Italia, chiediamo al Governo di avviare le trattative per il rinnovo dei contratti del comparto dei vigili del fuoco, delle forze dell'ordine e delle Forze armate, prevedendo le relative risorse finanziarie all'interno del disegno di legge di bilancio. Proprio qui voglio aggiungere che siamo ancora in attesa che vengano aperti i tavoli, come era stato, invece, indicato dalla famosa legge D'Alia del Governo Letta, quando, appunto, un articolo preciso, su nostra richiesta, su un emendamento di Forza Italia, indicava al Governo di aprire i tavoli della contrattazione a cominciare proprio dal comparto delle Pag. 13forze dell'ordine e delle Forze armate, anche, in quel momento accontentandoci di aprirlo sul piano normativo, proprio perché auspicavamo che nel momento in cui il Governo postava le risorse in bilancio, il lavoro fosse già ad un punto avanzato. L'Esecutivo, allora, anche in virtù di quello, ma non solo, ha il dovere di rispondere positivamente a questa nostra ulteriore richiesta, innanzitutto per un fatto oggettivo che non lascia spazio a diverse interpretazioni. C’è una sentenza della Corte costituzionale, ormai divenuta famosa, la n. 178 del luglio del 2015, che ha riconosciuto come una prolungata sospensione delle procedure negoziali e dell'ordinaria retribuzione risulti essere in contrasto con i principi di eguaglianza, di tutela del lavoro e di proporzionalità della retribuzione al lavoro svolto. Ricordo, visto che ci troviamo in una campagna sul referendum costituzionale, che forse erano questi i punti che il Governo doveva meglio interpretare, prima ancora di arrivare alle modifiche della Carta stessa. È, quindi, necessario, a nostro avviso, ed urgente dare applicazione alla sentenza della Consulta emessa più di un anno fa. Aggiungo, anche, che, sempre con il Ministro D'Alia, all'epoca del Governo Renzi, eravamo riusciti a tenere fuori dalla legge Fornero le forze dell'ordine; ahimè se non fossimo allora intervenuti con tale determinazione, chissà oggi come ci troveremmo.
  Come è noto dal 2010 gli stipendi dei pubblici dipendenti non fruiscono dell'adeguamento rispetto all'aumento del costo della vita calcolato in base agli indici ISTAT e, Presidente, per suo tramite, voglio anche dire all'onorevole Dieni che sappiamo perfettamente che è stato il Governo Berlusconi, nel 2010, a utilizzare per la prima volta il blocco degli stipendi, ma ci trovavamo a due anni dalla famosa crisi del 2008 che poneva serie questioni e non tanto di bilancio dello Stato quanto di uguaglianza, appunto, tra i lavoratori, perché ci trovavamo con tanti lavoratori del privato che perdevano il loro posto di lavoro e, soprattutto, con tante aziende che chiudevano e, quindi, che non avrebbero mai più riaperto per quei lavoratori e con, invece, lavoratori del pubblico impiego che in altri Paesi venivano licenziati, come in Spagna, e che, invece, in Italia, mantenevano il loro posto di lavoro pur facendo un piccolo sacrificio a beneficio dei loro colleghi del privato, che nella migliore delle ipotesi si trovavano con gli ammortizzatori sociali. Con la sentenza n. 178 del 2015 la Corte costituzionale ha però dichiarato l'illegittimità costituzionale sopravvenuta, visto il tempo decorso, a decorrere dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza medesima nella Gazzetta Ufficiale, parliamo ormai del 29 luglio del 2015, e nei termini indicati in motivazione, del regime di sospensione della contrattazione collettiva, disciplina successivamente prorogata sia dalla legge di stabilità 2014 che dalla legge di stabilità 2015. La Corte ha, infatti, riconosciuto nelle suddette misure una violazione dell'autonomia negoziale e ha fatto notare che la previsione di misure che inibiscono la contrattazione economica tende a rendere strutturale il regime del blocco, situazione che si pone di per sé in contrasto con il principio di libertà sindacale sancito dall'articolo 39, primo comma, della Costituzione. Infatti, l'entrata in vigore delle disposizioni della legge per il 2015 tende a rendere strutturali le misure introdotte per effetto della legge di stabilità per il 2014. Il reiterato protrarsi della sospensione delle procedure di contrattazione economica altera la dinamica negoziale in un settore che al contratto collettivo assegna un ruolo centrale.
  La sentenza della Corte ha chiesto, innanzitutto, la rimozione dei limiti che si frappongono allo svolgimento delle procedure negoziali riguardanti la parte economica, specificando che sarà compito del legislatore dare nuovo impulso all'ordinaria dialettica contrattuale, scegliendo i modi e le forme che meglio ne rispecchino la natura disgiunta da ogni vincolo di risultato. La Corte, altresì, ha chiesto la riapertura della contrattazione del pubblico impiego che interesserebbe oltre 3 milioni di lavoratori, confermando che il carattere essenzialmente dinamico e procedurale Pag. 14della contrattazione collettiva non può che essere ridefinito dal legislatore nel rispetto dei vincoli di spesa, lasciando impregiudicati, per il periodo già trascorso, gli effetti economici derivanti dalla disciplina esaminata. Ad oggi, però, nessun contratto di lavoro è stato rinnovato, né risultano avviate trattative al riguardo. Ricordo ancora una volta, con il Ministro D'Alia, l'obbligo da parte del Ministero della funzione pubblica e dell'ARAN dell'apertura dei tavoli negoziali a cominciare dalla parte normativa a partire, lo ricordo ancora, dalle forze dell'ordine e di polizia, ciò determinando una situazione – il fatto che non c’è ancora nessun tavolo aperto – di evidente illegittimità, in particolare nei confronti della categoria a cui si rivolge il testo della nostra mozione, ovvero quella dei comparti dei vigili del fuoco, delle forze dell'ordine e delle Forze armate; vigili del fuoco e Forze armate che ho avuto modo di incontrare anche nella giornata di sabato presenti, ormai quasi in solitudine, nei luoghi terremotati di Amatrice e non solo. Anche e soprattutto in un momento così delicato per il loro ruolo e per il loro impegno sarebbe chiaramente auspicabile la presa in considerazione della mozione presentata da Forza Italia. Questa categoria vive e lavora in condizioni particolarmente disagiate; i lavoratori percepiscono stipendi molto bassi e rischiano ogni giorno la loro vita per garantire la sicurezza dei cittadini e di tutto il Paese.
  Tra l'altro la necessità di potenziare le politiche attive di sicurezza nazionale volte alla prevenzione di eventuali azioni terroristiche, nonché – come ho detto – gli eventi determinati da calamità naturali che hanno interessato l'Italia, in particolare dal 2009, determinano la richiesta di un forte impegno, non solamente in termini economici, ma, in particolare, di risorse umane impiegate a difesa del territorio e di obiettivi sensibili e per il sostegno e gli aiuti alle popolazioni locali. Anche la recente emergenza legata al terremoto che ha colpito i territori dell'Italia centrale ha evidenziato la generosità, l'abnegazione, l'altruismo e l'efficienza delle Forze armate, delle forze dell'ordine e del Corpo dei vigili del fuoco. Anche in questa occasione i meritati elogi pubblici sono stati unanimi, salvo poi non fare seguire, agli elogi giustamente profusi, fatti concreti come un trattamento economico e contrattuale rispettoso dei diritti di queste lavoratrici e di questi lavoratori.
  Nell'ultima legge di stabilità gli stanziamenti messi a disposizione per il rinnovo dei contratti sono semplicemente ridicoli, ce lo dobbiamo dire ad alta voce, 300 milioni di euro al pubblico impiego per tre anni, di cui solo 74 milioni riservati alle forze dell'ordine, Forze armate e polizia. Cifre assurde, a fronte del fabbisogno reale, accompagnate dal contentino degli 80 euro; un vero e proprio schiaffo alla professionalità dei lavoratori e alla delicatezza del ruolo che queste persone rivestono quotidianamente e, come ho detto, anche in contrasto con la nostra Costituzione. Ancora una volta è un atteggiamento che persevera nell'illegittimità, alla luce della richiamata sentenza della Corte. Ricordo a me stessa che nel 2010 con il Ministro Brunetta, l'ultimo rinnovo contrattuale portò un miliardo e 200 milioni a fronte dei 300 milioni che oggi vuole inserire in finanziaria la Ministra Madia. Ricordo sempre a me stessa che gli ultimi due rinnovi sono stati, sempre e solo, messi in campo dal Governo Berlusconi; il primo con il famoso patto della «lavanderia», chi seguiva le dinamiche sindacali in quegli anni lo ricorderà bene, il secondo appena citato del Ministro Brunetta.
  Con forza, nel corso dell'esame dell'ultima manovra, abbiamo denunciato l'operato del Governo e chiesto un trattamento dignitoso nei confronti della categoria. La risposta è stata sempre negativa; anche le recenti dichiarazioni del Governo durante il question time della scorsa settimana, con il collega Elio Vito, ci lasciano a dir poco perplessi rispetto alle dichiarazioni, appunto, della Ministra Madia. A domanda secca sul rinnovo dei contratti la Ministra ha parlato dell'individuazione di ulteriori risorse e delle perplessità di avviare in via formale il confronto negoziale. Meno male Pag. 15che non ci ha chiesto – come si diceva una volta – l'invio di un fax, quando si voleva in qualche modo rimandare la discussione ad altro momento. Ebbene con questa mozione noi diamo al Governo un'altra opportunità, gli diamo infatti la possibilità di definire con chiarezza l'impegno per le forze dell'ordine, un impegno che vedrà la prova dei fatti tra qualche giorno. Il Governo non potrà dunque propinarci i soliti grandi annunci, perché la presentazione della legge di bilancio è alle porte, il tempo delle promesse è finito. Solo concretezza quindi, per un mondo che richiede la massima serietà da parte dello Stato che esso stesso difende quotidianamente, e finalmente giustizia per i lavoratori e le lavoratrici che in questi anni hanno visti calpestati i loro diritti (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la collega Fabbri, che illustrerà la mozione Fiano n. 1-01385, di cui è cofirmataria.

  MARILENA FABBRI. Grazie Presidente. Onorevoli colleghi, la grave crisi economica a livello europeo internazionale, che ormai da lungo tempo ha investito anche il nostro Paese, ha determinato tra le conseguenze più dolorose sul piano sociale una grande perdita di posti di lavoro nel settore privato e una forte contrazione delle dinamiche salariali nel settore pubblico. Oggi possiamo sperare in una seppure timida ripresa economica del nostro Paese, anche a seguito di dolorose misure intraprese per la stabilizzazione finanziaria, la razionalizzazione e la competitività economica, che hanno visto diversi provvedimenti negli ultimi anni. Tra queste misure non può non essere ricordato, come è stato detto, ed è oggetto delle diverse mozioni che oggi vengono presentate, il blocco della contrattazione nazionale del pubblico impiego. Va detto che i lavoratori del pubblico impiego hanno in prima persona pagato un prezzo in tutti questi anni, sia sotto il profilo economico, che sotto quello dei diritti. Dal 2010, come veniva già ricordato anche dalla collega Polverini, il sistema pubblico ha subito il primo blocco della contrattazione nella prima misura del Governo Berlusconi, fino al blocco del contratto al 2012, prorogato negli anni successivi. Disposizioni che contenevano disposizioni restrittive che andavano a modificare gli spazi delle relazioni sindacali così come venivano configurate dalla legge e dalla contrattazione collettiva precedente. Negli ultimi cinque anni con il blocco del turnover, il settore del pubblico impiego ha perso circa 270 mila posti di lavoro, cioè il 7 per cento della forza totale e il potere di acquisto del salario è sceso di circa l'8,4 per cento. Giustamente, quindi, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del blocco della contrattazione collettiva per il lavoro pubblico, precisando che la riattivazione della negoziazione collettiva costituisce un dato essenzialmente procedurale disgiunto da qualsiasi vincolo di risultato. Va dato atto a questo Governo che sin dal suo insediamento ha sempre sostenuto la necessità di lavorare per ripristinare anche nel settore pubblico un'ordinaria dinamica salariale. E non solo, con la legge di stabilità del 2015, pur confermando il blocco contrattuale, ha ripristinato in alcune categorie, tra cui le forze di polizia e del soccorso, gli automatismi, gli effetti economici, legati alle progressioni di carriera e gli assegni connessi al merito e all'anzianità di servizio. Con la legge di stabilità per il 2016 ha stanziato risorse, seppure simboliche, come veniva ricordato, di 300 milioni aggiuntivi, per sbloccare la contrattazione collettiva e ha pronunciato anche nelle competenti sedi parlamentari, in risposta ad atti di indirizzo del Parlamento, lo stanziamento di ulteriori risorse nella legge di bilancio in corso di presentazione. Riteniamo queste misure, seppure simboliche, per il 2015 e il 2016 un'inversione di tendenza rispetto a ciò che abbiamo avuto negli anni precedenti, un'inversione di tendenza che riteniamo vada rafforzata a partire da quest'anno con la riapertura dei tavoli di contrattazione e l'aggiunta di risorse per il Pag. 16triennio 2016-2018, ai fini della riapertura della contrattazione salariale e la ridefinizione dei salari.
  Il Governo ha operato, a normativa vigente, in accordo con le parti sociali, anche la riduzione dei comparti di contrattazione a quattro comparti, e sono attualmente in corso le interlocuzioni tra il Governo le associazioni sindacali e datoriali al fine di ridefinire, in modo concorde, l'atto di indirizzo che formalmente riavvierà la stagione della contrattazione nel comparto pubblico. Il rinnovo del contratto collettivo per 3 milioni e mezzo di lavoratrici e lavoratori del pubblico impiego è una scelta utile per l'economia, indispensabile per riconoscere il valore del lavoro pubblico. La valorizzazione dei lavoratori nel pubblico impiego è infatti una condizione necessaria per la piena realizzazione degli obiettivi positivi di semplificazione, qualità e maggiore efficacia della pubblica amministrazione, che sono stati avviati con questo Governo.
  Nel quadro del rinnovo della contrattazione collettiva un'attenzione particolare, come è stato sottolineato anche dei colleghi, va certamente riconosciuta al personale dei vigili del fuoco, delle Forze armate e delle forze di polizia, in considerazione non solo della particolare delicatezza del lavoro svolto dagli appartenenti al comparto sicurezza e soccorso, ma anche in considerazione del fatto che il loro lavoro incide direttamente su quei bisogni di sicurezza particolarmente sentiti da una collettività già duramente colpita dal perdurare della crisi economica. Non possiamo inoltre non riconoscere la particolare specificità del nostro Paese che ci vede particolarmente fragili, sia in materia di emergenza e calamità ambientali, che in materia di prevenzione e di contrasto della criminalità organizzata.
  L'attuazione della legge delega n.124 del 2015, la cosiddetta «riforma Madia», grazie alle preannunciate risorse finanziarie previste va in questa direzione. Finalmente si potrà mettere mano al riordino delle carriere dei vigili del fuoco, delle forze dell'ordine e delle Forze armate, di cui da anni si parla senza esserne mai arrivati a capo. Non dovremmo concepire l'idea dello sblocco economico solo in funzione della sentenza, ma anche in virtù di risultati economici che si stanno ottenendo. Gli aumenti retributivi a 3 milioni e mezzo di lavoratori e lavoratrici vanno inseriti nelle misure sia di un atto di giustizia per i lavoratori stessi, che di una fase di ripresa che porta ad un aumento dei consumi, specialmente nelle grandi città, innescando un ciclo virtuoso che non può che far bene alla nostra economia. Per questo anche il Partito Democratico chiede al Governo di adottare ogni iniziativa utile, anche attraverso lo stanziamento di risorse finanziarie nel disegno di legge di bilancio che è in corso di presentazione, per proseguire e rafforzare le iniziative già messe in campo per il rinnovo del contratto del pubblico impiego e delle Forze armate e delle forze dell'ordine, con specifica appunto attenzione al comparto sicurezza, alla luce della delicatezza e dell'impatto di questo settore nei bisogni dell'intera collettività. Noi crediamo infatti che se il Governo realizzerà gli obiettivi esposti in questa mozione verrà aperta una nuova pagina per la pubblica amministrazione del nostro Paese e si darebbe più forza alle riforme, iniziando anche a riparare a un'ingiustizia, quella che ha privato così tante lavoratrici e così tanti lavoratori dei diritti fondamentali. Il Governo, va ribadito, ha ereditato una situazione difficile e il Parlamento si è assunto delle responsabilità. I risultati ottenuti vanno ora messi a disposizione anche di chi, in questo momento, ha dato una mano appunto attraverso un sacrificio personale e salariale, anche ai lavoratori della pubblica amministrazione.

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.
  Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire nel prosieguo.
  Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Pag. 17

Interventi di fine seduta (ore 16,41).

  ROCCO PALESE. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ROCCO PALESE. Grazie signor Presidente. Nella Università e nel Cnr di Lecce, noi abbiamo l'istituto di Nanoscienze. Dalla stampa abbiamo appreso che da circa sei anni in questo istituto di Lecce operano circa trenta persone, tra ricercatori, studenti, dottorandi assegnisti e professori che con le loro ricerche e pubblicazioni hanno contribuito a importanti scoperte in campo scientifico. Improvvisamente, signor Presidente, ad agosto, il Cnr ha comunicato di volerlo chiudere non per motivi scientifici, né economici, ma strategici, inducendo di fatto molti giovani che lavorano lì a trasferirsi a Pisa. Chiediamo quindi, per il suo tramite, signor Presidente, al Governo che strategia possa esserci dietro una decisione che di fatto agevola la fuga di cervelli piuttosto che arginarla, se l'eventuale fusione con l'istituto di Nanotecnologie di Lecce garantirà autonomia e ricerca e posti di lavoro agli attuali dipendenti di Nanoscienze e più in generale quali siano le strategie, le previsioni e gli investimenti del CNR per la ricerca nel Mezzogiorno e in Puglia. La circostanza è di una gravità inaudita proprio nel momento in cui si apprende che centinaia e centinaia di giovani, migliaia di giovani, vanno fuori dal nostro Paese per poter continuare a lavorare, a fare ricerca, anche come aggiornamento professionale, come master, senza poi la possibilità di ritorno. Ormai è un trend che diventa sempre più gravoso. Noi abbiamo poi alcune eccellenze, come questa di nanoscienze a Lecce, che per situazioni ancora totalmente incomprensibili viene addirittura soppressa.
  Io ritengo, signor Presidente, che il Governo debba necessariamente intervenire su una situazione del genere; e che non sia soprattutto il preludio per altri spostamenti, tipo per esempio l'Istituto di nanotecnologie famosissimo del professor Cingolani, che è già andato via. Ritengo che questa situazione vada attenzionata, e che per suo tramite il Governo è auspicabile intervenga anche a chiarire possibilmente e successivamente con un'informativa.

Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Martedì 11 ottobre 2016, alle 10:

  1. – Svolgimento di interrogazioni.

  (ore 14)

  2. – Seguito della discussione della proposta di legge:
   LAURICELLA ed altri: Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale in materia di furto di materiale appartenente a infrastrutture destinate all'erogazione di energia, di servizi di trasporto, di telecomunicazioni o di altri servizi pubblici (C. 2664-A).
  — Relatore: Berretta.

  3. – Seguito della discussione delle mozioni Vito ed altri n. 1-01346, Cozzolino ed altri n. 1-01384, Fiano, Pizzolante, Monchiero, Fauttilli ed altri n. 1-01385 e Piras ed altri n. 1-01386 concernenti iniziative per il rinnovo dei contratti dei comparti dei vigili del fuoco, delle forze dell'ordine e delle forze armate.

  La seduta termina alle 16,45.

TESTI DEGLI INTERVENTI DI CUI È STATA AUTORIZZATA LA PUBBLICAZIONE IN CALCE AL RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA ODIERNA: GIUSEPPE BERRETTA (A.C. 2664-A).

  GIUSEPPE BERRETTA (Relazione – A.C. 2664-A) Il provvedimento all'esame Pag. 18dell'Assemblea è diretto ad introdurre una nuova figura di reato che ha per oggetto il fenomeno conosciuto comunemente come «il furto di rame», Questo fenomeno deve essere ricondotto a quello più generale dei furti di materiali sottratti ad infrastrutture energetiche e di comunicazione.
  In particolare, il problema del furto di rame alimentato anche dall'impennata dei prezzi di questo materiale presso le borse mondiali – colpisce negli ultimi anni con sempre maggior frequenza le società operanti nel settore dei trasporti così come le altre aziende operanti nel settore dell'energia e delle telecomunicazioni che utilizzano il rame. La frequenza dei furti – in particolare sulle linee ferroviarie – ha assunto rilevanti proporzioni con gravi danni patrimoniali, pesanti ritardi alla circolazione dei treni, disagi per i viaggiatori.
  Dopo una notevole diminuzione di tali furti nel triennio 2007-2009 (si è passati dagli 1:1.562 del 2007 ai. 5.144 del 2009) un sensibile aumento dei furti di rame si è registrato nel triennio successivo. In particolare, nel 2012, quando i furti di rame sono stati 19.701 (con un incremento del 6,9 per cento rispetto al 2011), le persone denunciate sono state 3.4311 (di cui 2,092 in stato d'arresto), i delitti scoperti sono stati 1.641.
  Per tale ragione si è intervenuti in materia nel 2013 con lo strumento del decreto-legge (n. 93 del 2013 convertito in legge dalla legge n.119 del 2013), che ha modificato le fattispecie penali di furto e di ricettazione, prevedendo specifiche aggravanti e stabilendo nelle medesime ipotesi, l'arresto obbligatorio in flagranza.
  Nello specifico, è stato aggiunto come aggravante del furto (articolo 625, primo comma, nuovo numero 7-bis) quello commesso «su componenti metalliche o altro materiale sottratto ad infrastrutture destinate all'erogazione di energia, di servizi di trasporto, di telecomunicazioni o di altri servizi pubblici e gestite da soggetti pubblici o da privati in regime di concessione pubblica»; esso è sanzionato con la pena della reclusione da uno a sei anni e la multa, da euro 103 a euro 1.032. Analoga modifica ha riguardato l'articolo 648 c.p. con l'introduzione di una specifica ipotesi di ricettazione aggravata (pena aumentata fino a un terzo) se il fatto riguarda denaro o cose provenienti dal furto aggravato ai sensi del nuovo articolo 625-bis, primo comma, n. 7-bis.
  Tanto per l'ipotesi di furto aggravato di materiali provenienti da infrastrutture destinate all'erogazione di servizi pubblici (articolo 625, primo comma, lett. 7-bis), quanto per le ipotesi di ricettazione aggravata degli stessi materiali (articolo 648, primo comma, secondo periodo, c.p.), gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria devono procedere all'arresto in flagranza.
  Per quanto la nuova circostanza aggravante abbia sortito degli effetti favorevoli rallentando il trend di crescita di questo tipo di reato, l'allarme rimane alto, in quanto i danni subiti sia dalle aziende che dai consumatori sono molto elevati.
  Proprio in relazione ai danni ai consumatori, segnalo che l'Osservatorio nazionale sui furti di rame, istituito presso la direzione centrale della polizia criminale, ha evidenziato di recente come il fenomeno in questione sortisca danni indiretti sull'economia, con particolare riferimento a quelli che colpiscono la collettività in termini di disservizi, incidendo sulla continuità di erogazioni dei servizi pubblici essenziali e, pertanto, sulla normale conduzione della vita quotidiana, sulla percezione di sicurezza e sui processi produttivi del Paese. Al riguardo, è stato evidenziato che la società Enel, nel 2015, ha segnalato disservizi nell'erogazione di energia per 697.581.423 minuti, mentre le Ferrovie dello Stato, per il medesimo anno, hanno comunicato il blocco o il rallentamento della circolazione ferroviaria di 6761 treni, per un totale di 138.525 minuti. Il fenomeno non si limita, come si è portati a credere, al trasporto ferroviario, ma coinvolge anche quello stradale.
  Ad esempio, i ripetuti furti di cavi di rame avevano compromesso il funzionamento dell'intero impianto dell'autostrada A91 Roma-Fiumicino. L'Anas ha comunicato nel giugno scorso di aver ripristinato Pag. 19l'illuminazione. Complessivamente sono stati posati e collegati 300 chilometri di nuovi cavi in alluminio materiale con analoghe prestazioni rispetto al rame, ma meno appetibile sul mercato che sono stati interrati e posti all'interno di condotte cementificate al fine di evitare il ripetersi dei furti. Appare evidente che occorre intervenire nuovamente per porre un freno ad un fenomeno che finisce per creare gravi disagi all'intera popolazione.
  Il provvedimento in esame si pone in questa ottica, prevedendo una nuova figura di reato in luogo dell'aggravante, aggravando il reato di associazione a delinquere quando il reato fine il, furto del rame e prevedendo la competenza della procura distrettuale per quest'ultima ipotesi.
  Al testo originario della proposta la Commissione ha apportato solo due modifiche: l'una diretta, ad estendere la fattispecie di reato ritenendo sufficiente la condotta di sottrazione alle infrastrutture, senza la necessità che il materiale sottratto appartenga alle medesime infrastrutture, l'altra diretta ad evitare che la competenza del reato associativo ricada alle Direzioni Distrettuali Antimafia.
  In particolare, l'articolo unico della proposta in esame – aggiungendo al codice penale un nuovo articolo 624-ter – rende, anzitutto, il furto di rame autonoma fattispecie di reato. Nello specifico, la formulazione della fattispecie ricalca pressoché integralmente quella dell'aggravante di cui all'articolo 625, primo comma, n. 7-bis, lasciando inalterata anche l'entità della sanzione detentiva (reclusione da un anno a sei anni); è sensibilmente aumentata, invece, la pena pecuniaria: i limiti minimi e massimi della multa sono fissati, rispettivamente, in 1.000 e 5.000 euro. Come si è detto, è stata eliminata dal testo originario la differenza con l'aggravante. Secondo la proposta originaria la nuova formulazione si doveva distinguere da quella dell'aggravante oggi vigente, laddove faceva riferimento ad altro materiale «appartenente» a infrastrutture mentre l'aggravante fa riferimento invece ad altro materiale «sottratto» a infrastrutture. Dopo diversi approfondimenti in Commissione, si è preferito confermare nel nuovo reato alla formulazione adottata per l'aggravante, essendo questa apparsa più completa.
  Anche sulla, base di quanto accertato in sede giudiziaria, che vede vere e proprie «bande» strutturate, dedite a questo tipo di reato, viene introdotta la fattispecie associativa del delitto di furto e ricettazione di materiali sottratti ad infrastrutture energetiche e di comunicazione; è, a tal fine, integrato il contenuto dell'articolo 416 c.p. cui è aggiunto un comma finale che ne prevede la punibilità con la reclusione da 3 a 8 anni, quando l'associazione a delinquere è diretta a commettere taluno dei delitti di cui agli articoli 624-ter (Furto in danno di infrastrutture energetiche e di comunicazione) e 648 (ricettazione) (comma 1, lett. b).
  Anche in tal caso, per esigenze di coordinamento con l'introduzione del nuovo articolo 624-ter c.p., è adeguato il contenuto dell'articolo 648, primo comma, c.p., attualmente relativo all'aumento di pena per la ricettazione di materiali derivanti dal furto aggravato di cui all'abrogato articolo 625, primo comma, n. 7-bis (comma 1, lett. d). La ricettazione risulterà pertanto aggravata, quando il fatto riguarda denaro o cose provenienti da delitto di furto in danno di infrastrutture (e non più dal corrispondente furto aggravato).
  Una modifica importante al testo è stata fatta al comma 2 dell'articolo unico nella parte in cui interviene sull'articolo 51 del codice di procedura penale ed, in particolare, sul comma 3-bis.
  Dal combinato disposto tra questa modifica ed il vigente articolo 371-bis del codice di procedura penale derivava l'attribuzione della competenza dei reati associativi finalizzati al furto del rame alle Direzioni distrettuali antimafia, con un aggravio di lavoro per queste ultime anche in tutti quei casi in cui il furto del rame si riduca nel caso concreto ad un fatto isolato e di scarso allarme sociale. Si è Pertanto modificato il comma 3-quinquies dell'articolo 51 del codice di rito, attribuendo in tal modo la competenza alle procure distrettuali, ritenendo clic si tratti comunque di un fenomeno che Pag. 20per sua natura debba essere oggetto di indagini che esulino dal contesto circondariale.
  Una seconda modifica al codice di procedura penale riguarda la disciplina dell'arresto obbligatorio in flagranza, con l'introduzione nel codice penale del nuovo autonomo reato di cui all'articolo 624-ter. Al comma 2 dell'articolo 380 c.p.p. è, infatti, soppresso nella lett. e) il superato riferimento all'aggravante di cui a n. 7-bis (del primo comma dell'articolo 625 c.p.) ed è aggiunta una nuova lett. e-ter), che aggiunge il furto in danno di infrastrutture energetiche e di comunicazione tra i delitti per i quali gli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria debbono procedere obbligatoriamente all'arresto in flagranza.