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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 685 di martedì 4 ottobre 2016

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI

  La seduta comincia alle 11,30.

  PRESIDENTE. La seduta è aperta.
  Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

  RICCARDO FRACCARO, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 30 settembre 2016.

  PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alfreider, Artini, Baretta, Bindi, Carbone, Catania, Cicchitto, Cimbro, D'Ambrosio, Damiano, De Menech, Epifani, Faraone, Gentiloni Silveri, Ginefra, Mannino, Meta, Portas, Rigoni, Schullian e Vignali sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente centoquattordici, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna).

Svolgimento di interrogazioni.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni.

(Misure a favore delle aziende agricole e dei territori colpiti dal parassita drosophila suzukii – n. 3-02516)

  PRESIDENTE. Passiamo alla prima interrogazione all'ordine del giorno Taricco ed altri n. 3-02516 (Vedi l'allegato A – Interrogazioni).
  Il Vice Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali, Andrea Olivero, ha facoltà di rispondere.

  ANDREA OLIVERO, Vice Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali. Signor Presidente, onorevoli deputati, preciso innanzitutto che in circostanze eccezionali di emergenza fitosanitaria, qualora si riscontri un pericolo che non possa essere contenuto in alcun altro modo ragionevole, il Ministero della salute può autorizzare, ai sensi dell'articolo 53 del regolamento dell'Unione europea n. 1107 del 2009, l'immissione in commercio di un prodotto fitosanitario per un periodo massimo di 120 giorni e per un'utilizzazione limitata e controllata. In tale contesto, così come previsto da una specifica procedura che abbiamo predisposto con i Ministeri della salute, dell'ambiente e dello sviluppo economico riguardo alla presentazione e valutazione delle istanze di autorizzazione per situazioni di emergenza fitosanitaria, il servizio fitosanitario nazionale, operante presso il MIPAAF, è preposto a fornire al competente Ministero della salute il parere Pag. 2sulla presenza e gravità delle emergenze fitosanitarie segnalate nonché sull'efficacia delle sostanze attive proposte, tenendo in debita considerazione l'indisponibilità di mezzi alternativi per fronteggiare gli eventi.
  In tal senso, per il contenimento della drosophila suzukii il servizio fitosanitario nazionale ha espresso parere favorevole sull'istanza di autorizzazione per l'emergenza fitosanitaria avanzata dai portatori di interesse poi sottoposta dal Ministero della salute alla commissione consultiva per i prodotti fitosanitari. Esperito il prescritto iter, per combattere il parassita in parola il Ministero della salute lo scorso 21 luglio ha autorizzato in via definitiva, e non solo in via eccezionale per 120 giorni, il prodotto Spada 50 WG a base di phosmet sulla coltura del mirtillo; il successivo 16 agosto, a protezione del lampone ha permesso l'utilizzo del prodotto Decis Evo, a base di deltametrina, e il 3 agosto 2016 ha ammesso definitivamente anche il piretro, a difesa delle colture di ciliegio, susino, albicocco, pesco, vite, fragola, lampone, mora, ribes e mirtillo. Questi elementi li segnalo perché le imprese innanzitutto hanno chiesto di poter avere, appunto, strumenti per poter intervenire rispetto a questa particolare situazione emergenziale.
  Ciò posto, mi preme segnalare che nell'ambito dell'azione ERANET – Euphresco 2, coordinamento della ricerca fitosanitaria in Europa, si è di recente concluso un progetto di ricerca transnazionale sui danni potenziali derivanti da drosophila suzukii e sullo sviluppo di misure fitosanitarie (il progetto cosiddetto «DROSKII»). Al progetto hanno partecipato sei enti di ricerca, tra cui due italiani, cioè il CREA, il centro di ricerca per l'agrobiologia e per la pedologia di Firenze, e la Fondazione Edmund Mach di San Michele all'Adige. Sulla base dei risultati scaturiti in tale contesto, è stato avviato un secondo progetto, sempre in ambito Euphresco, denominato «Strategie IPM contro la drosophila suzukii», ancora più orientato alla messa a punto di misure di lotta integrata, i cui principali obiettivi individuati riguardano la messa a punto di un modello previsionale basato sugli andamenti della temperatura, un'indagine riguardante la resistenza al freddo e, quindi, la sopravvivenza degli adulti agli inverni europei, per la definizione di mappe di rischio di insediamento di questa patologia della drosophila suzukii e la messa a punto di trappole più efficaci per il monitoraggio della presenza sempre della drosophila suzukii.
  Ci sono, poi, la valutazione di insetticidi selettivi e di altri metodi di controllo e la definizione di protocolli di diagnosi precoce per i Paesi europei ancora non invasi.
  Anche in questo nuovo progetto l'Italia è rappresentata dal CREA-ABP di Firenze e pertanto, appunto, intendiamo proseguire in questa direzione. Naturalmente, a fianco di questa azione di contrasto, che riteniamo essere in questa fase la più importante e più rilevante nell'interesse delle nostre imprese, stiamo valutando, anche con le regioni interessate, quali misure possano essere assunte affinché le imprese, che sono già state colpite e danneggiate da questo parassita, possano avere poi naturalmente gli strumenti concreti per poter agire e, quindi, anche essere tutelate dai danni da questo provocati.

  PRESIDENTE. L'onorevole Taricco ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interrogazione.

  MINO TARICCO. Grazie, Presidente. Io ringrazio il Viceministro per l'informativa. Sicuramente è apprezzabile il lavoro che il Ministero ha messo in campo, soprattutto alla luce del fatto che di nuovo quest'anno c’è stata, soprattutto negli ultimi mesi, una recrudescenza molto forte degli attacchi, ormai non più circoscritti solamente a determinate aree ma praticamente in tutto il Paese, anche nelle aree del centro-sud Italia che inizialmente sembravano immuni mentre adesso si stanno verificando attacchi e soprattutto preoccupa l'estensione del tipo di colture che sono oggetto di questi attacchi. Infatti, anche l'uva sta cominciando ad essere attaccata e soprattutto Pag. 3vi è un problema per l'uva da tavola, perché i danni che crea sono assolutamente significativi e importanti.
  Mi permetto solo una considerazione. Credo sia sicuramente stato utile il lavoro fatto per dare al mondo produttivo la possibilità di utilizzo di presidi fitosanitari che fossero in grado di contrastare il parassita. Dai risultati che sono segnalati nelle campagne, però la sensazione è che la strada della lotta chimica, come dire, non sia risolutiva sulla partita, così come non è risolutivo l'utilizzo di reti e di altri strumenti che pure alleviano il problema ma senza risolverlo. Credo sia fondamentale insistere sulla ricerca e soprattutto sulla ricerca legata ad antagonisti naturali, perché la soluzione, come già si è verificato per tutta una serie di altri fitofagi che attaccano le nostre colture, probabilmente è da ricercare sugli antagonisti naturali. La sensazione, anche nelle scorse settimane parlando con parecchi produttori, è che, per carità, tutte le cose che si stanno mettendo in campo limitano i danni, ma sicuramente non forniscono la strumentazione necessaria ai produttori per affrontare questo delicato parassita che sta creando, però, dei danni pazzeschi, sull'ordine anche del 25-30-35 per cento alle culture.
  Quindi, da questo punto di vista apprezzamento per il lavoro fatto, ma richiesta di grande lavoro, in sintonia con le regioni, soprattutto sul tema della ricerca.

(Iniziative volte alla riforma e al rilancio nel settore dell'ippica nazionale, nonché volte a favorire nuove prospettive di sviluppo per l'indotto – n. 3-02517)

  PRESIDENTE. Passiamo alla interrogazione Guidesi n. 3-02517 (Vedi l'allegato A – Interrogazioni).
  Il Vice Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali, Andrea Olivero, ha facoltà di rispondere.

  ANDREA OLIVERO, Vice Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali. Grazie, Presidente. Onorevoli deputati, mi preme innanzitutto evidenziare che la legge n. 154 del 2016, il cosiddetto «collegato agricolo», all'articolo 15 ha previsto una nuova delega al Governo per il riassetto delle modalità di finanziamento e di gestione dell'attività di sviluppo e promozione del settore ippico nazionale. Al momento abbiamo aperto il confronto con il Ministero dell'economia e delle finanze nonché con l'Agenzia delle dogane e dei monopoli per la predisposizione dei provvedimenti attuativi. In tal senso è stata prevista una generale rivisitazione della materia delle scommesse ippiche e l'individuazione di un apposito organismo a cui saranno affidate le competenze oggi in capo al MIPAAF, l'organizzazione degli eventi ippici nonché la ripartizione e la rendicontazione delle risorse destinate alla filiera. Per i primi cinque anni dalla costituzione del predetto organismo è comunque prevista una qualificata partecipazione di rappresentanti del MIPAAF e del Ministero dell'Economia e delle Finanze e successivamente la costituzione di uno specifico organo di vigilanza sulla gestione dell'organismo in parola. La riforma verte in particolare sul riordino dei prodotti di scommessa ippica, con la rivisitazione delle relative aliquote e il conseguente atteso incremento del gettito erariale e sulla progressiva riduzione dei finanziamenti pubblici derivanti da altre fonti di gettito diverse dalle scommesse ippiche. In tale direzione, al fine di consentire al comparto di posizionarsi meglio sul mercato nazionale ed internazionale, saranno predisposte le condizioni organizzative e funzionali per una riorganizzazione da attuare anche attraverso la revisione e il rilancio dei sistemi di finanziamento correlati alle scommesse.

  PRESIDENTE. L'onorevole Guidesi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interrogazione.

  GUIDO GUIDESI. Grazie, Presidente. Ringrazio il Vice Ministro per la risposta. Noi attendiamo che si passi ai fatti perché il settore dell'ippica è un comparto che ha una filiera molto, molto elevata e questa Pag. 4filiera è in gravissima crisi, come ben sappiamo, una crisi dovuta essenzialmente alla gestione, magari alla scarsa attenzione che c’è stata negli ultimi periodi, soprattutto anche da parte del Governo, ma rispetto anche al fatto che manca di gettito e di risorse. Manca di gettito da parte delle scommesse, per cui manca di credibilità e non è attrattiva per i vari sponsor, ha bisogno di una riforma vera. Sappiamo della delega che è stata inserita nel collegato agricoltura, noi vi invitiamo a fare presto, a fare in fretta perché ci sono parecchi soggetti del comparto e della filiera che purtroppo hanno chiuso e che non hanno più un lavoro. Noi crediamo che quel settore e quel comparto debba assolutamente essere tutelato e rilanciato. Il Governo ha la possibilità di farlo, noi cercheremo di dare il nostro contributo, speriamo lo facciate nel minor tempo possibile perché la cosa sta diventando veramente urgente.

  PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni all'ordine del giorno.
  Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 14,30.

  La seduta, sospesa alle 11,45, è ripresa alle 14,30.

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARINA SERENI

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Adornato, Boccia, Bolognesi, Distaso, Ferrara, Carlo Galli, Grande, Grassi, Lorenzo Guerini, Kronbichler, Lavagno, Mazziotti Di Celso, Picchi, Piepoli, Speranza, Tofalo e Villecco Calipari sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
  I deputati in missione sono complessivamente centotrentuno, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 14,30).

  PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento. Sospendo pertanto la seduta, che riprenderà alle ore 14,50. La seduta è sospesa.

  La seduta, sospesa alle 14,31, è ripresa alle 14,50.

Sull'ordine dei lavori.

  ARTURO SCOTTO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ARTURO SCOTTO. Signora Presidente, per segnalare alla Presidenza e per chiedere un intervento molto forte rispetto a quello che noi definiamo una sorta di conflitto istituzionale che si è aperto dopo che l'Ufficio parlamentare di bilancio ieri ha detto cose ben precise rispetto alla Nota di aggiornamento al DEF e rispetto al modo in cui il Governo l'ha attrezzata. Non sarebbe la prima volta e c’è un tema di fondo e concludo, signora Presidente: questo conflitto istituzionale sta esponendo il Parlamento in queste ore ad una forsennata campagna promossa dal Presidente del Consiglio, dal Ministro dell'economia rispetto agli esiti del processo referendario e avallata dal Presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano che non ha avuto altro da dire domenica scorsa che il Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà)...

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  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Scotto, questo con l'ordine dei lavori non c'entra nulla. Sull'ordine dei lavori lei ha avuto la parola, sull'ordine dei lavori raccolgo il tema dell'Ufficio parlamentare di bilancio; sul resto non c'entra nulla con l'ordine dei lavori.

  ARTURO SCOTTO. Presidente, si deve difendere il Parlamento rispetto a questi attacchi !

  RENATO BRUNETTA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  RENATO BRUNETTA. Signora Presidente, è in atto un conflitto istituzionale tra Ufficio parlamentare di bilancio e il Governo per quanto riguarda la Nota di aggiornamento al DEF. Un'ora fa il Ministro dell'economia Padoan ha ribadito, in spregio all'Ufficio parlamentare di bilancio, che non avrebbe cambiato nessun numero e che quella era la Nota di variazione che avrebbe presentato al Parlamento e sulla quale il Parlamento avrebbe dovuto costruire o costituire la legge di bilancio, prefigurando un conflitto con l'Unione europea. Questo disprezzo del Parlamento è lo stesso disprezzo che ha esplicitato il Presidente emerito della Repubblica, definendo il Parlamento...

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Brunetta.

  RENATO BRUNETTA. ... uno straccio e indegno se non fosse passato il referendum...

  PRESIDENTE. Onorevole Brunetta, la interrompo qui...

  RENATO BRUNETTA. ... è inaccettabile che un Presidente emerito della Repubblica si possa (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente)...

  PRESIDENTE. Abbiamo colto il punto, grazie, onorevole Brunetta. Prima di dare la parola al terzo che ha chiesto di intervenire sull'ordine dei lavori, io ricordo a noi tutti che cosa dice la Giunta per il Regolamento sui limiti di ammissibilità e modalità di svolgimento (Commenti del deputato Brunetta)...Onorevole Brunetta, la richiamo all'ordine ! Limiti di ammissibilità e modalità di svolgimento dei richiami al Regolamento o per l'ordine dei lavori: gli interventi incidentali, ai sensi dell'articolo 41, comma 1, del Regolamento, sono in linea generale ammissibili soltanto quando i richiami al Regolamento o per l'ordine dei lavori vertano in modo diretto e univoco sullo svolgimento e sulle modalità della discussione o della deliberazione o comunque del passaggio procedurale nel quale, al momento in cui vengono proposti, sia impegnata l'Assemblea o la Commissione. Ogni altro richiamo o intervento andrà collocato, secondo la sua natura, al termine della seduta ovvero, in casi di particolare importanza e urgenza, quando si è esaurita la trattazione del punto all'ordine del giorno eccetera. Ora con questa raccomandazione, do ora la parola al deputato Palese, sempre sull'ordine dei lavori.

  ROCCO PALESE. Signora Presidente, il mio intervento sarà sull'ordine dei lavori perché quanto è stato espresso nel parere formulato dall'Ufficio parlamentare di bilancio nella giornata di ieri in riferimento alla Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza 2016 presentato al Governo è di una gravità senza precedenti, non solo perché c’è una divergenza enorme nei confronti del provvedimento predisposto dal Governo, ma soprattutto perché le valutazioni dell'Ufficio parlamentare di bilancio, signora Presidente, concludono nel non validare i dati macro economici dello stesso documento.
  Questo di fatto è un precedente, perché questo organo, che è del Parlamento, impatta in maniera determinante con quello che poi è il presupposto della successiva legge di bilancio e quindi se le valutazioni dovrebbero già essere confermate in questo Pag. 6senso, noi andiamo in violazione dell'articolo 81 della Costituzione da parte del Governo. Siccome però trattasi di un organo del Parlamento, io penso che, signora Presidente, ci debba essere un intervento anche di informazione di questo grave conflitto, di questa grave divergenza da parte della Presidente della Camera informando il Capo dello Stato. Il Capo dello Stato va assolutamente informato di questa situazione che si è venuta a creare, che non è una situazione di poco conto. Noi non abbiamo solo un problema di tutela dei conti pubblici della Repubblica, noi abbiamo anche un problema di trattativa con l'Unione europea, abbiamo un problema anche di credibilità nei confronti dei mercati e se l'Ufficio parlamentare di bilancio, che è stato ritenuto indispensabile dalla Commissione europea nelle trattative del 2011 per uscire fuori dall'inflazione per deficit eccessivo, in attuazione del nuovo articolo 81 della Costituzione, viene a sancire nella Commissione di bilancio una valutazione così negativa, così preoccupante, così pericolosa, questo non può esimere la Presidenza di questa Assemblea dall'intervenire a tutela del Parlamento e a tutela dei conti pubblici della Repubblica.

  LAURA CASTELLI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  LAURA CASTELLI. Signora Presidente, ci uniamo anche noi perché quello che sta succedendo in questi giorni non è secondo noi stato attenzionato abbastanza. Questo Parlamento ha un organo di riferimento, che è l'Ufficio parlamentare di bilancio, il quale, con una legge, ha il compito di informare questo Parlamento sull'andamento del Governo rispetto all'utilizzo dei soldi e dei conti pubblici. Quello che è successo ieri sera è stato messo davanti agli occhi di tutti ma forse pochi l'hanno compreso in quest'Aula, altrimenti sarebbero tutti in piedi a chiedere che qualcosa venga fatto da parte del Governo. La legge dice che questo Parlamento può andare avanti solo se il Governo presenta una programmazione, cosa che non ha fatto e cosa che il nostro istituto di tutela, cioè l'Ufficio parlamentare di bilancio, nero su bianco ha scritto che non esiste. Ad oggi questo Paese non ha una programmazione chiara di come spendere i soldi delle tasse dei cittadini italiani (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Chiediamo che lei, Presidente, possa avvisare tutti quelli che hanno un ruolo ancora previsto per Costituzione – decida lei chi, ma lo faccia – affinché questo Parlamento abbia nel più breve tempo possibile quello che già doveva esserci, ossia una programmazione. È inaccettabile sentire il Ministro dell'economia e delle finanze di questo Paese dire che poi forse la programmazione sarà portata al Parlamento. Questo Parlamento non può lavorare ma per legge, non per un vizio o un fastidio e un capriccio. Questo Parlamento non può lavorare secondo la legge senza una programmazione. Il Documento di economia e finanze non è completo, è evidente negli aspetti molto gravi. Lasciamo stare le bugie innumerevoli che questo Governo continua a raccontare agli italiani e che scrive sotto forma di numeri, lasciamolo stare perché i cittadini lo stanno vedendo e stanno capendo benissimo qual è la quantità di bugie che vengono. Parliamo della legge; la legge dice che in questo momento il Governo ha fatto un'operazione irregolare e illegittima non presentando la programmazione. Presidente, lei si assuma la responsabilità di farlo sapere a chi di dovere perché questo Parlamento e gli italiani tutti si meritano la verità sulla programmazione dei soldi delle tasse degli italiani che dovranno essere utilizzati per fare degli investimenti. In questo momento né il Presidente del Consiglio e né Padoan, il Ministro dell'economia, hanno intenzione di fare ciò, andando contro la legge. Presidente, dica qualche cosa, per favore (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  GUIDO GUIDESI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

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  GUIDO GUIDESI. Grazie Presidente, anche noi sosteniamo le ragioni di chi ci ha preceduto: è una novità da quando c’è l'Ufficio parlamentare di bilancio che tale l'Ufficio parlamentare di bilancio non vidimini, non vagli le previsioni e le stime fatte dal Governo. Previsioni e stime che sono anche, rispetto alle audizioni che ci sono state in Commissione bilancio, evidentemente fuori da qualsiasi razionalità, una razionalità che, mi spiace dirlo, è mancata anche al Ministro dell'economia questa mattina. Io credo che ci sia bisogno di un chiarimento, anche perché su alcune situazioni di stime per gli obiettivi che si è posto il Governo, e di revisione della spesa per 25 miliardi di euro, io credo che, soprattutto rispetto al mancato vaglio dell'Ufficio parlamentare di bilancio, un chiarimento ci debba essere, un chiarimento nel dettaglio. Oggi ci troviamo di fronte ad una situazione irrazionale, ma soprattutto ad un Governo che ci dà dei numeri, che non capiamo da dove arrivano (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).

  ETTORE ROSATO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Immagino sullo stesso argomento, sull'ordine dei lavori. Ne ha facoltà.

  ETTORE ROSATO. Grazie Presidente. Io volevo rassicurare i colleghi, perché ho sentito delle cose molto fantasiose, molto preoccupanti, dette da alcuni colleghi. Io penso che siamo in una situazione invece molto trasparente e limpida in cui il DEF è stato depositato, l'Ufficio di bilancio ha fatto delle sue valutazioni, e come la legge prescrive, come prescrive la n. 243, ci sono state le risposte da parte del Ministro che sono state puntuali, ampie e rassicuranti rispetto alla tenuta della legge di stabilità e alla tenuta delle previsioni di crescita che in quella legge sono contenute.
  Poi, è evidente che, nel corso della discussione della manovra, quando questa sarà depositata, quando questa verrà inviata in Europa, approvata dal Governo e depositata, peraltro quest'anno in questa Camera, avremo tutte le notizie aggiuntive e più precise che documenteranno come la crescita prevista per il prossimo anno e per gli anni successivi sia dovuta.
  Mi lasci anche una considerazione più politica: mi spiace, non lo dico tanto in questa logica e in questo dibattito di oggi, ma più in generale, notare che, quando c’è un numero negativo, che sia sulla disoccupazione, che sia sul PIL, che sia su qualche indicatore relativo all’export, sembra quasi che dall'opposizione si alzi una ola entusiasta, come se i numeri positivi fossero solo della maggioranza e i numeri negativi invece facessero bene all'opposizione. Noi lavoriamo per l'interesse di questo Paese e credo che in questo ci debba essere un interesse generale. La crescita, e come costruire le condizioni della crescita in questo Paese, sono un interesse di tutti, non solo un interesse della maggioranza. Quindi, questo atteggiamento che anche qui oggi trova queste considerazioni, mi sembra veramente lontano e privo dell'interesse di Stato.
  Mi consenta di chiudere con un abbraccio al Presidente emerito Napolitano da parte del mio gruppo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  LUCA PASTORINO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Immagino sullo stesso argomento Ne ha facoltà.

  LUCA PASTORINO. Immagina bene, nel senso che non siamo qua a fare ole, mi riferisco all'intervento di Rosato, e mi riferisco alle sue parole quando parla di interventi fantasiosi. Forse in alcuni casi ci sarà stata un po’ di fantasia, però lei capisce bene, Presidente, che ci troviamo davanti a un documento dell'Ufficio parlamentare di bilancio sulla nota di aggiornamento del DEF dove – ne cito tre – vi sono dati discordanti: la previsione dell'Ufficio sul contributo della domanda interna è dello 0,6, quella del Governo è dell'1,2; sui consumi finali l'Ufficio parla di 0,2 e il Governo di 0,8; sul prodotto interno lordo 0,6 e 1. Diciamo che, nel Pag. 8normale sforzo di approfondimento dei temi di una Commissione come quella di bilancio ci sta anche il fatto di dover sollevare qualche dubbio e qualche chiarimento. Oggi, grazie al Presidente Boccia, abbiamo anche scoperto che il Ministro tornerà in Commissione a esporci delle valutazioni, dei dati che mancavano a noi, mancavano all'Ufficio parlamentare, mancavano evidentemente alla Banca d'Italia, mancavano un po’ a tutti. Questo non è un esempio di serietà e quindi noi questo stiamo chiedendo: che venga fatta chiarezza su questi numeri e sulle prospettive di questa manovra (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa Libera-Possibile).

  MAURIZIO BIANCONI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  MAURIZIO BIANCONI. Grazie Presidente, io lascio il balletto dei numeri e faccio presente che non è tollerabile che un deputato della maggioranza, il capogruppo del partito di maggioranza...

  PRESIDENTE. Onorevole Bianconi, su che cosa mi ha chiesto la parola, perché altrimenti iniziamo un dibattito. Lei mi ha chiesto la parola sull'ordine dei lavori relativamente alla questione UPB.

  MAURIZIO BIANCONI. Esatto. Lezioni non ne prendiamo ! La scorsa legislatura è stata tutto un maledire i numeri con il «+» ...

  PRESIDENTE. Grazie.

Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge: Coscia ed altri; Pannarale ed altri: Istituzione del Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione e deleghe al Governo per la ridefinizione della disciplina del sostegno pubblico per il settore dell'editoria e dell'emittenza radiofonica e televisiva locale, della disciplina di profili pensionistici dei giornalisti e della composizione e delle competenze del Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti. Procedura per l'affidamento in concessione del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale (Approvate, in un testo unificato, dalla Camera e modificate dal Senato) (A.C. 3317-3345-B) (ore 15,05).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle proposte di legge, già approvate, in un testo unificato, dalla Camera e modificate dal Senato, nn. 3317-3345-B: Istituzione del Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione e deleghe al Governo per la ridefinizione della disciplina del sostegno pubblico per il settore dell'editoria e dell'emittenza radiofonica e televisiva locale, della disciplina di profili pensionistici dei giornalisti e della composizione e delle competenze del Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti. Procedura per l'affidamento in concessione del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale.
  Ricordo che nella seduta del 29 settembre 2016 si è conclusa la discussione sulle linee generali e il rappresentante del Governo è intervenuto in sede di replica, mentre il relatore per la maggioranza vi ha rinunciato.

(Esame degli articoli – A.C. 3317-3345-B)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del testo unificato delle proposte di legge, modificati dal Senato.
  Le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso i prescritti pareri (Vedi l'allegato A – A.C. 3317-3345-B), che sono in distribuzione.
  Avverto che non sono pubblicati nel fascicolo, a norma dell'articolo 70, comma 2, del Regolamento, gli emendamenti presentati direttamente in Assemblea non riferiti a parti modificate dal Senato.
  Avverto, inoltre, che, sempre a norma dell'articolo 70, comma 2, del Regolamento, non saranno posti in votazione gli articoli 4, 5 e 8 in quanto non modificati dal Senato.

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  FRANCESCO CARIELLO. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento.

  PRESIDENTE. Su quale articolo del Regolamento ?

  FRANCESCO CARIELLO. Articolo 8 e seguenti.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  FRANCESCO CARIELLO. Grazie, Presidente. In merito all'argomento discusso prima dell'inizio della discussione, vorrei chiarire che noi del MoVimento 5 Stelle componenti della Commissione bilancio...

  PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Cariello, su questo argomento ha parlato la sua collega Castelli e io ho dato la parola a uno per gruppo, quindi non le posso ridare la parola, il richiamo al Regolamento non può essere questo. Non capisco dove sta il richiamo al Regolamento se lei torna su questo stesso tema; non posso ridarle la parola.

  FRANCESCO CARIELLO. Se mi fa parlare... il tema è lo stesso, ma voglio appellarmi ad una regola che è una regola inclusa in una legge dello Stato, la legge n. 243 che permette a dei deputati...

  PRESIDENTE. Ascolti, onorevole Cariello, lei non ha la parola.

  FRANCESCO CARIELLO. ... di poter fare richiesta di rettifica...

  PRESIDENTE. D'accordo, ma lei non può parlare perché il richiamo al Regolamento riguarda lo svolgimento di questa seduta. Lei mi sta richiamando una norma importantissima che è stata oggetto di un giro di interventi tra tutti i gruppi, ma non c'entra niente con l'andamento di questa seduta.

  MARIA EDERA SPADONI. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento.

  PRESIDENTE. Su quale articolo del Regolamento ?

  MARIA EDERA SPADONI. Articolo 8 e seguenti.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  MARIA EDERA SPADONI. Presidente, non c’è scritto da nessuna parte che, nel momento in cui un collega parla sull'ordine dei lavori, poi un altro collega che vuole specificare determinate cose su quell'ordine dei lavori non possa parlare. Quindi, che lei ci venga a dire che il collega Cariello non può parlare, questo semplicemente non è ammissibile. Quindi, le chiedo semplicemente di rispettare questo Parlamento e anche la funzione che svolge.

  PRESIDENTE. Onorevole Spadoni, forse non sono stata chiara nella lettura di prima. Ve la rileggo: la Presidenza ha un compito che è la programmazione degli interventi, a proposito di programmazione, e la programmazione dei lavori, e come voi sapete l'ordine del giorno di oggi reca il testo della legge di cui stiamo occupandoci. Tuttavia, prima dell'esame e del voto della legge sull'editoria ho ritenuto che fosse accettabile fare un giro di interventi, sollecitato da alcuni gruppi, sul tema del parere dell'Ufficio parlamentare di bilancio relativo alla Nota di aggiornamento del DEF. È un'interpretazione estensiva già di quello che si intende nel Regolamento per intervento sull'ordine dei lavori, perché, ve lo rileggo, dice la Giunta per il Regolamento: gli interventi incidentali, ai sensi dell'articolo 41, comma 1, del Regolamento sono in linea generale ammissibili soltanto quando i richiami al Regolamento o per l'ordine dei lavori vertano in modo diretto e univoco sullo svolgimento e sulle modalità della discussione o della deliberazione o comunque del passaggio procedurale nel quale al momento in cui vengono proposti sia impegnata l'Assemblea o la Commissione. Allora, se ho avuto, tra virgolette, un torto è stato quello di interpretare in maniera un po’ estensiva Pag. 10questa norma sapendo che non c'era nessun richiamo all'ordine dei lavori immediato che potesse discendere dalla questione sollevata prima dal collega Scotto e poi dagli altri colleghi. Però la discussione si ferma qui perché non c’è più nessuna discussione su quell'argomento e ora passiamo all'ordine del giorno che abbiamo.

  GIUSEPPE BRESCIA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Su che cosa ? Perché io dovrei dare la parola ai relatori.

  GIUSEPPE BRESCIA. Sull'ordine dei lavori, sempre sul tema editoria però.

  PRESIDENTE. Ah, ok, va bene. Questo mi sembra più congruo, ecco (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Questo mi sembra perfettamente coerente con quello che ho appena letto. Prego.

  GIUSEPPE BRESCIA. A noi risulta che all'articolo 2, comma 2, paragrafo 5, lettera n), sia presente nel testo che stiamo per discutere una parte che in realtà è stata bocciata al Senato. Quindi, chiederei di fare una verifica agli uffici...

  PRESIDENTE. Ci può ripetere, per favore, l'articolo ?

  GIUSEPPE BRESCIA. Mi riferisco all'articolo 2, comma 2, paragrafo 5, lettera n). E l'emendamento bocciato al Senato dovrebbe essere il 2.123 Calderoli che, appunto, aggiunge la parte «nonché sulle emittenti televisive e radiofoniche locali, analogiche o digitali». Siccome mi sembra una questione sostanziale molto importante, prima di cominciare chiederei di fare questa verifica. Penso che prenda poco tempo, cinque minuti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Guardi, la verifica gli uffici l'hanno già fatta e la stanno rifacendo. La premessa è che noi come Camera non possiamo che fare riferimento al messaggio che ci arriva dal Senato. Quindi, il messaggio che è arrivato dal Senato è quello che noi abbiamo nei fascicoli. Adesso stiamo verificando se c’è un'incongruità tra il messaggio arrivato dal Senato e quello che effettivamente il Senato ha approvato. Però il testo del Senato è quello che ci è stato mandato. Quindi, dovrebbe nel caso essere il Senato a modificare il messaggio che ci viene inviato. Comunque ha fatto bene a fare questa segnalazione e adesso verifichiamo. Mi pare che la sua osservazione fosse sull'articolo 2, vero ? Ecco, allora intanto magari sentiamo i pareri dei relatori e del rappresentante del Governo sugli emendamenti riferiti all'articolo 1.

(Esame dell'articolo 1 – A.C. 3317-3345-B)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A – A.C. 3317-3345-B).
  Se nessuno chiede di intervenire sul complesso degli emendamenti, invito il relatore per la maggioranza ad esprimere il parere della Commissione.

  ROBERTO RAMPI, Relatore per la maggioranza. Allora, i pareri sono i seguenti: emendamenti 1.1 e 1.2 Pannarale, caloroso invito al ritiro, altrimenti parere contrario. Dico così perché è un tema che abbiamo già discusso in Commissione, dove avevamo a mio parere trovato una quadra. Su tutti gli altri sono pareri contrari secchi.

  PRESIDENTE. Relatore di minoranza, onorevole Brescia ?

  GIUSEPPE BRESCIA, Relatore di minoranza. Allora, emendamenti 1.1 e 1.2 Pannarale e 1.3 e 1.4 Brescia, parere favorevole; emendamento 1.6 Borghesi, parere contrario; emendamento 1.5 Brescia, parere favorevole; articolo aggiuntivo 1.01 Borghesi, parere contrario.

  PRESIDENTE. Il Governo ?

Pag. 11

  ANTONELLO GIACOMELLI, Sottosegretario di Stato allo Sviluppo economico. Conforme al relatore per la maggioranza.

  PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.1 Pannarale. C’è un invito al ritiro che non mi sembra accolto.
  Passiamo, quindi, ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.1 Pannarale, con il parere contrario della Commissione e del Governo e favorevole del relatore di minoranza.
  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.
  La Camera respinge (Vedi votazione n. 1).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.2 Pannarale, con il parere contrario della Commissione e del Governo e favorevole del relatore di minoranza.
  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.
  La Camera respinge (Vedi votazione n. 2).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.3 Brescia, con il parere contrario della Commissione, del Governo e della V Commissione (Bilancio) e favorevole del relatore di minoranza.
  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.
  La Camera respinge (Vedi votazione n. 3).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Brescia 1.4, con il parere contrario della Commissione e del Governo e con il parere favorevole del relatore di minoranza.
  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.
  La Camera respinge (Vedi votazione n. 4).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Borghesi 1.6, con il parere contrario della Commissione, del Governo e del relatore di minoranza.
  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.
  La Camera respinge (Vedi votazione n. 5).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Brescia 1.5, con il parere contrario della Commissione e del Governo e con il parere favorevole del relatore di minoranza.
  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.
  La Camera respinge (Vedi votazione n. 6).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1.
  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

Pag. 12

  La Camera approva (Vedi votazione n. 7).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Borghesi 1.01, con il parere contrario della Commissione, del Governo e del relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.
  La Camera respinge (Vedi votazione n. 8).

(Esame dell'articolo 2 – A.C. 3317-3345-B)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 2 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A – A.C. 3317-3345-B).
  Se nessuno chiede di intervenire sul complesso degli emendamenti, invito il relatore per la maggioranza ad esprimere il parere della Commissione.

  ROBERTO RAMPI, Relatore per la maggioranza. Presidente, i pareri sono tutti contrari. Sull'emendamento 2.4 Pannarale c’è un invito al ritiro, anche perché ritengo che, per come è scritto il provvedimento, si possa ottenere lo stesso obiettivo dell'emendamento a normativa vigente.

  PRESIDENTE. Intanto avverto – e lo dico per i colleghi, perché i relatori sono stati direttamente informati – che nel frattempo abbiamo verificato che il testo è quello che effettivamente ci è stato trasferito dal Senato.
  Onorevole Brescia, quali sono i suoi pareri ?

  GIUSEPPE BRESCIA, Relatore di minoranza. Presidente, 2.7 Borghesi contrario; 2.3 Brescia favorevole; 2.4 Pannarale favorevole; 2.9 Borghesi contrario; identici emendamenti 2.5 Pannarale e 2.6 Brescia parere favorevole; 2.10 Simonetti contrario.

  PRESIDENTE. Non abbiamo articoli aggiuntivi.
  Il Governo ?

  ANTONELLO GIACOMELLI, Sottosegretario di Stato allo Sviluppo economico. Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore per la maggioranza.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 2.7 Borghesi, con il parere contrario della Commissione, del Governo e del relatore di minoranza.
  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.
  La Camera respinge (Vedi votazione n. 9).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 2.3 Brescia, con il parere contrario della Commissione e del Governo e con il parere favorevole del relatore di minoranza.
  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.
  La Camera respinge (Vedi votazione n. 10).

  Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.4 Pannarale.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pannarale. Ne ha facoltà.

  ANNALISA PANNARALE. Grazie, Presidente. Il relatore Rampi mi chiede caldamente Pag. 13di ritirare questo emendamento. Io voglio interloquire con il relatore Rampi e anche con il sottosegretario Giacomelli, perché questo nostro emendamento interviene su un punto assolutamente discutibile che è stato introdotto al Senato.
  Il Senato in questo passaggio devo dire ha avuto la capacità di migliorare anche alcune parti di questo provvedimento; in qualche caso, invece, ha fatto delle scelte un po’ paradossali, perché mentre viene fissato il tetto massimo di 240 mila euro per dipendenti, consulenti e collaboratori del servizio pubblico della RAI – e questo va bene, bene perché finalmente siamo entro il limite del tetto per i dipendenti – propone, tra i criteri premiali o penalizzanti, di ridurre soltanto il contributo pubblico per quelle imprese editoriali i cui dipendenti, i cui amministratori e il cui personale superano i 240 mila euro. Allora, ridurlo soltanto mi sembra francamente discutibile.
  Io credo che un'impresa editoriale che abbia una quantità talmente elevata di risorse da poter pagare il suo amministratore addirittura oltre i 240 mila euro sia un'impresa editoriale che non merita il contributo pubblico. Io credo che sia un'impresa editoriale che possa farcela con le sue gambe e che possa affidare l'esercizio dell'informazione al mercato. Visto che stiamo parlando di un mondo dove la precarietà è estremamente diffusa e dove ci sono anche stipendi da fame, credo che sia assolutamente giusto – e direi anche etico – che questi finanziamenti, queste risorse e questi contributi vengano lasciati, invece, a quei piccoli editori, a quelle piccole testate – esattamente quelle cui proviamo a rivolgerci in questo testo di legge – che non riescono a camminare con le loro gambe e, quindi, a reggere gli urti della crisi, come sta succedendo da molti anni.
  Insomma, so benissimo che quest'emendamento non sarà approvato, perché questo passaggio in terza lettura sappiamo essere un passaggio sostanzialmente chiuso. Tuttavia, mi rivolgo alla maggioranza e mi rivolgo al Governo. Io potrei anche riflettere e ragionare sulla possibilità di un ritiro di questo emendamento, laddove però ci fosse un impegno pieno, chiaro e netto da parte del Governo ad accogliere un ordine del giorno, che chieda, se non la cancellazione come dovrebbe essere – voglio essere disponibilissima –, almeno una riduzione sensibilissima di questo contributo, che possa rasentare quasi lo zero e, naturalmente, con una scelta assolutamente conseguente nei decreti attuativi, che faccia seguire agli impegni e alle parole i fatti.
  Credo che su questa misura assolutamente bizzarra si possa trovare una condivisione e, quindi, impegnare questo Parlamento a fare in modo che quel decreto attuativo possa decretare una penalizzazione reale e sostanziale per quelle imprese che non hanno certamente bisogno del contributo pubblico.

  ROBERTO RAMPI, Relatore per la maggioranza. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ROBERTO RAMPI, Relatore per la maggioranza. Il mio invito al ritiro voleva essere esattamente nella direzione – l'avrei proposto – di presentare un ordine del giorno. Infatti, mi sembra di interpretare, avendo seguito anche i lavori dell'altra Camera, il Senato, che l'indicazione nell'aver aggiunto questo criterio punitivo fosse quella dell'esclusione. La ratio è quella. Quindi, avendo noi lavorato per 376 e passa giorni a questo progetto di legge e volendo arrivare alla sua approvazione definitiva, possiamo, però, con un ordine del giorno dire al Governo che, nell'introdurre questo criterio punitivo, sia così punitivo da produrre sostanzialmente un'esclusione di contributi, perché nessuno ritiene che ci sia un motivo per dare un contributo pubblico a chi abbia la disponibilità a pagare cifre del genere. Infatti, tutti i soggetti che possono accedere a questo contributo pubblico ritengo non abbiano assolutamente questo tipo di natura. Però, se anche il Governo lo condivide, lo trasformiamo in ordine del Pag. 14giorno e magari lo approva anche tutta l'Aula – se l'Aula è d'accordo –, e questo diventa un elemento molto forte.

  ANTONELLO GIACOMELLI, Sottosegretario di Stato allo sviluppo economico. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ANTONELLO GIACOMELLI, Sottosegretario di Stato allo sviluppo economico. Grazie, Presidente. Su questo tema abbiamo interloquito anche al Senato e tengo a spiegare la ratio della posizione del Governo, anche per non far sembrare che ci sia una riluttante accondiscendenza a una richiesta di altri.
  Noi conosciamo bene le imprese di cui stiamo parlando e, a una prima lettura, l'idea che lo stesso tetto di 240 mila per la posizione dell'amministratore valga per imprese di questo tipo appare del tutto logica ed è incomprensibile, allora, la posizione del Governo. Io capisco la ratio e la ratio è condivisa profondamente.
  Vorrei provare a rappresentarle un'ipotesi del tutto astratta, che non fa riferimento alla realtà, di un'attività editoriale locale, in cui l'editore ha nominato: direttore responsabile il figlio, e magari prende 225 mila euro; direttore editoriale la moglie, e prende 225 mila euro; direttore marketing il nipote, e prende 225 mila euro, e potrei proseguire. Fattispecie del tutto astratta, come ognuno di voi capisce bene. Magari c’è un'impresa che lotta per sopravvivere e che ha bisogno di una professionalità e di un talento vero per uscire da una situazione di difficoltà e decide un investimento su una professionalità di mercato, che magari è a 250 mila euro.
  Sono sicuro che, avendone la possibilità, ognuno di noi valuterebbe le cose nello stesso modo. Quindi io sono, non disponibile, ma molto favorevole a un ordine del giorno che consenta di mettere un tetto a quello che è un utilizzo di risorse che dimostra la non necessità dell'intervento pubblico, come nella fattispecie descritta dall'onorevole Pannarale. Vorrei che insieme trovassimo il modo di non rappresentare solo un simbolo, lasciando invece modalità che sono anche peggiori, ma vorrei modalità che sostanzialmente consentano di evitare che ai contributi pubblici possano accedere aziende e realtà che, nella prassi, nell'organizzazione aziendale, nella gestione degli stipendi, delle risorse e delle responsabilità, dimostrano di non aver bisogno, o meglio di cercare risorse solo per mantenere scopi diversi da quelli della tenuta aziendale.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole sottosegretario. Chiedo all'onorevole Pannarale se intenda ritirare quest'emendamento o se procediamo con il voto, perché, siccome è stato annunciato un ordine del giorno, è evidente che le due cose sono collegate.

  ANNALISA PANNARALE. Devo dire che l'intervento del sottosegretario Giacomelli mi ha parzialmente convinta, perché c’è un punto su cui bisogna essere chiari: non ci può essere nessun elemento di una delega che possa essere ambiguo o che possa cedere il fianco a dei criteri che rischiano di essere discrezionali. Allora su questo bisogna essere assolutamente seri, perché stiamo parlando di un mondo importante e fragilissimo al tempo stesso. Ora, poiché tutto il percorso che ha caratterizzato il lavoro su questo provvedimento è stato improntato ad una collaborazione tra maggioranza e opposizione – questo l'ho sempre riconosciuto –, io farò uno sforzo in questo momento e, quindi, ritirerò questo emendamento. Sono certa che riusciremo a raggiungere con il relatore Rampi la formula migliore, affinché, appunto, queste scelte non siano discrezionali o affidate, per così dire, alla maggiore o minore sensibilità del Governo, ma, poiché di testo di legge trattasi, siano assolutamente rigorose e inequivocabili. Quindi, ritiro l'emendamento.

  PRESIDENTE. Naturalmente i colleghi sanno che c’è un termine entro il quale presentare l'ordine del giorno.Pag. 15
  Passiamo all'emendamento 2.9 Borghesi.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 2.9 Borghesi, con il parere contrario di Commissione e Governo e anche del relatore di minoranza.
  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.
  La Camera respinge (Vedi votazione n. 11).

  Passiamo alla votazione degli identici emendamenti 2.5. Pannarale e 2.6 Brescia.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Brescia. Ne ha facoltà.

  GIUSEPPE BRESCIA. Presidente, questo emendamento serve a cancellare una misura che a nostro avviso è scandalosa e senza senso. Perché scandalosa ? Ricordiamo a tutti che già in prima lettura il testo comprendeva una misura che andava verso degli sgravi fiscali a coloro che si facevano pubblicità sui giornali, anche sui grandi giornali: a tutti coloro che si facevano pubblicità sui giornali, quindi stiamo parlando anche di multinazionali, di grande imprese. Quindi già questa per noi è una misura assolutamente scandalosa, perché, per aiutare i giornali, va ad aiutare di fatto queste realtà che non hanno bisogno di alcun aiuto. Ma è anche senza senso, perché se un senso aveva, era quello di portare un po’ di soldi ai giornali; introducendo questa misura che stabilisce che questi sgravi fiscali devono andare anche a chi si fa pubblicità su emittenti televisive e radiofoniche, si va a snaturare il senso originario della misura stessa.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pannarale. Ne ha facoltà.

  ANNALISA PANNARALE. Presidente, noi siamo stati sempre piuttosto critici su questo passaggio della proposta di legge, e in questo momento lo siamo ancora di più. La lettera n) prevede l'incentivazione fiscale degli investimenti pubblicitari non soltanto per gli inserzionisti più piccoli, cosa che potrebbe rappresentare un aiuto, ma anche per quelli che hanno dimensioni ben più grandi; e questo è stato sempre per noi un punto di critica, atteso che partiamo dal presupposto che la pubblicità non dovrebbe mai essere un elemento di condizionamento nei confronti di un'informazione che sia libera e plurale.
  Dopo il passaggio in seconda lettura al Senato, tale incentivazione fiscale viene riservata anche alle emittenti radiotelevisive locali, le quali sono entrate nella platea dei beneficiari, e noi su questo siamo assolutamente favorevoli; peraltro i nostri emendamenti in prima lettura prevedevano tra i beneficiari anche le emittenti radiotelevisive, che sono un pezzo assolutamente importante dell'informazione locale del Paese, con rapporti molto stretti con i cittadini e le cittadine. Il punto però è che in questo passaggio si determina una disparità, perché noi non possiamo dimenticare quanto il mercato pubblicitario, nella sua distribuzione tra carta stampata e televisioni e radio, vada a premiare molto di più le emittenti radiotelevisive invece della carta stampata: tra il 2007 e il 2015 abbiamo avuto una riduzione degli investimenti pubblicitari sulla carta stampata del 61 per cento, quindi una riduzione enorme ! Ecco, noi riteniamo – questo è il senso dell'emendamento – che quantomeno sarebbe stato utile non penalizzare ulteriormente la carta stampata, ed evitare che questa incentivazione andasse anche a chi in questo momento nel mercato pubblicitario è più forte. Mi auguro – e anche su questo noi presenteremo un ordine del giorno – che almeno nell'individuazione, nella differenziazione degli incentivi ci si possa fare carico delle diverse fette di mercato pubblicitario che interessano il mondo dell'editoria.

Pag. 16

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rampi. Ne ha facoltà.

  ROBERTO RAMPI. Signor Presidente, solo una parola. Ovviamente sul merito sul merito e sulle opinioni ognuno ha la sua, il gruppo dei colleghi 5 Stelle ne ha una molto chiara; sul senso però, il relatore Brescia diceva: non lo condividiamo e non ha senso. Sul fatto che abbia senso, in parte ha già detto la collega Pannarale: in realtà i dati ci dicono che c’è una concentrazione pubblicitaria sulle grandi emittenti televisive; e siccome stiamo approvando un provvedimento che dice che sì, ci possono essere dei contributi pubblici, ma quei contributi pubblici devono essere accompagnati da un certo numero di lettori e da una certa capacità di bilancio, di cui anche la componente pubblicitaria è uno degli elementi, allora sbaglieremmo, mancherebbe qualcosa se noi non prevedessimo un meccanismo per favorire il fatto che vi sia tale contributo pubblicitario.
  E ovviamente mentre lo dico mi ritrovo d'accordo con la collega Pannarale, nel precisare: questo vale soprattutto per la carta stampata, in una maniera differenziata. Quindi soprattutto per quelle piccole, ma anche poi per quelle grandi, perché c’è un equilibrio tra l'una e l'altra; ma anche, come ha voluto dire il Senato, per quelle TV locali che oggi sono in grande difficoltà (il provvedimento si occupa molto anche di loro), ma che costituiscono un elemento del pluralismo dell'informazione di cui vorrei ricordare all'Aula, noi stiamo cercando di occuparci complessivamente oggi. Poi su questo naturalmente possiamo non essere d'accordo, però ha un senso, questo; ed ha anche particolarmente senso dire che si vogliono favorire nello specifico i piccoli inserzionisti, perché in questo modo, nel fare quello che ho appena finito di dire, si favorisce la possibilità di farsi conoscere proprio da chi è più escluso dal grande mondo della pubblicità televisiva, cioè le piccole realtà, le imprese artigiane, le piccole e medie imprese, che pure sono un tessuto forte di questo Paese. Quindi io sul senso rifletterei; poi se non c’è condivisione, questo è un altro discorso.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti 2.5 Pannarale e 2.6 Brescia, con il parere contrario di Commissione e Governo, favorevole del relatore di minoranza.
  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.
  La Camera respinge (Vedi votazione n. 12).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 2.10 Simonetti, con i pareri contrari di Commissione, Governo e relatore di minoranza.
  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.
  La Camera respinge (Vedi votazione n. 13).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.
  La Camera approva (Vedi votazione n. 14).

(Esame dell'articolo 3 – A.C. 3317-3345-B)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 3 e dell'unica proposta emendativa ad esso presentata (Vedi l'allegato A – A.C. 3317-3345-B).Pag. 17
  Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore per la maggioranza ad esprimere il parere della Commissione.

  ROBERTO RAMPI, Relatore per la maggioranza. Signora Presidente, il parere sull'emendamento Brescia 3.1 è contrario.

  PRESIDENTE. Invito il relatore di minoranza, onorevole Brescia, ad esprimere il parere.

  GIUSEPPE BRESCIA, Relatore di minoranza. Signora Presidente, il parere sull'emendamento Brescia 3.1 è favorevole.

  PRESIDENTE. Il Governo ?

  ANTONELLO GIACOMELLI, Sottosegretario di Stato allo Sviluppo economico. Signora Presidente, il parere del Governo è conforme a quello del relatore per la maggioranza.

  PRESIDENTE. Passiamo dunque alla votazione dell'emendamento 3.1 Brescia.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Brescia. Ne ha facoltà.

  GIUSEPPE BRESCIA. Presidente, si legge all'articolo 3, comma 1, lettera c), che il contributo non può superare il 50 per cento dell'ammontare complessivo dei proventi dell'impresa editrice. Noi vogliamo portare questa percentuale al 30, perché crediamo che con il 50 per cento di contributi pubblici un'impresa non si possa ritenere autonoma e indipendente.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 3.1 Brescia, con il parere contrario della Commissione e del Governo e il parere favorevole del relatore di minoranza.
  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 15).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.
  La Camera approva (Vedi votazione n. 16).

(Esame dell'articolo 6 – A.C. 3317-3345-B)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 6 (Vedi l'allegato A – A.C. 3317-3345-B), al quale non sono state presentate proposte emendative.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazioni di voto il deputato Kronbichler. Ne ha facoltà.

  FLORIAN KRONBICHLER. Presidente, il provvedimento è blindato quindi è inutile presentare emendamenti, però non posso non portare l'attenzione dell'Aula su un particolare: è apparentemente inevitabile che in un impoverimento tutto sommato positivo, che ci trova d'accordo, si infili, si imbarchi, qualche passeggero cieco nell'ultimo vagone. Questo succede proprio in questo articolo 6: i senatori della Südtiroler Volkspartei hanno qui introdotto la possibilità – una possibilità che poi di solito diventa un obbligo, un dovere – di scindere l'attuale consiglio regionale dei giornalisti in due diversi separati consigli provinciali dell'ordine.
  È successo questo contro l'esplicita volontà della maggioranza dei giornalisti, sia di lingua tedesca che italiana. L'attuale consiglio regionale dell'ordine, che è composto equamente da giornalisti sia del Trentino che del Sud Tirolo, di lingua italiana e di lingua tedesca, all'unanimità si è esplicitamente dichiarato contrario a questa iniziativa divisoria. Il consiglio regionale ritiene – e lo riteniamo anche noi – questo los von Trient, questo «via da Pag. 18Trento», un indebito atto di sfiducia nell'operato del consiglio, nell'operato decennale del consiglio provinciale, e anche in manifesta contraddizione allo spirito del provvedimento, un ulteriore sperpero di risorse umane prima che economiche.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 6.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.
  La Camera approva (Vedi votazione n. 17).

(Esame dell'articolo 7 – A.C. 3317-3345-B)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 7 e dell'unica proposta emendativa ad esso presentata (Vedi l'allegato A – A.C. 3317-3345-B).
  Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione sull'emendamento 7.1 Borghesi.

  ROBERTO RAMPI, Relatore per la maggioranza. Presidente, il parere è sorprendentemente contrario.

  PRESIDENTE. Onorevole Brescia ?

  GIUSEPPE BRESCIA, Relatore di minoranza. Anche il nostro parere è contrario.

  PRESIDENTE. Il Governo ?

  ANTONELLO GIACOMELLI, Sottosegretario di Stato allo Sviluppo economico. Parere conforme al relatore di maggioranza.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 7.1 Borghesi, con il parere contrario della Commissione, del Governo e del relatore di minoranza.
  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.
  La Camera respinge (Vedi votazione n. 18).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 7.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.
  La Camera approva (Vedi votazione n. 19).

(Esame dell'articolo 9 – A.C. 3317-3345-B)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 9 (Vedi l'allegato A – A.C. 3317-3345-B), al quale non sono state presentate proposte emendative.
  Passiamo dunque ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 9.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.
  La Camera approva (Vedi votazione n. 20).

(Esame dell'articolo 10 – A.C. 3317-3345-B)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 10 (Vedi l'allegato A – A.C. 3317-3345-B), al quale non sono state presentate proposte emendative.
  Passiamo dunque ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 10.Pag. 19
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.
  La Camera approva (Vedi votazione n. 21).

(Esame degli ordini del giorno – A.C. 3317-3345-B)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A – A.C. 3317-3345-B).
  Se nessuno chiede di intervenire per illustrare gli ordini del giorno invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere.

  ANNALISA PANNARALE. Non sono in distribuzione !

  PRESIDENTE. Vediamo, questo non va bene. Un attimo perché dovrebbero essere tutti lì sul tavolo, mi dicono invece gli uffici, andiamo a vedere. Va bene, caldi, caldi.
  Allora sottosegretario Giacomelli può esprimere i pareri.

  ANTONELLO GIACOMELLI, Sottosegretario di Stato allo sviluppo economico. Il parere è contrario sull'ordine del giorno n. 9/3317-3345-B/1 Simonetti.

  PRESIDENTE. Aspetti un attimo, mi scusi sottosegretario, in genere dobbiamo aspettare il Governo che non è pronto sui pareri; adesso sta succedendo il contrario, per una volta va bene...

  ANTONELLO GIACOMELLI, Sottosegretario di Stato allo sviluppo economico. È la nemesi storica.

  PRESIDENTE. Abbia pazienza... In effetti, si potevano presentare fino all'ultimo voto e i colleghi giustamente ne hanno approfittato. Adesso almeno al banco dei nove ce li avete ? Sì, possiamo andare.

  ANTONELLO GIACOMELLI, Sottosegretario di Stato allo sviluppo economico. Il parere è contrario sull'ordine del giorno n. 9/3317-3345-B/1 Simonetti, mentre è favorevole sugli ordini del giorno n. 9/3317-3345-B/2 Verini, n. 9/3317-3345-B/3 Mucci e n. 9/3317-3345-B/4 Matarrelli.
  Sull'ordine del giorno n. 9/3317-3345-B/5 Palmieri il Governo si rimette all'Aula, mentre il parere è favorevole sugli ordini del giorno n. 9/3317-3345-B/6 Blazina, n. 9/3317-3345-B/7 Marzano, n. 9/3317-3345-B/8 Cani, n. 9/3317-3345-B/9 Burtone e n. 9/3317-3345-B/10 Giancarlo Giordano. Il parere è contrario sull'ordine del giorno n. 9/3317-3345-B/11 Franco Bordo, mentre è favorevole sull'ordine del giorno n. 9/3317-3345-B/12 Pannarale. Vi è un invito al ritiro sull'ordine del giorno n. 9/3317-3345-B/13 Preziosi, su cui vorrei spendere solo due parole. Capisco bene il senso: c’è un impegno del Governo a promuovere i tavoli di confronto con le specifiche filiere della diversa editoria, delle diverse tipologie di editoria. Credo che classificarle più in base all'orientamento culturale, l'editoria cattolica piuttosto che quella laica, non aiuti a organizzare tavoli di confronto con una specificità editoriale, più che di orientamento. Per cui se posso chiedere all'onorevole Preziosi: è accolto il senso del suo invito, ma inviterei a ritirare l'ordine del giorno.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/3317-3345-B/1 Simonetti, con il parere contrario del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.
  La Camera respinge (Vedi votazione n. 22).

  Sugli ordini del giorno n. 9/3317-3345-B/2 Verini, n. 9/3317-3345-B/3 Mucci e n. 9/3317-3345-B/4 Matarrelli il parere è favorevole.Pag. 20
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/3317-3345-B/5 Palmieri, su cui il Governo si rimette all'Aula.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.
  La Camera approva (Vedi votazione n. 23).

  Sugli ordini del giorno 9/3317-3345-B/6 Blazina, n. 9/3317-3345-B/7 Marzano, n. 9/3317-3345-B/8 Cani, n. 9/3317-3345-B/9 Burtone e n. 9/3317-3345-B/10 Giancarlo Giordano il parere è favorevole.
  Il parere è contrario sull'ordine del giorno n. 9/3317-3345-B/11 Franco Bordo.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Franco Bordo. Ne ha facoltà.

  FRANCO BORDO. Grazie Presidente. Io chiederei al signor sottosegretario se per cortesia non vuole fare un approfondimento rispetto all'ordine del giorno. Qui chiediamo semplicemente che, nell'ambito dalla liberalizzazione, venga previsto che vi sia per i titolari la possibilità di godere di turni periodici di chiusura e di ferie. Perché ho voluto presentare questo ordine del giorno ? Perché nei comuni piccoli dove c’è un'unica rivendita di giornali oggi siamo in presenza (e anche la nuova forma della legge che si sta per approvare non garantirà, di fatto, per via dell'accordo, o meglio dell'imposizione, che c’è da parte degli editori nei confronti degli edicolanti) del fatto che a questi esercenti non è permesso di avere un turno, anche con accordi da maturare fra comuni vicini, per garantire il servizio; non vi è la possibilità per questi soggetti di godere di periodi di ferie. Cerchiamo una forma che magari non sia un dettato di legge, però che, contemporaneamente nell'applicazione della stessa, anche attraverso una moral suasion da parte del Governo verso chi di dovere, arrivi a un riconoscimento che penso sia un diritto: avere mezza giornata ogni quindici giorni, una mezza domenica di ferie. Io penso che debba essere riconosciuto perché nel nostro Paese sta avvenendo questo, che nei comuni con una mono rivendita le nostre edicole non possono chiudere regolarmente.

  ANTONELLO GIACOMELLI, Sottosegretario di Stato allo Sviluppo economico. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ANTONELLO GIACOMELLI, Sottosegretario di Stato allo Sviluppo economico. Presidente, spiego volentieri il senso della posizione del Governo: se l'ordine del giorno si fosse limitato a chiedere il rispetto degli spazi di ferie, credo che nessuno ne avrebbe negato la ragionevolezza, però immaginare che contemporaneamente si possa decidere la liberalizzazione compatibilmente ai turni di chiusura attuali e alle esigenze dei titolari dei punti vendita è un po’ richiedere due cose contrastanti fra loro. Allora non si tratta di essere indisponibili alla ragionevolezza o, per usare i termini che lei ha usato, a una moral suasion, alla capacità di tenere insieme accordi fra comuni vicini, ma la formulazione dell'ordine del giorno non dice questo. Dice esattamente che la liberalizzazione di fatto viene negata da tre riferimenti: le esigenze dei titolari dei punti vendita (esigenze titolari punti vendita è peraltro formulazione molto ampia); i turni di chiusura, allora è il contrario della privatizzazione; il rispetto delle ferie che è un punto invece che potrebbe essere, se quello fosse, pienamente condivisibile.

  PRESIDENTE. Prego, onorevole Franco Bordo.

  FRANCO BORDO. Non accetto, per cui andrò al voto per il semplice fatto che la liberalizzazione è una opportunità per l'esercente, mentre invece qui siamo in presenza della possibilità per l'esercente di chiudere nel giorno festivo pur con un Pag. 21accordo con altri esercenti per quindici giorni di ferie all'interno di tutto l'anno. Per cui la liberalizzazione è per altri soggetti, cioè i gestori, gli editori e non per l'esercente che invece subisce di fronte a queste motivazioni. Ovviamente io manterrò l'ordine del giorno e noi voteremo a favore.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pannarale. Ne ha facoltà.

  ANNALISA PANNARALE. Voglio dire al sottosegretario Giacomelli che un voto contrario su questo ordine del giorno sarebbe un cattivo segnale, perché lei sa molto bene che in prima lettura, su questo punto della delega, noi abbiamo discusso tantissimo in Commissione e sa anche che bisognerà lavorare in maniera molto attenta, nel decreto attuativo, perché si possa riequilibrare una condizione oggettiva di disparità tra i distributori locali, che hanno esercitato note posizioni di abuso in questi anni, e la rete delle edicole, che è una rete fondamentale per la diffusione democratica dell'informazione.
  Allora, siccome mi sembra che l'onorevole Bordo si sia mostrato comunque disponibile, io le chiedo ancora, sottosegretario, perché non arrivi un cattivo segnale all'esterno, ad una categoria – quella degli edicolanti – che per noi è estremamente importante, e all'atto di un'approvazione di questo disegno di legge questo sarebbe un segnale – ribadisco – preoccupante, le chiedo di temporeggiare e di trovare una riformulazione sufficiente, che possa, diciamo così, con una mediazione alta, trovare un punto d'incontro tra il Governo, che si approssima a costruire un decreto attuativo, e quelle che sono le istanze esterne.

  ANTONELLO GIACOMELLI, Sottosegretario di Stato allo Sviluppo economico. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Si sta instaurando una specie di colloquio. Ne ha facoltà.

  ANTONELLO GIACOMELLI, Sottosegretario di Stato allo Sviluppo economico. Guardi, onorevole Pannarale, non c’è alcuna indisponibilità a trovare una formulazione.
  Io ricordo bene la discussione intensa che c’è stata su questo e sono certo che lei ricorda che, proprio su questo punto, alla fine insomma questa era la posizione che ne è scaturita, quale che fosse l'approccio di ciascuno, nella comune consapevolezza della delicatezza da usare dopo e della misura nel graduarlo, su cui siamo d'accordo.
  Ora, se vi è una riformulazione e vi è lo spazio per farlo, che salva questa impostazione, cioè l'idea che c’è la liberalizzazione, ma che occorre una misura più generale, in particolare sulle esigenze fondamentali – penso alle ferie – nulla quaestio ad accoglierla; se però la formulazione ripropone esattamente il punto di partenza che la liberalizzazione intende superare, è del tutto evidente che la posizione rimane contraria.

  ROBERTO RAMPI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Io però vi devo segnalare... sì, adesso do la parola anche a lei, onorevole Rampi, vi dico solo che il successivo ordine del giorno ha un parere favorevole e che quello dell'onorevole Preziosi è stato ritirato, quindi questo è fisicamente l'ultimo ordine del giorno; se c’è una riformulazione bisogna che la facciamo subito. Prego, onorevole Rampi.

  ROBERTO RAMPI. Se ci date qualche minuto lo proviamo a riformulare.

  PRESIDENTE. Sì, la dovrebbe proporre il Governo la riformulazione, quindi se il Governo è disponibile, sospendiamo per cinque minuti e il Governo proporrà una riformulazione.
  Sospendiamo per cinque minuti.

  La seduta, sospesa alle 16,15, è ripresa alle 16,20.

Pag. 22

  PRESIDENTE. Chiedo al sottosegretario Giacomelli di leggere la riformulazione dell'ordine del giorno n. 11.

  ANTONELLO GIACOMELLI, Sottosegretario di Stato allo Sviluppo economico. Grazie Presidente, la riformulazione è la seguente: «impegna il Governo, in sede di attuazione di quanto disposto dall'articolo 2, comma 2, lettera l), a prevedere che la disciplina sul regime di piena liberalizzazione degli orari di apertura dei punti vendita tenga conto delle esigenze dei titolari dei punti vendita stessi e del diritto di chiusura per ferie».

  PRESIDENTE. Bene, se l'onorevole Bordo è d'accordo, questo ordine del giorno si intende così riformulato e accolto, così come è accolto il n. 12. Il n. 13, dell'onorevole Preziosi, è stato ritirato.

(Dichiarazioni di voto finale – A.C. 3317-3345-B)

  PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Pastorelli. Ne ha facoltà.

  ORESTE PASTORELLI. Grazie signora Presidente e signor rappresentante del Governo, dal provvedimento in esame dipende, almeno in parte, l'evoluzione della nostra democrazia, la quale deve poter contare su un sistema dell'informazione aperto, pluralistico e soprattutto indipendente.
  In questa ottica, ogni testata giornalistica che faccia vera informazione deve essere messa in condizione di adeguarsi al nuovo scenario dell'informazione digitale e di competere con i grandi giornali nazionali, dietro ai quali ci sono di solito i grandi gruppi economici e finanziari.
  In tal senso, è di importanza fondamentale che il nuovo fondo per l'editoria dia un sostegno concreto alle piccole testate, le quali realizzano una preziosa informazione locale e molto spesso sono le uniche a dare ai cittadini informazioni dettagliate sul proprio territorio.
  Auspico peraltro che si torni nuovamente a riflettere su come sostenere, in modo puntuale e senza sprechi, quelle riviste e quotidiani politici che hanno ricoperto un importante ruolo culturale per il Paese: escludere dai finanziamenti pubblici, a priori, simili realtà, in grado di creare veri spazi di approfondimento culturale e aperti a tutte le opinioni presenti nella società, va contro lo sviluppo del pluralismo informativo e culturale.
  Ciò detto, riteniamo che il disegno di legge in esame rappresenti un primo importante passo verso la razionalizzazione dei contributi pubblici al sistema dell'informazione.
  Esprimo quindi il voto favorevole della componente socialista al disegno di legge.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Lainati. Ne ha facoltà.

  GIORGIO LAINATI. Grazie signora Presidente, onorevole sottosegretario Giacomelli e onorevoli colleghi, il provvedimento che quest'Aula sta per licenziare in maniera definitiva interviene in un settore, quello dell'editoria, che vive probabilmente il momento più difficile della propria storia.
  Basti un dato a dimostrarlo: la perdita occupazionale del sistema del giornalismo italiano, negli ultimi anni, è stata 6 volte superiore a quella del Paese in generale. Una diminuzione, dunque, del 18 per cento di occupazione, con 3.000 occupati in meno. Dovuti a cosa ? A prepensionamenti, a pensionamenti e all'esplosione nell'utilizzo degli ammortizzatori sociali.
  La riduzione degli occupati e dunque dei contributi mette a rischio, onorevole Presidente, il sistema pensionistico dei giornalisti e la propria pensione.
  Dove sia la causa di queste crisi è sotto gli occhi di tutti: la congiuntura economica negativa, infatti, ha abbattuto il mercato pubblicitario, riducendo gli investimenti e dirottandoli per la gran parte verso la Pag. 23televisione, con ciò infliggendo un duro colpo alla carta stampata, peraltro già indebolita da un verticale crollo delle vendite, anche in conseguenza dell'avvento di Internet e dei new media.
  Il giornale cartaceo, onorevoli colleghi, ha già attraversato una complessa evoluzione tecnologica e vede quindi restringersi ogni giorno le vendite e gli spazi di mercato.
  Siamo di fronte a una buona riforma, anche se alcune aspettative degli editori resteranno deluse. L'editore è un imprenditore e come tale deve necessariamente operare sulla base di attendibili piani di previsioni e il contributo all'editoria è parte essenziale di questo piano. La concessione del contributo rischia, invece, di restare un evento discrezionale e incerto. La riforma, su questo punto, è, purtroppo, un po’ vaga, prevede solo che l'erogazione dei contributi avvenga con una tempistica – come dice la norma – «più efficace per le imprese»; un'espressione un po’ ambigua che non corrisponde all'esigenza, a nostro avviso, che ha l'imprenditore nel settore di affidamento su tempi certi per l'erogazione del contributo. Comunque, si giunge a una riorganizzazione definitiva, attualizzata, attenta alle nuove esigenze di tutti gli attori coinvolti nel sistema dell'editoria. È una riforma coerente con le dinamiche della modernità; vanno in questa direzione, solo per fare alcuni esempi positivi, i criteri premiali che incrementano le quote di rimborso per chi investe nella trasformazione digitale e multimediale del prodotto informativo e per le imprese che assumono – e questo è molto importante – lavoratori under 35. Questa volta positivamente sul fronte pubblicitario va anche letta l'incentivazione fiscale per le inserzioni su quotidiani e periodici, con particolari benefici per le aziende di micro, piccole o medie dimensioni e le start-up innovative. Senza dubbio necessarie risultano le misure sui prepensionamenti, compreso il divieto di collaborazione del giornalista pensionato presso la sua precedente testata.
  Signora Presidente, appare centrale nel nuovo impianto normativo – e lo dico da giornalista – la previsione della delega al Governo a identificare i criteri e i principi direttivi che colleghino l'entità del contributo alle politiche occupazionali e all'applicazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro, come del resto la nuova disciplina dei profili pensionistici e previdenziali dei giornalisti per la composizione delle competenze del consiglio nazionale del nostro ordine. Quello dell'editoria – e mi avvio a concludere, signora Presidente – è un settore che attende da tempo una riforma organica, considerata indispensabile dagli stessi operatori, per il rilancio e la ripresa del mercato editoriale e l'inversione della tendenza negativa sul fronte dell'occupazione. Si tratta di una riforma che, inoltre, deve declinarsi in maniera conforme e coerente rispetto al dettato costituzionale, come emerge dal combinato degli articoli 2 e 21 della Costituzione che nel nostro ordinamento rappresentano le disposizioni cardine su cui è basato il principio fondamentale del diritto di libera manifestazione del pensiero e del pluralismo informativo.
  La nostra componente pensa che la volontà di rilancio del pluralismo informativo e, dunque, dare anche certezza in più agli editori, aumentare la trasparenza del sistema e ridisegnare i profili previdenziali siano obiettivi coerentemente perseguiti. Per tale ragione il nostro sostegno non mancherà e sarà un voto positivo (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alleanza Liberalpopolare Autonomie ALA-MAIE-Movimento Associativo Italiani all'Estero).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Altieri. Ne ha facoltà.

  TRIFONE ALTIERI. Signora Presidente, onorevole sottosegretario, onorevoli colleghi, il sistema dell'editoria, il sistema radiotelevisivo vive, è noto a tutti, un momento di profonda crisi, una crisi economica, ma una crisi, anche, derivante da un momento di trasformazione molto rapida. Quindi, mai come in questo momento storico sarebbe necessaria una visione, Pag. 24una revisione univoca di questo sistema da parte del Parlamento e da parte del Governo. Invece, onorevoli colleghi, un anno fa in quest'Aula noi parlavamo di una riforma del sistema radiotelevisivo italiano che, lungi dall'essere una riforma, era solo dare il potere esclusivamente nelle mani di una persona sola, di un direttore generale, eppure la si portava come riforma; in quell'occasione avevamo chiesto che ci fosse, invece, una visione unica e una riforma vera del sistema radiotelevisivo nazionale e locale, modernizzandolo e rendendolo più efficiente.
  Ci è stato risposto che tra breve ci occuperemo di questo; dopo pochi mesi è arrivata questa legge all'attenzione delle Commissioni; una legge che partiva come un contentino a chi, oggi, sta soffrendo la crisi economica nel settore dell'editoria, una mancetta, come quelle a cui questo Governo ha abituato in questi anni l'Italia e gli italiani, una mancetta all'editoria per tirare avanti. In questa legge «mancetta», poi, abbiamo visto entrare la concessione del servizio radiotelevisivo nazionale, vediamo entrare, come sempre, altre deleghe al Governo per definire il sostegno pubblico anche all'emittenza radiotelevisiva locale, cosa per la quale noi avevamo chiesto una visione unica, signor sottosegretario, avevamo chiesto: confrontiamoci in Parlamento per decidere insieme come il sistema dell'informazione debba funzionare nel 2016, e non come il Governo debba poter utilizzare questo sistema, attraverso la concessione di contributi da attribuirsi con delega al Governo. Quindi, questa ennesima legge è un'ennesima legge parziale, una toppa che viene messa qua e là, nel tentativo di assegnare al Governo nuovi poteri per controllare l'informazione. Del resto, vediamo in questi giorni come, in un momento caldo di campagna elettorale per il referendum, l'informazione, lungi dall'essere plurale e imparziale, sia targata in maniera eccessiva, nei tempi, nella misura e nella qualità, a favore di quelle che sono le posizioni dal Governo. Siamo contenti di registrare che, invece, è diametralmente opposta l'attenzione che vi dedicano gli italiani, che, invece, hanno capito il modo di operare di questo Governo. In un momento di tale difficoltà, affrontare la questione con una visione unitaria, magari anche di parte, magari ci saremmo scontrati sulla visione, ma almeno poter oggi votare una visione sarebbe stato un dato importante per questo Paese. Invece, questo Parlamento, oggi, per l'ennesima volta, cosa vota ? Vota una leggina, una leggina di cui, francamente, non abbiamo bisogno, una leggina che non modifica l'Ordine dei giornalisti, ma, forse, crea solo dei problemi, come per il Senato non lo elimina e non lo mantiene, ma lo rende solo più governabile dall'attuale Presidente del Consiglio, e questo modus operandi davvero deve finire, perché il Paese non può più sopportare che, di fronte ad esigenze così gravi e importanti, non ci siano né attenzione né risposta, ma ci sia sempre una risposta per interessi di sopravvivenza di questo Governo, che, chiaramente, ad oggi, ha solo pochi mesi, perché oggi siamo al 4 di ottobre: al 4 di dicembre, tra due mesi solamente, il «no» che diciamo oggi, in quest'Aula, a questa legge, sarà il «no» che diranno gli italiani a questo Governo (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Conservatori e Riformisti).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Santerini. Ne ha facoltà.

  MILENA SANTERINI. Grazie, Presidente. Il testo che stiamo approvando è frutto di un lavoro parlamentare non breve, che, in realtà, prende le mosse già dalla scorsa legislatura e che arriva in porto, finalmente, oggi. Si tratta di un provvedimento che, di fatto, nasce dalla mancata approvazione, avvenuta l'anno scorso, di una proposta che intendeva cancellare in toto i contributi pubblici all'editoria. La Camera giustamente ritenne che non fosse quella la strada da seguire, preferì riprendere l'idea di intervenire con un riordino della materia; è quello che facciamo oggi, per cui dichiaro, appunto, anticipatamente, il voto favorevole del gruppo Democrazia Solidale-Centro Pag. 25Democratico. La riforma era necessaria, soprattutto perché i cambiamenti intervenuti nel sistema dell'informazione hanno reso indispensabile un intervento che per prima cosa rimettesse un po’ d'ordine in un corpo normativo frammentato, aprendosi, allo stesso tempo, a nuove tipologie editoriali, anche perché dobbiamo dare spazio ai giovani che vogliono entrare in questo mercato. L'obiettivo è quello di cambiare l'approccio a questa materia, occupandoci non solo di editoria intesa come settore industriale, ma soprattutto di pluralismo dell'informazione e pluralismo nell'informazione, nella convinzione che per la democrazia questo pluralismo sia un elemento essenziale, che si ottiene non solo con un'attività di libero mercato, ma anche con un intervento attivo dello Stato, là dove il mercato, appunto, non solo non è sufficiente, ma non è la dimensione adatta.
  Quindi, con l'occasione, vogliamo sottolineare l'esigenza di questo pluralismo, da realizzare non soltanto attraverso questo provvedimento, ma, ad esempio, in un'interrogazione il nostro gruppo ha chiesto – e lo vorrei citare – di abbreviare i tempi del nuovo regolamento che dovrebbe stabilire i criteri di riparto dei contributi a favore delle emittenti radiofoniche e televisive locali. Ecco, siamo in attesa di questo regolamento: è un altro modo di garantire il pluralismo. Così come vediamo positivamente, in questa riforma, la possibilità di creare nuove sinergie pubblico-privato, purché per un interesse pubblico, di bene comune.
  Questo lavoro, che è stato svolto soprattutto in Commissione, non è stato inutile, direi che comunque ci sono state delle aperture, anche se naturalmente il testo è stato poi ripreso nella forma con cui era uscito dalla Camera, però c’è stata una grande attenzione, di coinvolgimento soprattutto, per audizioni, incontri, che hanno contribuito a far capire con maggiore chiarezza le regole e le esigenze di questo settore.
  Ora, questo testo, naturalmente, non è perfetto, ma risponde ad alcune istanze abbastanza importanti; non siamo, comunque, di fronte a finanziamenti a pioggia, non siamo di fronte al sostegno indiscriminato a giornali che potremmo definire inutili, ma il Fondo per il pluralismo dell'informazione, introdotto appunto con questa legge, verrà utilizzato solo per quelle testate che diano prova di avere lettori, bilancio solido e progetti editoriali chiari: solo queste potranno avere diritto ai contributi.
  Il Senato è intervenuto su alcuni aspetti importanti: la ridefinizione della disciplina del sostegno pubblico per il settore dell'editoria, riconoscendo il ruolo e l'importanza che hanno le TV locali – e qui torniamo appunto al tema del pluralismo dell'informazione – e l'aggiunta della procedura per l'affidamento in concessione del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale. In particolare, si è stabilito che l'affidamento in concessione del servizio pubblico ha una durata decennale, anziché ventennale, e che questo affidamento in concessione deve essere preceduto da una consultazione pubblica, prevista dalla legge del 2015, ovvero la legge di riforma della governance RAI, che abbiamo appunto approvato qui.
  C’è poi la soppressione, da parte del Senato, del superamento della distinzione tra testata nazionale e locale, con i criteri direttivi, la graduazione del contributo in funzione del numero delle copie, e così via. E poi, inoltre, appare importante la norma che ha aperto a nuove tipologie editoriali, perché ovviamente siamo di fronte a un'informazione che è sempre più multimediale, che è sempre meno cartacea, che è sempre più immateriale e online, e si è ribadito il valore fondamentale, appunto, dell'emittenza radiotelevisiva locale. Direi che in questo senso sono stati anche accolti degli emendamenti dell'opposizione.
  Ci sarebbero tanti altri aspetti da citare. Possiamo citare quello dell'articolo 9, che disciplina la procedura per l'affidamento in concessione, con la durata, e poi il tetto di 240 mila euro per i dipendenti, i collaboratori e i consulenti del soggetto affidatario della concessione, quindi la RAI. È una norma, questa del tetto, di cui Pag. 26si è molto parlato e che finalmente mette ordine in una giungla di retribuzione anche rispetto al calcolo dei contributi.
  Infine, un aspetto non secondario, la professione del giornalista: modificando l'articolo 45 della legge del 1963, nessuno può assumere questo titolo o esercitare la professione se non è iscritto nell'elenco dei professionisti, ovvero in quello dei pubblicisti dell'albo presso l'Ordine regionale o interregionale, e questo ovviamente, nel caso contrario, sarebbe una violazione.
  Non voglio entrare nel dettaglio del testo, se non per dire che queste norme che stiamo votando stanno dando un contributo certamente non decisivo, ma un contributo a regolamentare il tema dei contributi pubblici all'editoria, evitando sia la demagogia di chi dice che non ci devono essere contributi pubblici per nessuno, con l'idea che un sostegno, invece, all'informazione sia un modo per effettuare interventi solo per gli amici, oppure, appunto, evitare il rischio contrario, che è uno sperpero di denaro pubblico a sostegno di testate che spesso sono copertura di altre attività.
  In questo senso e per questi apporti al pluralismo, il gruppo di Democrazia Solidale-Centro Democratico dà il parere positivo (Applausi dei deputati del gruppo Democrazia Solidale-Centro Democratico).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Molea. Ne ha facoltà.

  BRUNO MOLEA. Signora Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, oggi affrontiamo un provvedimento di rilievo, che attiene al sensibile tema del pluralismo e della libertà di informazione: quei principi sono enunciati dall'articolo 21 della nostra Costituzione. Il provvedimento oggi all'esame di quest'Aula interviene in una fase storica di profonda e conclamata trasformazione dei mezzi di informazione, con sostanziali modificazioni delle scelte degli utenti e con un evidente aumento del consumo di informazioni.
  Il settore dell'informazione, come sappiamo, attraversa da tempo una crisi strutturale causata da un costante e veloce sviluppo tecnologico, che ha alterato e modificato il sistema informativo, alterando i rapporti produttivi e mettendo in seria difficoltà il settore della carta stampata, il cuore storico del sistema informativo. A tal proposito, devo prima di tutto dare atto al Senato di aver rimandato alla Camera un provvedimento ben fatto e sostanzialmente rispondente alle attese del settore anche nella definizione di criteri chiari, che superano varie sovrapposizioni e opacità del passato.
  Passando ai contenuti, la delega fissa criteri precisi su chi può e chi non può accedere ai contributi, puntando sul no profit e sulle cooperative di giornalisti, quindi su editori che sono giornalisti essi stessi; si escludono sia i giornali di partito, sia le società quotate in borsa. Vorrei anche sottolineare alcuni elementi fondamentali, collegati all'ottenimento dei contributi, come per esempio la necessità di adempiere regolarmente agli obblighi derivanti dall'applicazione dei contratti collettivi di lavoro, come la presenza di criteri premiali per l'assunzione a tempo indeterminato di giovani giornalisti di età inferiore ai 35 anni, le azioni di formazione e di aggiornamento del personale, la previsione di incentivi per investimenti e innovazione digitale dinamica e multimediale, anche attraverso la previsione di modalità volte a favorire investimenti strutturali in piattaforme digitali avanzate, comuni a più imprese editrici autonome e indipendenti. Emerge, quindi, chiaramente l'intento di accompagnare i principali processi di cambiamento e di innovazione per diversificare i canali di informazione, farli coesistere ed integrarli.
  Un'altra riflessione deve essere fatta sul fondo che viene costituito con questa legge delega. La previsione sul recupero di gettito relativo al canone RAI è un fatto rilevante, perché con esso diamo un quadro positivo di prospettiva al settore, non solo editoriale, ma anche televisivo locale, che garantirà al processo di riordino la possibilità di stabilizzarsi nei prossimi anni.Pag. 27
  Voglio poi sottolineare una problematica alla quale abbiamo dato una risposta che spero sia sufficiente. Mi riferisco all'aver spostato, giustamente, il perimetro dei contributi a cooperative no profit. Da una parte è un fatto importante, perché significa sostenere i soggetti che fanno informazione anche e soprattutto nei territori, ma dall'altra significa che questi contributi, la loro certezza nella dimensione e, soprattutto, la loro puntualità nell'erogazione diventano fondamentali per strutture che hanno nel fattore lavoro, e non nel fattore capitale, il loro punto sostanziale.
  In conclusione, vorrei citare l'importanza dell'editoria di territorio, quella locale, che è per noi una irrinunciabile infrastruttura democratica, un vero presidio culturale, un valido strumento di promozione di comunità aperte e partecipate, capace di affermare l'identità e le peculiarità territoriali, specie riguardo all'accoglienza e alla solidarietà. La stampa locale, infatti, non opera solo sulla cronaca, ma anche su una informazione più approfondita e articolata.
  Per queste ragioni, che ho appena elencato, annuncio il voto favorevole al provvedimento da parte del gruppo parlamentare di Scelta Civica (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia e di deputati del Gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Borghesi. Ne ha facoltà.

  STEFANO BORGHESI. Presidente, siamo giunti alla terza lettura di questo provvedimento, che viene posto all'attenzione di questo ramo del Parlamento dopo le modifiche apportate al Senato. La riforma del sistema dei contributi pubblici all'editoria era sicuramente attesa da tempo, ed è sicuramente un fattore positivo per la tutela del pluralismo dell'informazione. Purtroppo il nostro Paese è agli ultimi posti per investimenti pro capite in questo settore, e viviamo in un tempo in cui pare evidente il fatto che il potere dell'informazione si è concentrato in poche mani, a danno appunto del pluralismo sancito dalla Costituzione. Per anni abbiamo assistito a contributi pubblici assegnati senza un'adeguata selezione, e ci siamo battuti per scongiurare la chiusura di quei giornali che hanno svolto per anni un'opera di pubblico interesse.
  La costituzione di un Fondo unico per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione è sicuramente un fattore positivo, così come lo è l'assegnazione di fondi a sostegno di imprese che operano nella produzione dei contenuti informativi cartacei, radiotelevisivi e multimediali. Lo abbiamo già chiaramente affermato durante la prima lettura alla Camera, e lo ribadiamo oggi: superare la logica del finanziamento fissato annualmente con la legge di stabilità, con l'incertezza dell'ammontare delle risorse e dei tempi per l'erogazione, era improrogabile, ma si poteva fare di più. Abbiamo certamente apprezzato la disposizione inserita dal Senato, che prevede il tetto dei 240 mila euro per i compensi RAI: era una nostra battaglia storica; così come abbiamo visto favorevolmente alcuni aspetti che sono contenuti nel provvedimento, e che sono stati in passato proposti anche da noi, come l'esclusione dal finanziamento pubblico per i quotidiani e i periodici di gruppi editoriali quotati.
  Per quanto ci riguarda, però, è mancato il coraggio di completare l'opera, di giungere ad una vera riforma organica del sistema, che riteniamo essere necessaria e non più differibile. È da anni che la Lega sottolinea come le TV locali, considerata la copertura capillare su tutto il territorio nazionale, siano a pieno titolo soggetto di servizio pubblico, e potrebbero rivestire un ruolo altrettanto determinante per colmare il digital divide anche attraverso il pieno e completo riconoscimento della loro prerogativa a svolgere il ruolo di operatore di rete in tecnica digitale in ambito locale, consentendogli di concedere la capacità trasmissiva ai fornitori di servizi di media, ai fornitori di servizi di media audiovisivi lineari, ai fornitori di servizi di media audiovisivi a richiesta, i fornitori di contenuti audiovisivi e di dati, Pag. 28ed ai fornitori di servizi di media radiofonici autorizzati in ambito nazionale e locale.
  Nel dibattito sulla riforma della RAI non è stato dato il giusto spazio a questo aspetto, mentre secondo noi una parte del canone era doveroso che venisse attribuita a loro, piuttosto che alla concessionaria. Ci aspettiamo quindi che a breve si intervenga puntualmente anche sulla disciplina delle emittenti locali, qui solo timidamente accennata, per salvaguardare concretamente la libertà di informazione e la valorizzazione culturale del territorio.
  Noi abbiamo proposto di farlo in questa sede, laddove si affronta il tema del pluralismo informativo. Abbiamo proposto soluzioni concrete in favore dell'emittenza locale: un maggior credito d'imposta per le imprese che investono in campagne pubblicitarie su imprese televisive locali; la destinazione di una parte della tassa di concessione governativa versata con il canone RAI direttamente a loro; ma i nostri emendamenti sono stati respinti, e l'emittenza locale purtroppo dovrà aspettare ancora.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI (ore 16,50)

  STEFANO BORGHESI. La proposta di legge contiene anche misure per l'Ordine dei giornalisti, che portano al superamento di procedure ormai datate, presupposto necessario per l'adeguamento delle regole del settore alle mutate condizioni dell'editoria e della professione giornalistica. In questo contesto però, pur comprendendo che sia necessaria una razionalizzazione dei membri in seno al Consiglio nazionale dell'ordine dei giornalisti, sottolineiamo ancora una volta che avremmo voluto una rappresentanza più ampia delle articolazioni territoriali dello stesso, ma soprattutto un rapporto numerico più equilibrato e rappresentativo della realtà attuale delle relazioni tra giornalisti e pubblicisti.
  Questo provvedimento, come già evidenziato durante il primo passaggio alla Camera, rappresenta un passo avanti, e contiene alcuni aspetti positivi: riconosce l'importanza del pluralismo e della qualità dell'informazione; procede ad un riordino delle norme concernenti il consiglio nazionale dell'ordine dei giornalisti; e, grazie alla modifica del Senato, introduce il tetto di 240 mila euro per i compensi RAI. Il provvedimento, però, allo stesso tempo non risolve criticità e lacune che mantengono disuguaglianze e disparità nel mondo dell'informazione, che minano il diritto fondamentale del cittadino ad una corretta informazione. Per queste ragioni, esprimo il voto di astensione del nostro gruppo, auspicando un celere intervento anche sulla disciplina delle emittenti locali (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Binetti. Ne ha facoltà.

  PAOLA BINETTI. Il pluralismo dell'informazione: è questo il vero tema in discussione oggi in quest'Aula; e si tratta di un tema cruciale, fondamentale in una democrazia, particolarmente caro a chi crede nel senso genuino della politica. Senza pluralismo non c’è informazione, al massimo c’è propaganda; senza informazione non c’è conoscenza; senza una conoscenza verificata – così come noi possiamo fare per esempio attraverso quello strumento prezioso che è la rassegna stampa, dove è possibile seguire la singolarità di una notizia nella pluralità delle testate, e capire dove si annidano le tensioni più profonde, le manipolazioni ideologiche, la contraffazione dei dati, o comunque un'approssimazione che sa di superficialità –, senza mettere insieme le diverse fonti di informazione, non riusciamo a farci un'opinione che sia un'opinione coerente, anche con quelli che sono i valori a cui ognuno di noi ispira il proprio agire politico, ma oggettivamente fondata sui dati di realtà.
  Il problema del pluralismo nell'editoria è all'attenzione del Parlamento italiano ormai da quasi quarant'anni. Circa cinque-sei Pag. 29anni fa, poi, nel 2010, c’è stato un ripensamento del sistema di contribuzione all'editoria che ha fatto fare un passo molto significativo dal punto di vista della definizione dei criteri, ma anche un passo drammatico dal punto di vista delle risorse rese disponibili, perché si è passati dai 420 milioni fino ad allora ripartibili tra i diversi destinatari che potevano attingere a queste risorse, a quelli che invece sono poche decine di milioni: e quindi la necessità di essere estremamente trasparenti nei criteri e rigorosi nell'applicazione di essi.
  Questo settore sappiamo bene che oggi rischia ogni giorno di vedere una testata giornalistica che muore: parliamo di piccole testate, vera e propria innervazione della democrazia del nostro Paese; parliamo di chi compie ogni giorno inchieste, indagini, e rivela realtà drammatiche che riguardano il sistema qualche volta della criminalità organizzata, qualche altra volta di vere e proprie forme di violenza verso i più deboli, verso l'ambiente; ma comunque sempre storie di ordinaria ingiustizia, quelle che danno voce a persone che potrebbero trovarsi totalmente «silenziate» nell'indifferenza del contesto. La politica ha il compito di affrontare tematiche impegnative e di provare a tradurre nella concretezza di provvedimenti coraggiosi. Le leggi hanno ambiti circoscritti, legati al tempo, alla contingenza, alla disponibilità delle risorse, come accennavo prima; ma ciò non esime dal tentativo di dare risposte a quesiti di respiro più ampio nel tempo e nell'estensione dei loro effetti, come quello del tema del pluralismo dell'informazione che stiamo discutendo oggi.
  Questa legge nasce dall'idea che esistano realtà nel Paese in cui da sola una cooperativa di giornalisti, una realtà imprenditoriale, una realtà senza fini di lucro non ce la fa: c’è quindi il rischio che quella realtà del Paese scompaia; e quando un giornale muore in qualche modo muore un'idea, e quando muore un'idea si impoverisce l'intero Paese, perché si impoverisce il dibattito che attinge a quell'idea, anche soltanto per contrastarla, ma comunque con una provocazione intellettuale che faccia riflettere, e porti quindi a prendere poi decisioni che tengono conto in maggior misura della complessità dei problemi con cui ci confrontiamo. Infatti, se vogliamo tenere vive le testate giornalistiche per fare in modo che esistano, dobbiamo poi fare in modo che quello che esse scrivono sia pubblicato, stampato, portato in edicola e venduto. Per questo l'intervento riguarda anche la rete di distribuzione. Credo che tutti noi siamo entrati in contatto, quando la mattina andiamo a comprare il giornale, con quello che è il senso di impoverimento progressivo a cui vanno incontro i giornalai. Ormai i giornali che si vendono sono sempre meno, perché sempre di più si attinge alle testate che sono disponibili per via informatica, ma queste persone svolgono un ruolo prezioso, un ruolo che in qualche modo va tutelato, quindi anche il fatto che questo disegno di legge abbia il coraggio di andare dalla grande editoria a quello che potremmo definire l'ultimo anello di distribuzione dell'informazione è un merito di una legge che ha il coraggio di far camminare le grandi idee sulle gambe delle piccole operazioni quotidiane. Il testo approvato dal Senato il 15 settembre 2016 reca alcune modifiche rispetto a quello trasmesso alla Camera il 4 marzo: sono modifiche che nell'impianto complessivo possiamo considerare anche migliorative del testo; sono stati introdotti degli argomenti nuovi, tant’è vero che si è passati dai sette articoli iniziali ai dieci articoli, ma comunque vale la pena in qualche modo sottolineare qualcuna di queste innovazioni introdotte dal Senato, anche per differenza con quello che era l'impianto precedente uscito dalla Camera. Per esempio, il Senato ha spostato il parere delle Commissioni parlamentari dal decreto annuale sulla ripartizione del fondo tra Presidenza del Consiglio e Ministero dello sviluppo economico al decreto del Presidente del Consiglio, cioè là dove vengono definiti i requisiti soggettivi i criteri e le modalità per la concessione dei finanziamenti a progetti che incentivino l'innovazione. Si è voluto investire il Pag. 30Parlamento di una funzione che nello stesso tempo è di innovazione, di equità nella distribuzione ma che è là dove, in fondo, la politica assume la sua dignità maggiore, che è quella di fare giustizia e di stabilire principi di equità tra diversi soggetti tutti ritenuti destinatari potenziali delle risorse di cui il Parlamento in quel momento si fa carico.
  C’è, per esempio, un altro passaggio, se vogliamo, che sembra quasi ovvio, eppure è di grande interesse: che le somme non impegnate in un esercizio possano essere impegnate in quello successivo e non debbano andare ad altre voci di bilancio, quindi il mantenere il rispetto di quella che è la programmazione iniziale. Un'altra novità è costituita dalla previsione dell'erogazione di un contributo per il sostegno delle spese sostenute per l'utilizzo dei servizi di telefonia e di connessione dati: è evidente che nel momento in cui noi spostiamo l'attenzione dal giornale nella sua forma cartacea al giornale nella sua forma informatizzata, il costo maggiore è proprio il costo della connessione, dal punto di vista tecnico, ed è giusto che si venga incontro, attraverso anche le diverse modalità di retribuzione dei costi, tecnologicamente, rispetto a quelle che erano le vecchie forme di fare i giornali, a cui pure tutti noi restiamo comunque molto affezionati, all'idea proprio del contatto col giornale stesso. Un'altra cosa interessante che è venuta fuori attraverso un'elaborazione migliore dei criteri per la distribuzione delle risorse è che la graduazione del contributo vada anche in funzione del numero di copie vendute, perché siano non meno del 30 per cento per le testate locali e non meno del 20 per cento per le testate nazionali; come dire: dobbiamo sostenere i giornali che abbiano già, dal loro punto di vista, un potenziale target di interesse. Non si può utilizzare il giornale per distribuire risorse, dobbiamo fare in modo che le risorse vadano là dove già va l'interesse delle persone, là dove va la loro curiosità, difendendo ovviamente anche le minoranze, per evitare che si costruisca quella dittatura del pensiero unico che è quanto di più pericoloso ci sia in una democrazia. C’è, per esempio, anche l'interessante norma – l'abbiamo vista, se ne è discusso – che pone un tetto massimo alla retribuzione delle persone: 240.000 euro annui di tetto massimo come retribuzione di una persona per poter ottenere e attingere alle risorse che vengono messe a disposizione, ci sembra il minimo.
  Non si può chiedere ai contribuenti di pagare tetti stipendiali che vanno veramente ben al di sopra di quelle che sono le possibilità delle persone più semplici. Mi sembra particolarmente interessante anche la definizione di quotidiano online, inteso come testata giornalistica regolarmente registrata presso la cancelleria di un tribunale con un direttore responsabile iscritto all'ordine dei giornalisti come pubblicista o come professionista con pubblicazione di contenuti giornalistici prevalentemente online che non siano però la semplice trasposizione telematica di una testata cartacea, ma che ci sia veramente un valore aggiunto nelle conoscenze che propone, nell'accostamento delle notizie che fa e nell'elaborazione e nell'interpretazione di questi dati.
  Ci sembra interessante, in altri termini, che questo disegno di legge arrivi in un momento in cui sentiamo un urgente bisogno di cogliere, attraverso le voci diverse del Paese, quello che contribuisce a costituire veramente il mosaico della cultura nazionale trasferita non solo attraverso la stampa cartacea e non solo attraverso la televisione ma anche attraverso i più moderni strumenti. Per questo voteremo sì a questo disegno di legge.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pannarale. Ne ha facoltà.

  ANNALISA PANNARALE. Presidente, colleghe e colleghi, Governo, l'urgenza di questo disegno di legge, giunto oggi alla sua approvazione definitiva, è dichiarata immediatamente nel suo incipit: la piena attuazione dei principi di libertà, indipendenza e pluralismo sanciti dall'articolo 21 della Costituzione. Mi piace ricordarlo in sede di dichiarazione di voto non tanto Pag. 31perché questo riferimento ha rappresentato per noi di Sinistra Italiana un risultato certamente importante, molto più che simbolico (ottenuto in prima lettura in Commissione con il lavoro emendativo), ma soprattutto perché sottolineare come, per queste ragioni, questo non sia un passaggio legislativo scontato o di scarso rilievo è essenziale affinché a questa approvazione parlamentare seguano subito azioni coerenti, fatti conseguenti – decreti attuativi, per essere chiari – che confermino nel contenuto l'intenzione di sostenere davvero la piccola editoria, garantendo risorse più stabili e costanti, promuovendo esperienze innovative e creative, tutelando le condizioni del lavoro come misure indifferibili per un'informazione che sia sempre autonoma e mai asservita. Dico questo perché, pur nella soddisfazione del lavoro fatto sin qua – un lavoro costruttivo di confronto, di mediazione, che ci ha condotto ad un testo buono, positivo, molto migliorato rispetto alla base di partenza – non sfugge il vero grande limite di questo disegno di legge, quello delle deleghe, quello di un eccesso di funzione legislativa a cui il Governo non ha voluto rinunciare, nonostante fossimo di fronte a questioni delicatissime come la libertà e il pluralismo dell'informazione. Sia chiaro: questa è certo una debolezza, un pericolo, ma potrebbe persino non essere un limite irreversibile – e lo dico dall'opposizione – se il Governo saprà avere rispetto per il lavoro fatto dalle Commissioni, se rimarrà rigorosamente aderente ai principi di delega e al senso che si è voluto dare alla scelta di quei criteri, insomma se riuscirà, senza la consueta licenza d'arbitrio, a non vanificare le indicazioni chiare che abbiamo dato in prima lettura e che il Senato ha rispettato, anche con alcuni miglioramenti in certi passaggi. Ad esempio, abbiamo con chiarezza ridefinito la platea dei beneficiari dei finanziamenti (le piccole testate, le cooperative dei giornalisti, gli enti senza scopo di lucro), quella piccola editoria che racconta il Paese in maniera indipendente, che non vive di grandi proventi pubblicitari, che non gode di quotazioni in Borsa, quelle quotazioni che finiscono per divorare insieme i profitti, anni di impegno e di abnegazione professionale, come in queste ore ci racconta la triste vicenda de Il Sole 24 Ore. Il passaggio al Senato ha compreso in questa platea anche le emittenti radiotelevisive locali: bene, cambiare idea è sempre segno di intelligenza. I nostri emendamenti in prima lettura comprendevano queste emittenti locali, ma ci avevate risposto che non era la strada giusta, che questo disegno di legge si sarebbe occupato esclusivamente di carta stampata: averle finalmente comprese significa farsi carico di un altro pezzo del mondo dell'editoria che ha subito pesantemente gli effetti dei tagli e della crisi e che rappresenta una fetta rilevante dell'informazione e della cultura plurale di questo Paese. Molto positiva anche la definizione di quotidiano online o la soppressione decisa al Senato su quel bizzarro superamento della distinzione tra testata nazionale e testata locale: anche questo lo avevamo sempre segnalato, adesso finalmente avete riconosciuto che testate nazionali e testate locali hanno caratteristiche differenti e non rispondono esattamente agli stessi meccanismi e circuiti. Tra le indicazioni chiare c’è anche il punto della tutela delle condizioni e della dignità dei lavoratori e delle lavoratrici; lo ricordo al Governo. Lo ricordo affinché si sia inflessibili su questi punti nella ridefinizione della disciplina del sostegno pubblico e dell'obbligo di regolarità non solo contributiva, ma anche retributiva. È una condizione fondamentale per la tenuta del sistema democratico. Informazione libera e lavoro stabile e tutelato si tengono insieme saldamente. Nella ricattabilità e nella precarietà del lavoro l'informazione viene sempre svilita e asservita. Per questo consideriamo punti di grande forza l'esclusione dal contributo per chi non rispetta gli obblighi del contratto collettivo di lavoro nazionale, o territoriale, o la previsione di criteri premiali per l'assunzione a tempo indeterminato di lavoratori al di sotto dei 35 anni, o per la formazione e l'aggiornamento del personale. E proprio in questa direzione consideriamo francamente Pag. 32discutibile, e l'abbiamo sottolineato nel dibattito oggi in Aula, che il Senato dopo aver meritoriamente stabilito il tetto massimo di 240 mila euro per amministratori, consulenti e dipendenti RAI, abbia previsto solo una riduzione del contributo e non invece la sua cancellazione per quelle imprese che superano per il proprio personale quel limite dei 240 mila euro. Probabilmente voi direte che in questa platea individuata dal disegno di legge difficilmente si possono trovare imprese editoriali capaci di tali sforzi e francamente lo penso anch'io, ma siccome i testi di legge dovrebbero essere rigorosi, e siccome in questo caso parliamo di un mondo dove diffusamente si registrano condizioni di sfruttamento e di stipendi bassissimi, una misura di questo tipo, che deve essere peraltro recepita in un decreto, si mostrerebbe troppo ambigua, cedevole, verso la necessità che chi ha già risorse, entrate, possibilità solide di sostentamento, si affidi come vuole liberamente al mercato, senza sottrarre i già esigui finanziamenti a chi non è in grado di reggere da solo gli urti delle trasformazioni e della crisi.
  Allora ben venga l'ordine del giorno che abbiamo approvato e l'ulteriore chiarezza sul fatto che questa sia una condizione pesantemente penalizzante per accedere a qualunque tipo di contributo pubblico. Anche l'incentivazione fiscale degli investimenti pubblicitari che il Senato ha allargato alle emittenti televisive e radiofoniche è ulteriormente sbagliata, non soltanto perché continua a contemplare anche gli inserzionisti più grandi, ma perché innesca una disparità a scapito della carta stampata che è interessata da una quota di gran lunga inferiore del mercato pubblicitario rispetto alle radio e alle televisioni.
  Vado a concludere con altri due punti fondamentali cui il Governo dovrà prestare estrema attenzione. Il primo, anche di questo ne abbiamo parlato in sede di discussione degli ordini del giorno e tantissimo nella prima lettura su questo provvedimento: la rete di vendita. L'edicola è quell'anello che garantisce qualità e diffusione democratica dell'informazione, ma è anche la parte più fragile della filiera in un rapporto impari con una distribuzione che in questi anni, nel quadro della liberalizzazione incompiuta, ha assunto posizioni di abuso sino a imporre condizioni gravose e arbitrarie o a decretare la chiusura stessa delle edicole, perché considerate magari antieconomiche. Allora i criteri di delega sono diventati certamente più stringenti grazie al lavoro parlamentare, ma questi criteri, sottosegretario, serviranno a poco se il Governo non si farà realmente carico nei decreti di quello che è stato il dibattito parlamentare, di quella che è la situazione reale, della tutela effettiva della rete delle edicole attraverso parametri qualitativi e una disciplina chiara cui dovrà attenersi la distribuzione territoriale.
  Infine, vi è la partita fondamentale, quella delle risorse e qui lo dirò senza mezzi termini: se il Governo non metterà risorse adeguate, se non garantirà i fondi necessari per avviare una programmazione lunga e sostenibile nel tempo, la piccola editoria morirà. Bene aver previsto una quota fino a 100 milioni delle entrate eccedenti del canone RAI, resta tuttavia ancora poco chiara la quantificazione; benissimo che sia stata confermata la misura da noi proposta del contributo di solidarietà per le grandi concessionarie pubblicitarie anche su Internet. Forse si è riusciti finalmente a capire che questa misura, equa, non soltanto darà maggiore stabilità al fondo di cui ancora non conosciamo l'entità, ma sancisce di fatto l'incondizionabilità dell'informazione libera da parte della pubblicità. Resta l'interrogativo delle risorse statali. Non sarà sufficiente neanche la scelta, pur meritoria, di innalzare al 50 per cento la prima rata del contributo, bisognerà certo rispettare questa positiva disposizione senza deroga alcuna, ma bisognerà assicurare risorse reali e adeguate.
  E per questo sarà necessaria, lo dico a tutti i colleghi e a tutte le colleghe, la massima attenzione da parte del Parlamento, affinché il Governo tenga fede agli impegni dichiarati.Pag. 33
   Sinistra Italiana voterà a favore di questo provvedimento. Abbiamo ripensato la platea, abbiamo ridefinito la disciplina della contribuzione, abbiamo riservato maggiore attenzione ai contenuti on line, all'impatto legato al finanziamento pubblico, alle condizioni in cui lavorano tanti giornalisti, tanti pubblicisti, tanti freelance, abbiamo fatto tutto questo in un clima – lo riconosco ancora una volta – di grande collaborazione tra maggioranza e opposizione. Per questo, sottosegretario, a tutto questo, non potranno e non dovranno seguire né ritardi, né inadempienze, perché non ci può essere compatibilità tra una democrazia, e questo Paese è una democrazia, e l'agonia dell'informazione libera e indipendente. Voteremo a favore con convinzione, ma ci aspettiamo che alle parole seguano i fatti e ci aspettiamo che questo Parlamento rimanga in ascolto e rimanga soprattutto in allerta sugli esiti successivi (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana – Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palmieri. Ne ha facoltà.

  ANTONIO PALMIERI. Grazie Presidente. Come ho detto in discussione generale, noi siamo qui a compiere in qualche modo un esercizio retorico perché questo terzo passaggio porta il provvedimento in Aula blindato e, come ho detto l'altro giorno, questa è un'opzione legittima da parte della maggioranza, che non ci scandalizza, ma rispetto alla quale corre l'obbligo, essendo noi temporalmente all'opposizione, perché in democrazia si è sempre temporaneamente o in maggioranza o all'opposizione, di rilevare l'inutilità sostanziale di questo lavoro che abbiamo fatto in Commissione e poi qui in Aula. Noi condividiamo l'impostazione di tipo sussidiaria in base alla quale lo Stato interviene laddove le libere forze del mercato e della società non ce la fanno da sole e per questo eravamo contrari alla impostazione data in origine dal MoVimento 5 Stelle di totale soppressione di ogni tipo di contributi, pensando invece che appunto un atteggiamento sussidiario da parte del Governo, temperato, fatto in modo adeguato, che mettesse al bando gli sprechi come peraltro già il Governo Berlusconi aveva iniziato a fare nella scorsa legislatura, fosse l'impostazione culturale e pratica migliore.
  Al Senato ci sono stati due passaggi positivi, a nostro avviso, che hanno visto protagonista il nostro gruppo al Senato e segnatamente il senatore Gasparri. Uno in particolare: il tetto dei 240 mila euro ai compensi della dirigenza RAI, ci sembra una acquisizione rispetto alla quale il Governo deve tenere duro, perché proprio in concomitanza del dibattimento in quest'Aula di questo provvedimento in discussione generale il direttore generale e la presidente della RAI in Commissione vigilanza sembravano non vuole tener conto di quanto la norma che state per votare si accinge a prevedere. Quindi, su questo punto è importante che il Governo resista, tenga duro come ho detto poco fa e faccia capire che la norma è immediatamente operativa.
  Anche la modifica della composizione dell'ordine dei giornalisti è un emendamento positivo approvato al Senato grazie a noi. Anche in questo caso, dentro un provvedimento nel quale si riforma quasi manu militari l'ordine dei giornalisti, questo è un piccolo barlume di speranza che riporta un po’ di equilibrio in un'azione che altrimenti il Governo e la maggioranza avevano fatto in precedenza con un imperio veramente e francamente esagerato.
  Però rimangono le ombre principali che noi avevamo sottolineato anche nel primo passaggio alla Camera. In quel passaggio avevamo votato contro questo provvedimento e lo stesso faremo in questa circostanza. Sono tre principalmente i motivi che non ci convincono. Il primo è che siamo per l'ennesima volta in questa legislatura, e soprattutto con questo Governo, con il Governo Renzi, di fronte a una legge delega; per l'ennesima volta il Parlamento, o meglio la maggioranza del Parlamento, decide di non decidere e di affidare, di fatto, al Governo la delega Pag. 34piena di scrivere le regole fattive e attuative del gioco. Secondo aspetto, legato a questo, è il fatto che l'accentramento dei fondi e delle decisioni e dei criteri viene ancora una volta portato a Palazzo Chigi. Io più volte ho lamentato questo, che possiamo definire, con un gioco di parole, il nuovo centralismo democratico. Una volta c'era il centralismo democratico del vecchio partito comunista, oggi il Premier Renzi l'ha sostituito con questo centralismo democratico, per il quale si lavora di legge delega e con deleghe che portano direttamente alla Presidenza del Consiglio.
  Questo è un altro aspetto che il passaggio al Senato non ha eliminato e sul quale noi ribadiamo ancora una volta con fermezza la nostra contrarietà, anche in vista del referendum che ci vedrà, il 4 dicembre, tutti protagonisti, tutti i cittadini italiani, per decidere se approvare una riforma costituzionale pasticciata, che porta più confusione, meno efficienza e meno democrazia, oppure mantenere l'assetto attuale, che come vedete non impedisce al Governo di esercitare i propri poteri come e quando ritiene, se supportato dalla propria maggioranza.
  Il terzo aspetto che non ci convince è quello della tassazione dello 0,1 a carico dei soggetti che raccolgono pubblicità: siamo ancora in un momento di crisi, siamo ancora in un momento di recessione, gli investimenti pubblicitari e la raccolta pubblicitaria ancora languono; penalizzare queste imprese, seppur con il nobile intento di finanziare il fondo a favore del pluralismo, ci sembra comunque una misura anacronistica: mettere nuove tasse, a nostro avviso e per la nostra storia, non è mai la soluzione giusta.
  Aggiungo due elementi ancora di criticità e poi concludo, Presidente: un elemento è dato dal fatto che questa norma potremmo definirla una norma a termine, perché prevede di essere messa in campo ed essere attuata nell'arco di tre anni, dopodiché, a partire dal 2018 non si sa che cosa accadrà di tutta questa norma; infatti, all'articolo 1, questo è il periodo che viene indicato per il Fondo di finanziamento, dopodiché cosa accadrà dal 2019 è ignoto, per cui questa norma rischia di essere una norma tampone, che può prolungare l'agonia di aziende editoriali piccole e piccolissime, senza effettivamente dare loro un orizzonte temporale che vada oltre il medio periodo.
  Anche questa è una cosa che a nostro avviso non funziona, non va bene, così come non funziona e non va bene – e lo dimostra il fatto che l'ottimo peraltro sottosegretario Giacomelli ha chiesto che il collega Preziosi ritirasse il proprio ordine del giorno, che faceva riferimento preciso a uno speciale tipo di editoria, l'editoria cattolica – il fatto che nella norma non c’è alcuna garanzia che, aldilà delle minoranze linguistiche, già tutelate dalla Costituzione, ci sia effettivamente la tutela reale del pluralismo in tutte le sue forme, e anzi nuovamente, stante che, come ho detto poco fa, il provvedimento riporta a Palazzo Chigi la gestione delle regole e la gestione dei fondi o di gran parte dei fondi, è evidente che la preoccupazione della minoranza è grande, perché nuovamente è chiaro a tutti che il Premier può condizionare, attraverso l'apertura e la chiusura del rubinetto, l'effettivo svolgimento di un'informazione e di un'editoria libera e indipendente.
  Quindi, Presidente, in forza di tutti questi motivi che succintamente ho raccontato, io confermo, a nome del gruppo di Forza Italia, il nostro voto contrario a questo provvedimento e garantisco che vigileremo sui decreti attuativi, vigileremo sull'effettiva entità del fondo – che, come hanno detto anche i colleghi e le colleghe che mi hanno preceduto, resta ignota – e continueremo ad avere un'attenzione grande su questo tema, perché è un tema che è a noi molto caro e ci sta molto a cuore (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Brescia. Ne ha facoltà.

  GIUSEPPE BRESCIA. Grazie Presidente, non sono molte le volte che nell'arco Pag. 35di una legislatura si arriva in fondo ad un provvedimento. È successo in passato con il lodo Alfano, una legge approvata in soli 12 giorni, che serviva a non far andare in galera Berlusconi, è successo in questa legislatura con la legge Boccadutri: in pochi giorni avete approvato una norma che vi ha consentito di intascare ben 45 milioni di finanziamenti pubblici, anche se i vostri bilanci non erano stati verificati, e succede oggi con questa legge, che serve a finanziare i giornali.
  Tre esempi emblematici di quanto sia infondata la teoria che state portando avanti riguardo alle vostre riforme costituzionali, secondo cui sarebbe il bicameralismo a rallentare l’iter di approvazione delle leggi: questi sono tre esempi che dimostrano che il bicameralismo non c'entra niente, perché quando ci sono i vostri interessi di mezzo siete perfettamente in grado di portare a termine qualsiasi provvedimento.
  E dimostra anche un'altra cosa: che a voi dei cittadini non frega assolutamente nulla, vi interessa solo autotutelarvi, incassare soldi pubblici o usarli per comprarvi il silenzio della stampa.
  Il MoVimento 5 Stelle sostiene la libertà di informazione ed è fermamente convinto che qualsiasi legame, soprattutto di tipo economico, tra media e Governo, sia controproducente al raggiungimento di tale libertà.
  Nel merito, questo provvedimento l'abbiamo commentato già più di una volta, quindi mi limiterò a ripetere i passaggi più scandalosi, affinché restino ben impressi nella memoria di chi ci ascolta.
  Punto primo: dove trovate i soldi. Prendete 100 milioni di euro dal canone Rai, più precisamente dalla parte eccedente, che sarebbe dovuta servire a non far pagare il canone agli anziani indigenti, e li regalate a testate che in pratica non legge più nessuno, inutili aiuti di Stato che non salveranno le imprese editoriali destinate a morire. State solo allungando la loro agonia, ma lo fate con i soldi degli italiani, per compiacere qualche editore amico vostro.
  Punto secondo: introducete nuovi finanziamenti indiretti per spese telefoniche e connessioni.
  A questo riguardo io mi chiedo cosa pensino le migliaia di piccoli imprenditori in giro per l'Italia di questa misura. Sicuramente si chiederanno come mai per loro non riservate lo stesso trattamento. Come è possibile – si chiederanno – che se io non pago la bolletta del telefono mi arriva la cartella esattoriale di Equitalia e mi chiedono il doppio o il triplo, e invece ai giornali danno le agevolazioni per pagare le bollette.
  Se vi lanciano i pomodori quando andate a fare i comizi in piazza, sapete il perché.
  Poi ancora: questione particolarmente scottante è quella degli sgravi a chi si fa pubblicità sui giornali, anche sui grandi giornali, ci tengo a precisare. A chi avete pensato con questa misura ? A quei poveretti delle multinazionali. Poverine – avete detto – se si fanno pubblicità, manco uno sgravietto fiscale gli vogliamo fare ? E al Senato avete anche migliorato questa misura, perché l'avete estesa anche a chi si fa pubblicità sulle TV e sulle radio, così, tanto per favorire i vari Berlusconi, De Benedetti, Della Valle, Agnelli e compagnia bella, che se rimangono senza uno sgravio fiscale poi come devono fare ad arrivare a fine mese, chi lo sa (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ?
  Il registro del mio intervento è ovviamente ostentatamente sarcastico, perché ormai credo che sia l'unico modo in cui meritate di essere trattati: col sarcasmo.
  Ma la questione di merito è molto seria, perché, a parte tutto questo schifo che avete fatto, c’è una questione di fondo, che rappresenta il profondo motivo di distanza tra la nostra concezione di libertà di informazione e quella dei partiti, tra il nostro modo di dare piena attuazione all'articolo 21 della Costituzione e il vostro: voi ritenete che per tutelare il pluralismo si debbano finanziare gli editori, noi invece siamo convinti che per farlo si debba difendere in primis il diritto dei Pag. 36cittadini ad essere informati. Sta tutta qui la differenza (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Voi fate di tutto, voi fate di tutto affinché questo diritto del cittadino di essere informato correttamente venga leso, lottizzando la RAI, comprando il silenzio dei giornali. Sapete bene che ha un deficit di corretta informazione corrisponde ad un deficit di democrazia, perché un cittadino consapevole e ben informato si sarebbe sbarazzato di voi già da un pezzo.
  Sapete anche che per garantire davvero quel pluralismo, che dite di voler tutelare, bisognava fare tutt'altro, ossia bisognava attaccare quei gruppi di potere che detengono l'informazione in Italia. Ma figuriamoci se attacchereste mai i vostri compagni di merende ! E allora, a noi cittadini non resta che fare la nostra riforma dell'informazione dal basso: basta non leggerli più i vostri giornali, basta non accendere più le televisioni e cominciare, sempre di più, ad andare a cercare le informazioni che vogliamo autonomamente, in maniera indipendente, su Internet. Sta già accadendo; checché voi ne diciate nell'arco di pochi anni l'informazione tradizionale scomparirà definitivamente e assieme ad essa scomparirete anche voi, per lasciare spazio ad una nuova era fatta di onestà di cui il MoVimento 5 Stelle sarà protagonista (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle – Commenti di deputati del gruppo Partito Democratico).
  In chiusura, vorrei rivolgere, ancora una volta, un appello a tutti i giornalisti d'Italia: il vostro lavoro è troppo delicato per poterlo buttare via così, per qualche spicciolo, cercando di essere il più possibile fedeli alla linea editoriale. Sarebbe fantastico se le migliaia di giornalisti che abbiamo in Italia cominciassero, ad esempio, a seguire Renzi, così come fanno con la Raggi, e a fare domande scomode a tutti i rappresentanti del Governo e al Presidente del Consiglio, anziché fare i reggimicrofono come fanno. Non sono tutti così, per fortuna, qualcuno si salva, pochi, ma qualcuno che si salva c’è e, purtroppo, quei pochi che fanno bene il loro mestiere vengono attaccati dalla politica, rimossi, contrastati, allontanati. Quello delle pressioni politiche sulla stampa è, infatti, uno dei fattori che maggiormente incide sul pessimo ranking della libertà di informazione nel nostro Paese. A questi pochi coraggiosi va tutta la nostra ammirazione e solidarietà; a tutti gli altri dico: guardatevi allo specchio e chiedetevi se state rispettando il vostro codice deontologico o se avete accettato troppi compromessi; è importante che voi prendiate una decisione, perché se deciderete di riprendervi la vostra dignità professionale, questo Paese non avrà bisogno di alcuna legge per riformare il settore dell'informazione, perché gran parte del lavoro l'avrete già fatta voi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bonaccorsi. Ne ha facoltà.

  LORENZA BONACCORSI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, non ho necessità di spendere molte parole, poiché siamo in terza lettura e molte delle cose che varrebbe la pena ribadire oggi sono già state dette in più sedi e nei giorni scorsi, anzi nelle settimane e nei mesi scorsi. Mi preme ricordare, però, che questo è un provvedimento che, sono sicura, si rivelerà lungimirante a differenza di una serie di critiche che abbiamo sentito in quest'Aula. Tradurre, infatti, in legge il bisogno di garantire il pluralismo dell'informazione e il sostegno alle piccole imprese editoriali non era semplice e non era affatto scontato. Con questa legge il Parlamento lancia un messaggio chiaro: noi ci preoccupiamo del pluralismo e dell'indipendenza delle voci, non delle voci che vengono sempre e solo da una parte sola o da un sito o da un blog soltanto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Sappiamo bene che la morfologia del mercato è cambiata, le copie cartacee si vanno riducendo, la rivoluzione digitale trasforma in continuazione tutto il mondo dell'informazione. L'ipotesi perfino ideologizzata di quanti sostengono che il Pag. 37mercato può fare da sé e che soldi pubblici all'informazione non devono andare è sbagliata; se un ruolo spetta allo Stato e alle politiche pubbliche, è quello di tenere vivi i fermenti di un giornalismo serio e impegnato che, però, non vuole essere assistito, ma vuole raccogliere la sfida dell'innovazione. Come ha ribadito il relatore Rampi, con parole che faccio mie: senza pluralismo non c’è informazione, al massimo resta la propaganda che lasciamo volentieri agli altri; senza informazione non c’è conoscenza e senza conoscenza non c’è democrazia. Siamo alla terza lettura – dicevo – e ci tengo a sottolineare che il lavoro nelle Commissioni competenti è stato un lavoro di confronto vero, che ha visto un dialogo tra tutte le forze politiche – quelle che volevano dialogare – con uno scambio di idee, prospettive e impostazioni che io, comunque, valuto in maniera positiva. Il lavoro non è finito, il Parlamento tornerà a pronunciarsi quando darà i pareri sugli schemi di decreti delegati, sicché il dialogo tra Parlamento, Governo e operatori continuerà, perché tale è il cambiamento continuo a cui è sottoposto il settore dell'informazione. E badate bene, non c’è da fidarsi di chi, profeta, si erge a spiegare a tutti dove andrà con certezza il mondo dell'informazione, che piega prenderà, no, non fidiamoci di coloro che pensano di avere verità in tasca, noi continuiamo a lavorare, giorno dopo giorno, con la serietà che abbiamo messo in questi mesi.
  Il cuore del provvedimento innova profondamente le regole che finora hanno disciplinato, con evidenti e conclamati limiti, il sostegno all'editoria, frutto di una serie di interventi disomogenei iniziati con la legge del 1981. Il primo tentativo di razionalizzazione è stato condotto nel novembre 2010, tentativo che per la prima volta ha introdotto, quale criterio per la ripartizione dei contributi diretti, quello della percentuale minima di copie vendute su quelle distribuite, introducendo parametri connessi all'occupazione professionale sia per l'accesso ai contributi sia per il calcolo degli stessi. Successivamente il decreto-legge n. 201 del 6 dicembre 2011 aveva disposto la cessazione del sistema della contribuzione diretta per la gestione 2013; era poi intervenuto, in materia, sempre il decreto-legge n. 63 del 2012 che, in attesa del riordino della materia, aveva introdotto una ridefinizione delle forme di sostegno al sistema editoriale. Oggi, diamo organicità a tutto questo. Perno del provvedimento è l'istituzione, presso il Ministero dell'economia e delle finanze, del Fondo per il pluralismo e l'innovazione nell'informazione. Il Fondo è finalizzato ad assicurare la piena attuazione dei principi di cui all'articolo 21 della Costituzione in materia di diritti, libertà, indipendenza e pluralismo dell'informazione a livello nazionale e locale e ad incentivare l'innovazione dell'offerta informativa e dei processi di distribuzione e vendita, la capacità delle imprese editoriali di investire, di acquistare posizioni di mercato sostenibili nel tempo, nonché lo sviluppo di nuove imprese editoriali anche nel settore dell'informazione digitale. Al Fondo confluiscono: le risorse statali destinate al sostegno dell'editoria quotidiana e periodica, anche digitale, comprese quelle disponibili destinate al Fondo straordinario per gli interventi di sostegno all'editoria (per il 2016 si tratta di 154,8 milioni di euro), le risorse statali destinate all'emittenza radiofonica e televisiva in ambito locale, comprese quelle iscritte nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, (per il 2016 si tratta di 49,5 milioni di euro) e una quota parte, fino ad un importo massimo di 100 milioni di euro in ragione d'anno, per il periodo 2016-2018, delle eventuali maggiori entrate derivanti dal canone RAI, le somme derivanti dal gettito annuale di un contributo di solidarietà pari allo 0,1 per cento del reddito complessivo dei concessionari della raccolta pubblicitaria, delle società operanti nel settore dell'informazione e della comunicazione, che svolgono sempre raccolta pubblicitaria diretta, e degli altri soggetti che esercitino l'attività di intermediazione nel mercato della pubblicità, attraverso la ricerca e l'acquisto, per conto terzi, di spazi sui mezzi di informazione e comunicazione.Pag. 38
  Non sono mancette, Presidente, come ha detto qualche collega, ma anche il Partito Democratico si unisce a quest'Aula per vigilare sul fatto che, appunto, il Fondo avrà risorse certe. Il Senato ha, inoltre, introdotto la previsione per cui le somme non impegnate in ciascun esercizio possono essere impegnate in quello successivo e – come evidenziato sempre dal relatore Rampi – il fine è quello di assicurare un maggior sostegno alla piccola editoria, con particolare riferimento agli enti no profit, alle cooperative di giornalisti e ai piccoli giornalisti editori, escludendo sia i giornali di partito che i grandi giornali quotati in borsa e le società per azioni. Potranno accedere ai finanziamenti, quindi, le imprese editrici costituite come cooperative giornalistiche, individuando criteri relativi alla compagine societaria, alla concentrazione delle quote in capo a ciascun socio, enti senza fine di lucro, ovvero imprese editrici di quotidiani e periodici il cui capitale sia interamente detenuto da tali enti e, limitatamente a un periodo di cinque anni dalla data di entrata in vigore della legge, imprese editrici di quotidiani e periodici la maggioranza del cui capitale è detenuta da cooperative e fondazioni o enti morali non aventi fini di lucro, imprese editrici di quotidiani e di periodici espressione delle minoranze linguistiche, imprese ed enti che editano periodici per ipovedenti, prodotti con caratteri tipografici normali su nastro magnetico, Braille e supporti informatici, associazioni dei consumatori iscritte nell'elenco di cui all'articolo 137 del decreto legislativo n. 206 del 2005 e le imprese editrici di quotidiani e di periodici italiani editi e diffusi all'estero o editi in Italia e diffusi prevalentemente all'estero. Le suddette imprese – e ci tengo a dirlo e a sottolinearlo, perché sono stati ricordati da altri colleghi altri obblighi, ma non questo – avranno l'obbligo di adottare misure idonee a contrastare qualsiasi forma di pubblicità lesiva dell'immagine e del corpo della donna e credo che di questo ci sia davvero bisogno. Sono, invece, esclusi esplicitamente dal finanziamento organi d'informazione di partiti o movimenti politici e sindacali, periodici specialistici a carattere tecnico, aziendale, professionale o scientifico e le imprese editrici di quotidiani e periodici che fanno capo a gruppi editoriali quotati o partecipati da società quotate in Borsa.
  La legge richiede che, per accedere al contributo, le testate debbano dimostrare di avere una reale forza imprenditoriale e debbano assicurare anche un'edizione online. L'intervento poi si sposta a tutto il resto della filiera del settore, va a comprendere la rete di distribuzione, quindi i distributori, le edicole, i punti vendita, quindi tutta la filiera.
  Ci attendiamo, inoltre, che il Governo attui fino in fondo la delega sul Consiglio nazionale dell'ordine dei giornalisti e che questi non si sottraggano alla necessità di abbandonare atteggiamenti che talora assumono sapore corporativo. L'inveramento dell'articolo 21 della Costituzione passa anche per un giornalismo schietto, documentato, scrupoloso ed indipendente.
  Il Senato, poi, è intervenuto su alcuni punti, che non stravolgono assolutamente l'impianto del provvedimento, ma che sono significativi e che voglio ricordare. Tra le modifiche più importanti c’è l'introduzione del limite alle retribuzioni nel contesto della concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo. Novellando l'articolo 49 del decreto legislativo n. 177 del 2005, il testo prevede che agli amministratori, al personale dipendente, ai collaboratori e ai consulenti del soggetto affidatario della concessione del servizio pubblico radiofonico televisivo e multimediale, la cui prestazione professionale non sia stabilita da tariffe regolamentate, si applichi il tetto retributivo pari a 240 mila euro. Questo è un segnale molto, molto importante, che nasce da un ragionamento che era stato testato con una risoluzione presa in Commissione vigilanza e votata all'unanimità qualche mese fa.
  L'ulteriore novità riguarda la procedura per l'affidamento in concessione del servizio pubblico, per la quale si stabilisce la durata decennale, con previa consultazione pubblica, come già prevista dalla legge n. 220 del 2015, la riforma della Pag. 39governance RAI. Nei prossimi mesi, quindi, andremo a rinnovare la concessione di servizio pubblico. Spero davvero – e concludo – che, così come è stato per questo provvedimento, il Parlamento eserciterà una discussione di ampio respiro sui temi propri del servizio pubblico. Il lavoro, quindi, come ho già detto, non è finito e mi auguro possa andare avanti in maniera seria, competente e senza propaganda, come abbiamo dimostrato portando al traguardo questo provvedimento di legge: 376 giorni di lavoro, di un buon lavoro. E concludo dichiarando il voto favorevole del gruppo del Partito Democratico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

  ROBERTO RAMPI, Relatore per la maggioranza. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Immagino per un ringraziamento, nel frattempo chiedo ai colleghi di prendere posto.

  ROBERTO RAMPI, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, solo qualche minuto, Presidente, per dei ringraziamenti, non di rito, a tutti i colleghi della Commissione e dei gruppi che hanno lavorato, a tutti i colleghi e a tutti i dipendenti della Commissione cultura che ci hanno dato un grande supporto, e anche a quelli del Dipartimento editoria, che sono stati disponibili a confrontarsi con il Parlamento e hanno contribuito a fare in modo che ci sia un testo di grande qualità.

  PRESIDENTE. La ringrazio. Facciamo che quelli alla Presidenza e anche al personale della Camera sono acquisiti agli atti d'ufficio.

(Votazione finale ed approvazione – A.C. 3317-3345-B)

  PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
  Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul testo unificato delle proposte di legge n. 3317-3345-B:
   «Istituzione del Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione e deleghe al Governo per la ridefinizione della disciplina del sostegno pubblico per il settore dell'editoria e dell'emittenza radiofonica e televisiva locale, della disciplina di profili pensionistici dei giornalisti e della composizione e delle competenze del Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti. Procedura per l'affidamento in concessione del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale» (Approvate, in un testo unificato, dalla Camera e modificate dal Senato).

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.
  La Camera approva (Vedi votazione n. 24).

Seguito della discussione della mozione Lorefice ed altri n. 1-01342 concernente iniziative in relazione al centro di accoglienza per richiedenti asilo di Mineo (Catania) (ore 17,42).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della mozione Lorefice ed altri n. 1-01342, concernente iniziative in relazione al centro di accoglienza per richiedenti asilo di Mineo (Catania) (Vedi l'allegato A – Mozione).
  Ricordo che, nella seduta di lunedì 3 ottobre 2016, si è conclusa la discussione sulle linee generali ed è intervenuto il rappresentante del Governo.
  Avverto che sono state presentate le mozioni Rondini ed altri n. 1-01376, Andrea Maestri ed altri n. 1-01377, Vezzali, Abrignani ed altri n. 1-01378, Carnevali, Misuraca, Monchiero ed altri n. 1-01379, Prestigiacomo ed altri n. 1-01380, Palazzotto Pag. 40ed altri n. 1-01381 e Rampelli ed altri n. 1-01382. I relativi testi sono in distribuzione (Vedi l'Allegato A – Mozioni).

(Parere del Governo)

  PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sulle mozioni presentate.

  DOMENICO MANZIONE, Sottosegretario di Stato all'Interno. Grazie, Presidente. Come già preannunciato nella seduta di ieri, il parere del Governo, rispetto alla mozione di impegno, è contrario. Mi richiamo alle ragioni che ho già espresso nel corso della seduta di ieri.

  PRESIDENTE. Stiamo parlando della mozione Lorefice ed altri ?

  DOMENICO MANZIONE, Sottosegretario di Stato all'Interno. Sì, esattamente.

  PRESIDENTE. Magari ci dà anche il parere sulle altre mozioni ?

  DOMENICO MANZIONE, Sottosegretario di Stato all'Interno. Sì, certamente, Presidente. Proprio in base alle stesse argomentazioni che già ho espresso ieri e che posso sintetizzare nel modo che segue: l'istituzione dei primi centri di accoglienza di grandi dimensioni, come quello di Mineo, appartiene a una stagione – mi riferisco al biennio 2011-2012 – in cui si ritenne di gestire gli eccezionali flussi migratori determinati dalla primavera araba con gli strumenti e i poteri propri della Protezione civile. Vennero disposti in sequenza la requisizione in uso di un grande residence sito nel comune di Mineo, la sua destinazione alle necessità di accoglienza dei richiedenti asilo, l'affidamento alla gestione del centro al Presidente della provincia regionale di Catania quale soggetto attuatore. Tutto questo nell'ambito della cornice derogatoria offerta dallo stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri, da varie ordinanze emergenziali del Presidente del Consiglio dei ministri e sotto l'egida del Commissario delegato all'emergenza. A fronte di questa eredità, protrattasi peraltro anche dopo la cessazione dello stato di emergenza, questo Governo ha compiuto una scelta di fondo radicalmente diversa: quella di puntare sull'accoglienza diffusa su tutto il territorio nazionale in modo da evitare che il fenomeno migratorio possa innestare dinamiche di conflitto e situazioni di tensione, intersecandosi con il disagio e la marginalità sociale. L'idea alla base della nuova governance dell'accoglienza è che l'insediamento di piccoli gruppi di stranieri in centri di dimensione più contenuti e meno popolosi, oltre a mitigare l'impatto della presenza migratoria nei territori di più alta concentrazione, consente di dare una risposta in termini di accoglienza di ben altro spessore, anche favorendo l'attivazione di positive iniziative di integrazione capaci di andare a vantaggio delle stesse comunità. Resta evidente, tuttavia, che il sistema di accoglienza diffusa funziona a condizione che i diversi livelli di governo facciano la loro parte, collaborando in maniera responsabile alla filiera amministrativa, sia per gli aspetti decisionali che per quelli attuativi. Su questo punto cruciale, il Ministero dell'interno e i prefetti hanno incontrato più di una difficoltà; invero, dopo una prima travagliata fase di squilibrio, si è riuscita a realizzare una più equa distribuzione dei migranti fra le varie regioni, invece rimane in piedi per intero il problema delle varie comunità locali, che solo in parte si adoperano nel sistema di accoglienza, determinando la necessità che la stessa regione e gli altri comuni si facciano carico di una quota di migranti maggiore di quella spettante. Questa difficoltà alla collaborazione rende abbastanza complicato il sistema, e conduce alla conseguenza di un Paese che vive momenti di sofferenza sul territorio per l'accoglienza complessiva di circa 160 mila persone: cifra senz'altro gestibile per un Paese con 8 mila comuni e 60 milioni di abitanti !
  In questa situazione, pur avendo come nostro obiettivo primario la realizzazione Pag. 41del modello dell'accoglienza diffusa, siamo tuttora vincolati di fatto a ridurre la concentrazione nei grandi centri, essendo questo evidentemente l'obiettivo finale che è stato posto a seguito dell'accordo che è intervenuto il 10 luglio 2014 fra lo Stato e le regioni. I capisaldi di quell'accordo sono, come è noto a tutti, l'accoglienza diffusa, il privilegio rispetto allo SPRAR, che va incrementato eventualmente anche attraverso incentivi ai comuni, la progressiva riduzione, fino all'abbandono, dei criteri legati ai grandi centri.
  Per tutte queste ragioni, io ieri ai presenti ho anticipato un parere contrario alla mozione che lei ha prima richiamato, e per le stesse ragioni do parere contrario a tutte le altre mozioni, tranne a quella Carnevali, Misuraca, Monchiero ed altri n. 1-01379; alla quale però chiederei che sia aggiunto, al terzo punto, l'inciso: «compatibilmente...

  PRESIDENTE. Stiamo parlando del terzo punto del dispositivo, immagino.

  DOMENICO MANZIONE, Sottosegretario di Stato all'Interno. Presidente, sì, terzo punto del dispositivo.

  PRESIDENTE. Sta bene. Va detto, perché il terzo punto può essere anche della premessa.

  DOMENICO MANZIONE, Sottosegretario di Stato all'Interno. Terzo punto del dispositivo, con l'inciso, dopo l'espressione «ad escludere l'ipotesi di adibire il CARA di Mineo alla funzione di hot spot», «compatibilmente con lo sviluppo dei flussi e con gli impegni che il nostro Paese assumerà in sede europea».

  PRESIDENTE. Vi è quindi un parere favorevole con riformulazione.
  Lo diciamo ad uso e consumo dei lettori e dei cultori degli atti di questo ramo del Parlamento: il Governo ha facoltà di svolgere la replica al termine della discussione generale; poi è concessa una motivazione dei pareri, però non è che possiamo replicare la replica all'inizio del seguito della discussione delle mozioni. Giusto perché così almeno il sottosegretario Sesa Amici, che è frequentatrice di quest'Aula ed ha lunga esperienza, ne prenderà buona nota per le mozioni a venire.

(Dichiarazioni di voto)

  PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Andrea Maestri. Ne ha facoltà.

  ANDREA MAESTRI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la tematica sottesa alle mozioni in discussione mi è particolarmente cara, per una sensibilità personale, un'attenzione personale che ho sviluppato nel corso degli anni, essendo un avvocato immigrazionista; e per l'impegno che il nostro partito Possibile da sempre ha sul tema dei migranti, sul tema dei richiedenti asilo e dei diritti umani fondamentali.
  Noi riteniamo che il CARA di Mineo rappresenti in piccolo una sorta di sgangherata Guantanamo dei diritti e della dignità umana, e quindi debba essere senz'altro smantellato al più presto. Con un approccio serio e costruttivo non indichiamo una data limite entro la quale ciò debba essere fatto, ma indichiamo un processo, un processo che deve portare al suo superamento ed al suo smantellamento; ed all'interno di questo processo noi allarghiamo il campo dell'analisi e delle soluzioni concrete e possibili sul tema dei diversi modelli di accoglienza che questo Paese ha di fronte.
  Oggi siamo di fronte ad un sistema di accoglienza che per il 77 per cento accoglie i profughi in strutture temporanee e di emergenza, e solo per un 13 per cento li accoglie in modo strutturato e serio all'interno del sistema di accoglienza dello SPRAR. Ecco, questa proporzione deve essere esattamente invertita !
  Dobbiamo anche saper uscire, in questa discussione tutti insieme, dall'ipocrisia che ci impedisce di fare un concreto passo in Pag. 42avanti, perché altri immani tragedie del mare non abbiano più a verificarsi. È vero che servono più risorse per la cooperazione allo sviluppo; è senz'altro vero che serve una distribuzione più equa delle risorse e delle richieste a livello planetario; è vero ancora che serve disarmare i signori della guerra: ma noi dobbiamo guardare anche alle nostre responsabilità di deputati della Repubblica, alle nostre responsabilità individuali e collettive.
  Chi, se non noi, dovrebbe avere oggi il coraggio e l'intelligenza di una riforma radicale delle norme sull'immigrazione ?
  Il «fuocoammare» brucia le coscienze di molti di noi; eppure non siamo capaci di una reazione oggi necessaria, utile, concreta, rigorosa, non più rinviabile. Diciamocelo: entrare in Italia regolarmente, sia per lavorare, quindi per fuggire da condizioni di disagio economico e di povertà, sia per cercare protezione da guerre e persecuzioni, è praticamente impossibile ! Impossibile farlo in condizioni di sicurezza.
  Sappiamo tutto: che questi poveri cristi, questi profughi, piuttosto che pagare 1.500 euro per assieparsi sopra la stiva di una nave, o a seconda del livello di reddito, situarsi al di sotto, addirittura all'interno dello scafo, se capaci di pagare solo 800 euro, preferirebbero pagare un biglietto aereo, entrare in questo Paese in modo dignitoso e serio, nel rispetto dei diritti umani fondamentali, e avere un tempo limite per cercare un'occupazione; e solo al termine di questa ricerca di lavoro, che preveda la possibilità di vivere regolarmente in Italia e di integrarsi, solo alla fine, in mancanza di una proposta concreta di lavoro, rientrare dignitosamente nel proprio luogo di origine.
  Parimenti, i diritti fondamentali dei richiedenti asilo e dei rifugiati. Nel nostro Paese la clandestinità, l'irregolarità amministrativa è creata artificialmente a tavolino dalle norme della famigerata Bossi-Fini. Anche sul reato di clandestinità, lo stesso Primo Presidente della Corte di cassazione Canzio – al quale pure è dedicato, diciamo così eufemisticamente, un decreto-legge in materia di giustizia, e quindi dovrebbe essere particolarmente ascoltato dal Governo – ha affermato che si tratta di un reato inutile e dannoso, perché per perseguire i veri reati, quelli più odiosi legati all'immigrazione, come la tratta di esseri umani, il caporalato, lo sfruttamento dell'immigrazione clandestina, la riduzione in schiavitù, non bisogna ridurre i migranti a persone criminalizzate, ad imputati, che non possono testimoniare contro i trafficanti: significa indebolire il controllo dello Stato su questi traffici di esseri umani !
  Questo Parlamento aveva assegnato una precisa delega al Governo, ed in particolare al Ministro Orlando. Questa delega per l'abolizione del reato di clandestinità era nelle mani del Ministro Orlando: il Ministro Orlando non ha avuto la dignità di esercitarla, e l'ha restituita a questo Parlamento. Siccome noi – dicevo all'inizio del mio intervento – non ci sottraiamo alla responsabilità di decisioni, ad indicare soluzioni concrete per superare la crisi dei diritti umani nel nostro Paese, abbiamo indicato una strada: abbiamo depositato una proposta di legge di nostra iniziativa per l'abolizione del reato di clandestinità; e vogliamo denunciare in quest'occasione – perché l'occasione è assolutamente legata al medesimo tema della tutela dei diritti fondamentali della persona...

  PRESIDENTE. Concluda.

  ANDREA MAESTRI. Vogliamo denunciare con forza l'iniziativa sempre del Ministro Orlando, di ridurre la giustizia, relativa alla protezione dei richiedenti asilo, ad una giustizia di serie B, ad un apartheid giudiziario: perché togliere le udienze, il diritto di fare appello ed assumere la registrazione acquisita dall'audizione individuale nelle commissioni significa negare pari dignità nell'esercizio dei diritti fondamentali delle persone in questo Paese. Continueremo a denunciarlo con forza !

  PRESIDENTE. Grazie. La prossima volta provi a denunciarlo nel tempo consentito.Pag. 43
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rampelli. Ne ha facoltà.

  FABIO RAMPELLI. Presidente, colleghi deputati, rappresentante del Governo, noi abbiamo presentato come Fratelli d'Italia una nostra mozione, nella quale in buona sostanza impegniamo il Governo a disporre la chiusura del centro di accoglienza per richiedenti asilo di Mineo, esattamente per le ragioni che poco fa venivano manifestate dal Governo stesso. Il Governo oggi ci ha detto di aver deciso da tempo la trasformazione della modalità dell'accoglienza in un'accoglienza diffusa, equamente distribuita sul territorio; ma siccome le chiacchiere, come si dice dalle mie parti, stanno a zero, essendo presenti 3 mila ospiti nel centro di Mineo, ed essendo presenti centinaia di centri di accoglienza simili in Italia con migliaia e migliaia di richiedenti asilo, va da sé che questa intenzione è del tutto astratta, priva di fondamento, che non trova riscontro nella realtà e che ha tradito tutti i suoi limiti, nonostante chi parla e il gruppo che rappresento abbiano più e più volte ammonito il Governo stesso rispetto ai rischi che si sarebbero configurati, tutti regolarmente manifestatisi nel corso del tempo e di cui pare oggi teoricamente accorgersi persino il Ministro Alfano e il Presidente del Consiglio, Renzi. Il centro di Mineo ci ha messo del suo, per macchiarsi di qualunque tipo di sospetto. Inutile stare qui a ripetere le tante occasioni nelle quali questo centro si è distinto: nelle intercettazioni telefoniche, nelle vicende di Mafia Capitale, in quello che ha dichiarato Odevaine, quello che ha dichiarato il presidente dell'Autorità anticorruzione rispetto anche alle gare d'appalto. Ripeto, penso che sia manifesto il sospetto, ed è stato scritto in lungo e largo in tutte le carte e in tutti i documenti che lo riguardano. Ma noi vogliamo approfittare di questa circostanza e di questa mozione per puntare l'indice sulla sconclusionatezza e sulla irresponsabilità con la quale il fenomeno dell'immigrazione selvaggia e incontrastata si sta scaricando sulla nostra nazione. C’è una radice che è rappresentata dal traffico di uomini: i trafficanti di uomini sono collegati con il circuito della criminalità organizzata e con la mafia, tutti lo sanno, non fosse altro per le dichiarazioni, anch'esse riportate su tutti i quotidiani e su tutto il circuito mediatico giustappunto un anno, un anno e mezzo fa, secondo le quali si fanno più soldi con i migranti che con la droga. Dunque, chi di delinquenza vive, a un tasso di rischio decisamente più basso, preferisce gestire i flussi migratori, piuttosto che andare a impicciarci nei traffici di sostanze stupefacenti. Poi c’è il braccio armato dei trafficanti di uomini, che è rappresentato dagli scafisti, coloro i quali fanno questa azione devastante e si assumono concretamente la responsabilità del massacro delle morti degli innocenti, delle famiglie dei bambini, degli adulti che sono ormai sepolti a decine di migliaia – cifre ben diverse rispetto a quelle che ufficialmente ci raccontate – nel fondo del Mar Mediterraneo, la più grande fossa comune della storia contemporanea. Poi si arriva a casa nostra, e vengono i nostri operatori – tutti, nessuno escluso – a suggerire ai migranti, anche quando non vengono in Italia per ragioni di protezione internazionale perché fuggono da guerre e persecuzioni, di fare comunque la domanda di asilo politico. E questa domanda ha un itinerario che dura un anno; una commissione sancisce che una persona su dieci richiedenti ha diritto alla protezione internazionale (una percentuale decisamente bassa), ma i nove su dieci che non hanno riconosciuto questo diritto alla protezione internazionale non vengono rispediti a casa, restano qui nei CARA di Mineo di cui è disseminata tutta la penisola. La nostra situazione è nota. Poi, che cosa accade ancora ? C’è la facoltà di ricorrere contro questa decisione della Commissione che appunto nega il diritto alla protezione internazionale, e ci sono due anni e mezzo circa di tempo per avere una sentenza; i patrocinanti sono italiani e li paga lo Stato, che paga appunto degli avvocati affinché ricorrano contro se stesso, contro una sua decisione. Bene, anche in questa circostanza, il verdetto, Pag. 44quando arriva, vede numeri giganteschi sempre indirizzati verso la negazione della protezione internazionale, che non è una crudeltà, ma una presa d'atto del fatto che la gran parte degli immigrati viene perché fugge dalla povertà, non dalle guerre; questione importantissima, ma che si può e si deve affrontare in maniera diversa, sicuramente diversa da quella che avete messo in campo voi in questi anni.
  E quando questa seconda valutazione, questa volta sancita da tribunali della Repubblica italiana, viene consegnata nelle mani dei ricorrenti, voi non provvedete al rimpatrio, ma scattano altre due norme, quella della protezione sussidiaria, che è periodica e pluriennale, e quella della protezione umanitaria, che esiste solo in Italia e che ha validità di un anno prorogabile, ma all'infinito, senza termine alcuno ! Questo che cosa significa ? Significa che, di fatto, tutti gli immigrati, tranne i terroristi, tranne quelli che vengono intercettati mentre fanno il tifo o la propaganda per l'ISIS, non vengono e non verranno mai rimpatriati. E adesso come si mette ? Ora, che siamo firmatari di convenzione e che abbiamo preso impegno a realizzare gli hotspot; che non possiamo più eludere la necessità di prendere le impronte digitali e di fotosegnalare gli immigrati, se – come sta accadendo – l'Europa non contribuisce all'assorbimento di quota parte di queste centinaia di migliaia di immigrati che sono arrivati, significa che rimangono esattamente qui, in forza della nota e mai rimossa Convenzione di Dublino. La situazione è al collasso, e soltanto degli irresponsabili come voi, cari rappresentanti del Governo, si ostinano a non vedere quello che sta capitando. Io mi sono recato per due volte, nel corso di dieci giorni, insieme al collega Walter Rizzetto, in Veneto, nella Bassa Padovana e nel Basso Veneziano, dove in tre comuni, ciascuno di 3 mila abitanti (il comune di Agna, il comune di Bagnoli di Sopra e il comune di Cona) insistono due centri di accoglienza: uno per 1.150 ospiti e uno per 833 ospiti. Cioè, il totale, come si può facilmente calcolare, è di circa 2 mila immigrati su una popolazione complessiva di 9 mila: non c’è alcuna possibilità, in presenza di queste condizioni, di garantire un processo di integrazione sociale, culturale, economica. Voglio ancora ricordare che, finché non c’è la sentenza del ricorso, le persone che sono ricoverate dentro questi lager non possono neanche avere dei contratti di lavoro, ma sono costrette a bivaccare. I centri che abbiamo visto con il collega Walter Rizzetto hanno dei tendoni in PVC sotto i quali dormono centinaia e centinaia di immigrati in letti a castello, senza una stanza, senza diritto alla privacy e all'intimità. Questo sistema è un fallimento, eppure, essendo ospitati in strutture dello Stato, in strutture pubbliche (sono ex caserme) e pagando zero euro di affitto, sui 35 euro di costo riconosciuti a immigrato abbiamo calcolato che il guadagno netto quotidiano, giornaliero, è di 10 euro – 10 euro ! – a persona, che per 2 mila significa che soltanto quei due centri guadagnano, nel corso di un anno, 7 milioni e mezzo di euro, il che significa che il profitto ammonta almeno a 4 milioni di euro al netto delle spese.

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARINA SERENI (ore 18,05)

  FABIO RAMPELLI. Ecco perché non si intravede una possibile alternativa: c’è un interesse delle cooperative rosse; c’è un interesse delle cooperative bianche; c’è un interesse dei poteri forti, c’è un interesse del grande capitale, sia per la manodopera a basso costo sia per lo sfruttamento del caporalato; c’è un interesse della criminalità organizzata internazionale. Queste sono le ragioni per le quali, invece di prendere queste centinaia di milioni, questi miliardi di euro e trasferirli lì, in Africa, per fare vera assistenza per portare infrastrutture, occupazione, sviluppo, benessere, voi li portate qui, perché siete, come dimostrano le carte, ancor più sul CARA di Mineo, complici di questo business. Questo è il nostro atto d'accusa verso di voi !

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Mario Marazziti. Ne ha facoltà.

Pag. 45

  MARIO MARAZZITI. Presidente, colleghi deputati, siamo chiamati a pronunciarci su mozioni che riguardano un luogo emblematico per l'Italia per l'Europa: il più grande centro di accoglienza richiedenti asilo del continente, il CARA di Mineo. Lo facciamo a tre anni di distanza dal naufragio di Lampedusa. Ero lì due giorni dopo, assieme alla Presidente della Camera, ad altri cinque deputati; mancavano 350 o 351 corpi all'appello; potei capirlo parlando con alcuni superstiti eritrei dopo che avevano fatto riunioni tra di loro e capito con quanti pulmini e di quanti posti ciascuno nella notte avevano fatto l'ultimo tratto in Libia, prima di essere imbarcati, battuti, bastonati, di notte, sul barcone. Avevano impiegato due anni a fare quel viaggio dall'Eritrea alla Libia, fino alla Spiaggia dei Conigli a Lampedusa. Un mese verso Khartoum, poi un anno a Khartoum, preda di molti sfruttatori, poi in Libia, poi due giorni finali; 2 mila dollari ciascuno, mille per la prima parte e mille per l'ultima, in mezzo un anno di servitù e di abusi per sopravvivere e fare i soldi per l'ultimo tratto, il deserto e il viaggio a piedi. Ieri sera chi ha visto Fuocoammare in televisione, una bella pagina di servizio pubblico radiotelevisivo, ha sentito lo strano gospel hip hop dei nigeriani che raccontavano come nel deserto per sopravvivere si beve la propria urina e si scappa dalla guerra, da una vita stuprata. Migliaia di storie, milioni di storie tutte simili, che portano al centro di CARA di Mineo e ad altri centri simili; 65 milioni di profughi forzati nel mondo, mesi, anni, per arrivare, un cambiamento epocale che non si cura delle nostre leggi, delle barriere, dei muri. Non possono mai essercene abbastanza, i muri allungano solo i percorsi, aumentano i rischi, aumentano i morti. Sono aumentati i morti nel Mediterraneo anche dal 2013, non sono diminuiti. Lo dico per quelli che dicono «se muoiono è colpa loro, se fossero restati a casa loro, aiutiamoli a casa loro». Quale casa ? Quale Stato, se Daesh e Boko Haram bombardano le case, riducono in schiavitù donne yazide, cristiane, se la sporca guerra siriana e irachena ha distrutto una grande società di convivenza, creato 400 mila morti, migliaia di mutilati, 7 milioni di profughi interni, 4 milioni di profughi esterni ? L'Italia da anni fa un grande e straordinario servizio di salvataggio di vite umane che ha impedito all'Europa di affondare nel Mediterraneo. I numeri dal 2014 parlano di circa 170 mila sbarchi, quelli del 2015 di 153.800 sbarchi, quelli del 2016 sono perfettamente in linea con quelli del 2015. Gli arrivi non sono regolari, ma a flussi, a ondate, ma stabili lungo l'arco dell'anno. Possono esserci 6.000 persone salvate in una sola notte, in un solo giorno, com’è accaduto questa settimana, ma 170 mila profughi in un anno sono comunque meno del numero degli immigrati di cui ha bisogno l'Italia semplicemente per non invecchiare ancora di più, e sono niente se pensiamo al Libano con un milione e mezzo di profughi su 4 milioni di popolazione, come se in Italia fossero 20 milioni. Anche il centro di prima accoglienza di Lampedusa era surreale, al di là delle intenzioni di chi ci lavorava, mille persone con 500 letti e gli altri su materassi di gommapiuma sfoderati sotto gli alberi di pino che quando pioveva diventavano casette di lego di gommapiuma, un labirinto di finte case di carte di gommapiuma e dopo la pioggia quella notte sembrava Haiti dopo il terremoto, il giorno di Pasqua ad Haiti dopo il terremoto, per le coperte termiche d'argento e d'oro come carta stagnola che pendevano affogate nelle pozze d'acqua tra gli aghi di pino. Allora il CARA di Mineo è un luogo simbolo in tutto questo, andrà superato non solo il CARA di Mineo, ma tutto il sistema dei CARA e dei grandi centri di accoglienza dove l'inserimento e l'integrazione sociale sono lontani, fisicamente lontani, un sistema che crea grandi e piccoli limbo che durano anni fino a 30 mesi, sospesi nel nulla, oggi meno magari, grazie all'aumento delle commissioni territoriali per esaminare le domande dei richiedenti asilo.
  Lasciatemi dire che forse, più che discutere della chiusura o meno del CARA di Mineo, sarebbero da calendarizzare i Pag. 46disegni di legge sul diritto d'asilo come il DDL che ho depositato dopo un ampio lavoro di consultazione con le associazioni e il CIR, che prefigura la necessità e la possibilità di avviare il percorso di ricezione ed esame delle domande di asilo e protezione internazionale già dall'altra parte del Mediterraneo, nei luoghi di transito, cioè prima dei viaggi della morte con la possibilità di creare un database europeo, un esame delle storie personali da prima, con la riduzione della carne, dei sacrifici umani offerti ai trafficanti di persone, e poi viaggi normali in aereo o per traghetto a poche centinaia di euro, sicuri.
  Finora vi sono solo i corridoi umanitari che l'immaginazione istituzionale e la collaborazione del Governo italiano con la Comunità di Sant'Egidio, la Federazione delle Chiese evangeliche italiane e la Tavola Valdese, hanno reso possibile. Ma torniamo al CARA di Mineo, e mi avvio a concludere. All'indomani della tragedia di Lampedusa abbiamo presentato diversi disegni di legge per istituire una Commissione d'inchiesta su tutto il sistema di accoglienza migranti, SEL, PD, un disegno di legge che portava anche il mio nome e quello del mio gruppo, di noi demosolidali. La prima missione della Commissione che è stata istituita, e che ho potuto servire in qualità di vicepresidente, assieme all'onorevole Patriarca e all'onorevole Migliore come presidente, era preparata, annunciata e prevista, eppure in quattro ore abbiamo potuto a Mineo riscontrare un doppio registro, quello che si vede e la realtà, tra quello che tutte le delegazioni internazionali vedevano e la vita reale nelle stanze nel campo, imbarazzante, come le due stanzette con la scuola semideserte con 4.000 e più profughi dietro l'angolo e quasi nessuno capace di parlare una parola di italiano, come il territorio del campo controllato etnicamente, un commercio visibile e inverosimile controllato da chissà chi e le cimici che camminavano nelle stanze, l'infermeria con davvero poco, che ha un costo del servizio di oltre 2 milioni l'anno, mentre sarebbe stato possibile utilizzare la medicina di base solo che i soggetti coinvolti avessero voluto, tre medici massimalisti per esempio.
  Nelle audizioni con i titolari, i sindaci dei comuni, analizzando le carte, negli incontri con i procuratori che avevano inchieste in corso, al termine di ventiquattro ore, la Commissione era in grado di sollevare i problemi che la relazione dell'ANAC anche avrebbe confermato. All'indomani della nostra visita di sindacato ispettivo il centro è stato commissariato e successivamente è stato sciolto il consorzio Calatino. Dalla fine del 2015 è il Ministero dell'interno ad aver assunto un controllo diretto. Alcuni dei soggetti sono entrati nell'inchiesta «mafia capitale». Rivendico anche personalmente con i miei colleghi della Commissione, nei fatti, come istituzioni, come Parlamento, il cambio di rotta e la svolta di legalità.
  Il CARA di Mineo è il risultato di molte politiche sbagliate e dell'emergenza, nato con il Governo Berlusconi e il Ministro dell'interno Maroni, quando il Ministero dell'Interno tratteneva nell'isola e nel Sud Italia la stragrande maggioranza dei profughi arrivati nel nostro Paese, gonfiando i centri, creando le premesse per contratti e rinnovi in deroga, situazioni non dignitose o invivibili. Concludo dicendo che i profughi devono essere accolti, inseriti e integrati. Se inseriti e integrati, sono un valore per l'Italia e non un peso. Vanno distribuiti sul territorio, andranno distribuiti anche in Europa. Penso che dobbiamo lavorare a questo, ma tutti i comuni, in un sistema di accoglienza diffusa, non possono dire «ma non metteteli nel mio comune». Vale anche per le opposizioni, vale anche per i comuni gestiti dalle opposizioni. Allora, io chiedo che il CARA di Mineo torni a livelli fisiologici fino ad andare a chiudere in futuro; 3360 persone oggi sono inaccettabili. Penso che il voto del gruppo Democrazia Solidale-Centro Democratico a favore della mozione che ha ottenuto l'approvazione del Governo, con riformulazione, e contrario sulle altre mozioni, sia dovuto al fatto che occorre non solo chiudere il CARA di Mineo, ma Pag. 47indicare come si vuole il dopo, accoglienza diffusa, responsabilità di tutti. Non so se le opposizioni sono pronte a questo.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Monchiero. Ne ha facoltà.

  GIOVANNI MONCHIERO. Grazie Presidente. Colleghi, rappresentanti del Governo, le mozioni che stiamo per votare tornano su un delicato tema, più volte toccato in quest'Aula, quello dell'accoglienza ai migranti.
  L'accoglienza ai migranti è un problema che ha molti aspetti, proverei a sintetizzarlo in tre fasi: la prima fase è quella del soccorso.
  Per il nostro Paese, che è una specie di ponte verso il Mediterraneo, la fase del soccorso ha rappresentato in questi ultimi anni e rappresenta tuttora un problema di intervento costante, un problema nel quale l'Italia ha spesso agito con successo ed ha acquisito grandi benemerenze umanitarie agli occhi del mondo intero, merito questo che ci viene riconosciuto.
  La seconda fase, però, è quella di dare una prima accoglienza a questi profughi, valutare le domande d'asilo, valutare e anche distinguere fra chi ha diritto di entrare nel nostro Paese e chi no e in questa seconda fase, naturalmente, le cose sono subito meno brillanti che non nella prima.
  E poi c’è la terza fase, quella dell'integrazione reale, che non tocca soltanto noi, tocca l'intera Europa e questa terza fase purtroppo sta segnando tali e tanti contrasti da essere uno degli elementi sui quali più si vivono oggi i contrasti all'interno dell'Unione europea, fino al punto di mettere in discussione il processo di integrazione, fino al punto di far pensare che, dopo 60 anni di sforzi, l'Unione europea sia arrivata al punto di tornare indietro, al punto di dividersi, al punto di rinnegare un ideale che gli spiriti migliori, nel dopoguerra, avevano cercato di diffondere nella coscienza comune.
  Ora, per non mettere troppa carne al fuoco e restare al tema in discussione oggi, ebbene, oggi noi parliamo del centro di accoglienza di Mineo, un centro di accoglienza grande, grande fin dal momento in cui è stato pensato, perché sfruttava il residence degli aranci, che era un ex villaggio per i marines americani di stanza a Sigonella, quindi una struttura di dimensioni notevoli, che ospita a tutt'oggi il più grande centro per richiedenti asilo d'Europa.
  Il centro è diventato oggetto di interesse della cronaca perché, ahimè, in quell'ampio spazio, si è condotta un'esistenza spesso inconcepibile e inaccettabile per migliaia di donne e bambini – attualmente più di 3.000, ma in cui in passato la cifra è stata anche maggiore – che attendono pazientemente, per mesi, l'esito delle loro domande, confinati ai margini della società, privi di tutele reali, privi spesso anche di un minimo vitale indispensabile.
  Iniziano subito, fin dal loro primo impatto con il nostro Paese, iniziano nella condizione di uomini di serie B.
  Il centro poi, al di là della sua inefficienza, è stato commissariato ed è finito nella bufera dell'inchiesta collegata più o meno direttamente a «mafia capitale» e comunque brilla per una gestione certamente antieconomica e inefficiente, accompagnata da interessi inconfessabili, l'ennesima sconfitta della pubblica amministrazione nel nostro Paese.
  È inconcepibile che qualsiasi tipo di opera si debba iniziare, inevitabilmente, in queste attività, che dovrebbero essere doverose per il nostro Stato, si inseriscano interessi illeciti, si inseriscano comportamenti criminali.
  In un contesto come questo, la mozione che abbiamo sottoscritto, assieme ad altri colleghi di maggioranza, in particolare del PD – primo firmatario è la collega Carnevali – cerca di dare al caso di specie una soluzione ragionevole e di buonsenso, innanzitutto adeguando il caso di Mineo alla nuova strategia che il Governo ha annunciato, che consiste nel ridurre progressivamente le presenze all'interno dei centri di accoglienza, moltiplicandone il numero e riducendone le dimensioni.Pag. 48
  Piccolo è quasi sempre meritorio, è quasi sempre un'occasione più favorevole, nel piccolo è più facile dare forza al volontariato, è più facile tener fuori interessi criminali, nel piccolo è più facile incontrare la singola persona ed esserle davvero vicini, nel piccolo è ragionevole proporsi di garantire una riqualificazione dei servizi offerti, migliorandoli e rendendoli degni di essere chiamati tali.
  Per questa ragione, la mozione chiede al Governo di non trasformare il CARA di Mineo in un hotspot, per la semplice ragione che Mineo è lontanissima dai punti di arrivo dei migranti: Mineo è una località di alta collina, distante 70 chilometri dal mare e quindi è davvero un luogo dove sarebbe assurdo concentrare a lungo un numero rilevante di persone, per i processi di prima identificazione.
  Piuttosto, si potrebbe trasformare Mineo in un centro di accoglienza un po’ più stabile e un po’ più lungo, per categorie vulnerabili quali donne in difficoltà, minori non accompagnati, famiglie divise e in ogni caso, naturalmente, che l'esperienza del passato almeno ci conforti nel dare maggiore dignità organizzativa a questo tipo di iniziative. Queste iniziative devono essere gestite nella correttezza, bisogna tenere lontano i delinquenti e devono essere gestite con umanità.
  Ecco, con questo auspicio noi annunciamo il nostro voto favorevole alla mozione della collega Carnevali e a quelle sulle quali il Governo riterrà di esprimere parere favorevole.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Rondini. Ne ha facoltà.

  MARCO RONDINI. Grazie Presidente, l'occasione della discussione delle mozioni ci consente di delineare brevemente i contorni del contesto nel quale si è sviluppato e ha potuto prosperare un fenomeno come quello del CARA di Mineo: si saldano, a nostro avviso, interessi di natura politico-ideologica a interessi economici, spesso illegali, di chi gestisce l'accoglienza.
  Vi è un che di ideologico nel sistema d'accoglienza e in generale nelle vostre politiche sul fenomeno migratorio e non solo. Questo Governo è diventato lo strumento attraverso il quale si cerca di accelerare quel processo di decomposizione dei nessi che tenevano insieme le nostre comunità, cercando di vincere ogni resistenza attraverso un quotidiano lavaggio del cervello dell'opinione pubblica, che si vuole disarmare e indurre ad una resa di fronte a un destino annunciato come ineluttabile futuro radioso.
  Allo scopo vi concorrono una serie di motivazioni che sono ritornate anche negli interventi dei colleghi oggi: il calo demografico, che verrebbe colmato dagli immigrati, il dovere di accogliere tutti i diseredati del mondo, migranti economici o climatici compresi, quella sorta di masochismo politicamente corretto imposto all'opinione pubblica in virtù di una legge del contrappasso, per scontare i peccati del colonialismo, della tratta degli schiavi, della spoliazione delle materie prime dei territori dai quali provengono i cosiddetti migranti, della rapina che il sistema capitalista perpetuerebbe ai danni dell'economia del sud del mondo.
  Bisogna accelerare quel processo, secondo voi, che porterà finalmente alla manifestazione anche sulla penisola italica dell'annunciata società meticcia della Kyenge, cantata, decantata e tanto cara alla Presidentessa della Camera, che non perde occasione di ricordarci il dovere dell'accoglienza e quanto ci arricchiscano le culture degli immigrati, delle cui gesta e delle cui risorse sono piene le pagine della cronaca nera dei quotidiani e diverse migliaia di risorse sono andate ad ingrossare la popolazione carceraria, composta per il 35 per cento da stranieri.
  Ma la furia ideologica vi rende ciechi e vi induce – questo Governo e il mondo politicamente corretto che lo anima – a perseverare.
  Questo il movente politico-ideologico che causerà danni inimmaginabili di ordine pubblico, minando la coesione sociale e la convivenza civile, perché queste ricette, applicate altrove, sono fallite.Pag. 49
  Non smetteremo mai di dire che l'innesto forzato di centinaia di migliaia di persone, portatori di culture e religioni irriducibili ad un processo di assimilazione e/o integrazione, creerà – e già lo crea – forti tensioni sociali, destinate a crescere per intensità e violenza, incubatori di situazioni come quelle viste e che vediamo andare in scena in Francia, in Olanda, in Germania e in tutta quell'Europa che ci avrebbe anticipato sulla strada di quel futuro radioso al quale vorreste consegnare anche la società delle comunità italiane.
  E dietro la facciata politicamente corretta, che già di per sé porta e porterà la responsabilità morale dell'instabilità in termini di sicurezza, si nasconde quel fenomeno di illegalità di cui il caso del CARA di Mineo rappresenta un esempio, di quel malaffare cresciuto all'ombra del politicamente corretto, un sistema che si è rivelato criminogeno, attestato dalle diverse inchieste della magistratura che hanno dimostrato e continuano a dimostrare l'allegra gestione dei fondi pubblici. Così il politicamente corretto è diventato la foglia di fico dietro la quale si nasconde la vergogna del business dell'accoglienza.
  Abbiamo sottolineato, nella nostra mozione, che da tempo il CARA di Mineo è al centro di numerose inchieste giudiziarie e sullo stesso indagano, tuttora, ben tre procure, quella di Roma, di Catania e da ultima quella di Caltagirone, per abuso d'ufficio, turbativa d'asta e turbata libertà del procedimento di scelta del contraente nella gara d'appalto per la gestione triennale dei servizi del centro stesso. Tale gara fu ritenuta illegittima dall'Autorità nazionale anticorruzione e, a seguito delle indagini del procedimento «Mafia Capitale», fu avviata anche un'indagine allo scopo di accertare presunti illeciti. Inoltre, abbiamo sottolineato come le indagini sulla contabilità relativa alle presenze giornaliere dei migranti ospiti nel CARA di Mineo hanno evidenziato che sono stati rendicontati e corrisposti, negli anni 2012, 2013, 2014 e 2015, importi superiori a quelli dovuti per un ammontare di circa un milione di euro. Va sottolineato, poi, che il modo attraverso il quale viene registrata la presenza giornaliera dei migranti all'interno del centro di Mineo è simile agli stravaganti modi attraverso i quali vengono registrate le presenze in tutto il variegato mondo dell'accoglienza che avete creato e allestito su tutta la penisola italica. In più, noi abbiamo sottolineato, sempre nella nostra mozione, che per far fronte ai continui arrivi di immigrati, che voi avete agevolato, e alla mancata attivazione degli strumenti di respingimento e di espulsione previsti dal nostro ordinamento e da quello comunitario, nell'ambito della cosiddetta seconda accoglienza, i centri previsti dalla legge come temporanei, di fatto, sono diventati quelli più numerosi ed utilizzati. Lo Stato corrisponde agli enti gestori delle strutture di accoglienza – lo hanno ricordato anche i colleghi – in media 35 euro al giorno per ogni richiedente ospitato e, spesso, si registrano situazioni senza controllo e monopoli da parte di associazioni e cooperative che gestiscono il fenomeno, anche in diverse province e regioni, in numerosi centri di accoglienza, e, in alcuni casi, senza partecipare ad alcun bando, ma per assegnazione diretta da parte delle prefetture. Il sistema di accoglienza, così come lo avete impiantato, risulta privo di un idoneo sistema di controlli, sia sugli enti gestori che sulle strutture impiegate, come dimostrano le numerose inchieste giudiziarie, riportate anche dalla stampa, che hanno coinvolto non solo il centro di Mineo, ma anche tanti altri centri in Italia.
  Dunque, il sistema così come delineato e gestito non è in grado, non è assolutamente in grado di assicurare un controllo e una corretta gestione dell'accoglienza, delle risorse pubbliche ivi impiegate e dei flussi migratori, bensì risulta un sistema – lo ripeto – criminogeno, che si palesa indipendentemente dal numero degli ospiti e dalla tipologia dal centro. Infine, nella nostra mozione davamo alcuni numeri che attestano il fallimento delle politiche in materia di immigrazione. Secondo i dati forniti dalla Commissione parlamentare d'inchiesta sul sistema d'accoglienza, dal 2013 ad oggi, è arrivato, nel nostro Paese, clandestinamente, solo via mare, più di Pag. 50mezzo milione di immigrati; sempre secondo gli stessi dati, al 28 settembre del 2016, solo nel 2016, a fronte di 131 mila arrivi, le domande di protezione internazionale presentate sono state solo 81 mila, mentre nel sistema di accoglienza risultano ad oggi presenti 160 mila richiedenti asilo a fronte, fra l'altro, di soli 208 immigrati clandestini presenti nei centri di identificazione ed espulsione. Attualmente, le presenze nel centro di accoglienza di Mineo – lo hanno ricordato – sicuramente arrivano oltre le 2000 unità e secondo gli ultimi dati, a livello nazionale, nel 2016, il tasso di riconoscimento dello status di rifugiato è stato solo del 5 per cento, mentre quello di protezione sussidiaria è del 14 per cento.
  Naturalmente, disattendete tutte le direttive in materia di gestione del fenomeno migratorio, soprattutto quelle che arrivano dall'Unione europea, e per questo noi chiediamo una serie di impegni che non ci aspettavamo, naturalmente, venissero accolti da questo Governo. Chiediamo di abolire l'attuale sistema di accoglienza, partendo proprio dal centro di Mineo, balzato alle cronache – come dicevo – per gli scandali e le vicende giudiziarie e ad attivare le opportune iniziative, anche a livello internazionale, affinché vengano istituiti, nei Paesi di partenza, appositi centri di accoglienza per l'identificazione, la presentazione e l'esame delle domande di protezione internazionale; a dichiarare lo stato di emergenza alla luce del sovraffollamento in tutti i centri e non soltanto in quello di Mineo, al fine di inquadrare correttamente il fenomeno immigrazione che non deve essere gestito come evento ordinario, ma come evento emergenziale destinato ad azzerarsi, anche rafforzando le azioni di respingimento previste dal nostro ordinamento e da quello comunitario; ed infine, a disporre il trattenimento dei richiedenti asilo all'interno del centro di Mineo nelle more della sua chiusura definitiva, per le evidenti ragioni di sicurezza e ordine pubblico che abbiamo richiamato anche nella premessa della nostra mozione.

  PRESIDENTE. Concluda.

  MARCO RONDINI. Ebbene, si tratta di pochi impegni, chiari, dettati dal buonsenso che, naturalmente, non sono stati accolti da questo Governo, perché – vedete – noi riteniamo che la chiusura del centro di Mineo non debba voler dire spalancare le porte, ancora una volta, a quella accoglienza diffusa che, di fatto, cerca di agevolare l'invasione di popolamento del nostro territorio (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Binetti. Ne ha facoltà.

  PAOLA BINETTI. Ascoltando il dibattito, pare evidente come ci siano due posizioni che si confrontano in modo assolutamente radicale: da una parte la posizione dell'accoglienza come risposta umanitaria che pone domande serie e rigorose di qualità dell'accoglienza, dall'altra, invece, una posizione che si mette dalla parte delle difficoltà e dell'impossibilità dell'accoglienza e che quindi pone domande sulla qualità del respingimento. Sono due approcci totalmente diversi che mi sembrano ben difficilmente riconducibili a un punto di equilibrio che tenga conto di quella che è la condizione delle persone che arrivano in Italia. Si è cercato di distinguere, ovviamente, tra immigrati, da un lato, che fuggono da persecuzioni, e migranti che arrivano, invece, perché fuggono dalle condizioni della povertà. Ora, è evidente che sono due situazioni diverse, ma questo, nella percezione della persona che le vive, sia che sia la povertà che l'aggredisce, sia che sia, invece, l'altro, il persecutore, in un caso e nell'altro, non rende più facilmente vivibile la sua esistenza per sé, per la propria famiglia, per chi la circonda. Mi sembra che sia piuttosto facile, stando in una posizione tutto sommato di benessere, come quella in cui noi viviamo, come quella in cui vive anche la media degli italiani, sanzionare questo desiderio di arrivare in Italia per migliorare Pag. 51le condizioni per sé e per la famiglia, suggerendo semplicemente, piuttosto, che restino là, che si accudiscano, magari, tra di loro e che se la vedano tra di loro, con quella che è la crudeltà degli scafisti, con quello che è un vero e proprio commercio di uomini, una tratta che ci fa pensare, in chiave moderna, a quelle che devono essere state, a suo tempo, le tratte degli schiavi.
  Ebbene, io credo che noi per capire, oggi, la situazione di Mineo non possiamo giudicarla dai parametri che si sono andati, in qualche modo, chiarendo e stratificando in questi anni; dobbiamo riportarci a non molto tempo fa, ai tempi in cui molti di noi hanno osannato le cosiddette primavere arabe per ricordare come quelle primavere arabe si siano convertite in inverni drammaticamente oscuri, drammaticamente freddi, drammaticamente crudeli, perché è allora che è esplosa l'immigrazione dal Nord Africa verso l'Italia. In quel momento Mineo sembrava il luogo concreto dove si potessero raccogliere i grandi numeri, davanti all'angoscia di gestire una folla di persone che arrivavano e che arrivano in condizioni di prostrazione fisica, di prostrazione morale, senza conoscere la lingua, senza risorse, senza nulla e che sperano, invece, di trovare qui quell'umanità che non hanno trovato in quei Paesi da cui fuggono. Mineo sembrò allora una soluzione, perché i primi centri di accoglienza e di grandi dimensioni, come quello oggi operativo nella cittadina di Mineo in Sicilia, sono stati creati per gestire gli eccezionali flussi migratori degli anni 2011-2012, che hanno determinato gravi problemi per il nostro Paese.
  Come ha ricordato ieri il sottosegretario Manzione, che mi sembra che in questo momento non ci sia, vengono disposti in sequenza: primo, la requisizione in uso di un grande residence sito nel comune di Mineo; poi, la sua destinazione alle necessità di accoglienza dei richiedenti asilo; quindi, l'affidamento della gestione del centro al presidente della provincia regionale di Catania quale soggetto attuatore. Tutto questo nell'ambito della cornice derogatoria offerta dallo stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri, da varie ordinanze emergenziali del Presidente del Consiglio dei ministri e sotto l'egida del Commissario delegato all'emergenza.
  È facile, quando si è lontani dall'emergenza, spiegare agli altri quello che dovrebbero fare e come dovrebbero farlo. La drammaticità è quando ci si sta dentro fino al collo e ci si trova davanti quest'umanità dolente, che non si sa come accogliere e che non si sa come prendere, a volte. Li abbiamo visti e da questo punto di vista devo dire che le immagini televisive rappresentano dei documenti visivi di una forza e di una pregnanza incredibile. Non mi riferisco soltanto agli episodi che ci si sono stampati negli occhi e che non vogliamo dimenticare: quello del bambino morto sulla spiaggia, quello del bambino preso in braccio dal vigile del fuoco appena arrivato, cioè ce li abbiamo negli occhi questi sguardi, quello delle popolazioni che camminavano lungo le vie ferroviarie per essere certi di non perdere la strada; famiglie in cui vedevamo soggetti, anche handicappati, spinti dai nipoti più piccoli verso un viaggio, veramente questo sì, della speranza.
  Noi non possiamo pontificare a freddo, non possiamo essere così calcolatori da immaginare di poter gestire l'emergenza ignorando la drammaticità del presente. Questo a Mineo non è stato fatto, fortunatamente. Fortunatamente è stata predisposta una prima accoglienza ed è chiaro che nella prima accoglienza, quando si mettono in gioco, diciamo, tra virgolette, proprio le risorse del cuore che vengono ben prima delle risorse del calcolo, è possibile che ci siano infiltrazioni; sicuramente è possibile che ci siano infiltrazioni di stampo mafioso, sicuramente è possibile che ci siano persone che sono decise a speculare sulla presenza degli immigrati, ma questo non può farci dimenticare che rappresenta quella quota direi fisiologica del male, a cui noi siamo abituati e con cui siamo abituati a dover fare i conti, e che non potrà mai essere sradicata totalmente.Pag. 52
  Noi non possiamo dimenticare – e lo abbiamo visto proprio anche nella giornata di ieri, ed è singolare la convergenza di queste due giornate: oggi la giornata del dono, ieri la giornata delle vittime delle migrazioni morte nel Mar Mediterraneo e morte molto spesso proprio mentre speravano di arrivare in Italia – che, oggi come oggi – a quelle popolazioni noi dobbiamo una risposta. Gliela dobbiamo, una risposta, come italiani, ma gliela dobbiamo ancora di più come cittadini europei: l'impoverimento a cui sono state sottoposte quelle popolazioni, lo sfruttamento che per decenni, per secoli, se vogliamo, c’è stato in quei posti, impone all'Europa di dare una risposta diversa.
  Ecco, se c’è stato allora uno sfruttamento di sistema, uno sfruttamento di Paese, se il colonialismo lascia ancora tracce drammatiche di quello che è stato il depauperamento radicale di certe popolazioni, se allora è stato possibile rubare in modo, come dire, istituzionalizzato, non ci possiamo stupire che oggi ci sia una quota parte di malavita che se ne approfitta. Ma non è questo quello che ci può impedire di aprire gli occhi e di andare incontro a chi ha bisogno, non è la paura del male che ci può impedire di fare del bene, non è la paura di sbagliare che ci può impedire di intervenire, di mettere la faccia, di comprometterci personalmente e di aprire le porte, così come ognuno di noi può fare, nei mille modi in cui può fare, per non sottrarsi a quella che è stata definita la vera tragedia della cultura del nostro secolo, che è la cultura dell'indifferenza.
  Per questo abbiamo apprezzato ieri la Giornata del dono, non perché chissà quali cose straordinarie abbiamo fatto, ma perché abbiamo avuto uno spunto assoluto per dire: attenzione, oggi dobbiamo portare all'osservazione nostra anche quella che è una delle dimensioni umane più naturali, la gratuità del dono. Tutti ricordiamo la famosa affermazione di Alessandro Manzoni, quando diceva che, se si pensasse più a far bene che a star bene, si finirebbe con lo star meglio. Bene, la logica del dono ci ricorda che, se pensassimo e ci concentrassimo tutti di più a far bene che a star bene, probabilmente tutti quanti staremmo meglio.
  Attenzione: questo non vuol dire che sia tollerabile che nel CARA di Mineo ci siano possibili infiltrazioni, che ci sia sfruttamento, che ci sia speculazione, che si speculi su quello che mangiano, che si speculi su quello che offriamo loro come opportunità concreta di formazione, di apprendimento della lingua, di apprendimento di un mestiere, di rivisitazione di capacità e di talenti che molti di loro si trascinano dietro. La nostra responsabilità è una responsabilità a tutto tondo, è una responsabilità che non si esaurisce nell'accoglienza fisica, nel luogo e nello spazio, proprio perché non vogliamo trasformare quei luoghi e quegli spazi in «non luoghi» e in «non spazi» dove regna l'anonimato, perché l'anonimato è l'anticamera, poi, dopo, di quella fuga che porta le persone a cercare di prendersi, tra virgolette, rubandolo, quello che potrebbero considerare, ad ogni un buon diritto, un diritto, uno tra i diritti umani elementari.

  PRESIDENTE. Concluda.

  PAOLA BINETTI. Ecco, noi per questo motivo voteremo «sì» alla mozione della maggioranza, della collega Carnevali, che abbiamo sottoscritto convintamente. Voteremo «sì» perché riteniamo che questo Governo, nella figura del Ministro dell'interno e nella figura anche del nostro Presidente del Consiglio, molto abbia fatto, e forse sono tra le cose migliori che questo Governo ha fatto e fra le cose più positive e più costruttive con cui si è confrontato, stando all'opposizione, rispetto a politiche di stampo europeo. Non siamo il Paese dei muri, siamo piuttosto il Paese dei ponti.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole.

  PAOLA BINETTI. Dico solo una cosa: è in questa logica che noi, quando pensiamo al ponte sullo Stretto, pensiamo a un luogo che si possa percorrere facilmente per muoversi in Italia e in Europa (Applausi dei deputati del gruppo Area Popolare (NCD-UDC)).

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  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Palazzotto. Ne ha facoltà.

  ERASMO PALAZZOTTO. Signora Presidente, vorrei richiamare l'attenzione sua e dei colleghi deputati rispetto a una questione, che può sembrare una questione singola dentro il sistema d'accoglienza, una mozione che riguarda un caso specifico qualunque di corruzione. In realtà il CARA di Mineo è un caso emblematico, che rappresenta, purtroppo, il fallimento delle politiche migratorie del nostro Paese. Io vorrei provare a ricostruire un attimo l’excursus storico che ha portato, dalla sua nascita ad oggi, quello che può veramente definirsi un disastro dal punto di vista amministrativo sulla politica di accoglienza.
  La storia del CARA di Mineo nasce nel 2011, l'allora Ministro dell'interno, che venne a inaugurarlo in Sicilia, era l'onorevole Roberto Maroni. Il CARA di Mineo viene aperto in funzione all'emergenza Nord Africa. Si parlava, ai tempi, di un milione di persone in partenza dalla Libia. Ne arrivarono complessivamente, durante tutto il periodo dell'emergenza Nord Africa, a malapena 30 mila. Ma fu creata un'emergenza: ora, 30 mila persone nell'arco di un anno sono, rispetto ai numeri attuali, veramente poca roba, ma fu creata un'emergenza. Molti di voi ricorderanno le immagini drammatiche di Lampedusa con più di 6 mila persone costrette lì, per un'intera settimana, in condizioni veramente disastrose. E tutti noi ci chiedevamo perché ci fosse quell'emergenza a Lampedusa, tutto il mondo vide la vergogna di Lampedusa e nessuno di noi sapeva spiegare perché un Governo come quello italiano non era in grado di gestire 5-6 mila persone che erano sbarcate sull'isola di Lampedusa. Ecco, il CARA di Mineo è una risposta a quel perché: quelle 5-6 mila persone servivano a creare nell'opinione pubblica uno stato di emergenzialità che giustificasse la più grande speculazione che è stata fatta sulla pelle dei migranti, il CARA di Mineo (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana – Sinistra Ecologia Libertà) ! E a fare quella speculazione fu un Governo il cui Ministro dell'interno era un Ministro della Lega Nord: lo dico perché è bene che non si facciano tutte le parti in commedia dentro questo Parlamento, non si può fare la speculazione politica, economica quando si è al Governo, e la speculazione invece politica sulla pelle dei migranti quando si è forza di opposizione !
  Se qualcuno ha dubbi su questo, vada a guardare i video, recuperabili su YouTube, della conferenza stampa dell'allora Ministro Maroni a Catania, quando spiegava che le persone nel CARA di Mineo erano richiedenti asilo e non erano clandestini, erano potenziali rifugiati e soggetti vulnerabili. Oggi invece abbiamo la propaganda di Matteo Salvini, per cui sono tutti clandestini e nessuno fugge dalle guerre !
  La storia del CARA di Mineo è una storia che già dalla sua nascita rappresenta un'anomalia: si sceglie una struttura da poco abbandonata dagli americani, di un imprenditore italiano, il signor Pizzarotti, che non sapeva più cosa farsene, al posto di individuare altre strutture presenti anche nel territorio siciliano, già utilizzate in passato, come la base militare di Comiso per l'emergenza Jugoslavia, e che sarebbero costate meno; anche qui il sintomo della speculazione che stava arrivando ! Ma questo non basta: non starò qui a fare tutto l’excursus storico, la Commissione d'inchiesta credo che abbia ormai quasi una stanza piena di faldoni e di carte su che cosa è successo in quella vicenda. Succede però che, terminata l'emergenza Nord Africa, che in virtù dell'emergenza affidava la gestione del più grande centro d'accoglienza d'Europa al presidente della provincia di Catania, l'onorevole Castiglione, oggi sottosegretario del Governo Renzi; finita quell'emergenza, e l'anomalia gestionale: era l'unico centro in Italia che non era gestito direttamente dal Ministero dell'interno, ma era gestito dalla provincia di Catania, anche ad allontanarne dai centri di controllo la gestione. Finita quell'emergenza, quel centro non viene riportato alla gestione ordinaria, Pag. 54come gli altri CARA in Italia, resta un'anomalia: bisogna trovare il modo di continuare a gestire in proprio quel grande centro, un affare da 50 milioni di euro l'anno ! E quindi l'onorevole Castiglione, oggi sottosegretario, inventa un'innovazione straordinaria: decide che, invece di dire «finito il mio compito, io restituisco questa incombenza al Ministero dell'interno», si costituisce – visto che le province vengono sciolte dal Governo Letta, vengono cancellate, e quindi lui non è più presidente della provincia, non c’è un suo sostituto, bisogna individuare un soggetto attuatore – un consorzio di comuni; quegli stessi comuni che all'inizio non lo volevano, il CARA, fiutata la possibilità di gestire più di 450 posti di lavoro (assunzioni effettuate tutte in maniera clientelare, che sono uno degli elementi principali della gestione di quel centro), decidono che si possa in qualche modo fare un consorzio di comuni e affidare ad esso la gestione. Ed è lì che si costruisce la grande speculazione, perché – questo succede con Mafia Capitale – avviene semplicemente che il consorzio dei comuni nomina una commissione che deve bandire la gara, ed in quella commissione viene nominato Luca Odevaine, che è contestualmente consulente della Cascina Global Service e del consorzio di cooperative che poi vincerà la gara, e membro della commissione che deve decidere sull'aggiudicazione della gara !
  Il famoso Luca Odevaine, che stava dentro il tavolo di coordinamento nazionale del Ministero dell'interno sull'emergenza immigrazione. Indovinate per chi stava dentro quel tavolo ? Stava per l'UPI, l'Unione delle province italiane, ed era stato indicato dall'onorevole Castiglione, ai tempi presidente della provincia di Catania e presidente dell'UPI !
  Non sto qui a dilungarmi, perché chi ha passione può prendersi le carte di ben quattro inchieste aperte da tre tribunali, che ad oggi gravano sulla vicenda del CARA di Mineo.
  La più grande ed importante, che è quella che l'ha fatto balzare agli onori della cronaca, è Mafia Capitale; ce n’è una per turbativa d'asta presso la procura di Catania; la procura di Caltagirone ha aperto un'indagine per voto di scambio legato al CARA di Mineo per le elezioni di Mineo, dove il partito del Ministro dell'interno e dell'onorevole Castiglione balza a quote record del 40 per cento di consensi alle ultime elezioni europee; l'ultima inchiesta in ordine cronologico, della procura di Caltagirone, riguarda la falsificazione del registro delle presenze, che, come chi di voi ha tempo per andare a vedere, è l'elemento che costruisce il grosso della speculazione, perché è chiaro che se io dichiaro che ci sono 4 mila persone, considerando che la quota parte di 35 euro al giorno viene erogata pro capite e pro die, cioè in funzione delle presenze, è chiaro che quei soldi entrano senza che io abbia alcuna spesa.
  Ma non ci dilunghiamo sulla parte che riguarda le inchieste giudiziarie. Ci sono dei temi politici che riguardano il CARA di Mineo, perché le responsabilità penali su questa vicenda, anche della politica, le accerterà la magistratura: noi non siamo in un'aula di tribunale, e non dobbiamo discutere delle inchieste giudiziarie.

  PRESIDENTE. Concluda.

  ERASMO PALAZZOTTO. Dobbiamo discutere – ed in un minuto provo a dirlo – della grande questione morale che riguarda il CARA di Mineo, di un centro, un ghetto di 4 mila persone, un non luogo, dove viene calpestata ogni giorno la dignità della persona, che è esistito ormai da cinque anni in questo Paese in assenza totale di controlli da parte del Ministero dell'interno, da parte della prefettura, e che oggi viene perpetrato ! Per questo io credo che ci sia una grande ipocrisia nella mozione della maggioranza – lo dico anche ai colleghi che con me fanno parte della Commissione d'inchiesta –, perché non si può dire quello che è scritto anche in quella mozione, e non arrivare alle conclusioni che quel centro va chiuso, e va chiuso senza ipocrisia prima che sia bandita la nuova gara per la sua gestione, prima che si continui a gestire un centro Pag. 55di quelle dimensioni e di quella natura nel modo scellerato con cui è stato gestito. Ognuno di voi potrà andare a vedere e a controllare i rapporti delle organizzazioni umanitarie, di Medici senza frontiere, che hanno descritto il traffico di stupefacenti, la prostituzione interna al centro, il caporalato, la schiavitù a cui sono costretti i profughi, che vivono per mesi e per anni dentro quel centro. Quel posto è un luogo criminale ed è un luogo criminogeno, e così è stato fin dalla sua nascita, perché l'unica ragione con cui si giustifica l'esistenza di un luogo come il CARA di Mineo è la grande speculazione economica che si è fatta sopra !
  Oggi c'era la possibilità di dare un segnale, di riconquistare indipendenza da parte di questo Parlamento, che è sotto scacco di un Ministro dell'interno che quel centro non lo vuole chiudere, perché è funzionale anche agli interessi politici del suo partito (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana – Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Prestigiacomo. Ne ha facoltà.

  STEFANIA PRESTIGIACOMO. Presidente, le drammatiche condizioni in cui versa il CARA di Mineo sono purtroppo tristemente note a tutti: sono note le gravissime criticità di natura umanitaria, organizzativa della struttura, anche in relazione agli sviluppi dell'inchiesta giudiziaria cosiddetta Mafia Capitale, che rendono il caso di Mineo una delle manifestazioni più drammatiche della gestione dell'emergenza migratoria. Il caso di Mineo, infatti, è solo la punta dell'iceberg di una grave crisi sistemica del nostro Paese in materia di gestione dei flussi di accoglienza dei migranti richiedenti asilo; ma Mineo è anche l'emblema del fallimento delle politiche messe in campo dal Governo Renzi in questo ambito, che hanno portato ad una gestione inefficiente, dispendiosa ed a tratti disumana del fenomeno dei flussi migratori e di accoglienza. Il centro, che viene definito da tanti un vero e proprio lager, è qualcosa di insopportabile per chi è costretto a soggiornarvi, e per un territorio come la Sicilia, che ha già dato tanto e che ha pagato il prezzo più alto per le politiche migratorie del Governo e dell'Europa intera.
  Da diverso tempo, ormai, il gruppo di Forza Italia denuncia le condizioni di degrado e le situazioni oggettivamente criminogene, nonché lesive della dignità umana, che caratterizzano la struttura: è evidente come un assembramento di migranti così importante, con punte di circa 4 mila presenze nei periodi estivi, abbia dato luogo a rischi continui legati ad esigenze di ordine pubblico, ma anche igienico-sanitarie. Le stesse forze di polizia sono state costrette a riconoscere di non riuscire a garantire le necessarie misure di sicurezza, in un luogo che registra grandi difficoltà di accesso ai servizi di supporto psicologico e legale per gli stessi migranti e soprattutto fenomeni di degrado, prostituzione, illegalità e violenza difficilmente gestibili. Già lo scorso anno, nel mese di settembre, dopo la strage dei coniugi di Palagonia, Forza Italia aveva avuto modo di portare all'attenzione dell'Aula il tema della gestione e soprattutto del futuro di Mineo, già insistendo sulla possibilità di chiudere la struttura, date le difficilissime condizioni di governo di un centro in cui regnavano illegalità e degrado. La Ministra Boschi, interrogata sul punto, rispose per conto del Governo dichiarando che, a seguito delle inchieste giudiziarie e del relativo commissariamento, il Governo stesso avrebbe gestito direttamente il centro, valutando poi eventualmente la chiusura o meno, a seguito appunto delle verifiche degli accertamenti in corso, per riportare il CARA di Mineo nell'alveo di una gestione ordinaria.
  Ebbene, è passato più di un anno, il Governo controlla e monitora direttamente le attività delle associazioni di imprese che gestiscono il CARA di Mineo, ma le condizioni del centro non sono assolutamente migliorate. Anche per questo abbiamo chiesto al Governo di riferire in maniera specifica e puntuale rispetto al lavoro svolto in questo anno di gestione Pag. 56diretta, con particolare riferimento agli interventi adottati per il miglioramento delle condizioni dei soggiornanti e della situazione complessiva della struttura, per la prevenzione e il controllo delle numerose attività criminogene poi effettivamente riscontrate. Lo scorso luglio anche la Commissione d'inchiesta sul sistema di accoglienza dei migranti si è pronunciata in materia chiara, chiedendo la chiusura del centro, evidenziando come il modello di accoglienza non può essere quello di Mineo, in cui vi sono gravi interferenze della criminalità e vistose negligenze sull'accoglienza. È impensabile tenere ancora aperta questa struttura, così come è impensabile dare vita a Mineo ad un hotspot all'interno delle strutture. Le modifiche che il sottosegretario ha chiesto alla mozione della maggioranza sul punto lasciano intendere che ancora questa ipotesi è al vaglio del Governo, quindi nessuna rassicurazione sul fatto che a Mineo non sarà organizzato un hotspot.
  Ma il Governo non ha proprio detto nulla sull'argomento, perché interpellato si è limitato a dire che l'obiettivo è quello di alleggerire le presenze. Questo francamente ci lascia assolutamente sconcertati, soprattutto quando poi il sottosegretario ha aggiunto che mantenere aperto il CARA di Mineo è una drammatica necessità. Noi pensiamo che di drammatico ci sia ben altro: di drammatico ci sono le condizioni del centro; di drammatico ci sono le conseguenze che si ripercuotono sulla vita dei cittadini, particolarmente esposti ai rischi derivanti dalla crescente e incontrollata presenza di migranti irregolari sul territorio (mi riferisco in particolare ai cittadini siciliani, che, da questo punto di vista, ripeto, hanno pagato un prezzo altissimo, ed è inaccettabile continuare a gravare su di loro); di drammatico ci sono le conseguenze per le amministrazioni locali, spesso sull'orlo del dissesto finanziario perché costrette a fare fronte con proprie risorse alle numerose emergenze di natura logistica e umanitaria legate al fenomeno migratorio.
  Davanti a questo quadro, a prescindere dalle future politiche di gestione del fenomeno migratorio che il Governo intende mettere in campo, la storia e le persistenti drammatiche condizioni del centro siciliano invocano necessariamente una chiusura immediata della struttura, per porre fine a una condizione di diffusa illegalità che, nonostante il commissariamento e il controllo diretto del Governo, continua a caratterizzare il CARA di Mineo.
  Pertanto, data l'oggettiva ed evidente impossibilità di ripristinare una situazione di legalità e di gestione regolare del CARA di Mineo, la mozione di Forza Italia chiede al Governo di assumere un impegno chiaro: superare la struttura di Mineo e quindi bloccare l'accesso alla struttura da parte di ulteriori migranti; desistere da ogni iniziativa volta ad aprire nelle strutture del CARA di Mineo un nuovo hot spot e garantire in tempi strettissimi la definitiva chiusura del centro.
  Noi ovviamente voteremo la nostra mozione, ma voteremo anche a favore di tutte quelle mozioni che contengono i medesimi impegni e voteremo contro la mozione della maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Brescia. Ne ha facoltà.

  GIUSEPPE BRESCIA. Presidente, Mineo è un piccolo comune siciliano di 5 mila abitanti; a pochi chilometri di distanza da esso insiste dal 2011, per volontà dell'allora Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, e del suo Ministro dell'interno, della Lega Nord, Roberto Maroni, il più grande centro d'accoglienza d'Europa, il cosiddetto CARA di Mineo, che difatti è un'altra piccola cittadina che sorge nel bel mezzo del nulla e ospita dai 3 ai 4 mila abitanti richiedenti asilo a seconda della stagione. La storia di questo centro è a dir poco singolare, un vero e proprio modello del malaffare. Vale la pena ripercorrerla per sommi capi, giusto per dare a chi ci segue l'idea di cosa la politica sia in grado di combinare.
  Il nome originario del complesso che ospita tale centro è «Residence degli Pag. 57aranci», di proprietà della società per azioni Pizzarotti & Co. Si dà il caso che all'epoca tale residence fosse sfitto e inutilizzato e che già da un po’ si cercava di convertirlo in qualcosa di fruttuoso (diciamo così); fu allora che a qualcuno venne la brillante idea di trasformarlo in centro di accoglienza per richiedenti asilo. All'epoca, oltre a Berlusconi Presidente e Maroni Ministro dell'interno c'era Gianni Letta a ricoprire l'incarico di Segretario del Consiglio dei ministri; bene, fu per puro caso che la gestione dei profili umanitari e assistenziali del centro di Mineo fu affidata alla Croce Rossa Italiana Lombardia (non la Croce Rossa di Catania, ma la Croce Rossa Lombardia), e sapete chi era presidente della Croce Rossa Lombardia ? La sorella di Gianni Letta. Puro caso. E sempre per puro, purissimo caso fu autorizzata con affidamento diretto una spesa in favore della Croce Rossa di Lombardia di circa 15 milioni di euro. È così che nasce il centro di Mineo, ed è così che continua ad esistere da allora, tra sprechi, controlli inesistenti, truffe e magagne di ogni tipo.
  Il CARA di Mineo costa agli italiani circa 40 milioni di euro l'anno, soldi che vanno a finire nelle tasche delle cooperative che lo gestiscono e del proprietario della struttura, soldi che non servono a garantire un'accoglienza dignitosa bensì a tenere in piedi un sistema d'affari e di clientele. Sono ben tre le procure che indagano sul CARA di Mineo: quella di Caltagirone, quella di Catania e quella di Roma. Ovviamente le indagini a cui mi riferisco sono quelle di Mafia Capitale, indagini in cui i partiti sono dentro fino al collo. Tra i soggetti coinvolti troviamo anche un membro dell'attuale Governo. Nel giugno del 2011 entra in scena infatti Giuseppe Castiglione, attuale sottosegretario alle politiche agricole del Governo Renzi, all'epoca presidente della provincia di Catania. Subentra a Pietro Lo Monaco, capo del Dipartimento Protezione civile regionale, in qualità di soggetto attuatore del centro. Sarà Luca Odevaine, nelle intercettazioni, a sottolineare il peso elettorale di Castiglione in Sicilia, a farci capire come Mineo e dintorni rappresentassero il fortino elettorale di NCD. Sono tutti uomini di Castiglione quelli presenti sul territorio, quelli che nei pressi del CARA, secondo gli inquirenti, prendono migliaia di voti, preferenze che si fanno sentire anche sul panorama nazionale. Odevaine dice a un certo punto in un'intercettazione: «Mineo, se glielo vai a levà, quelli s'arrabbiano, perché ovviamente è un meccanismo che crea non solo consenso, ma crea occupazione, crea benessere: 4 mila migranti che spendono 2 euro e mezzo al giorno so’ 10 mila euro al giorno !». E questo rimane il motivo fondamentale e principale per cui il centro di Mineo voi non lo volete chiudere.
  Ovviamente Luca Odevaine in tutto ciò gioca un ruolo chiave, l'uomo del business dei migranti, l'uomo di mafia capitale, quello che orientava i flussi di migranti in cambio di mazzette, quello che procurava lavoro alle imprese amiche, l'uomo di cui si avvalse Castiglione per la gestione del centro. Famoso il pranzo tra i due al quale avrebbe partecipato anche quel Salvo Calì, Presidente del gruppo Sisifo, indicato da Castiglione come una delle persone con maggiore esperienza per poter gestire un centro come Mineo; infatti Sisifo divenne capofila dell'associazione temporanea di imprese che subentrò a Croce Rossa e della stessa facevano parte anche il Consorzio Sol. Calatino, la Casa della Solidarietà, Senis Hospes, la Cascina, nota per essere finanziatrice delle campagne elettorali del centrodestra, e vicina a Comunione e Liberazione, e Pizzarotti S.p.A. Questa cordata di larghe intese, servendosi del regime di proroga, si aggiudicherà poi anche tutti gli appalti successivi. Quello di Mineo, sia chiaro, è solo il caso più eclatante di un sistema che è quasi tutto così. Le cooperative marce che gestiscono i centri – ci sono anche quelle poche sane ovviamente – sono quelle di Buzzi e Carminati, quelle dei signori che finanziano le vostre campagne elettorali (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Su queste cooperative dovrebbe essere esercitato un controllo serio e invece vediamo che cosa succede nella Pag. 58realtà. La dottoressa Simonetta Moleti, direttore generale per la vigilanza sugli enti, il sistema cooperativo e le gestioni commissariali, dichiara in audizione al Senato che dei 15 milioni di euro che le cooperative pagano in forma di contributi per l'esercizio della funzione di controllo sul loro stesso operato, neanche un centesimo è stato utilizzato per controllare le cooperative. Il Governo ha utilizzato il Fondo come copertura per provvedimenti non attinenti alla cooperazione. In pratica il Governo Renzi ha creato in Italia la Cayman delle cooperative: da una parte elargisce loro incentivi e dall'altra non esercita su di loro alcun controllo, un paradiso appunto, soprattutto per coloro che aprono finte cooperative a scopo illecito (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). E quali ripercussioni pensate che possano avere tali politiche su realtà come Mineo ? Siamo stati con la Commissione d'inchiesta in visita al Centro di Mineo nel luglio scorso, prima ancora c'eravamo stati nel maggio del 2015; in più di un anno non era cambiato assolutamente nulla, neanche l'ombra di progetti di integrazione, né dei controlli che dovevano essere introdotti dopo la truffa dei badge costataci un milione di euro. I soggetti indagati fra funzionari dirigenti e vertici delle cooperative sono ancora al loro posto a ricoprire quegli stessi incarichi di primo piano con il rischio di poter inquinare le prove.
  Mineo è un covo di illegalità, non c’è trasparenza nella selezione del personale, non ci sono gare per le selezioni fornitori, ci sono all'interno dei bazar abusivi, migranti che aspettano la prima audizione nella Commissione territoriale per quasi due anni e non parlano una parola di italiano, il sovraffollamento è costante, ci sono tensioni sociali, sfruttamento, fenomeni di caporalato, di prostituzione sia dentro che fuori dal centro, spaccio, paura, omertà e rassegnazione; tutto questo è il centro di Mineo !
  Dopo l'ultima visita, in conferenza stampa, fu lo stesso presidente della Commissione di inchiesta di cui facciamo parte, Federico Gelli, deputato del Partito Democratico, a dire che Mineo doveva chiudere. Mi chiedo cosa voterà oggi Gelli insieme al Partito Democratico (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), ho visto che è iscritto a parlare e lo ascolteremo con attenzione. Il Governo dà parere contrario alla mozione dicendo che Mineo non può chiudere perché altrimenti non saprebbe dove sistemare i migranti che ospita. Giustificazione ridicola se si pensa che gli arrivi ogni anno si attestano su cifre che vanno dai 150 mila ai 170 mila; i 3-4 mila migranti di Mineo equivalgono agli arrivi di un qualsiasi giorno estivo. Il Presidente del Consiglio Renzi e il Ministro dell'interno Alfano vanno ultimamente in giro a parlare di accoglienza diffusa, che è anche il modello che appoggiamo noi, ma poi alla prima verifica delle proprie intenzioni si scoprono ancora una volta i bugiardi di sempre (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Se volete andare verso l'accoglienza diffusa chiudere Mineo è il primo passo da fare. Mineo deve chiudere per le condizioni disumane in cui costringiamo a vivere i richiedenti asilo che dovrebbero essere categorie tutelate. Mineo deve chiudere perché non è quello il modello d'accoglienza a cui ci si deve ispirare. Mineo deve chiudere per le irregolarità, le inefficienze, gli abusi e le criticità sanitarie. Mineo deve chiudere perché ce lo hanno chiesto ben tre procuratori della Repubblica. Ma Mineo non può chiudere perché rappresenta un giro d'affari troppo grosso per voi. Mineo non può chiudere perché è su realtà come questa che si fonda il vostro accordo di Governo con NCD, che senza Mineo non esisterebbe.
  Mineo non può chiudere perché il vostro sistema tipo, il sistema di Mafia Capitale, è l'emblema del vostro modo di concepire il mondo. Tutti voi oggi, votando contrariamente alla chiusura di Mineo, state scegliendo da che parte stare, se dalla parte della legalità o da quella dell'illegalità, se dalla parte della giustizia o da quella del malaffare, e in tutta onestà non credo che una scelta tale si possa delegare all'indicazione di partito. Avete Pag. 59una grande occasione nelle vostre mani, ve la stiamo fornendo noi del MoVimento 5 Stelle, che in quei valori di legalità, onestà e giustizia, crediamo profondamente. Ora siete davanti a un bivio: o dimostrate agli italiani che volete intraprendere una strada davvero diversa o vi avremo messo spalle al muro e avremo dimostrato, noi, a tutto il Paese, che siete complici di un sistema mafioso; a voi la scelta (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Gelli. Ne ha facoltà.

  FEDERICO GELLI. Grazie Presidente. Onorevoli colleghi, questa discussione sulle mozioni sul tema dell'accoglienza ci permette di affrontare il tema del fenomeno migratorio nel nostro Paese. Il fenomeno migratorio nel nostro Paese è andato modificandosi negli ultimi anni in maniera molto evidente. I dati degli sbarchi e degli arrivi nel nostro Paese sono rimasti pressoché costanti: 140.232 arrivi nel 2014, 132.552 nel 2015, 132.069 al 3 ottobre del 2016. Quindi, sostanzialmente, il numero delle persone che arrivano nel nostro Paese mantiene un livello di costanza. Quello che invece è andato cambiando, modificando, e mettendo sotto pressione le nostre strutture d'accoglienza, è stata la permanenza di un incremento di persone che, invece di transitare verso altri Paesi europei, rimangono nel nostro Paese, grazie purtroppo ad una reazione scomposta ed estremamente irresponsabile di molti Paesi europei che hanno bloccato, come ben sapete, le frontiere. Il nostro Paese, insomma, oltre a diventare un Paese di transito – lo era fino allo scorso anno – è diventato un Paese di destinazione quasi finale. In questo contesto gestire la presenza di 160 mila persone che attualmente sono ospiti presso i nostri centri è ovviamente una scommessa non facile. Anche il dibattito che abbiamo sentito oggi, e sul quale ovviamente farò riferimento rispetto al centro del CARA di Mineo, dimostra e testimonia come dietro la gestione dell'accoglienza dei migranti in realtà ci sono anche degli approcci ideologici, c’è un problema di natura economico legato al territorio, alla presenza dell'accoglienza dei migranti, non solo per quanto concerne le cooperative o i soggetti che gestiscono centri, ma anche per quanto riguarda il territorio dove vengono accolti e inseriti, con eventuali ricadute non sempre positive, almeno così viene denunciato. Quindi è un fenomeno che ha un'enorme complessità e, proprio per affrontare questa complessità, il Governo negli ultimi anni ha lavorato nel trovare le soluzioni alternative rispetto a soluzioni tampone emergenziali che sono state il frutto dei primi anni della gestione dell'accoglienza, a partire appunto dal 2011. L'idea di poter dare una risposta attraverso i grandi centri di accoglienza, come il CARA di Mineo, è ovviamente una strada che è stata, con gradualità, abbandonata, pur rimanendo ancora oggi elemento di grande complessità e delicatezza.
  Parliamo del CARA di Mineo. Sono state fatte più volte tante cronostorie anche negli interventi dei vari colleghi. La nostra Commissione, la Commissione di inchiesta parlamentare della Camera, si è recata ben due volte al CARA di Mineo e purtroppo dobbiamo dire e confermare che quel centro non dimostra i requisiti minimi di accoglienza, di rispetto dei diritti, di funzionalità, e la presenza – a volte inquietante – di situazioni di illegalità diffusa e tollerata, sono ulteriori elementi che ci fanno ben dire e riflettere che quel centro non può continuare a essere gestito così.
  Noi rivendichiamo con forza – lo abbiamo detto anche in Commissione d'inchiesta – che quello non può essere un modello, anzi quello è proprio la cosa opposta che dobbiamo realizzare: il CARA di Mineo non è assolutamente un esempio da seguire, anzi è la cosa peggiore che poteva essere fatta, proprio attraverso l'utilizzo di risorse pubbliche e attraverso una modalità di gestione e di governo dell'accoglienza che ha subito, nel corso della sua storia, come è stato ben rappresentato da molti colleghi che sono intervenuti, Pag. 60le cose più inaspettate e forse, ovviamente, anche quelle più drammatiche, non solo perché è assoggettato ad interventi della magistratura, non solo perché ci sono inchieste in corso e ovviamente noi non ci sentiamo di esprimere un giudizio rispetto al ruolo della magistratura, perché non si può essere garantisti a corrente alternata: rispondo ai colleghi grillini, che, rispetto anche ai rapporti con i temi di cui si sta parlando, mi sembra tengano atteggiamenti abbastanza ondivaghi, senza fare riferimento a ovviamente Roma Capitale.
  Proprio perché non dobbiamo essere, diciamo, a corrente alternata, noi siamo garantisti e quindi, da questo punto di vista, vedremo e valuteremo come le tre procure si pronunceranno nel merito degli indagati.
  Un dato però sicuramente è certo, e cioè che quel centro non può continuare a essere gestito in questo modo, ed è per questo che come Commissione d'inchiesta e non rimangio assolutamente le mie dichiarazioni: ho portato le agenzie che sono state battute proprio alla luce della conferenza stampa e della visita, in cui si diceva con chiarezza che il CARA di Mineo deve essere chiuso con gradualità; tutti eravamo d'accordo, anche nel gesto di responsabilità, sapendo che per 3 mila o 4 mila persone non esiste la bacchetta magica di una ricollocazione immediata, pur dicendo con chiarezza che quel centro non è un centro che deve essere mantenuto.
  È un centro che deve essere chiuso con gradualità e nella mozione del Partito Democratico si esprime questa volontà.
  C’è qualcuno che mette una data di scadenza della chiusura del centro. Noi non ci sentiamo di condizionare il Governo ad una data di scadenza, diciamo solamente che quello è un centro che deve essere chiuso, nelle forme, nelle modalità, con la gradualità che serve per allontanare e disporre un sistema di accoglienza che permetta i diritti di umanità e di tolleranza, che devono essere insiti in un patrimonio di accoglienza del nostro Paese, perché togliendo 3 mila o 4 mila persone e destinandole in altre strutture similari non risolveremmo il problema.
  Siccome sappiamo molto bene che l'accoglienza diffusa, che è il modello al quale noi vogliamo ovviamente fare riferimento – e il grande e difficile sforzo che stiamo facendo e che il Governo sta facendo per far funzionare il meccanismo dell'accoglienza diffusa ! – trova grandi difficoltà, per la complicità di alcuni territori, per la difficoltà di alcuni amministratori, che non si sentono di assumere questa responsabilità di accogliere nei loro piccoli o grandi comuni.
  E allora, di fronte a tutto questo, la risposta non può essere certamente un grande centro d'accoglienza, non può essere recuperare una struttura pubblica o privata, in questo caso una struttura privata, ed è per questo che è ancora più grave sicuramente la nostra denuncia e concordiamo totalmente sulle denunce che oggi sono state fatte rispetto alle illegalità che sono state perpetuate all'interno di questo centro.
  Questo però non vuol dire che noi scrolliamo dalle spalle la responsabilità di accogliere queste persone, di creare quelle condizioni minime di tolleranza e di accettabilità di un centro, pur non idoneo, ed è per questo che abbiamo chiesto, come Commissione d'inchiesta parlamentare, una netta discontinuità rispetto all'attuale gestione.
  La gestione del CARA di Mineo: è gestito direttamente dalla prefettura di Catania. Allora nell'ipotesi che il CARA di Mineo venga con gradualità chiuso, in questo contempo, in questo frangente, vogliamo creare e dare le condizioni per cui il centro possa trovare la possibilità di dare quelle minimali risposte di tolleranza e di rispetto nei confronti degli ospiti che si trovano all'interno del centro ?
  Basterebbero pochi interventi, ma sicuramente un dato che vogliamo ribadire – e anche nella mozione l'abbiamo detto – è che aggravare la situazione, già molto critica, del CARA di Mineo, sarebbe una scelleratezza, sarebbe una scelleratezza quella di pensare di ipotizzare una localizzazione, in quel centro, in un contesto Pag. 61molto a rischio, molto pericoloso, di grande difficoltà, avere la possibilità di insediare, in uno spicchio di questo territorio, di questa area, un hotspot.
  Su questo noi – lo diciamo con chiarezza – siamo contrari, in una zona così difficoltosa e così a rischio, dove purtroppo l'infiltrazione della criminalità organizzata e tutti gli affari che si sono susseguiti nel corso di questi anni hanno testimoniato e dimostrato che quella struttura non è una struttura idonea, tantomeno è idonea a realizzarci un hotspot.
  Però, guardate, la mozione del Partito Democratico si assume la responsabilità di questa sfida, e cioè di una chiusura graduale del centro, di evitare che all'interno del centro si venga a determinare un'ulteriore delicatezza di presenza, con l’hotspot, ma soprattutto che ci sia la possibilità, in questi mesi, di poter rendere più accogliente quell'ambito, attraverso una gestione che possa permettere una maggiore tutela delle categorie vulnerabili presenti, delle donne in difficoltà, delle famiglie e dei minori non accompagnati, e non una casbah, abbandonati a se stessi, dove c’è un'autogestione sostanzialmente legalizzata e dove tutti fanno quello che vogliono.
  E allora, per il futuro noi vorremmo che, anche nel breve, nelle gare d'appalto e nelle modalità di gestione venissero in qualche modo utilizzati criteri e modalità diversi da quelli che sono stati fatti oggi, attraverso una separazione di singoli lotti rispetto alle singole tipologie di servizi, perché nei mesi che occorrono e occorreranno per una graduale riduzione...

  PRESIDENTE. Deve concludere onorevole.

  FEDERICO GELLI. ... tutto questo possa comunque continuare a garantire quel minimo di diritti e di assistenza che i residenti di quel centro si meritano, al di là di tutte le nostre beghe, del nostro Paese e di tutte le vicende deprecabili che si sono verificate in quegli anni all'interno di quella struttura (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazioni)

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti. Come da prassi, le mozioni saranno poste in votazione per le parti non assorbite e non precluse dalle votazioni precedenti.
  Prego i colleghi di prendere posto.

  ERASMO PALAZZOTTO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ERASMO PALAZZOTTO. Volevo chiedere, se possibile, il voto per parti separate della mozione... un attimo solo e glielo dico, eccola...

  PRESIDENTE. Onorevole Palazzotto, le dico subito che, se lei mi chiede una cosa che non avete chiesto in tempo, io devo sospendere la seduta, questo perché gli uffici non sono in grado di lavorare in questo modo.

  ERASMO PALAZZOTTO. Non si preoccupi, procediamo.

  PRESIDENTE. Va bene.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Lorefice ed altri n. 1-01342, su cui il Governo ha espresso parere contrario.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.
  La Camera respinge (Vedi votazione n. 25).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Rondini ed altri n. 1-01376, su cui il Governo ha espresso parere contrario.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

Pag. 62

  Dichiaro chiusa la votazione.
  La Camera respinge (Vedi votazione n. 26).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Andrea Maestri ed altri n. 1-01377, su cui il Governo ha espresso parere contrario.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.
  La Camera respinge (Vedi votazione n. 27).

  Passiamo alla votazione della mozione Vezzali, Abrignani ed altri n. 1-01378.
  Avverto che ne è stata chiesta la votazione per parti separate, nel senso di votare dapprima la premessa, congiuntamente al primo capoverso del dispositivo, a seguire, distintamente, il secondo, il terzo e il quarto capoverso del dispositivo.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Vezzali, Abrignani ed altri n. 1-01378, limitatamente alla premessa e al primo capoverso del dispositivo, su cui il Governo ha espresso parere contrario.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.
  La Camera respinge (Vedi votazione n. 28).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Vezzali, Abrignani ed altri n. 1-01378, limitatamente al secondo capoverso del dispositivo, su cui il Governo ha espresso parere contrario.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 29).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Vezzali, Abrignani ed altri n. 1-01378, limitatamente al terzo capoverso del dispositivo, su cui il Governo ha espresso parere contrario.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.
  La Camera respinge (Vedi votazione n. 30).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Vezzali, Abrignani ed altri n. 1-01378, limitatamente al quarto capoverso del dispositivo, su cui il Governo ha espresso parere contrario.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.
  La Camera respinge (Vedi votazione n. 31).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Carnevali, Misuraca, Monchiero ed altri n. 1-01379, come riformulata su proposta del Governo, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.
  La Camera approva (Vedi votazione n. 32).

  Passiamo alla votazione della mozione Prestigiacomo ed altri n. 1-01380.Pag. 63
  Avverto che ne è stata chiesta la votazione per parti separate, nel senso di votare il dispositivo distintamente dalla premessa.
  Analogamente a quanto già fatto in precedenti sedute, costituendo la premessa un elemento complementare ed accessorio rispetto al dispositivo, procederemo, dapprima, alla votazione del dispositivo e, successivamente, solo nel caso in cui il dispositivo risulti approvato, alla votazione della premessa.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Prestigiacomo ed altri n. 1-01380, limitatamente al dispositivo, per quanto non assorbito e non precluso dalle votazioni precedenti, su cui il Governo ha espresso parere contrario.
  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.
  La Camera respinge (Vedi votazione n. 33).

  In virtù della reiezione del dispositivo della mozione Prestigiacomo ed altri n. 1-01380, non si procederà alla votazione della relativa premessa.
  Passiamo alla votazione della mozione Palazzotto ed altri n. 1-01381.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Palazzotto ed altri n. 1-01381, per quanto non assorbita e non preclusa dalle votazioni precedenti, su cui il Governo ha espresso parere contrario.
  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.
  La Camera respinge (Vedi votazione n. 34).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Rampelli ed altri n. 1-01382, per quanto non assorbita e non preclusa dalle votazioni precedenti, su cui il Governo ha espresso parere contrario.
  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.
  La Camera respinge (Vedi votazione n. 35).

  Sono finite le votazioni; solo per vostra comunicazione, se andate via lentamente e silenziosamente riesco a continuare.

Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 31 agosto 2016, n. 168, recante misure urgenti per la definizione del contenzioso presso la Corte di cassazione, per l'efficienza degli uffici giudiziari, nonché per la giustizia amministrativa (A.C. 4025-A) (ore 19,35).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 4025-A: Conversione in legge del decreto-legge 31 agosto 2016, n. 168, recante misure urgenti per la definizione del contenzioso presso la Corte di cassazione, per l'efficienza degli uffici giudiziari, nonché per la giustizia amministrativa.
  Ricordo che nella seduta del 13 settembre 2016 sono state respinte le questioni pregiudiziali Molteni ed altri n. 1, Palese ed altri n. 2, Sarti ed altri n. 3, Daniele Farina ed altri n. 4.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 4025-A)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni Pag. 64nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
  Avverto, altresì, che la II Commissione (Giustizia) si intende autorizzata a riferire oralmente.
  Pregherei i relatori, l'onorevole Ermini e l'onorevole Sarti, di prendere posto – se vi fanno passare, fate passare i relatori – al banco del Comitato dei nove.
  Ha facoltà di intervenire il relatore per la maggioranza, deputato David Ermini.
  Colleghi, uscendo dovreste evitare di urlare, se potete uscire... onorevole Gitti... forza onorevole Monaco... potete lasciare... mettersi a parlare lì non è proprio... Prego, deputato Ermini.

  DAVID ERMINI, Relatore per la maggioranza. Signora Presidente, signori rappresentanti del Governo, onorevoli colleghe e onorevoli colleghi, il disegno di legge in esame è diretto a convertire in legge il decreto-legge 31 agosto 2016, n. 168, recante: «Misure urgenti per la definizione del contenzioso presso la Corte di cassazione, per l'efficienza degli uffici giudiziari, nonché per la giustizia amministrativa».
  Il decreto-legge, nella sua formulazione originaria, si compone di 12 articoli suddivisi in tre capi: il Capo I, recante misure urgenti per la definizione del contenzioso presso la Corte di cassazione e per l'efficienza degli uffici giudiziari, il Capo II, relativo a misure urgenti per la giustizia amministrativa, ed il Capo III, sulle disposizioni finanziarie e finali.
  Nel corso dell'esame in sede referente, la Commissione ha apportato alcune modifiche al testo. Tutto è riconducibile alla ratio dominante del decreto-legge considerato nel suo complesso. A seguito di tali modifiche, il decreto si compone di 14 articoli, sempre suddivisi in tre capi.
  L'istruttoria legislativa si è incentrata su una indagine conoscitiva che ha visto coinvolte le associazioni di categoria interessate direttamente dal provvedimento e che è stata l'occasione per approfondire tutte le questioni poste dal decreto. In particolare, sono stati sentiti i rappresentanti dell'Associazione nazionale magistrati, dell'Associazione tra i magistrati del Consiglio di Stato, dell'Associazione magistrati della Corte dei conti, del Coordinamento per una nuova magistratura amministrativa, dell'Associazione nazionale magistrati amministrativi, dell'Associazione nazionale magistrati, della Giustizia amministrativa e del Consiglio nazionale forense.
  Prima di passare all'esame degli articoli e, quindi, per meglio comprenderne la portata, ritengo opportuno illustrare la ratio dominante del decreto-legge. Questa, tenuto conto delle disposizioni che compongono il decreto, deve essere individuata nell'esigenza di: a) ridurre i tempi di esame del contenzioso civile in Cassazione; b) ridurre i tempi di copertura dell'organico della magistratura ordinaria; c) assicurare la funzionalità degli uffici giudiziari, prevedendo un maggiore periodo di permanenza del magistrato nella sede assegnata e riducendo i casi di assegnazione, comando o distacco del personale amministrativo presso altre pubbliche amministrazioni; d) assicurare, attraverso disposizioni processuali, l'aumento dell'organico del personale amministrativo, l'efficienza del processo amministrativo con riferimento al processo telematico ed un supporto all'attività dei magistrati attraverso strutture organizzative all'interno degli uffici di segreteria.
  Nel corso della relazione, vorrei soffermarmi...

  PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Ermini. Colleghi, scusatemi, io capisco che abbiate altri argomenti, però se potete farlo fuori, perché è davvero un rumore notevole, diciamo. Poi se sia molesto o meno non lo so, ma sicuramente per quelli che parlano è molesto, quindi se potete uscire fuori, visto che dovete parlar d'altro. Prego, continui.

  DAVID ERMINI, Relatore per la maggioranza. Per quanto attiene al Capo I, questo in primo luogo interviene sull'organizzazione dell'organico della Corte di cassazione, per potenziarlo e stabilizzarne momentaneamente i vertici.Pag. 65
  A tal fine, l'articolo 1 consente al Presidente della Corte di applicare temporaneamente alcuni magistrati dell'ufficio del massimario e del ruolo delle sezioni della Cassazione per lo svolgimento di funzioni giurisdizionali di legittimità.
  L'articolo 2 consente lo svolgimento dei diciotto mesi di tirocinio formativo dei laureati in giurisprudenza anche presso la Corte di cassazione o la Procura generale presso la Corte di cassazione: uffici giudiziari che sino ad oggi erano esclusi.
  L'articolo 5 proroga sino al 31 dicembre 2017 il trattenimento in servizio dei magistrati ordinari che svolgono funzioni apicali, direttive superiori e direttive presso la Corte di cassazione e la Procura generale della Corte di cassazione, e abbassa da quattro a tre il numero degli anni residui di servizio richiesti come ancora disponibili prima della pensione per coloro che aspirino alla nomina a primo Presidente della Corte di cassazione e di Procuratore generale della Corte di cassazione.
  Il Capo I, inoltre, introduce misure di efficienza per gli uffici giudiziari, volte principalmente a garantire la celere copertura degli uffici vacanti.
  A tal fine, i commi da 2 a 5 dell'articolo 2 intervengono sulla disciplina del concorso per magistrato ordinario, consentendo la nomina degli idonei anche al di là del numero dei posti banditi a concorso, in ragione delle effettive esigenze di copertura degli uffici, e riducono in via eccezionale la durata del tirocinio dei magistrati, che saranno nominati a seguito dei concorsi già banditi nel 2014 e nel 2015, per consentire loro di svolgere quanto prima la funzione giudiziaria. La disposizione consente, inoltre, anche ai magistrati di prima nomina, di svolgere le funzioni monocratiche penali.
  L'articolo 3 subordina il trasferimento del magistrato ordinario ad altra sede o l'assegnazione ad altre funzioni ad un periodo di permanenza quadriennale in luogo del precedente termine di anni tre della sede precedente.
  L'articolo 4, commi 2 e 3, riguarda tutto il personale non dirigenziale del Ministero della giustizia e vieta, fino al 31 dicembre 2019, che tale personale possa essere comandato, distaccato o assegnato ad altre amministrazioni.
  L'articolo 4, comma 1, prevede che il personale amministrativo assegnato all'ufficio di sorveglianza non possa essere destinato temporaneamente ad altri uffici del distretto di appartenenza senza il nulla osta del Presidente del tribunale di sorveglianza.
  L'articolo 6 interviene sul ruolo organico della magistratura ordinaria per ridurre di 52 unità i magistrati con funzioni direttive di merito di primo grado e aumentare in misura corrispondente il numero dei magistrati con funzioni giudicanti e requirenti di merito di primo e di secondo grado non direttivi. La relazione illustrativa specifica che i 52 posti aggiunti nel ruolo dei magistrati che non svolgono funzioni direttive serviranno a incrementare la pianta organica della magistratura di sorveglianza.
  Rispetto al Capo I, la Commissione giustizia ha apportato alcune modifiche testuali ed ha introdotto un nuovo articolo, avente ad oggetto il procedimento in Cassazione. La prima modifica ha riguardato la disposizione dell'applicazione temporanea di alcuni magistrati dell'ufficio del massimario e del ruolo alle sezioni della Cassazione, per lo svolgimento di funzioni giurisdizionali di legittimità (articolo 19). In particolare, al fine di garantire una professionalità adeguata alle nuove funzioni da svolgere e di evitare incarichi sine die, sono state poste due delimitazioni: la prima, volta a prevedere che i magistrati applicati abbiano conseguito almeno la terza valutazione di professionalità; la seconda è consistita nella fissazione a tre anni del periodo massimo di applicazione, prevedendo anche la non rinnovabilità. La seconda ha aggiunto l'introduzione di un articolo volto a disciplinare il procedimento in Cassazione al fine di affrontare le criticità manifestatesi anche in occasione delle più recenti riforme dell'attuale disciplina del procedimento di Cassazione, e di offrire un contributo alla soluzione del problema dell'arretrato, particolarmente Pag. 66grave presso la Corte di legittimità. Le modifiche apportate al codice di rito mirano a semplificare il processo di Cassazione, e quindi a ridurre i tempi occorrenti per la definizione dei ricorsi.
  La prima innovazione è costituita dalla generalizzazione della trattazione in camera di consiglio dei ricorsi assegnati alle sezioni semplici: la proposta mutua gli obiettivi dei criteri di delega contenuti nel disegno di legge delega al Governo recante «Disposizioni per l'efficienza del processo civile», approvato in prima lettura dalla Camera dei deputati ed attualmente in corso di esame al Senato della Repubblica. È constatazione diffusa presso gli operatori del settore che la maggior parte dei ricorsi, anche di quelli costituenti lo stock di arretrato negli archivi delle sezioni, si risolve nella richiesta di un terzo grado di giudizio, senza involgere questioni di diritto d'interesse generale: in questi casi è opportuno che il lavoro della Corte sia agevolato attraverso l'eliminazione della fase attualmente necessitata dell'udienza, e che nel contempo si imprima una accelerazione alla definizione dei ricorsi. Rimane salva, ovviamente, la possibilità di trattare in pubblica udienza, sia su iniziativa dell'ufficio, sia su sollecitazione delle parti e del pubblico ministero, quei ricorsi assegnati alle sezioni semplici che, invece, presentino una questione di diritto di particolare rilevanza: ad esempio perché la questione è nuova, ovvero perché si tratta di garantire l'evoluzione del diritto e l'uniformità della giurisprudenza.
  Al procedimento camerale dinanzi alle sezioni semplici è dedicato il nuovo articolo 380-bis del codice di procedura civile: il pubblico ministero e le parti possono interloquire per iscritto durante l'iter formativo della decisione, al primo dandosi la facoltà di depositare in cancelleria la requisitoria almeno 20 giorni prima dell'adunanza in camera di consiglio, per gli avvocati delle parti prevedendosi la possibilità di depositare le loro memorie non oltre 10 giorni prima dell'adunanza in camera di consiglio.
  Il secondo intervento, riguardante il procedimento per la definizione dei ricorsi dinanzi alla sesta sezione civile, intende attuare una radicale revisione del giudizio camerale ex articolo 380-bis del codice di procedura civile. L'articolato è diretto, con il nuovo primo comma dell'articolo 380-bis, alla eliminazione della relazione del consigliere, relazione contenente la concisa esposizione delle ragioni che possono giustificare la pronuncia nel senso della inammissibilità, della manifesta infondatezza o della manifesta fondatezza. In luogo della relazione, che rappresenta l'ostensione delle parti, dell'opinione del relatore e del progetto di decisione da lui ravvisato, e che nella pratica si è rivelata un fattore di rallentamento del procedimento decisorio e della capacità di smaltimento delle sopravvenienze ad opera della Corte, l'intervento prefigura, sul modello della disciplina dettata dall'articolo 610 del codice di procedura penale, che sia il decreto del presidente della sezione che fissa la camera di consiglio a contenere l'enunciazione dell'ipotesi-filtro ravvisata: inammissibilità, manifesta infondatezza o manifesta fondatezza.
  Anche nel procedimento dinanzi alla sesta sezione, che qui si propone, è data alle parti la possibilità di esercitare il diritto di difesa per iscritto attraverso il deposito di memorie; ed anche qui, la Corte è chiamata a giudicare in camera di consiglio senza intervento dei difensori, analogamente a quanto avviene nel processo penale dinanzi alla settima sezione, con l'articolo 611 del codice di procedura penale.
  La distinzione proposta, a seconda che la non sussistenza delle ipotesi di cui all'articolo 235, numero 1 e 5, sia evidente o meno evidente – nel senso che se è evidente la causa viene subito rimessa alla sezione semplice, ai sensi del secondo periodo dell'articolo 376; se tale evidenza emerge solo in sede di adunanza camerale, la causa viene rimessa alla pubblica udienza della sezione semplice (articolo 380-bis, terzo comma) –, risponde all'esigenza di evitare che una causa avviata con il rito proprio dell'apposita sezione di cui all'articolo 376, e conseguente adunanza Pag. 67camerale presso tale sezione, sia rimessa alla sezione semplice con un diverso rito camerale.
  Un terzo intervento intende estendere i casi di definizione del procedimento mediante ordinanza, con conseguente incentivazione di forme sintetiche di motivazione.
  La generalizzazione dell'ordinanza, quale provvedimento emesso in esito alla pure generalizzata adunanza camerale, può fornire un utile contributo nella direzione del perseguimento di una motivazione essenziale e funzionale alla decisione, aiutando a superare modelli culturali consolidati che si sono formati nella redazione della tradizionale sentenza.
  Gli altri interventi proposti hanno carattere di completamento, e possono essere così sintetizzati. Quando ricorre la necessità di integrare il contraddittorio e di disporre che sia eseguita o rinnovata la notificazione dell'impugnazione, la prassi ha dimostrato che l'adozione del rito camerale comporta un allungamento dei termini processuali, e propone pertanto la competenza monocratica del presidente.
  Con la soppressione del numero 3 del primo comma dell'articolo 275, si elimina una disposizione priva di efficacia precettiva, essendo regolata dagli articoli 390 e 391, che si è provveduto a raccordare con la proposta di riforma.
  Venuta meno la relazione ex articolo 380-bis, i regolamenti di competenza e di giurisdizione (articolo 375 del codice di procedura civile, primo comma, numero 4) non sono più affidati all'alternativa tra la relazione del consigliere relatore e la requisitoria scritta del pubblico ministero, ma sono avviati alla definizione camerale non partecipata, esclusivamente sulla base delle conclusioni scritte del pubblico ministero. Come nei procedimenti camerali, è previsto che il pubblico ministero depositi le sue conclusioni prima che le parti depositino la loro memoria; così si propone che nella pubblica udienza il Procuratore Generale esponga prima dei difensori le sue conclusioni.
  L'articolo 2 è stato modificato nella parte relativa al tirocinio dei magistrati: al fine di contrarre i tempi di copertura delle vacanze nell'organico degli uffici giudiziari, il comma 3 originario riduceva, in deroga a quanto previsto dal decreto legislativo n. 26 del 2006, da 18 a 12 mesi la durata del tirocinio dei magistrati dichiarati idonei all'esito dei concorsi banditi negli anni 2014 e 2015, e successivamente nominati. Conseguentemente sono rimodulati i periodi di durata delle sessioni in cui si articola il tirocinio, prevedendo 2 mesi presso la Scuola superiore della magistratura e 10 mesi presso gli uffici giudiziari. La Commissione, anche alla luce delle audizioni svolte, ha ritenuto opportuno privilegiare la fase esecutiva del tirocinio, svolta presso gli uffici giudiziari, rispetto a quella teorica presso la Scuola superiore della magistratura: per cui è aumentato di un mese (11 mesi complessivamente) il tirocinio presso gli uffici giudiziari, e ridotto di un mese quello presso la Scuola superiore della magistratura. Sono stati quindi rimodulati i tre periodi dei quali si compone il tirocinio presso gli uffici giudiziari.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI (ore 19,50)

  DAVID ERMINI, Relatore per la maggioranza. Questa disciplina derogatoria delle regole generali in materia di tirocinio non si applicherà, a seguito dell'approvazione di un emendamento, ai magistrati ordinari vincitori del concorso riservato alla provincia autonoma di Bolzano bandito con decreto ministeriale del 4 settembre 2014 e nominati con decreto ministeriale del 10 dicembre 2015, in quanto la loro particolare condizione non rende necessaria l'applicazione della deroga di cui al comma 3.
  La Commissione ha modificato il decreto nella parte in cui questo modifica la disciplina dei tramutamenti dei magistrati (articolo 3), inserendovi una norma transitoria diretta a salvaguardare le aspettative dei magistrati di prima nomina e di coloro che, al momento di entrata in vigore del decreto, abbiano fatto domanda Pag. 68di trasferimento ad altra sede, e che comunque possano fare domanda in merito ad un bando non scaduto prima dell'entrata in vigore del decreto. Nel primo caso si è voluto tener conto che si tratta di magistrati che sono stati assegnati all'ufficio della sede dalla quale chiedono di trasferirsi, mentre nel secondo caso sono state maturate delle aspettative che pare opportuno rispettare; nei predetti casi, quindi, non si applicano le novità introdotte dal decreto-legge.
  Per quanto attiene a tale novità, si deve tener conto che si è voluto stabilire, senza possibilità di equivoco, che il vincolo di legittimazione previsto dalla norma si applica per tutti gli incarichi conferiti e per ogni tipo di trasferimento, compresi quelli direttivi e semidirettivi, quelli ufficiosi o altrimenti speciali. Nella relazione si legge che allo scopo non è risultata sufficiente la norma interpretativa di cui all'articolo 35, comma 3, del decreto-legge n. 5 del 2012, avendo la giurisprudenza amministrativa talvolta continuato, per limitarne l'applicazione ai soli casi di trasferimento a domanda, a valorizzare la locuzione «sede da lui chiesta». Si è reputato pertanto opportuno espungere la locuzione, onde chiarire che il vincolo di legittimazione non si applica ai soli trasferimenti richiesti dal magistrato.

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARINA SERENI (ore 19,55)

  DAVID ERMINI, Relatore per la maggioranza. Al fine di garantire la continuità alla funzionalità degli uffici, è stato ampliato il vincolo ordinario di permanenza dei magistrati alle sedi assegnate da tre a quattro anni. Sempre nella relazione, viene fatto presente che queste modifiche alla disciplina vigente hanno l'obiettivo prioritario di soddisfare al meglio il prevalente interesse dei cittadini all'efficienza del servizio giustizia, pur sempre in un'ottica di contemperamento con le esigenze dei singoli magistrati. Non è stato modificato l'articolo 5, che, sempre per ragioni organizzative, proroga sino al 31 dicembre 2017 il trattenimento in servizio dei magistrati ordinari che svolgono funzioni apicali, direttive superiori e direttive presso la Corte di cassazione e la procura generale della Corte di cassazione, che abbiano maturato i requisiti per il collocamento a riposo. Si tratta di una proroga circoscritta, contabile e amministrativa dell'articolo 10 del trattenimento in servizio, già previsto sino al 31 dicembre 2016 per tutti i magistrati ordinari, da ultimo dal decreto-legge n. 83 del 2015. In particolare, la disposizione si applica solo, salvo il successivo articolo 10, ai magistrati della Corte di cassazione che svolgono funzioni apicali (Primo Presidente della Corte di cassazione, Procuratore generale presso la Corte di cassazione), funzioni direttive superiori (Presidente aggiunto della Corte di cassazione e Procuratore generale aggiunto presso la Corte di cassazione), funzione direttive (presidente di sezione della Corte di cassazione, Avvocato generale presso la Corte di cassazione). Presidente, già da ora, dal momento che mi scadrà il termine, le chiedo di poter consegnare la relazione scritta.

  PRESIDENTE. Va bene. Ha quarantasei secondi, onorevole...

  DAVID ERMINI, Relatore per la maggioranza. Leggo l'ultimo periodo, con soddisfazione dell'onorevole Palese, e poi la deposito. La relazione illustrativa motiva questo intervento legislativo con l'esigenza di assicurare la continuità degli incarichi apicali direttivi superiori e direttivi presso la Corte di cassazione e la procura generale, mentre l'articolo 5, oltre a riprendere tale motivazione, aggiunge che tale continuità è necessaria in ragione delle molteplici iniziative di riforme intraprese per la definizione dell'elevato contenzioso ivi pendente. Il medesimo articolo 5, comma primo, primo periodo, precisa che, per tutti gli altri magistrati ordinari, resta fermo il termine ultimo di permanenza in servizio, 31 dicembre 2016, stabilito dall'articolo 1, comma 3, del decreto-legge n. 90 del 2014. Pertanto, signora Presidente, deposito la relazione.

Pag. 69

  PRESIDENTE. Perfetto. Grazie mille, onorevole Ermini. Ha facoltà di intervenire la relatrice di minoranza, deputata Giulia Sarti. Prego, onorevole.

  GIULIA SARTI, Relatrice di minoranza. Presidente, questo decreto, l'abbiamo già ripetuto durante la presentazione della nostra pregiudiziale di costituzionalità, non va affatto nella direzione enunciata nel titolo, ma presenta, secondo noi, dei profili di incostituzionalità tali che non sono stati nemmeno risolti durante la conversione, quindi durante l'esame fatto in Commissione giustizia qui alla Camera. Enunciamoli nuovamente questi profili di incostituzionalità, perché è importante che comunque rimangano agli atti di quest'Aula. La discussione in Commissione non ci ha affatto permesso di migliorare la situazione, anzi, in certe parti, come farò capire durante la mia relazione, in realtà, si è andati in senso peggiorativo, perché sono stati introdotti dei nuovi emendamenti da parte del relatore per la maggioranza che non fanno altro che peggiorare il decreto, piuttosto che tentare di migliorarlo. E su quei due articoli su cui noi abbiamo posto principalmente la nostra opposizione e le nostre osservanze per quanto riguarda le violazioni degli articoli della Costituzione, ovvero gli articoli 5 e 10, non è stato posto e fatto nessun cambiamento. Nessun cambiamento ! Quindi, abbiamo una nuova proroga, in questi articoli 5 e 10, che trattiene in servizio soltanto i vertici apicali della magistratura in maniera discrezionale, e questa scelta sta violando l'articolo 3 della Costituzione, perché ovviamente il principio di eguaglianza tra cittadini sembra sia stato parcheggiato e dimenticato; si viola l'articolo 97, che prevede il buon andamento della pubblica amministrazione, in quanto ovviamente il CSM, il Consiglio superiore della magistratura, aveva già pubblicato i bandi per far fronte alle vacanze che si sarebbero create con il pensionamento di determinati magistrati.
  Quindi, questo intervento, fatto a fine agosto da parte del Governo in maniera discrezionale, che è frutto non della prima proroga (perché qui stiamo parlando della terza proroga, in maniera appunto discrezionale), senza aver minimamente ascoltato tutto ciò che il Consiglio superiore della magistratura ha proposto in questi anni, è semplicemente una toppa messa dal Governo per evitare una situazione che è frutto proprio di una scelta scellerata e sbagliata fatta nel 2014 con quel primo decreto, il decreto n. 90 del 2014, che ha inserito il pensionamento a 70 anni per tutti i magistrati al posto dei 75 prima previsti. Allora, violazione dell'articolo 3; violazione dell'articolo 97; violazione dell'articolo 104 della Costituzione (autonomia e indipendenza della magistratura), completamente sobbarcato da questi articoli 5 e 10; violazione dell'articolo 105, dove si dispone che le assunzioni e le assegnazioni sono disposte dal Consiglio superiore della magistratura, mentre qui è il Governo che decide quando mandare in pensione i magistrati, e lo fa appunto non attraverso degli interventi organici ma attraverso proroghe che si succedono da ormai due anni e che non fanno altro, come ho detto, che creare un andamento presso gli uffici giudiziari che sta sostanzialmente aumentando il loro collasso. E questo non fa certo bene alla funzionalità e all'efficienza degli uffici, proprio perché anche le cariche apicali, che appunto dovrebbero andare in pensione e che tutti gli anni si vedono queste ulteriori proroghe, non potranno mai fare una programmazione seria per quanto riguarda le funzioni svolte all'interno degli uffici (programmazione di medio periodo), ma saranno tutti interventi che ovviamente porteranno alla demotivazione di determinati magistrati, che si troveranno e già si sono trovati, in questi ultimi due anni appunto, con questi trattamenti differenziati; inoltre, una disorganizzazione totale nel sapere, non in maniera definitiva ma di anno in anno, che fine devono fare, quindi che cosa devono aspettarsi. Questo non giova alla magistratura e nemmeno al Paese. In più, violazione dell'articolo 108 della Costituzione, ove si dispone che c’è una riserva di legge grande come una casa quando si parla della materia dell'ordinamento giudiziario. Pag. 70Riserva di legge ordinaria, non riserva di legge in quanto decreti-legge con i criteri che dovrebbero essere sempre i criteri base per la loro adozione, cioè necessità ed urgenza. Qui la necessità e l'urgenza il Governo se l’è sostanzialmente create da solo, nel momento in cui due anni fa, quando ha scritto quel decreto n. 90 del 2014, non ha minimamente pensato alle conseguenze della norma che stava introducendo. Allora, non possiamo essere qui chiamati a inserire dei correttivi in questo modo, attraverso un decreto-legge, per ovviare ad un errore che è stato fatto due anni fa, e non possiamo certo farlo derogando, come ho detto, agli articoli della Costituzione che ho citato ! Per questo noi non ci renderemo mai complici di queste soluzioni trovate, di questi articoli che il Governo ci ha proposto con questo decreto. Andando ad esaminare anche il merito degli altri articoli ivi contenuti, notiamo che ovviamente questo è stato un decreto sostanzialmente fatto proprio per andare volutamente a prorogare ulteriormente quel trattenimento in servizio di cui ho parlato finora. Intorno a questi due articoli, 5 e 10, validi appunto solo per le funzioni apicali della magistratura, si è poi costruito tutto il resto. Nella prima bozza del decreto, in realtà, erano inserite tantissime norme, che poi evidentemente sono state stralciate; alcune sono rispuntate con gli emendamenti del relatore di maggioranza, quindi abbiamo il Governo che non si è nemmeno assunto, secondo noi, la responsabilità di fare degli emendamenti suoi per portare avanti la bozza di decreto che originariamente era all'esame del Consiglio dei ministri, ma abbiamo lasciato al relatore per la maggioranza l'arduo compito appunto di inserire questi nuovi emendamenti (come ad esempio quello dell'articolo 1-bis), i quali non c'entravano sostanzialmente nulla con l'impostazione originaria. Anche qui, secondo noi, si sarebbe dovuto avviare un secondo ciclo di audizioni, per le proposte emendative che sono state inserite, e che noi, come MoVimento 5 Stelle, non abbiamo avallato. Infatti, il fatto di arrivare a modificare, con un emendamento del relatore (articolo 1-bis) e con altri emendamenti successivi, il codice di procedura civile in tema di ricorso in Cassazione, può c'entrare sì con il titolo del decreto, ma in realtà un intervento di questo tipo doveva essere sicuramente discusso in termini diversi, magari con una legge ordinaria o nell'ambito di una riforma della giustizia o dei ricorsi per Cassazione più organica. C’è una riforma della giustizia pendente al Senato, di certo, nonostante quella sia una legge delega, lì ci sono delle modifiche al ricorso per Cassazione quando si parla di penale, mentre qui stiamo andando a modificare il codice di procedura civile, sempre in tema di ricorso per Cassazione. Invece di avviare appunto queste norme rapsodiche alcune per decreto legge, alcune per legge ordinaria, altre per legge delega, noi stiamo semplicemente dicendo che ci poteva essere un intervento organico per evidenziare un problema e risolverlo fino in fondo e non di certo avviando questi micro tamponamenti di situazioni che, come ho detto, sono ormai arrivate al collasso. Il carico pendente presso la Corte di cassazione è davvero arrivato al collasso non da oggi, ma da tanti anni. Ci piacerebbe, sarebbe stato bello e positivo, avviare delle discussioni in Commissione giustizia per mettere fine a queste situazioni, e se non fossimo riusciti a mettere fine, almeno per tentare insieme di trovare delle soluzioni definitive e non degli interventi spot senza una consultazione, senza una condivisione anche da parte della magistratura, e penso ad esempio all'Associazione nazionale magistrati, allo stesso Consiglio superiore della magistratura. Non essendoci stata in toto questa condivisione di intenti, ma avendo deciso di inserire queste modifiche con un emendamento del relatore, di sicuro questo non farà altro che, secondo noi, continuare a rendere questo sistema giustizia, questo sistema in Cassazione, molto titubante, non si riuscirà minimamente a vedere un miglioramento.
  Solo un appunto anche sull'articolo 7 di questo decreto, perché è stata inserita una norma ad personam che qui va citata ed evidenziata e su cui ci sarà tutta Pag. 71l'occasione di parlarne domani in sede di emendamenti. Si è ampliato il consiglio di presidenza della giustizia amministrativa volendo inserire questi due nuovi membri ovvero l'ex Ministro Patroni Griffi, cito direttamente i nomi tanto le cariche le conosciamo tutti, e il Presidente del TAR Toscana, Pozzi. Questo non fa altro che creare ulteriori problemi anche all'interno della stessa giustizia amministrativa. Queste sono norme ad personam, un vizio ovviamente dei peggiori Governi che hanno contraddistinto questo Paese negli ultimi vent'anni, ed è ingiusto che attraverso un decreto-legge siano state permesse delle discrezionalità e degli abusi di potere, come li abbiamo chiamati, così devastanti per la magistratura italiana (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo. Non so se ritiene ora di intervenire, no. È iscritto a parlare il deputato Bazoli. Ne ha facoltà.

  ALFREDO BAZOLI. Grazie Presidente. Il decreto che ci apprestiamo a convertire ha un contenuto che è ben esplicitato dal titolo del decreto, perché è un decreto che reca misure urgenti per la definizione del contenzioso presso la Corte di cassazione, per l'efficienza degli uffici giudiziari, nonché per la giustizia amministrativa e costituisce, questo provvedimento, nient'altro che un ulteriore tassello nel complessivo mosaico della riforma della giustizia che questo Governo, questa maggioranza e questo Parlamento, stanno pervicacemente cercando di raggiunge, di perseguire nella piena consapevolezza che la giustizia nel nostro Paese soffre oggi di una inefficienza, di un malfunzionamento, che compromette anche la competitività del nostro Paese. È uno dei grandi handicap con i quali il nostro Paese deve confrontarsi e non per caso infatti la riforma della giustizia è una delle priorità che questo Governo si è dato come proprio indirizzo politico, proprio obiettivo politico. E non è un caso che in questa legislatura provvedimenti di competenza della Commissione giustizia aventi ad oggetto appunto la riforma del sistema, per renderlo più efficiente e adeguato alle esigenze dei cittadini, una larghissima fetta, siano giunti in Aula, il che è una testimonianza abbastanza esplicita del fatto che questo è effettivamente uno dei grandi obiettivi che si sono dati il Governo, la maggioranza e questo Parlamento.
  Dicevo che questo è un ulteriore tassello, un ulteriore piccolo tassello, di un mosaico più complessivo, perché noi siamo assolutamente consapevoli che per affrontare un problema come quello appunto della inefficienza della nostra giustizia, dei ritardi nella risposta alle attese di giustizia dei cittadini sia in campo civile, sia in campo penale, sia in campo amministrativo, per dare una risposta a questo problema, non c’è la bacchetta magica, ma c’è un mosaico, un insieme di tanti provvedimenti che vanno dalla organizzazione della giustizia, all'intervento puntuale sulle procedure, a interventi sugli organici, sulle risorse. Sappiamo che bisogna individuare un mosaico di interventi, raggiunto il quale, si può ottenere qualche obiettivo concreto. Io credo che questo Governo, da questo punto di vista, abbia le carte in regola e i provvedimenti che sono stati già adottati, sia in termini di organizzazione, sia in termini di efficientamento del sistema, stanno già producendo risultati non disprezzabili.
  Questo è un ulteriore tassello in questo percorso complicato e difficile, ma che con grande tenacia stiamo cercando di perseguire, anche grazie agli sforzi del Ministro Orlando che a ciò sta dedicando un impegno, credo, molto efficace e molto efficiente. Questo provvedimento interviene in un percorso che si sta facendo con una serie di interventi puntuali, che cercano di garantire appunto il raggiungimento di un obiettivo di maggiore efficienza e un miglior funzionamento della giustizia. Negli interventi che mi hanno preceduto, in particolare in quello della relatrice di minoranza, si è fatto riferimento ad alcuni aspetti sui quali c’è stata una discussione, sui quali vi è stato anche qualche aspetto non completamente condiviso. Bisogna Pag. 72però ricordare che questo è un provvedimento molto più organico e complesso, che non contiene solo quelle due o tre misure sulle quali si è registrato qualche dissenso tra maggioranza e minoranza, ma che contiene anche tutta una serie di altre misure sulle quali, a onor del vero, in Commissione non c’è stata discussione, il che appunto è indice del fatto che si tratta di misure sostanzialmente condivise; appartiene alla normale dialettica politica che non vengano ricordate e menzionate dall'opposizione, ma credo che invece sia opportuno farlo per dare conto di un lavoro che comprende tanti elementi sui quali c’è una unanime condivisione. Intanto, questo decreto interviene sulla funzionalità della Corte di cassazione. Noi sappiamo che la Corte di cassazione rappresenta oggi un imbuto, rappresenta oggi uno dei nodi del malfunzionamento della nostra giustizia perché è oberata di ricorsi, perché i tempi di risoluzione delle controversie sono estremamente lunghi e quindi bisogna intervenire per rendere più efficiente ed efficace quella parte del procedimento sia civile, che penale. Questo decreto interviene con una serie di misure, che sono state ricordate dal relatore di maggioranza, ma che io per sommi capi voglio tornare a sottolineare, che cercano di andare in quella direzione, cioè cercano di dotare la Corte, il sistema della Corte di cassazione, di strumenti normativi e organizzativi idonei a consentire di dare una risposta più celere rispetto alle necessità. Quindi lo spostamento di magistrati dalla funzione di massimario alle sezioni giudicanti, l'inserimento di praticanti in tirocinio formativo, quelli già inseriti anche negli uffici giudiziari di merito, vengono inseriti anche nella Corte di legittimità; la riforma del processo che è stata inserita – è vero – con un emendamento del relatore, credo, che abbia un obiettivo molto chiaro, molto evidente e molto concreto, che è quello di snellire il procedimento davanti alla Corte, per ridurne i tempi e certo anche la proroga del trattenimento in servizio degli incarichi apicali, ma che è funzionale a evitare che ci sia, in una stagione di riforme così importante e significativa, una soluzione di continuità nella guida degli uffici e in particolare degli uffici della Corte di Cassazione; è molto importante, invece, che a gestire questa fase di cambiamento sia una funzione apicale, in continuità appunto con quelle che ci sono oggi.
  Interveniamo poi sull'efficienza degli uffici giudiziari, attraverso strumenti che consentano la copertura sollecita di posti vacanti, interveniamo quindi con la possibilità di estendere le graduatorie agli idonei, nei concorsi in magistratura, oltre i posti messi a concorso, entro il limite del 10 per cento dei posti messi a concorso, cioè se gli idonei sono in misura superiore rispetto ai posti messi a concorso, con questa norma noi consentiamo che, nel limite del 10 per cento dei posti messi a concorso, quegli idonei possono assumere un incarico, il che, tradotto in termini concreti, significa, secondo le proiezioni, 30 magistrati in più che entreranno a coprire appunto gli uffici vacanti nei prossimi mesi, con i prossimi concorsi.
  La riduzione del tirocinio formativo da 18 a 12 mesi: anche questo avrà un effetto per almeno 300 magistrati, che entreranno in servizio prima di quanto non sarebbe stato possibile con le norme attuali.
  E ancora: il divieto di assegnazione di personale amministrativo da uffici di sorveglianza ad altri uffici giudiziari, questo perché noi sappiamo che oggi il tribunale di sorveglianza è stato dotato di competenze e ruoli molto significativi ed è assolutamente necessario dotarlo di mezzi e strumenti e non privarlo di mezzi e strumenti che sono necessari ad assolvere i compiti che oggi è destinato appunto ad assolvere.
  E poi il processo amministrativo, anche qui interventi che sono chiaramente necessari e anche dotati credo del requisito dell'urgenza: l'introduzione del processo amministrativo telematico, è vero, è rinviata al 2017, ma con questo provvedimento si estendono e si armonizzano le norme del processo civile telematico, quindi quelle già entrate in vigore, quelle sulle quali questo Governo e questa maggioranza hanno puntato fortemente per Pag. 73snellire, per rendere più celeri i tempi, per rendere meno complesso l'iter procedimentale, quell'iter, quel processo civile telematico che sta cominciando a funzionare, che ha consentito di ridurre i tempi, che ha consentito anche di ridurre il carico di lavoro delle cancellerie e degli uffici anche degli avvocati; quelle norme vengono estese al processo amministrativo, con un grande investimento non solo appunto in termini di obiettivi che si assegnano al processo amministrativo, al processo telematico, ma con un grande investimento anche di risorse, perché ricordo che questo Governo al processo telematico ha destinato quest'anno 150 milioni aggiuntivi rispetto a quelli che gli erano già stati destinati in passato, quindi significa che su questo stiamo puntando molto ed estendere al processo amministrativo il processo telematico è un altro di quei tasselli di una riforma della giustizia coerente, efficiente ed efficace e non basata su massimi sistemi, ma molto concreta.
  In più, per garantire che il processo telematico nella dimensione amministrativa funzioni, in questo decreto è prevista anche l'assunzione di ulteriore personale amministrativo, che dovrà essere impiegato proprio per la funzione di assistenza degli uffici giudiziari nell'implementazione dei sistemi del processo telematico.
  E in più, introduciamo anche nel processo amministrativo uno dei capisaldi della riforma del processo civile, che sono stati inseriti nel progetto di legge delega che abbiamo già approvato alla Camera e che oggi è pendente al Senato e cioè l'ufficio del processo, ufficio del processo che in ambito civile sta cominciando a funzionare: è secondo noi un buon modo per cercare di snellire il lavoro dell'organo giudicante, garantendo un lavoro di back office per l'organo giudicante, un po’ quello che negli studi legali fanno i collaboratori, gli aiutanti, i praticanti avvocati.
  Ecco, un ufficio del processo può fare questo lavoro di sgrossatura, di studio, di redazione delle minute che può aiutare i giudici a snellire e velocizzare il loro lavoro.
  Inserire e introdurre l'ufficio del processo anche nel processo amministrativo rappresenta, a nostro modo di vedere, un ulteriore tassello nella riforma appunto degli uffici giudiziari e dell'organizzazione della giustizia, che è un tassello fondamentale nella riforma complessiva della giustizia.
  Io credo quindi che questo provvedimento sia un provvedimento che ha obiettivi concreti, ben delineati, individua soluzioni che io credo siano efficaci nel cercare di aggredire i nodi del malfunzionamento del sistema giustizia nel nostro Paese e voglio anche sottolineare che anche in questo provvedimento, sia pure per importi modesti, vi sono risorse aggiuntive per la giustizia. Si tratta ovviamente di importi non ingenti, ma è un ulteriore segnale che quando si intende affrontare in maniera adeguata il problema della riforma giustizia, lo si fa anche con la forza di risorse economiche aggiuntive, che possono aiutare le riforme a camminare, perché sappiamo benissimo che senza risorse le riforme fanno più fatica a camminare. In questo caso noi, con l'introduzione di strumenti normativi che consentono l'ingresso di almeno 30 magistrati aggiuntivi, che vanno a coprire posti vacanti, con la riduzione del periodo di tirocinio, che consente ad almeno 300 magistrati di entrare in servizio prima, con risorse che consentono l'assunzione di personale amministrativo per le cancellerie e gli uffici giudiziari e dei tribunali amministrativi, io credo che con queste misure, che sono anche appunto supportate da un congruo stanziamento economico, noi mettiamo in campo interventi che possono essere davvero funzionali ed efficaci per garantire l'obiettivo che abbiamo a cuore e che stiamo perseguendo con grande caparbietà e anche con risultati non trascurabili, che è quello di una riforma della giustizia che garantisca al nostro Paese di confrontarsi in maniera più adeguata con i sistemi che sono paragonabili al nostro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

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  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Sannicandro. Ne ha facoltà.

  ARCANGELO SANNICANDRO. Signora Presidente, signor sottosegretario e signori colleghi, ottantunesimo decreto-legge emanato, come antica tradizione, anche nel bel mezzo dell'estate. Siamo chiamati a convertirlo e come al solito, nel fare questa operazione, aggraviamo l'incostituzionalità dello stesso decreto-legge.
  Ormai per me sta diventando una sorta – non voglio usare una brutta parola – di fissazione, perché mi ribello al fatto che ormai, come ha detto il Presidente Napolitano, si sta riducendo il Parlamento a uno straccio, se non ricordo male, ha proprio detto così.
  E soprattutto questo avviene quando è in atto una controriforma costituzionale, che andrà a referendum, in cui appunto si vuole dare il colpo di grazia, sostanzialmente, alla democrazia, attraverso la controriforma stessa.
  Ora si abusa dei decreti-legge: quando lo diciamo noi, modesti deputati, si grida allo scandalo, si fa spallucce. Però, avendo partecipato alle riunioni della Commissione, in cui abbiamo audito i vertici della magistratura ordinaria, della magistratura contabile e della magistratura amministrativa, abbiamo ascoltato in quell'occasione parole pesanti. Così, riporto uno stralcio di qualcuna di quelle dichiarazioni: segretario generale dell'Associazione nazionale magistrati: «Siamo già intervenuti sulle norme più importanti e di maggiore impatto per l'attività degli uffici (la proroga di alcuni pensionamenti, l'aumento del termine di legittimazione per i trasferimenti, la riduzione del tirocinio dei magistrati di prima nomina) evidenziando la nostra ferma contrarietà con riferimento alle modalità di adozione del provvedimento. Si tratta di materie ordinamentali, da un lato, eterogenee tra di loro e, dall'altro, aventi profili di particolare delicatezza, che riteniamo avrebbero meritato un percorso diverso, connotato anche da interlocuzioni istituzionali con i vari attori, tra cui la stessa Associazione nazionale magistrati, e certamente più meditato, e non di essere affrontate con lo strumento del decreto-legge estivo. Tuttavia, è soprattutto il merito del provvedimento che non ci convince, sul quale siamo contrari. Se la ratio dell'intervento legislativo è quella di razionalizzare e rendere più efficace l'attività degli uffici giudiziari e se ogni intervento legislativo deve essere connotato dalla ragionevolezza, non possiamo non sottolineare che il decreto-legge n. 168 del 2016 – che è quello, appunto, che siamo chiamati a convertire – ci sembra non presentare nessuna di queste imprescindibili caratteristiche. Il metodo ed il merito del provvedimento hanno disorientato i magistrati italiani, perché non solo non si riescono ad individuare quei profili che mirino al miglioramento della situazione degli uffici giudiziari, che, come tutti in quest'Aula sappiamo, di problemi ne hanno tanti, ma ha provocato e provocherà una serie di conseguenze negative».
  Questa opinione è stata espressamente condivisa dai rappresentanti della magistratura contabile e dai rappresentanti della magistratura amministrativa. Ora, la cosa, come dire, curiosa, in questa occasione, è che, nonostante questi ammonimenti, la Commissione o, meglio, la maggioranza della Commissione li ha, letteralmente – scusate l'espressione – buttati nel cestino – abbiamo avuto delle relazioni scritte e quindi si può ben dire: buttate nel cestino – e poi abbiamo provveduto, come se nulla fosse, a mettere in piedi 6, 7 pagine ulteriori, in sede di conversione, di un articolato su cui gli auditi non si erano mai pronunciati, perché non ne erano a conoscenza loro, come non ne eravamo a conoscenza noi. Questo decreto, infatti, in sede di conversione, interviene modificando una larga parte del codice di procedura civile per quanto riguarda, in particolare, l'impugnazione davanti alla Cassazione. Infatti, si modificano l'articolo 375 del codice di procedura civile, l'articolo 376, l'articolo 377, l'articolo 379, l'articolo 380, l'articolo 380-bis, l'articolo 380-bis n. 1, l'articolo 300-ter, l'articolo 390, l'articolo 391, l'articolo 391-bis e potrei ancora continuare. Quindi, con un Pag. 75frettoloso emendamento, introdotto in Commissione, non dico furtivamente, ma posso dire anche velocemente, fulmineamente, noi, oggi, dobbiamo, in sede di conversione, modificare profondamente il codice di procedura civile per quanto riguarda l'attività giudiziaria della Cassazione. Vi sembra una cosa normale ? Sembra una cosa normale ? Io sfido quest'Aula, laddove ci sono magistrati e avvocati e gente che mastica questa materia, a riferire velocemente qual è la portata di queste modifiche.
  Sono convinto che se non avessimo il testo a disposizione non ne potremmo parlare, proprio perché si tratta di una materia complessa che provocherà, certamente, un contenzioso o, meglio, un'attività di interpretazione ex novo, perché si tratta di materia nuova, il che va proprio contro l'obiettivo dell'efficienza dell'attività della giustizia, perché si tratta con queste nuove norme di ripercorrere processi giurisprudenziali che, probabilmente, avevano raggiunto una certa stabilità. Ma sono stato un po’ a guardarmi questi singoli articoli del codice di procedura civile e come può fare chiunque, consultando le note in calce, ho visto che si tratta di articoli già manipolati parecchie volte e non nel giro di decenni, nel giro, al massimo, di 5 o 6 anni, soprattutto nel 2006, nel 2009 e addirittura nel 2013. Sarebbe interessante far fare una ricerca a qualcuno per esaminare questo fenomeno: come mai il Parlamento italiano è così instabile nelle sue decisioni. Come mai lo stesso Ministero, la cultura dello stesso Ministero non ha tregua, non ha pace, perché norme che hanno una vita di appena due o tre anni vengono così velocemente modificate, se non addirittura abrogate ? Non dimentichiamo che con questo decreto-legge noi abroghiamo anche una norma che abbiamo approvato, appena appena, nel mese di luglio ultimo scorso, a distanza, cioè, di un mese. Questo che cosa sta a significare ? Sta a significare che questo Governo, questa maggioranza, oltre a trovarsi a proprio agio nella illegalità costituzionale, non hanno certo una competenza tecnica adeguata, se è vero che gli stessi magistrati e gli operatori del diritto non fanno sconto alcuno, non soltanto dal punto di vista del metodo, ma anche dal punto di vista del merito. Badate, sia chiaro, come abbiamo già detto in Commissione, che non è che recepiamo le osservazioni della magistratura in toto e in modo supino, però è evidente che quando la magistratura nei suoi vertici associativi sostiene che si tratti di un decreto incostituzionale, permettete che non possiamo che compiacerci di questa condivisione. È dal 1995 che la Corte costituzionale ha stabilito che un decreto-legge non può essere emanato in violazione degli articoli della Costituzione che ne stabiliscono i limiti, limiti al Governo, limiti al potere della maggioranza e la Corte costituzionale ha più volte chiarito che in sede di conversione non si possono sanare gli eventuali vizi del decreto-legge, perché tecnicamente loro parlano di vizio in procedendo. È questa la ragione per la quale noi in Commissione abbiamo presentato pochissimi emendamenti, emendamenti relativi esclusivamente al decreto-legge e non abbiamo introdotto anche noi degli emendamenti sostitutivi che allargassero l'ambito di applicazione della normativa in questione. Ed è anche questa la ragione per la quale noi, in questa occasione, abbiamo presentato pochissimi emendamenti, perché c’è un malvezzo in quest'Aula, di cui i colleghi del MoVimento 5 Stelle sono grandi protagonisti, per cui da un lato si solleva un gran clamore, si urla, si strepita, ci si indigna per questa ripetuta violazione della Costituzione da parte della maggioranza e da parte del Governo e, poi, tranquillamente, come se nulla fosse successo, si presentano degli emendamenti. Io vorrei fare il provocatore, ma se fossi in maggioranza accetterei talvolta questi emendamenti della minoranza per compiacermi, beffardamente e diabolicamente, di questa loro contraddizione. È questo a cui noi, probabilmente, assisteremo anche domani, in quest'Aula, perché mi è stato detto che sarebbero stati presentati un centinaio di emendamenti su questi dodici articoli. Per me è uno scandalo, è uno Pag. 76scandalo dal punto di vista della tecnica legislativa: non è possibile che, in occasione di un decreto-legge, si propongano norme in cui si inserisce tutto lo scibile umano, in materia di – in questo caso – criticità del pianeta giustizia. Questo lo dico perché il Parlamento, se vuole riacquistare la propria dignità, deve stare molto attento al modo di comportarsi e non può dissociarsi, così come noi qui, ormai da parecchio tempo, facciamo, da un lato rivendicando una certa dignità offesa e, dall'altro lato, noi stessi umiliando quella dignità che lamentiamo che è stata offesa nel merito. Velocemente, sì, vedo che la Presidente mi guarda...

  PRESIDENTE. Ha trenta minuti e ha intenzione di utilizzarli, onorevole Sannicandro...

  ARCANGELO SANNICANDRO. No, no, Presidente ! Ho promesso...

  PRESIDENTE. È un suo diritto...

  ARCANGELO SANNICANDRO. Ho promesso a me stesso che...

  PRESIDENTE. Soprattutto al suo vicino !

  ARCANGELO SANNICANDRO. Esattamente ! Dico alcune parole nel merito, poi domani, semmai, articolo per articolo saremo più esaustivi.
  Guardate, leggo soltanto i titoli. Leggo i titoli per dirvi, appunto, che non c'era bisogno di un decreto-legge. Non c'era bisogno, soprattutto perché non sono fenomeni, come dire, eventi straordinari su cui si interviene, per esempio: applicazione temporanea di magistrati dell'ufficio del massimario alle sezioni della Corte di cassazione. Nel 2013 siamo intervenuti su questo. Nel 2013 siamo già intervenuti su questo, con riferimento ai giudici di tribunale, eccetera. E comunque, che la Corte di cassazione fosse gravata di un contenzioso mostruoso, ma lo scopriamo adesso ? E quando siamo intervenuti nel 2013, o nel 2011, o nel 2009, dove stavamo, dove stava il Ministero, dove stavano gli uffici del Ministero ?
  Tirocini formativi presso la Corte di cassazione e la Procura generale: anche qui siamo già intervenuti, limitando, nel passato, che si potesse svolge un tirocinio formativo presso la Corte di cassazione o la Procura generale. E adesso cos’è cambiato ? È cambiato che non abbiamo saputo all'epoca prevedere che anche la Cassazione avesse bisogno di un ausilio di questa misura ?
  Misure per accelerare la copertura degli uffici giudiziari: una norma banale, tutto sommato, da un punto di vista organizzativo, in cui si dice che gli idonei potranno assumere l'incarico anche se non sono stati ancora messi a concorso i posti. Anche questa, norma di ordinaria amministrazione che si poteva tranquillamente adottare tantissimi anni fa, se si vuole.
  Limitazioni alla mobilità dei magistrati: anche questa è una norma straordinaria, una norma ordinaria che si poteva fare in ogni luogo e in ogni tempo del passato.
  Limitazioni alla mobilità del personale non dirigenziale dell'amministrazione della giustizia; proroga del trattenimento in servizio di alcuni magistrati della Corte di Cassazione: questa è la novità, ma questa è la novità che ha suscitato quel clamore, che tutti quanti sapete e su cui non mi soffermo perché già altri colleghi ne hanno parlato e comunque, semmai, domani riprenderemo. Poi, questo articolo 5 ha già il suo corrispondente, il suo omologo nell'articolo 10... sì, non mi fate cenno, mi avvio velocemente alla conclusione.
  Quindi, tutte norme, come noi vediamo, in un certo senso dal punto di vista della efficienza e della amministrazione della giustizia del tutto banali e, comunque, norme che, come dire, intervengo a monte dei problemi, a dimostrazione ulteriore che non c’è una programmazione. Faccio un esempio banale e chiudo veramente: è vero che questo Governo, che questo Ministro, è il caso di dire, si sta sforzando per aumentare un po’ l'occupazione nel campo della giustizia.Pag. 77
  Però, vorrei sapere: a fronte di queste deficienze di organico dei magistrati contabili, dei magistrati amministrativi, dei magistrati ordinari, delle cancellerie, dei dirigenti, eccetera, questa goccia nel mare, che voi avete buttato, quando sarà seguita almeno da un'altra goccia ? Non voglio dire da chissà quale onda d'urto, ma si può sapere quando le carenze di organico saranno completate ? C’è, nella mente del Ministro, del Ministero, di chi ha la competenza, un piano per queste cose o continuiamo ancora a navigare a vista con delle misure eccezionali ? Questo è il problema. Perché per andare alla giornata, come dire, potremmo sostanzialmente essere in grado un pochino tutti di farlo.
  Quindi, noi domani andremo nel merito, ma, come ho già detto, noi non intendiamo essere complici di questo Governo e guarderei con sospetto il momento in cui dovessero accettare un nostro emendamento, diciamola così, per farci capire, perché noi non intendiamo più collaborare, involontariamente o volontariamente, con questo Governo, partecipando alla attività emendativa, soppressiva, modificativa, di decreti-legge che, con tutta evidenza, sono contro la Costituzione italiana (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana – Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Sandra Savino. Ne ha facoltà.

  SANDRA SAVINO. Signora Presidente e onorevoli colleghi, il testo all'esame in quest'Aula si presenta come l'ennesimo intervento in tema di giustizia dal carattere di necessità ed urgenza, con il solito slogan inserito all'interno del titolo che parla di definizione del contenzioso e di efficienza degli uffici giudiziari. Ebbene, per definire il contenzioso e per rendere efficace il sistema giustizia, l'unico intervento di cui è capace di Governo è quello della proroga di norme già esistenti, che sostanzialmente prevedono il mantenimento in servizio dei vertici del nostro sistema giudiziario.
  È il caso di rilevare, come necessaria premessa di metodo, che la materia giustizia non può essere certamente una materia caratterizzata da urgenza, date le carenze strutturali di un sistema che, ancora oggi, non riesce ad essere al servizio del cittadino. In questa legislatura abbiamo assistito, invece, ad interventi occasionali, a misure tampone, che non hanno neanche l'ambizione di incidere in profondità sui problemi e che rappresentano, a voler essere ottimisti, dei puri e semplici palliativi. Magari ci sono stati anche interventi di buonsenso, su cui Forza Italia si è confrontata, non contrapponendo mai un atteggiamento contrario a prescindere.
  Purtroppo, anche in presenza di misure opportune, i provvedimenti di questo Governo sono sempre stati privi di vocazione riformatrice. D'altra parte, a furia di decreti-legge e norme tappabuchi, è stato impossibile avere un quadro chiaro della strategia e della visione dell'Esecutivo in tema di giustizia. E questo in fondo non sorprende, alla luce delle ormai note caratteristiche delle riforme renziane: grandi annunci, grandi proclami e poi, al momento concreto, appare evidente come le previsioni contenute nelle tanto sbandierate riforme abbiano una impossibilità tecnica di applicazione, registrino dei ritardi gravissimi e soprattutto, poi, deludano le aspettative alimentate dalla politica degli annunci.
  Inoltre – e questo francamente è sconfortante – vari interventi sono stati inseriti in provvedimenti di diversa natura: cosa che ci fa capire come la giustizia sia considerata un tema residuale o che, comunque, non vede un accordo condiviso all'interno della maggioranza che sostiene l'Esecutivo, come dimostrano le vicende che caratterizzano il dibattito attualmente in corso al Senato. Ed è ancora più sconfortante il fatto che diversi interventi urgenti riguardino sempre gli stessi temi: mi riferisco, ad esempio, al procedimento amministrativo telematico presente all'interno del provvedimento al nostro esame. Su questo tema si era, infatti, intervenuti con il decreto-legge 30 giugno 2016, n. 117, ovvero solo poco pochi mesi fa. Questo dimostra un'evidente incapacità di Pag. 78programmazione da parte del Governo, nonché una totale confusione sul tema specifico. Già in sede di discussione del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 117 del 2016, che prorogava appunto l'entrata in vigore delle nuove norme sul processo telematico, avevamo denunciato il bluff di un Governo che non ha supportato con le misure che erano di sua competenza e di sua spettanza l'effettiva e concreta entrata in vigore delle disposizioni previste dal nuovo processo telematico. Ma ripeto: non ci sorprendiamo, perché questo è lo spirito delle riforme renziane.
  Come abbiamo avuto modo di argomentare, anche nel corso del dibattito sulle questioni pregiudiziali presentate, noi non siamo affatto contrari agli interventi in corso d'opera che diano maggiore efficienza alla giustizia; e probabilmente questo tipo di provvedimento, con riferimento alla proroga di taluni incarichi, può cogliere nel segno dell'efficienza, della valutazione del carico e di valutazioni di merito che appartengono a situazioni procedimentali.
  Ciò che non va bene è l'utilizzo arbitrario del decreto-legge, ed il tradizionale atteggiamento ondivago di questo Governo sul tema giustizia, che si traduce anche in pesanti errori di valutazione: come quello da noi denunciato in merito alla modifica del termine per il trasferimento dei magistrati da un ufficio all'altro, dai tre ai quattro anni, che non teneva affatto conto dei diritti acquisiti. La Commissione giustizia ha poi corretto il tiro, in parte recependo emendamenti presentati dal gruppo di Forza Italia, ed ha almeno in parte superato la fortissima criticità del testo originale del decreto-legge.
  Nel dibattito in Aula dei prossimi giorni, e più in generale come atteggiamento del Governo, ci auguriamo un approccio più meditato, più consono e più incline a valutare non in modo affrettato i problemi della giustizia, per soddisfare le aspettative degli imprenditori, degli operatori commerciali, dei cittadini, che hanno il diritto di ricevere una giustizia improntata sempre più al principio della effettività della tutela e della tempestività della decisione.

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche – A.C. 4025-A)

  PRESIDENTE. Prendo atto che i relatori rinunciano alla replica; peraltro avevano finito il tempo.
  Prendo atto che anche il rappresentante del Governo rinuncia a replicare.
  Il seguito del dibattito è rinviato alla seduta di domani, mercoledì 5 ottobre, a partire dalle ore 10.

Proposta di trasferimento a Commissione in sede legislativa di una proposta di legge (ore 20,48).

  PRESIDENTE. Comunico che sarà iscritta all'ordine del giorno della seduta di domani l'assegnazione, in sede legislativa, della seguente proposta di legge, della quale la II Commissione, cui era stata assegnata in sede referente, ha chiesto, con le prescritte condizioni, il trasferimento alla sede legislativa, che proporrò alla Camera a norma del comma 6 dell'articolo 92 del Regolamento: alla II Commissione (Giustizia): Ferranti ed altri: «Modifiche all'articolo 609-septies del codice penale, concernenti il regime di procedibilità del delitto di atti sessuali con minorenne» (3862).
  A tale proposta di legge è abbinata la proposta di legge Brignone ed altri: «Modifiche al codice penale concernenti il regime di procedibilità del delitto di atti sessuali con minorenne» (3939).

Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Pag. 79

  Mercoledì 5 ottobre 2016, alle 10:

  (ore 10 e ore 16,15)

  1. – Seguito della discussione del disegno di legge:
   Conversione in legge del decreto-legge 31 agosto 2016, n. 168, recante misure urgenti per la definizione del contenzioso presso la Corte di cassazione, per l'efficienza degli uffici giudiziari, nonché per la giustizia amministrativa (C. 4025-A).
  — Relatori: Ermini, per la maggioranza; Sarti, di minoranza.

  2. – Seguito della discussione della proposta di legge:
   GIACHETTI ed altri: Disposizioni in materia di legalizzazione della coltivazione, della lavorazione e della vendita della cannabis e dei suoi derivati (ai soli fini della deliberazione sul rinvio in Commissione) (C. 3235).

  3. – Assegnazione a Commissione in sede legislativa della proposta di legge n. 3862 ed abbinata.

  (ore 15)

  4. - Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

PROPOSTA DI LEGGE DI CUI SI PROPONE L'ASSEGNAZIONE A COMMISSIONE IN SEDE LEGISLATIVA

  alla II Commissione (Giustizia):
   FERRANTI ed altri: «Modifiche all'articolo 609-septies del codice penale, concernenti il regime di procedibilità del delitto di atti sessuali con minorenne» (3862).
   A tale proposta di legge è abbinata la proposta di legge BRIGNONE ed altri: «Modifiche al codice penale concernenti il regime di procedibilità del delitto di atti sessuali con minorenne» (3939).

  La seduta termina alle 20,50.

TESTO DEGLI INTERVENTI DI CUI È STATA AUTORIZZATA LA PUBBLICAZIONE IN CALCE AL RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA ODIERNA: DAVID ERMINI (A.C. 4025-A).

  DAVID ERMINI. (Relazione per la maggioranza – A.C. 4025-A).
  Il disegno di legge in esame è diretto a convertire in legge il decreto legge 31 agosto 2016, n. 168, recante misure urgenti per la definizione del contenzioso presso la Corte di cassazione, per l'efficienza degli uffici giudiziari, nonché per la giustizia amministrativa.
  Il decreto-legge nella sua formulazione originaria si compone di dodici articoli suddivisi in tre capi: il Capo I, recante misure urgenti per la definizione del contenzioso presso la Corte di cassazione e per l'efficienza degli uffici giudiziari, il Capo II relativo a misure urgenti per la giustizia amministrativa ed il Capo III sulle disposizioni finanziarie e finali.
  Nel corso dell'esame in sede referente la Commissione ha apportato alcune modifiche al testo, tutte riconducibili alla ratio dominante del decreto-legge considerato nel suo complesso. A seguito di tale modifiche, il decreto si compone di quattordici articoli, sempre suddivisi i tre Capi.
  L'istruttoria legislativa si è incentrata su una indagine conoscitiva che ha visto coinvolte le associazioni di categoria interessate direttamente dal provvedimento e che è stata l'occasione per approfondire tutte le questioni poste dal decreto. In particolare, sono stati sentiti i rappresentanti dell'Associazione nazionale magistrati, dell'Associazione tra i magistrati del Consiglio di Stato, dell'Associazione magistrati della Corte dei conti, del Coordinamento per una nuova magistratura amministrativa, dell'Associazione nazionale magistrati amministrativi, dell'Associazione nazionale magistrati della giustizia amministrativa e del Consiglio nazionale forense.
  Prima di passare all'esame degli articoli e, quindi, per meglio comprenderne la portata, ritengo opportuno illustrare la Pag. 80ratio dominante del decreto legge. Questa, tenuto conto delle disposizioni che compongono il decreto-legge, deve essere individuata nell'esigenza di: a) ridurre i tempi di esame del contenzioso civile in Cassazione; b) ridurre i tempi di copertura dell'organico della magistratura ordinaria; c) assicurare la funzionalità degli uffici giudiziari prevedendo un maggiore periodo di permanenza del magistrato nella sede assegnata, e riducendo i casi di assegnazione, comando o distacco del personale amministrativo presso altre pubbliche amministrazioni; d) assicurare, attraverso disposizioni processuali l'aumento dell'organico del personale amministrativo, l'efficienza del processo amministrativo con riferimento al processo telematico ed un supporto all'attività dei magistrati attraverso strutture organizzate all'interno degli uffici di segreteria.
  Nel corso della relazione vorrei soffermarmi sulle questioni di maggiore rilevanza poste dal decreto nonché sulle modifiche apportatevi dalla Commissione.
  Per quanto attiene al Capo I, questo, in primo luogo, intervenire sull'organizzazione dell'organico della Corte di cassazione per potenziarlo e stabilizzarne momentaneamente i vertici. A tal fine, l'articolo 1 consente al Presidente della Corte di applicare temporaneamente alcuni magistrati dell'Ufficio del massimario e del ruolo alle sezioni della Cassazione, per lo svolgimento di funzioni giurisdizionali di legittimità; l'articolo 2 consente lo svolgimento dei 18 mesi di tirocinio formativo dei laureati in giurisprudenza anche presso la Corte di cassazione e la Procura generale presso la Corte di cassazione, uffici giudiziari che sino ad oggi erano esclusi; l'articolo 5 proroga sino al 31 dicembre 2017 il trattenimento in servizio dei magistrati ordinari che svolgono funzioni apicali, direttive superiori e direttive presso la Corte di Cassazione e la Procura generale della Corte di Cassazione e abbassa da 4 a 3 il numero degli anni residui di servizio richiesti come ancora disponibili prima della pensione per coloro che aspirino alla nomina a Primo presidente della Corte di cassazione e di Procuratore generale della Corte di cassazione.
  Il Capo I, inoltre, introduce misure di efficienza per gli uffici giudiziari volte principalmente a garantire la celere copertura degli uffici vacanti. A tal fine i commi da 2 a 5 dell'articolo 2 intervengono sulla disciplina del concorso per magistrato ordinario, consentendo la nomina degli idonei anche al di là del numero di posti banditi a concorso, in ragione delle effettive esigenze di copertura degli uffici e riducono in via eccezionale la durata del tirocinio dei magistrati che saranno nominati a seguito dei concorsi già banditi (nel 2014 e nel 2015), per consentire loro di svolgere quanto prima le funzioni giudiziarie; la disposizione consente inoltre anche ai magistrati di prima nomina di svolgere le funzioni monocratiche penali; l'articolo 3 subordina il trasferimento del magistrato ordinario ad altra sede (o l'assegnazione ad altre funzioni), ad un periodo di permanenza quadriennale (in luogo del precedente termine di 3 anni) nella sede precedente; l'articolo 4, commi 2-3, riguarda tutto il personale non dirigenziale del Ministero della giustizia e vieta, fino al 31 dicembre 2019, che tale personale possa essere comandato, distaccato o assegnato ad altre amministrazioni; l'articolo 4, comma 1, prevede che il personale amministrativo assegnato agli uffici di sorveglianza non possa essere destinato temporaneamente ad altri uffici del distretto di appartenenza senza il nulla-osta del presidente del tribunale di sorveglianza; l'articolo 6 interviene sul ruolo organico della magistratura ordinaria per ridurre di 52 unità i magistrati con funzioni direttive di merito di primo grado e aumentare in misura corrispondente il numero di magistrati con funzioni giudicanti e requirenti di merito di primo e di secondo grado non direttivi. La relazione illustrativa specifica che i 52 posti aggiunti nel ruolo dei magistrati che non svolgono funzioni direttive serviranno a incrementare la pianta organica della magistratura di sorveglianza.Pag. 81
  Rispetto al Capo I, la Commissione Giustizia ha apportato alcune modifiche testuali ed ha introdotto un nuovo articolo avente ad oggetto il procedimento in Cassazione.
  La prima modifica ha riguardato la disposizione sull'applicazione temporanea di alcuni magistrati dell'Ufficio del massimario e del ruolo alle sezioni della Cassazione, per lo svolgimento di funzioni giurisdizionali di legittimità (articolo 19. In particolare, al fine di garantire una professionalità adeguata alle nuove funzioni da svolgere e di evitare incarichi sine die, sono state poste due delimitazioni: la prima volta prevedere che i magistrati applicati abbiano conseguito almeno la terza valutazione di professionalità, la seconda è consistita nella fissazione a tre anni del periodo massimo di applicazione, prevedendo anche la non rinnovabilità.
  La seconda ha riguardato l'introduzione di un articolo volto a disciplinare il procedimento in Cassazione, al fine di affrontare le criticità, manifestatesi anche in occasione delle più recenti riforme, dell'attuale disciplina del procedimento di cassazione e di offrire un contributo alla soluzione del problema dell'arretrato, particolarmente grave presso la Corte di legittimità. Le modifiche apportate al codice di rito mirano a semplificare il processo di cassazione e, quindi, a ridurre i tempi occorrenti per la definizione dei ricorsi.
  La prima innovazione è costituita dalla generalizzazione della trattazione in camera di consiglio dei ricorsi assegnati alle sezioni semplici. La proposta mutua gli obiettivi dei criteri di delega contenuti nel DDL di delega al Governo recante disposizioni per l'efficienza del processo civile, approvato, in prima lettura, dalla Camera dei deputati e attualmente in corso di esame al Senato della Repubblica. È constatazione diffusa presso gli operatori del settore che la maggior parte dei ricorsi (anche di quelli costituenti lo stock di arretrato negli archivi delle sezioni) si risolve nella richiesta di un terzo grado di giudizio, senza involgere questioni di diritto di interesse generale. In questi casi è opportuno che il lavoro della Corte sia agevolato attraverso l'eliminazione della fase, attualmente necessitata, dell'udienza, e che nel contempo si imprima una accelerazione alla definizione dei ricorsi. Rimane salva, ovviamente, la possibilità di trattare in pubblica udienza – sia su iniziativa dell'ufficio, sia su sollecitazione delle parti e del pubblico ministero – quei ricorsi assegnati alle sezioni semplici che, invece, presentino una questione di diritto di particolare rilevanza, ad esempio perché la questione è nuova ovvero perché si tratta di garantire l'evoluzione del diritto o l'uniformità della giurisprudenza.
  Al procedimento camerale dinanzi alle sezioni semplici è dedicato il nuovo articolo 380-bis.1 cod. proc. civ. Il pubblico ministero e le parti possono interloquire per iscritto durante l'iter formativo della decisione: al primo dandosi la facoltà di depositare in cancelleria la requisitoria almeno venti giorni prima dell'adunanza in camera di consiglio; per gli avvocati delle parti prevedendosi la possibilità di depositare le loro memorie non oltre dieci giorni prima dell'adunanza in camera di consiglio.
  Il secondo intervento, riguardante il procedimento per la definizione dei ricorsi dinanzi alla Sesta Sezione civile, intende attuare una radicale revisione del giudizio camerale ex articolo 380-bis cod. proc. civ. L'articolato è diretto (con il nuovo primo comma dell'articolo 380-bis) all'eliminazione della relazione del consigliere; relazione contenente la concisa esposizione delle ragioni che possono giustificare la pronuncia nel senso della inammissibilità, della manifesta infondatezza o della manifesta fondatezza. In luogo della relazione – che rappresenta l'ostensione alle parti dell'opinione del relatore e del progetto di decisione da lui divisato e che nella pratica si è rivelata un fattore di rallentamento del procedimento decisorio e della capacità di smaltimento delle sopravvenienze ad opera della Corte – l'intervento prefigura, sul modello della disciplina dettata dall'articolo 610 cod. proc. pen., che sia il decreto del presidente della sezione che fissa la camera di consiglio a contenere l'enunciazione della ipotesi-filtro ravvisata Pag. 82(inammissibilità, manifesta infondatezza o manifesta fondatezza). Anche nel procedimento dinanzi alla sesta sezione che qui si propone è data alle parti la possibilità di esercitare il diritto di difesa per iscritto attraverso il deposito di memorie; e – anche qui – la Corte è chiamata a giudicare in camera di consiglio senza intervento dei difensori, analogamente a quanto avviene nel processo penale dinanzi alla Settima Sezione con l'articolo 611 cod. proc. pen.
  La distinzione proposta, a seconda che la non sussistenza delle ipotesi di cui all'articolo 375 n. 1 e 5 sia evidente o meno evidente, nel senso che se è evidente la causa viene subito rimessa alla sezione semplice (articolo 376, secondo periodo), se tale evidenza emerge solo in sede di adunanza camerale, la causa viene rimessa alla pubblica udienza della sezione semplice (articolo 380-bis, terzo comma), risponde all'esigenza di evitare che una causa avviata con il rito proprio della «apposita sezione» di cui all'articolo 376 (sesta sezione civile della Corte, articolo 380 bis, primo e secondo comma) e conseguente adunanza camerale presso tale sezione, sia rimessa alla sezione semplice con un diverso rito camerale.
  Un terzo intervento intende estendere i casi di definizione del procedimento mediante ordinanza, con conseguente incentivazione di forme sintetiche di motivazione.
  La generalizzazione della ordinanza, quale provvedimento emesso in esito alla pure generalizzata adunanza camerale può fornire un utile contributo nella direzione del perseguimento di una motivazione essenziale e funzionale alla decisione, aiutando a superare modelli culturali consolidati che si sono formati nella redazione della tradizionale sentenza.
  Gli altri interventi proposti hanno carattere di completamento e possono così sintetizzarsi: quando ricorre la necessità di integrare il contraddittorio o di disporre che sia eseguita o rinnovata la notificazione dell'impugnazione (n. 2 del primo comma dell'articolo 375), la prassi ha dimostrato che l'adozione del rito camerale comporta un allungamento dei tempi processuali; si propone, pertanto, la competenza monocratica del presidente (proposta di modifica dell'articolo 377); con la soppressione del n. 3 del primo comma dell'articolo 375, si elimina una disposizione priva di efficacia precettiva, essendo regolata dagli artt. 390 e 391, che si è provveduto a raccordare con la proposta di riforma; venuta meno la relazione ex articolo 380-bis, i regolamenti di competenza e di giurisdizione (n. 4 del primo comma dell'articolo 375 cod. proc. civ.) non sono più affidati all'alternativa tra relazione del consigliere relatore e requisitoria scritta del pubblico ministero, ma sono avviati alla definizione camerale non partecipata esclusivamente sulla base delle conclusioni scritte del pubblico ministero;
come nei procedimenti camerali è previsto che il pubblico ministero depositi le sue conclusioni prima che le parti depositino la loro memoria, così si propone che, nella pubblica udienza, il procuratore generale esponga prima dei difensori le sue conclusioni.
  L'articolo 2 è stato modificato nella parte relativa al tirocinio dei magistrati. Al fine di contrarre i tempi di copertura delle vacanze nell'organico degli uffici giudiziari, il comma 3 originario riduceva, in deroga a quanto previsto dal decreto legislativo n. 26 del 2006, da diciotto a dodici mesi la durata del tirocinio dei magistrati dichiarati idonei all'esito di concorsi banditi negli anni 2014 e 2015 e successivamente nominati. Conseguentemente sono rimodulati i periodi di durata delle sessioni in cui si articola il tirocinio, prevedendo due mesi presso la Scuola Superiore della magistratura e dieci mesi presso gli uffici giudiziari. La Commissione, anche alla luce delle audizioni svolte, ha ritenuto opportuno privilegiare la fase esecutiva del tirocinio svolta presso gli uffici giudiziari rispetto a quella teorica svolta presso la Scuola Superiore della magistratura, per cui è aumentato di un mese (undici mesi complessivamente) il tirocinio presso gli uffici giudiziari e ridotto ad un mese quello presso la Scuola Superiore della magistratura. Sono stati Pag. 83quindi rimodulati i tre periodi dei quali si compone il tirocinio presso gli uffici giudiziari.
  Questa disciplina derogatoria delle regole generali in materia di tirocinio non si applicherà, a seguito dell'approvazione di un emendamento, ai magistrati ordinari vincitori del concorso riservato alla provincia autonoma di Bolzano bandito con decreto ministeriale del 4 settembre 2014 e nominati con decreto ministeriale del 10 dicembre 2015, in quanto la loro particolare condizione non rende necessaria l'applicazione della deroga di cui al comma 3.
  La Commissione ha modificato il decreto nella parte in cui questo modifica la disciplina dei tramutamenti dei magistrati (articolo 3), inserendovi una norma transitoria diretta a salvaguardare le aspettative dei magistrati di prima nomina e di coloro che, al momento di entrata in vigore del decreto, abbiano fatto domanda di trasferimento ad altra sede o che comunque possano fare domanda in merito ad un bando non scaduto prima dell'entrata in vigore del decreto. Nel primo caso si è voluto tener conto che si tratta di magistrati che sono stati assegnati d'ufficio alla sede dalla quale chiedono di trasferirsi, mentre nel secondo caso sono state maturate delle aspettative che pare opportuno rispettare. Nei predetti casi, quindi, non si applicano le novità introdotte dal decreto-legge. Per quanto attiene a tale novità, si deve tener conto che si è voluto stabilire, senza possibilità di equivoco, che il vincolo di legittimazione previsto dalla norma si applica per tutti gli incarichi conferiti e per ogni tipo di trasferimento, compresi quelli direttivi e semidirettivi, quelli ufficiosi o altrimenti speciali. Nella relazione si legge che «allo scopo non è risultata sufficiente la norma interpretativa di cui all'articolo 35, comma 3, del decreto-legge n. 5 del 2012, avendo la giurisprudenza amministrativa talvolta continuato, per limitarne l'applicazione ai soli casi di trasferimento a domanda, a valorizzare la locuzione “sede da lui chiesta”. Si è reputato pertanto opportuno espungere la locuzione, onde chiarire che il vincolo di legittimazione non si applica ai soli trasferimenti richiesti dal magistrato.»
  Al fine di garantire la continuità e la funzionalità degli uffici, è stato ampliato il vincolo ordinario di permanenza dei magistrati alle sedi assegnate da tre a quattro anni. Sempre nella relazione viene fatto presente che queste modifiche alla disciplina vigente hanno l'obiettivo prioritario di soddisfare al meglio il prevalente interesse dei cittadini all'efficienza del «servizio giustizia», pur sempre in una ottica di contemperamento con le esigenze dei singoli magistrati.
  Non è stato modificato l'articolo 5, che, sempre per ragioni organizzative, proroga sino al 31 dicembre 2017 il trattenimento in servizio dei magistrati ordinari che svolgono funzioni apicali, direttive superiori e direttive presso la Corte di Cassazione e la Procura generale della Corte di Cassazione, che abbiano maturato i requisiti per il collocamento a riposo. Si tratta di una proroga – circoscritta a coloro che svolgono specifiche funzioni in Cassazione (ed estesa ai vertici delle magistrature contabile e amministrativa dall'articolo 10) – del trattenimento in servizio già previsto sino al 31 dicembre 2016 per tutti i magistrati ordinari, da ultimo dal decreto-legge n. 83 del 2015. In particolare, la disposizione si applica solo (salvo il successivo articolo 10) ai magistrati della Corte di cassazione che svolgono: funzioni apicali (primo presidente della Corte di cassazione; procuratore generale presso la Corte di cassazione); funzioni direttive superiori (presidente aggiunto della Corte di cassazione; procuratore generale aggiunto presso la Corte di cassazione); funzioni direttive (presidente di sezione della Corte di cassazione, avvocato generale presso la Corte di cassazione).
  In relazione a queste categorie di magistrati il decreto-legge prevede che: se tali magistrati, alla data del 31 dicembre 2016, avranno compiuto 72 anni dovranno essere collocati a riposo entro la fine dell'anno, senza possibilità di proroga; se tali magistrati, alla data del 31 dicembre 2016, non avranno compiuto 72 anni, ma ne sia Pag. 84previsto comunque il collocamento a riposo nel periodo 31 dicembre 2016 – 30 dicembre 2017, potranno essere trattenuti in servizio fino al 31 dicembre 2017.
  La relazione illustrativa motiva questo intervento legislativo con l'esigenza di «assicurare la continuità degli incarichi apicali direttivi superiori e direttivi presso la Corte di cassazione e la procura generale», mentre l'articolo 5 – oltre a riprendere tale motivazione – aggiunge che tale continuità è necessaria «in ragione delle molteplici iniziative di riforma intraprese per la definizione dell'elevato contenzioso ivi pendente». Il medesimo articolo 5, comma 1, primo periodo, precisa che per tutti gli altri magistrati ordinari resta fermo il termine ultimo di permanenza in servizio (31 dicembre 2016) stabilito dall'articolo 1, comma 3, del decreto-legge n. 90/2014.
  Il comma 2 dell'articolo 5 interviene sui limiti di età per il conferimento delle funzioni direttive. Stabilisce infatti che le funzioni direttive di legittimità – ovvero di Primo presidente della Corte di cassazione e di Procuratore generale della Corte di cassazione – possono essere conferite solo ai magistrati che, al momento della vacanza del posto, possano assicurare ancora 3 anni di servizio prima del collocamento a riposo (attualmente sono richiesti 4 anni di servizio); contestualmente, peraltro, la disposizione afferma che il calcolo degli anni di servizio va fatto senza applicare l'istituto del trattenimento in servizio e dunque considerando il pensionamento a 70 anni.
  Sull'articolo 5 si sono sviluppate forti polemiche, in quanto ne è stata ravvisata da parte di alcuni l'incostituzionalità per il fatto che si prevede solo per alcuni magistrati individuabili in maniera specifica il trattenimento in servizio oltre i limiti di età. In realtà è proprio la particolare situazione di necessità ed urgenza che connota su questo punto il decreto-legge a giustificare una eccezione alla regola generale dei limiti di età, come sostanzialmente ha evidenziato anche la I Commissione.
  Le ulteriori modifiche attengono al Capo II, recante misure urgenti per la giustizia amministrativa.
  È stato modificato l'articolo 7, che detta nuove disposizioni concernenti il processo amministrativo telematico (c.d. PAT). Si ricorda che il decreto-legge n. 117 del 2016 – per consentire un più ampio periodo di sperimentazione delle nuove regole – ha rimandato di sei mesi, al 1o gennaio 2017, l'avvio del processo amministrativo digitale. Il DL 117 aveva, tuttavia, precisato la possibilità di utilizzare indifferentemente le modalità telematiche e quelle tradizionali fino al 31 marzo 2017 (tale ultima previsione risulta abrogata dall'articolo 7 in esame).
  L'intervento del decreto-legge in esame risponde – riferisce la relazione illustrativa del disegno di legge di conversione – a criteri di coordinamento della normativa del Codice del processo amministrativo con le regole tecniche sul processo amministrativo telematico (DPCM 40 del 2016) per «evitare che anche piccole incongruenze possano creare problemi applicativi al PAT». Il comma 1 dell'articolo 7 interviene sul Codice del processo amministrativo.
  All'articolo 25 viene inserito un nuovo comma 1-bis che precisa l'estensione al processo amministrativo telematico, ove compatibile, della disciplina sul domicilio digitale (del processo civile telematico) di cui all'articolo 16-sexies del DL 179/2012 e quindi la residualità della possibilità di notificazione al difensore, ad istanza di parte, presso la cancelleria dell'ufficio giudiziario; a tale modalità di notificazione può procedersi, infatti, soltanto quando non sia possibile, per causa imputabile al destinatario, la notificazione digitale presso l'indirizzo PEC (posta elettronica certificata), risultante dal registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal ministero della giustizia (articolo 6-bis del Codice dell'amministrazione digitale, DL 82/2006).
  Il nuovo comma 1-ter precisa – per le comunicazioni di segreteria – l'inapplicabilità ai ricorsi soggetti al processo amministrativo telematico, dal 1o gennaio Pag. 852018, della disciplina (del comma 1) sulla domiciliazione della parte nei giudizi amministrativi davanti al TAR e al Consiglio di Stato. Il deposito telematico ha, infatti, reso obsoleta la figura del domiciliatario, non rilevando più il comune dove la parte ha il domicilio. Il comma 1-ter prevede che, davanti al TAR, la parte che non elegge domicilio nel comune sede del tribunale (o della sezione distaccata dove pende il ricorso) si intende domiciliata, ad ogni effetto, presso la segreteria del TAR (o della sezione distaccata); analogamente, davanti al Consiglio di Stato, la parte, se non elegge domicilio in Roma, è considerata domiciliata presso la segreteria del Consiglio di Stato.
  All'articolo 136 dello stesso Codice è specificato che ai fini della efficacia delle comunicazioni di Segreteria è sufficiente che vada a buon fine una sola delle comunicazioni effettuate a ciascun avvocato componente il collegio difensivo ed è riformulato il comma 2 in cui sono specificate, in particolare, alcune eccezionali motivazioni alla base della deroga alla regola del deposito telematico di tutti gli atti processuali da parte dei difensori (o delle parti che siano in giudizio personalmente); la deroga – disposta dal presidente della sezione del TAR (o del CdS) se il ricorso è già incardinato ovvero dal collegio se la questione sorge in udienza – potrà riferirsi anche a particolari ragioni di riservatezza legati alla posizione delle parti o alla natura della controversia. Per motivi di coordinamento con la nuova versione del comma 2 viene poi modificato il successivo comma 2-bis, relativo alla sottoscrizione con firma digitale di tutti gli atti e dei provvedimenti del giudice, dei suoi ausiliari, del personale degli uffici giudiziari e delle parti.
  Sono infine aggiunti due commi: il comma 2-ter, che prevede – come nel processo civile telematico – che il difensore, assumendo la veste di pubblico ufficiale, attesti – mediante la procedura di asseverazione prevista dal Codice dell'amministrazione digitale (articolo 22, comma 2, D.Lgs. 82/2006) – la conformità all'originale delle copie informatiche di atti processuali, provvedimenti del giudice o altro documento depositate per via digitale; il comma 2-quater che permette che il privato chiamato in causa dal giudice possa essere autorizzato dallo stesso al deposito di scritti difensivi o altri documenti mediante upload (ovvero caricando gli atti) sul sito istituzionale (pare di intendere: dell'ufficio giudiziario) quando non in possesso di posta elettronica certificata.
  Il comma 2 dell'articolo 7 in esame modifica alcune disposizioni delle norme di attuazione del Codice del processo amministrativo (All. 2 del D.Lgs. n. 104 del 2010). All'articolo 3 è precisata l'obbligatorietà (anziché la possibilità) della registrazione telematica dei ricorsi, degli atti processuali e delle sentenze. All'articolo 4, in materia di orario-limite per il deposito degli atti in scadenza, viene previsto il deposito «telematico» (accertato mediante la ricevuta di accettazione originata dal sistema) fino alle ore 24.00 dell'ultimo giorno utile (l'attuale deposito ordinario chiude alle ore 12.00). Viene precisato che il deposito di tali atti che avvenga tra le 12.00 e le 24.00 dell'ultimo giorno utile si considera, ai fini dei termini a difesa e della fissazione delle udienze camerali, effettuato il giorno successive.
  All'articolo 5 è aggiunto un comma 3-bis sulla disciplina del deposito degli atti in forma cartacea, ove previsto; spetta al segretario dell'ufficio giudiziario la gestione del relativo fascicolo che dovrà contenere un indice analitico dei documenti che lo compongono e il cui aggiornamento è curato dallo stesso ufficio di segreteria del giudice amministrativo;
  All'articolo 13 viene precisato che al fine di garantire la tenuta del sistema e la perfetta ricezione dei depositi il Segretario generale della giustizia amministrativa può stabilire, con proprio decreto, i limiti delle dimensioni del singolo file allegato al modulo di deposito effettuato via Pec o upload. In casi eccezionali, e se non è possibile effettuare più invii dello stesso scritto difensivo o documento, il presidente del tribunale o del Consiglio di Stato, il presidente della sezione se il Pag. 86ricorso è già incardinato o il collegio se la questione sorge in udienza possono autorizzare il deposito cartaceo.
  All'articolo 13 sono aggiunti due commi: il comma 1-ter che prevede, salvo i casi previsti dalla legge, l'obbligo di esecuzione con modalità telematiche di tutti gli adempimenti previsti dal Codice e dalle norme di attuazione relativi ai ricorsi depositati al TAR e al Consiglio di Stato dal 1o gennaio 2017. Un nuovo comma 1-quater stabilisce – fino al 31 dicembre 2017 – l'obbligo di deposito mediante PEC (o nei casi previsti, mediante upload sul sito istituzionale) dei ricorsi, degli scritti difensivi e degli altri atti da parte dei domiciliatari, anche non iscritti all'albo degli avvocati. Un nuovo articolo 13-bis detta infine una disciplina transitoria per l'uniforme applicazione del processo amministrativo telematico. In particolare, si stabilisce (comma 1) che – per tre anni dall'avvio del processo amministrativo telematico (quindi fino al 31 dicembre 2019) – ove la questione di diritto in esame abbia dato luogo a difformi interpretazioni giurisprudenziali (suscettibili di incidere in misura rilevante sul diritto di difesa di una parte), il collegio di primo grado cui è assegnato il ricorso possa sottoporre per saltum – tramite il presidente del TAR o della sezione – al presidente del Consiglio di Stato istanza di rimessione all'Adunanza plenaria. È previsto un doppio filtro sulla richiesta: il primo da parte del presidente del TAR interessato (o della sezione); il secondo da parte del presidente del Consiglio di Stato: il silenzio sull'istanza da parte di entrambi oltre i termini previsti (rispettivamente, 20 e 30 gg. dalla richiesta) equivale a rigetto dell'istanza di rimessione. L'articolo 13-bis precisa, infine, che le decisioni dell'Adunanza plenaria possono riguardare le sole questioni di diritto relative al processo amministrativo telematico (comma 2).
  La disciplina transitoria (comma 3) prevede che le modifiche in materia di processo amministrativo telematico introdotte dall'articolo 7 in esame nonché le altre inerenti all'obbligo di sottoscrizione con forma digitale di tutti gli atti del giudice, degli ausiliari e delle parti (articolo 38, comma 1-bis, DL 90/2014) e l'obbligo di deposito di atti e documenti con modalità telematiche e di formazione del fascicolo digitale (articolo 20, comma 1-bis, DL 83/2015) hanno efficacia riguardo ai giudizi introdotti con ricorsi depositati, sia in primo grado che in appello, dal 1o gennaio 2017. Ai ricorsi depositati prima di tale data continuano, invece, ad applicarsi fino all'esaurimento del grado di giudizio e, in ogni caso, non oltre il 1o gennaio 2018, le disposizioni vigenti al 31 agosto 2016, data di entrata in vigore del DL in esame.
  Nel primo anno di vigenza a regime del processo amministrativo telematico – cioè dal 1o gennaio 2017 al 1o gennaio 2018 – viene previsto un doppio binario, in quanto i giudizi introdotti con modalità telematiche dovranno essere accompagnati anche da una copia cartacea del ricorso (comma 4).
  Viene poi prevista dall'articolo 13-bis l'inapplicabilità delle disposizioni sul processo amministrativo telematico contenute nel D.Lgs 104 del 2010 alle controversie di lavoro relative al personale dei servizi di informazione e sicurezza dello Stato nonché in materia di segreto di Stato (articolo 22, 39 e ss., L. 124 del 2007) (comma 5) e l'uso esclusivo della PEC dal 1o gennaio 2017 per i depositi telematici degli atti processuali e dei documenti per garantire la sicurezza del SIGA, il sistema informativo della giustizia amministrativa (comma 6). Con un emendamento della Commissione si prevede che in attuazione del criterio di graduale introduzione del processo telematico, e fino alla data del 30 novembre 2016 si procede alla sperimentazione delle nuove disposizioni presso tutti i Tribunali amministrativi regionali e le Sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato. L'individuazione delle concrete modalità attuative della sperimentazione è demandata agli organi della giustizia amministrativa nel rispetto di quanto previsto nel predetto decreto.
  Viene poi istituita una Commissione di monitoraggio con funzioni di coordinamento costante delle attività relative all'avvio Pag. 87del processo telematico; presieduta dal presidente aggiunto del Consiglio di Stato, è composta dal presidente di Tar più anziano nel ruolo, dal segretario generale della giustizia amministrativa, dal responsabile del servizio centrale per l'informatica e, eventualmente, da un massimo di altri due esperti, anche esterni all'amministrazione, scelti dal Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa in misura non superiore a due, di cui uno nell'ambito di un elenco di tre soggetti indicati dal Consiglio nazionale forense e uno nell'ambito di tre indicati dalle Associazioni specialistiche maggiormente rappresentative di cui all'articolo 35, comma 1, lettera s) della legge 31 dicembre 2012, n. 247 nel settore del diritto amministrativo (comma 7). Il testo originario rimetteva la scelta esclusivamente al Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, mentre la Commissione giustizia ha ritenuto di valorizzare l'apporto dell'avvocatura nella scelta di tali soggetti.
  Sempre in ottica di rafforzamento degli strumenti previsti dal decreto per garantire la piena funzionalità del processo amministrativo telematico è stato approvato un emendamento volto a raccordare con maggiore incisività il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa e la Commissione sul monitoraggio del processo amministrativo telematico, prevedendo che il presidente aggiunto del Consiglio di Stato e il presidente del tribunale amministrativo regionale con la maggiore anzianità di ruolo facciano parte dell'organo di autogoverno della magistratura al quale il presidente aggiunto del Consiglio di Stato deve riferire mensilmente e può fare proposte di eventuali modifiche organizzative che si rendono necessarie per la migliore funzionalità del processo amministrativo telematico.
  Dal dibattito che si è sviluppato su questo emendamento emerge le preoccupazioni da parte di alcuni che la modifica in via generale del Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa possa essere eccessiva rispetto alla ratio dell'emendamento stesso. Mi riservo, quindi, di valutare eventuali modifiche al testo che siano nella direzione di quello che abbiano detto essere l'obiettivo dell'emendamento: un efficace raccordo tra la Commissione sul monitoraggio e l'organo che poi deve adottare le misure per necessarie per la migliore funzionalità del processo amministrativo telematico.
  Altra modifica al testo del decreto-legge riguarda la specificazione che a decorrere dal 1o gennaio 2017 i pareri resi dal Consiglio di Stato e dal Consiglio di giustizia amministrativa per la regione Siciliana e gli atti delle Segreterie relativi all'attività consultiva sono sottoscritti con firma digitale.
  Inoltre, per ridurre il rischio di truffe in merito al pagamento del contributo unificato, si è stabilito che il contributo unificato per i ricorsi proposti dinanzi al giudice amministrativo è versato secondo modalità stabilite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottarsi entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della disposizione, sentito il presidente del Consiglio di Stato.
  Di particolare rilievo è l'articolo 7-bis sulla sinteticità e chiarezza degli atti di parte. Si tratta di disposizioni processuali che attengono al processo amministrativo che devono essere considerate strettamente connesse al processo telematico, in quanto questo presuppone processo amministrativo ispirato al principio di sinteticità degli atti.
  Si prevede, in particolare, che al fine di consentire lo spedito svolgimento del giudizio in coerenza con i principi di sinteticità e chiarezza le parti redigono il ricorso e gli altri atti difensivi secondo i criteri e nei limiti dimensionali stabiliti con decreto del presidente del Consiglio di Stato, da adottare entro il 31 dicembre 2016, sentiti il consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, il consiglio nazionale forense e l'avvocato generale dello Stato, nonché le associazioni di categoria degli avvocati amministrativisti.
  Nella fissazione dei limiti dimensionali del ricorso e degli atti difensivi si tiene conto del valore effettivo della controversia, della sua natura tecnica e del valore dei diversi interessi sostanzialmente perseguiti Pag. 88dalle parti. Dai suddetti limiti sono escluse le intestazioni e le altre indicazioni formali dell'atto. Con il decreto sono stabiliti i casi per i quali, per specifiche ragioni, può essere consentito superare i relativi limiti.
  Un'altra modifica all'articolo 7, che, come si ricorda, attiene al processo amministrativo, si riferisce al contenzioso elettorale, che è disciplinato dal codice di giustizia amministrativa. Si prevede che le disposizioni in materia di contenzioso sulle operazioni elettorali di comuni, province e regioni di cui al libro quarto, titolo VI del codice del processo amministrativo di cui all'allegato 1 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, si applicano anche al contenzioso sulle operazioni elettorali di città metropolitane. Si tratta di colmare una lacuna legislativa che presenta forti profili di incostituzionalità.
  L'articolo 8, aggiungendo l'articolo 53-bis alla legge 186 del 1982, prevede l'istituzione dell'ufficio del processo presso gli uffici della giustizia amministrativa al fine di garantire la ragionevole durata del processo e l'attuazione del processo amministrativo telematico.
  Presso Consiglio di Stato, Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana e TAR sono costituite strutture organizzative interne denominate «ufficio del processo», che, in linea con le previsioni relative alla giustizia ordinaria, supportano l'attività dei magistrati amministrativi. Tale supporto è principalmente fornito da personale della III area funzionale (funzionari e funzionari informatici), di cui alla tabella A allegata al decreto-legge ma, come negli uffici del processo nella magistratura ordinaria, possono fare parte della struttura i laureati in giurisprudenza che svolgono gli stage formativi o il tirocinio per l'accesso alla professione forense.
  Al regolamento di organizzazione degli uffici amministrativi della giustizia amministrativa è demandato il compito di individuare i compiti e l'organizzazione dell'ufficio per il processo (l'attuale regolamento è stato emanato con D.P.C.S 15 febbraio 2005).
  Le disposizioni attuative dell'ufficio del processo amministrativo sono adottate entro sei mesi dalla vigente.
  Per garantire la funzionalità del Servizio centrale per l'informatica e la digitalizzazione degli uffici giudiziari amministrativi in vista dell'avvio (il 1o gennaio 2017) e della piena operatività del processo amministrativo digitale, l'articolo 9 provvede ad un aumento delle dotazioni organiche di diverse categorie di personale amministrativo e tecnico del Consiglio di Stato e dei TAR. Le nuove dotazioni sono esposte nella tabella A, allegata al decreto. L'aumento interessa un totale di 53 unità di personale, da assumere con contratto a tempo indeterminato mediante concorso pubblico, in deroga ai divieti previsti dalla normativa vigente per le assunzioni nella PA nonché dei limiti in materia di turn over. Ad eccezione delle spese di personale conseguenti alle indicate nuove assunzioni (finanziate in base all'articolo 11), all'attuazione delle disposizioni dell'articolo 9 si provvede con le risorse strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
  L'articolo 10 persegue la finalità di salvaguardare la funzionalità del Consiglio di Stato, della Corte dei Conti e dell'Avvocatura dello Stato e, a tal fine, con disposizione analoga a quella dell'articolo 5, comma 1, prevede il trattenimento in servizio, oltre l'età pensionabile, fino al 31 dicembre 2017, dei magistrati che svolgono funzioni apicali e direttive nelle due Corti e degli Avvocati dello Stato in posizione equivalente. In particolare, il comma 1 riguarda i vertici del Consiglio di Stato e si applica ai magistrati amministrativi che ricoprono una posizione equivalente ai magistrati ordinari individuati dall'articolo 5. La disposizione dovrebbe dunque applicarsi al Presidente del Consiglio di Stato ed ai Presidenti di sezione del Consiglio di Stato in quanto magistrati con funzioni direttive (in base agli articoli 14 e 15 della legge n. 186 del 19821). In relazione a queste categorie di magistrati il decreto-legge prevede che: se tali magistrati, alla data del 31 dicembre 2016, avranno compiuto 70 anni dovranno essere collocati a riposo, senza possibilità di proroga; se tali Pag. 89magistrati, alla data del 31 dicembre 2016, non avranno compiuto 70 anni, ma ne sia previsto comunque il collocamento a riposo nel periodo 31 dicembre 2016 – 30 dicembre 2017, potranno essere trattenuti in servizio fino al 31 dicembre 2017. Analoga disposizione è contenuta nel comma 2 relativamente agli avvocati dello Stato in posizione equivalente ai magistrati ordinari individuati dall'articolo 5.
  Il comma 3, infine, in relazione ai vertici della Corte dei conti, differisce al 31 dicembre 2017 l'entrata in vigore per i magistrati contabili delle disposizioni del decreto-legge n. 90 del 2014 sull'abrogazione dell'istituto del trattenimento in servizio. Diversamente dai magistrati onorari, infatti, per questi magistrati non è possibile più parlare di proroga del trattenimento in servizio in quanto l'ultima proroga prevista dal decreto-legge n. 83 del 2015, relativa specificamente ai magistrati contabili, è scaduta lo scorso 30 giugno 2016.
  Il trattenimento in servizio è destinato ad operare nei confronti dei magistrati contabili in servizio che: svolgono funzioni direttive e semidirettive; non hanno compiuto 70 anni alla data del 31 dicembre 2016; debbono essere collocati a riposo nel periodo compreso tra il 1o gennaio e il 30 dicembre 2017. Tali magistrati contabili potranno essere trattenuti in servizio fino al 31 dicembre 2017.
  L'articolo 11 ha per oggetto la copertura finanziaria.
  L'articolo 12 prevede l'entrata in vigore del decreto-legge il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (avvenuta il 31 agosto 2016).

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SEGNALAZIONI RELATIVE ALLE VOTAZIONI
EFFETTUATE NEL CORSO DELLA SEDUTA

  Nel corso della seduta sono pervenute le seguenti segnalazioni in ordine a votazioni qualificate effettuate mediante procedimento elettronico (vedi Elenchi seguenti):
   nelle votazioni dalla n. 1 alla n. 12 il deputato Preziosi ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole;
   nella votazione n. 7 il deputato Merlo ha segnalato che ha erroneamente votato contro mentre avrebbe voluto votare a favore;
   nella votazione n. 15 il deputato Catanoso ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole;
   nella votazione n. 18 la deputata Paola Bragantini ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario;
   nella votazione n. 24 i deputati Impegno, Capodicasa e Coccia hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole;
   nella votazione n. 28 il deputato Vazio ha segnalato che ha erroneamente votato a favore mentre avrebbe voluto votare contro.

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Pdl 3317-3345-B - em. 1.1 377 377 189 140 237 114 Resp.
2 Nom. em. 1.2 381 380 1 191 141 239 112 Resp.
3 Nom. em. 1.3 387 346 41 174 90 256 112 Resp.
4 Nom. em. 1.4 386 384 2 193 144 240 111 Resp.
5 Nom. em. 1.6 392 375 17 188 57 318 111 Resp.
6 Nom. em. 1.5 394 379 15 190 119 260 111 Resp.
7 Nom. articolo 1 393 379 14 190 265 114 112 Appr.
8 Nom. articolo agg. 1.01 393 391 2 196 57 334 112 Resp.
9 Nom. em. 2.7 393 393 197 61 332 111 Resp.
10 Nom. em. 2.3 399 399 200 93 306 111 Resp.
11 Nom. em. 2.9 411 400 11 201 80 320 110 Resp.
12 Nom. em. 2.5, 2.6 405 405 203 111 294 108 Resp.
13 Nom. em. 2.10 399 371 28 186 63 308 108 Resp.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.

INDICE ELENCO N. 2 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 26)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
14 Nom. articolo 2 413 398 15 200 295 103 107 Appr.
15 Nom. em. 3.1 418 391 27 196 114 277 106 Resp.
16 Nom. articolo 3 418 402 16 202 285 117 107 Appr.
17 Nom. articolo 6 416 399 17 200 263 136 106 Appr.
18 Nom. em. 7.1 416 416 209 63 353 105 Resp.
19 Nom. articolo 7 420 404 16 203 295 109 106 Appr.
20 Nom. articolo 9 416 391 25 196 312 79 105 Appr.
21 Nom. articolo 10 418 368 50 185 289 79 105 Appr.
22 Nom. odg 9/3317-3345-B/1 407 396 11 199 75 321 105 Resp.
23 Nom. odg 9/3317-3345-B/5 400 308 92 155 305 3 105 Appr.
24 Nom. Pdl 3317-3345-B - voto finale 387 355 32 178 275 80 100 Appr.
25 Nom. Moz. Lorefice e a. 1-1342 359 359 180 77 282 95 Resp.
26 Nom. Moz. Rondini e a. 1-1376 357 356 1 179 31 325 95 Resp.


INDICE ELENCO N. 3 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 27 AL N. 35)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
27 Nom. Moz. Maestri A. e a. 1-1377 362 359 3 180 102 257 95 Resp.
28 Nom. Moz. Vezzali e a. 1-1378 I p. 362 340 22 171 13 327 94 Resp.
29 Nom. Moz. Vezzali e a. 1-1378 II p. 362 328 34 165 29 299 94 Resp.
30 Nom. Moz. Vezzali e a. 1-1378 III p. 363 328 35 165 9 319 94 Resp.
31 Nom. Moz. Vezzali e a. 1-1378 IV p. 364 326 38 164 11 315 94 Resp.
32 Nom. Moz. Carnevali e a. 1-1379 365 363 2 182 244 119 93 Appr.
33 Nom. Moz. Prestigiacomo e a. 1-1380 I p 369 367 2 184 116 251 93 Resp.
34 Nom. Moz. Palazzotto e a. 1-1381 358 356 2 179 97 259 93 Resp.
35 Nom. Moz. Rampelli e a. 1-1382 367 363 4 182 36 327 93 Resp.