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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 682 di giovedì 29 settembre 2016

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO

  La seduta comincia alle 10,10.

  PRESIDENTE. La seduta è aperta.
  Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

  ROBERTO CAPELLI, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.

  PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2 del Regolamento, i deputati Alfreider, Borletti Dell'Acqua, Matteo Bragantini, Centemero, Dambruoso, Ferrara, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Franceschini, Lorenzo Guerini, Locatelli, Lupi, Mannino, Piccoli Nardelli, Pisicchio, Rampelli, Rosato, Sani, Schullian, Scotto, Speranza, Tabacci, Tidei, Tofalo, Valeria Valente e Villecco Calipari sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente centosedici come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza, che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Annunzio della Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2016.

  PRESIDENTE. Il Presidente del Consiglio dei ministri, con lettera pervenuta in data 28 settembre 2016, ha trasmesso, ai sensi degli articoli 7, comma 2, lettera b), e 10-bis della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni, la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2016 (Doc. LVII, n. 4-bis).
  Con la medesima lettera, il Presidente del Consiglio dei ministri ha altresì trasmesso la relazione ai sensi dell'articolo 6, comma 5, della legge 24 dicembre 2012, n. 243 (Doc. LVII, n. 4-bis – Annesso).
  Alla Nota sono inoltre allegate le relazioni sulle spese di investimento e sulle relative leggi pluriennali (Doc, LVII, n. 4-bis – Allegato I), previste dal predetto articolo 10-bis.
  La Nota di aggiornamento e l'ulteriore documentazione richiamata sono trasmesse alla V Commissione (Bilancio) e, per il parere, a tutte le altre Commissioni permanenti e alla Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Discussione del testo unificato delle proposte di legge: Coscia ed altri; Pannarale ed altri: Istituzione del Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione e deleghe al Governo per la ridefinizione della disciplina del sostegno pubblico per il settore dell'editoria Pag. 2e dell'emittenza radiofonica e televisiva locale, della disciplina di profili pensionistici dei giornalisti e della composizione e delle competenze del Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti. Procedura per l'affidamento in concessione del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale (Approvate, in un testo unificato, dalla Camera e modificate dal Senato) (A.C. 3317-3345-B) (ore 10,20).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato delle proposte di legge, già approvate, in un testo unificato, dalla Camera e modificate dal Senato, n. 3317-3345-B: Istituzione del Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione e deleghe al Governo per la ridefinizione della disciplina del sostegno pubblico per il settore dell'editoria e dell'emittenza radiofonica e televisiva locale, della disciplina di profili pensionistici dei giornalisti e della composizione e delle competenze del Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti. Procedura per l'affidamento in concessione del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale.
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi relativi alla discussione sulle linee generali è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 28 settembre 2016.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 3317-3345-B)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che il presidente del gruppo parlamentare del MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
  Ha facoltà di intervenire il relatore per la maggioranza, il deputato Roberto Rampi.

  ROBERTO RAMPI, Relatore per la maggioranza. Grazie, Presidente. Nel rimandare alla relazione scritta che ho ritenuto di depositare e di mettere a disposizione dei colleghi, mi limiterò a un paio di questioni che riguardano questo terzo passaggio della legge che torna alla Camera, dopo un lavoro del Senato che ha rispettato il lavoro importante che è stato fatto in quest'Aula nella prima lettura. Dico questo perché nella prima lettura siamo riusciti – credo – a trovare un ampio accordo da parte di tanti gruppi politici, poi ognuno ha ritenuto di votare, nel voto definitivo, come ha creduto, ma il testo di legge che è stato presentato, che è diverso dai due che sono stati accorpati, è un testo che tiene conto di molteplici osservazioni.
  Però mi sembra giusto dirlo all'Aula: il testo non nasce solo ed esclusivamente nelle stanze della Camera dei deputati, nasce anche e soprattutto da un ascolto del territorio, fatto in maniera istituzionale sicuramente con le audizioni, ma fatto anche attraverso una concreta misurazione di quello di cui stiamo parlando. Io, come relatore, ho avuto modo di andare a visitare diverse redazioni di giornali, soprattutto di piccoli giornali locali, di frequentare, di conoscere, tanti del mondo della distribuzione, dei famosi edicolanti di cui tante volte ci dimentichiamo, dei distributori che si svegliano al mattino, all'alba, per fare in modo che ci siano i giornali affinché anche chi si sveglia prima di tutti li trovi già in edicola. Ecco questo è un mondo poco conosciuto e su cui credo la Camera dei deputati farebbe bene a concentrarsi. Lo dico perché credo che nelle prossime ore, nei prossimi giorni, noi torneremo e sentiremo ancora parlare di cose che in realtà con questo provvedimento non c'entrano nulla, perché è chiaro che questo provvedimento è pensato soprattutto per quelle realtà, per quel mondo che garantisce a questo Paese una informazione libera, soprattutto un'informazione locale, un'informazione di dettaglio, un lavoro da cronisti che forse non va più di moda, ma che anche nel tempo della rete è un lavoro importante. Quante volte ultimamente, leggendo nelle nostre pagine, ci interroghiamo «ma è vera questa Pag. 3notizia ?» e poi c’è un link. Ecco io credo che questa consapevolezza nell'interrogarsi se una notizia sia vera sia, da un lato un primo segnale positivo, perché forse ci siamo resi conto che non tutto quello che viene scritto in rete corrisponde alla verità, però è anche una preoccupazione perché qualche anno fa, qualche decennio fa, a nessuno sarebbe venuto il dubbio che quello che trovava sul suo quotidiano, sul suo settimanale in edicola, potesse non essere vero.
  Magari poteva essere – certo lo era – un'opinione e qui viene il secondo punto della legge. Noi stiamo cambiando l'approccio a questa materia, fino ad oggi in questo Paese noi abbiamo avuto degli importanti interventi che riguardavano il mondo dell'editoria inteso come settore industriale, e sicuramente di questo noi stiamo parlando. Stiamo parlando di aziende, stiamo parlando di lavoratori, stiamo parlando di lavoratori che possono avere, anzi hanno, delle difficoltà e che in qualche modo vanno aiutati.
  Però, con questa legge noi abbiamo deciso di occuparci del pluralismo dell'informazione e di fare, tra l'altro, un riferimento alla nostra Costituzione quando parla del valore del pluralismo dell'informazione e di dichiarare tutti insieme una convinzione doppia, la convinzione che per la democrazia il pluralismo dell'informazione è un elemento essenziale (se non c’è informazione e se non c’è pluralismo dell'informazione, non c’è democrazia, perché per la democrazia non basta votare, bisogna votare in maniera informata e consapevole); e abbiamo anche detto che il pluralismo è qualche cosa che si ottiene certo con un'attività del mercato, del libero mercato, ma anche con un intervento pubblico dello Stato laddove il mercato non riesce a garantire questo obiettivo.
  Ci siamo chiesti se l'informazione sia semplicemente un prodotto come tutti gli altri oppure no e ci siamo risposti di no. Ci siamo risposti che si tratta di qualche cosa di più essenziale: se chiude una testata, una piccola testata locale, se in un intero territorio c’è una sola voce o addirittura non ce n’è nessuna, questo non è un problema indifferente a cui la comunità nel suo complesso e i cittadini innanzitutto che poi si organizzano nello Stato, nello Stato che prova a dare delle risposte, possono essere indifferenti. È, quindi, importante che ci siano lettori, è importante che ci siano inserzionisti, ma è importante che ci sia comunque in ogni caso garantita una pluralità. Per questo la legge dice che c’è una relazione tra questi tre elementi, perché noi non proponiamo di finanziare nessuno tout-court a priori, però proponiamo che, una volta che una testata è in grado di dimostrare di avere un certo numero di lettori e di avere un certo tipo di sostegno, e quindi un bilancio solido, capace di resistere nel tempo, e un progetto editoriale che ha senso di esistere, sia possibile, secondo tutta una serie di norme che sono molto ben dettagliate nella legge, quindi a determinate condizioni, ricevere un supporto pubblico per continuare a portare avanti questo tipo di lavoro, questo tipo di servizio, che è essenziale.
  Le novità della legge sono tante, tra le più importanti c’è sicuramente il fatto che si apra a nuove tipologie editoriali, che si dia spazio ai giovani che vogliono entrare in questo mondo, in questo mercato, che si accompagni una progressiva e definitiva trasformazione della natura industriale di queste testate, anche rispetto al mondo del digitale che ormai è una realtà, non è neanche più la novità, è qualche cosa di consolidato, pensando di lavorare su un doppio binario che sia quello dell'informazione tradizionale e quello dell'informazione multimediale e digitale. Anche su questo ci sono alcuni importanti novità che ha voluto introdurre il Senato.
  Ma il testo di legge, per questo mi rifaccio alla relazione, tocca anche molti altri aspetti che riguardano l'ordine dei giornalisti, che riguardano i prepensionamenti, che riguardano le ristrutturazioni aziendali. Il Senato ha voluto introdurre anche novità importanti per quanto riguarda le piccole emittenti locali, il servizio pubblico di Stato; davvero tutta la filiera dell'informazione viene toccata. Con quale approccio e con quale risultato ? Lo dirò veramente in poche parole: questo è Pag. 4un provvedimento che, in qualche misura, il Parlamento ha tentato di trattare in diversi modi, diverse volte, negli ultimi sei anni, non arrivando mai allo stadio in cui si arriva oggi, cioè in prossimità di un voto definitivo in cui il Parlamento può in maniera finale esprimersi con un contributo che è durato davvero un tempo adeguato, con tanti contributi diversi. Risolverà tutti i problemi del mondo dell'informazione ? Sicuramente no. Ci sono altri elementi su cui intervenire ? Assolutamente ce ne sono, però rivede in maniera definitiva e significativa una modalità di intervento dello Stato che aveva lasciato anche diverse falle, diversi buchi, diverse perplessità, e lo fa tenendo conto realmente della concretezza delle realtà su cui si vuole intervenire. Ed io credo che per questo sia un contributo importante, sia anche un buon esempio di lavoro parlamentare: perché in questo caso il Parlamento ha voluto avanzare delle proposte, sono venute da diversi gruppi, ha voluto fare un lavoro di Commissione, ha voluto fare un lavoro di confronti, di audizioni, ed è arrivato un testo definitivo, passato in tutte e due le Camere.
  Io sono sinceramente, Presidente, orgoglioso di consegnare questo lavoro a questa Camera. Ringrazio tutti i colleghi di tutti i gruppi che hanno voluto crederci, che hanno voluto impegnarsi in questo. Ringrazio il Governo per il suo contributo, che è stato oggettivamente importante, e credo che nelle prossime ore noi potremo consegnare un risultato al Paese; poi valuteremo gli effetti, e avremo modo anche, se necessario, di intervenire successivamente (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire nel prosieguo della discussione.
  È iscritto a parlare il deputato Peluffo. Ne ha facoltà.

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Presidente, rappresentante del Governo, colleghi deputati, come ha appena ricordato il relatore, l'onorevole Rampi, il provvedimento è in terza lettura; ed io voglio da subito rivolgere un ringraziamento al relatore, alla Commissione cultura per il lavoro che ha svolto in questi giorni, in queste settimane, e per il lavoro che ha svolto fin dall'inizio, perché, come è stato ricordato in prima lettura, questo ramo del Parlamento ha svolto un lavoro di grande approfondimento, con le audizioni, il confronto con tutti i soggetti interessati alla discussione in Commissione, il lavoro emendativo. Il Senato ha confermato l'impianto di questo provvedimento di legge, ed è intervenuto su singoli aspetti che sono stati richiamati adesso dal relatore, e sono richiamati in maniera puntuale nella relazione scritta.
  Io, Presidente, vorrei sottolineare due aspetti su cui è intervenuto il Senato, che peraltro sono riportati anche nella modifica del titolo della legge, visto che vi è stata inserita la ridefinizione della disciplina del sostegno pubblico per il settore dell'editoria e dell'emittenza radiofonica e televisiva locale, riconoscendo il ruolo e l'importanza che hanno le TV locali in termini di contributo al pluralismo dell'informazione; e poi l'aggiunta, che è definita sempre nel titolo, della procedura per l'affidamento in concessione del servizio pubblico radiofonico televisivo e multimediale.
  Per quanto riguarda le TV locali, l'impianto della legge ne riconosce il ruolo, il contributo per quanto riguarda il pluralismo dell'informazione, il servizio di prossimità che svolgono nei territori.
  E per quanto riguarda il lavoro del Senato, all'articolo 1, in riferimento al Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione, è stato aggiunto che le somme non impegnate in ciascun esercizio possono esserlo in quello successivo: questo è un emendamento del relatore Cociancich. All'articolo 1, comma 4, dove è indicato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che deve definire i requisiti soggettivi, i criteri e le modalità per la concessione dei finanziamenti previsti dal Fondo, è indicato che questo schema di decreto deve essere trasmesso alle Camere competenti per il parere.Pag. 5
  Così come mi sembra utile richiamare che, all'articolo 1, comma 4-bis, è indicato che, con un regolamento, sempre del Presidente del Consiglio dei ministri, sono stabiliti altresì i soggetti beneficiari, i requisiti di ammissione e le modalità, i termini e le procedure per l'erogazione di un contributo per il sostegno delle spese sostenute per l'utilizzo di servizi di telefonia e di connessione dati: quindi, questo sostituisce la precedente forma di agevolazione.
  All'articolo 2, sempre in riferimento alle TV, alle radio locali, è previsto che l'incentivazione fiscale degli investimenti pubblicitari incrementali sui quotidiani e periodici venga estesa anche alle emittenti televisive locali e radiofoniche, analogiche e digitali: questo è un emendamento che è stato presentato al Senato dal senatore Calderoli, su cui c'era il parere positivo del relatore e che è stato approvato.
  Sempre all'articolo 2, Presidente, vorrei mettere in evidenza una novità che è stata introdotta al Senato e segnalata dal relatore: si è prevista la riduzione del contributo per le imprese che superano, nel trattamento economico del personale, dei collaboratori e degli amministratori, il limite massimo retributivo di 240 mila euro annui; per la prima volta si fa riferimento, con tale previsione, ad un tetto retributivo, seppure non imposto, per le imprese private. Credo che questa sia una novità significativa, anche in termini di principio introdotto nell'ordinamento.
  All'articolo 6-bis, Presidente, invece c’è l'intervento introdotto dal Senato che riguarda il secondo aspetto di novità che voglio mettere in evidenza; questo è un articolo inserito interamente con un emendamento del relatore in Commissione, e fa riferimento alla procedura per l'affidamento in concessione del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale. In pratica, Presidente, si tratta di un inserimento nel Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, il decreto legislativo n. 177 del 2005: il primo inserimento è il comma 1-bis, che indica che l'affidamento in concessione del servizio pubblico ha durata decennale; è giusto ricordare che finora la concessione di servizio pubblico aveva una durata ventennale, quindi da questo punto di vista c’è una prima novità di rilievo. Si fa riferimento anche al fatto che tale affidamento in concessione deve essere preceduto da una consultazione pubblica: questa è prevista dalla legge n. 220 del 2015, ossia la legge di riforma della governance RAI. Mi sembra utile significare al Parlamento che la consultazione prevista dalla legge di riforma della governance si è svolta, con il nome di «CambieRai»: i risultati sono consultabili, e credo che verificarli sia un esercizio utile per i colleghi parlamentari che ne abbiano il tempo e la voglia. Si trattava di 36 domande predisposte dal Ministero dello sviluppo economico con l'ISTAT; hanno partecipato a tale questionario 9.156 persone: questo è un dato davvero significativo, che credo indichi l'interesse rispetto al servizio pubblico e l'interesse a concorrere nella definizione delle priorità del servizio pubblico.
  Poi, Presidente, si inserisce con il comma 1-bis, punti 1 e 2, l'applicazione alla concessionaria dei limiti delle retribuzioni pubbliche. Qui si fa riferimento all'articolo 23-bis, commi 5 e 5-bis della legge n. 214 del 2011, e all'articolo 13, comma 1, della legge n. 89 del 2014, che stabiliscono rispettivamente che agli amministratori con deleghe ed al personale delle società pubbliche non possono essere corrisposti compensi superiori al limite di euro 240 mila lordi annui.
  Qui faccio riferimento, Presidente, anche all'articolo 34, comma 38, della legge n. 221 del 2012, che prevede che le citate disposizioni non si applichino alle società emittenti strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati. La ratio di tale disposizione va ricercata nella necessità di garantire una maggiore flessibilità a quelle società pubbliche caratterizzate da strutture finanziarie particolarmente complesse. Pur non essendo destinatarie delle norme specificamente rivolte alle altre società pubbliche, le società pubbliche quotate sono tenute, secondo quanto specificato dalla direttiva del Ministero dell'economia e delle finanze del 24 Giugno Pag. 62013, «ad adottare politiche remunerative nel rispetto delle migliori pratiche internazionali che tengano comunque conto delle performance aziendali, ed assicurino il rispetto di criteri di piena trasparenza e di moderazione dei compensi, alla luce delle condizioni economiche generali del Paese».
  Nel bilancio della RAI approvato nel 2015 dall'assemblea degli azionisti si era precisato, a pagina 19, che l'azienda si è adeguata al limite di cui al citato articolo 13, sia per le retribuzioni del presidente e del direttore generale, sia per quelle degli altri dirigenti con retribuzione sopra il tetto limite. In data 20 maggio 2015, la concessionaria pubblica ha tuttavia collocato un bond e il successivo 25 maggio l'assemblea straordinaria della RAI ha approvato una serie di modifiche allo statuto sociale, tra cui quella dell'articolo 11, comma 3, prevedendo che l'assemblea ordinaria possa autorizzare il consiglio di amministrazione ad emettere strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati; disposizione ora contenuta, tra l'altro, in forma testuale all'interno dello statuto. Nel corso del 2015 la RAI ha perfezionato l'emissione di un prestito obbligazionario non convertibile fino a un importo massimo di 350 milioni di euro, in seguito al quale l'azienda si è ritenuta non più vincolata al rispetto dei limiti ai compensi previsti dalla legge, riportando così in vita le retribuzioni superiori ai 240.000 euro lordi annui. Proprio per tale ultima ragione, la Commissione parlamentare di vigilanza RAI, nel suo parere dell'11 novembre 2015 sulle modifiche allo statuto della Rai, ha posto come condizione esclusiva la previsione che la RAI si attenga a quanto stabilito nell'articolo 13, nel determinare il limite massimo delle retribuzioni spettanti agli amministratori con deleghe e ai propri dipendenti.
  Voglio significare, sempre in termini di pareri parlamentari, che la 5a Commissione (Bilancio) del Senato, nel parere del 20 giugno 2015, relativamente ai tetti stipendiali per quanto riguarda la RAI, indicava che l'applicazione, in quanto autorizzata all'emissione di obbligazioni sui mercati regolamentati, appare poco appropriata alla natura della concessionaria pubblica radiotelevisiva, che si finanzia in maniera determinante con il canone che ha natura di tributo.
  Presidente, e qui veniamo all'ultimo periodo, il 27 luglio di quest'anno, in audizione in Commissione di vigilanza RAI, su richiesta dei componenti della vigilanza, io ero tra questi, i vertici RAI si sono impegnati a presentare un codice di autoregolamentazione delle retribuzioni, recependo il tetto dei 240.000 euro. Tale codice è stato approvato ieri in consiglio d'amministrazione ed è stato trasmesso alla vigilanza RAI. Per cui in sede di Commissione avremo modo di guardare nel dettaglio questo codice; è stato significato che prevede il tetto di 240.000 euro con una decina di eccezioni. Ora, Presidente, io ho richiamato i diversi aspetti e passaggi di questa vicenda; è evidente che le modifiche introdotte al Senato con il voto di tutta l'Aula risolvono la questione, con l'applicazione, per legge, del tetto. Quindi, da questo punto di vista c’è un punto fermo.
  In conclusione, Presidente, vorrei anche richiamare, sempre all'articolo 6-bis, che si richiama il fatto che il servizio pubblico – l'1-ter – è affidato in concessione con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri ed è approvato l'annesso schema di convenzione che viene trasmesso alla Commissione di vigilanza per il parere. Quindi, questi sono i passaggi di coinvolgimento del Parlamento sul rinnovo della concessione RAI. Peraltro concessione che, sempre con intervento al Senato, è prorogata fino a un limite massimo di novanta giorni dalla data di scadenza, quindi, fino al 31 gennaio del 2017.
  Ecco, Presidente, io credo che sia utile usare questo tempo per una riflessione sui contenuti di questa convenzione; su cos’è «servizio pubblico» in epoca di convergenza delle piattaforme, di quale può essere il contributo allo sviluppo delle tecnologie digitali e, soprattutto, alla diffusione di una cultura del digitale nel nostro Paese, cosa implica il passaggio, per quanto riguarda l'azienda concessionaria, Pag. 7da broadcaster a media company e, soprattutto, quali sono le priorità del servizio pubblico. La consultazione cambierà – a ciò facevo riferimento – e offre molti spunti, da questo punto di vista. Io credo che l'auspicio sia che il Parlamento si eserciti in una discussione di ampio respiro su questi temi e, poi, faccia sentire la propria voce nelle forme che noi con questo provvedimento individuiamo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Antonio Palmieri. Ne ha facoltà.

  ANTONIO PALMIERI. Grazie, Presidente. Buongiorno a lei e a tutte le colleghe e i colleghi che sono qui riuniti Mi devo spostare per seguire la traiettoria del microfono. Io comincerei in modo irrituale, spero che me lo consentirete, perché oggi è il 29 settembre e, quindi, vorrei iniziare il mio intervento facendo gli auguri a colui il quale oggi compie per quattro volte vent'anni, il presidente Silvio Berlusconi, grazie al quale, devo dire, io sono qui, oggi, e noi siamo qui, come gruppo di Forza Italia, ancora una volta a difendere le nostre ragioni. E non dimentico, siccome noi abbiamo sempre avuto un atteggiamento di fair play e rispetto nei confronti dei nostri avversari, che oggi è anche il compleanno di Pier Luigi Bersani. Chi tra i due se la passi peggio, io lo lascio giudicare ai colleghi del Partito Democratico, e non avrei dubbi su chi tra i due se la passi peggio, dal punto di vista politico, attualmente, però questo è quello...

  PRESIDENTE. Direi che adesso andiamo verso l'argomento della discussione generale. Lo so che è generale, però non così generale, come discussione.

  ANTONIO PALMIERI. So che lei mi comprende, essendo, a sua volta, legato a un fondatore, affettuosamente legato a un fondatore; ma questo che può sembrare un intervento collaterale, in realtà, potrebbe anche essere il cuore del mio intervento, perché noi siamo qui, oggi, a cominciare un esercizio retorico, perché, come sappiamo, questo è un testo blindato. Aggiungo, essendo stato per tanti anni deputato di maggioranza, che non mi scandalizza il fatto che questo testo sia blindato; è nelle prerogative della maggioranza il fatto che voglia portare a casa un provvedimento. Questo però non toglie che noi ci troviamo a fare un esercizio che è poco più che un esercizio retorico, che comunque vogliamo svolgere con rispetto dell'Aula. Rispetto al passaggio originario, ribadisco la nostra contrarietà a quella che era l'impostazione originaria del MoVimento 5 Stelle, nella sua originaria proposta di legge, cioè quella di sopprimere tout court ogni tipo di contributo e di finanziamento per l'editoria, perché riteniamo, da un lato, che questo, evidentemente, sia un elemento di sussidiarietà, nel senso che la mano pubblica interviene a garanzia – come già hanno detto i colleghi, peraltro – di coloro i quali meritano di essere sostenuti, per garantire il pluralismo e la libertà di espressione nel nostro Paese. Ricordo che già i Governi Berlusconi ridussero fortemente i contributi in questo senso e attivarono una iniziativa proprio volta a eliminare quegli sprechi, quei contributi a pioggia che avevano prevalentemente lo scopo, spesso, di finanziare gli amici.
  L'altra questione è che l'iter di questo provvedimento conferma l'importanza di avere un Senato pienamente operativo e non un Senato fatto, diciamo così, di dopolavoristi, come vorrebbe la riforma della Costituzione e sulla quale ci esprimeremo, poi, con referendum il 4 dicembre. Perché al Senato il provvedimento è stato migliorato, tra l'altro anche grazie al nostro contributo, ma soprattutto in termini di metodo, appunto, accogliendo contributi e sollecitazioni da parte delle opposizioni. Ne segnalo due: il tetto agli stipendi dei dipendenti della RAI e delle società connesse, il tetto a 240.000 euro, il collega Peluffo lo ha già ricordato, la questione aperta è se questa norma sia di efficacia immediata; le dichiarazioni di ieri della presidente della RAI e del direttore generale lascerebbero intendere che loro Pag. 8non la intendano così, cioè che per ora debbano continuare le cose come stanno, è onere del Governo fare in modo che la legge sia, appunto, immediatamente operativa una volta completata la terza lettura la settimana prossima. L'altra questione sulla quale ci eravamo già pronunciati qui alla Camera, inascoltati, ma alla quale al Senato è stato posto rimedio, è quella della composizione dell'ordine dei giornalisti, anche in questo caso riampliandone il numero, in una forma accettabile, che garantisca, anche in quel consesso, una effettiva pluralità di presenze e che ponga, in qualche modo, rimedio a quella forzatura che era stata fatta nel primo passaggio alla Camera.
  Rimangono alcune ombre, ne cito tre: rimane l'accentramento a Palazzo Chigi. Io più volte in quest'Aula ho parlato del nuovo centralismo democratico, cioè quello praticato dal segretario del Partito Democratico, nonché Premier, Matteo Renzi, che accentra tutto a Palazzo Chigi. In questo senso, il provvedimento va in questa direzione. Il Fondo, come è stato per l'editoria, come era stato previsto qui alla Camera, viene portato in capo a Palazzo Chigi. Secondo aspetto: la legge, nuovamente, è una legge delega, che è un altro aspetto tipico del modo di agire di questo Governo, cioè farsi dare dal Parlamento il maggior numero di deleghe possibili e possibilmente il più ampie possibili, in modo tale che sia il Governo, in realtà, a legiferare e non il Parlamento. Il terzo aspetto: rimane quella tassazione a carico dei soggetti che raccolgono pubblicità, diciamo così, tradizionale e anche online, ma, nonostante le rassicurazioni del relatore, non è chiaro in effetti se questa non riguardi e colpisca, quindi, solo le aziende italiane o, invece, riguardi anche le multinazionali che operano in modo particolare sul digitale.
  Mi avvio alla conclusione, Presidente. Ho detto, quindi, luci e ombre: luci e ombre di questo provvedimento che, così, ci lascia ancora qualche, anzi più di qualche grado di perplessità. Noi valuteremo quello che sarà l'andamento della discussione in Aula la prossima settimana, quelle che saranno le interlocuzioni del Governo, presenteremo pochissimi emendamenti per l'Aula, abbiamo rinunciato a farlo in Commissione proprio perché sarebbe stato un esercizio retorico, essendo il provvedimento blindato; ma, anche dall'atteggiamento sui nostri emendamenti e sugli emendamenti di altre forze politiche e dall'interlocuzione che il Governo avrà, avremo modo di capire quali siano le reali intenzioni del Governo – dico del Governo e non della maggioranza, perché, come ho detto, il Governo accentra su di sé, il Premier accentra su Palazzo Chigi le competenze su questa materia – e su questo, sulla base di quello che capiterà in Aula la settimana prossima, valuteremo quale sarà la posizione del nostro gruppo (Applausi).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Molea. Ne ha facoltà.

  BRUNO MOLEA. Grazie, Presidente. Il disegno di legge che stiamo discutendo ha lo scopo di sussidiare il settore dell'editoria, che merita un particolare sostegno perché garantisce uno dei fondamenti della democrazia, che è l'informazione libera e pluralista, dove la libertà si misura nel confronto di orientamenti, procedure, tecniche diversificate.
  Il testo approvato dal Senato reca alcune modifiche rispetto al testo a suo tempo inviato dalla Camera. Con riferimento all'articolo 1, per esempio, che istituisce nello stato di previsione del MEF il Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione, destinato al sostegno dell'editoria e dell'emittenza radiofonica e televisiva locale, il Senato ha eliminato il parere delle Commissioni parlamentari sul DPCM annuale recante la ripartizione del Fondo fra la Presidenza del Consiglio e il Ministero dello sviluppo economico, mentre ha previsto tale parere sul DPCM da adottare di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, con il quale sono definiti i requisiti soggettivi, i criteri e le modalità per la concessione dei finanziamenti.
  Al riguardo, occorre chiarire se sopravvive la previsione di cui all'articolo 1, Pag. 9comma 163, della legge di stabilità 2016, in base alla quale i criteri di riparto, le procedure di erogazione delle risorse del Fondo destinate alle emittenti radiofoniche e televisive locali, devono essere definiti con un regolamento di delegificazione, quindi con una diversa tipologia di atto, e, in caso positivo, come si coordinano le due disposizioni. Inoltre, il Senato ha previsto che le somme non impegnate in ogni esercizio possono essere impegnate in quello successivo.
  Un'ulteriore novità è costituita dalla previsione di erogazione di un contributo da concedere nel limite delle risorse a ciò destinate dal DPCM, che indica anche i criteri di ripartizione del Fondo per il sostegno delle spese sostenute e per l'utilizzo di servizi di telefonia e di connessione dati, che sostituisce le attuali riduzioni tariffarie. I soggetti beneficiari, i requisiti di ammissione, le modalità, i termini e le procedure per l'erogazione del nuovo contributo sono definiti con un regolamento di delegificazione, sul quale è previsto il parere parlamentare.
  Al contempo, l'articolo 10, al comma 4, sempre introdotto dal Senato, dispone che le risorse per le riduzioni tariffarie confluiscano nel nuovo Fondo nell'esercizio finanziario successivo a quello di entrata in vigore del regolamento, al netto di quelle occorrenti per l'erogazione di benefici già maturati alla data di entrata in vigore del regolamento stesso.
  Con riferimento all'articolo 2, nella parte relativa alla delega per la ridefinizione della disciplina dei contributi diretti alle imprese editrici e il sostegno agli investimenti delle imprese editrici dell'emittenza radiofonica e televisiva locale, il Senato, con riferimento ai destinatari dei contributi, ha specificato che la condizione necessaria per il finanziamento attiene all'ambito commerciale.
  Inoltre, ha aggiunto il riferimento alle imprese editrici di quotidiani e periodici, il cui capitale sia interamente detenuto da enti senza fine di lucro e ha esteso a cinque anni dalla data e di entrata in vigore della legge, anziché i tre previsti nel testo approvato dalla Camera, il periodo in cui saranno destinatarie di finanziamento le imprese editrici di quotidiani e periodici il cui capitale sia detenuto in misura maggioritaria da cooperative, fondazioni o enti morali non aventi fini di lucro.
  Quanto al calcolo dei contributi, il Senato ha soppresso il superamento della distinzione fra testata nazionale e testata locale ed ha conseguentemente previsto che la graduazione del contributo in funzione del numero di copie annue vendute deve essere, comunque, non inferiore al 30 per cento delle copie distribuite per la vendita per le testate locali e al 20 per cento per le testate nazionali.
  Inoltre, ha previsto la riduzione del contributo per le imprese che superano, nel trattamento economico del personale, dei collaboratori e degli amministratori, il limite massimo retributivo di euro 240 mila annui: per la prima volta si fa riferimento, con tale previsione, a un tetto retributivo, sia pure non imposto, per le imprese private.
  Infine, ha previsto l'incentivazione fiscale degli investimenti pubblicitari incrementali, oltre che su quotidiani e periodici, anche sulle emittenti televisive e radiofoniche locali.
  Relativamente alle disposizioni dell'articolo 3, che si applicheranno a decorrere dai contributi del 2016, il Senato ha previsto che la prima delle due rate di erogazione dei contributi sia pari al 50 per cento del contributo calcolato per l'impresa e non più al 30 per cento del contributo erogato all'impresa nell'anno precedente, come era previsto nel testo della Camera.
  Inoltre, ha introdotto un'ulteriore definizione di quotidiano online, intesa come testata giornalistica con specifici requisiti.
  Con riferimento alla delega concernente il Consiglio nazionale dell'ordine dei giornalisti, il Senato ha aumentato fino a un massimo di 60, a fronte del massimo dei 36 previsti dal testo approvato dalla Camera, il numero dei relativi membri, di cui due terzi professionisti e un terzo pubblicisti, purché per entrambi i profili gli stessi giornalisti abbiano una posizione previdenziale attiva presso l'Inpgi, ed ha Pag. 10inoltre inserito l'obbligo di avere in ciascuno dei due gruppi almeno un rappresentante delle minoranze linguistiche riconosciute.
  È stato introdotto l'articolo 6, che prevede la costituzione di consigli dell'ordine dei giornalisti anche nelle province autonome di Trento e Bolzano.
  Un'ulteriore novità è costituita dall'articolo 7, che estende a regioni, province, città metropolitane e comuni, l'autorizzazione di avvalersi delle agenzie di stampa per l'acquisto di servizi giornalistici e informativi, già prevista per la Presidenza del Consiglio dei ministri con aggiudicazione a trattativa privata, senza preliminare pubblicazione di un bando di gara.
  Il Senato ha modificato, altresì, le norme relative alla procedura per l'affidamento in concessione del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale, per la quale si stabilisce la durata decennale, con una previa consultazione pubblica sugli obblighi dello stesso servizio, come già previsto dalla legge n. 220 del 2015.
  Un'ulteriore previsione introdotta al Senato riguarda l'introduzione del tetto retributivo di euro 240 mila annui per i dipendenti, collaboratori e consulenti RAI, la cui prestazione professionale non sia stabilita da tariffe regolamentate.
  Concludendo, l'impianto del provvedimento, nel testo uscito dalla Camera, nella sostanza non è stato stravolto dalle modifiche intervenute al Senato, che hanno piuttosto risolto quei nodi che erano emersi nel corso dei dibattiti e che erano rimasti in sospeso. Il risultato è una legge di sistema, finalizzata a garantire un reale pluralismo dell'informazione, per la cui approvazione auspico il più ampio consenso possibile.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Paglia. Ne ha facoltà.

  GIOVANNI PAGLIA. Sì, grazie Presidente. Noi siamo contenti di arrivare in qualche modo alla fine di questo dibattito, comunque di indirizzarlo verso un punto di caduta. Un dibattito che è stato lungo, che ha avuto un primo passaggio qui alla Camera, poi un secondo al Senato, poi torna alla Camera, a dimostrazione che si possono costruire delle buone leggi e anche delle leggi condivise, quale questa è, se si ha la capacità di ascoltarsi e anche seguendo i tempi che la nostra Costituzione prevede. Il passaggio fra Camera e Senato ha consentito anche in questo caso al testo di essere migliore sotto molti aspetti – sotto altri, evidentemente, è più criticabile –, ma un vaglio critico ulteriore è sempre un punto positivo nella costruzione di una norma. Non è una legge qualunque; infatti, abbiamo avuto piacere di essere coinvolti.
  Eravamo partiti anche noi da una nostra proposta, che poi è stata integrata nel testo che andremo ad approvare, perché noi crediamo fermamente nel pluralismo dell'informazione e crediamo fermamente che, quando si affronta quello che è un valore costituzionale, si debba andare oltre la logica che il mercato, lasciato a se stesso, avrebbe, e si debba, invece, utilizzare la politica, e quindi anche le risorse pubbliche, per andare a costruire un sistema al cui interno si valorizzino tutte le voci, anche le più deboli, anche quelle che rappresentano la minoranza, anche quelle che rappresentano punti di vista meno ortodossi, anche quelle che rappresentano la critica. Quelle che altrimenti, in condizioni di mercato, avrebbero qualche difficoltà in più a sopravvivere, perché non hanno grandi potentati finanziari alle spalle, perché hanno il coraggio, talvolta, persino di porsi dei problemi rispetto all'acquisizione di alcune pubblicità, per esempio, perché anche il mercato pubblicitario, oggi come oggi, è sempre meno libero, sempre più condizionante.
  Quindi, noi non da oggi riteniamo che sia da difendere e valorizzare il fatto che lo Stato italiano intervenga con un fondo che difenda il pluralismo dell'informazione, e in questo caso anche l'innovazione, e che lo faccia a testa alta, lo faccia senza nascondersi, lo faccia senza dover trovare, di volta in volta, spazi nelle pieghe delle leggi di bilancio, quasi vergognandosi di sostenere un valore costituzionale quale Pag. 11la libertà di informazione, e lo faccia destinando un fondo. Noi riteniamo che ci siano in questo fondo alcune cose importanti, che abbiamo contribuito a inserire.
  La prima fra queste è che non ci troviamo più di fronte esclusivamente a risorse impreviste, che possono cambiare anno dopo anno, a seconda della contingenza del momento, ma che venga alimentato, questo fondo, anche da fonti di entrata proprie. Ci piace ricordare, perché è stato inserito con un nostro emendamento, lo 0,1 di prelievo su quelli che sono i ricavi, il reddito delle agenzie di raccolta pubblicitaria, che devono contribuire, sì, devono contribuire a finanziare anche pubblicamente e anche in modo redistributivo quella che è l'editoria, perché altrimenti, se non fosse così, se non ci fosse questo prelievo importante che viene inserito, potrebbero decidere di indirizzare, esclusivamente di indirizzare i contenuti editoriali attraverso il ricatto del finanziamento. E siamo contenti in merito a questo – che alla Camera era stato, in una prima battuta, anche molto contestato, qualcuno qui dentro aveva detto che sicuramente il Senato avrebbe rimediato a quella che sembrava una svista, fatta pervenire in conto alla sinistra – che alla fine anche il Senato, discutendo, abbia deciso di confermare questa scelta, così che oggi la legge che ci ritorna è esattamente quella da cui eravamo partiti.
  L'altro elemento che io credo abbia un rilievo che vale la pena di essere ricordato in quest'Aula è la scelta di destinare sempre a questo fondo l'eccedenza del canone RAI. Noi avevamo già discusso in passato l'idea che il canone smettesse di essere il canone RAI e diventasse piuttosto un contributo che gli italiani davano per finanziare nel loro complesso il sistema dell'informazione, anche prevedendo che una parte, anche limitata, di quel canone potesse essere destinata in dichiarazione dei redditi dagli italiani stessi alle testate di loro maggior gradimento. Riteniamo che quella continui ad essere una proposta valida, proprio perché il sistema pubblico di informazione non può essere semplicemente sovrapposto a quello che è il sistema pubblico radiotelevisivo, cioè alla RAI, ma è un concetto molto più vasto, proprio una concezione pluralista di informazione.
  E, tuttavia, il fatto che almeno le eccedenze per il momento vengano messe all'interno di questo fondo lo riteniamo un fatto positivo. Qual è la terza gamba, quella che ci sentiamo di richiamare con forza qui, oggi, perché, se manca quella, poi, in realtà, viene a mancare tutta la logica che sta dietro questa legge ? La terza gamba è quella del finanziamento che Parlamento e Governo dovranno mettere in legge di stabilità all'interno del fondo.
  E qui, in qualche modo, si andranno a verificare, poi, le reali intenzioni e la reale corrispondenza fra le parole e i fatti, perché, ovviamente, anche il miglior fondo del mondo, e questo è stato costruito con criteri abbastanza condivisibili, non vale assolutamente niente, se poi, all'interno, non ci si mettono le risorse necessarie. Noi sappiamo che in questo momento il sistema dell'informazione italiana è a rischio sotto molti aspetti, a rischio di pluralismo, perché anche la crisi ha colpito duro, il calo delle vendite ha colpito duro, e noi rischiamo che ogni giorno si vadano a perdere testate e professionalità che, invece, noi dovremmo in qualche modo accompagnare anche verso un'evoluzione. Peraltro, devo dire che – approfitto di questa discussione – noi dovremmo anche smettere, probabilmente, di avere un rapporto così rigido nel considerare la capacità informativa di un media, anche di un giornale, parlo di un giornale cartaceo, considerando solo le copie vendute.
  Infatti, se è vero che oggi tutti i focus rilevano che la maggior parte delle informazioni, cioè delle informazioni acquisite da un cittadino italiano, proviene dalla rete, è altrettanto vero che le cose che circolano in rete in buona parte non è che provengano da chissà dove. La maggior parte delle informazioni che circolano in rete altro non è che una trasposizione online. Solo che sull’online un giornale i soldi non ne fa o ne fa marginalmente con Pag. 12la pubblicità, ma non è che tu puoi dire «visto che questi perdono, muoiono perché perdono le copie cartacee, li lasciamo morire», perché, una volta che poi sono morti sulle copie cartacee, il giorno dopo smettono anche di produrre quel materiale che è quello con cui noi quotidianamente, diffondendolo, condividendolo, facendolo circolare, ci informiamo.
  Quindi, ancora di più c’è un interesse pubblico. Al massimo, quello su cui dovremmo ragionare, anzi, forse al minimo, anche se è un discorso molto complesso, che non si è fatto in questa legge e forse non riusciamo a fare nemmeno altrove compiutamente, è di come chi guadagna realmente dalla circolazione di quell'informazione, e mi riferisco ai colossi del web, possa a sua volta contribuire in qualche modo ad alimentare chi quei contenuti produce. Ma questo è un altro dibattito, che stiamo facendo e continuiamo a fare anche in altra sede, e che comunque impatta molto anche su questo in proporzione; anzi, in prospettiva, probabilmente è il tema decisivo rispetto alla questione del finanziamento.
  Abbiamo detto del fondo: devo dire, per una forza di opposizione, se vogliamo, la parte più difficile era dare fiducia e ottenere in qualche modo un risultato positivo, cosa che riconosciamo, anche in una legge che dà poi deleghe anche pesanti al Governo. Per noi votare a favore di questa legge, come abbiamo già fatto in prima lettura, come abbiamo fatto al Senato e come confermeremo anche domani, è un investimento di fiducia importante, perché su alcune materie molto sensibili viene data una delega al Governo. Fortunatamente, il Parlamento ha fatto un lavoro che io credo molto positivo e questa delega è stato abbastanza in grado di restringerla, è stato in grado di qualificarla, è stato in grado di indirizzare con forza. Credo che, anche nel prosieguo del dibattito, nei prossimi giorni, quello che dovrà essere un intendimento comune di tutte le forze politiche qui dentro sarà di pressare il Governo perché poi quelle deleghe eserciti realmente, perché, anche qui, non ce lo nascondiamo, i giorni passano, le settimane passano, i mesi passano, la legislatura si avvia, di fatto, verso la sua naturale conclusione e quelli che sembrano tempi lunghi, cioè un anno, in realtà lunghi non sono.
  Se il Governo non si prende l'impegno, cosa che noi ci auguriamo faccia, di prendere sul serio queste deleghe e di lavorarci seriamente e rapidamente, il rischio è che una legge positiva non riesca a produrre, poi, tutti gli effetti che noi ci aspettiamo. A proposito della delega, solo alcune puntualizzazioni: noi riteniamo alcune cose molto positive. Riteniamo positivo che siano state inserite, per esempio, fra i soggetti finanziabili, per la prima volta, anche le emittenti locali, sia radiofoniche che televisive, perché anche quello è un pezzo importante dell'informazione italiana ed è forse una delle componenti che più è andata in sofferenza in assoluto negli ultimi anni. Noi abbiamo una quantità di emittenti locali, soprattutto televisive, ma molte anche radiofoniche, che chiudono, si fondono, sono costrette ad aggregarsi a grandi network nazionali, a cedere le frequenze – qui parlo delle radio – oppure a essere semplicemente smantellate, come la televisione.
  Eppure, l'informazione locale non è poco, perché questo è un Paese in cui la politica, per esempio, si fa anche molto a livello locale. Molto del modo in cui i cittadini italiani concepiscono e arrivano a concepire la democrazia passa per il modo in cui questa viene realizzata o non realizzata sul piano locale. E, quindi, se vale sul piano nazionale il fatto che l'informazione e il pluralismo dell'informazione indirizzino la formazione corretta dell'opinione pubblica, questo vale anche sul piano locale. Quindi, bene avere inserito ulteriori possibilità di finanziamento, un po’ forse meno bene avere ampliato la fascia destinabile anche alle emittenti televisive, perché lì noi vediamo il rischio di un eccessivo sbilanciamento. Se vediamo il rischio che, avendo ampliato al 50 per cento quello che prima era un 30, si vada di fatto a rischiare che più risorse vengano drenate verso quelli che comunque sono i player più forti sul piano della raccolta Pag. 13pubblicitaria, è un limite che vediamo forse, tra tutte le cose che il Senato ha inserito, come quello che ci convince meno. Positivo è invece che, all'interno di questa legge, venga superata la distinzione fra le testate locali e nazionali, sempre per la stessa logica di cui dicevo prima, e che si vadano a valorizzare finalmente anche le testate telematiche, arrivando poi ad un certo punto, non in delega ma successivamente negli articoli successivi, anche a dargli una definizione, perché le testate telematiche non possono essere considerate più, oggi come oggi, componenti minori all'interno dell'informazione. Esistono i blog, cioè esiste anche l'informazione libera, autogestita in rete; è bene che ci sia, è bene che sia il meno regolamentata possibile, ma per chi decide invece in realtà di fare informazione in modo professionistico, cioè di avere testate vere e proprie, è bene che tale attività venga normata e venga riconosciuto come tale e, come tale, anche in qualche modo finanziato per consentire lo sviluppo anche di canali nuovi, che peraltro sembrano nuovi solo in Italia perché poi in altri Paesi anche testate fra le più antiche e le più prestigiose del mondo decidono o stanno decidendo di cancellare progressivamente l'uscita cartacea e di dedicarsi solo ed esclusivamente alla distribuzione on line; quindi stiamo parlando di novità sì che tali possono sembrare solo con almeno vent'anni di ritardo rispetto al dibattito pubblico. Due cose puntualizziamo perché comunque le abbiamo richieste noi e anche questo ci fa piacere che continui a esserci, il fatto che, quando si va a definire quali sono i criteri su cui impostare appunto la distribuzione dei finanziamenti, uno sia quello di incentivare l'assunzione di giovani under 35; è una cosa molto positiva perché prima di tutto si parla di contratti a tempo indeterminato, cioè si parla di giornalisti e noi siamo un Paese in cui per le generazioni più giovani il giornalista è diventato una cosa molto più di nome che di fatto, cioè uno si auto-attribuiva una qualifica perché nel mestiere che faceva molto di rado aveva la possibilità di esserlo a pieno titolo, anche contrattualmente, ma noi riteniamo che quella di giornalista sia una professione, cioè sia un mestiere esattamente come tutti gli altri, che debba essere esercitato sotto contratto e secondo gli ambiti corretti del trattamento sia economico che previdenziale, eccetera. Aver previsto un incentivo è una cosa buona perché appunto fa sì che probabilmente, anche per assumere risorse, queste debbano essere investite nell'ambito corretto, fra cui quello di avere dei professionisti al lavoro e non semplicemente degli ambiti di sfruttamento. La stessa cosa, analoga, è il fatto di aver inserito sempre fra i fattori premianti – anzi non tra i premianti, in questo caso addirittura necessari –, quello di essere in regola con i contratti nazionali di lavoro previsti per la categoria. Riteniamo invece che sia un limite forte quello di aver previsto solo ed esclusivamente come fatto disincentivante la questione dei 240 mila euro di tetto per gli apicali; questo va bene quando si parla di RAI e cioè riportare la televisione pubblica andrebbe bene se poi venisse rispettato, si andrà avanti ma se sarà rispettato va bene, perché si riporta il concessionario pubblico all'interno di quello previsto per i dipendenti dello Stato sostanzialmente, ma non è valido invece il ragionamento di dire per la prima volta si pone un limite anche nel settore privato, ma quindi dato che si pone un limite non lo si può porre come fattore escludente per chi non lo rispetti, perché qui noi non stiamo parlando di una legge che dice che nel settore «di» non si può guadagnare più «di», cosa su cui io peraltro sarei d'accordo ma qualcuno dice che non si può fare per legge, ne discuteremo. Qui stiamo parlando di condizione per avere o non avere fondi pubblici. Ora voi capite che qualcuno potrebbe trovare stravagante il fatto che io dia 500 mila euro di fondi pubblici a qualcuno e di quei 500 mila 300 mila venissero utilizzati per pagare l'amministratore delegato, perché a quel punto io non sto dando un incentivo e non sto incentivando il problema dell'informazione, sto pagando lo stipendio alla figura più importante all'interno di quella testata Pag. 14e francamente se c’è una cosa che dal mio punto vista può fare il mercato è esattamente remunerare le condizioni apicali, cioè se sei in gamba, puoi anche guadagnare molto, ma se non lo sei non si vede perché lo stipendio te lo debba pagare lo Stato attraverso il Fondo per il pluralismo e l'innovazione nell'informazione.
  Quindi questo è un difetto, è un gap di questa legge, bisognava avere molto più coraggio, bisognava dire che chi non si attiene a determinate clausole fra cui questa non può avere l'accesso al Fondo, punto, non vuol mica dire che non può fare il giornalista, non può aprire una rivista, non può aprire un giornale; può fare esattamente quello che vuole, semplicemente lo fa con i soldi suoi perché se è talmente bravo da potersi permettere di guadagnare 400 mila euro all'anno, bravissimo, si vede che sei un fenomeno, sarai sul mercato e ti meriterai quello che guadagni, però lo farai da solo, sotto questo aspetto. L'abbiamo già detto, quindi non ci torno in prima battuta, non ci piace la parte della delega che riguarda le edicole e comunque la distribuzione della carta stampata periodica e quotidiana; anche su questo io inviterei, dato che non faccio parte della Commissione cultura, a stare abbastanza sotto al Governo perché ovviamente la delega è scritta bene parola per parola, però all'interno ci sono gli spazi perché si arrivi in una direzione diversa, questo va detto: quando si conferisce una delega a favorire la liberalizzazione del settore, nella liberalizzazione del settore c’è tutto il male possibile. È chiaro che poi quando si prova a contenere quella liberalizzazione parlando di pari condizioni fra tutte le parti che sono all'interno del divieto di arbitraria sospensione delle consegne, parli di valorizzare il territorio e quindi anche le società, son tutte cose che consentono poi di restringere il perimetro di quella liberalizzazione e di creare almeno pari condizioni fra tutti gli attori, cioè sostanzialmente di non rischiare di mettere nelle mani della grande distribuzione anche un settore delicato come la stampa quotidiana, però lo si può fare a condizione che nell'esercizio della delega il Governo abbia ben capito lo spirito con cui il Parlamento lo ha omesso; se invece il Governo si dimentica tutto questo e si ricorda solo la parte in cui si parla di massima apertura, liberalizzazione degli orari, degli spazi, delle possibilità, eccetera, noi andiamo a fare un disastro, cioè andiamo a distruggere il sistema che attualmente abbiamo e che ha sempre funzionato e che è un valore di distribuzione della stampa. Siamo contenti – vado a chiudere – che gli anticipi siano stati aumentati al 50 per cento, anche qui il Senato ha fatto un buon lavoro rispetto al 30 per cento di anticipo che si dà alle imprese editrici rispetto ai contributi erogati. È evidente, lo sappiamo tutti che è un settore che affronta fra le varie difficoltà, come tutti in Italia, problemi di liquidità. Di conseguenza tante volte se si arriva tardi o solo a conguaglio, rischi che una parte del finanziamento nel frattempo se lo siano mangiato gli istituti di credito, ammesso che siano disponibili a erogarlo quel credito, quindi rischi di non trovare più la testata oppure di trovare una testata che ha già dovuto consegnare una parte del fondo che è destinato per pagarci il credito necessario della liquidità. Quindi più si alza l'anticipo e meglio è, 50 ci sembra un buon punto di mediazione anche per evitare il rischio contrario, cioè che tu prendi tutto all'inizio dell'anno e poi quando a conguaglio si vede che non hai rispettato nessuna delle norme precedenti non ci sei più, però va bene, ecco questa è una cosa per cui credo dobbiamo ringraziare il Senato. Ultima cosa, l'equo compenso che noi continuiamo a ritenere nel campo dell'editoria come in generale nel campo delle libere professioni un tema centrale, se si vuole eliminare questa sciagura che da molti anni imperversa in Italia, cioè il fatto che il lavoro autonomo sia diventato non una condizione di valorizzazione della propria libertà nel lavoro e anche della possibilità di determinarsi un reddito corrispondente alle proprie capacità, ma sia diventato surrettiziamente un sostitutivo del lavoro dipendente a più alto tasso di sfruttamento, tradotto così: tu Pag. 15sei autonomo, io fisso, dato che ho la possibilità di farlo e ho il coltello dalla parte del manico, decido esattamente quanto devo guadagnare non avendo alcun tipo di limite, e il limite lo fisso sempre molto in basso; quindi è assolutamente indispensabile, qui come rispetto a tutte le altre professioni, che la legge questo tema se lo ponga, cioè di dire: per legge fissiamo delle tabelle, fissiamo dei limiti sotto i quali non si può andare. Qual è la critica ? La critica è che qui dentro abbiamo una proroga, non è che abbiano un inserimento: di fatto è giusto prorogare se non si è stati in grado di produrre un lavoro, ma è il segnale che su questo si continua a ragionare e si continua a rimandare e quando su un tema che ha a che fare con i rapporti e i conflitti d'interesse fra le parti, tra chi è più debole – cioè la partita IVA in questione – e chi è più forte – cioè in questo caso l'editore, ma vale per tutti i committenti – il rinvio non è neutrale, il rinvio è semplicemente un favore che si fa sempre a chi in quel momento da un rapporto diseguale di forza sta avendo la meglio. Quindi il rinvio va bene, se non siamo arrivati in fondo però con una precisazione dal nostro punto di vista: che sia l'ultimo e che si faccia molto in fretta. Infine, faccio solo un appunto che però ci dovrebbe fare riflettere su alcune distanze che abbiamo talvolta tra quello che, sotto certi aspetti, promuoviamo e quello che poi facciamo.
  In questa legge si è arrivati, con un comma del Senato, a prevedere la possibilità, nel caso del Trentino – Alto Adige, di separare in due l'ordine dei giornalisti che fino ad oggi è sempre stato regionale, e devo dire anche con soddisfazione dei giornalisti locali. Si è arrivati a dire che l'ordine del Trentino – Alto Adige, uno dei pochi punti unitari di quella regione, si può splittare in due, si può scindere in due, per farne uno del Trentino e uno che credo si chiamerà a questo punto, al di là delle polemiche, «del Sudtirolo», e non dell'Alto Adige, a fronte di quello che è un generale percorso di razionalizzazione della spesa che tutti noi vogliamo portare avanti. Abbiamo approvato la mozione sulla spending review, alludiamo continuamente al fatto che si debba andare a trovare metodi più razionali di organizzazione dello Stato, e anche delle sue articolazioni parapubbliche, e poi dopo arriviamo in fondo ad una lunga discussione con un emendamento senatoriale e dal Trentino Alto Adige passiamo a Trento e Bolzano, come da prassi consuetudinaria quando si parla di quella ragione.
  Non mi sembra un bel segnale, non farà certo cambiare idea sulla sostanza della legge probabilmente a nessuno, però andava sottolineato (Applausi).

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche – A.C. 3317-3345-B)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore per la maggioranza Rampi.

  ROBERTO RAMPI, Relatore per la maggioranza. No, grazie.

  PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

  COSIMO MARIA FERRI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Ringrazio solo tutti i deputati che sono intervenuti per il contributo che hanno portato. Il relatore ha ben illustrato i punti e l'importanza che ha questo provvedimento anche per il Governo che ha seguito sempre il dibattito con grande attenzione, aperto sempre al confronto, perché è emerso un confronto costruttivo e quindi sono stati recepiti anche tanti spunti che provenivano dalle opposizioni. Questo è quindi lo spirito col quale continuiamo a lavorare e terremo anche conto in fase di decreti delegati, come è stato accennato negli interventi, del dibattito e di tutto quello che è emerso nei due rami del Parlamento. Quindi, ringraziamo per l'attenzione e assicuriamo l'importanza di questo provvedimento anche Pag. 16per il Governo e quindi manterremo anche i tempi in materia di decretazione delegata.

  PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Venerdì 30 settembre 2016, alle 10:

  Svolgimento di interpellanze urgenti.

  La seduta termina alle 11,20.