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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 650 di venerdì 8 luglio 2016

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI

  La seduta comincia alle 9.

  PRESIDENTE. La seduta è aperta.
  Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

  ROBERTO CAPELLI, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.

  PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Gioacchino Alfano, Bindi, Matteo Bragantini, Caparini, Cicchitto, Cirielli, De Menech, Di Gioia, Epifani, Ferranti, Fontanelli, Garofani, Giancarlo Giorgetti, La Russa, Locatelli, Manciulli, Molea, Gianluca Pini, Pisicchio, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rosato e Sanga sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente novantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 9,05).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Chiarimenti ed iniziative in merito all'applicazione della disciplina relativa al credito d'imposta per le attività di ricerca e sviluppo del settore tessile e della moda – n. 2-01401)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Benamati ed altri n. 2-01401, concernente chiarimenti ed iniziative in merito all'applicazione della disciplina relativa al credito d'imposta per le attività di ricerca e sviluppo del settore tessile e della moda (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Benamati se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica. Ha quindici minuti.

  GIANLUCA BENAMATI. Sì, grazie, Presidente. Come lei ha ben detto, questa è una interpellanza che ha un carattere, diciamo così, esplicativo e che riguarda, però, un settore molto importante per l'economia nazionale: il settore tessile. Il settore tessile-abbigliamento costituisce, storicamente, uno degli assi portanti, uno dei motori dell'industria italiana e dell'economia del Paese. Si tratta, oggi, di una realtà che ha più di 450 mila addetti, 50 mila aziende sul territorio nazionale, una capacità esportatrice significativa a livello mondiale: l'Italia è terza dopo la Cina e la Germania.Pag. 2
  Oggi, il settore tessile italiano è reduce da profonde trasformazioni e da, mi si consenta anche, una dura battaglia a livello internazionale per quelli che sono stati i processi che noi chiamiamo, con un termine che comprende molte cose, di globalizzazione; un settore che ha sofferto, e spesso anche ha pagato, l'affacciarsi di nuovi Paesi produttori che, prima di diventare i mercati di assorbimento dei nostri prodotti, sono stati competitori. I Paesi del lontano e dell'Estremo Oriente, primi fra tutti, in questo processo di crescita e di affacciarsi sulla scena dei Paesi produttori, hanno puntato molto sul tessile, anche perché è un settore industriale che non richiede investimenti per unità di prodotto elevatissimi ed ha competenze e capacità di risorse umane molto, molto diffuse.
  L'Italia ha sofferto, i nostri produttori hanno combattuto, c’è stata una modifica anche di quello che è il tessuto e la qualità della produzione nazionale, sia nel campo dei tessuti quanto nel campo dei capi confezionati. Al di là della rilevantissima importanza della grande moda, del grande fashion italiano, il tessile è sempre stato costituito da produzioni di tessuti di qualità e produzioni, dicevo, di capi di buongusto e qualità anch'essi.
  Per quanto riguarda la produzione di tessuti, molti sono stati i problemi che hanno caratterizzato il tessile italiano: soprattutto, in questo caso, la competitività di questi Paesi esteri, che, spesso, hanno anche – questo è un problema che l'Unione europea si deve porre – tecniche di lavoro e rispetto dei parametri ambientali e della tutela del mondo del lavoro molto diversi dai nostri.
  In questo settore molto è stato fatto, soprattutto dal punto di vista dell'innovazione nella produzione e della qualità dei tessuti. C’è un tema molto grande che non è oggetto di questa interpellanza, quindi, citerò solo come titolo quello del riconoscimento della qualità e della natura dei prodotti italiani.
  La X Commissione (Attività produttive) e il Parlamento sono attivi in questo, con il concorso del Governo, anche individuando sistemi di tracciabilità ed etichettatura volontaria per dare al consumatore la possibilità di non avere solo il prezzo come elemento di discernimento nella scelta, ma anche conoscenza della qualità.
  A fianco della produzione, il tema della realizzazione e della vendita di capi confezionati, anche qui, ha spinto il comparto italiano verso la qualità, la qualità alta, la qualità di fascia più significativa e in questo sta anche l'interpellanza, invece, di oggi. Noi abbiamo che nel settore della produzione dei capi, del confezionamento dei capi, è molto rilevante il tema di quella che è l'attività propedeutica di prototipazione, cioè la realizzazione dei campionari per offrire questi alla vendita. Studi e rilevazioni interessanti – come quello dell'Osservatorio del settore tessile di Carpi, nell'Emilia Romagna, un distretto tessile molto importante – ci dicono che la spesa per aziende che operano nell'abbigliamento, nel confezionamento di capi di abbigliamento di alta qualità può arrivare fino al 6,6 per cento del fatturato, con incidenza diversificata fra le piccole, le medie e le grandi aziende: si può andare da un 9 per cento delle piccole aziende ad un 5 per cento delle aziende di dimensioni maggiori.
  Comunque, è un tema molto importante nell'economia aziendale: vero è che quello nostro – ma anche questo non è oggetto di questa interpellanza – è un sistema ancora molto basato sulle piccole realtà produttive di grande qualità, ma dimensionalmente ridotte, quindi, c’è il tema di aiutare queste aziende tramite sistemi di rete, tramite i sistemi di accrescimento delle loro dimensioni societarie, di superamento di questa fragmentazione. Ma c’è il tema che pone la mia interpellanza – la nostra interpellanza –, che è quello di capire qual è la situazione della incentivazione nel campo della prototipazione tessile, cioè, della realizzazione dei campionari.
  Questo, infatti, è un tema che si ripresenta, non è un tema singolo nella vita dell'azienda, ma si ripresenta ad ogni stagione, con la necessità, più volte per anno, di progettare nuovi modelli adeguati Pag. 3alle richieste del pubblico e, anzi, spesso, interpretando ed orientando il pubblico. Da questo punto di vista, è chiaro quale sia l'impegno che un'azienda deve profondere per realizzare dei prodotti in questo settore: dalla ricerca di mercato, dalle valutazioni dei gusti dei clienti, dalla ricerca sui tessuti, dalle prove, dalla realizzazione di prototipi e, poi, finalizzandoli a quelli che sono i modelli che diventeranno i capolinea della linea produttiva.
  Questo è un tema che il Governo e il Parlamento italiano si sono posti da molti anni. Nel 2006, con l'allora Governo Prodi, avemmo una primo intervento con la finanziaria del 2006 per il 2007 – quindi, la legge finanziaria del 2007 –, fu istituita una misura fiscale, un credito di imposta generico a vantaggio delle imprese che svolgevano attività di ricerca industriale precompetitiva in questo settore. Un credito di imposta del 10 per cento sui costi sostenuti, che poteva essere più alto – portato al 15 per cento –, quando queste attività di ricerca e di sviluppo nel settore si avvalevano di soggetti pubblici, come enti di ricerca e università. Era stato identificato anche un fondo, un importo per questo tipo di supporto, pari a 15 milioni per ciascun periodo d'imposta e la legge finanziaria del 2008, cioè, la legge 24 dicembre 2007, n. 244, modificò questa impostazione dell'anno precedente, innalzando le quote di credito d'imposta per le attività in collaborazione, ma aumentando anche significativamente il valore di quello che era l'importo disponibile per ciascun periodo d'imposta, portandolo a 50 milioni. In quella fase, l'Agenzia delle entrate, nel giugno del 2008, fermo restando naturalmente il carattere automatico del credito di imposta, indicò, per l'effettiva riconducibilità delle diverse voci (attività appunto di ricerca, sviluppo e prototipazione), la necessità di una valutazione di carattere tecnico da parte del Ministero dello sviluppo economico. In questo senso, il Ministero dello sviluppo economico emanò nel 2009 una circolare interpretativa, la circolare n. 46586, che dava delle linee guida sull'applicazione del credito agevolato di imposta indicando, al di là dei numeri, quelli che erano i costi ammissibili per questo credito d'imposta. Cito, da quella circolare interpretativa, il personale interno, quindi stilisti e tecnici impegnati nelle attività di ideazione e realizzazione dei prototipi; la prestazione dei professionisti, stilisti e consulenti esterni che intervenivano sul processo di prototipazione; le materie prime e i materiali di consumo connessi, però, all'attività di realizzazione del campionario; le attività di ideazione e realizzazione di prototipi e le attrezzature tecniche, computer e macchinari, per la quota parte di tempo utilizzato per questa attività specifica di prototipazione, cioè la realizzazione del campionario. In quella interpretazione vi erano anche fabbricati e terreni per quanto riguardava la loro rilevanza sulla fase di ideazione e realizzazione dei prototipi. Ma queste erano le indicazioni principali. Cambiato Governo, cambiò anche l'approccio, ma rimase un'attenzione forte sul tema dei campionari perché il Governo nel 2010, con il decreto-legge n. 40, passò anche alla detassazione del valore degli investimenti in attività di ricerca industriale e sviluppo precompetitivo, il cosiddetto bonus campionari. Quindi, c'era, al di là anche del colore politico delle compagini governative, una particolare attenzione a questo settore; attenzione giustificata dalla rilevanza di questa attività di realizzazione dei campionari all'interno di un settore come quello tessile e delle confezioni che è primario per l'industria e per la manifattura italiana.
  Da questo punto di vista, noi in questa legislatura siamo intervenuti rivitalizzando il tema del credito di imposta per la ricerca e lo sviluppo con il decreto-legge «Destinazione Italia» del dicembre 2013, che è stato poi modificato, naturalmente, dalla legge 23 dicembre 2014, n. 190, la legge di stabilità del 2015, che ha ridefinito in maniera più puntuale i settori di intervento precisi per ottenere dei crediti di imposta. In quella sede, i crediti di imposta ammissibili per la ricerca e lo sviluppo sono elencati come i costi relativi al personale altamente qualificato – naturalmente, parliamo, siccome è una norma Pag. 4generale, di titoli di dottore di ricerca, iscrizione a cicli di dottorati di ricerca, con un rapporto di dipendenza diretta dall'azienda –, le quote di ammortamento delle spese di acquisizione e utilizzazione di strumenti e attrezzature di laboratorio, limitatamente al periodo di applicazione e le spese relative ad attività di ricerca extra-muros da parte dell'azienda con soggetti pubblici, come era già in precedenza. Da questo punto di vista, naturalmente, ci sarebbe l'interessante punto da valutare della sovrapponibilità e della congruenza con quanto era previsto nel passato. La circolare dell'Agenzia delle entrate n. 5/E del 16 marzo 2016, avente, appunto, come oggetto il credito di imposta, recita che per la concreta individuazione del contesto delle suddette attività di ricerca e sviluppo da considerare ammissibili nell'ambito dello specifico settore del tessile e della moda sono valide in linea generale le indicazioni fornite dal Mise con la circolare n. 46586 del 16 aprile 2009 che richiamavo in precedenza e che considera il lavoro del personale interno, degli stilisti, dei tecnici e delle collaborazioni esterne come detto in precedenza.
  Sto concludendo, Presidente. Allora, qui l'interpellanza verte su due questioni, in particolare sulla difficoltà di capire e di sovrapporre queste due normative, ovviamente sulla limitazione di quello che è il valore incrementale che è previsto nel nuovo credito di imposta, ancorché applicabile e applicato al settore tessile. Infatti, ovviamente, siamo di fronte a una situazione che ha più le caratteristiche di un intervento volumetrico perché si ripete ogni stagione più volte per anno. E la domanda che noi poniamo al Governo, quindi, è quali siano le corrette interpretazioni per l'applicabilità al settore di queste nuove norme e soprattutto, con specifico riferimento ai campionari a legislazione vigente, quali sono le attività che il Governo ha in animo di assumere.

  PRESIDENTE. Il Viceministro dell'economia e delle finanze, Enrico Morando, ha facoltà di rispondere.

  ENRICO MORANDO, Viceministro dell'economia e delle finanze. Grazie, signor Presidente. Naturalmente, rispondo facendo riferimento alle competenze del Ministero dell'economia e delle finanze, non essendo possibile per noi indagare più puntualmente gli aspetti che riguardano la politica industriale con riferimento al settore tessile che è di competenza, com’è ovvio, di un altro Ministero. Sostanzialmente, alla luce di questa considerazione sopra le competenze del Ministero dell'economia e delle finanze, gli interpellanti chiedono di conoscere: primo, quali siano le attività agevolabili e i relativi costi ammissibili al credito di imposta per le attività di ricerca e sviluppo nel settore tessile e della moda; secondo, se il Governo intenda adottare iniziative specifiche per il settore del tessile e della moda, in particolare per le attività che sono dirette alla realizzazione del campionario delle collezioni e dei prototipi. Naturalmente, rispondo dopo aver sentito gli uffici dell'amministrazione finanziaria e dello stesso Ministero dello sviluppo economico perché la risposta non può che fare riferimento ad alcuni atti amministrativi del Ministero stesso.
  Per quello che riguarda la prima richiesta, il Ministero dello sviluppo economico ha precisato che è necessario distinguere le attività che non necessariamente sono collegate a un processo di realizzazione di un prodotto nuovo, modificato o sensibilmente migliorato, dalle attività dirette esclusivamente a tal fine. In generale, si può affermare che le attività astrattamente riconducibili alla nozione di ricerca industriale e allo sviluppo sperimentale sono nel settore tessile e moda quelle che precedono la fase realizzativa del campionario e della collezione e sono collegate alla fase ideativa dello stesso ed alla realizzazione dei prototipi. Sono, quindi, agevolabili, secondo questa linea interpretativa, i costi sostenuti per svolgere le attività dirette alla realizzazione del contenuto innovativo di un campionario o delle collezioni e per la realizzazione dei prototipi. Sempre il Ministero dello sviluppo economico ha fatto inoltre presente in numerose Pag. 5occasioni che è in fase di predisposizione – e quindi io riprendo questo orientamento facendo riferimento a posizioni assunte dal Ministero dello sviluppo economico –, in collaborazione con l'Agenzia delle entrate, il testo di una nuova circolare interpretativa che sostituisca o integri quella del 2009, a cui fanno riferimento gli interpellanti, al fine di fornire chiarimenti per la fruizione, per le attività di ricerca e sviluppo del settore tessile e della moda, del credito d'imposta previsto ai sensi della normativa già richiamata dagli interpellanti. In attesa dell'emanazione di questo documento ulteriore di prassi, l'Agenzia delle entrate fa presente comunque che, come precisato in occasione della circolare n. 5 del 2016, elaborata d'intesa con il Ministero dello sviluppo economico, i soggetti interessati ad acquisire una valutazione circa la riconducibilità di specifiche attività aziendali ad una delle attività di ricerca possono comunque presentare un'istanza di interpello, ai sensi dell'articolo 11 della legge 27 luglio 2000, n. 212, all'Agenzia delle entrate, la quale è impegnata a provvedere e ad acquisire il parere del Ministero dello sviluppo economico. E in attesa di quel nuovo atto amministrativo, ulteriormente interpretativo e volto a precisare, penso che il ricorso diffuso all'interpello sia la soluzione più conveniente per le aziende da adottare al fine di evitare equivoci.
  Per quanto attiene, invece, alla seconda richiesta, è ovvio che le competenze chiamate in campo sono prevalentemente – e gli interpellanti lo sanno e, quindi, non è il caso – quelle del Ministero dello sviluppo economico. Tuttavia, per quello che riguarda il Ministero dell'economia e delle finanze noi dobbiamo semplicemente precisare che l'eventuale adozione di misure di sostegno, anche di carattere fiscale, ulteriori rispetto a quelle che oggi ci sono destinate a favorire le imprese operanti in specifici settori economici, deve tener conto non soltanto, come è ovvio, ma questo è scritto nella Costituzione, dei connessi effetti sui saldi di finanza pubblica, ma anche dei limiti e delle condizioni poste dalla normativa europea in materia di aiuti di Stato. Preciso, quindi, che l'adozione di qualsiasi ulteriore scelta di agevolazione selettiva dovrebbe dunque essere oggetto di preventiva comunicazione agli organismi comunitari per verificarne l'adottabilità.

  PRESIDENTE. L'onorevole Benamati ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  GIANLUCA BENAMATI. Presidente, naturalmente ringrazio il Viceministro. Sono soddisfatto della risposta. Desidero, però, puntualizzare alcune questioni della risposta. Chiaramente, per quanto attiene al primo quesito, cioè l'applicabilità delle attuali normative rispetto alla fase di prototipazione, quindi alla fase di realizzazione dei campionari, credo che sia esattamente nei termini in cui il Viceministro descriveva la questione, cioè tutte quelle attività che stanno a monte alla realizzazione del prototipo che diventa capofila, quindi le indagini di mercato, quindi la scelta dei tessuti, che sono a carattere innovativo ancorché – diciamo – non di carattere scientifico ma di carattere più tecnico in senso lato e, quindi, da questo punto di vista credo che la questione sia perfettamente centrata. Temo che sia importante velocizzare, però, il chiarimento in materia di fruizione di questo credito d'imposta. Mi permetta, signor Viceministro; lei sa, per la sua grande esperienza, che la fase dell'interpello, che pure è una fase importante, diffusa e significativa, su questo tipo di applicazione rappresenta una fase complessa, che disincentiva questo tipo di azione. Quindi, la via maestra, in quanto non è automaticamente autoapplicativa, diventa quella di una chiarificazione netta della questione che, mi auguro, sia e avvenga a breve da parte dei competenti corpi dello Stato.
  Per quanto riguarda la seconda risposta, signor Viceministro, io qui ho un aspetto maggiore di problematicità. Ritengo che il tema degli aiuti di Stato sia un tema importante, che non possa essere, però, quello all'interno del quale noi ci fermiamo quando dobbiamo intervenire Pag. 6per il sostegno di alcuni settori significativi. Il tema della ricerca e sviluppo e dell'innovazione è un tema che, nel quadro degli aiuti di Stato, è assolutamente coerente. In questo caso parliamo e siamo – e anche dalle sue parole si evince – all'interno di questo settore. Io credo che occorrerà – ma anche il Parlamento dovrà farsi carico di questa valutazione – un'attenzione particolare su questo tipo di attività, che ovviamente è riconosciuta anche dal Governo come attività di ricerca e sviluppo, per tanti aspetti, nel settore tessile.
  Quindi, la ringrazio ancora una volta per la sua cortesia personale e per la qualità delle indicazione che ella ha voluto fornirci e da questo punto di vista anche il Parlamento seguirà, probabilmente con altri atti di indirizzo, questo tema a fianco del Governo.

(Orientamenti del Governo in merito alla presunta cessione di una quota di Cassa depositi e prestiti e alla necessità di rafforzare gli strumenti di tutela e garanzia dei risparmi – n. 2-01419)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Vallascas ed altri n. 2-01419, concernente orientamenti del Governo in merito alla presunta cessione di una quota di Cassa depositi e prestiti e alla necessità di rafforzare gli strumenti di tutela e garanzia dei risparmi (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Vallascas se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  ANDREA VALLASCAS. Grazie, Presidente. Cassa depositi e prestiti sembra lo specchio di questo Paese, un Paese che è sempre più diviso a metà: da una parte ci sono quelli che sgobbano, che tirano la carretta, che fanno sacrifici per andare avanti; dall'altra, ci sono quelli che pensano ai massimi sistemi, alle banche, alla finanza e agli investimenti. Da una parte ci sono quelli che, mattone dopo mattone, hanno costruito il Paese reale; dall'altra ci sono quelli che, pur di salvare le banche, danno loro il potere di pignorarti la casa.
  Cassa depositi e prestiti è un salvadanaio, un grande salvadanaio, ed è bene non dimenticarlo mai, anche se per le dimensioni dei depositi sarebbe più appropriato chiamarlo cassaforte o forziere degli italiani. Ma definirlo salvadanaio ci aiuta a comprendere meglio il principio che è alla base della sua costituzione, un principio che ad oggi è stato profondamente travisato con operazioni, anche azzardate, che rischiano di mettere a repentaglio i sacrifici dei piccoli risparmiatori. La nascita di Cassa depositi e prestiti anticipa di qualche anno l'unità d'Italia; l'istituto si è occupato esclusivamente della raccolta dei depositi, quale «luogo di fede pubblica» e del finanziamento degli enti pubblici. Questo sino al 2003, cioè da quando, con la separazione dallo Stato e la nascita della società per azioni, è stato avviato un processo di trasformazione che si è accentuato negli ultimi anni. Una trasformazione pericolosa quella di Cassa depositi e prestiti; in breve tempo, infatti, abbiamo assistito all'ampliarsi del perimetro delle attività dell'istituto verso ambiti operativi che obiettivamente hanno grandi componenti di rischio. Sembra che lo Stato, da scrupoloso e previdente, si sia trasformato improvvisamente in un padre irresponsabile, che rompe il salvadanaio dei figli per darsi ai bagordi. Non si spiegano in altro modo molte operazioni che sono state condotte nel volgere di pochi anni e che vedono sempre Cassa depositi e prestiti impegnata a svolgere il ruolo di balia di un'economia di Stato che non vuole emanciparsi; dalla vendita dei gioielli di famiglia, ai flirt con i fondi sovrani e con il sistema della finanza, al nuovo management, tutto di espressione bancaria. Stiamo assistendo a un mutamento genetico dell'istituto, un mutamento che meriterebbe dei passaggi istituzionali improntati al principio della chiarezza e della trasparenza e, soprattutto, a regole ben precise, regole che però sembrano essere deficitarie rispetto alla grande frenesia con cui il Governo utilizza l'istituto.Pag. 7
  È il caso di sottolineare che lo stesso contesto economico è profondamente cambiato: oggi sono sempre più evidenti le connessioni e le interdipendenze tra economie, in uno scenario internazionale nel quale le nostre aziende, i nostri capitali e i nostri saperi, privi di adeguati tutele, risultano maggiormente esposti ai cicli economici. È mutato anche l'approccio degli Stati nazionali, che in molti casi sembrano condurre per mano le proprie aziende. In questo contesto è sentita la necessità di introdurre maggiori tutele e garanzie, soprattutto in relazione a una crescente esposizione dei capitali italiani in operazioni internazionali. Del resto, questo andare a braccetto con i fondi sovrani è un grande elemento di rischio per CdP e per le aziende controllate dall'istituto.
  Purtroppo, sembra che l'orizzonte prospettico del Governo non vada oltre la giornata e a questa mancanza di una visione d'insieme si aggiunge la prassi vergognosa di non condividere le scelte. È assurdo che si debbano apprendere dai giornali, a cose fatte, decisioni che sono destinate ad avere implicazioni importanti per i piccoli risparmiatori che, lo ricordo, rappresentano l'ossatura delle risorse dell'istituto. Questa interpellanza nasce proprio dalla necessità di ottenere dal Governo delle spiegazioni sulle indiscrezioni pubblicate da un quotidiano d'informazione economica in merito all'ipotesi della cessione di una quota di CdP. L'articolista specifica che il progetto di aprire il capitale dell'istituto sarebbe informalmente al vaglio del Ministero dell'economia e delle finanze, guidato da Pier Carlo Padoan. L'operazione sarebbe collegata alla necessità di raggiungere l'obiettivo di 8 miliardi di euro nelle privatizzazioni per il 2016, visto anche lo slittamento delle quotazioni di Ferrovie dello Stato. Non ci sarebbe nulla di deciso, secondo le notizie di stampa, ma le idee sembrano chiare. L'ipotesi sarebbe anche rafforzata dal recente conferimento a CdP del 35 per cento di Poste, che metterebbe il Dicastero di via XX Settembre nelle condizioni di cedere una parte della propria quota. Questa è una notizia di grande rilevanza, sia per la molteplicità di implicazioni che l'operazione può avere sia per le conseguenze che ci potrebbero essere per il risparmio e per i piccoli risparmiatori.
  Come ho detto all'inizio, ci sono due Paesi: un Paese reale e un Paese che vive rinchiuso nei palazzi della politica, con un'unica preoccupazione: il prossimo incarico. Si tratta di un Paese che non ha nessun interesse a fare sapere chiaramente come effettivamente intenda gestire i risparmi fatti dal Paese reale. Gli italiani hanno dovuto apprendere via via dai giornali le diverse fasi di una metamorfosi e nel mese di luglio dello scorso anno, dopo diverse notizie di stampa, per lo più delle indiscrezioni, c’è stato il cambio dei vertici, un cambio che ha rappresentato un'ulteriore conferma del nuovo corso dell'istituto verso lidi non certo rassicuranti. Si tratta di un avvicendamento che ha in un certo senso ufficializzato la trasformazione del ruolo e delle funzioni di CdP; un cambio al vertice che rientra in una strategia più ampia del Governo che a noi piacerebbe conoscere direttamente dal Governo e non dai giornali, una strategia volta a una ridefinizione della mission dell'organismo che assumerà sempre più il ruolo di investment bank e di soggetto finanziatore dei grandi progetti del Paese. Due personalità espressione del sistema bancario, Claudio Costamagna, ex responsabile per l'Italia di Goldman Sachs e già presidente di Salini Impregilo, e Fabio Gallia, ex amministratore delegato di BNL-BNP, hanno sostituito rispettivamente l'allora presidente Franco Bassanini e l'allora amministratore delegato Giovanni Gorno Tempini; un passaggio significativo che ha sancito la rottura di quell'ideale salvadanaio nel quale gli italiani sono riusciti a depositare i loro risparmi, circa 252 miliardi di euro in libretti e fondi raccolti in oltre 14.000 uffici postali distribuiti in tutta Italia. In questi giorni è stato ulteriormente definito il management che lavorerà a stretto contatto con i vertici del gruppo, con un rafforzamento soprattutto nei settori dell'immobiliare e dell’export. Per noi e per molti osservatori la Pag. 8mutazione genetica così repentina di Cassa depositi e prestiti sarebbe dovuta essere oggetto di passaggi istituzionali, vista la qualità dei cambiamenti apportati nella mission e nella governance. Le nostre preoccupazioni derivano dalla storia recente del gruppo CdP e, in particolare, dalle modalità con cui il gruppo viene chiamato in causa dal Governo ogni qual volta si presentino necessità e urgenze: dalle privatizzazioni alle operazioni di risanamento di aziende in difficoltà. In questi anni le grandi manovre attorno a Cassa depositi e prestiti sono state numerose, penso a quella che per noi è tra le più azzardate, come la cessione del 35 per cento di CdP Reti, società che possiede il 30 per cento di Snam e il 29 per cento di Terna. Si tratta di due aziende che presidiano due settori altamente strategici per il Paese: la prima nella gestione del gas e dei gasdotti e la seconda nella gestione delle reti di trasmissione dell'energia elettrica; entrambe cedute, seppure per una quota parte, a un fondo cinese. La risposta a un mio atto di sindacato ispettivo è stata emblematica del modo di operare sconsiderato e superficiale del Governo. Per il Mise si trattava di un fatto positivo perché dimostrava l'attrattività del sistema italiano, peccato che abbiamo ceduto parte della sovranità italiana su importanti infrastrutture energetiche e tutto questo per fare cassa. Con la cessione di CdP Reti, nel 2014 l'Italia è stato il Paese dell'Eurozona dove c’è stata una maggiore incidenza dei fondi sovrani a fronte di investimenti più contenuti nei Paesi Bassi, Francia, Spagna e Germania. Fare cassa sembra essere il motivo dominante della politica economica del Governo. Nel mese di ottobre 2015 l'ex Fondo strategico italiano, fondo che nel frattempo ha cambiato nome, ha promosso la settima edizione del Forum internazionale dei fondi sovrani; una vetrina organizzata per attrarre investitori stranieri, vetrina nel corso della quale sono stati organizzati incontri con le delegazioni dei fondi sovrani di Libia, Singapore, Cina, Kuwait e Australia. Invece di promuovere il made in Italy nel mondo e sostenere e tutelare le nostre aziende, cercando di non farle scappare, è stato allestito il suk del patrimonio industriale italiano a disposizione del miglior offerente. A nulla sono valse le esperienze come quella della Volkswagen, che hanno riproposto con drammaticità temi quali la stretta interdipendenza dei sistemi economici e finanziari, oltre a sollevare forti dubbi sulla tenuta e la sicurezza dei fondi sovrani. È il caso di ricordare che i Fondi Norges della Norvegia e QIA del Qatar, che detenevano azioni dalla casa automobilistica, hanno subito un'iniziale perdita rispettivamente per 800 milioni e 3,8 miliardi di dollari. Che dire poi delle acquisizioni portate a termine da Cassa depositi e prestiti; acquisizioni che sembrano espedienti per spalmare su un'ampia platea di risparmiatori debiti di aziende in difficoltà. Sembra essere il caso della cessione di Saipem da parte di ENI. Saipem non era strategica per ENI, visto che ne ha ceduto una parte, ma era strategica per il Governo, che ha coinvolto nell'operazione Cassa depositi e prestiti e l'ex Fondo strategico italiano; un'acquisizione che risulta difficile collegare a un'esigenza di crescita pianificata delle società interessate. Sembra invece determinata dall'esigenza di cancellare il debito di Saipem nei confronti di ENI: circa 6,7 miliardi di euro. Questo non solo per quanto riguarda il debito accumulato in passato, ma anche per compensare le perdite che si prevede di registrare in futuro per effetto delle criticità del settore petrolifero.
  Un capitolo a parte merita quella che potremmo chiamare a pieno titolo la tresca del Governo con le banche che ha finito per coinvolgere Cassa depositi e prestiti, che ha dovuto contribuire alla trasfusione di liquidi verso gli istituti al collasso. L'istituto partecipa al fondo Atlante con 500 milioni di euro, fondo nato per acquisire i crediti deteriorati agli stessi prezzi in carico alle banche. Il fondo avrebbe speso già circa 2,5 dei 4,2 miliardi di euro della dotazione iniziale, per acquisire Popolare Vicenza e Veneto Banca, considerate sull'orlo del fallimento. Adesso il fondo è in fase di ricapitalizzazione per il salvataggio di altri istituti di credito e si Pag. 9pone il problema del salvataggio del Monte dei paschi di Siena. Anche in questo caso, per la liquidità si guarda con interesse a Cassa depositi e prestiti. Nei mesi scorsi CDP ha definito un'ulteriore riorganizzazione del Fondo strategico italiano, che prende il nome di CDP Equity Spa, contestualmente è stato costituito FSI Sgr Spa che, secondo il gruppo, dovrebbe sostenere i piani di crescita di aziende medio grandi attraverso l'attrazione di capitali esteri e privati. Si tratta dell'ennesimo cambiamento di un istituto fondato circa 165 anni fa. Ecco, noi non siamo così sciocchi da pensare che l'istituto debba restare così com'era all'epoca del Regno di Sardegna, ma vorremmo che le diverse operazioni, soprattutto quelle che riguardano interventi in ambito finanziario, nelle privatizzazioni e nelle cessioni, così come nelle nuove forme di governo, fossero condotte all'interno di un alveo di regole e di trasparenza. All'inizio ho parlato di due Paesi e di come Cassa depositi e prestiti sia uno specchio di un'Italia spaccata a metà, con un'Italia che è ormai allo stremo e un'altra che non si rende neanche conto di un Paese che sta agonizzando. Ovviamente le regole ci sono soltanto per il Paese che non ce la fa più. CDP è cresciuta grazie alla fiducia dei tanti italiani che hanno depositato i propri risparmi nei libretti postali. Io credo che il Governo abbia il dovere di non tradire questa fiducia e di mettere in campo strumenti efficaci di tutela e garanzia dei depositi. Al Governo oggi chiediamo proprio questo: di conoscere quali siano gli orientamenti in relazione alle notizie sulla cessione di una quota di CDP e come intenda tutelare i piccoli risparmiatori.

  PRESIDENTE. Il Viceministro dell'economia e delle finanze, Enrico Morando, ha facoltà di rispondere.

  ENRICO MORANDO, Viceministro dell'economia e delle finanze. Signor Presidente, come abbiamo sentito, l'interpellanza pone quesiti in ordine ad alcune notizie, in particolare quelle apparse sul Corriere Economia del 20 giugno 2016, secondo le quali sarebbe informalmente allo studio del Ministero dell'economia e delle finanze il progetto di cedere sul mercato alcune quote detenute dallo stesso Ministero in Cassa depositi e prestiti Spa. Ora, voglio rispondere nel modo più semplice e più preciso. Nell'ambito del programma di privatizzazioni annunciate dal Governo non figura Cassa depositi e prestiti Spa e dunque non vi sono allo studio operazioni concernenti l'eventuale dismissione di quote della medesima società. Su questo credo di avere detto ciò che è necessario. In merito invece alle valutazioni espresse dagli interpellanti su alcune recenti operazioni finanziarie da cui è stata interessata Cassa depositi e prestiti, vorrei evidenziare che le stesse sono state deliberate sulla base di adeguate prospettive di redditività, in osservanza delle norme statutarie e della stessa missione di Cassa depositi e prestiti, con modalità di intervento tipiche di un operatore privato di mercato che assume rischi e pone in essere operazioni nel rispetto delle regole della concorrenza e dei principi del Mercato unico europeo. In particolare, proprio per permettere a Cassa depositi e prestiti di perseguire nelle migliori condizioni gli obiettivi previsti dal piano industriale, che non è un atto segreto, 2016-2020 a sostegno dell'economia, l'assemblea degli azionisti di Cassa depositi e prestiti lo scorso 24 maggio 2016 ha inteso procedere al rafforzamento patrimoniale della società – rafforzamento, non indebolimento – approvando l'aumento di capitale tramite conferimento da parte del Ministero dell'economia e delle finanze del 35 per cento del capitale sociale di Poste italiane. La partecipazione di Cassa depositi e prestiti in Poste italiane, pur non comportando – per le ragioni che sono note – attività di direzione e coordinamento da parte della prima sulla seconda, consentirà ad entrambe le società di operare con maggiore sinergia nella gestione dei flussi finanziari provenienti dalla raccolta postale, con indubbi positivi effetti sui risparmiatori, le cui obbligazioni, vorrei tornare a ricordarlo, continuano ad essere assistite dalla garanzia dello Stato.Pag. 10
  Quanto al Fondo Atlante voglio ripetere – ripetere perché l'abbiamo detto fino alla noia – che si tratta di un'iniziativa promossa e gestita da un operatore di mercato indipendente, Quaestio Sgr Spa, cui hanno aderito numerosi investitori privati interessati alla partecipazione indiretta, tramite le rispettive quote nel Fondo, ad operazioni di aumento di capitale di banche – sono già stati richiamati i casi in cui questo intervento si è già realizzato – richiesti dall'autorità di vigilanza, e, in secondo luogo, alla sottoscrizione di titoli emessi a fronte di cartolarizzazioni di sofferenze bancarie (altrimenti dette non performing loan).
  L'intervento del Fondo, quale catalizzatore di interessi e potenziale attrattore di ulteriori investitori – ulteriori anche rispetto a quelli che già si sono impegnati – potrebbe infatti attivare – in questo senso il Governo guarda con interesse all'attività di questo Fondo e ha svolto una funzione di moral suasion a favore della sua effettiva costituzione – il mercato secondario dei non performing loan, ad oggi assai ristretto in Italia e dominato ad oggi dai soli fondi speculativi, permettendo alle banche di accedere ad un mercato secondario efficiente, grazie al quale liberare risorse utili alla concessione di nuovo credito all'economia reale e alle imprese italiane. Vale ricordare che la reazione del mercato è stata, per quello che conta, una reazione positiva. L'ampia partecipazione al primo closing (44 investitori) ha permesso di raccogliere oltre 4 miliardi, ad ulteriore testimonianza dell'ampio interesse che l'iniziativa ha suscitato, interesse che è stato anche ribadito da fondi istituzionali internazionali.
  La società Cassa depositi e prestiti, dunque, si conferma, anche con queste operazioni, nel suo ruolo di mantenimento, rafforzamento e di principale promotore del sostegno finanziario alla crescita e alla infrastrutturazione del Paese, nella più ampia tutela del risparmio postale e creditizio.

  PRESIDENTE. L'onorevole Vallascas ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  ANDREA VALLASCAS. Grazie, Presidente. In merito alla cessione sono lieto che il Viceministro smentisca le voci. Ovviamente, come opposizione, vigileremo attentamente che queste rimangano effettivamente solo tali e basta. Del resto la risposta non chiarisce affatto i dubbi che sta sollevando il nuovo corso di Cassa depositi e prestiti. Sembra che sia Cdp a garantire, di volta in volta, le operazioni e l'attività del Governo anche per il salvataggio delle banche come il Fondo Atlante e come il caso di Montepaschi Siena: Cdp è un punto di riferimento per il Governo. Parlando di garanzie e di chi è in grado di fornirle, nei giorni scorsi i vertici di Cassa depositi e prestiti sono andati a Palazzo Chigi al capezzale di un Governo che cerca di districarsi sulle vicende del Monte Paschi di Siena. Si sta creando insomma una situazione controversa che desta non pochi dubbi. Il MoVimento 5 Stelle è convinto – non lo diciamo da oggi – che Cdp sia sottoposta ad un eccesso di attività che nulla ha più a che fare con la sua missione originale. Il perimetro delle attività si è allargato oltremodo, andando a lambire ambiti particolarmente delicati e con forti componenti di rischio come il sistema bancario e finanziario, un eccesso di attività che richiama con urgenza la necessità di approfondire un piano strategico che poggi su solide norme per tutelare l'istituto, i risparmi e le imprese del gruppo. Noi siamo convinti che le trasformazioni che sta subendo Cdp siano di tale portata che ci sia bisogno di chiarezza. Quindi queste sono le garanzie che può fornire un Governo serio e non un Governo che ha dimostrato in più occasioni di avere rapporti di amicizia e di parentela con le banche e con i poteri forti. Questo è un Governo che non è riuscito neanche a predisporre un piano industriale per il suo tessuto produttivo. Come può un Governo del genere avere una visione sistemica per garantire il salvadanaio degli italiani ? Il Ministro Padoan aveva messo Pag. 11le mani avanti dicendo che non sarebbe stata una nuova IRI.
  Rischia di essere molto peggio. Il nuovo corso di Cdp rischia di creare un mostro bicefalo a metà strada tra quello che è stato l'IRI e ciò che sono le moderne società finanziare off-shore, un mostro bicefalo che cambia aspetto in base ai desideri del Governo ed è forse questa la ragione per cui non si vogliono le regole. Attenzione, non siamo gli unici a manifestare forti preoccupazioni per il futuro di Cassa depositi e prestiti. Lo scorso anno qualche dubbio e qualche mal di testa l'ha anche avuto la Corte dei conti. I magistrati contabili si sono domandati quale fosse la natura di Cassa depositi e prestiti: se sia cioè un'entità del mondo bancario o un organismo pubblico. La Corte ha preso atto che «da collettore dei risparmi postali e finanziatore degli enti locali si sia trasformata nel braccio operativo del Governo per le operazioni finanziarie». Di fatto è quello che è accaduto e che sta accadendo ed è sotto gli occhi di tutti, creando anche numerosi elementi di contraddizione e di conflitto. Ricordiamoci tra l'altro che il contesto di riferimento, il quadro economico del Paese e quello internazionale sono profondamente cambiati. L'economia e soprattutto i sistemi finanziari sono troppo interdipendenti tra loro, con conseguenze preoccupanti per le ripercussioni di singoli eventi su tutto il sistema. Questo contesto non fa che rendere più rischiose le operazioni nel quale viene coinvolta Cdp. Di volta in volta infatti l'istituto viene chiamato in causa direttamente o attraverso le sue controllate per affrontare una molteplicità di questioni che vanno ben oltre la sua storica missione. Abbiamo assistito ad operazioni di cessione, come il caso di Cdp Reti, e acquisizione, come è il caso di Saipem. Vengono quindi ceduti gioielli di famiglia come una quota delle infrastrutture energetiche oppure si spalmano i debiti delle società petrolifere. La stessa assegnazione del 35 per cento di Poste non è un'operazione dagli esiti certi. C’è inoltre un'eccessiva disinvoltura nell'interloquire con i fondi sovrani con i quali si sono stretti degli accordi anche importanti. Per non parlare delle operazioni che vengono avviate e di cui non si sa nulla, come il caso del polo nazionale del turismo che venne annunciato circa due anni fa e che è costato alle casse pubbliche oltre 80 milioni di euro. Noi pensiamo che tutto questo stia mettendo a repentaglio il tesoretto accumulato dai risparmiatori: quei 252 miliardi di euro che sono stati raccolti attraverso 14.000 uffici postali di tutta Italia. Tutta questa frenesia che ruota attorno a Cassa depositi e prestiti, comprese anche le ipotesi di cessione di quote di Cdp, poi smentite pare, non fa bene all'istituto, non fa bene ai risparmi e alla fiducia che i risparmiatori hanno nei depositi postali. Gli italiani sono stati beffati e traditi dal sistema bancario che, nel momento della crisi, ha voltato loro le spalle e in molti casi ha contribuito a fare precipitare situazioni in bilico. Abbiamo visto che il Governo è stato soccorrevole non nei confronti dei cittadini ma delle banche. Oggi anche l'ultimo baluardo del risparmio privato quindi viene messo a rischio da una molteplicità di operazioni estranee al ruolo di Cassa depositi e prestiti.

(Elementi ed iniziative, anche in ambito europeo, per una revisione del pacchetto per il clima e l'energia 2020 – n. 2-01379)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Benamati ed altri n. 2-01379, concernente elementi ed iniziative, anche in ambito europeo, per una revisione del pacchetto per il clima e l'energia 2020 (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Benamati se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  GIANLUCA BENAMATI. Grazie, Presidente. Come lei ha detto il tema della interpellanza è rappresentato dalle attività in campo energetico e ambientale dopo la Conferenza di Parigi ed è un tema particolarmente significativo per noi interpellanti. Pag. 12Questa è un'interpellanza urgente che ha avuto qualche ritardo ma ha una sua intrinseca validità soprattutto nella parte iniziale laddove chiediamo al Governo di illustrarci le risultanze delle riunioni che la Viceministro Bellanova – alla quale per la prima volta in Aula ho la possibilità di formulare gli auguri di buon lavoro benché da diverso tempo ci stiamo incontrando in Commissione – ha già avuto a livello internazionale sia nell'ambito delle riunioni preparatorie del G7 quanto del G20 energia. Il tema, come dicevamo, è avere indicazioni dal Governo in merito alla revisione degli obiettivi del pacchetto clima-energia e al rafforzamento della sicurezza e all'efficienza economica dei nostri approvvigionamenti energetici. Mi permetta, Presidente, una breve illustrazione del tema prima di ascoltare la risposta sicuramente dettagliata del Governo. Noi siamo in presenza di una fase di trasformazione molto importante per il nostro sistema energetico. Questa trasformazione viene da lontano, come sappiamo, con l'adesione dell'Italia, tramite l'Europa, al Protocollo di Kyoto, in condivisione ovviamente di quegli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 dell'8 per cento rispetto ai livelli del 1990, che assunse l'Europa, divisi in obiettivi nazionali, che fissavano per l'Italia una riduzione del 6,5 per cento entro il 2012. Viene dalla adesione che, come Italia, sempre attraverso l'Unione europea, abbiamo dato alla diciottesima Conferenza delle Parti nel round di Doha, con l'implementazione delle misure di riduzione dei gas climalteranti e degli interventi sul sistema energetico, dopo il 2012, che era la data fino alla quale era coperto il primo round negoziale. Viene, naturalmente, con l'adozione del pacchetto clima-energia a livello europeo, con gli obiettivi fissati il 2020, con gli obiettivi fissati per il 2030, in termini di taglio dei gas climalteranti della CO2, di sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili e di sviluppo dell'efficienza energetica. Viene nell'ambito di un piano europeo importante e significativo, che riguarda anche l'adozione di nuovi strumenti quali ETS e nuovi regolamenti e normative relativi alla efficienza energetica.
  Noi abbiamo oggi un quadro – mi consenta, Presidente – abbastanza particolare e, per molti aspetti, anche stranamente positivo e avanzato per il nostro Paese, nel quale ci sono sempre difficoltà o arretratezze, in tema del sistema energetico. Ci sono molte difficoltà, perché noi siamo un Paese che importa energia. Non siamo produttori e, quindi, questo è uno dei grandi temi che noi abbiamo. Ma, dal punto di vista strutturale, il nostro Paese ha già colto, in termini di riduzione della CO2 e in termini di sviluppo delle fonti di energia rinnovabili, gli obiettivi prefissati per il 2030 (quindi, il 20 per cento di taglio della CO2 e il 17 per cento per le fonti energetiche rinnovabili). Mi correggo: abbiamo colto l'obiettivo sulle fonti energetiche rinnovabili, stiamo lavorando per gli obiettivi del 2030, che dovranno essere rivisti.
  Questo è stato ottenuto a seguito della Conferenza di Parigi. Questo è stato ottenuto naturalmente attraverso la definizione di una strategia energetica nazionale, attraverso la sua implementazione e, come dicevo, oggi abbiamo una situazione nella quale la sola produzione di energia elettrica arriva per il 40 per cento da fonti rinnovabili e siamo leader in questo settore.
  Mi avvio alla conclusione. Ora, la Conferenza di Parigi, che ha avuto 195 adesioni al documento finale e che è stata così ampia e partecipata, ha alcuni obiettivi principali che sono molto significativi, tra cui quello di contenere l'aumento della temperatura. Si passa, quindi, da un tema di valutazione a monte, quello di ridurre l'emissione, a un tema di valutazione a valle, cioè contenere la dimensione del fenomeno – quindi, l'aumento della temperatura – ben al di sotto dei 2 gradi, con un obiettivo di 1,5 gradi. Tra gli obiettivi vi è quello di aumentare le capacità di adattamento del cambiamento climatico, proponendo e promuovendo un'economia a bassa emissione, quindi riducendo le emissioni di CO2, le emissioni a base di Pag. 13carbonio. Per questo, dicevo, il sistema energetico italiano in Europa è assolutamente fra quelli che hanno una valenza migliore per questa fase di transizione, essendo spesso basato sul gas e sulle rinnovabili. Altro obiettivo è quello di garantire flussi finanziari, a livello internazionale, che possano sostenere, anche nei Paesi più problematici da un punto di vista di finanza pubblica e, quindi, di capacità di intervento, le attività di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici.
  Proprio su questo, proprio per capire, rispetto anche agli obiettivi che ci davamo come Unione per il 2030, cioè ridurre del 40 per cento le emissioni di CO2 e portare le fonti rinnovabili al 27 per cento del consumo energetico, produrre un'efficienza energetica del 27 per cento sui consumi, chiediamo al Governo, sulla base delle riunioni e dei contatti avuti a livello internazionale e sulla base delle proprie posizioni, anche magari rivedendo, ove necessario, la strategia energetica nazionale, quali sono gli obiettivi che ci si pone, al fine di rafforzare il nostro sistema energetico e dare più sicurezza degli approvvigionamenti, nell'ambito anche di quella transizione verso un'economia a basso carbonio che, in queste condizioni del nostro pianeta, è uno degli imperativi e una delle esigenze più cogenti di noi tutti.

  PRESIDENTE. La viceministra dello sviluppo economico, Teresa Bellanova, ha facoltà di rispondere.

  TERESA BELLANOVA, Viceministra dello sviluppo economico. Grazie, Presidente. Nella riunione dei Ministri del G7 dell'energia, che si è svolta il 1o e il 2 maggio a Kitakyushu, sotto la presidenza giapponese, a cui ho avuto l'onore di partecipare, è emerso che la crescita globale passa per il rafforzamento della sicurezza energetica. Uno dei risultati più significativi della riunione di Kitakyushu è rappresentato dal fatto che i Paesi G7, incoraggiando la ratifica dell'Accordo di Parigi, hanno assunto l'impegno a lavorare per una transizione verso un sistema energetico che consenta la decarbonizzazione dell'economia globale.
  I Ministri per l'energia si sono impegnati, inoltre, a sviluppare un sistema energetico che consenta la crescita globale, ma che limiti le emissioni di gas serra, a usare tecnologie energetiche pulite e a investire risorse in ricerca e tecnologie innovative.
  Inoltre, i Paesi del G7 si sono impegnati ad assumere un ruolo guida, diretto a facilitare gli investimenti che riguardano le infrastrutture di qualità, l'innovazione in energia rinnovabile e in altre tecnologie, l'efficienza energetica, ma anche upstream sia pubblico che privato, con il contributo delle banche multilaterali di sviluppo.
  I Paesi del G7, poi, si sono impegnati a rafforzare la sicurezza energetica a livello globale, nella consapevolezza che, per rispondere alle sfide che la medesima pone, occorrono mercati ben funzionanti e trasparenti, combustibili, fonti e rotte diversificate, aumento dell'efficienza energetica e miglioramento della resilienza dei sistemi energetici.
  È stato, inoltre, riconosciuto il ruolo crescente della globalizzazione dei mercati del gas naturale, sia via gasdotto che con il gas naturale liquefatto, e si è constatato che, per intensificare la sicurezza delle forniture di gas, occorrono mercati di gas naturale ben funzionanti, resilienti e interconnessi, con prezzi determinati dal mercato e con maggiore trasparenza, flessibilità e liquidità. A questo scopo, il G7 proseguirà nello sforzo di migliorare il funzionamento e la resilienza dei mercati del gas attraverso la condivisione di esperienze ed approcci nel gestire l'emergenza nel settore e l'impegno ad ottenere una visione strategica della catena di fornitura del GNL a livello globale. Ciò è di particolare interesse anche per la sicurezza nazionale e, perciò, sostenuto dall'Italia.
  Nell'ottica di uno sviluppo sostenibile, il G7 promuove lo sviluppo di nuove tecnologie e l'ampliamento dell'utilizzo del gas naturale quale combustibile fossile a minore intensità di CO2, anche nel settore Pag. 14dei trasporti: richiesta italiana, anche in funzione della strategia nazionale sull'uso del GNL nei trasporti.
  Altro elemento riguardante la sicurezza dei sistemi energetici, che sono sempre più informatizzati, è la necessità di rafforzare la cybersecurity a tutto campo, includendo l'elettrico, il gas ed il petrolio, al fine di mantenere le funzioni fondamentali in caso di attacchi informatici.
  Inoltre, il G7 ha inteso favorire la creazione di una rete interregionale e intersettoriale sulla sicurezza informatica nel settore energetico tra i principali stakeholder, inclusi i gruppi nazionali di risposta alle emergenze informatiche, il CERT. Anche ciò è frutto di una richiesta italiana che potrà essere sviluppata eventualmente anche a livello europeo.
  Altro punto sensibile è stato quello dell'Ucraina, in relazione al quale il G7 ha richiesto una cooperazione rafforzata tra l'operatore nazionale della rete ucraina di trasporto del gas e i competenti omologhi operatori internazionali, al fine di sviluppare standard comuni e trasparenti per le operazioni di gestione della rete ucraina. L'Italia si è resa disponibile, d'intesa con l'Unione europea, a portare avanti questa iniziativa, essendone stata la diretta promotrice. I Paesi G7 hanno confermato l'impegno ad intensificare la cooperazione in materia di innovazione tecnologica e energetica, ricerca e sviluppo, per progredire rapidamente verso l'energia pulita e per una transizione globale sostenibile. Le energie rinnovabili sono espressamente menzionate in questo contesto; tra le principali misure annunciate dai ministri vi sono la prosecuzione dell'impegno di Mission Innovation, di cui tutti i G7 sono parte, e quello ad eliminare gradualmente i sussidi ai combustibili fossili, con l'esplicita menzione della scadenza del 2025. I Paesi partecipanti si sono, infine, impegnati a intensificare i loro sforzi per innalzare l'efficienza energetica, che dovrebbe essere sempre messa operativamente in relazione con l'efficienza delle risorse, e verso la quale si deve riservare analogo impegno.
  La dichiarazione del G7 Energia di Kitakyushu ha ancor di più interpretato l'eredità del G7 di Roma, rappresentando una migliore premessa per lo sviluppo delle priorità per la presidenza italiana del G7 Energia che si terrà a Roma nel 2017, nel quale si farà il punto sulle nuove frontiere della sicurezza energetica globale. Infine, per quanto riguarda l'ambito europeo, il Governo seguirà il negoziato sulle misure di revisione del pacchetto clima-energia, tra le quali, per la parte propriamente energetica, una nuova direttiva sulle fonti rinnovabili che dovrebbe essere proposta dalla Commissione europea entro l'anno in corso, unitamente a una nuova direttiva sull'efficienza energetica che sarà emanata in seguito.

  PRESIDENTE. L'onorevole Benamati ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  GIANLUCA BENAMATI. Presidente, la ringrazio, io sono soddisfatto della risposta della Viceministro, perché nella risposta traiamo le indicazioni che, ovviamente, ci attendevamo sull'azione del Governo, sia nell'ambito del gruppo dei Paesi più industrializzati, sia nella revisione del pacchetto clima-energia. Non è possibile non essere d'accordo con le indicazioni fornite dalla Viceministro allorché, naturalmente, a livello internazionale, si intende puntare sull'innovazione tecnologica in campo energetico con l'obiettivo di ridurre naturalmente i sussidi ai fossili, ma, soprattutto, di ridurre l'uso dei combustibili fossili, sia aumentando l'efficienza energetica, sia riducendo i consumi, sia, ovviamente, aumentando la produzione da fonti rinnovabili. Da questo punto di vista le risposte sono assolutamente condivisibili e coerenti. Faccio riferimento, signora Viceministro, a due temi che lei ha trattato, quello delle infrastrutture di qualità e quello del gas. Infrastrutture di qualità sono essenziali a livello internazionale, lo sono molto a livello europeo, quindi, bisognerà seguire con attenzione anche l'applicazione del Piano Junker nel settore delle infrastrutture energetiche e del gas e Pag. 15quella, che lei diceva, della liquidità dei mercati del gas, come condizione necessaria a livello anche europeo per una stabilità.
  Noi abbiamo appena licenziato, come lei sa, il parere sul nuovo Regolamento europeo sulla crisi del gas; c’è ancora lavoro da fare, a questo punto, a livello europeo, per garantire una migliore connessione all'interno dell'Unione e per garantire, quindi, che ci siano anche condizioni di risposta dei diversi Paesi europei a condizioni di crisi come quelle che si verificarono nel trasporto di gas attraverso l'Ucraina alcuni anni or sono. Crediamo, appunto, che avendo condiviso quelle riflessioni sulla regionalizzazione e sulla diversificazione della regionalizzazione, così come proposto dalla Commissione, sulla necessità, appunto, di infrastrutturare meglio il nostro continente, sulla necessità di puntare anche sul GNL, sui trasporti, ma, anche, sulla sicurezza degli approvvigionamenti, si vada nella direzione giusta.
  Per questo e per il fatto che si intende sviluppare il nostro sistema energetico sempre più nell'ottica di una corretta trasformazione e transizione verso un'economia a basso uso di carbonio, ritengo che la risposta che lei ci ha fornito sia per noi completamente soddisfacente e la invitiamo a proseguire in questa direzione.

(Elementi ed iniziative di competenza in ordine a profili di criticità gestionale della Sogin – n. 2-01406)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Di Gioia e Pisicchio n. 2-01406, concernente elementi ed iniziative di competenza in ordine a profili di criticità gestionale della Sogin (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Di Gioia se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  LELLO DI GIOIA. No, grazie, Presidente; rinuncio all'illustrazione e interverrò successivamente.

  PRESIDENTE. La Viceministra dello sviluppo economico, Teresa Bellanova, ha facoltà di rispondere.

  TERESA BELLANOVA, Viceministra dello sviluppo economico. Con riferimento ai quesiti posti dagli onorevoli interpellanti, in via preliminare, è bene ricordare che la Sogin è soggetta alla vigilanza dell'azionista, Ministero dell'economia e delle finanze e, nell'ambito delle rispettive competenze, alla supervisione del Ministero dello sviluppo economico, di ISPRA e della Corte dei conti, nonché al controllo e alla regolazione dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, attraverso un sistema regolatorio fondato su programmi annuali e pluriennali che consentono il monitoraggio dello stato di avanzamento del processo di decommissioning. Il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell'economia e delle finanze sono stati già informati da parte di Sogin sullo stato di avanzamento dei lavori di smantellamento dei siti nucleari, trasmettendo una serie di documenti, tra i quali lo stato di avanzamento dei lavori di smantellamento dei siti nucleari al 30 settembre ultimo scorso comparato con il budget annuale.
  Il Ministero dello sviluppo economico è, peraltro, a conoscenza delle evidenze emerse e della risoluzione presa nel corso della seduta del Senato della Repubblica del 30 marzo 2016, nella quale è stata discussa la relazione sulla gestione dei rifiuti radioattivi in Italia e sulle attività connesse, Doc. XXIII n. 7. Ad ogni buon conto, e con riferimento alle criticità di bilancio evidenziate dagli interpellanti, si rappresenta che il progetto di bilancio di esercizio per l'anno 2015 di Sogin, approvato con delibera dal consiglio di amministrazione del 13 giugno 2016 e proposto per l'approvazione all'assemblea ordinaria degli azionisti, evidenzia la presenza di un utile netto di esercizio. Inoltre, l'Autorità, con propria deliberazione del 7 giugno 2016 n. 291/2016/EEL, ha determinato gli «oneri nucleari» per l'anno 2015, riconoscendo a consuntivo la quasi totalità di quelli presentati da Sogin per il medesimo anno.Pag. 16
  Relativamente al personale, il Ministero dell'economia e delle finanze ha informato che la Sogin ha figure con competenze molto specifiche per il mantenimento in sicurezza e altre più pronunciate nell'avanzamento del programma di decommissioning. In detto contesto, la specificità dei compiti e delle connesse figure professionali necessarie per la compiuta realizzazione degli stessi è all'origine delle politiche intraprese in merito alla gestione del personale. Resta inteso che ogni determinazione relativamente agli organi gestionali della Sogin non può che essere resa all'esito delle deliberazioni degli organi assembleari della società. Al riguardo, si rappresenta che l'assemblea degli azionisti Sogin, in data 7 luglio 2016, ha approvato il bilancio d'esercizio per il 2015 che riporta un utile netto di circa 2,6 milioni di euro, mentre, per quanto concerne la nomina dei componenti del consiglio di amministrazione per gli esercizi del triennio 2016-2018 è stata aggiornata al prossimo 19 luglio.

  PRESIDENTE. L'onorevole Di Gioia ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  LELLO DI GIOIA. Signora Viceministra, mi consenta, se mi viene un attimo da ridere, per il semplice motivo che lei mi ha elencato tutta una serie di enti di controllo e di verifica, nonché i Ministeri vigilanti della stessa Sogin. Io credo che proprio questi enti di controllo, di verifica, nonché i Ministeri, avrebbe dovuto verificare tutto quello che all'interno della Sogin è accaduto e sta accadendo. Non per niente, qualche tempo fa, il Ministro Padoan, con una lettera, ringraziava l'attuale amministratore delegato, il quale aveva espresso il desiderio di dimettersi, dopodiché ha ritirato queste sue dimissioni. Quando io parlo di verifiche di controllo, significa verificare realmente quello che sta accadendo in questa società; società che è stata costituita per disattivare, come lei ben sa, e stoccare quelli che sono i rifiuti nucleari e che paghiamo noi come cittadini italiani.
  Nella Sogin si assume pur non dovendo e pur non avendo la necessità di assumere. Lei sa che, negli ultimi due anni, sono state assunte quasi 200 persone, più cinquantasette persone attraverso le agenzie interinali. Lei dovrebbe sapere, come me, per esempio, che una miriade di dirigenti viene assunta in un posto e trasferita fittiziamente in un altro posto per percepire la trasferta. Lei dovrebbe sapere, come me, per esempio, che vi sono delle utilizzazioni di macchine di servizio estremamente significative.
  Ma la cosa che probabilmente dovreste verificare di più sono i cosiddetti appalti fittizi. Perché mi viene a dire che l'Agenzia dell'energia ha verificato ? Certo, nel momento in cui si presentano i conti, è chiaro che l'Agenzia per l'energia restituisce a Sogin quelle che sono le spese che vengono ad essere effettuate. Il problema è come si verificano queste spese, in che modo e chi sono coloro i quali fanno parte del consiglio d'amministrazione che hanno esperienza e capacità di governare e di avviare un processo serio di dismissione per quanto riguarda i siti nucleari.
  Tutto ciò non c’è e lei, poi, alla fine, conclude dicendo che vi è stato un consiglio d'amministrazione, qualche giorno fa – anzi, ieri –, che ha approvato il bilancio – sicuramente sì – e che questo consiglio di amministrazione è aperto. Ma tra qualche giorno, quando ci sarà di nuovo il consiglio di amministrazione sarete in grado di costituire un nuovo consiglio di amministrazione con persone idonee ? La Sogin è una società importante nello scenario industriale di questo Paese e a totale capitale pubblico, che deve garantire – come giustamente lei sa – la disattivazione e lo stoccaggio di siti nucleari.
  Tutto questo ha necessità di competenze, di competenze vere all'interno del consiglio d'amministrazione e se lei legge le relazioni – come sicuramente avrà letto – della Commissione che si occupa del ciclo dei rifiuti, ma anche le audizioni fatte, si renderà sicuramente conto, si è reso già conto – io mi auguro che anche in futuro accadrà questo –, che in quel consiglio di amministrazione qualche professionista ha competenze; probabilmente, Pag. 17colui il quale ha gestito oggi, avendo deleghe, non ha competenze specifiche per gestire un impianto industriale così importante.
  Noi le chiediamo questo, con serenità e con grande responsabilità. Mi consenta, come diceva qualcuno, la simpatia nei suoi riguardi, oltretutto siamo corregionali: ma mi posso mai ritenere soddisfatto di una lettura asettica, di una nota asettica, preparata da qualche funzionario del Ministero che, probabilmente, non ha neanche voglia di verificare quello che accade sistematicamente in quella realtà industriale importante di questo Paese ? Io le chiedo questo, in qualità di Viceministro di questa Repubblica: di avere attenzione, di guardare bene all'interno di quella realtà industriale per capire quali sono le difficoltà che incontra, per capire le distonie che ci sono e per fare in modo che si metta ordine in una società industriale importante per questo Paese, perché svolge un'attività estremamente seria; è totalmente partecipata dallo Stato, ma, soprattutto, viene finanziata – e con questo concludo – dai soldi dei cittadini.

(Orientamenti ed iniziative, anche normative, in ordine alla strategia pubblicitaria sul web nota come clickbait, anche valutando l'opportunità di una limitazione del relativo utilizzo da parte di partiti, movimenti politici o rappresentanti istituzionali – n. 2-01413)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Coppola ed altri n. 2-01413, concernente Orientamenti ed iniziative, anche normative, in ordine alla strategia pubblicitaria sul web nota come clickbait, anche valutando l'opportunità di una limitazione del relativo utilizzo da parte di partiti, movimenti politici o rappresentanti istituzionali (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Coppola se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  PAOLO COPPOLA. Grazie, Presidente. Il clickbait è una pratica promozionale basata sulla pubblicazione dei contenuti con titoli sensazionalistici allo scopo di attirare gli utenti sulla pagina web della propria azienda per aumentare gli introiti pubblicitari. Anche l'altro giorno, ad esempio, il sito www.tzetze.it utilizzava in modo strumentale la morte del ragazzo nigeriano di 36 anni che tentava di difendere la sua compagna. Utilizzava, con un titolo generico, una foto di un'ambulanza che non faceva capire di che cosa si parlasse al solo scopo di attirare gli utenti sul proprio sito per guadagnare con la pubblicità. Esistono, comunque, centinaia di esempi in cui si strumentalizza qualunque cosa. Ricordo, per esempio, quello in cui si utilizzava l'anniversario della morte di Falcone, ma ce ne sono molti altri. L'unico obiettivo è quello di fare soldi con la pubblicità online.
  Ora, se è vero, se è chiaro che il danno per l'utente che clicca è praticamente nullo, se non, probabilmente, il fastidio di scoprire di trovarsi di fronte ad una notizia che non era quella che uno si poteva aspettare dal clickbait, però è anche vero che, forse, se ci mettiamo nei panni dell'inserzionista, un danno potrebbe esserci: perché il modello pubblicitario sul web è sostanzialmente diverso dal modello pubblicitario tradizionale, perché il modello pubblicitario sul web si basa su una strategia che tende a minimizzare il fastidio da parte dell'utente e a proporgli solo la pubblicità che si ritiene possa essere di interesse.
  Forse, occorrerebbe un obbligo di informazione: gli inserzionisti sono consapevoli che stanno pagando spazi pubblicitari su siti web in cui gli utenti vengono attirati in modo – tra virgolette – fraudolento ? È possibile che questo crei un ingiusto profitto per il gestore del sito web ?
  Questa tecnica è largamente usata dai siti legati al MoVimento 5 Stelle e sicuramente contribuisce agli introiti della Casaleggio Associati. Munafò e Piana, su un articolo del 28 giugno apparso su espresso.repubblica.it, stimavano un introito pubblicitario che varia dai 500 mila euro al milione e mezzo di euro all'anno e, Pag. 18quindi – sempre secondo l'articolo di Munafò e Piana – sarebbe un introito pubblicitario che oscillerebbe da un terzo a quasi la totalità dei ricavi della Casaleggio Associati. In qualche modo sembrerebbe, o potrebbe qualcuno pensare, che la Casaleggio Associati sfrutti i simpatizzanti del MoVimento 5 Stelle per fare soldi: una sorta di moderno campare di politica.
  Quindi, noi chiediamo al Governo: è possibile che questa tecnica – la tecnica del clickbait – costituisca una moderna forma di pubblicità ingannevole ? Occorre, forse, regolamentare la materia e considerare l'opportunità di limitarne l'uso da parte di movimenti e partiti ? È possibile permettere di usare il clickbait come metodo di finanziamento ai partiti ?
  Concludo. Personalmente, non riesco a ricondurre la pratica del clickbait ad un'attività al servizio dei cittadini: chi la implementa sceglie di usare i propri utenti, non servirli. E questa ambiguità, io credo, va denunciata e stigmatizzata.

  PRESIDENTE. La Viceministra dello sviluppo economico, Teresa Bellanova, ha facoltà di rispondere.

  TERESA BELLANOVA, Viceministra dello sviluppo economico. La problematica sollevata dagli interpellanti afferisce al cosiddetto clickbait o clickbaiting, letteralmente «esca da click», termine dispregiativo che indica un contenuto web la cui finalità è quella di attirare il maggior numero di internauti avendo come scopo principale quello di aumentare le visite a un sito per generare rendite pubblicitarie on line. Generalmente, il clickbait si avvale di titoli accattivanti e sensazionalistici che incitano a cliccare link di carattere truffaldino, facendo leva sull'aspetto emozionale di chi vi accede. Il suo obiettivo è quello di attirare chi apre questi link per incoraggiarli a condividerne il contenuto sui social network aumentandone, quindi, in maniera esponenziale i proventi pubblicitari. È frequente da parte di molti siti fare pseudo-informazione, narrando taluni fatti in maniera strumentale, distorcendone la realtà. A contrastare questo fenomeno vi sono siti di debunking dove ciò che è riportato in questi link viene smentito evidenziandone la mancanza di fonti informative affidabili. Ne consegue, dunque, che si è di fronte ad una pratica commerciale che sta sempre più prendendo piede. Le istituzioni preposte ad accertare la regolarità di tale forma di comunicazione pubblicitaria e titolari dei relativi poteri regolamentari e sanzionatori sono, in virtù dell'articolo 27 del citato Codice del consumo, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, AGCM o Antitrust, unitamente all'autorità vigilante del settore delle comunicazioni elettroniche, ossia l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
  Per quanto di competenza del Ministero della giustizia, lo stesso evidenzia quanto segue. Il clickbaiting non può essere considerato una forma di pubblicità ingannevole. Il decreto legislativo 2 agosto 2007, n. 145, recante l'attuazione dell'articolo 14 della direttiva 2005/29/CE, che modifica la direttiva 84/450/CEE sulla pubblicità ingannevole, all'articolo 2, comma 1, lettera b), definisce pubblicità ingannevole «qualsiasi pubblicità che in qualunque modo, compresa la sua presentazione, è idonea ad indurre in errore le persone fisiche o giuridiche alle quali è rivolta o che essa raggiunge e che a causa del suo carattere ingannevole possa pregiudicare il loro comportamento economico ovvero che per questo motivo sia idonea a ledere un concorrente». Si ha pubblicità ingannevole quando il contenuto del messaggio pubblicitario non è veritiero. Nel caso del clickbait non è in discussione il contenuto del messaggio pubblicitario, ma il metodo di diffusione della pubblicità, il quale appare discutibile sotto il profilo dell'ingannevolezza. Peraltro, il Garante per la protezione dei dati personali ha comunicato di non aver ricevuto fino ad oggi alcuna segnalazione o reclamo da parte di interessati relativi al fenomeno rappresentato. Sempre secondo il parere del Ministero della giustizia, astrattamente la pratica del clickbaiting potrebbe dare luogo a situazioni di concorrenza Pag. 19sleale tra imprese pubblicitarie in quanto il particolare meccanismo che obbliga l'utente a visionare il sito con contenuti pubblicitari diffusi da un'impresa potrebbe sostanziare l'ipotesi descritta nell'articolo 2598, numero 3), del codice civile consistente nell'utilizzo diretto o indiretto di qualsiasi mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l'altrui azienda. Peraltro, solo le imprese che si ritenessero lese da condotte di concorrenza sleale potrebbero proporre un'azione giudiziaria tesa ad accertarne la sussistenza.
  Quanto alla tutela del consumatore, non sembra possibile riferire al particolare metodo definito clickbaiting le tutele previste dal decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, recante il Codice del consumo, a norma dell'articolo 7 della legge 29 luglio 2003, n. 229. Tuttavia, l'articolo 2, comma 2, del predetto Codice del consumo, nel prevedere che ai consumatori e agli utenti è riconosciuto come fondamentale il diritto ad un'adeguata informazione e ad una corretta pubblicità, potrebbe costituire la base per azioni collettive di quanti si ritenessero danneggiati dal clickbaiting.
  Tutto ciò in base alla previsione dell'articolo 140-bis, comma 2, lettera c), del Codice del consumo, come integrato dal decreto-legge n. 1 del 2012 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27 del 2012, secondo cui possono intraprendere azioni di classe quanti ritengono di aver diritto al ristoro del pregiudizio derivato da pratiche commerciali scorrette o da comportamenti anticoncorrenziali.
  Da ultimo, al momento non si è dato avvio a iniziative legislative che abbiano ad oggetto la regolamentazione e la limitazione della pratica del clickbait. Tuttavia, sarà cura del Governo monitorare il fenomeno in parola e rendere note eventuali proposte normative in merito.

  PRESIDENTE. L'onorevole Coppola ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  PAOLO COPPOLA. Grazie, sono soddisfatto e prendo atto che non è possibile configurare ciò come pubblicità ingannevole. Però il problema considerato va studiato e approfondito. Sottolineo che forse è vero che non servono ulteriori norme e forse questo lo deciderà il Governo. Mi sembra evidente, dalla relazione della Viceministra, che la pratica è inaccettabile, è deprecabile e non c’è alcun motivo eticamente accettabile che venga utilizzata. L'unico motivo risiede nella volontà di aumentare i propri introiti a spese dei cittadini. Magari una spesa minuscola, nel senso del tempo di fare un click, ma sicuramente eticamente non accettabile.

  PRESIDENTE. Dovremmo passare ora all'interpellanza urgente Francesco Saverio Romano e Pisicchio n. 2-01417. Chiedo gentilmente all'onorevole Daga e alla Viceministra Bellanova se fosse possibile passare direttamente a quella dell'onorevole Daga, la n. 2-01418, perché abbiamo un problema con la precedente. Prendo atto che va bene.

(Intendimenti del Governo in merito ad interventi, anche in raccordo con gli enti territoriali, relativi al sistema idrico della regione Umbria ed iniziative di competenza a tutela dell'ambiente – n. 2-01418)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Daga ed altri n. 2-02418, concernente intendimenti del Governo in merito ad interventi, anche in raccordo con gli enti territoriali, relativi al sistema idrico della regione Umbria ed iniziative di competenza a tutela dell'ambiente (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Daga se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  FEDERICA DAGA. La ringrazio, Presidente. Allora, in quella splendida e già fin troppo devastata zona dell'Umbria che si chiama Valnerina, che è in provincia di Terni, è stato redatto il progetto definitivo dell'acquedotto «Sistema acquedottistico Pag. 20ternano-amerino», che prevede la captazione di una nuova risorsa idrica nei comuni di Scheggino e Ferentillo da addurre al serbatoio di Pentima, sempre in provincia di Terni. Tale opera è da intendersi come un adeguamento del progetto Scheggino-Pentima redatto nel 2004 che rientrava tra gli interventi urgenti e necessari per fronteggiare la crisi idrica che colpì in quel tempo l'Umbria ed era stato approvato con un'ordinanza del presidente della giunta regionale del 26 novembre 2002. L'opera non fu realizzata poiché le dimensioni del finanziamento regionale assegnato e dell'investimento richiesto al gestore del servizio idrico non erano compatibili con la capacità del gestore stesso di accesso al credito. L'intervento fu pertanto rinviato in attesa di migliori condizioni finanziarie tali da mantenere la sostenibilità della tariffa, ma la recente assegnazione da parte della regione Umbria di una significativa integrazione all'originale cofinanziamento ha comportato il venire meno di quelle criticità finanziarie che avevano portato alla sospensione del progetto. Dal rinvio dell'opera ad oggi sono trascorsi undici anni e tredici ne sono passati dalla proclamazione dello stato di emergenza per la crisi dell'approvvigionamento idrico, motivo della prima stesura del progetto approvato, appunto, nel 2002. Il sistema di approvvigionamento prevede la captazione di 400 litri al secondo dall'acquifero basale, costituito dal complesso del Calcare Massiccio e della Corniola, mediante la realizzazione di un campo pozzi aventi profondità variabile tra i 150 e 300 metri. A nostro parere tutto questo contrasta con quanto consigliato dall'Ordine dei geologi della regione Umbria che richiede di limitare le profondità dei prelievi, se pur di entità minore rispetto ad un acquedotto, per non danneggiare le falde profonde, in linea con quanto disposto anche dalle direttive europee. Il sistema di captazione sarà costituito da nove pozzi in tutto, di cui cinque nel territorio di Scheggino e quattro di Ferentillo e la condotta adduttrice sarà lunga circa 24 chilometri e collegherà il serbatoio di Renaria e con quello di Pentima. È una bella opera. Inoltre, il campo Pozzi, sito nelle vicinanze della località del comune di Ferentillo, verrà realizzato in un'area che è la sede di una ex discarica di rifiuti solidi urbani, di rifiuti speciali ed inerti, e queste discariche furono attivate precedentemente al decreto del Presidente della Repubblica del 1982. Nel tragitto interessato dall'opera vengono occupati i percorsi del belvedere inferiore della Cascata delle Marmore, con conseguente danno all'economia turistica e mettendo tra l'altro a rischio la candidatura della stessa zona, ripresentata per la seconda volta, come patrimonio dell'UNESCO.
  A nostro giudizio le ragioni di emergenza idrica adottate dalla regione come motivazioni nel progetto, riferendosi appunto all'ordinanza del 2002, non possono essere ritenute valide, dal momento che entrano in totale contraddizione con la richiesta e l'ottenimento dei fondi a fronte di un'emergenza completamente differente e, cioè, quella di eventi con precipitazioni eccezionali ed alluvioni, come appunto riportato nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 23 marzo 2013, il quale ha ripartito le risorse tra le regioni colpite dagli eventi alluvionali dell'11, 12 e 13 novembre 2012, assegnando alla regione Umbria una somma pari a oltre 46 milioni di euro.
  Inoltre, l'ordine dei geologi dell'Umbria, con comunicazione del 2014 indirizzata alla Presidente della regione, ha evidenziato che il provvedimento disposto con l'ordinanza del Presidente della giunta regionale del 2002 non risponde alla situazione attuale ed inoltre circoscrive il periodo di emergenza come intercorso tra il 2002 e il 2004 (quindi, è terminato). Captando le falde profonde del fiume, come è in progetto, se ne mette a rischio la vita; non applicando il principio di precauzione, insieme al fiume Nera, anche l'economia turistica e le speranze per il futuro (ad esempio, la questione della candidatura per l'UNESCO della Valnerina e dei suoi abitanti) verranno compromesse. Lo stesso direttore del servizio idrico integrato, cioè la società che gestisce il servizio idrico in quella zona, per giustificare Pag. 21l'acquedotto parla di una presunta sete della conca ternana, ma non si capisce su quali dati reali si basi questa preoccupazione visto che a Terni attualmente la disponibilità media giornaliera di acqua per ogni cittadino è di 195 litri, mentre la media nazionale è di 175 litri e a livello europeo siamo a 163 litri. Quindi, di acqua ne hanno oltre la media e, qualora venisse attuato il progetto, tale disponibilità salirebbe a 350 litri al giorno.
  Ora con la chiusura di varie aziende ed industrie, rispetto ai tempi in cui è stato progettato l'acquedotto, la domanda è calata di molto. Occorrerebbe, quindi, verificare quali sono le motivazioni per cui nelle relazioni a corredo del progetto non sia stato considerato il fatto che i 9 pozzi preleveranno l'acqua in prossimità di un'area dove c'era, appunto, questa ex discarica, nonché se attualmente persistano i fabbisogni idrici previsti dal piano regolatore regionale degli acquedotti e dal piano di tutela delle acque oppure siano state cambiate le previsioni socioeconomiche del bacino di utenti servito.
  Infine, i prelievi idrici previsti dai pozzi di Scheggino e Ferentillo vanno ad attingere nello stesso sistema acquifero basale che alimenta l'alveo del fiume Nera, mettendo in pericolo due sorgenti importanti per la vita del fiume: quella in zona Ceselli, che versa nel fiume 1.300 litri al secondo, e quella di Terria, con 350 litri al secondo. Infatti, con l'emungimento dei pozzi questo apporto verrà a diminuire notevolmente e potrebbe arrivare a mancare del tutto. Questo porterebbe le acque del Nera sotto il deflusso minimo vitale, che il servizio idrico integrato ha calcolato in 2,7 metri cubi al secondo, deflusso minimo vitale che verrà ulteriormente impoverito quando la regione Marche porterà al massimo il prelievo dalla sorgente del fiume incrementandolo di ulteriori 300 litri al secondo, senza considerare gli altri incrementi di prelievo che le regioni utilizzano per le varie attività produttive presenti in Valnerina nonché l'aumento della captazione per l'acquedotto spoletino.
  Dunque, poniamo quattro domande: la prima è se il Ministro sia a conoscenza di tutti questi fatti e se non ritenga che la presenza di una discarica sull'area di attingimento potrebbe essere ritenuto un fattore di rischio, in quanto probabilmente si preleverebbero acque con caratteristiche non adatte al consumo umano; se anche per il tramite della competente autorità di bacino si intenda verificare se siano ancora attuali i presupposti emergenziali urgenti e necessari per i quali era necessario attivarsi nel 2004 per fronteggiare, appunto, la crisi idrica e se il prelievo di 400 litri al secondo possa incidere sul deflusso minimo vitale e, quindi, causare deterioramenti di qualità dei corpi idrici del fiume Nera e dei corpi sotterranei. L'ultima domanda è quali intenzioni e quali iniziative, per quanto di competenza e in raccordo con le amministrazioni coinvolte, si intendono intraprendere, al fine di tutelare i siti «Natura 2000» dell'Umbria e, quindi, «Valnerina», «Monte Solenne», «Cascata delle Marmore» e «bassa Valnerina tra monte Fionchi e Cascata delle Marmore».

  PRESIDENTE. La Viceministra dello sviluppo economico, Teresa Bellanova, ha facoltà di rispondere.

  TERESA BELLANOVA, Viceministra dello sviluppo economico. Grazie, Presidente. Con riferimento alle questioni poste dagli onorevoli interroganti, sulla base degli elementi acquisiti dalle diverse amministrazioni territoriali competenti, si rappresenta quanto segue. Il progetto «Sistema acquedottistico ternano-amerino – Captazione risorsa e realizzazione adduttrice di collegamento con l'acquedotto della città di Terni in corrispondenza del serbatoio in località Pentima» prevede la captazione di acque sotterranee mediante la realizzazione di un campo pozzi ubicato nei comuni di Scheggino e Ferentillo e rientra tra i grandi sistemi acquedottistici pianificati dalla regione Umbria nel piano regolatore regionale degli acquedotti, approvato dal consiglio regionale dell'Umbria con deliberazione n. 120 del 13 febbraio Pag. 222007. Si tratta dell'ultimo sistema acquedottistico in ordine di tempo da completare per raggiungere gli obiettivi strategici della regione Umbria nel settore dell'approvvigionamento idrico civile.
  Si fa presente che il suddetto piano regolatore rappresenta il riferimento per la pianificazione regionale dei sistemi acquedottistici ed è coordinato con gli altri strumenti di pianificazione e, in particolare, con i piani di tutela delle acque e i piani di gestione dei distretti idrografici redatti dalle autorità di bacino nazionali del Tevere e dell'Arno. Il piano assicura la flessibilità dell'approvvigionamento utilizzando, in particolare, le risorse idriche in funzione del loro andamento stagionale e prelevandole nel periodo invernale-primaverile, entro certi prefissati limiti, dalle sorgenti in periodo di morbida, ciò in modo da soddisfare contemporaneamente, grazie ai notevoli quantitativi di acqua disponibili, sia il fabbisogno idropotabile sia le esigenze ambientali, mentre nel periodo estivo-autunnale, quando le sorgenti sono in magra, l'attingimento dell'acqua dalle sorgenti viene ridotto e si fa ricorso alle falde sotterranee delle formazioni alluvionali, che nel periodo invernale-primaverile verranno lasciate a riposo per consentire un loro rimpinguamento, nonché agli invasi.
  La regione Umbria evidenzia altresì che il sistema idrico ternano-amerino garantisce la sostituzione degli attuali prelievi effettuati nell'ambito della conca ternana che non hanno caratteristiche ottimali per l'uso potabile, in quanto a rilevante rischio di contaminazione in un'area fortemente urbanizzata e industrializzata e oggetto di interventi di bonifica ambientale. Risulta, pertanto, necessario garantire alla cittadinanza di Terni un adeguato quantitativo di acqua di buona qualità, così come avviene nel restante territorio regionale.
  Per quanto concerne nello specifico il fiume Nera, la predetta amministrazione precisa che l'ultima opera di captazione ad uso idroelettrico sul fiume Nera a monte di Terria, dove è prevista la realizzazione del campo pozzi in oggetto, è situata in prossimità dell'abitato di Borgo Cerreto, a valle del quale viene rilasciata costantemente una portata superiore ai 2 mila litri al secondo. Tra l'ultima captazione idroelettrica di Borgo Cerreto e Terria il fiume Nera viene ulteriormente alimentato da sorgenti con una portata media di 4-6 mila litri al secondo, sicché nella sezione fluviale di Terria il deflusso è mediamente pari a 8 mila litri al secondo e nei periodi di massima magra non scende al di sotto di valori intorno ai 5 mila litri al secondo.
  Il deflusso minimo vitale in corrispondenza della sezione fluviale di Terria è stato valutato dal piano di tutela delle acque, anche sulla base degli studi idrogeologici condotti dalla regione Umbria fin dagli anni Ottanta, intorno ai 2.800 litri al secondo. Di conseguenza, anche per una portata minima del fiume Nera di 5 mila litri al secondo, il prelievo di 400 litri al secondo dal campo pozzi assicura comunque il mantenimento di una portata ben superiore al deflusso minimo vitale. Sempre secondo quanto riferito dalla regione Umbria si fa presente, inoltre, che nel 2015 è stata avviata la procedura di VIA sul progetto in questione, che si è conclusa con pronunciamento di giudizio favorevole in ordine alla compatibilità ambientale del progetto medesimo subordinatamente ad alcune prescrizioni. Con determinazione dirigenziale n. 5630 del 4 agosto 2015, pubblicata sul Bollettino Ufficiale della regione stessa, viene altresì precisato che, come in particolare valutato in sede di VIA, le portate di captazione previste non incidono sui valori di portata minima storica e di DMV previsti dal Piano di tutela delle acque. Lo stato di qualità ambientale delle acque del corpo idrico del fiume Nera, ai sensi della direttiva 2000/60/CE e del decreto legislativo n. 152 del 2006, attualmente è definito buono dal Piano di tutela delle acque e rimarrà tale anche successivamente alla realizzazione del campo pozzi in questione. Inoltre, fermo restando quanto previsto dall'articolo 94 del decreto legislativo n. 152 del 2006, si segnala che la suddetta procedura di VIA ha esaminato dettagliatamente anche la problematica inerente la presenza nel passato di una discarica in prossimità Pag. 23del campo pozzi ed attestato la non interferenza nei termini di rischio sulla qualità delle acque captate dal predetto campo pozzi. Per quanto concerne gli aspetti relativi alla tutela dei siti Natura 2000, in via di ordine generale si fa presente che per l'intero territorio regionale fin dal 2014 sono stati determinati e approvati i piani di gestione e le relative misure di conservazione dei suddetti siti quale adempimento richiesto dalla direttiva Habitat finalizzato a stabilire le più opportune forme di tutela per i siti di competenza della regione. Al riguardo si informa che con decreto del 7 agosto 2014 del Ministero dell'ambiente si è provveduto alla designazione di 95 zone speciali di conservazione, tutte insistenti nel territorio della regione umbra, suddivise in 31 ZSC appartenenti alla regione biogeografica continentale e 64 ZSC alla regione biogeografica mediterranea, in adempimento a quanto stabilito dalla direttiva 92/43/CE Habitat, articolo 4, paragrafo 1 e dell'articolo 3, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica N. 357 del 1997. Pertanto le misure finalizzate alla tutela dei siti Natura 2000 della regione Umbria rispetto alle quali debbono fare riferimento programmi, piani, progetti e interventi sono vigenti fin dall'agosto 2014. Nello specifico peraltro la regione ha evidenziato che tra le prescrizioni contenute nel provvedimento di VIA è stato previsto che nella zona speciale tra Callestatte e la Cascata delle Marmore si dovrà intervenire con la massima attenzione alla conservazione dei valori storico-antropici e culturali del complesso di opere storicamente realizzate dall'uomo e si dovrà evitare l'esecuzione di attraversamenti aerei dei corsi d'acqua e laddove possibile dovranno essere utilizzati colorazioni opache o cromiche che si armonizzano con i colori naturali circostanti. Con riferimento ai presupposti emergenziali, si precisa che la ricorrenza di periodi siccitosi similari a quello del 2002 che possono interessare il territorio regionale è dimostrata da numerosi studi e da un apposito Progetto regionale denominato «Siccità e Cambiamenti climatici», suddiviso in due fasi: SECLI I, terminato nell'ottobre 2011, e SECLI II, terminato nel dicembre 2013. Ad ogni modo, per quanto di competenza, il Governo continuerà a tenersi informato e si impegna a riferire al Parlamento sulle tematiche poste dagli onorevoli interroganti.

  PRESIDENTE. L'onorevole Daga ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  FEDERICA DAGA. Signor Presidente, non sono soddisfatta della risposta. In realtà la cittadinanza locale chiede di bloccare quest'opera per tutte le motivazioni che ho messo in premessa a questa interpellanza e, come detto punto in premessa, l'emergenza siccità in sostanza non esiste più, però in questo momento la società Servizio idrico integrato e gli enti locali interessati ritengono l'opera come unica soluzione per risolvere la crisi idrica scoperta in questi ultimi tempi e cioè, come detto anche nella risposta, un'emergenza idrica dovuta all'inquinamento delle acque di Terni dovuto al sovrasfruttamento industriale, agli impianti di incenerimento, alla devastazione portata avanti per troppo tempo in quel territorio. Terni sicuramente non sta bene in questo periodo e lo possiamo vedere anche da tutte le altre interrogazioni che abbiamo fatto appunto sul territorio stesso.
  Moltissime domande rimangono ancora aperte. Comunque, viene da chiedersi: può uno sviluppo del turismo sostenibile realizzarsi senza la tutela del Nera e della Valnerina ? La ex discarica del comune di Ferentillo, vicino ai pozzi del nuovo acquedotto, ci chiediamo se sia stata bonificata, visto che era nel Piano regionale delle aree da bonificare. Noi sappiamo che un'area di discarica non ci mette due anni a filtrare, ci mette una ventina di anni e comunque, se non viene questa bonificata o tolta, rischiamo che le falde siano contaminate. Le acque contaminate non si bonificano più, le tecniche che abbiamo in questo momento di bonifica delle acque non danno un risultato soddisfacente, non Pag. 24danno un risultato per dire che riportiamo le acque alla loro consistenza naturale una volta che sono state inquinate. Quindi ci si chiede anche come mai per l'acquedotto Scheggino-Pentima fosse stata indetta una gara d'appalto, pur rivestendo a quel tempo l'opera un carattere di urgenza, mentre adesso i lavori sono stati dati in affidamento diretto (c’è anche questa particolarità) e appunto come mai non si proceda alla bonifica dei pozzi di Terni e al recupero del vecchio acquedotto, visto che quest'ultimo esiste ma presenta oltre il 40 per cento delle perdite. Vorremmo evitare lo spreco di acqua appunto rimettendo a posto gli acquedotti esistenti già. Non è stato fatto tra l'altro un adeguamento alla normativa antisismica e il rischio del dissesto idrogeologico è alto, la Valnerina è stata inclusa e innalzata al livello post-terremoto dell'Aquila. Ora, in questo panorama di spreco di acqua in cui non si è posto un intervento serio, l'acqua non sembra più un bene comune primario, garantito a tutti, ma il mezzo per garantire profitti a chi la gestisce. Forse risulterò un po’ noiosa – è quello che dico ormai da troppo tempo – la mia logica che sembrerebbe prevalere è quella che più se ne consuma e meglio è, anzi, se il consumo diminuisce, poiché i costi del servizio restano gli stessi, aumenta la bolletta per gli utenti, tanto che a Terni, pur essendo un territorio ricco di materia prima e ricco di acqua, i cittadini pagano le tariffe più care dell'Umbria e tra le più care d'Italia. In bolletta pagheranno anche questo nuovo acquedotto, che è finanziato solo in parte con fondi della regione e fondi europei. Qui è in gioco la vita di un'intera comunità perché è in gioco appunto l'acqua, l'acqua è vita, e le mie domande sono le seguenti e rimangono quasi sempre le stesse. Quando si smetterà di speculare su un diritto umano fondamentale ? Quando si smetterà di sostenere grandi opere inutili ? La responsabilità è anche in capo ai Ministeri che abbiamo interpellato, perché si potevano fare le opportune verifiche e bloccare la realizzazione di quest'opera. Va salvaguardato l'ambiente e l'economia locale turistica, che si basa appunto sull'ambiente stesso. Chiedo ancora quando si smetterà di considerare l'acqua una merce, quando si smetterà di privatizzare gli utili e socializzare le perdite e i costi ? Vi ricordo che appunto l'acqua è un diritto umano universale, che sull'acqua non si può fare profitto e che i processi partecipativi sono fondamentali al fine di utilizzare le risorse pubbliche per le opere realmente utili alla popolazione locale. Io invito a una riflessione su questo e a portare avanti gli interessi delle comunità locali.

(Rinvio dell'interpellanza urgente Francesco Saverio Romano e Pisicchio n. 2-01417)

  PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta dei presentatori e con il consenso del Governo, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Francesco Saverio Romano e Pisicchio n. 2-01417 è rinviato ad altra seduta. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Sui lavori dell'Assemblea (ore 10,52).

  PRESIDENTE. Avverto che, a norma dell'articolo 96-bis, comma 3, del Regolamento, è stata presentata la questione pregiudiziale Molteni ed altri n. 1, riferita al disegno di legge n. 3954, di conversione del decreto-legge n. 117 del 2016, in materia di processo amministrativo telematico, che sarà esaminata e posta in votazione nella seduta di martedì 12 luglio, con priorità rispetto agli altri argomenti già previsti.
  Avverto inoltre che, in calce al resoconto stenografico della seduta odierna, sarà pubblicata l'organizzazione dei tempi per l'esame della proposta di legge n. 1460-B, recante la ratifica della Convenzione sull'assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell'Unione europea, del disegno di legge n. 3594-A, Delega recante norme relative al contrasto della povertà, al riordino Pag. 25delle prestazioni e al sistema degli interventi e dei servizi sociali, collegata alla legge di stabilità 2016, della domanda di autorizzazione all'utilizzo di intercettazioni, di conversazioni e comunicazioni nei confronti del deputato Luigi Cesaro, della domanda di autorizzazione all'acquisizione di tabulati telefonici nei confronti del deputato Chaouki.

Ordine del giorno della prossima seduta.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

  Lunedì 11 luglio 2016, alle 12:

  1. – Discussione sulle linee generali del disegno di legge:
   Conversione in legge del decreto-legge 9 giugno 2016, n. 98, recante disposizioni urgenti per il completamento della procedura di cessione dei complessi aziendali del Gruppo ILVA (C. 3886-A).
  — Relatori: Bratti (per la VIII Commissione) e Bargero (per la X Commissione), per la maggioranza; Zaratti (per la VIII Commissione) e Crippa (per la X Commissione), di minoranza.

  2. – Discussione sulle linee generali della proposta di legge:
   VERINI ed altri: Ratifica ed esecuzione della Convenzione relativa all'assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell'Unione europea, fatta a Bruxelles il 29 maggio 2000, e delega al Governo per la sua attuazione. Delega al Governo per la riforma del libro XI del codice di procedura penale. Modifiche alle disposizioni in materia di estradizione per l'estero: termine per la consegna e durata massima delle misure coercitive (Approvata dalla Camera e modificata dal Senato) (C. 1460-B).
  — Relatori: Ferranti, per la II Commissione; Nicoletti, per la III Commissione.

  3. – Discussione sulle linee generali del disegno di legge:
   Delega recante norme relative al contrasto della povertà, al riordino delle prestazioni e al sistema degli interventi e dei servizi sociali (collegato alla legge di stabilità 2016) (C. 3594-A).
  — Relatori: Giacobbe (per la XI Commissione) e Piazzoni (per la XII Commissione), per la maggioranza; Cominardi, Martelli e Simonetti (per la XI Commissione) e Di Vita (per la XII Commissione), di minoranza.

  La seduta termina alle 10,55.

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ORGANIZZAZIONE DEI TEMPI DI ESAME DELLA PROPOSTA DI LEGGE N. 1460-B, DEL DISEGNO DI LEGGE N. 3594, DEL DOC. IV, N. 17-A e DEL DOC. IV, N. 16

Pdl di ratifica n. 1460-B – Ratifica Convenzione assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell'Unione europea

Tempo complessivo: 5 ore.

Relatori 20 minuti

(complessivamente)

Governo 10 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 20 minuti
Interventi a titolo personale 41 minuti (con il limite massimo di 5 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 3 ore e 19 minuti
 Partito Democratico 57 minuti
 MoVimento 5 Stelle 24 minuti
 Forza Italia – Popolo della Libertà –
 Berlusconi Presidente
18 minuti
 Sinistra Italiana – Sinistra Ecologia
 Libertà
15 minuti
 Area Popolare (NCD - UDC) 15 minuti
 Scelta Civica per l'Italia 13 minuti
 Lega Nord e Autonomie – Lega dei
 Popoli – Noi con Salvini
13 minuti
Democrazia Solidale – Centro
 Democratico
12 minuti
 Fratelli d'Italia – Alleanza Nazionale 11 minuti
 Misto: 21 minuti
  Conservatori e Riformisti 5 minuti
  Alternativa Libera - Possibile 3 minuti Pag. 27
  Alleanza Liberalpopolare Autonomie
  ALA-MAIE-Movimento Associativo
  Italiani all'Estero
3 minuti
  Minoranze Linguistiche 2 minuti
  FARE! – Pri 2 minuti
  USEI-IDEA (Unione Sudamericana
  Emigrati Italiani)
2 minuti
  Movimento PPA – Moderati 2 minuti
  Partito Socialista Italiano (PSI) –
  Liberali per l'Italia (PLI)
2 minuti

Ddl n. 3594 – Norme relative al contrasto della povertà

Tempo complessivo: 20 ore e 15 minuti, di cui:
• discussione generale: 8 ore e 15 minuti;
• seguito dell'esame: 12 ore.

Discussione generale Seguito dell'esame
Relatori per la maggioranza 30 minuti

(complessivamente)

30 minuti

(complessivamente)

Relatori di minoranza 40 minuti

(complessivamente)

40 minuti

(complessivamente)

Governo 15 minuti 20 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti 10 minuti
Tempi tecnici 1 ora
Interventi a titolo personale 1 ora e 14 minuti (con il limite massimo di 15 minuti per ciascun deputato) 1 ora e 43 minuti (con il limite massimo di 13 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 5 ore e 26 minuti 7 ore e 37 minuti
 Partito Democratico 50 minuti 1 ora e 48 minuti
 MoVimento 5 Stelle 30 minuti 1 ora e 8 minuti
 Forza Italia – Il Popolo della
 Libertà – Berlusconi Presidente
30 minuti 48 minuti
 Sinistra Italiana – Sinistra
 Ecologia Libertà
30 minuti 38 minuti
 Area Popolare (NCD-UDC) 32 minuti 34 minuti
 Scelta Civica per l'Italia 31 minuti 31 minuti Pag. 28
 Lega Nord e Autonomie – Lega dei
 Popoli – Noi con Salvini
30 minuti 30 minuti
 Democrazia Solidale – Centro
 Democratico
31 minuti 29 minuti
 Fratelli d'Italia – Alleanza
 Nazionale
30 minuti 26 minuti
 Misto: 32 minuti 45 minuti
  Conservatori e Riformisti 6 minuti 10 minuti
  Alternativa Libera – Possibile 6 minuti 8 minuti
  Alleanza Liberalpopolare Auto
  nomie ALA – MAIE-Movimento
  Associativo Italiani all'Estero
6 minuti 8 minuti
  Minoranze Linguistiche 4 minuti 5 minuti
  FARE! – Pri 3 minuti 4 minuti
  USEI-IDEA (Unione Sudameri
  cana Emigrati Italiani)
3 minuti 4 minuti
  Movimento PPA – Moderati 2 minuti 3 minuti
  Partito Socialista Italiano (PSI)
  – Liberali per l'Italia (PLI)
2 minuti 3 minuti

Doc. IV, n. 17-A – Autorizzazione all'acquisizione di tabulati telefonici nei confronti del deputato Khalid Chaouki

Tempo complessivo: 2 ore e 30 minuti (*).

Relatore 15 minuti
Richiami al Regolamento 5 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 16 minuti (con il limite massimo di 3 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 1 ore e 49 minuti
 Partito Democratico 29 minuti
 MoVimento 5 Stelle 13 minuti
 Forza Italia – Popolo della Libertà –
 Berlusconi Presidente
9 minuti
 Sinistra Italiana – Sinistra Ecologia
 Libertà
8 minuti
 Area Popolare (NCD - UDC) 8 minuti Pag. 29
 Scelta Civica per l'Italia 7 minuti
 Lega Nord e Autonomie – Lega dei
 Popoli – Noi con Salvini
7 minuti
 Democrazia Solidale – Centro
 Democratico
6 minuti
 Fratelli d'Italia – Alleanza Nazionale 6 minuti
 Misto: 16 minuti
  Conservatori e Riformisti 2 minuti
  Alternativa Libera – Possibile 2 minuti
  Alleanza Liberalpopolare Autonomie
  ALA – MAIE-Movimento
  Associativo Italiani all'Estero
2 minuti
  Minoranze Linguistiche 2 minuti
  FARE! – Pri 2 minuti
  USEI-IDEA (Unione Sudamericana
  Emigrati Italiani)
2 minuti
  Movimento PPA – Moderati 2 minuti
  Partito Socialista Italiano (PSI) –
  Liberali per l'Italia (PLI)
2 minuti

(*) Al tempo sopra indicato si aggiungono 10 minuti per il gruppo di appartenenza del deputato interessato.

Doc. IV, n. 16 – Autorizzazione all'utilizzo di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni nei confronti del deputato Luigi Cesaro

Tempo complessivo: 2 ore e 30 minuti (*).

Relatore 15 minuti
Richiami al Regolamento 5 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 16 minuti (con il limite massimo di 3 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 1 ore e 49 minuti
 Partito Democratico 29 minuti
 MoVimento 5 Stelle 13 minuti
 Forza Italia – Popolo della Libertà –
 Berlusconi Presidente
9 minuti Pag. 30
 Sinistra Italiana – Sinistra Ecologia
 Libertà
8 minuti
 Area Popolare (NCD - UDC) 8 minuti
 Scelta Civica per l'Italia 7 minuti
 Lega Nord e Autonomie – Lega dei
 Popoli – Noi con Salvini
7 minuti
Democrazia Solidale – Centro
 Democratico
6 minuti
 Fratelli d'Italia – Alleanza Nazionale 6 minuti
 Misto: 16 minuti
  Conservatori e Riformisti 2 minuti
  Alternativa Libera – Possibile 2 minuti
  Alleanza Liberalpopolare Autonomie
  ALA –MAIE-Movimento Associativo
  Italiani all'Estero
2 minuti
  Minoranze Linguistiche 2 minuti
  FARE! - Pri 2 minuti
  USEI-IDEA (Unione Sudamericana
   Emigrati Italiani)
2 minuti
  Movimento PPA – Moderati 2 minuti
  Partito Socialista Italiano (PSI) –
  Liberali per l'Italia (PLI)
2 minuti

(*) Al tempo sopra indicato si aggiungono 10 minuti per il gruppo di appartenenza del deputato interessato.