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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 642 di lunedì 27 giugno 2016

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI

  La seduta comincia alle 10,05

  PRESIDENTE. La seduta è aperta.
  Invito il deputato segretario facente funzioni a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

  SERGIO BATTELLI, Segretario f.f., legge il processo verbale della seduta del 24 giugno 2016.

  PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Artini, Baretta, Baruffi, Bellanova, Bernardo, Dorina Bianchi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Matteo Bragantini, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Bueno, Caparini, Capelli, Casero, Castelli, Castiglione, Catania, Cenni, Censore, Antimo Cesaro, Cirielli, Cominelli, Costa, D'Alia, D'Ambrosio, Dambruoso, Damiano, De Micheli, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Luigi Di Maio, Epifani, Faraone, Gianni Farina, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Frusone, Garofani, Gelli, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Manciulli, Marazziti, Merlo, Migliore, Mongiello, Orlando, Palma, Pes, Picchi, Gianluca Pini, Pisicchio, Polverini, Portas, Quartapelle Procopio, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rosato, Domenico Rossi, Rughetti, Russo, Sanga, Sani, Scalfarotto, Scanu, Schullian, Scotto, Senaldi, Tabacci, Tidei, Valeria Valente, Velo, Vignali, Zanetti e Zolezzi sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente centodieci, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Annunzio della presentazione di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissione in sede referente.

  PRESIDENTE. Il Presidente del Consiglio dei ministri, con lettera in data 24 giugno 2016, ha presentato alla Presidenza il seguente disegno di legge, che è stato assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alla V Commissione (Bilancio):
   «Conversione in legge del decreto-legge 24 giugno 2016, n. 113, recante misure finanziarie urgenti per gli enti territoriali e il territorio» (3926) – Parere delle Commissioni I, II, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), Pag. 2VII, VIII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), IX, XI, XII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), XIII e XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

  Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dal comma 1 del predetto articolo 96-bis, è stato altresì assegnato al Comitato per la legislazione.

Discussione del disegno di legge: S. 2228 – Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – Legge europea 2015-2016 (Approvato dal Senato) (A.C. 3821) (ore 10,08).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 3821: Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – Legge europea 2015-2016.
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 24 giugno 2016.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 3821)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che il presidente del gruppo parlamentare del gruppo MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
  Avverto, altresì, che la XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) si intende autorizzata a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire il relatore per la maggioranza, onorevole Paolo Tancredi.

  PAOLO TANCREDI, Relatore per la maggioranza. La ringrazio, Presidente. Si tratta, naturalmente, di un momento molto delicato e forse il più difficile nel processo di integrazione europea, ma questo non può impedirci, Presidente, di esprimere una certa soddisfazione per il nostro lavoro, il lavoro che questo Parlamento, questa maggioranza, in particolare la XIV Commissione e il Governo, stanno facendo nel corso di questa legislatura, con un'efficienza molto forte, l'approvazione di tre leggi europee, tre leggi di delegazione europea, nella attività importante di recepimento nell'ordinamento italiano della normativa europea, anche al fine della riduzione del contenzioso, che, come dirò, in questo momento è ai minimi storici. Da questo punto di vista, vorrei dedicare la prima parte di questa relazione a questo aspetto, per poi passare a una brevissima descrizione del contenuto degli articoli, che, però, poi, per un'analisi e un approfondimento più dettagliato, lascio alla lettura del testo, che, se lei mi consente, Presidente, consegnerò integralmente.
  Per la quarta volta nella presente legislatura ci troviamo ad affrontare l'esame parlamentare del disegno di legge europea, che, insieme alla legge di delegazione europea, rappresenta lo strumento legislativo che assicura il periodico adeguamento all'ordinamento dell'Unione europea. Ricordo che, dopo l'approvazione della legge 24 dicembre 2012, n. 234, che ha attuato la riforma organica della partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione dell'ordinamento dell'Unione europea, il Parlamento italiano ha già approvato sei leggi ordinarie di attuazione del diritto europeo, ovvero tre leggi europee e tre leggi di delegazione europea, come appunto dicevo prima.
  Nell'attuale legislatura, in particolare, il percorso di recepimento della normativa dell'Unione europea è stato oggetto di una proficua accelerazione, anche grazie all'impegno costante delle due Camere per garantire il superamento degli ostacoli che in passato, in alcuni casi, avevano rallentato e reso particolarmente arduo l'iter di adeguamento della normativa italiana alla legislazione dell'Unione europea. Ricordo, Pag. 3infatti, che i disegni di legge comunitaria 2011 e 2012, di cui era stata avviata l'istruttoria parlamentare nella precedente legislatura, non furono mai portati a termine.
  Il ritmo costante impresso dall'Italia al processo di allineamento agli obblighi imposti dall'Unione europea è stato certamente agevolato dal nuovo sistema delineato dalla legge n. 234. In particolare, il percorso parlamentare beneficia della semplificazione degli strumenti normativi, rappresentata dallo sdoppiamento dell'annuale legge comunitaria in due distinti atti legislativi aventi funzioni diverse.
  Con riguardo alla legge europea, ricordo che essa contiene norme di diretta attuazione – che comportano la modifica puntuale della disciplina italiana vigente – finalizzata a risolvere casi di non corretto recepimento della normativa europea che hanno dato luogo a casi di pre-infrazione, avviati dalla Commissione europea nel quadro del sistema di comunicazione EU Pilot, e a vere e proprie procedure di infrazione, ai sensi degli articoli 258 e 260 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, laddove il Governo abbia riconosciuto la fondatezza dei rilievi mossi in sede europea.
  Come già ricordato, ad oggi sono stati emanate tre leggi europee, di cui due riferite all'anno 2013 e una al 2014, che hanno garantito un percorso virtuoso di riduzione del contenzioso pendente nei confronti del nostro Paese.
  Segnalo che, con le ultime decisioni della Commissione del 16 giugno scorso, scende a 82 il numero delle procedure di infrazione a carico dell'Italia, di cui 60 per violazione del diritto dell'Unione e 22 per mancato recepimento delle direttive (nei mesi scorsi, peraltro, l'Italia aveva raggiunto un minimo storico di 80 casi di contenzioso); quindi insomma, la soddisfazione per un lavoro che, grazie anche allo stimolo del Governo, questo Parlamento sta facendo in modo molto efficiente.
  Il disegno di legge europea 2015-2016, presentato dal Governo il 3 febbraio 2016 al Senato, è stato significativamente modificato dall'altro ramo del Parlamento: gli articoli sono passati da 22 a 37; in materia di giustizia è stata introdotta un'apposita sezione, recante disposizioni sull'indennizzo in favore delle vittime di reati intenzionali violenti; si è proceduto allo stralcio dell'articolo 3 sull'etichettatura di prodotti alimentari; infine, il titolo del disegno di legge, riferito alla legge europea 2015, è stato integrato facendo riferimento all'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea per il biennio 2015-2016.
  Per effetto delle modificazioni ed integrazioni, il provvedimento mira a consentire la definizione di dieci casi EU Pilot, quattro procedure di infrazione, una procedura di cooperazione in materia di aiuti di Stato e una procedura di aiuti di Stato; inoltre, con esso si dà attuazione a tre direttive e a una decisione GAI.
  Faccio osservare che, in sede di esame presso le Commissioni parlamentari della Camera, si è preso atto dell'approfondito intervento condotto dal Senato sul disegno di legge ed è stata sostanzialmente condivisa l'opportunità – quando dico condivisa, naturalmente, anche col Governo – di giungere a una sua rapida approvazione per consentire all'Italia di ridurre ulteriormente il carico di contenzioso tuttora pendente. Per questi motivi, il disegno di legge oggi sottoposto all'esame dell'Assemblea, non è stato ulteriormente modificato rispetto al testo approvato dal Senato.
  Auspico, pertanto, che, all'esito di un proficuo dibattito parlamentare, l'Assemblea della Camera possa giungere all'approvazione definitiva del disegno di legge, senza procedere a ulteriori modificazioni del testo, attribuendo priorità alla necessità di consentire al nostro Paese di ridurre ulteriormente il carico di contenzioso tuttora pendente, con ciò confermando il costante impegno del legislatore italiano per un corretto e tempestivo adempimento degli obblighi posti dalla normativa dell'Unione europea e contribuendo, altresì, a rafforzare i risultati positivi raggiunti con gli strumenti legislativi recati dalla legge n. 234 del 2012.
  Come detto, Presidente, adesso procederò ad illustrare brevemente il contenuto Pag. 4del disegno di legge europea 2015-2016, che consta di 37 articoli suddivisi in 9 capi, ciascuno riferito a specifiche e distinte materie. Cercherò di andare molto veloce e poi consegnerò il testo.
  Gli articoli da 1 a 4 riguardano disposizioni in materia di libera circolazione delle merci. In particolare, l'articolo 1 in materia di qualità e trasparenza della filiera degli oli d'oliva vergini, al fine di definire il caso EU Pilot 4632/13/AGRI, modifica la legge 13 gennaio 2013, n. 9, con riferimento all'evidenza cromatica dell'indicazione di origine delle miscele degli oli d'oliva e alla previsione di un termine minimo di conservazione degli oli d'oliva.
  L'articolo 2, relativo all'etichettatura del miele, modifica il decreto legislativo n. 179 del 2004, onde risolvere il caso EU Pilot 7400/15/AGRI, riguardante confezioni di miele commercializzati in Italia, ma provenienti da altri Stati membri.
  L'articolo 3, in materia di immissione in commercio dei dispositivi medici, reca due novelle, appunto, rispettivamente, al decreto legislativo n. 46 del 1997 e al decreto legislativo n. 507 del 1992. L'articolo 4 estende le sanzioni previste dal decreto legislativo n. 186 del 2011 alle violazioni del regolamento (UE) n. 1297/2014, in materia di classificazione, etichettatura e imballaggio delle sostanze e delle miscele. In materia di libera prestazione dei servizi e libertà di stabilimento, l'articolo 5 elimina l'obbligo per le SOA (Società organismi di attestazione) che accertano i requisiti degli appaltatori di lavori pubblici di avere la sede legale in Italia, mantenendo per esse il solo obbligo di avere una sede nel territorio della Repubblica; la norma mira a superare la procedura di infrazione n. 2013/4212 avviata dalla Commissione nei confronti dell'Italia per aver imposto alle SOA l'obbligo di avere la propria sede legale nel territorio della Repubblica. L'articolo 6, in materia di tassazione delle vincite da gioco, dà esecuzione alla sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 22 ottobre 2014, accogliendo i rilievi su cui si fonda il caso EU Pilot 5571/13/TAXU. In particolare, la disposizione prevede che le vincite corrisposte da case da gioco autorizzate in Italia o negli altri Stati membri dell'Unione europea o nello spazio economico europeo non concorrono a formare il reddito per l'intero ammontare percepito nel periodo d'imposta. Naturalmente questa norma necessita di una copertura finanziaria.
  Il Capo III reca disposizioni in materia di giustizia e sicurezza. L'articolo 7 dispone in materia di obbligazioni alimentari, in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, nonché di accesso e utilizzo delle informazioni da parte dell'autorità centrale. L'articolo 8 interviene sulle procedure di esecuzione forzata da eseguire in un altro Stato membro dell'Unione; in particolare, si prevede che l'atto pubblico certificato come titolo esecutivo europeo è immediatamente applicabile agli altri Stati dell'Unione. L'articolo 9 estende la disciplina sull'accesso al patrocinio a spese dello Stato prevista per le controversie transfrontaliere in ambito UE ai procedimenti per l'esecuzione di obbligazioni alimentari e riconosce il diritto al gratuito patrocino a tutti coloro che presentano domande inerenti alla sottrazione internazionale di minori. L'articolo 10 dispone il rilascio di un permesso di soggiorno autonomo ai minori stranieri, anche prima del quattordicesimo anno di età, per dare piena attuazione al regolamento (CE) n. 380/2008 che istituisce un modello uniforme per i permessi di soggiorno rilasciati a cittadini di Paesi terzi.
  La sezione II del Capo III, articoli da 11 a 16, è interamente dedicata alla disciplina a favore delle vittime di reati intenzionali violenti. L'articolo 11, in attuazione della direttiva 2004/80/CE, riconosce, a carico dello Stato, il diritto all'indennizzo in favore delle vittime di reati intenzionali violenti. L'articolo 12 delinea le condizioni per l'accesso all'indennizzo, l'articolo 13 delinea la procedura per la presentazione della domanda di indennizzo, l'articolo 14 rinomina il Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive e dell'usura, Pag. 5estendendolo alle vittime dei reati intenzionali violenti, attribuendo ad esso anche la copertura dei corrispondenti indennizzi. In favore del Fondo è stanziato un contributo statale annuale a partire dal 2016 pari a 2,6 milioni di euro. L'articolo 15 reca modifiche alla disciplina del Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime di reati di tipo mafioso, di cui alla legge n. 512 del 1999, e del Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell'usura, di cui alla legge n. 44 del 1999. L'articolo 16, infine, reca le occorrenti disposizioni finanziarie.
  In materia di trasporti, l'articolo 17 modifica il decreto-legge n. 457 del 1997 che ha istituito il registro internazionale italiano delle navi in regime di temporanea dismissione di bandiera, consentendo l'iscrizione anche per le navi che appartengono a soggetti comunitari. L'articolo 18 introduce sanzioni nei casi di inosservanza delle prescrizioni dell'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie da parte delle imprese ferroviarie, dei gestori delle infrastrutture e degli operatori di settore. Numerose disposizioni – articoli da 19 a 29 – intervengono in materia di fiscalità, dogane e aiuti di Stato. L'articolo 19 modifica la tassazione dei veicoli di studenti europei in Italia, oggetto di rilievi nel caso EU Pilot 7192/14/TAXU.
  Lascio l'approfondimento su queste norme di carattere fiscale alla parte scritta che, come ho detto, consegnerò. In materia di occupazione, l'articolo 30 interviene sul tema dei diritti dei lavoratori a seguito di subentro di un nuovo appaltatore, riformulando il decreto legislativo n. 276 del 2003; si specifica che l'esclusione della natura di trasferimento d'azienda o di parte d'azienda è subordinata alla sussistenza di elementi di discontinuità che determinino una specifica identità di impresa ed alla condizione che il nuovo appaltatore sia dotato di propria struttura organizzativa ed operativa. Sul punto è aperto il caso EU Pilot 7622/15/EMPL per presunta violazione della direttiva n. 2001/23/CE.
  In materia di tutela dell'ambiente, l'articolo 31 introduce l'obbligo per i cacciatori di annotare, subito dopo l'abbattimento, sul tesserino venatorio, la fauna selvatica stanziale e migratoria abbattuta. La modifica è volta alla parziale chiusura del caso EU Pilot 6955/14/ ENVI.
  L'articolo 32 modifica in più punti la disciplina nazionale di attuazione della direttiva n. 2009/31/CE, in materia di stoccaggio geologico del biossido di carbonio, al fine di superare i rilievi nell'ambito del caso EU Pilot 7334/15/CLIM.
  Le disposizioni in materia di energia sono contenute all'articolo 33, che reca adattamenti alla normativa nazionale vigente sul terzo pacchetto energia, al fine di consentire l'archiviazione della procedura di infrazione n. 2014/2286.
  Tra le altre disposizioni, poi, segnalo che gli articoli 34 e 35 apportano modifiche alla legge n. 234 del 2012, quella sul funzionamento. L'articolo 34 interviene sull'articolo 19, sostituendo i termini: «direttore della segreteria del CIAE» e «responsabile della segreteria del CIAE», con il termine: «Segretario del CIAE», onde chiarire che a quest'ultimo saranno demandati determinati compiti.
  Per lo svolgimento dei compiti connessi all'attuazione della disciplina europea, l'articolo 36 incrementa di 12 milioni di euro, a decorre dal 2017, il Fondo per le spese di funzionamento del Garante della privacy; inoltre, autorizza la Consob ad assumere personale per far fronte alle esigenze connesse all'istituzione dell'organismo di risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori in materia finanziaria: arbitro per le controversie finanziarie, ACF.
  Infine, l'articolo 37 reca la clausola di invarianza finanziaria, prevedendo naturalmente un'eccezione esplicita per gli articoli 6, 9, 10, 16, 20, 21, 29 e 36 del disegno di legge, che comunque dispongono di una clausola propria di copertura autonoma.
  Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento (La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti).

Pag. 6

  PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Chiara Scuvera. Ne ha facoltà.

  CHIARA SCUVERA. Signor Presidente, membri del Governo, non è facile, oggi, intervenire sulla legge europea dopo la vittoria del «leave» nel referendum su Brexit. Proprio questa legge fa emergere una riflessione sul legiferare in Europa, sulla sua capacità di incidere nella vita concreta dei cittadini e, soprattutto, di arrivare ai cittadini.
  Oggi è un giorno importante, perché la Camera dedicherà i suoi lavori ai temi europei, tra poco con le comunicazioni del Presidente Matteo Renzi. Dispiace però vedere poco partecipata, Presidente, questa discussione sulle linee generali sulla legge europea, perché è venuto il momento, come parlamentari nazionali, proprio di dare più spazio a questi temi, per raggiungere quell'integrazione che è condizione imprescindibile per cambiare l'Europa dall'interno, come si sente spesso ripetere. Ecco perché noi Democratici pensiamo che sia fondamentale portare a compimento anche questa legge, anch'essa un tassello per costruire solide condizioni del cambiamento.
  Alexis Tsipras, dopo avere dato la sveglia innanzitutto alla sinistra europea sulla necessità di adeguare le risposte di fronte alla sempre più profonda diseguaglianza che mette a rischio un processo così faticosamente costruito, con grande coraggio, ha scelto e sceglie, ancora, di governare e di negoziare, così rendendo più forti le ragioni della Grecia.
  Come ha detto Matteo Renzi, l'Europa è casa nostra e per questo ci battiamo, perché si vada oltre l'ordinaria amministrazione, come titola anche l'ultimo programma di appartenenza, perché ci sia un'evoluzione dell'Unione nel senso dell'innovazione, non solo economica, ma anche sociale, mettendo al centro i diritti delle persone e recuperando i valori fondanti della pace e della solidarietà. E, quando abbiamo affrontato la relazione programmatica, abbiamo detto che in tal senso un tema che può apparire appannaggio della sola tecnica legislativa, come la better regulation, è centrale perché significa non frammentarietà degli interventi e intelligibilità delle scelte da parte dei cittadini europei.
  Anche per questo è necessario ed importante continuare sulla strada dell'abbattimento del numero di infrazioni ed è la soluzione del precontenzioso per essere più forti nella spinta verso un nuovo modo di legiferare, meno settoriale e più sistematico e, quindi, rafforzare la posizione italiana sulla flessibilità di bilancio e sulla necessità di più investimento pubblico.
  Il Governo italiano – e di questo ringrazio il sottosegretario Sandro Gozi – ha già raggiunto dei risultati importanti, innescando un processo virtuoso, non solo nell'adeguamento del diritto interno al diritto europeo, ma anche nella deflazione del contenzioso con la Commissione europea. Infatti, le procedure di infrazione si sono ridotte da 119 a 86, di cui 16 sull'ambiente, 9 sulla libera circolazione delle merci, 8 in materia di fiscalità, dogane e affari interni, 7 in materia di affari economici e finanziari e altre in numero minore: un risultato molto importante. E con l'approvazione di questa legge si chiuderebbero, come ha sottolineato il relatore per la maggioranza, altre 4 procedure di infrazione, facendo quindi scendere il numero complessivo a 81, e si risolverebbero oltre 10 procedure di preinfrazione. Per questo siamo convinti che occorra approvare la legge in via definitiva e rapida per evitare condanne dell'Italia anche con riferimento a tali procedure di infrazione e proseguire sulla via dell'integrazione.
  Anche questa legge europea contiene norme di svolta e altre invece su cui occorre un salto di qualità della normativa europea. Quello che deve cambiare è la logica della risposta standardizzata. Bisogna lavorare su risposte differenziate rispetto a territori con problemi differenti. Penso, per esempio, al tema dei giochi, su cui, di fronte all'aggravarsi di un problema Pag. 7sociale particolarmente grave, che riguarda soprattutto il nostro Paese, si deve dare una risposta comune e, quindi, non tanto la risposta sulla fiscalità. E penso al tema dei prodotti agricoli. Per questo, per la necessità di risposte differenziate rispetto a problemi diversi, sono forti le ragioni del federalismo europeo. E su questa strada dobbiamo metterci.
  Il disegno di legge modifica e integra alcune disposizioni vigenti nell'ordinamento nazionale per adeguarne i contenuti al diritto europeo e interviene sulla libera circolazione delle merci, libertà di stabilimento e libera prestazione dei servizi, giustizia e sicurezza, trasporti, fiscalità, dogane e aiuti di Stato, occupazione, ambiente, energia.
  Gli articoli 8 e seguenti contengono novità di rilievo in materia di giustizia e diritti delle persone, dal titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati alle norme di adeguamento per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato nelle cause transfrontaliere in materia di obbligazioni alimentari e sottrazioni internazionali dei minori, al permesso di soggiorno individuale per minori stranieri, al diritto per le vittime di reati intenzionali violenti, fino all'estensione del Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di stampo mafioso e delle richieste estorsive.
  Il permesso di soggiorno individuale per i minori stranieri è davvero da segnalare come un avanzamento, sia per le politiche dell'infanzia, che per le politiche di integrazione europea.
  È importante che nel nostro Paese si affermi sempre di più il diritto del minore come singolo; un diritto autonomo rispetto a quello della famiglia. E serve, aggiungo, un'efficace risposta comune, che già c’è in nuce nel programma alimentare e, quindi, nel programma contro la povertà materiale dei minori, rispetto al tema della povertà infantile, materiale e immateriale. È necessario che, al contempo, si costruiscano legami di fiducia con i cittadini di domani. Per questo, tale norma è importante. Noi crediamo in una società aperta, plurale, ricca di culture e di diversità. Favorirla significa creare le condizioni per la rinascita e il progresso dell'Europa.
  Così come politicamente è molto significativo il diritto all'indennizzo, testé citato, riferito anche alle persone vittime dell'odioso caporalato che affligge il nostro Paese. Nell'Europa del 2016 non ci possono essere padroni e schiavi, ma imprenditori e lavoratori; nell'Europa del 2016 non si può tollerare che si viva tra le lamiere e che si muoia in un campo stremati di lavoro e su questo dobbiamo agire con determinazione, se crediamo davvero nella nuova Unione e nell'Europa come spazio di scambio e di libera circolazione.
  Bene, quindi, le agevolazioni sulla tassazione auto per gli studenti europei. I giovani devono avere sempre più opportunità di vivere lo spazio comune. Così come è importante, sotto un altro profilo, l'accelerazione sulla sicurezza dei trasporti, con le sanzioni previste dall'articolo 18. Aggiungo che molto dovrà fare ancora l'Unione europea sul tema dei lavori usuranti che insistono proprio su quei settori e che riguardano macchinisti e autotrasportatori. E, parlando di lavoro, come ha sottolineato la Commissione lavoro della Camera nel suo parere in merito all'articolo 30, contenente disposizioni in materia di diritti dei lavoratori a seguito di subentro di nuovo appaltatore, occorrerà vigilare perché nel cambio appalti non ci siano peggioramenti delle condizioni e delle tutele. In materia di appalti, positiva, a mio avviso, la nuova norma sulla SOA, di cui all'articolo 5. Faciliterà non solo la concorrenza, ma anche la trasparenza e l'integrazione economica e lavorativa.
  Sul fronte delle disposizioni per le imprese non posso non rilevare, Presidente, la persistenza della tendenza all'ipersettorialità a cui accennavo prima, che rischia di disperdere energie rispetto a grandi programmi europei di sviluppo sempre più urgenti sul piano economico ed ambientale. E questa normativa non tiene sempre conto delle vocazioni produttive dei Paesi: green economy, industria 4.0, agricoltura di qualità, sfide che devono essere affrontate in modo multidisciplinare Pag. 8e intersettoriale. Come Paese, con iniziative trasversali anche in Parlamento, stiamo insistendo per una tracciabilità e trasparenza generalizzate e diffuse dei prodotti e delle filiere. Per questo è molto significativo lo stralcio dell'articolo 3, contenente disposizioni relative all'indicazione del Paese di origine sull'etichettatura dei prodotti, confluendo in un autonomo disegno di legge perché il made in Italy è una risorsa per l'Europa intera, non un ostacolo alla libera concorrenza. E questo lo stiamo dicendo forte in Europa.
  Con questa legge l'Italia dà il suo contributo per una corretta attuazione del pacchetto energia, per una gestione virtuosa degli aiuti di Stato, con procedure più snelle e più razionali, per governare le nuove sfide dell'innovazione tecnologica, tutelando il diritto alla riservatezza dei cittadini. E in tal senso l'articolo 36 investe sull'Autorità garante per la protezione dei dati personali.
  Quindi, anche in relazione al delicatissimo momento storico che l'Europa sta attraversando, ritengo sia importante che si approvi rapidamente anche questa legge europea, per rappresentare che l'Italia è determinata nel proseguire nell'integrazione e che la politica non si arrende ad un euroscetticismo, spesso di maniera, ma che esercita il proprio compito di rappresentare i cittadini e le cittadine. Nel contempo, lavoriamo per investire e creare condizioni di uguaglianza e di innovazione condivisa, perché le trasformazioni non devono riguardare un’élite, ma essere patrimonio di tutti e di tutte, dal centro alla periferia dell'Europa (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Battelli. Ne ha facoltà.

  SERGIO BATTELLI. Presidente, il suddetto disegno di legge si compone di 37 articoli, volti a porre rimedio a quattro procedure di infrazione, dieci casi di precontenzioso, una procedura di cooperazione in materia di aiuti di Stato e una procedura di aiuti di Stato, nonché all'attuazione di tali direttive e di una decisione GAI. Il disegno di legge europea 2015-2016 modifica o integra alcune disposizioni, intervenendo, in particolare, in materia di libera circolazione delle merci, libertà di stabilimento e libera prestazione dei servizi, giustizia e sicurezza, trasporti, fiscalità, dogane e aiuti di Stato, occupazione, ambiente ed energia; per garantire tempi «umani» alla discussione, mi soffermerò solo su alcuni articoli principali.
  Per esempio, l'articolo 1, in materia di qualità e trasparenza della filiera degli oli di oliva vergini, è finalizzato alla risoluzione del caso EU Pilot 4632/13/AGRI: si prevede innanzitutto che l'indicazione dell'origine delle miscele di oli di oliva originari di più di uno Stato membro dell'Unione europea o di un Paese terzo debba essere stampate in modo da essere visibile, chiaramente leggibile e indelebile e non deve essere oscurata, limitata o separata da altre indicazioni, scritte grafiche o elementi suscettibili di interferire. Inoltre, si prevede un termine minimo di conservazione degli oli di oliva, che deve essere specificato in etichetta, rimettendo la durata ad una scelta dei produttori.
  L'articolo 6, in materia di tassazione delle vincite da gioco, dà esecuzione ai principi di diritto espressi dalla Corte di giustizia il 22 ottobre 2012. La Corte di giustizia dell'Unione europea ha affermato che il differente trattamento fiscale riservato dall'ordinamento italiano alle vincite conseguite in Italia e a quelle conseguite in altri Stati membri, costituisce una restrizione alla libera prestazione dei servizi, ingiustificabile sia per motivi di ordine pubblico sia per ragioni di pubblica sicurezza o di sanità pubblica.
  L'articolo 8 interviene sulle procedure di esecuzione forzata da eseguire in un altro Stato membro dell'Unione europea. In particolare, si prevede che il titolo esecutivo europeo è immediatamente applicabile negli Stati dell'Unione europea.
  L'articolo 10 introduce delle modifiche alla disciplina di rilascio del permesso di soggiorno individuale per minori stranieri: a seguito della modifica, il minore segue la condizione giuridica più favorevole dei genitori o degli affidati, ma gli viene rilasciato Pag. 9fin da subito un permesso di soggiorno personale per motivi familiari, indipendentemente dall'età, fino al compimento dei diciotto anni.
  Gli articoli dall'11 al 16 rispondono alla procedura d'infrazione n. 2011/4147, per errato recepimento della direttiva 2004/80/CE, che fissa la disciplina dell'indennizzo pubblico alle vittime di reati. Tali disposizioni stabiliscono una forma di indennizzo per le vittime dei reati violenti, al fine di ripagare le spese sanitarie ed assistenziali; possono accedere all'indennizzo le vittime che non siano riuscite ad espletare le normali vie di risarcimento per l'impossibilità di individuare l'autore della violenza, o poiché siano state infruttuose le azioni esecutive in forza di sentenza. Le vittime dovranno avere un reddito che non superi la soglia di ammissione al gratuito patrocinio e non dovranno essere a loro volta condannate per reati violenti o reati di tipo tributario.
  L'articolo 21 è relativo alle aliquote IVA applicabili al basilico (e in quanto ligure io ho seguito attentamente, perché il basilico ai liguri non va toccato), al rosmarino e alla salvia freschi destinati all'alimentazione, nell'ambito delle quali la Commissione europea ha rilevato l'incompatibilità con l'ordinamento dell'Unione europea della norma interna che stabilisce per le cessioni di basilico, salvia e rosmarino allo stato vegetativo l'aliquota super-ridotta del 4 per cento, in violazione dell'articolo 110 della direttiva n. 2006/112/CE, che consente di mantenere le aliquote inferiori al 5 per cento per le sole operazioni che dal 1o gennaio 1991 già godevano di tale beneficio.
  L'articolo 33 per la corretta attuazione del terzo pacchetto energia sana la procedura d'infrazione 2014/2286; sulla procedura di infrazione si era già intervenuti con la legge europea 2014, senza un reale successo. La Commissione europea aveva evidenziato l'eccessiva ampiezza della definizione di cliente vulnerabile, che ricomprenderebbe anche soggetti che non necessitano di particolare protezione. Con la modifica così introdotta viene quindi rivista la definizione di cliente vulnerabile e di cliente protetto, al fine di garantire la compatibilità con l'ordinamento europeo.
  Così esposto il contenuto della legge europea, si deve rilevare che in realtà molte materie sono rimaste escluse dal presente provvedimento, sebbene assumano particolare importanza sia a livello nazionale che a livello europeo. Si fa riferimento, ad esempio, alla valorizzazione del territorio e del paesaggio e alla gestione dei rifiuti, la cui problematicità ed eccezionalità sono ormai sotto gli occhi di tutti: non figura infatti, una disciplina normativa, pur scarna, che dia seguito ai molteplici impulsi che provengono dall'ordinamento europeo, al fine di assicurare la sobrietà ambientale, nella quale indubbiamente un ruolo fondamentale è assunto dalla risoluzione della questione dello smistamento e del corretto smaltimento dei rifiuti.
  Inoltre, è necessario sottolineare che la maggior parte delle modifiche intervenute al disegno di legge in questione è stata effettuata al Senato: si pensi alla riformulazione del titolo «Legge europea per il bienno 2015-2016», alla modifica di otto articoli e all'introduzione di ben sedici articoli, e allo stralcio dell'articolo 3 in materia di etichettatura dei prodotti alimentari, cambiando così l'intero impianto del provvedimento in questione.
  È evidente la differenza strutturale e funzionale tra i due rami del Parlamento: si crea così una sorta di monocameralismo blindato, nel quale l'unica Camera effettivamente decidente è in questo caso il Senato, con la conseguenza che la Camera deve limitarsi a ratificare le modifiche intervenute, senza poter approvare concretamente proposte emendative (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  GIANLUCA PINI, Relatore di minoranza. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  GIANLUCA PINI, Relatore di minoranza. Signor Presidente, chiedo scusa, causa la rottura di un treno sono arrivato con colpevole ritardo, e come...

Pag. 10

  PRESIDENTE. La Presidenza ne prende atto. A questo punto lei non è potuto intervenire nella prima fase. Essendo lei relatore, io non le posso dare la parola in discussione generale; però, siccome ha un tempo, può utilizzarlo in sede di replica.

  GIANLUCA PINI, Relatore di minoranza. Chiedevo molto semplicemente, anche per l'economia dei lavori, se posso depositare la relazione di minoranza, dandola per letta.

  PRESIDENTE. Però lo possiamo fare sempre in sede di replica, perché in questo momento io posso darle la parola sull'ordine dei lavori.

  GIANLUCA PINI, Relatore di minoranza. Chiedevo solo...

  PRESIDENTE. In questo senso, me lo ha preannunciato...

  GIANLUCA PINI, Relatore di minoranza. Esatto. No, l'avevo già annunciato in Commissione, ma semplicemente l'atto formale dovevo...

  PRESIDENTE. A questo punto, in sede di replica, io le do la parola e le mi consegna l'intervento.

  GIANLUCA PINI, Relatore di minoranza. Perfetto. Grazie.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Kronbichler. Ne ha facoltà.

  FLORIAN KRONBICHLER. Presidente, cari colleghi, sarebbe bello, o sarebbe prova del nostro senso dell'essenziale e di prontezza di riflessi, se dedicassimo la discussione sulla cosiddetta legge europea alle cose che in questo momento succedono: parlare dell'Europa, sul perché siamo arrivati a questo. Però questo disegno di legge è un bell'esempio, che serve a spiegare, anche a far capire perché si arrivi a questo, perché oggettivamente contiene dei paradossi che sfiorano la commedia.
  Faccio un elenco dei fondamentali contenuti di questo testo del Governo. Stiamo votando un testo che contiene norme sull'etichettatura dell'olio e del miele, norme relative all'IVA per il basilico, rosmarino e salvia fresca (tengo a precisare fresca), norme relativa all'IVA per i preparati per il risotto, alla raccolta dei tartufi, alla protezione della fauna selvatica omeoterma, che io non so neanche cosa sia; e non vado oltre.
  La cosiddetta legge europea è involontariamente l'ammissione dei difetti, o del difetto cardinale del paziente Europa, che, essendo incapace o non disposto a farsi carico delle questioni importanti, le questioni vere, ripiega su un attivismo in robe da amministratore di condominio.
  Questo testo, modificato già dal Senato, raffigura il riflesso della struttura della legislazione europea. Nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea del 2015 per la parte normativa vi sono 30.952 pagine, e la riflessione che ne segue è semplice: dietro tutta questa produzione legislativa quale sostanza si evince ? È colpa dell'Europa e anche dei Governi che sostengono questa Europa, che la sostengono ancora.
  Il disegno di legge oggi alla nostra attenzione, che il Governo ha presentato lo scorso 3 febbraio al Senato – il Senato lo ha approvato poi in maggio – si prefigge l'obiettivo di risolvere un ampio numero di contenziosi pendenti. Il dato positivo è che le procedure di infrazione a carico del nostro Paese sono in diminuzione, questo almeno. Difatti, il numero delle procedure scende a 80, di cui 62 per violazione del diritto dell'Unione e diciotto per mancato recepimento delle direttive. Inoltre, sempre la Commissione europea ha disposto l'archiviazione di due casi EU Pilot già chiusi negativamente, che avrebbero potuto presto dare origine a procedure di infrazione.
  Gli argomenti contenuti nel provvedimento sono eterogenei, come, purtroppo, sempre, sia per materia che per competenza. Questo, tuttavia, deve farci comprendere Pag. 11come le decisioni europee, in tutte le loro discutibili forme, incidano nella vita politica, sociale ed economica del Paese e nelle nostre vite quotidiane. Ne sono esempio le direttive i cui contenuti incidono sulla salute, sull'alimentazione, sulla circolazione, e anche in tema di giustizia. Non a caso, la conformità del diritto comunitario con il diritto interno, ferma restando la gerarchia delle fonti, ha la duplice funzione, da una parte, di adeguare la legislazione dei singoli Paesi membri e, dall'altra, di elevare sempre o di elevare di più gli standard qualitativi dei cittadini dell'Europa.
  Credo che questa funzione positiva dell'Unione europea molto spesso venga dimenticata; invece, andrebbe più correttamente valorizzata.
  Concentrerò il mio approfondimento sul capo ottavo, disposizioni in materia di energia, perché, anche a livello internazionale, si è arrivati finalmente a una consapevolezza sul tema.
  Vale la pena ricordare che lo sviluppo della politica energetica europea è dovuto essenzialmente a due ragioni: da un lato, deriva dalla frammentarietà della competenza energetica, con l'assenza di una base giuridica unica e generale nel Trattato dell'Unione europea, e, dall'altro, dalla trasformazione della posizione energetica degli Stati membri, che si son trovati da Paesi esportatori di energia a essere Paesi importatori. Il percorso del diritto europeo dell'energia si è delineato attraverso un sistema di espansione delle competenze materiali dell'Unione.
  La combinazione di obiettivi di tutela della concorrenza, protezione dell'ambiente e salvaguardia della sicurezza degli approvvigionamenti energetici ha creato il problema dell'individuazione della corretta base giuridica. Non sottovalutiamo il fatto che la legislazione europea affida ai regolatori nazionali importanti responsabilità in tema di tutela dei consumatori, promozione dei prezzi equi e introduzione di strumenti semplici per esercitare il diritto di scelta del proprio fornitore e per la risoluzione delle controversie. Ne conviene, perciò, che i problemi giuridici relativi alla disciplina del settore energetico sono essenzialmente connessi alla separazione delle competenze, diritti e responsabilità tra l'Unione e gli Stati membri. La ripartizione della competenza energetica si muove all'interno di un processo in evoluzione ancora lontano dalla sistemazione definitiva. Difatti, la legge n. 96 del 2010, ovvero la legge comunitaria 2009, aveva delegato il Governo al recepimento di quella direttiva sul mercato interno dell'energia elettrica e della direttiva n. 73 del 2009 sul mercato interno del gas naturale.
  Tali deleghe si ponevano gli obiettivi di aumentare la sicurezza degli approvvigionamenti, di aumentare la concorrenza nel mercato interno dell'elettricità e del gas, di assicurare un'efficace separazione tra imprese del gas che sono proprietarie e che gestiscono reti di trasporto e imprese che utilizzano, invece, le reti di trasporto medesime per l'importazione e la vendita di gas.
  Ciò premesso, le valutazioni nel merito dimostrano che un mercato europeo pienamente funzionante dovrebbe consentire all'energia elettrica di circolare liberamente dove è più necessaria, richiesta e valutata nel senso di trarre il massimo vantaggio dalla concorrenza, tanto osannata, transfrontaliera e di fornire i giusti segnali e incentivi per orientare correttamente gli investimenti.
  Inoltre, altrettanto condivisibili sono i correttivi interpretativi contenuti nel comma 2, che modificano l'articolo 22 del decreto legislativo del 23 maggio 2000, laddove vengono ribaditi gli obblighi relativi al servizio pubblico e alla tutela dei consumatori, ponendo maggiore efficacia sul concetto di clienti vulnerabili, la cui definizione era stata demandata ai singoli Stati membri.
  Il concetto di cliente vulnerabile, che può far riferimento alla povertà energetica e, tra le altre cose, al divieto di interruzione della fornitura di elettricità a detti clienti nei periodi critici, fa sì che saranno garantiti non solo i diritti e gli obblighi relativi alla fornitura, ma anche misure di tutela ai clienti finali nelle zone isolate. Pag. 12Meritevole è, quindi, alla luce della richiesta, la sostituzione dell'attributo «vulnerabile» con «protetto»; quindi, ora si parla di utente e di utenti protetti.
  Mi avvio a concludere: la legge europea, al di là del suo merito, rappresenta bene quanto l'Europa sia diventata burocratica.
  L'articolo 1 sull'etichettatura dell'olio di oliva, ad esempio, permette davvero la valorizzazione del buon olio di oliva o, piuttosto, apre addirittura il varco per una caduta di qualità ? E via così per l'articolo 2 sull'etichettatura del miele e via di seguito.
  Possiamo, poi, davvero stupirci se in Inghilterra – per adesso in Inghilterra solo – abbiano votato per uscire da questa Europa ? È davvero così incomprensibile che il popolo britannico abbia scelto la via dell'uscita come tentativo, che vedremo dove porterà loro e noi, di risolvere alcuni problemi divenuti insostenibili agli occhi della pubblica opinione ? Il voto della Brexit è il risultato della separazione crescente e conflittuale tra oligarchie economiche e politiche e la popolazione, tra sviluppo del capitalismo finanziario e persone comuni; più direttamente, tra poveri e ricchi di questa Europa in cui i poveri sono sempre di più e i ricchi sempre meno e sempre più ricchi.
  In conclusione, se la democrazia non riuscirà a far valere il suo valore, gli attuali trattati su cui è fondato un patto sbagliato e antipopolare diventeranno carta straccia.
  È necessario subito costruire un patto nuovo; perciò, se porremo al posto del pareggio di bilancio la tutela dei diritti dei cittadini, il potere d'acquisto dei loro salari e la possibilità di avere un reddito e una casa, l'Europa potrà tornare a svilupparsi e a portare condizioni di vita migliore, così come ce le auguriamo.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Elvira Savino. Ne ha facoltà.

  ELVIRA SAVINO. Grazie, Presidente, colleghi, è difficile intervenire in discussione sulle linee generali su un provvedimento che riflette esattamente l'Europa che non vogliamo, l'Europa che gli inglesi hanno deciso di lasciare. Per dirla con le parole del Presidente Berlusconi, la decisione del popolo britannico conferma le ragioni del grido d'allarme che per primi avevamo lanciato fin dal 2011, nell'incomprensione generale, sul progressivo distacco fra questa Unione europea e le ragioni, gli interessi e le passioni dei popoli che la compongono.
  Come abbiamo denunciato tante volte, da quella drammatica estate fino ad oggi l'Europa non è riuscita ad essere quello che doveva e poteva essere; il più bel sogno della nostra generazione sta fallendo sotto i nostri occhi.
  Occorre dare una risposta immediata e straordinaria da parte di chi l'Europa l'ha pensata e voluta. È urgente ricostruire l'Europa come comunità politica basata su valori condivisi, prima che economica e burocratica, vissuta dagli europei come la loro patria e non più come un'imposizione o una fastidiosa necessità. Ed occorre farlo rivedendo al più presto i trattati europei laddove essi si sono dimostrati inefficaci o addirittura dannosi.
  Da provvedimenti come quello all'ordine del giorno di oggi, a causa di un'applicazione ottusa di regolamenti e direttive comunitarie, sono nate misure vessatorie per i cittadini, come il bail-in e l'aumento dell'IVA. Il nostro Paese subisce già una pressione fiscale insopportabile e abbiamo visto che minime riduzioni fiscali, se ci sono state, hanno interessato solo le imprese medio-grandi e non le piccole, che saranno gravate da questi nuovi fardelli, che pesano al pari di nuove tasse.
  Il Governo dovrebbe, al contrario, impegnarsi a non accettare ulteriori aumenti di imposizione fiscale o di regole, perché anche le regole inutili, che alimentano la già smisurata azione della nostra burocrazia, costituiscono un costo ulteriore per le aziende italiane, riducendone enormemente la competitività. Le regole inutili legittimano le proteste che da più parti si levano in tutta Europa, in particolare nel momento in cui sono cambiate le condizioni che a quelle regole avevano dato una parvenza di necessità.Pag. 13
  A questo proposito, per tornare al testo del provvedimento al nostro esame, mi soffermo su un punto per noi veramente dolente: la norma riguardante l'olio di oliva, in particolare l'extravergine di oliva, che è uno dei fiori all'occhiello della nostra produzione agricola. L'Italia è uno dei maggiori produttori di olio extravergine, riconosciuto nel mondo per le sue particolari caratteristiche nutrizionali ed organolettiche. La Commissione europea afferma il principio secondo il quale non vi è alcuna correlazione diretta tra la qualità dell'olio e la durata della sua conservazione e noi supinamente la seguiamo. Questo presupposto incide fortemente su ciò che rappresenta, invece, il nostro made in Italy, che basa la commercializzazione dei propri prodotti – quindi, anche dell'olio di oliva – soprattutto sulla qualità del prodotto e sulla durata della sua conservazione.
  Ma, d'altra parte, la Commissione europea è anche la stessa che, proprio pochi mesi fa, ha autorizzato l'accesso al mercato dell'Unione europea, senza dazi, dell'olio tunisino: 35 mila tonnellate l'anno, in aggiunta alle 56 mila già previste. Si tratta di una politica europea non dico miope, ma certamente scoordinata, che penalizza i Paesi europei del Mediterraneo e, in particolare, l'Italia.
  Al contrario, invece, di quanto sostenuto dalla Commissione europea, vi è una correlazione diretta e immediata tra la qualità di un prodotto e i suoi tempi di conservazione. Infatti, per avere un olio di qualità è necessario rispettare i tempi di conservazione e occorre che questi non siano evidentemente troppo lunghi. Peraltro, i tempi di conservazione sono strettamente correlati alle modalità della conservazione stessa. Non si può pensare di addossare la responsabilità della decisione del tempo di conservazione unicamente al produttore o al confezionatore, senza porre delle condizioni rispetto a quali debbano essere le modalità della conservazione stessa. Per questo abbiamo presentato un emendamento di buonsenso, che prevede che la data di scadenza sia riferita al prodotto conservato in modo adeguato, specificando che «adeguato» significa in luogo fresco e asciutto e lontano da fonti di luce e di calore. Infatti, solo così il produttore e il confezionatore possono essere ritenuti responsabili, non certo nel caso in cui, successivamente, il prodotto venga trasportato o immagazzinato con modalità diverse da quelle previste dalla presente legge, ove approvato il nostro emendamento.
  Ma, a proposito di emendamenti, è doveroso sottolineare come ne sia stato affrontato l'esame in Commissione. Una maggioranza, come sempre asserragliata, è riuscita a dare parere contrario a ben cento emendamenti nelle Commissioni di merito, in sede consultiva. Questo ha precluso la votazione di tutti – ribadisco, tutti – gli emendamenti presentati nella Commissione in sede referente. Non stiamo parlando di vaglio di ammissibilità, ma di modifiche nel merito, che sono assolutamente valide, molte delle quali di assoluto buonsenso. Ma il Governo non si è smentito neanche in questa occasione.
  È evidente l'arroganza della maggioranza, che sistematicamente delegittima le Camere, le usa per vistare i provvedimenti che, purtroppo, sono spesso scritti male e in fretta, con un approccio istituzionale dilettantesco e inutilmente chiuso al confronto e alla qualità degli atti legislativi. In atti come quello al nostro esame, atti nei quali si deve essere tanto più attenti perché si tratta di adeguare la normativa italiana a quella europea, senza, però, minare il nostro Stato di diritto e le basi su cui è costruito, nei quali si tratta di salvaguardare il nostro tessuto economico, fatto di piccole e medie imprese, tutto ciò è ancora più intollerabile.
  L'Europa non può essere solo questo. Deve avere spazi di libertà, di valori condivisi, di forti radici comuni, che permettano l'esistenza anche di caratteristiche peculiari dei vari Paesi che la compongono. Dobbiamo portare in sede europea quell'autorevolezza che sta venendo progressivamente meno e difendere i nostri prodotti, che rappresentano la cultura, la biodiversità, la capacità di innovazione che il nostro Paese indubbiamente ha. Dobbiamo Pag. 14investire in un'Europa politica per non tornare nell'abisso che abbiamo vissuto non più tardi di settant'anni fa.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Rocco Palese. Ne ha facoltà.

  ROCCO PALESE. Grazie, Presidente. Grazie anche per avermi concesso la parola per questo breve intervento. Non c’è dubbio che oggi è una giornata particolare. Ironia della sorte, accade pure che prima delle comunicazioni del Presidente del Consiglio in riferimento al Consiglio europeo del 28 e 29 giugno, l'Aula è chiamata a discutere sul recepimento delle disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea. E la dice lunga anche che su questi problemi, su queste leggi di recepimento – siamo alla terza in questa legislatura – ci sia una partecipazione bassissima da parte dei colleghi. Perché ? È fin troppo evidente che anche l'Aula e anche i colleghi non sono estranei per niente a quello che è il percorso di questa Europa, l'Europa degli ultimi cinque anni. È fin troppo evidente che l'Europa degli ultimi cinque anni non è l'Europa che avevano sognato, creato e costruito i soci fondatori nel 1957. È un'Europa completamente diversa, è un'Europa lontana dai cittadini. Ed è fin troppo evidente che l'Europa a 360 gradi, signor Presidente, deve ritornare a interessarsi degli interessi collettivi della gente e degli europei, di quegli interessi per cui era stata costruita l'integrazione, un'integrazione che era il sogno di far star meglio milioni e milioni di europei, circa 500 milioni di cittadini.
  Invece, oggi ci accorgiamo che è difficile per la nostra generazione trasferire ai figli l'idea che l'Europa è necessaria per far stare meglio i cittadini. Infatti, tutti si mettono a ridere, in particolare i giovani, perché è evidente che le politiche dell'Europa che sono state seguite finora non hanno prodotto niente, se non, invece, grande disagio e grandi diseguaglianze. Non si affrontano i problemi principali, che tutti sanno che riguardano la crescita, che riguardano l'occupazione. Ma come è possibile ancora oggi essere fermi e ciechi davanti a tutte le generazioni, plotoni e plotoni di giovani da quarant'anni in giù, che sono senza nessuna prospettiva di lavoro, senza nessuna prospettiva di garanzia, senza nessuna prospettiva di diritti, senza niente ? Come è possibile lasciare tutto questo esercito di cittadini europei in questa maniera ? E ci si meraviglia del perché in Spagna accade quello che accade, in Inghilterra accade quello che accade, in Italia c’è tanto fermento e così forse anche in altre parti del mondo. Non bisogna meravigliarsi per niente.
  E, invece, che provvedimenti prende l'Europa, compreso questo provvedimento ? Signor Presidente, all'articolo 21, invece di parlare dei cittadini, della crescita, dei giovani, del lavoro, dell'immigrazione, ci parla delle modifiche alle aliquote IVA applicabili al basilico, al rosmarino e alla salvia freschi destinati all'alimentazione. Ma stiamo scherzando ! Ma, veramente, stiamo scherzando (Applausi del deputato Gallinella). E l'articolo 22 reca modifica all'aliquota IVA applicabile ai preparati per il risotto. Ma ci si meraviglia del perché i referendum vanno in quella maniera ? Peggio ancora, continuiamo, l'articolo 29 reca modifica al trattamento fiscale dell'attività di raccolta dei tartufi. E ancora: disposizione relativa alla protezione della fauna selvatica. Ma non è di questo che noi abbiamo bisogno. Non è per questo che è stata creata l'Europa. Non è per questo che i cittadini italiani, dal 1992 fino all'ingresso nell'euro del 2001, hanno fatto sacrifici enormi. Ci siamo dovuti anche inventare la tassa per entrare in Europa e lo abbiamo fatto perché ci credevamo. Abbiamo fatto manovre finanziarie, una dopo l'altra, che sono costate 450 mila miliardi di vecchie lire per poter entrare in Europa. E, davanti a tutto questo, noi ci accorgiamo che l'Europa, cieca come non mai, non affronta nessun tipo di problema, non affronta un problema che riguarda la gente, Pag. 15che riguarda i cittadini, che riguarda veramente la vita delle persone. Ci fanno, invece, approvare continuamente regolamenti per il rosmarino, per come devono essere fatti i bagni, per come deve essere fatta la presa della luce ! Siamo stanchi di questa Europa ! Noi siamo europeisti, crediamo all'Europa, l'Europa è necessaria, ma l'Europa deve cambiare subito, a trecentosessanta gradi. E il Presidente del Consiglio, che deve venire più tardi, si faccia partecipe di un'azione massiva, immediata, non in riferimento a polemiche politiche o quant'altro: l'Italia, che è socio fondatore deve essere protagonista. Basta con questi «zero virgola» di flessibilità, basta con queste genuflessioni, cappello in mano: noi siamo un popolo che ha creduto all'Europa, meritiamo rispetto e ci conceda esattamente quello che ci deve essere concesso.
  È un'annotazione e non vorrei che fosse una preoccupazione anche questa: sicuramente lo è. È fin troppo evidente che la Gran Bretagna partecipava anche al bilancio dell'Europa e, davanti a questa situazione, non vorrei che ci fosse un'ulteriore riduzione delle risorse assegnate all'Italia e al Mezzogiorno con i fondi strutturali, perché anche questo è un fatto importante di dignità. Ci siamo già stancati anche di questo, signor Presidente: il nostro Paese versa al bilancio europeo molte più risorse di quelle che riceve in ritorno. Almeno questo: che la dignità e il volere – i voleri – degli italiani siano salvaguardati fino in fondo.
  Ecco perché siamo contro questa impostazione di leggi di chilometri e chilometri. Una vergogna nel 2015: hanno fatto approvare leggi in Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea per 151 chilometri. 151 chilometri di leggi ! Basta ! Noi vogliamo libertà: libertà assoluta, libertà con delle regole, regole certe, ma la libertà va esercitata in tutto e per tutto (Applausi del deputato Gallinella).

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo – A.C. 3821)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore di minoranza, Gianluca Pini.

  GIANLUCA PINI, Relatore di minoranza. Grazie, Presidente, scusandomi ancora per il contrattempo, chiedo...

  PRESIDENTE. Quello è indipendente dalla sua volontà, purtroppo può succedere.

  GIANLUCA PINI, Relatore di minoranza. Assolutamente indipendente dalla mia volontà. Chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna della relazione di minoranza, che si dà quindi per acquisita.

  PRESIDENTE. Ovviamente la Presidenza lo consente: diciamo che l'acquisiamo in sede di replica.
  Prendo atto che il relatore per la maggioranza, onorevole Tancredi, che avrebbe esaurito i tempi, e il rappresentante del Governo rinunziano alla replica.
  Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della proposta di legge: S. 1259 – Gianluca Rossi ed altri: Delega al Governo per la riforma del sistema dei confidi (Approvata dal Senato) (A.C. 3209); e delle abbinate proposte di legge: Pagano; Giulietti ed altri (A.C. 1121-1730) (ore 11,10).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge, già approvata dal Senato, n. 3209: Delega al Governo per la riforma del sistema dei confidi; e delle abbinate proposte di legge nn. 1121 e 1730.
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 24 giugno 2016.

Pag. 16

(Discussione sulle linee generali – A.C. 3209)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
  Avverto, altresì, che la VI Commissione (Finanze) si intende autorizzata a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Michele Pelillo.

  MICHELE PELILLO, Relatore. Grazie, Presidente. L'Aula è chiamata ad esaminare la proposta di legge, già approvata dal Senato, avente ad oggetto la delega al Governo per la riforma del sistema dei confidi. Il testo che ci è giunto dal Senato è stato abbinato a due proposte di legge, a firma Pagano e Giulietti. In Commissione, il testo base adottato è stato quello che ci è giunto dal Senato ed è il medesimo che arriva oggi all'attenzione dell'Aula.
  Bisogna ricordare che i confidi, consorzi e cooperative di garanzia collettiva fidi, sono i soggetti che, ai sensi della disciplina vigente, svolgono l'attività di rilascio di garanzie collettive dei fidi e i servizi connessi o strumentali a favore delle piccole e medie imprese e dei liberi professionisti. La garanzia dei confidi è rappresentata da un fondo al quale contribuiscono tutti i soci del consorzio.
  Il decreto legislativo del 2010, attuativo della direttiva del 2008 in tema di credito al consumo ha riformato la disciplina relativa ai confidi, confermando la previsione di due distinte tipologie di confidi sottoposti a regime di controllo differenziati: i confidi maggiori, vigilati dalla Banca d'Italia i confidi minori, che devono essere iscritti in un elenco gestito da un apposito organismo.
  I confidi maggiori, con volumi di attività pari o superiori ai 150 milioni di euro, sono autorizzati all'iscrizione nell'albo unico degli intermediari finanziari, previa verifica della sussistenza dei requisiti richiesti dalla nuova disciplina.
  I confidi minori esercitano in via esclusiva l'attività di garanzia collettiva dei fidi e devono essere iscritti in un nuovo elenco dei confidi, anche di secondo grado, tenuto da un organismo disciplinato da un decreto ministeriale del 2015.
  Attualmente, risultano attivi 51 confidi sottoposti a vigilanza dalla Banca d'Italia e 448 confidi minori. La grande maggioranza dei confidi vigilati risulta insediata nelle regioni settentrionali, prevalentemente in Lombardia e in Veneto, e in quelle centrali; di converso, più della metà dei confidi minori è insediata nelle regioni meridionali e insulari.
  Tornando al contenuto della proposta di legge, essa si compone di un unico articolo. Il comma 1 conferisce una delega al Governo per adottare, entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi per la riforma della normativa in materia di confidi nel rispetto di alcuni principi e criteri direttivi.
  In primo luogo, la lettera a) del comma 1 delega il Governo a rafforzare la patrimonializzazione dei confidi, a favorire la raccolta di risorse pubbliche, private e del terzo settore, nonché ad individuare strumenti e modalità che rendano tali risorse esigibili, nel rispetto della normativa comunitaria attuativa degli «Accordi di Basilea» in materia di requisiti patrimoniali delle banche e di accesso all'attività creditizia.
  La lettera b) del comma 1 della proposta di legge delega il Governo a disciplinare le modalità di contribuzione degli enti pubblici finalizzate alla patrimonializzazione dei confidi, anche nel rispetto della disciplina europea in materia di aiuti di Stato, stabilendo, altresì, il divieto di previsione di vincoli territoriali che possano pregiudicare l'accesso di confidi nuovi o attivi in altri territori.
  Il principio di delega, di cui alla lettera c), mira alla razionalizzazione e valorizzazione delle attività svolte dai soggetti operanti nella filiera della garanzia e della controgaranzia, con l'obiettivo di rendere Pag. 17più efficiente l'utilizzo delle risorse pubbliche e favorire la sinergia tra il Fondo centrale di garanzia e i confidi. Al riguardo, si ricorda che il sistema delle garanzie a favore delle PMI in Italia si basa essenzialmente su due componenti: una pubblica, rappresentata, in particolare, dal Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese e una privata, costituita dai confidi, i quali, tuttavia, possono beneficiare di contributi pubblici, in particolare a livello locale.
  Nel corso delle audizioni sul provvedimento è emersa la necessità di favorire la sinergia tra il Fondo centrale di garanzia e i confidi. Negli ultimi anni, infatti, il ruolo del Fondo di garanzia non è stato solamente aggiuntivo, ma, spesso, sostitutivo, realizzando un effetto di spiazzamento rispetto all'attività dei confidi.
  Il criterio di delega di cui alla lettera d) prevede di sviluppare, nell'ambito delle finalità tipiche dei confidi, strumenti innovativi, forme di garanzia e servizi finanziari e non che rispondano alle nuove esigenze delle PMI e dei professionisti. È fatto, comunque, divieto ai confidi di trattare i derivati e gli strumenti finanziari complessi.
  I criteri, ancora, delle lettere e) ed i) del comma 1 prevedono la semplificazione e la razionalizzazione degli adempimenti a carico dei confidi, con un correlato contenimento di costi. Si prevede, inoltre, di eliminare le duplicazioni di attività già svolte da banche o da altri intermediari finanziari ovvero quelle relative alle procedure di accesso al Fondo centrale di garanzia per le piccole e medie imprese.
  Le lettere f) e g) prevedono, rispettivamente, il rafforzamento dei criteri di proporzionalità e di specificità. In merito, si ricorda che il principio di proporzionalità, inteso come criterio di esercizio del potere di vigilanza adeguato al raggiungimento del fine con il minore sacrificio degli interessi dei destinatari, è sancito dall'articolo 23 della legge del 2005 sul risparmio. Relativamente agli intermediari finanziari, tal principio è ribadito nell'articolo 108 del TUB, secondo il quale la Banca d'Italia esercita i propri poteri osservando criteri di proporzionalità, avuto riguardo alla complessità operativa, dimensionale e organizzativa degli intermediari, nonché alla natura specifica dell'attività svolta.
  Ancora, il criterio previsto dalla lettera h) richiede di assicurare una maggiore tutela al carattere accessorio della garanzia, rilasciata dai confidi rispetto all'operazione del finanziamento principale. Infine, la lettera i) del primo comma prevede l'introduzione di specifici criteri di misurazione dell'impatto generato dalla garanzia nel mercato finanziario, soprattutto con riferimento alla valutazione di efficacia degli interventi pubblici connessi al sistema nel suo complesso. Nella verifica degli impatti della garanzia sui sistemi economici locali può essere coinvolta la rete delle Camere di commercio.
  In conclusione, Presidente, nonostante la recente riforma del sistema dei confidi, che, come abbiamo visto, è del 2010, e i numerosi successivi interventi legislativi che si sono susseguiti fino a poco tempo fa, realizzati sempre al fine di rafforzare questo importante comparto del nostro settore del credito, urge oggi una nuova riforma, ampia ed organica. Sappiamo quanto, in questi ultimi anni di crisi economica, sia cambiato il mondo del credito, specialmente per le piccole e medie imprese, e quanto possa essere strategico rafforzare il ruolo dei confidi per il nostro intero sistema economico.
  La proposta di legge in esame ha ricevuto, nel corso delle audizioni svoltesi sia al Senato che qui alla Camera, unanime condivisione ed apprezzamento, come raramente accade nell'attività legislativa: una ragione in più, Presidente, per chiederne all'Aula l'approvazione.

  PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire successivamente.
  È iscritto a parlare l'onorevole Ferdinando Alberti. Ne ha facoltà.

  FERDINANDO ALBERTI. Grazie, Presidente. Siamo all'ennesimo provvedimento sulle banche, questa volta non andiamo Pag. 18a regalare 7 miliardi e mezzo, né diamo la facoltà alle banche di portarsi via capannoni e case, però approviamo una legge delega in bianco, di fatto, sul sistema dei confidi, una legge delega che, di fatto, non dice nulla.
  Due criticità fondamentali in questa legge-delega, la prima l'ho già detta: è, appunto, una legge delega in bianco, nella quale non c’è scritto praticamente nulla. Andiamo a leggere ad esempio la lettera c): «razionalizzare e valorizzare le attività svolte dai soggetti operanti nella filiera della garanzia e della controgaranzia, al fine di rendere più efficiente l'utilizzo delle risorse pubbliche e favorire la sinergia tra il Fondo centrale di garanzia e i confidi». Ecco, che cosa vorrà dire nello specifico questa lettera c), nessuno lo sa. Ovviamente, so già cosa potranno rispondere quelli della maggioranza: che è una legge delega, si indicano i principi e in base a quelli poi si fanno i decreti attuativi. Avremmo voluto indicare ben altri principi all'interno di questa legge delega; il problema è che, come ormai sta succedendo molto spesso, anzi troppo spesso, anche su questo provvedimento in Commissione non ci è stato concesso di discutere di nulla. Abbiamo presentato pochi emendamenti, tutti di merito, tutti respinti; anzi, durante la prima seduta di esame degli emendamenti, il relatore per la maggioranza ci ha addirittura detto che non c'era proprio il tempo di leggere gli emendamenti, quindi il parere era contrario dato che, comunque, la legge doveva essere portata a termine, perché veniva già dal Senato e quindi chi se ne frega se esiste una Commissione competente: la Commissione finanze, alla Camera dei deputati, non deve lavorare perché comunque il provvedimento viene dal Senato, ha già fatto un suo iter e, a quanto pare, il bicameralismo è già stato abolito, secondo questa maggioranza e questo Governo.
  Lo abbiamo già visto anche la settimana scorsa, con l'inizio della discussione in Aula del decreto-legge n. 59, quello che va – lì, sì, veramente – a parlare di garanzie, quelle super garanzie che gli imprenditori dovranno dare alle banche per poter accedere al credito. Con quel provvedimento, si va a parlare ancora di garanzie, ma, come dicevo, appunto, super garanzie: cioè, noi andiamo a creare dei soggetti che dovranno supergarantire per poter entrare in banca; e al tempo stesso creiamo dei super creditori, che sono appunto le banche, super creditori perché scavalcano la classifica normale, quella consueta che esiste da sempre; così, le banche diventano quei soggetti che dovranno essere i primi ad essere soddisfatti nel caso in cui qualche prestito o qualche finanziamento non dovesse rientrare in tempo.
  E quindi andiamo a distorcere un po’ tutto il sistema.
  Ecco, forse, questo provvedimento, quello che è adesso qua in Aula, doveva essere quello ideale nel quale poter parlare di sistema di garanzia, sia pubblico che privato, perché i confidi, di fatto, sono un sistema di garanzia privato. Ecco, forse era questa l'occasione nella quale dare un po’ di respiro e un po’ di aiuto reale e concreto alle piccole e medie imprese. E invece no, non si è voluto dare nessun contributo all'interno di questo provvedimento, ma il Governo e la maggioranza pensano che sia molto meglio creare uno strumento come il pegno non possessorio, oppure il «patto marciano» per le piccole e medie imprese; ecco, secondo la maggioranza, secondo loro, sono questi gli strumenti che servono alle piccole e medie imprese, sono questi gli strumenti che dovrebbero andare ad aiutare l'economia reale.
  Invece, secondo noi, poteva essere questa – quella di questa proposta di legge – l'occasione giusta dove andare a dare un contributo reale al sistema, all'economia reale. E quale poteva essere questo ? Prima si parlava del cosiddetto «effetto spiazzamento»: noi sappiamo che esistono, come diceva giustamente il relatore per la maggioranza, due sistemi di garanzia, uno pubblico e uno privato, e negli ultimi anni abbiamo assistito a un totale «effetto spiazzamento», cioè la garanzia pubblica, il Fondo centrale di garanzia, ha acquisito nel tempo sempre più fette di Pag. 19mercato; possiamo parlare tranquillamente di fette di mercato, perché sia la garanzia pubblica che quella privata si rivolgono sostanzialmente agli stessi clienti. A quanto pare, i clienti, gli imprenditori di piccole e medie imprese, hanno preferito il sistema pubblico a quello privato, cioè quello dei confidi. Con questa proposta di legge, probabilmente, l'unica cosa che si poteva fare, almeno a quanto sostiene la maggioranza, era quella, appunto, di limitare o, comunque, controbattere questo «effetto spiazzamento». Ecco, con questa proposta di legge, con questa legge delega non si risolve assolutamente nulla.
  Sono state ricordate le audizioni che abbiamo fatto in Commissione finanze, dove gli auditi sono venuti e hanno manifestato un apprezzamento generale per la proposta di legge: sì, però hanno detto anche qualcos'altro, hanno detto appunto che c’è questo forte fenomeno «effetto spiazzamento», che, di fatto, con questa legge delega – ok, bisognerà vedere anche i decreti attuativi – di fatto, ad ora non viene risolto. Forse doveva essere risolto prendendo gli spunti dalle audizioni, trasformarli in emendamenti e inseriti all'interno di questa legge delega, ma non si è voluto fare.
  Noi un emendamento l'abbiamo proposto ed era quello di andare a creare una sorta di rating, di classifica delle imprese: vedere quelle imprese che sono finanziariamente più deboli, più fragili e che, quindi, non hanno un accesso diretto al credito bancario, perché i requisiti di Basilea impongono alle banche – di fatto, semplifichiamo – di non concedere credito ad imprese finanziariamente più deboli; quindi, la nostra proposta era: dare a queste imprese finanziariamente più deboli una via preferenziale per la garanzia pubblica, quindi di accedere al Fondo di garanzia centrale direttamente, quindi con soldi pubblici – secondo noi è un ruolo che lo Stato, il pubblico, dovrebbe assumersi, quello di garantire e aiutare le imprese più in difficoltà –, liberando così tutto quel mercato fatto da imprese più sane, che possono invece accedere direttamente al sistema dei confidi. Quindi, bilanciare un attimo proprio la clientela: convogliare la clientela più in difficoltà verso il pubblico e quella più sana, automaticamente, andrà a rivolgersi, invece, verso i confidi. Ecco, questa poteva essere una proposta che poteva dare forse, si spera, una risoluzione al problema che oggi colpisce i confidi e che si trovano, di fatto, inermi di fronte a questa situazione, ma non si è voluta ascoltare.
  C’è un'altra criticità, forte, all'interno di questo provvedimento, alla quale non è stata data risposta. Alla lettera f) si dice: «rafforzare i criteri di proporzionalità e specificità di cui all'articolo 108, comma 6, del TUB» (testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia). Ora, tradotto, dire che rafforzare i criteri di proporzionalità e specificità significa che l'azione della vigilanza deve comportare il minor sacrificio possibile per il vigilato, può essere un principio che ci può stare bene, un principio che, se applicato solo al sistema dei confidi, può ancora starci bene; il problema è che qua si parla dell'articolo 108 e l'articolo 108 riguarda tutti i vigilati dalla Banca d'Italia, quindi banche, finanziarie, qualsiasi soggetto che rientra, oggi, all'interno della vigilanza della Banca d'Italia. Quindi, il nostro dubbio, che abbiamo sollevato in Commissione, era: forse, non volete, voi, con questa piccola leggina, che di fatto non dice nulla, andare a fare, non so, magari, l'ennesimo grande, enorme favore alle banche ? Non ci è stata data risposta, ma ovviamente siamo noi che, sicuramente, pensiamo male, siamo un po’ complottisti, dopo tredici provvedimenti sulle banche, forse, magari, ci sbagliamo noi. No, effettivamente, non vorrete voi, ancora, aiutare le banche, per l'ennesima volta ? E sarebbe un grosso aiuto, questo, un grosso aiuto, perché ci piace ricordare una piccola differenza tra noi e voi; noi siamo quelli che vorrebbero più istituzioni, vorremmo più Banca d'Italia, più Consob; voi, invece, siete quelli che volete più Visco, più Vegas, volete più personaggi, persone ambigue che comandano quelle istituzioni, quelle vigilanze. Noi, invece, vogliamo una vigilanza che Pag. 20funzioni, più Banca d'Italia, più Consob, però che funzionino, che funzionino veramente. Con questa piccola lettera, la lettera f), voi andate a demolire un pezzo di vigilanza, quindi, di fatto, in linea con quello che sempre sostenete: più Vegas, più Visco, meno Banca d'Italia, meno Consob e, quindi, meno vigilanza.
  Queste erano un po’ le criticità, le nostre richieste. C'era un'altra richiesta molto importante; noi, come ben sapete, abbiamo imparato a conoscere il Fondo di garanzia centrale per le piccole e medie imprese, in particolare il Fondo di garanzia per la microimprenditorialità, che, appunto, fa parte del Fondo di garanzia centrale, e abbiamo scoperto che in alcune regioni d'Italia i piccoli, i micro imprenditori, per poter accedere al Fondo di garanzia, ma anche le piccole e medie imprese per poter accedere al Fondo di garanzia centrale devono passare, obbligatoriamente, attraverso i confidi. Questo è garantito da una legge, in particolare dall'articolo 18, comma 1, lettera r), del decreto legislativo n. 112 del 1998.
  Ecco, in questo provvedimento, noi, sì, vogliamo aiutare il sistema dei confidi, però vorremmo togliere una stortura che, di fatto, non può più esistere; non si capisce perché in quelle regioni, per poter accedere al Fondo di garanzia centrale, ci sia obbligatoriamente l'obbligo di passare attraverso i confidi, un sistema privato. Quindi, liberalizziamo, diamo la possibilità al piccolo imprenditore, al piccolo e medio imprenditore di poter accedere al Fondo di garanzia centrale senza nessun intermediario; quindi, togliendo questa benedetta lettera r), diamo la facoltà a tutti di poter accedere in modo trasparente e uguale in tutta Italia. Ovviamente, questa proposta è stata respinta.
  L'ultimo punto riguarda il ruolo delle camere di commercio. Da quanto ci risulta, il vostro intento era quello di andare un po’ a demolire tutta la rete delle camere di commercio, andando a tagliare i fondi, il personale e quant'altro. Sappiamo benissimo che molte camere di commercio partecipano direttamente all'interno di molti confidi.
  Ora qua gli si dà un altro ruolo; ben venga, abbiamo presentato anche noi emendamenti – che probabilmente trasformeremo in ordini del giorno, perché ormai ci è concesso solo, forse, qualche ordine del giorno qua e là – nei quali diamo qualche compito in più alle camere di commercio, però, anche qua, dovremmo un po’ metterci d'accordo su che cosa vogliamo fare di queste benedette camere di commercio.
  Io penso di aver esaurito tutti i punti critici e, di fatto, le occasioni perse per l'ennesima volta all'interno di un provvedimento che parla, per l'ennesima volta, ancora, di accesso al credito e che, di fatto, non costituisce un vero aiuto, concreto, reale alle piccole e medie imprese.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Occhiuto. Ne ha facoltà.

  ROBERTO OCCHIUTO. Grazie, Presidente. Il disegno di legge, che delega al Governo la riforma del sistema dei confidi e che oggi affrontiamo in quest'Aula, è un disegno di legge licenziato dal Senato già un anno fa e che arriva in discussione alla Camera per essere approvato, appunto, a distanza di un anno e senza alcuna modifica.
  È singolare che sia occorso un anno per portare in Aula un disegno di legge che, siccome è senza modifiche, poteva essere affrontato prima dall'Aula della Camera dei deputati. Il testo è, infatti, identico, sostanzialmente, a quello del Senato di un anno fa sul quale ci fu, lì, un'approvazione quasi unanime, perché effettivamente questo testo non contiene aspetti divisivi. Diceva chi è intervenuto prima di me che è un testo molto generico, molto vago, perché evidentemente il provvedimento nasce dalla consapevolezza che le riforme intervenute sul sistema dei confidi negli anni passati hanno lasciato dei vuoti, hanno lasciato dei problemi irrisolti e questo testo è la risposta anche alle sollecitazioni che sono intervenute dal mondo dei confidi, dal mondo delle piccole e medie imprese. Per cui è evidente che il testo è estremamente generico; l'auspicio è Pag. 21che, però, il Governo, in sede di attuazione della delega, riesca a intervenire nella direzione di colmare i vuoti lasciati dalle riforme precedenti e a risolvere i problemi che, appunto, gli interventi legislativi degli anni passati non hanno risolto.
  Il provvedimento, infatti, interviene, di nuovo, nel quadro delle riforme che hanno riguardato i confidi; la prima, risalente al 2003, ha introdotto i confidi vigilati o maggiori iscritti nell'elenco speciale ex articolo 107 del testo unico bancario; la seconda, quella del 2010, che è ancora in parte inattuata, ha disposto la migrazione dei confidi maggiori nel nuovo albo degli intermediari finanziari autorizzati e vigilati dalla Banca d'Italia e ha mantenuto i cosiddetti confidi minori che possono effettuare solo attività di garanzia collettiva, sono iscritti in apposito elenco e sottoposti alla vigilanza di un organismo specifico, a sua volta vigilato dalla Banca d'Italia.
  Vi è da dire che nel sistema dei confidi, soprattutto nella ripartizione territoriale di confidi maggiori e confidi minori, c’è una grande disparità territoriale nel nostro Paese. A fronte del 75 per cento del totale delle garanzie riconducibili ai confidi vigilati, noi abbiamo, nel nostro Paese, una situazione per la quale la maggior parte dei confidi vigilati, lo diceva bene il relatore, descrivendo la situazione attuale, è nel nord del Paese e, invece, nel sud del Paese insiste la maggior parte dei 448 confidi minori. È una forma di sperequazione che, evidentemente, dà minori possibilità alla parte che maggiormente avrebbe necessità di essere interessata da iniziative per lo sviluppo e per il rilancio del tessuto economico; ebbene, in quella parte, probabilmente, c’è un sistema dei confidi estremamente deficitario; mi riferisco, appunto, alla parte riguardante il Mezzogiorno del nostro Paese.
  E, allora, il cuore del provvedimento è quello che incarica il Governo di emanare misure per il rafforzamento del sistema delle garanzie, anche attraverso la leva della patrimonializzazione. Noi vorremmo che questi interventi orientati alla patrimonializzazione dei confidi venissero attuati con intensità maggiore laddove, appunto, c’è maggiore necessità di interventi del genere e, quindi, nel Mezzogiorno del Paese, dove insiste la maggior parte dei confidi minori e dove non ci sono tanti confidi maggiori come nel nord del Paese. Quindi, la legge delega vuole occuparsi della patrimonializzazione, rivedendo e rafforzando il finanziamento pubblico ora in capo alle camere di commercio e alle regioni.
  Le nuove norme dovranno poi necessariamente rapportarsi con la normativa europea e con quanto previsto, in particolare, dall'articolo 107 del Trattato di funzionamento dell'Unione europea in merito agli aiuti di Stato, per rendere appunto compatibili questi interventi con quanto disposto dall'Unione europea in merito al divieto di aiuti di Stato.
  Servirà poi, però, soprattutto individuare le risorse o meglio sbloccarle, visto che già nella legge di stabilità 2014 erano stati stanziati 225 milioni di euro per i confidi e queste risorse, purtroppo, sono rimaste soltanto sulla carta.
  Quindi, se l'idea che la delega vuole realizzare è quella di agganciare il finanziamento pubblico ad una manovra antipolverizzazione, tentando quindi di accorpare le miriadi di piccoli confidi sparsi soprattutto nel Mezzogiorno, siamo d'accordo con questa idea e, quindi, con la legge delega che oggi discutiamo.
  Se tra gli obiettivi, oltre a quello di efficientare l'utilizzo delle risorse pubbliche, vi è quello di favorire la sinergia con il Fondo centrale di garanzia, siamo d'accordo, anche perché, nel corso delle audizioni tenute al Senato, i rappresentanti del sistema dei confidi hanno messo in evidenza come in qualche modo siano direttamente le banche ad accedere al Fondo centrale di garanzia, diventando esse stesse competitors dei confidi, che, invece, andrebbero rafforzati e a volte ciò si ripercuote negativamente sugli utilizzatori finali dei finanziamenti, perché le banche non fanno le stesse condizioni oggetto, per esempio, delle convenzioni dei confidi. Quindi, se l'idea è quella di far funzionare meglio il Fondo centrale di garanzia rendendolo uno strumento utile Pag. 22più ai confidi che alle banche noi siamo assolutamente d'accordo, ma questo dipenderà da come il Governo attuerà la riforma attraverso appunto i decreti attuativi.
  C’è poi una discussione che secondo noi dovrebbe impegnare maggiormente il Governo quando si parla dei confidi ed è quella agganciata in sostanza all'utilizzo dei fondi europei, all'utilizzo dei fondi strutturali. Ci sono regioni che non riescono a spendere compiutamente queste risorse e queste risorse spesso vengono disimpegnate e vengono restituite. Beh, si potrebbe chiedere una rimodulazione di queste risorse nella direzione di destinarle alla patrimonializzazione dei confidi, soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno, invece di restituirle, come spesso avviene a causa del disimpegno. Questo però passa evidentemente attraverso un'intelligente e approfondita azione dei governi regionali e del Governo nazionale. È un tema che manca e mi rendo conto che non poteva essere oggetto della delega, però ci piacerebbe che il Governo, magari insieme ai governatori delle regioni del sud, lo approfondisse.
  Per queste ragioni – e mi avvio alla conclusione – noi siamo favorevoli ad affidare al Governo questa delega. Il giudizio rimane sospeso fino all'attuazione appunto della delega stessa e ci auguriamo che questa riforma contribuisca ad eliminare le storture del sistema e a promuovere l'incremento e il rafforzamento dell'attività patrimoniale dei confidi, che, come rilevato anche dalla Banca d'Italia, svolgono un ruolo di non indifferente ausilio per la concessione di garanzie a favore soprattutto delle piccole e medie imprese.
  Concludo, Presidente, dicendo che interventi del genere sono interventi in assoluto e in generale positivi; sono interventi ancora più positivi in una circostanza come quella che stiamo vivendo, che rischia di aprire scenari ulteriori di crisi per quanto avvenuto nei giorni scorsi in seguito al referendum inglese e che può far ripiombare il nostro Paese e l'Europa in una condizione simile a quella del 2008. Ricordiamo gli effetti che la crisi ebbe sul credit crunch. Ci auguriamo soprattutto che la crisi possa essere scongiurata e che, quindi, possano essere scongiurati anche questi effetti, ma intervenire sulla materia dell'accesso al credito è assolutamente importante in ogni contesto, è assolutamente indispensabile quando c’è il rischio che si aprano scenari di crisi e che la possibilità di accedere al credito per le piccole e medie imprese italiane, che costituiscono l'80 per cento del nostro tessuto produttivo, si contragga ulteriormente.
  Ecco, per questo siamo favorevoli al presente provvedimento e ci auguriamo che in fase di attuazione il Governo sappia valorizzare la delega che il Parlamento gli affida, rendendola davvero utile e capace di intervenire per colmare le lacune legislative e per rendere il sistema dei confidi un sistema efficiente ed efficace sul territorio.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Barbanti. Ne ha facoltà.

  SEBASTIANO BARBANTI. Grazie, Presidente. Innanzitutto, specifichiamo che i confidi sono soggetti che svolgono un'attività di rilascio di garanzia per le piccole e medie imprese e i liberi professionisti associati che sono anche, ovviamente, i fondatori, i costituenti dei confidi e i cui contributi rappresentano il fondo che serve, appunto, per emanare la garanzia. I fattori di successo dei confidi e anche di sviluppo da sempre risiedono nell'esistenza di una sorta di controllo operato all'interno del gruppo. Quindi, in particolare l'interdipendenza produttiva e commerciale tra le imprese medio-piccole che si crea all'interno della struttura dei confidi fa sì che la situazione degli affari e le prospettive degli imprenditori aderenti costituiscano un comune patrimonio informativo all'interno del gruppo di appartenenza. Si mette, quindi, di fatto in atto una sorta di controllo reciproco tra i diversi imprenditori associati per dar vita ai confidi. Questo serve anche a far emergere delle informazioni che alle banche e agli intermediari finali tante volte sono Pag. 23ignote. Quindi, permette tutt'oggi anche di andare a mitigare quella che è l'asimmetria informativa. Inoltre, anche la compartecipazione del rischio all'interno degli stessi confidi fa sì che venga sviluppato una sorta di controllo incrociato, dove si instaura una sorta di logica win-win tra le stesse imprese e dove questo controllo, detto peer monitoring, viene fatto in tre step successivi, quindi all'ingresso dei confidi, nel momento in cui c’è una selezione per quanto riguarda l'impresa che richiede la garanzia e poi in un controllo ex post, per verificare che la gestione sia fatta in maniera sana e prudente. Ecco, questo è uno dei motivi per cui è fondamentale che la filiera della garanzia e della controgaranzia funzioni. Infatti, questo che ho appena detto è uno dei motivi principali affinché venga svolta la gestione delle imprese in maniera efficiente ed efficace con la diligenza del buon padre di famiglia e soprattutto instauriamo un circolo virtuoso.
  Tralascio per brevità di tempo quella che fu la prima riforma del 2003 dei confidi, richiamando qualche accenno solo per quanto riguarda l'ultima, quella fatta nel 2010, quando il decreto legislativo n. 141 disciplinò l'esistenza di due diversi confidi, i minori e i maggiori, i maggiori con attività superiore a 150 milioni di euro e che sono sottoposti giustamente ad una vigilanza cosiddetta «equivalente» (quindi, sono iscritti ai sensi dell'articolo 106 del testo unico bancario) e soddisfano quel regime di vigilanza prudenziale detto «equivalente» in base al quale, nel momento in cui l'intermediario finanziario esercita una funzione uguale a quella bancaria, nell'ugual modo deve essere, tenendo conto del richiamato principio di proporzionalità, vigilato.
  Tra l'altro, questo approccio regolamentare è necessario anche per consentire di prevenire la crescita di fenomeni di intermediazione finanziaria non regolata e non controllata, e risulta in linea con gli orientamenti internazionali delineati dal G20 in materia di sistemi di shadow banking, quindi sistemi bancari ombra; i confidi minori, invece, sono iscritti semplicemente in un albo tenuto da un organismo che ha dei poteri superiori rispetto al passato, quindi di vigilanza, di controllo, di richiesta dati e anche di cancellazione dall'albo nei casi in cui i confidi non rispettino la normativa. Differenti sono anche le operatività: in questo caso i confidi maggiori esercitano in via prevalente l'attività di garanzia e possono, in via residuale, anche ad esempio garantire l'emissione di strumenti di debito da parte delle piccole e medie imprese socie; oppure anche concedere altre forme di finanziamento, nei limiti del 20 per cento; o, addirittura, svolgere attività connesse e strumentali, quali, ad esempio, ricerche ed analisi in materia economica, consulenza, assistenza alle imprese: anche in questo caso è fondamentale la consulenza per quanto riguarda la gestione finanziaria delle imprese stesse; così come anche apportare capitale di rischio in favore della piccole e medie imprese. È ovvio che queste agevolazioni rispetto ai confidi minori ampliano le attività consentite permettono una notevole espansione dell'attività e la possibilità di aumentare e diversificare anche le fonti di reddito; i confidi minori, invece, possono in via esclusiva prestare soltanto garanzie presso i soci e sviluppare minime attività accessorie connesse.
  Come chi mi ha preceduto ha ben chiarito, esistono 51 confidi sottoposti a vigilanza e 448 minori; ma a seguito dell'entrata in vigore di Basilea 2, i confidi vigilati hanno avuto un forte riconoscimento, che era quello, nel caso in cui la garanzia fosse emanata a prima richiesta, di una favorevole ponderazione per quanto riguarda le banche, e quindi veniva riconosciuta a tutti gli effetti negli strumenti di credit risk mitigation. Purtroppo, man mano che il downgrading per quanto riguarda il rischio di credito dello Stato italiano veniva perpetrato, questa agevolazione è venuta man mano cadendo, fino a che adesso la ponderazione, anche effettuata dai confidi vigilati, è praticamente pari al 100 per cento. Nello stesso momento in questo caso non esiste più, per quanto riguarda le imprese e le banche stesse, un vantaggio da questa garanzia Pag. 24rilasciata dai confidi; e in più, considerando anche l'opportunità che si ha da parte dell'impresa e della banca di rivolgersi direttamente al Fondo di garanzia centrale, ecco che viene a maturare quel famoso effetto di spiazzamento e quel depauperamento anche del patrimonio informativo che i confidi hanno. Il deterioramento delle garanzie rilasciate, che ha attanagliato e che attanaglia a tutt'oggi anche il comparto dei confidi, non è riconducibile soltanto al perdurare del negativo ciclo economico, ma è anche imputabile alla crescita dei fallimenti delle imprese, e quindi alla conseguente insolvenza dei confidi. Il fatto di rientrare nei confidi vigilati da Banca d'Italia comporta ovviamente un maggiore costo, una difficoltà anche nella patrimonializzazione dei confidi, perché non tutte le attività sono imputabili a patrimonio di vigilanza; ed anche un progressivo inaridirsi delle risorse pubbliche, che sono state assegnate ai confidi di solito tramite le regioni e le camere di commercio.
  Non sono problematiche a sé stanti, ma devono essere affrontate e risolte non perdendo mai di vista quello che è l'obiettivo finale: l'attività dei confidi deve contribuire in modo durevole alla necessità di finanziamento delle piccole e medie imprese. E qui interviene la proposta di legge, nella quale – ricordiamolo –, essendo una delega, è stata anche previsto un criterio di delega rafforzato, quindi il passaggio per le Commissioni competenti con la richiesta di pareri, e il Governo tenuto ad effettuarlo; e se non lo fa, se non segue i pareri delle Commissioni competenti, deve motivarlo con tanto di relazione tecnica.
  In questo caso quali sono i capisaldi di questa legge di delega ? Ovviamente il rafforzamento della patrimonializzazione dei confidi, favorendo la raccolta di risorse pubbliche e private del terzo settore, individuando strumenti e modalità che rendono tali risorse esigibili nel rispetto della normativa comunitaria. In passato cosa è stato fatto ? Due sono state le grandi manovre per favorire la patrimonializzazione dei confidi: in primis c’è stato nel 2011 il decreto-legge n. 201, che consentiva alle imprese non finanziarie di grandi dimensioni di entrare nei patrimoni di confidi, non acquisendone ovviamente la maggioranza; in secundis con la legge di stabilità del 2014 è stato previsto un plafond di 225 milioni a disposizione dei confidi per le operazioni di aggregazione (quindi, in questo caso rivolgendosi soprattutto ai confidi vigilati), e altri 70 milioni – per il tramite delle camere di commercio, il cui lavoro è sempre importantissimo – per quanto riguarda i confidi anche non sottoposti a vigilanza.
  Fondamentale in questi anni è stato il ruolo del sostegno pubblico ai confidi che ha permesso a questi ultimi di operare anche come canalizzatori di risorse finanziarie pubbliche destinate all'agevolazione creditizia e a sostegno all'impresa; tuttavia, l'attribuzione di risorse finanziarie ai confidi è stata spesso accompagnata da un vincolo di destinazione, che ha reso tali risorse non idonee – alla luce del recepimento della direttiva di Basilea 2 – a formare il patrimonio utile ai fini di vigilanza, poiché non sono rispettati i requisiti di stabilità e capacità di assorbire le perdite, per qualsiasi causa e in qualsiasi tempo esse si determinino: quindi, fondamentale è questo passaggio nei princìpi di delega. Altro principio di delega importante, ovviamente, è quello di disciplinare che le modalità di aiuto, di contribuzione degli enti pubblici finalizzati alla patrimonializzazione rispettino la disciplina europea per quanto riguarda la materia di aiuti di Stato. Per quanto riguarda la razionalizzazione della filiera di garanzia e controgaranzia, abbiamo già detto prima come essa risulta fondamentale per far sì che il tessuto imprenditoriale italiano si sviluppi sempre più rigoglioso, ma soprattutto robusto.
  Altro criterio fondamentale è quello di dotare i confidi di strumenti innovativi, di forme di garanzia e servizi, finanziari e non, che rispondano alle nuove esigenze delle piccole e medie imprese e dei professionisti, facendo esplicito riferimento al divieto imperativo di utilizzare derivati e strumenti finanziari complessi. Ecco, qui Pag. 25volevo sottolineare come due aspetti fondamentali sono stati quelli di allargare quel famoso 20 per cento che è un limite del totale per quanto riguarda l'accesso al credito delle piccole e medie imprese, quindi far sviluppare e diversificare maggiormente, per i confidi vigilati, alcune attività; il secondo è quello di garantire (è un'ipotesi) la possibilità di far rilasciare ai confidi delle garanzie a favore di soggetti che vogliono entrare nel capitale di rischio delle imprese, quindi la famosa garanzia equity: questo è fondamentale se vogliamo provare e vogliamo incrementare la disintermediazione bancaria da parte delle piccole-medie imprese.
  Altra cosa fondamentale è la semplificazione e la razionalizzazione degli adempimenti a carico dei confidi: ovviamente devono essere bilanciate l'esigenza di contenere i costi a carico dei confidi e quella di mantenere presidi robusti a tutela della clientela e dell'integrità di sistema per quanto riguarda gli adempimenti inerenti alla trasparenza da un lato, e al contrasto del riciclaggio, dall'altro. Fondamentale è evitare che ci siano delle duplicazioni, soprattutto per quanto riguarda la valutazione del merito creditizio nelle varie controparti: in questo caso sarebbe una duplicazione di adempimenti, con oneri poi che gravano sulle imprese. E qui c’è anche un richiamo a ciò che viene fatto in Europa, dove sostanzialmente i confidi autorizzati a certificare il merito di credito delle imprese utilizzano un metodo di accreditamento, di controgaranzia che sottopone alla valutazione del merito creditizio solo il soggetto incaricato di veicolare gli interventi alle PMI; riservandosi poi ovviamente di valutare la singola domanda unicamente in caso di default.
  Chi mi ha preceduto evidentemente non ha letto totalmente i princìpi di delega. Fondamentale è il rafforzamento dei criteri di proporzionalità: mi riferisco al controverso punto f), dove è chiaro, se uno legge il punto g), che questo rafforzamento del criterio di proporzionalità afferisce esclusivamente ai confidi, visto che è riportato ben chiaro. Così come – vado a concludere – una maggiore tutela del il carattere accessorio della garanzia. Concludo, Presidente, dicendo che il sistema finanziario sostanzialmente, ma ancora di più il sistema produttivo e imprenditoriale nazionale, ha bisogno di intermediari quali confidi solidi e vitali, che rispondano ai principi di sana e prudente gestione, in grado di stare sul mercato e che sappiano allocare in modo efficiente le risorse pubbliche e private attraverso rigorosi criteri di selezione della clientela da affidare e la consapevole gestione delle attività complementari rispetto a quella tipica.

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo – A.C. 3209)

  PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore e il rappresentante del Governo rinunziano alla replica.
  Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
  Sospendo a questo punto la seduta, che riprenderà alle ore 12 per lo svolgimento di comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in vista del Consiglio europeo del 28 e 29 giugno 2016.

  La seduta, sospesa alle 11,55, è ripresa alle 12.

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LAURA BOLDRINI

Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in vista del Consiglio europeo del 28 e 29 giugno 2016.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in vista del Consiglio europeo del 28 e 29 giugno 2016.Pag. 26
  La ripartizione dei tempi riservati alla discussione è pubblicata in calce al resoconto stenografico della seduta del 15 giugno 2016.

(Intervento del Presidente del Consiglio dei ministri)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Presidente del Consiglio dei ministri, Matteo Renzi. Ne ha facoltà.

  MATTEO RENZI, Presidente del Consiglio dei ministri. Signora Presidente, onorevoli deputati, ho ricevuto l'invito ad essere il più sintetico possibile, stante la natura particolare di queste comunicazioni. Si è infatti deciso di inserire nella stessa mattinata tanto la comunicazione al Senato che alla Camera, in virtù della importante iniziativa di questo pomeriggio a Berlino, dunque accogliendo la richiesta, che è stata fatta, di parlare in modo abbastanza sintetico, per cercare di ascoltare quante più persone, quanti più deputati possibile, anche in virtù del fatto che, come sapete, poi, alle 13, c’è il tradizionale appuntamento dal Presidente della Repubblica in preparazione del Consiglio europeo.
  Dunque, cerco di essere molto breve e rimandare ad altri appuntamenti un momento di approfondimento sulle cause di ciò che sta avvenendo e su eventuali ipotesi di ulteriori sviluppi. Molto brevemente, il Consiglio europeo di domani aveva al centro dell'ordine del giorno la grande questione legata al migration compact e alle politiche sulla sicurezza e sull'immigrazione. Entrambe saranno naturalmente trattate, credo con qualche tempo in meno rispetto al previsto, così come pure meno attenzione, presumibilmente, sarà data alle questioni sulla crescita, che la presidenza olandese aveva tenuto come ultimo capitolo del proprio semestre, in ragione della evidente novità straordinaria, nel senso tecnico del termine, dell'uscita del Regno Unito dall'Unione europea. Ecco, io su questo devo essere molto chiaro e molto sintetico: si tratta di un voto che va rispettato, perché, nel momento in cui noi mettiamo in discussione un voto liberamente espresso da una comunità, da un popolo, mettiamo in discussione l'idea stessa del gioco democratico.
  Dunque, la Gran Bretagna ha deciso: si prenda atto e si volti pagina, e cerchiamo di cogliere il positivo dalla fase e dalla stagione che si apre. Lo dico perché vorrei che l'Europa fosse protagonista e l'Italia porterà questa linea, con il vostro consenso e con il vostro accordo, di una grande stagione di rilancio e di ripartenza. La scelta britannica è dettata, probabilmente, da molte e diversificate ragioni, non tocca a me stare qui a enuclearne o a offrire una chiave di lettura, che pure sarebbe interessante per tanti. L'altissima affluenza, che, probabilmente, è stata decisiva per il successo dei leave, ma anche – sottolineiamolo con forza – la relazione che esiste tra le aree geografiche in cui più forte è la crisi della manifattura tradizionale e il consenso all'ipotesi di uscita.
  È un'analisi che dovrà essere fatta nei prossimi mesi: laddove c’è maggiore tensione sociale, lì si è registrato un consenso molto più forte all'ipotesi di uscita dall'Europa, come se l'Europa fosse, per qualcuno a torto, per altri a ragione, la responsabile della crisi, anche economica e industriale, che conosciamo. Dunque, è un tema su cui discutere, ma oggi il dato di fatto è che la Germania, la Francia, l'Italia e tutti e ventisette i Paesi che rimangono a far parte dell'Unione europea bilancino con grande determinazione una nuova partenza per l'Europa, perché, se manca questo, manca la prospettiva e manca l'idea stessa di comunità.
  Non staremo anni a discutere di procedure, dopo che abbiamo passato mesi a discutere di trattative per come mantenere il Regno Unito dentro; sarebbe offensivo verso l'idea stessa di democrazia e verso il voto, e sarebbe esiziale per l'Unione europea, che ha bisogno, finalmente, di mettere al centro non già, non ancora, le procedure, ma i valori fondamentali: i posti di lavoro. La crisi emerge in alcune realtà del continente, dal punto di vista Pag. 27sociale, non più soltanto le procedure e le discussioni sulle regole e sui vincoli. Più crescita e più investimenti, meno austerity e burocrazia: questa è la linea che noi portiamo avanti da due anni in splendida beata solitudo all'inizio, piano piano con sempre più consenso. Oggi siamo di fronte a un bivio: l'Europa deve parlare a quei giovani, anche ai giovani inglesi, ai giovani scozzesi, ai giovani britannici, che hanno votato in larga parte per il remain, ma che hanno votato molto meno di quanto hanno votato gli anziani. Naturalmente, in democrazia chi ha un voto in più vince. Non c’è discussione possibile, non c’è alcuna lettura diversa da poter dare. Il referendum va rispettato.
  Già siamo in un periodo in cui in troppa parte del continente non c’è più la possibilità di affermare le ragioni di governabilità e di Governo. Noi, come italiani, abbiamo una certa esperienza su questo. Come è noto, in settant'anni abbiamo cambiato sessantatré Governi ed è evidente che tutta la discussione sulle riforme che riguarda il nostro Paese ha questo come obiettivo, da taluni condiviso da altri rifiutato, ma ha questo come obiettivo finale. Bene, guardate che cosa sta accadendo in queste ore in Spagna. E dire che, all'inizio della discussione sulla legge elettorale, in larga parte del nostro Paese, nella parte dirigente del nostro Paese, molti indicavano proprio la Spagna come il modello di legge elettorale al quale ispirarsi. Dicevano: «Se riusciremo a fare come fa la Spagna, saremo nelle condizioni di avere stabilità». Infatti, la Spagna aveva avuto stabilità nel momento in cui il sistema era bipolare e quel modello elettorale aveva funzionato. Bene, cosa è accaduto negli ultimi sei mesi ? Si è votato due volte in Spagna. Le percentuali sono un po’ cambiate, ma neanche troppo; i numeri sono quelli che conosciamo; per fare un Governo occorreranno almeno tre partiti, almeno tre forze parlamentari su quattro, e, di conseguenza, il rischio sarà o di nuovo elezioni, che sarebbero le terze nel giro di un anno, o una situazione di grandissime, non di grandi, intese.
  Dunque, o noi affermiamo l'idea che di fronte a una decisione e una scelta poi bisogna essere conseguenti oppure la credibilità del sistema europeo, già fortemente messa a dura prova dagli eventi degli ultimi anni, sarà definitivamente spazzata via. Allora, io qui, in quest'Aula, mi rivolgo a tutti, ma in particolar modo a quelle forze politiche di maggioranza e di opposizione che credono nelle grandi famiglie europee. In realtà, ad essere onesti intellettualmente, tutti i membri di questo Governo hanno un punto di riferimento a livello europeo. C’è chi sta con Le Pen, c’è chi sta con Farage, c’è chi sta con l'altra sinistra, c’è chi sta con le famiglie del Partito Popolare Europeo, del Partito Socialista Europeo e dell'ALDE. Dunque, vi è una condivisione da parte di tutti. Ma mettendo per un attimo da parte coloro i quali credono che il proprio leader europeo sia Farage o che sia la Le Pen, penso che sia arrivato il momento, per chi, invece, crede che l'Europa sia la nostra casa e il nostro futuro, di provare insieme a far sentire la voce dell'Italia, indipendentemente dalle posizioni nazionali che ci dividono. Mi riferisco evidentemente all'Europa sociale, all'Europa della crescita, all'Europa che considera un problema il deficit, ma anche il surplus di alcuni Paesi, all'Europa che non può restare inerte di fronte a ciò che sta avvenendo ai propri confini.
  È di queste ore, qualche ora fa – anzi, credo che sarà ufficializzata proprio in queste ore –, la notizia, ad esempio, dell'accordo fra Turchia e Israele. Una cosa che era inattesa e impensabile soltanto un anno fa. Sapete che cosa sta accadendo nel Nord Africa ? Sapete cosa sta avvenendo alle porte dei confini europei non soltanto nel versante orientale – mi riferisco alla Russia –, ma anche ciò che sta cambiando profondamente nelle regole del gioco delle democrazie occidentali, a cominciare dagli Stati Uniti d'America ? Dunque, a fronte di questo, è il momento in cui l'Europa torni a fare l'Europa.
  Noi abbiamo parlato di casa e siamo stati anche criticati su questo. La casa non Pag. 28è soltanto un luogo fisico, la casa è un sentimento, è un insieme di sentimenti, di emozioni. Per noi l'Europa è la casa. Noi non immaginiamo di andarcene da casa nostra. Noi pensiamo che l'Europa sia il luogo da lasciare ai nostri figli e ai nostri nipoti, come facciamo con la casa alla quale siamo affezionati. Ma sappiamo anche che, così com’è, questa casa non è accogliente come in passato. Dobbiamo essere, dunque, in grado di mettere al centro quei valori che, peraltro, l'Italia, anche con maggioranze più ampie rispetto alla maggioranza di Governo, ha posto al centro della propria azione dall'inizio di attività di questo Governo: parlare un pochino più di crescita e un po’ meno di austerity, parlare un pochino più di una visione di migrazione globale e non soltanto lasciata ai singoli Stati, parlare finalmente di un'Europa che sia solidale perché solida e non soltanto di un'Europa capace di inseguire le procedure.
  Per tutti questi motivi, nelle prossime ore, l'Italia farà tutto ciò che può fare, a cominciare dall'incontro a Berlino. Siamo stati invitati da Germania e Francia per la prima volta, evidentemente con l'obiettivo di allargare un fronte comune che comprenda l'esigenza del rilancio. Ci accingiamo a partecipare a questo incontro cercando di portare le idee che ci hanno caratterizzato in questi mesi e in questi anni. Ma, accanto a questo, c’è poi bisogno, nelle giornate di domani e dopodomani, che non ci sia chi cerca di far finta di niente. Sarebbe offensivo verso i britannici, ma sarebbe anche un danno per gli europei. Infatti, se noi non cogliamo questa occasione e se noi non proviamo a rilanciare l'Europa, il senso di spossatezza e di indefinita fatica che l'Europa esprime diventerebbe un elemento comune anche oltre i confini britannici. Dunque, sì, è un brutto shock, è un brutto colpo il fatto che i britannici abbiano deciso di uscire dall'Europa, ma questo voto va rispettato e, rispettando questo voto, l'Europa può e deve riflettere su se stessa e ripartire.
  Se ci pensate, il fatto che ci siano stati concessi settant'anni di pace non è un grazioso colpo di fortuna, è la conseguenza dell'azione di leader coraggiosi, che ebbero al centro della propria azione un'idea di orizzonte sul futuro, un'idea di valori condivisi, che, partendo dal carbone e dall'acciaio, seppero creare le condizioni di una comunità, di una casa, appunto. Oggi deve prevalere questo senso di responsabilità per le prossime generazioni, ma può essere fatto soltanto a condizione di scegliere la strada del coraggio. Continuando a far finta di niente, l'Europa sarebbe davvero nelle condizioni di sofferenza più incredibili e più inattese. Dunque, l'Italia va a voce alta, a testa alta, a fronte alta all'incontro con i colleghi di Francia e Germania questo pomeriggio e dei 27 altri colleghi domani, con la convinzione che è il momento della responsabilità, della saggezza e dell'equilibrio, ma anche il momento della visione per il futuro, non soltanto è il momento in cui rinfacciarsi gli errori del passato. Oggi l'Europa chiede a tutti e a ciascuno questo spirito di responsabilità. Mi auguro che prevalga, a partire dalle famiglie politiche europee che credono nell'Europa. Non a quelli che vogliono uscire da questa casa, non a chi crede nei Le Pen e nei Farage, ma a tutti gli altri rivolgo un appello: cerchiamo di fare uno sforzo perché l'Italia in Europa sia capace di dare un minimo di responsabilità e di anima a un continente che ne ha un disperato bisogno (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Area Popolare (NCD-UDC), Scelta Civica per l'Italia, Democrazia Solidale-Centro Democratico e di deputati del gruppo misto).

(Discussione)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri. È iscritto a parlare il deputato Alessandro Di Battista. Ne ha facoltà.

  ALESSANDRO DI BATTISTA. Presidente Renzi, buongiorno. A parte questo applauso finale di rito, non si è beccato neanche un applauso – lei ormai è abituato Pag. 29a beccarsi soltanto fischi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle – Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico) – neanche dalla sua maggioranza, neppure dai renzianissimi si è preso un applauso...

  PRESIDENTE. Deputato, vada nel merito.

  ALESSANDRO DI BATTISTA. Li calmi, li calmi. Può minacciare il lanciafiamme per calmarli. L'unica cosa che ci è venuto a dire qui, Presidente Renzi, è che i referendum vanno rispettati. Che belle parole ! Quand’è che rispettate i referendum sull'acqua, quand’è che rispettate i referendum sul finanziamento pubblico ai partiti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Infatti, Cameron, per un referendum consultivo che lui ha indetto – Presidente Renzi, che lui ha indetto – e che ha perduto, si dimetterà. Voi invece non vi dimettete neanche quando i referendum li perdete e li disattendete costantemente, soprattutto quando ci sono di mezzo gli interessi di qualche lobbista dell'acqua pubblica. Lei ieri ha dichiarato: l'Europa parli meno di banche e più di valori. Lei è diventato il rottamatore della vergogna, del senso del pudore. Da quando io sto in Parlamento, Presidente Renzi, la sua maggioranza, prima Letta e poi soprattutto lei, ha approvato otto decreti a favore delle banche. Oggi stesso è stato approvato in Commissione un decreto che permette alle banche, le stesse banche che la sostengono, tra cui Banca Etruria, riconducibile alla famiglia Boschi, che le ha dato dei quattrini alle sue fondazioni per la Leopolda, di espropriare i capannoni delle imprese se non pagano tre rate di mutuo. Oggi è stato approvato e lei ieri al TG1 ha dichiarato: l'Europa parli meno di banche e più di valori. Ipocriti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ! Andrebbe applicata una tassa sull'ipocrisia, in Europa e soprattutto in questo Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Poi ha detto che il referendum in Gran Bretagna deve essere rispettato, deve correggere la linea di qualcuno del Partito Democratico (Commenti)... che ha detto, che querela ? Querelate ! Sono medaglie al valore le querele fatta da voi ! Querelate, ma che pensa di intimorirci ? Avete preso una batosta recentemente e neanche avete detto due parole e pensate di intimorirci con le querele, quando diciamo la verità, quando stanno ancora aspettando i risparmiatori di Banca Etruria che sono stati truffati da...

  PRESIDENTE. Deputato Di Battista, possiamo andare al merito, cortesemente ?

  ALESSANDRO DI BATTISTA...e questo fa il bulletto...

  PRESIDENTE. Andiamo al merito delle comunicazioni, la prego.

  ALESSANDRO DI BATTISTA. Ha dovuto correggere la linea, prima di alcuni del Partito Democratico: Soru, condannato a tre anni per evasione fiscale, che dice che è stato un errore politico il referendum in Gran Bretagna; Gori, renzianissimo sindaco di Bergamo: gli elettori disinformati producono errori, per votare occorre fare un esame di cittadinanza. È il suo Sindaco. E Napolitano: il referendum ? Un azzardo sciagurato. Nonostante queste parole di Renzi che correggono la linea, l'unica cosa che quantomeno il «Brexit» ci ha dato ad oggi è che ha dimostrato, facendo calare un velo di ipocrisia da parte del Partito Democratico, che ha «democratico» addirittura nel nome, facendoci capire che voi il popolo, Presidente Renzi, lo odiate, lo detestate. Ma sa perché lo detestate ? Perché non lo conoscete. Io l'altro ieri ero a Matera a fare un comizio in piazza, non in campagna elettorale, a parlare con i cittadini di reddito di cittadinanza, di sostegno alle piccole e medie imprese, di cultura, e a Matera non ci arriva neanche il treno. L'altro ieri ero a Taranto, in piazza, con i cittadini, sempre senza scorta, migliaia di cittadini a parlare di reddito di cittadinanza e di bonifiche sull'Ilva, quando voi vi rinchiudete nei vostri teatri, protetti Pag. 30dalle vostre scorte e addirittura dite che i fischi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle – Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico) sono un valore aggiunto. Ripeto, questi insulti per noi sono veramente medaglia al valore. Presidente Renzi, il popolo non lo conoscete più, vi siete... ma mi dispiace da morire perché per il Movimento le elezioni vinte sono un mezzo per ottenere risultati, non l'obiettivo che invece è l'obiettivo della vostra vita politica. È per quello che perdete le elezioni, perché siete totalmente distaccati dalla realtà, altrimenti non potreste pronunciare, lei non potrebbe mai pronunciare: l'Europa parli meno di banche e più di valori. È una frase inaccettabile. Altra cosa: noi in Europa, Presidente Renzi... basta con questa storia degli euroscettici, già non parlate più di voto populista e di protesta, perché a Roma abbiamo preso il 67 per cento; che c’è il 67 per cento di voti di rabbia e di protesta ? No, ecco, già questa balla finalmente è passata nel dimenticatoio. Noi non siamo neanche euroscettici, siete voi quelli che avete distrutto l'Europa. Io ci voglio stare in questa Europa, siete voi che l'avete tradita. Io voglio un referendum sull'euro (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), sì, perché credo – è la mia opinione – che l'euro non sia una moneta ma un sistema di governo attraverso il quale delle banche centrali stanno controllando le politiche fiscali, valutarie e monetarie dei Paesi, togliendoci un'arma importantissima economica (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Ma in quest'Europa noi ci ritroviamo, non ci ritroviamo in voi. Siete voi che l'avete tradita, nello spirito dei padri fondatori europei noi ci ritroviamo, siete voi che poi vi siete convertiti sulla via della J.P. Morgan e della BCE, come noi ci ritroviamo nello spirito dei padri costituenti. Siete voi che vi siete convertiti sulla via di Verdini, Presidente Renzi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ! A lei è arrivato qualche giorno fa un avviso di sfratto, lei ha detto: il voto per il MoVimento 5 Stelle è un voto di cambiamento e non di protesta. Benvenuto nella realtà. No, perché il mondo che frequenta lei è quello in cui, con gli 80 euro, le persone si comprano gli zainetti, mentre in Italia 10 milioni di cittadini non riescono a curarsi e 4 milioni di italiani vivono sotto la soglia di povertà. Comunque, benvenuto nel mondo reale. Se allora si è trattato di un voto di cambiamento, questo glielo dica in Europa, perché lei minaccia lanciafiamme nel suo partito. Tra l'altro, quando lei parla e dice di volere entrare nel suo partito con il lanciafiamme, nel suo partito a Napoli ci entrano i carabinieri, ma non con i lanciafiamme, con un mandato di perquisizione, perché due dei suoi candidati a Napoli sono sotto inchiesta per voto di scambio, che è un cancro (Applausi di deputati del MoVimento 5 Stelle).
  Quand’è che lei dirà qualche parola sul voto di scambio, che è un cancro, Presidente Renzi ? Comunque, le dicevo, che in Europa deve andare a dire che a noi serve un reddito di cittadinanza e un sostegno alle piccole e medie imprese, che per me è più importante della sua permanenza o meno al Governo. A me non me ne frega niente, a noi ci interessano gli interessi dei cittadini, portare in Europa delle proposte e non soltanto appunto delle parole vuote, come quelle che ha pronunciato oggi, che possano consentire al popolo italiano di rimettersi in pista, perché siamo un grande Paese e noi gli vogliamo bene sul serio e lo facciamo stando in piazza tutte le settimane, avendo fatto delle rinunce giuste e avendo oggi quella credibilità che voi vi siete totalmente perduti appunto per causa del vostro totale distacco dalla realtà. Quindi in Europa l'unica cosa che lei deve dire è che occorre un reddito di cittadinanza, perché quei milioni di cittadini sono poveri e ci sono imprenditori che, piuttosto che licenziare degli operai, si ammazzano e neanche vengono più calcolati i suicidi per ragioni economiche in questo Paese. Renzi, le è arrivato un avviso di sfratto, lei – anche se non è stato eletto, non è passato per elezioni – è il Presidente del Consiglio della Repubblica italiana, faccia gli interessi del popolo italiano in fretta, altrimenti tanto sa che manca poco che ci saremo noi molto Pag. 31molto presto a fare gli interessi di quel popolo che a lei ormai costantemente lo fischia (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico) e lo costringe a farsi difendere da qualsiasi tipo di scorta e lei dovrebbe avere un po’ di umiltà, è la sua arroganza che la sta distruggendo...

  PRESIDENTE. Concluda.

  ALESSANDRO DI BATTISTA. ...più arrogante di lei, borioso come lei...

  PRESIDENTE. Concluda, deputato !

  ALESSANDRO DI BATTISTA. A noi interessano – concludo, Presidente Boldrini – queste proposte, basta con questa storia che noi siamo gli euroscettici, siete voi che avete tradito lo spirito europeo, siamo noi che lo possiamo ricostruire ma non c'entra nulla la moneta unica con l'Europa. Noi possiamo continuare a stare in quest'Europa ma con una sovranità monetaria (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Brunetta. Ne ha facoltà, prego, presidente Brunetta.

  RENATO BRUNETTA. Signora Presidente, signor Presidente del Consiglio, ho avuto modo di ascoltarla anche nella sua relazione al Senato e mi sono permesso di sintetizzare sei punti che magari in quella introduzione sono stati più precisi di quanto ha potuto dire oggi. Lei ha detto al Senato: è accaduto qualcosa di enorme.

  PRESIDENTE. Colleghi, si può abbassare il tono della voce ? Grazie.

  RENATO BRUNETTA. Lei ha detto al Senato che è accaduto qualcosa di enorme. Sono d'accordo con lei, signor Presidente del Consiglio. È accaduto qualcosa di enorme. Ha anche detto: ex malo bonum, trarre da una situazione negativa un elemento di positività. L'Europa è casa nostra, vero. Manca la consapevolezza della gravità della situazione, vero, visti i commenti che si sono avuti nel nostro Paese e anche nel suo partito dopo il referendum britannico. Poi ha detto anche: fate presto, fare presto, nuova partenza. Questa è una grande occasione. Vede, mai come in questo momento oggi sono stato d'accordo con lei, concordo con tutti e sei questi punti, ma proprio per questo penso, signor Presidente del Consiglio, che quella di oggi, qui, in quest'Aula, e nell'Aula del Senato è un'occasione persa, si è persa – nonostante lo scambio breve di questa mattina – l'opportunità di valorizzare l'unica cosa che rimane in un momento drammatico come quello che viviamo: la sovranità popolare espressa dal Parlamento. Non è con cinque minuti, i suoi dieci autoridotti, che si risponde al momento drammatico che viviamo. Lo so che non è solo volontà sua la ristrettezza dei tempi, però è il segno dei tempi. I popoli si esprimono e i Parlamenti tacciono. La questione europea è certamente centrale, signor Presidente del Consiglio, ma forse le è sfuggito, nella sua introduzione qui in quest'Aula, un riflesso psicanalitico: lei ha usato più volte un «pochino di più», non la rimprovero del lessico, però oggi non è il tempo del «pochino di più», non è il tempo del pochino di più di crescita, non è il tempo del pochino di più di investimenti, non è il tempo del pochino di più di Europa politica, non è il tempo del pochino di più di ascolto dei popoli. Non gliene voglio per questa sua «scivolata semantica». La invito, oggi, a Berlino, a non usare il lessico del «pochino di più» e mi rivolgo a lei, da economista, in questo momento: tra le tante cose che si potrebbero evidenziare in un menu delle cose da fare, io gliene indico una sola, quella della crescita, della reflazione.
  Vede, non è pensabile che, in otto anni di crisi, la Germania abbia accumulato un surplus insopportabile, danneggiando tutti gli altri Paesi dell'euro, e non solo; non è pensabile che la Germania possa costruire la propria crescita economica, la propria felicità politica, economica e finanziaria sull'infelicità degli altri; e questa simmetria, signor Presidente del Consiglio, che è Pag. 32nei trattati, purtroppo, per cui il deficit viene demonizzato e il surplus viene tollerato, questo, a mio modo di vedere, è all'origine del fallimento di questa fase della costruzione dell'Unione europea. Oggi una cosa deve chiedere in quel vertice di Berlino: che la Germania refrazioni, refrazioni al più presto, e refrazionare vuol dire immettere sulla domanda dell'Europa, dell'Eurozona, 150, 200, 250 miliardi di euro l'anno, che è il surplus dell'economia tedesca. Con questo, il tasso di crescita medio dell'Unione potrebbe crescere di un punto aggiuntivo, con questo dando un segnale fortissimo di forza, di coesione, di solidarietà vera, reale, e assieme a questo non un «pochino di più» di investimenti, signor Presidente, non i 300 finti miliardi del Piano Junker, ma, dati i tassi di interesse, che sono vicini allo zero, servirebbe un New Deal di investimenti da decidere subito.
  Ecco, due cose: 1000 miliardi di investimenti, un New Deal, e la rifrazione tedesca. Ecco, questa è la risposta, da subito, che potrebbe essere la risposta all'uscita della Gran Bretagna, per una ripartenza, per far meglio le cose che i nostri padri, Spinelli, Rossi, Hirschmann, volevano a Ventotene (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il presidente Scotto. Ne ha facoltà.

  ARTURO SCOTTO. Grazie, signora Presidente. Signor Presidente del Consiglio, lei ha utilizzato una metafora molto efficace: l'Europa è la nostra casa e dobbiamo difenderla. Purtroppo, signor Presidente, la casa brucia. Brucia non soltanto per il voto britannico, che è uno shock, ma brucia per l'insieme delle politiche che, nel corso degli ultimi anni, hanno prodotto via via un allargamento della faglia tra le élite sempre meno suffragate dal controllo democratico e un popolo che progressivamente ha cominciato a vedere l'Europa come un nemico.
  Zygmunt Bauman parla di rivolta delle classi ansiose: è la metafora di quel ceto medio, che, progressivamente scomparso, ha perso identità, funzione sociale, possibilità di crescita nella mobilità sociale.
  Abbiamo bisogno di uno shock almeno pari allo shock prodotto dal Brexit, e non basta, signor Presidente del Consiglio, sostituire Cameron nel vertice con la Francia e la Germania per risolvere il problema, altrimenti a quella cartolina ingiallita dell'Europa si aggiungerebbe anche la sua faccia.
  Il tema sono le scelte e non abbiamo visto, nel suo intervento, oggi, nessun approdo concreto rispetto alle linee che, dal nostro punto di vista, andrebbero messe in campo.
  Alcune linee sarebbero in controtendenza con la sua politica economica, le cito tre dati. Il primo, i dati del primo quadrimestre dell'Eurostat: meno 0,5 sui salari, a fronte del resto dell'Eurozona a più 1,7, bassi, ma noi siamo più bassi degli altri, nonostante il Jobs Act. Secondo, il tema degli incentivi alle imprese: 10 miliardi sottratti agli investimenti pubblici. Terzo, la grande questione sociale: 11 milioni di cittadini italiani che rinunciano alle cure e un tasso di aspettativa di vita sempre più basso.
  Ora, la svolta inizia da qui, e inizia da scelte politiche che avrebbero una larghissima maggioranza in questo Parlamento. Le faccio un esempio: lei ha sempre attribuito a quelli prima di lei la responsabilità del fiscal compact. Sfido chiunque in questo Parlamento a non essere disponibile a modificare quel trattato e a mettere al centro il tema del superamento di un Patto di stabilità sempre più stupido e sempre più contrario a qualsiasi visione progressiva dello sviluppo e della crescita. Noi ci stiamo, voi siete disponibili a modificare il fiscal compact ?
  Secondo, moratoria del bail-in: lo dicono oggi anche i dati sulle banche, occorre fare una scelta molto chiara in questa direzione.
  Terzo, ha ragione il collega Brunetta: il Piano Juncker è come curare l'allergia esclusivamente con gli antistaminici ! Signor Pag. 33Presidente del Consiglio, occorre mettere in campo una linea completamente nuova, partendo dagli eurobond e mettendo al centro il tema di una politica vera degli investimenti, di un nuovo corso della politica economica.
  Quarto, una risposta sociale immediata, che parli innanzitutto a quel ceto medio in difficoltà e a quella questione operaia, signor Presidente, che lei stesso ha citato parlando della crisi della manifattura inglese: sussidio di disoccupazione europeo.
  Quinto: scegliere una strada chiara su due trattati che il nostro Paese discute ancora troppo poco. Abbiamo ascoltato Calenda, è possibile mai che per quanto riguarda un trattato, come quello stipulato col Canada, il CETA, il nostro sia l'unico Paese in cui il Parlamento non ha il diritto di metterci bocca ? E, allo stesso tempo, vogliamo dire una parola chiara, come fa il Primo Ministro Valls, in Francia, sul TTIP ?
  Queste scelte andrebbero messe in campo e andrebbero messe in campo rapidamente, perché quella faglia che si allarga e che si traduce in quel voto che ha prodotto il Brexit, ma anche in altri test che vedono quello che viene definito più banalmente – lo dico per economia temporale – «establishment sotto scacco», ci racconta della crisi profonda dell'Eurozona.
  Signor Presidente, una rifondazione democratica del processo europeo passa attraverso queste cinque mosse: o noi le facciamo e le mettiamo al centro, anche del confronto con la Germania, che punta attraverso la svalutazione del lavoro a mettere sotto scacco il processo di integrazione europea, oppure non ce la faremo.
  Presidente, la casa è nostra, ma sta bruciando: o si fa in fretta, o non c’è più niente da fare (Applausi Sinistra Italiana – Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Giancarlo Giorgetti. Ne ha facoltà.

  GIANCARLO GIORGETTI. Grazie, Presidente. Innanzitutto, vorremmo rendere omaggio a David Cameron che nella politica di oggi viene considerato uno sconfitto e che, secondo noi, ha dato una lezione di democrazia a tutta Europa.
  Il referendum di autodeterminazione in Scozia e su Brexit è un grande episodio di libertà, il più grande episodio di libertà dopo il crollo del muro di Berlino.
  Detto questo, il tema, oggi, non è economico, il tema è politico: la democrazia è compatibile con l'Europa ? A questa domanda dobbiamo dare una risposta e questo è il tema che a noi della Lega interessa in particolare, perché, qui, noi, unici a votare contro il fiscal compact in quest'Aula, abbiamo sempre sostenuto una battaglia per l'Europa dei popoli, un'Europa democratica, contro un'Europa costruita senza i popoli e contro i popoli.
  Allora, queste considerazioni arrivano al cuore della politica, alla sovranità popolare, perché partono, sì, dalle considerazioni economiche che ho ascoltato in quest'Aula, ma arrivano lì; noi dobbiamo chiederci come affrontare questa rivoluzione digitale, la globalizzazione che ha creato delle diseguaglianze mai viste, la mancanza di reti di protezione sociale, senza che nessuno sia venuto, così, a chiedere quale modello di sviluppo contrapporre a queste novità.
  È una politica di contenimento, quella di creare debito, debito pubblico e debito privato, per alimentare, comunque, i consumi e mantenere il benessere che abbiamo conosciuto.
  Certo, per gli Stati Uniti è molto più facile, per l'Europa è un po’ più difficile, con una Banca centrale europea che si arrabatta e con una Commissione che fornisce piani e politiche che ricordano i piani quinquennali della fu Unione Sovietica.
  Detto questo, non basta neanche ricorrere ai soliti capri espiatori – una volta i tedeschi, oggi gli inglesi – e non basta neanche richiamare i soliti principi, i bei principi dell'Europa, perché, vede, Presidente del Consiglio Renzi, non c’è soltanto la generazione Erasmus, ci sono quelli che non completano il ciclo di studi obbligatori in Italia, ci sono 2 milioni di giovani che Pag. 34non studiano e non lavorano, non soltanto i fortunati e la generazione Erasmus, non ci sono soltanto gli imprenditori che prendono la sede fiscale in Paesi dove non pagano le tasse, con la benedizione di Palazzo Chigi, ma ci sono milioni di piccoli imprenditori e risparmiatori che sono alla disperazione (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini), non ci sono soltanto centinaia di migliaia di profughi a cui si deve assistenza, ma milioni di anziani italiani che fanno la fame.
  E a questo popolo escluso dalla globalizzazione, dalle magnifiche sorti progressive, cosa si dice ? Voi, no, non dovete votare.
  Abbiamo ascoltato in questi giorni cose aberranti: non si deve dare il potere al popolo di decidere su queste cose perché il popolo non capisce (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini), perché gli ignoranti non devono votare, perché i poveri non devono votare, perché i pescatori non devono votare, perché i contadini non devono votare, e chi deve votare ? Dei Parlamenti illegittimi costituzionalmente, dei Governi non legittimati dal voto popolare ?
  Presidente Renzi, questo è un problema, il problema della democrazia, prima ancora dei piani Juncker e di questi bei discorsi; come facciamo partecipare i popoli, anche gli ignoranti, a questo processo di costruzione della casa comune ? Altrimenti finisce male e temiamo che finisca male; noi vogliamo democrazia, vogliamo sovranità popolare. Oggi lei è stato chiamato, vola a Berlino, finalmente l'hanno richiamata sull'orchestrina del Titanic, era in terza classe, adesso suona insieme agli altri (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini). Il pericolo qual è ? Che di fronte a voi avete due scelte: o si va avanti così e si arriva all'Europa tedesca, oppure si cambia passo, si cambia passo decisamente, si fa l'Europa super-Stato, per carità, federale; naturalmente non ci sono più gli inglesi che rompono le scatole, potrebbe essere agevolato il processo. Fate qualcosa, fate presto, ma una sola cosa noi vi chiediamo: qualsiasi cosa decidiate, chiedete il consenso del popolo, perché i popoli sono padroni del proprio destino (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Fabio Rampelli. Ne ha facoltà.
  Il Presidente del Consiglio ci sta lasciando per impegni istituzionali.

  FABIO RAMPELLI. Grazie, Presidente. Non mi pare molto corretto, anche perché mi pare fosse stato concordato che il Presidente del Consiglio avrebbe dovuto assistere, quantomeno dopo aver fatto la sua seduta al Senato, a tutti gli interventi dell'opposizione e si dà il caso che gli interventi dell'opposizione non siano finiti; anche dopo il mio dovrebbero essercene degli altri. Fermo restando questo atto di maleducazione istituzionale che intendo sottolineare, ma che non mi stupisce e che è frutto, comunque, di un'arroganza che è la metafora dell'arroganza con la quale il Presidente del Consiglio e il Governo italiano, fin qui, hanno trattato le vicende che sono, poi, degenerate nella crisi europea e nella fuoriuscita della Gran Bretagna, voglio ribadire come, certamente, noi non abbiamo responsabilità dirette nella fuoriuscita della Gran Bretagna dall'Unione europea, cioè nell'esito del referendum, ma abbiamo la responsabilità di essere stati per così tanto tempo in silenzio, di non aver mai inteso recepire lo stato profondo di malessere del popolo italiano e dei popoli europei di fronte a una deriva dirigista dell'Unione europea; non aver voluto recepire le insofferenze rispetto al rigore di bilancio, alla conduzione eccessivamente severa della Germania, che si è tentato anche di negare, negando l'evidenza, nei confronti appunto del vecchio continente e della sua convenzione; non aver voluto accogliere il grido di dolore dei nostri produttori rispetto alla mancata tutela dei prodotti tipici, del made in...

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  PRESIDENTE. Potete liberare i banchi del Governo, per favore, colleghi ? Grazie.
  Prego, deputato Rampelli.

  FABIO RAMPELLI. ... dello sviluppo delle piccole e medie attività produttive; aver voluto dare sempre grande evidenza alle vicende che hanno interessato le banche, non aver mai voluto prendere di petto la questione dell'Europa intesa come unità monetaria, l'euro e tutte le conseguenze negative che ci ha comunque scaricato addosso; non aver voluto far prevalere il buonsenso nella gestione degli enormi flussi migratori e aver voluto molto semplicemente cercare di mettere un cerotto a una ferita che non era evidentemente rimarginabile attraverso il mero approccio della cosiddetta solidarietà. Solidarietà, sì, ma anche necessità di comprendere in fondo le trasformazioni di quel continente e di intervenire, lì, per sconfiggere la povertà, il sottosviluppo, attraverso adeguate politiche internazionali che l'Italia, semmai, avrebbe dovuto, prima fra tutte, cercare di guidare. Ancora, sottolineo la responsabilità di non aver voluto «sfiduciare» il piano Junker e Junker stesso; oggi ci troviamo paradossalmente a discutere delle dimissioni presentate dal Premier inglese britannico David Cameron, ma non c’è nessun cenno di pentimento da parte del Commissario europeo, ex Presidente del Consiglio del Lussemburgo, uno dei più piccoli Stati dell'Unione Europea che, clamorosamente, si trova a guidare l'Unione stessa; certo il Lussemburgo è un piccolo Stato, ma è un forziere, lì dentro vengono custoditi tanti, forse, troppi segreti e questo dovrebbe essere il vero valore aggiunto del Commissario Junker, visto che il fallimento dell'Unione europea, con la fuoriuscita della più antica tra le democrazie moderne, quella inglese, è un fallimento sicuramente anche della Gran Bretagna, ma, principalmente, è il fallimento dell'Europa. Sarebbe davvero giusto e necessario, e noi lo scriviamo nella nostra risoluzione, che Junker in prima persona si dimetta, facendo il proprio atto d'accusa e cercando di mettere al centro dell'attenzione i grandi nodi non affrontati nel malfunzionamento dell'Unione europea. A queste vicende ci appelliamo; per questo riteniamo che l'operato del Governo italiano nel suo rapporto con l'Unione europea sia stato largamente deficitario, per questo riteniamo che le correzioni di rotta più recenti siano soltanto dei gargarismi intellettuali fatti dal Presidente del Consiglio, arrivati fuori tempo massimo. Ha avuto due anni e mezzo per rendersi conto del reale stato delle cose, dell'impoverimento progressivo del nostro popolo, dei 4 milioni di poveri e delle notevoli difficoltà per la produzione italiana, anche in relazione – e concludo – all'incapacità e non volontà da parte delle autorità europee di sconfiggere la concorrenza sleale, primo passo per poter far avanzare la produzione. L'ultimo nodo è quello del debito pubblico che galoppa, ma questa è un'altra storia che affronteremo nel corso della dichiarazione di voto.

  ROCCO PALESE. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ROCCO PALESE. Grazie, signora Presidente. A me dispiace, ma faccio questo intervento perché ne rimanga traccia agli atti. C'era stato un accordo per lo svolgimento dei lavori di questa mattina e, stante l'emergenza, c'era stato uno spostamento e una riduzione rispetto al calendario iniziale concordato con tutti. Detto questo, nel contesto della discussione l'accordo ha previsto una serie di deroghe, che tutte le opposizioni o i rappresentanti delle opposizioni, gruppi o componenti che siano, dovevano essere ascoltati per un tempo autoridotto da parte del Presidente del Consiglio. Peraltro, c'era anche un'altra deroga rispetto alla prassi, ossia non le componenti e poi i gruppi in maniera crescente potessero svolgere i lavori, ma in maniera inversa si è proceduto, sempre a condizione che fossero tutti ascoltati. Mi spiace perché poi questo accordo non è stato mantenuto, non lo so perché, per sette minuti. Io esprimo tutto il mio disappunto perché almeno quando si fanno Pag. 36gli accordi qui all'interno dovrebbero essere mantenuti. Immaginiamoci se possiamo pensare o immaginare che possano essere mantenuti quelli a livello europeo. Da qui c’è il mio grande pessimismo che gli attuali leader che rappresentano gli Stati possano veramente trovare una sintesi per uscire fuori da questa crisi. Non sono all'altezza.

  PRESIDENTE. Deputato Palese, lei sa che ci sono state delle intese intercorse tra i gruppi di trovare questo accordo. Lei sa che anche gli interventi vanno in ordine di iscrizione. Abbiamo trovato un accordo per farlo diversamente. C’è stato forse un po’ di sforamento nei tempi e questo ha causato il problema perché il Presidente del Consiglio è uscito nell'ora che avevamo concordato.
  È iscritto a parlare il deputato Capezzone. Ne ha facoltà.

  DANIELE CAPEZZONE. Signora Presidente, signori del Governo, se n'era persa la memoria, ma c’è una cosa che si chiama democrazia: vuol dire potere del popolo. L'Inghilterra reinventò la democrazia a partire dalla Magna Carta, costituzionalizzando il potere e via via nei secoli facendo delle istituzioni rappresentative un presidio contro le pretese e le ingerenze dei Governi. In troppi hanno dimenticato questi fondamentali e questa UE è purtroppo divenuta l'esperimento di come aggirare la volontà popolare, di come bypassare il demos e il suo kratos. Si pensi alle battute dell'ineffabile Junker sull'inutilità delle elezioni nazionali. E se c’è una persona che deve dimettersi è proprio lui, ora, Junker. Con il voto del 23 giugno gli inglesi ci hanno fornito uno spettacolare ripasso di questi principi cardine. Quelli che invece vanno rottamati sono i saggi, gli esperti, quelli che accettano la democrazia solo se il responso corrisponde ai loro desideri. Cameron aveva fatto la cosa giusta puntando sulla rinegoziazione. Purtroppo non ha trovato sponde, né a Bruxelles, né altrove. Ne è scaturito un accordo debole che ha innescato una campagna referendaria per lui drammaticamente in salita. E anche il Governo italiano, nonostante qualche mozione accettata qui in Aula, nonostante le lettere tra i Ministri degli esteri inglese e italiano, si è purtroppo di fatto accodato all'asse franco-tedesco non comprendendo che quella rinegoziazione poteva servire non solo alla Gran Bretagna, ma pure a noi, all'Europa intera. Certamente si apre una fase di incertezza dopo questo voto, con rischi che non sottovalutiamo, ma può essere una grande opportunità. Lo status quo europeo è ora indifendibile. Riprendiamo le pagine di Milton Friedman contro la tirannia dello status quo: sono una bussola. Ora occorre organizzare anche in Italia il «no» al Ministro delle finanze uniche europeo. Parigi e Berlino non tentino alcuna fuga in avanti. Si apra invece una nuova rinegoziazione che riguardi tutti. Si mettano in discussione tutti i trattati europei. Per cominciare, come minimo, si preveda per tutti ciò che era stato stabilito nel primo negoziato con la Gran Bretagna. La nuova UE – e concludo, signora Presidente – deve riconoscere le diversità, non imporre una rigida uniformità; deve rispettare la democrazia e gli elettori, non umiliarli, altrimenti democrazie ed elettori si vendicano e fanno bene (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Conservatori e Riformisti).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Berlinghieri. Ne ha facoltà.

  MARINA BERLINGHIERI. Presidente, onorevoli colleghi, ancora una volta l'Europa si trova di fronte a un'emergenza gravissima e in larga parte inattesa. La Brexit arriva dopo una serie di precedenti in cui l'Unione europea ha dimostrato palesemente la sua incapacità di prevenire i problemi che si sono posti e di definire strategie adeguate di risposta. In un breve lasso di tempo l'Europa ha mostrato tutti i suoi limiti di fronte all'impatto della globalizzazione, con l'accelerazione della concorrenza delle cosiddette economie emergenti, la crisi economico-finanziaria esplosa nel 2007 e dalla quale l'area euro tuttora fatica ad uscire, l'emergenza migranti, Pag. 37l'esplosione delle crisi in molti dei Paesi e alle sue frontiere, la crescita del terrorismo. Quello che preoccupa di più è proprio la ripetitività con la quale l'Unione europea evidenzia le sue difficoltà ad interpretare l'evoluzione degli scenari interni ed internazionali e di trovare soluzioni adeguate in tempi rapidi. Con la Brexit abbiamo assistito ad un'irresponsabile gara in cui tanti esponenti delle istituzioni europee e di diversi importanti Paesi membri si sono lanciati affermando la necessità di chiudere rapidamente i conti con il Regno Unito, di accelerare il processo di fuoriuscita ed imporre a questo Paese l'astensione da tutte le attività dei propri rappresentanti nelle istituzioni europee. In sostanza, sembra prevalere un approccio punitivo: il Regno Unito va sanzionato per l'errore compiuto con il referendum. Dalle istituzioni europee e da chi riveste delicate responsabilità politiche negli Stati membri sarebbe stato lecito attendersi ben altro atteggiamento, meno emotivo e molto più accorto e ragionato. Sarebbe stato utile valutare gli errori compiuti nel passato recente, più che dal Regno Unito, dall'Europa, dall'incapacità di delineare strategie di politica economica in grado di assicurare ragionevoli prospettive di sviluppo a tutti gli Stati membri in presenza della vera e propria rivoluzione costituita dalla globalizzazione e dalla digitalizzazione, all'incoerenza che ha contraddistinto la gestione dell'emergenza migratoria per cui si è oscillati da una disponibilità all'accoglienza pressoché illimitata alla chiusura delle frontiere interne. Per non parlare di come sono stati gestiti i conflitti e le instabilità nel mondo arabo e nel nord Africa.
  L'esito del referendum inglese non può, dunque, essere liquidato come un fatto liberatorio. Il Regno Unito non è soltanto il Paese membro che ha tradizionalmente nutrito un profondo scetticismo di fronte alle prospettive di intensificazione del processo di integrazione europea. Si tratta anche di un partner che può svolgere un ruolo fondamentale negli equilibri complessivi all'interno dell'Unione europea per attenuare la prevalenza che ha assunto la Germania e che produce squilibri e che certo non è un fattore irrilevante nelle difficoltà dell'Unione europea di darsi una strategia credibile di crescita. Il Regno Unito costituisce anche una remora a una tendenza che per molto tempo ha caratterizzato le istituzioni europee all'ipertrofia normativa, all'eccesso di regolazione. Da ultimo, il Regno Unito è un partner commerciale fondamentale, specie per il rilievo che assume il mercato borsistico di Londra. Non vorremmo che nella fretta di liquidare il Regno Unito vi sia da parte di alcuni la speranza di attrarre nel proprio Paese i capitali che attualmente vengono negoziati nella Borsa di Londra. L'uscita del Regno Unito è soprattutto l'effetto del risultato obiettivamente deludente che ha dato di sé l'Unione europea negli ultimi anni e non si può liquidare il voto esclusivamente come la risultanza della prevalenza di umori populisti e xenofobi. Viene da domandarsi per quale motivo il Regno Unito avrebbe dovuto guardare all'Unione europea e in particolare all'area euro con uno spirito meno critico e scettico in presenza dei risultati quantomeno deludenti che l'hanno contrassegnata: l'incapacità di gestire la crisi greca, la perdurante stagnazione che si è risolta in una vera e propria deflazione per la cui soluzione evidentemente non può bastare la politica monetaria espansiva meritoriamente perseguita dal Presidente della BCE, la crescita impressionante della disoccupazione, specie giovanile, e i maldestri tentativi di realizzare una politica solidale in materia di immigrazione. Anziché fare il processo al Regno Unito, le istituzioni europee dovrebbero analizzare con severità le scelte compiute e i fallimenti a loro addebitabili. È auspicabile che da questo ennesimo trauma si capisca finalmente che l'Europa deve cambiare approccio. Il problema non è tanto di carattere ordinamentale o procedurale. A poco servirebbe avviare un confronto, che sarebbe inevitabilmente faticoso e che susciterebbe le reazioni negative dagli euroscettici, sullo sviluppo dell'integrazione da realizzare attraverso modifiche da apportare alle regole e ai processi decisionali europei, così Pag. 38come sulle competenze delle istituzioni europee o sulla creazione di nuovi soggetti a partire dal Ministro del tesoro europeo. La ricetta tedesca, che le istituzioni europee hanno passivamente recepito e imposto agli altri Stati membri, centrata su una politica rigorosa del bilancio pubblico e basata sulle esportazioni, non può applicarsi negli stessi termini in tutti i Paesi membri, che non hanno evidentemente le medesime potenzialità del sistema produttivo tedesco: impedendo la realizzazione di investimenti e senza un adeguato sostegno della domanda interna, le economie di molti Paesi si stanno avvitando in una decrescita che le colloca ai margini degli scenari internazionali, e il cui esito inevitabile può essere soltanto l'esplosione di tensioni e conflitti sociali e la crescita di forze antieuropeistiche ed euroscettiche. Prima di avviarci in un inutile esercizio per la riscrittura delle regole e nella revisione dei poteri delle istituzioni europee, occorre dunque confrontarci nel merito delle politiche condotte a livello europeo, correggendo gli errori compiuti con il fiscal compact, che è palesemente insufficiente a consentire all'economia europea di fronteggiare gli effetti della globalizzazione; così come per quanto concerne i rapporti con i partner e con i Paesi ai nostri confini e la gestione dei flussi migratori. Su queste materie il Governo italiano sta fornendo utili contributi, dalla richiesta di applicare con maggiore intelligenza e flessibilità le regole del fiscal compact, al migration compact, che giustamente si propone di sostenere la crescita dei Paesi di provenienza per prevenire afflussi massicci di migranti, che le economie europee in crisi non possono assorbire.
  È necessario dunque interrogarsi sulla strada da percorrere ora, partendo da un approccio costruttivo e realistico: credo che a questo scopo occorra partire dalla consapevolezza che il referendum britannico, anziché costituire l'inizio della fine della costruzione europea, può rappresentare al contrario una straordinaria opportunità per il suo rilancio. Ciò almeno per due ragioni. La prima, che troppi dimenticano, è che in caso di vittoria del remain ci sarebbero comunque state conseguenze gravi per il processo di integrazione europea: per incentivare la Gran Bretagna a restare nell'Unione erano infatti state fatte concessioni che avrebbero inciso profondamente sui princìpi e sui valori fondamentali dell'Unione, a partire dalla libera circolazione dei lavoratori; e in tal modo si sarebbe aperta la strada ad una probabile emulazione da parte di altri Stati membri: ognuno avrebbe chiesto concessioni e deroghe ad hoc, che avrebbero finito per intaccare profondamente il nucleo stesso dell'Unione. La seconda è che Brexit impone con urgenza ed evidenza un passo da troppo tempo rinviato per le resistenze di diversi Stati membri: il riavvio di un processo di reale integrazione politica ed economica, che è l'unica vera risposta alle grandi sfide globali, ed è dunque l'unico modo di colmare le lacune che rendono l'Europa attuale così poco gradita ai cittadini.
  Come procedere allora nei prossimi mesi per disciplinare le future relazioni tra Unione europea e Regno Unito e riformare l'Unione stessa ? A mio avviso occorre procedere contestualmente su due filoni di azione: riformare da un lato l'Unione Europea, secondo un approccio che preveda se necessario forme differenziate di integrazione tra gli Stati membri, vale a dire due Europe a diverse velocità; negoziare con il Regno Unito, verificando la possibilità che esso rientri tra i Paesi che accettano un'integrazione più debole, o comunque sia legato da accordi equilibrati con l'Unione europea. L'Unione europea potrebbe a questo scopo avviare immediatamente un processo di riforma costituzionale, che preveda la creazione di due cerchi concentrici a diversa velocità: in quello più interno potrebbero rientrare gli Stati disposti ad accettare un'unione sempre più stretta, e quindi ad avviare un processo di integrazione di tipo federale, politica ed economica, come prospettato dalla risoluzione che ci apprestiamo a presentare; nel cerchio esterno si potrebbero collocare poi gli Stati che considerano invece l'Unione solo come un'area Pag. 39economica integrata, escludendo ogni condivisione di sovranità in settori non strettamente economici, e tra questi potrebbe essere incluso il Regno Unito.
  Si è detto che questo scenario è realisticamente ipotizzabile solo dopo le elezioni francesi e tedesche del 2017; io credo invece che si possa, anche in risposta alle forze populiste e xenofobe, avviare il processo federale immediatamente, e definirne i pilastri in occasione di una grande conferenza da svolgersi a Roma, sia a livello parlamentare che governativo, nel marzo del 2017, in occasione del sessantesimo anniversario dei Trattati di Roma. L'Italia può svolgere in questa fase un ruolo utile e positivo, inducendo i partner, a cominciare dalla Germania, a rimettere in discussione scelte ormai dimostratesi fallimentari o comunque insufficienti: non è più il tempo di affidare agli altri la guida dell'Europa, l'Italia deve continuare a fare la sua parte su un terreno concreto, attraverso proposte intelligenti, originali e creative, in modo da evitare la deriva che da troppo tempo contraddistingue l'Europa, di una progressiva disgregazione che alimenta soltanto la sfiducia reciproca ed il populismo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Andrea Mazziotti Di Celso. Ne ha facoltà.

  ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO. Presidente, signori rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, come ha detto il Presidente del Consiglio, la Brexit, il voto inglese, è stato un evento traumatico, che molti non si aspettavano, probabilmente anche molti di quelli che lo hanno presentato; e il Presidente del Consiglio ha detto giustamente che è un voto che va rispettato, a cui va dato seguito. È un voto che nasce da un malessere diffuso, non solo in Gran Bretagna ma anche nel resto d'Europa: un malessere economico, il Presidente Renzi lo ha ricollegato alla crisi della manifattura; io penso sia un malessere ancora più ampio, che nasce dalla crisi di questi anni, dai temi dell'immigrazione, dai temi della sicurezza, dai temi della diseguaglianza economica: tutti temi sui quali sia l'Europa sia i Governi in molti casi non hanno fatto tutto quello che si poteva fare.
  Dicevo, si deve rispettare il voto; si deve rispettare secondo me molto meno chi di quel voto ha cercato e cerca di approfittare, salvo poi, come abbiamo visto nel caso inglese, rimangiarsi tutto quello che è stato detto in campagna elettorale. Io credo che l'esempio dato da Farage, che è alleato di Grillo e che somiglia moltissimo a Salvini, di aver fatto una campagna scrivendo sui pullman che avrebbe restituito al Servizio sanitario nazionale inglese 350 milioni di sterline al mese, salvo poi dire che è stato un grave errore dirlo perché il numero era sbagliato il giorno dopo il referendum, sia un ottimo esempio del tipo di persone che vogliono approfittare, del tipo di movimenti che seguono questo tipo di situazione. Il malessere è un malessere reale; chi cerca di approfittarne non ha risposte. Abbiamo già vissuto l'esperienza greca, dove un referendum ha detto in maniera chiara quello che il Governo doveva fare, dove il Governo è tornato indietro dicendo: non posso dar seguito a quel referendum, perché il Paese fallisce, ed ha vinto le elezioni sulla base di quel medesimo accordo.
  La realtà è che in momenti come questo quello che si deve fare è dimostrare leadership politica a livello di Governi: l'Europa, il Governo europeo, soprattutto i Governi nazionali, devono dimostrare di essere in grado di affrontare momenti difficili come questi, devono dimostrare di comprendere i problemi che hanno portato al voto inglese. Io credo sia significativo che in Inghilterra uno dei temi principali fosse quello dell'immigrazione, dopo che l'Inghilterra aveva ottenuto le deroghe: quindi in realtà si trattava di un problema – come posso dire ? – più teorico che concreto, ma che ha inciso moltissimo sull'esito del referendum. Ciò perché questo tipo di voti è guidato spessissimo da elementi emotivi, che sono Pag. 40dovuti alla situazione generale; e su quella devono intervenire i Governi, su quella deve intervenire l'Europa.
  Il Presidente del Consiglio ha detto giustamente che l'Italia deve farsi promotrice di interventi per gli investimenti, per l'immigrazione, per la crescita, ed è tutto vero: in questo momento serve sicuramente un cambio di passo, c’è sicuramente un'opportunità, perché l'Inghilterra, la Gran Bretagna era un ostacolo su molte delle politiche comunitarie più integrate. Servono, secondo noi di Scelta Civica, istituzioni europee più integrate: servono una politica estera comune più forte, una politica di difesa più forte ed integrata, per poter gestire anche i temi migratori. Tutto questo dev'essere al centro dell'azione del Governo !
  Ripeto, in questo momento quello che serve è che il Governo, che i partiti che lo sostengono e quella parte di opposizione che ha davvero a cuore gli interessi di questo Paese, diano una dimostrazione di leadership, di unità, di volontà di aiutare questo Paese. In questo senso ho apprezzato l'intervento di prima dell'onorevole Brunetta, in cui ha avanzato due proposte concrete su due temi reali, anziché svolgere una polemica; credo invece che l'intervento dell'onorevole Di Battista sia stata la dimostrazione di quanto chi viene qui dentro ad urlare contro il Governo e contro la maggioranza non abbia proposte: perché la posizione sull'Europa «no, a noi piace l'Europa, non piace l'euro» è la posizione di chi non ha capito che cos’è l'Unione europea oggi, di quello che accadrebbe se ci fosse una posizione di questo tipo portata avanti sia davanti al mercato, ma di fronte ai partner europei. Oggi l'opzione «esco dall'euro, ma resto dentro l'Unione europea», per l'Italia, semplicemente, non esiste. Ed è comunque significativo che il MoVimento 5 Stelle, che adesso forse si è reso conto che l'uscita dall'Unione europea non è più di moda, modificando anche gli articoli di qualche mese fa sul blog, non porti mai delle proposte concrete e dica «andiamo a votare, così me lo dicono i cittadini cosa devo fare e mi sono tolto la responsabilità», perché c’è scritto esplicitamente «noi sentiremo i cittadini, dopodiché decideremo».
  Bene, in merito al ruolo della politica in una democrazia rappresentativa come quella che i nostri costituenti hanno creato e che i nostri colleghi del MoVimento 5 Stelle dicono di voler difendere, quando si oppongono alla riforma costituzionale, i nostri padri costituenti hanno detto chiaramente che sulle questioni di bilancio, sulle questioni internazionali, sui trattati, sulle tasse, a decidere devono essere i rappresentanti dei cittadini, i Governi, i Parlamenti, proprio perché su queste materie è più facile che prevalga l'emotività, come è successo in Inghilterra, dove oggi molti di quelli che hanno votato per la Brexit dicono chiaramente di essere pentiti.
  Ecco, noi pensiamo che questo sia il momento della leadership, della determinazione, in cui il Governo deve andare di fronte ai partner europei, a Francia e Germania in questi giorni, successivamente di fronte alla Commissione europea, per dire che serve quel cambio di passo, che servono istituzioni più integrate, che serve una politica economica che punti decisamente sulla crescita, che servono interventi per mettere in sicurezza il sistema bancario; perdonatemi la parolaccia, perché qui sembra che evitare che falliscano le banche sia qualcosa che va a danno dei cittadini e dei risparmiatori e che si faccia un favore alle banche, non meglio identificate, come se dentro non ci fossero i risparmi di tutti e come se il fallimento delle banche non creasse dei problemi alle imprese che presso quelle banche si devono finanziare.
  Su questi temi il Governo deve andare a parlare in Europa: se lo farà, troverà il sostegno di tutte le forze di maggioranza e di quelle forze di opposizione che hanno una serietà sufficiente per rendersi conto che questo tipo di intervento è ciò che serve; avrà contro, ovviamente, gli strilli dei partiti populisti, che urlano senza proporre, ma è dovere del Governo ignorarli Pag. 41e andare avanti per la sua strada (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Fabrizio Cicchitto. Ne ha facoltà.

  FABRIZIO CICCHITTO. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, per quello che riguarda la polemica sui referendum, credo che abbia già risposto, per quello che riguarda la saggezza della nostra Carta costituzionale che esclude referendum su trattati internazionali l'onorevole Mazziotti. Voglio anche aggiungere che pregherei gli amici del MoVimento 5 Stelle di andarsi a leggere oggi una interessante intervista di Stefano Rodotà, che è stato il loro candidato alla Presidenza della Repubblica, che, sul tema del referendum, dice delle cose molto sagge, sulle quali loro dovrebbero riflettere senza dare in escandescenza. Ma, detto questo, entrando nel merito della nostra discussione voglio cogliere il punto politico essenziale di quello che ha detto il Presidente del Consiglio, per dire che: o adesso o mai più.
  Cioè, per le forze che si collocano all'interno dell'Europa e all'interno di questa realtà europea, o si coglie al volo il momento di maggiore crisi che l'Europa attraversa per esprimere una forte controtendenza rispetto ad una serie di punti su cui tornerò, oppure se si perde questa occasione, credo che la situazione non verrà più recuperata. Il rischio, allora, è che vada avanti la linea proposta dai Farage, Le Pen e Salvini, che non è un'alternativa, ma è una catastrofe.
  E di questa catastrofe stanno prendendo coscienza, oggi, anche in Inghilterra, coloro i quali hanno votato Brexit credendo di votare contro il Presidente Cameron. Oggi l'imbroglio di Brexit è testimoniato da due uscite di Farage – una l'ha ricordata poco fa Mazziotti –, quando ha detto: «abbiamo giocato, non è vero che con i soldi dell'Europa ci finanziamo il sistema sanitario nazionale», e poi ha anche aggiunto: «guardate, è in arrivo una piccola recessione; ma non dipende dalla scelta che noi abbiamo fatto». Ecco, messa da parte questa, che è una posizione distruttiva, però una riflessione di fondo va fatta, perché da essa discende tutto quello con cui oggi noi ci stiamo misurando. Dopo il 1989 noi abbiamo avuto due interpretazioni mistificate della realtà: una, quella famosa sulla fine della storia, l'altra, è consistita nella mitizzazione della globalizzazione.
  Sia gli ideologi neoliberisti sia quelli di scuola neomarxista, dicevano che la globalizzazione si sarebbe risolta in un trionfo dell'Occidente; alcuni lo dicevano per esaltarla, altri lo dicevano, per contestarla. Non è andata così, e non è andata così specialmente per quello che riguarda l'Europa, nel senso che l'Europa si è trovata nella massima difficoltà di fronte ad un tipo di concorrenza guidata innanzitutto dalla Cina e dall'India, che, sotto molti aspetti, è stata devastante, perché la Cina utilizza paradossalmente il fatto di essere contemporaneamente uno Stato ultracomunista e un'economia ultracapitalista per non avere regole, sindacati, non rispettare la concorrenza, e quindi avere delle possibilità concorrenziali devastanti rispetto a coloro che invece hanno vincoli legislativo-regolamentari.
  L'Europa ha avuto la vita complicata dal terrorismo islamico e le conseguenti migrazioni di massa. Però l'Europa si è complicata la vita da se stessa a causa dell'egemonia che si è rafforzata al suo interno. Un'egemonia tedesca che, vivendo in modo drammatico un retaggio storico per cui l'inflazione è il male, ha imposto una linea del tutto folle per cui l'Europa ha combattuto la recessione con il rigore e l’austerity: una contraddizione in termini, che ha provocato parte delle tensioni che abbiamo visto.
  Aggiungo anche, per dire la verità, che, quando l'amico Brunetta parla di politica, molto spesso sono in totale dissenso; quando, però, parla da economista, allora lo prendo in seria considerazione. L'altro punto indubbio, che egli ha sollevato oggi, e che sta nei i fatti, è quello di una Germania che, per un verso, ha imposto una linea deflattiva in una situazione recessiva e, dall'altro lato, per quello che la Pag. 42riguarda, esercita un surplus straordinario per quello che riguarda il commercio, non realizzando però una reflazione al proprio interno. Questo è indubbio ed è un nodo fondamentale, così come dei nodi fondamentali, se non vogliamo fare semplicemente della poesia, sono contenuti nella risoluzione che la maggioranza presenta, per cui noi dobbiamo misurarci fra l'altro, anche con tre questioni: con una revisione del Patto di stabilità, con una revisione del fiscal compact e con una riscrittura del bail-in e anche con un dato fondamentale, che è rappresentato dal fatto che bisogna trovare degli strumenti, e sono stati indicati sin dal 2002-2003, come gli eurobond, per finanziare investimenti pubblici e privati, che sono il nodo fondamentale per fare i conti con una questione fondamentale anche ai fini delle polemiche che abbiamo spesso fra di noi sul Jobs Act. Guardate, il Jobs Act ha un riflesso ed un esito positivo, lo sta già avendo oggi, ma entro certi limiti, se non trova il modo di applicarsi su una crescita produttiva rispetto alla quale può svolgere una funzione di moltiplicatore. In assenza di investimenti, è evidente che il Jobs Act esercita un'influenza positiva ma solo entro certi limiti.
  In effetti, qui emergono due dati di fondo di crisi. È in crisi il modello che la Germania ha finora imposto sull'Europa; ma, anche alla luce di come è andato il Brexit, è in crisi il modello inglese, che è fondato su una straordinaria contraddizione, che si è riflessa nel voto, fra una parte dell'Inghilterra, in primo luogo Londra, cosmopolita, proiettata sulla finanziarizzazione internazionale, multiculturale e, quindi, con una capacità di sviluppo per il futuro fortissima, e una Inghilterra, che ha abbandonato per larga parte l'industria manifatturiera. In quelle zone che si sono viste abbandonate ed emarginate, nell'assenza, fra l'altro, di un partito laburista che svolgesse il suo compito e il suo ruolo, il grande capolavoro di Corbyn è stato quello di consegnare il suo elettorato a Farage. Ma questo è avvenuto per una contraddizione sociale profondissima del modello inglese.
  Dopodiché, vorrei dire a Salvini, che ha detto: «Grazie, Gran Bretagna», che io credo che lui non verrà ringraziato da quei 600 mila nostri compatrioti che stanno in Inghilterra, che lavorano là, che studiano là, che hanno utilizzato tutti i mezzi derivanti da questo rapporto della Gran Bretagna con l'Unione europea.
  Per concludere, noi dobbiamo fare un'altra riflessione anche sull'immigrazione, nel senso che sull'immigrazione c’è una contraddizione molto significativa. I dati della Confindustria ci dicono che il lavoro dei migranti vale 124 miliardi di euro oggi, dai 98 miliardi di euro del 2008; che gli immigrati sono 5,8 milioni di persone, il 9,7 del totale, molto meno dalla Germania, che ne ha il 14,9, della Spagna, che ne ha il 12,7, e della media europea, che è del 10,7. Quindi, noi abbiamo un'immigrazione che, per certi aspetti, finanzia il nostro welfare e, per altri aspetti, ci consente di fare i conti con il buco che abbiamo dal punto di vista demografico. È una immigrazione che, per di più, copre delle fasce di lavoro che molto spesso non sono coperte dagli italiani: il 39,6 nei servizi collettivi, il 18,7 negli alberghi, l'11,8 nelle costruzioni e così via. Questo vuol dire che alcuni settori, non andrebbero avanti in assenza di questo.
  Poi, c’è l'altra faccia della medaglia. L'altra faccia della medaglia – ed è la ragione per cui le periferie stanno cambiando di segno – è determinata dal fatto che la parte peggiore dell'immigrazione si scarica sulle periferie, che già vivono condizioni sociali ed economiche assai drammatiche. Questo implica e spiega il cambio di segno politico, anche, delle nostre periferie.

  PRESIDENTE. Concluda.

  FABRIZIO CICCHITTO. Io credo che noi dovremmo fare i conti con tutti questi dati e cogliere un'occasione negativa per cambiarla in una positiva, in una operazione positiva rispetto alla quale si vedrà se l'Europa avrà un futuro oppure si andrà incontro ad una disintegrazione, che sarebbe, però, un'autentica catastrofe, non un dato positivo.

Pag. 43

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Bruno Tabacci. Ne ha facoltà.

  BRUNO TABACCI. Signora Presidente, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, penso che tutti abbiamo seguito con passione il referendum inglese. Conoscevamo il malessere che pervadeva porzioni rilevanti dell'elettorato europeo, i limiti dell'azione dell'Europa e anche le critiche, alcune delle quali sono state mosse in questi mesi anche da noi.
  L'Inghilterra ora ha scelto. Io credo che sia giusto dire che rispettiamo quel voto, anche se si può aggiungere che non l'abbiamo capito. Non credo neppure rientri negli interessi degli inglesi. Abbiamo assistito ad una rottura dell'elettorato. È parso come se i giovani della generazione di Erasmus fossero contro la Brexit e gli anziani, più nostalgici dell'Impero o del Commonwealth, fossero, invece, a favore. Ora, però, gli europei, in particolare quelli che hanno in tasca la stessa moneta, devono prenderne atto.
  Realisticamente non ci può essere l'Europa senza l'euro. L'incontro di oggi dei tre Paesi fondatori (Germania, Francia e Italia) pare decisivo. Mi sembra che il Presidente Renzi ne sia consapevole. Io credo che bisogna andare avanti, non star fermi, andare avanti verso istituzioni europee più efficaci e verso una visione federale, in particolare su moneta, su difesa, su esteri e su immigrazione. Chi sta raccogliendo le firme nel Regno Unito per rifare la partita non è serio. In queste settimane si stava scherzando ? È stato tutto un cinematografo ? Un grande Barnum attorno al quale si è giocata una partita di grande irresponsabilità ?
  Io non credo che noi possiamo essere neppure attendisti nei negoziati conseguenti. Certo, nessun atteggiamento di rivalsa, ci mancherebbe altro. Ma non si può lasciare nell'incertezza il mondo intero per due anni o forse di più. Anche oggi i mercati finanziari dimostrano che il colpo non è stato assorbito. Gli inglesi non hanno creduto nell'euro – pensavano alla magnificenza della sterlina – e si sono messi di traverso sull'integrazione, sempre più necessaria. Non possono ora far finta di nulla. Io invito il Governo italiano a rappresentare queste sensibilità e a farlo con grande precisione. E lascerei a Di Battista di continuare a cavalcare anche gli esiti della Brexit. Vi confesso che in questi giorni mi ha un po’ preoccupato l'orientamento di Grillo di correggere il tiro. Infatti, mi sembrava un'operazione del tutto strumentale: loro non sarebbero più euroscettici, sarebbero diventati euroentusiasti. Basta dire che il tema del «sì all'Europa, no all'euro» è una finzione madornale; però, ci possono essere porzioni dell'elettorato che possono anche credere a queste cose.
  Ora noi dobbiamo tenere i nervi saldi. Il voto spagnolo mostra qualche segno di ravvedimento. Ovviamente, poiché siamo dentro un palcoscenico di carattere generale – è la mondializzazione, bellezza –, è chiaro che l'orientamento sulla Brexit avrà e ha certamente delle conseguenze anche sugli orientamenti elettorali. Forse qualcosa si vedrà anche negli Stati Uniti d'America. Quello sulla Brexit non è un voto che va a vantaggio del candidato repubblicano. Comunque sia, in Spagna la sensazione è che ci sia stato qualche segno di ravvedimento.
  Quello che penso per noi – ed ho concluso, signora Presidente – è comunque il fatto che la nostra scelta europea non è reversibile da nessun populismo, in particolare quelli dei Paesi dell'Est europeo, ai quali ho guardato con speranza e a cui oggi guardo con un qualche scetticismo, perché considero che il fatto che dalla Polonia all'Ungheria di Orban, che sono state vittime dei muri, vengano oggi delle prediche nuove sui muri, sia un elemento di gravissima pericolosità. Noi non possiamo essere indulgenti verso questi populismi e nessuna di queste cose può farci tornare indietro. Vi invito a leggere – ed è l'orientamento conclusivo che lascio ai colleghi dell'Assemblea – l'articolo di oggi di Bernard-Henri Lévy sul Corriere della Sera, che mi è piaciuto molto. Ecco, lì c’è una tensione morale ed emotiva molto forte alla quale sarebbe bene che le persone sagge andassero con grande serenità, Pag. 44perché lì c’è la chiave di volta per riconsiderare la casa comune europea come la prospettiva che riguarda gli europei di tutto il continente (Applausi dei deputati del gruppo Democrazia Solidale-Centro Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Pastorelli. Ne ha facoltà.

  ORESTE PASTORELLI. Signora Presidente, signori rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, è chiaro a tutti noi che viviamo il momento più difficile per l'Europa dal dopoguerra, il voto di giovedì scorso è figlio di tanti errori e rappresenta una severa bocciatura alle politiche dell'Unione. Più che un «no» all'Europa, i cittadini britannici hanno voluto esprimere un «no» alla crisi, alla crescita del divario economico e alla mancanza di risposte. Hanno votato per la «brexit» le persone oltre i 65 anni e scelto di restare in Europa i giovani, quella «generazione Erasmus» che sa che i confini non hanno più senso in un mondo globalizzato. Questo ci dà speranza per il futuro. Riguardo all'immediato, è inutile nascondere che la fragilità attuale non farà che rafforzare paura e rancore fuori, alla base dell'antieuropeismo, ma questa situazione può anche rappresentare la possibilità per l'Italia di esercitare uno stimolo positivo nella ridefinizione dell'Europa. Già nel prossimo Consiglio possiamo spingere l'Unione a riscrivere, ad esempio, il Trattato di Dublino nella gestione delle migrazioni o nel rivedere il tema degli investimenti nelle politiche di spesa pubblica. Siamo stati i pionieri dell'Europa unita e dobbiamo tornare ad esserlo. Quello che non dobbiamo fare è invece restare fermi, lasciando che la situazione precipiti in un declino senza fine (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) – Liberali per l'Italia (PLI)).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Pisicchio. Ne ha facoltà.

  PINO PISICCHIO. Signora Presidente, onorevoli colleghi, onorevole rappresentante del Governo, siamo entrati con il referendum inglese nella prima delle distopie possibili del mondo globale. La seconda è differita al prossimo novembre e porta la data del voto presidenziale americano e speriamo davvero che non sia una distopia. Non si può negare che nella brutale semplificazione dei rapporti di forza nel pianeta si impongano alcune scelte necessarie per la sopravvivenza, l'Europa per esempio. Sappiamo tutti che nella gigantomachia tra le economie e le demografie di America, Cina e nuovi protagonisti globali non c’è più posto per le piccole identità nazionali del Vecchio Continente, ma solo per una più larga identità che le ricomprenda. È indubbio che l'Europa, intesa come progetto politico condiviso, che già prima della «Brexit» stava vivendo una pericolosa stagione di declino, oggi sia destinata a vivere il suo momento più drammatico per il probabile periodo di instabilità dei mercati e di disorientamento delle pubbliche opinioni nazionali, provate da una lunga crisi finanziaria e dall'imponente ondata immigratoria dal sud, che si è tramutata in crisi sociale ed anche in una reazione populistica capace di sconvolgere la tradizionale grammatica politica dei singoli Stati. Certo, il cittadino europeo ha diritto di immaginare che i Governi avessero predisposto un piano «b» e probabilmente in queste ore i Capi di Stato dell'Unione Europea ragioneranno su percorsi già presi in considerazione, perché consumata velocemente l'elaborazione collettiva del lutto, non è detto che questo terribile shock non possa produrre effetti tonificanti per una giusta ripartenza dell'Europa, a poche ma chiare condizioni. Si riparta dai fondatori, dal nucleo dei Paesi da cui è nato tutto per immaginare una nuova e più forte coesione tra chi avverte l'urgenza del nuovo passo e consentendo una partecipazione più esterna alle regole stringenti del primo nucleo per gli altri, ma attenzione, i patti vanno stipulati tra pari, senza egemonismi o suggestioni di primazie finanziarie. La Gran Bretagna esce certamente per il prevalere del suo daimon isolazionista ma anche per l'insofferenza della sua pubblica Pag. 45opinione alla prevalenza assoluta della Germania. Va operato anche un giusto equilibrio a sud, dopo aver subito, a seguito dall'allargamento a ventotto, un egemonismo del nord-est. L'Italia può svolgere in questo contesto un ruolo strategico importantissimo. Tra i danni collaterali – finisco, onorevole Presidente – della «Brexit» prepariamoci a riparare al possibile controesodo dei nostri ragazzi, sparsi per le città inglesi.
  Non sarà una cosa lieve, visto che tra Londra e dintorni risiedono per lavoro o per studio alcune centinaia di migliaia di nostri giovani connazionali. Nel prossimo tempo, dunque, pensiamo anche a loro (Applausi dei deputati del gruppo Misto).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Misiani. Ne ha facoltà.

  ANTONIO MISIANI. Signora Presidente, io credo che il 23 giugno del 2016 verrà ricordato come un giorno molto triste per l'Europa, per la prima volta un Paese ha deciso di uscire dall'Unione europea e questa decisione, questa scelta è stata assunta da un grande Paese. Il Regno Unito a 65 milioni di abitanti, è la quinta potenza economica globale, la sua capitale è uno dei due più importanti centri finanziari del mondo, ha una storia straordinaria ed è la patria della lingua più parlata nel pianeta. Con la «Brexit» l'Europa è diventata più debole, è entrata in una terra incognita ed ha imboccato una strada i cui sbocchi non sono prevedibili. Sono tanti oggi, non solo nel mondo politico ma anche nella finanza, quelli che ipotizzano o addirittura cinicamente scommettono sulla disgregazione dell'Unione europea. Non sta scritto da nessuna parte che le cose debbano finire così ma solo una forte iniziativa politica può scongiurare questo esito, trasformando la negatività della «Brexit» nell'occasione di un grande rilancio del progetto europeista. Ex malo bonum, come ha avuto modo di dire il Presidente del Consiglio. Se l'Europa è stata colpita duramente, ancor più grave è la crisi che si è aperta nel Regno Unito, che oggi ha un Premier dimissionario, la leadership del principale partito di opposizione azzoppata, Scozia e Irlanda del Nord che minacciano la secessione e numerose aziende e istituzioni finanziarie che pianificano la delocalizzazione in altri Paesi. Una situazione di caos che dovrebbe fare riflettere l'opinione pubblica di tutta Europa perché ci fa capire dove ci porta l'estremismo e quale prezzo rischiamo di pagare sull'altare delle menzogne dei demagoghi, delle menzogne dei Farage e dei suoi amici italiani, anche se adesso fanno finta di non conoscersi. Signora Presidente, la vittoria della «Brexit» non è figlia dell'ignoranza o della scarsa consapevolezza degli elettori, come ha scritto qualche commentatore superficialmente. Il popolo è sovrano sempre, non solo quando vota secondo i desiderata delle élite e il risultato del referendum britannico è innanzitutto il fallimento di un establishment che ha perso il contatto con la realtà. Le linee di frattura di questo vuoto sono più complesse del contrasto generazionale che pure ha dominato i primi commenti, perché chiamano in causa la crescente disuguaglianza delle nostre società, il ceto medio che sta scivolando verso la povertà e il rapporto tra il centro e le periferie dei singoli Paesi, tra i perdenti ed i vincenti della globalizzazione. La «Brexit», insomma, è la diretta conseguenza della crisi della costruzione europeista, l'Unione europea che per decenni ha garantito pace e prosperità a un intero continente è stata via via indebolita e svuotata da classi dirigenti miopi e opportuniste, che hanno badato esclusivamente al proprio interesse nazionale, salvo scaricare sull'Unione la colpa di tutto ciò che non funzionava. «Ce lo chiede l'Europa» è stato troppo spesso il leitmotiv delle classi dirigenti nazionali quando si dovevano assumere scelte impopolari. Fino agli anni Novanta l'Europa era sinonimo di progresso economico e di emancipazione sociale, nel febbraio del 1989 – quasi nessuno se lo ricorda – l'88 per cento degli italiani votò favorevolmente al conferimento di un mandato costituente al Parlamento europeo. Oggi l'Unione europea viene identificata da una parte crescente dell'opinione pubblica, anche Pag. 46in Italia, con l'austerità cinica che ha impoverito i popoli dei Paesi periferici, con l'egemonia di una Germania attenta a difendere i propri interessi economici ma riluttante nell'assumersi le responsabilità politiche connesse alla sua forza, con l'incapacità di governare i flussi migratori e l'emergenza profughi. È l'inerzia di fronte al risorgere dei muri, alle frontiere. È chiaro che questa è una percezione spesso deformata dalla propaganda euroscettica, una propaganda che sottovaluta consapevolmente gli enormi vantaggi che l'Unione europea continua a comportare per i cittadini e per le imprese, una propaganda che sopravvaluta clamorosamente le magnifiche e progressive sorti dell'isolamento, salvo rimangiarsi, come sta accadendo in Inghilterra adesso, le promesse fatte in campagna elettorale. Ma la percezione di un'Europa più lontana e meno attrattiva di un tempo in molti casi non è lontana dalla realtà e, se le cose stanno così, se l'Europa vive questa condizione di crisi e di difficoltà, è perché, in questi anni, gran parte delle classi dirigenti di tutta Europa hanno segato l'albero comunitario su cui eravamo tutti seduti, aprendo praterie sconfinate alle forze estremiste e xenofobe. Di fronte a tutto questo, ha ragione il Presidente del Consiglio, siamo di fronte ad un bivio: la paralisi ci porta dritti alla disgregazione dell'Unione europea. Noi crediamo che sia necessario reagire, reagire subito, con il coraggio e la determinazione necessarie, e nell'immediato dobbiamo mettere in sicurezza l'Europa, dobbiamo riportare la stabilità nei mercati finanziari, salvaguardando i risparmi di milioni di europei. È necessario avviare al più presto un percorso ordinato e con tempi certi per l'uscita del Regno Unito, rispettando la scelta popolare e definendo con fermezza ed equilibrio i futuri rapporti con l'Unione europea, ma contemporaneamente dobbiamo riaprire il cantiere dell'Unione europea, che è casa nostra, nostra dei popoli europei. Questa Unione deve riconnettersi, però, con i suoi popoli, recuperando credibilità e forza ideale, perché il rancore degli esclusi non lo si contrasta facendo spallucce, come troppo spesso è accaduto in Europa, ma ascoltando e costruendo risposte credibili alle paure di chi sta ai margini, ai poveri, autoctoni e immigrati, in guerra tra loro per il Welfare.
  C’è una domanda di protezione che emerge da larga parte del ceto medio europeo e da parte dei territori, che la ripresa non l'hanno ancora vista. Di fronte a fenomeni di portata globale come l'immigrazione, il terrorismo e la crisi dell'economia, serve uno scatto in avanti su tanti progetti rimasti finora sulla carta. Penso all'assicurazione europea contro la disoccupazione, penso al Piano Juncker per rilanciare gli investimenti pubblici e privati, al Migration compact, al completamento dell'unione bancaria: molte di queste proposte – lo dico per inciso in questa sede – sono state avanzate dall'Italia, che sta svolgendo un ruolo prezioso, importante, direi cruciale, un ruolo di proposta, un ruolo di impulso, un ruolo riconosciuto anche in questi giorni dai partner dell'Unione europea, per cambiare l'Europa con i fatti e non con le chiacchiere e la propaganda.
  All'Europa serve una riflessione politica in termini nuovi sul fiscal compact, sul bail-in, perché l'austerità e il mercantilismo hanno aggravato la crisi e hanno approfondito gli squilibri, e oggi rischiano di compromettere una ripresa che è fragile e insufficiente per riassorbire quell'emarginazione che poi vota per l'uscita dall'Unione europea. Come sostiene da tempo il Governo italiano, solo una nuova visione della politica economica permetterà di ricucire le lacerazioni sociali, geografiche e generazionali che la Brexit ha evidenziato. E allora per rilanciare l'Unione, è necessario – e mi avvio alla conclusione – affrontare il nodo della legittimazione democratica dei processi decisionali di Bruxelles.
  L'obiettivo che dobbiamo porci sta in poche parole: più democrazia, meno tecnocrazia. La crisi dell'Europa è figlia anche del progressivo sopravvento del metodo intergovernativo sulla dimensione comunitaria; è figlia della sensazione, presente in larga parte dell'opinione pubblica, Pag. 47che le decisioni più importanti, quelle che cambiano la vita quotidiana dei cittadini, vengono prese più nelle segrete stanze delle cancellerie, che alla luce del sole delle istituzioni europee. E allora noi dobbiamo ribaltare questa impostazione e smentire questa percezione, aumentando il peso del Parlamento e della Commissione e riducendo quello delle burocrazie, europee e nazionali, aprendo nuovi spazi di democrazia e di partecipazione dei cittadini.
  Non è una strada facile, signora Presidente, ma è praticabile se le classi dirigenti europee avranno il coraggio e la determinazione per farlo. È questo – e ho veramente concluso – il terreno su cui credo vada costruita la rinascita e la riscossa dell'Unione europea (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Andrea Romano. Ne ha facoltà.

  ANDREA ROMANO. Grazie, Presidente. Credo che uno degli insegnamenti principali di questo referendum britannico, uno degli insegnamenti più preoccupanti, se vogliamo, è che niente è irreversibile, neanche il progetto comunitario, neanche quell'Unione europea dentro la quale siamo stati tutti abituati, da decenni, a rappresentare il nostro posto nel mondo. Il referendum britannico dice anche a noi che quello che è stato costruito in settant'anni può essere demolito pezzo dopo pezzo, lasciando i popoli europei senza la tutela della principale istituzione sovranazionale che siamo riusciti a costruire con strumenti democratici nella nostra storia più che secolare.
  D'altra parte, viene da pensare quante volte, anche solo nell'ultimo secolo, la storia italiana e la storia continentale ci hanno mostrato la demolizione di equilibri che erano considerati indistruttibili, oppure, sempre la storia italiana e la storia continentale, ci hanno mostrato svolte anche negative, persino catastrofiche, che poco tempo prima sarebbero sembrate del tutto fantasiose.
  La storia sorprende per definizione e quello che è successo a Londra e in Gran Bretagna è, appunto, una sorpresa per molti di noi, e tuttavia chi ha una responsabilità politica deve ricordarsene ad ogni passo, senza dare niente per scontato. La reversibilità del progetto comunitario va presa molto sul serio, come sta facendo anche in questi giorni il Governo italiano, va presa sul serio nei suoi profili di rischio, senza più alcuna inibizione per quanto riguarda la possibilità finalmente di discutere di Europa, perché troppo spesso nel nostro Paese l'Europa comunitaria è stata un argomento messo al riparo da una discussione autentica, franca e senza sconti. Troppo spesso, nel nostro passato anche recente, abbiamo pensato che dall'Europa appunto non si potesse mai tornare indietro e che, dunque, non valesse la pena motivare le ragioni del nostro europeismo. Non era così, neanche in passato, ma oggi certamente è chiaro a tutti che non può più essere così.
  La vicenda che stiamo attraversando in questi giorni è l'occasione per gli europeisti di mettere fuori la testa, affrontando nel merito e senza alcuna retorica le ragioni di fondo del progetto comunitario. E la prima e fondamentale ragione del nostro essere europeisti, in fondo, è la stessa che spinse i nostri padri e i nostri nonni a scegliere la strada dell'Unione europea, ovvero l'interesse nazionale italiano. Come allora fu chiaro ai Padri fondatori che l'interesse dell'Italia e degli italiani, dopo la catastrofica stagione delle guerre fasciste, era solo ed esclusivamente dentro il progetto comunitario, oggi è altrettanto chiaro che fuori dall'Unione europea non c’è alcun modo per difendere gli interessi, il benessere e il futuro degli italiani e delle italiane.
  Non è, quindi, solo una spinta ideale e morale ad animare il nostro europeismo, ma una visione molto concreta di quello che conviene alle nostre famiglie, ai nostri figli, alle nostre istituzioni democratiche, alle nostre aziende. Fuori dall'Unione europea non c’è affatto maggiore crescita, maggiore sicurezza, maggiori opportunità e maggiori garanzie per il nostro Paese, niente di tutto questo ! Fuori dall'Unione europea, al contrario, c’è solo un futuro di Pag. 48incertezza e di fragilità. Lo sanno bene – per venire a noi e per venire a quest'Aula – anche quegli apprendisti stregoni che, persino in queste ore tanto drammatiche, giocano con le paure degli italiani promettendo muri che avrebbero solo l'effetto di nascondere lo sguardo e di limitare il benessere e la sicurezza dei cittadini, quegli apprendisti stregoni che confondono la sovranità con l'isolazionismo e fanno finta di non ricordare che la traduzione concreta dell'isolamento non è mai stata il controllo del proprio destino, ma l'alimentazione di conflitti che, sulla vita delle nostre comunità nazionali, non possono che avere effetti molto negativi, se non catastrofici, come è concretamente accaduto nella storia del nostro Paese e del nostro continente. Per questo siamo e restiamo europeisti, per questo rispondiamo agli apprendisti stregoni con la forza e con gli argomenti concreti di un europeismo che non è certo retorico, ma è al contrario ben piantato nelle ragioni reali del progetto comunitario.
  Perché c’è anche chi, anche in quest'Aula, lo abbiamo sentito poco fa, ha raccontato e continua a raccontare agli italiani una storia del tutto fasulla, quella secondo la quale senza l'Unione europea o anche senza la moneta unica, a seconda dell'umore della giornata, l'Italia avrebbe vantaggi, potere e benessere. Sono falsità e lo sanno bene coloro che usano queste storie solo a proprio esclusivo vantaggio politico. E anche loro, e penso agli esponenti del MoVimento 5 Stelle che, quando prendono una pausa dalle offese strampalate e violente che abbiamo sentito anche pochi minuti fa in occasione di un dibattito che avrebbe dovuto essere sull'Europa e che, invece, è stato utilizzato da esponenti del MoVimento 5 Stelle solo per ripetere la litania delle offese che conosciamo tutti troppo bene, quando prendono una pausa, gli esponenti del MoVimento 5 Stelle sull'Unione europea cambiano idea una volta alla settimana, con tutto il tatticismo della vecchia politica. E persino su un argomento di questa importanza, sono pronti ad affermare tutto e il contrario di tutto in base a quello che suggerisce l'ultimo sondaggio. Ma c’è una differenza tra l'essere politicanti, persino astuti, e l'interpretare invece una responsabilità politica dinanzi al proprio Paese.
  Per questo, la nostra risposta a queste falsità e la nostra risposta questi zig-zag da professionisti dell'opportunismo politico, è l'impegno con il quale il Partito Democratico e questo Governo stanno lavorando per rilanciare il progetto comunitario dinanzi ai due grandi rischi che stiamo correndo: il rischio, da una parte ormai consolidato, della insufficiente capacità di accompagnare la crescita delle nostre comunità e delle nostre economie e di condividere il peso delle emergenze migratorie, e l'altro rischio, più recente, quello della dissoluzione, di fronte all'emersione di un potente sentimento di scetticismo popolare. Due rischi sui quali questo Governo e questa maggioranza stanno lavorando dal giorno 1, con una direzione di marcia assolutamente chiara che è quella di non demonizzare lo scetticismo – perché qualunque sentimento di sfiducia, quando poggia su una larga base popolare, ha una sua base di realtà che non può essere liquidata con la supponenza di un'alzata di spalle – ma di rispondere a questo scetticismo con politiche concrete e, dunque, con un cambio di marcia che permetta all'Unione europea di essere più efficace su crescita, lavoro e gestione dei flussi migratori, il che significa, nella sua concretezza, impegnarsi, come si è impegnato il Partito Democratico, come si è impegnato questo Governo, affinché vi sia una svolta radicale e percepibile nell'Unione europea sui temi del lavoro e degli investimenti, senza perdere la serietà di bilancio, perché nessuno vuole tornare agli anni in cui si costruivano cattedrali di sabbia sulle spalle del debito pubblico delle generazioni future, ma senza impedirsi di guardare al futuro, perché futuro significa investimenti, spazi per la crescita, condivisione degli oneri in tema di migrazione, esattamente i temi sui quali il Governo ha aperto un fronte molto netto nel dialogo con Bruxelles, lavorando Pag. 49con tenacia per convincere i nostri partner europei dell'assoluta necessità di una svolta.
  Siamo riusciti ad ottenere risultati in questa direzione, ma ancora maggiori dovranno essere i risultati da ottenere tutti insieme dopo l'esito del referendum britannico, perché, oggi, credo che sia chiaro a tutti, anche a coloro che fino alla settimana scorsa ne erano meno consapevoli, che all'Unione europea e agli stessi europeisti è richiesta quell'intelligenza del cambiamento che l'Europa comunitaria ha saputo mostrare tante volte nel corso della sua storia. Non sempre è accaduto, questo è vero, ci sono state occasioni in cui l'Europa comunitaria si è mostrata miope o testarda, proseguendo, solo per inerzia, politiche che avrebbero dovuto essere archiviate una volta esaurito il proprio compito, ma in tante altre occasioni l'Europa comunitaria si è rivelata lucida e coraggiosa, capace, per l'appunto, di quell'intelligenza del cambiamento che, oggi, serve di fronte alla sfida che abbiamo di fronte. Fu l'intelligenza di quei leader che seppero partire, ad esempio, dalla condivisione della produzione del carbone e dell'acciaio nelle regioni del continente dove tante volte gli europei si erano scannati proprio per contendersi carbone e ferro; fu la stessa intelligenza che ebbero coloro che decisero di aprire la stagione della messa in comune di maggiori garanzie sociali o della frontiera del mercato comune e fu, anche, l'intelligenza di rispondere al crollo del comunismo, aprendo le porte a popoli europei che erano stati esclusi per decenni dalla civiltà occidentale. Oggi, all'Unione Europea è richiesta la stessa intelligenza del cambiamento che seppe mostrare in quelle fasi così positive della sua storia comune e, oggi, l'intelligenza del cambiamento si chiama coraggio di una svolta verso investimenti, lavoro e condivisione delle politiche migratorie, esattamente la frontiera sulla quale stanno lavorando, da tempo, il Partito Democratico e questo Governo.
  Per concludere, Presidente, ricordo che uno degli slogan più efficaci o più tristemente efficaci usato dai sostenitori della Brexit è stato: take control, riprendi il controllo, lo abbiamo visto poi quale controllo abbiano ripreso, in queste ore, coloro che hanno fatto un danno all'economia britannica come nessuno aveva fatto nella storia recente. Tuttavia, a proposito di riprendere il controllo, già i fatti di questi giorni si sono incaricati di dimostrare quanto poco vi fosse di vero in quello slogan e quanti rischi, invece, di indebolimento della propria sovranità reale corra una grande nazione che ha scelto, purtroppo, di abbandonare lo spazio comunitario; ma la sostanza di quello slogan, la sostanza vera di quello slogan, è quella che anima la nostra battaglia europeista per il rinnovo e per il rilancio dell'Unione europea, perché siamo assolutamente convinti che avere il controllo del proprio destino significhi essere membri consapevoli e responsabili dell'Unione europea, lavorare come stiamo lavorando per rafforzare e rilanciare il condominio comunitario, dirigere il timone dell'Unione là dove è indispensabile dirigerlo. Così come siamo convinti – ed è la sostanza più profonda del nostro europeismo – che se abbandonassimo quel condominio o se rinunciassimo a guidarlo o se rinunciassimo alla moneta unica perderemmo il controllo del nostro futuro e faremmo un danno incalcolabile alle future generazioni di italiani ed italiane. (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È così conclusa la discussione sulle comunicazioni del Governo.

(Annunzio della presentazione di risoluzioni)

  PRESIDENTE. Avverto che sono state presentate le risoluzioni Rosato, Lupi, Monchiero, Dellai, Pisicchio, Alfreider, Formisano, Di Lello e Abrignani n. 6-00248, Palese e Capezzone n. 6-00249, Giancarlo Giorgetti ed altri n. 6-00250, Brunetta ed altri n. 6-00251, Scotto ed altri n. 6-00252, Battelli ed altri n. 6-00253, Rampelli ed altri n. 6-00254, Artini Pag. 50e altri n. 6-00255. I relativi testi sono in distribuzione (Vedi l'allegato A – Risoluzioni).

(Parere del Governo)

  PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo, il sottosegretario Gozi, ad intervenire per esprimere il parere sulle risoluzioni che sono state presentate.

  SANDRO GOZI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Grazie, Presidente. Il parere è favorevole sulla risoluzione Rosato, Lupi, Monchiero, Dellai, Pisicchio, Alfreider, Formisano, Di Lello e Abrignani n. 6-00248, contrario sulla risoluzione Palese e Capezzone n. 6-00249 e contrario sulla risoluzione Giancarlo Giorgetti ed altri n. 6-00250. Il parere è favorevole sulla risoluzione Brunetta ed altri n. 6-00251; parere contrario alle premesse, favorevole agli impegni se vengono accettate le seguenti riformulazioni...

  PRESIDENTE. Mi scusi, di quale risoluzione ? Brunetta ed altri ?

  SANDRO GOZI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Sì, Brunetta ed altri n. 6-00251. Alla lettera a): «ad adottare ogni iniziativa per riequilibrare i fondamentali macroeconomici compresi gli eccessi di surplus della bilancia commerciale di alcuni Stati membri», questa è la riformulazione, Presidente, che sostituisce quanto già nel testo originario alla lettera a). All'impegno d) della stessa pagina, aggiungere dopo: «New deal europeo», «di dimensioni adeguate», ed eliminare: «da almeno mille miliardi (tre volte l'attuale piano Junker), freschi» e poi si mantiene il testo: «approfittando dei bassi tassi di interesse (...)» e così via. Alla lettera e), prima di: «determinare», inserire le parole: «a valutare la possibilità di». Alla lettera f), eliminare l'ultima frase da: «ad oggi» fino a: «Nord Europa».
  Nel secondo impegno, eliminare la lettera b); al terzo impegno, eliminare, alla terza riga, da: «attraverso operazioni» sino a: «immigrazione clandestina» e aggiungere, a pagina 7, prima riga, dopo: «Unione europea», le parole: «in linea con il Migration compact». Alla lettera d), aggiungere, alla seconda riga, dopo: «gli obiettivi del piano», le parole: «e valutare tutte le possibilità esistenti per assicurare:», quindi verrebbe sostituita in questo modo la parola: «assicurando». A pagina 8, lettera h): «ad assicurare la ricezione da parte degli Stati membri delle minoranze religiose perseguitate», eliminando da: «in particolare», fino a: «conflitti» e anziché: «predisporre» – alla lettera i) – «a continuare a perseguire un piano di accoglienza (...)». Infine, alla lettera m): «avviare», anziché: «nei tempi più brevi possibili», «non appena le condizioni lo consentiranno,». Se i proponenti accettano queste riformulazioni il parere sugli impegni è favorevole.
  Il parere è contrario sulla risoluzione Scotto ed altri n. 6-00252; contrario sulla risoluzione Battelli ed altri n. 6-00253; contrario sulla risoluzione Rampelli ed altri n. 6-00254. Sulla risoluzione Artini ed altri n. 6-00255 il parere è contrario sulle premesse, favorevole sugli impegni se vengono riformulati nel modo seguente; nell'ultima pagina, anziché: «a presentare con forza al Consiglio europeo», inserire le parole: «a chiedere nelle sedi europee che venga assicurata la disponibilità del Governo turco» e eliminare gli ultimi due impegni relativi alla NATO. Se queste riformulazioni vengono accettate il parere sugli impegni è favorevole.

  PRESIDENTE. Allora colleghi, a questo punto io sospenderei la seduta che riprenderà alle ore 15 per lo svolgimento delle dichiarazioni di voto e il voto sulle risoluzioni che sono state presentate.

  La seduta, sospesa alle 13,55, è ripresa alle 15,05.

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Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Amoddio e Meta sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
  I deputati in missione sono complessivamente centododici, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Si riprende la discussione.

  PRESIDENTE. Riprendiamo la discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in vista del Consiglio europeo del 28 e 29 giugno.
  Ricordo che, nella parte antimeridiana della seduta, si è svolta la discussione sulle comunicazioni e sono state annunciate le risoluzioni presentate, sulle quali il rappresentante del Governo ha espresso il prescritto parere.

(Ripresa parere del Governo)

  PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri Sandro Gozi, per una precisazione sul parere relativo alla risoluzione Artini ed altri n. 6-00255. Prego, sottosegretario Gozi.

  SANDRO GOZI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Grazie, Presidente. Per gli ultimi due impegni della risoluzione Artini ed altri n. 6-00255, le riformulazioni sarebbero leggermente diverse: il penultimo impegno rimarrebbe, togliendo le ultime parole, cioè «pienamente indipendente dalla NATO»; e, all'ultimo impegno, alla seconda riga, dopo le parole: «che consenta all'Unione europea» continuare con le seguenti: «di rafforzare la propria politica estera e di sicurezza», eliminando le parole: «in modo autonomo» ed il riferimento alla collaborazione con la NATO.
  Se queste nuove riformulazioni sono accettate dall'onorevole Artini e gli altri, il parere sugli impegni – non sulle premesse, sugli impegni – diventa favorevole.

  PRESIDENTE. Grazie, poi lo verifichiamo.

(Dichiarazioni di voto)

  PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Pastorelli. Ne ha facoltà.

  ORESTE PASTORELLI. Signora Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, ci troviamo in una situazione difficile, inutile negarlo: per un periodo di tempo abbastanza lungo ci dobbiamo aspettare l'instabilità dei mercati e la caduta verticale della credibilità politica dell'Unione, e ci dobbiamo aspettare che in questo contesto cresca la pressione delle forze politiche populiste sia Europa che in Italia.
  Per far fronte a tutto questo serve una svolta. Per esempio, l'Europa dovrebbe dotarsi di un Ministro delle finanze e dovrebbe avviare una revisione dei trattati; dovremmo affrontare il nodo delle migrazioni, che ha avuto un ruolo rilevante nel voto britannico. Abbiamo già detto che l'accordo fatto con la Turchia ci preoccupa, perché mette pesantemente a rischio il dovere di accoglienza di chi ne ha diritto. Con riferimento al migration compact, i fondi della cooperazione internazionale non possono servire per finanziare misure di controllo ed identificazione alle frontiere degli Stati africani, così come bisogna evitare le collaborazioni con Paesi dittatoriali, magari sotto forma di accordi commerciali per bloccare o rimandare indietro i migranti.
  Dobbiamo mettere insieme politiche veramente comuni per far crescere un'Europa Pag. 52federale, perché da questa crisi si esce con più Europa, non come in Europa, ma un'Europa diversa da quella che abbiamo conosciuto fino a oggi. La componente socialista, dunque, voterà a favore della risoluzione di maggioranza che ha sottoscritto e di tutte quelle risoluzioni cui il Governo ha espresso parere favorevole.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Daniel Alfreider. Ne ha facoltà.

  DANIEL ALFREIDER. Presidente, annunciamo il nostro voto favorevole alla risoluzione di maggioranza e chiedo di poter consegnare il testo della mia dichiarazione di voto (La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti).

  PRESIDENTE. D'accordo. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Ignazio Abrignani. Ne ha facoltà.

  IGNAZIO ABRIGNANI. Presidente, rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, il 23 giugno 2016 sarà ricordato certamente come un brutto giorno per l'Europa: per la prima volta il processo di integrazione europeo, che, con fatica, il vecchio continente aveva avviato dopo le divisioni e i conflitti della prima metà del secolo scorso, ha subito un brusco stop; un passo indietro che provoca sconforto sincero in chi, come noi, crede fortemente nell'ideale europeo.
  Abbiamo adesso un dovere, per chi crede in un'Europa forte ed unita: trasformare il disastro in opportunità, opportunità per far tornare i cittadini a credere nel sogno di un'Europa unita. Lo dobbiamo fare cambiando radicalmente le politiche messe in campo fino ad oggi. Servono istituzioni diverse, più forti e più efficienti; serve una burocrazia meno asfissiante; servono posizioni chiare sulle relazioni esterne e sulla crisi dei migranti; servono incentivi alla crescita e allo sviluppo che combattano la piaga della disoccupazione e della povertà. Troppi sono i problemi che affliggono la situazione internazionale perché l'Europa si possa permettere di farsi da parte. In Medioriente è in corso un conflitto le cui conseguenze in termini di vite umane e distruzioni hanno scarsi precedenti con la storia più recente. Nel Novecento le grandi guerre mondiali colpirono duramente le popolazioni civili, ma non produssero mai quelle migrazioni di massa che oggi rappresentano il tratto saliente di una situazione sempre meno sostenibile da un punto di vista umano e politico.
  Ma non è solo la guerra a preoccupare: l'economia mondiale è colpita da un male oscuro, rispetto al quale non esistono ricette. Finora le banche centrali hanno maturato la loro esperienza nella lotta contro l'inflazione, ma contro la stagnazione si trovano impotenti; gli sforzi che hanno compiuto negli ultimi anni hanno attenuato la possibile stretta, ma si sono dimostrati inadeguati nel combattere l'origine. Ci sono poi i rapporti con un vicino di casa ingombrante, la Russia, che necessitano essere rapporti di pace e di collaborazione. Il clima di guerra fredda, che alcuni attori internazionali vorrebbero tornare a proporre, è inaccettabile per un Paese come l'Italia, che non vede nelle sanzioni comminate la soluzione per tornare a quei rapporti cordiali e collaborativi che sino a pochi anni fa erano sfociati nell'accordo di collaborazione fra NATO e Federazione di Russia.
  Noi ci auguriamo che i leader europei lavoreranno nella direzione di indicare alla politica la giusta risoluzione dei problemi e siamo certi che sarà il popolo britannico il primo a pentirsi della scelta fatta. Abbiamo sottoscritto per queste ragioni la risoluzione di maggioranza, perché l'Italia le soluzioni le propone da anni senza avere risposta. Forse il voto britannico avrà aperto gli occhi a chi fino ad oggi ha parlato solo di ostilità e regole di bilancio. L'Europa che vogliono i cittadini non è quella, l'Europa che vuole l'Italia non è quella.
  Il 25 marzo 2017 saranno trascorsi sessant'anni dal Trattato di Roma: questo anniversario deve essere l'occasione per salutare un nuovo patto fondativo dell'Unione, un patto di cui l'Italia deve essere Pag. 53protagonista. Al Presidente del Consiglio, che sappiamo essere convinto europeista, non possiamo che augurare un buon lavoro; servirà all'Italia, servirà all'Europa.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Rocco Palese. Ne ha facoltà.

  ROCCO PALESE. Signora Presidente, non c’è dubbio che oggi i cittadini non odiano l'Europa, basta stare tra la gente per comprendere questo; odiano questa Europa, la gestione dissennata di questi anni, questa sì che la odiano, la contrastano, gli votano contro. Nel 1957, i padri costituenti dei Paesi fondatori – tra cui orgogliosamente rivendico anche il nostro – avevano congegnato ed ideato un'Europa funzionale a far star meglio i cittadini. Filo conduttore è in particolare il rispetto della solidarietà. Ora i cittadini toccano con mano che questa Europa, in particolare l'Europa degli ultimi cinque anni, è un'Europa che fa star male i cittadini, li fa star peggio. Siamo all'Europa non della solidarietà ma degli egoismi esasperati.
  È veramente deplorevole che, invece di affrontare le priorità emergenziali, che sono crescita, occupazione giovanile, immigrazione e stabilità finanziaria, con tutto quello che riguarda le sofferenze bancarie (a questo punto riteniamo che sia indispensabile avere lo stesso trattamento che hanno avuto i Paesi nel 2012, in riferimento alle sofferenze e quant'altro) e il surplus tedesco, siamo costretti, Signora Presidente, in questa settimana, come lei sa, ad approvare nella legge comunitaria come applicare l'IVA per il rosmarino, per i tartufi, per il risotto, per il basilico ! È un'offesa all'intelligenza ! È un'offesa a tutte le persone ! Invece di affrontare le emergenze vere, siamo costretti a recepire questo tipo di provvedimenti.
  Quindi, signora Presidente, a nostro avviso, l'unica possibilità è un rilancio dell'Europa che rimetta al centro i cittadini anziché le banche e le istituzioni o, peggio ancora, il basilico o affini. L'iniziativa deve essere dei Paesi guida: per questo mi dispiace che il Presidente, per motivi X, Y, chiaramente di impegni, non ci sia, perché occorre una risposta alla disoccupazione giovanile, coinvolgendo almeno 2 milioni di giovani europei. Un Erasmus Pro, con due anni di apprendistato, finanziato integralmente dall'Europa. Due, l'immigrazione, attraverso quantomeno la costituzione di una polizia di frontiera comune. Tre, per quanto riguarda il terrorismo: polizia europea per la sicurezza, per fronteggiarlo. Quattro, un problema anche endogeno, che avrei avuto tanto piacere, signora Presidente, di rappresentare al Presidente del Consiglio, perché non vorrei, con questa uscita della Gran Bretagna e quant'altro, rispetto al bilancio dell'Europa, ai fondi strutturali 2014-2020, che essa fosse presa come pretesto per l'ulteriore riduzione. Almeno quello che non fosse toccato, almeno quello che venga difeso dal nostro Governo !
  Per questo motivo noi abbiamo una posizione molto critica in riferimento alle risoluzioni. Approveremo chiaramente quella che più è affine alla nostra, e cercheremo di evitare una serie di situazioni che invece vengono descritte con troppo ottimismo nelle altre. Io penso che i capi di Stato abbiano una grande responsabilità; ma che si dimostrino all'altezza, come lo è stato De Gasperi, come lo è stato Kohl, come lo è stato Mitterrand, come lo è stato Blair e quant'altro, Willy Brandt !

  PRESIDENTE. Concluda.

  ROCCO PALESE. Noi abbiamo bisogno di queste intelligenze e di questa solidarietà: questa è l'unica cosa che noi raccomandiamo !

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Fabio Rampelli. Ne ha facoltà.

  FABIO RAMPELLI. Presidente, sottosegretario Gozi, colleghi deputati, l'Inghilterra è la più antica democrazia compiuta del mondo moderno: la sua Magna Charta risale al 1300, alla fine del Seicento fu protagonista della rivoluzione liberale che Pag. 54divenne il pilastro autentico di tutte le rivoluzioni successive, da quella americana a quella giacobina, con ciò che ne seguì nel Ventesimo secolo. Il risultato del referendum per la fuoriuscita dall'Unione europea, imprevisto fino a poche ore prima del verdetto, rafforza questa democrazia, non la indebolisce, e fa capire in maniera incontrovertibile che anche le decisioni più importanti competono al popolo.
  Dovrebbe essere così in tutto l'Occidente; ma la verità è che la democrazia contemporanea si è intorpidita, e qualunque Governo, anche fantoccio, riesce a ridicolizzarla. Nel Regno Unito non è stato così, anche se alcune reazioni di fastidio lasciano intendere che la democrazia è a rischio, perché troppi ambienti intellettuali, troppe intellighenzie continentali la considerano oramai superata, ovviamente senza assumersi la responsabilità di esplicitarlo. Molti analisti si sono chiesti se fosse giusto addirittura fare esprimere la massa su un quesito così delicato: anche insigni esponenti del Partito Democratico hanno tenuto questa linea, in fondo omogenea a quell'atavica avversione per la democrazia diretta che ci vede ancora oggi di fronte ad una riforma costituzionale mediocre, nella quale i cittadini non sceglieranno più i senatori della Repubblica senza che sia loro concesso il diritto di scegliere il Capo dello Stato o il Capo del Governo. Si tratta dello stesso atteggiamento che induce a collocare i referendum in Italia lontani da altre scadenze elettorali, per scoraggiarne la partecipazione, o che ha ridotto da due ad un solo giorno il tempo utile per votare alle elezioni amministrative, con la falsa motivazione del risparmio, mentre lo spoglio dura fino a lunedì e i costi sono esattamente gli stessi. Meno gente vota meglio è, più è facile che la sinistra vinca le elezioni ! Meno gente vota meno sorprese ci sono, meno gente vota più sono contenti oligarchi e tecnocrati con cui governare indisturbati: ecco a voi l'ex sinistra proletaria, operaia e contadina, il suo mutamento antropologico l'ha definitivamente condotta nel limbo della democrazia elitaria ed illuminata, dove non si riesce ad accettare che gli anziani, i disoccupati, i contadini appunto, le aree rurali poco antropizzate possano perfino decidere il divorzio della Gran Bretagna dall'Unione europea, come si può notare da un esame socio-demografico del voto.
  I radical chic su cui Renzi e la sinistra hanno ormai una presa irresistibile, quelli che animano i residui salotti bene della società mondiale, sono molto infastiditi per questo esito, e dichiarano guerra: guerra al suffragio universale, per esempio, con la proposta correttiva ed esilarante di votare di nuovo. Sulla rete imperversano le battute: allora si rivoti per il referendum monarchia-repubblica, dice qualcuno; qualcun altro dice che la Germania vorrebbe rigiocare la famosa semifinale persa 4 a 3 a Città del Messico nel 1970; i nostalgici del nazismo chiedono che si ripeta lo sbarco in Normandia, e via così. Tutto marcia nella stessa direzione: ridicolizzare chi non vuole accettare il verdetto imposto alle élite della finanza, al gotha mondialista da qualche milione di straccioni. La democrazia del fastidio ! Forse ci pensa la Scozia a metterci una pezza a colori, ironia della sorte, a togliere le castagne dal fuoco all’élite del pensiero unico dominante: il popolo fiero che stava per staccarsi dal Regno Unito con il referendum per l'indipendenza potrebbe dichiarare la non applicazione della decisione del distacco dall'Unione europea, e minaccia un altro referendum per l'autonomia dal Regno Unito.
  Insomma, lo scenario è confuso. Non quello delle borse, che hanno reagito più o meno tutte allo stesso modo: male. Vale per la Borsa italiana, vale per la Borsa spagnola, che hanno avuto cifre negative a doppio decimale; vale per la Borsa di Londra, ovviamente: la City londinese va in tilt. Perché ? Non si possono eludere questa domanda e la risposta conseguente.
  Questa Europa è fuori dal controllo dei popoli europei: è un'Europa fondamentalmente mercatista, che risponde ai circuiti esclusivi e alle loro governance, ma non ai cittadini, alle famiglie, ai giovani, alle imprese dell'economia reale. Per queste lobby l'Unione europea, com’è configurata, rappresenta Pag. 55una vera fortuna: un mercato finanziario ricco e sofisticato, capace di produrre quella ricchezza che è virtuale per noi comuni mortali, ma molto concreta per la grande speculazione; determina il 90 per cento delle fortune e del tenore sociale dei cosiddetti poteri forti e delle relative corti, e subito appresso decide di mettere sul lastrico le imprese, non incoraggiando appunto i prodotti tipici, le manifatture, le produzioni nazionali, perché di concezione tutto sommato troppo lineare e vecchia, troppo autonoma, troppo liberale. Apro un'impresa, realizzo un prodotto, lo commercializzo, ottimizzo il funzionamento dell'azienda, incremento i profitti; sono benestante, contemporaneamente costruendo con il mio benessere la filiera dei tanti addetti che sviluppano, sulla scorta di questo approccio pragmatico, la qualità della loro vita.
  Quella della finanza è gente che accaparra e decide in tempi rapidi le fortune e le sfortune dei risparmiatori, delle famiglie, delle imprese, delle nazioni, cioè dei popoli; che non conosce la logica della redistribuzione della ricchezza, molto ma molto più vorace dei vecchi capitalisti del Novecento: una piovra tale da fare impallidire qualunque mafia, radicata nel mondo della politica ma capace di comprare tutto, dai direttori di banca ai presidenti delle casse dei professionisti. Una metastasi che lucra sul cambio lira-euro, mettendo in ginocchio per almeno cinquant'anni un'intera economia nazionale; imbroglia sulla proprietà della moneta per creare profitto sulla sua disponibilità: se fosse dei popoli non andrebbe prestata agli Stati; nasconde le riserve auree italiane non lasciando capire a nessuno dove siano, di chi sia la proprietà, se se ne possa disporre e quando; strumentalizza lo spread per condizionare le democrazie, e persino determinare, com’è accaduto in Italia, i Governi; mantiene l'equivoco di banche nazionali che sono di proprietà privata, e della Banca centrale europea anch'essa privata, che per questo non potrà mai diventare banca di ultima istanza. Ricapitalizzazioni, fallimenti, finanziamenti addomesticati, gettoni milionari per consiglieri d'amministrazione, presidenti, direttori, cose da sempre esistite, per carità, non stiamo qui a scandalizzarci più di tanto, ma che oggi rappresentano un ulteriore dato accelerato, perché hanno conquistato non un settore della società, ma le istituzioni, quelle nazionali e anche quelle europee.
  Oggi, nell'intervento svolto auspicabilmente alla presenza di un Presidente del Consiglio che maleducatamente, invece, se n’è andato, abbiamo messo in parallelo, come metafora per una riflessione comune, la linearità, forse persino l'eccessivo senso di responsabilità del Premier britannico, David Cameron, che si è dimesso in seguito all'esito di questo referendum, messo in croce, probabilmente, proprio da quegli illuminati personaggi che ritenevano che alcune materie non potessero appartenere al popolo, alla – chiamiamola in maniera spregevole – massa, tra virgolette, ma che, appunto, dovessero rimanere nelle mani solide ed esclusive della grande finanza e delle persone maggiormente facoltose e istruite.
  Ma non è David Cameron che può essere processato per eccesso di democrazia e non è tanto lui che dovrebbe pagare il conto per il mancato funzionamento dell'Unione europea.
  L'Unione europea sarebbe potuta essere un grande volano per mettere insieme tanti Paesi che si sono fatti, lungo l'arco di tanti secoli, la guerra, guerre sanguinose, che hanno talvolta messo in ginocchio i popoli europei, procurandogli davvero immani sofferenze. L'Europa doveva essere il volano, e invece è diventata un cul de sac, è diventata un imbuto dentro al quale non c’è capienza per le esigenze dei più bisognosi, delle persone in difficoltà, delle nazioni che hanno caratteristiche diverse rispetto a quelle dell'immancabile gigantismo tedesco.
  La Germania che non riesce a cessare la tentazione di essere non già guida autorevole del vecchio continente: ci potrebbe anche stare, qualora, come è stato per gli Stati Uniti d'America, volesse mettersi le mani in tasca e pagare, tra virgolette, almeno da un punto di vista economico, il prezzo di essere un Paese leader. Pag. 56La Germania costringe gli altri Paesi, che hanno caratteristiche diverse, che non hanno una grande industria strutturata, ma che hanno economie di altra natura, che hanno un debito pubblico importante, che lavorano su un tasso di inflazione diverso della moneta, perché operano sulla commercializzazione, e quindi sull'internazionalizzazione dei propri prodotti, sulla competizione morbida, la Germania non riesce a venire meno al suo vecchio vezzo di dominare ed egemonizzare, facendo pagare il prezzo della propria egemonia agli altri.
  Sta perdendo la terza guerra mondiale in questa maniera e, purtroppo, la sta facendo perdere a tutta Europa.
  Di fronte a questo scenario, dunque, non è auspicabile tanto che il Premier David Cameron rassegni le proprie dimissioni, cosa peraltro che, ovviamente, non attiene alle nostre competenze e che osserviamo con distacco a migliaia di chilometri di distanza da Londra, ma è auspicabile, e lo scriviamo nella risoluzione per la quale sto effettuando la dichiarazione di voto, depositata da Fratelli d'Italia, un pentimento, e quindi delle dimissioni conseguenti da parte di Juncker.
  Juncker è il grande assente di questa fase, che avrebbe dovuto spingere l'Europa a una storia di protagonismo, anche sul piano geopolitico; un'Europa che dovrebbe ricostruire...

  PRESIDENTE. Deputato Rampelli, concluda.

  FABIO RAMPELLI. Concludo, Presidente. Ricordo che mi sono stati decurtati due minuti nell'intervento precedente in forza di un accordo che non si è manifestato in Aula, e quindi le chiedo un minimo di indulgenza.

  PRESIDENTE. Lei è già oltre il suo tempo informale, diciamo.

  FABIO RAMPELLI. Grazie, Presidente, concludo davvero. Juncker dovrebbe sentirsi addosso simbolicamente la responsabilità di questo fallimento. È probabile, ma non auspicabile, che, dopo la fuoriuscita dell'Inghilterra dall'Unione europea, ci sia l'effetto domino e io penso – e questa è la conclusione del mio intervento – che farebbe bene il Presidente Renzi intanto a chiedere il conto a Juncker.
  Secondariamente, a pretendere che ci sia non una ristrutturazione morbida dell'Unione europea, ma una sua rifondazione, perché tutte le regole di ingaggio, a cominciare dai più antichi trattati, sono stati cuciti su misura di alcune nazioni dell'Europa settentrionale e a discapito delle nazioni dell'Europa meridionale, che noi, comunque, rappresentiamo.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Lorenzo Dellai. Ne ha facoltà.

  LORENZO DELLAI. Grazie, signora Presidente, colleghe e colleghi, signor sottosegretario, già stamattina il collega Tabacci ha espresso l'opinione del gruppo Democrazia Solidale-Centro Democratico, e dunque voteremo senz'altro la risoluzione di maggioranza, ma soprattutto quello che ci preme dire è che condividiamo quanto questa mattina il Presidente del Consiglio ha detto a proposito della necessità di un nuovo inizio del processo europeo. E condividiamo anche, debbo dire, l'appello che egli ha rivolto alle culture politiche europeiste, a prescindere dalla loro collocazione nei vari contesti politici nazionali.
  Penso si riferisse non tanto alle nomenclature delle famiglie politiche europee, la cui tendenza a balbettare in questi anni ha comportato non pochi problemi al processo europeo. Penso che si riferisse ai valori fondanti delle culture politiche europeiste, quelle che hanno costruito l'Europa, quelle che si sono un poco addormentate e quelle che adesso hanno necessità assoluta di risvegliarsi. Condividiamo quanto è stato detto: occorre rispettare il voto inglese, occorre prenderne atto e occorre girare pagina. Per questa ragione, pensiamo che l'incontro di oggi a Berlino sia un'occasione importante, dalla quale ci aspettiamo un segnale forte, che ci auguriamo Pag. 57non sia solamente coincidente con la concessione di qualche miliardo in più di flessibilità per la prossima finanziaria del nostro Paese, cosa pure importante e che noi, naturalmente, rivendichiamo.
  Ma noi ci aspettiamo che ci sia un segnale verso un catalogo nuovo del progetto europeista. Serve questo segnale, e serve urgentemente, non fra due anni, come qualcuno ha detto, e serve che sia articolato intorno alle paure e alle preoccupazioni dei cittadini, molti dei quali sono delusi in tutta Europa, come abbiamo visto, dal fatto che l'Europa, che aveva suscitato tante aspettative, non abbia saputo difenderli rispetto ai cambiamenti globali e ai loro effetti sul piano della qualità della vita. Per questo, molti cittadini in tutta Europa si aggrappano di nuovo, ahimè, al vecchio armamentario, alla sovranità nazionale, all'idea protezionistica, al sogno di vecchie grandezze, e non manca il riferimento, come sempre nei momenti difficili della storia, al nemico che sta alle porte e che starebbe per invaderci.
  Lo sappiamo bene che è una tragica illusione aggrapparsi a questi vecchi armamentari, e lo sanno anche i politici che in tutta Europa, anche in Italia, cavalcano la tigre. Lo sanno che è un imbroglio, che si fonda su una babele concettuale. Si invoca, da una parte, più sovranità nazionale, come dicevo, e assieme, però, si proclama che l'Europa dovrebbe essere più incisiva nelle materie economiche, nel lavoro, nella sicurezza, nella difesa, nella lotta alla povertà, nella gestione dei flussi migratori. È un'evidente contraddizione in termini.
  Così come noi riteniamo che sia un non senso sul piano giuridico, ma prima di tutto ancora sul piano logico e sostanziale, dire che un Paese come l'Italia possa essere dentro l'Unione europea, ma fuori dall'euro. Noi riteniamo, dunque, signora Presidente, colleghe e colleghi, che serva un segnale forte e immediato; riteniamo che serva un segnale, prima di tutto, sul piano del coraggio della politica. Si è parlato molto di democrazia, si è decantato il referendum inglese come esempio di democrazia, la parola al popolo. Per carità, certamente, quando il popolo viene chiamato a votare e si esprime, l'esito di quel voto va assolutamente rispettato, ma noi sappiamo che la democrazia è anche qualcosa di più. Sappiamo che la democrazia è qualcosa di molto più esigente. Sabato scorso, a Trento, abbiamo celebrato, attraverso un libro, un grande politico del nostro Paese, Beniamino Andreatta, che aveva dato, da questo punto di vista, un segnale importantissimo, una testimonianza importante su cosa voglia dire la politica, su cosa voglia dire la moralità della politica, che non è solo non rubare, è anche avere piena coscienza che la politica è anche responsabilità verso il popolo, è guidare il proprio popolo, possibilmente non, come sta accadendo oggi in Inghilterra e in altri Paesi europei, verso il baratro. Sappiamo che la democrazia e la buona politica non sono solo, anzi non sono affatto una cinica contabilità degli umori. E sappiamo, però, che, insieme a questo recupero di un progetto altamente politico sull'Europa, servono – appunto, come dicevo prima e concludo – anche segnali importanti, segnali concreti, segnali da dare subito.
  Per questo, noi auspichiamo che l'incontro di oggi pomeriggio a Berlino sia una prima tappa su questa strada. Lo ha detto stamattina – lo abbiamo apprezzato – il Presidente del Consiglio Matteo Renzi; lo hanno detto molti osservatori; lo ha ribadito il Presidente Prodi in più di una dichiarazione, anche oggi: questo non è il tempo dell'attesa, non è il tempo del trascinamento, in attesa di eventi che forse verranno. Questo atteggiamento sarebbe un rischio mortale per l'Europa. Per queste ragioni votiamo la mozione della maggioranza, ma, soprattutto, al di là di questa che può essere anche una ritualità doverosa per un gruppo che sostiene il Governo, per questa ragione dicevo, siamo convinti che, da parte del Governo italiano e del Parlamento, debba venire, nelle prossime settimane e nei prossimi mesi, una iniziativa politica molto forte, molto lungimirante, capace di diradare un pochino le nebbie che sul sentiero europeista, in Pag. 58questi anni e in questi giorni, si sono presentate (Applausi dei deputati del gruppo Democrazia Solidale-Centro Democratico).

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 15,35).

  PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Si riprende la discussione.

(Ripresa dichiarazioni di voto)

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Gianluca Pini. Ne ha facoltà.

  GIANLUCA PINI. Grazie, Presidente. Onorevoli sottosegretari, devo dire che la misura del senso profondo del voto del 23 giugno scorso in Inghilterra l'ha resa molto bene stamattina il mio collega e amico Giancarlo Giorgetti. Adesso, invece, siamo nella fase di valutazione di quelle che sono le proposte che questo Governo dovrebbe, in qualche modo, portare sul tavolo del Consiglio europeo del 28 e 29 giugno. Come sempre, c’è questa liturgia di mettere un po’ di tutto all'interno non solo delle premesse – ci sta –, ma soprattutto dei dispositivi di queste risoluzioni, che dovrebbero, in qualche modo, impegnare il Governo. Devo dire che è abbastanza singolare ritrovare alcuni spunti, nelle premesse della risoluzione di maggioranza, che sistematicamente noi, nel passato, avevamo inserito nelle nostre risoluzioni di minoranza. Penso che la cosa più simpatica sia contenuta in uno dei primi punti. Evidentemente questa risoluzione di maggioranza è stata scritta non a due, ma a otto o forse anche sedici mani, non solo per il fatto delle firme in calce, ma anche per un tentativo di mediazione fra varie posizioni. E la cosa molto interessante è quella che si legge proprio al primo punto, alla lettera a), all'inizio delle premesse, dove si dice che è necessario rafforzare il ruolo del Parlamento europeo, consolidando le sue funzioni legislative – e qui nulla di strano – in tutti gli ambiti d'azione dell'Unione, confermando e rendendo effettivo il potere di nomina del Presidente della Commissione europea. Incredibile cosa riesce a fare un referendum ! Cosa riesce a fare il voto di un popolo !
  Evidentemente gli inglesi ci hanno salvato. Ci hanno salvato perché ci hanno dato, prima di tutto, una lezione di democrazia, di che cosa è veramente la democrazia, del fatto che non esistono solo, come ricordava Giancarlo questa mattina, le generazioni Erasmus, ma esistono anche quei milioni di ragazzi che non lavorano e non studiano e che non sono stati, di fatto, mai aiutati, anzi sono stati massacrati dalle regole che impone l'Unione europea, che sta diventando sempre di più non un contenitore, dove volontariamente si accede, del quale si fa parte volontariamente, ma diventa quasi una prigione di regole che genera tutto tranne che lo sviluppo.
  Allora, se vogliamo veramente dare un segnale, da parte di questo Parlamento e – speriamo – da parte di questo Governo, che non è un esercizio di ipocrisia, se si è scritto e ci si è spinti fino al punto di dire che deve essere il Parlamento europeo a nominare il Presidente della Commissione – finalmente un qualcosa che passa attraverso rappresentanti regolarmente eletti e non nominati, non nominati magari nell'interesse di qualche grande lobby o di qualche grande multinazionale, che ha tutti gli interessi a tenere nascosta, ad esempio, la trattativa sul partenariato transatlantico –, se ci si è spinti veramente fino a questo punto, chiaramente noi, per tutta una serie di motivazioni che sono contenute, poi, nel dispositivo, non potremo votare la risoluzione di maggioranza, però, siccome non siamo dei talebani Pag. 59e apprezziamo il fatto che qualcuno abbia preso coscienza del fatto che veramente questo è l'ultimo suono di campanella se si vuole salvaguardare quel poco, a dire il vero, di buono che ha generato l'Unione europea in questi anni, è assolutamente necessario invertire totalmente la tendenza e ridare dignità a quelle persone che sono state, invece, massacrate da interessi che guardavano più alla finanza speculativa, piuttosto che a dare una mano alla parte sociale delle zone del Paese più in difficoltà.
  Allora, noi, per questo, nella nostra risoluzione, chiaramente in premessa parliamo di quelle che secondo noi sono le parti più delicate, cioè il fatto del fallimento totale. Anche in questo caso la proposta veniva da noi e veniva fatta più e più volte in questo Parlamento, non solo in questa legislatura, ma anche in quelle precedenti, cioè quella, ad esempio, di separare nettamente le banche di natura commerciale dagli istituti di natura esclusivamente speculativa, se non si voleva arrivare al disastro che si è visto generare all'interno del sistema bancario. Non lo si è voluto fare, anzi si è voluti andare nella direzione sciagurata del bail-in, che ha massacrato i piccoli risparmiatori e ha portato anche al suicidio di centinaia, se non migliaia, di persone. Questo è un problema da affrontare. Non mi pare, però, che lo abbia affrontato – questo è uno dei motivi per cui voteremo contro – la maggioranza di Governo, perché non ve n’è traccia in maniera così specifica e significativa all'interno del testo.
  Un'altra questione di base, comunque, da affrontare – tutto il dibattito si incentra su questo, di fatto – è il non aver più paura o non aver paura di affrontare i pronunciamenti democratici da parte dei cittadini europei. Non si sfugge dal fenomeno sicuramente a cascata che ci sarà, perché sicuramente ci saranno anche altri Paesi, altri Stati membri che seguiranno l'esempio inglese e sottoporranno a referendum nuovi negoziati o, addirittura, la stessa adesione all'Unione europea. Non bisogna aver paura del pronunciamento della gente. Non bisogna averne paura perché è l'unica maniera per rafforzare le istituzioni; infatti, le istituzioni che non rispondono a un voto popolare non hanno nessun tipo di legittimazione. Questo è un concetto che qualcuno si deve ficcare in testa una volta per tutte. Io non so, onestamente, se Renzi oggi è andato a Berlino ad incontrare la Merkel e Hollande o se è andato a incontrare Bill Gates, perché, alla fin fine, mi pare che sia stato più pesante l'intervento di qualche capo di una multinazionale, da un punto di vista politico, piuttosto che l'indeterminatezza delle frasi espresse sia dalla Cancelliera tedesca sia dal Presidente francese. Quindi non so quale parte, se quella politica o quella finanziaria e speculativa, è andato ad incontrare oggi il Presidente del Consiglio. Quello che so è che, domani e dopodomani, in sede, invece, di Consiglio europeo, bisognerebbe affrontare in maniera chiara, lo ripeto, chiara, il problema del deficit di democrazia. Allora, mi ricollego a quello che è il primo rigo delle premesse della risoluzione di maggioranza, sperando, lo ripeto, che non sia un mero esercizio di ipocrisia, ma sia, finalmente, una presa d'atto che quello che la Lega ha detto per più di dieci anni – perché da quando è iniziato veramente il problema di deficit di democrazia sono passati dieci, dodici anni – è diventato patrimonio comune nell'agenda politica non solo italiana, ma anche europea.
  Mi avvio a concludere, Presidente, annunciando chiaramente il voto contrario sulla risoluzione di maggioranza, cioè sulla risoluzione Rosato ed altri n. 6-00248, mentre chiediamo la votazione per parti separate delle premesse e del dispositivo della risoluzione Palese e Capezzone n. 6-00249, ci asterremo sulla premessa e daremo, invece, voto favorevole sul dispositivo; la nostra risoluzione chiaramente avrà voto favorevole; sulla risoluzione Brunetta ed altri n 6-00251, visto che è stata stravolta dal Governo con le riformulazioni, se queste verranno accettate dai colleghi di Forza Italia, il nostro voto non potrà che essere contrario, perché va esattamente in direzione opposta rispetto a quello che si era sperato; sulla risoluzione Pag. 60Scotto ed altri n. 6-00252 voteremo in maniera contraria; sulla risoluzione Battelli ed altri n. 6-00253 chiediamo, anche qui, una votazione per parti separate delle premesse e del dispositivo e dello stesso dispositivo in due parti; le lettere – scusate, perché qui ci sono tantissimi impegni che, magari, diluiscono anche un po’, invece, il nocciolo della discussione, ma comunque sono impegni che fanno parte di un dispositivo – b), i), k) ed n) chiediamo che siano votate separatamente rispetto agli altri punti, appunto, del dispositivo. Il voto sarà favorevole sulla risoluzione Rampelli ed altri n. 6-00254 e contrario sulla risoluzione Artini ed altri n. 6-00255. Tuttavia, è già questa una dichiarazione di voto che, quindi, impegna anche a capire in che direzione vogliamo andare, mi auguro sinceramente che il sottosegretario Gozi possa tornare qui, la settimana prossima o fra quindici giorni, e dire che effettivamente quel tracciato è stato dato. Forse vi siete sbagliati, non lo so, spero di no, spero che non vi siate sbagliati a scrivere quelle cose lì, perché sarebbe veramente un segno di democrazia. La speranza è l'ultima a morire ho un'apertura di credito su quello che può essere un dibattito assolutamente di salvaguardia, non tanto per l'Unione europea, perché i contenitori si creano e si disfano, ma per i cittadini dell'Unione europea, che è assolutamente necessario (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Giovanni Monchiero. Ne ha facoltà.

  GIOVANNI MONCHIERO. Grazie, Presidente. La situazione che si è creata con il voto del referendum inglese pone un problema all'Europa e, oserei dire, pone finalmente il problema dell'Europa. Gioverà ricordare, oggi, che i trattati con i quali venne costituita l'unità europea non prevedevano il recesso unilaterale degli Stati membri; questa clausola, oggettivamente un pochettino stravagante, è stata assunta in tempi successivi, quando l'Unione europea ha cominciato ad allargarsi ben oltre i confini dell'omogeneità economica e politica degli Stati membri, piuttosto cercando di inseguire l'idea fondante dell'unità dell'Europa: l'Europa come identità culturale, l'Europa come centro culturale, politico del mondo per almeno un millennio, l'Europa che si riconosceva, che partiva dalla romanità, che si era plasmata nel Medioevo, esplosa come centro di civiltà e di cultura nel Rinascimento, l'Europa che aveva visto la rivoluzione industriale, l'Europa che era stata la colonizzatrice del mondo. Ora, inseguendo questo sogno, ci siamo dimenticati dei passaggi intermedi e siamo arrivati a costituire una unità politica nella quale i membri entrano ed escono a loro piacimento.
  È chiaro che l'esercizio della democrazia, cioè di chiedere a un popolo se vuole o no far parte di un'aggregazione sovranazionale, è un esercizio assolutamente ineludibile, ma non può neanche essere un esercizio valido per tutte le stagioni: facciamo un referendum all'anno, un anno sì e un anno no, ecco credo che nessuna istituzione possa reggere; per cui noi rispetteremo tanto più il voto dei cittadini inglesi se ne trarremo, in modo definitivo, le conseguenze. L'Inghilterra ha deciso di uscire dall'Europa, non credo che sia auspicabile un secondo round, una rivincita nella quale gli inglesi decidano di nuovo di tornare in Europa; gli inglesi hanno fatto una scelta che, ovviamente, i loro governanti devono per primi rispettare, ma che tutti i Paesi europei devono rispettare.
  Che cosa resta quindi dell'Europa, oggi ? Resta la grande idea, naturalmente, resta la passione dei padri fondatori e anche degli spiriti che li avevano preceduti, in questa visione unitaria dell'Europa. Ogni tanto gioverà ricordare che l'Europa dei popoli cento anni fa si massacrava inutilmente nelle trincee in nome di un nazionalismo esasperato che ha caratterizzato per secoli gli Stati nazione. Il capoluogo della mia provincia è stato oggetto di sette assedi e non da parte dei turchi, da parte dei nostri fratelli francesi che ogni tanto passavano di qua e assediavano Pag. 61Cuneo perché era la prima piazzaforte che trovavano sul loro cammino. Ora questo passato dell'Europa noi pensiamo che debba essere definitivamente superato e che l'Europa dei popoli debba essere l'Europa dei popoli uniti in istituzioni funzionanti. Giustamente, da molti anni a questa parte, c’è stata una crescente critica nei confronti della burocrazia centrale che governa l'Europa. L'Europa ha istituzioni politiche debolissime e istituzioni burocratiche fortissime, elefantiache. Ora è su questo punto che bisogna incidere. Io ho apprezzato l'intervento del collega Pini che ha notato come nella risoluzione di maggioranza ci sia un richiamo all'elezione del Commissario europeo o meglio del Presidente della Commissione e voglio anche ricordare che nella medesima risoluzione che ovviamente andremo a votare si invita il Governo a farsi promotore di una grande conferenza per mettere al centro proposte in favore di una nuova governance europea, perché questo è il problema dei problemi: noi non possiamo pensare di incidere seriamente sulle politiche economiche europee se non abbiamo un'entità politica che se ne possa assumere legittimamente la responsabilità. Ha ragione il collega Palese che fa ridere leggere nella legge europea che modifichiamo l'IVA del prezzemolo o il modo di coltivare questo o quell'altro frutto della terra. C’è, certamente, un eccesso di normazione, molte di queste norme sono superflue, molte sono in contrasto con quelle degli Stati, ma noi non risolveremo mai quei problemi se non rivedremo a fondo il sistema della governance europea e dobbiamo rivederlo, togliendoci dalla testa anche alcuni errori di valutazione: uno degli argomenti più frequentemente dibattuti, uno degli argomenti più forti degli euroscettici – non voglio chiamarli populisti, perché mi pare che sia quasi un complimento, chiamiamoli euroscettici, è un termine più tecnico – è che può essere utile uscire dall'euro. Ora, tutti noi ricordiamo che l'ingresso nell'euro, cioè nella moneta unica, è stato pagato a caro prezzo, perché il nostro Paese era considerato un Paese molto poco affidabile a causa di un debito pubblico di dimensioni enormi e difficilmente sostenibile, quel debito pubblico ci ha costretti a entrare nell'euro in condizione di svantaggio. Ora, vorrei solo evidenziare che è una insana illusione quella che possiamo pensare di coltivare che il giorno in cui usciremo dall'euro ci vengano restituiti i sacrifici fatti allora; no, ci verranno raddoppiati. Perché uscire dall'euro ci costerà altrettanto in termini di perdita del valore della nostra moneta, di perdita del potere d'acquisto dei nostri salari, di perdita del valore delle nostre produzioni. Quindi, è indispensabile che nel fare delle proposte si rientri nel campo della sostenibilità, anche tecnica, di queste proposte, ma ribadisco ancora una volta il concetto che nessuna proposta è correttamente possibile se non si rafforzano le istituzioni che devono essere legittimate ad assumere le decisioni di politica economica, in modo che queste vengano percepite come le decisioni di un Governo europeo legittimo e non come di un Governo di burocrati che non rappresenta nessuno. In questo senso si muove la risoluzione di maggioranza e in questo senso stamattina nel suo breve intervento il Presidente del Consiglio non è stato oggi maleducato, ma è stato semplicemente costretto ad andare a svolgere un ruolo di preparazione del Consiglio europeo di domani, con altri leader di grande livello. Più volte in quest'Aula abbiamo sentito deridere il Governo italiano, dicendo che contava troppo poco. Per una volta che il Governo italiano viene chiamato a discutere l'intervento preparatorio politico sui lavori di domani; io credo che la comprensione, per il fatto che il Presidente non abbia potuto partecipare completamente al dibattito né replicare almeno oggi, per questa assenza, sia pienamente giustificata. In ogni caso, comunque stamattina il Presidente ha espresso, in modo sintetico, quella che è una posizione che noi condividiamo totalmente: rispettare il voto degli inglesi significa cambiare le istituzioni europee e cambiare le istituzioni europee significa muoversi verso un rafforzamento del potere europeo e, quindi, inevitabilmente una cessione di Pag. 62una parte delle decisioni che devono essere prese da organi democraticamente eletti – e non certo da organi burocratici – devono essere prese a livello di comunità; chi ci sta ci sta, chi non ci sta può legittimamente uscire, ma per chi esce davvero non è previsto il suo rientro dopodomani. Solo così si potrà rafforzare l'Europa, solo così nel tempo io credo che tutta l'Europa si riconoscerà in una nuova istituzione molto più forte.
  In questo senso credo che vada la nostra risoluzione e per questa ragione confermo il voto favorevole del gruppo di Scelta Civica (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Rocco Buttiglione. Ne ha facoltà.

  ROCCO BUTTIGLIONE. Grazie, signora Presidente. Ricordo, una volta, di aver letto da qualche parte che oportet ut scandala eveniant, è bene che avvengano gli scandali, e certamente questo del voto sulla Brexit è uno scandalo. Perché è bene che gli scandali avvengano ? Perché lo scandalo ti costringe a prendere posizione, a capire da che parte stai, a capire quello che vuole davvero il tuo cuore. Noi non abbiamo nulla contro il fatto che il popolo britannico abbia scelto, peraltro con una maggioranza finissima, di uscire dall'Unione europea. È un loro diritto e, anzi, voglio dire al collega Pini che io condivido molte delle cose che lui ha detto su di una certa paura che c’è in giro del voto popolare. No, non dobbiamo avere paura del voto popolare e gli europeisti in Italia troppe volte e per troppo tempo hanno avuto paura di dire le loro ragioni davanti al popolo. È un errore gravissimo ! Dobbiamo andare davanti al popolo a dire le nostre ragioni, perché è tempo di decidere: questa Brexit può essere l'inizio del dissolvimento dell'Unione europea oppure può essere l'inizio di un grande rilancio che porti finalmente ad ottenere il risultato per il quale gli europeisti da sempre si sono battuti, cioè quello dell'unione politica dell'Europa. Dobbiamo dire, con chiarezza, che se questa Europa non ci piace – e non ci piace –, se questa Europa non funziona – e non funziona – non è perché siamo andati troppo avanti verso l'unità politica dell'Europa; è perché non siamo andati abbastanza avanti verso quell'obiettivo. E, allora, i meccanismi si inceppano, perché il potere decisionale c’è ma anche non c’è è soggetto a eccessivi poteri di veto e non è capace di dare quell'impulso che sarebbe necessario per difendere le nostre ragioni in un mondo globalizzato.
  Vorrei dire un'altra cosa. Io sono molto critico dell'Europa così come è adesso per le ragioni dette. Non è perché vi è troppa politica europea, troppa sovranità politica. No ! È perché non c’è abbastanza sovranità politica dell'Europa. Ma oltre a questo diciamoci la verità: l'Europa è anche un falso bersaglio. Noi vorremmo vivere in un mondo in cui lo Stato può spendere di più e non succede niente, dove possiamo fare più deficit per distribuire più denari e per venire incontro alle fasce più deboli della popolazione, magari anche per curare le proprie clientele da parte di qualcuno di noi, qua e là dove serve, senza che questo provochi nessun effetto drammatico. Ma quel mondo è scomparso e non è scomparso a causa dell'Europa; è scomparso a causa della globalizzazione. Viviamo in un mondo globalizzato in cui la competizione è molto più dura ed essendo la competizione molto più dura i margini della spesa clientelare sono molto ridotti e anche quelli della spesa sociale si sono assottigliati.
  Non è che stare dentro o stare fuori dall'Europa cambi molto in questo contesto. Stando fuori dall'Europa puoi spendere di più: nessuno ti dice che c’è un limite. Però, è anche vero che poi l'inflazione arriva e ti azzera tutto quello che hai fatto finta di aver distribuito con le tue politiche redistributive. Vogliamo parlare di queste cose ? Questi sono i problemi veri. Sull'Europa si scarica molta della tensione di un'incapacità di dire le cose come stanno, di vedere il problema vero, che non è l'Europa ma è la globalizzazione.Pag. 63
  Signor rappresentante del Governo, non le farò l'elenco delle cose che bisogna fare: l'unione bancaria, completare il mercato interno, il migration act (la politica comune sulle migrazioni, ma basta con l'inglese e non a causa del Brexit perché ero contrario già prima all'inglese in Aula). Non le farò quest'elenco perché lo sa già – è inutile che glielo ripeta – e lo ripeteranno tutti al Consiglio europeo che si prepara adesso. Facciamo una cosa inedita, diciamo una verità che nessuno dice: bisogna ripartire dalla cultura. Questa Europa non ci piace e la gente non capisce questa Europa anche perché non ha un'identità e non ha una cultura. Cosa ci dice la Gran Bretagna ? Che una nazione, che ha una grande storia, che ha una grande cultura, non si trova a suo agio in un'Europa che non le offre un'identità più grande e più ampia, in cui la sua identità nazionale sia integrata in modo convincente, ma appare come un non luogo, cioè il non luogo di una non identità in cui si ha freddo e si desidera di uscire per tornare nel calore della propria piccola patria che sarà anche piccola. È piccola ! Anche la Gran Bretagna è piccola, però è una patria e, davanti a un'Europa che non è patria, meglio tenersi la piccola patria di prima. Questo è il ragionamento che hanno fatto molti, perché la gente non ragiona sempre con un criterio utilitaristico, come a volte si pensa a Bruxelles. Noi abbiamo fatto un'Europa nella quale si è ragionato molto di banche e di banchieri, molto di vantaggi e di svantaggi economici di questo o di quello, anche di IVA sulle cipolline, e molto poco, invece, di cultura, di valori, di radici comuni, di solidarietà.
  Io credo che questa sconfitta di oggi sia una sconfitta, perché non mi si dica che, votando democraticamente il popolo, non è una sconfitta. È una sconfitta ! Il popolo non sbaglia mai – questo è il principio della democrazia – se le classi dirigenti gli spiegano chiaramente quali sono le alternative e quali sono le conseguenze delle sue scelte e quando il popolo sbaglia – e sbaglia – la colpa non è del popolo, ma delle classi dirigenti che non hanno saputo fare il loro mestiere e noi abbiamo una crisi drammatica di classi dirigenti, ahimè non solo in Gran Bretagna, non solo in Gran Bretagna.
  E, allora, credo che noi abbiamo cominciato la svolta sbagliata quando non abbiamo fatto la Costituzione europea e ancora prima, quando non abbiamo voluto le radici cristiane della Costituzione europea. Sapete che io sono un po’ bigotto, ma non lo dico per ragioni confessionali: andavano bene anche le radici ebraico-cristiane, anzi andavano meglio. Andavano benissimo, ancora meglio, le radici ebraico-cristiane e greco-latine. Mi viene in mente Socrate, che non era cristiano, ma va bene. È uno dei padri dell'Europa; chi ne dubita ? Invece, non abbiamo avuto nessuna radice culturale. Le radici culturali sono state abolite e abbiamo fatto un'Europa degli interessi e non un'Europa delle culture. Un grande poeta americano d'origine ma molto britannico, T. S. Eliot, ha scritto una volta: «Vi ammassate gli uni sugli altri per fare denaro, gli uni a danno degli altri, e direte: questa è una comunità ?». Questi versi di Eliot descrivono molto bene quella che è stata l'Unione europea negli ultimi 10-15 anni: il luogo degli interessi egoistici di gruppo, il luogo degli interessi egoistici degli Stati. È mancata la percezione della cultura, è mancata la percezione delle nazioni; le nazioni e i popoli sono realtà vive che fanno la storia. Possono sembrare addormentati in certi momenti, ma poi riemergono e, quando riemergono, quello che è stato costruito senza di loro e contro di loro crolla come un castello di carte. È un'esperienza che abbiamo già fatto negli anni in cui è crollato il comunismo e allora l'Europa scaldava i cuori, perché l'Europa era il sogno dell'incontro fra le nazioni, era fondata sulla percezione di una cultura comune, di un senso dell'uomo, di una solidarietà. Questo è venuto meno, questo bisogna ricostruire, fra le nazioni ma anche dentro le nazioni, perché la Brexit ci dice anche un'altra cosa: la Gran Bretagna è spaccata in due.
  Ma anche l'Italia è spaccata in due, tra quelli che hanno le conoscenze culturali e Pag. 64i mezzi per inserirsi nella nuova economia della conoscenza in un mondo globalizzato e quelli che non ce li hanno, rispetto a quelli che sanno un paio di lingue, sanno usare bene il computer, hanno le capacità (oggi dicono skills) per esercitare le nuove mansioni di un'economia informatizzata o di un'economia della conoscenza in cui crescono nuovi settori, nuove fonti di energia, nanotecnologie, biotecnologie e tante altre cose. Ma metà del Paese lì non c’è, e questa metà del Paese è sempre più abbattuta e anche rabbiosa e non le interessa un bene comune dell'Europa nel quale non trova anche legittimamente una risposta alla domanda del suo bene particolare: come mi inserisco io in questo bene comune dell'Europa ?
  Ma dirò di più: non è questione di bene comune dell'Europa, è questione di bene comune delle singole nazioni, perché non si sente neanche più nella sua comunità nazionale, sia la Gran Bretagna o l'Italia. Abbiamo bisogno di solidarietà per riunificare le nostre nazioni e, se ritroviamo il principio della solidarietà, riusciremo anche a riunificare l'Europa. Il Governo italiano dica queste cose, faccia una proposta già fatta ed approvata anche in quest'Aula, per uno rilancio culturale dell'Europa. Che l'Italia sia all'avanguardia in una visione dell'Europa che mette al primo posto la cultura, i valori, la solidarietà. Se rilanceremo così avremo successo, e prima o poi torneranno anche i britannici.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Erasmo Palazzotto. Ne ha facoltà.

  ERASMO PALAZZOTTO. Signora Presidente, l'ordine del giorno del prossimo Consiglio europeo, su cui oggi avrebbe dovuto relazionare il Presidente del Consiglio, affrontava due temi, in realtà: uno era l'esito del referendum sulla Brexit e l'altro le politiche migratorie. Io penso che questo ordine del giorno sia esattamente la fotografia delle due facce della stessa medaglia, la medaglia che oggi riguarda la crisi profonda che investe il progetto europeo, ed è esattamente la fotografia di tutta l'inadeguatezza delle classi dirigenti europee rispetto al momento storico che stiamo affrontando ed attraversando.
  Le migrazioni, da un lato, e il processo di disgregazione europea sono due elementi che riguardano il tempo in cui viviamo e sono frutto di scelte politiche sbagliate messe in campo da quelle stesse classi dirigenti che oggi non riescono più a trovare il bandolo della matassa. Sulle politiche migratorie credo che l'Europa sia al terzo o quarto tentativo di trovare delle soluzioni, dapprima solo di natura emergenziale, rispetto a quello che invece è un fenomeno strutturale del nostro tempo, da oggi, invece, rispondendo in maniera strutturale ma amplificando le cause che quel fenomeno ha generato. La dico in maniera brutale: le politiche migratorie dell'Unione europea, il migration compact proposto dal nostro Governo e riveduto e corretto per non turbare troppo l’establishment dei Governi nordeuropei, si fonda principalmente su due pilastri: il primo, l'esternalizzazione delle frontiere (mi verrebbe da dire, lontano dagli occhi, lontano dal cuore) e quindi un grande investimento economico fatto con accordi bilaterali nei confronti di alcuni Paesi chiave rispetto all'origine e al transito dei Paesi migratori, che ha un accordo capofila, che è quello con la Turchia, che serve ad allontanare il problema dalla vista della propria opinione pubblica.
  Ciò perché, signor sottosegretario, quando le immagini del piccolo Aylan, morto su una spiaggia della Turchia nel tentativo di attraversare l'Egeo per arrivare in Europa, hanno fatto il giro del mondo, tutta l'Europa si è commossa guardando quelle immagini, ma noi non abbiamo visto le immagini dei corpi trucidati dalle guardie di frontiera turche mentre sparavano sui profughi siriani che provavano ad attraversare il confine (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana – Sinistra Ecologia Libertà).
  Ed è esattamente questo il punto di crisi culturale e morale delle classi dirigenti europee, il fatto che per mere ragioni di opportunismo stanno diventando complici Pag. 65di quell'immane tragedia, anzi stanno alimentando il mercato che quella tragedia ha causato. Aggrediamo le cause dell'immigrazione ! Abbiamo preso i soldi della cooperazione internazionale e li abbiamo messi a disposizione anche di feroci dittature per sigillare i confini dei Paesi dell'Africa subsahariana: lontano dagli occhi, lontano dal cuore. La Libia ingovernabile e le immagini delle tragedie nei nostri mari sono insopportabili, quello che succede nel Sahara non è affare nostro ! Così è stato il processo di Khartoum, il processo di Rabat, il vertice de La Valletta e l'ultima parte dell'accordo del migration compact, i famosi 8 miliardi di euro della cooperazione allo sviluppo che verranno destinati e condizionati alla gestione dei flussi migratori. Quello non è il modo di risolvere il problema, è il modo con cui noi alimentiamo la causa del problema. Così come la grande ipocrisia di chi oggi piange rispetto alla questione della crisi siriana e però non dice una parola rispetto alla decuplicazione della vendita di armamenti in Medio Oriente da parte degli Stati europei e del nostro Governo. Allora noi siamo la causa principale della devastazione di quei territori da cui poi i profughi partono, e se volessimo affrontare le cause dovremmo cominciare a dire che smettiamo di vendere armi a Stati canaglia che hanno inciso nel conflitto siriano. Invece, le autorizzazioni per la vendita di bombe all'Arabia Saudita continuano interrotte.
  Allora, c’è una grande contraddizione e, se vogliamo, una grande ipocrisia, nel dire che possiamo continuare a vendere le bombe e poi ci scandalizziamo quando chi sta sotto quei bombardamenti viene a casa nostra e diventa un problema da gestire. Il tema delle migrazioni è esattamente la cartina di tornasole di questa Europa incapace di rispondere oggi anche a se stessa e ai propri bisogni. La dico così: l'incapacità delle classi dirigenti è rappresentata anche dai numeri statistici. Noi parliamo di poco più di un milione di profughi che l'anno scorso sono arrivati nel nostro continente, un continente che vanta alcune tra le nazioni più industrializzate e ricche del pianeta e anche 500 milioni di abitanti, e sta drammatizzando questo fenomeno invece di scegliere di averne una governance e di affrontarlo nel tempo, combattendo sì le cause, a partire dai cambiamenti climatici, che sono una delle prime cause per la nascita delle migrazioni, ma al contempo governando il processo di chi viene in Europa perché abbia una piena integrazione e perché trovi un sistema di welfare universale che può permettere di trasformare l'immigrazione in una risorsa. Qui c’è il secondo punto all'ordine del giorno: la Brexit. L'Europa è diventata negli anni tecnocratica, profondamente ingiusta e governata prevalentemente dai mercati finanziari, se non nell'interesse dei mercati finanziari. L'abbiamo visto in più occasioni: le politiche di austerità che ci avete propinato in tutte le salse perché servivano a salvare la nostra economia, a far riprendere l'economia, oggi – è davanti agli occhi di tutti –, quelle politiche, sono la causa del disastro economico in cui oggi si trova l'Europa. Dovevano servire a salvare la finanza pubblica, sono servite a drenare soldi dai sistemi di welfare, quindi ad impoverire di più le fasce più deboli delle popolazioni europee, per indirizzarli verso la voracità dei mercati finanziari. Non abbiamo esitato un secondo a costituire diversi fondi salva banche, per salvare il nostro sistema economico e, al contrario, non abbiamo avuto nessuna pietà nei confronti di Stati e di popoli che stavano soffrendo per la crisi economica, come è stato il caso della Grecia. Grexit l'anno scorso, Brexit quest'anno, ma il tema resta sempre lì: l'incapacità dell'Europa di rispondere ai bisogni dei propri cittadini e, invece, la capacità esagerata di rispondere alle esigenze dei mercati finanziari.
  Sono stati commissariati Governi, in funzione degli indici di rating, che le agenzie di rating appunto davano all'economia di interi Paesi. Vede, da questo punto di vista c’è un altro terreno che è drammatico di questa vicenda, che è l'allergia di quei mercati finanziari a tutti i processi democratici. Questo è il punto cardine che ha messo in crisi e in discussione Pag. 66il processo di integrazione europea, perché vede, noi ci troviamo oggi davanti all'interruzione di quello che è stato il processo di integrazione europea. Per un ventennio quel processo è stato una grande speranza che si potesse finalmente arrivare a realizzare il sogno europeo federalista di Altiero Spinelli, poi quel processo si è interrotto e l'integrazione europea ha proseguito solo sul canale finanziario. Noi abbiamo fatto passi da gigante nell'integrazione dei sistemi finanziari, il fiscal compact è l'ultimo dei trattati che abbiamo sottoscritto che vincola le nostre politiche di bilancio proprio per garantire quella liquidità ai mercati finanziari e, dall'altra parte, invece obbliga i Paesi come il nostro a fare continui tagli agli strati sociali. Ogni volta che Mario Draghi annuncia l'immissione di nuova liquidità per le banche io penso a quanti ospedali abbiamo dovuto chiudere per permettere quell'immissione di liquidità. È esattamente questo il punto, tutte queste istituzioni europee sono prive di controllo democratico da parte dei cittadini e ogni qual volta viene posta la possibilità ai cittadini di decidere, quei cittadini si ribellano, come è successo in Gran Bretagna. Io penso che oggi abbiamo davanti a noi la possibilità di rimettere in discussione tutto e mi è dispiaciuto sentire dal Presidente del Consiglio parole che non davano peso alla gravità della situazione. Non dobbiamo cambiare un pochino rispetto alle politiche europee, abbiamo la necessità di rimettere in discussione i trattati. Serve oggi un nuovo patto fondativo e quel patto fondativo deve essere sottoposto al consenso democratico dei cittadini europei. L'Europa si fonda sulla democrazia, non si fonderà mai su un processo che vive nelle stanze chiuse della tecnocrazia europea che avete costruito. Questa è la strada con cui oggi si può rimettere in discussione quello che è successo, altrimenti la Brexit sarà solo l'inizio del processo di disgregazione europea e la dico così: se questa Europa non cambia, in un'Europa così non ci vorrà vivere nessuno e avranno avuto ragione gli inglesi ad essere i primi ad andarsene. Proprio per questo, oggi il dovere di una nuova classe dirigente è quello di riscrivere i trattati e di rifondare l'Europa. Non so se ne sarete capaci, ma me lo auguro per il futuro dei nostri figli e dei nostri nipoti (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana – Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Valentini. Ne ha facoltà.

  VALENTINO VALENTINI. Signora Presidente, onorevoli colleghi, la riunione del Consiglio europeo su cui è venuto a riferire il Presidente del Consiglio si svolge all'indomani del referendum in cui il 51,9 per cento dei votanti si sono espressi per l'uscita dall'Unione. La reazione alla Brexit, specie quella italiana, non ha mostrato fino ad ora né lucidità né costruttiva lungimiranza, sembra che i leader europei si limitino ad accusare il popolo britannico e che la loro unica preoccupazione sia quella di impedire che si inneschi un processo emulativo da parte di altri Paesi, oggi critici verso le istituzioni e le politiche europee. Piuttosto, nessuno si spiega perché oggi siamo spaventati da questo desiderio di fuga dall'Unione europea quando fino ad alcuni anni fa ed ancora adesso c’è chi fa la fila per entrarvi. Questo, in un quadro internazionale confuso, l'attuale Unione europea, è fattore di ulteriore confusione, disattende cioè alle ragioni per cui era nata, ovvero perché offriva garanzia di pace, solidità democratica e solidità economica. Di certo, se esiste ancora una classe dirigente che ama il sogno europeo, ha il compito di dire la verità e di rimettere in discussione alcune scelte fatte. È evidente che il pericolo della rovina, non soltanto dell'Unione europea in quanto costruzione istituzionale ma anche del benessere della nostra gente, senza una decisa svolta politica ed economica tra gli Stati che la compongono, non avverrà mai. Ci vuole una vera e propria rivoluzione di mentalità e il rischio di disfacimento impone iniziative forti. Veniamo al ruolo del nostro Paese, su cui, nella nostra risoluzione, sollecitiamo l'intervento del Governo.Pag. 67
  L'Italia ha il compito storico, dopo la caduta di credibilità dell'egemonia tedesca, di rilanciare su basi nuove e concrete il sogno europeo dei padri fondatori. L'attuale Governo ha basato finora i suoi rapporti con i partner sulla subalternità, con il risultato non solo che l'Italia conta poco nell'Unione, ma che senza un cambiamento significativo anche l'Unione stessa è destinata all'irrilevanza nel mondo della globalizzazione. In tutte le sedi opportune abbiamo sollecitato a dare seguito alla proposta francese di restituire una dimensione politica all'Eurozona, con un Governo e un Parlamento comuni. Anche oggi, con le nostre risoluzioni, impegniamo il Governo ad aderire alla proposta annunciata dal Presidente francese Hollande per accrescere la legittimazione democratica dell'Unione europea. Allo stesso tempo, oltre ad assumere in ogni opportuna sede iniziative tese a progredire nell'unione politica, invitiamo il Governo a sollecitare l'avvio dell'unione bancaria, economica e di bilancio, per evitare il progressivo allontanamento dei cittadini nei confronti delle politiche dell'Unione e scongiurare una deriva tecnica, che cancelli di fatto lo spirito dell'Europa delle origini, comportando tra l'altro la progressiva perdita di sovranità dei singoli Stati nazionali. Questa è la piccola grande rivoluzione da mettere in campo nell'Unione, non più l'imbuto voluto dalla Germania, fatto di controlli sempre più stringenti, cessioni progressive di sovranità, compiti a casa, asfissia dei Paesi con alto debito pubblico, difficoltà nella governance, ricatti politici e ricatti dei mercati finanziari. Noi vogliamo una nuova Unione, in cui davanti a tutto ci sia la politica e la responsabilità. L'Italia tuttavia sino ad ora è rimasta immobile. Il Presidente del Consiglio finora non ha saputo decidere se fare asse con la Francia e magari la Spagna e ha preferito sottostare alla linea di Angela Merkel in cambio di un po’ di flessibilità e di possibilità di fare deficit, al fine di ottenere facile consenso nel Paese. Una condotta non accettabile, che ha portato l'Italia a perdere progressivamente peso e rilevanza in Europa e, nonostante il nostro Paese sia uno dei maggiori contributori dell'Unione, il Governo è stato tagliato fuori dalle decisioni importanti, pensiamo al vertice sull'Ucraina oppure alla lunga trattativa finalizzata a risolvere il problema della Grecia, pensiamo anche alla lotta al terrorismo e al tema immigrazione. Tra l'altro, la questione migratoria nell'inerzia del Governo italiano continua a rappresentare un problema ormai strutturale che l'Unione europea non ha mai affrontato in maniera seria, approfondita e risolutiva. L'Europa ha colpevolmente dato la priorità alle questioni relative alla frontiera est, dimostrando cecità nel mancato coinvolgimento della Russia quale alleata preziosa per pacificare i Paesi del Mediterraneo, insistendo su sanzioni che in definitiva fanno male alla nostra economia e alle imprese del nostro Paese. Proprio per questo voteremo contro le premesse della risoluzione della maggioranza, ma nello spirito costruttivo emerso nel dibattito, voteremo a favore degli impegni assunti, con l'auspicio che l'Italia imbocchi – per usare le parole del Presidente Renzi – la strada del coraggio e non faccia più finta di niente. In questo senso, sugli aspetti della politica macroeconomica, è difficile negare che oggi l'Europa non soffra di una carenza sul lato della domanda e che sia necessario uno stimolo fiscale che supporti la politica monetaria. È noto che ciò che più negativamente ha inciso sulla funzionalità dell'Unione è stato il surplus delle partite correnti della bilancia dei pagamenti dell'economia tedesca, che ha coinciso con l'avvento dell'euro e che da allora ha sempre avuto un andamento crescente, in particolare negli anni di crisi. Ma in unione monetaria il surplus di uno dei Paesi produce più danni dell'eccesso di deficit di altre economie della stessa Unione. Se la Germania reflazionasse da subito, questo creerebbe un virtuoso clima di crescita, aumenterebbe il tasso di inflazione, ridurrebbe il divario tra il bund e i titoli degli altri debiti sovrani e tutta l'economia dell'euro e della zona euro tornerebbe ad essere sostenibile. Se alla reflazione tedesca e degli altri Paesi in Pag. 68surplus si affiancasse un piano di investimenti, un new deal europeo da almeno mille miliardi – noi riteniamo – approfittando dei bassi tassi di interesse che rimarranno tali almeno nel medio periodo e utilizzando la garanzia della Banca europea degli investimenti, l'Europa non solo riuscirebbe finalmente ad uscire dalla crisi ma troverebbe uno slancio che dalla creazione della moneta unica non ha mai avuto, diventando competitiva anche rispetto alle altre economie mondiali. Migliorerebbe anche la performance della banca centrale che, con i suoi quantitative easing, perché la politica monetaria tornerebbe a trasmettersi nell'economia reale, soprattutto se si comincia finalmente a parlare seriamente di una modifica anche dello statuto della Banca centrale europea, la renderemmo più simile a quello che noi conosciamo tutti come la Federal Reserve americana. Gli anni della crisi sono stati caratterizzati da sempre più stringenti cessioni di sovranità presentate come necessarie e indispensabili per far fronte all'emergenza. Il six pack, il fiscal compact, il two-pack e tutte modifiche intervenute sull'originario Trattato di Maastricht, che hanno ulteriormente squilibrato il sistema europeo stravolgendone l'impianto iniziale. Oggi le istituzioni europee non reggono perché incapaci di cambiare le politiche che hanno dimostrato il loro fallimento in termini di crescita economica e, di conseguenza, in termini di benessere sociale. Ebbene – ed è questo il nostro ennesimo invito al Governo – l'Italia ha la forza storica, culturale, economica per chiedere e ottenere un serio cambiamento di rotta. Se si vuole salvare l'Europa è necessario dire la verità e agire di conseguenza e questo può significare anche rivedere i trattati laddove non funzionano. Abbiamo bisogno in tutta l'Europa di forti investimenti infrastrutturali in capitale fisico, umano e sociale. La disgregazione si combatte facendo funzionare le istituzioni europee nell'interesse di tutti. Le regole e i trattati possono e debbono essere messi in discussione se non si vuole che poi siano i popoli a mettere in discussione le istituzioni (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Sergio Battelli. Ne ha facoltà.

  SERGIO BATTELLI. Grazie, Presidente. Ci troviamo all'indomani del referendum sull'appartenenza del Regno Unito all'Unione europea del 23 giugno, a parlare dello stato attuale del Progetto europeo. L'uscita del Regno Unito dall'UE segna infatti un passo importante nel processo di integrazione europea, dando prova, innanzitutto, dell'importanza fondamentale della partecipazione popolare alle decisioni politiche del Paese. Il 23 giugno 2016 sarà ricordato come un giorno storico: il 72,2 per cento degli aventi diritto è andato alle urne ad esprimere il suo parere. Tutto questo, al di là del risultato raggiunto, costituisce un importante elemento di innovazione e di valorizzazione della componente democratica nella strutturazione delle decisioni nazionali. Il progetto europeo – così come originariamente concepito dai padri fondatori – è fallito, è fallito. L'Europa dei tecnocrati, dei banchieri, delle decisioni politiche, economiche prese dai vertici delle istituzioni europee, senza un reale convincimento popolare e democratico, senza la necessaria attenzione ai cittadini europei nella costituzione delle politiche, ha dimostrato tutta la sua debolezza e ha dato prova di essere anni luce lontano dalle reali esigenze dei cittadini europei. L'esito del referendum non può che far riflettere su un globale ripensamento della struttura europea. Non è più concepibile, infatti, un'Europa che fa gli interessi dei Paesi più ricchi e virtuosi a scapito di quelli più deboli che si trovano a dover subire vincoli finanziari stringenti e particolarmente pesanti per i bilanci nazionali. Come non è più concepibile un'Europa che non si occupi dei cittadini europei, dei loro reali bisogni. Oggi il dato innegabile è che questa Europa ha dimostrato di non funzionare, al punto da aver Pag. 69portato altri Stati a dichiarare di voler uscire dall'Unione Europea, da ultimo la Francia, in presenza di condizioni disomogenee tra i Paesi membri e in virtù della carente partecipazione democratica ai processi decisionali europei. Infatti, una delle questioni che maggiormente ha evidenziato l'incapacità dell'Unione europea di agire in maniera coordinata e di essere coesa è quella relativa al grande afflusso migratorio che sta interessando in questi anni il nostro continente e, prima ancora, il nostro Paese. L'ampiezza del fenomeno migratorio rappresenta una condizione emergenziale eccezionale per far fronte alla quale è necessario provvedere a revisionare la normativa in materia di diritto di asilo e di protezione internazionale. L'obbligo del migrante di richiedere lo status di rifugiato nel Paese di primo approdo, secondo quanto previsto dal Regolamento di Dublino 3, che conferma la normativa europea precedente, spesso ha favorito situazioni fortemente discriminatorie per gli Stati posti al confine, facilmente raggiungibili via mare, come l'Italia e come la Grecia. In questo modo, tali Stati si sono trovati a dover fare i conti con un numero di migranti molto, ma molto elevato, difficilmente gestibile, non solo nell'iter burocratico di valutazione e di accoglimento delle richieste di protezione internazionale, ma anche per la penuria delle strutture necessarie per assicurare soccorso e ristoro agli stessi.
  Lo stesso accordo raggiunto tra Unione europea e Turchia per lo smistamento dei migranti, al fine di creare cordoni territoriali verso altri Paesi dell'Unione, ha dimostrato l'incapacità dell'Unione europea di gestire in modo organico la problematica e di far fronte alla situazione emergenziale così creatasi. Ma ancor di più ha dimostrato l'ipocrisia di un'Europa che stipula accordi con Stati come la Turchia, nei quali non viene neanche garantita neppure una tutela minima dei diritti fondamentali e nei quali i processi democratici sono ben lontani dai livelli di comune accettabilità.
   Questo elemento, se si legge congiuntamente alla recente vicenda dell'uscita del Regno Unito dall'UE, anche se ancora incerti sono gli scenari futuri sul seguito referendario, dà prova della debolezza di questa Unione europea e di questo progetto europeo che degrada la contrattazione di singole condizioni, con Stati membri e non, pur di assicurare benefici economici ai Paesi maggiormente influenti.
  Una debolezza, questa, che risulta ulteriormente incrementata dall'infinita crisi economica, che sta interessando trasversalmente il territorio europeo negli anni e che impone la necessità di ripensare alle misure da adottare e agli obiettivi da perseguire, sia a livello statale sia a livello sovranazionale.
   La grande crisi economica e finanziaria che ha interessato l'Unione europea dal 2008 in poi ha messo inoltre in discussione la stessa tutela dei diritti sociali a livello europeo. Questo processo ha coinvolto progressivamente tutta l'Europa. L'indagine annuale sull'occupazione e sugli sviluppi sociali del 2015 ha posto in evidenza come sussistano grandi disparità tra gli Stati membri in termini di crescita economica e di politiche occupazionali, sottolineando inoltre l'altissimo tasso di disoccupazione a livello europeo. Appare peraltro carente la politica occupazionale, le azioni di sostegno al welfare e al reddito, mentre sostanziose sono le misure in favore della stabilità finanziaria e delle banche, le vostre amiche banche.
   Anche dal punto di vista degli investimenti si assiste ad uno squilibrio sostanziale: a fronte di investimenti quasi incalcolabili a banche e finanza, l'unica azione concreta messa in campo dall'Unione per il rilancio dell'economia reale è costituita dal famoso Fondo europeo per gli investimenti. In primo luogo, le risorse approvate dall'UE non sono vere risorse (questo è sempre bene dirlo) ma l'assicurazione su finanziamenti che deve reperire il mercato, con tutti i problemi di redditività delle azioni promosse che questo comporta. Infatti, il Fondo europeo per gli investimenti presenta due elementi critici, poiché, in primo luogo, prevedendo la possibilità degli Stati membri di contribuire ad incrementare il Fondo secondo Pag. 70quote discrezionali, non assicura che le risorse economiche così stanziate vengano poi utilizzate per finanziare progetti nel territorio di provenienza. In secondo luogo, i criteri di selezione dei progetti da finanziare non risultano sempre trasparenti, dando la priorità a quelli economicamente e praticamente fattibili, ma soprattutto rientranti negli obiettivi dell'Unione e non finanziabili con altre risorse economiche ad altro titolo previste. Sembrano dunque rimanere fuori proprio quei progetti che non assumono un grande impatto a livello europeo, ma che, più che altro, necessitano di fondi europei per attivare un processo di reale ripresa. Insomma, al Fondo, così costituito dalla Banca Europea per gli investimenti, sembra essere destinata la promozione dei soli progetti più appetibili a livello economico, a riprova dell'inadeguatezza dei mezzi per far fronte concretamente alla crisi finanziaria europea, e che sembra confermare la presenza di un'Europa a due velocità, che vede i Paesi più ricchi godere di privilegi e benefici e quelli più deboli soffrire di una condizione di subordinazione politica-economica, stretti in vincoli contabili sempre più rigidi.
   Per quanto riguarda l'Italia, per esempio, risultano essere stati finanziati sette progetti – ne abbiamo già parlato – che hanno interessato variamente il settore dei trasporti e dell'industria, della ricerca e dello sviluppo. In particolare, però, si segnala l'accordo siglato tra la BEI e le Ferrovie dello Stato, l'ampliamento dell'autostrada A4. Il finanziamento alle PMI, che pure sarebbe dovuto essere uno degli elementi cardine del Feis, prosegue a rilento, senza riuscire a raggiungere efficacemente il tessuto produttivo italiano. Di fatto, Renzi sta stanziando 8 miliardi per finanziare il nulla, mentre le PMI italiane muoiono giorno dopo giorno (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
   In conclusione, Presidente, appare innegabile che la Commissione europea e il Consiglio europeo escano con le ossa rotte e si presentino al mondo intero incassando una pessima figura, dopo aver concesso deroghe incredibili, oltre il limite dell'accettabile, al Regno Unito, sperando di conquistarsi la fiducia del popolo inglese, ma così non è stato. I trattati europei sono da riscrivere. Il deficit democratico che appartiene a questa comunità europea è da resettare, tutta la governance è da ristabilire subito. Questo sistema ha fallito, galleggia e sta per affondare. L'Unione europea deve sedersi ad un tavolo, riscriversi, ripensarsi e rivedersi, partendo da basi solide lontane dal Fiscal compact, dall'austerità, da muri, barriere e confini. Da questo bisogna ripartire. L'Unione europea di domani deve essere quella pensata 60 anni fa; è un paradosso, ma con il tempo abbiamo fatto solo passi indietro. Solidarietà, collaborazione e integrazione: questi sono i pilastri su cui deve appoggiare l'Europa. Noi siamo pronti a lavorare per costruire tutto questo, lasciandoci alle spalle tutto ciò che è stato finora. Grazie (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Ettore Rosato. Ne ha facoltà.

  ETTORE ROSATO. Grazie, Presidente. I miei figli, tre su quattro, sono maggiorenni; non ricordano la lira, hanno sempre pagato in euro, sono abituati ad andare in Austria e Slovenia con libertà, senza doversi fermare ai confini. Uno lavora a Parigi, prima lavorava a Padova, e non vede la differenza, se non per l'essere sicuramente in una città molto più affascinante e molto più bella. L'Unione europea oggi è vissuta con i suoi limiti, è criticata, ha i suoi difetti, ma non è stata mai veramente messa in discussione. Sessant'anni fa, i primi trattati a Roma nascevano su questioni tipicamente doganali, nascevano per interessi commerciali, ma venivano ispirati e vissuti da una voglia di pace e di solidarietà. C'era il Manifesto di Ventotene, c'era il sentimento che nasceva dopo la guerra. È stata una storia complicata costruire l'Europa; è stato il mettere insieme interessi diversi tra Paesi che avevano vocazioni diverse, che avevano storie diverse. È stata un'opera ciclopica, Pag. 71ma realizzata. La risposta che l'Europa ha saputo dare sta anche nella caduta del Muro di Berlino. Non è successo a caso, è successo anche perché abbiamo saputo costruire l'Unione europea.

  PRESIDENTE. Colleghi, si può abbassare il tono della voce ?

  ETTORE ROSATO. Quando abbiamo convocato questa seduta pensavamo che fosse un incontro importante su temi delicati, ma un incontro di routine, rispetto ai temi dei Consigli europei che dovevano venire. Mai avevamo pensato di poter discutere di uscita o di disgregazione dell'Unione europea. Certo, sono stati tanti i percorsi faticosi di questi anni, ma sempre fatti con passi avanti, anche quelli più faticosi. Il rischio di un passo indietro così importante non era mai vissuto come reale. Lo dimostrano le reazioni, dalle posizioni dei diversi Governi a quella dei 3 milioni e 700 mila firme che la petizione al Governo britannico sta raccogliendo, fino alle reazioni dei mercati finanziari. Nessuno credeva che veramente ci potesse essere un passo indietro. Però, è accaduto; un popolo ha deciso e questa scelta va rispettata fino in fondo.
  Ora ci vogliono tempi certi per la cesura, nessun tentennamento, non certo per ripicca, ma proprio per rispetto di quel voto. La mia opinione è che a pagare saranno i britannici, non saranno gli europei. A pagare quella scelta non saremo noi, ma abbiamo bisogno di utilizzare questa occasione. Abbiamo bisogno di utilizzare questa occasione per ripartire sul serio, per ripartire con un'Europa più forte, per ripartire con un'Unione europea, non so se a una o a due velocità, ma sicuramente con obiettivi più ambiziosi di quella che fino adesso è stata disegnata.
  Stiamo pagando la poca Europa, non stiamo pagando la troppa Europa. Stiamo pagando un'Europa che viene percepita come quella dei cavilli, delle regole, del rigore. Stiamo pagando un'Europa che viene vista come un'Europa lontana dalle dinamiche reali delle persone. È questo quello che ci dice il referendum, è questo il disagio che esprime. Penso ai due temi che l'Italia ha posto, da mesi, nell'agenda europea: l'immigrazione e lavoro.
  Il migration compact non è un modello di sola solidarietà, ma è un modello per affrontare una crisi di dimensioni e origini non governabili dai singoli Stati. Il migration compact vuol dire sostegno ai Paesi d'origine, vuol dire ostacolo reale al traffico degli esseri umani, vuol dire sostegno politico ai Paesi in via di transizione, vuol dire la stabilizzazione di Paesi che vivono un confronto politico interno molto complicato, anche fatto di guerre.
  Pur in un'agenda cambiata, evidentemente, per quello che è accaduto, noi ci aspettiamo che domani si faccia un passo avanti significativo su questi temi, così come sul tema del lavoro. Alla crisi non si può rispondere con tagli e rigore. Anche quando apparivano i primi segnali di ripresa, la risposta nell'Unione europea è stata peggiore che negli USA e in Giappone; un'Europa fiacca. La responsabilità è stata nostra, perché le risposte non sono state adeguate. Senza una politica che stimoli gli investimenti pubblici e, per noi, una politica di riduzione della pressione fiscale, anche gli sforzi dei singoli Paesi restano non valorizzabili. I Paesi rischiano di restare soli, anche quelli che fanno le riforme, come le nostre. Le riforme non possono non stare in una cornice in cui l'Unione europea non investa in flessibilità.
  Deve finire il tempo delle concessioni sulla flessibilità fatte per piaceri. Bisogna passare a politiche comuni, coordinate e integrate, che stimolino la crescita realmente, che combattano la povertà, che integrino i sistemi bancari e monetari, che pensino agli eurobond, non a valutare solo il debito pubblico, dimenticando il risparmio privato, che in alcuni Paesi, come il nostro, è importante, che valutino il surplus e i tanti altri fattori che misurano in maniera diversa un'economia che cresce.
  Presidente, io ho ascoltato con attenzione il dibattito che c’è stato in quest'Aula in queste ore, oggi. Ho ascoltato interventi di vari gruppi. Lo ha ricordato il Presidente Renzi: è vero che qui facciamo Pag. 72riferimento a famiglie politiche molto diverse, facciamo riferimento a famiglie politiche che hanno anche obiettivi diversi rispetto all'Europa, ma ho sentito anche molte cose che sono convergenti, anche preoccupazioni comuni, anche sensibilità comuni, poste naturalmente anche da gruppi che siedono qui all'opposizione e che sull'Europa hanno anche dimostrato, in momenti, la divisione con noi. Ma, invece, oggi c’è stato un dibattito su cui abbiamo raccolto anche delle sensibilità comuni. Mi sono anche un po’ illuso che le dichiarazioni del MoVimento 5 Stelle del dopo Brexit, dopo il referendum, potessero aiutare a costruire un terreno comune, seppur piccolo, su cui trovare elementi di coinvolgimento, elementi per lavorare insieme, perché la politica deve cercare elementi per lavorare insieme, in particolare nei momenti di crisi. Eppure, poi c’è stato l'intervento del collega Di Battista, che, in realtà, che si tratti del destino dell'Unione europea o delle unioni civili, invece, – mi spiace – è stato solo l'occasione per un'ennesima polemica politica: slogan, campagna elettorale, denigrazione dell'avversario. Mi dispiace, collega Di Battista, ma noi abbiamo tentato di costruire, anche in quest'Aula, anche oggi, anche nell'organizzazione di questo dibattito, momenti per lavorare insieme, non momenti per trovare elementi di divisione.
  Invece, io penso che noi abbiamo bisogno di fare questo. Abbiamo bisogno di trovare, oltre la maggioranza politica, elementi per lavorare insieme. Lo dimostrano i pareri che il Governo ha dato sulle risoluzioni. Ma, anche rispetto alle risoluzioni dei gruppi parlamentari sulle quali c’è un parere contrario, ci sono molti elementi su cui siamo d'accordo. Io ho sentito le cose che diceva il collega Pini e le cose che diceva il collega Palazzotto. Nelle cose che diceva il collega Palazzotto ci sono molti elementi che ci vedono insieme, uniti, in particolare, sul migration compact. Penso che questi siano valori che noi dobbiamo utilizzare per andare avanti.
  Ora è il tempo di costruire una nuova Europa, senza accedere alle sirene del populismo e della demagogia. Infatti, dire: «Fuori dall'Europa» nel XXI secolo non ha senso, così come non ha senso dire: «Fuori dall'euro», perché è stato l'euro a salvarci dai disastri dei Governi avventurieri e dalla finanza creativa. L'Europa deve continuare a essere un continente di pace, di libertà, di benessere e di sicurezza e questa è la sola dimensione che può proteggerci da un mondo più grande e in un mondo più competitivo. Il contributo a cui oggi il nostro Governo viene chiamato, a cui l'Italia viene chiamata non è il successo di un Governo, ma è il successo di un Paese. Infatti, sull'Europa unita questo Paese ha sempre creduto, questo Paese ha sempre puntato e ci ha creduto e ci ha puntato molto più di tanti altri Paesi in Europa che ne beneficiano come noi.
  La giornata del 23 giugno, Presidente, rimarrà nella storia come un giorno di tristezza e di preoccupazione, ma anche come una grande opportunità, un'opportunità per cambiare questa Europa, per difenderla e per dare a questa storia il futuro che meritano i 500 milioni di europei che la abitano, i 500 milioni di europei che si aspettano politiche che facciano crescere questo continente, che lo facciano sentire sempre più un continente unito, che li facciano sentire sempre più un popolo europeo. Infatti, non dobbiamo dimenticare la storia che ci ha portato a costruire l'Europa. Quella storia è stata caratterizzata da scontri, da guerre e da divisioni. Noi combattiamo contro questa storia per costruire insieme un futuro che faccia dell'Europa un continente di pace e di prosperità (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazioni)

  PRESIDENTE. Ora passiamo ai voti. Come da prassi, le risoluzioni saranno poste in votazione per le parti non assorbite e non precluse dalle votazioni precedenti.Pag. 73
  Avverto che è stata chiesta la votazione per parti separate della risoluzione Rosato, Lupi, Monchiero, Dellai, Pisicchio, Alfreider, Formisano, Di Lello e Abrignani n. 6-00248 nel senso di votare il dispositivo distintamente dalla premessa. Analogamente a quanto già fatto in altre sedute, costituendo la premessa un elemento complementare ed accessorio rispetto al dispositivo, procederemo dapprima alla votazione del dispositivo e successivamente, solo nel caso in cui il dispositivo risulti approvato, alla votazione della premessa.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Rosato, Lupi, Monchiero, Dellai, Pisicchio, Alfreider, Formisano, Di Lello e Abrignani n. 6-00248, limitatamente al dispositivo, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Pannarale... Tripiedi... Lauricella...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  405   
   Votanti  399   
   Astenuti    6   
   Maggioranza  200   
    Hanno votato  289    
    Hanno votato no   110.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  A seguito dell'approvazione del dispositivo della risoluzione Rosato, Lupi, Monchiero, Dellai, Pisicchio, Alfreider, Formisano, Di Lello e Abrignani n. 6-00248, verrà posta in votazione la premessa. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Rosato, Lupi, Monchiero, Dellai, Pisicchio, Alfreider, Formisano, Di Lello e Abrignani n. 6-00248, limitatamente alla premessa, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Montroni...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  403   
   Votanti  397   
   Astenuti    6   
   Maggioranza  199   
    Hanno votato  268    
    Hanno votato no   129.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  Passiamo alla votazione della risoluzione Palese e Capezzone n. 6-00249. Avverto che ne è stata chiesta la votazione per parti separate nel senso di votare il dispositivo distintamente dalla premessa. Quindi, analogamente a quanto fatto in precedenza, procederemo dapprima alla votazione del dispositivo e successivamente, solo nel caso in cui dispositivo risulti approvato, alla votazione della premessa.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Palese e Capezzone n. 6-00249, limitatamente al dispositivo, su cui il Governo ha espresso parere contrario.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Arlotti...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  406   
   Votanti  378   
   Astenuti   28   
   Maggioranza  190   
    Hanno votato   19    
    Hanno votato no   359.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Visto l'esito negativo, non si procederà alla votazione della relativa premessa.
  Passiamo ai voti. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, Pag. 74sulla risoluzione Giancarlo Giorgetti ed altri n. 6-00250 su cui il Governo ha espresso parere contrario.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).
  De Maria... Taricco...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  409   
   Votanti  315   
   Astenuti   94   
   Maggioranza  158   
    Hanno votato   20    
    Hanno votato no  295.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Passiamo alla votazione della risoluzione Brunetta ed altri n. 6-00251. Avverto che i presentatori hanno accettato le riformulazioni proposte dal Governo relative al dispositivo e hanno chiesto la votazione per parti separate nel senso di votare il dispositivo distintamente dalla premessa su cui il Governo ha espresso parere contrario. Anche in questo caso procederemo dapprima alla votazione del dispositivo e, successivamente e solo nel caso in cui il dispositivo risulti approvato, alla votazione della premessa.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Brunetta ed altri n. 6-00251, limitatamente al dispositivo, come riformulato su richiesta del Governo e per quanto non assorbito dalle votazioni precedenti, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).
  Colaninno...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  409   
   Votanti  382   
   Astenuti   27   
   Maggioranza  192   
    Hanno votato  289    
    Hanno votato no  93.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  Quindi, a seguito dell'approvazione del dispositivo della risoluzione Brunetta ed altri n. 6-00251, ne verrà ora posta in votazione la premessa.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Brunetta ed altri n. 6-00251, limitatamente alla premessa, su cui il Governo ha espresso parere contrario.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).
  Giuliani...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  409   
   Votanti  392   
   Astenuti   17   
   Maggioranza  197   
    Hanno votato   23    
    Hanno votato no  369.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Scotto ed altri n. 6-00252, su cui il Governo ha espresso parere contrario.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  408   
   Votanti  393   
   Astenuti   15   
   Maggioranza  197   
    Hanno votato   23    
    Hanno votato no  370.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Con riferimento alla risoluzione Battelli ed altri n. 6-00253, sono pervenute alla Presidenza due diverse richieste di votazioni per parti separate: la prima da parte dei presentatori, nel senso di votare dapprima Pag. 75la risoluzione nella sua interezza ad eccezione delle lettere a), b), f), k), o) ed r) del dispositivo; a seguire le lettere a), b), f), k), o) ed r) del dispositivo. La seconda è arrivata da parte del gruppo della Lega Nord, nel senso di votare le lettere b), i), k) ed n) distintamente dalla restante parte della risoluzione. Poiché si tratta di due diverse proposte di votazione per parti separate della stessa risoluzione tra di loro non compatibili, la Presidenza non può che accogliere quella formulata per prima e, quindi, la proposta avanzata dai deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle. Il parere del Governo è contrario sulla risoluzione nella sua interezza.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Battelli ed altri n. 6-00253 ad eccezione delle lettere a), b), f), k), o) ed r) del dispositivo, su cui il parere del Governo è contrario.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Pilozzi, Pinna.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  407   
   Votanti  346   
   Astenuti   61   
   Maggioranza  174   
    Hanno votato   70    
    Hanno votato no  276.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Battelli ed altri n. 6-00253 limitatamente alle lettere a), b), f), k), o) ed r) del dispositivo, su cui il parere del Governo è contrario.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Cicchitto, Giuliani, Sani. Mi pare che ci siamo.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  403   
   Votanti  348   
   Astenuti   55   
   Maggioranza  175   
    Hanno votato   69    
    Hanno votato no  279.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  (Il deputato Quintarelli ha segnalato di non essere riuscito a votare a favore).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Rampelli ed altri n. 6-00254, su cui il Governo ha espresso parere contrario.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Cicchitto, Bindi, Parentela.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  405   
   Votanti  389   
   Astenuti   16   
   Maggioranza  195   
    Hanno votato   23    
    Hanno votato no  366.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  (Il deputato Quintarelli ha comunicato di non essere riuscito a votare a favore. Il deputato Rizzo ha segnalato che ha votato erroneamente a favore, ma voleva votare contro).

  Passiamo alla votazione della risoluzione Artini ed altri n. 6-00255. Avverto che i presentatori hanno accettato le riformulazioni proposte dal Governo che comportano modifiche al dispositivo e l'espunzione della premessa.
  Dunque, passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Artini ed altri n. 6-00255, come riformulata su richiesta del Governo e per quanto Pag. 76non assorbita dalle votazioni precedenti, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Pilozzi, Lauricella, Raciti.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  401   
   Votanti  308   
   Astenuti   93   
   Maggioranza  155   
    Hanno votato  292    
    Hanno votato no  16.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  Colleghi, sono così esaurite le comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in vista del Consiglio europeo del 28 e 29 giugno 2016.

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 2362 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 3 maggio 2016, n. 59, recante disposizioni urgenti in materia di procedure esecutive e concorsuali, nonché a favore degli investitori in banche in liquidazione (Approvato dal Senato) (A.C. 3892) (ore 17).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 3892: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 3 maggio 2016, n. 59, recante disposizioni urgenti in materia di procedure esecutive e concorsuali, nonché a favore degli investitori in banche in liquidazione.
  Ricordo che nella seduta del 24 giugno 2016 si è conclusa la discussione sulle linee generali con la replica del rappresentante del Governo mentre i relatori vi hanno rinunciato.

(Esame dell'articolo unico – A.C. 3892)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (Vedi l'allegato A – A.C. 3892), nel testo delle Commissioni, identico a quello approvato dal Senato (Vedi l'allegato A – A.C. 3892).
  Avverto che le proposte emendative presentate si intendono riferite agli articoli del decreto-legge nel testo della Commissione, identico a quello approvato dal Senato (Vedi l'allegato A – A.C. 3892).
  Le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso i prescritti pareri (Vedi l'allegato A – A.C. 3892), che sono in distribuzione.
  Avverto che la Presidenza non ritiene ammissibili, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 7, del Regolamento, le seguenti proposte emendative, già dichiarate inammissibili nelle Commissioni di merito: Andrea Maestri 8.24, Villarosa 9.06, limitatamente all'ultimo periodo del comma 1, 9.015, 9.016, 9.017, 9.018, 9.019, 9.020, 9.021, 9.022, 9.023, 9.024, 10.013, 10.014, 10.015, 12-bis.03, Marcon 11.02 e Paglia 12-bis.01.
  Informo l'Assemblea che, in relazione al numero di emendamenti presentati, la Presidenza applicherà l'articolo 85-bis del Regolamento, procedendo, in particolare, a votazioni per principi o riassuntive, ai sensi l'articolo 85, comma 8, ultimo periodo, ferma restando l'applicazione dell'ordinario regime delle preclusioni e delle votazioni a scalare. A tal fine, il gruppo Lega Nord e Autonomie è stato invitato a segnalare gli emendamenti da porre comunque in votazione.

(Posizione della questione di fiducia – Articolo unico – A.C. 3892)

  PRESIDENTE. Non essendovi iscritti a parlare sul complesso degli emendamenti, do la parola alla Ministra per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, Maria Elena Boschi, che ha chiesto di intervenire. Ne ha facoltà.

  MARIA ELENA BOSCHI, Ministra per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento. Grazie. Pag. 77Presidente, onorevoli deputati, a nome del Governo, autorizzata dal Consiglio dei ministri, pongo la questione di fiducia sull'approvazione, senza emendamenti ed articoli aggiuntivi, dell'articolo unico del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 59 del 2016, nel testo delle Commissioni, identico a quello già approvato dal Senato (Applausi polemici dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Colleghi, a seguito della posizione della questione di fiducia la Conferenza dei Presidenti di gruppo...

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Su che cosa, presidente Fedriga ? Stavo dicendo che la Conferenza dei presidenti di gruppo è convocata tra dieci minuti...

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Certo, Presidente, però, come da prassi e come più volte è successo, quando il Governo ha posto la questione di fiducia, è stata data la possibilità ai gruppi di intervenire sull'argomento. Non so se lo ritiene opportuno, però è sempre successo, più volte, e non capisco perché questa volta non avvenga. Però, ovviamente sta a lei la decisione.

  PRESIDENTE. Non c’è certamente preclusione. Se lei intende intervenire, intervenga. Io le do, come comunicazione, il fatto che intendevo convocare una Conferenza dei presidenti di gruppo tra dieci minuti. Prego, deputato Fedriga.

  MASSIMILIANO FEDRIGA. La ringrazio, Presidente. Io non voglio neanche rubare troppo tempo all'Aula e voglio esprimere, a nome del gruppo della Lega, la solidarietà al Ministro Boschi. Purtroppo, troppe volte è stato dato questo compito infausto al Ministro Boschi per continuare a porre la questione di fiducia, oltretutto su un argomento su cui, se devo consigliare il Governo, il Presidente del Consiglio e il Consiglio dei ministri, eviterei di scegliere il Ministro Boschi per porre la fiducia, appunto su questioni che riguardano le banche (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini). È un consiglio che do anche perché così manteniamo perlomeno una certa parvenza – visto che ormai la sostanza è quella che ci propone Renzi quotidianamente – di buonsenso, all'interno di quest'Aula e all'interno del Parlamento.
  Penso che sia l'ennesima offesa, non fatta a questo Parlamento, di cui ormai è stata calpestata qualsiasi dignità, ma un'offesa rispetto al popolo italiano, che troppe volte vede calpestate proprie esigenze, proprie richieste, proprie necessità. Per esempio, quando c’è da salvare i truffati dalle banche, quando c’è da salvaguardare i truffati dalla legge Fornero, là, non ci sono decreti che tengano, e servono mesi ed anni, se non un'infinità di tempo, per non affrontare mai il problema; quando c’è da parlare di banche, da salvare le banche, la fiducia arriva veloce e il decreto arriva di corsa. Ne prendiamo atto, ne hanno preso già atto gli elettori durante le ultime elezioni amministrative, mi auguro che ne prendano atto gli elettori anche durante il referendum costituzionale e le prossime elezioni politiche (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).

  DANIELE PESCO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  DANIELE PESCO. Presidente, puntuale è arrivata la Ministra dei rapporti con il Parlamento e con lei l'ennesima fiducia. I cittadini italiani non ce la fanno più, perché a breve molti di loro perderanno la casa, grazie alle scelte di questo Governo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Molte imprese italiane perderanno i loro immobili, grazie alle scelte del Governo italiano, scelte finalizzate – così ci dicono – a ripatrimonializzare le banche e quindi a trovare una Pag. 78soluzione per le cosiddette sofferenze. Le sofferenze create dalla mala gestione delle banche per andare a prendere i soldi e gli immobili degli italiani, dei cittadini, delle imprese ? Che modo di ragionare è questo ? Che modo di fare le cose in Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ? Non è possibile ! Presidente, non è possibile: questo decreto è arrivato qui alla Camera poche settimane fa, vi era tutto il tempo per riuscire a migliorarlo, ma non c’è stata data la possibilità di farlo, né in Commissione né in Aula. Questo è un atteggiamento assolutamente arrogante della maggioranza, come arroganti sono tutte le cose che questo Governo fa a discapito dei cittadini italiani. Presidente, non aggiungo altro, ma veramente bisogna mettersi una mano sulla coscienza per riuscire ad andare avanti e continuare a fare queste cose. I cittadini italiani non ce la fanno più (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  GIOVANNI PAGLIA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  GIOVANNI PAGLIA. Presidente, questo decreto è stato nascosto, per quaranta giorni, al Senato, in piena campagna elettorale. Dentro questo decreto, come è già stato detto, ci sono misure gravi, pericolose per l'Italia; ci sono misure che, soprattutto in un quadro di tensione bancaria crescente e di incapacità del Governo di trovare soluzioni sulle sofferenze, rischia di portare le imprese italiane a mettere a rischio i propri beni strumentali, di portare le famiglie ad essere buttate fuori di casa più facilmente, di essere sfrattate con più facilità.
  Tutto questo perché si deve venire incontro alle esigenze delle banche, che peraltro non saranno assolutamente soddisfatte, perché la tensione che si sta abbattendo sui mercati va ben oltre questo. Ci voleva la capacità di fermarsi, invece si è voluto andare avanti con una fiducia che ha veramente il sapore di uno schiaffo, non solo al Parlamento ma all'opinione pubblica, perché si approvano decreti che in altri Paesi hanno provocato dibattiti accesissimi. Ricordo che la Grecia di Tsipras, due mesi fa, nell'ultimo rapporto che ha avuto con i creditori, una cosa ha tenuto rigorosamente fuori degli accordi, le misure come queste, riconoscendone l'insostenibilità sociale di prospettiva e anche immediata. Che si faccia qui in Italia, con un dibattito che nessuno ha visto, perché prima si era tutti concentrati sulla campagna elettorale e poi, quando è arrivato alla Camera, in dieci giorni si è strozzato il dibattito e oggi si pone la fiducia, parla di quello che è il rispetto che la maggioranza ha non solo del Parlamento ma del popolo italiano (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana – Sinistra Ecologia Libertà).

  MICHELE PELILLO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  MICHELE PELILLO. Presidente, siamo abituati a prendere atto che l'argomento delle banche, che è un argomento così particolare, così difficile, così sensibile per l'economia di questo Paese, venga preso per polemica politica, per lanciare qualche tweet teso ad impaurire i cittadini italiani.
  Sappiamo che il compito di questo Governo, in questa fase così particolare, è un compito arduo, e gli argomenti che trattiamo da diversi messi in quest'Aula sono davvero molto delicati, però se c’è qualcosa che i cittadini italiani sono stanchi di sentire e di ascoltare è tutto quello che distorce la verità, è tutto quello che non appartiene allo sforzo che questo Governo e la maggioranza stanno cercando di fare nella direzione giusta. Anche questo provvedimento di legge, che ha avuto uno spazio molto largo al Senato – e sappiamo che spesso capita che nella discussione dei decreti-legge la seconda Camera non abbia tantissimo spazio o uguale spazio per l'approfondimento – introduce degli istituti nuovi nel nostro ordinamento. Certamente la novità spaventa, non c’è dubbio, ma sono istituti, insieme a quelli che abbiamo già introdotto nei mesi passati, che tendono a Pag. 79trovare un punto di equilibrio tra l'esigenza di tutelare gli imprenditori e i cittadini nei confronti del sistema creditizio e di sostenere lo stesso sistema, perché è nell'interesse dell'intero Paese e della nostra economia. Molto spesso si continua a dimenticare che dietro le banche non ci sono avidi banchieri, avidi speculatori, ma c’è un esercito di persone in carne ed ossa che ha dato alle banche tutti i risparmi di una vita e che, quindi, quando parliamo di banche, dobbiamo cercare di comprenderne il significato più profondo. Anche questo provvedimento è un provvedimento molto innovativo, che senz'altro introduce degli istituti che possono sembrare anche forti, dal punto di vista giuridico, ma cercano sempre di trovare quel punto di equilibrio tra l'esigenza generale del nostro sistema economico e la tutela di tutti i risparmiatori e di tutti i cittadini italiani (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Testo sostituito con errata corrige volante   SIMONE BALDELLI. Presidente, intervengo solo per lasciare agli atti che si tratta della ventisettesima fiducia che il Governo Renzi mente in questo ramo del Parlamento da quando è in carica. Mentre le opposizioni legittimamente pongono delle questioni relative al merito ma anche al metodo con cui viene affrontato il decreto in questa Assemblea, è singolare ascoltare l'intervento del relatore che interviene sul merito, perché è evidente che probabilmente questa è l'unica discussione di merito che si potrà fare su questo decreto. Poi probabilmente ci saranno altri passaggi, però registriamo questo: prendiamo atto che, al di là della competenza del Ministro Boschi, che ormai sa perfino a memoria i numeri dei disegni di legge di conversione dei decreti-legge che si citano in questa Assemblea, il relatore ci informa che, ormai, essendo in un meccanismo di bicameralismo a targhe alterne per cui i provvedimenti vengono affrontati ed esaminati ed eventualmente modificati da uno solo dei due rami del Parlamento mentre sull'altro, ormai in maniera sistematica e automatica, si pone la fiducia, abbiamo superato anche, Presidente, il problema del cosiddetto bicameralismo paritario e perfetto, quindi una ragione ancora in più per considerare inutile e forse anche dannosa la riforma costituzionale che questa maggioranza da sola ha approvato.   SIMONE BALDELLI. Presidente, intervengo solo per lasciare agli atti che si tratta della ventisettesima fiducia che il Governo Renzi mente in questo ramo del Parlamento da quando è in carica. Mentre le opposizioni legittimamente pongono delle questioni relative al merito ma anche al metodo con cui viene affrontato il decreto in questa Assemblea, è singolare ascoltare l'intervento del relatore che interviene sul merito, perché è evidente che probabilmente questa è l'unica discussione di merito che si potrà fare su questo decreto. Poi probabilmente ci saranno altri passaggi, però registriamo questo: prendiamo atto che, al di là della competenza del Ministro Boschi, che ormai sa perfino a memoria la formula e i numeri dei disegni di legge di conversione dei decreti-legge su cui si mette la fiducia che si citano in questa Assemblea, il relatore ci informa che, ormai, essendo in un meccanismo di bicameralismo a targhe alterne per cui i provvedimenti vengono affrontati ed esaminati ed eventualmente modificati da uno solo dei due rami del Parlamento mentre sull'altro, ormai in maniera sistematica e automatica, si pone la fiducia, abbiamo superato anche, Presidente, il problema del cosiddetto bicameralismo paritario e perfetto. Quindi abbiamo una ragione in più per considerare inutile e forse anche dannosa la riforma costituzionale che questa maggioranza da sola ha approvato.

  PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Baldelli. Ribadisco adesso la convocazione, tra dieci minuti, alle 17,25, della Conferenza dei presidenti di gruppo nella biblioteca della Presidente, per stabilire come andare avanti nei lavori. La seduta riprenderà alla fine di questa riunione.

  La seduta, sospesa alle 17,15, è ripresa alle 17,55.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI

Sui lavori dell'Assemblea.

  PRESIDENTE. Nell'odierna riunione dalla Conferenza dei presidenti di gruppo, a seguito della posizione della questione di fiducia da parte del Governo sull'articolo unico del disegno di legge n. 3892 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 3 maggio 2016, n. 59, recante disposizioni urgenti in materia di procedure esecutive e concorsuali, nonché a favore degli investitori in banche in liquidazione (approvato dal Senato – scadenza: 2 luglio 2016) nel testo delle Commissioni, identico a quello approvato dal Senato, si è convenuto che la votazione per appello nominale avrà inizio domani, martedì 28 giugno, a partire dalle ore 17, previe dichiarazioni di voto a partire dalle ore 15,15. Seguirà l'esame degli ordini del giorno, il termine per la presentazione dei quali è fissato alle ore 11 di domani. Le dichiarazioni di voto finale avranno luogo Pag. 80mercoledì 29 giugno, con ripresa televisiva diretta, a partire dalle ore 9,30. Seguirà, alle ore 11,30, la votazione finale.
  Non vi sono, ahimè, interventi di fine seduta.

Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Martedì 28 giugno 2016, alle 15,15:

  Seguito della discussione del disegno di legge:
   S. 2362 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 3 maggio 2016, n. 59, recante disposizioni urgenti in materia di procedure esecutive e concorsuali, nonché a favore degli investitori in banche in liquidazione (Approvato dal Senato) (C. 3892).
  — Relatori: Giuseppe Guerini (per la II Commissione) e Petrini (per la VI Commissione), per la maggioranza; Villarosa, di minoranza.

  La seduta termina alle 18.

TESTO INTEGRALE DELLE RELAZIONI DEI DEPUTATI PAOLO TANCREDI E GIANLUCA PINI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE (A.C. 3821)

  PAOLO TANCREDI, Relatore per la maggioranza. Onorevoli Colleghi !
  Per la quarta volta nella presente legislatura ci troviamo ad affrontare l'esame parlamentare del disegno di legge europea che – insieme alla legge di delegazione europea – rappresenta lo strumento legislativo che assicura il periodico adeguamento all'ordinamento dell'Unione europea.
  Ricordo che dopo l'approvazione della legge 24 dicembre 2012, n. 234, che ha attuato la riforma organica della partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione dell'ordinamento dell'Unione europea, il Parlamento italiano ha già approvato sei leggi ordinarie di attuazione del diritto europeo, ovvero tre leggi europee e tre leggi di delegazione europea (riferite agli anni 2013, 2013-secondo semestre e 2014).
  Nella attuale legislatura, in particolare, il percorso di recepimento della normativa dell'Unione europea è stato oggetto di una proficua accelerazione, anche grazie all'impegno costante delle due Camere per garantire il superamento degli ostacoli che in passato, in alcuni casi, avevano rallentato e reso particolarmente arduo l'iter di adeguamento della normativa italiana alla legislazione dell'Unione europea. Ricordo infatti che i disegni di legge comunitaria 2011 e 2012, di cui era stata avviata l'istruttoria parlamentare nella precedente legislatura, non furono mai approvati.
  Il ritmo costante impresso dall'Italia al processo di allineamento agli obblighi posti dall'Unione europea è stato certamente agevolato dal nuovo sistema delineato dalla legge n. 234. In particolare, il percorso parlamentare beneficia della semplificazione degli strumenti normativi, rappresentata dallo sdoppiamento della annuale legge comunitaria (prevista dalla legge n. 11 del 2005), in due distinti atti legislativi aventi funzioni diverse.
  Con riguardo alla legge europea, ricordo che essa contiene norme di diretta attuazione – che comportano la modifica puntuale della disciplina italiana vigente – finalizzate a risolvere casi di non corretto recepimento della normativa europea che hanno dato luogo a casi di pre-infrazione, avviati dalla Commissione europea nel quadro del sistema di comunicazione EU Pilot, e a procedure di infrazione, ai sensi degli articoli 258 e 260 TFUE, laddove il Governo abbia riconosciuto la fondatezza dei rilievi mossi in sede europea.
  Come già ricordato, ad oggi sono state emanate tre leggi europee, di cui due riferite all'anno 2013 (legge europea 2013 – n. 97 del 2013, e legge europea 2013-bis – n. 161 del 2014, n. 161) ed una all'anno 2014 (legge europea 2014 – n. 115 del Pag. 812015), che hanno garantito un percorso virtuoso di riduzione del contenzioso pendente nei confronti del nostro Paese.
  Segnalo che, con le ultime decisioni della Commissione europea del 16 giugno scorso, scende a 82 il numero delle procedure di infrazione a carico dell'Italia, di cui 60 per violazione del diritto dell'Unione e 22 per mancato recepimento di direttive (nei mesi scorsi, peraltro, l'Italia ha raggiunto un minimo storico di 80 casi di contenzioso).
  Il disegno di legge europea 2015-2016, presentato dal Governo il 3 febbraio 2016 al Senato, è stato significativamente modificato dall'altro ramo del Parlamento: gli articoli sono passati da 22 a 37; in materia di giustizia è stata introdotta un'apposita sezione (sette articoli) recante disposizioni sull'indennizzo in favore delle vittime di reati intenzionali violenti; si è proceduto allo stralcio dell'articolo 3 sulla etichettatura di prodotti alimentari; infine, il titolo del disegno di legge, riferito alla legge europea 2015, è stato integrato, facendo riferimento all'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea per il biennio 2015-2016.
  Per effetto delle modificazioni ed integrazioni, il provvedimento mira a consentire la definizione di 10 casi EU Pilot, 4 procedure d'infrazione, 1 procedura di cooperazione in materia di aiuti di Stato e 1 procedura di aiuti di Stato; inoltre, con esso si dà attuazione a 3 direttive e a 1 decisione GAI.
  Faccio osservare che – in sede di esame presso le Commissioni parlamentari della Camera – si è preso atto dell'approfondito intervento condotto dal Senato sul disegno di legge ed è stata sostanzialmente condivisa l'opportunità di giungere ad una sua rapida approvazione, per consentire all'Italia di ridurre ulteriormente il carico di contenzioso tuttora pendente.
  Per questi motivi, il disegno di legge oggi sottoposto all'esame dell'Assemblea, non è stato ulteriormente modificato rispetto al testo approvato dal Senato.
  Auspico pertanto che, all'esito di un proficuo dibattito parlamentare, l'Assemblea della Camera possa giungere all'approvazione definitiva del disegno di legge, senza procedere ad ulteriori modificazioni del testo, attribuendo priorità alla necessità di consentire al nostro Paese di ridurre ulteriormente il carico di contenzioso tuttora pendente, con ciò confermando il costante impegno del legislatore italiano per un corretto e tempestivo adempimento degli obblighi posti dalla normativa dell'Unione europea e contribuendo altresì a rafforzare i risultati positivi raggiunti con gli strumenti legislativi recati dalla legge n. 234 del 2012.
  Procederò ora ad illustrare brevemente il contenuto del disegno di legge europea 2015-2016, che consta di 37 articoli suddivisi in 9 capi, ciascuno riferito a specifiche e distinte materie.
  Gli articoli da 1 a 4 riguardano disposizioni in materia di libera circolazione delle merci. In particolare, l'articolo 1 in materia di qualità e trasparenza della filiera degli oli d'oliva vergini, al fine di definire il Caso EU Pilot 4632/13/AGRI, modifica la legge 13 gennaio 2013, n. 9, con riferimento all'evidenza cromatica dell'indicazione di origine delle miscele degli oli d'oliva e alla previsione di un termine minimo di conservazione degli oli d'oliva.
  La disposizione conferma l'obbligo di inserire in etichetta la previsione di un termine minimo di conservazione, affidandone l'individuazione ai produttori e rafforzando le sanzioni per le relative violazioni. Si prevede inoltre l'indicazione della campagna di raccolta degli oli di oliva vergini, ad esclusione di quelli prodotti o commercializzati in un altro Stato membro dell'UE o in Turchia, o dei prodotti fabbricati in uno Stato membro dell'Associazione europea di libero scambio (EFTA).
  L'articolo 2 relativo all'etichettatura del miele modifica il decreto legislativo n. 179 del 2004 (di attuazione della direttiva 2001/110/CE) onde risolvere il caso EU Pilot 7400/15/AGRI, riguardante confezioni di mieli commercializzati in Italia ma provenienti da altri Stati membri sulla cui etichetta era indicata la generica nomenclatura «miscela di mieli originari e Pag. 82non originari della CE», al posto dell'indicazione analitica dei singoli Paesi d'origine in cui il miele era stato raccolto. Senza modificare l'impostazione del decreto legislativo n. 179/2004, viene aggiunto all'articolo 3 un nuovo comma 4-bis, volto a escludere dall'obbligo di indicazione analitica dei Paesi di provenienza «i mieli prodotti e confezionati in altri Stati membri nel rispetto delle definizioni e delle norme della direttiva 200111101 CE».
  L'articolo 3 in materia di immissione in commercio dei dispositivi medici, reca due novelle rispettivamente al decreto legislativo n. 46 del 1997 e al decreto legislativo n. 507 del 1992, sostituendo la locuzione «costi/benefici» con il riferimento al rapporto «rischi/benefici». La modifica interviene in attuazione della rettifica della direttiva 2007/47/CE che modifica due direttive precedenti in materia di dispositivi medici, oltre che una direttiva in materia di biocidi.
  L'articolo 4 estende le sanzioni previste dal decreto legislativo n. 186 del 2011 alle violazioni del regolamento (UE) n. 1297/2014, che modifica il regolamento (CE) n. 1272/2008 in materia di classificazione, etichettatura e imballaggio delle sostanze e delle miscele.
  In materia di libera prestazione dei servizi e libertà di stabilimento, l'articolo 5 elimina l'obbligo per le Società Organismi di Attestazione (SOA) che accertano i requisiti degli appaltatori di lavori pubblici di avere la sede legale in Italia, mantenendo per esse il solo obbligo di avere una sede nel territorio della Repubblica. La norma mira a superare la procedura di infrazione 2013/4212 avviata dalla Commissione europea nei confronti dell'Italia per aver imposto alle SOA l'obbligo di avere la propria sede legale nel territorio della Repubblica ai sensi dell'articolo 64, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 2010.
  L'articolo 6 in materia di tassazione delle vincite da gioco, dà esecuzione alla sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea 22 ottobre 2014, accogliendo i rilievi su cui si fonda il caso EU Pilot 5571/13/TAXU. In particolare, la disposizione prevede che le vincite corrisposte da case da gioco autorizzate in Italia o negli altri Stati membri dell'Unione europea o nello Spazio economico europeo non concorrono a formare il reddito per l'intero ammontare percepito nel periodo di imposta.
  La norma provvede inoltre alla relativa copertura finanziaria derivante dalla nuova esenzione prevista per le vincite realizzate negli Stati europei.
  Il Capo III reca disposizioni in materia di giustizia e sicurezza.
  L'articolo 7 dispone in materia di obbligazioni alimentari, in materia matrimoniale e in materia-di responsabilità genitoriale, nonché di accesso e utilizzo delle informazioni da parte dell'autorità centrale.
  La norma consente al Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità del Ministero della giustizia l'accesso, attraverso l'assistenza di altre pubbliche amministrazioni, alle informazioni contenute in banche dati pubbliche relative alla situazione economica di soggetti obbligati al pagamento di alimenti in favore di familiari. Tali informazioni potranno poi, previa autorizzazione dell'autorità giudiziaria, essere trasmesse all'ufficiale giudiziario che procede in via esecutiva per riscuotere i crediti alimentari.
  L'articolo 8 interviene sulle procedure di esecuzione forzata da eseguire in -un altro Stato membro dell'Unione europea In particolare, si prevede che l'atto pubblico certificato come titolo esecutivo europeo è immediatamente applicabile negli altri Stati dell'Unione europea.
  L'articolo 9 estende la disciplina sull'accesso al patrocinio a spese dello Stato, prevista per le controversie transfrontaliere in ambito UE, ai procedimenti per l'esecuzione di obbligazioni alimentari e riconosce il diritto al gratuito patrocinio a tutti coloro che presentano domande inerenti alla sottrazione internazionale di minori. Le domande per l'accesso al patrocinio, presentate attraverso il Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità del Ministero della giustizia, dovranno Pag. 83essere rivolte al consiglio dell'ordine degli avvocati del luogo nel quale l'obbligo alimentare deve essere eseguito.
  L'articolo 10 dispone il rilascio di un permesso di soggiorno autonomo ai minori stranieri, anche prima del quattordicesimo anno di età, per dare piena attuazione al regolamento (CE) n. 380/2008 che istituisce un modello uniforme per i permessi di soggiorno rilasciati a cittadini di Paesi, terzi. A tal fine, la norma reca modifiche al Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero (decreto legislativo n. 286 del 1998), nonché al regolamento recante le relative norme di attuazione (decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 1999).
  La sezione II del Capo III, articoli da 11 a 16, è interamente dedicata alla disciplina-a-favore-delle vittime di reati intenzionali violenti.
  L'articolo 11, in attuazione della direttiva 2004/80/CE, riconosce, a carico dello Stato, il diritto all'indennizzo in favore delle vittime di reati intenzionali violenti, facendo salve le provvidenze in favore delle vittime di determinati reati previste da altre disposizioni di legge, ove più favorevoli. Si demanda ad un decreto interministeriale la determinazione degli importi dell'indennizzo, garantendo un maggior ristoro alle vittime dei reati di violenza sessuale e di omicidio.
  L'articolo 12 delinea le condizioni per l'accesso all'indennizzo.
  L'articolo 13 delinea la procedura per la presentazione della domanda di indennizzo.
  L'articolo 14 rinomina il Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive e dell'usura, estendendolo alle vittime dei reati intenzionali violenti attribuendo ad esso anche la copertura dei corrispondenti indennizzi. In favore del Fondo è stanziato un contributo statale annuale, a partire dal 2016, pari a 2,6 milioni di euro.
  L'articolo 15 reca modifiche alla disciplina del Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, di cui alla legge n. 512 del 1999 e del Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell'usura, di cui alla legge n. 44 del 1999. In particolare, la norma interviene sulla denominazione e la composizione dei Comitati di solidarietà previsti dai citati Fondi, nonché sulle condizioni ostative all'accesso al Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell'usura.
  L'articolo 16, infine, reca le occorrenti disposizioni finanziarie.
  In materia di trasporti, l'articolo 17 modifica il decreto-legge n. 457 del 1997, che ha istituito il Registro internazionale italiano delle navi in regime di temporanea dismissione e bandiera, consentendo l'iscrizione anche per le navi che appartengono a soggetti comunitari.
  L'articolo 18, introduce sanzioni nei casi di inosservanza delle prescrizioni dell'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie (ANSF) da parte delle imprese ferroviarie, dei gestori delle infrastrutture e degli operatori di settore.
  Numerose disposizioni, articoli da 19 a 29, intervengono in materia di fiscalità, dogane e aiuti di Stato.
  L'articolo 19 modifica la tassazione dei veicoli di studenti europei in Italia, oggetto di rilievi nel caso EU Pilot 7192/14/TAXU. A tal fine, si modifica il Testo unico delle leggi sulle tasse automobilistiche (decreto del Presidente della Repubblica 5 febbraio 1953, n. 39) per renderlo compatibile con la direttiva 83/182/CEE. Gli studenti vengono esentati da imposte e tasse per l'utilizzo in Italia di veicoli immatricolati nello Stato dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo in cui risiedono abitualmente, a condizione che con lo Stato medesimo sussista un adeguato scambio di informazioni.
  L'articolo 20 dispone la cancellazione del diritto fisso e della tassa di circolazione per gli autotrasportatori albanesi, in esecuzione dell'accordo di stabilizzazione e di associazione con l'Unione europea, ratificato con legge n. 10 del 2008.
  L'articolo 21 modifica le aliquote IVA applicabili agli aromi freschi in accoglimento dei rilievi avanzati dalla Commissione europea nel caso EU Pilot 7292/15/Pag. 84TAXU. La disposizione innalza dal 4 al 5 per cento l'aliquota IVA applicabile alle cessioni di basilico, rosmarino e salvia freschi, destinati all'alimentazione. Viene ridotta dal 10 al 5 per cento l'aliquota applicabile alla cessione di piante allo stato vegetativo di basilico, rosmarino e salvia. Viene altresì ridotta dal 22 al 5 per cento l'IVA sull'origano a rametti o sgranato.
  L'articolo 22 innalza dal 4 al 10 per cento l'aliquota IVA applicabile alle cessioni di preparazioni alimentari a base di riso (cosiddetti preparati per risotti). La norma è finalizzata alla chiusura del caso EU Pilot 7293/15/TMZU.
  L'articolo 23, al fine di sanare la procedura di cooperazione in materia di aiuti di Stato n. 11/2010 riguardante gli aiuti ai consorzi agrari in Italia, modifica la legge n. 311 del 2004, portando dal 40 per cento al 50 per cento la quota di utili netti annuali soggetta a tassazione per i consorzi agrari di cui all'articolo 9 della legge 23 luglio 2009, n. 99.
  L'articolo 24 novella il regime forfetario di determinazione della base imponibile per alcune imprese marittime (cosiddetta tonnage tax) disciplinato dal capo VI del titolo II del TUIR. I commi da 11 a 15 recano inoltre una delega al Governo ad adottare un decreto legislativo di riordino degli incentivi fiscali, previdenziali e contributivi in favore delle imprese marittime. La delega, per la quale sono definiti principi e criteri direttivi, deve essere esercitata entro il 31 luglio 2016.
  L'articolo 25 designa l'Agenzia delle dogane e dei monopoli quale amministrazione doganale competente, responsabile a livello nazionale del sistema informativo doganale, in attuazione della Decisione 2009/917/GAI sull'uso dell'informatica nel settore doganale, che ha sostituito la Convenzione sull'uso dell'informatica nel settore doganale del 26 luglio 1995 (cosiddetta «Convenzione SID»). L'accesso diretto ai dati è riservato anche al Corpo della Guardia di Finanza, in qualità di forza di polizia economica e finanziaria.
  L'articolo 26 dà attuazione alla direttiva 2014/86/UE in tema di regime fiscale delle società madri e figlie di Stati membri diversi e alla direttiva (VE) 2015/121, avente ad oggetto il trattamento fiscale di dette società. I termini di recepimento delle direttive sono scaduti il 31 dicembre 2015. La disposizione mira a definire la procedura di infrazione 2016/0106 per il mancato recepimento della direttiva 2014/86/UE.
  L'articolo 27 dispone la soppressione degli articoli 2 e 3 della legge 16 marzo 2001, n. 88, in materia di investimenti nelle imprese marittime, al fine di sanare la procedura in materia di aiuti di Stato n. SA 38919. Il regime delineato in Italia da tali norme, in materia di aiuti al funzionamento dell'industria della costruzione navale, non è più compatibile con il mercato comune, posto che il regolamento (CE) n. 1540/98 ha stabilito come data finale per la concessione degli aiuti il 31 dicembre del 2000, ed è scaduto il 31 dicembre 2003.
  L'articolo 28 intende attuare la direttiva (UE) 2015/2060, che ha abrogato la direttiva 2003/48/CE in materia di tassazione dei redditi da risparmio sotto forma di pagamenti di interessi. Di conseguenza, a decorrere dal 1o gennaio 2016 è abrogato il decreto legislativo n. 84 del 2005, col quale è stata attuata la citata direttiva.
  L'articolo 29 interviene sul trattamento fiscale delle attività di raccolta dei tartufi, sottoponendo a ritenuta i compensi corrisposti ai raccoglitori occasionali di tartufi e assoggettando i tartufi all'aliquota IVA del 10 per cento.
  In materia di occupazione, l'articolo 30 interviene sul tema dei diritti dei lavoratori a seguito di subentro di un nuovo appaltatore riformulando il decreto legislativo-n. 276 del 2003. Si specifica che l'esclusione della natura di trasferimento d'azienda (o di parte d'azienda) è subordinata alla sussistenza di discontinuità che determinino una specifica identità di impresa ed alla condizione che il nuovo appaltatore sia dotato di propria struttura organizzativa ed operativa. Sul punto è aperto il caso EU Pilot 7622/15/EMPL per presunta violazione della direttiva 2001/23/CE concernente il ravvicinamento delle Pag. 85legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti.
  In materia di tutela dell'ambiente, l'articolo 31 introduce l'obbligo per i cacciatori di annotare, subito dopo l'abbattimento, sul tesserino venatorio la fauna selvatica stanziale e migratoria abbattuta, a tal fine modificando l'articolo 12 della legge n. 157 del 1992 sulla protezione della fauna selvatica omeoterma e il prelievo venatorio. La modifica è volta alla parziale chiusura del caso EU Pilot 6955/14/ENVI.
  L'articolo 32 modifica il più punti la disciplina nazionale di attuazione della direttiva 2009/31/CE, in materia di stoccaggio geologico del biossido di carbonio, al fine di superare i rilievi nell'ambito del caso EU Pilot 7334/15/CLIM. In particolare, le modifiche hanno ad oggetto le condizioni per il rilascio dell'autorizzazione allo stoccaggio di biossido di carbonio; il riesame e l'aggiornamento dell'autorizzazione allo stoccaggio di biossido di carbonio e le attività sottoposte a vigilanza e controllo.
  Le disposizioni in materia di energia sono contenute all'articolo 33 che reca adattamenti alla normativa nazionale vigente sul «terzo pacchetto energia» (decreto legislativo n. 93 del 2011), al fine di consentire l'archiviazione della procedura di infrazione 2014/2286.
  Tra le altre disposizioni, segnalo che gli articoli 34 e 35 apportano modifiche alla legge n. 234 del 2012.
  L'articolo 34 interviene all'articolo 19 Sostituendo i termini «direttore della Segreteria del CIAE» e «responsabile della Segreteria del CIAE» con il termine «Segretario del CIAE», onde chiarire che a quest'ultimo saranno demandati determinati compiti.
  L'articolo 35 interviene sul Capo VIII («Aiuti di Stato», articoli 44-52) con numerose disposizioni che: modificano la disciplina per la notifica alla, Commissione europea di eventuali misure di concessione di aiuti di Stato alle imprese; prevedono una «cabina di regia» unica presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, attraverso il sistema di notificazione elettronica; disciplinano le azioni di recupero di aiuti di Stato rivelatisi illegali, in quanto non compatibili con il mercato interno.
  Per lo svolgimento dei compiti connessi all'attuazione della disciplina europea, l'articolo 36 incrementa di 12 milioni di euro, a decorrere dal 2017, il fondo per le spese di funzionamento del Garante della privacy; inoltre, autorizza la Consob ad assumere personale per far fronte alle esigenze connesse all'istituzione dell'organismo di risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori in materia finanziaria: Arbitro per le Controversie Finanziarie – ACF.
  Infine, l'articolo 37 reca la clausola di invarianza finanziaria, prevedendo un'eccezione esplicita per gli articoli 6, 9, 10, 16, 20, 21, 29 e 36 del disegno di legge che dispongono una clausola di copertura autonoma.

  GIANLUCA PINI, Relatore di minoranza. L'annuale disegno di legge europea, così come previsto dalle legge n. 234 del 2012 ha il compito principale di ridurre o eliminare i casi di contrasto normativo tra il nostro ordinamento e quello europeo. Un'azione, questa, che avviene attraverso un percorso di cui il disegno di legge costituisce il passaggio finale e formale. Un percorso che passa attraverso fasi di negoziato gestite dal Governo, in cui il principale interesse di cui si dovrebbe tenere conto è l'interesse nazionale delle nostre imprese, dei nostri cittadini e del nostro tessuto sociale ed economico. Le decisioni europee – in tutte le loro discutibili forme – incidono nella vita politica, sociale, economica del Paese sulla salute e sull'alimentazione.
  Il disegno di legge, Presentato al Senato lo scorso 3 febbraio con 22 articoli, si compone ora di un totale di 37 articoli. Di questi, la maggior parte sono diretti a chiudere casi EU Pilot, altri servono per porre fine a procedure di infrazione, a risolvere procedure nell'ambito degli aiuti di Stato ed infine, recano modifiche alla Pag. 86normativa nazionale, al fine di evitare l'apertura di ulteriori casi EU Pilot o procedure di infrazione.
  Questo provvedimento nasceva come legge europea per l'anno 2015 ma, durante l'esame al Senato, è stato aggiunto l'anno 2016 allo scopo di anticipare e, diciamo, metterci «in regola» con le annualità. Allora quello che non si capisce è perché mai, visto che appunto abbiamo anticipato una annualità, durante l'esame nelle commissioni di merito tutti gli emendamenti proposti sia da parte nostra che delle altre forze politiche hanno avuto un parere contrario ? La maggior parte dei nostri emendamenti erano di buon senso, migliorativi del testo, e lo illustreremo nel corso della relazione. Allora, se veramente a questo Governo sta a cuore la sorte dei nostri cittadini e delle nostre imprese, perché non si sono aperte delle discussioni serie nelle commissioni di merito e non si è analizzato a fondo la finalità di questi emendamenti ? Si è voluto, invece, procedere ottusamente nell'ottica di concludere il più rapidamente possibile il provvedimento con la scusante del rischio di andare incontro all'apertura di altre procedure o che alcune di esse arrivino a sanzione. Ma il Governo deve stare attento perché troppo spesso ha dimostrato che la fretta è cattiva consigliera !
  Gli argomenti contenuti nel provvedimento sono eterogenei, sia per materia che per competenza. Ricordiamo alcuni dei contenuti presenti nel testo del Governo. Si parla dell'etichettatura degli oli di oliva, del miele, dell'aumento dell'IVA sui preparati per risotto, per coprire una differente tassazione sul gioco d'azzardo, delle obbligazioni alimentari in materia matrimoniale, della tassazione dei veicoli degli studenti europei in Italia, delle aliquote IVA del basilico, del rosmarino e della salvia freschi, dei tartufi, dell'indennizzo in favore delle vittime di reati intenzionali violenti, di disposizioni relative alla natura della fauna selvatica omeoterma, inoltre il provvedimento reca raccomandazioni dell'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie, e molto altro.
  Ci troviamo di fronte a un Esecutivo rinunciatario, soprattutto in alcuni dei casi EU Pilot in cui si prosegue sulla strada dell'ottusa osservanza alle indicazioni della Commissione europea, perdendo di vista gli interessi e la difesa dei nostri cittadini e imprese.
  Pensiamo agli articoli 1, 2, 21, 22 e 23 che non sanano sanzioni, ma intervengono su casi EU Pilot che vanno a limitare i valori della trasparenza e correttezza di informazione. Questi articoli denotano infatti un atteggiamento rinunciatario che questo Governo continua a tenere proprio nel settore agroalimentare, che dovrebbe invece costituire il vanto internazionale del nostro made in Italy, tanto celebrato durante Expo.
  Ma andiamo nello specifico, voglio segnalare l'articolo 1, concernente l'etichettatura degli oli di oliva, che risolve il caso EU Pilot 4632/13/AGRI, relativo alle disposizioni in materia di qualità e trasparenza della filiera degli oli di oliva vergini. La disposizione interviene sull'etichettatura dell'olio d'oliva, dopo che, con la legge europea 2013-bis, era stato giustamente previsto che «l'indicazione dell'origine delle miscele di oli di oliva originari di più di uno Stato membro dell'Unione europea o di un Paese terzo (...), deve essere stampata (...) con diversa e più evidente rilevanza cromatica rispetto allo sfondo, alle altre indicazioni e alla denominazione di vendita».
  La Commissione europea, invece, sostiene che l'indicazione d'origine in un colore diverso rispetto a quello delle altre indicazioni, anziché garantire condizioni eque di concorrenza per l'industria e fornire un'informazione più completa ai consumatori, è discriminatoria nei confronti delle restanti indicazioni e contraria alle regole armonizzate in materia di leggibilità e libera concorrenza. Con questo la Commissione europea cosa ci dice, ci fa capire chiaramente che il principio di concorrenza per l'industria finisce per essere prevalente rispetto alla necessità per il consumatore di fare un acquisto consapevole e informato su di un bene, privilegiando, Pag. 87così, gli interessi dell'industria, soprattutto straniera, rispetto a quello dei cittadini e dei consumatori.
  E ancora, in questo articolo, si è intervenuti per abrogare la previsione di un termine minimo di conservazione degli oli di oliva che attualmente è di 18 mesi. A tal proposito abbiamo proposto degli emendamenti, che sono stati addirittura dichiarati inammissibili, che erano volti a mantenere l'evidenza cromatica, il termine minimo di conservazione e qualora il produttore volesse indicare un termine minino superiore ai 18 mesi questi avrebbe dovuto adottare specifici accorgimenti nei processi di produzione e imbottigliamento volti alla conservazione organolettica degli oli di oliva oltre tale termine, questo a tutela della salute del consumatore. Mantenere una più evidente rilevanza cromatica aiuterebbe il consumatore a focalizzare immediatamente – pensiamo alle persone anziane o a coloro che hanno problemi di vista – l'origine dell'olio e magari orientarlo verso l'acquisto di un prodotto italiano, sulle cui qualità e sul cui controllo magari facciamo maggiore affidamento.
  A tal proposito dobbiamo ricordare che recentemente il Parlamento europeo ha permesso nel mercato europeo l'importazione senza dazio, fino al 2017, di un ulteriori 35mila tonnellate di olio proveniente dalla Tunisia – in più rispetto alle 56mila già previste – per venire incontro alla crisi economica in cui versa quel paese a causa degli attentati dello scorso anno. Il problema fondamentale è che si potrebbero profilare rischi sulla tracciabilità dell'olio e sarà solo il mercato italiano dei produttori d'olio d'oliva che ne avrà il peggiore danno.
  L'articolo 2 reca una disposizione relativa all'etichettatura, questa volta del miele, volta a regolare il caso EU Pilot 7400/15/AGRE, nell'ambito del quale la Commissione europea ci ha formalmente contestato di aver reso obbligatoria l'indicazione analitica del Paese (o dei Paesi) di origine del miele sull'etichetta, andando oltre a quanto stabilito dalla normativa europea. Con questo articolo si va a modificare, quindi, la nostra normativa andando a stabilire che, nei confronti di mieli prodotti in altri Stati membri e immessi sul mercato, non vige l'obbligatorietà dell'indicazione del Paese di provenienza. Anche in questo caso la normativa italiana era ispirata alla trasparenza, quale strumento indispensabile per il consumatore per effettuare una scelta consapevole. La tutela e la difesa della salute del consumatore non possono essere sacrificate di fronte ai principi economici e dei profitti che si nascondono dietro la cosiddetta liberalizzazione del mercato e delle merci. Dopo che avremmo approvato questo provvedimento non ci sarà più distinzione tra il miele italiano e quello proveniente da altri Paesi, ma ci sarà semplicemente un'indicazione secondo cui si tratta di miele fatto con miscele provenienti dall'Unione europea. Per questo motivo abbiamo presentato un emendamento soppressivo di questo articolo.
  Per quanto riguarda ancora il settore agroalimentare, voglio segnalare l'articolo 22 il quale innalza dal 4 al 10 per cento l'aliquota IVA applicabile alle cessioni di preparazioni alimentari a base di riso (cosiddetti preparati per risotti). La disposizione è finalizzata alla chiusura del caso EU Pilot 7293/15/TAXU, nell'ambito del quale la Commissione europea ha rilevato l'incompatibilità con l'ordinamento dell'Unione europea della nostra normativa nella parte in cui prevede l'applicazione dell'aliquota super-ridotta del 4 per cento per i prodotti in questione, ciò in violazione della direttiva 2006/112/CE, che consente di mantenere le aliquote inferiori al 5 per cento per le sole operazioni che al 1o gennaio 1991 già godevano di tale beneficio. Pertanto, al fine di evitare l'apertura di una procedura d'infrazione il Governo ha deciso di abrogare l'applicazione dell'IVA super-ridotta assoggettando questi prodotti all'aliquota ridotta del 10 per cento. Va segnalato che questo innalzamento dell'aliquota va a coprire in quota parte gli oneri derivanti dalla tassazione delle vincite da gioco di cui all'articolo 6. Su questo punto abbiamo presentato emendamenti volti a sopprimere Pag. 88questa disposizione e prevedere in alternativa all'aliquota del 10 per cento l'applicazione di una al 5 per cento in linea con quanto dettato dalla succitata direttiva.
  Questo provvedimento sembra voler andare nella direzione opposta di una tutela del made in Italy, quasi a volerlo demolire affinché coloro che producono prodotti di bassa qualità possano commercializzarli tranquillamente, magari mescolandoli ai nostri, che invece hanno eccellenza nella produzione.
  Con riferimento alle sanzioni per il mancato rispetto dei requisiti degli imballaggi dei detersivi liquidi monouso, il nostro gruppo non condivide l'articolo 4 che prevede lo stesso importo di sanzioni per tutte le tipologie di violazioni. Secondo il nostro gruppo, le sanzioni previste per il fatto che l'imballaggio esterno sia trasparente o non si mantenga in posizione verticale non possono essere dello stesso importo di quelle previste per la chiusura inefficace o per altri accorgimenti diretti a tenere fuori della portata dei bambini il detersivo liquido.
  L'articolo 5 crea confusione nell'applicazione della normativa relativa agli appalti pubblici di recente emanazione, di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016. In base all'articolo 83, comma 2, di tale decreto legislativo, si prevede l'adozione di linee guida da parte dell'ANAC per il sistema di qualificazione delle imprese, entro un anno dalla data di entrata in vigore del codice e previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, anche al fine di favorire l'accesso agli appalti da parte delle microimprese e delle piccole e medie imprese. A decorrere da tale data viene abrogata l'analoga norma del decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 2010, citata nell'articolo 5. Occorrerebbe quindi chiarire che le norme che modificano l'obbligo della sede legale della SOA in Italia con un obbligo generico di una sede nel territorio del Paese, si applichino esclusivamente fino a che l'ANAC non inserisca le stesse disposizioni nelle linee guida che deve emanare.
  Il combinato disposto degli articoli 6 e 22 presenta, ovviamente, dei rilevanti profili di criticità: estendere l'esenzione tributaria per vincite corrisposte da case da gioco autorizzate situate fuori dall'Italia in uno dei membri dell'Unione europea o dello spazio economico europeo rappresenta notoriamente l'ennesimo paradosso di questa Europa delle banche e dei poteri forti che ben si sposa con la logica del nostro esecutivo in carica. La giustificazione dell'Unione europea e del Governo, come sempre, viene rintracciata in una sentenza della Corte di giustizia, in questo caso nella sentenza del 22 ottobre 2014 che ha condannato la normativa italiana per il diverso trattamento tributario più sfavorevole riservato alle vincite da gioco ottenute fuori dall'Italia. Sarebbe certamente stato eticamente più corretto e politicamente più responsabile agire in maniera esattamente contraria tassando le vincite, piuttosto che innalzare aliquota IVA sulle cessioni dei «preparati per risotto» dal 4 al 10 per cento (articolo 22). Al contrario, il principio della libera circolazione dei servizi viene preso a giustificazione di una scelta politica che invece di remare contro le case da gioco e a tutte le problematiche sociali a queste connesse (una fra tante, la più drammatica, la ludopatia), le incentiva, facendo ovviamente ricadere gli oneri sulla collettività. Abbiamo presentato un emendamento volto a modificare la copertura dell'articolo 6 prevedendo un'aumento del prelievo erariale unico (PREU) sugli apparecchi da intrattenimento (new slot e videolottery).
  Se il provvedimento all'esame è finalizzato al recepimento delle direttive e disposizioni comunitarie, sul tema immigrazione va a toccare un punto del tutto marginale rispetto a quello che è sotto gli occhi di tutti quotidianamente: una vera e propria emergenza che ha assunto i profili preoccupanti di una invasione di massa su cui questo Governo continua a voler chiudere gli occhi. Tornando dunque al provvedimento in esame, l'articolo 10, in particolare, introduce un permesso di soggiorno per motivi familiari fino al 18 anno di età del minore o un permesso di Pag. 89soggiorno UE di lungo periodo valido, personale e autonomo rispetto a quello dei genitori o dello straniero a cui è affidato. Il principio derivante dalla normativa comunitaria di «una persona – un documento» viene ricondotto a motivi di sicurezza, per una personale e diretta identificazione dei soggetti, tuttavia «scollegare» i minori dall'ambito familiare, ossia dal permesso del genitore o affidatario, comporta ulteriori conseguenze forse non attentamente valutate, anche con riguardo all'elevato numero di minori che giungono nel nostro paese, accompagnati o non, o la possibilità di seguire il genitore o l'affidatario espulsi. Ecco perché gli emendamenti proposti vanno in qualche modo anche a correggere in senso più restrittivo la norma così come formulata, nonché ad evitare l'abuso del permesso di soggiorno per minore età che come risulta anche da articoli di stampa spesso viene sfruttato anche da chi ha parenti in Italia o in Europa, occupando posti che potrebbero essere destinati a orfani o bambini in fuga dalla guerra, o spesso viene convertito in un permesso di lavoro, per evitare l'avvio delle procedure di espulsione. L'aspetto invece su cui questo provvedimento avrebbe dovuto concentrarsi, cruciale per arginare l'attuale invasione ma anche per combattere la tratta degli esseri umani, proclamata sempre e solo a parole, è quello delle espulsioni e dei rimpatri.
  L'emendamento che interveniva sull'articolo 14 del TU immigrazione, ma dichiarato inammissibile, era volto proprio ad adeguare il nostro ordinamento non solo all'emergenza attuale ma anche all'adeguata e corretta applicazione della normativa europea. La regolamentazione dei flussi migratori e la possibilità di attuare le espulsioni nei confronti di chi non ha diritto di restare nel nostro Paese è strettamente collegata alla presenza dei Centri di identificazione ed espulsione, presso i quali lo straniero è trattenuto per potere effettuare l'identificazione e poterlo espellere verso il proprio Stato di origine. Si è proposto di modificare l'articolo 14 del T.U. per dare attuazione all'articolo 15 e seguenti della direttiva 2008/115/CE, che dispone l'istituzione dei CIE, con la previsione di almeno una struttura per ogni Regione.
  Tali strutture sono specificamente previste nella normativa comunitaria, proprio al fine di poter materialmente eseguire le espulsioni a carico degli immigrati irregolari. In questi ultimi anni si è invece deciso di chiudere la maggior parte dei CIE (ne sono rimasti solo cinque in tutta Italia), che erano, comunque, in condizioni di degrado, ma, anziché rafforzare tali strutture e investirci sopra, si è deciso di smantellarle, rendendo di fatto impossibile effettuare le identificazioni e le correlate espulsioni. Con la legge n. 161/2014, articolo 3, comma 1, lettera e), inoltre, si è ridotto il termine per il trattenimento nei CIE da diciotto mesi, come disposto nella normativa europea quale termine massimo e precisamente dall'articolo 15 commi 5 e 6 della direttiva 2008/115, in novanta giorni. È evidente che tale termine ridotto rende vano ogni tentativo di ottenere nel nuovo breve termine informazioni dai Paesi di origine dello straniero, ai fini della materiale espulsione, che diventa, così, di fatto impossibile. Impossibile anche se e quando l'Unione europea vorrà fare degli accordi comunitari con i Paesi di origine, come continua a chiedere questo Governo per delegare proprie responsabilità. Ebbene anche qualora tali accordi venissero conclusi, è evidente che in mancanza di una identificazione negli appositi centri per noi le espulsioni rimarranno comunque lettera morta. La chiusura quasi totale dei CIE nel nostro Paese certifica la concreta disapplicazione della normativa europea, esponendoci anche a pesanti sanzioni europee.
  Il provvedimento in esame prevede il recepimento della direttiva in favore delle vittime di reati intenzionali violenti, in attuazione della direttiva 2004/80/CE, che vede l'Italia in ritardo e sottoposta alla procedura di infrazione 2011/4147. Il testo del disegno di legge presentato dal Governo è carente sotto diversi aspetti. Gli emendamenti proposti dal nostro gruppo mirano a ridefinire e migliorare la proposta contenuta negli articoli 11, 12, 13 e Pag. 9014 del provvedimento all'esame di quest'Aula al fine di dare concreta e fattiva attuazione alla direttiva citata. In primo luogo, escludere alcuni tipi di reato, come invece viene fatto dalle norme di questo provvedimento, appare ultroneo rispetto alla direttiva che invece mira proprio a risarcire coloro che risultano essere «colpiti» da reati violenti e non ottengono un risarcimento da parte della vittima. L'esclusione, e non l'inclusione, come emerge dal testo proposto, non solo non è in linea con la direttiva, ma inoltre non «copre» tutti i reati violenti.
  Gli emendamenti proposti vanno nella direzione dell'inclusione dei reati intenzionali violenti e non – come invece il testo attuale prevede – dell'esclusione o limitazione degli stessi. Di poi si prevede un meccanismo alquanto singolare non previsto per altri tipi di reato (tra cui si pensi a quelli in materia di accesso a gratuito patrocinio a spese dello Stato da parte delle vittime di reati di violenza sessuale), per cui l'indennizzo è previsto solo se la persona non supera i limiti di reddito per l'ammissione al gratuito patrocinio dello Stato, ossia se non supera un reddito annuo lordo pari a circa 11.530 euro, fatto salvo elevazioni in caso di soggetti a carico o altri familiari. In questo modo, il Governo non vuole risarcire le vittime di reati violenti, che non hanno visto soddisfazione da parte del reo, ma intende solo evitare di concedere gli indennizzi !
  Gli emendamenti proposti da Lega Nord vanno nella direzione di non prevedere dei limiti di reddito ovvero prevederli ma in misura notevolmente superiore, poiché se dovessero essere approvate le norme nel testo attuale come presentato dal Governo verrebbero risarcite poche persone di reati violenti e si eliderebbe, nei fatti, lo scopo che si prefiggono le norme contenute nella direttiva 2004/80/CE. Inoltre, il Governo ha previsto norme, e nello specifico con l'articolo 13 del provvedimento, che appaiono esclusivamente di ostacolo all'indennizzo, poiché ha stabilito un termine di sessanta giorni, a pena di inammissibilità della domanda, dalla decisione che ha definito il giudizio per essere ignoto l'autore del reato o dall'ultimo atto dell'azione esecutiva infruttuosamente esperita per esperire la richiesta di indennizzo. È chiaro che si tratta di un termine troppo breve posto solo a non favorire il risarcimento del danno da parte dello Stato a favore delle vittime di reati intenzionali violenti. In questo senso il gruppo della Lega Nord ha proposto diversi emendamenti che vanno nella direzione di prevedere un termine congruo – ed è utile ribadire che è previsto a pena di inammissibilità – che consenta alla vittima di poter esperire le procedure con la dovuta «serenità».
  Diversamente opinando, un termine così breve, ha il solo scopo di evitare di concedere indennizzi alle vittime di reati violenti che non hanno ottenuto soddisfazione da parte del reo ! Infine, si è previsto un fondo, differentemente da quello previsto dal Governo, per le vittime di reati intenzionali violenti che sia sempre alimentato e capiente affinché le vittime possano essere poi effettivamente indennizzate e che l'indennizzo sia considerato esente dal pagamento dell'imposta sul reddito delle persone fisiche.
  L'articolo 19 del provvedimento in esame modifica il testo unico sulle tasse automobilistiche al fine di esentare gli studenti dal pagamento di imposte e tasse per l'utilizzo in Italia di veicoli immatricolati nello Stato europeo in cui risiedono abitualmente. Il principio di per sé è condivisibile, ma si poteva fare un passo in più rispetto alla semplice attuazione della direttiva europea che prevede tali esenzioni, cogliendo questa occasione per arginare la preoccupante crescita del numero di sinistri che vede coinvolti veicoli con targhe straniere, dovuto al continuo aumento della circolazione delle autovetture con targa straniera nel nostro Paese, soprattutto di vetture provenienti da Romania, Bulgaria, Polonia e Repubblica Ceca. Il problema che oggi si doveva affrontare (e che la Lega Nord solleva da anni ormai senza essere ascoltata) e che invece è stato ignorato (ancora una volta nonostante i nostri emendamenti) è che non esiste ad oggi una banca dati europea Pag. 91che consenta alle Forze dell'ordine impegnate nei controlli stradali di poter verificare la copertura assicurativa di questi veicoli circolanti nel nostro Paese. Può quindi accadere che, solo al verificarsi di un sinistro, si scopra che la vettura straniera è sprovvista di assicurazione.
  Recentemente nel nostro Paese è possibile effettuare controlli sulle targhe attraverso un lettore laser che rileva la proprietà, la revisione e la copertura assicurativa delle vetture. Questo tipo di controllo, accedendo ad una banca dati nazionale, è in grado di fornire informazioni esclusivamente sulle vetture con targa italiana. Le vetture straniere che circolano sul nostro territorio (in questo caso specifico utilizzate da studenti, ma il problema è diffuso e si pone soprattutto per coloro che immatricolano e assicurano il veicolo in un altro Paese membro per sostenere costi inferiori, anche a scapito della tutela dei diritti delle vittime di incidente stradale, prevedendo massimali per il risarcimento non adeguati) devono poter essere controllate con facilità e sanzionate in caso di violazioni. Se a livello europeo è stato riconosciuto come elemento fondamentale per la protezione delle vittime l'obbligo degli Stati membri di garantire la copertura assicurativa almeno per determinati importi minimi di copertura per i danni alle persone, che dovrebbe essere calcolato in modo tale da indennizzare totalmente ed equamente tutte le vittime che hanno riportato danni molto gravi (la direttiva 2005/14, recepita in Italia con decreto legislativo 6 novembre 2007, n.198, ha fissato un importo minimo di copertura pari a 1.000.000 euro per vittima o a 5.000.000 euro per sinistro, indipendentemente dal numero delle vittime), solo in caso di sinistro con veicoli provenienti da Paesi che hanno recepito tale direttiva, viene garantito un equo indennizzo alle vittime. Questo provvedimento offriva l'occasione di affrontare il problema dell'assenza di una banca dati dei veicoli immatricolati negli Stati dell'Unione europea in grado di consentire alle Forze dell'ordine impegnate nei controlli stradali di poter verificare che la copertura assicurativa dei veicoli circolanti sul nostro territorio con targa straniera rispetti i parametri fissati dalla direttiva 2005/14 e, in caso contrario, di intervenire con le opportune sanzioni fino all'interdizione all'accesso sul suolo nazionale. Un'altra occasione persa.
  Non sembra affatto condivisibile l'introduzione, attraverso l'articolo 23, di disposizioni tributarie in materia di consorzi agrari poiché la Commissione europea ha considerato aiuti di Stato le agevolazioni fiscali previste loro in virtù della costituzione in società cooperative a mutualità prevalente, come previsto dall'articolo 9 della legge n. 99/2009. Sembrava dunque ragionevole modificare questa disposizione che – come sempre – ci viene imposta dall'alto come un diktat per abbassare almeno al 45 per cento la quota di utili netti soggetta a tassazione. La nostra preoccupazione, infatti, è sostenere, e non certo affossare, la nostra produzione, soprattutto quella di un comparto così importante come quello dei consorzi agricoli che, notoriamente, costituiscono una parte rilevante del nostro made in Italy.
  Come può l'Europa pretendere che si possa, in un colpo solo, aumentare di ben dieci punti percentuali la tassazione di un comparto che dovrebbe, al contrario, essere sostenuto proprio perché danneggiato dalla sue stesse politiche di apertura e sdoganalizzazione a prodotti di bassissima qualità che invadono con prezzi concorrenziali i nostri mercati ? Almeno sarebbe stato quantomeno opportuno posticipare l'entrata in vigore della nuova tassazione al prossimo periodo di imposta, ed i nostri emendamenti vanno proprio in tal senso.
  Riguardo l'articolo 25, nonostante si ritenga di buon senso, sarebbe stato però utile che l'Agenzia delle dogane fosse investita, in maniera espressa, anche del corretto funzionamento del SID e del corretto inserimento dei dati al fine di incrementare la prevenzione, la ricerca e il perseguimento di gravi infrazioni alla leggi nazionali. Ed è per questi motivi che abbiamo presentato degli emendamenti.
  Dobbiamo ricordare che la procedura EU Pilot costituisce una forma di dialogo, Pag. 92tra la Commissione europea ed uno Stato membro, mirata a chiarire richieste di informazioni e denunce di cittadini e imprese relative a «dubbi» sulla corretta applicazione del diritto dell'Unione europea. I servizi della Commissione, esaminate tutte le risposte degli Stati membri e, se accertano la fondatezza sulle difformità di applicazione delle direttive, possono avviare ulteriori azioni per far applicare il diritto dell'Unione europea.
  In merito all'articolo 31 ad oggi non solo non esiste un mancato rispetto della normativa comunitaria, requisito che avrebbe reso necessario intervenire con lo strumento legislativo, bensì non esiste un obbligo o una direttiva comunitaria che obblighi l'annotazione dei capi di avifauna cacciata.
  L'Italia è l'unico Paese europeo tra quelli affacciati sul bacino del mediterraneo, e probabilmente l'unico a livello comunitario, che prevede già con propria legislazione in materia di caccia, l'obbligo di un tesserino venatorio regionale sul quale annotare le giornate di caccia, i capi abbattuti, gli ambiti territoriali nei quali si svolge il prelievo, le forme di caccia ecc. La nostra norma nazionale inoltre prevede l'obbligo del carniere massimo giornaliero prelevabile e che i capi di avifauna cacciata vengano annotati sul tesserino venatorio regionale distinguendo le specie per cui è necessaria la segnatura immediata (stanziale, alpina, beccaccia) e quelle per cui è necessario farlo quando si lascia l'appostamento, o a fine giornata. Ad avvalorare la pretestuosa ed anticaccia volontà del Governo di penalizzare i cacciatori italiani lo prova il fatto che queste norme non esistono in Francia, Spagna, Portogallo, Grecia, Malta eccetera, nei quali la caccia si svolge con modalità simili alle nostre.
  Se quindi possiamo dire che è davvero incomprensibile la difforme applicazione della direttiva 2009/147/CE fra gli stessi stati membri, diventa per noi inaccettabile e discriminante una disparità di trattamento fra cittadini europei solo per soggettive scelte ideologiche del Governo filo animalista. La nostra normativa è ad oggi la più garantista e restrittiva nei confronti delle presunte ripercussioni sulla fauna selvatica ed in particolare sul buono stato di conservazione di quella migratoria. In sintesi e con parole semplici il senso della modifica: Considerato che in merito al citato articolo 31 non esistono obblighi nei confronti dell'Europa da parte dello stato italiano di intervenire sulla normativa nazionale ma è semplicemente un puro atto vessatorio ed altamente penalizzante nei confronti dei cacciatori italiani; annotare la selvaggina migratoria «non appena abbattuta» e non a fine giornata, come avviene oggi in Italia, per chi pratica l'attività venatoria sa benissimo che è deleterio quanto di difficile applicazione e viene fatto contro ogni logica di buonsenso ma solo per creare difficoltà ai cacciatori e portarli con la burocrazia animalista allo sconforto totale inducendoli ad errare e quindi con l'arma sanzionatoria a smettere di andare a caccia.
  L'articolo 32, in merito all'obbligo per le imprese, che possiedono siti di stoccaggio di CO2 nella stessa unità idraulica, di controllare le potenziali interazioni di pressione affinché tutti i siti rispettino simultaneamente le prescrizioni richieste per il rilascio delle autorizzazioni, nonché l'obbligo del rilascio di un'unica autorizzazione ad un unico operatore, per ciascuna unità idraulica, rende più restrittiva la norma italiana rispetto a quella comunitaria e ciò contraddice la stessa linea del Governo che in più provvedimenti di delega legislativa ha inserito il divieto di emanare norme più restrittive di quelle comunitarie. La formulazione dell'articolo 32, oltre ad esporre il nostro Paese a potenziali ulteriori procedure di contenzioso con la Commissione europea, complica inutilmente la realizzazione di depositi di stoccaggio di CO2 e, conseguentemente, l'abbattimento delle emissioni dei gas climalteranti ai fini del rispetto degli obblighi post Kyoto. Pertanto, le imprese italiane verranno sottoposte a maggiori sacrifici e oneri economici, rispetto ai partners europei, affinché il Paese possa raggiungere il rispetto degli accordi sul clima e sull'abbattimento della CO2.Pag. 93
  È certamente da criticare la posizione assunta dal Governo verso le nostre proposte di modifica delle disposizioni riguardanti il cosiddetto «terzo pacchetto energia» contenute nell'articolo 33 del testo all'esame. Ci siamo battuti nella Commissione di merito affinché venisse approfondito il dibattito sulla necessità di tutelare i clienti più svantaggiati per la fornitura di energia elettrica e gas, chiedendone l'inclusione nella definizione di «clienti protetti». Si tratta di cittadini economicamente disagiati a cui devono essere indirizzate particolari attenzioni, specie in questa fase di difficile congiuntura economica. Il Governo ha bocciato i nostri emendamenti, senza nemmeno motivare le ragioni del parere contrario.
  Abbiamo chiesto, in particolare, che venisse anticipata, con questo provvedimento, la riforma del bonus elettrico, contenuta nel disegno di legge sulla concorrenza in esame al Senato e questo, non per un atto di superficialità, ma per rispondere quanto prima alle esigenze di questa particolare fascia di clienti domestici di poter beneficiare appieno di questi strumenti. Superficiale è invece l'atteggiamento dimostrato dal Governo che non si cura del fatto che le famiglie e le imprese continuano ad essere sottoposte a pesanti oneri energetici, i quali, oltre ad intaccarne pesantemente i bilanci, sono anche una delle principali cause delle svantaggio competitivo delle imprese nazionali nei confronti delle concorrenti europee ed estere. Sempre per i clienti vulnerabili vige l'obbligo di assicurare le forniture nelle zone più isolate in momenti critici e in situazioni di emergenza del sistema del gas naturale. Abbiamo chiesto che tale obbligo venisse esplicitato anche nei confronti degli utenti ubicati nelle zone di montagna, creando le condizioni per la fornitura di un servizio energetico più efficiente in zone particolarmente disagiate. Anche questa richiesta non è stata accolta in Commissione, impedendo quindi la realizzazione di utili iniziative di contrasto alla povertà energetica delle famiglie ubicate in questi territori.
  Questa legge europea, dunque, è una piccola manovra europea attraverso cui alzare balzelli in cambio di nessun servizio, assistenza o politica che possa contribuire a far crescere il nostro Paese.
  Concludendo non ci dobbiamo piegare inermi a quello che «ci chiede l'Europa» ottemperando ottusamente agli obblighi europei, dobbiamo mettere in discussione alcuni dei principi e Trattati che reggono questa Europa e pensare molto di più alle esigenze del nostro Paese e dei nostri cittadini che non possono tollerare un atteggiamento da parte del Governo di soggezione, quasi rassegnazione, rispetto alle cose che vengono imposte «dall'alto».
  Non possiamo, quindi, essere contenti delle scelte effettuate dal Governo in questo disegno di legge europea e delle soluzioni prospettate.

TESTO INTEGRALE DELLA DICHIARAZIONE DI VOTO DEL DEPUTATO DANIEL ALFREIDER SULLE COMUNICAZIONI DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI IN VISTA DEL CONSIGLIO EUROPEO DEL 28 E 29 GIUGNO 2016.

  DANIEL ALFREIDER. Il Consiglio europeo del 28 e 29 giugno cade in un momento straordinariamente complesso per l'Unione, all'indomani del referendum con cui il Regno Unito ha optato per il «leave». I Capi di Stato e di Governo dovranno quindi indicare la strada da percorre e affrontare, contestualmente, una serie di complessi argomenti: pervenire a ulteriori decisioni comuni sul tema della migrazione in tutti i suoi aspetti, approvare le raccomandazioni specifiche su occupazione, crescita e investimenti strategici, connessi a quelli del mercato unico e dell'unione economica e monetaria, definire la posizione del Consiglio in tema di relazioni esterne dell'Unione, in vista dell'imminente vertice di luglio UE Nato a Varsavia;
   l'eventuale uscita del Regno Unito dall'Unione europeo apre per il Continente Pag. 94una nuova fase, caratterizzata da alcune incognite e incertezze, ma anche da nuove speranze fondate sull'esistenza di un patrimonio comune di valori, idee e tradizioni che ci unisce come europei e dal quale ripartire per un rilancio del progetto europeo;
   l'Unione europea dovrà continuare ad essere un sogno di pace e di reciproca comprensione, di speranza della dignità umana, di libertà, democrazia, certezza del diritto, solidarietà e di Umanismo. Questi valori sono il vero capitale per il nostro futuro comune, nella ferma convinzione che l'Unione europea rimane la migliore risposta alle sfide di oggi. Ciò non toglie che siano stati commessi degli errori fino adesso, ma dobbiamo come europei dimostrare di avere la capacità di imparare dagli errori e fare meglio in futuro. Una possibile strada in questo senso potrebbe proprio essere quella di dare più peso e prospettive alle regioni e macroregioni in Europa, che con la loro diversità sono diventate una ricchezza, economica e culturale, e un potenziale per l'Europa e la sua Unione;
   l'Europa fino ad ora ha guardato alla rotta balcanica impegnando investimenti rilevanti, deve ora rivolgersi con un'azione concordata, soprattutto alla sponda sud dell'Unione, all'Africa e al Mediterraneo. Lo sviluppo e la stabilità dell'Africa è un dovere e una priorità strategica per tutta l'Europa e per il suo futuro;
   contemporaneamente, l'Unione europea deve estendere e rinforzare le operazioni coordinate contro gli scafisti nel Mediterraneo e in tal senso rilevano i passi avanti compiuti dal Parlamento europeo per giungere a compimento in favore dell'istituzione di una guardia frontiera e costiera europea.

  Al Consiglio europeo sarà chiesto di approvare un Piano d'azione per il completamento del mercato interno, che solleciti la piena attuazione entro il 2018 delle strategie già approvate dalla Commissione europea in materia di mercato unico dei beni e dei servizi, mercato unico digitale e unione dei mercati dei capitali;
   alla crescente disaffezione al progetto europeo occorre rispondere con una profonda riflessione sul futuro dell'Unione europea che deve essere rilanciata quale opportunità di crescita e di occupazione, come ribadito nel documento del Governo italiano «Una strategia europea condivisa per crescita, lavoro e stabilità» dello scorso febbraio;
   a confermare, in questo contesto, il tradizionale impegno europeista dell'Italia. Tenendo presente che l'Unione è e resta la nostra casa, e che il nostro dovere adoperarci per rilanciarla;
   a continuare ad impegnarsi attivamente nel cambiare l'Europa contribuendo a renderla più umana, più giusta, più vicina ai cittadini, più coesa e fortemente radicata nei principi di sussidiarietà e proporzionalità. Ma soprattutto una Europa dei popoli e dei territori.

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 11)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Ris. Rosato e a. 6-248 I p. 405 399 6 200 289 110 80 Appr.
2 Nom. Ris. Rosato e a. 6-248 II p. 403 397 6 199 268 129 79 Appr.
3 Nom. Ris. Palese e a. 6-249 I p. 406 378 28 190 19 359 79 Resp.
4 Nom. Ris. Giorgetti G. e a. 6-250 409 315 94 158 20 295 79 Resp.
5 Nom. Ris. Brunetta e a. 6-251 I p. 409 382 27 192 289 93 79 Appr.
6 Nom. Ris. Brunetta e a. 6-251 II p. 409 392 17 197 23 369 79 Resp.
7 Nom. Ris. Scotto e a. 6-252 408 393 15 197 23 370 79 Resp.
8 Nom. Ris. Battelli e a. 6-253 I p. 407 346 61 174 70 276 79 Resp.
9 Nom. Ris. Battelli e a. 6-253 II p. 403 348 55 175 69 279 79 Resp.
10 Nom. Ris. Rampelli e a. 6-254 405 389 16 195 23 366 79 Resp.
11 Nom. Ris. Artini e a. 6-255 rif. 401 308 93 155 292 16 79 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.