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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 639 di martedì 21 giugno 2016

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI

  La seduta comincia alle 11.

  PRESIDENTE. La seduta è aperta.
  Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

  RAFFAELLO VIGNALI, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 15 giugno 2016.

  PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amendola, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bernardo, Dorina Bianchi, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Boccia, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Matteo Bragantini, Brambilla, Bratti, Brunetta, Bueno, Caparini, Capelli, Carbone, Casero, Castelli, Castiglione, Catania, Centemero, Antimo Cesaro, Cicchitto, Cimbro, Cirielli, Cominelli, Costa, D'Alia, Dambruoso, Damiano, De Micheli, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Manlio Di Stefano, Epifani, Faraone, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Galati, Garofani, Gelli, Gentiloni Silveri, Giacomelli, Ginefra, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Kronbichler, La Russa, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Mazziotti Di Celso, Merlo, Meta, Migliore, Nicoletti, Orlando, Pes, Gianluca Pini, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rigoni, Rosato, Domenico Rossi, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Scanu, Schullian, Scotto, Sereni, Spadoni, Tabacci, Valeria Valente, Velo, Zampa e Zanetti sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente centododici, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna).

Svolgimento di interrogazioni.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni.

(Chiarimenti in merito al trasferimento al patrimonio indisponibile della Regione siciliana dell'ex Palazzo delle finanze, con particolare riferimento alla nomina della commissione paritetica Stato-regione – n. 3-02324)

  PRESIDENTE. Passiamo alla prima interrogazione all'ordine del giorno Di Benedetto ed altri n. 3-02324, concernente chiarimenti in merito al trasferimento al patrimonio indisponibile della Regione siciliana dell'ex Palazzo delle finanze, con Pag. 2particolare riferimento alla nomina della commissione paritetica Stato-regione (Vedi l'allegato A – Interrogazioni).
  Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Gianclaudio Bressa, ha facoltà di rispondere.

  GIANCLAUDIO BRESSA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Grazie, Presidente. L'onorevole interrogante, con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in oggetto, chiede di conoscere le ragioni del perdurante mancato trasferimento dallo Stato alla regione siciliana, con norma di attuazione dello Statuto speciale di autonomia, del bene immobile denominato ex Palazzo delle finanze, in Palermo.
  Al riguardo, non si ritiene che le cause del ritardo del trasferimento dell'immobile de quo siano da attribuire, come riferito dall'onorevole, alla mancata ricostituzione della Commissione paritetica per le norme di attuazione dello Statuto speciale per la regione siciliana. La predetta Commissione è, infatti, pienamente operativa a decorrere dal 4 novembre 2014, data del decreto ministeriale di ricostituzione a firma del Ministro per gli affari regionali e le autonomie. La riunione di insediamento si è tenuta in data 1o dicembre 2014. In tale sede sono state affrontate problematiche e programmi di lavoro, ed individuate specifiche priorità tra le quali anche il trasferimento di beni immobili.
  La predetta Commissione si è riunita diverse volte e in tali occasioni l'impegno profuso è stato, però, integralmente assorbito da una tematica urgente e, comunque, complessa e delicata, quale il trasferimento delle funzioni in materia di sanità penitenziaria. Lo schema di decreto legislativo che inserisce e completa il processo di trasferimento delle funzioni in materia di sanità penitenziaria nelle regioni a statuto speciale è stato licenziato in via definitiva dalla Commissione paritetica nella seduta del 12 ottobre 2015 e infine approvato dal Consiglio dei ministri in data 6 novembre ultimo scorso.
  Tanto premesso, a titolo di ricostruzione della vicenda concernente l'ex Palazzo delle finanze, è il caso di evidenziare che effettivamente il cespite in argomento figurava in un elenco allegato ad uno schema di decreto, licenziato dalla precedente Commissione paritetica in data 5 giugno 2012, avente ad oggetto il trasferimento a titolo gratuito, dallo Stato alla regione siciliana, della titolarità di 86 beni immobili, così detto «secondo elenco», per distinguerlo dai beni già ricompresi in un primo elenco e trasferiti con decreto legislativo 23 dicembre 2010, n. 265, riconducibili nella quasi totalità a beni di interesse storico-artistico.
  Nella riferita circostanza, lo schema di norma di attuazione non venne assunto all'ordine del giorno del Consiglio dei ministri per ragioni contingenti, riconducibili ad una sopravvenuta richiesta di rivalutazione complessiva della tematica avanzata dal Ministero dell'economia e delle finanze. Lo stesso schema non venne successivamente riassunto in conseguenza dell'avvicendamento governativo.
  Alla luce di una verifica delle risultanze della pregressa istruttoria e in specie di quanto rappresentato in primis dall'Agenzia del demanio, occorre registrare in via generale l'assenza di motivi ostativi al trasferimento al demanio regionale. L'immobile, appartenente al demanio storico-artistico, è risultato, infatti, libero, anche se bisognevole di ingenti interventi di ristrutturazione.
  La regione, che ne ha richiesto il trasferimento ai sensi dello statuto, ha espresso l'intendimento di sostenere le relative spese, al fine di adibire l'immobile a sede degli uffici della Corte dei conti, i cui fabbisogni allocativi gravano sull'amministrazione regionale, ai sensi dell'articolo 11 del decreto legislativo n. 655 del 1948.
  È, pertanto, intendimento di questo Ministero – nel rispetto delle proprie prerogative istituzionali demandate alla Commissione paritetica, che è autonoma nella determinazione della programmazione dei propri lavori – svolgere attività di sensibilizzazione affinché la tematica del trasferimento del bene immobile in questione venga riassunta e avviata in Pag. 3istruttoria, nell'ottica di un completamento del trasferimento dei beni immobili già rivendicati dalla regione.
  Non si dispone, in quanto non rientrante nella sfera di diretta competenza, di elementi di conoscenza o di aggiornamento per verificare l'asserita preventiva disponibilità, manifestata dalla Cassa depositi e prestiti, all'erogazione in favore della regione di un mutuo finalizzato al finanziamento dei lavori di ristrutturazione del bene in argomento.
  Da ultimo, si evidenzia che sono stati interessati i competenti uffici della regione per una stima degli oneri necessari al restauro e risanamento dell'immobile ex Palazzo delle Finanze, ai fini della destinazione dello stesso a fini istituzionali, nonché per avviare un'indagine preliminare atta a reperire risorse nei fondi cosiddetti extraregionali, delibere CIPE e Fondi europei, necessari per far fronte alle spese di recupero.

  PRESIDENTE. L'onorevole Di Benedetto ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interrogazione.

  CHIARA DI BENEDETTO. Grazie, Presidente. Mi ritengo parzialmente soddisfatta perché, se da una parte il Governo oggi si è impegnato a portare avanti e a concludere l'iter, oggetto della mia interrogazione, di passaggio e di trasferimento della proprietà dell'ex Palazzo delle finanze di Palermo alla regione siciliana, è vero pure che, dall'altro lato, però, lo stesso iter è stato bloccato dallo stesso Ministero dell'economia e delle finanze. A maggior ragione, se non ci sono delle motivazioni da ricondurre alla Commissione paritetica Stato-regioni, è ancora peggio perché io stessa ho tentato, prima di depositare un'interrogazione alla Camera, di capire le motivazioni di questo stallo, telefonando ripetutamente gli uffici del MEF e cercando di capire quali fossero le motivazioni per cui questo trasferimento era stato bloccato e nel frattempo erano passati anni.
  Nel frattempo, lo stato di degrado del Palazzo è, ovviamente, peggiorato. Questo bene, questo edificio dell'Ottocento – che è di enorme valore storico-culturale ed è anche simbolo per un'intera città dal momento che si trova all'interno del centro storico nel salotto di Palermo – si è lasciato in balìa dei ladri e dei vandali, che ne hanno fatto quello che volevano, hanno persino rubato le cancellate di ghisa originali e sono entrati all'interno della struttura.
  Quindi, la promessa, diciamo l'impegno, del Governo mi rincuora da una parte, ma dall'altra, in realtà, mi lascia perplessa perché, comunque, la responsabilità era appunto del Governo e del Ministero dell'economia e delle finanze.
  Non è stato fatto nulla finora. Mi auguro che, all'inefficienza che si è dimostrata in questi anni da parte del Ministero, seguano delle azioni concrete per salvare e per ridare ai cittadini questo edificio, per evitare spreco di denaro pubblico. Ciò anche perché, come ha ripetuto il sottosegretario, effettivamente la Corte dei conti grava sulle spese regionali per 1 milione e 700 mila euro all'anno di affitto di locali, che vengono presi in locazione perché non ci sono dei luoghi che, invece, potrebbero essere trovati, anzi erano stati addirittura richiesti alla stessa Corte dei conti, all'interno del Palazzo delle finanze.

(Misure di sostegno a favore del settore agricolo pugliese duramente colpito dalle precipitazioni atmosferiche, con particolare riferimento al comparto cerasicolo – nn. 3-02249, 3-02325, 3-02326, 3-02327 e 3-02286)

  PRESIDENTE. Passiamo alle interrogazioni Losacco nn. 3-02249 e 3-02325, Matarrese ed altri n. 3-02326, Ginefra ed altri n. 3-02327 ed Elvira Savino n. 3-02286, concernenti misure di sostegno a favore del settore agricolo pugliese duramente colpito dalle precipitazioni atmosferiche, con particolare riferimento al comparto cerasicolo (Vedi l'allegato A – Interrogazioni).
  Le interrogazioni, vertendo sullo stesso argomento, verranno svolte congiuntamente.Pag. 4
  Il sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali, Giuseppe Castiglione, ha facoltà di rispondere.

  GIUSEPPE CASTIGLIONE, Sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali. Grazie, Presidente, onorevoli deputati, considerata la questione rappresentata nell'interrogazione, ho ritenuto opportuno rispondere congiuntamente.
  Con riguardo alla segnalata e anomala ondata di maltempo, che nello scorso mese di maggio ha colpito alcuni territori della provincia di Bari provocando danni alle piantagioni di ciliegie, faccio presente che alcuna richiesta di intervento del Fondo di solidarietà nazionale è stata presentata, a tutt'oggi, da parte della competente amministrazione regionale, nei termini e con le modalità previste dall'articolo 6, comma 1, del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102.
  Nessuna istanza è pervenuta anche per gli eventi riferiti al mese di maggio 2014, relativamente alle interrogazioni n. 3-02325 dell'onorevole Losacco e n. 3-02326 a prima firma dell'onorevole Matarrese.
  In ogni caso, la regione Puglia ha sessanta giorni di tempo dal verificarsi dell'evento calamitoso, elevabili a novanta in casi di difficoltà nelle operazioni di rilevazione, per formalizzare la proposta. Stante il pochissimo tempo trascorso dall'evento, sarebbe possibile che sia ancora prematuro l'invio della richiesta da parte della citata amministrazione.
  Qualora detta proposta dovesse pervenire nei termini e con le modalità prescritte, provvederemo rapidamente all'istruttoria di competenza per l'emissione del decreto di declaratoria.
  In tal senso, potranno essere attivate le misure compensative a favore delle imprese agricole, tra cui: contributi in conto capitale fino all'80 per cento del danno della produzione lorda vendibile ordinaria; prestiti ad ammortamento quinquennale per le maggiori esigenze di produzione aziendale nell'anno in cui si è verificato l'evento e in quello successivo; proroga delle rate delle operazioni di credito in scadenza nell'anno in cui si è verificato l'evento calamitoso e l'esonero parziale, fino al 50 per cento, del pagamento dei contributi previdenziali ed assistenziali propri e dei propri dipendenti.
  Con l'occasione, ricordo che gli interventi previsti dal citato decreto legislativo per il sostegno alle imprese agricole colpite da avversità atmosferiche eccezionali possono essere anche attivati a condizione che il danno sulla produzione lorda vendibile risulti superiore al 30 per cento ed esclusivamente per le avversità e le colture danneggiate non comprese nel piano assicurativo annuale per la copertura del rischio, le cui polizze sono agevolate da un contributo statale fino al 65 per cento della spesa premi sostenuta.
  Vorrei, tuttavia, sottolineare che gli strumenti ex ante, come quello assicurativo, si sono dimostrati nel corso del tempo nettamente più efficaci rispetto agli interventi compensativi, assicurando oltre 7 miliardi di euro di produzione agricola lorda vendibile.
  Peraltro, coloro che sottoscrivono polizze assicurative agevolate in caso di danno incassano gli indennizzi assicurativi in tempi molto più brevi, più celeri e in misura più adeguata rispetto alle perdite subite rispetto agli interventi compensativi di cui abbiamo parlato.

  PRESIDENTE. L'onorevole Losacco ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per le risposte alle sue interrogazioni nn. 3-02249 e 3-02325.

  ALBERTO LOSACCO. Grazie, Presidente. Io ringrazio il Governo e il sottosegretario e cercheremo anche di capire cos’è successo in sede di regione Puglia.
  Anche il mese di giugno è stato particolarmente piovoso su tutto il territorio nazionale ed in particolare in Puglia. Purtroppo, le intense precipitazioni, anche violente, hanno avuto gravissime ripercussioni sul comparto agricolo. Devastanti sono state le grandinate, che hanno messo in ginocchio la cerasicoltura della Puglia: nella sola provincia di Bari, il 60 per cento della produzione di ciliegia Bigarreaux e il Pag. 540 per cento della produzione di ciliegia Georgia risultano essere andati persi.
  La provincia di Bari, con il suo distretto del sud-est, è la prima provincia in Italia per la produzione di ciliegie con 47 mila tonnellate, pari ad oltre un terzo della produzione nazionale.
  Ci sono, quindi, gravi conseguenze dal punto di vista occupazionale, sono andate perse molte giornate per gli addetti alla raccolta e a rischio ci sono anche gli investimenti e, purtroppo, i rientri, per le esposizioni con gli istituti di credito, con il possibile default di molte aziende.
  Riteniamo che, accanto ad una politica di emergenza, finalizzata ad affrontare le questioni attinenti alle criticità legate agli eventi calamitosi, occorra, d'intesa con organizzazioni di categoria, regione ed enti locali interessati, provare a mettere in campo una politica più organica per promuovere e tutelare un prodotto di eccellenza dell'agroalimentare made in Puglia. La sede più opportuna sarebbe la convocazione di un tavolo ministeriale ad hoc per la cerasicoltura con tutti i soggetti interessati, al fine di affrontare i nodi anche relativi alla competitività di questo prodotto di qualità e della sua capacità di collocarsi su mercati.
  Il ripetersi di eventi meteo così violenti e la consapevolezza che le bizzarrie climatiche sono ormai entrate nel regime della sistematicità pongono l'urgenza di affrontare il futuro della cerasicoltura pugliese con misure strutturali.
  Su queste problematiche ho già in passato, in questa legislatura, presentato diversi atti di sindacato ispettivo e, negli ultimi giorni, il ripetersi, sempre in Puglia, di violenti temporali e grandinate conferma, purtroppo, questo problema.
  Siamo certi che questa sia la strada giusta e confidiamo nella sensibilità del Governo, affinché si possano concretizzare al più presto misure di sostegno che darebbero una boccata d'ossigeno ad un comparto eccessivamente penalizzato e una prospettiva di sviluppo ad un intero comprensorio.

  PRESIDENTE. L'onorevole Monchiero ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta all'interrogazione Matarrese ed altri n. 3-02326, di cui è cofirmatario.

  GIOVANNI MONCHIERO. Presidente, sostanzialmente sì, perché credo che l'intervento del sottosegretario abbia contribuito a fare chiarezza. Il fatto stesso che oggi noi riprendiamo un atto di sindacato ispettivo presentato due anni fa in circostanze assolutamente analoghe per la medesima regione, per il medesimo tipo di coltura è la prova che il fenomeno deve essere tenuto sotto controllo meglio e che gli interventi pubblici debbono essere strutturati in modo da diventare una reale copertura alle difficoltà ricorrenti del settore della coltura del ciliegio. Il collega Losacco ha appena ricordato l'importanza percentuale della produzione pugliese rispetto alla produzione nazionale e il fatto che, a così breve distanza di tempo, i medesimi eventi si siano ripetuti fa davvero temere che queste difficoltà si ripercuoteranno ancora negli anni successivi. Per cui riteniamo sia assolutamente indispensabile un intervento strutturale volto a risolvere definitivamente questo problema. Grazie, comunque, per la puntualità della risposta.

  PRESIDENTE. L'onorevole Vico ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta all'interrogazione Ginefra ed altri n. 3-02327, di cui è cofirmatario.

  LUDOVICO VICO. Grazie, Presidente. La risposta del sottosegretario è largamente soddisfacente a partire dalla considerazione che, a tutt'oggi, come egli ci riferisce, non è pervenuta alcuna richiesta formale per attivare le procedure e le migliori, come lei stesso, sottosegretario, ce ne ha sottoposte due. Cosa a cui, a questo punto, provvederemo come parlamentari, insieme al collega Losacco, anche per verificare se la burocrazia ha funzionato in entrata da questo punto di vista.
  Tuttavia, a valle di questo problema preliminare, che riguarda gli agricoltori e Pag. 6che riguarda anche le associazioni che si sono rapidamente mobilitate in questa direzione, insieme al presidente della regione, ai comuni e ai sindaci dei comuni che sono interessati, sento il dovere e l'obbligo di riproporre, attraverso questa interrogazione, al sottosegretario e al Ministero che egli rappresenta un'attenzione non di ordine culturale, ma di ordine economico, come ella stesso ci ha riferito e, quindi, la necessità di comporre un tavolo nazionale per il settore cerasicolo, alla luce anche delle aree che sono danneggiate rispetto all’export, di cui tanto vanto e tanta ricchezza ne hanno non solo le regioni produttrici, ma l'insieme del Paese.
  Per cui, mi permetto di concludere con un invito, che è quello che il Ministero sia nelle condizioni, quanto più rapidamente possibile, di fare il punto anche su questo delicato comparto, che, benché colpito, rimane importante per l'economia del Paese.

  PRESIDENTE. L'onorevole Elvira Savino ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interrogazione n. 3-02286.

  ELVIRA SAVINO. Grazie, Presidente. Io ringrazio il sottosegretario e sicuramente apprezzo l'impegno del Governo a stanziare dei fondi per indennizzare questi agricoltori duramente colpiti da questo evento calamitoso e credo che ce ne siano tutti i presupposti, perché i danni alla produzione sono stati di molto superiori al 30 per cento (il 60 per cento per la Bigarreaux e il 40 per la Georgia), però, francamente, mi aspettavo di ascoltare oggi da parte del sottosegretario che, in realtà, questo stanziamento fosse pronto. Infatti, qui davanti a me ho la delibera della giunta regionale, che, addirittura risale al 30 maggio scorso, che dichiara sostanzialmente che, preso atto dell'evento calamitoso devastante che ha colpito quei territori della Puglia e dei danni che ne sono conseguiti, incarica l'assessore alle risorse agroalimentari di attivare tutte le procedure che devono essere, appunto, messe in atto dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali per applicare le normative nazionali e comunitarie, di chiedere al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali di porre in essere tutte le iniziative a favore degli imprenditori agricoli utili a risolvere la situazione come innanzi evidenziato e così via. Quindi, onestamente, trovo abbastanza singolare la non conoscenza da parte dei colleghi del PD, che evidentemente a quella giunta sono vicini, la non consapevolezza delle ragioni per le quali al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali non sia ancora giunta alcuna richiesta di indennizzo, lo trovo veramente paradossale; nessuno qua ci ha spiegato come mai questo sia avvenuto. È evidente che bisogna intervenire subito, perché questo settore, quello cerasicolo, è un settore trainante dell'economia di quei territori; molte famiglie traggono sostentamento annuale da quell'attività, cioè da quel raccolto proviene il reddito annuale di molte famiglie di quei territori e, francamente, sarebbe opportuno intervenire con la massima celerità per non arrecare un danno ulteriore a un settore che, tra l'altro, è in crisi da diverso tempo, perché anche lo scorso anno il raccolto era stato scarso e i proventi lo erano stati altrettanto. Per cui, lo ripeto, ringrazio il sottosegretario per la disponibilità; è evidente che ci sono tutti i presupposti per intervenire, mi auguro che qualcuno si attivi presso la giunta regionale pugliese, affinché questa richiesta di indennizzo giunga presto al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali.

(Misure a favore del comparto agricolo italiano in relazione agli accordi sottoscritti dall'Unione europea con il Marocco e la Tunisia – n. 3-02023)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interrogazione Burtone n. 3-02023, concernente misure a favore del comparto agricolo italiano in relazione agli accordi sottoscritti dall'Unione europea con il Marocco e la Tunisia (Vedi l'allegato A – Interrogazioni).Pag. 7
  Il sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali, Giuseppe Castiglione, ha facoltà di rispondere.

  GIUSEPPE CASTIGLIONE, Sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, onorevoli deputati, evidenzio, innanzitutto, che a seguito degli accordi tra l'Unione europea e il Marocco per lo scambio commerciale dei prodotti ortofrutticoli e con la Tunisia per l'olio d'oliva, la Commissione europea, anche su pressione dell'Italia, verifica costantemente il rispetto di tali intese. In ogni caso il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali monitora costantemente la situazione dei nostri prodotti agricoli più sensibili, tra cui gli agrumi, con l'intento di portare all'attenzione dell'Esecutivo europeo le problematiche riscontrate e di valutare l'opportunità di intraprendere iniziative mirate, anche eccezionali, nell'ambito delle misure previste nella regolamentazione comunitaria e negli accordi internazionali vigenti.
  In tale contesto un valido strumento per affrontare le problematiche esposte dall'interrogante, che io ringrazio, è rappresentato dall'incentivazione dell'associazionismo nell'ambito dell'OCM, attraverso il finanziamento di programmi di attività realizzati da organizzazioni dei produttori ortofrutticoli riconosciute e che prevede un aiuto comunitario, che, come lei conosce molto bene, è normalmente intorno al 50 per cento, per la realizzazione di molteplici interventi a sostegno del comparto, ivi comprese misure specifiche per prevenire ed affrontare eventuali situazioni di crisi. L'efficacia di tali strumenti tuttavia è connessa alla propensione all'aggregazione dei produttori che in alcune regioni, lei conosce benissimo la regione Sicilia, risulta ancora molto bassa. Ricordo, poi, che per contrastare gli effetti negativi dell'embargo russo sull'esportazione dei prodotti del settore ortofrutticolo la Commissione europea, anche su forte indicazione del nostro Paese, l'Italia, ha adottato alcuni regolamenti delegati – (UE) n. 932/2014, n. 1031/2014, n. 1371/2014 e n. 1369/2015 – con i quali sono state introdotte alcune misure di sostegno eccezionale a favore di tutti i produttori ortofrutticoli associati o meno ad organizzazioni di produttori, consentendo il ritiro dal mercato, la mancata raccolta e la raccolta prima della maturazione di alcuni prodotti ortofrutticoli, tra cui gli agrumi, entro determinati volumi di massima assegnati ad ogni singolo Paese e ad ogni singolo Stato membro. A tal riguardo faccio presente che la Commissione europea, sollecitata anche dall'Italia, ora ha predisposto un nuovo regolamento delegato che intende prolungare fino al 30 giugno del 2016, per una ulteriore annualità, il termine di queste misure eccezionali che sono state adottate. Per gli agrumi all'Italia dovrebbe essere assegnato grosso modo un contingente di 1000 tonnellate. Per quanto riguarda l'importazione di olio tunisino, faccio presente che dopo l'approvazione da parte del Parlamento europeo dell'importazione senza dazi di 35.000 tonnellate di olio di oliva in più per il 2016 in tutta Europa e altrettanto per il 2017, in aggiunta alle 56.700 tonnellate previste dall'Accordi di associazione tra l'UE e la Tunisia, siamo fermamente contrari a qualsiasi aumento permanente del contingente di olio tunisino. Peraltro, già a margine del Consiglio dei ministri del 15 febbraio scorso, il Ministro Martina aveva chiesto che questa scelta, nata come una scelta di misura straordinaria, non si trasformasse, cioè non divenisse un'azione di riforma e di intervento di carattere di strutturale.
  In tale contesto, poi, è stato evidenziato come eventuali accordi di cooperazione finalizzati alla promozione di soluzioni innovative per sostenere le produzioni agricole e alimentari nei Paesi del Mediterraneo risulterebbero più efficaci delle proposte di aumento delle importazioni di olio nordafricano. In tale direzione abbiamo già rappresentato nella sede competente la necessità che i negoziati di politica economica e commerciale non penalizzino l'agricoltura e che le eventuali concessioni dell'Unione europea nei confronti dei diversi partner commerciali vengano Pag. 8governate dal principio di un approccio equilibrato e proporzionale tra i vari settori dell'economia europea. Anche in sede di comitati di gestione di settore il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali aveva espresso parere contrario alla proposta di regolamento della Commissione finalizzata ad abolire i massimali mensili per i quantitativi di olio d'oliva, ai fini del rilascio dei titoli di importazione, nell'ambito del volume complessivo del contingente che ha origine dalla Tunisia. In ogni caso reputo necessario che le politiche internazionali tengano in debito conto i fabbisogni e le esigenze del settore agricolo e non danneggino i produttori agricoli europei. Riguardo al recente regolamento (UE) 2016/580 del Parlamento europeo e del Consiglio mi preme evidenziare che esso, recependo quanto richiesto dall'Italia in materia di tracciabilità, prevede, per evitare frodi, che le misure commerciali autonome siano subordinate al rispetto delle norme vigenti nell'Unione europea per quanto concerne sia l'origine del prodotto che, anche, le procedure che ne sono correlate. Quindi, grazie all'azione della delegazione italiana è stato, anche, introdotto l'obbligo di un accurato monitoraggio da compiersi entro il 2016 e, quindi, a fine 2016, per valutare le eventuali ripercussioni negative sui mercati interni e procedere, se del caso, anche a delle eventuali misure correttive. Per quanto concerne il sistema dei controlli sulla tracciabilità e sulla corretta indicazione degli alimenti, faccio presente che la normativa europea già prevede il rispetto di alcuni requisiti compresa la corretta indicazione dell'origine. Peraltro, specifiche disposizioni nazionali che si basano su un'analisi del rischio, tenendo conto anche della provenienza del prodotto, contribuiscono ad affrontare eventuali criticità riscontrate sul mercato.
  Ciò posto, evidenzio che l'ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari, organo di controllo ufficiale del Ministero è costantemente impegnato nella prevenzione e repressione degli illeciti nei vari settori del comparto agroalimentare al fine di tutelare sia i produttori che anche i consumatori nazionali. Al fine di rendere più efficaci gli accertamenti di competenza, l'ICQRF collabora da anni con diversi e vari organismi di controllo: comando dei Carabinieri per la tutela dalla salute, i NAS, i Nuclei di polizia tributaria della Guardia di finanza, il Corpo forestale dello Stato, il comando dei carabinieri delle politiche agricole, le capitanerie di porto e l'AGEA. Peraltro, per contrastare in maniera più incisiva l'eventuale illecita importazione di prodotti agroalimentari sul territorio nazionale, l'ICQRF ha intrapreso una collaborazione anche con l'Agenzia delle dogane, al fine di monitorare i flussi d'introduzione delle derrate alimentari provenienti dai Paesi extra Unione europea. Controlli specifici sono seguiti sull'introduzione nel territorio nazionale di prodotti ortofrutticoli freschi provenienti da talune zone del bacino del Mediterraneo le cui produzioni agricole sono simili per tipologia di prodotto e anche per stagionalità a quelle nazionali e, in particolare, a quelle siciliane a cui faceva riferimento l'onorevole Burtone. Occorre poi tener presente che a livello nazionale gli operatori che movimentano gli oli, indipendentemente se di origine estera o nazionale, compresi i semplici commercianti di olio sfuso, privi di stabilimento o deposito, sono obbligati alla tenuta dei registri di carico e scarico ai fini della commercializzazione degli oli stessi. In tal senso in Italia è attivo il registro telematico degli oli che considero un puntuale monitoraggio dei flussi di prodotto movimentati dai singoli operatori. Tale registro che per una tempestiva fruizione dei dati ivi contenuti da parte degli organismi di controllo è tenuto secondo modalità telematiche messe a disposizione sul Sistema informativo agricolo nazionale, SIAN, costituisce un sistema di tracciabilità omogeneo e puntuale della filiera dell'olio d'oliva, in quanto consente di controllare le singole movimentazioni di ogni stabilimento e consente di conoscere i soggetti nazionali ed esteri che sono coinvolti nella movimentazione Pag. 9stessa. Ad ulteriore tutela del nostro prodotto rilevo, poi, che per l'olio d'oliva gli investigatori del Corpo forestale si avvalgono dell'innovativa tecnica, questa è una ulteriore novità di quest'ultimo periodo, del riconoscimento del DNA, la cosiddetta analisi molecolare, quindi il riconoscimento del DNA delle cultivar di olivo presenti nell'olio, quindi anche questa è una ulteriore soluzione innovativa per puntare alla qualità e alla tracciabilità delle nostre produzioni, soprattutto l'olio d'oliva.

  PRESIDENTE. L'onorevole Burtone ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interrogazione.

  GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Presidente, esprimo la mia soddisfazione per la risposta del Governo, una risposta puntuale sui punti che ho posto all'attenzione del Governo, ma ringrazio il Governo anche perché, nell'intervento del sottosegretario, c’è un'analisi di quelli che sono i problemi presenti in comparti significativi dell'agricoltura, in modo particolare di quella meridionale. Oltre a sottolineare questi impegni e le iniziative che il Governo ha adottato per evitare che ci potessero essere frodi, inserimenti commerciali impropri, l'impegno che il Governo ha avuto per far rispettare che il quantitativo di importazione sia quello determinato nell'accordo dell'Europa, oltre a questo, però, sento l'esigenza di utilizzare le cose che il Governo ha detto per fare un punto soprattutto sull'agrumicoltura, signor sottosegretario, onorevole Castiglione.
  Infatti, spesso noi parliamo di agrumicoltura quando siamo davanti alla crisi: lo abbiamo fatto anche quest'anno, nel momento più cruento, quando i produttori sono stati in gravi difficoltà perché non hanno venduto il prodotto. Allora, io credo, invece, che questo tempo che abbiamo davanti lo si debba utilizzare pienamente, partendo dalle risposte che lei ha dato, per mettere in campo una strategia. È una strategia complessa: lei ha parlato della necessità di aggregare la produzione, di fare delle organizzazioni cooperativistiche, associative, per affrontare meglio il mercato. È un punto di partenza. Però, se noi guardiamo solo alla complessità, senza fare piccoli passi, e ce ne sono alcuni che possiamo fare, il problema sarà sempre davanti, e i produttori, soprattutto i produttori, che sono l'anello più debole della catena legata all'agrumicoltura, nel tempo saranno sempre più asfissiati, in difficoltà, non potranno vendere in maniera congrua il proprio prodotto.
  Allora, partiamo intanto da questo dato: il Governo deve continuare a mettere in campo una serie di iniziative per evitare che ci siano importazioni anomale del prodotto da Paesi terzi, limitare tutto all'accordo che è stato fatto, quindi ad una quantità minima di prodotto, per evitare la concorrenza, signor sottosegretario. Lei sa che arrivano prodotti che ammazzano il prezzo di mercato, perché arrivano con dei costi di produzione molto più bassi rispetto a quelli che abbiamo in Italia. Abbiamo, poi, la necessità di portare avanti questi accordi preventivamente sugli eventuali ritiri e gli accordi con la grande distribuzione, perché il prodotto, quello che non può essere collocato nel mercato in maniera seria e con un prezzo congruo, possa essere ritirato; ma i ritiri, purtroppo, signor sottosegretario, lei sa che vengono fatti con estremo ritardo, e vengono fatti con prezzi che, poi, collegati all'industria, non sono congrui rispetto alle esigenze del produttore, che, ripeto, rimane l'anello debole del settore agrumicolo.
  Infine, credo...

  PRESIDENTE. Concluda.

  GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. ... che si debba guardare – concludo, signor Presidente – a quell'ordine del giorno, che io personalmente ho presentato insieme ad alcuni colleghi siciliani, che riguarda il prezzo del prodotto. Abbiamo detto che non è una cosa semplice, non è una cosa facile da fare, però questo lavoro va fatto, lo deve fare il Governo Pag. 10nazionale, che ha già dato alcuni significativi segnali alla nostra comunità, togliendo l'IMU agricola, riducendo l'IRAP.
  Bisogna mettere in collegamento il prodotto, il prezzo del prodotto nel campo agricolo, e poi vedere, quando arriva nel mercato, questo innalzamento che ha al momento in cui poi arriva nella distribuzione. Bisogna fare una verifica e vedere là dove c’è l'effetto speculativo...

  PRESIDENTE. Concluda, onorevole Burtone.

  GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. ... perché il produttore è quello che paga il prezzo maggiore.

(Iniziative volte a prevenire i rischi connessi all'uso di armi da caccia e misure per il contrasto del fenomeno del bracconaggio – n. 3-02328)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interrogazione Gagnarli ed altri n. 3-02328, concernente iniziative volte a prevenire i rischi connessi all'uso di armi da caccia e misure per il contrasto del fenomeno del bracconaggio (Vedi l'allegato A – Interrogazioni).
  Il sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali, Giuseppe Castiglione, ha facoltà di rispondere.

  GIUSEPPE CASTIGLIONE, Sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali. Fermo restando che le funzioni di pubblica sicurezza e di adeguamento normativo in materia di utilizzo di armi per l'attività venatoria è in capo al Ministero dell'interno, con riguardo alla proposta di abrogazione dell'articolo 842 del codice civile mi preme evidenziare che l'attuale organizzazione della caccia in Italia risulta essere una gestione mista pubblica e privata. Infatti, nel quadro della legge nazionale di riferimento, da un lato, la funzione legislativa è demandata alle regioni, ma, dall'altro, sin dal 1992 sono stati istituiti gli organi di gestione tecnica, gli ambiti territoriali di caccia, gli ATC, e i comprensori alpini di caccia.
  Tali organismi sono retti da un comitato di gestione costituito dalla rappresentanza delle associazioni venatorie, agricole e ambientaliste, nonché dai rappresentanti degli enti locali. Inoltre, la pianificazione faunistico-venatoria del territorio agro-silvo-pastorale prevede la predisposizione di appositi piani di settore, successivamente gestiti con i citati ATC e CA e aziende faunistico-venatorie. Peraltro, da circa vent'anni non esiste più quello che un tempo era definito territorio libero di caccia, bensì il territorio a caccia programmata, la cui gestione si esplica nel quadro delle sinergie che sono state appena citate. Nell'ambito della pianificazione faunistico-venatoria, qualunque privato può inoltrare istanza affinché le sue proprietà vengano comprese nell'istituto a divieto di caccia denominato «fondo chiuso», articolo 15 della legge n. 157 del 1992, e in tal modo le stesse vengono sottratte all'esercizio venatorio da parte di chiunque, proprietario compreso, a giudizio dell'ente competente per territorio.
  Inoltre, l'accesso per la caccia e per l'addestramento dei cani ai fondi rustici è comunque vietato ove vi siano colture in atto, dunque suscettibili di danno, e rimboschimenti recenti. Ribadisco, inoltre, che la fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato e che le pertinenti attività e mansioni sono oggi poste a carico degli ATC e dei comprensori alpini, di concerto con le province, utilizzando i fondi derivanti sia dalle quote annuali di iscrizione dei cacciatori sia dagli stessi ATC e dai comprensori alpini, sia dalle tasse di concessione regionale che i cacciatori annualmente versano alla regione di residenza.
  Rilevo, altresì, che le funzioni di contrasto delle attività di bracconaggio sono di competenza del Corpo forestale dello Stato, che, nell'ambito delle strutture centrali, primo fra tutti il Nucleo operativo antibracconaggio, e quelle distribuite sul territorio nazionale, contribuisce da sempre, in modo significativo, a limitare le Pag. 11condotte antigiuridiche del settore venatorio attraverso un'intensa e proficua attività di prevenzione e repressione dei reati che sono previsti nella legge citata, la n. 157 del 1992. Nell'ambito dell'attività di prevenzione del reato, il personale del Corpo forestale dello Stato svolge un ruolo di primo piano nell'educazione alla legalità mediante la diffusione di prospetti informativi circa il rispetto delle regole per la sicurezza, invitando, ad esempio, il cacciatore al controllo meticoloso dello stato delle armi, del munizionamento e dell'equipaggio del personale.
  Infine, nell'espletamento dei controlli ordinari volti a garantire l'esercizio della caccia in sicurezza, il personale forestale esegue con scrupolo la verifica della regolarità dei documenti necessari per l'esercizio venatorio (porto d'armi, licenza di caccia, assicurazione, tesserino venatorio regionale), nonché delle disposizioni sull'uso e/o sul trasporto dei mezzi di caccia.

  PRESIDENTE. L'onorevole Gagnarli ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interrogazione.

  CHIARA GAGNARLI. Grazie sottosegretario, grazie Presidente. Non mi ritengo soddisfatta in quanto il sottosegretario ha citato giustamente l'articolo 15 della legge n. 157 del 1992, che stabilisce come l'ingresso sia vietato nei fondi chiusi ai cacciatori. In realtà, la procedura è più complessa di quanto ha fatto sembrare, in quanto chi vuole che i cacciatori non entrino nella sua proprietà deve o recintare – dice testualmente la legge – con un muro di altezza minima di un metro e venti, o delimitare con un corso d'acqua di almeno tre metri e profondo non meno di un metro e cinquanta.
  È vero che si può richiedere l'esclusione dalla pianificazione venatoria, entro però 30 giorni dalla pubblicazione del Piano faunistico venatorio, che viene redatto ogni cinque anni, quindi, se non altro, diventa complesso richiedere per un proprietario, che ha tutto il diritto di non avere cacciatori nel proprio terreno privato, l'escussione del proprio terreno.
  Poi, il sottosegretario ha parlato dei controlli e non di bracconaggio, quando in realtà l'interrogazione chiedeva cosa il Governo stesse facendo per contrastare questo fenomeno. Ricordo che il più alto numero di uccelli catturati e uccisi nella regione del Mediterraneo, dove si parla di 25 milioni di animali uccisi durante le migrazioni, si registra in Italia: tra 3 milioni e mezzo e 7 milioni di uccelli vengono uccisi ogni anno; quindi è proprio l'Italia la regione in Europa che ha il più alto numero di animali uccisi. È allarmante scoprire che vengono uccisi anche animali che sono in via d'estinzione: l'anatra marmorizzata, il nibbio reale, il capovaccaio, sono tutti animali dei quali viene ucciso quasi il 50 per cento della popolazione nidificante. Ricordo che gli uccelli sono, come ha detto il sottosegretario, un patrimonio della fauna selvatica e un patrimonio indisponibile dello Stato. Gli uccelli, a maggior ragione, sono patrimonio di tutti, non solo all'interno dei confini nazionali, quindi si meritano delle rotte migratorie sicure.
  Servirebbe un piano antibracconaggio nazionale, inasprire le norme, incrementare degli sforzi per condannare l'illegalità, che purtroppo è molto alta nel nostro Paese. Inoltre, l'Italia è sotto la lente di ingrandimento della Commissione europea per questo motivo, e chiedeva proprio al nostro Paese di verificare queste situazioni di illegalità e di bracconaggio. Scrive proprio la Commissione europea: le attività di bracconaggio in Italia, oltre a rappresentare una violazione delle summenzionate disposizioni della direttiva (prima direttiva uccelli), determinano numerosi problemi di conservazione della specie di avifauna, con possibili impatti negativi anche nei Paesi dell'Unione europea, proprio in relazione al ruolo che ha l'Italia, grazie alla sua posizione geografica rispetto alle rotte migratorie. Ci viene quindi chiesto di verificare le zone di black-spot, di bracconaggio – quindi il delta del Po, la Sicilia, la Sardegna, la provincia di Brescia, la provincia di Caserta, le isole di Ponza e di Pag. 12Ischia – e di sapere quali risorse sono impegnate dallo Stato per contrastare questo fenomeno.
  In realtà, lo Stato – si parla del Corpo forestale – cosa ha deciso di fare ? Di sopprimere il Corpo forestale come forza di polizia autonoma; ha deciso di sopprimere le province, di fatto cancellando la polizia provinciale, e questo ha generato poi sui territori la quasi totale impossibilità di effettuare controlli in campo venatorio. Ringraziamo chi finora ha fatto i controlli, quindi il Corpo forestale, ma in realtà ora i controlli sono in gran parte lasciati alle guardie volontarie o poco altro, quindi il Governo non ha fatto molto per rispondere a questa esigenza.
  Un'ultima cosa sul discorso dei patentini: è vero che c’è un controllo sul rilascio di chi può prendere il patentino di caccia, però, poi, secondo noi, non ci sono sufficienti verifiche negli anni a seguire su chi effettivamente può continuare a esercitare questo sport, chiamiamolo così. Questo per tutelare non soltanto chi pratica l'attività venatoria, perché spesso gli incidenti succedono non solo a chi pratica attività venatoria ma anche a chi si trova, purtroppo, a suo discapito, nelle vicinanze di chi in quel momento sta praticando la caccia; quindi diciamo ciò per tutelare tutti, a maggior ragione, come chiedevamo nell'interrogazione, per tutelare i minori che vengono portati a caccia.

(Iniziative per garantire un capillare controllo del territorio in provincia di Matera, con particolare riferimento alla cittadina di Miglionico – n. 3-02100)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interrogazione Burtone n. 3-02100, concernente iniziative per garantire un capillare controllo del territorio in provincia di Matera, con particolare riferimento alla cittadina di Miglionico (Vedi l'allegato A – Interrogazioni).
  Il sottosegretario di Stato per l'interno, Domenico Manzione, ha facoltà di rispondere.

  DOMENICO MANZIONE, Sottosegretario di Stato per l'interno. Presidente, con l'interrogazione all'ordine del giorno, l'onorevole Burtone richiama l'attenzione del Governo su una serie di furti in abitazione che si sono verificati nello scorso mese di marzo nella cittadina di Miglionico e in altre realtà del materano, chiedendo quali iniziative si intendano adottare per potenziare l'organico della stazione dei Carabinieri di quel comune e, più in generale, delle forze di Polizia a livello provinciale.
  I temi della sicurezza pubblica nel materano sono al centro di varie interrogazioni, alcune peraltro già discusse, quindi in merito voglio subito assicurare che i dati della delittuosità generale della provincia e le attività di monitoraggio e analisi svolte dalle autorità di pubblica sicurezza restituiscono un quadro della situazione non particolarmente allarmante. Questo ovviamente non vuol dire sottovalutare i rischi o abbassare la guardia e il livello di attenzione nei confronti di quella realtà geografica, anzi, l'attenzione del Ministero dell'interno rimane costante, come dimostrato anche dal fatto che lo stesso Ministro ha presieduto, il 14 marzo scorso, presso la Prefettura di Potenza, una seduta della conferenza regionale delle autorità di pubblica sicurezza in cui è stato fatto il punto della situazione sulle attività di contrasto della criminalità e sul sistema di prevenzione in atto nelle due province lucane, anche in un'ottica di tutela del tessuto economico locale da tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata. Agli stessi temi, riferiti specificamente alla provincia di Matera, è stata dedicata, lo scorso 10 giugno, una seduta del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica presso la locale Prefettura, a cui ha tra l'altro partecipato il Viceministro Filippo Bubbico, che oltretutto è conoscitore di quella realtà territoriale.
  Venendo alle specifiche questioni sollevate con l'interrogazione, posso osservare che, sia nel triennio 2013-2015 sia nel primo quadrimestre di quest'anno, si registra nella provincia di Matera una riduzione dei furti in abitazione. Fino all'anno Pag. 13scorso questa evoluzione positiva riguardava anche il comune di Miglionico, ma la tendenza si è invertita in questo primo scorcio di anno, in cui si sono verificati quattro furti in abitazione, tra i quali quello del 7 marzo scorso, espressamente menzionato nell'interrogazione. Gli autori dell'atto criminoso, però, sono stati individuati e denunciati a piede libero; si tratta di due pregiudicati provenienti dalla provincia di Bari, ai quali sembrerebbe addebitabile anche l'altro tentativo di furto registrato lo stesso giorno a Miglionico. Analoga sorte è toccata alla loro madre, che, avendo artatamente denunciato il furto dell'autovettura usata per commettere il reato, è stata incriminata per simulazione di reato.
  In relazione alla richiesta di disporre il potenziamento della dotazione organica della stazione dei Carabinieri di Miglionico, rappresento che tale presidio dispone di un contingente di 7 militari, ritenuto allo Stato rispondente alle locali esigenze di ordine e sicurezza pubblica. In effetti, dall'analisi dei dati riferiti al 2015 rispetto all'anno precedente, è stata rilevata in ambito comunale una riduzione dei delitti generali pari al 38 per cento circa, e ciò va ascritto anche alla costante attività di prevenzione e controllo svolta proprio dalla stazione in questione, che, sempre l'anno scorso, ha deferito all'autorità giudiziaria, a vario titolo, cinquantasette persone, di cui quattro in stato di arresto.
  A fronte della recente recrudescenza del fenomeno dei furti in abitazione, la stazione di Miglionico ha provveduto ad intensificare i servizi di controllo del territorio, soprattutto nella fascia oraria pomeridiana, eseguendo vari passaggi nelle aree residenziali, prendendo contatti con i cittadini del posto e sensibilizzando gli stessi a segnalare l'eventuale presenza di persone e veicoli che si aggirano inusualmente in quel centro. In tale attività essa è coadiuvata dal Comando provinciale dei Carabinieri, che ha disposto, in aggiunta, mirati servizi preventivi, in particolare nelle ore notturne.
  Sul tema risulta essersi attivata anche l'amministrazione comunale, attraverso la presentazione di un progetto strutturale relativo all'installazione di un sistema di videosorveglianza, collegato con la locale stazione dei Carabinieri, che monitori costantemente il flusso dei veicoli sia nei punti nevralgici del centro abitato che sulle arterie stradali in ingresso e in uscita da quel comune.
  Su un piano più generale, l'onorevole interrogante chiede il rafforzamento del presidio delle forze dell'ordine di stanza nel materano. In proposito posso ricordare che il dispositivo dispiegato dalla Polizia di Stato nella provincia si compone di 270 appartenenti ai ruoli operativi e 22 appartenenti ai ruoli tecnici.
  Sottolineo che tra due giorni prenderanno servizio presso la questura dieci unità appartenenti ai ruoli operativi che vanno ad aggiungersi alle quattro unità già assegnate nel mese di novembre dello scorso anno. Eventuali ulteriori assegnazioni alla questura potranno essere valutate in occasione di future immissioni di personale, compatibilmente con le risorse disponibili, alle esigenze degli uffici di Polizia a livello nazionale, in particolare, di quelli competenti sul luogo di culto coinvolto nel Giubileo della Misericordia.
  Quanto all'Arma dei carabinieri, che opera nella provincia attraverso il comando provinciale, un reparto operativo, quattro compagnie e 28 stazioni, l'organico complessivo è attualmente di 394 militari, che sono ritenuti, dalla stessa Arma, adeguati alle esigenze di ordine e di sicurezza pubblica del territorio. La Guardia di finanza, infine, è presente con una dotazione effettiva di 202 unità, distribuite tra comando provinciale e nucleo di Polizia tributaria, due compagnie e la brigata di Metaponto. Tale assetto costituisce, al momento, il massimo sforzo organizzativo possibile.
  Aggiungo che, al fine di ottimizzare l'impiego degli organici territoriali, i servizi di prevenzione generale vengono di volta in volta rimodulati nel corso di apposita riunione tecnica interforze, sulla base delle criticità riscontrate e secondo specifiche strategie che garantiscono sempre un'adeguata presenza di operatori Pag. 14delle forze dell'ordine sul territorio. Inoltre, in occasione di servizi straordinari di prevenzione generale il dispositivo territoriale di Polizia viene supportato da aliquote regionali dei reparti prevenzione crimini della polizia di Stato e dalle compagnie di intervento operativo dell'Arma dei carabinieri.
  Con l'interrogazione viene posto, infine, il problema di una più capillare diffusione dei sistemi di videosorveglianza. Come ho già avuto modo di riferire allo stesso interrogante, l'onorevole Burtone, nella seduta, in questa stessa Aula, del 23 febbraio scorso, il Governo condivide l'importanza di tali dispositivi ai fini del rafforzamento degli standard di sicurezza della collettività e del tessuto economico materano. Confermo anche la possibilità di utilizzare i fondi comunitari e, in particolare, il Programma operativo nazionale legalità 2014-2020 per finanziarne l'installazione nell'ambito di più ampi progetti tecnologici per il presidio di contesti territoriali vulnerabili, secondo un concetto che va oltre la realizzazione di un semplice sistema di controllo passivo attraverso videocamere.
  Aggiungo ancora che il 2 maggio scorso è stato sottoscritto a Matera, fra il Presidente del Consiglio dei ministri e il presidente della regione Basilicata, il patto per lo sviluppo della regione Basilicata, nel cui ambito potranno essere programmati e attuati interventi di videosorveglianza, ovviamente compatibilmente con le finalità del patto stesso.

  PRESIDENTE. L'onorevole Burtone ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interrogazione.

  GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Presidente, io esprimo la mia soddisfazione per la risposta che ha dato il sottosegretario. È una risposta puntuale: ha riferito gli impegni assunti dal Governo, con la presenza del Ministro Alfano a Matera e la continua allerta che c’è nelle forze dell'ordine per un territorio che si trova in grandi difficoltà sul piano della sicurezza. Nessuno vuole fare allarmismi, però quando io ho presentato l'interrogazione, signor sottosegretario, per ben sei giorni quella cittadina era stata presa di mira da rapinatori che avevano compiuto furti nelle case. Lei ha giustamente fatto riferimento all'azione dei carabinieri, che è stata immediata; sono riusciti a prendere coloro i quali avevano compiuto dei furti, dei delinquenti che spesso rubano nelle case degli anziani, i più deboli, quelli indifesi e, quindi, anche con un pizzico di vigliaccheria. Dunque, l'azione del Governo è stata importante. Io ringrazio anche per il potenziamento, che c’è in campo, in quel tessuto del materano, non solo Miglionico ma anche Grassano, Pisticci, Ferrandina. Sono tutti comuni che debbono vedere un potenziamento delle forze dell'ordine.
  Non c’è dubbio che sia un piano molto serio e organico, con l'utilizzazione di fondi per il sud, quello predisposto dal nostro Governo con la firma del Presidente del Consiglio. Esso guarda alla videosorveglianza attiva e può essere un mezzo per difendere quel territorio, perché l'area di Matera, di indubbio interesse perché capitale europea della cultura per il 2019, deve essere messa sotto i riflettori e deve essere aiutata, così come tutto il Mezzogiorno.
  Infatti c’è una ripresa della microcriminalità e non solo, dalle notizie anche della grande criminalità e delle organizzazioni mafiose. Quello che è anche da sottolineare, lo voglio fare in questa sede, utilizzo questa interrogazione, è che ci sono aree del Mezzogiorno che debbono essere messe sotto tutela da parte delle forze dell'ordine, laddove per esempio alcuni amministratori rischiano. Qualche settimana fa è stata bruciata l'auto, in provincia di Catania, in un comune, Licodia Eubea, del presidente del consiglio, era stata bruciata l'auto del sindaco, segno che c’è un'attenzione da parte delle organizzazioni criminali in questo territorio del catanese, anche qui preda della microcriminalità. Si tratta della zona di Calatino (Militello, Scordia, Ramacca, Grammichele), tutti comuni in cui si sta innalzando la presenza della criminalità e che Pag. 15deve vedere le forze dell'ordine, aiutate e sostenute da un'azione del Governo con un potenziamento, fronteggiare questo stato di crisi. Io credo che il Governo stia facendo la propria parte, lo ha fatto anche per questa realtà della Basilicata, ma anche per le altre aree. Noi torneremo, anche con interventi ispettivi, per dare un contributo, una vigilanza nel territorio. Anche questo è compito delle istituzioni, verificare quello che accade, dare sostegno alle comunità perché la sicurezza venga assicurata, specie ai più deboli e in questo caso, così come ho riferito, sono i nostri anziani che sono preda di alcuni delinquenti che utilizzano la loro difficoltà per creare gravi disagi.

(Chiarimenti in merito alla applicazione dei criteri per l'erogazione dei fondi pubblici a favore degli enti lirici, con particolare riferimento all'ammontare delle risorse destinate al Maggio musicale fiorentino – n. 3-02065)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interrogazione Fedriga n. 3-02065, concernente chiarimenti in merito alla applicazione dei criteri per l'erogazione dei fondi pubblici a favore degli enti lirici, con particolare riferimento all'ammontare delle risorse destinate al Maggio musicale fiorentino (Vedi l'allegato A – Interrogazioni).
  Il sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali e il turismo, Antimo Cesaro, ha facoltà di rispondere.

  ANTIMO CESARO, Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali e il turismo. Signor Presidente, onorevoli deputati, mi riferisco all'interrogazione con la quale l'onorevole Fedriga chiede notizie in merito all'erogazione di contributi alle fondazioni lirico-sinfoniche e in particolare a quelli erogati a favore del Maggio musicale fiorentino. A tale proposito vorrei riferire in estrema sintesi che la legge 7 ottobre 2013, n. 112, con l'articolo 11, comma 1, interviene al fine di far fronte allo stato di grave crisi del settore e di pervenire al risanamento e al rilancio delle fondazioni lirico-sinfoniche e ciò attraverso la predisposizione di un piano di risanamento che intervenga su tutte le voci di bilancio strutturalmente non compatibili con l'inderogabile necessità di assicurare gli equilibri strutturali del bilancio stesso, sia sotto il profilo patrimoniale che economico-finanziario, entro i successivi tre esercizi finanziari, quindi gli anni 2014-2016. Ciascun piano di risanamento deve includere alcuni contenuti inderogabili relativi alla ristrutturazione del debito, al divieto di ricorrere al nuovo indebitamento, alla riduzione del personale tecnico-amministrativo e alla razionalizzazione degli organici, al contenimento dei costi dei contratti integrativi, all'indicazione dei contributi da parte dei soci diversi dallo Stato, alla richiesta di accesso al fondo di dotazione della legge nella misura strettamente necessaria a conseguire l'equilibrio, all'individuazione di soluzioni idonee a riportare la fondazione entro i tre esercizi finanziari successivi nelle condizioni di equilibrio strutturale, patrimoniale e anche economico e alla verifica della corresponsione di interessi anatocistici. Tutti i finanziamenti agevolati sono specificamente destinati all'ammortamento del debito nella misura strettamente necessaria a rendere sostenibile il piano di risanamento (articolo 11, comma 1, lettera a)). Il legislatore ha dunque previsto che l'accesso ai fondi fosse connesso a quanto necessario per raggiungere il risanamento e in particolare per risanare per quanto possibile il debito pregresso, dunque, implicitamente, destinando i fondi alle situazioni di maggiore criticità finanziaria. Nelle audizioni presso la Commissione cultura della Camera del 29 ottobre 2014 e presso la Commissione Cultura del Senato del 4 novembre 2014, il Commissario del Governo ha rappresentato che le somme richieste inizialmente dai Piani di risanamento delle fondazioni erano superiori alle risorse disponibili e che, dunque, è stata messa in atto una procedura di assegnazione di tipo concorsuale, i cui criteri sono stati comunicati alle fondazioni il 24 aprile 2014, e, trascorsi i giorni Pag. 16necessari per le osservazioni, con ricezione di due sole note di commento, i criteri sono stati deliberati il successivo 22 maggio 2014.
  I criteri di assegnazione applicati sono in linea con lo spirito della legge sui temi quali: il debito maturato, la capacità dei Piani delle fondazioni di generare risorse autonome per far fronte a una parte di debiti esistenti, la qualità e la profondità degli interventi previsti nel Piano di risanamento della fondazione in osservanza dei contenuti inderogabili di Piano.
  L'applicazione di tali criteri ha portato alla ripartizione delle risorse disponibili alle fondazioni secondo le modalità di cui il Commissario diede conto nelle audizioni sopra citate, nonché delle relazioni semestrali datate 29 maggio 2015 (prima relazione semestrale) e 31 ottobre 2015 (seconda relazione semestrale). L'intero processo di revisione dei Piani di risanamento e di assegnazione dei fondi, assai complesso, è stato completato senza che siano stati presentati ricorsi.
  Giova ricordare che 148,1 milioni di euro di risorse messe a disposizione sono finanziamenti agevolati – fondo di rotazione, dunque – e non contributi a fondo perduto. Dunque, devono essere restituiti in trent'anni in base a un contratto tipo, predisposto dal Commissario di Governo e approvato dal Ministero dell'economia e delle finanze con decreto 10 luglio 2014.
  Quanto riferito sopra, ma con più ampia dovizia di dettagli, è stato attestato dal Commissario del Governo nelle due relazioni semestrali disponibili sul sito internet www.spettacolodalvivo.beniculturali.it della Direzione generale Spettacolo del Ministero dei beni culturali.
  Concludo, sottolineando lo sforzo delle istituzioni nel mettere in atto le necessarie procedure finalizzate al risanamento delle fondazioni lirico-sinfoniche in un momento di grave crisi ed evidenziando che l'assegnazione dei fondi ha seguito criteri rigorosi e trasparenti, che hanno pienamente rispettato lo spirito voluto dal legislatore.

  PRESIDENTE. L'onorevole Fedriga ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interrogazione.

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Presidente, per niente soddisfatto ! L'invito al Governo: bastava che leggesse la mia interrogazione e avrebbe capito che la risposta che ha dato è assolutamente lontana dalla realtà. Non posso sentirmi dire che abbiamo rispettato pienamente i criteri per la qualità del Piano e del rispetto del Piano di rientro, perché questi erano previsti dal bando, quando nella stessa interrogazione c’è scritto che proprio il teatro di Firenze è quello che si allontana di più rispetto al Piano di risanamento che gli era stato assegnato, che era stato concordato.
  Di cosa stiamo parlando ? Cosa sta dicendo il Governo ? Quale trasparenza ? Cioè, ha preso più soldi di tutti chi ha avuto le performances peggiori di tutti ! Beh, un problema dovrebbe porselo, il Governo ! Perché oltretutto, in questo caso, non si va a risanare un debito pregresso, ma un nuovo debito generato, perché quel teatro sta creando nuovo debito, perché non ha rispettato alcun tipo di parametro.
  Allora, io mi domando se il vincolo necessario per ricevere finanziamenti dal Governo Renzi è essere più vicino possibile al sole Renzi, oppure se sono dei parametri oggettivi a cui tutti possono competere. Ho paura che, da questo bando, venga premiato Re Sole Renzi e un po’ meno la meritocrazia di chi sta lavorando per cercare di riportare regole e non sprecare i soldi pubblici (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).

  PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni all'ordine del giorno.
  Sospendo a questo punto la seduta, che riprenderà alle ore 14,30 con l'esame e la votazione delle questioni pregiudiziali riferite al decreto-legge recante disposizioni urgenti per il completamento della procedura di cessione dei complessi aziendali del gruppo Ilva.

Pag. 17

  La seduta, sospesa alle 12,10, è ripresa alle 14,30.

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Adornato, Bressa, D'Ambrosio, Ferrara, Lorenzo Guerini, Guerra, Speranza, Tofalo e Villecco Calipari sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
  I deputati in missione sono complessivamente centoventuno, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 9 giugno 2016, n. 98, recante disposizioni urgenti per il completamento della procedura di cessione dei complessi aziendali del Gruppo ILVA (A.C. 3886) (Esame e votazione di questioni pregiudiziali).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle questioni pregiudiziali Duranti ed altri n. 1, Vallascas ed altri n. 2, Allasia ed altri n. 3 e Sisto ed altri n. 4 (Vedi l'allegato A – A.C. 3886), presentate, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 3, del Regolamento, al disegno di legge n. 3886: Conversione in legge del decreto-legge 9 giugno 2016, n. 98, recante disposizioni urgenti per il completamento della procedura di cessione dei complessi aziendali del Gruppo Ilva.
  Avverto che, a norma del comma 4 dell'articolo 40 del Regolamento, nel concorso di più questioni pregiudiziali ha luogo un'unica discussione. In tale discussione, ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 40, potrà intervenire, oltre ad uno solo dei proponenti (purché appartenenti a gruppi diversi), per illustrare ciascuno degli strumenti presentati per non più di dieci minuti, un deputato per ognuno degli altri gruppi, per non più di cinque minuti.
  Al termine della discussione si procederà, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 3, quarto periodo, del Regolamento, ad un'unica votazione sulle questioni pregiudiziali presentate.
  L'onorevole Pellegrino dovrebbe illustrare la questione pregiudiziale Duranti ed altri n. 1, ma chiedo all'onorevole Crippa se può fare la cortesia all'onorevole Pellegrino di parlare per primo. Bene, la ringrazio.
  L'onorevole Crippa ha facoltà di illustrare la questione pregiudiziale Vallascas ed altri n. 2, di cui è cofirmatario.

  DAVIDE CRIPPA. Grazie, Presidente. Siamo qui per parlare ancora una volta di Ilva, ma, come ci avete abituato, ormai da tempo, poco o nulla di Taranto. Parole che già ho usato, credo, tre o quattro volte nelle varie dichiarazioni di voto che ci hanno portato ad affrontare 10/11 volte la questione, a seconda del numero dei decreti che poi sono stati convertiti o meno, tutti sull'Ilva. Ancora un decreto-legge, per non perdere l'abitudine; con precisione il decreto-legge 9 giugno 2016 n. 98 è l'undicesimo provvedimento d'urgenza adottato per fronteggiare l'emergenza Ilva di Taranto e siamo ancora qui a denunciare come il Governo continui ad abusare della decretazione d'urgenza, considerando il continuo esproprio della funzione legislativa parlamentare da parte del Governo. Segnalo, anche, che l'urgenza di un decreto come questo rappresenta, forse, il fallimento del decreto fatto a gennaio, perché non sono neanche passati sei mesi e c’è già l'urgenza di fare un altro decreto; probabilmente il Governo dovrebbe fare un minimo di autocritica sulla propria capacità legislativa di trasferire in atti concreti quelle che sono le idee, qualora ci fossero le idee. Con l'uso smisurato della decretazione d'urgenza viene snaturato il rapporto fra Governo e Parlamento; non vi è, infatti, soltanto un problema di valutazione della straordinarietà dei casi di necessità e urgenza, requisito costituzionale dei decreti, quanto il trovarsi da tanto e troppo tempo di fronte a una sorta di ordinaria legislazione svolta dal Governo-Pag. 18amministrazione con una naturale confusione tra potere esecutivo e legislativo. Siamo qui a dire ancora una volta che non è con l'ennesimo decreto-legge, oltretutto privo di qualsiasi concetto di programmazione reale e concreta, che si va a risolvere l'annosa, gravissima situazione di Taranto.
  Entrando nel contenuto, il presente decreto-legge interviene nuovamente sulla procedura di amministrazione straordinaria del gruppo relativo al trasferimento dei complessi aziendali delle imprese a distanza di otto mesi dal decreto legge n. 191 del 4 dicembre 2015 che è intervenuto sulla medesima materia; quindi, cerchiamo sempre, in maniera ciclica, di tornare sulle stesse cose. Nel dettaglio il provvedimento contiene disposizioni di procedura di integrazione rispetto alla disciplina della gara prevista per il trasferimento a terzi dei complessi aziendali del gruppo Ilva, ancora una volta giustificate in modo inappropriato dal fatto di salvaguardare il tessuto socio-economico del territorio contemperandolo ad esigenze di salute e tutela ambientale.
  Il testo va a modificare parte del decreto n. 191, stabilendo, per esempio, che il prestito di 300 milioni di euro, indispensabile per far fronte alle indilazionabili esigenze finanziarie del gruppo Ilva in amministrazione straordinaria, non sia più restituito dall'aggiudicatario del complesso aziendale, ma dall'amministrazione straordinaria, interessi di mercato compresi, disponendo che il debito sia anteposto agli altri della procedura, rendendo ancora più precaria la posizione degli altri creditori. Ahimè, tutto questo senza alcuna garanzia di recupero finanziario, perché, ricordo a tutti, che l'amministrazione straordinaria non possiede alcun bene e, quindi, i 300 milioni che vengono oggi erogati sono privi di qualsiasi copertura di natura finanziaria della garanzia.
  In merito, non possiamo far altro che sottolineare come sia in corso dal 20 gennaio 2016 a carico dell'Italia un'investigazione formale da parte della Commissione europea per accertare che le misure sinora adottate dallo Stato italiano nei confronti di Ilva Spa in amministrazione straordinaria non costituiscano aiuti di Stato. L'avevamo detto allora, la Commissione europea sta valutando questa tematica. All'esito di tale investigazione la Commissione europea assumerà una decisione finale che, qualora negativa, obbligherebbe lo Stato italiano a recuperare dal beneficiario l'aiuto eventualmente già concesso. Potete capire come tale circostanza non possa che destare in noi e nei cittadini di Taranto una comprensibile preoccupazione, anche in relazione alla più recente contestazione supplementare del 13 maggio che invita l'Italia a presentare le proprie osservazioni e a fornire ogni elemento utile per dimostrare la fondatezza dei motivi per cui le misure poste in essere in favore dell'Ilva possano essere considerate compatibili con il mercato interno, con particolare riferimento al prestito statale di 300 milioni di euro.
  Come se già da solo tutto ciò non bastasse, a questa situazione va ad aggiungersi il fatto che il piano ambientale di risanamento dell'Ilva – alé – può essere modificato e integrato dai nuovi acquirenti secondo soggettivi criteri di sostenibilità economica da parte degli acquirenti stessi, quindi, il concetto di risanamento ambientale sarà subordinato a un concetto di economicità e di convenienza da parte dell'acquirente. Questo lo scrivete voi.
  Anche su questo aspetto il sedicente adeguamento delle esigenze di tutela dell'ambiente con l'interesse alla produzione di cui all'articolo 41 della Costituzione è stato reiteratamente utilizzato come strumento per derogare alla disciplina ordinaria in tema di autorizzazioni ambientali, così come previsto dal comma 9 del decreto in oggetto, a nostro avviso in violazione dell'articolo 97 della Costituzione, laddove si prevede lo sdoppiamento di procedure autorizzative in materia ambientale.
  Anche su questo aspetto, come in altri precedenti decreti, non si salvaguarda in alcun modo la salute dei cittadini ai sensi dell'articolo 32 della Costituzione e nemmeno la tutela dell'ambiente ai sensi dell'articolo 9. Pag. 19
  Suscita perplessità anche la disposizione tesa ad evitare l'applicazione dell'onere reale e del connesso privilegio immobiliare speciale, così come previsto dal testo unico ambientale, là dove di fatto si comprimono gli obblighi dell'acquirente in tema di bonifica che vengono ora circoscritti al valore delle prescrizioni di bonifica effettivamente non ottemperate da parte dell'acquirente. Come ciliegina sulla torta ecco che al nuovo acquirente verrà ora concessa la stessa immunità penale, civile e amministrativa già precedentemente riconosciuta ai commissari straordinari per le condotte poste in essere in attuazione del piano ambientale.
  Quindi, la legge è uguale per tutti ma non a Taranto. Tale norma risulta gravemente censurabile là dove rischierebbe concretamente di escludere ogni tipo di risarcimento in deroga ai principi costituzionali tutelati quali l'azionabilità dei diritti di ciascuno, ai sensi dell'articolo 24 della Costituzione, nel caso in cui l'attività, non solo del commissario straordinario oppure dei soggetti da esso funzionalmente delegati, ma anche del nuovo acquirente ed affittuario, possano produrre a terzi un danno ingiusto.
  Marchiamo nuovamente come manchi ancora una volta, in modo incontrovertibile, l'esclusione di ogni scriminante per condotte che provochino eventi contro l'incolumità pubblica o l'integrità fisica delle persone, fatto assai grave, gravissimo, ove si consideri la peculiare storia e la drammatica situazione ambientale e sanitaria dell'area di Taranto.
  È impossibile, quindi, non notare come questo provvedimento strida fortemente con la tutela costituzionale degli articoli 9 e 32 della Costituzione. A tali disposizioni, che violano apertamente la nostra Costituzione si aggiunge poi che la Cassa depositi e prestiti ha annunciato di voler intervenire nella nuova società che gestisce Ilva. L'intervento della Cassa depositi e prestiti viola, a nostro avviso, l'articolo 3 del suo statuto, che le dovrebbe impedire di investire in società decotte, senza prospettive, come del resto è l'intero mercato dell'acciaio europeo.
  Il Governo, oltretutto, nel caso in cui permettesse tale operazione, violerebbe l'articolo 47 della Costituzione, in quanto Cassa depositi e prestiti gestisce ingenti risparmi degli italiani.
  Per questi motivi, Presidente, andiamo qui a richiedere di non procedere all'esame del disegno di legge n. 3886, e pertanto richiediamo al Governo di avere un'azione chiara, concreta e pianificata, e non di ricorrere, come sta facendo oggi, a logiche di mercato e di profitto privato tali che, dopo la procedura di messa a gara di gennaio, viene presentata alle Camere una nuova correzione delle modalità di assegnazione della gara.
  Ai tempi, il soggetto acquirente doveva rimborsare il capitale anticipato di 300 milioni di euro; oggi non lo fa più e rimane in capo all'amministrazione straordinaria.
  Presidente, questa situazione rappresenta il fallimento di un Governo su questo tema e rappresenta una grave violazione degli articoli della Costituzione precedentemente citati, perché, di fatto, a Taranto sembra esista una legge ad hoc e specifica che esula dalla Costituzione, e il Governo si permette costantemente di non rispettare la Costituzione.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 14,40).

  PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Si riprende la discussione.

  PRESIDENTE. Onorevole Allasia, mi scuso con lei, ma, essendo arrivata l'onorevole Pellegrino, le diamo la parola per illustrare la questione pregiudiziale Duranti ed altri n. 1, di cui è cofirmataria.

Pag. 20

  SERENA PELLEGRINO. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, non è passata nemmeno una settimana dall'importante iniziativa parlamentare che ha visto l'approvazione in via definitiva della riforma del sistema delle agenzie ambientali che il Governo, con il decimo decreto-legge sull'Ilva, assesta l'ennesimo devastante colpo ai nostri principi costituzionali, ferendo, probabilmente, profondamente i principi sacri della legalità, della giustizia, della tutela della salute e della salvaguardia dell'ambiente.
  Presidente, con questo ennesimo provvedimento il Governo continua ad abusare della decretazione d'urgenza e ad espropriare il Parlamento della potestà legislativa, senza ottimizzare, di fatto, lo strumento dell'urgenza, poiché non risolve i problemi dei cittadini, ma solo quelli dell'azienda e del suo futuro acquirente o affittuario.
  Ma quello che è più grave è che viene violato il principio di uguaglianza fissato dall'articolo 3 della Costituzione, in cui si specifica che tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge, poiché vengono modificati i principi di riserva di giurisdizione e di obbligatorietà dell'azione penale, disciplinati dall'articolo 112 della Carta costituzionale.
  Facciamo riferimento alle norme previste alla lettera b), comma 4, dell'articolo 1 di questo decreto, dove vengono scandalosamente ampliate e rafforzate le disposizioni, già palesemente incostituzionali e avulse da qualsiasi rispetto del principio dello Stato di diritto, previste nel decreto-legge n. 1 del 5 gennaio 2015.
  Discutendo quest'ultimo decreto, avevamo già denunciato, ritenendolo molto grave, che l'immunità penale e amministrativa riferita agli atti e alle condotte connesse all'attuazione dell'AIA e delle misure previste nel piano ambientale dello stabilimento Ilva di Taranto non potesse essere prevista per il commissario straordinario e i soggetti da lui delegati, poiché sarebbe stato leso il principio di uguaglianza.
  Ma il nostro Governo riesce a stupirci ogni volta: ora l'immunità è estesa anche all'acquirente o all'eventuale affittuario dell'azienda.
  Mi rivolgo a lei, Presidente, perché si faccia portatore presso il Governo di una denuncia che vogliamo sia chiara ed inequivocabile: il Governo oggi sta legittimando nel nostro ordinamento giuridico un diritto di disastro posto in capo ad alcuni soggetti i cui comportamenti risulteranno tutelati da una presunzione di liceità. Ma quello che oggi legittimate con questo provvedimento è ancora più grave, questa impunità e immunità la state estendendo dal pubblico al privato.
  Ed è ormai evidente a tutti che questo Governo non intende affrontare e risolvere il dramma ambientale e sanitario prodotto dall'acciaieria di Taranto. Prevedendo un ulteriore spostamento dell'applicazione delle prescrizioni ambientali all'inizio del 2019, è palese la totale mancanza di volontà di trovare delle soluzioni chiare, trasparenti e, soprattutto, immediate. Viene ulteriormente procrastinata l'attuazione delle più importanti misure previste dall'autorizzazione integrata ambientale, dalla copertura dei parchi minerali al rifacimento delle cokerie. Ben 18 mesi in avanti rispetto all'attuale scadenza e, addirittura, tre anni dopo rispetto alla data prevista nel decreto di commissariamento. È il caso di ricordare che l'AIA, rivista con prescrizioni dal governo Vendola, risale al lontano 2012. Ambiente e salute, secondo questo decreto, sono ancora soccombenti rispetto agli interessi economici.
  Vogliamo ricordare al Governo che, dallo scorso maggio, nei giorni in cui è iniziato il processo ai vertici dell'Ilva per disastro ambientale, lo Stato italiano è formalmente sotto processo di fronte alla Corte europea dei diritti umani di Strasburgo con l'accusa di non aver protetto la vita e la salute di 182 cittadini di Taranto dagli effetti negativi delle emissioni dello stabilimento siderurgico. La Corte di Strasburgo ha infatti aperto il procedimento contro lo Stato italiano per aver autorizzato la continuazione delle attività inquinanti del polo siderurgico attraverso i Pag. 21cosiddetti decreti «salva Ilva», mentre ha omesso di predisporre un quadro normativo e amministrativo idoneo a prevenire e a ridurre gli effetti gravemente pregiudizievoli derivanti dal grave e persistente inquinamento prodotto dal complesso siderurgico.
  Ogni volta discutiamo, giustamente, i vari decreti che ci vengono posti all'esame nelle Commissioni congiunte ambiente e sviluppo economico, perché le due questioni non possono essere slegate, ma è la decima volta che abbiamo la comprovata risposta che la salvaguardia dell'ambiente sia più di impiccio che di aiuto per la sopravvivenza dei lavoratori e dei cittadini di Taranto e di tutto il Salento, che subisce da decenni gli effetti nocivi delle emissioni in atmosfera degli inquinanti dell'Ilva. Ma non basta: a questo si aggiunge la norma che esclude il rimborso dei crediti a chi, come da decreto precedente, ha la priorità. Mi riferisco, in primo luogo, alle aziende appaltatrici di servizi e beni.
  E che dire dell'altra norma che prevede che sia la struttura commissariale, e non i futuri acquirenti, a restituire allo Stato l'importo erogato del prestito ponte maggiorato degli interessi al tasso Euribor a sei mesi ? Una regalia nei confronti del privato di circa 400 milioni di euro, dove gli oneri sono a carico della finanza pubblica, ovvero dei cittadini, Presidente. Voltare pagina rispetto al passato significa anche un'evoluzione culturale che permetta di non ricadere nel ricatto occupazionale che ha caratterizzato tutto il dibattito italiano delle industrie a rischio e delle aree di bonifica. Significa, dunque, avere il coraggio di attribuire le responsabilità a chi le ha avute e a chi le ha ancora, facendo pagare, come previsto dalle normative europee e italiane, anche per i danni ambientali causati da un'attività mal gestita.
  Il principio di «chi inquina paga» deve valere per tutti. Possiamo dichiarare, senza paura di smentita, che questo ennesimo decreto del Governo Renzi sull'Ilva non risolve i problemi che denunciamo da anni sulla grave situazione ambientale e sanitaria di Taranto. Per contro, invece, si accumulano ulteriori ritardi sulle scadenze previste dall'autorizzazione integrata ambientale. Come spiegherete, colleghi tarantini, ai vostri concittadini il vostro voto favorevole a questo decreto incostituzionale ? Vi ricordo che, all'interno di questo decreto, non ci sono certezze sulle risorse economiche per realizzare gli interventi di risanamento degli impianti. Restano i problemi sul fronte del rafforzamento dei controlli pubblici sulle emissioni dell'impianto e sul monitoraggio dello stato di avanzamento dei lavori.
  La bonifica dell'ambiente tarantino non ha alcuna garanzia nei tempi di realizzazione; il ritardo sui tempi accumulato nel risanamento ambientale dello stabilimento è gravissimo. Ogni ulteriore allungamento dei tempi previsti dal piano ambientale non solo non è accettabile, ma noi diciamo che è criminale. Presidente, non si risponde al dramma dell'Ilva di Taranto né si facilita la vendita ai privati dello stabilimento, garantendo altra immunità e altra impunità.
  I cittadini di Taranto e gli operai dell'Ilva hanno bisogno di certezze; al momento, l'unica certezza garantita è che non solo non vedranno risolte le criticità, ma sapranno che gli oneri dell'azienda, anziché essere in capo a chi ha commesso il reato ambientale, graveranno sulle spalle di tutti i cittadini italiani: come sempre, le cosiddette esternalità ambientali continuano ad essere esterne ai bilanci dell'azienda.
  Signor Presidente, onorevoli colleghi, siamo di fronte all'ennesimo decreto-legge che, oltre a espropriare il Parlamento della potestà legislativa, lede anche i principi costituzionali incomprimibili: la legalità, la giustizia, la tutela della salute e la salvaguardia dell'ambiente. Ed è per queste ragioni che chiedo a questo Parlamento, con forza – il Parlamento che ha votato gli ecoreati, che ha votato la settimana scorsa l'accorpamento delle agenzie ambientali –, di riconoscere i limiti di questo provvedimento, approvando la pregiudiziale di costituzionalità (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana – Sinistra Ecologia Libertà).

Pag. 22

  PRESIDENTE. L'onorevole Allasia ha facoltà di illustrare la sua questione pregiudiziale n. 3.

  STEFANO ALLASIA. Presidente, onorevoli colleghi, dopo quattro anni di rinnovo contino dello stato di emergenza, di continui tentativi da parte del Governo per far fronte alla situazione ambientale ed occupazione di Taranto e alla crisi dell'Ilva, stiamo esaminando il decimo decreto-legge dei tre ultimi Governi: Monti, Letta e Renzi. Solo il Governo Renzi ha emanato cinque decreti in due anni, senza ancora risolvere la situazione aziendale, senza ancora proporre una soluzione definitiva e credibile. Eppure, oramai hanno preso coscienza del fatto che la cessazione dell'attività dell'Ilva di Taranto comporterebbe un gravissimo pregiudizio, non solo per il tessuto socio-economico del territorio di Taranto ma anche per gli stabilimenti ad essa collegati e per l'indotto, in quanto lo stabilimento di Taranto è l'unico punto dove si lavora l'acciaio a caldo, che rifornisce tutti gli altri stabilimenti dell'Ilva sul territorio nazionale, come Genova, Novi Ligure, Racconigi, Marghera e altri.
  Il Governo sta mettendo in gioco un gruppo di 16.200 dipendenti diretti e 10 mila lavoratori dell'indotto, che attualmente versa in una difficile situazione finanziaria a causa dei problemi incontrati nella riscossione dei crediti maturati nei confronti della società Ilva. Secondo il nostro gruppo, la mancanza di soluzioni credibili ed il protrarsi dello stato di emergenza mette in crisi la stessa affidabilità e credibilità nel nostro Paese nei confronti degli investitori esteri. Il Governo sta allargando la situazione critica, ambientale ed occupazionale, cui versano i cittadini di Taranto, che ancora pagano l'irresponsabilità della classe imprenditoriale ed industriale del passato e l'irresponsabilità della classe amministrativa locale, che per lunghi anni ha chiuso gli occhi al problema sanitario ed ambientale.
  Perché questo decreto non risolve i problemi e non corrisponde ai dettami della nostra Costituzione ? Il decreto riconferma l'intervento dello Stato nella gestione dell'impresa del gruppo Ilva, continuando ad invadere la sfera del privato e prorogando l'amministrazione straordinaria. Il proliferare dei decreti-legge sullo stesso argomento annulla i requisiti di necessità e urgenza. Il decreto permette all'aggiudicatario della gara di presentare domande di autorizzazione di nuovi interventi e di modifica del piano ambientale sanitario, creando un conflitto tra l'interesse privato da aggiudicatario e l'interesse pubblico per la corretta attuazione delle prescrizioni ambientali. Il Governo mette in discussione, con un intervento da parte del privato, non solo quanto già attuato, ma anche e soprattutto il ruolo delle istituzioni che hanno già approvato il Piano garanzia della tutela dell'ambiente e della salute dei cittadini.
  È prevista l'istituzione di una commissione di tre esperti, che dovrebbero valutare le proposte di modifica del piano ambientale e sanitario, i cui compensi sono a carico dell'amministrazione straordinaria dell'Ilva, ossia del soggetto che è il principale interessato al proseguimento dell'attività e successiva cessione del gruppo aziendale, creando anche in questo caso un conflitto di interesse. È posto a carico dell'amministrazione straordinaria e non più a carico dell'aggiudicataria della procedura di gara l'obbligo della restituzione del prestito ponte, anteponendolo agli altri debiti della procedura.
  In questo modo si rende ancora più incerto il diritto dei creditori del gruppo Ilva al pagamento dei servizi svolti. Infine, si estendono all'affittuario-acquirente le immunità penale e amministrativa già previste per i commissari straordinari e i loro delegati, alleviando l'acquirente delle proprie responsabilità non solo con riferimento al passato ma anche relativamente all'attuazione e prescrizione del piano ambientale e sanitario.
  La mancanza di chiarezza sui ruoli e sulle competenze degli organi istituzionali interessati al risanamento ambientale e alla riqualificazione del territorio di Taranto ha alimentato una serie di procedimenti penali e amministrativi, permettendo Pag. 23l'intervento dell'autorità giudiziaria su questioni che rientrano chiaramente nella sfera delle competenze delle autorità garanti, della tutela dell'ambiente e della salute pubblica. Riteniamo che questo decreto continui sulla strada dell'incertezza e sui provvedimenti inefficaci, che purtroppo non riguardano soltanto l'Ilva di Taranto ma tutto il sistema industriale italiano. Per questo motivo, il gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini voterà a favore delle pregiudiziali presentate dai gruppi dell'opposizione.

  PRESIDENTE. L'onorevole Sisto ha facoltà di illustrare la sua questione pregiudiziale n. 4.

  FRANCESCO PAOLO SISTO. Presidente, l'attacco alla Costituzione raggiungere dei livelli assolutamente inaccettabili e sistematici: non basta il tentativo di sobillarla con una riforma che ne mortifica la struttura e che ci consegna ad una Repubblica nelle mani del Governo anziché del Parlamento, ma c’è un riscontro, come direbbe un penalista di media portata, e il riscontro è proprio questo provvedimento sull'Ilva, che in qualche modo conferma come questo sia un Governo che vuole portare il Parlamento ad una sorta di neolingua, per parafrasare 1984 di Orwell, cioè, sostanzialmente, una semplificazione dei concetti che elimini il diritto alla critica costituzionale.
  Ormai è così sfacciata, la violazione dei principi costituzionali, che deve essere data quasi per scontata, quasi a transitare il Parlamento e il Paese nella normale violazione dei cardini di questi principi. E questa neolingua si manifesta in questo provvedimento in tutta la sua gravità. Innanzitutto, da un punto di vista squisitamente politico, va detto che è un provvedimento che naviga ancora a vista, cioè non siamo ancora stati capaci di comprendere quale sia il trend che il Governo intende realizzare con questo tipo di provvedimenti, che definire transeunti a me sembra assolutamente eufemistico. Ma siamo di fronte ad una palese violazione degli articoli – scusate se do i numeri – 9 e 32 della Costituzione, quando ci si occupa di tutela del paesaggio; basti riflettere che il differimento fino a diciotto mesi del termine per l'attuazione del piano ambientale rispetto alla precedente scadenza porterà il termine a fine 2019 soltanto su istanza dell'aggiudicatario della procedura. Attenzione: questa proroga si applica a tutti gli adempimenti, prescrizioni, attività, interventi di gestione ambientale, smaltimento e gestione rifiuti attinenti sia dell'Ilva in amministrazione straordinaria sia delle altre società partecipate, anche se l'amministrazione straordinaria sostituisce ogni altro termine, cioè una sorta di bonifica da qualsivoglia tipo di illegalità e illegittimità e, fatemelo dire, illiceità di tipo ambientale preventiva. Cioè, una follia, dal punto di vista strutturale; veramente siamo ai limiti della parodia giuridica. Ma non basta, perché dove si raggiunge il livello di comicità/tragicità giuridica è il tema delle immunità penali, perché – scusate se sono abituato a studi severi, dal punto di vista del rispetto delle categorie penalistiche – qui siamo addirittura nella tracimazione incontrollata: si parla di immunità penali – che era già prevista per il commissario straordinario e i soggetti delegati, un'altra pazzia che è già passata – nell'esecuzione del piano ambientale anche dell'affittuario e dell'acquirente. Nel prossimo decreto, anche i parenti fino al terzo grado di questi soggetti saranno ritenuti immuni ! È un criterio random che fa a pugni con qualsivoglia forma di buonsenso costituzionale, nella gestione delle categorie penalistiche. Che cosa si spera ? Che, poiché è una norma transeunte, questa non vada dalla Corte costituzionale ? Si vuole cioè usare la tecnica del mordi e fuggi nella intimità della Costituzione perché il fatto che passi poco tempo non consentirà a questa norma di andare alla Corte: sarebbe ancora più grave se fosse questa la logica. Ma la violazione dell'articolo 3, dell'articolo 101, del 102, del 112 sull'obbligatorietà dell'azione penale, il giudice che non può compiere una valutazione di merito sotto il profilo della responsabilità Pag. 24penale e amministrativa ? Ma non basti riflettere sul fatto che la società vincitrice non sarà quella che dovrà restituire, ma l'amministrazione straordinaria, passi su questo passaggio, la moltiplicazione dei creditori ormai è diventato un must, guai se i creditori non fossero mortificati in questo scorcio di legislatura. La cosa ancora più grave è la violenza che si esercita sull'articolo 77 della Costituzione, che avrà bisogno di ulteriori interventi integrativi e qualcuno mi deve spiegare la necessità e l'urgenza di questo ennesimo decreto-legge, che non ha nessuna giustificazione, con una confusione per gli acquirenti per questi rischi di incostituzionalità. Presidente, in altri termini, stiamo assistendo ancora qui, in questa parte del Parlamento, a quello che è un fenomeno che il Governo Renzi ha realizzato anche per il Partito Democratico: lo svuotamento culturale e ideologico, cioè siamo di fronte al tentativo di privare questo Parlamento del diritto di avere una Costituzione che sia chiara, netta, precisa e a cui ispirarsi. Ammazzarla costantemente ci dovrebbe abituare agli omicidi, io penso che noi a questo non ci abitueremo e se la ragione della deflagrazione del Partito Democratico è stata quella di privare la sinistra di un contenuto ideologico – questo è il mio pensiero – io non accetterò mai che il Parlamento possa essere privato del diritto di mantenere la fedeltà alla Costituzione utilizzando i decreti-legge. Noi speriamo davvero che vi sia una rivolta di coscienze, una rivolta di cultura, una presa d'atto che siamo di fronte ad un abuso gravissimo e che la nostra mozione possa essere votata (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cera. Ne ha facoltà.

  ANGELO CERA. Signor Presidente, il gruppo parlamentare Area Popolare voterà contro le pregiudiziali presentate relative all'Ilva di Taranto e alle disposizioni urgenti per il completamento delle procedure di cessione dei suoi complessi aziendali. Occorre sottolineare come tale provvedimento rappresenti l'ultimo di una serie di decreti-legge adottati per garantire la continuità dell'attività lavorativa degli stabilimenti Ilva, in particolare l'Ilva di Taranto. Infatti è necessario evidenziare l'importanza strategica che riveste questo impianto siderurgico per la nostra economia e soprattutto per il Mezzogiorno. Quindi, in un periodo di grave crisi economica e sociale per l'Italia, è necessario completare le procedure per il trasferimento a terzi delle attività del gruppo Ilva in amministrazione straordinaria, in modo che le imprese del gruppo possano essere cedute rispettando i canoni della trasparenza e valorizzando inoltre il carattere pienamente concorrenziale della procedura di gara. Il preambolo del decreto-legge mette in evidenza i presupposti di necessità e di urgenza del provvedimento, chiarendo l'importanza di emanare norme tecniche a carattere interpretativo, nonché disposizioni di procedura necessaria per perfezionare il procedimento per il trasferimento a terzi delle attività aziendali del gruppo Ilva in amministrazione straordinaria. Ribadiamo che risulta particolarmente importante la priorità che si attribuisce alla valutazione dei profili ambientali delle offerte e alla valorizzazione del carattere pienamente concorrenziale della procedura di gara, al fine di garantire maggiori certezze agli investitori. Già in questa parte del provvedimento si rileva l'importanza fondamentale di approvare disposizioni che consentano di pervenire alla definizione di un percorso legislativo lungo, ma che il Governo ha condotto con la massima serietà proprio per risolvere una situazione che risale a molto tempo fa e che ha importanti riflessi sotto il profilo della tutela della salute e dell'ambiente, nonché di salvaguardia dei livelli occupazionali e di sviluppo dell'economia del nostro Paese.
  È opportuno quindi sottolineare come il decreto-legge fornisca, come recita la relazione introduttiva, un quadro di maggiore certezza per gli investitori e inoltre definisca un contesto regolatorio volto a favorire un esito della gara caratterizzato Pag. 25da discontinuità rispetto all'impresa cessionaria, in modo conforme ai principi dell'ordinamento dell'Unione europea. Le norme contenute sono inoltre dirette a garantire il pieno rispetto dell'intero articolo 41 della Costituzione in tutti e tre i commi da questo previsti, che pertanto non viene assolutamente violato. Infatti le disposizioni del decreto-legge non contrastano con i principi in esso contenuti in quanto non inficiano l'utilità sociale ovvero la sicurezza, la libertà e la dignità umana. Nel medesimo tempo le stesse disposizioni si allineano con il terzo comma dell'articolo 41, il quale prevede che sia la legge a determinare i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali. Cos’è più importante a livello di utilità sociale di un provvedimento che rilanci un settore come quello siderurgico, implementando in questo modo lo sviluppo della nostra economia e salvaguardando nello stesso tempo i livelli occupazionali, soprattutto in territori come quelli meridionali del nostro Paese dove ancora esiste un gap economico rispetto alle regioni del nord e dove la disoccupazione ha raggiunto dei livelli elevati ? Pertanto il gruppo di Area Popolare, Presidente, voterà contro le pregiudiziali presentate.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Massa. Ne ha facoltà.

  FEDERICO MASSA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, cercherò, trattandosi della discussione di questioni di pregiudizialità costituzionale, di rimanere ancorato al tema. La presunta violazione dell'articolo 41 della Costituzione, denunciata dai colleghi della Lega, muove da un evidente equivoco e cioè che la procedura di amministrazione straordinaria delle imprese in stato di insolvenza nasca – si legge nella pregiudiziale – per la ristrutturazione o vendita delle imprese a partecipazione pubblica operanti nei settori dei servizi pubblici essenziali. Non è evidentemente così; l'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi è nella sostanza una procedura concorsuale speciale, applicabile ed in concreto applicata alle situazioni di insolvenza che riguardano imprese di grandi dimensioni ed è finalizzata a garantire che la definizione dello stato di insolvenza, con la dovuta tutela del mercato di riferimento e delle pari condizioni dei creditori, salvaguardi, nei limiti del possibile, la struttura produttiva e l'occupazione. La possibilità di estendere tale procedura alle imprese che presentino situazioni di grave crisi ambientale risponde all'esigenza di contemperare, nelle situazioni di crisi, le ragioni della produzione e dell'occupazione con l'obbligo di garantire la tutela dell'ambiente e della salute, nel pieno rispetto e non già in violazione dell'articolo 41 della Costituzione, che, come è noto, stabilisce sì che l'iniziativa economica privata è libera, ma anche che la stessa non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà ed alla dignità umana. L'indifferibilità ed urgenza di cui si denuncia la carenza non è evidentemente condizionata dalla circostanza che la materia sia già stata interessata da precedenti interventi normativi, anche reiterati, ma piuttosto dall'oggettività della situazione che si intende disciplinare. L'adeguamento indispensabile delle procedure avviate alle condizioni che si sono in itinere determinate deve essere definito in tempi compatibili con le procedure medesime e tali tempi sono assolutamente incompatibili con quelli dell'ordinario iter legislativo. Nessuna mortificazione del Parlamento. Come già avvenuto nelle precedenti circostanze, in sede di conversione potranno, dovranno essere apportate tutte le modifiche necessarie a migliorare la qualità delle soluzioni proposte.
  Le diffuse considerazioni, contenute in tutte le pregiudiziali, relative ad una presunta violazione delle norme costituzionali che tutelano l'ambiente e la salute esprimono in realtà giudizi di merito, spesso tra loro contraddittori, in ordine all'idoneità delle soluzioni proposte.Pag. 26
  Si tratta di profili che in sé non hanno alcuna rilevanza costituzionale e che dovranno costituire l'oggetto della discussione e del confronto parlamentare.
  Su un ultimo punto voglio soffermarmi un momento: quello relativo alla denunciata illegittimità costituzionale di quella che viene erroneamente qualificata come immunità penale, civile ed amministrativa. Nessuna immunità: non vi era prima nei confronti dei commissari, non è prevista ora nei confronti dei soggetti privati che ad essi subentreranno.
  La norma in discussione prevede esclusivamente che le condotte poste in essere in attuazione del piano non possano dar luogo a responsabilità penale o amministrativa, il che, in una lettura non strumentale e non prevenuta, con ogni evidenza, significa che, come è ovvio che sia, restano pienamente perseguibili – meglio – devono essere perseguiti...

  PRESIDENTE. Deve concludere.

  FEDERICO MASSA. ... per ogni ipotizzabile profilo di responsabilità, tutti i comportamenti...

  PRESIDENTE. Concluda onorevole Massa.

  FEDERICO MASSA. ... inadempitivi rispetto al piano medesimo.
  È un modello coerente con la necessità...

  PRESIDENTE. Onorevole Massa deve concludere.

  FEDERICO MASSA. Ho finito: di certezza e di assoluta necessità, in un contesto complesso, che come quello di cui ci stiamo occupando...Chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento (La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti).

  PRESIDENTE. Grazie onorevole Massa. Passiamo ai voti. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulle questioni pregiudiziali Duranti ed altri n. 1, Vallascas ed altri n. 2, Allasia ed altri n. 3 e Sisto ed altri n. 4.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Colleghi vi pregherei di accelerare, grazie. Onorevole Locatelli si affretti per favore.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  390   
   Votanti  389   
   Astenuti    1   
   Maggioranza  195   
    Hanno votato
 138    
    Hanno votato
no  251).    

  (La deputata Oliaro ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario).

Discussione del disegno di legge: S. 2362 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 3 maggio 2016, n. 59, recante disposizioni urgenti in materia di procedure esecutive e concorsuali, nonché a favore degli investitori in banche in liquidazione (Approvato dal Senato) (A.C. 3892) (Esame e votazione di questioni pregiudiziali) (ore 15,15).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle questioni pregiudiziali Paglia ed altri n. 1, Busin ed altri n. 2, Rampelli ed altri n. 3, Pesco ed altri n. 4 e Sandra Savino ed altri n. 5 (Vedi l'allegato A – A.C. 3892), presentate ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 3, del Regolamento, al disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 3892: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 3 maggio 2016, n. 59, recante disposizioni urgenti in materia di procedure esecutive e concorsuali, nonché a favore degli investitori in banche in liquidazione.Pag. 27
  Avverto che, a norma del comma 4 dell'articolo 40 del Regolamento, nel concorso di più questioni pregiudiziali ha luogo un'unica discussione. In tale discussione, ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 40, potrà intervenire, oltre ad uno solo dei proponenti (purché appartenenti a gruppi diversi), per illustrare ciascuno degli strumenti presentati per non più di dieci minuti, un deputato per ognuno degli altri gruppi, per non più di cinque minuti.
  Al termine della discussione si procederà, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 3, quarto periodo, del Regolamento, ad un'unica votazione sulle questioni pregiudiziali presentate.
  L'onorevole Paglia ha facoltà di illustrare la sua questione pregiudiziale n. 1.

  GIOVANNI PAGLIA. Grazie, Presidente. Davanti a questo decreto, l'ennesimo decreto che in questa legislatura si succede in materia di ordinamento bancario ed in questo caso anche di ordinamento fallimentare – non è una novità – l'unica cosa che io credo avesse necessità ed urgenza è quello che all'interno di questo decreto non c’è: necessario ed urgente era che la maggioranza di governo...

  PRESIDENTE. Attenda, onorevole Paglia: colleghi !

  GIOVANNI PAGLIA. No, ma io stavo riuscendo anche prima...

  PRESIDENTE. Allora non la interrompo più.

  GIOVANNI PAGLIA. Come dicevo, l'unica cosa necessaria ed urgente sarebbe che maggioranza e Governo dessero finalmente il via libera alla Commissione di inchiesta sul sistema bancario ed in particolar modo sul crack delle quattro banche di novembre, che invece tengono ferma al Senato da mesi, nonostante fosse stato il Governo (e la maggioranza) per primo ad impegnarsi allora a permettere che il Paese potesse conoscere, anche attraverso il Parlamento, la verità.
  Invece, di questa Commissione d'inchiesta necessaria ed urgente non si parla più, viene insabbiata al Senato, si porta in avanti la discussione su altro e si arriva con un decreto come questo, che necessario ed urgente invece non è, tutt'altro: si va infatti ad intervenire, sia in modifica del testo unico bancario, sia in modifica del diritto fallimentare e voi capite bene come siamo di fronte a due argomenti che avrebbero la necessità di una discussione approfondita in entrambi i rami del Parlamento, che consentisse anche alla Camera dei deputati, in questo frangente, di poter dialogare, di poter discutere, di poter affrontare il tema per la serietà che gli compete, anche perché parliamo di una materia che andrà ad incidere direttamente sulla vita delle imprese di questo Paese ed anche dei cittadini più deboli di questo Paese.
  Questa Camera invece deve sapere fin da ora che si troverà a discutere, probabilmente in una settimana, probabilmente con la fiducia, senza aver avuto la condizione di avere nemmeno un'audizione dei soggetti interessati in Commissione, su una materia molto problematica, che necessaria ed urgente, ripeto, non era, e questo è il primo problema.
  Ce ne sono tuttavia di ben più gravi; parto dal primo: si introduce con questo provvedimento il pegno non possessorio. Cos’è il pegno non possessorio ? È una procedura tale per cui da domani sarà consentito alle banche italiane di andare dalle imprese e porre un pegno, appunto, senza spossessamento sui loro beni materiali ed immateriali (immateriali vuol dire anche i marchi, per esempio).
  Questo non avrà un effetto immediato sulla vita delle imprese, perché le imprese potranno continuare ad operare con i loro macchinari, con le loro attrezzature, con i loro marchi, con i loro brevetti come se nulla fosse; avrà, tuttavia, un effetto nel momento in cui ci dovesse essere una crisi di questa impresa: avrà un effetto perché potrà essere appunto immediatamente espropriata di quello che era il bene messo sotto pegno; ma soprattutto sotto il profilo dell'incostituzionalità, io credo che il problema Pag. 28vero, che tutti noi ci dovremmo porre, è che, nel momento in cui l'impresa dovesse fallire, avendo una banca avuto la possibilità di mettere un pegno non possessorio su tutti i beni, li tira fuori dalla procedura fallimentare, quindi supera quella che è la normale gerarchia fra crediti privilegiati e non privilegiati.
  In buona sostanza, se il sistema bancario dovesse porre pegno non possessorio sull'intera gamma di beni di proprietà di un'impresa, quando questa dovesse fallire, tutti gli altri creditori si troveranno niente nelle mani e, quando dico tutti gli altri creditori, intendo anche i lavoratori, perché questa roba passa sopra anche al diritto dei lavoratori di avere i loro stipendi arretrati e i loro TFR, per esempio. Parliamo di questo, ne parliamo – mi sembra – con leggerezza e disinteresse, ma ne parliamo e – ripeto – se ne parlassimo soltanto, il problema non ci sarebbe, ma il problema è che da domani questa cosa sarà legge.
   Secondo tema di incostituzionalità, sempre dal nostro punto di vista: si introduce il patto marciano riguardo alle imprese. Cosa vuol dire ? Vuol dire che, anche in questo caso, le ipoteche che verranno poste sui capannoni delle imprese o anche su beni di terzi, sulla casa dei parenti, per esempio, potranno essere escusse dalla banca direttamente, senza più passare da un'asta fallimentare, al momento in cui un'impresa dovesse non pagare alcune rate del proprio mutuo, per esempio, o anche rimanere per alcuni mesi scoperta sul filo di conto corrente senza rientrare. Scatta l'immediata possibilità per la banca di portare via il bene; anche in questo caso portare via il bene prima di avere un rapporto con gli altri creditori, quindi si introduce con questo sistema una categoria di creditore ultraprivilegiato nel sistema bancario, che interverrà sempre prima di tutti gli altri, come se già non bastassero, diciamo, quelli che sono i benefici che già le banche hanno in Italia.
  Dal punto di vista costituzionale, io credo ci sia un serio, serissimo problema. Pensare che il sistema finanziario diventi quello che, prima di tutti, interviene all'interno del processo fallimentare e agli altri tocchi solo ciò che le banche lasciano, cioè esattamente il contrario di quello che era adesso, in sostanza, tranne sui beni ipotecati, altera pesantemente gli equilibri a cui eravamo abituati.
  Terzo tema: si introducono una serie di norme che vanno a modificare il codice di procedura civile per quanto riguarda l'intervento sui proprietari di una casa, nel momento in cui non dovessero più pagare le rate; sostanzialmente, si cancella tutta una serie di procedure che in questo momento erano messe a garanzia anche del debitore e si permette alla banca, con grande rapidità, di intervenire e mettere fuori, senza nemmeno più passare dall'ufficiale giudiziario, il proprietario, non più proprietario perché espropriato, e anche tutti i suoi beni mobili. Tutto questo, viene messo in mezzo alla strada e la banca può procedere immediatamente a vendere la casa e rientrare del proprio debito.
  Ora, in questo modo, si va a ledere ancora una volta l'uguaglianza fra i cittadini, perché voi pensate a un inquilino che non paghi un affitto, per il quale continuano a essere in vigore tutte le procedure precedenti, in termini di lentezza, al netto del giudizio di merito sulla lentezza nel mandare fuori un inquilino da casa, ma per l'inquilino contro proprietario valgono le regole di prima, per il proprietario moroso contro banca tutto diventa accelerato, ragion per cui si lede anche qui il principio costituzionale di uguaglianza nel rapportarsi con i crediti e con i debiti. Se il creditore è una banca tutto è veloce, se è un privato cittadino, magari una coppia di anziani che ha affittato la propria seconda casa modesta ad una persona che non paga la pigione, tutto rimane lento esattamente come prima.
  Questo per dire che è un decreto a senso unico; il senso unico è quello di favorire il sistema bancario nella sua capacità di recuperare rapidamente i propri crediti, senza guardare minimamente a quello che sarà l'effetto di sistema, cioè dimenticando come sempre che dall'altra Pag. 29parte di un debito c’è sempre un credito, dall'altra parte di una banca c’è sempre una famiglia, cioè un'impresa.
  Ora dichiariamo con questo decreto che della famiglia e dell'impresa questo Parlamento e questo Paese non si cura perché l'unica cosa di cui si cura è la possibilità per le banche, con qualunque mezzo e nel minore tempo possibile, di riappropriarsi dei propri crediti a qualunque costo.
   Vado alla fine. La fine è la parte di cui immagino Governo e maggioranza siano orgogliosi, cioè quello che avrebbe dovuto dare titolo a questo decreto, cioè l'inserimento di una procedura più rapida e più immediata di rimborso di quanto è stato ingiustamente sottratto ai risparmiatori, che sono incappati nel decreto del Governo sulla risoluzione delle quattro banche Etruria, Chieti, Marche e Ferrara.
  Anche a tal proposito, già allora si è andati in palese contrasto con l'articolo della Costituzione italiana, l'articolo 47, che tutela il risparmio, si è cercato persino di fare passare in quest'Aula con un processo da legulei – non saprei come altro definirlo – il principio per cui chi aveva messo i suoi risparmi in obbligazioni subordinate o in azioni di quelle banche non dovesse più essere trattato come un risparmiatore, quindi tutelato dalla Costituzione, ma come un investitore, andando di fatto allora a sostenere che l'unico risparmio che la Costituzione e la Repubblica tutelano sia sostanzialmente quello che la persona mette sotto il materasso di casa sua, perché in qualsiasi altro posto possa mettere quel risparmio è dichiarato investito. Ebbene, con questo decreto sostanzialmente cosa si fa ? Si dice che ad una serie di quei risparmiatori, quelli che hanno meno di 35.000 euro di reddito o meno di 100.000 euro di patrimonio si dà una corsia privilegiata per rimborsarli, non tutto, ma solo l'80 per cento, e a chi fosse stato egualmente truffato, ma non rispondesse di questi criteri, ebbene per lui questo non vale e deve aspettare le regole ordinarie. Quali regole ? Questa è una bella domanda perché il Governo, che doveva entro 90 giorni stabilirle, ad oggi, passati sei mesi, ancora le regole non le ha date. Quindi dato che si chiede a chi si accontenta dell'80 per cento di rinunciare alla possibilità di avere il 100 per cento non si dice nemmeno quali sarebbero le regole per cui potrebbe avere piena soddisfazione. Gli si chiede di rinunciare di default al 20 per cento di quello che...

  PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Paglia.

  GIOVANNI PAGLIA. In cambio di cosa ? In cambio dell'ignoto. Grazie dell'attenzione (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana – Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Busin, che illustrerà anche la sua questione pregiudiziale. Ne ha facoltà.

Testo sostituito con errata corrige volante   FILIPPO BUSIN. Grazie, Presidente. Qui ci troviamo di fronte all'ennesimo decreto-legge del Governo Renzi, che si appresta a battere qualsiasi record quanto a emanazione di decreti di urgenza; siamo ad una media di 2,23 decreti-legge al mese; uno strumento che invece andrebbe usato con maggior cautela e in occasioni eccezionali e che, così come viene utilizzato, è invece in palese contrasto con quanto previsto dall'articolo 70 della Costituzione, che designa le Camere e il Parlamento come depositarie della potestà legislativa, potestà legislativa che viene continuamente compressa, sia dell'emanazione dei decreti d'urgenza, sia dal ricorso ai voti di fiducia, come appare molto probabile anche in questa occasione. È un provvedimento che si presenta assolutamente disomogeneo e non rispondente al titolo. Il titolo recita: «Disposizioni urgenti in materia di procedure esecutive e concorsuali, nonché in favore degli investitori in banche in liquidazione», ma non si capisce cosa abbia a che fare con questo titolo e con questa impostazione la norma che prevede l'acquisizione da parte del MEF della società SGA, sorta in concomitanza con il dissesto del Banco di Napoli, oppure altre norme che prevedono il Pag. 30fondo di solidarietà o il trattamento delle imposte differite particolare per il settore del credito.
   Oltre a questo ci sono norme di natura prettamente ordinamentale, che modificano in modo sostanziale il codice civile, il codice di procedura civile e la legge fallimentare, che avrebbero bisogno di ben altro approfondimento e non di una trattazione così superficiale e così approssimativa come ci è stata proposta in questo decreto-legge, come ad esempio l'introduzione del pegno non possessorio, la garanzia del credito che prevede il trasferimento del bene, senza passare per la procedura giudiziaria, disposizioni in materia di espropriazione forzata, modifiche alla legge fallimentare, relative alla nomina del comitato dei creditori.
   Di fronte a una tale disomogeneità e scarsa corrispondenza al titolo delle disposizioni in oggetto è difficile anche ipotizzare e dare un giudizio che sia univoco per quanto riguarda i presupposti previsti dall'articolo 77 della Costituzione, presupposti di straordinaria necessità ed urgenza che dovrebbero appunto sottendere l'emanazione dei decreti legislativi.
   Gli unici articoli che forse hanno queste caratteristiche e quindi sarebbero coerenti con questo strumento legislativo sono gli articoli 8, 9 e 10, che riguardano il ristoro o il tentativo almeno di ristoro dei risparmiatori – non investitori, ma risparmiatori e anche le parole hanno una loro importanza – che sono appunto caduti nel dissesto delle quattro banche fallite l'anno scorso, CariParma, CariFerrara, Banca Marche e Banca Popolare dell'Etruria. Qui, però, solleviamo altri rilievi di non rispondenza al dettato costituzionale che riguardano l'articolo 3 e l'articolo 47, cioè quello che prevede la tutela e l'incoraggiamento del risparmio e la parità di trattamento di tutti i cittadini in quanto anche in questa occasione, come in altri decreti-legge che sono stati emanati recentemente sul sistema creditizio da questo Governo – decreti che noi non condividiamo per gli effetti che hanno provocato –, non si può ravvisare certo una parità di trattamento e un giusto ristoro per i risparmiatori che sono stati truffati, che sono stati tratti in inganno da una scarsa informazione riguardo a strumenti finanziari particolarmente complessi e, soprattutto, non ravvisiamo una parità di trattamento per quanto riguarda gli effetti di questo decreto, che ricadono sostanzialmente sulla parte più debole che è stata coinvolta e non toccano, se non in modo marginale, i veri artefici di questo dissesto che sono, da una parte per mancata vigilanza, la Consob e la Banca d'Italia e, dall'altra per la mala gestione, i vertici di queste banche che, purtroppo, sono numerose e non si limitano al caso trattato in questo decreto, ma riguardano una vasta platea di banche in tutto il territorio, compreso il territorio da cui vengo e che rappresento in quest'Aula e, purtroppo, i loro effetti negativi non sono giunti ancora alla fine sia nei confronti dei risparmiatori, sia sul sistema imprenditoriale e sull'economia generale del nostro Paese.
  FILIPPO BUSIN. Grazie, Presidente. Qui ci troviamo di fronte all'ennesimo decreto-legge del Governo Renzi, che si appresta a battere qualsiasi record quanto a emanazione di decreti di urgenza; siamo ad una media di 2,23 decreti-legge al mese; uno strumento che invece andrebbe usato con maggior cautela e in occasioni eccezionali e che, così come viene utilizzato, è invece in palese contrasto con quanto previsto dall'articolo 70 della Costituzione, che designa le Camere e il Parlamento come depositarie della potestà legislativa, potestà legislativa che viene continuamente compressa, sia dell'emanazione dei decreti d'urgenza, sia dal ricorso ai voti di fiducia, come appare molto probabile anche in questa occasione. È un provvedimento che si presenta assolutamente disomogeneo e non rispondente al titolo. Il titolo recita: «Disposizioni urgenti in materia di procedure esecutive e concorsuali, nonché in favore degli investitori in banche in liquidazione», ma non si capisce cosa abbia a che fare con questo titolo e con questa impostazione la norma che prevede l'acquisizione da parte del MEF della società SGA, sorta in concomitanza con il dissesto del Banco di Napoli, oppure altre norme che prevedono il Pag. 30fondo di solidarietà o il trattamento delle imposte differite particolare per il settore del credito.
   Oltre a questo ci sono norme di natura prettamente ordinamentale, che modificano in modo sostanziale il codice civile, il codice di procedura civile e la legge fallimentare, che avrebbero bisogno di ben altro approfondimento e non di una trattazione così superficiale e così approssimativa come ci è stata proposta in questo decreto-legge, come ad esempio l'introduzione del pegno non possessorio, la garanzia del credito che prevede il trasferimento del bene, senza passare per la procedura giudiziaria, disposizioni in materia di espropriazione forzata, modifiche alla legge fallimentare, relative alla nomina del comitato dei creditori.
   Di fronte a una tale disomogeneità e scarsa corrispondenza al titolo delle disposizioni in oggetto è difficile anche ipotizzare e dare un giudizio che sia univoco per quanto riguarda i presupposti previsti dall'articolo 77 della Costituzione, presupposti di straordinaria necessità ed urgenza che dovrebbero appunto sottendere l'emanazione dei decreti legislativi.
   Gli unici articoli che forse hanno queste caratteristiche e quindi sarebbero coerenti con questo strumento legislativo sono gli articoli 8, 9 e 10, che riguardano il ristoro o il tentativo almeno di ristoro dei risparmiatori – non investitori, ma risparmiatori e anche le parole hanno una loro importanza – che sono appunto caduti nel dissesto delle quattro banche fallite l'anno scorso, CariChieti, CariFerrara, Banca Marche e Banca Popolare dell'Etruria. Qui, però, solleviamo altri rilievi di non rispondenza al dettato costituzionale che riguardano l'articolo 3 e l'articolo 47, cioè quello che prevede la tutela e l'incoraggiamento del risparmio e la parità di trattamento di tutti i cittadini in quanto anche in questa occasione, come in altri decreti-legge che sono stati emanati recentemente sul sistema creditizio da questo Governo – decreti che noi non condividiamo per gli effetti che hanno provocato –, non si può ravvisare certo una parità di trattamento e un giusto ristoro per i risparmiatori che sono stati truffati, che sono stati tratti in inganno da una scarsa informazione riguardo a strumenti finanziari particolarmente complessi e, soprattutto, non ravvisiamo una parità di trattamento per quanto riguarda gli effetti di questo decreto, che ricadono sostanzialmente sulla parte più debole che è stata coinvolta e non toccano, se non in modo marginale, i veri artefici di questo dissesto che sono, da una parte per mancata vigilanza, la Consob e la Banca d'Italia e, dall'altra per la mala gestione, i vertici di queste banche che, purtroppo, sono numerose e non si limitano al caso trattato in questo decreto, ma riguardano una vasta platea di banche in tutto il territorio, compreso il territorio da cui vengo e che rappresento in quest'Aula e, purtroppo, i loro effetti negativi non sono giunti ancora alla fine sia nei confronti dei risparmiatori, sia sul sistema imprenditoriale e sull'economia generale del nostro Paese.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Nastri, che illustrerà anche la questione pregiudiziale Rampelli ed altri n. 3. Ne ha facoltà.

  GAETANO NASTRI. Grazie, Presidente. Con il presente disegno di legge sale a quattro il numero dei provvedimenti di urgenza varati da questo esecutivo per intervenire sul comparto bancario e continua a ripetersi il fenomeno dell'abuso della decretazione d'urgenza che paralizza la normale attività parlamentare, in spregio a tutte le previsioni della nostra Carta costituzionale volta a garantire l'attività legislativa del Parlamento e la sua autonomia. Ad aggravare ulteriormente tale stato di cose basta considerare che tali decreti-legge sono, nella quasi totalità, dei casi provvedimenti omnibus, attraverso i quali si adottano misure eterogenee e spesso prive di qualunque carattere d'urgenza. L'articolo 70 della nostra Costituzione, almeno fino a quando non entrerà in vigore la sua più recente riforma, afferma che la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere, ma Pag. 31questo non sembra trovare riscontro da parte di questo Governo quando si affronta il tema delle banche. Quello del sistematico ricorso alla decretazione d'urgenza sta diventando una prassi consolidata, che esprime, a chiare lettere, la volontà politica di limitare il dibattito parlamentare e tende a trovare, sempre più spesso, la sua degna conclusione nella posizione della questione di fiducia. L'articolo 77 della Costituzione condiziona la posizione di norme di rango primario, da parte del Governo attraverso i decreti-legge, ai requisiti della straordinaria necessità ed urgenza. Il mancato rispetto di tali requisiti ha formato oggetto di numerosi richiami da parte del Presidente della Repubblica e la giurisprudenza dalla Corte costituzionale si è sempre espressa nel senso di ritenere che il difetto dei predetti requisiti, una volta intervenuta la conversione, si traduca in un vizio in procedendo della relativa legge e che, quindi, non sia suscettibile di sanarne l'incostituzionalità.
  Il contenuto normativo del testo in esame appare altresì in palese contrasto con la legge n. 400 del 1988 che disciplina l'attività di governo e che, con riferimento alla sua potestà normativa e in particolare ai decreti-legge, recita: «i decreti devono contenere misure di immediata applicazione e il loro contenuto deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo». Nella sentenza n. 22 del 2012 la Corte costituzionale ritiene tout court illegittimo il decreto-legge qualora il suo contenuto non rispetti il vincolo dell'omogeneità, vincolo che la corte ritiene implicitamente previsto nell'articolo 77 della Costituzione ed esplicitato dall'articolo 15, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, che prevede che il contenuto dei decreti-legge deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo. Il presente decreto-legge, invece, interviene a disciplinare una priorità di ambiti materiali che né possono essere considerati un unicum né possono considerarsi avvinti da questo nesso oggettivo o funzionale richiesto dalla Corte costituzionale affinché il contenuto di un provvedimento d'urgenza possa ragionevolmente considerarsi unitario. Nel merito, infatti, il provvedimento spazia dalle disposizioni in materia di finanziamenti alle imprese a quelle in materia di espropriazioni forzate, dalla modifica alla legge fallimentare alla disposizione per recuperare il «tesoretto» del fallito Banco di Napoli, dalla creazione dei registri e banche dati in materia di procedura fallimentare all'istituzione di un Fondo di solidarietà per il personale operante nel settore del credito.
  Da questa breve elencazione risulta, in modo evidente, anche come nel provvedimento siano proposte, per la stragrande maggioranza, norme di natura ordinamentale che non dovrebbero formare il contenuto di un provvedimento d'urgenza e che non solo necessiterebbero di essere recepite in un provvedimento ordinario ma in più provvedimenti, proprio a causa della diversità della materia trattata. Basti considerare che il testo del decreto-legge modifica in più ambiti il codice civile e quello di procedura civile, addirittura intervenendo sulle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile e sulle disposizioni transitorie della legge fallimentare e, per l'ennesima volta, del testo unico bancario. L'articolo 5-bis, in particolare, detta una nuova normativa in materia di elenco dei professionisti che provvedono alla vendita dei beni pignorati, affidando l'individuazione degli stessi al requisito che abbiano assolto una prima formazione che deve essere ancora stabilita da parte di un decreto del Ministero della giustizia, da adottarsi entro due mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge. Tale previsione non solo contrasta palesemente con il requisito dell'immediata applicazione, ma introduce una norma destinata ad esplicare i suoi effetti sul lunghissimo periodo e, pertanto, del tutto incompatibile con la decretazione d'urgenza.
  Il provvedimento in esame, inoltre, all'articolo 7, con il pretesto della sua possibile destinazione a sostegno degli istituti bancari in difficoltà, costituisce l'ultimo veicolo per permettere al Ministero dell'economia e delle finanze l'acquisizione del Pag. 32«tesoretto» della SGA del Banco di Napoli, creato al momento del fallimento della storica banca.
  I successivi articoli 8 e 9 invece contengono le uniche norme che rispondono ai requisiti di urgenza, posta l'importanza di riconoscere finalmente un indennizzo ai risparmiatori coinvolti nel fallimento di CariFerrara, CariChieti, Banca delle Marche, Banca Popolare dell'Etruria e del Lazio, ma si rivelano, purtroppo, di dubbia efficacia, istituendo un percorso eccessivamente complicato per accedere al Fondo di solidarietà e, soprattutto, contravvengono alle disposizioni dettate a protezione del risparmio della nostra Costituzione a causa dei limiti imposti agli indennizzi. I continui interventi in materia bancaria stanno determinando incertezza nel quadro normativo di un settore quale quello della tutela del risparmio, fondamentale per la collettività e rispetto al quale l'Italia è oggetto di grande interesse da parte dell'Unione europea.
  In conclusione, i contenuti normativi del disegno di legge in esame confliggono sotto numerosi aspetti con le regole giuridiche, anche di rango costituzionale, che presiedono alla redazione dei provvedimenti d'urgenza.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bonafede, che illustrerà la questione pregiudiziale Pesco ed altri n. 4, di cui è cofirmatario.

  ALFONSO BONAFEDE. Grazie, Presidente. Ieri abbiamo sentito il Presidente del Consiglio pronunciare parole che sembravano orientate verso un cambiamento, perché il Presidente del Consiglio ha detto chiaramente a tutta Italia che alle elezioni di domenica i cittadini hanno chiesto un cambiamento. E, allora, uno arriva oggi in Parlamento e pensa che arrivi, quindi, una proposta di legge immediata sul reddito di cittadinanza; forse arriverà una proposta di legge immediata per abolire Equitalia o forse una vera legge contro la corruzione. Per un attimo pensi che arrivi il segnale di cambiamento; ed, invece, cosa c’è oggi come primo provvedimento di cui parliamo in Parlamento dopo che il Presidente del Consiglio ha parlato di cambiamento ? L'ennesimo provvedimento a favore delle banche. Viene da dire: alla faccia del cambiamento, Presidente (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !
  Presidente, è singolare davvero che non ci sia più un limite oltre il quale il Presidente del Consiglio pensa che il Governo la debba smettere di favorire le banche, perché c’è un limite al pudore e alla dignità. Non si può, dopo tutto quello che è accaduto in questi ultimi due anni, arrivare ancora in Parlamento con provvedimenti che favoriscono le banche. Io, Presidente, mi trovo a discutere una questione per stabilire la costituzionalità di questo decreto-legge; ancora una volta la decretazione d'urgenza, ancora una volta un provvedimento totalmente eterogeneo e dovrei davvero spiegare io cosa è incostituzionale in questa norma ? Presidente, mi rifiuto ! Leggetevi la Costituzione e trovate un solo articolo che non sia violato da una norma che, dall'articolo 1 in poi, sottopone i cittadini ancora una volta alla dittatura delle banche (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Allora, entriamo un attimino nel merito, perché davvero una persona esterna a questo Parlamento stenterebbe a crederci. E invece, se i cittadini ci stanno ascoltando, diciamo che il Governo sta dando alle banche la possibilità di entrare dentro le imprese e di aggredire tutto ciò che appartiene all'imprenditore. E come fanno ? Dividono i beni mobili dai beni immobili. I beni mobili, Presidente: parliamo dei mezzi di lavoro, degli strumenti di lavoro dell'imprenditore. La banca gli dice: vuoi un po’ di soldi ? Bene, devi sottoporre un bene a pegno non possessorio. Vuol dire che il bene rimane a te perché devi lavorare per pagarmi, però sappi che se per caso sei inadempiente – e l'inadempimento lo decide la banca –, io ti vengo a prendere gli strumenti di lavoro, divento in automatico proprietario dei tuoi strumenti di lavoro. Io non so come sia possibile concepire un'aberrazione del genere. A quel punto non immaginiamo Pag. 33nemmeno come possa lavorare un imprenditore che sa che i propri strumenti di lavoro sono già nelle mani della banca che gli ha erogato magari una miseria di credito. Ma andiamo avanti: il capannone dell'imprenditore. Fino ad ora c'erano delle regole: se la banca voleva prendersi il capannone dell'imprenditore, doveva seguire delle procedure. Invece adesso, qual è l'idea del Governo Renzi in questo momento in cui a quanto pare secondo lui devono essere protette le banche ? Infatti, questo è il paradosso: dopo tutto quello che è accaduto il Governo non interviene per tutelare i cittadini dalle banche. No, ma per tutelare ancora di più le banche. Cosa succederà ? L'imprenditore dovrà essere colpevole di non aver pagato tre rate del finanziamento (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Tre rate a seguito delle quali la banca si impossesserà in automatico del bene immobile che appartiene all'imprenditore. È un'aberrazione senza precedenti, Presidente, con cui si mette la vita dell'imprenditore – perché l'impresa non è fatta soltanto di beni patrimoniali, ma è la vita dell'imprenditore – sia negli strumenti di lavoro, sia negli immobili, che gli servono per lavorare, in mano alle banche (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Presidente, sa qual è il problema ? Il problema è molto semplice: chi fa le leggi non sa cosa vuol dire entrare in banca per riuscire a risolvere una crisi economica della propria azienda. Non lo sa, chi scrive le leggi, cosa vuol dire pensare anche di suicidarsi per poter risolvere la propria situazione economica (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). E qualcuno dice: entra lì e firma il contratto. Firma perché deve avere i soldi, deve avere accesso al credito. Ma uno Stato, uno Stato vero, deve tutelare il cittadino, da se stesso anche, nel momento in cui quel cittadino è in una crisi che lo porta a pensare anche a togliersi la vita per risolvere la propria crisi. Oggi ce ne sono tanti in Italia, ce ne sono tantissimi. E, allora, Presidente, qual è il principio ? Qual è il limite oltre il quale non si deve arrivare nel momento in cui si dice che se un imprenditore non paga tre rate di finanziamento la banca si prende in automatico il suo capannone ? C’è un limite o no ? Perché con il principio per cui l'imprenditore comunque firma e comunque accede a una liquidità, allora di questo passo, Presidente, facciamo sì che l'imprenditore possa mettere in pegno un polmone o un rene. Infatti, Presidente, le garantisco...

  PRESIDENTE. Un attimo, onorevole Bonafede. Gentilmente, grazie. Prego.

  ALFONSO BONAFEDE. Presidente, le garantisco che un cittadino che è disposto a togliersi la vita per risolvere la propria situazione, sarebbe disponibile anche a concepire di mettere in pegno un organo per poter risolvere la situazione della propria famiglia perché guarda i propri figli e vede che non è più in grado di mantenerli, non è in grado di dargli il minimo necessario. Presidente, chi lo dovrebbe sapere ? Chi dovrebbe immedesimarsi negli imprenditori ? Gente che non ha mai lavorato oppure gente che pensa che sia così semplice guadagnare 15 mila euro al mese perché tanto bisogna venire qui e stare seduti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ? O gente che entra in banca e magari è servita e riverita ? Non è quello il rapporto che hanno i cittadini con le banche; la banca non gli stende un tappeto rosso quando entrano come fa con voi quando entrate nelle banche.
  E passiamo alla seconda parte. Questa dovrebbe essere, Presidente, la parte migliore del provvedimento, in cui il Governo fa una dichiarazione di ammissione di colpa perché evidentemente lo scandalo delle quattro banche è stato uno scandalo in cui sono stati protagonisti la Consob, Banca d'Italia, il Governo; e adesso il Governo si rende conto che è il caso di ricattare, perché di ricatto si parla, i cittadini per magari coprire le responsabilità.
  Teniamoli buoni questi cittadini. E, allora, decide che c’è un indennizzo per coloro che sono stati truffati nel caso delle Pag. 34quattro banche. Ricordo che i bilanci delle banche sono collassati grazie anche a quella decisione di quantificare le sofferenze nel 17,5 per cento; provvedimento che ha fatto ulteriormente collassare i bilanci delle banche.
  Ma andiamo a chi viene pagato, perché dobbiamo parlare di questo. Chi viene pagato ? Quanti truffatori vengono pagati con questo provvedimento ? Dire che è parziale è un eufemismo, Presidente. Innanzitutto, vengono pagati soltanto quelli che avevano contratto l'obbligazione prima del 12 giugno 2014. Perché ? Il perché glielo dico io, Presidente, che magari fa fatica a immaginarlo, però il suo partito arriva anche a questo. Perché quel giorno entra in vigore e viene pubblicata la direttiva sul bail-in e, quindi, la persona anziana, il cittadino che è entrato in banca ed è stato truffato un giorno prima viene pagato e il giorno dopo no perché già c'era la direttiva nella Gazzetta Ufficiale e quindi lui lo doveva sapere. Lo doveva sapere ? Ma se non sapete nemmeno quali leggi approvate, ma come pensate che i cittadini debbano sapere cos’è stato pubblicato, quali direttive europee (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ? Non solo, Presidente. Soltanto gli obbligazionisti. Voglio ricordare che i truffati, tra azionisti e obbligazionisti, sono 130 mila. Quanti sono gli obbligazionisti su 130 mila ? Diecimila, Presidente. Diecimila su 130 mila, perché la matematica non è un'opinione. Non solo: se uno ha acquisito l'obbligazione nella Banca Etruria, allora viene indennizzato; se uno l'ha fatto in un'altra banca che vendeva le obbligazioni di Banca Etruria invece no. Qualcuno dovrebbe spiegare la ragionevolezza. Non solo: tra i piccoli, Presidente, facendo una quantificazione, parlando di quei 10 mila – e ho finito – che vengono indennizzati, lo si fa soltanto all'80 per cento. Praticamente su 10 mila, sono 5 mila. Fate un po’ di calcoli, Presidente, e concludo davvero. Quando parlate di cambiamento, la prima cosa che dovreste cambiare è il vostro datore di lavoro...

  PRESIDENTE. Si rivolga a me, onorevole Bonafede, si rivolga al Presidente.

  ALFONSO BONAFEDE. ... che non sono né le banche, né le lobby, ma sono i cittadini italiani (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. L'onorevole Sandra Savino ha facoltà di illustrare la sua questione pregiudiziale n. 5.

  SANDRA SAVINO. Grazie, Presidente. Quello in esame è un provvedimento estremamente complesso, che arriva alla Camera sostanzialmente blindato, come da prassi di questa legislatura che oramai si fonda su una sorta di monocameralismo alternato. I provvedimenti vengono infatti esaminati da un solo ramo del Parlamento e poi ratificati dall'altro, dando vita ad una vera e propria distorsione del procedimento legislativo e dei poteri delle Camere così come disciplinati dalla nostra Carta costituzionale.
  Si tratta di un provvedimento molto opaco che si basa sugli errori compiuti nel passato, a cui il Governo non è ancora riuscito a porre rimedio. Un provvedimento che presenta elementi di criticità sotto il profilo formale, procedurale e sostanziale.
  Prima di discutere in merito ad alcuni di questi elementi rilevati all'interno della nostra pregiudiziale di costituzionalità, mi preme stigmatizzare ancora una volta la straordinaria frenesia normativa del Governo sul sistema bancario. Una particolare frenesia che ha visto susseguirsi, in circa un anno e mezzo, una serie di provvedimenti, tutti rigorosamente d'urgenza, che hanno riformato il sistema bancario mettendo in campo riforme strutturali – penso, in particolare, alla trasformazione in società per azioni delle banche popolari piuttosto che alla riforma delle BCC – attraverso lo strumento del decreto-legge in contesti, però, assolutamente privi dei requisiti di necessità e di urgenza di cui all'articolo 77 della Costituzione. Per non parlare del famoso decreto «salva banche», poi confluito all'interno Pag. 35della legge di stabilità, che ha massacrato i risparmiatori contravvenendo al fondamentale principio di tutela del risparmio sancito dalla nostra Costituzione, producendo quei danni a cui l'Esecutivo sta cercando di porre faticosamente rimedio attraverso il provvedimento in esame, ennesimo decreto-legge in tema bancario.
  Anche in questo provvedimento, tantissime sono le perplessità costituzionali. La prima criticità è evidente proprio nel titolo, che ne evidenzia il carattere di disomogeneità, in contrasto con quanto stabilito dalla giurisprudenza costituzionale in materia. È lo stesso titolo, quindi, che ci racconta che non esistono quella necessità e quell'urgenza previste dall'articolo 77 della Costituzione, che l'Esecutivo guidato da Matteo Renzi continua costantemente a violare.
  Con questo decreto-legge disomogeneo cambiamo insieme il codice civile, il codice di procedura civile e la legge fallimentare. Non è accettabile che in ogni provvedimento questo Esecutivo continui sistematicamente a modificare testi fondamentali per la vita democratica e la certezza del diritto del nostro Paese.
  Alcune modifiche, oltre ad essere assolutamente inopportune, incostituzionali e a creare ulteriori elementi di confusione, sono anche profondamente inique. Le modalità di risarcimento, previste dal presente decreto, per i risparmiatori traditi sono, infatti, parziali e assolutamente discriminatorie. Il rimborso forfettario è totalmente insufficiente, ma sembra essere un vizio a cui il Governo non vuole rinunciare. Anche con le pensioni ha utilizzato il metodo del rimborso forfettario, per la mancata indicizzazione delle stesse per ben due anni. Addirittura, il Governo lo chiama persino «bonus», come se si trattasse di una cortesia ai risparmiatori, risarciti solo in parte e in maniera insoddisfacente.
  Ma alle parole vaghe e agli annunci roboanti risponde il tempo con i fatti. Vogliamo parlare, infatti, dei famosi 80 euro, che adesso un milione e 400 mila destinatari devono restituire, perché non avevano i criteri di reddito necessari e sufficienti per riceverli ? Sono soldi già spesi, che devono essere restituiti a causa di una normativa caotica e totalmente inefficace.
  Anche nel caso del provvedimento in esame ci troviamo davanti ad una legge spot, annunciata come la risposta alle istanze dei risparmiatori truffati, ma che, nelle sue modalità di attuazione, è più che mai confusa e di difficile applicazione. L'accesso al fondo rimane ancora chiuso; la procedura arbitrale è ancora aleatoria, perché mancano i decreti attuativi, decreti attuativi previsti già nella legge di stabilità, ma mai approvati. Per esplicare i loro effetti positivi le disposizioni del decreto-legge necessitano, quindi, di interventi normativi non ancora emanati. Conseguentemente, disattendendo quello che prevede la decretazione d'urgenza, non tutte le disposizioni di immediata applicazione saranno in grado di produrre affetti altrettanto immediati.
  Ancora una volta abbiamo, quindi, davanti un provvedimento ad efficacia differita, totalmente in controtendenza rispetto allo spirito del decreto-legge e ai requisiti di cui ha bisogno per essere costituzionalmente legittimo.
  Inoltre, il provvedimento non dispone, a parità di condizione, indennizzi a favore di risparmiatori che hanno sottoscritto i titoli presso altri istituti, con possibile declaratoria e in sede di contenzioso di norme in contrasto con i principi costituzionali.
  A proposito di truffe a danno dei risparmiatori, mi preme, infine, ricordare che siamo ancora in attesa, come Parlamento, attraverso l'istituzione di una specifica Commissione d'inchiesta, di essere messi nelle condizioni di chiarire le responsabilità della situazione in cui sono venute a trovarsi le banche fallite.
  Per tutti questi motivi, signor Presidente, dichiaro il voto favorevole del gruppo di Forza Italia alle questioni pregiudiziali presentate (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

Pag. 36

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Tancredi. Ne ha facoltà.

  PAOLO TANCREDI. La ringrazio, Presidente. Il gruppo di Area Popolare, invece, è contrario alle tesi di coloro che hanno sostenuto l'incostituzionalità del decreto che ci accingiamo a votare in Aula. La tesi è contraria sia sul metodo che sul merito.
  Per quanto riguarda il metodo, io credo che non ci sia dubbio sull'omogeneità del decreto. Il decreto risponde alla logica di dare una risposta alla credibilità del sistema bancario italiano. A questa logica rispondono sia la prima parte, per quanto riguarda le procedure esecutive e per quanto riguarda il pegno non possessorio, sia la seconda parte, che è una parte molto attesa – lo hanno detto tutti –, ossia quella che riguarda il rimborso automatico dei risparmiatori sulla questione delle obbligazioni.
  Io devo anche contraddire alcune obiezioni di merito, con il presupposto, Presidente, che dietro entrambe queste parti, questi titoli del decreto, si nasconde la volontà del legislatore di contrastare l'azzardo morale. In breve, spiego quello che questo significa. Se noi non mettiamo nel codice civile delle norme certe per la riscossione dei crediti, è chiaro che a ognuno converrà far crediti. A questo punto, le istituzioni bancarie non potranno più concedere crediti. Infatti, se c’è la certezza di non poter escutere quelle che sono le garanzie, è logico che io mi guarderò bene dal fare credito.
  La seconda questione riguarda il rimborso dei risparmiatori. Se noi volessimo – come qualcuno in quest'Aula sembra voler ipotizzare – risarcire tutti i risparmiatori che hanno investito in titoli che poi si sono rivelati infruttuosi, ebbene, non si capisce perché io risparmiatore debba comprare titoli di maggiore o minor rischio. Perché devo comprare i titoli di Stato, se su titoli che hanno il 10 o il 15 per cento di rendimento posso avere tranquillamente il rimborso totale ? È logico che sarò portato ad azzardare e ad andare solo su titoli più rischiosi. I titoli più certi non li comprerà più nessuno. Da questo punto di vista, io credo che non ci siano le ragioni di incostituzionalità elencate.
  Il nuovo istituto, introdotto dalla prima parte del decreto, cioè quello del pegno non possessorio, è un istituto che non lavora sullo stock dei non performing loan, ma lavora sulle nuove concessioni di credito ed è un istituto che esiste in tutta Europa, in quasi tutta Europa. È un patto che si costituisce tra creditore e debitore.
  Per quanto riguarda l'articolo 2, devo dire che il collega Bonafede dice delle inesattezze. Non è assolutamente vero che dopo tre rate si dà inizio alle procedure esecutive. In origine il decreto prevedeva sei mesi; in Senato si è portato a nove mesi. Bonafede ha detto tre rate, non mi sembra che sia così. Sono nove mesi, con la possibilità di arrivare a dodici nel caso in cui si è già risarcito l'85 per cento. S'instaura il patto marciano, che dà la possibilità alla banca di riscuotere. Io credo che questo vada nell'interesse delle imprese. Infatti, è chiaro che non si può rimproverare alle banche di non fare credito nel momento in cui le banche non hanno una certezza nella riscossione di questo credito.
  Ho concluso, Presidente. Mi sembra ancora più strana l'obiezione del collega Paglia, che si lamenta dell'assenza delle caratteristiche di urgenza nel decreto. Poi è lui stesso che rimprovera il Governo di tardare più di sei mesi rispetto all'approvazione delle regole per gli arbitrati, mentre in questo decreto è contenuta una norma, quella dei rimborsi forfettari e automatici, che dimezzerà sicuramente la platea di coloro che aspirano a un risarcimento o a un rimborso automatico.
  Voglio solo ricordare – e chiudo – che quelli che non possono usufruire del rimborso automatico e forfettario potranno adire le vie dell'arbitrato o anche le vie della giustizia amministrativa, come succede per via ordinaria.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Mazziotti Di Celso. Ne ha facoltà.

  ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, sull'omogeneità Pag. 37del decreto, che è praticamente l'unica vera contestazione di costituzionalità che abbiamo sentito, ha già detto bene l'onorevole Tancredi: è un decreto che riguarda le banche e il settore bancario e il criterio dell'omogeneità è chiaramente rispettato.
  Per il resto, abbiamo sentito una serie di considerazioni in cui le norme costituzionali o sono state utilizzate in modo un po’ strano, tipo l'articolo 47 della Costituzione, che è diventato una specie di fideiussione, per il quale se io perdo soldi in Borsa o vengo truffato lo Stato paga, oppure c’è l'approccio dei 5 Stelle. L'onorevole Bonafede oggi ha battuto un record: ha discusso per dieci minuti senza mai citare la Costituzione in una questione di pregiudizialità, neanche una volta, neanche una norma. E si spiega, perché non c'erano principi costituzionali in discussione in quello che lui ha detto: nel «magico mondo» dei 5 Stelle funziona così, funziona che le banche non sono risparmio, quindi le banche non vanno tutelate anche se poi ci sono gli investitori che stanno dentro le banche; quindi se i crediti delle banche non vengono incassati e le banche vanno male, il problema non esiste, salvo che poi i risparmiatori perdono i soldi perché le banche non incassano i loro crediti, allora arriva lo Stato e garantisce. Questo è il meccanismo ! Quindi sostanzialmente il meccanismo è che chiunque perda soldi, che sia l'imprenditore che va male o che sia il risparmiatore dall'altra parte, paga lo Stato. È una visione che si può condividere, è la visione che in alcuni casi emerge anche dalle posizioni di Sinistra Italiana: è una visione che prescinde da una cosa che si chiama mercato, da una cosa che si chiama impresa, da una cosa che si chiama rischio. Ma la Costituzione prevede la libertà di iniziativa privata, che implica il rischio; tutela il risparmio ma non prevede garanzie assolute del risparmio...

  PRESIDENTE. Attenda, onorevole Mazziotti Di Celso. Colleghi, per favore ! Onorevole Cominardi, lei sta in particolare... Grazie. Colleghi, gentilmente... Prego.

  ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO. Dicevo, la Costituzione fino a prova contraria introduce nel nostro sistema un sistema di libera iniziativa privata, non un sistema dove si tutela la lentezza dell'espropriazione contro chi non paga, dove si rifiuta il pegno non possessorio, che è un istituto che c’è praticamente in tutto il mondo tranne che da noi; ed è un problema per il quale non vengono finanziate le nostre imprese, quelle buone, che vorrebbero avere istituti simili a questo per finanziarsi e non ce li hanno. E si preferisce un sistema in cui se un'impresa va male, si tutela il fatto che non paga, si scarica sui risparmiatori che hanno le azioni e le obbligazioni delle banche il costo dei ritardi nell'incasso dei crediti, e poi alla fine si dice: però le banche sono cattive, per cui deve intervenire lo Stato e risarcire gli obbligazionisti. Le banche possono essere cattive e lo sono state molte volte, vanno puniti i manager, vanno accertate le responsabilità e vanno risarciti i risparmiatori danneggiati; ma il meccanismo non è quello di prevedere che le banche non incassino i crediti ! Oggi siamo all'assurdo di aver sentito da più parti che costituisce valore costituzionale rallentare il recupero dei crediti delle banche: credo che chi ha scritto l'articolo 47 della Costituzione, che è stato citato da molti, non si sognasse di pensare una cosa del genere. Bisogna tutelare i risparmiatori: Scelta Civica pensa da tempo, e dice molte volte che bisogna intervenire per accertare le responsabilità per quello che è successo, pensa che sia giusto il risarcimento forfettario e che un risarcimento forfettario dell'80 per cento per dei crediti subordinati (il nome lo dice, quindi a maggior rischio) sia un risarcimento comunque importante; ma noi siamo abituati a leggere la Costituzione, a leggere la giurisprudenza della Corte, e non ad inventarci principi costituzionali che nessuno ha mai scritto o interpretato (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ginato. Ne ha facoltà.

Pag. 38

  FEDERICO GINATO. Presidente, onorevoli colleghi, le pregiudiziali di costituzionalità oggi in discussione sollevano questioni di metodo e di merito. Per quanto concerne il metodo, criticano il frequente ricorso alla decretazione d'urgenza e la non omogeneità del provvedimento: si tratta ormai di un generico e ripetitivo atto di accusa nei confronti dell'Esecutivo, e quindi torniamo a ribadire che la Costituzione consente al Governo, qualora ricorrano casi straordinari di necessità ed urgenza, di adottare atti normativi con forza di legge. Il decreto-legge è dunque uno strumento normativo che ha un fondamento costituzionale, nell'ambito del quale è affidato alle Camere il potere di deciderne la conversione in legge e di modificarne il contenuto; nel caso di specie, i requisiti di straordinaria necessità e di urgenza del decreto-legge in esame riguardano l'introduzione di ulteriori e importanti misure volte a sostenere la nostra economia anche attraverso un rafforzamento del sistema bancario. È sicuramente urgente consentire alle banche di tornare ad erogare credito all'economia reale, anche attraverso lo smaltimento dell'ingente mole di crediti deteriorati e di sofferenze che pesano sui loro bilanci.
  È sicuramente urgente adottare nuove misure a sostegno degli obbligazionisti che hanno investito in banche poste poi in liquidazione; è altrettanto urgente approntare strumenti per rendere maggiormente flessibile la grave crisi occupazionale del settore del credito.
  Per quanto concerne il carattere eterogeneo del provvedimento, dobbiamo notare che il decreto-legge ha senza dubbio una struttura articolata, ma è altrettanto indubbio che le norme racchiuse al suo interno siano riconducibili al titolo, e come è noto la corrispondenza tra titolo e contenuto, oltre ad essere prescritta dalla legge, è uno degli indicatori utilizzati per rilevarne l'omogeneità. Peraltro, se ciò non bastasse, la Corte costituzionale ha affermato che il requisito dell'omogeneità dei decreti-legge può essere rinvenuto anche quando disposizioni eterogenee previste nell'atto normativo intendono raggiungere un comune obiettivo, ed è indubbio che l'obiettivo di tutte le misure adottate dal decreto sia quello di aiutare il sistema bancario, e quello economico più in generale, a superare una crisi di proporzioni eccezionali, che ha messo seriamente in difficoltà gli istituti finanziari di tutta Europa. Senza un sistema creditizio sano, che torni ad erogare credito, sarà impossibile per le nostre imprese cogliere pienamente le opportunità date dalla ripresa economica.
  Nella sostanza, per quel che concerne il merito del provvedimento, il decreto-legge prevede misure, tra le molte degne di nota, che sono volte ad accelerare il recupero dei crediti. Ricordo anche a chi finge di ignorarlo che i crediti deteriorati hanno raggiunto l'ammontare di 350 miliardi di euro, le sofferenze circa 200 miliardi, e che i tempi medi di recupero del credito superano in Italia i sette anni. Ridurre quindi questi tempi significa limitarne la perdita di valore e favorirne una cartolarizzazione che non sia vittima di fondi speculativi; e al contrario di quanto asseriscono le pregiudiziali in discussione, le norme in esame riescono a bilanciare gli interessi in gioco, salvaguardando i principi di buona fede e correttezza contrattuale delle parti coinvolte, garantendo oltretutto una maggiore trasparenza e correttezza delle procedure. Importanti sono anche le iniziative volte a facilitare il rimborso degli obbligazionisti di quattro banche poste in liquidazione. Sono state fatte delle scelte che hanno tenuto conto delle diverse situazioni economiche nelle quali versavano i singoli investitori: non mi pare un principio di incostituzionalità, bensì un principio di giustizia sociale.
  Infine appare surreale che alcuni rappresentanti dell'opposizione ci accusino di aiutare le banche, e poi contemporaneamente ci accusino anche di non aver aiutato sufficientemente gli azionisti e gli obbligazionisti: come fosse possibile separare sic et simpliciter l'investitore dall'investimento ! È bene sottolineare che aiutare il sistema bancario a riprendersi significa anche aiutare tanti piccoli azionisti ed investitori. Si doveva fare prima, certamente, Pag. 39lo si doveva fare all'inizio della crisi, quando il resto d'Europa aiutava il proprio sistema bancario; e lo si doveva fare senza prestare attenzione a chi, come i 5 Stelle, ieri demonizzava qualsiasi tipo di sostegno pubblico e adesso dice che dobbiamo nazionalizzare le banche in crisi. D'altronde la politica dell'irresponsabilità la conosciamo bene.

  PRESIDENTE. Deve concludere.

  FEDERICO GINATO. Sto concludendo. È quella che ha portato l'Italia ad avere un debito pubblico di 200 miliardi di euro. In questo provvedimento lavoriamo non per fare l'interesse dei banchieri, ma per tutelare, nel pieno rispetto dei principi costituzionali, gli interessi delle imprese, dei risparmiatori e dei dipendenti, che sono la linfa vitale della nostra economia. Per questo dichiaro, a nome del gruppo del PD, che respingeremo le pregiudiziali di costituzionalità (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Sono così esauriti gli interventi sulle questioni pregiudiziali.
  Passiamo ai voti. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulle questioni pregiudiziali Paglia ed altri n. 1, Busin ed altri n. 2, Rampelli ed altri n. 3, Pesco ed altri n. 4 e Sandra Savino ed altri n. 5.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Ravetto, Micillo, Ferranti, Sannicandro, Tinagli, Di Benedetto...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  442   
   Votanti  440   
   Astenuti    2   
   Maggioranza  221   
    Hanno votato  167    
    Hanno votato no  273.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  (La deputata Di Vita ha segnalato di aver espresso voto di astensione mentre avrebbe voluto esprimerne uno favorevole).

Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge: Iori ed altri; Binetti ed altri: Disciplina delle professioni di educatore professionale socio-pedagogico, educatore professionale socio-sanitario e di pedagogista (A.C. 2656-3247-A) (ore 16,10).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge nn. 2656-3247-A: Iori ed altri; Binetti ed altri: Disciplina delle professioni di educatore professionale socio-pedagogico, educatore professionale socio-sanitario e di pedagogista.
  Ricordo che nella seduta del 13 giugno si è conclusa la discussione generale e la relatrice ed il rappresentante del Governo hanno rinunciato ad intervenire in sede di replica.

(Esame degli articoli – A.C. 2656-3247-A)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del testo unificato delle proposte di legge e degli emendamenti presentati.
  Le Commissioni affari costituzionali e bilancio hanno espresso i prescritti pareri, che sono in distribuzione (Vedi l'allegato A– A.C. 2656-3247-A).

(Esame dell'articolo 1 – A.C. 2656-3247-A)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 e dei relativi emendamenti (Vedi l'allegato A – A.C. 2656-3247-A).
  Se nessuno chiede di intervenire sul complesso degli emendamenti, invito la relatrice ed il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sugli emendamenti riferiti all'articolo 1.
  Onorevole Corsaro, la vedo particolarmente esuberante. Prego, relatrice.

Pag. 40

  MILENA SANTERINI, Relatrice. Signor Presidente, premetto che i pareri che darò, contrari agli emendamenti successivi, lo sono non perché non siano costruttivi, ma perché comportavano un aggravio di spesa oppure cambiavano un equilibro che avevamo raggiunto faticosamente in Commissione.
  Quindi sull'emendamento Brescia 1.20 esprimo invito al ritiro o parere contrario, sull'emendamento della Commissione 1.100 esprimo parere favorevole.

  PRESIDENTE. Il Governo ?

  ANGELA D'ONGHIA, Sottosegretaria di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Il parere è conforme a quello della relatrice.

  PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Brescia 1.20.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Brescia. Ne ha facoltà.

  GIUSEPPE BRESCIA. Grazie Presidente. Con questo emendamento, che è uno dei più importanti che abbiamo presentato, cerchiamo di sollevare delle questioni che abbiamo già sollevato in Comitato ristretto e sulle quali non siamo riusciti ad addivenire a delle soluzioni condivise con il resto della Commissione.
  Voglio dire subito all'Aula del Parlamento che in Comitato ristretto si è lavorato benissimo, si è dialogato molto su quelle che dovevano essere le decisioni da prendere al fine di migliorare il livello qualitativo di questo provvedimento e in parte ci si è riusciti, perché alcune delle nostre proposte sono state attentamente vagliate e sono state assorbite nel provvedimento, con parere favorevole unanime da parte del resto dalla Commissione: mi riferisco ad esempio al fatto di conferire il carattere abilitante al percorso di formazione dei pedagogisti.
  Lo stesso purtroppo non possiamo dire per quanto riguarda ciò che il MoVimento proponeva, a dire il vero anche assieme ad alcuni deputati dello stesso Partito Democratico, rispetto alla figura dell'educatore: in questo caso, noi dobbiamo spiegare all'Aula che in passato su questa figura si è venuto a formare una specie di disguido, di equivoco tra gli educatori professionali, che si laureano con il corso di medicina e chirurgia SNT/02 e gli educatori di scienze della formazione.
  Questa dicotomia non trova una reale motivazione nella realtà dei fatti, nella reale applicazione di queste professioni nella vita lavorativa, nel tessuto sociale del nostro Paese; quindi con questa proposta di legge si poteva superare un problema reale per questa professione.
  Noi abbiamo proposto appunto – e con questo emendamento proponiamo – di unificare questi due percorsi, seguendo alcune best practice che sono presenti sul territorio nazionale, unificare quindi i percorsi, unificare la qualifica e rendere questa stessa qualifica abilitante.
  Questo permetterebbe di raggiungere un profilo più completo, più qualificato e in grado di fornire un servizio ai tanti utenti che usufruiscono appunto dei servizi offerti da questi operatori sociali, di qualità molto più elevata.
  Questo purtroppo non si è voluto fare in Comitato ristretto e noi, con lo stesso spirito dialogante che abbiamo avuto in Comitato ristretto, lo stiamo riproponendo qui in Aula ed insisteremo e lo riproporremo anche in Senato, certi che dall'altra parte riceveremo lo stesso ascolto che abbiamo ricevuto finora e certi che ci sia la volontà, ancora da parte di tutti i gruppi, di rendere un servizio al Paese, perché voglio ricordare che queste figure fino ad oggi sono state considerate professionisti di serie B, professionisti che hanno svolto un ruolo fondamentale nella società, perché hanno a che fare con delle persone che sono le più sensibili e le più vulnerabili possibili sul nostro territorio (mi riferisco a coloro che sono nelle carceri, ai disabili, ai ragazzi adolescenti che vivono disagio sociale e a tantissime altre figure di questo tipo).
  Quindi auspico che, se in questa sede non si riuscirà ad approvare questo emendamento, questa nostra proposta venga presa in considerazione al Senato ed il Pag. 41motivo del voto contrario da parte della maggioranza a questa nostra proposta sarà anche il motivo della nostra astensione, che spiegheremo meglio in fase di dichiarazione di voto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Binetti. Ne ha facoltà.

  PAOLA BINETTI. Il problema posto da questo emendamento e che il collega Brescia ha voluto mettere in evidenza riguarda la potenziale dicotomia di due figure ed il tentativo, con una sorta di unificazione, che però contrasta tra quello e il mandato, nella figura dell'educatore.
  Se io mi soffermo semplicemente a definire che cosa significa oggi educazione, che cosa rappresenta il valore dell'educazione in un contesto complesso come quello di una società come la nostra, veramente non solo multidimensionale, ma che presenta sacche di fragilità diffusa a tutti i livelli e quelli che sono per l'appunto gli ambiti concreti a cui questa figura di educatore deve rivolgersi, il rischio – che vedremo attraversa un po’ tutto il disegno di legge, che trova in questo primo emendamento, il suo punto cruciale – riguarda proprio il valore della competenza specifica nell'affrontare una serie di problemi.
  L'educatore che ha in mente, tratteggiato come figura unica, praticamente totipotente, in grado di affrontare problemi che coprono – lo vedremo più avanti comunque – i livelli complessi della salute, della disabilità, i livelli complessi delle dipendenze, i livelli complessi della fragilità legata alle età estreme (penso agli anziani, eccetera) e dall'altra parte la complessità dei contesti sociali, gli immigrati, la dispersione scolastica, i carcerati, i disoccupati e mille altre cose, non può più essere ricondotto ad un'unica figura che, nei 3 anni della laurea triennale e poi nei 2 anni della laurea magistrale, acquisisca le competenze effettive, come diceva prima il collega, addirittura le competenze abilitanti per svolgere tutti questi ruoli, offrendo sufficiente garanzia. È naturale che la relatrice abbia dato parere negativo a questo emendamento, anche perché questo emendamento risulta ancora più complesso rispetto a quella che poi sarà la semplice figura, semplice tra virgolette, dell'educatore sociopedagogico.
   Quindi io credo che voteremo tranquillamente «no» su questo emendamento, ma ci interessava sottolineare con quest'intervento come la corrispondenza tra contesto professionale a cui ci si rivolge, curriculum formativo da cui si parte e, nello stesso tempo, prospettive professionali che si possono svolgere deve avere una sua coerenza interna se non vogliamo fare in modo che si laureino tutti, ma poi non si sappia che cosa fare di questi laureati perché risultano inadeguati al mandato che gli si vuole affidare.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Brescia 1.20, con il parere contrario della relatrice e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Taricco, Abrignani, Frusone, Galgano, Grillo, Causi, Pisicchio, Fossati.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  432   
   Votanti  430   
   Astenuti    2   
   Maggioranza  216   
    Hanno votato  164    
    Hanno votato no  266.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.100 della Commissione, con il parere favorevole della relatrice e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

Pag. 42

  Vico, Lo Monte.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  433   
   Votanti  328   
   Astenuti  105   
   Maggioranza  165   
    Hanno votato  327    
    Hanno votato no  1.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  (Il deputato Librandi ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1, nel testo emendato.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Vico, Gigli, Di Benedetto, Rampelli, Fabbri, Leva.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  444   
   Votanti  290   
   Astenuti  154   
   Maggioranza  146   
   Hanno votato  289    
    Hanno votato no  1.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

(Esame dell'articolo 2 – A.C. 2656-3247-A)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 2 e dell'unica proposta emendativa ad esso presentata (Vedi l'allegato A – A.C. 2656-3247-A).
  Nessuno chiedendo di parlare, invito la relatrice ad esprimere il parere della Commissione.

  MILENA SANTERINI, Relatrice. La Commissione esprime parere favorevole sul suo emendamento 2.100.

  PRESIDENTE. Il Governo ?

  ANGELA D'ONGHIA, Sottosegretaria di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dalla relatrice.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 2.100 della Commissione, con il parere favorevole della relatrice e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Greco, Lauricella, Pastorino...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  442   
   Votanti  435   
   Astenuti    7   
   Maggioranza  218   
    Hanno votato  433    
    Hanno votato no  2.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  (Il deputato Borghese ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2, nel testo emendato.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Vico, Palma, Malisani.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  441   
   Votanti  312   
   Astenuti  129   
   Maggioranza  157   
    Hanno votato  310    
    Hanno votato no  2.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

Pag. 43

(Esame dell'articolo 3 – A.C. 2656-3247-A)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 3 e dell'unica proposta emendativa ad esso presentata (Vedi l'allegato A – A.C. 2656-3247-A).
  Nessuno chiedendo di parlare, invito la relatrice ad esprimere il parere della Commissione.

  MILENA SANTERINI, Relatrice. La Commissione formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sull'emendamento Borghesi 3.20.

  PRESIDENTE. Il Governo ?

  ANGELA D'ONGHIA, Sottosegretaria di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dalla relatrice.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Borghesi 3.20, con il parere contrario del relatore e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Stumpo, Crimi, Gullo, Pellegrino, Micillo, Milanato, Donati.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  447   
   Votanti  439   
   Astenuti    8   
   Maggioranza  220   
    Hanno votato
  25    
    Hanno votato
no  414).    

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Chi non riesce a votare ? Hanno votato tutti ?
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  444   
   Votanti  314   
   Astenuti  130   
   Maggioranza  158   
    Hanno votato  306    
    Hanno votato no  8.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

(Esame dell'articolo 4 – A.C. 2656-3247-A)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 4 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A – A.C. 2656-3247-A).
  Se nessuno chiede di intervenire sul complesso degli emendamenti, invito la relatrice ad esprimere il parere della Commissione.

  MILENA SANTERINI, Relatrice. Presidente, la Commissione invita i presentatori al ritiro dell'emendamento Marzana 4.20, altrimenti il parere è contrario. La Commissione raccomanda l'approvazione del suo emendamento 4.100. La Commissione invita i presentatori al ritiro degli emendamenti Borghesi 4.21 e Marzana 4.22, altrimenti il parere è contrario.

  PRESIDENTE. Il Governo ?

  ANGELA D'ONGHIA, Sottosegretaria di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

  PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Marzana 4.20. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marzana. Ne ha facoltà.

  MARIA MARZANA. Grazie, Presidente. In questo articolo si parla degli ambiti professionali in cui l'educatore svolge la Pag. 44sua attività e l'emendamento è finalizzato a modificare uno di questi ambiti. Quando si parla di servizi per l'infanzia in pratica estendiamo l'attività dall'ambito di azione dell'età 0-3 all'età 0-6. Quindi, secondo noi il ruolo, le funzioni e le competenze degli educatori dovrebbero abbracciare tutta l'età dell'infanzia, quindi dagli zero ai sei anni e non fino ai tre. A tal proposito voglio ricordare che la stessa Europa promuove il modello integrato a struttura unica che accoglie bambini dagli zero ai sei anni, perché è più efficace in quanto in questo modo vengono coinvolti tutti i bambini di tutte le età, evitando svantaggi sociali e socioculturali derivanti dall'assenza sul territorio di strutture educative.
  Voglio ricordare, a tal proposito, che la stessa riforma della «Buona scuola» di questo Governo contiene una delega per ridisegnare l'assetto dei servizi per l'infanzia e, quindi, in questo sistema dell'educazione per l'infanzia rientreranno sia i nidi sia le scuole dell'infanzia. A questo punto non capiamo il motivo per cui gli educatori dovrebbero rivolgere la loro attività solo ai bambini dagli zero ai tre anni e, quindi, invito l'Aula e il Governo a fare un'attenta riflessione su questo tema, proprio per evitare che una parte del provvedimento non diventi obsoleta poco dopo la sua approvazione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Marzana 4.20, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Furnari. Ci sono altri che non riescono a votare ? Fassina. Altri ? Piepoli; onorevole Piepoli, io vedo che sta votando. Ci sono altri ?
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  442   
   Votanti  435   
   Astenuti    7   
   Maggioranza  218   
    Hanno votato  164    
    Hanno votato no  271.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 4.100 della Commissione, con il parere favorevole del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Hanno votato tutti ?
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  437   
   Votanti  406   
   Astenuti   31   
   Maggioranza  204   
    Hanno votato  400    
    Hanno votato no  6.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Borghesi 4.21, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Gregori. Ci sono altri che non riescono a votare ? Lattuca, Agostini, Famiglietti. Hanno votato tutti ?
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  446   
   Votanti  442   
   Astenuti    4   
   Maggioranza  222   
    Hanno votato  63    
    Hanno votato no  379.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  (Il deputato Capodicasa ha segnalato di non essere riuscito ad esprimere voto contrario).

Pag. 45

  Passiamo alla votazione dell'emendamento Marzana 4.22. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marzana. Ne ha facoltà.

  MARIA MARZANA. Grazie, Presidente. In questo articolo si specifica che le amministrazioni pubbliche non sono tenute ad erogare servizi socioeducativi in aggiunta a quelli già previsti. A nostro parere questa è una grande limitazione del provvedimento. Avremmo preferito, piuttosto, l'implementazione dei servizi socioeducativi, anche perché, signor Presidente, quando ci sono delle situazioni di svantaggio socioeconomico, culturale o di povertà educativa nelle famiglie è doveroso intervenire, sostenendo la scuola nell'azione educativa e, quindi, prevedendo anche la presenza di figure educative nella famiglia. Quindi, gli enti locali dovrebbero assicurare alle famiglie la disponibilità di queste figure. Ecco perché noi riteniamo che invece dovrebbero essere aumentate le risorse per garantire questo servizio.
  Voglio ricordare che la povertà educativa, cioè la mancanza delle opportunità che consentono ai bambini di apprendere e di sviluppare liberamente le proprie capacità, talenti e aspirazioni, è la principale causa della dispersione scolastica che, ricordo, in Italia è al 15 per cento e in Campania e in Sicilia addirittura al 24 per cento. Quindi, siamo ben lontani dagli obiettivi che ci pone l'Europa di riduzione dell'abbandono scolastico del 10 per cento. Inoltre, è la principale causa anche del mancato raggiungimento dei livelli minimi di competenza degli adolescenti nelle discipline scientifiche e in italiano.
  Quindi, sarebbe stato, invece, un grande segnale per le famiglie, per i giovani, per i bambini e per quelli, in particolare, che sperimentano maggiori difficoltà aumentare le risorse per i comuni e assicurare, quindi, ai bambini e ai ragazzi l'uguaglianza di opportunità formative ed educative affinché, appunto, non ci siano delle disparità e delle discrepanze nell'educazione e nella formazione dei bambini e dei ragazzi, cosa che possiamo riscontrare anche a livello territoriale perché c’è una grande disparità, ad esempio, tra i servizi che vengono assicurati al nord e quelli che vengono assicurati al sud, che sono veramente limitati. Quindi, sicuramente un'importante leva e/o modifica che occorrerebbe fare su questo provvedimento affinché diventi veramente efficace è dare maggiori risorse ai comuni per supportare le famiglie nella loro azione educativa e formativa (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Marzana 4.22, con il parere contrario della Commissione, del Governo e della V Commissione (Bilancio).
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Furnari. Ci siamo ? Bonafede. Altri ?
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  442   
   Votanti  408   
   Astenuti   34   
   Maggioranza  205   
    Hanno votato  136    
    Hanno votato no  272.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  (Il deputato Marcon ha segnalato di aver espresso voto favorevole mentre avrebbe voluto esprimerne uno contrario).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 4, nel testo emendato.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Luigi Gallo, De Lorenzis, Patriarca, Milanato...Pag. 46
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  437   
   Votanti  276   
   Astenuti  161   
   Maggioranza  139   
    Hanno votato  274    
    Hanno votato no  2.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

(Esame dell'articolo 5 – A.C. 2656-3247-A)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 5 (Vedi l'allegato A – A.C. 2656-3247-A), al quale non sono state presentate proposte emendative.
  Passiamo dunque ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 5.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  436   
   Votanti  369   
   Astenuti   67   
   Maggioranza  185   
    Hanno votato  369.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

(Esame dell'articolo 6 – A.C. 2656-3247-A)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 6 (Vedi l'allegato A – A.C. 2656-3247-A), al quale non sono state presentate proposte emendative.
  Passiamo dunque ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 6.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Catania...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  440   
   Votanti  349   
   Astenuti   91   
   Maggioranza  175   
    Hanno votato  349.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

(Esame dell'articolo 7 – A.C. 2656-3247-A)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 7 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A – A.C. 2656-3247-A).
  Se nessuno chiede di intervenire sul complesso degli emendamenti, invito la relatrice ad esprimere il parere della Commissione.

  MILENA SANTERINI, Relatrice. Invito al ritiro o parere contrario sugli emendamenti Brescia 7.3 e Borghesi 7.20.

  PRESIDENTE. Il Governo ?

  ANGELA D'ONGHIA, Sottosegretaria di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Conforme.

  PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Brescia 7.3 che i proponenti non ritirano.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Brescia. Ne ha facoltà.

  GIUSEPPE BRESCIA. Grazie Presidente. Con questo emendamento, come appunto dicevo in precedenza, noi vogliamo dare il carattere di qualifica abilitante al percorso che svolgono gli educatori. Questo noi lo riteniamo un passaggio fondamentale perché l'abilitazione presuppone più che altro un percorso che abbia delle caratteristiche completamente diverse da quelle che oggi ha il percorso di chi si laurea in scienze dell'educazione e della formazione, che è sicuramente una laurea di tutto rispetto, ma che non prevede determinati passaggi che con la qualifica Pag. 47abilitante ci sarebbero. Mi riferisco, ad esempio, a dei tirocini formativi molto più impegnativi che preparerebbero queste persone che, come abbiamo detto, hanno poi a che fare con un'utenza che è molto, molto sensibile e fragile. Quindi, le preparerebbero nel miglior modo possibile ad affrontare questa sfida lavorativa che è molto, molto importante e molto impegnativa.
  Il motivo per cui si ritiene di non dover rendere abilitante questo percorso, ci è stato detto, è che questo comporterebbe, ad esempio, lo stabilire il numero chiuso per le facoltà e, quindi, questo potrebbe ridurre il numero degli iscritti nelle facoltà e questo comporterebbe a sua volta minori introiti per le università. Io credo che questo non sia l'approccio giusto dal quale bisogna esaminare questa proposta perché credo che il nostro faro debba essere sempre e unicamente il bene degli studenti e dei cittadini. Con questa proposta di legge noi avremmo avuto la possibilità – e ce l'abbiamo ancora – di fornire loro un percorso che sia di un livello qualitativo molto più alto e non lo stiamo facendo forse per favorire un qualche corso universitario o qualche rettore di qualche università, mi viene da pensare. Però questa sarebbe veramente spiacevole come giustificazione. E, quindi, io ritengo che si debba tornare su questo punto e come ho detto già in precedenza se non lo si farà qui, lo si farà al Senato; si tornerà su questo punto e vedremo se le ragioni per cui questo percorso debba diventare abilitante non l'avranno vinta sulle ragioni che non ci sembrano abbastanza buone per cui debba rimanere non abilitante.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Binetti. Ne ha facoltà.

  PAOLA BINETTI. Le ragioni per cui il corso di laurea per educatore socio-sanitario a carattere abilitante – è questa una delle differenze dal corso di laurea per educatore socio-pedagogico – vanno ricercate perlomeno in tre elementi chiave. Il primo non è soltanto il numero chiuso, ma è la selezione che gli studenti debbono superare per accedere al corso. Si potrà discutere sui test che di fatto permettono ad alcuni studenti di entrare e ad alcuni di restarne fuori, ma è certo che la selezione opera in senso virtuoso; opera nel senso perlomeno di motivare le persone a prepararsi a superare l'esame di selezione e, quindi, a investire in questo energie, risorse, capacità, competenze, che significa raggiungere piano piano una consapevolezza sempre maggiore del corso di laurea al quale si stanno per iscrivere. Il secondo punto riguarda il fatto, come accennavo nel primo intervento, che il curriculum studi del corso di laurea per educatore socio-sanitario è un curriculum studi estremamente circoscritto, mirato e concentrato su una serie di obiettivi che hanno elevata valenza, non solo culturale, ma anche professionale, il che significa che è un curriculum studi molto, molto coerente e corrispondente con quello che questi studenti saranno chiamati a fare, non dopo che si sono laureati, ma già durante il percorso di laurea perché è supportato da 1.500 ore di tirocinio certificato nei contesti precisi e concreti per i quali successivamente si riconosceranno loro le competenze acquisite. Dopodiché, questi studenti, prima di discutere la tesi di laurea o perlomeno contestualmente alla discussione della tesi di laurea, devono superare l'esame abilitante. Quindi, sono tappe molto concrete e molto precise che cominciano dall'ingresso in università e culminano con il momento in cui, avendo difeso la tesi e avendo superato l'esame di abilitazione, sono pronti ad immettersi immediatamente nel contesto professionale. Ma questo richiede una dedizione incredibile del corpo docente e richiede effettivamente un rapporto studente-docente altamente calibrato su quelli che sono i bisogni di formazione degli studenti. Non a caso il numero degli studenti che frequentano il corso di laurea per educatore socio-professionale non supera in genere 35-40 per corso in contrapposizione alle centinaia di studenti che frequentano il corso di laurea per educatore socio-pedagogico. Il numero non è un accidente Pag. 48indifferente, ma è qualcosa che dà ragione dell'impegno dei docenti e dà ragione anche contestualmente del clima di valutazione continua e costante a cui sono sottoposti gli studenti. Questo garantisce che il prodotto finale sia un prodotto maggiormente in grado di affrontare le sfide che concretamente verranno poste loro.
  L'abilitazione è legata a tutto questo processo (selezione, formazione, valutazione e verifica di questa valutazione), che mi sembra, allo stato attuale delle cose, ben difficile da ottenere in quelli che sono i corsi di laurea dell'educatore socio-pedagogico, non solo perché, con il sospetto tipico qualche volta dei nostri colleghi 5 Stelle, pensano che la scelta sia motivata soltanto dal bisogno dei rettori di far cassa sugli studenti, ma perché proprio le condizioni al contorno sono radicalmente diverse.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Marzana. Ne ha facoltà.

  MARIA MARZANA. Io vorrei ricordare all'onorevole Binetti, ma anche a tutta l'Aula, che il corso universitario in scienze della formazione è un corso che prepara a svolgere la professione di educatore. Ciò che noi stiamo chiedendo adesso è che si attribuisca a questo corso il valore abilitante. In parte, tra l'altro, ciò che si svolge durante il percorso è ciò che è stato ricordato poc'anzi, quindi la frequenza di laboratori, il tirocinio.
  Concludo, Presidente. Noi non vogliamo pure la prova pratica di esame; noi non vogliamo che il corso manchi di queste peculiarità. Ma vogliamo che ci sia una vera equiparazione tra i due corsi, proprio per raggiungere l'obiettivo della valorizzazione di tutti gli educatori senza discriminazioni.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Brescia 7.3, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Fregolent, Tidei, Caso, Di Salvo.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  442   
   Votanti  394   
   Astenuti   48   
   Maggioranza  198   
    Hanno votato  109    
    Hanno votato no  285.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Borghesi 7.20, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Gallo Riccardo, Losacco, Baruffi, Capelli.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  446   
   Votanti  433   
   Astenuti   13   
   Maggioranza  217   
    Hanno votato  48    
    Hanno votato no  385.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 7.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Gregori, Piepoli, Lauricella, Losacco, Toninelli, Ciprini.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  446   
   Votanti  290   
   Astenuti  156   Pag. 49
   Maggioranza  146   
    Hanno votato  285    
    Hanno votato no  5.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

(Esame dell'articolo 8 – A.C. 2656-3247-A)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 8 (Vedi l'allegato A – A.C. 2656-3247-A), al quale non sono state presentate proposte emendative.
  Passiamo dunque ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 8.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Gregori, Greco, Sandra Savino, Pannarale, Benedetti.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  444   
   Votanti  380   
   Astenuti   64   
   Maggioranza  191   
    Hanno votato  379    
    Hanno votato no  1.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

(Esame dell'articolo 9 – A.C. 2656-3247-A)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 9 (Vedi l'allegato A – A.C. 2656-3247-A), al quale non sono state presentate proposte emendative.
  Passiamo dunque ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 9.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Piepoli, Sandra Savino, Cominardi, Di Battista.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  449   
   Votanti  359   
   Astenuti   90   
   Maggioranza  180   
    Hanno votato  359.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

(Esame dell'articolo 10 – A.C. 2656-3247-A)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 10 e dell'unica proposta emendativa ad esso presentata (Vedi l'allegato A – A.C. 2656-3247-A).
  Nessuno chiedendo di parlare, invito la relatrice ad esprimere il parere della Commissione.

  MILENA SANTERINI, Relatrice. La Commissione formula un invito al ritiro sull'emendamento Borghesi 10.20, altrimenti il parere è contrario.

  PRESIDENTE. Il Governo ?

  ANGELA D'ONGHIA, Sottosegretaria di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Il Governo esprime parere conforme a quello della Commissione.

  PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Borghesi 10.20.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rondini. Ne ha facoltà.

  MARCO RONDINI. Grazie, Presidente. Molto brevemente, con questo emendamento noi chiediamo di sopprimere, al comma 2 dell'articolo 10, le parole che recitano: «anche in possesso di titoli accademici diversi da quelli previsti dal comma 1». In questo caso, secondo noi, si inserisce un'eccessiva eterogeneità di titolati che possono poi avviarsi alla professione. Non si capisce perché nelle parti precedenti – quindi nel comma 1 e anche nel comma 2 – vengono elencate le caratteristiche dei professionisti che possono poi esercitare questa professione ed, invece, Pag. 50alla fine si aggiunge anche questo principio che apre ad un'eterogeneità che non ha un senso. Spiegateci qual è la motivazione.

  MILENA SANTERINI, Relatrice. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  MILENA SANTERINI, Relatrice. L'emendamento è certamente di buonsenso, però chi l'ha proposto dimentica che il comma 2 si riferisce alla situazione pregressa. Quindi, quando si prevede che ci siano titoli di accesso anche diversi da quelli pedagogici, significa che si sta prendendo in considerazione la situazione com’è oggi. Quindi, parliamo di laureati nelle lauree magistrali, che magari precedentemente avevano, nelle triennali, dei titoli diversi. Nella logica di tutta la legge, abbiamo inteso non modificare la situazione attuale, ma prevedere nel futuro una maggiore qualificazione e, quindi, una pedagogizzazione maggiore di questi ruoli. Fino ad oggi non intendiamo fare in modo che la legge sia retroattiva in qualche modo.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Borghesi 10.20, con parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Furnari, Locatelli, Nesci...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  440   
   Votanti  427   
   Astenuti   13   
   Maggioranza  214   
    Hanno votato  53    
    Hanno votato no  374.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 10.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Latronico, Furnari, Rossomando, Marcon, Dell'Aringa...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  441   
   Votanti  366   
   Astenuti   75   
   Maggioranza  184   
    Hanno votato  363    
    Hanno votato no  3.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

(Esame dell'articolo 11 – A.C. 2656-3247-A)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 11 (Vedi l'allegato A – A.C. 2656-3247-A), al quale non sono state presentate proposte emendative.
  Passiamo dunque ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 11.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Gadda, Monchiero, Micillo, Luigi Gallo, Donati...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  441   
   Votanti  357   
   Astenuti   84   
   Maggioranza  179   
    Hanno votato  356    
    Hanno votato no  1.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

Pag. 51

(Esame dell'articolo 12 – A.C. 2656-3247-A)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 12 (Vedi l'allegato A – A.C. 2656-3247-A), al quale non sono state presentate proposte emendative.
  Passiamo dunque ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 12.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Occhiuto, De Lorenzis, Tancredi, Ferranti...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  442   
   Votanti  358   
   Astenuti   84   
   Maggioranza  180   
    Hanno votato  358.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

(Esame dell'articolo 13 – A.C. 2656-3247-A)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 13 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A – A.C. 2656-3247-A).
  Se nessuno chiede di intervenire sul complesso degli emendamenti, invito la relatrice ad esprimere il parere della Commissione.

  MILENA SANTERINI, Relatrice. Emendamento Borghesi 13.20, invito al ritiro o parere contrario. Emendamento Pannarale 13.21, invito al ritiro o parere contrario. Emendamento Borghesi 13.22, invito al ritiro o parere contrario. Emendamento Pannarale 13.23, invito al ritiro o parere contrario. Emendamento Pannarale 13.24, invito al ritiro o parere contrario. Sull'articolo aggiuntivo Marzana 13.01, invito al ritiro o parere contrario.

  PRESIDENTE. Il Governo ?

  ANGELA D'ONGHIA, Sottosegretaria di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dalla relatrice.

  PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Borghesi 13.20.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rondini. Ne ha facoltà.

  MARCO RONDINI. Presidente, noi crediamo che questo emendamento, con il quale introduciamo «italiane» dopo «università», serva a far sì che, visto che si va a normare qualcosa di nuovo, magari si possa prevenire in qualche modo la tendenza di qualcuno a far pratica presso università di altri Paesi che compongono l'Unione europea, che però non adottano gli stessi standard, e che quindi ne offrono di assolutamente non equiparabili a quelli forniti dalle università italiane. Legare questo percorso allo svolgimento all'interno delle università italiane, secondo noi era qualcosa di corretto.

  MILENA SANTERINI, Relatrice. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  MILENA SANTERINI, Relatrice. Signor Presidente, anche in questo caso abbiamo semplicemente, pur condividendo la preoccupazione che si possano organizzare corsi non di livello adeguato, preferito non specificare quali tipi di università, né italiane né europee, perché le caratteristiche del corso verranno decise da un successivo decreto del Ministero, a cui demandiamo il compito di verificare la qualità dei corsi stessi. Quindi capiamo l'intento, ma esso si può raggiungere in un altro modo.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.Pag. 52
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Borghesi 13.20, con parere contrario di Commissione e Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  431   
   Votanti  414   
   Astenuti   17   
   Maggioranza  208   
    Hanno votato   44    
    Hanno votato no  370.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Pannarale 13.21, con parere contrario di Commissione e Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Piepoli, Furnari, Realacci, Turco, Dadone, De Mita...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  437   
   Votanti  308   
   Astenuti  129   
   Maggioranza  155   
    Hanno votato   32    
    Hanno votato no  276.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Passiamo alla votazione dell'emendamento Borghesi 13.22.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rondini. Ne ha facoltà.

  MARCO RONDINI. Presidente, con questo emendamento noi andiamo a modificare la lettera b) del comma 2 dell'articolo 13. Il comma 2 dell'articolo 13 ci dice che, in via transitoria, possono acquisire la qualifica di educatore professionale socio-pedagogico le figure che hanno i seguenti requisiti, e che intraprendono i predetti corsi intensivi entro tre anni dalla medesima data; nella lettera b) si dice: «svolgimento dell'attività di educatore per non meno di tre anni»: non si capisce per quale motivo solo tre anni, in quanto, per altre professionalità sanitarie, è richiesto il numero di cinque anni e noi chiediamo semplicemente che venga equiparato il periodo di svolgimento dell'attività a quello che è presente, appunto, con altre professionalità.

  PIERO LONGO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  PIERO LONGO. Scusi signor Presidente, ma che emendamento stiamo votando ?

  PRESIDENTE. Stiamo votando l'emendamento Borghesi 13.22.

  PIERO LONGO. Allora l'intervento del collega io credo sia riferito a qualcos'altro, grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Borghesi 13.22, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Piepoli, Librandi, Colletti, Coppola ?
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  435   
   Votanti  347   
   Astenuti   88   
   Maggioranza  174   
    Hanno votato   46    
    Hanno votato no  301.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).Pag. 53
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Pannarale 13.23, con il parere contrario della Commissione del Governo e della V Commissione (Bilancio).
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Arlotti, Occhiuto, Di Battista ?
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  433   
   Votanti  398   
   Astenuti   35   
   Maggioranza  200   
    Hanno votato  114    
    Hanno votato no  284    

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Passiamo alla votazione dell'emendamento Pannarale 13.24.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gregori. Ne ha facoltà.

  MONICA GREGORI. Grazie Presidente, noi con questo emendamento vorremmo in realtà togliere quello che si mette in questo provvedimento, cioè dei paletti per l'accesso alla formazione.
  Allora, se è vero come è vero che c’è il corso intensivo, che non è obbligatorio, ma è facoltativo, è anche vero che, se ognuno vuole scegliere di fare questo corso, oltre a quello che già si è previsto in precedenza e quindi quello che riguardava anche l'emendamento precedente, adesso si stabilisce addirittura il criterio dell'età e degli anni di servizio.
  Allora noi diciamo di diminuire ovviamente gli anni di servizio e considerare un altro criterio, che è quello delle ore di formazione, proprio per non escludere nessuno, perché tutti possono scegliere di fare quel corso, però così se una persona a 49 anni decide di fare il corso intensivo, in realtà, con questa parte del provvedimento, non può farlo.

  MILENA SANTERINI, Relatrice. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  MILENA SANTERINI, Relatrice. Vorrei spiegare ai colleghi che qui siamo di fronte ad una legge che sta creando un nuovo status, diciamo così, un nuovo ruolo per gli educatori, che d'ora in poi dovranno essere laureati. Tuttavia, dovevamo considerare le migliaia e migliaia, decine di migliaia di persone che oggi, attualmente, svolgono il ruolo di educatori pur non avendo la laurea e che non possono rischiare il posto di lavoro, perché la legge non è mai retroattiva.
  Abbiamo quindi previsto per alcuni direttamente un'equipollenza, quindi vuol dire che passano direttamente al titolo di educatore professionale; per altri dovranno laurearsi in futuro; per chi vuole rimanere, come è ora, educatore e basta, potrà farlo senza avere problemi, ma essendo tutelato e poi il corso, che è un corso che prevede, per coloro che hanno un'esperienza nel campo, che venga validata questa competenza, come si fa in Europa e quindi non debbano laurearsi qualora vogliano conseguire il titolo, ma possano fare semplicemente un corso intensivo; ma l'esperienza, per essere validata, deve esistere e deve essere consistente, altrimenti il titolo viene ad essere vanificato.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Pannarale 13.24, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

Pag. 54

  Cozzolino, Moretto ?
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  431   
   Votanti  308   
   Astenuti  123   
   Maggioranza  155   
    Hanno votato   37    
    Hanno votato no  271    

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Passiamo alla votazione dell'articolo 13.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gregori. Ne ha facoltà.

  MONICA GREGORI. Grazie Presidente, intervengo sull'articolo per specificare la motivazione ovviamente del nostro voto, che sarà contrario totalmente, in quanto è vero che si fanno delle norme transitorie per tenere dentro chi già esercita la professione, ma è vero anche che per chi vuole avere un livello più alto della professione, quindi diventare un professionista, con i paletti che vengono messi – quindi questi criteri sono da una parte l'età e da una parte la questione economica, perché il corso intensivo deve essere esclusivamente pagato dalla persona che decide – in realtà si impedisce alle persone, o per l'una o per l'altra questione, di poter accedere al corso intensivo, perché posso anche avere cinquant'anni, ma se non ho la disponibilità economica non posso svolgere il corso o viceversa ho la disponibilità economica, ma in realtà non rientro, perché non ho l'età e non solo non ho l'età, potrei anche non avere gli anni di servizio.
  Pertanto noi pensiamo che sì, dei passi forse sono stati fatti, per carità, la professione viene in qualche modo normata, però in realtà nell'ultima parte alcune persone, per questi criteri, vengono escluse dalla formazione e quindi rimangono ad un livello più basso di istruzione.
  Pertanto noi voteremo contro questo articolo.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 13.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  426   
   Votanti  372   
   Astenuti   54   
   Maggioranza  187   
    Hanno votato  347    
    Hanno votato no   25    

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo Marzana 13.01.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marzana. Ne ha facoltà.

  MARIA MARZANA. Grazie, Presidente. Attraverso questa proposta emendativa noi proponiamo un piano di assunzione di educatori e pedagogisti nella scuola. Parliamo di figure essenziali per la costruzione di percorsi di autonomia, di supporto all'apprendimento, allo sviluppo delle abilità sociali, delle scelte formative e professionali. In particolare, quanto alla figura del pedagogista, voglio ricordare che, prevedendo la presenza in organico di questa figura, gli insegnanti avrebbero un supporto costante nella gestione delle situazioni difficili, così come si potrebbe prevedere la presenza costante di queste figure nei gruppi di lavoro della scuola che mirano a favorire l'inclusione di tutti gli alunni. Quanto agli educatori, la loro presenza è essenziale e bastano pochi elementi per comprenderlo facilmente. Basta fare riferimento alle caratteristiche del nostro sistema scolastico, basti pensare al numero alto di alunni per ciascuna classe; questo era il primo aspetto che, con urgenza, doveva essere modificato attraverso la riforma della buona scuola di questo Governo, quindi occorreva diminuire il numero di alunni per classe. Basti pensare alla presenza dei numerosi alunni con Pag. 55bisogni educativi speciali nella scuola (parliamo sia di problemi di apprendimento che di problemi di comportamento). Ancora, basti pensare alla necessità di personalizzare la didattica, al fine di valorizzare le differenze di ciascun alunno, alla necessità di dare un supporto agli insegnanti nel processo di apprendimento per lo svolgimento di attività di gruppo, di attività laboratoriali. Visto che questo supporto manca, infatti molto spesso gli insegnanti ricorrono alla lezione frontale, con conseguenze negative per l'apprendimento di molti alunni proprio perché altre modalità didattiche invece risultano più coinvolgenti e quindi il supporto di queste figure sarebbe essenziale per la gestione e lo svolgimento di queste modalità didattiche nuove, non tradizionali.
   Ancora, poi voglio ricordare la percentuale elevata di abbandono scolastico; ricordavo prima la percentuale che c’è ad esempio in alcune regioni del Sud, che sfiora il 25 per cento e siamo ben lontani dall'obiettivo che pone l'Europa del 10 per cento.
  Ebbene, quindi, tutte queste caratteristiche del contesto del sistema scolastico dimostrano la necessità di prevedere in organico la figura dell'educatore; ecco perché per noi questa rappresenta una buona legge, perché va a normare e riconoscere il ruolo e la funzione di questa figura professionale, ma non lo è pienamente proprio perché non si prevede la presenza di questa figura professionale nell'istituzione educativa e formativa per eccellenza e cioè la scuola. Infatti, oggi gli educatori sono presenti solamente nei convitti, negli educandati e poi vengono citati nelle leggi. Quindi siamo dinanzi al classico caso in cui esistono le leggi, ma manca l'applicazione.
   Invito quindi i colleghi a fare un'attenta riflessione su questo aspetto perché, se questa legge vuole essere veramente efficace non solo per il riconoscimento di questa figura, ma anche proprio per far sì che gli utenti possano beneficiare delle loro funzioni, è chiaro che bisogna prevedere la presenza in organico delle figure dell'educatore e dello specialista nelle scuole.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Marzana 13.01, con il parere contrario della Commissione, del Governo e della V Commissione (Bilancio).
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Prataviera.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  415   
   Votanti  397   
   Astenuti   18   
   Maggioranza  199   
    Hanno votato  102    
    Hanno votato no  295    

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

(Esame dell'articolo 14 – A.C. 2656-3247-A)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 14 (Vedi l'allegato A – A.C. 2656-3247-A), al quale non sono state presentate proposte emendative.
  Passiamo dunque ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 14.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Fassina, Stella Bianchi, Carloni, Grassi.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  418   
   Votanti  347   
   Astenuti   71   
   Maggioranza  174   
    Hanno votato  265    
    Hanno votato no   82    

Pag. 56

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  (La deputata Covello ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole. Il deputato De Rosa ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario).

(Esame degli ordini del giorno – A.C. 2656-3247-A)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A – A.C. 2656-3247-A).
  Qual è il parere del Governo sugli ordini del giorno presentati ?

  ANGELA D'ONGHIA, Sottosegretaria di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Grazie, Presidente. Sull'ordine del giorno Rondini n. 9/2656-3247-A/1 il Governo esprime parere favorevole con la seguente riformulazione: «impegna il Governo a valutare la possibilità o opportunità di un più generale riordino (...)». Gli ordini del giorno Borghesi n. 9/2656-3247-A/2, Molteni n. 9/2656-3247-A/3 e Matarrelli n. 9/2656-3247-A/4 sono accolti come raccomandazione. Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno D'Ottavio n. 9/2656-3247-A/5, purché il dispositivo, dopo la parola: «socio-pedagogici», venga così riformulato: «(...) perché valutino la possibilità, nell'ambito della loro autonomia, di considerare rilevante la presenza di un congruo numero (...)», cancellando le parole: «si consideri prioritariamente». L'ordine del giorno Gregorio Fontana n. 9/2656-3247-A/6 è accolto come raccomandazione. Sull'ordine del giorno Mura n. 9/2656-3247-A/7 il Governo formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario.

  PRESIDENTE. Sta bene. A questo punto vediamo qual è la situazione. Onorevole Rondini accetta la riformulazione dell'ordine del giorno n. 9/2656-3247-A/1 ? Va bene. Ordine del giorno Borghesi n. 9/2656-3247-A/2, accolto come raccomandazione: va bene. Ordini del giorno Molteni n. 9/2656-3247-A/3 e Matarrelli n. 9/2656-3247-A/4, accolti come raccomandazione: va bene. Ordine del giorno D'Ottavio n. 9/2656-3247-A/5, accolto con riformulazione: va bene. Ordine del giorno Gregorio Fontana n. 9/2656-3247-A/6, accolto come raccomandazione: va bene. L'ordine del giorno Mura n. 9/2656-3247-A/7 è stato ritirato.

(Dichiarazioni di voto finale – A.C. 2656-3247-A)

  PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mottola. Colleghi, prima che prenda la parola l'onorevole Mottola, vorrei pregare tutti, siccome siamo nella fase delle dichiarazioni di voto finale, chi non è interessato, di uscire e lasciare che chi deve intervenire possa farlo in condizioni umane.
  Prego, onorevole Mottola.

  GIOVANNI CARLO FRANCESCO MOTTOLA. Gentile Presidente, onorevoli colleghi, la proposta di legge, al vaglio dell'Aula, disciplina l'esercizio delle professioni di educatore professionale...

  PRESIDENTE. Mi scusi onorevole Mottola. Onorevole Polidori, sta parlando dietro di lei un collega. Se lei urla...

  GIOVANNI CARLO FRANCESCO MOTTOLA. ... socio-pedagogico, educatore professionale socio-sanitario e pedagogista. Il continuo mutamento del mercato del lavoro ha fatto sì che si rendesse necessario l'inquadramento all'interno di un testo unico delle variegate professioni che attualmente sono impiegate negli ambiti dei servizi alla persona e che svolgono un vero mestiere dell'umano, non sempre opportunamente riconosciuto. Era quindi necessario valorizzarne e garantirne il riconoscimento, la trasparenza e la spendibilità attraverso una norma come questa che, dobbiamo riconoscerlo, rappresenta un esempio di lavoro che nasce dalla collaborazione di tutti i gruppi parlamentari e che intende affrontare, in modo Pag. 57concreto, una forte domanda che viene dal mondo delle professioni sociali. Noi di Alleanza Liberalpopolare Autonomie non vogliamo sottrarci a questo impegno e auspichiamo che il testo non prescinda dagli indirizzi forniti dall'Unione europea in materia di educazione formale, non formale e informale, in particolare nel quadro della strategia adottata a Lisbona dal Consiglio europeo che intende sviluppare la formazione per tutto l'arco della vita e in tutti i campi.
  È indubbio, infatti, che al di là del ruolo della scuola e dei sistemi formativi, come l'università e i sistemi che curano l'educazione formale, esiste un'immensa area dell'educazione informale, cioè del sociale, nel territorio e nei servizi a favore di bambini, anziani e persone fragili, per garantire la loro socializzazione, favorire la prevenzione del disagio e curare il rapporto tra persone di culture diverse. Questo è il campo in cui agiscono le figure professionali di educatore socio-pedagogico, socio-sanitario e del pedagogista che ci accingiamo a disciplinare con questo provvedimento.
  Non possiamo, inoltre, non riconoscere che il lavoro svolto in Commissione, attraverso il recepimento di alcuni emendamenti, ha notevolmente migliorato l'impianto originario del testo, rendendolo idoneo a garantire servizi e interventi educativi di qualità in modo omogeneo in tutto il territorio nazionale. Per realizzare tale qualità la norma giustamente stabilisce che l'esercizio delle attività è consentito solo a chi è in possesso delle relative qualifiche attribuite con un percorso di studi universitari, innalzando quindi, in modo netto ed inequivocabile, il grado qualitativo di tutti gli operatori del settore.
  Una legge di buonsenso, quindi, a cui ALA non farà mancare il proprio contributo. È per questi motivi, dunque, che preannunzio il voto favorevole a nome di Alleanza Liberalpopolare Autonomie.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palese. Ne ha facoltà.

  ROCCO PALESE. Grazie, Presidente. La componente dei Conservatori e Riformisti si asterrà su questo provvedimento, Presidente. Si asterrà per un motivo molto semplice: pur ritenendo un elemento positivo intervenire sulla disciplina delle professioni di educatore professionale, socio-pedagogico, educatore professionale socio-sanitario e pedagogista, tentando cioè di mettere ordine in un ginepraio di figure che spontaneamente sono nate all'interno stesso dei servizi – soprattutto i servizi alla professione –, riteniamo che nel contesto proprio delle norme transitorie il provvedimento non affronti esattamente tutto ciò che è in campo e che è in essere e che certamente non solo ai proponenti ma anche al Governo non sfuggirà. La mia perplessità e le nostre perplessità sono indirizzate proprio rispetto a questo e auspichiamo e speriamo che ciò non accada. Però, ritengo che possano dar vita a equivoci e a contenziosi a non finire.
  Ripeto che vi è la necessità di intervenire. Per questo il nostro giudizio non è totalmente negativo, ma ci sono delle perplessità in riferimento a questo e in riferimento anche ad alcuni emendamenti che noi abbiamo approvato, ma che non hanno avuto il parere favore dalla maggioranza e del Governo. Dunque, per questo motivo ribadisco il voto di astensione.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Santerini. Ne ha facoltà.

  MILENA SANTERINI. Grazie, Presidente. Noi dichiariamo il voto favorevole di Democrazia Solidale – Centro Democratico rispetto ad un provvedimento, di cui io sono anche relatrice, che valorizza gli educatori e le educatrici come professione importante ma semisconosciuta. Si tratta di un testo che fa uscire dall'ombra più di 100 mila persone e che getta luce anche sui loro ambienti di lavoro come le comunità, le case famiglia, i centri per i minori e per gli adolescenti, l'accoglienza per i disabili e gli anziani, le carceri. Un'Italia sociale della fragilità che non ha bisogno solo di assistenza ma anche di Pag. 58crescita, cura, promozione, integrazione, di reti di sostegno e di sviluppo.
  Il provvedimento afferma che per svolgere il lavoro educativo occorre essere competenti e ben formati, prevedendo quindi un diploma di laurea triennale della facoltà di scienze della formazione per gli educatori e una laurea magistrale per i pedagogisti che saranno abilitati. In questo modo siamo perfettamente nel solco dell'Agenda di Lisbona del 2000 sulla costruzione della società europea della conoscenza e sul valore strategico dell'educazione non formale. Infatti, l'educazione non è solo scuola: gli educatori sono importanti quanto gli insegnanti; ambedue sono impegnati in un mestiere dell'umano; ambedue sono professionisti riflessivi.
  Tutti loro inventano nuove logiche, come l’empowerment delle famiglie, la residenza dei bambini in difficoltà, il lavoro a bassa soglia per i tossicodipendenti, l'intercultura come modalità di accoglienza delle differenze portate da immigrati e da rifugiati. Fanno un lavoro di relazioni in un mondo sconnesso e cercano soluzioni per la persona. La legge poi dà una definizione dei diversi ambiti in cui le due figure opereranno, cioè l'educatore socio-pedagogico e quello socio-sanitario. Si scioglie così un nodo aperto con il profilo creato dal decreto n. 520 del 1998 e da un successivo decreto del 2001 che inseriva nelle lauree universitarie delle professioni sanitarie anche la classe 2, gli educatori professionali formati a Medicina.
  Era evidente che occorreva ristabilire la diversità come la complementarietà degli ambiti. Gli educatori formati a Medicina intervengono in ambito sanitario e socio-sanitario; quelli formati a Scienze dell'educazione in ambito sociale e socio-sanitario. Ambedue sono educatori professionali a pieno titolo, avendo profili diversi: uno sarà più sociale e culturale, più adatto a intervenire nei servizi per la prima infanzia, le comunità, la prevenzione, il disagio; quello socio-sanitario continuerà a svolgere, come sempre, i compiti più affini all'ambito terapeutico e riabilitativo. Confondere questi due campi di azioni avrebbe corrisposto più a una logica di pervasività della scienza medica che ad altro. Si prende atto ora che le figure sono diverse ma complementari e di pari dignità. La specializzazione non è una sola, ma può essere fornita da ambedue le classi di laurea e in ambedue i corsi si svolge il tirocinio, che porta a fronteggiare l'imprevisto insito in tutta la dimensione educativa. Certo va auspicata – e lo diciamo anche noi – l'unificazione tra le due figure per arrivare a formare un solo educatore con diverse specializzazioni, ma questo è un passo nella giusta direzione che andava fatto ed è per questo che lo votiamo.
  Va apprezzata, nella legge, anche la preoccupazione non solo per i futuri educatori ed educatrici ma anche per coloro che già esercitano la professione, che sono stati tutelati dalla legge per mantenere il lavoro non tanto per una preoccupazione di tipo corporativo ma perché si riconosce il valore dell'esperienza e la validazione delle competenze che non nascono solo in un'aula universitaria ma anche dal vissuto quotidiano.
  Concludo dicendo: perché dare più spazio agli educatori ? Perché occorre dare più spazio all'educativo. Stiamo aprendo una pagina di riforme che non possono essere basate solo sul potenziamento delle risorse materiali altrimenti nascerebbero già fragili. Nei servizi quello che manca è spesso proprio la progettualità e proprio le aree in cui sono avvenute le maggiori trasformazioni dimostrano l'importanza del ruolo dell'educativo e il cambiamento di paradigma che la dimensione educativa crea o accompagna. Ma non dobbiamo neanche dimenticare i problemi: la crisi di risorse degli enti locali, che hanno portato ai tagli nel sociale; i minori spazi per gli educatori; il problema dell'accreditamento di breve e medio periodo, che rende precario il lavoro dell’équipe e delle cooperative; la debolezza dal punto di vista professionale e remunerativo (non a caso e non per nulla è un mestiere purtroppo quasi solo femminile).
  Nell'era della complessità globale e locale si ha bisogno di nuove professioni Pag. 59dell'umano, uno sviluppo della parità del lavoro femminile, dei servizi domiciliari, dell'affidamento, delle adozioni, di una nuova visione dell'accoglienza. Il settore psichiatrico e quello della devianza hanno bisogno di uno sguardo educativo che contrasti il puro sorvegliare e punire. Le tossicodipendenze da problema di controllo o di repressione devono divenire sempre di più un problema che chiede un approccio socio-educativo. C’è poi la strada con l'esigenza di un lavoro a bassa soglia ovunque, dove ognuno sia diverso...

  PRESIDENTE. Mi scusi. Onorevole Palese, la ringrazio molto per la collaborazione. Prego.

  MILENA SANTERINI. E poi vi è il contrasto alla dispersione scolastica, la creazione di partecipazione e di cittadinanza. In altre parole, la dimensione educativa è il cardine per creare indipendenza, integrazione, autosufficienza, occupazione e integrazione. Per questo il gruppo Democrazia Solidale – Centro Democratico approva con convinzione una legge che rafforza gli educatori perché, allo stesso tempo, rafforza la dimensione educativa.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

  STEFANO BORGHESI. Grazie Presidente. Abbiamo seguito con estremo interesse l'iter di questo provvedimento in quanto riteniamo il tema trattato molto importante. Importante perché stiamo parlando di diverse decine di migliaia di operatori, di educatori ed educatrici che svolgono il proprio lavoro seriamente in settori molto delicati e che sino ad ora non hanno avuto un riconoscimento adeguato, anche per colpa di una formazione disorganica poco lineare che ha finito per generare confusione. I settori in cui questi professionisti operano sono diversi: servizi educativi per la prevenzione del disagio per gli adolescenti, servizi educativi per la prima infanzia, servizi educativi nell'ambito familiare, servizi per gli anziani e per chi soffre situazioni di disagio ed esclusione sociale, servizi di promozione della salute, servizi di educazione ambientale, servizi rieducativi e molti altri. L'aspetto maggiormente positivo che abbiamo accolto con estremo favore è rappresentato dal fatto che queste persone, dopo l'approvazione di questa legge, non dovranno più sentirsi professionisti di serie B. Infatti, sarà necessario entrare in possesso di una laurea triennale che avrà un valore europeo per poter accedere alle professioni educative. Finalmente verranno definite tre diverse figure professionali di educatore riconosciute in tre diversi ambiti: educatore professionale socio-sanitario, educatore professionale socio-pedagogico e pedagogista. Per ciascuna di esse saranno chiare le responsabilità, le competenze ed i rispettivi ruoli. Giudichiamo tutto questo un passo avanti importante in quanto sicuramente andrà a migliorare la qualità dei servizi che tali professionisti forniranno. Il lavoro educativo e pedagogico ottiene maggiore dignità e viene finalmente valorizzato. Le persone in situazioni di fragilità o bisognose di intraprendere il cammino educativo saranno supportate da professionalità ancor più qualificate e motivate e potranno usufruire di servizi decisamente migliori. Resta purtroppo ancora da risolvere il nodo della dicotomia tra gli educatori che si laureano in scienza della formazione e gli educatori professionali laureati in medicina. I primi sono l'oggetto di questa legge e grazie ad essa ottengono un riconoscimento doveroso che prima non avevano. I secondi sono rappresentati dal personale sanitario infermieristico, tecnico e della riabilitazione che era già stato riconosciuto con un decreto ministeriale del 1998. La soluzione potrebbe essere quella di prevedere un percorso che termini con un'unica formazione ed un'unica qualifica di educatore professionale, ma la maggioranza ha valutato inopportuno affrontare già adesso tale problematica.
  In sintesi, quindi, giudichiamo questa legge come un passo avanti; una legge che conferisce maggiore dignità a professionisti Pag. 60che operano in ambiti sociali molto delicati ed importanti e per questo abbiamo affrontato il dibattito con attenzione ed interesse. Restano comunque sul campo questioni altrettanto importanti irrisolte e alcune delle nostre proposte emendative che avrebbero apportato miglioramenti al testo e permesso di intraprendere un percorso risolutivo non hanno purtroppo raccolto il favore della maggioranza. Per questi motivi, non intendiamo in alcun modo ostacolare o rallentare l'approvazione di questo testo di legge, ma siamo consapevoli che qualcosa di più si sarebbe potuto fare e per questo annuncio il voto di astensione del nostro gruppo.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vezzali, che però non vedo in Aula e, quindi, si intende che vi abbia rinunciato.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Binetti. Ne ha facoltà.

  PAOLA BINETTI. Presidente, membri del Governo, colleghi, investire in educazione è la migliore risorsa di un Paese. In un Paese di antica tradizione culturale come l'Italia non investire in educazione è invece un'operazione autolesiva e pericolosa perché compromette la sua identità e la sua dignità. Noi tutti siamo convinti che da questo Paese in questo momento dovrebbe partire un'operazione a tutto campo che non solo stabilizzi educatori ed insegnanti nei rispettivi ruoli e contesti, cosa che il Governo ha cercato di fare in questi ultimi anni, ma ne riconosca con pienezza l'importanza culturale e sociale almeno su tre fronti. Da un lato occorre mettere a loro disposizione iniziative efficaci per il loro aggiornamento specifico alla luce della complessità con cui debbono misurarsi in un contesto sociale che cambia velocemente, con una rivalutazione significativa della loro condizione economica, comprese le loro pensioni che oggi lasciano molti di loro sulla soglia della povertà, con l'esplicita valorizzazione della figura degli educatori in tutti i contesti ad alta complessità in cui è in gioco la coesione sociale, il che significa anche un ampliamento dei posti in organico.
  Ma veniamo alla legge che stiamo approvando oggi pomeriggio. L'educazione è cosa seria che non si improvvisa, richiede studio e competenza, dedizione e responsabilità; è la chiave di volta di un Paese che voglia puntare su ricerca e sviluppo e voglia guarire tanti mali della nostra società partendo dalle persone, correggendo difetti ed errori che da personali diventano sociali e a volte perfino strutturali. Se ci abituassimo a considerare anche le leggi in chiave educativa forse ne valorizzeremmo di più una serie di aspetti e saremmo più chiari nella loro formulazione. Serve quindi un curriculum formativo di tutto rispetto e questo è uno dei meriti principali di questa legge: richiedere una laurea triennale e magistrale per raggiungere la formazione necessaria a fare l'educatore e offrire quindi un servizio qualificato ai cittadini, un servizio a 360 gradi. Su questo curriculum occorrerà ritornare per aggiornarlo, per limarlo, per indirizzarlo, per sottoporlo al CUN e ottenerne una revisione adeguata ai nuovi obiettivi posti dalla legge, perché non c’è dubbio che l'attuale curriculum di studi non risponde alla varietà, alla complessità e alla molteplicità dei compiti che questa legge permette di svolgere ai futuri educatori socio-pedagogici. Per essere un buon educatore la buona volontà non basta; non basta neppure avere la stoffa del buon educatore. Occorre confezionare un abito su misura per ogni studente e non solo per ogni studente, ma anche per ogni persona, lavorando con lui sulle sue motivazioni, sulle sue difficoltà, anche relazionali, sulle sue capacità organizzative. Nessuno dà ciò che non ha e se vogliamo che la nuova figura di educatore sappia accompagnare persone spesso in condizioni molto difficili deve essere stato accompagnato lui stesso prima per poter risolvere i propri problemi e superare le sue difficoltà.
  L'educazione di cui tratta questa legge non è solo questione di bambini. È infatti questione di adolescenti e di adulti, di ragazzi che rifiutano la scuola e di ragazzi Pag. 61che vorrebbero andarci, ma non sanno come fare, di anziani, di sani e di malati, di persone abili e disabili o diversamente abili, di italiani e di stranieri, di cittadini responsabili e di cittadini che hanno trasgredito alle nostre leggi. Questa legge mostra, al di là di ogni ragionevole dubbio, che l'educazione ci riguarda tutti e riguarda tutto; tutto di fatto può essere oggetto di educazione, nel senso che si può accompagnare ogni persona lungo un itinerario complesso in cui può trovare risposte ai suoi interrogativi, soluzioni alle sue necessità, se si sa affiancarla senza sostituirsi a lei. È sempre l'altro il protagonista di questa grande avventura che è l'educazione, mentre l'educatore deve poter restare in posizione di servizio, potremmo dire un passo indietro. Tutto si può insegnare, a tutto si può educare se troviamo nell'altro volontà di apprendere, volontà di lasciarsi formare, volontà di lasciarsi educare. E per questo bisogna andare ben oltre quella che è la chiave meramente cognitiva per abbracciare tutti gli aspetti della vita personale, includendo la sfera affettiva ed emotiva, senza rinunciare ad avviare una riflessione sul mondo dei valori e sull'approccio valoriale che caratterizza la vita di ognuno di noi. Rispettare i valori dell'altro non significa rinunziare a parlarne, a confrontarsi; implica piuttosto un aiuto significativo a farne scoprire la bellezza e l'intensità. Mai come in questo caso c’è bisogno che la libertà si snodi lungo il binario della responsabilità, che le decisioni prese dal soggetto siano espressione di un consenso informato, ma anche di un dissenso altrettanto informato, purché rifugga dalla superficialità, dalla sciatteria e dall'incompetenza, dalla pigrizia e dalla resistenza a mettersi in gioco, a porsi il problema del cambiamento che prelude a nuove forme di sviluppo e di conquista personale. L'educazione di cui si parla in questa legge vuole valorizzare in modo particolare l'educazione informale. Sembra un ossimoro, formare senza forma, ma non è così e vale la pena ragionarci su se si vuole apprezzare questa legge nel modo dovuto. Basta pensare ad alcune categorie fragili che sono tra le persone privilegiate per cui questa legge è stata pensata, discussa ed elaborata: i ragazzi che scelgono la dispersione scolastica come fuga dalle loro responsabilità e che facilmente diventano preda di una microcriminalità che inizialmente promette soluzioni facili, piccoli furti, spaccio e violenza, che cominciano magari con un bullismo provocatorio. Quanti educatori da strada dovremo avere, ben più numerosi del vigile di quartiere e, comunque, ben disposti ad affiancarlo per attivare misure alternative ad un carcere precoce ? Penso anche ai minori non accompagnati che spariscono, ai migranti che, dopo essere sopravvissuti a peripezie immani, affollano i nostri CIE e CARA e trovano cibo e alloggio, ma non quell'educatore disposto ad un'operazione di accompagnamento efficace.
  Non ci sono linee guida, protocolli, modelli strutturati. In questo caso è necessario adattarsi ai bisogni delle persone, accompagnarle lungo questo itinerario di inserimento progressivo. Questo ci ricorda i famosi versi del poeta spagnolo: «caminante, no hay camino, se hace camino al andar». È proprio in questo camminare fianco a fianco che va prendendo forma un'educazione formale piena di senso.
  Ma certamente questa legge ha posto problemi e ha posto problemi che sono stati al centro di un dibattito spesso molto intenso, un dibattito che in alcuni casi è sembrato una difesa d'ufficio: difendere un tipo di educatore, quello più impegnato nel territorio socio-pedagogico, da quello più impegnato nel territorio sociosanitario. Ma non è la difesa d'ufficio l'obiettivo della discussione che tanto ci ha appassionato e che, qualche volta, ci ha visto contrapposti su fronti diversi. Il problema è più profondo, il problema riguarda il tema della salute come specifico bene da tutelare con competenze specifiche. Tutto si può imparare, ma non si può imparare tutto nello stesso tempo. Non si può imparare tutto nelle stesse circostanze, nelle stesse condizioni. Devo dire che, da questo punto di vista, il disegno di legge ha fatto dei passi avanti significativi proprio nel momento in cui ha limato le competenze Pag. 62dell'educatore socio-pedagogico, ne ha in qualche modo circoscritti alcuni degli ambiti e lo ha fatto attraverso un'assunzione di responsabilità che ne limita l'impegno, escludendo ambiti specifici, come può essere quello delle dipendenze, come può essere quello della disabilità, come può essere quello proprio della malattia. È vero che accanto a ogni paziente c’è bisogno di un itinerario forte e importante di educazione alla salute continuo, contino quando anche la salute diventa un bene residuale, si va assottigliando e il peso delle proprie disabilità – penso al processo di invecchiamento – accompagna ognuno di noi, quando si sa fare di meno, si può fare di meno e bisogna imparare di nuovo a gestire le proprie risorse.
  Tutto questo non si improvvisa. Non si improvvisa la presa in carico e l'accompagnamento di un bambino autistico; non si improvvisa l'accompagnamento di un ragazzo che, in qualche modo, ha fatto l'esperienza della droga e da questo tunnel fatica a venire fuori. Occorrono competenze che richiedono conoscenze, abilità, tirocini, supervisione. Devo dire che la legge ha cercato, in qualche modo, di distinguere gli ambiti, rispettando la specificità delle figure. Io non sono tra quelli che auspicano che, a un certo punto, si arrivi a una figura sola. Io sono tra quelli che auspicano, invece, che il processo di formazione dell'uno e dell'altro sia sempre più rigoroso rispetto agli obiettivi che si pongono, perché ce lo chiede la società, ce lo chiede la complessità, ce lo chiede la diversità. Credo, comunque, che fatti i debiti bilanci, questa possa essere una legge che, in questo momento, offre una risposta positiva a tutti noi, perché ci aiuta a ricordare che l'educazione può essere davvero il valore chiave intorno a cui ruota ogni processo di evoluzione della nostra società (Applausi dei deputati del gruppo Area Popolare (NCD-UDC)).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gregori. Ne ha facoltà.

  MONICA GREGORI. Grazie, Presidente...

  PRESIDENTE. Scusi, onorevole Gregori. Abbia pazienza, recuperiamo un attimo l'onorevole Vezzali. Le diamo solo qualche minuto, per poter poi consegnare l'intervento. Mi scusi.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vezzali. Ne ha facoltà.

  MARIA VALENTINA VEZZALI. Grazie, Presidente. Governo, colleghi, questo provvedimento nasce dalla necessità di disciplinare l'esercizio di alcune attività e consentirne lo svolgimento solo a chi è in possesso delle relative qualifiche, conseguite a seguito di un percorso di studi universitari.
  Questa proposta serve a garantire l'omogeneità delle competenze e la qualità dei servizi prestati nello svolgimento di una o più professioni che si esercitano con individui e gruppi con esigenze diverse e che manifestano bisogni educativi assistenziali, di inclusione sociale, di recupero e così via.
  Con i decreti n. 509 del 1999 e n. 270 del 2004, è stata definita l'attuale configurazione del sistema universitario, che ha imposto di ragionare di titoli conseguiti prima della riforma e dopo. Si tratta di percorsi che si sovrappongono e si intersecano e devono, comunque, convivere ed essere regolamentati senza creare discriminazioni, pur conservando lievissime differenze nella specificità.
  Va anche detto che alcune professioni in passato si potevano esercitare senza aver conseguito una laurea. La costituzione del quadro europeo delle qualifiche per l'apprendimento permanente ha richiesto agli Stati membri di adottare misure affinché i nuovi certificati di qualifica contenessero un chiaro riferimento all'appropriato livello europeo di qualificazione; competenze che stabiliscono, in base agli accordi, a quale livello del quadro europeo corrispondono i titoli conseguiti nel nostro Paese e che servono a garantire la libera circolazione di cittadini e l'esercizio di professioni.
  Abbiamo oggi la necessità di definire gli ambiti di competenza della professione di educatore e pedagogista e stabilire chi è Pag. 63abilitato a formare a questi ruoli, visto che più facoltà (scienze della formazione e medicina) sono autorizzate a preparare gli educatori. Poi, abbiamo anche bisogno di non lasciare alla gestione delle regioni la definizione dei loro sbocchi professionali. Il provvedimento individua le professioni da regolamentare e gli ambiti della loro attività, nonché i contesti in cui si esercita, tiene conto delle diverse tipologie di servizi cui sono tenuti, pubblici e privati, e specifica che i servizi educativi da loro svolti sono rivolti allo sviluppo della persona ed alla comunità. Dispone, altresì, che, nell'esercizio della professione, possano costituirsi in associazioni di natura privatistica senza scopo di lucro, al fine di valorizzare le competenze degli associati e il rispetto delle regole deontologiche e stabilire gli standard quantitativi e qualitativi di qualificazione professionale necessari per il mantenimento dell'iscrizione all'associazione. Tra l'altro, dispone che le qualifiche siano attribuite direttamente a coloro che, alla data di entrata in vigore della legge, sono in possesso di un diploma o di un attestato riconosciuto come equipollente per l'esercizio della professione e che, in via transitoria, la qualifica sia acquisita previo superamento di un corso intensivo di formazione, se ricorrono alcune condizioni.
  Stiamo parlando di un bacino di oltre 150 mila persone: professionisti che lavorano da anni senza il titolo di laurea, ai quali il provvedimento riconoscere l'anzianità di servizio come titolo o credito formativo. Molto spesso un titolo attesta una qualifica, ma non la garanzia che poi si diventi un buon operatore. In questi mesi, infatti, si sono susseguite molte notizie circa maltrattamenti ai danni di disabili, minori, anziani e molti educatori e professionisti dei profili sociosanitari assistenziali sono stati coinvolti in indagini. Va fatta, allora, una riflessione sul significato della parola «educatore» e sulla sua deontologia professionale, soprattutto in un contesto sociale...

  PRESIDENTE. Onorevole Vezzali, concluda, gentilmente.

  MARIA VALENTINA VEZZALI. ... come quello italiano, che necessita di figure capaci di lavorare con una platea di anziani sempre più ampia e con un numero enorme di bambini e adolescenti difficili e famiglie con problemi.
  Aver sentito – concludo, Presidente – la necessità di delineare gli ambiti di competenza di chi opera all'interno di strutture sociosanitarie riabilitative e socioeducative, disciplinare i loro percorsi formativi e riconoscere l'equivalenza dei loro titoli a livello europeo fa ritenere che a queste figure professionali viene attribuito un enorme valore per il lavoro che svolgono e per i risultati che conseguono, con competenza, dedizione e pazienza. Proprio per sottolineare l'importanza di queste professioni e di questi operatori, Scelta Civica è favorevole all'approvazione di questo provvedimento.

  PRESIDENTE. La ringrazio molto e lei ovviamente può consegnare il resto del suo intervento, così rimane agli atti.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gregori. Ne ha facoltà. Mi scusi ancora.

  MONICA GREGORI. Grazie, Presidente. Una forma di regolamentazione delle professioni educative era necessaria, soprattutto nell'attuale momento storico, sociale e culturale, in cui i sistemi di istruzione e formazione, nel loro complesso, dovrebbero collocarsi in una prospettiva d'apprendimento permanente. A tal proposito, l'intento dei proponenti delle abbinate proposte di legge di risolvere le problematiche derivanti dalla dicotomia formativa dell'educatore socio-pedagogico e dell'educatore professionale socio-sanitario è apprezzabile; lo riteniamo, però, non sufficiente a fare chiarezza nel settore, dal momento che vi sono ancora forti elementi di criticità che si pongono in contrasto con alcune normative vigenti, rischiando di produrre di produrre ulteriore confusione; se non addirittura si rischierebbe di determinare un'involuzione della professione, e cosa ancor più grave, di offrire servizi poco adeguati professionalmente Pag. 64ai destinatari degli stessi interventi educativi. Infatti le proposte di legge avrebbero dovuto in realtà mirare al superamento della profonda incertezza, legata principalmente ad una situazione normativa complessa e a volte contraddittoria che dal 1992 vive la figura dell'educatore professionale, sia per quanto riguarda la formazione sia per quanto riguarda l'inserimento nel mondo del lavoro.
  Il testo, ancora, sancisce la divisione tra le professioni in questione: due diversi ambiti di intervento, percorsi formativi diversi. L'educatore socio-pedagogico e l'educatore professionale socio-sanitario hanno una divisione che va contro le tendenze europee di unificazione dei percorsi; inoltre, il permanere di due identità differenti sancisce definitivamente i poteri individualistici delle accademie, che invece di integrarsi per generare un unico percorso formativo completo e definitivo, sottoscrivono i propri interessi personalistici, differenziando ulteriormente i curricula formativi e gli sbocchi occupazionali. Due tipologie che generano un problema di discrepanza tra il numero di operatori necessari al funzionamento dei servizi e il numero di laureati: una divisione che non trova chiarezza rispetto agli sbocchi occupazionali nei servizi misti socio-sanitari, e che rischia di scindere ulteriormente l'identità professionale dell'educatore, creando un livello di serie A e uno di serie B. Due definizioni che escludono migliaia di lavoratori e lavoratrici, che da anni operano nei servizi con gli stessi ruoli e mansioni degli educatori, ma che sono stati vittima della totale mancanza di regolamentazione e del marasma, come si è visto, per decenni ignorato dallo Stato e avvallato colpevolmente anche dalle singole regioni.
  Il testo, pur riconoscendo e qualificando la professionalità e l'operatività delle figure educative e pedagogiche, istituendo l'obbligatorietà della laurea per l'esercizio della professione, trascura senza salvaguardarla tutta quella realtà professionale e di servizi già esistente, che si è costituita in anni di esperienza sul campo e di formazione continua. Per questo noi riteniamo che le norme transitorie attualmente in questo testo sono insufficienti, perché per noi quelle norme dovevano essere il più possibile inclusive e tutelanti per la continuità lavorativa e la qualità dei servizi.
  E qui mi fermo, ovviamente, facendo però presente che le persone che vogliono andare – già l'ho detto nell'intervento precedente – ad una qualifica maggiore, quindi divenire professioniste, purtroppo o per criteri di età, di servizio, o per il criterio sostanzialmente – perché è un criterio, e anche una volontà politica – di non mettere delle risorse per la formazione, vengono tenute fuori, lasciandole ad un livello inferiore di formazione. Si tratta di una realtà frammentata, diversificata, esternalizzata e svenduta al miglior offerente per decenni, come si è visto: non è stata istituzionalmente regolamentata, e non può essere risolta riversando i costi e le conseguenze sui lavoratori. Infatti il costo, come dicevo prima, del corso universitario intensivo di almeno un anno previsto dal testo approdato in quest'Aula per riqualificare quegli operatori detti senza titolo, non può ricadere interamente sulle spalle di una categoria di lavoratori e lavoratrici fino ad oggi sfruttata e sottopagata, e composta in larga misura da donne con figli. La proposta infatti non prevede stanziamento di fondi straordinari per lo svolgimento di questi corsi; inoltre appare insostenibile, a livello di tempo e d'impegno richiesti, un corso intensivo per lavoratori e lavoratrici con forte componente femminile con età superiore ai 35 anni, che già lavorano a tempo pieno.
  Inoltre il testo presenta diversi altri aspetti critici. Anzitutto la scelta politica, come ho detto prima, di stabilire l'acquisizione diretta della qualifica dei criteri dei 50 anni d'età e 25 di anzianità di servizio: non è chiaro se nei futuri ed eventuali concorsi pubblici indetti dalle ASL sarà consentita la partecipazione dei laureati in scienze dell'educazione oggi esclusi e di coloro che usufruiranno delle norme transitorie per la regolarizzazione del titolo. Non viene previsto alcun dispositivo Pag. 65di riqualifica professionale che prenda in considerazione gli anni d'esperienza sul campo, la formazione acquisita ed attestata nel corso degli anni di lavoro: quell'investimento sulla formazione continua che gli operatori hanno il diritto-dovere di svolgere annualmente, come ad esempio i corsi annuali con ottenimento di crediti ECM contemplati all'interno del percorso lavorativo, come nel modello adottato per gli operatori del pubblico impiego. Non viene chiarito dal testo quali sono gli aspetti socio-educativi e quelli socio-sanitari all'interno dell'ambito educativo di cui unicamente si sta parlando. Infine, non è chiaro il modello di welfare: se questa riorganizzazione dei titoli d'accesso alle professioni sia funzionale, se cioè essa si muova nell'ottica di un arricchimento economico di risorse, di valorizzazione di culture e di saperi maturati in anni di cooperativismo sul campo nell'ambito degli interventi sociali, o se forse, come più probabile, sia funzionale alle logiche di smantellamento e privatizzazione del welfare pubblico e affiliazioni alle esigenze imprenditoriali del mercato privatistico del sociale.
  In sostanza, questo testo non contribuisce alla costruzione di una società fondata sull'inclusione, uguaglianza, solidarietà e giustizia sociale: piuttosto inasprisce una guerra tra poveri, rispondendo esclusivamente alla logica del divide et impera, e dello scaricare sulle spalle di cittadini, di lavoratori e delle fasce più deboli il prezzo di decenni di cattiva gestione istituzionale ed interessi lobbistici. Per questo, annuncio il voto di astensione del gruppo di Sinistra Italiana.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Polidori. Ne ha facoltà.

  CATIA POLIDORI. Presidente, nel rapporto della Commissione internazionale sull'educazione per il Ventunesimo secolo dell'UNESCO, il Learning: the treasure within (Nell'educazione un tesoro) del 1996, meglio conosciuto come Rapporto Delors, si cominciava a definire un nuovo concetto di educazione e di formazione, rivolto non soltanto alle agenzie tradizionali a tal compito preposte (penso alla scuola, all'università), ma si introduceva l'idea che l'educazione per tutta la vita fosse la chiave d'accesso al nuovo secolo, il ventunesimo, quello nel quale ci troviamo. Un concetto di educazione, quindi, che andasse oltre alla tradizionale distinzione tra educazione iniziale ed educazione permanente, per coniugare invece un modello di società educativa nel quale il processo di apprendimento si dipana durante tutto il corso della vita, attraverso processi di apprendimento formale, non formale ed informale, in grado di aprire a tutti possibilità di apprendimento e di valorizzare le opportunità che la società ci può offrire.
  L'articolo 14 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea sancisce che «ogni persona ha diritto all'istruzione e all'accesso alla formazione professionale e continua». Il Consiglio europeo, nelle conclusioni sul Quadro strategico per la cooperazione europea nel settore dell'istruzione e della formazione ET2020, ha affermato che «la formazione permanente dovrebbe essere considerata un principio fondamentale su cui poggiare l'intero quadro strategico di costruzione dei sistemi di istruzione e formazione nel loro complesso»; l'Unione europea ha poi più volte rivolto sollecitazioni ai Paesi membri, affinché si dotassero di strumenti legislativi in materia di apprendimento permanente. E in tal senso, sempre nell'ambito della strategia ET2020, il Consiglio ha espressamente inserito tra le sei priorità relative al periodo 2016-2020 quella del sostegno agli educatori, attraverso un processo di selezione e formazione definito e rigoroso e mediante la previsione di una crescita formativa continua.
  Il provvedimento che ci apprestiamo a votare va in questa direzione, si inserisce nel quadro degli indirizzi forniti dall'Unione europea in materia di educazione formale, non formale ed informale, ed interviene a disciplinare l'esercizio delle professioni di educatore professionale socio-pedagogico e di pedagogista, nonché per alcuni aspetti la professione di educatore Pag. 66professionale socio-sanitario. L'approvazione di un testo volto a regolamentare le professioni sociali è stato fortemente richiesto dagli operatori del settore da almeno vent'anni, al fine di valorizzare questo ambito di intervento, ma soprattutto al fine di omogeneizzare e definire su tutto il territorio nazionale gli iter formativi necessari per accedere all'esercizio di queste professioni e superare le ambiguità derivanti dalla presenza di un doppio canale formativo: quello destinato alla formazione dell'educatore socio-pedagogico e quello rivolto alla formazione dell'educatore professionale socio-sanitario.
  Una maggiore complessità, i rapidi cambiamenti sociali, le trasformazioni economiche del mercato del lavoro, le modificazioni dei modelli familiari, gli ingenti movimenti migratori hanno determinato un allargamento della domanda dei servizi in ambito socio-assistenziale; aree di intervento molteplici, quindi, articolate e distese verso i numerosi bisogni che derivano da questa organizzazione sociale più complessa: infanzia, minori, disagio giovanile, anziani, disabilità, emarginazione. Un campo di intervento vasto, che non si presta ad una delimitazione e ad una definizione puntuale, ma che riguarda soprattutto i più deboli.
  Il nostro intervento di legislatori si rivolge oggi allora verso coloro che svolgono la propria attività professionali in questo ambito, ma non possiamo in alcun modo dimenticare che parliamo di servizi alla persona, che è necessario che il legislatore ponga sullo stesso piano e non dimentichi i destinatari di questi servizi, la garanzia della loro qualità, la garanzia dell'erogazione di seri interventi educativi in risposta ai fabbisogni dei cittadini.
  Con l'approvazione di questa proposta di legge si cerca di individuare e definire i contorni del ruolo dell'educatore, in merito al quale fino ad oggi ha agito l'equivoco del doppio percorso di laurea, quello pedagogico e quello sanitario, senza l'individuazione di un preciso e delineato sbocco professionale. Delineare a livello nazionale i confini ed i profili dell'aria di integrazione socio-sanitaria ci sembra un passo doveroso e fondamentale da affrontare per superare una situazione di incertezza e di non esatta definizione, soprattutto alla luce del fatto che stiamo parlando di servizi rivolti a minori, a disabili e a soggetti deboli.
  Nella indefinitezza delle norme, si è venuta a creare una situazione che vede operatori provenienti anche da percorsi formativi diversi esercitare nell'ambito dei servizi sociali e socio-sanitari.
  Negli anni si sono stratificate situazioni disciplinate da norme differenti, sono stati inseriti vincoli normativi in tema di riconoscimento dei titoli, che hanno obbligato alcune categorie di lavoratori di questo ambito a frequentare corsi universitari, al fine di poter continuare ad esercitare e parliamo di persone già esperte del settore, complessivamente parliamo di una numerosa platea di destinatari di questa legge.
  Il testo approvato dalla settima Commissione identifica le figure di educatore professionale socio-pedagogico e di pedagogista e quella di educatore professionale socio-sanitario, per le quali l'esercizio dell'attività sarà consentito solo a chi è in possesso delle relative qualifiche – così ovviamente deve essere – attribuite all'esito di un percorso di studi universitari.
  I percorsi formativi rimangono separati.
  Il testo in esame, quindi, in realtà non risolve il problema del doppio canale formativo, quello relativo al titolo che si acquisisce nella facoltà di scienze dell'educazione e della formazione e quello relativo ai titoli che si conseguono nella facoltà di medicina e chirurgia, nell'ambito delle professioni sanitarie e della riabilitazione; due percorsi differenti ma complementari, che corrispondono a funzioni diverse, che gli educatori provenienti da ciascun canale sono chiamati a svolgere.
  Mi preme soprattutto soffermarmi su un regime transitorio che la proposta introduce e che certamente risponde all'esigenza di regolare una situazione che, in assenza di una specifica disciplina, ha dato vita ad una realtà frammentata, ha determinato la formazione di una molteplicità Pag. 67di situazioni estremamente diverse tra loro, tra le quali e dietro alle quali ci sono tutti i professionisti, gli operatori che di volta in volta sono stati chiamati ed ammessi ad operare nel settore.
  Si introduce un sistema di equipollenza di alcuni titoli, si prevedono corsi intensivi di formazione, si cerca di tutelare chi, in assenza di titoli universitari ma in presenza di determinati requisiti, ha svolto un'attività lavorativa in questi ambiti, affinché possa continuare ad esercitare, riconoscendone la formazione sul campo, l'esperienza acquisita, la competenza da riconoscere.
  Ci chiediamo se da una parte non si siano allargate troppo le maglie di una rete che avrebbe comunque dovuto puntare alla qualità dei servizi e di certo alla professionalità degli operatori.
  Noi siamo convinti che questo provvedimento sia importante e che rappresenti un passo importante verso la valorizzazione delle professioni socio-pedagogiche, che la definizione delle problematiche da anni irrisolte sia assolutamente ingente e necessaria.
  Ciò nonostante, riteniamo che presenti alcuni nodi irrisolti, che rischiano di dare adito ad ulteriore confusione e questo è ciò che noi non vogliamo.
  Avremmo preferito un provvedimento più completo.
  Per questi motivi, il gruppo di Forza Italia si asterrà (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Brescia. Ne ha facoltà.

  GIUSEPPE BRESCIA. Grazie Presidente. La proposta di legge in esame aveva lo scopo di disciplinare l'esercizio delle professioni di educatore e di pedagogista, in modo tale da garantire servizi ed interventi educativi di qualità su tutto il territorio nazionale, valorizzando le due professioni in termini di riconoscimento del titolo, trasparenza e spendibilità in riferimento al quadro degli indirizzi forniti dall'Unione europea in materia di educazione formale, non formale ed informale.
  La legge ha il merito di aver definito e riconosciuto le due professioni, quella di educatore e quella di pedagogista, cercando di rimediare alla confusione che purtroppo ha da sempre caratterizzato questo settore.
  L'esercizio della professione di educatore e di pedagogista non è più consentito a chiunque manifesti un po’ di buona volontà e pazienza, come purtroppo è accaduto sinora, ma sarà consentito – nel momento in cui entrerà in vigore questa legge – solo a chi è in possesso del titolo specifico conseguito al termine di un determinato percorso di studi universitario.
  Con l'entrata in vigore di questa legge, quindi, il possesso delle qualifiche specifiche di educatore e di pedagogista costituirà requisito obbligatorio per l'esercizio, in qualunque forma ed ambito, rispettivamente del lavoro educativo e pedagogico.
  Si tratta senz'altro di un risultato determinante per chi ha già sostenuto questo percorso universitario e chi invece lo sta attualmente frequentando, perché al termine del corso di studi, una volta conseguito il titolo non dovranno più sentirsi queste persone professionisti di serie B.
  Per questa legge ci ringrazieranno le tantissime persone che dei servizi forniti da educatori e pedagogisti usufruiscono e le rispettive famiglie, alle quali sarà garantito un supporto di qualità.
  Resta però ancora una questione aperta: attualmente nell'ordinamento esiste già la figura dell'educatore professionale, che è riconosciuto. Quindi chi ci ascolta ci chiederà: che significa tutto ciò ? Se abbiamo detto che questa legge serve proprio a riconoscere la professione dell'educatore professionale, com’è possibile che ne esista già una riconosciuta ?
  A creare questo equivoco fu il decreto del Ministero della sanità dell'8 ottobre 1998, n. 520, che nell'individuare le figure professionali e i relativi profili, relativamente alle aree della personale sanitario, infermieristico, tecnico e della riabilitazione, stabilì che l'educatore professionale Pag. 68è l'operatore sociale e sanitario che, in possesso del diploma universitario abilitante, attua specifici progetti educativi e riabilitativi, nell'ambito di un progetto terapeutico elaborato da un’équipe multidisciplinare, volte ad uno sviluppo equilibrato della personalità, con obiettivi educativo-relazionali, in un contesto di partecipazione e recupero della vita quotidiana, cura il positivo inserimento ed il reinserimento psico-sociale dei soggetti in difficoltà ed opera all'interno di strutture socio-sanitarie, riabilitative e socio-educative.
  Con questo decreto del 1998, di fatto il Ministero della sanità creò il problema della dicotomia fra gli educatori che si laureano in scienze della formazione, educatori a cui questa legge cerca di dare giustamente dignità, e quegli educatori professionali che invece si laureano presso la facoltà di medicina, già riconosciuti e che evidentemente dal 1998 si sono visti attribuire una denominazione impropria della propria qualifica, una denominazione che ha soltanto creato confusione e che negli anni ha di certo danneggiato coloro che hanno frequentato e frequentano tuttora i corsi di scienze della formazione.
  Quello della confusione tra educatore professionale ed educatore è un problema reale e richiede di essere affrontato, perché produce effetti dannosi sia per la qualità dell'offerta educativa, sia per i giovani che intraprendono la professione, sia per le istituzioni che per l'utenza.
  È esattamente questa la questione che purtroppo la proposta di legge in esame lascia ancora aperta, è questo l'annoso equivoco, venutosi a creare al momento della denominazione della qualifica, per il personale sanitario, infermieristico, tecnico e della riabilitazione.
  In Comitato ristretto si è lavorato molto approfonditamente per cercare di migliorare la qualità della proposta iniziale e sicuramente ci si è in parte riusciti.
  Un risultato su tutti che rivendichiamo con gioia, raggiunto proprio grazie alla volontà di rendere i percorsi universitari per educatori e pedagogisti quanto più qualificanti possibile, è stato quello di prevedere il carattere abilitante per coloro che conseguono la laurea di pedagogista, una proposta del MoVimento 5 Stelle accolta all'unanimità dal Comitato, un risultato di cui siamo molto orgogliosi.
  Ma purtroppo sulle altre questioni sollevate, sulle soluzioni proposte per il superamento dell'equivoco dato dalla denominazione di educatore professionale per il personale sanitario, infermieristico, tecnico e della riabilitazione, sulla formulazione di una prospettiva nuova, prospettiva formativa nuova, più completa ed adeguata per gli educatori, non si è riusciti ad addivenire a conclusioni condivise.
  Gli emendamenti da noi proposti in comitato ristretto e qui in Aula miravano al superamento di questa dicotomia attraverso un percorso di formazione unico e abilitante, con il conseguimento di un'unica qualifica di educatore professionale. Oltre a risolvere questo problema, il percorso di formazione unico e abilitante proposto avrebbe certamente fornito all'educatore professionale una formazione a tutto tondo, una formazione, se vogliamo, completa.
   Soffermandoci sulla platea a cui è rivolta questa proposta di legge, notiamo che essa è composta da circa 150.000 persone che ogni giorno lavorano nelle situazioni più disparate e continuamente a contatto con i soggetti più bisognosi: bambini, adolescenti, disabili, anziani, detenuti, soggetti provenienti da contesti economicamente e socialmente svantaggiati, soggetti che, insieme alle loro famiglie, hanno bisogno di aiuto per trovare il loro posto nella società, per essere correttamente e funzionalmente inclusi in essa.
   L'articolo 3 della Costituzione stabilisce infatti che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali e dice che è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione Pag. 69di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Non è forse compito degli educatori aiutare e sostenere costantemente i soggetti più deboli nello sviluppo della loro persona umana e nella partecipazione attiva nella società ? È più che evidente che quello degli educatori è un lavoro delicatissimo che non può che essere affrontato nel migliore dei modi solo ed esclusivamente con un'adeguata formazione e senza che nulla sia lasciato all'improvvisazione. Perché quindi non incrementare il livello qualitativo del percorso di formazione universitaria degli educatori professionali ? In conclusione, come abbiamo detto sin dall'inizio del percorso di questa proposta, siccome ne condividiamo profondamente l'intento generale, non faremo nulla e nulla abbiamo fatto per ostacolarne o anche solo rallentarne l’iter, ma di certo si poteva fare qualche sforzo in più per affrontare e risolvere l'immotivata dicotomia di cui abbiamo parlato, quella tra educatori ed educatori professionali, che questa legge trasforma semplicemente in una nuova immotivata dicotomia, tra educatori professionali sanitari ed educatori professionali socio-pedagogici.
   Per queste ragioni e per quelle espresse in precedenza, annuncio il voto di astensione del mio gruppo sul provvedimento in esame, ma voglio aggiungere anche una cosa: ho sentito la relatrice parlare di un auspicio, appunto l'auspicio è che questa dicotomia in futuro possa essere risolta e mi chiedo per quale motivo noi che siamo legislatori dovremmo auspicare qualcosa. Siamo nel contesto giusto, nel momento giusto per farle le cose e quindi avremmo dovuto farla con questa legge la risoluzione di questo problema (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Non dobbiamo auspicare nulla, dobbiamo farle le cose (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Coscia. Ne ha facoltà.

  MARIA COSCIA. Grazie, signor Presidente, sottosegretaria D'Onghia, colleghe e colleghi. Io mi limiterò a fare una breve dichiarazione, sottolineando alcuni punti importanti, anche perché i colleghi del mio gruppo sono già intervenuti in discussione generale, in modo particolare la collega Iori e il collega D'Ottavio.
  Noi, come già sottolineavano alcuni interventi, ci apprestiamo ad approvare un provvedimento che è di iniziativa parlamentare – questo voglio sottolinearlo come un fatto positivo – e cioè, quando al Parlamento viene data la possibilità di lavorare, produce poi delle buone leggi, come, a mio avviso, in questo in questo caso.
   Noi siamo partiti da una proposta di legge della collega Iori e dalla proposta di legge ad essa abbinata della collega Binetti. La VII Commissione ha lavorato molto intensamente con un approccio, direi, molto aperto e positivo e quindi si è arrivati a definire un testo unificato che è stato appunto frutto di un confronto propositivo e costruttivo, che ha coinvolto tutti i gruppi, sia di maggioranza, che di opposizione e – voglio sottolinearlo – che si è concluso in Commissione con un voto favorevole unanime della Commissione. Per cui mi consenta, Presidente, di esprimere un certo stupore nell'apprendere, in sede di dichiarazione di voto dei colleghi di alcune forze di opposizione, un cambio diciamo di orientamento, quindi dal voto favorevole all'astensione.
  Ne prendo atto, anche se ovviamente sottolineo il fatto che i contenuti del testo non sono cambiati in Aula (sono rimasti quelli), quindi francamente non posso che prenderne atto, ma vedo una certa contraddizione e non linearità nella dichiarazione di voto. Ne prendo atto. Voglio quindi sottolineare nel merito che ci troviamo di fronte a un provvedimento apparentemente, diciamo «minore», mentre invece – e sarebbe bene che il lavoro nostro tenesse conto di questo – si tratta di un provvedimento di grande rilievo perché riguarda la vita e la professione di migliaia di persone, anzi di centinaia di migliaia di persone, di educatori e pedagogisti che da anni, da molti anni, attendevano Pag. 70una legge organica che potesse regolare una professione così delicata.
   Per questo, con questa legge, si dà finalmente certezza identitaria a delle figure professionali molto importanti, presenti in un vasto campo, che è quello di attività educativa molto complessa e anche multiforme che ha visto nel corso del tempo uno sviluppo notevole, sia per quanto riguarda gli aspetti di contenuto, cioè del pensiero pedagogico e del sapere educativo (per la verità, non sempre in modo lineare) ma anche per la concreta attuazione dei servizi e degli interventi nei territori. Si tratta di interventi e di servizi che coinvolgono vari settori, dall'ampio settore socio-educativo e scolastico a quello sociale ampiamente inteso, quindi a tutto il sistema del welfare, dalle famiglie alle varie comunità, a quello giudiziario, all'immigrazione, al settore socio-sanitario di cui tanto si è si è parlato, all'intercultura, alla cooperazione internazionale, ma anche a quello ambientale, culturale e del lavoro. Quindi, come vediamo, si tratta appunto di una proposta importante che investe tantissime professionalità e tantissime persone che usufruiscono di vari interventi e servizi e anche appunto tanti settori che sono settori che richiedono professionalità più elevate di quanto fino a qui si è riusciti ad esprimere. Infatti uno dei punti qualificanti della legge è proprio quello di dare finalmente certezze e di mettere dei punti fermi su una normativa che invece attualmente è una normativa frammentata e, in alcuni casi, addirittura omissiva. Facciamo quindi chiarezza con questo provvedimento; si riforma il sistema della formazione e della qualificazione delle professioni interessate e – come hanno sottolineato i vari colleghi che sono intervenuti – si definiscono tre profili professionali; due profili professionali riguardano gli educatori e poi c’è il profilo professionale dei pedagogisti. Sono due i profili individuati, quello dell'educatore professionale e socio-pedagogico e quello dell'educatore professionale socio-sanitario e – come dicevo – del pedagogista. Per i primi due viene definita l'esigenza di una laurea triennale; per i pedagogisti viene confermata l'esigenza di avere una laurea quinquennale, quindi una laurea magistrale. Insomma, vengono fissati finalmente standard che siano in linea con il quadro europeo delle qualificazioni professionali e che quindi danno finalmente garanzie di riconoscimento, di trasparenza e di spendibilità dei titoli di studio a livello lavorativo.
  Tutto questo voglio sottolinearlo, Presidente, perché, nella società della conoscenza, è indispensabile che i compiti educativi che comportano...e qui capisco che l'attenzione dei colleghi può essere ridimensionata su un tema come questo, ma voglio solo ricordare che noi parliamo di cura e di accompagnare lo sviluppo delle persone, a partire dalla nascita e nelle fasi della crescita, di tutta l'età evolutiva ma anche quando parliamo di adulti ed anziani e soprattutto di coloro che vivono momenti di fragilità e di problematicità. Quindi, vi è anche tutto il tema che riguarda l'integrazione sociale, insieme al favorire dello sviluppo armonico della persona umana. È per questo, quindi, che occorre finalmente dare dignità a questa professione e fare in modo che si possa acquisire una specifica cultura professionale come, appunto, quella educativa e pedagogica. Si tratta di un principio che noi abbiamo già affermato con la legge cosiddetta sulla «Buona scuola», ad esempio per quanto riguarda tutto il tema dei servizi destinati all'infanzia e i servizi educativi e scolastici destinati all'infanzia da zero a sei anni, perché anche in quel contesto abbiamo previsto la necessità di avere una laurea. Così come ho accennato prima, si tratta di intervenire, appunto, con una platea così vasta di operatori qualificati in tutto l'ampio settore del sistema sociale e del welfare e nello stesso tempo comunque ci collochiamo, come dire, in un contesto più generale, che è il contesto voluto dall'Europa, cioè quello dell'educazione permanente in contesti formali, informali e anche, appunto, non formali, con tutto il sistema dell'educazione permanente e del longlife learning.Pag. 71
  Insomma, cari colleghi, care colleghe, signor Presidente e sottosegretaria, credo che veramente si sia lavorato con grande spirito costruttivo per avere finalmente una buona legge. Sì, io la difendo ! È una buona legge che sicuramente può essere perfettibile e quindi in questo senso ci possono essere sicuramente dei miglioramenti, ma è stato fatto un lavoro molto grande e su questo vorrei ringraziare anche la collega relatrice, la collega Santerini, che con molta pazienza è riuscita a far convergere anche posizioni che erano in partenza molto distanti. Io penso che sia stata fatta, allo stato dell'arte, una buona sintesi, che potrà poi essere verificata nel corso nel corso del tempo.
  Per questo motivo quindi, signor Presidente, io annuncio il voto favorevole del gruppo del Partito Democratico, che è lo stesso che abbiamo dato in Commissione.

(Coordinamento formale – A.C. 2656-3247-A)

  PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, la Presidenza si intende autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.
  (Così rimane stabilito).

(Votazione finale ed approvazione – A.C. 2656-3247-A)

  PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
  Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul testo unificato delle proposte di legge n. 2656-3247-A, di cui si è testé concluso l'esame.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Hanno votato tutti ? Onorevoli Stumpo, Giuliani. Altri che non riescono a votare ? Giuliani ha votato ? Sì. Hanno votato tutti ?
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:
  «Disciplina delle professioni di educatore professionale socio-pedagogico, educatore professionale socio-sanitario e pedagogista» (2656-3247-A)

   Presenti  399   
   Votanti  265   
   Astenuti  134   
   Maggioranza  133   
    Hanno votato  263    
    Hanno votato no    2.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  (I deputati Dambruoso e Falcone hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole, il deputato Prataviera ha segnalato che ha erroneamente espresso voto favorevole, mentre avrebbe voluto esprimere un voto di astensione).

In ricordo delle vittime della strage di Orlando (ore 18,35).

  PRESIDENTE. (Si leva in piedi). Colleghe e colleghi, nella notte tra sabato 11 e domenica 12 giugno, come sapete, la città di Orlando, in Florida, è stata teatro di una strage da parte di un folle estremista che ha aperto il fuoco in un locale notturno, uccidendo 49 persone e ferendone altre 53 prima di essere ucciso dalla polizia. Si ritiene che il killer sia stato ispirato da diverse fonti islamiche estremiste e da una personale avversione nei confronti della comunità gay.
  Ad essere colpito – è bene ribadirlo – è stato tutto il mondo democratico, i suoi valori di libertà e i diritti fondamentali, senza alcuna distinzione di sesso, di razza, di religione. Si è trattato di un atto di odio e d'inaccettabile intolleranza che ci dimostra quanto i principi che sono alla base della democrazia costituiscano un patrimonio di civiltà che non può mai considerarsi definitivamente acquisito ma deve, piuttosto, essere costantemente tutelato e difeso. Troppo spesso l'umanità ha dovuto sperimentare le gravi degenerazioni cui inevitabilmente conducono l'ignoranza, Pag. 72l'odio xenofobo e la paura del diverso. La strage di Orlando rappresenta un monito rispetto a quanto ancora c’è da fare per costruire una società dove l'odio non abbia più diritto di cittadinanza e dove il rispetto per l'individualità di ciascuno non debba rappresentare un rischio bensì un diritto fondamentale che va, incondizionatamente e senza alcuna riserva, riconosciuto a tutti. È questo lo spirito che deve animare l'azione dei Paesi contro il terrorismo islamico ma anche contro l'ignoranza ed il pregiudizio e contro tutte le forme d'intolleranza e di violenza legate all'orientamento religioso, sessuale e culturale.
  Ci stringiamo attorno al popolo americano e ai familiari delle tante vittime. La Presidente della Camera ha già provveduto a trasmettere al Presidente della Camera dei rappresentanti, Paul Ryan, le condoglianze sue e dell'intera Camera dei deputati. Invito l'Assemblea ad osservare un minuto di silenzio (L'Assemblea osserva un minuto di silenzio).
  Ha chiesto di parlare l'onorevole Andrea Romano. Ne ha facoltà.

  ANDREA ROMANO. Grazie, Presidente. La mano che ha sparato ad Orlando – lo sappiamo – è stata quella di Omar Mateen, un cittadino nato e cresciuto negli Stati Uniti, ma i fantasmi che hanno armato quella mano sono gli stessi che attraversano le nostre società europee, le nostre comunità, che solo all'apparenza sembrano al riparo dalle esplosioni di violenza che punteggiano purtroppo regolarmente gli Stati Uniti. Sono i fantasmi dell'omofobia, sono i fantasmi del fondamentalismo...

  PRESIDENTE. Colleghi, gentilmente, per favore. Prego.

  ANDREA ROMANO. La ringrazio, Presidente. Sono i fantasmi dell'intolleranza e sono gli stessi fantasmi che hanno assassinato, pochi giorni fa, Jo Cox, la nostra collega britannica, uccisa solo perché si batteva, pacatamente, per le idee in cui credeva. Quei fantasmi hanno un elemento in comune e lei, Presidente, lo ricordava: l'odio come strumento di demonizzazione dell'avversario, del diverso e dell'altro, l'odio come affermazione di sé e come devastazione dell'altro, l'odio, cari colleghi, che non è qualcosa che non ci appartenga e da cui non siamo contaminati e anche coloro che siedono in quest'Aula – lo sappiamo – ne sono costantemente sfiorati. A volte questo utilizzo, l'utilizzo dell'odio, sembra essere solo virtuale, confinato sui cosiddetti social, ma anche la strage di Orlando, con la sua storia, ci dice che, per l'ennesima volta, l'odio non può rimanere confinato per sempre dentro lo spazio virtuale; spesso c’è qualcuno, come è accaduto a Orlando e come è accaduto in Gran Bretagna pochi giorni fa, che si incarica di trasferirlo dal virtuale al reale. Per questo, mentre ricordiamo le 50 vittime della strage omofoba e islamista di Orlando, guardiamo anche dentro noi stessi e dentro le nostre comunità politiche per identificare e prevenire l'utilizzo devastante dello strumento dell'odio (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Colleghi, voglio avvisarvi che, dopo questi interventi per la commemorazione, abbiamo altri voti. Quindi, solo perché voi siate informati.
  Ha chiesto di parlare l'onorevole Tofalo. Ne ha facoltà.

  ANGELO TOFALO. Grazie Presidente. Il MoVimento 5 Stelle si stringe con grande dolore intorno ai familiari delle vittime di Orlando, ben 49 persone che, con 53 feriti, rende questa la più grande sparatoria di massa nella storia degli Stati Uniti d'America e allo stesso tempo l'evento terroristico con più morti dopo l'11 settembre 2001. Spesso ci siamo chiesti, anche in queste Aule, se armare un popolo è la soluzione per garantire la sicurezza dei singoli cittadini. Obama, all'indomani della strage, disse di voler limitare da subito l'uso delle armi, ma evidentemente l'amore per le stesse negli States, nonostante la lunga serie ininterrotta di stragi, compresa questa, ha fatto sì che proprio Pag. 73qualche ora fa il Congresso rigettasse tutte le proposte fatte: la possibilità di negare l'acquisto a persone attenzionate dall'FBI, a persone con infermità mentale, di aspettare un tempo di 72 ore tra acquisto e consegna dell'arma. Nulla, non è stato approvato nulla. E pensare che, per ogni statunitense morto nel mondo in attacchi terroristici, ne sono stati uccisi più di mille negli Stati Uniti con armi da fuoco. Questo è il dato che emerge dal confronto tra il numero di vittime della sparatoria e quella del terrorismo nel solo decennio 2004-2013. Pur essendo tutti noi convinti del fatto che alla base di questo gesto ci sia una scioccante forma di razzismo, di integralismo religioso e soprattutto morale, pur avendo contezza che prevedere le mosse dei combattenti di una guerra ancora fortemente asimmetrica sia pressoché quasi impossibile, se vogliamo essere completi nelle nostre valutazioni dobbiamo cercare necessariamente le responsabilità politiche, economiche e morali dell'Occidente. Qualcuno ha dipinto questo episodio solo come un semplice atto terroristico, pochi, ma il killer aveva esternato anche chiare posizioni anti-gay. È stato anche un atto omofobo derivante da un sentimento d'odio nei confronti di persone con un orientamento sessuale diverso e non si può assolutamente restare indifferenti a questo. Ho sempre avuto grande rispetto per la sovranità dei popoli; è nel diritto di ogni comunità scegliere le leggi che devono regolamentare la vita di un Paese, ma non riuscirò mai a valutare la vendita sconsiderata, imprevidente ed impulsiva di armi come elemento culturale da preservare in una società moderna. E concludo, Presidente, dicendo che speriamo fortemente che da questo tragico momento germogli una nuova concezione in tema di armi civili che tolga il sorriso alle potenti lobby delle armi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Prestigiacomo. Ne ha facoltà.

  STEFANIA PRESTIGIACOMO. Grazie Presidente. Le vittime di Orlando rappresentano per l'Occidente un nuovo tassello nella sanguinosissima guerra culturale che lo Stato Islamico ha intrapreso contro l'Occidente. La strage, avvenuta nella discoteca di Orlando, ci ha lasciato senza parole. Abbiamo avuto un'ulteriore conferma che il fanatismo religioso e ora omofobo non conosce limiti. Le vittime di quella tragica notte rappresentano l'odio religioso che l'islamismo cova nei confronti dell'Occidente e di tutte quelle espressioni di libertà individuale che vanno contro la legge coranica. La sfida più grande sarà quella di isolare il terrorismo e i suoi interpreti. Le vittime di Orlando saranno con noi in questa difficile sfida. Il loro sacrificio serva da monito a chi legifera nella tutela dei diritti civili e umani in maniera trasversale. La nota dolente è che la maggior parte delle vittime di questa violenza terroristica sono giovani ragazzi, gli stessi che più di tutti oggi hanno il difficile compito di trovare la forza per affermare i principi di libertà e democrazia. Al popolo americano, alle famiglie delle vittime e ai feriti, martiri della nostra libertà, vanno la più totale vicinanza e solidarietà (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Piras. Ne ha facoltà.

  MICHELE PIRAS. Presidente e colleghi, l'omofobia non è un'opinione; l'omofobia è pregiudizio, intolleranza, ignoranza, odio ed infine può essere e tanto spesso diviene violenza, bullismo, assassinio e strage. E l'omofobia, colleghi, non è patrimonio esclusivo di nessuna cultura o religione; semmai le attraversa tutte e le sporca di paure ancestrali e rancore, perché se ancora oggi negli Stati Uniti o anche in diversi Paesi europei gli omosessuali sono discriminati nella possibilità di donare il sangue un problema c’è, esiste ed è enorme. Infatti, se a Orlando è un fanatico islamico ad aver imbracciato un fucile semiautomatico, a Decimoputzu nella mia Sardegna è un sacerdote cattolico ad invocare la morte di tutti gli omosessuali e Pag. 74a girare armato per le strade del paese. Al Pulse di Orlando, nella notte tra l'11 e il 12 giugno, sono morte 49 persone e altre 53 sono state ferite. Sono stati uccisi e feriti ragazzi e ragazze che non facevano del male a nessuno, che cercavano amore, baci, carezze, calore umano, musica e felicità.
  Qualcuno mi spieghi, allora, come si può odiare la felicità altrui, come si può pensare di ingabbiarla, soffocarla, reprimerla, nasconderla e ucciderla. E noi non siamo assolti dalla professione di fede di Omar Mateen, né lo siamo dal suo squilibrio mentale. Non lo siamo se nel nostro Parlamento c’è chi ha sostenuto e pensato che se non si baciassero in pubblico certe cose non succederebbero, se c’è, insomma, chi fornisce attenuanti o giustificazioni alla violenza omofoba. Non siamo assolti se c’è chi ha insabbiato la legge contro l'omofobia, se c’è chi ha sollevato una barriera di insulti e pregiudizi contro i matrimoni gay, contro le adozioni, contro le libertà di ciascuno di amare chi vuole. Non siamo assolti se c’è chi armerebbe ogni privato cittadino per farsi giustizia da solo dei torti subiti, siano essi veri o presunti o potenziali. Il combinato disposto fra armi e odio è il fondamento di ogni possibile strage come quella di Orlando. E noi questa logica continueremo a combatterla, così come continueremo a combattere la nostra battaglia culturale, politica e sociale per i diritti di tutti e di tutte, casa per casa, strada per strada e piazza per piazza (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana – Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pizzolante. Ne ha facoltà.

  SERGIO PIZZOLANTE. Grazie Presidente, esprimo cordoglio per le famiglie delle vittime. Noi ci troviamo ancora una volta di fronte ad un fenomeno nuovo: cittadini di un Paese e di una comunità che uccidono cittadini dello stesso Paese e della stessa comunità, negli Stati Uniti, in Francia, in Belgio, in Inghilterra. Sono cittadini di quelle comunità che hanno fatto una scelta radicale, che hanno una visione della religione e in questo caso dell'Islam radicale e violenta e si nutrono attraverso violenza che si nutre attraverso una diffusione di messaggi, di idee, di fobie attraverso la rete. C’è stato uno studioso egiziano che più di dieci anni fa ci avvisò che l'Islam più radicale si sarebbe diffuso in Occidente attraverso la rete. Crea criminali dentro gli stessi Paesi, che uccidono i propri fratelli. Bisognerà prima o poi interrogarci su come funziona questo fenomeno e come la rete alimenta questo fenomeno. Nella rete si diffonde l'odio, si impara ad uccidere, si impara a fabbricare le armi. Le regole che vigono dentro il mondo reale non funzionano dentro il mondo virtuale. È un fenomeno, è una nuova sfida che l'Occidente ha di fronte, verso la quale prima o poi occorrerà fare una riflessione e cercare di porre rimedio (Applausi dei deputati del gruppo Area Popolare (NCD-UDC)).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Galgano. Ne ha facoltà.

  ADRIANA GALGANO. Grazie Presidente. Onorevoli colleghi, i nostri pensieri sono con le vittime, con le loro famiglie, con tutti coloro che hanno dovuto subire questa orrenda violenza e con tutti coloro che hanno messo a repentaglio la loro vita per salvare gli ostaggi. Esprimiamo la nostra vicinanza e la nostra solidarietà alla comunità LGBT perché questo odioso crimine ha avuto come obiettivo soprattutto la loro comunità. Come quelli che lo hanno preceduto, così l'attacco di Orlando è stato anche contro ognuno di noi, contro i valori e le libertà che l'Occidente ha conquistato a prezzo di enormi sacrifici nel corso dei secoli: la libertà come possibilità di essere, la libertà di esprimere le proprie opinioni, la libertà di scegliere chi si ama, la libertà di riunirsi, di viaggiare, di ascoltare musica, di passare serenamente il tempo libero con gli amici. Libertà che oggi sono minacciate dai focolai di odio insensato che arruola lupi solitari dappertutto, nati nel nostro mondo e qualche volta europei da generazioni. Per Pag. 75sconfiggere i lupi solitari, colleghi, dobbiamo raddoppiare i nostri sforzi nell'integrazione, nel dialogo interreligioso e interculturale, ma senza arretrare rispetto ai nostri valori e alle nostre libertà; ma, anzi, con la consapevolezza che, attraverso di essi, arriveremo a un mondo migliore, dove la nazionalità e il credo di ciascuno di noi saranno semplicemente rappresentati dalla nostra umanità (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Rondini. Ne ha facoltà.

  MARCO RONDINI. Grazie, Presidente. Ci uniamo al cordoglio, che doverosamente deve essere manifestato ai familiari delle vittime, ma abbiamo, altresì, il dovere, perché questo cordoglio non si risolva in un mero esercizio di retorica, di porci delle domande. Vedete, noi riteniamo che quando qualcuno, prima di parlare e di agire, si domanda se è conforme al Corano, a ciò che ha detto e ha fatto Maometto, ci troviamo di fronte a qualcuno che mette in soffitta la ragione. È questo il caso dell'omicida di Orlando, residente in Florida, cittadino statunitense di origini afgane. Questo fatto dovrebbe indurci, ancora una volta, ad interrogarci sulla reale possibilità di garantire un processo di integrazione di chi si riferisce all'Islam. Siamo di fronte, ancora una volta, ad un immigrato di seconda generazione – è il caso di tanti altri terroristi, che hanno insanguinato le strade d'Europa –, a un cittadino che è un cittadino americano, che rifiuta la realtà che lo circonda, il contesto in cui è inserito, nel quale assolutamente non si riconosce. Questo rifiuto si trasforma in furia omicida.
  Questi fatti evidenziano la specificità dell'Islam come ideologia incompatibile, spesso, con le nostre leggi, con le regole su cui si fonda la civile convivenza, su quei valori che sostanziano la nostra civiltà, a partire dalla sacralità della vita. Se non avremo il coraggio di riconoscere il pericolo insito nell'Islam e nel Corano, proseguiremo ad ingannarci e tradiremo la memoria dei morti uccisi da quella furia omicida che nel Corano e nell'Islam trova la propria ragione.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Santerini. Ne ha facoltà.

  MILENA SANTERINI. Grazie, Presidente. Ci fermiamo, toccati, partecipi di questa ennesima strage dell'odio, che ha colpito tante giovani vite a Orlando, in un luogo di divertimento, in un'America invasa di armi alla portata di tutti. Non è la prima volta, potrebbe non essere l'ultima, ma noi non possiamo permetterci di abituarci. Infatti, possiamo e dobbiamo contrastare il discorso d'odio, la violenza razzista, la violenza omofobica, come possiamo e dobbiamo lottare contro l'antisemitismo, l'islamofobia, l'antigitanismo. Sì, perché l'odio ha tante forme e quello che non possiamo permetterci è stabilire una graduatoria tra i gruppi, ricordarne uno più di altri o fare una concorrenza tra le vittime. Infatti, mentre ricordiamo i giovani innocenti della comunità gay di Orlando, pensiamo a Utoya, in Norvegia, nel 2011, dove Breivik ha ucciso 69 ragazzi che credevano in un mondo fatto di differenze, le stragi di Parigi, di Bruxelles, quelle di Ankara, del Libano, quelle tra sunniti e sciiti, gli attacchi alle sinagoghe, la strage in Kenya del 2015 (142 studenti nel campus cristiano), quelle di Boko Haram. Lo diciamo non per confondere situazioni molto diverse tra loro, ma per dire che l'odio non si combatte con l'odio, solo, però, con il rispetto dei diritti di tutti, senza alcuna speculazione, cominciando, da noi, ad eliminare l'odio dai discorsi politici, contrastando la normalizzazione della violenza, combattendo l’hate speech in rete e ovunque.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Rizzetto. Ne ha facoltà.

  WALTER RIZZETTO. Grazie, Presidente. Pochi secondi per esprimere, a nome del nostro gruppo, l'assoluto cordoglio rispetto ad una delle più gravi stragi Pag. 76a cui abbiamo assistito negli ultimi anni. Presidente, in seno a quella strage, di fatto, l'intolleranza si è trasformata in odio, in odio puro, in odio vero, in odio spietato. Presidente, questa, secondo me, è una strage dettata non dalla politica interna americana, o non soltanto dalla politica interna americana, ma dalla visione di una frangia estrema, in questo caso, dell'Islam, se è vero che colui che si è reso attore principale di questa strage si è dichiarato «soldato islamico», di un Islam che, purtroppo, è diventato e sta diventando sempre più violento, sempre più omofobo, sempre più razzista, sempre più antisemita, anche nei confronti delle persone che lo frequentano.
  A questo punto, la minaccia dello Stato islamico è un qualcosa che va – e abbiamo perfetta riprova rispetto a quanto dico – al di fuori di quelli che sono gli ambiti del cosiddetto Califfato e che invade, di fatto, tutto quello che può essere considerato il mondo civile, la nostra storia, la nostra cultura e, soprattutto, le tradizioni e i valori che ci contraddistinguono. È irrilevante, a questo punto, per me, andare a registrare il fatto che queste povere vittime fossero vittime che facevano parte di una comunità gay o che sia, di fatto, opera di un pazzo scatenato, che ha aperto il fuoco contro centinaia di persone e facendo più di cinquanta morti, se non ricordo male. Lo Stato islamico, in questo caso, rivendica, anche attraverso i cosiddetti social network – ho sentito citarli prima –, quella che per loro diventa una vittoria – lo rinnovo – nei confronti della civiltà, nei confronti della libertà e nei confronti di persone libere, che, di fatto, dovrebbero – uso purtroppo il condizionale – essere legittimate a fare un po’ come vogliono, ma in questo caso, purtroppo, non è accaduto.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Palese. Ne ha facoltà.

  ROCCO PALESE. Grazie, Presidente. Esprimo ferma condanna per la tragedia di Orlando: una grande tragedia provocata dall'odio e dalla mano di uno squilibrato, sicuramente di un assassino. Sono stati colpiti valori fondamentali, come la libertà, valori che riguardano la sfera dei diritti individuali. Ha vinto l'odio, non c’è dubbio; un odio che bisogna fermare ad ogni costo. Bisognerebbe veramente che quasi tutto il mondo occidentale si fermasse, bisognerebbe riflettere su come l'Occidente si deve attrezzare per contrastare simili violenze. Esprimiamo la nostra solidarietà al popolo americano, alle famiglie delle vittime e dei molti feriti. L'auspicio è che i cinquanta morti di Orlando servano veramente a far sì che tragedie del genere non accadano più e non si ripetano.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Lainati. Ne ha facoltà.

  GIORGIO LAINATI. Grazie, signor Presidente. Mi associo alle sue sentite e belle parole e a quelle dei colleghi che mi hanno preceduto. Mi trovavo negli Stati Uniti proprio in quelle ore della strage di Orlando e posso portare la mia testimonianza diretta su quanto a New York ci sia stato uno shock per quello che era avvenuto in Florida. Ma questo shock, purtroppo, è più una condizione emotiva, che non risolve, come dicevano alcuni dei colleghi che mi hanno preceduto nel ricordarla, la questione della vendita delle armi e della loro diffusione così facile, che provoca queste drammatiche conseguenze. Quindi, da una parte, c’è una grande sensibilità sui diritti civili, sui diritti umani, ma, dall'altra parte, c’è l'incapacità di impedire questa vendita e questa diffusione delle armi anche agli squilibrati o agli estremisti completamente folli. Allora, signor Presidente, è importante, come lei ha avuto modo di dire, salvaguardare i valori della democrazia e di quei Paesi che rispettano i diritti delle comunità, a partire da quella gay americana. Mi sembra molto importante il messaggio che lei ha letto, anche nei confronti del Presidente della Camera dei rappresentanti, e noi ci associamo alle sue parole e a quelle di chi mi ha preceduto.

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  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Locatelli. Ne ha facoltà.

  PIA ELDA LOCATELLI. Signor Presidente, a distanza di dieci giorni dalla strage di Orlando, ancora non è chiaro il movente che ha portato Omar Mateen, il ventinovenne americano di origine afgana, a sparare all'impazzata in una discoteca LGBT di Orlando, provocando la morte di 49 persone e il ferimento di altre 53. Che si tratti di azione di matrice terroristica o dell'opera di un folle, eccitato dal clima di fobia, xeno o omo, come pare più probabile, poco cambia. Sono stati ammazzati e feriti tanti e tante giovani perché erano in un locale gay, perché erano gay. E cambia poco sapere se lo stesso omicida fosse o meno omosessuale. Quello che è certo è che, in un clima di esasperazione fobica e, insieme, esasperazione politica, l'accesso facile alle armi, invocato ora anche nel nostro Paese, aprendo le porte ad una sorta di giustizia fai da te, può provocare tragedie come queste. Non è la prima volta che accade negli Stati Uniti e temiamo che non sia nemmeno l'ultima. Se poi, alla possibilità di detenere un'arma per difendersi, si aggiungono le campagne d'odio, gli inviti alla violenza e l'emulazione del terrorismo islamista organizzato, il risultato sono i morti ed i feriti di Orlando. L'intolleranza, l'omofobia alimentano sempre odio e violenza, negli Stati Uniti come altrove: pensiamoci, quando qualcuno vi ricorre per raccogliere consenso o acchiappare qualche voto in più. Pensiamoci, quando facciamo o ascoltiamo fare senza reagire le solite vecchie battute sulle persone omosessuali. Pensiamoci, quando ci rifiutiamo di riconoscere pari diritti alle persone omosessuali. E pensiamoci anche noi in Parlamento, noi che non siamo ancora riusciti ad approvare una legge contro l'omofobia: una legge lieve, di certo non entusiasmante, che giace in Senato da oltre due anni.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Marzano. Ne ha facoltà.

  MICHELA MARZANO. Signor Presidente, è stato già detto da lei, da molti colleghi: si è trattato di una strage, una strage terribile, in cui sono morte 49 persone e una cinquantina sono state ferite solo perché gay, lesbiche e trans. È stato detto: si è trattato di un atto di odio; è stato detto: si è trattato di un atto di terrore legato al fanatismo religioso e legato al fanatismo omo-transfobico. È stato anche accennato, ma va ribadito e va ribadito con forza: la strage di Orlando è stata anche e soprattutto un crimine contro l'umanità, e non una strage rivolta semplicemente contro gli altri, contro i diversi, contro persone non direttamente legate a noi proprio perché differenti e diverse. Signor Presidente, i diritti delle persone LGBT sono dei diritti umani, e la violazione dei diritti delle persone LGBT è una violazione dei diritti umani. Queste 49 vittime non possono essere trattate e considerate come altro rispetto a noi: basta immaginare che si tratti di una tragedia che riguarda loro, che riguarda gli altri, che riguarda solo la comunità e le comunità LGBT; questa tragedia ci riguarda tutte e tutti, perché sono i nostri fratelli, le nostre sorelle, i nostri figli, i nostri amici ad essere stati massacrati perché omosessuali, perché gay, perché trans, ma sono stati massacrati in fondo perché diversi. Chi odia le persone LGBT odia le differenze, odia le alterità e, signor Presidente e signori colleghi, in realtà, onorevoli colleghi, onorevoli colleghe, le differenze ci caratterizzano tutti: chi odia gli altri odia noi. Condannare queste stragi significa condannare l'odio nei confronti delle differenze, e significa anche proclamare la dignità di tutti e tutte, indipendentemente da ciò che siamo.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Andrea Maestri. Ne ha facoltà.

  ANDREA MAESTRI. Signor Presidente, abbracciamo le vittime innocenti di Orlando, quelle che sono morte e quelle che, rimaste ferite, porteranno per sempre i segni di questa tragedia; ma questa non può e non deve essere un'occasione per erigere nuovi muri di intolleranza, di odio e di discriminazione. Chi addita la religione Pag. 78islamica, anche in quest'Aula oggi, sbaglia, e aggiunge mattoni a quei muri: muri sempre più alti e invalicabili, muri sbagliati. Noi vogliamo che sia un momento per parlare di eguaglianza, di tolleranza, di amore, per dire «mai più violenza», ma anche per assumere un impegno di comune militanza per i diritti civili di tutti: allora sì che il ricordo delle vittime innocenti di Orlando non sarà stato solo un esercizio rituale.

Seguito della discussione delle mozioni Mazziotti Di Celso ed altri n. 1-01234, Simone Valente ed altri n. 1-01267, Pannarale ed altri n. 1-01282, Palese e Pisicchio n. 1-01300 e Borghesi ed altri n. 1-01302 concernenti l'affidamento di servizi nel settore dei beni culturali, con particolare riferimento allo svolgimento di procedure di gara (ore 19,05).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Mazziotti Di Celso ed altri n. 1-01234, Simone Valente ed altri n. 1-01267, Pannarale ed altri n. 1-01282, Palese e Pisicchio n. 1-01300 e Borghesi ed altri n. 1-01302 concernenti l'affidamento di servizi nel settore dei beni culturali, con particolare riferimento allo svolgimento di procedure di gara (Vedi l'allegato A – Mozioni).
  Ricordo che nella seduta del 13 giugno 2016 si è conclusa la discussione sulle linee generali.
  Avverto che in data odierna sono state presentate le mozioni Baradello ed altri n. 1-01304, Buttiglione e Bosco n. 1-01305, Manzi ed altri n. 1-01306, Secco e Occhiuto n. 1-01307 e Rampelli ed altri n. 1-01308. I relativi testi sono in distribuzione (Vedi l'allegato A – Mozioni).

(Intervento e parere del Governo)

  PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sulle mozioni all'ordine del giorno.

  ANTIMO CESARO, Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali e il turismo. Presidente, arrivo ad esprimere immediatamente i pareri sulle diverse mozioni presentate; per qualcuna arrivata da ultimo, esprimerò poi il parere subito a seguire.
  Sulla mozione Mazziotti Di Celso ed altri n. 1-01234, parere favorevole ad eccezione di: lettera «a) previsione di gare distinte per i diversi servizi aggiuntivi, in modo da assicurare quanto più possibile la specializzazione, la qualità e l'economicità del soggetto privato prescelto per ciascun servizio»...

  PRESIDENTE. Basta che mi dice la lettera, sottosegretario, senza bisogno di rileggerla.

  ANTIMO CESARO, Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali e il turismo. Poi, la lettera b); quindi lettera a) e lettera b), il parere è contrario.

  PRESIDENTE. Sulle altre il parere è favorevole ? Sulla lettera c) e sulle altre ?

  ANTIMO CESARO, Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali e il turismo. Sulla lettera c), limitazione del ricorso, il parere è contrario.

  PRESIDENTE. Quindi sulla lettera c) è contrario ?

  ANTIMO CESARO, Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali e il turismo. Sì.
  Sulla mozione Simone Valente ed altri n. 1-01267 il parere è favorevole, ad eccezione di «ad assumere iniziative per procedere all'internalizzazione di tutti i servizi museali aggiuntivi»...

  PRESIDENTE. Quindi al primo capoverso ?

  ANTIMO CESARO, Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali e il turismo. Sì. Io devo avere poi le due cose comparate, quindi se lei preferisce in questo modo...

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  PRESIDENTE. Non si preoccupi, l'importante è che siamo in grado di indicare ai colleghi quali sono i capoversi.

  ANTIMO CESARO, Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali e il turismo. Fino a «funzione di valorizzazione», su cui il parere è contrario.

  PRESIDENTE. Sta bene.

  ANTIMO CESARO, Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali e il turismo. Sulla mozione Pannarale ed altri n. 1-01282, parere favorevole ad eccezione da «prevedendo» a «la durata di sei anni», su cui il parere è contrario.

  PRESIDENTE. Mi deve dire il numero di capoverso, sottosegretario. Purtroppo...

  ANTIMO CESARO, Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali e il turismo. Lo so. Allora un attimo solo... Presidente, io credo che leggendo facciamo prima, perché è una paginetta.

  PRESIDENTE. No, dobbiamo trovarlo noi qui. Forse sa cosa possiamo fare, e facciamo prima ? Perché gli uffici hanno bisogno di seguirla, capisce, sottosegretario. Allora, stiamo facendo riferimento adesso al secondo capoverso ?

  ANTIMO CESARO, Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali e il turismo. Un attimo che la prendo.

  PRESIDENTE. Va bene, facciamo una cosa, signor sottosegretario: sospendiamo cinque minuti la seduta, che riprenderà alle 19,15.
  La seduta è sospesa.

  La seduta, sospesa alle 19,10, è ripresa alle 19,25.

  PRESIDENTE. Diamo la parola al sottosegretario Antimo Cesaro.

  ANTIMO CESARO, Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali e il turismo. Grazie, Presidente. Prima di continuare con l'espressione dei pareri, anche per facilitare e spiegare meglio alcune espressioni dei pareri stessi e per essere più facilmente compreso dai colleghi che mi hanno sollevato alcune osservazioni, mi permetterò di fare alcune considerazioni di carattere generale che si armonizzano con l'espressione dei pareri. Dunque le mozioni richiamate in oggetto, sul presupposto che le procedure di affidamento di concessione dei servizi per il pubblico presso gli istituti e i luoghi della cultura statali sono state negli anni caratterizzate da numerose criticità, impegnano il Governo su una serie di azioni relative ai prossimi bandi di gara e alla gestione dei servizi aggiuntivi presso gli istituti culturali pubblici. In particolare nelle mozioni qui in discussione si chiede: di accelerare e concludere nel più breve tempo possibile le procedure di gara per la gestione dei servizi aggiuntivi, soprattutto quelle nei principali musei o, invece, di internalizzare tutti i servizi aggiuntivi individuando un modello organizzativo e gestionale efficiente ed efficace come nel caso della mozione del collega Simone Valente oppure di prevedere o di limitare, come nella mozione Mazziotti Di Celso, il ricorso ad affidamenti a società in house come ALES. In altre mozioni si chiede al Governo di adoperarsi affinché ALES costituisca la divisione per la gestione dei servizi aggiuntivi o, ancora, di prevedere bandi di gara per singoli servizi aggiuntivi; di procedere in particolare a quella per la biglietteria unica on line; di assicurare la massima trasparenza e pubblicità dei bandi di gara; di prevedere l'inserimento in essi della clausola sociale; di prevedere che la durata delle concessioni non sia superiore a sei anni; di rivedere la disciplina delle prestazioni in conto terzi. Per quanto riguarda la serie di tematiche riferite ai nuovi bandi di gara vorrei precisare che essi saranno predisposti da Consip SpA, società del Ministero dell'economia che svolge attività di consulenza, assistenza e supporto nell'ambito degli acquisti di beni e servizi delle amministrazioni pubbliche. Con la Consip il Ministero Pag. 80ha stipulato, a dicembre 2015, un accordo che prevede il supporto di Consip al Ministero quale centrale di committenza per l'acquisizione di servizi e per lo svolgimento delle procedure per l'affidamento delle concessioni di servizi di assistenza culturale e ospitalità al pubblico. Tali procedure di affidamento si basano sui progetti di valorizzazione e gestione dei siti che devono essere predisposti dagli istituti autonomi e dai poli museali regionali. Tali progetti definiscono gli obiettivi in tema di valorizzazione, assicurando così l'efficienza della gestione. Le strutture del Ministero stanno ultimando la redazione di tali documenti ed hanno avviato dirette interlocuzioni con Consip per la predisposizione della documentazione necessaria per bandire le gare. Al riguardo è opportuno rilevare che, nell'ambito della generale strategia per il rilancio delle procedure di affidamento di concessione dei servizi per il pubblico presso gli istituti e i luoghi della cultura statali, la scelta relativa al numero di procedure di gara da svolgere per ciascun sito non può che essere demandata alla scelta tecnico-discrezionale – diremo – dal basso dei singoli direttori dei musei e dei poli museali in relazione alla specificità dei siti secondo criteri di efficienza e di efficacia della gestione, costituendo tale scelta un aspetto non secondario della stessa progettazione dei servizi culturali e di accoglienza del pubblico, costituente un elemento essenziale della missione istituzionale di tali organi periferici del Ministero. Sarà pertanto possibile, con procedure trasparenti, coinvolgere i principali operatori nazionali e internazionali e ottenere un'elevata qualità dei servizi e contestualmente condizioni ottimali anche in termini di profitto per l'amministrazione...

  PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Cesaro.

  ANTIMO CESARO, Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali e il turismo. Fatte queste premesse, spero in questa maniera di essere stato più chiaro nell'espressione dei pareri che talvolta possono apparire poco...

  PRESIDENTE. Ora passiamo ai pareri, onorevole sottosegretario.

  ANTIMO CESARO, Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali e il turismo.. .. rispettosi del lavoro delle mozioni fatte. Riprendiamo dall'espressione dei pareri con la mozione Pannarale ed altri n. 1-01282 sulla quale il Governo esprime parere favorevole, tranne sulla locuzione del secondo capoverso dalla parola «prevedendo» alla parola «turismo», sulla quale il Governo esprime parere contrario.
  Allo stesso modo il parere è contrario sul sesto capoverso dalle parole «anche attraverso» fino a «servizi aggiuntivi». Inoltre il Governo esprime parere contrario sul settimo e sull'ottavo capoverso. Per quanto riguarda la mozione Palese ed altri n. 1-01300 il Governo esprime parere favorevole tranne sul terzo capoverso del dispositivo sul quale il Governo esprime parere contrario.
  Il Governo esprime parere favorevole sulla mozione Borghesi ed altri n.1-01302 tranne sul terzo, il quarto e il quinto del dispositivo sui quali il parere è contrario.
  Il Governo esprime parere favorevole sulla mozione Baradello ed altri n. 1-01304 tranne sulla lettera a) del secondo capoverso del dispositivo sulla quale il parere è contrario.
  Il Governo esprime parere favorevole sulla mozione Buttiglione ed altri n. 1-01305 tranne che per il terzo capoverso del dispositivo sul quale il parere è contrario.
  Il Governo esprime parere favorevole sulla mozione Manzi n. 1-01306.
  Il Governo esprime parere favorevole sulla mozione Secco ed Occhiuto n. 1-01307 tranne sul secondo capoverso del dispositivo e sul quinto capoverso del dispositivo.
  Infine per la mozione Rampelli ed altri il parere del Governo è favorevole solo sul primo capoverso del dispositivo mentre è contrario per il secondo, il terzo e il quarto capoverso del dispositivo.

  PRESIDENTE. Meraviglioso.

Pag. 81

(Dichiarazioni di voto)

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lainati. Ne ha facoltà. Non lo vedo in aula, quindi si intende che vi abbia rinunciato.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rampelli. Ne ha facoltà.

  FABIO RAMPELLI. Grazie, Presidente. Intervengo brevemente per lasciare agli atti alcune riflessioni da parte di Fratelli d'Italia su una materia che comunque è particolarmente importante nella misura in cui ha anche contraddistinto una quota parte del dibattito di questa campagna elettorale. Noi riteniamo necessario trasformare l'antico slogan che ormai da decenni abbiamo potuto percepire e utilizzato anche a sproposito da partiti e gruppi parlamentari sulla messa a reddito del patrimonio culturale italiano: ciò significa utilizzare davvero questo patrimonio come un valore aggiunto, come una ricchezza, forse come la principale ricchezza della nostra nazione. La possibilità di utilizzare questo patrimonio e di metterlo a reddito, di farlo diventare un volano ineguagliabile con tutto l'indotto che si porta dietro dipende senz'altro anche dalla capacità di applicazione di quanto previsto sia dal decreto-legge n. 433 del 1992 sia dal cosiddetto codice dei beni culturali di più recente approvazione, perché ragioniamo dell'anno di grazia 2004. Lì abbiamo avuto la possibilità di cimentarci in una sorta di equilibrio di gestione dei beni culturali tra pubblico e privato, mantenendo chiaro il principio della proprietà eternamente pubblica dei beni culturali e monumentali e della possibilità, invece, di una gestione privata. Dopo che abbiamo di fatto approvato queste linee guida, chiamiamole impropriamente così, che cosa è accaduto ? In diverse parti d'Italia con maggiore rilevanza per la Campania, l'Emilia-Romagna ed il Lazio alcuni importanti siti monumentali sono stati – e tuttora vengono gestiti – in regime di prorogatio – come nel caso del Colosseo a Roma, quindi del principale monumento, non solo della capitale d'Italia, ma del monumento maggiormente conosciuto in tutto il mondo – che è durata la bellezza di tredici anni, quindi c’è stata una sola gara, nel 1997 nella fattispecie, e poi successivi rinnovi. Noi, da questo punto di vista, ci siamo impegnati, Fratelli d'Italia ha presentato un question time e il Ministro ha risposto che aveva dato mandato affinché il Consip immediatamente mettesse a gara nuovamente la gestione dei servizi aggiuntivi, ma c’è anche una partita sulla bigliettazione che va stabilita. Non è accaduto assolutamente nulla e noi siamo qui a sollecitare il Governo affinché, sotto questo aspetto, si possa provvedere a una gestione trasparente laddove intervengono in maniera sussidiaria soggetti privati e anche affinché si possa valutare – ribadisco il fatto che non parliamo soltanto del Colosseo, ma di decine e decine di beni monumentali che vengono gestiti da privati – la reale convenienza in una gestione indiretta, perché la sussidiarietà e cioè la gestione dei privati in presenza di una proprietà pubblica ha un senso quando si parla di beni minori, o comunque di beni cin relazione ai quali lo Stato direttamente non ha né la capacità economica, né l'energia, né la concentrazione, né la capacità organizzativa di gestire in proprio e, a quel punto, chiama i privati a uno sforzo, a un investimento, produce un bando e assegna al progetto più conveniente la gestione dei servizi medesima. Un conto è farlo per i beni culturali minori, un conto è farlo per il Colosseo, laddove le decine e decine di milioni di euro che sono incassati potrebbero tranquillamente finire nelle tasche degli italiani e invece finiscono misteriosamente nelle casse di aziende private, spesso di cooperative, spesso di aziende e cooperative connotate politicamente e la connotazione è ancora più evidente quando per tredici anni – come nel caso richiamato – vengono effettuate delle proroghe, invece di tornare a bando con delle gare trasparenti.
  Quindi, noi siamo certamente per una competizione pubblico-privato, ma siamo Pag. 82prioritariamente per il principio secondo il quale, quando la gestione è conveniente per il pubblico, il pubblico deve scendere in campo e deve farlo in maniera diretta, perché ci guadagnano i cittadini e ci guadagna lo Stato. Questi sono gli elementi fondamentali che abbiamo trascritto all'interno della nostra mozione, con tutti gli accorgimenti relativi alle eccezioni che fin qui sono sopravvenute e che sono, per ragioni di trasparenza, a nostro giudizio, inaccettabili.
   Quindi, l'auspicio nella nostra mozione è che si proceda a passi veloci sulla strada della sussidiarietà, laddove è conveniente per lo Stato, che si possa procedere invece a una ridefinizione delle competenze, laddove lo Stato ne può trarre un beneficio, che si accerti sempre la trasparenza delle procedure e che si provveda al rinnovo dei bandi e quindi dell'assegnazione delle gestioni quando è trascorso troppo tempo.
   Infine, penso che sia davvero indispensabile andare a ridefinire anche le percentuali sulla gestione dei servizi aggiuntivi, così come sulla bigliettazione, quando ci si accorge che effettivamente c’è uno squilibrio in favore dei privati, a maggior ragione se questo squilibrio non è ancorato al merito o alla qualità dei servizi che vengono gestiti, ma dipende al 99,9 per cento dal bene culturale e dalla sua propria capacità di attrazione di turisti. Queste le linee che abbiamo potuto tracciare. Sono contento per ciò che è stato accolto della nostra mozione da parte del Governo, ma ritengo comunque che ci sia molto da lavorare perché, se a anni di distanza, le parole d'ordine maggiormente in voga sulla gestione dei beni culturali, si giunge in Aula non per formalizzare degli atti perentori e vincolanti, ma per fare l'ennesima vetrina di mozioni che, come tali, lasciano il tempo che trovano, significa che si sta lavorando, cioè che il Governo Renzi e il Ministro Franceschini stanno lavorando troppo lentamente e male, da questo punto di vista, lasciando inevase e senza risposta tutte le domande che abbiamo, fin dal principio di questa legislatura, posto ai Governi che si sono succeduti.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Baradello. Ne ha facoltà.

  MAURIZIO BARADELLO. Grazie, Presidente. Al di là delle tante parole e delle tante pagine che sono state scritte per queste mozioni, la sintesi è che vogliamo che vengano avviati questi provvedimenti da parte del Governo per fare in modo che il sistema culturale italiano, imponente com’è, funzioni; non vogliamo un sistema sovietico, vogliamo un sistema che sia anche adattato alle varie situazioni. Laddove funziona, ovviamente c’è poco da fare, ma dove non funziona bisogna agire e agire in fretta. È un ambito, come è ben chiaro, come veniva anche detto e come viene riportato, di vitale importanza per l'Italia perché non riveste solo aspetti limitati al tema culturale, ma anche al tema economico e al tema sociale e quindi deve funzionare con efficienza, deve mettersi in moto e portare i benefici che può portare. Chi deve guadagnare da questo patrimonio imponente, come dicevo, è il bene comune. In questo caso non sono termini astratti, ma sono termini molto culturali: il bene comune, il museo, lo scavo archeologico, la chiesa, il monumento, perché tutto questo porta beneficio poi per le persone. Le parole chiave che emergono dalle varie mozioni sono: esternalizzazione, turnover, nuovo contratto degli appalti, deficit pubblico e servizi integrati, servizi aggiuntivi, la concorrenza, CONSIP e Ales; va tutto bene, tutto questo va tenuto sotto controllo, ma noi crediamo che le parole chiave messe in fila sostanzialmente sono quattro e sono: modernizzazione del sistema culturale, efficienza e con l'efficienza deve arrivare la trasparenza e, da questo, arriva nuova occupazione.
   Noi abbiamo sottolineato alcuni aspetti nella parte in cui chiediamo che si impegni il Governo perché riteniamo che siano importanti e che siano anche una prospettiva verso il futuro, soprattutto riteniamo che su questo ci sia un lavoro da fare come sistema, come parti varie che possono essere coinvolte. Chiedevamo che Pag. 83ciascuno potesse intervenire anche in maniera distinta, questo il Governo ci ha detto che non va bene e vi invitiamo a valutare di nuovo questa opportunità perché ci sono delle capacità che viaggiano bene da sole e che messe nel mucchio funzionano un po’ meglio. Chiediamo una particolare attenzione all'innovazione in questi servizi; ci sono tantissime attività che possono essere messe in piedi con delle start-up che coinvolgano i giovani e che coinvolgano anche eventualmente, nella parte occupazionale, proprio quelle fasce in difficoltà – ne discutevamo qualche settimana fa in quest'Aula – di lavoratori maturi, cosiddetti disoccupati. Ovviamente raccomandiamo e chiediamo che ci siano tutti gli strumenti della trasparenza per far funzionare queste iniziative e che ci sia un reinvestimento degli utili a beneficio del bene culturale stesso perché questo genera sempre nuova economia. Infine, il tema Consip o Ales è il tema caldo di queste mozioni e l'invito è quello di fare in modo – ripeto – che ci sia la possibilità di scegliere qual è il miglior sistema per far funzionare i beni culturali a beneficio – ripeto – della popolazione e degli utenti (Applausi dei deputati del gruppo Democrazia Solidale-Centro Democratico).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

  STEFANO BORGHESI. Grazie, Presidente. Noi partiamo da una situazione che vede una mancata valorizzazione e manutenzione di tutto il nostro patrimonio e di conseguenza appunto un progressivo degrado di tutto il nostro patrimonio artistico. Il Ministro Franceschini già lo scorso anno aveva annunciato un programma per il completamento dell'organizzazione del Ministero da lui guidato che avrebbe dovuto prevedere misure trasparenti e accessibili al pubblico per lo svolgimento delle gare per l'affidamento dei servizi aggiuntivi dei musei. Questo programma era stato sviluppato insieme alla Consip e prevedeva tre linee di intervento per il rilancio appunto dell'offerta culturale e della qualità dei servizi museali italiani. Tuttavia, a distanza di un anno non risultano ancora espletate le gare per l'affidamento di tali servizi e ci terrei a sottolineare che i contratti in gestione dei servizi aggiuntivi dei beni culturali risultano quasi tutti scaduti dal 2009 e prorogati contro ogni norma nazionale ed europea sulla concorrenza, tant’è che anche l'Autorità garante della concorrenza e del mercato dell'Unione europea ha espresso una severa critica in merito. Sottolineo anche il fatto che il mancato svolgimento delle gare e la gestione dei servizi in oligopolio e in regime di proroga delle concessioni creano enormi danni economici alle casse dello Stato e, quindi, a tutta la collettività.
  Dunque, siamo partiti da questa situazione che sicuramente non è buona. Con la nostra mozione avevamo chiesto al Governo di procedere con la massima urgenza ad indire le gare d'appalto per la gestione dei servizi museali e ad abbandonare definitivamente la prassi delle continue proroghe delle concessioni alla scadenza dei contratti di gestione degli appalti dei servizi nei poli museali e queste prime due nostre richieste hanno ricevuto il parere favorevole del Governo. Non riusciamo a capire come mai vi sia stato parere contrario sulle altre richieste che sono presenti nella nostra mozione e che ci sembrano sacrosante, ossia quella di inserire online nel sito del Ministero le convenzioni con i privati per la gestione dei servizi aggiuntivi, allo scopo di garantire il diritto dei cittadini di essere pienamente informati, e di inserire online, sempre sul sito del Ministero, la rendicontazione annua delle spese dei servizi aggiuntivi eventualmente affidati direttamente ad Ales, così come quella di riferire annualmente al Parlamento sulle convenzioni in essere per la gestione dei servizi aggiuntivi...

  PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Borghesi. Onorevole Palese. Prego.

  STEFANO BORGHESI. ... così come, dicevo, quella di riferire annualmente al Pag. 84Parlamento sulle convenzioni in essere per la gestione dei servizi aggiuntivi museali e i servizi di biglietteria, le gare espletate e i servizi eventualmente affidati direttamente ad Ales. Tali richieste non sono state accolte e quindi, con il parere contrario su queste ultime tre richieste, noi prendiamo atto che il Governo predica una trasparenza che nei fatti poi non c’è, perché esprimendo parere negativo su tre punti che sono assolutamente sacrosanti il Governo dimostra, a nostro modo di vedere, una non volontà di procedere con la trasparenza così tanto millantata da Renzi e dal Ministro.
  Quindi, ci troviamo ancora oggi in una situazione in cui i bandi sono scaduti e le gare devono ancora essere esperite. Quindi, speriamo che almeno questa nostra mozione possa essere d'aiuto per sbloccare questa situazione. Comunque, siamo assolutamente insoddisfatti del parere che il Governo ci ha dato.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mazziotti Di Celso. Ne ha facoltà.
  Le chiedo scusa, onorevole Mazziotti Di Celso. L'onorevole Lainati è ancora in Aula ? Mi scusi, onorevole Mazziotti Di Celso, ma recuperiamo, per un paio di minuti, l'onorevole Lainati che era decaduto prima. Poi le concederò la parola, onorevole Mazziotti Di Celso.
  Onorevole Lainati, cerchiamo di essere contenuti. Prego.

  GIORGIO LAINATI. Grazie, signor Presidente, sarò molto rapido. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il settore dei servizi gestionali, amministrativi e culturali nei principali complessi museali in Italia vive da diversi anni una situazione di stallo, come ricordavano i colleghi che mi hanno preceduto, e molti dei principali monumenti e musei del nostro Paese sono gestiti in regime di proroga, in contrasto con la vigente disciplina sia nazionale sia comunitaria. Su questo il Governo, tramite il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, Franceschini, ha più volte annunciato: l'avvio di nuove procedure di gara per la gestione dei servizi aggiuntivi e, in particolare, dei servizi culturali presso i principali complessi museali italiani; la previsione di gare distinte per diversi servizi aggiuntivi, in modo da assicurare quanto più possibile la specializzazione; la qualità e l'economicità del soggetto privato prescelto per ciascun servizio; la revisione della disciplina vigente delle prestazioni in conto terzi, in modo da assicurare l'effettiva limitazione a ipotesi occasionali e temporanee. La totale trasparenza delle procedure è un atto dovuto sia al nostro Paese sia verso tutti quegli operatori che quotidianamente si interfacciano con questa realtà.
  È per questo che Alleanza Liberalpopolare Autonomie auspica che il Governo si assuma la responsabilità di agevolare un modello organizzativo e gestionale efficiente ed efficace che racchiude in sé un adeguato sistema di promozione e di comunicazione che renda fruibili al meglio i luoghi di cultura, una risorsa molto spesso accantonata a favore di altri settori strategici.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mazziotti Di Celso. Ne ha facoltà.

  ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO. Grazie, Presidente. Signor sottosegretario, onorevoli colleghi, come gruppo di Scelta Civica a titolo personale sono particolarmente contento che si discutano queste mozioni. Abbiamo preso noi l'iniziativa di presentare una mozione su questo settore dopo una serie di interrogazioni – question time – richieste al Governo perché il settore della gestione dei beni culturali e, in particolare, quello dei servizi aggiuntivi è un settore molto importante per lo sviluppo e per la fruizione del nostro patrimonio culturale. È un settore che fino a poco tempo fa era – e ancora lo è – in condizioni abbastanza disastrate ed è stato già ricordato che moltissimi monumenti, anche di importanza fondamentale, come a Roma il Colosseo, sono gestiti neanche in proroga ma sulla base di rapporti oramai diventati di fatto, perché il contratto è Pag. 85scaduto e la proroga pure, e per molti anni si è fatto finta di non vedere. In questo senso è positivo quello che sta facendo il Ministro Franceschini, che ha concluso una convenzione con Consip e ha avviato un lavoro per arrivare finalmente alle gare di gestione dei diversi beni culturali.
  In questo senso quello che è fondamentale è che le gare che si andranno a fare sui servizi aggiuntivi siano fatte secondo criteri di efficienza, maggior fruibilità possibile e senza oneri eccessivi a carico dell'amministrazione, oneri in termini di mancati incassi, nel senso che in questi anni i proventi dei servizi aggiuntivi sono stati dell'ordine di svariate decine di milioni e la quota ricevuta dall'amministrazione e dallo Stato su questi servizi è stata molto scarsa. L'esempio del Colosseo, per citare appunto il monumento forse simbolo del nostro Paese e sul quale abbiamo presentato una serie di interrogazioni, è clamoroso; nel senso che la convenzione prevedeva incassi del 30 per cento e alla fine, con interpretazioni più o meno discutibili, si è incassato l'11-12 per cento e si erano messi insieme servizi di tutti i tipi, dalla biglietteria ai servizi per le guide, ai servizi editoriali, senza creare una reale concorrenza. Dal 2010 in poi non si sono più fatte gare, non si sono più rinnovati i contratti e le cose sono rimaste come erano, con un ulteriore danno per lo Stato.
  Adesso si arriva alle gare. Noi abbiamo chiesto di impegnare il Governo a fare una serie di cose, tra le quali, in particolare, quella di mettere a gara i servizi uno per uno, sulla base della specializzazione, della qualità e dell'efficienza, in maniera da favorire la concorrenza e la miglior qualità possibile dei servizi e anche migliori introiti per l'amministrazione. Su questo tema il Governo ha espresso parere contrario con una motivazione che comprendiamo e, cioè, che si tratta di una scelta che l'amministrazione farà caso per caso, visto che non sempre si possono separare tutti i servizi perché può non essere conveniente. Per cui noi accetteremo di espungere dalla mozione quei punti sui quali il Governo ha dato parere contrario, ma lo accettiamo sul presupposto che il Governo poi faccia sì che le amministrazioni questi principi di attenzione alla specializzazione, alla separazione dei servizi, alla miglior gestione da parte dei privati dei monumenti e alla scelta delle migliori offerte in ogni servizio vengano effettivamente rispettati dall'amministrazione. Perché se invece questo parere contrario poi si risolvesse nella scelta di fare, come è stato fatto prima, «contrattoni» giganteschi in cui cadevano ristorazione, biglietti, audioguide e cose di questo tipo, allora saremo i primi a denunciare questo tipo di scelta.
  L'altra cosa che abbiamo chiesto è che il Governo ha annunciato di voler sviluppare Ales, la società in house che svolge servizi di questo tipo, controllata dal Ministero, per fornire una parte di questi servizi. Si è detto: «Però, non vogliamo sostituire i privati; vogliamo dare un'opzione in più, in particolare nei casi in cui un servizio privato disponibile non c’è o non è conveniente».
  Noi volevamo un vincolo forte su questo tema e chiarire che Ales possa intervenire solo in quei casi, in un approccio totalmente diverso da quello adottato in altre mozioni nelle quali, invece, si indicava un favore chiaro per la gestione statale e penso a quella del MoVimento 5 Stelle e, se non sbaglio, a quella di Sinistra Italiana. Ecco, noi a quell'impostazione siamo radicalmente contrari. Noi pensiamo che si debba continuare con il sistema della gestione privata, ma la differenza è che deve essere un sistema ben controllato, con contratti chiari, appalti ben fatti e un'amministrazione che vigila, cosa che sotto i passati Governi non è sempre avvenuta. Ma noi pensiamo che questo sia il ruolo dell'amministrazione e che non si debba cogliere l'occasione di un sistema di gestione non sempre funzionante da parte dei privati in conseguenza dei cattivi controlli per poi creare magari qualche carrozzone pubblico da utilizzare per gestire i servizi facendo fuori i privati. La «legge Ronchey» è una legge che ha Pag. 86migliorato la situazione, ha creato un sistema in sé virtuoso, va applicata e non dimenticata.
  Confermo, quindi, che Scelta Civica voterà sulle mozioni conformemente ai pareri del Governo con la precisazione che, appunto, la correzione della nostra mozione secondo le indicazioni del Governo è basata fondamentalmente sulla motivazione espressa dal sottosegretario, onorevole Cesaro, poco fa perché se il parere fosse stato contrario per ragioni di contenuto, allora non avremmo potuto fare la stessa scelta (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Binetti. Ne ha facoltà.

  PAOLA BINETTI. Presidente, Governo, colleghi, la promozione del patrimonio artistico e culturale del nostro Paese rappresenta un importante obiettivo per la sua crescita economica. Non è soltanto una contemplazione del bello che c’è nel nostro Paese, ma è anche una certezza che questo patrimonio va messo a reddito, può essere messo al reddito. Lo stesso Ministro Franceschini in una delle sue prime uscite come Ministro dei beni culturali disse proprio che il patrimonio artistico dell'Italia era il nostro petrolio. La rete dei beni culturali è creata in fondo non solo da numerosi musei ed aree archeologiche, ma anche da quelli che noi chiamiamo proprio musei en plein air. In altre parole, la ricchezza dell'Italia è proprio quella bellezza che è la bellezza delle piazze, che è la bellezza in cui l'elemento artistico si fonde con la natura che la circonda e che è frutto di una sapienza antica che potrebbe davvero riuscire ancora oggi a creare degli standard di riferimento culturali, umani, professionali ed economici che meriterebbero un approccio ben diverso forse da quello che c’è stato finora.
  Ci sono delle parole chiave di questo breve intervento che io voglio fare. La prima è valorizzazione di quello che abbiamo. Dobbiamo smetterla di pensare e di dare per scontato quello che c’è; dobbiamo riuscire a guardarlo con occhi nuovi come se fossimo in qualche modo quei turisti che per la prima volta arrivano e che riescono davvero a restare stupiti dal bello che abbiamo. Dobbiamo, quindi, rinnovare il nostro modo di guardare il bello che ci circonda. La seconda cosa, però, anche se Dostoevskij diceva che la bellezza salverà il mondo, è che non basta questa bellezza a salvare il mondo se non sarà accompagnata da una gestione trasparente, assolutamente trasparente. E credo che questa parola dovrebbe servire a superare un po’ quella dialettica che c’è tra pubblico e privato. Gestisca questi beni culturali chi ne ha gli strumenti, chi ne ha le capacità, chi ne ha le competenze. Li gestisca con efficacia e con efficienza, ma nello stesso tempo permetta sempre di poter tracciare tutte le misure che si fanno, tutte le decisioni che si prendono, per essere certi di non essere scivolati in quella che è la patologia del sistema nostro, una sorta di conflitto di interessi per cui è sempre in agguato o l'inefficacia o l'incompetenza o certe volte addirittura la corruzione. È opportuno attivare tutte le misure necessarie per incrementare i cosiddetti servizi aggiuntivi dei molti complessi museali presenti in Italia secondo idonee procedure. La nozione «servizi aggiuntivi» è stata introdotta nel nostro ordinamento dell'articolo 4 del decreto-legge n. 433 del 1992. Mi fa piacere sottolineare questa data perché si tratta di circa 25 anni fa.
  Bene, è da 25 anni che, nonostante possediamo uno strumento normativo, questo strumento normativo non funziona con quel rigore, con quell'efficacia e con quell'efficienza che sarebbero necessari. Mi riferisco concretamente alla rarefazione con cui sono state fatte in questi anni le gare d'appalto e a quell'atteggiamento invece di proroga che ha caratterizzato dei piccoli regimi di monopolio, delle incrostazioni di potere, della perdita di fantasia e di spirito di innovazione che fa sì che il patrimonio che abbiamo non possa competere con quello di molti Paesi che, pur avendo molto meno di noi, sono invece capaci di gestirlo molto meglio di Pag. 87noi. L'articolo 115 del codice che ho appena citato prevede che tali servizi possono essere infatti amministrati sia in gestione diretta che indiretta. La scelta tra le due forme di gestione citate è effettuata a seguito di una valutazione comparativa in termini di sostenibilità economico-finanziaria, efficacia e obiettivi ben definiti. Per questo mi ha stupito molto che il Governo abbia bocciato uno dei punti in cui si articolava il nostro dispositivo e concretamente il terzo punto il quale diceva: «limitare la gestione diretta ai casi nei quali essa risulti di evidente vantaggio per la finanza pubblica». Mi ha stupito che venisse bocciato perché lo spirito di questa mozione è quello che prevede nella valorizzazione del bello anche la valorizzazione della gestione efficace, di una gestione che sia capace di creare davvero valore aggiunto. Se noi dobbiamo pensare alla gestione che il pubblico deve avere rispetto al nostro patrimonio artistico, dobbiamo pensare anche a una gestione che valorizzi il patrimonio, come ? Riconoscendone la potenzialità economica. Viceversa, se noi vogliamo fare di questa ricchezza e di questa bellezza semplicemente qualcosa che mettiamo a costo invece che a reddito, stiamo in qualche modo tradendo anche quella che è una cultura che in Italia viene da lontano. L'Italia non è stata da oggi il Paese del bello; anzi, diciamo che se c’è una grandezza del nostro Paese è di aver saputo integrare le diverse epoche stratificando i contributi di tutti, rinnovando continuamente, riadattando continuamente, rispettando lo spirito di quello che c'era prima, ma rendendo efficace quello che di volta in volta si è creato. Quindi, l'idea che ci abbiano bocciato questo punto mi fa sorridere perché se c’è un obiettivo importante che invece questo nostro momento storico di crisi economica dovrebbe vantare è proprio quello di difendere per quanto riguarda il pubblico la resa positiva di tutto questo. La tradizione è una tradizione se volete tipicamente romana, che è quella tradizione del mecenatismo. Oggi lo diciamo con termini più inglesi: le sponsorizzazioni, gli sponsor, servono a spostare l'attenzione dal pubblico verso il privato, ma non soltanto in termini di immagine, ma anche in termini di assunzione di responsabilità che significa anche assunzione dei costi. Per questo in questa nostra mozione noi vogliamo soltanto insistere sulla corretta gestione che è indipendente dal fatto che lo gestisca il pubblico o il privato perché non esiste privato nella gestione della bellezza, posto che proprio la gestione della bellezza deve avere una sua fruizione pubblica, altrimenti non raggiungerà nemmeno il suo obiettivo economico. Ci sembra quindi un po’ contraddittoria la valutazione del Governo anche se apprezziamo il fatto che abbia riconosciuto gli altri obiettivi e ci auguriamo con tutto il cuore che possano ripartire quanto prima gli appalti come misura anche della modernizzazione di un sistema, come misura della coerenza economica e come misura della valorizzazione, del contributo e dell'apporto di tante realtà che possono dare a questo Paese più di quanto non abbiano dato finora.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pannarale. Ne ha facoltà.

  ANNALISA PANNARALE. Grazie Presidente e Governo. Quando negli anni Novanta si è affacciata la questione dei servizi aggiuntivi nei luoghi della cultura e negli istituti museali è apparsa indubbiamente come una novità significativa e, non lo dimentichiamo, significava per la prima volta introdurre i privati nella valorizzazione dei beni culturali. In realtà nel corso degli anni questa questione ha trascinato con sé numerosi fenomeni distorsivi: appalti lungamente prorogati, servizi inadeguati sul piano della qualità, della trasparenza e delle tutele dei lavoratori e delle lavoratrici e vere e proprie posizioni di monopolio da parte di società private. È indiscutibile che l'organizzazione dei servizi aggiuntivi abbia avuto una grande capacità attrattiva sugli utenti, diversificando e articolando l'offerta al pubblico o facilitando i meccanismi di accesso e fruizione: Pag. 88siti Internet dedicati all'informazione e alla prenotazione, card per reti museali territoriali o per circuiti integrati di visite, strumenti diversificati per varie tipologie di pubblico e per le scuole una serie di percorsi specifici per insegnanti, studenti, percorsi laboratoriali. Dunque, si tratta di strumenti evidentemente capaci di promuovere l'accesso ai beni culturali e la loro valorizzazione, almeno nelle intenzioni iniziali con cui sono stati immaginati e legislativamente proposti. Si tratta di strumenti che, una volta implementati, avrebbero persino consentito allo Stato di incamerare ingenti risorse. Questa era l'idea originaria. Quello che, invece, è accaduto è altro. I servizi aggiuntivi si sono rivelati uno strumento di profitto esclusivamente per i gestori privati, senza alcun ritorno per lo Stato e con il meccanismo del regime di proroga, che ha condizionato pesantemente le tutele sul lavoro e l'appropriatezza dei servizi offerti. È un paradosso, direi, in un Paese di incomparabile bellezza, che vanta beni culturali di inestimabile valore. È un paradosso, al cospetto di un'eredità storica unica nel panorama internazionale, ma anche un capitale economico senza eguali.
  È evidente che conservare, tutelare e valorizzare un tale patrimonio non rappresenta solo un'insopprimibile dovere costituzionale nei confronti delle generazioni future, ma dovrebbe essere una condizione di tale per garantire al nostro Paese potenza attrattiva e prospettiva sostenibile e durevole. Dovrebbe, se il nostro patrimonio storico, architettonico e artistico fosse davvero considerato la leva principale su cui costruire un sistema complesso e integrato di crescita culturale, economica, civile, democratica. Potrebbe essere questo, se si fosse scelto, ad esempio, di investire in una gestione di qualità e trasparente o se fosse stata abbandonata quella logica diffusa del grande evento, che puntella gran parte delle nostre politiche culturali e che ha un esito costoso e scarsamente remunerativo per le casse dello Stato, a vantaggio di quelle società che da anni gestiscono biglietterie on line e servizi aggiuntivi. Si tratta di società che hanno sancito una dimensione di oligopolio, attraverso la proroga di vecchi bandi scaduti da tempo. Basti pensare che la società che si occupa, ad esempio – giusto per avere una misura reale degli effetti di una tale gestione –, di un sito come il Colosseo riesce ad incamerare ben il 70 per cento del costo del biglietto di ingresso.
  Poi, poco più di un anno fa – lo sappiamo –, a febbraio 2015, con l'obiettivo di porre fine a questo fenomeno delle proroghe delle concessioni dei servizi, il Ministro Franceschini ha annunciato l'avvio di un programma di gestione e valorizzazione del patrimonio, avvalendosi della collaborazione di Consip Spa, per assicurare procedure trasparenti e appropriate per gli affidamenti dei servizi nei nuovi musei autonomi e nei poli museali regionali. Quella del Ministero è un'iniziativa meritoria, per quanto, in realtà, le gare per questi bandi non siano state effettivamente ancora avviate. Intanto, la gestione del patrimonio artistico e culturale continua ad essere nelle mani di pochi soggetti, che continuano a fruire delle proroghe delle concessioni e a percepire significativi guadagni, a scapito dello Stato. Tra l'altro, questo ritardo appare piuttosto inspiegabile visto che quest'anno il Ministero, attraverso la fusione e l'incorporazione di Arcus Spa, ha costituito la nuova Ales Spa, la società in house del Ministero, che detiene il cento per cento del pacchetto azionario e che, per statuto, ha il compito storico di supportare il Ministero nei progetti di miglioramento della fruibilità del patrimonio tutto, ma si occuperà anche di tutti quei servizi museali (biglietterie, punti ristoro, strutture di accoglienza, bookshop), che fino ad ora sono stati prevalentemente appannaggio dei privati, per un giro d'affari che sfiora i 200 milioni di euro, dei quali oltre 40 derivano dai servizi veri e propri e circa 140 milioni dai biglietti.
  Dunque, un direttore di museo – lo aveva già dichiarato in maniera molto chiara il Ministro Franceschini – potrà scegliere se affidare i servizi ai privati Pag. 89mediante gara oppure riservarli, tramite affidamento diretto, alla nuova società in house del Ministero, che, peraltro, si avvale di uno staff di esperti per la pianificazione e la programmazione di circa 700 operatori, che sono stati adeguatamente formati.
  Queste ultime caratteristiche, a nostro parere, vanno nel senso di una riqualificazione efficace e virtuosa dei servizi aggiuntivi nei luoghi della cultura. Ed è esattamente questo il senso che abbiamo provato a proporre nella nostra mozione e che pensiamo dovrebbe assecondare e seguire il Governo. Innanzitutto, si tratta dell'opportunità di promuovere, da parte dei direttori dei musei, la scelta di affidamento dei servizi aggiuntivi proprio alla società in house, così come dell'obbligo di prevedere, nei bandi di gara, la clausola sociale, a garanzia di tutti quei lavoratori e lavoratrici oggi sottoposti a continui processi di privatizzazione quando sono impiegati nei servizi aggiuntivi.
  Tuttavia, devo dire che ci hanno un po’ stupito i pareri del Governo, che ha dato parere contrario a quegli impegni che, nelle mozioni, andavano nel senso di una limitazione del ricorso alle società in house e a tutti i servizi pubblici, i gestori pubblici, e che ha altrettanto cassato quegli impegni, come il nostro, che, invece, chiedevano di favorire una riqualificazione in senso pubblico di questi servizi. Allora – concludo veramente, Presidente –, dobbiamo concludere, sottosegretario – perché il merito è importante quando discutiamo e votiamo mozioni in Aula –, che o i pareri sono stati dati con una certa superficialità e senza una visione minimamente chiara oppure una certa ambiguità, una certa posizione ondivaga presta il fianco, ancora una volta, a quei processi di privatizzazione che, con i vostri ultimi decreti attuativi – non lo dimentichiamo –, stanno trasformando il pubblico nell'eccezione e, invece, il privato – ahimè ! – nella norma (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana – Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Secco. Ne ha facoltà.

  DINO SECCO. Vista l'ora, se il Presidente me lo consente, voglio consegnare il testo. Però, mi sia concesso di fare una considerazione, che, secondo noi di Forza Italia, è fondamentale. Il nocciolo, il concetto base su cui abbiamo impostato la mozione era quello di una integrazione sempre più forte tra gestione dei beni culturali e turismo, perché siamo convinti che, se continuiamo con i vecchi riti, indipendentemente anche dal modo di gestire, sia pubblico sia privato, il numero dei visitatori nei musei e nei luoghi di cultura non aumenterà. Bisogna, come fanno gli altri Stati europei e anche americani, riunire gestione dei beni culturali e turismo. L'unico concetto della nostra mozione che è stato respinto dal Governo è proprio questo e questo non può trovarci assolutamente d'accordo, perché siamo certi che turismo e valorizzazione dei beni culturali siano due facce della stessa medaglia e gli operatori del turismo sono pienamente convinti di questo. Pertanto, su questa strada noi andremo avanti (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente). Chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo della mia dichiarazione di voto (La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Simone Valente. Ne ha facoltà.

  SIMONE VALENTE. Grazie, Presidente. Con questa mozione vogliamo consegnare nelle mani dello Stato un pezzo di sovranità, che, nell'arco di vent'anni, gli è stata sottratta e che è stata concessa a soggetti di natura privata. Stiamo parlando del meccanismo che, a partire dalla «legge Ronchey» del 1993, ha portato alla privatizzazione del patrimonio artistico e culturale del nostro Paese, permettendo a Pag. 90soggetti privati di avere in concessione la gestione di luoghi statali della cultura. Dare in concessione i servizi museali, come quelli educativi o didattici, come l'editoria, l'accoglienza, l'assistenza didattica, di informazione, di guida, di audioguida, l'organizzazione di mostre e di manifestazioni culturali vuol dire sottrarre ai musei statali la missione principale che dovrebbero perseguire: la diffusione della conoscenza e la tutela del bene. Sono tutte cose delle quali nessun grande museo al mondo si priverebbe mai, ben sapendo che l'ovvio risultato sarebbe quello di trovarsi ospiti a casa propria, com’è immancabilmente successo ai musei italiani. Sì, perché al Colosseo, a Pompei, alla Reggia di Caserta, agli Uffizi, al Polo museale di Venezia e in moltissimi altri luoghi della cultura a gestire i servizi aggiuntivi sono società che, negli anni, grazie ai poteri privati con enormi ramificazioni politiche, continue proroghe e ricorsi al TAR, sono riuscite ad estendere le proprie competenze che, dalla mera esecuzione di servizi accessori, quali ristorazione, caffetterie e bookshop, hanno assunto compiti di natura assai più significativa sul piano culturale e strategico, trasformando gli assetti gestionali delle istituzioni culturali. Situazione che è stata stigmatizzata in diverse occasioni: infatti l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha denunciato l'oligopolio generato da cinque società concessionarie, la Corte dei conti ha puntato il dito sul modello di gestione dei musei, l'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici ha dichiarato che «il regime di proroga sta comportando danni all'erario», così come di possibile danno erariale ha parlato l'Autorità nazionale anticorruzione nella delibera del 2013.
  È allora giunto il momento di intervenire in merito a questa problematica e di invertire la tendenza, e far sì che lo Stato torni ad essere principale responsabile della valorizzazione, diretta soprattutto alla fruizione del bene culturale intesa come sviluppo e condivisione della conoscenza, nonché occasione per il pieno sviluppo della personalità di ciascuno. È necessario pertanto ricondurre all'interno della missione pubblica, e quindi dell'organizzazione e dell'organico dei musei, tutte quelle azioni che sotto forma di servizi sono oggetto di concessione a privati, che lo svolgono a scopo di lucro, senza alcuna possibilità per il soggetto pubblico di verifica della qualità né di intervento migliorativo o concorrenziale. Diverso invece è il caso per i servizi quali la ristorazione, la caffetteria, la biglietteria, assistenza di sala, guardaroba, bookshop ed altri, ovvero servizi il cui espletamento non richiede personale formato sulle discipline del patrimonio: questi servizi sono strategici al fine di fare degli istituti di cultura, i musei soprattutto, luoghi dove fare esperienze piacevoli e trascorrere il tempo libero, non solo dove formarsi. Quindi lo sviluppo e la massima qualità di questi servizi vanno garantiti: la concessione a soggetti privati non è solo possibile, ma auspicabile. Ciò che si rende necessario, però, è rivedere le condizioni dei bandi di affidamento, che generalmente prevedono royalty troppo basse per il soggetto appaltante e la massima libertà di azione da parte del concessionario, che massimizza i profitti a scapito di qualunque investimento, e molto spesso rifacendosi sul costo del personale precario e ancora in formazione.
  Sui servizi aggiuntivi è quindi possibile ragionare in termini di profitto, ma il primo beneficiario deve essere il proprietario del bene e non il gestore, a cui va garantito un equo guadagno, invertendo, anzi scardinando una logica di profitto ormai consolidata. Il Governo Renzi non si è mai fatto carico della situazione descritta in precedenza: a volte si è voltato dall'altra parte, a volte ha messo delle toppe, infine ha bandito nuove gare che non risolveranno per nulla il problema. E come se non bastasse, si è fatto carico di una scellerata riforma del Ministero, come sempre non richiesta e non condivisa, che ancora una volta non aumenterà le risorse alle sovrintendenze ormai ridotte alla canna del gas, ma mortificherà le professionalità presenti al loro interno; non darà autonomia gestionale ai musei: li trasformerà in fondazioni di élite, pronte a Pag. 91perseguire l'esclusiva logica del profitto, educando il cittadino ad essere consumatore, e non fruitore di conoscenza. E infine continuerà a non considerare i giovani laureati, che scalpitano per lavorare nel mondo dei beni culturali e che fino ad oggi hanno ricevuto dallo Stato solo progetti sottopagati e senza nessuna prospettiva per il futuro.
  Il quadro è ormai chiaro a tutti: da una parte ci siete voi, con le vostre pseudo-riforme, le vostre lobby a comandarvi anche in campo culturale, i beni comuni come l'acqua pubblica, il paesaggio, il suolo, i beni culturali regalati ai privati; e dall'altra c’è un popolo che chiede giustizia, diritti, onestà, trasparenza, partecipazione. Quel popolo, che è fatto dalla maggior parte dei cittadini italiani, vogliamo ascoltarlo e rappresentarlo anche in campo culturale ed educativo, perché ne condividiamo i principi e le battaglie che ci permetteranno di attuare il cambiamento culturale che tutti auspichiamo. Per questo, Presidente, votiamo a favore della mozione del MoVimento 5 Stelle, votiamo contro alle mozioni a prima firma Manzi e Buttiglione, e ci asterremo su tutte le altre mozioni (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rampi. Ne ha facoltà.

  ROBERTO RAMPI. Presidente, signor sottosegretario, pochi minuti per affrontare un tema che credo sia importante, cruciale: quello dei servizi cosiddetti aggiuntivi. Non è un tema di natura tecnica, perché in realtà di qui passa la concezione che si ha dei beni culturali, della cultura e in particolare dei musei e dei siti archeologici, se li pensiamo, come dev'essere nella modernità, come dei luoghi di ampia fruizione, dei luoghi non solo di bellezza, ma dei luoghi di diffusione della cultura, e quindi anche capaci di dinamicità e capaci di una divulgazione che passa spesso non solo dal contenuto statico di quei musei, ma proprio da quei servizi aggiuntivi, dalla loro capacità di arrivare alla popolazione, ai cittadini più vari, alle diverse fasce d'età, alle scuole; strumenti essi stessi, questi servizi così definiti aggiuntivi, di divulgazione e di valorizzazione dei beni culturali e del contenuto culturale non solo dei musei, ma più in generale del patrimonio italiano.
  Ecco, io credo che il Governo, in particolare il Ministro Franceschini, abbia oggettivamente invertito una tendenza rispetto all'attenzione al patrimonio culturale, ai beni culturali e al sistema museale: in termini di risorse, con uno degli investimenti più importanti fatti negli ultimi anni, e in termini anche di concezione dei musei, con le gare internazionali che hanno visto professionisti importanti dedicarsi alla gestione del sistema museale italiano.

  PRESIDENTE. Scusi, onorevole Rampi. Gentilmente, se potete... Ecco, grazie.

  ROBERTO RAMPI. Naturalmente noi riteniamo che sui servizi aggiuntivi si debba fare bene e si debba fare velocemente. Nella mozione che abbiamo presentato chiediamo alcuni impegni, rispetto ai quali peraltro il Governo ha annunciato parere favorevole, che sono impegni di trasparenza, impegni di efficienza, impegni di celerità, rispetto ad un processo che è stato avviato – è stato ricordato – come con il coinvolgimento di Consip: un processo che prevede intanto di dividere la tipologia di questi servizi aggiuntivi tra quelli di natura più tecnica e di natura più gestionale, che sono una tipologia, quelli di natura più strettamente culturale, che hanno proprio ad oggetto la valorizzazione, e quelli che però aggiungono, nelle loro attività, ad esempio di ristorazione eccetera, alcune potenzialità anche queste di valorizzazione dei beni.
  E vado a concludere dicendo però che negli interventi che ho sentito c’è ancora una discussione che io trovo da superare, rispetto alla relazione che esiste tra la concezione del pubblico e quella del privato, e la concezione di che cosa è pubblico: io credo che pubblico sia lo spirito con cui si affronta un'iniziativa ed un Pag. 92servizio, e non si misura il pubblico solo su qual è l'oggetto giuridico di una gestione. Allora la nostra mozione: l'azione del Governo prevede una forte autonomia dei musei, perché lavorino caso per caso per dare a questi servizi la massima qualità, valutando se questa massima qualità, in un rapporto anche di efficienza e di efficacia, la possa dare una società di natura pubblica in house, o la possa dare meglio una società che esiste e che vince una gara. Credo che questo approccio del tutto laico ai servizi sia un approccio importante, faccia parte di un'idea più generale che vede una collaborazione tra il pubblico e il privato nella valorizzazione del nostro patrimonio culturale che ad esempio è passata per progetti innovativi come quello dell’Art bonus, che sta dando dei significativi risultati. Noi pensiamo che i servizi aggiuntivi non siano un luogo per fare cassa, ma siano un luogo per fare con efficienza ed efficacia valorizzazione dei beni culturali, diffusione della cultura e sviluppo di una cultura popolare. Per passare a questo noi dobbiamo lavorare con maggior velocità: lo dico al Governo, questa è una sollecitazione che nella nostra mozione esiste; dobbiamo anche riconoscere che sotto questo Ministero questo lavoro si è fatto, e che c’è una concezione della cultura non come un investimento a perdere, ma neanche come – si è detto troppe volte – un luogo, il cosiddetto giacimento di petrolio, dove guadagnare dal punto di vista economico. L'investimento culturale è un investimento a lungo ritorno, ed è un investimento di natura culturale, è un investimento sull'intelligenza delle persone, e questo è l'investimento più importante che un Paese può fare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazioni)

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Come da prassi, le mozioni saranno poste in votazione per le parti non assorbite e non precluse dalle votazioni precedenti. Avverto che, laddove i presentatori abbiano accettato di espungere le parti su cui il Governo ha espresso parere contrario, le mozioni devono intendersi riformulate in tal senso.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Mazziotti Di Celso ed altri n. 1-01234, come riformulata su richiesta del Governo e su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Cassano... Tinagli...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  339   
   Votanti  251   
   Astenuti   88   
   Maggioranza  126   
    Hanno votato  242    
    Hanno votato no  9.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  Passiamo alla votazione della mozione Simone Valente ed altri n. 1-01267.
  Avverto che, a seguito della votazione precedente, risulta precluso il primo capoverso del dispositivo.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Simone Valente ed altri n. 1-01267, per la parte non preclusa, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Greco... Malisani... Realacci...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  341   
   Votanti  325   Pag. 93
   Astenuti   16   
   Maggioranza  163   
    Hanno votato  316    
    Hanno votato no  9.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  (La deputata Lorefice ha segnalato di aver erroneamente espresso un voto di astensione mentre voleva esprimere voto favorevole).

  Passiamo alla votazione della mozione Pannarale ed altri n. 1-01282.
  Avverto che i presentatori di tale mozione hanno accettato le riformulazioni proposte dal Governo relative al secondo e al sesto capoverso del dispositivo, mentre non hanno accettato l'espunzione del settimo e dell'ottavo capoverso del dispositivo. Avverto, altresì, che ne è stata chiesta la votazione per parti separate, nel senso di votare: dapprima, la mozione nella sua interezza, ad eccezione dei capoversi settimo e ottavo del dispositivo, con il parere favorevole del Governo e, a seguire, i capoversi settimo e ottavo del dispositivo sui quali il parere del Governo è contrario.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Pannarale ed altri n. 1-01282, come riformulata su richiesta del Governo e per quanto non assorbita dalle votazioni precedenti, ad eccezione dei capoversi settimo e ottavo del dispositivo, con il parere favorevole del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Stella Bianchi... Coppola... Taricco...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  345   
   Votanti  265   
   Astenuti   80   
   Maggioranza  133   
    Hanno votato  255    
    Hanno votato no  10.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  (La deputata Terzoni ha segnalato di aver espresso voto favorevole mentre avrebbe voluto esprimere voto di astensione).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Pannarale ed altri n. 1-01282, limitatamente ai capoversi settimo e ottavo del dispositivo, su cui il Governo ha espresso parere contrario.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Lauricella... De Rosa...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  344   
   Votanti  265   
   Astenuti   79   
   Maggioranza  133   
    Hanno votato   31    
    Hanno votato no  234.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Palese e Pisicchio ed altri n. 1-01300, come riformulata su richiesta del Governo e per quanto non assorbita dalle votazioni precedenti, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Coppola...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  345   
   Votanti  252   
   Astenuti   93   
   Maggioranza  127   
    Hanno votato  250    
    Hanno votato no  2.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

Pag. 94

  Passiamo alla votazione della mozione Borghesi ed altri n. 1-01302.
  Avverto che i presentatori di tale mozione non hanno accettato le riformulazioni proposte dal Governo e, pertanto, il parere del Governo deve intendersi contrario alla mozione nella sua interezza.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Borghesi ed altri n. 1-01302 su cui il Governo ha espresso parere contrario.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Lauricella...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  345   
   Votanti  258   
   Astenuti   87   
   Maggioranza  130   
    Hanno votato   36    
    Hanno votato no  222.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Baradello ed altri n. 1-01304, come riformulata su richiesta del Governo e per quanto non assorbita dalle votazioni precedenti, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  344   
   Votanti  269   
   Astenuti   75   
   Maggioranza  135   
    Hanno votato  257    
    Hanno votato no  12.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Buttiglione ed altri n. 1-01305 come riformulata su richiesta del Governo e per quanto non assorbita dalle votazioni precedenti e su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Borghesi... Locatelli... Antezza... Gigli... onorevole Piepoli, se si siede riesco a vedere l'onorevole Gigli....
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  345   
   Votanti  311   
   Astenuti   34   
   Maggioranza  156   
    Hanno votato  238    
    Hanno votato no  73.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Manzi ed altri n. 1-01306, per quanto non assorbita dalle precedenti votazioni, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Occhiuto... Luigi Gallo... Cominardi...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  346   
   Votanti  324   
   Astenuti   22   
   Maggioranza  163   
    Hanno votato  249    
    Hanno votato no  75.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  Passiamo alla votazione della mozione Secco ed Occhiuto n. 1-01307.
  Avverto che i presentatori di tale mozione hanno chiesto la votazione per parti Pag. 95separate nel senso di votare le parti su cui il Governo ha espresso parere favorevole distintamente da quelle su cui il Governo ha espresso parere contrario.
  Passiamo ai voti.
  Indico la votazione nominale mediante procedimento elettronico sulla mozione Secco e Occhiuto n. 1-01307, per quanto non assorbita dalle votazioni precedenti, ad eccezione dei capoversi secondo e quinto del dispositivo, con il parere favorevole del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Matarrelli...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  339   
   Votanti  257   
   Astenuti   82   
   Maggioranza  129   
    Hanno votato  256    
    Hanno votato no  1.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  (Il deputato Senaldi ha segnalato di non essere riuscito ad esprimere voto favorevole).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Secco e Occhiuto 1-01307, limitatamente ai capoversi secondo e quinto del dispositivo, con il parere contrario del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Ravetto.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  338   
   Votanti  278   
   Astenuti   60   
   Maggioranza  140   
    Hanno votato   31    
    Hanno votato no  247.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  (Il deputato De Rosa ha segnalato di non essere riuscito ad esprimere voto di astensione. La deputata Terzoni ha segnalato di avere erroneamente votato a favore mentre avrebbe voluto esprimere voto di astensione).

  Passiamo alla votazione della mozione Rampelli ed altri n. 1-01308.
  Avverto che i presentatori di tale mozioni hanno chiesto la votazione per parti separate, nel senso di votare le parti su cui il Governo ha espresso parere favorevole distintamente da quelle su cui il Governo ha espresso parere contrario.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Rampelli ed altri 1-01308, limitatamente alla premessa e al primo capoverso del dispositivo, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Occhiuto, Monchiero, Pesco.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  343   
   Votanti  261   
   Astenuti   82   
   Maggioranza  131   
    Hanno votato  258    
    Hanno votato no  3.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Rampelli ed altri 1-01308, limitatamente ai capoversi secondo, terzo e quarto del dispositivo, su cui il Governo ha espresso parere contrario.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

Pag. 96

  Capelli, Busto, Pagani.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  343   
   Votanti  282   
   Astenuti   61   
   Maggioranza  142   
    Hanno votato   35    
    Hanno votato no  247.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  (Il deputato Pastorelli ha segnalato di avere erroneamente votato a favore mentre avrebbe voluto esprimere voto contrario).

Discussione della proposta di legge: Boccia ed altri: Modifiche alla legge 31 dicembre 2009, n. 196, concernenti il contenuto della legge di bilancio, in attuazione dell'articolo 15 della legge 24 dicembre 2012, n. 243 (A.C. 3828-A); e delle abbinate proposte di legge nn. 2648 e 2897 (ore 20,40).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge n. 3828-A: Boccia ed altri: Modifiche alla legge 31 dicembre 2009, n. 196, concernenti il contenuto della legge di bilancio, in attuazione dell'articolo 15 della legge 24 dicembre 2012, n. 243; e delle abbinate proposte di legge nn. 2648 e 2897.
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è in distribuzione e sarà pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi resoconto stenografico).

(Discussione sulle linee generali – A.C. 3828-A)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che i presidenti dei gruppi del MoVimento 5 Stelle, di Sinistra Italiana – Sinistra Ecologia Libertà e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
  Ha facoltà di intervenire il relatore per la maggioranza, presidente della Commissione bilancio, onorevole Boccia. Faccia tranquillo, onorevole Boccia, tanto aspettiamo che i colleghi escano dall'Aula. Abbiamo un'intera notte davanti a noi, quindi non c’è problema. Colleghi, coloro che intendono uscire li pregherei di farlo in modo rapido e soprattutto silenzioso. Onorevole Boccia si faccia coraggio. Colleghi, per favore vi pregherei di uscire, mantenendo un po’ di silenzio. Onorevole Boccia, prego.

  FRANCESCO BOCCIA, Relatore per la maggioranza. Sì, iniziamo Presidente.

  PRESIDENTE. Colleghi vi posso pregare per favore di abbassare la voce perché noi dovremmo continuare i nostri lavori ? Grazie ! Onorevole Manfredi...
  Prego, onorevole Boccia.

  FRANCESCO BOCCIA, Relatore per la maggioranza. Grazie, Presidente. Ricordo preliminarmente come la proposta di legge in esame si innesta in un più ampio processo di costruzione delle regole di bilancio avviato con la legge costituzionale n. 1 del 2012 che, nell'introdurre nella Carta il principio dell'equilibrio di bilancio, ne ha demandato ad una successiva legge di natura rinforzata la disciplina delle modalità di attuazione, tra queste il contenuto stesso della legge di bilancio, come previsto espressamente dall'articolo 5, comma 6, della legge medesima. È stata approvata il 24 dicembre del 2012 la legge n. 243, recante disposizioni per l'attuazione del pareggio di bilancio, il cui articolo 15 definisce gli elementi essenziali che dovranno caratterizzare il contenuto della nuova legge di bilancio. Questa dovrà ora assumere un contenuto profondamente diverso dalla disciplina che ne detta la vigente legge di contabilità n. 196 del 2009. Alcuni dei colleghi presenti hanno partecipato a quel processo di riforma della legge di contabilità (lo stesso Viceministro Pag. 97Morando), c’è stato nel 2009 un confronto tra le forze di maggioranza e le forze di opposizione di quel momento storico che portarono certamente ad una riscrittura profonda delle regole di contabilità. Il lavoro che abbiamo fatto è stato un lavoro comune e congiunto fatto con tutte le forze politiche ed è stato un lavoro che ci ha visto lavorare congiuntamente sin dallo scorso anno; un anno fa proprio di questi tempi abbiamo iniziato questa indagine conoscitiva che ci ha consentito, tra l'altro con un voto unanime, di confrontarci sui punti nevralgici che in qualche modo modificavano la legge n. 196 a cui ho fatto riferimento in questo mio inizio. L'adeguamento delle regole contabili previste dalla legge di contabilità e di finanza pubblica del 2009 nel quadro ordinamentale costituisce certamente il punto centrale della legge in esame, l'integrazione persegue finalità di incentrare la decisione di bilancio sull'insieme delle entrate e delle spese pubbliche, anziché sulla loro variazione al margine come avviene attualmente, portando al centro del dibattito parlamentare le priorità dell'intervento pubblico considerato nella sua interezza.
   La proposta di legge al nostro esame cerca di cogliere una molteplicità di esigenze, con un testo che andava già in questa direzione, che si è poi confermato e arricchito di contenuti a seguito del lavoro che abbiamo svolto in Commissione. Vorrei soffermarmi in questa relazione, signor Presidente, sugli aspetti più qualificanti del provvedimento al nostro esame, che riprendono integralmente il lavoro fatto dalle Commissioni bilancio di Camera e Senato nell'indagine conoscitiva e che appunto – come ho detto in apertura – non fanno altro che tenere in vita l'aspetto diciamo innovativo della legge n. 196 del 2009, integrata dai profondi cambiamenti successivi che hanno caratterizzato, non solo la modifica costituzionale a cui ho fatto riferimento, l'articolo 81 del 2012, ma anche gli interventi successivi in attuazione delle deleghe che il Governo ha ottenuto dal Parlamento. Gli aspetti su cui abbiamo lavorato sono aspetti davvero, sotto alcuni profili, di cesello, sotto altri innovativi e il primo e il più importante è connesso all'articolo 1, al cambiamento dei tempi di presentazione dei documenti che compongono il ciclo di bilancio, rispetto a quanto ora disciplinato dall'articolo 7 della legge di contabilità. In particolar modo, viene proposto uno spostamento – oggi è il 20 settembre la data di presentazione della Nota di aggiornamento al DEF – al 27 settembre. Avevamo inizialmente proposto il 30 settembre, ma, alla fine, abbiamo deciso congiuntamente di posporre il termine al 27, eliminando un aspetto anche abbastanza sgradevole che ha caratterizzato i dibattiti tra i gruppi parlamentari nelle ultime leggi di stabilità e cioè quello di discutere di una Nota di aggiornamento che poggiava su dati ISTAT non definitivi, perché, come più volte il presidente dell'ISTAT ci ha fatto notare, i dati definitivi arrivavano successivamente alla data del 20 settembre e, quindi, questo costringeva poi il Parlamento a modificarli successivamente e ad adeguarli successivamente. Quindi, il termine viene spostato al 27 settembre.
  Viene altresì introdotto il termine del 20 ottobre, ora 15 ottobre, per la deliberazione da parte del Consiglio dei ministri del nuovo disegno di legge di bilancio, con una manovra che, appunto, viene definita «legge di bilancio». Quindi, va in soffitta e viene archiviata la vecchia legge di stabilità. Si interviene sul documento programmatico di bilancio, il DPB, disponendo che nello stesso termine – il 15 ottobre – ora previsto per la presentazione del documento alle istituzioni europee esso venga presentato anche alle Camere, colmando in questo modo una lacuna molto seria dell'ordinamento che non prevedeva al momento la trasmissione al Parlamento semplicemente perché il DPB nasce nel 2013, quindi successivamente alle modifiche introdotte dopo la modifica dell'articolo 81 della Costituzione e, quindi, dal 2013 ad oggi non era mai stato fatto un intervento che consentisse, come dire, al documento programmatico di bilancio di essere trasmesso alle Camere. Il Pag. 98DPB esce – se mi è consentita la battuta – per quanto riguarda la conoscenza del Parlamento stesso da questo limbo in cui era finito a causa delle asimmetrie temporali connesse appunto alla regolamentazione europea.
  Sempre con riguardo al Documento di economia e finanza, si interviene sul contenuto della seconda sezione dello stesso, su analisi e tendenze della finanza pubblica, laddove si dispone che questa debba anche recare, almeno per il triennio successivo, le informazioni di dettaglio sui risultati e sulle previsioni dei conti dei principali settori di spesa, con particolare riferimento a quelli relativi al pubblico impiego, alla protezione sociale e alla sanità nonché sul debito delle amministrazioni pubbliche e sul relativo costo medio. A tale contenuto viene ora aggiunto, con modifiche introdotte in sede referente – lettera c) del comma 5 e c-bis del comma 5) – che le informazioni in questione debbano concernere anche l'ammontare della spesa per interessi nel bilancio dello Stato correlata a strumenti finanziari derivati. Anche questa è un'innovazione: la quota di derivati che lo Stato paga è dentro la voce «spesa per interessi»; ora ci sarà una chiara distinzione tra la quota di interessi e la quota correlata a strumenti derivati.
  Sui contenuti del DEF si interviene poi anche mediante l'inserimento di due nuovi commi, il 10-bis e il 10-ter nell'articolo 10 della legge di stabilità, già previsti nel testo iniziale e modificati durante l'esame in Commissione. Si ricomprendono tra i contenuti informativi del documento quelli riferiti al BES. Anche qui è un lavoro che la Commissione bilancio aveva avviato dall'inizio della legislatura. C'era una proposta di legge depositata dal collega Marcon che è stata anche legata a questa riforma di bilancio con altre proposte, come è possibile evincere dal dibattito che è stato fatto in Commissione, che noi ora portiamo in Aula e gli indicatori di benessere – benessere equo e sostenibile – caratterizzeranno certamente questa discussione e sono una novità importante. Disponiamo che in apposito allegato al DEF, predisposto dal Ministro dell'economia e delle finanze sulla base di dati forniti dall'ISTAT, vengano riportati l'andamento, nell'ultimo triennio, degli indicatori di benessere equo e sostenibile, selezionati e definiti dal Comitato per gli indicatori, istituito presso l'ISTAT medesimo, nonché le previsioni sull'evoluzione degli stessi nel periodo di riferimento, anche sulla base delle misure previste per il raggiungimento degli obiettivi di politica economica e dei contenuti stessi del PNR (il Programma nazionale di riforma). Si segnala che il Comitato viene istituito e disciplinato dall'articolo 13 della proposta di legge in esame, aggiunto nel corso dell'esame stesso in Commissione. La novità è che il Parlamento dovrà esprimersi sugli indicatori di benessere e dovrà farlo, con un'apposita relazione, entro il 15 febbraio di ciascun anno.
  In questa relazione verrà evidenziata l'evoluzione e l'andamento degli indicatori di BES medesimi sulla base degli effetti determinati dalla legge di bilancio per il triennio in corso. Io penso che la rivoluzione culturale nel nostro Paese riferita al BES sia soprattutto connessa al fatto che ci abitueremo tutti, esercizio dopo esercizio, a valutare gli effetti delle politiche economiche sugli indicatori di benessere e il primo passo sarà l'anno di partenza, il 2017, nel senso che definiti gli indicatori ci sarà la presentazione, nel dibattito parlamentare, delle diverse risoluzioni sugli obiettivi connessi al benessere equo e sostenibile e certamente dall'anno successivo sarà possibile valutare le politiche pubbliche di impatto proprio su quegli indicatori. Penso ad alcuni indicatori che caratterizzano il rapporto Istat, che è arrivato ormai al sesto anno, e che consentono all'opinione pubblica di avere maggiori informazioni su alcune misure ambientali: penso alla misurazione di CO2 o al valore di alcuni servizi pubblici; penso all'impatto delle politiche pubbliche su alcuni servizi su cui l'opinione pubblica è particolarmente attenta: penso ai servizi pubblici locali e agli asili nido. Gli indicatori, che saranno definiti dal comitato, saranno indicatori che consentiranno al Pag. 99dibattito parlamentare di fare certamente un salto di qualità sugli effetti delle politiche pubbliche. Nel primo anno – quest'anno – ovviamente ci sarà prima la legge di bilancio e poi gli indicatori; da quello successivo, essendo il BES un allegato al DEF, sarà ovviamente consequenziale la misurazione di impatto delle politiche pubbliche previste dalla legge di bilancio sul set di indicatori.
  Un'ulteriore modifica recata dall'articolo 1 attiene all'accesso alle banche dati delle pubbliche amministrazioni, già previsto per la verità nella legge di contabilità, ma rispetto al quale nella proposta di legge si è precisato che l'accesso in questione avrà altresì le finalità di consentire la consultazione delle banche dati da parte dei membri del Parlamento. Questa è una proposta fatta dal MoVimento 5 Stelle che è stata ripresa da tutti i gruppi parlamentari e che ha ottenuto un sostegno sin dal primo momento, anche perché nei dibattiti che si sono susseguiti in Commissione più volte questo tema è stato posto da tutti i gruppi parlamentari. Nel corso dell'esame in Commissione si è specificato che i software utilizzati ai fini dell'applicazione della legge di bilancio e di quelle di assestamento e di rendiconto siano in formato aperto e riutilizzabile, ai sensi della disciplina del codice dell'amministrazione digitale. Anche questa è un'innovazione evidentemente figlia anche dell'impatto stesso del digitale sul funzionamento dei modelli organizzativi connessi al nostro sistema burocratico.
  L'elemento centrale della nuova disciplina è costituito, come è noto, dalla nuova legge di bilancio, che nell'articolo 2 viene articolata in due sezioni la prima delle quali assorbe in gran parte i contenuti della vecchia legge di stabilità e reca esclusivamente le misure tese a realizzare gli obiettivi di finanza pubblica indicati nei documenti programmatici di bilancio, vale a dire il DEF e la Nota di aggiornamento dello stesso. La seconda sezione è dedicata alle previsioni di entrata e di spesa espresse in termini di competenza e di cassa e formate sulla base del criterio della legislazione vigente e delle proposte di rimodulazioni da introdurre secondo le condizioni e i limiti esposti dalla proposta di legge. Tra gli altri elementi più significativi contenuti nel testo in esame va ricordato anche l'ampliamento – questo è un passaggio importante – della flessibilità in sede di predisposizione della seconda sezione del disegno di legge di bilancio, ampliamento che mette a regime, nel testo della legge di contabilità, un'esigenza di maggiore elasticità gestionale spesso introdotta da alcune norme in via transitoria.
  Signor Presidente...

  PRESIDENTE. Presidente, un minuto... magari due.

  FRANCESCO BOCCIA, Relatore per la maggioranza. Sì, ho finito. Ci sono altri due punti; come lei sa, non accade ogni mese di presentare la riforma del bilancio. In un minuto, cerco di chiudere con gli altri tre punti. Gli altri tre punti fondamentali nella riforma del bilancio sono connessi alle caratteristiche che, in qualche modo, possiamo sintetizzare con questo aspetto: si supera il tema delle clausole di salvaguardia, tema spesso discusso nella nostra Aula. Si è spesso discusso relativamente a temi molto delicati anche dal punto di vista della copertura delle disposizioni legislative di spesa. Su tali questioni l'esame condotto in Commissione è stato particolarmente attento ed ha portato ad un significativo miglioramento anche del testo iniziale. Si prevedeva, in presenza di determinate condizioni, la possibilità che il Ministro dell'economia e delle finanze potesse sospendere con proprio decreto, in attesa di misure correttive, l'efficacia delle disposizioni di spesa. Su tale potere sospensivo sono emersi alcuni profili problematici nella discussione fatta in Commissione che hanno consentito, a seguito delle audizioni tenute in Commissione, una riformulazione delle norme di questo meccanismo, che sottopongo all'attenzione dei gruppi parlamentari. Nel confermare l'eliminazione della clausola di salvaguardia è stata introdotta una specifica disciplina in caso di andamento degli oneri non in linea con le previsioni. Nel primo caso Pag. 100il Ministro all'economia e delle finanze, in attesa di misure correttive da adottare con legge di bilancio o con proprio decreto, provvede, per l'esercizio in corso, alla riduzione degli stanziamenti iscritti nello stato di previsione del Ministero competente. Qualora i suddetti stanziamenti non siano sufficienti alla copertura finanziaria del maggior onere, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, con decreto del Presidente del Consiglio e, quindi, con un intervento del Consiglio dei ministri, c’è una riduzione degli stanziamenti iscritti negli stati di previsione della spesa. Gli schemi di decreto in questo caso vengono trasmessi alle Commissioni bilancio di Camera e Senato che hanno sette giorni per esprimersi dalla data di trasmissione. Questo meccanismo ci consente finalmente il superamento delle cosiddette clausole di salvaguardia perché, va sottolineato, era diventata una prassi che inevitabilmente toccava quasi tutte le ratifiche internazionali e molti provvedimenti anche complessi, le cui coperture erano condizionate da previsioni non sempre semplici da fare. La differenza rispetto al passato è che non sarà più possibile aumentare automaticamente le imposte e non potranno più aumentare tasse a prescindere in caso di errate previsioni su misure legislative di spesa, ma bisognerà intervenire esattamente sui Dicasteri che hanno fatto quella previsione.

  PRESIDENTE. Onorevole Boccia, però adesso deve proprio chiudere.

  FRANCESCO BOCCIA, Relatore per la maggioranza. Chiudo davvero, Presidente. Non sarà più possibile utilizzare le quote dell'8 e del 5 per mille come accadeva in passato. Bisognerà rispettare il volere dei contribuenti. Le misure localistiche microsettoriali non ci saranno più. C’è un emendamento, approvato all'unanimità anche in questo caso, che non consente più l'esistenza di misure localistiche microsettoriali. E poi ci sarà una relazione del Ministro dell'economia e delle finanze sull'impatto della manovra sul bilancio di genere. Queste le principali novità, ovviamente in un quadro molto più ampio che nella relazione che consegno, signor Presidente, potranno essere valutate e studiate dai colleghi. Pertanto, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento (La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti).

  PRESIDENTE. Grazie. Mi dispiace, onorevole Boccia. Ovviamente, io mi rendo conto dell'importanza dell'argomento, ma io ho un Regolamento da applicare.
  Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza, onorevole Cariello.

  FRANCESCO CARIELLO, Relatore di minoranza. Grazie Presidente. Allora, colleghi, noi abbiamo sentito l'esigenza di presentare una relazione di minoranza per via della genesi di questa proposta di legge; una genesi che viene dalla legge rinforzata di modifica della struttura del bilancio, ovvero quella che introduceva e rafforzava il raggiungimento dell'obiettivo di medio termine nonché il pareggio di bilancio, sia a livello di amministrazioni centrali, sia a livello di amministrazioni locali. E questa è la posizione politica del MoVimento 5 Stelle fortemente contraria a questa impostazione del bilancio dello Stato.
  Siamo contrari al fiscal compact e lo abbiamo ribadito in più occasioni e saremo contrari anche alla modifica della legge di contabilità così come dettata da quel processo di riforma. Ciò non toglie che il MoVimento 5 Stelle ha comunque assunto un atteggiamento fortemente collaborativo nel processo di revisione della legge di contabilità e che ha visto noi direttamente partecipi anche nel processo di modifica e di proposta, perché siamo ben consapevoli che questo processo ormai è in atto per via dei trattati che si sono sottoscritti a livello di Unione europea. Ma grazie a questa collaborazione il miglioramento è stato accolto e sono state citate diverse proposte emendative, anche dal relatore per la maggioranza, accolte, ma mi preme comunque sottolineare alcuni aspetti che avrebbero veramente determinato Pag. 101un apporto ultra collaborativo da parte nostra e determinante su alcuni aspetti. Parliamo innanzitutto della trasparenza; la trasparenza che per noi è un valore fondante; trasparenza che abbiamo cercato di introdurre in maniera esplicita e in maniera maggiormente determinante all'interno di questa proposta di legge. È stata accolta la volontà di aprire l'accesso ad entrambe le Camere, ma noi avremmo preferito un accesso diretto del singolo parlamentare, in maniera tale da poter in questo senso monitorare ogni singolo sottostante legislativo ad ogni capitolo di bilancio e poter quindi intervenire anche nei vari processi emendativi delle diverse leggi di bilancio in maniera più efficace. Abbiamo partecipato volentieri anche all'introduzione dei nuovi indicatori economici in alternativa al PIL, come è stato anche ribadito dalla relazione di maggioranza, quali gli indicatori di benessere economico e sostenibile. Ma questa condivisione volevamo portarla e questa volontà volevamo portarla addirittura negli obiettivi programmatici del DEF in modo tale da vincolare i Governi d'ora in poi al raggiungimento di questi obiettivi. Infatti, avere una traccia di quella che è l'evoluzione di questi indicatori nel triennio precedente e anche l'evoluzione nel tempo dagli stessi indicatori è utile, sì, ad una condivisione di quello che è l'andamento del Paese, ma dobbiamo essere determinanti e per esserlo bisogna vincolare le azioni dei Governi attraverso degli obiettivi programmatici. Questa era la nostra volontà, ma non è stata tradotta in un'effettiva modifica della legge in tal senso. I vincoli temporali li abbiamo modificati e siamo stati anche consapevoli che un ordine, anche nelle presentazioni dei vari documenti, si è raggiunto e si è raggiunta un'intesa anche nel giorno effettivamente entro cui il Governo deve emanare in maniera definitiva il disegno di legge di bilancio, che sarà il 20 ottobre. Ma sui vincoli temporali e sulla tempistica con cui viene comunicata e trasmessa la legge di bilancio abbiamo preteso che il Parlamento fosse messo sullo stesso livello di presentazione della Commissione europea e di tutti gli organi dell'Unione europea. Infatti, questa modifica e tutta la nuova impostazione delle leggi di bilancio dei Paesi membri dell'Unione europea ormai viene dall'impostazione di alcuni trattati a cui il nostro Paese ha partecipato, ma il Parlamento veniva sempre dopo. Infatti, nella versione originale di questa proposta di legge il Governo aveva dodici giorni di tempo per poter poi trasmettere alle Camere quanto in precedenza aveva già notificato alla Commissione europea. Questa riteniamo essere stata una nostra richiesta ben accolta e ben discussa in Commissione, ma fortemente voluta da una forza politica che ritiene il Parlamento sovrano e, quindi, la sovranità del Parlamento come azione centrale di tutte le nostre azioni politiche.
  Il monitoraggio della spesa era anche stato eliminato e abrogato in una prima lettura del provvedimento. Si abrogava il comma 11 dell'articolo 10 della legge n. 196, che appunto aveva come compito quello del monitoraggio delle ultime leggi di bilancio e di tutte le norme in esse contenute. Bene, a seguito di una nostra proposta e di una discussione ampia su questo aspetto, abbiamo ripristinato quel comma. Questa è stata, comunque, una strada per poter poi dare al Parlamento consapevolezza. Infatti, avere il monitoraggio e avere tutti gli elementi per poter decidere significa, di nuovo, mettere al centro della discussione il Parlamento ed affermare la sua sovranità.
  Abbiamo ottenuto la possibilità di avere, all'interno della quota interessi specificata nel DEF, la quota parte di quella spesa in strumenti finanziari derivati; questo sempre in funzione della trasparenza come valore fondante di condivisione con i cittadini delle informazioni riguardanti il denaro che attiene tutto il popolo italiano. È fondante come valore, ma anche come azioni effettive per poterlo poi evidenziare.
  Poi, per quanto riguarda il pareggio di bilancio, ci preme anche sottolineare che questo è un altro dei motivi per cui siamo fortemente contrari. È una regola ormai in atto con il Patto di stabilità e crescita, che, poi, ha generato il fiscal compact, che poi Pag. 102ha generato tutta una serie di normative a livello di Stati membri. Il nostro Paese lo ha addirittura recepito all'interno dalla propria Costituzione. Ma, in fin dei conti, da quando siamo in questo Parlamento, abbiamo più volte rinviato, sempre in avanti, il raggiungimento dell'obiettivo di medio termine. Quindi, c’è da chiedersi perché una regola, che praticamente è in atto da più di tre anni, viene puntualmente derogata. C’è da porsi una domanda seria. Anche a livello europeo il dialogo e il confronto su questo argomento è molto spinto. Occorre chiedersi se questa regola è una regola che funziona o che genera del valore nei vari Stati membri. A nostro avviso, questa regola va completamente cancellata, come tutto l'impianto del fiscal compact e tutto quello che il fiscal compact ha generato in termini di regolamenti attuativi, di leggi nazionali, costituzionali, rafforzate, di primo livello. Sono tutte da rivedere, perché tutto è basato su questo concetto del pareggio di bilancio, che per noi non sta in piedi. Si tratta di un pareggio di bilancio che, invece, il Parlamento ha sempre derogato, ma che ha chiesto agli enti locali di applicare sin dal 2015. Si tratta di un pareggio di bilancio che effettivamente ha determinato un blocco degli investimenti a livello di amministrazioni locali. Ce l'hanno detto e ribadito tutte le regioni, la Conferenza delle regioni, l'ANCI. Quindi, in realtà, ha determinato un disastro nel nostro Paese. Su questo noi basiamo politicamente le ragioni di una non condivisione dell'intera legge, tant’è che non l'abbiamo sottoscritta, e della presentazione di una nostra relazione di minoranza, per affermare, ancora una volta, la nostra volontà politica di cancellare questa regola.

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo.

  ENRICO MORANDO, Viceministro dell'economia e delle finanze. Mi riservo di intervenire in sede di replica.

  PRESIDENTE. Sta bene.
  È iscritto a parlare l'onorevole Fanucci. Ne ha facoltà.

  EDOARDO FANUCCI. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi e colleghe, siamo di fronte a un passaggio molto importante e, facendo mia la relazione dell'onorevole Boccia, presidente della Commissione bilancio, che si è impegnato moltissimo per arrivare a questo risultato, mi concentro, nei pochi minuti che ho a disposizione, anche per titoli, sulle maggiori innovazioni del provvedimento, che ritengo di dover sottolineare e, al tempo stesso, voglio dare alcuni cenni di replica all'intervento dell'onorevole Cariello, che mi ha spiazzato.
  Anzi, al contrario rispetto a quanto aveva ipotizzato, parto proprio dalla replica all'onorevole Cariello, per suo tramite. In effetti, nell'intervento emerge la positività del rapporto che vi è stato in Commissione nella discussione, nelle migliorie al testo, nel confronto che ha portato, anche dopo una discussione franca, diretta, mai banale, attraverso le dinamiche della democrazia, a migliorare rispetto a quello che era il punto di partenza. Questo è avvenuto grazie anche al MoVimento 5 Stelle, grazie anche alle minoranze. E l'onorevole Cariello lo rivendica con una certa enfasi, anche con un certo orgoglio, devo dire. Lo fa sul tema della trasparenza; anche qui evidenzio il tema dell'accesso alle banche dati, non tanto nell'innovazione letteraria, ma nell'innovazione concreta e pragmatica di poterlo davvero fare, al di là del testo di legge. Sul tema dei vincoli temporali, sul tema del monitoraggio della spesa, sul tema dei derivati il MoVimento 5 Stelle sottolinea e si prende in parte il merito, che confermiamo, perché riteniamo che la discussione, se è vera e proficua, dà risultati e migliora il testo. E soltanto alla fine, a margine, dell'intervento, facendo riferimento al fiscal compact e al pareggio di bilancio, in buona sostanza dice che non voteranno il provvedimento per motivi molto lontani dalla discussione in Commissione. Questa, a mio avviso, è una scusante che non regge. Non regge in termini pratici, in termini politici e in Pag. 103termini di lungimiranza rispetto a quello che deve essere un provvedimento, che oggi ci vede tra i costruttori dello stesso, ma un domani ci dovrà vedere tra i fruitori dello stesso. Infatti, noi siamo rappresentanti pro tempore della comunità e questa legge è una legge che oggi noi portiamo avanti, ma che rimarrà come un pilastro fondante del bilancio dello Stato. In questo senso sono convinto delle motivazioni che vi hanno mosso: certamente un elettorato che non capisce un confronto reale e dinamico in Commissione, che non accetta non il compromesso, ma la mediazione nel senso alto del termine. E qui c’è stata una mediazione nel senso alto del termine, che ha portato, ad esempio – lo voglio dire non tanto o non soltanto per l'intervento del 5 Stelle –, alla valorizzazione del BES, questo indicatore che va al di là dei meri numeri di bilancio, che guarda qualcos'altro, che è una vostra rivendicazione dal primo giorno, come lo è del Partito Democratico, cioè andare oltre i freddi numeri e trovare indicatori che ci consentano anche di comparare la situazione nel tempo e nello spazio con ciò che è accaduto prima di noi, negli anni addietro, ma anche con ciò che accade nel resto d'Europa, ad esempio, per quanto riguarda il consumo di suolo, per quanto riguarda il consumo di anidride carbonica, i servizi pubblici locali, i servizi a domanda individuale, tutti i servizi che meritano di essere comparati. Per farlo serve un indicatore che ha una valenza strutturale nel tempo, che ha una Commissione che poi giudica, che valuta e un Parlamento che, poi, è chiamato ad affrontarne le risultanze.
  In questo senso, abbiamo fatto tanto. Abbiamo fatto tanto, ad esempio – anche in questo caso sottolineando un aspetto molto importante –, dando seguito – guardo gli amici di SEL – a quanto in Commissione l'amico Gianni Melilla chiedeva, che i fondi dell'8 per mille e del 5 per mille trovassero una concreta attuazione rispetto a quella che era la finalità su cui il contribuente si era espresso. Quante volte ne abbiamo parlato ? Quante interrogazioni abbiamo affrontato in Commissione bilancio ? E quante discussioni ? Oggi abbiamo dato una risposta concreta: quelle risorse potranno essere utilizzate soltanto per le finalità selezionate dal contribuente nelle sedi dovute. È un passaggio importante, di civiltà, forse un passaggio dovuto; ma oggi abbiamo uno strumento che diventa ineludibile, attraverso il quale sappiamo non poter più applicare la norma che consentiva di spostare le risorse del 5 per mille e dell'8 per mille ad altre coperture di bilancio: una prassi non positiva che oggi non sarà più possibile.
  Quindi, se possiamo utilizzare dei titoli: trasparenza, programmazione, flessibilità ed adattabilità. Anche il tema della flessibilità: quante volte i ministeri arrivavano a dirci «non riusciamo a compensare delle poste che abbiamo all'interno delle nostre possibilità, o riusciamo alla fine a farlo, ma con una serie di passaggi burocratici infiniti, che ci rallentano nell'utilizzo corretto delle nostre risorse». Noi contestavamo certamente che quelle risorse non erano del Ministero ma in realtà erano della comunità tutta, ma noi ottimizziamo con la flessibilità un doppio vantaggio: il primo di consentire ai ministeri una flessibilità maggiore, quindi una spesa anche più semplice di risorse comunque già appostate; ma l'altro, questa flessibilità vuol dire anche più responsabilità. Mi spiego meglio: noi conosciamo bene, per averlo visto nelle varie leggi di stabilità, il concetto della spesa storica incrementale, cioè si parte da quanto abbiamo speso l'anno precedente, nella considerazione che si è speso bene, e magari applicando l'ISTAT o altri fattori si chiede di spendere qualcosina di più rispetto a quanto si è speso in passato. Allora applicare la revisione della spesa attraverso uno strumento come può essere quello della nuova legge di bilancio, vuol dire mettere in discussione la spesa storica, metterla in discussione di prassi ogni anno, a prescindere dal Commissario alla spending review; ma per farlo chiaramente occorre uno strumento che metta in discussione la spesa storica incrementale. E questo facciamo: abbiamo uno strumento ! Poi lo strumento, occorre farne buon uso; e qui Pag. 104lancio un appello al Governo, di farne buon uso, e noi vigileremo affinché ciò possa avvenire.
  Per quanto riguarda un altro aspetto che mi preme sottolineare, quello dello stop alle clausole di salvaguardia: io stesso in Commissione bilancio fin da quando ci siamo insediati ho fatto una battaglia non personale, ma di partito con i colleghi della Commissione, per cercare di evitare non soltanto l'abuso delle stesse, ma anche l'uso; perché ci siamo trovati a rincorrere degli effetti di scelte che non derivavano nemmeno dal Governo precedente, ma dai Governi precedenti ! E ogni volta siamo stati costretti a mettere delle «pezze»: permettetemi il termine brutale, ma spero efficace. Questo non determina una buona programmazione, e non determina neanche una responsabilità nel governo delle scelte del Paese, anche se inserito in un contesto ben più largo che è quello dell'Unione europea. Noi riteniamo che, col superamento delle clausole di salvaguardia, possa essere attuata una strategia più responsabile nei confronti del Parlamento, attraverso quindi uno strumento chiaro, trasparente e forte come quello della nuova legge di bilancio, e questo ci consentirà di lavorare bene e di lavorare meglio.
  Per concludere, Presidente, anche se avrei tante altre cose da dire (avevo preparato una relazione): non so se questo provvedimento farà rumore, non so se questo provvedimento ci consentirà di andare sui telegiornali, di avere quell'enfasi elettorale di cui spesso i partiti vivono giornalmente; ma sono convinto che questo sia un buon provvedimento, di cui essere orgogliosi, un provvedimento che migliora le cose e di cui certo il Parlamento deve essere fiero.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Caso. Ne ha facoltà.

  VINCENZO CASO. Presidente, cercherò di essere breve e chiaro. Come abbiamo detto, questo provvedimento nasce da una delega lasciata nella legge n. 243 del 2012, che dava attuazione al principio del pareggio di bilancio. Quindi vorrei che fosse chiaro, come pensavo che fosse ovvio, che per il MoVimento 5 Stelle il principio del pareggio di bilancio, e poi il suo ingresso tra l'altro in Costituzione, è stato uno degli errori madornali fatto dal Parlamento in questo secolo. Pertanto è chiaro che il MoVimento 5 Stelle mai firmerà e mai appoggerà una legge che deriva dall'attuazione di quel principio: principio che è stato anche inserito all'interno di questa legge, che, come detto da Fanucci, è un pilastro fondamentale; per cui vedere all'interno di un pilastro fondamentale il riferimento al pareggio di bilancio, non può che trovarci contrari.
  Lo vediamo proprio in riferimento appunto al DEF, in cui appunto si inserisce – cosa che prima non c'era – il pareggio di bilancio, l'obiettivo di medio termine. Ma all'interno di questa legge ci sono altri riferimenti a quel pareggio di bilancio; o possiamo anche citare ad esempio la cancellazione di quelle che erano le regole dell'evoluzione della spesa pubblica, cosa che noi espungiamo nella relazione illustrativa: c’è proprio scritto «queste regole ormai le decide l'Europa». Per cui è veramente noi ci meravigliamo più che altro del contrario, di come si potesse pensare che il MoVimento 5 Stelle appoggiasse questo provvedimento in toto.
  E allora come ha agito il MoVimento 5 Stelle ? Ha agito come ha agito sempre: non è che perché siamo contrari ad un provvedimento, il MoVimento 5 Stelle allora si tiene da parte; a questo punto ce ne saremmo andati via dal Parlamento da un po’. Invece come sempre il MoVimento 5 Stelle va in Commissione e cerca di migliorare i provvedimenti che si ritrova davanti.
  Siamo quindi riusciti, anche col nostro apporto, a migliorare alcune parti, che però per noi continuano a rimanere di contorno, perché nella legge di contabilità l'elemento principale che adesso andremo a vedere è che si fa riferimento esplicito proprio al pareggio di bilancio; poi veniamo alle altre cose di cui abbiamo discusso.Pag. 105
  Quando si modifica una legge di contabilità, sicuramente non è una cosa che si fa ogni anno: è una cosa che avviene poche volte, fortunatamente, perché sono le regole del gioco. E quindi quando si cerca di parlare di una legge che deve durare nel tempo, è ovvio che gli obiettivi devono essere quelli di lungo termine: è quanto abbiamo fatto noi nel presentare quegli emendamenti, cioè noi abbiamo cercato di dare la nostra visione di lungo termine. Quindi, come detto, vanno benissimo gli emendamenti che ci sono stati approvati, quale appunto quello di mandare contestualmente il documento programmatico di bilancio alla Commissione europea, ma anche al Parlamento, proprio perché continuiamo a ritenere ancora centrale la funzione del Parlamento. Bene sicuramente l'esplicitare in modo più chiaro gli interessi pagati sui derivati, anche se nella nostra formulazione dell'emendamento avevamo chiesto qualche elemento in più.
  Quindi, come detto, sicuramente abbiamo lavorato per migliorare questo testo, e l'abbiamo fatto con le nostre proposte. E sicuramente anche nel testo e nel lavoro che è stato fatto in Commissione, alcune cose sono state migliorate; e quindi ben venga la parte della trasparenza sul sito, ben venga anche il superamento delle clausole di salvaguardia. Poi, certo, su altri argomenti si poteva fare molto di più. Parliamo, ad esempio, del DEF. Come dicevo prima, in una nostra visione di lungo periodo, il DEF doveva essere quantomeno trasformato in un documento che riguardasse un quinquennio e non il triennio come adesso e soprattutto avevamo chiesto all'interno del DEF, in particolar modo all'interno di alcune sezioni di esso, anche una parte che riguardasse gli obiettivi non solo per il triennio successivo ma degli obiettivi di più ampio respiro a quindici anni o a vent'anni o, almeno, di avere una parte del DEF che guardasse al lungo periodo: questo semplicemente perché è quello che dovrebbe fare la politica. Non dichiarare in che modo la programmazione del prossimo triennio si inserisca all'interno di una visone almeno quindicennale, se non ventennale, significa rimanere fermi sul breve termine. Ci sono altri aspetti ancora di cui abbiamo discusso e uno di questi riguarda gli indicatori alternativi al PIL: un passo avanti come abbiamo detto tutti ma, ripeto, la legge di contabilità non la si modifica ogni anno. Quindi in queste nuove regole del gioco ci avrebbe fatto piacere avere questa visione di più ampio respiro e quindi degli indicatori non inseriti all'interno di una relazione, anche perché poi quegli indicatori sono già oggi calcolati dall'Istat e, quindi, chi se li vuole vedere o se li vede all'interno del DEF o all'interno del sito dell'Istat e può trovare quelle informazioni. Ma quello che veramente sarebbe stato rivoluzionario, sarebbe stato inserire direttamente quegli indicatori all'interno del DEF, quindi della programmazione, cioè dare degli obiettivi reali su quegli indicatori. Infatti, come abbiamo sempre detto, il PIL non è un indicatore sufficiente e quindi raggiungere degli obiettivi di PIL, che oggi dichiariamo, può essere fatto con metodi diversi: lo stesso obiettivo può essere raggiunto con metodi diversi e quegli indicatori diversi potevano darci proprio un'indicazione più chiara e quindi potevano impegnare il Governo a raggiungere quegli obiettivi sugli indicatori di benessere e non solo sul PIL.
  Noi riteniamo pertanto che sicuramente si è lavorato. Noi abbiamo dato il nostro contributo, abbiamo cercato di portare delle migliorie, qualcosa siamo riusciti ad ottenere e qualcosa no. Ma quello che è mancato per noi è proprio questa visione di più lungo periodo che doveva essere invece inserita all'interno della legge di contabilità. Come detto, siamo sicuramente soddisfatti del superamento delle clausole di salvaguardia, siamo ovviamente anche soddisfatti dell'accordo preso sul fatto di non utilizzare più l'otto per mille e il cinque per mille che, invece, viene blindato finalmente in base alle decisioni prese dai cittadini in fase di dichiarazione dei redditi. Continuiamo, però, Presidente, a ritenere che questo provvedimento abbia questo peccato originale che continuiamo Pag. 106a portarci dietro anche scrivendolo formalmente all'interno della legge di contabilità.
  E in una fase in cui l'Unione europea sta vivendo sicuramente un periodo di crisi – non l'abbiamo vista in grado di gestire i flussi migratori, non è stata assolutamente in grado di far fronte a questa stagnazione economica – la maggior parte dei fondi che arrivavano dall'Unione europea, i vari strumenti creati, si sono fermati alle banche e non sono arrivati all'economia reale. In questa Europa oggi spaventata dal Brexit e quindi spaventata da una decisione popolare, in un'Europa anche messa un po’ in discussione da tutte le proteste popolari in Francia, noi oggi invece diamo un segnale di continuità, diamo un segnale di continuità dicendo che le politiche anche di bilancio approvate dall'Unione Europea ci vanno bene e le inseriamo all'interno della legge di contabilità e, come detto anche dal mio collega Cariello, questa è la motivazione principale per cui su questo provvedimento non potremmo che esprimerci in modo negativo.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Tancredi. Ne ha facoltà. Non lo vedo però in Aula: s'intende che vi abbia rinunciato.
  È iscritto a parlare l'onorevole Marcon. Ne ha facoltà.

  GIULIO MARCON. Grazie, signor Presidente. Intanto vorrei sottolineare un aspetto positivo di questo provvedimento soprattutto relativamente alle fasi della discussione, le fasi che hanno portato alla sua discussione e alla sua calendarizzazione in Aula perché penso che il metodo che è stato usato è un metodo positivo, un metodo fondato sul dialogo, su un ascolto reciproco tra maggioranza e opposizione. Penso che sia il presidente Francesco Boccia ma anche il Governo, nelle vesti del Viceministro Enrico Morando, entrambi abbiano avuto un ruolo positivo, un ruolo importante: soprattutto un ruolo nel metodo che è stato seguito che, se fosse stato seguito anche sulla riforma della Costituzione, forse oggi avremmo sulla Costituzione un risultato diverso e anche un contenuto diverso di quella riforma. In questo caso c’è stato un ascolto reciproco, c’è stato un'attenzione che il Governo e la maggioranza hanno avuto verso l'opposizione. Si trattava di riscrivere le regole del gioco sostanzialmente per l'approvazione del bilancio e questo ha prodotto dei cambiamenti importanti, delle innovazioni significative e ha portato anche a una valutazione positiva che il nostro gruppo, il gruppo di Sinistra Italiana, esprime sulla proposta di legge in esame, e per questo preannuncio sin da adesso che domani voteremo a favore di essa. Ci sono alcuni aspetti positivi che vorrei ricordare molto brevemente, rimanendo nei sette-otto minuti che mi sono dati per questo intervento. Il primo punto è quello della semplificazione della sessione di bilancio con la riduzione ad un unico provvedimento, al provvedimento che riguarda l'approvazione della legge di bilancio: questo porta ad una maggiore snellezza nella procedura ma anche una maggiore trasparenza attraverso la quale si può arrivare a un risultato sul quale il Parlamento ovviamente può dare, deve dare il suo contributo importante ma lo può fare attraverso una snellezza, una capacità, un'agilità maggiore dell'intera sessione di bilancio. Il secondo elemento riguarda sicuramente la trasparenza, che è data da diversi aspetti: cito uno tra tutti, il pieno accesso ai dati che è stato in qualche modo uno dei punti che abbiamo discusso maggiormente in Commissione, e anche la funzionalità del bilancio attraverso un potenziamento del bilancio di cassa e un suo allineamento con la competenza. Sappiamo che questo era uno degli aspetti critici che abbiamo avuto negli anni scorsi e questo è sicuramente un aspetto positivo. Terzo elemento, che vorrei ricordare e veniva accennato anche nei precedenti interventi, è la presentazione contestualmente a Bruxelles e alle Camere del documento programmatico di bilancio che porta ad una piena presa di coscienza sin dall'inizio del Parlamento di quello che il Consiglio dei ministri approva e che viene mandato Pag. 107appunto a Bruxelles: e questo parzialmente porta, come si suol dire, a una maggiore tempestività nei rapporti tra Governo e Parlamento rispetto in questo caso al documento programmatico di bilancio. Proprio oggi abbiamo approvato un emendamento che va in quella direzione e che riduce i giorni tra la presentazione dell'intera legge di bilancio e la sua trasmissione in Parlamento a otto giorni rispetto ai dodici che erano stati previsti inizialmente; e questo è un aspetto positivo che riduce appunto il limbo al quale ci siamo abituati in questi anni, quando veniva approvato in Consiglio dei ministri il provvedimento e poi magari passavano due settimane senza che il Parlamento potesse prenderne visione. Quarto elemento è il superamento delle norme di salvaguardia: non aggiungo molto, è stato già ricordato, e questa è una specie di spada di Damocle che non avremo più nei prossimi anni, e anche questo è sicuramente un aspetto importante.
   Altro aspetto importante e positivo è l'annosa questione dei fondi dell'8 per mille: non saranno più utilizzati per esigenze di finanza pubblica straordinaria, per la copertura di provvedimenti, i più vari, anche provvedimenti che niente hanno a che fare, quasi mai, con le finalità dell'8 per mille. Questo è stato un impegno che noi, come Sinistra Italiana, abbiamo sempre rivendicato, e abbiamo presentato mozioni, interrogazioni e abbiamo avuto più volte assicurazioni in questa direzione, assicurazioni che non hanno mai trovato riscontro e che finalmente troveranno riscontro con l'approvazione della legge di bilancio.
   Ultimo punto, ma insomma per noi è quasi il primo, è l'introduzione nella legge di bilancio degli indicatori di benessere. Questo – come ricordava anche il presidente Boccia nella sua relazione – è un aspetto importante di innovazione, di discontinuità, di qualità del processo di formazione del bilancio; non è semplicemente una questione, come si suol dire, accademica, di migliore conoscenza rispetto a come misurare appunto le politiche pubbliche e le politiche di bilancio con gli obiettivi che vengono fissati, ma anche un modo per orientare le scelte: gli indicatori di benessere, oltre a darci il senso di quello che discutiamo, rispetto all'impatto che le politiche possono avere, sono anche uno strumento per orientare le scelte che vengono fatte. Ricordo che già un anno fa in Francia il Parlamento francese ha approvato un provvedimento che è molto analogo e molto simile a quello che stiamo approvando noi rispetto agli indicatori di benessere: in Francia ogni anno, prima dell'approvazione della legge di stabilità, il Governo presenta al Parlamento una relazione sull'attuazione e l'evoluzione degli indicatori di benessere rispetto alle politiche pubbliche, e noi ci siamo dati due strumenti diversi, l'allegato al DEF e la relazione entro il 15 febbraio, che in qualche modo mette in evidenza l'evoluzione degli indicatori di benessere rispetto alle politiche che vengono implementate.
   Poi vi è una letteratura ormai internazionale, vi sono tante iniziative che sono state promosse in questi anni dall'OCSE, dalla Commissione europea e da molti Governi e Paesi che vanno in quella direzione: si tratta di trovare strumenti per integrare gli indicatori macroeconomici, che ovviamente hanno la loro importanza e la loro centralità, con indicatori di sostenibilità ambientale, di qualità sociale, di parità di genere, eccetera, che possono essere uno strumento importante per valutare e orientare le politiche pubbliche. Si tratta di una scelta innovativa, e speriamo che su questo anche il comitato che la legge prevede, un comitato che appunto ha al suo interno il MEF, la Banca d'Italia, l'ISTAT, esperti e noi speriamo anche esponenti di organizzazioni della società civile, possa dare il suo contributo.
   Chiudo sugli aspetti che ovviamente condividiamo di meno. Uno è stato sollevato dai colleghi 5 Stelle, in riferimento alla legge n. 243: ricordo che il nostro gruppo ha presentato, non solo una proposta di legge di cui il primo firmatario era l'onorevole Boccadutri, che magari in questi mesi avrà cambiato idea su quella proposta di legge, ma è depositata e l'abbiamo Pag. 108presentata, abbiamo raccolto le firme per una legge d'iniziativa popolare per l'abrogazione di quella legge; quindi il riferimento che secondo noi non era necessario ed è ridondante è il riferimento alla legge n. 243 rispetto al raggiungimento dell'obiettivo di medio termine: ci sembra un aspetto negativo e che avremmo voluto invece non presente nel testo.
  Il secondo aspetto riguarda quello che ricordavo prima, i tempi di trasmissione alle Camere della legge di bilancio: comunque anche otto giorni per noi sono tanti, sono troppi e speriamo che gli otto giorni non siano utilizzati fino al limite di tempo, entro il 20 ottobre, entro il tempo previsto, ma che ci sia la possibilità di abbreviare i tempi previsti e sia messo il Parlamento nelle condizioni di poter discutere e votare la legge di bilancio in tempi più brevi di quelli che sono previsti da questa proposta di legge.
   Chiudo con una valutazione di carattere generale: noi pensiamo che questa proposta di legge sia una proposta positiva e noi la voteremo. Pensiamo che migliori tre aspetti: la trasparenza, l'efficacia e – chiudo sul serio – la semplificazione delle procedure. Complessivamente migliora il rapporto tra Governo e Parlamento, tra maggioranza e opposizione: quindi ci sembra una buona riscrittura delle regole del gioco, che noi apprezziamo e che speriamo, magari domani, nella discussione sugli emendamenti, possa essere ulteriormente migliorata per garantire al Parlamento di affrontare la prossima sessione di bilancio con tutti gli strumenti più efficaci e migliori possibili.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Librandi e poi il Presidente vi informa su come ci organizziamo per la serata. Prego, onorevole Librandi.

  GIANFRANCO LIBRANDI. Grazie, Presidente. A seguito degli interventi del presidente Boccia e del commissario di maggioranza, Fanucci, esprimo la mia totale condivisione sui punti fondamentali di questo provvedimento. In funzione di questo, onorevoli colleghi, voglio sottolineare che il progetto di legge di bilancio che stiamo dibattendo e che voteremo, frutto anche dell'approfondita indagine conoscitiva che ha impegnato lo scorso anno le Commissioni bilancio di Camera e Senato, non rappresenta un semplice adempimento normativo con cui adeguare disposizioni di natura contabile, ma un fondamentale strumento di politica di programmazione finanziaria.
   Con l'approvazione della nuova legge di bilancio si compie un ulteriore passo verso il raggiungimento di due obiettivi fondamentali: da una parte, la predisposizione di un insieme di norme che assicurano l'equilibrio di bilancio, dall'altra, l'utilizzo efficiente delle risorse pubbliche in relazione alle scelte politiche e ai bisogni dei cittadini. Il percorso di riforma della legge di bilancio che stiamo per completare ci offre quindi un'opportunità importante per rafforzare il nostro processo di programmazione finanziaria, ma anche per valorizzare la funzione allocativa del bilancio e per garantire trasparenza e conoscibilità in relazione alle scelte compiute. Scelta Civica si esprimerà a favore del progetto di legge in esame.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Giorgetti. Ne ha facoltà.

  ALBERTO GIORGETTI. Grazie, Presidente. Noi abbiamo aderito ovviamente alla stesura di questa proposta di legge in modo convinto, alla luce di una sostanziale e vera disponibilità che abbiamo visto da parte della maggioranza e del Governo per portare avanti un dibattito, e quindi un testo che fosse davvero espressione di un passo in avanti rispetto ovviamente alla normativa vigente, ma che tenesse anche conto di valutazioni che riteniamo essere fondamentali, come valutazioni portate avanti in uno spirito bipartisan. Dico questo perché i riferimenti cardine ovviamente delle proposte normative si inseriscono nella legge n. 196 del 2009, che ha visto un lavoro allora con ruoli invertiti, nel rapporto maggioranza – opposizione, che io ricordo essere stato fatto con Pag. 109grande determinazione, con uno spirito positivo da entrambe le parti e, mi permetto di dire, in un contesto politico in cui la caratterizzazione di entrambe (maggioranza e opposizione) era una caratterizzazione e uno scontro politico molto forte in quella fase. Ci fu un dialogo che io ricordo particolarmente proficuo e proprio per questo ho difeso sia all'interno del gruppo – e il gruppo ovviamente ha aderito a questo tipo di impostazione – per uscire dalle dinamiche di rapporto maggioranza-opposizione e condurre questo percorso insieme. Sottolineo questo aspetto perché credo che solo questo abbia già un valore profondo, specialmente in questa fase politica e alla luce di un dibattito particolarmente vigoroso che il Paese sta affrontando su altre riforme. È evidente che questo intervento è un intervento che dimostra – io credo – buonsenso, equilibrio e una linea di azione che consentirà ai prossimi Governi, qualunque sia la maggioranza e evidentemente le forze politiche che esprimeranno la guida del Paese, di avere uno strumento che sia più efficace e più funzionale alle necessità dell'azione di Governo, che sia uno strumento più trasparente e che dia un presidio ovviamente di intellegibilità ai soggetti esterni, oltre che ovviamente ai membri del Parlamento, per poter quasi arrivare a immaginare un percorso di scelta di destinazione e di allocamento delle risorse pubbliche che sia per certi versi – passatemi la battuta – più trasparente di quello che sta avvenendo nel mondo del privato per certi versi, perché in questo documento ci sono elementi di coraggio significativo e di coerenza.
  Innanzitutto, noi ribadiamo che le modifiche costituzionali, che invitano poi ovviamente anche questo intervento, insieme agli strumenti che derivavano dalla legge n. 196 del 2009 sono elementi che possiamo considerare di patrimonio comune. Quindi, ad oggi riteniamo che, pur con le necessarie correzioni di azione politica, di intervento, di peso, di alleanze e quant'altro, sia ancora un valore – evidentemente l'Europa – procedere all'interno di un percorso di stabilità complessiva che deve riguardare tutta l'area monetaria a cui apparteniamo; ma anche, evidentemente, di regole finanziarie che hanno indubbiamente rappresentato per certi versi anche un problema per lo sviluppo di azioni politiche da parte dei Governi e degli enti locali in questi anni e, dall'altro, hanno rappresentato un punto di riferimento fondamentale per andare avanti nella politica di risparmi e di razionalizzazione della spesa pubblica. Quindi, questo è uno strumento che aiuta ad andare su quella strada, che aiuta e mette ovviamente nella difficoltà, fra virgolette, di affrontare questi nuovi strumenti il Governo che deve evidentemente lavorare con queste nuove regole ma che poi, ribadisco, sono regole che riguarderanno anche chi succederà a questo Governo, e questo riteniamo sia un valore profondo.
  Sullo strumento in sé, cominciamo ad avere finalmente un documento in cui vediamo tutto – passatemi questo termine – e in cui vediamo quelle che sono le scelte e gli effetti comunque determinati da queste scelte sul bilancio dello Stato, e, quindi, un documento importante e complessivo, in cui valutare complessivamente, appunto, l'azione politica e le scelte da parte del Governo. Sono importanti anche alcuni elementi che, però, io ho sentito che sono stati sottolineati, a mio modo di vedere, con un'enfasi particolare che tuttavia rispetto (ci mancherebbe !): dall'indicazione di benessere alla vicenda dell'8 per mille. Sì, sono tutti argomenti assolutamente interessanti e per certi versi anche importanti; sono elementi di equità e di rispetto ovviamente anche più in generale del contribuente, ma questi sono elementi a mio avviso di contorno, che danno l'idea anche di un'operazione di razionalizzazione rispetto ad alcuni abusi e rispetto all'utilizzo delle finalità di quello che era stato detto dal legislatore su alcuni strumenti. Però, gli elementi fondamentali io credo che siano davvero altri. Personalmente a me è piaciuto il dibattito legato al tema delle clausole di salvaguardia, che credo sia stato un dibattito vero che ha portato ad un risultato interessante, che mette anche nelle condizioni il Governo Pag. 110nel rapporto con l'Europa, per esempio, di avere uno strumento che sia molto più efficace e più semplice anche da gestire, nonché più intellegibile per quelle che saranno le scelte di assunzione di responsabilità.
  È meglio che ci sia un intervento diretto da parte del Ministro dell'economia e delle finanze che vada ad affrontare un problema specifico legato all'azione di un diritto soggettivo piuttosto che a un effetto di una legge che determina oneri superiori a quelli che erano stati preventivati con un provvedimento specifico che va anche a determinare degli effetti e, magari, a scaricarli sugli anni successivi piuttosto che lasciare un punto di domanda rispetto a presunte clausole che dovrebbero funzionare e che sappiamo destare, fra virgolette, allarme magari nei settori e determinare effetti negativi in termini di fiducia eccetera, oltre che ad incidere sulla credibilità nei rapporti con le istituzioni europee che ben sanno che con buona probabilità devono aspettarsi un provvedimento di correzione che va a bloccare le norme di salvaguardia. Ho fatto questo esempio banale per dire come all'interno di questo provvedimento, al di là di alcuni effetti annuncio, vi siano degli argomenti che ritengo estremamente interessanti che ci portano a condividere questo percorso che dovrà darci, ovviamente, anche nuova responsabilità.
  Mi ero impegnato con il Presidente a tenere ovviamente un minutaggio asciutto e, quindi, già su questo punto per poi andare verso lo stop e dopo riprendere...

  PRESIDENTE. In base al minutaggio le rimane un minuto e mezzo.

  ALBERTO GIORGETTI. Perfetto. Quindi, sono andato oltre. Vorrei dire che all'interno di queste riflessioni ciò che noi abbiamo di fronte ancora è un ulteriore passo in avanti, ma io credo che ci si stia avvicinando. Abbiamo discusso più volte della questione legata alla razionalizzazione della spesa e, quindi, la capacità di poter intervenire. Qui cominciamo ad avvicinarci a intravedere la possibilità di agire anche su questo obiettivo. Quindi, la spending review ipotizzata come lavoro per arrivare, magari già in corso d'anno, a modificare quelli che sono gli obiettivi di bilancio non solo per necessità: oggi è per necessità. Tuttavia, una volta che abbiamo acquisito questi strumenti e la capacità di fare funzionare questi strumenti, l'auspicio è quello di lavorare ad arrivare con un ulteriore intervento che ci consenta di utilizzare consapevolmente una scelta in corso d'anno, rendendola particolarmente trasparente e chiara non solo ovviamente nei confronti degli attori interessati ma anche e soprattutto – che è obiettivo di tutti – ai cittadini.
  Mi fermo qui, Presidente, ribadendo quindi una bontà di lavoro complessivo e il nostro sostegno su questa proposta di legge nel testo uscito dalla Commissione.

  PRESIDENTE. Grazie infinite anche per la sua precisione, onorevole Giorgetti.
  È iscritta a parlare l'onorevole Susanna Cenni. Ne ha facoltà.

  SUSANNA CENNI. Grazie, Presidente. Provo ovviamente a stringere il più possibile i tempi dell'intervento, lasciando poi il testo integrale del mio intervento al resoconto della seduta. Ovviamente considerata la relazione del presidente nonché relatore di questo provvedimento e anche interventi di alcuni colleghi, io non mi soffermo sulle modifiche principali che andiamo a portare alla legge di bilancio. Mi riferisco, ovviamente, a questo buon lavoro che io credo sia stato fatto in questi mesi in Commissione, un buon lavoro che è stato accompagnato da un buon metodo perché io credo che davvero sia stato fatto uno sforzo grande di condivisione per portare il più possibile tutte le forze politiche a condividere un processo, come sempre si dovrebbe fare quando ci mettiamo d'accordo sulle regole della nostra convivenza e degli atti principale. Però, dispiace davvero che non si sia voluta cogliere fino in fondo, da parte di alcune forze politiche, questa opportunità. Quindi semplificazioni, quindi scelte importanti che, come dicevo, non riprendo. Ma io Pag. 111credo che stiamo davvero facendo una buona cosa, una buona cosa per il lavoro parlamentare, per lavoro del Governo e anche per i cittadini.
  Mi soffermo, però, su quello che si è deciso di inserire accanto alle modifiche strutturali e di programmazione finanziaria, in modo particolare su due aspetti molto innovativi che sono presenti nel provvedimento. Mi riferisco, ovviamente, all'introduzione, accanto al Documento di economia e finanza, degli indicatori di benessere equo e sostenibile – quindi il BES – e al secondo aspetto, introdotto con un emendamento a mia firma, ma sottoscritto da moltissime colleghe del Partito Democratico, che interviene su quanto era già stato inserito con la legge n. 196 del 2009, come modificata dalla legge n. 39 del 2011, che prevedeva l'introduzione, in via sperimentale, di un bilancio di genere, volto a valutare il diverso impatto su uomini e donne della politica di bilancio, quindi non solo nella dimensione possibilmente successiva ai provvedimenti, ma anche provando a lavorare prima dell'adozione dei provvedimenti, valutando le esperienze già adottate nei bilanci di genere degli enti territoriali. Nel nostro Paese è stata fatta una grande sperimentazione, molto spesso una sperimentazione che cessa quando cambiano gli amministratori, che qualche volta si ricomincia daccapo quando arrivano quelli nuovi e che, quindi, ha anche bisogno di essere monitorata e bisogna fare il punto e bisogna decidere come si va avanti su questa sperimentazione. Abbiamo inserito quindi un impegno nei confronti del Ministero dell'economia e delle finanze anche a trasmettere ogni anno al Parlamento una relazione sullo stato di questa sperimentazione. Io mi soffermo su queste due novità perché ritengo di non esagerare se le definisco dimensioni che ci aiutano a leggere meglio la realtà del nostro Paese ogni volta che allochiamo risorse e che avviciniamo in qualche modo così i numeri e la programmazione economica e finanziaria alla loro ricaduta sugli esseri umani in carne ed ossa, uomini e donne, la società, l'ambiente, perché non tutto è misurabile con il PIL e soprattutto perché nessuna norma che si adotta è neutra, ma produce sempre dei risultati e questi risultati e questi effetti vanno adeguatamente misurati. Il presidente Boccia ha parlato di una rivoluzione culturale. Io credo che in parte sia proprio così. Mi rendo anche conto che è facile sorridere in un'epoca nella quale la salita o la discesa di uno zero virgola del PIL anima dibattiti infiniti e può colorare di grigio o di rosa le nostre prospettive di crescita nonché le oscillazioni di Borsa. Però penso che queste due innovazioni e la capacità che avremo o meno di farle diventare vere chiave di misurazione del benessere sociale del nostro Paese e non allegato ininfluente alla legge di bilancio potrebbero dimostrare la capacità dei Governi di assumere una lettura del Paese e dei mutamenti a 360 gradi.
  Non torno sul BES, lo hanno fatto altri colleghi e poi appunto lascerò l'intervento. Però sulla questione del bilancio di genere io vorrei ricordare che questo nostro Paese sono quasi quindici anni che amministratrici locali, giuriste, economiste italiane lavorano sul tema, sperimentano. È stato fatto un tentativo egregio anche dall'ultimo Governo Prodi di leggere in chiave di genere appunto proprio il bilancio dello Stato, ma è stato un tentativo purtroppo rimasto tale per la caduta di quel Governo. Ecco, la sfida di un'analisi delle spese e delle entrate dello Stato con riferimento alla diversità che gli effetti possono produrre su uomini e donne viene da lontano e discende dalla Conferenza mondiale delle donne di Pechino del 1995, con l'impegno che in quella sede 189 Stati si assunsero di promuovere l'indipendenza economica delle donne per mezzo di cambiamenti nelle strutture economiche e nel loro accesso alle risorse produttive. Da allora in poi sono stati fatti passi importanti a livello di Commissione europea con l'adozione del gender budgeting come strumento principe dell'orientamento di genere delle politiche pubbliche. E molti Stati europei hanno compiuto ulteriori passi e ne cito solo alcuni: nel 2009 l'Austria ha costituzionalizzato il principio Pag. 112del bilancio di genere con due articoli della Costituzione e poi questo tema è diventato uno degli assi portanti della riforma di bilancio di quel Paese; il Belgio lo ha fatto nel 2007; la Germania ha visto per lo più comuni e regioni lavorare con il criterio del bilancio di genere e il Land di Berlino ha inserito il gender budgeting nella procedura di bilancio; la Svezia ha inserito diffusamente la sperimentazione; l'ha fatto l'Andalusia, l'ha fatto la Repubblica Ceca, la Danimarca e l'Unione europea ha prodotto vari studi e documenti su questo tema.
  L'ultima relazione risale al 23 febbraio di questo anno e richiama alla necessità di una maggiore influenza della Commissione stessa sugli aspetti del bilancio di genere. Quindi, una grande sperimentazione, anni di esperienza, una realtà molto a macchia di leopardo, che c’è bisogno di riportare a un minimo di omogeneità e io credo anche alla costruzione di linee guida omogenee da parte del Governo centrale. Ovviamente, noi non risolviamo tutto con questo emendamento e con quanto siamo riusciti a inserire nella legge di bilancio, però io penso che averlo fatto rappresenti una cosa importante perché in qualche modo formalizziamo il tema e potremo davvero avviare un lavoro concreto. Ovviamente, non possiamo fermarci qui. Io spero lo vogliano fare il MEF e anche la neo Ministra delle pari opportunità assieme. Però penso che la nostra stessa Commissione bilancio con apposita indagine oppure con un altro tipo di iniziativa possa fornire un contributo forte a un avanzamento del tema.
  Concludo dicendo soltanto questo: questi ultimi anni e dentro una crisi che ha fatto molto male alla vita delle persone (i vincoli di bilancio, i compiti a casa, le lettere dell'Unione europea, le scelte della Banca centrale europea e del Fondo monetario internazionale) hanno contribuito a rendere le politiche di bilancio vissute dai cittadini come vere e proprie vessazioni più che come opportunità di programmare crescita, benessere, futuro, che è quello che il nostro Governo sta cercando di fare. Però è avvenuto anche altro perché noi oggi siamo all'indomani di passaggi come COP21 da un lato oppure come la Carta di Milano licenziata da Expo e ancora i lavori di economisti ed economiste di rango che tentano di innovare la programmazione economica con chiavi non più scindibili dalla sostenibilità ambientale e sociale e penso a Stiglitz e penso ad altri economisti. Ed ancora facciamo i conti con la denatalità in Occidente e l'esplosione demografica in altre aree del mondo. I flussi migratori sono ancora la sfida trasversale di un mondo capace di leggere le differenze fra i generi come ricchezza. Ecco, tutto questo ci chiede oggi di dimostrare il valore del nostro Paese anche percorrendo con coraggio strade nuove che non possono continuare ad essere semplicemente un'appendice, un accessorio irrilevante. È un inizio, ma io credo che queste novità...

  PRESIDENTE. Deve concludere.

  SUSANNA CENNI. Sì, ho proprio finito, Presidente. Dicevo che credo che queste novità, BES e bilancio di genere, ci aiuteranno anche a rendere le politiche di bilancio più vicine alla vita quotidiana delle persone, degli uomini e delle donne e a rappresentare questo sforzo che noi stiamo facendo. Ovviamente, bisogna crederci fino in fondo.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Melilla. Ne ha facoltà.

  GIANNI MELILLA. Chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento. Purtroppo, la collocazione di questo dibattito non ha reso l'importanza del provvedimento che stiamo discutendo; non è stata molto generosa diciamo l'organizzazione di questo dibattito con l'innovazione che si introduce su una materia fondamentale quale appunto quella dei documenti di bilancio. Questo provvedimento è molto innovativo perché consente schematicamente di dare più controllo al Parlamento sui conti pubblici; archivia la stagione delle clausole di Pag. 113salvaguardia; ribadisce il divieto di introdurre norme localistiche e settoriali in modo molto netto e incisivo; dà più spazio di manovra, quindi, alla possibilità dei deputati e dei senatori di concorrere alla formazione dei nostri bilanci accedendo più agevolmente alle banche dati delle amministrazioni pubbliche. E io voglio dare atto al presidente Boccia che molto saggiamente ha scelto di condividere questa proposta di legge con tutti i gruppi e anche voglio dare atto alla cortese disponibilità con cui il Viceministro Morando ha seguito con grande attenzione i nostri lavori. In particolare, noi di Sinistra Italiana-SEL siamo molto soddisfatti – e parlerò solo un minuto di questo – dell'accoglimento del nostro emendamento e, più in generale, della nostra posizione che è stato oggetto anche di una proposta di legge che è stata abbinata poi a questa proposta del presidente Boccia, volto ad introdurre degli indicatori di benessere. È una questione che viene da molto lontano. Vorrei citare brevemente Robert Kennedy, nel 1968, quando, in un memorabile discorso sul prodotto interno lordo – parliamo degli Stati Uniti –, disse: «Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell'indice Dow Jones né i successi del Paese sulla base del PIL. Il PIL comprende anche l'inquinamento dell'aria e la pubblicità delle sigarette, le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine settimana. Il PIL cresce con la produzione del napalm, dei missili e delle testate nucleari. Ma il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia. Il PIL non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio né la nostra saggezza né la nostra conoscenza né la nostra compassione né la devozione per il nostro Paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta».
  Per questo, brevemente, è importante trovare anche altri indicatori per misurare la nostra ricchezza. Quindi, il lavoro che è stato fatto negli anni scorsi da tanti intellettuali, da tanti scienziati dell'economia, dall'ISTAT, dal CNEL, che hanno lavorato proprio sull'indicatore del BES, del benessere equo e solidale, trova finalmente una sistemazione anche dal punto di vista legislativo. Noi ne siamo molto contenti. Per questo il gruppo di Sinistra italiana e di SEL voterà con grande convinzione questa proposta di legge.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Marchi. Ne ha facoltà.

  MAINO MARCHI. Grazie, Presidente. Con questa legge e con quella ora all'esame del Senato sul pareggio di bilancio di regione e comuni, con la conseguente modifica della legge n. 243, completiamo un percorso avviato con le modifiche dell'articolo 81 della Costituzione, poi con la legge n. 243 rinforzata, di attuazione dell'articolo 81 e lo completiamo con le modifiche conseguenti alla legge di contabilità.
  Vorrei preliminarmente sottolineare due aspetti. Innanzitutto, sottolineo l'importanza di un'ampia condivisione dei gruppi parlamentari, trattandosi di una questione relativa alle regole. In questo caso si è registrata e lo si nota dalle firme dei presentatori, dal dibattito in Commissione, dal voto sul mandato al relatore, dal dibattito in quest'Aula. È la dimostrazione che sulle regole questa maggioranza è disponibile al più ampio confronto e a convergenze significative. Quando non si ha questo esito spesso non dipende da noi. Il MoVimento 5 Stelle non si può prendere il merito del buono senza votarlo. Il buono, a mio avviso, c'era già e insieme abbiamo prodotto dei miglioramenti.
  Il secondo aspetto riguarda l'articolo 81 della Costituzione riformato, il cosiddetto pareggio di bilancio. C’è chi dà una connotazione negativa: imbrigliatura della politica, che non ha più spazio per fare scelte per lo sviluppo, la crescita, il lavoro e l'equità. Noi non abbiamo previsto un pareggio in senso stretto, ma l'equilibrio tra entrate e spese, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico.Pag. 114
  Svolgo tre valutazioni. Per un Paese con un alto rapporto debito/PIL, come il nostro, è d'obbligo, di fatto, avere serietà dei conti con un'azione per l'equilibrio di bilancio, altrimenti si rischia il default, al di là delle regole europee, delle norme costituzionali. In secondo luogo, quella norma costituzionale non impedisce né la flessibilità né l'azione politica. Con il Governo Renzi, abbiamo spostato, con tre provvedimenti distinti, il pareggio strutturale di bilancio di tre anni, dal 2016 al 2019, seguendo le norme dell'articolo 81 e senza che l'Unione europea ce l'abbia impedito. In terzo luogo, il problema vero è cambiare le politiche europee: meno autorità, più sviluppo, più occupazione, più integrazione europea. E chi oggi in Europa più del Governo italiano, parlando di Governi, sta ponendo con forza questi temi ?
  Torno al merito più stretto della proposta di legge al nostro esame. Anche in questo caso, vi sono tre questioni politiche. Innanzitutto, il passaggio da due leggi (la legge di stabilità e la legge di bilancio) a una sola (la legge di bilancio, che nella prima sezione ha sostanzialmente i contenuti della precedente legge di stabilità e nella seconda incorpora, già nel disegno di legge del Governo, gli effetti sul bilancio della prima sezione) non è solo un fatto nominale o formale.
  Ha conseguenze sui documenti da presentare ed esaminare, sulla tempistica, ma soprattutto sull'obiettivo di fondo: fare esaminare e intervenire il Parlamento sul complesso delle entrate e delle spese, mentre finora è avvenuto solo sui contenuti della legge di stabilità, quindi, comunque, su aspetti marginali, almeno quantitativamente. Questa è la vera revisione della spesa: non solo un intervento tecnico, ma quel piano industriale della pubblica amministrazione a base zero di cui da tempo parliamo. Si tratta, quindi, di interventi per spendere meglio, non tanto per tagliare e basta. Ciò vale anche per l'entrata. È una riforma che, ritengo, ha bisogno di un'altra riforma, però, per funzionare: il superamento del bicameralismo paritario, come prevede la riforma costituzionale. Solo così ci sarà il tempo per coinvolgere davvero tutte le Commissioni e cambiare il modo di lavorare del Parlamento.
  Sottolineo altre conseguenze: più severità nell'impedire norme microsettoriali e localistiche; il superamento del Patto di stabilità interno (lo prevede la legge n. 243, lo si riprende qui). C’è il pareggio di bilancio, il come lo stabiliamo con le modifiche alla legge n. 243, in discussione al Senato. Poi, va sottolineata l'impossibilità dell'utilizzo dell'8 per mille e del 5 per mille per altri fini. È evidente, in tutto l'impianto, il collegamento e la coerenza con le regole e le procedure europee. Questa non può essere la sede né per cambiare le regole né per cambiare le politiche, ma in altre sedi lo stiamo facendo.
  La prima delle altre due questioni politiche è, brevemente, il superamento delle clausole di salvaguardia, obiettivo condivisibile per non avere coperture finanziarie parallele, per evitare meccanismi automatici di aumento della pressione fiscale, per intervenire in caso di sforamenti sul complesso delle spese o di un Ministero o dello Stato. Le modifiche introdotte in Commissione, con l'emendamento del relatore, del presidente della Commissione, rispetto al testo iniziale permettono, inoltre – questo credo che sia fondamentale –, di evitare qualsivoglia rischio di sospensione di diritti soggettivi con atti amministrativi.
  L'altro aspetto è la novità degli indicatori di benessere equo e sostenibile, che c’è attraverso il DEF, con la relazione del Ministro dell'economia e delle finanze, coinvolgendo l'ISTAT con un apposito comitato. Quindi, più informazioni, ma soprattutto non solo il PIL – come diceva anche l'onorevole Melilla – come indicatore misuratore di tutte le cose. Riprendiamo qui un lavoro importante, fatto nella precedente legislatura, richiesto, sollecitato continuamente – lo voglio ricordare – dall'onorevole Massimo Vannucci e a lui mi sento di dedicare l'approdo di oggi, frutto di significative convergenze politiche. Il ruolo di questa novità potrà aumentare dopo la prima fase e soprattutto Pag. 115se, a livello mondiale ed europeo, saranno assunti come indicatori determinanti per le politiche. È difficile, altrimenti, che lo si possa fare in un solo Paese.
  Quindi, concludo: è un buon provvedimento, anche se non c’è la programmazione a cinque o vent'anni, come chiesto dal MoVimento 5 Stelle. Ma anche l'URSS non c’è più e non possiamo rifarla con la legge di contabilità (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo – A.C. 3828-A)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare l'onorevole Cariello, che, però, non vedo in Aula. Potrebbe replicare l'onorevole Boccia, ma, purtroppo, il suo tempo è ampiamente esaurito con la relazione iniziale.
  Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo. Prego, Viceministro Morando.

  ENRICO MORANDO, Viceministro dell'economia e delle finanze. Grazie, signor Presidente. Cercherò di essere rapidissimo, tuttavia il rilievo delle questioni merita il fatto che qualche minuto io lo dedichi agli interventi che si sono succeduti.
  Prima di tutto, noi stiamo integralmente o radicalmente riscrivendo la legge di contabilità. Lo dico in rapporto alle obiezioni avanzate dal deputato Cariello. Cos’è la legge di contabilità ? La legge di contabilità è lo strumento attuativo dell'articolo 81 della Costituzione, non lo strumento attuativo del fiscal compact, come qualcuno qui ha detto, ma dell'articolo 81 della Costituzione, che, come è noto, può piacere o non piacere, ma finché è scritto in Costituzione va attuato attraverso leggi che siano in grado di essere strumento della sua attuazione. Tant’è vero che non potrebbe esistere legge di contabilità che non si muova per il conseguimento dell'obiettivo di cui al comma 1 dell'articolo 81, che, com’è noto, recita: «Lo Stato assicura l'equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico». Lo Stato assicura: chiunque governi e chiunque legiferi, finché c’è l'articolo 81 della Costituzione, deve fare in modo che lo Stato assicuri; e infatti, al sesto comma dell'articolo 81 della Costituzione, si dice: «Con legge rinforzata si definiscono gli strumenti attraverso i quali lo Stato assicura», e la legge di contabilità è a sua volta attuativa della legge n. 243, rinforzata perché non è legge costituzionale, e tuttavia è talmente rilevante come regola fondamentale del gioco – i Parlamenti sono nati sulla decisione di bilancio, non ce lo dobbiamo dimenticare ! – che la Costituzione ha previsto che quella legge sia approvata con un certo quorum da entrambi i rami del Parlamento.
  Quindi non è l'invenzione del relatore presidente Boccia, che improvvisamente si è messo a citare nella legge di contabilità la legge n. 243 e l'articolo 81 della Costituzione: è il fatto che senza legge di contabilità nuova, l'articolo 81 della Costituzione rimarrebbe inattuato. E si può proporre, nel dibattito politico naturalmente, per il futuro la riforma costituzionale, cambiando l'articolo 81 della Costituzione, ma bisogna avere il coraggio di farlo apertamente e di riferire le proprie proposte e i propri giudizi politici non alla legge di contabilità, di cui si apprezzano per il resto tutti gli altri contenuti, ma direttamente con una proposta di modifica della Costituzione, cioè dell'articolo 81 della Costituzione. Il quale non prevede – lo voglio dire per la centocinquantesima volta – il pareggio in chiave tradizionale, cioè il pareggio nominale: il primo comma dell'articolo 81 prevede il pareggio strutturale, perché dice «equilibrio di bilancio tenendo conto dell'andamento negativo o positivo del ciclo economico», il che è la traduzione in linguaggio costituzionale del concetto più tecnico di pareggio strutturale, che è quello previsto dalla regolazione e dalla normativa europea.Pag. 116
  Precisato questo punto, che a me sembrava e sembra tuttora essenziale, vorrei molto schematicamente dire di quelli che a mio giudizio sono i tre obiettivi fondamentali che dovevano essere conseguiti attraverso questo disegno di legge, e che questo disegno di legge di iniziativa parlamentare – perché questo non è stato forse ancora compiutamente sottolineato – a giudizio del Governo consegue. Primo obiettivo: fare della decisione di bilancio un fatto unitario, superando due difetti che caratterizzano la decisione di bilancio da tempo, e in ogni caso attualmente sulla base della legislazione vigente. Il primo difetto: l'attenzione iperconcentrata su interventi di variazione ai margini, la cosiddetta manovra correttiva contenuta nella legge di stabilità, lasciando nella più completa disattenzione la grandissima parte del bilancio, spesso il 98 per cento o il 99 per cento del bilancio. Secondo difetto: la miopia della decisione di bilancio, che consente di vedere sia per la parte della spesa sia per la parte dell'entrata con precisione solo le scelte allocative e quelle di prelievo relative all'anno immediatamente successivo a quello in cui si decide, con grave danno per la profondità temporale dell'attività di programmazione.
  Secondo obiettivo fondamentale: dare rilievo nella programmazione di finanza pubblica alla traduzione contabile non solo dell'innovazione legislativa, ma anche al mutamento dei comportamenti e delle prassi amministrative; un obiettivo che viene conseguito a mio giudizio mettendo in coerenza il contenuto del decreto legislativo sulla struttura del bilancio, di cui nella Commissione bilancio ci siamo occupati di recente, la legge n. 243 del 2012 e la riforma della legge di contabilità, quella che stiamo facendo ora.
  Grazie a questo insieme di innovazioni, potrà trovare piena applicazione il principio di responsabilità sia nella decisione di bilancio, laddove è centrale la funzione del Parlamento in un modello di Governo parlamentare come il nostro, sia della gestione dello stesso, laddove deve venire in evidenza la distinzione delle funzioni, oggi non precisa, rispettivamente dell'organo politico-amministrativo, cioè il Governo, e della dirigenza pubblica, finalmente valutabile sulla base di obiettivi precisi, anche quantitativamente definiti.
  Il terzo obiettivo: definire una migliore soluzione in tema di clausole di salvaguardia. Esse hanno un pregio oggi, così come sono oggi: la loro assoluta automaticità; ma hanno un evidente difetto: sono definite prevalentemente per essere esigibili immediatamente dal lato dell'aumento delle entrate. E infatti: aumenti di IVA, aumenti di accise, in particolare; e in sostanza impegnano esercizi anche molto lontani da quello nel quale sono apposte, a garanzia di nuova spesa immediata e decisa in quel momento.
  Ora, sul primo punto (e vado molto schematicamente a terminare, signor Presidente, e mi scuso per la lunghezza) la soluzione definita è chiara: non più due disegni di legge, legge di stabilità e bilancio, ma uno, la legge di bilancio, così da creare le condizioni perché col tempo si possa giungere al cosiddetto bilancio a base zero, di cui chi si occupa di queste cose continua a parlare da anni, ma a cui non ci siamo minimamente avvicinati nel corso di questi anni. Una legge di bilancio che, grazie alla riforma dell'articolo 81 della Costituzione e alla conseguente legge n. 243 del 2012, non è più infatti legge meramente formale... Cosa vuol dire meramente formale ? Vuol dire legge di mera adesione dei numeri alla legislazione vigente di spesa e di entrata; ma è legge sostanziale, cioè strumento fondamentale, come accade in tutti i grandi Paesi europei, della politica fiscale, specie per le sue componenti discrezionali.
  Sul secondo obiettivo ho già detto illustrandolo, sulle soluzioni adottate nel disegno di legge.
  Sul terzo obiettivo, clausole di salvaguardia, la soluzione è credo innovativa e al tempo stesso garantista della buona tenuta della finanza pubblica. Non è che non ci sono più clausole di salvaguardia: si definiscono diversamente. Quando si determini uno scostamento significativo, questo è quanto previsto dalla legge, negli esercizi successivi a quello in corso il Pag. 117disegno di legge al nostro esame introduce un vincolo sul contenuto del disegno di legge di bilancio: esso deve disporre norme per riassorbire compiutamente negli anni successivi a quello in corso lo scostamento che si determina sulla base della gestione e dell'attuazione di una certa legge votata dal Parlamento. Per l'esercizio in corso invece la soluzione è duplice, in rapporto all'entità dello scostamento: se esso è affrontabile solo attraverso un taglio delle risorse assegnate dal bilancio all'amministrazione competente per l'attuazione della norma che determina lo scostamento, allora interviene con decreto il Ministro dell'economia e delle finanze; se invece lo scostamento è più elevato, non ospitabile nelle sole azioni di bilancio previste dall'amministrazione competente, allora il Ministro dell'economia e delle finanze propone, ma è un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che dispone, previa riunione del Consiglio dei ministri, per un intervento di riduzione della spesa di più ampia portata e riguardante altre amministrazioni. In entrambi i casi – questo è un punto innovativo fondamentale, che ha rilievo politico, non tecnico –, come vede, signor Presidente, la clausola di salvaguardia agisce in riduzione della spesa, non autorizzando a monte alcun intervento di aumento delle entrate, cioè di aumento della pressione fiscale: esattamente il contrario di ciò che oggi le clausole di salvaguardia prevedono (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
  Avverto che, nella seduta di domani, avranno luogo, alle ore 13, la commemorazione della deputata inglese Jo Cox e, alle 16,15, la commemorazione del deputato Gianluca Buonanno.

Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Mercoledì 22 giugno 2016, alle 9,30:

  (ore 9,30 e ore 16,15)

  1. – Seguito della discussione della proposta di legge:
   BOCCIA ed altri: Modifiche alla legge 31 dicembre 2009, n. 196, concernenti il contenuto della legge di bilancio, in attuazione dell'articolo 15 della legge 24 dicembre 2012, n. 243 (C. 3828-A).
  e delle abbinate proposte di legge: BOCCIA ed altri; MARCON ed altri (C. 2648-2897).
  — Relatori: Boccia, per la maggioranza; Cariello, di minoranza.

  2. – Seguito della discussione della relazione sulla contraffazione nel settore della mozzarella di bufala campana, approvata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo (Doc. XXII-bis, n. 5).

  3. – Seguito della discussione delle mozioni Pisicchio e Palese n. 1-01192, Vacca ed altri n. 1-01268, Centemero e Occhiuto n. 1-01283, Borghesi ed altri n. 1-01289, Brignone ed altri n. 1-01293, Ghizzoni ed altri n. 1-01294, Marzano ed altri n. 1-01295, Pannarale ed altri n. 1-01298, Buttiglione ed altri n. 1-01299 e Rampelli ed altri n. 1-01301 concernenti iniziative volte a favorire l'accesso agli studi universitari, con particolare riferimento ad un'equa ripartizione delle risorse sul territorio nazionale.

  (ore 15)

  4. – Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

  La seduta termina alle 22,25.

Pag. 118

TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO FEDERICO MASSA IN SEDE DI ESAME DI QUESTIONI PREGIUDIZIALI SUL DISEGNO DI LEGGE (A.C. 3886)

  FEDERICO MASSA. La presunta violazione dell'articolo 41 della Costituzione, denunciata dai colleghi della Lega, muove da un evidente equivoco, e cioè che la procedura di amministrazione straordinaria delle imprese in stato di insolvenza nasca per la «ristrutturazione e/o vendita delle imprese a partecipazione pubblica o operanti nei settori dei servizi pubblici essenziali...».
  Non è evidentemente così: l'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi è, nella sostanza, una procedura concorsuale speciale applicabile, ed in concreto applicata, alle situazioni di insolvenza che riguardano imprese di grandi dimensioni ed è finalizzata a garantire che la definizione dello stato di insolvenza, con la dovuta tutela del mercato di riferimento e delle pari condizioni dei creditori, salvaguardi nei limiti del possibile la struttura produttiva e l'occupazione.
  La possibilità di estendere tale procedura alle imprese che presentino situazioni di grave crisi «ambientale» risponde alla esigenza di contemperare, nelle situazioni di crisi, le ragioni della produzione e dell'occupazione con l'obbligo di garantire la tutela dell'ambiente e della salute.
  Nel pieno rispetto, non già in violazione, dell'articolo 41 della Costituzione che, come è noto, stabilisce sì che «l'iniziativa economica privata è libera», ma anche che la stessa «non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà ed alla dignità umana».
  La indifferibilità ed urgenza, di cui si denuncia la carenza, non è evidentemente condizionata dalla circostanza che la materia sia già stata interessata da precedenti interventi normativi, anche reiterati, ma piuttosto dalla oggettività della situazione che si intende disciplinare: l'adeguamento, indispensabile, delle procedure avviate alle condizioni che si sono in itinere determinate deve essere definito in tempi compatibili con le procedure medesime e tali tempi sono assolutamente incompatibili con quelli dell'ordinario iter legislativo.
  Nessuna mortificazione del Parlamento: come è già avvenuto nelle precedenti circostanze in sede di conversione potranno – dovranno – essere apportate tutte le modifiche necessarie a migliorare la qualità delle soluzioni proposte.
  Le diffuse considerazioni, contenute in tutte le pregiudiziali, relative ad una presunta violazione delle norme costituzionali che tutelano l'ambiente e la salute, esprimono in realtà giudizi di merito, spesso tra loro contraddittori, in ordine alla idoneità delle soluzioni proposte: si tratta di profili che, in sé, non hanno rilevanza costituzionale e che, come innanzi detto, dovranno costituire l'oggetto della discussione e del confronto parlamentare.
  Su un ultimo punto voglio soffermarmi un momento, quello relativo alla denunciata illegittimità costituzionale di quella che viene, erroneamente, qualificata come «immunità penale, civile ed amministrativa».
  Nessuna immunità. Non vi era prima nei confronti dei commissari, non è prevista ora nei confronti dei soggetti privati che ad essi subentreranno.
  La norma in discussione prevede esclusivamente che «le condotte poste in essere in attuazione del piano... non possono dar luogo a responsabilità penale o amministrativa»; il che, in una lettura non strumentale e non prevenuta, con ogni evidenza significa che, come è ovvio che sia, restano pienamente perseguibili – meglio, devono essere perseguiti –, per ogni ipotizzabile profilo di responsabilità tutti comportamenti inadempitivi rispetto al piano medesimo.
  È un modello coerente con la necessità di conferire certezza, e di certezza vi è assoluta necessità in un contesto complesso come quello di cui ci stiamo occupando, che l'attuazione, la puntuale e compiuta attuazione delle prescrizioni contenute nel piano e negli altri atti autorizzativi Pag. 119dell'attività della impresa, non possa essere fonte, per i soggetti che adempiono, di responsabilità.
  Nessuna immunità dunque, poiché nessuna esenzione di responsabilità, come è ovvio che sia, è ipotizzata nei confronti di chi, viceversa, a quelle prescrizioni dovesse essere inadempiente.

TESTO INTEGRALE DELLA DICHIARAZIONE DI VOTO DEL DEPUTATO DINO SECCO SU MOZIONI CONCERNENTI L'AFFIDAMENTO DI SERVIZI NEL SETTORE DEI BENI CULTURALI, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALLO SVOLGIMENTO DI PROCEDURE DI GARA

  DINO SECCO. Signor Presidente, Onorevoli colleghi !
  Le mozioni in esame portano all'attenzione dell'Aula e del Governo una questione assai rilevante che causa non pochi problemi all'organizzazione dell'amministrazione della cultura in Italia.
  Tutte le mozioni, infatti, rilevano in particolare come il settore dei servizi gestionali, amministrativi e culturali nei principali complessi museali viva da troppi anni una situazione di blocco: oggi il sistema di affidamento ai privati dei cosiddetti «servizi aggiuntivi», grande innovazione intervenuta nella metà degli anni Novanta tesa alla valorizzazione e al miglioramento della fruizione dei beni culturali, non risponde pienamente agli obiettivi di efficacia ed efficienza prefissi, ma, a causa delle numerose proroghe a cui questo tipo di affidamenti sono sottoposti, finiscono per rendere il sistema in evidente contrasto con quanto stabilito in materia, sia con riferimento alla normativa comunitaria, sia a quella nazionale.
  Tra l'altro, come abbiamo avuto modo di evidenziare all'interno della nostra mozione, operare in regime di proroga nell'ambito delle procedure di affidamento, si pone in contrasto con la normativa in materia di contratti di appalto: la proroga, infatti, appare più che altro come un «ammortizzatore pluriennale di inefficienze» dovuto alla mancanza di una corretta programmazione delle acquisizioni di beni e servizi.
  Il rischio è che l'uso improprio delle proroghe possa assumere profili di illegittimità e di danno erariale, a meno che le amministrazioni interessate non dimostrino di aver attivato tutti quegli strumenti organizzativi e amministrativi necessari ad evitare il generale e tassativo divieto di proroga dei contratti in corso e le correlate distorsioni del mercato.
  In ogni caso, intendiamo ribadire il nostro giudizio positivo in merito al coinvolgimento di attività e capitali privati nella gestione del patrimonio culturale, in attuazione del principio di sussidiarietà orizzontale, e, in particolare, alla luce della riduzione degli investimenti pubblici nel settore della cultura determinata dalla crisi economico-finanziaria.
  Per rendere il processo virtuoso, però, è necessario implementare gli strumenti amministrativi e normativi atti a favorire tale coinvolgimento. A tal proposito, bisogna rilevare che sono stati fatti alcuni passi avanti nel nuovo codice appalti approvato lo scorso aprile, nella parte in cui semplifica le procedure per le sponsorizzazioni in favore del patrimonio culturale, che ora avverranno a seguito di una nuova procedura di segnalazione sui siti web.
  Ad ogni modo, non è ancora abbastanza: sebbene le stesse dichiarazioni del Ministro Franceschini facciano ben sperare in merito all'incentivazione di un sostegno privato alla tutela e alla valorizzazione del nostro patrimonio, la partecipazione dei privati appare ancora ostacolata, innanzi tutto, dalla scarsa chiarezza della disciplina degli appalti di lavori sui beni culturali, che risulta frammentata tra il Codice dei contratti pubblici, il Codice dei beni culturali e del paesaggio e il Testo unico degli enti locali.
  Oltre ad un'esigenza di semplificazione e coordinamento, in questo ambito si avverte infatti la necessità di una normativa che dia effettivo rilievo alle peculiarità del settore della cultura, consentendo una maggiore flessibilità all'amministrazione.
  Appare inoltre auspicabile un chiarimento in ordine alle norme applicabili alle Pag. 120concessioni di servizi utilizzate per la gestione indiretta dei beni culturali, specialmente in relazione ai casi di gestione integrata di servizi per il pubblico e strumentali e alle modalità di scelta del concessionario.
  Quello della qualità dei bandi pubblici per la concessione di servizi culturali è un tema di straordinaria rilevanza, ed è fondamentale che il Governo rivolga la propria attenzione alla qualità dei bandi pubblici di acquisto e concessione di servizi culturali, non solo per la numerosa e articolata platea di soggetti pubblici committenti che animano questo mercato e per il continuo flusso di bandi, ma, soprattutto, è importante per la crescita del territorio.
  Perché il tema della valorizzazione dei beni culturali è strettamente legato allo sviluppo di iniziative economiche sul territorio; la promozione e diffusione della cultura sono di estremo rilievo per la crescita della qualità della vita dei cittadini e dell'intero territorio di riferimento, rappresentando di conseguenza un vero e proprio volano per lo sviluppo dell'industria turistica, e, quindi, della ristorazione e dell'intrattenimento, oltre che della industria culturale in senso stretto.
  E veniamo quindi al cuore della nostra mozione, su cui chiediamo al Governo un impegno costruttivo e di valore, attraverso la promozione di un maggiore livello di integrazione tra la gestione dei servizi legati ai beni culturali e le società e gli enti di promozione turistica presenti sul territorio.
  Più in generale, è necessario infatti rendere maggiormente fruibile l'offerta culturale, in un'ottica di sviluppo del turismo nel Paese: tutte le attività devono quindi essere implementate seguendo questo obiettivo. Con questa prospettiva, assumono rilevanza anche le procedure di gara per la gestione dei servizi aggiuntivi, e, in particolare, dei serri/i culturali presso monumenti e musei italiani, su cui è necessario procedere garantendo una più stretta connessione tra appalti di servizi ed enti che hanno una specializzazione più turistica.
  È necessario quindi adottare ogni opportuna iniziativa volta a rafforzare la connessione del turismo con le attività culturali, anche attraverso un più incisivo coordinamento interistituzionale sia con le Regioni, sia con le amministrazioni interessate, per consentire la programmazione e l'implementazione di un piano di sviluppo del turismo, facendo leva sull'efficacia e la qualità dei servizi legati alla gestione dei beni culturali.
  In ogni caso, bisogna provvedere ad accelerare e concludere quanto prima le procedure di gara per la gestione dei servizi aggiuntivi e dei servizi culturali che attualmente operano in regime di proroga, garantendo la massima trasparenza, nonché tempi certi e prestabiliti per ciascuna fase del procedimento.
  Più in generale, siamo chiamati a rispondere, attraverso specifici interventi, all'esigenza di semplificazione e coordinamento della normativa, in particolare in ordine alle norme applicabili alle concessioni di servizi utilizzate per la gestione indiretta dei beni culturali, offrendo effettivo rilievo alle peculiarità del settore della cultura, limitando il ricorso ad affidamenti in house a soggetti pubblici, e favorendo il coinvolgimento di attività e capitali privati nella gestione del patrimonio culturale.
  Valorizzazione dei beni culturali e turismo sono due facce della stessa medaglia: non perdiamo l'occasione, come amministratori e come legislatori, di favorire questa connessione con il solo grande obiettivo di valorizzare appieno i nostri territori e il valore inestimabile del nostro Paese.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO FRANCESCO BOCCIA IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DELLA PROPOSTA DI LEGGE (A.C. 3828-A)

  FRANCESCO BOCCIA, Relatore per la maggioranza. Ricordo preliminarmente come la proposta di legge in esame si innesti in un più ampio processo di costruzione delle nuove regole di bilancio Pag. 121avviato con la legge costituzionale n. 1 del 2012, che nell'introdurre nella Carta costituzionale il principio del pareggio di bilancio ne ha demandato ad una successiva legge di natura rinforzata (in quanto da approvarsi a maggioranza assoluta di ciascuna Camera) la disciplina delle necessarie modalità di attuazione; tra queste «il contenuto della legge di bilancio», come previsto espressamente dall'articolo 5, comma 6, della legge medesima.
  È stata quindi approvata la legge 24 dicembre 2012, n. 243, recante, per l'appunto, le disposizioni per l'attuazione del principio del pareggio di bilancio, il cui articolo 15 definisce gli elementi essenziali che dovranno caratterizzare il contenuto della nuova legge di bilancio. Questa dovrà ora assumere un contenuto profondamente diverso dalla disciplina che ne detta ora la vigente legge di contabilità n. 196 del 2009, che fa riferimento alla natura formale del bilancio conseguente al previgente terzo comma dell'articolo 81 della Costituzione, a norma dei quale, si rammenta, con la legge di bilancio «non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese».
  Con la mancata riproposizione di tale norma del nuovo testo dell'articolo 81 introdotto dalla legge costituzionale n.1 del 2012 si è ora determinato il passaggio da una concezione formale ad una concezione sostanziale della legge di bilancio. L'innovazione comporta significative conseguenze sul piano dei contenuti di tale legge, consentendo il passaggio dal consolidato schema normativo della manovra annuale di finanza pubblica fondato sulla predisposizione di due distinti provvedimenti – la legge di bilancio e la legge di stabilità – ad uno schema radicalmente diverso che vedrà la presentazione di un unico provvedimento, costituito dalla legge di bilancio: questa, oltre alle poste contabili, potrà ora anche contenere disposizioni che integrano o modificano la legislazione di entrata o di spesa, incorporando in tal modo gli attuali contenuti della legge di stabilità.
  In tal senso si esprime l'articolo 15 della legge n. 243 del 2012, il cui primo comma prevede che il disegno di legge di bilancio rechi «disposizioni in materia di entrata e di spesa aventi ad oggetto misure quantitative, funzionali a realizzare gli obiettivi programmatici indicati dai documenti di programmazione economica e finanziaria», nonché le previsioni di entrata e di spesa formate sulla base della legislazione vigente.
  L'implementazione di questi contenuti – nonché delle altre disposizioni recate dall'articolo – nella disciplina contabile ordinaria viene demandata dallo stesso articolo 15 ad apposita legge dello Stato, con la quale si dovranno conseguentemente apportare le necessarie modifiche e integrazioni alla vigente legge di contabilità e finanza pubblica: ciò in quanto la legge n. 196 del 2009 sebbene già più volte modificata nel corso del tempo, riflette ancora un impianto di base che risale ad un'epoca anteriore – quanto al riferimento costituzionale – all'introduzione delle nuove regole di bilancio ad opera della legge costituzionale n. 1 del 2012.
  L'adeguamento delle regole contabili previste dall'attuale legge di contabilità e finanza pubblica n. 196 del 2009 al nuovo quadro ordinamentale costituisce pertanto l'oggetto della proposta di legge in esame, il cui principale obiettivo è quello di integrare in un unico provvedimento i contenuti degli attuali disegni di legge di bilancio e di stabilità. L'integrazione persegue la finalità di incentrare la decisione di bilancio sull'insieme delle entrate e delle spese pubbliche, anziché sulla loro variazione al margine come avviene attualmente, portando al centro del dibattito parlamentare le priorità dell'intervento pubblico, considerato nella sua interezza.
  Ma non si tratta solo di adeguamento delle regole vigenti alle novità sopravvenute: la proposta di legge risponde certamente al compito di completamento normativo affidato dalla legge «rinforzata» n. 243 del 2012 alla legge ordinaria, ma ha l'ambizione di fare anche molto di più. In primo luogo perché è una decisione legislativa che non sta viaggiando da sola all'interno del quadro di contabilità, ma si aggiunge organicamente all'importante ridisegno Pag. 122di una parte della legge n. 196 or ora effettuato con l'attuazione delle due deleghe – l'una sulla riforma della struttura del bilancio e l'altra sul potenziamento della funzione del bilancio di cassa – recate rispettivamente dagli articoli 40 e 42 della legge di contabilità. Ridisegno nel corso degli anni via via posticipato ma ora finalmente realizzato, dopo un intenso lavoro svolto dalle Commissioni bilancio delle due Camere, con i due decreti legislativi n. 90 e n. 93 del 12 maggio 2016.
  In secondo luogo perché a questa proposta si affianca il lavoro nel frattempo avviato presso la Commissione bilancio del Senato sull'altro importante disegno di legge – di iniziativa governativa – di modifica della stessa legge n. 243 del 2012, incentrato in particolare sulla regole di bilancio ivi previste per le regioni e gli enti locali. Pur avendo contenuti diversi, le due iniziative, l'una parlamentare e l'altra governativa, hanno tra esse evidenti elementi comuni e di raccordo, venendo per tale motivo essere state ricomprese unitariamente in una specifica indagine conoscitiva condotta nel mese di maggio.
  La proposta di legge al nostro esame cerca di cogliere questa molteplicità di esigenze, con un testo che già andava in questa direzione e che si è poi confermato ed arricchito di contenuti a seguito del lavoro svolto in Commissione.
  Mi soffermo quindi sugli aspetti più qualificanti del provvedimento al nostro esame.
  Il primo importante contenuto della proposta di legge attiene, all'articolo 1, al cambiamento dei tempi di presentazione dei documenti che compongono il ciclo di bilancio, rispetto a quanto ora disciplinato dall'articolo 7 della legge di contabilità. In particolare viene posposto al 27 settembre (30 settembre nel testo iniziale, poi modificato in Commissione), rispetto alla attuale data del 20 settembre, il termine per la presentazione della Nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza, e viene altresì introdotto il termine del 20 ottobre (ora 15 ottobre) per la deliberazione da parte del Consiglio dei ministri del (nuovo) disegno di legge di bilancio, Si interviene inoltre sul Documento programmatico di bilancio (DPB), disponendo che nello stesso termine (15 ottobre) ora previsto per la presentazione del Documento alle istituzioni europee, esso venga presentato anche alle Camere, colmandosi in tal modo una lacuna dell'ordinamento, che non prevede al momento tale trasmissione al Parlamento.
  Sempre con riguardo al DEF, inoltre, si interviene sul contenuto della seconda sezione dello stesso (Analisi e tendenze della finanza pubblica), laddove si dispone che questa debba anche recare, almeno per il triennio successivo, le informazioni di dettaglio sui risultati e sulle previsioni dei conti dei principali settori di spesa (con particolare riferimento a quelli relativi al pubblico impiego, alla protezione sociale e alla sanità), nonché sul debito delle amministrazioni pubbliche e sul relativo costo medio. A tale contenuto viene ora aggiunto, con modifica introdotta in sede referente (lettera c-bis)) del comma 5) che le informazioni in questione debbano concernere anche l'ammontare della spesa per interessi nel bilancio dello Stato correlata a strumenti finanziari derivati.
  Sui contenuti del DEF interviene poi, mediante l'inserimento di due nuovi commi (10-bis e 10-ter) nell'articolo 10 della legge di contabilità, già previsti nei testo iniziale e modificati durante l'esame in Commissione, si ricomprendono tra i contenuti informativi del Documento quelli riferiti al BES (benessere equo e sostenibile).
  In particolare si dispone che in apposito allegato al DEF, predisposto dal Ministro dell'economia sulla base dei dati forniti dall'ISTAT, sono riportati l'andamento, nell'ultimo triennio, degli indicatori di benessere equo e sostenibile (BES) selezionati e definiti dal Comitato per gli indicatori di benessere equo e sostenibile, istituito presso l'ISTAT medesimo, nonché le previsioni sull'evoluzione degli stessi nel periodo di riferimento, anche sulla base delle misure previste per il raggiungimento degli obiettivi di politica economica e dei contenuti del PNR (Programma nazionale di riforma), previsti nel DEF (comma 10-Pag. 123bis). Si segnala che il suddetto Comitato viene istituito e disciplinato dall'articolo 13 della proposta di legge in esame, aggiunto nel corso dell'esame.
  Si prevede inoltre (comma 10-ter), che con apposita relazione, predisposta dal Ministro dell'economia da presentare alle Camere entro il 15 febbraio di ciascun anno, è evidenziata l'evoluzione dell'andamento degli indicatori di BES medesimi, sulla base degli effetti determinati dalla legge di bilancio per il triennio in corso.
  A tal fine, si prevede l'istituzione del Comitato per gli indicatori di benessere equo e sostenibile (BES) presso l'Istituto nazionale di statistica (ISTAT). Tale Comitato, istituito con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per l'economia e le finanze, entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, è presieduto dal Ministro dell'economia e delle finanze o da un suo rappresentante delegato e composto dal Presidente dell'ISTAT, dal Governatore della Banca d'Italia e da due esperti della materia. Esso è incaricato di selezionare e definire, sulla base dell'esperienza maturata a livello nazionale ed internazionale, gli indicatori di benessere equo e sostenibile (BES), che saranno successivamente adottati con decreto del MEF, previo parere delle Commissioni parlamentari. La norma prevede e la gratuità della partecipazione al Comitato e l'utilizzo delle risorse dell'ISTAT per il suo funzionamento.
  Una ulteriore modifica recata dall'articolo 1 attiene all'accesso alle banche dati delle pubbliche amministrazioni, già previsto nella legge di contabilità ma nel quale nella proposta di legge si è precisato che l'accesso in questione abbia anche altresì la finalità di consentirne la consultazione da parte dei membri del Parlamento. Nel corso dell'esame in Commissione si è specificato che i software utilizzati ai fini della pubblicazione della legge di bilancio e di quelle di assestamento e rendiconto (nonché dei corrispondenti disegni di legge), siano in formato aperto e riutilizzabile di sensi della disciplina del Codice dell'amministrazione digitale.
  L'elemento centrale della nuova disciplina è costituito, com’è noto dalla nuova legge di bilancio, che nell'articolo 2 viene articolata in due sezioni la prima delle quali, che assorbe in gran parte i contenuti dell'attuale legge di stabilità, reca esclusivamente le misure tese a realizzare gli obiettivi di finanza pubblica indicati nei documenti programmatici di bilancio, vale a dire il DEF e la Nota di aggiornamento dello stesso. La seconda sezione è invece dedicata alle previsioni di entrata e di spesa, espresse in termini di competenza e cassa e formate sulla base del criterio della legislazione vigente e delle proposte di rimodulazioni, da introdurre secondo le condizioni ed i limiti esposti nella proposta di legge. Tra gli altri elementi più significativi contenuti nel testo all'esame, va ricordato anche l'ampliamento della flessibilità in sede di predisposizione della seconda sezione del disegno di legge di bilancio, ampliamento che mette a regime nel testo della legge di contabilità una esigenza di maggior elasticità gestionale spesso introdotta da alcune norme in via transitoria.
  In ordine alla nuova struttura della legge di bilancio è opportuno segnalare come il suo contenuto, oltre che meglio definito in alcuni dei suoi aspetti, che qui non si dettagliano, nel corso dell'esame in Commissione sia stato anche oggetto di un significativo arricchimento, atteso che nell'esame sono state apportate (comma 7 dell'articolo 2 in commento) modifiche alla disciplina del bilancio di genere, recentemente introdotto delle legge di contabilità (articolo 38-septies) ad opera di uno dei due decreti legislativi in precedenza citati (decreto legislativo n. 90/2016). L'articolo richiamato prevede l'avvio di una sperimentazione dell'adozione di un bilancio di genere, ai fini della valutazione del diverso impatto delle politiche di bilancio sulle donne e sugli uomini, in termini di denaro, servizi, tempo e lavoro non retribuito. La modifica introdotta dispone che la metodologia per Pag. 124la redazione del bilancio di genere, da definirsi come già previsto con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, dovrà tenere conto anche delle esperienze già adottate nei bilanci degli enti territoriali; prevede inoltre una relazione al Parlamento da parte del Ministro dell'economia e delle finanze sulla sperimentazione del bilancio di genere e, successivamente, sugli esiti dell'adozione definitiva dello stesso.
  Unitamente all'unificazione in un unico documento della legge di bilancio, un altro degli elementi centrali della proposta di legge concerne, all'articolo 3, l'intervento sull'articolo 17 della legge di contabilità in tema di copertura finanziaria delle leggi ed ivi, segnatamente, la questione delle clausole di salvaguardia. Su tali questioni l'esame condotto in Commissione è stato particolarmente attento, ed ha portato ad un significativo miglioramento del testo iniziale. In questo, nel prendersi atto delle persistenti difficoltà che presentava l'applicazione della clausola come formulata dai commi 1 e 12 dell'articolo 17 della legge di contabilità, si era previsto un meccanismo nel quale, in presenza di leggi di spesa per le quali il monitoraggio evidenziava uno scostamento dell'onere rispetto alla previsione, si prevedeva, in presenza di determinate condizioni, la possibilità per il Ministro dell'economia di sospendere con proprio decreto, in attesa di misure correttive affidate alla successiva legge di bilancio, l'efficacia delle disposizioni di spesa. Su tale potere sospensivo sono emersi alcuni profili problematici, anche a seguito delle audizioni tenute in Commissione, con riguardo principalmente a quelle fattispecie in cui le disposizioni di spesa attribuiscano diritti soggettivi, che hanno portato a riformulare le norme. Nel confermarsi l'eliminazione della clausola di salvaguardia, è stata ora introdotta una specifica disciplina in caso di andamento degli oneri non in linea con le previsioni, diversamente articolata tra scostamenti compensabili nel medesimo esercizio in cui si verificano e scostamenti compensabili in più esercizi.
  Nel primo caso il Ministro dell'economia, in attesa delle misure correttive da adottare con legge di bilancio (che dovranno agire prioritariamente sulla spesa) con proprio decreto, provvede per l'esercizio in corso alla riduzione degli stanziamenti iscritti nello stato di previsione del Ministero competente. Qualora i suddetti stanziamenti non siano sufficienti alla copertura finanziaria del maggior onere, allo stesso si dovrà provvedere, su proposta del Ministro dell'economia, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa delibera del Consiglio dei ministri, mediante riduzione degli stanziamenti iscritti negli stati di previsione della spesa. Gli schemi di entrambi di decreti vanno trasmessi, corredati di apposita relazione che espone le cause che hanno determinato gli scostamenti alle Commissioni bilancio delle Camere, che dovranno esprimersi entro sette giorni dalla data della trasmissione, decorsi i quali i decreti possono comunque essere adottati. Resta fermo che, per gli anni successivi, alla compensazione dei maggiori oneri si provvede con legge di bilancio.
   Sempre con riferimento alle leggi di spesa, l'esame in Commissione ha confermato, senza apportarvi modificazioni, la norma prevista nel testo iniziale – nonché contenuta nella proposta di legge C.2648 – con cui si esclude per la copertura finanziaria delle leggi che comportino oneri possa ricorrersi all'utilizzo della quota dell'otto per mille del gettito Irpef devoluta alla diretta gestione statale. Tale divieto mira a risolvere una delle maggiori criticità emerse nell'esperienza applicativa della legge n. 222 del 1985, per cui la quota dell'otto per mille a diretta gestione statale che effettivamente viene annualmente portata a ripartizione risulta spesso notevolmente inferiore rispetto a quanto teoricamente spettante allo Stato, sulla base delle scelte dei contribuenti, poiché tale importo viene in corso di esercizio decurtato ai sensi di disposizioni legislative, che ne dispongono la destinazione ad altre finalità.
  Parimenti è stato confermato l'analogo divieto disposto dalla proposta di legge Pag. 125anche per la quota del cinque per mille del gettito Irpef, per la parte delle risorse effettivamente utilizzate sulla base delle scelte dei contribuenti.
  Infine il provvedimento, come modificato nel corso dell'esame in sede referente, reca il posticipo di un anno – vale a dire dal 31 dicembre 2016 al 31 dicembre 2017 – dei termini per l'esercizio della delega relativa all'adozione di un testo unico delle disposizioni in materia di contabilità di Stato e di Tesoreria, di cui all'articolo 50, comma 2 della legge 196 del 2009, già più volte prorogato. La necessità della nuova proroga deriva dalla entrata in vigore nel corso di quest’ anno non solo delle nuove regole recate dal provvedimento all'esame, ma anche dei due decreti legislativi n. 90 e 93 già citati, che compongono nel loro insieme un corpus normativo la cui implementazione in un testo unico richiede un termine più ampio rispetto all'attuale data del 31 dicembre 2016.
  In questo modo verrà ricondotta ad un unico testo l'intera disciplina vigente in materia di contabilità di Stato e di tesoreria, di cui un tassello importantissimo è costituito proprio dall'intensa attività svolta dalla Commissione bilancio in questa legislatura.

TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DELLA DEPUTATA SUSANNA CENNI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DELLA PROPOSTA DI LEGGE (A.C. 3828-A)

  SUSANNA CENNI. Con la modifica delle norme che regolano la legge di bilancio, e che oggi aggiorna un testo antecedente l'avvio del processo di riforma dell'ordinamento contabile avviato con la legge costituzionale 20 aprile 2012, credo che stiamo facendo una buona cosa per il lavoro parlamentare e per l'azione di Governo, nonché per l'interesse di questo nostro Paese.
  Il Presidente, nonché relatore e attore principale di questa modifica ha già illustrato ampiamente i contenuti del testo che andiamo ad esaminare.
  Mi preme sottolineare che è stato svolto un lavoro accurato, mesi di ascolto, affinamento, audizioni, discussione, ed un lavoro coordinato con il Governo e con il varo dei due decreti legislativi in materia, e che si è raggiunta una ampia convergenza, così come dovrebbe appunto essere, poiché quando si aggiornano norme come quelle di bilancio o altre regole generali e fondamentali del funzionamento dello stato non si dovrebbe mai assumere una lettura di parte.
  Credo che ciò sia in gran parte avvenuto con la discussione, e con adeguati aggiustamenti ed integrazioni nella fase emendativa dei lavori in commissione.
  Stiamo quindi votando una norma che consentirà di avere finalmente un unico documento di bilancio che supererà la suddivisione tra legge di stabilità e legge di bilancio, un unico documento che sarà la guida della politica economica e finanziaria del Paese, una prima parte normativa, ed una seconda parte con prospetti relativi ai singoli ministeri, unità di missione, programmi, azioni. Si supererà la distinzione tra competenza e cassa, e rappresenterà quindi una lettura più realistica della contabilità dello Stato.
  Scompariranno le clausole di salvaguardia, ed alcune pratiche non sempre edificanti che hanno visto micronorme inserite nella legge di stabilità, si escluderà l'utilizzo dei fondi del 5 e dell'8 per mille per esigenze di bilancio, si consentirà l'accesso alle banche dati degli enti e dei ministeri dello Stato ai deputati permettendo trasparenza e conoscenza adeguata delle entrate, delle uscite, dell'utilizzo delle risorse pubbliche.
  Il testo accoglie anche il lavoro svolto dal Governo con i due decreti legislativi che attuano la delega del 2009.
  Le norme come noto modificano anche il timing della sessione di bilancio, valorizzando il lavoro parlamentare.
  Una buona cosa quindi.
  Ma accanto alle modifiche strutturali e di programmazione finanziario, contabile ci sono due aspetti che innovativi sui quali desidero soffermarmi, che ritengo introducano una sperimentazione, che auspico Pag. 126giungano a regime in tempi brevi: mi riferisco all'introduzione, accanto al Documento di Economia e Finanza dell'andamento degli indicatori di Benessere Equo e Sostenibile, (articolo 1, lettera f)), comma); introdotto con un emendamento a mia prima firma, sottoscritto da molte colleghe, che interviene su quanto già inserito con la legge n. 196 del 2009, come modificata dalla legge n. 39 del 2011, che prevedeva l'introduzione in via sperimentale di un bilancio di genere, volto a valutare il diverso impatto su uomini e donne della politica di bilancio, ed inserisce all'articolo 2, dopo il comma 5, un monitoraggio di fatto sulle esperienze già adottate nei bilanci di genere degli enti territoriali, e impegna il Ministro dell'economia e delle finanze a trasmettere ogni anno al Parlamento una relazione sullo stato della sperimentazione e sui risultati dell'adozione definitiva.
  Mi soffermo su queste due novità, perché ritengo di non esagerare se le definisco dimensioni che ci aiutano a leggere meglio la realtà del Paese ogni volta che allochiamo risorse, e che avvicinano i numeri e la programmazione economico e finanziaria alla loro ricaduta sugli esseri umani, uomini e donne, sulla società, sull'ambiente.
  Mi rendo conto che è facile sorridere in un'epoca nella quale la salita o la discesa di uno zero virgola del Pil anima dibattiti infiniti, colora di grigio o di rosa le nostre prospettive di crescita, ma queste innovazioni e la capacità che avremo o meno di farle divenire vere chiavi di misurazione del benessere sociale del nostro Paese e non allegato ininfluente alla legge di bilancio, dimostreranno la capacità dei Governi di assumere una lettura del Paese e dei mutamenti a 360 gradi.
  Si tratta di novità che ci consentono di guardare di più al bilancio non solo come prospetto tecnico contabile, come documento rispondente o discostante dai vincoli finanziari Ue, ma anche come combinato del documento fondamentale di programmazione della politica economica e di bilancio, che ovviamente traccia le linee degli impegni assunti in materia di finanza pubblica, di politiche pubbliche, di riforme, ed una nuova possibilità rappresentata dall'andamento degli indicatori di benessere equo e sostenibile e del bilancio di genere.
  Sulla prima novità, il BES, esistono proposte di legge di iniziativa parlamentare (Marcon, che sono lieta di aver sottoscritto) che quindi viene raccolto dal testo in discussione e c’è un lavoro già svolto da Censis e Istat, a partire dal 2010. Lavoro che ha prodotto un insieme di indicatori, e da 12 dimensioni del benessere che vanno dalla salute all'istruzione, la formazione, il lavoro, la qualità dei servizi, la dimensione di genere ecc..., e 130 indicatori di base, che ha consentito di giungere alla predisposizione di un Rapporto annuale (il primo pubblicato nel 2013). Come ci hanno ricordato sia Istat che l'ufficio Parlamentare di Bilancio durante le audizioni:
  Il fondamento di questa impostazione va ricercato nell'approccio multidimensionale al benessere sociale, che estende l'analisi dalle variabili di natura strettamente economico-monetaria ad altri aspetti socio-economici dello sviluppo umano e promuove la partecipazione dei cittadini ai processi decisionali. Tale approccio ha stimolato lo sviluppo di analisi empiriche volte alla costruzione di indicatori multivariati di benessere, primo fra tutti quello dell'United Nation Development Program (1990), che sintetizza nell'indice di sviluppo umano la combinazione di tre indicatori (aspettativa di vita, istruzione e reddito pro-capite). L'OCSE ha lanciato il programma Better life (2011), che considera tre ambiti (condizioni materiali, qualità della vita, sostenibilità), e undici dimensioni. La Commissione Europea ha avviato l'iniziativa Beyond GDP (2007) e ha preparato la Comunicazione al Consiglio e al Parlamento europeo «GDP and beyond: Measuring progress in a changing world» 14. Anche molti paesi hanno proceduto a costruire indicatori di benessere. Il caso forse più rilevante è quello della Francia, dove nel 2008 è stata insediata una Commissione presieduta da tre economisti (J.F. Stiglitz, A. Sen e J.P. Pag. 127Fitoussi). Il rapporto finale della Commissione affronta le questioni che emergono nella valutazione della qualità della vita e dello sviluppo sostenibile (anche dal punto di vista ambientale), oltre a fornire una serie di raccomandazioni. Le dimensioni prescelte sono le condizioni materiali di vita, la salute, l'istruzione, le attività personali (tra cui il lavoro), la partecipazione alla vita politica, i rapporti sociali, l'ambiente (anche quello futuro), l'insicurezza (economica e fisica).
  Questione diversa dalla costruzione degli indicatori di benessere è il loro utilizzo. In questa prospettiva si può distinguere un uso di tipo «simbolico», quando si mira a rappresentare il progresso di una collettività, da un impiego di tipo «politico», se il tema dello sviluppo sostenibile entra nel dibattito pubblico sulla valutazione dell'azione del governo, da, infine, un utilizzo «strumentale», quando gli indicatori assumono un ruolo nell'attuazione e nel monitoraggio di specifiche politiche pubbliche.
  Un tentativo di utilizzare alcuni indicatori addizionali rispetto al PIL nell'ambito del processo di decisione politica è stato compiuto nella UE con gli obiettivi della Strategia Europa 2020. Tale programma comprende infatti cinque obiettivi quantitativi, da realizzare entro il 2020 (occupazione; ricerca e sviluppo; clima ed energia; istruzione; integrazione sociale; riduzione della povertà) e sette iniziative prioritarie (innovazione; economia digitale; occupazione; giovani; politica industriale; povertà; uso efficiente delle risorse), e si innesta nel quadro del semestre europeo, nell'ambito del quale vengono coordinate le politiche economiche e di bilancio dei paesi della UE. La realizzazione di questa strategia, che pure comprende finalità sociali e ambientali, è stata posta fortemente in discussione dalla crisi e dalle politiche di riequilibrio delle finanze pubbliche, cui è stata attribuita la priorità in ambito UE, tanto che in alcuni paesi gli obiettivi sono lontani dall'essere stati raggiunti.
  Questo approccio, a sua volta, trova una base teorica nel lavoro di A. Sen che, nel sostituire all'ipotesi di massimizzazione dell'utilità – spesso misurata in termini monetari – quella dell'estensione delle opportunità offerte e dell'accrescimento della libertà degli individui, ha posto in discussione la focalizzazione esclusiva sul reddito e sul suo accrescimento.
  Altri tentativi di inserimento degli indicatori «oltre il PIL» nell'agenda politica sono stati portati avanti, seppure a uno stadio ancora preliminare, in alcuni paesi. In Francia, l'Istituto nazionale di statistica (INSEE) ha elaborato un «cruscotto» di indicatori, pubblicato anche nel Rapporto sulla situazione economica, sociale e finanziaria, allegato alla legge finanziaria. Inoltre, a seguito dell'impostazione del bilancio per missioni e programmi, è stato previsto di allegare alla legge finanziaria dei progetti annuali di performance per ogni programma, corredati di appositi indicatori, da calcolare anche in previsione. Si tratta di una strategia che può contribuire a evidenziare l'evoluzione di diversi aspetti del benessere, ma che ancora non sembra avere raggiunto una fase di maturità. In Belgio, una legge del 2014 ha previsto di sviluppare indicatori complementari al PIL, pubblicati per la prima volta dall'Istituto nazionale di statistica e dal Federal Planning Bureau nel febbraio dell'anno in corso. L'Australia si è attivata fin dai primi anni 2000 producendo un cruscotto di indicatori che riscuote l'interesse del pubblico e dei media e viene di fatto utilizzato dai policy makers. Nel Regno Unito un cruscotto è stato realizzato a partire dal 2011, con pubblicazioni mensili; alcuni indicatori vengono utilizzati nella decisione politica. In Germania, indicatori e proposte di utilizzo sono stati discussi da una Commissione parlamentare di studio, che ha proposto la pubblicazione di un rapporto annuale sul benessere.
  In Italia, dopo alcune esperienze da parte di soggetti privati, tra cui si ricordano la classifica sulla qualità della vita nelle province del quotidiano Il Sole 24 ore (dal 1990) e l'indice di qualità dello sviluppo regionale (QUARS) della campagna Pag. 128Sbilanciamoci ! (dal 2003), l'iniziativa più rilevante è stata quella congiunta di CNEL e ISTAT, con l'istituzione di una apposita Commissione scientifica di esperti. Si è giunti come sopra richiamato alla costruzione del BES, l'indicatore di benessere equo e sostenibile, elaborato ormai sistematicamente dall'ISTAT, che comprende dodici settori (domini19) e 130 indicatori di base.
  Con la proposta di legge in discussione si delinea in buona sostanza il passaggio da un uso «simbolico» a un utilizzo «politico» e «strumentale» degli indicatori di benessere. Si prevede infatti che gli strumenti di misurazione del benessere entrino nella programmazione di bilancio in due occasioni: in allegato al DEF deve essere riportato l'andamento degli «indicatori di benessere equo e sostenibile adottati a livello internazionale», sia nell'ultimo triennio, sia nel periodo di previsione, anche sulla base delle misure previste dalla manovra e dal Programma nazionale di riforma (PNR); entro il 15 febbraio, deve essere presentata alle competenti Commissioni parlamentari una Relazione sull'andamento degli stessi indicatori sulla base degli effetti della legge di bilancio approvata per il triennio in corso.
  Si tratterrebbe dunque di rendere disponibili le informazioni sulle molteplici dimensioni del benessere, presentando anche l'andamento degli indicatori in previsione, sia con riferimento al quadro tendenziale (a febbraio, sulla base del bilancio già approvato), sia per scenari programmatici, comprensivi delle politiche di bilancio e strutturali che si intende adottare (nel DEF). In tal modo, si arricchirebbe grandemente il contenuto informativo dei documenti di bilancio in tema di indicatori di benessere: attualmente, il PNR include un paragrafo dedicato al confronto tra i target di Europa 2020, nonché gli obiettivi nazionali, e i risultati finora realizzati; mentre in appendice viene spiegata la strategia di avvicinamento ai target, affiancando a questi la descrizione delle misure volte a perseguirli. Si osservi inoltre che il PNR presentato ad aprile del 2015 conteneva, in un riquadro, una selezione di indicatori del BES.
  Circa la seconda novità: l'introduzione (oltre alla sperimentazione del Bilancio di Genere) del monitoraggio nelle amministrazioni dello stato e negli enti territoriali, e la redazione della relazione da parte del Mef da trasmettere alle Camere, vorrei ricordare che sono quasi 15 anni che amministratrici locali, giuriste ed economiste italiane lavorano sul tema, sperimentano, con un tentativo dell'ultimo governo Prodi di leggere in chiave di genere, appunto il Bilancio dello Stato. Tentativo purtroppo rimasto tale per la caduta del Governo.
  La sfida di una analisi della spesa e delle entrate dello stato con riferimento alla diversità che gli effetti producono su uomini e donne, discende dalla Conferenza Mondiale delle donne di Pechino del 1995 l'impegno a «promuovere l'indipendenza economica delle donne per mezzo di cambiamenti nelle strutture economiche» e nel loro accesso alle risorse produttive. Da allora la Commissione Europea ha adottato il Gender Budgeting come strumento principe dell'orientamento di genere nelle politiche pubbliche, molti Stati Europei hanno compiuto passi rilevantissimi nel 2009 l'Austria ha costituzionalizzato il principio del bilancio di genere 8art 13 e 51) ed ha costituito uno degli assi portanti della riforma di bilancio varata nel 2010; il Belgio nel 2007 adotta una norma che integra la dimensione di genere nelle politiche pubbliche e introduce il bilancio di genere. Con una circolare del 2010 illustra nel dettaglio gli obiettivi che si pone; la Germania ha visto per lo più comuni e regioni lavorare con il criterio del Bilancio di genere, il Land di Berlino ha inserito il Gender Budgeting nella procedura di bilancio.
  La Svezia, ha inserito diffusamente la sperimentazione.
  UE ha recentemente prodotto uno studio che si chiama «il Bilancio Europeo per la Parità di genere (28.05.2015), ripreso anche nella relazione della Commissione Pag. 129per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere al Parlamento europeo dello scorso 23 febbraio.
  Come dicevo in Italia sono numerose le esperienze avviate territorialmente, ed anche in alcune parti dell'amministrazione dello Stato, ma sino ad oggi in assenza di un ruolo del Governo Centrale, senza quindi elaborare e produrre linee guida, modelli, criteri, indicatori. Tutto ciò potrebbe portare in tempi brevi alla fine anche delle buone pratiche attivate che vanno dall'impatto delle politiche sociali a quello dei provvedimenti fiscali ecc...
  L'inserimento degli impegni per il Mef è un inizio, certamente non l'arrivo di una scelta che guarda non tanto alle donne, quanto alle diseguaglianze, partendo dal presupposto che le diseguaglianze rappresentano un costo sociale ed economico, (noti i dati su pil e più donne occupate) ed una negatività da rimuovere, e che il bilancio di genere è uno strumento per migliorare le performance della spesa pubblica.
  Non possiamo fermarci qui, l'obiettivo non può che essere la definizione di linee guida per l'amministrazione centrale e le amministrazioni locali. Mi aspetto su questo un lavoro della neo Ministra PO congiuntamente al Mef, ma credo che la Commissione Bilancio, con apposita indagine conoscitiva potrebbe fornire un contributo attraverso un atto di indirizzo.
  Concludo, in questi ultimi anni e dentro una crisi che ha fatto molto male alla vita delle persone, i vincoli di bilancio, i «compiti a casa», le lettere dell'Unione europea, le scelte della Banca Europea, del FMI, hanno contribuito a rendere le politiche di bilancio vissute dai cittadini come vere e proprie vessazioni più che come opportunità di programmare crescita, benessere, futuro.
  Cop21 da un lato, Expo e la Carta di Milano dall'altro, i lavori di economisti di rango che tentano di innovare la programmazione economica con chiavi non più scindibili dalla sostenibilità ambientale e sociale, (Stiglitz ed altri), la denatalità in occidente e l'esplosione demografica in altre aree del mondo, i fiumi migratori, ed ancora la sfida trasversale di un mondo capace di leggere le differenze tra i generi come ricchezza, oggi ci chiedono di dimostrare il valore del nostro Paese percorrendo strade nuove che non possono continuare ad essere semplicemente accessorio irrilevante.
  È un inizio, ma credo che queste novità, Bes e Bilancio di genere, ci aiuteranno a rendere anche le politiche di bilancio più vicine alla vita quotidiana delle persone, degli uomini e delle donne, ed a rappresentare e rimuovere le diseguaglianze e le distorsioni che continuano a caratterizzare i processi economici.

Pag. 130

ORGANIZZAZIONE DEI TEMPI DI ESAME DELLA PROPOSTA DI LEGGE N. 3828-A

Pdl n. 3828-A – Modifiche alla legge 31 dicembre 2009, n. 196, concernenti il contenuto della legge di bilancio

Tempo complessivo: 16 ore, di cui:
• discussione generale: 7 ore e 30 minuti;
• seguito dell'esame: 8 ore e 30 minuti.

Discussione generale Seguito dell'esame
Relatore di maggioranza 15 minuti 15 minuti
Relatore di minoranza 10 minuti 10 minuti
Governo 20 minuti 20 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti 10 minuti
Tempi tecnici 1 ora
Interventi a titolo personale 1 ora e 13 minuti (con il limite massimo di 15 minuti per ciascun deputato) 1 ora e 13 minuti (con il limite massimo di 9 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 5 ore e 22 minuti 5 ore e 22 minuti
 Partito Democratico 42 minuti 1 ora e 34 minuti
 MoVimento 5 Stelle 33 minuti 40 minuti
 Forza Italia – Il Popolo della
 Libertà – Berlusconi Presidente
32 minuti 29 minuti
 Sinistra Italiana –
 Sinistra Ecologia Libertà
31 minuti 25 minuti
 Area Popolare (NCD-UDC) 31 minuti 24 minuti
 Scelta Civica per l'Italia 31 minuti 21 minuti
 Lega Nord e Autonomie – Lega
 dei Popoli – Noi con Salvini
31 minuti 21 minuti
 Democrazia Solidale –
 Centro Democratico
30 minuti 20 minuti
 Fratelli d'Italia –
 Alleanza Nazionale
30 minuti 19 minuti
 Misto: 31 minuti 29 minuti
  Conservatori e Riformisti 7 minuti 6 minuti
  Alternativa Libera - Possibile 6 minuti 6 minuti
  Alleanza Liberalpopolare
  Autonomie ALA –
  MAIE-Movimento Associativo
  Italiani all'Estero
6 minuti 6 minuti
  Minoranze Linguistiche 4 minuti 3 minuti
  FARE! - Pri 2 minuti 2 minuti
  USEI-IDEA (Unione
  Sudamericana Emigrati Italiani)
2 minuti 2 minuti
  Movimento PPA – Moderati 2 minuti 2 minuti
  Partito Socialista Italiano (PSI)
  – Liberali per l'Italia (PLI)
2 minuti 2 minuti

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 4 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Ddl 3886 - quest. preg. 1, 2, 3, 4 390 389 1 195 138 251 106 Resp.
2 Nom. Ddl 3892 - quest. preg. 1,2,3,4,5 442 440 2 221 167 273 99 Resp.
3 Nom. TU pdl 2656-3247-A - em. 1.20 432 430 2 216 164 266 99 Resp.
4 Nom. em. 1.100 433 328 105 165 327 1 99 Appr.
5 Nom. articolo 1 444 290 154 146 289 1 98 Appr.
6 Nom. em. 2.100 442 435 7 218 433 2 98 Appr.
7 Nom. articolo 2 441 312 129 157 310 2 98 Appr.
8 Nom. em. 3.20 447 439 8 220 25 414 98 Resp.
9 Nom. articolo 3 444 314 130 158 306 8 98 Appr.
10 Nom. em. 4.20 442 435 7 218 164 271 99 Resp.
11 Nom. em. 4.100 437 406 31 204 400 6 99 Appr.
12 Nom. em. 4.21 446 442 4 222 63 379 99 Resp.
13 Nom. em. 4.22 442 408 34 205 136 272 100 Resp.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.

INDICE ELENCO N. 2 DI 4 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 26)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
14 Nom. articolo 4 437 276 161 139 274 2 100 Appr.
15 Nom. articolo 5 436 369 67 185 369 100 Appr.
16 Nom. articolo 6 440 349 91 175 349 100 Appr.
17 Nom. em. 7.3 442 394 48 198 109 285 100 Resp.
18 Nom. em. 7.20 446 433 13 217 48 385 99 Resp.
19 Nom. articolo 7 446 290 156 146 285 5 99 Appr.
20 Nom. articolo 8 444 380 64 191 379 1 99 Appr.
21 Nom. articolo 9 449 359 90 180 359 99 Appr.
22 Nom. em. 10.20 440 427 13 214 53 374 99 Resp.
23 Nom. articolo 10 441 366 75 184 363 3 99 Appr.
24 Nom. articolo 11 441 357 84 179 356 1 99 Appr.
25 Nom. articolo 12 442 358 84 180 358 99 Appr.
26 Nom. em. 13.20 431 414 17 208 44 370 99 Resp.


INDICE ELENCO N. 3 DI 4 (VOTAZIONI DAL N. 27 AL N. 39)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
27 Nom. em. 13.21 437 308 129 155 32 276 99 Resp.
28 Nom. em. 13.22 435 347 88 174 46 301 99 Resp.
29 Nom. em. 13.23 433 398 35 200 114 284 99 Resp.
30 Nom. em. 13.24 431 308 123 155 37 271 99 Resp.
31 Nom. articolo 13 426 372 54 187 347 25 99 Appr.
32 Nom. articolo agg. 13.01 415 397 18 199 102 295 99 Resp.
33 Nom. articolo 14 418 347 71 174 265 82 99 Appr.
34 Nom. TU pdl 2656-3247-A - voto finale 399 265 134 133 263 2 96 Appr.
35 Nom. Moz.Mazziotti Di Celso e a 1-1234r 339 251 88 126 242 9 94 Appr.
36 Nom. Moz. Valente S. e a. n. 1-1267 341 325 16 163 316 9 94 Appr.
37 Nom. Moz. Pannarale e a. n. 1-1282r p.I 345 265 80 133 255 10 94 Appr.
38 Nom. Moz. Pannarale e a. n. 1-1282 p.II 344 265 79 133 31 234 94 Resp.
39 Nom. Moz. Palese e a. n. 1-1300 rif. 345 252 93 127 250 2 93 Appr.
INDICE ELENCO N. 4 DI 4 (VOTAZIONI DAL N. 40 AL N. 47)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
40 Nom. Moz. Borghesi e a. n. 1-1302 345 258 87 130 36 222 93 Resp.
41 Nom. Moz. Baradello e a. n. 1-1304 rif. 344 269 75 135 257 12 93 Appr.
42 Nom. Moz.Buttiglione e a. n.1-1305 rif. 345 311 34 156 238 73 93 Appr.
43 Nom. Moz. Manzi e a. n. 1-1306 346 324 22 163 249 75 93 Appr.
44 Nom. Moz. Secco e a. n. 1-1307 p.I 339 257 82 129 256 1 93 Appr.
45 Nom. Moz. Secco e a. n. 1-1307 p.II 338 278 60 140 31 247 93 Resp.
46 Nom. Moz. Rampelli e a. n. 1-1308 p.I 343 261 82 131 258 3 93 Appr.
47 Nom. Moz. Rampelli e a. n. 1-1308 p.II 343 282 61 142 35 247 93 Resp.