Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 624 di venerdì 13 maggio 2016

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI

  La seduta comincia alle 9,30.

  PRESIDENTE. La seduta è aperta.
  Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

  CLAUDIA MANNINO, Segretaria, legge il processo verbale della seduta di ieri.

  PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Borletti Dell'Acqua, Bratti, Bueno, Caparini, Capelli, Catania, Epifani, Fico, Giancarlo Giorgetti, Pisicchio, Ravetto, Realacci, Rosato, Sanga, Sani, Sereni, Tabacci e Velo sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente novantasei, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Trasmissione dal Senato di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissione in sede referente (ore 9,35).

  PRESIDENTE. Il Presidente del Senato, con lettera in data 12 maggio 2016, ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge, che è stato assegnato, ai sensi articolo 86-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alla VII Commissione (Cultura):
   S. 2299 – «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 marzo 2016, n. 42, recante disposizioni urgenti in materia di funzionalità del sistema scolastico e della ricerca» (approvato dal Senato) (3822) – Parere delle Commissioni I, V, VI, X, XI, XII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento) e XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
  Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dal comma 1 del predetto articolo 96-bis, è stato altresì assegnato al Comitato per la legislazione.

Svolgimento di interpellanze urgenti.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Iniziative politico-diplomatiche nei confronti del Governo norvegese in relazione ad una vicenda di allontanamento di minori dal nucleo familiare di origine – n. 2-01366)

  PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all'ordine del giorno Pag. 2Pagano ed altri n. 2-01366, concernente iniziative politico-diplomatiche nei confronti del Governo norvegese in relazione ad una vicenda di allontanamento di minori dal nucleo familiare di origine (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Binetti se intenda illustrare l'interpellanza di cui è cofirmataria, o se si riservi di intervenire in sede di replica.
  Le do la parola con la preghiera, se è possibile e ove possibile, di riuscire ad essere più sintetici possibili, visto il numero delle interpellanze all'ordine del giorno e, quindi, anche per rispetto dei colleghi che saranno gli ultimi poi a discutere.

  PAOLA BINETTI. Ringrazio il Presidente, l'illustre membro del Governo, i colleghi presenti e passo all'illustrazione di un'interpellanza, che avrebbe meritato un titolo diverso. Il tema di cui tratta l'interpellanza è quello dei diritti civili, del primo dei diritti civili che è quello del diritto a professare la propria fede e, quindi, il diritto alla libertà religiosa; tratta di famiglia e, quindi, dei criteri che definiscono anche, in qualche modo, l'ambito delle relazioni tra genitori e figli; tratta, quindi, del dramma con cui i figli vengono allontanati dai propri genitori e poi, come corollario a questi, che sono problemi fondamentali e che in un certo senso acquisiscono un particolare tono drammatico quando hanno come scenario persone che vivono in Paesi diversi dal proprio, in questo caso si tratta di una coppia formata da un norvegese e da una donna rumena, e quindi implicano quelli che sono i problemi di natura interculturale, problemi di accoglienza, problemi di ascolto, problemi di integrazione. Ad aggiungere complessità a questa interpellanza, ci sono stati anche non pochi elementi che potremmo definire nell'ambito della disinformazione o, comunque, della manipolazione dell'informazione.
  Per dire semplicemente l'importanza che, comunque, il tema ha assunto in questi ultimi giorni: inizialmente di questo tema si era occupato prevalentemente Tempi, quindi potremmo dire giornali che attengono al vasto mondo dell'informazione di area cattolica, ma in questi ultimi giorni se n’è occupato il Corriere della Sera e, proprio stamattina, alle otto e mezza, l'ultimo aggiornamento era quello che appariva sul Gazzettino. Quindi, questo per dire che sto parlando di un tema che interessa molto per il caso singolare e per il valore che assume presso l'opinione generale.
  I fatti. I fatti sono quelli, come accennavo, di una coppia, sposata, lui è un norvegese, lei è una donna rumena, hanno cinque figli, il più piccolo è un figlio che ancora la donna sta allattando, vivono in Norvegia e vengono in qualche modo dipinti e rappresentati non solo come persone profondamente cattoliche, persone in cui la coerenza con i principi e con la vita si traduce in tutti gli ambiti della loro condotta, ma, come accade a volte davanti a un atteggiamento di profonda coerenza tra i principi che si affermano e la condotta che si vive, questo invece di essere apprezzato come un valore di coerenza, molto spesso è stigmatizzato come un obiettivo, potremmo dire, che so, «fondamentalismo», «radicalmente»: cioè, quello che dovrebbe apparire valore nella vita di queste persone, viene raccontato e rappresentato come se si trattasse, in realtà, di un disvalore.
  Bene, questi genitori – come compete a tutti i genitori che intendono la loro genitorialità non solo come un processo di messa al mondo di figli, come una relazione di presa in carico, di cura, ma anche come un lavoro di informazione – vengono in qualche modo additati come eccessivamente insistenti nella formazione e nell'educazione che danno ai propri figli. Ovviamente, la sottolineatura viene fatta in merito ai contenuti religiosi. Si invoca anche la presenza di una nonna particolarmente religiosa, che avrebbe parlato di premi e punizioni, cioè, per chiunque abbia un minimo di esperienza di religione cristiana, semplicemente di quella che è la logica di premi e castighi che è alla base Pag. 3della pedagogia cristiana, non solo nella formazione dei figli, ma nella formazione dei cristiani.
  Questi genitori hanno, anche nei confronti dei figli, quell'atteggiamento che tocca bene i valori di tipo spirituale, ma tocca anche quegli aspetti che vanno a sfiorare l'educazione del carattere, l'educazione della personalità, il modo, potremmo dire, da un lato, di acquisire buone abitudini e, anche in questo caso, il modo di esercitare la loro autorevolezza di genitori: uso a proposito la parola «autorevolezza» e non l'espressione «autorità» e tanto meno l'espressione «autoritarismo». Ebbene, questi genitori avrebbero fatto oggetto questi bambini in alcuni casi anche di punizioni e, leggi pure, anche forse di qualche scappellotto: cosa che appartiene non solo a una cultura ordinaria nell'educazione, ma appartiene anche a quella che è una lunga tradizione con cui intere generazioni sono venute al mondo e che nulla ha a che vedere – perché questa è la sottolineatura importante, anche perché poi a suo tempo sono state fatte indagini, sono stati fatti approfondimenti – con episodi di violenza agiti nei confronti dei figli.
  Sembra che tutta la situazione abbia avuto il punto di partenza nel momento in cui le due figlie più grandi avrebbero raccontato in classe di aver subito alcuni castighi dai genitori, ma insisto: sfido qualunque genitore a pensare di poter educare i propri figli prescindendo anche dall'elemento di tipo punitivo e, volendo soltanto far leva su quello che è l'elemento, chiamiamolo così, motivazionale, affettivo, senza un preciso condizionamento che faccia leva anche su esperienze che il bambino può vivere come esperienze di fatica nella sua crescita, è molto difficile riuscire a modificare atteggiamenti e comportamenti. Tutto questo si colloca perfettamente nell'ambito di un progetto educativo, che è profondamente ispirato all'amore dei genitori per i propri figli, un amore che si spinge talmente in profondità da volere per questi figli lo sviluppo di una personalità il più equilibrata possibile, ma anche una personalità forte, una personalità coraggiosa, una personalità capace di fronteggiare le situazioni con cui si misurano.
  La preside, la direttrice, quello che fosse, davanti a queste narrazioni dei figli, ha coinvolto quelli che sono i servizi sociali. I servizi sociali sono intervenuti con una – direi – velocità, ma anche con una incapacità di farsi carico della complessità dei modelli educativi, dei principi, dei valori e degli stili di vita di questa famiglia, che è – insisto – una famiglia formata da un norvegese e da una rumena, quindi comunque una famiglia in cui le due genealogie, i due stili educativi si integrano in modo diverso, come possiamo constatare anche in Italia davanti a quelli che una volta erano definiti matrimoni misti, adesso non sapremmo più nemmeno come definirli, ma comunque matrimoni tra due persone che provengono da Paesi diversi.
  E qui nasce veramente la gravità della cosa: questi figli sono stati tolti ai genitori e portati in case famiglie, luoghi dove i genitori non hanno avuto la possibilità di vederli, se non nel caso del più piccolo, che, ribadisco, era un bambino che la mamma stava ancora allattando, permettendo alla donna di allattarlo in due momenti della giornata. La violenza del comportamento, le ragioni alla base di queste scelte, l'assoluta incapacità di rendersi conto dell'intensità del legame genitori-figli e, quindi, l'essere intervenuti ad interromperlo con una brutalità che veramente avrebbe meritato ben altra delicatezza da parte delle persone che si sono occupate di loro ha fatto sì che questo caso esplodesse sulla stampa: insisto, inizialmente sulla stampa di area cattolica, più sensibile ad accogliere le istanze di questi genitori, ma poi, successivamente, è stata investita anche la stampa internazionale ed è stata investita, poi, più recentemente, quella stampa a larga diffusione, come potrebbe essere il Corriere della Sera e dico, stamattina, Il Gazzettino, che ha ripreso questa notizia.
  Cosa intende fare questa interpellanza e come intende muoversi ? Intende, innanzitutto, tutelare quelli che sono diritti Pag. 4civili: tutelare quei diritti civili che, nell'ambito di tutti i diritti umani, rappresentano, forse, il più alto livello della coscienza di ogni uomo. Non c’è possibilità di immaginare un livello che metta una persona in condizioni di assumere in pienezza la responsabilità delle proprie azioni, se non si è proceduti alla formazione della coscienza di queste persone; laddove «formazione della coscienza» significa formazione a valori, formazione a principi che, per quello che riguarda una famiglia che si riconosce nei principi e nei valori della Chiesa cristiana, non può che essere quello, forse, di una potenza dell'impatto dei valori religiosi tale da orientare la condotta dei figli.
  In questo caso, noi ci troviamo davanti ad un'azione di violenza agita nei confronti di una coppia che ha l'unica responsabilità di voler assumere in pienezza la propria autonomia di genitori che si fanno carico di questi figli, perché la verità è che qui c’è una sorta di invasività, di intrusività all'interno di quella che è una vita di famiglia; tenendo conto, poi, che questi bambini, più volte sollecitati anche a livello dei servizi sociali, hanno espresso il desiderio di tornare in famiglia. Sono bambini che non si rendono nemmeno conto del perché sono stati allontanati dalla famiglia e che vivono questo come una punizione: cioè, la punizione non è quella del genitore nei confronti del figlio, la punizione è quella che il sistema sociale ha messo separandoli dai propri genitori.
  Credo che sia importante per noi ristabilire un equilibrio profondo sulla complessità del tema dei valori civili, sulla loro articolazione, su molti campi, su molti ambiti. Credo che sia fondamentale restituire alla famiglia, a quella famiglia che ha generato quei figli – e non ne ha generato uno solo: stiamo parlando di cinque figli, di cui la più grande avrà una decina d'anni e il più piccolo, insisto, è ancora un neonato – questo diritto dei genitori; genitori naturali, in questo caso, che coincidono per accidens, ma, fortunatamente, con quelli che sono i genitori sociali, con quelli che hanno la responsabilità di tutto questo. Esiste un cuneo per cui qualcuno si ritiene in diritto di poter intervenire con un'accetta nell'ambito di quelli che sono i rapporti naturali più sacri, più profondi, più umani che ci possano essere.
  Io credo che da questo punto di vista, il nostro Governo potrebbe, in qualche modo – ed è il contenuto specifico dell'interpellanza –, sollevare il tema dei diritti civili. Tra l'altro – nell'interpellanza credo che sia detto in modo abbastanza chiaro –, ben diversamente si sarebbe comportato quel Governo se quella famiglia fosse stata una famiglia musulmana, se avessero dovuto confrontarsi con la reazione di un mondo musulmano che, in qualche modo, invece, mantiene, nel bene e, a mio avviso, lasciatemelo dire così, quello che io considero più problematico – non voglio dire nel male – nella vita dei modelli educativi di una famiglia musulmana. Penso, ad esempio, al rispetto nei confronti delle donne, penso al rispetto nei confronti delle bambine, penso al rispetto nei confronti di alcuni canoni, che rendono le nuove generazioni musulmane, nel confronto con la società occidentale, più desiderose di immagini di libertà, ma anche più desiderose, semplicemente, di canoni estetici, di modi di vestirsi, di spazi di libertà e di autonomia. Ebbene, nei confronti delle famiglie musulmane non c’è stato alcun intervento, al punto tale che questo si può anche interpretare all'interno di quelle forme di cristianofobia che, ogni tanto, troviamo sparse così, qua e là, come perle, nel contesto nazionale e nel contesto internazionale.
  Credo che ci siano elementi necessari e sufficienti, perché il Governo dimostri nei fatti di essere dalla parte reale dei diritti civili, dimostri di essere davvero dalla parte della famiglia e dimostri di saperlo fare nei contesti nazionali e nei contesti internazionali.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale, senatore Benedetto Della Vedova, ha facoltà di rispondere.

Pag. 5

  BENEDETTO DELLA VEDOVA, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale. Grazie, Presidente. Vorrei iniziare ricordando, innanzitutto, come la tutela e la promozione dei diritti dei bambini è una delle nostre priorità di politica estera, così come lo è a livello di Unione europea.
  Altrettanto determinato e prioritario è l'impegno dell'Italia sul piano internazionale in favore della libertà di religione o credo e nella lotta ad ogni forma di discriminazione anche su base religiosa. La nostra azione è adeguatamente riflessa e promossa nel Piano d'azione dell'Unione europea in materia di diritti umani.
  Il caso in oggetto, in questa interpellanza, riguarda la controversia tra i signori Marius e Ruth Bodnariu (lui di cittadinanza romena, lei norvegese) e il Servizio di protezione dei minori del loro comune di residenza. Quest'ultimo ha affidato ad altre famiglie cinque figli della coppia, sostenendo che i genitori avrebbero fatto ricorso alla violenza come metodo di correzione ed educazione dei propri figli. Tale circostanza, rigidamente vietata dalla legislazione locale, è stata ammessa dalla madre, che ha però invocato l'ignoranza della normativa in materia. Il Servizio di protezione dei minori ha negato ogni intento discriminatorio per l'appartenenza dei genitori al movimento pentecostale e ha motivato l'intervento con la presunta violazione della legge da parte dei genitori.
  Sul caso della famiglia Bodnariu sono intervenute, come è naturale, le autorità romene. Il Ministro degli affari esteri della Romania ha pubblicato vari comunicati e consigliato alla coppia alcuni legali specializzati, mentre alcuni parlamentari romeni si sono recati in Norvegia. Anche il Primo ministro e il Presidente Iohannis si sono più volte espressi sulla questione, sostenendo che i diritti dei cittadini romeni devono essere rispettati in ogni parte del mondo. Da parte romena vi è stata anche la proposta – sinora senza seguito – di rimpatriare i bambini per affidarli ad uno zio che vive in Romania.
  Il Viceministro della famiglia norvegese ha dichiarato che il Governo norvegese segue con attenzione gli echi internazionali della vicenda, pur non entrando nel merito della questione affidata alle competenti istanze, anche giurisdizionali. Sul caso della famiglia Bodnariu è, infatti, sorta una campagna stampa internazionale – cui faceva riferimento anche l'onorevole Binetti – culminata in una serie di manifestazioni non solo in Norvegia, ma anche in altre città del mondo, tra cui Roma, presso le locali autorità norvegesi.
  Segnalo che il caso della famiglia Bodnariu ha dei precedenti noti in Norvegia. Alcuni anni fa, il Servizio di protezione dei minori del comune di Stavanger aveva disposto l'affidamento ad un'altra famiglia dei figli di una coppia di nazionalità indiana, provocando una crisi nelle relazioni bilaterali tra Oslo e New Delhi, poi, superata con la restituzione dei minori alla famiglia d'origine. In generale, tra le comunità immigrate dai Paesi di nuova adesione all'Unione europea vi è il diffuso timore che un intervento dei servizi sociali possa tradursi in una decisione di affidamento dei bambini ad estranei, anziché in azioni di sostegno alle famiglie (soprattutto, in caso di disagio economico o dovuto a fenomeni quali l'alcolismo o l'uso di sostanze stupefacenti). Anche per i casi che riguardano i minori di sola nazionalità norvegese non mancano voci critiche verso il sistema attuale. Le accuse verso i servizi sociali sono di fare uso in maniera eccessiva dei procedimenti d'urgenza e di preferire talvolta la scorciatoia – chiamiamola così – dell'affidamento rispetto ad un'opera più lunga ed impegnativa di affiancamento dei genitori in difficoltà.
  Dall'altro lato, le autorità norvegesi sono diventate sempre più sensibili al tema dei meccanismi interni di protezione dei minori, preoccupate per le conseguenze sulla reputazione internazionale del Paese. Ricordo, infatti, che la Norvegia è stato il primo Paese ad istituire un difensore civico dei bambini nel 1981. Senza entrare nel merito delle decisioni prese dal Servizio di protezione dei minori (passibili, in ogni caso, di revisione giurisdizionale), le autorità norvegesi hanno avviato da alcuni anni una periodica campagna informativa con le ambasciate accreditate sul funzionamento del sistema. Pag. 6Rispetto al passato, è stata in particolare mostrata maggiore apertura con riguardo all'esercizio dei poteri di assistenza consolare da parte delle rappresentanze estere.
  Il Ministero degli esteri norvegese incoraggia maggiormente il dialogo tra le ambasciate straniere ed i comuni, alla ricerca delle migliori soluzioni nell'interesse dei minori. Ciò viene fatto nel rispetto del principio della legge norvegese, per cui a tutti i minori presenti nel Regno debbono essere garantiti i medesimi diritti indipendentemente dalle condizioni di origine. Da questo principio ne deriva che i genitori, sia pur stranieri, non possono adottare in Norvegia metodi educativi che pure sarebbero legittimi nei Paesi di origine.
  Segnalo infine che, da pochi giorni, la Norvegia ha aderito alla Convenzione sulla competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l'esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori, fatta a L'Aja il 19 ottobre 1996. Tale adesione renderebbe possibile l'affidamento all'estero dei minori, ad esempio ai nonni residenti nel Paese di origine, ipotesi finora non consentita e che darebbe – almeno, questa è l'ambizione – uno strumento in più alle autorità per la protezione dei minori e per la garanzia del loro interesse.

  PRESIDENTE. L'onorevole Binetti ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  PAOLA BINETTI. Signor Presidente, mi sembra che le parole del sottosegretario riflettano una sostanziale ambiguità: da un lato si dice come i modelli educativi proposti in Norvegia sono modelli educativi nei confronti dei quali c’è un'attenzione, non solo della stampa, ma anche del mondo, chiamiamolo così, diplomatico e internazionale, e si sta cercando di intervenire perché questi modelli acquisiscano non solo il rispetto reale per le storie, le culture e le tradizioni dei Paesi, ma anche quel rispetto sostanziale per la vita dei bambini; volevo soltanto chiedervi se voi ritenete – è notizia di stamattina, ore 8,50, signori, il neonato viene visto e allattato solo due volte alla settimana, Matei e Ioan vengono visitati dalla mamma solo una volta ogni sette giorni, le bimbe non vedono mai i genitori, come se non bastasse è iniziato l'iter per la loro adozione – che questo è il rispetto per i bambini, se in questo modo la Norvegia interpreta la normativa formulata a L'Aja nel 1981 che, ricordo, è quella che ancora oggi presidia il grande tema delle adozioni e che noi, con la complessità che conosciamo in questi giorni, stiamo cercando di rivedere, se questi sono i criteri a cui queste persone si debbono adeguare per garantire ai bambini i loro diritti. Dico, dire che il diritto all'allattamento è essere allattati due volte a settimana dalla mamma ci vuole una bella storia. Ieri proprio il Ministro Lorenzin era al centro di un convegno qui in Italia in cui si parlava dell'allattamento al seno, del diritto all'allattamento al seno, di tutte le implicazioni positive che questo ha, non solo nella relazione madre-figlio, ma anche nello sviluppo complessivo del bambino. Le bambine non vedono mai i genitori e bisognerà spiegare a bambine che sono vissute tanto tempo con i loro genitori, che ne hanno incamerato non solo i gesti di severità, ma anche tutti i gesti di attenzioni, i gesti di cura, i gesti di affetto, perché non sia questa la vera punizione a cui sono ingiustamente sottoposte. Ecco, io credo che tutto questo renda altamente problematico il modello educativo norvegese perché poi resta solo da dimostrare che questo modello educativo, tra tutti i modelli educativi possibili, sia quello che più e meglio garantisce lo sviluppo sereno ed equilibrato della personalità dei ragazzi. Citavamo con i colleghi, parlando di questo caso, il caso del signore norvegese che entrò in un campo di bambini per farne fuori una marea, se questo è il sistema. Noi riteniamo che l'attenzione ai bambini passi e si riconosca prima di tutto nell'intensità e nella qualità della relazione con i genitori, e che questa relazione con i genitori, ancorché migliorabile, come io Pag. 7credo sia migliorabile ogni relazione dei figli con i propri genitori, ogni genitore porta su di sé, nel passare del tempo, la consapevolezza degli errori fatti, ma porta soprattutto la storia personale di un amore costante, continuo, di cura, avuto nei propri figli. Non credo che l'impeccabilità del genitore sia la premessa per lo sviluppo e l'equilibro della formazione dei figli. Questo sistema perché ci ha preoccupato enormemente ? Ci ha preoccupato enormemente perché disgraziatamente, in qualche modo, fa scuola anche in Italia, vuole dire che fa scuola anche a Roma, dove davanti alla diagnosi di PAS, sindrome non riconosciuta da nessun manuale di psichiatria, nemmeno dall'ultimo DSM-5, i bambini vengono sottratti ai genitori perché i servizi sociali ritengono che il bene di quel bambino possa essere la sottrazione.
  Ora, per carità, io non nego che ci possono essere dei casi drammatici in cui questo non solo può avvenire ma deve avvenire, ma che ci sia un abuso del sistema, tendente a svalutare il valore della famiglia, in particolare della famiglia naturale, che tende a sottolinearne gli elementi di frattura rispetto alla complessità della relazione che dura tutta la vita, io credo che questa sia una pericolosissima mentalità che non vorremmo che dalla Norvegia scendesse verso i Paesi del sud dell'Europa e concretamente verso l'Italia. Non sappiamo quali saranno gli esiti di un'indagine conoscitiva che in questi giorni la Camera, la Commissione giustizia, sta facendo proprio su questo tema; che i rischi ci siano sono rischi reali, che casi di bambini allontanati dalla famiglia in base a un giudizio sprovvisto non solo di categorie scientifiche ma pure di quella semplicità che rappresenta l'umanità, la qualità, la relazione di amore e la fiducia nella famiglia, sono fatti concreti. Noi viviamo in Italia; problemi analoghi, signori, poi nessuno dirà che è per la libertà di religione, però li viviamo e li viviamo dietro questo pregiudizio che attribuisce ad esterni la possibilità di inserirsi in un contesto che è la complessità della vita di famiglia. Io credo – per questo accennavo all'inizio che questo è un tema di diritti umani, è un tema di diritti di famiglia, è un tema di responsabilità genitoriale, è un tema di libertà educativa, è un tema di libertà di religione e non lo si può liquidare dicendo che forse avendo aderito la Norvegia ieri, magari domani i figli potranno essere dati in adozione, magari ai nonni – che non è questa la risposta che noi vogliamo. Noi insistiamo sulla forza, sulla potenza, sull'energia strutturale che ha la relazione dei genitori con i propri figli e dei figli con i propri genitori e consideriamo questa situazione – insisto, alle 8,50 di questa mattina – pericolosa, profondamente lesiva dei diritti dei bambini nei confronti della quale lo Stato italiano, se volesse davvero, il Governo italiano, professarsi rispettoso di diritti civili, dovrebbe intervenire e intervenire per denunciare l'abuso e per far questo potrebbe anche dare uno sguardo in casa nostra a quello che succede in molti casi, ma lo sta già facendo la Commissione giustizia di quest'Aula e sta scoprendo fatti concreti di trasgressione, che hanno radici culturali in quelli che vengono considerati Paesi ad alto sviluppo di civiltà, come sono i Paesi del Nord, ma dai quali realmente non abbiamo molto da imparare.

(Chiarimenti e iniziative di competenza a tutela dei risparmiatori e degli azionisti della Cassa di risparmio di Ferrara, sottoposta ad amministrazione straordinaria – n. 2-01329)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Palmizio e Brunetta n. 2-01329, concernente chiarimenti e iniziative di competenza a tutela dei risparmiatori e degli azionisti della Cassa di risparmio di Ferrara, sottoposta ad amministrazione straordinaria (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Palmizio se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  ELIO MASSIMO PALMIZIO. Signor Presidente, colleghi, signor sottosegretario, Pag. 8negli ultimi mesi vissuti sull'orlo della crisi bancaria, l'Italia ha assistito ad un vero e proprio svilimento di quanto espressamente riconosciuto dall'articolo 47 della Carta. Infatti, se da un lato la Repubblica dovrebbe incoraggiare e tutelare il risparmio in tutte le sue forme, il Governo ha fatto cose diverse, eliminando ogni tipo di tutela della stabilità del sistema finanziario italiano e lasciando alla loro stessa sorte non solo il destino di almeno quattro banche, ma anche quello di migliaia di risparmiatori e di azionisti. Come è noto a tutti, con il decreto-legge «salva banche», le cui disposizioni sono state successivamente inserite nella legge di stabilità 2016, è stata disposta la risoluzione di quattro importanti banche, fra cui la Cassa di risparmio di Ferrara. In merito allo scioglimento di questo istituto, bisogna rilevare che nel maggio 2013, su proposta della Banca d'Italia, il Ministero dell'economia e delle finanze, a seguito di sfavorevoli risultanze degli accertamenti di vigilanza, aveva disposto lo scioglimento degli organi con funzioni di amministrazione e controllo e la sottoposizione del medesimo istituto ad amministrazione straordinaria. Il periodo di commissariamento a cui ha dovuto far fronte la Cassa di risparmio di Ferrara si è contraddistinto per una serie di anomalie, che è opportuno ricostruire, su cui il Governo ancora oggi non ha fornito adeguati chiarimenti. In primis va rilevato che la proposta di commissariamento avanzato dalla Banca d'Italia contiene un rilevante errore, poiché in essa si indica una carenza patrimoniale, rispetto ai minimi requisiti regolamentari, di 60 milioni di euro. Il grave errore è derivato principalmente dal mancato inserimento della fiscalità differita attiva nel conteggio degli indici patrimoniali che, se presi in considerazione, avrebbero fatto balzare il patrimonio di vigilanza ad un'eccedenza patrimoniale di ben 27 milioni di euro e mezzo. In secondo luogo, alla formulazione di un errore così grave ha senz'altro contribuito il fatto che il Ministero dell'economia e delle finanze, dopo aver ricevuto la proposta di commissariamento dell'istituto in questione, non abbia svolto alcuna attività istruttoria così come stabilito dal Testo unico bancario. In sintesi, il periodo di commissariamento, iniziato il 30 maggio 2013, si è poi protratto per oltre due anni e mezzo e in tale periodo la situazione di Carife è chiaramente peggiorata, tanto che i commissari, in stretto coordinamento con Banca d'Italia, hanno effettuato dismissioni di banche controllate e di filiali, riducendo il perimetro di Carife al territorio originario. Tra l'altro, nella proposta di commissariamento la Banca d'Italia non ha preso minimamente in considerazione il fatto che, nella primavera del 2012, il principale territorio di operatività di Carife è stato interessato da eventi sismici di particolare gravità, che hanno provocato danni ingenti a molti clienti e alle loro strutture produttive e ad alcune filiale della Cassa stessa.
  Il commissariamento di Carife lascia poi intravedere evidenti anomalie, in quanto tra il 2010 e il 2013 – quindi, prima dell'amministrazione straordinaria – Carife si trovava in un regime di vigilanza rafforzata a seguito di un'ispezione condotta da Banca d'Italia che aveva fatto emergere problematiche sul credito (in particolare, una posizione debitoria su Milano che presentava significative difficoltà). Da quel momento sono state prospettate diverse proposte di risanamento e rilancio della banca, tanto che la Cassa di risparmio di Ferrara nell'aprile 2010, con la nomina di un nuovo consiglio d'amministrazione e l'approvazione del primo bilancio in passivo della sua storia, ha proseguito nell'opera di risanamento sotto l'assiduo controllo della Banca d'Italia.
  Sottolineo che, ogni tre mesi, Carife aveva il compito di fornire alla vigilanza di Roma una relazione dettagliata nonché uno specifico riferimento dedicato alla più significativa esposizione deteriorata, corredata dalla valutazione del risk manager e dalle osservazioni del collegio sindacale. Alla luce di ciò risulta molto difficile comprendere l'atteggiamento tenuto da Bankitalia soprattutto in merito alle significative svalutazioni imposte con l'ispezione del 2012/2013, quando da molto Pag. 9tempo era ampiamente aggiornata sullo stato dei crediti e sulle rispettive percentuali di copertura di Carife.
  Ma non è tutto. Infatti, a seguito del periodo di gestione commissariale, l'unica prospettiva per il salvataggio dell'istituto bancario sembrava essere quella di un intervento da parte del Fondo interbancario di tutela dei depositi, con la sottoscrizione di un aumento di capitale di 300 milioni di euro.
  Sono stati due anni nei quali al sistema creditizio – e quindi a Carife – si è fatto credere che si poteva usare il Fondo interbancario, mettendo così in condizione anche i commissari di perseguire una strada di risanamento che soprattutto Bankitalia sapeva perfettamente essere impraticabile. Giusto per fare chiarezza, a fronte dell'intervento del Fondo interbancario di tutela dei depositi, il patrimonio che Carife registrava nel 2012, pari a 350 milioni di euro, è stato ridotto a poco più di 11 milioni di euro e, con esso, anche il valore dell'azione stessa.
  Nel frattempo, quando il 30 luglio 2015 l'assemblea straordinaria di Carife ha approvato l'aumento di capitale di 300 milioni di euro, è stata accantonata la proposta avanzata dalla Fondazione Carife che aveva segnalato alla Banca d'Italia e al Ministero dell'economia e delle finanze la concreta disponibilità di un fondo di investimento a intervenire per una significativa parte dell'aumento di capitale.
  A questo punto dal commissariamento di Carife due sono le considerazioni da dover fare: in primo luogo, sembra palese che, in tutta questa vicenda, emerge, con sempre più nitidezza, una precisa responsabilità di Banca d'Italia, soggetto che doveva vigilare – e nel caso di Carife per il tramite dei commissari – ma che non ha evidentemente svolto il proprio ruolo, con le conseguenze che sono note a tutti; in secondo luogo, viene ulteriormente dimostrata l'inaffidabilità e l'incapacità del Governo che, in questo rimbalzo di responsabilità, ha lasciato senza alcuna tutela migliaia di risparmiatori.
  Alla luce delle numerose anomalie appena riportate, quindi, si chiede al Ministro interpellato di poter chiarire i fatti esposti in merito alla procedura di amministrazione straordinaria e alla gestione commissariale di Carife. Inoltre, si chiede per quale motivo non sia stata presa in debita considerazione la proposta avanzata dalla Fondazione Carife sulla disponibilità di un fondo di investimento ad intervenire sull'aumento di capitale, considerate le informazioni che ottimisticamente erano state fornite sulla prospettiva dell'operazione stessa.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Pier Paolo Baretta, ha facoltà di rispondere.

  PIER PAOLO BARETTA, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Grazie, Presidente. Con riguardo alla procedura di amministrazione straordinaria la Banca d'Italia ha comunicato che l'ispezione condotta nella primavera del 2009, oltre a specifici problemi e irregolarità, fece emergere l'insostenibilità del programma di espansione territoriale non attuato con la dovuta prudenza, tanto che gli ispettori espressero il giudizio «parzialmente sfavorevole».
  Successivamente all'ispezione, su impulso dell'istituto di vigilanza la banca nominò un nuovo direttore generale e nell'aprile 2010 rinnovò sette degli undici membri del consiglio di amministrazione, tra cui il presidente e il vicepresidente. Tuttavia, il patrimonio continuava ad erodersi, per cui la banca, come richiesto dalla Banca d'Italia nell'ottobre 2010, effettuò un aumento di capitale di 150 milioni di euro.
  In più occasioni nel 2011 e nel 2012 l'istituto di vigilanza intervenne per ribadire l'esigenza di razionalizzare il gruppo nonché per richiedere rafforzamenti organizzativi e delle funzioni di controllo. In relazione ai ritardi nelle iniziative richieste e al peggioramento ulteriore della qualità del credito, la Banca d'Italia dispose nuovi accertamenti ispettivi. Le verifiche ispettive, condotte dal 24 settembre 2012 al 15 febbraio 2013, si sono concluse con esiti sfavorevoli, a causa dell'elevata Pag. 10esposizione al rischio di credito, con una rilevante incidenza di partite deteriorate che ha compromesso la capacità di reddito dell'intermediario e la capacità di rispettare i requisiti patrimoniali. Conseguentemente, la banca è stata posta in amministrazione straordinaria, con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze n. 151 del 27 maggio 2013 su proposta della Banca d'Italia, per gravi irregolarità nell'amministrazione e gravi violazioni normative nonché per gravi perdite del patrimonio, ai sensi dell'articolo 70, comma 1, lettere a) e b), e dell'articolo 98 del testo unico bancario.
  Con riguardo all'asserita erroneità della ricostruzione del patrimonio, si fa presente che la proposta di amministrazione straordinaria, nel rilevare una deficienza di euro 60 milioni rispetto ai requisiti minimi prudenziali alla data del 30 settembre 2012, dava altresì conto delle segnalazioni aziendali che, con riferimento al 31 dicembre 2012, esponevano, invece, un'eccedenza di circa 91 milioni di euro. Nella medesima proposta veniva precisato che tale segnalazione rifletteva in gran parte componenti di natura straordinaria non ripetibili connesse all'operatività in titoli e di natura fiscale e non teneva conto delle perdite rilevate in sede ispettiva ma non ancora recepite dall'azienda nonché dei rilevanti contenziosi in corso. In considerazione di ciò il surplus segnalato dalla Carife alla fine del 2012, che non consentiva in ogni caso il rispetto dei livelli minimi di patrimonializzazione chiesti dalla Banca d'Italia in termini di patrimonio di qualità primaria, non risultava in grado, in un'ottica prospettica, di garantire condizioni di adeguatezza patrimoniale del gruppo. Al fine di rimuovere le irregolarità riscontrate e di correggere i profili di inefficienza emersi, i commissari straordinari hanno provveduto alla razionalizzazione della struttura del gruppo, all'adozione di misure di contenimento dei costi, al rafforzamento della funzione di controllo dei rischi e alla revisione del processo del credito del portafoglio impieghi del gruppo.
  Con riferimento al possibile ingresso del Fondo interbancario di tutela dei depositi nel capitale di Carife, la Banca d'Italia ha sottolineato come la profonda opera di razionalizzazione della banca e del gruppo, portata avanti nel corso del commissariamento, è stata finalizzata alla creazione delle condizioni per il ripristino di una positiva capacità di reddito e per facilitare l'individuazione di controparti disponibili a intervenire in supporto al gruppo. In tale quadro, dopo aver verificato l'indisponibilità della Fondazione controllante a sostenere la ripatrimonializzazione della banca e a costruire un credibile progetto di rilancio, gli organi statutari hanno avviato diverse interlocuzioni con importanti controparti bancarie, tutte conclusesi con esito negativo.
  Considerata la difficoltà di individuare controparti di mercato disponibili a operazioni riguardanti Carife, sono stati avviati col Fondo interbancario contatti per verificare la possibilità di un intervento alternativo di sostegno, anche tramite acquisizione temporanea di controllo conformemente alla previsione statutaria. Si ricorda che il Fondo nell'ordinamento italiano è un consorzio di diritto privato alla cui governance e al cui processo decisionale il Ministero dell'economia e delle finanze è totalmente estraneo. Al MEF non competono, inoltre, neanche poteri di vigilanza e di controllo su di esso. In ragione della critica situazione tecnica della banca, caratterizzata in particolare da forti tensioni del profilo di liquidità, in mancanza di alternative di mercato pure esplorate, l'intervento del Fondo si è considerato quale unica via da percorrere in tempi rapidi, al fine di salvaguardare il complesso aziendale, evitando esiti maggiormente traumatici per la clientela e per i depositanti.
  Il 31 luglio 2015 si è quindi tenuta l'assemblea dei soci di Carife che ha approvato, tra l'altro, la copertura delle perdite mediante utilizzo delle riserve e riduzione del capitale sociale e l'aumento del capitale inscindibile di 300 milioni riservato al Fondo.Pag. 11
  L'intervento in corso di definizione da parte del Fondo è stato oggetto di interlocuzioni con la Commissione europea. Il Fondo si era dichiarato disponibile a ricapitalizzare Carife, Banca delle Marche e Banca Etruria e, data la ferma posizione della Commissione che esclude la realizzabilità di qualsiasi forma di intervento del Fondo, qualificato come aiuto pubblico, non accompagnata da burden sharing, l'intervento ipotizzato prevedeva la ricapitalizzazione delle tre banche da parte del Fondo stesso previo abbattimento delle perdite e conversione in azioni delle obbligazioni subordinate da queste emesse.
  Per poter disporre di queste misure era necessaria la trasposizione nell'ordinamento nazionale della direttiva 2014/59/UE sul risanamento e la risoluzione delle banche. Il recepimento è avvenuto con i decreti legislativi n. 180 e n. 181 del 16 novembre 2015. Il Ministero dell'economia e delle finanze, acquisita la valutazione positiva della Banca d'Italia, ha sottoposto lo schema alla Commissione europea avviando l'interlocuzione con la direzione concorrenza. In tale sede i servizi della Commissione hanno innanzitutto ribadito che gli interventi di un meccanismo di garanzia dei depositi diversi dal rimborso ai depositanti sono da ritenersi aiuti di Stato. Hanno peraltro riconosciuto che lo schema proposto appariva conforme al quadro normativo dell'Unione europea in materia di aiuti di Stato in quanto prevedeva la partecipazione alle perdite e alla ricapitalizzazione di azionisti e creditori subordinati. Il sacrificio dei creditori subordinati sarebbe stato significativamente inferiore rispetto a quello conseguente alle successive operazioni di risoluzione. Tuttavia, secondo la Commissione, dalla qualificazione come aiuti di Stato dell'intervento preventivo del Fondo alla luce del combinato disposto della direttiva 2014/59/UE e della direttiva 2014/49/UE concernente gli schemi di garanzia dei depositi conseguirebbe che la banca sia considerata in stato di dissesto o a rischio di dissesto e le banche menzionate avrebbero dovuto essere avviate alla risoluzione. La posizione della Commissione ha, quindi, di fatto impedito la realizzazione del progetto sopra descritto. Il protrarsi della crisi in atto, l'estrema gravità della situazione patrimoniale e finanziaria ed i possibili effetti negativi dell'incertezza sulle decisioni della clientela e, quindi, sulla stessa continuità operativa della banca non hanno consentito di approfondire le generiche prospettazioni della Fondazione Carife relative ad un interessamento da parte di un fondo di investimento estero per l'ingresso nella compagine azionaria di Carife, peraltro pervenute solo a ottobre 2015. Una volta entrata in vigore la disciplina di recepimento del Fondo, le significative criticità derivanti dal rapido deterioramento della situazione tecnica dalla banca hanno reso necessario ed indifferibile procedere ad un intervento immediato mediante l'avvio della risoluzione della banca che si è configurata come unico esito possibile della crisi. Le misure previste dal programma di risoluzione sono state giudicate dalla Commissione europea compatibili con la disciplina in materia di aiuti di Stato considerato anche il contributo di azionisti e creditori subordinati alla soluzione della crisi in conformità alle previsioni della citata direttiva. In tale vicenda sembra del tutto irrilevante l'autorizzazione rilasciata dal MEF il 28 luglio 2015, ai sensi dell'articolo 7, comma 3, del decreto legislativo n. 153 del 1999, con la quale è stato dato il consenso ad approvare in assemblea da parte della Fondazione la proposta avanzata dai commissari straordinari di Carife di aumento di capitale riservato al Fondo. Per quanto riguarda le misure a tutela dei risparmiatori ed azionisti di Carife, con il decreto-legge n. 59 recentemente approvato sono state definite le modalità di accesso all'indennizzo previsto dalla legge di stabilità 2016 a favore dei detentori di obbligazioni subordinate emesse delle quattro banche che sono state avviate alla risoluzione nel novembre 2015 e che siano vittime di mis-selling.
  In particolare, il decreto-legge prevede la possibilità per coloro che hanno acquisito Pag. 12le obbligazioni prima della pubblicazione della direttiva 2014/59/UE e per i quali ricorrano le condizioni, alternative tra loro, di reddito e di patrimonio mobiliare, di accedere ad una procedura automatica di indennizzo che consentirà in tempi rapidi il riconoscimento dell'80 per cento del corrispettivo pagato per l'acquisto dei titoli al netto dei rendimenti percepiti. Gli investitori che non rientrano nelle condizioni di reddito e patrimonio possono accedere comunque al rimborso attraverso la procedura arbitrale.

  PRESIDENTE. L'onorevole Palmizio ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  ELIO MASSIMO PALMIZIO. Sono soddisfatto del fatto che il sottosegretario abbia confermato punto per punto quanto scritto nell'interpellanza urgente. Non sono soddisfatto perché non vi sono risposte sulla responsabilità effettiva di Bankitalia. Mi aspettavo ovviamente la scissione della responsabilità del Ministero rispetto al Fondo e a Bankitalia. Però non si capisce e nessuno ha spiegato per quale motivo per un anno si è andati avanti facendo credere di poter usare il Fondo quando già dal 2014 Bankitalia e Ministero sapevano che la Commissione europea era contraria. Questo era il succo della domanda e la risposta non è arrivata. In ogni caso ringrazio per la disponibilità.

(Iniziative di competenza per salvaguardare l'esercizio della libertà di religione e di culto, anche alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 63 del 2016, in relazione a modifiche recentemente apportate dal consiglio regionale del Veneto alla legge regionale n. 11 del 2004 – n. 2-01362)

  PRESIDENTE. Passiamo alla interpellanza urgente Rostellato ed altri n. 2-01362, concernente iniziative di competenza per salvaguardare l'esercizio della libertà di religione e di culto, anche alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 63 del 2016, in relazione a modifiche recentemente apportate dal consiglio regionale del Veneto alla legge regionale n. 11 del 2004 (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Rostellato se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  GESSICA ROSTELLATO. Grazie, Presidente. In data 5 aprile il consiglio regionale del Veneto ha approvato la legge regionale n. 12 del 2016, che va a modificare la legge n. 11 del 2004 in merito al governo del territorio. Nel provvedimento vengono inseriti una serie di vincoli urbanistici per la realizzazione di luoghi di culto, ma non solo: anche delle abitazioni dei ministri del culto e del personale di servizio, nonché gli immobili adibiti alla formazione religiosa, alle attività educative, culturali e ricreative, alle sale di preghiera e ai centri culturali. Secondo tale norma anche le aree scoperte che vengono utilizzate saltuariamente per il culto dovrebbero essere disciplinate dallo strumento urbanistico. La legge riguarda tutte le religioni senza distinzione, ma, in realtà, attraverso una norma transitoria, concede una deroga agli immobili già esistenti tranne che per quanto riguarda l'articolo 31-bis, comma 2, lettera d), che individua in particolare le sale di preghiera musulmane, tanto che questa legge è stata da subito rinominata legge antimoschee. A parere degli interpellanti questa legge regionale va a ledere la libertà di religione così come la legge che era stata approvata nel 2015 dalla regione Lombardia e che è stata impugnata dal Governo e che la Corte costituzionale ha reso in parte incostituzionale in quanto anche quest'ultima legge va a limitare la libertà religiosa sancita dalla Costituzione attraverso vincoli urbanistici e vuole discriminare i cittadini e impedire loro la libertà religiosa. Tra l'altro, questa legge prevede anche l'istituto del referendum, che di norma non è previsto per i diritti fondamentali dei cittadini, e prevede vincoli nell'uso della lingua italiana che non rientrano nella competenza regionale. Quindi Pag. 13siamo a chiedere, signor sottosegretario, se è intenzione del Governo, così come ha fatto per la legge della regione Lombardia nel 2015, impugnare questa norma in modo da garantire la libertà religiosa a tutti i cittadini.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Pier Paolo Baretta ha facoltà di rispondere.

  PIER PAOLO BARETTA, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. L'esigenza di salvaguardare concretamente il diritto alla libertà di religione e di culto sul territorio veneto viene richiamato nell'atto di sindacato ispettivo con la sentenza n. 63 del 2016 della Corte Costituzionale, che ha dichiarato parzialmente illegittima la legge della regione Lombardia 3 febbraio 2015, n. 2 che, analogamente a quella veneta, ha introdotto vincoli urbanistici per la realizzazione di centri religiosi e di culto. La legge in parola è stata pubblicata nel Bollettino Veneto 15 aprile 2016, n. 35. Pertanto, ai fini della valutazione di compatibilità costituzionale per la sua eventuale impugnativa ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione, andrà in scadenza il prossimo 14 giugno 2016: entro tale data il provvedimento sarà esaminato dal Consiglio dei ministri.
   Al momento, è in corso la necessaria istruttoria da parte del Dipartimento per gli affari regionali, le autonomie e lo sport con le amministrazioni centrali interessate competenti per materia, ovvero i Ministeri dell'economia e delle finanze, dell'interno, della giustizia, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dei beni e delle attività culturali e del turismo, delle infrastrutture e dei trasporti, oltre ai Dipartimenti della Presidenza del Consiglio dei ministri per le riforme istituzionali e le pari opportunità, nonché il Servizio per i rapporti con le confessioni religiose e le relazioni istituzionali dell'Ufficio studi e rapporti istituzionali del Segretariato generale della stessa Presidenza del Consiglio dei ministri. In questa fase, quindi, non è possibile fornire ulteriori elementi informativi sulla compatibilità costituzionale della legge della regione Veneto 12 aprile 2016, n. 12, ma richiamo i tempi entro giugno, entro i quali il Consiglio dei ministri affronterà e deciderà in materia.

  PRESIDENTE. L'onorevole Lacquaniti ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta all'interpellanza Rostellato ed altri n. 2-01362, di cui è cofirmatario.

  LUIGI LACQUANITI. Grazie Presidente. Noi acquisiamo positivamente la risposta che ci ha reso il Governo. Comprendiamo naturalmente che ci sono dei tempi tecnici entro i quali il Governo svolgerà l'istruttoria necessaria, però siamo favorevolmente colpiti dal richiamo che il Governo ha fatto alla legge regionale della regione Lombardia, che era stata ugualmente impugnata dal Governo, e che poi, come sappiamo, è stata parzialmente dichiarata incostituzionale dalla Corte costituzionale. Il legislatore veneto ha più volte ripetuto che la legge approvata dalla regione Veneto andava ad avere il massimo rispetto dei principi di laicità e della libertà di culto. Noi siamo convinti del contrario e dobbiamo acquisire anche le dichiarazioni dell'assessore all'istruzione della regione Veneto, Elena Donazzan, che, cito letteralmente, ha sostenuto, durante i lavori che poi hanno portato all'approvazione di questa legge, che «noi abbiamo il dovere di governare questo tempo che si richiama a emergenze legate all'Islam. Questo è un dibattito ideologico – cito testualmente – e giustamente ideologico, lo rivendico. Parigi e Bruxelles ci dimostrano cosa accade quando non si regolamentano i momenti di preghiera che sono per i musulmani anche momenti di aggregazione». Noi, chi parla, la prima firmataria, onorevole Rostellato, di questa interpellanza e tutti gli altri sottoscrittori siamo sicuri che il Governo debba garantire le massime condizioni di sicurezza nei confronti di tutti i cittadini, però siamo parimenti sicuri che queste condizioni di sicurezza non si possono garantire con queste modalità, con una legge di questa fattezza, ma vadano garantite in modo più appropriato. Questa legge rischia di ottenere Pag. 14l'obiettivo contrario in termini di sicurezza rispetto a quello che si propone. Andare a obbligare i cittadini a riunirsi nelle periferie delle città o addirittura di fatto impedendo loro di manifestare la loro libertà di culto rischia effettivamente di creare un brodo di cultura per l'adesione al terrorismo internazionale. Questa legge, laddove va ad assoggettare un principio costituzionale quale la libertà di culto alla possibilità di referendum comunali e laddove obbliga all'uso della lingua italiana – l'uso della lingua italiana è opportuno per il giusto rapporto fra le culture, ma non può essere oggetto di imposizione con queste modalità –, in realtà va a realizzare una grave violazione di quello che è il principio costituzionale della libertà di culto. Una violazione nei confronti non soltanto della popolazione immigrata di fede islamica, ma anche della popolazione immigrata di fede evangelica, oltre a essere stata estesa anche alle stesse comunità cattoliche. Noi non vogliamo naturalmente andare a precorrere quella che sarà la sentenza. Laddove il Governo, come ci auguriamo, vorrà impugnare davanti alla Corte costituzionale questa legge, non vogliamo andare a precorrere la sentenza della Corte costituzionale. Siamo certi che questa sentenza andrà a cancellare questa norma come incostituzionale, così come ha già fatto per la legge della regione Lombardia.

(Iniziative di competenza per definire un piano di emergenza in ordine ad uno sversamento di petrolio nell'area di Genova e intendimenti circa le procedure di monitoraggio della relativa bonifica – n. 2-01357)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Pastorino ed altri n. 2-01357, concernente iniziative di competenza per definire un piano di emergenza in ordine ad uno sversamento di petrolio nell'area di Genova e intendimenti circa le procedure di monitoraggio della relativa bonifica (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Pastorino se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  LUCA PASTORINO. Grazie signor Presidente. Questa è un'interpellanza alla quale vogliamo ancora dare un carattere di urgenza nonostante appunto l'emergenza sia in qualche modo passata. Infatti, ci riferiamo ad un episodio avvenuto il 17 aprile scorso quando una condotta che trasportava greggio è esplosa nel rio Pianego, ha interessato il rio Fegino e il rio Polcevera a Genova per poi andare verso il mare. L'obiettivo, quindi, è quello di mantenere alta l'attenzione su un episodio che all'inizio sembrava poco considerato a livello nazionale. Poi, man mano che passavano i giorni, l'attenzione è salita e io devo personalmente dare atto del grande lavoro che è stato fatto comunque dalla prefettura di Genova, comunque dalla Capitaneria di porto con la quale sono sempre stato in contatto, con l'ammiraglio Pettorino in particolare. Però l'attenzione deve rimanere alta perché comunque qua stiamo parlando di una comunità che è stata violentata nel vero senso della parola perché l'area di Fegino è un'area decisamente stretta, come tanti posti della Liguria, dove sotto le case passano questi tubi che poi arrivano fino ad un altro stabilimento situato nel comune di Busalla. Insomma, queste comunità chiedono sostanzialmente, se proprio questi tubi li devono avere, perché questo è già un altro discorso, almeno di averli in assoluta sicurezza; chiedono quelle compensazioni ambientali che sono necessarie. Occorre tenere presente che, al di là del fatto che sarebbe stato sequestrato a Iplom un documento riservato che avrebbe indicato la presenza di ben venticinque punti critici all'interno di questa condotta, quella è una zona dove comunque ci sono tanti abitanti e c’è una scuola, una scuola elementare ad esempio, che due volte all'anno deve essere evacuata per le esalazioni. Insomma, è un quartiere dove comunque in questi giorni ancora si fa fatica a respirare e comunque anche in questo senso la preoccupazione dei cittadini è elevata perché se i parametri Pag. 15di legge di tolleranza di queste esalazioni sono riferiti a parametri quali otto ore di un lavoratore all'interno di un sito in quella zona, ebbene, insomma, ci si chiede se quegli stessi parametri vadano bene per le persone che ci vivono ventiquattro ore in quella zona lì, bambini compresi.
  Quindi, come diceva appunto il Presidente, l'interpellanza chiede quali iniziative urgenti il Ministro poteva intraprendere anche sollecitando dei piani di urgenza perché in quel sito di Fegino il piano di emergenza è scaduto nel 2015. A Busalla, quindi un comune diverso, dove arriva appunto la parte terminale di questa tubazione, il piano d'emergenza non è pubblicato sul sito della prefettura e risulta scaduto addirittura nel 2009. È vero che la direttiva Seveso non parla di condutture, ma parla di impianti, ma allora si impone anche una riflessione su come, quando e in che modo intervenire perché la normativa in questo senso diventi ancora più stringente.
  Quindi, l'obiettivo di oggi è quello comunque di ascoltare la risposta che il Governo vorrà dare, di mantenere alta l'attenzione, di registrare il fatto che comunque questo episodio è avvenuto lo stesso giorno in cui gli italiani sarebbero dovuti andare a votare per il referendum sulle trivellazioni in mare. Quindi, è un tema questo che pone tante riflessioni; è un tema dove di fondo non ci deve essere più la contrapposizione tra le esigenze di chi lavora in questo settore e di chi vive in certe aree a rischio e, quindi, impone una riflessione un po’ più lungimirante su tante cose.

  PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, Silvia Velo, ha facoltà di rispondere.

  SILVIA VELO, Sottosegretaria di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Come è noto e come ha ricordato l'interpellante, il 17 aprile scorso è avvenuto l'incidente che ha coinvolto l'oleodotto della Iplom, con sversamento di idrocarburi nel torrente Polcevera fino al Mar Ligure. Secondo quanto riferito dalla prefettura di Genova, le attività di messa in sicurezza e di emergenza avviate dopo l'incidente in questione proseguono regolarmente, a cura del tavolo tecnico costituitosi presso il medesimo organo di governo. In particolare, la città metropolitana, deputata a coordinare il suddetto tavolo, ha altresì precisato che la situazione si presenta ormai decisamente sotto controllo e in lento miglioramento.
  Tanto premesso, con specifico riferimento ai piani di emergenza interni ed esterni agli stabilimenti, si rappresenta che il decreto legislativo n. 105 del 2015, che detta la disciplina in questione, all'articolo 20 individua, tra gli obblighi sussistenti in capo al gestore dello stabilimento di soglia superiore, quello di redigere un piano di emergenza interna allo scopo di controllare e circoscrivere gli incidenti, in modo da minimizzare gli effetti e limitarne i danni per la salute umana, per l'ambiente e per i beni. Il successivo articolo 21 stabilisce, invece, che compete al prefetto predisporre piani di emergenza esterna, sia per gli stabilimenti di soglia superiore che inferiore, d'intesa con le regioni e gli enti locali interessati, sentito il comitato tecnico regionale (CTR) e previa consultazione della popolazione.
  Inquadrata la disciplina normativa di riferimento, è comunque necessario evidenziare che lo sversamento di greggio verificatosi dall'oleodotto gestito dalla Iplom non rientra nella fattispecie soggetta alla pianificazione di competenza del prefetto, sopra richiamato. Infatti, come evidenziato dalla stessa prefettura competente, il già citato decreto n. 105 del 2015 ne escluse l'applicazione a varie tipologie di impianti, tra cui quello, appunto, oggetto dell'interpellanza. Si veda, in particolare, l'articolo 2, comma 2, lettera d), del decreto citato, che cita: non si applica, tra l'altro, al trasporto di sostanze pericolose in condotte, comprese le stazioni di pompaggio al di fuori degli stabilimenti soggetti al presente decreto.
  L'evento, pertanto, è stato seguito costantemente dalla suddetta prefettura in Pag. 16tutte le fasi di sviluppo, sulla base di un diverso presupposto normativo, ossia come emergenza di protezione civile. La prefettura di Genoa ha, altresì, riferito di aver avviato, nel novembre 2015, la revisione dei piani di emergenza esterna, chiedendo alle aziende la documentazione tecnica necessaria per verificare eventuali cambiamenti avvenuti negli stabilimenti e nei servizi di emergenza, fermo restando che, ex lege – cito anche in questo caso testualmente –, fino all'emanazione del nuovo piano di emergenza esterna si applica quello già emanato in precedenza. In particolare, per gli stabilimenti Iplom spa si precisa che l'istruttoria per l'impianto di Fegino è stata avviata il 21 gennaio scorso (2016) e l'impresa ha provveduto a trasmettere le informazioni utili alla revisione del piano di emergenza esterna con nota 5 aprile ultimo scorso. Tale documento sarà, come di consueto, oggetto di esame congiunto con i Vigili del fuoco. Analogamente si procede per l'impianto di Busalla, rispetto al quale l'istruttoria è stata avviata il 12 novembre 2015 e i relativi elementi conoscitivi sono stati acquisiti il 20 gennaio ultimo scorso.
  Peraltro, la prefettura di Genova evidenzia che, all'esito della revisione dei piani di emergenza esterna, effettuata nel 2012, si era ritenuto opportuno darne pubblicazione sul sito istituzionale per rispondere all'esigenza di trasparenza delle attività della pubblica amministrazione, tra l'altro ribadita dalla normativa più recente. In effetti, si è poi provveduto ad una pubblicazione parziale dei piani, atteso che alcune planimetrie, di per sé ancora attuali, non erano ancora state digitalizzate.
  Circa l'opportunità di procede all'integrale pubblicazione di tali strumenti di pianificazione, la prefettura di Genova riferisce che il tema sarà approfondito, nell'ambito del comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica, per verificare la sussistenza di un caso di esclusione parziale dall'accesso.
  Con riferimento alle procedure di monitoraggio della bonifica all'interno dei siti a rischio di incidente rilevante, come il sito in esame, le normative europea e nazionale escludono dal proprio campo di applicazione il trasporto di sostanze pericolose in condotte, comprese le stazioni di pompaggio, al di fuori degli stabilimenti soggetti alla suddetta disciplina, come nel caso di specie.
  Ad oggi, non sono pervenuti al Ministero dell'ambiente rapporti tecnici sui danni ambientali prodotti dallo sversamento del petrolio della raffineria Iplom Spa, a seguito del quale potranno comunque essere attivati gli strumenti previsti dalla Parte IV del decreto legislativo n. 152 del 2006 per un eventuale risarcimento in sede amministrativa e giudiziaria. Ovviamente, il Ministero dell'ambiente continuerà a tenersi informato e a svolgere un'attività di sollecito nei confronti dei soggetti territorialmente competenti, anche al fine di valutare eventuali coinvolgimenti di altri soggetti istituzionali.

  PRESIDENTE. L'onorevole Pastorino ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  LUCA PASTORINO. Grazie, Presidente. Insomma, sono soddisfatto della risposta nel senso tecnico del termine; non lo sono dal punto di vista assolutamente politico, squisitamente politico. Infatti, vede, al di là del fatto che, in effetti, a Fegino le squadre stanno ancora lavorando e la bonifica deve ancora iniziare, io la invito a fare un giro in quella zona, dove, comunque, se ci stai due o tre ore qualcosa alla gola lo senti ancora, a distanza di un mese. Lo dico perché, se è vera la normativa in essere, come ha detto il sottosegretario, io mi chiedo, allora, di chi sia la colpa, cosa si debba fare. Se è vero che tutte le normative escludono le condutture, ma prevedono piani di emergenza per gli impianti, allora qualche domanda uno se la deve fare, uno che, magari, è al Governo di questo Paese. Io non ce l'ho con la prefettura, anzi la ringrazio della risposta che mi è stata data. Io ho apprezzato – l'ho detto anche nelle premesse – il lavoro che è stato fatto in quei giorni assolutamente difficili, però non è pensabile Pag. 17che una normativa così importante escluda tout court la sicurezza delle condutture e, quindi, la escluda di fatto da questi piani di emergenza, che comunque non erano pubblicati e che comunque, in ultima sintesi e analisi, non vedono la partecipazione dei cittadini alla propria stesura. Infatti, vede, i cittadini poi ci abitano a Busalla, come a Fegino, portano i bambini a scuola, e quando succedono questi incidenti – ne sono avvenuti quattro negli ultimi undici anni – poi si fa un po’ fatica a dire che questo non è stato fatto e che il piano d'emergenza c'era o non c'era. Quindi, io mi aspetto, al di là dell'interpellanza e al netto della risposta, un ritorno sull'argomento, proprio perché non è pensabile che la normativa nazionale o internazionale non preveda anche un piano di emergenza o, comunque, tutte le garanzie di sicurezza, anche per le condutture che trasportano il greggio o altre sostanze di questo tipo. Infatti, incidenti come quelli che sono capitati il 17 aprile a Genova non debbono avvenire nel 2016, nella maniera più assoluta, a maggior ragione quando c’è la vicinanza di tante abitazioni, di un quartiere estremamente popolato e di persone normali che svolgono la loro attività o di bambini che vanno a scuola e che fanno fatica a respirare, che sono comunque esposti, ancora oggi, ventiquattro ore al giorno, ad esalazioni molto importanti e veramente pericolose dal punto di vista potenziale.

(Elementi ed iniziative in merito alle procedure autorizzative relative alla realizzazione dell'elettrodotto «Udine Ovest-Redipuglia» in Friuli Venezia Giulia – n. 2-01364)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Sorial ed altri n. 2-01364, concernente elementi ed iniziative in merito alle procedure autorizzative relative alla realizzazione dell'elettrodotto «Udine Ovest-Redipuglia» in Friuli Venezia Giulia (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Sorial se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  GIRGIS GIORGIO SORIAL. Vogliamo portare all'attenzione, come se ce ne fosse bisogno, perché immagino sia già all'attenzione del Governo, una situazione che è veramente paradossale: quella in merito alla costruzione dell'elettrodotto aereo Udine-Redipuglia, che è in una situazione veramente paradossale. Dopo dodici anni di fatiche, di ragionamenti, di proteste, è stato necessario scomodare il Consiglio di Stato per dare ragione ai cittadini e agli enti locali, che, da dodici anni, dal 2003, osteggiano, con ragion di causa, la costruzione dell'elettrodotto aereo Redipuglia-Udine. Grazie alla sentenza n. 3652 del 21 aprile 2015, lo stesso Consiglio di Stato ha annullato sia il provvedimento di valutazione di impatto ambientale favorevole sia il provvedimento di autorizzazione alla costruzione dell'elettrodotto rilasciato alla società Terna Spa. Allora, malgrado fossero stati presentati vari ricorsi, sono proseguite le immissioni in possesso, nonché i lavori di costruzione di tale opera, addirittura con un'accelerazione dei lavori, sottosegretario. Questi sono stati svolti anche a seguito della richiamata sentenza, senza nessuna autorizzazione e con l'evidente scopo di mettere tutti davanti al fatto compiuto. Infatti, subito dopo la pronuncia della Corte dei conti, cosa succede ? Terna dichiara pubblicamente di aver realizzato il 70 per cento dell'opera, mentre, quando ha depositato poi nuovamente lo studio di impatto ambientale, ha dichiarato che l'opera era in stato avanzato e la realizzazione era arrivata all'81 per cento.
  Allora, la prima domanda è: su quale base, su quale autorizzazione, Terna ha potuto realizzare l'11 per cento in più dei lavori, dal 24 luglio al 15 settembre 2015 ? E rimane, quindi, da capire da lei, sottosegretario, che magari ci potrà spiegare il perché è successo tutto ciò. So che dovrebbe essere ben informata, sottosegretario Velo, di tutta questa situazione.
  I ricorsi avevano impugnato, altresì, sia il decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero per i beni e le attività culturali, del 21 luglio 2011, che Pag. 18recava la compatibilità ambientale del progetto e ogni atto connesso, compreso il parere favorevole espresso dalla commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale VIA-VAS, il n. 528 del 16 settembre 2010. Come ho già detto, il Consiglio di Stato non ha solo accolto tutti gli appelli proposti, ma ha censurato duramente – come sto ricordando – il comportamento dei funzionari del MiBAC che hanno rilasciato il decreto di compatibilità ambientale, mutando il parere della Sovrintendenza per i beni architettonici e paesaggistici del Friuli Venezia Giulia, la quale Sovrintendenza aveva espresso parere contrario all'intervento, proponendo l'interramento dell'elettrodotto.
  Per sostenere questo giudizio il MiBAC fece propria la tesi di Terna Spa, secondo la quale vi era – cito testualmente – «impossibilità di realizzare l'elettrodotto in cavo sotterraneo nelle zone sottoposte a tutela paesaggistica». Il collegio ebbe modo di ritenere che, attraverso tale atto di assenso, il MiBAC ha illegittimamente subordinato il perseguimento dell'interesse pubblico primario alla tutela paesaggistica, affidato alla sua cura, alla realizzabilità comunque dell'opera, quasi che il progetto non potesse essere nemmeno posto in discussione.
  Secondo il Consiglio di Stato il procedimento che ha condotto ad esprimere una valutazione positiva di compatibilità ambientale e, successivamente, all'approvazione del progetto definitivo, risulta quindi viziato in radice perché è mancata una logica d'attendibile acquisizione del fondamentale giudizio tecnico del MiBAC circa l'oggetto istituzionale della sua cura, pretermesso e sacrificato dalla stessa amministrazione chiamata a occuparsi della sua tutela. Insomma, lo sviamento di potere che inficia il parere sul progetto di elettrodotto porta a rilevare che è mancato, nella sostanza, il razionale espletamento di una fase procedimentale obbligatoria. Allora l'accoglimento degli appelli ha portato all'impugnazione di tutti gli atti connessi al decreto del MiBAC, come sopra ricordato anche il parere della Commissione tecnica del settembre 2010.
  Come se non fosse stata scritta mai quella sentenza, alla fine dello scorso mese di novembre, come abbiamo saputo direttamente da lei, sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, Terna ha presentato al Ministero dell'ambiente una istanza di rideterminazione della valutazione ambientale e il Ministero, alla luce della sentenza n. 3652 del 2015, ha ritenuto necessario anche il supporto dell'Avvocatura generale dello Stato per fugare con tempestività ogni possibile dubbio interpretativo in merito alla portata degli affetti della sentenza sul procedimento di iter di procedura di VIA espressamente dichiarato invalido dal Consiglio di Stato. Pertanto, la competente Direzione generale, con nota del 17 dicembre scorso, ha trasmesso alla società e a tutte le amministrazioni interessate un'apposita comunicazione in merito alla necessità di rinnovare il procedimento di VIA nel rispetto di tutte le formalità previste dal Titolo II sempre del decreto n. 152 del 2006 e di tutte le relative garanzie di informazione e di partecipazione.
  Successivamente, però, Terna rende noto attraverso un avviso pubblico di aver riavviato la procedura per la rideterminazione in merito alla procedura di valutazione di impatto ambientale al MATTM, di concerto con il MiBAC, in applicazione della sentenza del Consiglio di Stato. In tale avviso cosa succede, sottosegretario ?
  Terna ha – falsamente ? Erroneamente ? Illegittimamente ? io lo chiedo a lei per chiederlo a Terna – sostenuto che il Consiglio di Stato ha fatto salvi tutti gli atti correlati al parere del MiBAC, mantenendo quindi integralmente efficace il parere della Commissione tecnica VIA, che non deve pertanto essere riacquisito essendo necessario riacquisire solo il parere del MiBAC. Questo che conseguenze ha ? Ha la conseguenza di scoraggiare, naturalmente, tutti i cittadini nel presentare le proprie osservazioni e questa è stata anche la tesi della Giunta regionale del Friuli Venezia Giulia, della Presidente della regione Friuli-Venezia Giulia, Debora Serracchiani, la quale, dalla scorsa estate, Pag. 19continua a sostenere che per completare l'opera manca una certa carta, manca una carta: tesi, questa, ribadita di recente anche in consiglio regionale, quando l'assessore competente, in risposta ad una interrogazione, sosteneva che – cito testualmente –: «vengono mantenute salve le valutazioni ambientali già effettuate sul progetto relativo alla precedente procedura di VIA» e che «non risultano, pertanto, oggetto di nuova verifica gli aspetti relativi ad analisi di possibili alternative progettuali». Anche la Giunta Serracchiani pare, quindi, voglia dare solo retta a Terna.
  Eppure, anche in questo caso, il Consiglio di Stato è stato eloquente. Infatti, a proposito della procedura precedente in sentenza si sostiene che: la riscontrata impossibilità di soluzioni tecniche alternative non è stata oggetto di adeguata motivazione ad opera del parere, che, sotto questo profilo, si limita a richiamare e a recepire senz'altro le considerazioni svolte da Terna, che ha proposto il progetto; vizio, anche questo, sufficiente a concretare l'invalidità degli atti, a certificare l'invalidità degli atti, perché sarebbe comunque stato obbligo del MiBAC svolgere la relativa indagine ed esternare le ragioni della sua specifica nuova valutazione.
  Voglio rammentare che, secondo il noto precedente di cui al Consiglio di Stato, 6-10 giugno 2013, n. 3205, è illegittima la determinazione di giudizio positivo di compatibilità, superando un precedente decreto in cui si evidenziava l'opportunità di considerare l'opzione cavo interrato, al fine di non interferire con l'ambito paesaggistico ambientale senza una congrua motivazione, né sulla necessità di determinarsi in modo diverso, né sulla impossibilità di perseguire soluzioni alternative di tracciato o la possibilità di parziale interramento della linea. Anche in quel caso fu valutato che l'esclusiva rilevanza attribuita alle ragioni di Terna, in assenza di qualsiasi considerazione atta a evidenziare i motivi per i quali queste debbano avere la prevalenza sulle esigenze di tutela del patrimonio culturale, del quale tuttavia si riconosce la compromissione, non è sufficiente a fondare un'adeguata motivazione circa un mutamento di parere rispetto alla primitiva valutazione del progetto, commettendo così il censurato sviamento di potere.
  Anche nello studio di impatto ambientale recentemente proposto da Terna, esattamente lo stesso identico che era stato presentato nell'ottobre 2008, mancano le alternative progettuali richieste dai ricorrenti, dai cittadini, dagli enti locali e dalla stessa regione Friuli-Venezia Giulia, che, con delibera n. 1095 del 2010, aveva ritenuto di non poter esprimere un parere di compatibilità ambientale sul progetto, non essendo stata sviluppata la richiesta alternativa della linea elettrica in cavo interrato e dei connessi impatti ambientali, che non sono pertanto valutabili.
  Allora io son qua, Presidente, son qua, sottosegretario, per chiedere al Governo delle cose molto semplici: volete chiarire per cortesia quali siano state e quale esito abbiano prodotto le indagini ministeriali volte ad individuare gli autori delle inadempienze che ho citato prima ? Quali siano le misure introdotte per impedire l'abuso di posizione dominante, esercitato proprio da Terna ? Cosa vuole fare il Governo per evitare il ripetersi di simili circostanze e dei danni che ne conseguono, patiti dalla pubblica amministrazione e soprattutto dai privati cittadini ? Quali siano le iniziative assunte per evitare che le conseguenze degli errori oppure degli eventuali abusi passati e futuri di Terna siano addebitati al pubblico Erario e all'utenza ? Chiedo, inoltre, quali siano le iniziative in corso o le iniziative adottate per garantire che il nuovo procedimento, che, tra l'altro, è attualmente in corso, si svolga nell'esclusivo interesse della collettività e della tutela del paesaggio, è scritto all'articolo 9 della Costituzione tra i Principi fondamentali della Repubblica, valutando, quindi, ogni possibile alternativa progettuale – cosa che non è stata fatta, in questo caso, con Terna –, senza reticenze, collusioni, condizionamenti di sorta, nella piena trasparenza e con l'adozione della pubblica inchiesta.

Pag. 20

  PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, Silvia Velo, ha facoltà di rispondere.

  SILVIA VELO, Sottosegretaria di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Grazie, Presidente. Con decreto VIA del 21 luglio 2011 è stato espresso giudizio di compatibilità ambientale positivo, con prescrizione, all'elettrodotto «Udine-Redipuglia».
  Nel 2013, Terna Rete Italia Spa, dopo aver avviato le verifiche di ottemperanza previste prima dell'inizio dei lavori, ha iniziato la costruzione dell'opera. Tuttavia, in data 23 luglio 2015, quando l'opera era già realizzata per oltre l'80 per cento, secondo quanto riferito dalla società proponente, è stata depositata la sentenza n. 3652/2015, con la quale il Consiglio di Stato, ritenuta l'illegittimità sotto il profilo dell'eccesso di potere, ha annullato il parere espresso dal Ministero dei beni e delle attività culturali nell'ambito del procedimento di VIA.
  Pertanto, la società Terna Rete Italia Spa, il 25 novembre 2015, presentava al Ministero dell'ambiente istanza di rideterminazione in merito alla procedura di valutazione di impatto ambientale per l'elettrodotto a 380 kV in doppia terna, stazione elettrica Udine Ovest-stazione elettrica Redipuglia, ed opere connesse, in applicazione della succitata sentenza del Consiglio di Stato, chiedendo di procedere all'acquisizione del solo parere del Ministero dei beni e delle attività culturali, in quanto il parere espresso dalla commissione tecnica VIA doveva ritenersi ancora efficace, avendo – cito fra virgolette – la sentenza del Consiglio di Stato fatti salvi tutti gli atti antecedenti all'emissione del parere del Ministero dei beni e delle attività culturali.
  A seguito di approfondimenti giuridici e di riunioni tecniche si è stabilito che, al fine di ottemperare all'accennata statuizione del Consiglio di Stato, si dovesse procedere alla rinnovazione del procedimento, da riattivarsi nel rispetto di tutte le formalità previste dal titolo secondo della parte seconda del decreto legislativo n. 152 del 2006 e di tutte le garanzie di informazione e partecipazione. Il procedimento è volto ad acquisire un congruo e motivato parere dal MIBACT sulla base del nuovo esame del progetto per la parte interessata dall'annullamento del Consiglio di Stato, ove condurre una contestuale valutazione attualizzata dell'impatto ambientale delle opere, al fine di produrre un nuovo provvedimento di VIA, che tenga luogo del provvedimento annullato.
  La società ha, comunque, precisato di aver fornito una complessiva attualizzazione del quadro ambientale del progetto, ove si tiene in debito conto la fase avanzata di costruzione dell'opera nel quadro delle verifiche già effettuate in merito alle prescrizioni a suo tempo stabilite, sulla base della quale potrà basarsi la verifica tecnica in fase di istruttoria.
  La società ha provveduto, altresì, a dare avviso al pubblico sui quotidiani Corriere della Sera e Messaggero Veneto, il giorno 15 febbraio 2016, della presentazione dell'istanza di rideterminazione in merito alla valutazione di impatto ambientale, di cui al decreto VIA del 21 luglio 2011 relativa al progetto in questione, in applicazione, appunto, della sentenza del Consiglio di Stato n. 3652 del 2015 e del contestuale deposito della documentazione progettuale presso gli enti interessati.
  Tutto ciò premesso, con riferimento a quanto richiesto dagli interpellanti in merito alla trasparenza e alla pubblicità del procedimento, si sottolinea che detto procedimento è stato avviato dopo l'acquisizione dei citati avvisi al pubblico, a seguito della quale questa autorità competente ha provveduto a pubblicare tutta la documentazione relativa al procedimento sul portale delle valutazioni ambientali del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, come è stabilito dall'articolo 24, comma 1, del decreto legislativo n. 152 2006 ai fini della consultazione del pubblico.
  Il 17 aprile sono scaduti i termini di legge per la presentazione delle osservazioni. È, comunque, prassi dell'amministrazione tenere in considerazione anche le osservazioni pervenute oltre la scadenza, Pag. 21qualora le attività di istruttoria tecnica non siano ancora giunte alla fase conclusiva.
  Ad oggi, sono pervenute ventitré osservazioni del pubblico, che saranno oggetto di controdeduzioni da parte del proponente e delle quali si terrà conto nell'ambito dell'istruttoria tecnica e nella redazione dell'eventuale quadro prescrittivo del decreto di compatibilità ambientale. Analogamente, vengono acquisiti e valutati i pareri provenienti dagli enti locali, dalle amministrazioni competenti in materia ambientale.
  In merito alla cosiddetta inchiesta pubblica, si rappresenta che questo tipo di consultazione è una modalità eventuale di consultazione del pubblico, prevista all'articolo 24 del decreto legislativo n. 152 del 2006, la mancanza di adozione della quale non inficia il procedimento, che, in questo caso, ha ampiamente garantito la partecipazione del pubblico.

  PRESIDENTE. L'onorevole Sorial ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  GIRGIS GIORGIO SORIAL. Grazie, Presidente. Mi ritengo insoddisfatto dalla risposta e spiegherò in maniera approfondita anche il perché. Innanzitutto, nonostante le belle parole che ogni tanto si sentono, i fatti, poi, si dimostrano essere completamente diversi dalla realtà che c’è stata appena dipinta.
  Il fatto che il Ministero, innanzitutto, non abbia ritenuto opportuno prendere i provvedimenti del caso avverso i dirigenti che hanno commesso, secondo il Consiglio di Stato, il censurato sviamento di potere non ci fa stare per nulla sereni. In primo luogo, perché non osiamo nemmeno immaginare cosa possa essere successo in altri casi in passato, quali di queste circostanze si siano già perpetrate (queste tipologie di sviamento di potere): solo che, probabilmente, in quei casi, non ci sono stati cittadini attenti ed informati pronti ad impugnare i decreti di compatibilità ambientale, come, invece, è accaduto in Veneto, prima, e in Friuli-Venezia Giulia, poi.
  Per quanto riguarda, in secondo luogo, l'attuale iter procedurale, io mi chiedo perché non sono stati allontanati quei dirigenti che hanno sottoscritto il decreto del MIBACT così fortemente censurato dal Consiglio di Stato. C’è anche la possibilità che siano essi stessi che dovranno esprimersi su un nuovo iter, ma, banalmente, noi ci ritroviamo in una situazione in cui il rinnovo del procedimento si verifica fatti salvi i pareri precedenti. Quindi, ci ritroviamo in una situazione per cui, nonostante l'iter sia ripartito e siano, ormai, passati i sessanta giorni per le osservazioni del pubblico, è innegabile che anche l'attuale procedura sia viziata per quanto scritto nell'avviso al pubblico presentato da Terna.
  Se, da un lato, si fa ripartire l'iter per la valutazione di impatto ambientale, ma, dall'altro, si lascia che passi il messaggio che tale iter consta della mera acquisizione del parere del MIBACT, lei capisce bene, signora sottosegretario, che questo non è favorire la partecipazione del pubblico, ma è esattamente il contrario. Questo è un mezzo, è un modo per dire ai cittadini di starsene da parte: guardate che quello che avete fatto, le fotografie che avete presentato per dimostrare che c'erano degli illeciti – per l'appunto, hanno proceduto nonostante le autorizzazioni mancanti – è un mezzo subdolo con cui la società proponente ha voluto scoraggiare i cittadini dall'intervenire in massa.
  Io penso che questo, a prescindere da tutte le valutazioni di natura tecnica, dal punto di vista politico sia molto grave, sottosegretario, perché, nel momento in cui lei siede lì a rappresentare il Governo italiano, a dover, quindi, fare gli interessi del popolo italiano, dovrebbe prendere con tutte le sue forze la posizione di difesa dei cittadini italiani che lamentano un'aggressione da parte di società, da parte di alcune società, come, in questo caso, da parte di Terna.
  La cosa ancor più grave è che di questo stesso avviso si fosse dichiarata anche la giunta Serracchiani. È passato quasi un anno dalla sentenza del Consiglio di Stato e, in ben due occasioni pubbliche, la presidente della regione Friuli-Venezia Giulia, nonché vicesegretario del Partito Pag. 22Democratico, Serracchiani Debora, per l'appunto, si è permessa di criticare l'operato con cui si sono portate avanti queste situazioni, quello che è stato dichiarato dal Consiglio di Stato, quello che è stato detto dai giudici. Lei dice che questi si sarebbero dovuti accorgere che ormai l'opera era stata realizzata: come se io, nonostante le autorizzazioni, sottosegretario, nonostante il fatto che ci sia il diniego, l'impossibilità per me, secondo legge, di procedere, volutamente, in maniera aggressiva, bypassassi tutto ciò, andassi avanti con la costruzione di opere illegittime, su cui ci sono delle sentenze che dichiarano per l'appunto che mancano – cito la Serracchiani qualche mese fa – delle carte; Terna va avanti e mette di fronte a fatto compiuto tutti noi e quindi bisognerebbe in qualche modo condonare questa azione di Terna. Questo dimostra l'ennesimo non rispetto soprattutto verso i cittadini, friulani in questo caso, ma italiani in generale. Addirittura l'ormai ex Ministro Guidi ebbe modo di scrivere agli enti locali interessati dalle opere in oggetto, sia in avanzata fase realizzativa sia non ancora realizzate, di mantenere sul territorio comunale le necessarie misure di salvaguardia nell'ambito delle aree potenzialmente impegnate da tali opere. Opere realizzate con una procedura, ripeto, dichiarata illegittima dal Consiglio di Stato, quando banalmente per un cittadino che installa una tenda nella sua terrazza, che realizza una veranda, si muovono – giustamente – uffici tecnici comunali, tribunali, per chiedere inizialmente lo smantellamento di quanto abusivamente costruito e in questo caso ci si doveva invece rendere conto per Terna, per salvaguardare Terna, che, poverini, avevano già realizzato gran parte dell'opera, quindi perché fermarli dopo che loro illegittimamente sono andati avanti con l'opera ? La cosa peggiore, sottosegretario Velo, è che nonostante siano scaduti i termini per la presentazione del proprio parere di competenza, la regione Friuli-Venezia Giulia, la regione della prima citata presidente della regione Serracchiani Debora, si deve ancora esprimere su tale procedimento. Quindi non solo manca la difesa del popolo da parte del Governo, ma manca la difesa da parte del consiglio regionale, che dovrebbe avere un contatto ancor più diretto con la cittadinanza. Manca totalmente la difesa del popolo. Ci auguriamo che, anche laddove la giunta regionale, come ha già lasciato intendere, non intenda richiedere a Terna le alternative progettuali all'elettrodotto aereo, in modo da poter espletare veramente una valutazione di impatto ambientale – così come ribadito anche dalla recente direttiva 2014/52/UE, che modifica la direttiva 2011/92/UE, entrambe successive al progetto del 2008 che Terna spudoratamente ha ricopiato tal quale ed ha ripresentato al pubblico – sia il MiBACT stesso quindi, questa volta, a censurare il comportamento della proponente che, con la sua – possiamo chiamarla – arroganza industriale, arroganza di profitto, sta facendo perdere tempo prezioso non a noi, ma ai cittadini, che continuamente devono farsi Stato loro e sono chiamati ad esprimersi sempre su un progetto sul quale ogni volta si vedono costretti a richiedere sempre le stesse integrazioni, senza venire mai ascoltati. Ci auguriamo, sottosegretario, che il senso di responsabilità di questo Ministero, richiamato ai propri doveri costituzionali dal Consiglio di Stato, voglia far sì che Terna stia a sentire le istanze dei territori e non solo le proprie istanze industriali, e si possa pertanto pervenire alla valutazione di tutte le alternative possibili, visto che le alternative ormai abbiamo capito ci sono ed esistono e possono essere valutate. Poi, se costano di più, sottosegretario, se costa di più l'interramento dei cavi invece che mettere i cavi aerei, probabilmente allora Terna avrà un po’ di profitto in meno, allora probabilmente al posto di doverci ritrovare sempre in una situazione in cui ormai di Terna qua in quest'Aula parliamo sistematicamente per gli abusi che commette, loro magari qualcosina di profitto in meno lo avranno, però starebbe bene tutto il nostro territorio, non si andrebbe contro dei vincoli paesaggistici ambientali e non si andrebbe contro il volere del Pag. 23popolo, che noi siamo qua a rappresentare, sia io che lei. Da quando ha presentato il progetto di elettrodotto aereo ai giorni d'oggi il mondo dell'energia elettrica è cambiato notevolmente: boom delle fonti di energia rinnovabili, calo della domanda dell'industria del nord-est, martoriata dalla crisi, per cui non c’è più quella domanda industriale di energia che c'era nel 2008. Questo ha creato uno scenario completamente differente rispetto a quello del 2003, anno in cui è iniziato l'iter autorizzativo, ma anche del 2008, anno in cui venne esteso lo studio di impatto ambientale, oggi riproposto. Per giustificare l'opera, Terna ha sempre lanciato ingiustificabili allarmi di possibili black-out, falsi, nella rete elettrica del Friuli-Venezia Giulia, eppure, nonostante la mancanza dell'elettrodotto aereo, nonostante un'estate particolarmente calda, con l'uso smodato di condizionatori d'energia, un anno che ha fatto segnare un picco di consumi proprio pochi giorni dopo la sentenza, nonostante l'inaugurazione di un nuovo impianto energivoro presso una delle più grandi imprese siderurgiche della regione, alla presenza proprio del Premier Renzi, i tanto sbandierati rischi di black-out ipotizzati da Terna non si sono mai verificati.
  Non starò qui a fare ulteriori analisi su quello che riguarda la democrazia e la partecipazione, su cui ci possiamo solo augurare che questo Ministero e la regione Friuli-Venezia Giulia vogliano ricordarsi del ruolo che hanno e dell'importanza della democrazia e della partecipazione. Io penso che però oggi il PD ha l'occasione per mantenere una delle tante promesse fatte in passato anche sull'energia, dichiarando l'incompatibilità ambientale di questo elettrodotto, basterebbe recarsi sul posto per vedere in che modo deturpa il paesaggio e quanto sia impattante. Vado a concludere, Presidente, vado a concludere, sottosegretario. È incredibile secondo me che Terna sia riuscita a sostenere, nello studio di impatto ambientale, che l'intervento proposto coinvolge un territorio agrario posto nella fascia meridionale dell'alta pianura friulana, al confine con la bassa pianura e, pur nelle trasformazioni che apporta, è adatto ai caratteri dei luoghi, non produce danni di funzionamento territoriale e non abbassa la qualità paesaggistica. Testualmente, in ragione di queste considerazioni, si ritiene l'intervento compatibile – secondo Terna – con i valori paesaggistici espressi dal sito e dal più ampio contesto di zona. Si chiede a chi dovrà fare un'opera e trarne profitto, se ritiene che quell'opera possa essere fatta. Dov’è il controllore e dov’è il controllato ? Siamo sempre alle solite. Tutto questo, sottosegretario, è inaccettabile, così come è inaccettabile che in tutto lo studio di impatto ambientale, secondo Terna, l'impatto sul paesaggio è semplicemente basso, dimenticandosi che nella loro tabella dei parametri di confronto linee in cavo e linee aeree per la tensione a 380 kilowatt, è la stessa proponente che attribuisce il valore alto all'impatto ambientale paesaggistico per la soluzione aerea e basso per la soluzione in cavo, che non ha voluto invece prendere in considerazione. Terna probabilmente deve essersi confusa, confidiamo che non si confonda però il suo Ministero, non si confonda lei, non si confonda il Ministro competente, che dovrà esprimersi sulla compatibilità ambientale dell'opera, soprattutto tutti coloro che sono chiamati a tutelare il nostro paesaggio, altrimenti, sottosegretario, ci ritroveremo quasi certamente di fronte a tutta un'altra serie di ricorsi giudiziari, che vedranno il medesimo esito: i cittadini vincenti, Terna soccombente e noi qua a ricordare il ruolo del Governo che lei rappresenta e il ruolo di quest'Aula dove noi fieramente rappresentiamo il popolo.

(Iniziative di competenza in relazione al sisma verificatosi nei pressi di una centrale nucleare slovena prossima al confine italiano, in particolare al fine di acquisire ogni utile elemento di valutazione in ordine al rischio sismico e alla sicurezza ambientale – n. 2-01368)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Pellegrino ed altri n. 2-01368, concernente iniziative di competenza Pag. 24in relazione al sisma verificatosi nei pressi di una centrale nucleare slovena prossima al confine italiano, in particolare al fine di acquisire ogni utile elemento di valutazione in ordine al rischio sismico e alla sicurezza ambientale (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Pellegrino se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  SERENA PELLEGRINO. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, la centrale nucleare slovena di Krsko, collocata a soli 125 chilometri dal confine italiano, sulle rive del fiume Sava, è entrata in operatività il 15 gennaio del 1983, è stata costruita come joint venture dalla Slovenia e dalla Croazia, a quel tempo entrambe parti della Jugoslavia, è dotata di un reattore ad acqua pressurizzata, Westinghouse, di costruzione canadese, da 696 megawatt elettrici netti, contenente 48,7 tonnellate di combustibile a base di ossido d'uranio. L'attività della centrale doveva terminare, secondo le prime previsioni, nel 2023, ma è in discussione la possibile espansione dell'impianto con un secondo reattore da 1.000 megawatt di potenza, di proprietà interamente slovena. Forse è il caso di ricordare che nel 2012, nonostante il popolo italiano si fosse appena espresso e per la seconda volta contro l'energia nucleare, l'allora presidente della regione Friuli Venezia Giulia, Renzo Tondo, propose con arroganza una collaborazione della regione Friuli Venezia Giulia per il raddoppio della centrale di Krsko. Uno dei principali problemi della centrale è costituito dalla presenza di incrinature nei generatori di vapore, che determinano perdite continue, tanto che alla fine del 1995 fu deciso di sostituirne due per il grave stato in cui versavano. La centrale ha avuto anche problemi di fughe, con perdite nel circuito primario del sistema di raffreddamento del reattore. Il 4 giugno del 2008 una perdita nel sistema di refrigerazione primario del reattore ha fatto scattare un allarme internazionale ed attivare la procedura di spegnimento dell'impianto. Il 28 ottobre 2012 la centrale nucleare di Krsko è stata fermata a causa delle difficoltà generate dall'alto livello del fiume Sava. Ma la preoccupazione maggiore è l'elevato rischio sismico nella zona di Krsko. Infatti, il sito della centrale nucleare venne scelto, nella seconda metà degli anni Settanta, senza sapere quasi nulla della geologia locale e senza un'indagine accurata sulla presenza di faglie sismicamente attive in zona. In poco più di un secolo la regione di Krsko è stata sede di un terremoto nel 1880, con magnitudo Richter di circa 6.3 a 60 chilometri a est di Krsko, e di un altro nel 1917, con magnitudo Richter 5.7-6.2 nelle immediate vicinanze dell'impianto. Sono terremoti, per capirci, della stessa intensità di quelli che abbiamo conosciuto in Emilia nel 2012.
  La centrale fu progettata per un'accelerazione sismica bassa e via via che emergevano nuove evidenze di pericolosità sismica per cercare di tacitare le critiche interne e internazionali, specialmente dell'Austria, si è cercato di apportare qualche adeguamento secondario che, comunque, non è in grado di migliorare la situazione di grave azzardo sismico. Nel 2007 il Servizio geologico nazionale francese e l'Istituto nazionale francese di radioprotezione e sicurezza nucleare vennero ingaggiati per studiare la parte sismica della progettazione di una nuova centrale da affiancare a quella in funzione dal 1982. Nel 2013 l'Istituto nazionale francese di sicurezza nucleare arrivò alla conclusione che il sito non era adatto. Gli insanabili dissidi tecnici sulla valutazione del rischio all'interno del consorzio franco-sloveno per lo studio di una seconda centrale nucleare portarono l'Istituto francese di radioprotezione e sicurezza nucleare ad abbandonare il consorzio, non senza prima aver ufficialmente espresso le proprie preoccupazioni e aver sollecitato gli enti sloveni a tener conto della gravità dei rischi gravanti sulla centrale esistente sia per la sicurezza nazionale sia per quella internazionale.
  Così si era espresso l'Istituto francese di radioprotezione e sicurezza nucleare: «Questa nuova e grave scoperta di una Pag. 25faglia attiva vicino all'impianto non permette di concludere in modo favorevole sull'adeguatezza dei due siti per la costruzione di una nuova centrale nucleare». L'Istituto francese di radioprotezione e sicurezza nucleare considera che è «di estrema importanza che le possibili implicazioni di questa capacità di faglia sulla sicurezza dell'impianto esistente, così come la sua potenziale relazione strutturale con altre faglie vicine, sia affrontata senza ritardo, anche in considerazione delle potenziali implicazioni di sicurezza che esso può avere a livello nazionale e internazionale» (queste sono le testuali parole).
  Intanto la zona continua ad essere interessata da eventi sismici. L'ultimo è del 1o novembre del 2015, con epicentro a 26 chilometri dalla centrale nucleare. L'Agenzia per l'ambiente slovena ha reso noto che il sisma è stato di magnitudo 4.2. Il Centro ricerche sismologiche parla di 4.8. Una scossa di terremoto di magnitudo 3.2 della scala Richter è stata registrata anche un mese fa, lo scorso 9 aprile a 15 chilometri dalla centrale nucleare di Krsko. Nonostante questo, anche recentemente la stampa ha confermato che la vita operativa della centrale verrà prolungata fino al 2043. Ma la volontà di voler prolungare l'operatività della centrale e anche di raddoppiarla non è un fatto recente. Va ricordato che nel 2012 al XXXIII Congresso europeo di sismologia a Mosca era stato presentato uno studio italiano in cui si calcolava per la zona di Krsko un terremoto massimo di magnitudo Richter pari a 7.2, cioè oltre 30 volte più forte del terremoto dell'Emilia del 2012.
  Autori di questo rapporto erano due ricercatori dell'Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale e due docenti dell'Università di Trieste.
  Nel 2014 gli stessi autori hanno pubblicato su una rivista scientifica un articolo sulla pericolosità sismica dell'area della centrale in questione, in cui veniva spiegato il calcolo di una magnitudo di 6.2 e dove venivano proposte le valutazioni sulla pericolosità delle faglie nel sottosuolo della zona, la cui presenza, come ho già detto, era ignota ai progettisti dell'impianto. Lo stesso articolo si sofferma anche sui risultati dei cosiddetti stress-test della centrale, cioè calcoli di verifica dei margini di sicurezza resi noti dal Ministero per l'ambiente della Repubblica di Slovenia.
  In particolare, i quattro studiosi italiani affermano che l'unico parametro adottato per le verifiche, scuotimento massimo del suolo espresso come acceleratore con una certa probabilità di occorrenza, è insufficiente per consentire anche a un’équipe di esperti di trarre conclusioni attendibili e concludono che gli stessi così criticabili stress-test ammettono, tuttavia, che la centrale potrebbe subire incidenti e danni assai rilevanti per scuotimenti del terreno compatibili con la situazione sismologica della zona. Parliamo di danni ai sistemi di raffreddamento e perfino al nocciolo.
  Proprio in considerazione del pericolo incombente proveniente dalla centrale nucleare slovena, i quattro scienziati italiani hanno sentito la necessità di presentare la situazione anche alla presidente nella regione Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani. Nella loro comunicazione i quattro esperti scrivevano che secondo gli stress-test in un momento non prevedibile la centrale potrebbe venire colpita da un terremoto in grado forse di causare gravi conseguenze, ossia danni gravi – e virgolettato – «comprese lesioni alla piscina delle barre e blocco dei sistemi di raffreddamento potrebbero venire causati da un terremoto di magnitudo M compatibile con la situazione sismologica della zona oggi nota. A nostro avviso – era la conclusione – sarebbe auspicabile una sensibilizzazione del Governo italiano sull'argomento da parte del presidente, affinché si giunga a una verifica della situazione anche con la partecipazione di esperti italiani».
  Sottosegretario, Presidente, su questa delicata questione io ho sollecitato più volte, attraverso interrogazioni, sia la Presidenza del Consiglio dei ministri sia il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale sia quello dello sviluppo Pag. 26economico nonché il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ma la richiesta che il Governo prenda consapevolezza e posizione nei confronti della Repubblica di Slovenia e che pretenda di essere coinvolto nella valutazione del rischio finora non ha avuto risposta. Nemmeno l'istanza di ottenere un coordinamento che coinvolga il Governo sloveno e l'Agenzia internazionale per l'energia atomica è stata accolta e tanto meno quella di rivolgersi alle istituzioni francesi, che per prime hanno evidenziato la condizione di rischio per la sicurezza internazionale.
  Oggi però, sottosegretario, dovete esprimervi e noi vi chiediamo: il Governo è consapevole della pericolosità sismica dell'area in questione e dei livelli di rischio connessi anche per il nostro Paese ? Il Governo intende verificare se la Slovenia rispetta i livelli di sicurezza e i limiti imposti dalle più avanzate normative internazionali ? E, ancora, non sarebbe opportuno che l'Italia chiedesse di essere coinvolta, insieme alle autorità slovene, nella valutazione del rischio ambientale ? Il Governo intende prendere posizione nei confronti della Repubblica di Slovenia, al fine di cooperare con le autorità slovene nella valutazione del rischio ambientale accogliendo l'istanza di addivenire a un coordinamento tra il Governo sloveno, quello italiano e l'Agenzia internazionale per l'energia atomica ? Cosa aspetta il nostro Paese ad attivarsi per l'istituzione di una sede di coordinamento tecnico permanente almeno tra i due Governi e l'Agenzia internazionale per l'energia atomica al fine di prevedere l'inserimento di esperti italiani nelle commissioni di studio coinvolte nelle valutazioni di Krsko 1 e Krsko 2 ?

  PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, Silvia Velo, ha facoltà di rispondere.

  SILVIA VELO, Sottosegretaria di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Grazie, Presidente. La centrale di Krsko, costruita nel 1974 come progetto congiunto degli operatori elettrici della Slovenia e della Croazia sulla base delle normative e degli standard statunitensi, è del tipo ad acqua pressurizzata Westinghouse, con capacità di 696 megawatt elettrici. L'esercizio della centrale fu avviato nell'agosto del 1982. Nel corso degli anni sono stati attuati continui miglioramenti dell'impianto, secondo gli avanzamenti tecnologici e le prassi derivanti dagli enti di controllo per la sicurezza nucleare.
  La Slovenia ha ratificato da anni la Convenzione sulla sicurezza nucleare e recepito nella sua legislazione la direttiva del Consiglio dell'Unione europea n. 2009/71/Euratom, che stabilisce un quadro comunitario sulla sicurezza delle installazioni nucleari. Inoltre, lo Slovenian Nuclear Safety Administration è membro del Western European Nuclear Regulators Association (WENRA). Dal 2010 è in atto un accordo tra ISPRA e Slovenian Nuclear Safety Administration che riguarda tematiche di sicurezza nucleare e scambio di informazioni in caso di situazioni di emergenza. Va evidenziato che tale scambio di informazioni integra quanto comunque previsto dai sistemi di pronta notifica internazionale della Commissione europea e dalla International Atomic Energy Agency. L'efficacia di tale Accordo, che mira a un utile scambio di informazioni, si è evidenziata in occasione dell'evento sismico occorso il 1o novembre 2015 di cui narrano gli onorevoli interpellanti. Allorquando, su richiesta dell'ISPRA, l'autorità slovena fornì tempestivamente informazioni sullo stato dell'impianto. A seguito dell'incidente nucleare di Fukushima nel 2011, il Consiglio dell'Unione europea invitò gli Stati membri a svolgere una revisione di sicurezza straordinaria, stress test, nei propri impianti in relazione alle problematiche di sicurezza emerse a seguito proprio di quell'incidente. La revisione è stata svolta sulla base di specifiche elaborate dal gruppo dei regolatori europei per la sicurezza nucleare e dalla Commissione europea con il supporto di WENRA. Successivamente, il gruppo dei regolatori europei per la sicurezza nucleare ha organizzato Pag. 27una revisione dei rapporti elaborati da ciascun Paese con la partecipazione di esperti delle autorità di regolamentazione competente di tutti gli Stati membri, allo scopo di valutare i margini di sicurezza esistenti e gli interventi migliorativi che sono stati poi accolti in piani d'azione nazionale (NAP) che ciascun membro ha elaborato e la cui attuazione è oggetto di verifica proprio da parte del gruppo dei regolatori europei per la sicurezza nucleare. La prima verifica si è svolta nell'aprire 2015. Con riferimento specifico alla situazione sismica si evidenzia quanto segue.
  Nel 1994 fu condotta la prima revisione periodica sulla sicurezza dell'impianto in questione (periodic safety review) aggiornata poi ogni dieci anni. Tale rapporto portò tra l'altro a rivalutare i parametri di riferimento per la caratterizzazione sismica dell'area, il valore di peak ground acceleration assunto pari a 0,3 g quale riferimento di progetto al momento della costruzione della centrale, fu rivalutato a 0,42 g. Successivamente nel 2004, a seguito della successiva PSR (periodic safety review), tale valore fu aggiornato a 0,56 g. Su tale base sono stati effettuati interventi di miglioramento delle caratteristiche di resistenza sismica dell'impianto.
  Secondo punto, le valutazioni effettuate nell'ambito della prima fase degli stress test hanno confermato la scelta, già operata dalle autorità slovene, di aggiornare i riferimenti per la caratterizzazione sismica dell'area ed è stato valutato che l'impianto può fare fronte al valore di sollecitazione sismica di 0,6 g, quindi superiore all'0,56 suddetti. Dalle analisi condotte risulta che un tale sisma non causerebbe rottura del circuito primario e secondario e, pertanto, l'evoluzione incidentale può essere mitigata con opportuni sistemi di raffreddamento e spegnimento del reattore in grado di resistere alle sollecitazioni indotte dal sisma. Nell'ambito delle valutazioni sui margini esistenti è stato poi evidenziato che un incidente severo comportante il danneggiamento del reattore potrebbe verificarsi a seguito di un sisma solo nel caso in cui comportasse un PGA (peak ground acceleration) di almeno 0,8 g.
  Terzo punto, a seguito del processo di revisione degli stress test, è stato raccomandato alle autorità slovene di aggiornare per le modifiche d'impianto previste dal piano di azione le basi di progetto relative al sisma secondo i nuovi riferimenti e, conseguentemente, il modello dell'associato studio probabilistico sismico di sicurezza. Negli ultimi due anni sono poi stati svolti ulteriori importanti studi sulle caratteristiche geologiche e sismiche dell'area in particolare in relazione al programma di realizzazione nel sito di un nuovo impianto. L'autorità di sicurezza nucleare slovena ritiene che tali studi abbiano confermato le conclusioni a cui erano già giunti nel 2004. Ulteriori studi saranno svolti nei prossimi due anni e un aggiornamento dei parametri di caratterizzazione del rischio sismico verrà considerato una volta acquisiti gli esiti di detti studi.
  Punto numero quattro, le valutazioni del rischio sismico e i conseguenti adeguamenti dell'impianto sono parte essenziale del National Action Plan sloveno, che si fonda su un preciso programma di interventi di miglioramento della sicurezza (Safety Upgrading Programme), già approvato dall'autorità slovena nel 2009 e successivamente aggiornato, anche a seguito dell'incidente di Fukushima e dell'esito degli stress test. Il programma prevede una serie di modifiche molto significative, in parte già attuate, con una previsione di completamento di un'ulteriore parte nel 2016 e della restante parte nel 2018. In conclusione la Slovenia con le misure di safety upgrading programme prevede di fronteggiare scenari ben al di là di quelli assunti a riferimento per le basi di progetto dell'impianto. In particolare sono in corso di realizzazione interventi, nuovi sistemi e strumentazione d'impianto per fronteggiare eventi estremi quali un sisma d'intensità doppia rispetto a quella di progetto, combinazioni di un evento sismico degradato con altre tipologie di eventi, quali l'allagamento, la perdita simultanea Pag. 28delle alimentazioni elettriche e del pozzo di calore, la perdita di raffreddamento e delle alimentazioni elettriche e uno scenario di caduta d'aereo. Tali sistemi, la cui completa realizzazione è prevista per il 2018, verranno in particolare collocati in nuovi edifici «bunkerizzati». Scenari ulteriormente degradati potranno essere affrontate grazie alla disponibilità di un insieme di componenti e attrezzature portatili gestiti secondo opportune procedure di emergenza.
   Il dipartimento nucleare e rischio tecnologico e industriale dell'ISPRA è presente sia nell'ambito della partecipazione alle attività dell'ENSREG, ente europeo di sicurezza, che alle attività di revisione degli stress test, a cui partecipano tutti gli Stati membri, ivi compresa la Francia che nell'ambito dell'accordo in atto con l'autorità slovena seguirà le fasi successive di attuazione del piano d'azione sloveno.

  PRESIDENTE. L'onorevole Pellegrino ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  SERENA PELLEGRINO. Grazie, Presidente. Sottosegretaria, sicuramente dal punto di vista tecnico voi avete tutti i dati e vi siete tutelati ovviamente intorno ai tecnicismi come li chiamavate voi quando abbiamo fatto il referendum sulle trivelle. Mi pare che il quadro sia sufficientemente chiaro. Dal punto di vista dell'Italia non c’è alcuna volontà di opporsi neanche con un atteggiamento politico nei confronti della centrale nucleare dal momento che noi in Italia abbiamo detto «no» al nucleare e non possiamo pensare, invece, di sostenere una centrale nucleare a mezzo passo dal nostro confine tanto più che, come raccontava prima il mio collega a proposito dell'elettrodotto di Terna, quell'elettrodotto è proprio finalizzato a questo. Quindi è palese la connessione tra l'Accordo sulla centrale nucleare della Slovenia e l'importazione in Italia di quell'energia prodotta in Slovenia. Pertanto è inutile continuare a fare tanti proclami in giro per il mondo dove vogliamo promuovere le rinnovabili quando, invece, si vuole continuare a raccogliere energia prodotta dalle centrali nucleari. Sottosegretario, non posso non ricordare che nel quarantennale del devastante terremoto in Friuli è impossibile non riproporre la questione della pericolosità sismica dell'area in questione e dei livelli di rischio che ci riguardano direttamente per la presenza di una centrale nucleare proprio a poca distanza dai nostri confini. Sembra che sul Friuli Venezia Giulia si possa fare qualsiasi cosa. L'attuale centrale di Krsko uno e tanto più un secondo impianto ancora più potente in quell'area costituisce oggettivamente un pericolo per l'Italia della cui entità il nostro Paese deve essere consapevole. La centrale di Krsko minaccia oltre l'Italia ovviamente la Slovenia ma anche la Croazia, l'Ungheria e l'Austria. Però, proprio a differenza di quest'ultimo Paese che si muove con determinazione per essere presente in ogni futuro processo decisionale riguardante la costruzione di centrali nucleari fuori dei suoi confini, l'Italia si distingue per la sua acquiescenza e inerzia e non si fa sentire nemmeno nelle normali sedi internazionali deputate.
  L'Austria è critica nei confronti della prosecuzione di Krsko-1 e contraria alla costruzione di Krsko-2. L'incolumità e la sicurezza dei nostri cittadini pretendono che il Governo finalmente agisca intervenendo presso istituzioni internazionali per chiedere la documentazione, che lei ci ha rifornito, è vero, ma secondo noi non è sufficiente, i controlli immediati e l'applicazione di sanzioni laddove il Governo sloveno continuasse a celare il rischio per la loro e la nostra popolazione. Le istituzioni sono state adeguatamente sollecitate, sia a livello regionale, che a livello parlamentare, affinché fosse realizzato uno stretto coordinamento tra l'Italia, la Slovenia e l'IEA, l'Agenzia internazionale per l'energia atomica, in modo da coinvolgere direttamente tecnici italiani nel controllo sulla vecchia centrale ed eventualmente per partecipare alla valutazione del rischio sul progetto di una nuova e ben potente centrale nello stesso sito. La situazione sismica nella regione di Krsko rende questi approfondimenti indispensabili oltre Pag. 29che necessari. E lo scorso 7 aprile a Klagenfurt c’è stato un incontro internazionale organizzato dalle autorità austriache sulla centrale di Krsko. Ci piacerebbe farne uno anche in Italia, magari a Trieste, sottosegretaria; magari lo organizziamo assieme e la invitiamo a partecipare. Nel programma non ho letto alcun rappresentante delle nostre amministrazioni locali o nazionali. Da questo incontro è emerso che la Slovenia continua a minimizzare i problemi in base ad analisi che spesso non vengono rese pubbliche o non sono verificabili. Risulta perciò impossibile controllarne l'attendibilità. Si sostiene che la centrale esistente ha superato tutti gli stress test, verifiche di calcolo della resistenza sismica, previsti dall'IEA, ma purtroppo le loro versioni, quelle rese pubbliche, sono tali da non consentire nemmeno a esperti del settore di compiere verifiche convincenti. Esistono sedi europee in cui questi dubbi potrebbero venire rappresentati e in cui potrebbero venire proposti rimedi normativi, ma non risulta che l'Italia abbia finora esercitato questa sua facoltà, né che abbia provveduto a sollevare il problema. Possibilità che invece intende fare l'Austria, un Paese che con un referendum già nel 1978, ben prima dell'Italia, aveva deciso di chiudere e trasformare in museo la sua prima centrale nucleare pronta a entrare in servizio, mentre noi preleviamo ancora energia nucleare. L'Austria ha sempre esercitato pressioni sui Paesi vicini, Jugoslavia prima e Slovenia poi, ma anche Ungheria e Slovacchia, contestando la pericolosità dei loro impianti nucleari. È ora che anche l'Italia dica davvero basta. Gli italiani l'hanno detto, il Governo ancora evidentemente no. Non vogliamo una centrale nucleare a poca distanza dai nostri confini su un sito attraversato da una faglia attiva e collocato proprio sulla traiettoria dei venti dominanti che soffiano verso il nostro Paese. Ricorderete la bora che viene da est verso ovest in direzione esattamente contraria rispetto ai venti dominanti. Dobbiamo pretendere anche noi dal Governo sloveno estrema chiarezza appellandoci alle istituzioni internazionali visto che la Slovenia ha ampiamente e irresponsabilmente dimostrato di non voler rendere noti i rischi e le condizioni della centrale. Riteniamo che l'Italia debba aprire un tavolo di interlocuzione con la Slovenia e trovare un comune accordo per avviare una progressiva chiusura dell'impianto di Krsko piuttosto che estendere la licenza operativa o peggio ancora il suo raddoppio.
  Presidente, è indubbio che gli impianti più vecchi e rischiosi per tutta la popolazione europea, come la centrale di Krsko, debbano essere chiusi immediatamente. Voglio ricordare che la nube tossica non conosce confini politici. L'esperienza di Chernobyl è ancora viva nel ricordo dei cittadini del Friuli Venezia Giulia. La progressiva eliminazione del nucleare combinata con misure di efficienza energetica e sviluppo di fonti rinnovabili rimane l'opzione più sicura e al passo con le sfide che ci impongono i mutamenti climatici e gli accordi della COP 21 di Parigi. Noi non vogliamo che siano solo slogan elettorali e questo noi lo pretendiamo dal nostro Paese.

  PRESIDENTE. Salutiamo studenti e insegnanti dell'Istituto comprensivo statale «Claudio Abbado» plesso Pistelli di Roma, che assistono ai nostri lavori dalla tribuna.

(Iniziative di competenza, in particolare di carattere ispettivo, in relazione a numerosi casi di malasanità occorsi presso gli Ospedali riuniti di Reggio Calabria, anche alla luce di recenti inchieste giudiziarie – n. 2-01365)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Nesci ed altri n. 2-01365, concernente iniziative di competenza, in particolare di carattere ispettivo, in relazione a numerosi casi di malasanità occorsi presso gli Ospedali riuniti di Reggio Calabria, anche alla luce di recenti inchieste giudiziarie (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Nesci se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

Pag. 30

  DALILA NESCI. Grazie Presidente. I fatti recenti della sanità a Reggio Calabria hanno lasciato una traccia profonda nell'immaginario collettivo e per molti versi hanno sconvolto in lungo e in largo il nostro Paese. Nell'ostetricia e ginecologia di quell'ospedale un gruppo di sanitari avrebbe tentato di occultare errori gravissimi sulle nascite. Sarebbero state falsificate cartelle cliniche, addirittura con divertito compiacimento, al fine di oscurare e cancellare storie di ordinaria malasanità. Ovviamente, storie che il Governo ignora d'ufficio, preso dai grandi numeri e dalle grande cifre, anche magari dalla speculazione di questo settore. Questa è l'ipotesi della procura di Reggio Calabria, corroborata tra l'altro dalle intercettazioni di telefonate, perfino agghiaccianti, crude e distaccate. Dopo è emerso che c'era una guerra in corso tra fazioni opposte: guelfi e ghibellini dello Stretto si contendevano un primariato; primariato che molto spesso in Calabria è un traguardo politico, lo sappiamo. La vicinanza ad apparati di potere istituzionale ed antistatale è una garanzia per certe carriere. Lo sa bene il Ministro della salute che continua ad ignorare l'insano conflitto di interessi del sub-commissario Andrea Urbani delegato dal Governo per gestire il rientro dal disavanzo sanitario della Calabria e insieme pagato da AGENAS come revisore contabile. Tra parentesi, di recente e di imperio l'AGENAS, che è l'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, ha avuto dalla struttura commissariale un contrattino, sottosegretario, di 200 mila euro al fine di agevolare la gestione del rientro, perpetuo, della sanità calabrese. Insomma, il dottor Urbani fa l'arbitro di una partita e l'allenatore di una delle squadre in campo e intanto il Ministro Lorenzin, che guida la federazione calcistica, in tribuna fa finta di non vedere, di non inquadrare la situazione, di non ricordare e di non sapere. E a riprova di questo le ricordo una storia. Infatti, ricordo al Ministro Lorenzin, che ha imprecato sulla stampa per i riassunti fatti di Reggio Calabria, che il prode Urbani e il collega commissario per il rientro, il pensionato ingegner Massimo Scura, revocarono un'intera procedura di verifica dei requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi della cardiochirurgia del policlinico universitario di Catanzaro. Tuttavia, nell'audizione del 26 aprile scorso da parte della commissione speciale di vigilanza del consiglio regionale calabrese, il dirigente generale del dipartimento della regione Calabria per la tutela della salute, che è il professor Riccardo Fatarella, ha confermato la piena correttezza di quella procedura, precisando che le norme impongono che la terapia intensiva è dedicata ai soli pazienti cardiochirurgici. Lo stesso direttore generale, Fatarella appunto, ha ricondotto la revoca in questione a una scelta di tipo politico della struttura commissariale per il rientro. Usciti dalla sala operatoria, quindi, i pazienti della cardiochirurgia finivano in uno stanzone unico. Per essere chiari, quindi, insieme a tutti gli altri pazienti operati. Ciononostante, la struttura commissariale in quattro e quattr'otto ha proceduto come detto. Da allora sino ad oggi, venerdì 13 maggio, sono passati 93 giorni e tuttavia non si sa nulla di questa nuova verifica dei requisiti organizzativi, tecnologici e strutturali di quel reparto disposta per perdere tempo o guadagnare tempo, ma questo ancora non si è capito. Eppure sulla nuova verifica lei, sottosegretario De Filippo, replicava a una nostra interpellanza urgente e cito testualmente: «Ieri 18 febbraio è stata consegnata la documentazione relativa alle attività della commissione di autorizzazione e accreditamento sempre dell'ASP di Catanzaro che si riunirà proprio oggi, onorevole Nesci, per formalizzare con documentazione probante quanto già rilevato in sede di visita ispettiva». Sottosegretario, formalizza oggi e formalizza domani, la procedura non si è mai conclusa. I Ministeri vigilanti ci hanno preso per fessi recitando il solito copione, così questa pantomima è valsa al commissario dell'ASP di Crotone Sergio Arena come argomento transgiuridico per bloccare le verifiche in corso dei requisiti delle strutture sanitarie ricadenti nella competenza dell'apposita commissione aziendale. È stata proprio una bella mossa, veramente Pag. 31di diritto creativo, direi. Tra le strutture che hanno avuto la sospensione della verifica vi è il punto nascite di Crotone, anche questo oggetto dell'interpellanza. Con riferimento alle sale parto, per la deliberazione n. 152 del 2016, assunta dal commissario Arena il 2 maggio scorso, il ricordato punto nascite ha i requisiti tecnologici ed organizzativi, ma non ha i requisiti strutturali e, pertanto, è stato avviato un programma per i lavori di adeguamento. Nella stessa deliberazione, quanto alla ricerca dei requisiti, si scrive di un sopralluogo della direzione sanitaria di presidio, la quale ha scavalcato le competenze proprie della commissione per l'autorizzazione e l'accreditamento, che, peraltro, ricordo essere un organismo collegiale. Dunque, in sintesi, la gestione della sanità calabrese, vigilata dal Governo, è il paradigma di una prassi, ormai nazionale, di travalicamento delle leggi. Il Governo, infatti, la giustifica continuamente, ogni volta con argomenti assurdi e ridicoli allo stesso tempo.
  Oggi il MoVimento 5 Stelle pone anche il problema del mancato rispetto della normativa sui turni e riposi obbligatori in ambito sanitario, che richiede, ovviamente, l'assunzione, su tutto il territorio nazionale, di almeno 20 mila unità di personale. Da nord a sud gli ospedali, i loro medici, gli infermieri e gli operatori stanno scoppiando. I tagli alla sanità sono continui. Dopo il 2018, i nuovi tagli supereranno i 10 miliardi di euro – questo l'avete scritto voi nel Documento di economia e finanza –, con conseguenze ovviamente gravissime sulla comunità, sui singoli e sul futuro del Paese.
  L'articolo 1, comma 541, della legge n. 208 del 2015 detta le modalità per la concreta attuazione dell'articolo 14 della legge n. 161 del 2014, che dispone, appunto, l'adempimento, anche per il personale del ruolo sanitario nazionale, della direttiva europea n. 88 del 2003, sui turni e sui riposi obbligatori. Come al solito, l'Italia ha ignorato questa direttiva fino alla fine, l'ha ignorata per tredici anni e adesso organizza un sistema di assunzioni tardivo, scoordinato e, in realtà, apparente, perché è un sistema di assunzioni finto, e nel frattempo pazienti e sanitari rischiano ogni giorno, a Reggio Calabria così come a Torino.
  Il Ministro Lorenzin e il Ministro Padoan hanno, quindi, il dovere di intervenire. Basta con questa ipocrisia, con questo immobilismo, con questa complicità che avete sempre dimostrato. Vado ad illustrare le richieste dell'interpellanza. Chiediamo se, in ordine alla vicenda di Reggio Calabria, che ho riassunto, il Ministero della salute non ritenga di disporre un'indagine ministeriale per accertare le responsabilità dei vertici, della direzione generale, della direzione sanitaria dell'azienda ospedaliera di Reggio Calabria e ovviamente le loro eventuali condotte omissive. Inoltre, chiediamo se il Ministero non intenda disporre un'ispezione in ordine alla vicenda delle sale parto dell'ospedale di Crotone. Infine, chiediamo al Ministero di assumere ogni iniziativa urgente che sia volta ad accelerare la copertura delle migliaia di posti mancanti proprio per l'adempimento dell'articolo 14 della legge n. 161 del 2014, con riguardo al ruolo sanitario nazionale.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la salute, Vito De Filippo, ha facoltà di rispondere.

  VITO DE FILIPPO, Sottosegretario di Stato per la salute. Grazie, Presidente. La questione sollevata con l'interpellanza in esame è analoga a quella di una precedente interpellanza a cui ho risposto il 29 aprile ultimo scorso. Pertanto, anche in questa occasione, ribadisco e fornisco tutti gli elementi informativi che abbiamo acquisito dalla struttura commissariale della regione Calabria ed aggiungo nuovi elementi valutativi, riferiti a specifici quesiti che l'onorevole Nesci ha posto nella sua interpellanza.
  In data 21 aprile 2016, come veniva ricordato, è stata notificata al direttore generale dell'azienda ospedaliera «Bianchi Melacrino Morelli» di Reggio Calabria l'ordinanza di richiesta di applicazione di misure cautelari (sezione giudice per le indagini preliminari).Pag. 32
  In conseguenza di questa ordinanza, è stata disposta la misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di tre dirigenti medici in servizio presso quella azienda e di un ex dirigente medico, nonché la misura interdittiva della sospensione dall'esercizio della professione medica e/o sanitaria, per la durata di dodici mesi, nei confronti di tre dirigenti medici, di un'ostetrica in servizio presso quell'azienda, nonché di tre ex dirigenti medici.
  I fatti contestati agli imputati sono risalenti, come veniva ricordato, addirittura all'anno 2010 e, in un caso, addirittura all'anno 2007 e riguardano l'attività di dirigenti medici e sanitari in servizio presso quelle unità operative complesse di ostetricia e ginecologia, neonatologia ed anestesia. La direzione strategica aziendale, nell'immediatezza, ha provveduto, con deliberazione n. 367 e n. 368 del 22 aprile 2016, alla sospensione dal servizio dei dipendenti colpiti, rispettivamente, da provvedimenti cautelari ed interdittivi, disposti dall'autorità giudiziaria, con riserva di adozione di eventuali successivi provvedimenti in relazione agli sviluppi del procedimento giurisdizionale in corso, che sono le sanzioni più gravi e anche più nette che la legislazione attuale prevede. Ha, inoltre, aperto provvedimenti disciplinari nei confronti di tutti i soggetti imputati.
  Il dipartimento regionale tutela della salute, in data 22 aprile 2016, ha comunicato all'azienda ospedaliera BMM di Reggio Calabria di aver costituito una commissione d'inchiesta, integrata da due dipendenti dell'azienda ospedaliera, interessati per verificare le procedure organizzative in atto alla data degli eventi avversi, oggetto dei provvedimenti dell'autorità giudiziaria, nonché eventuali responsabilità individuali e l'adeguatezza della procedura in materia di risk management. L'azienda ospedaliera BMM di Reggio Calabria, con deliberazione n. 381 del 27 aprile 2016, ha provveduto autonomamente alla costituzione di una commissione d'indagine preposta alla verifica dei fatti oggetto dei provvedimenti cautelari ed interdittivi, disposti dall'autorità giudiziaria nei confronti dei dipendenti aziendali, incaricata della redazione, in tempi ristretti – dice quella delibera –, di una dettagliata relazione e di correlate proposte operative finalizzate alla tutela dell'immagine dell'azienda, gravemente lesa da quanto accaduto.
  Giova, inoltre, precisare che la direzione strategica, sin dalla data del suo insediamento, specificamente il 2 aprile 2015, ha chiesto alla struttura commissariale per il piano di rientro le autorizzazioni urgenti per l'espletamento delle procedure concorsuali per la copertura dei posti di direttore di struttura complessa, tra i quali anche quelli di ostetricia e ginecologia. Autorizzato con DCA n. 87 del 2015, il vincitore, proveniente dall'ospedale San Filippo Neri di Roma, ha preso servizio in data 18 aprile 2016. Allo stato attuale, secondo le relazioni che abbiamo ricevuto, quella unità operativa continua la sua attività senza problematiche rilevanti, grazie alla sinergia con le aziende calabresi e il sistema sanitario regionale, intervenute a supporto. Inoltre, la struttura commissariale, con DCA n. 40 del 21 aprile 2016, ha autorizzato, in deroga e fino al 31 ottobre 2016 – questa data è prevista nella legge di stabilità di quest'anno, come spiegherò alla fine della mia risposta – l'assunzione di sette dirigenti medici, di quattro ostetriche e di cinque infermieri per l'unità operativa complessa di ostetricia e ginecologia e di tre dirigenti medici per l'unità complessa di neonatologia, con rapporto di lavoro a tempo determinato, ai sensi – come dicevo prima – dell'articolo 1, comma 542, della legge di stabilità di quest'anno.
  Svolte le informazioni sull'iniziativa avviata a livello regionale, colgo anche l'occasione per comunicare che la gravità dei fatti riportati dalla cronaca ha imposto l'attivazione immediata da parte del Ministero della salute, che ha ritenuto doveroso chiedere alla struttura regionale responsabile della corretta erogazione delle cure e della sicurezza delle medesime tutti gli elementi relativi ai fatti accaduti, con lo specifico intento di accertare le eventuali carenze organizzative. In questa direzione, Pag. 33vorrei ricordare nuovamente, spero non noiosamente, che va considerata anche l'iniziativa di revisione della normativa sull'accreditamento, di cui all'articolo 7 del patto per la salute 2010-2012, condotta con la regione e le province autonome, con lo scopo di evidenziare come il sistema stesso, che è di competenza delle singole regioni, comprenda non solo gli aspetti tecnici e strutturali, ma anche aspetti attinenti alla qualità e alla sicurezza della tutela della salute dei cittadini e l'assicurazione dei livelli essenziali di assistenza. L'accreditamento, quindi, oltre a garantire una funzione regolatoria, deve essere anche uno strumento di garanzia e di informazione relativamente ai livelli di qualità delle strutture sanitarie e sociosanitarie. Con l'intesa, di fatto, del 20 dicembre 2012, è stato elaborato un disciplinare tecnico per l'accreditamento, un manuale contenente i requisiti essenziali. Con l'intesa del 19 febbraio 2015 sono state, infatti, definite le modalità e i tempi di attuazione del suddetto disciplinare. Tra i requisiti di natura essenziale contenuti nel disciplinare vi sono anche modalità di gestione della documentazione sanitaria, elemento di straordinaria importanza sul piano clinico, scientifico, didattico, oltre che per la sua importanza in termini di tutela dello stesso operato professionale.
  Per quanto concerne la tematica, invece, del rischio clinico, con il protocollo n. 148/2015, la struttura commissariale della regione Calabria ha inviato il DCA n. 70 del 29 giugno 2015, avente ad oggetto «Approvazione regolamento regionale di gestione del rischio clinico. Programma operativo 2013-2015 – Sicurezza e rischio clinico», con il quale si approvava il regolamento regionale di gestione del rischio clinico, che definisce i compiti del responsabile dell'unità di gestione del rischio clinico delle aziende sanitarie e individua il set di indicatori per il monitoraggio dell'applicazione a livello aziendale delle procedure che sono state adottate.
  Anche nella bozza del Programma operativo 2016-2018, inviato ai ministeri affiancanti in preventiva approvazione con protocollo n. 43/2016, la «gestione del rischio clinico» rientra tra gli obiettivi della programmazione regionale. Una specifica sezione di questa bozza di programma operativo è, infatti, rinvenibile a pagina 74 della suddetta bozza, in cui emerge tra gli obiettivi quello di «aumentare» – cito – «la sicurezza dei pazienti e degli operatori sanitari e diminuirne anche l'eventuale contenzioso».
  Quanto alla procedura di verifica dei requisiti dell'unità operativa di cardiochirurgia dell'azienda ospedaliera Mater Domini di Catanzaro, sulla base della documentazione disponibile si riportano ancora una volta, spero dettagliatamente, di seguito i seguenti elementi che abbiamo acquisito.
  Preliminarmente, si rappresenta che con nota n. 240607 del 5 agosto 2015, il dirigente del settore n. 4 del Dipartimento tutela della salute, su specifica richiesta formulata dal dirigente generale della struttura dipartimentale, invitava il commissario straordinario dell'ASP di Crotone ad attivare le procedure riguardanti la verifica del possesso dei requisiti strutturali e tecnologici dell'unità operativa di cardiochirurgia Mater Domini, con invito a redigere all'esito dell'istruttoria apposito verbale d'ispezione da trasmettersi alla Direzione generale dell'ASP di Catanzaro.
  Successivamente, l'incaricata Commissione di autorizzazione e accreditamento, la (CAAA) dell'ASP di Crotone comunicava, con nota del 28 settembre 2015, al commissario dell'azienda ospedaliera Mater Domini la data del sopralluogo prevista per il giorno 15 ottobre 2015. Un secondo sopralluogo presso i locali dell'Unità operativa di cardiochirurgia avveniva, invece, il 18 novembre 2015. A conclusione dell'attività ispettiva, in data 21 gennaio 2016, con protocollo n. 6319, la CAAA dell'ASP di Crotone trasmetteva, ai sensi dell'articolo 9, comma 6, del Regolamento allegato al DPGR n. 28, all'ASP di Catanzaro, la relazione conclusiva, le cui risultanze non contenevano esplicito parere positivo o negativo sul possesso o sul mantenimento dei requisiti previsti dalla legge.Pag. 34
  In esito a quella relazione, con nota n. 9371 del 1o gennaio 2016, l'ASP di Catanzaro rappresentava al coordinatore della CAAA dell'ASP di Crotone che, in assenza di un esplicito, definitivo e dirimente parere, la stessa non era nelle condizioni di valutare eventuali elementi di compromissione del mantenimento dei requisiti previsti dalla legge.
  In riscontro alla citata nota dell'ASP di Catanzaro, il coordinatore della CAAA dell'ASP di Crotone, con protocollo n. 10620 del 4 febbraio, sosteneva che l'unità operativa di cardiochirurgia dell'azienda ospedaliera Mater Domini, località Germaneto di Catanzaro, non possiede al momento dei sopralluoghi e della stesura della relazione finale i requisiti strutturali e tecnologici previsti dalla legge regionale n. 24 del 2008 e dal relativo Regolamento.
  Con la successiva deliberazione n. 72 del 5 febbraio 2016, avente ad oggetto sempre lo stesso tema, l'ASP di Catanzaro disponeva di prendere atto delle risultanze dell'attività ispettiva e di vigilanza della CAAAA dell'ASP di Crotone, effettuata presso l'unità operativa di cardiochirurgia di Catanzaro, esitata nella relazione trasmessa in data 21 gennaio 2016 con nota n. 6319 e nella nota acquisita in data del 4 febbraio 2016, protocollo n. 10620.
  Con la stessa deliberazione n. 72 del 5 febbraio 2016, l'ASP di Catanzaro proponeva al Dipartimento regionale tutela della salute la sospensione dell'attività di quella unità operativa di Catanzaro, nelle more che il direttore generale della medesima azienda produca ogni elemento utile a dimostrare il superamento delle criticità rilevate o presenti un piano di adeguamento.
  A seguito di questa procedura di verifica, in data 10 febbraio 2016 veniva emanato il DCA n. 21 del 10 febbraio 2016, con cui, come detto, la struttura commissariale annullava tutti gli atti procedimentali relativi all'intera procedura di verifica dei requisiti dell'unità operativa di cardiochirurgia dell'Azienda ospedaliera Mater Domini di Catanzaro, condotta dalla Commissione di autorizzazione dell'ASP di Crotone. La stessa struttura commissariale dava mandato al Direttore generale del Dipartimento tutela della salute, anche alla luce del contenuto dalla citata relazione dalla Commissione di accreditamento di Crotone, di valutare l'opportunità di investire la competente CAAA dell'ASP di Catanzaro, di procedere ai sensi nell'articolo 14 della regionale n. 24 del 2008.
  La struttura commissariale motivava questo provvedimento, riportando, tra l'altro, che: l'azienda ospedaliera Mater Domini di Catanzaro è già in possesso dell'autorizzazione all'esercizio delle attività assistenziali rilasciata con decreto dirigenziale n. 17621 del 2005; l'unità operativa di cardiochirurgia dell'azienda Mater Domini di Catanzaro risulta già provvisoriamente accreditata ai sensi dell'articolo 65 della legge regionale n. 19 del 12 giugno 2009; pertanto risulta attivata illegittimamente, secondo la struttura commissariale, una procedura di accreditamento presso una struttura già in possesso dell'accreditamento stesso; che, se anche, diversamente, sia stato disposto il controllo sulla permanenza dei requisiti di struttura già accreditata, allora l'illegittimità deriverebbe dalla circostanza che, ai sensi dell'articolo 14 della legge n. 24 del 2008, la Commissione di autorizzazione ed accreditamento di Crotone era ed è incompetente in quanto ai sensi del citato articolo 14 – ho ribadito già in un'altra risposta all'onorevole Nesci questi temi – la Commissione effettivamente competente era ed è, invece, quella dell'azienda sanitaria di Catanzaro; il comma 95 dell'articolo 2 della legge 23 dicembre 2009, n. 191, espressamente prevede che «gli interventi individuati dal piano di rientro sono vincolanti per la regione, che è obbligata a rimuovere i provvedimenti, anche legislativi, e a non adottarne di nuovi che siano di ostacolo alla piena attuazione del piano di rientro».
  Per quanto sopra riportato, la Direzione competente del Ministero ha provveduto ad inoltrare alla struttura commissariale anche una richiesta informativa sul provvedimento di cui trattasi.Pag. 35
  Successivamente, con una nota di chiarimenti del 18 febbraio 2016, in risposta alla richiesta dei ministeri affiancanti in relazione al suddetto DCA n. 21/2016, la struttura commissariale rilevava, tra l'altro, che «(...) È del tutto evidente che la procedura risulta viziata in quanto, essendo l'azienda ospedaliera Mater Domini già autorizzata e accreditata, sebbene provvisoriamente, la Commissione competente a verificare solo il mantenimento dei requisiti e non certo il possesso, è quella dell'ASP di Catanzaro.» – questo scrive il commissario con piena responsabilità – «Per la qual cosa con il DCA n. 21/2016 si è proceduto ad annullare gli atti endoprocedimentali» – come ho spiegato – «attivati sulla base di un'errata procedura e si è dato mandato al direttore generale del Dipartimento tutela della salute di valutare l'opportunità di investire la competente CAAA dell'ASP di Catanzaro di procedere ai sensi dell'articolo 14 della legge regionale al controllo dei requisiti e alla verifica di questi requisiti». Si evidenzia che durante la riunione di verifica del 19 aprile ultimo scorso, i tavoli di verifica hanno chiesto tra l'altro aggiornamenti in merito all'accertamento dell'assenza di situazioni di rischio a tutela della sicurezza e della salute dei pazienti. Quindi, ci sono più richieste di relazione da parte del Ministero in ragione di uno dei quesiti che fa l'onorevole Nesci. Quanto al quesito sulle risorse umane, osservo che, per consentire alle aziende sanitarie di superare le difficoltà che incontrano nell'organizzazione dei servizi e nell'erogazione di prestazioni sanitarie ai pazienti, anche a seguito dell'entrata in vigore della nuova disciplina sull'orario di lavoro, la famosa legge comunitaria n. 161, sono state inserite nella legge di stabilità per il 2016, ricordo ancora una volta, specifiche disposizioni volte a favorire un processo straordinario di assunzione nel sistema sanitario italiano. In particolare l'articolo 1, comma 541, della legge di stabilità, ha disposto che le regioni definiscono i propri fabbisogni di personale tenendo conto proprio della cornice finanziaria programmata e delle disposizioni vigenti in materia di costo del personale facendo riferimento a tutte le professionalità sanitarie per le quali abbiano rilevato effettive esigenze assunzionali. La valutazione dei fabbisogni, definite dalle regioni è demandate dal legislatore al tavolo di verifica degli adempimenti e al Comitato permanente per la verifica dell'erogazione dei LEA, nonché al tavolo per il monitoraggio dell'attuazione del regolamento di cui al decreto del Ministro della salute del 2 aprile 2015, mi riferisco al DM n. 70. Le regioni devono mandare questi piani, i tavoli congiunti hanno già avviato la relativa attività istruttoria nell'ambito della quale sono state già rese alcune indicazioni operative. Laddove sulla base del piano di fabbisogno del personale emergano criticità, gli enti del sistema sanitario possono indire, entro il 31 dicembre 2016, e concludere, entro il 31 dicembre 2017, procedure concorsuali straordinarie per l'assunzione di personale medico, tecnico-professionale e infermieristico, necessari a fra fronte alle eventuali esigenze assunzionali e anche a quei turni di lavoro di cui alla direttiva comunitaria citata dall'onorevole Nesci. Nell'ambito delle medesime procedure concorsuali, ricordo ancora che nella legge di stabilità di quest'anno gli enti del sistema sanitario possono riservare i posti disponibili, nella misura massima del 50 per cento, al personale medico, tecnico-professionale ed infermieristico in servizio al 1o gennaio 2016, che abbia maturato, alla data di pubblicazione del bando, almeno tre anni, anche non continuativi, negli ultimi cinque con contratti a tempo determinato, con contratti di co.co.co. o con altre forme di rapporto di lavoro flessibile, con i medesimi enti, rispondendo così a un tema, che è quello del precariato, molto sentito nel settore della sanità.

  PRESIDENTE. L'onorevole Nesci ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  DALILA NESCI. Signor Presidente, il sottosegretario sa bene che quelle procedure concorsuali non arriveranno mai alla Pag. 36fine ed inoltre, se ho capito bene, sottosegretario, voi non intendete attivare alcuna inchiesta ministeriale, mi sembra di capire dalle sue parole molto chiaramente. Quindi siete solamente buoni a fare dei comunicati stampa ad effetto dopo le inchieste giudiziarie e tra l'altro mi ha confermato, nella sua risposta, che il numero del personale è stato aumentato a Reggio Calabria, quindi cioè deve uscire lo scandalo, deve scappare il morto per poter integrare del personale dentro gli ospedali ? Questo lei praticamente ha detto e sa bene inoltre che il rischio clinico non ha a che fare con il problema dei requisiti di legge dei reparti, su cui in Calabria tra l'altro si continua ad aggirare la legge in maniera sistematica, viste le vostre lungaggini insomma spero che della vicenda della cardiochirurgia di Reggio Calabria si occuperà il dottor Gratteri alla procura di Catanzaro. Quindi lo spero proprio.
  Sottosegretario, la vicenda dei parchi negli ospedali riuniti a Reggio Calabria è lo specchio dell'indecenza di un intero sistema italiano; non è accettabile infatti che il Governo scarichi sempre le sue responsabilità sul livello locale. La sanità calabrese è in difficoltà ma non è pensabile che tutto si risolva ogni volta nello stereotipo della sanità calabrese, in questa narrazione del sud e della sanità calabrese malata e inguaribile. Voglio ricordare infatti, per chi sta seguendo anche questa interpellanza, che la storia di cui parliamo è una storia vecchia, le indagini raccontate dai media sono il frutto di un'intercettazione casuale e che dal 2010, data tra l'altro dei fatti di «mala sanitas», la sanità calabrese è gestita proprio dal Governo, per via del piano di rientro dal disavanzo. E questo rientro che abbiamo dimostrato giuridicamente essere infondato e prolungato all'inverosimile, si è risolto soltanto nell'amputazione di strutture e nel blocco del turnover, che ha mandato in tilt interi reparti, aumentando i rischi per tutti e mettendo i sanitari l'uno contro l'altro. C’è un clima irrespirabile negli ospedali dell'estremo sud – questo va denunciato – di cui il Ministero della salute non si è reso conto forse, non se ne è reso conto nelle sue passeggiate gentili, nelle passeggiate elettorali. È mai possibile che nessuno sapesse nulla delle pratiche criminali emerse dalle indagini sul punto nascite degli Ospedali Riuniti di Reggio Calabria ? Non risultano precedenti, segnalazioni, denunce, lettere, note, richieste o verifiche ? Deve parlare e scrivere soltanto il MoVimento 5 Stelle ? Non è abbastanza noto che la sanità reggina è in grave affanno per le ambiguità e le connivenze in ambienti del posto ? Non lo sapeva per esempio l'allora Ministro della salute, Rosy Bindi, che nelle ultime politiche è stata la capolista candidata in Calabria per il Partito Democratico ed oggi è presidente della Commissione parlamentare antimafia ? E non è dall'ASP della stessa città, la città di Reggio Calabria, che sono usciti 400 milioni di euro di cui si sono perduti gli atti amministrativi ? L'attuale direttore generale dell'ospedale reggino non sapeva nulla dei sanitari sotto accusa, pur avendoci passato una vita ? Non ne conosceva le singole capacità professionali, gli scrupoli di coscienza, il modo di lavorare e di agire ? Vogliamo prenderci in giro ? Per troppo tempo è calato il silenzio sull'emergenza dei punti nascita in Calabria, che il Governo e i suoi megafoni hanno ignorato ad oltranza. Eppure il MoVimento 5 Stelle ha presentato una montagna di atti parlamentari, di interrogazioni, su casi di presunta malasanità in Calabria, su morti improvvise di madri e su possibili errori madornali nei reparti di ginecologia ed ostetricia, sia pubblici che privati. Abbiamo contemporaneamente presentato denunce alle procure e chiesto al Ministero della salute di verificare la situazione nei singoli punti nascita della Calabria, ogni volta esponendo le diverse criticità e persino per le neonatologie e per il trasporto dei neonati. Si vede che il Ministro Lorenzin aveva altro da fare e che i megafoni del Governo intervengono solamente se muore un bambino oppure quando, come nell'inchiesta appunto «mala sanitas», emergono scenari di orrore e di crudeltà. Abbiamo informato i Ministeri vigilanti ed il tavolo di verifica anche sul punto nascite di Pag. 37Crotone, le cui condizioni presentano rischi al pari della cardiochirurgia universitaria di Catanzaro. Nessuna risposta ci è mai pervenuta, in applicazione del codice dell'omertà che voi a Roma conoscete benissimo e che comincia dal vostro continuo negare, dal vostro ridurre tutto a problemi burocratici. Ovviamente un discorso del genere è paravento di un'irresponsabilità recidiva come la vostra, ostinata e mortifera. Data la vostra indifferenza, presenteremo una proposta di legge per istituire di una Commissione di inchiesta sui parti in Calabria.
  Sarà molto importante un'inchiesta del genere, se verrà davvero avviata, perché la buona sanità si costruisce partendo dalla sicurezza e dalla disponibilità di personale, che ovunque scarseggia. E proprio di recente la Commissione europea ci ha chiesto quale sia lo stato dell'attuazione della direttiva sui turni e i riposi obbligatori in ambito sanitario, con specifico riferimento proprio al rapporto tra riposi, guardie e reperibilità, alla durata massima settimanale dell'orario di lavoro e al periodo di riferimento in cui effettuare il calcolo medio, nonché alle modalità di calcolo delle ore di lavoro prestate in libera professione a favore dell'azienda sanitaria; e questo lo sapete bene, perché questa lettera della Commissione europea è arrivata presso il vostro Ministero. L'adeguamento infatti alla direttiva europea è stato colpevolmente ritardato ed è anche disomogeneo, tanto che la regione Basilicata, sottosegretario, con la legge regionale n. 53 del 2015 ha introdotto deroghe del tutto arbitrarie, e dunque è molto probabile che riparta tra l'altro la procedura europea di infrazione; e in una situazione così critica, e non imprevedibile, perché è da tredici anni che sappiamo che doveva essere attuata questa direttiva, davanti all'inettitudine del Governo, la soluzione già attiva è quella dei ricorsi di massa, che molto spesso nella storia sono riconducibili ad un sistematico affarismo di palazzo, tra l'altro.
  Con rispetto alle risposte deboli che oggi abbiamo ricevuto, devo riportare alcuni dati: all'ASP di Potenza ci sono 106 sanitari in meno per garantire il rispetto della direttiva europea sui turni e sui riposi obbligatori; all'ASP di Matera mancano da 154 a 206 sanitari; 64 ne mancano nell'USL Toscana Sud Est; 210 nell'ASL Roma B; 156 nell'ASL Roma 3; 331 nell'ASP di Agrigento; 293 nell'Azienda ospedaliera di Reggio Calabria, e 234 in quella di Cosenza. Quindi immaginate in tutta Italia quanto personale manca !
  Vi talloneremo senza tregua, ovviamente, finché non si farà chiarezza sui punti nascita in Calabria; e fin quando non cominceranno le assunzioni del personale necessario a garantire il diritto alla salute, nel vigore della direttiva europea sui turni e i riposi obbligatori. Questa sappiamo bene essere la madre di tutte le battaglie nella sanità: vi daremo filo da torcere anche nelle sedi europee, perché l'imperativo «assumere» dovrà per forza sostituire il vostro infinito «tagliare» (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

(Iniziative di competenza per assicurare la continuità territoriale da e per la Sardegna e per promuovere la concorrenza e la riduzione delle tariffe dei relativi servizi di trasporto – n. 2-01367)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Pili n. 2-01367, concernente iniziative di competenza per assicurare la continuità territoriale da e per la Sardegna e per promuovere la concorrenza e la riduzione delle tariffe dei relativi servizi di trasporto (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Pili se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  MAURO PILI. Presidente, mi consenta in apertura di rivolgere un ringraziamento alla Presidenza del Consiglio dei ministri per l'attenzione che ha voluto riservare a questa interpellanza, mandando a rispondere il sottosegretario più adeguato, quello per la salute, perché è evidente che di fronte ai tre rappresentanti del Governo Pag. 38Renzi che guidano il Dicastero delle infrastrutture e dei trasporti, e che di trasporti poco capiscono e molto le mani in pasta hanno, era meglio mandare oggi il rappresentante per la salute.
  È evidente che è una scelta sostanziale, ma anche una scelta che viene sistematicamente e in maniera reiterata riproposta dal Governo rispetto alla Camera. L'ho già detto più volte: sottosegretari che rinunciano a venire a rispondere in Aula solo per l'imbarazzo delle risposte che sono chiamati a dare, e solerti funzionari che contattano i singoli parlamentari per tentare di rinviare quelle che sono tecnicamente, sul piano regolamentare, interpellanze urgenti, e quindi con scadenze di risposta che appunto il Regolamento della Camera sancisce in maniera chiara. Atteggiamenti, che denuncio qui, del Governo, che attraverso funzionari di Palazzo Chigi tenta reiteratamente di costringere i parlamentari a rinunciare alle proprie interpellanze urgenti.
  Questa non vuole essere una interpellanza di rivendicazione: questa è, nel suo excursus illustrativo, una denuncia talmente forte che merita di essere fatta in quest'Aula, e di restare in quest'Aula scritta nei resoconti.
  È una denuncia che riguarda un sistema paramafioso, che sta governando i trasporti in Sardegna, dalla continuità negata, territoriale, aerea, per arrivare a quella appunto marittima. Si è registrato, in questi anni del Governo Renzi, un solo atto compiuto attraverso i social dal Presidente del Consiglio dei ministri, nota trombetta dell'Arno che utilizza i tweet per rappresentare le sue soluzioni: ebbene, con quel tweet di qualche settimana fa il Presidente del Consiglio dei ministri ha osato dire che la continuità territoriale della Sardegna funziona benissimo, e che anzi intendeva consigliarla alla Sicilia. È evidente che mai trombetta fu più stonata e fuori spartito: nessuno gli ha detto, a Renzi, che la continuità territoriale in Sardegna, marittima e aerea, per merci e per passeggeri, è un disastro sotto ogni punto di vista, e che ha responsabilità politiche chiare, che in questa maggioranza sono facilmente riconducibili. È troppo impegnato il Presidente del Consiglio dei ministri a magnificare il suo Air Force, che ha visto il dispiegamento di risorse di milioni di euro per rappresentare l'Italia nel mondo, con il suo aeromobile di lusso. Non è riuscito nemmeno a ricordarsi in quel tweet del «pizzino», e sottolineo «pizzino», che gli è arrivato da Montezemolo: quello con cui richiedeva 30 milioni di euro aggiuntivi per la continuità territoriale per la Sardegna, ovvero un'ulteriore regalia di Stato a foraggiare la speculazione e il monopolio sulla Sardegna, da affidare, secondo quel «pizzino», direttamente all'Alitalia; ma su questo tornerò con gli elementi di dettaglio.
  Ma cos’è la continuità territoriale ? È il diritto sacrosanto, riconosciuto ad una regione insulare, di essere connessa, alla pari delle altre regioni, degli altri cittadini europei, con pari condizioni rispetto al trasporto merci e passeggeri, e rispetto a quello aereo e marittimo. Oggi questo diritto è negato sotto ogni punto di vista, sia sulla qualità della continuità territoriale, pochi aerei e poche navi, e soprattutto è negata per il monopolio speculativo che impone prezzi che sono proibitivi per qualsiasi tipo di sviluppo !
  Ci sono due elementi quindi che emergono in questa continuità territoriale, gestita con doppia mano dal Governo e dalla regione: discriminazione da una parte, verso la Sardegna e verso i sardi, e dall'altra speculazione gestita da una parte dall'Alitalia, e dall'altra dalla Tirrenia. E uno pensa e si pone la domanda: ma a Cagliari e a Roma ci sono degli incapaci ? Il governo della regione, l'assessore regionale dei trasporti del PD e il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del Governo Renzi, PD, sono degli incapaci ? No, sono soltanto irresponsabili; e aggiungo soltanto, per una fase comunicazionale, che invece sono i responsabili di questo sistema paramafioso (lo sottolineo, lo ribadisco), che stanno rubando alle casse pubbliche ogni anno 120 milioni di euro: sistematicamente con compensazioni fittizie, inesistenti, che producono soltanto utili netti per l'Alitalia e per la Tirrenia, Pag. 39sta gestendo un furto legalizzato da parte del Governo ! Voi negate alla Sardegna un diritto, per consentire ad Alitalia e Tirrenia di speculare a piene mani e di riempire i propri bilanci, come è capitato in questi giorni, di milioni e milioni di euro.
  La realtà è quella della norma che avete approvato col decreto per le politiche sul territorio, nel quale avete stanziato 30 milioni di euro, nel quale si dice in maniera molto netta e molto chiara che volete consentire all'Alitalia di estendere la continuità territoriale ai non residenti anche nel restante periodo dei tre mesi all'anno, dal 15 giugno al 15 settembre. Stranamente, ad oggi di quei 30 milioni nessuno ne parla perché avete deciso di lasciar fare cassetta, bancomat, ad Alitalia, che non solo non dà la copertura dei posti necessari per connettere in maniera ottimale, anzi minima, il collegamento tra la Sardegna verso il continente, ma gli consentite di utilizzare la stagione estiva per speculare proprio per quel concetto che avete visto e, cioè, la Sardegna colonia da strizzare durante l'estate e poi da mortificare in tutti gli altri periodi dell'anno.
  Questo non è assolutamente accettabile e quella norma che avete inserito è davvero la rappresentazione più bieca di quel passaggio che vede voi, ancora una volta, artefici di una gestione che regala ad Alitalia milioni e milioni di euro: 60 milioni di euro glieli regala la regione per compensazioni totalmente illegittime e basterebbe fare i calcoli del costo dell'ora volata per rendersi conto che oggi, nel 2016, si sta pagando ancora quella compensazione con il costo del carburante del 2011, quando c’è stata, dal 2011 ad oggi, una riduzione del 61 per cento. Nessuno dice che si stanno dando soldi pubblici ad Alitalia per pagare una compensazione di un carburante che costa il 61 per cento in meno. Ovvero, ci sarebbe un taglio netto da 55 euro di oggi, per andare dalla Sardegna a Milano, a 30 euro e dalla Sardegna a Roma di 25, passando da 45 a 25.
  Quindi è in atto una truffa, un sistema paramafioso e uso «para» soltanto per alleviare la realtà, ma di fatto si sta compiendo un vero e proprio stillicidio di risorse pubbliche. Nel 2011 il costo della tonnellata metrica di carburante per aereo era di 915 euro; oggi è di 350 euro. Quindi, c’è un differenziale di 565 dollari a tonnellata metrica che sta andando a rimpinguare, con la compensazione di Stato, le casse di Alitalia e anzi Renzi dice: «Continuate a farli rubare e anzi aggiungetegli 30 milioni di euro per dare quello che gli è dovuto».
  Ma perché dico «sistema paramafioso» ? Perché sostanzialmente non solo si persegue questo tipo di atteggiamento, ma si mette in campo un'azione delittuosa per far scappare dall'Italia – e in particolar modo dalla Sardegna, schiava della sua insularità – le compagnie low cost a partire da Ryanair che, come sappiamo, ha superato nel numero dei passeggeri movimentati in Italia la stessa Alitalia. L'obiettivo è chiaro: mandare via Ryanair per ripristinare il monopolio non solo nazionale ma anche internazionale ad alto costo e per consentire ulteriormente una speculazione davvero priva di senso. Per questo avete implementato le tasse comunali aeroportuali, per consentire, appunto, a chi consegue il mercato a suon di euro di mobilitazione di basso costo di poter prendere la decisione di andar via, aggravando il sistema e bloccando, di fatto, con i servi territoriali – vedi il caso dell'assessore regionale dei trasporti del PD – qualsiasi tipo di sviluppo e di incremento delle compagnie low cost. Roba da ignoranti o da delinquenti !
  Ad Alghero c’è stato, in questo primo anno, un crollo del 50 per cento nelle strutture recettive. Si prevedono, entro l'anno, 400 mila passeggeri in meno, perché si è detto che l'Europa non lo consente. Solo un delinquente o un ignorante può affermare questo, perché l'Unione europea, in maniera molto netta e molto chiara, ha detto al punto n. 374 della decisione pubblicata il 29 settembre 2015 sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea: «Tanto rilevato la Commissione conclude che le condizioni di compatibilità stabilite dagli orientamenti del 2014 per il settore dell'aviazione sono state rispettate e Pag. 40quindi le misure sono compatibili con il mercato interno» e si riferisce al contributo co-marketing che il sottoscritto, da presidente della regione, diede alla compagnia Ryanair attraverso la società di gestione dell'aeroporto per consentire la promozione della Sardegna nel resto del mondo. Nonostante l'esame e la procedura di controllo che l'Unione europea ha messo in campo dal 2003 ad oggi si è arrivati, dopo 12 anni, alla sua decisione. Ebbene, ha detto che è tutto legittimo; ma è legittimo rispetto alle norme di allora ed è legittimo – dice la Commissione europea – rispetto agli orientamenti del 2014.
  Quindi, chiunque dica che è illegittimo dice il falso, per continuare a coprire quello che invece sta facendo Alitalia sui collegamenti che riguardano la Sardegna.
  Poi c’è – e concludo questa mia prima parte dell'illustrazione – la Tirrenia. Ma vi ricordate la farsa alla Leopolda, dove il «Poldo» di turno, Onorato, è andato a omaggiare Renzi, annunciando che tutto verrà collegato dal continente con la Sardegna a 14 euro ? Titoli sui giornali: «Onorato alla Leopolda: 14 euro per la Sardegna». Ovviamente tutto falso ! Poldo, lo scroccone di turno, l'arraffatore di turno, ha fatto una promessa soltanto per avere qualche prebenda e per avere la copertura del furto che si sta compiendo, dei 72 milioni di euro all'anno per consentire a questa compagnia di guadagnare, così come ha dichiarato quest'anno, 54 milioni di utile. Lo Stato gli dà 72 milioni di euro di compensazioni false, illegittime e illegali e, dall'altra parte, quella compagnia oggi dichiara 54 milioni di utili. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti due anni fa, di fronte a una dichiarazione nemmeno verificata di un debito di 28 milioni nelle casse della Tirrenia, ha deciso di tagliare le corse da e per la Sardegna per ridurre i costi di servizio, mantenendo 72 milioni di euro di contributo, ed oggi quei 28 milioni di perdita dichiarati, che hanno consentito di rivedere quella convenzione in base ad una norma capestro, portano 54 milioni di euro di guadagno.
  Una truffa alla quale si aggiunge una decisione tardiva dell'Autorità garante per la concorrenza e del mercato in cui si dice, con estrema chiarezza, che Tirrenia non ha fatto entrare nelle navi vuote soggetti che dovevano trasportare merci, anche deperibili, perché si erano permessi di viaggiare con la Grimaldi. Un sistema paramafioso di ricatto, che va a misurare e a numerare le targhe che salgono con le altre compagnie per fare poi il ricatto e non farli salire a bordo. Questa è un'indagine che avrebbero dovuto fare il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e il Ministero dell'economia e delle finanze e che invece non hanno fatto, perché volete continuare a coprire questo misfatto di Stato che vede davvero l'Italia dare denari – 120 milioni di euro di regali – ad Alitalia e a Tirrenia per continuare ad agire sulla discriminazione e sulla speculazione.

  PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Pili. Io la invito, comunque, per quanto riguarda anche il linguaggio, ad evitare termini forti e che mancano di rispetto al Governo, seppur nel dissenso o nella rappresentazione del suo pensiero.
  Il sottosegretario di Stato, Vito De Filippo, ha facoltà di rispondere.

  VITO DE FILIPPO, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, in merito ai quesiti posti dall'onorevole Pili si precisa quanto segue. Riguardo all'estensione della continuità territoriale ai non residenti per tutto l'arco dell'anno e all'abbattimento dei costi dei biglietti occorre far presente che la continuità territoriale sulle sei rotte storiche della Sardegna, per le quali la regione autonoma ha sottoscritto convenzioni con i vettori aggiudicatari delle rispettive gare, scadrà nel mese di ottobre 2017. La tempistica procedurale necessaria per una nuova imposizione di oneri rende tecnicamente non realizzabili, in tempi brevi e comunque prima di quella data, iniziative volte a stabilire nuovi assetti della continuità territoriale.
  Risulta comunque allo studio della regione autonoma della Sardegna, alla quale, Pag. 41come è noto, in applicazione all'articolo 1, commi 837 e 840, della legge n. 296 del 29 dicembre 2006, sono state trasferite le funzioni relative alla continuità territoriale, un progetto per la ridefinizione della continuità stessa, con l'obiettivo di sanare le criticità attualmente esistenti sia dal punto di vista delle frequenze sia delle tariffe, al fine di garantire livelli ridotti di tariffe anche ai non residenti. Ovviamente questo progetto prevede costi aggiuntivi, per i quali è già stato previsto uno stanziamento dal decreto-legge n. 185 del 25 dicembre 2015 e successiva legge di conversione. Per far fronte alla problematica sopra esposta, il presidente della regione autonoma della Sardegna ha aperto un'interlocuzione con le sedi ministeriali, che è tuttora in corso.
  Con riferimento al più recente incremento della misura addizionale comunale, si riportano di seguito le seguenti informazioni. L'articolo 13, comma 23, del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, e relativa legge di conversione, ha previsto che all'onere derivante dall'applicazione del comma 21, pari a 184 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018 si provvede mediante il corrispondente incremento dell'addizionale comunale sui diritti d'imbarco di cui all'articolo 2, comma 11, della legge 24 dicembre 2003 n. 350 e successive modificazioni, da destinare all'INPS. La misura dell'incremento dell'addizionale comunale sui diritti d'imbarco è fissata con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, alla cui adozione è subordinata l'efficacia della disposizione di cui al comma 21. Dovendo pertanto definire un meccanismo di aggiornamento dell'importo dell'addizionale comunale atto a garantire il gettito complessivo di 184 milioni di euro all'anno in funzione del traffico dei passeggeri effettivamente registrato di anno in anno, è stato stimato il flusso dei passeggeri paganti per ciascuno degli anni interessati dalla norma e, con decreto del MIT e del MEF del 29 ottobre 2015, è stato determinato in via previsionale l'ammontare annuo pari rispettivamente a euro 2,50 per il 2016; 2,42 per il 2017; 2,34 per il 2018. L'articolo 2 del suddetto decreto prevede un meccanismo di aggiornamento della misura dell'addizionale da effettuarsi di anno in anno sulla base di eventuali scostamenti dei dati di traffico effettivi registrati dal 1o gennaio al 30 settembre rispetto alle previsioni stimate in fase di determinazione proprio di quell'importo di aumento dell'addizionale. Pertanto nell'ipotesi di una crescita significativa del traffico nel 2016, anno di prima applicazione del decreto, che dovesse assicurare un extragettito rispetto ai 184 milioni previsti dalla norma stessa, si provvederà, onorevole Pili, a diminuire in misura corrispondente l'importo inizialmente previsto per l'anno successivo sempre mediante un decreto interministeriale.
  Segnalo, inoltre, che è in atto un confronto istituzionale per individuare interventi finalizzati a favorire la riduzione di questa addizionale.
  Quanto poi alle problematiche segnalate relativamente al trasporto via mare, la competente direzione generale per la vigilanza delle autorità portuali, le infrastrutture portuali e il trasporto marittimo e per vie d'acqua interne, rispetto a quanto affermato dall'onorevole interpellante sulle condizioni di abbattimento dei costi del carburante e il mancato adeguamento delle compensazioni corrisposte a Tirrenia-CIN e delle stesse tariffe di trasporto praticato all'utenza ha rilevato che il corrispettivo di convenzione è fisso ed immodificabile e di per sé non soggetto a variazioni per effetto delle dinamiche dei costi del carburante. Questi risultano infatti idonei ad incidere esclusivamente sulle tariffe massime praticate all'utenza il cui ammontare è oggetto, invece, di periodica verifica da parte dell'amministrazione in relazione alla variazione dei costi suddetti. Circa poi l'asserita concentrazione derivante dall'acquisizione della totalità delle quote di Tirrenia-CIN da parte di Onorato, questa invece è di specifiche competenza dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato.
  Per quanto riguarda la doglianza relativa al considerevole numero di rimorchi Pag. 42rifiutati all'imbarco da parte della società Tirrenia, la suddetta direzione generale informa di aver ricevuto solo due distinte denunce da parte della società di autotrasporto Nuova Logistica Lucianu S.r.l. e Transisole S.p.A. Queste denunce riguardano indistintamente mancati imbarchi sia sulla società Tirrenia-CIN che sulla società Moby, quest'ultima estranea alle attività di vigilanza di competenza del MIT. A seguito dei dettagli forniti dalle società di autotrasporto e delle controdeduzioni formulate da Tirrenia, i rimorchi non imbarcati si sarebbero presentati al porto oltre il limite delle tre ore prima dell'orario fissato per la partenza della nave previsto sia dalle condizioni generali di trasporto vigenti per la CIN e richiamate dalla vigente Convenzione, quale parte integrante del dispositivo convenzionale, sia dal prospetto allegato alla polizza di carico, documenti sottoscritti dal trasportatore e, dunque, dallo stesso conosciuti. In particolare, nel caso della società Lucianu la circostanza di presentazione all'imbarco un'ora prima dalla partenza è confermata dalla stessa società di autotrasporto che invoca a giustificazione la prassi corrente.
  La citata direzione generale ha provveduto a riscontrare con nota la società Nuova Logistica Lucianu in ordine alle soprarichiamate doglianze, indirizzata per conoscenza all'Agcom, facendo presente che le fattispecie dedotte in lamentela non configuravano condotta irregolare da parte della CIN per i motivi che sono stati appena indicati.
   Per quanto concerne invece la società Transisole ad oggi l'istruttoria è ancora in corso ma gli uffici del MIT fanno presente che anche per questa società è emerso che non sia stato rispettato da parte dei propri automezzi commerciali il limite di presentazione all'imbarco fissato in tre ore prima della partenza della nave. Non si ravvisano pertanto elementi per la revoca urgente della convenzione né il blocco del corrispettivo di convenzione in ordine al quale persiste l'obbligo di corresponsione al fine di evitare il blocco dei servizi di continuità territoriale marittima.
   Circa la ridefinizione della convenzione relativa agli oneri di servizio pubblico si fa presente che, al di là dell'esito dell'istruttoria di merito che ha attestato la regolarità delle condotte della CIN nei confronti delle aziende di autotrasporto che avevano denunciato ipotesi di discriminazioni e denegato arbitrario imbarco di propri automezzi commerciali su navi della stessa CIN, la citata convenzione repertoriata al n. 54 del 2012 può essere oggetto di procedimento di modifica solo al verificarsi di eventi e parametri che la stessa convenzione, approvata per legge, pone come ipotesi tassative per avviare eventuali procedure di ridefinizione. Il caso di specie dei rapporti tra vettore e utenti commerciali non rientra tra tali ipotesi di modifiche e di ridefinizione, considerato che tale sfera di rapporti commerciali viene richiamata in convenzione esclusivamente con la citazione della validità del regolamento aziendale delle condizioni generali di trasporto, approvata dall'amministrazione e che l'azienda ha l'onere di rispettare e di far rispettare da parte dell'utenza.
   Infine, quanto all'ultimo quesito, si fa presente che il corrispettivo di convenzione è fisso, immodificabile in quanto previsto dalla legge e di per sé non soggetto a variazione per effetto delle dinamiche dei costi del carburante; questi costi risultano infatti idonei ad incidere – ripeto – esclusivamente sulle tariffe massime praticate all'utenza il cui ammontare è oggetto di periodica verifica, come è stato già detto, da parte dell'amministrazione in relazione alla variazione degli stessi costi.

  PRESIDENTE. L'onorevole Pili ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  MAURO PILI. Grazie, Presidente. Riguardo al suo richiamo a utilizzare termini più consoni per quest'Aula farò a meno in questa seconda parte di utilizzare il termine «para» perché si tratta, invece...

Pag. 43

  PRESIDENTE. Onorevole Pili, per favore.

  MAURO PILI. ...rispetto a quello che ha detto il sottosegretario di un sistema mafioso, di omissione di controllo, di copertura omissiva di quello che sta avvenendo sui trasporti in Sardegna. Non c’è niente di «paramafioso»: è molto più grave ed è evidente che si tratta già dal primo punto di una dimostrazione di come questo Parlamento venga utilizzato soltanto per coperture di facciata. Il Governo dice: sulla continuità territoriale non possiamo intervenire perché le convenzioni con la regione, firmate dall'ENAC, scadono nel 2017. I decreti del Ministro – perché anche questo continuano a non dire – i decreti con i quali si indice la gara per la continuità territoriale sono a firma, in base alla legge n. 144 del 1999, dell'autorità statale e quella modificata nel 2006 non è stata mai codificata con norme attuative. E si dice che si devono modificare nel 2017: scusate, ma non abbiamo fatto un decreto nel 2015, a novembre, decreto d'urgenza ? All'articolo 10 di quel decreto sul territorio è stato inserito il capitolo sulla continuità territoriale per la Sardegna in cui si dice: al fine di garantire un completo ed efficace sistema di collegamenti aerei da e per la Sardegna che consenta la riduzione dei disagi derivanti dalla condizione di insularità e assicuri la continuità del diritto alla mobilità anche ai passeggeri non residenti, sono attribuiti alla regione Sardegna per l'anno 2015 trenta milioni di euro. Ma come fa un rappresentante del Governo a venire nell'Aula più alta del Parlamento a dire che con quei 30 milioni abbiamo scherzato ! Vuol dire che non conoscete nemmeno le elementari regole della contabilità pubblica. Infatti, se quello stanziamento è segnato nel 2015 e vi è una copertura triennale, è evidente che siamo a rischio anche dello stesso mantenimento della copertura finanziaria. E per quale motivo ci avete fatto fare un decreto d'urgenza se questi soldi vi servono per il 2017 ? Ve lo dico io: perché il Presidente della Camera mi ha indotto a non utilizzare il termine «paramafioso», ma togliendo il termine «para» è evidente quello che è avvenuto e, cioè, sostanzialmente ci si è messi di fronte a un atteggiamento di tweet del Presidente del Consiglio per ingannare i sardi e far continuare Alitalia ad esercitare quel monopolio e quella speculazione che stanno mettendo in ginocchio la Sardegna e i diritti dei sardi ad essere considerati cittadini non discriminati nella Comunità europea. Avete messo 30 milioni di euro in un decreto d'urgenza e oggi dite che prima dell'ottobre 2017 non li potete utilizzare. Soltanto dei pagliacci possono fare delle cose del genere ! Soltanto chi non ha il senso delle istituzioni ! Soltanto chi vuole umiliare una comunità si può permettere di dire determinate cose !
  Si dice che l'addizionale che avete stabilito per le tasse aeroportuali si può tagliare per il 2017. Ma, allora, cosa avete detto al presidente della regione, ai sindaci di Alghero e di Sassari, quella coppia di fatto che si muove da Dublino a Roma a perorare la causa di Ryanair ? Sono tornati in Sardegna e hanno detto: il Ministro si è impegnato a tagliare le tasse per l'insularità. Falso ! Il Ministro ha preso in giro tutti e la risposta di oggi ne è la dimostrazione: prima del 2017 non si può tagliare niente, se mai si taglierà. Questo vuol dire che Ryanair ha detto che se entro il 30 giugno non c’è il taglio di quell'addizionale, Ryanair toglierà anche l'ultimo volo che riguarda Alghero e la Sardegna. Quindi, i sardi, i cittadini di Alghero, la Sardegna che ha puntato sulle compagnie low cost per il suo sviluppo (3 milioni e mezzo di passeggeri movimentati), sono stati imbrogliati da un Governo di fanfaroni e di trombette a buon mercato che niente hanno assolutamente a che fare con il rispetto degli impegni e degli accordi.

  PRESIDENTE. Onorevole Pili, io capisco che lei sta rappresentando una posizione politica molto ferma, però la devo invitare per la seconda volta a utilizzare un linguaggio rispettoso del Governo. Questo se lei vuole finire l'interpellanza con il tempo che ha a disposizione per replicare.

Pag. 44

  MAURO PILI. Non userò più il termine «trombette», Presidente.

  PRESIDENTE. Altrimenti, io la richiamo all'ordine, le tolgo la parola e la finiamo così. Quindi, la invito ad avere un atteggiamento rispettoso del Governo in genere e anche della Presidenza quando le fa...

  MAURO PILI. Mi pare che il termine «trombette» o «tromboni» non sia assolutamente rappresentativo, nemmeno minimamente, di quello che il Governo fa.

  PRESIDENTE. Onorevole Pili...

  MAURO PILI. Vado sulla Tirrenia.

  PRESIDENTE. ...lei deve avere un atteggiamento rispettoso del Governo e della Presidenza.

  MAURO PILI. Il Governo deve rispettare la Sardegna e i sardi, Presidente !

  PRESIDENTE. Se la Presidenza...

  MAURO PILI. Mi lasci concludere.

  PRESIDENTE. Onorevole Pili, io la richiamo all'ordine. Non mi costringa a toglierle la parola. Lei ha ancora 5 minuti.

  MAURO PILI. Appunto !

  PRESIDENTE. Finisca i suoi 5 minuti perché, altrimenti, io le tolgo la parola e la finiamo così. Prego.

  MAURO PILI. Il corrispettivo analogo che si è verificato sulla Tirrenia è pari merito. Si dice che non si può modificare il contributo di 72 milioni e 600 mila euro. Anche questo è un palese imbroglio perché nel 2013 è stato modificato il contributo. Infatti, è stato tagliato di 28 milioni di euro il servizio e, quindi, c’è stata la sommatoria di 72 più 28 perché quelli hanno risparmiato 28 milioni di euro e, quindi, hanno guadagnato di più, dichiarando il falso rispetto a quella partita davvero indegna di gestione dei trasporti. Ma, come, quando la Tirrenia dice che ci sono 28 milioni di euro di debiti, noi tagliamo i servizi e quando, invece, c’è un crollo netto del costo del carburante, non si possono toccare i 72 milioni e 600 mila euro ? Questo perché devono continuare a dichiarare quello che hanno dichiarato due giorni fa e, cioè, che guadagnano 54 milioni di euro di utili, fatti e realizzati con la copertura «paramafiosa» o mafiosa del Governo che sostanzialmente si è messo nelle condizioni di gestire...

  PRESIDENTE. Onorevole Pili, la ringrazio, la sua interpellanza finisce qui. Onorevole Pili, non posso tollerare oltre questo atteggiamento irrispettoso.
  Io l'ho richiamata per due volte alla questione e le ho detto di utilizzare un linguaggio consono. Lei continua con questa cosa, con «mafioso» e «paramafioso». Lei sta mancando di rispetto, prima ancora che al Governo, alla Presidenza e, quindi, la sua interpellanza è terminata qui. La ringrazio.

(Iniziative di competenza volte a tutelare la privacy dei cittadini dalle pratiche abusive delle aziende di telemarketing – n. 2-01360)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Quaranta ed altri n. 2-01360, concernente iniziative di competenza volte a tutelare la privacy dei cittadini dalle pratiche abusive delle aziende di telemarketing (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Quaranta se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  STEFANO QUARANTA. Grazie Presidente. Sottosegretario, l'Italia è il Paese delle contraddizioni e delle disuguaglianze sempre più accentuate: grandi ricchezze, povertà, troppi giovani disoccupati, anziani soli, ma anche realtà produttive importanti e talenti. Un tema, tuttavia, accomuna davvero tutti nel nostro Paese e non Pag. 45è il tifo per la nazionale di calcio, ma è il fatto che tutti o quasi tutti possiedano un telefono e, conseguentemente, sono vittime del famoso, ahimè, telemarketing, ossia quell'attività che dovrebbe mettere in connessione aziende e utenti e che dovrebbe consentire anche di far conoscere con comunicazioni promozionali i prodotti delle aziende e che nella percezione degli italiani, ahimè, è diventata sinonimo di persecuzione. Telefoni fissi o mobili, nord o sud del Paese, la sostanza non cambia.
  Partiamo allora dalle norme attualmente vigenti in materia. Nel 2011, presso il Ministero dello sviluppo economico, fu istituito il Registro delle opposizioni proprio a tutela della privacy dei cittadini. Da allora, fino alla fine del 2015, 20 mila segnalazioni, quasi 3 milioni di euro di multe comminate; in particolare, segnalazioni su chi si occupa di telefonia, luce, gas, televisioni. Per essere nel Registro delle opposizioni è necessario far parte degli elenchi telefonici pubblici, ma noi sappiamo benissimo come vittime di questa persecuzione siano anche coloro che non ne fanno parte e sappiamo benissimo come, pur facendo parte del Registro delle opposizioni, queste società trovano comunque il modo di ottenere il tuo numero di telefono attraverso un consenso spesso estorto anche con l'inganno, magari per aver prenotato un hotel o per aver comprato online un biglietto. Federconsumatori e molte altre associazioni del settore hanno denunciato più volte la gravità di questo fenomeno che colpisce in particolare le persone anziane, che spesso sono vittime di vere e proprie truffe. E chi si rivolge a queste associazioni ormai negli ultimi mesi ha assolutamente come priorità quella di combattere il fenomeno di telemarketing che viene vissuto come un vero e proprio abuso che si subisce sulla propria pelle tutti i giorni. Il quadro delle regole evidentemente è un quadro sbagliato, che non consente appunto una difesa. L'ha affermato anche da ultimo il segretario generale del Garante della privacy che ha chiesto un'innovazione nelle regole di questo settore. Il Registro evidentemente non basta. Noi sappiamo benissimo che vi è l'esigenza di contemperare appunto la necessità promozionale delle aziende con il diritto però alla privacy dei cittadini e degli utenti. Mi pare che siamo andati ben oltre da questo punto di vista, dato che molti la ritengono una vera e propria persecuzione. Si tratta di capire da questo punto di vista qual è l'opinione del Ministero e quali iniziative si intendano intraprendere per porre fine a questa situazione ormai insostenibile.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato, Vito De Filippo, ha facoltà di rispondere.

  VITO DE FILIPPO, Sottosegretario di Stato per la salute. Grazie Presidente. Rispetto a quanto rappresentato dall'onorevole interpellante, occorre in via preliminare far presente quanto segue. Il Ministero dello sviluppo economico fin dalla sua istituzione fa azioni di monitoraggio sul funzionamento del Registro pubblico delle opposizioni con particolare riguardo agli effetti prodotti dal nuovo impianto normativo sulle tutele per i cittadini. L'istituzione del Registro è stata necessaria per adempiere pienamente alle direttive europee sul tema della protezione dei dati personali e chiudere un procedimento di infrazione europea per l'utilizzo improprio delle numerazioni estratte dagli elenchi telefonici pubblici. In seguito all'attivazione del servizio, i cittadini, la cui numerazione è inserita negli elenchi telefonici pubblici, iscrivendosi al Registro possono ricevere esclusivamente le chiamate promozionali che hanno autorizzato in precedenza.
  È noto che l'attuale sistema, basato sul cosiddetto option out, è una forma di tutela verso le sole utenze presenti negli elenchi telefonici pubblici, che sono pari a poco più di 10 milioni, mentre non protegge la totalità delle numerazioni attualmente attive in Italia, che sono superiori a 100 milioni. Per queste ultime vigono comunque le tutele previste dal decreto legislativo n. 196 del 2003, il cosiddetto codice della privacy, secondo il Pag. 46quale le numerazioni riservate possono essere contattate, tramite telefono, per finalità di telemarketing, solo previo consenso esplicito.
  Il Ministero dello sviluppo economico è certamente a conoscenza delle lamentele di numerosi utenti e delle stesse associazioni dei consumatori in merito alla crescente invadenza delle comunicazioni telefoniche o promozionali e della circostanza che l'attuale impostazione del Registro delle opposizioni non consente di contestare violazioni alle imprese che utilizzano tali modalità di comunicazione nei confronti di utenti che, pure iscritti nel Registro, non abbiano avuto cura di revocare tutti i consensi espressi in altra sede o in altro modo all'utilizzo del medesimo dato.
  Tutto ciò premesso, per quanto riguarda il mancato rispetto della normativa da parte di alcuni operatori di telemarketing, questo va sicuramente stigmatizzato anche attraverso l'azione svolta dal Garante per la protezione dei dati personali, che negli ultimi cinque anni ha contrastato i comportamenti illeciti con attività ispettive e anche sanzionatorie. Allo stesso tempo, è doveroso evidenziare che il dato relativo alle segnalazioni ricevute dall'autorità potrebbe non essere del tutto rappresentativo del fenomeno, in quanto non identifica le effettive violazioni constatate, bensì si basa sulle sole denunce fatte dai cittadini, i quali molto spesso hanno fornito, in altre sedi, consensi al telemarketing o al teleselling, anche in maniera, certe volte, inconsapevole.
  L'estensione del Registro pubblico delle opposizioni anche alle numerazioni non presenti negli elenchi telefonici pubblici è attualmente argomento in discussione al Senato nell'ambito dell'approvazione del disegno di legge per il mercato e la concorrenza. Ove questa modifica fosse approvata, tutti i cittadini, siano essi detentori di un numero pubblico o di un numero privato, potrebbero con facilità opporsi al trattamento dei propri dati personali iscrivendosi al Registro pubblico delle opposizioni, senza doversi far carico dell'esercizio del diritto di opposizione verso i singoli soggetti che detengono i loro dati.
  In conclusione, si conferma in questa sede la disponibilità del Ministero dello sviluppo economico ad un approfondimento della specifica disciplina di settore, al fine di migliorare la tutela dei consumatori e contrastare i comportamenti che violano le norme vigenti in materia, confrontandosi, oltre che con l'autorità del Garante per la privacy, anche con l'Autorità garante della concorrenza e del mercato e con le singole autorità di regolazione settoriali.

  PRESIDENTE. L'onorevole Quaranta ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  STEFANO QUARANTA. Grazie, Presidente. Ringrazio il sottosegretario, nel senso che mi pare che condividiamo l'idea che la situazione attuale non regga e occorra un intervento di carattere legislativo. D'altra parte, ormai le associazioni si stanno autorganizzando, in attesa di una risposta della politica. Sono partite petizioni, che prevedono raccolte di firme, da ultimo la campagna #nondisturbarmi. Io credo che si debba intervenire con una legge. Ora, io non so quali saranno i tempi della discussione del Senato; mi pare che siamo già molto in ritardo. Io credo che sia utile ragionare nel merito.
  Noi cercheremo di dare un contributo; io personalmente presenterò una proposta di legge e vorrei condividerne con lei i punti fondamentali. Il primo: tutti devono potersi iscrivere a questo Registro delle opposizioni, indipendentemente dal fatto che siano o meno in elenchi pubblici. Secondo: deve essere un registro universale e totale, che possa difendere anche coloro che hanno dato il consenso inavvertitamente. Terzo: occorre inasprire il quadro sanzionatorio, in particolare nei confronti di quegli operatori che utilizzino aziende di telemarketing che hanno compiuto evidenti abusi. Da questo punto di vista, quindi, ci vuole una responsabilità condivisa tra operatori e, ovviamente, Pag. 47aziende di telemarketing. Quarto: ci vuole una campagna informativa, su cui io vorrei sollecitare anche il Governo. I cittadini devono poter sapere quali sono i loro diritti e come si possono difendere. Tutto questo non può essere lasciato alla buona volontà delle associazioni. Da ultimo, io vi invito a riflettere più in generale sul fenomeno call center. Ormai sempre di più vi sono aziende italiane che utilizzano call center all'estero. Questo ha due ordini di problemi: quello della tutela dell'occupazione, perché sappiamo benissimo quali sono le regole di ingaggio dei call center che si aprono all'estero; dall'altra parte, c’è anche un problema di tutela della privacy e dei dati sensibili. Quindi, io credo che, anche su questo punto, il Governo dovrebbe fare la sua parte.
  Comunque, l'importante è partire con un'iniziativa legislativa. Noi ci saremo e speriamo finalmente che i tanti utenti disperati abbiano una risposta.

  PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Sui lavori dell'Assemblea.

  PRESIDENTE. Avverto che, secondo le intese intercorse tra tutti i gruppi, l'esame della mozione n. 1-01234, concernente l'affidamento dei servizi nel settore dei beni culturali, con particolare riferimento allo svolgimento di procedure di gara, previsto a partire da lunedì 16 maggio è differito al mese di giugno.
  Avverto che, in calce al resoconto stenografico della seduta odierna, sarà pubblicata l'organizzazione dei tempi per l'esame della proposta di legge n. 1994-A, recante disposizioni in materia di criteri di priorità per l'esecuzione di procedure di demolizione di manufatti abusivi.

Ordine del giorno della prossima seduta.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

  Lunedì 16 maggio 2016, alle 15:

  1. - Discussione sulle linee generali delle mozioni Carlo Galli ed altri n. 1-01193 e D'Uva ed altri n. 1-01265 concernenti interventi per il rilancio del comparto della ricerca italiana.

  2. - Discussione sulle linee generali della proposta di legge:
   S. 580 – D'INIZIATIVA DEI SENATORI: FALANGA ed altri: Disposizioni in materia di criteri di priorità per l'esecuzione di procedure di demolizione di manufatti abusivi (Approvata dal Senato) (C. 1994-A).
  – Relatore: Sarro.

  La seduta termina alle 13.

Pag. 48

ORGANIZZAZIONE DEI TEMPI DI ESAME DELLA PROPOSTA DI LEGGE N. 1994-A

Pdl n. 1994-A – Demolizione manufatti abusivi

Tempo complessivo: 19 ore, di cui:
• discussione generale: 7 ore;
• seguito dell'esame: 9 ore.

Discussione generale Seguito dell'esame
Relatore 20 minuti 20 minuti
Governo 20 minuti 20 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti 20 minuti
Tempi tecnici 30 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora e 8 minuti (con il limite massimo di 15 minuti per ciascun deputato) 1 ora e 24 minuti (con il limite massimo di 10 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 5 ore e 2 minuti 6 ore e 6 minuti
 Partito Democratico 32 minuti 1 ora e 48 minuti
 MoVimento 5 Stelle 30 minuti 45 minuti
 Forza Italia – Popolo della
 Libertà – Berlusconi Presidente
30 minuti 34 minuti
 Sinistra Italiana – Sinistra
 Ecologia e Libertà
30 minuti 28 minuti
 Area Popolare (NCD - UDC) 30 minuti 28 minuti
 Scelta Civica per l'Italia 30 minuti 24 minuti
 Lega Nord e Autonomie – Lega
 dei Popoli – Noi con Salvini
30 minuti 24 minuti
 Democrazia Solidale – Centro
 Democratico
30 minuti 22 minuti
 Fratelli d'Italia – Alleanza
 Nazionale
30 minuti 21 minuti
 Misto: 30 minuti 32 minuti
  Conservatori e Riformisti 7 minuti 7 minuti Pag. 49
  Alternativa Libera 6 minuti 6 minuti
  Alleanza Liberalpopolare Auto nomie ALA – MAIE - Movimento Associativo italiani all'estero 5 minuti 6 minuti
  Minoranze Linguistiche 4 minuti 4 minuti
  Partito Socialista Italiano (PSI)
  – Liberali per l'Italia (PLI)
3 minuti 3 minuti
  Unione Sudamericana Emigrati Italiani 3 minuti 3 minuti
  FARE! – PRI 2 minuti 3 minuti