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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 602 di martedì 5 aprile 2016

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI

  La seduta comincia alle 10.

  PRESIDENTE. La seduta è aperta.
  Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

  ANNA MARGHERITA MIOTTO, Segretaria, legge il processo verbale della seduta del 1o aprile 2016.

  PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alfreider, Artini, Baretta, Bindi, Bocci, Carbone, Catania, Cicchitto, Damiano, Epifani, Faraone, Ferrara, Gentiloni Silveri, Meta, Nicoletti, Pes, Piccoli Nardelli, Rossomando, Scanu, Speranza, Tofalo e Villecco Calipari sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente centosei, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Svolgimento di una interpellanza e di interrogazioni.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di una interpellanza e di interrogazioni.

(Interventi per la prevenzione e il contrasto della criminalità nel territorio di Bari e provincia – nn. 2-01133, 3-01776 e 3-01827)

  PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza e alle prime interrogazioni all'ordine del giorno Distaso ed altri n. 2-01133 e Losacco n. 3-01776 e n. 3-01827, concernenti interventi per la prevenzione e il contrasto della criminalità nel territorio di Bari e provincia (Vedi l'allegato A – Interpellanza e interrogazioni).
  L'interpellanza e le interrogazioni, vertendo sullo stesso argomento, verranno svolte congiuntamente.
  Chiedo all'onorevole Distaso se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  ANTONIO DISTASO. Grazie Presidente. Sottosegretario, colleghi presenti, questa interpellanza, sottoscritta da chi parla e da altri due colleghi, Altieri e Fucci, è stata presentata il 21 ottobre del 2015, ne discutiamo quindi a circa sei mesi anche dall'accadimento dei fatti che in essa sono esposti. Quindi, ringrazio senz'altro il sottosegretario per la sua cortesia personale, per la sua presenza e, anche nel voler rispondere, non posso che rimarcare la mancanza di celerità da parte del Governo da questo punto di vista. Non lo Pag. 2dico solo per un fatto formale e procedurale, lo dico per un fatto sostanziale.
  Verso il 20 ottobre, tra il 15 e il 20 ottobre, nella città di Bari, nel suo territorio, in varie città metropolitane, quindi anche il capoluogo del comune metropolitano, si sono svolti episodi di una certa gravità, che hanno fatto pensare a una vera e propria escalation criminale in quel periodo. Nella interpellanza faccio riferimento all'assalto ad un furgone portavalori da parte di un vero e proprio commando nella zona industriale di Bari; la stessa associazione degli industriali, in quel periodo, richiamò l'attenzione sull'episodio, non solo per la sua gravità, ma anche perché non era l'unico che si era verificato in quella zona. Faccio riferimento al fatto che, sempre in quei giorni, nel quartiere Libertà, che è un quartiere limitrofo al centro di Bari, furono sparati in aria dei colpi di arma da fuoco in una zona praticamente attigua ad un edificio scolastico. Mi riferisco al fatto che, sempre in quei giorni, intorno al 20 ottobre, nel comune di Bitonto, un comune medio, attiguo quasi a Bari, durante la festa patronale dei Santi Medici, ci furono spari con feriti tra la folla, episodio che, fortunatamente, non causò danni maggiori, vista la presenza di tante persone.
  In quei giorni, oltre a questa interpellanza, sottoscritta da me ed altri colleghi, insieme ad altri parlamentari di Bari e provincia, quindi deputati e senatori, e al capogruppo del nostro movimento politico alla regione Puglia, ci siamo recati, precisamente il 2 novembre, dal Prefetto di Bari per illustrare questa interpellanza, per chiedere quali misure si intendessero adottare riguardo a un prossimo Comitato preposto, quello per l'ordine e la sicurezza pubblica. Abbiamo chiesto un incontro al Ministro Alfano, come gruppo parlamentare dei Conservatori e Riformisti, noi cinque parlamentari di Bari e provincia, con il capogruppo alla regione, incontro che non c’è, purtroppo, mai stato. Sappiamo che, nel frattempo, il Ministro è venuto a Bari, mi pare da ultimo in data 29 febbraio 2016, a presiedere anche un comitato, ed è chiaro che negli ultimi sei mesi certamente alcune cose sono cambiate.
  Il punto che vorrei sottolineare, però, è questo. Bari è molto cambiata negli ultimi tempi e il discorso potrebbe essere più lungo, ma mi limito a dire che ci sono due punti da sottolineare: il fatto che, prima, alcuni quartieri erano considerati quartieri cosiddetti a rischio, poi, con il progressivo arresto dei capi cosiddetti della criminalità, si è verificato questo fenomeno, ossia che i capi sono stati messi in sicurezza, tranne un episodio su cui tornerò tra poco, ma che le seconde e le terze fila sono diventate, così, più incontrollabili. Questo richiede, paradossalmente, una maggiore attenzione da parte della magistratura inquirente e delle forze dell'ordine, e soprattutto un maggiore presidio territoriale. Prima c'era il cosiddetto quartiere San Paolo, la città vecchia, il quartiere Japigia, adesso si aggiunge il quartiere Libertà, ma anche con riferimento alle stesse zone del centro – e naturalmente posso rivolgermi solo ai miei concittadini – Piazza Umberto, dove c’è l'Università di Bari, che di notte diventa, dopo le otto, praticamente impercorribile per la presenza di extracomunitari liberi e tante altre persone. Sapete che Bari è uno snodo importante anche da questo punto di vista del passaggio di persone, che cercano di raggiungere altri posti e in alcuni casi si fermano anche.
  Qual è il punto, allora ? Io ascolterò, naturalmente, dalle parole del sottosegretario, le misure che sono state sicuramente già adottate, perché, ripeto, nel tempo passato, certamente il Governo non è rimasto, immagino, inerte, così anche come le forze dell'ordine a livello locale. Sottolineo due cose: devo dire che a Bari, negli ultimi tempi, si è notato un maggiore presidio territoriale in alcuni punti nevralgici, l'ho notato personalmente. Mi ha un po’ stupito leggere dalla stampa – perché da quello l'ho appreso – che, nell'ultimo vertice, almeno così riportano gli organi di stampa, presso la prefettura di Bari, ripeto, il 29 febbraio scorso, il Ministro ha promesso 50 unità militari. Ecco, Bari è Pag. 3una grande città – ripeto, il suo territorio si estende anche ai comuni limitrofi e non solo, perché la città metropolitana di Bari è molto grande – e necessita di un intervento più cospicuo, tant’è che, allora, noi, a novembre, preannunciamo al prefetto di Bari degli emendamenti, che non sono stati accolti, nella legge stabilità, mirati a incrementare, dal punto di vista del fondo di dotazione, quello delle forze dell'ordine. Ma non è soltanto un fatto, naturalmente, di quantità, è anche un fatto di organizzazione mirata e di qualità.
  Da questo punto di vista, quindi, io vorrei ricordare al sottosegretario in particolare due cose: la prima è che questi nuovi presidi, che in città si sono notati, non siano a carattere temporaneo, ma che si possa in qualche modo dare un'idea al territorio di una certa stabilizzazione e di un certo controllo; in secondo luogo, che, sia pure magari in sessioni separate, i parlamentari del territorio possano essere coinvolti e ascoltati durante i vertici del Comitato per l'ordine pubblico e la sicurezza, naturalmente non quando si parla di fatti riservati agli addetti ai lavori, ma magari in qualità di auditori e di persone che possono dare un contributo.
  Da ultimo, segnalo il fatto che – al di là della recrudescenza che, fortunatamente, sembra essersi attenuata, perché di episodi ve ne sono stati ulteriori – sempre al quartiere Japigia, non molto tempo fa, il boss cosiddetto Savinuccio, Savino Parisi, è stato prima scarcerato dalla corte d'appello, e recentemente è stato riarrestato, e che la sua scarcerazione – io sono l'unico che lo ha denunciato pubblicamente – è stata salutata nel quartiere di riferimento, dove lui ha il suo presidio territoriale, con fuochi d'artificio. Anche qui – e questo episodio richiama tanti altri episodi che si sono verificati in altre zone d'Italia – possibile che i nostri inquirenti non sapessero che la Mala usa festeggiare in questo modo il ritorno dei suoi capi ? E noi quale segnale – mi chiedo – diamo ai nostri concittadini se permettiamo che questo accada e, quindi, se non svolgiamo un'adeguata azione di prevenzione ? Questo è il punto: è il segnale di sicurezza che deve essere dato al territorio, perché Bari, in questo momento, vive anche una condizione dal punto di vista sociale ed economico di difficoltà e, quindi, la mescolanza del fattore sociale ed economico con quello anche delle diverse etnie, che trovano posto alcune volte in maniera incontrollata perché non sono schedate nella nostra città, può procurare una miscela che, a volte, può divenire davvero esplosiva.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Domenico Manzione, ha facoltà di rispondere.

  DOMENICO MANZIONE, Sottosegretario di Stato per l'interno. Grazie, Presidente. Intanto, mi consenta di sottolineare che sono perfettamente d'accordo con quanto rilevava l'onorevole Distaso in ordine alla tempistica intercorrente tra il deposito dell'atto di sindacato ispettivo e la risposta da parte del Governo. La prego, però, onorevole, di considerare che non è un ritardo «doloso» – uso l'espressione chiaramente tra virgolette –, ma è semplicemente legato a problematiche di calendarizzazione degli atti di sindacato ispettivo. Non c’è alcuna trascuratezza né alcuna sottovalutazione delle questioni che lei poneva.
  Venendo al merito, la risposta sarà ovviamente unitaria, visto che i due atti trattano dello stesso oggetto. L'attenzione che gli onorevoli Distaso e Losacco pongono unitamente ad altri deputati richiama alcuni episodi delittuosi avvenuti a Bari e provincia nell'autunno dello scorso anno e sottolineano la percezione di insicurezza dei cittadini di fronte a fenomeni criminosi che evidenziano un’escalation di violenze e di reati predatori nella provincia. Sollecitano, pertanto, l'adozione di iniziative volte al rafforzamento del controllo del territorio e al potenziamento dell'organico delle forze dell'ordine.
  Posso assicurare, da questo punto di vista anzitutto, che la situazione della sicurezza e dell'ordine pubblico nella provincia di Bari è oggetto della massima attenzione da parte del Ministero dell'interno, Pag. 4sia attraverso le autorità provinciali di pubblica sicurezza, sia attraverso il vertice politico. Lo stesso Ministro dell'interno – come già lei rammentava prima – ha presieduto, il 29 febbraio scorso, presso la prefettura del capoluogo barese, una seduta della Conferenza regionale delle autorità di pubblica sicurezza in cui è stato fatto il punto della situazione sulle attività di contrasto della criminalità organizzata e sul sistema di prevenzione in atto nella provincia di Bari e, più in generale, nel territorio regionale.
  L'incontro è stato anche l'occasione per illustrare i risultati conseguiti dalle forze di polizia, ovviamente, in sinergia con gli apparati repressivi della magistratura nel corso del 2015. Nel corso di tale anno, la delittuosità generale nella provincia di Bari ha segnato una diminuzione del 5,6 per cento rispetto al 2014. Un trend favorevole riguarda anche i reati predatori, dato che nel 2015 vi è stata, rispetto all'anno precedente, una riduzione dei furti in generale e delle rapine in abitazione in misura pari, rispettivamente, al 4 per cento e, più significativamente, nel secondo caso, al 35 per cento circa.
  In controtendenza, si è registrato l'incremento delle rapine negli uffici postali, in particolare a danno dei bancomat, anche se, in ben quindici occasioni, le azioni criminose non sono state portate a termine grazie all'intervento delle forze di polizia immediatamente intervenute non appena scattato il sistema di allarme.
  Sempre in occasione della Conferenza regionale, il Ministro dell'interno ha accolto la proposta di ampliare di cinquanta unità il contingente delle Forze armate operante in provincia di Bari nell'ambito dell'operazione «Strade sicure». Quindi, allo stato, il prefetto del capoluogo dispone complessivamente di centosettantacinque militari, di cui centoquaranta impiegati nei servizi di vigilanza a siti ed obiettivi sensibili e trentacinque dislocati presso i valichi di frontiera marittima. In tale ambito, lo stesso prefetto ha destinato di recente trenta militari, impiegati in precedenza presso il Centro di identificazione ed espulsione di Bari Palese, a supporto delle pattuglie già operanti nel borgo antico, nonché ai servizi di vigilanza presso l'aeroporto civile e il tribunale di Bari. Ciò ha consentito, ovviamente, di recuperare varie unità di personale, sia della Polizia di Stato, che dell'Arma dei carabinieri che sono state reimpiegate in attività investigative e di contrasto alla criminalità nelle aree dove si sono verificati i gravi episodi criminali.
  Il contingente militare dell'operazione «Strade sicure» è andato così ad integrare il dispositivo delle forze di Polizia presenti sul territorio, che si compone attualmente di 5.574 unità, di cui 2.047 appartenenti ai ruoli operativi della Polizia di Stato, 2.069 militari dell'Arma dei carabinieri e 1.458 appartenenti alla Guardia di finanza. A fronte di tali organici effettivi, eventuali ulteriori assegnazioni potranno essere valutate in occasione di futura immissione di personale compatibilmente con le risorse disponibili e le esigenze degli uffici di Polizia a livello nazionale e, in particolare, di quelli competenti sui luoghi di culto coinvolti nel Giubileo della Misericordia. Aggiungo che, in occasione dei servizi straordinari di controllo del territorio, a supporto delle forze territoriali vengono impiegate aliquote dei Reparti regionali prevenzione e crimine della Polizia di Stato e della compagnia di intervento operativo dell'11o Battaglione Carabinieri Puglia.
  Ritengo che il dispositivo di sicurezza appena descritto stia dando prova di una efficace e di una notevole capacità operativa, alla luce anche di alcune recenti operazioni di polizia coordinate dall'autorità giudiziaria. Mi riferisco, in particolare, all'operazione del 24 febbraio scorso, che ha portato la Polizia di Stato ad eseguire due ordinanze di custodia in carcere nei confronti di otto persone di varia nazionalità ritenute responsabili di furto aggravato, ricettazione, riciclaggio e rapina aggravata; a quella del 12 marzo, con la quale i carabinieri hanno disarticolato un'importante organizzazione criminale dedita al traffico di stupefacenti in alcuni comuni limitrofi al capoluogo e, infine, a quella del 15 marzo, con la quale la Pag. 5Polizia di Stato ha sgominato uno dei sodalizi di stampo mafioso egemoni nel capoluogo – il clan Parisi –, traendo in arresto ventitré persone responsabili a vario titolo di reati di associazione mafiosa e operanti soprattutto nel campo delle estorsioni in danno ad imprenditori edili.
  Per quanto riguarda i fenomeni delle rapine ai TIR e ai furgoni portavalori, nonché dei furti di rame, la Conferenza regionale delle autorità di pubblica sicurezza dello scorso mese di novembre ha messo a punto strategie di prevenzione e contrasto interprovinciali, in considerazione della peculiarità delle organizzazioni criminali, composte da elementi provenienti da altre regioni, come la Calabria, per esempio. Si è deciso, in particolare, di avviare un lavoro di intelligence fondato sull'analisi della georeferenziazione di detti eventi criminosi. Saranno, quindi, elaborati progetti di videosorveglianza estesi a diverse province.
  A proposito di impianti di videosorveglianza, se n’è condivisa l'importanza nel corso di varie riunioni del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, nella considerazione che detti apparati costituiscono un imprescindibile ausilio nell'azione di prevenzione e contrasto dei fenomeni e dei reati predatori. In proposito, il sindaco di Bari ha ribadito l'impegno a ripristinare il funzionamento di settantuno telecamere e ha promosso l'appalto di ulteriori cento telecamere appartenenti ai sistemi più evoluti di videosorveglianza. Su tali temi sono state coinvolte anche le associazioni rappresentative delle categorie del commercio più esposte al rischio di rapine, con le quali è stato siglato da tempo uno specifico protocollo finalizzato a promuovere l'installazione di sistemi di video allarme presso gli esercizi commerciali collegati con le sale operative della Polizia di Stato e dell'Arma dei carabinieri.
  Nella stessa direzione è in corso di predisposizione un protocollo tra le prefetture della regione e Poste Italiane, quale ulteriore strumento per incidere sulla recente recrudescenza dei furti ai danni degli uffici postali e dei relativi sportelli bancomat.
  Voglio sottolineare che tali iniziative sono espressione di una precisa strategia mirata alla ricostruzione di un modello di sicurezza partecipata, nella consapevolezza che l'efficientamento del sistema di prevenzione e contrasto della criminalità passa non solo attraverso il potenziamento degli organici, ma anche attraverso la condivisione di strategie e risorse con le istituzioni locali e la società civile; ciò tanto più in una congiuntura, quale è quella attuale, in cui la razionalizzazione delle risorse a disposizione costituisce un criterio direttivo da non trascurare.
  In conclusione, ritengo che il quadro delineato mi consenta di ribadire quanto già asserito in quest'Aula in risposta ad altri atti di sindacato ispettivo e, cioè, che la situazione della sicurezza pubblica in provincia di Bari è sostanzialmente sotto controllo, grazie al costante e sinergico impegno di tutte le istituzioni preposte, a vario titolo, alla tutela della legalità e all'ordinata e civile convivenza della comunità locale.

  PRESIDENTE. L'onorevole Distaso ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza n. 2-01133. Ha cinque minuti. Prego.

  ANTONIO DISTASO. Grazie, Presidente, ne utilizzerò sicuramente meno. Intanto ringrazio il sottosegretario per la puntuale risposta. Alcuni fatti erano noti, altri mi sono personalmente stati utili per mettere più in chiaro alcuni dati di cui non avevo diretta cognizione. Cito telegraficamente alcune questioni, partendo dalla fine. Sottosegretario, conosciamo bene il detto «aver compagno al duol scema la pena», alcune volte fa consolare, e, quindi, avere dati percentualmente positivi rispetto ad altre realtà naturalmente induce un certo ottimismo e questo io non lo voglio assolutamente smentire; dico che, poi, però, la percezione reale della quotidianità, soprattutto tra i cittadini non tiene conto tanto delle statistiche, quanto Pag. 6degli episodi che materialmente si verificano. Quindi, senza creare inutili allarmismi, lei ha detto che la situazione, per quanto riguarda Bari, è sostanzialmente sotto controllo, io lo posso confermare, in parte, ma le dico che, in altra parte, ci sono tanti focolai che ancora covano sotto la cenere e alcune volte vengono fuori. Le faccio un esempio, lei ha fatto riferimento al nuovo arresto del clan Parisi che taglieggiava molti imprenditori soprattutto nel campo dell'edilizia, io faccio riferimento a fenomeni di taglieggiamento nel campo dei commercianti; si pensi anche al quartiere Carrassi, voglio citare fatti ed episodi, dove tutte queste cose continuano ad avvenire. È chiaro che il maggior presidio del territorio aiuta – e da questo punto di vista apro una parentesi: ecco perché il Governo deve considerare anche una priorità economico finanziaria investire sulle forze per quanto riguarda il comparto delle Forze dell'ordine – così come i sistemi di videosorveglianza che adesso, in effetti, si stanno incentivando. Le racconto un episodio: quando sono accaduti a Bari quegli episodi nella zona industriale, paradossalmente, vi era stato installato, utilizzando fondi europei, da poco, un moderno impianto di sorveglianza collegato a nuova sala operativa delle Forze dell'ordine, che al momento, non era operativo, questo avrebbe certamente aiutato nella dinamica in essere di quell'episodio. Vi sono tante altre cose, ne cito una, e mi fermo: lei ha fatto riferimento alle rapine negli uffici postali; io le riporto un altro dato molto inquietante e allarmante, proprio perché a Bari si riversa una gran massa di persone che spesso sfuggono anche ai controlli di identificazione (non solo quelle che arrivano dalle varie rotte, ci sono quelle naturalmente dei Paesi dell'est, dell'Africa, quelle appunto balcaniche, alcune girano per la città); certamente il fatto che siano aumentati, anche qui, in maniera esponenziale i furti in abitazione – senza dare la colpa agli untori che debbano essere per forza stranieri, perché potrebbero essere benissimo persone locali, questo non sta naturalmente a me dirlo – crea un diffuso sentimento di inquietudine, per cui rinnovo, lo ripeto, la richiesta di non abbassare assolutamente la guardia, ritenendo la situazione sotto controllo. Lo ripeto, lo è, in parte, ma la guardia deve rimanere alta e i presidi territoriali ugualmente, soprattutto l'impegno da parte degli organi periferici locali e dell'organo centrale a investire nel comparto sicurezza e soprattutto nell'avere una regia unica in sinergia, appunto, tra gli enti locali e il Governo nazionale.

  PRESIDENTE. L'onorevole Losacco ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alle sue interrogazioni nn. 3-01776 e 3-01827.

  ALBERTO LOSACCO. Grazie, Presidente. Ringrazio, ovviamente, il Governo, il sottosegretario per la puntuale risposta e anche per gli interventi che sono stati adottati negli ultimi mesi e nelle ultime settimane, ovviamente, sotto l'input del Ministero dell'interno. L'atto di sindacato ispettivo è stato depositato a seguito di un assalto ad un portavalori eseguito con tecniche e mezzi paramilitari, una scenografia degna di un film d'azione americano; era, purtroppo, la tangenziale di Bari, però. Non è la prima volta che accadono simili episodi e già in altra circostanza, sempre per una rapina ad un portavalori, avevo presentato un'interrogazione, così come il mese scorso sugli allarmanti fatti avvenuti a Mariotto che è una frazione di Bitonto nell’hinterland barese.
  È evidente che la richiesta è quella di prestare attenzione al trasporto valori, in considerazione dell'appetibilità per le organizzazioni criminali, spesso alla ricerca di contante. Non è un caso che pochi giorni fa sia stata sgominata una banda specializzata nell'assalto a sportelli bancomat e Postamat tra Puglia e Basilicata. Come già è stato detto a fine febbraio, il Ministro Alfano è venuto in Puglia e ha assicurato un potenziamento di circa 100 unità delle forze dell'ordine in servizio e devo dire che già si vede la differenza in città e questo è un importante segnale, ma Pag. 7altri ne vanno assolutamente dati, in tempi rapidi. Bari, che è una delle dieci città metropolitane del nostro Paese, è stata, spesso, con soltanto quattro, al massimo cinque, pattuglie della volante. È una situazione che è stata denunciata anche dalle organizzazioni sindacali degli agenti. Auspichiamo, dopo l'apprezzata visita del Ministro, la definizione di un piano per la sicurezza specifico per il nostro territorio, potenziando gli impianti di videosorveglianza; anche questo è stato detto nella relazione, dando applicazione alle misure previste dalla legge di stabilità, anche su iniziativa di un emendamento, presentato dal sottoscritto, che prevede sgravi per l'installazione di tali apparecchiature, fondamentali per un capillare controllo territoriale. Così come sulle arterie stradali vanno rafforzati i controlli; fondamentale diventa anche l'utilizzo delle risorse comunitarie nel nuovo programma 2014-2020. La sicurezza, in particolare, dell'area metropolitana di Bari non può prescindere da queste risorse ed è opportuno che si intensifichi il dialogo istituzionale tra tutti gli organi competenti. Colgo questa occasione per ringraziare per il loro lavoro la Polizia, i Carabinieri, la Guardia di finanza, le Polizie municipali, ma anche gli operatori degli istituti di vigilanza privati che quotidianamente operano su un territorio complesso, spesso in condizioni di oggettiva difficoltà. Quello della sicurezza è un tema prioritario per il rilancio del Mezzogiorno e non va sottovalutato. L'impatto delle rapine di questo genere, gli assalti a sportelli automatici, a tal punto da aver indotto, ad esempio, Poste Italiane – decisione poi giustamente rivista – a sospendere l'operatività al di fuori dell'orario di ufficio o gli stessi scippi, i furti, persino d'olio e di derrate alimentari, costituiscono un evidente limite allo sviluppo. In tema di sicurezza bisogna dedicarsi anche alla grande questione della contraffazione alimentare e alla necessità di rafforzare i presidi in attività presso i nostri porti a salvaguardia della qualità dei nostri prodotti e del nostro sistema agroalimentare. Occorre scongiurare il rischio che simili episodi, come quello oggetto dell'atto di sindacato ispettivo, possano essere considerati ordinari. Lo Stato è chiamato a dare una risposta forte e puntuale. In questo senso, penso che le parole del Governo debbano essere intese come una conferma di questa volontà di rafforzare i presidi di sicurezza sul nostro territorio e, soprattutto, di potenziamento dell'attività investigativa.

(Iniziative per contrastare il fenomeno della scomparsa di minori stranieri non accompagnati – nn. 3-02011, 3-02152 e 3-02153)

  PRESIDENTE. Passiamo alle interrogazioni Iacono ed altri n. 3-02011, Iacono n. 3-02152 e Nicchi ed altri n. 3-02153, concernenti iniziative per contrastare il fenomeno della scomparsa di minori stranieri non accompagnati, che, vertendo sullo stesso argomento, saranno svolte congiuntamente (Vedi l'allegato A – Interpellanza e interrogazioni).
  Il sottosegretario di Stato per l'interno, Domenico Manzione, ha facoltà di rispondere.

  DOMENICO MANZIONE, Sottosegretario di Stato per l'interno. Grazie, Presidente. Le interrogazioni degli onorevoli Iacono, Nicchi e degli altri deputati cofirmatari vertono tutte sul fenomeno dei minori stranieri non accompagnati e in tale ambito pongono una serie di quesiti che appaiono riconducibili sostanzialmente a due filoni, a due aree tematiche: il sistema di accoglienza è il primo, il secondo è la scomparsa dei minori dalle strutture d'accoglienza e la conseguente necessità di attivare strategie di intervento volte ad evitare che essi diventino vittime della tratta e dello sfruttamento. Le problematiche legate all'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati sono ovviamente da tempo all'attenzione del Ministero dell'interno, anche in ragione del fatto che, nell'ambito degli imponenti flussi migratori che stanno interessando il territorio nazionale, si registra un numero crescente di arrivi di tale categoria di Pag. 8soggetti particolarmente vulnerabili. I dati relativi ai minori in questione – e con questo rispondo a una delle sollecitazioni dell'onorevole Iacono – sono acquisiti, tenuti e aggiornati dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Da essi si evince che negli ultimi quattro anni l'afflusso dei minori non accompagnati è sostanzialmente raddoppiato, essendo passati dalle 5.821 unità presenti in Italia nel 2012 alle 11.921 dell'anno in corso. È diventata pressante, quindi, l'esigenza di assicurare un adeguato supporto dello Stato ai comuni, ai quali spettano, come è noto, l'assistenza e la rappresentanza legale dei minori fuori famiglia.
  In tale direzione, vi è stato un radicale ripensamento della governance del sistema nazionale di accoglienza, con una contestuale e forte assunzione di responsabilità proprio da parte del Ministero dell'interno. Il nuovo sistema ha avuto origine con il Piano operativo nazionale per la gestione dei flussi migratori, approvato dalla Conferenza unificata nella seduta del 10 luglio 2014, la cui portata innovativa risiede nel fatto che, ferma restando la prioritaria competenza dei comuni, l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati è stata ricondotta a una logica di partnership tra lo Stato e il mondo delle autonomie locali.
  Le previsioni del Piano nazionale hanno poi trovato suggello e copertura normativa in due successivi interventi legislativi. Mi riferisco, anzitutto, alla legge di stabilità del 2015, che ha concentrato in un unico Dicastero, quello dell'interno giustappunto, gli interventi di competenza statale nel settore dell'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati. Gli interroganti ricorderanno che in precedenza c'era una summa divisio fra Ministero del lavoro e Ministero dell'interno, legata al fatto che il minore avesse o meno presentato domanda d'asilo. Nello specifico, questa legge, da un lato, ha trasferito dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali al Ministero dell'interno il Fondo destinato a sostenere finanziariamente i comuni che erogano i servizi di accoglienza ai minori stranieri non accompagnati, dall'altro, ha previsto la possibilità di ospitare nelle strutture dello SPRAR, gestite, com’è noto, dagli enti locali con la regia unitaria e il preponderante sostegno finanziario del Ministero dell'interno, i minori stranieri non accompagnati non richiedenti protezione internazionale. Si è trattato di un'innovazione di non poco conto, atteso che il sistema SPRAR è destinato all'accoglienza dei soli richiedenti asilo e rifugiati.
  Più di recente, è intervenuto poi il decreto legislativo n. 142 del 2015, che, attraverso varie disposizioni di chiarificazione e chiusura del sistema, ne ha disegnato i contorni con esattezza. Il dispositivo normativo prevede una fase di prima accoglienza del minore in strutture ad alta specializzazione, gestite dal Ministero dell'interno. La permanenza in tali centri è limitata al tempo strettamente necessario e comunque non è superiore a novanta giorni. Il minore è successivamente ospitato nelle strutture di seconda accoglienza del sistema SPRAR, gestite, come è noto, dai comuni secondo un modello condiviso con il Ministero dell'interno, che valorizza l'ospitalità diffusa e mira all'integrazione. Qualora tali strutture siano temporaneamente indisponibili, gli enti locali provvedono comunque ad ospitare il minore attraverso i propri servizi di assistenza. In tal caso, essi possono fare richiesta di accedere, nei limiti delle risorse disponibili, al già citato Fondo per i minori stranieri non accompagnati gestito dal Ministero dell'interno. Segnalo, al riguardo, che il Fondo ha ricevuto, per l'anno in corso, una dotazione finanziaria importante. Si tratta di 170 milioni di euro, cioè quasi il doppio dei 90 milioni di euro assegnati per il 2015, che contribuiranno ad elevare in maniera significativa gli standard qualitativi e quantitativi dell'accoglienza.
  Il modello concepito dal legislatore è in fase di graduale costruzione. Per quanto riguarda la prima accoglienza, sono in effetti in avanzato corso di predisposizione sia il decreto interministeriale sia il bando pubblico necessario all'allestimento dei previsti centri ad alta specializzazione. Nelle more, per fronteggiare le esigenze Pag. 9più pressanti, nel 2015 abbiamo attivato strutture temporanee di accoglienza per oltre 700 minori al giorno, utilizzando allo scopo risorse del Fondo europeo per l'asilo, la migrazione e l'integrazione, integrate con cofinanziamenti nazionali. Per quanto riguarda, invece, la seconda accoglienza, informo che la rete SPRAR è stata recentemente potenziata di ulteriori 1.010 posti, dedicati ai minori non accompagnati, in aggiunta ai 951 già esistenti.
  Vengo ora all'altro tema sollevato dagli onorevoli interroganti, quello della scomparsa dei minori in questione dalle strutture di accoglienza. Secondo i dati forniti dal Ministero del lavoro, effettivamente il fenomeno registra un trend in crescita, di pari passo, d'altra parte, con l'aumento degli arrivi in Italia di tale categoria di stranieri. I minori resisi irreperibili sono stati 1.754 nel 2012, 2.142 nel 2013, 3.707 nel 2014 e 6.135 alla fine dello scorso anno. A fronte di questi numeri, voglio assicurare che, da parte delle pubbliche autorità, non vi è alcuna sottovalutazione del problema.
  Va sottolineato preliminarmente che l'irreperibilità dei minori rappresenta un aspetto strutturale e costante del fenomeno migratorio, dovuto a una molteplicità di fattori, tra i quali rivestono notevole rilevanza il progetto migratorio e l'aspettativa familiare individuale, le informazioni in possesso dei minori, le reti parentali e di riferimento nei Paesi di destinazione. A monte, vi è, poi, l'ulteriore considerazione che le strutture di accoglienza dei minori non hanno natura detentiva, ragion per cui la permanenza e le uscite da esse sono ispirate al rispetto delle regole di convivenza e delle indicazioni dei singoli gestori.
  In virtù dei doveri che la legge pone in tema di affidamento, i responsabili dei centri sono tenuti a denunciare tempestivamente gli allontanamenti dei minori alle forze di Polizia, che, ai fini dell'immediato avvio delle ricerche, attivano un circuito informativo interno e di tipo interforze, in modo che la segnalazione, indipendentemente dal fatto che sia o meno riferibile a un'azione delittuosa, raggiunga gli uffici di Polizia su tutto il territorio nazionale e quelli dei Paesi dell'area Schengen ed extra Schengen. La procedura prevede anche il coinvolgimento delle autorità diplomatiche. In aggiunta a ciò, l'ufficio di Polizia che ha ricevuto la denuncia ne dà immediata comunicazione al prefetto, che, oltre che interessare tempestivamente il commissario straordinario per le persone scomparse, può, all'occorrenza, attivare il piano provinciale di ricerca delle persone scomparse e decidere se coinvolgere o meno gli organi di informazione.
  Secondo i dati forniti dal commissario straordinario per le persone scomparse, l'articolato meccanismo di ricerca che ho appena descritto ha consentito il rintraccio, nel quadriennio 2012-2015, di circa il 30 per cento dei minori stranieri resisi irreperibili. Lascio a voi la valutazione di questo dato, che, a mio parere, non è trascurabile. Desidero, comunque, completare, con alcune notizie aggiuntive, il quadro delle iniziative poste in essere dalle pubbliche autorità nello specifico settore. Il commissario straordinario per le persone scomparse ha avviato da tempo una serie di interventi, tra cui un censimento mensile con tutte le prefetture, per disporre di un quadro del fenomeno tale da agevolarne la comprensione e l'individuazione di eventuali misure di prevenzione. Nel medesimo senso, nell'autunno scorso il commissario ha siglato anche un protocollo operativo con la prefettura di Roma, le forze dell'ordine, il tribunale dei minori, il comune di Roma, l'ANCI e l'università «La Sapienza» per la messa a punto di un sistema di monitoraggio e approfondimento delle cause di allontanamento da parte dei minori stranieri non accompagnati. Segnalo, infine, che dal 2009 è attivo il servizio interistituzionale denominato «116000 – Linea telefonica diretta per i minori scomparsi», gestito dall'associazione Telefono Azzurro, sulla base di un protocollo, che è stato siglato d'intesa con il Ministero dell'interno e che, presso una sala operativa del Dipartimento della pubblica sicurezza, opera dall'agosto 2013, con un sistema che consente la massima diffusione Pag. 10a livello nazionale di elementi informativi utili alla ricerca dei minori scomparsi.
  Dicevo prima che la scomparsa del minore straniero è spesso connessa alla volontà del medesimo di proseguire il proprio percorso migratorio verso altri Paesi per la realizzazione di un diverso progetto di vita. Vi è, tuttavia, il rischio, evidenziato anche dagli onorevoli interroganti, che i minori scomparsi finiscano per incrementare le fila delle vittime di tratta, di sfruttamento nelle varie forme o di altre tipologie di abusi. Invero, le indagini di Polizia non hanno evidenziato al momento collegamenti significativi tra il fenomeno della scomparsa dei minori e le fattispecie delittuose richiamate. Nondimeno, a livello di attenzione su questo specifico ambito attività criminale, vi è ovviamente la massima attenzione, come è testimoniato, per quanto riguarda le forze di Polizia, dal fatto che per la prevenzione e la repressione dei reati in danno dei minori sono stati istituiti uffici ad hoc – faccio riferimento, ad esempio, agli uffici minori delle questure –, i cui operatori ricevono una peculiare formazione multidisciplinare, che pone al centro dell'attenzione le vittime e le modalità più efficaci per prevenire i fenomeni di abuso in questione.
  A parte le forze di Polizia, la grossa novità in questo campo è l'approvazione, nella seduta del Consiglio dei ministri del 26 febbraio scorso, del primo Piano nazionale d'azione contro la tratta e il grave sfruttamento degli esseri umani, che definisce le strategie di intervento per la prevenzione e il contrasto di tali fenomeni per il triennio 2016-2018. Per quel che interessa in questa sede, il piano individua e sviluppa gli strumenti e le procedure operative standard per l'identificazione e il supporto dei minori che siano vittime o a rischio di tratta. Il piano è propedeutico all'emanazione del nuovo programma unico di emersione, assistenza e integrazione sociale delle vittime di tratta che conterrà le misure e le azioni concrete che il Governo intende promuovere in questo settore.

  PRESIDENTE. L'onorevole Iacono ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alle sue interrogazioni.

  MARIA IACONO. Signor Presidente, io mi dichiaro soddisfatta in questo momento della risposta del Governo; credo però che la delicatezza e la complessità dell'argomento in discussione necessitino di misure strutturali, che il Governo sta provando a dare, in grado di arginare il fenomeno della dispersione dei minori non accompagnati, dopo che questi approdino sulle coste del nostro Paese. Lo dico perché sono convinta che il nostro Paese debba, forse più di altri, rendersi protagonista su questo tema di una forte azione di controllo da effettuare anche in collaborazione ovviamente con la supervisione dell'Europa. Ribadisco ciò in questa sede perché ritengo sia necessaria una task force europea finalizzata alla tutela di queste giovani vite che corrono il rischio di divenire, a causa appunto della loro fragilità, preda della criminalità organizzata in tutte le sue orribili declinazioni, anche se i dati che citava ora il sottosegretario sembrano dare qualche risposta anche in questa direzione, ma io credo che probabilmente ci sia ancora molto da analizzare. I dati in nostro possesso denunciano situazioni di particolare allarme e il rischio che troppi minori finiscano nelle mani di pericolosi sfruttatori è più che mai presente. Il sottosegretario provava a spiegarci perché una esigenza è quella di richiedere a livello internazionale una profonda modifica del Trattato di Dublino, ciò perché, molti ragazzi e ragazze che approdano sulle nostre coste poi tentano di raggiungere altri Paesi europei. In alcuni casi l'allontanamento dei minori dalle comunità ospitanti è conseguenza di un ricongiungimento con i parenti o conoscenti sul territorio nazionale o altrove, in altri casi io credo che l'allontanamento dei minori è da ricondursi anche all'insufficienza delle risorse finanziarie poste a disposizione degli enti locali su cui insistono i centri di prima accoglienza. La scomparsa di migliaia di giovani immigrati – ma questo è un dato in crescendo, come Pag. 11qui ci veniva ulteriormente confermato dal sottosegretario – ci coinvolge soprattutto sul piano emotivo; far luce su questo fenomeno deve rappresentare, io credo, per il nostro Paese, per un Paese civile, un dovere umano oltre che morale. La scelta poi del Ministero di costituire un Ufficio minori va sicuramente sulla strada giusta per garantire sicurezza e incolumità fisica dei soggetti coinvolti, ma credo ci sia ancora molto da fare. È necessario che il Ministero, di comune accordo con le forze dell'ordine, rediga una banca dati dei minori stranieri presenti nel nostro territorio, monitorando la storia di ognuno di questi soggetti e verificando appunto le condizioni in cui versano durante la permanenza nel nostro Paese. Io credo che la qualità del nostro sistema di accoglienza sia imprescindibile e capisco che molto si è fatto nell'ultimo periodo e molto dovrà poi diventare cosa concreta attraverso un'azione che, mi pare, andrà avanti d'ora in poi. Io da questa sede faccio anche appello perché, sia da parte del Governo che da parte del Parlamento, si proceda subito all'approvazione della proposta della collega Zampa, perché questa proposta di legge intende affrontare in modo concreto la vicenda dei minori e in modo specifico tutelare e difendere i diritti dei minori stranieri che sino ad oggi rappresentano l'anello debole di una questione che sappiamo essere complessa e che riguarda un problema internazionale. Finisco dicendo che sono convinta che vi sia l'esigenza da parte del Governo di applicare con maggiore vigore quanto qui ci veniva detto e quanto disposto, quindi, dalla normativa dell'Unione europea.
  Auspico che venga garantito ai minori stranieri non accompagnati uno status giuridico in grado appunto di poterli maggiormente tutelare e infine mi auguro che vengano intraprese e rafforzate tutte quelle iniziative qui annunciate e volte a verificare e controllare l'operato di tutte le strutture di accoglienza dei minori stranieri non accompagnati e infine che il Governo favorisca un maggiore coordinamento tra tutti gli attori in campo.

  PRESIDENTE. Salutiamo gli studenti e gli insegnanti della Scuola media statale svizzera di Roma, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi). L'onorevole Nicchi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interrogazione n. 3-02153.

  MARISA NICCHI. Signor Presidente, io non sento nelle parole del sottosegretario e nell'azione del Governo la necessaria attenzione su questi temi che, in modo anche unitario, hanno suscitato l'attenzione del Parlamento. C’è una discrasia tra il fenomeno, la sua analisi, la gravità di questo fenomeno e le misure messe in campo. Possiamo certamente vedere dei passi in avanti, ma ciò comunque in assenza di quella risposta strutturale che sia capace di essere, non una semplice risposta emergenziale un po’ a tappabuchi, ma di rispondere in modo adeguato ad un fenomeno che è gravissimo. Non ci sono parole, ce lo ricorda il capo dell’intelligence europea; si parla di 10 mila bambini, ragazzi, adolescenti che «vanno» nel nulla, scompaiono, io mi riferisco a questo particolare fenomeno, la scomparsa di quei bambini. Christopher Hein, che è il presidente del Consiglio italiano per i rifugiati, parla di dieci bambini che scompaiono al giorno. Io credo sia una realtà che questo nostro Paese non possa accettare e non possa affrontare in una logica di ordinaria azione, perché siamo di fronte al fatto che la criminalità ha trasformato l'assenza di regolarità, di possibilità di movimento regolarizzato nel nostro Paese da parte di profughi e richiedenti asilo e l'ha trasformato in un grande business, in un grande giro d'affari e io credo che questo ci chiami in causa. Io ho scritto la mia prima interrogazione all'indomani del giorno in cui il Ministro Alfano aveva dato queste cifre, parlava di 5 mila adolescenti scomparsi, poi rispetto a quei 5 mila – era il 2014 – il fenomeno è persistito e si è poi aggravato, quindi la domanda per capire che cosa si deve fare di più e che cosa cambiare forse serve. Di quei bambini, di quegli adolescenti poi abbiamo saputo delle notizie tremende: le abbiamo avute Pag. 12in merito a ciò che accade alla stazione Termini di Roma, in questo nostro quotidiano stare e passare in quella stazione. Non ci siamo resi conto di un fenomeno così grave che è quello che poi è venuto fuori. Stanno nell'indifferenza, cancellano una vergogna, un dolore che è anche il frutto di accordi e di politiche sbagliate, perché io voglio ricordare che già nel 2014, in un'inchiesta del the guardian, Elvira Iovino del Centro Astalli di Catania aveva detto che la maggior parte dei minori, in questo caso eritrei, che arrivano in Italia, rifiutano di essere identificati dall'autorità perché, se fossero registrati in Italia, il Trattato di Dublino non gli permetterebbe di chiedere asilo in altri Paesi; quindi la scomparsa, la sottrazione di questi bambini sono anche il frutto di politiche sbagliate, di politiche europee sbagliate che dobbiamo assolutamente cambiare e che non sono cambiate, anzi, oggi, con l'Accordo fatto con la Turchia, vengono anche peggiorate nella loro impostazione; non è che siamo fuori da questo contesto. I ragazzi scappano, si sottraggono all'identificazione, vanno nelle stazioni ferroviarie, vengono intercettate da reti di trafficanti che gli promettono alloggio, lavoro, spesso vengono rapiti e quindi le famiglie poi sono ricattate e non possono pagare il riscatto. Questi bambini e questi adolescenti sono costretti a spacciare e a prostituirsi, a svolgere le attività redditizie della criminalità. Secondo Save the children – e chiudo – ci sono circa 12.300 minori. Voglio ricordare che alcuni di questi scappano come gli eritrei dal fatto che quelle dittature li obbligano a una coscrizione, che poi si trasforma in lavori forzati a vita. Molti fatti di sfruttamento sono anche all'attenzione della polizia: voglio ricordare l'utilizzo nei mercati ortofrutticoli di lavoro minorile. Allora, questo è quello che noi chiediamo: noi pensiamo – e questo lo richiediamo e lo ribadiamo – che la responsabilità per contrastare questo terribile fenomeno non possa essere affidata solo alle forze dell'ordine. In Italia i minori stranieri non accompagnati non sono protetti da una legge specifica, ma dalla stessa norma che regola i casi di minori abbandonati. Non c’è una specificità di questi minori, è stata definita – lo aveva citato la collega prima – ed è già ampiamente condivisa e trasversale, una legge, la legge di cui prima firmataria è Zampa, che delinea un insieme di risposte strutturali; questa può essere la prima azione da fare, l'approvazione e il finanziamento di questa legge.

(Iniziative in relazione ad un episodio intimidatorio verificatosi ai danni del figlio del procuratore aggiunto di Reggio Calabria Nicola Gratteri – n. 3-02119)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interrogazione Fiano ed altri n. 3-02119, concernente iniziative in relazione ad un episodio intimidatorio verificatosi ai danni del figlio del procuratore aggiunto di Reggio Calabria Nicola Gratteri (Vedi l'allegato A – Interpellanza e interrogazioni).
  Il sottosegretario di Stato per l'interno, Domenico Manzione, ha facoltà di rispondere.

  DOMENICO MANZIONE, Sottosegretario di Stato per l'interno. Grazie, Presidente. Con l'interrogazione all'ordine del giorno, l'onorevole Fiano, prendendo spunto da un episodio che lo scorso 13 gennaio a Messina ha coinvolto uno dei figli del dottor Gratteri, procuratore aggiunto presso il tribunale di Reggio Calabria, chiede l'adozione di idonee misure di protezione in favore dei predetti e, più in generale, in favore delle persone impegnate al servizio dello Stato e dei relativi familiari.
   Voglio immediatamente assicurare che l'episodio è stato valutato con la massima attenzione da parte delle pubbliche autorità preposte, come testimoniano le iniziative che sono state assunte fin dalla ricezione della denuncia del fatto. Informata l'autorità giudiziaria, il Comando provinciale dei Carabinieri di Messina, ha subito avviato mirate indagini volte a individuare i responsabili e le motivazioni del fatto, nonché le sue eventuali correlazioni con l'attività del magistrato, padre del giovane. Pag. 13Anche il questore si è attivato senza indugi, disponendo idonei servizi di vigilanza presso l'abitazione del giovane, in attesa delle determinazioni da adottare in sede di riunione tecnica di coordinamento delle forze di polizia presso la Prefettura di Messina.
   Nei giorni immediatamente successivi, su indicazione dell'Ufficio centrale interforze per la sicurezza personale del Dipartimento della pubblica sicurezza e all'esito della predetta riunione tecnica di coordinamento, il questore ha attivato misure di protezione aggiuntive a quelle già in atto. Da allora, il dispositivo tutorio è costantemente attuato e monitorato e in prossimità della sua scadenza si procederà alla rivalutazione del livello di esposizione al rischio dell'interessato, anche alla luce di eventuali esiti degli accertamenti investigativi che sono allo stato tuttora in corso.
   Tanto detto sul giovane Gratteri, rappresento che contestualmente sono state sensibilizzate anche le misure di protezione in favore del padre magistrato, consistenti attualmente in un dispositivo di secondo livello «scorta su auto specializzata» – uso l'espressione tra virgolette perché questa è la dizione tecnica – attivo su tutto il territorio nazionale e integrato da un servizio di vigilanza fisso presso l'abitazione.
   Per completezza, informo che, a seguito dell'episodio oggetto dell'odierna interrogazione, le autorità provinciali di pubblica sicurezza territorialmente competenti hanno esaminato anche la situazione di un secondo figlio del magistrato, disponendo, all'esito dell'istruttoria, l'attivazione di una vigilanza generica radiocollegata presso la sua abitazione.
  Su un piano più generale, rammento che i dispositivi tutori, previsti dal decreto-legge n.83 del 2002 e dalle discendenti normative attuative, vengono adottati dopo un'approfondita valutazione del concreto livello della minaccia, che si svolge a un duplice livello e si traduce, in sede periferica, nella proposta del prefetto, sulla base delle risultanze della riunione tecnica di coordinamento delle forze di polizia, e, in sede centrale, nelle definitive determinazioni assunte dall'USCIS sulla base delle informazioni acquisite presso i prefetti medesimi, le varie forze di polizia e gli organismi di informazione e sicurezza.
  Successivamente, il livello di esposizione al rischio costituisce oggetto di periodica e sistematica rivisitazione, finalizzata a verificare la perdurante necessità del dispositivo tutorio predisposto e la sua adeguatezza alla luce delle effettive esigenze e degli sviluppi investigativi.
   Rimane ovvio che all'occorrenza le misure di protezione vengono applicate anche a tutela dei familiari dei rappresentanti delle istituzioni esposte al rischio diretto. Si tratta di un meccanismo, credo si possa dire ben rodato, rimodulato negli anni attraverso interventi correttivi volti a incrementare l'efficienza e a ridurne i costi di esercizio. In attuazione di essi, risultano attivi in questo momento 331 dispositivi tutori riguardanti, nell'82 per cento dei casi, magistrati o loro familiari e, per la restante parte, appartenenti alle forze di polizia e alle Forze armate, consulenti del Governo, docenti universitari e dirigenti della pubblica amministrazione.

  PRESIDENTE. L'onorevole Fiano ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interrogazione.

  EMANUELE FIANO. Grazie, Presidente, grazie sottosegretario, sì, sono soddisfatto della risposta del Governo; ho ritenuto doveroso svolgere questa interrogazione al Governo perché ovviamente in questo episodio, ormai di qualche mese fa, colpisce il fatto che l'episodio abbia riguardato i parenti di un magistrato, così unanimemente riconosciuto come altissimo esponente della lotta senza quartiere che lo Stato svolge contro le mafie, in questo caso contro la ’ndrangheta, colpisce che l'episodio abbia riguardato un figlio del dottor Gratteri, che ovviamente non è l'unico magistrato impegnato in quella lotta ad avere familiari. Quindi, la risposta del Governo ci soddisfa per il fatto che con dovizia di particolari il sottosegretario ci ha elencato i provvedimenti presi, quelli Pag. 14che verranno comunque continuamente posti all'oggetto di una verifica di corrispondenza alle necessità di salvaguardia del caso. Questa interrogazione ovviamente tendeva anche a sollevare l'attenzione – e non c’è necessità di farlo – nei confronti del Governo, delle forze dell'ordine, ma anche in un certo senso dell'opinione pubblica, sui fatti che magistrati integerrimi e straordinari rappresentanti dello Stato nella lotta contro la criminalità organizzata subiscono per questo loro ufficio, per questo loro compito: il danno di una vita regolata da un sistema di tutela, per loro e per i loro familiari, che ne restringe il campo della libertà personale. Quindi, ovviamente il nostro appello è perché lo Stato non lasci mai soli questi straordinari rappresentanti delle nostre istituzioni e i loro familiari, dato che anche essi subiscono il danno di una così encomiabile battaglia perdurante, giorno dopo giorno, contro la criminalità organizzata.
  La risposta ci soddisfa e speriamo non ci sia ulteriormente bisogno di interrogazioni o interpellanze del genere (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

(Iniziative in relazione ad incendi dolosi verificatisi a danno di aziende operanti in Veneto e nella provincia di Pordenone nel settore della raccolta, dello smaltimento e del trattamento dei rifiuti – n. 3-02138)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interrogazione Naccarato e D'Arienzo n. 3-02138, concernente iniziative in relazione ad incendi dolosi verificatisi a danno di aziende operanti in Veneto e nella provincia di Pordenone nel settore della raccolta, dello smaltimento e del trattamento dei rifiuti (Vedi l'allegato A – Interpellanza e interrogazioni).
  Il sottosegretario di Stato per l'interno, Domenico Manzione, ha facoltà di rispondere.

  DOMENICO MANZIONE, Sottosegretario di Stato per l'interno. Grazie, Presidente. Con l'interrogazione all'ordine del giorno, gli onorevoli Naccarato e D'Arienzo richiamano l'attenzione su una serie di incendi che nel biennio 2014-2015 hanno colpito alcune aziende venete e friulane operanti prevalentemente nel settore dalla raccolta, smaltimento e trattamento dei rifiuti, paventando che tali episodi costituiscano in realtà atti intimidatori e di condizionamento da parte di gruppi criminali interessati a infiltrarsi nella filiera.
   Premetto che dalle notizie acquisite presso le prefetture di Padova, Pordenone, Treviso e Verona è emerso come le squadre dei Vigili del Fuoco e dei reparti dell'Arma dei carabinieri intervenuti abbiamo accertato la natura accidentale per la maggior parte, ben undici, degli episodi segnalati nell'interrogazione. Per i casi in questione risulta che gli incendi si siano sviluppati per surriscaldamento delle attrezzature di lavorazione o, comunque, per deficienze gestionali riconducibili alla tipologia e alla qualità dei trattamenti dei rifiuti, con conseguenti fenomeni fermentativi di autocombustione all'interno della massa dei rifiuti stoccati. La natura dolosa degli incendi è stata invece accertata con riferimento a tre episodi: l'incendio del 26 febbraio 2014, che ha interessato cinque automezzi della società Bigaran servizi ambientali a San Biagio di Callalta (Treviso); quello del 3 ottobre 2015, presso l'azienda Alf di Bovolone (Verona); e quello verificatosi l'11 luglio 2015, in danno di 15 TIR posizionati all'interno dello stabilimento dell'AIA SpA di Ospedaletto Euganeo (Padova), episodio, quest'ultimo, sul quale sono state già fornite dettagliate informazioni in risposta a un'interrogazione scritta dello stesso onorevole Naccarato.
  Comunque, anche in merito a tali episodi delittuosi, le indagini di polizia giudiziaria hanno consentito di escludere, al momento, la sussistenza di dinamiche o moventi legati alla criminalità organizzata, essendo essi riconducibili piuttosto alla malavita comune o a diatribe di natura privata. Informo, infine, che per altri due Pag. 15incendi espressamente citati nell'interrogazione sono tuttora in corso le indagini per accertarne le cause.
  Sul piano più generale vorrei ovviamente tentare di fugare le preoccupazioni degli onorevoli Naccarato e D'Arienzo, assicurando che la problematica delle possibili infiltrazioni della criminalità organizzata nella gestione del ciclo dei rifiuti non viene affatto sottovalutata dal Ministero dell'interno. Le autorità provinciali di pubblica sicurezza effettuano un costante monitoraggio e un attento esame di episodi come quelli indicati nell'interrogazione, sia in sede di comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica sia di riunioni tecniche di coordinamento delle forze di polizia. Tale attività di analisi consente alle forze dell'ordine di acquisire e condividere un patrimonio informativo costantemente aggiornato e assolutamente importante ai fini dell'intercettazione e neutralizzazione di ogni tentativo o segnale di inquinamento malavitoso del tessuto economico e sociale delle province interessate, compreso ovviamente – e forse a maggior ragione – il comparto in questione che è particolarmente sensibile, vale a dire quello del ciclo dei rifiuti.

  PRESIDENTE. L'onorevole Naccarato ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interrogazione.

  ALESSANDRO NACCARATO. Presidente, ringrazio il Governo per la risposta e mi dichiaro soddisfatto. Per altro, la precisione con cui il sottosegretario ha fornito i dati, relativamente all'interrogazione e immagino, quindi, anche all'attività degli uffici territoriali del Governo che hanno prodotto questo tipo di risposta, denota l'attenzione con cui la problematica è seguita da parte del Governo. Naturalmente, non lascia tranquilli il fatto che una parte degli incendi segnalati sono comunque – diciamo così – riconducibili a incendi di natura dolosa, al di là della provenienza degli autori del reato, e questo indica che purtroppo il settore del trattamento e smaltimento dei rifiuti rimane un settore sensibile su cui, appunto, sono presenti i rischi che attività criminali, magari di diversa natura, possano tentare di incidere e di alterare i meccanismi di concorrenza e di corretta gestione di questo settore anche in regioni che, diciamo, non sono abituate, per tradizione e storia, a vedere, invece, avvenimenti di questa natura.
  La risposta indica anche che non c’è alcuna sottovalutazione da parte del Governo e credo che sia quindi giusto dichiararsi soddisfatti e insistere sul fatto che questi controlli, in particolare sui reati spia, che sono in questo caso gli incendi ma anche altri eventuali reati spia, proseguano e siano monitorati in modo costante dal Governo. Colgo anche l'occasione per mettere in evidenza come le forze dell'ordine e l'autorità giudiziaria nel territorio del Veneto e del Friuli presta un'attenzione davvero significativa a questi fenomeni e, quindi, anche in questo caso mi pare si possa dire che ci sia un lavoro preciso e puntuale che deve servire sia in termini di prevenzione del contrasto sia anche in sede di analisi di questi reati, proprio per riuscire ad evitare che alcuni fenomeni possono radicarsi anche nel territorio della nostra regione.

(Elementi ed iniziative in merito all'ingresso di Save spa nel capitale azionario della società Aeroporto Valerio Catullo di Verona Villafranca spa – n. 3-01824)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interrogazione Dal Moro n. 3-01824, concernente elementi ed iniziative in merito all'ingresso di Save spa nel capitale azionario della società Aeroporto Valerio Catullo di Verona Villafranca spa (Vedi l'allegato A – Interpellanza e interrogazioni).
  Il sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti, Umberto Del Basso De Caro, ha facoltà di rispondere.

  UMBERTO DEL BASSO DE CARO, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Grazie, Presidente. In risposta a quanto segnalato dall'onorevole interrogante, sono state assunte dettagliate informazioni Pag. 16presso l'Ente nazionale per l'aviazione civile, ENAC. In merito al primo quesito, ENAC riferisce di non aver espresso alcun parere in quanto oggetto dell'operazione è la cessione a privati – la società per azioni SAVE – di una quota minoritaria del capitale sociale dell'Aeroporto «Valerio Catullo» di Verona Villafranca Spa. A seguito di tale cessione la compagine azionaria della società Valerio Catullo è rimasta a maggioranza pubblica e, pertanto, non si è verificata la fattispecie prevista dall'articolo 4, comma quarto, della convenzione n. 9 del 30 aprile 2008 stipulata tra lo stesso ENAC e la società Aeroporto Valerio Catullo di Verona Villafranca per l'affidamento in concessione dell'aeroporto di Verona Villafranca. Ed, infatti, il predetto articolo dispone che «la concessionaria adotta le misure atte a prevedere l'espletamento delle procedure di evidenza pubblica (...) per le ipotesi di privatizzazione di quote anche di minoranza del capitale che comportino la perdita della posizione di maggioranza pubblica».
  Quanto al rispetto della normativa vigente, segnalo che l'articolo 2 del decreto ministeriale 12 novembre 1997, n. 521, «Natura e soci delle società di gestione aeroportuale», prevede a carico delle società di gestione aeroportuale l'obbligo di inoltro al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti dello schema del bando di gara soltanto nel caso di cessione a privati di quote di maggioranza. Nel caso in argomento si è trattato invece, come detto, di cessione di una quota di minoranza del capitale sociale.
  Circa poi il piano industriale, all'ENAC non risulta che l'accordo di investimento sottoscritto tra i soci pubblici della società Aeroporto Valerio Catullo di Verona Villafranca e la società SAVE Spa prevedesse un piano industriale. L'accordo di investimento, sottoscritto il 10 giugno 2014, tra gli attori dell'operazione, cioè l'Aeroporto Valerio Catullo Spa, la camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Verona, la provincia di Verona, il comune di Verona, la provincia di Trento e SAVE è stato inviato all'ENAC in data 16 luglio 2014. Tale accordo contiene i dettagli dell'operazione societaria da realizzare rispetto alla quale l'ENAC, non intravedendo elementi contrastanti con quanto stabilito nella convenzione stipulata e con la normativa di riferimento, non ha ritenuto di sollevare alcun rilievo. Il masterplan al 2030 è stato presentato all'ENAC soltanto il 6 novembre 2015 ed ha ottenuto l'approvazione tecnica il 22 dicembre 2015. Per l'approvazione definitiva occorre attendere i previsti pareri di compatibilità ambientale ed urbanistica, mentre il piano quadriennale degli interventi 2016-2019 ha già ottenuto l'approvazione delle strutture tecniche interne all'ente. Pertanto, ENAC ritiene di aver esercitato i propri poteri di controllo nei limiti riconosciuti dall'ordinamento e dalla convenzione stipulata. Ulteriori controlli saranno esercitati in occasione della valutazione del nuovo masterplan.
  Sull'ultimo punto, al fine di approfondire adeguatamente la problematica evidenziata e considerata la innegabile importanza della tutela dei lavoratori, è stato interessato il competente Ministero del lavoro e delle politiche sociali, al quale è congiuntamente rivolta la interrogazione, che ha assicurato la disponibilità a monitorare costantemente la vicenda, anche nell'eventuale prospettiva di esaminarne le principali criticità.

  PRESIDENTE. L'onorevole Dal Moro ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interrogazione.

  GIAN PIETRO DAL MORO. La ringrazio, Presidente. Mi ritengo parzialmente soddisfatto della risposta, come lei può ben immaginare. Inizio dalla parte che mi soddisfa. La parte che mi soddisfa è che – ma detto in maniera molto chiara ed esplicita – non risulta che sia stato firmato un piano industriale per la cessione delle quote tra la parte pubblica e la parte privata. Questo è un punto fermo che oggi viene acquisito e, cioè, nel senso che i documenti che abbiamo visionato solamente in data 16 luglio 2014 – riferisce l'ENAC – si riferiscono alle operazioni Pag. 17societarie, ma non ci risulta che ci sia stato un piano industriale.
  Quindi oggi veniamo a conoscenza – e di questo ringrazio il Ministro, il Ministero e il sottosegretario – che, di solito, quando si vende una società, che sia pubblica o sia privata, con chi entra si stabiliscono degli accordi di cosa e di come fare per il futuro rispetto agli investimenti e soprattutto rispetto a un'operazione come questa, che ha bisogno delle concessioni. Perché, ricordiamoci, siamo di fronte ad una società che ha una concessione che le viene rilasciata, e questo per me è un punto molto importante, ed oggi è il quesito.
  Ma, addirittura, sono soddisfatto della parte della risposta dove si dice che, ancora oggi, solamente in data 6 novembre 2015, è stato presentato il masterplan, che sta avendo ancora un suo iter, e quindi, diciamo, è passato molto tempo: siamo a giugno 2014, probabilmente due anni da quando è stata fatta quella operazione e, ad oggi, dal punto di vista dei grandi investimenti, delle grandi operazioni di rilancio della struttura aeroportuale Valerio Catullo, siamo ancora in una fase di stand-by.
  Sull'ultima parte, invece, della risposta, quella che si riferisce ai lavoratori, ringrazio il Ministro, il sottosegretario e il Ministero per aver attivato, come era la mia interrogazione, la risposta al Ministero competente; sollecito, essendo stato segnalato da un po’ di mesi, una risposta da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, una risposta un po’ più puntuale, per capire quali sono le azioni concrete che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali può mettere in atto.
  Per quanto riguarda, invece, la prima parte, mi tiene completamente soddisfatto. E lo dico perché: cioè, vi sembra possibile che in Italia si possa vendere una società pubblica, quota di maggioranza o quota di minoranza, oggetto di concessione, cioè che opera per una concessione dello Stato, e questo possa avvenire senza una gara ? L'ENAC e il Ministero rispondono: sì, perché c’è una normativa ben precisa che chiarisce che, qualora trattasi di quote di minoranza, e qualora le quote di minoranza, come è scritto nella vostra risposta, non vanno a incidere nella governance, questo è possibile. Allora voi sapete bene, come sa bene il sottosegretario anche nella sua grande esperienza professionale, che è in uso nelle società pubbliche e nelle private, poter fare operazioni di piccole quote di vendite capitale (0,5, 1 o 2 per cento), quando si è dentro si fa l'aumento di capitale e poi l'aumento di capitale, vuol dire dedicato e finalizzato a un determinato investitore o a un dato socio, porta che si entra con una piccola quota e poi ci si impadronisce della società. Per questo, il Consiglio di Stato, con sentenza del 18 dicembre 2009, n. 8376, ha stabilito – vado per sintesi – che la scelta del socio privato di società miste a partecipazione pubblica anche minoritaria, che siano affidatarie di servizi pubblici, deve sempre avvenire con procedure di evidenza pubblica e che tale principio si applica anche nell'ipotesi in cui una società mista, oppure non rigidamente tale, apra il proprio capitale all'apporto di un socio privato industriale, attraverso un'operazione straordinaria di vendita di quote o di aumento di capitale, cosicché risulti modificato...

  PRESIDENTE. Deve concludere.

  GIAN PIETRO DAL MORO. Quindi, da questo punto di vista, prendo atto della risposta per la seconda parte, che mi ha soddisfatto da parte del Ministero competente; per la prima parte risegnalo, ad oggi, con questo ulteriore mio intervento che qui l'operazione ha, dal punto di vista della legittimità, seri dubbi.

(Iniziative per la messa in sicurezza della strada statale n. 434 «Transpolesana»
– nn. 3-02154 e 3-02155)

  PRESIDENTE. Passiamo alle interrogazioni Crivellari nn. 3-02154 e 3-02155, concernenti iniziative per la messa in sicurezza della strada statale n. 434 «Transpolesana» (Vedi l'allegato A – Interpellanza Pag. 18e interrogazioni). Le interrogazioni, vertendo sullo stesso argomento, verranno svolte congiuntamente.
  Il sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti, Umberto Del Basso De Caro, ha facoltà di rispondere.

  UMBERTO DEL BASSO DE CARO, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Grazie, Presidente. Rispondo congiuntamente alle interrogazioni dell'onorevole Crivellari, in quanto vertono sullo stesso argomento. La «Transpolesana», come riferisce ANAS, è una strada extraurbana principale classificata di tipo B ai sensi della vigente normativa. Collega le città di Verona e Rovigo e più in generale le autostrade A4 ed A13, tra i caselli di Verona sud e Villamarzana Rovigo sud, per una estensione di chilometri 80 più 360 metri.
  Nel corso degli anni, ha registrato un considerevole incremento del traffico, soprattutto di quello pesante, con punte di poco inferiori ai 100 mila veicoli al giorno nella zona di Verona.
  In merito alla necessità di interventi di messa in sicurezza, la stessa ANAS ha comunicato di avere in fase di esecuzione un intervento di manutenzione straordinaria per il rafforzamento della pavimentazione stradale dal chilometro 2+500 al chilometro 82+870, per un importo complessivo di 2,70 milioni di euro. Inoltre, è in fase di attivazione un intervento per la fornitura e la posa in opera di barriere di sicurezza in tratti saltuari dal chilometro 2+900 al chilometro 82+870, per un importo complessivo di 2,60 milioni di euro. Più in generale, ricordo che, a valere sul contratto di programma 2015 per il Compartimento della viabilità per il Veneto, sono previsti 7,90 milioni di euro per lavori relativi al piano viabile, 80 mila euro per barriere e protezioni marginali, 2 milioni di euro per progettazione.
  Per quanto esposto, non posso che confermare l'attenzione del Governo a migliorare la rete viaria nazionale e a favorire una più adeguata e sicura mobilità dell'utenza stradale.

  PRESIDENTE. L'onorevole Diego Crivellari ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alle sue interrogazioni.

  DIEGO CRIVELLARI. Ringrazio il Governo e il sottosegretario per la risposta e mi dichiaro soddisfatto per gli elementi che sono stati portati. Abbiamo, credo, la possibilità di portare dei dati positivi rispetto alla manutenzione di questa arteria, che, tuttavia, vorrei ricordarlo, in questi ultimi mesi è stata anche teatro di incidenti. L'ultima delle mie interrogazioni verteva su una vera e propria voragine, che si è aperta lungo la carreggiata ancora a febbraio e, tra Verona e il Polesine, in questi ultimi anni, la «Transpolesana» è diventata spesso la strada della vergogna.
  Quindi, io credo che sia assolutamente di rilievo che ci sia questo impegno forte del Governo per la manutenzione ordinaria e non solo, per la messa in sicurezza, che è un dato assolutamente necessario, per una arteria che, voglio ricordarlo, rappresenta il principale collegamento tra due province e tra due centri importanti come quelli, per l'appunto, di Verona e Rovigo.
  Dentro questa vicenda, che riguarda la manutenzione della «Transpolesana» o strada 434, rimane, però, poi, un fantasma, che rischia di aleggiare intorno a questa discussione, che è quello relativo alla Nogara Mare. Questo è un progetto che appartiene, però, soprattutto in questa fase, ovviamente, alla regione; io porto all'attenzione, comunque, anche del Governo il fatto che gli enti locali, ormai da troppo tempo, aspettano una risposta su questo tema. È un impegno, in questa fase, specialmente della regione, che pare latitare, e quindi anche in questa occasione mi faccio latore presso il Governo di ricordare che rimane aperta questa questione.
  Per quanto riguarda, invece, la risposta più minuta e puntuale, che riguarda per l'appunto la manutenzione, credo che siamo di fronte a impegni concreti e non mancheremo anche di monitorare e sottolineare quelli che saranno, evidentemente, Pag. 19i passaggi successivi. Ringrazio ancora il Governo.

  PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento della interpellanza e delle interrogazioni all'ordine del giorno.
  Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 12 con il seguito alla discussione della proposta di legge recante modifica delle circoscrizioni territoriali delle province di Bergamo e Cremona.

  La seduta, sospesa alle 11,20, è ripresa alle 12.

Preavviso di votazioni elettroniche.

  PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
  Sospendo a questo punto la seduta e la riprendiamo alle 12,25.
  Prima della sospensione, visto che poi non sappiamo se saranno di nuovo con noi, salutiamo studenti e insegnanti dell'Istituto comprensivo statale «Tommaso Aiello» di Bagheria, in provincia di Palermo, che assistono ai nostri lavori dalla tribuna (Applausi).
  La seduta è sospesa.

  La seduta, sospesa alle 12,02, è ripresa alle 12,25.

Seguito della discussione della proposta di legge: Gregorio Fontana e Cinzia Maria Fontana: Modifica delle circoscrizioni territoriali delle province di Bergamo e Cremona (A.C. 1435-A).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della proposta di legge n. 1435-A: Gregorio Fontana e Cinzia Maria Fontana: Modifica delle circoscrizioni territoriali delle province di Bergamo e Cremona.
  Ricordo che nella seduta del 4 aprile si è conclusa la discussione sulle linee generali e il relatore e il rappresentante del Governo hanno rinunciato ad intervenire in sede di replica.

(Esame dell'articolo unico – A.C. 1435-A)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico della proposta di legge, al quale non sono riferite proposte emendative (Vedi l'allegato A – A.C. 1435-A).
  Avverto che, consistendo la proposta di legge di un solo articolo, non si procederà alla votazione dell'articolo unico e, non essendo stati presentati ordini del giorno, si procederà direttamente alla votazione finale, a norma dell'articolo 87, comma 5, del Regolamento.
  Colleghi, intanto prendiamo posto.

In morte dell'onorevole Vinicio Baldelli.

  PRESIDENTE. Comunico che è deceduto l'onorevole Vinicio Baldelli, già membro della Camera dei deputati nella III legislatura.
  La Presidenza della Camera ha già fatto pervenire ai familiari le espressioni della più sentita partecipazione al loro dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea.

Si riprende la discussione della proposta di legge n. 1435-A.

(Dichiarazioni di voto finale – A.C. 1435-A)

  PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ignazio La Russa. Non è presente in Aula: s'intende che vi abbia rinunziato. Pag. 20
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gigli. Non è presente in Aula: s'intende che vi abbia rinunziato.
  Prendo atto che l'onorevole Invernizzi rinunzia a parlare per dichiarazione di voto.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Librandi. Ne ha facoltà.

  GIANFRANCO LIBRANDI. Presidente, i termini tecnici di questo provvedimento sono già stati ampiamente dibattuti. Vorrei solo precisare che due comuni in piena collaborazione sono riusciti a risolvere un problema del loro territorio, e soprattutto dei loro cittadini: ben venga questa soluzione, anche se i tempi sono stati un po’ lunghi a causa della fine anticipata della precedente legislatura. Quanti comuni potrebbero risolvere problematiche territoriali, anche modificando i loro confini, per rendere più efficiente e sinergica la loro azione ? Mi impegno a valutare la possibilità di proporre una normativa che preveda tempi più brevi per altri provvedimenti simili.
  La proposta di legge che oggi analizziamo è rispondente ad una scelta pienamente condivisa dalle comunità locali, e perciò è meritevole del sostegno parlamentare di tutte le forze politiche. Annuncio perciò il voto favorevole del gruppo di Scelta Civica.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vignali. Non è presente in Aula: s'intende che vi abbia rinunziato.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Centemero. Ne ha facoltà.

  ELENA CENTEMERO. Presidente, intervengo brevemente per annunciare il voto favorevole di Forza Italia a questa proposta di legge, che dispone la modifica delle circoscrizioni provinciali di Bergamo e di Cremona per una porzione di territorio che viene trasferito dal comune di Soncino, in provincia di Cremona, al comune di Torre Pallavicina, in provincia di Bergamo. Solo per sottolineare che questa è una richiesta che viene dai territori, e che questi comuni sono dodici anni che stanno aspettando la nostra iniziativa: credo che sia un tempo troppo lungo che la politica si è presa, soprattutto perché questa è una richiesta che viene dai comuni e dai cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Toninelli. Ne ha facoltà.

  DANILO TONINELLI. Presidente, intervengo semplicemente per annunciare il voto di astensione del MoVimento 5 Stelle, che è ben felice che finalmente i proprietari dei terreni che sono stati indebitamente espropriati nel lontano 2003 vengano risarciti, ma non accetta assolutamente che la politica ci metta 13 anni per arrivare a questo. Votare favorevolmente significa avallare un modo di fare politica che non sta dalla parte dei cittadini: noi siamo ben felici che i cittadini proprietari di quei terreni agricoli, molto piccoli tra l'altro, vengano risarciti, ma siamo contro una politica che ci mette 13 anni per farlo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Invito i colleghi a prendere posto, perché ho come la sensazione che di qui a breve si voterà, quindi...
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cinzia Fontana. Ne ha facoltà.

  CINZIA MARIA FONTANA. Presidente, intervengo per dichiarare il voto favorevole del gruppo del Partito Democratico alla proposta di legge di modifica dei confini delle province di Bergamo e di Cremona. Ricordo che la vicenda è iniziata, appunto, nel 2003, con l'accordo tra i comuni di Torre Pallavicina e di Soncino per il trasferimento di una porzione di terreni agricoli e di un tratto di strada dal comune di Soncino a quello di Torre Pallavicina. Su questa decisione c’è il consenso unanime tanto dei comuni Pag. 21interessati – che approvarono, appunto, con rispettive delibere dei consigli comunali nel 2003 – quanto della regione Lombardia. Si tratta, quindi, nient'altro che di prendere atto di un consenso diffuso e di portare a termine un iter previsto dall'articolo 133, primo comma, della Costituzione. Pertanto, annuncio il voto favorevole del nostro gruppo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Coordinamento formale – A.C. 1435-A)

  PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, la Presidenza si intende autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.
  (Così rimane stabilito).

(Votazione finale ed approvazione – A.C. 1435-A)

  PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
  Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta di legge n. 1435-A, di cui si è testé concluso l'esame.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Fanucci, Andrea Romano, Borghi, Turco, Martino, Zoggia, Rizzo, Di Lello, Simoni, Mattiello, Giuliani, Gigli, Biasotti, Causin, Piras...
  Intanto saluto gli studenti dell'Istituto comprensivo statale «2 Don Bosco-Verdi» di Qualiano in provincia di Napoli, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
  Donati, Fauttilli...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

  «Modifica delle circoscrizioni territoriali delle province di Bergamo e Cremona» (1435-A):

   (Presenti  310   
   Votanti  283   
   Astenuti   27   
   Maggioranza  142   
    Hanno votato
 283.    

  (I deputati Covello, Monchiero, Oliaro e Zan hanno segnalato di non essere riusciti ad esprimere voto favorevole. Il deputato Capodicasa ha segnalato di non essere riuscito ad esprimere voto di astensione).

Seguito della discussione delle mozioni Vargiu, D'Incecco, Gullo, Binetti ed altri n. 1-01191 e Palese ed altri n. 1-01207 concernenti iniziative volte al riconoscimento della fibrosi polmonare idiopatica come malattia rara e a garantire una più efficace e omogenea assistenza sanitaria in relazione a tale patologia (ore 12,35).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Vargiu, D'Incecco, Gullo, Binetti ed altri n. 1-01191 e Palese ed altri n. 1-01207 concernenti iniziative volte al riconoscimento della fibrosi polmonare idiopatica come malattia rara e a garantire una più efficace e omogenea assistenza sanitaria in relazione a tale patologia (Vedi l'allegato A – Mozioni).
  Ricordo che nella seduta di lunedì 4 aprile 2016 si è conclusa la discussione sulle linee generali.

(Intervento e parere del Governo)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato per la salute, Vito De Filippo, che esprimerà altresì il parere sulle mozioni all'ordine del giorno.

  VITO DE FILIPPO, Sottosegretario di Stato per la salute. Grazie, Presidente. Il provvedimento che da qui a breve verrà Pag. 22approvato dalla Conferenza Stato-regioni prevede esattamente l'inserimento di questa malattia nell'elenco delle malattie rare, aggiornando il vecchio decreto.
  Per questa semplice, ma concreta ragione, il parere del Governo, sia sulla mozione a firma degli onorevoli Vargiu, D'Incecco, Gullo, Binetti ed altri n. 1-01191, che sulla mozione a firma degli onorevoli Palese ed altri n. 1-01207, è favorevole sia nelle premesse che negli impegni.

(Dichiarazioni di voto)

  PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Faenzi. Ne ha facoltà.

  MONICA FAENZI. Presidente, onorevoli colleghi, in Italia il numero delle persone colpite da malattie rare, nonostante i notevoli passi avanti fatti negli ultimi anni, rimane ancora molto elevato. Se vogliamo, poi, ricomprendere il dato all'interno del panorama europeo, ci possiamo rendere conto che il nostro Paese, essendo uno dei più longevi, ha ripercussioni dal punto di vista sociosanitario che riguardano anche la sostenibilità della sanità pubblica.
  In questo quadro, le malattie rare comportano spesso difficoltà oggettive per giungere ad una diagnosi precisa e anche a un corretto trattamento terapeutico.
  Ancora più grave è la mancanza, a tutt'oggi, di un riconoscimento ufficiale di alcune malattie rare, come, appunto, la fibrosi polmonare idiopatica, una patologia cronica, progressiva ed irreversibile ad esito infausto, che determina la formazione di tessuto fibrotico cicatriziale a livello polmonare, con conseguente declino della sua funzionalità.
  Noi di Alleanza Liberalpopolare da tempo auspichiamo che questa situazione, che di fatto genera spesso la mancanza di una risposta sanitaria adeguata, possa essere definitivamente inquadrata in un'azione normativa che preveda omogenei livelli essenziali di assistenza su tutto il territorio nazionale.
  Ferme restando le competenze delle regioni in materia sanitaria, si rende, pertanto, opportuno superare le note disomogeneità regionali ed assicurare, indipendentemente dall'età del paziente, l'accesso a carico del Servizio sanitario nazionale a tutti i trattamenti di diagnosi e cura sia in termini clinici che di affiancamento psicologico per i pazienti e per le famiglie, altrimenti destinati a sentirsi abbandonati nel dramma.
  Voteremo, quindi, favorevolmente a tutte le mozioni che andranno in questa direzione (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alleanza Liberalpopolare Autonomie ALA-MAIE-Movimento Associativo Italiani all'Estero).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palese. Ne ha facoltà.

  ROCCO PALESE. Signor Presidente, prendo atto positivamente dell'espressione del parere favorevole da parte del Governo perché c’è il riconoscimento della necessità, signor Presidente, quanto prima, che il Governo tiri fuori delle linee-guida in riferimento ai centri di riferimento regionale rispetto alla fibrosi polmonare idiopatica.
  Poi, c’è anche un altro aspetto molto importante e per un motivo molto semplice: esiste una difformità, già all'interno del sistema sanitario nazionale. Infatti, solo la regione Piemonte e la regione Toscana hanno previsto il riconoscimento e le agevolazioni, sia dal punto di vista della compartecipazione ai ticket nei confronti delle prestazioni sanitarie, sia, soprattutto, per quello che riguarda l'organizzazione funzionale, il modello del sistema sanitario presente in queste due regioni che consente che ci possa essere un minimo di attenzione.
  Questi sono pazienti affetti da una malattia rara, quindi il riconoscimento di questa malattia, il fatto che possa essere inserita nel contesto delle agevolazioni in maniera definitiva, è importante. Pag. 23
  Trattasi, infatti, di patologia rara, di malattia cronica, definitiva, che, sostanzialmente, colpisce gli uomini intorno ai 50, 70 anni e che, purtroppo, ha quasi sempre una conclusione nefasta per mancanza di ossigeno.
  Quindi, è importante che ci sia anche un accorgimento da parte del Governo, un'agevolazione nel contesto dell'organizzazione e della commercializzazione dell'ossigeno e di tutto il resto.
  Chiaramente, confermo anche il voto a favore, da parte dei Conservatori e Riformisti, circa la mozione presentata dal collega Vargiu ed altri.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rondini. Ne ha facoltà.
  Chiedo ai colleghi del gruppo dell'onorevole Rondini se possono abbassare il tono della voce... Colleghi, per favore, colleghi... Onorevoli Invernizzi, onorevole Invernizzi, sta intervenendo un vostro collega...

  MARCO RONDINI. Grazie, Presidente. La fibrosi polmonare idiopatica è una malattia che colpisce esclusivamente i polmoni, rendendoli meno elastici e più rigidi. Questa condizione incrementa il lavoro respiratorio necessario per gli scambi respiratori e questo si manifesta clinicamente sotto forma di affaticamento respiratorio.
  È una malattia rara che attende ancora di essere riconosciuta e la cui incidenza è in aumento. Colpisce in prevalenza gli uomini di età superiore ai cinquant'anni. La causa della malattia resta, comunque, attualmente ancora ignota. La fibrosi polmonare idiopatica è la più frequente delle malattie respiratorie rare e può manifestarsi a qualsiasi età, anche se è più frequente dopo i sessant'anni. La malattia è caratterizzata, in pratica, dalla deposizione di tessuto connettivo o cicatriziale nei polmoni, che va a sostituire quello sano. Questo impedisce l'ossigenazione del sangue e conduce i malati all'insufficienza respiratoria. Le cause della malattia e sono ancora sconosciute o comunque non ancora completamente riconosciute, ma non si tratta di una malattia genetica né ereditaria. Non deve, quindi, temere per la salute chi pensa di poterla contrarre a contatto con chi è affetto da questa patologia. I sintomi più comuni sono la tosse e la mancanza di fiato.
  Fortunatamente, negli ultimi dieci anni la ricerca ha fatto significativi passi avanti sia nella comprensione dei meccanismi alla base della malattia sia nelle terapie. Recentemente è stato approvato in Europa il primo farmaco in grado di rallentare la progressione della malattia. Importantissima, a questo punto, è sicuramente la necessità di far conoscere a quante più persone possibile la patologia e i drammatici problemi che porta nella vita dei pazienti e dei loro familiari.
  Quindi, apprezziamo il lavoro fatto dal collega Vargiu, che ha compilato questa mozione, che va in una direzione che noi condividiamo. Sottolineo ancora il riconoscimento del lavoro che è stato fatto dal collega e annuncio il voto favorevole sia sulla mozione del collega Vargiu ed altri sia sulla mozione a prima firma Palese.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vargiu. Ne ha facoltà.

  PIERPAOLO VARGIU. Grazie, Presidente. A mia volta, esprimo soddisfazione per il parere che il Governo ha dato sulla mozione di cui sono primo firmatario, insieme ad altri colleghi del mio gruppo, per lo stesso parere espresso anche nei confronti della mozione del collega Palese, che anche noi dichiariamo di apprezzare, ma soprattutto per la dichiarazione fatta dal sottosegretario De Filippo, che ringrazio, di aspettativa di inserimento all'interno del novero delle malattie rare della fibrosi polmonare idiopatica.
  L'occasione è ovviamente utile per fare una brevissima riflessione sul tema delle malattie rare. Tante volte, in quest'Aula, abbiamo ricordato che sono rare prese singolarmente, ma non lo sono affatto nel loro contesto. Purtroppo, riguardo alle malattie rare, io credo che ci sia la sfida Pag. 24più importante che attende l'intero sistema sanitario pubblico italiano. Perché ? Perché le differenze di assistenza, sia all'interno del contesto regionale sia tra le singole regioni italiane, creano delle difficoltà aggiuntive, che sono sentite in particolar modo nel contesto delle malattie rare; nel senso che una malattia come la fibrosi polmonare idiopatica ha un percorso di riconoscimento, e quindi di arrivo alla diagnosi, che, se non è messo in rete tra strutture regionali e interregionali con un sistema di hub and spoke che consenta di avere dei centri di riferimento nazionali, che intercettino il paziente nel tempo più rapido possibile, ovviamente questo comporta, oltre che un calvario per il paziente e per le famiglie, che sono palleggiati da un centro all'altro in attesa di una diagnosi, anche un ritardo per quanto riguarda la gestione sia dell'attività terapeutica in senso stretto, cioè quella legata all'intervento farmacologico, ma anche per quanto riguarda l'intervento psicologico di sostegno sia sui pazienti che sulle loro famiglie.
  Oltretutto, la differenza di assistenza nei singoli sistemi regionali, e qualche volta all'interno anche delle singole regioni, comporta che tutti i supporti terapeutici che devono essere forniti ai malati di questa patologia abbiano una presenza che, purtroppo, è a pelle di leopardo nella sanità italiana, con problemi, in particolare, per quanto riguarda la fruizione dell'ossigenoterapia, che rendono i pazienti diversamente portatori di diritti a seconda della regione italiana nella quale risiedono o addirittura, qualche volta, a seconda della ASL nell'ambito della stessa regione.
  Questo è un problema che noi in Sardegna sentiamo forse più che in altre regioni italiane. Infatti, avendo delle difficoltà a mettere i nostri pazienti in relazione con strutture che stiano all'esterno della regione, è del tutto evidente che la qualità dell'assistenza che viene applicata all'interno dell'isola sia fondamentale per riuscire a garantire ai pazienti e alle loro famiglie una qualità di vita adeguata.
  Però, c’è anche un altro problema, cioè che le malattie rare spesso hanno bisogno di una ricerca che sia sovranazionale, quindi in realtà stressano l'intero sistema della risposta alla sofferenza nell'intera Europa. Ora, abbiamo dei passi avanti che vengono compiuti quotidianamente per quanto riguarda la mobilità del paziente e la possibilità per il paziente di scegliere una sede di cura che sempre di più non sia localizzata strettamente nella propria zona di residenza, ma che possa andare ben oltre e che possa, pertanto, avere come punto di riferimento tutti i centri europei che si occupano della problematica. Questo, come voi potrete facilmente comprendere, è importante per quanto riguarda l'assistenza, ma è anche importante per quanto riguarda la ricerca e per quanto riguarda la messa in relazione delle associazioni, che in questo modo rendono ai loro associati, ai pazienti e alle famiglie un servizio che è sempre più efficiente.
  Quindi, in realtà, il tema delle malattie rare è un tema che mette alla prova la capacità dell'Europa di iniziare a integrare i sistemi sanitari dei diversi Paesi europei tra di loro, dando una risposta a quelle attività di mobilità transfrontaliera che oggi sono la frontiera dell'assistenza sanitaria europea. Spesso i centri di riferimento hanno dei numeri, per cui non possono essere certo di ASL e neanche regionali, ma sono interregionali, nazionali o anche sovranazionali. Quindi, questa è la sfida che attende la sanità italiana e questa è la sfida che, nel combattere la fibrosi polmonare idiopatica, bisogna avere in mente. Infatti, la fibrosi polmonare idiopatica, in realtà, è un paradigma della sfida che attende la sanità italiana, se la sanità italiana vuole essere all'altezza della garanzia della qualità dell'assistenza che noi crediamo che debba essere fornita da un sistema pubblico al paziente.
  Quindi, non pensiamo che stiamo affrontando un problema a spot, che non ha legami con il resto dell'universo complessivo della sofferenza e dell'assistenza sanitaria in Italia, ma abbiamo l'idea che il problema di cui stiamo parlando oggi è un paradigma di quella che è la sfida che Pag. 25attende il nostro sistema sanitario. Prepararci ad affrontarla significa non rimanere con gli occhi rivolti al passato, ma accettare la sfida di un sistema che si modernizza e che tenta di garantire ai propri cittadini la qualità di assistenza migliore possibile.

  PRESIDENTE. Salutiamo gli studenti e gli insegnanti del liceo polivalente statale «Don Quirico Punzi» di Cisternino, in provincia di Brindisi, che assistono ai nostri lavori dalla tribuna (Applausi).
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Binetti. Ne ha facoltà.

  PAOLA BINETTI. Presidente, illustri membri del Governo, colleghi, ci troviamo ancora una volta ad affrontare il tema delle malattie rare e, in modo particolare, con questa mozione, una malattia rara che ci preoccupa particolarmente, proprio perché si tratta di una malattia a prognosi infausta.
  Questo tipo di patologia fa il suo esordio verso i cinquant'anni d'età, prevalentemente nel sesso maschile. Incomincia con una forma di insufficienza respiratoria, che si va accentuando progressivamente, e può essere all'inizio confusa con molte altre patologie di questo tipo. Quello che la distingue è il fatto che poi, sul piano anatomopatologico, la sostituzione del tessuto polmonare con un tessuto fibroso, un tessuto praticamente inestensibile e, come tale, inutile e inefficace dal punto di vista della respirazione, comporta in questi pazienti una perdita secca di energie, di capacità di reagire e di capacità di avere una vita autonoma, li rende immediatamente dipendenti da quella che è l'ossigenoterapia. Fino a poco tempo fa non c'era neppure nessun tipo di farmaco a cui potessero fare riferimento. Adesso la Boehringer ha reso disponibile un farmaco di cui sono ancora in atto, per definirlo nei dettagli, le ultime trattative perché ci possa essere un accesso autenticamente facilitato per questi pazienti al farmaco. Ma noi ci troviamo davanti a una corte di pazienti che ancora non è iscritta a pieno titolo fra i pazienti affetti da malattie rare e quindi non può godere a pieno titolo di tutti i piccoli benefit di cui godono pazienti che in realtà hanno sulle loro spalle una diagnosi molto pesante da accettare e molto pesante da rendere compatibile con la loro vita ordinaria. In questo caso la nostra mozione pone delle richieste molto precise al Governo; io vorrei dire che ricorda al Governo delle richieste che avevamo già posto circa un anno fa con una interrogazione che si era tenuta in Commissione affari sociali e a cui lo stesso sottosegretario aveva risposto assumendo in prima persona degli impegni molto chiari sotto il profilo della cura, dell'assistenza, sotto il profilo della terapia. Certamente i tempi sono molto lunghi e nel disegno di legge che abbiamo approvato pochi minuti fa ci si stupiva che ci fossero voluti tredici anni per modificare l'assetto territoriale di due comuni; il guaio è che quando ci si trova davanti a pazienti a prognosi infausta, in cui il decorso viene dato a tre o a massimo cinque anni di vita, un anno che passa o due anni che passano vogliono dire veramente aver non solo dimezzato, ma probabilmente ridotto veramente al lumicino, le loro possibilità di sopravvivenza. Proprio ieri mi chiamavano per telefono alcune delle famiglie ascoltate un anno prima che avevano letto evidentemente da qualche parte che oggi avremmo discusso questa mozione e i familiari mi dicevano: non c’è più. Ci sono state due o tre telefonate, quest'altra persona non c’è più nemmeno lei. Voglio dire che il tema che noi ci poniamo davanti alle malattie rare, in molti casi soprattutto – insisto – tenendo conto del tema della prognosi, è un tema che non ci permetterebbe di andare a passo lento e cadenzato con cui molte volte marciano i migliori dei nostri disegni di legge, perché gli altri rimangono giacenti in qualche cassetto; anche nel migliore dei casi ci vogliono molti mesi, molti anni anche per ottenerne l'approvazione. In questo caso abbiamo uno strumento molto più agile, come può essere una mozione, ma il problema è che noi vorremmo che all'agilità della mozione, la globalità dei consensi di tutti – perché questa volta questa Pag. 26mozione riesce ad attrarre direi quasi incondizionatamente il consenso di tutti i gruppi – si traducesse in una velocità di approvazione degli impegni proposti al Governo. Non lo chiediamo così, come se si trattasse di una specie di bene superfluo; lo chiediamo avendo ben presente che davanti a noi è in gioco la vita delle persone. Dopodiché voglio dire che se ci sono delle battaglie che vanno fatte e misurate sui tempi brevi, perché questo ci chiede la situazione della gente, ci sono delle battaglie che invece richiedono tempi medi o medio-lunghi, come sono i tempi della ricerca. Noi non sappiamo anche in questo caso che la fibrosi cistica idiopatica – ricordo ai colleghi che idiopatica nasconde semplicemente l'ignoranza nostra, idiopatica vuol dire che è misteriosa per noi, che è sconosciuta per noi l'origine di questa patologia – è una patologia che sta aumentando, sta aumentando in Italia e sta aumentando in Europa e non è che sta aumentando soltanto perché noi siamo diventati più bravi a fare una diagnosi differenziale, sta aumentando perché oggettivamente il numero di pazienti che presentano questi sintomi è maggiore, ma nel presentare questi sintomi non sempre possono avere accesso alle risorse mirate di cui avrebbero bisogno. Allora noi chiediamo anche un investimento nel mondo della ricerca e chiediamo che questo investimento nella ricerca, come succede sempre nel caso delle malattie rare, non sia circoscritto nei confini puramente nazionali e ci auguriamo davvero che adesso che dovrebbero vedere la vita questi nuovi centri di ricerca di livello europeo, i famosi ERN, tra questi centri europei ce ne sia anche qualcuno che specificatamente si prenda cura di questo tipo di patologia, perché è una patologia, insisto, che proprio perché tocca la funzione respiratoria, a un certo punto porta a dire basta alla vita per queste persone. L'altra cosa su cui vorrei richiamare l'attenzione riguarda proprio il farmaco che dovrebbe farsi carico della cura di questo paziente secondo la doppia logica di aggiungere anni alla vita e di aggiungere vita agli anni di questi pazienti, ossia di allungare la loro vita e nello stesso tempo di migliorare le loro condizioni.
  Questo farmaco risponde in maniera abbastanza interessante; peraltro è un farmaco che risponde bene anche nei trattamenti oncologici, pazienti affetti da tumore polmonare, e dovrebbe poter essere reso accessibile ai pazienti senza doverli sottoporre a quelle molestie burocratiche che aggiungono inutilmente sofferenza a sofferenza. Io vorrei concludere questo mio intervento semplicemente appellando non solo alla volontà del Governo presente per il giudizio positivo che ci ha dato, ma alla volontà del Governo perché il giudizio positivo si traduca in misure concrete e direi quasi misurabili da parte dei pazienti. Che non debba più accadere di dover ricevere delle telefonate che ci dicono: perché non c’è più, perché se fosse stato disponibile quel farmaco, se avesse potuto avere accesso a quella cosa, forse la sua vita sarebbe stata un po’ migliore e tutti noi avremmo goduto un po’ più della sua compagnia in mezzo a noi.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nicchi. Ne ha facoltà. Prego i colleghi... Colleghi, per favore.

  MARISA NICCHI. Signor Presidente, per esprimere il voto favorevole, convintamente favorevole, di Sinistra Italiana alle due mozioni. Il riconoscimento della fibrosi polmonare idiopatica come malattia rara rappresenta sicuramente un fatto positivo e l'impegno che il Governo ha preso a questo proposito può essere una speranza per tutti coloro che sono affetti da questa terribile malattia, di cui sono state richiamate le sofferenze e il dolore. Di sicuro questo può permettere – ci auguriamo che avvenga velocemente – concretamente la possibilità di accedere alle cure per alleviare questa sofferenza in tutto il nostro Paese, vista oggi la profonda e ingiusta disomogeneità, anche perché, come veniva citato, si tratta di accedere all'ossigenoterapia e noi sappiamo che cosa voglia dire non poter respirare, avere Pag. 27questa difficoltà e sapere che il sollievo a questa grande difficoltà è appeso a delle misure che ad alcune regioni vengono riconosciute e ad altre vengono negate. Quindi, bene che si vada verso un riconoscimento in tutto il nostro Paese di queste cure; bene anche che si incentivi – questa è sicuramente la pietra miliare – una ricerca nel merito di questa malattia specifica e in generale per le malattie rare. Più volte – con questo chiudo – il nostro Parlamento è intervenuto su questa materia e anche il lavoro della XII Commissione, le varie mozioni, le varie risoluzioni che abbiamo approvato hanno un comune e continuo richiamo: il tema della revisione dei nuovi LEA, cioè di quei livelli si dice essenziali di assistenza che devono essere garantiti in tutto il nostro Paese. La revisione dei LEA, che viene continuamente rimandata dal Governo, rappresenta una delle più gravi promesse mancate di questo Governo e ci auguriamo che presto questa grave mancanza di una promessa così importante venga risolta (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gullo. Ne ha facoltà.

  MARIA TINDARA GULLO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, come è stato diffusamente sottolineato in sede di discussione sulle linee generali, la fibrosi polmonare idiopatica è una malattia rara del polmone, lo è a tutti gli affetti nonostante manchi ad oggi il riconoscimento ufficiale. La fibrosi polmonare viene definita idiopatica, cioè sconosciuta, perché nessuno conosce la causa precisa dell'IPF. Ciò che purtroppo è ben conosciuto è che, nella fibrosi polmonare idiopatica, si verifica una modificazione nei normali processi di guarigioni del polmone che induce un'eccessiva produzione di tessuto cicatriziale che va a sostituire gradualmente i piccoli sacchetti dei polmoni chiamati alveoli. Sfortunatamente sintomi di questa modificazione non si manifestano fino a che il tessuto cicatriziale non si accumula nei polmoni, compromettendo via via la respirazione.
  Nel tempo questo processo di cicatrizzazione dei polmoni peggiora, i polmoni diventano più rigidi e respirare diventa difficile. Il paziente percepirà che gli mancherà sempre più il fiato; una malattia gravemente invalidante quindi, progressiva, che toglie letteralmente il fiato, certo non solo ai pazienti, ma anche ai familiari e alle persone che accudiscono questi malati. Per molti pazienti ci possono volere fino a due anni dalla comparsa dei sintomi iniziali, generalmente tosse secca non produttiva. Prima di arrivare alla prima diagnosi di fibrosi polmonare idiopatica, i sintomi della fibrosi polmonare idiopatica si possono facilmente confondere con quelli di altre patologie polmonari meno gravi e accade perciò che i pazienti vengono sottoposti a lunghe sessioni di esami e accertamenti, che certamente si ripercuotono a livello fisico ed emotivo, un grande stress per i malati. La diagnosi precoce, come per tutte le patologie gravi, è un passo fondamentale perché il paziente possa iniziare un adeguato percorso terapeutico.
   Per quello che riguarda la diffusione di questa malattia in Europa – come è stato già ricordato da diversi colleghi – si stima che il numero di pazienti soggetti a fibrosi polmonare idiopatica sia compreso tra gli 80.000 e i 110.000; tali cifre però sono destinate ad aumentare dal momento che ogni anno la fibrosi polmonare idiopatica viene diagnosticata circa a 35.000 nuovi pazienti nell'ambito dell'Unione europea. Questa cifra in Italia fortunatamente diminuisce in modo considerevole, ma comunque nel nostro Paese ci sono tra i trenta e i quaranta nuovi pazienti ogni 100.000 abitanti. Sono soprattutto gli uomini ad essere colpiti da questa patologia, ma si registrano anche diversi casi in età precoce. Una delle difficoltà più evidenti del vivere con una malattia rara quale la fibrosi polmonare idiopatica è proprio il senso di isolamento vissuto dai malati e dalle loro famiglie. Vivere con una malattia rara costringe le persone ad affrontare il quotidiano confrontandosi non solo con Pag. 28la disabilità fisica e mentale, ma anche con problematiche sociali ed economiche, dato che la presenza di una malattia rara porta spesso all'abbandono del lavoro da parte di uno dei genitori, oltre che ad importanti spese per la gestione della condizione complessa del paziente. Le malattie rare sono per lo più sconosciute e i pazienti che ne sono affetti spesso mal diagnosticati e non presi in carico correttamente, così come sono sconosciuti o sottovalutati i problemi che pazienti e familiari devono affrontare nel quotidiano. Qualunque sia la loro situazione specifica è necessario che i pazienti affetti da fibrosi polmonare idiopatica possano trovare una rete in grado di sostenerli dal momento della diagnosi e nel prosieguo della battaglia con questa malattia. Le reazioni alla diagnosi sono le più varie; ogni paziente è diverso e questo vale per chiunque ha una malattia, ma in questo caso dipende anche da quale prospettiva si ha (terapia, trapianto o solo cure palliative); anche il fatto di avere una forma sporadica o familiare fa la differenza. Nella forma familiare, alla preoccupazione per se stesso, si aggiunge quella che un figlio possa ammalarsi; sono pazienti diversi dagli altri perché hanno già visto e vissuto la malattia da vicino. La diagnosi è certamente il primo fondamentale passo perché il paziente possa cominciare un percorso terapeutico adeguato. Come accade spesso nel caso delle malattie rare, un ruolo di straordinaria importanza ed efficacia viene svolto dalle associazioni di pazienti: in tale contesto, infatti, il ruolo svolto dalle associazioni è centrale per la conoscenza delle patologie, che esse diffondono in modo capillare sul territorio, facendo conoscere le caratteristiche delle patologie, dando essenziale supporto ai malati e consigliando i centri di eccellenza a cui rivolgersi.
   Il 29 febbraio scorso, si è svolta la nona edizione della Giornata mondiale delle malattie rare: si tratta del più importante evento mondiale dedicato a questo tema, che coinvolge più di ottanta Paesi nel mondo. L'obiettivo dell'ultima edizione, da poco svolta, è stato quello di fare in modo che la voce di chi vive con una malattia rara venga ascoltata, e non soltanto una volta all'anno in occasione di queste seppur lodevoli iniziative, ma in occasione per esempio dei tavoli decisionali, dove i pazienti stessi e i loro familiari devono poter far sentire la loro voce.
  Dal 29 giugno 2013, è in commercio in Italia il pirfenidone, il primo farmaco orale che rallenta la progressione della fibrosi polmonare idiopatica, ne diminuisce la mortalità e viene erogato dalle farmacie ospedaliere su prescrizione del medico specialista.
  Nel gennaio dello scorso anno, la European Medicine Agency ha approvato un altro farmaco per il trattamento della fibrosi polmonare idiopatica, il Nintedanib, già approvato in tempi precedenti dalle competenti autorità nazionali e dalla Food and Drug Administration, rispetto al quale è auspicabile che al più presto si proceda in tal senso anche nel nostro Paese. L’extrema ratio a cui possono ricorrere i pazienti della fibrosi polmonare idiopatica è quella del trapianto polmonare, ma per essere sottoposti a trapianto occorre avere una certa età e, nel complesso, condizioni di salute buone.
   Il riconoscimento ufficiale di questa malattia nel novero delle patologie rare, che hanno comunque in Italia e in Europa numeri impressionanti, sarebbe il vero passo avanti che migliaia di famiglie stanno aspettando. Si stima che in Europa il numero di soggetti affetti da malattie rare sia compreso tra i 25 e i 30 milioni. In Italia, il numero di persone colpite da malattie rare si aggira intorno ai 2 milioni. Appare dunque evidente come le malattie rare, che non sono affatto tali quando vengono viste nel loro complesso per le peculiarità che di norma rendono difficoltosa la loro diagnosi e il loro trattamento, costituiscono un tema cruciale anche per quanto riguarda la sostenibilità delle politiche di sanità pubblica.
  È importante che il Governo si impegni e dia attuazione concreta al riconoscimento della fibrosi polmonare idiopatica, in quanto malattia rara, alla luce della titolarità esclusiva in capo allo Stato rispetto alla definizione dei livelli essenziali Pag. 29di assistenza. È quanto mai urgente superare le disuguaglianze nell'accesso alle cure e ai farmaci nei diversi Paesi e, in Italia, tra le diverse regioni. È fondamentale favorire la diffusione tra i cittadini e gli stessi operatori della più ampia consapevolezza sulle malattie rare, compresa la concreta speranza che in Italia possano essere molti i centri che si accreditano a diventare centri europei per le malattie rare, con importanti ricadute positive in termini di accesso a una ricerca scientifica sempre più approfondita, che possa contare su risorse sempre più generose, proprio per poter svolgere un ruolo di assistenza più adeguato e più rispondente alle effettive necessità dei pazienti e delle loro famiglie.
   Per tutti questi motivi, annuncio il voto favorevole di Forza Italia sulla mozione Vargiu da noi sottoscritta (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Silvia Giordano. Ne ha facoltà.

  SILVIA GIORDANO. Grazie, Presidente. La fibrosi polmonare idiopatica è la più frequente delle malattie respiratorie rare. È caratterizzata dalla deposizione di tessuto connettivo cicatriziale nei polmoni, che sostituisce quello sano, impedendo l'ossigenazione del sangue. In pratica, questa malattia toglie letteralmente il fiato e conduce all'insufficienza respiratoria. La fibrosi polmonare idiopatica, IPF, è una malattia aggressiva, di rapida progressione ed irreversibile, colpisce circa 5 milioni di pazienti nel mondo, dai 5.000 ai 9.000 in Italia, e può manifestarsi a qualsiasi età anche se generalmente è diagnosticata maggiormente negli uomini che abbiano superato i cinquant'anni. Purtroppo, nella maggior parte dei casi, l'IPF viene ignorata. I sintomi più frequenti sono tosse secca e dispnea, inizialmente sotto sforzo, in seguito anche in stato di riposo. Nel momento in cui tali disturbi si manifestano, la malattia è già a uno stadio avanzato. Le lesioni del tessuto polmonare, causate dalla malattia, sono irreversibili e, fino a poco tempo fa, l'unica soluzione era il trapianto di polmoni. Ad oggi, sono stati introdotti farmaci antifibrotici di nuova generazione, ma purtroppo questi, o altre misure terapeutiche impiegate, possono rallentare solo in parte il processo di cicatrizzazione. L'IPF può progredire molto rapidamente e la durata media di sopravvivenza dopo la diagnosi varia dai tre ai cinque anni e, nel corso della malattia, si richiede spesso e necessariamente l'apporto straordinario di ossigeno. Nei casi gravi, invece, bisogna ricorrere al trapianto polmonare. La ricerca non è ancora in grado di spiegare le cause della malattia. In Italia, la fibrosi polmonare idiopatica non è riconosciuta a livello nazionale come malattia rara. Solo le autorità sanitarie della regione Piemonte e della regione Toscana hanno inserito l'IPF nell'elenco delle malattie rare e hanno identificato un codice di esenzione che permette l'accesso gratuito a tutte le prestazioni diagnostiche, agli esami di controllo, alle terapie e ai supporti socio-assistenziali.
  Ed ecco che andiamo dritti al cuore del problema, non solo della fibrosi polmonare idiopatica, ma di tutte le malattie rare non riconosciute, perché vede Presidente, ancora una volta, ci ritroviamo in quest'Aula a parlare di malattie rare e dell'esigenza di dover aggiornare quel famoso elenco del 2001, che riportava le cosiddette malattie rare riconosciute.
  Fino ad oggi il MoVimento 5 Stelle ha presentato vari atti: una proposta di legge per il sostegno della ricerca e della produzione dei farmaci orfani per la cura delle malattie rare, presentata il 4 giugno 2013; una mozione, presentata il 14 marzo 2014; emendamenti alla legge di stabilità, oltre a svariate e molteplici interrogazioni. Ma mai, come su questo argomento, è giusto dire che non siamo stati gli unici. Infatti, neanche un anno fa tutta la Commissione affari sociali ha votato – e alcuni anche cofirmato, tra cui io – una risoluzione Pag. 30della collega Binetti proprio sulle malattie rare e poco prima tutto il Parlamento aveva votato, sempre all'unanimità e con il benestare del Governo, una mozione unitaria. Quindi, impegni su impegni che il Governo nel corso del tempo ha detto di prendersi in carico ma che, in realtà, ancora non hanno visto alcuna applicazione.
  È per questo che, ancora una volta, ci ritroviamo costretti ad analizzare malattia rara per malattia rara, senza quella visione d'insieme necessaria ad affrontare un argomento così delicato e complesso. Visione d'insieme che il Parlamento aveva richiesto più volte, ma che il Governo evidentemente non ha voluto ascoltare. Infatti, solo il 18 marzo 2014 il Governo si era impegnato: a verificare in che modo e fino a che punto ci si prende cura dei bisogni delle persone affette da malattie rare, tenendo conto che sono spesso lasciate sole anche dal Servizio sanitario nazionale e, in questo momento di crisi economica del Paese, sono ulteriormente penalizzate; a dare una definizione tempestiva delle malattie rare da includere nell'elenco delle patologie e provvedere all'aggiornamento, di norma biennale, tenendo conto delle nuove conoscenze tecniche ed epidemiologiche; ad assumere iniziative dirette ad aggiornare l'allegato n. 1 del regolamento di cui al decreto del Ministero della Sanità n. 279 del 2001, contenente l'elenco delle malattie rare esentate dalla partecipazione al costo, con cadenza biennale e non più triennale, addirittura, e prevedendo l'inserimento nello stesso di altre malattie rare finora escluse e, in particolare, delle 109 malattie rare inserite nel sopracitato elenco dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 23 aprile 2008; ad aggiornare l'elenco delle malattie rare esentate dalla partecipazione al costo con cadenza almeno biennale; a garantire l'aggiornamento della rete nazionale delle malattie rare e delle esenzioni, mentre nella mozione a mia prima firma impegnavamo il Governo a favorire, per quanto di sua competenza, l'iter delle proposte di legge di iniziativa parlamentare, allo scopo di procedere all'approvazione della normativa in materia di malattie rare e di farmaci orfani in tempi certi, evitando ritardi che si ripercuotono sul diritto alla salute di tanti cittadini. È un impegno che è stato bocciato e, devo dire, almeno questo con coerenza, visto che le nostre proposte di legge al riguardo ancora giacciono alla Camera e quel minimo di percorso che aveva preso luce al Senato si è del tutto bloccato.
  Comunque, come si può notare, avete già approvato tutti gli impegni dovuti, impegni perfetti, ma dopo due anni, sottosegretario, non ne avete applicato nessuno; non avete fatto nulla e, anzi, state prendendo addirittura la direzione contraria. Ma quasi ogni anno, all'avvicinarsi della Giornata delle malattie rare, approvate qualche impegno, per buttare un po’ di fumo negli occhi. In Parlamento intanto si continuano a proporre mozioni su singole malattie perché non si può fare altro visto, che quelle generali non vengono prese in considerazione e quelle singole o le approvate, senza però dare loro reale applicazione, o, a convenienza, le bocciate, proprio perché limitate ad una singola malattia (il paradosso del paradosso !). E, intanto, i problemi restano, continuano, aumentano e i cittadini ne pagano le conseguenze, perché ormai i problemi sono ben chiari a tutti.
  Vengo ora al riconoscimento delle malattie rare. L'elenco comprende 583 patologie, ma sappiamo tutti benissimo che nella realtà le malattie rare sono un numero di gran lunga maggiore: nel 2006 la cifra stimata è stata tra le 6 mila e le 7 mila, ma questa cifra cresce costantemente con l'avanzare della scienza medica e della ricerca in campo medico. Poi, ci sono le discriminazioni tra le malattie rare. Questa differenza, tra quelle riconosciute e quelle al di fuori dell'elenco, comporta inevitabilmente una discriminazione tra le persone affette da varie malattie e una diseguaglianza di trattamenti economici, visto che solo le malattie rare riconosciute sono coperte da esenzione.Pag. 31
  Poi, c’è il collegamento con i livelli essenziali di assistenza. Infatti, il decreto ministeriale n. 279 del 2001 prevedeva l'aggiornamento almeno triennale di tale elenco, aggiornamento che invece non avviene proprio dal 2001 (e siamo al 2016). Così, che cosa si è deciso di fare alla fine ? Di non aggiornare l'elenco, ma legare l'aggiornamento delle malattie rare ad un DPCM di revisione dei LEA nazionali. E questo perché ? Solo e unicamente per un motivo economico; ancora una volta un criterio di revisione di spesa che pesa sulla condizione di salute dei cittadini. I livelli essenziali di assistenza nazionali, oltre tutto, vengono rivisti, se tutto va bene, con una cadenza almeno decennale, visto che si introducono spese che aggiornano le prestazioni sanitarie. E può l'ammalato, sottosegretario, aspettare così tanto ?
  E, ancora, discriminazioni tra malati rari di diverse regioni. Infatti, la cosa più paradossale è che il Ministero ha delegato il tutto alle regioni, creando così ancora un'ulteriore discriminazione oltre che una migrazione sanitaria insostenibile per il sistema e per il paziente.
  Quindi ricapitolando, sottosegretario, il Ministero e i vari Governi che si sono succeduti hanno creato solo discriminazioni su discriminazioni, provando ogni tanto a mettere una toppa, ma senza mai risolvere il problema: discriminazioni tra malati rari e le altre persone affette da malattie non rare; discriminazioni tra persone affette da malattie rare riconosciute e quelle affette da malattie rare non riconosciute; discriminazioni tra chi è affetto da una malattia rara non riconosciuta, ma compresa nei livelli essenziali di assistenza, e chi, invece, è affetto da una malattia rara che non ha avuto questa chance. Ma su questo devo dire, sottosegretario, che avete tagliato la testa al toro, visto che l'aggiornamento dei LEA lo stiamo ancora aspettando. Poi, discriminazione tra un malato raro di una regione virtuosa o che, comunque, dà una particolare attenzione a questo ambito e un malato raro che, invece, vive in una regione che non ha soldi o che non investe in questa spesa. Che dire ? La frase «il cittadino di serie A e il cittadino di serie B» purtroppo non è solo un modo di dire se si pensa che questa situazione l'ha creata lo Stato che, invece, dovrebbe aiutare i cittadini e, in particolare, le fasce più deboli e che non sta cambiando minimamente direzione. Tutto ciò fa capire che c’è qualcosa di decisamente marcio in questo Governo e anche in quelli precedenti.
  Presidente, noi non abbiamo voluto presentare una nostra mozione perché il Governo ci ha fatto ben capire l'importanza che riserva agli impegni che gli vengono dati dal Parlamento. Comunque, voteremo favorevolmente sulle mozioni, perché ormai l'unica cosa che resta da fare è cercare di fare un piccolo passo alla volta, visto che chiaramente di malattie rare nel suo insieme il Governo vuol fare solo finta di occuparsene (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vittoria D'Incecco. Ne ha facoltà. Invito i colleghi, intanto, a prendere posto, perché è l'ultimo intervento per dichiarazioni di voto. Prego, onorevole D'Incecco.

  VITTORIA D'INCECCO. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, le malattie rare sono considerate tali quando colpiscono non più di cinque persone ogni 10 mila abitanti, ma questo non significa che i pazienti che ne sono colpiti siano pochi. Sono patologie rare, ma non per questo meno gravi e debilitanti di altre malattie più diffuse. Tra le malattie rare è configurata la fibrosi polmonare idiopatica, di cui oggi ci occupiamo perché essa, purtroppo, in Italia non è attualmente inserita nell'elenco di quelle esenti da ticket. È la più frequente delle malattie respiratorie rare e può manifestarsi a qualsiasi età, anche se è più frequente dopo i sessant'anni.
  Non mi voglio soffermare sulle caratteristiche della patologia, di cui ho già parlato ieri in discussione sulle linee generali e che già hanno ricordato i colleghi Pag. 32che mi hanno preceduta. Mi preme, invece, evidenziare che le persone che sono affette da questa malattia hanno bisogno di un'assistenza che tenga in dovuta considerazione oltre alle cure, che devono essere il più precoci possibile, anche il carico psicologico ed emotivo, perché la presenza di una malattia è anche un potenziale fattore di rischio di esclusione sociale del nucleo familiare. Le famiglie, infatti, spesso si trovano sole a sostenere notevoli costi economici e sociali e in alcuni casi chi assiste la persona malata deve trascurare o addirittura lasciare il posto di lavoro. Le famiglie sono costrette, a volte, a fronteggiare con strumenti inadeguati una malattia certamente difficile da gestire e hanno difficoltà nel far fronte alle cure mediche.
  Il gruppo del Partito Democratico sente il dovere di dare risposte concrete a questi malati e alle loro famiglie, perché il diritto alla salute e la qualità delle cure e dei livelli di prestazione sanitaria devono essere garantiti a tutti i cittadini, anche a chi è affetto da una patologia poco conosciuta che agisce in maniera silenziosa e subdola, ma che può avere un'evoluzione rapida e purtroppo letale se la diagnosi arriva in ritardo. Il Partito Democratico ha già dimostrato di prestare particolare attenzione al tema della salute e, vista la sensibilità avuta con gli ultimi provvedimenti dal Governo in questo campo, grazie anche al prezioso lavoro della Commissione affari sociali, condividiamo in toto la mozione dell'onorevole Vargiu e chiediamo un impegno concreto finalizzato al riconoscimento della fibrosi polmonare idiopatica come malattia rara, assicurando l'accesso, a carico del Sistema sanitario nazionale, di tutti i trattamenti di diagnosi e cura, con livelli essenziali di assistenza omogenei su tutto il territorio nazionale, corsi di formazione del personale sociosanitario e campagne informative per l'intera popolazione.
  Chiediamo, altresì, di favorire l'integrazione dei centri di riferimento italiani nelle reti europee per un efficace ed utile scambio di conoscenze e di esperienze diagnostiche e terapeutiche, con azioni di monitoraggio sull'operatività dei centri stessi e una raccolta dati continuamente aggiornata sull'incidenza e la mortalità della malattia.
  Pertanto, signor Presidente, annuncio il parere favorevole del Partito Democratico alla mozione Vargiu, D'Incecco, Gullo, Binetti ed altri, perché il Governo si impegna a sostenere queste persone e le famiglie, non solo dal punto di vista delle cure, ma anche sotto il profilo psicologico e sociale. Perché dietro ad ogni malattia rara, come appunto la fibrosi polmonare idiopatica, c’è una persona, ci sono famiglie, sogni, sacrifici, vite da vivere con dignità e consapevolezza, vite di cui noi abbiamo il dovere di prenderci cura nel migliore dei modi, perché promuovere e assicurare il diritto alla salute significa elevare il livello di civiltà di un Paese e questo è sicuramente un obiettivo tra i prioritari del Partito Democratico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazioni)

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Come da prassi, le mozioni saranno poste in votazione per le parti non assorbite e non precluse dalle votazioni precedenti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Vargiu, D'Incecco, Gullo, Binetti ed altri n. 1-01191, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Abrignani, Valentini... ci siamo ? Ora un paio di colleghi, poi chiudiamo. Bergamini, Ginefra, Rubinato, Corsaro... Ginefra ha votato, Corsaro anche... non vi sono altri colleghi che devono votare.
  Dichiaro chiusa la votazione.Pag. 33
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti e votanti  369   
   Maggioranza  185   
    Hanno votato
 369).    

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Palese ed altri n. 1-01207, per quanto non assorbita dalla precedente votazione, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Greco, Vignali... ci siamo.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti e votanti  367   
   Maggioranza  184   
    Hanno votato
 367).    

Sull'ordine dei lavori (ore 13,24).

  PRESIDENTE. A questo punto, mi pare sia stato raggiunto un accordo tra i gruppi per sospendere la seduta, che riprenderà alle ore 15, passando direttamente all'esame del disegno di legge di ratifica dell'accordo tra Italia e Kosovo.
  Se non vi sono obiezioni, così rimane stabilito.
  Sospendo, quindi, la seduta.

  La seduta, sospesa alle 13,25, è ripresa alle 15.

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARINA SERENI

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Adornato, Boccia, Bueno, Capelli, Catania, D'Ambrosio, D'Incà, Di Gioia, Gregorio Fontana, Locatelli, Manciulli, Mazziotti Di Celso, Pes, Rampelli, Realacci, Scotto e Vignali sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
  I deputati in missione sono complessivamente centodieci, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Seguito della discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione dei seguenti Trattati: a) Trattato di estradizione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica del Kosovo, fatto a Pristina il 19 giugno 2013; b) Trattato di assistenza giudiziaria in materia penale tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica del Kosovo, fatto a Pristina il 19 giugno 2013 (A.C. 2981-A).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 2981-A: Ratifica ed esecuzione dei seguenti Trattati: a) Trattato di estradizione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica del Kosovo, fatto a Pristina il 19 giugno 2013; b) Trattato di assistenza giudiziaria in materia penale tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica del Kosovo, fatto a Pristina il 19 giugno 2013.
  Ricordo che, nella seduta del 4 aprile, si è conclusa la discussione sulle linee generali.

(Esame degli articoli – A.C. 2981-A)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del disegno di legge di ratifica nel testo della Commissione (Vedi l'allegato A – A.C. 2981-A).Pag. 34
  Avverto che la V Commissione (Bilancio) ha espresso il prescritto parere (Vedi l'allegato A – A.C. 2981-A), che è in distribuzione.
  Passiamo all'esame dell'articolo 1 (Vedi l'allegato A – A.C. 2981-A), al quale non sono state presentate proposte emendative.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Franco Cassano. Ne ha facoltà.

  FRANCO CASSANO. Signora Presidente, il Trattato di estradizione fra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica del Kosovo alla lettera a) rappresenta un'evoluzione nella cooperazione giudiziaria penale bilaterale tra i due Paesi; infatti, in virtù di tale Accordo, i due Stati si impegnano a consegnarsi, secondo le norme e le condizioni determinate nell'atto, le persone che, trovandosi sul territorio di uno dei due Stati, sono perseguite o condannate dall'autorità giudiziaria dell'altro Stato, ai fini dello svolgimento del processo, dell'esecuzione della pena o di altro provvedimento restrittivo della libertà personale.
  Il testo individua le tipologie di reato che danno luogo ad estradizione. Nel caso di estradizione processuale la facoltà di estradare i cittadini è prevista per i reati per i quali potrebbe essere inflitta, in entrambi gli Stati, una pena detentiva di almeno un anno nel caso di estradizione esecutiva. L'estradizione del cittadino potrà essere concessa solo se al momento dalla presentazione della domanda la durata della pena o della restrizione ancora da espirare è di almeno sei mesi.
  Altri punti salienti della normativa sono: la previsione del principio di specialità e la sua applicazione ai procedimenti di estradizione tra le parti contraenti; il principio generale di divieto di riestradizione verso uno Stato terzo e le ipotesi eccezionali in cui ciò è possibile; la misura cautelare dell'arresto provvisorio e la relativa procedura; la disciplina dell'ipotesi di più richieste di estradizione avanzate da diversi Stati per la stessa persona, in riferimento allo stesso reato o per reati diversi. Ci sono ovviamente altri passaggi.
  Altre disposizioni riguardano le ipotesi di rifiuto o rinvio dell'assistenza e le autorità centrali designate dalle parti alle quali presentano le richieste di assistenza, ossia il Ministero della giustizia della Repubblica italiana e il Ministero della giustizia della Repubblica del Kosovo.
  Il disegno di legge di autorizzazione alla ratifica si compone di quattro articoli: i primi due contengono, rispettivamente, l'autorizzazione alla ratifica dei due trattati e l'ordine di esecuzione degli stessi, mentre l'articolo 3 reca la copertura degli oneri finanziari derivanti dall'attuazione dei trattati, pari a circa 38.000 euro annui. I due trattati sono compatibili con le altre convenzioni firmate dall'Italia in materia.
  Segnalo, infine, che nel corso dell'esame in Commissione sono pervenuti i pareri favorevoli delle Commissioni affari costituzionali, giustizia e finanze, mentre la Commissione bilancio ha espresso parere favorevole con una condizione volta a garantire il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione. Conseguentemente è stato approvato dalla stessa Commissione l'emendamento 3.1, finalizzato ad aggiungere le coperture finanziarie previste dal provvedimento.
  Per quanto premesso, auspico una rapida approvazione della ratifica di questi accordi, che rappresentano un segnale di sostegno e di vicinanza al lungo percorso di stabilizzazione avviato da Pristina, che in questi mesi ha aperto finalmente un canale di dialogo con Belgrado e si sta ora avvicinando all'Unione europea con il nuovo Accordo di associazioni e di stabilizzazione, iniziative entrambe fortemente sostenute dal nostro Paese.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Blazina, Rabino, Matteo Bragantini, Fanucci, Piepoli, Cassano, Zan, Rubinato, Molea, Guidesi...
  Dichiaro chiusa la votazione.Pag. 35
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti  342   
   Votanti  337   
   Astenuti    5   
   Maggioranza  169   
    Hanno votato
 308    
    Hanno votato
no   29).    

  (I deputati Vezzali e Gutgeld hanno segnalato di non essere riusciti ad esprimere voto favorevole).

  Passiamo all'esame dell'articolo 2 (Vedi l'allegato A – A.C. 2981-A), al quale non sono state presentate proposte emendative.
  Passiamo dunque ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Luciano Agostini, Furnari, Bonaccorsi, Rizzo, Di Battista...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti  349   
   Votanti  344   
   Astenuti    5   
   Maggioranza  173   
    Hanno votato
 314    
    Hanno votato
no   30).    

  (I deputati Iacono, Vezzali e Gutgeld hanno segnalato di non essere riusciti ad esprimere voto favorevole).

  Passiamo all'esame dell'articolo 3 (Vedi l'allegato A – A.C. 2981-A), al quale non sono state presentate proposte emendative.
  Passiamo dunque ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Fratoianni, Zan, Pilozzi, Binetti, Vezzali, Turco, Baldassarre, Iacono...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti  357   
   Votanti  349   
   Astenuti    8   
   Maggioranza  175   
    Hanno votato
 319    
    Hanno votato
no   30).    

  (I deputati Fabbri, Iacono, Bueno e Gutgeld hanno segnalato di non essere riusciti ad esprimere voto favorevole).

  Passiamo all'esame dell'articolo 4 (Vedi l'allegato A – A.C. 2981-A), al quale non sono stati presentati emendamenti.
  Passiamo dunque ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 4.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Covello, Giuseppe Guerini. Covello ha votato, Iacono ha votato. Ci siamo ? Martelli; ha votato, onorevole Martelli ? Misiani; ha votato. Fabbri ha votato già.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti  362   
   Votanti  353   
   Astenuti    9   
   Maggioranza  177   
    Hanno votato
 323    
    Hanno votato
no   30).    

  (I deputati Bueno e Gutgeld hanno segnalato di non essere riusciti ad esprimere voto favorevole).

(Dichiarazioni di voto finale – A.C. 2981-A)

  PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.Pag. 36
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Fucsia Fitzgerald Nissoli. Ne ha facoltà.

  FUCSIA FITZGERALD NISSOLI. Grazie, Presidente. Signora Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento al nostro esame reca la ratifica ed esecuzione dei Trattati di estradizione e di assistenza giudiziaria in materia penale tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica del Kosovo, firmati a Pristina il 19 giugno 2013. È un provvedimento importante, se consideriamo l'aumento dei rapporti che il nostro Paese registra con i Paesi dell'Est Europa. Infatti, esso ha l'obiettivo di porre in essere un'adeguata cooperazione in ambito giudiziario per il contrasto alla criminalità. Si tratta di un Accordo che, creando un clima di fiducia nelle reciproche istituzioni, viene a determinare un mutuo vantaggio nel reprimere la criminalità, che si esprime anche attraverso l'adozione di misure concernenti l'estradizione, sino ad ora rifiutata dal Kosovo. A proposito di estradizione, ricordo che l'Accordo non è in contrasto con la relativa Convenzione del Consiglio d'Europa – di cui l'Italia è parte, mentre il Kosovo no – né è in contrasto con altre norme internazionali, anzi segue il modello del Consiglio d'Europa e, quindi, è in armonia con quanto fatto anche dagli altri Paesi europei.
  Signora Presidente, è indubbio che quanto ci apprestiamo a ratificare rappresenti un passo avanti decisivo sia sul piano della lotta alla criminalità transnazionale, in un contesto geopolitico critico, sia sul piano politico, come gesto di sostegno al cammino di avvicinamento all'Unione europea. Quindi, considerati gli aspetti positivi e il fatto che tali accordi non incidono sulla normativa interna e non contrastano con i principi costituzionali, annuncio il voto favorevole del mio gruppo parlamentare.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Stefano Borghesi. Ne ha facoltà.

  STEFANO BORGHESI. Grazie, Presidente. Gli accordi bilaterali italo-kosovari in materia di estradizione e di assistenza giudiziaria in campo penale pongono la Lega Nord di fronte ad un dilemma, perché nel merito si tratterebbe di intese potenzialmente utili. Nel momento in cui si vuole intensificare la lotta al terrorismo transnazionale di matrice jihadista e di contrasto al grande crimine organizzato, poter contare sulla collaborazione di Pristina sarebbe, infatti, importante. Il Kosovo, dopo tutto, è una zona ad alto rischio di infiltrazione da parte dei simpatizzanti di Al Qaeda e del sedicente Stato Islamico ed il suo peso nei traffici della grande criminalità internazionale è stato ampiamente documentato. Inoltre, esiste una consistente diaspora kosovara attiva sul nostro territorio nazionale e composta da circa 50 mila persone, che andrebbero attentamente monitorate anche con l'aiuto delle autorità di Pristina. Gli oneri connessi all'applicazione dei due trattati sarebbero inoltre complessivamente contenuti, non raggiungendo i 38.500 euro annui.
  Come è a tutti noto, però, il nostro partito avversò la campagna militare che nel 1999 provocò il distacco di quella provincia della Federazione jugoslava e criticò anche la scelta, fatta dal Governo Prodi, di riconoscerne l'indipendenza e la sovranità il 21 febbraio 2008, un mese dopo essere stato sfiduciato dal Senato, come se fosse stato un fatto puramente tecnico. Era, invece, un atto eminentemente politico, tanto politico che sono ancora cinque i Paesi dell'Unione europea a non averlo voluto compiere: Cipro, Grecia, Romania, Slovacchia e Spagna.
  Votare a favore di questi specifici accordi, quindi, rappresenterebbe per noi una forma di riconoscimento che non vogliamo accordare al Kosovo. Non abbiamo infatti cambiato idea e siamo ancora persuasi di avere avuto ragione e pensiamo tuttora che quello sorto dalla illegittima guerra del 1999 sia sostanzialmente uno Stato inaffidabile, con una forte presenza delle mafie e dal quale c’è Pag. 37ben poco da aspettarsi quanto a capacità di contrasto della criminalità e del jihadismo.
  Su queste basi la Lega Nord voterà contro questo specifico provvedimento, pur riconoscendo, in teoria, che possa nel merito anche portare qualcosa di positivo. Il problema non è il contenuto degli accordi al nostro esame, ma la soggettività giuridica e la credibilità politica del Kosovo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Stefano Dambruoso. Ne ha facoltà.

  STEFANO DAMBRUOSO. Grazie, Presidente. Anticipo, Presidente, che noi di Scelta Civica siamo, invece, assolutamente d'accordo sul contenuto, sul merito e sull'utilità di questi trattati, perché questi trattati di assistenza giudiziaria e di cooperazione internazionale non solo a parole facilitano il contrasto a qualunque forma di crimine transnazionale appunto, perché mai come in questo periodo, e soprattutto dal punto di vista dell'osservatorio italiano, il Kosovo rappresenta davvero un bacino ed un territorio dove il fenomeno del terrorismo islamista ha preso piede, si è radicato e rappresenta un luogo di passaggio e di partenza di numerosi soggetti che poi si sono anche fermati in aree del territorio italiano e hanno continuato a mantenere rapporti proprio con quella regione.
  Per cui davvero vi è l'utilità di questo tipo di convenzioni e di trattati, che devono essere ratificati, che consentiranno una diffusa lotta al crimine internazionale che proprio in quei Paesi dei Balcani a fatica i Governi nazionali stanno cercando di neutralizzare e di combattere sin dal loro neonato sorgere, che è successivo alle vicende legate, appunto, alla fine del periodo titino di gestione di quell'area e, quindi, della cruenta guerra dei Balcani che ha toccato quell'area sino a tutto il 2000.
  Comunque nel dettaglio è interessante dire che il Trattato di estradizione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica del Kosovo, stipulato appunto a Pristina il 19 giugno 2013, costituisce un progresso nel campo della cooperazione giudiziaria penale bilaterale. In base all'Accordo i due Stati si impegnano a consegnarsi, secondo le norme e le condizioni determinate nell'atto pattizio, le persone che, trovandosi nel territorio dove vengono arrestate, sono perseguite o condannate dalle autorità giudiziarie dell'altro Stato ai fini dello svolgimento del processo e dell'esecuzione della pena o di altro provvedimento restrittivo della libertà personale.
  Sappiamo oggi che stiamo vivendo difficoltà di rapporti sia con l'India sia con l'Egitto per vicende che stanno toccando interessi di nostri concittadini, di nostri cittadini che hanno avuto o vicende terribili, come in Egitto, o vicende assolutamente discutibili in materia di privazione della libertà, perché non sono stati sviluppati invece dei trattati che oggi stiamo cercando di portare a termine nei rapporti tra Italia e Kosovo.
  Ma andando avanti, nello specifico l'Accordo definisce le varie tipologie di reato che danno luogo ad estradizione e disciplina i motivi di rifiuto della stessa nonché l'intero procedimento; individua le autorità centrali designate dalle parti a trasmettere la richiesta del Ministro della giustizia della Repubblica Italiana e del Ministro della giustizia della Repubblica del Kosovo. Prevede, infine, il principio di specialità e la sua applicazione ai procedimenti di estradizione fra le parti contraenti e quello generale di divieto di riestradizione verso lo Stato terzo o verso le ipotesi eccezionali in cui ciò è possibile. Inoltre, regola le modalità di consegna della persona da estradare e la procedura semplificata di estradizione, attivabile con il consenso dalla persona di cui si chiede l'estradizione. Dispone in materia di spese e per le richieste, così come fatte, di informazioni sul procedimento e sull'esecuzione della condanna.
  In sintesi, Presidente, davvero questi Trattati di assistenza in materia penale tra il Governo italiano e quello kosovaro intendono Pag. 38promuovere questi rapporti di collaborazione bilaterale e intendono davvero dare un segnale forte di presenza di un Paese, come l'Italia, anche nelle vicende dei rapporti tra Kosovo e Serbia, fra Kosovo e altri Paesi limitrofi, già appartenenti al blocco jugoslavo, che naturalmente devono vedere l'Italia come soggetto attivo e player principale, essendo un Paese davvero importante nell'area mediterranea su cui affacciano anche i Paesi dei Balcani a cui il Kosovo fa direttamente riferimento.
  Ma, soprattutto, dobbiamo recuperare, anche attraverso queste iniziative di diplomazia legislativa, lo spazio che, invece, paradossalmente, dopo la guerra dei Balcani, è stato lasciato a Paesi molto più piccoli del nostro, qual è l'Austria, ad esempio, che ha avuto la possibilità di trovare spazi di riallargamento della vecchia idea che aveva dell'impero allorché, caduto il governo «titiano» e riapertisi spazi di recupero di aree che erano già appartenute all'Impero austroungarico, ha trovato facile momento di riallargamento. La Germania ne ha approfittato immediatamente a seguito del crollo, appunto, del blocco di Tito e l'Italia, sebbene avesse partecipato ad una coalizione importante, quella internazionale che aveva portato alla caduta dei governi e, soprattutto, di quello serbo, che era un Governo anche significativamente violento, non aveva colto quell'opportunità naturale di estensione della propria presenza che aveva anche delle connaturate fisiologie di storie tradizionali e rapporti con quell'area. Questo è stato davvero un peccato; noi stiamo cercando, almeno a livello parlamentare, di recuperare quella vicinanza di sensibilità e di storia che i due Paesi hanno sempre mantenuto ed è per questo che riteniamo tutto ciò sia fondamentale, non solo per l'efficienza della cooperazione penalistica e, quindi, per il contrasto al crimine internazionale – ho già fatto cenno al contrasto al terrorismo –, ma soprattutto per riaffermare l'idea di uno Stato, quello italiano, che non è distante rispetto a delle dinamiche che si sono sviluppate anche con sufficiente interesse economico nell'area dei Balcani e che hanno visto, invece, molto attivi e presenti altri Paesi diversi dall'Italia. È per questo, Presidente, che riconfermo la ferma posizione del partito che io rappresento, Scelta Civica, di votare sì alla ratifica di questo Trattato (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Paolo Tancredi. Ne ha facoltà.

  PAOLO TANCREDI. Grazie, Presidente. Cercherò di essere breve perché credo che l'argomento sia stato sufficientemente sviscerato e penso che nessuno in quest'Aula possa ignorare l'importanza strategica e politica dei rapporti con la Repubblica del Kosovo che, seppur piccola, è inserita in un'area, come quella balcanica, importantissima; importantissima per passaggio di flussi migratori, importantissima perché nella Repubblica del Kosovo, come è stato detto prima di me, c’è una forte preoccupazione per la radicalizzazione islamica di alcune fasce della popolazione, importantissima perché i rapporti in materia giudiziaria possono evitare incidenti che in passato sono stati pesanti. Voglio ricordare che la Repubblica del Kosovo è nello stato, in questo momento, di candidata potenziale all'ingresso nell'Unione, insieme alla Bosnia Erzegovina. Cioè Bosnia e Kosovo sono esattamente un passo indietro rispetto agli altri Paesi dell'area balcanica che sono, invece, veri e propri candidati, hanno lo status di candidato all'ingresso nell'Unione; mi riferisco, naturalmente, all'Albania, alla Macedonia, alla Serbia e al Montenegro; naturalmente la Croazia è entrata poco fa. Quindi, da questo punto di vista, ancora di più, c’è l'esigenza di coordinare e equilibrare le normative. In ogni caso noi, oggi, approviamo due tipi di accordi, stiamo discutendo della ratifica di due accordi diversi sempre in materia giudiziaria siglati dal Governo italiano e da quello del Kosovo nel giugno del 2013 che riguardano i temi dell'estradizione e dell'assistenza giudiziaria in materia penale, con il relativo scambio di informazioni. Pag. 39Gli accordi corrispondono agli standard che il Governo italiano ha utilizzato anche in accordi simili con altri Paesi membri dell'Unione europea.
  È per questi motivi che Area Popolare voterà favorevolmente a questa ratifica (Applausi dei deputati del gruppo Area Popolare (NCD-UDC)).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Piras. Ne ha facoltà.

  MICHELE PIRAS. Presidente, colleghi, una riflessione maggiore forse ci vorrebbe in sede di ratifica di un trattato come questo. Il rapporto di Amnesty International sulla condizione dei diritti umani mette inequivocabilmente in evidenza, nel Kosovo, una situazione particolarmente critica sotto diversi aspetti, a nostro avviso estremamente preoccupanti e rispetto ai quali non possiamo che esprimere un forte dubbio rispetto alla ratifica del trattato che stiamo discutendo, particolarmente per quanto riguarda la questione dell'estradizione e la sua regolamentazione nel rapporto fra i due Stati. La stessa missione europea – europea, ci tengo a sottolinearlo – EULEX, cioè quella di polizia e giustizia in Kosovo, ad esempio, rileva la debolezza del sistema giudiziario kosovaro, le ingerenze politiche alle quali è soggetto, le ripetute minacce a testimoni e l'assenza di protezione, la totale assenza di garanzia di processi giusti. Recentemente, anche la Commissione europea ha espresso forti preoccupazioni per la diffusa corruzione, la debolezza della magistratura, la criminalità organizzata, la mancanza di libertà degli organi di informazione e un rapporto del Consiglio d'Europa riferisce esplicitamente di torture, maltrattamenti, sequestri ed uccisioni di civili sia serbi che albanesi. A distanza di anni dalla fine della guerra nemmeno i progressi nella convivenza fra le diverse etnie presenti appaiono aver compiuto significativi passi in avanti; la violenza interetnica e le rappresaglie, particolarmente nei confronti della minoranza serba, sembrano, infatti, non avere fine e la discriminazione nei confronti delle minoranze non albanesi, rom e non solo, e degli omosessuali appare dilagante, discriminazione nell'accesso all'istruzione, all'assistenza sanitaria, alla casa, al lavoro, veri e propri casi di ghettizzazione ed abuso sistematico. Il tema dei diritti umani è stato ancor più recentemente, nel 2014, trattato precisamente dal Consiglio d'Europa e sono numerose le denunce di vessazioni materiali e morali nei confronti della popolazione serbo kosovara, come, ad esempio, la profanazione delle tombe e il divieto di visitarle per più di una volta all'anno, orientate a disgregare ed espellere dal Paese quella comunità. Si tratta di una versione per altri mezzi di quella che un tempo, precisamente in quell'area d'Europa, si chiamava pulizia etnica. In 14 anni sono stati distrutti o vandalizzati oltre duecento chiese, monasteri e luoghi sacri. Insomma, è un breve ma, io credo, intenso elenco di violenze, di violazioni sistematiche dei diritti umani, di condizioni di segregazione e vessazione delle minoranze, di persistente e strisciante pulizia etnica che dovrebbe indurre il nostro Paese a maggiore prudenza e anche questo Parlamento, con ogni probabilità, a maggiore prudenza quando ragioniamo del processo per l'ingresso in Europa del Kosovo. Mi viene quasi da chiedermi quali sono i criteri che sovrintendono all'allargamento dell'Unione europea, se ancora esiste un criterio stringente che riguarda il rispetto reale, concreto, provato dei diritti umani in un dato Paese che chieda di accedere all'Unione europea. Tutto ciò, allora, dovrebbe indurre a maggiore prudenza anche nella ratifica di questo Trattato, a chiedere il pieno rispetto dei diritti umani, a farli valere anche in quel Paese che non da tutti i Paesi dell'ONU – lo vorrei ricordare – è stato riconosciuto, e che induce il gruppo di Sinistra Italiana ad esprimere un parere contrario alla ratifica di questo Trattato (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana – Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Archi. Ne ha facoltà.

Pag. 40

  BRUNO ARCHI. Grazie, Presidente. Il gruppo di Forza Italia esprime il suo voto favorevole ad entrambi i trattati, sia quello di estradizione che quello di assistenza giudiziaria. Si tratta, indubbiamente, nel caso di entrambi i trattati fatti nel 2013, di un importante passo in avanti nella cooperazione bilaterale sotto il profilo giudiziario penale. Nel Trattato di estradizione i due Stati si impegnano a consegnarsi, secondo le rispettive procedure, i tempi e i modi specificati nel testo dell'accordo, le persone che trovandosi sul territorio di uno o due Stati siano perseguite o condannate dalle autorità giudiziarie dell'altro Stato, ai fini dello svolgimento del processo, dell'esecuzione della pena o di altro provvedimento restrittivo della libertà personale.
  Quello di assistenza giudiziaria, sempre fatto nel 2013 tra i nostri due Paesi, promuove rapporti di collaborazione bilaterale in relazione all'assistenza giudiziaria penale attualmente non regolati da alcun altro accordo. Attraverso questo Trattato i due Paesi si impegnano a prestarsi assistenza giudiziaria in ogni procedimento legato a reati la cui repressione risulta essere di competenza dello Stato richiedente. Il testo del dell'articolato è sicuramente modellato su altri accordi analoghi già sottoscritti dal nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Marta Grande. Ne ha facoltà.

  MARTA GRANDE. Grazie, Presidente. La ratifica ed esecuzione del Trattato di estradizione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica del Kosovo, fatto a Pristina il 19 giugno 2013, e il Trattato di assistenza giudiziaria in materia penale tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica del Kosovo, fatto sempre a Pristina il 19 giugno 2013, sono accordi bilaterali necessari che il nostro Paese ha già sottoscritto con tanti altri Paesi. Occorre tenere presente che i rapporti di cooperazione giudiziaria tra i due Stati non sono ancora regolati da alcun accordo e, quindi, l'unica forma di assistenza è stata finora quella della cosiddetta cortesia internazionale: una forma di assistenza su base volontaria che non obbliga le autorità competenti dei due Stati a cooperare. Si tratta, perciò, di una precisa e necessaria disciplina della materia dell'estradizione dei cittadini e del loro transito sul territorio per le ipotesi in cui un cittadino, consegnato da uno Stato terzo a uno dei due Stati contraenti, debba transitare sul territorio degli stessi. In tal senso, va ricordato che la facoltà di estradizione dei propri cittadini era stata finora rifiutata dal Kosovo.
  Fondamentale è anche promuovere qualsiasi forma di collaborazione in materia di assistenza giudiziaria penale. Per questi motivi, il MoVimento 5 Stelle appoggerà e promuoverà questi due Accordi internazionali, con un nostro voto favorevole al provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Gianni Farina. Ne ha facoltà.

  GIANNI FARINA. Grazie, Presidente. Il Trattato di estradizione tra la Repubblica italiana e la Repubblica del Kosovo rappresenta una positiva evoluzione nella cooperazione giudiziaria e penale bilaterale tra i due Paesi. Vorrei dire che tale Accordo non è importante unicamente per la giovane Repubblica dei Balcani, ma rappresenta una tappa significativa di stabilizzazione democratica di una regione, i Balcani, che ha vissuto le drammatiche vicissitudini dei decenni passati. Chi è stato in quelle regioni, in Kosovo come in Montenegro, in Bosnia Erzegovina, in Croazia o in Serbia e altrove, sa bene quali sono ancora le difficoltà di ogni carattere: giudiziario, economico e sociale, convivenza tra le popolazioni dilaniate da un'insensata guerra civile e da scontri etnici di drammatica natura.
  Ben vengano i trattati e non unicamente in Kosovo, ma con tutte le nuove Pag. 41realtà di quelle terre vicine ai nostri confini e legate da profonde tradizioni storiche e culturali con l'Italia. Ben vengano, quindi, i trattati di collaborazione con l'Italia e con l'Unione europea se servono ad avvicinare, come sta avvenendo per il Kosovo, la Repubblica all'Unione europea, con il nuovo accordo di associazione e stabilizzazione, per la cui definizione positiva l'Italia ha fatto il suo dovere, sostenendo l'iniziativa sin dai primi approcci.
  Oltretutto, non posso che esprimere, a nome del gruppo del Partito Democratico, la soddisfazione non affatto formale, ma che parte dalle preoccupazioni con cui il nostro Paese ha seguito le vicende dell'indipendenza kosovara, i turbamenti, le difficoltà, le tensioni storiche tra le popolazioni della Repubblica del Kosovo in riferimento alla minoranza serba. Soddisfazione, ripeto, non affatto formale, che parte anche dai turbamenti in atto in tutte le regioni balcaniche e mediorientali. Voglio ripetere e sottolineare la soddisfazione per l'avviamento di un canale di dialogo fra il Kosovo e la Serbia.
  È un canale che va approfondito e allargato, affinché divenga un fiume portatore di convivenza e di solidarietà, perché aumenta le garanzie e migliora l'ancora incompiuto processo democratico.
  I testi che vengono sottoposti all'attenzione e alla ratifica dei Trattati di estradizione e di assistenza giudiziaria, fatti a Pristina il 9 giugno 2013, individuano le tipologie di reato in relazione all'assistenza giudiziaria e, più in generale, ogni e qualsiasi tipologia su cui i due Paesi ritengono di intervenire e su cui non mi vorrei dilungare. È tuttavia evidente che le vicende del Kosovo, non solo negli ultimi decenni del Novecento, con lo spostamento di parti consistenti di popolazione, l'esodo persino, e la presenza di forti comunità kosovare in Italia e in Europa, partendo dalla Svizzera e dalla Germania, danno a questi Trattati una fondamentale importanza sia sul piano immediato che in prospettiva.
  Voglio concludere brevemente, affermando che il disegno di legge di autorizzazione alla ratifica si compone di quattro articoli. I primi due contengono, rispettivamente, l'autorizzazione alla ratifica dei Trattati e l'ordine di esecuzione degli stessi. I due Trattati sono compatibili con le altre convenzioni firmate dall'Italia in materia. Segnalo, infine, che, nel corso dell'esame in Commissione, sono pervenuti i pareri favorevoli delle Commissioni affari costituzionali, giustizia e finanze, mentre la Commissione bilancio ha espresso parere favorevole alla condizione volta a garantire il rispetto dell'articolo 81 dalla Costituzione.
  Per quanto premesso e per quanto detto, auspico una rapida approvazione della ratifica di questi accordi, che rappresentano un segnale di sostegno e di vicinanza al lungo percorso di stabilizzazione avviato da Pristina in Kosovo e in tutta l'area balcanica (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Coordinamento formale – A.C. 2981-A)

  PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, la Presidenza si intende autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.
  (Così rimane stabilito).

(Votazione finale ed approvazione – A.C. 2981-A)

  PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
  Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge di ratifica n. 2981-A, di cui si è testé concluso l'esame.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Fabbri, Cristian Iannuzzi, Vazio, Magorno, Tripiedi, Patriarca, Pellegrino, Giuseppe Guerini, Zardini, Martella, D'Attorre.
  Dichiaro chiusa la votazione.Pag. 42
  Comunico il risultato della votazione:
  Ratifica ed esecuzione dei seguenti Trattati: a) Trattato di estradizione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica del Kosovo, fatto a Pristina il 19 giugno 2013; b) Trattato di assistenza giudiziaria in materia penale tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica del Kosovo, fatto a Pristina il 19 giugno 2013 (2981-A):
   Presenti  391   
   Votanti  377   
   Astenuti   14   
   Maggioranza  189   
    Hanno votato  343    
    Hanno votato no  34.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  (Il deputato Gutgeld ha segnalato di non essere riuscito ad esprimere voto favorevole).

  Sospendo, a questo punto, la seduta, che riprenderà alle ore 16 per lo svolgimento dell'informativa urgente del Governo sugli sviluppi del caso Regeni.

  La seduta, sospesa alle 15,40, è ripresa alle 16,05.

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LAURA BOLDRINI

Informativa urgente del Governo sugli sviluppi del caso Regeni.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di un'informativa urgente del Governo sugli sviluppi del caso Regeni.
  Dopo l'intervento del rappresentante del Governo, interverranno i rappresentanti dei gruppi in ordine decrescente, secondo la rispettiva consistenza numerica, per cinque minuti ciascuno. Un tempo aggiuntivo è attribuito al gruppo Misto.

(Intervento del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Paolo Gentiloni Silveri.

  PAOLO GENTILONI SILVERI, Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Signora Presidente, onorevoli colleghi, l'omicidio di Giulio Regeni è stato una ferita per le nostre coscienze, per tutti noi e credo che abbia colpito l'intero Paese. Le ragioni sono evidenti, innanzitutto perché è stata troncata la giovane vita di un ragazzo italiano esemplare, laureato a Cambridge, ricercatore all'American University de Il Cairo, uno dei tanti giovani italiani che studiano o lavorano nel mondo, ma che non hanno perso in nessun modo il loro attaccamento al loro Paese, all'Italia. Ha colpito per il modo in cui è stato atrocemente torturato e ucciso e ha colpito, credo, anche per la lezione di compostezza e di dignità che hanno dato i suoi genitori, a cui credo anche dall'Aula della Camera è giusto rendere omaggio, non solo per il dolore che hanno provato, ma anche per l'esempio che hanno dato, con il loro comportamento, all'intero Paese.
  L'informativa di oggi concerne le nostre valutazioni sulla situazione di questa vicenda e avviene alla vigilia di incontri importanti tra le autorità inquirenti, che potrebbero essere decisivi anche per lo sviluppo delle indagini. E anche per questo, anche per il momento in cui si svolge questa informativa, è utile che il Parlamento faccia sentire la propria voce in modo forte e unitario.
  Com’è noto, Giulio Regeni scomparve la sera del 25 gennaio a Il Cairo; il nostro ambasciatore prontamente si mobilitò nei giorni immediatamente successivi alla scomparsa, nelle ore immediatamente successive, avendo colloqui con il Viceministro degli esteri, con la Consigliera nazionale per la sicurezza del Presidente al-Sisi, con il Ministro degli interni e io stesso, in Pag. 43quei giorni, parlai con il mio collega Sameh Shoukry, Ministro degli esteri, sollecitando il suo intervento per fare quanto possibile per capire le ragioni di questa scomparsa.
  Purtroppo, il corpo, invece, fu poi ritrovato il 3 febbraio e, dopo quel ritrovamento e dopo aver parlato con la madre di Giulio, la signora Paola, che nel frattempo era arrivata a Il Cairo, quella sera stessa io ho dato istruzioni, da un lato, con una nota a verbale della nostra ambasciata per chiedere l'immediato rientro della salma e per chiedere la possibilità che investigatori italiani partecipassero alle indagini, e, seconda parte delle istruzioni, per convocare l'ambasciatore egiziano qui a Roma, alla Farnesina, per manifestare il nostro sconcerto e la nostra determinazione ad appurare la verità.
  Il giorno dopo, il 4 febbraio, il Presidente egiziano ha telefonato al nostro Presidente del Consiglio comunicando all'Italia e al Governo italiano l'assenso dell'Egitto all'invio di nostri investigatori a Il Cairo.
  Invio che è avvenuto praticamente immediatamente dopo. Devo dire che la posizione del Governo nei colloqui con le nostre controparti – qui in Parlamento io ho riferito a un question time il 24 febbraio – e in tutte le sedi pubbliche è stata da subito molto netta e molto chiara. La riassumo con le parole che ha utilizzato il Presidente del Consiglio quando ha detto «ci fermeremo soltanto quando troveremo la verità, quella vera e non di comodo». Il fatto che l'Egitto sia un Paese chiave della regione e che sia certamente un nostro alleato molto importante nella lotta contro il terrorismo non deve essere considerato e non è stato considerato come un ostacolo alla ricerca della verità. Piuttosto, proprio il fatto che noi, il Governo italiano, questo ruolo all'Egitto lo abbiamo sempre riconosciuto e continuiamo a riconoscerlo, deve essere un incentivo alla ricerca della verità. E, allo stesso modo, quando poniamo la questione dei diritti umani, del rispetto dei diritti umani, non lo facciamo certo per minare la stabilità del Governo egiziano, ma lo facciamo, tutto al contrario, per consolidarla se possibile, per creare condizioni più stabili di governo in un Paese così decisivo in tutta la regione. Pensiamo al conflitto tra Israele e Palestina; pensiamo alla lotta al terrorismo; pensiamo alla Libia; pensiamo al ruolo che l'Egitto svolge in questa regione.
  Dopo una prima fase di informativa sulle indagini in corso, la collaborazione tra il nostro team investigativo e le autorità egiziane si è rivelata, col passare del tempo, generica e insufficiente e per questo io, a fine febbraio, ho anticipato al mio collega Ministro degli esteri una nota verbale, arrivata il giorno dopo, in cui la nostra ambasciata chiedeva in modo diretto e circostanziato di poter acquisire cinque categorie di documenti istruttori che potessero in qualche modo arricchire e completare il lavoro di ricerca che anche i nostri investigatori cercavano di fare. Il 2 marzo questo dossier, un dossier di 91 pagine, è stato consegnato all'ambasciata e dall'ambasciata trasmesso alla procura della Repubblica di Roma che, nel frattempo, aveva aperto un fascicolo di indagine.
  Ora non spetta a me entrare nel dettaglio di questi fascicoli e di questi documenti, ma non c’è dubbio – questa è la valutazione della procura – che il dossier fosse carente, in particolare in alcuni dei capitoli che erano stati richiesti relativi, da un lato, al traffico di cella del telefono di Giulio Regeni, e, dall'altro, agli eventuali video della metropolitana che probabilmente è la zona in cui il rapimento di Giulio è avvenuto.
  Bisogna, credo, anche dire molto tranquillamente che ulteriori difficoltà da questa collaborazione sono venute dall'accavallarsi, in questi due mesi, di voci, versioni semi-ufficiali o più o meno ufficiali, verità che sono apparse verità di comodo, successivamente smentite e che sono andate avanti al di fuori dei canali di collaborazione istituzionale tra gli inquirenti e gli investigatori sul campo. Abbiamo sentito parlare di Giulio come informatore di questa o quell’intelligence e abbiamo avuto tante voci che certamente hanno Pag. 44contribuito al dolore dei familiari. A metà marzo, poi, la visita del procuratore della Repubblica di Roma Pignatone e del magistrato titolare dell'inchiesta Colaiocco ha rimesso un po’ sui giusti binari questa collaborazione.
  Lo stesso Presidente al-Sisi, proprio in quei giorni, ha fatto un'intervista a un quotidiano italiano, confermando la sua disponibilità e il suo impegno personale a voler portare avanti fino in fondo questa collaborazione. E, tuttavia, anche qui, di nuovo, dieci giorni dopo, il 24 marzo, il nostro team investigativo è stato convocato a tarda sera dai responsabili investigativi egiziani per un briefing relativo all'uccisione di un gruppo di cinque criminali, che rapivano cittadini stranieri fingendosi poliziotti. Sempre secondo questo briefing, i nostri investigatori sono stati informati del fatto che nell'abitazione del capo di questo gruppo di criminali erano stati ritrovati, dentro una sacca, il passaporto e i documenti universitari di Giulio Regeni. E questo obiettivamente è apparso come un ulteriore e forse ancor più grave tentativo di accreditare verità di comodo.
  Per questo, devo dire che la reazione italiana è stata su questo ferma e immediata. Tanto il Governo, quanto la procura, con i rispettivi canali, hanno subito chiarito che non avremmo accettato l'idea che questa fosse l'immagine conclusiva di queste indagini. E la famiglia, come sapete, ha reagito con forza e pubblicamente a questa situazione creatasi dopo il 24 marzo.
  Bisogna anche riconoscere che, nel giro dei successivi giorni, diverse autorità responsabili, Ministri del Governo egiziano, hanno chiarito, di fatto smentendo le teorie che avevano attribuito a questo gruppo di criminali l'omicidio di Giulio Regeni, che invece le indagini proseguivano e che non si era arrivati a un punto conclusivo. Di questi chiarimenti e del fatto che le indagini siano ancora in corso – è questo naturalmente anche il senso degli incontri che gli inquirenti avranno nei prossimi giorni – noi abbiamo preso atto positivamente, così come registriamo – lo dico a titolo di esempio – il fatto che, nel più importante quotidiano egiziano, un paio di giorni fa, il direttore di al-Ahram abbia scritto un editoriale nel quale esplicitamente e pubblicamente chiede allo Stato di individuare e punire i responsabili dell'omicidio di Giulio Regeni.
   Questo è il punto a cui è arrivata oggi la situazione e, a questo punto, onorevoli colleghi, io credo che sia, non solo legittimo, ma doveroso che il Parlamento si chieda se la fermezza delle reazioni nostra, del Governo, del Parlamento, della magistratura, della famiglia e del Paese intero potrà riaprire un canale di piena collaborazione. Peraltro, il canale che direttamente, in prima persona, il Presidente al-Sisi aveva assicurato di voler tenere aperto. Lo capiremo, credo, a partire dall'incontro che giovedì e venerdì i cinque delegati, tra magistrati e investigatori egiziani, avranno a Roma.
  E che cosa intendiamo quando diciamo «riusciremo, con la nostra pressione a far funzionare pienamente la collaborazione» ? Che cosa intendiamo ? Intendiamo, ad esempio, acquisire la documentazione mancante; intendiamo evitare di accreditare in qualsiasi modo verità distorte o di comodo; intendiamo, ad esempio, accertare chi fossero i responsabili della probabile messa sotto osservazione di Giulio Regeni nel periodo precedente alla sua scomparsa; intendiamo accettare l'idea che l'attività investigativa possa vedere un ruolo più attivo degli investigatori italiani in Egitto, ovviamente sotto la responsabilità giurisdizionale degli inquirenti egiziani, come previsto dalla legge.
  Sarà anzitutto la Procura della Repubblica di Roma a valutare se questo cambio di marcia sarà possibile nelle cose, se questa piena collaborazione sarà possibile e lo capiremo insieme sulla base delle valutazioni della Procura nei prossimi giorni, senza adesso attardarci a inseguire questa o quella voce.
  Qualcosa credo però che vada detto sin d'ora e vada detto in modo un po’ solenne, se volete, e quindi in un'Aula parlamentare, affinché non ci siano dubbi, e cioè che, se non ci sarà questo cambio di marcia, il Governo è pronto ad adottare le misure immediate e proporzionate che si Pag. 45renderanno necessarie e il Parlamento ne sarà tempestivamente informato. Onorevoli colleghi, ho insistito, intervenendo al Senato, e voglio ribadirlo qua, sul concetto di ragione di Stato, perché in questi giorni, in queste settimane, ho ascoltato spesso invocare la ragione di Stato come presunto ostacolo all'accertamento della verità. Fatemi allora dire, ancora una volta, che cosa impone, in un caso come questo, la ragione di Stato a un Paese come l'Italia. Ci impone innanzitutto di difendere fino in fondo e nei confronti di chiunque la memoria di Giulio Regeni, sul cui barbaro assassinio la madre, la signora Giulia, ha pronunciato parole che resteranno impresse nella nostra memoria, quando ha detto che sul suo volto sfigurato ha visto palesarsi tutto il male del mondo. È dunque per ragione di Stato che pretendiamo la verità e che non accetteremo verità fabbricate ad arte; è per ragione di Stato che non ci rassegneremo all'oblio su questa vicenda ed è soprattutto per ragione di Stato che non consentiremo che venga calpestata la dignità del nostro Paese (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Area Popolare (NCD-UDC), Scelta Civica per l'Italia, Democrazia Solidale-Centro Democratico e di deputati del gruppo Misto).

(Interventi)

  PRESIDENTE. Passiamo agli interventi dei rappresentanti dei gruppi.
  Ha chiesto di parlare la deputata Sandra Zampa. Ne ha facoltà.

  SANDRA ZAMPA. Grazie, signora Presidente. Colleghe, colleghi, signor Ministro, innanzitutto voglio ringraziarla per la sua presenza, per la puntuale informativa e per le sue parole misurate, ma soprattutto per la fermezza e la determinazione del Governo italiano, che lei ha qui interpretato. L'indignazione, la sofferenza, la vicinanza grandissima alla famiglia di Giulio, ai suoi genitori, Paola e Claudio, sono enormi e io sono certa di interpretare il sentimento del popolo italiano nel rivolgere a loro, non solo le nostre più grandi, sentite e profonde condoglianze, ma nel dire loro: «siamo con voi, siamo con voi, non siete soli e non sarete soli nella vostra battaglia». Sappiamo però che non abbiamo bisogno e non possiamo abbandonarci a reazioni emotive.
  Riflettendo da giorni su questa vicenda dolorosa e grave, viene alla memoria la suggestione di un grande politico italiano, un grande conoscitore e amico dei Paesi arabi. Di fronte a vicende come questa – ci avrebbe invitato a fare Aldo Moro – occorre esercitare l'intelligenza degli avvenimenti.
   E allora una prima conclusione che vogliamo trarre da questo esercizio, è che il rapimento e l'assassinio di Giulio sono un fatto politico, un omicidio politico; e bene ha fatto e fa il Governo, che noi invitiamo a proseguire su questa strada, a respingere le versioni diverse e contraddittorie che giungono dall'Egitto, e a pretendere verità, a pretendere quei dati, quei riscontri, quegli elementi probatori senza i quali è impossibile avviare una credibile indagine. Di fronte all'omertà, a qualcosa di peggio, noi chiediamo la verità. Avremmo preferito avviare, come lei ha ricordato, questa discussione in concomitanza di un altro evento, l'incontro a Roma previsto; e sappiamo che questo appuntamento, l'incontro tra i magistrati e gli investigatori egiziani ed italiani, è stato rimandato al 7-8 aprile. Confidiamo nella determinazione del Governo, e ci limitiamo a registrare che non è stato neanche questo un bel segno.
  Una seconda considerazione che dobbiamo fare riguarda la situazione interna dell'Egitto, un Paese storicamente amico e alleato dell'Italia, ma che si trova ora in una difficilissima e dolorosa fase di stabilizzazione. Apprendiamo con estrema preoccupazione dei conflitti presenti all'interno degli apparati statali egiziani: quello più evidente in questi giorni, tra la polizia e la magistratura, che anche lei, signor Ministro, ha richiamato. È proprio in questi contesti opachi e confusi che avvengono i rapimenti, le sparizioni, i depistaggi, di cui il caso di Giulio Regeni Pag. 46è per noi quello più prossimo, quello conosciuto e doloroso, ma non certo l'unico o isolato. Se quindi noi oggi poniamo il tema dei diritti umani in Egitto, non è per minacciare la stabilità di quel Paese, ma proprio per il contrario: perché senza il rispetto delle libertà fondamentali, la stabilizzazione raggiunta sarà sempre precaria e sarà sempre minacciata e minacciabile, sia dall'interno che dall'esterno. È il caso a tale proposito di ricordare qui l'autobomba che l'11 luglio dello scorso anno esplose davanti al consolato italiano al Cairo, determinando la morte di una persona e il ferimento di altre dieci.
  Una terza considerazione riguarda il profilo internazionale di questa vicenda: Giulio era un cittadino e un ricercatore italiano, ma anche un dottorando di una università inglese; era un giovane europeo, lei lo ha detto: uno dei migliori. Ferme restando le nostre responsabilità come nazione, come Stato, non dovrebbe essere del tutto fuor di luogo eventualmente il coinvolgimento di partner, e soprattutto delle istituzioni europee.
  Un ultimo invito vorrei rivolgere al Ministro, ed è quello a sostenere con tutti i mezzi a disposizione della nostra cooperazione, con le organizzazioni non governative, quei mondi vitali della società civile egiziana che operano ogni giorno a difesa e tutela dei diritti civili e politici, della libertà di informazione. Facciamo nostre le parole della madre di Giulio, che con un atto di estremo coraggio e generosità denuncia gli altri casi simili a quelli di Giulio. Sono certa che il Parlamento sosterrebbe unanimemente iniziative in tal senso, ed è anche questo un modo per esercitare quella risposta forte che la famiglia di Giulio ha chiesto alle nostre istituzioni.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  SANDRA ZAMPA. Ho concluso. «Un viso diventato piccolo piccolo», ha detto la madre, ricordandoci di averlo riconosciuto solo dalla punta del naso. Questa frase ci mette di fronte al limite della politica: «ho visto tutto il male del mondo», questo ci mette di fronte il limite assoluto della politica, che non può sradicare tutto il male del mondo. La politica però può, anzi, deve venire incontro a tutti coloro che hanno fame e sete di giustizia; e non c’è dubbio che Giulio Regeni, e ora la sua famiglia siano di questo testimoni esemplari (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Scelta Civica per L'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Alessandro Di Battista. Ne ha facoltà.

  ALESSANDRO DI BATTISTA. Signora Presidente, signor Ministro, signori deputati, con il massimo rispetto, ma è mio dovere non essere ipocrita, mi domando se stiamo assistendo ad una commemorazione della morte di un ragazzo italiano, o ad un'informativa attraverso la quale il Ministro della Repubblica italiana racconta al Parlamento come stanno andando le indagini, e soprattutto ci dà la linea di azione per scoprire verità. Perché è assurdo questo comportamento: le abbiamo ascoltate le frasi della madre, sono delle frasi, lei l'ha detto, Ministro... «La mamma ha pronunciato parole che resteranno impresse». Quando le pronuncerà delle parole che resteranno impresse un Ministro della Repubblica italiana, su un ragazzo torturato e ammazzato in Egitto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ? Dopo due mesi, Ministro, che assistiamo a menzogne di ogni tipo da parte del Governo, da parte della Presidenza, da parte della magistratura, da parte dalla polizia egiziana: menzogne di ogni tipo ! Io sono due mesi, Ministro, che l'ascolto sempre dire la stessa frase: «Non accetteremo verità di comodo». Forse non accetterete verità di comodo, ma sono due mesi che state accettando menzogne di comodo.
  Ministro, lei qui ci deve dire, qualora tra due giorni la collaborazione con le autorità egiziane si dimostrasse ancora poco produttiva come lo è stata in questi due mesi, che cosa farà. Lei è un Ministro della Repubblica italiana; noi stiamo all'opposizione, Pag. 47ma siamo italiani prima di stare all'opposizione: lei ci deve dire che cosa ha intenzione di fare ! Vuole richiamare l'ambasciatore ? Vuole parlare di sanzioni all'Egitto ? Vuole cercare sponde con altri Paesi alleati, alleati nostri, per poter aumentare la pressione per scoprire la verità ? Lei ci deve dire che cosa ha intenzione di fare, perché non ci ha detto nulla ! Ed il comportamento estremamente freddo, tra l'altro, della sua maggioranza, dimostra il fatto che lei è venuto qui in un'Aula del Parlamento della Repubblica italiana e non ci ha detto nulla ! Dopo due mesi che un ragazzo italiano è stato torturato, è stato ammazzato, e ci hanno raccontato che sono state delle bande criminali; tutte ammazzate, tra l'altro, così non sappiamo chi è stato, e i documenti sono stati trovati. Prima era un incidente automobilistico, poi l'hanno ammazzato perché qualcuno dice fosse coinvolto in indagini con la Fratellanza musulmana, con i sindacati: sono due mesi che l'Egitto – nostro alleato, per l'amor di Dio ! – ci mente costantemente, e io non ho capito se lei si è indignato, se lei ha alzato la voce, se lei ha alzato la cornetta e ha parlato con altri ministri degli esteri europei per chiedere uno sforzo, per chiedere una collaborazione, se lei si è sentito colpito come cittadino italiano da un'ingiustizia del genere. Noi questo non l'abbiamo capito, Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale Gentiloni !
  Oltretutto, è evidente che si fanno alcuni affari con l'Egitto, per l'amor di Dio; ma come noi facciamo degli affari con l'Egitto, l'Egitto fa degli affari con noi. Ma possibile che, invece, siamo sempre noi ad abbassare la testa ? Dal Cermis, ai marò, passando per Giulio Regeni, dimostrando sempre un comportamento da tappetini, arabi in questo caso ! Sempre un'insipienza politica, un'indolenza, Ministro, che neanche io imputo a lei, probabilmente, ma a chi l'ha scelta per questo ruolo, forse – lo dico con il massimo rispetto – non proprio tagliato sulla sua persona; perché, altrimenti, sarebbe venuto qui con un altro piglio, con un altro spirito, per rispettare in primis la memoria di un ragazzo morto italiano, e poi un Parlamento della Repubblica italiana, a cominciare dalla sua maggioranza. Ma ora mi domando: la Gran Bretagna fa affari o non fa affari con l'Egitto ? Certo che li fa ! Ma se vi fosse stato un ragazzo inglese, secondo lei, Cameron si sarebbe comportato nello stesso identico modo in cui si è comportato Renzi o si sta comportando lei (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ?
  Ministro, è lei il Ministro degli esteri o è l'ENI il Ministro degli esteri ? Chi decide in questo Paese ? Chi detta legge in Egitto ? L'ENI c’è da cinquant'anni: è vero o non è vero che voi non alzate la voce e vi comportate, ripeto, con questa indolenza perché avete paura che salti qualche commessa ? Perché se continuiamo a ragionare in questo modo, l'Italia verrà sempre più marginalizzata ! È considerato un Paese senza spina dorsale, senza midollo; e qui, ripeto, c’è un ragazzo morto e torturato. Io non ho altre parole, perché non so più che poter dire in quest'Aula: mi aspettavo – e glielo dico con il massimo rispetto, non voglio far polemica su un caso del genere (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico) –, però avremmo gradito delle parole...

  PRESIDENTE. Colleghi, per favore... Colleghi !

  ALESSANDRO DI BATTISTA. ... avremmo gradito delle parole più nette, Ministro.

  PRESIDENTE. Colleghi, lasciate finire il collega Di Battista, per favore.

  ALESSANDRO DI BATTISTA. Lei non può venire a dirci che il più grande risultato della nostra diplomazia è il fatto che sia stato pubblicato un editoriale su un giornale egiziano, e il giornalista, il direttore, chiedeva verità per quanto riguarda il caso Regeni. Ma che ci frega di questo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !Pag. 48
  Io le chiedo – e concludo – a nome del MoVimento 5 Stelle, una forza di opposizione, che cosa ha intenzione di fare qualora dopodomani la collaborazione con le autorità egiziane si dovesse dimostrare ancora una volta scarsa, mediocre (tra l'altro, parole dette da lei in questi due mesi). Che cosa ha intenzione di fare ? Ha il dovere di dirlo ad un Parlamento, alla Camera deputati, e ancora di più di dirlo a un'opinione pubblica che spesso è più colpita da queste tragedie di quanto non siate colpiti voi, Ministri della Repubblica italiana (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Deborah Bergamini. Ne ha facoltà.

  DEBORAH BERGAMINI. Grazie, Presidente. Signor Ministro, onorevoli colleghi, abbiamo ascoltato, con tutto il rispetto che meritano, la gravità di quello che è accaduto a Giulio Regeni, il dolore dei suoi familiari e la sua relazione, Ministro. Di fronte a un episodio come questo, nel quale un ricercatore italiano in un Paese straniero e amico viene torturato e ucciso in circostanze inspiegabili, noi non vogliamo naturalmente fare polemiche. Però, ci colpisce l'evanescenza della sua relazione di oggi.
  Ci riempiamo la bocca della necessità di accertare la verità, di dare e restituire verità in primis ai familiari di Giulio Regeni e poi agli italiani tutti. Tutti vogliamo sapere che cosa è successo, però lei non ci dice come. Ci ha fatto una sommaria ricostruzione dell'accaduto, di cui eravamo già a conoscenza, ma non ci ha detto con chiarezza ed è stato molto vago su che cosa intenda fare il Governo italiano.
  Lei, certo, ci ha detto che non c’è collaborazione da parte dell'Egitto. Questo lo ha detto molto chiaramente nella sua relazione. È legittimo chiedersi, a fronte della mancanza di qualunque altra valutazione politica, come mai non c’è questa collaborazione, se rispetto ad altri Paesi ci sarebbe stata una maggiore collaborazione e in cosa sta sbagliando il Governo italiano che questa collaborazione non la ottiene. Di tutto questo noi non abbiamo sentito una parola.
  Allora, ci sentiamo forse in obbligo di dover fare noi qualche valutazione politica (di questo stiamo parlando). Dunque, dobbiamo innanzitutto partire dal fatto che qui non si tratta di demonizzare un Paese straniero o un Governo straniero; qui si tratta di demonizzare gli accadimenti che hanno portato alla tortura e all'omicidio di Giulio Regeni e di accertare le responsabilità.
  L'Egitto – è già stato detto, ma è bene ripeterlo – si trova al centro di una complessa fase, lunga e faticosa, di democratizzazione e va accompagnato in questo. A chi è utile un Egitto isolato e solo nel cercare di favorire una transizione verso la democrazia ? Abbiamo bisogno di tutto l'aiuto per questo e dobbiamo darlo. Credo che rinunciare a questo compito, come Italia, sarebbe una grande responsabilità e sarebbe fare un torto proprio alla memoria di Giulio.
  Però, dobbiamo anche cercare di fare un passettino in più, oltre alle parole e alle declamazioni che sappiamo pronunciare, perché altrimenti facciamo retorica e non ci possiamo permettere la retorica. Dobbiamo affrontare seriamente la complessità di ciò che ha prodotto l'effetto della morte di Regeni. L'accertamento della verità, tra l'altro, nel nostro Paese è difficile che possiamo insegnarlo, perché tanti casi – da Ustica a Piazza Fontana alla strage di Bologna – ci insegnano che l'accertamento della verità è materia assai difficile e assai complessa in sistemi complessi.
  Allora, diciamo che cosa è l'Egitto oggi. Oggi l'Egitto è argine e teatro di una guerra spietata, dove i casi di sparizioni, torture e omicidi efferati sono all'ordine del giorno, sia verso cittadini stranieri sia verso cittadini egiziani. Ma ricordiamo anche che oggi l'Egitto costituisce, per l'Italia e per tutto l'Occidente, un Paese che è in prima linea ed è alleato nella lotta contro l'ISIS, contro il terrorismo, contro l'integralismo fondamentalista, e quel Governo di quel Paese deve svolgere un'importante Pag. 49azione di equilibrio nel Medio Oriente e in tutta l'area mediterranea e per questo l'Egitto sta pagando un prezzo estremamente elevato. I numerosi, i numerosissimi attentati di cui è stato esso stesso vittima ne sono una prova lampante. È un Paese che vive, appunto, una fase molto difficile e, se vogliamo che il futuro dell'Egitto possa essere quello di un Paese finalmente libero, finalmente democratico, un Paese che sia stabile e assicuri stabilità a tutta l'area, allora dobbiamo impegnarci subito e molto chiaramente perché casi come quello di Giulio Regeni non si verifichino mai più.
  Ma proprio per questo abbiamo il dovere di imporre a questo Governo la doverosa ricerca della verità, proprio per evitare che i rapporti tra i nostri due Paesi, che sono essenziali nell'equilibrio di tutta l'area mediterranea, possano essere scalfiti o irreversibilmente incrinati. Ricordiamo che l'Italia e l'Europa tutta hanno pesanti responsabilità nella situazione del caos oggi vigente in Medioriente, dalla scellerata decisione di fare la guerra alla Libia, imposta da Francia e Stati Uniti, fino alla colpevole complicità con cui si è pensato che l'Isis potesse essere un male minore rispetto al desiderio di alcuni Paesi di abbattere il Governo siriano di Assad, consentendo così che il califfato si sviluppasse e si radicasse al centro del Medio Oriente ed esportando la sua forza distruttiva fino a casa nostra (ho quasi terminato).
  Occorre ora cercare di far fronte, con tutti i Paesi che combattono sul serio il terrorismo e il jihadismo. Per questo per noi il rapporto con l'Egitto è di vitale importanza, ma lo è anche per l'Egitto nei nostri confronti e da qui, Ministro, bisogna ripartire, in nome di quella che citava proprio lei poco fa, cioè la ragione di Stato. Bisogna ripartire da qui ! Invece, ancora una volta registriamo un'impostazione complessiva della politica estera del Governo, che lei qui rappresenta, ondivaga e basata soltanto sulla tattica...

  PRESIDENTE. Concluda, deputata.

  DEBORAH BERGAMINI. ...dove le declamazioni vanno da una parte e i fatti vanno dall'altra.
  Noi pensiamo che se l'Italia non torna ad essere un Paese credibile a livello internazionale – e dubito che questo Governo sia in grado di riportarla ad esserlo – non soltanto non otterremo mai la verità su Giulio Regeni, ma i nostri cittadini, nel mondo e anche in patria, continueranno a correre crescenti pericoli (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Erasmo Palazzotto. Ne ha facoltà.

  ERASMO PALAZZOTTO. Signora Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, noi oggi in quest'Aula vogliamo affermare un concetto su questa vicenda: sulla tortura e sull'omicidio di Giulio Regeni è stato superato ogni limite. Abbiamo ascoltato diverse verità di comodo e abbiamo assistito, in questi mesi, a continue operazioni di depistaggio da parte del Governo egiziano, e non di altre forze oscure che lavorano nell'ombra, e abbiamo visto il tentativo, anche un po’ maldestro, da parte delle autorità egiziane di mistificare la verità su quello che è accaduto a un ragazzo di 28 anni, a Giulio Regeni, un giovane e brillante ricercatore che aveva coniugato la sua passione per la ricerca, il suo lavoro, la sua brillante carriera, con una grande passione civile e un desiderio di libertà e di giustizia che metteva nel suo lavoro e che stava mettendo in campo durante i suoi giorni in Egitto.
  Giulio è stato ucciso e torturato – e ormai questo oggi è evidente ed è sotto gli occhi di tutti – da apparati di sicurezza egiziani o da apparati deviati di sicurezza egiziani. Questa è una verità ormai evidente ! Adesso servono le prove e i colpevoli, non solo gli esecutori materiali ma anche i mandanti di quell'omicidio. È questo quello che noi dobbiamo chiedere al Governo egiziano.
  Eppure questa verità oggi è confermata dall'atteggiamento e dal comportamento Pag. 50del Governo egiziano. Il fatto che il Ministro degli esteri, il procuratore di Giza e anche il Ministro dell'interno egiziano abbiano fornito diverse versioni di quello che era accaduto, compresa l'ultima e più scandalosa, cioè quella che voleva questa banda di sequestratori come i veri rapitori e torturatori di Giulio Regeni perché in possesso dei suoi documenti – cosa evidentemente costruita come una scena del delitto – dimostra che il Governo egiziano non sta in questo momento cercando la verità.

  PRESIDENTE. Colleghi, scusate: è possibile abbassare il tono della voce ? Colleghi, non date le spalle alla Presidenza. Prego.

  ERASMO PALAZZOTTO. Grazie, Presidente. Dicevo che il comportamento del Governo egiziano dimostra che questo stesso non sta ricercando oggi la verità ma sta, nello stesso tempo, cercando di camuffare quello che è accaduto e sta coprendo i colpevoli di questo efferato delitto. E abbiamo assistito anche a un'altra offesa per la nostra intelligenza.
  Le parole più gravi sono quelle che il Ministro dell'interno egiziano ha pronunciato derubricando la vicenda di Giulio Regeni a un caso isolato. Questo è un fatto per noi inaccettabile, perché quello che sta accadendo in un Paese come l'Egitto è sotto gli occhi di tutti. Giulio lavorava proprio su questo, sui sindacati, sulle associazioni per i diritti umani, su quello che stava accadendo in Egitto. In Egitto, oggi, ci sono 533 casi di sparizioni forzate, nuovi desaparecidos che nulla hanno da invidiare a quelli delle peggiori dittature latinoamericane, sostenute, molto spesso, da Governi occidentali.
  Oggi noi ci troviamo davanti a un dilemma: capisco la difficoltà del Governo italiano, l'Egitto è un importante partner commerciale, ci sono gli investimenti dell'ENI di mezzo. L'Egitto è anche un Paese che gioca un ruolo strategico, nello scenario mediorientale, nel contrasto al terrorismo. Ma la domanda e il dilemma davanti a cui noi ci troviamo è se tutto questo, se gli importanti interessi commerciali, se il contrasto, oggi, alla minaccia terroristica, possa essere messo sul piatto del rispetto dei diritti umani, dei valori di democrazia e di libertà che sono i valori fondativi della nostra Repubblica, della nostra Costituzione e dell'intera Unione europea (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà).
  È questa la partita in gioco, signor Ministro, non la ragione di Stato, perché un cittadino italiano è stato barbaramente torturato e ucciso. E noi abbiamo bisogno di difendere oggi quei valori nel mondo, quei valori che oggi sono messi sotto attacco da diversi Paesi che noi continuiamo a considerare alleati. Ci sono grandi responsabilità su quello che sta accadendo in Egitto e che è accaduto: noi abbiamo continuato a vendere armi all'Egitto, abbiamo continuato a chiudere gli occhi su quello che sta accadendo, sul fatto che in questi giorni, mentre noi continuiamo a chiedere verità e giustizia per Giulio Regeni, ci sono diverse ONG, che lavorano sui diritti umani, che sono perseguitate, che subiscono processi, che subiscono arresti e torture, esattamente come è accaduto a Giulio Regeni.
  Allora, noi abbiamo bisogno di mettere in campo tutte le armi a nostra disposizione per difendere quei valori, e dobbiamo cominciare, a partire dal giorno dopo che gli investigatori egiziani verranno qui in Italia e, come è facile ipotizzare, ci daranno un'ennesima verità di comodo, non ci daranno le risposte che noi chiediamo, a mettere in campo tutte le armi che la diplomazia mette a disposizione, a partire dal ritiro del nostro ambasciatore, fino a quando non verrà fatta piena luce su quello che è successo, continuando con il dichiarare l'Egitto un Paese non sicuro per i cittadini italiani che vanno lì e anche per i cittadini egiziani che fuggono e che, in base a un accordo bilaterale di riammissione, noi rispediamo in Egitto, mettendoli a disposizione di quei torturatori che sono gli stessi di Giulio Regeni. Vede, signor Ministro, e concludo...

  PRESIDENTE. Concluda.

Pag. 51

  ERASMO PALAZZOTTO. ... difendere i valori dei diritti umani, della libertà e della democrazia significa oggi chiedere verità e giustizia per Giulio Regeni; non solo per la famiglia, che merita quelle risposte, ma per un intero Paese (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Cicchitto. Ne ha facoltà.

  FABRIZIO CICCHITTO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, devo dirvi, francamente, che non ritengo che questa sia l'occasione, sia per il tragico problema costituito dall'uccisione di un nostro connazionale sia per l'enorme problema politico, conseguente di fare qui ed oggi, una sessione di campagna elettorale per le elezioni amministrative in questa sede (Applausi dei deputati dei gruppi Area Popolare (NCD-UDC) e Partito Democratico e di deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà), e questo è stato il senso dell'intervento dell'onorevole Di Battista e, in parte, devo dire, anche nel discorso dell'onorevole Bergamini, nella quale ho colto una singolare contraddizione fra l'analisi giusta che ha fatto della complessità della situazione egiziana e, invece, l'attacco rivolto al Governo.
  Infatti, il Governo è venuto a fare non una relazione di carattere statico, quasi una commemorazione ma una relazione che ha colto insieme il tragico problema umano rappresentato dal fatto che un nostro connazionale, che stava lì come ricercatore, è stato torturato e ucciso e il problema politico, che noi abbiamo, del rapporto con l'Egitto, e anche, aggiungo, il problema di non cadere in delle trappole.
  Direi che il nocciolo della questione lo ha identificato bene nel suo intervento l'onorevole Zampa, quando ha detto che ci troviamo di fronte a un omicidio politico. Perché è un omicidio politico ? Perché è stato ucciso un ricercatore, è stato barbaramente torturato, e il corpo è stato riconsegnato il giorno nel quale si dovevano incontrare una delegazione italiana e il Governo egiziano. Quindi, la massima provocazione, determinata dalla combinazione di due fatti: l'assassinio e le torture, che la madre di Regeni ha definito in quei termini che hanno colpito tutti noi.
  E questo che cos’è, se non una selvaggia provocazione politica, rivolta, per un verso, a quella parte dell'Egitto che è ragionevole, per un altro verso, all'Italia ? Consentitemi di dire che nella storia del mondo, per il petrolio, abbiamo avuto assassinii, stragi, colpi di Stato e così via. Quindi, noi ci misuriamo con questa tematica, che ha tutti questi aspetti e che vede in Egitto una duplice contraddizione: la contraddizione fra l'attuale realtà egiziana e la Fratellanza musulmana, che punta a far saltare il sistema sul terreno dello scontro, e una dialettica, che è evidente, interna al regime egiziano e agli stessi apparati di sicurezza egiziani.
  Questo è il nodo, e quindi il senso di responsabilità, ma, nello stesso tempo, di fermezza, con cui si è mosso il Governo italiano, è un'azione che, per un verso, si misura con la tragedia alla quale dobbiamo dare una risposta, che è stata rappresentata dall'assassinio e dalle torture che sono avvenute, e, nello stesso tempo, però, dal livello di provocazione politica che è stato esercitato. Quindi, l'azione del Governo agisce tenendo conto di tutto questo quadro, perché quanti Paesi, quante realtà petrolifere sarebbero contente se l'Italia rompesse il suo rapporto con l'Egitto ?
  Nello stesso tempo, noi dobbiamo dire con chiarezza e con forza al Presidente Al Sisi, che ha fatto una significativa intervista a la Repubblica qualche tempo fa, che qui si «parrà la sua nobilitate», qui si vedrà se egli è il vero grande leader dell'Egitto, e quindi è in grado di misurarsi con quei corpi dello Stato che, eventualmente, gli hanno messo sul tavolo un cadavere martoriato proprio il giorno in cui il suo Governo si confrontava con l'Italia. Ma questo, consentitemi, colleghi, è un problema non del Governo: è un problema del Governo, è un problema della maggioranza, è un problema anche di un'opposizione, se questa opposizione fosse un'opposizione responsabile (Applausi Pag. 52dei deputati dei gruppi Area Popolare (NCD-UDC) e Partito Democratico), e non un'opposizione che gioca al peggio, a lanciare insulti in un momento e in una situazione così drammatica.
  Ed è per queste ragioni, colleghi, che io devo dare atto al nostro Ministro degli esteri di avere fatto un'ottima relazione; non una relazione statica e notarile, ma una relazione che pone all'Egitto e alla comunità internazionale tutti i problemi che andavano posti (Applausi dei deputati dei gruppi Area Popolare (NCD-UDC) e Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Monchiero. Ne ha facoltà.

  GIOVANNI MONCHIERO. Grazie, Presidente. Signor Ministro, esprimo l'adesione mia, a titolo anche personale, e del nostro gruppo alla compostezza e alla serietà con la quale lei ha svolto la sua relazione, oggi, in un momento così complesso, su un argomento assolutamente difficile e delicato. Credo che a valorizzare il suo intervento di oggi sia giunto, negli ultimi minuti, un comunicato del suo collega, Ministro degli esteri egiziano, ove viene stigmatizzato il suo intervento di stamane al Senato. Poiché non ho ragione di dubitare che l'intervento di questa mattina al Senato fosse molto diverso da quello che lei ha fatto oggi, anzi, immagino che fossero assolutamente sovrapponibili, questo vuol dire che, anche quando espressa con compostezza, la verità ha una sua forza dirompente.
  E la posizione del Governo italiano, che richiede semplicemente la verità, è una posizione che va sostenuta, che lei ha sostenuto, ripeto, con esperienza, con abilità, ma anche con fermezza e di cui voglio darle atto in questo momento. Non intendo polemizzare con la ritualità con la quale si svolgono queste comunicazioni e con la quale spesso si fa campagna elettorale, ma certo che ho trovato leggermente fuori luogo la lezione di politica estera e di fermezza che è stata impartita da un rappresentante di un partito che non molti anni fa accoglieva un bel noto capo beduino portandogli in omaggio anche qualche centinaio di fanciulle in attesa di essere indottrinate alla teoria dell'Islam. La politica estera, la Realpolitik, è fatta di queste cose. Noi oggi non chiediamo nessun riferimento alla Realpolitik. Fra le molte cose che lei ha detto oggi, io ho apprezzato particolarmente la declinazione che ha fatto del concetto di ragion di Stato. Il termine ragion di Stato è stato usato polemicamente nei giorni scorsi, specialmente dai gruppi di minoranza, per lasciare intendere che il Governo italiano avrebbe una posizione morbida nei confronti dell'Egitto per non meglio identificate ragioni di Stato. Poi c’è chi quando usa questa locuzione, fa riferimento alle mani sporche di petrolio e c’è chi, invece, usa termini più sfumati, ma la sostanza è sempre la stessa. Noi oggi abbiamo invece la necessità di declinare la ragion di Stato come l'ha declinata lei e, cioè, fermezza e forza nel proporre ed esporre ad un Paese amico, ma che ha molti elementi di diversità rispetto al nostro e molte regole interne che noi non possiamo certamente condividere, le ragioni del nostro Stato, le ragioni del nostro essere un Paese democratico, le ragioni del nostro essere un Paese civile.
  E, quindi, concludo con questa affermazione: noi oggi non abbiamo nessun bisogno di una verità politica. La verità politica sul caso Regeni purtroppo è nella natura delle cose. È del tutto evidente che Regeni è stato vittima di un'azione di forze deviate pubbliche del Governo egiziano. Che si trattasse di servizi segreti, di polizie più o meno occulte, di gruppi armati variamente riconducibili al potere centrale, è indubitabile che Regeni sia stato vittima di un'azione riconducibile alla responsabilità del Governo egiziano. Ebbene, poiché la verità politica ce l'abbiamo già, quello che deve fare oggi il Governo italiano è soltanto quello di spingere il Governo egiziano e di premere in tutte le forme possibili affinché questa verità politica venga tradotta in una verità processuale e che, quindi, i responsabili di quel delitto, sia quelli materiali, sia gli eventuali mandanti, siano assicurati alla giustizia e Pag. 53siano adeguatamente puniti. Questa deve essere la posizione del Governo italiano e io credo che sino ad oggi il Governo italiano si sia mosso in questa direzione e anche la recente reazione di quello egiziano dimostra che stiamo operando bene. Grazie, signor Ministro (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Giancarlo Giorgetti. Ne ha facoltà.

  GIANCARLO GIORGETTI. Signora Presidente, onorevoli colleghi, signor Ministro, nel ringraziarla per l'intervento che ha appena svolto e la ringraziamo come forza di opposizione e biasimiamo le polemiche di chi fa opposizione strumentalmente, ma di chi anche nella maggioranza strumentalizza l'occasione per fare della facile polemica con l'opposizione, vorremmo sviluppare alcune riflessioni in modo sobrio, come conviene il momento e il caso. Non abbiamo la verità e temiamo ormai che non potremo mai avere una verità giudiziaria definitiva e incontrovertibile su questo omicidio perché la sua natura politica è evidente, chiunque ne sia stato l'autore e qualsiasi fine perseguisse. Potremo costruire teoremi e ne circolano già numerosi al riguardo. Come altre volte in passato, in un altro momento futuro emergerà forse anche una verità politica e persino una storica. Alcuni elementi, però, sono evidenti e conviene richiamarli prima della riflessione conclusiva che andremo a proporre.
  Regeni era un nostro concittadino, era un italiano, un italiano che svolgeva una ricerca scomoda per conto dell'università britannica di Cambridge e che a Il Cairo si appoggiava alla sede locale dell'American University. Pensateci un attimo: sono coinvolti, in un modo o in un altro, in questo barbaro delitto, l'Italia, il Regno Unito e gli Stati Uniti. Si tratta del gruppo dei Paesi che ha sostenuto con forza l'insediamento del nuovo Governo di accordo nazionale libico contro qualsiasi forma di ipotesi di spartizione della Libia. Un Esecutivo ben diverso da quello che gli egiziani e i loro interlocutori libici di Tobruk probabilmente desideravano, volendo eliminare dalla nostra ex colonia ogni traccia di forza politica anche solo lontanamente appartenente ai Fratelli Musulmani. Ci siamo esposti e questo ha probabilmente disturbato qualcuno.
  Del caso Regeni si è poi fortemente occupata anche la stampa internazionale, dandogli una copertura che stride fortemente con il silenzio calato invece sin dall'inizio sul nostro contenzioso con l'India per la sorte dei due marò. Questa storia non riguarda solo noi. La vicenda sembra quindi davvero di ampie proporzioni e difficilmente riconducibile a un episodio della cronaca nera egiziana come pure si è cercato più volte di far credere anche goffamente. Esercitare pressioni sull'Egitto è stato giusto e ancora più giusto è non farsi condizionare dagli avvertimenti, alcuni dei quali recenti, di qualche minuto fa, assecondando in Libia la strada delineata da americani e britannici e anzi contribuendo a darle forma. Dovremmo tuttavia rimanere realisti e mentre è una sacrosanta esigenza di giustizia garantire a Giulio e ai suoi genitori una prospettiva di riparazione giudiziaria dal gravissimo torto subito, è non meno opportuno evitare di contribuire alla destabilizzazione dell'Egitto. Un Egitto nel caos non serve. Siamo quindi chiamati entrambi, Italia e Egitto, a uno sforzo. Non abbiamo bisogno del sangue di altri capri espiatori di comodo che Il Cairo sembra peraltro molto disponibile a offrirci. Si riconosca invece in Egitto che qualcuno ha sbagliato o ha capito male.
  Ci sia consentito, infine, un appunto finale. Quanto è avvenuto a Regeni e per certi versi anche ai malcapitati lavoratori della ditta Bonatti, sequestrati in Libia, è la prova a nostro avviso che siamo entrati in un'epoca in cui anche il passaporto italiano può diventare una fonte di problemi anziché essere un comodo salvacondotto per sopravvivere a tutte le crisi. Mano a mano che il nostro Paese viene trascinato nel caos che si è impadronito del Mediterraneo e del Medioriente e, quindi, aumenta l'interesse a condizionarne Pag. 54le scelte, cresce infatti il rischio specifico gravante su qualsiasi italiano. Occorre diffondere questa consapevolezza, che deve indurre tutti noi a scelte personali più responsabili. Non tutti i lutti saranno sempre evitabili, ma qualcuno forse sì. E salvare le vite dei nostri concittadini deve continuare a essere una stella polare della nostra politica (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Dellai. Ne ha facoltà.

  LORENZO DELLAI. Grazie. Signora Presidente, signor Ministro, colleghe e colleghi, il gruppo di Democrazia Solidale-Centro Democratico esprime anche in questa occasione il proprio turbamento e la propria indignazione per quello che è accaduto, esprime plauso e piena condivisione delle comunicazioni sentite da parte del Ministro e si associa alla richiesta di verità e di giustizia fino ad ora non onorate compiutamente dal regime egiziano. È questa una richiesta di verità e di giustizia che deve essere fatta in nome innanzitutto della persona, di questo nostro giovane italiano ed europeo, che è stata violata nella sua vita e nella sua voglia di migliorare il mondo. Ma le dobbiamo chiedere, verità e giustizia, anche in nome di principi universali di rispetto della vita e della dignità umana; principi che sono stati offesi e sono offesi ancor di più, in maniera ancora più inaccettabile, laddove ci si trova in presenza di fenomeni di tortura. E credo che ci sia senz'altro un filo che collega questa drammatica vicenda con quella di tante altre persone che nel mondo subiscono questo trattamento; quel filo rosso che bene ha individuato in maniera esemplare la madre di Giulio quando ha detto che sul volto di Giulio vediamo il male del mondo, di un mondo ancora troppo disponibile a usare, a tollerare, a giustificare la violenza in tutte le sue forme.
  Ma dobbiamo richiedere verità e giustizia anche in nome di una visione politica – come bene ha detto il Ministro –, in nome di una visione della ragion di Stato, del nostro Stato democratico, e in nome anche di una visione strategica riguardante la sponda sud del Mediterraneo. Ho letto che ieri, nel consiglio comunale di Torino, alcune rappresentanze politiche hanno rifiutato di partecipare a un momento di solidarietà per Regeni, invocando prudenza, e hanno detto, testualmente: «L'Egitto di Al Sisi è l'unico baluardo laico contro l'avanzata del Califfato in tutto il Nord Africa». Naturalmente anche noi sappiamo quanto delicata sia la situazione geopolitica in questo momento in quell'area, però pensiamo che non sia possibile cedere ad un cinismo così desolante. L'Italia e l'Europa non possono archiviare in questo modo la speranza, così pomposamente celebrata solo cinque anni fa di fronte alle cosiddette Primavere arabe. La sponda sud del Mediterraneo non sarà mai stabile e sicura se il mondo arabo non troverà la sua propria via per la democrazia e per il rispetto dei diritti umani, se il pendolo continuerà ad oscillare tra fondamentalismo e autoritarismo antidemocratico.
  Non è del nostro cinismo più o meno interessato che hanno bisogno quanti in quell'area del mondo operano, combattono, testimoniano per la democrazia e per i diritti umani, e neppure del nostro cinismo hanno bisogno quei governanti, quelle parti dei Governi che, pur con grandi contraddizioni, si impegnano su questo terreno; hanno piuttosto bisogno della nostra composta fermezza. Per questa ragione, signora Presidente, signor Ministro, il nostro gruppo condivide pienamente l'atteggiamento assunto dal Governo italiano, un atteggiamento di rigore, di serietà, di determinazione, un atteggiamento così lontano da quella retorica delle minacce, più o meno patetiche, che abbiamo sentito anche prima evocare nell'intervento del collega del MoVimento 5 Stelle; un atteggiamento, invece, che punta all'efficacia delle posizioni (Applausi dei deputati del gruppo Democrazia Solidale-Centro Democratico).

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  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Walter Rizzetto. Ne ha facoltà.

  WALTER RIZZETTO. Presidente, ringrazio il Ministro. In questo frangente, Ministro, le parlo da deputato, le parlo a nome di un gruppo, le parlo da cittadino italiano, le parlo da cittadino del Friuli-Venezia Giulia, regione dalla quale proveniva Giulio Regeni, e le parlo da persona – in questo caso non da deputato – che ha visto da pochi metri la bara di Giulio Regeni dinanzi a sé ai funerali di Regeni. Ho visto anche gli occhi, la dignità dei genitori della famiglia di Giulio Regeni, la stessa dignità dipinta sui volti della comunità di Fiumicello, che è questo piccolo Paese da dove Giulio Regeni veniva; comunità di Fiumicello e evidentemente genitori del ragazzo cui chiaramente vanno, un'altra volta, le nostre più sentite condoglianze. È un ragazzo – lei lo sa, Ministro – torturato per più di qualche giorno e barbaramente ucciso in Egitto. Sono passati, però, Ministro – ed in questo non mi sento di avallare completamente il suo intervento, che mi è parso un po’ soft nei modi e nei toni –, già più di due mesi. Da due mesi noi non sappiamo; la famiglia e nessun italiano sa la verità rispetto a Giulio Regeni. Carlo Bonini ha scritto stamattina: non c’è una sola mossa limpida, nel caso Regeni. Il procuratore Spataro aggiunge che non esiste nessun trattato di cooperazione giudiziaria con l'Egitto, si basa tutto sulla volontà, sul fatto che l'Egitto voglia o meno dare delle responsabilità e raggiungere la verità. Quindi, Ministro, questa volontà si è andata plasticamente a palesare in un'ennesima – ennesima ! – pantomima. Quando, Ministro, finiremo con questa debole ed inefficace politica estera che questo Governo sta portando avanti ? Non basta la figuraccia che abbiamo fatto nei confronti dell'India, dobbiamo continuare a fare figuracce anche nei confronti della comunità internazionale in seno a questo che è un problema – evidentemente è diventato un problema – tra Italia ed Egitto, Paese sicuramente amico ?
  Perché, Ministro, dobbiamo e dovremmo citare, soltanto nella storia repubblicana, il caso di Sigonella, come caso in cui il Governo italiano ha fatto uno scatto di reni importante per cercare di portare avanti la verità e per cercare sicuramente di far capire quanto possiamo contare in seno alla comunità internazionale ? Ministro, la procura generale egiziana – tra l'altro, voglio dire, strumento del Presidente Al Sisi – ha parlato di incidente stradale, ha parlato di rapina finita male; il 9 febbraio, il Ministro degli esteri egiziano ha parlato di speculazioni e, in ultimo, chiarissimo, limpido depistaggio, hanno fatto trovare i documenti di Giulio Regeni in una casa non ben identificata, addirittura con un pezzo di hashish, come a dire che questo ragazzo, oltre che un delinquente era pure un drogato. Non uso mezzi termini, Ministro: questo è un evidente depistaggio a cui la politica italiana e lei in primis deve necessariamente opporsi. Perché, Ministro, dobbiamo farci insegnare da Descalzi, che dice che l'Egitto è sì un Paese amico ma gli conviene fare chiarezza, come si fa la politica ? Oggi, Ministro, si sarebbe dovuto tenere un incontro: lo si farà domani, lo si farà dopodomani, quando si farà questo incontro ? Allora, Ministro, le duemila pagine che gli egiziani verranno a portarci in Italia – le do una notizia – mancheranno di tabulati e di sviluppo di celle telefoniche, che sono di fatto, nelle indagini, gli strumenti più interessanti per poter capire come di fatto sono andate le cose.
  E poi, Ministro – lo citava e lo diceva bene prima il collega Giorgetti – perché non iniziamo, se non c’è già stata, una collaborazione, ad esempio, anche con l’intelligence inglese, nel senso che Giulio Regeni era uno studente dell'Università di Cambridge ? Forse è già iniziata, non lo sappiamo, non ce l'ha detto. Ministro, bisogna cercare di essere un pelino più incisivi, penso, anche nei confronti di un Paese amico come l'Egitto, parlando, ad esempio, di trattative commerciali, di inserire l'Egitto fra le liste di Paesi pericolosi. Non so, Ministro, se lei ha figli, ma forse suo figlio in questo momento lei non Pag. 56lo manderebbe in Egitto. Ritiriamo l'ambasciatore per protesta ? Potrebbe essere un'idea, Ministro, non so.
  Ministro – e vado a chiudere, Presidente –, in questo caso non esistono destra e sinistra, non esistono sindacati ed università, non esiste nessun tipo di trattativa commerciale che tenga, esiste soltanto – nell'accezione che in questo caso lei giustamente ha voluto dare e ha voluto sottolineare, glielo riconosco – una giusta accezione rispetto alla ragione di Stato. Allora, Ministro, c’è una sola cosa da fare: consegnare giustizia e verità ad una comunità e ad una madre, che ha riconosciuto suo figlio ventottenne torturato soltanto dalla punta del naso (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Capezzone. Ne ha facoltà.

  DANIELE CAPEZZONE. Signora Presidente, signor Ministro degli affari esteri, il 10 febbraio scorso, nella prima occasione in cui in quest'Aula discutemmo di questo orribile omicidio, chiedemmo di percorrere tutte le ipotesi investigative senza pregiudizi; lo ribadiamo oggi. Noi siamo razionali e credo ragionevoli: sappiamo il ruolo geopolitico dell'Egitto, sappiamo che l'Egitto può fare argine all'estremismo islamista, siamo ben consapevoli della rilevanza dei nostri rapporti politici e anche economici con l'Egitto, non vogliamo danneggiare questi rapporti politici e nemmeno quelli economici e riterremmo che commetterebbe un grave errore chiunque volesse danneggiarli, ma tutte queste sono ragioni in più, non ragioni in meno per chiedere chiarezza. Da questo punto di vista, i suoi impegni di oggi, signor Ministro, sono apprezzabili, ora però occorre dare, tutti insieme, seguito a questi impegni, fino alle necessarie conseguenze. Agli amici e a quelli di cui si vuole essere amici si chiede un plus e non un minus di sincerità e di verità. Non è accettabile che proseguano da parte egiziana versioni pasticciate e abborracciate. Non è stato accettabile che la scorsa settimana un Ministro egiziano abbia detto che è stato un caso isolato: come, sa già come sono andate le cose ? Non risulta. È dunque interesse anche dell'Egitto fare chiarezza e, confidiamo che nei prossimi giorni la presenza degli investigatori egiziani apra una pagina di onestà intellettuale. Tutti sanno quello che è necessario. In primo luogo tabulati e materiali delle celle telefoniche dei luoghi dove il povero Regeni è stato prima sequestrato e poi, purtroppo, ritrovato senza vita e martoriato.
  Chiudo con una considerazione più generale, signor Ministro, che vale per i marò e vale per il caso Regeni: un grande Paese deve essere capace di difendere i suoi cittadini da vivi e anche, come in questo caso, da morti nella memoria, anche quando è in causa un altro grande Paese. Se non lo si fa, se non lo facciamo, vuol dire che rinunciamo noi ad essere un grande Paese e a comportarci come si deve (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Conservatori e Riformisti).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Monica Faenzi. Ne ha facoltà.

  MONICA FAENZI. Grazie Presidente. La drammatica morte di Giulio Regeni ha scosso l'opinione pubblica italiana e internazionale; e non poteva essere altrimenti per le circostanze in cui essa è avvenuta. Un giovane ricercatore italiano, dottorando all'Università di Cambridge, torturato ed ucciso a il Cairo, dov'era impegnato a raccogliere materiali per la sua tesi. Se la tragedia è diventata un caso lo si deve principalmente al fitto mistero che circonda l'uccisione del nostro giovane connazionale, alle molte incongruenze, alle troppe reticenze, alla ridda di voci incontrollate di ipotesi avanzate e di ritrattazioni, persino di velate accuse nei confronti del giovane ricercatore. Purtroppo niente e nessuno potrà restituire Regeni alla sua famiglia, ma l'Italia ha il dovere di fare tutto quanto è nelle sue possibilità per ottenere la verità e onorare così la memoria di Giulio, e ha il dovere di farlo senza remore, facendo prevalere la ragion di Stato su ogni altro aspetto. Ragion di Pag. 57Stato in questa circostanza significa non rendere subalterna la ricerca della verità e l'interesse nazionale, ma rivendicare con forza il diritto di chiedere ogni elemento utile a ricostruire i fatti. Con ciò, non mettendo in discussione i rapporti con l'Egitto, ma neanche chinare il capo di fronte alle resistenze incontrate sino ad oggi a causa della condotta di alcuni apparati statali egiziani. Non lo merita l'Italia e non lo merita in primis la famiglia Regeni. Per questa ragione condividiamo la linea di fermezza manifestata dal Governo e ribadita con la sua comunicazione. Parole a cui auspichiamo seguano fatti concreti, a partire dagli appuntamenti dei prossimi giorni. Confidiamo che gli incontri tra gli investigatori italiani e quelli egiziani, da lei confermati dopo una ridda di annunci e smentite, possano realmente contribuire a disvelare la cappa di mistero che ancora grava su questa tragedia. Incontri, cito le sue parole signor Ministro, che potrebbero essere decisivi. Ecco, la speranza è che il condizionale che lei ha prudenzialmente utilizzato possa tramutarsi in indicativo.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Locatelli. Ne ha facoltà.

  PIA ELDA LOCATELLI. Grazie signora Presidente. In un articolo di ieri lo scrittore egiziano Ala Al-Aswani, si rivolge ad un pubblico largo, non solo egiziano, dicendo che c’è una battaglia che dobbiamo affrontare insieme con gli italiani; la nostra battaglia, dice, riguarda i diritti umani, e non mi aspetto che venga vinta domani, ma dobbiamo tenere alta l'attenzione se vogliamo riuscirci.
  La tragica vicenda di Giulio Regeni si colloca all'interno di una battaglia più grande, ma diventandone simbolo, grazie anche e, forse, soprattutto al coraggio di una madre, che ha saputo trasformare il suo dolore in un impegno per la verità e per la promozione e la protezione dei diritti umani. L'impegno per la ricerca della verità per l'individuazione e la punizione dei responsabili del caso Regeni ha reso palese la prassi delle sparizioni forzate, facendo intravedere responsabilità più alte e più gravi ! I numeri che abbiamo letto in questi giorni indicano chiaramente che le sparizioni forzate sono una tecnica diffusa in Egitto, come lo è stata e lo è in altri Paesi: uno per tutti l'Argentina. Anche in quel caso il coraggio e la forza delle madri dei desaparecidos consentirono di portare allo scoperto questa pratica aberrante. Noi, signor Ministro, dobbiamo esigere la verità e non solo per il nostro cittadino Regeni, ma una verità che riguarda tanti, ed individuare responsabili e conniventi, cioè chi copre i colpevoli, ed è ancor più grave se si tratta di autorità pubbliche !
  Ma la nostra ambizione deve essere maggiore, cioè riportare i diritti umani al centro dell'attenzione internazionale e delle relazioni internazionali.
  Lei si è chiesto e ci chiede se la fermezza potrà riaprire un canale di piena collaborazione. È difficile dire se sia meglio ritirare il nostro ambasciatore o farlo restare per incalzare le autorità egiziane; far dichiarare l'Egitto Paese insicuro, colpendolo nel turismo, o danneggiarlo, bloccandone il gas. È difficile avere certezze – lo capiamo bene – su quali siano gli strumenti più efficaci, ma è certo che una certezza l'abbiamo: noi dobbiamo conseguire questi obiettivi, perché non possiamo certo fermarci davanti ai limiti della cosiddetta Realpolitik e mi pare che la sua azione e l'azione del nostro Governo nel suo complesso vadano in questa direzione e gliene siamo grati, l'apprezziamo.
  Dieci secondi ancora per una sorta di avviso: il Comitato per i diritti umani della Commissione affari esteri della Camera ha promosso per giovedì, dopodomani, un convegno dal titolo: «La sfida dei diritti umani nelle relazioni internazionali: tra affermazioni di principio e limiti della Realpolitik», un convegno che, ahimè, è diventato drammaticamente tempestivo con la tragica vicenda di Giulio Regeni. Invito i colleghi e le colleghe a partecipare, grazie (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) – Liberali per l'Italia (PLI)).

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  PRESIDENTE. La ringrazio, deputata.
  È così esaurito lo svolgimento dell'informativa urgente.

Sui lavori dell'Assemblea.

  PRESIDENTE. Mi sembra, colleghi, che sia stata raggiunta un'intesa tra i gruppi per rinviare alla seduta di domani gli altri argomenti che erano all'ordine del giorno. Quindi, se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
  (Così rimane stabilito).

Sull'ordine del lavori (ore 17,22).

  PRESIDENTE. Passiamo agli interventi di fine seduta.

  ANNA GIACOBBE. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ANNA GIACOBBE. Grazie, Presidente. Presidente, colleghe e colleghi, voglio ricordare la figura di Umberto Scardaoni, che si è spento pochi giorni fa e che merita una testimonianza anche in questa sede.
  È stato un dirigente politico comunista, sindaco della mia città e parlamentare, senatore, nella provincia di Savona. Negli ultimi anni della sua vita ha coltivato la ricerca storica e i valori dell'antifascismo. Autorevole come sapeva essere chi si è formato in una stagione che ancora ci insegna una cosa: la politica può essere ed è considerata una competenza e un bel lavoro.
  Poiché non era convinto e non aveva partecipato al processo di trasformazione del suo partito dopo il 1989, non l'aveva assecondato, ma aveva continuato ad essere attento e curioso della vita politica, rispettoso e amichevole verso ciascuno di noi. Non apparteneva a quel genere di vecchi dirigenti – e poi non così vecchio era – che ti spiegano cosa devi fare. È stato il protagonista di una storia collettiva importante, ma non ha mai avuto la pretesa di spiegarci l'oggi con le categorie del passato. Con la sua presenza ci ricordava la bellezza di essere sempre fedeli a ideali e valori comuni e ad uno stile. Noi andiamo avanti, ma ci piacerebbe che fosse ancora tra di noi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  COSIMO LATRONICO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  COSIMO LATRONICO. Signora Presidente, io la ringrazio di questa opportunità per chiedere al Governo di venire in Aula a riferire con immediatezza sullo scandalo ambientale esploso in Basilicata, perché sono in gioco la salubrità ambientale, la salute delle persone, il lavoro di migliaia di persone e una prospettiva di sviluppo per una regione.
  Il Governo deve dire al Parlamento se esistono reti e sistemi di monitoraggio adeguati ed attendibili; se l'ARPAB, l'ISPRA, l'Istituto superiore, la ASL e gli organismi competenti hanno svolto e svolgono le loro attività a tutela della salute; se ENI e Total – ENI, azienda di Stato – si muovono nel quadro del rispetto delle norme ambientali oppure sono protagonisti di atti di disastro ambientale, come sostengono i magistrati inquirenti. Grazie, Presidente.

  PRESIDENTE. La ringrazio, deputato Latronico, la Presidenza riferirà al Governo.

  PIERGIORGIO CARRESCIA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  PIERGIORGIO CARRESCIA. Grazie, Presidente. Io intervengo per sollecitare un adempimento da parte del Ministero dell'ambiente, in quanto il 4 marzo scorso il servizio per il controllo parlamentare ha segnalato al Ministero dell'ambiente l'ordine del giorno n. 9/3513-A/93, accolto dal Pag. 59Governo nella seduta del 10 febbraio, con il quale la Camera ha impegnato il Governo a trasmettere entro 15 giorni, cioè entro il 19 marzo, il testo dello schema del decreto ministeriale che modificava il decreto del 18 febbraio 2011, che era stato inviato al Consiglio di Stato nel dicembre scorso e che riguarda il Sistri. La richiesta di avere il testo inviato al Consiglio di Stato era stata avanzata senza esito al Governo già in Commissione ambiente, e ritengo non sia rispettoso delle prerogative del Parlamento che il Ministero disattenda un impegno assunto qui in Aula dal Governo.
  Le chiedo, quindi, di farsi interprete di questa situazione, che denota disattenzione e mancanza di rispetto verso il Parlamento, e comunque una declinazione del concetto di trasparenza che non è accettabile: sollecitare il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare a provvedere con urgenza, perché entro il 30 aprile le imprese sarebbero costrette a pagare con i criteri del vecchio decreto, e non con le somme agevolate che dovrebbero essere previste nel nuovo.

  MARCO MICCOLI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  MARCO MICCOLI. Signora Presidente, intervengo per annunciare un'iniziativa che prenderemo io e molti altri colleghi da stasera, quella di leggere un testo per denunciare quanto sta accadendo nel settore dei call center. Con particolare preoccupazione lo facciamo: a fronte di un'occupazione complessiva di 80 mila persone c’è il rischio di avere, da qui a dicembre, circa 8 mila esuberi. Almaviva, Gepin, Uptime: centinaia e centinaia di licenziamenti che sono già partiti con le apposite procedure.
  Per eliminare le cause di questa situazione, chiediamo al Governo alcuni interventi: in parte già fatti, come ad esempio la clausola sociale di salvaguardia occupazionale approvata col disegno di legge per il nuovo codice degli appalti; ma anche far rispettare l'articolo 24-bis del decreto-legge n. 83 del 2012, a cominciare dall'obbligo per l'operatore di comunicare in apertura di telefonata da quale Stato parta la conversazione, anche per salvaguardare la privacy dei cittadini. Considerare i call center, che occupano migliaia di lavoratori, alla stregua delle grandi industrie per quanto riguarda gli ammortizzatori sociali: bisogna estendere al settore la cassa integrazione straordinaria, così come previsto nel comparto dell'industria e nei settori della logistica e della grande distribuzione; lavorare per un unico contratto di settore; cancellare i contratti pirata; migliorare la strategia di sviluppo, per consolidare il settore e permettere l'avvio di investimenti in innovazione e ricerca. Da stasera inizieremo questa nostra iniziativa fino alla chiusura di tutte le vertenze, per sostenere le battaglie dei lavoratori e delle organizzazioni sindacali (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Adesso è iscritto a parlare il deputato Mirko Busto, che però non vedo in Aula.

Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Mercoledì 6 aprile 2016, alle 9,30:

  (ore 9,30 e ore 16,15)

  1. – Seguito della discussione delle mozioni Ruocco ed altri n. 1-01140, Brunetta ed altri n. 1-01206, Peluffo ed altri n. 1-01208, Paglia ed altri n. 1-01209, Buttiglione ed altri n. 1-01211, Rampelli ed altri n. 1-01212, Caparini ed altri n. 1-01213, Vezzali e Monchiero n. 1-01214 e Civati ed altri n. 1-01215 concernenti presupposti e modalità di riscossione del canone di abbonamento per la detenzione di apparecchi atti o adattabili alla ricezione di trasmissioni radiotelevisive.

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  2. – Seguito della discussione dei progetti di legge:
   MANLIO DI STEFANO ed altri: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica ceca sulla cooperazione in materia di cultura, istruzione, scienza e tecnologia, fatto a Praga l'8 febbraio 2011 (C. 2004-A).
  — Relatore: Gianluca Pini.

   S. 1945 – Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo federale della Repubblica di Somalia in materia di cooperazione nel settore della difesa, fatto a Roma il 17 settembre 2013 (Approvato dal Senato) (previo esame e votazione della questione sospensiva presentata) (C. 3459).
  — Relatrice: Quartapelle Procopio.

   S. 1986 – Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione in materia di difesa tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica del Senegal, fatto a Roma il 17 settembre 2012 (Approvato dal Senato) (C. 3461).
  — Relatrice: Quartapelle Procopio.

  3. – Seguito della discussione della proposta di legge (previo esame e votazione della questione pregiudiziale di costituzionalità presentata):
   MARIANI ed altri: Princìpi per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque (C. 2212-A).
  — Relatori: Manfredi, per la maggioranza; Daga e Rondini, di minoranza.

  (ore 15)

  4. – Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

  La seduta termina alle 17,30.

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 8)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Pdl 1435-A - voto finale 310 283 27 142 283 95 Appr.
2 Nom. Moz. Vargiu e a. n. 1-1191 369 369 185 369 93 Appr.
3 Nom. Moz. Palese e a. n. 1-1207 367 367 184 367 93 Appr.
4 Nom. Pdl 2981-A - articolo 1 342 337 5 169 308 29 102 Appr.
5 Nom. articolo 2 349 344 5 173 314 30 101 Appr.
6 Nom. articolo 3 357 349 8 175 319 30 101 Appr.
7 Nom. articolo 4 362 353 9 177 323 30 101 Appr.
8 Nom. Pdl 2981-A - voto finale 391 377 14 189 343 34 95 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.