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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 597 di martedì 29 marzo 2016

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI

  La seduta comincia alle 15.

  PRESIDENTE. La seduta è aperta.
  Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

  ANNA MARGHERITA MIOTTO, Segretaria, legge il processo verbale della seduta del 14 marzo 2016.

  PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Amendola, Amici, Baldelli, Bellanova, Bernardo, Dorina Bianchi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Bratti, Bressa, Brunetta, Bueno, Capelli, Casero, Castiglione, Antimo Cesaro, Cirielli, Costa, Dalia, Dambruoso, Damiano, Del Basso De Caro, Dell'Orco, Di Gioia, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Franceschini, Garofani, Gelli, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Manciulli, Marazziti, Merlo, Migliore, Orlando, Pes, Gianluca Pini, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Domenico Rossi, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Scotto, Tabacci, Valeria Valente, Velo e Vignali sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente settantacinque, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna).

Annunzio di petizioni.

  PRESIDENTE. Invito la deputata segretaria a dare lettura delle petizioni pervenute alla Presidenza, che saranno trasmesse alle sottoindicate Commissioni.

Testo sostituito con errata corrige volante   ANNA MARGHERITA MIOTTO, Segretaria, legge:
   EMILIO MANAÒ, da Rimini, chiede l'introduzione di apposite sanzioni penali a tutela della libertà di informazione da indebite interferenze dei partiti (1061) – alla II Commissione (Giustizia);
   FRANCESCO FELICE PREVITE, da Castiglione di Sicilia (Catania), chiede iniziative per evitare che considerazioni finanziarie incidano sul diritto a ricevere cure adeguate fino al termine della vita (1062) – alla XII Commissione (Affari sociali);
   VALENTINA MANFREDINI, da Milano, e numerosissimi altri cittadini chiedono misure a tutela del benessere dei Pag. 2cani da compagnia durante i viaggi in aereo (1063) – alla IX Commissione (Trasporti);
   ANTONIO MINARDI, da Piane Crati (Cosenza), chiede interventi per innalzare la qualità delle trasmissioni radiotelevisive (1064) – alla VII Commissione (Cultura);
   DOMENICO VISCHI, da Barletta, chiede il riconoscimento dello status di cittadini nati in Italia agli italiani nati in Libia nel periodo in cui era sottoposta alla sovranità italiana (1065) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
  MASSIMILIANO VALDANNINI, da Roma, chiede:
   l'installazione di cassonetti dell'immondizia a scomparsa nel territorio della città di Roma (1066) – alla VIII Commissione (Ambiente);
   una drastica riduzione del numero di agenti di polizia impiegati in servizi di scorta a personaggi pubblici (1067) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
  MICHELE VECCHIONE, da Alatri (Frosinone), chiede nuove norme in materia di pensioni di guerra (1068) - alla XI Commissione (Lavoro);
  GIOVAMBATTISTA CEFALÌ, da Curinga (Catanzaro), e altri cittadini chiedono provvedimenti in favore dei carabinieri del nucleo radiomobile (1069) – alla IV Commissione (Difesa);
  VALERIO D'ALESSIO, da Ardea (Roma), chiede nuove norme in materia di accertamenti fiscali e di rapporti tra cittadini e Agenzia delle entrate (1070) – alla VI Commissione (Finanze);
  MAURO SASSI, da Busto Arsizio (Varese), chiede modifiche all'articolo 142 del codice dei beni culturali e del paesaggio in materia di interventi di trasformazione dei suoli coperti da foreste e da boschi (1071) – alla VIII Commissione (Ambiente);
  SERAFINO VASSALLI, da Roma, e numerosissimi altri cittadini chiedono la completa equiparazione giuridica ed economica del personale dirigenziale e direttivo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco a quello delle altre Forze di polizia (1072) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
  LOREDANA SILVESTRI, da Soriano nel Cimino (Viterbo), chiede interventi a tutela della maternità e dell'infanzia, tramite una revisione della disciplina dell'adozione di minori e l'abrogazione della legge n. 194 del 1980 in materia di interruzione volontaria di gravidanza (1073) – alle Commissioni riunite II (Giustizia) e XII (Affari costituzionali);
  GIUSEPPINA VIGLIOTTI, da Torino, chiede l'introduzione di elementi di flessibilità nell'accesso ai trattamenti pensionistici (1074) – alla XI Commissione (Lavoro);
  FRANCESCO DI PASQUALE, da Cancello ed Arnone (Caserta), chiede:
   interventi per la bonifica dei terreni della cosiddetta «terra dei fuochi» (1075)alla VIII Commissione (Ambiente);
   nuove norme in materia di detenzione e custodia dei cani (1076) – alla XII Commissione (Affari sociali);
   iniziative per la tutela del pane nazionale (1077) – alla XIII Commissione (Agricoltura);
   nuove norme in materia dei vitalizi dei parlamentari e dei consiglieri del Trentino Alto Adige (1078) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
   provvedimenti in difesa dei lupi (1079) – alla XIII Commissione (Agricoltura);
   misure per contrastare lo spopolamento delle regioni del Sud (1080) – alla V Commissione (Bilancio);
   interventi a tutela dei piccoli esercizi commerciali gestiti da cittadini italiani (1081) – alla X Commissione (Attività produttive);Pag. 3
   norme volte a limitare le consulenze nella pubblica amministrazione (1082) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
  CHIARA BARONE, da Catania, chiede modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario volte ad assicurare la certezza della pena (1083) – alla II Commissione (Giustizia);
  TEODORO RUSSO, da Quindici (Avellino), chiede disposizioni per l'unificazione nell'INPS di tutti gli istituti ed enti previdenziali (1084) – alla XI Commissione (Lavoro);
  MARIA GRAZIA BREDA, da Torino, e numerosissimi altri cittadini chiedono il riconoscimento del diritto prioritario alle prestazioni socio-sanitarie domiciliari per le persone non autosufficienti (1085)alla XII Commissione (Affari sociali).
  ANNA MARGHERITA MIOTTO, Segretaria, legge:
   EMILIO MANAÒ, da Rimini, chiede l'introduzione di apposite sanzioni penali a tutela della libertà di informazione da indebite interferenze dei partiti (1061) – alla II Commissione (Giustizia);
   FRANCESCO FELICE PREVITE, da Castiglione di Sicilia (Catania), chiede iniziative per evitare che considerazioni finanziarie incidano sul diritto a ricevere cure adeguate fino al termine della vita (1062) – alla XII Commissione (Affari sociali);
   VALENTINA MANFREDINI, da Milano, e numerosissimi altri cittadini chiedono misure a tutela del benessere dei Pag. 2cani da compagnia durante i viaggi in aereo (1063) – alla IX Commissione (Trasporti);
   ANTONIO MINARDI, da Piane Crati (Cosenza), chiede interventi per innalzare la qualità delle trasmissioni radiotelevisive (1064) – alla VII Commissione (Cultura);
   DOMENICO VISCHI, da Barletta, chiede il riconoscimento dello status di cittadini nati in Italia agli italiani nati in Libia nel periodo in cui era sottoposta alla sovranità italiana (1065) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
  MASSIMILIANO VALDANNINI, da Roma, chiede:
   l'installazione di cassonetti dell'immondizia a scomparsa nel territorio della città di Roma (1066) – alla VIII Commissione (Ambiente);
   una drastica riduzione del numero di agenti di polizia impiegati in servizi di scorta a personaggi pubblici (1067) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
  MICHELE VECCHIONE, da Alatri (Frosinone), chiede nuove norme in materia di pensioni di guerra (1068) - alla XI Commissione (Lavoro);
  GIOVAMBATTISTA CEFALÌ, da Curinga (Catanzaro), e altri cittadini chiedono provvedimenti in favore dei carabinieri del nucleo radiomobile (1069) – alla IV Commissione (Difesa);
  VALERIO D'ALESSIO, da Ardea (Roma), chiede nuove norme in materia di accertamenti fiscali e di rapporti tra cittadini e Agenzia delle entrate (1070) – alla VI Commissione (Finanze);
  MAURO SASSI, da Busto Arsizio (Varese), chiede modifiche all'articolo 142 del codice dei beni culturali e del paesaggio in materia di interventi di trasformazione dei suoli coperti da foreste e da boschi (1071) – alla VIII Commissione (Ambiente);
  SERAFINO VASSALLI, da Roma, e numerosissimi altri cittadini chiedono la completa equiparazione giuridica ed economica del personale dirigenziale e direttivo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco a quello delle altre Forze di polizia (1072) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
  LOREDANA SILVESTRI, da Soriano nel Cimino (Viterbo), chiede interventi a tutela della maternità e dell'infanzia, tramite una revisione della disciplina dell'adozione di minori e l'abrogazione della legge n. 194 del 1980 in materia di interruzione volontaria di gravidanza (1073) – alle Commissioni riunite II (Giustizia) e XII (Affari sociali);
  GIUSEPPINA VIGLIOTTI, da Torino, chiede l'introduzione di elementi di flessibilità nell'accesso ai trattamenti pensionistici (1074) – alla XI Commissione (Lavoro);
  FRANCESCO DI PASQUALE, da Cancello ed Arnone (Caserta), chiede:
   interventi per la bonifica dei terreni della cosiddetta «terra dei fuochi» (1075)alla VIII Commissione (Ambiente);
   nuove norme in materia di detenzione e custodia dei cani (1076) – alla XII Commissione (Affari sociali);
   iniziative per la tutela del pane nazionale (1077) – alla XIII Commissione (Agricoltura);
   nuove norme in materia dei vitalizi dei parlamentari e dei consiglieri del Trentino Alto Adige (1078) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
   provvedimenti in difesa dei lupi (1079) – alla XIII Commissione (Agricoltura);
   misure per contrastare lo spopolamento delle regioni del Sud (1080) – alla V Commissione (Bilancio);
   interventi a tutela dei piccoli esercizi commerciali gestiti da cittadini italiani (1081) – alla X Commissione (Attività produttive);Pag. 3
   norme volte a limitare le consulenze nella pubblica amministrazione (1082) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
  CHIARA BARONE, da Catania, chiede modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario volte ad assicurare la certezza della pena (1083) – alla II Commissione (Giustizia);
  TEODORO RUSSO, da Quindici (Avellino), chiede disposizioni per l'unificazione nell'INPS di tutti gli istituti ed enti previdenziali (1084) – alla XI Commissione (Lavoro);
  MARIA GRAZIA BREDA, da Torino, e numerosissimi altri cittadini chiedono il riconoscimento del diritto prioritario alle prestazioni socio-sanitarie domiciliari per le persone non autosufficienti (1085)alla XII Commissione (Affari sociali).

Organizzazione dei tempi di discussione dei disegni di legge di ratifica.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione dei disegni di legge di ratifica nn. 3512-A, 3332 e 3460.
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi del disegno di legge di ratifica n. 3512-A è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 23 marzo 2016, mentre lo schema recante la ripartizione dei tempi dei disegni di legge di ratifica n. 3332 e 3460 è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

Discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione dei seguenti accordi in materia ambientale: a) Emendamento di Doha al Protocollo di Kyoto alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, fatto a Doha l'8 dicembre 2012; b) Accordo tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e l'Islanda, dall'altra, per quanto concerne la partecipazione dell'Islanda all'adempimento congiunto degli impegni dell'Unione europea, dei suoi Stati membri e dell'Islanda per il secondo periodo di impegno del Protocollo di Kyoto della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, fatto a Bruxelles il 1o aprile 2015; c) Protocollo relativo alla cooperazione in materia di prevenzione dell'inquinamento provocato dalle navi e, in caso di situazione critica, di lotta contro l'inquinamento del Mare Mediterraneo, fatto alla Valletta il 25 gennaio 2002; d) Decisione II/14 recante emendamento alla Convenzione sulla valutazione dell'impatto ambientale in un contesto transfrontaliero, fatta ad Espoo il 25 febbraio 1991, adottata a Sofia il 27 febbraio 2001; e) Decisione III/7 recante il secondo emendamento alla Convenzione sulla valutazione dell'impatto ambientale in un contesto transfrontaliero, fatta ad Espoo il 25 febbraio 1991, adottata a Cavtat il 1o-4 giugno 2004; f) Protocollo sulla valutazione ambientale strategica alla Convenzione sulla valutazione dell'impatto ambientale in un contesto transfrontaliero, fatta ad Espoo il 25 febbraio 1991, fatto a Kiev il 21 maggio 2003 (A.C. 3512-A) (ore 15,07).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 3512-A: Ratifica ed esecuzione dei seguenti accordi in materia ambientale: a) Emendamento di Doha al Protocollo di Kyoto alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, fatto a Doha l'8 dicembre 2012; b) Accordo tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e l'Islanda, dall'altra, per quanto concerne la partecipazione dell'Islanda all'adempimento congiunto degli impegni dell'Unione europea, dei suoi Stati membri e dell'Islanda per il secondo periodo di impegno del Protocollo di Kyoto della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, fatto a Bruxelles il 1o aprile 2015; c) Protocollo relativo alla cooperazione in materia di Pag. 4prevenzione dell'inquinamento provocato dalle navi e, in caso di situazione critica, di lotta contro l'inquinamento del Mare Mediterraneo, fatto alla Valletta il 25 gennaio 2002; d) Decisione II/14 recante emendamento alla Convenzione sulla valutazione dell'impatto ambientale in un contesto transfrontaliero, fatta ad Espoo il 25 febbraio 1991, adottata a Sofia il 27 febbraio 2001; e) Decisione III/7 recante il secondo emendamento alla Convenzione sulla valutazione dell'impatto ambientale in un contesto transfrontaliero, fatta ad Espoo il 25 febbraio 1991, adottata a Cavtat il 1o-4 giugno 2004; f) Protocollo sulla valutazione ambientale strategica alla Convenzione sulla valutazione dell'impatto ambientale in un contesto transfrontaliero, fatta ad Espoo il 25 febbraio 1991, fatto a Kiev il 21 maggio 2003.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 3512-A)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che le Commissioni III (Affari esteri) e VIII (Ambiente) si intendono autorizzate a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire il relatore per la III Commissione, deputato Bruno Censore.

  BRUNO CENSORE, Relatore per la III Commissione. Grazie Presidente, colleghi deputati, il disegno di legge al nostro esame, autorizza la ratifica di alcuni rilevanti accordi in materia ambientale, sottoscritti dall'Italia dal 2001 al 2015. Prima però di passare la parola alla collega Stella Bianchi, che interverrà per i profili di competenza dell'VIII Commissione, vorrei richiamare concisamente la cornice internazionale all'interno della quale si collocano queste convenzioni multilaterali. Si tratta di accordi autonomi, atti a creare un regime giuridico che regoli questioni ambientali di comune interesse per la comunità internazionale.
  Sin dal 1970, è stato adottato un numero crescente di accordi di questo genere, con un incremento registrato negli anni Novanta, in risposta alla forte pressione politica verso l'applicazione di un approccio sostenibile all'uso delle risorse naturali limitate del nostro pianeta. Gli accordi multilaterali in materia ambientale generalmente creano una cornice di cooperazione e prevedono l'adozione di ulteriori e successivi strumenti normativi. La Conferenza delle parti della Convenzione dell'ONU sui cambiamenti climatici, per esempio, può adottare protocolli e allegati; in pratica vi è la forte tendenza ad armonizzare e consolidare i processi decisionali, ad esempio meetings e conferenza delle parti, che fungono da punto d'incontro tra le parti. I meetings o le conferenze delle parti legate a un determinato accordo, dopo che quest'ultimo è entrato in vigore, sono i principali meccanismi attraverso i quali il regime giuridico evolve. Essi consentono agli Stati di incontrarsi regolarmente al fine di discutere di questioni future, rivedere alcune previsioni normative e adottare le apposite decisioni. Allo stesso tempo, però, essi generano innumerevoli decisioni, la cui portata normativa resta dubbia e la cui implementazione dipende dalle azioni interne dei singoli Stati. Si potrebbe sostenere che gli accordi multilaterali in materia ambientale hanno contribuito più a fornire una guida, che delle regole vincolanti in senso stretto. Il primo degli accordi al nostro esame è l'emendamento di Doha al protocollo di Kyoto, approvato dalla XVIII Conferenza delle parti di Doha nel 2012.
  L'emendamento istituisce un secondo periodo d'impegni (2013-2020); attraverso la modifica e l'integrazione dell'Allegato B del Protocollo medesimo, aggiunge il trifluoruro di azoto all'elenco di gas a effetto serra contemplati dal Protocollo ed agevola un rafforzamento unilaterale degli impegni delle singole parti.
  Ad oggi, l'emendamento è stato ratificato da sessanta Paesi ma, affinché entri in vigore, è necessario che venga ratificato da 144 parti.Pag. 5
  Ricordo che il «secondo periodo d'impegni», previsto dall'emendamento riguarda circa il 14 per cento delle emissioni globali, dal momento che soltanto gli Stati membri dell'Unione, altri Paesi europei e l'Australia si sono impegnati in tal senso, mentre gli Stati Uniti, la Russia, il Canada, il Giappone e i Paesi in via di sviluppo non hanno assunto impegni.
  I Paesi che non hanno assunto impegni ai sensi del Protocollo di Kyoto ne hanno preso altri di natura volontaria fino al 2020 ai fini dell'azione per il clima.
  Per quanto attiene al periodo posteriore al 2020, segnalo che un nuovo ambizioso accordo sul clima, applicabile a tutti i Paesi, è stato adottato nel corso della COP21 di Parigi, tenutasi nel dicembre 2015.
  Per l'Unione e i suoi Stati membri la ratifica dell'emendamento di Doha non comporta alcun nuovo impegno rispetto a quelli fissati nel pacchetto sul clima e sull'energia, ossia una riduzione del 20 per cento delle emissioni di gas-serra rispetto ai livelli del 1990.
  La normativa dell'Unione relativa all'attuazione tecnica dell'emendamento di Doha è stata adottata nel maggio 2014 con il Regolamento UE n. 662/2014, che ha modificato il regolamento, sempre dell'Unione Europea, n. 525 del 2013, relativo a un meccanismo di monitoraggio e comunicazione delle emissioni di gas serra e di comunicazione di altre informazioni – vado a chiudere Presidente – in materia di cambiamenti climatici a livello nazionale della UE. Successivamente, l'Unione ha provveduto alla ratifica del medesimo immediatamente con l'adozione della decisione n. 1339 del Consiglio del 13 luglio 2015.
  In conclusione, per quanto attiene...

  PRESIDENTE. Deve proprio concludere, perché ha finito il tempo. Dieci secondi e poi deve concludere.

  BRUNO CENSORE, Relatore per la III Commissione. Per quanto attiene all'ultimo degli Accordi, il Protocollo sulla valutazione ambientale della Convenzione deve garantire: che nella preparazione dei piani e dei programmi si tenga conto delle considerazioni ambientali; si deve contribuire alle questioni ambientali e sanitarie nell'elaborazione programmatica e legislativa; si devono istituire procedure chiare; si deve prevedere la partecipazione del pubblico alla valutazione; infine, è necessario integrare in tal modo le questioni ambientali e sanitarie nella misura e negli strumenti a favore dello sviluppo sostenibile. Chiedo, infine, che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento (La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti).

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la relatrice per la Commissione ambiente, onorevole Stella Bianchi.

Testo sostituito con errata corrige volante   STELLA BIANCHI, Relatrice per l'VIII Commissione. Grazie, Presidente. Mi consentirà di consegnare la relazione, preparata come sempre con il valido supporto degli uffici, e di fare, però, alcune considerazioni (la Presidenza lo consente sulla base dei criteri costantemente seguiti). Diceva già il collega Censore, della Commissione affari esteri, che la ratifica dell'emendamento di Doha del Protocollo di Kyoto, che disciplina il secondo periodo di attuazione del Protocollo, dal 2013 al 2020, non comporta impegni aggiuntivi per l'Italia e per i Paesi dell'Unione europea perché rientrano negli impegni già assunti con il «pacchetto 20-20-20». La ratifica è importante, perché, appunto, il Trattato entra in vigore solo se 144 Paesi lo ratificano e, al momento, sono 60, e segnalo che tra i Paesi europei manchiamo purtroppo solo noi e la Polonia.
  Ma ci sono degli elementi molto importanti in questo disegno di legge di ratifica che vorrei sottolineare, Presidente. Il primo – il più importante – è il fatto che diamo attuazione ad una norma prevista nell'ordinamento comunitario, cioè il fatto che ogni Paese deve dotarsi di una strategia di sviluppo a basse emissioni. Questo è uno strumento che ci consentirà Pag. 6di far fare un salto di qualità alle politiche climatiche e alle politiche di sviluppo sostenibile, perché di fatto la strategia che viene adottata dal CIPE, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, con il Ministro dello sviluppo economico, con quello delle infrastrutture e dei trasporti e con quello delle politiche agricole, alimentari e forestali è sostanzialmente la strategia per trasformare la nostra economia in un'economia a bassissimo impatto di carbonio. Quindi, è quello strumento che ci consentirà di adottare quelle politiche che sono necessariamente trasversali perché riguardano tutti i settori e che ci portano sulla strada necessaria per rispettare l'Accordo di Parigi. È di fatto quella cabina di regia che in molti consideriamo assolutamente essenziale per riuscire a rispettare gli obiettivi ambiziosi che l'Italia ha sottoscritto insieme ad altri 193 Paesi a Parigi e, cioè, di riuscire a contenere l'aumento della temperatura media globale ben al di sotto di due gradi rispetto ai livelli precedenti alla rivoluzione industriale e di puntare ad una riduzione inferiore, cioè di un grado e mezzo, come è previsto, appunto, dall'articolo 2 dell'Accordo sottoscritto a Parigi.
  Presidente, segnalo di nuovo che c’è naturalmente un grande allarme per l'accelerazione dell'aumento della temperatura media globale. Il 2015 è stato di nuovo l'anno più caldo; abbiamo battuto il record per il quattordicesimo anno di fila e i dati che ci arrivano dei primi mesi dell'anno non sono confortanti, così come non lo è l'accelerazione di alcuni fenomeni che rischiano di produrre effetti potenzialmente devastanti (penso solo alle città sulle coste). È molto recente uno studio che dice che sono milioni di persone, solo negli Stati Uniti, che rischiano di dover lasciare le proprie abitazioni, senza considerare che sono normalmente purtroppo l'Asia e le grandi megalopoli costruite sulle rive dei fiumi a rischiare di più dall'impatto dei cambiamenti climatici, con quel che comporta in termini di milioni di migranti che rischiano, appunto, di perdere la loro terra e di doverne cercare una nuova; queste notizie, così allarmanti, ci impongono di fare tutto il possibile per essere efficaci nella strategia di contenimento delle emissioni di gas serra.
  Ci sono, però, dei buoni segnali che vorrei brevemente ricordare: uno ce lo dà l'ultimo rapporto dell'UNEP sulle tendenze globali delle rinnovabili e ci dice che nel 2015 c’è stato un record di nuovo sugli investimenti globali nelle rinnovabili.
  Escludendo i grandi progetti per catturare energia idroelettrica, che naturalmente hanno impatti spesso devastanti sulle comunità locali, si sono registrati 285,9 miliardi di dollari di investimenti, con un aumento del 5 per cento. Notizia ancora più positiva è che il 53,6 per cento della nuova capacità installata viene da eolico e da solare fotovoltaico; ci sono 118 gigawatt installati nel 2015 da eolico e da fotovoltaico. Naturalmente, non dobbiamo nasconderlo, questi numeri ci dicono che c’è moltissimo da fare ancora nella sostituzione di energia da fonti tradizionali, ma certo questo grande sviluppo ci conforta molto, visto che dobbiamo puntare a raggiungere le zero emissioni nette nella seconda metà del secolo per rispettare gli impegni di Parigi.
  Un altro segnale positivo che segnalo brevemente è che l'ultimo rapporto della IEA ci dice che, per il secondo anno di fila, la crescita è stata dissociata dall'aumento di CO2. Quindi, si sta verificando quel disaccoppiamento, che già i Paesi europei hanno sperimentato da anni, tra crescita e crescita delle emissioni di gas serra.
  Naturalmente, poi, l'ultima considerazione la faccio sulla tecnologia: saranno le nuove tecnologie che ci consentiranno di vincere questa sfida e a dare gambe a questo strumento nuovo che è contenuto in questo disegno di legge di ratifica nella strategia di sviluppo a basse emissioni. Faccio solo un'ultima brevissima considerazione: oggi il Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, a Reno, in Nevada, ha inaugurato un impianto straordinario, che è un impianto costruito da Enel Green Power ed è il primo impianto al mondo Pag. 7che unisce tre tecnologie diverse, geotermica, solare fotovoltaico e solare termale. È un impianto che sta ricevendo premi ogni anno dalle maggiori istituzioni americane, ed è esattamente questa nuova tecnologia quella su cui dobbiamo puntare sempre di più e sulla quale anche l'Italia potrà giocare, sempre meglio, il suo ruolo da protagonista nella sfida contro i cambiamenti climatici.
  STELLA BIANCHI, Relatrice per l'VIII Commissione. Grazie, Presidente. Mi consentirà di consegnare la relazione, preparata come sempre con il valido supporto degli uffici, e di fare, però, alcune considerazioni (la Presidenza lo consente sulla base dei criteri costantemente seguiti). Diceva già il collega Censore, della Commissione affari esteri, che la ratifica dell'emendamento di Doha del Protocollo di Kyoto, che disciplina il secondo periodo di attuazione del Protocollo, dal 2013 al 2020, non comporta impegni aggiuntivi per l'Italia e per i Paesi dell'Unione europea perché rientrano negli impegni già assunti con il «pacchetto 20-20-20». La ratifica è importante, perché, appunto, il Trattato entra in vigore solo se 144 Paesi lo ratificano e, al momento, sono 60, e segnalo che tra i Paesi europei manchiamo purtroppo solo noi e la Polonia.
  Ma ci sono degli elementi molto importanti in questo disegno di legge di ratifica che vorrei sottolineare, Presidente. Il primo – il più importante – è il fatto che diamo attuazione ad una norma prevista nell'ordinamento comunitario, cioè il fatto che ogni Paese deve dotarsi di una strategia di sviluppo a basse emissioni. Questo è uno strumento che ci consentirà Pag. 6di far fare un salto di qualità alle politiche climatiche e alle politiche di sviluppo sostenibile, perché di fatto la strategia che viene adottata dal CIPE, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, con il Ministro dello sviluppo economico, con quello delle infrastrutture e dei trasporti e con quello delle politiche agricole, alimentari e forestali è sostanzialmente la strategia per trasformare la nostra economia in un'economia a bassissimo impatto di carbonio. Quindi, è quello strumento che ci consentirà di adottare quelle politiche che sono necessariamente trasversali perché riguardano tutti i settori e che ci portano sulla strada necessaria per rispettare l'Accordo di Parigi. È di fatto quella cabina di regia che in molti consideriamo assolutamente essenziale per riuscire a rispettare gli obiettivi ambiziosi che l'Italia ha sottoscritto insieme ad altri 193 Paesi a Parigi e, cioè, di riuscire a contenere l'aumento della temperatura media globale ben al di sotto di due gradi rispetto ai livelli precedenti alla rivoluzione industriale e di puntare ad una riduzione inferiore, cioè di un grado e mezzo, come è previsto, appunto, dall'articolo 2 dell'Accordo sottoscritto a Parigi.
  Presidente, segnalo di nuovo che c’è naturalmente un grande allarme per l'accelerazione dell'aumento della temperatura media globale. Il 2015 è stato di nuovo l'anno più caldo; abbiamo battuto il record per il quattordicesimo anno di fila e i dati che ci arrivano dei primi mesi dell'anno non sono confortanti, così come non lo è l'accelerazione di alcuni fenomeni che rischiano di produrre effetti potenzialmente devastanti (penso solo alle città sulle coste). È molto recente uno studio che dice che sono milioni di persone, solo negli Stati Uniti, che rischiano di dover lasciare le proprie abitazioni, senza considerare che sono normalmente purtroppo l'Asia e le grandi megalopoli costruite sulle rive dei fiumi a rischiare di più dall'impatto dei cambiamenti climatici, con quel che comporta in termini di milioni di migranti che rischiano, appunto, di perdere la loro terra e di doverne cercare una nuova; queste notizie, così allarmanti, ci impongono di fare tutto il possibile per essere efficaci nella strategia di contenimento delle emissioni di gas serra.
  Ci sono, però, dei buoni segnali che vorrei brevemente ricordare: uno ce lo dà l'ultimo rapporto dell'UNEP sulle tendenze globali delle rinnovabili e ci dice che nel 2015 c’è stato un record di nuovo sugli investimenti globali nelle rinnovabili.
  Escludendo i grandi progetti per catturare energia idroelettrica, che naturalmente hanno impatti spesso devastanti sulle comunità locali, si sono registrati 285,9 miliardi di dollari di investimenti, con un aumento del 5 per cento. Notizia ancora più positiva è che il 53,6 per cento della nuova capacità installata viene da eolico e da solare fotovoltaico; ci sono 118 gigawatt installati nel 2015 da eolico e da fotovoltaico. Naturalmente, non dobbiamo nasconderlo, questi numeri ci dicono che c’è moltissimo da fare ancora nella sostituzione di energia da fonti tradizionali, ma certo questo grande sviluppo ci conforta molto, visto che dobbiamo puntare a raggiungere le zero emissioni nette nella seconda metà del secolo per rispettare gli impegni di Parigi.
  Un altro segnale positivo che segnalo brevemente è che l'ultimo rapporto della IEA ci dice che, per il secondo anno di fila, la crescita è stata dissociata dall'aumento di CO2. Quindi, si sta verificando quel disaccoppiamento, che già i Paesi europei hanno sperimentato da anni, tra crescita e crescita delle emissioni di gas serra.
  Naturalmente, poi, l'ultima considerazione la faccio sulla tecnologia: saranno le nuove tecnologie che ci consentiranno di vincere questa sfida e a dare gambe a questo strumento nuovo che è contenuto in questo disegno di legge di ratifica nella strategia di sviluppo a basse emissioni. Faccio solo un'ultima brevissima considerazione: oggi il Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, a Reno, in Nevada, ha inaugurato un impianto straordinario, che è un impianto costruito da Enel Green Power ed è il primo impianto al mondo Pag. 7che unisce tre tecnologie diverse, geotermica, solare fotovoltaico e solare termodinamico. È un impianto che sta ricevendo premi ogni anno dalle maggiori istituzioni americane, ed è esattamente questa nuova tecnologia quella su cui dobbiamo puntare sempre di più e sulla quale anche l'Italia potrà giocare, sempre meglio, il suo ruolo da protagonista nella sfida contro i cambiamenti climatici.

  PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire successivamente.
  Non essendovi iscritti a parlare, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali, avvertendo che non si darà luogo alle repliche.
  Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Principato del Liechtenstein sullo scambio di informazioni in materia fiscale, con Protocollo e Protocollo Aggiuntivo, fatto a Roma il 26 febbraio 2015 (A.C. 3332) (ore 15,20).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 3332: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Principato del Liechtenstein sullo scambio di informazioni in materia fiscale, con Protocollo e Protocollo Aggiuntivo, fatto a Roma il 26 febbraio 2015.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 3332)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire il relatore, onorevole Nicoletti.

  MICHELE NICOLETTI, Relatore. Grazie, Presidente. Colleghe e colleghi, l'Accordo in titolo, siglato a Roma il 26 febbraio 2015 dall'Italia e dal Liechtenstein in materia di scambio di informazioni fiscali, si richiama al modello OCSE di tax information exchange agreement e consente lo scambio di informazioni su richiesta relativamente a tutte le imposte. Lo Stato a cui sono richieste le informazioni non può rifiutarsi di fornire allo Stato richiedente la collaborazione amministrativa per mancanza di interesse ai propri fini fiscali né può opporre il segreto bancario. Il Protocollo aggiuntivo, che disciplina le richieste di gruppo, consente di presentare richiesta in relazione a categorie di comportamenti che fanno presumere l'intenzione dei contribuenti di nascondere al fisco italiano patrimoni e/o attività detenute irregolarmente nel Liechtenstein.
  L'Accordo ha un effetto positivo sull'esito della cosiddetta voluntary disclosure, più volte richiamata nel corso dell'esame di analoghi disegni di legge di ratifica, in quanto allarga la platea dei potenziali aderenti alla regolarizzazione dei capitali. In sostanza, per effetto della sottoscrizione tempestiva dell'Accordo rispetto alla tempistica prevista dalla voluntary disclosure, il Principato del Liechtenstein, impegnandosi allo scambio di informazioni, viene equiparato a un Paese non black-list. Pertanto, i contribuenti che intendono aderire alla regolarizzazione non subiscono il raddoppio dei termini di accertamento e il conseguente peggioramento del trattamento sanzionatorio previsto, invece, per chi regolarizza capitali da Paesi in lista nera.
  Va ricordato che, ai sensi dell'articolo 1, le informazioni oggetto dello scambio sono quelle rilevanti per la determinazione, l'accertamento, l'applicazione e la riscossione delle imposte indicate al successivo articolo 3, che per l'Italia sono IRPEF, IRES, IRAP, IVA, imposta sulle successioni, sulle donazioni, sui premi assicurativi e sulle transazioni finanziarie, IVAFE e imposte sostitutive.Pag. 8
  All'articolo 2 invece si precisa che l'obbligo di fornire informazioni non sussiste qualora dette informazioni non siano detenute dalle autorità nazionali o siano in possesso o sotto il controllo di persone che non si trovino entro la giurisdizione territoriale della parte interpellata. È inoltre da sottolineare il rilievo dell'articolo 5, redatto secondo il modello del Tax Information Exchange Agreement, nel quale sono stabilite le modalità con cui le informazioni sono richieste da una delle due parti e fornite dall'altra. Si evidenzia, in particolare, il paragrafo 4 che prevede, tra l'altro, il superamento del segreto bancario, conformemente all'obiettivo primario della lotta all'evasione nonché agli standard dell'OCSE in materia. Nell'articolo 6 viene regolamentata la possibilità di una parte contraente di consentire che rappresentanti dell'autorità competente dell'altra parte contraente possano svolgere attività di verifica fiscale nel proprio territorio. Le disposizioni dell'articolo 7 indicano i casi in cui è ammesso il rifiuto di una richiesta di informazioni, ad esempio ove la divulgazione delle informazioni sia contraria all'ordine pubblico o possa consistere nella rivelazione di segreti commerciali, industriali o professionali.
  Segnalo che, nel corso dell'esame in Commissione, sono pervenuti i pareri favorevoli delle Commissioni affari costituzionali, giustizia, bilancio e finanze. Segnalo ancora che, unitamente all'Accordo e al Protocollo aggiuntivo, il Ministro Padoan e il Primo Ministro Hasler hanno firmato una dichiarazione congiunta di carattere politico con la quale i due Paesi confermano il reciproco impegno ad applicare lo scambio automatico di informazioni e si sono impegnati ad avviare i negoziati per una convenzione contro le doppie imposizioni. Auspico, quindi, una rapida conclusione dell'iter di ratifica. È un provvedimento importante per una maggiore giustizia fiscale e una più efficace lotta alla corruzione.

  PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire successivamente.
  Non essendovi iscritti a parlare, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali, avvertendo che non si darà luogo alle repliche.
  Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del disegno di legge: S. 1972 – Ratifica ed esecuzione dell'Accordo quadro globale di partenariato e cooperazione tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica socialista del Vietnam, dall'altra, fatto a Bruxelles il 27 giugno 2012 (Approvato dal Senato) (A.C. 3460) (ore 15,25).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 3460: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo quadro globale di partenariato e cooperazione tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica socialista del Vietnam, dall'altra, fatto a Bruxelles il 27 giugno 2012.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 3460)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire il relatore, onorevole Nicoletti.

  MICHELE NICOLETTI, Relatore. Grazie Presidente. L'Accordo quadro al nostro esame, ratificato dal Vietnam e da tutti gli Stati membri dell'Unione Europea, ad eccezione di Italia, Francia, Grecia e Unione europea stessa, è destinato, non solo a integrare il quadro giuridico di riferimento della cooperazione bilaterale, attualmente disciplinata dall'Accordo tra la Comunità economica europea e l'Associazione delle nazioni del sud-est asiatico, entrato in vigore nel 1980 ed esteso al Vietnam nel Pag. 91999, nonché dall'Accordo tra la Comunità europea e il Vietnam del 1995, ma prevede, altresì, una significativa componente politica, comprensiva di impegni vincolanti in materia di tutela dei diritti umani. La relazione introduttiva ricorda come quello del Vietnam sia il terzo accordo concluso dall'Unione europea con un Paese dell'Associazione delle nazioni del sud-est asiatico dopo quelli con Indonesia e Filippine. L'Accordo quadro si compone di 65 articoli organizzati in 8 Titoli. Il Titolo primo enumera una serie di valori fondamentali che le parti riconoscono e si impegnano a rispettare: salvaguardia dei diritti umani fondamentali, obiettivi internazionali di sviluppo, i valori della Carta delle Nazioni Unite e della Dichiarazione di Parigi del 2005 sull'efficacia degli aiuti allo sviluppo. Le finalità e gli ambiti della cooperazione vengono individuati dall'articolo 2, mentre gli articoli 3 e 4 riguardano la cooperazione tra le parti nell'ambito delle organizzazioni regionali e internazionali e la cooperazione bilaterale. Il Titolo secondo pone al centro cooperazione allo sviluppo, eliminazione della povertà, crescita economica sostenibile, rispetto dell'ambiente in previsione delle conseguenze dei cambiamenti climatici.
  Il Titolo terzo è dedicato alle questioni della pace e della sicurezza. In particolare, l'articolo 8 impegna le parti a cooperare nella lotta alla proliferazione delle armi di distruzione di massa, mentre con l'articolo 9 le parti si impegnano a contrastare i traffici di armi leggere. L'articolo 10 dispone in materia di cooperazione nella lotta al terrorismo, da svolgere conformemente alle convenzioni internazionali applicabili, compresi gli strumenti sui diritti umani e il diritto umanitario internazionale. L'articolo 11, infine, concerne la cooperazione giudiziaria con speciale attenzione al ruolo e all'attività della Corte penale internazionale. Il Titolo quarto, infine, riguarda la cooperazione in materia di commercio e investimenti. Le parti si impegnano a informarsi vicendevolmente sull'evoluzione delle politiche collegate al commercio ed è comunque previsto che la cooperazione in ambito commerciale venga ulteriormente disciplinata dall'Accordo di libero scambio tra l'Unione europea e il Vietnam in corso di negoziazione. Le parti si impegnano a sviluppare e diversificare gli scambi per il reciproco vantaggio e sarà cura delle stesse colmare il divario reciproco in materia di conformità e di standardizzazione. C’è anche un impegno in campo doganale volto a semplificare import ed export tramite le relative procedure. Verranno favoriti i flussi di investimento e i profili della tutela dei diritti di proprietà intellettuale. Di particolare interesse per il nostro Paese è il comma 2 dell'articolo 20, nel quale si conviene di intensificare la cooperazione con particolare attenzione alla tutela e alla registrazione delle indicazioni geografiche dell'altra parte contraente nei rispettivi territori. Il Titolo quinto concerne i diversi profili della cooperazione giudiziaria, a partire dalla lotta alla criminalità organizzata, anche di carattere finanziario, e alla lotta alla corruzione nella quale si darà luogo all'applicazione dei pertinenti strumenti delle Nazioni Unite. Vi sono poi le descrizioni dei numerosi settori di mutuo interesse e del quadro istituzionale relativo.
  Segnalo che nel corso dell'esame del provvedimento sono pervenuti i pareri favorevoli delle Commissioni affari costituzionali, giustizia, difesa, finanze, cultura, ambiente, trasporti, attività produttive, lavoro, agricoltura e politiche dell'Unione europea. Auspico, dunque, una rapida conclusione dell'iter parlamentare di ratifica di questo Accordo con il Vietnam con il quale il nostro Paese vanta una consolidata tradizione di relazioni e di contatti rinnovata dalle missioni del Premier Renzi nel giugno 2014 e del Presidente della Repubblica Mattarella nel novembre scorso.

  PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire successivamente.
  Non essendovi iscritti a parlare, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali, avvertendo che non si darà luogo alle repliche.
  Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Pag. 10

Discussione della relazione sulla contraffazione nel settore dell'olio di oliva, approvata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo (Doc. XXII-bis, n. 4) (ore 15,30).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della relazione sulla contraffazione nel settore dell'olio di oliva, approvata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo (Doc. XXII-bis, n. 4).
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
  Avverto, altresì, che le eventuali risoluzioni devono essere presentate entro il termine della discussione.

(Discussione – Doc. XXII-bis, n. 4)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione.
  Avverto che, con lettera datata 24 marzo 2016, il presidente della Commissione parlamentare d'inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo, deputato Mario Catania, ha comunicato di avere designato quale relatrice per l'Assemblea la vicepresidente della Commissione, deputata Mongiello, già relatrice in Commissione.
  Ha pertanto facoltà di intervenire l'onorevole Mongiello.

  COLOMBA MONGIELLO, Relatrice. Grazie Presidente. Signor Presidente, colleghi deputati, è un onore, oltre che un piacere, intervenire in quest'Aula per illustrare il lavoro svolto dalla Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione in relazione agli attacchi commerciali compiuti ai danni dell'olio d'oliva made in Italy; uno degli alimenti a fondamento della dieta mediterranea; uno dei prodotti che più e meglio identifica l'Italia nel resto del mondo; una delle testimonianze più affascinanti della nostra cultura millenaria agricola, sociale e politica. Il lavoro svolto con la collaborazione della magistratura, delle forze dell'ordine, delle associazioni di produttori agricoli e industriali, delle istituzioni centrali e territoriali ci ha consentito di essere qui oggi per trasmettere al Parlamento una serie di indicazioni e suggerimenti utili a migliorare concretamente e in modo partecipato l'ordinamento normativo che tutela e valorizza l'extravergine di oliva.
  È un prodotto che interessa direttamente e indirettamente 4-5 milioni di italiani (produttori, frantoiani, commercianti, braccianti, operai), che alimentano quella sapienza millenaria e sono costretti a contrastare pirati e criminali sempre più agguerriti, sofisticati, globalizzati, che sottraggono al sistema economico del nostro Paese decine di miliardi di euro, che mettono in crisi e in discussione perfino la nostra credibilità, anche istituzionale, presso i mercati e le istituzioni estere.
  Ecco perché il primo obiettivo da centrare è migliorare, innovandola, la rete dei controlli effettuati. Quelli a monte e a campione sul prodotto finito e imbottigliato si sono dimostrati inefficaci; ne servono di più e ne servono lungo l'intera catena produttiva, se vogliamo individuare e contrastare le frodi realizzate con l'uso di materie prime potenzialmente pericolose per la salute o di tecniche illecite per il confezionamento dell'olio extravergine. Un'iniziativa utile potrebbe essere l'individuazione e la validazione normativa di metodi capaci di certificare, su basi scientifiche, le caratteristiche organolettiche del prodotto e la sua origine geografica, così da garantire al cento per cento che sia italiano.
  Tutte le fasi della lavorazione devono essere attentamente monitorate, a partire dall'acquisizione delle partite di oli dall'estero. L'esperienza mostra che la trasformazione fraudolenta in extravergine di olio a basso costo proveniente da altri Paesi, come Spagna, Grecia, Tunisia, sia Pag. 11l'attività sistematica e organizzata di aziende che operano illecitamente e su vasta scala. Dobbiamo garantire la tracciabilità del trasporto dell'olio e la trasparenza della relativa documentazione, a partire dall'ingresso doganale e per tutte le fasi del trasporto interno. Abbiamo bisogno di potenziare il SIAN, integrandolo con tutte le fonti informative istituzionali nazionali e territoriali per le competenze nel settore agricolo, e impegnarci alla costituzione di un sistema analogo che valga per l'intera Unione europea. Dobbiamo favorire l'integrazione delle molte banche dati gestite separatamente dalle autorità di controllo, come già previsto dalla legge «salva olio» e non ancora realizzato. L'entrata in vigore del registro unico dei controlli e della vigilanza sulle produzioni agroalimentari vigilate – qui saluto il Viceministro Olivero –, la cui adozione è stata annunciata dal MIPAAF, può essere una svolta importante in direzione della razionale programmazione dei controlli.
  Oltre a migliorare l'esistente, bisogna saper innovare. L'approfondimento svolto dalla Commissione – io qui ringrazio tutti i membri che ne fanno parte, a cominciare dal presidente – ci fa ritenere che l'ambito del controllo sull'olio extravergine debba essere esteso a profili attualmente non monitorati; ad esempio, è opportuno introdurre forme di controllo delle rese degli uliveti fondate sulla realizzazione di una sorta di libro genealogico dell'ulivo, capace di evidenziare immediatamente sovrapproduzioni giustificabili esclusivamente con l'acquisto di materia prima di provenienza straniera o non prodotta localmente.
  Se vogliamo contrastare adeguatamente il fenomeno dell'olio di carta e la falsa fatturazione che lo alimenta, così come le inchieste dell'ultimo periodo dimostrano, possiamo rendere obbligatoria la classificazione e la registrazione del prodotto, arrivando anche a vietare la detenzione di extravergine nelle raffinerie di olio. I controlli amministrativi aiutano a prevenire il danno derivante dalla commercializzazione di extravergine taroccato, ma abbiamo bisogno anche di sanzionare adeguatamente chi commette reati assai offensivi della realtà economica, della libera concorrenza e dei diritti e della salute dei consumatori.
  Mi pare assodato che l'attuale assetto normativo in materia penale non sia soddisfacente, così come non lo sono le sanzioni previste. Su quest'ultimo fronte, ad esempio, emerge chiara l'esigenza di rendere effettiva l'interdizione dell'esercizio dell'attività imprenditoriale per chi commette reati di contraffazione e di frode previsti dall'articolo 15 della legge «salva l'olio». Di grande utilità potrebbe essere l'espressa dichiarazione del divieto di miscelazione dei processi di produzione dell'olio extravergine, rendendo applicabile l'articolo 515 del codice penale, che sanziona la frode in commercio.
  Altro punto importante, emerso durante i lavori della Commissione, è l'effettiva e puntuale applicazione delle norme sulla denominazione d'origine e sulla provenienza territoriale nazionale dell'olio extravergine. Ne abbiamo bisogno per contrastare adeguatamente l’italian sounding, peraltro, sapendo che tale prassi si consuma essenzialmente all'estero e in condizioni di assenza di tutela giuridica.
  Come ho già affermato nel corso della relazione e come sostenuto da gran parte degli auditi in Commissione, il primo e più semplice contributo che le istituzioni del settore possono dare alla lotta alla contraffazione è la piena applicazione della legge «salva olio». Questa, voluta dal Parlamento e approvata all'unanimità da entrambi i rami, contiene norme innovative tanto sul fronte della prevenzione (panel test, tappo anti rabbocco) che su quello della repressione (intercettazioni telefoniche, sanzioni amministrative e penali, restituzione dei contributi pubblici), così potenzialmente efficaci da essere prese a modello per la costruzione di un diritto penale agroalimentare. Sono tanto efficaci che la burocrazia ministeriale ed europea prova continuamente a frapporre ostacoli all'entrata in vigore della legge nella sua interezza; anche oggi, che siamo impegnati a discutere sull'opportunità o meno di depenalizzare alcune sanzioni, privandole Pag. 12della necessaria forza preventiva e repressiva, o sulla richiesta di cancellare la data di scadenza delle etichette, come se l'olio fosse un cosmetico e non un elemento deperibile. A due anni di distanza dalla sua approvazione, la legge «salva olio» è pienamente in grado di funzionare: basterebbe applicarla con maggiore compiutezza, a maggior ragione dopo aver approvato e finalmente reso operativo il Piano olivicolo nazionale.
  Parlamento, Governo e regioni hanno deciso di investire una quantità ingente di risorse finanziarie per incrementare la produzione olivicola e migliorare la sua commercializzazione. Garantire la legalità e tutelare le qualità sono le azioni strategiche per la buona riuscita di questa operazione.
  Io ringrazio tutti i colleghi per il lavoro che abbiamo svolto in Commissione: un lavoro corale, provato anche dall'unanimità della approvazione definitiva della relazione in Commissione. Invito tutti a riflettere sull'importanza sociale e politica dei temi che ci pone e ci impone la contraffazione alimentare. In quest'Aula abbiamo già approvato diverse relazioni. Devo dire che è stato un ottimo lavoro svolto, nella sua interezza, dalla Commissione, a maggior ragione considerando che proprio in Italia, grazie alla straordinaria esposizione universale svolta a Milano, per mesi si è discusso di schemi normativi più innovativi e adeguati a tutelare e a valorizzare la tipicità dei prodotti della terra, a costruire alleanze virtuose tra gli Stati, le autorità di controllo, le forze dell'ordine, la magistratura, gli organismi scientifici, ad analizzare gli effetti delle frodi alimentari, per articolare politiche adeguate a tutelare i produttori e i consumatori. Noi, su questo tema, ovviamente siamo impegnati a lavorare, nell'interezza della Commissione, e il nostro compito è stato quello di cogliere pienamente l'esito dello sforzo di elaborazione compiuto in questi mesi per affermare il valore della salubrità del cibo.
  Con queste parole ho concluso, Presidente. Ringrazio tutti i membri della Commissione, ringrazio il Viceministro Olivero e spero che l'Aula sappia valutare e valorizzare, anche con la risoluzione che abbiamo appena depositato, il lavoro enorme fatto dalla Commissione, che si articola in oltre cinquanta pagine, che abbiamo depositato. Spero che i colleghi possano apprezzare lo sforzo di questa Commissione e anche il grande valore e il grande apporto che abbiamo voluto rappresentare all'intera Aula, per lo sforzo normativo che vi è stato.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cariello. Ne ha facoltà.

Testo sostituito con errata corrige volante   FRANCESCO CARIELLO. Grazie, Presidente. La relazione sul fenomeno della contraffazione dell'olio è frutto di un lavoro corale, di gruppo, che il MoVimento 5 Stelle ha contribuito a realizzare con una partecipazione assidua e con un contributo determinante, sia nelle fasi di confronto con tutti gli auditi sia anche nella fase di redazione delle proposte conclusive. Il MoVimento 5 Stelle ha, infatti, votato favorevolmente per l'approvazione del testo prodotto dalla relatrice, che ringraziamo.
  Il MoVimento 5 Stelle ritiene anche, come tutta la Commissione d'inchiesta, che l'olio d'oliva sia un prodotto strategico per lo sviluppo del Paese e fondamentale per il rilancio del comparto agricolo, soprattutto per la biodiversità tipica delle colture presenti su tutto il nostro territorio nazionale, che sono il vero segno distintivo del made in Italy.
  La relazione fornisce tutti gli elementi chiave per comprendere sia le diverse tipologie di oli di oliva sia i dati di base della produzione e del commercio nel territorio italiano, le leggi principali riguardanti l'accertamento dell'origine e l'etichettatura, ma soprattutto i controlli per il riconoscimento degli oli extravergini.
  Sul testo approvato in Commissione il MoVimento 5 Stelle vuole segnalare alla Presidenza che è stata richiesta una riformulazione di un paragrafo, del primo capoverso di un paragrafo, al fine di precisare meglio la sua corretta interpretazione. Questa riformulazione non è stata materialmente possibile prima che la relazione Pag. 13fosse trasmessa alla Presidenza, ma, come possono confermare tutti i componenti della Commissione che hanno partecipato ai lavori, vi è stato un confronto costruttivo tra i gruppi in Commissione al fine di chiarire il senso da tutti inteso del paragrafo in questione.
  Le attuali tecniche di analisi, infatti, permettono di valutare il processo di invecchiamento dell'olio d'oliva tramite la valutazione appunto di un componente, i digliceridi, presenti nell'olio extravergine. Tale tecnica di analisi non implica un'introduzione di volumi artificiali, bensì viene eseguita solo in relazione ai digliceridi naturalmente presenti nell'olio. Chiedo alla Presidenza di poter formulare una proposta di modifica al testo pubblicato sul sito della Camera se i colleghi concorderanno nella riformulazione. Sono in atto dei confronti anche tra i vari gruppi parlamentari.
  Il cuore della relazione comunque è senz'altro costituito dalla disamina degli illeciti di maggiore rilevanza. Essi costituiscono il lavoro principale di indagine effettuato dalla Commissione con la collaborazione di tutti i soggetti auditi. Dato il tempo limitato a disposizione per la discussione sulle linee generali, evidenzierò gli aspetti che il MoVimento 5 Stelle ritiene maggiormente significativi, rimandando alla relazione per l'approfondimento puntuale di tutti i fenomeni rilevati. Le fattispecie rilevate sono riferibili a fenomeni che avvengono, ad esempio, all'origine della produzione, come nel caso del cosiddetto olio di carta, ossia quelle produzioni fittizie supportate da false fatturazioni del prodotto inesistente, sostituito da prodotto di importazione o da rese di molitura superiori a quelle effettive.
  Abbiamo approfondito anche il fenomeno dell'olio deodorato, un processo di lavaggio di oli di bassa qualità o frutto di olive in avanzato stato di conservazione. Questa pratica, seppur in grado di eliminare molti difetti rilevabili all'assaggio, non agisce sul contenuto chimico degli alchil esteri, che, quindi, quando presenti, costituiscono un indice di bassa qualità, soprattutto quando i valori superano il limite che, dal 2015 in poi, deve essere inferiore o uguale a 30 milligrammi al chilo.
  La criticità, a nostro avviso, più interessante emersa nel corso delle audizioni è legata al fenomeno della miscelazione, che avviene prevalentemente nell'ambito del commercio e dell'imbottigliamento. Premesso che la miscelazione non è sempre illecita, ci sono casi contemplati dalla normativa in cui la miscela costituisce pratica usuale quando effettuata utilizzando la stessa categoria merceologica, cioè tra oli vergini per esempio, e che può essere utilizzata anche per conferire particolari caratteristiche organolettiche al prodotto, sempre all'interno di categorie omogenee. Il dato rilevante, invece, che emerge dall'inchiesta in corso è che ci sono moltissimi casi in cui si miscelano oli extravergini con oli vergini o con oli deodorati, al fine di conferire al prodotto derivante le caratteristiche minime dell'olio extravergine e, quindi, venderlo come tale.
  Riteniamo di voler presentare una risoluzione in cui evidenzieremo quelli che sono gli aspetti preponderanti del nostro lavoro e del contributo che il MoVimento 5 Stelle ha apportato nella redazione di questa relazione. Naturalmente, come è ben noto, sono in atto comunque confronti affinché i due gruppi convoglino in un'unica risoluzione.
  I nostri punti, su cui vorremmo effettivamente porre l'attenzione, sono il fenomeno di particolare rilievo dato soprattutto alle miscele di oli extravergine di diversa provenienza geografica, che vengono imbottigliati in Italia da marchi tipicamente percepiti come italiani e poi rivenduti all'estero, evocando appunto l'origine italiana. Questa pratica è finalizzata a spuntare ricavi elevati tramite un costo della materia prima controllato tramite acquisti da aziende estere dello stesso gruppo.
  L'ipotesi di reato segnalata alla Commissione in questo caso proviene dall'ufficio intelligence dell'Agenzia delle dogane, che dichiara di aver individuato almeno quattro diversi focus di interesse per la Pag. 14Commissione: l'esistenza di relazioni aziendali italo-spagnole potenzialmente in grado di condizionare le dinamiche del mercato dell'olio...
  FRANCESCO CARIELLO. Grazie, Presidente. La relazione sul fenomeno della contraffazione dell'olio è frutto di un lavoro corale, di gruppo, che il MoVimento 5 Stelle ha contribuito a realizzare con una partecipazione assidua e con un contributo determinante, sia nelle fasi di confronto con tutti gli auditi sia anche nella fase di redazione delle proposte conclusive. Il MoVimento 5 Stelle ha, infatti, votato favorevolmente per l'approvazione del testo prodotto dalla relatrice, che ringraziamo.
  Il MoVimento 5 Stelle ritiene anche, come tutta la Commissione d'inchiesta, che l'olio d'oliva sia un prodotto strategico per lo sviluppo del Paese e fondamentale per il rilancio del comparto agricolo, soprattutto per la biodiversità tipica delle colture presenti su tutto il nostro territorio nazionale, che sono il vero segno distintivo del made in Italy.
  La relazione fornisce tutti gli elementi chiave per comprendere sia le diverse tipologie di oli di oliva sia i dati di base della produzione e del commercio nel territorio italiano, le leggi principali riguardanti l'accertamento dell'origine e l'etichettatura, ma soprattutto i controlli per il riconoscimento degli oli extravergini.
  Sul testo approvato in Commissione il MoVimento 5 Stelle vuole segnalare alla Presidenza che è stata richiesta una riformulazione del primo capoverso del paragrafo 7.1.3, al fine di precisare meglio la sua corretta interpretazione. Questa riformulazione non è stata materialmente possibile prima che la relazione Pag. 13fosse trasmessa alla Presidenza, ma, come possono confermare tutti i componenti della Commissione che hanno partecipato ai lavori, vi è stato un confronto costruttivo tra i gruppi in Commissione al fine di chiarire il senso da tutti inteso del paragrafo in questione.
  Le attuali tecniche di analisi, infatti, permettono di valutare il processo di invecchiamento dell'olio d'oliva tramite la valutazione appunto di un componente, i digliceridi, presenti nell'olio extravergine. Tale tecnica di analisi non implica un'introduzione di volumi artificiali, bensì viene eseguita solo in relazione ai digliceridi naturalmente presenti nell'olio. Chiedo alla Presidenza di poter formulare una proposta di modifica al testo pubblicato sul sito della Camera se i colleghi concorderanno nella riformulazione. Sono in atto dei confronti anche tra i vari gruppi parlamentari.
  Il cuore della relazione comunque è senz'altro costituito dalla disamina degli illeciti di maggiore rilevanza. Essi costituiscono il lavoro principale di indagine effettuato dalla Commissione con la collaborazione di tutti i soggetti auditi. Dato il tempo limitato a disposizione per la discussione sulle linee generali, evidenzierò gli aspetti che il MoVimento 5 Stelle ritiene maggiormente significativi, rimandando alla relazione per l'approfondimento puntuale di tutti i fenomeni rilevati. Le fattispecie rilevate sono riferibili a fenomeni che avvengono, ad esempio, all'origine della produzione, come nel caso del cosiddetto olio di carta, ossia quelle produzioni fittizie supportate da false fatturazioni del prodotto inesistente, sostituito da prodotto di importazione o da rese di molitura superiori a quelle effettive.
  Abbiamo approfondito anche il fenomeno dell'olio deodorato, un processo di lavaggio di oli di bassa qualità o frutto di olive in avanzato stato di conservazione. Questa pratica, seppur in grado di eliminare molti difetti rilevabili all'assaggio, non agisce sul contenuto chimico degli alchil esteri, che, quindi, quando presenti, costituiscono un indice di bassa qualità, soprattutto quando i valori superano il limite che, dal 2015 in poi, deve essere inferiore o uguale a 30 milligrammi al chilo.
  La criticità, a nostro avviso, più interessante emersa nel corso delle audizioni è legata al fenomeno della miscelazione, che avviene prevalentemente nell'ambito del commercio e dell'imbottigliamento. Premesso che la miscelazione non è sempre illecita, ci sono casi contemplati dalla normativa in cui la miscela costituisce pratica usuale quando effettuata utilizzando la stessa categoria merceologica, cioè tra oli vergini per esempio, e che può essere utilizzata anche per conferire particolari caratteristiche organolettiche al prodotto, sempre all'interno di categorie omogenee. Il dato rilevante, invece, che emerge dall'inchiesta in corso è che ci sono moltissimi casi in cui si miscelano oli extravergini con oli vergini o con oli deodorati, al fine di conferire al prodotto derivante le caratteristiche minime dell'olio extravergine e, quindi, venderlo come tale.
  Riteniamo di voler presentare una risoluzione in cui evidenzieremo quelli che sono gli aspetti preponderanti del nostro lavoro e del contributo che il MoVimento 5 Stelle ha apportato nella redazione di questa relazione. Naturalmente, come è ben noto, sono in atto comunque confronti affinché i due gruppi convoglino in un'unica risoluzione.
  I nostri punti, su cui vorremmo effettivamente porre l'attenzione, sono il fenomeno di particolare rilievo dato soprattutto alle miscele di oli extravergine di diversa provenienza geografica, che vengono imbottigliati in Italia da marchi tipicamente percepiti come italiani e poi rivenduti all'estero, evocando appunto l'origine italiana. Questa pratica è finalizzata a spuntare ricavi elevati tramite un costo della materia prima controllato tramite acquisti da aziende estere dello stesso gruppo.
  L'ipotesi di reato segnalata alla Commissione in questo caso proviene dall'ufficio intelligence dell'Agenzia delle dogane, che dichiara di aver individuato almeno quattro diversi focus di interesse per la Pag. 14Commissione: l'esistenza di relazioni aziendali italo-spagnole potenzialmente in grado di condizionare le dinamiche del mercato dell'olio...

  PRESIDENTE. Deve concludere. Ha finito il tempo.

  FRANCESCO CARIELLO. ... con connessioni fiscali e tributarie; l'analisi critica della deterrenza offerta dall'articolo 515 del codice penale; come sta funzionando questo dispositivo al contrasto alle frodi. Ribadiamo la necessità di confrontarsi su questi elementi, che riteniamo fondamentali al fine di raggiungere l'intesa di un'unica risoluzione.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Catania. Ne ha facoltà.

  MARIO CATANIA. Grazie, Presidente. Solo brevemente, poiché mi riservo più tempo nell'intervento in dichiarazione di voto, per ricordare i motivi che ci hanno portato come Commissione d'inchiesta ad individuare in questo prodotto l'oggetto di un'analisi più specifica.
  L'olio d'oliva è infatti, da un lato, uno dei simboli del made in Italy, uno dei fiori all'occhiello dell'agroalimentare italiano ma, dall'altro, è anche il fulcro e il bersaglio di una serie di criticità, che impediscono ai produttori italiani di ottenere una remunerazione adeguata. Quindi, da un lato, abbiamo un prodotto simbolo, ma, dall'altro, abbiamo anche una crisi di settore che da anni attanaglia l'olivicoltura italiana.
  In questo senso un'analisi, come quella da noi condotta, su tutti i riflessi che riguardano la contraffazione dell'olio d'oliva e le possibili reazioni di tipo normativo a riguardo, ma anche di una politica di settore diversa, è particolarmente apprezzabile e, in questo senso, ringrazio in primis la relatrice, che ha svolto un lavoro importante, ma poi anche tutti i membri della Commissione, che hanno largamente contribuito al testo che abbiamo oggi qui in aula. Ringraziandovi e ringraziando lei, Presidente concludo qui il mio intervento.

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione.

(Annunzio di risoluzioni – Doc. XXII-bis n. 4)

  PRESIDENTE. Avverto che sono state presentate le risoluzioni Mongiello e Catania n. 6-00228, Ciracì ed altri n. 6-00229 e Cariello ed altri n. 6-00230, che sono in distribuzione (Vedi l'allegato ADoc. XXII-bis, n. 4).
  Avverto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire in altra seduta anche per esprimere il parere sulle risoluzioni presentate.
  Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della proposta di legge: Mariani ed altri: Princìpi per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque (A.C. 2212-A) (ore 15,50).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge n. 2212-A: Mariani ed altri: Princìpi per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque.
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 23 marzo 2016.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 2212-A)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
  Avverto, altresì, che la VIII Commissione (Ambiente) si intende autorizzata a riferire oralmente.Pag. 15
  Ha facoltà di intervenire il relatore per la maggioranza, deputato Massimiliano Manfredi.

  MASSIMILIANO MANFREDI, Relatore per la maggioranza. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, l'Assemblea avvia oggi l'esame della proposta di legge recante: Principi per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque e disposizioni per la ripubblicizzazione del servizio idrico nonché delega al Governo per l'adozione di tributi destinati al suo finanziamento.
  Segnalo preliminarmente che, a seguito delle modifiche apportate al provvedimento nel corso dell'esame in sede referente e nell'ambito della complessiva riforma della governance del servizio idrico, è stata effettuata una modifica del titolo della proposta di legge in esame divenuto quindi: Principi per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque.
  Tale proposta di legge persegue lo scopo, come previsto dall'articolo 1, di determinare i principi con cui deve essere utilizzato, gestito e governato il patrimonio idrico nazionale nonché di favorire la definizione di un governo pubblico e partecipativo del ciclo integrato dell'acqua in grado di garantirne un uso sostenibile e solidale.
  L'articolo 2 del provvedimento, nell'individuare i principi generali di gestione e di governo del patrimonio idrico nazionale, dopo aver definito l'acqua come bene naturale e un diritto umano universale, al comma 1 qualifica il diritto all'acqua potabile di qualità nonché ai servizi igienico-sanitari come diritto umano essenziale al pieno godimento della vita e di tutti i diritti umani, come sancito dalla risoluzione dell'ONU del 26 luglio del 2010. Il comma 2 prevede che l'acqua è un bene comune, una risorsa rinnovabile e che tutte le acque superficiali e sotterranee sono pubbliche e non mercificabili e costituiscono una risorsa che è salvaguardata e utilizzata secondo i criteri di solidarietà e, a seguito di una modifica introdotta dalla Commissione, secondo criteri di efficienza, di responsabilità e sostenibilità.
  Il comma 3, modificato nel corso dell'esame in sede referente, stabilisce che l'erogazione giornaliera per l'alimentazione e l'igiene umana è considerata diritto umano universale e si basa sul quantitativo minimo vitale previsto dal successivo articolo 7.
  Il comma 4, inoltre, introduce alcune modifiche all'articolo 144 del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152 e successive modificazioni, cosiddetto codice ambientale, al fine di prevedere che tutte le acque superficiali e sotterranee nonché non estratte dal sottosuolo sono pubbliche. L'uso dell'acqua per il consumo umano è prioritario rispetto agli altri usi del medesimo corpo idrico, superficiale o sotterraneo.
  Ad eccezione di tale uso, l'uso dell'acqua per l'agricoltura e per l'alimentazione animale è prioritario rispetto agli altri usi. Per usi diversi da quello per il consumo umano e per l'agricoltura e l'alimentazione, è favorito l'impiego di acque di recupero, in particolare di quella derivante dai processi di depurazione delle acque piovane e di trattamento di acque di prima pioggia.
  L'articolo 3, modificato nel corso dell'esame in sede referente, reca i principi relativi alla tutela e alla parificazione, prevedendo che i distretti idrografici costituiscono la dimensione ottimale di governo, di tutela e di pianificazione delle acque, e che l'organizzazione del servizio idrico integrato sia affidata agli enti di governo di ambiti territoriali ottimali, i quali sono individuati dalle regioni sulla base della normativa vigente. Qualora l'ambito territoriale ottimale non coincida con l'intero territorio regionale, ove si renda necessario, al fine di conseguire una maggiore efficienza gestionale ed una migliore qualità del servizio all'utenza, è consentito l'affidamento del servizio idrico integrato in ambiti territoriali, comunque definiti, secondo i principi di cui al comma 2 dell'articolo 147 del cosiddetto codice dell'ambiente: il principio dell'unità di bacino idrografico o del sub-bacino o di bacini idrografici contigui, dell'unicità della gestione e dell'adeguatezza delle dimensioni Pag. 16gestionali definite sulla base di parametri fisici, demografici e tecnici.
  Il comma 4 delega il Governo ad adottare entro il 31 dicembre 2016 un decreto legislativo contenente disposizioni per il rilascio e il rinnovo delle concessioni di prelievo di acque, ivi incluse le fattispecie riguardanti il trasferimento del ramo di azienda, nel rispetto dei principi e dei criteri direttivi di cui all'articolo 1, comma 1, lettera hhh) della legge 28 gennaio 2016, n. 211, meglio conosciuta come codice degli appalti. Il citato decreto legislativo prevede, tra l'altro, l'obbligo per le regioni e le province autonome di provvedere entro un termine congruo, prima dello scadere di una concessione di grande derivazione d'acqua per uso idroelettrico, nonché in ogni caso di cessazione anticipata della medesima, previa valutazione dell'eventuale sussistenza di un prevalente interesse pubblico ad un diverso uso delle acque, ad indire una gara ad evidenza pubblica nel rispetto dei principi fondamentali di tutela della concorrenza e di libertà di stabilimento, di trasparenza, non discriminazione, assenza di conflitto di interessi, per l'attribuzione a titolo oneroso della concessione per un periodo congruo, fissato nell'ambito di un minimo e di un massimo stabilito dal decreto medesimo.
  Il decreto legislativo definisce altresì i criteri cui dovranno attenersi le regioni e le province autonome nell'attribuzione della concessione del periodo precedente, nonché nella determinazione della sua durata, includendo comunque tra i medesimi la considerazione degli interventi ritenuti necessari, avendo riguardo all'offerta di miglioramento e risanamento ambientale del bacino idrografico e di pertinenza, nonché alla compensazione ambientale per gli enti locali interessati.
  Il successivo comma 5 prevede che l'autorità di distretto realizzi e aggiorni almeno semestralmente un database geografico, con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, che censisce, caratterizza e localizza i punti di prelievo dell'acqua, gli scarichi e gli impianti di depurazione pubblici e privati esistenti.
  L'articolo 4, modificato nel corso dell'esame in sede referente, detta alcuni principi in materia di gestione del servizio idrico, qualificato come servizio pubblico locale di interesse economico generale assicurato alla collettività, in considerazione dell'importanza dell'acqua quale bene pubblico di valore fondamentale per i cittadini, e tenendo conto dell'esigenza di tutelare il pubblico interesse allo svolgimento di un servizio essenziale in situazione di monopolio naturale; e tenuto conto dell'articolo 12 della direttiva n. 23 della Comunità europea 2014, e del Parlamento europeo e del Consiglio europeo del 26 febbraio 2014 sull'aggiudicazione dei contratti di concessione, che ha disposto esclusioni specifiche nel settore idrico dall'ambito di applicazione delle direttive medesime, nonché dell'articolo 1 della direttiva n. 25 del 2014 del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014, che fa salva la libertà per gli Stati membri di definire quali siano i servizi di interesse economico generale.
  Il comma 2 ribadisce che l'affidamento del servizio idrico integrato è disciplinato dall'articolo 149-bis del cosiddetto codice dell'ambiente, che regola le modalità per l'affidamento del servizio nella normativa vigente. A tale scopo, a tale articolo il comma 3 apporta due modificazioni, volte a disporre in via prioritaria l'affidamento diretto in favore di società interamente pubbliche in possesso dei requisiti prescritti dall'ordinamento europeo per la gestione in house, comunque partecipate da tutti gli enti locali ricadenti nell'ambito territoriale ottimale; e a prevedere che l'ente di governo d'ambito verifichi periodicamente l'attuazione del piano d'ambito, nonché almeno ventiquattro mesi prima della scadenza della gestione d'ambito, l'attività svolta dal gestore del servizio, previo svolgimento sul sito web istituzionale di apposita consultazione pubblica per la durata di trenta giorni.
  L'articolo 5, al quale sono state apportate rilevanti modifiche nel corso dell'esame Pag. 17in sede referente, contiene disposizioni volte a disciplinare il governo pubblico del ciclo naturale ed integrato dell'acqua. Esso prevede che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare esercita il controllo sul rispetto della disciplina vigente in materia di tutela delle risorse idriche e della salvaguardia ambientale; l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico esercita le funzioni di regolamentazione e controllo dei servizi idrici ad essa trasferite e assicura la costituzione di una banca dati sul servizio idrico integrato, i cui dati sono resi pubblici e fruibili alla collettività, in linea con la strategia nazionale di open government e open data.
  Nel corso dell'esame in sede referente sono stati quindi soppressi l'articolo 6 del testo originario del provvedimento, che recava norme per la ripubblicizzazione della gestione del servizio idrico integrato, sulla decadenza delle forme di gestione nonché alcune norme transitorie; e l'articolo 7 del testo originario dello stesso provvedimento, istitutivo del Fondo nazionale per la ripubblicizzazione del servizio idrico.
  L'attuale articolo 6 del provvedimento, che è l'ex articolo 8, come modificato nel corso dell'esame in sede referente, contiene norme relative al finanziamento del servizio idrico integrato: in particolare, si prevede che quest'ultimo sia finanziato dalla tariffa del servizio idrico integrato, prevista dall'articolo 154 del codice dell'ambiente, nonché dalle risorse nazionali, comprese quelle del Fondo destinato al finanziamento degli interventi relativi alle risorse idriche previsto dall'articolo 7, comma 6, del decreto-legge cosiddetto «sblocca Italia»; e dalle risorse europee appositamente destinate agli enti di governo d'ambito per la realizzazione delle opere necessarie ad assicurare i livelli essenziali del servizio idrico integrato su tutto il territorio nazionale.
  Le citate risorse nazionali e comunitarie sono destinate prioritariamente al finanziamento di nuove opere per l'adeguamento dei sistemi di collettamento, fognatura e depurazione delle reti idriche finalizzate al superamento della procedura di infrazione o dei provvedimenti di condanna della Corte di giustizia dell'Unione europea in ordine all'applicazione delle direttive sul trattamento delle acque reflue. Il citato Fondo, destinato al finanziamento degli interventi relativi alle risorse idriche, unitamente al Fondo di garanzia delle opere idriche, concorre al finanziamento delle infrastrutture previste nel piano degli interventi elaborato dall'ente di governo dell'ambito.
  Si prevede poi che i finanziamenti della Cassa depositi e prestiti, volti a finanziare investimenti in materia ambientale, sono destinati in via prioritaria per gli interventi sulla rete del servizio idrico integrato alle società interamente pubbliche in possesso dei requisiti prescritti dall'ordinamento europeo per la gestione in house, comunque partecipate dagli enti locali ricadenti nell'ambito territoriale ottimale di cui all'articolo 149-bis del decreto legislativo del 3 aprile 2006, n. 152.
  Viene poi sostituito l'articolo 136 del codice dell'ambiente, prevedendo che le somme derivanti dai proventi delle sanzioni amministrative previste dalla parte terza del codice ambientale, recante norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione, di tutela delle acque dall'inquinamento e di gestione delle risorse idriche, sono versate all'entrata del bilancio dello Stato e riassegnate alla dotazione del Fondo destinato al finanziamento degli interventi relativi alle risorse idriche, di cui al richiamato articolo 7 del decreto-legge n. 133 del 2014.
  L'attuale articolo 7 del provvedimento, che detta norme su diritto d'acqua, morosità incolpevole e risparmio idrico, sostituisce integralmente l'articolo 9 del testo originario del provvedimento, dedicato al finanziamento del servizio idrico integrato attraverso la tariffa. Il comma 1, in particolare, prevede che è assicurata, quale diritto fondamentale di ciascun individuo, l'erogazione gratuita di un quantitativo minimo vitale d'acqua necessario al soddisfacimento dei bisogni essenziali, che dev'essere garantita anche in caso di morosità, individuato fino ad un massimo di Pag. 1850 litri giornalieri per persona, tenendo conto dei valori storici di consumo e di dotazione pro capite, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri adottato su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sentita l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, previa intesa in sede di Conferenza unificata con il parere delle Commissioni parlamentari competenti in materia.
  L'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico assicura che la tariffa garantisca un adeguato recupero dei costi del servizio, per mezzo dell'applicazione del criterio di progressività e dell'incentivazione al risparmio della risorsa idrica, a partire dal consumo eccedente il quantitativo minimo vitale giornaliero nella determinazione del corrispettivo medesimo.
  Il comma 2 stabilisce inoltre che, ferma restando l'erogazione gratuita del quantitativo minimo vitale, l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico stabilisce i criteri e le modalità di individuazione dei soggetti a cui i gestori non possono sospendere l'erogazione dell'acqua per morosità, sulla base dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE).
  Ai sensi del comma 3, poi, le regioni, entro il 30 giugno di ciascun anno, inviano all'Autorità per l'energia, il gas e il sistema idrico e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare una relazione sullo stato dell'attuazione dell'articolo 146, comma 1, lettera f), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, in merito all'installazione dei contatori per il consumo d'acqua di ogni singola unità abitativa, nonché dei contatori differenziati per le attività produttive e del settore terziario esercitato nel contesto urbano.
  I successivi articoli 8, 9 e 10 sono stati introdotti nel corso dell'esame in sede referente. In particolare, l'articolo 8, novellando l'articolo 9 del decreto legislativo n. 102 del 2014, detta norme in materia di misurazione e fatturazione dei consumi energetici, idrici e del gas, prevedendo che l'Authority per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico individui una misura per favorire la diffusione della telelettura in modalità condivisa, da effettuare attraverso la rete elettrica mediante l'utilizzo delle migliori tecnologie disponibili, al fine di favorire il controllo dei consumi e la verifica del diritto all'erogazione del quantitativo minimo vitale d'acqua.
   L'articolo 9 reca norme per incentivare gli esercizi commerciali al ricorso ad acqua potabile a favore dei clienti, stabilendo che i comuni, nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili, a legislazione vigente, incentivano gli esercizi commerciali, in possesso di regolare licenza per la somministrazione al pubblico di alimenti e bevande presenti sul territorio, a servire ai clienti l'acqua potabile che fuoriesce dai rubinetti, utilizzata per il consumo umano.
  L'articolo 10 reca norme in materia di trasparenza della bolletta del servizio idrico integrato, prevedendo che, a integrazione delle informazioni già contenute nei documenti di fatturazione del servizio idrico integrato, a partire dal 2017, è fatto obbligo a tutti i gestori del servizio idrico integrato di comunicare a ciascun utente, nella prima bolletta utile, i dati dell'anno precedente, risultanti dal bilancio consuntivo dei gestori, relativi agli investimenti realizzati sulle reti in questione nei settori dell'acquedotto, della fognatura e della depurazione, unitamente alle spese relative, nonché ai dati relativi al livello di copertura dei settori citati.
   Ai sensi del successivo comma 2, con delibera dell'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, sono definite le modalità di attuazione di tale obbligo e dell'evidenziazione in bolletta delle informazioni concernenti i parametri di qualità dell'acqua e la percentuale media complessiva delle perdite idriche nelle reti a cui le cessioni fanno riferimento.
  L'articolo 11 del provvedimento, ex articolo 10, modificato nel corso dell'esame in sede referente, detta norme in materia di governo partecipativo del servizio idrico integrato, prevedendo che, al fine di favorire la partecipazione democratica, lo Pag. 19Stato e gli enti locali garantiscono, nella redazione degli strumenti di pianificazione, massima trasparenza e adeguati strumenti di coinvolgimento anche nel processo decisionale relativo alla pianificazione. Al comma 2, si precisa che, al fine di assicurare un governo democratico del servizio idrico integrato, gli enti locali adottano forme di democrazia partecipativa per le decisioni relative agli atti fondamentali di pianificazione e programmazione del servizio idrico integrato.
   Il successivo comma 3 reca disposizioni per la pubblicità della seduta dell'ente di governo dell'ATO, dei verbali delle sedute e delle deliberazioni assunte, nonché dei provvedimenti che prevedono gli impegni di spesa.
  Inoltre, tutti i soggetti gestori del servizio idrico integrato devono rendere pubbliche le informazioni e le analisi relative alla qualità delle acque ad uso umano, al monitoraggio delle infrastrutture idriche di competenza e alle performance di gestione aziendale raggiunte nell'anno solare.
  L'articolo 12 interviene sulla normativa contenuta nella legge n. 296 del 2006, al fine di prevedere l'istituzione, presso il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, del Fondo nazionale di solidarietà internazionale, da destinare a progetti di cooperazione in campo internazionale che promuovano l'accesso all'acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari, con particolare attenzione al sostegno e al coinvolgimento della cooperazione territoriale delle comunità locali dei Paesi partner, finanziato con un prelievo in tariffa di un centesimo di euro per metro cubo d'acqua erogata, e di aumentare da 0,5 a un centesimo il contributo per ogni bottiglia di acqua minerale o da tavola in materiale plastico venduta al pubblico.
  L'articolo 13 infine introduce una clausola di salvaguardia, stabilendo che le disposizioni di cui al provvedimento si applicano nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e Bolzano compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti e delle relative norme di attuazione.

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la relatrice di minoranza, onorevole Daga.

  FEDERICA DAGA, Relatrice di minoranza. La ringrazio, Presidente. La proposta di legge portata all'esame in Commissione referente rappresentava una versione aggiornata della proposta presentata nel 2007 dal forum italiano dei movimenti per l'acqua, che già aveva preso polvere nei cassetti della Camera insieme a 400.000 firme per ben due legislature. Il testo è stato ripresentato alla Camera attraverso l'intergruppo parlamentare per l'acqua-bene comune, proprio perché era stato riconosciuto alla legge popolare di essere l'unica risposta valida a quella che è stata la volontà popolare, espressa da 27 milioni di italiani nel 2011, o almeno per noi è stato così.
   La proposta di legge persegue la finalità di favorire la definizione di un governo pubblico partecipativo del ciclo integrato dell'acqua e garantirne un uso sostenibile e solidale nel quadro delle politiche complessive di tutela e gestione del territorio. Nei principi e criteri generali, il testo ha mantenuto i profili originari, sostanzialmente recepiti come modifiche all'articolo 144 del testo unico ambientale, e riferiti al riconoscimento del diritto all'acqua come diritto umano universale, al riconoscimento del quantitativo minimo vitale garantito dei 50 litri al giorno pro capite, dell'acqua come bene comune e come risorsa che deve essere gestita secondo criteri di solidarietà, di salvaguardia dei diritti delle generazioni future, di risparmio e rinnovo delle risorse, alla priorità dell'uso per il consumo umano, alla sostenibilità del prelievo della risorsa, mediante impiego di acqua di recupero per gli usi diversi. Tuttavia, se ci si addentra sul piano dei principi, che in modo più specifico presiedono alla tutela e alla pianificazione della risorsa idrica e alla gestione del servizio idrico integrato, risulta evidente lo scollamento rispetto alla proposta Pag. 20originaria. In particolare, sono venuti meno i principi relativi alla gestione dell'acqua, considerata inizialmente dalla legge popolare servizio pubblico locale privo di rilevanza economica, così come i criteri che imponevano che la gestione del servizio idrico integrato fosse sottratta al principio della libera concorrenza e realizzata senza finalità lucrative ma nel perseguimento delle finalità di carattere sociale e ambientale. Non è stato altresì riconosciuto il fondamentale principio dell'unitarietà della gestione del servizio idrico; con i nostri emendamenti sul concetto di unitarietà si intendeva superare la forzatura introdotta dallo «Sblocca Italia», dove, con l'intento di agevolare un processo aggregativo tra gestori, ridurne il numero e favorire un consolidamento del settore, si è di fatto sancito il riconoscimento del gestore unico. Eppure, la stessa Corte costituzionale aveva chiarito che il principio del superamento della frammentazione delle gestioni era da riferirsi alla circostanza che le due gestioni, la gestione delle reti e l'erogazione del servizio idrico integrato, non potessero essere separate, ma bensì potessero essere affidate entrambe a più soggetti coordinati e collegati fra loro; unicità significa gestione unica e gestore unico. La proposta di legge è stata snaturata non solo sul piano dei principi, ma in modo ancora più consistente nei suoi contenuti sostanziali. La disciplina sul rilascio e il rinnovo delle concessioni prelievo di acque è stata sostituita da una delega al Governo ad adottare, entro la fine di quest'anno, un decreto legislativo che ha una serie di disposizioni per il rilascio/rinnovo delle concessioni; in sostanza si parla dell'articolo 3, nel quale è stata inserita una parte, che parla di concessioni delle grandi derivazioni per uso idroelettrico nelle zone montane. Ma non è altro che una parte di testo che non riesce a passare nella legge dei piccoli comuni, perché osteggiata persino dal Governo, e ce la ritroviamo qui dentro.
   Questo testo quindi è stato solamente utilizzato dalla maggioranza per aggiustare le sue necessità che non riesce a concordare con il Governo. È stata radicalmente eliminata l'articolazione dei diversi livelli di pianificazione, l'Autorità di distretto per il Piano stralcio, i consigli di Bacino per i piani di bacino e la disciplina della governance del servizio idrico del ciclo dell'acqua nel relativo riparto di competenze; tutto per insistere a seguire la linea governativa che accentra nelle mani di pochi soggetti un potere economico finanziario basato sulle bollette, introito sicuro dato che parliamo di un monopolio naturale, quale è l'acqua.
   Viene inoltre soppresso l'articolo 6 che rappresentava il cuore della proposta di legge popolare, l'unica risposta al risultato referendario: la ripubblicizzazione della gestione del servizio idrico.
  Con un Fondo specifico si andavano a riacquisire le quote in mano ai privati, per poi passare al regime transitorio per l'attuazione della ripubblicizzazione che, in sostanza, consisteva nei processi di trasformazione societaria e aziendale in enti di diritto pubblico. Lo ha fatto «Napoli», che era una società per azioni a totale capitale del comune e, quindi, si può fare.
  Il processo di ripubblicizzazione è stato ridotto al mero riconoscimento di un criterio di priorità per l'affidamento in house a società per azioni in possesso dei requisiti prescritti dall'ordinamento europeo per la gestione in house, con la precisazione che la stessa gestione deve essere espressamente partecipata da tutti gli enti locali dell'ambito territoriale. Questo è il sistema di gestione di Torino, la SMAT SpA, che al momento si vede bussare alla porta da una multiutility che si sta prendendo tutto l'asse nord-ovest del Paese e il Ministero dello sviluppo economico ha espresso parere contrario su questa parte del provvedimento, sostenendo che non verrebbe in questo modo garantita la libera concorrenza.
  Ora per interamente pubblica qui si intende, comunque, una società per azioni a capitale pubblico, ma non si può dire che si tratti di una società pubblica, perché la ragione sociale ci riporta all'assoggettamento all'ordinamento di diritto privato, anche se lavora nell'ambito dei servizi pubblici, e in più nessuno garantisce Pag. 21che questo capitale sociale non venga prima o poi ceduto a mani private, come già succede per le quattro grandi multiutility che si stanno spartendo il territorio italiano, insinuandosi in pezzi di capitale sociale di altre aziende di gestione del servizio idrico.
  Mi permetto di dire che lo «Sblocca Italia», la legge di stabilità 2015 e altre non permettono agli enti locali la scelta autonoma della forma di gestione per i servizi pubblici locali, ma sono condizionati dalle norme ad andare verso la privatizzazione di questi. Nel testo approvato dalla Commissione si rinvia alla tariffa di cui all'articolo 154 del testo unico ambientale, al Fondo destinato al finanziamento degli interventi relativi alle risorse idriche introdotto dallo «Sblocca Italia», da alimentare mediante la revoca delle risorse stanziate dal CIPE, il quale, tuttavia, risulta ancora in attivo, in quanto non sarebbero state assegnate le risorse revocate in entrata del bilancio dello Stato. Lo ha ammesso anche il Governo, rispondendo a due mie interrogazioni e approvando un ordine del giorno per la sua iscrizione in bilancio lo scorso luglio 2015. Tuttavia, il Fondo non ha ancora visto luce, per quanto ne sappiamo.
  Risulta modificato poi anche l'articolo 9, per quanto riguarda la questione della modalità e la limitazione della fornitura idrica in caso di morosità incolpevole, e si va a riferire tutto quanto sulla tariffa utilizzando anche l'ISEE. Però, noi sappiamo che sia con lo «sblocca Italia» sia con il collegato ambientale è tutto quanto sotto il controllo dell'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico.
  Il testo si completava anche togliendo le competenze alla AEEGSI in ordine alla definizione della tariffa e al controllo della gestione dell'acqua. Si riporta tutto in capo al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, però non si è parlato di questo perché se si parla di mercificazione dell'acqua. Dunque, qual è il migliore ente da adottare se non quello pagato con una quota degli introiti delle aziende di gestione, cioè con le nostre bollette ? In sostanza, il testo approvato in Commissione ci fa capire che la maggioranza di fatto ha reso palese l'intenzione di non riconoscere il processo di ripubblicizzazione dell'acqua proposto dai movimenti per l'acqua e confermato dal risultato referendario. Meno male che alla fine è stato anche cambiato il titolo del provvedimento, ma ritengo ancora che le parole «gestione pubblica» non siano comunque corrispondenti alla realtà che ci si presenterà nel prossimo futuro immediato.
  Tuttavia, la maggioranza non ha fatto i conti col Governo. Ho questa sensazione perché è appena uscito – e l'abbiamo potuto leggere tutti quanti – il testo unico sui servizi pubblici locali, il decreto legislativo dal «ddl Madia», che dà delle indicazioni precise su come devono essere gestiti i servizi pubblici locali, appunto tra i quali l'acqua, indicato nel testo come un servizio a rete. Il testo si prefigge questi obiettivi: l'obbligo di gestione dei servizi pubblici locali a rete attraverso società per azioni (articolo 7, comma 1); l'obbligo, laddove la società per azioni sia a totale capitale pubblico, di rendere conto delle ragioni del mancato ricorso al mercato (articolo 7, comma 3); di presentare un piano economico-finanziario relativo a tutta la durata dell'affidamento sottoscritto da un istituto di credito (articolo 7, comma 4); di acquisire il parere dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato e, perché sia chiaro a tutti come l'anomalia referendaria vada definitivamente consegnata agli archivi, ecco ricomparire, dopo anni in cui si era tentato di nasconderla dietro la dicitura «oneri finanziari», l'adeguatezza della remunerazione del capitale investito all'interno della tariffa nell'esatta dicitura che 27 milioni di cittadini avevano democraticamente abrogato con un referendum.
  Il totale disprezzo della volontà popolare e della democrazia non poteva essere meglio esternato. Dunque, in Commissione abbiamo deciso di ritirare tutte le firme dal nuovo testo e tutti gli emendamenti che ancora non erano stati discussi. Questo perché riteniamo che il rispetto della volontà popolare sia sacro e noi ci chiediamo quali interessi dobbiamo perseguire Pag. 22qui dentro se non quelli dei cittadini. La democrazia rappresentativa ha fallito, il suo mandato non esiste più, perché non rappresenta le istanze dei cittadini ma quelle delle lobby affaristiche, dei poteri economico-finanziari, e il Parlamento tornerà ad avere reale legittimità democratica solo quando rispetterà la volontà popolare espressa con quel referendum. Cosa sta succedendo adesso e cosa accadrà nel prossimo futuro ? In questo momento vediamo come quattro grandi aziende multiutility si stiano accaparrano tutto il settore idrico e fanno anche fornitura di energia elettrica e raccolta e smaltimento rifiuti. Sono anche quotate in borsa, fanno utili per gli azionisti e i comuni, sindaci e cittadini, non contano praticamente nulla nelle scelte aziendali.
  Si sta facendo anche il quinto player nazionale – così vengono chiamate queste multiutility – e già è stata fatta un’avance da capitali albanesi per la sua ulteriore privatizzazione. Parliamo di Acea, Hera, Iren, A2A e Acquedotto Pugliese SpA.
  Ora, si è fatto tanto parlare in questi giorni di questo provvedimento e di quelle che possono essere le conseguenze nel ripubblicizzare effettivamente il servizio idrico, ma io dico che la maggioranza dovrà vedersela con quelli che sono i custodi del risultato referendario e non certo con il MoVimento 5 Stelle, come stanno cercando di fare vari articoli di giornale degli ultimi giorni. Se la devono vedere con quelle persone che hanno promosso la legge popolare e i referendum del 2011, persone che la maggioranza non ha ritenuto di considerare interlocutori per discutere le modifiche alla loro proposta di legge effettuate in Commissione. Si tratta di comitati locali che continueranno a lottare per il diritto all'accesso all'acqua per tutto e tutti, custodi di un risultato referendario che non è interpretabile a proprio piacimento. C’è un percorso che va seguito, una logica, delle parole, dei concetti, un contesto reale che si tocca con mano tutti i giorni con i distacchi indiscriminati e un contesto di vera democrazia.

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza, onorevole Rondini, che però non è presente in Aula e, quindi, s'intende che vi abbia rinunciato.
  Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire successivamente.
  È iscritto a parlare l'onorevole Mazzoli. Ne ha facoltà.

  ALESSANDRO MAZZOLI. Grazie, signor Presidente. Signora sottosegretario, onorevoli colleghi, la discussione che si apre oggi in Aula riveste un'importanza straordinaria perché riguarda uno degli argomenti più significativi per la vita dei cittadini e chiama direttamente in causa il grado di civiltà del Paese.
  La tutela e la valorizzazione delle risorse idriche e la loro gestione, secondo criteri di sostenibilità, efficienza, economicità e solidarietà, sono elementi che indicano il livello di maturità di una nazione e la sua capacità di corrispondere ai propri cittadini in termini di servizi appropriati, cioè in grado di preservare l'integrità e la qualità della risorsa idrica nel presente e per il futuro.
  Tutti sappiamo bene come l'acqua non sia una risorsa infinita e che nel mondo ci sono circa 750 milioni di persone non hanno accesso all'acqua potabile. Se poi si considera che, sebbene la terra sia composta da quasi un miliardo e mezzo di chilometri cubi d'acqua, solo il 2,5 per cento di essi è acqua dolce e meno dell'1 per cento può essere utilizzata dall'uomo come acqua potabile, si comprende facilmente come la risorsa idrica sia un bene limitato, che necessita di un uso razionale e responsabile. In questo senso, l'acqua non è soltanto una risorsa fondamentale, ma è, senza ombra di dubbio, un bene comune.
  Il Parlamento italiano interviene in materia di governo e gestione delle risorse idriche a distanza di 22 anni dall'approvazione della «legge Galli», la legge n. 36 del 5 gennaio 1994. La «legge Galli» fu concepita per riformare il comparto e consentire all'Italia di superare limiti e ritardi che riguardavano l'eccesso di frammentazione Pag. 23e disomogeneità nelle gestioni e l'assenza di una politica degli investimenti sulla rete che muovesse da una visione d'insieme dei problemi, delle criticità e delle esigenze. Basti considerare che nel nostro Paese la dispersione idrica è intorno al 35 per cento, che in termini assoluti vuol dire che oltre 3 miliardi di metri cubi di acqua, immessi ogni anno nella rete idrica nazionale, finiscono chissà dove.
  Dunque, dal 1994 prese avvio un processo che puntava a governare il ciclo industriale del servizio idrico, spingendo i comuni ad associarsi all'interno degli ambiti territoriali ottimali per realizzare forme di gestione unitaria e integrata. A distanza di oltre vent'anni, la riforma avviata con la «legge Galli» non ci consegna un processo compiuto, tutt'altro. Ci consegna luci ed ombre, pregi e difetti della strada intrapresa, pregi e difetti che investono, da un lato, le forme di gestione scelte dai singoli ambiti. A prescindere, infatti, dalla loro tipologia – gestioni pubbliche, pubblico-private o private – hanno pesato, per ciascuna di esse, la qualità delle gestioni, le professionalità investite, la forza dei soggetti gestori di andare oltre l'ordinario per affrontare la vera urgenza della rete idrica italiana, che sono gli investimenti per la modernizzazione delle infrastrutture. Ma i pregi e i difetti hanno riguardato anche il grado di consapevolezza delle comunità locali, il livello di coesione e di condivisione delle scelte, la capacità di superare quei fenomeni di localismo e di campanilismo che hanno impedito e impediscono di realizzare processi credibili di area vasta e anche questo al prezzo di procedure di infrazione da parte dell'Unione europea.
  Lo scorso 1o marzo 2016, in occasione di un'audizione presso la Commissione ambiente, proprio sullo stato e sulle conseguenze delle procedure di infrazione dell'Unione europea in materia ambientale, il Ministro Galletti ha evidenziato esattamente questi limiti, che sono già oggetto di procedure di infrazione da parte dell'Unione europea. La piena attuazione del servizio idrico integrato è, infatti, condizione indispensabile per rafforzare la governance complessiva delle risorse idriche in un'ottica di gestione integrata; migliorare la gestione del servizio idrico integrato delle acque secondo i principi di efficienza, efficacia ed economicità; migliorare la ricognizione delle infrastrutture esistenti, nonché la pianificazione, la progettazione e la conseguente realizzazione degli interventi; dare attuazione alle disposizioni e agli indirizzi comunitari e nazionali in materia di politiche tariffarie, al fine di generare introiti finanziari da destinare prioritariamente alla realizzazione degli interventi di depurazione e fognatura; accelerare la realizzazione degli interventi in materia di raccolta e depurazione delle acque reflue, anche al fine, appunto, di superare i contenziosi comunitari.
  Ora, è proprio la mancata piena attuazione del servizio idrico integrato in molte regioni interessate dal contenzioso europeo che ha messo in evidenza le difficoltà delle amministrazioni locali nell'adeguare la dotazione infrastrutturale. In particolare, si è manifestata l'incapacità progettuale, finanziaria e di spesa nella realizzazione degli interventi fognari e depurativi necessari all'adeguamento alla normativa europea di settore.
  Ad oggi, il Governo ha diffidato le regioni Calabria, Campania, Molise e Sicilia ad adempiere all'individuazione dell'ente di governo d'ambito e le regioni Abruzzo e Basilicata a provvedere alla piena ed efficace costituzione dei rispettivi enti di governo d'ambito, in quanto, sebbene identificati da diversi anni, non sono ancora operativi.
  Questo insieme di problemi che costituiscono il bilancio critico e difficile degli ultimi vent'anni, sono alla base della necessità di un nuovo intervento normativo in grado di orientare e completare un'opera di riforma del settore, tenendo presente, innanzitutto, la forte sensibilità dei cittadini intorno alla tematica dell'acqua, che richiama tutti all'assunzione di responsabilità per elaborare e proporre soluzioni Pag. 24funzionali, senza cercare scorciatoie che finirebbero per aumentare i problemi aperti piuttosto che ridurli.
  Non c’è dubbio, infatti, che dietro il risultato del referendum del giugno 2011 c’è fondamentalmente la grande attenzione e il grande interesse dei cittadini in merito alla risorsa idrica, al patrimonio che rappresenta, alla salvaguardia del bene e alla qualità della gestione. Ma che cosa abbiamo votato al referendum ? Con il referendum sono state abrogate due norme che riguardavano il servizio idrico: una vietava la gestione diretta e, quindi, pubblica del servizio idrico, perché imponeva la gara ad evidenza pubblica e l'affidamento a terzi della gestione del servizio; e l'altra garantiva una remunerazione minima certa dei capitali che finanziano i relativi investimenti. Dunque, qual è la situazione dopo il referendum ? Che la gestione può essere pubblica e che la remunerazione degli investimenti dipende dai tassi di mercato e dalla rischiosità delle opere finanziate.
  In questo quadro, io ho sempre considerato positivo e utile lo stimolo venuto dalla proposta di legge d'iniziativa popolare sulla ripubblicizzazione del servizio idrico, perché raccoglieva un sentimento diffuso nel Paese ed offriva un punto di vista in grado di favorire e orientare il confronto parlamentare. Per queste ragioni, ne sono stato uno dei firmatari. Dopodiché, l'idea per la quale, siccome è una legge di iniziativa popolare, allora il Parlamento non deve toccarla e deve approvarla così com’è, per me è un'idea non condivisibile, non certo per un atteggiamento di superiorità o di distacco che non mi appartiene e non ci appartiene, ma per la semplice ragione che è compito del Parlamento approfondire, innovare le norme, stando dentro il quadro di compatibilità nazionale ed europeo, e ragionare sulla sostenibilità e sull'opportunità di investire, nella migliore delle ipotesi, un miliardo di euro per acquisire dai privati le loro quote delle gestioni in essere.
  Voglio essere chiaro: se avessi la certezza di avere a disposizione un miliardo di euro, non lo regalerei ai privati; lo utilizzerei per rinnovare e ammodernare le reti e gli acquedotti del Paese, ben sapendo che l'Italia avrebbe bisogno, non di un miliardo, ma di almeno 20 miliardi di euro, per mettere in sicurezza le proprie reti e le proprie infrastrutture idriche. E, poi, la battaglia referendaria è stata vinta, perché ad una maggioranza di italiani è apparsa ingiusta l'idea di una privatizzazione forzata della gestione del servizio idrico. Ingiusta perché irrispettosa dell'autonomia e della libertà delle comunità locali di realizzare il proprio modello di governo e di gestione.
  Per lo stesso principio, dunque, non appare giusto sostituire l'obbligo alla privatizzazione con l'obbligo alla ripubblicizzazione. È nelle comunità locali, nel principio del buon governo che viene dal basso, che noi dobbiamo riporre fiducia, costruendo norme che aiutino le pratiche migliori.
  Dunque, noi abbiamo raccolto il mandato referendario e abbiamo delineato e costruito norme che offrono sia un orientamento chiaro del legislatore, sia gli strumenti per sostenere una gestione efficiente ed efficace del servizio idrico integrato. Il Partito Democratico, cioè, è stato in grado di tenere insieme una visione nazionale ed europea del problema con le esigenze dei comuni e dei territori di fornire ai cittadini un servizio efficiente salvaguardando l'ambiente.
  La legge che è uscita dall'esame della Commissione ambiente è una buona legge e, paragonata alle norme attualmente vigenti in materia di servizio idrico integrato, è decisamente un passo avanti in favore del ruolo pubblico nella gestione del servizio idrico. Il diritto all'acqua è un diritto umano essenziale e l'erogazione giornaliera per l'alimentazione e l'igiene umana è considerato diritto umano universale e si basa su un quantitativo minimo vitale gratuito, che è fissato fino a 50 litri giornalieri per persona.
  Inoltre, viene indicato che le acque superficiali e sotterranee costituiscono risorsa salvaguardata e tutelata secondo criteri di efficienza, responsabilità e sostenibilità, oltre che di solidarietà. In ogni caso, Pag. 25si stabilisce una scala di priorità dell'uso dell'acqua: prima di tutto per il consumo umano, poi per l'agricoltura e l'alimentazione animale. Per gli usi diversi da questi è favorito l'impiego dell'acqua di recupero delle acque piovane o di trattamento delle acque di prima pioggia.
  Infine, si prevede la possibilità di introdurre nel piano di bacino distrettuale previsto dal codice dell'ambiente misure per garantire un uso reciproco e solidale delle risorse idriche tra bacini idrografici con disparità di disponibilità della risorsa idrica.
  Per quanto riguarda l'affidamento del servizio idrico integrato, pur rimanendo praticabili le tre opzioni (pubblica, mista pubblico-privata e privata), si dà priorità all'affidamento diretto in favore di società interamente pubbliche, partecipate da tutti gli enti locali ricadenti nell'ambito territoriale ottimale e che rispettino i requisiti dell'affidamento in house. In questo modo si esprime un orientamento dell'Italia. È un'indicazione di priorità per le società pubbliche interamente partecipate dagli enti territoriali. Questa scelta si compie nell'articolo 4. Nello stesso articolo 4 si prevede una costante attività di verifica da parte dell'ente di governo dell'ambito circa l'attuazione del piano d'ambito, nonché una verifica complessiva da parte del medesimo ente nei confronti dell'attività svolta dal gestore del servizio, almeno ventiquattro mesi prima della scadenza della concessione.
  Altro capitolo importante è rappresentato dalle fonti di finanziamento del servizio idrico integrato. Lo stesso è finanziato, da un lato, dalla tariffa e, dall'altro, da risorse nazionali e comunitarie che vengono destinate agli enti di governo d'ambito per le opere infrastrutturali, con priorità data agli interventi per i quali sono in corso procedure di infrazione comunitaria. Fra l'altro, si prevede che i finanziamenti concessi dalla Cassa depositi e prestiti, volti al finanziamento in materia ambientale, siano destinati prioritariamente alle società interamente pubbliche per gli interventi sulla rete del servizio idrico integrato. Si introducono, poi, norme volte ad accrescere la trasparenza delle bollette, evidenziando nelle stesse i dati relativi agli investimenti sulle reti per acquedotto, fognatura e depurazione, unitamente alle relative spese, i dati sul livello di copertura dei citati settori, i parametri di qualità dell'acqua e la percentuale media complessiva delle perdite idriche nelle reti in base a specifica delibera dell'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il servizio idrico.
  Inoltre, sempre a tutela del cittadino, al fine di assicurare un governo democratico del servizio idrico, la norma prevede che gli enti locali adottano forme di democrazia partecipativa per le decisioni relative agli atti fondamentali di pianificazione e programmazione del servizio idrico integrato. E naturalmente si prevede che i soggetti gestori debbano rendere pubbliche le informazioni e le analisi relative alla qualità delle acque ad uso umano, al monitoraggio delle perdite delle infrastrutture idriche di competenza e alle performance di gestione aziendale raggiunte nell'anno solare.
  Insomma, è chiaro qual è l'intendimento del Partito Democratico. Il pacchetto di misure da noi proposto spinge per il rafforzamento del potere di controllo democratico da parte dei cittadini sulla risorsa idrica e, nello stesso tempo, irrobustisce molto il ruolo dei comuni e degli enti locali nella fase di governo del processo e nella fase di gestione del servizio. Infine, non ci sottraiamo e non sottraiamo l'Italia alla grande sfida dell'accesso all'acqua potabile da parte di tutti gli abitanti del pianeta e alla necessità di contribuire alla costituzione di una fiscalità generale universale che la garantisca.
  Per questo viene istituito un Fondo nazionale di solidarietà internazionale, presso il Ministero degli affari esteri, da destinare a progetti di cooperazione in campo internazionale che promuovano l'accesso all'acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari, con particolare attenzione al sostegno e al coinvolgimento della cooperazione territoriale e delle comunità locali e dei Paesi partner, finanziato con Pag. 26un prelievo in tariffa di un centesimo di euro per metro cubo d'acqua erogata, a cura dell'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il servizio idrico.
  Signor Presidente, a distanza di cinque anni dal referendum del 2011, è necessario che il Parlamento discuta e fornisca una risposta al pronunciamento dei cittadini. Il dibattito, anche serrato, è legittimo e salutare, vista anche la rilevanza dell'argomento. Portare nelle case degli italiani, di tutti gli italiani, acqua potabile, pulita e sicura equivale ad una straordinaria opera di modernizzazione del Paese e questo è un grande obiettivo pubblico. È questione democratica, è questione sociale, è questione culturale, ma è anche questione concreta e quotidiana e queste concretezza e quotidianità ci impongono di stare al merito della discussione e di ascoltarci, perché ai territori e alle comunità locali servono indicazioni praticabili. Noi pensiamo che con questa legge il Parlamento renda un servizio al Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zaratti. Ne ha facoltà.

  FILIBERTO ZARATTI. Grazie, signor Presidente. Ho ascoltato con attenzione la relazione del relatore e devo dire che, quando si discute dei principi fondamentali, ovviamente i principi fondamentali, anche su questo argomento così importante come l'acqua, ci uniscono. Chi non è d'accordo che l'acqua sia uno dei beni più importanti per gli esseri umani e che il diritto all'accesso all'acqua deve essere tutelato ? Ma io credo che non sia questo il punto della nostra discussione di oggi.
  Oggi noi siamo qui chiamati a dare attuazione a una volontà chiara, espressa dai cittadini in questo Paese nel 2011, attraverso un referendum popolare, che ha visto 27 milioni di cittadini esprimersi a favore dell'acqua pubblica. E se in questa legislatura, così piena di contraddizioni, di difficoltà e di percorsi accidentati, una cosa era chiara, era proprio che bisognava legiferare per la ripubblicizzazione dell'acqua. Non era immaginabile, infatti, che si potesse ignorare la volontà di così tanti cittadini, espressa appunto da un referendum – lo voglio ricordare –, che, dopo tanti anni, ha raggiunto il quorum.
  Invece, ci troviamo qui a discutere di una legge che nulla ha a che vedere con la volontà di quelli italiani. Abbiamo affrontato la questione dell'acqua pubblica in Commissione, l'abbiamo approfondita partendo dalla proposta di legge di iniziativa popolare, che aveva raccolto 400 mila firme. È una proposta di legge chiara, leggibile e comprensibile a tutti, che diceva in modo inequivocabile che l'acqua era pubblica e che la gestione doveva tornare ad essere pubblica. Questa proposta di legge d'iniziativa popolare è stata sottoscritta e firmata da tanti deputati di molti gruppi qui presenti. Anche molti colleghi del PD l'avevano firmata.
  Ma questo testo, come tutti sanno, in Commissione è stato totalmente stravolto. In questo caso, collega Mazzoli, non è in discussione il diritto dei deputati di modificare un testo che viene in discussione; il fatto in discussione è, invece, se si voglia rispettare la volontà di quei cittadini che hanno raccolto le firme o meno. Questo non significa che non si può presentare un'altra proposta di legge se si vuole perseguire un altro fine, se si vuole raggiungere un altro obiettivo. Ma io credo che, dal punto di vista etico e politico, sia discutibile il fatto di prendere un testo che chiede chiaramente la ripubblicizzazione dell'acqua e arrivare, infine, a un testo che dice tutt'altro. È stato detto in modo chiaro dal collega Mazzoli quando ha detto che la legge qui presentata prevede la possibilità di avere una gestione pubblica, privata o mista del servizio idrico.
  Credo che questo stravolgimento, queste modifiche così evidenti, siano proprio quelle che hanno costretto molti di noi a ritirare la firma da quel testo. Quel testo era stato firmato da colleghi del MoVimento 5 Stelle e da colleghi di Sinistra Italiana, i quali, tutti insieme, hanno ritirato la propria firma, proprio perché il testo portato oggi era chiaramente in contraddizione con la volontà che era stata espressa dai sottoscrittori.Pag. 27
  Ora, i promotori di questa legge, in modo particolare il Partito Democratico, ci vengono a dire che all'articolo 1 è affermato il principio che la proprietà dell'acqua è pubblica. Si direbbe che questa, visto che parliamo di acqua, sia la scoperta dell'acqua calda. Non è forse vero, colleghi del PD, che il principio che l'acqua è un bene indisponibile dello Stato è assodato nel nostro ordinamento ? Per ultimo, lo ricorda l'articolo 144 del decreto legislativo n. 152 del 2006, il quale recita in modo chiarissimo che tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorché non estratte dal sottosuolo, appartengono al demanio dello Stato. Quindi, questa grande battaglia, che voi avete vinto, di inserire nell'articolo 1 il fatto che l'acqua sia pubblica è una vittoria un po’ ridondante, visto che era già stato espresso in molte leggi vigenti nel Paese.
  Quindi, il contenzioso che abbiamo in quest'Aula non è sul fatto se la proprietà dell'acqua sia pubblica o meno, perché quella già lo è: è pubblica e nessuno può fare nulla per eliminare questo dato incontrovertibile. Quello che chiedono i cittadini, quello che hanno chiesto i cittadini sottoscrittori della proposta di legge d'iniziativa popolare, quello che hanno chiesto i cittadini votando per il referendum è che la gestione dell'acqua deve tornare ad essere pubblica. Su questo punto voi non vi potete sottrarre. Potete non essere d'accordo, potete pensarla in modo diverso, ma voi non vi potete sottrarre a quella volontà popolare. Molti di voi, dopo il 2011, ancora nel periodo di gestione del Governo Berlusconi, hanno affermato pubblicamente che bisognava tornare alla gestione pubblica dell'acqua, non ultimo il presidente Realacci, in verità, in più di un'occasione. Ma, allora, era questo il dovere e il compito che noi dovevamo svolgere.
  Noi dobbiamo introdurre questo principio per cui la gestione sia totalmente pubblica, perché soltanto in questo modo noi rispondiamo alla volontà dei cittadini. Guardate che qui è in discussione non soltanto il rispetto della volontà di 27 milioni di cittadini che hanno votato al referendum, ma anche il mandato elettorale che noi deputati eletti sulla base del programma «Italia. Bene comune» abbiamo nei confronti dei nostri elettori. Io sono stato eletto in base a un programma preciso; voi, colleghi del PD, siete stati eletti in base allo stesso programma. Questo programma «Italia. Bene comune» dice testualmente: «Per noi salute, istruzione, sicurezza e ambiente sono campi dove, in via di principio, non deve esserci il povero né il ricco, perché sono indisponibili alla pura logica del mercato e dei profitti. Sono beni comuni, di tutti e di ciascuno, e definiscono il grado di civiltà e democrazia del Paese. I referendum del 2011 hanno affermato il principio dell'acqua come bene non privatizzabile». E ancora: «La difesa dei beni comuni è la risposta che la politica deve a un bisogno di comunità che è tornato a manifestarsi anche tra noi. I referendum della primavera del 2011 ne sono stati un'espressione fondamentale. È tramontata l'idea che la privatizzazione e l'assenza di regole siano sempre e comunque la ricetta giusta».
  Ora io vi chiedo di rispondere a questo impegno che avete preso di fronte ai vostri elettori, di fronte al Paese, di fronte ai cittadini. Non è possibile dire quello che si pensa sia giusto durante la campagna elettorale e poi, quando si è finalmente arrivati ad occupare i posti di Governo, di quel programma facciamo carta straccia, non su una questione fondamentale come l'acqua pubblica, non su una questione fondamentale come questa.
  Allora, io faccio appello a tutti quanti voi perché ci sia un ripensamento. Guardate che noi, prima di discutere della vostra legge, dovremmo fare una cosa: dovremmo andare a vedere quanti di questi gestori che accampano diritti, quanti di questi gestori privati che gestiscono i nostri ATO, quanti di questi gestori hanno rispettato gli impegni presi al momento della concessione; dovremmo andare a vedere quanti di questi gestori hanno messo in campo il piano degli investimenti e gli investimenti necessari per cui hanno preso i soldi dei cittadini; dovremmo andare a vedere quante opere sono state Pag. 28realizzate. Guardate che i dati dell'Osservatorio dei servizi idrici del Ministero dell'ambiente dicono che gli investimenti, in questi ultimi anni, sono diminuiti del 19 per cento, mentre le bollette sono mediamente aumentate dappertutto.
  Quindi, da questi dati, che sono i dati del vostro Governo, si evince che quello che voi state dicendo e che quello che voi state facendo è sbagliato: non risponde né alla volontà dei cittadini né all'interesse del Paese. Noi dobbiamo fare una legge che ripubblicizzi la gestione dell'acqua, perché l'acqua è già pubblica per suo conto. Presidente, vorrei concludere dicendo che Vandana Shiva ha detto: «Stanno avvenendo conflitti fra due culture contrapposte: quella che vede l'acqua come qualcosa di sacro, la cui equa distribuzione rappresenta un dovere per preservare la vita, e quella che la considera una merce e ritiene il suo possesso e commercio due fondamentali diritti d'impresa». In questo conflitto, cari colleghi del PD, voi da che parte state (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà) ?

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Matarrese. Ne ha facoltà.

  SALVATORE MATARRESE. Grazie, signor Presidente. Onorevoli colleghi, la proposta di legge in discussione è sicuramente molto complessa e delicata, perché interviene su un equilibrio molto difficile, che è quello di garantire, da una parte, la sostenibilità del servizio idrico e, dall'altra, la tutela e il diritto all'acqua come bene pubblico, un bene inviolabile, un bene che anche la risoluzione dell'ONU ha stabilito che è un diritto vitale per l'uomo e, come tale, deve essere garantito e sancito.
  In Italia abbiamo una situazione abbastanza frastagliata nella gestione del servizio pubblico dell'acqua. Abbiamo oltre 700 operatori, cinque diverse tipologie di aggregazione dei vari concessionari, abbiamo una situazione estremamente difficile dal punto di vista della gestione e dal punto di vista economico sul versante pubblico e sicuramente questo ci dà la valenza di come dobbiamo trovare un equilibrio tra questa situazione, che sicuramente non consente ai cittadini probabilmente di avere un servizio che garantisca loro questo bene primario, e un servizio solidale ma anche sostenibile dal punto di vista economico.
  Quindi, condividiamo questo provvedimento, il cui percorso parlamentare in Commissione sicuramente non è stato dei migliori, perché partire con un'impostazione e terminare con un'altra sicuramente non agevola anche il risultato migliore dal punto di vista legislativo. Tuttavia, sanciamo dei principi, delle definizioni, che sono importanti come le seguenti: garantiamo l'acqua anche in un minimo quantitativo per tutti i cittadini, garantiamo il valore pubblico dell'acqua che è di tutti, garantiamo la possibilità che l'acqua sia prioritariamente gestita da società pubbliche o partecipate da enti locali pubblici, non escludendo il privato; abbiamo anche eccellenze dal punto di vista del pubblico. Vengo da una regione, la Puglia, che ha un acquedotto che è un'eccellenza a livello europeo sia per la qualità del servizio sia per l'impostazione, perché, come si diceva prima, quando nel privato c’è competenza, professionalità, attenzione al risultato economico, attenzione all'equilibrio dell'azienda, c’è sicuramente un vantaggio per tutta la collettività, ma dobbiamo anche interrogarci su quando questo non avviene e nella maggior parte dei casi nel nostro Paese non avviene.
  Infatti, quando la gestione dell'acquedotto è frastagliata e molto parcellizzata, molto localizzata, intervengono logiche diverse da quelle dell'efficienza del servizio ed è chiaro che si crea su tutta la collettività un disagio enorme, un disagio valutato in un miliardo di euro di investimenti, che noi come Stato dovremmo fare per prendere in mano tutto il servizio pubblico, e poi altrettante risorse, forse anche di più, da investire per rendere questo sistema competitivo ed efficiente.
  Ci rendiamo conto come molto spesso questo non sia proprio nelle nostre possibilità e, allora, è giusto legiferare in maniera tale che si lasci la priorità al Pag. 29pubblico nella gestione efficiente e capace, perché ciò che interessa al cittadino è avere la proprietà dell'acqua, ma anche avere qualcuno capace di gestirla in termini di efficacia, efficienza e qualità del servizio e credo che questo sia il primario obiettivo di uno Stato che vuole porsi come fine quello di offrire ai cittadini un servizio, di offrire ai cittadini la possibilità di utilizzare le proprie risorse.
  Interveniamo, quindi, anche sulla tariffa, perché è giusto, anche in linea con la direttiva europea, riconoscere nella tariffa l'esclusivo ristoro per il gestore degli investimenti che va a fare, senza marginalità. Di fatto è un riconoscimento degli oneri e degli investimenti che lo Stato non può fare e che il privato fa al posto del pubblico e, quindi, non un riconoscimento di utili a dismisura su un bene che è pubblico; ma è il riconoscimento di quello che è dovuto e quindi credo che sia importante che l'Autorità preposta a tanto, l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, vada a tutelare e regolare questo aspetto, che è una fondamentale garanzia per i cittadini.
   È altrettanto importante che si garantisca un concetto di solidarietà internazionale, ma noi abbiamo eccepito anche in Commissione che non capiamo perché deve essere riportata sui cittadini in maniera strutturale un'ulteriore tassazione, anche se parliamo di soli di 2 centesimi.
  Ma perché non conservare il criterio attuale con il quale si regola l'attuale Fondo di solidarietà internazionale, che deve essere legato alla capacità dello Stato di fare delle economie e di utilizzare quelle risorse nelle varie leggi di stabilità, nelle varie leggi finanziarie per coprire questo Fondo di solidarietà, non gravando strutturalmente sui cittadini con quella che di fatto è una tassa ? Infatti, è vero che la mettiamo sulle bottigliette di plastica, ma è anche vero che la mettiamo fondamentalmente sui cittadini, così come è vero che, se la mettiamo sul metro cubo nella bolletta dell'acqua, di fatto i cittadini vengono gravati. Questo è anche un po’ in contrasto con il fatto che vogliamo garantire l'accessibilità al bene a quei cittadini e, dall'altra parte, comunque imponiamo loro a livello di principio una tassazione diretta e indiretta.
  Quindi, noi vorremmo che questo principio fosse riportato sì nel concetto del Fondo di solidarietà internazionale, ma con risorse che vengono dallo Stato nella sua capacità di fare economie, da un lato, e nella capacità di essere solidale, dall'altro.
  Quindi, ci rendiamo conto della complessità del provvedimento, ci rendiamo conto che il bene dell'acqua è un bene importante da salvaguardare, riteniamo che, tuttavia, stabilire per legge vincoli nella gestione non sia proficuo né per i cittadini né per la nostra economia. Noi siamo capaci come collettività locali di gestire i nostri beni locali. Sono certo che l'acquedotto pugliese non diventerà mai una struttura interamente privata, perché sta alla comunità pugliese stabilire se il proprio gioiello, che ha reso tale col proprio impegno e con la prova capacità, possa essere partecipato o meno dai privati, ma sicuramente rimarrà pubblico, perché la volontà del cittadino, quando il servizio c’è e quando il servizio è ben reso, è sicuramente di tenere in mano al pubblico tutto ciò che è pubblico ed evitare il privato.
  Il privato è l'alternativa al pubblico inefficiente e, quindi, se noi per legge stabiliamo che il pubblico inefficiente deve essere la regola e il pubblico efficiente possa anche essere penalizzato da questa circostanza particolare, togliamo valore alle aziende pubbliche che sono un'eccellenza, che sono aziende che hanno un valore anche economico, perché le rendiamo equiparate a quelle che sono inefficienti e che utilizzano i soldi dello Stato per diventare poi efficienti. Quindi, direi che liberalizzare e privatizzare è sicuramente un eccesso, ma impedire che questo possa esserci laddove c’è inefficienza credo che sia una penalità ben superiore al danno che andiamo a ipotizzare o a pensare anche a livello ideologico.
  Quindi, ritorno sul concetto di come questa proposta di legge è partita in Commissione ed è arrivata alla fine dei lavori Pag. 30sicuramente in un modo che non è piaciuto a noi di Scelta Civica per l'Italia: il fatto che alcuni relatori abbino tolto la firma perché non hanno più concepito, non hanno più trovato corrispondenza tra il testo di legge e quelli che erano i propri principi, sicuramente non è stato un bello spettacolo né da vedere né da dover condividere. Tuttavia, riteniamo che le finalità di questo provvedimento alla fine siano quelle di valorizzare il pubblico efficiente e consentire, laddove c’è l'inefficienza del pubblico, di fare intervenire qualcuno che abbia risorse da investire con una remunerazione non consentita da tariffa, ma tramite il rimborso dei costi che vengono ad essere applicati, nel rispetto della direttiva europea.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Frusone. Ne ha facoltà.

  LUCA FRUSONE. Grazie, Presidente. Ascoltando i discorsi che mi hanno preceduto, rimango un po’ basito, perché sono stati espressi anche dei dati interessanti, ma soprattutto dei concetti. Facendo un sunto, possiamo dire che la gestione dell'acqua un tempo doveva essere necessariamente privata e ora c’è qualcuno che ritiene di renderla non necessariamente pubblica, perché effettivamente non si fa questo, non si rende la gestione dell'acqua necessariamente privata, però si fa di tutto affinché la gestione dell'acqua non possa essere più pubblica. Non si deve necessariamente scrivere che la gestione dell'acqua deve essere privata: basta mettere i bastoni tra le ruote a chi vuole gestirla pubblicamente e questo è proprio quello che hanno fatto i vari Governi che si sono succeduti, perché il Governo Renzi è solamente quello che ha messo la ciliegina sulla torta facendo le più grandi schifezze, ma ci hanno provato Berlusconi, Monti, Letta e siamo arrivati ad oggi con questa proposta di legge. Quindi, è inutile dire che la gestione dell'acqua non deve essere necessariamente pubblica. Basta mettere delle altre leggi che rendano impossibile gestirla pubblicamente e di fatto, anche se non direttamente, la gestione possibile in Italia è solamente quella privata. Questa battaglia per l'acqua pubblica in Italia dura ormai da quasi quindici anni, quando ci furono le prime privatizzazioni con conseguente abbassamento della qualità del servizio e aumento vertiginoso delle bollette, perché questo è un dato che non si può confutare.
  Vorrei raccontarvi di un'avventura iniziata anni fa insieme ad una moltitudine inarrestabile di liberi cittadini. Era il 2007 quando il Forum italiano dei movimenti per l'acqua depositava in Parlamento più di 400 mila firme a sostegno della proposte di legge di iniziativa popolare «Principi per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque e disposizioni per la ripubblicizzazione del servizio idrico», che evidenziava che solo una proprietà pubblica ed un governo pubblico e partecipato dalle comunità locali potevano garantire la tutela della risorsa, il diritto e l'accesso all'acqua per tutti e la sua conservazione per le generazioni future.
  Nel 2007 già si prospettava un necessario cambiamento normativo nazionale, che segnasse una svolta radicale rispetto alle politiche trasversalmente condivise negli ultimi vent'anni, che hanno fatto dell'acqua una merce e del mercato il punto di riferimento per la sua gestione: provocando dappertutto degrado e spreco della risorsa, precarizzazione del lavoro, peggioramento della qualità del servizio, aumento delle tariffe, riduzione dei finanziamenti per gli investimenti, diseconomicità della gestione, espropriazione dei saperi collettivi e mancanza di trasparenza e di democrazia.
  Si è parlato anche delle perdite, di un 35 per cento di perdite: nel mio territorio, la provincia di Frosinone, le perdite arrivano all'incirca al 70 per cento, se non di più, e naturalmente è un gestore privato che gestisce il tutto. E questo mi fa ridere, quando penso che si usano le parole «efficacia» ed «efficienza» proprio per giustificare l'ingresso dei privati in questo settore: come se le comunità locali non fossero in grado di garantire un servizio efficace ed efficiente !Pag. 31
  Si consideri che, senza dubbio, non adesso nella mia provincia siamo arrivati al 70 per cento di dispersione, anche prima era così: però l'ingresso del privato nella gestione non ha minimamente cambiato la situazione, se non alzando in maniera vertiginosa le bollette, di oltre il 20 e il 30 per cento. E poi, se proprio dobbiamo guardare l'efficienza, l'efficacia, guardiamo i vari servizi che gli enti locali offrono: a questo punto dovremmo mettere quasi tutto in mano al pubblico ! Però non lo dovrei dire, perché magari ci fate un pensierino e avremo anche i sindaci privati, prima o poi.
  Nel corso di due legislature coloro che seduti in Parlamento e nelle segreterie dei partiti che avrebbero dovuto discuterla, hanno lasciato questa proposta di legge del 2007 nei cassetti a prendere polvere, concedendo ai comitati promotori appena un paio d'ore di audizione in Commissione ambiente. Nel frattempo, però, il popolo dell'acqua pubblica ha continuato la sua mobilitazione e nel 2010 ha lanciato la campagna referendaria, riuscendo nel giugno 2011 a portare al voto 27 milioni di cittadini, nonostante il boicottaggio mediatico e un invito all'astensionismo della compagine di Governo che vi era all'epoca: stessa identica cosa che fanno oggi il PD e la sua maggioranza con il referendum sulle trivelle.
  Si votò «sì» per dire «no» alla privatizzazione dei servizi pubblici locali e per cancellare i profitti dalla bolletta dell'acqua: per la prima volta dopo quasi vent'anni è stato nuovamente raggiunto il quorum, e i «sì» hanno stravinto, dando chiare indicazioni democratiche e politiche a coloro che siedono nelle istituzioni. Acqua fuori da logiche di mercato, fuori i profitti dall'acqua ! Eppure, dopo cinque anni da quell'indiscutibile risultato sancito dalla cittadinanza, e nonostante le numerose sentenze della Corte costituzionale e del Consiglio di Stato e i successi dei ricorsi dei cittadini e dei comitati, l'esito referendario è ancora ignorato, con bollette che aumentano e servizi che peggiorano.
  A questo punto arriviamo nel 2013, quando noi come MoVimento 5 stelle siamo entrati nelle istituzioni, ed è nostro dovere far rispettare e dare finalmente attuazione alle decisioni del popolo italiano. È per questo motivo che, su richiesta ed invito del Forum italiano dei movimenti per l'acqua, abbiamo aderito all'intergruppo parlamentare per l'acqua bene comune.
  Tra gli impegni assunti in questo contesto c'era quello di ripresentare la proposta di legge di iniziativa popolare, unica reale risposta alla volontà popolare del referendum 2011. La legge popolare diceva quanto segue: «Definire l'acqua quale bene comune, diritto inviolabile e diritto umano universale, non assoggettabile a meccanismi di mercato; affermare la proprietà e la gestione pubblica del servizio idrico, che dovrà essere ispirato a criteri di equità, solidarietà e rispetto degli equilibri ecologici; ripubblicizzare i gestori del servizio idrico integrato, utilizzando la forma societaria di diritto pubblico per ambiti territoriali corrispondenti ai bacini idrografici; riportare nell'ambito delle competenze del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare la definizione dei criteri e del metodo tariffario relativo al servizio idrico, togliendola all'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico».
  Come vedete, queste sono belle parole e nessuno mai si è scagliato direttamente contro queste belle parole; però, poi, nei fatti abbiamo visto quello che è successo ! Perché oggi questo dovreste fare: prendervi la responsabilità di andare contro i 27 milioni di persone che hanno votato per questo referendum; prendervi una responsabilità verso le generazioni future e iniziare a dire veramente quello che volete fare.
  Il testo della proposta di legge popolare è stato stroncato sul nascere, con emendamenti della maggioranza che sostengono idee contrarie alla ripubblicizzazione; ne è stato deturpato il senso profondo, tutto a partire dal vostro punto di vista. Sì, perché l'approccio ideologico è il vostro punto di vista ideologico, tutto improntato a sostenere il profitto e la finanziarizzazione dei servizi pubblici, acqua compresa.
  Vediamo insieme chi sta tradendo il referendum e la volontà popolare. L'Autorità Pag. 32per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico è un organismo indipendente, istituito dalla legge n. 481 del 1995 con il compito di tutelare gli interessi dei consumatori e di promuovere la concorrenza, l'efficienza e la diffusione dei servizi con adeguati livelli di qualità, attraverso l'attività di regolazione e di controllo.
  Con il decreto n. 211 del 2011 (parliamo del Governo Monti) all'Autorità sono state attribuite funzioni di regolazione e controllo anche in materia di servizi idrici: si è messa l'acqua nelle mani del mercato. Come funziona questo organo terzo garante del mercato ? In particolare, l'Autorità deve garantire la promozione della concorrenza e dell'efficienza nei settori dell'energia elettrica e del gas, nonché assicurare la fruibilità e la diffusione dei servizi in modo omogeneo sull'intero territorio nazionale, definendo un sistema tariffario certo e trasparente, basato su criteri predefiniti, promuovendo la tutela degli interessi di utenti e consumatori.
  Il sistema tariffario deve, inoltre, armonizzare gli obiettivi economico-finanziari dei soggetti esercenti, il servizio con gli obiettivi generali di carattere sociale, di tutela ambientale e di uso efficiente delle risorse. Chi sovvenziona l'Autorità garante del mercato ? Sono i gestori stessi: sono i gestori, con un contributo, che contribuiscono al funzionamento dell'Autorità. Cosa ha fatto l'Autorità ? Ha fatto rientrare dalla finestra ciò che era stato buttato fuori dalla porta: il referendum ha abrogato la remunerazione del capitale investito sulla tariffa idrica, mentre l'Autorità ha inserito in tariffa gli oneri finanziari, che erano una componente della remunerazione del capitale investito; la prima volta addirittura pari al 6,4 per cento, non calcolato più sul capitale investito.
  Ad esempio, nel 2014 una società, Publiacqua, il gestore di Firenze, dove sedeva anche Maria Elena Boschi, passa ad incassare, dai precedenti 24 milioni di euro di remunerazione del capitale investito, 27 milioni di euro di oneri finanziari. Forse era meglio non fare il referendum, visto che ci hanno guadagnato ! Ad oggi è ancora aperto il ricorso al TAR dei promotori del referendum sulla reintroduzione in tariffa di ciò che era stato regolarmente abrogato da un referendum; ci tocca però aspettare la fine di quest'anno. Sorpresona, invece, quest'anno: l'Autorità ha ridefinito gli oneri finanziari al 5,4 per cento ed ACEA ha pensato bene di presentare ricorso al TAR della Lombardia perché ritiene troppo bassa questa percentuale ! Eppure quest'anno ACEA ha distribuito dividendi più alti dell'anno passato, passando da 34 centesimi ad azione a 50 centesimi ad azione. Alla fine, di questo si tratta: di utili distribuiti agli azionisti e non più di servizi al cittadino. La ripubblicizzazione che si prefigge il testo di legge originario intende sottrarre alla finanza quanto deve restare in gestione ai territori e non passare nelle mani di pochi player nazionali.
  Per questo ed altri motivi ci ritroviamo con un collegato ambientale nel quale si attribuisce il compito all'Autorità di regolamentare il distacco idrico in caso di morosità incolpevole. Ed è così che per magia la delibera del 28 dicembre 2015 dell'Autorità mette nelle mani dei gestori la regolazione dei distacchi medesimi; e ci ritroviamo in situazioni dove in Italia addirittura questi gestori staccano i contatori a famiglie con disabili e sindaci ignavi non alzano nemmeno la voce contro questi gestori !
  L'Autorità, poi, è un organo collegiale costituito da un presidente e da quattro membri nominati con decreto del Presidente della Repubblica. La procedura di nomina prevede il parere vincolante a maggioranza dei due terzi dei componenti della Commissione parlamentare competente, sui nomi proposti dal Ministero dello sviluppo economico e approvati dal Consiglio dei ministri: è quindi una nomina prettamente politica. I componenti sono Guido Pier Paolo Bortoni, che è il presidente, Alberto Biancardi, Luigi Carbone, Rocco Colicchio e Valeria Termini. I componenti restano in carica sette anni, dal 2014, e prendono 240.000 euro annui lordi, pagati naturalmente con le bollette.Pag. 33
  Che cosa è successo al testo di legge che era in Commissione ? È stato distrutto e utilizzato per peggiorare persino la situazione, piazzando quelle modifiche che il PD non è riuscito ad inserire nello «sblocca Italia» o nel collegato ambientale o nelle leggi, come quella sui piccoli comuni, che il Governo sta tenendo ferma in Commissione bilancio per mancanza di copertura.
  Nel testo uscito dalla Commissione, se ci si addentra sul piano dei principi che in modo più specifico presiedono alla tutela, alla pianificazione delle risorse idriche e alla gestione del servizio idrico integrato, risulta evidente lo scollamento rispetto alla proposta originaria. In particolare, sono venuti meno i principi relativi alla gestione del servizio idrico integrato, considerato servizio pubblico locale privo di rilevanza economica, così come i criteri che imponevano che la gestione del servizio idrico integrato fosse sottratta al principio della libera concorrenza e realizzata senza finalità lucrative, ma nel perseguimento delle finalità di carattere sociale e ambientale.
  Non è stato poi riconosciuto il fondamentale principio dell'unitarietà della gestione del servizio idrico integrato, cambiando questa parolina con «unicità» e qui anche si capisce come ci siano mani che muovono determinati fili, perché appunto un tempo si parlava di «unitarietà», stabilendo appunto l'unitarietà tra la gestione delle reti e l'erogazione del servizio idrico integrato. Grazie a questo buco – definiamolo così – si è inserito un cavallo di Troia che, invece, porta all'unicità del gestore: c’è un gestore unico che andrà a prendere, come, per esempio, nel Lazio, prima tutta la regione Lazio per poi prendere parte dell'Italia centrale. Quindi, il testo originario è stato svuotato dai suoi contenuti innovativi.
  Poi la stessa proposta di legge è stata snaturata non solo sul piano dei principi, ma in modo ancor più consistente, nei suoi contenuti sostanziali.
  Viene soppresso l'articolo 6, che rappresentava il cuore della proposta di legge, finalizzato a dare spessore e riscontro normativo al risultato referendario. Il suo titolo parlava esplicitamente di ripubblicizzazione; per il PD, però, il processo di ripubblicizzazione non esiste ed è stato ridotto al mero riconoscimento di un criterio di priorità per l'affidamento diretto in house in favore di società a capitale pubblico che siano in possesso dei requisiti prescritti dall'ordinamento europeo per la gestione in house, con la precisazione che la stessa gestione deve essere espressamente partecipata da tutti gli enti locali ricadenti nell'ambito territoriale ottimale.
  Viene riscritto anche il sistema di finanziamento del servizio idrico integrato, indicato nel testo originario dalla proposta di legge. In particolare, è stata soppressa la previsione di un apposito fondo nazionale per la ripubblicizzazione dell'acqua, finanziato tramite anticipazione della Cassa depositi e prestiti, e la previsione del ricorso alla fiscalità generale.
  Nel testo approvato dalla Commissione si rinvia, invece, alla tariffa di cui all'articolo 154 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e al fondo destinato al finanziamento degli interventi relativi alle risorse idriche, introdotto dallo «sblocca Italia», da alimentare mediante la revoca delle risorse stanziate dal CIPE, il quale, tuttavia, risulta ancora inattivo, in quanto non sarebbero state assegnate le risorse revocate in entrata di bilancio dello Stato. Lo ha ammesso il Governo in due interrogazioni, approvando un ordine del giorno per la sua iscrizione in bilancio, lo scorso luglio 2015.
  Risulta modificato in termini sostanziali anche l'articolo 9 della proposta di legge originaria, che individua competenze e criteri per definire il metodo per la determinazione e la modulazione della tariffa del servizio idrico integrato, nonché la modalità per la limitazione della fornitura idrica in caso di morosità. Sono sempre di più i casi in cui, non potendo il gestore lasciare un flusso idrico vitale minimo, stacca tout-court qualsiasi accesso dell'acqua all'abitazione, privando quindi i cittadini italiani di un diritto, come quello dell'accesso all'acqua.
  E su tutto questo strano caso, l'Autorità, nonostante lo scriva ogni tanto in Pag. 34qualche ordinanza, però non alza mai la voce contro i gestori. E la stessa cosa vale per le tariffe: le tariffe designate ad uso e consumo proprio dei gestori. Nell'attuale formulazione si prevede invece che la tariffa garantisca un adeguato recupero dei costi del servizio per mezzo delle applicazioni del criterio di progressività e dell'incentivazione al risparmio della risorsa idrica, a partire dal consumo eccedente il quantitativo minimo vitale giornaliero, nella determinazione del corrispettivo del medesimo, tutto ancora in mano all'Autorità dell'energia elettrica del gas e del servizio idrico integrato. Questo è andare contro la volontà popolare. Come dicevo prima, non c’è bisogno di dire apertamente che qualche partito qui dentro è per l'acqua e per la gestione privata dell'acqua; basta scrivere delle norme affinché nessuno possa più pubblicamente gestirla. Lo «Sblocca Italia», nel novembre 2014, è stato il decreto più devastante per la gestione del servizio idrico perché si è evidenziato in modo massiccio quanto il Governo intendesse rispettare un referendum, cioè per niente, ma piuttosto fosse interessato a creare grossi gestori idrici su base provinciale, se non regionale ed extraregionale, e quindi dare in mano a grossi colossi la gestione di un servizio che ha un guadagno assicurato, un monopolio naturale come l'acqua e non solo. Il gestore unico di un dato territorio potrebbe acquisire altri servizi pubblici locali, senza chiedere parere all'autorità d'ambito. Il concetto di unicità della gestione fu sostituito dall'unitarietà della gestione nel 2008, due anni dopo l'istituzione del testo unico ambientale. Come dicevo prima, il termine unicità della gestione è stato sostituito da un decreto correttivo con quello di unitarietà; tale modifica era motivata dalla circostanza che, per effetto della deroga alla partecipazione obbligatoria all'autorità d'ambito, concessa ai comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti, inclusi nel territorio della comunità montana, non era più possibile fare riferimento all'unicità della gestione. Considerato che la facoltà per i comuni montani di non partecipare alle gestione unica del servizio idrico è stata mantenuta nel testo vigente del 2006, la previsione contenuta nel decreto «Sblocca Italia», che ripristina il concetto di unicità della gestione, appare in contraddizione con la ratio espressa dal legislatore del testo unico ambientale; inoltre, il ricorso al termine «unicità», previsto dallo «Sblocca Italia», con l'intento di agevolare un processo aggregativo tra gestori, ridurne il numero e favorire un consolidamento del settore, si configura come una forzatura anche alla luce della posizione espressa dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 246 del 2009, la quale ha affermato che il principio del superamento della frammentazione della gestione è da riferirsi alla circostanza che le due gestioni – come dicevo prima –, la gestione delle reti e l'erogazione del servizio idrico integrato, non possono essere separate. Come dicevo prima, approfittando di questo dubbio sull'unicità e l'unitarietà, si è inserito un bel cavallo di Troia per dare a alcuni (quattro gestori in tutta Italia) il monopolio sull'acqua. Il termine unitarietà risponde in modo più appropriato ai principi richiamati dalla Corte, laddove il termine «unicità», reintrodotto dallo «Sblocca Italia», comporta la sopravvenuta impossibilità di affidamento del servizio idrico ad una pluralità di gestione anche se coordinate tra loro.
  Un'altra cosa particolare sono le forme di gestione del servizio idrico: l'Europa ci permette di utilizzare anche la forma aziendale speciale di diritto pubblico. Come mai il Governo e il PD non vogliono utilizzare questa forma di gestione ? Forse perché non si possono fare speculazioni, non si possono fare fusioni aziendali, non si possono vendere al potere privato le aziende, e con esse anche la sovranità sui servizi essenziali. Peccato che i vari Governi, sin dall'agosto 2011, abbiano indirizzato la legislazione verso la privatizzazione spinta, senza mai parlare di privatizzazioni, usando parole come «aggregazione» e «razionalizzazione». Il testo, uscito dalla Commissione, presenta l'utilizzo preferenziale della gestione in housePag. 35con aziende di diritto privato, la spa a totale capitale pubblico, per intenderci, per il servizio idrico.
  Il Ministero dello sviluppo economico due settimane fa ha espresso parere contrario su questa scelta fatta dalla maggioranza, perché sostiene che non garantirebbe la libera concorrenza. Quindi, a questo punto noi abbiamo il partito di maggioranza e il Governo che sono in contrasto, proprio per una questione di libera concorrenza. Quindi, occorre fare un po’ di pace fra il Governo e il partito di maggioranza e dobbiamo tener conto del testo unico dei servizi pubblici locali, un decreto che nasce dal «ddl Madia», passato alla Camera nel luglio 2015 e che in due passaggi recitava di voler rispettare la volontà espressa nel referendum – oltre il danno la beffa – ma in realtà prevede quanto segue: «ridurre la gestione pubblica dei servizi ai soli casi di stretta necessità; garantire la razionalizzazione delle modalità di gestione dei servizi pubblici locali in un'ottica di rafforzamento del ruolo dei soggetti privati». Il decreto è un vero e proprio manifesto liberista che promuove – queste sono frasi prese proprio dal decreto – «la concorrenza, la libertà di stabilimento e la libertà di prestazione di servizi di tutti gli operatori economici interessati alla gestione dei servizi pubblici locali di interesse economico generale». Quindi, facendo quadro con quello che si è detto prima, si mette il pubblico in condizione di non poter operare, grazie a delle restrizioni, grazie a delle leggi che impediscono determinati passaggi, e poi si lascia via libera a tutti gli operatori economici interessati alla gestione dei servizi pubblici.
  Le logiche conseguenze di questo assunto sono: l'obbligo di gestione dei servizi pubblici locali a rete attraverso società per azioni (articolo 7, comma 1); l'obbligo, laddove la società per azioni sia a totale capitale pubblico – come dicevamo prima –, di rendere conto delle ragioni del mancato ricorso al mercato, di presentare un piano economico-finanziario relativo a tutta la durata dell'affidamento, sottoscritto da un istituto di credito, e di acquisire il parere dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Cioè, siamo arrivati al punto in cui il pubblico deve giustificare perché vuole gestire un bene pubblico e il privato invece può tranquillamente fare quello che vuole.
  E perché sia chiaro a tutti come l'anomalia referendaria vada definitivamente consegnata agli archivi, ecco ricomparire, dopo anni in cui si era tentato di nasconderlo dentro la dicitura «oneri finanziari», l'adeguatezza della remunerazione del capitale investito nella composizione della tariffa, nella esatta dicitura che 27 milioni di cittadini avevano democraticamente abrogato. Come fa uno a dirmi che è qui oggi per dar voce a quel referendum se poi abbiamo i decreti dei vari Ministri che vanno proprio dalla parte opposta, reinserendo addirittura quello che era stato abrogato ?
  E dunque veniamo veramente all'adeguatezza della remunerazione del capitale investito. Tutti diventano imprenditori con l'adeguatezza della remunerazione del capitale investito, perché tanto si possono fare tutti gli errori di mercato e tutti gli errori aziendali che uno vuole, ma c’è poi l'adeguatezza della remunerazione. Il totale disprezzo della volontà popolare e della democrazia non poteva essere meglio esternato. Avete annichilito il Paese con la trappola del debito pubblico e lo avete rinchiuso nella gabbia del pareggio di bilancio, del Patto di stabilità e dei vincoli monetaristi. Ora vi apprestate alla definitiva espropriazione di ciò che ci appartiene, per consegnarlo ai grandi interessi delle lobby finanziarie.
  Ci troviamo, poi, anche in alcuni casi a leggere di esternazioni fatte da quello o da quell'altro candidato che mettono a repentaglio il capitale pubblico dei cittadini di Roma, per fare un esempio, come se ci fosse una relazione o come se, almeno, in Italia ci fosse il mercato più lento del mondo, visto che delle esternazioni fatte di domenica, a mercato chiuso, producono effetti il mercoledì dopo. Cioè, in poche parole se qui fosse capitato quello che è capitato nel 1929 a Pag. 36Wall Street, la Borsa di Milano sarebbe caduta due o tre anni dopo, visto che ha queste reazioni così lente.
  Non siamo noi quelli che sostengono i carrozzoni, come il caso Checcucci presente in numerosi CdA di gestori idrici toscani e poi magicamente nominata direttrice del settore acque e bonifiche al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare o l'ormai famosa amministratore delegato Irace che viene dalla solita ragnatela toscano-fiorentina e che qualcuno definiva anche come un possibile candidato per la città di Napoli.
  Non è questo il pubblico che vogliamo, ma è un pubblico trasparente e partecipato dai cittadini e dai lavoratori, partecipato da tutti coloro che hanno a cuore l'accesso garantito all'acqua e la qualità della risorsa unita al «no» sugli sprechi. I gestori privati o quotati in borsa si sono spartiti profitti e guadagni delle tariffe, invece che fare investimenti. Male, certamente, che tante opere siano incompiute e tanti soldi dello Stato e dell'Europa siano rimasti inutilizzati. Dalla storiella del «privato è bello» siete arrivati a dire: «privato è obbligatorio», ma la favoletta non regge più e allora avete cambiato, dicendo che pubblico è impossibile. «Anche se voi vi credete assolti siete lo stesso coinvolti», diceva De André; siete voi da decenni al Governo di questo Paese, la responsabilità è vostra, è della vostra classe dirigente, della vostra modalità di gestire la cosa pubblica, a vostro uso e consumo. Il vostro è l'asservimento ai poteri forti, il vostro è il metodo clientelare. È bene che il PD sappia, fin da subito, che tutto questo non solo non viene fatto nel nome di chi ha promosso la legge popolare, ma è un'espressione di disprezzo della volontà popolare chiara, netta e senza ritorno. Poi, ascoltiamo eletti ed esponenti politici parlare del distacco tra i cittadini e la politica, della progressiva perdita di fiducia nelle istituzioni.
  Leggo molto spesso su Facebook, sul referendum che ci sarà fra poche settimane, persone che commentano dicendo: «Ma come ? Nel 2011 avevamo vinto». Sembrava quasi di non essere in Italia: cittadini informati che non prendevano il volantino, non perché non volevano schierarsi o non ne volevano sapere niente, ma perché già sapevano tutto. Già sapevano i quesiti, già sapevano cosa votare, avevano capito di che cosa si stava parlando. E ora, invece, scrivono le stesse persone: «Nel 2011 abbiamo vinto ma ora vediamo che abbiamo perso». Infatti, ci sono tariffe aumentare del 30-40 per cento, investimenti non fatti, perdite a vista d'occhio, mentre i dividendi delle aziende crescono sempre di più. Iniziano a pensare forse: «Ma cosa andiamo a fare a votare ?» e potremmo riutilizzare una vecchia frase di Mark Twain: «Se votare cambiasse qualcosa non ce lo farebbero fare».
  Noi non crediamo che sia così. Crediamo che votare sia importantissimo e non solo nel referendum ma anche quando si decide chi deve andare in queste Aule a rappresentare quelle istanze. Purtroppo è lì che gli italiani sbagliano; fanno bene a votare i referendum, a prendere una scelta e a capire che cosa stanno votando, ma dovrebbero anche capire chi mandano poi in queste Aule a dar seguito a quelle battaglie che fanno in piazza.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Pellegrino. Ne ha facoltà.

  SERENA PELLEGRINO. Grazie, Presidente. Sottosegretario, onorevoli colleghi, è la prima volta che affronto la discussione generale di un provvedimento con un sentimento carico di tristezza e di rabbia. Nel mio intervento devo necessariamente denunciare e stigmatizzare quanto accaduto in Commissione ambiente, con lo stravolgimento delle norme previste dalla proposta di legge dal titolo chiaro ed inequivocabile: Principi per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque e disposizioni per la ripubblicizzazione del servizio idrico nonché delega al Governo per l'adozione di tributi destinati al suo finanziamento.
  Questa, Presidente, era – sì, era ! – una proposta di legge firmata da 125 deputati appartenenti a vari gruppi politici, attraverso un lavoro concertato e condiviso fin Pag. 37dai primi giorni di questa legislatura, durato mesi e, dialogando con i rappresentanti del Forum italiano dei movimenti per l'acqua pubblica, si era costituito l'intergruppo parlamentare «acqua bene comune», a cui hanno aderito, con passione e interesse, moltissimi deputati. Il fine era quello di redigere una legge che fosse espressione della volontà del popolo sovrano, questo sconosciuto, partendo proprio dalla legge d'iniziativa popolare del 2007, sottoscritta da 400 mila persone, e modificandola alla luce dell'incredibile esito referendario del 2011 che, abrogando proprio la norma che prevedeva la remunerazione del capitale investito, richiedeva a gran voce la ripubblicizzazione del servizio idrico, ovvero che con l'acqua non si possono fare utili né profitto.
  L'esito del referendum, così come voluto da più di 26 milioni di cittadini, dava al legislatore un mandato chiarissimo: la gestione del servizio idrico deve tornare inequivocabilmente pubblica. Voglio ricordare, Presidente, che fu un referendum voluto da un milione di persone; un caso eccezionale nella storia della nostra giovane Repubblica. Si è chiarito che l'acqua è un bene primario, deve essere comune e va garantito il diritto umano universale, indispensabile per la sopravvivenza; un bene a cui tutti devono poter accedere attraverso il principio di sussidiarietà, così come espresso dalla nostra Carta costituzionale. E questo principio, Presidente, può essere garantito esclusivamente dalla gestione pubblica a cui le comunità locali possono partecipare. Nessun privato, nemmeno il più virtuoso, potrà mai garantire questo. E cosa stabiliva la nostra proposta di legge ? Per quanto riguarda i principi relativi alla gestione del servizio idrico, questo veniva qualificato quale servizio pubblico locale privo di rilevanza economica, la cui gestione, quindi, veniva sottratta al principio della libera concorrenza, realizzata senza fini di lucro, orientata al perseguimento di finalità di carattere sociale e ambientale e, non ultimo, finanziata attraverso meccanismi di fiscalità generale e specifica definendo i meccanismi tariffari. Individuava come finalità prioritaria quella di dettare i principi con cui deve essere utilizzato, gestito e governato il patrimonio idrico nazionale, una risorsa enorme che noi abbiamo rispetto ad altri Paesi, nonché quella di favorire la definizione di un governo pubblico e partecipativo del ciclo integrato dell'acqua in grado di garantirne un uso sostenibile e solidale. Veniva regolata la fase transitoria per il passaggio al nuovo assetto di gestione esclusivamente pubblica prevedendo, in particolare, la decadenza immediata di tutte le forme di gestione del servizio idrico affidate in cessione a terzi. Nello specifico, nel caso di affidamento a società a capitale misto pubblico-privato, veniva esplicitato l'avvio del processo di trasformazione in società a capitale interamente pubblico con l'obbligo di successiva trasformazione in ente pubblico. Mentre, nel caso di affidamento a società a capitale interamente pubblico, doveva avvenire la trasformazione, entro un anno, in enti di diritto pubblico, ovvero dei cittadini, ovvero di Stato. Per alcuni privato è bello e lo Stato è un carrozzone corrotto e disonesto, ma per noi lo Stato, così come voluto dai padri costituenti, è ancora un valore che garantisce la libertà per ogni cittadino. È come se di fronte ad azioni corrotte che si sono perpetrate durante questi decenni di vita democratica noi dovessimo eliminare tutte le istituzioni democratiche.
  Questo progetto di legge durante la discussione in Commissione è stato completamente stravolto nel testo, nell'impianto e nei principi fondamentali. Tutti i commissari del Partito Democratico hanno sottoscritto e approvato gli emendamenti che hanno tradito la volontà popolare; hanno soppresso i due articoli cuore della legge, il numero 6 e il numero 7, che prevedevano la ripubblicizzazione del servizio idrico e, contemporaneamente, hanno sostituito interi articoli della proposta di legge. Il servizio idrico integrato viene ora definito come un servizio pubblico locale di interesse economico generale assicurato alla collettività. Formulazione in antitesi con il testo originario che espressamente chiariva Pag. 38che il servizio idrico è considerato servizio pubblico locale, privo di rilevanza economica, proprio a sancirne la sua esclusione da logiche di mercato. Rispetto alla lettera e allo spirito della proposta di legge originaria che specificava che la gestione e l'erogazione del servizio idrico integrato possono essere affidate esclusivamente a enti di diritto pubblico, un altro emendamento del Partito Democratico stabilisce che il servizio idrico dovrà essere affidato a favore di società interamente pubbliche solo in via prioritaria. Si elimina definitivamente la disciplina del regime transitorio per l'attuazione della ripubblicizzazione della gestione del servizio e la previsione di un apposito fondo nazionale per la sua ripubblicizzazione. Quale intervento migliore, questo, per aprire la strada al gestore privato. Il tradimento c’è stato, sia nei confronti del referendum, che nei confronti di tutti coloro che hanno lavorato sul testo originario. È per questo che abbiamo deciso di ritirare tutte le nostre firme.
  Questa legge non è più la nostra legge, Presidente, non è più la legge del popolo sovrano. Ed è invece la volontà del popolo sovrano che dovrebbe essere il faro di ogni rappresentante istituzionale. D'altronde, perché stupirsi quando è di questi giorni la dichiarazione della segreteria del partito di maggioranza che, pur di far fallire il referendum sulle concessioni petrolifere e di gas, ha utilizzato vari stratagemmi, fino all'ultimo di astenersi dal voto referendario, di berlusconiana memoria, uno dei pochi strumenti rimasti al popolo sovrano per manifestare la sua volontà. Non dimentichiamoci che il principio espresso al primo articolo della Costituzione non è solo quello del lavoro, ma anche e, a mio parere prevalente, quello della sovranità popolare. Però non dimentico nemmeno che il Partito Democratico non si è mai espresso ufficialmente a favore del referendum del 2011 – coerenza perfetta –, nonostante coloro che siedono oggi qui su questi scranni abbiano votato due sì per l'acqua, quel 12 e 13 giugno, e abbiano sottoscritto il programma elettorale «Italia. Bene Comune». Ma questa coerenza avrebbero dovuto esplicitarla anche davanti ai propri elettori; avrebbero dovuto presentare una propria proposta di legge e non farci trovare il regalo il giorno in cui abbiamo depositato gli emendamenti. Perché nessuna parola è stata espressa in questi due anni (e mi rivolgo al relatore) ? Tra le varie contraddizioni di questo grande partito accade, però, che un presidente di regione dichiari, proprio in questi giorni, che l'acqua deve essere considerata un bene comune pubblico e, conseguentemente, il servizio idrico privo di rilevanza economica e deve essere gestito da un ente di diritto pubblico, con la più ampia partecipazione della cittadinanza nella gestione e nel controllo. E prosegue: la politica riacquisti la sovranità del governo dell'acqua per garantire il diritto umano all'acqua potabile sancito dalla risoluzione ONU del 2010. E chiede ai suoi parlamentari, ovvero quelli della sua regione, di presentare gli emendamenti necessari a ripristinare il testo originario. Questo non è certo un sovversivo esponente dei forum per l'acqua pubblica, ma il presidente Michele Emiliano. Purtroppo, temo che nessun parlamentare pugliese del partito di maggioranza abbia presentato questi emendamenti, ma vogliamo comunicargli che il gruppo parlamentare Sinistra Italiana ha presentato tutti gli emendamenti che, se il suo partito li voterà, ripristineranno la legge così come voluta dall'intergruppo parlamentare e salvaguarderanno il più grande acquedotto d'Europa, quello pugliese.
  Nel frattempo, invece, in un'altra regione, sempre a guida PD, domani si voterà una legge fotocopia di questa che stiamo discutendo oggi in quest'Aula: è il Friuli Venezia Giulia, purtroppo la mia regione. La motivazione è che se non si procede verso l'unico gestore, ovvero una delle tante multiutilities che danno ai loro soci dividendi più proficui delle azioni bancarie sempre in affanno, e non si apre al capitale privato, la regione non saprà come far fronte alle sanzioni che paiono essere di 58 milioni di euro. Vorrà dire che a breve, Presidente, ci venderemo tutte Pag. 39le fontane, ma credo che quella di Trevi sia già stata promessa qualche decennio fa. Oggi ci ritroviamo con una legge cannibalizzata da un partito che a livello nazionale risponde coerentemente alle logiche dei grandi poteri. La forzatura che ha stravolto la nostra proposta di legge è funzionale a quanto voluto con lo «sblocca Italia», ma soprattutto a quanto previsto dal Testo unico sui servizi pubblici locali col decreto attuativo della legge Madia, la n. 124 del 2015; un manifesto liberista che prevede l'obbligo di gestione dei servizi pubblici locali a rete attraverso società per azioni e ne vieta la gestione pubblica tramite azienda speciale, oltre a ripristinare l'adeguatezza della remunerazione del capitale investito nella composizione della tariffa nell'esatta dicitura che 26 milioni di cittadini avevano abrogato. Posso fare un esempio, Presidente. È come se domani il legislatore decidesse di eliminare il divorzio, un bene sicuramente meno primario dell'acqua. Penso che ci sarebbe la rivoluzione.
  Nella relazione del decreto Madia gli obiettivi prioritari sono due e sono perfettamente espressi. Cito: «ridurre la funzione del pubblico nella gestione dei servizi al minimo e allo stretto necessario» e «rafforzare, nella gestione dei servizi, il ruolo del privato». Non vi ricorda proprio il primo quesito referendario, che abrogava l'obbligo di inserire fino al 40 per cento di capitale privato ? La volontà referendaria sostiene che attraverso l'acqua non si possano fare utili e che le tariffe devono coprire solo i costi.
  Questa proposta di legge disattende l'esito referendario ed è per questo che abbiamo presentato oggi una questione pregiudiziale di costituzionalità al disegno di legge. Vi ricordo, Presidente e sottosegretario, che la Corte costituzionale è già intervenuta per garantire questo referendum. Pochi mesi dopo – e voi eravate all'opposizione –, nell'agosto del 2011, il Governo Berlusconi presentò un decreto che ripresentava tali e quali le norme abrogate dal referendum sull'acqua pubblica. La Corte costituzionale censurò quell'iniziativa perché andava a svilire l'articolo 75 della Costituzione ed era una violazione palese ed esplicita della volontà popolare. Quindi, noi, Presidente, non permetteremo al Governo Renzi-Madia quello che fu impedito da voi stessi a Ronchi-Berlusconi. Non permetteremo la mistificazione della realtà, come ha fatto purtroppo uno dei relatori del Partito Democratico, che mi ha preceduto.
  Siamo assolutamente consapevoli che negli ultimi decenni, davanti all'oro bianco, gli appetiti dei potenti si sono fatti sempre più grandi, come l'asservimento dei nostri governanti, che si dimostrano sempre più deboli. Pochi giorni fa abbiamo celebrato la Giornata mondiale per l'acqua, ma tutti i diritti, ormai, si riconoscono solo nel giorno della celebrazione.
  L'acqua non è un oggetto, non è una merce. È un valore prezioso per la vita di tutti i popoli e di tutti gli abitanti di questa terra. Presidente, mi faccia fare un paradosso. Queste parole mi ricordano i presocratici: ci siamo venduti la terra, ci siamo venduti il fuoco, ci siamo venduti l'aria che respiriamo, io direi che potremmo cercare di non venderci anche l'acqua. Devo dire che continueremo a gridare questo, qui, durante la discussione degli emendamenti, e in tutte le piazze, perché non si abusa della sovranità popolare e non si fa, soprattutto, mercimonio dei beni comuni (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana – Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare, dichiaro pertanto chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo – A.C. 2212-A)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la relatrice di minoranza, onorevole Daga, che, però, non è in Aula. Ha facoltà di replicare il relatore di minoranza, Rondini, che non è in Aula. Ha facoltà di replicare il relatore per la maggioranza, Manfredi, che, però, ha terminato il Pag. 40tempo. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo, se intende. Prendo atto che rinuncia.

(Annunzio di una questione pregiudiziale – A.C. 2212-A)

  PRESIDENTE. Avverto che, a norma dell'articolo 40, comma 1, del Regolamento, prima dell'inizio della discussione sulle linee generali, è stata presentata la questione pregiudiziale di costituzionalità Pellegrino ed altri n. 1, che sarà esaminata e posta in votazione prima di passare all'esame degli articoli del provvedimento (Vedi l'allegato A – A.C. 2212-A).
  Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della mozione Di Vita ed altri n. 1-01196 concernente iniziative in relazione alla revisione del sistema di calcolo dell'Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) (ore 17,35).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Di Vita ed altri n. 1-01196 concernente iniziative in relazione alla revisione del sistema di calcolo dell'Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) (Vedi l'allegato A – Mozioni).
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione della mozione è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 23 marzo 2016.
  Avverto che sono state, altresì, presentate le mozioni Nicchi ed altri n. 1-01197, Sandra Savino ed altri n. 1-01198, Binetti ed altri n. 1-01199 e Rizzetto ed altri n. 1-01200, che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalla mozione all'ordine del giorno, verranno svolte congiuntamente. I relativi testi sono in distribuzione (Vedi l'allegato A – Mozioni).

(Discussione sulle linee generali)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
  È iscritta a parlare l'onorevole Di Vita, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-01196. Ne ha facoltà.

  GIULIA DI VITA. Mariano: tra pensione mia e di mia moglie, più accompagnamento, mi entrano in casa 3.500 euro e, quindi, non ho diritto a niente. Ma tutti questi soloni non sanno che se ne vanno 2.800 euro per assistenza diurna e notturna, con regolari contributi, per mia moglie disabile da più di dieci anni ? Rimangono 700 euro. Sapete che dal 730 posso detrarre poco più del 10 per cento e che se necessitano cure urgenti mediche o paramediche te le devi pagare ? Infatti, prima devi avere la prescrizione del medico di base, che porti al centro assistenza domiciliare, e forse, dopo tre mesi, arriva la visita per accertare e far partire l'iter.
  I succitati economisti, che parlano di benestanti a 1.200 a euro, che in caso di buona salute potrebbe essere quasi accettabile, lo sanno che pomate, creme, colliri, clismi, pannoloni e traverse – perché quelle che passano coprono i due terzi del necessario – te li devi acquistare perché non sono prescrivibili ? E mi fermo qui, con l'augurio che tutti questi sostenitori del risparmio sui più deboli possono al più presto sperimentare cosa vuol dire avere un infermo in casa per lungo tempo.
  Ugo. È veramente scandaloso quello che sta accadendo. Mia suocera, con un figlio disabile non autosufficiente, le cui sole entrate sono la sua pensione minima e la pensione di invalidità del figlio, è passata da un ISEE di 18 mila euro nel 2014 ad uno di 31 mila euro, dichiarando le stesse cose. Ciò sta comportando la perdita di agevolazioni, peraltro minime, per i servizi socioassistenziali che prevedano il requisito minimo di 30 mila euro per l'ISEE. È inaccettabile speculare anche sulle famiglie a basso reddito, con disabili, che, nella maggior parte dei casi, non possono neanche difendersi perché non Pag. 41hanno neanche i soldi per farlo. Questa Italia sta perdendo il valore fondante con cui è nata: la solidarietà.
  Andrea. Io ho un figlio gravemente disabile; spendo per lui (anno 2014) 14.500 euro in terapie riabilitative. Con il nuovo ISEE mi vengono riconosciuti solo 9.500 euro di spesa e, se passa l'impugnativa contro le sentenze del TAR, mi verranno addebitati i 6 mila euro di accompagnamento. Quindi, rispetto a una famiglia con un figlio normodotato e stesso reddito, io risulto (ISEE 2015, post sentenza del TAR) più ricco di 4.500 meno 9.500, ovvero 5 mila euro, che spendo per mio figlio, ma che l'ISEE non mi fa aggiungere. ISEE 2015, senza correzione, come sentenziato dal TAR: risulto più ricco di 14.500 meno 9.500 più 6 mila, ovvero di 11 mila euro, che porta a un ISEE maggiorato di 4.500 euro. Quindi, a parità di reddito, una famiglia con due figli normali, anziché uno solo come la mia, risulta più povera di 4.500 euro. Se passa l'impugnativa contro il TAR, io do le dimissioni e lavoro al nero: a un ladro si risponde rubando.
  Massimo. Io ho una figlia disabile e quest'anno non abbiamo potuto accedere alle agevolazioni, in quanto con l'ISEE di Renzi sforavamo i parametri: semplicemente assurdo. In più, mia figlia dovrebbe frequentare un centro diurno pagato dal comune e lo stesso ci risponde che i fondi sono pochi e così deve mettersi in graduatoria per accedervi. Nel frattempo, noi genitori, non potendo tenerla a casa, paghiamo la retta del centro diurno. Dovrebbero vergognarsi i politici che hanno fatto questa legge.
  Grazia. Mio marito è stato riconosciuto portatore di handicap grave nonché cieco civile e il nuovo ISEE non tiene conto delle spese a cui si va incontro e per cui, a volte, non bastano nemmeno i redditi derivanti dalle pensioni di invalidità.
  Enrico. Le indennità dovrebbero compensare le maggiori spese che l'handicap comporta, non essere considerate reddito.
  Sandro. Sono un amministratore di sostegno di un'invalida civile lasciata sola dalla famiglia, che, con il nuovo ISEE, pagherà per continuare a essere ricoverata in una RSA l'indennità di accompagnamento e la sua pensione di invalidità, lasciandola con una misera pensione reversibilità di 500 euro, che le servirà per i farmaci a pagamento, altro che gratuiti, spese personali e di riabilitazione.
  Sonia. Ho un figlio con disabilità intellettiva. Mi sono vergognata del Paese in cui vivo quando, durante la compilazione dell'ISEE, mi è stato comunicato che dal 2015 avrebbe fatto reddito anche la pensione di mio figlio, come se quei pochi soldi fossero un privilegio e, come tale, debba essere quasi tassato. Quei soldi ci servono per rendere la vita di mio figlio il più dignitosa possibile, per renderlo una persona autonoma, in grado di svolgere attività e di vivere il più serenamente possibile in mezzo a questa società, in questo Paese che di dignitoso oramai ha ben poco, a partire proprio da questo Governo.
  Vittoria. I nostri parlamentari hanno mai provato a vivere con una malattia invalidante e 790 euro al mese lordi ? È una vergogna ! Perché non tagliate i vostri stipendi ?
  Aldebrano. Signori del Governo, ho un figlio di 37 anni affetto da Childhood Vanishing Myelin, una malattia degenerativa del sistema nervoso centrale rarissima, che, giorno dopo giorno, gli toglie capacità motorie e funzionali. Sono ormai ventotto anni che, ogni mattina, quando vado al suo capezzale per accudirlo, mi domando cosa non riuscirà a fare di quello che riusciva a fare fino al giorno prima. In merito ai servizi sociali stiamo arrivando a una situazione che ricorda quella esistente in Germania nell'imminenza del secondo conflitto mondiale.
  Hitler, per distogliere risorse utili alla guerra, si liberò di qualche milioncino di quelli che egli definì bocche inutili da sfamare: vecchi, malati e disabili furono le prime vittime innocenti di un'immensa tragedia che è costata 57 milioni di morti e immani distruzioni. Solo che in questo caso le ragioni per le quali si sta arrivando a questa «fognosa» situazione non sono certo quelle impellenti di fronteggiare una guerra alle porte ma, in spregio alla Carta Pag. 42costituzionale di cui fate quotidianamente strame, salvo evocarla solo quando vi fa comodo, il voler ignobilmente mantenere a tutti i costi la nazione in condizione di sudditanza di privati che si arrogano la proprietà del denaro e che garantiscono a una classe politica vigliaccamente a costoro asservita e genuflessa, di cui voi siete i principali esponenti, di vivere agiatamente in condizione di potere e di profitto, il più delle volte illecito succhiando come zecche immonde il sangue di un popolo ingenuo, pigro, abulico, disinformato, artatamente informato male e anche un po’ codardo. La malattia non è una scelta come assumere droga, ergo la salute non è un costo, è un diritto. La mancanza di denaro non può essere addotta a giustificazione del taglio di servizi a chi soffre e conduce un'esistenza grama: sarebbe come se un ingegnere adducesse la mancanza di chilometri come scusa per non costruire una strada. Malgrado l'ondata di schifo e le numerose proteste elevatesi dal popolo, lor signori non riuscite a smettere di sprecare e di prevaricare a scapito dei più deboli, di chi non può difendersi evidenziando un'insensibilità, una disumanità e una vigliaccheria da quintessenza. Mi riferisco al conteggio delle indennità riconosciute alle persone disabili nell'ISEE familiare, un comportamento arrogante da sceriffo di Nottingham. È grottesco, siete peggio di Superciuk, un tizio strampalato, immortalato in una serie di fumetti, perennemente ubriaco, che rubava ai poveri per dare ai ricchi: il tetto della spudoratezza. E poi vi meravigliate pure se la gente si indigna e si incazza: siete senz'anima, non avete una stilla di umanità, per voi la sofferenza è come una mosca che disturba i vostri pantagruelici pasti. Siete come iene affamate che si buttano in branco sulle prede debilitate o in difficoltà. Le famiglie che assistono un congiunto non autosufficiente sono trattate alla stregua di un fastidio, come pidocchi da schiacciare e lo state facendo: «bancarizzando» l'esistenza umana, facendo cassa sulla sofferenza, operando una sorta di chirurgia fiscale tassando l'assistenza. Se alcuni redditi sono fiscalmente esenti, tali debbono rimanere. L'indennità di accompagnamento e la miserevole pensione di invalidità sono il riconoscimento di una situazione di disagio sociale che serve a dare un aiuto alle famiglie colpite dalla tragedia di avere un congiunto bisognevole di aiuto in ogni secondo della sua straziante esistenza terrena per compiere gli atti quotidiani della vita, per accudirlo nel proprio ambito. Fare questo è un atto d'amore: come volete tassare anche questo ? Smettetela di prendervela con chi non si può difendere: fate ribrezzo, ripulsa, nausea, schifo, disgusto...

  PRESIDENTE. Onorevole Di Vita... onorevole Di Vita (Commenti della deputata Di Salvo)...

  GIULIA DI VITA. Sto leggendo, non sono parole mie...

  PRESIDENTE. Onorevole Di Salvo !... onorevole Di Salvo ! Gentilmente c’è il Presidente ! Onorevole Di Vita, innanzitutto lei si deve rivolgere alla Presidenza...

  GIULIA DI VITA. Sì.

  PRESIDENTE. Per cui questo «voi»: lei si rivolge alla Presidenza, sta parlando alla Presidenza, primo. Secondo, la prego di usare un linguaggio consono a quest'Aula. Non l'ho interrotta per due volte, adesso sta esagerando, quindi la prego di usare un linguaggio consono a quest'Aula...

  GIULIA DI VITA. Va bene.

  PRESIDENTE. Altrimenti sono costretto a richiamarla ancora.

  GIULIA DI VITA. Specifico solamente che queste non sono parole mie ma le parole di persone che ci hanno scritto...

  PRESIDENTE. Non importa: non è che, se si dicono parole di qualcun altro, qui dentro si può riportare qualunque parola. Pag. 43Quindi, in questa sede lei può riportare, usare un linguaggio consono a questa Aula.

  GIULIA DI VITA. Va bene. Mi richiamerà quando lo riterrà opportuno. Assoggettare le indennità e i servizi all'ISEE familiare è un provvedimento ingiusto: significa mandare sul lastrico migliaia di famiglie, significa obbligare le famiglie a rinunciare ad assistere in casa i propri congiunti sfortunati e, seppure a malincuore, a doverli ricoverare presso strutture pubbliche aumentando le sofferenze e i disagi di tutta la famiglia e i costi collettivi: un provvedimento da sprovveduti, un'esecrazione, un orrore, una ripugnanza nauseabonda decisamente insopportabile, intollerabile, inaccettabile. Nicoletta: se penso che queste leggi vengono fatte da persone che non sono disposte a rinunciare neppure ad uno dei loro numerosi privilegi, che vergogna ! Mario: inserire le indennità di accompagnamento e la pensione di invalidità per i disabili gravi e gravissimi nell'ISEE è una contraddizione per lo stesso significato dato al momento dell'istituzione di tali emolumenti. L'Italia, inoltre, non assicura ad alcun disabile la rimozione delle barriere che penalizzano la nostra già effimera esistenza ma perfino la nostra capacità di programmare e progettare quel minimo che possa permetterci di sopravvivere. Luca: il grado di civiltà di una comunità si misura dal rispetto e dalla tutela di questa verso i suoi componenti più deboli e disagiati.
  Non c’è più debole o disagiato di una persona disabile perché in molti casi impossibilitata a svolgere i gesti quotidiani della propria vita in modo autonomo. Questa tutela si ottiene con tutte quelle normative direttamente discendenti dall'articolo 3 della Costituzione italiana per l'integrazione delle persone disabili che non sono solo bimbi o anziani né tantomeno sportivi o artisti: non abbiamo, in quanto disabile anch'io, bisogno di elemosina perché siamo cittadini con pari dignità e diritti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Baldelli che illustrerà anche la mozione Sandra Savino ed altri n. 1-01198 di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

Testo sostituito con errata corrige volante   SIMONE BALDELLI. La ringrazio, Presidente. Illustro la mozione di cui sono cofirmatario che rappresenta un contributo che il gruppo di Forza Italia ha voluto offrire alla discussione di questo tema così rilevante. Siamo di fronte alla sentenza del Consiglio di Stato del 29 febbraio 2016 che riguarda un tema assai delicato ed importante. Il tema è stato affrontato anche nelle sedi parlamentari, nel corso dell'esame della legge di stabilità, è stato affrontato in un question time che reca come prima firma quella dell'onorevole Sandra Savino, prima firmataria anche della mozione che oggi Forza Italia ha depositato e che sarà all'attenzione dell'Assemblea nella fase del seguito della discussione delle mozioni, quando sarà espresso il parere del Governo e voteremo sui dispositivi che impegnano il Governo su questa vicenda. Si tratta di stabilire un principio giusto ed equo cioè quello di fare in modo che non siano inclusi all'interno dell'ISEE, cioè dell'indice della situazione economica equivalente, trattamenti di sostegno alla disabilità perché questo comporta ovviamente un trattamento iniquo. Non sono redditi – ci spiega il Consiglio di Stato – non sono retribuzioni: sono trattamenti di sostegno, sono trattamenti di assistenza, sono esenti da imposizioni fiscali, non concorrono a determinare il reddito. È ovvio che vi rientrano quindi le indennità di accompagnamento, le pensioni INPS per le persone disabili che prima, a seguito di una valutazione successiva al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che è stato emanato nel 2015, erano state incluse all'interno di tutte quelle voci che, sommate, davano come risultato l'indicatore. È evidente che ci siamo trovati di fronte a una situazione di disparità. Peccato, io dico, che questa discussione sia giunta soltanto a seguito della sentenza definitiva del Consiglio di Stato: forse la politica ha il dovere di arrivare prima su questi appuntamenti, su Pag. 44queste battaglie. Probabilmente era più utile riuscire a capire ed acquisire prima il segnale che giungeva dalle diverse sentenze che il tribunale amministrativo del Lazio, ad esempio, aveva pronunciato su questo argomento, su questo tema e che chiaramente davano un quadro chiaro di quella che avrebbe dovuto essere l'interpretazione di questa norma. Anche in relazione, ad esempio, alla differenza di franchigia tra i disabili minori di età e i disabili maggiorenni: altro trattamento iniquo o in qualche misura non equo per chi soffre della stessa inabilità.
  Il principio è che non sono redditi, non sono rendite per cui si retribuisce la disabilità: sono compensazioni, sono trattamenti di sostegno che lo Stato, nella sua veste più solidale, offre a coloro che, proprio perché portatori di un handicap e di una inabilità, sono limitati nelle diverse possibilità, nelle diverse occasioni di produrre reddito. Ed è questo alla base del principio giuridico per cui questo tipo di somme non può essere computato nell'indicatore della situazione economica equivalente.
  Ed è per questo che oggi siamo qui. La mozione di Forza Italia chiede sostanzialmente tre cose: chiede che si faccia una stima della ripercussione in termini di finanza pubblica, di bilancio di questa sentenza. Qual è l'impatto che si ha ? Come si intende poi dare ristoro, con interventi compensativi o risarcitori, a quelli che sino ad oggi sono stati danneggiati da questa normativa ? Ed infine la mozione di Forza Italia chiede anche interventi con gli strumenti tributari disponibili, quindi detrazioni o deduzioni, nei confronti dei portatori di handicap, delle famiglie con portatori di handicap.
  Io credo che questa debba essere una discussione il più possibile serena. Lo ripeto: è stata oggetto anche di question time in Commissione, di analisi, di dibattito anche in questa Assemblea in sede di approvazione della legge di stabilità. Credo che si possa trovare, si debba trovare una soluzione, seppur nella complessità di un meccanismo come quello dell'ISEE, che lascia aperti ancora tanti punti interrogativi proprio in ordine alla complessità. E anche la dichiarazione sostitutiva, tra l'altro, su cui ci sono dei dati che ci fanno pensare che questo fenomeno, questo meccanismo riguardi un quarto del totale; la dichiarazione sostitutiva unica, che interessa 4.800.000 persone: sembra che a seguito di questa sentenza, probabilmente un quarto di queste persone dovranno rivedere in senso positivo, avendo cioè diritto ad una qualche forma di compensazione, la dichiarazione sostitutiva unica.
  Ecco, credo che il Governo per un verso debba monitorare, per l'altro provvedere a fare in modo che chi è stato danneggiato da una norma che viene poi bocciata dal tribunale amministrativo e dal Consiglio di Stato, abbia il giusto risarcimento; e soprattutto che chi ha vissuto, vive sulla propria pelle quotidianamente questa difficoltà, abbia tutelato il proprio diritto, sulla base appunto di ciò che la stessa sentenza stabilisce: queste forme di sostegno non sono reddito, e non vanno trattate come tale. Ci aspettiamo quindi dal Governo un segnale di dialogo e di responsabilità su un tema delicato. Crediamo che non vada affrontato con demagogia, con populismo e con superficialità, ma che vada trattato con serietà; e anche con dei tempi ragionevoli, perché stiamo parlando di una mozione: si tratta di capire se il Governo intenda poi intervenire, e con che strumento, per realizzare il prima possibile, con equità, aggiungo con giustizia sociale, il riequilibrio di una situazione normativa brutta, antipatica proprio perché si crea sulla pelle dei più deboli, che si è venuta a creare fino ad oggi.
  Concludo questo intervento con l'auspicio che nel trattare il seguito di queste mozioni si abbia una risposta del Governo su questo, a testa alta, chiara; e che a differenza di come – ahimè – succede su tanti altri temi, o su diversi altri temi, sia una risposta che dà risultati concreti e in tempi ragionevoli.
  SIMONE BALDELLI. La ringrazio, Presidente. Illustro la mozione di cui sono cofirmatario che rappresenta un contributo che il gruppo di Forza Italia ha voluto offrire alla discussione di questo tema così rilevante. Siamo di fronte alla sentenza del Consiglio di Stato del 29 febbraio 2016 che riguarda un tema assai delicato ed importante. Il tema è stato affrontato anche nelle sedi parlamentari, nel corso dell'esame della legge di stabilità, è stato affrontato in un question time che reca come prima firma quella dell'onorevole Sandra Savino, prima firmataria anche della mozione che oggi Forza Italia ha depositato e che sarà all'attenzione dell'Assemblea nella fase del seguito della discussione delle mozioni, quando sarà espresso il parere del Governo e voteremo sui dispositivi che impegnano il Governo su questa vicenda. Si tratta di stabilire un principio giusto ed equo cioè quello di fare in modo che non siano inclusi all'interno dell'ISEE, cioè dell'indice della situazione economica equivalente, trattamenti di sostegno alla disabilità perché questo comporta ovviamente un trattamento iniquo. Non sono redditi – ci spiega il Consiglio di Stato – non sono retribuzioni: sono trattamenti di sostegno, sono trattamenti di assistenza, sono esenti da imposizioni fiscali, non concorrono a determinare il reddito. È ovvio che in questo discorso rientrano quindi le indennità di accompagnamento, le pensioni INPS per le persone disabili che prima, a seguito di una valutazione successiva al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che è stato emanato nel 2015, erano state incluse all'interno di tutte quelle voci che, sommate, davano come risultato l'indicatore. È evidente che ci siamo trovati di fronte a una situazione di disparità. Peccato, io dico, che questa discussione sia giunta soltanto a seguito della sentenza definitiva del Consiglio di Stato: forse la politica ha il dovere di arrivare prima su questi appuntamenti, su Pag. 44queste battaglie. Probabilmente era più utile riuscire a capire ed acquisire prima il segnale che giungeva dalle diverse sentenze che il tribunale amministrativo del Lazio, ad esempio, aveva pronunciato su questo argomento, su questo tema e che chiaramente davano un quadro chiaro di quella che avrebbe dovuto essere l'interpretazione di questa norma. Anche in relazione, ad esempio, alla differenza di franchigia tra i disabili minori di età e i disabili maggiorenni: altro trattamento iniquo o in qualche misura non equo per chi soffre della stessa inabilità.
  Il principio è che non sono redditi, non sono rendite per cui si retribuisce la disabilità: sono compensazioni, sono trattamenti di sostegno che lo Stato, nella sua veste più solidale, offre a coloro che, proprio perché portatori di un handicap e di una inabilità, sono limitati nelle diverse possibilità, nelle diverse occasioni di produrre reddito. Ed è questo alla base del principio giuridico per cui questo tipo di somme non può essere computato nell'indicatore della situazione economica equivalente.
  Ed è per questo che oggi siamo qui. La mozione di Forza Italia chiede sostanzialmente tre cose: chiede che si faccia una stima della ripercussione in termini di finanza pubblica, di bilancio di questa sentenza. Qual è l'impatto che si ha ? Come si intende poi dare ristoro, con interventi compensativi o risarcitori, a quelli che sino ad oggi sono stati danneggiati da questa normativa ? Ed infine la mozione di Forza Italia chiede anche interventi con gli strumenti tributari disponibili, quindi detrazioni o deduzioni, nei confronti dei portatori di handicap, delle famiglie con portatori di handicap.
  Io credo che questa debba essere una discussione il più possibile serena. Lo ripeto: è stata oggetto anche di question time in Commissione, di analisi, di dibattito anche in questa Assemblea in sede di approvazione della legge di stabilità. Credo che si possa trovare, si debba trovare una soluzione, seppur nella complessità di un meccanismo come quello dell'ISEE, che lascia aperti ancora tanti punti interrogativi proprio in ordine alla complessità. E anche la dichiarazione sostitutiva, tra l'altro, su cui ci sono dei dati che ci fanno pensare che questo fenomeno, questo meccanismo riguardi un quarto del totale; la dichiarazione sostitutiva unica, che interessa 4.800.000 persone: sembra che a seguito di questa sentenza, probabilmente un quarto di queste persone dovranno rivedere in senso positivo, avendo cioè diritto ad una qualche forma di compensazione, la dichiarazione sostitutiva unica.
  Ecco, credo che il Governo per un verso debba monitorare, per l'altro provvedere a fare in modo che chi è stato danneggiato da una norma che viene poi bocciata dal tribunale amministrativo e dal Consiglio di Stato, abbia il giusto risarcimento; e soprattutto che chi ha vissuto, vive sulla propria pelle quotidianamente questa difficoltà, abbia tutelato il proprio diritto, sulla base appunto di ciò che la stessa sentenza stabilisce: queste forme di sostegno non sono reddito, e non vanno trattate come tale. Ci aspettiamo quindi dal Governo un segnale di dialogo e di responsabilità su un tema delicato. Crediamo che non vada affrontato con demagogia, con populismo e con superficialità, ma che vada trattato con serietà; e anche con dei tempi ragionevoli, perché stiamo parlando di una mozione: si tratta di capire se il Governo intenda poi intervenire, e con che strumento, per realizzare il prima possibile, con equità, aggiungo con giustizia sociale, il riequilibrio di una situazione normativa brutta, antipatica proprio perché si crea sulla pelle dei più deboli, che si è venuta a creare fino ad oggi.
  Concludo questo intervento con l'auspicio che nel trattare il seguito di queste mozioni si abbia una risposta del Governo su questo, a testa alta, chiara; e che a differenza di come – ahimè – succede su tanti altri temi, o su diversi altri temi, sia una risposta che dà risultati concreti e in tempi ragionevoli.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Binetti, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-01199. Ne ha facoltà.

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  PAOLA BINETTI. Presidente, Governo, colleghi, premesso che l'indicatore della situazione economica equivalente (in acronimo, ISEE) è uno strumento che in Italia permette di misurare la condizione economica delle famiglie e tiene conto delle condizioni di reddito, patrimonio mobiliare e immobiliare e delle caratteristiche di un nucleo familiare per numerosità e tipologia; ed è quindi uno strumento di welfare che si calcola effettuando il rapporto tra indicatore della situazione economica (ISE) dato dalla somma dei redditi del 20 per cento dei patrimoni mobiliari e immobiliari di tutti i componenti del nucleo familiare, ed un parametro nella scala di equivalenza; è evidente che se tutto questo è vero, deve essere vero che la logica dei numeri che si mettono uno accanto all'altro per ricavare questo indicatore è calcolata correttamente, perché soltanto con questa ipotesi di uno strumento tecnicamente preciso, tecnicamente ed intrinsecamente equo, è possibile poi ricavare attraverso la sua applicazione... Che non sarà mai un'applicazione secondo un determinismo materiale: dato questo, se ne deduce questo; richiederà sempre un'interpretazione ed una capacità di calarsi nelle situazioni concrete delle persone. Ma non c’è dubbio che lo strumento di massima dev'essere uno strumento equo !
  Ed è proprio sull'equità dello strumento che noi siamo chiamati oggi a riflettere. Non soltanto per come questo strumento ha creato problemi concreti – lo abbiamo sentito dire dai colleghi che sono intervenuti precedentemente – in quelle famiglie in cui sono presenti persone portatrici di un qualche tipo di handicap: mi riferisco sostanzialmente all'indennità di accompagnamento che ad un certo punto, con il decreto-legge «salva Italia», è entrata a far parte del calcolo come se fosse un fattore di reddito di queste famiglie. Non è solo quello lo strumento che noi consideriamo inadeguato ! Inadeguato per quale ragione ? Perché quello è un aiuto che viene dato per compensare un deficit. Potremmo dire: la magnanimità dello Stato, che interpreta correttamente l'articolo 3 della Costituzione, decide che in quella situazione e in quelle circostanze, a quelle persone si darà questo tipo di aiuto. Come dire ? Con la mano destra ti do questo aiuto; viceversa poi, nel momento in cui questo valore entra a far parte del reddito familiare, automaticamente il reddito familiare non può che salire, e salendo porrà soprattutto le persone che sono in una zona di frontiera in condizione di non poter più usufruire di quei servizi: quindi con la mano sinistra lo Stato si riprende quello che aveva dato con la mano destra.
  È una situazione del tutto paradossale ! Io faccio riferimento con questo – l'ho già detto qui in quest'Aula – a quanto accadde proprio con il decreto-legge «salva Italia» (era allora Ministro del lavoro e delle politiche sociali il Ministro Fornero): quanto in Commissione personalmente ho cercato di esplicitare questa contraddizione, che apparve talmente chiara a tutte le associazioni ! In particolare ricordo in quel periodo avevamo un intenso rapporto con il Forum delle associazioni familiari, che da subito denunciò questa contraddizione. Non ci fu un modo di farsi capire ! Non ci fu un modo di far capire né sul piano economico, che questa era una misura sostanzialmente ingiusta; ma non ci fu modo nemmeno di farsi capire sul piano della rappresentatività di tale indennità, che serviva semplicemente a garantire alla persona che non era in grado di muoversi autonomamente la possibilità di farlo a livello personale (non a caso si parlava di indennità di accompagnamento). Quindi era qualcosa che aiutava quella persona a recuperare spazi di autonomia, spazi per poter disporre della propria vita; questo senza dover necessariamente in qualche modo ricoinvolgere, come tutte le volte, la famiglia. Era – come dire ? – nello stesso tempo un valore che non poteva essere monetizzato come reddito di famiglia, ma era anche un valore personale, perché rappresentava per questa persona la possibilità di sentirsi un po’ più uguale a tutti gli altri.
  Non ci fu un modo, furono fatte fior di simulazioni, ma non si volle capirlo, nonostante Pag. 46tutto. Ebbene, oggi noi sappiamo che il TAR ha dato ragione di questo e il Consiglio di Stato ha confermato questa cosa, cioè ha confermato che quell'indennità non può essere messa semplicemente in questa cifra; in questa formula matematica che ho descritto prima non ci sta questa cifra, questa cifra è altro da tutto questo. Ora, questo però ci dà la misura di una riflessione molto più profonda che noi dobbiamo fare sull'ISEE, perché l'ISEE non interviene solo ed esclusivamente per calcolare – come dire – le indennità di reddito e quindi, tra virgolette, la possibilità di accedere a una rete di servizi da parte di famiglie che sono quelle che in questo caso prendiamo in considerazione come famiglie in cui è presente un soggetto portatore di handicap; in realtà, noi con l'ISEE stabiliamo quanto una famiglia – mi sia concesso dire questo – di modesto reddito deve pagare per un bambino alla scuola materna, all'asilo, sono le tasse universitarie che questi ragazzi devono pagare per avere diritto a una serie di servizi, e così via dicendo, le pensioni di reversibilità. Nell'ultimissimo decreto di contrasto alla povertà firmato dal Governo, la pensione di reversibilità non è più legata ai contributi versati, ma è legata all'ISEE e cioè diventa, da quella che doveva essere una misura in un certo senso di proporzionalità – tanto ho versato e tanto mi tocca – una misura che rientra nella politica di welfare, in una politica di tipo assistenziale. Se noi andiamo, per esempio, sul sito dell'INPS, e cerchiamo – è stato per me un motivo di curiosità andare a vedere che cosa dice il sito dell'INPS a proposito delle domande che con maggiore frequenza i cittadini italiani pongono per capire meglio a che cosa serve l'ISEE – ebbene, la maggioranza delle domande, tutte le prime domande, sono poste da genitori divorziati, genitori divorziati che si pongono la domanda: «Fino a che punto io rientro in questo parametro ? Fino a che punto ci rientra questo figlio ? Quando scatta la maggiore età di questo figlio» ? La domanda riguarda l'80 per cento delle famiglie italiane, cioè l'ISEE, che – a questo punto possiamo dire «fortunatamente», direi quasi, per un combinato disposto fortunato – ha attratto l'attenzione del TAR per il ricorso di alcune famiglie, ha confermato l'attenzione del Consiglio di Stato per quel senso di giustizia sociale che ogni tanto si riesce anche ad ottenere. Non è soltanto un problema delle famiglie in cui è presente qualche persona con difficoltà del tutto particolari, tanto da avere diritto all'indennità di accompagnamento: è un problema che riguarda l'intera società italiana a qualche titolo (ho fatto i calcoli e sono per lo meno l'80, 85 per cento delle persone che ci riguardano). Ho citato prima i bambini, ho citato gli studenti universitari, ma anche gli anziani per avere accesso a una RSA, per sapere quanto si deve pagare; tutto dipende da questo misterioso indicatore che si chiama ISEE, non tanto misterioso, ma non sempre ben calcolato.
  Credo allora che questa mozione al Governo debba essere una mozione estremamente importante per gli impegni che pone al Governo, perché gli chiede di prendere in considerazione, per giustizia, tipizzandole, tante situazioni diverse, e gli chiede di prendere in considerazione queste situazioni per rafforzare di volta in volta quella che è l'area dei diritti individuali. Per esempio, vedevamo prima come l'indennità di accompagnamento è un tipico diritto individuale perché permette alla persona, nella sua singolarità, di guadagnare spazi di autonomia e permette di conservare l'area dei diritti e della famiglia, nella misura in cui questi genitori si fanno responsabili di figli piccoli, di figli grandi, di figli universitari, di figli con difficoltà che invece sono di tipo sociale; e permette anche di pensare ai figli che si prendono carico dei loro genitori, nel momento in cui abbiamo davanti il panorama di quelle che sono le situazioni degli anziani che dovrebbero in qualche modo trovare una loro sistemazione in un contesto che è altro da quello della famiglia, perché, oggi come oggi, non è nemmeno facile tenere in casa un familiare anziano, tenuto conto delle situazioni in cui viviamo.Pag. 47
  Ora è possibile che questa situazione aiuti il Governo a ripensare tutto il sistema dell'ISEE ?
  A noi non ci sembra sufficiente, ci sembra riduttivo, anche se dico che siamo grati che abbia fatto – come dire – accendere i riflettori sul problema. Ma non è possibile. Noi vogliamo che, nella misura in cui la natura stessa dell'ISEE è un indicatore dei bisogni familiari, allora tutti i bisogni familiari trovino la loro collocazione, trovino la loro attenzione e si pensi alla famiglia non più come a una sommatoria di individui che condividono uno stesso – potremmo dire – contesto fisico, la casa, ma la si pensi nella prospettiva di una rete di relazioni e di legami reciproci in cui ognuno trova forza dall'appoggio che gli viene dagli altri, ma trova anche il diritto di essere il meno possibile di peso agli altri, perché questo poi significa in qualche modo supplire a delle necessità che ci sono in questa famiglia; in qualche modo questo significa prendere in considerazione la famiglia come il primo e principale nucleo di coesione sociale; il maggiore investimento che lo Stato dovrebbe fare è proprio nella dimensione del rafforzare la coesione a livello familiare. Stiamo parlando di misure economiche, ma sappiamo anche come le misure economiche comunque rappresentino o possano rappresentare o un devastante fattore che fa deflagrare situazioni drammatiche, o, viceversa, possa diventare proprio l'opportunità della solidarietà, l'opportunità della sussidiarietà familiare, ma anche l'opportunità di sentirsi, gli uni per gli altri, risorsa e non soltanto peso.
  Negli impegni che noi in qualche modo proponiamo al Governo, sicuramente accanto a quelli che sono stati già detti, che son quelli di valutare effettivamente la consistenza delle persone che si sono sentite defraudate da questo tipo di approccio, e nella misura in cui questo si può fare venire incontro ai bisogni di queste persone per restituire – come si dice – a Cesare quel che è di Cesare e quindi veramente restituire a chi ne ha diritto ciò a cui aveva diritto, noi chiediamo anche che venga – ed è importante questo ed io mi rivolgo davvero con particolare interesse al Governo, conoscendone anche la sensibilità e rilamentandone l'incapacità di ascolto in un'occasione precedente – creato di nuovo un tavolo anche con le associazioni familiari in cui ci sono persone portatrici di handicap, ma anche con le associazioni familiari che hanno bambini. Semplicemente, tutti noi sappiamo perfettamente – e l'abbiamo detto in quest'Aula discutendo una mozione, a prima firma di Maurizio Lupi, proprio a proposito della famiglia – come ogni bambino che nasce in una famiglia comporti un impoverimento che è stato misurato nell'entità del 20 per cento e non è possibile che le famiglie italiane strutturalmente debbano rinunciare ad avere dei figli perché ogni figlio è, in primo luogo, elemento di impoverimento perché non ci si può prendere cura di un altro bambino e, in secondo luogo, perché, nell'occasione in cui nasca il secondo figlio, la donna abitualmente – sappiamo che è proprio lì il punto di caduta – deve rinunciare al proprio lavoro professionale. Dobbiamo pure fare qualche cosa e dobbiamo farlo insistendo attraverso gli strumenti e le misure che sono a nostra disposizione e l'ISEE è uno strumento potente, può addirittura diventare l'anticamera – se correttamente interpretato – di una delle battaglie che noi facciamo da più legislature, attraverso il quoziente familiare, cioè può diventare la modalità di ripensare in termini più equi le pressioni fiscali, perché non si scarichino, attraverso quella che io considero davvero una mancanza di pesante sensibilità, soprattutto in una cultura come quella italiana che mette la famiglia al centro. Non è possibile che la famiglia, Presidente, faccia opinione soltanto quando qualcuno diventa oggetto di violenza in famiglia, perché c’è anche una violenza che noi facciamo alla famiglia, ignorandone i bisogni e le prospettive. Quindi, queste sono alcune delle osservazioni che il Governo troverà nella nostra mozione, però insisto: bene hanno fatto i colleghi e bene hanno fatto ovviamente il TAR e il Consiglio di Stato a puntare i Pag. 48riflettori sulle famiglie con figli che sono in qualche modo portatori di handicap, ma non ci fermiamo là, perché questo è soltanto l'inizio di una storia che noi vorremmo che andasse avanti con molto più coraggio e con molta più audacia.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Rizzetto, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-01200. Ne ha facoltà.

  WALTER RIZZETTO. Grazie, Presidente. Io ho ascoltato volentieri tutti gli interventi che si sono susseguiti sino a questo momento e stavo riflettendo in questo momento, quando la collega Binetti ha terminato chiamandole «pesanti responsabilità». Ebbene, Presidente, io penso che sia assolutamente imbarazzante per coloro che fan parte della maggioranza, al netto della Presidenza attuale, sentirsi dire queste parole: «Ha fatto bene il TAR», «Ci sono delle pesanti responsabilità»; e sentire queste parole da parte di una deputata che, di fatto, fa parte della maggioranza.
  A dicembre dello scorso anno avete votato una legge di stabilità che comprendeva evidentemente anche l'indicatore della situazione economica equivalente in termini di taglio. In questo momento quindi, dopo pochi giorni, dopo pochi mesi, un rappresentante della vostra maggioranza vi sta dicendo che avete delle grandi responsabilità. Tra l'altro, Presidente, io non sono solito – lo sa – usare il turpiloquio, però ho ascoltato prima il suo richiamo alla collega Di Vita e penso che mai come in questo caso, Presidente, usare il turpiloquio, che non userò, sarà ed è un qualcosa di assolutamente incisivo, poiché, sottosegretario, il Governo, in seno alla legge di stabilità, ha fatto una vera e propria schifezza rispetto all'ISEE.
  Sappiamo tutti – e non serve leggere i giornali – che gli indici di povertà negli ultimi tempi hanno registrato continui aumenti e sono state sacrificate, tra l'altro, sempre e sempre più spesso le prestazioni sociali e socio-sanitarie a sostegno delle persone meno abbienti (su questo, collega Binetti, siamo assolutamente d'accordo). E, quindi, voi cosa avete fatto ? La maggioranza che cosa ha fatto ? Va ad applicare, in questo caso in seno all'indicatore, un sistema di calcolo assolutamente ingiusto e distorto, che ha danneggiato proprio chi ne ha bisogno.
  Prima il collega Baldelli citava la genesi che ha visto l'istituzione dell'ISEE. Vado un po’ indietro: l'ISEE è stato istituito nel 1998, proprio per valutare e confrontare – vado a citare – «la situazione economica dei nuclei familiari, al fine di regolarne l'accesso alle prestazioni sociali e socio-sanitarie». È uno strumento di sostegno a far data dal 1998, uno strumento di assoluta civiltà nei confronti di queste persone che ne abbisognano e che voi in questo caso avete assolutamente falciato. Ora, come avete fatto a falciare e a ridurre l'ISEE a quanto di fatto ad oggi si è ridotto ? Diciamo che il nuovo calcolo in questo caso ha previsto – cosa già citata dai colleghi, ma repetita iuvant – l'inclusione nell'indicatore di tutti i redditi percepiti dai componenti del nucleo familiare, le pensioni di invalidità, l'indennità di accompagnamento e non ho sentito – o ho sentito poco – in quest'Aula anche le borse di studio percepite dagli studenti universitari, alla faccia di quello che vuole far vedere il Governo Renzi nei confronti della scuola e dell'università italiana, già massacrata e massacrata ulteriormente visto che all'interno del calcolo ISEE ci stanno dentro adesso anche le cosiddette borse di studio universitarie.
  Quindi, Presidente, diciamo che non è stato fatto in questi mesi – e non l'ho visto né durante la legge di stabilità né durante questi mesi – tra l'altro un qualcosa che sarebbe andato a braccetto, in parallelo con la riforma da voi voluta rispetto all'indicatore, che è l'adeguamento alle soglie del reddito. Se si va a modificare l'ISEE si va, di fatto, ad adeguare e ad indicizzare, con nuovi indici per l'appunto, l'adeguamento alle soglie del reddito, ma non l'avete fatto. Ebbene, noi abbiamo quantificato, in un emendamento presentato dalla collega Giorgia Meloni sempre in legge di stabilità, la copertura ISEE, per non fare quello che di fatto avete normato, Pag. 49in 3 milioni di euro. Presidente, 3 milioni di euro ! Avete dato 9 milioni di euro, tanto per fare un esempio, al casinò di Campione e, quindi, avete dato al casinò di Campione, alla città di Campione, tre volte tanto quelle che potevano essere le misure per rappresentare e per far restare nell'ex status quo il cosiddetto ISEE. Quindi, per l'ennesima volta il Governo Renzi, Presidente, sta andando a toccare, sta andando ad infierire sulla carne viva rispetto alle fasce deboli della popolazione.
  Lo fate con le banche, lo fate con i consumatori, lo fate con il mondo del lavoro, lo fate con la scuola ed oggi lo fate, a maggior ragione, con l'ISEE. Infatti, quali sono le fasce di popolazione che possono essere toccate maggiormente rispetto a questo passaggio ? Sono i cittadini con altre abilità, sono i cosiddetti disabili, esclusi, di fatto, dall'accesso ai presidi sanitari e a numerose prestazioni assistenziali e, inoltre, andate a toccare – lo ricordo e vado a ricollegarmi a quanto detto prima – anche gli studenti. Attenzione ! C’è un dato di pochi giorni fa: il 10 per cento degli studenti universitari è già, in pochi mesi, decaduto dal diritto di percepire borse di studio. Tra l'altro, Presidente, io stamattina ero a colloquio con il sindaco di un paese del Friuli Venezia-Giulia di qualche migliaio di abitanti, che mi ha riferito che già spesso i cittadini si recano da lui per poter capire come fare a non prendere l'accompagnamento per poter rientrare entro quel calcolo precedente che è a monte rispetto all'ISEE.
  Quindi, oltre che aver fatto un danno ai cittadini e al ventre molle, alle fasce deboli, della popolazione, state facendo un qualcosa di incostituzionale, in contrasto – in netto contrasto ! – con lo stesso articolo 3 della Costituzione. Quindi, state massacrando, di fatto, una categoria e state andando per l'ennesima volta – ancora ed ancora una volta – contro la Costituzione. È inammissibile, Presidente, che tali entrate siano di fatto fondamentalmente equiparate – e mi fa piacere che ci sia il sottosegretario Biondelli, che si è dimostrata molto spesso attenta, anche da noi in Commissione, a questi elementi – a quello che non dovrebbe essere, cioè ad un reddito da lavoro. Disabilità e redditi, Presidente e sottosegretario, non sono di certo equiparabili. Ricordavano i colleghi – e lo ricordo anch'io per l'ennesima volta – che oltre al Consiglio di Stato ci sono sentenze del TAR del Lazio ad esempio, che hanno accolto i ricorsi e che hanno dichiarato l'illegittimità del nuovo regolamento relativo all'ISEE.
  E allora il Governo, invece di stare zitto e dare ragione, di fatto, ad una sentenza del tribunale, ad una sentenza del TAR, che cosa fa ? Fa ricorso, perché il Governo ha fatto ricorso al TAR. Quindi, è come se lei, Presidente – e non glielo auguro assolutamente, per mere distanze politiche –, divenuto un giorno sindaco di Roma, si ritrova che i suoi cittadini, la fascia debole della sua cittadinanza, presentano un ricorso al TAR. E lei che cosa fa ? Invece di ascoltare questa fascia debole di popolazione, Presidente, va a fare ricorso allo stesso TAR.
  È dunque assurdo che, per stabilire un principio costituzionale, oltre che di giustizia, le associazioni di disabili siano state costrette non a rivolgersi alla politica, non a rivolgersi ai deputati, non a rivolgersi a quest'Aula, che li ha schiaffeggiati di fatto, ma sono state costrette a rivolgersi al giudice amministrativo. Io penso, Presidente, che oltre a tutto questo – e lo sottolineo per la seconda o terza volta con forza – resta ancora insoluta la situazione nei confronti di centinaia di giovani studenti universitari che, dovendo includere nel reddito le cosiddette borse di studio, si sono visti in prospettiva già negare le borse di studio per il successivo anno accademico. Quindi, Presidente, è un vero e proprio pasticcio.
  La nostra mozione – e vado a concludere – che cosa chiede ? Chiede innanzitutto di adeguare le disposizioni relative al calcolo dell'ISEE rispetto a quanto detto prima, nel senso che non possono essere corrisposte e comprese nel calcolo ISEE pensioni di invalidità, indennità di accompagnamento e borse di studio. Penso che sia assolutamente un qualcosa da fare e penso che la stessa maggioranza possa Pag. 50avere occhi ed orecchi attenti rispetto a questa nostra esigenza. Ci sono delle mozioni presentate e avete ancora qualche ora di tempo per poter decidere un qualcosa che sicuramente è una battaglia di assoluta giustizia nei confronti dei cittadini italiani.
  Presidente, il secondo impegno della nostra mozione va ad indicare come adottare tutte le misure riparatorie – anche se in pochi mesi, ma comunque misure riparatorie – nei confronti di coloro che hanno subito un danno.
  Infatti, se in questi mesi le persone hanno ricevuto un danno – e io sono sicuro, colleghi, che la stessa maggioranza si è accorta di aver fatto una vera e propria schifezza –, lo rinnovo: 3 milioni di euro di coperture. Abbiamo dato soldi alla città di Campione; abbiamo dato soldi ai calciatori; abbiamo dato soldi, in quella stabilità, a bande musicali e non siamo riusciti, con un'operazione di assoluto buonsenso, a lasciare le cose come stavano, anche aumentando i controlli, ci mancherebbe altro, ma restando in quello status quo che evidentemente era un qualcosa di vitale, di importante, di significativo proprio per le fasce deboli della popolazione. E il terzo impegno, Presidente, è porre in essere idonei provvedimenti al fine di escludere dal calcolo del reddito le borse di studio percepite dagli studenti.
  Chiudo, Presidente, dicendo nuovamente che io non sono solito usare il turpiloquio; non citerò, come ha fatto il collega prima, Mark Twain, ma citerò una persona ed un personaggio della televisione che purtroppo è mancato, che a me stava particolarmente simpatico, che era Gianfranco Funari. Bene, Gianfranco Funari che cosa diceva, Presidente ? Diceva che quando uno è uno... (e lì usava il turpiloquio), non gli puoi dire che è uno stupidino, ma gli deve dire che è uno... (e usava quel termine). Bene, i colleghi della maggioranza e la maggioranza stessa hanno fatto una vera e propria cazzata. Cazzata, Presidente, la anticipo, una sentenza della Cassazione del 2009 dice che non è turpiloquio e non è offesa.
  Quindi, Presidente, a parte chiaramente gli scherzi, c’è ben poco da scherzare in questo frangente. Io penso che chi sbaglia paga. In questo caso, la maggioranza e i partiti che sostengono la maggioranza hanno evidentemente sbagliato peccando di un bullismo istituzionale che va, lo rinnovo, ad intaccare tutte le fasce deboli della popolazione, in questo caso coloro che erano prima legittimamente inseriti in un giusto calcolo ISEE, i disabili, e non per ultimi gli studenti. Penso, Presidente, che per applicare una regola di buonsenso e per poter tornare indietro sui propri passi ci sia ancora qualche ora. Confido che il Governo accetti gli impegni di tutte le mozioni o di quasi tutte le mozioni che sono state presentate, quantomeno quelle che vanno anche nel senso della stessa da noi presentata. Quindi, immagino che non sia mai, sottosegretario, troppo tardi per tornare indietro e non sia mai troppo tardi per cercare di fare finalmente, anche da parte di questo Esecutivo, di questo pessimo, se mi permette, Esecutivo, una bella figura che effettivamente non andrebbe a rivalutare quanto dall'Esecutivo e dal Partito Democratico fatto sinora, ma quantomeno restituirebbe dignità a persone che in questi mesi, che in questi tempi, l'hanno completamente persa.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Miotto. Ne ha facoltà.

  ANNA MARGHERITA MIOTTO. Grazie Presidente. Sono quasi vent'anni che siamo alle prese con il problema di fissare criteri uniformi per la valutazione della situazione economica delle persone che chiedono prestazioni o servizi sociali o assistenziali che non hanno le caratteristiche dell'universalità oppure prestazioni o servizi collegati nella misura o al costo o a determinate situazioni economiche. L'ISEE è diventato perciò il metodo ordinario di valutazione della situazione economica di coloro che chiedono prestazioni economiche agevolate. L'originario strumento è stato normato con il decreto legislativo n. 109 del 1998 e si è rivelato inefficace per assicurare con equità i beneficiari Pag. 51di tali prestazioni. Pertanto, con l'articolo 5 del decreto-legge n. 201 del 2011 se ne è prevista la riforma. È il cosiddetto decreto «salva Italia» che fin dalla sua approvazione sollevò vari interrogativi, anche talune perplessità, per la semplice ragione che fra le componenti del reddito non assoggettato ad Irpef avrebbero potuto essere ricomprese anche provvidenze di natura assistenziale o risarcitorie disposte a favore di persone con disabilità che con grande difficoltà potevano essere assimilate alla nozione di reddito. Infatti, dopo l'entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 159 del 2013, i ricorsi presentati al TAR Lazio furono parzialmente accolti, come, peraltro, è avvenuto con la recente sentenza del Consiglio di Stato.
  Oggetto dei rilievi accolti – e qui occorre precisarlo perché ho sentito mettere in discussione tutto l'impianto dell'ISEE in questo dibattito di oggi – è l'articolo 4, comma 2, lettera f) del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 159 del 2013 che aveva incluso nel computo dell'indicatore della situazione reddituale i trattamenti assistenziali, previdenziali, indennitari, incluse le carte di debito, a qualunque titolo percepiti da amministrazioni pubbliche. Dopo la sentenza ciò non potrà essere più previsto. Perciò, l'indicatore della situazione reddituale non potrà più contenere le pensioni, gli assegni, le indennità per minorazioni civili, assegni sociali, indennità per invalidità sul lavoro, indennizzi per trasfusioni o vaccinazioni, assegni di cura e analoghe misure che finora erano considerate analoghe al reddito.
  Il secondo rilievo accolto dal Consiglio di Stato riguarda la norma contenuta nell'articolo 4, comma 4, lettera d), che prevede l'innalzamento delle franchigie per i soli minorenni. Queste sono le due questioni da affrontare. Nelle intenzioni del legislatore, l'inserimento nella quota cosiddetta «reddito» delle prestazioni assistenziali avrebbe trovato nelle spese detraibili e nelle franchigie una compensazione tale da sterilizzarne in numerosi casi l'impatto. Per le persone con disabilità media, la franchigia di 4 mila euro era incrementata a 5.500 euro nel caso di persone minorenni; per la disabilità grave, la franchigia di 5.500 euro era incrementata a 7.500 euro nel caso di persona minorenne; nel caso di persona non autosufficiente, la franchigia era di 7 mila euro, incrementata a 9.500 euro se minorenne. L'effetto compensativo delle franchigie è evidente se confrontiamo i 7 mila euro della franchigia per le persone non autosufficienti che sono destinatarie dell'assegno di accompagnamento che ammonta a 6.102 euro. Voglio ricordare che il vecchio ISEE non prevedeva le detrazioni e le franchigie previste dal nuovo ISEE. Tuttavia, il Consiglio di Stato, nella nota sentenza, ha rilevato che l'effetto compensativo non è soddisfacente, quasi a significare che l'effetto compensativo, se previsto in misura diversa, probabilmente avrebbe soddisfatto la norma. Non è soddisfacente in verità perché in talune circostanze, ad esempio nel caso di pluriminorazioni, l'ammontare della franchigia dovrebbe essere più elevata. Spiace, però, rilevare che lo stesso Consiglio di Stato avesse dato il via libera al decreto prima della sua approvazione. Devo ricordare che la circostanza della pluriminorazione era stata evidenziata già nel parere della Commissione affari sociali allorché all'inizio di questa legislatura, a fine 2013, si espresse sulla bozza di decreto.
  Ora si impone una nuova fase di riforma, non solo per adempiere a quanto statuito dalle sentenze del TAR e del Consiglio di Stato, ma anche per ripensare ad uno strumento che nonostante le lacune ha dimostrato di raccogliere alcune esigenze che il vecchio ISEE ripresentava. E mi auguro che non ci sia qualcuno che intende ritornare al vecchio ISEE. In particolare, ritengo che alcune caratteristiche del nuovo ISEE vadano preservate. Primo: la nozione di reddito disponibile più coerente con l'originaria impostazione sulle somme fiscalmente esenti prevista dall'articolo 5 del decreto-legge n. 201 del 2011. Secondo: la capacità selettiva dell'indicatore che associa al reddito il patrimonio.Pag. 52
  Terzo: la valorizzazione, mediante le scale di equivalenza, delle caratteristiche dei nuclei familiari con più figli e con le persone con disabilità. Quarto: la differenziazione dell'indicatore in riferimento al tipo di prestazione richiesta. Quinto: il rafforzamento dei controlli, anche mediante l'uso interattivo delle banche dati, allo scopo di ridurre un indebito accesso alle prestazioni agevolate. Sono cinque orientamenti che non sono interpellati dalla nota sentenza del Consiglio di Stato.
  Peraltro, la fase di nuova riforma dell'ISEE, che si apre e che non ha bisogno di copertura, come ho sentito dire poco fa, perché è un'unità di misura, non è una prestazione di natura assistenziale, può avvalersi dell'importante esperienza condotta finora, che ci autorizza a stimare in misura assai limitata il possibile danno subito dalle famiglie con persone disabili in conseguenza delle modalità di calcolo ora da rimuovere.
  Ovviamente, auspichiamo un intervento rapido del Governo per risarcire eventualmente i danni subiti, ma la tempestività si rende necessaria ancor più per consentire ai CAF di uscire dall'incertezza e per i comuni e per le regioni di adeguare i regolamenti, che, peraltro, scontavano già abbondanti ritardi. Da questo punto di vista, a proposito delle possibili famiglie danneggiate, è importante qui riportare un dato che ho trovato in una recente ricerca dell'IRS, che sistema attorno al 10 per cento la quota dei comuni che hanno adottato il nuovo ISEE. Questa stima è molto bassa. Sono pochissimi, quindi, i comuni che l'hanno applicato. Ne consegue che sono assai limitati i casi in cui sono derivati effetti negativi sulle famiglie con persone con disabilità.
  Sul versante dell'impatto del nuovo ISEE, penso che sia utile qui ricordare quanto ci dice l'ultimo report del Ministero del lavoro riguardante il monitoraggio al terzo trimestre 2015, pubblicato nel gennaio 2016. Nei primi nove mesi del 2015 sono state presentate circa 3 milioni e mezzo di dichiarazioni (il 16,7 per cento della popolazione residente, a fronte del 22 del 2014). Occorre interrogarsi su questa diminuzione. Molto probabilmente coglie un obiettivo di maggiore trasparenza ed equità. Il 50 per cento delle dichiarazioni proviene da nuclei familiari con minorenni, circa il 20 per cento da quelle con persone disabili. Perciò, le necessarie modifiche da apportare non riguarderanno l'80 per cento delle dichiarazioni. Allora, bando al panico, lo dico al Governo: se sono veri i dati del monitoraggio, l'80 per cento delle dichiarazioni non sono interpellate dalla sentenza del Consiglio di Stato.
  Il nuovo ISEE è più favorevole del precedente per quasi la metà dei nuclei familiari (47 per cento), mentre è meno favorevole nel 42 per cento dei casi e ciò è dovuto a un dato: alla componente riconducibile al patrimonio, che comporta un incremento del 50 per cento del peso effettivo nella costruzione dell'ISEE. Confrontando i primi nove mesi del 2015 con l'analogo periodo del 2014, le dichiarazioni con patrimonio nullo passano dal 69 per cento al 16 per cento. E questo – devo dire – è un risultato straordinariamente importante sul versante dell'equità.
  Forse dovrà dire qualcosa questo dato, se, come spero, siamo davvero preoccupati che questa sia una misura equa. Per i nuclei con disabili gli ISEE nulli passano da meno dell'8 per cento a più del 17 per cento della popolazione. Infatti, come veniva ricordato, quando venne discusso il provvedimento si disse che era un provvedimento che avrebbe tenuto in grande considerazione le famiglie con persone disabili.
  Se gli ISEE zero passano dall'8 al 17 per cento, vuol dire che questo obiettivo è stato colto.
  Le nuove regole favoriscono nettamente i nuclei familiari sotto i 3 mila euro, cioè il nuovo ISEE prende atto di coloro che stanno male. Viceversa, per i nuclei superiori a 30 mila euro ISEE, ove si concentra il 6 per cento della popolazione, la quota dei nuclei con persone non autosufficienti o con disabilità appare svantaggiata dalle nuove regole, proprio per effetto del patrimonio Pag. 53mobiliare ed immobiliare, che, peraltro, non viene sfiorato dalla sentenza di cui discutiamo.
  Anche alla luce degli esiti del monitoraggio, ci apprestiamo a depositare una mozione come gruppo, al fine di impegnare il Governo, oltre che a recepire la sentenza, che non si discute, a prevedere una fase transitoria, nella quale siano fatte salve le condizioni di miglior favore, che vanno salvaguardate in particolare per i nuclei familiari con persone con disabilità.
  Forse va ricordato che il provvedimento è a costo zero. La conseguenza di un diverso metro di misura dei redditi comporta una variazione delle soglie dell'ISEE che ciascuna amministrazione è tenuta a stabilire ed è quello il livello di discussione per stabilire davvero se questo incide o meno sui bilanci di ciascuna amministrazione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Dall'Osso. Ne ha facoltà.

  MATTEO DALL'OSSO. Grazie, Presidente. Con questa mozione vorremmo impegnare il Governo a non considerare reddito le previsioni assistenziali date a disabilità non scelte e non volute. Per questo, vi chiediamo di votare favorevolmente questa mozione, proprio per fugare ogni dubbio. Inoltre, Presidente, se ce la boccerete, fatelo, ma fatelo guardando in basso e così per sempre, perché, mentre voi voterete, noi, di qui, minoranza, vi guarderemo negli occhi...

  PRESIDENTE. Onorevole...

  MATTEO DALL'OSSO. Un minuto ? Parlo un minuto. Da disabile e legislatore mi trovo in questa imbarazzante situazione di far parte di un Parlamento che non solo non tutela i diritti dei più deboli, ma si accanisce contro di noi. E il PD meno L si tira indietro contro le proprie responsabilità e ricordo che è stato eletto con una legge elettorale incostituzionale. Questo non lo abbiamo detto noi...

  PRESIDENTE. Concluda, onorevole Dall'Osso.

  MATTEO DALL'OSSO. ... ma la Corte costituzionale.
  Presidente, infine, concludo dicendo che chi fa parte della maggioranza, come Ileana Argentin o l'altra ragazza disabile, onorevole Laura Coccia, a cui chiederei di alzarsi e parlare, solo che non le vedo in Aula...

  PRESIDENTE. Concluda, onorevole Dall'Osso.

  MATTEO DALL'OSSO. È ora il momento. Concludo dicendo questo.

  PRESIDENTE. Non essendovi altri iscritti a parlare, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali. Prendo atto che il Governo si riserva di intervenire per il parere sulle mozioni.
  Il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta.

Sull'ordine dei lavori (ore 18,44).

  PRESIDENTE. Avverto che, entro la relativa discussione, è stata, altresì, presentata la risoluzione Catanoso e Russo n. 6-00231, riferita alla relazione sulla contraffazione nel settore dell'olio di oliva, approvata dalla Commissione parlamentare d'inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo.

Modifica nella composizione della Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte del militare Emanuele Scieri.

  PRESIDENTE. Comunico che la Presidente della Camera ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte del militare Emanuele Scieri il deputato Giuseppe Zappulla in sostituzione della deputata Elena Carnevali, dimissionaria.

Pag. 54

Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Mercoledì 30 marzo 2016, alle 11:

  1. – Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:
   SENALDI ed altri; QUINTARELLI ed altri; ALLASIA ed altri; BORGHESE e MERLO: Disposizioni per l'introduzione di un sistema di tracciabilità dei prodotti finalizzato alla tutela del consumatore (C. 1454-2522-2868-3320-A).
  – Relatrice: Bini.

  2. – Seguito della discussione della Relazione della XIV Commissione sulla Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea riferita all'anno 2016, sul Programma di lavoro della Commissione per il 2016 e sul Programma di diciotto mesi del Consiglio dell'Unione europea (Doc. LXXXVII-bis, n. 4-A).
  – Relatrice: Berlinghieri.

  3. – Seguito della discussione dei disegni di legge:
   S. 1829 – Ratifica ed esecuzione dell'Accordo fra la Repubblica italiana e la Repubblica orientale dell'Uruguay riguardante lo svolgimento di attività lavorativa da parte dei familiari conviventi del personale diplomatico, consolare e tecnico-amministrativo, fatto a Roma il 26 agosto 2014 (Approvato dal Senato) (C. 3302).
  – Relatore: Porta.
   Ratifica ed esecuzione della Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e la Santa Sede in materia fiscale, fatta nella Città del Vaticano il 1o aprile 2015 (C. 3329-A).
  – Relatore: Monaco.
   Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Principato di Monaco sullo scambio di informazioni in materia fiscale, con Protocollo, fatto a Monaco il 2 marzo 2015 (C. 3330).
  – Relatore: Rabino.
   Ratifica ed esecuzione dei seguenti accordi in materia ambientale: a) Emendamento di Doha al Protocollo di Kyoto alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, fatto a Doha l'8 dicembre 2012; b) Accordo tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e l'Islanda, dall'altra, per quanto concerne la partecipazione dell'Islanda all'adempimento congiunto degli impegni dell'Unione europea, dei suoi Stati membri e dell'Islanda per il secondo periodo di impegno del Protocollo di Kyoto della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, fatto a Bruxelles il 1o aprile 2015; c) Protocollo relativo alla cooperazione in materia di prevenzione dell'inquinamento provocato dalle navi e, in caso di situazione critica, di lotta contro l'inquinamento del Mare Mediterraneo, fatto alla Valletta il 25 gennaio 2002; d) Decisione II/14 recante emendamento alla Convenzione sulla valutazione dell'impatto ambientale in un contesto transfrontaliero, fatta ad Espoo il 25 febbraio 1991, adottata a Sofia il 27 febbraio 2001; e) Decisione III/7 recante il secondo emendamento alla Convenzione sulla valutazione dell'impatto ambientale in un contesto transfrontaliero, fatta ad Espoo il 25 febbraio 1991, adottata a Cavtat il 1o-4 giugno 2004; f) Protocollo sulla valutazione ambientale strategica alla Convenzione sulla valutazione dell'impatto ambientale in un contesto transfrontaliero, fatta ad Espoo il 25 febbraio 1991, fatto a Kiev il 21 maggio 2003 (C. 3512-A).
  – Relatori: Censore, per la III Commissione; Stella Bianchi, per l'VIII Commissione.
   Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Principato del Liechtenstein Pag. 55sullo scambio di informazioni in materia fiscale, con Protocollo e Protocollo Aggiuntivo, fatto a Roma il 26 febbraio 2015 (C. 3332).
  – Relatore: Nicoletti.
   S. 1972 – Ratifica ed esecuzione dell'Accordo quadro globale di partenariato e cooperazione tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica socialista del Vietnam, dall'altra, fatto a Bruxelles il 27 giugno 2012 (Approvato dal Senato) (C. 3460).
  – Relatore: Nicoletti.

  4. – Seguito della discussione della relazione sulla contraffazione nel settore dell'olio di oliva, approvata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo (Doc. XXII-bis, n. 4).

  5. – Seguito della discussione della proposta di legge (previo esame e votazione della questione pregiudiziale di costituzionalità presentata):
   MARIANI ed altri: Princìpi per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque (C. 2212-A).
  – Relatori: Manfredi, per la maggioranza; Daga e Rondini, di minoranza.

  6. – Seguito della discussione delle mozioni Di Vita ed altri n. 1-01196, Nicchi ed altri n. 1-01197, Sandra Savino ed altri n. 1-01198, Binetti ed altri n. 1-01199 e Rizzetto ed altri n. 1-01200 concernenti iniziative in relazione alla revisione del sistema di calcolo dell'Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE).

  La seduta termina alle 18,45.

TESTO INTEGRALE DELLE RELAZIONI DEI DEPUTATI BRUNO CENSORE E STELLA BIANCHI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI RATIFICA (A.C. 3512-A)

  BRUNO CENSORE, Relatore per la III Commissione. Colleghi deputati, il disegno di legge al nostro esame autorizza la ratifica di alcuni rilevanti accordi in materia ambientale, sottoscritti dall'Italia dal 2001 al 2015, vorrei richiamare concisamente la cornice internazionale all'interno della quale si collocano queste convenzioni multilaterali.
  Si tratta di accordi autonomi atti a creare un regime giuridico che regoli questioni ambientali di comune interesse per la comunità internazionale. Sin dal 1970 è stato adottato un numero crescente di accordi di questo genere, con un incremento registrato negli anni Novanta in risposta alla forte pressione politica verso l'applicazione di un approccio sostenibile all'uso delle risorse naturali limitate del nostro pianeta.
  Gli accordi multilaterali in materia ambientale generalmente creano una cornice di cooperazione e prevedono l'adozione di ulteriori e successivi strumenti normativi. La Conferenza delle Parti (COP) della Convenzione dell'ONU sui Cambiamenti Climatici (UNF'CCC), per esempio, può adottare protocolli e allegati.
  In pratica vi è la forte tendenza ad armonizzare e consolidare i processi decisionali (ad es. meetings o conferenze delle parti che fungono da punti di incontro tra le parti). I meetings o conferenze delle parti legate ad un determinato accordo (dopo che quest'ultimo è entrato in vigore) sono i principali meccanismi attraverso i quali il regime giuridico evolve.
  Essi consentono agli Stati di incontrarsi regolarmente al fine di discutere di questioni future, rivedere alcune previsioni normative e adottare le apposite decisioni. Allo stesso tempo, però, essi generano innumerevoli decisioni, la cui portata normativa resta dubbia e la cui implementazione dipende dalle azioni interne dei singoli Stati. Si potrebbe sostenere che gli accordi multilaterali in materia ambientale hanno contribuito più a fornire una Pag. 56guida che delle regole vincolanti in senso stretto.
  Il primo degli accordi al nostro esame è l'Emendamento di Doha al Protocollo di Kyoto approvato dalla 18a Conferenza delle Parti di Doha (COP18) nel 2012. L'emendamento istituisce un secondo periodo d'impegni (2013-2020), attraverso la modifica e l'integrazione dell'Allegato B del Protocollo medesimo, aggiunge il trifluoruro di azoto all'elenco di gas a effetto serra contemplati dal Protocollo ed agevola un rafforzamento unilaterale degli impegni delle singole Parti.
  Ad oggi l'emendamento è stato ratificato da sessanta Paesi ma, affinché entri in vigore, è necessario che venga ratificato da 144 Parti.
  Ricordo che il «secondo periodo d'impegni» previsto dall'Emendamento riguarda circa il 14 per cento delle emissioni globali, dal momento che soltanto gli Stati membri dell'Unione, altri Paesi europei e l'Australia si sono impegnati in tal senso, mentre gli Stati Uniti, la Russia, il Canada, il Giappone e i Paesi in via di sviluppo non hanno assunto impegni.
  I paesi che non hanno assunto impegni ai sensi del Protocollo di Kyoto ne hanno preso altri di natura volontaria fino al 2020 ai fini dell'azione per il clima.
  Per quanto attiene al periodo posteriore al 2020, segnalo che un nuovo ambizioso accordo sul clima applicabile a tutti i Paesi è stato adottato nel corso della COP21 di Parigi, tenutasi nel dicembre 2015.
  Per l'Unione e i suoi Stati membri la ratifica dell'emendamento di Doha non comporta alcun nuovo impegno rispetto a quelli fissati nel pacchetto sul clima e sull'energia, ossia una riduzione del 20 per cento delle emissioni di gas-serra rispetto ai livelli del 1990.
  La normativa dell'Unione relativa all'attuazione tecnica dell'Emendamento di Doha è stata adottata nel maggio del 2014, con il Regolamento (UE) n. 662/2014, che ha modificato il Regolamento (UE) n. 525/2013 relativo a un meccanismo di monitoraggio e comunicazione delle emissioni di gas-serra e di comunicazione di altre informazioni in materia di cambiamenti climatici a livello nazionale e dell'UE.
  Successivamente l'Unione ha provveduto alla ratifica del medesimo Emendamento con l'adozione della decisione 2015/1339 del Consiglio del 13 luglio 2015, concernente la conclusione, a nome dell'UE, dell'Emendamento di Doha del Protocollo di Kyoto alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e l'adempimento congiunto dei relativi impegni.
  Il disegno di legge provvede, altresì ad autorizzare la ratifica dell'Accordo tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e l'Islanda, dall'altra, per quanto concerne la partecipazione dell'Islanda all'adempimento congiunto degli impegni dell'Unione europea, dei suoi Stati membri e dell'Islanda per il secondo periodo di impegno del Protocollo di Kyoto della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, fatto a Bruxelles il 1o aprile 2015.
  L'Unione, gli Stati membri, la Croazia e l'Islanda, infatti, dopo l'adozione dell'Emendamento di Doha, hanno elaborato una dichiarazione congiunta nella quale hanno espresso la loro intenzione di rispettare congiuntamente gli impegni per il secondo periodo di riduzione.
  Il terzo accordo al nostro esame è il Protocollo relativo alla cooperazione in materia di prevenzione dell'inquinamento provocato dalle navi e, in caso di situazione critica, di lotta contro l'inquinamento del Mare Mediterraneo, fatto alla Valletta il 25 gennaio 2002 ed in vigore a livello internazionale dal 17 marzo 2004, dopo l'avvenuto deposito del sesto strumento di ratifica, sostituisce il precedente Protocollo del 1976 (entrato in vigore a partire dal 12 febbraio 1978), estendendone il campo di applicazione alla prevenzione dell'inquinamento da navi.
  Il Protocollo rappresenta uno degli strumenti per l'applicazione della Convenzione di Barcellona per la protezione del Mar Mediterraneo dall'inquinamento, promossa dal Programma delle Nazioni Unite Pag. 57per l'ambiente (UNEP) e della quale fanno parte gli Stati rivieraschi della regione mediterranea.
  La Convenzione, ratificata dall'Italia ai sensi della legge 21 gennaio 1979, n. 30, è stata modificata in seguito all'emendamento della Conferenza dei Plenipotenziari delle Parti contraenti, tenutasi a Barcellona nel 1995, ampliando il suo ambito di applicazione geografica e comprendendo le acque marine interne del Mediterraneo e le aree costiere. L'Atto finale della Conferenza dei plenipotenziari sulla Convenzione per la protezione del Mar Mediterraneo dall'inquinamento, con relativi Protocolli, tenutasi a Barcellona il 9 e 10 giugno 1995, è stato ratificato e reso esecutivo in Italia con la legge 27 maggio 1999, n. 175.
  Il nuovo Protocollo attribuisce particolare attenzione alla prevenzione dell'inquinamento da navi e alla cooperazione regionale, allo scopo di diminuire la frequenza e l'impatto dell'inquinamento sull'ambiente marino attraverso attività di sorveglianza (articolo 5), cooperazione nelle operazioni di recupero (articolo 6), divulgazione e scambio delle informazioni (articolo 7), nonché comunicazione delle informazioni e notifiche sugli episodi di inquinamento (articolo 8). L'articolo 11 disciplina le misure di emergenza a bordo delle navi, sugli impianti offshore e nei porti, mentre gli articoli 12 e 13 riguardano rispettivamente l'assistenza per fare fronte ad un episodio di inquinamento e il rimborso dei relativi costi.
  Nell'analisi tecnico-normativa allegata al disegno di legge in esame viene sottolineato che 125 milioni di tonnellate di idrocarburi (circa il 10 per cento degli idrocarburi mondiali) vengono movimentati ogni anno nei porti italiani.
  Il disegno di legge reca inoltre la ratifica e l'esecuzione dei due emendamenti alla Convenzione sulla valutazione dell'impatto ambientale in un contesto transfrontaliero, fatta ad Espoo il 25 febbraio 1991.
  La Convenzione di Espoo della Commissione economica per l'Europa delle Nazioni Unite (UNECE) sulla valutazione dell'impatto ambientale in un contesto transfrontaliero è stata firmata dalla Comunità europea e dagli Stati membri il 26 febbraio 1991: l'Italia ha ratificato la Convenzione – che è in vigore internazionale dal mese di settembre del 1997 – con la legge n. 640 del 1994.
  Nel 2001 la seconda riunione delle Parti (tenutasi a Sofia) ha approvato un emendamento alla Convenzione che estende la definizione del termine «pubblico», precisando che il pubblico autorizzato a partecipare alle procedure previste dalla Convenzione include la società civile, in particolare le organizzazioni non governative, e apre la Convenzione all'adesione di Paesi che non sono membri dell'UNECE.
  Successivamente, nel 2004 a Cavtat, in Croazia, la terza riunione delle Parti ha approvato un secondo emendamento alla Convenzione, che permette alle Parti coinvolte di partecipare alla delimitazione dell'ambito della valutazione e aggiorna l'elenco di attività.
  Gli emendamenti citati, ad oggi, sono stati ratificati rispettivamente da 25 Stati (oltre alla UE), e da 24 Stati più l'Unione europea – gli emendamenti approvati a Cavtat non sono tuttavia ancora entrati in vigore a livello internazionale.
  Mi preme sottolineare che le pertinenti disposizioni europee in materia di impatto ambientale, contenute nella direttiva 2011/92/UE, sono già in linea con tali emendamenti alla Convenzione. Le corrispondenti disposizioni nazionali di recepimento sono contenute nella parte seconda del decreto legislativo 152/2006 (cosiddetto Codice dell'ambiente).
  Per quanto attiene all'ultimo degli accordi al nostro esame, il Protocollo sulla valutazione ambientale strategica alla Convenzione ONU/CEE sulla valutazione d'impatto ambientale in un contesto transfrontaliero (cosiddetto Protocollo VAS), firmato a Kiev nel 2003, esso persegue una serie di obiettivi:
   a) garantire che nella preparazione di piani e programmi si tenga conto pienamente delle considerazioni ambientali e sanitarie;Pag. 58
   b) contribuire alla considerazione delle questioni ambientali e sanitarie nell'elaborazione programmatica e legislativa;
   c) istituire procedure chiare, trasparenti ed efficaci per la valutazione ambientale strategica;
   d) prevedere la partecipazione del pubblico alla valutazione ambientale strategica;
   e) integrare in tal modo le questioni ambientali e sanitarie nelle misure e negli strumenti a favore dello sviluppo sostenibile.

  Concludo la mia illustrazione, auspicando una rapida conclusione dell'iter di approvazione del disegno di legge in vista della solenne sottoscrizione del richiamato accordo di Parigi, che si terrà all'ONU a New York in occasione della Giornata mondiale della Terra, il 22 aprile prossimo.

  STELLA BIANCHI, Relatrice per la VIII Commissione. Onorevoli colleghi, passo a dar conto dell'illustrazione più dettagliata delle disposizioni di competenza dell'VIII Commissione, come risultanti dall'approvazione delle modifiche intervenute nel corso dell'esame in sede referente presso le Commissioni di merito.
  Il Capo II, che comprende gli articoli da 4 a 6, fissa le norme di adeguamento all'emendamento di Doha al Protocollo di Kyoto, dettando le disposizioni volte a dare attuazione alle norme del Regolamento (UE) n. 525/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013, relativo a un meccanismo di monitoraggio e comunicazione delle emissioni di gas a effetto serra e di comunicazione di altre informazioni in materia di cambiamenti climatici a livello nazionale e dell'Unione europea e che abroga la decisione n. 280/2004/CE.
  Ricordo che con la decisione n. 280/2004/CE relativa ad un meccanismo per monitorare le emissioni di gas-serra nella Comunità europea e per attuare il Protocollo di Kyoto, è stato istituito un quadro per monitorare le emissioni citate, valutare i progressi realizzati nell'adempimento degli impegni assunti riguardo a tali emissioni e attuare gli obblighi di monitoraggio e comunicazione previsti dalla Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici («convenzione UNFCCC») e dal Protocollo di Kyoto nell'Unione. Al fine di tenere in considerazione gli sviluppi internazionali relativi alla convenzione UNFCCC e al protocollo di Kyoto e al fine di dare applicazione ai nuovi obblighi di monitoraggio e comunicazione previsti dal diritto dell'UE, tale decisione è stata sostituita dal regolamento (UE) n. 525/2013.
  L'articolo 4 del disegno di legge consente di attuare in ambito nazionale le disposizioni dettate dall'articolo 4 del regolamento (UE) n. 525/2013, che prevede che ogni Stato membro elabori la propria strategia di sviluppo a basse emissioni di carbonio. Tale articolo prevede l'attribuzione al CIPE della competenza per l'adozione della Strategia medesima. Viene infatti previsto che tale adozione sia effettuata dal CIPE su proposta del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali (comma 1). (Faccio presente che nella relazione illustrativa del disegno di legge-originario viene sottolineato che tale nuova strategia includerà quanto previsto dal Piano di azione nazionale per la riduzione dei livelli di emissione dei gas serra e l'aumento del loro assorbimento, approvato con delibera CIPE n. 123/2002 del 19 dicembre 2002, poi aggiornato con la delibera CIPE 8 marzo 2013, n. 17. Successivamente, nell'Allegato III al DEF 2015 (cosiddetto allegato Kyoto) sono state indicate le azioni considerate dal Governo come necessarie e prioritarie per garantire una riduzione delle emissioni compatibile con gli obiettivi della cosiddetto decisione effort sharing, che hanno ripreso e aggiornato quelle definite nella delibera CIPE n. 17/2013.Pag. 59
  Nel corso dell'esame in sede referente da parte delle Commissioni di merito, sono stati approvati emendamenti volti a introdurre commi. In particolare, al comma 2, si prevede che la Strategia nazionale di sviluppo a basse emissioni di carbonio è predisposta dai soggetti di cui al comma 1, previo svolgimento di un'ampia consultazione pubblica, attraverso i siti web istituzionali del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del Ministero dello sviluppo economico, ai sensi dell'articolo 4, comma 3, del regolamento (UE). Inoltre, recependo una condizione espressa dalla V Commissione (Bilancio), è stato precisato che dall'attuazione del suddetto comma 2 non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Il comma 3 prevede che la sopra citata Strategia deve conseguire gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra assunti negli accordi internazionali a cui l'Italia aderisce stipulati nell'ambito della Convenzione ONU per il clima (UNFCCC), precisando che gli obiettivi da raggiungere sono scadenzati nel tempo con una definizione periodica degli obiettivi di riduzione delle emissioni. Il comma 4 precisa che tale Strategia nazionale di sviluppo a basse emissioni di carbonio viene sottoposta al parere delle Commissioni parlamentari competenti e al parere della Conferenza Unificata. Il comma 5 prevede che il Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) predispone ogni anno, entro il mese di giugno, una relazione sullo stato di attuazione della Strategia nazionale di sviluppo a basse emissioni di carbonio che illustra i risultati raggiunti in termini di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, gli interventi e le politiche adottate e lo scostamento tra i risultati ottenuti e gli obiettivi di contenimento dell'aumento della temperatura media globale entro i limiti definiti dagli accordi internazionali raggiunti nell'ambito della Convenzione ONU per il clima, precisando che tale relazione viene inviata al Parlamento entro il mese di giugno.
  L'articolo 5 consente di attuare le disposizioni dell'articolo 12 del regolamento (UE) n. 525/2013, istitutivo del Sistema nazionale in materia di politiche e misure e di proiezioni. L'articolo in esame, non entrando nei contenuti del Sistema, già disciplinati dal Regolamento, si limita a prevederne l'istituzione (comma 1), affidando all'ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) il ruolo di responsabile della realizzazione e dell'aggiornamento del Sistema, nonché della gestione e dell'archiviazione delle relative informazioni, acquisite anche in collaborazione con i Ministeri interessati (comma 2). Tale previsione è stata integrata con la disposizione, volta a recepire la condizione espressa dalla V Commissione, secondo la quale le amministrazioni interessate provvedono all'attuazione del presente articolo nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
  L'articolo 6, comma 1, affida al Ministero dell'ambiente il compito di provvedere alla raccolta e alla comunicazione delle informazioni concernenti le emissioni di gas-serra e delle altre informazioni in materia di cambiamenti climatici, nonché, come risultante dalla modifica approvata nel corso dell'esame in sede referente, di curarne la diffusione anche attraverso il sito web istituzionale del Ministero dell'ambiente, della tutela del territorio e del Ministero dello sviluppo economico. È stata, altresì, introdotta la disposizione secondo la quale il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare provvede pertanto ad adeguare alle nuove disposizioni la Relazione sullo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra allegata annualmente al Documento di Economia e Finanza (DEF).
  Ricordo, infine, che il comma 2 del citato articolo demanda ad apposito decreto del Ministro dell'ambiente, che dovrà essere emanato entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, sentiti i Ministri interessati, la definizione delle modalità e dei tempi relativi alla raccolta delle informazioni di cui al comma 1 del medesimo articolo 6 e di quelle acquisite Pag. 60dall'ISPRA, ai sensi dell'articolo 5, comma 2, anche in collaborazione con i Ministeri interessati, per la realizzazione e l'aggiornamento del Sistema nazionale in materia di politiche e misure e di proiezioni.
  Il Capo III (articoli 7-8) contiene disposizioni finanziarie e finali.
  In particolare, l'articolo 7 reca la copertura finanziaria degli oneri connessi all'attuazione degli accordi autorizzati alla ratifica dall'articolo 1. Tale articolo è stato modificato nel corso dell'esame congiunto in sede referente, recependo le condizioni formulate dalla V Commissione, al fine in particolare di: posticipare al 2016 la decorrenza degli oneri complessivamente derivanti dal disegno di legge di ratifica, connessi all'attuazione dell'Emendamento di Doha e del Protocollo sulla valutazione ambientale strategica, provvedendo contestualmente al corrispondente adeguamento della clausola di copertura finanziaria; dare distinta evidenza agli oneri derivanti dall'attuazione, rispettivamente, dell'emendamento di Doha e del Protocollo sulla valutazione ambientale strategica, onde poi riferire al complessivo ammontare degli stessi la copertura finanziaria individuata mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del Fondo speciale di parte corrente del Ministero degli affari esteri. Viene altresì prevista la clausola di salvaguardia finanziaria nel caso di scostamenti rispetto alle previsioni finanziarie.
  L'articolo 8, infine, dispone l'entrata in vigore della legge di autorizzazione alla ratifica il giorno successivo a quello della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.