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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 589 di lunedì 14 marzo 2016

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI

  La seduta comincia alle 14.

  PRESIDENTE. La seduta è aperta.
  Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

  RAFFAELLO VIGNALI, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 29 febbraio.

  PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Amendola, Amici, Artini, Baldelli, Bellanova, Bernardo, Dorina Bianchi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Bueno, Caparini, Capelli, Casero, Castiglione, Antimo Cesaro, Cicchitto, Cimbro, Ciprini, Cirielli, Costa, D'Alia, Dambruoso, Del Basso De Caro, Dell'Orco, Dellai, Di Gioia, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Franceschini, Galati, Garofani, Gelli, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Merlo, Migliore, Orlando, Pes, Gianluca Pini, Pisicchio, Portas, Quartapelle Procopio, Rampelli, Ravetto, Rosato, Domenico Rossi, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Scotto, Tabacci, Tinagli, Valeria Valente, Velo, Zampa e Zanetti sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente ottantasei, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna).

Organizzazione dei tempi di discussione dei disegni di legge di ratifica.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione dei disegni di legge di ratifica nn. 3156, 3241, 3261 e 3300.
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati all'esame dei disegni di legge di ratifica all'ordine del giorno è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

S. 1600 – Ratifica ed esecuzione del Trattato di assistenza giudiziaria in materia penale tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica del Panama, fatto a Panama il 25 novembre 2013, e del Trattato di estradizione tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica del Panama, fatto a Panama il 25 novembre 2013 (Approvato dal Senato) (A.C. 3156) (ore 14,03).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già Pag. 2approvato dal Senato, n. 3156: Ratifica ed esecuzione del Trattato di assistenza giudiziaria in materia penale tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica del Panama, fatto a Panama il 25 novembre 2013, e del Trattato di estradizione tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica del Panama, fatto a Panama il 25 novembre 2013.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 3156)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire il relatore, onorevole Fabio Porta.

  FABIO PORTA, Relatore. Buongiorno, Presidente. Deputati, rappresentante dal Governo, il provvedimento in esame reca la ratifica dei due accordi finalizzati a migliorare la cooperazione giudiziaria con Panama, nel quadro del più generale rafforzamento del contrasto alla criminalità internazionale. Il Trattato di assistenza giudiziaria in materia penale avvia un'importante fase di sviluppo dei rapporti bilaterali, favorendo un'incisiva collaborazione nell'ambito giudiziario penale. Con esso, infatti, i due Stati si impegnano a prestarsi assistenza giudiziaria in ogni procedimento concernente reati la repressione dei quali sia di competenza dello Stato richiedente.
  Il Trattato di assistenza giudiziaria in materia penale, che si compone di 26 articoli, sancisce l'obbligo reciproco della cooperazione in materia penale. L'articolo 1 include tra le misure di mutua assistenza, tra l'altro, la notifica dei documenti, l'assunzione e la trasmissione di testimonianza, la ricerca e l'identificazione di persone.
   Il Trattato, inoltre, prevede, all'articolo 2, il temperamento del principio della doppia incriminazione, consentendo di prestare l'assistenza giudiziaria anche quando nell'altro Stato il fatto non costituisca reato. Il Trattato definisce, inoltre, i casi in cui l'assistenza giudiziaria può essere negata o rinviata, tra cui quando esistono motivi per ritenere che la richiesta di assistenza abbia finalità persecutorie per motivi di razza, religione o di opinioni politiche. Tra le altre previsioni, si può anche segnalare l'articolo 18, che non contempla il segreto bancario tra i motivi per rifiutare l'assistenza.
  Il Trattato di estradizione si inserisce nel medesimo contesto di sviluppo dei rapporti tra Italia e Panama in ambito giudiziario e penale. L'adozione dell'atto pattizio in materia di estradizione, in particolare, è stata imposta dalla necessità di disciplinare uniformemente l'esigenza di consegna di persone che sono sottoposte a procedimenti penali o devono eseguire una pena. Ai sensi dell'articolo 2, l'estradizione è concessa, nel rispetto del principio della doppia incriminazione, per i reati previsti da entrambi gli ordinamenti e punibili con pene di almeno un anno o quando la pena ancora da scontare non sia inferiore a sei mesi.
  Il Trattato disciplina, altresì, i casi in cui una delle due parti debba o possa negare l'estradizione, includendo tra gli altri anche i casi di reati politici, escludendo quelli per terrorismo e quando vi sia il fondato motivo di una possibile discriminazione.
  L'estradizione può essere rifiutata anche qualora essa risulti non compatibile con l'età, le condizioni di salute o altre condizioni della persona richiesta. Il testo contempla, altresì, ipotesi di arresti provvisori in casi di urgenza e di richieste di estradizioni avanzate da più Stati e prevede una procedura semplificata se vi è il consenso della persona richiesta.
  Il disegno di legge di ratifica dei due Trattati provvede alla copertura finanziaria dei relativi oneri, valutati in circa 23 mila euro l'anno per il Trattato di assistenza Pag. 3giudiziaria ed in circa 32 mila euro sempre annui per il Trattato di estradizione.
  Vado a concludere questa breve relazione. L'adozione di norme puntuali nel settore della cooperazione giudiziaria potrà agevolare un'ulteriore intensificazione dei rapporti tra Italia e Panama in settori cruciali, a partire da quello finanziario, economico, commerciale e migratorio.

  PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire nel prosieguo.
  Non vi sono iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali, avvertendo che non si dà luogo alle repliche.
  Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

S. 1927 – Ratifica ed esecuzione del Memorandum d'intesa tra il Governo della Repubblica italiana e il Consiglio dei Ministri della Bosnia ed Erzegovina sulla cooperazione nel settore della difesa, fatto a Roma il 30 gennaio 2013 (Approvato dal Senato) (A.C. 3241) (ore 14,08).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 3241: Ratifica ed esecuzione del Memorandum d'intesa tra il Governo della Repubblica italiana e il Consiglio dei Ministri della Bosnia ed Erzegovina sulla cooperazione nel settore della difesa, fatto a Roma il 30 gennaio 2013.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 3241)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire la relatrice, onorevole Maria Chiara Carrozza.

  MARIA CHIARA CARROZZA, Relatrice. Grazie, Presidente. Colleghi deputati, rappresentante del Governo, il Memorandum in esame ha lo scopo di fissare la cornice giuridica entro cui sviluppare la cooperazione bilaterale tra le Forze armate dei due Paesi, nell'intento di consolidare le rispettive capacità difensive e di migliorare la comprensione reciproca sulle questioni della sicurezza. La sottoscrizione di tale atto va intesa come azione stabilizzatrice di un'area di particolare valore strategico e di alta valenza politica ed esposta anche a elevati rischi di infiltrazione terroristica, considerati gli interessi nazionali e gli impegni internazionali assunti dall'Italia nella regione dei Balcani. In particolare, la finalizzazione di tale accordo si propone anche lo scopo di sostenere lo sviluppo delle capacità operative dello strumento militare bosniaco, al fine di assistere il Paese nel processo di integrazione euro-atlantica.
  L'Accordo è composto da un breve preambolo, in cui viene richiamata la comune adesione alla Carta delle Nazioni Unite, e 11 articoli. Cito l'articolo 1, che enuncia i principi ispiratori e lo scopo dell'accordo, dichiarando che esso, al fine ultimo di rafforzare la pace e la stabilità mondiale, intende incoraggiare, agevolare e sviluppare la cooperazione nel settore della difesa sulla base dei princìpi di reciprocità e uguaglianza, nonché in conformità con i rispettivi ordinamenti giuridici, con gli impegni internazionali precedentemente assunti e, per quanto concerne la parte italiana, anche con la normativa europea. I successivi articoli disciplinano le linee guida, le modalità di attuazione della cooperazione tra i Ministeri della difesa dei due Paesi, nonché la cooperazione sulla base dei piani annuali e pluriennali elaborati dalle parti.
  L'Accordo disciplina anche l'eventuale cooperazione nel campo industriale. La cooperazione tra i due Paesi potrà svilupparsi in campi quali la politica di sicurezza e difesa, le operazioni umanitarie e di mantenimento della pace, la sicurezza ed il controllo degli armamenti, nel rispetto dei trattati internazionali in materia Pag. 4di difesa, l'organizzazione delle Forze armate e delle strutture e dell'equipaggiamento dei reparti militari, l'industria della difesa e la politica degli approvvigionamenti, subordinata ai rispettivi Ministeri della difesa.
  L'articolo 5, in particolare, regola gli aspetti finanziari derivanti dalla cooperazione, stabilendo che ciascuna parte sosterrà le spese di propria competenza per l'esecuzione del Memorandum. È prevista la disciplina delle questioni attinenti alla giurisdizione e al trattamento dell'informazione degli atti classificati.
  Nell'auspicare una rapida approvazione di questo disegno di legge, già approvato dal Senato nel luglio scorso, i cui oneri finanziari appaiono modesti (986 euro all'anno), ricordo che il Memorandum costituisce un ulteriore segnale di attenzione e di sostegno nei riguardi di un Paese che, da pochi mesi, è legato all'Unione europea da un accordo di associazione fortemente voluto dal nostro Paese, che ha portato, dopo sei lunghi anni, una nota positiva nel panorama politico bosniaco.

  PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire nel prosieguo.
  Non vi sono iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali, avvertendo che non si dà luogo alle repliche.
  Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo che istituisce un'associazione tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e l'America Centrale, dall'altra, fatto a Tegucigalpa il 29 giugno 2012 (A.C. 3261) (ore 14,12).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 3261: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo che istituisce un'associazione tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e l'America Centrale, dall'altra, fatto a Tegucigalpa il 29 giugno 2012.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 3261)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire il relatore, onorevole Porta.

  FABIO PORTA, Relatore. Grazie, Presidente. Colleghi deputati, rappresentante del Governo, il provvedimento al nostro esame reca l'autorizzazione alla ratifica e all'esecuzione dell'Accordo di associazione tra l'Unione europea e i sei Stati centroamericani considerati come un'entità regionale integrata, requisito, questo, che l'Unione europea privilegia proprio per la stipula di accordi di associazione con l'esterno. Occorre ricordare come l'integrazione regionale dell'America Centrale sia iniziata sin dal 1960 con la creazione del Mercato comune centroamericano, mentre nel 1991 nacque il sistema di integrazione centroamericana con obiettivi non più solo economici, ma anche politici.
  Mi preme sottolineare che, in ragione dell'elevata integrazione economica della regione centroamericana con il Messico, il nostro Paese, che proprio in Messico opera con numerose aziende, dovrebbe indirettamente beneficiare di più anche dei risultati dell'Accordo in esame, che, comunque, comporterà la liberalizzazione doganale nei confronti del 91 per cento delle esportazioni centroamericane nel territorio dell'Unione e, per converso, la liberalizzazione graduale dei dazi nei confronti del 69 per cento delle esportazioni europee di prodotti industriali in Centroamerica.
  L'Accordo in esame non rappresenta, peraltro, un assoluto esordio di relazioni commerciali e istituzionali qualificate dell'Unione europea con la regione centroamericana. Va infatti ricordato che l'Accordo di dialogo politico e di cooperazione, stipulato con gli stessi sei Paesi il 15 dicembre 2003 è autorizzato alla ratifica in Italia con legge 6 marzo 2006, n. 137.Pag. 5
  Dal punto di vista della struttura, l'Accordo in esame presenta un'ampiezza notevole, contando, oltre al preambolo, 363 articoli e 21 allegati, alcune dichiarazioni e un protocollo relativo alla cooperazione culturale. Si rileva, in particolare, la mole dell'Allegato 1, dedicato alla soppressione dei dazi doganali, che da solo occupa quasi 1.700 pagine.
  I 363 articoli dell'Accordo sono raggruppati in cinque parti: la parte prima è dedicata alle disposizioni generali e istituzionali e comprende gli articoli dall'1 all'11, nei quali si definisce, tra l'altro, la natura dell'Accordo, fondato sul rispetto dei principi democratici e dei diritti umani fondamentali, nonché sulla promozione dello sviluppo sostenibile nel quadro degli obiettivi di sviluppo del Millennio delle Nazioni Unite e sui principi del buongoverno e dello Stato di diritto, inclusa la gestione corretta e trasparente degli affari pubblici a tutti i livelli istituzionali, con un particolare sforzo contro la corruzione. Viene comunque salvaguardata, con l'articolo 3, la sovranità di ciascuna delle sei Repubbliche centroamericane nei confronti di qualsiasi disposizione dell'Accordo in esame.
  La seconda parte – gli articoli dal 12 al 23 – riguarda i profili del dialogo politico tra l'Unione europea e l'America Centrale. Pone tra gli obiettivi di esso l'istituzione di un partenariato politico privilegiato, fondato sul rispetto e la promozione della democrazia, della pace, dei diritti umani nonché sul rafforzamento delle Nazioni Unite quali fulcro del sistema multilaterale e la cooperazione nell'ambito della politica estera e di sicurezza, in vista anche di iniziative congiunte di comune interesse nelle sedi internazionali appropriate.
  Vengono poi analiticamente enunciati settori in cui dovrà strutturarsi il dialogo politico, che concernono il disarmo, la non proliferazione delle armi di distruzione di massa, la lotta al terrorismo, i gravi crimini di portata internazionale, i finanziamenti allo sviluppo e le migrazioni, la cooperazione in materia ambientale e nel settore economico-finanziario, il buongoverno in ambito fiscale e, soprattutto, la decisione di negoziare l'istituzione di un meccanismo comune aperto ad interventi della Banca europea degli investimenti e del Fondo investimenti dell'America Latina per contribuire allo sviluppo e alla riduzione della povertà in America Centrale.
  Cercherò di andare più sinteticamente nelle parti successive.

  PRESIDENTE. Onorevole Porta, lei ha ancora 40 secondi. Io posso darle un po’ di tolleranza e lei può comunque consegnare la sua relazione e, anzi, è già autorizzato a consegnarla.

  FABIO PORTA, Relatore. Consegno la mia relazione con questa ultima indicazione. L'Accordo, Presidente, ha sollevato non poche polemiche in taluni settori dell'opinione pubblica centroamericana e non vi è dubbio che occorrerà attendere qualche anno per vedere quali frutti cresceranno grazie alle prospettive aperte dall'Accordo stesso, anche se, già da oggi, è possibile cogliere la forte volontà delle classi democratiche di questi Paesi di raggiungere una coesione e un'integrazione che fino ad alcuni decenni fa non era immaginabile.
  È una coesione raggiunta attraverso la mediazione del Parlamento centroamericano, il cui ruolo sottolinea come i Paesi centroamericani abbiano di fatto raggiunto una nuova fase del loro processo di integrazione. È un processo che ha di fronte a sé ancora molta strada, ma che sicuramente potrà adesso avvalersi di questo nuovo quadro giuridico internazionale di collaborazione e di scambio.
  Chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna il testo della mia relazione (La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti).

  PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire successivamente.
  Non vi sono iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali, avvertendo che non si darà luogo alle repliche.Pag. 6
  Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

S. 1660 – Ratifica ed esecuzione dell'Accordo sul reciproco riconoscimento dei titoli attestanti studi universitari o di livello universitario rilasciati nella Repubblica italiana e nella Repubblica popolare cinese, con Allegati, firmato a Pechino il 4 luglio 2005 (Approvato dal Senato) (A.C. 3300) (ore 14,18).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge di ratifica n. 3300, già approvato dal Senato: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo sul reciproco riconoscimento dei titoli attestanti studi universitari o di livello universitario rilasciati nella Repubblica italiana e nella Repubblica popolare cinese, con Allegati, firmato a Pechino il 4 luglio 2005.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 3300)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire la relatrice, onorevole Carrozza.

  MARIA CHIARA CARROZZA, Relatrice. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, l'Accordo sul reciproco riconoscimento dei titoli attestanti studi universitari o di livello universitario rilasciati nella Repubblica italiana e nella Repubblica Popolare Cinese, sottoscritto a Pechino il 4 luglio 2005, disciplina la corrispondenza di livello dei titoli accademici dei due Paesi.
  Ad oggi la cooperazione culturale tra l'Italia e la Cina è disciplinata da un Accordo di cooperazione che risale al 6 ottobre 1978, mentre la cooperazione nel campo della ricerca risale a un Accordo firmato a Pechino il 9 giugno 1998. Manca ancora una disciplina del reciproco riconoscimento dei titoli di studio a livello universitario rilasciati dalle autorità competenti della Repubblica italiana e della Repubblica popolare cinese. Ciò comporta che i cittadini che intendono iscriversi presso le università dell'altro Stato contraente conseguono presso tali università diplomi di laurea privi di riconoscimento legale da parte delle autorità dei Paesi di origine. A seguito dell'entrata in vigore di questo Accordo, si permetterà quindi agli studenti italiani e cinesi, in possesso del titolo finale degli studi secondari superiori, di essere ammessi nelle istituzioni universitarie dell'altro Stato contraente. Eventualmente, potrà essere previsto un esame di idoneità all'accesso al corso universitario.
  Nell'obiettivo di favorire la collaborazione culturale tra i due Paesi, l'intesa tiene opportunamente conto dei cambiamenti verificatisi nel sistema universitario italiano dal 1997, in attuazione della Convenzione di Lisbona dell'aprile 1997 fino al regolamento del 2004 sull'autonomia didattica degli atenei.
  In ragione del numero di studenti di lingua italiana nelle scuole superiori e nelle università cinesi e del crescente numero di studenti cinesi che si scrivono nei nostri atenei – circa 8 mila – l'Accordo, favorendo l'inserimento di questi studenti nel sistema accademico italiano, contribuirà altresì all'aumento del tasso di internazionalizzazione dei nostri atenei nonché all'ulteriore diffusione della lingua italiana, anche attraverso la rete dei tre istituti di cultura operanti a Pechino, Shanghai e Hong Kong.
  Passando ai contenuti, quanto all'ambito di validità i destinatari dell'Accordo sono le università, gli istituti universitari, i politecnici e le istituzioni di alta formazione artistica e musicale, statali e non, legalmente riconosciuti ed abilitati a rilasciare titoli aventi valore legale. Ai sensi dell'articolo 3, gli studenti in possesso del titolo finale di studi secondari superiori possono essere ammessi presso un'istituzione universitaria di uno dei due Paesi secondo le disposizioni vigenti nel Paese di Pag. 7accoglienza, previa verifica della conoscenza della lingua nazionale, della disponibilità dei posti riservati agli studenti stranieri e del superamento delle procedure di selezione per l'accesso ai corsi a numero chiuso. Il medesimo articolo prevede che siano esonerati dalle prove per l'accertamento della competenza linguistica nonché dal contingentamento dei posti i diplomati presso scuole secondarie nel cui programma di insegnamento sia stato inserito, almeno per un triennio, l'insegnamento della lingua del Paese ospite.
  Gli articoli da 4 a 6 disciplinano il riconoscimento dei titoli rilasciati dalle istituzioni universitarie cinesi in Italia, disponendo che i certificati rilasciati dalle istituzioni elencate nell'Allegato B consentano l'iscrizione ai corsi universitari di primo livello, dei livelli successivi e al dottorato di ricerca presso i nostri atenei. La competenza ad esprimere una valutazione sull'equivalenza dei certificati dei periodi di studio e degli esami sostenuti spetta in ogni caso all'istituzione ricevente.
  L'articolo 7 riconosce ai possessori di un titolo universitario conseguito presso un'istituzione universitaria di uno dei due Paesi il diritto a fregiarsi di tale qualifica nell'altro Paese. Il successivo articolo 8 prevede la creazione di una Commissione mista permanente per l'attuazione dell'intesa. Il disegno di legge è già stato approvato dal Senato il 10 settembre scorso e riproduce il contenuto di un analogo provvedimento già presentato nel corso del 2012 ma il cui esame si è interrotto per lo scioglimento della legislatura. Segnalo il parere favorevole espresso dalla Commissione bilancio, che ha esplicitato che alle trasferte in Cina prenderà parte un solo rappresentante del Ministero dell'istruzione. Infine è il caso di richiamare la rilevanza di questo accordo che si inquadra in una prospettiva di grande sviluppo delle relazioni italo-cinesi avviata dalle due visite di Stato del Presidente Renzi e del Premier Li Keqiang già nel 2014, proseguita con Expo 2015, con la visita del Ministro Gentiloni in aprile e che si è consolidata con le missioni in Cina del Presidente del Senato.

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo; prendo atto che si riserva di intervenire in sede di replica. Non vi sono iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali, avvertendo che non si darà luogo alle repliche. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del testo unificato delle proposte di legge: Gadda ed altri; Galati; Mongiello ed altri; Causin ed altri; Faenzi ed altri; Sberna ed altri; Mantero ed altri; Nicchi ed altri: Disposizioni concernenti la donazione e la distribuzione di prodotti alimentari e farmaceutici a fini di solidarietà sociale e per la limitazione degli sprechi (A.C. 3057-3163-3167-3191-3196-3237-3248-3274-A) (ore 14,23).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato delle proposte di legge nn. 3057-3163-3167-3191-3196-3237-3248-3274-A: Gadda ed altri; Galati; Mongiello ed altri; Causin ed altri; Faenzi ed altri; Sberna ed altri; Mantero ed altri; Nicchi ed altri: Disposizioni concernenti la donazione e la distribuzione di prodotti alimentari e farmaceutici a fini di solidarietà sociale e per la limitazione degli sprechi.
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta dell'11 marzo 2016.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 3057-A ed abbinate)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento Pag. 8senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
  Avverto, altresì, che la XII Commissione (Affari sociali) si intende autorizzata a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire la relatrice, onorevole Maria Chiara Gadda.

  MARIA CHIARA GADDA, Relatrice. Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevoli rappresentanti del Governo, ciascuno di noi conosce il significato della fame. È una richiesta frequente e costante che viene avanzata quotidianamente. Questa constatazione vale per alcuni ma non per tutti. Per tanti secoli la fame è stata triste compagna di viaggio di intere generazioni e ha fatto parte del paesaggio delle città e allo stesso tempo è stata motore di cambiamenti sociali. Con lo sviluppo e la modernità la fame è sfuggita allo sguardo, diventando un'immagine di popoli e Paesi lontani visti in televisione o nelle fotografie. La violenta e lunga crisi che ha colpito anche il nostro Paese ha riproposto questi temi nelle nostre comunità, mostrando il volto di nuove e inedite forme di indigenza. Lo sperpero che diventa rifiuto rappresenta un costo per la collettività e comporta un dispendio di risorse naturali, idriche, energetiche e di emissioni di anidride carbonica per la sua produzione. Allo stesso tempo i dati preoccupanti che riguardano l'aumento della povertà e la cattiva alimentazione invitano a riconsiderare i modelli di consumo e facilitare la transizione verso un modello che metta al centro la sostenibilità del sistema. Il riconoscimento del diritto al cibo trova la sua prima formulazione nel 1948, all'articolo 25 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, diventando un diritto esigibile dopo l'approvazione nel 1976 del Patto sui diritti economici, sociali e culturali ratificato come trattato da più di 150 Stati, ma è necessario che seguano meccanismi all'interno di ciascun ordinamento in grado di conferire a questo diritto una concreta esecutività. Ricordo al riguardo che Expo Milano 2015 ha scelto come sua proposta tematica «Nutrire il pianeta, energia per la vita», temi rilanciati anche dalla XXI Conferenza di Parigi sui cambiamenti climatici.
  Il provvedimento in esame, recante disposizioni concernenti la donazione e la distribuzione di prodotti alimentari e farmaceutici ai fini di solidarietà sociale e per la limitazione degli sprechi, rappresenta una delle eredità dirette di Expo Milano 2015. Nel mondo un terzo della produzione di cibo viene sprecata, appesantendo la bilancia che vede contrapporsi, da un lato, la sovrabbondanza e, dall'altro, la scarsità di mezzi e risorse. Uno scandalo, un insulto per la società, come è stato definito dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Una forbice che taglia in orizzontale tra le persone, i popoli, in verticale tra le generazioni. Le norme che sono oggetto della valutazione di questa Assemblea si pongono l'obiettivo ambizioso ma possibile di favorire il recupero e raddoppiare la donazione delle eccedenze affinché non diventino spreco. Un testo che riconosce la bellezza, le buone pratiche diffuse sul territorio nazionale che già oggi consentono di recuperare circa 500 mila tonnellate di derrate alimentari. La legge n. 155 del 2003, altrimenti chiamata «del buon samaritano», ha già consentito le donazioni in questi anni, equiparando l'ente caritativo al consumatore finale in termini di responsabilità civile.
  Oggi ci troviamo nelle condizioni di armonizzare il quadro normativo al fine di indirizzare efficacemente la donazione. Lo facciamo, partendo da un assunto, ovvero che si spreca ad ogni livello della filiera. In Italia, come indica una recente ricerca effettuata dal Politecnico di Milano, vengono prodotti in un anno circa 5,6 milioni di tonnellate di eccedenze alimentari intese come cibo che viene realizzato, trasformato, distribuito e preparato per la somministrazione e per diverse ragioni non viene venduto o consumato. Di queste, circa 500 mila tonnellate vengono recuperate con tassi differenti sulla base del grado di recuperabilità del prodotto e dello stadio della filiera in cui l'eccedenza si genera. La maggior parte dell'eccedenza, Pag. 9calcolata intorno al 57 per cento, viene generata dagli attori economici in tutta la filiera ma anche il consumatore finale influisce notevolmente sul fenomeno per circa il 43 per cento. Essere consapevoli delle ragioni e dei numeri dello spreco consente di individuare gli interventi correttivi. Da un lato, è necessario intervenire sul fronte dell'educazione; un cittadino consumatore più consapevole sarà meno portato a sprecare perché in grado di assegnare alle cose un valore economico, sociale e ambientale e a non considerarle soltanto da un punto di vista utilitaristico. Sull'altro versante, nel caso degli attori economici e concentrandoci sulla filiera ad alta e media recuperabilità, l'aspetto organizzativo e la chiarezza normativa sono la ricetta vincente. La donazione è uno dei modi, assieme alla ritrasformazione e al riutilizzo dei prodotti, per allungarne il ciclo di vita. Allo stesso tempo, il dono è un modo con cui si risponde a un bisogno sociale, una scelta di responsabilità che può rientrare nelle politiche aziendali e che, allo stesso tempo, coinvolge le associazioni, i cittadini, le istituzioni e gli enti locali. Il recupero e la donazione delle eccedenze sono una scelta costosa in termini organizzativi ed economici per le imprese così come per gli enti caritativi, calcolata in circa il 10-30 per cento del valore recuperato. Questo significa da un lato, che la donazione, per crescere, deve essere semplificata e incentivata e, dall'altro, che esiste un significativo effetto moltiplicatore nella donazione. In Commissione si è svolto un confronto e un approfondimento di altissimo livello che ha comportato un lungo ciclo di audizioni, che ha visto il coinvolgimento dei principali rappresentanti delle associazioni caritative ed ambientaliste, degli attori di tutta la filiera economica e impegnato, assieme al Ministero della salute, anche il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali e il Ministero dell'ambiente. Una singola legge non può mai essere risolutiva, tanto meno su un tema così trasversale e dalle molte implicazioni sociali, ambientali ed economiche, come è l'oggetto del testo di legge in esame, ma una legge è buona quando riconosce un fatto sociale e si inserisce come un tassello in un piano strategico e in un quadro più ampio di politiche attive, soprattutto in materia di contrasto alla povertà. Il provvedimento in esame riconosce e rafforza l'impegno avviato con la legge di stabilità 2015 dove si è inserito chiaramente il principio secondo il quale, per le imprese, è più conveniente donare che buttare cibo e prova a fare alcuni passi in avanti. La Commissione affari sociali ha concluso l'esame del provvedimento il 10 marzo scorso a seguito di un approfondito esame al quale hanno partecipato con spirito costruttivo tutti i gruppi parlamentari. Si consegna all'Assemblea un testo significativamente arricchito. Obiettivo della legge, in merito, è riconosciuto dalle associazioni ascoltate, è quello di riordinare la materia delle cessioni ai fini di solidarietà sociale, affrontando gli aspetti che oggi costituiscono i limiti più forti, quali la burocrazia onerosa e una normativa complessa e stratificata, garantendo, allo stesso tempo, la sicurezza alimentare, il rigore e la tracciabilità. Per quanto attiene al contenuto del provvedimento, considerati i tempi contingentati a disposizione e l'ampiezza dell'intervento normativo in esame, mi concentrerò sui punti essenziali, rinviando alla relazione integrale di cui si chiede alla Presidenza l'autorizzazione al deposito.
  Il provvedimento consta di 18 articoli ed è suddivisa in quattro capi. L'articolo 1 illustra la finalità del provvedimento, che è quella di ridurre gli sprechi per ciascuna delle fasi di produzione, trasformazione, distribuzione e somministrazione di prodotti alimentari, farmaceutici o di altri prodotti con particolare riferimento alla destinazione ai fini di solidarietà sociale.
  Il recupero e la donazione dell'eccedenza è uno dei modi, assieme al riuso e al riciclo, attraverso il quale è possibile estendere il ciclo di vita dei prodotti. L'articolo 2 definisce gli operatori del settore alimentare (i donatori) e amplia la platea dei soggetti cessionari (i donatari). Per la prima volta trovano una definizione nel nostro ordinamento i termini «eccedenze Pag. 10alimentari» e «spreco alimentare». Si esplicita, essendo questo spesso causa di fraintendimento e origine di spreco anche tra i consumatori, la differenza esistente tra il termine minimo di conservazione e la data di scadenza; si qualifica, ai fini della presente legge, la donazione, intesa come cessione di beni a titolo gratuito. Il capo 2 definisce alcune misure di semplificazione per la cessione gratuita degli alimenti. In particolare, l'articolo 3 detta le modalità di cessione delle eccedenze alimentari ai soggetti cessionari da parte degli operatori del settore alimentare, che deve essere gratuita e destinata a favore di persone indigenti. Si prevede una gerarchia nella donazione, con priorità al consumo umano, mentre le eccedenze alimentari non idonee al consumo umano possono essere cedute per il sostegno vitale di animali e per altre destinazioni, come il compostaggio di comunità con metodo aerobico. È altresì consentita la raccolta dei prodotti agricoli che rimangono in campo e la loro cessione a titolo gratuito. L'articolo 4 chiarisce che la cessione delle eccedenze alimentari è consentita anche oltre il termine minimo di conservazione, purché siano garantite l'integrità dell'imballaggio primario e le idonee condizioni di conservazione, ed è inoltre prevista l'ulteriore trasformazione delle stesse. Per quanto attiene alla ritrasformazione, all'articolo 16 si qualifica tale operazione come permutativa, esente IVA, se è relativa alle finalità sociali previste dalla legge in esame. L'articolo 4 dice in modo chiaro che i prodotti finiti della panificazione possono essere donati nell'arco delle 24 ore dalla loro produzione. La sicurezza igienico-sanitaria è uno dei punti cardine, assieme alla tracciabilità, della presente legge; l'articolo 5 ne dispone i requisiti. L'articolo 6 prevede la possibilità di consentire la cessione, ai fini di solidarietà sociale, dei prodotti alimentari idonei al consumo umano o animale oggetto di confisca. L'articolo 8 riconosce il lavoro svolto in questi anni grazie a fondi nazionali e comunitari del tavolo permanente di coordinamento in materia di distribuzione delle derrate alimentari agli indigenti. Il tavolo riunisce associazioni caritative, attori economici e istituzioni. Viene estesa la sua composizione a tutti gli attori della filiera economica e, allo stesso tempo vengono implementate le sue funzioni in materia di valutazione, promozione di progetti innovativi e monitoraggio relativamente allo spreco alimentare. Limitare gli sprechi significa anche intervenire sul fronte della prevenzione, disponendo misure di promozione nell'ambito della comunicazione radiotelevisiva e della formazione, soprattutto con il coinvolgimento delle giovani generazioni. La legge disciplina prioritariamente l'ambito della donazione, ma non abbiamo rinunciato ad inserire, all'articolo 9, elementi che sicuramente dovranno trovare spazio in ulteriori provvedimenti specifici. Per ridurre gli sprechi alimentari nel settore della ristorazione, sono promosse iniziative volte a ridurre lo spreco di cibo e incentiva, permettendo ai clienti l'asporto dei propri avanzi, la family bag. L'articolo 12 ne assegna le specifiche risorse nello stato di previsione del Ministero dell'ambiente. L'articolo 11 rifinanzia, con 2 milioni di euro per il 2016, il fondo per la distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti e contestualmente istituisce, nello stato di previsione del Ministero dell'agricoltura, un fondo, con dotazione di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2016-2017-2018, destinato al finanziamento di progetti innovativi, che possono prevedere il coinvolgimento di volontari del servizio civile nazionale e finalizzati alla limitazione degli sprechi e all'impiego delle eccedenze, nonché per promuovere la produzione di imballaggi riutilizzabili o facilmente riciclabili. L'articolo 13 modifica la legge n. 155 del 2003, ampliando la platea dei soggetti beneficiari delle donazioni e le categorie dei prodotti che possono essere cedute gratuitamente agli indigenti. La legge si occupa prioritariamente di cessione di prodotti nuovi. Si è ritenuto in questo ambito di disciplinare, all'articolo 14, anche il tema della distribuzione di articoli ed accessori di abbigliamento usati. Si considera cessione a titolo gratuito il conferimento da parte dei Pag. 11privati di tali articoli ed accessori direttamente presso le sedi operative dei soggetti autorizzati alla distribuzione gratuita; altrimenti, i beni che non siano destinati in donazione o non siano ritenuti idonei a un successivo utilizzo sono gestiti in conformità alla normativa sui rifiuti di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006.
  L'articolo 15 incentiva la donazione, alle sole ONLUS che dispongano di personale sanitario, di medicinali non utilizzati correttamente conservati e non scaduti, ad eccezione dei medicinali da conservare in frigorifero a temperature controllate, quelli contenenti sostanze stupefacenti o psicotrope nonché quelli dispensabili solo in strutture ospedaliere. La povertà non è infatti solo alimentare: con questa misura si vuole incentivare l'attività delle associazioni che ogni giorno danno assistenza agli indigenti in materia di cura e assistenza sanitaria. Le misure di semplificazione burocratica, fiscale e tributaria sono disciplinate all'articolo 16. L'articolo 17 dà al comune la facoltà di applicare un coefficiente di riduzione della tariffa sui rifiuti alle utenze non domestiche relative ad attività produttive e distributive che cedano a titolo gratuito beni alimentari direttamente o indirettamente agli indigenti. Infine, in materia di appalti nella ristorazione collettiva, all'articolo 18 si inserisce tra i criteri di valutazione dell'offerta, quando il contratto è affidato con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, la cessione a titolo gratuito, a fini di beneficenza, delle eccedenze alimentari.
  Avviandomi alla conclusione, signor Presidente, questa proposta di legge di iniziativa parlamentare arriva all'attenzione dell'Assemblea dopo un lungo percorso di ascolto e confronto. L'Italia non è già oggi fanalino di coda in Europa nel recupero e nella donazione delle eccedenze, con questa legge vogliamo fare un ulteriore passo in avanti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
  Chiedo quindi che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento (La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti).

  PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito.
  È iscritto a parlare l'onorevole Fossati. Ne ha facoltà.

  FILIPPO FOSSATI. Presidente, colleghi, penso che con questa discussione ci prendiamo una responsabilità e mandiamo un messaggio al Paese, un messaggio positivo e importante per il Parlamento. Inizio con qualche parola non mia. Qualcuno ha detto: almeno un terzo del cibo prodotto nel mondo e destinato al consumo umano viene sprecato, ogni anno sono 1,3 miliardi di tonnellate; il miliardo di persone affamate nel mondo potrebbero essere sfamate con meno di un quarto del cibo che viene buttato via negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e in Europa; il 10 per cento delle emissioni da effetto serra dei Paesi ricchi vengono dalla produzione di cibo che non verrà mai mangiato; l'acqua usata nel mondo per irrigare le coltivazioni di piante – che poi saranno sprecate – sarebbe abbastanza per coprire il fabbisogno domestico di 9 miliardi di cittadini; le Nazioni Unite stimano che l'uso di sprechi alimentari per nutrire animali potrebbe far risparmiare la quantità di grano necessaria per sfamare 3 miliardi di persone. Questi sono i dati che commenta Carlo Petrini, presidente internazionale di Slow Food, una delle associazioni che ha fatto di più per porre al dibattito pubblico i temi della sostenibilità, della produzione degli alimenti e del contrasto agli sprechi alimentari. Il commento di Carlo Petrini a questo spreco e fame sono due facce della stessa medaglia: a fronte di una produzione alimentare che sarebbe sufficiente per sfamare 12 miliardi di esseri umani (in un momento in cui gli abitanti del pianeta sono 7 miliardi) quasi 800 milioni di persone soffrono di fame o di malnutrizione. Ciò significa che quasi il 40 per cento del nostro cibo è sprecato. Riguardo a questi dati e a questa denuncia vibrante non ci sono migliori parole di quelle Pag. 12utilizzate da Papa Francesco, quando ha visitato la sede mondiale della FAO. Dice Francesco: è doloroso constatare come la lotta contro la fame e la denutrizione sia ostacolata dalla priorità del mercato e dalla preminenza del guadagno, che hanno ridotto il cibo a una merce qualsiasi soggetta a speculazione, anche finanziaria.
  Infatti, il Papa con la consueta chiarezza ci riporta agli anni terribili che abbiamo passato, gli anni della crisi finanziaria in cui le bolle speculative non sono state create e non si sono gonfiate soltanto sugli immobili o sulle tecnologie, ma purtroppo si sono spesso montate e costruite e poi sono esplose sui prezzi delle materie prime, producendo in un batter d'occhio, in un clic di Borsa la messa in miseria di milioni e milioni soprattutto di agricoltori o comunque di persone appartenenti alla popolazione della parte più povera del mondo. Il provvedimento in esame interviene, contribuisce a mettere una luce su queste grandi contraddizioni del nostro mondo, in cui si è scatenata una caccia al terreno coltivabile nei Paesi del sud del mondo: i protagonisti della quale sono le grandi multinazionali della produzione di alimenti e spesso anche Stati sovrani che – penso alla Cina – hanno il problema, vedono di fronte a sé, anche per politiche dissennate che hanno scelto, il problema dell'esaurimento delle risorse alimentari del loro territorio. E il grande tema su cui stiamo discutendo – ci sono anche molte proposte di legge in discussione adesso qui in Parlamento – di un modo nuovo di affrontare il tema dello sviluppo economico, è il tema della circolarità dell'economia. Con esso siamo proprio nel pieno del provvedimento che stiamo discutendo oggi: il tema cioè di tutto ciò che può allungare la vita del prodotto per ottenere un effetto economico e ambientale più forte, più utile alla nostra generazione e a quelle che verranno rispetto a un meccanismo basato sul consumo e sullo spreco. L'altro punto è la circolarità nella distribuzione, la sharing economy, vale a dire scommettere sullo sviluppo del valore d'uso del prodotto, quindi della produttività all'interno della sua vita più lunga: e come, dove, se non nel campo degli alimenti, nel campo dei prodotti della terra noi dovremmo anticipare una discussione che poi vedrà un cambiamento, che vedrà impegnato tutto il mondo della produzione ? Questo è il contesto su cui caliamo la nostra proposta al Parlamento.
  Potevamo fare altro: la Francia nel 2015 ha approvato una legge che prevede fino a due anni di reclusione per quegli attori e operatori della media e grande distribuzione alimentare che non distribuiscono materiale in eccedenza e lo mandano allo smaltimento. L'approccio è quello della repressione penale. Noi scegliamo – l'abbiamo già scelta nel 2003 e la confermiamo – una strada diversa, abbiamo un atteggiamento diverso. Se si dovesse sintetizzare – il testo unificato in esame non lo merita – con poche parole il senso della legge è il seguente: noi proviamo a rendere la vita più semplice sia agli operatori che possono e devono donare sia a coloro che si prendono la responsabilità, l'onere e l'orgoglio, spesso attraverso il lavoro volontario, di distribuire alimenti o altri prodotti necessari agli indigenti, a chi non è in grado di pagarli. Si tratta quindi di un provvedimento che vuole incentivare i comportamenti virtuosi soprattutto nella filiera della produzione e del consumo degli alimenti. La relatrice, che ha lavorato moltissimo a costruire questa proposta, diceva che è necessario intervenire su tutta la filiera, nei punti caldi possibili dove l'intervento ha già mostrato che si può fare e si può fare bene: il campo della trasformazione degli alimenti e il campo della distribuzione, dove già troviamo percentuali di eccedenze distribuite di un qualche rilievo, anche se si può ancora fare tantissimo. Ma il provvedimento non si «distrae», non esclude l'intervento anche nei punti più difficili: ad esempio, la produzione agricola, riguardo alla quale prevediamo anche qualche facilitazione in più per l'intervento sul campo, ed il tema, complicato ma affascinante, del comportamento del consumatore finale.Pag. 13
  C’è stata discussione in Commissione su questo, su quali potevano essere gli interventi che facessero fare qualche passo avanti: è difficile arrivare nel frigorifero di ognuno di noi. Ma c’è una possibilità: l'educazione alimentare a partire dalle scuole, dall'educazione ambientale e di cittadinanza che molti comuni hanno avviato da tempo e gli incentivi alle famiglie per la riduzione dei rifiuti, soprattutto i rifiuti alimentari. Noi abbiamo degli alleati anche per arrivare a questo punto critico della filiera: il mondo straordinario del volontariato, che la legge giustamente amplia a tutto il terzo settore, che ormai da tempo, da anni sta lavorando su questo tema ed è una delle ricchezze del nostro Paese. Esso può essere un utile alleato – la relatrice diceva molto bene anche questo – per passare, per allargare, come in parte già fa, dal tema e dall'attività di distribuzione degli alimenti al tema di più complessive campagne e buone pratiche sull'educazione all'ambiente e al cibo da parte dei cittadini. Inoltre ci sono i cittadini non organizzati che vanno comunque considerati e vanno incentivati. Sembra un punto eccentrico o sopravvalutato ma a me sembra che anche questa proposta, come ormai tutti la conosciamo, del doggy bag, sia un modo per incentivare sia il ristoratore o il pubblico esercizio sia il consumatore finale alla pratica del non spreco, cioè del riutilizzo del cibo che consumiamo al ristorante, al pub o comunque fuori di casa e stia esattamente dentro questo approccio largo molto interessante e molto utile.
  Concludo sottolineando un utile paradosso che ci siamo trovati di fronte perché, come tutti possiamo capire, la prevenzione dello spreco alimentare dopo un certo punto, se funziona e deve funzionare, produrrà meno massa per la domanda degli indigenti e dei poveri. Ma ci piace pensare – non avremmo proposto questo provvedimento se non pensassimo ciò – che la scommessa che il testo unificato in esame pone al centro della sostenibilità della produzione alimentare e della distribuzione degli altri prodotti utili alla dignità della vita delle persone, l'intervento sulla terra e sui suoi prodotti come bene comune da tutelare sia in realtà un pezzo di nuove politiche di contrasto alla povertà. Insomma il nostro obiettivo è anche che ci siano meno indigenti da sfamare !

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Silvia Giordano. Ne ha facoltà.

  SILVIA GIORDANO. Presidente, oggi lo spreco alimentare è sicuramente una nuova emergenza. La FAO, infatti, ha calcolato che ogni anno si sprecano 1,3 miliardi di tonnellate di cibo pari a un terzo della produzione mondiale. Il cibo destinato al consumo umano si perde o si spreca nel percorso della filiera alimentare: più precisamente nel mondo si sprecano oltre 500 milioni di tonnellate di cibo nella produzione agricola, ben 355 milioni di tonnellate dopo la raccolta, 180 milioni di tonnellate durante l'elaborazione a livello industriale, 200 milioni di tonnellate nel percorso distributivo e addirittura 345 milioni di tonnellate di cibo nell'ambito del consumo domestico o nella ristorazione. Naturalmente, se un prodotto è perduto più a valle della filiera alimentare, maggiori sono le conseguenze ambientali dato che, oltre ai costi di produzione iniziali, devono essere aggiunti i costi ambientali sostenuti durante la lavorazione, il trasporto, lo stoccaggio e il consumo. L'osservatorio Waste Watcher ha stimato il fenomeno dello spreco alimentare nel nostro Paese, e i risultati sono sconcertanti.
  Ogni anno 5 milioni di tonnellate di prodotti alimentari finiscono nella spazzatura, 149 chili di cibo sprecato annualmente per persona, pari a 8 miliardi di euro; ma da più parti considerano tali dati molto sottostimati, l'Università di Bologna ha infatti stimato che il quantitativo di prodotti in agricoltura non raccolti sia di circa 1,5 milioni di tonnellate, il 3 per cento dell'intera produzione agricola nazionale. Lo spreco nella filiera della trasformazione industriale è di circa 2 milioni di tonnellate, mentre lo spreco nella distribuzione commerciale è di oltre 300mila tonnellate. Non vi è dubbio, infatti, Pag. 14che lo sperpero, che diventa rifiuto, ha un costo per l'intera collettività in termini di un dispendio di risorse naturali e idriche utilizzate per produrre gli alimenti e emissioni di anidride carbonica a ogni livello della filiera: dalla produzione fino alla distribuzione e al consumo.
  Secondo il Libro verde degli sprechi alimentari in Italia lo spreco alimentare nel percorso dal campo alla tavola è un dispendio in termini di emissioni di 3,4 tonnellate di CO2 equivalenti; e se si considerano le emissioni in relazione allo smaltimento dei rifiuti di cibo, le emissioni perse salgono a 5 milioni di tonnellate. Lo spreco alimentare è dovuto al cibo che resta nei campi, perché non risponde ai canoni di vendita o per mantenere prezzi di vendita artificiosamente elevati, o ai prodotti invenduti che raggiungono la data di scadenza sugli scaffali dei supermercati, ma anche a quello che siamo indotti a comprare in eccesso e che buttiamo senza che passi sulle nostre tavole o mangiamo in maniera eccessiva rispetto al nostro fabbisogno, con gravi rischi per la nostra salute. Per tale ragione noi abbiamo proposto che sia vietata ogni forma di pubblicità o di promozione per la grande distribuzione che possa indurre all'acquisto di cibo in eccedenza, quali il secondo e il terzo prodotto dati in omaggio. Questo perché l'industria alimentare, allo scopo di aumentare il proprio profitto, ci spinge con una pubblicità martellante a consumare sempre più cibo e di sempre peggior qualità. Le campagne pubblicitarie, studiate per far leva soprattutto sulle fasce influenzabili della popolazione, bambini e adolescenti, che è dimostrato sono in grado di influenzare fortemente gli acquisti della famiglia, creano veri e propri bisogni indotti, portandoci ad acquistare e a consumare molto più cibo di quanto realmente necessitiamo. Infatti, sia in Commissione che ora in Aula, abbiamo proposto degli emendamenti per vietare la pubblicità sulle reti televisive nelle ore di programmazione destinate ai minori dei prodotti alimentari e bevande contenenti un alto livello di acidi grassi saturi, grassi animali, zuccheri e sali liberi, nonché olio di palma.
  Il nostro rapporto con il cibo è radicalmente cambiato in questi ultimi anni. Ippocrate disse: il tuo alimento sia il tuo medicamento. Invece, il cibo oggi è diventato causa di obesità, di malattie e di aumento dei costi per il Servizio sanitario nazionale e primaria fonte di inquinamento. Con questa legge si potrebbe fare di più sulla prevenzione della formazione degli sprechi: ad esempio, promuovendo gli alimenti a chilometro zero. Tale espressione è stata coniata come indicatore per calcolare l'impatto ambientale del cibo in base ai chilometri percorsi dal luogo di produzione al luogo di consumo.
  Il lavoro svolto in Commissione XII è stato positivo e collaborativo e il testo approvato è stato sensibilmente migliorato; tuttavia, al fine di rendere veramente efficace questo provvedimento, sarebbe stato necessario uno sforzo maggiore sia sulla prevenzione della produzione degli sprechi, sia sul consumo compulsivo di alimenti spesso dovuto principalmente appunto ad un bombardamento di pubblicità di cibo spazzatura e ad una cattiva educazione alimentare. A tutte queste problematiche il MoVimento 5 Stelle ha proposto delle soluzioni attraverso emendamenti in Commissione; molti sono stati bocciati, ed è per questo che li proporremo per l'Aula con la speranza che il dialogo più ampio porti ad una maggiore saggezza (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Fiorio. Ne ha facoltà.

  MASSIMO FIORIO. Presidente, dopo la puntuale presentazione e disamina della relatrice vorrei svolgere alcune riflessioni rispetto a questo provvedimento, che per certi versi è inaspettato agli occhi di molti: per esempio degli organi di informazione, per i quali non avrebbe mai visto la luce. Tuttavia, non c’è solo lo scetticismo di molti che hanno impaginato pagine e pagine chiedendosi: «l'Italia che fa» ? C’è Pag. 15anche il fatto che siamo sommersi, siamo inondati di dati, di cifre, di numeri, che sicuramente ci forniscono la fenomenologia complessa dello spreco, delineano il perimetro articolato del fenomeno, ma allo stesso tempo paralizzano, rischiano di inibire l'iniziativa politica, che di fronte alle dimensioni di un fenomeno globale del genere sembra non poter fare nulla.
  Nonostante ciò, approda in Aula oggi una legge sul tema, che in qualche modo risponde alla sfida lanciata da Expo e alle domande che si sono posti in quella sede. Anzi, l'Esposizione mondiale di Milano è stata la sede in cui questa legge, che è il frutto di iniziative parlamentari, la prima del PD, è maturata e ha trovato la spinta per proseguire il suo cammino nelle Commissioni parlamentari ed ora finalmente in Aula. Non poteva essere altrimenti, «Nutrire il pianeta, energie per la vita» era il tema di Expo, in cui al centro c'era il cibo, la sostenibilità ambientale e la sostenibilità sociale delle produzioni alimentari. Possiamo dire senza tema di smentita che il provvedimento che discutiamo oggi raccoglie la sfida lanciata da Expo, non si tira indietro dal rispondere alle domande poste e anzi possiamo dire con orgoglio che questo provvedimento è uno dei frutti più buoni di quella manifestazione. Questo tema ha attraversato Expo in molte forme, è diventato forse in qualche modo uno dei temi dominanti, perché forse poneva la domanda più radicale, la questione più profonda, quella che intende interrogare il cuore del modello produttivo che governa il sistema occidentale globale; la domanda riguarda la connessione tra le produzioni di beni e il consumo di quei beni. La risposta è sotto gli occhi di tutti: questa connessione, la connessione tra ciò che produciamo e ciò che consumiamo è disallineata, e per dirla alla Shakespeare dell'Amleto «Out of joint», scardinata. Noi produciamo molto di più di quello che consumiamo, ma allo stesso tempo, questo è il paradosso, ciò che viene prodotto non è abbastanza per soddisfare i fabbisogni mondiali.
   Lo spreco, come lo approfondiamo oggi nella sua enormità insopportabile di numeri e cifre, appare sempre più, per dirla in termini psicanalitici, il rimosso del modello produttivo che ha prevalso finora. Quello che emerge, anche in questo Paese e nel mondo, è che forse alla base dello svilimento, della svalutazione, infine del superamento delle culture dei modelli contadini e rurali a favore di moderni modelli di consumo, fenomeno che ci ha illuminato splendidamente Pier Paolo Pasolini nelle sue opere, c’è la volontà anche di sopprimere una cultura che affrontava, gestiva e limitava il fenomeno dello spreco. Non è un caso che questa legge abbia nell'agricoltura non solo il riferimento importante perché ci si occupa di cibo, ma perché in quell'ambito, in quel settore, si possono trovare risposte.
  Il provvedimento, molto articolato, non si tira indietro dall'affrontare anche altri settori dei fabbisogni primari, penso al tema dei farmaci e a quello degli abiti; affronta le varie fasi della produzione, della trasformazione, della distribuzione e del consumo di cibo. Voglio citare, a titolo di esempio, la possibilità di recuperare prodotti agricoli direttamente in campo da parte delle associazioni del terzo settore, che altrimenti andrebbero perduti. È una pratica in uso da sempre nelle campagne, chi ha esperienza della vita delle aziende agricole ricorda che, in passato, la solidarietà di consentire a chi era in stato di bisogno di accedere ai propri campi era una pratica abituale. L'agricoltura, abbiamo dimenticato, ha sempre avuto una vocazione sociale che le consentiva non solo di produrre beni, ma di rispondere anche ad esigenze sociali. Da questo punto di vista crediamo che il riconoscimento del Tavolo di coordinamento che ha sede presso il MIPAAF sia una cosa importante. Finora quel tavolo ha gestito risorse statali e comunitarie per finanziare progetti distributivi di derrate agli indigenti. Questo tavolo ha gestito spesso iniziative a sostegno di comparti in crisi, trasformando quel sostegno in occasioni di solidarietà concreta. Ora questo tavolo è incrementato nei suoi componenti da rappresentanti della filiera produttiva, dalla rappresentanza di associazioni di solidarietà e Pag. 16dalle istituzioni. Questa modalità di collaborazione è alla base di un nuovo modello di economia e impresa, quella che qualcuno oggi chiama economia circolare, ma che non è altro che l'idea che le scelte economiche d'impresa hanno coinvolgimenti comunitari ampi e che molto spesso imprese di solidarietà possono trovare sinergie importanti, che non si riducono alla semplice beneficenza. Questa modalità di impresa e di economia è probabilmente meno nuova di quello che riteniamo, è forse più nostra di quello che pensiamo. Negli anni in cui Adam Smith scriveva le sue opere fondamentali di economia, alla base delle quali c'era l'idea di homo oeconomicus, mosso da una forma di egoismo produttivo, Antonio Genovesi, da una cattedra intitolata «Economia civile» rispondeva ribadendo la dimensione comunitaria dell'impresa. Per Genovesi il soggetto economico è relazionale e fatto di reciprocità; il mercato ha una funzione mutualistica. Quell'idea di economia civile, che per secoli è sembrata subalterna al modello anglosassone che si è imposto, trova oggi gli eredi migliori nel mondo dalla cooperazione, dei distretti del made in Italy, della finanza etica, della buona agricoltura e nel pensiero che il prodotto, le cose che produciamo e che coltiviamo, non vivono solo nella dimensione dello scambio e del mercato.
  La relazione fra persone, che le cose sono, che il prodotto, i beni primari sono, non si esaurisce nell'essere cose o prodotti di consumo. Ecco, credo che l'idea di sostenere, riconoscere e promuovere la donazione – è bello chiamarla «donazione» e non solo «cessione gratuita» – come pratica non di beneficenza, ma come strategia per rispondere ai bisogni sociali sia la grande conquista di questa legge.
  Sta finendo, forse, un'epoca che aveva ridotto il dono a regalo. L'atto di donare è altro: rimanda a una pratica più profonda di cura dell'altro, che il turbo-liberismo, che abbiamo vissuto in questi anni, ci aveva fatto dimenticare. Naturalmente questa legge non intende vincolare, mettere paletti alle pratiche di coloro che operano nella solidarietà, sarebbe sbagliato e anche impossibile da farsi. È un ambito di relazioni e di pratiche umane troppo ampio e troppo ricco.
  Uno dei più grandi pensatori di questi anni Jacques Derrida, nel suo splendido libro «Donare il tempo», parafrasando Baudelaire, diceva che testimoniare della paradossalità del dono è un po’ come cercare il mezzo dì alle 14. Derrida insisteva nel rapporto tra dono e temporalità: donare significa aprire un tempo nuovo. Non so se questa legge aprirà un tempo nuovo, so che questa legge è in sintonia con tempi nuovi.
  Da ultimo, vorrei fosse messo agli atti un ringraziamento al lavoro della relatrice, alla sua tenacia, che ha consentito a questa legge di essere qui oggi, e alla sua intelligenza, che ha consentito a questa legge di essere maturata in modo così importante (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Nicchi. Ne ha facoltà.

  MARISA NICCHI. Grazie, Presidente. Siamo avvolti in un insopportabile paradosso: da una parte, uno spreco di alimenti senza fine e, dall'altra, un aumento della povertà alimentare quantitativa e qualitativa; da una parte, questa crassa, anche volgare, opulenza e, dall'altra, inaccettabili diseguaglianze. Mentre enormi quantitativi di cibo vengono gettati, la povertà alimentare persiste e, anzi, cresce. È una questione globale, che ci conduce alle radici, alla base delle diseguaglianze, che stanno raggiungendo valori mai toccati prima, anche in Italia. L'1 per cento più ricco della popolazione mondiale possiede più risorse del resto del mondo. Potere e privilegi sono strumenti usati per condizionare il sistema economico, per condizionare la vita di tante persone, per fare quel click, di cui si parlava prima, che allarga il divario tra chi è ricco e chi non lo è e impoverisce improvvisamente tante persone.
  Non si può evitare questa contestualizzazione. Non si può vincere la sfida contro l'ingiustizia della povertà, a partire dal Pag. 17rendere esigibile, come veniva ricordato prima, il diritto al cibo, finché non si pone rimedio a queste diseguaglianze, oltre una visione di compassione caritatevole, ma riacciuffando quelli che sono i fondamenti di un pensiero critico, capace di porre la questione della lotta alla diseguaglianza come il tema di fondo con cui immaginare un cambiamento.
  Secondo le ultime stime di un recente volume curato da Giancarlo Rovati e Luca Pesenti, gli italiani incapaci di rispondere alle proprie necessità alimentari sono circa 5 milioni e mezzo, di cui un milione e 300 mila bambini, minorenni. Infatti, sono proprio i bambini e gli adolescenti quelli che sono più esposti al fenomeno della povertà alimentare, insieme alle popolazioni di chi vive nel Mezzogiorno, questo grande problema del nostro Paese rimosso completamente dalle politiche del Governo. Però, è anche necessario dire che non è che tutte le contraddizioni sociali sono solo nel Mezzogiorno. Ci sono da segnalare persino dati inquietanti che riguardano la ricca, l'opulenta Lombardia, dove, proprio se si guarda la condizione dei bambini, ci sono dati assolutamente preoccupanti.
  Quindi, la proposta di legge, che noi stiamo discutendo, contro lo spreco alimentare – così è stata denominata – intende intervenire su questa materia. Quindi, è una scelta positiva, è una scelta di iniziativa parlamentare. Vuole inserirsi in una generale riduzione degli sprechi; si parte da quelli alimentari, ma si affrontano altri temi e altri beni. Promuove l'uso consapevole delle risorse e l'insieme di una politica di riduzione dei rifiuti, come quello del recupero dei farmaci, del vestiario e di altri prodotti. E soprattutto – questo è un obiettivo importante che noi condividiamo – vuole incentivare e semplificare la donazione, i suoi processi e il valore della donazione.
  Noi ancora vediamo alcune debolezze in questo testo e ci auguriamo che, nella discussione che si svolgerà in Aula, si possano affrontare. Però, non c’è dubbio – lo diciamo già da subito – che consideriamo un fatto positivo questo primo provvedimento, a cui abbiamo anche contribuito, anche insieme ad altri gruppi dell'opposizione, con una nostra visione e con delle proposte, e che, per la prima volta, si prefigge di affrontare in modo organico, complessivo e anche più articolato, dalle definizioni alle misure, un tema così importante. Il problema dello spreco alimentare è un fenomeno che ha dimensioni e profili inquietanti, con dei tratti di immoralità. Lo spreco alimentare mondiale vale ogni anno mille miliardi di dollari. È una cifra vertiginosa, che sale a 2.600 miliardi se si considerano i costi nascosti legati all'acqua, all'uso improprio e spropositato dell'acqua, e all'impatto ambientale: una connessione stretta tra questione sociale e questione ambientale. Nella sola Unione europea si sprecano circa 90 milioni di tonnellate di cibo ogni anno, 180 chilogrammi a persona. Sono dati indecenti se rapportati al bisogno di milioni di donne e di uomini nel mondo. E non sono dati caduti dal cielo o frutti della natura. Molto più viene chiamata in causa la volontà umana, una volontà umana critica non subalterna a questo modo, a questa realtà, a questa idea di società così squilibrata. Chiama in causa la responsabilità politica. Sì, la responsabilità politica intanto dei Governi, dei Parlamenti, delle forze politiche. Non ci bastano gli importanti appelli di Papa Francesco. Anzi, quelli dovrebbero considerarsi un pezzo per fare noi – noi che facciamo politica a tutti i livelli, dall'opposizione al Governo –, per fare e per intervenire su una questione così importante.
  Per quanto riguarda il nostro Paese, secondo i dati dell'indagine realizzata nel 2012 dalla Fondazione per la sussidiarietà e dal Politecnico di Milano, lo spreco alimentare ammonta a circa 6 milioni di tonnellate, pari ad un valore di 12,3 miliardi di euro. Dati più recenti, forniti – veniva citato – dall'ultima rivelazione Waste Watchers, indicano come, in Italia, lo spreco alimentare, solo per le economie domestiche, di quello che si fa nelle nostre case, vale tra i 12 e i 13 miliardi di euro. Il cibo sprecato in Italia è di 108 chilogrammi pro capite, di 450 euro per ogni Pag. 18famiglia media, mentre la parte di cibo che è recuperato e poi donato agli enti caritatevoli e alle food bank rappresenta poco più del 6 per cento del totale.
  I monitoraggi di Last Minute Market – non tutto nasce da Expo e poi ci arrivo –, inoltre, hanno dimostrato che in un anno si potrebbero recuperare in Italia 1,2 milioni di tonnellate di derrate che rimangono sui campi, oltre 2 milioni di tonnellate di cibo dall'industria agroalimentare e più di 300 mila tonnellate dalla distribuzione. Ma non sempre i prodotti ritirati dagli scaffali finiscono nella pattumiera. Il merito è da attribuire a tante organizzazioni non lucrative di utilità sociale, alle Onlus, come il Banco alimentare, alla Rete antispreco, oppure ad iniziative – perché è vero: non tutto nasce da Expo – come quelle dell'università di Bologna che promuove, da oltre dieci anni, il recupero di prossimità, supportando gli enti locali e le imprese nell'attivazione di progetti di recupero degli alimenti invenduti.
  A partire dal 2012, Last Minute Market ha promosso la carta per una rete di amministrazioni a spreco zero. Sono 700 i comuni che hanno aderito. È un documento che impegna i comuni firmatari ad adottare specifiche azioni per contrastare il fenomeno dello spreco alimentare. Andrea Segrè, in un articolo recente sull’Unità ha indicato due grandi questioni: in primo luogo, c’è la questione della prevenzione. Il miglior rifiuto – e, per analogia, il migliore spreco – è quello che non si produce. Poi, c’è la seconda questione: investire risorse adeguate per raggiungere gli obiettivi e le priorità indicate dall'Europa e dal Piano nazionale di prevenzione rifiuti, che rischiano, senza queste risorse, di rimanere sulla carta.
  Nel medesimo articolo Andrea Segrè ipotizzava un finanziamento di interventi per la prevenzione attraverso un piccolo prelievo sulla tariffa rifiuti applicata ai comuni, pari ad un euro all'anno. Un'impostazione che si potrebbe discutere e che ha ispirato, per esempio, un nostro emendamento che noi poi riproponiamo, di contenuto simile, per permettere, quindi, attraverso un piccolissimo prelievo dalla tariffa del servizio di gestione del ciclo dei rifiuti, di poter alimentare questo Fondo.
  Nel testo ci sono punti ancora da migliorare e che noi abbiamo, con le nostre proposte, trasformato in emendamenti, per augurarci un miglioramento della discussione. Tuttavia, c’è un punto di debolezza su cui sappiamo anche esserci un dibattito (quindi, non abbiamo la certezza; noi interveniamo e sappiamo di intervenire su un dibattito). Si tratta del fatto che tutte le misure che sono volte a favorire il recupero degli alimenti, ai fini della donazione delle loro eccedenze per solidarietà, sono, nel testo, solo su base volontaria. Infatti, in tutto il testo si specifica e si ripete che gli operatori del settore possono cedere, che gli enti locali possono prevedere, che le eccedenze di prodotti agricoli in campo possono essere cedute, che i prodotti della pianificazione invenduti possono essere ceduti.
  Noi crediamo che sia giusto discutere un buon rapporto tra azioni che incentivano processi virtuosi – quindi, dati in volontà – e anche, però, alcuni obblighi. Anche sulla falsariga della recente legge francese approvata, noi chiediamo e pensiamo che si debbano introdurre alcuni obblighi nei confronti degli operatori del settore alimentare e anche verso altri soggetti. In Francia è stata approvata di recente una legge in virtù della quale alla grande distribuzione, quali supermercati di dimensione superiore a 400 metri quadrati, viene proibito di gettare alimenti ancora consumabili rimasti invenduti o di distruggerli e viene obbligata a firmare un protocollo con un'associazione solidale per facilitarne la donazione. Anche noi pensiamo che un obbligo similare possa essere introdotto, perché pensiamo che la strategia migliore sia mettere insieme alcuni obblighi e incentivare i comportamenti virtuosi.
  L'altro punto di debolezza è la mancanza di adeguate risorse, ossia quelle risorse necessarie a finanziare i tre fondi che saranno a sostegno di questo nuovo provvedimenti. Sempre sul tema delle risorse, merita sottolineare come lo stesso servizio bilancio della Camera ha segnalato Pag. 19come ciò che è previsto per avviare campagne di sensibilizzazione tra i diversi ministeri, importanti anche ai fini dei suggerimenti e degli obiettivi che proponeva la collega Giordano, secondo il testo realizzabili senza maggiori risorse, siano difficilmente realizzabili, perché poi si ritorna sempre lì: tutto viene previsto a costo zero.
  Durante l'esame in Commissione è stato soppresso un nostro articolo che stanziava risorse per finanziare agevolazioni fiscali agli enti del terzo settore per l'acquisto di beni mobili strumentali e necessari all'attività di donazione delle eccedenze alimentari ai fini di solidarietà.
  Le misure anche importanti che, invece, questo testo contiene e che hanno un effetto positivo riguardano molti aspetti: le semplificazioni burocratiche sono un punto dolente; l'estensione delle agevolazioni della cosiddetta «legge del buon samaritano» anche ad altri beni e, a questo, aggiungiamo anche la possibilità, che per noi era un obbligo ma che invece è stata acquisita come possibilità, prevista in un nostro emendamento di far sì che i comuni possano prevedere una riduzione della tariffa sui rifiuti per le attività che producono e distribuiscono beni alimentari ceduti a titolo gratuito per solidarietà.
  Inoltre, è positiva la scelta, nell'ambito degli appalti pubblici per la ristorazione, di tenere conto, tra i criteri per l'aggiudicazione, anche di quello della cessione, a titolo gratuito e a fini solidaristici, delle eccedenze alimentari.
  Insomma, l'esame della Commissione, dove sono stati approvati alcuni dei nostri emendamenti, è stato un esame serio, un confronto importante, che ha modificato sensibilmente il testo iniziale, grazie anche al lavoro mirato, attento e approfondito della relatrice (anch'io mi aggiungo all'intervento che mi ha preceduto, del collega Fiorio).
  Noi chiediamo che questo buon contributo, questo buono spirito costruttivo possa realizzarsi e proseguire anche nella discussione parlamentare.
  Vogliamo migliorare questo testo, che consideriamo un fatto importante per poter affrontare la grande sfida del mutamento ambientale, quella che è la madre delle nostre battaglie, la sfida del governo delle mutazioni climatiche. Anche con queste azioni si può intervenire e si può rispondere a questa grande sfida, anche per far camminare insieme la giustizia sociale e la giustizia ambientale.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Giammanco. Ne ha facoltà.

  GABRIELLA GIAMMANCO. Grazie, Presidente. Il provvedimento, che inizia oggi il suo percorso in Aula, è di assoluta rilevanza per le sue ricadute in termini economici, sociali e ambientali.
  Il problema degli sprechi alimentari, infatti, riguarda tutto il mondo: secondo i dati della FAO, ben un terzo del cibo del mondo finisce sprecato. Parliamo di 1,3 miliardi di tonnellate, spreco che rappresenta quattro volte la quantità necessaria per sfamare un miliardo di persone che oggi soffre la fame perché non ha accesso a sufficienti risorse alimentari.
  Solo nei Paesi industrializzati vengono gettati 222 milioni di tonnellate di cibo ogni anno: è una quantità che basterebbe a sfamare l'intera popolazione dell'Africa subsahariana. Numeri preoccupanti per un tema che troppo spesso rimane ai margini dell'agenda politica.
  Expo 2015 ha contribuito sicuramente a sollevare il tema dello spreco alimentare nel nostro Paese: spente le luci dell'evento è giunta, quindi, l'ora che questo Parlamento offra all'Italia e agli italiani una norma volta a contrastare davvero questo fenomeno.
  Secondo il Barilla center for food and nutrition, ogni anno finiscono tra i nostri rifiuti dai 10 ai 20 milioni di tonnellate di prodotti alimentari, per un valore di oltre 30 miliardi di euro. Cifre impressionanti e tutto questo cibo basterebbe a sfamare, secondo la Coldiretti, circa 44 milioni di persone. È più che sufficiente, quindi, per gli oltre 4 milioni di individui che nel nostro Paese vivono in condizioni di povertà assoluta.
  Oggi, quindi, vogliamo compiere un ulteriore passo per affermare concretamente Pag. 20il diritto al cibo come diritto universale, per contribuire a raggiungere l'obiettivo «Fame zero» nel 2030, sancito dalla Carta di Milano e dai nuovi Obiettivi del Millennio dell'ONU.
  Ma ci sono altri fattori da tenere a mente, perché la ricaduta ambientale degli sprechi alimentari è enorme. Innanzitutto, ridurre gli sprechi alimentari fa l'interesse dell'ambiente, perché diminuisce il volume dei rifiuti. E, ancora: ogni anno nel mondo 250milia miliardi di di litri d'acqua e quasi 1 miliardo e mezzo di ettari di suolo vengono utilizzati per produrre cibo che poi viene gettato via. Anche se la Terra è avvolta per il 70 per cento dall'acqua, solo una piccola parte degli 8 milioni di chilometri cubi di acqua dolce è effettivamente utilizzabile e la pressione congiunta di crescita demografica, aumento dei consumi pro capite e inquinamento stanno rendendo la risorsa idrica un bene sempre più prezioso e sempre più conteso, come dimostra la moltiplicazione dei conflitti in terra africana per il controllo dei fiumi in un mondo in cui 1,4 miliardi di persone non ha accesso all'acqua potabile.
  Inoltre, combattere lo spreco alimentare è importante anche per contenere l'impatto sulla biodiversità che la produzione massiva di alimenti ha a livello globale. Gli effetti negativi dell'espansione agricola e delle coltivazioni estensive sono tali sulla frammentazione degli habitat e sulla perdita di biodiversità che appare veramente inconcepibile e inaccettabile che una parte rilevante di quanto prodotto venga gettato.
  Fortunatamente negli ultimi anni stiamo assistendo a una maggiore presa di coscienza del problema da parte dei cittadini, sia italiani che europei. Buone abitudini, come una lista della spesa ragionata, il controllo delle etichette, l'impiego delle quantità giuste e la corretta conservazione degli avanzi sono sempre più diffuse.
  Secondo l'inchiesta Waste Watcher 2016, l'85 per cento dei consumatori è consapevole dell'importanza dell'imballaggio rispetto alla conservazione o deperibilità del prodotto; per il 64 per cento il packaging è addirittura «indispensabile» e il 93 per cento dichiara di scegliere la confezione sulla base della sua funzionalità, oppure della possibilità di riutilizzo (il 90 per cento).
  Ma c’è di più: il 56 per cento dei consumatori, cioè più di un italiano su due, ha dichiarato di essere disposto a pagare qualcosa di più per avere imballaggi che aumentino la probabilità di utilizzo del prodotto, riducendone di conseguenza lo spreco.
  Quella che si impone oggi è una vera e propria rivoluzione culturale dei modelli di consumo, perché se il 57 per cento degli sprechi sono causati dagli attori economici (cioè dai produttori primari fino alla distribuzione e alla ristorazione) il restante 43 per cento avviene a casa del consumatore. Infatti, la globalizzazione ha comportato un aumento generalizzato dei livelli di benessere e l'offerta alimentare a nostra disposizione è cresciuta a dismisura. Troppo spesso, però, a causa di ritmi di vita frenetici, ci ritroviamo a consumare sempre più pasti fuori casa, continuando parallelamente ad accumulare nelle nostre case scorte di cibo che non sono eterne e che diventa difficile quindi smaltire. A ciò si aggiungono le date di scadenza troppo rigide apposte sugli alimenti, le promozioni che spingono i consumatori a comprare cibo sempre in maggiore quantità e i numerosi passaggi dal produttore al consumatore nelle catene di montaggio dei cibi industriali.
  È evidente, quindi, che in Aula è approdato un provvedimento importante che interroga le coscienze di tutti noi e bisogna riflettere sul ruolo del legislatore nello spingere le aziende e i cittadini a scelte economicamente ma anche eticamente sostenibili.
  Anche stavolta uno sguardo a quanto già accade all'estero è indispensabile. Lo scorso 4 febbraio, ad esempio, il Senato francese ha approvato in via definitiva una legge che istituisce, per i supermercati sopra i 400 metri quadrati, il reato di spreco alimentare; in pratica non sarà più possibile per questi negozi smaltire l'invenduto, trasformandolo in rifiuto quando Pag. 21è ancora commestibile. I supermercati francesi di grandi dimensioni, quindi, saranno obbligati – si badi bene, obbligati – a inviare alle organizzazioni caritatevoli il cibo prossimo alla data entro la quale è preferibile consumarlo, oppure a trasformarlo in mangime per gli animali o in compost. Per far sì che ciò accada davvero è stato stabilito, quindi, l'obbligo di stipulare un accordo con queste organizzazioni e, in mancanza di esso, sono previsti 75 mila euro di multa o due anni di reclusione.
  Non è l'unica novità che arriva dai nostri vicini francesi: infatti, nel 2016 sono scattate anche nuove norme per i ristoranti che servono almeno 180 pasti al giorno. D'ora in poi saranno obbligati a fornire ai clienti che ne facciano richiesta i cibi non consumati per portarli a casa nelle cosiddette doggy bag, contenitori cioè da asporto.
  L'Italia arriva forse in ritardo sul tema, ma può vantare esempi virtuosi come il Refettorio ambrosiano aperto a Milano dalla Caritas, che cucinava il cibo avanzato di Expo, oggi di supermercati e ristoranti, per le famiglie più bisognose.
  La povertà alimentare non riguarda solo il sud del mondo, oggi 53 milioni di europei fanno fatica a mangiare un pasto completo ogni giorno e in Italia, in cinque anni, sono più che raddoppiate le persone che non possono più permettersi una dieta equilibrata.
  Personalmente – parlo da cittadina, svestendomi dei panni del politico – ritengo che politiche incisive sul tema degli sprechi alimentari si sarebbero dovute fare già da tempo. Il nostro Paese conta complessivamente oltre 10 milioni di poveri, e lavorare affinché si recuperi e si doni loro cibo che altrimenti andrebbe buttato è tra le più incisive operazioni di solidarietà possibili.
  Il testo in discussione va quindi nella direzione giusta, favorendo l'uso consapevole delle risorse e il recupero di prodotti ancora utilizzabili da parte delle associazioni di volontariato, sburocratizzando le procedure per la raccolta e la donazione non solo di cibo ma anche di farmaci e di vestiti.
  Senza dubbio ci sono aspetti perfettibili, il testo si può migliorare, si sarebbero potuti e dovuti introdurre alcuni obblighi necessari nei confronti degli operatori e anche stanziare maggiori risorse per spingerli a donare, ma siamo sicuramente sulla buona strada. Non sprecare cibo, riciclare, proteggere l'ambiente: queste parole non devono rimanere semplici buoni propositi ma diventare veri e propri fari guida del nostro agire politico nei prossimi anni. Abbiamo, infatti, assistito a troppi summit internazionali sull'ambiente e la fame nel mondo che ci hanno lasciato molta retorica ma nulla di concreto.
  Combattere gli sprechi, infine, fa anche l'interesse delle aziende, per le quali lo stoccaggio e lo smaltimento è sicuramente un costo. Con il provvedimento in questione vogliamo, quindi, tentare di cambiare davvero le cose e, quindi, andare avanti sicuramente con la lotta agli sprechi alimentari. Siamo convinti che rappresenti un'azione di solidarietà reale che è giusto e doveroso incentivare.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Gagnarli. Ne ha facoltà.

  CHIARA GAGNARLI. Signor Presidente, colleghi, come già detto più volte dai colleghi, circa un terzo del cibo prodotto nel mondo per il consumo umano va perso o sprecato, creando quindi pressioni inutili sulle risorse naturali e rendendo non disponibile una quota significativa della produzione di cibo. La prevenzione e la riduzione degli sprechi alimentari richiedeva, quindi, degli interventi urgenti.
  Il cibo, il consumo, il contrasto agli sprechi, il loro riutilizzo, la riflessione sul contenimento necessario delle risorse disponibili sono un tema che, per fortuna, coinvolge la sensibilità ormai diffusa e che ha aiutato ad arrivare anche a questo dibattito parlamentare e, finalmente, alla definizione di un testo unificato delle diverse proposte di legge presentate, che speriamo dia il via presto ad iniziative concrete che interrompano questo circolo vizioso dove, ricordiamo, più di 800 milioni di persone, tra l'11 e il 12 per cento Pag. 22della popolazione mondiale, lottano quotidianamente per sfamarsi, mentre un miliardo e mezzo di persone sono obese o in sovrappeso.
  Con una popolazione in rapida crescita, ci si interroga giustamente su come realizzare una produzione agricola sempre più sostenibile, su come ridurne l'impatto ambientale, visto anche gli enormi costi a livello di consumo di suolo, di risorse idriche e di biodiversità, in una situazione che rimane comunque di iniqua distribuzione delle risorse sul nostro pianeta.
  Secondo i monitoraggi di Last Minute Market, ogni anno si potrebbero recuperare in Italia 1,2 milioni di tonnellate di derrate in campo, oltre 2 milioni di tonnellate di alimenti nell'industria agroalimentare e più di 300 mila tonnellate dalla distribuzione. La maggior parte dello spreco nel comparto primario riguarda eccedenze di prodotti agricoli in campo ed è evidente come questo si traduca in sprechi di energie e risorse idriche legate alla produzione e in emissioni che si potevano evitare.
  Proprio per questo sarà fondamentale coinvolgere tutti gli attori della filiera, dal produttore agricolo ai trasformatori e ai soggetti cessionari, e per questo abbiamo presentato un'osservazione al parere dato come Commissione agricoltura e che speriamo sia integrata nel testo da un emendamento che aggiusta la definizione di eccedenza cui si fa sì riferimento all'articolo 3, quando si parla di cessione gratuita, ma senza che poi sia stata inserita nel testo come definizione all'articolo 2.
  Consideriamo in generale positiva l'impostazione della legge, che agisce effettivamente su meccanismi di incentivazione piuttosto che di depressione.
  Proprio per questo, proprio perché implica un impegno e un tempo più lungo per la diffusione e per una maggiore sensibilizzazione e una maggiore consapevolezza, avremmo, ad esempio, preferito non sempre e solo lasciare la facoltatività della cessione, oppure avremmo investito di più sul finanziamento di progetti per la limitazione degli sprechi e l'impiego delle eccedenze, legandola strettamente ad obiettivi di educazione alimentare e di contrasto alle abitudini scorrette, quindi, ad esempio, implementando il fondo con un contributo da parte di chi produce bibite analcoliche con zuccheri aggiunti, il cui consumo è strettamente legato all'obesità infantile e con misure più stringenti di sensibilizzazione sulle conseguenze negative degli sprechi alimentari, come il divieto di pubblicizzare junk food nelle fasce orarie di programmazione destinate ai minori oppure durante i pasti.
  Al fine di rendere efficace l'obiettivo della proposta di legge, è per noi importante che si realizzi un efficace monitoraggio, con uniformi procedure di rilevazione, con informazioni rese pubbliche attraverso l'istituzione di una banca dati. Un'esatta quantificazione degli sprechi aiuterà a formulare un ordine di priorità negli interventi di controllo e a fornire parametri indispensabili per sostenere azioni di prevenzione degli sprechi alimentari.
  Serve, quindi, sì una legge, ma serve una legge con regole chiare, che porti a smuovere la sensibilità e la volontà delle aziende di voler donare senza dubbi e senza incertezze, di chi non sa bene cosa fare e come fare, come è stato finora.
  In una società colpita duramente dalla crisi economica e in cui buona parte della popolazione fatica ad acquistare cibo, lo spreco alimentare è sempre più ingiustificabile e assume una rilevanza morale più che una rilevanza economica ed ambientale, che riguarda tutti. Quindi, ben venga questa legge. Sappiamo che in Commissione affari sociali si è lavorato in maniera positiva, speriamo che questa legge fornisca veramente degli strumenti utili e delle indicazioni necessarie per arrivare presto a tradurre in pratica quegli obiettivi, che sono urgenti e necessari, che questa legge si prefigge (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle e di deputati del Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Carnevali. Ne ha facoltà.

  ELENA CARNEVALI. Signor Presidente, sottosegretario De Filippo, colleghi, Pag. 23una delle maggiori sfide dell'umanità è quella di nutrire una popolazione in costante crescita senza danneggiare l'ambiente, al fine di preservare le risorse anche per le generazioni future.
  Per far fronte in modo sostenibile alle sfide alimentari future è indispensabile adottare un approccio sistemico, attento ai problemi sociali, culturali, economici e ambientali, che coinvolga tutti gli attori sociali ed istituzionali.
  Poiché sappiamo di essere responsabili di lasciare un mondo più sano ed ecosostenibile alle generazioni future, ci dobbiamo impegnare e declinare buone pratiche in politiche pubbliche e aiuti allo sviluppo che siano coerenti con i fabbisogni locali e indirizzati allo sviluppo di sistemi alimentari sostenibili.
  Un aspetto problematico è quello dello spreco alimentare nelle diverse fasi, produttive e di consumo. La Commissione europea stima che, nella sola Unione europea, vengono sprecati 90 milioni di tonnellate di alimenti, pari a 180 chilogrammi a persona. Il tema degli specchi alimentari è al centro di un intenso dibattito del mondo scientifico ed è parte integrante dell'agenda politica dei diversi Paesi comunitari.
  Organismi internazionali come FAO, UNEP, e WRAP hanno lanciato, in questi ultimi anni, iniziative specifiche sul tema, contribuendo a sollevare l'attenzione sulla necessità e sull'urgenza di definire un quadro di riferimento comune per la definizione di politiche efficaci volte a ridurre le perdite e gli specchi alimentari lungo la filiera.
  Il perdurare in molti casi dell'aggravarsi delle condizioni di povertà e di insicurezza alimentare in molti Paesi e regioni del mondo (la FAO, nel 2014, lo disse) porta, inoltre, ad interrogarsi sull'impatto degli sprechi alimentari e sulla sicurezza alimentare a livello globale. Combattere lo spreco alimentare è dunque un dovere morale e ambientale, in un mondo sempre più affollato, in cui le risorse alimentari vanno gestite con coscienza ed equità.
  È indispensabile dare priorità a politiche volte a ridurre lo spreco di alimenti, che affrontino le cause del fenomeno e definiscano una gerarchia per l'uso di alimenti, poiché individuare la natura della perdita e dello spreco di cibo è essenziale per eradicare la fame a livello globale.
  Occorre, inoltre, riconoscere il contributo positivo della cooperazione dei soggetti del no profit e degli accordi a lungo termine nella filiera alimentare, per consentire una migliore pianificazione e previsione della domanda dei consumatori e fornire un supporto necessario ad avviare iniziative di sensibilizzazione, anche da parte dei professionisti del settore alimentare.
  Il progetto di recupero a fini sociali delle eccedenze dei prodotti alimentari invenduti, dalla grande alla piccola distribuzione, dalla ristorazione commerciale ma anche dalle mense scolastiche, aziendali e ospedaliere, fa parte di iniziative che meritano il sostegno e l'impegno delle istituzioni verso la semplificazione normativa e l'incentivazione di comportamenti virtuosi.
  La formazione di rimanenze alimentari nell'arco della filiera è il primo problema etico, ma rappresenta anche una questione economica, in quanto, se non recuperate come cibo attraverso le donazioni ad enti benefici, esse diventano rifiuto, quindi un costo per il sistema. Ogni attività volta a ridurle ha quindi un doppio effetto positivo: introduce un concetto di migliore sostenibilità della produzione e commercializzazione dei beni alimentari e comporta una riduzione dei costi per la collettività, che dovrà gestire minori quantità di rifiuti. D'altra parte, ridurre lo spreco alimentare costituisce, prima di tutto, una questione sociale e politica a livello globale, che attiene al diritto di accesso al cibo e alla sicurezza alimentare della popolazione. Ecco finalmente in Italia, dopo la Francia, anche una legge di iniziativa popolare che ha l'obiettivo di ridurre gli sprechi per ciascuna delle fasi di produzione, trasformazione, distribuzione e somministrazione dei prodotti alimentari, Pag. 24farmaceutici e di altro tipo, attraverso la realizzazione di alcuni obiettivi prioritari, tra i quali quello di favorire il recupero e la donazione delle eccedenze alimentari (in via prioritaria) per l'utilizzo umano e di prodotti farmaceutici o di altri prodotti per fini di solidarietà sociale; contribuire alla limitazione degli impatti negativi sull'ambiente e sulle risorse umane, riducendo la produzione di rifiuti e proponendo il riuso e il riciclo, con l'obiettivo di estenderlo al ciclo della vita dei prodotti; contribuire al raggiungimento degli obiettivi generali stabiliti dal Programma nazionale di prevenzione dei rifiuti e dal Piano nazionale di prevenzione sullo spreco alimentare.
  Il testo implica normative sulla sicurezza alimentare di tipo fiscale, per evitare l'evasione o forme di mercato nero e si focalizza sulla responsabilizzazione dei cittadini. Inoltre, la legge garantirà ad attività commerciali e produttive uno sconto sulla tassa sui rifiuti proporzionale alla quantità di cibo donato. Sono inoltre previste specifiche norme per consentire il riutilizzo dei prodotti alimentari idonei al consumo umano o alimentare oggetto di confisca. A questo scopo, si dispone una novella all'articolo 15 in materia di sistema penale. In ogni caso, in merito alla confisca di prodotti, se ne dispone la cessione gratuita al complesso degli enti privati costituiti per il proseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche e solidaristiche.
  Ma voglio sottolineare un altro aspetto molto interessante di questa legge, che è quello che concerne la raccolta dei farmaci. Di concerto con il Ministero della salute, è stata normata la donazione dei prodotti farmaceutici non utilizzati all'articolo 15 di questa proposta di legge in esame, che va a modificare l'articolo 157 del decreto legislativo n. 219 del 2006, che detta disposizioni dirette ad incentivare la donazione alle organizzazioni non lucrative di utilità sociale di medicinali non utilizzati, correttamente conservati e non scaduti, rimettendo poi a un decreto del Ministro della salute l'individuazione di modalità tali da garantirne la qualità, la sicurezza e l'efficacia, escludendo espressamente i medicinali da conservare in frigorifero a temperature controllate, quelle contenenti sostanze stupefacenti o psicotrope e quelle dispensabili solo nelle strutture ospedaliere. Questa previsione normativa, peraltro, si allinea con quanto previsto – abbiamo fatto l'abbinamento poco tempo fa – nella proposta di legge sempre di iniziativa delle onorevoli Donata Lenzi e altre. In Italia la spesa sanitaria annua pro capite è di 440 euro, costante rispetto all'anno precedente, ma quella dei poveri è di soli 69 euro; scendiamo almeno dell'8 per cento. Ciò significa che nelle famiglie non povere si destina il 3,8 per cento del budget domestico per curarsi, mentre in quelle più povere scende dell'1,8 per cento. Il 3,9 per cento degli italiani ha rinunciato ad acquistare i farmaci necessari per ragioni economiche. Ancora in forte aumento, dall'altra parte, le donazioni di farmaci (quasi 1,3 milioni di confezioni nel solo primo trimestre del 2015); cresce ancora in modo robusto anche la donazione aziendale (nel primo trimestre del 2015 sono state donate quasi 860 mila confezioni, ne erano 540 mila nel primo semestre del 2015). Insomma, quello che stiamo dicendo è che comunque una montagna di pillole, di sciroppi e di antibiotici spesso finiscono nella spazzatura. È stato calcolato dall'Organizzazione mondiale della sanità che solo per tutta l'Unione Europea la quantità di tali rifiuti corrisponde a circa 125 miliardi di euro l'anno.
  Questa proposta di legge – devo dire grazie alla tenacia, alla determinazione della relatrice Gadda e alle iniziative parlamentari – si propone di sicuro, da una parte, un cambio di rotta culturale e, dall'altra, di non affamare più con lo spreco di natura alimentare, di natura farmaceutica ma di fare in modo che anche l'Italia rientri nel novero dei Paesi che si sono comunque distinti per realizzare un po’ di giustizia sociale in più, un Paese più civile e soprattutto un po’ più giusto nei confronti della collettività (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

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  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Busto. Ne ha facoltà.

  MIRKO BUSTO. Grazie, Presidente. Inizierò prendendo la questione un pochino più dal largo e partirò dal pianeta Terra. Il nostro sistema produttivo e la nostra civiltà ha ricondotto questo pianeta in una situazione di criticità mai vissuta dalla specie umana. Secondo lo studioso Johan Rockström noi abbiamo nove limiti planetari, nove soglie da non superare e di queste nove soglie ne abbiamo già superate quattro: la perdita della biodiversità, il cambiamento climatico, il consumo di suolo e l'inquinamento dovuto ai cicli biogeochimici del fosforo e dell'azoto. Perché la prendo dal punto di vista planetario ? Perché ovviamente l'alimentazione è uno dei fattori fondamentali di questa grossa criticità, di questo grosso problema che abbiamo causato al nostro pianeta, alla nostra casa. L'alimentazione – è stato ricordato dai miei colleghi numerose volte – è una delle fonti fondamentali e principali dell'inquinamento: ad esempio il 30 per cento dell'emissione di gas serra viene emesso per la produzione alimentare. Inoltre c’è un tema che abbiamo cercato di sollevare in questo Parlamento più volte ed è stato inserito anche nel provvedimento in esame, ma purtroppo è rimasto inascoltato, ed è il tema dell'alimentazione, di cosa mangiamo, dell'alimentazione basata su alimenti di origine animale. C’è da guardare a che cosa è accaduto in questo Paese e nel mondo. Dagli anni Cinquanta ad oggi abbiamo quasi triplicato i consumi di alimenti di origine animale e ci siamo allontanati drasticamente da quelli che erano, per dir così, i dettami della dieta che ci era propria, la dieta mediterranea, basata su poca carne, poco pesce, pochi formaggi. Ci siamo avvicinati ai consumi statunitensi. Lo stesso tipo di transizione sta avvenendo in Paesi molto più grandi del nostro, come la Cina, in tempi molto più rapidi e questo sta causando una pressione sempre crescente sull'inquinamento e sulle risorse di questo pianeta. Dobbiamo dunque ricordarci che spreco alimentare non è soltanto buttare via il cibo ma è anche scegliere di mangiare una tipologia di alimentazione che ha un impatto ambientale molto maggiore. Lo spreco più grande viene a monte della filiera produttiva. Lo spreco appunto è radicato nella dieta occidentale: basti pensare che l'industria alimentare è responsabile del 20-30 per cento del consumo di tutta l'acqua del mondo e allo stesso modo il bestiame allevato consuma ogni giorno un quantitativo spropositato di acqua, la stessa che viene sottratta alla alimentazione, alla possibilità di bere di 750 milioni di persone e l'allevamento intensivo e non solo, l'allevamento in generale, è una delle fonti principali di consumo di suolo, inteso come suolo utilizzato per la produzione agricola, per fare i mangimi, e anche suolo utilizzato direttamente per il pascolo. Secondo la FAO il 75 per cento dei suoli globali è destinato all'allevamento: il 75 per cento è un numero mostruoso ed è il dato della FAO del 2006. E anche per l'allevamento il 70 per cento di quella che era la foresta amazzonica è diventato pascolo oppure coltivazione per fare i mangimi. Avete parlato di gas serra. Sono stato alla Cop21: uno dei grandi temi assenti è stato proprio quello della riduzione dei consumi. Il 14,5 per cento delle emissioni di gas serra sono dovute all'allevamento globale.
  La nostra proposta, ciò che abbiamo cercato di introdurre e che cercheremo di riproporre in Aula attraverso gli emendamenti, è di effettuare un ripensamento nella cultura alimentare attraverso l'educazione: che deve portare ad una riduzione dei consumi per riavvicinarci ai dettami della dieta mediterranea, per riavvicinarci a tutte le linee guida internazionali della protezione della salute. E, per far questo, abbiamo chiesto qualcosa di molto semplice: all'interno delle mense pubbliche sia garantita un'alternativa che esclude i prodotti di origine animale, e sia anche avviato un dibattito attraverso l'introduzione di un giorno alla settimana in cui viene servito un menù esclusivamente vegetale. Queste sono richieste che noi abbiamo presentato sotto forma di emendamenti e che vorremmo discutere con Pag. 26voi, perché questo è un tema fondamentale per l'equilibrio e la salute di tutti e anche del nostro pianeta (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche della relatrice e del Governo – A.C. 3057-A ed abbinate)

  PRESIDENTE. Prendo atto che la relatrice, onorevole Gadda, rinunzia alla replica.
   Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

  VITO DE FILIPPO, Sottosegretario di Stato per la salute. Presidente, onorevoli, colgo l'occasione per segnalare una questione che non mi sembra trascurabile: il testo unificato oggi all'esame dell'Aula rappresenta ancora una volta un esempio di un confronto proficuo, aperto e positivo tra il Governo e la Commissione affari sociali; e, proprio forte di questa consapevolezza – nelle ultime settimane è la seconda occasione di una dinamica così virtuosa del lavoro della Commissione con il Governo – inizio senza infingimenti ringraziando veramente a nome del Governo sia la relatrice, l'onorevole Maria Chiara Gadda, le cui virtù sono state indicate in molti interventi proprio anche per la conduzione dell'esame di questo importante provvedimento. Ringrazio il presidente della Commissione, ma devo ringraziare anche tutti i componenti della stessa Commissione, con un apprezzamento non rituale anche agli uffici della Commissione affari sociali che hanno garantito uno svolgimento dell'iter assolutamente con un indiscusso livello di professionalità.
   Quest'Aula sta aprendo una discussione importante – ne abbiamo avuto un saggio già negli interventi di questa sera – su un tema che investe senza esagerare una parte importante del destino nel nostro pianeta. Il rapporto con il cibo nel mondo – è stato segnalato anche questa sera – sta cambiando la storica bussola delle relazioni tra Nord e Sud, investendo o travolgendo addirittura senza ostacoli le longitudini e le latitudini che abbiamo fino ad ora conosciuto sui temi dell'alimentazione. Sempre di più, come è noto, il dibattito sulla cosiddetta food security o sulla food safety sta diventando argomento dei Governi europei e non solo, e sappiamo anche con quale grandezza Expo Milano ha dilatato queste discussioni, mettendo il mondo di fronte a rischi che appaiono sempre più imminenti: direi la prepotenza di catene alimentari che sono diventate nel frattempo insicure ed incerte. In questo quadro il problema dello spreco alimentare è un problema rilevante nella molteplicità degli aspetti produttivi di sicurezza, di solidarietà e anche, come è stato più volte segnalato, sui temi fondamentali di sostenibilità ambientale. In questo senso il lavoro svolto in questi mesi dalla Commissione, anche nella collaborazione che è apparsa evidente nel dibattito di questa sera tra i gruppi parlamentari di maggioranza e di minoranza, mi sento di dire che è veramente esemplare e speriamo, come è stato auspicato da molti, possa essere completato ancora più concretamente nell'ulteriore dibattito che quest'Aula svolgerà nei prossimi giorni. Qualche breve ricostruzione anche dell'itinerario: in data 17 dicembre 2015, a conclusione dei lavori del comitato ristretto, è stato adottato finalmente un testo unificato dei sette disegni di legge presentati recanti norme per la limitazione degli sprechi, l'uso compassionevole delle risorse e la sostenibilità ambientale.
  A livello europeo, la cessione di alimenti a qualsiasi titolo è disciplinata da regolamenti che appaiono anche un pochino desueti: i regolamenti n. 178 del 2000, n. 852 del 2004 e n. 853 sempre del 2004, che contengono le norme generali e specifiche inerenti le strutture, l'attrezzatura e la gestione delle fasi di produzione, di trasformazione e di distribuzione dei prodotti alimentari. Risulta invece ancora assente una normativa specifica sulla cessione del cibo a titolo gratuito e sulle Pag. 27politiche di riduzione dello spreco. Siamo però a conoscenza, è stato riferito e voglio ritornarci, che, per esempio, la Francia, proprio in questo mese di febbraio 2016, dopo un iter legislativo anche in quel Paese non semplice, anche con qualche contrapposizione con i livelli costituzionali di quel Paese, ha adottato una legge contro lo spreco alimentare su temi molto simili a quelli della nostra: dalla prevenzione all'utilizzo degli alimenti. Devo dire che con l'introduzione del capitolo sui farmaci, quella italiana si presenta ancora più originale e, mi sentirei di dire, anche più completa rispetto a questa ultima legge che è stata più volte citata.
  Alcune statistiche, che sono state riferite anche nel dibattito (sicuramente non del tutto puntuali, perché tutti i lavori e le elaborazioni sul tema degli sprechi alimentari presentano oggettivamente problemi metodologici ed epistemologici abbastanza complicati) si attestano su cifre enormi: 1,3 miliardi di tonnellate di materiale edibile che ogni anno vanno dispersi e sprecati.
  In Italia, la legge n. 155 del 2003, anche questa più volte citata, quella del cosiddetto buon samaritano, ha equiparato al consumatore finale, in riferimento alla responsabilità derivante da norme di sicurezza alimentare, quindi di food safety, le organizzazioni non lucrative di utilità sociale che effettuano, a fini di beneficenza, distribuzione gratuita dei prodotti alimentari agli indigenti. La legge di stabilità per il 2014, all'articolo 1, commi 236 e 237, e la legge n. 147 del 2013 hanno operato una distinzione all'interno dei donatori tra gli operatori del settore alimentare, i cosiddetti OSA, inclusi quelli della ristorazione ospedaliera, assistenziale e scolastica, e le ONLUS che effettuano, ai fini di beneficenza, distribuzioni gratuite agli indigenti di prodotti alimentari ceduti dagli OSA: prevedendo che le ONLUS che forniscono alimenti agli indigenti e gli OSA che donano gli alimenti alle ONLUS, devono garantire un corretto stato di conservazione, di trasporto, deposito ed utilizzo, ciascuno per la parte che gli compete. Questo obiettivo, secondo quanto previsto dalla legge di stabilità per il 2014, è raggiunto proprio attraverso specifici manuali di corretta prassi operativa, che devono essere validati dal Ministero della salute e devono essere predisposti in conformità a quanto previsto dai citati regolamenti comunitari, specificamente dal n. 882 del 2004.
  I punti salienti, veramente in sintesi, di questo disegno di legge. Il DDL è finalizzato a ridurre gli sprechi nella fase della produzione, della trasformazione, della distribuzione e della somministrazione dei prodotti alimentari, di quelli farmaceutici, sui quali ritornerò brevissimamente, e di altri prodotti; mediante ogni utile iniziativa volta al recupero e alla donazione delle eccedenze alimentari e dei prodotti farmaceutici ai fini di solidarietà sociale, mediante la diffusione e la promozione di una giusta cultura sociale, attraverso strumenti anche di comunicazione, resi obbligatori dalla norma, a sostegno del recupero dei beni alimentari e del riuso di altro tipo di beni di largo consumo: al fine anche di contribuire a limitare l'impatto negativo sull'ambiente, riducendo allo scopo anche la produzione di rifiuti.
  È di tutta evidenza che le predette meritorie finalità sociali si possono realizzare solo attraverso misure di semplificazione per la cessione gratuita degli alimenti a fini di solidarietà sociale, che sono stati previsti, devo dire in maniera molto positiva, nel provvedimento che stiamo discutendo. Al riguardo, il disegno di legge, al Capo II, dispone proprio una serie di misure per la cessione gratuita delle eccedenze alimentari ai fini della solidarietà sociale; salvaguardando tuttavia – non potevamo fare altrimenti – le misure vigenti in materia di igiene e di sicurezza alimentare, a tutela del consumatore e quindi della salute in termini generali e pubblici.
  È prevista, inoltre, l'istituzione di un tavolo di coordinamento a livello centrale con la presenza dei rappresentanti di vari ministeri, delle politiche agricole, del lavoro, dell'economia, della salute e dell'ambiente, oltre ai rappresentanti delle associazioni di settore, per promuovere ogni Pag. 28attività di sostegno e di monitoraggio utile ai fini del disegno di legge in esame. È inoltre prevista la promozione di campagne informative per promuovere le pratiche virtuose, anche con riguardo all'attività di ristorazione, per consentire l'asporto dei propri avanzi di cibo. È previsto, infine, che il Ministero della salute predisponga linee di indirizzo rivolte agli enti gestori di mense scolastiche, al fine di prevenire o di ridurre lo spreco connesso alla somministrazione degli alimenti. Nell'ambito del disegno di legge in esame, e in coerenza alle oggettive finalità di solidarietà sociale e di tutela dell'ambiente, non poteva non essere prevista anche una disposizione volta a disciplinare la utilizzazione di medicinali non utilizzati, anche basandosi su straordinarie ed importanti esperienze che ci sono già nel nostro Paese. In tale fattispecie rientrano i medicinali destinati ad essere eliminati dal circuito commerciale, purché siano conservati in confezioni integre, correttamente conservati ancora nel periodo di validità, in modo tale da garantire la qualità, la sicurezza e l'efficacia originaria, con l'esclusione, come è stato riferito, di medicinali da conservare in frigorifero a temperature controllate, di medicinali contenenti sostanze stupefacenti o psicotrope, e di medicinali dispensabili solo nelle strutture ospedaliere. La norma rinvia (c’è stato un dibattito su questo fronte in Commissione) ad un decreto del Ministero della salute, sulla individuazione e sulle modalità che devono rendere possibile alle ONLUS la donazione di medicinali, e la definizione dei requisiti dei locali e delle attrezzature idonee a garantire la corretta conservazione e le procedure volte alla tracciabilità dei lotti dei medicinali ricevuti e distribuiti. Ovviamente, alle ONLUS è consentita la distribuzione gratuita di medicinali non utilizzati direttamente ai soggetti indigenti o bisognosi a condizione, ripeto a condizione, che dispongano di personale sanitario ai sensi di quanto disposto dalla normativa vigente sul chi è autorizzato a prescrivere farmaci. La disposizione vieta qualsiasi cessione a titolo oneroso dei medicinali oggetto di donazione.
  Insomma, un passo sostanziale in avanti su più fronti, che colloca in una valutazione sinottica della legislazione europea, sicuramente l'Italia a un punto di eccellenza su questa importante e delicata materia.

  PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Sull'ordine dei lavori e per la risposta ad uno strumento del sindacato ispettivo.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per un intervento di fine seduta l'onorevole Silvia Giordano. Ne ha facoltà.

  SILVIA GIORDANO. Grazie, Presidente. Basta veleni ! Un urlo, una richiesta che prende piede ormai sempre più in territori italiani. Basta veleni ! Ecco cosa chiesi il 26 giugno 2013 con un'interrogazione al Ministero dell'Ambiente. Interrogazione 5-00455 che sollecito. Basta veleni a Salerno ! Basta a questa ormai non più sopportabile situazione delle fonderie Pisano ! A quella interrogazione, a quel grido non ho mai avuto risposta e intanto, solo a febbraio scorso, il parroco della chiesa di Fratte, zona di Salerno in cui si trovano le fonderie Pisano, ha celebrato 7 funerali in sette giorni per morti di neoplasia. All'improvviso, finalmente, qualcosa si muove, ed ecco che l'ARPAC regionale, sollecitata dalla procura di Salerno, accerta che la struttura non rispetta le norme ambientali. La regione Campania emana un decreto di sospensione delle attività dello stabilimento, ma ecco che il 9 marzo, neanche dieci giorni dopo il decreto, si ha la terribile retromarcia della regione, che dà il via libera alla riapertura. Per la serie: non vi prendo in giro solo come sindaco, ma anche come governatore. Dal 9 marzo c’è un presidio di protesta ai cancelli della fabbrica, presidio fatto di persone a cui va tutto il mio appoggio e il mio sostegno. Stasera anche Pag. 29una fiaccolata del Comitato «Salute e Vita» aperta a tutti i cittadini, per ripetere tutti: Basta veleni ! Oggi ho presentato un'ennesima interrogazione per chiedere un'ispezione da parte del Ministero, perché, Presidente, noi non abbiamo alcuna intenzione di fare retromarcia.

Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Martedì 15 marzo 2016, alle 10,30:

  1. – Svolgimento di interrogazioni.

  (ore 14)

  2. – Seguito della discussione dei disegni di legge:
   S. 1600 – Ratifica ed esecuzione del Trattato di assistenza giudiziaria in materia penale tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica del Panama, fatto a Panama il 25 novembre 2013, e del Trattato di estradizione tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica del Panama, fatto a Panama il 25 novembre 2013 (Approvato dal Senato) (C. 3156).
  — Relatore: Porta.

   S. 1927 – Ratifica ed esecuzione del Memorandum d'intesa tra il Governo della Repubblica italiana e il Consiglio dei Ministri della Bosnia ed Erzegovina sulla cooperazione nel settore della difesa, fatto a Roma il 30 gennaio 2013 (Approvato dal Senato) (C. 3241).
  — Relatrice: Carrozza.

   Ratifica ed esecuzione dell'Accordo che istituisce un'associazione tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e l'America Centrale, dall'altra, fatto a Tegucigalpa il 29 giugno 2012 (C. 3261).
  — Relatore: Porta.

   S. 1660 – Ratifica ed esecuzione dell'Accordo sul reciproco riconoscimento dei titoli attestanti studi universitari o di livello universitario rilasciati nella Repubblica italiana e nella Repubblica popolare cinese, con Allegati, firmato a Pechino il 4 luglio 2005 (Approvato dal Senato) (C. 3300).
  — Relatrice: Carrozza.

  3. – Seguito della discussione della proposta di legge:
   SORIAL ed altri: Disposizioni in materia di acquisto e dismissione delle autovetture di servizio o di rappresentanza delle pubbliche amministrazioni (C. 3220-A/R).
  — Relatori: Lattuca, per la maggioranza; Sorial, di minoranza.

  4. – Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:
   GADDA ed altri; GALATI; MONGIELLO ed altri; CAUSIN ed altri; FAENZI ed altri; SBERNA ed altri; MANTERO ed altri; NICCHI ed altri: Disposizioni concernenti la donazione e la distribuzione di prodotti alimentari e farmaceutici a fini di solidarietà sociale e per la limitazione degli sprechi (C. 3057-3163-3167-3191-3196-3237-3248-3274-A).
  — Relatrice: Gadda.

  La seduta termina alle 16.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO FABIO PORTA IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI RATIFICA N. 3261

  FABIO PORTA, Relatore. Illustre Presidente, colleghi deputati, il provvedimento al nostro esame reca l'autorizzazione alla ratifica e l'esecuzione dell'Accordo di associazione fra l'Unione europea e i sei Pag. 30Stati centroamericani (Costarica, El Salvador, Guatemala, Honduras, Nicaragua e Panama), considerati come un'entità regionale integrata – requisito questo che l'Unione europea privilegia proprio per la stipula di accordi di associazione con l'esterno.
  Occorre del resto ricordare come l'integrazione regionale dell'America centrale sia iniziata sin dal 1960 con la creazione del Mercato comune centroamericano, mentre nel 1991 nacque il Sistema d'integrazione centro-americana. con obiettivi non più solo economici ma anche politici.
  Mi preme sottolineare che, in ragione dell'elevata integrazione economica della regione centroamericana con il Messico, il nostro Paese – che proprio in Messico opera con numerose aziende – dovrebbe indirettamente beneficiare di più anche dai risultati dell'Accordo in esame che comunque comporterà la liberalizzazione doganale nei confronti del 91 per cento delle esportazioni centroamericane nel territorio dell'Unione, e per converso la liberalizzazione graduale dei dazi nei confronti del 69 per cento delle esportazioni europee di prodotti industriali in Centroamerica.
  L'Accordo in esame non rappresenta peraltro un assoluto esordio di relazioni commerciali e istituzionali qualificate dell'Unione europea con la regione centroamericana: va infatti ricordato l'Accordo di dialogo politico e di cooperazione stipulato con gli stessi sei paesi il 15 dicembre 2003, e autorizzato alla ratifica in Italia con la legge 6 marzo 2006, n. 137.
  Dal punto di vista della struttura l'Accordo in esame presenta un'ampiezza notevole, contando oltre al preambolo 363 articoli, e inoltre 21 Allegati, alcune Dichiarazioni e un Protocollo relativo alla cooperazione culturale. Si rileva in particolare la mole dell'Allegato I, dedicato alla soppressione dei dazi doganali, che da solo occupa quasi 1.700 pagine.
  I 363 articoli dell'Accordo sono raggruppati in cinque parti: la parte prima è dedicata alle disposizioni generali e istituzionali, e comprende gli articoli da 1 a 11, nei quali si definisce tra l'altro la natura dell'Accordo, fondato sul rispetto dei principi democratici e di diritti umani fondamentali, nonché sulla promozione dello sviluppo sostenibile nel quadro degli Obiettivi di sviluppo del Millennio delle Nazioni Unite e sui principi del buon governo e dello Stato di diritto, inclusa la gestione corretta e trasparente degli affari pubblici a tutti i livelli istituzionali, con un particolare sforzo contro la corruzione. Viene comunque salvaguardata (articolo 3) la sovranità di ciascuna delle sei Repubbliche centroamericane nei confronti di qualsiasi disposizione dell'Accordo in esame.
  La parte seconda (articoli 12-23) riguarda i profili del dialogo politico tra Unione europea e America centrale e (articolo 12) pone fra gli obiettivi di esso l'istituzione di un partenariato politico privilegiato fondato sul rispetto e la promozione della democrazia, della pace, dei diritti umani, nonché sul rafforzamento dell'ONU quale fulcro del sistema multilaterale e la cooperazione nell'ambito della politica estera e di sicurezza, in vista anche di iniziative congiunte di comune interesse nelle sedi internazionali appropriate.
  Vengono poi analiticamente enunciati settori in cui dovrà strutturarsi il dialogo politico, che concernono il disarmo e la non proliferazione delle armi di distruzione di massa (articoli 14-15), la lotta al terrorismo (articolo 16), i gravi crimini di portata internazionale (articolo 17), i finanziamenti allo sviluppo e le migrazioni (articoli 18- 19), la cooperazione in materia ambientale e, nel settore economico-finanziario, il buon governo in ambito fiscale e soprattutto la decisione di negoziare l'istituzione di un meccanismo comune aperto ad interventi della Banca europea degli investimenti e del Fondo investimenti dell'America Latina, per contribuire allo sviluppo e alla riduzione della povertà in America centrale.
  La parte terza riguarda i molteplici risvolti della cooperazione tra l'Unione Europea e l'America centrale, e comprende gli articoli 24-76. Oltre a ribadire l'obiettivo del rafforzamento dello Stato di diritto, del buon governo e del rispetto dei diritti umani, nel settore della giustizia e della sicurezza si dà rilievo alla cooperazione Pag. 31per elevare il livello di protezione dei dati personali ai più rigorosi standard internazionali (articolo 34), favorendo altresì tuttavia la libera circolazione dei dati stessi tra le Parti dell'Accordo.
  Specifici articoli sono dedicati alla lotta al narcotraffico, al riciclaggio di denaro – ivi compreso il possibile sbocco del finanziamento di attività terroristiche –, al contrasto alla criminalità organizzata transnazionale, alla lotta alla corruzione, al contrasto al traffico illecito di armi leggere e alla lotta al terrorismo, da condurre nel pieno rispetto della sovranità degli Stati, delle pertinenti risoluzioni dell'ONU, del principio del giusto processo e delle libertà fondamentali.
  Per quanto concerne lo sviluppo e la coesione sociale si afferma la necessità che si accompagnino in parallelo allo sviluppo economico, e a tale scopo particolare rilievo assume l'azione per la riduzione della povertà e dell'esclusione sociale, nonché le azioni positive nel campo dell'occupazione, della protezione sociale, dell'istruzione, della sanità, delle pari opportunità e, di particolare rilievo per la zona centroamericana, a favore dei diritti e delle libertà fondamentali dei popoli indigeni (articolo 45).
  Per quanto invece riguarda le migrazioni l'articolo 49 prevede la cooperazione delle Parti su tutti i risvolti del problema, inclusi quelli criminali come la tratta di esseri umani, e anche sulle misure per agevolare il trasferimento delle rimesse degli emigrati e per ostacolare la fuga dei cervelli dai paesi sulla via dello sviluppo. In particolare, sono previsti sforzi per conformare le legislazioni delle Parti dell'Accordo alla Convenzione di Ginevra del 1951 sullo status dei rifugiati e al successivo Protocollo del 1967.
  In campo ambientale si enunciano i settori oggetto della cooperazione tra le Parti, tra i quali la lotta all'inquinamento, la prevenzione della riduzione dello strato di ozono atmosferico, il contrasto alla desertificazione e alla deforestazione, la mitigazione dei cambiamenti climatici, la conservazione della biodiversità, l'introduzione di incentivi e tecnologie compatibili con la tutela ambientale, la gestione delle calamità naturali (articolo 51), allo scopo di ridurre la vulnerabilità della regione centroamericana nei confronti di esse, rafforzando la capacità delle comunità locali nella gestione del territorio a scopo preventivo e nelle attività di ripristino e ricostruzione successive ad una calamità.
  La parte quarta dell'Accordo, di gran lunga la più estesa, è dedicata al commercio: l'articolo 77 riguarda l'istituzione, su cui che le Parti concordano, di una zona di libero scambio in conformità alle normative dell'Organizzazione mondiale del commercio (OMC), assumendone i relativi diritti e obblighi.
  Il successivo articolo 78 enuncia gli obiettivi commerciali dell'Accordo in esame, a partire dall'espansione degli scambi di merci tra le Parti mediante la riduzione o addirittura l'eliminazione degli ostacoli tariffari e non tariffari al commercio. In secondo ordine le Parti perseguiranno anche la facilitazione degli scambi di merci attraverso la semplificazione di procedure doganali e meccanismi di valutazione della conformità, nonché nel campo delle misure sanitarie e fitosanitarie.
  Anche gli scambi di servizi verranno favoriti, conformemente all'articolo V dell'Accordo generale (GATS) sul commercio di servizi dell'OMC. Verrà inoltre dato impulso all'integrazione economica regionale attraverso analoghi meccanismi di riduzione e semplificazione tariffaria e doganale. Verrà anche curato l'allestimento di un ambiente favorevole a un aumento dei flussi di investimento e facilitate le condizioni di stabilimento di imprese e persone tra i territori delle Parti contraenti. Si darà corso a una effettiva apertura reciproca dei mercati degli appalti pubblici. Verrà perseguita una efficace tutela dei diritti di proprietà intellettuale, tenendo tuttavia conto delle differenze tra le Parti e della necessità del trasferimento di tecnologie tra le diverse regioni Parti dell'Accordo. Vi saranno infine meccanismi di risoluzione delle controversie equi ed efficaci.
  I numerosi altri articoli della parte quarta riguardano tra l'altro alcune questioni Pag. 32chiave, come le misure antidumping e compensative, da adottare conformemente alle regole dell'OMC; le misure di salvaguardia multilaterali e bilaterali, miranti ad impedire danni all'economia o all'assetto sociale delle Parti dell'Accordo in conseguenza dei processi di liberalizzazione degli scambi; l'individuazione e l'eliminazione di ostacoli tecnici al commercio, quali regolamenti specifici, norme e procedure di valutazione, ecc.; i servizi di telecomunicazione, finanziari e del trasporto marittimo internazionale; le indicazioni geografiche – di particolare interesse per il nostro Paese –, contemplate agli articoli 242-250; le procedure di risoluzione delle controversie.
  L'Accordo ha sollevato non poche polemiche in taluni settori dell'opinione pubblica centro-americana e non vi è dubbio che occorrerà attendere qualche anno per vedere quali frutti cresceranno grazie alle prospettive aperte dall'Accordo stesso, anche se già da oggi è possibile cogliere la forte volontà delle classi democratiche di questi Paesi di raggiungere una coesione ed un'integrazione che, fino ad alcuni decenni fa, non era immaginabile. Una coesione raggiunta attraverso la mediazione del Parlamento centro-americano (Parlacen), il cui ruolo sottolinea come i Paesi centroamericani abbiano, di fatto, raggiunto una nuova fase del loro processo di integrazione.
  Un processo che ha di fronte a sé ancora molta strada ma che sicuramente potrà ora avvalersi di questo nuovo quadro giuridico-internazionale di collaborazione e di scambio.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DELLA DEPUTATA MARIA CHIARA GADDA IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL TESTO UNIFICATO DELLE PROPOSTE DI LEGGE N. 3057-A ED ABBINATE

  MARIA CHIARA GADDA, Relatrice. Onorevole Sig. Presidente, Onorevoli Colleghi, Onorevoli Rappresentanti del Governo, ciascuno di noi conosce il significato della fame, è una richiesta frequente e costante, che viene saziata quotidianamente.
  Questa constatazione vale per alcuni, ma non per tutti.
  Per tanti secoli la fame è stata triste compagna di viaggio di intere generazioni e ha fatto parte del paesaggio delle città, e allo stesso tempo è stata motore di cambiamenti sociali; con lo sviluppo e la modernità, la fame è sfuggita allo sguardo, diventando una immagine di popoli e Paesi lontani, vista in televisione o nelle fotografie.
  La violenta e lunga crisi che ha colpito anche il nostro Paese, ha riproposto questi temi nelle nostre comunità, mostrando il volto di nuove ed inedite forme di indigenza.
  Lo sperpero che diventa rifiuto rappresenta un costo per la collettività e comporta un dispendio di risorse naturali, idriche, energetiche ed emissioni di anidride carbonica per la sua produzione.
  Allo stesso tempo, i dati preoccupanti che riguardano l'aumento della povertà e la cattiva alimentazione, invitano a riconsiderare i modelli di consumo e facilitare la transizione verso un modello che metta al centro la sostenibilità del sistema.
  Il riconoscimento del diritto al cibo trova la sua prima formulazione nel 1948, all'articolo 25 della Dichiarazione Universale dei diritti dell'uomo, diventando un diritto esigibile dopo l'approvazione, nel 1976, del Patto sui diritti economici, sociali e culturali, ratificato come trattato da più di 150 stati.
  Ma è necessario che seguano meccanismi all'interno di ciascun ordinamento in grado di conferire a questo diritto una concreta esecutività.
  Ricordo, al riguardo, che Expo Milano 2015 ha scelto come sua proposta tematica «Nutrire il Pianeta: Energia per la vita», temi rilanciati anche dalla 21 Conferenza di Parigi sui cambiamenti climatici.
  Il provvedimento in esame, recante «Disposizioni concernenti la donazione e la distribuzione di prodotti alimentari e farmaceutici a fini di solidarietà sociale e Pag. 33per la limitazione degli sprechi», rappresenta una delle eredità dirette di Expo Milano 2015.
  Nel mondo, un terzo della produzione di cibo viene sprecata, appesantendo la bilancia che vede contrapporsi da un lato la sovrabbondanza e dall'altro la scarsità di mezzi e risorse. Uno scandalo, un insulto per la società, come è stato definito dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
  Una forbice che taglia in orizzontale tra le persone e i popoli, in verticale tra le generazioni.
  Le norme che sono oggetto della valutazione di questa Assemblea, si pongono l'obiettivo ambizioso, ma possibile, di favorire il recupero e raddoppiare la donazione delle eccedenze, affinché non diventino spreco.
  Un testo che riconosce la bellezza, le buone pratiche diffuse sul territorio nazionale, che già oggi consentono di recuperare circa 500.000 tonnellate di derrate alimentari. La legge 155/2003, altrimenti chiamata «del buon samaritano» ha già consentito le donazioni in questi anni, equiparando l'ente caritativo al consumatore finale, in termini di responsabilità civile.
  Oggi ci troviamo nelle condizioni di armonizzare il quadro normativo al fine di indirizzare efficacemente la donazione.
  Lo facciamo partendo da un assunto, ovvero che si spreca ad ogni livello della filiera.
  In Italia, come indica una recente ricerca effettuata dal Politecnico di Milano, vengono prodotte in un anno circa 5,6 milioni di tonnellate di eccedenze alimentari, intese come cibo che viene realizzato, trasformato, distribuito e preparato per la somministrazione, e per diverse ragioni non viene venduto o consumato. Di queste, circa 500.000 tonnellate vengono recuperate, con tassi differenti sulla base del grado di recuperabilità del prodotto e dello stadio della filiera in cui l'eccedenza si genera.
  La maggior parte dell'eccedenza, calcolata intorno al 57 per cento viene generata dagli attori economici in tutta la filiera, ma anche il consumatore influisce notevolmente sul fenomeno, per il 43 per cento.
  Da un lato è necessario intervenire sul fronte dell'educazione; un cittadino consumatore più consapevole, sarà meno portato a sprecare, perché è in grado di assegnare alle cose un valore economico, sociale ed ambientale e a non considerarle soltanto da un punto di vista utilitaristico; sull'altro versante, nel caso degli attori economici, e concentrandoci sulla filiera ad alta e media recuperabilità, l'aspetto organizzativo e la chiarezza normativa sono la ricetta vincente.
  La donazione è uno dei modi, assieme alla ri-trasformazione e al riutilizzo dei prodotti, per allungarne il ciclo di vita.
  Allo stesso tempo il dono è un modo con cui si risponde ad un bisogno sociale, una scelta di responsabilità che può rientrare nelle politiche aziendali e che, allo stesso tempo, coinvolge le associazioni, i cittadini, le istituzioni e gli enti locali.
  Il recupero e la donazione delle eccedenze sono una scelta costosa, in termini organizzativi ed economici, per le imprese così come per gli enti caritativi, calcolata in circa il 10-30 per cento del valore recuperato. Questo significa da un lato che la donazione, per crescere, deve essere semplificata ed incentivata e dall'altro lato, che esiste un significativo «effetto moltiplicatore» nella donazione: investire 1 euro nella filiera del recupero significa ottenere derrate alimentari da destinare alle persone indigenti per un valore tra i 3 e i 10 euro.
  In Commissione si è svolto un confronto ed un approfondimento di altissimo livello che ha comportato un lungo ciclo di audizioni, che ha visto il coinvolgimento dei principali rappresentanti delle associazioni caritative ed ambientaliste, degli attori di tutta la filiera economica e impegnato, assieme al Ministero della Salute, anche il Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali e il Ministero dell'Ambiente.
  Una singola legge non può mai essere risolutiva, tantomeno su un tema così trasversale e dalle molte implicazioni sociali, Pag. 34ambientali ed economiche come è l'oggetto del testo di legge in esame; ma una legge è buona, quando riconosce un fatto sociale e si inserisce come un tassello in un piano strategico e in quadro più ampio di politiche attive, soprattutto in materia di contrasto alla povertà.
  Il provvedimento in esame riconosce e rafforza l'impegno avviato con la Legge di Stabilità 2015, dove si è inserito chiaramente il principio secondo il quale per le imprese è più conveniente donare che buttare cibo, e prova a fare alcuni passi in avanti.
  La Commissione Affari sociali, ha concluso l'esame del provvedimento il 10 marzo scorso, a seguito di un approfondito esame al quale hanno partecipato con spirito costruttivo tutti i gruppi parlamentari; si consegna all'Assemblea un testo significativamente arricchito.
  Obiettivo della legge e merito riconosciuto dalle associazioni ascoltate, è quello di riordinare la materia delle cessioni ai fini di solidarietà sociale, affrontando gli aspetti che oggi costituiscono i limiti più forti, quali la burocrazia onerosa e una normativa complessa e stratificata, garantendo allo stesso tempo la sicurezza alimentare, il rigore e la tracciabilità.
  Per quanto attiene al contenuto del provvedimento, considerati i tempi contingentati a disposizione e l'ampiezza dell'intervento normativo in esame, mi concentrerò sui punti essenziali, rinviando alla relazione integrale, di cui si chiede alla Presidenza l'autorizzazione al deposito.
  Il provvedimento consta di 18 articoli, ed è suddiviso in 4 capi.
  L'articolo 1 illustra la finalità del provvedimento che è quella di ridurre gli sprechi per ciascuna delle fasi di produzione, trasformazione, distribuzione e somministrazione di prodotti alimentari, farmaceutici o di altri prodotti, con particolare riferimento alla destinazione ai fini di solidarietà sociale. Il recupero e la donazione delle eccedenze è uno dei modi, assieme al riuso e ai riciclo, attraverso il quale è possibile estendere il ciclo di vita dei prodotti.
  L'articolo 2 definisce gli operatori del settore alimentare, i «donatori», e amplia la platea dei soggetti cessionari, i «donatari»; per la prima volta trovano una definizione nel nostro ordinamento i termini «eccedenze alimentari» e «spreco alimentare»; si esplicita, essendo questo spesso causa di fraintendimento e origine di spreco anche tra i consumatori, la differenza esistente tra il «termine minimo di conservazione» e la «data di scadenza»; si qualifica – ai fini della presente legge – la «donazione», intesa come cessione di beni a titolo gratuito.
  Il Capo Il (artt.3-12) definisce alcune misure di semplificazione per la cessione gratuita degli alimenti.
  In particolare, l'articolo 3 detta le modalità di cessione delle eccedenze alimentari ai soggetti cessionari da parte degli operatori del settore alimentare, che deve essere gratuita e destinata a favore di persone indigenti. Si prevede una gerarchia nella donazione, con priorità al consumo umano, mentre le eccedenze alimentari non idonee al consumo umano possono essere cedute per il sostegno vitale di animali e per altre destinazioni, come il compostaggio di comunità con metodo aerobico. È altresì consentita la raccolta dei prodotti agricoli che rimangono in campo e la loro cessione a titolo gratuito.
  L'articolo 4 chiarisce che la cessione delle eccedenze alimentari è consentita anche oltre il temine minimo di conservazione purché siano garantite l'integrità dell'imballaggio primario e le idonee condizioni di conservazione, ed è inoltre prevista l'ulteriore trasformazione delle stesse. Per quanto attiene alla ri-trasformazione, all'articolo 16 si qualifica tale operazione come permutativa esente Iva, se è relativa alle finalità sociali previste dalla legge in esame. L'articolo 4 dice in modo chiaro che i prodotti finiti della panificazione possono essere donati nell'arco delle 24 ore dalla loro produzione.
  La sicurezza igienico-sanitaria è uno dei punti cardine, assieme alla tracciabilità, della presente legge. L'articolo 5 ne dispone i requisiti.Pag. 35
  L'articolo 6 prevede la possibilità di consentire la cessione, ai fini di solidarietà sociale, dei prodotti alimentari idonei al consumo umano o animale, oggetto di confisca.
  L'articolo 8 riconosce il lavoro svolto in questi anni, grazie a fondi nazionali e comunitari, dal Tavolo permanente di coordinamento in materia di distribuzione delle derrate alimentari agli indigenti. Il tavolo riunisce associazioni caritative, attori economici e istituzioni. Viene estesa la sua composizione a tutti gli attori della filiera economica, e allo stesso tempo vengono implementate le sue funzioni in materia di valutazione, promozione di progetti innovativi e monitoraggio, relativamente allo spreco alimentare.
  Limitare gli sprechi significa anche intervenire sul fronte della prevenzione, disponendo misure di promozione nell'ambito della comunicazione radio televisiva e della formazione, soprattutto con il coinvolgimento delle giovani generazioni. La legge disciplina prioritariamente l'ambito della donazione, ma non abbiamo rinunciato ad inserire, all'articolo 9, elementi che sicuramente dovranno trovare spazio in ulteriori provvedimenti specifici.
  Per ridurre gli sprechi alimentari nel settore della ristorazione, sono promosse iniziative volte a ridurre lo spreco di cibo e incentivare permettere ai clienti l'asporto dei propri avanzi. In altri termini, la family bag. L'articolo 12 ne assegna le specifiche risorse, nello stato di previsione del Ministero dell'Ambiente.
  L'articolo 11 rifinanzia con 2 milioni di euro per il 2016 il Fondo per la distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti e contestualmente istituisce – nello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali – un Fondo, con dotazione di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018, destinato al finanziamento di progetti innovativi – che possono prevedere il coinvolgimento di volontari del Servizio civile nazionale – finalizzati alla limitazione degli sprechi e all'impiego delle eccedenze, nonché per promuovere la produzione di imballaggi riutilizzabili o facilmente riciclabili.
  L'articolo 13 modifica la legge n 155/2003, ampliando la platea dei soggetti beneficiari delle donazioni e le categorie dei prodotti che possono essere cedute gratuitamente agli indigenti.
  La legge si occupa prioritariamente di cessioni di prodotti nuovi, si è ritenuto in questo ambito di disciplinare, all'articolo 14, anche il tema della distribuzione di articoli ed accessori di abbigliamento usati. Si considera cessione a titolo gratuito, il conferimento da parte dei privati di tali articoli ed accessori, direttamente presso le sedi operative dei soggetti autorizzati alla distribuzione gratuita. Altrimenti, i beni che non siano destinati in donazione o non siano ritenuti idonei ad un successivo utilizzo sono gestiti in conformità alla normativa sui rifiuti di cui al decreto legislativo n. 152/2006.
  L'articolo 15, incentiva la donazione – alle sole ONLUS che dispongano di personale sanitario – di medicinali non utilizzati, correttamente conservati e non scaduti, ad eccezione dei medicinali da conservare in frigorifero a temperature controllate, quelli contenenti sostanze stupefacenti o psicotrope nonché quelli dispensabili solo in strutture ospedaliere. La povertà non è infatti solo alimentare, con questa misura si vuole incentivare l'attività delle associazioni che ogni giorno danno assistenza agli indigenti in materia di cura e assistenza sanitaria.
  Le misure di semplificazione burocratica, fiscale e tributaria sono disciplinate all'articolo 16.
  L'articolo 17 dà al comune la facoltà di applicare un coefficiente di riduzione della tariffa sui rifiuti alle utenze non domestiche relative ad attività produttive e distributive che cedono a titolo gratuito beni alimentari, direttamente o indirettamente agli indigenti.
  Infine, in materia di appalti nella ristorazione collettiva, all'articolo 18, si inserisce tra i criteri di valutazione dell'offerta, quando il contratto è affidato con il criterio dell'offerta economicamente più Pag. 36vantaggiosa, la cessione a titolo gratuito, a fini di beneficenza, delle eccedenze alimentari.
  Avviandomi alla conclusione, questa legge di iniziativa parlamentare arriva all'attenzione dell'Assemblea dopo un lungo percorso di ascolto e confronto. L'Italia non è già oggi fanalino di coda in Europa nel recupero e nella donazione delle eccedenze, con questa legge vogliamo fare un ulteriore passo in avanti.
  Analisi di dettaglio delle disposizioni contenute nel disegno di legge così come modificato dalla Commissione.
  L'articolo 1 illustra la finalità del provvedimento che è quella di ridurre gli sprechi per ciascuna delle fasi di produzione, trasformazione, distribuzione e somministrazione di prodotti alimentari, farmaceutici o di altri prodotti attraverso la realizzazione di alcuni obiettivi prioritari:
  favorire il recupero e la donazione delle eccedenze alimentari, in via prioritaria ai fini dell'utilizzo umano, e di prodotti farmaceutici ed altri prodotti a fini di solidarietà sociale;
  contribuire alla limitazione degli impatti negativi sull'ambiente e sulle risorse naturali, riducendo la produzione di rifiuti e promuovendo il riuso e il riciclo con l'obiettivo di estendere il ciclo di vita dei prodotti;
  contribuire al raggiungimento degli obiettivi generali stabiliti dal Programma nazionale di prevenzione dei rifiuti e dal Piano nazionale di prevenzione dello spreco alimentare previsto dal medesimo programma, nonché alla riduzione della quantità rifiuti biodegradabili avviati allo smaltimento in discarica;
  contribuire ad attività di ricerca, all'informazione e alla sensibilizzazione dei cittadini, con particolare riferimento ai giovani, e delle istituzioni in materia.
  L'articolo 2 definisce gli operatori del settore alimentare e i soggetti cessionari – qualificati come il complesso degli enti privati costituiti per il perseguimento, senza fini di lucro, di finalità civiche e solidaristiche, che promuovono e realizzano attività di interesse generale; le eccedenze alimentari sono definite – in via non esaustiva – come i prodotti alimentari che, fermo restando il mantenimento dei requisiti di igiene e sicurezza, rimangono invenduti per varie cause ovvero non idonei alla commercializzazione, mentre si definisce spreco alimentare l'insieme dei prodotti alimentari, agricoli e agro-alimentari, ancora commestibili, che vengono scartati dalla catena agroalimentare per ragioni commerciali o estetiche ovvero perché in prossimità della data di scadenza; si esplicita la differenza esistente tra termine minimo di conservazione, inteso come la data fino alla quale un prodotto alimentare, in adeguate condizioni di conservazione conserva le sue proprietà specifiche, e la data di scadenza, che sostituisce il termine minimo di conservazione per alimenti molto deperibili, oltre la quale essi sono considerati a rischio; si qualifica ai fini della presente legge la donazione, intesa come cessione di beni a titolo gratuito.
  Il Capo Il (artt. 3-12) definisce alcune misure per semplificare la cessione gratuita degli alimenti ai fini di solidarietà sociale e per limitarne gli sprechi.
  In particolare, l'articolo 3 detta le modalità di cessione delle eccedenze alimentari ai soggetti cessionari da parte degli operatori del settore alimentare che deve essere gratuita e destinata a favore di persone indigenti. Si prevede una gerarchia nella donazione, con priorità al consumo umano, mentre le eccedenze alimentari non idonee al consumo umano possono essere cedute per il sostegno vitale di animali e per altre destinazioni, come il compostaggio dì comunità con metodo aerobico. È altresì consentita la cessione a titolo gratuito delle eccedenze di prodotti agricoli in campo o di allevamento idonei al consumo umano ed animale.
  L'articolo 4 detta disposizioni sulle modalità di cessione delle eccedenze alimentari in esame: tale cessione è consentita anche oltre il temine minimo dì conservazione purché siano garantite l'integrità dell'imballaggio primario e le idonee condizioni di conservazione ed è inoltre prevista l'ulteriore trasformazione delle Pag. 37stesse. Sono previste specifiche disposizioni per i prodotti finiti della panificazione e per i derivati dagli impasti di farina prodotti negli impianti di panificazione che non necessitano di condizionamento termico.
  L'articolo 5 dispone circa i requisiti e la conservazione delle eccedenze alimentari in cessione gratuita, che devono avvenire in conformità a corrette prassi operative al fine di garantire la sicurezza igienico-sanitaria degli alimenti, in linea con quanto stabilito dal regolamento (CE) 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004, e dall'articolo 1, co. 236, della legge di stabilità per il 2014 (L. 147/2013).
  L'articolo 6 prevede specifiche norme per consentire la cessione, ai fini di solidarietà sociale, dei prodotti alimentari idonei al consumo umano o animale oggetto di confisca.
  L'articolo 7, con una modifica al comma 236 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2014 (legge n. 147/2013), prevede che l'obbligo di garantire un corretto stato di conservazione, trasporto, deposito e utilizzo degli alimenti, nel caso di distribuzione gratuita agli indigenti di prodotti alimentari, ceduti dagli operatori del settore alimentare, venga ampliato al complesso degli enti privati costituiti per il perseguimento, senza fini di lucro, di finalità civiche e solidaristiche, che promuovono e realizzano attività di interesse generale – qualificati all'articolo 2 come cessionari – e non solo, come attualmente previsto, le organizzazioni riconosciute non lucrative di utilità sociale.
  L'articolo 8 integra i compiti e la composizione del Tavolo permanente di coordinamento, così come previsto all'articolo 58 del decreto legge n. 83/2012; per quanto attiene ai compiti, l'attività del tavolo viene estesa alla promozione di iniziative, indirizzi e strumenti per la distribuzione di derrate alimentari agli indigenti, al monitoraggio e alla formulazione di progetti e studi finalizzati alla limitazione degli sprechi ed alla distribuzione delle eccedenze. La partecipazione al tavolo è gratuita e senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.
  L'articolo 9 dispone misure in materia di promozione, formazione e prevenzione per limitare gli sprechi; nell'esecuzione del contratto di servizio, la RAI assicura un numero adeguato di ore di trasmissioni televisive e radiofoniche dedicate all'informazione e alla sensibilizzazione su comportamenti e misure idonei a ridurre gli sprechi alimentari, energetici o di altro genere. E poi prevista la promozione di campagne nazionali di comunicazione dei dati raccolti in tema di recupero alimentare e riduzione degli sprechi da parte dei Ministeri coinvolti, nonché di campagne informative per incentivare la prevenzione nella formazione dei rifiuti e la promozione presso le istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado di percorsi mirati all'educazione alimentare, ad una produzione alimentare ecosostenibile e alla sensibilizzazione contro lo spreco di alimenti. Per ridurre gli sprechi alimentari nel settore della ristorazione alle Regioni è consentita la stipula di accordi o di protocolli di intesa per promuovere comportamenti responsabili idonei a ridurre lo spreco di cibo e permettere ai clienti l'asporto dei propri avanzi.
  L'articolo 10 prevede l'emanazione da parte del Ministero della salute, previa intesa in sede di Conferenza unificata, di indicazioni per gli enti gestori di mense scolastiche, comunitarie e sociali per prevenire e ridurre Io spreco connesso alla somministrazione degli alimenti.
  L'articolo 11 rifinanzia con 2 milioni di euro per il 2016 il Fondo per la distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti – di cui all'articolo 58, comma 1, del decreto legge n. 83/2012 – e contestualmente istituisce nello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali un Fondo, con dotazione di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018, destinato al finanziamento di progetti innovativi – che possono prevedere il coinvolgimento di volontari del Servizio civile nazionale – finalizzati alla limitazione degli sprechi e all'impiego delle eccedenze, nonché per Pag. 38promuovere la produzione di imballaggi riutilizzabili o facilmente riciclabili. Le modalità di utilizzo del Fondo sono definite con decreto ministeriale. Gli oneri derivanti dall'attuazione dell'articolo in esame sono quantificati in 3 milioni di euro per l'anno 2016 e 1 milione di euro per gli anni 2017 e 2018.
  L'articolo 12 amplia le finalità del Fondo per la promozione di interventi di riduzione e prevenzione della produzione di rifiuti e per lo sviluppo di nuove tecnologie di riciclaggio – istituito dall'articolo 2, comma 323 della legge n. 244/2007 – alla promozione di interventi destinati alla riduzione dei rifiuti alimentari, comprese le iniziative volte a promuovere l'utilizzo da parte degli operatori nel settore della ristorazione di contenitori riutilizzabili idonei a consentire ai clienti l'asporto degli avanzi di cibo. In relazione a tali finalità ne incrementa la dotazione di un milione di euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018.
  Il Capo III (artt. 13-17) disciplina ulteriori misure per favorire la cessione gratuita di prodotti alimentari, farmaceutici e di altri prodotti a fini di solidarietà sociale.
  L'articolo 13 reca modifiche alla legge n 155/2003. L'articolo 1 è sostituito e ne viene modificata la rubrica in «Distribuzione di prodotti alimentari, farmaceutici e di altri prodotti fini di solidarietà sociale». Conseguentemente viene ampliata la platea dei soggetti autorizzati (cfr. art. 2) a effettuare le distribuzioni gratuite e le categorie dei prodotti che possono essere cedute gratuitamente agli indigenti ed equiparati, nei limiti del servizio prestato, ai consumatori finali.
  L'articolo 14 disciplina la distribuzione di articoli ed accessori di abbigliamento usati, e considera cessioni a titolo gratuito laddove tali articoli ed accessori vengano conferiti dai privati direttamente presso le sedi operative dei soggetti autorizzati alla distribuzione gratuita. Altrimenti, i beni che non siano destinati in donazione o non siano ritenuti idonei ad un successivo utilizzo sono gestiti in conformità alla normativa sui rifiuti dì cui al decreto legislativo n. 152/2006.
  L'articolo 15, modificando l'articolo 157 del decreto legislativo n. 219/2006, detta disposizioni dirette ad incentivare la donazione alle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS) che dispongano di personale sanitario, di medicinali non utilizzati, correttamente conservati e non scaduti, rimettendo ad un decreto del Ministro della salute l'individuazione di modalità tali da garantire la qualità, la sicurezza e l'efficacia originarie, ed escludendo espressamente i medicinali da conservare in frigorifero a temperature controllate, quelli contenenti sostanze stupefacenti o psicotrope nonché quelli dispensabili solo in strutture ospedaliere. Anche in tal caso viene sancita l'equiparazione al consumatore finale degli enti che svolgono attività assistenziale – rispetto alla detenzione e conservazione dei prodotti. La cessione a titolo oneroso dei farmaci oggetto di donazione è espressamente vietata.
  L'articolo 16 reca disposizioni varie, di carattere tributario e finanziario in tema di cessione gratuita delle eccedenze alimentari, dei prodotti farmaceutici e di altri prodotti a fini di solidarietà sociale, prevedendo particolari modalità e requisiti delle comunicazioni telematiche agli uffici dell'amministrazione finanziaria in relazione alle cessioni sopracitate ed adeguando alle nuove disposizioni le disposizioni in vigore in tema di imposta sul valore aggiunto sui beni oggetto di cessione gratuita. Si specifica inoltre la cessione dei prodotti alimentari trasformati, qualificata come operazione permutativa esente Iva per le finalità previste dalla legge in esame.
  L'articolo 17 – con una modifica all'articolo 1, comma 652, della legge di stabilità per il 2014 –, dà al comune la facoltà di applicare un coefficiente di riduzione della tariffa sui rifiuti alle utenze non domestiche relative ad attività produttive che producono e distribuiscono beni alimentari e che a titolo gratuito li cedono, direttamente o indirettamente agli Pag. 39indigenti e alle persone in condizioni dì bisogno o per l'alimentazione animale.
  Infine il Capo IV (Misure in materia di appalti) composto dal solo articolo 18 con una modifica al comma 1 dell'articolo 83 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture (decreto legislativo n. 163/2006) inserisce tra i criteri di valutazione dell'offerta, quando il contratto è affidato con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, la cessione a titolo gratuito, a fini di beneficenza, delle eccedenze alimentari.