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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 568 di venerdì 12 febbraio 2016

Pag. 1

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARINA SERENI

  La seduta comincia alle 9,30.

  PRESIDENTE. La seduta è aperta.
  Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

  ANNA MARGHERITA MIOTTO, Segretaria, legge il processo verbale della seduta di ieri.

  PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Bratti, Brunetta, Bueno, Causin, Crippa, Damiano, Epifani, Fedriga, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Frusone, Giancarlo Giorgetti, La Russa, Locatelli, Losacco, Merlo, Gianluca Pini, Pisicchio, Ravetto, Rosato e Sanga sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente novanta, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

TESTO AGGIORNATO AL 26 FEBBRAIO 2016

Annunzio del conferimento di incarico a un Ministro.

Testo sostituito con l'errata corrige del 26 FEBBRAIO 2016   PRESIDENTE. Comunico che il Presidente del Consiglio dei ministri ha inviato, in data 11 febbraio 2016, la seguente lettera: «Onorevole Presidente, la informo che, con mio decreto, in data 10 febbraio 2016, sentito il Consiglio dei ministri, ho conferito al Ministro senza portafoglio, onorevole dottor Enrico Costa, a norma dell'articolo 9 della legge 23 agosto 1988, n. 400, l'incarico per gli affari regionali e le autonomie locali. Firmato: Matteo Renzi».   PRESIDENTE. Comunico che il Presidente del Consiglio dei ministri ha inviato, in data 11 febbraio 2016, la seguente lettera: «Onorevole Presidente, la informo che, con mio decreto, in data 10 febbraio 2016, sentito il Consiglio dei ministri, ho conferito al Ministro senza portafoglio, onorevole dottor Enrico Costa, a norma dell'articolo 9 della legge 23 agosto 1988, n. 400, l'incarico per gli affari regionali e le autonomie. Firmato: Matteo Renzi».

Modifica nella composizione di gruppi parlamentari.

  PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data 10 febbraio 2016, il deputato Ivan Catalano, già iscritto al gruppo parlamentare Scelta Civica per l'Italia, ha dichiarato di aderire, a decorre dalla data odierna, al gruppo parlamentare Misto, cui risulta pertanto iscritto.

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 9,35).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Chiarimenti in merito ad un accordo bilaterale tra Italia e Francia concernente i confini delle acque territoriali, anche in Pag. 2relazione al recente sequestro di un peschereccio italiano da parte delle autorità francesi – n. 2-01268)

  PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all'ordine del giorno Benedetti ed altri n. 2-01268, concernente chiarimenti in merito ad un accordo bilaterale tra Italia e Francia concernente i confini delle acque territoriali, anche in relazione al recente sequestro di un peschereccio italiano da parte delle autorità francesi (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo alla deputata Silvia Benedetti se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica. Prego, onorevole, ha quindici minuti.

  SILVIA BENEDETTI. Grazie, Presidente. La vicenda è nota: in sostanza, a gennaio, è stato sequestrato un peschereccio italiano dalle autorità giudiziarie francesi, mentre era impegnato alla pesca al gambero rosso al confine tra Francia e Italia. L'accusa è stata quella di aver sconfinato in acque francesi. Questi confini, secondo la Francia, erano già effettivi alla luce di un accordo bilaterale tra Italia e Francia concluso il 21 marzo 2015. Questo perché ? Perché, comunque, effettivamente, non si erano mai definiti i confini tra Italia e Francia in mare, tuttavia i lavori, le negoziazioni per l'accordo sono sempre rimaste segrete ed è rimasta segreta anche la firma di questo accordo, non è stata data notizia neanche da parte del Ministero stesso e, quindi, ci si è trovati in un attimo di impasse, dove il peschereccio risultava giustamente sequestrato da parte delle autorità francesi ed era una sorpresa amara per gli italiani.
  Quello che vorremmo capire è, appunto, che cosa si intenda fare, perché ci viene il sospetto che – non vogliamo nemmeno pensarlo – il Governo abbia condotto questa trattativa in maniera molto superficiale e abbia firmato in maniera altrettanto superficiale. Questo perché ? Perché la zona dove il peschereccio andava a pescare è una zona pregiata, ci sono risorse ittiche interessanti anche a livello commerciale, il gambero rosso è una di queste, e in questo Trattato sembrerebbe che l'Italia avesse ceduto quest'area.
  Non vogliamo nemmeno pensare che il Ministero e il Ministro abbiano firmato con superficialità e abbiano deciso di cedere quest'area. Oltretutto c’è anche una zona, sempre attraverso questo Trattato, dove invece viene consentito lo sfruttamento comune delle risorse ittiche presenti. Quindi, quello che vogliamo capire è che cosa intenda fare il Ministro a riguardo, soprattutto perché, comunque, ci vuole la tutela delle risorse ittiche nostre e anche delle marinerie nostre, e poi anche la tutela di chi ha subito ingiustamente le conseguenze di questo Trattato e di questo accordo, che non è stato reso esplicito.
  Quindi chiedo delucidazioni in materia, chiedo che cosa voglia fare il Ministero, in che modo voglia anche tutelare chi ha subito i danni di questa decisione e in che modo, poi, abbia fatto le valutazioni su quello che è vantaggio o meno dell'Italia per quel che riguarda quest'accordo.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale, Benedetto della Vedova, ha facoltà di rispondere.

  BENEDETTO DELLA VEDOVA, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale. Grazie, Presidente. Conclusa positivamente la vicenda del sequestro del peschereccio Mina, per la quale, come è noto, le autorità francesi hanno ammesso di aver compiuto un «deprecabile errore», vorrei chiarire i motivi per cui si è giunti alla firma dall'Accordo di Caen.
  Da tempo il nostro Paese e la Francia avvertivano la necessità di colmare un vuoto giuridico e stabilire dei confini certi alle loro crescenti proiezioni sulle porzioni di mare prospicienti alle loro coste. Basti pensare che, per molti decenni, gli unici atti che hanno regolato i rapporti di vicinato marittimo fra noi e i francesi sono stati il progetto di convenzione sulle zone Pag. 3di pesca nella baia di Mentone, una convenzione del 1892, mai firmata ma la cui linea di divisione della baia è diventata l'unico riferimento cartografico rispettato fino ad oggi da Francia e Italia, e l'Accordo sulle Bocche di Bonifacio del 1986. Era, dunque, necessario un atto di portata generale, che aggiornasse e regolasse in maniera più articolata i confini marittimi italo-francesi, anche alla luce delle sopravvenute norme dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982.
  L'urgenza di stabilire i confini marittimi, dalla vasta porzione di Mar Ligure e al mare Tirreno che Italia e Francia condividono, è bene esemplificata dalla creazione delle zone di protezione esclusiva da parte italiana del 2011 e della Zona economica esclusiva da parte francese del 2012, in cui i confini esterni sono stati stabiliti provvisoriamente in attesa degli accordi di delimitazione fra i due Paesi.
  Come ricordato dagli onorevoli interpellanti, l'Accordo di Caen è stato firmato il 21 marzo 2015, dopo un lungo negoziato avviato nel 2006 e terminato nel 2012, cui hanno partecipato diversi dicasteri: il Ministero dell'ambiente per gli aspetti di protezione ambientale, il Ministero della difesa per gli aspetti di sicurezza, il Ministero dello sviluppo economico per la piattaforma continentale, il Ministero delle infrastrutture e trasporti per gli aspetti di navigazione marittima, il Ministero delle politiche agricole per le questioni legate alla pesca, e il Ministero dei beni culturali per gli aspetti di protezione degli stessi. Ciascuno di questi dicasteri ha, quindi, avuto modo di compiere le proprie autonome valutazioni, afferenti agli aspetti tecnici e al rapporto fra costi e benefici.
  Considerata la sua natura e portata, l'Accordo di Caen rientra fra quelli sottoposti a ratifica parlamentare e, pertanto, non è ancora in vigore. La Francia, invece, ha già terminato le procedure interne di approvazione, che sono di competenza dell'Esecutivo.
  Per quanto riguarda, in particolare, i contenuti dell'Accordo, il tracciato di delimitazione delle acque territoriali e delle restanti zone marittime riflette i criteri stabiliti dalla citata Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, primo fra tutti il principio della linea mediana per i mari territoriali e del risultato equo per la piattaforma continentale. Nel corso dei negoziati che hanno portato alla firma dell'Accordo, la parte italiana ha ottenuto di mantenere immutata la definizione di linea retta di base per l'arcipelago toscano, adottata per la delimitazione del mare territoriale nel 1977, che sposta significativamente verso la Corsica le linee di base da cui calcolare la mediana, e che era sempre stata oggetto di critiche francesi perché asseritamente non in linea con la citata Convenzione. Inoltre, sempre durante i negoziati, la parte italiana è riuscita a far salva un'area ad ovest delle Bocche di Bonifacio, tradizionalmente utilizzata in comune dai pescherecci italiani e francesi, e che è tuttora prevista dall'Accordo sulle Bocche di Bonifacio del 1986.
  L'accordo di Caen, in ogni caso, non disciplina solo i confini marittimi fra il nostro Paese e la Francia, ma altresì ne modifica le modalità di sfruttamento di eventuali giacimenti di risorse del fondo marino o del suo sottosuolo, situati a cavallo della linea di delimitazione.
  Per quanto riguarda le iniziative in essere, il Ministero degli affari esteri ha dato impulso, anche alla luce della vigente legislazione dall'Unione europea in materia, a una nuova fase di raccolta, di valutazione e approfondimenti tecnici da parte delle amministrazioni competenti, al fine di considerare possibili strumenti integrativi.

  PRESIDENTE. Il deputato Simone Valente ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta all'interpellanza Benedetti ed altri n. 2-01268, di cui è cofirmatario.

  SIMONE VALENTE. Grazie, Presidente, ma non posso ritenermi completamente soddisfatto, anche perché oggi abbiamo voluto riportare alla luce questo avvenimento – ricordiamolo, il 13 gennaio 2015 è stato sequestrato il peschereccio «Mina» Pag. 4da parte delle autorità giudiziarie francesi – e l'abbiamo voluto sollevare perché non vogliamo che cali il silenzio su questa vicenda. E vogliamo che si concluda positivamente, sottosegretario, perché le garantisco che, attualmente, la vicenda non si è ancora conclusa positivamente, soprattutto, per chi quella vicenda l'ha subita in prima persona.
  Mi riferisco, appunto, a tutto l'equipaggio, al comandante del peschereccio «Mina», perché, infatti, ad un mese di distanza, il comandante non è stato ancora risarcito per il danno economico. Ricordiamo che quando il peschereccio è stato sequestrato e portato a Nizza, poi, è stata inflitta una sanzione di 8.300 euro che il comandante ha dovuto pagare alle autorità pregiudiziali francesi. Parlando di danno economico, dobbiamo anche parlare dei giorni successivi in cui il peschereccio è stato fermo, quindi, c’è anche un mancato lavoro.
  Dobbiamo sottolineare che le autorità francesi hanno ammesso l'errore, definendolo un deprecabile errore, però, sottolineiamo anche che questa comunicazione a noi risulta che sia stata fatta solo in forma verbale e non scritta. Questo è un dettaglio molto importante, perché non consente al comandante del peschereccio di avviare tutte le pratiche per il risarcimento.
  Pertanto, noi siamo qui, in primis, anche per avanzare alcune richieste al Governo, perché si attivi il prima possibile per accelerare tutte le attività diplomatiche che si possono effettuare nei confronti della Francia. Infatti, il primo punto dovrebbe essere proprio quello di fare pressione anche sul Governo francese, sulle autorità francesi, in modo che il processo penale a carico del comandante venga definitivamente archiviato. Dopodiché, speriamo, ci auguriamo che le autorità francesi comunichino una nota scritta al Governo italiano e al diretto interessato dell'archiviazione e – ultimo punto fondamentale, come dicevo anche in precedenza – avvenga il risarcimento per i danni che sono stati subiti.
  Questi sono i punti che, secondo noi, dovrebbero essere affrontati nell'immediato, con urgenza, perché è inaccettabile che, per negligenza di qualcuno che rappresenta lo Stato, ci debbano rimettere dei lavoratori che, ogni giorno, escono in acqua per effettuare la loro attività di pesca. Sappiamo che ci sono alcune zone della Liguria che vivono di pesca: ci sono decine di imbarcazioni nella zona che abbiamo citato.
  Siamo anche molto preoccupati per il clima di tensione che si sta creando in quella zona, perché, ovviamente, dopo l'accaduto, tantissime imbarcazioni si tengono ben a distanza dal confine francese. Per cui speriamo che, insieme anche alla capitaneria di porto, ma anche con un forte apporto del Governo, si possa creare un clima disteso in quelle zone, per cui un lavoratore, ogni giorno, esce ed è tranquillo di poter pescare in una determinata zona. Questa è una delle prime preoccupazioni.
  Con riferimento, invece, al Trattato, noi abbiamo anche assistito al question-time in commissione affari esteri che è stato fatto la scorsa settimana: in sede di risposta il Governo sottolinea che sarà fatta una valutazione globale dell'accordo. A noi sembra un po’ paradossale, perché, dopo tanti anni che, comunque, si discute un trattato, si arriva alla firma del Ministro Gentiloni – quindi, questo accordo con la Francia è firmato anche dall'Italia –, e dopo, a posteriori, si farà una valutazione globale. Allora, forse, c’è qualcosa che il Governo dovrebbe comunicarci e che dovrebbe chiarire, anche rendendo partecipi tutte le parti che sono interessate a questa vicenda.
  Non è stato ancora predisposto il disegno di legge di ratifica, almeno non è presente nelle banche dati del Governo: questo è un punto importante, perché, forse, si potrebbe affrontare l'argomento coinvolgendo tutte le parti in anticipo, senza, poi, trovarsi a risolvere dei problemi che sono al momento ancora non risolti.
  Le richieste sono queste: ripeto, e concludo, che ci auguriamo che il prima possibile chi ha subìto un torto venga risarcito; dopodiché noi siamo qui a disposizione Pag. 5per analizzare tutto il Trattato, per analizzare la cartografia che ci verrà fornita e siamo disposti a sollevarne le criticità e a confrontarci (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

(Intendimenti del Governo in merito all'impugnazione, ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione, della legge regionale della Liguria n. 22 del 2015 relativa al rilancio dell'attività edilizia – n. 2-01251)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Quaranta ed altri n. 2-01251, concernente intendimenti del Governo in merito all'impugnazione, ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione, della legge regionale della Liguria n. 22 del 2015 relativa al rilancio dell'attività edilizia (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo al deputato Quaranta se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  STEFANO QUARANTA. Grazie, signora Presidente. Noi, come gruppo di Sinistra Italiana, portiamo all'attenzione del Governo un tema a noi molto caro. Il nostro impegno politico, l'impegno politico di Sinistra Italiana, ha un vincolo imprescindibile e per noi sacro che è quello del testo costituzionale. Ora, nel testo costituzionale – di cui, peraltro, stiamo discutendo anche su altri piani, avremo un referendum tra poche settimane – spicca ed emerge la chiarezza, la sensibilità e la grande pragmaticità, però, al contempo, delle cose che vi sono scritte. In particolare, quest'oggi, ci riferiamo alla parte che riguarda i principi generali – penso all'articolo 9 della Costituzione – e agli articoli 117 e 118, che regolano il rapporto tra i diversi livelli istituzionali.
  Come dicevo, noi abbiamo già cercato di spiegare, devo dire con insuccesso, al Ministro Boschi, sotto altri aspetti, la bellezza e l'importanza di questo testo; oggi, ci riproviamo su un articolo – l'articolo 9, appunto, della Costituzione – che non ci risulta al momento né abrogato né in via di abrogazione, anche dalle proposte di riforma costituzionale che sono state avanzate in questi anni e in queste ultime settimane. Cosa recita l'articolo 9 ? Proprio perché io penso che vada recuperato il testo costituzionale, vada fatto conoscere per essere, poi, apprezzato ed amato, l'articolo 9 dice: La Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.
  Ebbene, la nostra interpellanza al Governo – che è, poi, la richiesta anche di un'assunzione di responsabilità – parte proprio da questo presupposto: noi pensiamo e riteniamo, anche sulla base della discussione che c’è stata nella nostra regione, in Liguria, che ha coinvolto tanti cittadini, tante associazioni, forze politiche, anche in maniera trasversale, che il Piano casa elaborato dalla giunta Toti sia in grave contraddizione con gli articoli 9 e 32 della Costituzione, laddove vengono tutelati, appunto, il paesaggio e la salute. Tutti sanno come vi sia un nesso assolutamente diretto tra i problemi, anche di natura idrogeologica che ha avuto la nostra regione e che hanno molte regioni italiane, e il grave scempio del territorio delle nostre regioni e dei nostri paesi e gli articoli 117 e 118, laddove, appunto, regolano il rapporto e la leale collaborazione tra i diversi livelli istituzionali, che sono a fondamento, poi, anche della tutela dei principi fondamentali della nostra Carta costituzionale.
  Riteniamo che il Piano elaborato dalla giunta di centrodestra in Liguria sia in grave violazione di questo principio; che sia sostanzialmente un modo per imporre, innanzitutto ai comuni e anche alla loro autonomia di regolamentare questo settore per le loro competenze, una visione assolutamente distorta, incostituzionale e, quindi, sbagliata nel metodo e nel merito.
  Io credo che per inquadrare questo ragionamento e per portare all'attenzione dell'opinione pubblica nazionale questo tema sia anche utile fare un breve cenno, un breve riferimento alla situazione della mia regione, la Liguria. Tutti sanno che il problema della Liguria è, semmai, quello contrario: di un eccesso di costruito, che andrebbe, in alcuni casi, recuperato, portato Pag. 6anche a maggiore efficienza e modernità dal punto di vista energetico, e che la chiave di volta dello sviluppo di una regione come la mia dovrebbe essere, al contrario, proprio quella di uno sviluppo di qualità, della tutela del territorio, di un turismo che renda le bellezze della mia regione fondamentali per promuovere anche lo sviluppo economico di questa regione.
  Ma tant’è, questo Piano casa e l'impostazione che si è data, corrispondono invece a logiche vecchie, molto vecchie, che abbiamo già visto nel tempo e che sono state le logiche che hanno deturpato la nostra regione. È un Piano sostanzialmente che fa del tema della rendita immobiliare la presunta possibilità di sviluppo di questa regione e, quindi, si fa riferimento alla congiuntura economica difficile e anche alle possibili ricadute occupazionali, facendo leva su ricette vecchie che, peraltro, hanno anche fallito. Oltre la devastazione del territorio, non abbiamo avuto uno straccio di sviluppo nemmeno nel settore edilizio. Infatti, io credo che innanzitutto andrebbero presi in considerazione i risultati della legge n. 49 del 2009, quella fatta dalla giunta Burlando, che ha preceduto questa legge. Anche questa si è rivelata fallimentare e insufficiente e aveva la giustificazione di nascere come legge di emergenza che doveva in qualche modo sanare una situazione temporanea, di cui era previsto il superamento; cosa che invece questa legge sciagurata non prevede e addirittura non prevede nemmeno dei monitoraggi e delle valutazioni che dovrebbero essere fatti nel tempo.
  Questa legge va a toccare le aree più delicate e di pregio della nostra regione, senza affrontare il tema invece, come dicevo prima, ad esempio, delle prestazioni energetiche che – queste sì – potrebbero mettere in moto uno sviluppo virtuoso, dare lavoro e migliorare la qualità della vita dei cittadini. Un Piano che, quindi, a noi sembra assolutamente ideologico. A volte, la sinistra, proprio perché difende il territorio e l'ambiente, viene accusata di una visione ideologica e anti sviluppista, qui è esattamente il contrario, si continua pervicacemente a portare avanti un modello di sviluppo, che non dà risultati, in maniera, appunto, ideologica. Questo lo dimostra anche il censimento fatto dall'Istat nel 2011, laddove in sostanza, prendendo in esame il patrimonio immobiliare della nostra regione, si fa capire come il cattivo stato di conservazione non riguardi certo le zone costiere, quanto quelle semmai dell'entroterra e delle grandi città che avrebbero bisogno di interventi come quelli che citavo prima. Ora, naturalmente, questo tipo di impostazione e questo tipo di ragionamento che sono un po’ classici, come dicevo prima, dei modelli di sviluppo di questi anni, hanno in questo caso anche degli elementi che aggravano il quadro. Parliamo appunto della possibilità di intervenire nei centri storici e del tema che riguarda i parchi e la tutela che anche la nostra Carta costituzionale riserva ai parchi. È paradossale che si sostenga che in Italia, e in particolare nella nostra regione, ci sono troppi parchi e quindi bisogna fare qualche cosa per smantellarli, quando il fatto che vi siano tanti parchi dovrebbe invece proprio indicare al politico, al legislatore, qual è il modello di sviluppo da seguire per migliorare le condizioni, per creare sviluppo vero. Il fatto di avere tanti parchi, paradossalmente, viene considerato come un limite, anziché come una ricchezza e un'opportunità. Allora, da questo punto di vista, credo sia giusta un'assunzione di responsabilità. Lo ripeto, noi non abbiamo una visione per cui l'importante è non toccare nulla. Non ce l'abbiamo a proposito della riforma della Carta costituzionale, non ce l'abbiamo nemmeno in questo caso. Interventi si potrebbero fare, e dovrebbero andare, ad esempio, in direzione dell'incentivo ai frazionamenti. Noi sappiamo come il patrimonio abitativo spesso sia inadeguato, ormai, alla dimensione delle famiglie e si potrebbero fare degli interventi di ristrutturazione senza consumo di suolo. Questo è l'aspetto fondamentale: senza consumo di suolo ! Così come si potrebbero fare anche interventi volti, ad esempio, alla risistemazione, in Pag. 7una regione come la nostra, delle seconde case che spesso sono utilizzate solo due settimane all'anno, anche perché non vi sono magari strumenti che vanno a incentivare il recupero di questo patrimonio abitativo.
  Io credo che, quindi, per concludere, ed è l'ultimo elemento che vorrei portare all'attenzione del Governo, qui siamo anche in contraddizione con le strategie previste dall'Europa, in particolare faccio riferimento a Europa 2020, alla strategia che punta su uno sviluppo di qualità. In questo caso si danno cinque obiettivi, uno dei quali, appunto, riguarda il clima e l'energia, come sottolineavo prima. Si ipotizzano sette iniziative prioritarie tra cui l'uso efficiente delle risorse. Su questo, invece, nel Piano casa della regione Liguria non vi è nulla, mentre qui a livello europeo ci si chiedono impegni ad avere almeno un aumento del 20 per cento dell'efficienza energetica. Allora, mi rivolgo con massima fiducia nei confronti di questo Governo su questo tema, perché la polemica che vi è stata in Liguria contro questo Piano casa, e la polemica rispetto al fatto che questo Piano è chiaramente incostituzionale, è stata davvero una polemica trasversale.
  Non è una battaglia questa di Sinistra Italiana, io vorrei chiarirlo, è una battaglia dei cittadini liguri, della maggior parte delle forze politiche liguri, delle tante associazioni e delle tante personalità anche nazionali, faccio riferimento solo a Salvatore Settis per citarne uno, che prendendo in esame questo Piano. L'hanno criticato prima ancora che strettamente nel merito, proprio sui profili di incostituzionalità che sono evidenti. Quindi, da questo punto di vista, ci rivolgiamo al Governo per avere una risposta e per avere la tranquillità che almeno su questo, sulla tutela dei principi e dei valori della nostra Carta costituzionale stiamo dalla stessa parte.

  PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato, Benedetto Della Vedova, ha facoltà di rispondere.

  BENEDETTO DELLA VEDOVA, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale. Grazie Presidente. L'onorevole interrogante chiede di conoscere se il Governo intenda procedere all'impugnativa della legge dalla regione Liguria 22 dicembre 2015 n. 22, recante modifiche alla legge regionale 3 novembre 2009 n. 49, «Misure urgenti per il rilancio dell'attività edilizia e per la riqualificazione del patrimonio urbanistico-edilizio». La legge regionale, che l'onorevole interrogante ha analizzato in dettaglio, in parola, è stata pubblicata sul bollettino della regione Liguria il 23 dicembre 2015, n. 22, pertanto il termine ai fini della valutazione di compatibilità costituzionale per l'eventuale impugnativa della legge in argomento, ai sensi dell'articolo 127 dalla Costituzione, andrà in scadenza il prossimo 21 febbraio 2016. Entro tale data il provvedimento sarà esaminato dal Consiglio dei ministri. Al momento, come da prassi, è in corso la necessaria istruttoria da parte del Dipartimento per gli affari regionali, le autonomie e lo sport con le amministrazioni interessate. In questa fase, quindi, non è possibile fornire ulteriori elementi informativi.

  PRESIDENTE. Il deputato Quaranta ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  STEFANO QUARANTA. Grazie, gentile signora Presidente, come lei può immaginare è un po’ difficile che io mi possa considerare soddisfatto, visto che nella sostanza mi si dice che mancano dieci giorni e prenderanno tutto il tempo necessario per esaminare questa legge. Il fatto che non ci sia in questo momento nessuno spunto di riflessione, non si dia alcun cenno del lavoro che spero sia stato già iniziato (siccome non manca moltissimo alla scadenza di questa possibilità di impugnazione) mi induce a qualche preoccupazione, a qualche perplessità. Più che altro perché mi sembra strano che il Governo che è molto attento a ciò che si muove nell'opinione pubblica solitamente, che è molto sensibile ai sondaggi, è molto Pag. 8sensibile alla sensibilità dei cittadini, almeno apparentemente, non si sia ancora fatto un'idea e non abbia ancora preso in considerazione, almeno nei suoi termini generali, questo tipo di riforma del Piano casa.
  Ora io aggiungo un elemento: è chiaro che su temi come questi servirebbe anche un intervento legislativo nazionale, perché spesso questi Piani casa regionali si fanno forti anche del fatto che c’è un quadro di principi incerto sul piano nazionale e quindi una legge sullo stop al consumo di suolo e sulla tutela del paesaggio sarebbe assolutamente fondamentale. Io spero che essendoci di mezzo, da qui al 21 febbraio, come lei ha ricordato, anche il giorno di San Valentino, scoppi un amore per il nostro Paese da parte del Governo e si riesca da questo punto di vista finalmente a battere un colpo. Io credo che davvero se, anche in questo caso, il Governo non desse un segnale che il modello di sviluppo di questo Paese a cui noi pensiamo è finalmente un'altra cosa, ad essere delusa non sarebbe tanto Sinistra Italiana, ma tutti i cittadini liguri (in queste settimane c’è stata una grande raccolta di firme) e la maggior parte delle forze politiche di opposizione, sostanzialmente tutte. Se io vado a leggere le dichiarazioni anche di alcuni membri del Partito Democratico in Liguria, sento valutazioni su questo Piano casa che non sono molto dissimili dalle nostre, anche se c’è una responsabilità da parte del Partito Democratico rispetto alla legge precedente che, in qualche modo, è stata un po’ un'apripista, anche se ripeto in maniera meno grave, di questo Piano casa. Comunque, siccome diciamo che la speranza è l'ultima a morire, confido che si faccia un buon lavoro e torneremo a parlare di questo tema.

(Iniziative di competenza volte a garantire l'erogazione delle cure palliative ospedaliere – n. 2-01253)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Binetti e Lupi n. 2-01253, concernente iniziative di competenza volte a garantire l'erogazione delle cure palliative ospedaliere (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo alla deputata Binetti se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  PAOLA BINETTI. Presidente, illustre membro del Governo, l'interpellanza nasce da un punto molto concreto: è stata pubblicata recentemente la tabella delle discipline ospedaliere, che è stata allegata ai nuovi standard ospedalieri, e in questa tabella non compaiono le cure palliative. Questo è il fatto. Qual è l'interpretazione del fatto che a noi preoccupa molto ? Le cure palliative sono state una delle leggi più interessanti che è stata promulgata nella legislatura precedente, con risposta positiva e concreta a un'esigenza di qualità di vita che veniva prevalentemente espressa dai malati terminali, quei malati, ossia, che sembrano giunti non tanto al capolinea della loro vita, perché una volta valeva la definizione per cui il malato terminale era quello per il quale non sussistevano più di 100 giorni, i famosi tre mesi che caratterizzavano l'ingresso in un hospice.
  Ma, oggi come oggi, la terminologia di cure palliative viene riservata a quei pazienti per i quali le linee di terapia specifica, quasi sempre di natura oncologica, ma non solo oncologica, perché sappiamo di malati affetti da patologie di tipo neurodegenerativo, oppure di malati affetti da sindrome di dolore cronico. Per queste persone, oggi come oggi, le cure palliative rappresentano una risposta sintomatica al dolore, alla sofferenza, al disagio, anche se non sono e non rappresentano quella prospettiva di guarigione che sempre ci si attende da altre cure di natura più specifica.
  In questo momento, le cure palliative – peraltro, recitava così anche la legge n. 38 del 2010 – vengono sostanzialmente somministrate in tre contesti concreti. Un contesto è, per l'appunto, quello che dicevo, quello degli hospice, cioè quei luoghi del tutto particolari in cui, con un grande impegno, si cerca di togliere l'etichetta per Pag. 9cui sono i luoghi dove si va per morire. Noi vogliamo considerare gli hospice quei luoghi in cui si va a ricevere, per esempio, proprio cure palliative. Comunque, sono gli hospice. L'altro contesto concreto, come facilmente ci si immagina, è il contesto domiciliare, la casa, e quindi anche i servizi più prettamente e più squisitamente etichettati come servizi territoriali.
  Ma c’è un terzo contesto importante in cui vengono somministrate le cure palliative, ed è quello che è all'ordine del giorno oggi: sono gli ospedali. Non c’è dubbio che una parte importante di cure palliative venga somministrata non solo, insisto, nei reparti di oncologia, ma anche nei reparti che si fanno carico di pazienti che hanno sindromi difficili da controllare con le terapie che potremmo considerare organospecifiche. Se non c’è un'attenzione concreta a contemplare le cure palliative nella loro specificità, si finisce molto spesso che il paziente che va incontro a una situazione di emergenza, a una situazione di gravità, si rivolge al pronto soccorso, viene ricoverato lì dove c’è un letto disponibile, riceve delle cure, che non necessariamente riflettono il profilo specificamente e appositamente disegnato per lui in un progetto terapeutico ad hoc, e si crea anche, sia detto con molta semplicità, un sovraccarico economico non irrilevante per la struttura, ma anche un'occupazione di un letto che non risponde ai suoi bisogni e che sottrae possibilità e opportunità per altri malati che avrebbero potuto essere ricoverati in quel luogo.
  Nella legge n. 38, quando si faceva riferimento a queste tre realtà, si ipotizzava quello che si chiamava il circuito delle tre h – home, hospice e hospital – e si immaginava la possibilità per il paziente di muoversi con una certa serenità all'interno delle tre strutture, che apparivano, in qualche modo, organizzate per girare intorno a lui e ai suoi bisogni.
  Si immaginava, quindi, che il paziente sarebbe potuto rimanere in famiglia per tutto il tempo in cui questo era possibile, per la tipologia dei suoi sintomi, ma anche per la capacità da parte del contesto familiare di accoglierlo, di farsene carico, di rispondere a questo. Si immaginava la possibilità che questo paziente, giunto in un determinato momento della sua patologia, potesse essere ricoverato in un hospice, laddove avrebbe ricevuto cure palliative intese nel senso più alto e più completo del termine, perché faccio presente che tra le cure palliative contro il dolore ve ne sono alcune tra le più importanti, ma non sono le uniche, non sono le sole.
  Per farsi carico del disagio e della sofferenza in quel paziente diciamo che c’è la possibilità di ricorrere all'intervento del fisioterapista, c’è la possibilità di ricorrere anche a tipologie di terapie che stanno entrando nell'uso in molti ospedali. Penso, per esempio, alla musicoterapia. Vi è un insieme, le cure palliative sono un termine generale, ma non generico, per definire un pacchetto di cure che vengono offerte. Ma, insisto, vi è un momento chiave in cui le cure palliative vanno somministrate al paziente che sta dentro l'ospedale. Insisto sulla linea del paziente oncologico, che ha seguito una linea precisa, specifica, con determinati farmaci; si esaurisce l'effetto di questi farmaci, il paziente non risponde più a questi, il medico decide di passare a una seconda linea, probabilmente più aggressiva, probabilmente con un carattere più innovativo, ma arriva il momento in cui il malato viene affidato ad un medico che su quel campo specifico non ha le risposte giuste e adeguate per lui.
  Ma il contesto di cui ha bisogno è un contesto ospedaliero, perché ha bisogno di offrire un supporto alle concomitanti patologie che si inseriscono. Penso, comunque, a tante patologie di tipo cardiovascolare, a patologie di tipo respiratorio, a patologie che possono riguardare anche il malato che presenta una sindrome di tipo ortopedico, perché ha dolori cronici localizzati alle ossa, di tipo artrosico, eccetera eccetera. Allora, avere ignorato la necessità di avere all'interno della struttura ospedaliera dei letti e avere demandato questa funzione esclusivamente al territorio o agli hospice, a parte essere in contraddizione con la legge n. 38, nello stesso tempo aggiunge disagio alla persona, ma Pag. 10aggiunge disagio anche alla struttura, e, soprattutto, non permette di far lievitare quella cultura che è la cultura delle cure palliative, che, in un certo senso, trova nel contesto ospedaliero, che molto spesso è anche un contesto accademico, un contesto universitario, il luogo della ricerca e della formazione.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la salute, Vito De Filippo, ha facoltà di rispondere.

  VITO DE FILIPPO, Sottosegretario di Stato per la salute. Grazie, Presidente. Onorevole Binetti, la legge n. 38 del 2010 rappresenta un traguardo del Servizio sanitario nazionale; pertanto, quanto in essa previsto non può in alcun modo essere messo in discussione. Il decreto ministeriale n. 70 da lei citato, quello del 2015, contenente il regolamento degli standard ospedalieri, è un atto che consente di avviare la fase applicativa del processo di riassetto strutturale e di qualificazione della rete assistenziale ospedaliera in maniera uniforme nel nostro Paese, ovviamente esigenza più volte ribadita anche in quest'Aula, e non solo in quest'Aula, con l'obiettivo di promuovere la qualità dell'assistenza, la sicurezza delle cure, l'uso appropriato delle risorse e assicurare, come dicevo, un'uniformità per l'intero territorio nazionale nella definizione degli standard delle strutture sanitarie dedicate all'assistenza ospedaliera.
  Si sottolinea che quel documento, seppur ampio e complesso, è tuttavia focalizzato sulla ridefinizione dell'offerta ospedaliera. Ciò fa sì che alcuni aspetti, anche quelli da lei segnalati, vengono rimandati ad atti precedenti, come nel caso della legge n. 38 del 2010, o a specifici approfondimenti, da effettuarsi anche successivamente a quel decreto. In tal senso, anche se la disciplina delle cure palliative, a differenza della terapia del dolore, non appare come servizio collocato dentro l'ospedale, ciò non modifica quanto disposto sia dalla legge n. 38 del 2010 sia dall'intesa Stato-Regioni del 25 luglio 2012, che è quell'intesa applicativa proprio della legge n. 38.
  Nella fattispecie, nelle reti locali di cure palliative, è prevista l'assistenza ospedaliera ai malati affetti di malattie croniche evolutive attraverso consulenze palliative effettuate da équipe medico-infermieristiche multidisciplinari, prestazioni in regime diurno o in modalità alternative previste dalle organizzazioni regionali, prestazioni in ambulatorio o nelle strutture residenziali che comunque fanno parte dell'assistenza territoriale.
  Pertanto, così come disciplinato da quella normativa, l'assistenza ospedaliera per le cure palliative non prevede posti letto ospedalieri. La valutazione di progressione della malattia verso lo stadio terminale e l'identificazione del paziente in fase terminale con bisogno di accesso alle cure palliative è effettuata dal clinico durante la degenza attraverso l'applicazione di strumenti di valutazione validati sempre scientificamente. Per quanto concerne il decreto ministeriale 70 del 2015, è necessario sottolineare, inoltre, che esso offre un importante rilievo all'articolazione in rete delle attività integrando l'attività ospedaliera per acuti e post-acuti anche con l'attività territoriale. Tra le reti che devono essere attivate su tutto il territorio nazionale sono comprese la rete oncologica e quella della terapia del dolore, che devono essere realizzate sulla base dei documenti e delle normative già esistenti. In particolare, nell'ambito dell'implementazione delle reti oncologiche, deve essere garantito il miglioramento della qualità di vita delle persone malate di cancro, assicurando loro cure riabilitative e cure palliative, sia in età adulta, sia in età pediatrica. Viene ribadito che, in coerenza con gli atti di indirizzo dell'Unione europea, presso i centri di oncologia deve essere assicurato adeguato sostegno psicologico ai pazienti e ai loro familiari individuando specifici percorsi di accompagnamento e di cura che il personale specializzato dovrà sempre realizzare. Nella consapevolezza del significato di tali attività, l'intesa concernente il documento disciplinare sulla revisione della normativa dell'accreditamento, sancita nella seduta del 20 dicembre 2012 dalla Conferenza Pag. 11Stato-regioni, che prevede l'istituzione di un sistema di accreditamento uniforme nazionale, stabilisce al punto 1.2 (Programmi per lo sviluppo di reti assistenziali) la realizzazione di reti di cure palliative e di terapia del dolore per il paziente adulto e pediatrico in attuazione proprio della legge n. 38 del 2010 più volte citata. Nella prospettiva di valorizzare sempre di più all'interno del sistema sanitario queste attività ed il ruolo dei professionisti che le esercitano, si conferma ancora una volta la disponibilità a migliorare la complessa qualità della presa in carica di questi pazienti tenendo conto degli aspetti clinici, di quelli relazionali ed umani che in tale delicato percorso assistenziale sono sempre contemplati.

  PRESIDENTE. La deputata Binetti ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  PAOLA BINETTI. Maggiore livello di soddisfazione ci sarebbe se venisse inviata agli organi corrispondenti quella che è stata comunque esposta dal sottosegretario come una corretta interpretazione. Questa volta c’è una legge. A volte abbiamo bisogno di una legge e a volte abbiamo bisogno invece di qualcosa che ne faciliti la corretta interpretazione. In questo caso specifico, se ho ben capito, il sottosegretario dice che la legge n. 38 del 2010 è una legge di rango nazionale, è una legge che impegna tutte le regioni ad essere rispettata e, quindi, in quanto tale nulla di quello che è contenuto nella legge n. 38 viene dichiarato, né abrogato, né messo in secondo piano, ma si tratta di capire come valorizzarla, come applicarla e come rendere uniforme sul piano nazionale quello che contiene.
  Il punto specifico dell'interpellanza di oggi toccava proprio quel momento particolare in cui il paziente, per esempio ricoverato in ospedale perché bisognoso di un intervento all'interno di un contesto cronico che volge spesso verso il fine vita, deve poter godere all'interno dell'ospedale di queste cure. Nello stesso tempo, la specificità delle cure di cui ha bisogno fa in modo che intorno a lui ruotino persone il cui profilo di competenza è un profilo di competenza ad hoc. Dove voglio arrivare in questo modo ? È chiaro che tra le persone che più e meglio conoscono e padroneggiano le cure palliative ci sono gli oncologi.
  Non tutti gli oncologi, però, sono esperti di cure palliative. Che lo si voglia o no, l'interpretazione che nel pensiero comune si dà alla fase delle cure palliative è quella di una sorta di ultimo miglio. Bisogna ottenere che queste persone, però, possano essere ricoverate con un rispetto totale di quella che è la loro qualità di vita, ma anche di quella che è la qualità della relazione tra loro e i familiari. Ciò è lo specifico poi proprio delle cure palliative che definiscono quella dimensione dell'umanizzazione della medicina che viene incontro ai bisogni del paziente quando la tecnologia non può che alzare le mani. Infatti, questo poi è il senso delle cure palliative: restituire alla relazione che si stabilisce tra il personale sanitario e il paziente quello spazio terapeutico che non è lo spazio sanante, nel senso che non guarisce, ma è lo spazio di cura. Noi non vorremmo mai più che si dicesse: guardi, porti a casa il suo familiare perché qui non c’è più nulla da fare. Quante persone si sentono in qualche modo liquidate così da una struttura ! Peraltro, è un'ipotesi che può anche essere presa in considerazione nel momento in cui il numero di letti disponibili per i malati oncologici che sono sotto una terapia specie-specifica risultasse insufficiente rispetto ai bisogni. I primi che in questo modo vengono marginalizzati sono proprio quei pazienti per i quali la specificità del trattamento non è più quella legata al tipo di terapia che viene fatta, ma viene legata al momento particolare della loro patologia. Io sono perfettamente convinta che la legge a cui ci riferiamo contempli questi fatti; li contempla perché li contempla tutto il suo iter legislativo; li contempla nella diversità dei modelli di legge che sono stati discussi; li contempla anche nell'interpretazione corretta che è stata data in moltissimi convegni che hanno seguito l'approvazione Pag. 12della legge per garantirne la qualità dell'applicazione. Ma, evidentemente, questo aver dimenticato o, se non è dimenticato, aver volutamente omesso questa cosa, significa che c’è bisogno che qualcuno spieghi che non è un modo di allontanare il paziente, per esempio oncologico, dall'ospedale perché per lui non c’è più niente da fare. È questo il cuore del problema perché non ci nascondiamo che è questa mistificazione dei fatti che induce certe volte i pazienti e le famiglie poi alla fin fine a desiderare che la soluzione che viene data ai loro problemi sia una soluzione di altra natura, cioè, come dire, ad aprire la porta a quella che potrebbe essere una richiesta eutanasica.
  Noi, in questo Parlamento, nella legislatura precedente, abbiamo approvato la legge n. 38 del 2010 che è il meglio che è rimasto di quel dibattito che era nato inizialmente come dibattito sul testamento biologico, avendo sullo sfondo sempre il rischio eutanasico. Proprio perché nessun paziente e nessuna famiglia dovesse sentirsi spinta in questa condizione, venne approvata la legge n. 38 che garantiva qualità di cure anche quando le cure specie-specifiche non sono più possibili. Anzi, bisogna chiarire espressamente questo: il termine cure palliative non si riferisce al paziente perché nessuno di noi ha la bolla magica per sapere quanto manca da vivere a questo paziente. Non lo sa nessuno fortunatamente. Inizialmente erano i famosi tre mesi, ma fortunatamente oggi questo tempo si è allungato e si è allungato grazie alla qualità degli interventi sintomatici che vengono fatti per sostenere le condizioni generali del paziente. Il sostegno alla qualità dell'assistenza si è rivelata una struttura terapeutica di supporto molto forte, non solo per allungare la vita del paziente, ma realmente anche per migliorarne la qualità.
  Allora, io mi sentirei di dire che sarei più soddisfatta di questa risposta se avessi la certezza che parte una nota che dà l'interpretazione corretta e che non permette in nessun posto di sentir dire, in quella fase drammatica a cui molte volte noi abbiamo assistito, spero mai personalmente, però che comunque nell'ambiente si sente, «si porti a casa suo marito, sua moglie, suo padre, sua madre, suo figlio perché noi qui non abbiamo più nulla da fare». È questo il concetto erroneo. La medicina ha sempre qualcosa in più che può fare e questo qualcosa in più, che è un bene preziosissimo, noi lo chiamiamo cure palliative.

(Intendimenti del Governo circa l'introduzione di misure volte ad assicurare assistenza sanitaria ed economica alle vittime della violenza di genere – n. 2-01262)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Roberta Agostini ed altri n. 2-01262, concernente intendimenti del Governo circa l'introduzione di misure volte ad assicurare assistenza sanitaria ed economica alle vittime della violenza di genere (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo alla deputata Roberta Agostini se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  ROBERTA AGOSTINI. Signora Presidente, sottosegretario, l'interpellanza che rivolgiamo al Governo verte in particolare sulla vicenda di Chiara Insidioso Monda, la ragazza di diciannove anni che fu aggredita e ridotta in fin di vita ormai due anni fa dal suo compagno di allora, Maurizio Falcioni, condannato prima a vent'anni e poi a sedici anni di reclusione. Chiara, a seguito della violenza subita e dei dieci mesi di coma che ne sono seguiti, non potrà più riprendere una vita normale ed avrà bisogno di cure ed assistenza speciale. Attraverso il caso di Chiara vogliamo sottoporre al Governo la questione delle vittime di violenza che proprio a causa delle violenze subite non sono più in grado di provvedere a sé stesse mentre i colpevoli del reato non possono far fronte a nessun indennizzo. Il nostro Parlamento ha approvato prima la Convenzione di Istanbul, che prevede che le vittime abbiano Pag. 13diritto di richiedere un risarcimento agli autori di reato ma anche che un risarcimento da parte dello Stato possa essere accordato a coloro i quali abbiano subito gravi pregiudizi all'integrità fisica o alla salute, se la riparazione del danno non è garantita da altre fonti. Esistono inoltre diverse fonti normative a carattere europeo che imporrebbero che l'Italia stabilisse una procedura risarcitoria agevole in materia di indennizzo alle vittime di reati intenzionali violenti, a partire dalla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla tutela delle vittime di reati del 1983 fino alla direttiva 2004/80/CE del Consiglio del 29 aprile 2004, mentre, al contrario appunto, l'Italia non dispone di alcun sistema generale di indennizzo per tali reati e la nostra legislazione prevede l'indennizzo solo delle vittime di alcuni reati, come il terrorismo o la criminalità organizzata. In realtà finora noi non abbiamo adottato i provvedimenti necessari per modificare la nostra legislazione. Presidente, sottosegretario, la violenza contro le donne è un reato odioso e di particolare allarme sociale, è un fenomeno che si annida nella normalità della vita familiare, nelle relazioni di coppia tra uomini e donne, siamo colpiti quando i giornali riportano i casi efferati come quello di Chiara o come quelli apparsi sui giornali appunto qualche giorno fa. Lo ricorda la scrittrice Michela Murgia su la Repubblica qualche giorno fa, le ultime tre in ordine di tempo Marinella, Carla e Luana. Marinella uccisa dal marito il primo febbraio a Catania, che l'ha strangolata davanti al figlio di quattro anni; lo stesso giorno a Pozzuoli una di loro, incinta al nono mese, è stata ridotta in fin di vita dal compagno che le ha dato fuoco; il 2 febbraio un'altra è morta quasi decapitata dal marito fuggito poi contromano in autostrada. Questi sono alcuni casi perché le cifre, quelle aride che leggiamo sulle statistiche dell'Istat, forse non ci rendono bene conto del fenomeno che comunque colpisce 6.788.000 donne in Italia che hanno subito qualche forma di violenza nella loro vita e nel 62 per cento dei casi a commetterla sono stati i propri partner oppure gli ex compagni o qualche familiare, qualche amico. Noi negli anni scorsi a seguito proprio della ratifica della Convenzione di Istanbul abbiamo messo in campo, approvato una vera e propria strategia, anche piuttosto complessa, per affrontare il fenomeno della violenza, una strategia complessa che è formata da diverse iniziative e da diverse azioni. Per esemplificarle noi diciamo la strategia delle tre P, che è quella della prevenzione della violenza, della punizione dei colpevoli e della presa in carico delle vittime, una strategia complessa che ha bisogno di azioni concrete e di risorse per essere messa in pratica.
  Quindi abbiamo approvato la legge contro il femminicidio, la legge n. 119 del 2013, e abbiamo voluto che in quella legge si prevedesse all'articolo 5 la predisposizione di un vero e proprio piano nazionale antiviolenza, che definisse una rete appunto di presa in carico, di prevenzione e di punizione, una rete articolata a partire proprio dai territori. Abbiamo voluto risorse per finanziare queste azioni, le abbiamo volute anche nell'ultima legge di stabilità. Aiutare, sostenere le donne vittime di violenza soprattutto quando non sono più in grado di provvedere a se stesse come nel caso di Chiara fa parte di questa strategia, aiutarle, sostenerle, accompagnarle nel processo di reinserimento, al di là del momento dell'emergenza immediata, fa parte di questa strategia, perché mette in campo e precisa un'ottica di presa in carico complessiva della persona. Quindi noi chiediamo al Governo, all'interno di questa strategia complessa che è stata delineata e che è stata definita, se e come intende definire anche strumenti operativi per sostenere dal punto di vista economico, sociale e sanitario le vittime, anche in ottemperanza alle previsioni contenute nelle tante fonti europee e in particolare nella Convenzione di Istanbul.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la salute, Vito De Filippo, ha facoltà di rispondere.

  VITO DE FILIPPO, Sottosegretario di Stato per la salute. Signora Presidente, Pag. 14l'onorevole Agostini, ricordando gli ultimi agghiaccianti episodi di violenza che negli ultimi giorni si sono verificati nei confronti di tre donne che sono state uccise per mano di ex mariti o compagni di vita, oltre a sollecitare una riflessione approfondita sul fenomeno evidenzia le conseguenze che tali episodi determinano nella vita dei familiari delle vittime, spesso ridotte ad un'esistenza in stato solo vegetativo. In particolare l'onorevole Agostini richiama alla memoria uno degli episodi più orribili di violenza avvenuto negli ultimi anni, quello che ha coinvolto Chiara Insidioso Monda, la quale attualmente si trova in stato vegetativo dopo essere stata aggredita brutalmente dal compagno, ridotta in fin di vita ed essere rimasta in coma per dieci mesi. La famiglia di Chiara, come quelle di altre vittime di violenza, che deve sostenere ingenti spese e inoltre affrontare le difficoltà lavorative che spesso incontra chiunque debba assistere un familiare così gravemente colpito. L'onorevole interpellante sottolinea che la Convenzione di Istanbul prevede che per il sostegno alle vittime di violenza gli Stati si dotino di fondi e di misure finanziarie necessarie per sostenere le vittime di violenza e le loro famiglie nel loro difficile percorso di ritorno alla vita. Al riguardo chiede al Governo se alla luce dell'evoluzione della normativa internazionale e nazionale ritenga di assumere iniziative per introdurre misure specifiche volte a garantire l'assistenza sanitaria ed economica alle vittime di violenza di genere che a seguito dell'episodio di violenza si trovino nella condizione di non poter provvedere a se stesse. In merito a quanto segnalato si evidenzia che l'Italia ha con tempestività ratificato con la legge 27 giugno 2013, n. 77, la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza, entrata in vigore a seguito della ratifica da parte del decimo Stato membro del Consiglio d'Europa proprio il 1o agosto 2014. In linea con quanto stabilito nella citata Convenzione, il Governo ha adottato il decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito con la legge 15 ottobre 2013, n. 119, che porta il titolo «Disposizioni urgenti in materia di sicurezza per il contrasto della violenza di genere nonché in tema di Protezione civile e di commissariamento delle province». L'intervento normativo del Governo si è mosso su un duplice binario, quello della protezione e quello della prevenzione, tramite la previsione di norme che potenzieranno gli strumenti già esistenti in tale ambito di intervento, e quello sanzionatorio-repressivo, novellando le vigenti disposizioni del codice penale e del codice di procedura penale nel rispetto ed in linea con i contenuti della stessa Convenzione. In particolare, al fine di rafforzare i meccanismi che consentono di impedire il verificarsi di reati e di limitare le conseguenze, si segnala che il decreto-legge n. 93 prevede all'articolo 5 l'adozione da parte del Ministro delegato alle pari opportunità, previa intesa con la Conferenza unificata, l'adozione di un piano straordinario di azione contro la violenza sessuale e di genere.
  In effetti il Piano deve perseguire finalità di prevenzione del fenomeno e la violenza di genere mediante una pluralità di azioni in diversi ambiti: campagne di pubblica informazione e di sensibilizzazione, promozione in ambito scolastico delle corrette relazioni tra i sessi, nonché di tematiche antiviolenza e di antidiscriminazione degli stessi libri di testo, potenziamento dei centri antiviolenza e dei servizi di assistenza e di protezione delle vittime di violenza di genere e di stalking, formazione specializzata degli operatori, collaborazione tra istituzioni, raccolta ed elaborazione dati, previsione di specifiche azioni positive, configurazione di un sistema di governance del fenomeno tra i diversi livelli di governo sul territorio.
  Il Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere è stato adottato, in effetti, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri il 7 luglio 2015, ed è stato registrato dalla Corte dei conti in data 25 agosto 2015, e conseguentemente si sta provvedendo all'attuazione dello stesso. Tra le primissime azioni è prevista la creazione di una banca dati nazionale, dedicata al fenomeno della violenza Pag. 15contro le donne, per meglio intercettare la mutabilità del fenomeno e consentire una migliore definizione delle strategie di intervento da adottare.
  In data 1o dicembre 2015, si è insediato un gruppo di esperti che ad hoc è stato nominato. Tra le specifiche finalità del Piano d'azione, è previsto anche il potenziamento delle forme di assistenza e di sostegno alle donne vittime di violenza e ai loro figli attraverso modalità omogenee di rafforzamento della rete dei servizi territoriali, dei centri antiviolenza e dei servizi di assistenza alle donne vittime di violenza. Al predetto potenziamento, ai sensi di quanto stabilito dall'articolo 5-bis del decreto n. 93 del 2013, nonché dal Piano d'azione di cui al DPCM che ho citato, è destinato uno specifico finanziamento di carattere permanente, pari a 10 milioni di euro per il 2013, 7 milioni di euro per il 2014 e 10 milioni euro l'anno a decorrere dal 2015, assegnati sul Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità.
  Nel rispetto di quanto previsto proprio dall'articolo 5-bis, comma 2, del decreto, il Dipartimento per le pari opportunità, con DPCM del 24 luglio 2014, ha ripartito in un'unica soluzione le risorse stanziate per gli esercizi finanziari 2013-2014, per un importo totale pari a 16 milioni di euro. Con il riparto delle risorse finanziarie a regime per i prossimi anni, il Dipartimento per le pari opportunità avrà a disposizione dati forniti dalle regioni, relativi alla presenza sul territorio nazionale dei centri antiviolenza e di case rifugio nel territorio nazionale, nonché avrà la possibilità di individuare, sulla base dei requisiti minimi uniformi su tutto il territorio nazionale, stabiliti dall'intesa tra Governo e regioni, i centri antiviolenza e le case di rifugio che potranno accedere alla ripartizione delle risorse.
  Attualmente il Dipartimento per le pari opportunità sta ultimando la fase istruttoria, ai fini dell'adozione del DPCM per il riparto delle risorse stanziate per l'esercizio finanziario 2015.
  Per garantire un coordinamento costante tra diversi soggetti, deputati alla definizione delle politiche di prevenzione e di contrasto alla violenza di genere, l'articolo 3 del Piano d'azione prevede anche che venga costituita, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento per le pari opportunità, una cabina di regia interistituzionale, con funzioni di coordinamento e di impulso alle azioni programmate in materia di contrasto del fenomeno della violenza contro le donne e composta dai rappresentanti delle amministrazioni statali coinvolte, dai rappresentanti delle regioni, nonché dai rappresentanti degli enti locali designati in Conferenza Stato-città.
  Il medesimo articolo 3 del Piano prevede, inoltre, che venga costituito un apposito Osservatorio nazionale sul fenomeno della violenza, con compiti di supporto alla cabina di regia e di formulazione di proposte di intervento attinenti all'attuazione del Piano, nonché al relativo monitoraggio. Attualmente stanno pervenendo le designazioni da parte delle amministrazioni coinvolte e, pertanto, a breve, saranno costituiti entrambi gli organismi previsti, come dicevo prima, dall'articolo 3 del Piano di azione.
  Infine, si segnala che la legge 28 dicembre 2015, la legge di stabilità, ha previsto, in attuazione della direttiva n. 29 del 2012, che, entro 60 giorni dalla entrata in vigore della legge di stabilità stessa, il Presidente del Consiglio dei ministri definisca, a livello nazionale, con apposito decreto, di concerto con i Ministri della giustizia, della salute e dell'interno, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, le linee guida volte a rendere operativo il «Percorso di tutela delle vittime di violenza», istituito ai sensi del comma 790 del citato articolo 1, nelle aziende sanitarie e ospedaliere, al fine di tutelare le persone vulnerabili, vittime dell'altrui violenza, con particolare riferimento alle vittime di violenza sessuale, maltrattamenti o atti persecutori, così come anche disciplinato dallo stesso Piano d'azione sopra citato.
  Sono attualmente in corso le attività propedeutiche all'emanazione del predetto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, contenente specificamente queste Pag. 16linee guida. Per l'attuazione di queste linee guida si provvederà, successivamente, alla costituzione di gruppi multidisciplinari, finalizzati a fornire l'assistenza giudiziaria, sanitaria e sociale, così come previsto dall'articolo 1, comma 791, della legge di stabilità.
  All'istituzione del Percorso di tutela delle vittime di violenza si provvede con le risorse finanziarie, umane e strumentali previste a legislazione vigente.
  Secondo un'indagine dell'Istat, condotta su un campione di circa 25 mila donne, in Italia quasi 7 milioni di donne tra i sedici e i settant'anni hanno subito, almeno una volta, all'interno o all'esterno della famiglia una violenza fisica, sessuale, o addirittura entrambe. Le conseguenze di queste forme di violenza possono perdurare per tutto l'arco della vita, affliggere anche le persone che circondano la vittima, in primis i figli, ed avere seri effetti negativi sulla salute fisica e mentale, sulla formazione scolastica, sull'occupazione e sull'economia generale del Paese.
  Data la complessità del fenomeno, è quindi fondamentale utilizzare un modello di intervento coordinato, multidisciplinare e interistituzionale, che risponda in modo articolato e completo ai bisogni delle donne vittime di violenza. C’è bisogno di protezione fisica, di strutture di accoglienza in emergenza, di aiuto sanitario e psicologico, di aiuto legale ed economico, e di un accompagnamento in un nuovo progetto di vita che porti la donna a superare la violenza subita. Questi interventi devono essere coordinati ed attuati con accurata conoscenza del fenomeno e utilizzando indicatori di gravità e valutazioni del rischio di recidiva ed escalation del fenomeno.
  L'Organizzazione mondiale della sanità, nelle recenti linee guida, indica con decisione questo indirizzo di politica sanitaria.
  In questo ambito il Ministero della salute è in prima linea per identificare tutte le azioni necessarie per favorire la presa in carico delle donne vittime di violenza, in sinergia con gli altri attori istituzionali; si sta facendo parte attiva per promuovere, come indicherò, l'adozione su tutto il territorio nazionale di modelli virtuosi di assistenza e sostegno alle vittime attraverso reti operative territoriali.
  È noto che i servizi di pronto soccorso negli ospedali sono i luoghi cui più frequentemente le donne vittime di violenza di genere si rivolgono quando decidono di chiedere aiuto o quando il livello di violenza rende indifferibile un intervento sanitario.
  Presso alcuni pronto soccorso, quindi, è stata sperimentata la predisposizione di una «stanza rosa», luogo dedicato all'accoglienza e alla presa in carico della vittima di violenza, in cui la stessa possa sentirsi protetta, compresa ed aiutata, e dove i tempi sono quelli più adeguati alla situazione. Qui, la vittima è circondata da persone formate e, quindi, competenti, in grado di interagire tra di loro in modo sinergico e sequenziale, secondo quanto previsto dallo specifico protocollo che prevede un lavoro di squadra con i diversi operatori: operatori socio-sanitari, forze dell'ordine, volontari del soccorso, operatori dei centri antiviolenza.
  Nell'ambito del Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie, è in corso un progetto dal titolo «Controllo e risposta alla violenza su persone vulnerabili: la donna e il bambino, modelli d'intervento nelle reti ospedaliere e nei servizi sociosanitari in una prospettiva europea», coordinato proprio dalla regione Liguria. Questo progetto prevede sette regioni coinvolte: Piemonte, Lombardia, Liguria, Toscana, Lazio, Basilicata e Sicilia. Al momento sono stati coinvolti attivamente sette servizi di pronto soccorso a Torino, Genova, Milano, Roma e Palermo; a regime collaboreranno anche altri dodici pronto soccorso e saranno coinvolti anche Grosseto, Siena, Arezzo, Teramo, Civitavecchia, Messina e Forlì.
  L'obiettivo generale è l'armonizzazione e valutazione di efficacia dei protocolli di riconoscimento, accoglienza, presa in carico e accompagnamento nei casi di violenza sulla donna in ambito relazionale e anche sul bambino. Tra gli obiettivi specifici Pag. 17è prevista la registrazione degli eventi violenti in pronto soccorso, secondo un dataset.
  Le progettualità descritte contribuiscono al miglioramento dell'assistenza delle donne vittime di violenza attraverso la formazione degli operatori, la diffusione del modello del «codice rosa» e la raccolta di dati epidemiologici, in modo da monitorare il fenomeno e orientare opportunamente gli interventi.
  Riguardo, invece, agli aspetti di stretta competenza del Ministero della giustizia in tema di normazione in materia di contrasto alla violenza sulle donne, si segnala come la tematica in oggetto abbia da sempre avuto un ruolo prioritario nell'agenda di questa amministrazione. La finalità degli interventi repressivi del fenomeno, specie negli ultimi anni, oltre ad offrire un'adeguata tutela alle vittime del reato, sono tese ad anticipare la soglia della rilevanza penale dei fatti.
  Con il decreto-legge n. 93 del 2013, prima richiamato si è fornito un articolato intervento normativo teso ad inasprire, per finalità dissuasive, il trattamento punitivo degli autori di tali fatti, introducendo, in determinati casi, misure di prevenzione finalizzate all'anticipata tutela delle donne e di ogni vittima di violenza domestica, intervenendo sulla disciplina delle fattispecie di maltrattamenti in famiglia, atti persecutori e violenza sessuale, agendo sulla leva sanzionatoria e configurando nuove aggravanti, prevedendo sul versante della legge processuale misure precautelari e meccanismi di tutela della persona offesa in occasione della revoca o sostituzione di quelle cautelari.
  Inoltre, nell'ambito della comunità internazionale, l'ordinamento italiano si colloca tra quelli che già assicurano un elevato grado di conformità alla Convenzione di Istanbul più volte citata, anche sotto il profilo della tutela penale. Con il decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 24, si è, poi, data attuazione alla direttiva 2011/36/UE relativa alla prevenzione e alla repressione della tratta degli esseri umani e alla protezione delle vittime.
  Centrale, in questo caso, l'esigenza di rafforzamento della tutela delle vittime, anche attraverso un'adeguata informazione sui loro diritti, nonché attraverso percorsi formativi nei confronti degli operatori che entrano in contatto con le vittime stesse. In particolare, l'articolo 4 è dedicato ai minori stranieri non accompagnati, vittime di tratta, e definisce una serie di disposizioni affinché sia assicurata nei loro confronti una particolare protezione: ad esempio, l'obbligo di informazione del minore sui diritti di cui gode, incluso l'eventuale accesso alla procedura di determinazione della protezione internazionale. Gli articoli 5 e 10 fanno riferimento agli obblighi di formazione che debbono essere adempiuti dalle pubbliche amministrazioni nello svolgimento dei compiti di assistenza e sostegno alle vittime.
  Vale, da ultimo, ricordare anche l'attenzione della Scuola superiore della magistratura che, a livello programmatico, ha inserito nell'offerta formativa proprio del 2016 due corsi riguardanti, l'uno, la protezione dei soggetti deboli e, l'altro, la violenza contro donne e minori. In quest'ultimo, l'intento perseguito è quello di porre a confronto differenti conoscenze e di approfondire la tematica sotto un profilo multidisciplinare, giuridico, sociologico, psicologico e criminologico.
  Riguardo, invece, alla menzionata violenza perpetrata in danno di Chiara Insidioso Monda, la competente procura della Repubblica di Roma, interpellata sul punto, ha comunicato che il procedimento iscritto nei confronti di Falcioni Maurizio per il reato di maltrattamenti in famiglia aggravato e di tentato omicidio pluriaggravato si è concluso in primo grado con la condanna dell'imputato a venti anni di reclusione, interdizione legale per la durata della pena ed interdizione perpetua dai pubblici uffici.
  Con sentenza n. 7099/15, emessa nell'udienza del 4 novembre 2015, non ancora irrevocabile, la corte d'appello di Roma, in riforma della sentenza di primo grado, ha rideterminato la pena nei confronti Pag. 18del Falcioni in anni sedici di reclusione e confermato tutte le altre statuizioni.

  PRESIDENTE. La deputata Fabbri ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta all'interpellanza Roberta Agostini ed altri n. 2-01262, di cui è cofirmataria.

  MARILENA FABBRI. Grazie, Presidente. Grazie, sottosegretario De Filippo, soprattutto per la risposta particolarmente articolata e puntuale, che evidenzia il lavoro che è stato fatto in questi ultimi anni proprio per colmare un vuoto che c'era nella nostra legislazione rispetto alla tutela delle vittime e, in particolare, alla tutela delle vittime di violenza domestica o sessuale. Per cui ci riteniamo, insieme alla collega Agostini, parzialmente soddisfatte; parzialmente, perché, appunto, il lavoro che è stato fatto e che si sta facendo nel cercare di dare attuazione a questi provvedimenti normativi è importante e lo si può rilevare, come è stato detto, dalla prevenzione alla formazione che si sta avviando anche verso gli operatori di giustizia – non ultima la scuola di formazione della magistratura –, gli operatori delle forze dell'ordine, gli importanti interventi che devono essere fatti, e che sollecitiamo all'interno delle scuole, di educazione alla differenza e alla gestione dei conflitti, proprio per ridurre, poi, il rischio che i nostri ragazzi, in età adulta, si trovino ad essere autori di reati o di violenza verso le proprie compagne o compagni.
  Siamo parzialmente soddisfatte, perché riteniamo che i provvedimenti che sono stati finora avviati sul piano normativo e, in via attuativa, dal Governo attraverso i decreti o il Piano antiviolenza siano principalmente mirati su due fronti: quello della prevenzione, della formazione degli operatori per l'accoglienza in ambito sanitario, sociale e giudiziario e quello della presa in carico nell'emergenza. Riteniamo, però, di essere ancora carenti nel mantenimento della presa in carico. Soprattutto ricordando gli ultimi eventi violenti che hanno coinvolto tre donne, gli atti di violenza dei propri mariti o compagni volti a mutilare, sfregiare in maniera pesante le proprie vittime, le proprie compagne, se non addirittura a portarle alla morte. In alcuni casi, verrebbe quasi da pensare che è meglio la morte che non i danni permanenti e invalidanti che vengono provocati e che rimangono a vita sulle vittime, come segni indelebili anche nei confronti di chi assiste a quelle violenze, che, molto spesso, sono i figli.
  Quindi, il tema è proprio quello del dopo, la presa in carico nell'emergenza. È importante sicuramente anche questo decreto sulle linee guida, su cui si sta lavorando per la presa in carico negli ospedali – ricordiamo che, però, ci sono diversi progetti sperimentali in corso in Italia, non solo quelli che venivano citati nella risposta all'interpellanza –, ma il tema è quando si esce dall'ospedale, si esce dall'emergenza e si rimane a vita in uno stato di invalidità che, a volte, può comunque consentire la ripresa del lavoro, però in un contesto protetto o, in altri casi, sempre più spesso, invece, determina un'assistenza permanente da parte dei genitori o di strutture specializzate. Ciò che si sta verificando è proprio il costo di questi danni che rimangono a vita sulle persone coinvolte e sui loro familiari e che non sempre sono immediatamente affrontabili da parte delle vittime stesse o dei loro familiari.
  Quindi, credo che noi dobbiamo assolutamente prenderci carico di istituire un fondo che indennizzi le vittime, ma non solo nel caso in cui l'autore di reato sia sconosciuto, irreperibile o nullatenente e solo a seguito di sentenza definitiva di condanna e di riconoscimento dei danni, ma anche ci si faccia carico di sostenere le vittime nella fase di cura e di riavvio a una vita. Perché molto spesso il risarcimento danni arriva dopo anni, dopo decenni di processi, ma le vittime devono immediatamente, dal giorno dopo, riprendersi cura di sé e sostenere spese anche rilevanti, non solo sanitarie – magari quelle sono anche coperte dal Sistema sanitario –, ma io penso anche alle spese Pag. 19psicologiche per recuperare comunque un equilibrio dopo eventi di questo tipo o anche di chirurgia estetica.
  Lo abbiamo visto dagli ultimi casi: la violenza è anche sempre più tesa ad umiliare la vittima anche nell'aspetto fisico, a renderla comunque nelle condizioni di non più riconoscere se stessa e magari anche di ipotecare completamente una vita futura di carattere affettivo. Parliamo dell'uso dell'acido, l'uso del fuoco, le pugnalate, anche nel viso, non solo nel corpo. Quindi l'obiettivo è proprio quello di impedire, anche nel caso si sopravviva alla violenza, una vita sociale e affettiva futura. È ovvio che le spese, ad esempio, di chirurgia plastica che oggi non sono contemplate dal Servizio sanitario come spese che possono essere esentate, vadano tra quelle che invece vanno riconosciute in casi di questa gravità, così come il sostegno ai figli, perché queste donne possono essere uccise, quindi in questo caso proprio completamente impedite nel poter proseguire nel mantenimento dei figli, o messe in condizioni di non poter più avere un lavoro, e quindi di non avere comunque la capacità economica di sostenerli.
  Per concludere, credo sia importante il lavoro che è stato fatto fino adesso sia in Parlamento, attraverso le norme che sono state previste in questi anni, sia nei decreti attuativi e nei tavoli tecnici che sono stati istituiti a livello governativo, proprio per dare ottemperanza a quanto previsto dal Parlamento. Ma è assolutamente necessario anche lavorare per l'istituzione di un fondo per le vittime che si faccia carico delle spese, sia nella fase di accompagnamento, di ricomposizione della propria vita, sia delle spese eventualmente permanenti che la violenza determini o che non possono essere messe a carico dell'autore del reato in quanto, come si diceva prima, sconosciuto, irreperibile, nullatenente oppure egli stesso deceduto, perché abbiamo visto che gli autori di questi reati poi si tolgono la vita in qualche modo venendo anche meno alle responsabilità e alla gravità di quello che hanno commesso.
  Quindi, nel ribadire la soddisfazione parziale, c’è ovviamente l'impegno e la disponibilità comune a lavorare insieme per colmare questo vuoto e dare soddisfazione in tempi brevi, nel più breve tempo possibile, alle donne italiane che sono oggetto di questa violenza da parte dei propri compagni.

(Iniziative di competenza a tutela dei produttori del settore ortofrutticolo dell'area di Vittoria (Ragusa), anche tramite l'introduzione di agevolazioni fiscali – n. 2-01266)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Segoni ed altri n. 2-01266, concernente iniziative di competenza a tutela dei produttori del settore ortofrutticolo dell'area di Vittoria (Ragusa), anche tramite l'introduzione di agevolazioni fiscali (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo al deputato Artini se intenda illustrare l'interpellanza di cui è cofirmatario o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  MASSIMO ARTINI. Grazie Presidente. Sarà indubbiamente una presentazione che va direttamente al punto: in quest'ultimo periodo c’è una situazione che ci viene segnalata dagli agricoltori dell'area di Vittoria che per maggiore chiarezza è un'area che fa dell'ortofrutticolo la sua più importante attività di produzione e di remunerazione per quanto riguarda le persone che lavorano in quel comparto. In particolare, si tratta di un qualcosa che impatta su almeno 100 mila persone e che ha un livello di fatturato annuale che supera di gran lunga il miliardo. Questo momento particolare è dovuto a condizioni climatiche e al divenire di tutta una serie di accordi internazionali che hanno favorito in maniera esagerata la possibilità di produrre prodotti agricoli nel lato nord dell'Africa. Si tratta di accordi che da un lato l'Europa ha istituito per favorire questo tipo di rapporto, ma dall'altro sta provocando un dumping dal punto di vista dei prezzi che, ad esempio, comporta nella vendita, come indicato anche nell'interpellanza, Pag. 20del pomodoro ciliegino una perdita secca di 50 centesimi al chilogrammo per i produttori.
  Ora questa situazione non è più sostenibile in questa fase e potrebbe veramente portare al collasso. Questa è la situazione che rappresentiamo. Io credo e spero che l'interpellanza non giunga come una novità al Governo, mi rimarrebbe difficile poterlo credere. Contemporaneamente chiediamo se c’è la possibilità di valutare uno stato di crisi del comparto, in modo da poter deferire tutta una serie di adempimenti fiscali, ma anche bancari: penso alla situazione di eventuali finanziamenti o fidi contratti dalle imprese, al fine di superare questo momento di effettivo pericolo.
  In più mi viene da fare un appunto che non è prettamente di pertinenza solo della Commissione agricoltura, ma rappresenta una valutazione più ampia su quelli che sono i rapporti con il Nord Africa. Quindi, anche su questo, eventualmente, anche in fase di risposta, vorrei fare una valutazione.

  PRESIDENTE. Il Viceministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Andrea Olivero, ha facoltà di rispondere.

  ANDREA OLIVERO, Viceministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. Grazie Presidente. Onorevoli deputati, lavoriamo ogni giorno per la tutela del reddito dei produttori agricoli e proprio consapevoli dei rischi ricordati dall'interpellante abbiamo chiesto, a più riprese, alla Commissione europea di valutare l'opportunità di intraprendere azioni mirate, anche eccezionali, nell'ambito delle misure previste nella disciplina europea e negli accordi internazionali vigenti. Il Ministero sta continuando a sottoporre la problematica rappresentata anche a livello di Consiglio europeo e in ambito di comitati di gestione settoriali. Continueremo a farlo anche in occasione di quello programmato per il prossimo 15 febbraio.
  Al tempo stesso, mi preme ricordare che la Commissione europea, anche su pressione dell'Italia, sta effettuando uno stretto monitoraggio volto a verificare il rispetto dell'accordo commerciale per lo scambio di prodotti ortofrutticoli tra Marocco e Unione europea, dopo l'accordo siglato nel 2012. Faccio altresì presente che nell'ambito del Gruppo misto ortofrutta Italia-Spagna-Francia, istituito tra le amministrazioni e le filiere dei tre Paesi al fine di mantenere un costante confronto sul settore, è stato già pianificato per il 18 marzo prossimo un incontro tecnico che si svolgerà proprio a Pachino, dove la tematica in questione sarà oggetto di ulteriore approfondimento. Per affrontare le problematiche sopra esposte, un valido strumento a supporto del settore è rappresentato dell'incentivazione dell'associazionismo nell'ambito dell'organizzazione comune di mercato, l'OCM, attraverso il finanziamento di programmi di attività realizzati da organizzazioni di produttori ortofrutticoli riconosciute che prevedono anche specifiche misure per prevenire ad affrontare situazioni di crisi di mercato. Non possiamo nasconderci, tuttavia, che l'efficacia di tale strumento è legata alla propensione dei produttori ad aggregarsi, che nelle regioni meridionali, ed in particolare in Sicilia, risulta essere ancora piuttosto bassa, vicina al 20 per cento della produzione ortofrutticola regionale. Serve un cambio di passo anche su questo fronte per rafforzare l'intero sistema produttivo. Desidero inoltre evidenziare che per contrastare in maniera efficace l'illecita importazione di prodotti agroalimentari sul territorio nazionale, in particolare per quelli provenienti dal Nord Africa, l'Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari, ICQRF, ha intensificato e continuerà a intensificare le attività di controllo sulle indicazioni riportate, sui documenti commerciali e sulle relative etichettature, assicurando maggiore protezione e tutela delle produzioni nazionali.
  Riguardo alla illecita commercializzazione di ortaggi e frutta dichiarati di produzione italiana, ma provenienti dal Nord Africa, è dedicata una costante attenzione da parte di tutti gli uffici dell'ICQRF ed in particolare dell'ufficio ICQRF Sicilia, in stretto coordinamento con il nostro Ministero. Con il programma «ripristino della legalità» dello scorso ottobre, per verificare la corretta commercializzazione e rintracciabilità Pag. 21dei prodotti ortofrutticoli del mercato ortofrutticolo all'ingrosso di Vittoria, l'ICQRF, in collaborazione col Corpo forestale della regione siciliana, la polizia di Stato, la Guardia di Finanza e la polizia locale, ha effettuato una serie di controlli su vasta scala.
  Grazie ad un proficuo rapporto di collaborazione con l'Agenzia delle dogane, sono monitorati i flussi d'introduzione delle derrate alimentari provenienti da Paesi extra-europei. Controlli specifici sono eseguiti sull'introduzione nel territorio nazionale di pomodoro e di altri prodotti ortofrutticoli freschi provenienti da talune zone geografiche del bacino del Mediterraneo le cui produzioni agricole sono simili per tipologia di prodotto e stagionalità a quelle nazionali ed in particolare a quelle siciliane.
  Per quanto concerne, infine, l'opportunità di sospendere tutti gli adempimenti tributari e fiscali dovuti dagli agricoltori, faccio presente che i provvedimenti di sospensione disciplinati dallo Statuto del contribuente concernono situazioni collegate ad avvenimenti eccezionali, cioè terremoti e alluvioni, mentre non si può trovare applicazione nel caso di crisi di mercato. Proprio per questo, l'Italia continuerà a chiedere a Bruxelles una seria riforma degli strumenti di gestione delle crisi che siano in grado di incontrare le esigenze delle imprese e salvaguardare distretti produttivi importanti come quello qui evidenziato.

  PRESIDENTE. Il deputato Artini ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta all'interpellanza Segoni ed altri n. 2-01266, di cui è cofirmatario.

  MASSIMO ARTINI. Grazie Presidente, grazie Viceministro. Dunque, in merito all'esito della risposta, indubbiamente le informazioni che lei ci ha dato sono ampie, ma al contempo preoccupano, per il fatto che non ci siano strumenti in situazioni non solo di crisi di mercato, ma anche relative a un periodo climatico che ha comportato un incremento dei costi, e che quindi ha favorito questo effettivo divario fra quello che è il costo del prodotto – prendevo l'esempio di prima – e quello che gli altri Paesi tendono a imporre al mercato.
  Ora, il punto è che questa interpellanza si poneva proprio l'obiettivo di ricevere questo tipo di informazioni. Le segnalazioni sulla parte di illegalità diffusa, anche nell'ingresso, e non solamente in Sicilia, ma ci sono riferimenti ai porti di Gioia Tauro, altri porti d'ingresso dove questo tipo di segnalazioni sono praticamente costanti, fanno sì che si provochi nei cittadini e nelle persone che lavorano in quel comparto quel richiamo che lei ha fatto, cioè la mancanza di una fiducia nel potersi associare o creare un qualcosa che vada ad essere più forte nei confronti di un'entità come l'Europa che poi, in questa situazione, decide.
  Per cui, da un lato ho una soddisfazione nell'avere queste informazioni, che mi permetteranno e ci permetteranno, come componente, di poter andare avanti nel lavoro di indagine e di risoluzione, ma, contemporaneamente, sono estremamente preoccupato, e quindi non soddisfatto, del fatto che non si possa agire in nessun modo rispetto a questo problema. La situazione è critica, molti degli agricoltori ci segnalano l'impossibilità di arrivare al termine della fase invernale per questo problema proprio dovuto a dei costi che sono insostenibili.
  Per chiunque abbia un'impresa, dover sopportare il fatto di avere più della metà del costo da sobbarcarsi sulle spalle, compresi gli altri costi che dipendono da un punto di vista fiscale e finanziario, è praticamente impossibile da sostenere, non avendo neanche, peraltro, aziende di dimensioni così imponenti da poter sopperire con capitali e altro. È preoccupante perché sembra – e mi dispiace doverlo affermare – che un minimo di obiettivo rispetto a una sovranità alimentare, una concezione che senza l'agricoltura non c’è un futuro, non sia all'attenzione dello Stato e all'attenzione dell'Europa in generale. Il fatto che questa situazione ormai si protragga da anni – lei l'accordo lo riferisce al 2012, ma questa situazione è perpetrata e i segnali ne arrivano da anni – è una cosa che imbarazza nel dover affrontare, di fronte a queste persone, l'impossibilità della politica di fare questo.Pag. 22
  Quello che mi preoccupa, e glielo lo dico anche da un punto di vista di accordi internazionali, come dicevo in premessa, è che, nel voler mantenere stabile la situazione del Nord Africa, trovando accordi che permettano a quegli Stati di mantenere un'economia che non preveda poi un passaggio totale delle persone che vivono in quell'area verso l'Europa, questo sta distruggendo via via quel patto sociale che è necessario in uno Stato per potersi mantenere, cioè il fatto che ci sia la capacità di produrre, produrre un reddito, e mantenere viva una regione.
  Una delle preoccupazioni maggiori degli agricoltori era che la maggioranza dei figli di ognuno di loro doveva uscire dalla Sicilia, ma prendo a riferimento anche altre regioni, per poter progettare un futuro. Tutti imprenditori che hanno aziende agricole di qualità, con prodotti di qualità, di cui l'eccellenza dovrebbe essere un pregio e non qualcosa di cui vergognarsi. Ecco, io credo che questo passaggio, insieme ad altri atti che noi ci premureremo di fare... su questo la ringrazio di avermi indicato le date sia del prossimo Consiglio, penso, dei ministri dell'agricoltura e il successivo incontro a Pachino, perché l'obiettivo potrebbe essere quello di valutare quali possono essere le opportune risoluzioni in Aula e, eventualmente, azioni sul territorio per fare una maggiore pressione rispetto a questo problema.

  PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Ordine del giorno della prossima seduta.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

  Lunedì 15 febbraio 2016, alle 15:

  1. – Discussione sulle linee generali della relazione sullo stato di avanzamento dei lavori di bonifica nel sito di interesse nazionale di Venezia-Porto Marghera, approvata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati (Doc. XXIII, n. 9).

  2. – Discussione sulle linee generali della relazione sulla situazione delle bonifiche dei poli chimici: il «Quadrilatero del Nord» (Venezia-Porto Marghera, Mantova, Ferrara, Ravenna), approvata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlate (Doc. XXIII, n. 11).

  3. – Discussione sulle linee generali della mozione Franco Bordo ed altri n. 1-01091 concernente iniziative in materia di mobilità urbana, extraurbana e ferroviaria.

  4. – Discussione sulle linee generali delle mozioni Villarosa ed altri n. 1-01139 e Palese ed altri n. 1-01099 concernenti iniziative in materia di gestione delle crisi bancarie e di tutela dei risparmiatori, con particolare riferimento all'applicazione dello strumento del cosiddetto bail-in.

  La seduta termina alle 11,10.