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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 531 di venerdì 27 novembre 2015

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO

  La seduta comincia alle 9,30.

  PRESIDENTE. La seduta è aperta.
  Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

  FERDINANDO ADORNATO, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.

  PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Caparini, Capelli, Di Gioia, Fico, La Russa, Losacco, Piccoli Nardelli, Gianluca Pini, Rampelli, Rosato e Sorial sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente centocinque, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna).

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 9,35).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Elementi sulle risorse stanziate e sulle opere programmate per l'imminente Giubileo straordinario, con particolare riferimento a quelle volte a favorire l'accoglienza delle persone disabili – n. 2-01167)

  PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all'ordine del giorno Argentin ed altri n. 2-01167, concernente elementi sulle risorse stanziate e sulle opere programmate per l'imminente Giubileo straordinario, con particolare riferimento a quelle volte a favorire l'accoglienza delle persone disabili (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo alla deputata Ileana Argentin se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica. Prego, ha quindici minuti.

  ILEANA ARGENTIN. Grazie, Presidente e sottosegretario. Sono qui per illustrare questa interpellanza per me molto urgente per la categoria che rappresento in quest'Aula e cioè per capire esattamente a che punto siamo, visto che manca poco meno di un mese al Giubileo, rispetto ai piani di intervento nella città di Roma – ma non solo: nel nostro Paese – per quanto concerne i cantieri che sono stati aperti e, in modo specifico, le barriere architettoniche, se sono state previste delle eliminazioni di queste in cantieri specifici. Pag. 2
  In più, essendo stata in consiglio comunale di Roma nel 2000 mi sono sempre occupata, cioè ho avuto l'occasione con Papa Wojtyla di occuparmi del precedente Giubileo, e ho fatto parte di commissioni, creando un piano di interventi ed un programma specifico rispetto al Giubileo. Come lei sa, saranno più di venticinque milioni i pellegrini che arriveranno a Roma per questo evento e almeno il 20 per cento saranno anziani o disabili, quindi con difficoltà di mobilizzazione e di accessibilità. Noi abbiamo la necessità quindi di capire esattamente – mi scusi il plurale maiestatis, ma quando uno rappresenta anche altri è in qualche modo portato ad utilizzarlo – se è stato disposto un intervento specifico, se sono state fatte delle opere particolari o ancora se è previsto un piano di intervento speciale su questo e quanti soldi e quanti finanziamenti sono stati destinati a questi interventi. Le parlo di denaro perché credo che fino ad oggi ci sia stato un intervento che più o meno è caduto a pioggia, nel senso che non c’è stato un vero e proprio intervento coordinato e che abbia avuto un percorso diciamo comune, ma bensì sia andato un po’ qua e là, laddove le richieste erano maggiori e non vorrei che fossero spesi dei soldi inutilmente, visto che questa è una grandissima occasione, sia dal punto di vista cattolico-religioso, ma anche dal punto di vista diciamo urbanistico e dei lavori pubblici, per la città.
  Voi dovete immaginare che noi abbiamo vissuto di rendita dal Giubileo degli anni Duemila, per quanto riguarda i marciapiedi, le stazioni, gli aeroporti; tutto il mondo della disabilità anche con riferimento a problemi quindi di accessibilità che aveva a che fare con questi, per anni ha potuto trovare percorsi per non vedenti, scivoli sulle rampe, quindi per noi è stato un grande ritorno e su questo – ripeto – abbiamo vissuto di rendita per tantissimi anni. Ci dispiacerebbe molto che questi soldi divenissero soltanto uno strumento di immagine e venissero risolte quindi qua e là solo le situazioni più impellenti all'esterno, anche perché ho avuto un incontro con monsignor Fisichella, il quale ha insistito molto sulle responsabilità dello Stato e sul fatto che all'interno del Vaticano soltanto loro avrebbero provveduto con l'apertura della Porta Santa, che ci sarà l'8 dicembre.
  Io le segnalo che già molti problemi mi sono stati segnalati – proprio intorno alla stessa Santa Sede, intorno a San Pietro, per esempio sui sampietrini della piazza – e tutta una serie di difficoltà rispetto alle stradine adiacenti. Allora, mi chiedo chi gestirà anche tutto questo. Capisco che non potremo far altro che demandare agli enti locali questi soldi, però ho paura che diventi un utilizzo improprio. Una sorta di incapacità si presenta in questo momento nella città di Roma molto forte. A seguito di «mafia capitale», noi abbiamo una situazione di totale inerzia e si è creato proprio un alibi all'immobilismo.
  Le segnalo inoltre la stazione come gravissimo problema, nel senso che è stata bravissima Ferrovie dello Stato Spa a risolvere tantissime questioni, ma rimane la sala blu, quella che ospita i disabili che arrivano da fuori, troppo ristretta realmente per il numero che arriverà; non so se vi muovete attraverso le richieste che vengono fatte o se siete voi a predisporre questo piano.
  Io non la vorrei tirare per le lunghe – mi riservo poi di replicare –, però quello che le dico, sottosegretario, è che sono stata costretta a presentare due emendamenti ora per la legge di stabilità di 10 milioni e 10 milioni per l'abbattimento delle barriere architettoniche, uno con riguardo alla legge n. 13 per quanto riguarda gli edifici privati e uno sul decreto del Presidente della Repubblica n. 503, perché sono anni che non venivano finanziati. Io detesto gli emendamenti che specificatamente vanno per una via o per un'altra; preferisco finanziare le leggi.
  Così, per il Giubileo, immagino che sia giusto finanziare il Giubileo in quanto tale, ma vorrei cogliere l'occasione perché questo denaro pubblico non venga disperso nel nulla, ma abbia un senso.

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  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Claudio De Vincenti, ha facoltà di rispondere.

  CLAUDIO DE VINCENTI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Grazie, Presidente. Ringrazio l'onorevole Argentin per l'interpellanza, che coglie un punto molto sensibile e importante della gestione dell'Anno Santo.
  La tematica evocata e sottolineata dall'interpellanza è stata sin dall'inizio uno dei punti su cui si è concentrata maggiormente l'attenzione del Governo e delle istituzioni chiamate a garantire una gestione ordinata e ben funzionante del Giubileo. Penso, in particolare, naturalmente al comune di Roma, alla regione Lazio e alla prefettura.
  A questo proposito, da giugno scorso, è attiva una Commissione congiunta Governo-regione-comune-prefettura-Santa Sede che coordina e supervisiona l'insieme delle attività necessarie a garantire un buon svolgimento dell'Anno Santo. In particolare, poi questa Commissione ha demandato a gruppi di lavoro congiunti le varie tematiche, in particolare accoglienza e mobilità, problematiche sanitarie e di trasporto verso la città di Roma (mobilità dentro la città di Roma, trasporto verso la città di Roma) e sicurezza; quindi naturalmente a gruppi di lavoro congiunti tra le istituzioni interessate, ha demandato l'organizzazione di queste attività.
  E poi abbiamo costituito una segreteria tecnica presso la prefettura a cui è stato dato l'incarico di un coordinamento operativo di tutte le attività. È stata immediatamente installata nel mese di settembre e ha cominciato a curare il coordinamento della organizzazione delle attività necessarie per la buona gestione degli eventi giubilari.
  Ognuna delle istituzioni che ho citato si è attivata programmando interventi nei campi di specifica competenza e il prefetto, con la segreteria tecnica, ha curato il coordinamento di tutti questi interventi. In questo contesto, il prefetto, la segreteria tecnica, il comune e la regione, fin dallo scorso mese di settembre, hanno avviato una serie di iniziative coinvolgendo anche le associazioni rappresentative dei disabili; iniziative dirette a individuare le criticità del sistema di accoglienza e una serie di possibili interventi atti a risolvere i problemi di mobilità. Le misure prefigurate riguardano: i percorsi pedonali che congiungeranno San Pietro con le basiliche di San Giovanni in Laterano e Santa Maria Maggiore e le chiese giubilari del centro di Roma; la dotazione di appositi dispositivi per i disabili a bordo degli autobus delle linee del trasporto pubblico che saranno maggiormente interessate dal flusso dei pellegrini; l'installazione di ascensori e di montascale in stazioni della metropolitana di Roma che ne sono attualmente sprovviste. Sulla scorta anche di queste pianificazioni, Roma Capitale, in particolare da ultimo attraverso l'azione del commissario straordinario, ha avviato e sta realizzando lavori di riqualificazione e manutenzione straordinaria, meglio illustrati in una scheda che accludo in copia e che lascerò a disposizione degli onorevoli parlamentari.
  In sintesi, gli interventi in argomento toccano, innanzitutto, il settore della viabilità, la risistemazione dei marciapiedi, la riattivazione dei bagni pubblici, la creazione di percorsi giubilari, realizzati nel rispetto della normativa in tema di abbattimento delle barriere architettoniche. Sottolineo, in particolare, la questione che prima ha evidenziato l'onorevole Argentin riguardante le condizioni della viabilità di accesso verso Piazza San Pietro, in particolare lo stato della pavimentazione a sampietrini, su cui si stanno predisponendo appositi interventi che sono volti a superare le criticità di cui parlava l'onorevole Argentin. In particolare, è stata prevista la manutenzione e il ripristino degli scivoli e dei percorsi tattili soprattutto in corrispondenza degli attraversamenti pedonali. Penso, per esempio, a Piazzale Ostiense, a Piazza di Porta San Paolo, al Viale delle Mura Latine, al Viale di Porta Ardeatina, Via del Banco di Santo Spirito, Via Zanardelli, Piazza della Repubblica e i ponti sul lungotevere e la Pag. 4creazione di appositi percorsi giubilari che congiungeranno le basiliche di San Giovanni in Laterano e Santa Maria Maggiore a San Pietro e Via Lepanto a Via Ottaviano, passando per Via della Conciliazione e Piazza Risorgimento.
  Venendo all'altro tema evidenziato dall'onorevole Argentin e, cioè, quello in particolare dell'accoglienza per le persone diversamente abili, Roma Capitale, con la scheda che dicevo e che accludo, ha riferito di aver avviato, anche su questo versante, una serie di iniziative mirate. Aggiungo, ma lo specificherò ulteriormente fra poco, anche la regione Lazio sul versante sanitario. Le misure in questione si inquadrano nel più ampio piano degli interventi diretti a garantire una maggiore fruibilità della città da parte dei pellegrini. In questo contesto, è stata prevista l'installazione presso i punti di informazione turistica, collocati nelle aree centrali della città, di un innovativo sistema di informazioni turistiche per non udenti di cui Roma Capitale è la prima città d'Italia ad essersi dotata. Di recente – e qui vengo a interventi anche di competenza della regione – è stato anche siglato un protocollo di intesa tra Roma Capitale e l'Azienda regionale per l'emergenza sanitaria la ARES 118, che consentirà di collocare apparecchi defibrillatori anche nei Musei Capitolini durante tutto l'anno giubilare.
  E, più in generale, la regione ha provveduto ad un potenziamento di tutti i pronto soccorso, nonché anche delle strutture di emergenza come le autoambulanze, eccetera, e a predisporre dei presidi medici in varie aree della città. Altre iniziative sono state messe a punto con il coordinamento della segreteria tecnica istituita, come si è detto, presso la prefettura.
  In particolare, mi riferisco al piano di utilizzo dei volontari di Protezione civile per i principali eventi giubilari. Tale piano prevede un impiego specifico dei volontari stessi in misura variabile da 200 a 1.050, a seconda dell'importanza dell'evento, nelle stazioni metropolitane e ferroviarie di principale interesse, al fine di fornire assistenza ai pellegrini e, in particolare, a quelli diversamente abili. Si aggiunge che, nell'ambito del bando straordinario per mille volontari del Servizio civile nazionale, emesso dalla Presidenza del Consiglio in data 15 ottobre, è stata prevista la possibilità di presentare progetti specifici di attività da svolgersi sotto il coordinamento della prefettura nel campo dell'accoglienza, orientamento e assistenza ai pellegrini e, in particolare, ai disabili e alle fasce deboli della popolazione nei punti di arrivo e di scambio e nei luoghi delle manifestazioni e degli eventi legati al Giubileo.
  Da ultimo, avuto riguardo alla richiesta contenuta nell'interpellanza di conoscere quanti siano gli interventi finanziati per il Giubileo, ad oggi abbiamo interventi, quelli della scheda che accludo, per un totale finanziato al momento di oltre 49 milioni di euro. Nel recente decreto-legge approvato dal Consiglio dei ministri e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale di mercoledì scorso, abbiamo previsto un ulteriore stanziamento di 206 milioni di euro per il sostegno alle attività connesse all'Anno Santo. Questi oltre 200 milioni di euro saranno, in parte, circa 50 milioni di euro, destinati a interventi di competenza della regione e, in particolare, al potenziamento dei presidi sanitari e al potenziamento dei trasporti ferroviari di competenza regionale, soprattutto tutti quelli che afferiscono ai convogli che convergono e passano per la stazione San Pietro, e, per circa 150 milioni di euro, a interventi di competenza del comune che riguardano, come dicevo prima, viabilità, accoglienza, trasporto pubblico locale e naturalmente anche decoro della città e ambiente. Anche per i 49 milioni di euro, sui quali intanto sono già partiti i lavori, fornisco una scheda agli onorevoli interpellanti per poter verificare dettagliatamente gli ambiti sui quali si è intervenuti e il relativo importo di spesa.
  Infine, nel sottolineare il grande interesse che il tema della disabilità riveste per il Governo e più specificatamente per il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, oltre che naturalmente in primis per la Presidenza del Consiglio dei ministri, Pag. 5si ricorda che, nell'ambito dei compiti attribuiti all'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità, del quale il Ministero del lavoro e delle politiche sociali cura la segreteria tecnica, è stato predisposto il primo programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l'integrazione delle persone con disabilità, adottato con decreto del Presidente della Repubblica 4 ottobre 2013.
  Il programma, che si articola in sette linee di intervento, è finalizzato alla promozione di una piena inclusione delle persone con disabilità in tutti gli ambiti della vita sociale e prevede, alla linea di intervento numero quattro, la promozione e l'attuazione dei principi di accessibilità e mobilità. Tale linea di intervento prevede, tra l'altro, la razionalizzazione, l'aggiornamento e l'adeguamento dell'impianto complessivo della normativa italiana alla dimensione culturale e operativa promossa dalla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità del 2006 in materia di accessibilità, che va declinata anche secondo la dimensione più propriamente fisica, con riferimento a edifici, viabilità, trasporti e ad altre strutture interne ed esterne, ossia il tema che l'onorevole Argentin sottolineava prima delle barriere architettoniche.
  Del resto, l'onorevole Argentin conosce questo programma molto bene, essendo una parlamentare che ha promosso e lavorato attivamente nella direzione appunto degli interventi a favore delle persone diversamente abili. Questo programma risente molto dell'azione dell'onorevole Argentin e degli altri deputati che hanno lavorato su questo tema.
  Attualmente l'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità è impegnato, attraverso l'opera di alcuni gruppi di lavoro, all'elaborazione di proposte operative circa le linee di intervento individuate nel Programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l'integrazione delle persone con disabilità e, per quel che riguarda il tema delle barriere architettoniche, tale attività viene portata avanti da uno specifico gruppo di lavoro che si occupa del tema dell'accessibilità.

  PRESIDENTE. La deputata Argentin ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza. Ha dieci minuti.

  ILEANA ARGENTIN. Signor Presidente, sottosegretario, Governo, sicuramente sono soddisfatta delle risposte del sottosegretario e in modo analitico ora vedrò la scheda degli interventi, ma posso dire che già vedo una linea di partenza e di arrivo e non una situazione, come dire, lanciata dall'alto.
  Mi sembra che il fatto che partecipino anche le associazioni di categoria sia molto importante, spero però – mi lasci essere un pochino polemica – che non siano sempre le stesse, nel senso che molte volte noi ci troviamo di fronte al mondo della disabilità in cui le grandi federazioni e le grandi associazioni dell'handicap che rappresentano la disabilità spesso sono le associazioni di potere e non le associazioni di diritto. Io credo che sia giusto che io faccia presente questo al Governo.
  Detto questo, mi pare che ci siamo, gli interventi sono corretti e sono quelli necessari. Abbiamo parlato di tecnologia avanzata e abbiamo parlato di infrastrutture che verranno modificate nel rispetto dell'accessibilità. Ci tengo a ribadire una cosa secondo me molto importante: dobbiamo abbattere la vera barriera, quella culturale, quella per cui rispondere ai bisogni delle persone con disabilità è una sorta di piacere, di privilegio, piuttosto che il riconoscimento di un diritto. Io credo che questo Governo stia facendo la differenza su questa questione; lo dico convinta, nel senso che ad esempio con la legge sul «dopo di noi» – la legge di stabilità prevede 90 milioni di euro per quest'anno – noi stiamo facendo veramente nella storia di questo Paese la differenza. Lo facciamo perché abbiamo un nuovo capitolo di bilancio che non va a sottrarre forze economiche a quelle già preesistenti e questa è una roba nuova, Pag. 6che culturalmente non si era mai vista. C'era da dare assistenzialismo e non c'era mai da dare integrazione ed inclusione.
  Il Giubileo secondo me diventerà strumento anche di questo invece di inclusione. Credo che Papa Francesco, che ha sempre avuto una grande attenzione per i più deboli, potrà aiutarci anche attraverso le sue parole in questo percorso, ma quello che ci tengo di più a dire è: attenzione, controlliamo bene quello che facciamo, perché molte volte si fanno delle rampe in cui si preferisce fare lo scalino che è accanto, nel senso che sono fatte talmente male tecnicamente che il disabile preferisce essere aiutato nello scalino, perché è meno pericoloso lo scalino che la rampa del marciapiede. A me personalmente capita molte volte: per esempio, a via Cola di Rienzo ci sono dei marciapiedi in cui c’è la pedana per salire, ma non c’è per scendere, quindi uno deve tornare indietro e riscendere.
  La voglio vedere ironicamente, però insomma per il pellegrino che arriva dall'Europa, dove abbiamo un livello di attenzione – non dico tutta l'Europa, però in buona parte dell'Europa del nord – sicuramente molto alto, vedere queste contraddizioni potrebbe essere proprio perdere di prestigio di fronte all'Europa in quanto tale.
  Ripeto, non volevo fare demagogia oggi, né tanto meno farla lunga più del necessario, per cui mi fermo qui e ringrazio ancora il Governo e le dico con umiltà, ma anche con determinazione, che la disabilità non può essere che un patrimonio per questo Paese e non un limite. Se viene letto come un limite, probabilmente non ci porterà mai a nessuna risposta concreta. Lo dico perché anche il Ministero del lavoro in questo Osservatorio sta facendo un ottimo lavoro, ma se diamo possibilità di entrare nei grandi tavoli di concertazione alle associazioni anche – me lo conceda, io non dico tutte perché è impossibile lavorare con mille teste intorno a un tavolo e so che le federazioni sono quelle che ci vengono presentate come quelle più rappresentative, però ci siamo dimenticati moltissimo dei genitori dei disabili e delle associazioni che li rappresentano – quando parliamo di barriere architettoniche, dobbiamo ricordare anche tutto il mondo del ritardo mentale e cognitivo che può trovare una barriera architettonica anche in un autobus troppo piccino o comunque in un autobus dove non c’è uno spazio sufficiente. Immaginare che piccoli pulmini come quelli elettrici siano messi a disposizione di questo mondo, almeno in quel periodo, aiuterebbe moltissime famiglie e genitori.
  Comunque con umiltà, ma anche con grande entusiasmo, la ringrazio e spero che quanto detto venga messo in pratica e realizzato.

(Iniziative per promuovere una revisione delle procedure autorizzative per attività di esplorazione e ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi e per favorire la produzione di energie da fonti rinnovabili – n. 2-01141)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Bratti n. 2-01141, concernente iniziative per promuovere una revisione delle procedure autorizzative per attività di esplorazione e ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi e per favorire la produzione di energie da fonti rinnovabili (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo al deputato Massa se intenda illustrare l'interpellanza di cui è cofirmatario o se si riservi di intervenire in sede di replica. Ha quindici minuti.

  FEDERICO MASSA. Signor Presidente, credo che l'interpellanza muova da una riflessione che può essere considerata addirittura scontata sui dati ormai indiscutibili dei guasti insopportabili che l'uso delle fonti fossili impone all'ecosistema. La materia sarà oggetto del prossimo vertice di Parigi sul riscaldamento globale e in questa prospettiva, appena ieri, questa Camera ha votato una serie di risoluzioni tutte accomunate dalla richiesta, a quel vertice, di decisioni impegnative e vincolanti per la comunità internazionale.Pag. 7
  Cito testualmente dalla risoluzione sottoscritta da tutti i capigruppo della maggioranza: chiediamo a quel vertice impegni vincolanti per la riduzione delle emissioni con obiettivi determinati, scadenzati e verificabili. Ciò implica necessariamente che le scelte di tutti i Paesi europei, innanzitutto per quanto riguarda la politica energetica, devono immediatamente essere orientate per la progressiva ma decisa riduzione dell'uso delle fonti fossili e per lo sviluppo delle fonti rinnovabili.
  I dati esposti nell'interpellanza dimostrano che l'Italia è all'avanguardia, ma dobbiamo continuare ad operare in questa direzione. Non credo sia un caso che la produzione di energia da fonti rinnovabili copra nel nostro Paese circa il doppio della quota di produzione rispetto alla media degli altri Paesi europei.
  A noi pare, quindi, assolutamente ragionevole che anche nel settore della ricerca e della coltivazione degli idrocarburi si operi coerentemente per una sostanziale riduzione, in prospettiva, di tali attività, che, fra l'altro, in ogni caso e nella migliore delle ipotesi, garantirebbero al nostro Paese quote pressoché insignificanti di risparmio nel fabbisogno dall'estero. Sono talmente insignificanti che io credo sia legittimo il dubbio se la copertura di quote così insignificanti – mi scuso per il bisticcio di parole – sia tale da giustificare i rischi connessi all'espletamento di quelle attività.
  Questo è il contesto generale nel quale chiediamo al Governo di adottare iniziative per pervenire alla immediata sospensione di tali attività, quanto meno nelle aree nelle quali sia stata accertata o l'esistenza di una particolare situazione di rischio sismico o vulcanologico ovvero nelle aree di particolare pregio ambientale. Chiediamo contestualmente e significativamente, perché abbiamo la consapevolezza che questo è il luogo della vera soluzione del problema, di attivarsi per la convocazione – cito dall'interpellanza – di una conferenza congiunta dell'Adriatico per la prospezione e lo sfruttamento di giacimenti petroliferi offshore e per l'adozione dei medesimi criteri di assoluta severità. Gli interpellanti hanno la piena consapevolezza che la questione non può essere seriamente affrontata e risolta sul piano nazionale. Gli interpellanti hanno la piena consapevolezza che, se ci si vuole sottrarre alla demagogia e alla propaganda, non è quello il luogo nel quale porre la questione relativa alla ricerca e alla coltivazione degli idrocarburi nel mare Adriatico. È una questione che deve essere affrontata congiuntamente a livello internazionale, non deve essere cioè una scelta che penalizzi gli interessi e l'economia del nostro Paese. Ma è proprio per questo che è necessario attivarsi in quei luoghi per giungere a determinazioni condivise, che stanno dentro la politica, che questo Parlamento ieri ha sottolineato, relativamente ad impegni concreti perché vengano affrontati i problemi complessivi del riscaldamento globale, ma vengano contestualmente affrontate le questioni legate allo svolgimento di attività oggettivamente di grande impatto ambientale e potenzialmente di grande rischio, quale quella della ricerca e della coltivazione degli idrocarburi e delle fonti fossili, in particolare nel mare Adriatico per le caratteristiche che quel mare ha.
  Non può, quindi, sorprendere che l'assoluta maggioranza delle regioni italiane abbia scelto, assumendosi una responsabilità grave, significativa; io credo assumendosi questa responsabilità non inconsapevolmente rispetto al significato profondo che questa scelta può avere.
  Hanno scelto di promuovere un referendum abrogativo delle norme che sono, anche di recente, intervenute a disciplinare una materia così delicata e così decisiva per il nostro futuro e per il futuro dell'Europa. Riteniamo che, anche per questo profilo, la questione impone una iniziativa del Governo capace di trovare, con le regioni italiane, con gli enti locali di questo Paese, una soluzione condivisa, finalizzata ad evitare il paradosso di una vicenda referendaria che sarebbe inevitabilmente segnata dalla lacerazione del tessuto istituzionale di questo Paese. Non può, cioè, sottovalutarsi, sarebbe grave sottovalutare – io credo che sarebbe anche Pag. 8in contrasto con la grande iniziativa riformatrice di questo Governo – l'assoluta novità di un referendum che nascerebbe dalla iniziativa condivisa di dieci regioni italiane.
  Il dato di per sé è rappresentativo di una situazione nella quale non può pensarsi alla demagogia dello scontro irragionevole fra sviluppo e non sviluppo, fra scelte industrialiste o antindustrialiste e via di questo passo. Noi siamo profondamente convinti – in questo senso auspichiamo l'impegno forte di questo Governo, del Governo dell'Italia – che esista uno spazio per risolvere il problema. La strada a nostro parere è quella della individuazione, a partire dagli articoli 35 e 38 dei decreti «sblocca Italia» e «sviluppo Italia», per individuare spazi di effettivo concorso delle autonomie di questo Paese a decisioni di grandissimo rilievo per i territori interessati.
  Gli interpellanti hanno la piena consapevolezza – concludo – che il Governo nazionale, che lo Stato nazionale debba avere la possibilità, anzi io dico lo Stato nazionale ha il dovere di fare sintesi delle diverse esigenze territoriali. Credo che le decisioni dello Stato non possano essere la somma delle singole e delle particolari esigenze territoriali, ma credo – e insieme a me credono i numerosi sottoscrittori della interpellanza che ho quest'oggi avuto il privilegio di illustrare – che tanto più quella decisione sia politicamente e istituzionalmente significativa, quanto più la decisione sia la sintesi effettiva di un concorso effettivo alla decisione.
  Questo è un terreno pericoloso, nel quale io credo che dare anche solo la sensazione ai territori che si vogliano imporre delle decisioni, piuttosto che condividerle, sia un errore grave che noi tutti insieme, il Parlamento e il Governo al quale è rivolta l'interpellanza che ho illustrato, abbiamo il dovere di evitare.

  PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato per lo sviluppo economico, Simona Vicari, ha facoltà di rispondere.

  SIMONA VICARI, Sottosegretaria di Stato per lo sviluppo economico. Grazie, Presidente. Onorevoli interpellanti, con riferimento alle premesse fatte dall'interpellante, si rappresenta che, in base a studi, è stata rilevata nel 2014 a livello mondiale una riduzione della carbon intensity del 2,7 per cento, facendo registrare il calo più marcato dal 2000, sebbene nei limiti della metà di quanto sarebbe necessario per centrare l'obiettivo di limitare a due gradi centigradi l'aumento della temperatura del pianeta.
  Nel considerare il rapporto tra le emissioni di gas serra ed il consumo di energia per milioni di dollari di PIL, è stato inoltre evidenziato per la prima volta un netto disaccoppiamento tra crescita economica (il PIL mondiale è un più 3,3 per cento nel 2014) ed emissioni del settore energetico (un più 0,5 per cento). In base a tali studi l'Italia si pone al terzo posto dopo Regno Unito e Francia tra i Paesi più virtuosi per la decarbonizzazione, con un tasso pari al 7,8 per cento nel 2014, ed al secondo posto della graduatoria della carbon intensity.
  Ciò premesso, con particolare riferimento alle attività in materia di idrocarburi, si rileva che la produzione nazionale da fonti fossili soddisfa ad oggi solo il 10 per cento del fabbisogno nazionale, e le importazioni necessarie a soddisfare il restante 90 per cento comunque dei consumi incidono sulla spesa interna per circa 40 miliardi di euro, pari al 2,5 per cento del PIL nazionale (dati sempre relativi all'anno 2014).
  Diversi scenari energetici, quali ad esempio lo scenario road map elaborato dall'ENEA nel suo studio Verso un'Italia low carbon: sistema energetico, occupazione e investimenti, mostrano come l'Italia rimarrà nei prossimi trent'anni dipendente dalle fonti fossili per percentuali superiori al 30 per cento del fabbisogno energetico nazionale. Pertanto, anche a fronte di una sostanziale riduzione dei consumi di fonti fossili derivanti dall'attuazione della Strategia energetica europea al 2050, l'Italia continuerebbe ad essere fortemente dipendente da fonti di approvvigionamento esterne sempre più incerte e rischiose. Il sistema di importazione infatti ad oggi, Pag. 9come sapete, è molto fragile, ed esposto agli equilibri instabili dei Paesi che esportano il gas verso Italia.
  La Strategia energetica nazionale, tarata oltre che su un orizzonte di medio-lungo termine al 2020, ha tra gli obiettivi quello di valorizzare le risorse nazionali di idrocarburi potenzialmente sfruttabili: un aumento della produzione nazionale, anche a parità o riduzione degli impianti e infrastrutture esistenti, grazie anche alle nuove tecnologie che oggi sono disponibili, avrebbe dunque ricadute molto significative in termini di occupazione e di fiscalità; anche in termini di sicurezza energetica, di minore dipendenza di approvvigionamento dall'estero e di maggiore flessibilità del sistema, con una riduzione della fattura energetica e contestualmente aumento del PIL interno di circa il 2 per cento rispetto ai valori attuali.
  Il raggiungimento di tali obiettivi si pone certamente in linea con la strategia energetica messa a punto dall'Unione Europea con il suo Pacchetto clima-energia 20-20-20, citati nell'interpellanza proprio in discussione. L'incremento della produzione nazionale di energia da fonti fossili previsto nella nostra SEN è comunque nettamente inferiore rispetto ai valori di produzione previsti al 2050, indicati dagli stessi interpellanti nel limite del 20 per cento.
  L'Italia ha inoltre ottenuto risultati soddisfacenti in relazione agli obiettivi climatici al 2020, che voglio riassumervi. È stato raggiunto con largo anticipo l'obiettivo al 2020 per le energie rinnovabili: già nel 2013 si è raggiunto il 16,7 per cento, quando l'obiettivo nazionale al 2020 è del 17 per cento. Sono state abbattute le emissioni di CO2 del 16 per cento rispetto ai livelli del 1990, ed è stato registrato un trend di riduzione dei consumi energetici che lascia intendere il conseguimento dell'obiettivo di efficienza energetica prefissato dalla SEN al 2020.
  Ciò premesso, con riferimento alle specifiche richieste dall'interpellante, si precisa che non si ravvisa allo stato attuale la necessità di aggiornare il documento di Strategia energetica nazionale già tarato sul lungo periodo al 2050; e per tutti i motivi esposti ed al fine di realizzare gli obiettivi prefissati nella SEN, occorre inoltre mantenere il carattere e la pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza delle attività upstream sia in mare che a terra.
  Per le stesse ragioni, allo stato attuale si ritiene di non poter adottare iniziative volte a sospendere le attività in corso o bloccare le autorizzazioni in prossimità di aree di interesse turistico. A tal riguardo, si segnala che esiste una serie di casi di virtuosi di regioni con best practice (ad esempio l'Emilia Romagna), in cui vi è una piena convivenza tra attività turistiche ed attività estrattive. L'eventuale sospensione delle attività comporterebbe invece contenziosi con gli operatori che hanno già realizzato le infrastrutture, oltre che ingenti costi per l'amministrazione per risarcimenti e compensazioni agli operatori. Vi è poi da non trascurare la parte relativa al decommissioning necessaria allo smantellamento ed al ripristino delle aree ove vi siano impianti produttivi mai entrati in esercizio.
  Si rappresenta inoltre che, con il decreto del Ministro dello sviluppo economico del marzo di quest'anno, che cita come oggetto disciplinare-tipo per le attività di ricerca e produzione di idrocarburi, è stato introdotto l'obbligo di effettuare i monitoraggi della sismicità delle deformazioni del suolo delle pressioni di poro per tutte le nuove attività di produzione di idrocarburi, secondo le specifiche tecniche più avanzate individuate nelle linee guida adottate nel novembre 2014 dal gruppo di lavoro istituito presso lo stesso Ministero e costituito da specialisti nel settore della geologia, della sismologia e della prevenzione del rischio provenienti dal Dipartimento della protezione civile e da vari istituti di ricerca, dal CNR all'OGS all'INGV all'università. Tali linee guida, sviluppate per il monitoraggio delle attività di coltivazione di idrocarburi a stoccaggio sotterraneo di gas naturale, potranno essere applicate attraverso opportuni adattamenti anche a tutte le attività antropiche che interessano grandi bacini artificiali, attività geotermiche, stoccaggio sotterraneo Pag. 10di CO2, estrazioni minerarie e più in generale attività di sottosuolo. Ciò a testimonianza dell'attenzione che il Ministero riserva all'aspetto della sicurezza delle attività antropiche, in particolare in materia di energia.
  In merito al dialogo con gli altri Paesi dell'Adriatico relativamente alle attività upstream, si rappresenta che è già in corso una cooperazione con la Croazia quale principale partner dell'Italia in tali attività nell'Adriatico, al fine di esaltare la cooperazione regionale sia in materia di energia che di ambiente. Con riferimento ai temi più legati alla sicurezza offshore, l'Italia ha avuto continui rapporti bilaterali con la Croazia durante la fase dei rapporti di recepimento della direttiva 2013/30 dell'Unione europea sulla sicurezza delle operazioni in mare nel settore degli idrocarburi, che si è conclusa per il nostro Paese con l'adozione del decreto legislativo n. 143 del 2015, dove i due rami del Parlamento hanno apportato anche alcune modifiche. Tali rapporti continuano ad avere cadenza trimestrale, per fare il punto della situazione sui vari aspetti della materia.
  Sulla partecipazione degli enti locali all'iter autorizzativo, si ricorda e si rappresenta che gli stessi enti locali sono attualmente coinvolti nel rilascio dei titoli minerari, essendo informati sui progetti e potendosi esprimere a riguardo nell'ambito dell'endoprocedimento di valutazione di impatto ambientale cui sono assoggettati procedimenti di rilascio dei titoli minerari.
  A seguito degli ultimi interventi normativi che hanno previsto l'adozione, a cui faceva riferimento l'onorevole interrogante, di un piano delle aree in cui sono consentite le attività in parola, è inoltre previsto il coinvolgimento delle Regioni e degli enti locali nell'ambito anche della procedura di Valutazione ambientale strategica cui sarà assoggettato il piano delle aree. Infine, si evidenzia sarà intrapreso un dialogo con le diverse regioni a seguito delle istanze referendarie presentate dalle regioni sul tema delle attività estrattive.

  PRESIDENTE. Il deputato Massa ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  FEDERICO MASSA. Ringrazio la gentilissima rappresentante del Governo. Penso di potermi dichiarare parzialmente soddisfatto in considerazione della oggettiva rilevanza del problema che abbiamo posto, un problema rispetto al quale dichiararsi totalmente soddisfatti è difficile, perché vi è da parte degli interpellanti la piena consapevolezza di quanto sia complicato individuare l'equilibrio giusto con riguardo ad attività del tipo di quelle di cui stiamo questa mattina discutendo. Parzialmente soddisfatto perché credo che questo Governo, questo Parlamento, se mi è consentito in questa sede dire anche la maggioranza di cui gli interpellanti fanno parte, forse in questo momento e rispetto al dato politico istituzionale posto dalla richiesta referendaria delle regioni alla quale è stato fatto cenno, merita uno sforzo maggiore. Noi nell'interpellanza lo abbiamo scritto e lo abbiamo evidenziato; io credo che anche per merito di questo Governo, per merito del lavoro che è stato fatto da parte delle regioni italiane, l'Italia possa vantare quella priorità nel perseguimento degli obiettivi comunitari di riequilibrio ambientale di cui oggi possiamo parlare, ma io credo che, rispetto a questa tematica dobbiamo porci forse in maniera più dinamica, cioè avere la consapevolezza sul fatto di investire oggi nella ricerca, nell'impegno per modificare anche quelle percentuali fra produzioni da fonti fossili e produzioni da fonti rinnovabili, cui insieme abbiamo fatto riferimento, quindi porre l'accento sul necessario, indispensabile superamento della situazione data.
  Se noi andiamo incontro al vertice di Parigi con la necessità di fare un passo avanti decisivo rispetto a quello che si è ottenuto nel passato, se, come è noto, anche nei Paesi dove più forte era stata la resistenza a prendere atto della questione posta dal riscaldamento globale, penso agli Stati Uniti d'America, dove c’è stata una positiva svolta in questa direzione, se i Paesi emergenti che fino all'ultimo vertice Pag. 11avevano opposto resistenza a cooperare nella direzione auspicata dai Paesi più virtuosi, ebbene io credo che questo carichi un Paese e un Governo come l'Italia di responsabilità maggiori – poiché siamo stati all'avanguardia – per mantenere quella primogenitura di cui dobbiamo andare orgogliosi.
  Dobbiamo fare uno sforzo in più. Credo allora, illustre rappresentante del Governo, che occorra individuare momenti di condivisione con la filiera istituzionale di questo Paese, che è una filiera istituzionale responsabile. Per dirla con estrema chiarezza, io non penso che la strada referendaria e la modificazione degli articoli 35 e 38 sia la risoluzione del problema. Penso esattamente l'opposto, perché sono convinto e consapevole, come sono convinti e consapevoli i sottoscrittori di questa interpellanza, che non sia quello il problema, ma sono altrettanto consapevole che, se vogliamo dare una risposta positiva e vogliamo venire incontro alle esigenze manifestate con quella richiesta referendaria evidentemente particolare per come è stata posta e per l'ampiezza del consenso che ha raggiunto, la ricerca di un equilibrio più avanzato – si sarebbe detto un tempo – rappresenta un dovere di questa maggioranza e di questo Governo.
  Quindi io nella mia parziale soddisfazione valorizzo il segnale positivo che oggi è venuto dalla rappresentante del Governo, che uno sforzo in questa direzione verrà fatto e io credo che in questo sforzo questo Parlamento potrà dare un contributo importante, perché credo che la filiera istituzionale tutta di questo Paese, dai comuni, passando per le regioni, fino allo Stato nazionale, sia una filiera istituzionale responsabile all'altezza del problema che abbiamo affrontato e capace di dare in Europa – e vorrei dire anche rispetto al contesto internazionale più generale – un segnale positivo in questo senso.
  Chiudo con riferimento all'auspicio degli interpellanti di una conferenza internazionale per l'Adriatico, io vorrei dire per il Mediterraneo, perché il Mediterraneo è un ecosistema particolare, il Mediterraneo è una sorta di grande lago nel quale la responsabilizzazione di tutti i Paesi che sul Mediterraneo affacciano è un elemento decisivo per il governo della questione ambientale.
  Vorrei che il mio Paese e il mio Governo fossero i promotori di questa iniziativa per una conferenza internazionale del Mediterraneo che dia le risposte che le popolazioni del Mediterraneo si attendono. La ringrazio e penso che questa parziale soddisfazione sia destinata a diventare totale nel periodo che abbiamo davanti.

(Iniziative in relazione alle centrali elettriche sarde, con particolare riguardo all'eventuale proroga del relativo «regime di essenzialità» dopo il 31 dicembre 2015 e iniziative in merito alla metanizzazione della Sardegna – n. 2-01154)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Capelli n. 2-01154, concernente iniziative in relazione alle centrali elettriche sarde, con particolare riguardo all'eventuale proroga del relativo «regime di essenzialità» dopo il 31 dicembre 2015 e iniziative in merito alla metanizzazione della Sardegna (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo al deputato Capelli se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  ROBERTO CAPELLI. Grazie Presidente. Sottosegretario Vicari, io vorrei uscire dalla prassi di questa interpellanza, potrei leggere qui la mia relazione illustrativa all'interpellanza, invece preferirei impostare questo confronto in maniera meno formale, ma non per questo meno importante sotto il punto di vista istituzionale, e quindi parlare della problematica ripresa dall'interpellanza che riguarda la proroga del regime di essenzialità per le centrali sarde, avendo già ascoltato la posizione del Governo in sede di interpellanza in Commissione due giorni fa sulla super interrompibilità, particolarmente Pag. 12cara alle aziende energivore, caso Alcoa, Euroallumina e aziende in crisi del settore in particolare in Sardegna.
  Noi sappiamo che Terna ha giustamente fatto dei conteggi per garantire alla rete nazionale i casi di interrompibilità e, quindi, mettere a regime delle aziende di produzione di energia elettrica che possano intervenire nei casi appunto previsti per l'interrompibilità; da dodici, cinque vengono cancellate e, tra queste, le centrali della Sardegna, in modo particolare quelle del Sulcis, E. On Fiume Santo e Ottana Energia, una al nord, una al centro, una nel sud della Sardegna, tenendo in piedi quella di Assemini che, tra l'altro, è in fase di chiusura anche per motivi di equilibrio ambientale.
  Allora, quindi stiamo parlando di una situazione, per certi versi, presumibilmente risolvibile nel tempo, ma stiamo parlando di una regione dove è risaputo – non a tutti, devo dire – che è l'unica regione d'Europa priva del metano, della metanizzazione, di fonti energetiche alternative a costo minore rispetto alle produzioni da oli combustibili e fossili. Quindi, stiamo parlando di una regione che è assurta anche agli onori della cronaca parlamentare perché è stata votata all'unanimità in sede parlamentare, prima al Senato e poi alla Camera, la mozione da me presentata qui alla Camera, insieme a tanti altri colleghi, sul «caso Sardegna».
  Cos’è il «caso Sardegna» ? Il «caso Sardegna» è l'unica isola del Mediterraneo, di questa nazione e del Mediterraneo comunque, insieme alla Corsica... Non cito la Sicilia perché quei pochi chilometri che la distanziano dal continente non ne fanno più un'isola in qualche modo, nel senso che abbiamo il progetto sul ponte, abbiamo la presenza della ferrovia statale, cosa che – deve sapere, sicuramente lo sa – non è presente in Sardegna.
  Quindi, parliamo di una regione che è sicuramente indietro nel sistema infrastrutturale, di una regione che in quella mozione è indicata come «caso» e non come «vertenza Sardegna», perché anche il parlare solo in questa sede del regime dell'essenzialità è, a mio avviso, sbagliato. Infatti, non si può non parlare di tutto ciò che comporta la mancanza del rinnovo dell'essenzialità in una regione priva di continuità territoriale, priva di infrastrutture, priva di ferrovia, priva di metano, con un tasso di disoccupazione altissimo nei bassifondi della classifica nazionale, con un tasso elevatissimo di dispersione scolastica, con il PIL pro capite più basso d'Italia di 16 mila e 200 euro.
  Ma questa non vuole essere una lagnanza, anzi in certi momenti bisogna fare anche un'azione di autocoscienza e leggersi dentro e, quindi, parlare anche della classe dirigente sarda e nazionale, quella classe dirigente che, ad oggi, ha determinato che i costi per le infrastrutture in Sardegna costino il doppio del resto d'Italia. E lo studio del CNA di qualche giorno fa e dell'Istituto Tagliacarne ci dice che l'indice di costo per le infrastrutture in Sardegna, delle azioni pubbliche ovviamente, è di 209 euro pro capite contro i 100 euro nazionali. Quindi, vuol dire che si spende male e sarebbe interessante capire il perché; sarebbe interessante quasi proporre una Commissione d'inchiesta che verifichi il motivo per cui quelle infrastrutture costano 209 euro pro capite contro i 100 nazionali, così come sarebbe interessante capire perché si è indietro nella infrastrutturazione quando regione e Stato hanno speso moltissimo in Sardegna secondo questo studio.
  Hanno speso una spesa pro capite di 1.240 euro contro una spesa pro capite di 764 euro nazionali. Quindi, c’è qualcosa che non torna, si è speso molto e si è speso male. Questa è una responsabilità della classe dirigente, è indubbio; della classe dirigente articolata in politica, amministrazione e burocrazia. Quanto di questa spesa sia corretta non sta a me stabilirlo in questa sede, probabilmente spetta ad altre istituzioni. Ma è anche interessante capire che, per esempio, nella rete idrica passa attraverso i tubi e arriva alle case solo il 45 per cento dell'erogato rispetto al 65 per cento nazionale, quindi una rete colabrodo; ed è anche interessante capire che, fatto cento, l'infrastrutturazione sarda, per esempio nel settore elettrico, è Pag. 13pari al 38 per cento, bassissima; per non parlare di quella ferroviaria del 17 per cento; va un po’ meglio nei porti e negli aeroporti perché – ahimè – sono vitali per essere nel mondo e per partire e arrivare in Sardegna.
  Allora, perché parlo di queste cose ? Perché vorrei confrontarmi con lei su questo, con lei con il mio Governo, con il mio Governo. Vorrei confrontarmi fuori dallo schema delle relazioni sul fatto che c’è un'azienda, Terna, che decide, come azienda, quali devono essere i siti dove garantire e continuare con il regime di interrompibilità secondo calcoli economico-finanziari.
  Ma è questo il nostro ruolo, è solo questo il nostro ruolo ? O il ruolo della politica è quello di capire socialmente, anche economicamente, quanto è necessario intervenire in alcune aree della nostra nazione e come intervenire.
  Quindi, cosa si chiede nel caso specifico ? Tornando al caso specifico, esso non può essere considerato a sé stante, perché in quel tasso di disoccupazione altissimo rischiamo, con questa esclusione delle centrali sarde, di aumentare il tasso stesso: nell'immediato avremo 800 posti di lavoro che verranno chiusi. Ottocento licenziamenti diretti, senza pensare alle conseguenze create sull'indotto. Non parlo dei costi dell'energia in questo momento, anzi forse i costi dell'energia li abbiamo un po’ recuperati con il cavo Sapei. Ma mentre in Sicilia si recuperano giustamente alcune aziende e alcune centrali siciliane come quelle di Priolo e Milazzo, che inizialmente, secondo il calcolo economico finanziario di Terna, erano state escluse, ma verranno sicuramente recuperate in attesa che vada in esercizio il cavo della Sorgente-Rizziconi previsto per il primo semestre del 2016, cosa si chiede ? Si chiede che in un'attesa definita di un intervento di metanizzazione della Sardegna... o, meglio, anticipiamo ancora i tempi; forse si possono tagliare i tempi con il gas naturale e con lo stoccaggio già previsto – progetto presentato, per esempio, dalla Ottana Polimeri che è già all'attenzione del Governo e della regione – affinché nel breve si possano attrezzare aree di stoccaggio del gas naturale presso Oristano con dei mini degassificatori e, attraverso la centrale di Ottana in fase di riconversione, con un progetto presentato, si possa passare dalla produzione ad olio combustibile all'utilizzo del gas naturale, con ovvi vantaggi – che non sto qui a sottolineare – per il costo dell'energia e per il mantenimento di quella centrale a vantaggio dell'uso domestico e a vantaggio dell'uso industriale.
  Quindi, cosa si chiede in subordine ? Che il regime di interrompibilità ed essenzialità venga prorogato almeno per il prossimo anno, in subordine almeno per la centrale di Ottana e non per quella di Assemini che è in fase di dismissione.
  Non ho il tempo di rappresentargli e di provocargli quelle emozioni che provoca a me rappresentare l'isola nell'isola.
  Vede, sottosegretario, la Sardegna è un'isola, ma esiste in quel territorio la Sardegna centrale, che è un'isola nell'isola. Ma di questo bisogna parlarne nelle sedi opportune perché anche questo fa parte della miopia o dello strabismo politico tipico di una parte della dirigenza sarda e locale. Si parla in Italia del centralismo romano, ma sapete, in Sardegna si parla del «Cagliari centrismo» cioè di un'isola che è rappresentata non più come un'isola ma come una clessidra, perché si portano avanti azioni politiche che determinano un bipolarismo nord-sud stringendo al centro, cioè quell'isola nell'isola che è fuori dalle attenzioni opportune di una classe dirigente, che deve programmare uno sviluppo, che porti per esempio ad abbassare il tasso di spopolamento delle aree interne della Sardegna, fra l'altro bellissime e poco conosciute.
  Quindi, io sono portato e sarei portato a leggerle la relazione fatta di numeri e di considerazioni che cercano di sostenere la tesi per la quale impegnare il Governo ad attivarsi perché ci sia questo periodo utile e necessario per passare da un regime di produzione elettrica da combustibili fossili e olio combustibile alla metanizzazione o all'uso del gas naturale. Quindi, si chiede una deroga, una deroga possibile che è già Pag. 14stata concessa nell'annualità del 2015, che scade il 31 dicembre. Quindi siamo lì; dovete decidere.
   Io chiedo al mio Governo che, forte di quella mozione approvata dal Governo e all'unanimità da questo Parlamento, assuma una posizione politica nei confronti di Terna e di sentire non il mio Governo dire che Terna ha fatto le sue scelte sulle quali noi non possiamo incidere. Terna è controllata dal Governo. Terna fa il suo giusto mestiere di impresa, ma noi non siamo impresa. In quest'Aula, si discute di impresa ma si fa politica, politica sociale ed economica di sussidiarietà, di solidarietà, di sicurezza e di garanzia del lavoro; è un sistema più complesso perché i ruoli sono diversi, i ruoli di responsabilità sono diversi e quindi io le evito la mia relazione e spero che anche lei eviti la sua, o meglio se lo riterrà opportuno, entrando sul tema delle considerazioni che ho portato alla sua attenzione, fiducioso in una risposta che possa aprire anche a un briciolo di speranza.

  PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato per lo sviluppo economico, Simona Vicari, ha facoltà di rispondere.

  SIMONA VICARI, Sottosegretaria di Stato per lo sviluppo economico. Grazie, Presidente. Onorevole Capelli, io non posso sottrarmi alla relazione che contiene dati ed è tecnica rispetto alle domande che sono state poste da lei e dal collega Dellai. Altra cosa è individuare un momento di confronto più politico con un tavolo, dove alcune considerazioni che lei ha esposto possono essere approfondite anche con le istituzioni a cui lei faceva opportunamente riferimento, che poi sono quelle sulle quali camminano molte delle azioni e delle scelte del Governo centrale, in riferimento alle istituzioni proprio sarde, quindi regionali, o addirittura degli enti locali, in alcuni casi. Per cui, non ci sottraiamo ad eventuali confronti e programmazioni. Io oggi devo affidarmi ad alcuni elementi tecnici che devo riferire al Parlamento, rispetto alle questioni che sono state poste.
  Rispetto al primo quesito, concernente il meccanismo della cosiddetta «superinterrompibilità», le azioni volte alla richiesta di proroga presso la Commissione europea si sono svolte in maniera puntuale rispetto alle esigenze. In particolare, sul tema è aperto un complesso confronto tecnico con la direzione generale della concorrenza, la Commissione europea e il nostro Governo e si sta lavorando in maniera serrata per riuscire ad ottenere una decisione da parte di quella Commissione in tempi utili a garantire proprio la continuità di funzionamento dello strumento in questione.
  Il nostro Ministero, il Ministero dello sviluppo economico, ritiene infatti che attualmente l'interrompibilità per la Sicilia e la Sardegna costituisca una misura necessaria ed indispensabile per la sicurezza del sistema elettrico delle isole maggiori e di fondamentale supporto, in termini di stabilità e qualità del servizio energetico, all'attrazione di nuovi investimenti industriali proprio nelle isole.
  Per quanto riguarda invece il regime della «essenzialità», la logica che porta Terna spa, in qualità di concessionario della rete di trasmissione, ad identificare anno per anno gli impianti come essenziali, la loro logica è esclusivamente quella della funzionalità degli impianti rispetto alla sicurezza del sistema elettrico.
  Questa valutazione viene ripetuta ogni anno proprio per le condizioni di sicurezza che possono modificarsi.
  Nel caso della Sardegna, l'elemento di forte discontinuità è costituito dall'entrata in esercizio del nuovo elettrodotto e dai dispositivi compensatori installati. Nel caso invece della Sicilia sarà – anche questo in un futuro; ancora non ci siamo – l'entrata in esercizio del nuovo collegamento con il continente. La nuova «essenzialità» non comporta comunque la chiusura degli impianti, che possono rimanere a produrre, ma secondo logiche di mercato, ossia senza copertura dei costi che sono assicurati dalle tariffe elettriche. Questo significa che dovranno essere affrontate alcune problematiche, come la necessita di interventi sui siti per ridurre Pag. 15i costi e il miglioramento dell'efficienza e si dovranno dare prospettive stabili e durature alla produzione.
  Su queste problematiche il Governo e la regione sono in contatto da tempo e si avvieranno delle verifiche con le imprese che sono interessate, perché vengano valutate proprio insieme a loro le strade che si ritengono percorribili.
  Le questioni occupazionali presenti in Sardegna sono sicuramente una priorità anche da un punto di vista – mi permetto di dire – culturale. Tuttavia, sul fronte dell'energia elettrica, oltre alle azioni volte ad equilibrare i prezzi all'ingrosso conseguite grazie al SAPEI non si ravvisano ulteriori azioni in grado di risolvere in maniera strutturale. Strumenti come la remunerazione degli impianti essenziali e la «superinterrompibilità» sono servizi per la sicurezza della rete elettrica per i quali i soggetti selezionati ricevono premi – lo sappiamo – commisurati ai costi evitati per il sistema. Non si dovrebbero interpretare come sostegni all'economia della Sardegna e di altre aree in difficoltà, ma come servizi per la sicurezza della rete elettrica, per i quali i soggetti selezionati ricevono premi – come abbiamo detto – commisurati ai costi che vengono evitati, di aggravio per il sistema.
  Come particolare riferimento alla «superinterrompibilità», il carattere di servizio per la sicurezza è l'unico che consente al Governo di giustificare una richiesta di proroga per la Commissione europea, mentre evidenziarne il carattere di sostegno sociale o di strumento di politica industriale – come spesso si legge anche sulla stampa – può indurre a classificare erroneamente la misura.
  A tal fine informo che, a seguito di un incontro che si è tenuto presso il Ministero dello sviluppo economico il 24 novembre, il Ministero ha informato la regione Sardegna di essere in costante contatto con la Commissaria dell'Unione europea alla concorrenza Margrethe Vestager per seguire da vicino il dossier che riguarda proprio la fornitura di energia alle imprese delle due isole, in base alla regola della super interrompibilità in modo, ripeto, da eliminare il rischio di aiuti di Stato. Nella medesima riunione è stata esaminata anche la questione dell'essenzialità per gli impianti che producono energia elettrica in Sardegna. A questo riguardo, il Ministro Guidi ha confermato il proprio impegno per cercare soluzioni che garantiscano, sia il sistema elettrico regionale, che l'occupazione degli impianti interessati.
  Per quello che attiene ai problemi concernenti la mancata metanizzazione della regione, richiesto con il vostro secondo quesito, preme evidenziare che il progetto Galsi, che avrebbe dovuto trasportare il gas proveniente dall'Algeria favorendo la metanizzazione della Sardegna, ha registrato la chiusura favorevole della conferenza dei servizi del procedimento di autorizzazione il 22 dicembre 2011. La regione Sardegna ha espresso la sua intesa favorevole con la delibera di giunta del 18 aprile 2012. Manca ancora, per la chiusura del procedimento di rilascio del decreto di autorizzazione, l'espressione d'intesa da parte della regione Toscana che è interessata per la parte di approdo. Tuttavia, il motivo della sospensione di fatto del progetto Galsi è determinato principalmente dalla decisione finale di investimento da parte delle componenti azionarie algerine nella società Galsi. A questo si aggiunge che il mercato del gas non è in fase di espansione poiché la domanda di gas è diminuita a livello europeo e italiano per lo sviluppo delle fonti rinnovabili e per l'incremento dell'efficienza energetica, ma anche per l'attuale congiuntura economica. Il 2 ottobre di quest'anno la giunta regionale della Sardegna ha approvato una delibera in cui vengono accettate le linee guida del piano energetico ambientale regionale nel quale, tra l'altro, si evidenzia che la metanizzazione della Sardegna, anche a seguito del momentaneo accantonamento del progetto Galsi, ha assunto una rilevanza tale che implica un focus specifico nel PEARS, con la possibilità di valutare, in sede di predisposizione dell'aggiornamento della proposta tecnica, di affrontare gli aspetti di dettaglio da un punto di vista tecnico, ma anche amministrativo, attraverso la predisposizione di Pag. 16un piano attuativo appositamente dedicato. Questa impostazione metodologica è supportata anche dagli esiti del confronto in corso con il Governo sulle modalità di approvvigionamento di gas naturale per l'isola nel quadro della strategia nazionale sul gas naturale liquefatto. Un approfondimento per lo sviluppo proprio del GNL nella regione Sardegna è stato recentemente messo in campo con la prosecuzione dei lavori del tavolo tecnico che è stato già avviato per studiare le diverse alternative per la metanizzazione dell'isola, attraverso la valutazione e razionalizzazione delle varie iniziative imprenditoriali. Infine, evidenzio che sono stati presentati diversi progetti di massima da parte di soggetti per la metanizzazione dell'isola che riguardano, sia l'apporto del gas naturale, con interconnessioni sottomarine con la rete nazionale del gas naturale, sia la realizzazione di depositi di gas naturale liquefatto.
  Il Governo sta valutando tutte le possibili ipotesi per trovare la soluzione del problema della metanizzazione della Sardegna e mi auguro nel modo più condiviso da parte delle istituzioni regionali, ma anche da parte degli imprenditori proponenti di alcuni progetti.

  PRESIDENTE. Salutiamo studenti e docenti dell'Istituto comprensivo statale «Viale dei Consoli» di Roma, che seguono i nostri lavori (Applausi).
  Il deputato Capelli ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  ROBERTO CAPELLI. Grazie Presidente, io ho cercato di porre questo momento di confronto su un altro piano. Purtroppo, prendo atto di non esserci riuscito. E devo manifestare la mia totale insoddisfazione ed è un momento difficile per me, nel senso che manifesto la mia totale insoddisfazione nei confronti a questo punto della risposta di un Governo che sostengo, che ritenevo aperto al fare politica, che ritenevo aperto a un reale segno di attenzione nei confronti, sì della mia isola, ma dell'intero Mezzogiorno. Quel Governo che anche ieri, pur non condividendo alcuni aspetti, ho sostenuto in quest'Aula, garantendo con la mia presenza il numero legale fino all'ultimo messo in dubbio dalle presenze della maggioranza. Perché dico questo ? Per manifestare il mio rammarico su questa risposta. Addirittura, mi scusi sottosegretario, ha citato anche le logiche di mercato e il sistema occupazionale che ha anche degli aspetti culturali. Ma lei sa cosa vuol dire fare impresa in un'isola dove, mediamente, negli ultimi trent'anni il costo energetico è stato superiore rispetto alle altre regioni d'Italia del 40 per cento ? Lei sa cosa vuol dire fare impresa quando non può garantire, non solo il costo, ma anche i tempi di trasporto del proprio prodotto o del proprio manufatto richiesto, tra l'altro, al di là del Tirreno ? Lei sa, quando il costo del denaro è superiore del 14 per cento rispetto alle altre parti d'Italia, cosa vuol dire fare impresa ? Quando su alcune strade, che sono di interesse nazionale, curate dall'ANAS, per non parlare delle provinciali, non si possono superare i 50 chilometri orari per problemi di sicurezza ? Quando esiste, unica provincia e unica città capoluogo d'Italia, insieme a Matera, una città, Nuoro, dove ci sono ancora le ferrovie complementari, dove non c’è l'elettrificazione del sistema ferroviario, dove in alcuni territori non arriva il trasporto su ferro per container superiori ai trenta metri cubi ? Sa che cosa vuol dire avere e sentire lontano uno Stato che deve garantire dei diritti e non dei privilegi ? E mi parla di un problema occupazionale legato anche alla cultura. La cultura dell'assistenzialismo è stata dimenticata da tempo in Sardegna. È stata la prima regione d'Italia che ha eliminato il contributo a fondo perduto e nello stesso tempo è la prima regione d'Italia che, con la legge n. 162 del 1998 garantisce l'assistenza ai più deboli con 113 milioni di euro all'anno di stanziamento contro i 150 milioni di euro all'anno di stanziamento nazionale da parte dello Stato per tutto il resto delle altre regioni. Questo vuol dire vivere in quella bellissima isola e fare impresa in quella bellissima isola.Pag. 17
  Quindi quegli imprenditori non li definirei eroi ovviamente, ma testardi e convinti che si può non abbandonare quell'isola e fare impresa nella valorizzazione dei prodotti locali, delle risorse e delle materie prime locali, apprezzati in tutto il mondo e non parlo soltanto di ambiente. Però fare impresa significa anche avere...ieri si sono conclusi i termini per la presentazione delle domande per un McDonald's di prossima apertura nella città di Nuoro; sa quante domande per quaranta posti sono arrivate ? Diciottomila. Questo dovrebbe farci riflettere. Quindi è un'isola che si aggrappa a tutto, non ad un aiuto di Stato per una o più aziende, ma ad un aiuto di Stato sì per una regione. Nei confronti dell'Europa è da porla in questi termini: non è un aiuto di Stato a un'azienda, è un aiuto di Stato a una regione. Lei stessa ha detto che per la Sicilia non è ancora pronto il cavo di interconnessione, quindi per sei mesi – quindi sarà almeno un anno – ci sarà la proroga del regime di essenzialità. Si chiede lo stesso parametro in attesa della metanizzazione. Ha parlato del Galsi: il Galsi non è stato voluto dalla regione Sardegna, ma da quel Governo nazionale di allora, progetto farsa, del costo di 150 milioni che collega l'Algeria alla Sardegna, passa per la Sardegna e arriva a Piombino. È un cavo monomandata, nel senso che se, l'Algeria domani le chiude il rubinetto, quell'isola non può essere approvvigionata perché non c’è la possibilità di rimandare dal continente verso l'isola, sullo stesso tubo, il gas per l'approvvigionamento. È un progetto privo della – mi scusi il bisticcio di parole – progettazione delle sottostazioni, che devono abbassare le atmosfere per potere conferire e trasportare il gas fino alle abitazioni o presso le aziende, quindi è un tubo di gas che passa per la Sardegna ma non dà il metano alla Sardegna. Quindi, per piacere, non lo facciamo proprio il Galsi e quei 150 milioni spendiamoli bene. Quindi dimentichiamo il Galsi, è un progetto truffa che andava a recuperare risorse pubbliche per i soliti noti. Non c'entra niente con la metanizzazione del gas. Diverso è il gas naturale liquido di cui ho parlato, c’è un progetto in corso con la stazione di stoccaggio presso il porto industriale di Oristano, a trenta chilometri da Ottana Energia. Quindi cosa si chiede ? Si chiede non di fare assistenza sociale, l'ho già letto La Stampa quello che lei ha riferito in quest'Aula, perciò potevamo anche evitare, per intenderci. Chiedevo qualcosa di più, chiedevo quell'impegno politico; quale azione di investimento di denari pubblici e di intervento pubblico non ha risvolti sociali ? Perché si dice che Terna deve pensare a fare impresa, quindi non parliamo dei livelli occupazionali ? Ma se noi non abbiamo l'obiettivo di rendere equo, giusto, corretto e con dei risvolti lavorativi o di consentire pari condizioni di concorrenza per le imprese non è un aspetto sociale questo ? E quindi questo ci salva dall'intervenire ? Io non credo che sia questo il discorso da fare. Credo che se non c’è lungimiranza e non c’è comprensione di quale deve essere il fine della vostra azione in questo caso, allora non c’è elemento di discussione. Io spero che da qui al 31 dicembre si possano trovare i giusti elementi per cambiare l'orientamento di questa decisione, perché credo che il caso specifico Sardegna vada risolto e vada risolto secondo i crismi del confronto continuo, della determinazione, della correttezza, della determinazione di una decisione attesa da troppo tempo.
  Quindi, auspico che quanto traspare dalla sua relazione e dalla sua risposta possa essere completamente invertito a favore della Sardegna.

(Orientamenti e iniziative in merito alla «Nota interpretativa sull'indicazione di origine delle merci provenienti dai territori occupati da Israele dal giugno 1967» della Commissione europea dell'11 novembre 2015, nonché su eventuali iniziative, in sede europea, per l'adozione di provvedimenti analoghi in relazione a merci provenienti da altri Stati – n. 2-01175)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Parisi ed altri n. 2-01175, Pag. 18concernente orientamenti e iniziative in merito alla «Nota interpretativa sull'indicazione di origine delle merci provenienti dai territori occupati da Israele dal giugno 1967» della Commissione europea dell'11 novembre 2015, nonché su eventuali iniziative, in sede europea, per l'adozione di provvedimenti analoghi in relazione a merci provenienti da altri Stati (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo al deputato Parisi se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  MASSIMO PARISI. Signor Presidente, intendo illustrare questa interpellanza, che vede la firma mia e di tutti i deputati della componente Alleanza Liberalpopolare Autonomie e Movimento Associativo Italiani all'Estero, perché trae origine da un atto, un atto non di questo Parlamento, non di questo Governo, ma un atto di grande importanza, a nostro avviso, della Commissione europea. Questo atto è la Nota interpretativa sull'indicazione di origine delle merci provenienti dai territori occupati da Israele dal giugno 1967 e questo atto è stato emanato l'11 novembre 2015.
  Ebbene, che cosa prevede ? Lo ricordo a me stesso e al sottosegretario, che ringrazio. Prevede che, poiché per regole stabilite del commercio all'interno dell'Unione europea, l'etichettatura con l'indicazione di origine è, come sappiamo, obbligatoria, è obbligatoria per gli alimenti e lo è anche per altre merci e questo obbligo si estende all'intera filiera, dal produttore al consumatore, ebbene l'Unione europea ha una sedicente politica estera su questi temi, è contraria come sappiamo agli insediamenti israeliani. Peraltro i prodotti provenienti da Cisgiordania e Golan sono già esclusi per un accordo Isdraele-Unione europea da benefici doganali e peraltro anche alcuni Paesi dell'Unione, come Gran Bretagna, Belgio e Danimarca, hanno già anticipato l'obbligo di cui parla questa Nota interpretativa. Ebbene, attraverso questo documento si lascia ai singoli Paesi la scelta della dizione esatta da adottare ma si inserisce l'obbligo di indicare chiaramente che il prodotto proviene da un insediamento israeliano. Ora, delle conseguenze di questo atto magari parlerò fra poco, ma voglio spiegare il perché di questa interpellanza e innanzitutto voglio sgombrare il campo dai tentativi che ci sono stati e ci sono di minimizzazione. Non siamo di fronte a un atto di natura tecnico-burocratica, cui spesso l'Unione europea pure ci ha abituati; siamo di fronte ad un atto squisitamente politico e la dimostrazione che siamo di fronte ad un atto squisitamente politico è innanzitutto la richiesta, perché questa Nota viene a seguito di una richiesta a firma di sedici Ministri degli esteri degli Stati dell'Unione, non di tutti ma di sedici Ministri degli Stati dell'Unione. È una richiesta che non aveva e non ha una natura tecnica, ma ha una natura certamente politica; basterebbe leggere alcuni passaggi di questa lettera e lo voglio fare perché sono citati nell'interpellanza: «la continua espansione degli insediamenti illegali israeliani nei territori palestinesi occupati, e negli altri territori occupati da Israele fin dal 1967, minaccia la prospettiva di un accordo di pace giusto e definitivo», ed ancora, si legge nella lettera dei Ministri degli esteri, «la corretta e coerente attuazione della tutela dei consumatori dell'UE e della legislazione inerente l'etichettatura è necessaria per garantire che i consumatori non siano tratti in inganno da false informazioni». Ed è un atto politico non solo per la richiesta dei Ministri degli esteri che ho citato ma per il fatto che questa richiesta era già stata avanzata nell'aprile 2013, in un'altra fase, in un'altra governance europea, ma comunque non in un altro secolo, diciamo, in un periodo politico e internazionale comunque di grande complessità.
  Ebbene, questa richiesta allora non era stata evasa dall'Alto rappresentante per gli affari esteri Catherine Ashton, cioè l'Alto rappresentante aveva inteso di non dare seguito, di non dare corso a questa richiesta, forse perché c'era la consapevolezza, la sensibilità politica di una situazione complessa. Forse c'era la consapevolezza che questo atto, che un atto di questo genere potesse avere un effetto negativo, Pag. 19dirompente sui tentativi di riallacciare un necessario e sacrosanto dialogo alla ricerca della pace. Questa sensibilità politica ci fu allora, ci fu forse perché magari qualche potenza globale esercitò la sua influenza proprio per cercare di riallacciare quei fili di dialogo.
  Allora, siamo di fronte ad un atto politico. Sì, siamo di fronte ad un atto politico. Questo atto politico chiama in causa il nostro Governo. Sì, chiama in causa il nostro Governo, perché, fra i sedici Ministri firmatari di quella richiesta, c'era il nostro Ministro degli esteri, che l'ha sottoscritta insieme ad altri quindici Ministri dei Paesi europei. Il nostro Ministro degli esteri lo ha fatto il 13 aprile 2015, in un'epoca, come dicevo, non molto lontana in questo caso, dopo, per esempio, il terribile attentato a Charlie Hebdo, cui seguì un'altra tragedia in un supermercato kosher di Parigi e tutti noi li abbiamo ben presenti. Già nell'aprile 2015 eravamo in una situazione di grande allarme internazionale, con la contezza dei rischi che l'Occidente, che Israele, che anche i Paesi dell'Islam moderato corrono di fronte all'espansionismo del Daesh, dello Stato cosiddetto islamico di Iraq e Siria. Questa situazione c'era già, come c'era già Israele in un'area molto complessa e delicata, unica democrazia di quell'area, avamposto dell'Occidente e della democrazia, dei nostri valori. Questo atto chiama in causa il nostro Governo anche per un altro fatto. Infatti, l'Italia esprime con questa governance europea l'Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza, la nostra ex collega, onorevole Mogherini.
  Dunque, dentro questa vicenda l'Italia e il Governo italiano c'entrano, c'entrano in pieno, vorrei dire c'entrano al quadrato. C'entrano perché italiana è stata la sollecitazione di questo provvedimento, perché la firma del nostro Ministro è in calce a quella lettera. C'entrano perché italiana è l'Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza.
  Ebbene, in quale clima si inserisce questo provvedimento ? In quale serie storica di fatti, purtroppo, si inserisce questo provvedimento ? Si inserisce nel fiorire, in Europa, di iniziative ed atteggiamenti di boicottaggio nei confronti di Israele. Per quel che riguarda Israele, si inserisce nel riesplodere in quell'area, purtroppo – lo sappiamo bene anche in Italia, lo sanno bene a Milano per quell'episodio che abbiamo avuto anche nel nostro Paese –, di una intifada, la cosiddetta «intifada dei coltelli», e in una fase, in un momento storico in cui l'Occidente – la Francia in primo luogo, ma tutti i Paesi – deve prendere atto che è in corso una guerra, una guerra del terrore. Questa consapevolezza dovrebbe e avrebbe dovuto – forse siamo ancora in tempo – imporci di capire che è importante, in questa fase, trovare gli elementi di condivisione, di unità all'interno di quei Paesi, come il nostro, come Israele, che fanno dei valori della democrazia, del rispetto dei diritti dell'uomo, del rispetto dei diritti individuali un elemento portante.
  Ebbene, invece questo non è accaduto. Questo provvedimento è entrato in vigore in un quasi generale silenzio. Voglio dire, da questo punto di vista, che io sono di parte, nel senso che un piccolo grande giornale ha iniziato una raccolta di firme, che ha ottenuto un grande successo, anche da parte di esponenti di partiti di tutto l'arco costituzionale. Ma, in generale, dobbiamo dire intorno a questa vicenda è calato il silenzio. Ebbene, questa interpellanza vuole anche cercare di riattivare l'attenzione su questi elementi, perché – ripeto – forse siamo ancora in tempo.
  Infatti, è davvero singolare che un'Europa che non ha una politica estera – lo stiamo vedendo in questi giorni –, dove un Paese europeo, la Francia, è stata vittima di una serie impressionante di attentati e il Presidente di quel Paese sta, girando le capitali europee, una per una per, come dire, condividere una linea e una strategia, riesca a trovare un punto comune di accordo, in un momento come questo, solo ed esclusivamente contro Israele, cioè contro l'unica democrazia di quell'area, cioè contro quel Paese che rispetta la libertà di circolazione delle idee e delle persone, la libertà di religione e di coscienza, la libertà di ricerca. È il primo Paese al Pag. 20mondo per numero di lauree pro capite, è il primo Paese al mondo per numero di musei pro capite, è il secondo Paese al mondo per numero di libri pubblicati pro capite. Il nostro Governo ci ha appena comunicato che interverrà sulla legge finanziaria per implementare le spese per la cultura, in particolar modo dei giovani, ben venga.
  Ebbene, l'unica cosa che la politica estera europea, sotto la guida di un rappresentante italiano, è riuscita, a quanto pare, a fare è marchiare – mi si consenta di sottolineare l'inopportunità, dato il popolo a cui ci rivolgiamo, dato lo Stato a cui ci rivolgiamo – i prodotti di origine israeliana con questa norma. Tutto ciò si inserisce certamente in una lunga storia e, ciò nonostante, ci sorprende, perché questo atto avrà delle conseguenze. È facile intuire che a essere penalizzati saranno tutti i prodotti israeliani. Peraltro, non è la prima volta che assistiamo a campagne che mirano a colpire Israele dal punto di vista economico. Paradossalmente a pagare i danni di quello che si profila come un incitamento al boicottaggio saranno soprattutto decine di migliaia di palestinesi: 10 mila famiglie palestinesi traggono, infatti, reddito da quelle produzioni di quei territori, specie imprese agricole, soprattutto vinicole, e in un solo distretto industriale, quello di Barkan, vi sono 160 stabilimenti e 7.100 persone impiegate, metà delle quali palestinesi e metà delle quali israeliani.
  Allora, a chi giova questa decisione ? Non certo alle aziende dei territori contesi né ai loro lavoratori palestinesi né ai circa 500 mila israeliani che vivono degli insediamenti. Parliamo di una contesa che ha attraversato tutto il secolo, altro che breve, tutto il Novecento e che si trascina ancora oggi. Parliamo di territori occupati dal 1967. Non voglio approfondire la storia, ma forse sarebbe anche il caso di ricordare occupati a seguito di un'aggressione che Israele subì in quel momento e che mirava a cancellare dalla faccia della terra quello Stato.
  Allora, ecco il senso di questa interpellanza. Infatti, ci sono comunque delle domande, anche alla luce del fatto che molti colleghi, per esempio, di partiti che sostengono il Governo hanno sottoscritto l'appello de Il Foglio che prima citavo. Ci sono delle domande che sono domande politiche; ci sono delle domande che sono domande concrete. La domanda politica è se il Governo condivida la scelta della Commissione europea contenuta nella nota interpretativa dell'11 novembre. Ma chiediamo anche al Governo – nonostante avessi preferito che a questa interpellanza, come era richiesto, rispondessero i due Ministeri, quello degli esteri e quello dello sviluppo economico, ma qui abbiamo il sottosegretario allo sviluppo economico, quindi la domanda è ancora più calzante – con quale dicitura saranno etichettati in Italia i prodotti provenienti dagli insediamenti israeliani. Questa è una cosa a cui si può certamente rispondere. Mi chiedo e chiedo anche se il Governo intenda sollecitare l'Unione europea su altre questioni, perché, vede, Presidente, è possibile che ai cittadini italiani ed europei interessi sapere se un prodotto arriva dalle alture del Golan piuttosto che da una città o da un territorio israeliano. Io, come cittadino italiano ed europeo, sarei curioso di sapere, rispetto a qualche prodotto che compro, se magari viene prodotto sfruttando manodopera minorile, se magari arriva da un Paese dove le donne, che magari realizzano quel prodotto, rischiano la lapidazione per adulterio, se magari arriva da un Paese in cui le donne che lavorano quel prodotto sono sottoposte all'infibulazione forzata.
  Allora, vorrei sapere se il nostro Governo, così come ha sottoscritto una lettera contro Israele, nel novembre 2015, ha intenzione di porre questo problema per tante altre situazioni, per tante altre situazioni contese. Infatti, ci sono nel mondo decine di situazioni territoriali contese. Potrei citare il Sahara occidentale, potrei citare il Tibet, potrei citare la Crimea, ma mi fermo qui. Ce ne sono decine. Perché, in un momento come questo, l'Unione europea, su sollecitazione del nostro Governo, si è attivata solo ed esclusivamente su questa situazione ?

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  PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato per lo sviluppo economico, Simona Vicari, ha facoltà di rispondere.

  SIMONA VICARI, Sottosegretaria di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, la Commissione europea ha adottato l'11 novembre una Nota interpretativa sull'indicazione di origine dei beni provenienti dai territori occupati da Israele a partire dal giugno 1967, che è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea, Sezione C, ossia quella relativa agli atti non vincolanti.
  Il documento in questione, predisposto dalla Direzione generale TAXUD, non implica alcun cambiamento normativo rispetto a quanto disciplinato dall'Accordo commerciale in vigore tra l'Unione europea ed Israele. Esso costituisce un chiarimento tecnico della Commissione europea ad uso degli Stati membri, e segnatamente delle loro autorità doganali, per la corretta informazione dei consumatori e per l'applicazione della differenziazione tariffaria tra beni prodotti in Israele (i cosiddetti beni made in Israel) e beni prodotti in Cisgiordania. Il documento riguarda due tipologie di prodotti: quella per cui l'indicazione di origine è obbligatoria ai sensi delle direttive comunitarie (tra cui cibi freschi, pollame, cosmetici), e quelli per cui non lo è (cibi lavorati e semilavorati), e fornisce indicazioni specifiche circa il linguaggio da utilizzare per definirne l'origine.
  Sin dal dicembre 2004 il Comitato di cooperazione doganale Unione Europea-Israele ha adottato un accordo tecnico in base al quale Israele è tenuto ad indicare in ogni certificato di origine dei prodotti il luogo di produzione identificato attraverso l'utilizzo dei codici postali, e su questa base i prodotti made in Israel beneficiano di un sistema di tariffe preferenziali in base all'Accordo di associazione Unione europea-Israele; mentre nessun tipo di preferenza può essere applicata ai beni prodotti negli insediamenti in Cisgiordania e sulle alture nel Golan, che non sono riconosciuti quali territori appartenenti ad Israele ai sensi del diritto internazionale.
  Il Regno Unito nel 2009, la Danimarca nel 2013 ed il Belgio nel 2014 hanno da tempo applicato nei propri ordinamenti nazionali analoghe linee guida, che distinguono in differenti categorie i beni alimentari prodotti in Israele, negli insediamenti e in Cisgiordania. In termini di flussi commerciali, le linee guida per l'indicazione di origine avranno un effetto pratico limitato, poiché interesseranno solo il 2 per cento dell'intero ammontare delle esportazioni israeliane verso l'Unione europea.
  L'Italia è il terzo fornitore europeo di Israele, dopo la Germania e il Belgio, che però ha dati fortemente influenzati dal commercio dei diamanti lavorati. Da Israele l'Italia importa principalmente prodotti chimici di base, fertilizzanti, materie plastiche e di gomma e strumenti ottici: si tratta quindi di prodotti che non rientrano nelle categorie interessate dalle misure sull'indicazione di origine. Secondo gli ultimi dati a disposizione, l’export israeliano verso i Paesi dell'Unione europea nel 2015 (periodo gennaio-settembre) è diminuito di circa il 14,5 per cento rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, a causa della debolezza della domanda europea e dell'apprezzamento dello shekel.
  Com'era facilmente prevedibile, la pubblicazione della nota ha suscitato la quasi unanime condanna di istituzioni e forze politiche israeliane. Malgrado il loro effetto pratico limitato, le autorità israeliane danno all'iniziativa europea una lettura esclusivamente politica, giudicandola ingiustamente discriminatoria: paventano conseguenze negative sul proseguimento del dialogo Unione europea-Israele, e velatamente sullo stesso rilancio del processo di pace. Quale forma di ritorsione, il Ministro degli esteri israeliano ha sospeso lo svolgimento di alcune programmate sessioni di dialogo a livello di funzionari con l'Unione europea.
  Israele in pratica assimila la questione dell'indicazione di origine al boicottaggio e alla campagna Boycott, Divestment and Sanctions portata avanti da alcuni gruppi di pressione europei, e a cui invece l'Unione europea e l'Italia si oppongono Pag. 22attivamente. A tal proposito, va evidenziato che l'adozione di misure per la corretta indicazione di origine potrà al contrario essere utile a limitare la portata e la nocività di indeterminate azioni di boicottaggio contro i prodotti israeliani. Il Governo si impegna a continuare a seguire con attenzione questa vicenda e i suoi futuri sviluppi.

  PRESIDENTE. Il deputato Parisi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  MASSIMO PARISI. Presidente, purtroppo non sono soddisfatto. Mi dichiaro totalmente insoddisfatto, per il semplice motivo che, come temevo, non mi si è data una risposta politica, che ho chiesto a lungo nell'illustrazione della mia interpellanza, della nostra interpellanza: mi si è data una risposta burocratica.
  C’è un passaggio che mi lascia particolarmente perplesso della relazione del sottosegretario. Non è che si può dire: questo provvedimento avrà un effetto marginale, perché stiamo parlando del 2 per cento dell'intero ammontare dell'export, stiamo parlando di un'Italia che importa un tipo di prodotto piuttosto che un altro, ed evadere la questione politica; perché comunque sia posso annunciare al sottosegretario che ci sono dei vini che provengono da quelle terre, e che magari, finita questa discussione, andrò al ghetto a cercare, che avranno o no in Italia quell'indicazione. Perché io questo francamente non l'ho capito !
  E non è il modo a mio avviso corretto dire che comunque il Governo si oppone attivamente ad ogni forma di boicottaggio. Ci mancherebbe ! Né ci si può nascondere dietro il fatto che si tratta di atti non vincolanti, che non implicano cambiamenti normativi. Li abbiamo chiesti noi ! Li ha chiesti il Governo italiano ! E siccome la risposta è stata questa, ci si dovrebbe aspettare o una presa di coscienza dell'errore, e quindi dire: per tutte queste ragioni il Governo non darà nessuna indicazione sull'etichettatura di certi prodotti.
  Perché altrimenti ci contraddiciamo ! È vero che questo atto rientra nella categoria degli atti formalmente non vincolanti, ma il chiarimento all'Unione europea su questo tema l'ha chiesto il Governo italiano, a firma del nostro Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. E ha fatto bene il sottosegretario Vicari – su questo sono d'accordo – a ricordare come questa vicenda sia stata vissuta in Israele, e a ricordare anche i problemi che questo fatto potrebbe generare in quell'area, e non solo.
  Perché non è un mistero che, in questo momento, per effetto anche di questa decisione che continuo a considerare sbagliata, i rapporti fra Bruxelles e Israele sono ai minimi termini, ai minimi storici. Nel momento in cui la politica estera europea si preoccupa di unirsi per fronteggiare un nemico più grande (e quindi andiamo anche a ritornare su decisioni, anche lì sbagliate, che abbiamo preso in questi anni nei confronti per esempio della Russia di Putin), in un momento così le relazioni fra Israele e l'Unione europea sono ai minimi termini; e in un momento così non ho ascoltato una parola netta e chiara dal Governo su che cosa accadrà in Italia, su che cosa il Governo italiano, che ha chiesto quella nota interpretativa, intende fare rispetto alla risposta che è arrivata. Non mi basta l'indicazione di dire che comunque si tratta di una questione marginale: per quei territori, per quelle popolazioni, per quello Stato non è una questione marginale. Non è una questione marginale là, non lo è nelle relazioni internazionali fra l'Unione europea e lo Stato di Israele, non lo è alla luce del momento storico che stiamo vivendo e dell'aggressione a cui siamo sottoposti, a cui è sottoposto Israele. E lo dico anche perché potremmo perfino prescindere dal merito della vicenda, e porci la domanda su come venga vissuto questo senso di isolamento e di accerchiamento da quel Paese, che dispone come è noto di rilevanti risorse militari di fronte a ipotetici e ulteriori attacchi, nel momento in cui non sentisse e non senta la solidarietà dei Paesi dell'Unione europea.Pag. 23
  Ecco perché mi dispiaccio della risposta del sottosegretario, mi dispiaccio della risposta del Governo e mi dispiaccio anche del fatto che non abbia risposto anche il ministro degli affari esteri, perché lì sì la questione sarebbe stata più politica.
  Il Ministero dello sviluppo economico ci ha fatto presente le sue osservazioni, ma non ha risposto ad una domanda e questo non credo, nonostante la buona volontà di dichiararsi contro ogni forma di boicottaggio nei confronti dei prodotti provenienti da Israele, basti; non credo sia sufficiente a riallacciare un dialogo, non credo sia sufficiente a superare un momento difficile di impasse nelle relazioni internazionali. Altre potevano essere le scelte, altre cose potevano essere dette in questa Aula. Poteva essere detto per esempio, abbiamo preso atto che non si tratta di un atto non vincolante e in Italia non applicheremo questa norma interpretativa per quelle stesse ragioni che ha sostenuto il sottosegretario, la marginalità di questi prodotti e comunque stiamo parlando dal punto di vista pratico e quantitativo di cose poco rilevanti; sarebbe stato un atto politico significativo, sarebbe stata un'indicazione importante, che avrebbe rimesso le cose a posto, quanto meno nelle relazioni fra l'Italia e Israele. Così non è stato e questo è il motivo per cui non posso che ribadire la totale insoddisfazione per la risposta.

(Iniziative volte ad assicurare il servizio postale universale alla luce delle operazioni di quotazione in borsa di Poste Italiane S.p.A. – n. 2-01142)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Valiante ed altri n. 2-01142, concernente iniziative volte ad assicurare il servizio postale universale alla luce delle operazioni di quotazione in borsa di Poste Italiane S.p.A. (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo al deputato Valiante se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  SIMONE VALIANTE. Grazie Presidente. Signor Sottosegretario, l'interpellanza è stata già preparata da un po’ di tempo, poi abbiamo avuto un rinvio concordato col Governo e riguardava e riguarda la quotazione in Borsa di Poste Italiane. In particolare, secondo le stime accreditate, il valore complessivo del gruppo Poste Italiane si aggira tra i sei e gli undici miliardi di euro e sul mercato pare arriverà fino al 40 per cento del capitale, per un valore complessivo appunto tra i 2,4 e i 4,4 miliardi di euro direttamente nelle Casse dello Stato. Il gruppo Poste Italiane ha chiuso l'esercizio 2014 con un fatturato di oltre 29 miliardi di euro di proventi, in crescita rispetto ai 26 miliardi del 2013; essendosi però l'utile netto ridotto in un anno di circa il 79 per cento, passando da più di un miliardo di euro a 212 milioni, lo stesso amministratore delegato nei mesi scorsi avrebbe ipotizzato un piano di ristrutturazione che, per non far perdere redditività al gruppo, prevedrebbe una serie di restrizione tra cui l'aumento delle tariffe, la consegna della corrispondenza a giorni alterni sul 25 per cento del territorio nazionale, la soppressione di 455 piccoli sportelli, un taglio personale per 3500 unità, sfruttando anche prepensionamenti e pensionamenti.
  Giova ricordare però che Poste Italiane, concessionaria di servizio pubblico rappresenta un unicum nel panorama economico nazionale: un'infrastruttura sociale e amministrativa che assicura il servizio postale universale; il principale gruppo logistico italiano; gruppo di servizi di gestione del risparmio e assicurativi nonché servizi universali di pagamento a cittadini e imprese; spesso inoltre costituisce sportello della pubblica amministrazione e di frequente in molte località l'unico, così come rilevantissimo risulta essere il patrimonio immobiliare e tecnologico accumulato.
  La quotazione in Borsa da questo punto di vista rappresenta a parere dei sottoscrittori di questa interpellanza un'ulteriore preoccupazione in merito alla riduzione dei servizi nelle zone rurali e più marginali, favorendone ulteriore fenomeni di spopolamento e un aumento anche del prezzo dei servizi. Pertanto le chiediamo, onorevole Sottosegretario, quali impegni Pag. 24intende assumere il Governo per scongiurare questi rischi che d'altronde andrebbero ad intaccare un'economia già abbastanza debole del nostro Paese in quelle aree, soprattutto rurali, che appunto sono già colpite da altri fenomeni di depauperamento e di spopolamento.

  PRESIDENTE. Il viceministro Luigi Casero ha facoltà di rispondere.

  LUIGI CASERO, Viceministro dell'economia e delle finanze. Grazie Presidente. Con l'interpellanza urgente n. 2-01142 l'onorevole Valiante ed altri, premesso che è stata attivata la privatizzazione di Poste Italiane S.p.A. con la quotazione in Borsa, chiedono se l'operazione comporterà restrizioni nella gestione dei relativi servizi.
  Al riguardo, sentita la citata società, si fa presente che Poste Italiane in quanto fornitore del Servizio postale universale ed operatore del mercato postale è soggetta a un complesso di norme nazionali e comunitarie che disciplinano tutti gli aspetti del mercato.
  Alla data della quotazione in Borsa di Poste Italiane, era già in corso di attuazione la riforma del Servizio postale universale, operata dal legislatore nazionale e dall'Autorità di Regolamentazione di settore, in coerenza con la normativa europea. Tale riforma mira ad adeguare i livelli di servizio alle mutate esigenze degli utenti, in funzione del nuovo contesto tecnico, economico e sociale. In particolare, per quanto riguarda la consegna della corrispondenza a giorni alterni sul 25 per cento del territorio nazionale, il nuovo modello di recapito si inserisce nel processo di trasformazione del Servizio postale universale, avviato con la legge n. 190 del 2014 (Legge di Stabilità 2015).
  Tale modello è in linea con la normativa europea e con il processo di trasformazione del servizio postale universale, che tiene conto del contesto di mercato e dell'evoluzione dei bisogni degli utenti.
  Con riferimento al recapito della corrispondenza, la direttiva 97/67/CE e successive modifiche, prevede all'articolo 3.3 una deroga al recapito su cinque giorni a settimana, prevedendo che «Gli Stati membri si attivano per assicurare che il servizio universale sia garantito come minimo cinque giorni lavorativi a settimana, salvo circostanze o condizioni geografiche eccezionali, e che includa almeno una raccolta, una distribuzione al domicilio di ogni persona fisica o giuridica, tranne deroga, alle condizioni stabilite dall'Autorità nazionale di .regolamentazione, in installazioni appropriate. Ogni circostanza eccezionale, ovvero ogni deroga concessa da un'autorità nazionale di regolamentazione ai sensi del presente paragrafo deve essere comunicata alla Commissione e a tutte le autorità nazionali di regolamentazione».
  Il legislatore nazionale nel recepire le disposizioni della direttiva europea ne ha delimitato l'ambito di applicazione, prevedendo la possibilità di applicare un modello di servizio al di sotto dei cinque giorni settimanali, oltre che in presenza di particolari situazioni di natura infrastrutturale o geografica «in ambiti territoriali al di sotto dei 200 abitanti/Kmq e, comunque, fino ad un quarto della popolazione nazionale». Questo sempre inserito nella legge di Stabilità 2015.
  L'Autorità di Regolamentazione con provvedimento n. 395/15/CONS ha autorizzato il nuovo modello di recapito in quei comuni in cui ricorrono le particolari situazioni di natura infrastrutturale o geografica, sulla base di determinati indicatori e soglie di applicazione.
  Tale modello verrà adottato in 3 fasi: la prima fase, a partire da ottobre 2015, che coinvolgerà circa lo 0,6 per cento della popolazione nazionale (256 comuni); la seconda fase, a partire da aprile 2016, che coinvolgerà circa il 12,50 per cento della popolazione nazionale; la terza fase, a partire da febbraio 2017, all'esito della quale la popolazione complessivamente interessata sarà di circa il 23,2 per cento.
  Con riferimento al recapito della corrispondenza, la rimodulazione del portafoglio dei prodotti rientranti nel servizio universale, come operate dalla legge di stabilità 2015 e attuata della Delibera 396/15/CONS, nel definire lo standard di Pag. 25qualità del servizio universale alla consegna entro il 4o giorno lavorativo successivo a quello di accettazione (salvo per la posta prioritaria) rende il nuovo modello di recapito in linea con i tempi di consegna di quella particolare tipologia di invii (bollette, fattura ecc.), ai quali sono maggiormente attenti gli utenti non digitalizzati.
  Inoltre, Poste Italiane al fine di migliorare la facilità di accesso della clientela ai propri servizi, ha sviluppato opportunità di servizio alternative, che consentano a quest'ultima di usufruire di molteplici servizi direttamente da casa. Nello specifico, Poste Italiane ha dato avvio, già a partire dal 2007, al progetto «Postino Telematico», che prevede la dotazione progressiva del palmare a tutti i portalettere e che consente di disporre di una piattaforma tecnologica in grado di supportare nuovi servizi di Poste Italiane a domicilio della clientela.
  Fra i servizi postali, particolare rilievo riveste il servizio di accettazione a domicilio – «Raccomandata DaTe» – che consente l'accettazione al domicilio del cliente di invii di posta raccomandata retail diretti nel territorio nazionale. Poste Italiane provvederà all'accettazione a domicilio degli invii nel giorno e nella fascia oraria concordati con il cliente.
  Anche dal lato dei servizi finanziari, Poste Italiane ha sviluppato modalità in grado di facilitare l'utilizzo di tali servizi da parte della clientela. A tal proposito, particolare interesse riveste il servizio di pagamento dei bollettini, che offre la possibilità di pagare presso il proprio domicilio le principali tipologie di bollettini postali (tra cui i bollettini premarcati per il pagamento delle utenze).
  In aggiunta a tali servizi, per andare incontro ai bisogni della clientela più anziana, Poste Italiane sta promuovendo una serie di prodotti che consentono di ridurre i costi e la necessità di dover accedere alla rete fisica.
  Con riferimento alle tariffe del servizio postale universale, esse sono e resteranno soggette ai principi stabiliti dal decreto legislativo n. 261 del 1999 e successive modificazioni, che hanno recepito nell'ordinamento interno le direttive postali europee. In particolare, l'articolo 13 del citato decreto dispone che le tariffe dei servizi universali debbano, fra l'altro: essere ragionevoli e permettere di fornire servizi accessibili all'insieme degli utenti; essere correlate ai costi; essere trasparenti e non discriminatorie.
  L'Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni, in quanto Autorità di regolamentazione del settore postale, vigila affinché le tariffe praticate da Poste Italiane rispettino questi requisiti.
  In particolare, in base alla vigente delibera Agcom 728/13/Cons, Poste Italiane è tenuta a prenotificare ad Agcom tutte le modifiche che intende apportare alle tariffe; l'Autorità, ove rinvenga nelle proposte elementi di difformità rispetto ai principi del decreto elencati in precedenza od alle regole applicative da essa stessa fissate, può inibire l'applicazione di tali modifiche tariffarie.
  I recenti interventi sulle tariffe del servizio universale, che hanno reintrodotto il servizio di posta ordinaria accanto a quello di posta prioritaria, sono il frutto di un lungo ed articolato procedimento regolamentare, che ha visto impegnati l'Autorità, Poste Italiane ed i soggetti interessati che hanno richiesto di prendere parte al procedimento.
  Le tariffe determinate ad esito di tale procedimento riflettono le valutazioni svolte dall'Autorità in merito, fra l'altro, alla correlazione delle stesse ai costi del servizio, all'accessibilità per l'utenza ed alla necessità di assicurare la sostenibilità del servizio universale.
  Per quanto concerne, poi, la «soppressione di 455 piccoli sportelli» di cui è cenno nell'atto parlamentare, si fa presente che Poste Italiane, ai sensi dell'articolo 2, comma 6, del contratto di programma 2009-2011 (attualmente in vigore) è tenuta a trasmettere, annualmente, all'Autorità di regolamentazione – Agcom – l'elenco degli uffici postali e delle strutture di recapito che non garantiscono condizioni di equilibrio economico, unitamente al Piano di intervento e ai criteri per la progressiva razionalizzazione della loro Pag. 26gestione. Gli interventi previsti dal Piano, infatti, sono diretti a riequilibrare l'offerta dei servizi alla effettiva domanda, correggendo le possibili diseconomie riscontrate in determinati punti del territorio nella gestione della rete. Essi sono effettuati nel pieno rispetto degli obblighi del servizio universale e dei vincoli di distribuzione degli uffici postali sul territorio italiano di cui al decreto ministeriale 7 ottobre 2008, come integrato dalla recente delibera Agcom 342/14/Cons.
  Qualsiasi intervento di chiusura degli uffici postali e/o rimodulazione dell'orario di apertura da parte di Poste Italiane è, pertanto, sottoposto a vincoli definiti dalla regolamentazione proprio allo scopo di garantire la fornitura del servizio universale su tutto il territorio nazionale, soprattutto nelle aree territoriali remote e più disagiate.
  In particolare, i criteri previsti dalla normativa di settore riguardano le distanze massime per la percentuale di popolazione nazionale residente: entro 3 chilometri dal luogo di residenza per il 75 per cento della popolazione; entro 5 chilometri dal luogo di residenza per il 92,5 per cento della popolazione; entro 6 chilometri dal luogo di residenza per il 97,5 per cento della popolazione. Riguardano, inoltre, la presenza percentuale sui comuni italiani di un ufficio postale in almeno il 96 per cento dei comuni. Riguardano infine il divieto di chiusura di: uffici postali presidio unico di comune (con orario minimo di apertura al pubblico su 3 giorni settimanali); uffici postali ubicati in comuni rurali e montani, salvo siano presenti più di due uffici ed il rapporto abitanti per ufficio postale sia inferiore a 800 (classificazione utilizzata da ISTAT); uffici postali presidio unico di isole minori in cui risiedono almeno 50 abitanti.
  Tali criteri garantiscono una presenza capillare della rete di Poste, prevedendo, altresì, orari minimi di apertura degli uffici postali, proprio a salvaguardia delle esigenze connesse all'erogazione del servizio postale universale.
  Giova precisare che i piani di intervento sugli uffici postali sono subordinati ai consueti confronti sul territorio degli enti locali interessati; infatti, nel corso degli ultimi anni, solo una parte degli interventi annualmente programmati sono stati effettivamente realizzati. Nel piano inviato ad Agcom nel mese di settembre 2014 erano previsti sull'intero territorio nazionale 455 interventi di chiusure definitive di uffici postali successivamente ridotti a 375 a seguito di confronti con le istituzioni locali.
  Per quanto riguarda, invece, i profili occupazionali Poste Italiane ha precisato che nel piano industriale, in linea con quanto realizzato negli ultimi esercizi, è confermato l'utilizzo anche dei piani di incentivazione all'uscita agevolata consentiti dalla normativa vigente.
  In data 25 settembre 2015 è stato raggiunto un accordo sindacale con il quale Poste Italiane conferma il suo impegno a non ricorrere, per la gestione delle eccedenze, alle procedure ex articolo 4 e 24 della legge n. 233 del 1991 (quella relativa ai licenziamenti collettivi) e a procedure nei mesi di novembre 2015 e luglio 2016, rispettivamente per l'anno 2016 e l'anno 2017, all'attivazione di un tavolo di confronto finalizzato a concordare, fra l'altro, le modalità per consentire le uscite agevolate.
  I piani di uscita agevolata prevedono l'adesione volontaria agli stessi da parte dei soggetti a cui sono rivolti. Pertanto, non è possibile prevedere puntualmente le adesioni ai piani di incentivazione che potranno essere attivati.
  Si aggiunge che nel citato piano industriale comunque sono previsti 8 mila ingressi al fine di adeguare le competenze alla strategia del gruppo.

  PRESIDENTE. Il deputato Valiante ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  SIMONE VALIANTE. Grazie, Viceministro, la ringrazio anche per la sua relazione molto accurata. Io mi ritengo soddisfatto con qualche puntualizzazione, però, che ritengo doverosa.
  Innanzitutto, noi abbiamo avuto da qualche giorno anche cognizione dell'ipotesi Pag. 27del nuovo contratto di programma con Poste italiane che ci è stata fornita dal sottosegretario Giacomelli. In questa ipotesi vediamo con favore anche la norma dell'articolo 5 dove si dice che il Ministero e la società, nel perseguimento di obiettivi di coesione sociale ed economica che prevedono la fornitura di servizi utili al cittadino, si impegnano reciprocamente a valorizzare la rete capillare degli uffici postali e, in particolare, le potenzialità e le caratteristiche degli stessi quali uffici di prossimità a servizio di utenti, specialmente negli ambiti territoriali con scarsa densità abitativa.
  Quindi, ci auguriamo che questa ipotesi vada avanti e venga attuata in pieno da Poste Italiane. Noi apprezziamo il lavoro che Poste fa e anche i servizi che lei ci ha ricordato puntualmente, onorevole Viceministro. Ovviamente rimaniamo preoccupati soprattutto sul tema della soppressione dei piccoli sportelli postali, perché c’è una condizione sociale molto importante diffusa e radicata soprattutto nei piccoli centri rurali dove questo servizio rappresenta ancora uno dei pochi punti di testimonianza, di vita e di attività in tante aree del nostro Paese.
  Quindi, certamente nel rispetto di tutte le direttive europee, ma ricordando la natura di concessionaria di servizio pubblico, credo che questa condizione debba essere e rimanere un punto prioritario di azione e di valutazione anche di Poste Italiane.
  Da questo punto di vista io raccomanderei al Governo una vigilanza continua e diffusa anche sull'eventuale attuazione di questa ipotesi di contratto di programma che – come le dicevo – ci è stata fornita dal sottosegretario Giacomelli per le ragioni che ricordava lei, soprattutto perché in questi centri c’è soprattutto una popolazione anziana, che fino a un certo punto può beneficiare di servizi tecnologici. Le dico pure che non spetta ovviamente a noi entrare nel merito della programmazione aziendale dell'utilizzo del personale di Poste Italiane, però credo che il Governo possa, da questo punto di vista, anche dare un contributo di sollecitazione. In un passato recente, tra l'altro, è stata sperimentata da Poste Italiane anche la figura del cosiddetto operatore polivalente soprattutto nei centri minori, negli uffici postali minori.
  Poi, a un certo punto, questo processo si è bloccato e ci sono trattative anche sindacali in corso. Io ritengo che, da questo punto di vista, anche Poste debba fare un passo in avanti, dal punto di vista della formazione e dell'utilizzo soprattutto del suo personale, perché – tanto per essere pratici, Viceministro – non si può pagare il prezzo della chiusura di un ufficio postale a fronte, invece, della riqualificazione e del miglior utilizzo del personale che Poste già detiene e che può utilizzare soprattutto nei centri minori.
  Quindi, l'operatore polivalente, da questo punto di vista, era una risposta a questo tipo di difficoltà. Quindi, è evidente che, siccome qui c’è una scelta politica di fondo a tutela di vaste aree del nostro Paese, da questo punto di vista, la voce e la richiesta del Governo debba essere chiara ed evidente rispetto a questa necessità e rispetto alla possibilità che Poste ha di utilizzare meglio il proprio personale a disposizione, perché – le ripeto – non vale la chiusura di un ufficio postale l'utilizzo invece di personale che Poste ha e che può essere assolutamente riqualificato e funzionalizzato a questo tipo di esigenze.
  Quindi, io la ringrazio molto per la risposta e per la relazione dettagliata che ci ha fornito e mi auguro – diciamo – che anche su questa traccia di lavoro lei possa continuare a seguire questo tipo di percorso e questa sollecitazione e attenzione rispetto al lavoro che Poste Italiane intende fare nei prossimi mesi su questo tipo di problematica.

(Rinvio dell'interpellanza urgente Capelli e Dellai – n. 2-01129)

  PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta dei presentatori e con il consenso del Governo, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Capelli e Dellai n. 2-01129 è rinviato ad altra seduta.

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(Iniziative normative per la revisione della disciplina di cui al decreto-legge n. 133 del 2014, cosiddetto «Sblocca Italia», al fine di tutelare le aree particolarmente fragili dal punto di vista ambientale rispetto alle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi – n. 2-01159)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Crivellari ed altri n. 2-01159, concernente iniziative normative per la revisione della disciplina di cui al decreto-legge n. 133 del 2014, cosiddetto «Sblocca Italia», al fine di tutelare le aree particolarmente fragili dal punto di vista ambientale rispetto alle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo al deputato Crivellari se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  DIEGO CRIVELLARI. Presidente, onorevoli colleghi, il Veneto è stato interessato anche nel recente passato da fenomeni di subsidenza dovuti alla sovrapposizione di diverse cause, con ricadute sull'assetto idraulico, geomorfologico e territoriale, tali da richiedere forti iniziative volte al controllo e al contrasto attivo di tali fenomeni.
   Ma di cosa si tratta in definitiva ? La subsidenza è un fenomeno presente su gran parte del territorio della pianura padana ed è causata da vari processi naturali, ma la causa più rilevante, o una delle più rilevanti è di origine antropica ed è dovuta all'estrazione di acque sotterranee di idrocarburi, che genera ed acuisce criticità territoriali già particolarmente evidenti. Il territorio del basso Polesine ad esempio è totalmente sotto il livello del mare, mediamente di due metri, e con punte fino a quattro metri e trenta centimetri. Alcune aree del territorio veneto, parti significative della fascia costiera e veneziana, il delta del fiume Po e un ampio settore del suo entroterra sono ad oggi interessate da fenomeni di subsidenza, i cui effetti hanno ricadute sull'assetto idraulico geologico e di tutela del territorio e risulta quindi necessario mettere in atto azioni volte a limitare tali fenomeni irreversibili.
  Analogamente, i più recenti accadimenti alluvionali hanno riportato al centro dell'attenzione il tema della sicurezza idrogeologica che in Veneto, per le caratteristiche geomorfologiche qui richiamate, necessita di notevole attenzione. In particolare, in nome del principio di precauzione della salvaguardia del territorio, dobbiamo anteporre la sicurezza e la tutela di un territorio fragile, in difficile equilibrio e già pesantemente sfruttato e compromesso ad ogni possibile interesse economico derivante dall'estrazione degli idrocarburi dal sottosuolo, anche perché è presumibile che i profitti ricavabili da simili investimenti sarebbero in ogni caso molto inferiori a quanto necessario per realizzare ulteriori interventi sulle opere di difesa a mare e per la messa in sicurezza del bacino idrografico del Po e dell'Adige, senza contare il rischio cui verrebbero sottoposti non solo i centri urbani, ma anche i beni storico-artistici, monumentali ed ambientali disposti lungo il corso dei fiumi lungo le coste.
  Voglio provare ora a fare una sintetica cronistoria. Si tratta di una storia forse poco conosciuta, ma che merita di essere ricordata in questa sede.
  Negli anni Trenta e soprattutto negli anni Quaranta e Cinquanta del secolo scorso, fino alla sospensione decisa dal Governo nazionale nel 1961, furono estratti nel territorio del Delta del Po miliardi di metri cubi di metano e gas naturali, contribuendo ad aggravare notevolmente il fenomeno della subsidenza che determina un progressivo abbassamento del suolo.
  Possiamo affermare che la subsidenza antropica, derivata dall'estrazione del gas metano, ha contribuito ad aggravare notevolmente la situazione idrogeologica di un territorio, il Polesine, l'attuale provincia di Rovigo, che nel 1951 fu colpito da una rovinosa alluvione.
  Nel periodo tra il 1951 e il 1960, è stimato che gli abbassamenti del suolo Pag. 29raggiunsero i 2 metri, ma le conseguenze del fenomeno non si sono fermate con l'interruzione delle estrazioni e, fino al 1980, gli abbassamenti hanno raggiunto e superato i tre metri.
  Studi effettuati dall'università di Padova hanno dimostrato una quota della subsidenza nel periodo 1983-2008, che ha raggiunto i cinquanta centimetri nella zona meridionale del Delta del Po, al confine tra Veneto ed Emilia Romagna, un impatto che deve fare i conti con l'equilibrio di un delicato ecosistema e con le previsioni avanzate da più parti di un progressivo innalzamento del livello del mare, destinato ad interessare nei prossimi anni anche il territorio deltizio.
  Buona parte del territorio del polesano è area protetta, in quanto già parco regionale Veneto del Delta del Po e vogliamo ricordare che, rispetto al fenomeno della subsidenza, con l'unicità di questa porzione costiera d'Italia, si sono registrate nel tempo l'attenzione e la sensibilità di vari Governi, che hanno adottato politiche di tutela del territorio e determinato anche significativi interventi pubblici.
  Numerosi provvedimenti legislativi regionali e nazionali hanno allontanato dalla costa il pericolo della subsidenza indotto dalle stazioni a mare. È oggi urgente tutelare pienamente il territorio della pianura, così come quello lagunare e costiero, dal rischio di subsidenza e quindi anche dai conseguenti pericoli di eventi alluvionali di erosione dei litorali, dell'aumento di forze distruttive delle onde e della risalita del cuneo salino, che invece risultano favorite dalle attività di ricerca, prospezione e coltivazione di idrocarburi.
  Abbiamo già citato nella nostra interpellanza come l'articolo 26 della legge 31 luglio 2002, n. 179, recante «Disposizioni relative a Venezia e Chioggia» disponesse il divieto di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi anche nelle acque del golfo di Venezia, nel tratto di mare compreso tra il parallelo passante per la foce del fiume Tagliamento e il parallelo passante per la foce del ramo di Goro del fiume Po.
  Assicuro il Governo che il tema è e rimane particolarmente sentito e incontra le sensibilità più diverse ed è qualcosa di realmente trasversale. Nella mia provincia, il Polesine, la subsidenza richiama tuttora e intreccia memorie storiche e cronaca familiare, rappresenta tuttora una ferita aperta e un trauma che non possiamo e non dobbiamo rimuovere o dimenticare, se vogliamo davvero poter immaginare un futuro per il nostro territorio e per la sua gente.
  Le nostre preoccupazioni e le nostre riflessioni sono suffragate da dati oggettivi e non sono certamente l'esito di un processo emotivo o transitorio. Il pronunciamento unanime del Consiglio regionale del Veneto di poche settimane fa costituisce inoltre un fatto politico di rilievo e testimonia l'atteggiamento sostanzialmente compatto in un territorio.
  Nella giornata di ieri, proprio qui alla Camera, abbiamo discusso di un tema fondamentale per i prossimi anni, come quello rappresentato dal cambiamento climatico, delle questioni che saranno al centro della prossima Conferenza di Parigi, un dibattito importante che ha evidenziato l'attenzione del Governo e del Parlamento su questioni destinate, ormai inevitabilmente, ad incidere fortemente sull'agenda politica globale e sugli scenari ambientali, economici e geopolitici.
  Si tratta, a nostro avviso, di temi e nodi epocali che, a maggior ragione, dovrebbero indurci e indurre il Governo a riconsiderare alcune delle sue posizioni, assumendo iniziative tese a rivedere le disposizioni contenute nel decreto «Sblocca Italia» per le zone particolarmente fragili dal punto di vista ambientale (vedi le modifiche sostanziali auspicate dai promotori del referendum, ad esempio), tenendo conto della contrarietà di larghissima parte della popolazione e delle implicazioni di lunga durata connesse ad una strategia energetica che fosse imperniata in via prioritaria sulla ricerca e sullo sfruttamento di idrocarburi.
  Appare necessario un ruolo attivo del Governo nazionale per monitorare i fenomeni della subsidenza e dell'erosione delle Pag. 30coste, dell'impatto ambientale di strutture già esistenti e del progressivo innalzamento del livello del mare, nonché per mettere in atto strategie complessive finalizzate alla tutela della specificità del territorio della costa veneta, di Venezia, di Chioggia e del Delta del Po, che partano dal pronto coinvolgimento di tutti gli attori locali e da una rinnovata elaborazione di carattere generale rispetto alla valenza nazionale dei problemi in essere e delle questioni che qui sono state richiamate.
  Riteniamo che il Governo nazionale debba tener conto, per le ragioni di cui sopra, della specificità del territorio dell'Alto Adriatico, con particolare riferimento alla costa polesana e a quella veneziana, al Delta del Po e all'entroterra padovano e veneziano, prossimo all'area polesana, e della necessità di un intervento rispetto ai fenomeni della subsidenza, dell'erosione delle coste e dei rischi che abbiamo appena richiamato.
  Crediamo che l'alto Adriatico, infine, e la costa veneta specialmente, presentino peculiarità e problematiche territoriali che li rendono di fatto unici, meritevoli di un'attenzione da parte della politica centrale che, salvaguardando un patrimonio ambientale straordinario, potrà contribuire a difendere e a rilanciare le autentiche vocazioni di realtà come quelle rappresentate da Venezia, Chioggia e dal Delta del Po: dalla pesca al turismo – ricordiamo che il Veneto rimane la prima industria turistica italiana –, dalla portualità alla logistica. Tutto ciò, nel quadro di una più articolata economia del mare che, oltre a rientrare ugualmente tra le dichiarate priorità del nostro Governo, appare strettamente e inestricabilmente legata all'identità della nostra terra e al suo futuro.

  PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, Silvia Velo, ha facoltà di rispondere.

  SILVIA VELO, Sottosegretaria di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Sul tema proposto dagli interpellanti, che riguarda appunto il fenomeno della subsidenza nel basso Polesine e nel Delta del Po, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha acquisito anche informazioni dal Ministero dello sviluppo economico. Sostanzialmente, confermiamo in parte quanto illustrato dall'onorevole Crivellari. La Pianura Padana, infatti, è una terra storicamente colpita dal fenomeno dello subsidenza, soprattutto nell'area veneziana. Questo fenomeno è legato in particolare alle eccessive estrazioni dell'acqua di falda che nel tempo sono state utilizzate soprattutto per alimentare l'acquedotto industriale di Porto Marghera. Questa situazione si è arrestata alla fine degli anni Sessanta dopo la grande alluvione del 4 novembre 1966 e l'eccezionale marea che colpì Venezia. In quella circostanza, risultò evidente che i pozzi andavano chiusi e si procedette in tal senso e si individuarono altre fonti di approvvigionamento per l'acquedotto industriale. Ci fu un beneficio pressoché immediato in quanto tutte le rivelazioni, a cominciare da quelle mareografiche, evidenziarono una riduzione dei tassi di subsidenza che ritornarono ai valori naturali tipici del suolo veneziano. Oggi si stima che su circa 26 centimetri di crescita relativa del livello medio del mare registrata a Venezia negli ultimi cento anni, circa 11 sono da associare alla subsidenza, di cui 8 di origine antropica (estrazione di acque sotterranee) e 3 di origine naturale. Da tali dati si desume, quindi, che il menzionato trend di innalzamento dei livelli del mare è solo in parte dovuto alla subsidenza. Tuttavia, non è possibile determinare con certezza la correlazione tra attività minerarie e l'aumento del tasso di subsidenza, né tantomeno la relativa misura.
  Si specifica, altresì, che nelle aree marine prospicienti il Golfo di Venezia, in base alla legge n. 9 del 1991, poi modificata dalla legge n. 179 del 2002, sono state vietate tutte le attività upstream fino a quando il Consiglio dei ministri, d'intesa con la regione Veneto, su proposta del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, non abbia definitivamente Pag. 31accertato, sulla base di nuovi e aggiornati studi, che non sussistano rischi apprezzabili di subsidenza sulle coste. Tale divieto è tuttora in essere e non è stato rimosso dal decreto-legge cosiddetto «sblocca Italia», il n. 133 del 2014, il quale si è limitato a prevedere che, al fine di tutelare le risorse naturali e di idrocarburi in mare in prossimità di aree in cui anche altri Paesi rivieraschi svolgono attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi e per assicurare il relativo gettito fiscale allo Stato, il Ministero dello sviluppo economico, di concerto con quello dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e sentite le regioni interessate, possa autorizzare progetti sperimentali di coltivazione di giacimenti purché, sulla base della valutazione di impatto ambientale, sia dimostrata l'assenza di effetti di subsidenza dell'attività sulla costa, sull'equilibrio dell'ecosistema e sugli insediamenti antropici. La norma prevede, inoltre, una serie di accorgimenti affinché siano costantemente monitorati tali effetti, salvo interrompere le attività con decadenza delle relative autorizzazioni nel caso in cui appunto venissero accertati fenomeni di subsidenza. Quindi, c’è un divieto in essere, non è stato rimosso e lo «sblocca Italia», come ho chiarito, presuppone una serie di eventuali accorgimenti e decadenza delle autorizzazioni.
  Nelle aree di mare prospicienti le coste venete non sono attualmente presenti attività upstream. Con specifico riferimento alle acque di mare prospicienti la foce del Po e, quindi, interessanti anche la provincia di Ferrara, sussistono, invece, attività minerarie. Relativamente a tali attività, già a partire dagli anni Settanta, è stata tuttavia implementata una rete di monitoraggio su richiesta di enti di controllo a livello regionale e nazionale che permette di effettuare misurazioni dirette sui tassi subsidenza con cadenza periodica, garantendo, quindi, un costante monitoraggio del fenomeno.
  Merita, peraltro, di essere evidenziato come di recente sia stato elaborato, da parte di un gruppo di lavoro istituito presso il MISE e costituito da diversi specialisti esperti nei settori di geologia, sismologia e della prevenzione del rischio, un documento contenente indirizzi e linee guida per il monitoraggio della sismicità, delle deformazioni del suolo e delle pressioni di poro nell'ambito delle attività antropiche. Per l'applicazione di ulteriori misure di monitoraggio e mitigazione nelle aree citate dagli interpellanti, il Ministero dello sviluppo economico ha stipulato anche un accordo con la regione Emilia-Romagna per lo studio degli effetti delle attività nel sottosuolo e l'applicazione di linee-guida di monitoraggio. Le risultanze di dette attività di monitoraggio saranno evidentemente di primaria importanza per definire eventuali iniziative future sul punto.

  PRESIDENTE. La deputata Rostellato ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta all'interpellanza Crivellari ed altri n. 2-01159, di cui è cofirmataria.

  GESSICA ROSTELLATO. Grazie, Presidente, ringrazio il sottosegretario Velo. Ci dichiariamo parzialmente soddisfatti. Credo sia importante e comunque molto positivo sapere che la legge n. 179 del 2002 mantiene ancora i suoi effetti e che, quindi, quel divieto continua a persistere nonostante l'entrata in vigore dello «sblocca Italia». Di questo non ne eravamo certi, nel senso che la cosa non era ben chiare e, quindi, comunque questo ci conforta in qualche modo. E riteniamo anche positivo il fatto che sia stato chiarito che attualmente non vi sono attività upstream in corso. Nonostante ciò, riteniamo fondamentale il fatto di continuare a monitorare le attività minerarie che invece sono in corso per capire effettivamente quali effetti vi saranno in questo territorio. Infatti, come ribadisco nuovamente, per i cittadini veneti e, in particolare, per quelli delle province di Venezia, di Rovigo, ma anche di Padova, il problema della subsidenza è veramente un problema molto sentito perché nel corso della seconda metà del secolo scorso il problema della subsidenza ha toccato tutte le famiglie di quella zona in maniera molto forte e Pag. 32continua a toccarle nel senso che è dimostrato che la subsidenza comunque ancora sta andando avanti e c’è un abbassamento di almeno 3 centimetri all'anno. E questa cosa sta portando, ovviamente, un'infiltrazione continua dell'acqua marina anche all'interno delle terre e delle aree agricole fino a zone molto interne della regione, che arrivano anche all'interno della provincia di Padova. E questo, ovviamente, implica anche un inaridimento dei terreni e un'impossibilità di coltivarli. Questa cosa è stata riconosciuta anche dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, tanto che il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali medesimo ha anche finanziato degli investimenti per effettuare delle barriere saline sui fiumi appunto che entrano, per evitare l'entrata del cuneo salino ed evitare, appunto, la perdita di questi terreni agricoli. Quindi, io credo che sia importante continuare a monitorare per evitare ulteriori danni alla popolazione e al territorio tutto.
  Tra l'altro, ritengo sia importante anche sottolineare che tutto il consiglio regionale del Veneto nel suo complesso si è espresso in maniera molto chiara sulla decisione di non voler assolutamente effettuare ricerca di idrocarburi in prossimità della costa del Veneto. È passata anche una legge, tra l'altro di un consigliere di minoranza, ma comunque appunto approvata da tutto il consiglio regionale. È in vista anche un eventuale referendum sulla questione. Quindi, noi crediamo che eventuali ricerche debbano essere semmai iniziate con molta cautela e comunque il controllo deve essere fondamentale. Poi vi è la questione, invece, dell'accordo che lei ha menzionato per la regione Emilia-Romagna.
  Sarebbe magari utile ampliare lo stesso tipo di accordo anche alla regione Veneto, avendo comunque una situazione abbastanza simile, proprio per lo studio degli effetti che queste attività nel sottosuolo potrebbero avere, quindi non solo ovviamente nella regione Emilia-Romagna, dove appunto ci sono le stesse problematiche, ma anche per la nostra regione. Quindi auspico insomma che lei, sottosegretario, possa farsi anche promotrice per ampliare questo accordo alla nostra regione.

(Elementi e iniziative di competenza in merito al rispetto del Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, in particolare in relazione al fenomeno del «caporalato» – n. 2-01161)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Zaccagnini e Scotto n. 2-01161, concernente elementi e iniziative di competenza in merito al rispetto del Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, in particolare in relazione al fenomeno del «caporalato» (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo al deputato Zaccagnini se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  ADRIANO ZACCAGNINI. Signor Presidente, l'interpellanza verte appunto su un caso specifico su cui vogliamo una verifica, vogliamo appunto capire la questione della questura di Foggia dopo decenni in cui le condizioni dei migranti che lavorano sono veramente disumane. Sappiamo nella Capitanata quanti ghetti racchiudano persone che appunto migrano da altri Paesi e lavorano poi, a seconda della stagione, in agricoltura, nei campi della Capitanata. Ci chiediamo per quale motivo non venga rilasciato il rinnovo del permesso di soggiorno se dalle modifiche del Testo unico sull'immigrazione, all'articolo 7, commi 7 e 8, nel momento in cui non c’è più bisogno di una residenza basta l'autocertificazione. Sappiamo bene soprattutto quanto sia necessario il documento per queste persone affinché non siano relegate in condizioni di marginalità e, quindi, il mercato nero del lavoro di quelle zone non li possa ricattare e sfruttare ancor di più.
  Questa situazione è una delle richieste avanzate in quel territorio ma la verifica in uno dei quesiti la poniamo anche su Pag. 33tutte le altre prefetture italiane. Riguarda il rilascio del permesso di soggiorno, quali sono le procedure seguite e se queste si conformano appunto al Testo unico sull'immigrazione vigente. Altre questioni che portiamo all'attenzione sono quelle – sollevata sia dai lavoratori, sia dai sindacati che dalle associazione dei territori – circa l'applicazione del contratto unico nazionale e l'opportunità di applicare questo e cosa il Governo stia facendo riguardo a questo ambito. Riguardo anche ai controlli, poniamo un quesito per capire lo stato dei controlli fiscali, se questi vengono svolti con una proporzione adeguata rispetto al grande numero delle aziende agricole presenti in quel territorio o, comunque, nei territori in generale e lo stato di avanzamento. Comunque sono stati fatti molti controlli in più da questa estate, è evidente come ci sia un'attenzione maggiore, ma vorremmo delle risposte.
  In ultimo, ma questa è più una questione di carattere generale e politico viste anche le dichiarazioni di ieri del Ministro Orlando, cosa pensa il Governo riguardo al superamento del reato di immigrazione clandestina, quando verrà applicato ciò che il Parlamento ha deciso sostanzialmente, se c’è una situazione di avanzamento, se ci può dare qualche aggiornamento riguardo a questo.
  È un decreto che aspettiamo per rendere fattuale ciò che è stato approvato il 2 aprile 2014 e che dava un lasso di tempo di diciotto mesi per il Governo per esercitare questa delega.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Domenico Manzione, ha facoltà di rispondere.

  DOMENICO MANZIONE, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, l'interpellanza appena illustrata proviene dagli onorevoli Zaccagnini e Scotto, che prendono sostanzialmente le mosse da una manifestazione di protesta organizzata dai braccianti agricoli a Foggia lo scorso 4 settembre e richiamano però l'attenzione del Governo su tutta un'articolata serie di questioni inerenti lo sfruttamento del lavoro in agricoltura. La prima segnalazione effettuata dagli interpellanti riguarda la questura di Foggia, si chiede in particolare di verificare da parte del Governo se il suddetto ufficio, in sede di rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno degli stranieri, richieda il requisito dalla fissa dimora nonostante esso non sia previsto dalla normativa vigente. A seguito di un'attenta verifica è emerso che il problema, che è stato evidenziato nell'interpellanza, riguarda i titolari di protezione sussidiaria o umanitaria particolarmente numerosi in concomitanza con le raccolte stagionali del Tavoliere delle Puglie. Com’è noto, in relazione a tale tipologia di stranieri, la normativa di settore – di recente peraltro ribadita con il decreto legislativo n. 142 del 2015 – prevede che l'ottenimento del permesso di soggiorno non sia subordinato all'indicazione o al possesso di un luogo di dimora effettiva né alla dimostrazione della disponibilità di un alloggio. Tanto premesso, assicuro che, al fine di fugare incertezze interpretative e applicative, la questura di Foggia ha effettuato una rivisitazione complessiva delle prassi in uso nei procedimenti di rilascio e rinnovo dei permessi di soggiorno e le ha adeguate ai dettami normativi e ai conformi indirizzi ministeriali. Sempre in relazione alla situazione del territorio richiamato nell'interpellanza, desidero informare che la locale prefettura ha ritenuto di assumere il ruolo di cabina di regia delle attività di tutti i soggetti pubblici e privati coinvolti a vario titolo nel settore del lavoro agricolo. L'obiettivo prioritario di tale modulo coordinamentale è nella realizzazione delle sinergie operative necessarie a garantire ai lavoratori, sia italiani che stranieri ovviamente, il rispetto dei diritti fondamentali, con ciò promuovendo anche una più ampia accezione di legalità a supporto dello sviluppo economico e civile dei territori interessati. In particolare, nei giorni successivi alla citata manifestazione del 4 settembre, il prefetto ha presieduto un incontro sulle criticità che connotano le condizioni di lavoro agricolo in provincia a cui hanno preso parte, oltre che i vertici delle forze dell'ordine e il direttore Pag. 34territoriale del lavoro, i rappresentanti delle associazioni datoriali del comparto, delle associazioni di volontariato impegnato sulle problematiche dell'immigrazione, del comitato dei lavoratori delle campagne e della Rete campagne in lotta. Inoltre le associazioni datoriali hanno dato atto sia della copiosità dei controlli operati dalle varie autorità pubbliche nel settore dell'agricoltura e in quello delle attività ricettive nel periodo estivo, sia della circostanza che non sono state operate duplicazioni nei confronti delle medesime aziende grazie al coordinamento peraltro. Infine, su sollecitazione della Rete campagne in lotta, le associazioni datoriali hanno dato la disponibilità a costituire con i sindacati un tavolo per la definizione di un accordo riferito specificamente all'attuazione delle previsioni del contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al trasporto dei lavoratori. In ordine agli altri quesiti contenuti dell'interpellanza che affrontano la tematica dello sfruttamento del lavoro agricolo in tutta la sua complessità e coinvolgono quindi la competenza di diversi Dicasteri, riterrei opportuno premettere un discorso di carattere generale. La recrudescenza del caporalato, favorito dalla crisi economica e dal crescente numero di stranieri in cerca di occupazione in agricoltura, unitamente all'accertata infiltrazione delle organizzazioni criminali nel settore, ha spinto il Governo a mettere in campo un impegno piuttosto forte, passando da una gestione emergenziale del fenomeno a un'azione stabile, organica e coordinata delle varie istituzioni
coinvolte.
  In tal senso, nella seduta del 13 novembre scorso, il Consiglio dei Ministri ha approvato un disegno di legge mirante a rafforzare gli strumenti di contrasto, anche attraverso la trasposizione, in questo settore, di istituti già applicati con profitto in altri ambiti delittuosi. Faccio riferimento in particolare alla possibilità di utilizzare l'arresto obbligatorio in flagranza di reato, alla confisca obbligatoria del prodotto o del profitto del reato, alla cosiddetta «confisca allargata», prevista dall'articolo 12-sexies del decreto-legge n. 306 del 1992. Faccio anche riferimento a meccanismi di natura premiale per coloro che collaborano con la giustizia nonché alla responsabilità amministrativa degli enti che traggono vantaggio dallo sfruttamento dei lavoratori. Nel disegno di legge sono previste anche sanzioni del decreto legislativo n. 231.
  Inoltre, il provvedimento inserisce il caporalato nell'elenco dei reati per i quali la vittima può essere indennizzata dallo Stato, attingendo al fondo antitratta, istituito con la legge del 2003 e incrementato nel 2014.
  Infine, viene disposto il rafforzamento dell'operatività della rete al lavoro agricolo di qualità, di recente istituzione. Con il provvedimento, infatti, si estende l'ambito dei soggetti che possono aderire alla rete, includendovi, da un lato, gli sportelli unici per l'immigrazione e le istituzioni locali e, dall'altro, proprio nel senso auspicato dagli onorevoli interpellanti, i centri per l'impiego e gli enti bilaterali costituiti dalle organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori in agricoltura nonché i soggetti provvisti di autorizzazione al trasporto di persone che intendono trasportare i lavoratori agricoli. Allo stesso tempo, si stabilisce l'ampliamento delle funzioni svolte dalla cabina di regia della rete stessa.
  Quanto ai quesiti di sua competenza, il Ministero del lavoro ha fatto sapere che, in attuazione del documento di programmazione dell'attività di vigilanza per l'anno scorso, i propri uffici ispettivi hanno dedicato particolare attenzione al contrasto del lavoro sommerso e del caporalato, con particolare riferimento a specifiche aree regionali, quali Puglia, Campania, Calabria e Basilicata. In tale ambito, i controlli effettuati sono risultati talvolta difficoltosi per il forte condizionamento a cui i braccianti sono sottoposti; condizionamento che spesso induce ad atteggiamenti reticenti, rendendo problematica l'acquisizione di riscontri probatori.
  Occorre anche considerare che i fenomeni del lavoro nero e del caporalato rappresentano solo le irregolarità più evidenti del settore agricolo, che si caratterizza Pag. 35anche per la presenza di forme elusive degli obblighi previdenziali assicurativi e fiscali, ovviamente. Proprio al fine di gestire al meglio le specifiche complessità che l'attività di vigilanza richiede, sono state attivate sinergie tra i diversi soggetti istituzionali, in particolare tra l'Arma dei carabinieri, le ASL, il Corpo forestale dello Stato e la Guardia di finanza.
  Rammento, inoltre, che per l'anno in corso il Ministero del lavoro ha anche programmato una serie di attività di vigilanza straordinaria, mediante la costituzione di task force interprovinciali e interregionali, impegnate in località preventivamente selezionate e interessate da lavorazioni a carattere stagionale. Complessivamente nel 2014 sono state effettuate un totale di 5.434 ispezioni in aziende agricole, mentre nel solo primo semestre di quest'anno sono stati effettuati già 3.349 accertamenti. Dei 2.355 lavoratori irregolari accertati, 1.104 sono risultati in nero. In questo contesto sono stati accertati sul territorio nazionale 320 fenomeni riconducibili all'interposizione di manodopera e al caporalato, di cui 267 nel solo Mezzogiorno. I risultati ottenuti dimostrano evidentemente l'efficacia di un'azione ispettiva che pone forte attenzione all'attività di analisi e che, come già detto, ha coinvolto, ove possibile, diversi organi di vigilanza.
  In relazione agli aspetti dell'interpellanza riguardanti il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, da tale Ministero si è inteso sottolineare come la predetta rete del lavoro agricolo stia consentendo di sperimentare, per la prima volta in Italia, un sistema pubblico di certificazione etica del lavoro, attraverso un percorso che è di contrasto del fenomeno dell'illegalità nel lavoro agricolo e, allo stesso tempo, di semplificazione e di trasparenza per le aziende.
  La rete è operativa dallo scorso 1o settembre e, in poche settimane, sono già oltre 400 le imprese che hanno chiesto di aderirvi. Essa sta ottenendo anche molta attenzione presso la grande distribuzione organizzata e i buyer internazionali.
  Infine, in ordine al tema dei controlli fiscali sulle imprese di produzione e distribuzione dei prodotti agricoli, il Ministero dell'economia e delle finanze ha rappresentato che gli interventi ispettivi della Guardia di finanza sono rivolti nei confronti di soggetti opportunamente selezionati mediante il ricorso alle informazioni delle banche dati, integrate dalle risultanze emerse dalle attività di analisi del rischio di intelligence e di controllo economico del territorio. Tale metodologia d'analisi e selezione si applica alla generalità dei contribuenti e, dunque, anche alle imprese di produzione e di distribuzione dei prodotti agricoli.
  A tale specifico riguardo informo che gli oltre 8 mila controlli conclusi dai reparti della Guardia di finanza nel 2014 e nell'anno in corso, fino a ottobre, nei confronti delle imprese del settore agricolo hanno condotto ad avanzare proposte di recupero e tassazione per oltre 500 milioni di euro ai fini delle imposte sui redditi e per circa 50 milioni di euro ai fini IVA. Il che attesta e testimonia un significativo incremento dei risultati conseguiti rispetto agli anni passati.
  Per quanto riguarda, invece, il reato di immigrazione clandestina, ovviamente tutti facciamo affidamento sulle dichiarazioni del Ministro Orlando, nel senso del decreto legislativo che dovrebbe essere pronto per l'esame del Consiglio dei Ministri.

  PRESIDENTE. Il collega Zaccagnini ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  ADRIANO ZACCAGNINI. Grazie, Presidente. Sì, mi ritengo parzialmente soddisfatto, in quanto bisogna riconoscere al Governo che c’è un lavoro, anche sollecitato dalle opposizioni e da tantissime organizzazioni sui territori, che sta portando avanti in maniera non accelerata, ma probabilmente anche perché si vuole procedere con cognizione di causa. Noi siamo assolutamente favorevoli affinché si proceda in maniera stabile e continuativa in questa direzione, come si sta facendo, Pag. 36anche entrando nel vivo della materia normativa sul caporalato, come faremo nelle prossime settimane qui, probabilmente, alla Camera, però vedremo dove sarà assegnato il provvedimento proposto dal Consiglio dei Ministri.
  Siamo anche favorevoli all'implementazione dei controlli. Da quello che capisco dalla risposta, la situazione di Foggia si adegua alle condizioni nazionali delle normative vigenti. Quindi questo è molto positivo, proprio perché nella Capitanata, in quell'area, era necessario adeguarsi proprio per non creare condizioni favorevoli allo sfruttamento degli irregolari, persone, appunto, che da una condizione di irregolarità possono passare a una condizione quantomeno di legalità, liceità anche nella ricerca del lavoro e nelle condizioni che gli vengono proposte, quindi non sono così ricattabili.
  Non creando le condizioni favorevoli al caporalato si ricrea tutto un terreno, un tessuto sociale che ha degli anticorpi al suo interno, come abbiamo visto anche dalle manifestazioni del 4 settembre, che, secondo noi, devono essere sostenuti. È proprio la chiave per combattere con vari elementi e vari protagonisti questa lotta al caporalato in maniera continuativa, proprio per far emergere, quanto più possibile, il lavoro nero e soprattutto disarticolarlo dalle connivenze con la malavita organizzata di quei territori, che si sta, tra l'altro, trasformando anche perché i caporali sono sempre più stranieri, anche loro. Ci sono meno italiani, quindi si sta trasformando proprio la composizione sociale anche di quel tipo di sfruttamento, che c’è anche al Nord – bisogna ricordarlo –, non solo nel Mezzogiorno.
  Quello che ci vede ancora non completamente soddisfatti è il fatto che bisogna ovviamente procedere ad un vero e proprio supporto e tutela di chi denuncia: che siano lavoratori regolari, e in questo caso il supporto e la tutela (cosa che proporremo appunto in fase di decreto legislativo) consistono nel reinserimento lavorativo dei lavoratori italiani. È fondamentale per chi denuncia il caporale della sua zona poter accedere nuovamente al lavoro, e quindi avere una sostituzione di quello che gli offriva il caporale in quella zona. Secondo noi la rete del lavoro agricolo di qualità può avere anche questa funzione al suo interno, attraverso le risorse confiscate: con quelle risorse si possono creare degli sgravi fiscali, o comunque le condizioni affinché le persone possano essere reinserite nelle aziende che sappiamo essere state controllate, che hanno aderito alla rete, e quindi aziende sane.
  Per gli irregolari c’è un altro discorso da fare: partire innanzitutto dal rilascio del permesso di soggiorno temporaneo a chi denuncia, il pagamento della retribuzione di quanto gli era dovuto, e metterli quindi nella condizione di potersi muovere dal territorio dove erano stati sfruttati e nel quale hanno avuto il coraggio lo sfruttamento; e quindi permettere loro di muoversi sul territorio per trovare un'altra situazione lavorativa, perché sappiamo che hanno bisogno di quello. Ma anche le nostre aziende agricole hanno bisogno di loro, di questa forza lavoro, in particolare in alcune stagioni. Dobbiamo avere la capacità di prevenire la creazione di ghetti in condizioni disumane, e sapendo dove si concentrano andare ad intervenire, ora che c’è una continuità maggiore, anche sulle ispezioni, andare a prevenire le situazioni e cercare di bonificare dei territori molto complessi e molto difficili.
  Quello che crediamo è che bisogna dare forza all'emancipazione dei lavoratori sfruttati: più strumenti, per i quali entreremo quest'inverno nella fase di elaborazione normativa, secondo noi equivalgono a più diritti; e più diritti sono funzionali alla collaborazione con l'autorità giudiziaria, perché non vengono più sentiti come imputati ma come teste e come persone informate dei fatti. Quando vengono sentiti come imputati perché comunque sono in una condizione di irregolarità, senza il permesso di soggiorno, è molto più difficile che possano collaborare, e si possa diffondere un'informazione e una consapevolezza tra i migranti che lavorano nelle campagne, che se denunciano non incorrono in sanzioni.Pag. 37
  Per questo chiediamo con forza (e ci affidiamo anche noi alle parole del Ministro, che sottoscriviamo) il superamento del reato di immigrazione clandestina, che è stato già approvato dal Parlamento e che deve essere attuato dal Governo. Siamo alla scadenza dei diciotto mesi: non è stato fatto nulla finora, ma ci affidiamo alle parole di questi giorni del Ministro per fare un'ulteriore verifica e dare un'ulteriore nostra disponibilità e fiducia. Il quadro delle politiche sull'immigrazione deve avere una sua sensatezza, una sua organicità per affrontare e attaccare il caporalato e le condizioni in cui queste persone si vengono a trovare: marginalizzate, nell'illegalità e preda delle mafie. Noi crediamo che nessuno sia illegale come persona in quanto tale, ma possano semmai esserlo le condizioni in cui si trovano: devono essere le prime ad essere trasformate, per ridare dignità alla condizione umana di queste persone.

(Iniziative per potenziare la dotazione di personale dell'ufficio doganale del porto di Palermo e per l'acquisto della strumentazione necessaria ad assicurare efficaci controlli di sicurezza dei passeggeri – n. 2-01176)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Nuti ed altri n. 2-01176, concernente iniziative per potenziare la dotazione di personale dell'ufficio doganale del porto di Palermo e per l'acquisto della strumentazione necessaria ad assicurare efficaci controlli di sicurezza dei passeggeri (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo al deputato Riccardo Nuti se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  RICCARDO NUTI. Presidente, sì, illustro l'interpellanza firmata anche da tutti gli altri miei colleghi del MoVimento 5 Stelle della Commissione affari costituzionali, nonché dei colleghi di Palermo Di Benedetto, Di Vita, Lupo e Mannino e dalla collega Liuzzi.
  Riassumo molto brevemente l'argomento, che riguarda la sicurezza al porto di Palermo sia dal punto di vista del contrasto al terrorismo (comunque le misure di prevenzione per evitare attacchi, o comunque la facilitazione del fenomeno del terrorismo), sia per quanto riguarda la criminalità organizzata.
  In sintesi il porto di Palermo è uno dei principali porti del Mediterraneo, e ovviamente anche dell'Italia: sono transitate merci nel 2014 per oltre 6,2 milioni di tonnellate e il numero di passeggeri è arrivato a circa 1,8 milioni. La posizione del porto di Palermo è particolare all'interno delle bacino mediterraneo, e offre frequenti collegamenti con porti nordafricani, in particolare quello di Tunisi.
  La situazione del porto di Palermo è a dir poco scandalosa. Perché ? Perché non vengono garantiti i livelli minimi di sicurezza. Per esempio, nei collegamenti – come dicevo poc'anzi – fra il porto di Palermo e quello di Tunisi i controlli che vengono effettuati sul personale e sui mezzi, sulle autovetture che giungono è molto scarso: mancano per esempio strumentazioni idonee, quali metal detector, scanner e aree dedicate ai controlli.
  Noi abbiamo fatto due ispezioni a fine settembre, in particolare una il 20 e una il 22: le ho fatte io personalmente con alcuni colleghi del MoVimento 5 Stelle dell'ARS, l'Assemblea regionale siciliana. In pratica quello che devo far presente è che i controlli, che abbiamo visto con i nostri occhi, per quanto riguarda il traffico delle persone sono quasi assenti, nel senso che – come si è visto anche nella vicenda del 20 settembre, dove sono arrivati più di 770 migranti – comunque la struttura non riesce a fare una selezione che si possa chiamare tale: è molto approssimativa, o addirittura c’è un vero e proprio caos all'interno dei moli del porto. E anche poi per quanto riguarda i bagagli o le autovetture, sono del tutto inadeguati.
  Faccio un racconto e cerco di descrivere, se già il Governo non è informato su qual è la struttura del porto e i relativi controlli. Nel momento in cui arriva la nave per esempio da Tunisi, le autovetture Pag. 38con a bordo i passeggeri si predispongono in un incolonnamento, che poi mira a far entrare queste autovetture e le persone che sono all'interno di esse in un gabbiotto. Ma in questo tragitto e in questa attesa non c’è nessuna sicurezza e nessuna garanzia che le persone che attraccano e arrivano al porto di Palermo non possano scambiare zaini, merci con l'esterno. Quell'area non è un'area sterile ! Io ho potuto vedere come le persone all'interno della macchina magari già fuoriuscivano, andavano fuori dalla zona del molo, e altre persone potevano avvicinarsi alle macchine: quindi capisce bene che sia per quanto riguarda l'arrivo di tali autovetture, sia per quanto riguarda invece quelle che devono partire per Tunisi, i controlli sono assolutamente carenti, per non dire ridicoli.
  Capisce bene allora che nel momento in cui abbiamo potuto constatare che subito dopo questo gabbiotto... Ce n’è uno solo, negli altri moli non c’è neanche quello, sottosegretario ! In pratica ci sono delle persone che si accostano a questo gabbiotto, dove le autovetture vengono controllate in realtà a campione, in maniera superficiale: faccia conto che mediamente ne viene controllata una ogni venti, ogni trenta, perché il personale non è in numero sufficiente per poter controllare tutte le autovetture e tutti i bagagli che arrivano.
  Successivamente abbiamo notato addirittura delle persone che affiancano l'autovettura, questa autovettura poi si accosta qualche metro dopo e inizia uno scambio di zaini e di borse che possono contenere tranquillamente, droga, sigarette di contrabbando o armi senza che vi sia alcun controllo. Addirittura, la Guardia di Finanza ci ha fermato mentre facevamo questa ispezione e guardavamo qual era la situazione e una volta che ci siamo presentati ci hanno detto che effettivamente non riescono a fare i dovuti controlli perché sono pochi e non hanno abbastanza strumenti.
  Lei capisce allora quello che accade sotto gli occhi di tutti al porto di Palermo, quindi non sto parlando di qualcosa di nascosto, se lei va al porto di Palermo la domenica pomeriggio, per esempio, potrà rendersi conto di persona di quanto accade, con nessuno che interviene, perché nonostante siano presenti più forze e più personale delle Forze dell'ordine comunque accadono queste cose. Ripeto, loro stessi ci hanno detto se non intervenite voi per aumentare il personale e darci maggiori strumenti non sappiamo cosa fare. Quindi è chiaro che nulla impedisce ai potenziali terroristi di accedere tranquillamente nel nostro territorio, quindi quando fate dei controlli e predisponete delle misure di sicurezza e innalzate il livello di sicurezza magari a Roma o a Milano e in altre zone del Paese capite bene che c’è un notevole buco dal punto di vista della sicurezza proprio nel sud del Paese, ma non perché potrebbe essere compiuto un attentato al porto di Palermo o a Palermo, o in Sicilia – per carità non lo possiamo escludere ! – ma in quanto è una porta aperta del nostro Paese tramite il quale possono entrare droga, armi e qualunque altro oggetto pericoloso per la sicurezza dei cittadini. Inoltre, ovviamente mettendo da parte la questione terrorismo che ho detto poc'anzi, questo non esclude anche un'attività della criminalità organizzata, che può agire senza che ci siano controlli e, quindi, può svolgere i propri interessi economici illegittimi.
  Facciamo anche presente che il decreto del Ministero dell'Interno, il n. 154 del 2009, in pratica al porto di Palermo non viene attuato. Il porto di Palermo dovrebbe avere un'area sterile, come le dicevo, come avviene – per farmi capire – in aeroporto e invece questo non c’è minimamente, soprattutto per quelle navi che vengono da Paesi che non appartengono all'area Schengen.
  Il 27 giugno 2015, nonostante quello che le ho descritto da me visionato a fine settembre e qualche giorno fa, il 27 novembre l'Autorità Portuale, dopo sollecitazioni anche di alcuni sindacati e di articoli di giornale, rispondeva: il porto di Palermo è dotato dei piani di security degli impianti portuali delle aree comuni, debitamente approvati dalla prefettura. Inoltre, Pag. 39diceva: il porto di Palermo è in regola con gli standard internazionali di security e le strutture in atto esistenti sono in corso di potenziamento.
  Ora il personale dell'Agenzia delle dogane aveva un organico totale di 150 unità qualche anno fa, poi questo personale è sceso fino a 70 unità e ora la pianta organica è di circa 80 unità, ma effettivamente l'ufficio doganale è composto da circa 65-67 persone. Quindi, comprende bene come neanche si raggiunga il numero minimo previsto dalla pianta organica. Consideri che questo personale deve controllare non solo l'affollato porto di Palermo, ma anche il porto di Termini Imprese, l'aeroporto internazionale Falcone e Borsellino di Palermo, che è uno dei principali approdi insieme a quello di Catania e, ovviamente altri attracchi minori.
  Quindi, da un lato è necessario aumentare il personale dell'ufficio doganale. Inoltre, vi è poi il problema della strumentazione che è praticamente assente e inadeguata. Comprende bene come la paralisi dell'ufficio doganale, quindi che non possa effettuare i controlli con la strumentazione adeguata emette a rischio un po'tutta la sicurezza e favorisce eventualmente anche la criminalità organizzata.
  Il fatto di assumere un numero maggiore di persone per arrivare almeno alla pianta organica per quanto riguarda l'ufficio doganale può essere visto come una spesa, ma intanto le faccio presente due aspetti.
  Il primo, aumentare i livelli di sicurezza, che visto gli attentati avvenuti a Parigi non è cosa di poco conto. Inoltre, maggiore personale vuol dire maggiori entrate derivanti da un rafforzamento del controllo sul flusso delle merci e della contestazione delle relative irregolarità. Quindi abbiamo chiesto in particolare tre cose: L'aumento del personale dell'ufficio doganale, anche tramite lo strumento della procedura per interpello, che è già stata fatta per esempio per autorità doganali con minor flusso di merci e di personale in altre zone d'Italia – quindi non si non si vede perché non farla anche nel porto di Palermo visto quello che le ho descritto poc'anzi – l'acquisto della strumentazione necessaria per garantire un'adeguata attività di controllo del flusso dei passeggeri, come in particolare un metal detector stile aeroporto e ovviamente uno scanner per le autovetture, perché altrimenti non si può andare avanti così.
  Quali altre misure intende prendere per evitare che aumentino i rischi all'interno del porto di Palermo ? Ripeto l'area sterile è fondamentale e al momento il porto di Palermo ne è totalmente sprovvisto in qualunque molo.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Domenico Manzione, ha facoltà di rispondere.

  DOMENICO MANZIONE, Sottosegretario di Stato per l'interno. Grazie Presidente. L'interpellanza dell'onorevole Nuti, alla cui firma si sono unite quelle di molti altri deputati, dalla stessa illustrazione sintetica che abbiamo sentito ha ad oggetto sostanzialmente la sicurezza nel porto di Palermo, sia con riferimento al traffico passeggeri, che a quel fenomeno migratorio e inoltre con riferimento alla possibilità che le strutture di quel porto possono essere sfruttata da organizzazioni terroristiche o mafiose per finalità delittuose.
  Il porto di Palermo in realtà è presidiato da tre tipologie di pianificazione atte a garantire la sicurezza. Il Piano di Sicurezza Portuale redatto dalla Capitaneria di porto che è a carattere generale e costituisce un momento di raccordo fra tutte le altre pianificazioni; il piano di sicurezza per le Port Facility, cioè attrezzature portuali, redatto dall'Autorità portuale, volto a tutelare le zone di ancoraggio e ormeggio e accosto al mare per la sicurezza di navi, persone e merci, nonché le unità per il trasporto di persone e merci. Vi è poi un ulteriore piano, denominato «Cristoforo Colombo», finalizzato alla predisposizione delle misure per la prevenzione e il controllo e la repressione di atti di natura terroristica, nonché alla individuazione degli indirizzi operativi tendente a contrastare Pag. 40deliberati atti di interferenza di tipo illecito e a salvaguardare in tali casi l'incolumità dei passeggeri, degli equipaggi e degli operatori.
  Da ultimo, è in via di definizione un ulteriore piano, denominato «piano di security», relativo alla sicurezza dell'impianto portuale «Molo Vittorio Veneto nord e sud – banchine non in concessione impegnate per navi passeggeri del porto di Palermo».
  Per quanto riguarda i servizi operativi, rappresento che la polizia di frontiera provvede preventivamente al controllo della totalità dei passeggeri e crocieristi provenienti o diretti verso l'area extra Schengen, nonché degli equipaggi delle navi di Paesi terzi. Successivamente allo sbarco i passeggeri sono sottoposti ai controlli tesi ad accertare eventuali preclusione di carattere amministrativo e giudiziario all'ingresso nel territorio nazionale. Soggiungo che la questura di Palermo svolge in ambito portuale, con cadenza settimanale appositi controlli di frontiera nonché servizi straordinari di sicurezza nei confronti di passeggeri in partenza e in arrivo da Tunisi – unica tratta sostanzialmente extra Schengen – avvalendosi di personale della polizia di frontiera marittima e della locale DIGOS, con l'ausilio delle pattuglie del reparto prevenzione crimine della Sicilia orientale. Analoghi servizi mirati vengono effettuati nel caso di sbarchi di navi con a bordo migranti. In tali occasioni infatti, oltre alle operazioni di accoglienza, assistenza e identificazioni, vengono svolte indagini dirette ad individuare eventuali responsabili dei reati di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e di traffico di esseri umani. Ciò ha consentito l'arresto di 97 stranieri e lo svolgimento di indagini in materia di traffico illecito di rifiuti speciali.
  La questura ha altresì intensificato i servizi antiterrorismo in ambito portuale con il concorso delle squadre del reparto mobile della Polizia di Stato e del battaglione mobile dell'Arma dei Carabinieri. In definitiva quindi la forza di polizia operano nel porto di Palermo a garanzia di livelli elevati di vigilanza e controllo sui passeggeri.
  Sempre in tema di ordine e sicurezza portuale, sottolineo che la prefettura di Palermo ha tenuto, il 29 giugno scorso, una riunione tecnica di coordinamento delle forze di polizia nel corso della quale è stata richiamata l'attenzione del presidente dell'Autorità portuale sulla necessità di predisporre una serie di misure ritenute presupposto indefettibile per l'efficace svolgimento dei controlli di polizia, con particolare riguardo alle navi provenienti dai Paesi extra Schengen. In un'ulteriore riunione tecnica di coordinamento tenutasi la scorsa settimana è stata effettuata una prima valutazione degli aspetti connessi all'attuale crisi internazionale a cui farà seguito, il prossimo 3 dicembre, una conferenza di servizi per l'approfondimento delle eventuali criticità e l'ulteriore miglioramento delle procedure di controllo.
  Quanto all'assenza di metal detector e scanner segnalo che l'Autorità portuale ha provveduto di recente all'installazione delle apparecchiature per il controllo radiologico del bagaglio dei passeggeri che sono state posizionate all'interno di due moduli collocati presso la banchina interessata da attracchi di navi extra Schengen. Le stesse sono state prese in carico dall'Agenzia delle dogane e sono regolarmente impiegate nell'attività di contrasto e prevenzione contribuendo a un notevole miglioramento della capacità di controllo doganale.
  A questo proposito, faccio presente che le attività di controllo doganale sono assicurate, oltre che dalla citata Agenzia, dalla Guardia di finanza i cui reparti operativi sono dotati, a loro volta, di attrezzature tecnologiche utilizzate, tra l'altro, per rafforzare il dispositivo di vigilanza antiterrorismo.
  Per quanto riguarda la dotazione organica teorica dell'ufficio delle dogane di Palermo comunico che, alla data del 1o novembre scorso, essa era pari a 80 unità, con un tasso di copertura pari al 90 per cento, in linea quindi con il tasso medio Pag. 41degli altri uffici delle dogane sul territorio nazionale. Comunque per fronteggiare le specifiche esigenze dell'ufficio è stata indetta una procedura di mobilità volontaria in ambito regionale all'esito della quale il tasso di copertura della dotazione organica dovrebbe raggiungere il 95 per cento.
  Informo infine che, in occasione della rimodulazione della dotazione organica complessiva dell'Agenzia, i rilevanti compiti di presidio assolti dall'ufficio delle dogane di Palermo sono stati tenuti in debita considerazione. La nuova dotazione dell'ufficio di Palermo è stata incrementata da 80 a 95 unità, modifica che tendenzialmente favorirà l'incremento del personale effettivo.

  PRESIDENTE. Il deputato Nuti ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  RICCARDO NUTI. Grazie Presidente, sono diciamo non soddisfatto, anche se finalmente la nostra interpellanza ha permesso di attivare qualcosa che doveva essere fatto già da tempo. Partiamo da un punto: l'aumento del personale dell'Agenzia delle dogane. Ci fa piacere questo aumento della dotazione da 80 a 95, ma – come ha detto – è un aumento della dotazione organica teorica, quindi non riguarda gli effettivi.
  Quindi, quello che le chiedo è di non limitare la vostra attività solamente all'aumento della dotazione organica ma, tramite la procedura che ha descritto poc'anzi della mobilità volontaria o quella che le ho descritto nell'interpellanza, provvedere ad un aumento effettivo del personale. Perché altrimenti i controlli effettuati dal personale delle agenzie delle dogane, insieme poi ad altro personale delle forze dell'ordine, non risultano efficaci.
  Quindi, questo è il primo punto: almeno siamo riusciti a far capire al Governo, e a chi di competenza, che bisognava aumentare il personale. E speriamo che non si rimanga solamente sull'aspetto teorico ma anche sul numero effettivo delle persone.
  Il secondo elemento è quello che, invece, non mi trova per niente soddisfatto ed è quello della creazione dell'area sterile, sulla quale in realtà non c’è stata una vera e propria risposta. Vanno fatti degli investimenti per creare le aree sterili all'interno del porto di Palermo e questo si collega a quello che lei ha detto poc'anzi relativamente agli scanner che sono stati installati e che sono in dotazione. Questo dimostra semplicemente che chi ha fornito questi elementi probabilmente non ha voluto specificare bene la situazione del porto di Palermo. E cerco di riassumerla così: il porto di Palermo quando arrivano queste navi è un vero e proprio mercato all'aperto. Su tre-quattro moli, solamente in uno c’è questo gabbiotto giallo che serve per controllare le autovetture che provengono con la nave da Tunisi, quindi comprende bene come sia prima del controllo, sia subito dopo, accade qualunque cosa, qualunque oggetto gira all'interno del porto di Palermo anche con la presenza delle forze dell'ordine che lei ha descritto e che io ho potuto constatare essere presenti, ma non in numero adeguato. Cioè il mercato che c’è all'interno del porto di Palermo è tale che il numero delle persone delle forze dell'ordine presenti non permette un adeguato controllo. I due scanner installati che diceva poc'anzi sono, dire insufficienti è voler usare una parola molto positiva rispetto alla situazione che si verifica al porto di Palermo. Quindi io vi invito quantomeno ad andare un pomeriggio, se non lei mandi uno del personale di vostra fiducia e competente, che si renda conto di quello che accade all'interno del porto di Palermo, e mi dica se l'utilizzo di due scanner messi in un prefabbricato in un molo dei quattro, può permettere di fare un controllo effettivo di quello che accade lì, sia del traffico delle persone che del traffico merci che c’è al porto di Palermo. È assolutamente insufficiente. Quindi bisogna dotare il porto di Palermo prima di tutto di un'area sterile, perché non è possibile: a) che non ci sia assolutamente controllo in tal senso e quindi che possano esserci traffici di zaini e di altre borse senza alcun controllo da Pag. 42parte delle forze dell'ordine e b) che il personale debba agire sotto qualunque condizione climatica per effettuare questi controlli, capisce bene che non è possibile e non è neanche giusto per i passeggeri che invece non hanno nulla di male da trasportare, che debbano effettuare questi controlli in quelle condizioni. Quindi vi chiedo non solo di rendere effettivo e non solo teorico l'aumento del personale, ma anche di effettuare dei controlli più seri e soprattutto di intervenire sulla struttura del porto creando queste aree sterili, altrimenti il tutto rimarrà una barzelletta e quindi successivamente non si potrà, non potrete parlare di lotta al terrorismo e di prevenzione da questo punto di vista se ci saranno queste falle così grandi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. A questo punto facciamo una pausa tecnica di dieci minuti, sospendo la seduta che riprenderà alle ore 13,15.

  La seduta, sospesa alle 13,05, è ripresa alle 13,20.

  PRESIDENTE. La seduta è ripresa.

(Iniziative urgenti nelle aree di crisi di Piombino, Livorno e Massa Carrara, oggetto di accordi di programma tra il Governo e la regione Toscana, al fine di favorire il reinserimento lavorativo dei cittadini interessati dalla particolare fase di emergenza economico-sociale – n. 2-01165)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Rocchi ed altri n. 2-01165, concernente iniziative urgenti nelle aree di crisi di Piombino, Livorno e Massa Carrara, oggetto di accordi di programma tra il Governo e la regione Toscana, al fine di favorire il reinserimento lavorativo dei cittadini interessati dalla particolare fase di emergenza economico-sociale (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo alla deputata Maria Grazia Rocchi se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  MARIA GRAZIA ROCCHI. Grazie, Presidente, grazie, sottosegretario, colleghi, con la delibera n. 199 del 2 marzo di quest'anno, la giunta della regione Toscana ha formalmente riconosciuto come aree di crisi industriale complessa Piombino con i comuni limitrofi del polo siderurgico, Livorno con i comuni di Colle Salvetti a Rosignano, Massa Carrara con i comuni della provincia.
  Sono situazioni il cui riconoscimento dei territori come aree di crisi complessa prevede l'accesso a finanziamenti pubblici e privati, nonché ad un mix di interventi che si inseriscono nell'ambito di accordi di programma, accordi che sono stati siglati lo scorso maggio.
  L'obiettivo di tali accordi è la reindustrializzazione e la riqualificazione di questi territori, l'attrazione di nuovi investimenti e, di conseguenza, il rilancio dello sviluppo e dell'occupazione.
  Infatti, queste aree sono state duramente colpite dalla crisi economica degli ultimi cinque anni ed appare quanto mai necessario coordinare interventi mirati al sostegno e alle politiche occupazionali. Soprattutto nell'area di Livorno si registrano i casi più drammatici. Infatti, da dicembre, in mancanza di una riforma della normativa o di interventi ad hoc riconducibili appunto al riconoscimento della zona come area di crisi industriale complessa si stima che almeno un migliaio di lavoratori di Livorno e alcune centinaia dell'indotto di Piombino si troveranno senza alcuna forma di sostegno al reddito e, dai dati raccolti, il numero iniziale tenderà a crescere con i mesi successivi e, via via che andranno a compimento tutti i precedenti programmi e gli ammortizzatori sociali posti in essere fino adesso.
  Il 27 ottobre di quest'anno, il Presidente della regione Toscana, Enrico Rossi, ha scritto al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti, per chiedere l'estensione dei tempi e degli ammortizzatori Pag. 43sociali anche in particolare della mobilità a quei lavoratori appunto che rientrano in tali aree industriali di crisi complessa. In queste aree, riconosciute con i decreti del MISE, sono in atto progetti di riconversione e riqualificazione industriale, che però hanno tempi più lunghi rispetto al termine degli ammortizzatori sociali. Anche il prefetto di Livorno, la dottoressa Tiziana Costantino, nella relazione inviata al Governo, ha evidenziato la gravità e l'urgenza del problema.
  Per questo, si ritiene importante ascoltare cosa il Governo intenda mettere in campo affinché si promuovano, nelle zone in cui sono stati firmati i suddetti accordi, forme di accompagnamento dei lavoratori verso il reinserimento lavorativo e il sostegno alle istituzioni locali in una drammatica fase di emergenza economico-sociale.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la salute, De Filippo, ha facoltà di rispondere.

  VITO DE FILIPPO, Sottosegretario di Stato per la salute. Grazie, Presidente. Con il presente atto parlamentare, gli onorevoli interpellanti richiamano l'attenzione del Governo sulla delicata situazione occupazionale dei lavoratori delle cosiddette aree di crisi industriale complessa, individuate anche nell'ambito della regione Toscana. In particolare, per l'area della provincia di Livorno, voglio evidenziare che in data 8 maggio 2015 il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, unitamente alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e ad altre istituzioni interessate, tra le quali il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e la regione Toscana hanno di fatto sottoscritto un accordo avente ad oggetto la definizione di una complessa ed unitaria manovra di intervento sull'aria urbana di Livorno, Collesalvetti, ed il parco produttivo di Rosignano Marittimo, mediante l'attuazione di uno specifico piano di rilancio della competitività nell'intera aria livornese.
  Il piano prevede, tra gli altri, specifici interventi quale il completamento infrastrutturale del nodo internodale e l'integrazione della piattaforma logistica costiera, interventi di riconversione delle aree ed ottimizzazione degli assetti energetici e la riqualificazione produttiva dell'area di crisi industriale di Livorno-Collesalvetti e di sviluppo del parco produttivo di Rosignano Solvay.
  Segnalo inoltre che il 30 luglio scorso, in occasione della prima riunione indetta successivamente alla stipula del suddetto accordo, è stato anche istituito un comitato esecutivo presieduto proprio dalla regione Toscana.
  Successivamente, l'8 settembre e il 27 ottobre scorso, in occasione degli incontri che si sono svolti presso il Ministero dello sviluppo economico, si è riunito il gruppo di coordinamento e controllo degli organismi di governance finalizzato alla realizzazione del progetto di riqualificazione e di riconversione industriale del territorio, alla cui realizzazione concorrono soggetti sottoscrittori, ciascuno per il settore e l'area di competenza.
  Nell'ambito del programma di sviluppo dell'intera area interessata, il Ministero che rappresento in questo caso segue con la massima attenzione le vicende legate al rilancio dell'area costiera e potrà, in collaborazione con gli altri attori istituzionali coinvolti, mettere in atto e favorire l'attuazione di politiche attive del lavoro, mediante azioni per la riqualificazione del personale interessato alla crisi industriale. In particolare, segnalo che, nell'ambito dei piani di riconversione e di riqualificazione industriale predisposti con il coordinamento del Ministero dello sviluppo economico, è prevista un'azione di promozione, in collaborazione con il Ministero del lavoro, per il ricorso ai fondi paritetici interprofessionali nazionali per la formazione continua da parte delle imprese beneficiarie delle agevolazione agli investimenti.
  Inoltre, segnalo che nel disegno di legge di stabilità per il 2016, già approvato dal Senato e attualmente all'esame della Commissione bilancio della Camera dei deputati, Pag. 44si prevede all'articolo 1, e specificamente al comma 164, la possibilità per le regioni – cito il comma – «di disporre la concessione dei trattamenti di integrazione salariale e di mobilità, anche in deroga ai criteri di cui agli articoli 2 e 3 del decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il n. 83473 del 2014, in misura non superiore al 5 per cento delle risorse ad esse attribuite, ovvero in eccedenza anche a tale quota, disponendo però l'integrale copertura degli oneri connessi a carico delle finanze regionali, ovvero delle risorse assegnate alla regione nell'ambito dei piani e programmi coerenti con la specifica destinazione, ai sensi dell'articolo 1, comma 253, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, e successive modificazioni».
  Voglio, infine, assicurare gli onorevoli interpellanti che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali continuerà a monitorare gli ulteriori sviluppi, rendendo disponibili gli strumenti di integrazione salariale previsti secondo la normativa vigente, in considerazione degli istituti di tutela dei lavoratori finora attivati.

  PRESIDENTE. La deputata Maria Grazia Rocchi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  MARIA GRAZIA ROCCHI. Presidente, ringrazio il sottosegretario della risposta, ma per noi toscani e per il Paese è drammatico vedere l'orgogliosa Livorno sprofondata in una crisi che ormai non è solo economica e sociale, ma è anche culturale. È dunque una crisi che supera le dinamiche congiunturali e rischia di trasformarsi veramente e drammaticamente in una crisi strutturale, perché senza il nuovo ossigeno che solo la fiducia nel futuro può produrre, si perde la voglia e la capacità di investire, non solo di investire in impresa, ma anche in se stessi, di investire nella propria crescita umana e nella propria crescita professionale.
  L'analisi attenta dello stato della crisi – è stato ben detto dal Sottosegretario – della costa toscana e di Livorno in particolare è stata ampiamente esaminata, così come sono stati valutati nuovi spazi di ripresa industriale peraltro già avviati e le potenzialità che l'intero tessuto industriale può ancora esprimere e i vantaggi competitivi che può offrire a privati investitori.
  Sono valutazioni che, insieme all'impegno e alla determinazione del presidente della regione Enrico Rossi e delle amministrazioni locali, hanno permesso di definire i comuni coinvolti quali aree a crisi industriale complessa. Hanno convogliato sulle zone interessate oltre 500 milioni di euro di risorse pubbliche, alle quali si prevede si aggiungano 150 milioni di euro di risorse private. La volontà, dunque, di fare della costa toscana un esempio virtuoso per tutta la regione e per il Paese di come si possa utilizzare ogni leva dell'innovazione e della riqualificazione produttiva e della funzionalità infrastrutturale è un impegno preciso che Stato, regione e amministrazioni locali hanno assunto siglando questi accordi di programma. Ma i piani, lo ripeto, dispiegheranno effetti in tempi medio-lunghi; tempi che spesso non coincidono con quelli degli ammortizzatori sociali impiegati. Purtroppo, le situazioni di crisi sono molte, differenziate per settore produttivo, per profondità e per durata della crisi. Sono crisi che il Governo conosce e per la loro soluzione non ha mai risparmiato energie. Vedo che anche in questa occasione l'attenzione costante e il monitoraggio delle situazioni dalla risposta del sottosegretario mi lascia intendere che non mancheranno. I lavoratori, vede, hanno accolto con rinnovata fiducia l'impegno delle istituzioni concretizzato con l'avvio degli accordi, ma ogni fiducia può veramente vacillare di fronte al tempo che passa e alla fine di ogni sostegno al reddito. L'impegno del Governo per quello che chiamerei, dunque, l'ultimo miglio è indispensabile per rendere produttivo ed efficace lo sforzo finanziario pubblico già in atto. È indispensabile ed atteso dalle lavoratrici e dai lavoratori che hanno intenzione di non abbandonare la loro città perché hanno voglia e capacità di rimettere in gioco la loro ricchezza professionale e le potenzialità infrastrutturali di tutto il territorio, le sue sinergie.Pag. 45
  Dunque, sono parzialmente soddisfatta di sentire che comunque delle risorse finanziarie esistono ed esistono in capo alle disponibilità regionali, esistono nella legge di stabilità. Si tratta di vedere se queste misure rappresenteranno la concreta risposta alla fase che ci attende di qui al dispiegamento completo di quella reindustrializzazione, riqualificazione e reinserimento produttivo che molte, molte famiglie a Livorno e nell'area costiera stanno aspettando. Nelle sue parole, sottosegretario, sento empatia e forte volontà di proporre soluzioni. Le ho lette, le ha citate e si tratta di vedere quanto queste soluzioni riusciranno a dare le risposte attese. Le ricordo che veramente questi impegni sono importanti e dovremo restituirli a tutte le lavoratrici e a tutti i lavoratori che oggi insieme a me ci ascoltano.

(Iniziative per il riconoscimento dello status di sordocieco a tutte le persone che presentino entrambe le minorazioni e per garantirne i relativi diritti – n. 2-01173)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Carrescia ed altri n. 2-01173, concernente iniziative per il riconoscimento dello status di sordocieco a tutte le persone che presentino entrambe le minorazioni e per garantirne i relativi diritti (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo al deputato Carrescia se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  PIERGIORGIO CARRESCIA. Grazie Presidente, l'interpellanza vuole porre all'attenzione e comprendere gli intendimenti del Governo in merito alle criticità e alle difficoltà che incontrano coloro che sono affetti da una minorazione visiva ed uditiva totale o parziale, la sordocecità. È una minorazione che non consente alle persone di svolgere a pieno le normali funzioni della vita quotidiana. È una di quelle più devastanti e di ostacolo alla partecipazione della persona alla vita civile. Proprio in ragione di questa peculiarità, il Parlamento europeo approvò, il 1o aprile del 2004, la Dichiarazione scritta sui diritti delle persone sordocieche, poi recepita in vari Paesi comunitari, nella quale sono stati affermati alcuni principi che trovano riscontro anche nella nostra Carta costituzionale.
  Il Parlamento europeo ha riconosciuto la sordocecità quale disabilità distinta, che comporta difficoltà nell'accesso all'informazione, alla comunicazione e alla mobilità e ha previsto la necessità di riconoscere alle persone sordocieche il sostegno da parte di persone provviste di conoscenze specialistiche. Sulla base di queste considerazioni, il Parlamento ha invitato gli Stati membri a riconoscere specifici diritti e tutele alle persone sordocieche attraverso l'approvazione di un'adeguata legislazione che comprendesse il diritto di partecipare alla vita democratica, il diritto di lavorare e di avere accesso alla formazione, il diritto di accedere a un'assistenza sanitaria e sociale incentrata sulla persona, il diritto alla formazione permanente, il diritto a ricevere un sostegno personalizzato. In Italia questo riconoscimento si è concretizzato con la legge del 2010, la n. 107, che ha cambiato la vita di migliaia di persone che fino a quel momento avevano vissuto in una condizione di disabilità, in una specie di limbo. Il riconoscimento della sordocecità ha contribuito a fare uscire dall'isolamento tante persone colpite da questa grave disabilità. Il riconoscimento è stato una tappa importante per poter definire servizi specifici per i bisogni particolari delle persone sordocieche, che sono diversi – e sottolineo sono diversi – da quelli di coloro che sono solamente sordi o solamente ciechi.
  Il riconoscimento legale della sordocecità è stato l'esito di una lunga battaglia, di una storia che iniziò nel 1997 con una risoluzione dell'onorevole Luigi Giacco che impegnava il Governo a occuparsi dei diritti delle persone sordocieche. Nel 2001, dopo la III Conferenza nazionale delle persone sordocieche, è stato modificato il Codice della strada con il riconoscimento del bastone bianco e bastone rosso come Pag. 46ausilio che distingue una persona sordocieca. Un primo passo. Un passo che poi troverà compimento successivamente nella legge del 2010. Ma vi sono stati altri passaggi intermedi: nel 2006, alla Camera dei deputati, la Lega del Filo d'Oro, la più importante ONLUS che si occupa a livello nazionale dei disabili sordociechi, ha presentato una proposta di legge di iniziativa popolare che, però, non arrivò a conclusione. Successivamente, venne ripresa nella legislatura successiva e tradotta nella legge del 2010. In particolare – e qui sorgono i problemi –, secondo quanto disposto dall'articolo 2 della legge, le persone sordocieche percepiscono in forma unificata le indennità previste dalla legislazione vigente in materia di sordità e cecità civile, oltre a eventuali prestazioni erogate dall'Istituto nazionale di previdenza sociale. Però, malgrado che l'articolo 1 della legge riconosca la sordocecità come disabilità specifica unica, l'articolo 2, appunto, definisce come sordocieche solo le persone alle quali siano distintamente riconosciute entrambe le minorazioni sulla base della legislazione vigente in materia di sordità e cecità civile, marcando un'evidente discrasia con le finalità della legge. Il riconoscimento della sordocecità come la sommatoria di due distinte minorazioni ha, infatti, escluso dal regime di tutela stabilito dalla legge una parte della platea delle persone che ne sono colpite. La legge n. 381 del 1970 considera sorde esclusivamente le persone con una minorazione congenita o acquisita durante l'età evolutiva tale da aver compromesso il normale apprendimento del linguaggio parlato. Cosa significa ? Significa che, alla luce di questa definizione, non sono considerate sordocieche le persone che, pur essendo non vedenti, diventano sorde dopo il dodicesimo anno di età. Quindi, l'accertamento è demandato a una commissione medica dell'azienda sanitaria locale che verifica la compresenza di entrambi i requisiti. Ebbene, nonostante che nel 2010 l'INPS abbia reso noto che erano in corso le necessarie modifiche alla procedura telematica per consentire alle persone sordocieche la presentazione online delle domande di accertamento dello stato invalidante, allo stato attuale, al momento della presentazione di questa interpellanza, dopo oltre cinque anni da quella nota dell'INPS, si deve purtroppo riscontrare la mancata predisposizione della modulistica necessaria con chiare implicazioni per le persone sordocieche e per le rispettive famiglie. Le difficoltà, purtroppo, non finiscono qua. Negli ultimi anni alcuni enti specializzati hanno istituito centri di eccellenza, ubicati in diverse regioni, nei trattamenti sanitari residenziali e sociosanitari in favore delle persone sordocieche. Gli utenti e le famiglie che intendono usufruirne sperimentano, purtroppo e tuttavia, difficoltà crescenti, trattamenti e situazioni diverse qualora si renda necessario accedere ai servizi erogati dal servizio sanitario di una regione diversa da quella di residenza.
  In questo quadro diventa quindi quanto mai essenziale fare chiarezza sull'applicazione della legge n. 107 e promuovere un coordinamento più efficace fra il livello centrale e le regioni per superare le troppe discrasie operative talora imputabili a meri ritardi burocratici che non sono accettabili in un Paese civile. Ecco allora il motivo di questo atto ispettivo, con il quale si chiede se i Ministri interpellati siano a conoscenza dei fatti riportati; quali iniziative il Governo intenda assumere per garantire il riconoscimento dello status di sordo-cieco a tutte le persone che presentino contemporaneamente entrambe le minorazioni, estendendo quindi il regime di tutela a quanti sono stati finora esclusi dalla definizione di sordocecità; se i Ministri interpellati ritengono necessario avviare un'interlocuzione con l'INPS al fine di garantire la predisposizione della modulistica che si sta attendendo danni e in che modo il Governo intenda garantire alle persone sordocieche il diritto a ricevere trattamenti appropriati, anche se erogati in regime di mobilità sanitaria interregionale.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la salute, Vito De Filippo, ha facoltà di rispondere.

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  VITO DE FILIPPO, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, passo ad illustrare l'atto parlamentare dell'onorevole Carrescia ed altri con il quale si pongono all'attenzione del Governo talune criticità relative al riconoscimento dei diritti delle persone sordocieche. Preliminarmente, nel ribadire il grande interesse che il tema della disabilità riveste per il Ministero che rappresento, ricordo che nell'ambito dei compiti attribuiti all'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità, ricostituito proprio su impulso del Ministro Poletti a luglio 2014, è stato adottato il Programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l'integrazione delle persone con disabilità. Il Programma, che si articola in sette linee di intervento, è finalizzato alla promozione di una piena inclusione delle persone con disabilità in tutti gli ambiti della vita sociale e prevede, nella linea di intervento n. 1, la revisione del sistema di accesso e di riconoscimento della certificazione della condizione di disabilità e del modello di intervento socio-sanitario. A questo fine l'Osservatorio ha previsto la costituzione di uno specifico gruppo di lavoro denominato «riconoscimento della condizione di disabilità e valutazione multidimensionale finalizzata a sostenere il sistema di accesso e di progettazione personalizzata», coordinato dal Ministero della salute, dalle regioni e dai rappresentanti delle federazioni e delle associazioni delle persone con disabilità. Nell'ambito dei lavori di questo gruppo, pertanto, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali potrà stimolare l'Osservatorio ai fini di una maggiore attenzione verso i diritti delle persone sordocieche, anche al fine di un'uniforme applicazione delle misure di sostegno e di integrazione sociale ad esse riconosciute. Per quanto concerne l'aggiornamento della modulistica per la presentazione della domanda di accertamento dello stato invalidante delle persone sordocieche, l'INPS ha rappresentato – prontamente sollecitata – di aver definito un'apposita implementazione delle procedure per la gestione dell'accertamento dell'invalidità civile nei confronti delle persone sordocieche che consentirà al medico certificatore di indicare direttamente nel certificato medico introduttivo la presenza della doppia minorazione e cioè la sordità e la cecità. Attraverso la valorizzazione di un apposito campo infatti le procedure renderanno possibile per la Commissione medico-legale assicurare un'unica convocazione, garantendo la contestuale presenza dei due specialisti e la conseguente stesura di un verbale ad hoc. L'INPS ha assicurato che entro la fine dell'anno questa procedura sarà operativa. Per quanto concerne le prestazioni garantite dal Servizio sanitario nazionale nell'ambito dei livelli essenziali di assistenza, il Ministero della salute ha precisato che il servizio pubblico garantisce l'assistenza sanitaria ai cittadini iscritti presso le aziende sanitarie di residenza e che l'assistito ha comunque diritto ad ottenere cure appropriate anche in un luogo diverso da quello di residenza, la cosiddetta «mobilità sanitaria». Il criterio della composizione dei costi relativi alla mobilità sanitaria tuttavia non si applica ai trattamenti resi in regime semiresidenziale e residenziale, né alle prestazioni di assistenza protesica per i quali risulta necessaria l'autorizzazione dell'azienda sanitaria di residenza, che ne sostiene il costo dietro presentazione di fattura.
  Al riguardo il Ministero della salute ha precisato che in questa circostanza in taluni casi può determinare difficoltà o ritardare l'accesso alle prestazioni ma non risulta che si siano verificati casi di rifiuto nell'autorizzazione delle cure da parte delle aziende sanitarie nel nostro Paese. Da ultimo posso assicurare la massima attenzione da parte del Ministero della salute e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali in ordine al monitoraggio sullo stato di avanzamento delle iniziative che sono state illustrate nel presente atto, al fine di garantire la costante tutela verso i diritti delle persone che hanno questo tipo di minorazione.

  PRESIDENTE. Il deputato Carrescia ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

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  PIERGIORGIO CARRESCIA. Signor Presidente, grazie sottosegretario per la risposta, mi ritengo soddisfatto. Apprezzo che sia stata colta l'attenzione che l'atto ispettivo intendeva porre sulle criticità riguardanti una disabilità specifica e quanto mai penalizzante come la sordo-cecità. Ci sono strutture – cito la Lega del Filo d'Oro di Osimo, appunto la maggiore onlus in questo settore – che stanno sopperendo a una cronica mancanza di risorse finanziarie nella gestione di questa patologia e che è nostro dovere mettere nelle condizioni di operare al meglio. Questo sotto tutti i profili, da quello sanitario a quello assistenziale. Sono soddisfatto della risposta perché apre non soltanto una speranza ma, come lei ci ha detto, la certezza che almeno il problema burocratico che era stato segnalato relativo all'INPS entro l'anno verrà risolto. È un impegno che consentirà di dare delle risposte positive a una realtà che purtroppo è in espansione. Resta il problema della revisione della legge n. 107 per estendere il regime di tutela a quanti ne sono stati finora esclusi e prendo atto con soddisfazione che quanto lei ci ha illustrato, con le sette linee di intervento tra le quali rientra anche questa intenzione, è positiva e denota un'attenzione del Governo che era nello spirito della interpellanza mia e dei colleghi, che cercheremo, per dare anche un contributo, di trasformare in una proposta di legge di iniziativa parlamentare che possa dare degli spunti, dei suggerimenti, delle idee al tavolo che sta lavorando su questa proposta. Segnalo che i casi di sordo-cecità sono molto più diffusi di quello che si pensi e che nella maggior parte dei casi la mancanza di vista e udito è accompagnata anche da disabilità intellettive e motorie, quindi c’è necessità di una grande attenzione per questa realtà e occorrono interventi mirati, interventi strutturati, interventi in tempi brevi. Ho citato la Lega del Filo d'Oro non a caso, perché è noto a tutti per le toccanti ed anche significative campagne di informazione e sensibilizzazione per la ricerca di fondi per autosostenersi che sta promuovendo da decenni e che stiamo vedendo in questi giorni sui media; la richiamo perché questa campagna ha due testimonial importanti, di eccezione, Renzo Arbore e Neri Marcorè, e ruota soprattutto intorno ad un imperativo: raddoppiamo l'impegno. Ecco, sottosegretario, questo era anche il senso dell'interpellanza e con piacere vedo che è stato colto, è un sollecito al Governo a raddoppiare il proprio impegno verso il mondo della sordocecità, della disabilità più in generale, rimuovendo tutti quegli ostacoli che si frappongono a chi ne è colpito affinché sia chi ne è colpito che le famiglie possano vivere una vita dignitosa o comunque almeno più normale di quella di oggi.

(Elementi ed iniziative di competenza in relazione alle attività di monitoraggio del Governo volte a verificare l'adeguamento delle regioni al decreto-legge n. 78 del 2015 – n. 2-01160)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Grillo ed altri n. 2-01160, concernente elementi ed iniziative di competenza in relazione alle attività di monitoraggio del Governo volte a verificare l'adeguamento delle regioni al decreto-legge n. 78 del 2015 (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo alla deputata Grillo se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  GIULIA GRILLO. Intervengo molto brevemente, perché siamo interessati ovviamente a conoscere la risposta del Governo. Questa interpellanza nasce dalla necessità di conoscere quali sono stati gli esiti dell'applicazione dei tagli, come da voi effettuati nel decreto-legge n. 78, stante i rilievi fatti dalla stessa Ragioneria generale dello Stato e dall'ufficio studi bilancio del Senato, che criticavano molte di queste voci. Per dirne qualcuna, riduzione del costo dei contratti del 5 per cento per l'acquisto di beni e servizi, il payback a carico dei dispositivi medici, l'applicazione del decreto appropriatezza, i risparmi con l'applicazione del regolamento Pag. 49standard per i requisiti ospedalieri. Vi chiediamo oggi di conoscere esattamente quali dei risparmi che voi avevate indicato, quali dei tagli che voi avevate indicato nella misura 2 miliardi e 350 milioni di euro e che gli uffici vi avevano detto che non avreste potuto realizzare per il poco tempo a disposizione che rimaneva, diventando, quindi, effettivamente e esclusivamente dei tagli lineari, avete effettivamente effettuato e con quale efficienza avete conseguito questi tagli. Quindi, attendo la risposta per poi intervenire di nuovo.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la salute, Vito De Filippo, ha facoltà di rispondere.

  VITO DE FILIPPO, Sottosegretario di Stato per la salute. Grazie, Presidente. In via preliminare, occorre premettere – mi consento di segnalare – che gli effetti della concreta applicazione delle disposizioni richiamate nell'interpellanza in esame potranno essere comunque apprezzati non prima della redazione del bilancio consuntivo riferito all'anno 2015.
  Si fa presente, poi, per dare qualche definizione sull'intervento e sugli strumenti usati, che tutti gli interventi previsti nel decreto-legge n. 78 del 2015 rappresentano delle cosiddette «leve» finalizzate alla sostenibilità del taglio al finanziamento, a decorrere dal 2015, per 2 miliardi e 352 milioni di euro. Sussiste, comunque, la possibilità nella legislazione, per le regioni, di adottare anche misure alternative, ai sensi del comma 2 dell'articolo 9-septies del decreto-legge n. 78, convertito con la legge n. 125, al fine di salvaguardare i livelli essenziali di assistenza, purché le stesse regioni assicurino l'equilibrio del bilancio sanitario con il livello di finanziamento ordinario.
  Ne consegue, pertanto, che il Governo, proprio sulla base di questi elementi che dettaglierò in seguito, non è tenuto specificamente a monitorare periodicamente le iniziative regionali intraprese per dare applicazione al disposto normativo, se non per gli effetti in termini di ricaduta economica del sistema, qualora non venga rispettato l'equilibrio economico e finanziario, oppure in termini di mancata erogazione dei livelli essenziali di assistenza in condizione di appropriatezza e di efficienza. A questo proposito, in base alla normativa vigente, la verifica del rispetto dell'equilibrio di bilancio dell'erogazione dei LEA è rimessa, rispettivamente, al tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti regionali, istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze, ai sensi dell'articolo 12 dell'intesa Stato-regioni del 23 marzo 2005, e al Comitato permanente per la verifica dei livelli essenziali di assistenza, istituito ai sensi dell'articolo 9 della stessa intesa del 2005. Questi organismi – come è noto all'onorevole Grillo – provvedono periodicamente alle attività di monitoraggio sull'andamento della gestione, effettuando una valutazione complessiva sul risultato finale di gestione, a partire dalle risultanze contabili su tutte le voci dei costi e dei ricavi sanitari, nonché sulla corretta erogazione dei livelli essenziali di assistenza. È un luogo riconosciuto, vissuto anche con molta tensione e con molta ansia anche dai rappresentanti degli amministratori regionali del nostro Paese.
  Inoltre, il Servizio sanitario nazionale, anche a seguito dall'accordo sancito nella Conferenza Stato-regioni dell'8 agosto 2001, è sottoposto ad un sistema premiale che annualmente subordina l'erogazione di una quota del finanziamento alla verifica positiva di specifici adempimenti, tra i quali quello correlato al rispetto dell'equilibrio economico complessivo del servizio sanitario a livello di singola regione e anche all'effettiva erogazione, in base a una griglia molto articolata e molto puntuale, dei livelli essenziali di assistenza in termini di qualità di efficienza e di appropriatezza.
  In caso di inadempimento, la regione è sottoposta ad un articolato sistema sanzionatorio, che culmina generalmente con l'obbligo della presentazione ed attuazione di un piano di rientro regionale, nel quale sono individuati gli interventi necessari sia al perseguimento dell'equilibrio economico, Pag. 50nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza, sia alla somministrazione e alla garanzia che i livelli essenziali di assistenza siano offerti nell'appropriatezza, nell'efficienza e nella qualità che notoriamente è codificata in quelle valutazioni. L'attuazione del piano di rientro regionale avviene anche sulla base di verifiche trimestrali, condotte dal tavolo tecnico, istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze, in seduta congiunta con il Comitato LEA, coordinato, invece, dal Ministero della salute.
  Per quanto di competenza, in riferimento all'Agenzia italiana del farmaco, l'Agenzia italiana del farmaco sta procedendo a dare puntuale attuazione a tutte le misure dei punti D1, D2 e D3 dell'intesa n. 113 del 2015 della Conferenza Stato-regioni, citata nell'interpellanza. L'Agenzia ha provveduto alla individuazione dei nuovi prezzi dei medicinali terapeuticamente assimilabili (era il punto D1) e dei medicinali biotecnologici a brevetto scaduto (era il punto D2) e sta procedendo a definire i criteri applicabili nel caso dei farmaci soggetti a rimborsabilità condizionate (era il punto D3). Nello specifico, la determinazione AIFA n. 1267 del 2015, relativa alla rinegoziazione del prezzo di rimborso dei medicinali a carico del Servizio sanitario nazionale nell'ambito di raggruppamenti di medicinali terapeuticamente assimilabili, prevede, all'articolo 1, le modalità di riduzione della spesa relativa di detti farmaci secondo tre distinte modalità, in conformità proprio con la normativa vigente. Le modalità sono: primo, riclassificazione delle specialità medicinali in fascia C; secondo, la corresponsione, per alcune specialità, di un rimborso secondo le modalità già consentite dal payback, corrisposto alle regioni da parte dei titolari dell'autorizzazione all'immissione in commercio; terzo, l'applicazione, per le restanti specialità, di una riduzione di prezzo al pubblico.
  Per quanto riguarda i medicinali biotecnologici, con la determinazione AIFA n. 1252 del 2015, l'Agenzia ha proceduto all'avvio delle procedure di rinegoziazione del prezzo. Le modalità di riduzione della spesa a carico del Servizio sanitario nazionale, scelte dalle aziende interessate nell'ambito degli accordi negoziali con l'AIFA, sono riportate nell'elenco B della determina n. 1252 del 2015, che è pubblicata sul sito istituzionale della stessa Agenzia.
  Quanto al punto D3 dell'intesa n. 113, riguardante la revisione dei prezzi delle specialità medicinali soggetti a procedure di rimborsabilità condizionata, si segnala che l'articolo 9-ter, comma 11, del decreto-legge n. 78, convertito con la legge n. 125 del 2015, ha introdotto anche il comma 33-ter dell'articolo 48 della legge n. 326 del 2003. Questa norma espressamente prevede che, al fine di ridurre il prezzo di rimborso, da parte del Servizio sanitario nazionale, dei medicinali soggetti a rimborsabilità condizionata, nell'ambito di registri di monitoraggio presso l'Agenzia, i cui benefici rilevati, decorsi due anni dal rilascio dell'autorizzazione all'immissione in commercio, siano risultati inferiori rispetto a quelli individuati nell'ambito dell'accordo negoziale, l'Agenzia medesima avvii una nuova procedura di contrattazione con il titolare dell'autorizzazione in commercio proprio ai sensi del comma 33. Per questi farmaci è prevista una valutazione, con decorrenza biennale, dei relativi benefici, i cosiddetti outcome, con previsione, nell'ipotesi in cui la valutazione non corrisponda a quanto atteso, sulla base di precisi parametri scientifici e tecnici contenuti nell'accordo negoziale, dell'avvio di una procedura di rinegoziazione del prezzo.
  In virtù di questa nuova disposizione, l'AIFA ha predisposto una clausola da inserire nel nuovo format di accordo negoziale, ancora in fase di perfezionamento, che, sulla base di criteri definiti caso per caso, permetterà di valutare i benefici derivanti dall'utilizzo del farmaco, decorsi due anni dal rilascio dell'autorizzazione, e, ove siano inferiori rispetto a quelli attesi, di rinegoziare in riduzione, ovviamente, il prezzo dello stesso farmaco.Pag. 51
  Tutte le determinazioni citate sono state pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale e sono comunque consultabili sul sito dell'AIFA.

  PRESIDENTE. La collega Grillo ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  GIULIA GRILLO. Presidente, mi dichiaro insoddisfattissima della risposta ricevuta ! Sostanzialmente il sottosegretario dice che il Ministro della salute non ha il compito di monitorare se e come questi tagli stanno avvenendo e in che percentuale, richiamando il fatto che le regioni avrebbero potuto comunque provvedere in altra maniera a raggiungere il taglio previsto. Mi sembra una risposta assolutamente inadeguata da parte di un Ministero che si occupa di salute, si dovrebbe occupare di salute: a questo punto mi sembrerebbe più che giusto che questo Ministero della Salute cessasse di funzionare, perché se quando si parla di conti mi devo rivolgere al Ministero dell'economia e delle finanze, e se quando parliamo di salute il Ministero della salute non fa assolutamente niente per ottenere la salute dei cittadini, sinceramente rimango totalmente basita da questa risposta ! Mi aspettavo dati, numeri; invece ho ricevuto il nulla atomico.
  Tra l'altro voi avete voluto parlare dell'Agenzia italiana del farmaco: io ne avrei fatto a meno, anche perché adesso abbiamo un'altra interpellanza. Però ormai quando mi parlate dell'Agenzia italiana del farmaco a me tremano i polsi ! Anche perché, come lei sa, poco tempo fa ho presentato un'interpellanza proprio qui alla Camera a proposito della quale lei mi ha risposto, in cui si sono evidenziate le gravissime carenze dell'Agenzia italiana del farmaco, a partire dalla storia del payback ospedaliero: mi sono sentita rispondere dall'Agenzia italiana del farmaco e dal suo legale rappresentante anche in Commissione che è colpa delle regioni se i dati del payback erano sbagliati. Allora mettetevi d'accordo con i vostri neuroni, perché non è possibile lavorare in questa maniera !
  Numero uno. Numero due: è di oggi la notizia, che è ormai ovviamente su tutti i giornali, della sospensione del presidente dell'AIFA Pecorelli per conflitti di interesse, che sembrano anche cose molto grosse, molto importanti. Lui si dichiara sbalordito; noi ci dichiariamo invece costernati nell'apprendere quello che sta succedendo in questo momento all'Agenzia italiana del farmaco.
  Però nel merito, visto che lei ha voluto citare l'Agenzia italiana del farmaco, ricordo che l'intesa di cui abbiamo parlato era un'intesa che aveva previsto un risparmio di 500 milioni di euro per l'anno in corso. Invece, dalla ricontrattazione dei prezzi che è avvenuta in maniera totalmente priva di trasparenza, a differenza dell'ultima ricontrattazione dei prezzi che era avvenuta con pubblicazione dei prezzi sulla Gazzetta Ufficiale, voi siete riusciti ad ottenere un risparmio per il 2015 di 314 milioni di euro spalmati durante l'anno: che significa che in realtà sono per il 2015, diviso per ogni mese, e quindi moltiplicato per i mesi che rimangono, 78,5 milioni; quindi mancano all'appello praticamente 500 milioni meno 78,5 milioni.
  Tra l'altro avete calcolato un risparmio in tre anni che dovrebbe essere di 107 milioni: quindi di quei 500 all'anno tanto decantati dal dottor Pani siamo scesi a 707 in tre anni, che sono meno ovviamente di 300 milioni di euro all'anno. Peraltro faccio notare che noi siamo ancora bloccati col discorso del payback della farmaceutica, e che voi stessi avete fatto un decreto, perché sapevate che c'erano gli estremi per un danno contabile e avreste risposto in solido, il Ministro della salute col direttore generale dell'Agenzia italiana del farmaco: tanto è vero che avete fatto un decreto ! Avete fatto un decreto in cui avete chiesto alle regioni di contabilizzare quel payback pur non avendolo ancora ricevuto, perché era l'unico modo per evitare che si configurasse un danno contabile. Non mi venga quindi a parlare dell'Agenzia italiana del farmaco, perché secondo me state solo perdendo tempo a continuare a difendere il direttore generale; tra poco, Pag. 52oltre che difendere lui, dovrete difendere voi stessi per la gravità del suo comportamento !
  Detto questo, immagino quindi dalla sua risposta... Visto che non mi ha dato dati, allora interpellerò il Ministero dell'economia e delle finanze, che quindi vi scavalca, praticamente non contate nulla: chiederò al Ministero dell'economia e delle finanze di conoscere questi dati. Sta di fatto che lei, che era l'autorità competente a rispondere oggi su questo, non è stato in grado di rispondere !
  Io rimango sbalordita, anche perché escono ogni giorno rapporti sulla sanità italiana. Oggi è uscito il rapporto Oasi 2015. Il rapporto Oasi 2015 sa quanto ci dice che spendiamo in spesa corrente per macchinari per la salute ?
  Sessanta euro a cittadino ! Cioè nulla ! Sa quante aziende italiane producono dispositivi medici ? Moltissime, e danno lavoro a moltissimi cittadini. Voi, nel decreto-legge n. 78 del 2015, avete dato una mazzata enorme alle aziende che producono dispositivi medici, che sono aziende che producono in Italia e pagano tasse in Italia; mentre nell'altra interpellanza io farò notare come l'azienda Gilead, quella del farmaco per l'epatite C che in Italia mi risulta non avere più di sessanta dipendenti forse, e non so neanche se paga le tasse in Italia, in due anni sa quanto ha fatturato ? 28,6 bilioni di dollari ! In due anni, vendendo solo due farmaci, Sovaldi e Harvoni. Non credo che questo sia un modo corretto di condurre l'economia di questo Paese, né per la salute dei cittadini, da una parte, né per chi lavora in questo Paese, dall'altra parte !
  In tutto questo, mi chiedo adesso: il Ministero della salute che ruolo ha ? Perché le regioni fanno il loro lavoro in Conferenza permanente Stato-regioni, il Ministero dell'economia e delle finanze vi sottrae tutto dal punto di vista della contabilità; sulla prevenzione, che è l'unica cosa in cui il Ministero della Salute doveva veramente impegnarsi, siete all'anno zero: spendete 400 milioni di euro all'anno, e abbiamo un tasso di obesità che ci costa, tra spese sanitarie e non sanitarie, 9 miliardi l'anno. Gli obesi ! Non siete in grado neanche di intervenire sull'obesità ! Per non parlare dei morti per inquinamento, 33 mila morti l'anno ! Calcoli stimati dall'Organizzazione mondiale della sanità di spese, sanitarie e non sanitarie, di malati e morti per inquinamento di 97 miliardi di dollari: quasi quanto costa il Servizio sanitario nazionale !
  Allora io veramente, sottosegretario, mi chiedo: cosa ci state a fare ? Sull'Agenzia italiana del farmaco errori clamorosi, perché li avete nominati voi ! Era l'unica cosa su cui potevate fare qualcosa ! Prima funzionava bene, stranamente, quando c'erano altre persone che la guidavano; poi cosa è successo ? Le regioni, non siete in grado di intervenire. La contabilità, non siete in grado di rispondere. Io sono dell'opinione che questo Ministero della salute, così come lo rappresentate oggi, è perfettamente inutile ! Peraltro, prendo atto che il Ministro Lorenzin non è venuta mai a rispondere alle nostre interpellanze e questo denota quanto lei stessa – visto che comunque va anche in televisione, tranquillamente, a parlare di sanità – non reputi importante il proprio ruolo istituzionale, che è quello di Ministro della salute, e quanto meno di necessità di confronto con dei parlamentari che «si sbattono» dalla mattina alla sera a studiare le carte sulla sanità e a capire come migliorare il bisogno di salute della popolazione italiana !
  Perché la sanità serve al bisogno di salute: se non studi e lavori per il bisogno di salute, tutto il resto sono solo chiacchiere. E se il vostro Governo e il vostro Presidente del Consiglio non capiscono questo concetto semplicissimo, cioè che la sanità risponde al bisogno di salute, noi andiamo ovviamente per le spinte lobbistiche, che sono evidentissime, verso un'implementazione della sanità privata, che non darà mai la salute, perché l'America spende il 16,9 per cento del PIL in sanità, 8 mila dollari a testa, pro capite, ogni anno in sanità, e i risultati in termini di salute, in termini di aspettativa di vita sono di molto inferiori a quelli dell'Italia, Pag. 53che è quinta tra i Paesi OCSE. Quindi, spendere tanto in sanità non significa avere più salute !
  È quindi inutile, perfettamente inutile, rispondere alle spinte delle lobby che vogliono la privatizzazione in sanità, perché sarà solo un profitto per loro, ma non sarà un guadagno in salute per il popolo italiano. E le dico anche che diminuire i profili di salute della popolazione significa anche aumento di costi non sanitari, di gente che si ammala, di gente che non va a lavorare, che si assenta, che ha bisogno di servizi, di trasporto e tutto il resto. Quindi, ve lo dico con molta sincerità: o cambiate indirizzo o vi state autoproclamando assolutamente inutili e trasparenti nelle dinamiche di questo Governo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !

(Iniziative per la revoca della deliberazione del Consiglio dei ministri del 30 luglio 2015 relativa alla nomina del commissario e del sub-commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario della regione Calabria – n. 2-01172)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Nesci ed altri n. 2-01172, concernente iniziative per la revoca della deliberazione del Consiglio dei ministri del 30 luglio 2015 relativa alla nomina del commissario e del sub-commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario della regione Calabria (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo alla deputata Dalila Nesci se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  DALILA NESCI. Grazie Presidente. Signor rappresentante del Governo, parliamo della sanità calabrese commissariata ed ormai al collasso. Nel 2007 a causa delle deficienze del sistema morirono i minorenni Federica Monteleone, Flavio Scutellà ed Eva Ruscio. Il Potere mostrò il suo volto ipocrita e cinico, fu immediata l'ordinanza presidenziale di emergenza, cui seguirono però spazi di ignobile clientelismo politico. Si pensò di risollevare la sanità con quattro nuovi ospedali, in alcuni casi con procedure anomale e punti oscuri nell'iter amministrativo, come per l'ospedale nuovo della Piana di Gioia Tauro, per cui giace immobile anche un ricorso al Capo dello Stato, presentato da un comitato contrario all'ubicazione della struttura nel terreno di una scuola agraria, ma soprattutto c’è puzza di mafia intorno, c’è l'ombra del compromesso, con l'immancabile coltre, il silenzio, il teatro della finzione, indifferenza complice delle diverse istituzioni.
  Dal 2007 in Calabria non è cambiato nulla, l'illegalità è rimasta la regola e non c’è traccia di inversione, come ha mostrato il caso della nomina di Santo Gioffrè a commissario dell'ASL di Reggio Calabria, la politica fa come vuole al di là delle regole comuni, quella nomina è illegittima, ma la Giunta responsabile non è colpevole per un fatto di procedura, di mera forma, ed è il solito copione questo dove il danno non lo paga nessuno se non la comunità, ed è proprio la comunità calabrese che non può più sopportare le bugie plateali del Governo, che finora ha concorso ad affossare la sanità regionale, che occupa l'ultimo posto in Italia nella classifica dei livelli essenziali di assistenza.
  Cerco di fare ordine, in modo che al di fuori del burocratese di Palazzo, sia chiaro a tutti, da Aosta a Palermo, il gioco perverso del potere ai danni della sanità dei calabresi. Dopo la morte dei giovanissimi Monteleone, Scutellà e Ruscio parte l'emergenza sanitaria, i cui presupposti sono sintetizzati nella relazione conclusiva di un'apposita inchiesta ministeriale, la cosiddetta Serra-Riccio: illegalità, condizionamento mafioso, politicizzazione, clientelismo e incapacità dirigenziali sono le cause dello sfascio della sanità calabrese secondo gli estensori di quel documento chiave.
  A breve distanza comincia il piano di rientro dal disavanzo sanitario, il governatore, sotto cui era stato proclamato lo stato di emergenza, perde tempo e non Pag. 54adempie all'obbligo di equilibrare i conti richiesti dagli obiettivi di finanza pubblica, che, come sappiamo, sono funzionali al diabolico sistema dell'euro; scatta così il commissariamento con il successivo governatore. Qui vengo al quesito dell'interpellanza, perché per legge il commissariamento dura per tre anni, dopodiché prosegue il piano di rientro sino alla copertura integrale del disavanzo. Per legge, quindi, con la scadenza del commissariamento il Governo deve restituire alla regione le competenze in materia di sanità. A questo punto la regione deve andare avanti con il piano di rientro, se la sua conduzione va male, il Governo può diffidare la regione e soltanto in seguito commissariarla in caso di manifesto immobilismo. Questo prevede la legge e quindi non c’è spazio per opinioni, mistificazioni o deviazioni burocratiche sul tema.
  Nel caso calabrese, per essere chiari, questi passaggi non ci sono stati. Il piano di rientro infatti è iniziato con il commissariamento nel 2010, commissariamento che secondo legge doveva terminare il 31 dicembre del 2012. Dal primo gennaio del 2013 le relative competenze guida dovevano passare alla regione per la regolare prosecuzione del piano di rientro e questo a quanto si sappia non è mai avvenuto. È successo invece che il commissariamento è stato tacitamente prorogato senza alcuna norma di legge che lo permettesse e, ascoltate, senza un atto formale di proroga. Anche la proroga del mandato di un'amministrazione condominiale richiede almeno un verbale approvato dai condomini, ma a Roma c’è sempre stato un diritto creativo, evidentemente. Andando avanti, dimessosi il governatore-commissario ad acta, data la condanna per falso e di interdizione perpetua dai pubblici uffici, il Governo ha perduto molto tempo per sostituirlo come commissario.
  Infatti, da giugno 2014 sino al successivo settembre nessuno ha guidato la prosecuzione del piano di rientro. Con l'elezione del nuovo Presidente della Regione poi il Governo non ha applicato la legge per la quale doveva obbligatoriamente nominarlo commissario al rientro dal disavanzo sanitario regionale. Volutamente quindi, l'esecutivo centrale ha lasciato passare i due Consigli dei ministri del 12 e del 22 dicembre 2014. La nomina del nuovo commissario dunque è avvenuta sotto il vigore della normativa introdotta con la legge di stabilità per l'anno 2015. Quindi, formalmente, l'atto di nomina è del 12 marzo 2015, da lì il nuovo commissario ad acta e il sub-commissario hanno deliberato una rete di assistenza fatta di abusi e di carenze.
  Per esempio, l'arbitraria reintroduzione di un punto nascite a Melito Porto Salvo, che sappiamo essere roccaforte elettorale del partito del ministro della salute e la mancata riapertura degli ospedali di Praia a Mare e Trebisacce, che per due sentenze definitive della magistratura devono tornare in funzione. Quindi, se a Roma c’è il diritto creativo, non si vede, avranno pensato alla struttura commissariale, perché non possa esserci anche a Catanzaro. Infatti, in un'intervista il commissario governativo, e non il barbiere dell'angolo sotto casa, ha dichiarato che i giudici non devono occuparsi di sanità a proposito delle citate sentenze sulla riapertura degli ospedali.
  Non solo, il commissario e il sub-commissario hanno mandato a monte una transazione tra la regione e le associazioni che forniscono assistenza extra ospedaliera, e così da trenta milioni l'esborso per le casse regionali è passato ad un valore prossimo al doppio.
  Sulle nomine illegittime dei commissari aziendali, vicenda che ha occupato la ribalta italiana e interessato l'Autorità anticorruzione, il commissario e il sub-commissario ad acta non hanno revocato i provvedimenti in questione, chiaramente fuorilegge, ciò nonostante il loro mandato preveda espressamente la rimozione delle irregolarità che ostacolino il piano di rientro. Al contrario, nel riassegnare dieci milioni, che secondo il tavolo di verifica dovevano andare in economia, il commissario e il sub-commissario ad acta hanno avuto una rapidità fulminea, seguendo una procedura universalmente contestata e anche Pag. 55in assenza di criteri chiari, riconoscibili e predefiniti. Quindi ancora una volta trasparenza zero su questo. Ancora fulminea è stata la struttura commissariale a disporre lo spostamento di nuovi macchinari di risonanza magnetica dall'ASP di Cosenza all'ASP di Reggio Calabria, così, come se si fosse trattato di macchinette del caffè. Per non parlare dei trenta milioni e passa che l'Università di Catanzaro deve restituire alla regione Calabria. Vale ricordare al riguardo che nel 2008 il Policlinico universitario riceve il finanziamento regionale senza un protocollo d'intesa valido, a prescindere dalle prestazioni rese, al di là di ogni maggiorazione teoricamente ammissibile. Nel caso specifico, la struttura commissariale ha ignorato e ha lasciato scorre il tempo, esattamente come i ministeri vigilanti che in proposito non hanno mai vigilato. Coincidenza, secondo il Ministro della salute Lorenzin, il disavanzo della sanità calabrese era proprio di trenta milioni di euro nell'autunno del 2014.
  Per ultimo, la struttura commissariale ha invaso il campo della regione organizzando imperativamente l'integrazione tra l'ospedale Pugliese Ciaccio e il Policlinico Universitario Mater Domini, benché questa sia di competenza esclusiva della regione.
  In sintesi, nella sanità calabrese c’è un commissariamento illegittimo, al di là di ogni ragionevole dubbio, ed oltre ad essere illegittimo questo commissariamento ha creato danni comprovati. Il Governo ha lasciato fare, perché l'obiettivo primo è la progressiva compressione dei poteri e degli spazi di intervento delle regioni e delle autonomie locali, finalizzata all'esecuzione dei tagli conseguenti al fiscal compact e figli ovviamente di una politica monetaria truffaldina, che viola la sovranità stabilita dall'articolo 1 della Costituzione. Per ultimo, ottenere attraverso i commissariamenti la possibilità per il Governo centrale di foraggiare soggetti di Palazzo come i revisori contabili, che sono stati letteralmente imposti dal Governo e che in merito alla sanità calabrese non hanno più alcuna effettiva utilità. Spero quindi di avere una risposta esaustiva.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la salute, Vito De Filippo, ha facoltà di rispondere.

  VITO DE FILIPPO, Sottosegretario di Stato per la salute. Grazie, Presidente. L'accordo tra i Ministeri affiancanti la regione Calabria per l'attuazione del piano di rientro dei disavanzi nel settore sanitario è stato sottoscritto – è stato più volte riferito anche dall'onorevole Nesci – in data 17 dicembre 2009.
  Il commissariamento degli organi istituzionali della regione risale, quindi, all'anno 2010 con la deliberazione del Consiglio dei ministri del 30 luglio 2010. Al termine del triennio di vigenza dell'originario piano di rientro non sono stati raggiunti notoriamente – è matematicamente dimostrabile – gli obiettivi strutturali ed economici previsti da quel piano. Pertanto, l'originario piano di rientro è proseguito secondo i programmi operativi predisposti dal commissario ad acta così come disposto dall'articolo 2, comma 88, della legge n. 191 del 2009, la quale, ad una lettura veloce – con la competenza dell'onorevole Nesci sicuramente semplice – lascia espressamente fermo (è proprio la parola indicata in quella norma) l'assetto della gestione commissariale previgente per la prosecuzione del piano di rientro.
  Il successivo comma 88-bis della stessa norma specifica – cito – che: «il primo periodo del comma 88 si interpreta nel senso che i programmi operativi costruiscono prosecuzione e necessario aggiornamento degli interventi di riorganizzazione, riqualificazione e potenziamento del piano di rientro». Non risulta a questo Ministero che gli organi istituzionali della regione Calabria abbiano, né nel 2013 né ora nel 2015, manifestato l'intenzione di presentare un nuovo piano di rientro, solo a seguito dall'approvazione del quale, con delibera del Consiglio dei ministri, al termine della procedura di cui all'articolo 2, commi 78 e 79, della legge n. 191 del 2009, è previsto il passaggio dalla gestione straordinaria commissariale alla gestione ordinaria regionale, peraltro secondo i tempi e le procedure definite nel medesimo Pag. 56nuovo piano di rientro, così come prescritto all'articolo 2, comma 88, che ho già citato, della legge n. 191 del 2009.
  Per quanto ci riguarda, il chiaro disposto delle norme di riferimento, in particolare l'articolo 2, comma 88, citato nella stessa interpellanza, non consente una lettura per cui la struttura commissariale composta da commissario e subcommissario decadrebbe di diritto dalla carica al termine dell'originario piano di rientro e dei successivi programmi operativi, pur senza aver conseguito gli obiettivi economici, finanziari e strutturali ivi previsti; e le relative funzioni tornerebbero, secondo questa interpretazione, ex lege alla gestione ordinaria della regione Calabria. Secondo noi è proprio il contrario di questa interpretazione.
  In ordine al secondo punto, all'ambito dei poteri del commissario ad acta, occorre richiamare i principi al riguardo sanciti sia dalla Corte costituzionale, con una sentenza che mi permetterò di commentare brevemente, sia dal Consiglio di Stato.
  Partiamo dal Consiglio di Stato, sentenza n. 2470 del 2013: nella specie – cioè i provvedimenti del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro del Molise in questo caso di revoca di annullamento delle deliberazioni addirittura dalla giunta regionale – si tratta di ordinanze emergenziali statali in deroga; così come egli può emanare gli ulteriori provvedimenti normativi, amministrativi, organizzativi e gestionali necessari alla completa attuazione del piano stesso. L'articolo 2, comma 83, della legge n. 191 del 2009, come d'altronde già disposto dall'articolo 1, comma 796, lettera b), della legge n. 296 del 2006, fonda potestà tanto ampie quanto vincolate per l'esatta esecuzione da parte dei commissari statali dei piani di rientro le cui determinazioni implicano effetti di variazione di atti già a suo tempo adottati dalle regioni commissariate.
  Da ciò discende, continua il Consiglio di Stato, per un verso che l'esercizio di siffatte potestà commissariali configura ipotesi delle ordinanze libere extra ordinem e, per altro e correlato verso, esse non soggiacciono, affinché sia garantita la loro efficace immediatezza ed urgenza, alle regole di contraddittorio procedimentale, continua il Consiglio di Stato, come d'altronde accade per ogni ordinanza contingibile ed urgente.
  Corte costituzionale sentenza numero 278 del 2014: questa Corte, in riferimento all'articolo 120 secondo comma della Costituzione, ha affermato in più pronunce che la nomina di un commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario previamente concordato tra lo Stato e la Regione interessata, sopraggiunge all'esito di una persistente inerzia degli organi regionali, essendosi questi ultimi sottratti ad una attività che pure è imposta dalle esigenze della finanza pubblica. Questa attività è volta a soddisfare la necessità di assicurare la tutela dell'unità economica della Repubblica, oltre che dei livelli essenziali delle prestazioni, concernenti un diritto fondamentale, articolo 32 della Costituzione, qual è quello alla salute (tra le tante sentenze la n. 104 e n. 28 del 2013, n. 78 del 2011, e la 193 del 2017). In questo quadro, continua la Corte costituzionale, è stato affermato che le funzioni amministrative del Commissario, ovviamente fino all'esaurimento dei suoi compiti di attuazione del piano di rientro, devono essere poste al riparo da ogni interferenza degli organi regionali senza che possa essere evocato il rischio di fare di esso l'unico soggetto cui spetti di provvedere per il superamento della situazione di emergenza sanitaria in ambito regionale (sentenza numero 78 del 2011 e, nello stesso senso, la sentenza n. 104 del 2013). La vincolatività dei piani di rientro, continua la Corte Costituzionale, già prevista dall'articolo 1 comma 796, lettera b) della legge 27 dicembre 2006, n. 296 del 2006, è stata ribadita all'articolo 2, commi 80 e 95 della legge n. 191 del 2009, questi ultimi espressione, secondo la Corte, di un principio fondamentale diretto al contenimento della spesa pubblica sanitaria e di un correlato principio di coordinamento della finanza pubblica.
  Inoltre, la sentenza della Corte costituzionale n. 227 proprio del 2015, con la Pag. 57quale è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale della stessa legge regionale numero 22 della regione Calabria recante modifiche ed integrazioni alla legge regionale n. 24 del 2008, concernente, materia abbondantemente descritta nell'interpellanza, norme in materia di autorizzazione, accreditamento, accordi contrattuali e controlli delle strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private. Anche in questo caso la Corte costituzionale così ha disposto: a tal fine il Governo, cito la sentenza, può nominare un commissario ad acta, le cui funzioni, come definite nel mandato conferitogli e come specificate dai programmi operativi, pur avendo carattere amministrativo e non legislativo, devono restare, fino all'esaurimento dei compiti commissariali, al riparo da ogni interferenza degli organi regionali – anche qualora questi agissero per via legislativa – pena la violazione dell'articolo 120, secondo comma della Costituzione. L'illegittimità costituzionale della legge regionale sussiste anche quando l'interferenza è meramente potenziale, dice la Corte, dunque a prescindere dal verificarsi di un contrasto diretto con i poteri del commissario incaricato di attuare proprio quel piano di rientro. L'esame delle finalità e dei contenuti della legge regionale della Calabria n. 22 conferma la sussistenza di una interferenza, dice la Corte, con le funzioni attribuite al commissario ad acta. Se poi si considera che, secondo quanto disposto dall'articolo 9, comma 10 della legge regionale calabrese n. 24 del 2008, come novellato dalla legge in questione, le nuove norme sulla cessione di accreditamenti e autorizzazioni sono applicabili anche ai procedimenti amministrativi pendenti, non può non concludersi che le disposizioni impugnate sono idonee a compromettere, dice la Corte, o a costringere significativamente, l'applicabilità di eventuali regimi diversi e più stringenti, come quelli che il commissario ad acta dichiara di aver elaborato in adempimento del proprio mandato e che è destinato ad essere sottoposto al consueto procedimento di formazione delle leggi regionali.
  Mi scuserete per l'abbondante citazione di sentenze, ma mi sembrava utile nella discussione. Dalle norme di riferimento, in particolare l'articolo 4 del decreto legge 159 del 2007 convertito dalla legge n. 222 del 2007 e l'articolo 2, comma 83 della legge 191 del 2009 e dalla giurisprudenza amministrativa e costituzionale che ho voluto richiamare, si ricava che la nomina di un commissario ad acta per l'attuazione dei piani di rientro dei disavanzi del settore sanitario, sopraggiunge all'esito di una perdurante inerzia degli organi istituzionali.
  Gli ambiti di attività e i relativi poteri del commissario ad acta sono delineati dagli obiettivi previsti nei piani di rientro e nei successivi programmi operativi secondo le priorità di intervento indicate nel mandato commissariale; in tali ambiti il commissario ad acta può emanare gli ulteriori provvedimenti normativi, amministrativi, organizzativi e gestionali necessari alla completa attuazione del piano stesso; la normativa sopra richiamata fonda potestà tanto ampie, quanto vincolate per l'esatta esecuzione da parte dei commissari statali dei piani di rientro, le cui determinazioni implicano effetti di variazione di atti anche già assunti a suo tempo e adottati dalle regioni commissariate.
  Le funzioni amministrative del commissariato ad acta devono essere poste al riparo da ogni interferenza degli organi regionali, ivi compreso il consiglio regionale, quindi anche le competenze legislative. La struttura amministrativa regionale, ivi compresa la direzione regionale dell'assessorato alla sanità, deve essere a disposizione del commissario e del subcommissario per l'espletamento dei relativi incarichi.
  Nel caso specifico segnalato nell'interpellanza, con riguardo alle iniziative del commissario nelle ordinarie attività gestionali dell'apparato amministrativo regionale, quanto ai provvedimenti di rilascio, di modifica e di revoca delle autorizzazioni sanitarie e/o di accreditamento, si osserva che questa ordinaria attività di Pag. 58gestione è stata, secondo il Ministero, correttamente assunta dal commissario ad acta fin dalla sua prima istituzione.
  Quando al decreto del commissario ad acta n. 83 del 2015, con cui la struttura commissariale ha trasmesso al consiglio regionale una nuova versione della proposta di legge regionale: «norme in materia di autorizzazioni (...)», disciplinante il sistema delle autorizzazioni, dell'accreditamento e degli accordi contrattuali, onde abrogare la legge n. 24 del 2008, si osserva che il decreto assolve all'intervento prioritario indicato al commissario ad acta nella delibera di conferimento del relativo incarico e specificamente al punto 10) della delibera del Consiglio dei Ministri del 12 marzo 2015. Il decreto inoltre attiva la procedura ex articolo 2, comma 80, della legge n. 191 del 2009, prescritta nel caso in cui il commissario, nel corso dell'attuazione del piano di rientro e dei programmi operativi, rinvenga ostacoli derivanti da provvedimenti legislativi regionali.
  Alla luce di quanto sopra richiamato ed evidenziato, non si ritiene – sulla base di questi elementi che mi sembrano, diciamo, tecnici, ferme restando valutazioni politiche che sono ovviamente nella totale e assoluta libertà e anche nel diritto dell'interpellante su alcuni dei punti anche di valutazione della sanità calabrese (e mi sentirei di esprimere, fuori verbale, che condivido anche certi giudizi) – che il Ministero debba assumere eventuali iniziative nei confronti del commissario.

  PRESIDENTE. La deputata Dalila Nesci ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  DALILA NESCI. Grazie, Presidente. Signor rappresentante del Governo, lei conferma che a questo punto è tutto un gioco delle parti, dato che nessuno può mai intervenire dove dovrebbe. Tra l'altro, se riascolta quello che lei stessa ha detto, ha praticamente confermato l'illegittimità del commissariamento, nel momento in cui ha asserito che mancano i programmi operativi del 2013 e del 2015 e io le confermo che il programma operativo 2013-2015 non esiste ed incredibilmente il tavolo ministeriale di verifica, proprio ieri, ha parlato invece della necessità, chiedendo ovviamente alla struttura commissariale, di predisporre il programma per gli anni 2016-2018.
  Quindi, non esiste il programma per il 2013-2015, mentre ci preoccupiamo di scrivere quelli successivi. La verità, che si evince anche dalle sue parole è che voi confondete il commissariamento con il piano di rientro. Queste sono due situazioni distinte che si intersecano, ma che a un certo punto devono prendere vie diverse, come ho spiegato nell'interpellanza.
  Lei, citando tutte quelle sentenze che non hanno una stretta aderenza con i temi del mio quesito, praticamente ha cercato di deviare dal punto, perché è evidente che quella risposta non la può dare.
  Questa è la volontà come al solito di ingenerare confusione, la confusione grazie alla quale va avanti questo Governo Renzi, ovviamente mancando anche di rispetto al ruolo di rappresentanti parlamentari che abbiamo dentro queste istituzioni, perché, se nemmeno questo strumento delle interpellanze riesce ad avere una risposta chiara e precisa sulle responsabilità che sono vostre e poi anche regionali, allora veramente non sappiamo più come portare avanti questo nostro mandato.
  Le dico che noi divulgheremo, anche attraverso la rete, le ragioni giuridiche che stanno alla base di questa interpellanza e che danno ragione a noi sull'illegittimità di un commissariamento che sta strozzando la sanità calabrese. L'insistenza, peraltro, del Governo nel tenere commissariata la nostra regione, in particolare la sanità, per noi ha due obiettivi che ormai sono chiari.
  Il primo è quello di sottrarre potere ovviamente alla politica locale, cosa che poi sarà a breve applicata al resto dell'Italia tramite le riforme costituzionali che state definendo in questi giorni; l'altro obiettivo è utilizzare le risorse della regione, in questo caso la regione Calabria, per foraggiare, per esempio, il revisore KPMG e per assegnare consulenze inutili quanto vergognose. E mi riferisco, per Pag. 59esempio, alla consulenza data al contabile Pietro Evangelista, che, per la modica cifra di 600 euro al giorno, era stato chiamato a recuperare le tracce dei pagamenti dell'ASP di Reggio Calabria.
  Per fare un altro esempio, mi riferisco alla consulenza all'istituto Sant'Anna di Pisa, che, per 40 mila euro, più oneri aggiuntivi ben nascosti, ovviamente, negli atti, dovrà occuparsi del gradimento dell'offerta sanitaria in Calabria; ciò ovviamente mentre i calabresi vivono una sanità quasi priva di servizi, dove mancano i servizi sanitari essenziali e mi riferisco anche alle consulenze affidate, guarda caso appena sotto il valore soglia, a due professionisti già in rapporto con l'attuale subcommissario ad acta. Il celebre Rino Gaetano cantava «Spendi spandi effendi».
  Bene, ai calabresi vengono richiesti sacrifici enormi, ma in cambio essi non hanno nulla e devono subire la gestione clientelare della riorganizzazione sanitaria. I ministeri della salute e dell'economia sanno benissimo che all'unità operativa di endocrinochirurgia del Policlinico dell'Università di Catanzaro è stato concesso – pensate – il riferimento regionale, benché quella struttura tenga una media di due interventi a settimana. Nella fattispecie il direttore della programmazione sanitaria nazionale, il dottor Renato Botti, ha impiegato meno di ventiquattro ore per silurare la revoca del provvedimento da parte del commissario ad acta, disposto con proprio decreto, non firmato dal subcommissario. Evidentemente quel centro di endocrinochirurgia ha qualche altro merito, che noi non rinveniamo, perché non sta nei numeri; quindi, sono anche da rintracciare questi elementi. E in altre circostanze, invece, i tecnici ministeriali hanno avuto tempi differenti e non hanno mai notato che vi sono invece i decreti commissariali senza la firma del subcommissario. Quindi, finora abbiamo presentato una miriade di esposti anche alla procura di Roma in merito alla gestione allegra della sanità calabrese, partecipata dal Governo con continue omissioni e finzioni. Nella consapevolezza che c’è sempre un giudice, continueremo la nostra battaglia per la tutela della salute dei cittadini e intanto, dinanzi al perseverare di questo Governo nell'errore e visto che il commissario e il subcommissario ad acta in un anno costano alla regione più di una Ferrari Tour de France chiederemo conto alla magistratura ordinaria e contabile anche dell'immobilismo del governatore della Calabria, Mario Oliverio.
  Egli, eletto nel 2014, avrebbe già dovuto avviare la presentazione da parte, appunto, della regione di un nuovo piano di rientro, come anche lei stesso ha auspicato, ai sensi della disciplina prevista dall'articolo 2 della legge n. 191 del 2009, in seguito all'approvazione del quale cessa il commissariamento. Quindi ancora il governatore della Calabria secondo noi avrebbe già dovuto sollevare il conflitto di attribuzione dinanzi alla Corte costituzionale, peraltro anche in relazione ai provvedimenti adottati dalla struttura commissariale in materia e che non erano contemplati nell'atto di nomina.
  Per ultimo, il governatore della Calabria, che avrebbe già dovuto presentare esposto-denuncia alla procura della Repubblica per il fatto che l'avvenuta erogazione di funzioni non contemplate nel relativo mandato da parte del commissario ad acta può configurare il reato di abuso d'ufficio e il reato di usurpazione di funzioni pubbliche. Purtroppo, la sua uscita, rappresentante del Governo, conferma il gioco delle parti fra parti politiche e fazioni politiche che nulla hanno a che fare con il diritto alla salute dei cittadini (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

(Chiarimenti ed iniziative di competenze in merito all'immissione in commercio di farmaci innovativi per la cura dell'epatite C, nonché per scongiurare disparità di accesso alle terapie su base territoriale – n. 2-01178)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Mantero ed altri n. 2-01178, concernente chiarimenti ed iniziative di competenze in merito all'immissione in Pag. 60commercio di farmaci innovativi per la cura dell'epatite C, nonché per scongiurare disparità di accesso alle terapie su base territoriale (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo al deputato Mantero se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  MATTEO MANTERO. Grazie, Presidente; buongiorno, sottosegretario, e complimenti per la resistenza. Vorrei illustrare brevemente questa interpellanza facendo un piccolo excursus della situazione per la cura dell'epatite C. Negli ultimi anni, con l'introduzione dei farmaci antivirali diretti, è cambiata notevolmente la prospettiva di cura per questi malati. Infatti, con l'utilizzo di questi farmaci, ovviamente con percentuali di successo diverse a seconda del genotipo del virus e dell'entità del danno epatico, si è arrivati ad una altissima percentuale di eradicazione totale del virus in solo tre-sei mesi di trattamento e senza gli effetti collaterali che avevano invece i farmaci che si usavano in precedenza, ovvero interferone e ribavirina. I primi farmaci autorizzati, prima in America, poi all'EMA e poi dall'Agenzia italiana del farmaco qua in Italia, sono il Sovaldi e l'Harvoni dell'azienda americana Gilead. Successivamente, sono stati approvati dall'AIFA altri farmaci antivirali diretti che molti specialisti ritengono del tutto sovrapponibili come effetti e come trattamento ai due farmaci della Gilead e che sono commercializzati ad un prezzo più basso. Il 16 luglio l'Agenzia italiana del farmaco è stata chiamata in Commissione sanità al Senato a riferire proprio per quanto riguarda la sostenibilità di questi farmaci per la cura dell'epatite C perché sono appunto molto cari e perché c'era anche una differenza di costi tra diversi Stati. Il dottor Pani ci ha detto che era stato fino a quel momento curato circa un terzo dei malati, quindi 14 mila malati, a fronte dei 50 mila che erano considerati più gravi. E il numero continua ad aumentare, ma è comunque un numero ancora basso e soprattutto risente di gravi differenze regionali. Infatti, le regioni in cui si ha avuto un più alto numero di malati trattati sono state le regioni del nord, dove l'incidenza della malattia è più bassa. Lo stesso dottor Pani ha descritto una difformità di comportamento nelle diverse regioni parlando della restituzione del primo scaglione di sconto, tramite il meccanismo del payback, di 41 milioni di euro. Ci ha spiegato che le regioni con prevalenza percentuale massima, che avrebbero dovuto avere un maggior numero di pazienti e, di conseguenza, arrivare prima agli scaglioni di sconto e, quindi, avere un maggiore rimborso, sono invece quelle che hanno trattato meno pazienti ed hanno quindi avuto rimborsi più bassi, con le ovvie conseguenze mediche, etiche ed economico-sociali.
  Per quanto riguarda, invece, l'accordo, il dottor Pani ritiene improprio parlare dei termini di segretezza, ma ci dice (cito): «Si tratta piuttosto di un accordo di carattere confidenziale i cui contenuti non sono stati rivelati pubblicamente per non incorrere in inadempienze contrattuali che avrebbero impedito di raggiungere importanti obiettivi di risparmio». Dice in ogni caso che ha trasmesso agli assessori alla sanità delle varie regioni i termini dell'accordo con i prezzi del farmaco e ha trasmesso anche una tabella con il numero di pazienti e i vari scaglioni di sconto in base al numero dei pazienti appunto. E ci dice anche che l'accordo è stato trasmesso alla stampa specializzata in cui si spiega questa gradualità del ribasso prezzi che va da 37 mila a 4 mila euro nelle ultime dosi di trattamento. Quindi, a quanto pare, gli unici che non sanno i termini dell'accordo siamo noi e i cittadini, perché gli altri sono tutti a conoscenza.
  Le regioni, però, hanno evidenziato, nel loro parere alla Conferenza Stato-regioni, che l'AIFA non ha fatto chiarezza sui prezzi dei farmaci per l'epatite C. E questo è ancora più grave se si tiene conto, appunto, che ci sono vari farmaci per lo stesso trattamento e che numerosi esperti dicono che sono del tutto sovrapponibili. Infatti, non avendo chiari i prezzi al netto degli sconti e dei payback, non è possibile indirizzare la scelta verso i farmaci più Pag. 61convenienti e, quindi, trattare un numero maggiore di pazienti. E, poi, le regioni hanno ancora chiesto con forza all'AIFA di esprimersi in merito alla sovrapponibilità dei farmaci in modo da poter fare gare tra le diverse aziende produttrici in regime di concorrenza per cercare di spuntare un prezzo ancora più contenuto.
  Arriviamo al 17 luglio in cui, con la determinazione n. 982, l'AIFA ci fa sapere che siamo arrivati al primo scaglione di sconto e, quindi, la ditta Gilead provvede al pagamento alle regioni del primo payback di 41 milioni e 161 mila euro. Quando arriviamo, però, al secondo scaglione di sconto, il 12 novembre, di cui veniamo a conoscenza con la determinazione n. 142 dell'AIFA, scopriamo che il Comitato rimborsi dell'AIFA ha deciso, senza un parere preventivo delle regioni, di accettare, in accordo con la Gilead e venendo incontro alla Gilead, la restituzione dei 193 milioni di euro che sono il secondo scaglione dovuti dalla Gilead, non tramite payback, ma tramite nota di credito. Quindi, se mi si permette di banalizzare, le regioni, invece che avere i contanti, che possono utilizzare come meglio credono, in buona sostanza ricevono dei buoni acquisto che possono spendere esclusivamente con la stessa azienda farmaceutica Gilead. Questa decisione che è a nostro avviso a tutto favore dell'azienda aggiunge altro fumo a questa questione già fumosa dei farmaci. E, se fossimo malpensanti, sembrerebbe un meccanismo studiato a tavolino per costringere le regioni a continuare ad acquistare esclusivamente da questa casa farmaceutica tutelando la casa farmaceutica stessa dalla concorrenza dei nuovi farmaci antiepatite C ad un prezzo più basso che sono già in commercio e da quelli che stanno arrivando.
  In conclusione, abbiamo 400 mila malati, molti dei quali a rischio di cirrosi e trapianto; abbiamo le regioni che devono esporsi per acquistare questi farmaci a prezzo molto caro, rischiando, appunto, di avere una disparità di trattamento nelle regioni che hanno più difficoltà ad anticipare. E abbiamo questo cambiamento delle carte in tavola per cui le regioni che hanno anticipato i soldi per l'acquisto di questi farmaci si vedranno, invece, restituire dalla Gilead queste note di credito e non denaro contante e, quindi, c’è anche il rischio di una difficoltà delle regioni.
  Ora, le domande che le facciamo nello specifico, gliele leggo: se il Ministero della salute abbia autorizzato la variazione dei termini dell'accordo della società Gilead in merito alla restituzione dello sconto e se abbia chiesto un parere preventivo all'Autorità garante per la concorrenza e all'Autorità nazionale anticorruzione per la variazione dei termini dell'accordo; se il Ministro abbia valutato i possibili squilibri di cassa e di bilanci che potranno subire le regioni dovuti alla mancanza di liquidità per i mancati 193 milioni e 780 mila euro che non arriveranno tramite il payback; se e come intende intervenire per scongiurare la disparità di trattamento della terapia su base regionale e quindi garantire un'uniformità di salute su tutto il territorio nazionale; se abbia avviato una razionale e mirata ripartizione del Fondo per i farmaci innovativi che sappiamo essere di 500 milioni di euro per quest'anno, tenendo conto anche della prevalenza dei malati per le varie regioni; e se ci può indicare eventualmente le cifre già stanziate alle regioni.
  Inoltre chiediamo di sapere se il Ministero ritenga di sollecitare l'AIFA ad esprimersi sulla sovrapponibilità dell'equivalenza dei farmaci in commercio proprio per permettere eventualmente di utilizzare i farmaci meno costosi.
  Queste sono le domande scritte nero su bianco, queste domande sottendono un'altra domanda, che è intuibile diciamo tra le righe, ma che io le voglio esplicitare, ovvero quali sono i reali interessi che tutela l'AIFA ? Tutela gli interessi, come dovrebbe, dei cittadini dello Stato o quelli delle case farmaceutiche e nello specifico in questo caso quelli della Gilead ?

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la salute, Vito De Filippo, ha facoltà di rispondere.

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  VITO DE FILIPPO, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, per tutti gli aspetti di competenza dell'interpellanza urgente dell'onorevole Mantero abbiamo chiesto ad AIFA di farci una puntuale relazione su tutte le questioni e ci risponde su questi punti in questi termini: l'Agenzia italiana del farmaco ha inteso innanzitutto precisare che, supportata dai propri organismi collegiali e in particolare dal Comitato prezzi e rimborso, che è un organo composto anche da rappresentanze delle regioni, ha agito nel rispetto e nei limiti delle proprie attribuzioni finalizzate dal Governo alla spesa farmaceutica. Come reso noto nel comunicato AIFA del 12 novembre 2015, in applicazione dei termini dell'accordo confidenziale sottoscritto ad esito della negoziazione del prezzo e della rimborsabilità dei medicinali Sovaldi e Harvoni con la ditta Gilead, è stato raggiunto il secondo scaglione di sconto al Servizio sanitario nazionale previsto dall'accordo prezzo-volume. La ditta Gilead, in accordo con AIFA, a fronte del parere positivo del Comitato prezzi e rimborsi, provvederà a restituire attraverso emissioni di note di credito alle regioni, anziché tramite payback come previsto da una precedente determinazione, l'importo di 193 milioni di euro e 780 mila euro con le modalità e la tempistica che sono indicate nella determinazione AIFA n. 1472 del 2015, che è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 264 del 12 novembre 2015, che ha proprio per oggetto attività di rimborso alle regioni in attuazione del meccanismo prezzo-volume. Questa modalità di restituzione secondo l'AIFA garantisce la piena applicazione dell'accordo nonché un flusso finanziario che apparirebbe più favorevole sia alle regioni che alla stessa Agenzia. A questo riguardo, è opportuno evidenziare anche l'efficienza dei nove registri AIFA, che ha consentito in solo 5 giorni dal raggiungimento della soglia prevista di verificare tra Servizio sanitario nazionale e azienda farmaceutica la congruità del numero dei trattamenti avviati con i farmaci in questione, la spesa e quindi l'importo dovuto a carico di Gilead a fronte dell'applicazione del meccanismo prezzo-volume.
  Dunque, l'azienda dovrà provvedere all'emissione di note di credito alle strutture sanitarie autorizzate fino alla concorrenza degli importi dovuti alle regioni, entro i trenta giorni successivi alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della determina n. 1427 del 2015, che ho più volte citato. Le note di credito saranno riproporzionate tra le diverse strutture sanitarie della regione in base ai dati del registro AIFA e dovranno essere comunicate sia alla stessa Agenzia che alle regioni entro le scadenze che sono stabilite nella determina.
  A questo riguardo, il Ministero della salute ha inviato ad AIFA un'apposita richiesta volta a rendere trasparente l'ammontare delle note di credito che dovranno essere messe a favore delle strutture sanitarie autorizzate fino a concorrenza degli importi dovuti alle singole regioni in base all'allegato 1 della determina AIFA n. 1427 del 4 novembre 2015, ciò in considerazione di quanto emerso nel corso delle recenti verifiche tecniche dei conti economici delle regioni da parte dei tavoli di verifica che hanno evidenziato che l'assenza delle informazioni sugli importi delle note di credito alla chiusura dell'esercizio non consentirebbe alle strutture interessate di stornare detti importi dal costo per l'acquisto dei farmaci innovativi finora sostenuto.
  La messa a disposizione alle strutture sanitarie dell'importo delle note di credito entro il termine di chiusura dell'esercizio finanziario 2015 consentirà alle stesse di scrivere il corrispondente importo entro il corrente anno, indipendentemente dai tempi effettivi di ricevimento delle relative note di credito, registrando così una riduzione del costo iscritto nel bilancio. Come già reso noto anche precedentemente, seguiranno ulteriori determinazione al raggiungimento dei successivi scaglioni di trattamento associati a sconti crescenti attesi in Pag. 63funzione della rapidità con cui le regioni provvederanno ad avviare il trattamento con Sovaldi e Harvoni i pazienti che rientrano nei criteri di rimborsabilità fissati dalla Commissione tecnica e scientifica dell'AIFA. Tutto ciò esposto mostra come il modello di rimborsabilità negoziato tra AIFA e ditta Gilead concorda in modo efficace secondo noi alla sostenibilità del Servizio sanitario nazionale, garantendo al contempo l'accesso per i pazienti italiani a questi medicinali innovativi. È appena il caso di rilevare inoltre che eventuali rischi di alterazione degli assetti concorrenziali sono scongiurati dal fatto che le stesse modalità di attuazione del meccanismo prezzo-volume sono applicate anche con riferimento alle altre aziende produttrici di farmaci per il trattamento dell'epatite C. Quanto alla questione riguardante i farmaci innovativi, si ricorda che il decreto del 9 ottobre 2015 del Ministero della salute concernente i criteri sulle modalità di riparto del Fondo per l'acquisto dei farmaci innovativi, Fondo che è stato istituito con la legge di stabilità 2015, ricordando che il Fondo per il 2015 e 2016 è alimentato da un contributo statale alla diffusione dei predetti medicinali innovativi per 100 milioni di euro per l'anno 2015 e di una quota delle risorse destinate alla realizzazione di specifici obiettivi del Piano sanitario nazionale pari a 400 milioni di euro per l'anno 2015 e 500 milioni di euro per l'anno 2016 e quindi complessivamente, come è noto, 1 miliardo. A questo proposito si segnala che a seguito della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale n. 264 del citato decreto ministeriale del 9 ottobre, è in fase anche di perfezionamento il decreto direttoriale di rimborso alle regioni a titolo d'acconto del 50 per cento della spesa di competenza regionale sostenuta fino al 30 settembre 2015, come comunicato a questo Ministero dall'AIFA in data 13 novembre 2015. Questi importi saranno resi noti non appena questo iter sarà concluso e sarà quindi formulato secondo l'iter formulato del decreto. In merito alla posizione dell'AIFA sull'equivalenza terapeutica dei farmaci attualmente disponibili, l'AIFA ci conferma ancora in queste ore che nessuna richiesta in questo senso è stata attualmente formalizzata all'Agenzia ai sensi dell'articolo 15, comma 11-ter, del decreto-legge n. 95 del 2015, convertito con la legge n. 135 del 2015. Da ultimo, in applicazione dell'intesa Stato-regione del 2 luglio 2015, al punto d4, rimettiamo al tavolo di lavoro istituito presso il Ministero della salute la predisposizione di una proposta di revisione delle norme riguardanti il governo della spesa farmaceutica. Quel tavolo è stato istituito con la partecipazione anche di altri attori istituzionali e sta facendo questa attività. In quella sede istituzionale potranno essere anche presi in esame i possibili correttivi per evitare anche i rischi indicati nell'interpellanza in esame.

  PRESIDENTE. La deputata Grillo ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta all'interpellanza Mantero n. 2-01178, di cui è cofirmataria.

  GIULIA GRILLO. Signor Presidente, siamo insoddisfattissimi come prima di questa risposta. Innanzitutto, mi piacerebbe sapere chi ha scritto questo pezzo, perché ovviamente l'ha scritto l'AIFA e mi piacerebbe sapere il nome e cognome di chi ha scritto, perché questa persona evidentemente pensa che siamo dei deficienti, perché, quando noi diciamo che c’è una violazione della concorrenza – lo riferisca a chi ha scritto questa frase –, è chiaro che non ci riferiamo all'attualità, noi ci riferiamo alla possibilità che fra due mesi esca un nuovo farmaco più conveniente di quelli della Gilead, quindi non ai contratti in essere, ma a nuovi contratti. Pensavo che la persona che ha scritto ci arrivasse col cervello, evidentemente non ci arriva. E quindi chiediamo: le regioni, che si sono impegnate a comprare dalla Gilead questi benedetti farmaci e poi avranno il payback con le Pag. 64note di credito, cosa faranno se vorranno scegliere un altro farmaco.
  Ci siamo ? Il discorso è semplicissimo: io faccio una nota di credito con te, cosa che prima non era prevista. Attenzione, la Gilead e le altre aziende farmaceutiche che non avevano le note di credito, il primo payback di 41 milioni di euro lo hanno dato. La cifra è salita, 193 milioni di euro. Mi consenta di dire di chiedere sempre alla persona che ha scritto qual è il vantaggio delle regioni. Le regioni sono cornute e mazziate, perché devono anticipare liquidità per comprare questi farmaci e la Gilead, che ha fatturato 24 miliardi di euro in due anni – quindi la liquidità non gli manca assolutamente – dice: «No, non ti restituisco i 193 milioni di euro con la liquidità. No, ti faccio le note di credito». Scusi, ma a chi conviene fare le note di credito ? Non alle regioni.
  Allora, quello che noi vi abbiamo chiesto in questa interpellanza è: il Ministero della salute è stato informato dall'Agenzia italiana del farmaco che stava cambiando, in corso d'opera, un contratto con il quale le regioni hanno comprato i farmaci, sapendo che avrebbero avuto restituite liquidità e, invece, glielo cambiate e gli date le «notine» di credito ? E poi, quando mi dite che cambierà un'altra volta, cosa facciamo ? Poi alle aziende farmaceutiche diamo le mancette di noccioline ? Torniamo all'epoca dello scambio, del baratto ? Dobbiamo fare questo ? Così le aziende farmaceutiche continuano a gonfiare i loro fatturati, per giunta con la nostra liquidità e sappiamo benissimo quanto sono soffocate le regioni.
  Quindi, questa è una risposta indecente e voi ve la dovreste prendere con chi vi ha scritto queste cose e vi ho già detto, in altre circostanze, che non vi dovete fidare e prendere per oro colato tutto ciò che vi scrivono, perché voi siete il Ministero vigilante, insieme al Ministro dell'economia e delle finanze.
  Detto questo, questa storia della Gilead sta diventando veramente assurda. Voi sapete benissimo che il presidente della regione Toscana, che è del vostro stesso schieramento politico, il PD, Enrico Rossi, ha depositato un esposto in procura contro la Gilead e contro quello che è l'accordo che avete fatto, che fa accapponare la pelle. È un esposto gravissimo, che dimostra, dati alla mano, anche con studi dell'Università Tor Vergata di Roma, che le modalità che avete previsto, – voi, tramite l'Agenzia del farmaco, perché voi avete la responsabilità di quello che fa l'Agenzia del farmaco – non corrispondono agli obiettivi di salute della popolazione. Ve lo ha scritto nero su bianco.
  La cosa vergognosa è stata che sia la Gilead che la AbbVie hanno impugnato la gara della Toscana, che legittimamente aveva deciso di fare una gara per provare ad acquistare quei farmaci a un prezzo più basso per poter curare i suoi cittadini. Siamo a questo livello. Io veramente rimango sbalordita. Allora noi parliamo di un'azienda farmaceutica, la Gilead, che è la quinta nel mondo per fatturato e che in due anni ha fatturato, solo con due farmaci, 24 miliardi di dollari, comprando un brevetto a pochi spiccioli. Ma, allora, io le dico, scusi, se voi non siete in grado di cambiare paradigma, il MoVimento 5 Stelle ci riesce. Se quel brevetto se lo comprava un istituto pubblico, anziché farlo comprare un'azienda farmaceutica, che vende a 84 mila dollari in America il farmaco per l'epatite C. Perché non se lo compra il pubblico ? Anziché fare riempire di miliardi le tasche a queste persone, che hanno il loro diritto di fare profitto, ma non sulla nostra pelle. Stiamo scherzando ? Ne parlano. Guardi io ho scaricato un articolo in inglese. Se lei mette su Google «Gilead» e «Sovaldi», trova gli articoli di analisti finanziari. Infatti, l'aspetto più grosso è finanziario prima ancora che sulla salute.
  Questo discorso è un dibattito internazionale su tutti i nuovi farmaci, perché questo sarà il gioco e tutti i servizi sanitari Pag. 65verranno messi in ginocchio da queste case farmaceutiche. È un Risiko. Stiamo giocando a Risiko !
  Peraltro, in questa sede rendo noto che la ditta Gilead ha scritto al presidente della Commissione affari sociali per chiedere di rimuovere i video che riportavano l'audizione del presidente Pani, dichiarando che il presidente Pani avrebbe svelato informazioni. Adesso, se è vero che questo lamentava la Gilead, immagino che la Gilead farà causa al direttore generale Pani per rivelazione di segreti commerciali, cosa che fino a oggi non mi risulta.
  Quindi, insomma, non capisco a cosa è servita questa lettera, che dimostra l'aggressività che hanno queste strutture mangia soldi nel loro atteggiamento nei confronti di un'istituzione come quella parlamentare.
  Quindi, noi, sulle note di credito – mi dispiace dirlo – troviamo assolutamente incurante la posizione del Ministero della salute. Noi facciamo un esposto all'Antitrust, perché siamo convinti che ci sia una violazione della concorrenza. Spieghi a chi ha scritto, per il futuro naturalmente. Noi, infatti, nell'interpellanza vi abbiamo anche allegato un articolo di Quotidiano Sanità, in cui si parlava della lavorazione sui nuovi farmaci. Peraltro, diciamo che questo discorso della violazione della concorrenza sembra anche chiaro quando uno vede le aziende AbbVie e Gilead che impugnano la gara della Toscana. A proposito, il 9 dicembre ci sarà la prima udienza, quindi vedremo cosa dirà anche il TAR. Però mi sembra che in questo mercato gli unici che sappiano, tra di loro, cosa succede, gli unici che ci stanno guadagnando sono loro, e i pazienti, con grandi difficoltà, possono accedere a questa terapia.
  Peraltro – ripeto –, come dicono letteralmente i medici di Tor Vergata, tale paradosso, cioè il paradosso di curare solo una parte dei pazienti affetti da epatite C, è ancora più ingiustificabile ove si consideri che il tasso di risposta alla terapia è inferiore nei pazienti affetti da cirrosi epatica rispetto a quelli che ancora non sono stati colpiti da tale malattia e, comunque, il danno epatico rilevante della cirrosi non viene eliminato a seguito dell'eradicazione del virus, mentre può essere evitato con l'intervento tempestivo, sui pazienti non ancora affetti da cirrosi. Quindi, quelli vi dicono che, se voi la volete sradicare veramente, voi dovete dare il farmaco a tutti i pazienti, non solo a quelli selezionati dall'AIFA. Quindi, c’è anche un problema di indicazione terapeutica importantissimo. Infatti, sono curiosa di sapere come andrà a finire questa discussione.
  Sottosegretario riferisca al Ministro che il MoVimento 5 Stelle è fortemente indignato da questa gestione che sta portando avanti l'AIFA, che dovete provvedere e immediatamente rimuovere Pani e Pecorelli, senza più discussioni, e che bisogna assolutamente stare attenti con la spesa farmaceutica, con l'Agenzia del farmaco che gestisce una spesa totale ogni anno di 26 miliardi di euro. Quindi non si scherza con il fuoco.

  PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Convocazione della Commissione parlamentare di inchiesta sui casi di morte e di gravi malattie che hanno colpito il personale italiano impiegato in missioni militari all'estero, nei poligoni di tiro e nei siti di deposito di munizioni, in relazione all'esposizione a particolari fattori chimici, tossici e radiologici dal possibile effetto patogeno e da somministrazione di vaccini, con particolare attenzione agli effetti dell'utilizzo di proiettili all'uranio impoverito e della dispersione nell'ambiente di nanoparticelle di minerali pesanti prodotte dalle esplosioni di materiale bellico e a eventuali interazioni, per la relativa costituzione.

  PRESIDENTE. Comunico che la Presidente della Camera ha convocato la Commissione Pag. 66parlamentare di inchiesta sui casi di morte e di gravi malattie che hanno colpito il personale italiano impiegato in missioni militari all'estero, nei poligoni di tiro e nei siti di deposito di munizioni, in relazione all'esposizione a particolari fattori chimici, tossici e radiologici dal possibile effetto patogeno e da somministrazione di vaccini, con particolare attenzione agli effetti dell'utilizzo di proiettili all'uranio impoverito e della dispersione nell'ambiente di nanoparticelle di minerali pesanti prodotte dalle esplosioni di materiale bellico e a eventuali interazioni, per la relativa costituzione, giovedì 3 dicembre 2015 alle ore 14, presso la sede di Palazzo San Macuto.

Ordine del giorno della prossima seduta.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

  Lunedì 30 novembre 2015, alle 15:

  1. – Discussione sulle linee generali della mozione Binetti ed altri n. 1-01063 concernente iniziative per la cura dei tumori rari.

  2. – Discussione sulle linee generali delle mozioni Franco Bordo ed altri n. 1-01068 e Dorina Bianchi e Garofalo n. 1-01070 concernenti l'annunciato processo di privatizzazione di Ferrovie dello Stato italiane S.p.a.

  La seduta termina alle 15,10.