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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 517 di lunedì 9 novembre 2015

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO

  La seduta comincia alle 15.

  PRESIDENTE. La seduta è aperta.
  Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

  RAFFAELLO VIGNALI, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 26 ottobre 2015.

  PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Amici, Artini, Baldelli, Basilio, Bellanova, Bernardo, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Bratti, Bressa, Brunetta, Caparini, Capelli, Casero, Castiglione, Centemero, Costa, D'Alia, De Micheli, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Garofani, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Merlo, Migliore, Orlando, Pes, Petrenga, Salvatore Piccolo, Pisicchio, Portas, Ravetto, Realacci, Rosato, Domenico Rossi, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Scotto, Sorial, Tabacci, Valeria Valente, Velo, Villecco Calipari e Zanetti sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente settantasette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna).

Modifica nella composizione di gruppi parlamentari.

  PRESIDENTE. Comunico che, con lettere pervenute in data 6 novembre, i deputati Stefano Fassina, e Claudio Fava e la deputata Monica Gregori, già iscritti al gruppo parlamentare Misto, hanno chiesto di aderire al gruppo parlamentare Sinistra Italiana – Sinistra Ecologia Libertà.
  La presidenza di tale gruppo, con lettera pervenuta in pari data, ha comunicato di aver accolto le richieste.
  Comunico altresì che, con lettere pervenute in data 6 novembre, i deputati Alfredo D'Attorre, Vincenzo Folino e Carlo Galli, già iscritti al gruppo parlamentare Partito Democratico, hanno chiesto di aderire al gruppo parlamentare Sinistra Italiana – Sinistra Ecologia Libertà.
  La presidenza di tale gruppo, con lettera pervenuta in pari data, ha comunicato di aver accolto le richieste.

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Modifica nella costituzione del Comitato per la legislazione.

  PRESIDENTE. Comunico che sabato 7 novembre è venuto a scadenza il turno di Presidenza del Comitato per la legislazione del deputato Aniello Formisano.
  Ai sensi dell'articolo 16-bis, comma 2, del Regolamento, e sulla base dei criteri stabiliti dalla Giunta per il Regolamento il 16 ottobre 2001, le funzioni di presidente del Comitato per il quarto turno di presidenza sono assunte – a decorrere dall'8 novembre – dal deputato Gianluca Pini; le funzioni di vicepresidente sono assunte dal deputato Andrea Giorgis, cui spetterà il successivo turno di presidenza. Le funzioni di segretario restano affidate alla deputata Francesca Businarolo.

Per un richiamo al Regolamento (ore 15,10).

  RICCARDO NUTI. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Se mi dice anche l'articolo.

  RICCARDO NUTI. Grazie, Presidente. Riguardo agli articoli 73, 16-bis e 79. Come lei sa meglio di me, quando c’è una proposta di legge, si presentano gli emendamenti in Commissione, rispettando la scadenza ovviamente che viene data, poi ci sono i voti in Commissione e, alla fine del termine dei voti in Commissione, il testo va nelle Commissioni permanenti per un parere in sede consultiva e al Comitato per la legislazione. Poi ritorna in Commissione referente, in questo caso la Commissione Giustizia, viene dato il mandato al relatore e ovviamente su quello si fanno gli emendamenti per l'Assemblea.
  Presidente, io sono qui a far presente che queste violazioni sono avvenute in quanto successivamente al parere espresso dalle Commissioni permanenti e dal Comitato per la legislazione su un testo che era quello che abbiamo ricevuto il 29 ottobre, che era di 51 articoli, questo testo, per una forma di coordinamento proposto dalla presidente della Commissione, è diventato di 30 articoli, ma ovviamente il contenuto – perché poi è questo che stiamo contestando – non è rimasto intatto.
  Faccio un esempio, Presidente, e chiedo a voi e alla Presidenza se questa è considerabile una modifica di contenuto o semplicemente formale. Viene modificato all'articolo 13, comma 5: occorre sostituire, al comma 5 dell'articolo 38 le parole «primo grado» con le seguenti: «secondo grado». A cosa corrisponde questo ? Corrisponde al momento della confisca del bene ed è il momento in cui l'Agenzia svolge l'attività di supporto all'autorità giudiziaria. Questo è stato modificato – e lo dico anche agli uffici che ovviamente la supportano – con la richiesta di coordinamento – quindi non stiamo parlando di un emendamento – e dopo che le Commissioni avevano già espresso il parere.
  La spiegazione e la motivazione è stata quella che nel resto dell'articolato e nel resto dell'articolo 38 si fa riferimento al secondo grado. Ora, lei comprende bene come non si può fare una modifica di questo tipo con un coordinamento; casomai, si fa un emendamento in tal senso.
  Faccio presente altre due delle numerose variazioni che ci sono state, anche se mi attengo, però, solamente a quelle di merito, Presidente. Dall'articolo 32, comma 2 – in un testo di 51 articoli – questo contenuto è passato all'articolo 17, comma 2. Peccato che viene aggiunta la lettera b), dove si dice che il comma 2 è abrogato. Ovviamente, non sto qui a leggere tutto, in quanto forse gli uffici farebbero bene a dare una lettura approfondita di quella che è la differenza fra i due articoli del testo, con il testo di 51 articoli, quindi, che è andato alle Commissioni, e sul quale hanno espresso il parere le Commissioni e il Comitato per la legislazione, e quello successivo.
  Stessa cosa accade per l'articolo 42, comma 1, lettera e), del vecchio articolato, che poi è diventato l'articolo 25, comma 1, lettera e).Pag. 3
  Ora, io le ho portato tre esempi chiari delle variazioni che sono intervenute nel merito. La Presidente Boldrini ci ha risposto stamane, dicendo che la risposta della presidente della Commissione, Ferranti, era abbastanza chiara e non c'era nessuna variazione sostanziale nel testo. Quindi, prendiamo atto, se non c’è una nuova risposta da parte sua e della Presidenza, che cambiare primo e secondo grado o fare queste variazioni che ho citato – solo per brevità, ma se gli uffici lo desiderano, faccio vedere i testi – e che sono cambiate nel merito, mi chiedo se queste sono variazioni nel merito o semplicemente formali e, quindi, se il coordinamento può sostituire la fase emendativa prevista dagli articoli che ho citato.
  Questo è il motivo per il quale abbiamo richiesto che il testo, come da Regolamento della Camera, ritorni alle Commissioni per il parere, ritorni al Comitato per la legislazione per il parere, perché è assurdo che un testo, che passa da 51 articoli a 30 dopo il parere del Comitato per la legislazione, vada in Aula facendo finta che il Comitato per la legislazione si sia espresso sul nuovo testo, ma così non è stato, Presidente.
  Quindi, ci dica semplicemente che ormai i lavori di questa Camera sono finti, perché tutto avviene con forme che non sono previste dal Regolamento, con la scusa della parola coordinamento che, in realtà, come ho dimostrato, ha modificato nel merito il testo.

  PRESIDENTE. La ringrazio. Come lei ben saprà, il suo capogruppo, con una lettera scritta alla Presidente Boldrini, segnalava queste irregolarità, a suo avviso. La Presidente Boldrini, con un carteggio con la presidente della Commissione, ha chiesto chiarimenti e, in base alla risposta della presidente della Commissione, ha formulato la risposta, che è l'ultima risposta ufficiale della Presidenza della Camera, al suo capogruppo, immagino, nella quale si specificava che non si ravvisano irregolarità nella procedura.
  Se ritiene che questa risposta non sia soddisfacente, può ulteriormente sollecitare la Presidenza attraverso il suo capogruppo.

Discussione del testo unificato delle proposte di legge Gadda ed altri; D'iniziativa popolare; Garavini e Capone; Vecchio ed altri; Bindi ed altri; Bindi ed altri; Formisano: Modifiche al codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, al codice penale e alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale e altre disposizioni. Delega al Governo per la tutela del lavoro nelle aziende sequestrate e confiscate (A.C. 1039-1138-1189-2580-2737-2786-2956-A) (ore 15,15).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato delle proposte di legge nn. 1039-1138-1189-2580-2737-2786-2956-A: Modifiche al codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, al codice penale e alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale e altre disposizioni. Delega al Governo per la tutela del lavoro nelle aziende sequestrate e confiscate.
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali – A.C. 1039-A ed abbinate)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
  Avverto, altresì, che la II Commissione (Giustizia) si intende autorizzata a riferire oralmente.Pag. 4
  Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Davide Mattiello.

  DAVIDE MATTIELLO, Relatore. Grazie, Presidente. Buongiorno. La riforma del codice antimafia, che ci accingiamo a discutere e a votare, è attesa da molti, molto e da anni. Il codice antimafia, scritto nella precedente legislatura, tra il 2010 e il 2011, ha rappresentato certamente un passo avanti importante, contribuendo senz'altro alla sistematizzazione della materia e alla messa a punto di strumenti fondamentali, soprattutto sul fronte della prevenzione del crimine mafioso.
  Ma negli anni successivi alcune debolezze del codice hanno generato guai, ai quali ci prefiggiamo di porre rimedio.
  Prima, però, di entrare nel merito della riforma, credo che sia utile affrontare alcune questioni generali. La prima questione è proprio la genesi del testo che arriva oggi in Aula. Giugno 2013: la legislatura era da poco cominciata, quando la Commissione giustizia della Camera incardinò la proposta di legge di iniziativa popolare n. 1138, abbinata ai testi Gadda e Garavini, per la quale grandi organizzazioni sociali, come la CGIL, Avviso Pubblico, ARCI, Libera, ACLI, Legacoop, SOS Impresa e Centro studi Pio La Torre raccolsero centinaia di migliaia di firme.
  Dopo una prima fase di riflessione, discussione e raccolta di emendamenti, la Commissione giustizia votò il testo base l'8 ottobre 2014. Un testo base, si badi bene, approvato a larghissima maggioranza, che ampliava significativamente il perimetro di intervento dell'originale proposta di legge n. 1138, precostituendo gli addentellati di quello che, mano a mano, sarebbe diventato l'attuale testo.
  Parallelamente, nell'ottobre del 2014, veniva costituita la Commissione parlamentare antimafia, che, anche su sollecitazione delle medesime organizzazioni proponenti la proposta n. 1138, decideva di dedicare la prima inchiesta proprio alla questione della gestione dei beni sequestrati alle mafie. L'inchiesta della Commissione antimafia fu accurata e coinvolgente una vasta platea di professionisti e rappresentanti delle istituzioni a vario titolo coinvolti nella materia.
  La Commissione produsse una relazione che venne votata all'unanimità il 9 aprile 2014, con la quale auspicava con forza la riforma del codice antimafia. La relazione della Commissione produrrà, a sua volta, due risoluzioni parlamentari, presentate, discusse e votate a larghissima maggioranza in entrambi i rami del Parlamento. A valle di tutto questo lavoro, la Commissione antimafia elaborò e depositò sia alla Camera che al Senato, nell'ottobre del 2014, ben due articolati di riforma, che alla Camera portano come prima firma quella della presidente Bindi e che al Senato portano quella del senatore Mirabelli.
  Ancora, nell'agosto del 2014, il Ministro Orlando portava in Consiglio dei ministri un proprio disegno di legge di riforma del codice antimafia e di altre leggi collegate, qualificando con ciò ulteriormente l'azione politica del Governo su questo punto. Il disegno di legge Orlando verrà poi depositato in Senato nel novembre del 2014. Che fare di fronte a tanta messe di proposte sostanzialmente convergenti ? Imperativo non sprecare e finalizzare. In attesa di capire quale dei due rami del Parlamento avrebbe mosso per primo, la Commissione giustizia, grazie al determinante impulso della presidente Ferranti, ha ripreso a lavorare, avendo come punto di riferimento il testo base n. 1138 e proponendo di implementarlo, tenendo conto degli ulteriori contributi.
  A tal fine, vennero fissati termini per gli emendamenti lunghi e reiterati, e, addirittura, fra il primo e il secondo termine, ovvero tra il gennaio e la fine di aprile 2015, fu fatto un nuovo ciclo di audizioni, oltre, naturalmente, ad acquisire tutto il materiale prodotto dalla Commissione parlamentare antimafia. Nel luglio 2015 arrivò anche l'intesa tra i Presidenti di Camera e Senato con la quale si decideva di far procedere per la prima lettura la Camera dei deputati, riconoscendo che la Commissione giustizia aveva la materia ad un più avanzato stadio di elaborazione.Pag. 5
  Con sollecitudine, quindi, la Commissione giustizia, di intesa con il Governo, ha ripreso i lavori al fine di elaborare i pareri sugli emendamenti e quindi votarli, cosa che puntualmente è avvenuta, anche accogliendo diversi emendamenti delle opposizioni, con il chiaro intento di portare in Aula questo testo, così atteso, entro il 2015, e qui siamo. Sicuramente, questo iter è stato complesso proprio per la mole delle proposte e per la delicatezza della materia, ma di questa complessità ci siamo fatti carico, in primis la presidente Ferranti.
  Basti considerare che tra il voto del testo base in Commissione giustizia e i voti sugli emendamenti in Commissione è trascorso un anno. Un anno trapuntato di audizioni e lunghi termini per la proposta degli emendamenti. Anche i funzionari della Camera, sia quelli della Commissione giustizia, sia quelli della Commissione antimafia, si sono prodigati senza riserve per favorire l'intelligibilità delle varie fasi, e per questo a loro rivolgo fin d'ora un cordiale ringraziamento. Insomma, chi ha voluto partecipare ha partecipato, come è giusto che sia.
  Il percorso scelto da questa maggioranza in Commissione giustizia ha anche messo in evidenza il valore speciale della proposta di legge di iniziativa popolare n. 1138, un valore che va rivendicato. Lo rivendichiamo perché riteniamo che le organizzazioni sociali proponenti siano portatrici di quella forza culturale a cui nessuna legge dello Stato può supplire. Quella forza culturale che viene prima delle istituzioni e che le rende vive, tanto che la nostra Costituzione la riconosce come fondativa della Repubblica. Quella cultura che sa di coinvolgimento, di corresponsabilità e di impegno. È una cultura che si fa sapienza ed è una sapienza che diventa coscienza popolare. Ed è questa coscienza che presidia l'onestà delle condotte personali molto più che la legge penale. La coscienza che portava Placido Rizzotto a battersi, da segretario della camera del lavoro di Corleone, contro campieri e mafiosi, che è la stessa, la medesima coscienza che anima la scelta di quei lavoratori e di quelle lavoratrici della cooperativa che a Quindici, in provincia di Avellino, hanno deciso di restare a lavorare dentro l'immobile confiscato al clan Graziano nonostante le fucilate sparate contro quei cancelli la notte prima dell'inaugurazione. Questo non è un fatto accaduto 50 anni fa, è un fatto accaduto due settimane fa. Ecco perché ci sentiamo offesi da quanti, generalizzando la portata di dolorosi, gravi, comportamenti illegali individuali, criminalizzano pregiudizialmente le organizzazioni sociali, volendo vedere sempre e soltanto il marcio, laddove si punti a valorizzarne il coinvolgimento. Guai a fare di tutta l'erba un fascio ! Abbiamo imparato quanto sia importante distinguere per non confondere. Certo chi sbaglia deve pagare, ma siamo lontani dal credere che la legalità possa essere fatta rispettare puntando contemporaneamente a destrutturare, delegittimare, le organizzazioni sociali.
  E poi, procedendo su questo crinale, cosa dovremmo fare ora che le inchieste giudiziarie mettono sotto accusa magistrati, prefetti, liberi professionisti, che hanno costituito il cuore del sistema della prevenzione patrimoniale, un sistema che è stato fino a qui una punta di diamante nel contrasto alle mafie ? Penso al tribunale di Palermo che è arrivato a gestire oltre il 40 per cento di tutti sequestri in Italia, che ha fatto da apripista e ha camminato sulle gambe di magistrati e professionisti che in anni difficilissimi hanno accettato di mettere la propria faccia nella gestione di beni sequestrati a mafiosi locali. Dovremmo forse a questo punto diffidare pregiudizialmente dello Stato e di ogni sua articolazione fino al punto di paventare inciuci a prescindere ogni qual volta si prevede il coinvolgimento di qualcuna di esse ? No, mai, non è la nostra cultura. Dovremmo piuttosto continuare, con pazienza e coraggio, a tessere responsabilità, partecipazione, trasparenza e legalità.
  Seconda e ultima questione generale: a quali bisogni risponde la riforma ? Direi che la parola chiave è organicità, come ha più volte richiamato la presidente della Pag. 6Commissione parlamentare antimafia, onorevole Bindi. Organicità, il primo bisogno è quello di superare interventi estemporanei e asistematici, perché contro le organizzazioni criminali serve fare sistema. Chi delinque lo fa per arricchirsi indebitamente. Colpire la ricchezza prodotta illecitamente, oltre a colpire chi quella ricchezza ha generato, produce risultati di gran lunga superiori.
  Questi risultati si ottengono attraverso l'istituto del sequestro, di prevenzione, penale, penale allargato per sproporzione. C’è bisogno di rendere questo istituto sempre più affilato, da un lato, ma anche tutelante, dall'altro, consapevoli di quanto sia devastante per la vita di chi ne sia colpito. Da qui, gli interventi volti a rendere più veloce e certo il procedimento, più ampia la platea dei soggetti complessivamente coinvolgibili sia sul piano passivo che sul piano attivo e più chiara la tutela dei terzi creditori.
  L'altro bisogno grande è che l'oggetto del sequestro non si trasformi in un fallimento per lo Stato. In questi anni abbiamo contato troppi beni immobili andati in malora, troppe aziende fallite, troppi posti di lavoro persi. L'esperienza ha insegnato che soltanto «in levare» si vince a metà. Non basta togliere, se poi ciò che si è tolto si trasforma in una sconfitta sociale. Noi dobbiamo lavorare perché, invece, diventi un risarcimento collettivo. Quando nel 1995 Libera, coordinando una vasta rete di organizzazioni sociali, raccolse oltre un milione di firme per ottenere la legge sull'uso sociale dei beni confiscati alla mafia, adottò come slogan: la mafia restituisce il mal tolto.
  Da qui, gli interventi volti alla creazione di un Fondo di garanzia per i beni sequestrati e segnatamente per le aziende sequestrate; un'ampia e dettagliata delega al Governo perché realizzi ulteriori strumenti a sostegno per non perdere posti di lavoro; il potenziamento dell'Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati, che passerà sotto la vigilanza della Presidenza del Consiglio, con un maggiore coinvolgimento del Mise; il maggior rigore nella disciplina dell'amministratore giudiziario.
  Certo, siamo consapevoli che a volte vengono sequestrate aziende che non sono imprese veraci, con un'autentica capacità di stare sul mercato. Sono piuttosto lavatrici di denaro sporco, per le quali non va sprecato un euro di denaro pubblico. Queste aziende vanno liquidate al più presto. Per questo sarà decisivo il vaglio tempestivamente realizzato dall'amministratore giudiziario. Per altro verso, però, sappiamo che le aziende, ancorché capaci di stare sul mercato, quando vengono colpite da un provvedimento di sequestro, subiscono un trauma, che si traduce spesso nel ritrovarsi terra bruciata attorno, con fornitori e clienti in fuga.
  Voglio ricordare proprio su questo punto la lungimirante e coraggiosa battaglia fatta dal compianto prefetto di Trapani, Sodano, a sostegno della Calcestruzzi Ericina. Ed è proprio per superare questo trauma che si prevede fin dalla fase di sequestro la possibilità di accedere al fondo di garanzia. Nessun indebito condizionamento della libera concorrenza, dunque, piuttosto un intervento equilibrato proprio a salvaguardia della possibilità che ciascun competitore possa giocarsi la partita in condizioni di pari opportunità.
  Dovrei, Presidente e colleghi, a questo punto, passare in rassegna i vari aspetti qualificanti, ma preferisco, piuttosto che fare una trattazione superficiale – e i tempi non me lo permetterebbero –, sottolineare di più soltanto un aspetto qualificante di questa riforma per poi avviarmi alle conclusioni, lasciando ovviamente agli atti il testo.
  La questione che mi preme sottolineare perché qualificante è proprio, come ho già anticipato, l'allargamento del perimetro dei soggetti a cui potranno essere applicate le misure di prevenzione patrimoniale o i sequestri penali, anche i sequestri ex articolo 12-sexies, cioè quelli per sproporzione. Infatti, con questa riforma noi prevediamo di applicarli anche a chi sia indiziato ex articolo 418, cioè la condotta penalmente rilevante di chi favorisca la Pag. 7latitanza. È evidente quanto ci sia in questo Paese bisogno di colpire chi ancora sostenga la latitanza di chicchessia, a cominciare dal numero uno tra i latitanti – ma non è l'unico –, Matteo Messina Denaro. Siamo stati tutti impressionati dalle dichiarazioni della dottoressa Principato di quest'estate, quando ha detto: se Matteo Messina Denaro non lo prendiamo, è perché viene tutelato in alto loco.
  Ecco, sappiano costoro che l'articolo 418 oggi rientra nelle previsioni delle misure di prevenzione patrimoniale, così come i delitti contro la pubblica amministrazione. Basterà l'indizio di uno di questi delitti gravi contro la pubblica amministrazione perché possano scattare le misure di prevenzione patrimoniale. E abbiamo esteso i sequestri e le confische, di intesa con il Governo, anche a coloro che si macchiano dell'odioso delitto di caporalato.
  Arrivo così, Presidente, colleghi, alle conclusioni. Quando pensiamo all'inserimento nel nostro ordinamento delle misure di prevenzione patrimoniali non possiamo che riferirci alla legge n. 646, approvata il 13 settembre 1982, passata alla storia come «legge La Torre» dal nome del suo primo firmatario, l'onorevole Pio La Torre. Non deve sfuggirci che quella proposta di legge venne presentata due anni prima, il 31 marzo 1980, prime firme La Torre, Occhetto, Rizzo e Violante, anche sull'onda dell'indignazione provocata dall'assassinio di Piersanti Mattarella, avvenuto il 6 gennaio 1980, e venne votata soltanto successivamente agli omicidi del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, avvenuto il 3 settembre 1982, e dello stesso Pio La Torre, ucciso dalla mafia il 30 aprile 1982.
  Insomma, la storia della legge n. 646 è la storia di un Paese che ha trovato la forza di legiferare contro le mafie soltanto in mezzo al sangue. È una storia che purtroppo conosciamo bene e che si ripeterà anche nel 1992, dopo le stragi di Capaci e via D'Amelio. È una storia segnata, oltre che dal dolore, anche dall'amarezza per uno Stato che, per dirla con le parole di Giovanni Falcone, per fare bene la lotta alle mafie ha avuto bisogno di morti eccellenti.
  Ecco, approvando questa riforma, così lungamente attesa, noi diamo, di nuovo in questa legislatura, un segnale diverso. Infatti, il potenziamento degli strumenti in mano allo Stato per aggredire il potere criminale e mafioso avviene in assenza della spinta emotiva del morto eccellente. Avviene piuttosto – evviva Dio ! – sulla spinta di una consapevolezza ormai matura e diffusa dentro e fuori le istituzioni: le mafie sono tanto più forti e pervasive quando non sparano, quando non uccidono, perché non ne hanno bisogno. Siamo consapevoli che l'obiettivo delle mafie è quello di gestire denaro e potere nel silenzio e che il modo mafioso di stare al mondo passa prima di tutto dalla corruzione, dalla connivenza, dalla convergenza di interessi, come stanno dimostrando le più recenti inchieste giudiziarie da Roma a Bologna, da Reggio Calabria a Palermo. È un valore morale e politico rivendicare questa consapevolezza, che diventa anche un modo serio per onorare la memoria di chi, invece, ha dovuto aspettare la propria morte perché fossero prese certe decisioni.
  Questo è un fatto, un fatto innegabile. L'auspicio di questa maggioranza e del Governo è che questo fatto voglia essere condiviso da tutte le forze presenti in Parlamento attraverso il voto favorevole su questo provvedimento.
  Chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia relazione (La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti).

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo.

  COSIMO MARIA FERRI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Grazie, Presidente. Voglio ringraziare anch'io l'onorevole Mattiello per la relazione puntuale e completa e voglio ringraziare la Commissione giustizia, il presidente Ferranti e la Commissione antimafia, perché, nel seguire Pag. 8i lavori parlamentari, il Governo ha potuto constatare l'impegno e anche il confronto che c’è stato in Commissione.
  Quello che voglio segnalare in questa sede, su questo provvedimento, e che voglio ridire è come, con questo provvedimento, la legalità diventi una condizione imprescindibile per lo sviluppo. Questo provvedimento introduce nuove norme per favorire l'emersione dell'illegalità.
  Il provvedimento introduce misure per accelerare i procedimenti in materia di contrasto ai patrimoni illeciti, per favorire il riutilizzo sociale dei beni e delle aziende confiscate alle mafie e per tutelare il lavoro.
  Devo dire che nel provvedimento si è tenuto conto anche dell'apporto tecnico della Commissione antimafia e di tutta quella parte che si soffermava anche sulla necessità di far ripartire l'economia perché l'economia illegale incide sul PIL per il 12,4 per cento.
  Questo provvedimento muove proprio dal presupposto che la legalità sia una condizione imprescindibile per lo sviluppo economico e, quindi, questo testo, che chiaramente poi nel corso del dibattito seguiremo anche dal punto di vista degli emendamenti, già indica e sottolinea come lo Stato oggi sfidi le mafie sul terreno economico apportando una serie di importanti strumenti per favorire l'emersione dell'illegalità che affligge molte realtà imprenditoriali e aziendali nel nostro Paese nonché per consentire la riespansione della libertà di impresa per i soggetti soffocati da contiguità o assoggettamento alla criminalità.
  Si tratta di un vero e proprio piano di azione per accelerare e coordinare meglio l'aggressione dei patrimoni e delle aziende nella disponibilità della criminalità organizzata e per risanarli in modo da restituirli alla collettività e inserirli nel circuito economico lecito.
  In una visione economica moderna, quindi, la prevenzione non può attuarsi solo in termini privativi ma deve svolgere una funzione di sviluppo. Oltre alla realtà produttiva, con questo testo, si vuole quindi tutelare anche il bene lavoro e per questo si introducono strumenti operativi per assistere i lavoratori nella riconquista del lavoro legale.
  Inoltre, sono potenziate le misure di prevenzione patrimoniale come è già stato detto, con un insieme di interventi organici perché questo testo – è già stato sottolineato – ha la peculiarità dell'organicità a partire dal procedimento, quindi da tutto l'iter e a partire da quelle norme che, dal punto di vista del procedimento, sono specifiche per quanto riguarda l'applicazione delle misure di prevenzione.
  Si riscrivono, in particolare, le norme sulla disciplina dell'amministrazione giudiziaria e si introduce il nuovo istituto del controllo giudiziario delle aziende, istituti che possono essere disposti dal giudice in alternativa alle misure di sequestro e confisca, ovviamente quando se ne ravvisino i presupposti, proprio per favorire la continuità aziendale.
  Questo è un altro aspetto, secondo noi, importante e si delinea inoltre – ed è importante sottolinearlo – una nuova figura di amministratore giudiziario riscrivendone lo status secondo regole di trasparenza e rotazione degli incarichi, monitorando gli incarichi in corso e garantendo la specificità dei profili professionali in relazione ai beni sequestrati.
  Questi sono alcuni dei punti, il provvedimento ovviamente è molto più ampio e tocca molti aspetti positivi. C’è anche tutta la parte che riguarda il caporalato e, anche in questo caso, il sistema della confisca, quindi l'allargamento.
  C’è, inoltre, un altro aspetto: come lo Stato appronti una serie di importanti strumenti per consentire appunto la riespansione della libertà di impresa e, quindi, introduca anche nuovi istituti. Così come si ampliano – voglio sottolineare anche questo – i destinatari delle misure: gli indiziati di delitto di assistenza agli associati, quindi al di fuori dei casi di concorso o favoreggiamento, come soggetti destinatari del procedimento applicativo delle misure di prevenzione, e coloro che sono autori di delitti contro la pubblica amministrazione (peculato, malversazione, concussione e corruzione).Pag. 9
  Ci sono delle modifiche procedimentali all'articolo 7.
  Inoltre, si amplia anche il potere di proposta e si concedono più poteri di coordinamento anche al procuratore in sede distrettuale perché si guarda ad un magistrato sempre più specializzato e si indicano anche i criteri che stanno in capo ai capi ufficio di destinazione per quanto riguarda l'organizzazione dei tribunali; quindi, una magistratura che, anche dal punto di vista dell'ordinamento giudiziario, si intende assicurare qualificata e ci deve essere l'esperienza anche di coloro che compongono i collegi.
  Inoltre, deve essere garantita la priorità assoluta per la trattazione dei procedimenti, con obbligo per i dirigenti di adottare provvedimenti organizzativi da comunicare al CSM. Questo è importante, perché una delle criticità che sono emerse nel dibattito della Commissione, e su cui il Governo è d'accordo, è proprio quella dei tempi del procedimento.
  Quindi, noi, in questo modo, incidiamo non solo dal punto di vista organizzativo, per quanto riguarda i criteri di priorità nella trattazione dei procedimenti, ma ci sono delle norme anche specifiche che pongono dei paletti per quanto riguarda la durata di queste misure che sono utili, non solo per la definizione di questi procedimenti di prevenzione, ma anche per la stessa azienda confiscata, per la futura organizzazione e per la futura programmazione.
  Quindi, con tempi certi, innanzitutto, il piano organizzativo può tener conto di tempi di durata ragionevoli e, quindi, qualora venisse confermata la confisca e ci fosse l'espropriazione dell'azienda o del bene sequestrato, anche chi deve occuparsi dell'impresa o anche del bene può comunque contare sulla certezza dei tempi e, quindi, può programmare in maniera più trasparente, più efficace e anche nell'interesse, sempre, dei lavoratori e dell'economia legale.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Palese. Ne ha facoltà.

  ROCCO PALESE. Signor Presidente, rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, grazie all'azione di contrasto della criminalità organizzata portata avanti dalle forze dell'ordine e dalla magistratura si sono raggiunti grandi risultati che hanno portato non solo all'arresto e alla condanna di numerosi e pericolosi esponenti di mafia, camorra, ’ndrangheta, sacra corona unita e organizzazioni similari, ma anche al sequestro e alla confisca di beni di ingente valore dell'ordine complessivo di numerosi miliardi di euro.
  Tutto questo ha avuto indubbi effetti positivi, colpendo al cuore gli interessi della malavita organizzata, ma anche effetti dannosi, sicuramente non voluti, nei numerosi casi in cui oggetto di sequestro o di confisca non sono stati beni mobili registrati o beni immobili, ma aziende in attività. In questi casi, infatti, si sono determinate, ovviamente, in modo del tutto involontario, crisi aziendali che in molti casi hanno determinato la chiusura delle attività con danni gravi per i lavoratori occupati che, ovviamente, sono del tutto incolpevoli rispetto alla responsabilità penale dei loro datori di lavoro.
  Altro danno non indifferente consiste, poi, nella perdita di valore commerciale delle aziende sequestrate o confiscate e che vanno, di conseguenza, spesso, in crisi. In questi casi sono danneggiati gli interessi dei proprietari che nel caso di sequestro potrebbero anche rientrare nella proprietà delle aziende in caso di proscioglimento o di assoluzione, mentre viene danneggiato, in caso di confisca definitiva, l'interesse dello Stato che vede depauperato il valore di aziende ormai entrate a far parte del patrimonio pubblico. Da qui la necessità di intervenire per tutelare gli interessi in gioco nel caso di aziende sequestrate e confiscate che riguardano, in primo luogo, l'assoluta necessità di conservare i posti di lavoro dei dipendenti di tali imprese e, in secondo luogo, la necessità di conservare il valore commerciale delle imprese.
  Il provvedimento al nostro esame punta a raggiungere soprattutto il primo obiettivo Pag. 10che senza dubbio è da condividere, ma lo fa in modo confuso e tale da creare problemi non indifferenti.
  In primo luogo non viene compiuta, come invece sarebbe necessaria, una chiara distinzione tra aziende sequestrate e aziende confiscate definitivamente. Tale distinzione dovrebbe riguardare non solo i compendi aziendali, ma anche tutti gli altri tipi di beni sequestrati o confiscati: immobili, mobili registrati, somme di denaro e titoli di qualunque natura.
  In secondo luogo si complicano eccessivamente le disposizioni vigenti e si creano sovrastrutture eccessive e costose che determinano oneri potenziali per lo Stato e il depauperamento dei beni sequestrati e confiscati.
  A questo punto occorre fare alcune considerazioni di fondo.
  Per quanto riguarda l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, questa è stata istituita con il decreto-legge n. 4, del 4 febbraio 2010, del Governo, peraltro, Berlusconi; a distanza di cinque anni dobbiamo, purtroppo, constatare che il provvedimento è stato, anche, in alcune parti, male applicato, come pure è stato male applicato tutto l'insieme delle disposizioni legislative e amministrative vigenti sui beni sequestrati e confiscati.
  Va segnalato che si è determinato un modo opaco di gestire i beni sequestrati e confiscati, come evidenziato dal gravissimo scandalo recentemente scoppiato nell'ambito del tribunale di Palermo che ha visto il coinvolgimento del giudice Silvana Saguto, ex presidente della sezione per le misure di prevenzione di tale tribunale, recentemente sospesa dal Consiglio superiore dalle funzioni e dallo stipendio; sono stati altresì coinvolti alcuni professionisti beneficiari di lucrosi incarichi e consulenze nell'amministrazione e gestione di beni sequestrati e confiscati. Scandalo che, a detta degli esperti del settore, rappresenterebbe solo la punta dell'iceberg, perché, per quello che riguarda tutto il resto, sarebbe bene che emergesse anche questo: tutta la gestione dell'illegalità quasi totalizzante di tutti questi beni; per non parlare degli abbandoni, del fatto che non si riesce spesso e volentieri a sequestrarli, perché poi ci rimangono lo stesso le persone che hanno avuto le condanne. Un grande caos !
  In altre parole, questo insieme molto ingente di beni ha suscitato molti appetiti, che nulla hanno a che vedere con la lotta alle mafie e con l'interesse dello Stato di recuperare per il proprio bilancio il controvalore dei beni definitivamente confiscati e con quello dei lavoratori delle aziende coinvolte di salvare il proprio posto di lavoro.
  Amministratori giudiziari e consulenti a vario titolo nominati hanno lucrato e stanno lucrando compensi in media troppo generosi, e tali da depauperare giustamente il patrimonio gestito; associazioni varie, alcune con finalità fumose e improponibili, hanno ottenuto l'assegnazione di beni immobili di valore rilevante, a volte inutilizzati ed impiegati per finalità di scarso interesse pubblico, per cui appare quanto mai opportuno riportare le finalità delle norme antimafia di carattere patrimoniale alle loro finalità originarie.
  Come ho già avuto modo di sottolineare, i provvedimenti di sequestro hanno una finalità di natura sostanzialmente cautelare, per cui, non essendo evidentemente conosciuto l'esito finale del procedimento giurisdizionale cui si legano, l'attività di amministratore giudiziario deve essere esclusivamente diretta a conservare il valore dei beni sottoposti a sequestro, di qualsiasi natura essi siano, in quanto, in caso di proscioglimento o assoluzione degli imputati, questi beni dovranno essere restituiti ai legittimi proprietari che non dovrebbero subire un danno economico ingiusto; mentre nel caso in cui il sequestro dovesse trasformarsi in confisca definitiva a seguito evidente di una condanna definitiva per reati di stampo mafioso dei proprietari, subentrerebbe l'interesse dello Stato di entrare in possesso di beni non depauperati da cui poter ricavare delle entrate per il proprio bilancio.
  In altri termini, in caso di confisca definitiva c’è l'evidente interesse pubblico Pag. 11di recuperare nei tempi più brevi la maggiore quantità di risorse finanziarie possibile come entrate preziose per lo Stato. Non si riesce a capire perché, anche culturalmente, non riesce a passare il messaggio: l'efficienza di un bene sequestrato alla mafia, patrimonio che ritorna nelle dipendenze totali dello Stato, che non debba essere alienato nell'assoluta trasparenza. Lo può fare tranquillamente la struttura di Cantone in tutti i modi, in tutte le maniere, con i controlli successivi, con tutte le riserve, con tutti quelli che possono essere i vincoli rispetto alla destinazione: perché c’è anche questa favola che ritornerebbero alla stessa mafia, tutti questi beni.
  C’è un intreccio, tutto chiaramente a parole, senza niente, e si perde chiaramente l'obiettivo; così come penso e spero che queste norme possano dare un contributo ulteriore per quello che riguarda le misure per favorire l'emersione della legalità, la tutela dei lavoratori delle aziende sequestrate e confiscate alla criminalità organizzata. Ma parliamoci chiaro, usciamo fuori dall'ipocrisia: in questo momento anche nella Sala del mappamondo c’è un seminario in cui si parla dell'anticorruzione e della prevenzione. La festa che la mafia ha fatto per entrare nella pubblica amministrazione ! E ci entra quando e quanto vuole: quando non entra è perché non vuole; e l'eliminazione dei controlli preventivi della pubblica amministrazione, quel maledetto Titolo V approvato dalla sinistra, ha fatto un danno più grande delle due guerre mondiali e delle due bombe atomiche al nostro Paese !
  Si debbono rendere conto: parlano di tutto, tranne del come, quando e perché è vulnerabile la pubblica amministrazione ! Sono stati aboliti tutti i controlli, tutti; e anche nella gestione di questi beni confiscati siamo alle solite: nessun controllo da parte di nessuno. Ecco perché accade di tutto, e nessuno ha più fiducia rispetto a quelle che possono essere le procedure, rispetto a quello che può essere effettivamente una grande conquista, la legge cosiddetta Violante che introdusse la possibilità di confiscare, e poi la creazione dell'Agenzia e quant'altro.
  Ma i controlli, anche in questo caso, dove stanno ? Noi abbiamo necessità di controlli, ma di controlli seri nel nostro Paese; e anche rispetto alla situazione di cercare di prevenire che la mafia continui ad impossessarsi come, dove e quando vuole della pubblica amministrazione...
  Dobbiamo parlare di ciò che accade nel settore dei rifiuti ? Di ciò che accade all'Anas, la cui sede potrebbe essere trasformata in un penitenziario ? Di ciò che accade nelle regioni con i fondi comunitari ? Di ciò che accade nella sanità ? Di ciò che accade rispetto a tutto quello che riguarda il sistema autorizzativo nelle grandi speculazioni urbanistiche ed edilizie ?
  Parliamo di questo, altro che di beni confiscati ! Anzi, io mi aspettavo che, oltre alla confisca dei patrimoni di mafia, finalmente si potesse passare anche alla confisca dei beni coinvolti nell'ambito delle evasioni quando si tratta di cosa certa. Questi sono invece palliativi per cercare di aggiustare una serie di misure in riferimento ai dipendenti, che magari sono in quelle aziende, e su questo siamo assolutamente d'accordo, ma per il resto si passa poi ad una gestione abbastanza oscura che riguarda anche le onlus di natura spesso strettamente politica. Così non va bene ! Perché o noi ci mettiamo d'accordo su tutte le misure che debbono essere rispettate da tutti, anche per quanto riguarda la gestione, oppure scegliamo la strada più semplice: bisogna militarizzare la procedura con controlli preventivi da parte di militari della pubblica amministrazione, prima che i comuni, le regioni o lo Stato spendano quei soldi ! Per non parlare delle società partecipate, per non parlare delle tante agenzie, per non parlare di tutta una associazione delinquenziale nell'utilizzo delle risorse pubbliche, che avviene anche nella gestione della sanità dei beni e dei servizi ! Andassero a guardare i rapporti della Guardia di finanza, venissero qui ! La discussione che si sta facendo sopra di noi, nella Sala del mappamondo, ristretta, con esperti che Pag. 12studiano queste materie, dovrebbe essere svolta in questa Aula, perché il marcio parte anche e soprattutto da questo ! Nel momento in cui si fa una riforma costituzionale e non si prende atto di quello che stabiliscono le indagini e che dicono tutti: bisogna ripristinare i controlli ! È stato un grave errore e si è dato un grande contributo alla corruzione e come un collega ha ricordato poco fa: corruzione e mafia vanno assolutamente insieme, quindi anche la mafia !
  Per questi motivi noi riteniamo che alcune cose e alcuni tentativi vadano bene, e noi al riguardo proporremo degli emendamenti, ma è sul principio di fondo che non ci troviamo, perché a parole il Governo, la sinistra tira fuori tutte queste argomentazioni senza di fatto applicare l'unica soluzione valida: i controlli preventivi sulla pubblica amministrazione, l'alienazione immediata – che la facesse Cantone stesso prima che tutti questi beni vadano in rovina – e per quanto riguarda le aziende in attività confiscate si operi una salvaguardia totale.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Beni. Ne ha facoltà.

  PAOLO BENI. Grazie, Presidente. Colleghi, sappiamo tutti quanto la lotta alla criminalità organizzata rappresenti oggi un fronte decisivo per il rinnovamento e il rilancio del nostro Paese e quanto sia un nodo che intreccia le grandi questioni economiche, sociali e culturali del nostro tempo.
  Bastano pochi dati a fotografare la grave dimensione del problema. Si stima che l'economia criminale valga il 7 per cento del PIL nazionale, 137 miliardi di volume di affari, oltre 100 miliardi di utili. Duecentomila sono le imprese vittime di usura, 60 miliardi le risorse che vengono sottratte ogni anno alla ricchezza nazionale dalla corruzione. Insomma, una industria fiorente che sta innovando le propri strategie con forme sempre più sofisticate e meno visibili di violenza e di sottomissione; grazie al riciclaggio dei proventi dell'usura e dell'estorsione le mafie immettono sul mercato enormi quantità di denaro e investono in ogni settore e in ogni area del Paese. Intrecciando attività legali e illegali inquinano interi settori economici, favorendo il fiorire di imprese criminali, che, grazie alla copertura di altre regolari, risultano imbattibili sul mercato e, quindi, producono ricchezza, garantiscono al sistema mafioso consenso sociale e capacità di controllo del territorio.
  Un fenomeno che impedisce la crescita di nuova imprenditoria sana, che condiziona lo sviluppo sociale e il tessuto civile di intere aree del Paese e rischia di trovare terreno ancora più fertile proprio nell'attuale contesto economico e sociale deteriorato dalla crisi degli ultimi anni. Per questo la lotta alle mafie non può limitarsi all'indispensabile e preziosa azione repressiva dello Stato, che pure ha ottenuto e sta ottenendo risultati importanti. Come aveva felicemente intuito Pio La Torre, le mafie vanno sfidate anzitutto sul terreno economico e sociale sul quale costruiscono il loro potere e il consenso su cui possono contare, con azioni concrete di bonifica delle economie locali. In questo senso la confisca e il riuso sociale dei beni sequestrati alle mafie previsti dalla legge n. 109 del 1996 si sono rivelati uno strumento di straordinaria efficacia nella lotta alla criminalità organizzata, anzitutto perché colpiscono le mafie in ciò che hanno più a cuore, gli interessi economici, il patrimonio, la roba: confiscare quelle ricchezze e restituirle alla collettività è lo schiaffo più pesante che si possa dare ai mafiosi. Quelle confische sono tanto più efficaci proprio perché rappresentano agli occhi delle comunità locali la rivincita dello Stato sulla mafia e la restituzione ai cittadini del maltolto. Sono la conferma di come sia possibile reagire al potere mafioso, trasformare proprio quei beni che furono simbolo e strumento dell'oppressione in nuove opportunità di riscatto, in nuovi strumenti per creare lavoro e sviluppo nella legalità, ma l'esperienza di quasi vent'anni di attuazione della legge n. 109 evidenzia anche i limiti, i ritardi, le lentezze burocratiche che spesso rischiano Pag. 13di inficiarne l'efficacia. Da tempo le organizzazioni sociali che si occupano del tema lanciano un allarme, spesso quei beni non vengono valorizzati, deperiscono nell'incuria e nel degrado. Il problema è ancora più evidente quando il sequestro e la confisca riguardano attività imprenditoriali che danno lavoro a decine di cittadini onesti, spesso incolpevoli. Queste aziende molto spesso, tanto nella fase giudiziaria che in quella sotto il controllo dell'Agenzia nazionale per i beni confiscati, incontrano difficoltà insormontabili nel proseguire l'attività, perché alla notizia del sequestro i clienti si allontanano, i fornitori reclamano i loro crediti, le banche revocano i fidi, l'amministratore giudiziario spesso opera come un liquidatore, non ha gli strumenti e nemmeno l'approccio giusto per tenere l'azienda sul mercato. Il risultato è che oltre il 90 per cento di queste aziende fallisce, i dipendenti perdono il lavoro. Dover ascoltare frasi del tipo «prima almeno con il mafioso si lavorava e si campava, ora con lo Stato no» è un paradosso inaccettabile; se una volta rilevate dallo Stato quelle imprese non riescono più a garantire sicurezza ai lavoratori coinvolti diventano il simbolo della sconfitta dello Stato e questo non possiamo permettercelo. Allora che fare ? Vendere all'asta quelle aziende che lo Stato non riesce a gestire ? Non credo che sia una soluzione per due motivi, sia perché sarebbe molto forte il rischio che i beni tornassero nelle mani di chi li deteneva prima, attraverso un prestanome, sia perché quei beni sono una ricchezza dei cittadini e possono essere utilmente investiti. Allora come affrontare le difficoltà economiche, burocratiche e i problemi di accesso al credito ? Il tema è rilevante perché si tratta di oltre 1.600 aziende, migliaia di addetti. Da queste considerazioni scaturì tre anni fa l'iniziativa di sindacati e associazioni impegnate nel contrasto alle mafie – come CGIL, ACLI, ARCI, Libera, Avviso pubblico – con la proposta di iniziativa popolare che poi fu iscritta in questa legislatura con il numero 1138. È a partire da quella proposta che poi si è incardinato in II Commissione l'iter che, arricchito da altre sei proposte di iniziativa parlamentare, ha prodotto il testo unificato molto più ampio che oggi esaminiamo. Si tratta di una corposa riforma del decreto del 2011, il codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, tesa a conferire maggior rigore ed efficacia alle norme relative al sequestro e alla confisca dei patrimoni mafiosi con l'obiettivo di superare le attuali criticità e garantire una gestione di questi beni improntata a criteri di efficienza ed economicità.
  La legge dispone la realizzazione, con il coinvolgimento dei Ministeri dello sviluppo economico e dell'economia e delle finanze, di una serie di nuovi strumenti a sostegno del rilancio delle imprese sequestrate o confiscate in amministrazione giudiziaria. Di fondamentale importanza è l'istituzione del Fondo di rotazione, finanziato con le liquidità confiscate, da utilizzarsi per garantire le linee di credito interrotte con l'avvento dell'amministrazione giudiziaria e per supportare il percorso di emersione alla legalità di queste aziende, favorendo la creazione di nuova e buona occupazione. Ma oltre al fondo la legge prevede altre agevolazioni: sgravi fiscali e contributivi, sconti IVA, accesso agli ammortizzatori sociali, incentivi volti a favorire l'emersione del lavoro irregolare e la sicurezza dei lavoratori. Specifici incentivi e programmi di formazione sono poi previsti per la destinazione ad uso sociale delle aziende confiscate e per i casi in cui i dipendenti vogliano rilevare l'azienda costituendosi in cooperativa.
  Il testo dispone inoltre la riorganizzazione della struttura, delle competenze e la composizione stessa dell'Agenzia nazionale per i beni confiscati, valorizzandone il ruolo di supporto alla magistratura nella gestione dei beni fino al provvedimento definitivo di confisca.
  Presso l'agenzia saranno istituiti un apposito ufficio delle attività produttive e sindacali, una banca dati delle aziende sequestrate e confiscate. Saranno più veloci i tempi per la verifica della legittima provenienza dei beni, diminuiranno i casi di assegnazione provvisoria e aumenteranno Pag. 14quelli di confisca obbligatoria. Nella nomina degli amministratori giudiziari saranno assicurati criteri di rotazione, trasparenza oltre che una maggiore attenzione alle competenze specifiche necessarie. A garantire più trasparenza all'intero sistema saranno anche obblighi informativi più stringenti per l'autorità giudiziaria in relazione agli avvenuti sequestri; infine, per la valutazione delle necessità relative alla prosecuzione delle attività produttive e per il coordinamento necessario degli interventi presso le prefetture, verranno aperti tavoli permanenti sulle aziende confiscate. Si tratta quindi di un piano di intervento molto ampio per favorire il riuso sociale delle aziende confiscate alle mafie. Un provvedimento che è atteso da tempo da migliaia di cittadini che ogni giorno si battono per creare nei loro territori opportunità di lavoro, di sviluppo nella legalità, anche esponendosi in prima persona al ricatto ed alla minaccia delle organizzazioni criminali.
  Una legge, io penso, doppiamente importante perché produce nuove opportunità per lo sviluppo del tessuto economico e produttivo del Paese, ma anche perché rappresenta un prezioso contributo all'affermazione della cultura della legalità democratica, al rafforzamento della responsabilità e della coesione sociale. Non a caso, la genesi di questa legge, come ricordava poc'anzi il relatore, ha visto il protagonismo attivo di tante organizzazioni sociali impegnate nel contrasto alle mafie, a conferma del fatto che la lotta alle mafie sarà tanto più efficace se accanto all'azione di prevenzione, di repressione delle istituzioni preposte vedrà la mobilitazione e il protagonismo attivo delle forze più sane della società. Infatti, le mafie per proliferare nei loro affari hanno bisogno di una società civile debole, hanno bisogno di un tessuto economico e produttivo debole, hanno bisogno di uno spazio pubblico desertificato, devitalizzato e di istituzioni ricattabili, possibilmente. Anche per questo la legge offre un contributo determinante perché sviluppa esattamente gli anticorpi a tutto questo, perché rafforza nel Paese gli anticorpi necessari a contrastare i poteri criminali e ad affermare la cultura della legalità che è cultura della partecipazione civica del bene comune, della coesione sociale, della partecipazione democratica.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare, il collega Riccardo Nuti. Ne ha facoltà.

  RICCARDO NUTI. Grazie, Presidente. Inizio facendo riferimento all'iter con cui questo provvedimento è arrivato in Aula, semplicemente per ricordare una cosa anche alla Presidenza: il 13 ottobre e il 15 ottobre abbiamo inviato una lettera, anzi due lettere, rispettivamente il 13 e il 15 ottobre, alla Presidente Boldrini e, nonostante due solleciti in Aula, ancora non abbiamo ricevuto risposta, nonostante in Aula la Presidente di turno, prima la Boldrini e in seconda battuta la Sereni, ci abbia detto che era in procinto di arrivare; probabilmente la stanno scrivendo gli amanuensi o delle persone che hanno difficoltà nel partorire una lettera, visto che è passato quasi un mese e ancora questa lettera non arriva. Cosa contestavamo in questa lettera, Presidente ? Ebbene, è molto semplice: il nostro Regolamento prevede che, se ci sono delle votazioni da fare in Commissione, queste ovviamente debbano essere previste. È capitato che, in una giornata, per l'indomani non fossero previste votazioni su questo provvedimento, mentre alle ore 18,26 è arrivato questo sms: «domani votazioni su questo provvedimento», senza aver prima convocato l'ufficio di presidenza. Quindi, è come se il venerdì pomeriggio arrivasse un sms che comunica che domani si vota e quindi per tutti coloro che non sono presenti e non riescono a venire, peggio per loro.
  Detto ciò, si fanno delle leggi per contrastare la mafia, si fanno delle leggi per sequestrare e confiscare i beni ai mafiosi, però si violano le regole e non si rispetta minimamente l'iter che è normalmente previsto dai nostri regolamenti. Detto ciò, poi si fanno delle nuove modifiche dopo la votazione degli emendamenti, come ho detto nel primo richiamo al Regolamento di oggi.Pag. 15
  Faccio presente un'altra cosa, che, quando si dice che ciò era stato chiesto dalla collega Sarti del MoVimento 5 Stelle, in realtà noi avevamo chiesto che venisse fatto un coordinamento tra il testo della Commissione antimafia e la proposta n. 1138-A a firma del collega Mattiello e successivamente abbiamo chiesto che, dopo il voto in Commissione, ci fosse un coordinamento per rispettare l'ordine del codice antimafia. Da lì, infatti, è stato fatto un lavoro – immagino non molto semplice – da parte degli uffici della Camera che hanno partorito un articolato di 51 articoli. Questo il 29 ottobre.
  Poi è accaduto che, giovedì scorso, alle 13, ci hanno inviato un nuovo testo di trenta articoli e, come le ho fatto vedere, in realtà c'erano delle modifiche sostanziali, come per esempio il fatto che l'Agenzia dà il suo supporto non in merito alla confisca di primo grado, ma alla confisca di secondo grado e questo è stato cambiato senza emendamenti. Ma, non contenti, questa mattina, Presidente, un altro testo con altre piccole modifiche, sempre niente di clamoroso, però mi domando: se avete fissato il termine degli emendamenti per oggi alle ore 12 e cambiate i riferimenti, quindi noi possiamo preparare gli emendamenti da giovedì alle 13, giorno in cui ci inviate il testo dei trenta articoli, lavorando notte e giorno nel week-end, quindi venerdì, sabato e domenica, li presentiamo lunedì mattina e lunedì mattina ricambiate il testo. Mi dica lei se questo non è un pasticcio. Faccio un esempio, ma solo uno perché poi bisognerebbe rileggere il testo e ovviamente ci vuole tempo, vista la complessità: in pratica, all'articolo 15, comma 2, veniva introdotta una nuova destinazione per il Fondo della crescita sostenibile, la lettera c-bis), con riferimento alla definizione ed attuazione dei Piani di valorizzazione. Sempre nello stesso testo, all'articolo 28, veniva introdotta sempre la lettera c-bis), ma questa volta la c-bis) era diversa, era «ristrutturazione e riqualificazione». Ora, ovviamente con il grande contributo degli uffici della Commissione – e immagino anche dell'Aula – è stato corretto anche questo e quindi la ristrutturazione è diventata lettera c-ter), però mi domando, Presidente: siamo arrivati al punto che si fa il coordinamento anche quando ormai gli emendamenti sono stati presentati o è il momento di presentarli ? Modificatelo anche durante il corso delle votazioni, tanto ormai non serve a molto.
  Andiamo al contenuto di quello che è stato detto in quest'Aula: tante parole contro la mafia, tante belle parole: contrastare la mafia, contrastare i patrimoni dei mafiosi.
  Peccato che poi abbiamo gli stessi partiti, finto centrosinistra e finto centrodestra, che la mafia l'hanno portata addirittura nella capitale d'Italia. Ci andavano a braccetto, ci guadagnavano e lucravano sulle spalle dei cittadini romani e delle persone che erano nei centri d'accoglienza, con il business dell'immigrazione. Però, si fanno belli di volere, da una parte, essere contrari ad accettare immigrati e, dall'altra, di accoglierli tutti, ma in realtà c’è solamente il business, che poi viene alimentato dalla corruzione che non è altro che il secondo braccio della mafia, perché limitare la mafia semplicemente a una questione di criminalità organizzata, cioè di violenza nuda e cruda, ovviamente è assolutamente limitarsi al passato, forse a trent'anni fa.
  Poi, tantissime belle parole sul «caso Saguto», lo scandalo che è accaduto a Palermo, Presidente. Tantissime parole ! Cosa è lo «scandalo Saguto» di Palermo ? In pratica, la Saguto è la presidente della sezione «Misure di prevenzione» del tribunale. Cosa faceva, anche se, ovviamente, ci sono ancora le indagini in corso e, comunque, ci sarà un processo ? Dava incarichi a degli amministratori giudiziari, a pochi, a pochissimi. Pochi amministratori giudiziari gestivano beni di grande valore e questi amministratori giudiziari davano incarichi – per i coadiutori – a chi ? Magari al marito del giudice Saguto – questo è capitato – e, magari, al figlio e, magari, ad amici e parenti e, magari, dalle intercettazioni è emerso che forse c'era anche un minimo di complicità da parte del prefetto di Palermo, Cannizzo, Pag. 16che non è indagata ma che, dopo la nostra interrogazione, forse anche perché riteneva di non essere più nel luogo giusto, ha preferito richiedere la rimozione oppure diciamo che è stata rimossa (questo non si è mai capito).
  Ma poco importa, perché davanti alle parole, che arrivano dal PD, da Forza Italia e da tanti altri partiti, di essere veramente scandalizzati nei confronti di quello che è accaduto a Palermo, cosa c’è in questo testo ? Noi poi andiamo a leggere e, dunque, è inutile fare tanti proclami e pronunciare tante belle parole; non è neanche bello citare le persone che sono state minacciate dalla mafia o che sono state uccise dalla mafia quando si presentano poi questi provvedimenti che sono uno scempio.
  Intanto, non viene risolto lo «scandalo Saguto». Ma come ? Non viene risolto lo «scandalo Saguto» ? Sì, non viene risolto, Presidente ! Cioè, ancora con questo provvedimento il giudice nomina l'amministratore giudiziario e l'amministratore giudiziario può nominare, per farsi coadiuvare, i parenti e gli affini del giudice. Abbiamo chiesto di inserire questa modifica all'interno del testo, ma ci è stato risposto, dal collega Mattiello in Commissione, che l'onestà non si può inserire per legge. Noi, ovviamente, abbiamo chiarito che non si tratta di introdurre l'onestà per legge. So che sembra comica la descrizione di quanto è accaduto, ma si tratta semplicemente di inserire delle incompatibilità.
  Poi c’è un altro elemento che vorrei fare presente, sempre per fare capire come, in realtà, la Commissione giustizia non ha potuto effettivamente svolgere la sua attività, che è quella di dare la possibilità a tutti i gruppi parlamentari di presentare emendamenti e di vederli votare. Cosa è accaduto ? È stato detto che sono stati approvati tanti emendamenti dell'opposizione. Ebbene, Presidente, il trucco è sempre lo stesso: l'opposizione presenta magari 60, 70 proposte, che in termini tecnici si chiamano emendamenti, ma le proposte di sostanza vengono tutte bocciate. Poi qualche emendamento, per correggere il testo, per renderlo maggiormente comprensibile anche dal punto di vista della lingua italiana, viene approvato e ci vengono a dire che hanno approvato un po’ di proposte dell'opposizione. Questa è l'onestà intellettuale di chi poi vuole contrastare il fenomeno mafioso !
  Ma altri due elementi, invece, non vengono minimamente accennati, né dai componenti della maggioranza né ovviamente dal relatore, appartenente sempre alla maggioranza. Nessuno ha parlato di Invitalia, Presidente, nessuno ! Perché nessuno ha parlato di Invitalia ? Cosa c'entra Invitalia e che cosa è Invitalia ? Invitalia è un carrozzone privato con partecipazione pubblica gestito dal Ministero dell'economia e delle finanze.
  Questo carrozzone privato, che prima si chiamava Sviluppo Italia, dovrebbe attrarre, per sua missione, gli investimenti per il territorio e valorizzare le varie imprese che ci sono in Italia; invece, si è rivelato, sia quando era Sviluppo Italia che ora, quando si chiama Invitalia, un vero e proprio carrozzone, un disastro dietro l'altro. In pratica, secondo articoli di giornale che vado velocemente a ricordare, ad esempio, «Sviluppo Italia assume 37 figli di politici in Calabria». E così via, potrei continuare.
  Ripeto, Sviluppo Italia era quella che ora è Invitalia, né più né meno, con qualche dipendente in meno rispetto a quando tutti mangiavano senza preoccuparsi di nulla. Al momento, dati 2014, presenti sul sito di Invitalia, l'azienda ha quasi mille dipendenti, questa azienda privata, dove si entra, come ho fatto notare in base agli articoli di giornale, non per selezione pubblica e per concorso, ma per quella che elegantemente potremmo chiamare «chiamata diretta». Ma, tramite articoli di giornale o nell'uso più comune del termine, si può dire che si entra per raccomandazione.
  Quindi, in questa legge cosa accade ? Lor signori hanno deciso di dare le aziende socio-economicamente rilevanti, cioè quelle che hanno molto valore, in mano a Invitalia. Il tribunale o il giudice nomina l'amministratore giudiziario e i dipendenti di Invitalia possono iscriversi Pag. 17all'albo degli amministratori giudiziari. Una volta che il giudice nomina amministratore giudiziario un dipendente di Invitalia, come prevede questa legge – se non erro e se non avete, mentre parlavo, ricambiato con un nuovo coordinamento il numero dell'articolo – all'articolo 15, commi 10 e 11, si dà la possibilità ad Invitalia di gestire queste aziende.
  Quindi, mentre ora, a legge vigente, circa il 95 per cento delle aziende fallisce, queste aziende, anziché essere rivalutate e portate alla luce e alla legalità, vengono date a un carrozzone, che non potrà far altro che spolparle e farle fallire. Ma non sono contenti, ovviamente: inventano il bellissimo fondo di rotazione per aiutare le imprese, le aziende sequestrate e confiscate alla mafia.
  Però, si scordano, ovviamente, di dire all'Aula e a chi ci sta seguendo che queste aziende, o meglio, l'amministratore giudiziario, cioè il dipendente di Invitalia, potrà mettere mano al Fondo per la crescita sostenibile per fare dei piani di valorizzazione. Ovviamente, il termine non è casualmente generico, perché con i piani di valorizzazione si può fare di tutto e di più, non è ben definito: si possono fare assunzioni, pubblicità, si può fare qualunque cosa. Ma loro diranno: noi abbiamo solamente destinato, nella legge di stabilità, circa sette milioni a una sezione dedicata ad hoc per il Fondo per la crescita sostenibile.
  In realtà, è una mezza verità, perché non limitano la possibilità di accedere a questo Fondo alla sezione, che le ho appena detto, di sette milioni, ma danno la possibilità, non specificandolo, di accedere a tutto il Fondo per la crescita sostenibile. Non stiamo parlando di uno, due, sette o dieci milioni di euro, ma di almeno un miliardo di euro, e, forse, con i fondi strutturali 2014-2020, si potrebbe arrivare anche a due miliardi di euro, per fare, ovviamente, dei piani di valorizzazione, e quindi cose ultra generiche.
  Altro elemento, che nessuno ha detto, perché si guardano bene dal raccontare e spiegare cos’è veramente questa legge – e poi vado a concludere, perché, Presidente, ho altro da fare e non posso stare qui ad elencare tutti gli errori e le nefandezze di questa legge –, è il comitato consultivo. Il comitato consultivo è un nuovo elemento che viene inserito all'interno dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. Siccome tale Agenzia funzionava già abbastanza male, però forse non abbastanza, decidono di creare un nuovo elemento per complicare ancora di più la normativa.
  Questo comitato ha l'obiettivo di dare un parere non vincolante sulla destinazione del bene. Uno potrebbe dire: tutto sommato, non è male. La scusa è quella della condivisione e anche in Commissione è stato detto: «dobbiamo condividere in merito alla destinazione di questi beni». Allora, ho detto: se la motivazione è questa, magari rendiamo trasparente questo comitato consultivo.
  No, niente, nessuna trasmissione audio-video, nessun obbligo di pubblicare un verbale entro il giorno successivo alla seduta del comitato consultivo e, guarda caso, sempre in questa legge l'Agenzia potrà dare direttamente ad associazioni antimafia e non solo, ovviamente, i beni di cui entra in possesso. Però, guarda caso, sempre questi soggetti, sono nel comitato consultivo che deve dare un parere per dire se la destinazione di quel bene a se stessi, per esempio, va bene o meno.
  Non so se sono stato particolarmente chiaro: l'associazione X è all'interno del comitato, dà il parere favorevole affinché quel bene venga destinato a se stesso e l'Agenzia, con questa modifica che viene fatta, può dare il bene all'associazione X. Questo è quello che sta capitando e il tutto senza minimamente trasparenza. Quindi, quello che è stato lo scandalo Saguto, cioè sequestrare e confiscare i beni a Cosa Nostra, si trasforma in un prendere e sequestrare i beni a Cosa Nostra per darli a «cosa loro» (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Grazie, collega Nuti. Prima di risponderle sulla questione della lettera, saluto gli studenti e i docenti Pag. 18dell'Istituto comprensivo statale di Mira, in provincia di Venezia, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
  Giusto per informarla: le due lettere a cui faceva riferimento, che sono state inviate all'indirizzo della Presidenza, hanno ricevuto risposta in data 5 novembre 2015 all'indirizzo del deputato Ferraresi, quindi non al capogruppo, ma al deputato Ferraresi.
  Per quanto riguarda, invece, il testo ufficiale su cui avete presentato emendamenti: il testo è entrato in archivio venerdì 6 novembre, intorno alle ore 16, e da quel momento costituisce il testo ufficiale.
  Giusto per dare qualche informazione.
  È iscritto a parlare il collega Sannicandro. Ne ha facoltà.

  ARCANGELO SANNICANDRO. Egregi colleghi, signor Presidente, mi atterrò scrupolosamente all'argomento. Mi ha fatto impressione ascoltare o rileggere il testo delle audizioni laddove gli auditi, normalmente i magistrati che operano sul campo, hanno tutti convenuto che il decreto legislativo n. 159 del 2011, noto altrimenti come codice antimafia, si è dimostrato ben presto, addirittura, subito dopo il suo varo, un decreto legislativo inefficiente. Badate che quel decreto legislativo è stato emanato dopo una lunga battaglia sul campo; la mafia non è che l'abbiamo scoperta nel 2011.
  Per cui cominciavo a chiedermi: ma come è stato possibile, dopo che il fenomeno è stato studiato, analizzato, che è stato anche cristallizzato nei suoi contorni, nelle sue dinamiche, all'interno di innumerevoli sentenze, varare nel 2011 un testo che faceva acqua, più o meno, da tutte le parti ?
  Sono state evidenziate, un po’ riassunte, le criticità di quel testo, da un lato nella sua farraginosità, dall'altro nel fatto che avesse mutuato la sua funzione dal codice fallimentare. Tutti hanno auspicato che si ponesse riparo a questa lacuna, che si fornissero alla magistratura degli strumenti più adeguati. Per cui, la domanda è: il testo che abbiamo di fronte risponde a quelle esigenze ? Le esigenze evidenziate quali erano ? Una procedura più snella, un'agenzia di supporto alla magistratura stessa, l'utilizzazione di competenze che non fossero soltanto quelle giuridiche, ciò anche per quanto riguarda la qualità e la funzione degli amministratori giudiziari.
  Questo testo che, come è stato ricordato, è apparentemente di trenta articoli, ma, per renderne bene il significato, si tratta di una settantina di pagine – credo – del bollettino. Il testo che io ho qui sotto le mani è, appunto, di ben settanta pagine, riassunte tutte per materia in un numero minore di articoli.
  In altre parole, noi stiamo rifacendo una sorta di codice antimafia del tutto nuovo. Infatti, se si incide sul vecchio testo legislativo in questa misura, vuol dire che la magistratura ha operato senza mezzi adeguati e ciò è stato esplicitamente detto. Voglio sperare che quella superficialità, che evidentemente allora caratterizzò i lavori del Parlamento, non ci abbia accompagnato anche in questa occasione. Io sinceramente credo di no, anche se sono stati evidenziati limiti dagli esperti anche in questo caso. Io spero – ripeto – di no e credo di no. Credo di no perché, tutto sommato, si viene incontro alle esigenze espresse e ai problemi evidenziati.
  Si parla di snellimento delle procedure. In effetti un qualche snellimento delle procedure nel testo c’è, anche se – ripeto – è stato evidenziato dai magistrati che sono stati audìti che non sono misure del tutto sufficienti. Comunque, un passo avanti lo si fa, per esempio laddove si spera di avere risolto il problema della competenza, che spesso affatica, disorienta e comunque fa ritardare l'efficacia delle misure adottande. Oppure con quell'articolo che ha stabilito dei termini molto più rigorosi, o ha segnato dei termini laddove non c'erano e, quindi, ha fissato delle regole laddove queste regole erano evanescenti. Lo stesso vale per la norma relativa al coordinamento tra coloro i quali si occupano di questa materia. Infatti, è stato ricordato ed è di tutta evidenza che molto spesso, così come tra le forze dell'ordine, anche tra i magistrati la mano sinistra non Pag. 19sa quello che fa la mano destra. O, ancora, l'avere imposto in alcuni passaggi sostanzialmente la priorità e averla fissata per legge. Certo, anche io condivido che non basta fissare per legge le priorità perché queste vengano rispettate. Abbiamo innumerevoli esempi di termini perentori nella loro formulazione, anche se non tali giuridicamente, che non vengono rispettati. C’è tutto il processo del lavoro che ormai è diventato carta staccia e intere parti del codice di procedura civile ormai sono carta staccia, perché dopo la proclamazione perentoria dell'indicazione di termini non vi sono le risorse economiche e umane per supportare l'attività investigativa, da un lato, e l'attività dei magistrati dall'altro lato. Comunque averli indicati, averli fissati, è una cosa positiva, anche perché, per così dire, è un criterio di civiltà giuridica sapere se e quando un provvedimento deve essere adottato.
  Questo testo, in verità, è positivo anche per un altro motivo, laddove in un certo senso giurisdizionalizza, se così possiamo dire, le procedure di prevenzione in misura maggiore di quanto non lo fossero prima. Infatti, per esempio, consente la partecipazione delle persone interessate o contro interessate a tutti i percorsi.
  Questo non vale soltanto per il proposto per la misura di prevenzione. Questo vale anche, per esempio, nel caso delle misure patrimoniali, nel caso di sequestro, di confisca, di sequestro di aziende, di beni immobili ed altro, nei confronti delle banche. Vale, per esempio, nei confronti di coloro i quali in buona fede sono entrati in relazione con soggetti della criminalità organizzata senza conoscerne la qualità e senza conoscerne la provenienza o il modo in cui quei beni sono stati acquistati. Quindi, questo snellimento è stato anche realizzato, garantendo alle parti coinvolte un maggiore diritto alla difesa.
  Per quanto riguarda, poi, la finalità, si è detto che il decreto legislativo n. 159 in un certo senso faceva propria la filosofia del codice della legge fallimentare, delle norme concorsuali. Praticamente, con i beni del fallito si cerca di ripagare i creditori. Sostanzialmente – lo abbiamo anche ascoltato dalle parole del collega Palese – i beni sottratti alla mafia dovrebbero essere messi in vendita e il ricavato acquisito dallo Stato. Questa è una filosofia, però c’è un'altra filosofia ed è quella di salvare, nei limiti del possibile, le aziende e le relazioni che queste hanno con i propri fornitori, con i propri creditori e soprattutto con i propri dipendenti.
  Quando interviene il sequestro e interviene l'amministratore giudiziario, è stato scritto che questi deve, con sollecitudine, stabilire, ovviamente nei limiti approssimativi in cui ciò è consentito, ma comunque sufficientemente rigorosi, e indicare se questa azienda, per esempio, sequestrata possa continuare a vivere o meno. Infatti, anche in questo caso condivido le osservazioni di chi ha sostenuto che non è che noi possiamo, sia pure per interposta persona, in questo caso per l'interposta persona degli amministratori, mantenere in piedi aziende decotte. Se questo non vale nel campo delle aziende «normali», a maggior ragione non deve valere neppure per le aziende che provengono da attività malavitose, altrimenti – si è detto – si continuerebbe ad inquinare il mercato, l'economia pulita, non più attraverso l'attività dei gruppi malavitosi, ma addirittura attraverso noi stessi. Quindi, da questo punto di vista, sono interventi che noi condividiamo.
  Così come condividiamo il fatto che gli amministratori devono essere all'altezza del compito, devono essere scelti con attitudini particolari e con sistemi particolari, perché non si ripetano situazioni che sono state denunciate poc'anzi e che la cronaca ci ha fatto abbondantemente conoscere. Quindi, si tratta di amministratori che non accumulino incarichi. Ma, in ogni caso, io ritengo che questa debba essere una preoccupazione del magistrato. Anche i magistrati sbagliano, si è visto che probabilmente alcuni magistrati hanno sbagliato.
  Però è evidente che c’è un'altra necessità: non irrigidire i meccanismi cioè praticamente l'amministratore è uno che deve gestire un'azienda e non è che si possa fare alla fine un concorso per scegliere Pag. 20questi amministratori. È evidente che uno deve per forza affidarsi alla buona fede di chi lo sceglie e colui il quale lo sceglie deve mantenere la probità, la prudenza, l'onestà per così dire indispensabile. Perciò le due cose vanno sostanzialmente messe insieme.
  Ora, per quanto riguarda il terzo aspetto, cioè quello dell'Agenzia, ho condiviso il fatto che l'Agenzia sia esonerata, se così si può dire, da incombenze che hanno già appesantito il suo ruolo e l'attività degli anni passati, il cui peso, l'insopportabilità di questo peso, è stato serenamente e onestamente confessato da coloro i quali l'hanno gestita. Pertanto ritengo molto più giusto che l'Agenzia si interessi dei beni definitivamente confiscati, perché suo compito deve essere quello di qualificarsi nella individuazione del destino dell'azienda stessa. Anch'io sono stato sorpreso dal testo che ho preso qui dal banco nel senso che – è stato già riferito dalla Presidenza – questo testo sostanzialmente è stato messo in rete... alle ore ? Alle ore 16 ...

  PRESIDENTE. Alle ore 16 di venerdì.

  ARCANGELO SANNICANDRO. ...di venerdì. Se mi consentite, non è un modo adeguato: infatti uno che si vuole preparare per la relazione rischia di aver preso un altro testo tra le mani. Anche perché qui si sono succeduti molti testi. Prima è stato ricordato – non voglio ripetere – che tutto nasce da una proposta, da un'iniziativa di carattere popolare: arriva qui, se leggiamo, il 13 giugno; vi è anche un'iniziativa legislativa Garavini-Capone dell'11 giugno 2013; un'altra di altri colleghi del 29 luglio 2014; un'altra ancora del 20 novembre 2014; un'altra del 18 dicembre 2014 e un'altra ancora del 12 marzo 2015. Quindi, è evidente giustamente, come è stato ricordato – voglio dirlo al collega del MoVimento 5 Stelle – che si è fatto un lavoro notevole per mettere insieme tutti questi pezzi, per coordinare i testi e va anche rilevato che il prodotto finito non è più quello originario perché la proposta di legge – qui c’è una cosa un pochino paradossale – di iniziativa popolare era stata sottoscritta per favorire l'emersione della legalità e la tutela dei lavoratori delle aziende sequestrate e confiscate alla criminalità organizzata. Mentre noi oggi abbiamo un testo che va molto al di là di questo aspetto. Questo è un aspetto che era particolarmente avvertito dall'ARCI, dall'associazione Libera, dalla CGIL, da altre associazioni. Però adesso siamo andati oltre perché giustamente si è ritenuto di approfittare di questo impegno della Commissione e del Parlamento per soddisfare quel reclamo da parte dei magistrati, degli addetti ai lavori e dei giuristi di rimediare alle carenze del decreto legislativo n. 159. Qui non è un lavoro da poco che è stato compiuto e bisogna riconoscerlo.
  Tuttavia, alla fine, prendendo tra le mani il testo che è stato partorito o, meglio, che è stato pubblicato il giorno: venerdì scorso, ho fatto fatica a vedere, per esempio – ma ne parleremo in Aula domani – se sono stati salvati l'articolo 41, piano di gestione, l'articolo 41-bis, Fondo di garanzia, l'articolo 41-ter, misure a sostegno delle aziende sequestrate, articolo 41-quater, regolarizzazione dei rapporti di lavoro, articolo 41-quinquies, misure in favore dei lavoratori delle aziende sequestrate e confiscate, articolo 41-sexies, incentivi alle cooperative, articolo 41-septies, tavolo permanente, e così via. Ho trovato qualcosa di questo genere, ma quella che è la mia perplessità è che questo fa parte della delega, soprattutto; la parte più essenziale fa parte della delega, il che, sinceramente, non è una cosa che apprezzo, anche perché gli articoli su questa materia che riguarda i lavoratori erano ben congegnati, al di là del merito, perché per alcuni erano anche troppo ben congegnati, e risolvevano il problema, entro quattro mesi il Governo dovrebbe emanare questo decreto legislativo nuovo. Ma abbiamo bisogno, avevamo bisogno di questi quattro mesi ? La Commissione su queste norme aveva già lavorato. Lo ripeto, posso anche sbagliarmi per qualche articolo, ma per quale motivo la Commissione ha stralciato il lavoro svolto e ne ha fatto una Pag. 21delega ? Evidentemente, siamo partiti per aiutare i lavoratori e strada facendo ce ne siamo dimenticati, forse, il che non depone bene. Infatti, non vorrei che – come dicono i proverbi –, alla fine, la parte più debole di questo percorso ne subisse le conseguenze.
  Ora, tutto sommato, la nostra posizione è positiva in merito a questa normativa e ci riserviamo, in sede di dibattito sui singoli articoli, di esprimere le nostre valutazioni specifiche, positive laddove siano positive, ma anche evidenziandone i limiti, laddove questi permangano tuttora.

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo – A.C. 1039-A ed abbinate)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, collega Mattiello.
  Lei ha finito il tempo, però se vuole intervenire brevemente...

  DAVIDE MATTIELLO, Relatore. Grazie Presidente, intervengo brevemente, proprio per rispetto dell'onestà a cui veniamo e ci richiamiamo. Avremo tempo nel dibattito, ma alcune cose che sono state dette meritano una replica, pur breve, ma immediata. È stato detto che il nostro testo pensa a una mafia che è solo violenza, mentre, invece, la mafia dovrebbe essere corruzione. È così, è così, l'ho detto e lo ribadisco, questo provvedimento amplia il perimetro dell'applicabilità delle misure di prevenzione, comprendendovi anche coloro che sono indiziati di delitti contro la pubblica amministrazione.
  È stato detto che non abbiamo voluto pensare a un meccanismo di incompatibilità sugli amministratori giudiziari volto, questo meccanismo, a garantire trasparenza. Non è vero, è falso, c’è un lungo comma, che leggeremmo in Aula, che stabilisce quali sono i motivi dell'incompatibilità, all'articolo 35, comma 2, anzi, comma 3. Non lo leggo qui, soltanto per brevità, lo rimando poi al seguito della discussione in Aula.

  PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito.
  Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della proposta di legge: Cenni ed altri: Disposizioni per la tutela e la valorizzazione della biodiversità di interesse agricolo e alimentare (Approvata dalla Camera e modificata dal Senato) (A.C. 348-B) (ore 16,45).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge, già approvata dalla Camera e modificata dal Senato, n. 348-B: Cenni ed altri: Disposizioni per la tutela e la valorizzazione della biodiversità di interesse agricolo e alimentare.
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali – A.C. 348-B)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Non vedo il relatore, quindi, sospendo la seduta.... C’è ? Benissimo, quindi, vado avanti.
  Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari del MoVimento 5 Stelle e del Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
  Avverto, altresì, che la XIII Commissione (agricoltura) si intende autorizzata a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Massimo Fiorio.

Pag. 22

  MASSIMO FIORIO, Relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, membri del Governo, siamo arrivati alla terza lettura di un provvedimento che abbiamo già affrontato in questa Camera con un'ampia copertura da parte tutti i gruppi parlamentari. Noi sappiamo che questo è un testo importante: la FAO ha ricordato che il 75 per cento di biodiversità alimentare è andata perduta nel corso degli ultimi cento anni, e che la nostra alimentazione è provveduta da poco materiale genetico. Noi abbiamo il dovere di recuperare e di tutelare quello che il nostro globo sta perdendo, e io credo che il passaggio che ci accingiamo a fare, anche probabilmente in forma definitiva e di nuovo allargata, sarà un passaggio importante; lo dico anche all'indomani di Expo, che ha fatto crescere una consapevolezza di tutti quanti i cittadini del nostro Paese, ma non solo, di quello che va tutelato per la nostra alimentazione, per la nostra salute, per la salute del globo.
  In sintesi, il provvedimento è composto da un sistema; io qui andrò a chiarire come funziona il sistema del provvedimento. Voglio sottolineare che il passaggio al Senato ha apportato alcune modifiche importanti, ma non sostanziali al provvedimento, e ha chiarito alcuni aspetti che andavano chiariti.
  Innanzitutto, il sistema è costituito da un'Anagrafe nazionale della biodiversità agraria e alimentare istituita presso il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, dove sono indicate tutte le risorse genetiche locali di origine vegetale, animale e microbica a rischio di estinzione e di erosione genetica. L'iscrizione all'Anagrafe è subordinata a un'istruttoria per la verifica dell'esistenza di tutti i seguenti elementi: una corretta caratterizzazione e individuazione delle risorse, una sua adeguata conservazione in situ, on farm o ex situ; l'indicazione corretta del luogo di conservazione e l'eventuale possibilità di generare materiale di moltiplicazione. L'importanza delle modifiche apportate al Senato al riguardo, è il riferimento ai tipi genetici autoctoni animali in via di estinzione secondo la classificazione FAO. Questo è un elemento importante introdotto dal Senato.
  In secondo luogo, la Rete nazionale della biodiversità agraria e alimentare, coordinata dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali d'intesa con le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano. La Rete è composta dalle strutture locali, regionali e nazionali per la conservazione ex situ del germoplasma (corredo genetico) degli agricoltori e allevatori custodi. La Rete svolge ogni attività diretta a preservare le risorse genetiche locali dal rischio di estinzione o di erosione genetica attraverso la conservazione in situ, on farm ed ex situ e si attiva per incentivarne la reintroduzione in coltivazione o in altre forme di valorizzazione.
  In terzo luogo il portale nazionale della biodiversità agraria e alimentare, istituito presso il MIPAAF al fine prevalente di costituire un sistema di banche dati interconnesse delle risorse genetiche locali individuate. Anche in tal caso, è stato modificato il comma 3 dell'articolo 5, recante l'autorizzazione di spesa per supportare ogni onere relativo al funzionamento del portale; la somma di 152 mila euro per l'anno 2015, già prevista nel testo approvato dalla Camera, è stata posta come integrazione all'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 4, comma 1, della legge n. 101 del 2004 recante, come detto, la ratifica e l'esecuzione del Trattato internazionale sulle risorse biogenetiche per l'alimentazione e l'agricoltura.
  In quarto luogo, viene istituito il Comitato permanente per la biodiversità agraria e alimentare, istituito presso il MIPAAF per garantire il coordinamento delle azioni tra i diversi livelli di Governo, Stato, regione e province autonome sulla materia della tutela della biodiversità agroalimentare; per la valorizzazione e la trasmissione delle conoscenze della biodiversità agroalimentare, al MIPAAF, alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano viene demandato il compito di promuovere l'attività degli agricoltori tese allo sviluppo di sistemi sementieri informali Pag. 23a livello territoriale, al recupero delle risorse genetiche vegetali locali, allo svolgimento di attività di prevenzione e gestione del territorio necessaria al raggiungimento degli obiettivi di conservazione della biodiversità agraria e alimentare.
  Il Senato è intervenuto integrando la composizione dello stesso con un rappresentante del Ministero della salute e prevedendo che, al posto di un solo rappresentante degli agricoltori, siano previsti tre rappresentanti degli agricoltori e degli allevatori custodi designati dalla Conferenza Stato-regioni.
  Ai Dicasteri agricolo e dell'istruzione, alle regioni e alle province di Trento e Bolzano è demandato il compito di promuovere progetti per la trasmissione agli agricoltori, agli studenti e ai consumatori delle conoscenze acquisite in materia di biodiversità alimentare attraverso attività di formazione e iniziative culturali. Naturalmente sono definite nello specifico le risorse; ora la nuova formulazione prevede in ogni passaggio della legge, secondo le modifiche apportate dal Senato, che sia integrato dalla dicitura «di interesse alimentare ed agrario» e le risorse genetiche vengono definite come «il materiale genetico di origine vegetale, animale o microbico avente un valore effettivo o potenziale per l'alimentazione e l'agricoltura»; vengono definite le «risorse genetiche locali» intendendo con esse quelle: a) originarie di uno specifico territorio; b) che, anche se di origine alloctona, ma non invasiva, siano state introdotte da lungo tempo nel territorio di riferimento e integrate tradizionalmente nella propria agricoltura e nel proprio allevamento; c) originarie di uno specifico territorio, ma attualmente scomparse e conservate in orti botanici, allevamenti o centri di conservazione o ricerca in altre regioni o Paesi. Gli «agricoltori custodi» e «allevatori custodi» sono individuati tra gli agricoltori che si impegnano nella conservazione on farm e in situ delle risorse genetiche locali, sia animali che vegetali, a rischio di estinzione o di erosione genetica, secondo le modalità definite dalle regioni.
  Inoltre, è rimessa alla competenza delle regioni e delle province autonome l'individuazione degli agricoltori custodi, anche su richiesta degli agricoltori stessi, per attivare la conservazione in situ e on farm delle risorse genetiche vegetali locali a rischio di estinzione o di erosione genetica e la loro iscrizione alla Rete nazionale della biodiversità agraria e alimentare. Vengono, quindi, normate le modalità di aggiornamento del Piano nazionale sulla biodiversità di interesse agricolo e delle «Linee guida nazionali per la conservazione in situ, on farm ed ex situ della biodiversità vegetale, animale e microbica di interesse agrario», adottate con decreto ministeriale 6 luglio 2012. Le risorse genetiche iscritte all'Anagrafe sono mantenute sotto la responsabilità e il controllo pubblico e non assoggettabili a diritto di proprietà intellettuale o altro diritto o tecnologia che ne limiti l'accesso o la riproduzione agli agricoltori, compresi i brevetti a carattere industriale, né possono essere oggetto di protezione tramite privativa per ritrovati vegetali (articolo 3, comma 5). Contemporaneamente, il testo (articolo 9) interviene sul Codice della proprietà industriale al fine di esplicitare che non sono oggetto di brevetto le varietà vegetali iscritte all'Anagrafe nazionale della biodiversità agraria e alimentare, nonché le varietà dalle quali discendono produzioni contraddistinte dai marchi di denominazione di origine protetta, di indicazione geografica protetta o di specialità tradizionali garantite e da cui discendono i prodotti agroalimentari tradizionali. L'articolo 45 del Codice della proprietà industriale (lettera b) già dispone che non possono costituire oggetto di brevetto le varietà vegetali e le razze animali ed i procedimenti essenzialmente biologici di produzione di animali o vegetali, comprese le nuove varietà vegetali rispetto alle quali l'invenzione consista esclusivamente nella modifica genetica di altra varietà vegetale, anche se la modifica è il frutto di un procedimento di ingegneria genetica.
  Viene inoltre istituito a decorrere dall'anno 2015, nello stato di previsione del MIPAAF, il Fondo per la tutela della Pag. 24biodiversità agraria e alimentare (articolo 10) destinato a sostenere le azioni degli agricoltori e degli allevatori nell'ambito delle disposizioni previste del provvedimento.
  Il Senato ha soppresso come finalità del Fondo quella relativa alla corresponsione di indennizzi ai produttori agricoli che hanno subito danni provocati da forme di contaminazione da organismi geneticamente modificati coltivati in violazione dei divieti stabiliti dalle disposizioni vigenti. Questo perché nel frattempo è intercorsa la scelta del nostro Paese riguardo al regime degli organismi geneticamente modificati.
  Il testo interviene sulla disciplina dell'attività sementiera ed in particolar modo sulla commercializzazione di sementi di varietà da conservazione. Attualmente la norma stabilisce che i produttori agricoli, che sono residenti nei luoghi dove le varietà da conservazione iscritte nel relativo Registro nazionale hanno evoluto le loro proprietà caratteristiche o che provvedono al loro recupero e mantenimento, hanno diritto alla vendita diretta in ambito locale di modiche quantità di sementi o materiali da propagazione relativi a tali varietà, se prodotti nell'azienda da essi condotta. Il Testo estende il diritto alla vendita delle sementi consentendo la vendita diretta in ambito locale, inoltre la realizzazione di periodiche campagne promozionali di tutela e di valorizzazione della biodiversità agraria e alimentare, prevedendo appositi itinerari per la promozione della conoscenza delle risorse genetiche locali iscritte all'Anagrafe e per lo sviluppo dei territori interessati, anche attraverso l'indicazione dei luoghi di conservazione in situ, on farm ed ex situ e dei luoghi di commercializzazione dei prodotti connessi alle medesime risorse, compresi i punti di vendita diretta. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, dei consorzi di tutela e di altri soggetti riconosciuti, promuovono inoltre l'istituzione di comunità del cibo e della biodiversità agraria e alimentare. Viene, inoltre, prevista l'istituzione della giornata della biodiversità agraria e alimentare nel giorno del 20 maggio (nella versione della prima lettura era il giorno 22 maggio, quindi è stata sostituita) di ogni anno e viene infine stabilito che il piano triennale di attività del Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura (predisposto ai sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo n. 454 del 1999) debba prevedere interventi per la ricerca sulla biodiversità agraria e alimentare, sulle tecniche necessarie per favorirla, tutelarla e svilupparla nonché interventi finalizzati al recupero di pratiche corrette in riferimento all'alimentazione umana, all'alimentazione animale con prodotti non geneticamente modificati e al risparmio idrico.
  È alla luce dei principi e delle finalità sovraespresse, oltre alla necessità di creare una normativa quadro che integri e metta a sistema la legislazione regionale, gli indirizzi di carattere internazionale e gli ordinamenti nazionali in materia, che ribadiamo ancora una volta l'esigenza, da parte del legislatore, di promulgare una legge specifica sul tema di valorizzazione e tutela della agrobiodiversità. Va comunque premesso che la maggior parte delle competenze in materia appartengono alle regioni e che la stesura delle linee guida inerenti e la elaborazione di criteri uniformi di ordine nazionale deve necessariamente prevedere l'approvazione concertata della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
  Certo questa legge non è estranea alle dinamiche che attraversano l'agricoltura e anche a quella dei prezzi, in particolare la loro oscillazione, che ha contribuito in questi anni, attraverso il processo d'industrializzazione di buona parte dell'agricoltura, a colpire le piccole produzioni agricole attraverso una forte concorrenza dei prodotti agricoli provenienti da forme di agricoltura intensiva. È a questa agricoltura, quella sottoposta a questo rischio, alle sue peculiarità e non solo quindi di resistenza ai processi di globalizzazione in corso, ma alle opportunità economiche che questa agricoltura può offrire, che guarda Pag. 25questo provvedimento. Noi siamo convinti che il passaggio nelle prossime giornate consentirà a questo Paese di avere una legge di sistema sulla biodiversità, una legge ancor più voluta dal passaggio della crescita nell'opinione pubblica del valore della biodiversità che ha contribuito a darci Expo nel suo svolgimento. Quindi ringrazio i colleghi e il Ministero per l'apporto che ha dato finora.

  PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire in altra fase. È iscritto a parlare il deputato Oliverio. Ne ha facoltà.

  NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. Signor Presidente, signor Viceministro, onorevoli colleghi, oggi siamo chiamati a pronunciarci definitivamente sulla proposta di legge che tutela e valorizza la biodiversità di interesse agricolo ed alimentare. È stato un lungo percorso, iniziato la scorsa legislatura, perfezionato e finalmente completato nell'attuale, nella consapevolezza che la perdita di biodiversità aumenta a ritmi incessanti e che occorre far presto per recuperare il tempo perduto e per salvaguardare l'esistente.
  Nel secondo «Rapporto sullo stato delle risorse fitogenetiche per l'alimentazione e l'agricoltura», presentato dalla FAO, si afferma che «la diversità genetica delle piante che coltiviamo e che ci alimentano, ed i loro “parenti selvatici”, potrebbero andare perduti per sempre, con grave minaccia per la sicurezza alimentare, se non si farà uno sforzo non solo per conservarli ma anche per utilizzarli». La tutela del patrimonio genetico vegetale ed animale interessa una sfida di primaria importanza, legata al rapporto tra crescita della popolazione mondiale e approvvigionamento alimentare. La Commissione europea nella relazione sulle risorse genetiche in agricoltura sostiene che «la produttività, l'adattabilità e la resilienza degli ecosistemi agricoli dipendono, tra l'altro, dalla disponibilità di un ricco pool genetico di razze di allevamento e di varietà vegetali da coltivare».
  I modelli di produzione, con particolare riguardo all'agricoltura, sono oggi al centro di spinte contrapposte essendo chiamati a farsi carico delle contraddizioni dei modelli di sviluppo che caratterizzano le diverse aree geografiche del pianeta, con una parte della popolazione che ancora non vede riconosciuto il diritto al cibo ed una parte che soffre di sovralimentazione e di conseguenti problemi legati all'obesità.
  Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha sottolineato, in occasione della celebrazione della giornata di chiusura dell'Expo, che l'Italia deve farsi protagonista nel fornire al mondo un nuovo modello di alimentazione per uno sfruttamento della terra consapevole, sufficiente, di qualità, che sia in grado di recuperare le risorse andate perse per proporre al mondo nuove forme di alimentazione basate, tra l'altro, sul recupero delle risorse genetiche dimenticate e non suscettibili di sfruttamento dal punto di vista commerciale.
  Ecco allora che non poteva mancare nell'anno dell'Expo una conclusione del lavoro parlamentare sulla biodiversità di interesse agricolo ed alimentare. Ma noi non siamo su questo lavoro all'anno zero. L'Italia è già da tempo impegnata sul fronte internazionale per dare attuazione agli impegni contenuti nella Convenzione sulla biodiversità di Rio de Janeiro del 5 giugno 1992 e nel Trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche per l'alimentazione e l'agricoltura di Roma del 3 novembre 2001. Il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha già approvato il Piano nazionale sulla biodiversità di interesse agricolo e le Linee guida nazionali per la conservazione in situ, on farm ed ex situ della biodiversità vegetale, animale e microbica di interesse agrario.
  Molte regioni hanno già legiferato sulla materia. Ma è necessario fornire un quadro nazionale di riferimento, sia per incentivare quelle regioni che ancora non si sono fornite di una strumentazione giuridica, sia per acquisire un quadro, una cornice nazionale di riferimento, omogenea e valevole per tutto il territorio nazionale. Investire sul patrimonio biologico e faunistico del territorio, anzi dei diecimila territori che formano il mosaico della Pag. 26ricchezza della nostra nazione, è un obiettivo culturale di grande pregio, sia perché valorizza le risorse della terra e la sua vocazione, sia perché è volto a perseguire profitti economici di una certa portata che possono innescare le leve di un sostenibile sviluppo economico e di una equilibrata crescita del territorio.
  Entrando nel merito del provvedimento, così come bene ha esposto il collega Fiorio che è relatore del provvedimento, con l'articolo 1 si vuole istituire un sistema nazionale di tutela delle risorse genetiche e di interesse agricolo e alimentare locali dal rischio di estinzione e di erosione. Si considera «risorsa genetica» il materiale genetico vegetale, animale e microbico, avente un valore per l'agricoltura e l'alimentazione. Sono risorse «locali» le risorse genetiche originarie di uno specifico territorio che, pur essendo di origine alloctona, ma non invasiva, sono state introdotte da lungo tempo nel territorio, naturalizzate ed integrate tradizionalmente nella agricoltura e negli allevamenti di riferimento.
  Il sistema nazionale è costituito innanzitutto dall'Anagrafe nazionale della biodiversità di interesse agrario ed alimentare, istituita presso il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, al fine di registrare tutte le risorse genetiche locali di origine vegetale, animale o microbica a rischio di estinzione o di erosione genetica.
  L'iscrizione all'Anagrafe è subordinata ad un'istruttoria per la verifica della sussistenza degli elementi che sono stati già specificati dal collega Fiorio.
  Le risorse genetiche iscritte all'Anagrafe sono conservate sotto la responsabilità ed il controllo pubblico e non sono assoggettabili a diritto di proprietà intellettuale o altro diritto che limiti l'accesso e la produzione agli agricoltori.
  La rete nazionale della biodiversità di interesse agrario ed alimentare è coordinata dal Dicastero agricolo, d'intesa con le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
  La Rete è composta dalle strutture locali, regionali e nazionali per la conservazione ex situ del germoplasma; dagli agricoltori e dagli allevatori custodi.
  Il Portale nazionale della biodiversità, istituito sempre presso il Dicastero agricolo ha il compito di costituire un sistema di banche dati interconnesse delle risorse genetiche locali di interesse agricolo ed alimentare individuate, recuperate e caratterizzate sul territorio nazionale, di consentire la diffusione delle informazioni sulle risorse genetiche locali al fine di ottimizzare gli interventi volti alla loro tutela, gestione e valorizzazione e di favorire il continuo monitoraggio dello stato di conservazione della biodiversità agraria ed alimentare in Italia.
  Il Comitato permanente per la biodiversità, di interesse agricolo ed alimentare, è istituito per garantire il coordinamento delle azioni tra i diversi livelli di governo sulla biodiversità.
  In particolare, sulla disciplina dell'attività sementiera ed in particolar modo sulla commercializzazione di sementi di varietà autoctone da conservazione, il testo estende il diritto alla vendita diretta e indiretta in ambito locale, nonché introduce per gli stessi soggetti il diritto al libero scambio delle sementi all'interno della rete nazionale della biodiversità.
  La tutela deve essere finalizzata a preservare il territorio rurale, anche marginale, contribuendo a limitare i fenomeni di spopolamento, anche attraverso azioni che limitino l'inquinamento, la dispersione e l'estinzione del patrimonio genetico.
  È prevista, così come ampiamente ed egregiamente esposto dal collega relatore, la realizzazione di periodiche campagne promozionali di tutela e di valorizzazione della biodiversità agraria e alimentare, prevedendo appositi itinerari per la promozione della conoscenza e lo sviluppo dei territori interessati. Così come è prevista l'istituzione della giornata della biodiversità agraria e alimentare nel giorno 20 maggio di ogni anno.
  Signor Presidente, in conclusione, la meritoria azione di tutela e valorizzazione della biodiversità di interesse agricolo ed Pag. 27alimentare, racchiusa in questa proposta di legge, va nella direzione giusta, che è quella del censimento della risorsa, del recupero e della caratterizzazione, della tutela e valorizzazione, della condivisione della risorsa, dell'utilizzo per fini produttivi in un'ottica esclusivamente sostenibile.
  In occasione della presentazione di questa proposta di legge, nella passata legislatura, l'allora capogruppo del PD, Dario Franceschini, ha sostenuto che «investire sulla ricchezza della biodiversità è condizione per competere a livello globale e l'Italia, per competere, deve investire ancora sulle proprie produzioni di qualità e di nicchia». Si tratta, insomma, di una scelta per il futuro, e non di una delle tante battaglie di retroguardia.
  Ma l'aspetto più importante è, senza alcun dubbio, quello che riguarda l'alimentazione. Oggi dalle nostre tavole sono scomparsi tanti prodotti e ne sono arrivati dei nuovi, spesso però senza le qualità di un tempo.
  L'occasione dell'approvazione di questo progetto di legge deve innanzitutto imporre alla nostra attenzione l'auspicio che sarebbe bello se sulle nostre agende, nel paniere italiano, tornassero i nomi di carni, verdure, frutti e legumi di un tempo.
  Ed, infine, mi sia consentito ringraziare la collega Susanna Cenni per aver presentato questo progetto di legge sulla tutela e la valorizzazione della biodiversità, che è stato sottoscritto da moltissimi colleghi del gruppo del PD.
  Così come siamo grati a tutti i gruppi parlamentari della Commissione agricoltura per avere contribuito ad arricchire questo provvedimento, nell'obiettivo di creare le migliori condizioni per salvaguardare la nostra ricchezza agricola, per difendere il nostro territorio e tutelare la salute dei cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la collega Loredana Lupo. Ne ha facoltà.

  LOREDANA LUPO. Grazie. Presidente, onorevoli colleghi, per la metà del prossimo secolo le stime valutano attorno al 25 per cento la perdita di specie vegetali presenti sul pianeta. Parliamo di numeri che, solo nel continente europeo, si aggirano intorno ai mille esemplari destinati a sparire per sempre dai nostri territori.
  Così facendo stiamo disattendendo la Convenzione sulla biodiversità di Rio de Janeiro del 1992, recepita in Italia nel 1994, che stabiliva, come obiettivo primario, il mantenimento, entro il 2020, della diversità genetica delle specie vegetali coltivate, delle razze animali addomesticate e di allevamento e di progenitori selvatici, come pure le altre specie di valore sul piano socio-economico e culturale. Dunque, la nostra alimentazione – è giusto che ce lo ricordiamo – influenza il futuro della nostra stessa sopravvivenza su questo pianeta.
  La promozione di diete bilanciate e sane, grazie a un uso migliore della biodiversità, l'utilizzo di pratiche sostenibili a basso impatto sul territorio, la salvaguardia della tradizione alimentare locale e delle colture ad esse associate, dovrebbero essere i pilastri portati di una società che si definisce moderna. In un pianeta che per cinquant'anni ha investito le proprie risorse economiche e scientifiche esattamente nella direzione opposta, puntando su deforestazioni, urbanizzazione, controllo delle acque, pratiche colturali monovarietali ad alta resa, con l'unico obiettivo di standardizzare la qualità nutrizionale dei prodotti agricoli, tali pratiche hanno alterato, in maniera irrimediabile, l'equilibrio degli ecosistemi. Tali scelte scellerate oggi costringono Governi e Parlamenti a dotarsi di misure straordinarie per arginare l'inesorabile diffusione dell'erosione genetica.
  Quest'oggi in Aula, con l'inizio dell'ultima fase della proposta di legge in materia di tutela e valorizzazione della biodiversità agraria e alimentare, proviamo a limitare – solo a limitare – la nostra superficialità in tal senso, effettuando un primo passo verso la sopraccitata scadenza del 2020.
  Di cosa parla questo testo ? Nel testo in esame sono diverse le misure introdotte: si va dall'anagrafe nazionale, istituita presso Pag. 28il MIPAAF, che accoglie tutte le risorse genetiche locali di origine vegetale, animale o microbica, a rischio di estinzione e di erosione genetica, alla rete nazionale, composta da strutture locali, regionali, nazionali, sempre coordinata dal MIPAAF, a cui è affidata la conservazione ex situ del germoplasma e degli allevatori ed agricoltori custodi. L'obiettivo è quello di arginare una normativa lacunosa e dispersiva, garantendo un'armonizzazione della conservazione in situ o on farm ed ex situ di tutte le specie in ambito agroalimentare.
  Altra misura introdotta sarà il portale nazionale, che serve a costituire un sistema di banche interconnesse delle risorse individuate e caratterizzate presenti sul territorio nazionale, che consenta – ci si augura – la diffusione delle informazioni al fine di ottimizzare gli interventi di tutela e di procedere al monitoraggio dello stato di conservazione della biodiversità all'interno del territorio nazionale.
  Infine, troviamo il comitato permanente, che è istituito presso il MIPAAF, con l'obiettivo, invece, di coordinare tutte queste azioni a livello statale, regionale e provinciale. In particolare, individua le azioni e i risultati contenuti nel Piano nazionale della biodiversità di interesse agricolo, raccogliendo le ricerche avanzate da parte dei soggetti pubblici e favorendo anche lo scambio di esperienze e di informazioni.
  Fortunatamente, all'articolo 10 troviamo anche un Fondo che tutela questa biodiversità, che viene un po’ implementato in seconda lettura.
  Però, comunque sia, non è un'implementazione tale rispetto a dare una reale scossa a questa legge, per poter trovare la soluzione ai problemi principali legati alle banche di germoplasma. Durante l'esame in Commissione, insieme al gruppo che rappresento, abbiamo provato a modificare alcune delle storture presenti nel dispositivo. Tra queste, vorrei citare le più significative. Noi non condividiamo l'istituzione di due sovrastrutture all'interno dello stesso Ministero quali l'Anagrafe nazionale e la Rete nazionale, considerando che, a livello di società civile, già si registrano esperienze di reti organizzate, come la Rete dei semi rurali e la Rete rurale nazionale, e, a livello scientifico, la maggior parte dei centri di ricerca e delle banche del germoplasma sono già coordinati in rete tramite un progetto del Mipaaf dal nome «Risorse genetiche vegetali/FAO».
  Tale scelta, a nostro avviso, più che di coordinamento del preesistente, sembrerebbe orientata a creare nuove strutture e organismi, posto che le funzioni di banca dati, monitoraggio e diffusione potrebbero essere svolte dalla stessa anagrafe. Le stesse perplessità le riscontriamo nel comitato per la biodiversità agraria e alimentare, che sostituisce il comitato permanente per le risorse genetiche, istituito nel 2009 e il cui funzionamento non è mai stato oggetto di valutazione, e pertanto non è possibile, ad oggi, stabilire se un organismo doppione possa essere efficace.
  Sempre in sede di Commissione, con i colleghi del MoVimento 5 Stelle, abbiamo chiesto la soppressione del comitato, proponendo che si istituisse presso il Mipaaf un tavolo tecnico-scientifico incaricato della definizione dei metodi di caratterizzazione delle risorse genetiche. Va, inoltre, segnalato che le definizioni introdotte sono formulate in maniera generica e si prestano ad essere interpretate in modo non univoco ed inappropriato.
  In particolare, la previsione di cui all'articolo 1, comma 5, di promuovere le attività degli agricoltori tese allo sviluppo di sistemi sementieri informali appare priva di significato: non esistono sistemi sementieri formali, e quindi informali, e apre ad interpretazioni ampie, che potrebbero consentire agli agricoltori di avviare la riproduzione a prescindere da qualsiasi controllo.
  Ed ancora, definire come locali le risorse genetiche di origine alloctona, introdotte da lungo tempo, senza alcuna specificazione e indicazione temporale, è estremamente rischioso e non dà alcuna garanzia in merito alla sua effettiva origine ed evoluzione nel territorio in cui si trova. Si è proposto, inoltre, di privilegiare nella scelta degli «agricoltori custodi» i Pag. 29membri delle comunità locali tradizionalmente impegnate nella conservazione delle risorse genetiche e chi ha provveduto alla loro riscoperta o individuazione.
  Quello che chiediamo è che sia fondamentale poter garantire quanto meno le spese vive per il mantenimento delle banche di germoplasma. Queste ultime sono la nostra vera ricchezza, sono il nostro futuro, sono la vita di questo pianeta, e serve corrente per alimentarle, servono i substrati per i microrganismi, servono misure concrete che le mantengano in vita. Quindi, che cosa chiediamo, alla fin fine, in questo contesto di discussione sulle linee generali ? Infatti, noi non ci siamo posti in disaccordo verso questa proposta di legge.
  Noi abbiamo collaborato sia con il Governo che con il Partito Democratico affinché questa legge potesse essere quanto più adeguata a quello che deve essere il futuro della biodiversità in Italia, ma poco ci è stato accordato, dobbiamo dire. Noi chiediamo semplicemente che il Governo attenzioni quelle che sono storture effettive per le definizioni botaniche, la possibilità di introdurre anche una maggiore tutela per gli habitat delle specie affini e quelle coltivate, per evitare la perdita proprio di patrimonio genetico effettivo.
  Infatti, all'interno della legge, noi abbiamo parlato di microrganismi, abbiamo parlato sì di specie affini, ma non del loro habitat, perché non era contemplabile. All'interno di questa legge come pensiamo di tutelare, realmente, la biodiversità se non attenzioniamo gli habitat delle specie affini ?
  È necessario evitare che si creino soprattutto nuovi poltronifici costituiti da personale incompetente e politicizzato. Questo è un altro punto cruciale. Noi vi abbiamo chiesto il comitato tecnico-scientifico per questa ragione, perché ci vogliono persone che da anni, e ci sono sui territori, si occupino di biodiversità. Ve lo ricordiamo, ve lo ricorderemo nuovamente, anche domani. Speriamo che questo Governo, prima o poi, accolga queste piccole correzioni.
  Bisogna che il Parlamento sia informato. Questo è un altro tasto importante di questa legge che abbia chiesto più volte. Diteci cosa succede anche con un report alla Commissione competente. In conclusione, l'eccesso di deleghe al Governo, previste nel testo, per l'attuazione di quasi tutte le disposizioni contenute nella proposta, mettono a rischio l'intero impianto legislativo, dato che affidiamo nelle mani del Ministro il futuro della tutela della biodiversità, che sono le stesse mani che, nei mesi scorsi, firmavano accordi di sponsorizzazione per una manifestazione dal titolo «Nutrire il pianeta energie per la vita» con multinazionali e aziende i cui scopi non sono certo quelli di tutelare la biodiversità agraria e alimentare nel mondo.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Catania. Ne ha facoltà.

  MARIO CATANIA. Grazie, Presidente. Farò alcune brevi considerazioni perché mi riprometto, poi, di intervenire più diffusamente in fase di dichiarazione di voto. Il nostro gruppo sostiene la proposta di legge che abbiamo sul tavolo, perché essa va nella direzione giusta rispetto ad un tema di straordinaria importanza. Il tema è quello della tutela della biodiversità vegetale ed animale, in particolare la biodiversità di interesse agricolo e alimentare. Si tratta di questioni sulle quali non c’è, a mio avviso, l'attenzione che sarebbe auspicabile. Il tema della biodiversità, come il tema della risorsa acqua, come il tema della tutela delle aree naturali agricole e boschive, come ancora il tema della tutela delle risorse marine, sono oggi nel dibattito politico, e anche nel dibattito pubblico della nostra società, tematiche che restano sullo sfondo, non raccolgono l'attenzione che, a mio avviso, dovrebbe essere necessaria, tenuto conto dell'impatto che questi temi hanno non solo sul presente, ma anche sul futuro, sulle generazioni che verranno.
  Detto questo, la proposta di legge va nella giusta direzione, è una proposta di razionalizzazione dell'esistente, tende a sistemare Pag. 30il quadro normativo attualmente in vigore che vede una frammentazione di interventi a livello regionale in assenza di un solido quadro di coordinamento nazionale. Il testo va a colmare una lacuna di questo tipo. L'elemento saliente, a mio avviso, è quello dell'istituzione dell'anagrafe della biodiversità d'interesse agricolo e alimentare, su cui poi ruotano una serie di questioni collaterali indicate nel provvedimento stesso. Certo è un testo perfettibile. Ascoltavo or ora l'intervento della collega Lupo. Sicuramente alcuni aspetti segnalati dalla collega potrebbero essere presi in considerazione, visto che ancora siamo in una fase che lo consente, anche se, dall'altro lato, c’è da dire, che il desiderio comunque di arrivare ad una seconda lettura senza modifiche è forte, nella misura in cui questo consentirebbe, finalmente, al testo di essere licenziato come testo normativo senza ulteriori dilazioni.
  In conclusione, però, il testo in questione, a mio avviso, è solo una prima pietra importante sul percorso della tutela e della salvaguardia della biodiversità. La biodiversità non si può salvaguardare esclusivamente con le misure qui indicate, è una tematica estremamente più complessa. Essa va tutelata anche attraverso una serie di altri importanti interventi, alcuni dei quali peraltro il Parlamento sta predisponendo. Mi riferisco, in particolare, al tema del consumo del suolo. Una salvaguardia dei suoli agricoli e in generale dei suoli naturali è un elemento che va nella direzione della biodiversità, ancor più di quanto non vi possa andare il pacchetto di misure, peraltro apprezzabili e meritevoli, contenute nell'attuale proposta.
  Quindi, spero che da parte del Governo, come pure da parte del Parlamento, vi sia un filo logico, un filo rosso, che continui a snodarsi e che tenga conto del fatto che la tutela della biodiversità non finisce e non può finire con l'approvazione di questa proposta di legge.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Zaccagnini. Ne ha facoltà.

  ADRIANO ZACCAGNINI. Grazie Presidente. Oggi discutiamo della proposta di legge sulla biodiversità, che torna finalmente alla Camera dopo essere passata al Senato e avere visto ulteriori correzioni, alcune delle quali importanti, ma che comunque non modificano sostanzialmente l'impianto della legge che abbiamo costruito in Commissione agricoltura alla Camera.
  Tutti i gruppi hanno creduto in questa proposta di legge e, come vari atti della Commissione agricoltura, esce fuori all'unanimità dalla nostra Commissione. La nostra è una Commissione che per definizione lavora per il bene comune, proprio perché il settore primario difficilmente comporta grandi divisioni politiche. Invece, altri campi politici e altre Commissioni vedono costantemente divisioni e battaglie anche troppo spesso ideologiche.
  Noi da subito abbiamo cercato di fare imboccare al Governo, impegnandolo con mozioni, la strada del «no agli OGM». Ci siamo riusciti grazie all'attenzione del Governo, ma soprattutto al buonsenso di comprendere come l'Italia non possa che percorrere questa strada. Ora si apre la possibilità delle biotecnologie. Il Ministro Martina sottolineava pochi giorni fa come sulle biotecnologie innovative – credo si riferisse quindi a cisgenetica, a genome editing e ad altre – si debba riflettere e approfondire. Io credo che bisogna farlo in una logica, appunto, non ideologica e prettamente scientifica, andando anche a vedere le risultanze dell'indagine parlamentare che è stata avviata al Senato proprio su questi temi.
  La biodiversità, come sappiamo, è la grande diversità, la grande ricchezza della natura. Anche la PAC se ne è accorta con un nuovo regime, quello del greening, che indirizza maggiormente le aziende agricole verso una sostenibilità o una ricerca di sostenibilità dopo che, dagli anni Settanta in poi, all'agricoltura è stato impresso con troppa forza l'utilizzo di fitofarmaci di sintesi, prodotti chimici che alterano la fertilità dei suoli. Senza biodiversità c’è sterilità.Pag. 31
  C’è stata l'esigenza di mettere in campo dei compromessi spesso troppo al ribasso, che hanno portato all'erosione della diversità e anche alla perdita della microbiologia dei suoli.
  Monocoltura, utilizzo scriteriato dei fitofarmaci e agricoltura insostenibile sono le cose che porteranno ad un mondo sempre meno vivibile, sempre più surriscaldato, un mondo dove l'agricoltura sarà sempre più mercificata e preda delle grandi corporation. Noi, le istituzioni, dobbiamo riportare la centralità del cibo e il diritto al cibo come diritto universale, da inserire anche nelle Costituzioni presenti e future. È un impegno che ci poniamo e che cercheremo di portare avanti non solo nelle proposte di legge e negli atti che emaneremo. Anche a livello culturale è importantissimo ridefinire il cibo, le risorse primarie e le risorse naturali come beni comuni inalienabili e da tutelare.
  Come andiamo a tutelare la biodiversità agroalimentare ? Lo facciamo con un fondo, anche se non molto cospicuo, comunque sempre meglio di nulla, che va a cercare di mettere in ordine delle competenze nel campo, a cercare di creare una rete, un coordinamento, di far interloquire soggetti diversi che operano all'interno delle varie filiere e anche, ovviamente, nel mondo dell'allevamento.
  Tuteliamo la biodiversità, dandole un quadro normativo certo. In particolare, relativamente all'articolo 3, comma 5, ci siamo battuti molto affinché fossero introdotti passaggi normativi che si riferissero ai trattati che tutelano la biodiversità a livello internazionale. Quindi, siamo andati a richiamare quelle convenzioni e quei trattati che hanno già approfondito il tema oltre vent'anni fa, che hanno fatto un lavoro serio. Abbiamo creduto opportuno richiamare quelle norme affinché il quadro fosse ben definito e che fosse un quadro di certezza dell'impossibilità di rendere privata, quindi di poter brevettare la vita. Crediamo nel principio per cui la vita non è brevettabile. Non crediamo che gli escamotage, cioè l'estrazione di molecole da un prodotto, da un essere vivente, che poi danno la possibilità di creare un nuovo prodotto agroalimentare poi brevettabile, siano tollerabili. Per questo abbiamo inserito questo comma.
  Andiamo a tutelare la biodiversità anche con il riconoscimento della figura degli agricoltori e degli allevatori custodi. In questo caso il richiamo è anche all'agricoltura contadina. Quello che fanno queste persone quotidianamente e quello che tramandano da generazione a generazione è un valore che abbiamo voluto rimarcare e inserire nella proposta di legge. Il presidio del territorio, la lotta contro il dissesto idrogeologico che si fa quotidianamente curando i fossi, curando il proprio terreno, intessendo relazioni nel territorio rurale, sono caratteristiche delle persone che vivono questi territori, in particolare degli agricoltori che hanno un profilo di piccola e media azienda agricola, cioè una superficie non così grande, che fortunatamente, dal nostro punto di vista, caratterizza il nostro Paese. Queste persone portano avanti tradizioni, prodotti tipici. Siamo il Paese con il più alto numero di IGP e DOP in Europa. Queste persone, però, chiedono anche semplificazione, chiedono un regime meno burocratico. Per questo io vorrei sottolineare come – credo – vada in controtendenza l'abolizione del regime agevolato ai piccoli agricoltori inserito in questa legge di stabilità e mi auguro che il Governo voglia rivederla, proprio perché condizionare queste persone a entrare in un'economia di scala più grande non è la loro scelta e forse non se lo possono permettere.
  E forse queste persone che hanno scelto o per necessità si ritrovano con un reddito basso e al di sotto della soglia attuale dei settemila euro, non riusciranno forse a continuare e a dare continuità alla loro attività agricola. Sarebbe opportuno innalzare questa soglia e riattualizzarla – bisognerebbe trovare una copertura finanziaria – ma di certo abolirla è qualcosa che non aiuterà la biodiversità a tutelare i contadini, gli agricoltori con una dimensione di un'economia di scala più piccola e, di conseguenza, anche la biodiversità.
  L'altra grande questione che attanaglia gli agricoltori è quella della trasformazione Pag. 32dei piccoli agricoltori: anche qui sarebbe necessaria una norma di semplificazione e mi auguro che riusciremo a lavorarci. La cultura della terra in definitiva in questa proposta di legge è ben presente ed è per questo che è stata valorizzata da tutti i gruppi. C’è una visione di come costruire un'agricoltura sostenibile e di come dare forza a quei presidi a volte anche marginali sui territori ma che rivestono un'importanza fondamentale, storica per resistere in qualche maniera in questo periodo così difficile dove l'agroindustria la fa da padrona, ma anche per dare una continuità possibile o un'opportunità ad altre generazioni di sviluppare prodotti e tradizioni magari innovandole e stando sul mercato in un altro modo e potendo rendere fruibili prodotti e anche biodiversità agroalimentare alle future generazioni. Per questo ci riteniamo soddisfatti della proposta di legge e continueremo ovviamente a lavorare su questi temi affinché i temi della terra siano sempre al centro dell'agenda politica.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Palese. Ne ha facoltà.

  ROCCO PALESE. Grazie, signor Presidente. Rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, con l'avvio della discussione sulle linee generali, la proposta di legge per la tutela e la valorizzazione della biodiversità agraria ed alimentare ritorna all'esame dell'Assemblea per la seconda volta a seguito delle modifiche apportate dall'altro ramo del Parlamento lo scorso 21 ottobre. Si tratta di un insieme di disposizioni che, per quanto condivisibili nel loro complesso, per la verità arrivano anche abbastanza in ritardo. Il problema della tutela della biodiversità sia animale sia vegetale è gravissimo e affligge il nostro Paese come tutti i Paesi del mondo da diversi anni, probabilmente troppi. La comunità internazionale attraverso incontri, convegni e confronti ai massimi livelli si è raffrontata nel discutere di un sistema idoneo e adeguato per la tutela delle biodiversità nella consapevolezza dell'importanza del ruolo degli elementi che la compongono ovvero i geni, le specie, gli ecosistemi nella convinzione che la loro conservazione sia indispensabile per il mantenimento della vita sul pianeta. La perdita di biodiversità, che sta procedendo con accelerazioni molto accentuate negli ultimi decenni, può infatti determinare la quantità e la qualità delle risorse di cibo e di acqua. Le cause principali di questa alterazione legata all'aumento vertiginoso del tasso di estinzione e di riduzione di molte specie animali e vegetali sono attribuite principalmente all'influenza dell'uomo nell'ecosistema che ha provocato un aumento dell'organizzazione e delle infrastrutture il cui eccessivo sfruttamento delle risorse e delle elevate tipologie che caratterizzano l'inquinamento hanno imposto alle istituzione europee e mondiali l'esigenza di misure urgenti per fronteggiare danni e pericoli derivanti dagli effetti della perdita di biodiversità.
  Approvato in prima lettura da quest'Assemblea il 18 dicembre 2014 e, come si diceva in precedenza, modificato in alcune parti al Senato, il disegno di legge contiene una serie di disposizioni finalizzate alla tutela e alla valorizzazione della biodiversità di carattere agricolo e alimentare volte a definire un quadro normativo di riferimento unitario delle attività di questi settori già avviato dallo Stato e dalle regioni in attuazione dei trattati internazionali, ratificati dall'Italia e delle strategie definite a livello europeo e internazionale. Principale atto di riferimento – lo ricordo – è la Convenzione di Rio de Janeiro sulla diversità biologica del 1992 insieme al Trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche per l'alimentazione e l'agricoltura, approvato durante la Conferenza FAO del 2001. In ambito europeo l'impegno delle istituzioni comunitarie si è concretizzato in numerosi atti che spesso incrociano trasversalmente diverse politiche dell'Unione. Evidenzio inoltre, come già riportato peraltro da altri colleghi nonché dalle valutazioni emerse dall'esame del provvedimento in prima lettura, come in ambito nazionale, invece, oltre alla predisposizione nel 2010 della strategia nazionale per la diversità, nel Pag. 332008 è stato elaborato dal Ministero delle politiche agricole il piano nazionale sulla biodiversità di interesse agricolo il cui coordinamento di iniziative di organismi nazionali e internazionali ha reso possibile migliorare il quadro di insieme degli interventi in modo tale da rendere omogenee le misure specifiche e confrontare i risultati.
  Numerose regioni, inoltre, hanno intrapreso diverse azioni per la difesa della biodiversità agraria con iniziative di studio e ricerca, progetti di salvaguardia delle varietà e razze locali e specifiche leggi in materia. Pertanto, con le modifiche intervenute durante l'esame al Senato si completa un quadro più armonico e coordinato con la legislazione concorrente, definendo una normativa quadro in grado di integrare e mettere a sistema i diversi livelli legislativi, ricalcolando, quindi, gli elementi essenziali indicati dalla normativa internazionale.
  In questa sede si dà conto sinteticamente del contenuto del testo composto da 18 articoli, alle cui modifiche introdotte al Senato non ne sono sopraggiunte altre, considerando che la Commissione agricoltura non ha modificato il testo durante l'esame in sede referente. Nell'ambito delle misure più significative del corpo normativo segnalo che l'articolo 1 declina l'oggetto e le finalità del provvedimento con il richiamo agli atti internazionali e nazionali, l'articolo 2 delinea le definizioni, con particolare riguardo alle risorse genetiche di interesse alimentare ed agrario nonché alle risorse locali originarie di uno specifico territorio, così come giudico interessante l'articolo 3 che prevede l'istituzione dell'Anagrafe nazionale della biodiversità di interesse agricolo e alimentare, indicando tutte le risorse genetiche locali di origine vegetale, animale o microbica a rischio di estinzione o di erosione genetica, previa verifica dei requisiti. Lo stesso articolo stabilisce che le risorse genetiche iscritte all'Anagrafe sono mantenute sotto la responsabilità e il controllo pubblico e non sono assoggettabili a diritto di proprietà intellettuale.
  Con l'articolo 5 si istituisce il Portale nazionale della biodiversità di interesse agricolo e alimentare, finalizzato a costituire un sistema di banche dati interconnesse e a consentire un'opera di diffusione delle informazioni di monitoraggio. Mentre, invece, con i successivi articoli 7 e 8 il Ministero della politiche agricole, alimentari e forestali interviene, rispettivamente, per aggiornare ogni cinque anni il Piano nazionale sulla biodiversità di interesse agricolo e delle Linee guida nazionali. Segnalo, ancora, come l'articolo 10, che istituisce, a decorrere dal 2015, il Fondo per la tutela della biodiversità di interesse agricolo e alimentare, destinato, in particolare, a sostenere le azioni degli agricoltori e degli allevatori, abbia soppresso tra le sue finalità quella relativa alla corresponsione di indennizzi ai produttori agricoli che abbiano subito danni provocati da forme di contaminazione di organismi geneticamente modificati coltivati in violazione dei divieti stabiliti dalle vigenti disposizioni. A tal proposito sarebbe stato utile – ma in un secondo momento certamente può essere aggiornato, signor Presidente – che rispetto a questo argomento, a questo tema, visto che si istituisce un Fondo, che questo Fondo venga alimentato. Ciò soprattutto per le regioni dell'obiettivo 1, mi riferisco ai fondi strutturali e ai piani di sviluppo rurale, dove ci sono ingenti risorse che vengono sperperate, oppure addirittura perse, perché in questo contesto noi abbiamo i programmi di sviluppo rurale del 2007-2013 dove quasi tutte le regioni perderanno risorse, alla fine dell'anno, perché non tutte impegnate, al di là della qualità di come vengono sperperate queste risorse, ma peggio ancora ci sono regioni che sul programma di sviluppo rurale, sulla programmazione 2014-2020, dopo due anni, non hanno neanche ancora il piano approvato. Questa è una situazione gravissima. Quindi, mi affido a lei, signor Presidente, perché se ne faccia carico con il Governo, ma anche al presidente della Commissione, molto attivo in questo senso, molto attento sui problemi dell'agricoltura, affinché, invece di perdere queste risorse o Pag. 34peggio ancora buttarle o rubarle con la corruzione e quant'altro, questo Fondo venga alimentato rispetto a queste situazioni, se non per intero almeno in quota parte.
  Qui, apro una breve parentesi, ovvero se da una parte può anche apparire condivisibile la suddetta soppressione, dall'altro tali misure aprono un fronte quale quello legato alla contaminazione da virus e batteri per il quale gli agricoltori nell'ambito delle finalità indicate dal Fondo medesimo rimangono scoperti. Mi riferisco anche all'ormai famosa questione legata alla Xylella fastidiosa il cui batterio killer sta mettendo in ginocchio un'intera economia, quale quella pugliese, in particolare salentina, e le cui forme di contaminazione negli alberi di ulivo sono tuttora oggetto di studio e di ricerca per comprendere meglio la genetica legata a tale forma di contaminazione. Pertanto, signor Presidente, rappresentante del Governo, colleghi, all'interno di tale intervento il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali avrebbe dovuto e potuto, a mio avviso, intervenire, estendendo anche agli agricoltori pugliesi colpiti da Xylella fastidiosa le finalità indicate dal Fondo di tutela – lo ripeto – per quanto questo Fondo, così com’è stato evidenziato, signor Presidente, da altri colleghi, sia esiguo, ma possa essere alimentato tranquillamente dalle risorse a cui ho fatto riferimento.
  Aggiungo, inoltre, avviandomi alla conclusione, come sia condivisibile l'istituzione della giornata della biodiversità indicata dall'articolo 14, modificata al 20 maggio, così come le misure previste all'articolo 16 che definiscono interventi per la ricerca sulla biodiversità di interesse agricolo e alimentare da inserire nel piano triennale di attività dell'attuale Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria, al finanziamento del quale dovrà essere riservata una quota annuale nell'ambito dello stanziamento di competenza del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali. In definitiva, in questo contesto molto articolato, questo provvedimento sulla tutela e sulla valorizzazione della biodiversità intende rilanciare un quadro di interventi unitario delle politiche agricole dal punto di vista economico e sociale la cui centralità, tuttavia, nel corso di questi anni del Governo Renzi, è stata francamente marginale, considerando l'assenza di interventi nei confronti del mondo agricolo italiano.
  Qui, aggiungo, visto che ne abbiamo parlato e ne ho fatto cenno anche in riferimento al piano di sviluppo rurale, che c’è un altra emergenza che noi abbiamo ed è quella dei fondi comunitari della pesca, perché anche la pesca rientra in tutto questo contesto, con i suoi prodotti. In questo senso andiamo anche peggio rispetto ai piani di sviluppo rurale, perché nessuna regione, ancora, ha tirato fuori un programma che sia stato approvato e assentito dalla Comunità europea; per quanto siano stati approvati in sede locale da alcune regioni, non sono ancora stati assentiti dalla Comunità europea e rischiamo purtroppo di perdere la prima annualità; sono anche queste risorse importanti che nel contesto di questa proposta di legge potrebbero essere veramente importanti. Siamo in apertura di sessione di bilancio, chiaramente non possono essere apportate modifiche ulteriori rispetto alla compatibilità finanziaria o alla dotazione finanziaria che è inserita e certificata in questa proposta di legge, però, a seguire, ci sono gli articoli 40 e 41 del disegno di legge che riguarda la legge di stabilità e i fondi strutturali; qui segnalo a lei, signor Presidente, ma anche al rappresentante del Governo e al presidente della Commissione, che forse potremo anche inserire in quel contesto non solo le infrastrutture che ci sono, cioè le opere, l'accelerazione sulle opere, ma anche quello che riguarda gli aspetti dei piani di sviluppo rurale e, anche, i piani per la pesca.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la collega Terrosi. Ne ha facoltà.

  ALESSANDRA TERROSI. Grazie Presidente, colleghi, Viceministro, quello di cui discutiamo oggi è un provvedimento di legge molto atteso, siamo alle battute finali Pag. 35che porteranno questo Parlamento ad approvare una legge già lungamente dibattuta nelle precedenti legislature e non arrivata, tuttavia, a compimento. Si tratta di una legge nata, voglio ricordarlo, dal confronto con gli «agricoltori custodi», con Slow Food, con il mondo agricolo, con quello ambientalista e anche con il mondo accademico, con tutti coloro cioè che da decenni hanno lanciato l'allarme dell'erosione genetica che ha drammaticamente interessato le risorse vegetali e animali e, quindi, coloro che hanno ingaggiato una battaglia per arginarla. È una proposta di legge che si è ulteriormente arricchita del contributo apportato in Commissione da tutti i gruppi parlamentari.
  È una proposta di legge che tiene conto degli orientamenti normativi mondiali ed europei e che, finalmente, definisce un quadro normativo nazionale, tenendo conto anche delle tante esperienze legislative delle diverse regioni che già da diversi anni hanno stabilito norme che permettessero, innanzitutto, di tutelare le varietà a rischio di estinzione, ma anche di valorizzarle, premiando proprio quegli agricoltori che hanno lavorato in tal senso, quegli agricoltori e allevatori definiti «custodi» perché, attraverso il proprio lavoro, attraverso la capacità di fare rete, unendo esperienze da una parte all'altra del mondo, hanno custodito varietà vegetali e razze animali che sarebbero state destinate alla progressiva e inesorabile estinzione. Gli agricoltori dei tempi passati hanno sempre provveduto all'accantonamento di una parte del seme al momento della raccolta per poterlo riseminare l'anno successivo. In questo modo è stata svolta anche una selezione che ha permesso alle varietà, agli ecotipi, alle razze animali migliori di adattarsi a quelle determinate condizioni di terreno e di clima e di essere tramandate con uno scambio della materia vegetale e animale tra contadini vicini. Molte cultivar di ortive recuperate, conservate e coltivate dalla rete degli agricoltori custodi hanno caratteristiche di elevata e regolare produttività, di resistenza a fattori climatici quali la siccità, per la capacità di sviluppare apparati radicali in grado di esplorare il terreno in profondità alla ricerca di acqua ed elementi nutritivi. Si tratta, cioè, di varietà rustiche che non necessitano dell'apporto continuo e massiccio di unità fertilizzanti. Altre presentano specifica resistenza nei confronti di insetti, funghi e batteri; richiedono, cioè, scarsi o nulli trattamenti fitosanitari. Gli ecotipi locali e le cultivar affini e selvatiche, quindi, rappresentano una riserva di geni a disposizione dei selezionatori e dei ricercatori per essere studiata e sfruttata al fine di trasferire nelle cultivar migliorate quei caratteri così importanti per rispondere anche ai cambiamenti ambientali in atto.
  I dati FAO già riportati da alcuni colleghi, e in origine riportati dall'onorevole Cenni nella sua dichiarazione di voto resa nel primo passaggio della legge in questo ramo del Parlamento – onorevole Cenni che anch'io voglio ringraziare per avere con questa legge posto l'attenzione su un argomento così importante – dicevo, i dati FAO spero siano in grado di farci riflettere, perché ormai poco più di 120 specie di piante coltivate forniscono il 90 per cento degli alimenti, ma soltanto 12 specie vegetali e 5 animali forniscono più del 70 per cento del nostro cibo.
  L'agricoltura dell'ultimo secolo si è mossa su una direttrice molto pericolosa, quella dell'estrema standardizzazione, minando le basi della sua stessa potenziale crescita, privando da un lato gli agricoltori della libertà di coltivare ricercando le varietà più adatte ai diversi ambienti; e i consumatori dall'altro lato, che hanno visto il progressivo e costante assottigliarsi delle varietà di cibo.
  In natura esistono oltre 3.600 varietà appartenenti al genere phaseolus, a fronte delle 5 tipologie di fagioli che siamo abituati a trovare sugli scaffali della grande distribuzione, oltre 4.000 varietà di pomodori, oltre 1.000 di zucche, oltre 200 di aglio: tipi caratterizzati da forme, dimensioni, colori diversi, da diversa stagionalità e con diverse proprietà organolettiche e alimentari. Ogni regione e ogni località aveva i propri cereali, i propri ortaggi tipici, la razza bovina o l'animale da Pag. 36cortile più adatto a quella parte di Paese. Le risorse genetiche perse non potranno essere restituite alla collettività, e insieme ad esse sono dispersi per sempre il sapere dei contadini e il rispetto della fatica necessaria per mettere insieme tanta sapienza.
  Compiremmo un errore grossolano, se pensassimo che approvare questa legge possa portare ad una cristallizzazione dell'esistente: anzi, forse ad un ritorno al passato, con contestuale negazione dell'importanza che la ricerca e l'innovazione, anche genetica, hanno rappresentato per il settore primario. Questa legge parla esattamente il linguaggio opposto: non si può pensare ad un'agricoltura che sia moderna e innovativa e che guardi alle generazioni future, se lasciamo sul sentiero della nostra crescita tanta conoscenza, tanto patrimonio genetico; che comunque abbiamo il dovere di conservare, perché altrimenti potrebbe diventare difficile immaginare di poter nutrire il pianeta. Abbiamo però anche dovere di tramandarlo, e quindi anche di coltivarlo, utilizzando le enormi potenzialità che questo può significare per le tante popolazioni della terra in termini di autodeterminazione e di capacità di reagire alle crisi.
  Non mi soffermo sull'articolato della legge, già ampiamente descritto sia dal relatore, onorevole Fiorio, sia dagli altri colleghi; ma voglio richiamare all'attenzione dell'Aula il comma 2 dell'articolo 1, nel quale si afferma che la tutela e la valorizzazione della biodiversità di interesse agricolo e alimentare sono perseguite anche attraverso la tutela del territorio rurale, contribuendo a limitare i fenomeni di spopolamento e a preservare il territorio da fenomeni di inquinamento genetico e di perdita del patrimonio genetico; e l'articolo 13, che titola Comunità del cibo e della biodiversità di interesse agricolo e alimentare, nel quale viene dato un ruolo chiave agli ambiti locali e ai territori in termini di organizzazione finalizzata alla stipula di accordi tra agricoltori locali, agricoltori e allevatori custodi, che si interfacciano con la collettività, alla quale offrono e fanno conoscere i propri prodotti. La quale collettività è chiamata, in un rapporto di reciproco scambio e sostegno, a valorizzare il loro lavoro, non solo di produzione, ma anche di tutela e di salvaguardia, attraverso scelte alimentari consapevoli che sono scelte anche educative e culturali. Viene cioè riconosciuto il ruolo determinante delle collettività e dell'agricoltura quale forma di salvaguardia e di gestione del territorio, in un processo in divenire in cui questa attività sia in grado di confrontarsi da un lato con le sfide che le vengono sottoposte dal mercato, e di garantire all'agricoltore dall'altro lato la giusta remunerazione.
  Per dare risposte soddisfacenti a queste domande non esiste solo la via della semplificazione dei sistemi, che anzi nel tempo in molte circostanze si è rivelata fallimentare. Nell'approcciarsi ai sistemi agricoli, che prima di essere tali sono sistemi naturali, l'agricoltore non dovrebbe, a mio modesto avviso, avere quale primo pensiero quello di rendere le cose semplici per se stesso e per il proprio lavoro. È esattamente il contrario: dovrebbe trovare il modo a lui più consono per inserirsi nella complessità propria degli agro-ecosistemi, che sono di difficile gestione solo in apparenza. Ecco che, accanto alla salvaguardia delle varietà di interesse agricolo ed alimentare vegetali e animali in via di estinzione, viene affidato all'agricoltura anche il ruolo di favorire la biodiversità in quegli ambienti naturali prossimi ai campi coltivati, o rigenerati in aree loro limitrofe: in particolare attraverso l'attuazione di programmi comunitari, che hanno tra l'altro l'obiettivo di riconoscere questo ruolo all'agricoltore dal punto di vista economico.
  La sfida di nutrire il pianeta nel prossimo futuro dipenderà anche dalla capacità che avranno le nostre scelte di incidere sulla possibilità di favorire lo sviluppo del settore primario a misura delle diverse realtà agricole, anche e soprattutto di quelle realtà contadine e familiari che in gran parte del mondo garantiscono il cibo e la sopravvivenza alimentare alle popolazioni di quegli Stati.Pag. 37
  Coloro che ad Expo 2015 hanno avuto la possibilità di visitare il padiglione del Messico, a me è rimasto molto impresso, si sono trovati a metà percorso di fronte a due suggestive sculture, coloratissime e caotiche. Una era la rappresentazione della biodiversità presente in quel Paese di tutti i semi, e quindi dei cibi e dei sapori, che il Messico ha saputo donare al mondo, come a dire che la biodiversità, le varietà animali e vegetali appartengono a tutti e debbono essere condivise e che, quando si parla di cibo, è difficile accettare che il mercato mondiale delle sementi sia in mano a quattro grandi multinazionali che gestiscono volumi di affari elevatissimi. È anche quanto hanno affermato le tante associazioni, da Slow Food a Mani Tese, che sono state in grado di animare l'esposizione con incontri e dibattiti sfociati in proposte concrete sui temi del cibo e della sua produzione nel prossimo futuro, sulla salvaguardia della biodiversità e sulla necessità che si affermi un altro modello di sviluppo anche in agricoltura. Sta alla politica e alle istituzioni non lasciare cadere inascoltate tali richieste e fare in modo che – lo dico, scusandomi con lui, prendendo in prestito e adattando taluni concetti che Luigino Bruni espone nel suo libro «Il mercato e il dono. Gli spiriti del capitalismo» – il mercato dei prodotti agricoli e dei semi, il mercato del cibo, non sia un luogo di relazioni anonime e impersonali e credo che la legge che stiamo per approvare rappresenti un primo passo in tale direzione (Applausi).

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo – A.C. 348-B)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, deputato Massimo Fiorio.

  MASSIMO FIORIO, Relatore. Grazie, Presidente. Rispetto a questo provvedimento noi abbiamo un passaggio importante nei prossimi giorni. I colleghi hanno sottolineato la volontà di portarlo avanti e di approvarlo in via definitiva. Nello spirito di tutti gli interventi colgo questo orientamento. Naturalmente sappiamo che ogni provvedimento è perfettibile e anche questo ha elementi di perfettibilità, tuttavia credo che la priorità sia di portarlo avanti e di chiuderlo, come del resto è stato sostenuto da tutti i colleghi.
  Naturalmente tutte le sollecitazioni saranno riprese nel corso della discussione e credo che il passaggio in Aula nei prossimi giorni sarà proficuo per avere una buona legge sulla biodiversità, come richiesto dall'opinione pubblica, come emerso nel dibattito intorno ad Expo e come è emerso anche nei passaggi precedenti di questo provvedimento nelle aule parlamentari.

  PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo, il viceministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Andrea Olivero.

  ANDREA OLIVERO, Viceministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. Grazie, Presidente. Onorevoli deputati, soltanto poche parole per un provvedimento che giunge alla Camera in seconda lettura. Un provvedimento, come è stato detto da tutti gli intervenuti, particolarmente importante. Innanzitutto voglio sottolineare un aspetto che molti di voi hanno in qualche misura già indicato che credo meriti una riflessione di noi tutti.
  Biodiversità e agricoltura sono per lungo tempo apparsi termini antitetici in quanto l'uomo coltivatore ha, per lungo tempo, selezionato e spesso condannato all'oblio specie vegetali ed animali, ma oggi questo ha numeri differenti rispetto al passato, come poco fa l'onorevole Terrosi ci ricordava. Oggi noi utilizziamo soltanto circa 130 specie vegetali per l'alimentazione e di queste soltanto 3 (mais, grano e riso) rappresentano il 50 per cento di tutte le coltivazioni mondiali. Bastano questi pochi dati a rammentare quale responsabilità noi oggi abbiamo nei confronti del mondo.
  A questo riguardo, noi siamo oggi nella necessità di assumere la biodiversità come Pag. 38elemento fondamentale per la nostra agricoltura. La biodiversità consente di avere risorse differenti, risorse genetiche anche differenti, a cui attingere in un'epoca di grandi cambiamenti ambientali per garantire la coltivazione anche in territori differenti, non condannare intere aree a essere abbandonate dall'uomo.
  Ancora, la ricerca, la valorizzazione, la promozione della biodiversità agricola consente di mantenere delle specificità che si traducono spesso anche in risorse economiche importanti. Noi proprio ad Expo in tante occasioni abbiamo detto di no a prodotti agricoli ridotti a commodities; invece, abbiamo sempre di più ribadito – ed è la posizione del nostro Paese intero – la volontà di dare tracciabilità e tutela alla biodiversità agraria che deve essere valorizzata ma che naturalmente deve mantenersi, deve potersi sviluppare secondo quello che la storia ci ha consegnato.
  Ancora, abbiamo bisogno di un'agricoltura sostenibile, che quindi necessita anche di una cultura del territorio e un mantenimento della ricchezza della biodiversità che oggi viene considerata sempre più effettivamente patrimonio soprattutto delle popolazioni che vivono le aree rurali.
  Questa, dicevo, è un'acquisizione recente ma estremamente importante e questa legge – lo richiamo e vado a concludere – per la prima volta introduce il ruolo di custode dell'agricoltore e dell'allevatore. Può apparire un elemento soltanto nominalistico, ma invece è un passaggio culturale rilevante anche per affrontare le sfide della tutela ambientale nel suo complesso, dal contrasto al dissesto idrogeologico fino alla conservazione dei paesaggi naturali italiani.
  Certamente c’è bisogno di far convergere molte risorse a questo riguardo, ma ho colto nel dibattito osservazioni molto importanti da diversi di voi, in ultimo anche dall'onorevole Palese, che rammentava come in capo alle regioni, in capo a fondi europei vi siano risorse da convogliare. Il fondo qui indicato, che è stato anche un po’ accresciuto nel passaggio al Senato, è soltanto un fondo volto a coordinare le azioni che debbono e possono essere messe in campo oggi dalle regioni con fondi propri e con fondi europei.
  Io credo che sia fondamentale avere tutti questa priorità, e questa legge indubbiamente ci mette in questa condizione. Le risorse, a dir la verità, a questo riguardo possono essere reperite e credo possano essere utilmente impiegate nel prossimo futuro.
  Concludo dicendo che la biodiversità agricola va sostenuta con strumenti idonei e non può essere garantita soltanto con la tutela delle produzioni caratteristiche che molte volte vengono citate nel nostro Paese e che tanto sono anche seguite oggi dall'opinione pubblica.
  È molto importante sicuramente la promozione delle IGP, delle DOP, dei presidi territoriali di prodotto che, anche in maniera assolutamente straordinaria, soggetti privati nel nostro Paese hanno fatto nascere in questi anni, ma tutto ciò non basta per impedire la scomparsa di specie vegetali e animali di difficile coltivazione o allevamento e che sono sostanzialmente senza mercato.
  Questa legge va oltre e introduce una responsabilità pubblica a questo riguardo e ci dà degli strumenti utili e interessanti.
  Pertanto, ringrazio i proponenti, a partire dall'onorevole Cenni che, appunto, è stata prima firmataria del provvedimento. Ringrazio tutta la Commissione, tutte le componenti, capigruppo e presidente, naturalmente il relatore, onorevole Fiorio, per il lavoro fatto e anche per la celerità con cui la Camera dei deputati si propone oggi di affrontare questo provvedimento in seconda lettura per far sì che al più presto si possa tradurre in azione concreta.
  È un buon modo, dopo aver approvato la legge sull'agricoltura sociale e nel mentre si è avviato l'iter della legge sul consumo di suolo e sullo spreco alimentare, per dire che Expo non passa invano, ma Expo, anche per iniziativa parlamentare, invece lascia un'eredità importante e un compito importante a noi tutti che abbiamo la responsabilità di governare il Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Pag. 39

  PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione delle mozioni Bergamini ed altri n. 1-00979, Catania ed altri n. 1-01056, Zaccagnini ed altri n. 1-01057, Falcone ed altri n. 1-01058 e Parentela ed altri n.  1-01059 concernenti iniziative, anche in sede europea, per la tutela del settore risicolo italiano, con particolare riferimento all'importazione del riso dalla Cambogia (ore 18,05).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni Bergamini ed altri n. 1-00979 (Nuova formulazione), Catania ed altri n. 1-01056, Zaccagnini ed altri n. 1-01057, Falcone ed altri n. 1-01058 e Parentela ed altri n. 1-01059, concernenti iniziative, anche in sede europea, per la tutela del settore risicolo italiano, con particolare riferimento all'importazione del riso dalla Cambogia (Vedi l'allegato A – Mozioni).
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione delle mozioni è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
  Avverto che sono state altresì presentate le mozioni Simonetti ed altri n. 1-01060 e Dorina Bianchi ed altri n. 1-01061 (Vedi l'allegato A – Mozioni) che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalle mozioni all'ordine del giorno, verranno svolte congiuntamente. I relativi testi sono in distribuzione.

(Discussione sulle linee generali)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
  È iscritto a parlare il deputato Rocco Palese, che illustrerà anche la mozione Bergamini ed altri n. 1-00979 (Nuova formulazione), di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

  ROCCO PALESE. Grazie, signor Presidente, rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, in Italia, la risicoltura ha sempre rivestito grande importanza economica. Le aziende agricole che coltivano riso in Italia sono circa 4.100. L'industria risiera è rappresentata da più di 100 imprese strutturate per trasformare il riso greggio in riso lavorato e sono pertanto dislocate nelle stesse zone di coltivazione del riso.
  Nel nostro Paese, la maggior parte della superficie investita a riso è ubicata lungo il confine tra le regioni del Piemonte e della Lombardia. Quest'area risicola è delimitata dagli alvei dei fiumi Sesia, Ticino e Po, nelle province di Pavia, Vercelli e Novara e contorna uno dei più grandi parchi fluviali d'Europa che occupa una superficie di 91.000 ettari. La coltivazione ha una plurisecolare tradizione irrigua che ha portato alla realizzazione di complesse e capillari reti di canali, rogge e navigli in grado di provvedere alla fornitura di acqua a favore di tutti i terreni. Il sistema irriguo delle risaie svolge un ruolo plurifunzionale, fondamentale non solo per l'agricoltura, ma anche per lo sviluppo del territorio e dell'economia.
  La superficie investita a riso non è marginale rispetto alla circoscrizione territoriale di riferimento e la coltura del riso presenta delle caratteristiche economico strutturali marcatamente differenti rispetto agli altri cereali, poiché richiede un efficiente sistema irriguo ed un'alta specializzazione.
  In Italia l'importanza della filiera risicola risiede, pertanto, nella sua strategicità territoriale, nella necessità di salvaguardare una specializzazione di prodotto che contribuisce a mantenere alta l'immagine del «made in Italy» alimentare, ma anche nell'assicurare la stabilità socioeconomica di un distretto territoriale di assoluta rilevanza.
  Secondo i dati pubblicati, nel mese di ottobre 2014, nel dossier del Ministero dello sviluppo economico, le aziende risicole italiane nel 2013 hanno prodotto 485 mila tonnellate di riso greggio di qualità indica, dalla cui vendita, considerati i prezzi medi della campagna, ricaveranno circa 126 milioni di euro, con una perdita Pag. 40di 30 milioni di euro, tenuto conto di una stima dei costi di produzione pari a circa 156 milioni di euro. Da questo riso greggio l'industria ricaverà una disponibilità vendibile di circa 290.000 tonnellate di riso lavorato indica, diretto concorrente del riso lavorato cambogiano. Per l'industria italiana il riso lavorato indica rappresenta, a prezzi correnti, un giro d'affari di 232 milioni di euro.
  La quasi totalità del riso indica italiano viene venduto negli altri Paesi dell'Unione europea. Circa l'80 per cento viene venduto in sette Paesi dell'Unione europea: Francia, Germania, Repubblica Ceca, Belgio, Ungheria e Polonia, tra cui figurano anche i principali importatori di riso cambogiano. Secondo il citato documento del Ministero dello sviluppo economico, «nel 2013 le aziende risicole di tutti gli altri Paesi dell'Unione europea hanno prodotto circa 37.000 tonnellate di riso greggio, per un valore, a prezzi medi di mercato, di 160 milioni di euro».
  Il settore risicolo italiano sta vivendo una delicata congiuntura economica già da alcuni anni. Dal 2010, la progressiva riduzione delle aree dedicate alla coltivazione di riso non conosce sosta; nel solo 2014 le risaie destinate alla coltivazione della varietà indica si sono ridotte di oltre 15 mila ettari, corrispondenti al 22 per cento della superficie totale e nel 2015 si stimano ulteriori importanti cali della superficie dedicata alle varietà indica; il progressivo calo delle aree destinate alla produzione di riso in Italia si accompagna ad un incremento delle esportazioni di riso di qualità indica proveniente dalla Cambogia e più in generale dai Paesi meno avanzati.
  Diversi studi indicano che nel primo trimestre del 2014 si è registrato un aumento record del 360 per cento delle importazioni da Paesi meno avanzati in tutta l'Unione europea, con evidenti ricadute negative in primis per i produttori italiani, in particolar modo per i coltivatori locali, che non riescono a conformare i propri prezzi di vendita a quelli importati, alla luce dei costi di produzione da sostenere, certamente superiori rispetto a quelli sostenuti dai Paesi meno avanzati.
  Ci sono conseguenze di lungo periodo anche per i consumatori: si stanno intensificando infatti le segnalazioni giunte al Sistema rapido di allerta per gli alimenti e i mangimi europeo (RASFF), che ha effettuato quasi una notifica a settimana per riso e prodotti derivati di provenienza asiatica per la presenza di principi attivi non autorizzati e assenza di certificazioni sanitarie.
  La Cambogia, in virtù del regime speciale a favore dei Paesi meno sviluppati, regime EBA, di cui agli articoli 17 e 18 del regolamento dell'Unione europea n. 978/2012, può esportare nell'Unione europea a dazio zero, ripeto: a dazio zero. Il riso esportato deve essere originario della Cambogia ai sensi del regolamento e viene esportato dalle industrie risiere rappresentate dalla Federazione cambogiana del riso.
  Il sistema che si è venuto a delineare non ha avvantaggiato i produttori cambogiani, come si potrebbe erroneamente supporre. Infatti, molto diffusa è la cosiddetta pratica della «triangolazione», in base alla quale il riso che giunge a dazio zero dalla Cambogia non è di origine cambogiana, ma viene prodotto in altri Paesi asiatici, per poi essere importato in Cambogia ed esportato nuovamente verso l'Unione europea, beneficiando del trattamento privilegiato. In tal modo, si concretizza un utilizzo illegittimo del beneficio accordato dall'Unione europea al riso cambogiano, poiché alcuni operatori cambogiani del settore non rispettano le regole d'origine, mescolando il riso con altre qualità prodotte in Paesi limitrofi.
  Secondo il rapporto dell'Organizzazione per lo sviluppo dell'ONU, l'ingresso massiccio di aziende estere nell'economia cambogiana ha fatto sorgere fenomeni di land grabbing.
  Da fonti di stampa si è appreso che, nei giorni scorsi, il Governo italiano avrebbe avanzato presso la Commissione europea richiesta di adozione di misure di salvaguardia nei confronti dell'importazione di riso greggio cambogiano del tipo indica, di Pag. 41cui all'articolo 22 del regolamento UE n. 978/2012, per ristabilire i normali dazi della tariffa doganale comune per le importazioni di riso dalla Cambogia.
  In una recente dichiarazione, i rappresentanti di Coldiretti hanno spiegato che l'adozione delle misure di salvaguardia è giustificata dal fatto che «nelle ultime 5 campagne, le importazioni di riso dalla Cambogia nell'Unione europea sono aumentate da 5.000 a 181 mila tonnellate raggiungendo il 23 per cento di tutto l’import dell'Unione europea grazie alla completa liberalizzazione tariffaria avvenuta il primo settembre 2009 a favore dei Paesi beneficiari del sistema di preferenze tariffarie generalizzate di cui all'articolo 1, paragrafo, lettera c) (EBA) del regolamento UE n. 987 del 2012».
  Il persistente aumento delle importazioni dalla Cambogia continua a creare pressione sul mercato dell'Unione europea con conseguente ulteriore riduzione dei prezzi del riso di tipo indica e disincentivo alla coltivazione.
  Il 4 agosto 2015, la Commissione europea ha diramato una nota stampa, con la quale è stata annunciata la conclusione del negoziato per un ulteriore accordo di libero scambio tra l'Unione europea e, stavolta, il Vietnam; l'accordo prevede infatti l'apertura di un contingente d'importazione pari a 80.000 tonnellate di riso vietnamita esente dal pagamento del dazio doganale.
  In conseguenza dei citati accordi, si attendono per il 2016 non meno di 500.000 tonnellate di riso asiatico esenti da dazio, una quantità pari a metà dell’import totale, che sarà commercializzata a prezzi talmente bassi da mettere a rischio le vendite di riso italiano nell'Unione europea, che ad oggi ammontano a 500 mila tonnellate all'anno, di cui 270 mila in diretta concorrenza con il riso asiatico, come segnalato, con preoccupazione da Confagricoltura e dalle altre associazioni agricole.
  La mozione impegna il Governo, cioè si chiede un impegno al Governo a dare seguito formale e concreto, presso la Commissione europea, alla richiesta di adozione delle clausole di salvaguardia nei confronti dell'importazione a dazio zero di riso cambogiano, nei Paesi dell'Unione europea, ai sensi dell'articolo 22 del regolamento (UE) n. 978/2012, al fine di tutelare il settore risicolo italiano che vive da alcuni anni una delicata congiuntura, e a valutare l'opportunità di richiedere l'attivazione di clausole di salvaguardia, anche per quanto riguarda le importazioni di riso dal Vietnam. Signor Presidente, ne impongono tante a noi di clausole di salvaguardia, sarebbe pure ora che qualche volta ne accogliessero una nostra a difesa degli agricoltori e dei produttori di riso.
  Si chiede altresì al Governo un impegno a promuovere, a livello europeo, l'adozione di clausole di condizionalità democratica più stringenti e di precise sanzioni per il loro mancato rispetto, all'interno degli accordi siglati tra l'Unione europea e Paesi terzi relativamente alla regolazione di regimi fiscali a «dazio zero», nel settore agricolo e più in generale nel commercio, al fine di evitare che tali accordi possano essere snaturati nelle loro finalità di aiuto allo sviluppo per i Paesi destinatari e a promuovere, infine, e ad attuare, a livello nazionale, misure che prevedano puntuali obblighi di pubblicità e trasparenza nell'etichettatura del riso commercializzato in Italia, in particolar modo specificando il nome dell'azienda che utilizza riso proveniente da Paesi terzi rispetto all'Unione europea.
  Signor Presidente, come le ho potuto evidenziare, questo è un argomento obiettivo e mi auguro che il Parlamento, insieme al Governo, adotti un provvedimento unico all'unanimità in riferimento a quanto proposto perché trattasi di tutelare una produzione abbastanza importante del nostro Paese che è stata testé richiamata da questa mozione.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Monchiero, che illustrerà la mozione Catania ed altri n. 1-01056, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

  GIOVANNI MONCHIERO. Grazie, Presidente. La mozione che ho sottoscritto Pag. 42con il collega Catania va nella medesima direzione di quella che ha appena illustrato il collega Palese. Il problema del riso in Italia è significativo per dimensione, perché si tratta di una coltivazione agricola storica, che risale ormai ad alcuni secoli e che in alcune aree del Paese, in generale la Pianura padana, ma soprattutto la zona al confine fra il Piemonte e la Lombardia, rappresenta una delle principali risorse economiche, dato che ci sono 4 mila aziende agricole che coltivano riso in Italia e numerose industrie di trasformazione.
  Il forte rilievo che la produzione del riso rappresenta per l'economia locale è dovuto anche alla complessità di questa coltivazione, che richiede professionalità, investimenti, mezzi tecnici e che ha garantito, in passato, un reddito molto elevato e che oggi è messo a rischio da un mutamento del mercato internazionale e, in particolare, dall'importazione di riso dai Paesi del sud-est asiatico a prezzi estremamente competitivi in confronto a quelli delle coltivazioni nostrane.
  I dati sono sconfortanti e decisamente preoccupanti. Negli ultimi cinque anni l'incremento di importazione di riso cambogiano, che probabilmente oggi è quello che più si sta espandendo sui nostri mercati, è passato dalle 8 mila tonnellate, del 2009, alle 345 mila tonnellate, del 2014, con un incremento che non si può neanche esprimere in percentuale perché richiederebbe alcuni zeri. Semplicemente, l'importazione si è moltiplicata di 42 volte. Quindi, è un dato veramente estremo.
  C’è un'ulteriore ragione di preoccupazione. Nei Paesi ai quali noi oggi ci rivolgiamo per importare riso, le tecniche di coltivazione prevedono anche l'utilizzo di fitofarmaci di generazione antica, che noi abbiamo abbondantemente abbandonato e sostituito con tecnologie più raffinate. Quindi, credo che sia da verificare anche un'eventuale grave minaccia per la salute da coltivazioni che non sono paragonabili a quelle nostrane.
  La conseguenza di questa importazione smodata è stata una riduzione delle aree coltivate a riso nel nostro Paese. Si sono persi, dal 2010 al 2015, circa 20 mila ettari di superficie coltivata e questo è un dato enorme se si calcola che, in particolare per quanto riguarda la varietà indica, gli ettari erano 71 mila e oggi ne sono rimasti la metà, ossia 35 mila.
  Ora la nostra mozione suggerisce naturalmente di agire in tre direzioni: la prima direzione è un ripristino di un minimo di tutela daziaria, anche se è difficile tutelare le proprie coltivazioni soltanto con un ricorso ai dazi. Però, un ritorno a misure antecedenti la situazione attuale si prospetta indispensabile. Auspichiamo, inoltre, un incremento dei controlli sanitari, che non sono mai sufficienti; infine, vorremmo raccogliere anche l'invito del Viceministro, che in una recente intervista su Il Sole 24 Ore ha dichiarato, appunto, che è indispensabile che il settore si migliori attraverso un provvedimento ad hoc che definisca meglio il riso italiano e consenta di organizzare un mercato specifico per il riso italiano, che sappia vincere la sfida della qualità.
  Questa proposta, che è autorevolissima e che viene – ripeto – dal qui presente Viceministro Olivero, io credo che vada nella direzione giusta per la tutela di tutte le nostre coltivazioni agricole. La proposta di legge, che è stata discussa prima di queste mozioni, va nella direzione della tutela dell'enorme patrimonio di variabilità genetica delle coltivazioni e degli allevamenti di bestiame che storicamente caratterizzano l'agricoltura italiana. Credo, però, che se non si arriva ad un'effettiva tutela del mercato e sul mercato, sia impossibile poi garantire, ai coltivatori interessati da queste produzioni, un reddito sufficiente a sopravvivere.
  Di qui occorre imporre ai mercati delle regole severissime sulla dichiarazione di origine del prodotto. Alcuni settori in cui questo è già stato fatto ed è tecnicamente anche possibile – penso al settore vinicolo – sono stati caratterizzati da uno sviluppo economico straordinario; in altri settori su questo terreno siamo molto indietro e non riusciamo oggettivamente a garantire la qualità del nostro prodotto, che, innanzitutto, deve essere intanto oggettiva, ma, Pag. 43soprattutto, deve vedere una precisa tutela dell'origine dei prodotti, in modo che non sia possibile commercializzare con il nome di «riso italiano» o anche solo lasciare dei dubbi sull'origine del prodotto, mentre è indispensabile che quello che è il frutto della nostra agricoltura sia commercializzato in tutto il mondo come tale.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Zaccagnini, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-01057. Ne ha facoltà.

  ADRIANO ZACCAGNINI. Grazie, Presidente. Cercherò che il mio intervento non sia troppo lungo, anche perché avremo modo, in sede di dichiarazione di voto, di esplicitare meglio la nostra posizione. Partiamo da un presupposto: l'Italia è il più grande produttore di riso d'Europa, circa il 50 per cento, e lo esportiamo in vari Paesi. Purtroppo, ci siamo ritrovati in una situazione in cui, per aiutare economie emergenti dei Paesi asiatici, abbiamo offerto loro un regime agevolato, dove non ci sono, sostanzialmente, dazi doganali.
  Questo ha portato questi Paesi a penetrare l'economia europea nel settore del riso, ad esportare riso nella comunità europea, e vi sono delle grosse contraddizioni in campo. Innanzitutto, come Paese, probabilmente, non siamo riusciti a difenderci in sede europea e comunitaria adeguatamente. Non siamo riusciti a difendere i nostri interessi e gli interessi di tutta Europa, perché i nostri interessi sono quelli europei; non vi è mai distinzione tra questi due piani e chi la fa, ovviamente, ha una visione molto ristretta della realtà.
  La contraddizione, poi, è quella che i disciplinari utilizzati da questi Paesi sono disciplinari di produzione differenti dai nostri, arretrati, nei quali è lecito utilizzare prodotti fitosanitari di sintesi ormai banditi, da noi, da decenni, proprio per la loro elevata nocività e tossicità, che permane, poi, nel riso che andiamo a mangiare. Si potrebbe dire molto altro: si potrebbe criticare la politica che viene portata avanti dall'Europa, nel momento in cui va a creare accordi bilaterali o, comunque, soluzioni per incentivare un mercato globalizzato nel quale, purtroppo, troppe volte, ci troviamo soltanto a fare l'interesse di grandi gruppi e non l'interesse dei cittadini europei.
  In questo caso, tra l'altro, con le triangolazioni che possono avvenire in questi Paesi asiatici, per cui uno di questi si pone come esportatore, un altro come produttore e un altro semplicemente etichetta il riso prodotto da un terzo Paese. Sono escamotage per aggirare la nostra normativa, che è più stringente e più adeguata alla sicurezza alimentare di cui abbiamo bisogno tutti quanti noi.
  Per questo, chiediamo di riaprire il dibattito su questo argomento in sede europea, innanzitutto con il commissario all'agricoltura Phil Hogan; chiediamo che venga introdotto un sistema di monitoraggio e di trasparenza riguardo alle importazioni di tali prodotti da questi Paesi asiatici.
  Chiediamo che vengano rispettati i disciplinari di produzione dell'Unione europea. Chiediamo che il Governo investa la Commissione europea di questo tema. Non è possibile abbandonare le aziende agricole che producono riso (più che altro della Pianura padana) nella situazione che stanno affrontando, dove addirittura non rientrano neanche dei costi di produzione e per questo fatto alcuni stanno scegliendo di non accingersi neanche a coltivare il riso, perché non riescono più a stare sul mercato. Sono tante le famiglie che vivono di questa attività, l'estensione di queste aziende agricole è molto superiore rispetto alla media italiana. Il riso italiano è un riso rinomato. Rischiamo sia di perdere biodiversità agroalimentare, cioè risi tipici del nostro Paese, del nostro continente, sia di facilitare una sovraproduzione di riso di questi Paesi asiatici perché hanno la possibilità di penetrarci. Quindi dobbiamo, in qualche maniera, mettere un freno, porre la questione in Europa, innanzitutto per una questione di sicurezza alimentare nostra interna del continente europeo, ma anche per tante altre motivazioni che ho accennato e che sono Pag. 44contenute nelle mozioni. In particolare, mi auguro che il Governo voglia accettare le proposte e gli impegni che poniamo per questa questione.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Falcone, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-01058. Ne ha facoltà.

  GIOVANNI FALCONE. Signor Presidente, rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, il mondo della risicoltura attraversa una fase di cambiamento di notevole portata. Recenti studi sul comparto del riso, sulle prospettive e sugli sviluppi, tanto del mercato interno, quanto di quello estero, evidenziano una tendenza all'accorpamento della proprietà e all'aumento delle superfici a disposizione delle singole aziende. Il comparto del riso, tuttavia, appare per certi versi vulnerabile a causa di un paventato e progressivo venir meno della protezione offerta dalle politiche integrative della PAC e per l'aumento progressivo delle importazioni a dazio zero dai Paesi che hanno aderito all'accordo EBA. Nel contempo, gli scenari internazionali confermano un quadro molto fluido e di grandi trasformazioni, il mercato tende a farsi ancora più globale, livellato e, allo stesso tempo, aperto. Questo processo reca con sé dei rischi, delle difficoltà e delle importanti opportunità: all'interno di un mercato senza confini, sempre secondo gli analisti, si consolida e si definisce un'area ampia che chiede sempre più qualità. L'Italia è il primo produttore dell'Unione europea con oltre il 50 per cento della produzione e più di 14 milioni di quintali l'anno. Il primato nazionale della produzione spetta al Piemonte, con più di 120 mila ettari di risaie e una produzione totale di 8 milioni e 500 mila quintali. Allo stesso tempo, abbiamo anche produzioni di nicchia, come il riso prodotto in Calabria, nella Piana di Sibari, oppure il riso prodotto in Veneto, in Sicilia, in Sardegna.
  Quanto all’export l'Italia è il sesto tra i principali Paesi esportatori al mondo. Per oltre dieci anni la filiera risicola italiana ha rafforzato la propria leadership nell'Unione europea, passando dalla vendita del prodotto primario alle industrie del nord alla consegna del prodotto confezionato direttamente alle catene commerciali.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI (ore 18,30).

  GIOVANNI FALCONE. Dopo anni di recessione, nel 2015, si è invertita la tendenza e le risaie italiane sono tornate a crescere. Da settembre 2014 a marzo 2015, in base agli ultimi aggiornamenti dell'ISTAT, le esportazioni italiane di risi, tra greggi, semilavorati e lavorati, hanno sfiorato le 455 mila tonnellate, facendo segnare una crescita del 9 per cento su base annua.
  Nell'Unione europea, con 370 mila tonnellate circa, le spedizioni sono però cresciute a un tasso più contenuto del 5 per cento, così come, nell'Unione europea dei 28, l’export che dall'84 per cento della scorsa campagna è sceso nei primi mesi dell'anno all'81 per cento.
  Due fattori tra tutti – l'introduzione in Europa del riso a dazio zero proveniente da Cambogia e Myanmar e la prossima approvazione del TTIP – possono mettere in discussione il primato italiano in un settore produttivo simbolo della qualità agro-alimentare italiana, per qualità, tipicità e sostenibilità.
  I risicoltori italiani temono un'altra minaccia che richiede una maggiore difesa del riso made in Italy: le importazioni dall'estero di prodotto spacciato come italiano, un'attività di contraffazione resa possibile dalla mancanza di un sistema trasparente di etichettature, che obblighi ad indicare la provenienza del prodotto. Il prodotto importato è meno controllato da un punto di vista sanitario e gode, pertanto, di una notevole facilitazione competitiva sui prezzi rispetto alle produzioni nostrane.
  Il sistema di preferenze generalizzate, istituito fin dal 1971 per aiutare la crescita dei Paesi in via di sviluppo, è lo strumento con il quale l'Unione europea accorda un accesso preferenziale al proprio mercato Pag. 45ad alcuni Paesi mediante la concessione di una tariffa preferenziale dei dazi o addirittura a dazio zero, applicabili all'atto dell'importazione. Il riso è uno dei prodotti che stanno maggiormente risentendo degli effetti di questo sistema. In particolare, le importazioni di riso a basso prezzo dai Paesi asiatici stanno schiacciando i produttori nazionali, che devono invece affrontare costi che superano ampiamente i ricavi per alcune varietà di riso.
  Inoltre, il Sistema rapido di allerta per gli alimenti e i mangimi, istituito in ambito europeo per la notifica in tempo reale dei rischi diretti o indiretti per la salute pubblica connessi al consumo di alimenti o mangimi, ha registrato nel primo semestre del 2014 quasi una notifica a settimana per riso e prodotti derivati di provenienza asiatica per la presenza di pesticidi non autorizzati o con superamento dei limiti ammessi di residui e assenza di certificati sanitari.
  Il sistema di preferenze generalizzate prevede in ogni caso meccanismi di sorveglianza e di salvaguardia, che consentono anche di ripristinare i normali dazi, qualora il prodotto originario di un Paese beneficiario di uno dei regimi preferenziali sia importato in volumi o a prezzi tali da causare o rischiare di causare gravi difficoltà ai produttori dell'Unione europea.
  In particolare, nel regime ora vigente, sono stati considerati anche i prezzi tra i fattori tali da causare o da minacciare di causare serie difficoltà ai produttori comunitari. Anche il deterioramento della condizione economica e finanziaria delle imprese dell'Unione europea costituisce causa efficiente per configurare la «seria difficoltà». Ulteriori disposizioni di salvaguardia sono poi specificamente dettate per i prodotti agricoli.
  L'Italia, già nel 2014, ha avviato un'iniziativa a Bruxelles, insieme ad altri Paesi europei, per l'attivazione delle clausole di salvaguardia nei confronti dell'importazione di riso greggio cambogiano del tipo indica ed ha inviato un documento tecnico sull'impatto delle importazioni a dazio zero alla Commissione europea.
  Rispetto alle nuove sfide del mercato, per quanto riguarda la filiera del riso, prendono forma i primi tentativi di creare rapporti tra gli attori della filiera. Il comparto sembra puntare, anche se per ora con molta prudenza, sulla filiera corta e sulla produzione biologica certificata, che rappresenta un'opportunità per le aziende di straordinario valore dal punto di vista del mercato e una necessità per ridurre l'impatto ambientale dei processi colturali nell'ambito della coltura del territorio.
  Alla necessità di conoscere la provenienza della materia prima si aggiunge la richiesta, da parte del consumatore, di una serie di informazioni che determinano l'identità del prodotto e i contenuti di cui il prodotto stesso è portatore. Questo processo è ormai avviato, è in fase di consolidamento e costituisce uno strumento di fondamentale importanza per l'accesso al target di livello alto e medio-alto, che premia l'eccellenza e la qualità, tipiche della produzione italiana.
  La visione più suggestiva di quale potrebbe essere il rapporto tra consumatore e distribuzione nei prossimi anni è stata fornita dal Future Food District di Expo 2015, dove Coop ha aperto un supermercato nel quale i visitatori possono esplorare e conoscere una catena alimentare più etica e trasparente, resa possibile dall'uso delle nuove tecnologie.
  Una delle eredità più significative di Expo 2015 è proprio la diffusione, nel mercato globale e in quello interno, della consapevolezza che i temi della sostenibilità ambientale – sia per quanto concerne la salvaguardia dei suoli e le risorse idriche, sia per quanto concerne la qualità e la salubrità delle produzioni – sono una sfida competitiva globale sulla quale il made in Italy può esercitare influenza, promuovendo ed incoraggiando una nuova cultura di impresa.
  Nel comparto del riso sia l'indicazione della varietà sia, più in generale, la tracciabilità del prodotto sono limitate alla certificazione dell'approvvigionamento del seme e di poche fasi di conferimento del prodotto al trasformatore, generando uno squilibrio tra risaia e risiera, cioè tra Pag. 46produttore e trasformatore. La tracciabilità del riso non è riducibile alla sola indicazione del seme e non può essere confinata all'autocertificazione nella maggior parte delle fasi del processo produttivo. Occorre, quindi, incentivare metodi scientifici e tecnologici per dare supporto, coerenza e continuità alla ricerca che si sta facendo in questi settori.
  Per quanto riguarda l'indicazione varietale del riso, essa è un primo fondamentale passo verso la tutela dell'eccellenza e del made in Italy. Tale indicazione deve essere estesa a tutti gli altri attori della filiera, nel processo che porta dal produttore al consumatore finale, garantendo a quest'ultimo l'accessibilità alle notizie riguardanti tutte le fasi del processo di produzione, dal campo alla grande o piccola distribuzione.
  L'Ente risi ricopre un ruolo di grande valore per quanto riguarda la tutela, la ricerca e il supporto alla filiera. Tuttavia, in questa stagione è quanto mai necessario concentrare il massimo degli sforzi su scala europea ed internazionale per comunicare e promuovere la qualità delle nostre produzioni, anche in relazione agli alti livelli di tutela ambientale, della salute, del lavoro e dei processi produttivi garantiti dalla produzione di riso nazionale.
  Il Parlamento è già impegnato nella riforma della legislazione vigente sul mercato interno del riso con l'articolo 25 del collegato agricolo, che reca una delega al Governo per il sostegno del settore del riso.
  Quindi, la Camera impegna il Governo ad intervenire nelle competenti sedi comunitarie a tutela del mercato italiano del riso, in particolare affinché sia attivata la clausola di salvaguardia prevista dal Sistema di preferenze generalizzate in ragione della delicata situazione determinatasi con l'aumento progressivo delle importazioni a dazio zero dai Paesi aderenti all'EBA; ad intervenire a livello europeo per l'attivazione di adeguate misure di controllo e di garanzia in relazione ai modelli di produzione dei Paesi terzi, con particolare riguardo al rispetto dei diritti sociali, alla salvaguardia dell'ambiente ed alla sicurezza e salubrità dei prodotti; ad adottare le iniziative necessarie in sede europea per rendere immediatamente applicabile al riso e ai prodotti a base di riso la normativa sull'etichettatura di origine dei prodotti agroalimentari; ad innovare la normativa nazionale vigente disciplinando sistemi di etichettatura volti ad indicare la varietà del riso e dei prodotti a base di riso e, più in generale, ad identificare tali prodotti attraverso una vera e propria «carta di identità», anche incentivando l'adozione di tecnologie informatiche e telematiche da parte degli operatori; ad adottare idonee iniziative normative volte ad introdurre sanzioni accessorie affinché siano resi noti e pubblici i riferimenti degli operatori eventualmente coinvolti in pratiche commerciali ingannevoli, fraudolente o scorrette, finalizzate ad immettere sui mercati finti prodotti made in Italy, nonché i dati dei traffici illeciti accertati; ad avviare un programma di comunicazione, su scala europea ed internazionale, sulla qualità del riso italiano valorizzando le peculiarità di sostenibilità ambientale e di salubrità delle produzioni italiane (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Busto, che illustrerà la mozione Parentela ed altri n. 1-01059, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

  MIRKO BUSTO. Grazie, Presidente. L'agricoltura è importante, l'agricoltura è un settore chiave per il futuro di questo Paese, considerato anche ciò che ci aspetta in questo prossimo secolo. Il riso italiano è un'eccellenza ed è molto importante nel panorama europeo: è importante, come è già stato ricordato, per i volumi della produzione. Noi contiamo per circa il 50 per cento della produzione totale europea, contiamo per il 50 per cento delle aree agricole che sono coltivate a riso e abbiamo anche un comparto economicamente importante e interessante con un fatturato che è di circa un miliardo di euro e con oltre diecimila addetti, posti di lavoro, nel settore. Io provengo da Vercelli, Pag. 47sono proprio in mezzo alle risaie e lì ho passato tutta la mia infanzia, tutta la mia vita, ho imparato a convivere con un ecosistema agrario particolare, anche affascinante, che ha anche delle criticità e ho imparato a capire che la ricchezza del riso italiano è quella data dalle varietà di riso che, nella storia del riso italiano, siamo riusciti a selezionare e siamo riusciti ad adattare ad un clima, ad un territorio, anche ad un paesaggio, ad una cultura locale. Il riso arriva da lontano, arriva dall'Asia e noi lo abbiamo adattato in un processo secolare, l'abbiamo adattato al nostro territorio. Le varietà che ci sono nel territorio e sono coltivate nel suolo italiano sono molte, oltre cento. Poi ogni anno ce ne sono anche di nuove che vengono registrate e ritengo che questa peculiarità, questa specificità territoriale potrebbe essere una grande risorsa del nostro Paese: una grande risorsa anche in termini di generazione di posti di lavoro, di generazione di economia perché è una specificità territoriale, una biodiversità agraria che, in realtà, non è presente in altri Paesi. Il numero di varietà che noi abbiamo è una condizione unica in giro per il mondo, nonostante, dal punto di vista strettamente del quantitativo, della massa prodotta, non siamo tra i Paesi grandi produttori evidentemente perché siamo al ventisettesimo posto globalmente. Quello che ho visto anche personalmente nella vita di cittadino, poiché gioco forza ho tanti amici che lavorano in agricoltura, è il progressivo impoverimento di questo settore negli anni. Si è visto che da anni si trova in una situazione di crisi: la redditività, la capacità di produrre reddito e ricchezza del settore risicolo si è progressivamente andata assottigliandosi. Ai tempi della mia laurea in ingegneria ambientale, ho fatto uno studio che è stato di impatto ambientale, con una metodologia che si chiama analisi del ciclo di vita, del settore risicolo e, in quel frangente, avevo anche analizzato molti dati sulla redditività agricola e più di dieci anni fa era già presente l'allarme sul fatto che la redditività andava assottigliandosi sempre di più e trasformava il settore risicolo in un settore sostanzialmente assistito dalla PAC, dalla politica agricola comunitaria, vale a dire che riusciva a mantenere un margine di guadagno tale da rimanere in piedi soltanto grazie alla sovvenzione. Questo è diventato sempre più vero negli anni e negli ultimi cinque anni la situazione è andata ancora peggiorando: dal 2010 al 2015 abbiamo perso circa ventimila ettari di superficie coltivata. Abbiamo visto una continua erosione del reddito e, quando parliamo di erosione del reddito, parliamo di famiglie che devono cambiare la loro destinazione o cambiare attività e anche un progressivo aumento, abbandono dell'agricoltura di piccola scala verso un'agricoltura maggiormente di grande scala, con tutte le ripercussioni del caso anche per l'occupazione. Quello che è successo negli ultimi anni l'avete già ricordato: c’è stata l'iniziativa EBA, Everything But Arms, ovvero un'iniziativa con la quale l'Unione europea ha stabilito di concedere ai Paesi in via di sviluppo l'accesso senza limiti di quantità e senza dazio, quindi senza un contributo di ingresso, ai risi prodotti in Paesi in via di sviluppo.
  Quello che è successo è stata una vera e propria invasione dei risi asiatici: sono entrati quantitativi sempre crescenti di riso, in particolare provenienti da due Paesi, la Cambogia e il Myanmar. I dati sono interessantissimi: in assoluto erano 10 mila tonnellate nel 2009, oggi sono 237 mila in Europa; e in particolare questo ammonta al 2 per cento dell’import totale nel 2009, e oggi, nel 2014, è il 39 per cento, quindi è aumentata in maniera molto significativa l'importazione dai Paesi in via di sviluppo. In Italia l'importazione è stata anche più consistente, soprattutto nell'ultimo anno dove è cresciuta del 43 per cento.
  Le ripercussioni sono evidenti: se tu hai un import così elevato di una materia prima da parte di Paesi esteri, il prezzo non può che scendere; e questo è successo, mettendo ulteriormente in crisi un settore che era già in crisi. E allora bisogna fare secondo me una considerazione un po’ più di ampio spettro, un po’ più di ampio Pag. 48respiro, e bisogna capire: oggi credo che l'agricoltura, e non solo quella del riso, sia in una situazione di impasse, in una situazione in cui noi rischiamo di vederla assottigliarsi, e forse anche in certi casi scomparire; non è soltanto il settore del riso che è in crisi, ce ne se sono anche tanti altri. Dobbiamo ricordarci che l'agricoltura si chiama settore primario, lo sappiamo tutti: settore primario perché di primaria e fondamentale importanza: produce il cibo. Produrre il cibo significa che quando noi perdiamo un settore non perdiamo solo un settore industriale: perdiamo un settore che produce il cibo per la nostra nazione, quindi perdiamo quella che si chiama sovranità alimentare. «Sovranità alimentare» è un'espressione che forse non piace a tutti, ma la capacità di produrre il cibo che noi andiamo a consumare, in un momento di grandi cambiamenti come i cambiamenti climatici, come anche quello che affronteremo forse in questo secolo, secondo me ha un valore aggiuntivo importante.
  Rischiamo allora di giocarci un settore che ha plasmato un territorio, per il quale nei secoli scorsi sono state investite risorse notevolissime nel creare una rete irrigua, per esempio: avrete tutti visto il canale Cavour; e questa rete che ci consente di avere una irrigazione sostanzialmente a costo energetico quasi zero. Lo stesso non vale in altri Paesi, dove per esempio si utilizza l'energia per pompare l'acqua per riempire le camere delle risaie. Quindi noi rischiamo di perdere un settore, un settore critico, un settore importante, che ha una storia importante e che ha saputo differenziare tante produzioni, tante varietà, e che oggi potrebbero essere sia un vanto, sia una ricchezza economica nel generare una cultura alimentare: la cultura del risotto è una cultura che forse non siamo stati così bravi a promuovere in giro per l'Italia e forse anche, in giro per l'Europa; ma potrebbe essere una risorsa nel momento in cui noi cerchiamo – per esempio, è una cosa che chiediamo nella nostra mozione – di aumentare il consumo italiano, cerchiamo di fare in modo che l'Italia consumi più riso.
  L'abbiamo fatto in tante proposte di legge: abbiamo chiesto di aumentare il quantitativo di cibo locale nelle mense pubbliche, per esempio; abbiamo chiesto una cosa che sembra che non c'entri nulla, favorire il cicloturismo. La pianura padana è una zona che sembra fatta apposta per essere vissuta da un turismo lento, cicloturistico: è una zona ricca di biodiversità agraria, di biodiversità agroalimentare, di biodiversità paesaggistica, e quindi ha tutte le condizioni per essere un territorio fruibile lentamente; e questo aiuterebbe la cultura del riso, per esempio, come quelle di tante altre peculiarità agroalimentari. Noi abbiamo quindi fatto diverse proposte, che sono anche in discussione ad onor del vero, e quindi speriamo che possano andare avanti per costituire un cambio sistemico di un tessuto che ha bisogno di cambiare.
  Ma non c’è soltanto questo: c’è un discorso che guarda al futuro. Io mi sono occupato anche in quest'Aula con una mozione di cambiamenti climatici: cambiamento climatico oggi significa che già oggi abbiamo un aumento dei costi e delle perdite dovute a eventi climatici estremi, come alluvioni, come gelate improvvise, come minore disponibilità idrica. Questo non è il caso del riso.
  Gli agricoltori con cui io parlo guardano però con preoccupazione le montagne dietro la loro testa, perché sanno che, su quelle montagne, i ghiacciai si stanno ritirando. È da quei ghiacciai che proviene l'acqua che riempie oggi le loro camere di risaia. È una risorsa che, nel lungo periodo, va ovviamente tutelata.
  Secondo me, occorre fare un discorso anche di lungo periodo, l'agricoltura è fondamentale e va sostenuta e va anche aiutata a cambiare, ad andare verso la direzione di una maggiore resilienza. Resilienza significa capacità di rispondere ai cambiamenti, come quelli climatici.
  Ho raccontato brevemente la storia del riso. Ovviamente non sono un esperto, non sono un tecnico, però noi sappiamo che la storia del riso è stata adattare una varietà proveniente dall'estero, dall'Asia alle condizioni climatiche locali. L'abbiamo adattato Pag. 49bene e lo abbiamo fatto bene; siamo stati bravi, ancora oggi siamo un player importante in giro per l'Europa, ma il cambiamento climatico rischia di mettere in discussione questo sistema agricolo; dobbiamo quindi parlare di agricoltura sostenibile e meno dipendente dalla chimica, anche perché io ci abito in mezzo a quelle risaie e so, perché ho letto, cosa vuol dire una agricoltura che, purtroppo, fa un largo uso di chimica. Vuol dire che noi troviamo tracce di metaboliti e di erbicidi nelle acque superficiali e profonde. Vuol dire che probabilmente si provocano anche delle criticità sulla salute dei cittadini.
  I primi ad essere esposti, lo sappiamo, sono gli agricoltori, pensiamo a malattie come i linfomi non-hodgkin o come le malattie autoimmuni. C’è una serie di criticità ambientali, o anche i tumori stessi, che ci fanno capire che oggi l’empasse è sistemico. Da una parte, c’è un mercato che diventa sempre più volatile, sempre più difficile, perché internazionale. Facciamo una globalizzazione che non ha tanto senso, perché non puoi mettere in competizione un produttore italiano con un produttore che produce in Myanmar o in Cambogia, dove si fanno due raccolti all'anno, dove le leggi per la protezione ambientale e sulla protezione del lavoro non sono comparabili o comunque sono molto difficilmente controllabili da parte nostra, dove vengono usati prodotti che da noi sono stati ritirati da anni. È difficile, quasi impossibile, mettere questi due sistemi in completa comunicazione, come se fossero completamente equiparabili.
  Quindi, il discorso è semplice. Noi, con la nostra mozione, abbiamo chiesto diverse cose. La prima cosa, la più semplice e immediata, è quella di chiedere l'applicazione della clausola di salvaguardia. Del resto, è specificatamente previsto il fatto che, qualora la rimozione di un dazio crei seri problemi all'economia di un Paese, questa possa essere richiesta. Penso che questo sia proprio il caso dell'agricoltura oggi in Italia. Ma non c’è solo questo. Noi abbiamo chiesto anche di introdurre un sistema di etichettatura del prodotto che sia chiaro e trasparente. Qui, c’è un problema. Abbiamo una ricchezza, abbiamo una risorsa, questa risorsa è la biodiversità agraria, il fatto di avere tante varietà. E, allora, se ce le abbiamo, noi dobbiamo valorizzarla, dobbiamo dimostrare che il prodotto italiano è migliore per tanti motivi, perché è un prodotto legato a un contesto, ad un paesaggio, ad un ambiente, ad una cultura. È un prodotto complesso perché ha molti aspetti che noi dobbiamo prendere in considerazione. Dobbiamo quindi tutelare un prodotto italiano, non possiamo miscelare il riso con risi che arrivano da Paesi esteri; dobbiamo fare in modo che si possa sapere con chiarezza e certezza da dove viene il riso che stiamo mangiando, quale è la sua provenienza e soprattutto se questa è da Paesi esteri, e noi sappiamo che attualmente il mercato chiede un prodotto generico a basso costo, anche se non tutto il mercato chiede questo, perché c’è una parte crescente di cittadini che cominciano ad informarsi sempre più su cosa stanno mangiando. Vogliono sapere cosa stanno mangiando, da dove viene e come è stato coltivato.
  Chiediamo anche di conoscere la varietà specifica, che sia più trasparente, ossia che sia possibile capire che varietà c’è dentro un pacchetto di riso, perché vi sono tante varietà, appartenenti alla stessa varietà capofila, che vengono miscelate.
  Questo è già possibile oggi e noi sappiamo che l'intento è quello di rendere più difficile la possibilità di sapere esattamente cosa c’è dentro questo pacchetto. Vogliamo anche regolare la miscelazione di più risi, escludendo la possibilità di miscelare risi italiani con quelli stranieri. In realtà, io ho concluso, ma vorrei soltanto ricordare ciò che ho detto brevemente in questo intervento. Qui sembra di giocarsi un settore, un settore produttivo; in realtà, ci giochiamo parte della nostra sovranità e i dati della FAO, sulla necessità di produzione alimentare, sono sconfortanti; il mondo rischia di dover raddoppiare all'incirca la produzione alimentare, in un mondo dove ci sarà probabilmente più difficoltà a produrre cibo, anche per il cambiamento climatico; per quanto riguarda Pag. 50i cereali, la proiezione di riduzione delle rese agricole per ogni aumento di grado sopra i 30 gradi è di circa il 10 per cento, quindi si rischia di avere una riduzione delle rese agricole, ossia dei cereali e quindi anche del riso, che possono essere dell'ordine del 50 per cento; pertanto, in un momento storico di difficoltà, dobbiamo proteggere ed aiutare un settore chiave che sarà il settore che ci sfamerà in questo secolo. Questo credo sia un elemento fondamentale di una politica lungimirante che guardi alla nostra nazione e agli interessi della nostra nazione.

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.
  Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire nel prosieguo. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Martedì 10 novembre 2015, alle 10:

  1. – Svolgimento di una interpellanza e interrogazioni.

  (ore 12)

  2. – Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:
   GADDA ed altri; D'INIZIATIVA POPOLARE; GARAVINI e CAPONE; VECCHIO ed altri; BINDI ed altri; BINDI ed altri; FORMISANO: Modifiche al codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, al codice penale e alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale e altre disposizioni. Delega al Governo per la tutela del lavoro nelle aziende sequestrate e confiscate (C. 1039-1138-1189-2580-2737-2786-2956-A).
  — Relatore: Mattiello.

  3. – Esame e votazione delle questioni pregiudiziali riferite al disegno di legge:
   Conversione in legge del decreto-legge 30 ottobre 2015, n. 174, recante proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia, iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione (C. 3393).

  4. – Seguito della discussione del disegno di legge:
   S. 1678 – Deleghe al Governo per l'attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull'aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d'appalto degli enti erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture (Approvato dal Senato) (C. 3194-A).
  — Relatori: Mariani e Cera.

  5. – Seguito della discussione della proposta di legge:
   CENNI ed altri: Disposizioni per la tutela e la valorizzazione della biodiversità di interesse agricolo e alimentare (Approvata dalla Camera e modificata dal Senato) (C. 348-B).
  — Relatore: Fiorio.

  6. – Seguito della discussione delle mozioni Bergamini ed altri n. 1-00979, Catania ed altri n. 1-01056, Zaccagnini ed altri n. 1-01057, Falcone ed altri n. 1-01058, Parentela ed altri n. 1-01059, Simonetti ed altri n. 1-01060 e Dorina Bianchi Pag. 51ed altri n. 1-01061 concernenti iniziative, anche in sede europea, per la tutela del settore risicolo italiano, con particolare riferimento all'importazione del riso dalla Cambogia.

  La seduta termina alle 19.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO DAVIDE MATTIELLO IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL TESTO UNIFICATO DELLE PROPOSTE DI LEGGE NN. 1039-1138-1189-2580-2737-2786-2956-A.

  DAVIDE MATTIELLO, Relatore. Grazie Presidente, La riforma del Codice antimafia che ci accingiamo a discutere e votare è attesa da molti, molto e da anni. Il Codice Antimafia scritto nella precedente Legislatura, tra il 2010 e il 2011, ha rappresentato certamente un passo avanti importante, contribuendo senz'altro alla sistematizzazione della materia e alla messa a punto di strumenti fondamentali soprattutto sul fronte della prevenzione del crimine mafioso. Ma negli anni successivi alcune debolezze del Codice hanno generato guai, ai quali ci prefiggiamo di porre rimedio.
  Prima di entrare nel merito della riforma, credo però sia utile affrontare alcune questioni generali.
  Prima questione: la genesi del testo portato in Aula. Giugno del 2013, la legislatura era da poco cominciata, quando la Commissione Giustizia della Camera incardinò la proposta di legge di iniziativa popolare n. 1138 (abbinata ai testi Gadda e Garavini), per la quale grandi organizzazioni sociali come la CGIL, Avviso Pubblico, ARCI, Libera, ACLI, Lega Coop, SOS IMPRESA, Centro studi Pio La Torre, raccolsero centinaia di migliaia di firme. Dopo una prima fase di riflessione, di discussione e di raccolta di emendamenti, la Commissione Giustizia votò il testo base l'8 ottobre del 2014. Un testo base, approvato a larghissima maggioranza che ampliava significativamente il perimetro di intervento dell'originale A.C. n. 1138, precostituendo gli addentellati di quello che a mano a mano sarebbe diventato l'attuale testo.
  Parallelamente nell'ottobre del 2014 veniva costituita la Commissione parlamentare Antimafia che, anche su sollecitazioni delle medesime organizzazioni proponenti la PdL n. 1138, decideva di dedicare la prima inchiesta proprio alla questione della gestione dei beni sequestrati alle mafie. L'inchiesta della Commissione fu accurata e coinvolgente una vasta platea di professionisti e rappresentanti delle Istituzioni, a vario titolo coinvolti nella materia. La Commissione produsse una relazione che venne votata all'unanimità il 9 Aprile del 2014, con la quale si auspicava con forza la riforma del Codice Antimafia. La relazione della Commissione produrrà a sua volta due risoluzioni parlamentari presentate, discusse e votate a larghissima maggioranza in entrambi i rami del Parlamento. A valle di tutto questo lavoro la Commissione Antimafia elaborò e depositò sia alla Camera, che al Senato nell'ottobre del 2014 ben due articolati di riforma, che alla Camera portano come prima firma quella della Presidente Bindi e che al Senato portano quella del senatore Mirabelli.
  Ancora: nell'agosto del 2014 il Ministro Orlando portava in Consiglio dei Ministri un proprio disegno di legge di riforma del Codice Antimafia e di altre leggi collegate, qualificando ulteriormente l'azione politica del Governo su questo piano. Il disegno di legge Orlando verrà poi depositato in Senato nel novembre del 2014.
  Che fare, di fronte a tanta messe di proposte sostanzialmente convergenti ? Imperativo: non sprecare e finalizzare.
  In attesa di capire quale dei due rami del Parlamento avrebbe mosso per primo, la Commissione Giustizia, grazie al determinante impulso della Presidente Ferranti, ha ripreso a lavorare, avendo come punto di riferimento il testo base A.C. n. 1138 e proponendo di implementarlo, tenendo conto degli ulteriori contributi. A tal fine vennero fissati termini per gli emendamenti lunghi e reiterati e addirittura tra il primo e secondo termine, ovvero tra il Pag. 52gennaio e la fine di aprile del 2015, fu fatto un nuovo ciclo di audizioni, oltre ad acquisire tutto il materiale prodotto dalla Commissione Antimafia.
  Nel luglio del 2015 arrivò anche l'intesa tra i Presidenti di Camera e Senato con la quale si decideva di far procedere per la prima lettura la Camera dei deputati, riconoscendo che la Commissione Giustizia aveva la materia ad un più avanzato stadio di elaborazione.
  Con sollecitudine quindi la Commissione Giustizia, d'intesa col Governo, ha ripreso i lavori al fine di elaborare i pareri sugli emendamenti e quindi votarli. Cosa che è puntualmente avvenuta, anche accogliendo diversi emendamenti delle opposizioni, con il dichiarato intento di portare in Aula il testo entro il 2015. E qui siamo.
  Sicuramente questo iter è stato complesso, proprio per la mole delle proposte e per la delicatezza della materia. Ma di questa complessità ci siamo fatti carico, in primis la Presidente Ferranti, basti considerare che tra il voto del testo base e i voti sugli emendamenti in Commissione, è trascorso un anno ed un anno trapuntato di audizioni e lunghi termini per la proposta degli emendamenti. Anche i funzionari della Camera, sia quelli della Commissione Giustizia, sia quelli della Commissione Antimafia, si sono prodigati senza riserve per favorire la intelligibilità delle varie fasi e per questo a loro rivolgo fin d'ora un cordiale ringraziamento.
  Insomma: chi ha voluto partecipare, ha potuto partecipare. Come è giusto che sia.
  Il percorso scelto da questa maggioranza in Commissione Giustizia ha anche messo in evidenza il valore speciale alla proposta di legge di iniziativa popolare n. 1138. Un valore che va rivendicato.
  Lo rivendichiamo perché riteniamo che sia positivo far diventare quanto più è possibile le Istituzioni rappresentative veicolo della volontà popolare organizzata. Non ci appartiene il mito della democrazia diretta, tanto meno quello del «vincolo di mandato», ma proprio nel ribadire il valore della rappresentanza in democrazia, siamo certi che il rimedio al deterioramento della qualità democratica passi anche da un più solido rapporto tra rappresentati e rappresentanti, all'insegna della reciprocità.
  Lo rivendichiamo perché riteniamo che le organizzazioni sociali proponenti siano portatrici di quella forza culturale a cui nessuna legge dello Stato può supplire. Quella forza culturale che viene prima delle Istituzioni e che le rende vive, tanto che la nostra Costituzione la riconosce come fondativa della Repubblica, quella cultura che sa di coinvolgimento, di corresponsabilità, di impegno. È una cultura che si fa sapienza, sapienza che diventa coscienza popolare. Ed è questa coscienza popolare che presidia l'onestà delle condotte personali, molto più che la legge penale ! La coscienza popolare che portava Placido Rizzotto a battersi da segretario della Camera del lavoro di Corleone contro campieri e mafiosi e che è la stessa, la medesima coscienza popolare, che anima la scelta di quei lavoratori e di quelle lavoratrici della cooperativa che a Quindici, provincia di Avellino, hanno deciso di restare a lavorare dentro l'immobile confiscato al clan Graziano, nonostante le fucilate sparate contro i cancelli la notte prima dell'inaugurazione. E questo non è accaduto 50 anni fa, ma due settimane fa. Onore a questi lavoratori e a queste lavoratrici che rendono viva la Repubblica !
  Ecco perché mi sento offeso da quanti generalizzando la portata di dolorosi comportamenti illegali individuali, criminalizzano pregiudizialmente le organizzazioni sociali, volendo vedere sempre e soltanto il marcio, là dove si punti a valorizzarne il coinvolgimento. Guai a fare di tutta l'erba un fascio ! Abbiamo imparato quanto sia importante distinguere per non confondere. Certo, chi sbaglia deve pagare. Ma siamo lontani dal credere che la legalità possa essere fatta rispettare, puntando contemporaneamente a destrutturare e delegittimare l'organizzazione sociale. E poi, procedendo su questo crinale, cosa dovremmo fare ora che le inchieste giudiziarie mettono sotto accusa magistrati, prefetti e liberi professionisti, che hanno costituito il cuore del sistema della prevenzione Pag. 53patrimoniale ? Un sistema che è stato fino a qui una punta di diamante nel contrasto alle mafie. Penso al Tribunale di Palermo, che è arrivato a gestire oltre il 40 per cento di tutti i sequestri in Italia, che ha fatto da apripista e ha camminato sulle gambe di magistrati e professionisti che in anni difficilissimi hanno accettato di mettere la faccia nella gestione dei beni sequestrati ai mafiosi locali. Dovremmo forse diffidare pregiudizialmente dello Stato e di ogni sua articolazione, fino al punto da paventare inciuci a prescindere, ogni qual volta si preveda il coinvolgimento di qualcuna di esse ? No, mai ! Dovremo piuttosto continuare con pazienza e coraggio e tessere responsabilità e partecipazione, trasparenza e legalità.
  Seconda questione: a quali bisogni risponde la riforma. La parola chiave è «organicità» come ha più volte richiamato la Presidente Bindi. Il primo bisogno è quello di superare interventi estemporanei e asistematici, perché contro le organizzazioni criminali, ci va il sistema.
  Chi delinque lo fa per arricchirsi indebitamente, colpire la ricchezza prodotta illecitamente oltre a colpire chi quella ricchezza ha generato, produce risultati di gran lunga superiori. Questi risultati si ottengono attraverso l'istituto del sequestro, di prevenzione, penale e penale allargato per sproporzione. C’è bisogno di rendere questo istituto sempre più affilato da un lato, ma anche tutelante dall'altro, consapevoli di quanto sia devastante per la vita di chi ne sia colpito: da qui gli interventi volti a rendere più veloce e certo il procedimento, più ampia la platea dei soggetti complessivamente coinvolgibili sul piano passivo e coinvolti su quello attivo, più chiara la tutela dei terzi creditori. L'altro bisogno grande è che l'oggetto del sequestro non si trasformi in un fallimento per lo Stato. In questi anni abbiamo contato troppi beni immobili andati in malora, troppe aziende fallite, troppi posti di lavoro persi. L'esperienza ha insegnato che soltanto «in levare» si vince a metà, non basta togliere, se poi ciò che si è tolto non si trasforma in rendita per la società. Una sorta di risarcimento collettivo del danno che la criminalità produce. Quando nel 1995 Libera, coordinando una vasta rete di organizzazioni sociali, raccolse oltre un milione di firme per ottenere la legge sull'uso sociale dei beni confiscati alla mafia, adottò come slogan «la mafia restituisce il maltolto». Appunto. Da qui gli interventi volti alla creazione di un Fondo di garanzia per i beni sequestrati e segnatamente per le aziende; una ampia e dettagliata delega al Governo perché realizzi ulteriori strumenti a sostegno delle aziende sequestrate; il potenziamento dell'Agenzia Nazionale per i beni sequestrati e confiscati alle mafie, che passerà sotto la vigilanza della Presidenza del Consiglio, con una maggiore coinvolgimento del MISE; il maggior rigore nella disciplina dell'amministratore giudiziario.
  Certo, siamo consapevoli che a volte vengono sequestrate aziende che non sono imprese veraci, con una autentica capacità di stare sul mercato, sono piuttosto lavatrici di denaro sporco, per le quali non va sprecato un euro di denaro pubblico. Queste aziende vanno liquidate al più presto. Per questo sarà decisivo il vaglio tempestivamente realizzato dall'amministratore giudiziario. Per altro verso sappiamo che le aziende ancorché capaci di stare sul mercato, quando vengono colpite da un provvedimento di sequestro subiscono un trauma, che si traduce spesso nel ritrovarsi terra bruciata attorno, con fornitori e clienti in fuga. Ricordo proprio su questo punto la lungimirante battaglia fatta dal compianto Prefetto di Trapani, Sodano, a sostegno della Calcestruzzi Ericina. Ed è proprio per superare questo trauma che si prevede fin dalla fase di sequestro la possibilità di accedere al Fondo di Garanzia. Nessun indebito condizionamento della libera concorrenza dunque, piuttosto un intervento equilibrato proprio a salvaguardia della possibilità per ciascun competitore di giocarsi la partita in condizioni di pari opportunità.
  E veniamo ora ad una disamina dettagliata delle novità previste dal testo di riforma.Pag. 54
  Allarghiamo il perimetro dei soggetti cui possono essere applicate le misure di prevenzione personali e quindi patrimoniali. Basterà essere indiziati di uno dei seguenti reati (non sarà necessaria l'abitualità);
  Articolo 418: chi favorisce la latitanza, eccetera: penso al latitante numero uno in Italia che è Matteo Messina Denaro e alle chiare e dure parole della dott.ssa Principato. Ma Matteo Messina Denaro non è l'unico latitante la cui fuga è stata ed è protetta da personaggi più o meno insospettabili;
  delitti contro la PA (articoli 314, 322-bis);
  rendiamo più severa la disciplina repressiva del caporalato prevedendo la confisca penale obbligatoria, l'applicabilità della confisca penale per sproporzione e l'estensione della responsabilità oggettiva dell'ente ex legge n. 231 del 2001;
  introduciamo la distrettualizzazione delle misure di prevenzione patrimoniali, con la previsione di sezioni o collegi distrettuali dedicati La copertura immediata delle vacanze, relazioni periodiche sull'operatività delle sezioni da parte dei dirigenti degli uffici; obbligatoria la videoconferenza; le eccezioni sulla competenza possono essere fatte soltanto nella prima udienza;
  il Procuratore Nazionale Antimafia e Antiterrorismo è titolare del potere di proposta;
  poteri di indagine potenziati con l'accesso al SID;
  il sequestro di quote totalitarie si estende alla totalità dei beni aziendali: questo risolve numerosi problemi applicativi eliminando incertezze; da oggi il sequestro di tutte le quote comporterà in automatico il sequestro dell'intera azienda (un problema enorme, perché quando il sequestro non comprende tutti i beni aziendali, l'azienda si blocca);
  si potenzia il momento del sequestro (attuato dalla Polizia Giudiziaria) e si prevede prioritariamente lo sgombero in fase di sequestro ad opera dal Questore, salvi motivati differimenti disposti dal Tribunale;
  si prevede espressamente che non si potrà più giustificare la provenienza del denaro con l'evasione fiscale ( !) sia per sequestro/confisca di prevenzione (in tal senso era la giurisprudenza), sia per il sequestro/confisca ex articolo 12 sexies (eliminando le incertezza della giurisprudenza);
  viene equiparata (finalmente !) la gestione dei sequestri penali a quelli di prevenzione;
  viene rinnovato l'istituto dell'amministrazione giudiziaria, che si adopera quando non possano essere tutte integrate le condizioni per un sequestro: che prevede comunque lo spossessamento, ma a differenza del sequestro, la prospettiva è la restituzione al titolare, non l'ablazione. L'idea è che si possa entrare, bonificare, uscire e restituire. Controllando per qualche tempo;
  si aggiunge l'istituto del controllo giudiziario come autonoma previsione rispetto all'amministrazione giudiziaria. Misura che non prevede lo spossessamento, ma soltanto un controllo pregnante (con potere di accesso ampio). L'imprenditore che sia stato oggetto di una interdittiva antimafia e che chieda volontariamente il controllo giudiziario, sospende gli effetti della interdittiva;
  si interviene profondamente sulla figura dell'Amministratore Giudiziario, dettando criteri stringenti di cui dovrà tener conto sia il Governo nel regolamentare l'iscrizione all'Albo nazionale, sia il Tribunale nel momento in cui dovrà in concreto nominare l'amministratore giudiziario (sistema di incompatibilità incompatibilità) anche evitando il cumulo degli incarichi;
  il Prefetto, per tutta la durata dell'amministrazione giudiziaria, rilascia il nulla osta per l'informativa antimafia, a salvaguardia della prosecuzione del lavoro dell'azienda sottoposta a sequestro;
  l'Agenzia si occupa dell'amministrazione del bene dopo la confisca di secondo grado;
  si disciplina compiutamente la gestione e amministrazione dei beni sequestrati prevedendo lo sgombero dai beni immobili Pag. 55delle persone «colpite» dal sequestro, con le opportune graduazioni anche per consentire l'immediato (seppur provvisorio) utilizzo di beni immobili. Si assicura, in definitiva, che i beni immobili non siano mai «abbandonati» e, per quanto possibile e con gradualità si anticipa la destinazione prevista dopo la confisca;
  si prevede la relazione spartiacque sul futuro dell'azienda sequestrata: se ci sono le condizioni perché riprenda o prosegua l'attività, bene. Altrimenti si liquida. Nessuno spreco di denaro pubblico;
  si prevede l'allontanamento dall'azienda sequestrata del proposto e dei suoi familiari;
  si crea il Fondo di Garanzia per le aziende sequestrate. È uno dei punti qualificanti del provvedimento, perché c’è la copertura ed è uno degli strumenti più attesi. Si prevede la delega al Governo per creare un fondo anche per gli immobili sequestrati e confiscati;
  crea i tavoli provinciali permanenti, convocati dal Prefetto: perché l'unione fa la forza e per noi legalità fa rima con partecipazione !
  prevede il coinvolgimento a titolo gratuito degli imprenditori del territorio nella valorizzazione delle aziende sequestrate. Se la collaborazione si protrae positivamente per 12 mesi, matura un diritto di prelazione;
  rigorose norme sul rendiconto di gestione;
  prevede la restituzione per equivalente quando la misura venga revocata, il bene debba essere restituito al proposto, ma sia stato nel frattempo destinato e la restituzione leda l'interesse generale: una norma coraggiosa;
  l'Agenzia può destinare anche direttamente ad enti e associazioni. Gli enti territoriali possono essere tra i destinatari delle aziende;
  se facendo la verifica dei crediti, un credito bancario risultasse non di buona fede, la banca sarebbe «deferita» alla Banca d'Italia: una norma di rigore che coglie un problema tante volte evidenziato, relativo al comportamento delle banche. Si disciplina secondo la più attenta e rigorosa giurisprudenza il presupposto che consente alla Banca titolare di ipoteca sul bene confiscato di ottenere parte di quanto prestato al proposto;
  l'AG può essere autorizzato a pagare subito i creditori strategici. Altra norma a beneficio della continuità aziendale. I creditori hanno tempi categorici entro cui depositare le proprie richieste (entro 60 gg dalla confisca di 1o grado) e il Tribunale deve fissare l'udienza entro i successivi 60 gg: altra norma che va nella direzione della velocità e certezza. Si disciplina in modo più funzionale la tutela dei terzi creditori, con un procedimento che inizia non prima della confisca di primo grado e che prevede l'eventuale vendita dei beni confiscati per pagare i creditori solo dopo la confisca definitiva;
  ridisegna l'Agenzia: sposta il baricentro dall'Interno alla Presidenza del Consiglio; sede a Roma; direttore non necessariamente un prefetto; competenza tanto sui sequestri di prevenzione, tanto su quelli penali; fin dal sequestro la funzione principale è quella di garantire la gestione provvisoria del bene per evitare vuoti. Si prevede la delega al Governo per il potenziamento dell'Agenzia;
  sequestri penali (ex articolo 51 comma 3-bis del c.p.p.) e penali allargati (12-sexties) seguono le norme della prevenzione. Certezza del procedimento.
  amnistia, prescrizione e morte del proposto, non interrompono il procedimento di confisca di cui all'articolo 12-sexies del decreto-legge 306/1992. È una disposizione innovativa particolarmente incisiva che accoglie gli spunti di un nuovo filone giurisprudenziale.
  interviene sul Regio decreto n. 12 del 1941 e riforma l'ordinamento giudiziario prevedendo le SDS;
  delega al Governo per altre misure a sostegno della occupazione nelle aziende sequestrate, fatto sempre salvo il principio/presupposto di «solidità aziendale».
  In conclusione, quando pensiamo all'inserimento nel nostro ordinamento delle misure di prevenzione patrimoniali non possiamo che riferirci alla legge n. 646, approvata il 13 settembre del 1982, passata Pag. 56alla storia come legge La Torre, dal nome del suo primo firmatario, l'onorevole Pio La Torre. Non deve sfuggirci che quella proposta di legge venne presentata due anni prima, il 31 Marzo del 1980 (prime firme di La Torre, Occhetto, Rizzo, Violante), anche sull'onda dell'indignazione provocata dall'assassinio di Piersanti Mattarella, avvenuto il 6 gennaio del 1980 e venne votata soltanto successivamente all'omicidio del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, avvenuto il 3 settembre 1982 e dello stesso Pio La Torre, ucciso dalla mafia il 30 Aprile del 1982. Insomma: la storia della legge n. 646 è la storia di un Paese che ha trovato la forza di legiferare contro le mafie soltanto in mezzo al sangue, una storia che purtroppo conosciamo bene e che si ripeterà anche nel 1992, dopo le stragi di Capaci e Via D'Amelio. Una storia segnata oltre che dal dolore anche dall'amarezza per uno Stato, che per dirla con le parole di Giovanni Falcone, per fare bene la lotta alle mafie ha avuto bisogno di «morti eccellenti». Ecco, approvando questa riforma, così lungamente attesa, noi diamo, di nuovo, un segnale diverso perché il potenziamento degli strumenti in mano allo Stato per aggredire il potere criminale mafioso avviene in assenza della spinta emotiva del «morto eccellente». Avviene piuttosto sulla spinta di una consapevolezza ormai matura e diffusa, dentro e fuori le Istituzioni: le mafie sono tanto più forti e pervasive quando non sparano, quando non uccidono, perché non ne hanno bisogno. Siamo consapevoli che l'obiettivo delle mafie è quello di gestire denaro e potere nel silenzio e che il modo mafioso di stare al mondo passa prima di tutto dalla corruzione, dalla connivenza, dalle convergenze di interessi, come stanno dimostrando le più recenti inchieste giudiziarie da Roma a Bologna, da Reggio Calabria a Palermo. È un valore morale e politico rivendicare questa consapevolezza, che diventa anche un modo serio per onorare la memoria di chi invece ha dovuto aspettare la propria morte perché fossero prese certe decisioni. Questo è un fatto, un fatto innegabile. L'auspicio di questa maggioranza e del Governo è che questo fatto voglia essere condiviso da tutte le forze presenti in Parlamento attraverso il voto favorevole su questo provvedimento. Grazie, Presidente.

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