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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 513 di venerdì 30 ottobre 2015

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO

  La seduta comincia alle 9,30.

  PRESIDENTE. La seduta è aperta.
  Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

  ANNA MARGHERITA MIOTTO, Segretaria, legge il processo verbale della seduta del 28 ottobre 2015.

  PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Bratti, Centemero, Cirielli, Dambruoso, Di Lello, Gianni Farina, Fauttilli, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Galati, La Russa, Lotti, Pes, Piccoli Nardelli, Pisicchio, Portas, Ravetto, Realacci, Rigoni, Rosato, Sanga, Tabacci, Tancredi, Tidei e Valeria Valente sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente ottantasei, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna).

Trasmissione dal Senato di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissione in sede referente (ore 9,38).

  PRESIDENTE. Il Presidente del Senato, con lettera in data 29 ottobre 2015, ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge, che è stato assegnato ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alla VI Commissione (Finanze):
   S. 2070 – «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 settembre 2015, n. 153, recante misure urgenti per la finanza pubblica (Approvato dal Senato) (3386) – Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), III, V, X, XI e XIV.

  Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dal comma 1 del predetto articolo 96-bis, è stato altresì assegnato al Comitato per la legislazione.

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 9,40).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

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(Iniziative, anche normative, per promuovere interventi organici volti alla tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro – n. 2-01138)

  PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all'ordine del giorno Sorial ed altri n. 2-01138, concernente iniziative, anche normative, per promuovere interventi organici volti alla tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo al deputato Sorial se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica. Ha quindici minuti.

  GIRGIS GIORGIO SORIAL. Questioni in ambito del lavoro per chi oggi si trova in una situazione occupazionale – perché poi noi parliamo di infortuni sul lavoro in questo momento, senza dimenticarci dei dati preoccupanti sull'occupazione in Italia –: i dati per chi si trova a lavorare in situazioni di poca sicurezza e in situazioni per le quali abbiamo varie volte denunciato una condizione molto preoccupante, per quanto riguarda le malattie professionali, per quanto riguarda infortuni mortali sul lavoro.
  Secondo l'Osservatorio indipendente di Bologna, le morti sul lavoro in Italia ogni anno avvengono per più di 1 milione di infortuni sul lavoro; 1.200 di questi sono infortuni mortali. Ciò significa, contando i giorni dell'anno, che per ogni giorno abbiamo tre lavoratori che muoiono svolgendo le proprie mansioni lavorative. A tale cifra occorre aggiungere le malattie professionali, cioè tutte quelle patologie che vengono contratte sul luogo di lavoro a causa di agenti nocivi. Ogni anno in Italia vengono denunciate circa 5 mila malattie professionali e centinaia di queste sono mortali.
  La notizia è che questo numero di  «caduti» sul luogo di lavoro è già abnorme, tanto da far sembrare l'ambito lavorativo molto spesso – in base ai dati che abbiamo – un vero e proprio bollettino di guerra. Nei primi otto mesi del 2015 c’è stato un notevole aumento rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.
  Secondo quanto dichiarato dall'ANMIL, l'Associazione nazionale mutilati e invalidi del lavoro, in occasione della sessantacinquesima giornata nazionale per le vittime degli incidenti sul lavoro, che si è svolta l'11 ottobre scorso, nel 2015 il numero di morti sul posto di lavoro è aumentato del 15 per cento rispetto allo stesso periodo del 2014: 752 vittime al 31 agosto 2015 a fronte delle 652 rilevate al 31 agosto dello scorso anno. Questo aumento, purtroppo, rappresenta una preoccupante inversione di tendenza nell'andamento del fenomeno, come non si verificava dal 2006, e la conferma che gli incidenti sul lavoro restano un'emergenza nazionale, come sottolineato anche dalla CGIL.
  La Lombardia risulta essere, in percentuale, la regione più colpita dal fenomeno delle morti sul lavoro, così come il nord- est che è la macroarea dove il rischio di mortalità, rispetto alla popolazione lavorativa, è il più alto, con un indice di 32,7 per cento, contro una media nazionale già molto elevata, che è del 21,1 per cento.
  La situazione, come già denunciato da varie associazioni, è veramente molto particolare ed è tragica. Quali sono i problemi fondamentali che vengono denunciati ?
  Secondo l'ANMIL «il testo unico infortuni, che regola i risarcimenti e le rendite INAIL, risalente al 1965, nonostante le modifiche intervenute nel tempo, risulta essere anacronistico, inadeguato e iniquo»; c’è tutta la questione della sicurezza del lavoro dal punto di vista normativo non tanto per le norme che mancano ma per le troppe norme che alcune volte vanno anche in contrasto l'una con l'altra, rendendo ancor più difficile il lavoro di controllare che queste vengano applicate nel momento in cui in parte c’è anche negligenza.
  La questione, quindi, veramente è molto ma molto tragica. Ci troviamo in una situazione in cui la sicurezza dei lavoratori naturalmente ha un costo che però d'altra parte non è produttivo e quindi alcune volte, in alcune situazioni Pag. 3lavorative, è anche spesso difficile far comprendere dal punto di vista culturale l'importanza di tutto ciò ad alcune aziende, anche se la maggior parte degli imprenditori si sono sempre resi molto disponibili a seguire le varie modifiche normative che sono state attuate sulla sicurezza del lavoro, ritrovandosi però in una situazione veramente paradossale. Infatti, effettivamente ci si trova in condizioni per cui, per tipologia di aziende, ci si ritrova in una situazione di imbarazzo a capire quale sia la norma che debba essere applicata, senza calcolare inoltre la mancanza di controlli che viene spesso denunziata anche dalle aziende sanitarie locali per una questione di organico.
  La questione fondamentale per la quale siamo in questa sede ancora una volta a interpellare il Governo è una questione di cui abbiamo già parlato con una mia interrogazione che risale al 2013 – stiamo parlando quindi di due anni fa – in cui portavamo a conoscenza tutti i dati che c'erano allora. Risale al 3 dicembre 2013, ma naturalmente quell'interrogazione n. 4-02784 è ancora senza risposta: con essa l'interrogante aveva già sollevato il problema delle cosiddette morti sul lavoro, sottolineando come rappresentassero nel nostro Paese una vera e propria strage e che dal 2008 al 2013 più di 7 mila lavoratori hanno perso la vita mentre svolgevano le proprie mansioni sul luogo di lavoro.
  La questione, dunque, è chiedere in questa sede ai membri del Governo se siano a conoscenza di tutto ciò, se abbiano recepito tutti questi dati e abbiano capito come sia preoccupante l'inversione di tendenza dell'andamento del fenomeno delle morti sul lavoro che sono significativamente in aumento già in questi primi mesi dell'anno e, come ho già detto prima, in questi primi otto mesi dell'anno fino al 31 agosto 2015 in aumento rispetto allo stesso periodo del 2014; quali azioni, per quelle poche persone che oggi si possono ritenere fortunate per avere ancora un posto di lavoro, vengano intraprese per frenare questo grave trend negativo e per promuovere una maggior sicurezza sul posto di lavoro, facendo in modo che anzitutto le norme non siano più in contrasto su alcune categorie di lavoratori per alcune tipologie di aziende; capire se il Governo non abbia intenzione di mettere mano in maniera costruttiva al testo unico degli infortuni che ad oggi risale al 1965; se sia stato attuato, nel rispetto delle compatibilità di finanza pubblica, dal momento che questo è quello che si chiede sempre, un monitoraggio dell'attuazione delle disposizioni in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro a partire dai comparti lavorativi più a rischio, coordinando tutte le risorse umane disponibili dal punto di vista degli ispettorati del lavoro, delle ASL, dell'INPS, dell'INAIL e altri. Non basta, membri del Governo – per togliere qualsiasi dubbio nella risposta che mi verrà data – aver messo mano al testo unico degli infortuni con le norme che sono state stabilite attraverso il Jobs Act perché ciò non è stato fatto in maniera costruttiva, rendendo il testo unico sugli infortuni ancora più complicato.
  Chiediamo in che modo, quindi, il Governo voglia attivarsi per raggiungere l'obiettivo di una maggior sicurezza sul lavoro, volto ad implementare la presenza e l'attività di controllo sulle aziende del territorio e di aiuto, di facilitazione per tutte quelle imprese che hanno la buona volontà oggi in Italia di seguire le norme per mettere in sicurezza i propri lavoratori che sono la risorsa principale dell'impresa – e gli imprenditori ben lo sanno – ma che hanno bisogno di una mano, di essere guidate in questa burocrazia, in queste norme talvolta molto contrastanti. Questo è quanto, e attendo veramente con ansia di sentire la risposta dei membri del Governo.

  PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato per il lavoro e le politiche sociali, Teresa Bellanova, ha facoltà di rispondere.

  TERESA BELLANOVA, Sottosegretaria di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Grazie Presidente, con riferimento all'atto parlamentare degli onorevoli Sorial ed Pag. 4altri, inerente al fenomeno degli infortuni mortali sul lavoro, passo ad illustrare quanto segue.
  Preliminarmente, occorre evidenziare che, ai fini di effettuare una esatta quantificazione del numero di denunce mortali, occorre necessariamente attendere che i dati relativi al 2015 si consolidino. Tanto premesso, l'INAIL ha precisato che l'aumento del numero dei lavoratori deceduti per infortunio nel periodo gennaio-settembre 2015, rispetto al corrispondente periodo dell'anno precedente, si attesta al 13,5 per cento anziché al 15 per cento, come indicato nel presente atto, seppure in controtendenza rispetto alla riduzione registratasi dal 2002 al 2014. Tale incremento, pari in termini assoluti a 102 decessi in più rispetto al 2014, esige alcuni approfondimenti per essere meglio compreso e affrontato.
  I dati forniti dall'INAIL indicano che l'incremento è ascrivibile principalmente ad infortuni mortali in itinere, aumentati del 24 per cento rispetto al 2014, mentre l'incremento dei casi di infortunio mortale in occasione del lavoro è pari al 10 per cento.
  Per quanto di competenza, l'azione del Ministero che rappresento in materia di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori si snoda lungo tre direttrici: la promozione, la prevenzione e il contrasto.
  In particolare, con riferimento alla prevenzione e promozione della cultura della sicurezza nelle aziende, gli uffici territoriali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali sono costantemente impegnati in molteplici attività rivolte principalmente agli operatori del settore dell'edilizia e, più in generale, alle piccole e medie imprese.
  Per quanto concerne invece l'attività di contrasto è opportuno precisare, in via preliminare, che la vigilanza in materia di salute e sicurezza dei lavoratori è principalmente svolta dalle aziende sanitarie locali territorialmente competenti, mentre solo per alcuni settori (essenzialmente quello dell'edilizia) i compiti di vigilanza sono esercitati anche dalle direzioni territoriali del lavoro del Ministero che rappresento.
  Più in generale, la programmazione e la realizzazione delle attività di prevenzione e vigilanza è demandata ai comitati regionali di coordinamento disciplinati dall'articolo 7 del decreto legislativo n. 81 del 2008, nei quali è garantita la partecipazione delle regioni e delle province autonome, nonché del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dell'INPS, dell'INAIL e delle parti sociali.
  Tali comitati – è bene ricordarlo – agiscono sulla base delle indicazioni strategiche fornite dai Ministeri del lavoro e delle politiche sociali e della salute, nonché dal comitato per l'indirizzo e la valutazione delle politiche attive e per il coordinamento nazionale delle attività di vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro, e dalla commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro, la cui composizione è stata modificata dal recente decreto legislativo n. 151 del 2015 al fine di incrementarne ulteriormente l'efficacia.
  Al riguardo, per quanto di competenza, faccio presente che nell'atto di indirizzo del Ministro del lavoro e delle politiche sociali per il triennio 2014-2016, è stata ribadita la necessità di rafforzare le iniziative in favore dei lavoratori sul piano della tutela dell'integrità psicofisica, nonché di migliorare i controlli sia in senso qualitativo che quantitativo.
  Per quanto concerne l'attività di vigilanza svolta dagli uffici territoriali del Ministero che rappresento, informo che nel corso dell'anno 2014 sono state riscontrate circa 27 mila violazioni; mentre, per l'anno in corso, su 18 mila accertamenti realizzati, sono state riscontrate circa 17 mila violazioni, di cui circa 5 mila connotate da gravità.
  Il Ministero che rappresento, oltre all'imminente istituzione dell'Ispettorato nazionale del lavoro, finalizzato alla razionalizzazione e al rafforzamento delle attività ispettive sui luoghi di lavoro, è impegnato in maniera costante a dare attuazione alle disposizioni in materia di Pag. 5sicurezza e salute nei luoghi di lavoro che, al momento, sono in fase di completamento.
  In particolare: il provvedimento con il quale verranno adottate le misure di semplificazione degli adempimenti relativi all'informazione, formazione, valutazione dei rischi e sorveglianza sanitaria per le imprese agricole; il decreto del Presidente della Repubblica. in materia di sistemi di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi; il provvedimento che istituisce il sistema informativo nazionale per la prevenzione sui luoghi di lavoro, volto a fornire dati per orientare, programmare, pianificare e valutare l'efficacia dell'attività di prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali; il provvedimento sulle capacità e i requisiti professionali degli addetti e dei responsabili dei servizi di prevenzione e protezione; i lavori di adeguamento del software per la valutazione dei rischi online.
  Ricordo, inoltre, che il Piano nazionale della prevenzione 2014-2018 del Ministero della salute prevede azioni mirate di controllo nei settori maggiormente a rischio di infortunio grave o mortale, con l'attuazione di specifici piani nazionali di prevenzione nel settore delle costruzioni e nel settore agricolo.
  Faccio presente, inoltre, che l'INAIL svolge anche una attività di assistenza e consulenza mediante progetti finalizzati a fornire alle aziende indicazioni su mezzi, strumenti e metodi operativi al fine di conseguire una riduzione dei livelli di rischio ed individuare elementi di innovazione tecnologica con finalità prevenzionali. L'istituto, inoltre, offre un supporto economico alle aziende mettendo a disposizione risorse per il miglioramento delle condizioni degli ambienti di lavoro sotto il profilo della salute e sicurezza, ricordo ad esempio il sistema di finanziamento ISI ed il bando FIPIT.
  L'INAIL stipula, altresì, specifici accordi con le associazioni rappresentative delle parti sociali la cui finalità è quella di attivare azioni rivolte allo sviluppo della cultura della sicurezza e sviluppare progetti finalizzati alla riduzione degli eventi infortunistici e delle malattie professionali attraverso il miglioramento delle misure minime di prevenzione.
  L'INAIL, inoltre, realizza campagne informative, facilmente reperibili anche su uno specifico sito Internet, su specifiche problematiche di settore quali, ad esempio, la campagna edilizia e la campagna malattie professionali.
  Da ultimo, per quanto concerne la richiamata necessità di aggiornare il Testo unico sugli infortuni (decreto del Presidente della Repubblica. n. 1124 del 1965), occorre evidenziare che lo stesso è stato oggetto nel corso degli anni di diversi interventi normativi nell'ottica di un continuo miglioramento della tutela dei lavoratori. Ricordo, tra gli altri, la legge di stabilità del 2014, che ha introdotto importanti novità in materia di indennizzo del danno biologico, prevedendo un ulteriore aumento delle indennità dovute dall'INAIL; la medesima legge ha, inoltre, previsto un metodo di calcolo della rendita in favore dei superstiti di lavoratori deceduti che consente di migliorarne i livelli di tutela.

  PRESIDENTE. Il deputato Sorial ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza. Ricordo che ha dieci minuti a disposizione.

  GIRGIS GIORGIO SORIAL. Grazie, Presidente. Sono contento che sia stata richiamata la legge di stabilità per il 2014, perché ciò mi permette di fare alcune considerazioni che magari rendono ancora più chiari dei dati che, forse, sono invece poco chiari al Ministero del lavoro.
  Se le morti aumentano in termini percentuali sui luoghi di lavoro, pur avendo fatto, e sciorinato adesso, una lista di programmi di prevenzione e di controllo, probabilmente vuol dire che o i programmi di controllo e di prevenzione non funzionano oppure che non vengono applicati in maniera adeguata, perché altrimenti non si spiegherebbe un aumento delle morti sui posti di lavoro e un aumento degli incidenti sui posti di lavoro.Pag. 6
  Probabilmente, i dati dichiarati dall'Associazione nazionale dei mutilati e degli invalidi del lavoro oltre a quelli dell'INAIL non sono stati recepiti dal Ministero del lavoro, che alle mie domande risponde dicendo che parte del controllo lo fa, come già avevo sottolineato, l'azienda sanitaria locale con la partecipazione delle regioni. Benissimo, le regioni si trovano nella condizione, anche a causa dei tagli che state operando con questa legge di stabilità, di non poter fare politiche sulla prevenzione e sul controllo perché diventa una questione poco prioritaria in funzione dei trasferimenti che vengono fatti dallo Stato alle regioni, che voi continuate a diminuire anche in questa legge di stabilità, quindi viene meno anche il lavoro di controllo che ci dovrebbe essere.
  Secondo punto: forse sono io che non sono stato molto chiaro sui dati, perché quelli che ho citato non contengono neanche i dati per i suicidi che si verificano per motivi legati al lavoro, che a mio avviso dovrebbero in qualche modo essere valutati e considerati.
  Non vengono messi all'interno di questa categoria perché naturalmente non sono direttamente correlabili al posto di lavoro, però purtroppo per un cittadino medio italiano che si ritrova per motivi occupazionali senza lavoro bisognerebbe fare un bel ragionamento anche da questo punto di vista. Ricordo ai membri del Governo che hanno citato la legge di stabilità 2014 e un intervento sull'indennità per danno biologico che, come già detto precedentemente, sul Testo unico si era fermi dal 1965 e le modifiche che sono state fatte per ultimo con il Jobs Act hanno ridotto in maniera generale tutti i diritti costituzionali dei lavoratori e le garanzie che potevano avere questi lavoratori, limitandoli ulteriormente. Nel Testo unico si sono limitati ulteriormente. Troppo spesso le classi politiche hanno cercato di diminuire le tutele legislative per i lavoratori e solo dal 2008 il Governo prima Berlusconi, poi Letta e oggi Renzi sono intervenuti con decreti che sono peggiorativi, modificando in parte contenuti e diminuendo quindi in maniera totale la tutela per i lavoratori. Con quale scusa ? Con il paravento delle semplificazioni, e quindi in questo modo sono state cancellate disposizioni organizzative nate con lo scopo di tutelare la salute dei lavoratori. Sono state ridotte – voi le avete ridotte – le categorie di lavoratori tutelati del Testo unico, sono state poi naturalmente ridotte le sanzioni in caso di inadempienza, che erano l'unico vero deterrente per chi era inadempiente, e vengono a mancare per una questione di trasferimenti, come già detto, tutte le politiche di prevenzione e controllo. Uno si chiederebbe perché un lavoratore italiano accetta di lavorare in queste condizioni, perché è in atto un vero e proprio ricatto lavoro-sicurezza rafforzato naturalmente dalla condizione economica e dalla crisi in cui ci troviamo. Ricordiamoli questi dati del lavoro: l'ISTAT a settembre dice che la disoccupazione è dell'11,9 per cento, per gli under 24 è ancora sopra il 40 per cento, 40,7 per cento rispetto al 40,4 per cento del mese precedente; i giovani, che sono la prioritaria forza lavoro del nostro Paese, così come dovrebbero essere tutelati in merito, a luglio di quest'anno rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente sono 80 mila in meno, solo nel mese di giugno 2015 sono diminuiti di 22 mila unità. Non basta dire che con il Jobs Act si creano posti di lavoro perché ormai hanno capito tutti che cambiare il contratto e cambiare la tipologia di contratto non crea posti di lavoro ma cambia solo la tipologia di contratto. Hanno capito veramente tutti, non vale più, non rende più. Il tasso di disoccupazione – sono contento che vengano presi in considerazione questi dati perché rimangono fondamentali nel nostro Paese, bisognerebbe rifletterci molto di più – dei ragazzi fra i 15 ed i 24 anni, cioè la quota di giovani disoccupati totale attivi, occupati e disoccupati, è pari al 44,2 per cento. Allora non basta purtroppo sciorinare una lista di interventi e programmi a cui poi non vengono destinate risorse che rimangono ferme lì e che non fanno niente, perché i numeri sono chiari: gli incidenti sul lavoro sono aumentati, le morti sul posto di lavoro sono aumentate, gli incidenti per patologie, per sostanze Pag. 7nocive, sostanze inquinanti che vengono utilizzate sono aumentati e ci ritroviamo in una situazione del genere, ci si ritrova in una situazione per cui abbiamo un quadro desolante del lavoro in Italia, per chi non ce l'ha e per chi ce l'ha ed è costretto ad un ricatto continuo, o il lavoro o la sicurezza. I lavoratori sono dunque oggi costretti ad accettare anche condizioni lavorative che mettono quotidianamente a rischio la loro vita e loro ne sono consapevoli. Purtroppo non sono soddisfatto della risposta dei membri del Governo perché oggi in Italia constatiamo una cosa molto semplice: il lavoro non nobilita più l'uomo, ma per chi ce l'ha ancora il lavoro lo uccide, quando manca e quando c’è.

(Iniziative per garantire al settore delle energie rinnovabili l'erogazione degli incentivi su base mensile – n. 2-01121)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Pagani ed altri n. 2-01121, concernente iniziative per garantire al settore delle energie rinnovabili l'erogazione degli incentivi su base mensile (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo al deputato Alberto Pagani se intenda illustrare la sua interpellanza. Prego, deputato, ha 15 minuti.

  ALBERTO PAGANI. Grazie, Presidente. Il settore delle energie rinnovabili per impianti di potenza superiore al megawatt ed entrati in esercizio entro il 31 dicembre 2012 gode naturalmente di incentivi sotto forma di «certificati verdi» fino alla data del 31 dicembre prossimo.
  Dal 1o gennaio 2016, in base alle norme dettate dal Ministero dello sviluppo economico con decreto 6 luglio 2012, avverrà la conversione del diritto ai certificati verdi in incentivi calcolati sulla produzione netta di energia prodotta.
  A tutt'oggi non risultano pubblicate le norme che stabiliscono le tempistiche di erogazione dei predetti incentivi e, anzi, notizie o indiscrezioni di stampa recenti paventano la possibilità di un riconoscimento degli incentivi dopo sei mesi dalla loro maturazione trimestrale.
  Essendo il settore da tempo in crisi anche a causa di interventi legislativi che hanno minato le basi finanziarie (ad esempio, il sistema obbligatorio del reverse charge per l'IVA dal 1o gennaio 2015) un eventuale fallimento del comparto causerebbe impatti negativi sul lato occupazionale per migliaia di persone che vi operano in maniera diretta e indiretta, oltre alla perdita degli ingenti investimenti effettuati dagli operatori.
  In assenza di un quadro di certezza e celerità nell'erogazione degli incentivi, gran parte delle aziende saranno sottoposte ad uno stress finanziario insostenibile tale da poterle portare sino alla chiusura degli stabilimenti.
  A poche settimane dall'entrata in vigore del nuovo sistema, è estremamente urgente che gli operatori conoscano le modalità applicative, al fine di prevedere quanto necessario nella predisposizione del budget di esercizio.
  Quindi, con questa interpellanza chiediamo se il Governo non ritenga opportuno e necessario assumere iniziative per prevedere l'erogazione degli incentivi su base mensile, come finora avvenuto per il rilascio dei certificati verdi, al fine di risolvere il problema della liquidità e non creare impatti negativi sui cicli monetari delle imprese del settore.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Antonello Giacomelli, ha facoltà di rispondere.

  ANTONELLO GIACOMELLI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, il sistema dei certificati verdi costituisce un meccanismo di sostegno alla produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile che si inserisce nel contesto normativo europeo volto alla creazione del mercato interno dell'energia e all'attuazione degli obiettivi derivanti dal protocollo di Kyoto. I certificati verdi rappresentano titoli negoziabili rilasciati alla produzione di energia elettrica prodotta Pag. 8da impianti alimentati da fonti rinnovabili riconosciuti come tali dal GSE.
  Il sistema dei certificati verdi è stato introdotto dal decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 (di attuazione di una direttiva europea) il cosiddetto decreto Bersani. Il decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28 (ancora di attuazione di una direttiva europea) ha previsto la sostituzione del sistema dei certificati verdi con un sistema a tariffa, a partire dall'anno 2016.
  La disciplina di questa trasformazione è stata rimessa dall'articolo 25, comma 5, ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e, per i profili di competenza, con il Ministro delle politiche agricole e forestali, sentite l'Authority per l'energia elettrica e il gas e la Conferenza unificata.
  L'articolo 19 del decreto ministeriale 6 luglio 2012 ha quindi provveduto a dare attuazione alla conversione del meccanismo dei certificati verdi in un meccanismo incentivante.
  L'articolo 24 del medesimo decreto ministeriale 6 luglio 2012 ha demandato al GSE l'emanazione di apposite procedure applicative delle disposizioni del medesimo decreto, ivi comprese quelle relative alla conversione del diritto ai certificati verdi in incentivo.
  L'attuazione del menzionato articolo 19 comporta un impatto sensibile sulla componente A3 delle tariffe elettriche, in quanto l'operazione di conversione dei certificati verdi in tariffa e di erogazione della tariffa stessa si sovrappone a quella di ritiro dei certificati verdi invenduti dal mercato, di cui all'articolo 20 dello stesso decreto.
  Ci si attende, pertanto, che nel 2016 il costo totale, imputabile ai certificati verdi, subisca un sostenuto aumento rispetto al 2015.
  L'impatto, segnalato anche dall'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, in termini di aumento della componente A3 nel 2016, sarebbe superiore a 1 miliardo di euro rispetto al 2015 e, nello stesso anno, potrebbe ridurre notevolmente i benefici derivanti da importanti provvedimenti varati dal Governo in tema di riduzione dei costi della bolletta elettrica (mi riferisco, in particolare, al decreto-legge n. 91 del giugno 2014).
  C’è da considerare che una parte di questa spesa, in realtà, è già oggi pagata dai consumatori, attraverso i prezzi di mercato delle forniture, che sono già comprensivi, nella maggior parte dei casi, del costo per i certificati verdi. Tuttavia, la componente A3 dovrà effettivamente sostenere, nell'anno 2016, operazioni di particolari dimensioni economiche.
  L'Autorità ha di recente quantificato l'impatto aggiuntivo e, di conseguenza, segnalato al Governo l'opportunità di rendere più sostenibile la manovra, apportando delle modifiche sui tempi di pagamento, prevedendo che il pagamento delle nuove tariffe sia effettuato, nel 2016, alla fine del sesto mese successivo a quello che segue ciascun trimestre e, successivamente al 2016, sia gradualmente anticipato, fino a ottenere un'erogazione su base mensile entro il 2019, ovvero prevedendo un valore maggiorato di ritiro dei certificati verdi presentati dopo il 2016, in modo da remunerare la dilazione temporale.
  Alla luce di quanto detto, sono in corso verifiche tecniche con GSE e con la stessa Autorità per trovare il modo migliore di venire incontro alle esigenze finanziarie poste dagli operatori, salvaguardando una certa stabilità regolamentare ma cercando, nello stesso tempo, la strada per non provocare aggravi significativi in bolletta. Al momento, non è stata assunta una determinazione finale, ma abbiamo ragionevole certezza che questo possa avvenire nei prossimi giorni, in modo da dare, come del resto chiesto nell'interpellanza in oggetto, le necessarie certezze al mercato.

  PRESIDENTE. Il deputato Pagani ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  ALBERTO PAGANI. Grazie, Presidente. Non posso dirmi totalmente soddisfatto della risposta ma solo parzialmente.
  Il sottosegretario faceva giustamente riferimento alle normative europee, che Pag. 9hanno imposto la modificazione dell'erogazione dell'incentivo. Esiste anche una normativa europea, che è la direttiva n. 7 del 2011, che impone alla pubblica amministrazione di pagare i debiti entro 30 giorni, per citarle tutte.
  È sicuramente apprezzabile la volontà manifestata di compensare il ritardo di quest'anno negli esercizi successivi. Il problema resta, quello per le aziende, di arrivare vive al momento in cui si compensa, perché le aziende pagano la materia prima normalmente a 30, 60 giorni, pagano i lavoratori tutti i mesi, eccetera. Inoltre, essendo aziende molto esposte con le banche, può essere che abbiano difficoltà finanziarie e non abbiano accesso al credito in modo tale che permetta loro di potere acquistare materie prime e lavorare.
  Resta, comunque, soddisfacente l'impegno del Governo di valutare, in modo approfondito, come affrontare questa problematica con gli operatori del settore.

(Interventi a favore del settore della microelettronica, con particolare riferimento alla redazione del documento strategico per le relative politiche industriali – n. 2-01132)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Currò ed altri n. 2-01132, concernente interventi a favore del settore della microelettronica, con particolare riferimento alla redazione del documento strategico per le relative politiche industriali (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo al deputato Currò se intenda illustrare la sua interpellanza, per quindici minuti, o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  TOMMASO CURRÒ. Grazie, Presidente. Signor sottosegretario, oggi discutiamo un tema di rilevante importanza per la definizione delle strategie di sviluppo del nostro Paese. Il 21 maggio scorso si è tenuto ad Helsinki un meeting organizzato da IndustriAll Europe, la federazione dei sindacati dell'industria di tutti i Paesi europei, per discutere dello stato del settore dell’information and communication technology. In quella occasione, l'istituto di ricerca Syndex ha predisposto uno studio, secondo cui le imprese manifatturiere europee dell'ICT hanno complessivamente sofferto una riduzione pari a circa 250 mila posti di lavoro dal 2007 al 2013, quindi per tutto il periodo della crisi, sostanzialmente.
  Spagna, Italia e Irlanda sono stati i Paesi con la maggiore perdita rispetto agli altri Paesi europei come, ad esempio, la Germania. È emerso che il settore in Europa è in costante declino rispetto all'Asia e agli Stati Uniti.
  E tutto ciò, nonostante il valore complessivo del mercato dell'ICT sia di fatto in continua crescita: 3.625 miliardi di dollari nel 2014 e una stima di 4,000 miliardi di dollari nel 2017.
  I fattori che hanno contribuito a determinare questo divario sono sicuramente identificabili nella struttura del tessuto industriale e nella capacità di innovazione. Due elementi chiave per rimanere competitivi e soddisfare un mercato peculiarmente dinamico ed in continua evoluzione.
  La microelettronica, signor sottosegretario, rappresenta il fondamento fisico delle tecnologie della comunicazione e della informazione. Senza la base di silicio su cui fabbrichiamo i microchip nessun progresso nell'high-tech sarebbe stato mai possibile. Le stime del World Semiconductor Trade Statistics indicano un mercato di 340 miliardi di dollari nel 2015 e stime per il 2017 pari a 365 miliardi di dollari per questo settore. In Italia il settore della microelettronica è rappresentato dall'ANIE, l'associazione delle industrie elettroniche ed elettrotecniche, suddiviso nel comparto della componentistica, composto principalmente da piccole e medie imprese localizzate in gran parte nel nord Italia ed in quello dei semiconduttori con una struttura diversa caratterizzata da poche industrie di cui STMicroelectronics costituisce la punta di diamante. Proprio quest'ultimo comparto è sottoposto a pressioni competitive di portata epocale. Perché Pag. 10se fino a qualche tempo fa era possibile, vista l'impossibilità a competere sui salari, garantire comunque margini di profitability per le aziende europee mediante il mantenimento in loco di beni ad alto valore aggiunto e il contestuale trasferimento delle produzioni a più basso valore aggiunto nelle regioni extraeuropee, oggi questa sicurezza viene meno se si considera che i Paesi asiatici sono in grado oggi di competere non più solo sul costo del lavoro, ma anche sulla qualità e sull'innovazione, grazie agli ingenti finanziamenti in istruzione, ricerca e sviluppo. Facciamo degli esempi, il colosso cinese delle telecomunicazioni Huawei investe una parte rilevante del proprio fatturato in ricerca e sviluppo. La China Development Bank sta investendo miliardi di dollari nelle stelle nascenti dell'high tech e la stessa Cina si è posta l'obiettivo di produrre entro il 2020 il 20 per cento di energia da fonti rinnovabili con un piano di investimenti da 1.700 miliardi di dollari, messi a disposizione dalla China Development Bank in cinque nuovi settori «verdi». Il governo ha inoltre annunciato lo stanziamento di 100 miliardi di dollari con l'obiettivo che per la data del 2025 il 50 per cento dei prodotti elettronici venduti in Cina siano progettati, prodotti e commercializzati da industrie cinesi, la filiera completa dunque, una sorta di chilometro zero della produzione ipertecnologica. Gli USA, dopo la crisi finanziaria del 2007 hanno davvero cambiato verso, dando avvio ad un vasto programma di ripopolamento industriale e manifatturiero annunciato dal presidente Obama: il National Network for Manifacturing Innovation, con l'obiettivo di catalizzare fino a 15 nuove fabbriche innovative e creando un fondo da 10 miliardi di dollari in modo da assicurarsi che la terza rivoluzione industriale determinata dalle cosiddette KET (Key Enabling Technologies) sia realizzata in America. Obama ha coniato la frase «we can get that done», che significa, ci assicureremo che ciò sarà fatto. Proprio sui settori delle Key Enabling Technologies si giocherà la partita del prossimo futuro, caro sottosegretario, considerata la loro capacità di innescare processi di sviluppo in altri settori di consumo mediante l'innalzamento del valore aggiunto dei prodotti finali. Proprio per questo motivo la vittoria competitiva potrebbe provenire non tanto dall'aumento della domanda, quanto dalla concentrazione di innovazione nei prodotti di largo consumo. La nanotecnologia, ad esempio, con una crescita media del 5 per cento annuo dal 2000, è una tecnologia abilitante KET e oggi occupa 200.000 persone direttamente e un milione di persone indirettamente in Europa.
  E proprio in Europa la crescita delle aziende di semiconduttori passa attraverso la «Strategia Europea per la Microelettronica» fortemente voluta dalla ex vicepresidente dell'Unione Europea, Neelie Kroes: uno dei sette pilastri dell'agenda digitale della Commissione europea riguarda infatti il lancio di una «nuova strategia industriale per la microelettronica». La necessità di un piano straordinario europeo sulla manifattura tecnologica si era resa d'altro canto evidente già nel corso della programmazione dei fondi 2007-2013 che era incentrata sul sostegno alla ricerca e alla proprietà intellettuale; nulla però si faceva rispetto alla fabbricazione. Poi, infatti, i prodotti venivano costruiti in Asia perché più competitivi con il risultato di non creare alcun posto di lavoro aggiuntivo in casa nostra.
  L'esempio emblematico è rappresentato dalle batterie al litio, il cui prodotto viene costruito per il 94 per cento in Asia, nonostante qui, in Europa, si sia fatta progettazione e, chiaramente, sperimentazione di brevetti per circa il 30 per cento. In Europa, poi, la manifattura sulle batterie al litio è praticamente arrivata a zero. Lo scenario della programmazione 2014-2020, signor sottosegretario, offre opportunità diverse, perché mira ad incentivare tutto il percorso di filiera per l'attivazione dei finanziamenti fino alla prototipazione dei dispositivi in fabbrica, ancorando così i fondi al territorio ed evitando la delocalizzazione delle produzioni.Pag. 11
  La nuova strategia industriale, annunciata nel maggio del 2013 dalla vicepresidente Kroes, e denominata 10/100/20, intende mobilizzare 10 miliardi di euro di fondi privati, pubblici e UE (la UE mette a disposizione 5 miliardi di euro per il settore), per mezzo di un partenariato pubblico-privato, che smuoverebbero circa 100 miliardi di euro nel settore, per fare in modo che la produzione di chip in Europa raddoppi fino a rappresentare circa il 20 per cento della produzione mondiale entro il 2020.
  Nello stesso momento, la Kroes ha annunciato la creazione di cinque linee pilota sulle tecnologie abilitanti, le KET: per queste linee, ha annunciato di avere stanziato 100 milioni di euro su 750 milioni previsti. Il finanziamento totale include i contributi degli Stati membri e delle industrie. Le linee pilota sono il seme della strategia europea sulla microelettronica e sono state attivate in Francia, in Germania, in Austria e in Olanda, e una in Italia, ad Agrate.
  Una sesta linea pilota, prevista a Catania, laddove abbiamo un plant produttivo della STMicroelectronics molto importante, non è partita, perché è mancato il cofinanziamento dello Stato italiano; e qui, signor sottosegretario, si muove una forte critica a questo aspetto. Il cofinanziamento nazionale è una condizione, infatti, necessaria per consentire la partecipazione delle imprese italiane.
  Gli Stati europei, signor sottosegretario, considerano la microelettronica strategica per la crescita ed investono massicciamente in essa. Allo stato attuale, la Francia ha stanziato più di 800 milioni di euro (600 milioni dallo Stato francese, più altri 200 milioni dalle comunità locali) e la Germania altri 400 milioni di euro nella Sassonia; l'Italia solo 5 milioni di euro per una linea pilota ad Agrate e zero, come si diceva, per quella di Catania, che, appunto, non è partita, purtroppo.
  E allora, signor sottosegretario, oggi siamo qui a discutere di un tema che il Ministero dello sviluppo economico ha iniziato già a trattare dal 2013, e cioè (a seguito di una serie di tavoli che sono stati organizzati dal Ministero, anche su iniziativa delle forze sindacali) di un tavolo sulla microelettronica, che doveva, poi, confluire nella redazione di un documento strategico per le politiche industriali sulla microelettronica in Italia, il cui inizio di redazione doveva vedere la luce intorno al novembre del 2014.
  Con la strategia europea sulla microelettronica l'Unione europea vuole creare, come si diceva, 250 mila nuovi posti di lavoro entro il 2020. Con le dovute proporzioni, signor sottosegretario, sarebbe interessante capire come il Ministero dello sviluppo economico voglia interessarsi e come intenda agire per ripartire anche sul nostro Paese questa quota di nuovi posti di lavoro. Si diceva che il cofinanziamento nazionale è una condizione necessaria per consentire la partecipazione delle imprese italiane ai fondi messi a disposizione dalla UE. Lo Stato italiano, allora, come ha intenzione di intervenire su questi investimenti ?
  Ricordiamoci che la STM è un'azienda partecipata dallo Stato. Ora si sta per avviare una procedura di cessione di quote al fondo strategico, un fatto che io vedo di rilevanza non banale, dal momento che il fondo strategico avrà sicuramente cura di attivare i giusti investimenti in questa azienda così importante. Però, il Ministero dello sviluppo economico ha intenzione di seguire questo processo ? Come pensa, ad esempio, di fare sinergia e di raccordarsi con le istituzioni europee, con le regioni e con le imprese, per evitare, appunto, che questi fondi, di fatto, da opportunità possano diventare discriminanti per le aziende localizzate in Italia ?
  Vede, signor sottosegretario, io provengo da Catania, ho lavorato dieci anni in STMicroelectronics e conosco bene questa realtà. A Catania sono state investite ingenti risorse per costruire un impianto nuovo – si chiama M6 – che doveva ospitare la produzione a 12 pollici sui wafer di silicio. Ebbene, il plant è messo lì, il fabbricato è lì, ma non è stato mai riempito con le attrezzature per passare all'effettiva produzione.Pag. 12
  Oggi vi è il consorzio della 3SUN, che opera all'interno della fabbrica, costruendo, sostanzialmente, pannelli fotovoltaici. È come se noi acquistassimo una Ferrari giusto per andare a comprare il latte giù sotto casa; quindi, è uno spreco inutile di risorse.
  Allora, il sito di Catania necessita di essere innovato ed è stato presentato presso Invitalia un progetto da 200 milioni di euro per convertire la linea da 6 pollici a 8 pollici, in modo da garantire l'occupazione futura, signor sottosegretario. Quindi, anche i fondi strutturali siciliani potrebbero essere utilizzati. Mi domando, in questo caso, quale impegno può il Ministero per lo sviluppo economico assumere a tal riguardo. Lei sa benissimo, signor sottosegretario, che questo è un settore estremamente competitivo e il tema della riduzione dei costi rappresenta un elemento di competitività per far sì che le nostre fabbriche restino in piedi e riescano a garantire occupazione e profitability. Se noi ancora abbiamo interi reparti a Catania – nella cosiddetta Etna valley, che doveva essere nelle intenzioni originarie di Pasquale Pistorio la Silicon valley italiana – che producono tecnologie che risalgono agli anni Ottanta, Novanta, perché sono su wafer di silicio piccoli, che non consentono più di avere un'integrazione di microchip che sia competitiva rispetto allo scenario internazionale, chiaramente quei reparti sono destinati al fallimento. Io sono certo che questo non lo vuole nessuno e sono convinto che il Ministero per lo sviluppo economico saprà darmi risposte rispetto a questo tema, e avremo sicuramente in futuro modalità per interagire, per rapportarci e per portare avanti questo progetto sulla microelettronica.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Antonello Giacomelli, ha facoltà di rispondere.

  ANTONELLO GIACOMELLI, sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, vorrei ricordare – è stato citato nell'interpellanza – che nel febbraio del 2014, la costituzione di un tavolo di confronto permanente sul settore della microelettronica, presieduto dall'allora Viceministro, professore De Vincenti, fu dettata dall'esigenza di mantenere nel nostro Paese le numerose e qualificate risorse umane e, soprattutto, le imprese in esso impegnate, alla luce dei casi di grandi aziende del comparto. I primi confronti con le rappresentanze di categoria hanno fatto emergere come le problematiche correlate di molteplici piccole e medie imprese che operano nella componentistica, subfornitori del settore, abbiano tematiche e direttrici di sviluppo parzialmente sovrapponibili a quelle delle medie e grandi imprese della microelettronica. Il Ministero ha, quindi istituito un gruppo di lavoro per la redazione di un piano di settore che, partendo dall'analisi delle contingenze, potesse delineare le migliori pratiche attivabili per consolidare il patrimonio industriale in questo specifico segmento. Nel piano si delineano le possibili azioni positive attivabili per lo sviluppo del comparto nel medio e lungo termine.
  Il piano effettua una disamina delle caratteristiche e della valenza economica del settore, con riferimento alle competenze consolidate in ambito nazionale e in raffronto alle strategie di sviluppo tecnologico delineate nell'ambito del nuovo programma Horizon 2020 che, attraverso il paradigma delle Key Enabling Technologies, include la micro e la nanoelettronica.
  L'analisi tiene conto degli orientamenti della Commissione europea per la «specializzazione intelligente», riguardanti il ruolo della nano e microelettronica anche nell'ambito delle politiche di coesione, favorendo la crescita delle diverse regioni per aumentarne la capacità competitiva e la possibilità di connessione con la catena industriale del valore di altre regioni d'Europa. Queste considerazioni evidenziano la possibilità del nostro Paese di invertire la tendenza alla deindustrializzazione e rimanere al passo dei principali concorrenti internazionali, necessariamente passando per una forte e solida strategia nazionale sulle tecnologie abilitanti fondamentali.Pag. 13
  Sono stati, inoltre, esaminati gli aspetti specifici dei settori e gli ambiti applicativi trainanti per la microelettronica, dove maggiore risulta essere l'impatto delle tecnologie microelettroniche, nonché i necessari riferimenti a livello scientifico e accademico e, più in generale, il ruolo fondamentale che le istituzioni educative, in primis le università, possono e devono svolgere per la crescita e il miglioramento del contesto socio-economico. Il tema del potenziamento dell'apparato produttivo di settore passa attraverso la necessità di risorse particolarmente qualificate, con la possibilità che le stesse possano essere formate nell'ambito di programmi di medio termine coordinati tra pubblico e privato.
  Sono state, infine, affrontate le linee per rilanciare la competitività sul mercato globale delle imprese del settore microelettronico valorizzando le competenze e le caratteristiche italiane e le possibili aree di intervento, quali la politica industriale, la capitalizzazione delle piccole e medie imprese, l'attrazione degli investimenti esteri, il ruolo della ricerca pubblica, gli strumenti di sostegno alla ricerca, sviluppo e innovazione, la pianificazione degli interventi, il quadro delle regole certe e univoche, la semplificazione amministrativa e le altre misure per la crescita più in generale delle piccole e medie imprese e l'incremento della catena del valore.
  Alla luce delle analisi effettuate e, in accoglimento di quanto emerso nella riunione plenaria del tavolo sulla microelettronica del settembre 2014, è stato quindi predisposto un documento strategico per il rilancio del settore, che sarà presentato alle rappresentanze settoriali e alle organizzazioni sindacali, tra pochi giorni, nel prossimo incontro previsto per il mese di novembre.

  PRESIDENTE. La ringrazio, signor sottosegretario. Il deputato Currò ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  TOMMASO CURRÒ. Ringrazio il signor sottosegretario. La notizia che ci sta dando oggi è interessante: il documento è stato quindi redatto e verrà presentato a novembre alle rappresentanze sindacali. Di questo sono sicuramente soddisfatto.
  Ritengo che il Ministero dello sviluppo economico debba continuare in questa attività di approfondimento del settore della microelettronica. Lei stesso, signor sottosegretario, riconosce, perché competente in questa materia, che il ruolo delle cosiddette tecnologie abilitanti fondamentali per il nostro paese è un ruolo assai strategico. Abbiamo già detto come queste tecnologie, se implementate, consentano di fatto ad altri settori di migliorare la propria capacità innovativa, il proprio contenuto tecnologico e di innovazione e quindi in questo modo riusciamo ad affrontare la sfida occupazionale, non soltanto attraverso l'aumento della domanda, ma anche attraverso il valore stesso dei beni di largo consumo; pensiamo alle automobili, agli smartphones e a tutti quegli oggetti che normalmente e quotidianamente utilizziamo.
  Sulle automobili c’è poi un tema molto interessante, perché il settore dell'automobile è in fortissima espansione. Se pensiamo al tema della sicurezza, del comfort, dell'intelligenza nella guida, ci aspettiamo nei prossimi decenni un aumento consistente della quantità di silicio integrato all'interno di una autovettura, per non parlare poi delle cosiddette «Internet of things», cioè di questa nuova concezione di Internet, che pervaderà le nostre vite. Lei comprende quindi, signor sottosegretario, che se vogliamo giocarci questa partita, dobbiamo avere un ruolo determinante all'interno dell'Unione europea. La vicepresidente Neelie Kroes ha dato questo input, riconoscendo che l'Europa non può stare fuori da questa partita. Dopo la crisi finanziaria del 2008, gli americani ne hanno tratto una dura lezione, e da un'economia basata essenzialmente sulla finanziarizzazione hanno cambiato totalmente rotta, capendo che il futuro passa attraverso il manifacturing, attraverso la creazione di posti di lavoro reali, attraverso l'implementazione di fabbriche ad altissimo contenuto tecnologico, Pag. 14con investimenti di capitali che, lei sa benissimo, sono davvero enormi. Allora quando le cito l'M6 di Catania non è perché voglio fare meridionalismo o fare discorsi di campanilismo. Le dico soltanto che quella struttura grida vendetta, perché è una struttura meravigliosa, bella, tecnologica, avanzata. Avrebbe potuto ospitare attrezzature del costo di milioni di euro, per consentire a migliaia di ragazzi, laureati in discipline scientifiche – quindi parliamo delle eccellenze del nostro Paese – di lavorare e costruirsi un futuro. Questo purtroppo non è avvenuto, perché il timing si è perso, perché non siamo stati bravi a fare rete, a coordinare i diversi livelli istituzionali. Ci vuole infatti un impegno anche da parte delle regioni e qui faccio una denuncia della mia regione. La regione siciliana è sempre stata assente. Non si interessa di questi temi. A loro non interessano i temi dello sviluppo produttivo. È una vergogna, signor sottosegretario ! Il Ministero dello sviluppo economico si deve impegnare anche per raccordare i diversi livelli istituzionali, al fine di consentire alle aziende, alle imprese, ai nostri gioielli, di cui la STM è un esempio, di essere preservati.
  Concludo con questo auspicio e la ringrazio davvero per il suo intervento.

(Intendimenti del Governo circa un eventuale ritiro del contingente italiano dall'Afghanistan entro il mese di ottobre 2015 o, comunque, entro la fine dell'anno – n. 2-01137)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Artini ed altri n. 2-01137, concernente intendimenti del Governo circa un eventuale ritiro del contingente italiano dall'Afghanistan entro il mese di ottobre 2015 o, comunque, entro la fine dell'anno (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo al deputato Artini se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica. Prego, ha 15 minuti.

  MASSIMO ARTINI. Grazie Presidente. Poniamo alcuni punti, in particolare cos’è attualmente la missione in Afghanistan. Da trattazione iniziale fatta in questa legislatura dopo l'ottobre 2013, la conversione della missione ISAF precedente era quella di portare nella Resolute Support un diverso modo di approcciare l'Afghanistan, ovvero con una missione «non combat» e con un apporto italiano che era esclusivamente mirato al mentoring e al training.
  È notizia di questi giorni il fatto che la Presidenza degli Stati Uniti abbia richiesto espressamente agli alleati, che sono nel dispositivo che è attualmente in Afghanistan, il prolungamento della missione fino al 2017. Infatti la Resolute Support aveva come tempo limite l'inizio del 2016 e per tutte le valutazioni fatte in tutti i decreti passati l'obiettivo era proprio questo, cioè riuscire a riportare a casa, al netto, se non ricordo male, di 70 persone a Kabul che erano comunque in un comando, tutto il contingente che era ad Herat.
  La nostra volontà espressa dal Presidente del Consiglio Renzi, ma anche da altre cariche o in altre situazioni, è stata quella di adoperarsi – e questa è anche una parte della domanda – per prolungare fino al 2017 questo tipo di intervento.
  La Resolute Support era ed è – o almeno fino alla metà di ottobre doveva esserlo – una missione di training e mentoring. Il ragionamento fatto su quella missione fu dire «non utilizzo le mie forze per fare force protection», ma il contingente spagnolo che era presente ed era arrivato tendenzialmente alla fase finale della precedente operazione veniva utilizzato per quella fase di «force protection» di Camp Arena, che è la base dove i nostri soldati risiedono.
  In questo momento in cui c’è una recrudescenza da parte talebana nelle zone intorno ad Herat e viene segnalata peraltro una presenza iniziale del Daesh, quello che preoccupa è il fatto che gli spagnoli da poche settimane, direi pochi giorni, si sono ritirati, come giustamente previsto dalla loro missione, dalla base in Afghanistan, il che significa che il reggimento della fanteria della brigata Aosta ha Pag. 15attualmente il compito di fare anche force protection, cioè mantenimento della sicurezza di Camp Arena.
  Un appunto sul nostro compito nella Resolute Support è importante. In una visita effettuata nel settembre 2014 ci fu perfettamente spiegato quale era il nostro compito. La NATO aveva sviluppato un concetto operativo per il training e il mentoring estremamente complesso e articolato, per il quale era necessario un supporto di training – rispetto a cui siamo riconosciuti a livello internazionale tra i migliori – fatto dagli italiani in quel concetto, quindi con un certo numero di uomini, con una sua parte di protezione che era relativa a chi faceva mentoring e training, ma che non riguardava la protezione della base.
  Il punto è il prolungare al 2017 la missione Resolute Support, oltre ad essere un qualcosa che dovrà avere le necessarie autorizzazioni. Ma al netto di questo, la domanda che nasce e che è insita nell'interpellanza è comprendere come è possibile fare la stessa missione di Resolute Support, quindi di training e mentoring, quando i numeri delle forze sono sbilanciati nella force protection, perché non abbiamo nessun altro che fa questo.
  Ragionavo prima della recrudescenza dei talebani. Nella zona intorno ad Herat, nelle due direttrici, a sud le forze talebane stanno combattendo per la conquista di Shindand, che come italiani abbiamo lasciato l'anno scorso in mano semplicemente agli americani. Nel 2014 era una delle zone in cui era ancora estremamente rischioso effettuare qualsiasi tipo di operazione. Nella parte a est, le milizie talebane stanno combattendo a Tulak, dopo aver riconquistato il 18 ottobre 2015 il distretto di Ghormach, nella provincia di Badghis, il 30 settembre il distretto di Khaki Safed, a Farah, e a maggio il distretto di Jawand, sempre nella provincia di Badghis. Le province di Herat, Badghis, Ghor e Farah rientrano tutte nell'area di competenza del nostro training, quello a comando italiano, cioè nella parte ovest.
  Sarebbe estremamente grave trovarsi di fronte a una nuova strage e, nell'eventuale ritiro di truppe italiane dall'Afghanistan, ovviamente dovremmo anche mantenere quella protezione in fase di ritiro.
  Quindi, la domanda che pongo al Governo è: qual è l'utilità ? Poi anche su questo bisogna ragionare. Il Ministro Pinotti, l'anno scorso, a febbraio, nell'annunciare la chiusura di alcune missioni internazionali, indicò come prioritario per il Paese concentrarsi su altri tipi di missione. In particolare, fece riferimento alla situazione siriana, perché impatta poi sul discorso rifugiati, che va a premere sul Libano, che impatta sul flusso di immigrazione. Fece riferimento, in particolare, alla situazione libica.
  Quindi, fondamentalmente chiedo qual è l'utilità per il nostro Paese di una prolungata presenza militare in Afghanistan e se non convenga il ritiro del contingente italiano, come richiesto praticamente da tutti, o entro la fine di ottobre, ormai quasi passata, o comunque entro la fine del 2015, a fronte di un mancato incremento dello stesso che consenta ai nostri uomini di operare in sicurezza, anche perché – parlo esclusivamente di indiscrezioni e, Presidente, spero che la risposta del Governo sia abbastanza esaustiva – nelle bozze, che sono arrivate, di quello che è il nuovo decreto che autorizza le missioni non si evince, per mancanza di tabelle, quelli che sono i numeri degli uomini che vengono inviati negli ultimi tre mesi in Afghanistan.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la difesa, Domenico Rossi, ha facoltà di rispondere.

  DOMENICO ROSSI, Sottosegretario di Stato per la difesa. Il nostro Paese è presente in Afghanistan dal 2003 e il contingente, schierato a Kabul e a Herat, è attualmente inserito nella missione NATO Resolute Support che dal 1o gennaio 2015 ha sostituito la missione ISAF, terminata il 31 dicembre scorso.
  Lo scopo della missione Resolute Support è di consentire al Governo afgano di Pag. 16garantire l'effettiva sicurezza in tutto il Paese attraverso lo sviluppo delle istituzioni e delle forze di sicurezza afgane e prevede, come dichiarato anche dall'interpellante, attività non di combattimento, ma esclusivamente di addestramento, consiglio e assistenza militare.
  Sull'argomento, il Ministro della difesa ha già riferito, nell'anno in corso, il 29 luglio, alle Commissioni riunite Camera e Senato esteri e difesa, dove veniva annunciata, in considerazione del perdurare delle esigenze di supporto alle forze di sicurezza locali, la decisione di mantenere una propria presenza militare nella regione di Herat, posticipando di alcuni mesi il ripiegamento del contingente su Kabul.
  Tale intento rispondeva all'originale pianificazione della NATO che prevedeva, orientativamente per la fine di quest'anno, l'avvio del passaggio graduale dalla prima fase della missione alla seconda, con il rischieramento delle forze su Kabul.
  Alle stesse Commissioni riunite, il successivo 6 ottobre, il Ministro della difesa aveva evidenziato come la situazione di sicurezza generale dell'Afghanistan fosse delicata a causa delle iniziative di destabilizzazione del Governo intraprese dai talebani e dalle organizzazioni terroristiche che li appoggiano.
  Proprio per tale ragione ed in relazione alla volontà di garantire il prosieguo della missione addestrativa nel settore di Herat in una cornice di sicurezza per il nostro contingente, il Governo ha già deciso di rimodulare la pianificazione di rientro di alcune capacità del contingente e di aumentarne la consistenza numerica nell'ultimo trimestre dell'anno, in una misura ritenuta idonea a compensare il rientro di quella parte del contingente spagnolo che era dedicata alla force protection.
  Per quanto riguarda l'intera missione, la NATO aveva valutato che le forze di sicurezza afgane sarebbero state in grado di reagire alle sfide, ma le difficoltà affrontate dimostrano chiaramente che esse hanno ancora dei limiti per una piena ed efficace azione autonoma.
  Tale situazione ha creato, quindi, le condizioni per una rivalutazione dalla pianificazione corrente dell'Alleanza, la quale dovrà considerare anche la richiesta delle stesse autorità afgane di continuare l'attuale sforzo. In questa direzione si sono mosse le recenti dichiarazioni del Presidente Obama sulla volontà statunitense di prolungare la presenza militare in Afghanistan anche nel corso del prossimo anno.
  L'Italia, da molti anni presente in Afghanistan in una missione che ha senza dubbio garantito, rispetto alle condizioni del passato, un più elevato livello di sicurezza, partecipazione democratica e progresso sociale ed economico del Paese, sta completando il processo di valutazione tecnica e politica relativo all'ipotesi di proseguire nel proprio impegno. Dell'esito di tali valutazioni il Governo informerà tempestivamente il Parlamento, così come sempre avvenuto, per consentirgli di poter esercitare le prerogative di competenza.
  L'eventuale disponibilità del Paese a continuare la missione dovrà comunque tenere conto delle valutazioni e delle decisioni che saranno collegialmente prese in ambito NATO fin dai prossimi incontri. Solo in tale sede, infatti, sarà possibile valutare e pianificare le esigenze da soddisfare e le misure più opportune da adottare da un punto di vista operativo e, soltanto in conformità a tali valutazioni, anche l'Italia potrà meglio individuare il contributo da rendere disponibile. Ogni soluzione, comunque, terrà conto delle sempre prioritarie esigenze di tutela della sicurezza dei nostri uomini.

  PRESIDENTE. Il deputato Artini ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  MASSIMO ARTINI. Grazie mille, Presidente. La risposta è assolutamente non soddisfacente perché non risponde e il sottosegretario nella fase finale della risposta proprio non definisce quella che è l'utilità per il Paese. Ovvero la domanda era espressamente quale è l'utilità per il Paese nel voler mantenere per un altro anno la missione in Afghanistan. Il Governo ci dice che verrà valutato nelle sedi NATO di qui alla fine dell'anno. Noi Pag. 17scopriamo oggi che, senza alcun tipo di comunicazione, si raddoppia quasi il numero delle presenze in Afghanistan perché, se non ho capito male le parole del sottosegretario, abbiamo già inviato il numero di forze necessario e giustamente, dal punto di vista della sicurezza dei militari che sono in Afghanistan, ma non correttamente da un punto di vista dell'informazione che il Ministro poteva rendere già il 6 ottobre perché probabilmente questo invio era già deciso. Abbiamo inviato 530 uomini circa per fare force protection in Afghanistan e questo praticamente, partendo da 730, è raddoppiare il numero delle persone. Di questo dettaglio effettivamente è la prima volta che il Parlamento viene a conoscenza. Il Ministro giustamente aveva informato della necessità di valutare questo invio: il fatto di arrivare e sapere oggi questo punto è veramente incredibile.
  Incredibile anche perché nelle bozze (ed era uno dei dubbi che erano stati valutati) il costo della missione afghana era molto più elevato rispetto a quello degli ultimi nove mesi; la giustificazione che ci eravamo dati era per organizzare il rientro come previsto dalla missione, a fronte di questi numeri – pare – per mantenere una force protection che giustamente va fatta, ma effettivamente non doveva essere comunicata ex post.
  Si ribadisce il punto: non si sa quale sia l'utilità per il Paese ! La missione in Afghanistan è stata, negli ultimi dieci anni e oltre, a nostro modo di vedere, un fallimento: un fallimento perché l'anno scorso si trionfava sul fatto che si potesse applicare con tranquillità un concetto elaborato a tavolino, che lasciasse alle forze afgane solamente tutta la parte di protezione e che, da parte nostra, ci fosse solo la formazione degli ufficiali. Questo era lo SFA Concept, fatto a tavolino, ma provato sul terreno è una cosa che non ha funzionato, come tante altre cose pensate a tavolino, nei palazzi della NATO, non hanno successivamente funzionato in Afghanistan. L'Afghanistan è in una situazione ancora totalmente destabilizzata, e si è visto ciò che sta succedendo in questi giorni e contemporaneamente stanno infiltrandosi anche cellule e formazioni di Daesh, rendendo ancora più instabile la situazione.
  Io rimango effettivamente senza altre parole: non si riesce a comprendere se il Governo ha effettivamente una visione su quello che è l'Afghanistan, su quelli che sono anche i giusti appunti da muovere all'alleato americano. Non può essere che il nostro Paese incassi tutte le volte qualsiasi richiesta che il Governo americano avanza, come un qualsiasi piacere. Lo spunto avanzato, come dicevo prima in esposizione, dal Governo e dal Ministro Pinotti sul fatto di concentrare i nostri interessi su quelle che sono le aree che ci sono più vicine... Prima ho citato la Libia e la Siria, ma ugualmente il Kosovo e quindi tutta la parte dei Balcani, che è una situazione per noi estremamente sensibile, e dove la nostra presenza è tuttora importante.
  Quindi, la domanda che ci ponevamo era quale fosse l'utilità e non vi è risposta. L'utilità – come ho detto e ripeto, sottosegretario – ci viene indicata in una eventuale successiva riunione della NATO in cui si definiranno i compiti o comunque tutto questo. Ma cosa ne ha, se non un impegno maggiore ? Facciamo un ragionamento: gli Stati Uniti stanno per certi versi ignorando, o hanno ignorato negli ultimi anni la situazione del Mediterraneo. Noi abbiamo appoggiato, come dicevo prima, tutte le richieste del Governo americano, in particolare sulla parte afgana; e, per contro, nessun tipo di supporto reale, se non a parole, ma reale, è stato prestato per quello che riguarda la parte libica: infatti la missione Eunavfor Med è esclusivamente europea. Non c’è alcun tipo di supporto a tutta la situazione dell'area del Mediterraneo.
  Sono quindi estremamente insoddisfatto di questa risposta, anche se evidenzia alcune informazioni che non erano arrivate al Parlamento; e questo tipo di dettaglio credo che debba essere valutato nel merito dell'imminente decreto-legge missioni. Questa cosa è estremamente – glielo dico, sottosegretario – imbarazzante, Pag. 18perché il 6 ottobre il Ministro poteva effettivamente segnalare questo tipo di situazione. Che non vuol dire che c’è una recrudescenza: di questo si può parlare in maniera molto informale; ma occorre dettagliare con precisione, perché il 6 ottobre la pianificazione per inviare, entro nove giorni, 500, o 300, o 200 uomini per fare force protection è abbastanza importante per il Parlamento come tipo di informazione.

(Iniziative di competenza per il pieno e regolare adeguamento degli impianti di depurazione e trattamento delle acque reflue al fine di preservare gli ecosistemi ed i litorali settentrionali della Campania – n. 2-01113)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Bratti ed altri n. 2-01113, concernente iniziative di competenza per il pieno e regolare adeguamento degli impianti di depurazione e trattamento delle acque reflue al fine di preservare gli ecosistemi ed i litorali settentrionali della Campania (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo alla deputata Michela Rostan se intenda illustrare l'interpellanza di cui è cofirmataria o se si riservi di intervenire in sede di replica. Poiché non vedo la presenza del rappresentante del Governo, sospendo la seduta che riprenderà alle 11.

  La seduta, sospesa alle 10,50, è ripresa alle 11.

  PRESIDENTE. Siamo all'interpellanza urgente Bratti ed altri n. 2-01113. La deputata Rostan si accingeva a illustrare l'interpellanza. Prego.

  MICHELA ROSTAN. Signor Presidente, sottosegretario, ci apprestiamo a discutere per l'ennesima volta un tema delicatissimo, quello che riguarda la salubrità e la qualità delle acque e dei terreni della Campania, un tema che – è doveroso sottolinearlo – probabilmente non ha mai riscontrato un tale livello di attenzione da parte di un Governo e di un Parlamento nazionali come in questa legislatura. Questo, se da un lato costituisce motivo di orgoglio e di parziale soddisfazione, dall'altro acuisce e per certi versi fortifica credo in tutti noi un alto livello di allarme, angoscia e vicinanza alle popolazioni residenti in Campania e in special modo nell'area a nord della regione, del capoluogo, Napoli, e fino al confine con la vicina provincia di Caserta. Un innalzamento del livello di attenzione al quale ha senza dubbio contribuito la Commissione bicamerale di inchiesta sul ciclo integrato dei rifiuti in seno alla quale, proprio all'esito di una delle ultime missioni svolte in Campania – ben tre ne sono state effettuate negli ultimi due mesi – è sorta l'esigenza di porre al centro dell'attenzione del Governo nazionale la condizione in cui versavano e versano tuttora gli impianti di depurazione dell'area settentrionale della regione, una condizione che, come dirò a breve, certamente non fornisce elementi di particolare rassicurazione circa la qualità del materiale refluo prodotto dai depuratori né tantomeno circa la qualità dei trattamenti nonché dello stato in cui versano i territori immediatamente adiacenti e prospicienti gli impianti. Nello specifico segnalo che in Campania, nell'area oggetto di interesse, insistono circa 80 comuni, per i quali sono operativi cinque depuratori (di Marcianise, Villa Literno, Orta di Atella, Cuma e Acerra). Tali impianti raccolgono le acque reflue provenienti dai comuni del casertano, del napoletano, ma anche di alcune zone del beneventano e del casertano. Insistono sulla prima indicata impiantistica, oltre a questi comuni, tutti gli agglomerati urbani presenti sull'area Flegrea e sul litorale Domitio, ovvero zone ad altissima vocazione turistico-balneare e che, nei decenni addietro, anche a causa di una pessima gestione degli impianti di depurazione, sono state di fatto deturpate ed abbandonate nel più totale degrado e sottosviluppo. L'inquinamento del litorale Domitio e dell'area Flegrea, la cui concausa è da riscontrarsi Pag. 19oltre che nel ben noto fenomeno delle discariche abusive, del quale quest'Aula e questo Governo già si stanno occupando, è stato tuttavia generato dal probabilmente meno noto, ma altrettanto nocivo, cattivo funzionamento del complesso sistema fognario dei Regi Lagni ed in parte minoritaria dal Volturno, sistema la cui complessità e il suo reiterato malfunzionamento era ed è tuttora al centro delle indagini della magistratura. Proprio il pessimo collegamento interfunzionale tra la rete fognaria dei Regi Lagni e quello dei cinque depuratori dell'area nord campana ha provocato, negli anni, contaminazioni di carattere straordinario ed un inquinamento in mare, nei campi e nel sottosuolo di acque reflue e fanghi di entità incalcolabile. Tali impianti, realizzati negli anni Settanta a seguito di un'epidemia di colera, fino a qualche tempo fa, erano gestiti da un'ATI diretta dalla società Hydrogest. Successivamente, a fronte di un'inchiesta della procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere tesa ad accertare le summenzionate cause e responsabilità dell'inquinamento del litorale Domitio e dell'area Flegrea, l'amministrazione dei predetti impianti è stata di fatto commissariata, a fronte di riscontrati gravissimi illeciti commessi durante la loro gestione. La procura della Repubblica, a seguito di approfonditi esami peritali, ha avuto modo di accertare che il funzionamento di tali impianti fosse talmente inadeguato da comportare – il che è assolutamente incredibile – addirittura un peggioramento delle condizioni del refluo dalla fase di entrata rispetto a quella di uscita dagli impianti. Tali criticità sono state determinate negli anni da gravi negligenze della Hydrogest, società incaricata della gestione degli impianti per quindici anni per un costo complessivo di mille milioni di euro, ed al tempo stesso da profonde divergenze con gli enti preposti al controllo e alla salvaguardia degli impianti, ovvero principalmente la regione ed in minima parte le province e i comuni. Ad oggi sono ancora in corso di espletamento le gare di appalto per l'aggiudicazione della gestione degli impianti e il loro adeguamento, con particolare riferimento alla necessità di ultimare il collettamento di tutti i comuni dell'area nord della Campania, molti dei quali non sono ancora connessi alla rete fognaria.
  Ciò che ha sorpreso la sottoscritta, il presidente della Commissione e gli altri colleghi è che moltissimi sono ancora i comuni che si trovano in condizioni precarie per quanto concerne il trattamento delle acque reflue, condizioni che in molti casi sfociano nell'illecito penale ed amministrativo ed hanno scatenato l'apertura di numerose inchieste da parte della procura della Repubblica.
  Basti pensare, al riguardo, che un comune di grandi dimensioni come Torre del Greco, con oltre 100 mila abitanti, sversi direttamente in mare le proprie acque reflue.
  L'interesse collettivo preminente e che coinvolge oltre tre milioni di cittadini residenti in Campania appare del tutto evidente ed è strettamente connesso e correlato alla necessità che i processi di gestione, adeguamento e rifunzionalizzazione degli impianti, oltre che il collettamento dei comuni non ancora connessi alla rete fognaria, venga ultimato in tempi ragionevolmente brevi, specie in considerazione del fatto che il permanere di una condizione differente non potrà fare altro che aggravare la già difficilissima condizione dei litorali Flegreo e Domitio, oltre che l'intera area dei Regi Lagni.
  Il motivo principale che ci ha spinto a sottoporre all'agenda del Governo questo tema, sottosegretario, è stato quello di evitare che l'attenzione dell'opinione pubblica ed il dibattito politico sull'emergenza ambientale in Campania si soffermassero esclusivamente sulla questione Terra dei fuochi. Questa eventualità, a nostro avviso da scongiurare, avrebbe comportato un inevitabile grave mancanza istituzionale rispetto ad un problema, quello del trattamento delle acque reflue, la cui entità e gravità sono assolutamente paragonabili, se non più seri, delle criticità connesse ai roghi tossici. Un problema che tra l'altro, vista anche la dimensione e la complessità Pag. 20dell'impiantistica oggetto dell'interpellanza non può e non deve ricadere esclusivamente sugli enti locali, ovvero regione e comuni, i quali difficilmente potranno, se non supportati dal Governo, provvedere in proprio e in tempi ragionevolmente brevi, ed adeguare i collettori e i depuratori, ripristinandone un pieno e regolare funzionamento.
  È per questo che chiediamo al Governo, oggi rappresentato dal sottosegretario Velo, se si sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quanto o cosa intenda fare affinché sia garantito il pieno e regolare adeguamento degli impianti di depurazione e trattamento delle acque reflue di cui in premessa e tanto al fine di preservare gli ecosistemi ed i litorali settentrionali della Campania, ed in particolar modo quello Flegreo e quello Domitio.

  PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, Velo, ha facoltà di rispondere.

  SILVIA VELO, Sottosegretaria di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. I cinque impianti di depurazione della regione Campania oggetto dell'interpellanza parlamentare sono stati – come è stato detto – realizzati, negli anni Settanta-Ottanta, dalla Cassa per il Mezzogiorno, nell'ambito del progetto speciale n. 3 per il disinquinamento del golfo di Napoli, secondo le normative vigenti in materia all'epoca.
  Poiché nel ventennio successivo sono intervenute modifiche legislative sostanziali sia comunitarie che nazionali, nonché un significativo incremento di popolazione e di attività antropiche, si è reso indispensabile procedere ad un adeguamento, sia normativo che funzionale, di tali impianti.
  Nell'ottica del citato adeguamento, nel 2006 l'allora commissario delegato procedeva all'affidamento in concessione, in regime di project financing, alla società di scopo Hydrogest Campania Spa. e, a seguito della risoluzione del contratto per gravi inadempienze contrattuali la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con ordinanza n. 4022 del mese di maggio 2012, nominava l'ingegnere Luigi Bosso quale commissario delegato nella gestione degli impianti di depurazione di Acerra, Marcianise, Napoli Nord, Foce Regi Lagni e Cuma. Ciò in considerazione dello stato degli impianti, non rispondenti alle prescrizioni tecniche e normative, e del grave pericolo di danno per l'ambiente, per la salute e per l'igiene pubblica, che poteva derivare dalle possibili interruzioni o disfunzioni nella gestione di detti impianti, nonché della necessità di assicurare un servizio pubblico essenziale senza soluzione di continuità. Per l'attuazione delle attività delegate, venivano stimati costi per 65 milioni di euro.
  A seguito delle dimissioni intervenute anzitempo dell'ingegnere Bosso, con l'ordinanza del capo del Dipartimento di Protezione Civile n. 16 del 2012 è stato nominato commissario delegato il dottor Nicola Dell'Acqua, nei confronti del quale sono stati prorogati gli effetti delle disposizioni dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 4022 del 2012 prima citata con successive decretazioni di urgenza, al fine anche in questo caso di non determinare soluzioni di continuità nella gestione degli impianti medesimi.
  Il Dipartimento della protezione civile, in prossimità dell'ultima scadenza del 30 novembre 2014, avviava un'interlocuzione con la regione Campania, al fine di consentire il subentro dell'amministrazione regionale, competente in via ordinaria, al completamento degli interventi attraverso l'emanazione di un'ordinanza di rientro ex articolo 5, commi 4-ter e 4-quater, della legge n. 225 del 1992.
  Nel frattempo, è intervenuta la delibera della giunta della regione Campania, la n. 146 del 28 marzo 2015, a seguito della quale l'attività di gestione degli impianti è stata effettuata dalla struttura commissariale regionale, che è subentrata nei rapporti attivi e passivi facenti capo alla struttura commissariale, per effetto, appunto, della sempre e solita ordinanza n. 4022 del 2012. Ad oggi, dunque, sono in corso di svolgimento le gare di appalto per l'assegnazione degli interventi.Pag. 21
  Premesso quanto sopra e in considerazione del fatto che la normativa di settore attribuisce agli enti territoriali l'individuazione e la realizzazione degli interventi ritenuti dagli stessi necessari alla risoluzione delle problematiche ambientali, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, consapevole della situazione dei cinque impianti di depurazione della regione Campania, svolge un'attività di costante monitoraggio sull'evolversi della situazione, considerato, peraltro, che alcuni agglomerati – Afragola, Napoli Ovest e Torre del Greco –, i cui reflui vengono trattati presso gli impianti in argomento, sono interessati dal recente parere motivato n. 2059 del 2014, per il quale periodicamente il Governo italiano riferisce alla Commissione europea sullo stato di avanzamento degli interventi tesi alla risoluzione delle criticità riscontrate.
  Inoltre, per gli agglomerati sopra citati, la struttura tecnica di missione della giunta regionale Campania, con nota del 15 luglio 2015, ha comunicato che è stato programmato il grande Progetto «Risanamento ambientale e valorizzazione dei Regi Lagni», in cui è previsto l'intervento di rifunzionalizzazione e adeguamento funzionale dell'impianto di depurazione comprensoriale di Acerra e di Cuma.

  PRESIDENTE. Il deputato Alessandro Bratti ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  ALESSANDRO BRATTI. Grazie, signor Presidente. Questa ricostruzione, che è stata fatta dalla sottosegretaria Velo, era cosa nota e noi la ringraziamo per avere messo in fila tutta una serie di questioni. Probabilmente, manca un pezzettino finale, che è quello relativo alle dimissioni dell'attuale commissario, e di una situazione, anche di stallo e di preoccupazione, che ci ha anche indotto, attraverso questa interpellanza, appunto, a chiedere un'attenzione particolare al Governo, perché ci troviamo in una situazione per cui è stata bandita una gara, come è stato correttamente riportato, però c’è una gestione ordinaria che deve essere fatta. Si tratta di una gestione ordinaria che comporta una serie di interventi di funzionalizzazione e anche di manutenzione ordinaria che non sono di poco conto e che rischiano davvero di compromettere poi la gara a monte, se non addirittura di causare delle problematiche di carattere ambientale e sanitario assolutamente di primo livello.
  Quindi, la prima cosa che chiediamo è che ci sia veramente, se si parla di monitoraggio da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, una fortissima attenzione su questo passaggio delicato, che se anche vede, come è stato ricordato, un coinvolgimento istituzionale prioritario della regione Campania, non può essere dimenticato dal livello centrale, anche perché – voglio ricordare – il tema della depurazione delle acque, purtroppo, così come è stato segnalato dall'unità «Italia sicura», è un tema di prioritaria importanza per il nostro Paese, perché ci sta conducendo gradualmente verso un'infrazione comunitaria che rischia, nel 2016, di costarci circa 500 milioni di euro.
  È chiaro che ci sono tante situazioni e non c’è solo quella in Campania. C’è una situazione molto precaria e molto grave in Calabria, una situazione molto grave in Sicilia, ma ci sono anche delle situazioni assolutamente critiche nel nord Italia.
  Per cui penso, credo e crediamo che se si è destinata una parte del Governo a un'unità di missione che si occupava della difesa idrogeologica, questo importante aspetto che riguarda la depurazione delle acque, è evidente che il tema è quanto mai critico. Ripeto noi, come giustamente diceva la collega Rostan, pensavamo di trovare delle criticità importanti nella gestione del ciclo integrato dei rifiuti in Campania, situazione critica che per alcuni versi permane, ma in realtà ciò che ci vede anche come Commissione, fortemente preoccupati, è lo stato di funzionamento di questi depuratori. Come è stato ricordato sono depuratori costruiti negli anni Ottanta, ma devo dire che anche rispetto agli anni Ottanta, e a quelle Pag. 22norme che c'erano allora, quei depuratori lì purtroppo, non hanno mai funzionato a norma di legge causando tutta una serie di problemi. Uno per tutti il tema del costo relativo allo smaltimento dei fanghi di depurazione. Ma solo per citare quello che probabilmente incide, dal punto di vista economico, più di tutto sulla gestione straordinaria e ordinaria del commissariamento. Quindi, la cosa che ci soddisfa, Sottosegretario, è quello che ci ha detto rispetto all'attenzione del Ministero dell'ambiente. Noi però chiederemo, anche formalmente, in virtù anche del ruolo che io esercito, come Presidente della Commissione bicamerale, al Dicastero un controllo serrato su tutto ciò che sta avvenendo sul tema della depurazione in Campania.

(Chiarimenti ed iniziative in merito alla gestione commissariale degli interventi per il contrasto del dissesto idrogeologico nelle singole regioni – n. 2-01131)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Daga ed altri n. 2-01131, concernente chiarimenti ed iniziative in merito alla gestione commissariale degli interventi per il contrasto del dissesto idrogeologico nelle singole regioni (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo alla deputata Daga se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  FEDERICA DAGA. La ringrazio, Presidente. Noi come gruppo ambiente del MoVimento 5 Stelle la prima azione che abbiamo voluto fare all'inizio della legislatura è stata quella di metterci intorno ad un tavolo e capire quali potevano essere le priorità secondo noi a livello ambientale nel Paese. La prima azione che abbiamo fatto è stata quella di produrre una mozione contro il dissesto idrogeologico e una serie di proposte di legge. Abbiamo ritenuto fondamentale occuparci subito del tema perché ad ogni minima pioggia perdiamo qualcuno o qualcosa. La stagione piovosa è già iniziata e il Governo Renzi non ha fatto altro che rispondere alle necessità di un territorio con gli annunci, però. Quindi gran parte dei progetti che stanno arrivando per noi sono quasi fogli scritti con dichiarazioni di intenti e anche quel poco che è stato stanziato, secondo noi, non è utilizzato come si dovrebbe a causa di un'inefficienza generale e incapacità di progettazione, probabilmente.
  Qui vediamo quali sono le priorità della politica. Non si può giocare sulla vita delle persone e riteniamo che sia assolutamente necessaria la tutela e sicurezza del territorio. Abbiamo voluto fare uno studio per capire quanti fondi effettivamente ci sono per salvare il territorio e abbiamo iniziato a sentire gli annunci su un miliardo e 300 milioni di euro, poi si parla di 7.000 cantieri. C’è una richiesta da parte delle regioni di 20 miliardi di euro, una promessa di 9 miliardi per i prossimi 5 o 10 anni, non si sa quanto. Nulla di tutto in questo però è visibile in fondo al tunnel. Quindi che cosa c’è realmente, abbiamo capito che i 642 cantieri aperti, di cui si parla da mesi, sono stati aperti dai precedenti governi, ma non da questo. Per le tempistiche di progettazione e di assegnazione dei bandi ed altro. Ci sono delle bellissime intenzioni che in questo momento io leggo su un DPCM che è stato pubblicato su Il Sole 24 Ore. Non lo trovo ancora in Gazzetta Ufficiale. Dunque, ci sono 33 opere programmate per il 2015 e siamo già ad ottobre terminato, oggi è il 30 di ottobre. E siamo a 650 milioni di euro stanziati dalle passate leggi di stabilità e sblocca Italia, spalmati in cinque anni fino al 2019. Sono 33 opere tutte concentrate in 5 regioni nel centro nord, 2 opere singole in due regioni, quindi siamo a 7. Però a scuola ci hanno insegnato che le regioni in Italia sono 20. Queste 33 opere riguardano solamente un piano stralcio per le aree metropolitane urbane. Aspettiamo di vedere anche i rimanenti da 33 a 127 progetti che sono stati annunciati, sempre su aree metropolitane. Qui non stiamo ancora parlando di un piano nazionale Pag. 23completo. Ci chiediamo dove siano, avendo trovato i 650 milioni di euro spalmati nei cinque anni, i restanti 700 che dovrebbero raggiungere il miliardo e 300 milioni di euro.
  Il Ministro Galletti, la scorsa settimana, è stato interpellato in quest'Aula con una serie di question time e ha dichiarato quanto segue: ci siamo assicurati l'avvio dei lavori più urgenti nelle aree soggette a frequenti esondazioni. A questo fine, è stato individuato uno stralcio costituito da 127 interventi nelle aree metropolitane urbane che presentano un alto livello di popolazione esposta al rischio di alluvione, con un costo di oltre 1 miliardo 300 milioni di euro, di cui 1 miliardo 100 milioni vengono da risorse statali. Si parla di 33 interventi immediatamente cantierabili (così diceva il Ministro).
  Allora, la prima parte di stanziamenti definita dalla delibera CIPE la mettiamo da parte, perché sappiamo da dove provengono e in quanto tempo si potranno utilizzare, quindi questi cinque anni. I restanti 700 risulterebbero essere presi, sempre da quanto riportato dal resoconto stenografico della scorsa settimana, in questo modo. Il Ministro diceva: abbiamo già fatto qualcosa per immettere più risorse nel sistema. Abbiamo semplificato molto il sistema; quest'anno nella legge di stabilità c’è un'ulteriore novità: lo sblocco degli avanzi di amministrazione dei comuni. Io credo che una parte di queste risorse potrà essere investita proprio in attività che riguardano la manutenzione del territorio (questo diceva il Ministro).
  Ora, se non erro, la legge di stabilità per il 2016, che abbiamo potuto vedere perché approdata questa settimana al Senato, prevede un allentamento del Patto di stabilità per i comuni virtuosi, cioè quei comuni che hanno degli avanzi e non li possono utilizzare a causa del Patto di stabilità interno. Allora, questo allentamento verrebbe concesso, secondo quanto dice il Ministro, per opere contro il dissesto idrogeologico, invece di essere destinato ai servizi sociali, per i quali gli enti locali stanno stringendo la cinghia in assoluto.
  Forse è anche arrivato il momento di mettere in discussione il Patto di stabilità interno, perché non permette di dare servizi alla cittadinanza, ma questo è un altro discorso. Allora, nella replica di Grassi, che è il direttore generale dell'unità di missione, su il Fatto Quotidiano del 2 ottobre, si diceva: per la seconda tranche da 600 milioni – cambiano un po’ i numeri, ma poco importa – stiamo lavorando per l'assegnazione entro l'anno nella legge di stabilità o sul Fondo di sviluppo e coesione.
  Allora, è chiaro che nella legge di stabilità non trovo nulla di specifico contro il dissesto, non vi è alcuna voce, se non questo allentamento del Patto. Quindi, il Governo la scorsa settimana ha risposto unicamente per le aree metropolitane e il resto d'Italia ancora non lo troviamo.
  Per evitare di portarci ancora un po’ in giro sui numeri, chiedo, allora, risposta alle seguenti domande: dei 642 cantieri, che secondo Italia Sicura si sarebbero dovuti aprire entro la fine del 2014, quali siano stati realmente aperti grazie all'unità di missione – e non alle gestioni precedenti – ovvero, se non ci fosse stata l'unità di missione, quanti cantieri sarebbero stati aperti ugualmente; quale sia, ad oggi, lo stato dei dissesti nei cantieri in esecuzione e in quelli avviati dai precedenti commissari e se il Governo sia in grado di fornire dettagli per ognuno di essi suddivisi per regione di appartenenza; quale sia lo stato di avanzamento degli interventi lasciati incompiuti dai commissari nel repentino cambiamento della gestione commissariale nell'agosto del 2014, indicando quali fossero in corso e quanti siano stati ultimati, nonché quanti fossero in fase di progettazione e quanti siano stati avviati; per ogni regione, quanti nuovi fondi siano stati versati nelle contabilità speciali da quando i presidenti di regione sono divenuti commissari; quante e quali regioni abbiano trasmesso al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare le necessarie relazioni trimestrali con congruità di contenuti; quante e quali regioni abbiano trasmesso alla Presidenza del Consiglio la relazione annuale relativa all'esercizio Pag. 24commissariale 2014; quante e quali regioni abbiano implementato il sistema «RenDis-web» con regolarità, al fine di consentire le adeguate verifiche e garantire la trasparenza richiesta e, laddove, sia stato implementato, quali risultanze emergano in ordine all'attuazione dei cronoprogrammi e allo stato di avanzamento dei relativi lavori; quale sia il bilancio che deriva dalla sostituzione dei precedenti commissari, in termini di costi/benefici e di incremento/diminuzione del danno ambientale, e se intendano fornire dati certi in merito a questo argomento.
  L'ultima domanda è quale reale ruolo il Governo intenda affidare alla Sogesid sul tema del dissesto idrogeologico, anche sulla scorta di quanto contenuto nella convenzione citata, visto che, semmai si volesse parlare di contenimento della spesa – dato che questo era anche l'argomento per il passaggio dai commissari alle regioni –, i costi della Sogesid, per noi, risultano un pochino eccessivi.

  PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, Silvia Velo, ha facoltà di rispondere.

  SILVIA VELO, Sottosegretaria di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Il Ministero per l'ambiente, nell'ambito dell'attuale Governo, ha trasferito sulle contabilità speciali intestate ai commissari straordinari, cariche oggi ricoperte dai presidenti delle regioni, risorse di bilancio per oltre 50,9 milioni di euro nel corso dell'anno 2014 e per oltre 78,1 milioni di euro nel corso del 2015, nonché un'ulteriore quota di oltre 0,6 milioni di euro, seicento mila euro, già impegnate per la Lombardia, per un totale di oltre 129,7 milioni di euro – ripeto: tra il 2014 e il 2015 – che hanno consentito di assicurare la copertura economica di 195 interventi inseriti negli accordi di programma sottoscritti con le regioni del nord (Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Marche, Piemonte, Toscana, Umbria, Valle D'Aosta e Veneto), i quali non erano stati completamente finanziati dalle risorse assegnate dalla delibera CIPE n. 6/2012. Dal sistema ReNDIS-web, è peraltro possibile rilevare lo stato di attuazione dei 195 interventi in questione. A mero titolo esemplificativo, per esempio, per la regione Toscana risultano cinque interventi, di cui quattro in corso di progettazione e uno con i lavori in esecuzione; per la regione Marche undici interventi, di cui nove in attesa di avvio e due in corso di progettazione; per l'Emilia Romagna ventuno interventi, di cui dieci con i lavori in esecuzione e quattro con i lavori aggiudicati, uno in corso di progettazione, cinque in attesa di avvio e uno in esecuzione di studio e indagini; per la Lombardia trentuno interventi, di cui ventisei con lavori ultimati, quattro con lavori in esecuzione, uno con progettazione ultimata. In ogni caso, in merito a questo quesito specifico, abbiamo predisposto una tabella in allegato in cui sono elencati e suddivisi – come dicevo – gli interventi per ogni singola regione e una tabella con la ripartizione delle risorse assegnate ad ogni singola regione, che io ovviamente allego alla risposta.
  L'attuazione degli accordi con le regioni ha subito ritardi dovuti a vari fattori, prime fra tutte, ovviamente, le difficoltà legate al flusso delle risorse finanziarie. Le risorse libere di bilancio del Ministero per l'ambiente sono state immediatamente trasferite. Così non è stato per le risorse FAS, previste all'articolo 2, comma 240, della legge finanziaria per il 2010, che solo a fine 2011 ha effettivamente assegnato al Ministero per l'Ambiente 100 milioni di euro delle risorse FAS statali inizialmente previste. Inoltre, anche le risorse FAS regionali in molti casi non sono state prontamente disponibili. Per queste ragioni è stato difficoltoso, in alcuni casi, attuare il piano straordinario per il dissesto in molte regioni. Solo con le delibere CIPE nn. 6 e 8 del 2012 sono state date copertura totale agli accordi sottoscritti con le regioni del centro-sud e parziale copertura a quelli sottoscritti con le regioni del centro-nord. Sono poi sorte questioni Pag. 25relative alla gestione delle contabilità speciali legate alle modalità di trasferimento delle risorse FAS assegnate.
  Criticità sono emerse anche in relazione ai trasferimenti da parte delle regioni, in relazione al vincolo derivante dal Patto di stabilità. Il tutto ha rallentato l'attuazione degli interventi e il rispetto del cronoprogramma di progetto.
  Per delineare lo stato di avanzamento degli interventi lasciati incompiuti dai commissari, è necessario procedere a un confronto dei dati presenti nel sistema ReNDiS alla data del 9 settembre 2014 con quelli più recenti, ad esempio, riferiti alla data di circa un anno dopo, il 22 ottobre 2015. Nell'allegato 2, che ho citato, sono riportate, nel dettaglio, altre due tabelle, classificate con il n. 3 e n. 4, che consentono un confronto analitico su questo tema; confronto tra il 2014 e il 2015. Emerge, comunque, chiaramente che a settembre 2014, su un totale di 1.612 interventi, 318 risultavano non avviati, mentre un anno dopo, ottobre 2015, su 1.620 interventi (otto in più rispetto ai 1.612), solo 143 risultano non avviati.
  Il discostamento tra il totale degli interventi citati per entrambi gli anni è dovuto a variazioni ed integrazioni apportate agli atti integrativi sottoscritti nel corso del 2014 e del 2015 con le Regioni. Quindi, siamo passati da 1.612 a 1.620 interventi totali e da 318, non avviati, a 143 non avviati.
  Ciascun commissario straordinario delegato ha trasmesso al Ministero dell'Ambiente le relazioni trimestrali e le relazioni annuali sulle attività svolte che, a loro volta, sono state trasmesse al Parlamento. Con il subentro dei Presidenti delle Regioni nelle funzioni di commissari straordinari delegati, risultano acquisite le relazioni annuali della Lombardia e del Piemonte, riferite all'anno 2014. Il Ministero dell'Ambiente ha, pertanto, provveduto a sollecitare ciascun Presidente di Regione alla trasmissione delle relazioni sulle attività svolte nel corso dell'anno 2014 e del 2015.
  La sostituzione dei precedenti commissari ha apportato una significativa accelerazione nella conclusione degli interventi, che ammontavano ad oltre 200 nell'ultimo anno. Inoltre, numerosi interventi sono passati dallo stato di progettazione a quello di esecuzione. Risultato positivo, tenuto conto che gli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico hanno come precipua finalità la messa in sicurezza delle persone e dei beni. La valutazione del danno ambientale determinato dall'eventuale ritardo accumulato dai precedenti commissari e il conseguente effetto generato sull'ambiente dovrebbe essere invece effettuata attraverso una stima dei costi connessi alla compromissione delle componenti ambientali alterate, danneggiate o distrutte e al loro eventuale ripristino (tranne nelle ipotesi di reati ambientali, ovviamente, in cui la procedura prevede quanto contenuto nel cosiddetto disegno di legge sugli ecoreati) assumono un rilievo di grande importanza, seppur minore rispetto alla perdita delle vite umane.
  Per quanto attiene l'inserimento dei dati relativi, da parte delle regioni, nel sistema ReNDIS, il Ministero dell'ambiente ha sollecitato più volte le regioni ad adempiere, nella consapevolezza che, solo attraverso l'elaborazione di dati univoci e condivisi, sia possibile affrontare e risolvere le eventuali criticità.
  A titolo esemplificativo, nella tabella 4 (che chiederò di depositare in allegato), vengono riportate, in maniera sintetica, le comunicazioni inviate dalle regioni nel periodo 20 agosto 2015 – 21 ottobre 2015, periodo nel quale le Regioni sono state chiamate specificatamente dal Ministero ad aggiornare il sistema in modo tale che fosse possibile rilevare le risorse eventualmente riprogrammabili per ciascun intervento o lotto inserito negli accordi.
  Nel periodo considerato sono state inserite da tutte le Regioni 4.698 comunicazioni, che hanno riguardato l'aggiornamento, per ciascun intervento o lotto, dei quadri economici, dei quadri finanziari, dei quadri contabili, delle economie, nonché numerose comunicazioni di carattere tecnico e geografico. È altresì noto che il Ministero dell'ambiente ha avviato, unitamente alla struttura di missione contro il Pag. 26dissesto idrogeologico istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Piano operativo nazionale degli interventi per la mitigazione del rischio idrogeologico, per il periodo 2014-2020.
  Il Piano è stato definito dalle proposte presentate dalle Regioni attraverso il sistema ReNDIS-web e l'insieme degli interventi sull'intero territorio nazionale raggiungono circa 20 miliardi di euro. Si chiarisce che gli interventi segnalati dalle Regioni dovranno essere vagliati secondo i criteri stabiliti dal D.P.C.M. del 28 maggio 2015 che ha definito le procedure, le modalità e i criteri per la selezione degli interventi da ammettere al finanziamento. Tuttavia, al fine di assicurare il rapido avvio degli interventi più urgenti nelle aree soggette a frequenti esondazioni, è stato individuato nell'ambito del Piano nazionale, un Piano stralcio, costituito da 127 interventi per un costo di 1.389 milioni di euro.
  Il Piano stralcio, a sua volta, si compone di una sezione attuativa, contenente 33 interventi dei 127, immediatamente cantierabili per circa 650 milioni di euro circa e una sezione programmatica per i rimanenti 94 interventi.
  Oltre ai 650 milioni per gli interventi della sezione attuativa, 450 milioni sono finanziati dalla delibera CIPE 32/2015, 150 milioni sono risorse disponibili a legislazione vigente e ulteriori 54 milioni sono destinati allo scopo dal Ministero dell'ambiente. Necessitano ulteriori risorse per gli interventi inseriti nella sezione programmatica del piano stralcio e conseguentemente per l'attuazione del Piano operativo nazionale.
  I fondi della delibera CIPE 32/2015 saranno assegnati a seguito della sottoscrizione degli Accordi di programma che avverrà nei prossimi giorni. Le risorse saranno trasferite per quote, in relazione allo stato di avanzamento dei lavori e conseguentemente della spesa, rendicontata nella Banca dati unitaria, istituita presso il MEF.
  Sulla base degli elementi forniti dalla struttura di missione contro il dissesto idrogeologico, si rappresenta che per effetto delle innovazioni normative introdotte dallo «sblocca Italia» e dalla nuova governance centrata sul Presidente della regione come commissario di Governo, da maggio 2014 ad oggi, risultano avviati o riavviati 1.079 interventi, per un valore di circa 1.270 milioni di euro.
  Inoltre, si rappresenta che il Ministero dell'ambiente ha richiesto all'Avvocatura generale dello Stato un parere circa l'abrogazione o la revoca del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 20 luglio 2011 a seguito dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 91 del 2014. Acquisito il parere si potranno effettuare le conseguenti valutazioni anche in ordine alle richieste specifiche presentate dall'interpellante.
  Circa il ruolo che si intende affidare alla Sogesid in tema di dissesto idrogeologico, si rappresenta che in data 1o dicembre 2014 è stato sottoscritto l'atto di indirizzo del Ministro dell'ambiente alla Sogesid per il periodo 2015/2017 che prevede la sottoscrizione di una convenzione quadro, finalizzata ad uniformare tutta l'attività convenzionale che viene posta in essere tra il Ministero e la Sogesid nel triennio in questione.
  Pertanto, in data 22 gennaio 2015 è stata sottoscritta la convenzione quadro tra il segretario generale del Ministero dell'ambiente e la Sogesid nel cui ambito si dispone circa i corrispettivi da riconoscere alla società rispetto alle prestazioni configurabili per gli interventi in materia di dissesto idrogeologico.
  In particolare viene sancito che: per le prestazioni professionali lavori pubblici i corrispettivi devono essere determinati a parcella, secondo i criteri stabiliti dal decreto ministeriale del 31 ottobre 2013, n. 143, con l'applicazione di un ribasso del 30 per cento, in considerazione dei ribassi medi ottenibili negli affidamenti dei servizi analoghi di ingegneria (articolo 7 della convenzione quadro); per le prestazioni esterne relative alla realizzazione degli interventi nonché le prestazioni esterne funzionali e strumentali agli stessi (indagini specialistiche, rilievi, e via dicendo) vengono liquidati i costi effettivamente Pag. 27sostenuti e rendicontati dalla Sogesid, secondo quanto stabilito dall'articolo 8 della convenzione quadro. Per il resto consegno agli atti gli allegati con i dati analitici che ho citato nella risposta.

  PRESIDENTE. Sottosegretaria, li lasci presso gli uffici perché non è possibile allegarli alla risposta, chi vuole potrà consultarli. Prego, deputata Daga, ha facoltà di replicare.

  FEDERICA DAGA. La ringrazio. Non sono soddisfatta della risposta nel senso che ci sono tutta una serie di cose che non mi risultano, in sostanza. Ringrazio comunque per gli allegati, mi aspettavo un faldone gigante, ma è già qualcosa avere tutti questi bei dati. Noi siamo pronti per fare un'indagine a tappeto su tutte le venti regioni per vedere se effettivamente i fondi che loro hanno a disposizione vengono utilizzati per progetti coerenti con quelle che sono le necessità ambientali. Fa un po’ parte di quella indagine conoscitiva che avevamo chiesto tre settimane fa alla nostra Commissione ambiente, magari poi ci incontreremo un'altra volta per vedere insieme tutti questi dati.
  L'utilizzo delle risorse destinate al finanziamento degli interventi sul dissesto era già stato previsto da un accordo di programma nel 2010-2011, che poi ha visto i commissari prefettizi lavorare sui territori. Potremmo dire questo: senza togliere le competenze al Ministero dell'ambiente, che sono passate poi all'unità di missione, sarebbe stato più semplice utilizzare già quegli accordi di programma, approfittando delle clausole previste dagli accordi stessi, che prevedevano la loro possibile prosecuzione con atti integrativi.
  Con il passaggio che c’è stato da commissari a regioni si è dovuto ricominciare un po’ tutto daccapo, utilizzando adesso ancora, di nuovo, lo strumento dell'accordo di programma. Il Ministro Galletti, la scorsa settimana, sempre in base allo stenografico, parlava appunto di questo, però lo fa passare un po’ come un nuovo strumento che in realtà non è nuovo, ma era già in essere anni fa. Questo, secondo noi, fa perdere un po’ tutto quello che è il lavoro passato e anche la conoscenza acquisita dalle persone che ci hanno lavorato sopra.
  Però, per quanto riguarda l'azione portata avanti dall'unità di missione, sarebbe il caso di distinguere quali sono i cantieri realmente aperti grazie a questo centro. Spiego meglio la domanda, che non era chiara. Se non ci fosse stata l'unità di missione, quanti cantieri sarebbero stati ugualmente aperti ? Quindi, l'entità dell'accelerazione data dall'unità di missione quale sarebbe ?
  A noi non sembra che ci sia stata un'accelerazione, ma semplicemente un portare avanti quelli che erano già progetti definiti in anni passati. Lo vediamo anche dal RenDis. Noi abbiamo questo tipo di riscontro. Da quel sito emerge che le attività non hanno subito un'accelerazione, ma hanno continuato a svolgersi con i soliti tempi, con i loro tempi, mentre Grassi dichiarava che i 7 miliardi di euro di stanziamenti futuri e il piano nazionale in fase di lavorazione... Ad oggi noi abbiamo solamente i 127 interventi sulle aree metropolitane e i 33 da DPCM, che leggo dal Sole 24 Ore.
  Sullo stato dei cantieri a cavallo tra gestione dei commissari prefettizi e passaggio ai presidenti di regione, magari troverò risposte negli allegati che ha portato il Governo, però effettivamente ci interessava conoscere tutta una serie di questioni relative a quanti sono stati ultimati, come vengono trattati in questo momento, a che punto siamo e, soprattutto, ci interessava sapere quanto effettivamente è uscito, a livello economico, dal passaggio dei commissari prefettizi in poi, cioè da quell'agosto 2014.
  Ci interessava capire il destino di questi nuovi fondi versati nelle contabilità speciali, perché i soldi di cui mi sta parlando, purtroppo, sono vecchi fondi recuperati non ricordo se dal Ministero dell'economia e delle finanze o se dal Ministero dell'ambiente, ma sono comunque cose che ho trovato in vecchie delibere CIPE, che ho studiato per tirare fuori tutti questi dati. Pag. 28Quindi, non sono comunque soldi in più. Si tratta di questi 130 milioni di euro.
  Noi riteniamo che ci sia stato un grosso problema in questo passaggio da commissari a regioni. Era necessario portare avanti i lavori, invece si sono fermate tutta una serie di cose. È come se non ci fosse stata una reale collaborazione tra le regioni, lo Stato e i commissari prefettizi. A me sembra quasi – lo dico io, mi prendo io la responsabilità di questa affermazione – che, una volta arrivato Renzi al Governo, le regioni abbiano spinto su di lui per fare il passaggio dai commissari ai presidenti di regione, un po’ per gestirsi gli investimenti in proprio.
  Comunque, sul DPCM e sulle 33 opere che vedo elencate io vorrei dire qualche cosa. Ho qualche dubbio su una serie di queste opere. Intanto, per la regione Abruzzo c’è un solo intervento segnalato, che è quello tra i lavori più urgenti, è identificato come tra i lavori più urgenti nelle aree soggette a forti esondazioni, come diceva il Ministro Galletti la scorsa settimana, e immediatamente cantierabile. È un'opera da 54,8 milioni di euro, per opere di laminazione delle piene del fiume Pescara, ma a me questo progetto risulta del 2011, ad esso manca la progettazione definitiva e in questo momento sopra gli alvei del fiume ci ritroviamo con quattro tralicci della Terna per l'elettrodotto Villanova-Gissi, che è un progetto del 2013, fatto sopra una zona alluvionale. Adesso questo progetto dovrà essere rifatto completamente, bisognerà ridare di nuovo la VIA completa. Ed è un progetto inserito comunque qua dentro. Io non so sinceramente...
  Ci sono dubbi anche sulle vasche di laminazione del Seveso in Lombardia. Troviamo un'eccessiva edificazione nella zona, cattiva manutenzione dell'alveo, restringimenti causati da ostacoli artificiali e cementificazione abusiva.
  Addirittura ci sono degli scarichi abusivi sul fiume e ci chiediamo se questo progetto sia effettivamente la soluzione reale al problema. Poi in Liguria abbiamo in discussione in regione il nuovissimo piano casa di Toti che permette di cementificare fino al 50 per cento in più. È una terra già martoriata dall'eccessiva cementificazione. È in una situazione di dissesto che la rende già abbastanza fragile di suo. Mi auguro che il Governo abbia a cuore di impugnare questa proposta di legge regionale. La chiamiamo «legge Scajola» perché l'assessore che l'ha portata avanti è parente del più famoso Scajola e sarebbe un po’ strano se il Governo non impugnasse questa legge regionale e piuttosto continuasse ad impugnare quelle sulla gestione dei servizi idrici, che non sono conformi alla linea ideologica del Governo. Inoltre troviamo lavori sui fiumi Bisagno e Fereggiano che ricordo essere stati tombati nella città di Genova. Poi in Campania abbiamo dato un'occhiata e ci sono quattro progetti per la rete fognaria della città di Napoli. Con tutto quello che accade in Campania abbiamo quattro progetti fognari e mi chiedo perché il sito della regione Campania, alla voce «mitigazione del rischio idrogeologico», non abbia alcun tipo di aggiornamento sullo stato di avanzamento dei cantieri. Probabilmente per la risposta che lei dava prima, cioè occorre sollecitare le regioni a comunicare i dati. Se andiamo infatti a cliccare il file pdf che c’è lì a video, troviamo un file bellissimo vuoto: l'intestazione c’è ma è tutto bianco.
  Per la Toscana abbiamo dato un'occhiata anche al sito del commissario Rossi, presidente di regione, e trovo esclusivamente cinque ordinanze di cui tre regolano il suo ufficio e dall'agosto 2014 ci sono due ordinanze sulla certificazione d'urgenza di interventi ed una sola ordinanza di approvazione di un progetto per i problemi di dissesto a valle della città di Santa Fiora. Quest'ultimo è un comune situato nella zona dell'Amiata e mi chiedo: forse ci sono problemi di dissesto per lo sfruttamento geotermico del sottosuolo ? Ma è una cosa a parte.
  Dopo tutto questo discorso, nutro dei sospetti sul trasferimento repentino nell'agosto 2014 delle competenze dai commissari ai presidenti di regione e ho il serio dubbio che i presidenti di regione stiano lavorando bene in questo momento, Pag. 29cioè il problema è grave e abbiamo bisogno di un'azione concreta. Sarebbe utile capire qual è la disponibilità economica delle regioni sul tema del dissesto completo e vedere cosa c’è negli accordi di programma che si stanno per firmare nuovamente. Serve chiarezza sui fondi e su come vengono utilizzati. Chiediamo ancora – poi nell'indagine conoscitiva andremo avanti su tutto questo piano – di discutere le proposte di legge Terzoni che abbiamo depositato nei giorni scorsi. Chiediamo di prevedere la modifica dell'unità di missione trasformandola in un gruppo di tecnici esperti che servano ad abbinare fondi da stanziare a interventi realmente necessari. Per tutto quello che abbiamo detto occorre sicuramente la redazione urgente del piano nazionale ed è evidente quanto segue: per fare una programmazione e un monitoraggio serio non serve pagare fior fiore di consulenze alla Sogesid ma serve un organo terzo per supervisionare la qualità dei progetti scelti dalle regioni e monitorare le scelte che sono state fatte, altrimenti mi chiedo quali siano in questo caso il ruolo dell'ISPRA e del Ministero dell'ambiente.

  PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Ordine del giorno della prossima seduta.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta, avvertendo che lo schema recante l'organizzazione dei tempi di esame dei disegni di legge di ratifica sarà pubblicato in calce al resoconto della seduta odierna.

  Martedì 3 novembre 2015, alle 10:

  1. – Discussione sulle linee generali del disegno di legge:
  Conversione in legge del decreto-legge 1o ottobre 2015, n. 154, recante disposizioni urgenti in materia economico-sociale (C. 3340-A).
  – Relatori: Marchi, per la maggioranza; Guidesi, di minoranza.

  (ore 14,30, con votazioni non prima delle ore 15)

  2. – Discussione della mozione Quintarelli ed altri n. 1-01031 concernente iniziative per la promozione di una Carta dei diritti in Internet e per la governance della rete.

  3. – Seguito della discussione del disegno di legge:
   Conversione in legge del decreto-legge 1o ottobre 2015, n. 154, recante disposizioni urgenti in materia economico-sociale (C. 3340-A).
  – Relatori: Marchi, per la maggioranza; Guidesi, di minoranza.

  4. – Discussione dei disegni di legge:

  Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di collaborazione culturale, scientifica, tecnologica e nel campo dell'istruzione tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica di Cipro, con Allegato, fatto a Nicosia il 6 giugno 2005, e dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica di Cipro sul reciproco riconoscimento dei titoli attestanti studi universitari o di livello universitario rilasciati in Italia e a Cipro, con Allegati, fatto a Roma il 9 gennaio 2009 (C. 2711-A).
  – Relatore: Alli.

  S. 1937 – Ratifica ed esecuzione dell'Accordo quadro tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo degli Stati Uniti d'America per la cooperazione nell'esplorazione ed utilizzazione dello spazio extra-atmosferico per scopi pacifici, fatto a Washington il 19 marzo 2013 (Approvato dal Senato) (C. 3242).
  – Relatrice: Carrozza.

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  S. 1601 – Ratifica ed esecuzione del Protocollo opzionale alla Convenzione sui diritti del fanciullo che stabilisce una procedura di presentazione di comunicazioni, adottato dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 19 dicembre 2011 (Approvato dal Senato) (C. 3238).
  – Relatrice: Locatelli.

  S. 1731 – Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica del Cile sulla cooperazione nel settore della difesa, fatto a Roma il 25 luglio 2014 (Approvato dal Senato) (ove concluso dalla Commissione) (C. 3239).

  S. 1926 – Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Montenegro in materia di cooperazione nel campo della difesa, fatto a Roma il 14 settembre 2011 (Approvato dal Senato) (ove concluso dalla Commissione) (C. 3240).

  Ratifica ed esecuzione del Protocollo che modifica la Convenzione tra la Repubblica italiana e la Confederazione svizzera per evitare le doppie imposizioni e per regolare talune altre questioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio, con Protocollo aggiuntivo, conclusa a Roma il 9 marzo 1976, così come modificata dal Protocollo del 28 aprile 1978, fatto a Milano il 23 febbraio 2015 (C. 3331).
   – Relatore: Tacconi.

  La seduta termina alle 11,50.

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ORGANIZZAZIONE DEI TEMPI DI ESAME DEI DISEGNI DI LEGGE DI RATIFICA NN. 3238 E 3331

Tempo complessivo: 2 ore per ciascun disegno di legge di ratifica.

Relatore 5 minuti
Governo 5 minuti
Richiami al Regolamento 5 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 17 minuti (con il limite massimo di 2 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 1 ora e 23 minuti
 Partito Democratico 19 minuti
 MoVimento 5 Stelle 12 minuti
 Forza Italia – Popolo della Libertà –
 Berlusconi Presidente
10 minuti
 Area Popolare (NCD - UDC) 6 minuti
 Sinistra Ecologia Libertà 6 minuti
 Scelta civica per l'Italia 6 minuti
 Lega Nord e Autonomie – Lega
 dei Popoli – Noi con Salvini
5 minuti
 Per l'Italia – Centro Democratico 6 minuti
 Fratelli d'Italia – Alleanza Nazionale 5 minuti
 Misto: 8 minuti
  Alleanza Liberalpopolare Autonomie ALA – MAIE - Movimento Associativo italiani all'estero 2 minuti
  Alternativa Libera 2 minuti
  Minoranze Linguistiche 2 minuti
  Partito Socialista Italiano (PSI) –
  Liberali per l'Italia (PLI)
2 minuti