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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 486 di lunedì 21 settembre 2015

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI

  La seduta comincia alle 12.

  PRESIDENTE. La seduta è aperta.
  Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

  RAFFAELLO VIGNALI, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 18 settembre 2015.

  PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albanella, Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alli, Amici, Bellanova, Bernardo, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Casero, Castiglione, Cicchitto, Cirielli, Costa, D'Alia, Dambruoso, De Micheli, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Manlio Di Stefano, Fedriga, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Garofani, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Patrizia Maestri, Manciulli, Marazziti, Merlo, Migliore, Nicoletti, Orlando, Pes, Pisicchio, Polverini, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rizzetto, Rosato, Domenico Rossi, Rostellato, Rughetti, Sani, Scalfarotto, Scotto, Sorial, Tabacci, Valeria Valente, Velo e Zanetti sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente settantanove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna).

Discussione del disegno di legge: Legge annuale per il mercato e la concorrenza (A.C. 3012-A); e delle abbinate proposte di legge: Causi e Benamati; Marco Di Stefano ed altri; Moretto ed altri; Colletti ed altri; Vignali; Russo ed altri; Simonetti ed altri (A.C. 2437-2469-2684-2708-2733-3025-3060) (ore 12,04).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 3012-A: Legge annuale per il mercato e la concorrenza; e delle abbinate proposte di legge: Causi e Benamati; Marco Di Stefano ed altri; Moretto ed altri; Colletti ed altri; Vignali; Russo ed altri; Simonetti ed altri nn. 2437-2469-2684-2708-2733-3025-3060.
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 17 settembre 2015.

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(Discussione sulle linee generali – A.C. 3012-A)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari del MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
  Avverto, altresì, che le Commissioni VI (Finanze) e X (Attività produttive) si intendono autorizzate a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire il relatore per la maggioranza per la Commissione attività produttive, onorevole Andrea Martella.

  ANDREA MARTELLA, Relatore per la maggioranza per la X Commissione. Signor Presidente, colleghi deputati, l'Assemblea inizia oggi l'esame del primo disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza, previsto dall'articolo 47 della legge 23 luglio 2009, n. 99, quale strumento periodico di rimozione dei numerosi ostacoli ancora presenti nei mercati dei prodotti e dei servizi.
  Sono molti i motivi per cui questo disegno di legge è importante e merita tutta l'attenzione che ha avuto e che avrà dal Parlamento. Uno di questi motivi è, ovviamente, di merito: riguarda i temi vasti e complessi che affronta, e riguarda il fatto che si tratta della prima legge annuale per la concorrenza e l'apertura dei mercati, un adempimento atteso da sei anni, cioè dal 2009.
  Un altro motivo è legato all'esigenza di far recuperare competitività all'Italia. Per favorire la crescita, il Governo in questi mesi ha seguito una strategia in cui le riforme fiscali, finanziarie, del mercato del lavoro si accompagnano alle politiche di sostegno della domanda interna: una strategia che sta dando risultati incoraggianti, come dimostrano le revisioni al rialzo delle stime del PIL per l'anno in corso e per i prossimi anni.
  La politica di stimolo della competitività del sistema italiano si arricchisce, quindi, con le misure a tutela della concorrenza, che mirano a rimuovere le barriere che ostacolano l'ingresso di nuovi soggetti sul mercato, ad agevolare il libero esercizio dell'attività imprenditoriale e ad aumentare la trasparenza dei mercati, a migliorare la consapevolezza e la mobilità della clientela.
  Il disegno di legge al nostro esame, rimuovendo gli ostacoli alla concorrenza, rimuove quei «colli di bottiglia» – come li ha definiti il Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato – che bloccano lo sviluppo della nostra economia, colpa di livelli di concorrenza troppo bassi, di regolamentazioni troppo onerose, di oneri non giustificati, di una burocrazia che continua, troppo spesso, ad essere pesante e soffocante.
  È l'Unione europea ad aver sottolineato l'importanza di promuovere l'apertura dei mercati, nelle raccomandazioni sul programma nazionale di riforma 2015, ed è stata la stessa Commissione europea, nel documento sugli squilibri macroeconomici di marzo 2015 con uno specifico riferimento all'Italia, a dire quanto fosse significativo come punto di partenza la legge annuale sulla concorrenza.
  Anche il Presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, nel corso della sua audizione alla Camera del marzo scorso, ha ricordato come soprattutto in Italia sia cruciale migliorare il contesto in cui operano le imprese: l'efficienza della pubblica amministrazione, un buon funzionamento del mercato del lavoro e, appunto, la promozione della concorrenza sono essenziali.
  Il Documento di economia e finanza dello scorso aprile attribuisce grande rilievo alla concorrenza, tanto – come tutti sappiamo – da collegare il provvedimento al nostro esame alla manovra di finanza pubblica e stimando una crescita sul PIL pari a 0,4 punti fino al 2020 e all'1,2 nel lungo periodo.
  La stessa Corte costituzionale, con la sentenza n. 200 del 2012, sulle politiche di «ri-regolazione» definisce come queste politiche possono essere in grado di aumentare il livello di concorrenzialità dei Pag. 3mercati e permettere ad un maggior numero di operatori economici di competere, valorizzando le proprie risorse e competenze. In tal modo si favorisce la riduzione dei costi di produzione per le imprese e dei prezzi finali per i consumatori, perseguendo, al contempo, principi di equità e di giustizia sociale, perché – è bene ricordarlo – ridurre le rendite derivanti da posizioni di monopolio significa aprire nuove opportunità a chi prima era escluso e garantire la libertà di scelta dei consumatori, con la possibilità di tutelare i più deboli.
  L'obiettivo, per quanto reso più difficile dalla crisi di questi anni, deve cioè restare quello di mantenere l'equilibrio tra crescita, libertà politica ed economica, e coesione sociale, la famosa «quadratura del cerchio» di cui parlava Ralf Dahrendorf. Passando al merito del provvedimento, ricordo che la procedura di cui all'articolo 47 prevede che il Governo, entro sessanta giorni dalla trasmissione della relazione annuale dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, è tenuto a presentare alle Camere un disegno di legge annuale che dovrà contenere norme di immediata applicazione. Il Governo ha preso in considerazione la segnalazione del luglio 2014.
  Il disegno di legge in esame interviene in molti dei settori indicati dall'Autorità: le assicurazioni, con particolare riguardo al campo della RC-auto; fondi pensione; comunicazioni; servizi postali; energia e distribuzione in rete di carburanti per autotrazione; banche; professioni; distribuzione farmaceutica. Per quanto riguarda l'iter di esame compiuto dalle Commissioni riunite finanze e attività produttive occorre sottolineare, innanzitutto, che è stata svolta un'attività istruttoria assai approfondita. Per fornire solo alcuni dati statistici, le Commissioni VI e X hanno svolto 16 sedute in sede referente per una durata complessiva pari a 24 ore e 35 minuti. Hanno poi svolto 16 sedute di audizioni informali (per un totale di 49 soggetti auditi) per una durata di 28 ore e 10 minuti.
  Al termine di questa intensa istruttoria legislativa, al fine di recepire alcune delle principali sollecitazioni pervenute dai soggetti auditi e di raccogliere alcune delle indicazioni contenute nelle numerose proposte emendative (oltre 1.300) presentate da tutti i gruppi parlamentari, nello scorso mese di luglio come relatori abbiamo presentato una serie di emendamenti relativi ad alcuni articoli significativi e l'approvazione di queste proposte emendative, ulteriormente migliorate dal contributo di circa 350 subemendamenti presentati dai rappresentanti di tutti i gruppi parlamentari, ha dato luogo a rilevanti modifiche del testo presentato dal Governo, se non addirittura ad una sua completa riscrittura, come nel caso degli articoli 19-21 relativi all'energia.
  Il provvedimento risulta così profondamente modificato, passando dagli originali 32 articoli del testo presentato dal Governo agli attuali 50 del testo licenziato dalle Commissioni. Questo – ho sufficiente esperienza per dirlo – non impedirà che nella discussione qualcuno dei colleghi richiami qualche aspetto insufficiente o persino assente. Nessuna sorpresa, dunque, per le osservazioni o le critiche che verranno portate nel corso di questo dibattito. Voglio solo sottolineare che questa non è la legge che risolve una volta per tutte i nodi della concorrenza e dell'apertura dei mercati, questa è una legge annuale, la prima sulla concorrenza, è la prima tappa di un percorso, è il primo risultato di un lavoro che dovrà proseguire con continuità e con una chiara direzione di marcia. Per quanto attiene ai contenuti del provvedimento di competenza della Commissione attività produttive – fatto salvo che consegnerò, alla fine di questa mia relazione, il testo completo – con riguardo al settore delle comunicazioni, l'articolo 16 prevede che nei contratti per servizi di telefonia, televisivi e di comunicazione elettronica le spese e gli oneri di recesso e trasferimento dell'utenza siano noti, commisurati al valore del contratto e comunicati, così come le modalità di recesso siano semplici e analoghe a quelle dell'attivazione. L'articolo 17 prevede l'utilizzo Pag. 4del sistema pubblico dell'identità digitale per semplificare le procedure di migrazione dei clienti tra operatori di telefonia mobile.
  Così come il nuovo articolo 16-ter dà all'Autorità garante della concorrenza e del mercato il potere di adottare provvedimenti necessari per eliminare o per impedire il formarsi di fenomeni distorsivi della concorrenza, ove sul mercato di riferimento un unico soggetto, ivi comprese le agenzie territoriali, anche in una delle dodici città capozona della distribuzione cinematografica, detenga una posizione dominante nel mercato della distribuzione cinematografica. Si tratta di un articolo, il 16-ter, che è stato aggiunto nel corso del dibattito parlamentare.
  Ha particolare importanza l'articolo 18. Infatti, con riguardo ai servizi postali è soppressa, a decorrere dal 10 giugno 2016, l'attribuzione in esclusiva alla società Poste italiane Spa dei servizi inerenti le notificazioni e comunicazioni di atti giudiziari nonché dei servizi inerenti le notificazioni delle violazioni del codice della strada.
  Con riferimento al settore dell'energia – si tratta di una parte strategica di questo provvedimento – gli articoli da 19 a 21 nel testo originario del disegno di legge costituivano un gruppo di disposizioni volte a eliminare, a partire dal 2018, il regime di maggiore tutela, ossia la disciplina che prevede la definizione da parte dell'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, delle tariffe del gas e dell'energia elettrica per i consumatori che non abbiano ancora scelto un fornitore sul mercato libero.
  Nel corso dell'esame presso le Commissioni riunite, questo gruppo di disposizioni è stato interamente riscritto, con gli emendamenti dei relatori a cui prima facevo riferimento, soprattutto con l'inserimento di norme a tutela dei consumatori, mantenendo comunque intatta l'intenzione iniziale di liberalizzare, dal 2018, la vendita ai clienti finali di energia con l'eliminazione dei prezzi regolamentati. Ma, più in dettaglio, l'eliminazione, a partire dal 2018, del regime di maggior tutela è condizionata al raggiungimento di specifici obiettivi nei due mercati del gas e dell'energia elettrica.
  Qualora almeno una delle condizioni che vengono indicate e poste dal disegno di legge non risulterà rispettata, sulla base dell'evidenza di una procedura amministrativa per la verifica delle condizioni della piena liberalizzazione dei mercati, scatterà una proroga di sei mesi in sei mesi del passaggio definitivo alla piena liberalizzazione, fino all'integrale raggiungimento degli obiettivi. Sulla base del raggiungimento di questi obiettivi, sarà il Ministero dello sviluppo economico, sentita anche l'Antitrust, ad emanare un decreto in cui dà conto del raggiungimento degli obiettivi ai fini della cessazione del regime di maggior tutela.
  L'articolo 19 interviene anche sulla disciplina del bonus elettrico e del bonus gas per i clienti economicamente svantaggiati, così come l'articolo 19 interviene e contiene misure per la trasparenza dei mercati dell'energia elettrica e del gas.
  Con riferimento alla distribuzione dei carburanti, l'articolo 22 eliminava una barriera all'entrata per l'installazione di nuovi impianti di carburanti, disponendo che non possa essere posto in nessun caso il vincolo della presenza contestuale di più tipologie di carburanti. Durante l'esame parlamentare l'articolo è stato sostituito e il nuovo testo non elimina più il vincolo della presenza contestuale di più tipologie di carburanti, ma vieta di subordinare l'installazione e l'esercizio di un impianto di distribuzione di carburanti ad altri obblighi, salvo quelli stabiliti con decreto del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze.
  Sempre nel corso dei lavori parlamentari – e si tratta anche in questo caso di un ulteriore articolo aggiuntivo – è stato inserito un articolo 22-bis in tema di razionalizzazione della rete di distribuzione dei carburanti, che prevede la verifica della compatibilità degli impianti, per quanto concerne i soli aspetti attinenti la sicurezza della circolazione stradale.Pag. 5
  Nel corso dell'esame parlamentare è stata inserita anche una norma aggiuntiva – l'articolo 22-ter – che riguarda l'accesso, da parte dei produttori, al mercato di gestione autonoma degli imballaggi.
  Con riguardo alle misure per la concorrenza nei servizi professionali, l'articolo 26 provvede, nelle società tra avvocati, ad eliminare il ruolo dei soci di solo capitale, richiedendo che per l'iscrizione all'albo i soci professionisti rappresentino almeno due terzi del capitale sociale e dei diritti di voto. Il venir meno di tale requisito, non ripristinato entro sei mesi, determina la cancellazione della società dall'apposita sezione dell'albo degli avvocati.
  In relazione alla professione notarile, si modificano i criteri che determinano il numero e la distribuzione dei notai sul territorio nazionale. In particolare, il rapporto notai-popolazione è determinato in un notaio ogni 5 mila abitanti, portando, quindi, ad un aumento del numero dei notai nel nostro Paese.
  Con ulteriori misure si consente al notaio di ampliare il proprio bacino di utenza territoriale; si prevede una particolare disciplina sugli obblighi di deposito su conto corrente dedicato; si prevedono, infine, ispezioni a campione sui notai in ordine alla regolare tenuta dell'impiego dei fondi e dei valori consegnati ad ogni titolo al notaio in ragione del suo ufficio.
  Nel corso dell'esame parlamentare, si è scelto anche di confermare la professionalità del notariato come garanzia per i trasferimenti immobiliari. È stata, quindi, soppressa la norma che introduceva una disciplina speciale in tema di compravendite immobiliari di beni immobili destinati ad uso non abitativo, volta a consentire agli avvocati di autenticare le sottoscrizioni dei relativi atti di trasferimento nel limite del valore catastale di 100 mila euro.
  Con una disposizione di interpretazione autentica si estende alle società di ingegneria costituite in forma di società di capitali o cooperative la disciplina che per prima ha consentito l'esercizio della professione in forma societaria per le società tra professionisti. L'intervento normativo consente così di affermare la validità dei contratti conclusi, a decorrere dall'11 agosto 1997, tra le suddette società di ingegneria ed i privati, superando interpretazioni opposte date dalla giurisprudenza; si tratta, appunto, dell'articolo 31.
  Infine, per indicare i temi relativi alla parte di competenza della Commissione attività produttive – sarà poi compito della collega Fregolent intervenire sugli altri articoli di competenza della Commissione finanze –, con riguardo al settore della distribuzione farmaceutica, si consente l'ingresso di società di capitali nella titolarità dell'esercizio della farmacia privata e si rimuove il limite delle quattro licenze, attualmente previsto, in capo ad una stessa società.
  Nel corso dell'esame parlamentare sono state apportate alcune modifiche, prevedendo obblighi di comunicazione delle variazioni dello statuto e della compagine sociale delle società di capitali titolari di farmacie private alla Federazione degli ordini dei farmacisti italiani e ad ogni altro organo con competenze istituzionali nel settore. Infine, è stata sancita l'incompatibilità della partecipazione a società di capitali titolari di farmacia privata con qualsiasi attività svolta nel settore della produzione e informazione scientifica del farmaco.
  Per quanto riguarda il settore dei trasporti, è stato inserito un articolo aggiuntivo, il nuovo articolo 32-ter, che prevede l'obbligo per i concessionari e i gestori di servizi di linea di trasporto passeggeri su gomma o rotaia e di trasporto marittimo di informare i fruitori del servizio, entro la conclusione del medesimo, delle modalità per accedere alla carta dei servizi, consentendo loro di prendere cognizione delle ipotesi che danno titolo a fruire di rimborsi e indennizzi. Si tratta di un'ulteriore norma a vantaggio dei consumatori.
  Ecco, colleghi deputati, queste sono le misure su cui l'Assemblea dovrà esprimersi. Da parte mia, non posso che concludere sottolineando l'attenzione, la cura e la qualità del lavoro svolto dalle Commissioni in queste settimane. Con questo Pag. 6disegno di legge, oltre a tutti i risultati che ho provato ad illustrare nel merito, l'Italia salirà un ulteriore gradino nel recupero di credibilità a livello europeo conquistato nel corso di quest'ultimo anno e mezzo.
  Ma, come è stato ripetuto un'infinità di volte, l'obiettivo non è solo fare i «compiti a casa»: va benissimo che l'Unione abbia sottolineato l'importanza di promuovere l'apertura dei mercati, di rimuovere gli ostacoli, come ha fatto anche la Commissaria europea in una recente audizione a conclusione delle audizioni svolte alla Camera. Il nostro obiettivo, il risultato finale che vogliamo raggiungere, è di un respiro più ampio: è sostenere la crescita e fare le riforme che servono all'Italia, aggredire i ritardi, i nodi strutturali che per troppo tempo hanno frenato, per non dire bloccato, il Paese.
  Per quanto riguarda il mercato e la concorrenza, il risultato verso cui tendere, in fondo, è quello contenuto nelle parole di una personalità politica che in quest'Aula ha fatto spesso sentire la sua voce brillante e le sue idee. Il mercato, diceva Beniamino Andreatta, è il miglior strumento che sia stato inventato dall'esperienza collettiva degli uomini per produrre e distribuire risorse. Allo stesso tempo, il mercato, sottolineava, deve essere esercitato in nome della legge, in nome della garanzia della concorrenza, in nome della parità di coloro che si presentano sul mercato stesso. Questo perché la concorrenza, concludeva, non è un fatto spontaneo, ma è costituita attraverso regole di procedure imposte dalle autorità statali che escludono come illegittimi determinati comportamenti o eliminano determinate concentrazioni di potere economico.
  Ecco, Andreatta, ben prima dell'avvento della legislazione europea sui monopoli e la concorrenza, aveva compreso come un mercato davvero libero e ben temperato da un etico rispetto delle regole da parte di tutti gli operatori economici avrebbe potuto generare una crescita economica sana, competitiva e tendente alla sostenibilità. Oggi, come ieri, rimane questo il grande obiettivo, oggi più di ieri, proseguendo questa stagione di riforme, avremo la possibilità di raggiungerlo. Con la legge che stiamo per approvare faremo, quindi, un passo nella giusta direzione.
  Chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia relazione (La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti).

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la relatrice per la maggioranza, per la Commissione finanze, onorevole Fregolent.

  SILVIA FREGOLENT, Relatrice per la maggioranza, per la VI Commissione. Grazie, signor Presidente. Signori colleghi, come ha ricordato il relatore per la X Commissione, il provvedimento al nostro esame è il primo disegno di legge annuale per la concorrenza e l'apertura dei mercati, nonostante l'adozione di una legge annuale per il mercato e la concorrenza sia stata prevista dal lontano luglio 2009, con la legge 23 luglio 2009, n. 99. Il dibattito sulla capacità competitiva e di crescita dell'economia italiana ha messo in luce l'importanza dell'apertura dei mercati necessaria al raggiungimento di livelli di competitività adeguati alle sfide del nuovo contesto globale. Assicurare maggiori opportunità ai cittadini è stato l'obiettivo del nostro lavoro durante l'esame in sede referente, obiettivo che riteniamo di aver raggiunto con le numerose modifiche approvate, frutto di un confronto aperto, ma sempre costruttivo nelle Commissioni. Le proteste di alcuni soggetti interessati dalle disposizioni del disegno di legge dimostrano che nel nostro esame non hanno prevalso gli interessi corporativi, ma solo l'interesse generale.
  Nel dettaglio delle disposizioni che competono alla Commissione finanze, il Capo II del disegno di legge reca norme in materia di assicurazioni e fondi pensioni. In materia di RC-auto si interviene, in primo luogo, sulla disciplina dell'obbligo a contrarre. Se dalla verifica dei dati risultanti dall'attestato di rischio, dell'identità del contraente e dell'intestatario del veicolo, se persona diversa, risultano informazioni non corrette o non veritiere, le Pag. 7imprese di assicurazione non sono tenute ad accettare le proposte loro presentate. Nel corso dell'esame parlamentare è stata elevata la sanzione prevista in caso di rifiuto ed elusione all'obbligo a contrarre. Sono previsti specifici obblighi di informazione in capo alle compagnie assicurative prima della sottoscrizione di un contratto RC-auto. Se il consumatore alla stipula del contratto accetta una o più condizioni determinate dalla legge, ha diritto ad uno sconto sul prezzo della polizza che non può essere inferiore a una percentuale determinata dall'Ivass, entro 60 giorni dall'entrata in vigore della legge in esame. La percentuale di sconto è maggiorata per le regioni a maggiore tasso di sinistrosità. Tali condizioni riguardano: l'ispezione del veicolo; l'installazione della scatola nera; l'installazione di un meccanismo che impedisce l'avvio del motore in caso di elevato tasso alcolemico del conducente. È prevista una ulteriore ipotesi di sconto significativo sul prezzo della polizza nel caso in cui l'assicurato contragga più polizze sottoscrivendo una clausola di guida esclusiva.
  Nel corso dell'esame parlamentare sono state soppresse le ulteriori condizioni riguardanti la rinuncia alla cessione del credito, il risarcimento in forma specifica presso carrozzerie convenzionate. Resta ferma per l'assicurato la facoltà di ottenere l'integrale risarcimento per la riparazione a regola d'arte del veicolo danneggiato avvalendosi di imprese di autoriparazione di propria fiducia, le quali devono fornire documentazione fiscale e un'idonea garanzia sulle riparazioni effettuate, con una validità non inferiore a due anni. Questo perché, a nostro avviso, il ricorso ad una rete di riparazioni convenzionata con la compagnia assicuratrice, quale condizione per accedere agli sconti, pur avendo carattere facoltativo, come era previsto nel testo originario, avrebbe potuto configurare nei confronti degli assicurati un'indebita compressione della libertà di scelta dell'impresa di autoriparazione e, al contempo, influenzare negativamente il corretto funzionamento del mercato, in contrasto con i principi europei in materia, legittimando un'interferenza delle imprese assicurative nelle condizioni di mercato offerte dalle imprese di autoriparazioni convenzionate, vanificando l'obiettivo delle liberalizzazioni dei servizi. Con le modifiche apportate in sede referente i costi di installazione delle scatole nere sono stati posti a carico dell'impresa di assicurazione, mentre nel testo originario erano a carico dell'assicurato. Nel caso di incidente stradale, se uno dei veicoli coinvolti è dotato di uno dei meccanismi citati, le risultanze del dispositivo formano piena prova nei procedimenti civili, salvo che si dimostri il mancato funzionamento o la manomissione del dispositivo. Deve, inoltre, essere garantita l'interoperabilità e la portabilità delle scatole nere nel caso di passaggio ad una diversa compagnia assicurativa.
  Si prevede l'emanazione di norme volte a garantire lo standard tecnologico per la gestione dei dati delle scatole nere e per la loro interoperabilità. Nell'ipotesi di manomissione della scatola nera, l'assicurato perde la riduzione del premio ed è sottoposto ad eventuali sanzioni penali (articolo 8).
  Sono introdotte norme volte a contrastare la prassi dei cosiddetti testimoni di comodo. Si prevede che l'identificazione di eventuali testimoni sul luogo di accadimento dell'incidente deve risultare dalla richiesta di risarcimento presentata all'impresa di assicurazione, dall'invito alla stipula della negoziazione assistita, ovvero, qualora sia intervenuta specifica richiesta di indicazione dei testimoni da parte dell'assicurazione, che deve avvenire entro sessanta giorni dalla denuncia di sinistro, mediante raccomandata con avviso di ricevimento (articolo 6).
  Il nuovo articolo 6-bis affida all'Ivass il compito di procedere ad una verifica trimestrale sui sinistri inseriti nell'apposita banca dati dalle imprese di assicurazione, per assicurare l'omogeneità dei criteri di trattamento. L'Ivass deve altresì redigere apposita relazione all'esito di tale verifica, le cui risultanze sono considerate anche per definire la significatività degli sconti sulle polizze. Si affida altresì all'Ivass il Pag. 8compito di definire una percentuale di sconto minima, in favore di contraenti che risiedono nelle regioni con costo medio del premio superiore alla media nazionale e che non abbiano effettuato sinistri con responsabilità esclusiva o concorrente per almeno cinque anni, a condizione che abbiano installato meccanismi elettronici che registrano l'attività del veicolo (cosiddetta scatola nera). La percentuale di sconto minima deve essere tale da commisurare la tariffa loro applicata a quella media dei soggetti, aventi le medesime caratteristiche, residenti in regioni con tassi di sinistrosità inferiori rispetto alla media nazionale. Quindi a parità di condizioni date, prevedere pari tariffe ci sembra un atto di civiltà. Per questo le polemiche di questi giorni appaiono alquanto pretestuose.
  È ribadita la necessità che il Governo emani tabelle nazionali che fungano da parametro per il risarcimento del danno biologico, per le macrolesioni e le microlesioni, per giungere ad eguali risarcimenti su tutto il territorio nazionale.
  Le Commissioni hanno approvato un emendamento dei relatori, volto a garantire il diritto delle vittime dei sinistri ad un pieno risarcimento del danno non patrimoniale effettivamente subito e a razionalizzare i costi gravanti sul sistema assicurativo e sui consumatori. L'ammontare complessivo riconosciuto è cumulativo del risarcimento del danno non patrimoniale conseguente a lesioni fisiche. In sede referente è stato previsto che, con riferimento alla tabella delle macrolesioni, al fine di considerare la componente del danno morale da lesione d'integrità fisica, la quota corrispondente al danno biologico è incrementata in via percentuale e progressiva per punto. A questi valori si somma la personalizzazione del risarcimento attribuita alla discrezionalità del giudice, pari al trenta per cento. La tabella unica nazionale è redatta tenendo conto dei criteri valutativi del danno non patrimoniale ritenuti congrui dalla consolidata giurisprudenza di legittimità, ossia le tabelle del tribunale di Milano. È chiarito che il danno alla persona per lesioni di lieve entità può essere risarcito solo a seguito di accertamento clinico strumentale obiettivo, rimanendo escluse le diagnosi di tipo visivo, ad eccezione che per le cicatrici, oggettivamente riscontrabili senza strumentazione.
  Per contrastare le frodi assicurative sono estesi i casi nei quali le imprese di assicurazione possono rifiutare il risarcimento, denunciando la frode. Gli elementi sintomatici della frode si possono ricavare: dall'archivio informatico integrato dell'Ivass, dalle scatole nere (e meccanismi equivalenti) e dalla perizia, qualora risulti documentata l'incongruenza del danno dichiarato dal richiedente. In caso di cessione del credito all'impresa di autoriparazione, la somma da corrispondere a titolo di rimborso è versata solo a fronte di presentazione della fattura.
  Le polizze per assicurazione professionale, fatta salva la libertà contrattuale delle parti, devono contemplare l'assenza delle clausole che limitano la prestazione assicurativa ai sinistri denunciati nel periodo di validità del contratto. Le compagnie devono offrire prodotti che prevedano una copertura assicurativa per richieste di risarcimento presentate entro i dieci giorni dalla scadenza della polizza, riferite a errori del professionista verificatisi nel periodo di vigenza della stessa.
  Sono stati elevati i massimali minimi di garanzia per i veicoli a motore adibiti al trasporto di persone aventi più di otto posti a sedere oltre il conducente, tra cui autobus e filoveicoli, che non devono essere inferiori a 15 milioni di euro per sinistro, in luogo dei 10 milioni previsti dal disegno di legge originario.
  L'articolo 14 attribuisce all'Ivass i poteri di vigilanza e di controllo sull'osservanza delle disposizioni introdotte dal provvedimento in esame, con speciale riguardo a quelle relative a: la riduzione dei premi dei contratti di assicurazione, l'evoluzione dei costi per il risarcimento dei sinistri (introdotta in sede referente); il rispetto degli obblighi di pubblicità e di comunicazione in fase di offerta contrattuale.Pag. 9
  L'articolo 15 contiene disposizioni concernenti i fondi pensione. L'esame della Commissione non segna un arretramento rispetto al testo del disegno di legge presentato dal Governo, ma evidenzia la volontà di individuare le linee guida di una riforma ormai necessaria, come ho sottolineato nelle audizioni dei soggetti coinvolti, e che sappia coniugare gli interessi dei lavoratori, per i quali i fondi pensione negoziali contribuiscono al secondo pilastro del sistema previdenziale, con un maggiore livello di concorrenza e di apertura del mercato. Pertanto, è stata soppressa la disposizione del disegno di legge che consentiva alle forme pensionistiche complementari, secondo il principio della contribuzione definita, di raccogliere sottoscrizioni anche tra i lavoratori appartenenti a categorie professionali diverse da quelle di riferimento.
  Nel corso dell'esame parlamentare, l'anticipo massimo è stato riportato da dieci a cinque anni, come da legislazione vigente, affidando ai regolamenti delle forme pensionistiche complementari la possibilità di rialzare il menzionato anticipo fino ad un massimo di dieci anni.
  In merito al regime fiscale dei riscatti, si chiarisce che, in caso di perdita dei requisiti di partecipazione del fondo per cause diverse dalla cessazione dell'attività lavorativa, dall'invalidità permanente o dalla morte dell'iscritto, è previsto il riscatto della posizione sia nelle forme collettive che in quelle individuali. Su tali somme si applica la ritenuta a titolo di imposta del 23 per cento.
  Per quanto riguarda i servizi bancari, l'articolo 23 pone a carico degli istituti bancari e delle società di carte di credito l'obbligo di assicurare che l'accesso ai propri servizi di assistenza ai clienti, anche tramite chiamate da telefono mobile, avvenga a costi telefonici non superiori rispetto alla tariffazione ordinaria urbana. Nel corso dell'esame parlamentare, è stata introdotta, in caso di violazione della suddetta norma, una sanzione amministrativa pari a 10 mila euro inflitta dall'autorità di vigilanza nonché un indennizzo non inferiore a 100 euro a favore del cliente.
  L'articolo 24 prevede l'affidamento di tale compito a un provvedimento di rango secondario, attraverso cui siano individuati i prodotti bancari maggiormente diffusi tra la clientela per assicurare la confrontabilità delle spese addebitate a chiunque dei prestatori dei servizi di pagamento attraverso un apposito sito Internet.
  L'articolo 25 estende a tutte le polizze assicurative connesse o accessorie all'erogazione di mutui ovvero di credito al consumo l'obbligo, in capo all'intermediario o alla banca che eroga il credito, di presentare al cliente almeno due preventivi di due differenti gruppi assicurativi non riconducibili alle banche, agli istituti di credito e agli intermediari finanziari stessi. In caso di inosservanza di tale obbligo, è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria.
  In materia di servizi professionali, è modificata la disciplina della società a responsabilità limitata (srl) semplificata, al fine di consentirne la costituzione anche mediante scrittura privata, fermo restando l'obbligo di iscrizione presso il registro delle imprese. In tal caso, gli amministratori devono depositarlo entro venti giorni per l'iscrizione al registro delle imprese. Agli adempimenti in tema di normativa antiriciclaggio relativa agli atti di iscrizione di tali srl provvede il conservatore del registro delle imprese competente per territorio.
  Sono individuate alcune tipologie di atti per i quali è consentita la sottoscrizione, oltre che con atto pubblico o scrittura privata, anche con modalità digitali, attraverso modelli standard. L'assistenza alla stipula degli atti digitali può essere fornita da una serie di soggetti che devono a tal fine accreditarsi presso la camera di commercio.
  Questo, come raccontava il mio collega relatore Andrea Martella, è il testo del disegno di legge. Il lavoro fatto in Commissione è stato un lavoro serio ed approfondito, lo ha detto il mio collega ricordando il numero delle audizioni e il lavoro portato avanti con gli emendamenti. Per questo mi sento di ringraziare – a prescindere, poi, dagli emendamenti Pag. 10che verranno presentati anche in questa sede – i gruppi dei partiti politici di maggioranza e di opposizione, che si sono resi protagonisti di questo lavoro, oltre che il Governo, qui rappresentato dalla sottosegretaria Vicari, che ci ha dato un grosso sostegno, il presidente della Commissione finanze Bernardo e il presidente della Commissione attività produttive Epifani, tutti i colleghi, tutti gli uffici, sia delle Commissioni che dei gruppi parlamentari, che hanno permesso a noi relatori di arrivare fino in fondo, oggi, presentando questo provvedimento così complesso e, nei prossimi giorni, avviandoci alle votazioni.

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la rappresentante del Governo.

  SIMONA VICARI, Sottosegretaria di Stato per lo sviluppo economico. Grazie signor Presidente, onorevoli deputati, dopo un lungo, ma positivo lavoro delle Commissioni X e VI il disegno di legge annuale per la concorrenza arriva finalmente all'attenzione dell'Aula della Camera. Si tratta di un passaggio importante, come sapete. Le liberalizzazioni fanno parte del pacchetto di riforme strutturali che l'Italia si è impegnata a realizzare nell'ambito di un suo programma nazionale di riforme. L'apertura dei mercati è, infatti, cruciale a promuovere la crescita, l'innovazione e la mobilità sociale nel nostro Paese. Nel presentare il ddl concorrenza il Governo sente, pertanto, tutta la responsabilità dell'avviare un processo difficile, ma necessario. Difficile perché si cominciano a scalfire molte rendite di posizione che hanno ingessato la dinamica della produttività negli ultimi vent'anni. Necessario perché solo così potremo portare a termine l'opera di modernizzazione del nostro Paese.
  Non è mia intenzione entrare nel merito di ciascuna misura contenuta nel ddl. Vorrei, però, condividere con voi alcune riflessioni sulle sue linee di fondo e più in generale sulla filosofia a cui il provvedimento si ispira. Vorrei, quindi, ricordare i tre pilastri attraverso cui si può interpretare l'intero disegno di legge: l'apertura del mercato dal lato dell'offerta, la mobilità della domanda e la promozione della trasparenza. Questo triplice obiettivo deriva dalla ricerca di soluzioni reali ai problemi di competitività del nostro Paese ed è perfettamente in linea con quanto segnalato dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato nella sua relazione, così come nell'ambito della sua attività di advocacy. In primo luogo, allora, è necessario eliminare quelle grandi o piccole restrizioni che hanno finora rallentato l'evoluzione dei modelli di business e lo sviluppo di piattaforme competitive alternative. Penso, in particolare, all'apertura ai capitali che ci consente di avvicinare sempre di più l'attività professionale, in particolare avvocati e farmacie, all'attività di impresa. In alcuni casi, come le poste e i notai, abbiamo voluto superare delle riserve non più giustificate. Secondariamente, buoni mercati richiedono consumatori attivi. A tal fine, bisogna rimuovere quelle barriere, specie di natura regolatoria, che ingessano la domanda. Vanno letti in questa prospettiva gli interventi sulle assicurazioni, le telecomunicazioni, le banche, l'energia e qualcos'altro ancora. Infine, perché un mercato funzioni bene occorre che l'informazione venga prodotta, diffusa e messa a disposizione di tutte le parti e, dunque, che siano cancellati gli ostacoli alla sua circolazione. In ciascuna delle aree di intervento del ddl abbiamo, pertanto, previsto misure specifiche volte a favorire la trasparenza delle offerte e delle modalità di sottoscrizione dei contratti. Questo, a tutela dei consumatori, ma anche allo scopo di offrire a tutti un orizzonte di certezza.
  Questa sommaria descrizione mi aiuta a entrare nella ratio del ddl. Ho usato non a caso espressioni come «eliminare restrizioni», «rimuovere barriere», «cancellare ostacoli». Liberalizzare per noi innanzitutto vuol dire deregolamentare, fare un atto di fiducia verso la capacità di scelta dei consumatori, senza la pretesa che siano le politiche a imporre opzioni e comportamenti uniformi per tutti. Liberalizzare significa valorizzare la diversità e Pag. 11la creatività degli individui, assegnando allo Stato una funzione rigorosa di controllo e di enforcement. Si capisce meglio, allora, quello che dicevo prima: le liberalizzazioni sono legate alla stessa logica che ci spinge a fare ogni sforzo possibile per semplificare il quadro normativo, rendere le procedure più lineari, la burocrazia più snella, le tasse più accettabili. Insomma, avviare un profondo rinnovamento dello Stato e dei suoi rapporti con cittadini e imprese. Potremmo anche dire, in altre parole, che obiettivo del Governo è liberare le forze produttive del Paese per risollevare la dinamica della produttività in tutti i suoi aspetti: produttività del lavoro, produttività del capitale, produttività totale dei fattori. Naturalmente, il disegno di legge per la concorrenza punta specificatamente a quest'ultimo obiettivo. È importante capire che lo stimolo alla produttività è il fil rouge dell'intera attività di Governo. I cittadini oggi hanno il diritto e la maturità per compiere liberamente le proprie scelte di consumo e le imprese hanno il diritto e la capacità di innovare, investire, cambiare per intercettare una domanda sempre più sofisticata e differenziata.
  C’è un ultimo aspetto che vorrei toccare, un aspetto che forse tende a rimanere in ombra, ma che in questo frangente è importante affrontare. Ed è anche una risposta a chi ci accusa di non aver fatto la rivoluzione con questo provvedimento.
  Il disegno di legge per la concorrenza è un provvedimento complesso e articolato ma è anche un provvedimento annuale; la vera sfida non è quella di fare un'iniziativa spot, quanto, piuttosto, avviare un percorso sistematico e coerente di revisione della normativa. Siamo convinti che, se sapremo tenere il ritmo e rispettare puntualmente l'impegno a cui per la prima volta questo Governo ha dato seguito, l'Italia potrà diventare un Paese migliore e più prospero. Siamo anche convinti che questa pratica, un intervento graduale ma costante, farà del Paese una best practice nella competition policy europea. Le parole lusinghiere della Commissaria Vestager, proprio qui alla Camera, sono per noi la testimonianza di un lavoro importante e delle grandi aspettative che abbiamo sollevato anche al di là dei nostri confini.
  Concludo, dunque, con l'auspicio che l'Aula saprà accettare positivamente questa sfida, contribuendo a migliorare e a rendere più incisivo un disegno di legge che crediamo rappresenti un pacchetto importante nell'ambito della strategia complessiva del Governo. In ultimo, veramente in ultimo, ringrazio tutti coloro che hanno lavorato alla stesura e alla definizione di questo provvedimento, in particolar modo i relatori, Silvia Fregolent e Andrea Martella, tutti i membri delle Commissioni finanze e attività produttive e anche i presidenti Epifani e Bernardo per l'impegno con cui, finora, ci hanno accompagnato. Ringrazio anticipatamente tutti gli onorevoli deputati per il lavoro che sapranno produrre, condividere ed esitare da quest'Aula.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Luigi Taranto. Ne ha facoltà.

  LUIGI TARANTO. Signor Presidente, signora sottosegretaria, colleghe e colleghi, è già stato ricordato che il disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza che giunge ora all'esame dell'Aula costituisce la prima attuazione dell'articolo 47 della legge n. 99 del 23 luglio 2009 e non vi è dubbio che nella scelta del Governo di procedere all'attuazione delle previsioni dell'articolo 47 abbia anzitutto agito la lezione più profonda del tempo difficile della grande crisi e della lunga recessione e, dunque, la consapevolezza del fatto che il riconoscimento delle ragioni dell'economia reale e la necessità di consolidare e accelerare la dinamica del ritorno alla crescita richiedono che venga azionata con determinazione la leva delle riforme strutturali tra cui, appunto, le riforme pro concorrenziali. Basta richiamare al riguardo quanto il presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, il professor Pitruzzella, sottolineava giusto in apertura della sua audizione da parte delle Commissioni riunite finanze e attività produttive: «l'esperienza maturata dall'Autorità» Pag. 12– così riportava il presidente Pitruzzella – «nel corso di oltre due decenni di attività indica che l'insufficiente conformazione concorrenziale di numerosi mercati di beni e servizi costituisce non solo un costo per consumatori ed imprese, ma anche una delle principali cause dell'arretratezza del tessuto produttivo nazionale e un ostacolo significativo alla crescita economica». Rendere allora gli assetti regolatori meno restrittivi può sollecitare reddito e occupazione, rimuovere barriere all'entrata e vincoli ingiustificati che gravano sulle imprese può stimolare tassi di investimento di lungo periodo e crescita della produttività.
  In altri termini, sul versante delle politiche pubbliche utili al recupero di produttività e competitività dell'economia reale, senza aggravio di deficit e di debito, l'apertura dei mercati e l'alleggerimento delle regolazioni e dei controlli amministrativi vengono generalmente segnalati per la capacità di incentivare, attraverso la competizione, gli incrementi di produttività e le innovazioni organizzative di processo e di prodotto. Come ha giustamente osservato Franco Bassanini, liberalizzazioni ben congegnate e intelligenti politiche di better regulation possono in effetti avere sull'economia reale effetti equivalenti a quelli prodotti da incisive misure di riduzione della pressione fiscale (...). Ma gli aggettivi – prosegue Bassanini, ed ecco il punto nodale sono (...) non meno importanti dei sostantivi: la qualità delle politiche di liberalizzazione e semplificazione è decisiva per ottenere il risultato.
  Visione strategica, profondità dell'approccio settoriale, assiduità dell'implementazione, richiamo equilibrato, ma determinato e coerente, alla competenza legislativa esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza, integrazione tra liberalizzazioni ben temperate e regolazioni intelligenti, da una parte, e politiche economiche ed industriali, dall'altra, sono condizioni fondamentali di politiche per la concorrenza non astratte e fattualmente capaci di incidere. Servono allora cultura della concorrenza, diffusa a tutti i livelli di Governo ed amministrativi, una politica economica volta a favorire attività imprenditoriali ed innovazione ed il buon funzionamento di fondamentali infrastrutture, da una architettura istituzionale in cui la ripartizione delle competenze tenga conto delle dinamiche di mercato all'efficienza della pubblica amministrazione, dalla certezza del diritto al rispetto della legalità.
  Costruire buone liberalizzazioni è, insomma, operazione complessa e quasi per definizione work in progress. Lo strumento del disegno di legge annuale si giova, da questo punto di vista, del suo rapporto strutturale con le segnalazioni dell'Autorità garante per la concorrenza ed il mercato e con le segnalazioni delle altre autorità amministrative indipendenti. Ma si giova anche della previsione normativa di una relazione di accompagnamento volta ad evidenziare conformità dell'ordinamento interno ai principi comunitari in materia, attuazione agli interventi già previsti, elenco delle segnalazioni e dei pareri dell'autorità con indicazione degli ambiti per cui non si è ritenuto opportuno dar seguito. La discussione parlamentare del provvedimento si è poi avvalsa di un serrato ciclo di audizioni, la cui articolazione è stata riflesso dell'ampiezza dello spettro delle questioni affrontate dal disegno di legge: assicurazione auto e fondi pensione, comunicazione e servizi postali e bancari, energia e distribuzione carburanti, servizi professionali e distribuzione farmaceutica. Spettro ampio perché, affidandoci al consuntivo storico dell'autorità, il nostro Paese, soprattutto con il recepimento delle direttive comunitarie, ha fatto molto sotto il profilo della liberalizzazione dei mercati; tuttavia, molto resta ancora da fare.
  Molto resta da fare per colmare asimmetrie di processo e risolvere contraddizioni tra le ragioni dei cittadini consumatori e le ragioni dei cittadini lavoratori. Molto resta da fare per rendere l'integrazione tra innovazione e concorrenza il driver del cambiamento e della maggiore produttività del sistema italiano dei servizi, chiamato ad esprimere il suo potenziale di ulteriore apporto alla costruzione Pag. 13del valore aggiunto e dell'occupazione. Apporto ulteriore e ragguardevole anche a voler assumere con cautela le stime del Fondo monetario internazionale, della Commissione europea e dell'OCSE, e a volersi attenere al modello macroeconomico del Ministero dell'economia, secondo il quale, come emerge dal programma nazionale di riforme, l'implementazione delle misure del disegno di legge della concorrenza vale un incremento del prodotto interno lordo dello 0,4 per cento, nel medio termine, e dell'1,2 per cento, nel lungo periodo. Ha osservato in sede di audizione la Ministra Guidi che «un esame parlamentare attento e rigoroso fornisce la massima garanzia di ritrovare gli equilibri più virtuosi nell'interesse dei consumatori e del Paese (...). Ci auguriamo di raggiungere» – così afferma la Ministra – «non già un compromesso al ribasso, ma anzi un rilancio riformista (...)».
  I risultati, a partire dalle scelte di riforma dell'assicurazione RC auto, sembrano non avere tradito le attese. Il lavoro delle Commissioni è, infatti, confermato; l'impianto di fondo del disegno di legge è volto, anche sulla scorta delle segnalazioni dell'Autorità garante, a rompere il circolo vizioso tra aumento dei costi e aumento dei premi, tratto tipico di un mercato inefficiente ed insufficientemente orientato al riconoscimento ed al premio degli utenti virtuosi. Riviste così, nel corso dell'esame parlamentare, le condizioni contrattuali generatrici del diritto ad uno sconto significativo del prezzo di polizza e posti a carico delle imprese di assicurazione i costi delle installazioni delle scatole nere, con il nuovo articolo 6-bis è stata affidata ad IVASS la verifica trimestrale dei dati relativi ai sinistri, anche ai fini della definizione della significatività degli sconti, nonché la determinazione della percentuale di sconto minima in favore dei contraenti residenti in regioni con costo medio del premio superiore alla media nazionale. Rafforzamento della trasparenza e della comparabilità dei prodotti, contenimento dei costi per il sistema e contrasto delle frodi: sono queste le linee di azione recate dal disegno di legge concorrenza in materia di assicurazione RC- auto.
  Possono essere l'occasione – ha osservato il presidente dell'Ivass, Salvatore Rossi, per risolvere stabilmente il problema. Con le modifiche apportate dalle Commissioni all'articolo 15, in materia di fondi pensione, sono state anzitutto soppresse le disposizioni riguardanti la raccolta di sottoscrizioni tra categorie professionali diverse da quelle di riferimento, nonché quelle concernenti la portabilità, oltre che del TFR maturando, anche dell'eventuale contributo a carico del datore di lavoro.
  Con il nuovo comma 1-bis si è poi prevista, al fine di aumentare l'efficienza delle forme pensionistiche complementari, la convocazione di un tavolo di consultazione per l'avvio di un processo di riforma focalizzato su revisione dei requisiti per l'esercizio dell'attività, definizione di soglie patrimoniali di rilevanza minima, individuazione di procedure di aggregazione finalizzate ad aumentare il livello medio delle consistenze ed a ridurre costi di gestione e rischi.
  Gli interventi operati dalle Commissioni all'articolo 15 hanno anche inteso dare risposta all'analisi sviluppata dal presidente della Covip, Francesco Massicci, in sede di audizione: competitività dei costi dei fondi negoziali con effetti di rilievo sulla prestazione finale, ruolo determinante delle relazioni industriali e della contrattazione collettiva nello sviluppo della previdenza complementare, effetti della trasferibilità sulla gestione della liquidità dei fondi pensione a discapito dell'adozione di politiche di investimento a lungo termine, nel complesso, esigenza di un deciso salto di paradigma nell'organizzazione interna nelle politiche di investimento adottate nella ricerca di dimensioni adeguate. In altri termini, la questione all'ordine del giorno non è la contendibilità del mercato ma la dimensione assoluta del mercato, dimensione socialmente ancora insoddisfacente (6,5 milioni di aderenti alle diverse forme della previdenza complementare), ove si consideri che le Pag. 14coorti che accederanno al trattamento pensionistico nel 2030 potranno far conto, nel caso di carriere senza interruzioni lavorative, su un assegno calcolato secondo criteri contributivi pari al 50-60 per cento della retribuzione ed integrabile di 10-20 punti percentuali soltanto grazie all'apporto della previdenza complementare.
  Per quanto attiene ai mercati dell'energia, il «disegno di legge concorrenza» ha accolto gli auspici dell'Autorità garante circa il progressivo superamento del regime di definizione amministrata delle tariffe per la vendita finale di energia elettrica e gas naturale, il cosiddetto regime di maggior tutela, fissandone l'abrogazione a far data dal 1o gennaio 2018. Anche sulla scorta delle osservazioni in materia formulate in sede di audizione, tanto dall'Autorità garante quanto dall'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, le Commissioni sono significativamente intervenute sull'articolo 19, sostituendolo con gli articoli da 19 a 19-octies e sopprimendo gli articoli 20 e 21. Si è così cercato di delineare un processo di transizione fondato su una rigorosa verifica – come recita la rubrica dell'articolo 19-quater – delle condizioni per la piena liberalizzazione dei mercati retail, l'operatività del sito per la comparabilità delle offerte, il rispetto delle tempistiche di switching e di fatturazione e conguaglio, l'operatività del sistema informativo integrato, l'implementazione del brand unbundling tra le imprese di distribuzione e le imprese di vendita verticalmente integrate. Si tratta di veri e propri obiettivi indicatori di una road map complessiva il cui mancato raggiungimento determina, ai sensi del comma 2 dell'articolo 19-quater, la proroga di sei mesi della data di cessazione del regime di maggior tutela; cessazione che dovrà comunque avvenire, sentita l'Autorità garante ed acquisiti anche i pareri delle competenti Commissioni parlamentari, secondo meccanismi – si noti – che favoriscono la concorrenza e la pluralità di fornitori e di offerte nel libero mercato. I carburanti eco-compatibili – così ancora la Ministra Guidi in sede di audizione – meritano sostegno, ma il supporto non può e non deve avere natura discriminatoria; in caso contrario, finirebbe più per proteggere posizioni di rendita che non per rilanciare investimenti. Così, con il nuovo articolo 22, a seguito dell'approvazione della riformulazione dell'emendamento a firma dei relatori, non viene più eliminato il vincolo della presenza contestuale di più tipologie di carburanti per i nuovi impianti di distribuzione ma si vieta che siano subordinati l'installazione e l'esercizio d'impianto ad obblighi che non siano quelli stabiliti con decreto del Ministero per lo sviluppo economico di concerto con il Ministero per le infrastrutture sentita l'Autorità antitrust e la Conferenza delle regioni e tenuto conto delle esigenze di sviluppo del mercato dei combustibili alternativi.
  Rafforzata all'articolo 16 la trasparenza, nei confronti dei consumatori, di spese ed altri oneri, commissioni e costi equi e proporzionali dovuti, nei casi di recesso o trasferimento, dall'utenza dei fornitori di servizi di telefonia, di reti televisive e di comunicazioni elettroniche, confermate le disposizioni dell'articolo 18 in materia di servizi postali, approfondite le previsioni dell'articolo 23 sulla confrontabilità delle spese gravanti sui prodotti bancari maggiormente diffusi, il lavoro delle Commissioni ha poi affrontato l'ampio e complesso capitolo della riforma dei servizi professionali, capitolo ampio, complesso e fecondo proprio per le ricche relazioni tra processi di liberalizzazione dei servizi professionali, da una parte, e crescita e competitività, dall'altra.
  Del resto, guardando al modello di offerta della professione forense ed al ricorso alla forma societaria, così aveva annotato l'Autorità garante, qualità ed efficienza della prestazione professionale non dipendono più solo dalla capacità del singolo professionista ma anche dalla qualità del lavoro prestato da dipendenti e collaboratori, nonché da una complessiva rimodulazione degli assetti organizzativi e dimensionali dei servizi professionali.
  Dunque, rimodulazione organizzativa e professionale e, insieme, personalità della Pag. 15prestazione professionale, adozione della forma societaria e, insieme, salvaguardia dell'attività libero professionale. È questa la sostanza della sintesi ricercata attraverso l'approvato emendamento dei relatori all'articolo 26, volto a limitare il ruolo dei soci di solo capitale nelle società costituite per l'esercizio della professione forense. Si richiede, infatti, che per l'iscrizione all'albo i soci professionisti, avvocati o, secondo il modello multidisciplinare, altri professionisti iscritti ad altri albi professionali, rappresentino almeno due terzi del capitale sociale e dei diritti di voto, fermo restando che l'amministrazione della società non possa essere affidata a soggetti esterni e che il socio esercitante la prestazione professionale ne risponda e venga chiamato ad assicurare per tutta la durata dell'incarico indipendenza e imparzialità dichiarando eventuali conflitti di interesse o incompatibilità.
  Quanto alle misure per favorire la concorrenza e la trasparenza del notariato sono stati rivisti, con un emendamento dei relatori, obblighi di notai e pubblici ufficiali, prevedendo, tra l'altro, ispezioni a campione.
  Per quel che poi attiene i criteri di determinazione del numero e della distribuzione territoriale delle sedi notarili, è stato soppresso non solo, come già previsto dall'originaria formulazione dell'articolo, il riferimento al reddito minimo garantito, ma anche quello alla quantità degli affari, stabilendo ancora che ad ogni posto notarile debba corrispondere una popolazione di almeno 5 mila abitanti, in luogo del vigente parametro di 7 mila, ed autorizzando anche l'apertura di una sede secondaria nel territorio della regione o del distretto di corte d'appello in cui il notaio esercita.
  Soppresso, ancora, l'articolo 28 recante semplificazione del passaggio di proprietà di beni immobili adibiti ad uso non abitativo in ragione del riconosciuto contributo fornito dalla riserva di competenza notarile in materia alla certezza del diritto nella circolazione di beni e alla tutela dell'interesse pubblico; riformata tenuta e conservazione del registro delle successioni, vengono poi, con le modifiche all'articolo 29, concernente la disciplina delle società a responsabilità limitata semplificata, affidati al conservatore del registro delle imprese territorialmente competente gli adempimenti della normativa antiriciclaggio riguardanti gli atti di iscrizione delle srl semplificate redatti per scrittura privata.
  In sintesi, dunque, nuove regole per il rafforzamento di concorrenza e trasparenza nei servizi professionali come principi non confliggenti ma cooperanti al rafforzamento della qualità e della deontologia della prestazione professionale.
  Conclude l'impianto del disegno di legge il capo VIII recante l'articolo 32 in materia di misure per incrementare la concorrenza nella distribuzione farmaceutica. Sul punto sono note le considerazioni dell'Autorità garante: superamento del sistema di contingentamento, possibilità di vendita al di fuori della farmacia, ma con presenza di farmacista, dei farmaci di fascia C soggetti a prescrizione medica ma con costo a carico del paziente, superamento dei limiti concernenti la possibilità per un unico soggetto di assumere la titolarità di più licenze.
  Questo superamento è, appunto, l'asse di intervento prescelto dal disegno di legge, prevedendo che anche società di capitali possano essere proprietarie di farmacie ed abolendo il tetto massimo di titolarità di quattro farmacie.
  Obblighi di comunicazione, ma anche incompatibilità della partecipazione a società di capitali titolari di farmacia privata con qualsiasi attività svolta nel settore della produzione e informazione scientifica del farmaco, nonché con l'esercizio della professione medica, possibilità di servizio in orari e periodi aggiuntivi rispetto al livello minimo di servizio stabiliti dalle autorità competenti completano il quadro degli interventi dedicati alla distribuzione dei farmaci.
  Ne derivano, in breve, le premesse per una importante, seppure non esaustiva, modernizzazione procompetitiva del modello di distribuzione dei farmaci, all'insegna Pag. 16di un efficientamento foriero anche di un contenimento di medio periodo della spesa farmaceutica a carico del servizio sanitario nazionale.
  Merita, in conclusione, di essere richiamato il concetto di fondo che ha accompagnato la presentazione del disegno di legge annuale per la concorrenza: il concetto di fondo, cioè, delle liberalizzazioni come processo necessario per un Paese che voglia davvero cambiare passo e per una politica che avverta questo cambiamento di passo come sua fondamentale responsabilità. Perché, come scriveva qualche anno fa l'onorevole Bersani a commento dell'esperienza politica delle «lenzuolate» liberalizzatrici, si è capito che liberalizzare è l'esatto contrario di liberismo. Liberalizzare vuol dire dare regole al mercato, favorire la concorrenza, tutelare il consumatore e creare nuovi posti di lavoro: ve ne è sempre bisogno e, probabilmente, oggi, ve ne è più che mai bisogno (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Villarosa. Ne ha facoltà.

  ALESSIO MATTIA VILLAROSA. Grazie Presidente, inizio il mio discorso partendo dall'inizio, da quando è arrivato il disegno di legge per la concorrenza, che, a parer nostro, di concorrenza ha ben poco, anzi, più che aumentare la concorrenza, a parer nostro, la limita.
  Vorrei far riflettere anche il Presidente dell'Aula su come anche i primi articoli di questo disegno di legge per la concorrenza affrontino il tema delle assicurazioni, già affrontato anche da un precedente Governo, il Governo Letta. Sembra quasi che ci sia qualcuno dietro che continua a spingere e a cercare di far approvare queste norme sul settore assicurativo. Con l'articolo 8 del decreto-legge n. 145 del 2013, «Destinazione Italia», siamo riusciti a farlo cadere e con questo siamo riusciti – non noi principalmente, ma le forze esterne, l'opinione pubblica, le parti interessate – a far fare dei passi indietro importanti, sia al relatore che al Governo.
  Ma, vediamo come eravamo arrivati, come si era presentato il Governo su questo tema. Il problema del settore assicurativo si cercava di risolverlo prevedendo di far riparare il vecchio veicolo danneggiato nelle carrozzerie convenzionate, quindi creando un monopolio e abbassando, sicuramente, la qualità della riparazione e diminuendo i livelli di sicurezza.
  Altro tema, il danno biologico: si era arrivati, qui, con un danno biologico legato a delle tabelle ancora da stilare, mentre più e più volte numerose sentenze della Cassazione avevano ribadito che per la liquidazione del danno biologico occorre fare chiaro riferimento alle tabelle del tribunale di Milano, che l'ANIA e il Governo, invece, vorrebbero dimezzare. In assenza di importanti modifiche, l'attuale impianto normativo consegnerebbe il mercato dell'autoriparazione nell'orbita delle compagnie assicurative, creando una sorta di filiale del sinistro.
  Come obiettivo, si arriva in Commissione dicendo: vogliamo aumentare la concorrenza nel settore assicurativo e ovviamente mettiamo all'interno del settore assicurativo – ovviamente, in quanto strettamente legato – gli autocarrozzieri. Ora, obbligare l'assicurato a usufruire dei servizi che l'assicurazione indicherà non si può assolutamente chiamare come una proposta di aumento della concorrenza e del mercato, ma semmai una riduzione della concorrenza.
  I carrozzieri, CGIA e tantissime associazioni fuori dai «palazzi» probabilmente hanno tirato la giacchetta a molti di voi, alla fine siamo riusciti almeno a perdere questa ignobile parte del decreto, anche perché quale sarebbe stato rischio ? Il rischio sarebbe stato la sopravvivenza di 17 mila imprese di carrozzeria che hanno circa 60 mila addetti che operano nel settore. Perché lo ripeto ? Perché ho paura che ritornerà, prima o poi ritornerà questo articolo, la seconda volta nel giro di due anni. Quindi, vorrei ribadire che si parla di 60 mila addetti, a cui si aggiunge una platea di altre imprese del più ampio comparto del settore della riparazione di Pag. 17autoveicoli che in Italia conta addirittura 119 mila imprese, quindi 204 mila addetti. Esistono già Stati europei che hanno una legislazione simile a quella che volevate impiantare qui in Italia e ad oggi non esistono più carrozzerie indipendenti, le carrozzerie hanno lo stesso marchio delle assicurazioni, anzi, dei marchi collegati, perché sono furbette, riescono a capire come si fa business senza farsi scoprire.
  A tal fine quello che si cercava sicuramente di portare a termine non era un aumento della concorrenza ma probabilmente un aiuto a qualcuno. Quello su cui vorrei far riflettere è anche il secondo punto nel settore assicurativo che viene modificato, perché poco fa ho sentito la relatrice dire che ora la scatola nera sarà a carico delle compagnie assicuratrici. Ma è sempre stata a carico della compagnia assicuratrice, anzi, l'assicurazione avrebbe dovuto prevedere anche un ulteriore sconto. Invece si fa un passo indietro, con questo testo adesso si fa un passo indietro. Quindi, vogliamo favorire la concorrenza per aiutare l'utente ? Il risultato della legge di concorrenza, credo, sia questo, no ? Favorire la concorrenza per aiutare comunque gli utenti, far ridurre i prezzi del mercato.
  Prima si poteva ottenere la scatola nera a carico delle assicurazioni e l'assicurazione era obbligata a dare un ulteriore sconto oltre all'installazione, anche perché giustamente l'installazione riduce l'alea ovviamente, quindi a fine anno l'assicurazione avrà un ulteriore guadagno rispetto a questa riduzione. Ma non c’è più lo sconto, è scomparso lo sconto. Quindi, sentire prima la relatrice parlare di passi avanti, semmai passi indietro. Anche il relatore prima, sentire parlare di concorrenza e – è un altro discorso – di Andreatta, non è proprio il re della concorrenza. Vorrei ricordare a tutti che Andreatta è stato quello che ha reso indipendente la nostra Banca d'Italia dal Tesoro, l'ha resa indipendente causando questi 80-90 miliardi di interessi sul debito che noi ogni anno paghiamo, perché la Banca d'Italia non può essere più prestatore di ultima istanza. Quindi, tirare fuori Andreatta come paladino della concorrenza mi sembra un po’ eccessivo.
  A tal fine, le clausole dirette ad escludere, limitare o condizionare la libertà di scelta dell'assicurato sarebbero vessatorie ai sensi degli articoli 33 e 36 del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, in quanto dirette a determinare un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto a carico degli utenti. Non è, infatti, così in tutta Europa; cito, ad esempio, l'esperienza francese in cui vige il rispetto della libertà di scelta: la legge di riforma del codice del consumo, la cosiddetta legge Hamon, ha previsto che i contratti di assicurazione debbano richiamare espressamente la facoltà dell'assicurato di scegliere l'impresa di autoriparazione alla quale ricorrere.
  Servizi professionali, altro tema veramente dibattuto. Questa non l'abbiamo capita se non in questo senso, naturalmente, è una nostra tesi, cioè, è una nostra tesi però è un risultato che sicuramente sarebbe avvenuto: noi stiamo dando la possibilità di aprire un mercato sul trasferimento e acquisto di immobili e gli atti di trasferimento – sarebbe questo il mercato che volevate aprire ? Io non l'ho capito – anziché farli fare ai notai, li avremmo dovuti far fare anche agli avvocati.
  Ma noi abbiamo fatto un'analisi, perché poi alcuni avvocati ci hanno fermato e ci hanno chiesto: «Ma, scusateci, perché siete contrari ? Si apre un nuovo mercato per noi». Gli abbiamo fatto i conti e, se tutti gli avvocati partecipassero a questo mercato, probabilmente farebbero una pratica ogni due anni. Dunque, la tesi è una cosa, la pratica un'altra.
  Invece, quello che noi, a seguito di una lettura attenta di tutto il provvedimento, abbiamo disegnato come possibile è la creazione di un'unica filiera nella vendita degli immobili. Quindi, la possibilità di creare delle società di avvocati, nella forma di società di capitali, che potevano costituire tranquillamente delle società immobiliari e non avevano più neanche bisogno dell'avvocato per l'atto di trasferimento. Pag. 18Questo perché ? Perché la banca eroga il mutuo, trova l'immobile, fa l'atto di trasferimento. Abbiamo ampliato la concorrenza ! Io credo che anche un bambino di tre anni riesce a capire che non è un ampliamento, ma semmai una limitazione della concorrenza. Cioè, diamo in mano tutto a determinate società che non hanno più bisogno di esterni.
  Ma non solo ! Il rischio, Presidente, quale potrebbe essere ? Potrebbe essere che se la banca, per fare un atto di trasferimento di immobile, utilizza un avvocato che è alle proprie dipendenze, quanto potrà essere indipendente la valutazione di questo dipendente ? Quanto potrà esserlo ? Perché gli atti di trasferimento vengono fatti da un notaio ? Perché sono dei pubblici ufficiali, fanno dei corsi, hanno determinate caratteristiche. Non è che da oggi al domani noi trasferiamo delle attività da un soggetto a un altro senza le stesse competenze, le stesse spese e la stessa titolarità di pubblico ufficiale. È una follia ! Per fortuna, c’è stato un passo indietro anche qui. Di questo ringraziamo e siamo molto contenti.
  Altro terzo grande, grande tema, è quello relativo ai servizi sanitari: le farmacie. Da tempo in questo Paese l'unico modo a cui si è pensato per la liberalizzazione delle farmacie è stato quello di creare le parafarmacie. Ma le parafarmacie, come sappiamo, sono una creazione stupida italiana, perché la parafarmacia senza la «fascia C» non ha senso e si è visto, perché i risultati li abbiamo visti. Abbiamo visto sicuramente un'apertura di nuove farmacie, quindi la possibilità di nuovi farmacisti, perché il titolare di una parafarmacia deve essere un farmacista. Quindi, abbiamo visto la crescita di posti di lavoro imprenditoriali, ma sono tutti in crisi. Sono tutti in crisi, perché non riescono assolutamente a competere con le farmacie. Ma perché ? Ragionandoci, cosa ha la parafarmacia in più della farmacia ? Ha un farmacista, un farmacista come titolare, semplicemente quello. Poi, alla fine, non cambia assolutamente niente. Quindi, se si vuole fare un passo in avanti nel mercato delle farmacie, l'unico modo per risolvere il problema legato alla costituzione inutile delle parafarmacie e quello di dare loro la «fascia C», a parere nostro con determinati paletti (ma basta che iniziamo a muoverci).
  Nel testo del disegno di legge, invece, si propongono delle misure che rischiano di affossare definitivamente i canali alternativi alle farmacie, ovvero parafarmacie e corner nei supermercati. È facile immaginare, infatti, che, restando fisso il vincolo della pianta organica, il numero di farmacie non aumenterà di molto. Semplicemente, le società di capitali, e non, avranno più facilmente la disponibilità di fondi per acquistare quelle esistenti, il che suona molto come il lasciapassare alla creazione di catene di farmacie. La presenza di catene può agevolare forti promozioni su alcuni prodotti «civetta» più usati e magari anche meno utili, efficaci ed essenziali, senza costituire una reale possibilità di risparmio, che può essere garantita solo in un regime di reale concorrenza.
  L'ho fatto in Commissione e lo rifaccio qui: è avvenuto lo stesso in Inghilterra. Ad oggi in Inghilterra abbiamo solo ed esclusivamente una catena di farmacie che si chiama «Boots». «Boots» è gestita da Alliance ed Health, alleanza e salute. Sono romani, sono italiani.
  Non vorrei che ci fosse un interesse dietro, che ci sia qualcuno che voglia fare lo stesso anche in Italia, cioè riuscire a prendersi una fetta di farmacie, le quali oggi non riescono neanche tra di loro a concorrere per il semplice motivo che il mercato è cambiato. Quindi, il farmacista deve essere anche un po’ commerciante; non deve essere assolutamente un commerciante, ma un po’ commerciante, cosa che le società di capitali sanno essere.
  Quindi, come viene presentata questa possibilità ? Che possibilità viene data alle farmacie, secondo il Governo, per liberalizzare e aumentare la concorrenza nel mercato ? Mentre solo un titolare, solo l'amministratore di una farmacia, può essere farmacista, oggi, con questo nuovo disegno di legge, anche le società di capitali potranno acquisire le farmacie; le Pag. 19potranno acquisire in numero superiore a quattro, limite previsto oggi. E quindi ?
  L'altra differenza tra le farmacie nazionali ed estere la possiamo ritrovare sempre con l'esempio di Boots. Vendono di tutto dentro: non vorrei che le mie farmacie, che le farmacie italiane inizino a diventare dei minimarket, nei quali la salute viene messa al secondo posto e al primo posto viene messa la vendita a tutti i costi. Infatti, sicuramente ci saranno promozioni, offerte: già immagino i pacchi di aspirina da 700, confezioni da 2 mila, già immagino cose già viste in altri Paesi che hanno sviluppato le stesse norme che volete mettere in atto qui.
  Un'altra cosa che vorrei sottolineare, che vorrei denunciare in Aula, è l'intervento di Pitruzzella, che, a parer mio, è stato veramente inutile, non ha dato alcuna indicazione. Niente di ciò che stiamo dicendo, che è basato su fatti reali, su dati concreti, è mai stato tirato fuori nell'audizione di Pitruzzella. Addirittura, vi è un passo nel quale egli stesso dice che un mercato nel quale le compagnie assicurative sono disposte ad operare in maniera inefficiente, sapendo che i maggiori costi possono essere recuperati attraverso maggiori premi, non è un mercato sano.
  Quindi, egli stesso afferma che vi è un mercato nel quale le compagnie assicurative sono disposte ad operare in maniera inefficiente e che il sistema deve essere in grado di ridurre gli sprechi, spesso connessi all'esistenza di vere e proprie frodi. Dice una cosa e poi dice l'esatto opposto: o sono le compagnie assicurative insufficienti o il problema è l'esistenza di vere e proprie frodi ! Vorrei avere nuovamente un colloquio con il dottor Pitruzzella, perché ci aspettavamo da lui veramente un testo pieno, ricco di problematiche legate a questo testo del disegno di legge concorrenza; invece, assolutamente nulla. Per lui va tutto bene: siamo contenti, ma non crediamo che sia così.
  Cosa è cambiato, per fortuna, in Commissione ? Avvocati e società interprofessionali: il disegno di legge apre all'ingresso di società di capitali nelle società tra avvocati. Due terzi della società devono essere, però, composti da professionisti, la cui partecipazione al capitale sociale deve essere tale da determinare la maggioranza dei due terzi nelle deliberazioni.
  Abbiamo ridotto il numero dei notai da 7 mila a 5 mila – prima era uno ogni 7 mila abitanti, ora è ogni 5 mila abitanti – ma non abbiamo eliminato un rischio che abbiamo sollevato più volte in Commissione. Prima le società di avvocati non potevano esistere, se non in numero limitato. Non riesco a capire come non si possa tenere conto dello sviluppo del mercato mondiale, che permetterebbe, comunque, a un avvocato bandito dall'ordine di riuscire a entrare ugualmente in una società tramite la costituzione di una terza società.
  Quindi, mediante una triangolazione societaria io, oggi, avvocato «bannato» dall'albo, buttato fuori dall'albo, potrò comunque operare in Italia. Naturalmente non starò dentro il tribunale, ma voi sapete bene che se gestisco il mio avvocato che sta dentro il tribunale è come se ci fosse io dentro. Tra le altre cose, porterei le mie conoscenze, porterei i miei clienti, continuerei ad operare tranquillamente, cosa che, invece, essendo uno solo l'avvocato titolare, non essendoci le società di avvocati, non potrei fare perché dovrei presentarmi io direttamente in appello, nella causa, in quel tribunale.
  Per quanto riguarda la RC-auto, nelle Commissioni siamo riusciti a cancellare la previsione di far riparare la macchina dopo l'incidente ad una carrozzeria convenzionata.
  Per quanto attiene al carburante, anche su questo, noi crediamo che sia importante rivalutare un po’ tutto l'articolo riguardante gli impianti di carburazione, perché effettivamente sono venuti in audizione diversi operatori che ci hanno chiaramente detto che un impianto a metano o a GPL, da solo, non riesce a sviluppare.
  Quindi, eliminare l'obbligo di offerta multipla all'interno dei nuovi impianti di rifornimento, crediamo che sia un errore e ci auspichiamo un passo indietro.Pag. 20
  Per il resto, Presidente, c’è poco da dire. È un disegno di legge che non ci soddisfa per niente. È sicuramente meglio di quando è arrivato – questo sì – però rimane sempre pessimo a parer nostro.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Vignali. Ne ha facoltà.

  RAFFAELLO VIGNALI. Grazie, Presidente. Il disegno di legge annuale sulla concorrenza è stato previsto all'inizio della scorsa legislatura e per la prima volta, oggi, approda in quest'Aula; di questo siamo sinceramente contenti. Il lavoro in Commissione è stato approfondito, abbiamo audito numerosissimi soggetti, anche in considerazione della vastità del provvedimento, ed essendo un disegno di legge, e non un decreto-legge, questo ci ha consentito di poter fare questo lavoro in modo molto approfondito e preciso. Innanzitutto, vorrei svolgere una considerazione generale che riguarda il fatto che da parte dei soggetti auditi, i relatori, il Governo, in particolare del sottosegretario, Simona Vicari, che ringrazio per l'impegno e anche per la grande disponibilità all'ascolto, e ovviamente i commissari, non si sono registrati atteggiamenti conservatori, ma un atteggiamento di riforma costruttivo volto a migliorare tanti elementi positivi che, comunque, erano già nel testo.
  Come Area Popolare in Commissione, attraverso il lavoro emendativo, abbiamo operato attivamente avendo presenti e tenendo fermi alcuni principi per noi fondamentali. Il primo è che la concorrenza è un bene. Quando il mercato offre delle opportunità ai soggetti economici di avere più spazio, l'economia ne ha un beneficio. Ne ha un beneficio chi intraprende, ne hanno un beneficio i consumatori, ma considerando anche che la concorrenza non è un assoluto. Il centro per noi deve essere sempre la persona, il cittadino a cui va garantita la libertà di scelta e la tutela. Un altro punto è che la concorrenza va inserita in un sistema peculiare che è il nostro. Noi non crediamo possibile, nemmeno giusto, importare tout court modelli esogeni, senza tener conto della peculiarità del nostro sistema economico e sociale, sarebbe un grande errore, quando nel passato lo si è fatto, ci sono stati anche dei danni.
  Molte delle nostre istanze sono state accolte dai relatori, che ringrazio nuovamente. Penso innanzitutto al capitolo RC-auto. Noi abbiamo lavorato per garantire libertà di scelta per il proprietario del veicolo danneggiato di scegliersi l'autoriparatore di fiducia. Abbiamo lavorato perché fosse garantita l'indipendenza degli autoriparatori dalle assicurazioni. Noi preferiamo avere 18 mila piccoli imprenditori autonomi, che 18 mila dipendenti.
  Abbiamo insistito per la cancellazione del divieto di cessione del credito per chi si rivolge ad un autoriparatore non convenzionato. Questa sarebbe stata francamente una norma incomprensibile. Sarebbe stata l'unica categoria, rispetto ad un diritto garantito dal codice civile, a non poterne beneficiare.
  Ma credo abbiamo introdotto nel lavoro in Commissione anche importanti meccanismi per evitare le frodi, che sono uno dei fattori, forse il fattore che pesa di più, sul costo delle tariffe RC-auto. E abbiamo anche lavorato con chi ha proposto gli emendamenti per evitare penalizzazioni per gli automobilisti virtuosi delle regioni con le tariffe più alte.
  Sul capitolo notai, crediamo che la concorrenza significhi aumentarne il numero, come abbiamo fatto. I relatori d'accordo – e noi d'accordo – hanno presentato un emendamento che ne raddoppia il numero. Abbiamo bisogno di creare concorrenza, ma senza ridurre le tutele dei cittadini e crediamo che con questo provvedimento la concorrenza aumenterà, appunto, senza ridurre le tutele.
  Riguardo agli avvocati abbiamo seguito le indicazioni che venivano dalla Commissione giustizia, che ritenevamo molto realistiche e fondate, anche sulla base del nostro sistema di diritto.
  Sull'energia, con il lavoro in Commissione, partendo dalle giuste indicazioni del Governo, abbiamo però migliorato il testo. È stato un lavoro di miglioramento che era Pag. 21finalizzato affinché ci fosse realmente un mercato, perché se il mercato non esiste è difficile anche che possa essere libero, quindi un mercato reale.
  Sui fondi pensione, come è già stato ricordato, abbiamo posto importanti principi di riforma per renderli più forti e solidi. In questo ambito credo abbiamo fatto un ottimo lavoro, avendo in mente che il primo aspetto da tutelare sono le pensioni integrative dei lavoratori più che il mercato finanziario, che pure è importante, ma evidentemente non può mettere a rischio il primo aspetto.
  Sulla riforma della rete di distribuzione dei carburanti, introdotta con un nostro emendamento nel lavoro alla Camera, noi crediamo che porterà una maggiore efficienza nella rete. È anche il frutto di un grande lungo lavoro fatto dal Ministero dello sviluppo economico, il tavolo presieduto dal sottosegretario Vicari. Credo che abbiamo trovato una soluzione che sia oggettivamente equilibrata, per cui si razionalizzerà il sistema senza penalizzazioni per alcuno.
  Sulle farmacie vorrei dilungarmi leggermente di più, ma pochissimo comunque, perché su questo aspetto vi sono state discussioni molto accese. Noi crediamo che bisogna innanzitutto fare un'opzione. Se crediamo che le farmacie facciano parte del sistema sanitario nazionale con quello che questo comporta, non soltanto in termini di tutela della salute, ma anche di contenimento della spesa pubblica, allora è evidente che in questo caso l'aspetto di mercato è una variabile secondaria: non può che essere così. Se, al contrario, si decide di cambiare modello, cioè che diventino una rivendita come tutte le altre, ovvero un esercizio commerciale come tanti altri, allora le cose cambiano. Ma finché il nostro sistema è del primo tipo, se introduciamo modelli che lo contraddicono e impostati al secondo tipo, rischiamo semplicemente di fare dei danni al sistema sanitario. Queste sono le stesse ragioni, peraltro ribadite da una recentissima sentenza della Corte costituzionale sui farmaci di fascia C. Peraltro ricordo che il relatore si chiamava Sergio Mattarella. Infatti, proprio dentro un sistema sanitario nazionale, la vendita dei farmaci con prescrizione medica deve essere regolamentata. In secondo luogo, è lo stesso motivo per cui ci siamo opposti alla creazione di un modello, le farmacie non convenzionate, libere di potere vendere tutti i farmaci, ma fuori da ogni vincolo con il sistema sanitario nazionale. Non ci siamo opposti, invece, – sarebbe stato assurdo – all'introduzione e allo sviluppo di società proprietarie di farmacie, pur avendo chiesto che venissero fissate alcune compatibilità, ad esempio con le professioni mediche. E abbiamo proposto anche la possibilità di trasferimento per le farmacie soprannumerarie, soprattutto nelle zone rurali, perché oggettivamente fanno evidentemente fatica a stare in piedi con la possibilità di muoversi sul territorio regionale.
  Detto questo, ci sono anche punti o che non abbiamo condiviso oppure che secondo noi chiedono un ulteriore approfondimento, lo faremo con gli emendamenti in Aula e con gli ordini del giorno. Ne dico due principali.
  Innanzitutto, vi è la vicenda della scatola nera. Noi crediamo che la scatola nera vada regolamentata. Noi dobbiamo garantire la sua portabilità, ma anche la privacy, ma anche standard tecnologici adeguati. Peraltro, continuiamo, come abbiamo detto in Commissione, ad avere ancora riserve sul fatto che la scatola nera possa costituire piena prova. Crediamo che il fatto che possa costituire prova sia assolutamente giusto, abbiamo qualche perplessità sul fatto che possa costituire piena prova. Significa che, ad esempio, in un procedimento una telecamera delle forze di pubblica sicurezza non costituirebbe prova perché la piena prova è quello che dice la scatola nera: lo troveremo francamente un po’ poco realistico.
  Il secondo punto riguarda la questione delle società semplici redatte senza atto pubblico. Noi crediamo che questo comporti due problemi seri. Il primo, che è già stato sollevato in Commissione, ma anche dalla Commissione giustizia, è un problema serio relativo all'aggiramento della Pag. 22normativa antiriciclaggio. Un conservatore di camera di commercio non è in grado di verificare se le persone che compaiono nella società semplice sono in vita e se volevano effettivamente costituire quella società.
  Ma c’è un rischio che io credo sia ancora peggiore. Noi rischiamo di bloccare la costituzione di società semplici, perché qualunque conservatore di camera di commercio, una volta che gli arriva la comunicazione di una società semplice, chiederà garanzia ad altra autorità. Significa che prima di un anno nessuna società semplice verrà registrata. Io invito i relatori a fare molta attenzione su questo. Peraltro, in occasione di precedenti provvedimenti abbiamo adottato proprio uno statuto standard della società semplice e imposto ai notai di farle gratuitamente. Quindi, io francamente non capisco perché questo spostamento da un notaio che deve fare un atto gratis a una camera di commercio, quindi pubblicizzando di fatto e spostando questa funzione dal privato alla pubblica amministrazione, con rischi seri del tipo che ho detto.
  Sono più preoccupato francamente del secondo aspetto. Temo che sarà difficile poter costituire società semplici. Questo lo dico soprattutto perché evidentemente è la forma privilegiata per le nuove imprese, soprattutto giovanili, e per le start up. Quindi, su questo chiedo veramente ai relatori e al Governo un po’ di attenzione.
  Concludo velocemente. Bene la concorrenza, bene un quadro nel quale l'economia possa fiorire meglio e di più, ma non dobbiamo mai dimenticare che se l'economia è il governo della casa, la casa è in funzione di chi la abita e chi la abita è una persona, non appena un numero e nemmeno un mero consumatore, è una persona, è molto di più.
  Alla fine esprimo un auspicio rivolto al Governo. Tra le leggi annuali previste dal nostro ordinamento ce n’è una che non è mai stata presentata, ossia il disegno di legge annuale per le micro, piccole e medie imprese, previsto dalla legge n. 180 del 2011. Alcuni soggetti venuti in audizione, soprattutto i rappresentanti delle piccole imprese hanno detto che, secondo loro, questa ha molta più importanza che non il disegno di legge sulla concorrenza. Io penso che ne abbia almeno altrettanta. Quindi, veramente auspico che il Governo proceda velocemente a presentare questo disegno di legge.

  PRESIDENTE. A questo punto sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 14.

  La seduta, sospesa alle 13,40, è ripresa alle 14.

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, il deputato Fioroni è in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
  I deputati in missione sono complessivamente ottanta, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Si riprende la discussione.

(Ripresa discussione sulle linee generali – A.C. 3012-A)

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Ricciatti. Ne ha facoltà.

  LARA RICCIATTI. Grazie signor Presidente, il 3 agosto le Commissioni finanze e attività produttive della Camera hanno preso atto che, con l'ostruzionismo da una parte e le divisioni anche all'interno della maggioranza dall'altra, fosse prevedibile di fatto riprendere l'esame del disegno di legge sulla concorrenza a settembre. E nella montagna di emendamenti depositati, molte novità sono state approvate tra luglio e agosto per quello che riguarda RC-auto, notai, telefonia, energia, mentre a settembre si è proseguito con i capitoli relativi alle farmacie, alle professioni, ai Pag. 23trasporti e alle poste. Nel pacchetto di misure votate prima della pausa estiva, con una ventina di articoli su 32 complessivi, la parte del leone la fanno senz'altro le nuove regole per l'RC-auto. Per avere un'idea, solo su questo capitolo, 14 articoli, sono piovuti circa 600 dei 1.400 emendamenti complessivi depositati nelle Commissioni. Insomma, dopo mesi di tagli, ritocchi e limature, alla fine il testo della concorrenza è pronto per l'Aula. Anche nei giorni scorsi, infatti, le Commissioni parlamentari competenti hanno ultimato il loro lavoro approvando il testo finale che oggi discutiamo. Molti sono stati i cambiamenti, alcuni anche positivi, seppur non sufficienti, diciamocelo, rispetto al testo iniziale e anche alcune novità sono state introdotte all'interno di questo testo. E io vorrei provare a fare questo esercizio di memoria provando ad analizzare tutte le novità che sono state apportate a seguito dell'esame nelle Commissioni. Diverse sono state le novità nel campo dell'RC-auto con la previsione di numerosi sconti sulle polizze assicurative per gli automobilisti che accetteranno di installare sul veicolo la cosiddetta scatola nera e particolari rilevatori del tasso alcolico, con premialità ulteriori per gli automobilisti diligenti che non hanno avuto incidenti negli ultimi cinque anni e vivono in regioni dove il costo della polizza è più alto. Così come per l'accettazione di clausole per contenere i costi e contrastare le frodi e in caso di sottoscrizione di più polizze da parte di un unico proprietario, previa accettazione della clausola di guida esclusiva. È stata eliminata, invece, dal testo la condizione che contemplava la riparazione dell'auto solo nelle officine convenzionate con le compagnie. In particolare, rimarranno degli sconti significativi – «significativi», proprio così dice la norma – che le compagnie dovranno applicare agli assicurati che utilizzeranno la scatola nera. Ma sarà l'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni a stabilire la soglia minima di questi premi. Una novità che ha provocato la risentita reazione dell'ANIA, la principale associazione delle compagnie assicurative, che ha commentato questa modifica dicendo che così aumenteranno i prezzi. Si evidenzia che, grazie all'approvazione di una serie emendamenti, proposti anche dal gruppo di Sinistra Ecologia Libertà, le compagnie assicurative saranno tenute a pubblicizzare gli sconti sui propri siti e il costo della scatola nera sarà a loro carico. Questa è una novità che abbiamo accolto in maniera positiva. Inoltre, come peraltro chiesto da SEL durante la discussione del decreto-legge cosiddetto «destinazione Italia», in occasione della discussione sul provvedimento sulla concorrenza con la presentazione di appositi emendamenti è stato introdotto un principio importante in forza del quale gli assicurati virtuosi che per cinque anni non faranno incidenti e che finora pagavano comunque premi molto alti, malgrado la loro diligenza, a causa dell'alto tasso di sinistri e frodi nel proprio territorio, beneficeranno di uno sconto che indicizza il loro premio a quello medio delle regioni a più basso tasso di sinistrosità. Sono state soppresse alcune disposizioni contenute nel testo relative ad alcune condizioni che, se accettate dal cliente, avrebbero determinato sconti obbligatori, ovvero la rinuncia alla cedibilità del credito, il risarcimento in forma specifica presso carrozzerie convenzionate e il risarcimento per equivalente calmierato. Viene, poi, sostituito il comma 3 dell'articolo 132-ter del Codice delle assicurazioni private, prevedendo che i costi di installazione, disinstallazione, sostituzione e portabilità delle scatole nere siano a carico dell'impresa, anche se la proprietà delle stesse invece spetta all'assicurato, come peraltro chiesto con i nostri emendamenti. L'articolo 6 è stato modificato in sede referente ed è stato modificato anche lievemente e positivamente. Stiamo parlando dell'identificazione dei testimoni di sinistri con soli danni alle cose.
  Il testo iniziale prevedeva che, al fine di evitare la prassi di far valere testimonianze prodotte in un momento successivo a quello denunciato dal sinistro, i cosiddetti testimoni di comodo, si procedesse all'identificazione immediata del testimone Pag. 24sul luogo dell'incidente. L'eventuale ricorrenza dei medesimi testimoni già chiamati in altre cause nel settore dell'infortunistica stradale e la ricorrenza degli stessi nominativi in più di tre cause negli ultimi cinque anni deve essere segnalata alla procura della Repubblica.
  A seguito delle modifiche introdotte in Commissione viene soppressa l'originaria disposizione che prevedeva che l'identificazione di eventuali testimoni sul luogo dell'accadimento dell'incidente dovesse essere comunicata entro il termine della denuncia di sinistro cioè, praticamente, tre giorni. Le novità prevedono, invece, che l'identificazione di eventuali testimoni sul luogo di accadimento dell'incidente debba risultare dalla richiesta di risarcimento presentata dall'impresa di assicurazione, dall'invito alla stipula della negoziazione assistita, ovvero, qualora sia avvenuta specifica richiesta di indicazione dei testimoni da parte dell'assicurazione che deve avvenire entro 60 giorni dalla denuncia di sinistro, mediante raccomandata con avviso di ricevimento. La parte che riceve la richiesta da parte dell'assicurazione effettua la comunicazione dei testimoni a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento, da inviarsi nel termine di 60 giorni. L'impresa di assicurazione deve procedere, a sua volta, all'individuazione e alla comunicazione di eventuali ulteriori testimoni entro il termine di 60 giorni.
  Meno soddisfacenti, veramente, sono le novità introdotte all'articolo 7 relativo al risarcimento del danno non patrimoniale e nonostante le molteplici modifiche intervenute in Commissione si propone di riformare un po’ in peggio la disciplina di cui agli articoli 138 e 139 del codice delle assicurazioni private, svilendo ulteriormente la tutela risarcitoria delle persone, anche quelle alle prese con gravissime lesioni. Si tratta, in buona sostanza, di una norma che costituisce l'ultima tappa di un lungo percorso che ha costantemente visto i Governi mirare al ridimensionamento delle liquidazioni per i danni non pecuniari a esclusivo favore delle compagnie di assicurazioni, nonostante l'aumento continuo dei costi della vita e dei premi assicurativi. Per tali ragioni, come già fatto in Commissione, SEL proporrà in Assemblea che, al fine di garantire il diritto delle vittime dei sinistri a un pieno risarcimento del danno subito e di razionalizzare i costi gravanti sul sistema assicurativo e sui consumatori, su proposta del Ministero dello sviluppo economico e di concerto con il Ministro della salute, con quello del lavoro e delle politiche sociali e quello della Giustizia, da adottarsi entro centoventi giorni dall'entrata in vigore del provvedimento in esame, si provveda alla predisposizione di una specifica tabella unica, per tutto il territorio della Repubblica, delle menomazioni all'integrità psicofisica di lieve entità e di quelle comprese tra 10 e 100 punti di invalidità, aggiornata ai valori proposti dalle tabelle del tribunale di Milano ritenuti congrui da una sentenza della Corte di Cassazione del 2011. Non basta che nel testo sia scritto: «tenuto conto dei criteri valutativi del danno non patrimoniale ritenuti congrui dalla consolidata giurisprudenza di legittimità». Poi, ci sono anche delle sanzioni amministrative pecuniarie da 10 mila euro fino a 100 mila euro in caso di inosservanza di quanto previsto da tale disposizione e sono generalmente devoluti al Fondo di garanzia per le vittime della strada i proventi derivanti da alcune sanzioni specifiche, tra cui quelle inflitte per la violazione delle norme da parte delle imprese assicurative, riguardanti l'adeguamento ai meccanismi di interoperabilità e di portabilità delle scatole nere.
  Bocciata come chiesto da SEL la portabilità dei Fondi pensione, un emendamento presentato dall'onorevole Causi ha però previsto che, entro 30 giorni dall'approvazione della legge, sia convocato un tavolo di confronto con sindacati, associazioni datoriali, esperti della materia per riformare i Fondi pensione, spingendo ad aggregazioni finalizzate ad aumentare il livello medio delle consistenze e così ridurre i costi e il rischio, la revisione dei requisiti per l'esercizio dei Fondi pensione secondo le migliori pratiche internazionali Pag. 25e la fissazione di soglie patrimoniali di rilevanza minima in funzione dei patrimoni gestiti.
  Come già previsto, nel testo in entrata si dice addio al monopolio per gli atti giudiziari. Dal giugno del prossimo anno non sarà più soltanto Poste italiane ad inviare al domicilio dei cittadini le notifiche degli atti giudiziari, le multe per le violazioni del codice della strada; con la fine del monopolio le notificazioni, infatti, potranno essere effettuate anche da altri servizi privati. In ambito postale, in ogni caso, si sarebbe potuto fare di più, è bene dircelo. Abbiamo, infatti, presentato un emendamento bocciato in Commissione, e che ripresenteremo in Aula, che, in linea con le indicazioni dell'AGCOM e degli organi di vigilanza europei, è volto a eliminare le ultime asimmetrie legislative che bloccano la libera concorrenza degli operatori nel mercato postale. L'assoggettamento, ad esempio, dell'imposta sul valore aggiunto del prodotto di posta business garantirebbe all'Erario una fonte aggiuntiva di gettito fiscale stimato in ambito accademico intorno ai 200 milioni di euro. Questo non lo dice il gruppo di Sinistra Ecologia Libertà, lo dicono dei docenti universitari stimati a livello nazionale.
  Crediamo che la nostra proposta emendativa sia più funzionale all'esigenza di sostenibilità finanziaria del servizio universale, rispetto all'ipotesi sostenuta dall'ex monopolista di attivazione di un fondo di compensazione in capo agli operatori privati postali. Nell'ambito della telefonia diciamo addio all'obbligo della raccomandata con ricevuta di ritorno nei casi di recesso anticipato del contratto. Il disegno di legge stabilisce anzitutto che il gestore deve precisare in anticipo quali saranno i costi di chiusura del rapporto. Inoltre, viene introdotta la simmetria tra le condizioni di attivazione e il recesso del contratto. Se si è chiesto l'abbonamento e la ricaricabile via Internet o per telefono, allo stesso modo, si può interrompere il contratto per telefono o via Internet. I gestori non potranno più pretendere la classica raccomandata, per intenderci. Avete introdotto anche una novità per l'899 che sono utilizzate spesso per le linee hot. Si pagherà solo il costo della chiamata e non anche durante l'attesa. Inoltre, si amplia il ventaglio di pagamenti possibili via cellulare: diventerà possibile pagare anche musei e spettacoli con il credito telefonico della propria carta ricaricabile. Infine, le Commissioni parlamentari hanno stabilito che le spese da sostenere per il cambio dell'operatore telefonico e il recesso dal contratto dovranno essere comunicate al consumatore già all'atto dell'offerta e non soltanto al momento della conclusione del contratto e deve trattarsi ovviamente di spese eque e proporzionate.
  Salta la norma della «discordia» – così era stata chiamata – che vedeva il passaggio delle consegne degli atti relativi ai beni immobili non residenziali di valore non superiore ai 100 mila euro dalla competenza dei notai a quella degli avvocati. Quindi, per il mondo forense la principale novità che si profila con l'approvazione del disegno di legge sulla concorrenza è la possibilità di costituirsi in società (di persone, di capitali e cooperative) anche con l'ingresso di soci non professionisti. Il paletto che ha soddisfatto la categoria, frutto di un emendamento dell'ultima ora, è stato quello però che vede l'obbligo (a pena di scioglimento) di due terzi della società affidati a professionisti (anche non avvocati, purché professionisti iscritti ad un albo), unitamente alla previsione che i componenti dell'organo di gestione non siano estranei alla compagine sociale. Le nuove misure, inoltre, consentiranno di costituire società «interprofessionali», ossia aperte alla partecipazione delle altre professioni.
  Salta la norma che prevedeva che si potesse andare da un avvocato per le compravendite di immobili non residenziali, non case, quindi, ma per esempio box auto o negozi, di valore inferiore ai 100 mila euro. Il notaio rimarrà una figura centrale, ma il notariato dovrà accettare un aumento del numero dei notai. Il rapporto passa, infatti, da 1 ogni 7.000 abitanti, ad 1 ogni 5.000, sempre che vengano fatti i concorsi, perché ricordo che la legge liberalizzazioni varata dal Pag. 26Governo Monti prevedeva 3.000 nuovi ingressi, ma nessun concorso è stato fatto (erano previsti nel 2012 e nel 2013). Comunque, secondo le nuove norme, la base di riferimento diventerà il territorio regionale o quello della Corte d'Appello, nel caso siano raggruppate più regioni, con la possibilità per il notaio di aprire una seconda sede all'interno della regione di appartenenza. Tolto l'obbligo dell'atto notarile per la costituzione di società a responsabilità limitata semplificate: basterà la procedura on line.
  Infine, grazie a un emendamento di Sinistra Ecologia Libertà vengono introdotte nuove disposizioni in materia di semplificazione nelle procedure ereditarie. Il nuovo articolo 28-bis, introdotto in Commissione, riscrive gli articoli 52 e 53 delle disposizioni di attuazione del codice civile in materia di procedura ereditarie, riproponendo integralmente il testo di un emendamento di Sinistra Ecologia Libertà.
  In materia di energia, resta ferma la data del 1o gennaio 2018 per la piena liberalizzazione del mercato dell'energia elettrica e del gas. Da quel giorno, tutti i clienti saranno sul mercato libero, anche coloro che oggi si vedono definire i prezzi delle bollette dall'Autorità per l'energia. Tuttavia, si è deciso di aggiungere una verifica a dicembre 2017: se sarà positiva, bene; altrimenti si rinvierà di sei mesi. Sarà l’Authority a fare il controllo e dovrà anche approntare un sito per consentire ai consumatori la verificabilità delle offerte sul mercato. Oggi, a dire il vero, esiste già il «Trova offerte» sulla pagina Internet dell’Authority ma la nuova versione sarà istituzionale. Per il momento, quindi, i consumatori non dovranno dire addio alle tariffe di maggior tutela per luce e gas.
  Durante il dibattito svoltosi in Commissione è emersa la volontà, poi rimessa all'esame dell'Assemblea, di approfondire i contenuti di un nostro emendamento con cui si prevede che ai fini di una maggiore pubblicizzazione delle offerte proposte dagli operatori della vendita di energia o gas, tutte le offerte dei medesimi operatori debbano essere rese disponibili (ai fini della loro confrontabilità), non solo presso il sito dell'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico (come ora previsto dalla norma), ma anche sul sito del Ministero dello sviluppo economico e sui portali degli operatori della vendita di energia o gas.
  Viene introdotto l'obbligo per i benzinai di iscriversi ad una specifica anagrafe presso il Ministero dello sviluppo economico e, in caso di irregolarità del distributore in loro gestione, gli stessi dovranno autodenunciarsi – perché ovviamente la pratica dell'autodenuncia va molto di moda ultimamente in Italia – a pena di sanzione amministrativa da 2.500 a 7 mila euro per il mancato rispetto dell'obbligo. In caso di difformità rilevate, inoltre, i benzinai avranno un anno di tempo per mettersi in regola e ristrutturare, altrimenti dovranno chiudere e smantellare l'impianto.
  Altra importante novità riguarda il settore dei trasporti. Attraverso una carta unica dei servizi a tutela dei viaggiatori, sia per i trasporti su gomma, su rotaia che via mare, nella quale verranno stabilite le regole univoche per accedere a indennizzi e rimborsi, viene in pratica semplificata la procedura dei rimborsi, che potranno essere richiesti subito dopo il viaggio e previa esibizione del semplice biglietto.
  Per quanto riguarda il settore farmaceutico, non passano le proposte parlamentari sulla liberalizzazione dei farmaci di fascia C. Rimane quindi di esclusiva competenza delle farmacie la vendita dei medicinali di fascia C con ricetta, senza apertura, quindi, alle parafarmacie. Si tratta di uno dei temi fondamentali su cui si è concentrata molto l'attenzione dei deputati di Sinistra Ecologia Libertà in Commissione, che hanno proposto un emendamento con cui si introduce la possibilità della vendita dei farmaci di fascia C con ricetta anche fuori dalle farmacie. Questa importante previsione era stata prevista fin dalle prime bozze del disegno di legge in esame, ma alla fine ha prevalso la lobby dei farmacisti proprietari e, con il plauso dello stesso Ministro Lorenzin e della stessa Federfarma, tutto è scomparso nel testo definitivo del disegno di legge Pag. 27sulla concorrenza trasmesso in Parlamento. Eppure, solo dando la possibilità alle parafarmacie e ai corner salute di vendere anche i farmaci di fascia C con ricetta si produrrà linfa vitale alla concorrenza a vantaggio di tutti i cittadini.
  L'Istituto Bruno Leoni – quindi sempre un organo abbastanza autorevole, non il gruppo di Sinistra Ecologia Libertà – ha sottolineato che consentire anche a parafarmacie e ai corner GDO (quelli che si trovano in alcuni supermercati, per intenderci) di vendere questo tipo di medicinali non sarebbe stata una rivoluzione, ma solo un'iniziativa di ragionevolezza e di buon senso. Cito testuali parole: «il cittadino (...) non avrebbe nulla da temere acquistando un farmaco in una parafarmacia: quest'ultimo sarebbe ugualmente prescritto con ricetta medica e venduto da un farmacista abilitato, esattamente come accadrebbe se acquistasse lo stesso medicinale in farmacia». Si ricorda che dal 2006, con l'apertura delle parafarmacie, c’è stata la liberalizzazione del prezzo del farmaco cosiddetto OTC, che può essere comprato senza ricetta; su questi farmaci, in pratica, ogni punto vendita può fare quello che vuole in materia di prezzo. Dal 2007, cioè l'anno successivo, le statistiche registravano diminuzioni di prezzo dei farmaci OTC del 20 per cento secco in tutta Italia.
  Da segnalare, poi, che la Commissione europea, nel documento sugli squilibri macroeconomici, riferendosi all'articolo 32 in esame, ha sottolineato che, per quanto riguarda la distribuzione dei prodotti farmaceutici, il disegno di legge rimuove il divieto di possedere più di quattro farmacie e consente anche alle società di essere titolari di farmacie; tuttavia, non sopprime il regime di quote, non apre il mercato dei farmaci con ricetta obbligatoria ma non rimborsati dal sistema sanitario e non pone rimedio alle strozzature alla diffusione di farmaci generici indicate dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Nello stesso documento viene evidenziato come la concorrenza nel settore sanitario sia rimasta esclusa dal disegno di legge in esame. Infatti, il testo di partenza, in sostanza, si limitava a consentire l'ingresso di società di capitali nella titolarità dell'esercizio della farmacia privata e rimuove il limite delle quattro licenze attualmente previsto in capo a una stessa società.
  Signora sottosegretaria, ho ascoltato anche in Commissione la risposta e il dialogo che lei ha voluto affrontare e rivolgere insieme a tutti i gruppi parlamentari che hanno sollevato delle perplessità, ma noi di Sinistra Ecologia Libertà continuiamo a mantenere una forte preoccupazione nell'andare ad infilare una catena di multinazionali che possono gestire di fatto tutta l'industria del farmaco. Ambiziosamente avete chiamato questo provvedimento «testo della concorrenza» – una legge che, peraltro, deve essere revisionata di anno in anno – ma noi pensiamo, invece, che di concorrenza qui ci sia veramente poco. O meglio, da un punto di vista di economia politica si potrebbe parlare di concorrenza sleale, perché, con l'articolo 32 di questo disegno di legge, di fatto sancite la morte, ovviamente professionale, di tutti quei farmacisti titolari di parafarmacie e farmacie rurali. Vorrei continuare questo dibattito ma ovviamente mi rendo conto che non può esserci un dibattito adesso fra i gruppi parlamentari e il Governo, però, in sede di votazione degli emendamenti, il nostro gruppo ripresenterà gli emendamenti che ha presentato in Commissione, cercando di provare a sancire una legge di eguaglianza: non è cioè fortunato quel farmacista che apre la propria attività in un grande centro abitato, e invece è destinato alla chiusura e al fallimentare quel farmacista che si ostina a garantire un servizio magari in un piccolo centro.
  Perché vedete, in altre discussioni, in altri ambiti, ma sempre all'interno di queste aule, noi teorizziamo che dobbiamo andare a rispolverare la bellezza delle piccole città, proviamo a creare connubi di ambientalismo e di turismo; poi di fatto, che vediamo ? Un pezzo alla volta però smantelliamo tutti i servizi che diamo alle città e ai paesi meno popolati. Lo avete fatto con le poste, trovando la nostra opposizione, e ora lo state facendo con dei Pag. 28servizi minimi, perché non devo insegnarvi io che nei piccoli paesi di solito il livello di popolazione è abbastanza elevato; e andare a togliere anche una farmacia, la cosiddetta magari farmacia rurale, piuttosto che la parafarmacia, diventa quasi un attentato ai servizi essenziali delle persone.
  Soprattutto, vorrei ricordare che, fino ad oggi, il titolare di parafarmacia è un farmacista, ha lo stesso titolo di studio di colui che lavora all'interno di una farmacia; ma voi, con questo provvedimento, avete deciso che la stessa laurea, che hanno conseguito il farmacista, che poi è finito a lavorare all'interno di una farmacia, e colui che ha deciso di aprire una parafarmacia, non sono figlie dello stesso Dio. E chi ha scelto (ovviamente tengo a precisare che questa idea, questa «genialata» delle parafarmacie è un esperimento tutto italiano) di aprire una parafarmacia è figlio di un dio minore, e voi avete scelto che queste persone con questo provvedimento devono smettere di lavorare; perché di fatto voi state decretando la loro fine e state decidendo che queste persone, questi farmacisti titolari di parafarmacie devono chiudere. Penso che voi dovete avere però il coraggio di chiamare le cose con il proprio nome, e dovete avere il coraggio di andare da questi farmacisti titolari di parafarmacie e dirgli che, in maniera molto serena, il Governo decide di chiudere: perché, ripeto, in questo caso la legge non è uguale per tutti e la concorrenza neanche.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mazziotti Di Celso. Ne ha facoltà.

  ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, oggi iniziamo il dibattito sul disegno di legge sulla concorrenza; e ricordando un po’ quello che ha detto prima il relatore, onorevole Martella, è un fatto di per sé importante, per non dire un miracolo, perché di concorrenza nel nostro Parlamento non si parla sostanzialmente mai. La concorrenza è stato un tema estraneo alla vita politica, e anche al nostro sistema giuridico, per moltissimi anni. Io ricordo che mi sono laureato con una tesi sulla concorrenza nel 1989: la legge antitrust non c'era ancora, c'era in tutta Europa per non dire in tutto il mondo, tranne che da noi. Negli anni successivi in generale l'attenzione alla politica della concorrenza non c’è stata: anche quando è stata creata l'Autorità, è stata introdotta la legge, le posizioni politiche prevalenti del dopoguerra, che erano rappresentate dalla Democrazia Cristiana e dal Partito Comunista, di fatto al tema della libera concorrenza non hanno prestato quasi nessuna attenzione.
  Questo ha portato ad un sistema che è arrivato al momento della modernizzazione del sistema economico europeo e di quello mondiale con un livello di arretratezza spaventoso: noi abbiamo passato anni ed anni sentendoci dire dalle autorità europee e da tutti gli studi internazionali che l'Italia era agli ultimi posti dal punto di vista della libertà di mercato; per cui questo disegno di legge è particolarmente importante. È particolarmente importante anche perché nasce da una legge del 2009 che fu approvata dall'allora maggioranza di Governo di centrodestra, che proclamò che con questa legge si sarebbe finalmente partiti per la liberalizzazione del mercato: peccato che poi la legge annuale per il mercato e la concorrenza i Governi di centrodestra e di centrosinistra che si sono succeduti non l'abbiano mai fatta. Non l'hanno mai fatta perché le raccomandazioni dell'Autorità antitrust che arrivavano tutti gli anni erano scomode, scomode per la politica: perché il nostro è un sistema economico che dipende ed è dipeso sempre più in questi anni dallo Stato, dall'economia pubblica; esiste un condizionamento fortissimo dello Stato sia nei settori dove ci sono presenze statali e di società pubbliche, sia anche negli altri settori: un condizionamento che nasce dalla regolazione, e un condizionamento che nasce dal fatto che tutti i partiti sono stati per molti anni condizionati da lobby e consorterie varie, che sono riuscite a bloccare il sistema.Pag. 29
  Noi siamo arrivati ormai alla crisi del 2011 in condizioni, dal punto di vista concorrenziale, drammatiche: eravamo considerati l'ultimo Paese europeo. Ci fu il decreto liberalizzazioni fatto dal Governo Monti, che però fu in buona parte poi disatteso nella parte che richiedeva decreti attuativi, e oggi finalmente si arriva a un disegno di legge sulla concorrenza. È un fatto importante ed è positivo che partiti che nella loro totalità o per quel che riguarda fette molto grosse, di concorrenza, quando si parla di altri provvedimenti non ne vogliono sentire parlare, oggi improvvisamente ci dicono da varie parti che sono per la tutela della concorrenza; sono per la tutela della concorrenza, però l'Italia è diversa, però ci sono moltissime cose da gestire in maniera differente, però l'esempio straniero non funziona, però non sempre la libertà di mercato porta la crescita. Io credo che la libertà di mercato porti innanzitutto alla libertà di pensiero. Io non faccio mai citazioni ma lo scrisse in modo molto chiaro Luigi Einaudi: non si può avere una libertà di pensiero se la struttura economica del Paese non è fatta di soggetti indipendenti. Nei Paesi dove il mercato è libero gli imprenditori vivono senza aver paura dello Stato e dei monopoli, delle consorterie, dei centri di interesse che l'assenza di libertà di mercato determina. Da noi purtroppo la situazione è diversa, lo sappiamo tutti, si viene continuamente condizionati da questo tipo di intervento. L'abbiamo vissuto anche qui. Il disegno di legge del Governo, nella sua versione originaria, conteneva nelle bozze che sono circolate e che ovviamente erano bozze e tali sono rimaste, ma conteneva molti più interventi di quelli che sono poi stati trasfusi nel disegno di legge del Governo e tutti sappiamo, perché alcuni partiti, ad esempio il Nuovo Centrodestra, si sono vantati, uscendo dal Consiglio dei Ministri, di essere riusciti a bloccare questa o quella norma.
  Detto ciò il disegno di legge del Governo contiene delle norme positive, molto positive, penso a quelle sull'energia, a quelle sui servizi postali, ad una parte di quelle in materia assicurativa, altre norme altrettanto positive sono entrate durante il lavoro in Commissione grazie al lavoro dei relatori, penso ad una parte delle norme sulle società che sono state riviste, ad altre norme sulle farmacie, all'apertura del capitale delle farmacie, come è stata rivista la società di capitali per gli avvocati. Sono stati tutti interventi positivi, per questo noi siamo comunque grati a questo Governo perché, ripeto, di concorrenza nel nostro Parlamento se ne parla pochissimo. Ci sono stati anche dei peggioramenti e una parte delle norme in materia assicurativa hanno seguito, secondo noi... Penso ai minimi così come penso ai condizionamenti ricevuti dalle pressioni esterne sulle tabelle, che ritengo sbagliati, perché andranno a ricadere sui costi per i consumatori; ci sono state delle misure di ritorno indietro: io considero la norma sui carburanti uscita dalla discussione in Commissione meno efficace di quella del Governo, e penso che sia stato un errore correggerla. Sono stati respinti numerosi emendamenti che secondo noi dovevano essere approvati, penso agli emendamenti in materia di NCC ad esempio, che sono stati presentati anche da noi; ad alcuni emendamenti in materia di libere professioni, temi semplici che però dimostrano come esistano ancora resistenze fortissime.
  È stato bocciato un emendamento di Scelta Civica che riguardava la neanche liberalizzazione, diciamo la conferma di una norma della legge professionale che consente la pubblicità sui social network, che è stata bocciata nell'orrore degli ordini professionali italiani, che si sono subito scagliati contro questa norma che è una norma a favore dei giovani professionisti, i quali ovviamente di questo si sono lamentati.
  Penso a delle norme in materia di farmacie, noi abbiamo portato avanti – a parte il tema della «fascia C», si cui tornerò – della norme secondo noi semplici, come quella che dice che se i comuni sono titolari di farmacie, quelle farmacie entro due anni dovrebbero privatizzarle e non continuare a scaricare sui cittadini i costi di queste aziende che vanno male. Pag. 30Ecco, interventi di questo tipo hanno incontrato resistenze corporative fortissime; oggi ho letto che la decisione giusta del Governo di consentire l'ingresso dei capitali privati nelle farmacie porterà la mafia nel capitale delle farmacie.
  Qui c’è una totale confusione dei ruoli. Lo Stato non dovrebbe bloccare l'ingresso dei capitali nelle imprese; dovrebbe bloccare la mafia e occuparsi della pubblica sicurezza. Invece, qual è la soluzione ? Siccome esiste il rischio che forse la mafia entri in una farmacia – ma potrebbe entrare in un qualsiasi altro tipo di società – allora cosa faccio ? Impedisco l'apertura dei capitali. Astrattamente potrebbe essere mafioso pure un farmacista – e ovviamente non parlo di casi specifici – ma stiamo parlando di argomenti folli. Ugualmente, con riguardo alle società di capitali degli avvocati, ho sentito parlare dei condizionamenti delle grandi imprese. Le grandi imprese fanno convenzioni con gli avvocati dalla mattina alla sera e il condizionamento è fortissimo, oppure no, a seconda dell'indipendenza, dell'autonomia e della capacità dell'avvocato, che comunque ha un grosso legame economico con quei soggetti. La verità è che, quando si parla di concorrenza, si mettono per l'appunto, in concorrenza degli interessi ben definiti, che sono quelli dei centri di interesse, delle categorie e delle corporazioni, da una parte, e quelli dei consumatori, dall'altra, che sono molto meno rappresentati. Quindi, le pressioni che ricevono anche i parlamentari, che si ricevono a livello politico, tutto il contesto del nostro sistema si scatena per cercare di bloccare il cambiamento.
  Scelta Civica ha portato avanti sempre, senza nessuna deroga, la battaglia sulle liberalizzazioni. Abbiamo difeso quella degli orari dei negozi e continueremo a difendere tutte quelle che il Governo ha introdotto e quelle che noi abbiamo chiesto di introdurre, perché il nostro sistema, il sistema economico italiano è migliorato, sta migliorando, ma è ancora arretrato da questo punto di vista e liberare il mercato significa consentire alle energie migliori, agli imprenditori migliori che già esistono e a quelli che vogliono iniziare di farlo sapendo di poter giocare la loro partita ad armi pari. Oggi non è così, è evidente che non è così.
  Per questo, su tutti i temi sui quali abbiamo portato avanti le nostre battaglie, noi abbiamo ripresentato gli emendamenti; li abbiamo ripresentati perché pensiamo che si tratti di temi sui quali il Governo ha dimostrato grande disponibilità. Purtroppo, ci sono state molte resistenze soprattutto in Commissione: penso al tema della «fascia C». Il tema della «fascia C» è un tema sul quale noi sappiamo che una gran parte dell'opposizione la pensa come noi, pensa che quei farmaci debbano essere liberalizzati anche nelle parafarmacie, pensiamo che il numero massimo delle farmacie vada eliminato come ha detto l'Antitrust e pensiamo anche che gran parte dell'Assemblea la pensi come noi.
  Per questo, chiederemo anche al Governo di non esprimere un parere su questo tema, perché abbiamo la forte sensazione che ci sia stato un condizionamento molto forte – senza nascondercelo – da parte di un partito della maggioranza, che ha detto chiaramente che quello è un tema da non toccare – lo ripeto –, rivendicando il fatto di avere evitato questa liberalizzazione. Noi andremo in Aula e chiederemo di votare su questo punto. Lo faremo perché pensiamo che sia nell'interesse dei consumatori. Gli studi indicano che sulla «fascia C» i risparmi possono arrivare a centinaia di milioni per i consumatori e noi pensiamo che – come dicevo prima – si debba smettere di rinunciare ad apportare dei benefici ai consumatori per tutelare categorie molto limitate.
  Per questo, Scelta Civica insisterà sui suoi emendamenti, li porterà in Aula e li farà votare perché pensiamo che sia nell'interesse della concorrenza, degli italiani e della crescita.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Moretto. Ne ha facoltà.

  SARA MORETTO. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, con questo provvedimento, Pag. 31per la prima volta e dopo sei anni, il Governo assolve all'impegno assunto in quest'Aula di produrre una legge annuale per il mercato e la concorrenza.
  Sono diversi i settori economici e produttivi nei quali, nel nostro Paese, permangono ostacoli alla libera concorrenza tra attori economici. Rimuovere tali ostacoli e favorire la competizione significa stimolare la crescita di imprese virtuose e innovatrici, garantire agli utenti trasparenza e qualità dei prodotti e dei servizi, consentire alle nostre imprese di strutturarsi per una competizione vera, anche internazionale.
  In diverse occasioni, sia autorità nazionali, che osservatori internazionali hanno indicato l'urgenza di intervenire con provvedimenti normativi volti a stimolare la concorrenza in specifici settori della nostra economia.
  La Banca mondiale nel 2015 ci colloca al cinquantaseiesimo posto della classifica dell’Ease of doing business, facendoci scendere di quattro posizioni rispetto all'anno precedente. La stessa Banca mondiale chiarisce che il potenziale italiano non è pienamente espresso a causa del basso grado di concorrenza, delle regolamentazioni onerose e della burocrazia superflua e inefficiente.
  L'OCSE, nel febbraio 2015, inserisce tra le raccomandazioni l'adozione di una legge annuale sulla concorrenza. L'Autorità garante nazionale ha invece riconfermato, anche nel 2014, i «colli di bottiglia», come li definisce, che tuttora bloccano lo sviluppo dell'economia nazionale e impediscono al mercato concorrenziale di produrre i suoi effetti in termini di efficienza e di innovazione ed ha indicato i settori dai quali ci si può attendere un maggior potenziale di crescita: proprio energia, telecomunicazioni, settore bancario, assicurativo e quello dei servizi.
  Si tratta di settori essenziali, la cui inefficienza produce effetti su molti altri comparti della nostra economia. L'alterazione dei meccanismi di concorrenza, in questi settori, può infatti tradursi in una sorta di «tassa occulta», sempre come la definisce l'Autorità, per le altre imprese. Appare, quindi, evidente come non fosse più procrastinabile l'avvio di un percorso di semplificazione amministrativa e di liberalizzazione dei settori citati.
  Il nostro Paese vive oggi, dopo anni di crisi e di recessione, una prima inversione di tendenza. I dati economici ci indicano una leggera ripresa dei consumi e della produzione e un miglioramento dell’export. Ed è in momenti come questo che intervenire per stimolare la concorrenza può avere ancora più efficacia, dando contemporaneamente alle imprese l'occasione di una competizione virtuosa e alle famiglie benefici diretti e concreti in termini di prezzi e di qualità dei servizi.
  È evidente che singoli interventi normativi non bastano a migliorare la concorrenza e ad aumentare il grado di innovazione delle imprese. È necessario un contesto generale favorevole. È indispensabile, ad esempio, un'efficiente macchina amministrativa pubblica con competenze chiare, reti e infrastrutture adeguate, una giustizia che funziona, una scuola che fornisca al mondo dell'impresa conoscenze e competenze coerenti con le nuove esigenze, un fisco semplice ed equo. Ecco perché questa in esame e le future leggi annuali non possono essere lette senza inserirle nel più ampio e ambizioso programma di riforme che questo Governo ha avviato e che sta portando avanti.
  Mi soffermo, ora, sui temi di competenza della Commissione finanze, solo tre ma che occupano più della metà degli articoli del provvedimento: assicurazioni, fondi pensione e servizi bancari.
  Per valutare l'efficacia delle misure e la loro coerenza con gli obiettivi che il provvedimento si pone, mi permetto di ricordare alcuni semplici indicatori sui quali si misura il grado di concorrenza di un settore. Dal punto di vista delle imprese il grado di concorrenza si misura in base alla libertà di entrata nel mercato e, quindi, dalla facilità di avvio d'impresa; dalla libertà di scelta del processo produttivo e del prodotto; infine, dalla libertà di uscita.
  Dal punto di vista, invece, degli utenti, un mercato concorrenziale è un mercato Pag. 32nel quale è possibile una comparazione tra i prezzi e le condizioni di offerta dei vari prodotti e servizi, nel quale vi è una mobilità, quindi una facilità di cambiamento del fornitore, e, di conseguenza, un settore nel quale mediamente i prezzi si abbassano e la qualità dei prodotti e dei servizi si alza.
  Partendo dal mercato assicurativo, non si può non affermare che si tratta di un mercato oligopolistico. La stessa Autorità garante della concorrenza e del mercato, a seguito di una specifica indagine, afferma che il settore presenta numerose problematiche di natura concorrenziale, che si riflettono in continui ed ingiustificati aumenti delle tariffe RC-auto e in una scarsa mobilità degli assicurati. In più occasioni, anche durante la discussione del provvedimento in Commissione, ho ricordato che è inaccettabile che le compagnie assicuratrici siano disposte ad operare in maniera inefficiente, sapendo che i maggiori costi di tale inefficienza possono essere scaricati sul cliente finale. È malsano e contrario ad ogni logica d'impresa.
  Ecco, quindi, che le misure inserite nel provvedimento – e mi riferisco al testo uscito dalla Commissione, mentre ritengo inutile stare a riflettere su bozze o testi iniziali, che oggi non sono più all'attenzione di quest'Aula – vanno nella direzione di ridurre le inefficienze, spesso legate anche al fenomeno delle frodi, garantire una confrontabilità tra le offerte delle diverse compagnie e assicurare un certo grado di mobilità, facilitando il passaggio da una compagnia ad un'altra.
  Nello specifico, quindi, per combattere le inefficienze del sistema risarcitorio, si prevede di intervenire sul sistema del risarcimento diretto e si prevedono anche condizioni di non risarcibilità. Insieme per combattere le frodi si incentiva l'installazione della scatola nera, che costituirà piena prova, e questo dopo avere chiarito, con un emendamento approvato in Commissione, che i costi sono a carico della compagnia. Inoltre, si regolamentano le testimonianze, in caso di incidente, e si prevede l'integrazione dell'archivio Ivass con il casellario giudiziario.
  Al fine di garantire, invece, una maggiore capacità di scelta da parte del cliente, cito le misure volte ad imporre alcuni obblighi informativi, garantire l'interoperabilità delle scatole nere, allineare le durate dei contratti per i rischi accessori, chiarire i meccanismi di assegnazione delle classi di merito rispetto alle classificazioni interne. Posso affermare con convinzione che le modifiche introdotte dagli emendamenti approvati nelle Commissioni hanno reso il provvedimento più coerente con gli scopi assegnati e, se andiamo a vedere le direzioni nelle quali si sono mossi questi diversi emendamenti, pare assolutamente assurdo affermare che essi siano stati un assoggettamento alle lobby, proprio perché le Commissioni sono entrate nel merito di ciascun emendamento e di ciascun tema, riflettendo e agendo con assoluta autonomia.
  Le modifiche hanno colto molte delle osservazioni portate dai soggetti auditi, che sono stati molti, e di questo ringrazio i relatori, e hanno, infine, colto anche qualche aspetto delle proposte di legge abbinate, tra le quali una a mia prima firma. Desidero sottolineare come le modifiche abbiano inserito uno sguardo di tutela per il consumatore finale e per settori estranei a quello assicurativo, ma colpiti in via indiretta da alcune delle misure previste nel testo iniziale.
  Non è possibile pensare di favorire la concorrenza di un settore a scapito di un altro. Mi riferisco, in particolare, come hanno fatto già altri colleghi, al settore delle autoriparazioni e al rischio che si intervenisse normativamente, limitando drasticamente la libertà d'impresa di circa 17 mila piccole e medie aziende italiane. Ho apprezzato le riflessioni fatte da relatori e Governo su questo aspetto, che hanno portato ad una modifica dell'articolo 3, ora, a mio parere, molto più coerente con il principio di riduzione dei costi legato ad una seria e vera lotta alle frodi.
  Una considerazione specifica meritano gli articoli dedicati al risarcimento del danno non patrimoniale: era da tempo necessario intervenire su questo ambito, Pag. 33che continua a rappresentare la parte più corposa dei costi di risarcimento delle compagnie. Intervenire necessitava, però, di un delicato equilibrio tra la lotta alle frodi, il diritto di pieno risarcimento da parte degli assicurati e la necessità di una maggiore oggettività ed equità territoriale nei risarcimenti.
  Il lavoro nelle Commissioni, difficile, ma costruttivo, ha consentito di raggiungere questo equilibrio, adottando le tabelle di Milano e rassicurando, così, le persone oneste, che, purtroppo, devono convivere con i danni permanenti a seguito di un incidente.
  Anche con riferimento ai fondi pensione, sono convinta che il lavoro nelle Commissioni abbia consentito un miglioramento delle misure, evitando il rischio di danneggiare talune specifiche tipologie di fondi e tutelando i lavoratori. Infine, è evidente che molte delle problematiche evidenziate per il settore assicurativo, legate, in particolare, alla capacità di comparabilità delle offerte da parte del cliente, siano comuni anche al settore bancario.
  Si interviene, quindi, con questo provvedimento, sui costi dei servizi di assistenza, si prevede l'attivazione di un sito per il facile confronto tra i costi dei servizi più diffusi, si interviene sugli obblighi di informazione sulle polizze assicurative legate ai mutui. Non neghiamo che l'aspettativa creatasi rispetto a questo provvedimento si sia poi scontrata con la realtà dei fatti. Non era possibile intervenire in tutti i settori con un unico provvedimento, non era possibile intervenire in tutti i settori oggi.
  Ciò non significa, mi auguro, ovviamente, l'archiviazione di alcune sfide, che rimangono tuttora urgenti, sia nei settori che abbiamo già toccato con il provvedimento in discussione sia in altri importanti settori. Colgo l'occasione per fare una riflessione che lascio a lei, Presidente, e al Governo presente in Aula: la complessità degli argomenti trattati e l'eterogeneità delle misure inserite nel provvedimento hanno reso la discussione non sempre facile. L'eterogeneità, in particolare, ha spesso ridotto lo spazio di approfondimento di ciascun tema.
  L'esperienza in corso suggerisce di riflettere sull'opportunità, nei prossimi anni, di scegliere un tema e focalizzare gli interventi normativi. Ciò consentirebbe di affrontare i problemi in modo organico e completo, e di farlo consapevoli della necessità di approfondire tutte le problematiche di un settore, anche le più spinose, perché è quella l'occasione. Abbiamo avviato, con questa prima legge annuale, un percorso che mi auguro prosegua con decisione. Il Paese attende scelte chiare, rapide e coraggiose.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Senaldi. Ne ha facoltà.

  ANGELO SENALDI. Grazie, Presidente. Approda oggi in Aula, con grande soddisfazione, per la discussione sulle linee generali, la legge annuale per il mercato e la concorrenza: è la prima volta dall'approvazione della legge n. 99 del 2009, che ne prevedeva, appunto, la cadenza annuale. Va dato atto al Governo Renzi di avere operato in questo senso, raccogliendo con attenzione, ponderazione e giudizio in parte le indicazioni derivanti dalla relazione del 2014 dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, oltre alle segnalazioni ricavate dalle Raccomandazioni dell'Unione europea.
  Il nostro Paese, in termini di grado di concorrenzialità, si colloca in media con gli altri Paesi europei appartenenti all'OCSE e nel 2013 risultava in posizione migliore rispetto alla media dei Paesi dell'Unione europea, superando Francia e Spagna ed avvicinandosi ai livelli di concorrenzialità di Germania e Regno Unito.
  Esistono certamente in Italia ancora settori in cui è necessario realizzare una politica antimonopolistica ed alcuni passi importanti vengono fatti con questa legge sulla concorrenza, passi necessari per non occupare più quel centesimo posto su 144 nazioni, attribuitici nel Global Competitiveness Report 2014-2015.
  Le principali organizzazioni economiche internazionali mettono sempre in evidenza Pag. 34come esista una relazione evidente tra politiche antimonopolistiche e concorrenziali volte ad una apertura dei mercati e la crescita dell'economia, quantificabile in qualche punto di PIL, a maggior ragione in un contesto sempre più globalizzato, ad alta competitività tra le economie delle differenti aree del mondo.
  È fondamentale attuare azioni legislative che operino nella direzione di una reale apertura dei mercati, senza scadere nella visione semplicistica e fasulla che una totale liberalizzazione e deregolamentazione possa portare benefici ai singoli e permetta al mercato di autoregolamentarsi in totale autonomia.
  Molte storie di liberalizzazioni selvagge in alcune nazioni hanno dimostrato come gli attori più deboli, i cittadini più deboli possano soffrire gravi danni da tali operazioni e come un mercato completamente non regolamentato porti spesso, non già ad un miglioramento delle condizioni di competitività e di offerta di beni e servizi, bensì alla formazione di oligopoli e monopoli difficilmente poi superabili e scalfibili.
  Non per nulla la Corte costituzionale nella sentenza n. 200 del 2012 parla di politiche di ri-regolamentazione per potere essere in grado di aumentare il livello di concorrenzialità dei mercati e permettere ad un maggior numero di operatori economici di competere, valorizzando le proprie risorse e competenze e fornendo servizi più accessibili e a maggior favore per le persone.
  In quest'ottica e in questo solco, si è mosso il lavoro del Governo con la presentazione del disegno di legge e con le stesse finalità si è mosso il lavoro della X Commissione (Attività produttive) e della VI Commissione (Finanze), entrando nel merito delle questioni anche attraverso una lunga serie di audizioni di tutti i soggetti rappresentativi e le formazioni sociali coinvolte nell'oggetto di una legge complessa, che tocca molti aspetti e molti settori economici.
  Ne è uscito, dopo le revisioni effettuate in Commissione, un testo a mio avviso chiaro e strutturato, che coglie in pieno le finalità dell'articolo 47 della legge n. 99 del 2009, che ne ha istituito la premessa. Una legge annuale che, proprio in quanto replicata in un lasso di tempo breve, può permettere di verificare l'impatto reale delle nuove normative introdotte e può raggiungere più correttamente gli obiettivi prefissati anche per approssimazioni successive, senza creare complicazioni irreparabili.
  Vorrei di seguito brevemente sottolineare alcuni degli aspetti contenuti nella legge in discussione che appaiono significativi delle attenzioni e delle logiche prima indicate. Per quanto attiene al capitolo assicurazioni, si è giunti ad una definizione dell'articolato che, garantendo la libertà e la tutela dei sottoscrittori di polizza obbligatoria RC auto e delle aziende coinvolte nella riparazione, offre alle assicurazioni, anche tramite le attività dell'Istituto di vigilanza, di operare per la riduzione delle frodi e dei costi di risarcimento impropri.
  Anche le semplificazioni e le garanzie introdotte nel settore delle comunicazioni vanno nella direzione di rendere più certi e chiari i rapporti tra cliente ed operatore. Troppe volte è complicato e difficile recedere dai contratti, piuttosto che liberarsi dal fastidioso martellamento delle offerte commerciali sia per via telefonica che cartacea.
  Particolare attenzione vorrei dedicare alla norma che prevede una volontà di eliminazione dei vincoli e delle distorsioni della distribuzione cinematografica. L'Autorità garante della concorrenza provvederà a verificare eventuali elementi che impediscono a distributori indipendenti di immettere nel mercato film ed opere anche di valore che possono sostenere il settore di una produzione culturale centrale e fondamentale per il nostro Paese.
  È inoltre da sottolineare la volontà ed il coraggio, direi, con cui il Governo supera il monopolio dei servizi inerenti le notificazioni e le comunicazioni di atti giudiziari e di violazione del codice della strada, proprio nel momento in cui Poste italiane lancia la sua quotazione in borsa.Pag. 35
  Particolare attenzione è anche stata posta al superamento del regime di maggior tutela nel settore dell'energia, assicurando la trasparenza delle proposte e la comparabilità delle offerte e, al contempo, la salvaguardia delle fasce più deboli.
  Anche per quanto attiene la distribuzione dei carburanti, le norme introdotte hanno salvaguardato la necessaria presenza di tipologie di carburanti a basso impatto ambientale nei nuovi punti vendita, predisponendo al contempo norme per una maggiore efficienza, razionalizzazione e sicurezza degli impianti di distribuzione.
  Con riguardo ai servizi professionali si è aperto ai soci di capitale negli studi legali, senza però perdere la funzione e le caratteristiche tipiche della professione forense. Nella riformulazione in Commissione degli articoli riguardanti la professione notarile, si è evitato di rendere incerto ed inaffidabile una delle strutture che permettono la certezza delle transazioni immobiliari, qual è il registro catastale, giudicato insieme al registro delle imprese, da tanti Paesi esteri come un modello di gestione certa. Per aumentare il grado di concorrenza si è, al contempo, aumentato il numero delle sedi notarili ed ampliato il bacino di utenza territoriale.
  Ho voluto brevemente citare solo alcuni aspetti contenuti nel disegno di legge, perché illustrano chiaramente le finalità e le modalità dell'azione legislativa che avevo espresso nella parte iniziale del mio intervento. È un primo passo importante su questi temi, insieme ai tanti altri già messi in campo dal Governo di Matteo Renzi per la modernizzazione del nostro bellissimo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Marco Da Villa. Ne ha facoltà.

  MARCO DA VILLA. Grazie, Presidente. Colleghi, signora sottosegretario, il gruppo del MoVimento 5 Stelle unisce la sua voce alle numerose e serissime preoccupazioni che le disposizioni di questo disegno di legge in materia di mercato dell'energia elettrica e del gas hanno, fin da subito, suscitato nelle audizioni, tra gli osservatori e nel dibattito pubblico. Si tratta di preoccupazioni che il testo oggi al nostro vaglio, seppur modificato, lascia essenzialmente intatte.
  Nelle audizioni tutti hanno criticato l'impianto originario della norma, perché il mercato non è stato ritenuto sufficientemente maturo per accogliere questo atto di forza, tra l'altro non richiesto. L'idea era quella di togliere il regime di tutele, il quale unisce a tariffe mediamente parecchio competitive una serie di garanzie dal punto di vista contrattuale, fissate dall'Autorità e spesso sconosciute al cliente. Nell'ambito del mercato libero, i contenuti di tali tutele diventano materia contrattualmente disponibile. Capita così, per esempio, che nei contratti del mercato libero, a fronte di risparmi di pochissimi centesimi a kilowattora, emergano, oltre alla facoltà di praticare aumenti ogni pochi mesi, condizioni quali l'applicazione di interessi di mora dopo il terzo giorno dalla scadenza, spesso associata a un termine di scadenza che, se non si opta per il pagamento tramite RID bancario o con carta di credito, è impossibile da rispettare data la frequenza con cui le bollette vengono recapitate in data successiva alla loro scadenza.
  Alla presentazione del disegno di legge, si è insistito, da parte del Governo, sul fatto che il prospettato superamento del regime di maggior tutela avrebbe stimolato il mercato e lo avrebbe reso più efficiente, assumendo come valido il presupposto suggerito dagli operatori del mercato, secondo cui la ragione per cui essi non riescono a praticare un prezzo migliore di quello dell'operatore di maggior tutela è che non hanno abbastanza clienti. Ma siamo sicuri che quando li avranno, essi saranno in grado di fare un prezzo migliore ?
  L'Autorità stessa, insieme a molti altri, ha chiarito che la concorrenza in questo settore è carente per mancanza di informazione, in particolare a causa dell'opacità sulle clausole contrattuali e sull'influsso finale delle componenti di prezzo Pag. 36diverse dall'energia. La complessità degli elementi da prendere in considerazione impone ai consumatori uno sforzo nel reperire ed elaborare le informazioni che si rivela di fatto al di là della possibilità pratica della maggioranza di essi.
  Di fronte alla consistenza di questi argomenti, i relatori non hanno potuto fare finta di niente e, non volendo fare completamente retromarcia – come sarebbe stato molto opportuno in verità e come abbiamo affermato da subito noi del MoVimento 5 Stelle –, hanno tuttavia proposto di introdurre una serie di paletti significativi che dovrebbero condizionare il superamento del regime di tutela. In questo modo essi salvano il messaggio dell'abolizione della tutela. Si tratta di un effetto annuncio molto importante perché consente agli operatori del mercato libero di proporre offerte con una lusinga che ha tanto il sapore della coercizione psicologica: caro utente, la maggior tutela ha le ore contate, approfitta per tempo e scegli subito una delle nostre offerte migliori prima di doverti arrangiare in fretta e furia con quello che ti capita.
  E tutto ciò si verifica in un momento in cui, in forza anche del decreto legislativo n. 102 del 2014, l'Autorità ha il mandato di ridefinire le tariffe modificando, tra l'altro, la componente relativa agli oneri generali di sistema e le altre voci diverse dalla componente energia, che è l'unica su cui il mercato libero si può differenziare. Se aggiungiamo che l'intenzione che attualmente pare emergere dall'Autorità è quella di proporzionare gli oneri di sistema anche alla potenza installata, la perdita della progressività, prevista dalla norma del 2014, molto probabilmente farà sì che gli utenti più piccoli e fragili verranno penalizzati rispetto alla situazione precedente. Senza una tutela, non è detto che chi consumerà poco otterrà, sul libero mercato, un prezzo migliore di chi consumerà tanto, anzi !
  Questo è lo scenario in cui va concretamente valutato l'impatto del provvedimento di cui stiamo discutendo. E quelle sopra esposte sono le premesse di una posizione che, pur alla luce delle novità introdotte, non può che confermarsi fortemente critica da parte nostra. Il tentativo di correzione dei relatori, secondo noi, è un modo per confermare la sostanza delle sciaguratissime intenzioni originarie, e rappresenta una indiretta confessione dell'inopportunità di tale intervento.
  Perché una confessione ? Al di là della forma assunta con la creazione di nuovi organismi e strumenti prevista ad esempio dal nuovo articolo 19-ter, o delle nuove procedure indicate nel seguito, le finalità a cui rispondono i paletti fissati per la verifica delle condizioni per la piena liberalizzazione dei mercati retail, sulla carta sono già da tempo previste. Se si è ritenuto necessario costruire un'architettura che ne verifichi l'attuazione in una maniera che si vorrebbe finalmente cogente e operante, e che impone, almeno a parole, tale attuazione come condizione indispensabile per proseguire nel percorso di uscita dal regime di tutela, stiamo ammettendo in una norma primaria qualcosa di grave, cioè che svariati presupposti tecnici, informativi, amministrativi e organizzativi, da tempo riconosciuti e stabiliti come fondamentali per un corretto sviluppo del mercato in condizioni di salvaguardia dell'utenza e della concorrenza, sono a tutt'oggi irrealizzati.
  Non è niente di nuovo per noi, e in un certo senso apprezziamo che gli eventi abbiano spinto anche la maggioranza e il Governo a questa paradossale sincerità postuma: il mercato libero dell'energia si è sviluppato in condizioni spaventosamente inadeguate. E non si capisce come mai dovremmo migliorare le cose anticipando per legge l'orario di arrivo di un treno che ha già accumulato un enorme ritardo.
  Vediamo di metterlo in pari con la marcia da ora in poi, semmai. O ci volete convincere che questa foglia di fico posta dai relatori sia una soluzione ? Non lo è. Non lo è per molte ragioni. Anzitutto perché, nella definizione della comparabilità delle offerte prevista al 1o comma dell'articolo 19-ter, il solo elemento del prezzo non è sufficiente: occorrerebbe contemplare aspetti maggiormente qualitativi, e il nostro gruppo ha proposte in tal Pag. 37senso. Non lo è perché, nonostante il passaggio dalla facoltà all'obbligo di fornitura delle offerte da parte degli operatori della vendita con più di 50.000 clienti previsto al comma 2, la supervisione su di essa e sul generale meccanismo della comparabilità è affidata a organismi che riteniamo opachi e dalla fisionomia verosimilmente inconcludente, e a criteri vaghi, oltre che interamente demandati a sedi extraparlamentari.
  Ma il dettaglio più grave e disdicevole di tutti è nel meccanismo della proroga, oltre che nella sua durata (articolo 19-quater, commi 2 e 3). Nello stesso momento in cui si ammette che vi sono fortissimi dubbi sul raggiungimento delle condizioni necessarie al superamento della tutela, si colloca una bomba a orologeria nel suo centro nevralgico. L'orizzonte di acquisto per l'approvvigionamento del mercato tutelato è perlopiù biennale: è ovvio che la concreta prospettiva di una sua cessazione imporrebbe di sospendere la programmazione degli acquisti. Quindi si creerebbe la situazione illogica e perversa per cui, a partire da due anni prima della data del 2018, e poi eventualmente di semestre in semestre, il mercato tutelato verrebbe posto nella condizione di approvvigionarsi a termini sensibilmente meno vantaggiosi, con un danno per tutta l'utenza e probabilmente con l'intenzione, nemmeno troppo recondita, di minare presso il pubblico la percezione della convenienza del mercato tutelato e quindi la sua reputazione, potenziando in maniera incontrollabile gli strumenti di lusinga e ricatto delle campagne di acquisizione della clientela da parte degli operatori del mercato libero. Riteniamo questa proposta indecente e anche scandalosamente in malafede, e ravvisiamo in essa il cardine della nostra contrarietà a questo fondamentale, quanto sciagurato comparto, del disegno di legge.
  Venendo poi all'articolo 19-sexies, troveremmo opportuna una più puntuale definizione delle modalità di pubblicizzazione delle informazioni in merito all'apertura del mercato e alle condizioni di svolgimento dei servizi. Ci lascia un po’ scettici la menzione, a tale proposito, di «acquirente unico» che, pur svolgendo qualche funzione rivolta al pubblico, è ad esso in larghissima parte sconosciuto.
  Le storture di questo testo sono talmente importanti e minacciose che l'unico invito che si può fare al Governo è quello di ritirare completamente il proposito di abrogare il regime di maggior tutela e, semmai, dare finalmente effettività ai paletti e agli strumenti informativi previsti dagli articoli 19-ter e 19-quater come premessa per riprendere in mano la questione nel futuro. Solo dopo aver finalmente realizzato le precondizioni di un mercato concorrenziale e di un'offerta trasparente sarà possibile valutare ulteriori sviluppi nello spirito delle leggi già vigenti in materia e della Costituzione. In caso diverso, oltre a ribadire la nostra netta ostilità al provvedimento, abbiamo il dovere di mettere in guardia i cittadini italiani dalle conseguenze deleterie che la strada qui prefigurata potrà avere sulle loro bollette nel futuro.
  In tema di concorrenza, infine, approfitto per fare un doppio augurio al Presidente del Consiglio, che, a quanto sembra, diserterà anche il question-time di mercoledì. Oggi Renzi ha l'occasione di festeggiare il suo onomastico allargando la sua ricca collezione di promesse mancate. Il 13 marzo dello scorso anno, da poco insediato a Palazzo Chigi, egli promise in televisione che il 21 settembre sarebbe andato in pellegrinaggio al santuario di Monte Senario se il suo Governo non avesse pagato entro quel termine i debiti della pubblica amministrazione con le imprese italiane che le avevano fornito beni e servizi.
  Oggi siamo al secondo giro di calendario e i debiti sfiorano i 70 miliardi di euro. Auguriamo, quindi, al segretario del Partito Democratico di essersi allenato al meglio per la scalinata, mentre alle aziende creditrici della pubblica amministrazione, che hanno dovuto sopportare 6,1 miliardi di euro di costi per anticipazioni bancarie, di consolazioni non ne rimangono, ma solo la speranza che i Pag. 38cittadini abbiano presto l'occasione di mandare a casa il Governo delle promesse a vuoto.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Scuvera. Ne ha facoltà.

  CHIARA SCUVERA. Grazie, Presidente. Recentemente dal Festival dell'economia di Trento Stiglitz ci ha ricordato una verità che conosciamo bene e che credo stiamo cercando di affrontare, cioè come il tasso di disuguaglianza nel nostro Paese sia fortissimo, sia inaccettabile e sia un freno alla crescita. È ormai un'opinione che si sta diffondendo, quindi non è più un'opinione esclusiva della sinistra, quella che la disuguaglianza generi freni per il sistema economico e per la competitività di un Paese. La disuguaglianza, in particolare nel nostro Paese, è determinata proprio dalla scarsa diffusione delle opportunità e anche dalle barriere di ingresso al mercato.
  Impedire che le opportunità e anche l'ingresso al mercato, quindi le opportunità in economia, si concentrino in capo a pochi – e mi riferisco anche alle opportunità dell'innovazione, quelle che sono collegate all'economia della conoscenza – significa porre le basi per la redistribuzione. Giustamente, l'onorevole Taranto diceva che liberalizzare non è fare liberismo, ma il contrario.
  Quindi, è importante, nel disegno complessivo di fare dell'Italia un Paese più giusto, avere raggiunto questo obiettivo, ossia l'obiettivo di una prima legge annuale della concorrenza, inaugurando, secondo l'aspirazione europea della better regulation, interventi periodici di abbattimento di barriere e di ostacoli per competere. Questo, soprattutto con riferimento al rafforzamento della posizione di soggetti meno forti: il giovane o la giovane professionista, il cittadino che chiede un'informazione accessibile alla sua banca, l'operatore culturale indipendente.
  Questo provvedimento è tra quelli che più incidono sulle scelte quotidiane delle persone e, quindi, a maggior ragione, come sottolineava l'onorevole Martella, ne abbiamo affrontato l'esame non con l'approccio del mero adempimento rispetto alle segnalazioni delle autorità o alle raccomandazioni dell'Unione europea, ma compiendo delle scelte politiche.
  In questo senso sono stati molto preziosi il confronto e il dialogo costante tra i relatori, il Governo e i componenti delle Commissioni.
  Credo che le Commissioni abbiano svolto un lavoro emendativo importante – è stato già ricordato dettagliatamente nei precedenti interventi – sul tema delle assicurazioni, per esempio, con la soppressione di determinate condizioni, come la rinuncia alla cessione del credito, cui legare lo sconto significativo al prezzo della polizza; così come sui servizi professionali, affermando, da un lato, nelle società tra avvocati la governance dei soci professionisti e, dall'altro, mantenendo la competenza notarile per le compravendite immobiliari di valore catastale non superiore ai 100 mila euro, a vantaggio della legalità e della trasparenza del mercato.
  Importanti sono le norme relative ai diritti dei consumatori nelle comunicazioni, ma vorrei evidenziare due norme che forse possono sembrare minori e che, invece, secondo me, danno il senso di un'inversione di rotta rispetto a politiche su cui, forse, si è investito poco negli ultimi anni, cioè la norma per evitare posizioni dominanti nel mercato della distribuzione cinematografica e quella che fa rientrare i velocipedi tra i mezzi che possono effettuare servizi pubblici non di linea di noleggio con conducente. Perché cito questi interventi ? Perché, appunto, possono sembrare minori, ma rappresentano un'apertura rispetto al sostegno dell'impresa culturale e alla green economy, rispetto alla quale ci vuole, forse, un salto di qualità anche nell'azione di Governo.
  Certamente questa legge annuale non è un intervento avulso dal contesto delle riforme; è evidente che, senza una pubblica amministrazione più semplice e più efficiente, senza continuare sulla strada della riduzione della pressione fiscale per le imprese e, appunto, senza mettere in campo una riconversione della nostra economia Pag. 39in senso più innovativo, in senso verde e sostenibile, una legge per la concorrenza, qualsiasi legge per il mercato e la concorrenza non colpirebbe nel segno. Quindi, è essenziale proseguire con le riforme istituzionali, attuare la riforma della PA e alleggerire il carico fiscale per le imprese; l'impegno del Governo è nei fatti.
  Non c’è poi effettiva e leale concorrenza senza responsabilità sociale di impresa. Credo che l'intervento dei Ministri Martina e Orlando per contrastare il caporalato possa annoverarsi tra quelli orientati a sostenere la leale concorrenza e, nel 2016, il Parlamento e il Governo saranno chiamati a recepire la direttiva comunitaria in materia di responsabilità sociale, da cui deriverà la trasparenza delle informazioni, non solo nelle grandi imprese, per esempio rispetto alla tutela dei diritti del lavoro, ma rispetto ad intere filiere.
  In sede referente, inoltre, ho annunciato un ordine del giorno sul tema della disciplina fiscale e tributaria delle STP (società tra professionisti) per consentire soprattutto ai giovani professionisti di dare vita ad aggregazioni che possano competere con le realtà più consolidate, superare la doppia fatturazione, studiare un meccanismo di neutralità fiscale per lo Stato che consenta di conciliare la disciplina del reddito di impresa con quella del reddito da lavoro autonomo. Infatti, è essenziale che si proceda a un chiarimento e anche a un'interpretazione autentica rispetto ai diversi orientamenti – ci sono anche degli orientamenti ben precisi dell'Agenzia delle entrate – per dare più opportunità reddituali a nuovi soggetti e welfare alle donne professioniste; crediamo che in questo senso sia urgente un intervento sulla disciplina fiscale delle cosiddette partite IVA; speriamo di poterlo fare nella legge di stabilità, affinché il lavoro intellettuale possa competere davvero sul mercato.
  Presidente, questo disegno di legge, per sua stessa natura, non è né definitivo né monumentale.
  Certamente, si può fare di più, ad esempio, sulla questione della liberalizzazione dei farmaci di fascia C. Come diceva l'onorevole Taranto, va governata con particolare attenzione la fase del superamento del regime di maggior tutela nei settori del gas e dell'energia elettrica.
  Credo di poter affermare con serenità che quello svolto in Commissione sia stato un lavoro di buona politica, una prova di buona politica, per il dialogo significativo tra le diverse forze politiche, con scelte tese a tutelare l'esercizio della cittadinanza e non i domini o le rendite (Applausi dei deputati del gruppo del Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Becattini. Ne ha facoltà.

Testo sostituito con errata corrige volante   LORENZO BECATTINI. Signor Presidente, signor sottosegretario, limito le mie osservazioni su questo disegno di legge al comparto dell'energia, anche perché su alcuni fronti mi pare vi sia un'ampia convergenza, vale a dire che intanto l'applicazione per la prima volta nel nostro ordinamento di questa disposizione del 1999 inaugura un sistema, un meccanismo che non potrà che portare grandi benefici al nostro Paese.
  La seconda: è opinione condivisa che abbiamo forti margini di miglioramento dal punto di vista della competitività. L'Italia può scalare posizioni. Infine, un'apertura dei mercati, una liberalizzazione regolata, fatta con criterio, non può che generare dei benefici dal punto di vista economico.
  Per quanto riguarda il settore dell'energia vorrei dire, anzitutto, sentendo anche alcune considerazioni che hanno fatto i colleghi, che fa onore al rapporto dialettico tra il Governo e il Parlamento il fatto di essere partiti in una certa maniera e di essere arrivati con un testo che è più soddisfacente. È il mestiere del Parlamento ed è giusto integrarsi con le posizioni del Governo. Quindi, è una conquista molto importante, che saluterei positivamente.
  Il tema dell'energia è centrale per la vita del nostro Paese, perché è un settore, Pag. 40come abbiamo detto ampiamente, che può generare buona e nuova occupazione e che, fortunatamente, sta ritornando al centro dell'agenda europea, dopo essere rimasto un po’ nascosto per molto tempo. Noi dobbiamo dire che soltanto dal 2007 si è ripresa un'attenzione a livello europeo (con il Consiglio di marzo del 2007 a Bruxelles) su questo tema dell'energia: per molto tempo era rimasta una cosa da non trattare in una dimensione europea.
  Vorrei anche sottolineare un fatto: quando sono state riprese queste indicazioni, anche a livello europeo avevamo da armonizzare alcune cose. Faccio un esempio, una polarità estrema: la Francia produce l'80 per cento dell'energia con il nucleare, la Polonia produce la stessa quantità con il carbone. Quindi, è evidente che si tratta di colmare anche un gap che esiste dal punto di vista dell'armonizzazione delle politiche dei Paesi.
  Inoltre, noi nella riforma costituzionale abbiamo proposto una cosa intelligente, ossia di riportare il tema dell'energia su una dimensione più nazionale rispetto a quello che era stato l'esito della riforma costituzionale del 2001. Quindi, importanza sulle grandi cose, ma anche sulle piccole cose.
  Non più tardi di una settimana fa, qui abbiamo esaminato le mozioni concernenti le bollette che vengono recapitate agli utenti dal punto di vista del mercato del gas e dell'energia elettrica. Queste mozioni poi saranno discusse, ma sottolineano una particolarità e una necessità, che poi sono di riferimento per le norme di questa legge, vale a dire evolvere verso un mercato di maggiore trasparenza, correttezza e linearità.
  Se questo è il tema, è chiaro l'argomento centrale, la cessazione del regime di maggior tutela per l'energia elettrica e il gas ha una storia alle spalle, ma non è una storia di qualche anno. Il gas è stato liberalizzato come vendita al consumatore finale dal 1o gennaio del 2003, quindi, non ieri.
  L'energia elettrica completa il suo percorso il 1o luglio 2007. È evidente che, prima o poi, bisognerà uscire da un sistema per così dire transitorio per arrivare ad una regolazione compiuta. È in questo senso che è stato fatto un passo avanti importante nel lavoro di Commissione per accompagnare, in maniera corretta e a tutela di tutti gli utenti, questo cammino. Quindi, penso che questo obiettivo che abbiamo cercato di raggiungere, come è stato rimarcato anche da alcuni colleghi, origina anche non soltanto dalla dialettica del rapporto Governo-Parlamento ma anche dalle audizioni. Ne voglio ricordare una, quella dell'acquirente unico, che ha sottolineato quali sono i motivi per i quali non è possibile, non è facile o non è stato lineare poter cambiare utente, con la vischiosità che caratterizza il mercato libero, con gli alti costi di informazioni e di switching. A questi argomenti ha cercato di rispondere il nuovo testo che è stato introdotto nel lavoro fatto dalla VI e dalla X Commissione. Questo lo vorrei sottolineare, perché alla fine è un processo di accompagnamento che è basato sulla comparabilità delle offerte, sul favorire i gruppi di acquisto, sulla verifica costante della liberalizzazione, sul garantire le informazioni. Non sempre è stato così. Quando sono stati liberalizzati questi mercati per molto tempo sulla piazza si sono presentati dei venditori in franchising che non hanno neanche fatto onore alle società importanti che rappresentavano. Infine, la riforma del bonus elettrico e, in tutto questo, una grande necessità relativa alla trasparenza con la separazione del brand tra la società di distribuzione e la società di vendita. Anche se non siamo arrivati all'ultimo prezzo dell’unbundling, che nacque contabile, che diventò societario e che potrebbe un giorno diventare proprietario, quello del cambio del marchio è un elemento di maggior tutela per tutti e per non creare situazioni di monopolio. In tutto questo, penso che sia stato fatto un buon lavoro e che sul tema dell'energia ci sarà da tornare per molto tempo.
  Concludo sottolineando un fatto, sempre per parlare di concorrenza: la complessità, per esempio, di un altro settore, che è quello delle gare sulla liberalizzazione Pag. 41della distribuzione del gas. Siamo alla vigilia di un sistema che è nato nel 2000 e che è un tipico esempio di lentezza del nostro Paese. Da quando abbiamo stabilito nel 2000 di liberalizzare la distribuzione, ancora oggi – ancora oggi ! –, a 15 anni di distanza, non vi è stata alcuna gara per ambiti omogenei, come era previsto dal cosiddetto «decreto Letta». Quindi, ne abbiamo da fare di strada, ma sono convinto che, se l'ispirazione è quella che ha guidato il lavoro delle Commissioni in questi ultimi tempi, riusciremo a colmare anche questi limiti, e sarà questo un gran bene per il nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
  LORENZO BECATTINI. Signor Presidente, signor sottosegretario, limito le mie osservazioni su questo disegno di legge al comparto dell'energia, anche perché su alcuni fronti mi pare vi sia un'ampia convergenza, vale a dire che intanto l'applicazione per la prima volta nel nostro ordinamento di questa disposizione del 1999 inaugura un sistema, un meccanismo che non potrà che portare grandi benefici al nostro Paese.
  La seconda: è opinione condivisa che abbiamo forti margini di miglioramento dal punto di vista della competitività. L'Italia può scalare posizioni. Infine, un'apertura dei mercati, una liberalizzazione regolata, fatta con criterio, non può che generare dei benefici dal punto di vista economico.
  Per quanto riguarda il settore dell'energia vorrei dire, anzitutto, sentendo anche alcune considerazioni che hanno fatto i colleghi, che fa onore al rapporto dialettico tra il Governo e il Parlamento il fatto di essere partiti in una certa maniera e di essere arrivati con un testo che è più soddisfacente. È il mestiere del Parlamento ed è giusto integrarsi con le posizioni del Governo. Quindi, è una conquista molto importante, che saluterei positivamente.
  Il tema dell'energia è centrale per la vita del nostro Paese, perché è un settore, Pag. 40come abbiamo detto ampiamente, che può generare buona e nuova occupazione e che, fortunatamente, sta ritornando al centro dell'agenda europea, dopo essere rimasto un po’ nascosto per molto tempo. Noi dobbiamo dire che soltanto dal 2007 si è ripresa un'attenzione a livello europeo (con il Consiglio di marzo del 2007 a Bruxelles) su questo tema dell'energia: per molto tempo era rimasta una cosa da non trattare in una dimensione europea.
  Vorrei anche sottolineare un fatto: quando sono state riprese queste indicazioni, anche a livello europeo avevamo da armonizzare alcune cose. Faccio un esempio, una polarità estrema: la Francia produce l'80 per cento dell'energia con il nucleare, la Polonia produce la stessa quantità con il carbone. Quindi, è evidente che si tratta di colmare anche un gap che esiste dal punto di vista dell'armonizzazione delle politiche dei Paesi.
  Inoltre, noi nella riforma costituzionale abbiamo proposto una cosa intelligente, ossia di riportare il tema dell'energia su una dimensione più nazionale rispetto a quello che era stato l'esito della riforma costituzionale del 2001. Quindi, importanza sulle grandi cose, ma anche sulle piccole cose.
  Non più tardi di una settimana fa, qui abbiamo esaminato le mozioni concernenti le bollette che vengono recapitate agli utenti dal punto di vista del mercato del gas e dell'energia elettrica. Queste mozioni poi saranno discusse, ma sottolineano una particolarità e una necessità, che poi sono di riferimento per le norme di questa legge, vale a dire evolvere verso un mercato di maggiore trasparenza, correttezza e linearità.
  Se questo è il tema, è chiaro l'argomento centrale, la cessazione del regime di maggior tutela per l'energia elettrica e il gas ha una storia alle spalle, ma non è una storia di qualche anno. Il gas è stato liberalizzato come vendita al consumatore finale dal 1o gennaio del 2003, quindi, non ieri.
  L'energia elettrica completa il suo percorso il 1o luglio 2007. È evidente che, prima o poi, bisognerà uscire da un sistema per così dire transitorio per arrivare ad una regolazione compiuta. È in questo senso che è stato fatto un passo avanti importante nel lavoro di Commissione per accompagnare, in maniera corretta e a tutela di tutti gli utenti, questo cammino. Quindi, penso che questo obiettivo che abbiamo cercato di raggiungere, come è stato rimarcato anche da alcuni colleghi, origina anche non soltanto dalla dialettica del rapporto Governo-Parlamento ma anche dalle audizioni. Ne voglio ricordare una, quella dell'acquirente unico, che ha sottolineato quali sono i motivi per i quali non è possibile, non è facile o non è stato lineare poter cambiare gestore, con la vischiosità che caratterizza il mercato libero, con gli alti costi di informazioni e di switching. A questi argomenti ha cercato di rispondere il nuovo testo che è stato introdotto nel lavoro fatto dalla VI e dalla X Commissione. Questo lo vorrei sottolineare, perché alla fine è un processo di accompagnamento che è basato sulla comparabilità delle offerte, sul favorire i gruppi di acquisto, sulla verifica costante della liberalizzazione, sul garantire le informazioni. Non sempre è stato così. Quando sono stati liberalizzati questi mercati per molto tempo sulla piazza si sono presentati dei venditori in franchising che non hanno neanche fatto onore alle società importanti che rappresentavano. Infine, la riforma del bonus elettrico e, in tutto questo, una grande necessità relativa alla trasparenza con la separazione del brand tra la società di distribuzione e la società di vendita. Anche se non siamo arrivati all'ultimo prezzo dell’unbundling, che nacque contabile, che diventò societario e che potrebbe un giorno diventare proprietario, quello del cambio del marchio è un elemento di maggior tutela per tutti e per non creare situazioni di monopolio. In tutto questo, penso che sia stato fatto un buon lavoro e che sul tema dell'energia ci sarà da tornare per molto tempo.
  Concludo sottolineando un fatto, sempre per parlare di concorrenza: la complessità, per esempio, di un altro settore, che è quello delle gare sulla liberalizzazione Pag. 41della distribuzione del gas. Siamo alla vigilia di un sistema che è nato nel 2000 e che è un tipico esempio di lentezza del nostro Paese. Da quando abbiamo stabilito nel 2000 di liberalizzare la distribuzione, ancora oggi – ancora oggi ! –, a 15 anni di distanza, non vi è stata alcuna gara per ambiti omogenei, come era previsto dal cosiddetto «decreto Letta». Quindi, ne abbiamo da fare di strada, ma sono convinto che, se l'ispirazione è quella che ha guidato il lavoro delle Commissioni in questi ultimi tempi, riusciremo a colmare anche questi limiti, e sarà questo un gran bene per il nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Catia Polidori. Ne ha facoltà.

  CATIA POLIDORI. Grazie, Presidente. Oggi si apre la discussione su un provvedimento a favore del mercato, a favore della concorrenza, una norma quindi fondamentale – almeno nelle intenzioni – per conferire, se non slancio, perlomeno una boccata d'ossigeno alla nostra economia, la cui ripresa purtroppo è ancora lungi dal venire, e con ciò credo di essermi appena guadagnata un posto nella lunga classifica dei gufi. Io non mi ci sento, perché prima di tutto sono una cittadina, sono un'imprenditrice e come tale avrei solo da rallegrarmi se fossero tutte rose e fiori. Da economista non posso considerare ripartenza quelli che invece sono dei timidi segnali, per quanto delle volte abilmente infiocchettati e spacciati come preludio di un boom economico alle porte. Magari fosse così ! Da addetta ai lavori sono tenuta a parlare di ripresa solo in presenza di un assetto macroeconomico stabile e duraturo rilevato da tutta una serie di indicatori, dai quali la tanto attesa ripresa non può in alcun modo prescindere, anche perché è matematica, quindi non ci sono né gufi né sognatori che tengano.
  Ma entriamo nel merito del provvedimento in esame, che oltre a rispondere ad un atto dovuto, è anche richiesto dal nostro ordinamento e, insieme, sia dall'Europa che dall'OCSE; e si prefigge degli obiettivi senza dubbio condivisi da chi come noi ha un DNA liberista e che fa dello sviluppo della nostra economia una bandiera: che dir si voglia, il liberismo economico si basa proprio sulla libera concorrenza. Uno sviluppo che vada a braccetto però con la tutela dei diritti dei cittadini e dei consumatori: è fondamentale, e direi un principio irrinunciabile per chi fa politica.
  Per questa ragione ci siamo battuti in Commissione senza risparmiarci per emendare e migliorare il testo originario, da subito apparso critico non voglio dire in moltissimi punti: in molti. Noi abbiamo seguito il complesso, articolato iter, dato voce e recepito il più possibile i desiderata delle singole categorie audite, nella consapevolezza che, andando a modificare l'ormai consolidato sistema concorrenziale, avremmo contribuito a rivoluzionare dei settori importanti del sistema produttivo italiano; questa perlomeno era l'intenzione.
  Dunque, era importante agire, farlo al meglio, cercando di trovare la non sempre facile quadra: ne siamo coscienti, siamo stati al Governo e sappiamo quanto sia difficile accontentare tutti, dove per accontentare non parlo ovviamente di esaudire prese di posizione di parte ma di essere i più giusti possibili.
  Ritengo preciso dovere di un parlamentare quello di spendersi, e se possibile riuscire nella difficile opera di mediazione tra gli interessi degli utenti-consumatori e quelli operativi delle imprese, e comunque in genere dei lavoratori autonomi; ed è questo che abbiamo tentato di fare in Commissione. Devo dire in qualche occasione – ringraziando i due relatori, ringraziando il presidente della Commissione, ringraziando il Governo – la mediazione di Forza Italia si è rivelata dirimente; in altri casi, purtroppo, non c’è stato concesso margine di azione. Ma la cosa che veramente ci ha reso difficile il lavoro è che da subito questo testo ci è parso tendente a mettere l'una contro l'altra le categorie: sembrava impossibile accontentare Pag. 42tutti e fare uno sgarbo inevitabile a qualcuno, ma a tutto svantaggio poi del cittadino-utente.
  Nel complesso mi sento di dire che da parte nostra c’è stata massima collaborazione e condivisione delle finalità della legge, ma resta la netta contrarietà in alcuni ambiti di singoli capi. Abbiamo votato convintamente molti emendamenti con la maggioranza, dando seguito a quella nota collaborazione non ideologica che contraddistingue la Commissione attività produttive da sempre. Conveniamo tutti sul fatto che le attività economiche nel nostro Paese sono gravate da un eccesso di regolazione, i famosi «lacci e laccioli» denunciati tanti anni fa da Guido Carli e che, se possibile, da allora sono addirittura aumentati, in quanto le imprese sono gravate da tre livelli sovrapposti di regole, molto spesso incoerenti tra loro: regole dell'Unione Europea, del Parlamento nazionale e delle regioni.
  Già dunque da qui sappiamo quale di certo sia stato lo sforzo di questo provvedimento per poter navigare un po’ al buio attraverso queste regole. È già un miracolo se le attività economiche riescono a sopravvivere, figuriamoci a crescere e prosperare, in un ambiente che è oggettivamente difficile, in alcuni casi è ostile. Non a caso l'Unione europea ha individuato, tra le cause della difficoltà in cui versa la nostra economia, proprio l'eccesso e la complessità delle regole, sia legislative che amministrative.
  Ora, con il disegno di legge al nostro esame, si perde secondo noi un'occasione per correggere tale stato di fatto: per «uscire dalla palude», tanto per usare un'espressione molto cara al nostro Presidente del Consiglio. Siamo tutti d'accordo sul fatto che il mercato deve essere reso il più libero possibile e sull'esigenza prioritaria di tutelare i consumatori, ma questo obiettivo non può essere perseguito con norme sostanzialmente dirigistiche e punitive per il mondo dell'impresa, perché l'impresa significa lavoro e quindi benessere per tutti.
  Già il testo iniziale del disegno di legge non era pienamente soddisfacente, in quanto risentiva di questa impostazione secondo noi distorta; ma ora il provvedimento, uscito fortemente emendato, risulta per certi versi ancora peggiore, soprattutto per ciò che manca, cioè nelle fasi soppressive. E qui sono d'accordo con i colleghi che mi hanno preceduto, che si può sempre fare di più, si può sempre fare meglio, e avremo occasione spero sia in quest'Aula che al Senato di poterci lavorare.
  Per chi fa politica – ce ne rendiamo conto tutti – è difficile scegliere tra i grandi numeri che sono portatori di voti, e i piccoli numeri dati dai grandi sistemi o dall'impresa.
  Ma è qui che si vede la buona politica. Il legislatore, soprattutto se rappresentato da parlamentari eletti dal popolo, deve tutelare gli interessi del singolo, ma utilizzando la visione politica che si suppone egli abbia. La politica deve saper anticipare i bisogni della gente, spingere il popolo verso la scelta giusta e non lasciarsi trascinare da sentimenti di pancia, spesso dettati dalla paura del nuovo e dalla non conoscenza.
  Questo è il caso, ad esempio – quindi entro un attimo nell'analisi di tutto ciò che abbiamo affrontato – del corposo Capo 2, riguardante le assicurazioni e, in particolare, l'assicurazione obbligatoria per responsabilità civile auto.
  Si tratta, come sappiamo, di un ambito molto complesso, controverso e caratterizzato da un livello di premi molto elevato e superiore di oltre il 30 per cento alla media europea. Tutto questo per molteplici ragioni, tra le quali la grande diffusione delle frodi non adeguatamente contrastate da tutti noi, possiamo dire da tutti noi, in quanto evidentemente ritenute reati di lieve entità e di scarso allarme sociale, mentre sono molto dannose e rappresentano un onere niente affatto irrilevante per l'economia tutta e per i cittadini onesti, chiamati a pagare premi molto onerosi, specie – non lo diciamo noi, ma lo dicono i dati – in alcune zone d'Italia.
  Altra causa di crescita eccessiva dei premi è l'insufficiente e difforme, in tutto il territorio nazionale, definizione del Pag. 43danno biologico che rappresenta la voce più rilevante degli indennizzi anche nell'ambito in cui sono più diffuse le frodi.
  Il testo iniziale del provvedimento affrontava in modo sostanzialmente sufficiente i problemi del settore, disciplinando, tra l'altro, gli sconti sulle polizze in base a specifiche condizioni, quali l'installazione di scatole nere, la preventiva ispezione del veicolo, l'installazione di dispositivi che impediscono l'avvio del veicolo in presenza di un elevato tasso alcolemico del guidatore e tanto altro.
  Ebbene, questa normativa inizialmente positiva è stata trasformata in Commissione in una norma peggiorativa, in quanto dirigistica. Infatti, gli emendamenti all'articolo 3 hanno stabilito che lo sconto minimo sarà stabilito dall'IVASS – cioè imposto dall'alto – e sarà maggiore nelle regioni a maggiore tasso di sinistrosità. Si tratta di una modifica che si caratterizza come anticoncorrenziale proprio perché impone un comportamento uniforme a tutte le compagnie assicurative.
  Un'altra modifica sempre all'articolo 3 sembrerebbe imporre a tutte le compagnie di assicurazione che operano in Italia di vendere polizze on-line. Questa imposizione ha un carattere inutilmente dirigistico nei confronti delle compagnie che operano limitatamente o che non operano affatto vendite di polizze in Internet e non avvantaggiano i consumatori che già oggi hanno ampia possibilità di acquistare direttamente le polizze in rete.
  Anche una modifica apportata con l'introduzione dell'articolo 6-bis ha una caratteristica dirigistica ed in evidente contraddizione con il titolo stesso del disegno di legge in esame, in quanto contraria alle logiche del libero mercato e della concorrenza. Infatti, l'articolo 6-bis impone uno sconto minimo sui premi assicurativi per l'RC Auto, determinato dall'IVASS in favore degli assicurati che risiedono in regioni con costo medio dei premi superiore alla media nazionale che non abbiano causato sinistri, con loro colpa esclusiva o concorrente negli ultimi cinque anni. In caso di violazione di tale disposizione, è prevista una sanzione amministrativa irrogata dall'IVASS da 5.000 a 40.000 euro e la riduzione automatica del premio assicurativo relativo al contratto oggetto della violazione.
  Questa è una norma che, per chi non è all'interno del settore, solo apparentemente è una norma giusta, in quanto sembra restituire giustizia a tutti coloro che non riescono, abitando in aree evidentemente ormai notoriamente disagiate dal punto di vista delle frodi, ad avere un costo accessibile all'assicurazione. Ma poi, pensandoci e ragionandoci, questi minori incassi delle compagnie verrebbero inevitabilmente, dato che c’è questa possibilità – ecco perché delle volte prima di introdurre qualcosa dovremmo andare a cambiare completamente l'impianto generale – caricati sui cittadini più virtuosi, ma anche sui cittadini virtuosi di quelle zone disagiate.
  Quindi, i cittadini virtuosi sono sia al nord, che al centro, che al sud. Oltre ad essere profondamente ingiusta, questa norma è figlia anche di una mentalità, dal mio punto di vista, distorta, di un errato principio assistenzialista che negli anni, credendo di fare bene, ha finito per alimentare le divisioni tra aree d'Italia.
  Noi saremmo per non riproporre vecchie ricette che, peraltro, non hanno mai portato l'auspicata prosperità al Sud, al quale per progredire servirebbe, appunto, la libertà economica, la garanzia di una giustizia presente e di certo non alimentare la cultura della dipendenza dagli aiuti, che inevitabilmente gravano, poi, su tutto il resto dei cittadini.
  Altra modifica negativa è quella apportata all'articolo 7, che riguarda il danno biologico. Anche in questo caso il testo iniziale era buono, in quanto poneva termine ad una giungla giurisprudenziale in base alla quale tale tipo di danno, molto importante sotto il profilo finanziario, veniva quantificato in modo difforme da ciascun tribunale. Il testo originario faceva opportunamente riferimento ad una tabella unica a livello nazionale che avrebbero dovuto predisporre, di concerto, i Pag. 44Ministri dello sviluppo economico, della salute, del lavoro e delle politiche sociali e della giustizia.
  Il testo poi uscito dalla Commissione prevede, invece, il riferimento all'onerosa tabella utilizzata dal tribunale di Milano, i cui importi possono essere incrementati dal giudice fino al 30 per cento. Dato che gli indennizzi relativi al danno biologico rappresentano un'importante componente dei risarcimenti a carico delle compagnie, il metodo di quantificazione influisce poi sul livello dei premi che il legislatore afferma, invece, di volere contenere. Va inoltre ricordato che molte delle frodi riguardano proprio il danno biologico, per cui si pone il problema di un accertamento molto rigoroso dello stesso.
  Certamente, le compagnie assicurative non sono esenti da colpe circa l'esosità dei premi dell'assicurazione RC auto, in quanto potendo agevolmente scaricare, come dicevo prima, sugli utenti i sovraccosti dovuti ad inefficienze di sistema, omettono, alcune volte per pigrizia e amore del quieto vivere, di agire per rimuoverle. Le compagnie non operano con sufficiente determinazione per contrastare le frodi e non responsabilizzano adeguatamente a tal fine i periti. Per fortuna, la diffusione delle possibilità di stipulare polizze online sta accentuando la concorrenza, ma ora disposizioni come quelle appena descritte non favoriscono certamente la diminuzione del livello, oggi eccessivo, dei premi assicurativi.
  Un'altra modifica pesantemente negativa del testo iniziale – come avrete capito, a noi quel testo piaceva molto di più – è quella relativa all'articolo 15, sulla portabilità dei fondi pensione complementari. Infatti, il testo iniziale stabiliva la piena portabilità del TFR e dell'eventuale contributo del datore di lavoro al fondo pensione prescelto dal lavoratore. Tale disposizione era una chiara liberalizzazione e favoriva la concorrenza e la libertà di scelta. La sua cancellazione, da parte della Commissione, rappresenta una forte regressione e favorisce gli interessi politici e finanziari dei sindacati, cui interessa molto continuare a gestire, quasi in esclusiva, i fondi pensione dei lavoratori.
  Il capo III, riguardante le comunicazioni, ci soddisfa. A nostro avviso è utile, in quanto rimuove i residui vincoli, in particolare per quanto riguarda i servizi di telefonia, per il cambio del fornitore.
  Ci soddisfa e riteniamo utile anche il capo IV, che dispone la liberalizzazione dei servizi postali.
  Sul capo V, concernente l'energia, c’è da osservare che il superamento, a partire dal 1o gennaio 2018, delle tariffe per il gas e per l'elettricità, denominate «massima tutela» (ovviamente del consumatore), è teoricamente positivo sotto il profilo delle logiche di mercato, ma al riguardo c’è da porre in evidenza – e spero che riusciremo, magari anche in un altro provvedimento, a tenerne conto – che i cittadini, che sulla base di una propaganda martellante da parte delle aziende fornitrici si sono fatti convincere a stipulare contratti di libero mercato, si sono trovati di fronte, alcune volte, ad amare sorprese: le bollette sono aumentate in misura notevole anche in presenza di un calo evidente dei costi energetici su scala mondiale.
  I prezzi del petrolio e, di conseguenza, del gas naturale sono letteralmente crollati e, dato che l'Italia produce energia elettrica prevalentemente bruciando petrolio e gas, non si vede come si giustifichi, nel mercato libero, l'aumento delle tariffe. È, quindi, assolutamente necessario garantire una piena trasparenza e confrontabilità delle tariffe elettriche e del gas, per evitare che la liberalizzazione si trasformi in un far west a danno dei consumatori, come alcuni anni fa è successo, peraltro, con la liberalizzazione delle tariffe delle assicurazioni RC Auto.
  Nel corso dell'esame in Commissione è stata introdotta una serie ampia e complessa di normative sugli impianti di distribuzione dei carburanti, che però non affrontano il problema di fondo della razionalizzazione della rete in ordine alle mutate caratteristiche, qualitative e quantitative, da parte degli utenti.Pag. 45
  Vengo, ora, al capo VI. Qui vi è una questione perché è stato soppresso questo nostro emendamento e vorremmo, come dire, porlo quanto meno all'attenzione e potere aprire una discussione. Questo riguarda le piccole e medie imprese, tantissime piccole e medie imprese, quelle degli agenti immobiliari, cioè le agenzie.
  Tra le nostre battaglie, quella non più importante, ma comunque decisa, è stata quella affinché alle banche fosse limitata la partecipazione nelle imprese o società che svolgono l'attività di intermediazione immobiliare, nella convinzione di garantire, in questo caso, la tutela del consumatore, il quale, diversamente, potrebbe subire un condizionamento nelle proprie scelte di carattere patrimoniale. Le informazioni di natura patrimoniale, reddituale e finanziaria di cui dispone una banca potrebbero, infatti, comportare un'influenza sul proprio correntista tale da rappresentare una grave ingerenza sulle scelte di carattere patrimoniale che egli si trova ad effettuare ed un indebito condizionamento secondo la definizione riportata dal Codice del consumo.
  Il prevedibile scambio incrociato di informazioni e dati riservati, ma all'interno della banca, relativi alla posizione finanziaria e all'eventuale esposizione debitoria del cliente nei confronti della banca che inevitabilmente intercorre tra le due imprese, l'istituto bancario e l'agenzia immobiliare di proprietà dello stesso istituto, si tradurrebbe, quindi, in un'azione concordata e diretta a condizionare le scelte dei propri clienti a proprio esclusivo vantaggio; d'altronde, si tratta di profitto aziendale.
  Peraltro, vi è una questione particolare: se con il decreto legislativo n. 141 del 2010 è stato introdotto il limite per le banche di possedere non più del 10 per cento del capitale nelle società di mediazione creditizia (articolo 17, comma 4) proprio per salvaguardare la terzietà e l'indipendenza della società partecipata, non si comprende come alle banche, diversamente, potrebbe essere invece consentito di detenere il 100 per cento di imprese nelle quali devono essere altrettanto garantiti i medesimi principi di indipendenza, terzietà ed imparzialità.
  Ma vi è un'altra cosa da sottolineare: il legislatore, a suo tempo, ha voluto, con l'approvazione sempre del decreto legislativo n. 141 del 2010, annullare l'interdipendenza tra il settore del credito e il settore dell'intermediazione immobiliare, introducendo il divieto, in capo, questa volta, agli agenti immobiliari, di segnalare mutui strumentalmente alla propria attività, mantenendo, contestualmente, il divieto per gli agenti immobiliari di esercitare qualunque altra attività imprenditoriale e professionale diversa da quella della mediazione.
  Non si comprende, quindi, come tali principi di rigida e netta separazione tra i due settori nonché di terzietà ed imparzialità del mediatore possano essere rispettati nel momento in cui non solo le banche possono essere proprietarie e possano controllare il 100 cento delle proprie agenzie immobiliari, ma, addirittura, aprono agenzie immobiliari all'interno delle proprie filiali bancarie, come è già stato constatato. In altri termini, il cliente difficilmente potrà sentirsi realmente libero di scegliere casa e mutuo in modo autonomo ed incondizionato, anche a fronte di un'asserita correttezza di comportamento da parte della banca, poiché quello stesso cliente è consapevole della propria debolezza rispetto ad essa e delle informazioni di cui essa dispone.
  Quanto più rilevante può essere l'esposizione debitoria del cliente-correntista nei confronti della banca, tanto maggiore è la possibilità che il cliente si orienti verso scelte di utilizzo del proprio patrimonio immobiliare in funzione non di una scelta libera e concorrenziale, bensì in funzione dell'immediata compensazione del proprio debito con la banca. Poi, vi possono essere anche rischi di risvolti ancora più preoccupanti, perché qui entriamo in un ambito tecnicamente ed economicamente importante, che è quello dell'incidenza che il «sistema banca» potrebbe assumere sull'andamento dei prezzi. Il capo VII riguarda i servizi professionali e, al di là Pag. 46delle buone intenzioni di semplificare e liberalizzare il settore, appare confuso e contraddittorio.
  Infatti, non viene chiarita a fondo la disciplina dell'esercizio della professione forense in forma societaria, che appare pericolosa in quanto potrebbe comportare il pericolo di conflitti di interesse e di un'insufficiente tutela del cliente. Vi abbiamo collaborato e appare molto ragionevole, e quindi ci complimentiamo ancora con i relatori e con il Governo, la soppressione dell'articolo 28, che non garantiva una vera e propria libera concorrenza.
  Secondo noi ci sarebbe stata, poi, la necessità di intervenire su un problema riguardante, in questo caso, gli affitti privati di immobili non abitati, regolati da una normativa rigida e datata, e, in quanto tale, limitatrice dell'attività economica. La verità è che il numero dei negozi, specialmente quelli gestiti da piccoli commercianti e artigiani, e dei capannoni sfitti aumenta drasticamente invece di diminuire. Bisognava, pertanto, intervenire e questa poteva essere l'occasione.
  Il problema principale consiste nell'obbligo di stipulare contratti di lunga durata (dodici anni o, addirittura, diciotto, a seconda del tipo di attività) nel corso dei quali il canone di locazione deve restare immutato, salvo naturalmente l'aggiornamento Istat. Dobbiamo tutelare – ed è comprensibile – coloro che modificano sensibilmente il canone, pertanto non potendolo detrarre. Questa, però, è una parentesi, una questione che dovremmo affrontare in un altro momento. Di certo, pur dovendo tutelare coloro che poi apportano modifiche, per esempio, a locali adibiti a trattorie oppure che hanno bisogno di strutture particolari, dovremmo fare in modo di fare loro concordare canoni ridotti in un momento di piena crisi rispetto a quelli di mercato, cosa che invece sarebbe possibile se si potessero stipulare contratti più brevi o comunque stabilire la differenziazione. Infatti, noi dobbiamo comunque tutelare sia locatari che affittuari.
  In definitiva, non siamo riusciti a convincere i colleghi su tante cose. Abbiamo parlato anche dei servizi sanitari e delle farmacie. Abbiamo avuto anche noi paura che si accentuasse troppo il carattere commerciale di alcune farmacie, a scapito della tutela della salute dei cittadini. Non ci vorremmo trovare in farmacie come bazar. Però ci duole constatare che, se da una parte tutti ci siamo trovati d'accordo per favorire la concorrenza, attraverso varie politiche di liberalizzazione in grado di aumentare comunque la competitività del sistema, dall'altra, non possiamo fare a meno di rilevare che queste misure appaiono assai limitate e dall'impatto debole.
  Serviva una rivoluzione o, meglio, serve una rivoluzione. Abbiamo fatto dei modesti cambiamenti. È mancata di certo una spinta ambiziosa ed è mancato un approccio integrato, ma siamo convinti che, lavorandoci, tentando di evitare l'ostilità di fondo verso la proprietà privata, potremmo riuscire ancora, in quest'occasione – ovvero quella che avremo credo la prossima settimana in quest'Aula –, anche a interrompere, per così dire, questa battaglia che c’è di una categoria contro l'altra o addirittura di parlamentari del nord contro quelli del sud, indipendentemente dallo schieramento politico.
  Sono certa che non solo in quest'Aula, ma anche in quella del Senato ci sarà modo e avremo tempo di poterne riparlare e di potere dare una mano, in modo che esca un provvedimento, dato che si tratta veramente della vita economica dell'Italia, il più condiviso possibile (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo – A.C. 3012-A)

  PRESIDENTE. Prendo atto che la relatrice per la VI Commissione, il relatore per la X Commissione e il rappresentante del Governo rinunziano alla replica.Pag. 47
  Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
  Saluto i bambini e gli insegnanti del Terzo circolo «Roncalli» di Altamura, in provincia di Bari, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
  Sospendo la seduta per cinque minuti.

  La seduta, sospesa alle 15,45, è ripresa alle 15,50.

Discussione del disegno di legge: S. 1167 – Delega al Governo per la riforma del codice della nautica da diporto (Approvato dal Senato) (A.C. 2722).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 2722: Delega al Governo per la riforma del codice della nautica da diporto.
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali – A.C. 2722)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che il presidente del gruppo parlamentare del MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento.
  Avverto, altresì, che la IX Commissione (Trasporti, poste e telecomunicazioni) si intende autorizzata a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire il relatore, onorevole Tullo.

  MARIO TULLO, Relatore. Grazie, Presidente. Colleghi onorevoli, la Commissione trasporti riferisce oggi all'Assemblea sul disegno di legge che conferisce delega al Governo per la riforma del codice della nautica da diporto. Il testo all'esame dell'Assemblea non risulta modificato rispetto a quello approvato in prima lettura dal Senato nella seduta dell'11 novembre 2014, perché la Commissione trasporti ha deliberatamente scelto di considerare prioritaria l'esigenza di pervenire in tempi rapidi alla definitiva approvazione della delega. Si tratta, infatti, di un provvedimento fortemente atteso dal settore, grazie al quale sarà possibile definire un nuovo quadro normativo che ne faciliti e promuova lo sviluppo.
  In effetti, abbiamo lavorato bene in Commissione. Praticamente il testo è arrivato a gennaio, in alcuni mesi lo abbiamo discusso e approvato, così come è accaduto per il parere di tutte le altre Commissioni. I tempi, per chi sta fuori da questo palazzo, sembrano tempi lunghi, ma noi sappiamo bene che tempi così stretti significano che c’è stato un lavoro e una coesione dei gruppi parlamentari. C’è stato un impegno anche dei funzionari della Commissione; voglio già ringraziare il dottor Frati, funzionario della Commissione trasporti.
  Il settore della nautica da diporto, come è noto, riveste un particolare rilievo per l'economia italiana, con un contributo al PIL di circa 5 miliardi di euro. Al tempo stesso, si tratta di un settore che ha attraversato, negli ultimi anni, una crisi drammatica, dovuta sia agli effetti della crisi economica generale sia anche a scelte normative, come la tassa di possesso sulle imbarcazioni di lunghezza superiore ai 10 metri, che lo hanno gravemente penalizzato, senza, peraltro, produrre gli effetti di gettito attesi, e che sono state poi opportunamente riviste.
  A me piace ricordare in questa occasione che nei momenti drammatici che il Paese ha vissuto dinnanzi a misure pesantissime del Governo Monti, anche per i lavoratori, – penso alla legge di riforma delle pensioni –, dinnanzi a quella misura che colpiva le imbarcazioni, in quei giorni siamo stati capaci di dire a quel Governo di fermarsi, perché ci rendevamo conto che rischiava di mettere in discussione la competizione di un sistema.
  Basti pensare che la situazione di difficoltà di questo settore perdura e per effetto della crisi del 2011-2012 la nautica da diporto ha registrato la perdita di 18 mila posti di lavoro nella produzione e di Pag. 4820 mila posti di lavoro nell'indotto turistico. Si è, inoltre, interrotta la serie che evidenziava un aumento costante e graduale delle unità da diporto e dei posti barca, che a partire dal 2012 hanno registrato, invece, un'evidente diminuzione. È, pertanto, essenziale fare tutto il possibile, anche sul piano legislativo, per agevolare la ripresa di questo settore ed è necessario intervenire rapidamente.
  Prima di andare a vedere anche il provvedimento nel suo articolo unico e nei commi che lo compongono, voglio qui ricordare in maniera molto schematica alcuni dati che riguardano il settore. L'apice più recente, che è stato toccato dal punto di vista di quanto è stato prodotto dal settore della nautica, riguarda l'anno 2008, con 6,18 miliardi di euro. Poi vi è stata, appunto, una crisi internazionale che ha prodotto una contrazione mondiale degli ordini e nel 2013, anche grazie ad alcune misure messe in campo, ci sono stati segnali timidi di ripresa, soprattutto per quanto riguarda il settore dei grandi yacht, in cui siamo capaci di esportare molto, mentre, invece, il mercato interno continua a manifestare tutte le sue difficoltà, anche perché la fascia più interessata al nostro mercato interno è quella dei natanti di dimensioni tra i 6 e i 10 metri.
  Il prodotto di questo settore viene articolato poi in diversi segmenti. Il 54 per cento del prodotto riguarda la cantieristica e il 9 per cento la motoristica. Poi vi sono tutto il settore del refit service, con il 6 per cento, e tutta la parte della componente degli accessori e dell'abbigliamento, che costituisce il 31 per cento complessivo del mercato.
  Noi affrontiamo una legge delega sulle regole del codice della nautica, che riguarderanno il tema della sicurezza e del rispetto dell'ambiente in una logica di sburocratizzazione per rimettersi in linea con quanto avviene in Europa. Sicuramente alcune di queste misure, di sostegno di questo settore, possono essere fondamentali per la crescita complessiva del Paese. Alcune misure adottate nel passato hanno dato segnali ben precisi per aiutare questo settore: la crescita avvenuta tra il 2000-2008 la possiamo consegnare a scelte fatte rispetto al nuovo leasing nautico; scelte che hanno dato un impulso in quella fase alla crescita del settore, mentre adesso, invece, continuiamo ad avere delle difficoltà dal punto di vista del finanziamento da parte delle banche riguardo a questo settore.
  Gli anni peggiori coincidono con il 2011 e il 2012, cioè gli anni più difficili per questo settore che hanno coinciso con scelte politiche dell'epoca che possiamo definire oggi sbagliate, quali, ad esempio, la tassa di stazionamento.
  La produzione di tale settore nel 2008 era rivolta al mercato estero per circa il 53 per cento e a quello interno per il restante 47 per cento. Nel 2013 questi dati risultano non più veritieri; in particolare, la parte che riguarda l'estero è molto più alta. Vorrei ricordare il segmento dei mega-yacth, che vede tra i primi trenta cantieri mondiali nove cantieri italiani. Nel 2014 ed anche nel 2015 degli oltre 700 ordini mondiali di queste grandi barche quasi 300 sono commesse assegnate a cantieri italiani.
  Vi è, quindi, un segnale di ripresa di questo settore, ma, ripeto, vi è il mercato delle piccole imbarcazioni, quello più rivolto al mercato interno, in cui si fatica di più, con grandi disparità tra il Nord e il Sud del Paese sia per le immatricolazioni di nuovi natanti, sia per tutto ciò che è di servizio alla nautica, in particolare, agli approdi. Questo settore si trova a dover affrontare, dati alcuni mercati complicati, le problematiche inerenti l'innovazione e la ricerca, che riguardano anche il rispetto dell'ambiente, le economie dei motori che adoperano le barche, nonché la filiera del riciclo, in particolare della vetroresina che può essere utilizzate anche in altri settori. Vi è poi il tema del turismo, non solo quello interno.
  Vi è, infine, il tema di riconciliarci con un mondo, forse questo mondo, a volte, è stato anche vittima in qualche maniera di qualche pregiudizio: penso, normalmente e soprattutto con riferimento a questo settore, che la ricchezza va inseguita e tassata al giusto nel momento in cui si Pag. 49forma, ma nel momento in cui poi viene spesa è bene che essa distribuisca lavoro e reddito. Dobbiamo considerare che la nautica è un settore che ha un potenziale di sviluppo molto alto, in particolare con riferimento a quel segmento che possiamo definire di «nautica popolare», che nel nostro Paese è quella che va per la maggiore.
  Il disegno di legge in esame persegue la finalità principale di introdurre nel codice della nautica da diporto misure di semplificazione degli adempimenti. Una specifica attenzione è dedicata inoltre al potenziamento dei dispositivi di sicurezza e all'aggiornamento dei requisiti per il conseguimento della patente nautica, per assicurare una migliore formazione.
  Il comma 1 dell'articolo unico di cui è costituito il provvedimento individua gli ambiti materiali di intervento della delega. Il successivo comma 2 stabilisce invece i principi e criteri direttivi ai quali il Governo dovrà attenersi nella predisposizione del decreto o dei decreti legislativi con cui sarà data attuazione alla delega. In particolare, la lettera a) prevede il coordinamento e l'armonizzazione della normativa in materia di nautica da diporto e di iscrizione delle unità da diporto, al fine di semplificare gli adempimenti formali posti a carico dell'utenza.
  La lettera b) prevede la semplificazione del regime amministrativo e degli adempimenti relativi alla navigazione da diporto, anche ai fini commerciali.
  La lettera c) prevede la revisione, secondo criteri di semplificazione, della disciplina in materia di navigazione temporanea di imbarcazioni e navi da diporto non abilitate e non munite dei prescritti documenti, ovvero abilitate e provviste di documenti di bordo, ma affidate in conto vendita o in riparazione e assistenza ai cantieri navali.
  La lettera d) prevede la semplificazione della procedura amministrativa per la dismissione della bandiera, vale a dire per la procedura che è necessario espletare in caso di trasferimento o vendita all'estero dell'unità da diporto.
  La lettera e) prevede la regolamentazione dell'attività in materia di locazione dei natanti, mentre la lettera f) prevede, nell'ambito delle strutture ricettive della nautica, un numero congruo di accosti, cioè di approdi, riservati alle unità in transito, con particolare attenzione ai posti di ormeggio per i portatori di handicap.
  La lettera g) prevede la regolamentazione puntuale dei campi di ormeggio attrezzati in alcune tipologie di aree marine protette.
  La lettera h) prevede la destinazione d'uso per la nautica minore delle strutture demaniali, nonché dei pontili, arenili e piazzali che presentino caratteristiche idonee per essere utilizzate come ricovero a secco di piccole imbarcazioni, garantendo comunque la fruizione pubblica delle aree.
  La lettera i) prevede la revisione della disciplina della mediazione nei contratti di costruzione, di compravendita, di locazione, di noleggio di navi e nei contratti di trasporto marittimo, al fine di adattarla alle specifiche esigenze e caratteristiche del settore della nautica da diporto.
  La lettera l) prevede la semplificazione dei requisiti psicofisici, con particolare riferimento a quelli visivi e uditivi, per il conseguimento della patente nautica.
  La lettera n) prevede la revisione dei titoli professionali del diporto. Si prevede anche l'introduzione di un titolo semplificato per lo svolgimento dei servizi di coperta.
  La lettera o) prevede criteri di razionalizzazione ed economia delle risorse istituzionali destinate alle attività di controllo in materia di sicurezza della navigazione.
  La lettera p) prevede l'adeguamento del decreto legislativo n. 53 del 2011, che reca norme internazionali per la sicurezza delle navi, a quanto previsto dalla direttiva 2009/16/CE in materia di controllo dello Stato di approdo, con particolare riferimento al corretto recepimento della definizione di interfaccia nave-porto.
  La lettera q) prevede la revisione della disciplina in materia di sicurezza delle Pag. 50unità e delle dotazioni, anche alla luce dell'adeguamento all'innovazione tecnologica.
  La lettera r) dispone l'equiparazione, a tutti gli effetti, alle strutture ricettive all'aria aperta delle strutture organizzate per la sosta e il pernottamento dei turisti all'interno delle proprie imbarcazioni ormeggiate. In questo caso si tratta, appunto, di dare una soluzione continuativa e definitiva all'applicazione dell'IVA al 10 per cento, come era già previsto dalla legge di stabilità dello scorso anno. La lettera s) prevede l'inserimento della cultura del mare e dell'insegnamento dell'educazione marinara nei piani formativi scolastici, nonché l'istituzione di una giornata del mare nelle scuole.
  La lettera t) dispone l'istituzione della figura professionale dell'istruttore di vela. In questo senso, abbiamo discusso in Commissione che è utile che, oltre alla Lega navale e alla Federazione italiana vela, anche enti di promozione sportiva, purché appunto rispettino i requisiti previsti dal sistema nazionale del CONI e del quadro europeo delle qualifiche, siano messi nelle condizioni di poter formare queste figure.
  La lettera u) prevede la razionalizzazione delle attività di controllo delle unità da diporto, mentre la lettera v) prevede la revisione della disciplina sanzionatoria per le violazioni commesse.
  Sempre in materia sanzionatoria, la lettera z) prevede che siano fissate sanzioni più severe a carico di coloro che conducono unità da diporto in stato di ebbrezza o sotto l'effetto di stupefacenti, nonché nei confronti di coloro che utilizzano unità da diporto provocando danni ambientali.
  La lettera aa) prevede la semplificazione dei procedimenti per l'applicazione e il pagamento delle sanzioni amministrative pecuniarie.
  La lettera bb) prevede l'aggiornamento del codice alla normativa dettata dalla direttiva 2013/53/UE, relativa alle imbarcazioni da diporto e alle moto d'acqua.
  La lettera cc) prevede, infine, l'abrogazione espressa delle norme incompatibili.
  I tempi e le procedure con i quali il Governo dovrà dare attuazione alla delega in esame e, quindi, pervenire alla riforma del codice della nautica da diporto, sono disciplinati dai commi 1, 3 e 4. Si prevede che la delega debba essere esercitata entro un termine di ventiquattro mesi.
  I decreti legislativi di riforma del codice della nautica da diporto dovranno essere emanati previa intesa in sede di Conferenza unificata e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per profili finanziari, che dovranno esprimersi entro venti giorni dalla data di trasmissione degli schemi di decreto. È altresì prevista la procedura del cosiddetto «doppio parere», nel senso che il Governo, una volta acquisiti i pareri, dovrà ritornare nelle Commissioni stesse, che si esprimeranno nuovamente entro il termine di venti giorni. Il comma 5 prevede la possibilità di adottare disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi con cui sarà attuata la presente delega nei diciotto mesi successivi all'entrata in vigore dei medesimi decreti legislativi.
  In conclusione, ribadisco l'esigenza prioritaria che, per le ragioni che ho cercato di illustrare all'inizio della mia relazione, si pervenga a una rapida approvazione del disegno di legge, evitando modifiche del testo che renderebbero necessaria una nuova lettura da parte del Senato. Sarebbe, infatti, importante, anche sotto il profilo simbolico, che il Parlamento riuscisse ad approvare definitivamente la delega per la riforma del codice della nautica in questa settimana, in maniera tale da poter presentare il Governo e tutto il Parlamento all'appuntamento importante del Salone internazionale di Genova che si terrà dal 30 settembre con una rinnovata sensibilità rispetto a questo settore. Sarebbe stato anche un nostro auspicio aver potuto contribuire a concludere questo lavoro già prima della pausa estiva, in maniera tale da poter arrivare, magari, a quell'appuntamento con il primo decreto sulla delega, però proviamo, almeno, ad approvarlo entro questa settimana, in maniera tale che, appunto, al Salone ci possa essere questa novità.Pag. 51
  Ritengo che eventuali questioni che, sotto il profilo del merito, possono essere ritenute condivisibili – anzi ce ne sono sicuramente che sono emerse anche nel corso dell'esame in Commissione, come quelle che ho avuto modo di indicare in questa relazione o come altre che i gruppi riterranno di evidenziare – potranno essere affrontate mediante ordini del giorno. So – perché è capitato spesso anche a me – che si può pensare che un ordine del giorno non si nega a nessuno, ma, trattandosi di un disegno di legge delega, lo strumento dell'ordine del giorno può avere un'efficacia maggiore di quella usuale, dal momento che le Commissioni potranno verificare, in sede di esame degli schemi di decreto legislativo, come viene attuata la delega e che gli indirizzi rivolti al Governo siano stati puntualmente recepiti.
  Del resto, oggi c’è il sottosegretario Rughetti, ma già il sottosegretario Del Basso De Caro, che ha seguito in Commissione i lavori, si è impegnato, per quegli elementi che sono emersi in Commissione, ad accettare ordini del giorno che saranno poi trasformati in norma da parte del Governo nel momento in cui saranno fatti i decreti attuativi.

  PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire in sede di replica.
  È iscritto a parlare l'onorevole Arlotti. Ne ha facoltà.

  TIZIANO ARLOTTI. Grazie, Presidente. Colleghi e colleghe deputate, il disegno di legge delega approvata dal Senato e oggi in discussione alla Camera contiene disposizioni attinenti al regime amministrativo della nautica da diporto, nonché alla sicurezza, ma voglio evidenziare soprattutto l'elemento della semplificazione del regime amministrativo e degli adempimenti relativi alla navigazione da diporto anche ai fini commerciali.
  L'assenza di una nuova e più appropriata regolamentazione lascerebbe in vita regole spesso anacronistiche e, soprattutto, molto più burocratizzate rispetto agli standard europei e internazionali e, conseguentemente, porterebbe a un allontanamento dei turisti dalle nostre marinerie. È su questo particolare aspetto che incentrerò il mio intervento, dopo l'ampia e puntuale disamina fatta dal collega e relatore Mario Tullo.
  Infatti, con oltre 7.800 Km di coste, questo stivale ammollo nel Mediterraneo, che è l'Italia coi i suoi 500 porti e porticcioli, e con un giacimento unico di coste, paesaggi, siti archeologici, arte, cultura, enogastronomia, ha la leadership europea e mediterranea nel turismo croceristico (ben 2,1 milioni di crocieristi nel 2015, con un incremento del 6 per cento), un presidio del 10 per cento su tutto il croceristico a livello mondiale ed una produzione di imbarcazioni da diportistica che nel mondo non ha eguali.
  Oltre un quarto della domanda mondiale dei prodotti della nautica da diporto è assorbito dal made in Italy, davanti agli USA, che detengono il 14,5 per cento del mercato, e alla Germania, che detiene l'11,4 per cento di questo mercato mondiale. Una leadership assoluta, che diventa ancor più netta nella produzione di imbarcazioni, raggiungendo il 32,2 per cento, che sale fino al 37 per cento nella produzione di yacht maggiori di 24 metri. Non abbiamo eguali e la nostra tradizione marinara, il nostro design, la nostra tecnologia, la capacità imprenditoriale delle nostre maestranze hanno portato la nautica italiana oltre il 4 per cento del surplus commerciale complessivo registrato dall'Italia nel 2014. Con oltre 2,3 miliardi di dollari, il doppio della Germania, la cantieristica italiana è la prima al mondo per valore di surplus e per raggiungere un valore pari al nostro si devono mettere insieme i risultati di USA, Germania e Francia.
  Tra il 2013 e il 2014, nonostante la coda della crisi, la crescita della nautica in Italia è stata dell'11 per cento, ben più del settore alimentare e vini, che ha registrato un più 3,5 per cento, della moda con un 4,1, dell'arredo-casa con un 3,5 per cento e della meccanica con un 3,8 per cento. Il 2015 sta confermando questo trend e l'aria che si respira, a pochi giorni dall'apertura Pag. 52del Salone nautico di Genova, è di una fiducia ritrovata dei nostri produttori e di grande interesse degli operatori di tutto il mondo.
  Siamo indubbiamente ad una svolta e siamo pronti a lasciarci alle spalle un periodo difficile, in cui i provvedimenti varati nel 2012 con il «Salva Italia» dell'allora Governo Monti, con la famosa tassa di stazionamento, hanno determinato la sciamatura all'estero di 40.000 imbarcazioni verso i porti di Croazia, Serbia, Francia e Grecia. Abbiamo perso ben 10.000 posti di lavoro diretti e nell'indotto.
  L'erario, oltre ad avere incassato una cifra minima dell'imposta, ha lasciato sul campo 630 milioni di euro per mancati introiti, fra IVA sui consumi connessi alla manutenzione e all'uso della barca, IVA e accise sul carburante, oltre a 50 milioni di euro persi dalle società pubbliche che gestiscono gli ormeggi. Va detto che, fra le altre cose, tutta una serie di interventi, circa una cinquantina che erano in atto, che dovevano essere cantierizzati per l'ampliamento e la realizzazione di nuove darsene, non è partita e in alcuni casi è stata rallentata, ovviamente, con un impatto sul prodotto interno lordo nazionale, visto e considerato che stiamo parlando di cifre a nove zeri.
  Col Governo Letta abbiamo abolito la tassa sul possesso delle imbarcazioni minori, che ha prodotto una inversione di tendenza, mentre con la legge di stabilità del 2015 del Governo Renzi abbiamo riconosciuto i Marina Resort, le porzioni dei porti destinate all'ormeggio a breve per il pernottamento a bordo, rendendo così applicabile l'IVA al 10 per cento, che però scade al 31 dicembre del 2015 e che riteniamo vada riconfermata e resa strutturale per consolidare il rilancio dei flussi turistico-nautici. Per questo è importante la modifica regolamentare che viene normata da questo codice della navigazione che stiamo esaminando e che dispone l'equiparazione, a tutti gli effetti, dei Marina Resort alle strutture ricettive all'aria aperta organizzate per la sosta e il pernottamento di turisti all'interno delle proprie imbarcazioni appositamente attrezzate: di fatto, viene applicato il 10 per cento di IVA al posto del 22 per cento, come avviene oggi per quanto riguarda tutte le attività che sono su demanio marittimo, a partire da quelle dell'arenile.
  Penso che la delega al Governo per la riforma del codice della nautica sia lo strumento appropriato per agire non in una logica di mera deregolamentazione, bensì di una sburocratizzazione, di una semplificazione, che agiscano sulle procedure, facendo diventare più attraente ormeggiare nei nostri porti i turisti che vengono da Paesi con norme più semplici e più efficaci. Credo non sia superfluo ricordare che l'indotto derivante dall'uso turistico della barca generava un contributo al PIL che, secondo il Censis, nel 2009 si aggirava sui 4,5 miliardi di euro (oggi ne vale 1,5 miliardi) e che ogni 3,8 posti barca si produce un posto di lavoro. Mediamente un marina resort turistico genera 70 posti di lavoro, fra addetti diretti e indotto. Per cui, la riforma del codice della nautica da diporto rappresenta un'ulteriore opportunità per sostenere sviluppo e lavoro e per dare un contributo robusto ad un segmento importante come il turismo, che, come la nautica da diporto, è un vero e proprio settore industriale. Ogni porto, ogni marina resort – abbiamo 170.000 posti barca e 20.000 in costruzione – è una porta di accesso ai nostri territori, alle nostre bellezze artistiche, monumentali, paesaggistiche, alle tipicità enogastronomiche. La spesa media giornaliera del turista nautico è di 128 euro, di cui 26 di pernottamento e spese portuali e 102 euro di spesa territoriale fra shopping, ristorazione, cultura, divertimento, e la nautica si integra profondamente con il turista e con l'economia blu, su cui da tempo anche l'Europa sta spingendo, perché si vada a mettere in piedi delle politiche efficaci, anche industriali, di sostegno del settore.
  Mi sono soffermato molto sugli aspetti legati alla integrazione fra nautica da diporto e turismo, ma voglio evidenziare che le modifiche del codice sono anche sostanziali, per meglio definire il porto Pag. 53turistico; si istituisce la figura professionale – come veniva ricordato – dell'istruttore di vela con il relativo possesso di brevetto; regolamenta le sanzioni per chi conduce unità da diporto in stato di ebbrezza o sotto l'effetto di sostanze stupefacenti, ma anche per chi causa danni ambientali. Concludendo, mi auguro che la discussione possa servire anche per sfatare un tabù, cioè che la nautica diportistica è una cosa che riguarda i ricchi – così è sempre stato in passato e così si è sostenuto –, dimenticando che l'Italia vanta 1,5 milioni di appassionati di barca, da coloro che hanno il gommone (ce ne sono da 3 mila euro, che costano esattamente la metà di una bici da corsa !) a chi possiede barche di lusso. Ma soprattutto, spero che anche questo mio intervento possa servire ad apprezzare un importante segmento della nostra economia, del lavoro e del talento, della capacità di innovazione di donne e uomini, lavoratrici e lavoratori, imprenditrici e imprenditori primi nel mondo, che onorano il nostro made in Italy. In passato c’è chi ha detto che l'Italia è un Paese di navigatori; ha omesso di dire che per navigare servono buone e sicure imbarcazioni, ed è ciò che sappiamo fare meglio di altri.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Nicola Bianchi. Ne ha facoltà.

  NICOLA BIANCHI. Grazie, signor Presidente, colleghi, siamo d'accordo nel considerare prioritario intervenire in un tema così importante come la nautica da diporto, e in primo luogo ci stupisce che sia giunto all'esame dell'Assemblea della Camera quasi due anni dopo la sua presentazione e dopo essersi fermato al Senato per diversi mesi. Tra l'altro, la cosa a nostro avviso davvero grave è che il provvedimento è blindato: nessun nostro emendamento è passato in Commissione, perché eventuali modifiche al testo avrebbero rischiato di allungare i tempi per l'approvazione definitiva. La nostra critica si basa sul metodo che il Governo e la maggioranza hanno scelto per questo provvedimento: stiamo discutendo una delega al Governo e ancora una volta la parte del padrone in quest'Aula la fa l'Esecutivo e al Parlamento restano solo le briciole.
  Viene quasi da pensare che il Governo e la maggioranza abbiano fretta di approvare in maniera definitiva il provvedimento proprio in questi giorni, perché è imminente l'apertura del Salone della nautica: un'ottima vetrina, senza dubbio, per il Presidente del Consiglio, o chi per lui sarà presente alla manifestazione, per tessere le proprie lodi, vantandosi anche in questa occasione di aver raggiunto ottimi risultati in un settore strategico per l'Italia come quello della nautica da diporto.
  Stiamo parlando di un settore di grande rilevanza per l'economia italiana: il nostro Paese può vantare nel proprio territorio circa 7.458 chilometri di coste. Possiamo anche dire che è comunque un settore molto delicato, e che ha pagato in maniera molto grave la crisi, con conseguenti significative perdite occupazionali: gli ultimi dati ufficiali relativi al comparto lasciano comunque ben sperare in una ripresa del mercato. Secondo l'ultima edizione della Nautica in cifre, pubblicazione di UCINA, Unione nazionale dei cantieri e delle industrie nautiche e affini, il trend è positivo, con una crescita nel 2014 del 2,1 per cento rispetto all'anno precedente: l'industria nautica nel 2014 ha raggiunto un fatturato pari a 2,5 miliardi di euro e l'occupazione è cresciuta di 1 punto percentuale. I numeri diffusi, quindi, sulla carta sono positivi, e non possiamo che esserne lieti; ma è nostro dovere, come parlamentari, stare sempre con gli occhi aperti e verificare che non si creino nei cittadini false illusioni.
  Una riforma nel settore della nautica, come abbiamo già accennato e detto a più riprese, era necessaria. Il Codice della nautica, emanato sulla base della legge n. 172 del 2003, che prevedeva anche l'attuazione della direttiva 2003/44/CE in materia di ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri riguardanti le imbarcazioni da diporto, è addirittura del 2005. Già nella relazione di accompagnamento Pag. 54al provvedimento in discussione, presentato – ricordo – nel novembre 2013 dal Governo Letta, si sottolinea la priorità di un intervento organico sulla materia, con l'obiettivo «di armonizzare la disciplina complessiva coordinando le riforme e le innovazioni parziali già introdotte, nello spirito che supporta gli interventi di codificazione e semplificazione già condotti in altri settori specialistici dell'ordinamento».
  Altra criticità che noi evidenziamo è che la legge delega del Governo per la riforma del Codice della nautica da diporto prevede una delega di 24 mesi: il nostro timore, quindi, è che non arrivino i risultati sperati, e che l'avanzamento della stesura dei decreti abbia tempi molto lunghi.
  Il testo della delega – ed entro brevemente nel merito del provvedimento – è arrivato alla Camera con sostanziali modifiche; e di questo siamo soddisfatti come gruppo parlamentare, in quanto incisivi cambiamenti sono stati apportati grazie anche ad alcuni emendamenti dei colleghi senatori del MoVimento 5 Stelle. Il testo, composto di un solo articolo, appariva molto vago nei contenuti, come sempre accade per le deleghe: oggi, grazie come dicevo prima alle modifiche apportate dal MoVimento 5 Stelle nell'altro ramo del Parlamento, sono stati posti degli importanti paletti.
  Uno dei punti principali della delega su cui auspichiamo si focalizzi particolarmente l'attenzione, oltre naturalmente al principio di base sulla semplificazione del regime amministrativo, è quello relativo all'introduzione di disposizioni di carattere preventivo mirate ad un miglioramento della sicurezza della navigazione per contenere e ridurre il numero di incidenti in prossimità della costa, purtroppo sempre molto frequenti, con l'obiettivo della salvaguardia della vita umana in mare e nelle acque interne. Mi preme sottolineare che in Senato è stato approvato, tra gli altri, un emendamento del MoVimento 5 Stelle che ha introdotto il riferimento alle acque interne e all'attività subacquea.
  Dovrà essere, inoltre, revisionata la disciplina sanzionatoria, sulla base della gravità delle violazioni del codice, del pregiudizio da queste recato alla tutela degli interessi pubblici e del pericolo derivante da condotte illecite, e deve essere comunque garantita l'effettività delle sanzioni.
  Altro punto fondamentale è quello relativo all'aggiornamento dei requisiti psicofisici necessari per il conseguimento della patente nautica.
  Tra le materie oggetto della delega sono state introdotte al Senato le procedure per l'approvazione e l'installazione di sistemi di alimentazione con GPL, metano e elettrici sulle unità da diporto di nuova costruzione o già immesse sul mercato.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Piso. Ne ha facoltà.

  VINCENZO PISO. Grazie, Presidente. Il disegno di legge delega in esame è una di quelle riforme che possono avere un diretto e positivo impatto sulla crescita e quindi dovrebbe registrare anche sugli organi di stampa – ce lo auguriamo – e quindi nel dibattito pubblico un'attenzione maggiore rispetto a tanti altri argomenti, che sono, a nostro modo di vedere, assolutamente irrilevanti sul piano economico.
  Questo disegno di legge invece è qualcosa di concreto perché apre una finestra molto ampia (sia in termini di tempo, sia di ambito) per un intervento di profonda riforma di un settore economico che ha una forte incidenza sul PIL (e quindi sul benessere generale del Paese) e che ha vissuto una crisi drammatica, dovuta a tanti fattori, su cui ritornerò brevemente più avanti.
  Dall'attuazione della delega ci aspettiamo soprattutto due effetti: un forte intervento di semplificazione amministrativa, che stimoli – prima di tutto gli italiani – a praticare questa forma di leisure. Una forma di attività sportiva e di impiego del tempo libero di segno certamente positivo e verso cui sarebbero molto orientati (come dimostrano studi e sondaggi mirati), ma che da molti viene percepita Pag. 55ancora come elitaria e riservata solo ai tanto vituperati «ricchi».
  Ci aspettiamo, inoltre, una serie di misure volte ad elevare il livello di competitività del sistema del diporto nautico italiano, aiutandolo a recuperare centralità e leadership nel Mediterraneo. Quella centralità dovuta alla posizione geografica e quella leadership derivante dalla qualità totale della nostra offerta potenziale e dalla tradizione marittima del Paese.
  La realtà del settore economico del turismo nautico è molto significativa già oggi per il nostro PIL.
  Il diporto nautico, infatti, è parte rilevante della cosiddetta «economia del mare» che nel nostro Paese registra un volume di produzione di circa 45 miliardi di euro l'anno.
  Secondo il recente Rapporto Unioncamere (dati di fine 2014) ben 181 mila imprese italiane operano nell'economia del mare, pari al 3 per cento del totale imprenditoriale dell'Italia e al 3 per cento del totale dell'economia nazionale, con un'occupazione di circa 800.000 unità. Per di più, una su dieci di queste imprese è guidata da under 35 e ben due su dieci da imprenditrici.
  Ma questi dati da soli non danno conto dell'importanza dell'economia del mare per il nostro Paese. Infatti, la misurazione, effettuata dall'ISTAT, delle cosiddette relazioni intersettoriali, adottando a pieno la logica di filiera, ci dice che questa economia, a sua volta, attiva altri 81 miliardi l'anno di ricchezza fuori settore, consentendoci oggi di valutare in circa 125 miliardi la ricchezza, direttamente e indirettamente, prodotta dall'economia del mare (8,6 per cento dell'economia complessiva del Paese).
  Il diporto nautico – all'interno di questa economia – ha un ruolo importantissimo, in quanto comprende: la filiera della cantieristica (quindi queste norme che andiamo ad approvare incidono fortemente su tutte le industrie di costruzioni di imbarcazioni da diporto e sportive, cantieri navali in generale e di demolizione, di fabbricazione di strumenti per navigazione e di installazione di macchine e apparecchiature industriali connesse); la filiera delle attività sportive e ricreative e i servizi di alloggio e ristorazione (alberghi, villaggi turistici, colonie marine, eccetera) che vengono promossi e incentivati dall'essere funzionali ad attività di diporto nautico.
  Per dare alcuni dati queste tre filiere da sole assorbono in Italia il 70 per cento dell'intera economia del mare.
  Il disegno di legge che oggi il Parlamento sta per varare avrà dunque effetti diretti e indiretti su tutte queste filiere e la sua attuazione verrà seguita da vicino da migliaia di imprenditori e centinaia di migliaia di lavoratori.
  Questo settore ha poi una particolarità rispetto ad altri: è diventato emblematico della responsabilità e della capacità di incidere delle attività del legislatore, capacità di incidere che oggi molti mettono in discussione e che viene spesso fatta oggetto addirittura di sarcasmo. E, invece, se guardiamo agli andamenti di un settore come l'industria cantieristica che, come ho detto, è solo una parte dell'economia su cui impattano le normative sul diporto nautico, noi ci rendiamo immediatamente conto del danno economico gravissimo prodotto da scelte sbagliate del legislatore. UCINA, Unione nazionale dei cantieri industrie nautiche, praticamente la Confindustria di questo settore, calcola che nel 2014 il contributo al PIL dell'industria nautica, inclusiva di cantieristica, accessori, motori, refitting e rimessaggio, come valore della produzione e prezzi di mercato risulta pari a poco meno di due miliardi.
  Fortunatamente, si tratta di un dato in leggero aumento, più o meno del 2 per cento, rispetto all'anno scorso. Addirittura, i dati del primo quadrimestre 2015 segnano un ulteriore aumento, compreso fra l'8 e il 10 per cento, e questo è un fatto di grande rilievo politico ed economico, alla vigilia di una manifestazione importante come il Salone di Genova. È un dato di cui il Governo e la maggioranza devono andare fieri e su cui devono adesso lavorare intensamente.Pag. 56
  Ma, al di là di questo dato positivo, non possiamo dimenticare di dire che nel 2008, al posto degli attuali 2 miliardi, registravamo quasi 6 miliardi di fatturato e che in un solo anno il settore ha perso il 30 per cento del fatturato stesso.
  Mentre si produceva questo vero e proprio disastro, tutte le aziende della cantieristica italiana, molte delle quali vere e proprie eccellenze, traslavano verso l'estero – in misura maggiore o minore, ma comunque massiccia – il loro mercato di riferimento. Questa rilevante perdita di ricchezza, di cui si sono citati solo i dati strettamente riferiti al settore, ma che ha avuto effetti diffusi e amplificati, grazie alle citate relazioni intersettoriali, è dovuta solo in parte alla crisi: l'andamento dei dati, anno per anno, testimonia con evidenza l'effetto distruttivo determinato dagli errori del legislatore, dalla miopia della politica.
  In una situazione di grave difficoltà, determinata dalla crisi del 2007-2008, il legislatore, come è noto, fece una scelta autolesionista e demagogica, con l'istituzione della tassa annuale sulle unità da diporto, introdotta dal cosiddetto «decreto sulle liberalizzazioni», ossia il decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1.
  Questo grave errore del Governo Monti, a fronte di un gettito fiscale di 24,5 milioni di euro incassati nel 2012, ha causato un mancato gettito per l'Erario di circa 900 milioni di euro, con un calo del 26 per cento delle imbarcazioni paganti – la fuga, più o meno, di 40.000 barche ! – che hanno scelto di riparare su altre coste, sicuramente meno ostili, del Mediterraneo.
  Sono dati oggettivi, di fonte MEF, e non provenienti da categorie interessate. Ma sono dati che rappresentano solo la punta dell’iceberg, poiché la vera e propria criminalizzazione e persecuzione fiscale e burocratica del diporto nautico si è espressa negli ultimi venti anni – a corrente alternata, per la verità – in varie forme: dal redditometro alla iperburocrazia alla asfissiante sequela di controlli in mare – capitaneria, finanza, carabinieri e chi più ne ha più ne metta – a cui è sottoposto, spesso più volte nella stessa giornata, il diportista che frequenta i nostri mari, con conseguente desertificazione degli stessi.
  Oggi questo trend politico-normativo, che ebbe i suoi fasti all'epoca del secondo Governo Prodi, quando sui manifesti affissi per strada si invocava la necessità di «far piangere i ricchi» utilizzando l'immagine di un'imbarcazione da diporto, sembra finalmente finito. E dovremmo essere tutti contenti, non per il diporto nautico, ma per il complessivo livello culturale del Paese, che si va liberando, sia pure meno rapidamente di quanto auspicheremmo, dalle ultime scorie di quel pauperismo che non ha mai prodotto un briciolo di effettiva giustizia distributiva, se non a chiacchiere, ma ha determinato, sempre e solo, povertà e rancore sociale.
  In continuità fra il Governo Letta e il Governo Renzi, sono stati assunti provvedimenti che hanno segnalato un primo cambiamento di mentalità: innanzitutto, con l'articolo 23 del decreto-legge n. 69 del 2013 sono state apportate modifiche radicali alla infelice disciplina sulla tassa di possesso, esentando le imbarcazioni fino a 14 metri e dimezzando l'importo per quelle comprese fra 14 e 20 metri; con l'articolo 32 del decreto-legge n. 133 del 2014 sono state adottate misure per rilanciare le imprese della filiera nautica, prevedendo che fino al 31 dicembre 2014 le strutture organizzate per la sosta e il pernottamento di turisti all'interno delle proprie unità da diporto, ormeggiate nello specchio acqueo appositamente attrezzato, rientrassero fra le strutture ricettive all'aria aperta e, quindi, con regime semplificato.
  Con il comma 237 della legge n. 190 del 2014 tali agevolazioni sono state prorogate fino a fine anno, fino al 31 dicembre 2015.
  Oggi arriva alla conclusione del suo iter questo disegno di legge, fortemente voluto dall'allora Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Lupi e presentato al Senato nel novembre 2013, con l'obiettivo di un vero e proprio riordino orientato ad un insieme ampio di finalità: in primis, semplificazione del regime amministrativo e Pag. 57degli adempimenti relativi alla navigazione da diporto, anche ai fini commerciali; poi una rivisitazione delle attività di controllo in materia di sicurezza della navigazione da diporto e di prevenzione degli incidenti in prossimità della costa, con l'obiettivo prioritario della salvaguardia della vita umana in mare; poi una flessibilizzazione delle procedure amministrative per la navigazione da diporto professionale, allo scopo di porre gli operatori del settore in grado di rispondere adeguatamente alle esigenze del mercato; un'incentivazione, in via indiretta, degli investimenti nel settore delle produzioni dei superyacht, che costituiscono, su scala globale, un settore di punta e di assoluta eccellenza dell'industria nautica nazionale; una revisione della disciplina in materia di navigazione temporanea e di prova, ritenuta molto importante dagli operatori del settore della cantieristica e della rete di vendita, secondo criteri di semplificazione, di imbarcazioni e navi da diporto non abilitate e non munite di prescritti documenti ovvero abilitate e provviste di documenti di bordo, ma affidate in conto vendita o in riparazione ed assistenza ai cantieri navali; una semplificazione delle procedure amministrative per la dismissione di bandiera in relazione alla possibilità di rendere le procedure più snelle, riducendo i tempi amministrativi per il completamento delle procedure; una regolamentazione dell'attività di locazione dei natanti, anche al fine di incentivare l'attività con un regime fiscale agevolato; una revisione della disciplina della mediazione nei contratti di costruzione, di compravendita, di locazione, di noleggio di navi e nei contratti di trasporto marittimo; una revisione dei titoli professionali del diporto in relazione all'introduzione di un titolo semplificato per lo svolgimento dei servizi di coperta per imbarcazioni da diporto; un inserimento della cultura del mare e dell'insegnamento dell'educazione marinara nei piani formativi scolastici; l'istituzione della figura professionale dell'istruttore di vela, che è stata poc'anzi ricordata; la revisione e razionalizzazione della disciplina sanzionatoria.
  Riconosciamo in questo intervento ad ampio spettro i caratteri propri di una riforma economica e sociale, che deve essere supportata da un'adeguata azione comunicativa, volta a valorizzare il settore nell'immaginario collettivo. Dobbiamo fare in modo che la nautica da diporto, la cantieristica e il turismo nautico vengano associati a questi valori: settore produttivo caratterizzato da internazionalizzazione e dinamismo; nautica come parte integrante dell'offerta turistica italiana; eccellenza all'interno del settore manifatturiero italiano; necessità di interventi per rendere i servizi al diportista più accessibili, con costi trasparenti e contenuti (nautica come ambito di consumo alla portata del ceto medio).
  L'approvazione della delega dovrebbe, infatti, accompagnarsi a interventi paralleli – noi ci siamo fatti promotori di una proposta in tal senso, come AP, che vogliamo che trovi spazio nella legge di stabilità: questa proposta è stata presentata nella conferenza stampa del 10 settembre tenuta dal Ministro Alfano e dal collega Cera – per il recupero di competitività del sistema del «diporto nautico» quale parte integrante di un piano per il rilancio dell'economia del Mezzogiorno. Inoltre, questa azione di sostegno concreto ad un settore dell'eccellenza italiana, in tutti i sensi, dovrà avere un importante corollario in altre due questioni: l'integrale dematerializzazione della documentazione amministrativa per le operazioni di immatricolazione delle imbarcazioni, in attuazione di quanto disposto dalla legge n. 228 del 2012, necessaria a fare entrare anche la nautica da diporto nella società digitale, e poi la limitazione dei controlli in mare a quelli effettivamente utili e necessari. Qui non occorrono norme, ma semplicemente buonsenso e giuste direttive alle strutture amministrative da parte degli organi politici: i dati già disponibili presso le capitanerie di porto non devono essere raccolti attraverso ripetuti controlli in mare, che hanno – è inutile negarlo – solo un effetto persecutorio.
  È urgente, specialmente nella situazione che stiamo vivendo e che speriamo Pag. 58di lasciarci quanto prima alle spalle, lasciarci alle spalle lo stereotipo del diportista come presunto evasore, che è falsa, oltre che devastante per il settore, e fare di questa riforma e del suo processo attuativo, soprattutto di quest'ultimo, l'occasione per un salto di qualità: un tassello di quel processo di modernizzazione del Paese, della sua cultura e della sua mentalità che è forse la missione più importante di questo Governo e di questa stagione politica.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Ricciatti. Ne ha facoltà.

  LARA RICCIATTI. Signor Presidente, alla nautica da diporto riconosciamo un ruolo fondamentale nell'economia marittima del nostro Paese, poiché può rappresentare una leva per tutelare un bene assoluto per l'Italia, invertendo certe politiche sciagurate di consumo e di aggressione.
  Si tratta, infatti, di un settore che è molto adatto al nostro sistema in termini di risorse e di occupazione di qualità, anche in riferimento all'importante indotto. Che la nautica costituisca un'eccellenza nel nostro Paese lo dimostrano i dati. Nel 2013 quasi un terzo della domanda mondiale di imbarcazioni da diporto è stato commissionato a cantieri italiani. In questo settore, pur dimezzato dal 2009 al 2012, l'Italia è ancora la numero uno ed il prodotto qui realizzato da un punto di vista qualitativo resta leader anche a livello internazionale.
  Sappiamo che nel settore lavorano circa 19 mila persone direttamente, per un fatturato di circa 2,5 miliardi. Eppure da tempo esso attraversa una crisi preoccupante. Secondo i dati dell'Osservatorio nautico nazionale, dal 2008 si è verificato un crollo del mercato nazionale. Nel 2012 sono state registrate 932 nuove unità, contro le 4.500 del 2008. Sempre secondo l'Osservatorio, con l'approvazione della tassa di stazionamento l'industria ha registrato l'85 per cento in meno della produzione per il mercato nazionale, mentre l’export è tornato ai livelli pre-crisi.
  Il turismo nautico ha registrato: un calo complessivo del 26 per cento dei contratti di ormeggio annuale; un calo del 34 per cento degli ormeggi in transito; un calo del 39 per cento dei ricavi da approdo a gestione pubblica; un calo del 56 per cento della spesa turistica dei diportisti sul territorio; un calo del 21 per cento nel fatturato per il settore charter. A completare il quadro, vi è stata la fuga del 26 per cento della flotta da diporto. A fine 2012, il gettito della tassa è stato di 24,5 milioni di euro contro i 150 milioni previsti dall'Esecutivo.
  È evidente che il settore sta fronteggiando i pesanti effetti della recessione che ha colpito anche la filiera dell'industria e del turismo nautico, soprattutto in conseguenza di una significativa flessione dei consumi da parte dell'utenza con barche medio-piccole. Questa situazione, però, non dipende soltanto dagli effetti indotti dalla crisi recessiva generale su produzione e consumi, ma anche da ritardi e carenze infrastrutturali, nonché da scelte destinate al comparto discutibili sul piano fiscale e da procedure amministrative sovente contraddittorie.
  La nautica da diporto è stata oggetto, nel corso della XIV legislatura, di una riforma nata anche dal riconoscimento del diporto nautico come settore produttivo strategico per il sistema economico italiano e finalizzata a favorire l'incremento del turismo nautico. Avviata dalla legge n. 172 del 2003, che ha innovato la disciplina dando impulso allo sviluppo del turismo nautico in Italia, la riforma è stata completata dal codice della nautica da diporto, adottato con decreto legislativo n. 171 del 2005, che ha concretizzato il tanto atteso testo unico in materia di navigazione da diporto. A distanza di otto anni dall'entrata in vigore del codice, il Consiglio dei ministri ha varato un disegno di legge che delega il Governo per la sua revisione, dopo il cosiddetto decreto del fare, che aveva già fissato, seppure in maniera insufficiente, misure per il rilancio del diporto nautico: è stata modificata la tassa di possesso con l'esenzione per i natanti fino a 14 metri, il dimezzamento Pag. 59per quelli da 14 a 20 metri e l'ampliamento delle fattispecie per i benefici fiscali del noleggio occasionale.
  La delega per la revisione del codice della nautica ha oggi l'intento di dare ulteriore stimolo alla ripresa del settore produttivo, alla semplificazione, all'efficacia e alla tutela della sicurezza della nautica e dei fruitori del mare, per una revisione organica di una filiera che vanta oltre 45 tipologie di specializzazione economica, che vanno dalle attività di produzione, al refitting, ai vari servizi complementari collegati alla portualità e al turismo nautico, per un indotto complessivo valutabile in non meno di 100 mila addetti. Si tratta di una filiera che purtroppo vive ormai da alcuni anni una pesantissima crisi della domanda interna, che ancora non accenna a terminare.
  In questa prospettiva, il codice deve avere la duplice funzione di accorpare le numerose e frammentarie disposizioni esistenti e di snellire procedure e tempi. È ancora possibile intervenire in termini di regime amministrativo delle unità da diporto, di controlli in materia di sicurezza della navigazione e di prevenzione degli incidenti in prossimità della costa, oltre che in termini di sanzioni. È però del tutto evidente che in primis è necessario sostenere lo sviluppo del settore, coniugandolo ad interventi di riqualificazione territoriale e occupazionale.
  È infatti su questo binomio, territorio e lavoro, che si gioca la sfida del rilancio del settore, che richiede anche un confronto aperto e costruttivo soprattutto dal punto di vista politico-economico oltre che istituzionale e di Governo. È infatti urgente tradurre l'impegno congiunto di tutti gli attori istituzionali del settore in un tavolo di analisi e proposte concrete per il rilancio dell'industria e del turismo nautico perché risollevamento significa in primis riorganizzazione e sviluppo, che non possono assolutamente prescindere dalla preoccupazione costruttiva per la grave sofferenza occupazionale del comparto e da interventi concreti sulla condizione ambientale costiera, nella prospettiva di un'azione mirata volta a contrastare il dissesto idrogeologico prodotto da decenni di vessazioni fiscali e di inesorabile deperimento ambientale.
  L'impegno per invertire questa tendenza incontra la nostra sensibilità di legislatori, laddove si colgono segnali chiari e per questo condivisibili rispetto alla bellezza dei beni paesaggistico-ambientali e di volontà di esperire una diversa fruizione del territorio che ponga la riqualificazione come condicio sine qua non per puntare al rilancio industriale di una risorsa fondamentale per il futuro del nostro Paese. È secondo queste premesse che dobbiamo articolare la riforma secondo finalità di coordinamento, armonizzazione e soprattutto semplificazione della normativa sulle immatricolazioni delle unità da diporto, così come nel regime delle unità ad uso commerciale, noleggio, scuola nautica e alle procedure per la dismissione di bandiera. A titolo di esempio, a causa delle lungaggini burocratiche, sussistono serie difficoltà di vendita all'estero di barche italiane usate.
  Ancora, è necessario semplificare le procedure di locazione dei natanti, armonizzando le diverse ordinanze delle autorità marittime, come pure i titoli professionali del settore, ad esempio quelli per condurre le imbarcazioni adibite a noleggio, anche a tutela delle misure di sicurezza per il trasporto di passeggeri e merci e soprattutto per agevolare l'accesso al mercato del lavoro. È poi auspicabile porre fine alla consuetudine delle duplicazioni delle verifiche e dei controlli delle unità, riducendo procedimenti burocratici e uniformando il più possibile le procedure. Nello stesso tempo vanno rafforzate le misure di sicurezza e le conseguenti sanzioni, graduandone – s'intende – i livelli di gravità, necessarie a prevenire tutte quelle violazioni che possono provocare incidenti marittimi, in particolare sotto costa. L'adeguamento del Codice all'evoluzione tecnica e tecnologica del comparto per ricercare una sintonia dell'amministrazione con il Paese reale e recuperare parte del tempo perduto è solo un passo, senza il confronto con tutti i soggetti e gli operatori del settore, senza il Pag. 60coraggio di ridare slancio allo sviluppo e al mercato del lavoro, senza la messa in rete del sistema portuale in un'ottica di riqualificazione del bene comune mediterraneo, senza il potenziamento e il rifiuto delle aree portuali dismesse, incluse le acque fluviali, senza la valorizzazione del turismo nautico, senza una chiara differenziazione politica tra internazionalizzazione del settore e delocalizzazione delle risorse produttive, la riforma del Codice rischia di essere soltanto una bella cornice vuota. Il mare è il cuore pulsante della nostra economia e del nostro Paese, proprio questo è il significato e il valore principale che attribuisco a questo provvedimento. Oltre al significato positivo del metodo basato almeno per una volta sul confronto, vi è stato invece un reciproco ascolto che ha permesso di correggere e migliorare l'articolato, cosa che dovrà proseguire anche in futuro, nel prosieguo dell'iter parlamentare, come sulla semplificazione dobbiamo infatti fare di più, soprattutto verso i piccoli operatori del settore.
  Concludendo, mettiamo il Paese nelle condizioni di vincere la sfida della qualità e dell'eccellenza che è decisiva per il nostro Paese. È l'unica sfida che possiamo e dobbiamo vincere. Quando si vince suonando tutti i tasti, salvaguardia del territorio dal consumo e interventi per contrastare nettamente il dissesto idrogeologico innanzitutto, ma non solo, delle nostre coste, per rimettere in moto l'industria del turismo, decisiva per il nostro Paese, che insieme al patrimonio archeologico, artistico e a quello del paesaggio il Paese possa avvalersi dell'unicità delle sue meravigliose coste continentali, delle isole Sicilia e Sardegna e di quelle minori – minori solo per superficie però – insieme tutte queste condizioni rappresentano un patrimonio che non ha eguali al mondo e che noi dobbiamo tutelare, curare e migliorare, impedendo però che qualcuno lo distrugga, lo consumi o lo comprometta per sempre.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Palese. Ne ha facoltà.

  ROCCO PALESE. Grazie, Presidente. Il disegno di legge al nostro esame va nella direzione di una riscrittura delle norme in materia di nautica da diporto. Il settore della nautica ha già conosciuto interventi organici di regolamentazione, prima nel 1971, con una legge che ha introdotto nel nostro ordinamento il concetto della moderna nautica, quindi nel 2003, con una sostanziale riscrittura di quella normativa, per arrivare al codice della nautica da diporto del 2005, poi novellato nel 2011 e da interventi nel 2012 e nel 2013.
  Probabilmente, preso atto della necessità di esercitare una delega, sarebbe stato meglio prevedere tempi più ridotti per l'emanazione dei decreti delegati. Il Governo ha chiesto due anni, ma speriamo che si renda conto che i posti di lavoro che i decreti delegati potrebbero creare necessitano di interventi piuttosto urgenti.
  Questo è certamente un settore che potrebbe dare un grande impulso alla crescita del Paese se si considera, ad esempio, un dato elementare: siamo il Paese delle Repubbliche marinare, ma possediamo la metà dei posti barca della vicina Francia, che ha un'estensione costiera di molto inferiore all'Italia. La quantità di grandi porti presenti sulle nostre coste è decisamente inferiore rispetto a quella di Spagna e Francia. L'Italia, rispetto a questi due Paesi, risulta avere un porto ogni 14 chilometri di costa, contro la Francia che ne ha uno ogni 8 chilometri e la Spagna che ne ha uno ogni 6,5 chilometri. Non solo la Francia, ma ormai tutti i Paesi rivieraschi che gravitano sul Mediterraneo ci fanno concorrenza, a cominciare dalla piccola Croazia, che è qui fuori porto, per non parlare della Grecia, che ci sottrae anche buona parte del settore portuale commerciale.
  Le scelte sbagliate dei Governi di sinistra hanno sempre considerato la nautica un settore da ricchi: hanno aumentato ogni tipo di imposta sulle attività da diporto, includendo i possessori di imbarcazioni tra i sospettati evasori da controllare. Il Governo Monti, poi, inventò la tassa di stazionamento, salvo accorgersi che gli yacht e le barche a vela, di qualsiasi Pag. 61dimensione, prendevano il largo verso altri porti. Questo non lo ha fermato dal trasformare la tassa di stazionamento in una tassa di possesso.
  È così che il settore della nautica è entrato in crisi e stenta a riprendersi, con la perdita di decine di migliaia di posti di lavoro. Parliamo di 15 mila posti di lavoro, che stanno diminuendo ogni anno, in larga parte situati in imprese con meno di cinque addetti. Un trend discendente, quello del fatturato del settore, di gran lunga superiore a quello che ha registrato il calo del PIL nazionale.
  Il settore della nautica da diporto, più di ogni altro, necessita di una riduzione degli adempimenti e di una riduzione del peso del fisco. I dati delle immatricolazioni mostrano, del resto, come la maggior parte delle imbarcazioni sia di piccola dimensione e questo spiega come la nautica da diporto non sia più, se mai lo fosse stata, un'attività di élite, ma un'attività che coinvolge un numero sempre maggiore di cittadini sportivi o di semplici appassionati del mare.
  Va valutata la peculiarità del settore della nautica, in cui i lavoratori operano sotto i contratti più disparati, da quello dei metalmeccanici a quello chimico-plastico. Il settore necessita di un'uniformità contrattuale che deve tener conto anche della stagionalità del prodotto e che presenta periodi di lavoro più o meno intensi. Stiamo parlando di miliardi di euro di prodotto interno lordo potenziale persi negli ultimi anni che hanno registrato una diminuzione pari a circa al 50 per cento negli ultimi cinque anni.
  La nautica è un settore economico il cui indotto prevede la costruzione, il commercio, la manutenzione, la locazione e il noleggio di imbarcazioni, la costruzione e l'ammodernamento di porti e approdi turistici, il turismo, l'attività ricettiva nei porti e sulle imbarcazioni, tutte le attività legate agli sport nautici e tutti i servizi connessi alle attività citate. Ecco, la nautica da diporto è fatta di tante realtà oggettive – come così bene, poco fa, tutti i colleghi che sono intervenuti hanno avuto modo di significare a vario titolo –, che vanno oltre gli accertamenti e la burocrazia, che pure sono necessari, se non sono invasivi e non mirati ad eventi spettacolari. È un settore economico che potrebbe dare impulso alla crescita del prodotto interno lordo attraendo imponenti risorse, soprattutto dall'estero.
  È giusto, quindi, che il Governo riscriva le regole perché, dal 2008 al 2013, il settore della nautica ha visto complessivamente ridotto il fatturato da 6,2 a 3,2 miliardi di euro. Gran parte della perdita riguarda la piccola nautica e, in particolare, la nautica da diporto. Il fatturato della filiera legata alla nautica da diporto all'interno della piccola nautica rappresentava almeno il 40 per cento e ora sta scendendo poco sopra il 30 per cento.
  La delega interviene per razionalizzare e semplificare alcuni aspetti della normativa di settore e i relativi adempimenti amministrativi, con riferimento alla navigazione, all'unità da diporto, alla navigazione temporanea delle unità in situazioni particolari, come anche in tema di regolamentazione della locazione dei natanti. La riforma del codice punterà al rilancio di tutta la filiera della nautica, a partire dal variegato e affascinante mondo della produzione: una realtà che è rappresenta da tutto il meglio del sapere industriale e artigianale italiano, dai maestri d'ascia alle produzioni avveniristiche studiate nelle gallerie del vento. Si tratta di intelligenze creative e ingegneristiche che studiano nuovi e più potenti sistemi propulsivi, investendo al contempo in ricerca nel campo dei motori a minor impatto ambientale, al fine di salvaguardare l'ecosistema senza rinunciare alla navigazione. La riforma significa al contempo anche il rilancio delle realtà e delle attività di gestione e di erogazione dei servizi di corredo e di supporto alla nautica stessa.
  Il disegno di legge, in conclusione, va nella direzione di semplificare e riordinare le norme del codice della nautica e vuole essere anche uno stimolo per il mercato interno del settore.

Pag. 62

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo – A.C. 2722)

  PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore non intende replicare. Prendo atto che il rappresentante del Governo non intende replicare.
  Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione delle mozioni Ciprini ed altri n. 1-00878 e Di Salvo ed altri n. 1-00988 concernenti iniziative volte a sospendere o revocare il blocco della contrattazione nel pubblico impiego (ore 17).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni Ciprini ed altri n. 1-00878 e Di Salvo ed altri n. 1-00988, concernenti iniziative volte a sospendere o revocare il blocco della contrattazione nel pubblico impiego (Vedi l'allegato A – Mozioni).
  Avverto che in data odierna è stata presentata la mozione Polverini ed altri n. 1-00992, (Vedi l'allegato A – Mozioni) che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalle mozioni all'ordine del giorno, verrà svolta congiuntamente. Il relativo testo è in distribuzione.
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione delle mozioni è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
  È iscritta a parlare l'onorevole Ciprini, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00878. Ne ha facoltà.

  TIZIANA CIPRINI. Grazie Presidente. Il blocco della contrattazione nel pubblico impiego è stato inaugurato dal Governo Berlusconi nel 2010 e perdura fino al Governo Renzi nel 2015.
  Il 31 maggio 2010 viene emanato il decreto-legge n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, recante «Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica», che ha determinato per il pubblico impiego il congelamento dei trattamenti economici per tre anni, con la finalità del contenimento delle spese, mediante l'articolo 9, comma 21, in base al quale le retribuzioni del personale interessato sono state escluse tanto dai meccanismi di adeguamento di cui all'articolo 24 della legge n. 448 del 1998, quanto dall'applicazione degli aumenti retributivi, i cosiddetti «scatti» e «classi di stipendio», collegati all'anzianità di ruolo, quanto, addirittura, dal riconoscimento dei benefici economici correlati alle progressioni di carriera, senza possibilità successiva di recupero.
  La misura in oggetto, che avrebbe dovuto essere temporanea e dettata dalla cosiddetta emergenza è stata, però, puntualmente riconfermata di anno in anno dai Governi successivi: il Governo Monti e il Governo Letta hanno, infatti, provveduto al congelamento dei salari in applicazione dell'articolo 16, comma 1, del decreto-legge, n. 98 del 2011, che ha previsto di prorogare di un anno, ovvero al 2014, le citate disposizioni restrittive.
  Il Governo, mediante il decreto del Presidente della Repubblica 4 settembre 2013, n. 122, ha disposto la proroga fino al 31 dicembre 2014 delle misure previste dall'articolo 9 del decreto-legge n. 78 del 2010. Il Governo Renzi, dopo aver dichiarato di non disporre dei 4 miliardi di euro necessari per sbloccare gli stipendi nel 2015, ha prorogato per tutto il 2015 il blocco economico della contrattazione nazionale e del contratto collettivo nazionale nel pubblico impiego – ormai operante dal 2010 – con conseguente slittamento del triennio contrattuale dal 2015-2017 al 2016-2018.Pag. 63
  È stata estesa fino al 2018 l'efficacia della norma in base alla quale l'indennità di vacanza contrattuale, da attribuirsi all'atto del rinnovo contrattuale, rimane quella in godimento al 31 dicembre 2013 e viene prorogato fino al 31 dicembre 2015 il blocco degli automatismi stipendiali, ma relativo al solo personale non contrattualizzato, ferma restando l'esclusione dal blocco dei magistrati.
  Occorre ricordare che la Corte costituzionale, in occasione di pregresse manovre economiche, aveva già indicato i limiti entro i quali un tale intervento potesse ritenersi rispettoso dei principi costituzionali, osservando che «norme di tale natura possono ritenersi non lesive del principio di cui all'articolo 3 della Costituzione (sotto il duplice aspetto della non contrarietà sia al principio di uguaglianza sostanziale, sia a quello della non irragionevolezza), a condizione che i suddetti sacrifici siano eccezionali, transeunti, non arbitrari e consentanei allo scopo prefisso».
  Nel novembre 2014, a seguito della proroga del blocco dei contratti e dei salari da parte del Governo Renzi, alcuni sindacati del pubblico impiego, tra cui la FLP, hanno fatto ricorso al tribunale di Roma, affinché sollevasse la questione di legittimità costituzionale sul congelamento degli stipendi. Il giudizio è stato così rinviato alla Corte costituzionale.
  La sentenza della Corte costituzionale del 23 giugno 2015 ha finalmente riconosciuto l'incostituzionalità del blocco reiterato dei contratti pubblici. In particolare, la censura della Corte ha riguardato la lunghezza del periodo di blocco che è stato superiore al biennio, un intervallo che in passato la Corte aveva dichiarato «congruo».
  Ma nessun effetto retroattivo è stato riconosciuto, per non incorrere nel caos causato con l'altra sentenza che aveva dichiarato illegittimo il blocco della perequazione automatica delle pensioni, con effetto retroattivo.
  Ebbene, di certo avranno influito sulla decisione della Consulta le indebite pressioni del Governo nei confronti della Corte costituzionale.
  Infatti, una ventina di giorni prima della sentenza, l'Avvocatura dello Stato aveva diffuso un parere circa l'impatto potenziale sulla finanza pubblica di un'eventuale sentenza della Corte costituzionale che risultasse in toto avversa al congelamento della dinamica contrattuale del pubblico impiego. Secondo l'Avvocatura, l'onere conseguente alla contrattazione di livello nazionale, per il periodo 2010-2015, relativo a tutto il personale pubblico, non potrebbe essere inferiore a 35 miliardi di euro, con un effetto strutturale di circa 13 miliardi di euro a decorrere dal 2016. L'impatto era del tutto sovrastimato, evidentemente, dato che la Corte dei conti, nel rapporto 2013 sul costo del lavoro, stima gli esborsi della tornata contrattuale 2013-2015, compresi gli oneri riflessi e IRAP, in 2,2 miliardi di euro nel 2013, 4,2 miliardi di euro nel 2014 e 6,5 miliardi di euro a regime. Anche dal rapporto Aran del giugno 2010 si evince che gli effetti del blocco dei rinnovi nel triennio 2010-2012, il primo dei due trienni colpiti dal congelamento dei contratti, si attestano poco oltre i 12 miliardi di euro: 1,6 miliardi di euro nel 2010, 4 miliardi di euro nel 2011 e 6,5 miliardi di euro nel 2012.
  Infine, va ricordato che, a ridosso dell'avvio dei blocchi contrattuali, la legge n. 244 del 2007, cioè la finanziaria del 2008, stanziò a carico del bilancio statale, per la contrattazione collettiva nazionale, appena 240 milioni di euro per l'anno 2008 e 355 milioni di euro a decorrere dall'anno 2009. Si tratta, quindi, di dati che rendono palesemente sovrastimato il calcolo dell'Avvocatura dello Stato.
  Purtuttavia, l'importante decisione della Consulta circa l'illegittimità del blocco al momento non ha comportato alcun mutamento nell'azione del Governo, né del Ministro competente, né dell'Aran, per avviare i dovuti passi necessari per il rispetto di quanto sancito dalla Suprema corte. Anzi, continuano ad essere congelati Pag. 64anche quei percorsi negoziali attivati più di un anno fa con l'Aran, quindi prima della pronuncia della Corte, che avrebbero avuto solo riflessi di carattere giuridico e funzionale.
  Il Governo, con la legge di assestamento di bilancio, addirittura taglia buona parte del salario di produttività destinato ai lavoratori e alle lavoratrici per le attività svolte nell'anno in corso. Gli effetti di questa manovra economica, però, ricadono su 3,3 milioni di dipendenti pubblici, le cui buste paga sono ferme al 2010, con una perdita pro capite che è stata quantificata, secondo i calcoli, in una somma vicina ai 4 mila euro l'anno, pari al 14,6 per cento del salario reale. Secondo l'ISTAT, invece, nel biennio 2011-2012 si è registrata una perdita del potere d'acquisto delle retribuzioni contrattuali del settore pubblico di oltre cinque punti percentuali, mentre per il 2013 le retribuzioni contrattuali hanno subito un'ulteriore riduzione in termini reali, salendo fino a una media di oltre il 13 per cento negli anni successivi.
  Alla perdita pro capite, legata al mancato rinnovo dei contratti del pubblico impiego, va anche aggiunto l'aumento della pressione tributaria sulle famiglie, due fattori che hanno comportato l'attuale depressione economica e una maggiore caduta del potere di acquisto degli stessi stipendi.
  Inoltre, le misure adottate con il decreto-legge n. 78 del 2010 e successivi provvedimenti coincidono con la fase apicale della crisi economica e sociale più lunga ed intensa della storia della Repubblica che ha prodotto un impoverimento generalizzato del Paese e del ceto medio in particolare.
  Occorre, quindi, intervenire perché venga data piena attuazione alla sentenza della Corte costituzionale ed è necessario che il Parlamento impegni il Governo a sbloccare questa insostenibile situazione.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Miccoli, che illustrerà la mozione Di Salvo ed altri n. 1-00988, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

  MARCO MICCOLI. Grazie Presidente, se oggi possiamo guardare con più fiducia alla ripresa economica del Paese, confortati dai dati che gli istituti e le associazioni di categoria ci forniscono e che l'Europa conferma, è anche perché le misure intraprese dai nostri Governi per la stabilizzazione finanziaria, la razionalizzazione e la competitività economica ne hanno sicuramente determinato le condizioni.
  Tra queste misure non vi è dubbio che il risultato determinante sia derivato dal congelamento dei trattamenti economici, quindi dal blocco della contrattazione nazionale del pubblico impiego. Va detto che i lavoratori del pubblico impiego hanno in prima persona pagato con un prezzo in tutti questi anni, sia sotto il profilo economico, che sotto quello dei diritti.
  Dal 2010, a partire dal decreto-legge n. 78 del 31 maggio, sono state via via prorogate disposizioni restrittive, modificando gli spazi delle relazioni sindacali così come venivano configurate dalla legge e dalla contrattazione collettiva.
  C’è da dire, invero, che la legge di stabilità 2015, pur confermando il blocco contrattuale, ha ripristinato, in alcune categorie, tra tutte le Forze di polizia, gli automatismi e gli effetti economici legati alle progressioni di carriera e gli assegni connessi al merito e all'anzianità di servizio. Dico ciò, lo sottolineo, perché è bene ricordare che il Governo in carica ha ereditato queste misure di blocco e di contenimento della contrattazione collettiva nel pubblico impiego.
  Si è, quindi, operato in un difficile contesto e ciò deve indurci a una prima riflessione, una riflessione che parte da alcuni dati: quelli più evidenti sono appunto quelli che negli ultimi cinque anni con il blocco del turnover abbiamo perso nella pubblica amministrazione circa 270 mila posti di lavoro, cioè il 7 per cento della forza totale, e il potere di acquisto del salario è sceso di circa l'8,4 per cento.
  Ora, però, questo Governo ha, invece, deciso di cambiare la pubblica amministrazione; lo ha fatto con diversi provvedimenti, intervenendo sulla semplificazione, l'innovazione, la riorganizzazione Pag. 65della stessa. Il disegno di legge Madia sulla pubblica amministrazione si inserisce in un contesto di ampio respiro, che punta a un rinnovamento complessivo della nostra Repubblica. I destinatari della riforma sono gli italiani tutti, non solo i lavoratori del settore pubblico, perché una amministrazione semplice, competente e trasparente è garanzia di democrazia per ogni cittadino, sia esso attore o fruitore dei servizi.
  Il provvedimento introduce una serie di misure che favoriscono l'accesso dell'utenza ai servizi pubblici, nonché tra i vari livelli dell'amministrazione stessa, in maniera digitale, perché uno Stato che accorcia le distanze disbosca enormi masse normative che gravano sulla funzionalità del sistema economico, si mostra più attrattivo e competitivo, requisito, questo, essenziale in una congiuntura economica così difficile, come quella che stiamo difficilmente, appunto, superando.
  Chiameremo, perciò, i lavoratori del pubblico impiego a operare con più incisività, con nuove misure di prevenzione della corruzione nella pubblica amministrazione, alla riorganizzazione dell'amministrazione statale sia centrale che periferica dentro una nuova revisione della disciplina in materia di dirigenza pubblica e di valutazione dei rendimenti dei pubblici uffici. Quindi, ci troveremo di fronte a una dirigenza selezionata per concorso, in base al principio dell'equilibrio di genere e in continuo obbligo di formazione. Scelte importanti, fondamentali; se ne potrebbero citare molte altre, per il miglior funzionamento della macchina amministrativa, che vanno a incidere in positivo sulla qualità della vita dei cittadini.
  Durante l’iter di approvazione di questo importante provvedimento c’è stata un'intensa discussione e c’è stata un'intensa discussione anche sulla vicenda dello sblocco della contrattazione. Il tema è stato posto sia nelle Commissioni competenti sia in Aula, anche attraverso la presentazione di emendamenti e la formulazione dei pareri in Commissione. Chi nel Partito Democratico ha voluto sollevare il problema all'interno di quella discussione voleva cogliere un'opportunità per coniugare la condivisione della stesura di quel provvedimento, utile al Paese, alla garanzia che i lavoratori si potessero ritenere artefici e partecipi di una giusta e utile riforma.
  La questione dello sblocco della contrattazione, intanto nella parte normativa, era proprio inerente a questo obiettivo, perché, se è utile condividere il progetto, è ancora più utile garantire il massimo sforzo di tutti per la sua applicazione sul campo.
  Poi, il 23 luglio del 2015 la Corte costituzionale è intervenuta, in relazione alle questioni di legittimità sollevate con due diverse ordinanze, e, con decorrenza dalla pubblicazione della sentenza stessa, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del blocco della contrattazione collettiva per il lavoro pubblico, così come risulta dalle norme impugnate e da quelle che le hanno prorogate, che rischiano di rendere strutturale tale blocco.
  La Corte ha ribadito la piena legittimità, già affermata in sentenze precedenti, dell'intervento del legislatore volto a fare fronte a esigenze eccezionali di riequilibrio del bilancio pubblico, riaffermando alcune peculiarità del settore pubblico rispetto a quello privato, che permangono anche dopo la cosiddetta contrattualizzazione dell'impiego pubblico, negando altresì che il blocco temporaneo abbia determinato una situazione di insufficienza della retribuzione alla stregua dell'articolo 36 della Costituzione, osservando che, prima del blocco, i livelli salariali del settore pubblico si erano già attestati su livelli superiori, a parità di contenuto della prestazione lavorativa, rispetto al settore privato. Nell'affermare l'illegittimità costituzionale sopravvenuta del blocco della contrattazione collettiva nel settore pubblico la Corte precisa che la riattivazione della negoziazione collettiva costituisce un dato essenzialmente procedurale, disgiunto da qualsiasi vincolo di risultato.
  Già antecedentemente alla sentenza della Corte costituzionale, in data 17 giugno 2015, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, rispondendo a un'interrogazione Pag. 66in merito alla sospensione e alla revoca, a partire dal secondo semestre 2015, del blocco della contrattazione nazionale del pubblico impiego ha riferito, di intesa con la Ministra Madia, che il Governo nella sua collegialità ha ritenuto di confermare il blocco della contrattazione collettiva economica per il pubblico impiego prorogato al 2015, ma parzialmente compensato da un periodo di bassa inflazione.
  È evidente, tuttavia, che il blocco dei contratti non può essere la normalità e per questo l'auspicio è di riaprire il prima possibile una normale contrattazione. Successivamente, durante il passaggio al Senato del disegno di legge delega approvato ad agosto in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, la stessa Ministra Madia ha preannunciato la volontà del Governo di superare il blocco della contrattazione, dopo 5 anni di fermo della parte economica dei contratti collettivi di lavoro, appunto nel pubblico impiego.
  Il rinnovo del contratto collettivo per 3 milioni e mezzo di lavoratrici e lavoratori del pubblico impiego è una scelta utile per l'economia e indispensabile per riconoscere il valore del lavoro pubblico. La valorizzazione dei lavoratori del pubblico impiego è condizione necessaria per la piena realizzazione degli obiettivi positivi di semplificazione, qualità e maggiore efficacia della pubblica amministrazione, perseguita proprio dalla legge 7 agosto 2015, n. 124. Si è, quindi, giunti a un punto cruciale della vicenda, anche perché siamo in prossimità della legge di stabilità.
  Credo che non dovremmo concepire l'idea dello sblocco economico solo in funzione della sentenza, ma anche in virtù di risultati economici che si stanno ottenendo. Gli aumenti retributivi a tre milioni e mezzo di lavoratrici e lavoratori vanno inseriti nelle misure che in una fase di ripresa portano ad un aumento dei consumi, specialmente nelle grandi città, innescando un ciclo virtuoso, che non può che far bene alla nostra economia, paragonabile agli effetti benefici sui consumi prodotti dagli 80 euro.
  Quindi, il Governo, a nostro parere, deve prevedere, nell'ambito della prossima manovra finanziaria, nel quadro delle compatibilità finanziarie individuate in quella sede, adeguate risorse da destinare al rinnovo dei contratti del pubblico impiego.
  Risulta indispensabile anche ripristinare le normali relazioni sindacali, per favorire quella riorganizzazione che il Governo si prefigge e che i provvedimenti hanno dettato. Qui c’è un altro punto di cui il Governo, a nostro modo di vedere, deve farsi carico. Con l'articolo 40 del decreto legislativo n. 165 del 2001, modificato dall'articolo 54 del decreto legislativo, n. 150 del 2009, si fa riferimento ad appositi accordi tra l'ARAN e le confederazioni sindacali rappresentative, a partire dall'obbligo di rinnovare gli attuali dodici contratti collettivi nazionali che riguardano l'intero mondo del pubblico impiego, raggruppandoli in quattro comparti, a cui corrispondono non più di quattro separate aree per la dirigenza.
  Ebbene, senza questa definizione del numero dei comparti e senza quell'accordo tra ARAN e confederazioni sindacali, non è possibile ricondurre in alcun modo alle previsioni normative il numero dei comparti quale premessa per la riapertura del tavolo contrattuale. Qui è l'altro punto, su cui secondo noi, il Governo deve impegnarsi: favorire la chiusura di quegli accordi al fine di una conclusione rapida entro il 2015, anche con soluzioni innovative, in coerenza con l'impianto della legge n. 124 del 2015.
  Noi crediamo, Presidente, che, se il Governo realizzerà gli obiettivi esposti, verrà aperta una nuova pagina della pubblica amministrazione nel nostro Paese. Si darebbe più forza alle riforme, iniziando anche a riparare ad un'ingiustizia, quella che ha privato così tante lavoratrici e così tanti lavoratori di diritti fondamentali. Il Governo – l'abbiamo detto – ha ereditato una situazione difficile e il Parlamento si è assunto delle responsabilità. I risultati ottenuti vanno ora messi a disposizione Pag. 67anche di chi in questo momento ha dato una mano, appunto, anche i lavoratori della pubblica amministrazione.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Rocco Palese, che illustrerà anche la mozione Polverini n. 1-00992, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

  ROCCO PALESE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Ministro, signor sottosegretario, l'articolo 24 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, la legge finanziaria per il 1999, definisce i meccanismi del regolamento retributivo per il personale non contrattualizzato, prevedendo l'adeguamento di diritto annualmente, in ragione degli incrementi medi calcolati dall'ISTAT conseguiti nell'anno precedente dalla categoria dei pubblici dipendenti contrattualizzati sulle voci retributive, ivi compresa l'indennità integrativa speciale, utilizzate dal medesimo Istituto per l'elaborazione dell'indice della retribuzione contrattuale.
  Il decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, all'articolo 9, comma 21, stabilisce che i meccanismi di adeguamento retributivo per il personale non contrattualizzato, di cui all'articolo 3, del decreto legislativo 20 marzo 2001, n. 165, così come previsti dall'articolo 24 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, non si applicano per gli anni 2011, 2012 e 2013, anche a titolo di acconto, e non danno comunque luogo a successivi recuperi.
  Per le categorie di personale di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni, che fruiscono di un meccanismo di progressione automatica degli stipendi, gli anni 2011, 2012 e 2013 non sono utili ai fini della maturazione delle classi e degli scatti di stipendio previsti dai rispettivi ordinamenti. Per il personale di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni, le progressioni di carriera comunque denominate eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti anni, ai fini esclusivamente giuridici. Per il personale contrattualizzato le progressioni di carriera comunque denominate ed i passaggi tra le aree eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, anche questi, per i predetti anni, ai fini esclusivamente giuridici. In sostanza, il dettato normativo ha avuto il duplice obiettivo di contenere e ridurre la spesa pubblica e contestualmente concorrere a riequilibrare i diversi trattamenti contrattuali del pubblico impiego, più alti dei trattamenti corrispondenti nel settore privato. Il citato articolo 9, comma 21, del decreto-legge n. 78 del 2010 ha così previsto, per il triennio 2011-2013, l'esclusione, per le categorie di lavoratori interessati dai meccanismi di adeguamento previsti dall'articolo 24 della legge finanziaria per l'anno 1999, bloccando tutti gli aumenti retributivi, i premi individuali, gli incentivi e gli scatti di anzianità. L'articolo 16, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, recante disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011, ha poi previsto, con uno o più regolamenti, da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta dei Ministri per la semplificazione e la pubblica amministrazione e dell'economia e delle finanze, la possibilità di prorogare di un anno ovvero al 2014 le sopradette disposizioni restrittive. A tal riguardo, il successivo decreto del Presidente della Repubblica 4 settembre 2013, n. 122, «Regolamento in materia di proroga del blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali per i pubblici dipendenti», ha disposto la proroga fino al 31 dicembre 2014 di una serie di misure previste dall'articolo 9, comma 21, del già citato decreto-legge n. 78 del 2010. Con la sentenza n. 178 del 24 giugno 2015, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale sopravvenuta, a decorrere dal giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della sentenza e nei termini indicati in motivazione, del regime di sospensione della contrattazione collettiva, risultante dall'articolo 16, comma 1, lettera b), del decreto-legge 6 Pag. 68luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1 della legge 15 luglio 2011, n. 111, come specificato dall'articolo 1, comma 1, lettera c), primo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 4 settembre 2013, n. 122 (Regolamento in materia di proroga del blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali per i pubblici dipendenti), dall'articolo 1, comma 453, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 e dall'articolo 1, comma 254, della legge 23 dicembre 2014, n. 190. In pratica, tutte le norme richiamate hanno determinato il blocco di tutti questi anni, poi censurato dalla sentenza della Corte costituzionale richiamata, del giugno scorso.
  La Corte costituzionale ha riconosciuto in tali misure un carattere strutturale, con una conseguente violazione dell'autonomia negoziale. L'estensione fino al 2015 delle misure che inibiscono la contrattazione economica e che, già per il 2013-2014, erano state definite eccezionali, nasconde un assetto durevole di proroghe in ragione di una vocazione che mira a rendere strutturale il regime del blocco. Le norme impugnate dai giudici rimettenti e le norme sopravvenute della legge di stabilità per il 2015 si susseguono senza soluzione di continuità, proprio perché accomunate da analoga direzione finalistica. Il blocco, così come emerge dalle disposizioni che, nel loro stesso concatenarsi, ne definiscono la durata complessiva, non può che essere colto in una prospettiva unitaria. La Consulta, nella sentenza citata, rivolge, infine, un appello al Governo a modificare al più presto la legislazione: «Rimossi, per il futuro, i limiti che si frappongono allo svolgimento delle procedure negoziali riguardanti la parte economica, sarà compito del legislatore dare nuovo impulso all'ordinaria dialettica contrattuale, scegliendo i modi e le forme che meglio ne rispecchiano la natura, disgiunta da ogni vincolo di risultato»; così come testuale dalla sentenza.
  Da tale sentenza n. 178 del 2015, dunque, discende la necessità di riaprire la contrattazione nel pubblico impiego, che, secondo le ultime stime, interesserebbe più di 3.300.000 lavoratori. In tal senso, la Consulta conclude confermando che il carattere essenzialmente dinamico e procedurale della contrattazione collettiva non può che essere ridefinito dal legislatore, nel rispetto dei vincoli di spesa, lasciando impregiudicati, per il periodo già trascorso, gli effetti economici derivanti dalla disciplina esaminata, cioè, così come è stato ricordato poco fa dai colleghi che mi hanno preceduto, sostanzialmente non ha effetti retroattivi.
  Secondo uno studio de Il Sole 24 ore, il blocco dei contratti del pubblico impiego, sino a tutto il 2014, ha comportato per i dipendenti pubblici una riduzione pari al 10,5 per cento dell'attuale stipendio di riferimento, con un possibile aumento fino al 14,6 per cento, se il blocco della contrattazione rimanesse in vigore fino al 2017.
  La mancata indicizzazione dei contratti del pubblico impiego ha prodotto anche l'effetto di riequilibrare l'esistente discrepanza tra le retribuzioni pubbliche, tradizionalmente più elevate, e quelle private: secondo l'ultimo rapporto dell'Aran, l'agenzia che si occupa della contrattazione nel pubblico impiego, nel 2010 la retribuzione contrattuale media pro capite per impiegati e quadri pubblici era pari a 27.472 euro lordi contro i 25.531 euro del settore privato. Nel 2013 lo scarto si era già ridotto a meno di 500 euro: 27.252 euro nel pubblico contro 27.004 euro nel privato. Sebbene abbiano gli stipendi bloccati dal 2011, i dipendenti pubblici guadagnano quasi 2.000 euro all'anno in più rispetto ai dipendenti privati; rimane comunque la grave lesione che vi è stata nei confronti di essi con il blocco per tanti anni delle retribuzioni, per motivi di finanza pubblica, ma che ha determinato di fatto un danno sia dal punto di vista economico, che per quanto attiene ad una lesione dei diritti e delle garanzie. In particolare, per quanto riguarda l'anno 2014, secondo lo studio condotto dalla Cgia di Mestre i dipendenti pubblici hanno ricevuto una retribuzione annua in media di 34.286 euro.Pag. 69
  Da ultimo, si segnala la sentenza del 16 settembre ultimo scorso del tribunale di Roma; e mi fa piacere la presenza del Ministro, perché si tratta di un'attuazione. Il tribunale ha condannato la Presidenza del Consiglio dei ministri e l'Aran a dare avvio senza ritardo al procedimento di contrattazione collettiva per i comparti della scuola, dell'università, della ricerca, dell'AFAM e delle relative aeree dirigenziali.
  A seguito del ricorso presentato dalla CGIL, con cui si rivendicava il diritto dei lavoratori dei comparti pubblici della conoscenza a vedersi rinnovato il contratto di lavoro dopo sei anni di blocco, il giudice del lavoro, riferendosi in particolar modo alla citata sentenza della Corte costituzionale n. 178 del 2015, ha evidenziato come la sospensione della contrattazione comporti un sacrificio del diritto fondamentale tutelato dall'articolo 39 della Costituzione non più tollerabile. Lo stesso giudice del lavoro ha, altresì, evidenziato come, per effetto dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza citata, l'amministrazione avrebbe dovuto rimuovere immediatamente gli ostacoli all'avvio della contrattazione, anche per i comparti della conoscenza, cosa che invece – a distanza già di diversi mesi dalla sentenza – non risulta sia stata ancora fatta. Proprio per quest'ultimo motivo, stante l'inerzia dell'amministrazione nonostante la sentenza costituzionale, secondo il giudice è fondata la richiesta di tutela giurisdizionale avanzata dalla FLC-CGIL a nome dei lavoratori che rappresenta.
  Si ritiene abbastanza significativa quest'ultima decisione da parte del giudice del lavoro, perché esporrebbe ad un'estensione enorme e ad un'attuazione di fatto dello sblocco della contrattazione, in riferimento a quanto ha determinato il giudice stesso. Per questo motivo, riteniamo che il Governo debba essere impegnato a porre in essere tutte le iniziative finalizzate alla sospensione del blocco e soprattutto all'avvio della contrattazione; e ad assumere tutte le opportune iniziative, così come auspicato anche dagli altri colleghi che mi hanno preceduto, affinché in prossimità del varo della legge di stabilità per il 2016 vi sia una consistente attenzione da parte del Governo nei confronti di ciò che ormai è ineludibile perché, tra Corte costituzionale e giustizia, rispetto a quelli che sono i diritti e le garanzie dei dipendenti pubblici, è una situazione che, per anni, per motivi di finanza pubblica e pur in presenza di diversi Governi, di diverse coalizioni, è stata protratta fino all'inverosimile. Per questo motivo riteniamo auspicabile che vi sia a breve uno sblocco e in sede di legge di stabilità vengano stanziate le congrue risorse necessarie per provvedere a quanto già stabilito dalla Corte, e allo sblocco dei contratti del pubblico impiego.

  PRESIDENTE. Avverto che è stata testé presentata la mozione Airaudo ed altri n. 1-00994 (Vedi l'allegato A – Mozioni). Il relativo testo è in distribuzione.
  Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.
  Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire successivamente.
  Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
  Sospendo brevemente la seduta, che riprenderà alle 17,30.
  La seduta è sospesa.

  La seduta, sospesa alle 17,28, è ripresa alle 17,30.

Discussione della proposta di inchiesta parlamentare: Fedriga ed altri: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla gestione del sistema di accoglienza e di identificazione ed espulsione nonché sui costi del fenomeno immigratorio (Doc. XXII, n. 38-A).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di inchiesta parlamentare di iniziativa dei deputati Fedriga ed altri: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla Pag. 70gestione del sistema di accoglienza e di identificazione ed espulsione nonché sui costi del fenomeno immigratorio. Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 17 settembre 2015.

(Discussione sulle linee generali – Doc XXII, n. 38-A)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che il presidente del gruppo parlamentare del MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
  Avverto, altresì, che la Commissione I (Affari Costituzionali) si intende autorizzata a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire il relatore per la maggioranza, l'onorevole Alan Ferrari.

  ALAN FERRARI, Relatore per la maggioranza. Grazie, signor Presidente. Il documento parlamentare di cui oggi l'Assemblea avvia l'esame, il Doc. XXII, n. 38-A, di iniziativa dei deputati Fedriga ed altri, prevede l'istituzione di una Commissione monocamerale di inchiesta sulla gestione dei fondi destinati ai centri per l'immigrazione, nonché sull'amministrazione dei fondi dell'Unione europea e nazionali impiegati a qualunque titolo in materia di immigrazione. La I Commissione (Affari costituzionali) ha esaminato in sede referente il provvedimento, a partire dal 6 maggio 2015. Nella seduta del 16 settembre 2015 la Commissione ha approvato l'emendamento Costantino 1.1, soppressivo dell'articolo 1 che reca la norma istitutiva della Commissione d'inchiesta oggetto del documento medesimo, intendendosi così conferito il mandato al relatore a riferire in senso contrario all'Assemblea, effetto di cui il presidente della Commissione ha edotto i commissari prima della votazione.
  Le motivazioni addotte dalla maggioranza degli intervenuti per motivare la contrarietà all'istituzione della Commissione di inchiesta in oggetto è la sovrapposizione di funzioni con la già esistente Commissione parlamentare d'inchiesta sul sistema di accoglienza, identificazione e trattamento di migranti, istituita dalla Camera con la delibera 17 novembre 2014. Desidero, in particolare, sottolineare che tra i compiti di questa Commissione ci sono quelli di verificare le procedure adottate per l'affidamento e la gestione dei CDA, dei CARA e dei CIE ai rispettivi enti, nonché se sia stata data effettiva e puntuale applicazione alle disposizioni e alle garanzie a tutela degli stranieri espulsi e trattenuti previste dalla direttiva «rimpatri». Inoltre, alla medesima Commissione parlamentare spetta valutare la sostenibilità dell'attuale sistema sotto il profilo economico e la possibilità di adottare, a parità di risorse impiegate, nuove e diverse soluzioni normative per la gestione della questione dell'immigrazione.
  Ricordo che i centri per l'immigrazione in Italia sono riconducibili a tre tipologie di strutture: i centri di accoglienza, CDA, che sono strutture destinate a garantire un primo soccorso allo straniero irregolare rintracciato nel territorio nazionale, i centri di accoglienza richiedenti asilo, i CARA, che, ai sensi dell'articolo 20 del decreto legislativo n. 25 del 2008 sono strutture che ospitano per un periodo limitato lo straniero richiedente asilo privo di documenti di riconoscimento o che si è sottratto al controllo di frontiera per consentire l'identificazione e la definizione della procedura di riconoscimento dello status di rifugiato e i centri di identificazione ed espulsione, i CIE, ex centri di permanenza temporanea ed assistenza, che sono luoghi di trattenimento del cittadino straniero in attesa di esecuzione di provvedimenti di espulsione disciplinati dall'articolo 14 del Testo unico in materia di immigrazione di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998.
  Esiste inoltre un'ulteriore tipologia di centri, i centri di primo soccorso ed assistenza, i CSPA, strutture localizzate in vicinanza dei luoghi di sbarco destinati all'accoglienza degli immigrati e per il tempo strettamente occorrente al loro trasferimento Pag. 71presso altri centri, indicativamente quantificabile in ventiquattro o quarantotto ore.
  Venendo al contenuto specifico del documento parlamentare in esame, l'articolo 1, come già detto, istituisce la Commissione; l'articolo 2 stabilisce i compiti della Commissione di indagine: si tratta principalmente di compiti attinenti alla gestione delle strutture di accoglienza degli immigrati, per quanto concerne, sia la prassi, sia il quadro normativo di riferimento. In particolare, alla Commissione spetta indagare e accertare se e in quale misura, nei CDA, nei CPSA, nei CARA e nei CIE e nell'ambito del sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati si siano verificati casi di gestione indebita o inefficiente di risorse e di fondi pubblici statali e dell'Unione europea e, in caso positivo, ricostruire le circostanze in cui si siano verificati tali eventi ed individuare le eventuali responsabilità.
  Deve valutare, poi, l'incisività e l'efficacia dell'attuale sistema di controllo, sia nella fase dell'affidamento e della gestione dei centri e delle strutture sia in quello successivo della gestione dei fondi. Inoltre, alla Commissione d'inchiesta vengono attribuiti, sempre ai sensi dell'articolo 2, altri compiti inerenti a questioni legate, più in generale, ai costi e all'efficacia delle politiche in materia di immigrazione.
  In tal senso, occorre ricordare che la Commissione deve: verificare l'entità e l'impiego delle risorse pubbliche, distinte, in particolare, per le azioni di prevenzione e di contrasto all'immigrazione clandestina, di rimpatrio nei Paesi di origine e di accoglienza; valutare la congruità della normativa vigente, proponendo soluzioni di carattere legislativo-amministrativo ritenute opportune per garantire l'effettività delle espulsioni in un numero superiore di casi e in tempi più celeri, in applicazione delle disposizioni previste dalla direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2008, nonché un'efficace azione di prevenzione e di contrasto dell'immigrazione clandestina; verificare, infine, la sostenibilità e la congruità finanziaria delle politiche relative all'immigrazione e al diritto di asilo, anche acquisendo, con la collaborazione delle regioni e degli enti locali interessati, i documenti, le informazioni e gli elementi per valutare i costi, di carattere sociale e sanitario, relativi al fenomeno immigratorio.
  L'articolo 3 del documento prevede che la Commissione d'inchiesta sia composta da venti deputati, nominati dal Presidente della Camera in proporzione al numero dei componenti dei gruppi parlamentari, assicurando il rispetto di quanto disposto dall'articolo 82 della Costituzione, e la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo. Nella prima seduta si prevederebbe che la Commissione elegga l'ufficio di presidenza, composto dal presidente, due vicepresidenti e due segretari. La durata dei lavori della Commissione è stabilita in sei mesi dalla data della costituzione della stessa, la quale presenta alla Camera, nei successivi 60 giorni, la relazione finale sulle indagini svolte.
  Fermo restando quanto già previsto dall'articolo 82 della Costituzione, in merito alla possibilità per la Commissione di procedere alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria, all'articolo 4 del documento si precisano i poteri della Commissione in merito alla richiesta di atti e documenti. In particolare, si prevede che la Commissione può ottenere copie di atti e documenti relativi a procedimenti e inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organi inquirenti nonché copie di atti e documenti, da parte degli organi degli uffici della pubblica amministrazione, ovvero relativi a indagini e inchieste parlamentari.
  Si dispone, altresì, che la Commissione garantisca il mantenimento del regime di segretezza fino al momento in cui gli atti e i documenti trasmessi sono coperti da segreto. In tema proprio di segreto, il comma 4 dell'articolo 4 prevede che, per i fatti oggetto dell'inchiesta, non è opponibile il segreto di Stato, né quello di ufficio, professionale o bancario. A tale riguardo, segnalo che, trattandosi di una proposta d'inchiesta parlamentare e, dunque, Pag. 72di un atto monocamerale, la stessa non può recare discipline differenti o derogatorie rispetto a quanto disciplinato e stabilito dalla legge. In particolare, ricordo che la disciplina per il segreto di Stato è statuita dalla legge 3 agosto 2007, n. 124.
  Per quanto concerne le audizioni e le testimonianze rese davanti alla Commissione, il documento, al comma 5 dell'articolo 4, richiama l'applicabilità del complesso degli articoli da 366 a 384-bis del codice penale. Il comma 6 del medesimo articolo 4 prevede il potere della Commissione di stabilire gli atti e i documenti che non dovranno essere divulgati.
  L'articolo 5 dispone l'obbligo del segreto per i componenti della Commissione, il personale addetto alla stessa e tutti i soggetti che, per ragioni di ufficio o di servizio, ne vengono a conoscenza sugli atti e sui documenti soggetti a regime di segretezza.
  L'articolo 6, al comma 1, demanda ad un regolamento interno l'organizzazione dell'attività e il funzionamento della Commissione, atto per cui l'approvazione è richiesta a maggioranza assoluta dei suoi componenti. Al comma 2 viene affermato il principio della pubblicità delle sedute della Commissione, ferma restando la possibilità di riunirsi in seduta segreta ove lo si ritenga opportuno. I commi 3 e 4 prevedono che la Commissione possa inoltre avvalersi dell'opera di agenti e di ufficiali di polizia giudiziaria, che per l'espletamento delle sue funzioni fruisca di personale, locali e strumenti messi a disposizione dalla Presidenza della Camera. Il comma 5, infine, dispone che l'autorizzazione di spesa prevista sia pari a 150 mila euro a carico del bilancio interno della Camera.
  Per tutte queste ragioni, ribadisco il mandato affidato al relatore di riferire all'Assemblea in senso contrario.

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza, onorevole Invernizzi.

  CRISTIAN INVERNIZZI, Relatore di minoranza. Grazie, Presidente. In veste di relatore di minoranza, in rappresentanza anche della posizione della Lega Nord, i cui deputati sono i firmatari della proposta di inchiesta parlamentare oggi in discussione, non posso che manifestare tutto il mio stupore rispetto al voto espresso dalla maggioranza di Governo in sede di Commissione, che ha soppresso, sostanzialmente, la possibilità stessa dell'istituzione di una Commissione di questo tipo, basando la propria scelta sulla presunta, a loro dire, sovrapposizione di incarichi tra l'istituenda, o quella che noi volevamo istituire, Commissione e quella già esistente, la cosiddetta «Commissione Migliore».
  Infatti, appare evidente, semplicemente leggendo le due proposte, come, in verità, questa sovrapposizione non vi sia, se non in senso molto lato, considerato che trattasi di Commissioni monocamerali che devono indagare sul fenomeno dell'immigrazione da due punti di vista completamente diversi e, soprattutto per quanto riguarda la nostra proposta, considerato che essa nasce anche sull'onda di quanto è emerso successivamente all'istituzione della Commissione Migliore, che tutti noi abbiamo potuto leggere sui giornali e sentire direttamente dai telegiornali, sui buchi, immensi, a quanto pare, esistenti in tutto il sistema dell'accoglienza nel nostro territorio.
  Basta leggere, ripeto, le due proposte istitutive per capire che non vi è questa sovrapposizione e, anzi, la volontà nemmeno di discutere la nostra proposta di inchiesta, ma semplicemente di rigettarla, ci fa sorgere dei dubbi nei confronti della maggioranza e della sua effettiva volontà di andare ad indagare su un fenomeno che assume ogni settimana che passa degli aspetti sempre più controversi, nonché preoccupanti.
  In estrema sintesi e giusto per chiarire il senso del mio discorso, che poi, ovviamente, approfondiremo, come Lega Nord, anche in tema di esame qui alla Camera, nel prosieguo dei lavori, mi limito a leggere, Pag. 73così tutti possono prendere coscienza di quello che sto dicendo, le due proposte di inchiesta parlamentare, limitandomi, ovviamente, a quanto riguarda le funzioni delle Commissioni.
  La Commissione Migliore ha il compito di accertare se nei CDA, nei CARA e nei CIE si siano verificati condotte illegali e atti lesivi dei diritti fondamentali e della dignità umana e se, in particolare, siano stati praticati trattamenti disumani o degradanti nei confronti dei migranti ivi accolti o trattenuti; accertare se nei CDA, nei CARA e nei CIE si siano verificate gravi violazioni delle regole dei centri, nonché comportamenti violenti o commessi in violazione di disposizioni normative da parte delle persone ospitate; ricostruire in maniera puntuale le circostanze in cui si siano eventualmente verificati le condotte e gli atti di cui alla lettera a).
  Proseguendo, inoltre, alla lettera d), la Commissione ha il compito di indagare sui tempi e sulle modalità di accoglienza nei CDA e nei CARA e sulle modalità di trattenimento nei CIE e, in relazione a tali ultimi centri, verificare se sia data effettiva e puntuale applicazione alle disposizioni e alle garanzie a tutela degli stranieri espulsi e trattenuti previste dalla direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, anche al fine di accertare eventuali responsabilità che possono aver determinato eventi critici in tali centri.
  Come vediamo, quindi, già solo qui noi ci concentriamo solo, esclusivamente e sostanzialmente sul rispetto dei diritti civili, giustamente, delle persone che sono ospitate nei centri di accoglienza. Noi chiediamo, già alla lettera a), invece, di accertare se e in quale misura nei CDA, nei centri di primo soccorso e accoglienza (CPSA), nei CARA, nei centri di identificazione ed espulsione (CIE) e nell'ambito del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR) si siano verificati casi di gestione indebita o inefficiente di risorse e di fondi pubblici, statali e dell'Unione europea; ricostruire in maniera puntuale le circostanze in cui si siano eventualmente verificati gli eventi di cui alla lettera a) e, comunque nel rispetto delle prerogative dell'autorità giudiziaria, individuare le eventuali responsabilità.
  Come vedete, noi chiediamo semplicemente, con la nostra Commissione di inchiesta, innanzitutto di verificare. Voi verificherete se i diritti civili siano stati rispettati e quanto di conseguenza; noi chiediamo, invece, di vedere se ogni minimo euro, ogni singolo euro speso nei CARA, CIE e similari sia stato speso in modo giusto, sia stato speso in modo congruo con quanto stabilito dalla legge.
  L'unico controllo che potete fare, stando alla norma di legge che avete votato, è quello che riguarda sostanzialmente il verificare le procedure adottate per l'affidamento della gestione dei CDA, dei Cara e dei CIE ai rispettivi enti. Noi, oltre a questo, chiediamo di valutare anche il passo successivo. Una volta verificato che la procedura di affidamento ai rispettivi enti di Cara, CIE e quanto di conseguenza sia più o meno congrua, noi chiediamo di valutare dopo anche come siano stati spesi effettivamente i fondi.
  Nella vostra proposta, nella legge istitutiva della vostra Commissione, questo non esiste. Voi chiedete di valutare l'efficacia dell'attuale sistema dei CIE sotto il profilo dell'identificazione delle persone ivi trattenute – e qua stabilite anche in che ambiti –, in relazione sia alla durata massima del periodo di trattenimento all'interno dei centri sia alla sua proporzionalità rispetto al grado di privazione della libertà personale delle persone sottoposte a detenzione amministrativa. Anche in questo caso voi vi occupate solo ed esclusivamente del rispetto del diritto civile dei migranti.
  Noi chiediamo, invece, di valutare in termini proprio economici se questo sistema sia corrispondente a quanto stabilito dalle leggi e dai regolamenti vigenti. Voi chiedete di esaminare le convenzioni stipulate con gli enti gestori dei centri e di accertare eventuali responsabilità relative alla mancata offerta dei servizi ivi previsti Pag. 74secondo livelli adeguati e di qualità e che gli stessi non siano implicati in procedimenti penali relativamente alla gestione, anche in passato, di centri di accoglienza e di CIE. Anche in questo caso si tratta di valutare se c’è corrispondenza tra convenzione e servizio erogato, ma non chiedete di andare più a fondo, stando alla vostra legge istitutiva. Noi vi chiediamo quello.
  Per cui può anche essere, per stare, per così dire, alla notizia di cronaca più eclatante, che Buzzi con la sua cooperativa effettivamente desse agli immigrati tutto quello che era previsto dalle convenzioni stipulate. Ma ciò premesso, che Buzzi desse agli immigrati tutto quello che era previsto dalle convenzioni stipulate interessa fino ad un certo punto, perché vogliamo capire se, oltre ai soldi che Buzzi destinava per esempio per dare tutti i servizi garantiti dalla convenzione, ci fosse anche altro dietro, come pare effettivamente vi fosse. Insomma sostanzialmente chiediamo cose diverse rispetto a quello che voi dovete indagare e in base alle quali la Commissione Migliore deve agire.
  Ultimo esempio è verificare l'effettivo rispetto dei criteri di gestione previsti dalle vigenti disposizioni normative regolamentari – questo lo dite voi, lo fate voi con la vostra Commissione – per ciò che attiene ai servizi di orientamento nonché di tutela legale e sociale, erogati nei CDA, Cara e CIE, con particolare attenzione alle prestazioni sanitarie, al rispetto della disciplina relativa al diritto d'asilo e alla tutela dei soggetti più vulnerabili. Ancora una volta qui voi meritoriamente fate un controllo su quello che è il rispetto dei diritti civili e l'effettivo rispetto dei criteri di gestione previsti, però limitatamente, come detto, ai servizi di orientamento nonché di tutela legale e sociale erogati nei CDA e via dicendo.
  Quindi, come vediamo, sono due proposte di legge diverse, sono due Commissioni che hanno ambiti di applicazione diversi. Non riusciamo a capire perché dopo tutto quello che è emerso, la maggioranza si ostini a dire che già voi lo fate con la Commissione Migliore. Se già lo fate, a nostro avviso, vi state espandendo oltre il limite – probabilmente senza nemmeno una copertura legale, quanto stabilito nella legge istitutiva, che voi avete votato il 17 novembre 2014.
  Avviandomi alla conclusione, Presidente, ribadiamo con forza che quindi, stando a quanto dicono le carte, sono due Commissioni completamente differenti, sono due Commissioni che sono investite entrambe, ovviamente, e si occupano del fenomeno immigratorio da due punti di vista profondamente diversi. Quando avete approvato la Commissione Migliore quello che effettivamente c'era all'interno della gestione del sistema di accoglienza dell'immigrazione nel nostro Stato non era sotto gli occhi di tutti, malgrado noi lo annunciassimo. E lo abbiamo annunciato ripetute volte.
  Siamo stati accusati per questo di essere razzisti, perché dicevamo «chissà quanti ci mangiano in questo sistema»; ora abbiamo visto tutti che ci sono delle prove, chiediamo che il Parlamento non si giri dall'altra parte, chiediamo che la Camera non stia qui supina ad aspettare che l'autorità giudiziaria compia il suo corso, chiediamo che sia il Parlamento e in particolar modo l'Aula dei deputati ad occuparsi di quello che è avvenuto e di quello che sta ancora avvenendo. Presumo che respingerete la nostra legge, facendo così come avete fatto in Commissione. Ci rivedremo sicuramente tra qualche mese quando emergerà sicuramente ancora qualcos'altro e, a quel punto, ognuno deciderà chi guardare negli occhi e con quale faccia.

  PRESIDENTE. Prendo atto che il Governo non intende intervenire.
  Non vi sono iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali, avvertendo che non si darà luogo alle repliche.
  Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

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Discussione delle mozioni Occhiuto ed altri n. 1-00923 e Franco Bordo ed altri n. 1-00987 concernenti iniziative per la conclusione dei lavori dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria e il potenziamento del sistema dei trasporti della regione Calabria (ore 17,55).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni Occhiuto ed altri n. 1-00923 e Franco Bordo ed altri n. 1-00987, concernenti iniziative per la conclusione dei lavori dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria e il potenziamento del sistema dei trasporti della regione Calabria (Vedi l'allegato A – Mozioni).
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione delle mozioni è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
  Avverto che in data odierna sono state presentate le mozioni Parentela ed altri n. 1-00990, Barbanti ed altri n. 1-00991 e Dorina Bianchi ed altri n. 1-00993 (Vedi l'allegato A – Mozioni) che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalle mozioni all'ordine del giorno, verranno svolte congiuntamente. I relativi testi sono in distribuzione.
  Avverto altresì che è stata presentata una nuova formulazione della mozione Occhiuto ed altri n. 1-00923 (Vedi l'allegato A – Mozioni). Il relativo testo è in distribuzione.

(Discussione sulle linee generali)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
  È iscritto a parlare l'onorevole Occhiuto, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00923 (Nuova formulazione). Ne ha facoltà.

  ROBERTO OCCHIUTO. Signor Presidente, quando si discute delle questioni che interessano in modo strategico lo sviluppo del Mezzogiorno, nel nostro Paese spesso questa discussione assume i contorni di un rito che si svolge il più delle volte in seguito alle indagini Svimez e ai risultati che queste indagini producono. Assume la forma di un rito a volte anche stucchevole perché denso di annunci ma senza alcun impegno concreto.
  Ecco allora che, insieme ai colleghi Santelli e Galati, oggi abbiamo voluto stimolare la Camera a discutere su una questione concreta che riguarda in maniera diretta le possibilità di sviluppo del Mezzogiorno, in particolare della Calabria, che tra le regioni del Mezzogiorno è quella con un maggiore ritardo di sviluppo.
  Riteniamo, infatti, che il modo migliore di approcciarsi al tema del ritardo di sviluppo del Mezzogiorno sia quello di affrontare appunto le questioni che riguardano la concretezza degli investimenti in infrastruttura, propedeutici appunto allo sviluppo.
  Nel nostro Paese spesso questi investimenti sono stati esigui. Soprattutto nel sud del Paese spesso questi investimenti invece di essere intervento ordinario dello Stato sono diventati intervento straordinario annullando l'intervento ordinario.
  Nella nostra mozione noi abbiamo deciso di puntare l'attenzione sulla principale incompiuta, non solo nel Mezzogiorno ma nel nostro Paese, e ci riferiamo all'autostrada Salerno-Reggio Calabria, che è un'autostrada di 443 chilometri circa gestiti dall'ANAS e i cui lavori iniziarono nel lontano 1966, quindi l'anno prossimo celebreremo i cinquant'anni di quest'opera.
  Negli anni successivi all'apertura dei cantieri il tratto di autostrada che era stato costruito si rivelò del tutto inadeguato per contenere il traffico che intanto aumentava perché era un tratto a due corsie, con un percosso spesso molto tortuoso. Allora nel 1990 l'Unione europea ha obbligato l'Italia all'adeguamento del tratto realizzato della Salerno-Reggio Calabria alle normative europee. Da quel momento sono iniziati i lavori di riammodernamento, la cui conclusione è stata rimandata di anno in anno.
  Dopo ben quarantanove anni, il cantiere più lungo d'Europa – come spesso Pag. 76viene definita la Salerno-Reggio Calabria – è ancora in fase di realizzazione: contratti che non sono ancora cantierizzati o in fase di ammodernamento.
  I lavori che interessano il tratto autostradale ricadente in Calabria riguardano circa i due terzi dell'intero tratto autostradale della Salerno-Reggio Calabria. Coprono, tra opere in esecuzione e cantieri non avviati, circa 90 chilometri, che non sono ancora finanziati. Noi nella nostra mozione li abbiamo elencati dettagliatamente e abbiamo ricordato anche che il Presidente del Consiglio nei mesi scorsi, in diverse dichiarazioni pubbliche, ha affermato che entro il 2015 tutti i cantieri avrebbero avuto un'accelerazione definitiva e che al massimo il prossimo anno i lavori sarebbero stati terminati.
  Il Presidente del Consiglio evidentemente ha indicato tempi di realizzazione di un cantiere di così difficile concretizzazione senza essere a conoscenza delle condizioni in cui versa attualmente il tratto di strada che sino ad oggi è stato costruito. Infatti, percorrendo la Salerno-Reggio Calabria, ci si imbatte in decine di lavori temporanei. E nonostante la data entro la quale devono risultare cantierabili le opere previste all'articolo 3 del decreto «sblocca Italia», che è appunto il 31 ottobre 2015, i lavori di ammodernamento e di adeguamento dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria, non rispettando i requisiti della cantierabilità, rischiano concretamente di perdere i finanziamenti previsti dalla legge, determinando così un danno ulteriore per le popolazioni che sono interessate a quest'opera, ma noi riteniamo per l'intero Paese perché quest'opera, peraltro, è inserita nei corridoi strategici fissati anche dall'Unione europea.
  Il Governo, quindi, ha assunto questo impegno. Noi abbiamo salutato con favore questo impegno, perché la carenza nelle reti infrastrutturali dei trasporti riveste in Calabria condizioni di emergenza e di precarietà che provocano disagi comprensibili non solo per i cittadini, ma anche per le imprese e, quindi, per le possibilità di sviluppo di questa regione.
  Recentemente, inoltre, il Governo si è impegnato ad accelerare il finanziamento per la sicurezza della viabilità secondaria e a verificare la fattibilità del trasporto via mare delle merci, del potenziamento del traffico ferroviario e, ove possibile, di quello aereo. Però attualmente questi impegni annunciati dal Governo non si sono affatto concretizzati. Infatti, la strada statale 106, che è una strada lunga 491 chilometri, di cui 405 sono in Calabria, e che collega la Calabria, la Basilicata e la Puglia, è inadeguata a gestire gli attuali volumi di traffico per una serie di criticità infrastrutturali storiche, dovute probabilmente anche ad una errata progettazione. Ci sono lunghi tratti a due corsie di marcia, molti accessi non autorizzati ed è definita la strada della morte proprio perché queste criticità hanno provocato circa 600 vittime e 9 mila feriti tra il 1996 e il 2014. Anche le altre strade versano in condizioni di analogo disagio. Ci riferiamo, per esempio, alla strada statale 18 Tirrena Inferiore e alle strade che dovrebbero costituire le trasversali di collegamento nella regione.
  Le difficoltà delle reti infrastrutturali della regione Calabria sono aggravate anche dalla pessima gestione del sistema ferroviario, che inspiegabilmente è tagliato fuori dalla rete nazionale ad alta velocità e che nel corso degli ultimi anni sta registrando una drastica diminuzione del numero delle corse garantite da Trenitalia. Vorrei, per inciso, ricordare – ma lo facciamo anche nella nostra mozione – che non c’è alcun treno Frecciarossa che colleghi la Calabria al resto del Paese.
  Ci sono solo un Frecciargento e due Frecciabianca. Peraltro, se qualcuno volesse partire da Reggio Calabria, al pomeriggio, per raggiungere Roma, avrebbe soltanto la possibilità di prendere un Intercity, che parte alle 15,05, da Reggio Calabria e arriva a Roma dopo ben sette ore di viaggio.
  Sul tema dell'Alta velocità nel Mezzogiorno abbiamo registrato anche le dichiarazioni, in verità, un po’ contraddittorie da parte del Governo, perché il Presidente del Consiglio, in occasione di qualche iniziativa Pag. 77pubblica ha dichiarato che è necessario portare l'Alta velocità anche al sud, che sarebbe stata portata anche al sud, salvo poi essere smentito qualche giorno dopo dal Ministro Delrio, che gli ha ricordato che l'Alta velocità per ora non è possibile, che tutt'al più si può fare qualche treno un po’ più veloce rispetto a quelli attuali, ma ancora non abbiamo visto nemmeno iniziative concrete che vadano nella direzione non dico auspicata da Renzi, ma nemmeno in quella auspicata dal Ministro Delrio.
  Vorrei ancora ricordare che, se anche si portasse l'Alta velocità più a sud di Battipaglia, in Calabria ci sarebbe però un'intera parte della regione, quella ionica, che non ha nemmeno collegamenti elettrificati. C’è solo un binario e gran parte del tracciato non è nemmeno elettrificato. È una situazione, quindi, insostenibile, che riguarda in maniera decisiva le possibilità di sviluppo di questa regione, di questa parte del Mezzogiorno, aggravata anche dalle difficoltà in cui versano i servizi aeroportuali, che sono del tutto inadatti, a fronte della crescita della domanda di servizi, con gestioni inefficienti degli scali aeroportuali calabresi e continui aumenti del prezzo dei biglietti, che determinano quindi un isolamento degli aeroporti calabresi rispetto al resto del Paese.
  Ecco, alla luce della situazione che abbiamo esposto, la Calabria sembra essere un'isola, piuttosto che una regione collegata in maniera infrastrutturale al resto del Paese. Per questo – mi avvio alla conclusione, Presidente –, noi, con la nostra mozione (nella parte riformulata più di recente, perché il testo originario era stato scritto subito dopo il crollo di quel viadotto che addirittura isolò la Calabria completamente dal resto del Paese) abbiamo chiesto alla Camera dei deputati di impegnare il Governo ad attuare opportune iniziative per definire, in tempi brevi e celeri, l'iter conclusivo dei lavori dell'intero tratto della Salerno-Reggio Calabria e a finanziare i tratti che ancora non sono finanziati; a definire e ad attuare ogni utile iniziativa al fine di potenziare le maggiori arterie stradali che collegano la regione Calabria al resto d'Italia; ad assumere le iniziative al fine di sostenere lo sviluppo della regione, anche attraverso il potenziamento del sistema del trasporto aereo, ferroviario e portuale della regione, con politiche che siano orientate all'aumento del numero dei voli, all'incremento quantitativo e qualitativo dei servizi ferroviari, nonché a un più agevole collegamento tra gli aeroporti e le stazioni ferroviarie, attraverso il rafforzamento di sistemi di mobilità sostenibile.
  Chiediamo anche che il Governo si impegni per il potenziamento dei nodi portuali e aeroportuali della regione Calabria, a partire dal porto di Gioia Tauro, che è un vero e proprio gate di raccordo dell'Europa sul versante sud.
  Proprio sul porto di Gioia Tauro, che è una infrastruttura straordinariamente importante, che forse ha prodotto in atto molto meno di ciò che avrebbe potuto produrre in potenza per il nostro Paese, chiediamo al Governo anche di rivisitare ogni rapporto di concessione connessa all'utilizzo del porto di Gioia Tauro, se questo rapporto dovesse ridurre le potenzialità o, peggio, trasformare gli obiettivi di sviluppo del territorio a vantaggio di soluzioni monopoliste.
  Ora, se c’è un soggetto privato che è nella condizione di sviluppare davvero il porto, allora va bene che se ne occupi il soggetto privato; ma se, come a noi pare, queste condizioni il soggetto privato non è riuscito a metterle in atto, allora forse il Governo avrebbe l'obbligo e il dovere di recuperare al patrimonio nazionale quest'opera, che può essere davvero un'infrastruttura strategica per lo sviluppo del territorio, non solo del Mezzogiorno, ma del Paese.
  Abbiamo chiesto, infine, di adottare ogni iniziativa volta al potenziamento della rete ad Alta velocità per la regione Calabria e per l'intera area del Mezzogiorno, anche alla luce delle dichiarazioni che ho citato in premessa, quelle del Presidente Renzi e del Ministro Delrio.
  Infine, nella parte riformulata della mozione, che, come lei ha ricordato, Presidente, è in distribuzione, chiediamo al Pag. 78Governo anche di esprimersi con chiarezza sulle sorti del ponte sullo Stretto di Messina, che è un'altra infrastruttura che riguarda lo sviluppo del Mezzogiorno. Io appartengo ad una formazione politica che ha sempre in maniera maggioritaria espresso la necessità di investire su quest'opera. Personalmente, non mi iscrivo alla categoria degli entusiasti, nel senso che sono dell'idea che questa potrebbe essere un'opera strategica importante qualora si potesse fare con risorse aggiuntive rispetto a quelle da destinare alle infrastrutture primarie. Ma vorremmo che il Governo su questo tema spendesse una parola di chiarezza, non assumesse un atteggiamento pilatesco e ci dicesse se è sua intenzione prevedere quest'opera oppure no.
  Ecco, noi con questa mozione, quindi, signor Presidente, abbiamo inteso richiedere al Governo un'assunzione di responsabilità concreta. So che si sta ragionando sui cosiddetti masterplan per il Mezzogiorno. In verità, programmi, anche ambiziosi, di sviluppo ne abbiamo letti tanti nel corso degli anni e il più delle volte hanno avuto un approccio meramente teorico e hanno riguardato il modo di ricollocare le risorse dell'Unione europea.
  Anche questo deve essere un impegno che il Governo deve assumere insieme alle regioni, ma vorremmo che si cominciasse a dimostrare la volontà di intervenire sui problemi dello sviluppo del sud affrontando questioni concrete e indifferibili, come quelle che noi abbiamo posto nella nostra mozione e che riguardano per l'appunto la conclusione dei lavori della Salerno-Reggio Calabria, ma anche il potenziamento delle infrastrutture a sostegno della mobilità, perché senza mobilità non c’è sviluppo né per la Calabria, né per il Mezzogiorno (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Ricciatti, che illustrerà anche la mozione Franco Bordo n. 1-00987, di cui è cofirmataria. Ne ha facoltà.

  LARA RICCIATTI. Grazie, signor Presidente. La mozione di Sinistra Ecologia Libertà parte da una premessa e, cioè, che la dotazione regionale delle reti infrastrutturali dei trasporti calabresi è complessivamente la metà della media nazionale e la condizione della mobilità soffre di rilevanti criticità, che determinano gravissime ricadute negative su cittadini e imprese. Questa è una riflessione che è sotto gli occhi di tutti e, soprattutto, è innegabile.
  Tra le più evidenti criticità, si rammentano: la mancanza di una integrazione intermodale e intramodale, di cui sono esempi evidenti i collegamenti degli aeroporti calabresi con la rete ferroviaria; l'incertezza nei tempi di realizzazione delle opere autostradali, di cui è un esempio evidente la mancata conclusione dei lavori di realizzazione dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria; la scarsa capacità di governare i processi di pianificazione, progettazione e realizzazione del sistema, di cui è esempio evidente l'assenza di un progetto per migliorare la linea ferroviaria Battipaglia-Reggio Calabria; la mancanza di coerenza rispetto alle politiche nazionali ed europee. In questo caso, l'esempio evidente è connesso al rischio di una sostanziale emarginazione della regione Calabria rispetto alle reti Ten e ai relativi progetti prioritari.
  Nella nostra mozione, nella mozione di Sinistra Ecologia Libertà, poi, andiamo a fare un'analisi abbastanza impietosa dell'asse portante della viabilità regionale e interregionale, l'autostrada A3, e analizziamo anche la rete di trasporto pubblico collettivo calabrese su gomma, la rete ferroviaria, che si estende per 855 chilometri, il traffico aereo calabrese e il sistema portuale.
  Insomma, cerchiamo di fare un po’ un'analisi di quello che questa regione ci presenta e proviamo, nella nostra mozione, a fare anche alcune considerazioni. La prima è che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha recentemente comunicato la pubblicazione dell'aggiornamento dell'anagrafe delle opere pubbliche incompiute di interesse nazionale. L'elenco Pag. 79doveva essere compilato sull'apposito sistema entro il 30 giugno 2015 dalle regioni e dal Ministero e si riferisce alle opere incompiute al 31 dicembre 2014.
  Nel dettaglio la ripartizione regionale vede in testa la Calabria con ben 93 opere incompiute su un numero complessivo di 649 opere pubbliche che non sono state completate in Italia, al netto di quelle afferenti alla regione Sicilia.
  Appare quanto mai urgente intervenire con decisione per rilanciare il sistema infrastrutturale e trasportistico della regione Calabria attraverso interventi strategici coerenti con le esigenze di un territorio dalle enormi potenzialità, se è vero che il Mezzogiorno in questo Paese vale ancora qualcosa.
  Purtroppo, però, la regione Calabria, come pure la regione Sicilia, ormai da molti, troppi anni, si trova al centro di un dibattito che comprende l'area dello Stretto e la potenziale realizzazione di un'opera faraonica: il ponte sullo Stretto di Messina. Si tratta di un dibattito poco utile allo sviluppo di questo territorio in termini complessivi, con il rischio concreto di rendere sterile qualsiasi efficace iniziativa per il futuro della Calabria e affossare l'obiettivo prioritario di potenziare e riqualificare le infrastrutture esistenti.
  Vorrei spendere qualche minuto del tempo che ho per illustrare la nostra mozione per informare il Viceministro Bubbico, ma lo avrà letto sicuramente all'interno della nostra mozione, che c’è un tema importante che noi intendiamo denunciare con la nostra mozione e, cioè, le parole del Ministro dell'interno, l'onorevole Alfano, che ha dichiarato – sono dichiarazioni che lui ha rilasciato alla stampa –, si presume per motivi evidentemente elettorali, quanto segue: «Non vediamo la ragione per la quale non si debba più parlare di ponte sullo Stretto. Abbiamo pronto un disegno di legge per rimettere al centro la questione, anche se sappiamo che una parte della sinistra italiana si oppone» e ancora: «Non è possibile che l'alta velocità arrivi fino a Reggio Calabria e poi ci si debba «tuffare» nello Stretto, per poi rincominciare a viaggiare a... bassa velocità. Questo è un progetto che vogliamo rilanciare». Lo ripeto, queste sono parole, testuali che il nostro Ministro dell'interno ha rilasciato alla stampa.
  Poi, l'alta velocità, peraltro, arriva a Salerno e, nel novembre 2014, l'ex Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, collega di partito, peraltro, dell'onorevole Alfano, in questo caso l'onorevole Maurizio Lupi, aveva chiarito, dichiarando pubblicamente che: «Il capitolo sul ponte sullo Stretto è chiuso, perché lo ha chiuso qualcun altro. Le leggi in Italia si rispettano» e ancora, continua: «Qualcuno, nel 2012, ha approvato con legge la decisione di mettere in liquidazione la società. Ci sono contenziosi in corso, e quindi lo Stato dovrà, tenendo conto di quella legge, fare gli atti e prendere le decisioni conseguenti».
  Con l'ultimo impegno della nostra mozione, che tuttavia, politicamente, per quello che ci riguarda, è quello più rilevante e quello più importante, vogliamo impegnare il Governo a confermare che la realizzazione dell'opera relativa al ponte sullo Stretto di Messina rappresenti realmente un capitolo chiuso per l'attuale Esecutivo, nonché ad astenersi da qualsiasi iniziativa volta a favorire, in qualsiasi modo, il rilancio e la realizzazione del progetto del ponte sullo Stretto di Messina. Perché, a parte il corto circuito politico che c’è, evidentemente, all'interno dell'Esecutivo e anche all'interno del gruppo parlamentare Nuovo Centrodestra, ma quello è un dibattito che poco ci interessa, ci interessa, invece, Viceministro, molto di più, il dibattito che si fa all'interno di questo Paese e le scelte che si fanno e che potrebbero danneggiare tutto questo grande Paese rispetto a una decisione sterile, a un dibattito sterile che riguarda un gruppo parlamentare.
  Dopo di che, ritornando alla nostra mozione, è ovvio che noi chiediamo che si adotti con urgenza ogni iniziativa, anche normativa, finalizzata a pervenire alla definitiva conclusione di tutti i lavori connessi all'autostrada Salerno-Reggio Calabria, definendo al contempo delle soluzioni Pag. 80per rilanciare la rete infrastrutturale dei trasporti calabresi, alla luce delle considerazioni espresse in questo atto di indirizzo sulla necessità di realizzare finalmente in forma integrata il sistema dei trasporti calabrese tutto, potenziando strade, autostrade, reti ferroviarie, aeroporti e porti e rafforzando la rete di trasporto pubblico collettivo calabrese su gomma.
  Però, lo ripeto, noi aspetteremo il Governo con ansia, con tanta ansia, che venga a rispondere sulla nostra mozione e soprattutto sull'ultimo impegno.
  Cioè, vogliamo sapere se sono vere le parole che all'epoca l'ex ministro Maurizio Lupi pronunciò dichiarando che il ponte sullo Stretto è un capitolo chiuso o se sono vere le parole di oggi, di ieri, del Ministro dell'interno Angelino Alfano, che dice che, invece, quella è un'opera assolutamente necessaria che deve essere completata. Ripetiamo: oltre al cortocircuito che c’è all'interno dell'Esecutivo, che non è affar nostro, è viceversa affar nostro sapere quale è il destino di una comunità, quale è il destino di un paesaggio, quale è il destino di un Paese.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Parentela che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00990. Ne ha facoltà.

  PAOLO PARENTELA. Signor Presidente, le scelte operate negli ultimi anni in materia di portualità, logistica, servizi universali ferroviari, nonché collegamenti aerei e stradali hanno fortemente penalizzato la nostra regione, la regione Calabria, costringendola ad una situazione di isolamento e degrado.
  Il diritto alla mobilità dei cittadini calabresi è stato fortemente ridimensionato dal degrado delle infrastrutture esistenti e dalla mancanza di una politica strutturale in grado di razionalizzare le risorse esistenti e programmare un piano di investimenti al passo con le sopravvenute esigenze di mobilità.
  I collegamenti all'interno della regione Calabria e quelli da e per la regione sono stati caratterizzati negli ultimi anni dall'interruzione di strategiche arterie stradali, dalla soppressione di numerosi treni nazionali, dall'isolamento della Calabria ionica, dal ridimensionamento di importanti aeroporti quali quello di Reggio Calabria e Crotone, nonché dalla poca importanza riconosciuta al porto di Gioia Tauro.
  Relativamente alla mobilità stradale, la principale arteria è rappresentata dall'autostrada, la famosa A3, la Salerno-Reggio Calabria, famosissima in tutto il mondo, non certo per la sua efficienza, che ha una estensione complessiva di 443 chilometri, dei quali 118 situati nella regione Campania, 30 in Basilicata e 295 nella regione Calabria.
  Il tracciato è tutt'oggi oggetto di continui lavori di manutenzione, ammodernamento e messa in sicurezza, con pesanti ricadute sulla viabilità stradale. Dal sito dell'ANAS si apprende come, a fronte di 355 chilometri di rete stradale realizzata, sono ancora in corso i seguenti lavori: 20 chilometri con lavori in corso di esecuzione, relativi al macrolotto 3, parte 2, tra gli svincoli di Laino Borgo e Campotenese; 10 chilometri, relativi al tratto finale dell'autostrada tra lo svincolo di Campo Calabro e lo svincolo di Reggio Calabria-Santa Caterina, da sottoporre a intervento di messa in sicurezza, con bando di gara pubblicato a luglio 2015.
  Per i restanti chilometri di autostrada si prevede un piano di interventi di adeguamento e messa in sicurezza dei relativi tratti autostradali, comprensivo anche di alcuni nuovi svincoli richiesti da regioni ed enti locali, in parte già finanziato per quanto riguarda i seguenti tratti: 6 chilometri relativi al tratto tra il viadotto Stupino e il viadotto Altilia, per il quale sono in corso le procedure finalizzate all'appalto dei lavori; 10 chilometri relativi al tratto tra lo svincolo di Rogliano e il viadotto Stupino da appaltare. Sempre da appaltare è l'intervento relativo al nuovo svincolo di Laureana di Borrello, in provincia di Reggio Calabria.
  Come si evince dai dati, signor Presidente, la tratta più interessata dai lavori di messa in sicurezza ed ammodernamento e, Pag. 81dunque, la più critica è quella che interessa la regione Calabria. Vista l'importanza dell'opera, l'entità delle risorse interessate e le caratteristiche del territorio, l'attività di ammodernamento è stata oggetto di diverse indagini sulle infiltrazioni della `ndrangheta nei relativi appalti.
  Nel 2002 con l'operazione denominata «Tamburo» furono eseguite 40 ordinanze di custodia cautelare tra imprenditori, esponenti delle `ndrine e lavoratori dell'ANAS con il sequestro di varie imprese. Nel 2007, con l'operazione «Arca», furono arrestate 15 persone appartenenti a imprese aggiudicatarie di subappalti dell'autostrada.
  Secondo quanto riferito dal collaboratore di giustizia Antonio Di Dieco, le ’ndrine si sarebbero ripartite gli appalti per l'ammodernamento dell'autostrada A3 secondo logiche territoriali, e precisamente: alla famiglia di Castrovillari sarebbe stata affidata la tratta dal confine con la Basilicata fino a Mormanno; alle famiglie della Sibaritide e di Cirò la tratta Mormanno-Tarsia; alle famiglie di Cosenza la tratta Tarsia-Falerna; alle famiglie di Lamezia la tratta Falerna-Pizzo.
  È del tutto evidente, Presidente, come le infiltrazioni malavitose hanno avuto ed hanno tuttora un forte impatto all'interno della situazione in cui si trova attualmente l'autostrada Salerno-Reggio Calabria.
  Le perenni cantierizzazioni hanno ricadute non solo in termini di viabilità, ma anche sugli operai. Infatti, dal 2010 ad oggi hanno perso la vita dodici operai.
  L'ultimo episodio, costato la vita ad un giovane operaio di venticinque anni, precipitato da una altezza di 80 metri, ha portato alla chiusura per svariati mesi del «viadotto Italia», costringendo gli automobilisti diretti a Reggio Calabria a proseguire lungo la strada costiera tirrenica e quelli diretti a Salerno a deviare lungo un tortuoso percorso sulle strette strade di montagna del massiccio del Pollino, evidentemente inadeguate ad accogliere un flusso di traffico così importante e a consentire un passaggio regolare dei mezzi pesanti.
  Nei periodi di chiusura del viadotto, la Calabria ha di fatto vissuto una situazione di reale isolamento e sono state tante le ricadute in termini di mobilità delle persone e delle merci, tanto da indurre il 3 giugno la giunta regionale calabrese a chiedere alla Presidenza del Consiglio dei ministri di indire lo stato di emergenza e di istituire una commissione ministeriale ispettiva per verificare le cause dell'evento e quantificarne gli enormi danni alle attività economiche calabresi.
  Secondo una stima resa nota dall'ANAS, per il completamento dei lavori di messa in sicurezza e per la chiusura di tutti i cantieri, occorrerebbe stanziare 2,3 miliardi di euro, a fronte degli oltre 8 miliardi già stanziati. Tale situazione, caratterizzata da cantierizzazioni costanti, pettorine arancioni presenti in ogni chilometro di strada, deviazioni e tutta una serie di altri disservizi per l'utenza, secondo le previsioni del Presidente del Consiglio dovrebbe risolversi al massimo il prossimo anno con la chiusura di quasi tutti i lavori. Questa previsione risulta poco confortante e veritiera, soprattutto se considerate tutte le affermazioni rese precedentemente dai responsabili e dagli addetti ai lavori, tra i quali Pietro Ciucci, Corrado Passera e Silvio Berlusconi, che avevano indicato il 2013 come data di fine lavori; ovviamente questo non è stato mai mantenuto.
  Nemmeno la tratta dell'A3 che interessa la regione Basilicata è esente da criticità. Sebbene dal sito dell'ANAS non risulti aperto nessun cantiere, i 30 chilometri che attraversano la regione Basilicata sono caratterizzati da numerose deviazioni, chiusure al traffico per lavori incompleti e gravi problemi infrastrutturali. Il tratto lucano, all'altezza della galleria Renazza Lagonegro-Lauria, può certamente essere definita ad alta pericolosità rispetto a tutto il percorso dell'A3. Infatti, si sono susseguiti negli anni numerosi incidenti stradali, anche mortali, causati dalla presenza di ghiaccio e nebbia sul tracciato, poiché inadeguato alle condizioni climatiche del posto. Gli interventi sull'infrastruttura hanno mitigato i disagi, Pag. 82ma non hanno risolto il problema dell'insicurezza della stessa. Negli ultimi mesi, inoltre, sul percorso appena citato, si sono verificati gravi incidenti nei cantieri in conseguenza ad alcune frane, che hanno causato gravi danni alla salute degli addetti ai lavori.
  La seconda arteria stradale regionale per importanza è la strada statale n. 106 «Jonica», anche ribattezzata «strada della morte», che ha un'estensione complessiva, da Taranto a Reggio Calabria, di 491 chilometri, di cui 39 chilometri nella regione Puglia, 37 chilometri in Basilicata e 400 chilometri nella regione Calabria. Non mancano criticità relativamente a questa strada, che risulta essere, lungo il tratto regionale, del tutto inadeguata ad accogliere i volumi di traffico a causa di un'errata progettazione, di una pessima manutenzione, della presenza di guard-rail che sono del tutto fuorilegge e di una cartellonistica pubblicitaria selvaggia, oltre che di una scarsa illuminazione.
  Nella regione Calabria l'ANAS ha previsto sia interventi di adeguamento e messa in sicurezza della strada statale n. 106 esistente nei punti di maggiore pericolosità, sia la realizzazione di nuovi tratti in variante a quattro corsie per la realizzazione di un itinerario di lunga percorrenza. Tratti della nuova strada statale n. 106 a quattro corsie sono stati già realizzati tra Rocca Imperiale e Roseto Capo Spulico, al confine con la Basilicata, per circa 15 chilometri, mentre ulteriori tratti già ammodernati interessano le zone a ridosso dei centri abitati di Gabella Grande (frazione di Crotone), 17 chilometri tra lo svincolo di Squillace di Catanzaro e lo svincolo di Simeri Crichi nell'ambito del megalotto n. 2 (dove attualmente sono in corso i lavori relativi al prolungamento della strada statale) ed infine sul megalotto n. 1, tra Locri e Marina di Gioiosa Ionica, sono stati ultimati circa 12 chilometri ed aperti al transito 10,5 chilometri.
  Questa strada statale «Jonica» dovrebbe essere completamente integrata con l'autostrada Salerno-Reggio Calabria mediante anche la realizzazione di arterie trasversali di collegamento, come la nuova strada statale n. 182, la famosa «Trasversale delle Serre», già in parte in esecuzione, la strada statale n. 280, la strada «dei due mari», e la strada statale n. 534 tra lo svincolo di Firmo e Sibari.
  Sui tratti inaugurati appena tre anni fa si sono realizzati crolli e interruzioni, con conseguente aumento dei costi sostenuti dall'ANAS. Sui tratti interessati dai crolli, la commissione atta a valutare il progetto, nel verbale n. 8 del 9 dicembre 2004 aveva espresso le proprie perplessità, giudicando non valutabili le varianti proposte e poi realizzate contenute nel progetto Astaldi.
  Anche la vicenda relativa alla strada del Medio Savuto, che è stata ribattezzata «la strada che non c’è», potenziale infrastruttura viaria di fondamentale importanza per la Calabria centrale perché progettata per collegare il raccordo autostradale del Medio Savuto, la strada statale n. 616, e la strada dei «dei due mari», la strada statale n. 280, lede fortemente il diritto alla mobilità nella regione Calabria. Questa infrastruttura, progettata per essere un'alternativa veloce e più breve rispetto all'autostrada A3 per raggiungere i principali centri urbani calabresi situati nelle province di Catanzaro e Cosenza, i cui lavori sono iniziati negli anni Ottanta (io in pratica dovevo ancora nascere), ancora non ha visto la luce ed è oggetto di continui finanziamenti da parte del CIPE, senza però che vi siano dei reali sviluppi in termini di realizzazione dell'opera, né tanto meno una copertura totale. Io sono stato sul posto, ho verificato questi cantieri, e ho potuto constatare che stiamo parlando di un «ecomostro» lungo diversi chilometri. Particolarmente importante per la mobilità locale sarebbe una rapida realizzazione dei lavori del secondo lotto, che è stato già finanziato dal CIPE, e l'individuazione delle risorse necessarie a completare l'intero tracciato: questo chiedono i cittadini, che da anni si stanno mobilitando affinché venga ultimata questa importante strada.
  La chiusura al traffico, avvenuta nel lontano 2006, del ponte a due corsie sulla strada provinciale n. 163, sito nella località Pag. 83Savuto presso Nocera Terinese in provincia di Catanzaro, che costituiva l'unica alternativa alla statale tra le province di Catanzaro e di Cosenza, e poi il crollo totale del 2008, stanno provocando enormi disagi a tutta la fascia tirrenica catanzarese-cosentina, sia per quanto riguarda le zone costiere che montane. Di recente, il 20 marzo scorso la delibera n. 68 della giunta regionale calabrese ha riassegnato le somme destinate all'intervento sul ponte e sulle strade di accesso, riducendo in modo incomprensibile la dotazione sul fondo da euro 6 milioni e 500 mila a euro 2 milioni e 462 mila.
  La situazione è resa ancor più grave dalle minacce alla viabilità sulla strada statale n. 18, già danneggiata da anni dalle forti mareggiate in prossimità del porto di Amantea, dove si attende da troppo tempo l'inizio di un lavoro già appaltato dalla regione Calabria, ritardato da inaccettabili lungaggini burocratiche. L'ipotesi verosimile di una interruzione della viabilità di quel tratto porterebbe danni enormi all'economia locale, per non dire degli enormi disagi nella vita quotidiana di migliaia di cittadini calabresi: in quel tratto la Calabria a questo punto rimarrebbe divisa a metà. Altro che ponte sullo Stretto: abbiamo speso per il ponte sullo Stretto, senza nemmeno farlo, quasi 1 miliardo e mezzo di euro; realizziamo magari questo ponte sul Savuto, che serve di più ai cittadini calabresi.
  Analoga situazione, Presidente, di criticità si registra per quanto attiene ai collegamenti ferroviari. Secondo quanto emerso dal rapporto «Pendolaria 2014», in Calabria si è assistito in quattro anni a tagli per il 16,3 per cento, un aumento delle tariffe del 20 per cento, assenza di stanziamenti per il servizio e per il materiale rotabile ed una drastica riduzione sulla quantità di treni per chilometro, che passano da 7,4 a 5,8. Nel corso del 2014 la regione Calabria, inoltre, ha tagliato circa 10 milioni di euro al contratto di servizio con Trenitalia, già impoverito di molto negli ultimi anni. In seguito a questa decisione a partire dallo scorso giugno è stata decretata la soppressione di ben 26 treni regionali solo sulla linea ionica tra Reggio e Metaponto e tra Catanzaro Lido e Lamezia Terme. In seguito alle trattative tra regione e Trenitalia, i tagli poi sono diventati 16 con 10 corse ripristinate; ma allarmano le notevoli riduzioni su alcuni linee, come la ionica e la linea Rosario-Lamezia Terme Centrale via Tropea;
  Drammatica è proprio la situazione della linea Catanzaro Lido-Lamezia Terme, parzialmente rinnovata nel 2008 con la costruzione della variante Catanzaro Lido-Settingiano e della nuova stazione di Catanzaro Germaneto. Infatti, dopo un taglio di 10 milioni di euro da parte della regione sul contratto di servizio avvenuto la scorsa estate, la linea Catanzaro Lido-Lamezia Terme Centrale è stata classificata come tratta a scarso traffico e vede 10 collegamenti al giorno per senso di marcia, di cui solo 3 con treni regionali. Il resto è stato sostituito con autobus: in pratica, si è tornati alla sostituzione dei treni con mezzi su gomma, proprio come nel periodo di interruzione della linea tra il novembre 2011 e l'aprile 2013, a seguito del crollo di un ponte tra Marcellinara e Feroleto Antico. Nonostante sia una linea di 42 chilometri a binario unico, risulta strategica perché unisce i versanti tirrenico e ionico della Calabria, tanto da aver fatto proporre la sua elettrificazione più volte negli ultimi anni.
  I tagli, quindi, aggiungono disagi per un'area, quella jonica, già martoriata sul fronte del trasporto ferroviario e che già da anni non può raggiungere in modo diretto in treno Lamezia Terme Centrale, avendo spezzato i collegamenti regionali provenienti dalla Jonica sud (Reggio Calabria/Roccella Jonica) e da Crotone/Sibari, a Catanzaro Lido.
  Anche le ferrovie montane possono avere un ruolo fondamentale per la mobilità calabrese, anche in termini di sviluppo economico e turistico. Sono molti i comitati che chiedono da tempo di rilanciare il progetto di recupero della linea ferroviaria calabro-lucana, come ad esempio la linea che, dalla piana di Sibari/Spezzano Albanese raggiungeva il Pollino/Lagonegro, servendo ben quattordici paesi Pag. 84e altri sette indirettamente, ma con caratteristiche innovative e funzionali allo sviluppo socio-economico di una vasta area calabrese, in particolare l'area del parco nazionale del Pollino.
  Altro esempio di ferrovia recuperabile è la tratta che collega San Giovanni in Fiore con Camigliatello Silano e che potrebbe collegare anche l'importante città di Crotone.
  In altri Paesi si realizzano le cosiddette greenways, ovvero le vie verdi; in Calabria, oltre alle solite promesse elettorali mai mantenute, abbiamo solo vecchi ricordi e progetti irrealizzati.
  Anche i treni a lunga percorrenza hanno subito dei cambiamenti importanti nel corso degli ultimi anni, mentre addirittura finiranno nel dimenticatoio la maggior parte dei treni notturni, che almeno allo stato attuale sono destinati a scomparire. Tra il 2010 e il 2011 sono stati soppressi quattro intercity notturni e addirittura dodici treni espressi, che permettevano, con un costo contenuto, di collegare questa regione sia con la Sicilia, sia con il resto dell'Italia, soprattutto con Roma. Nel 2013, sono stati tagliati gli espressi diretti a Torino, Milano, Venezia e Bolzano; nel 2012 i tagli più gravi hanno riguardato la linea jonica. In quest'ultimo caso, oltre alla mancanza ormai di passaggio dei treni, con un solo treno al giorno tra Metaponto e Reggio Calabria (ed un cambio a Catanzaro Lido), si assiste anche alla chiusura di biglietterie di stazioni importanti come quelle di Sibari e di Crotone.
  La presenza di servizi su gomma in sovrapposizione al treno, alle porte del 2015, non è più accettabile: sono costi che ingiustamente vengono sostenuti dai cittadini calabresi, peraltro beffati due volte, visto che il servizio è assolutamente poco appetibile a causa degli alti tempi di percorrenza, che sono compresi, quando va bene, tra 45 e 50 minuti per percorrere solo 40 chilometri.
  Alla luce di questa drammatica situazione, che vede la Calabria abbandonata a se stessa per via di politiche inefficienti e clientelari da parte della regione Calabria, impegniamo il Governo ad attuare, per le parti di propria competenza, le opportune iniziative affinché, in tempi rapidi, siano ammodernati o ricostruiti i 20,5 chilometri che necessitano ancora di intervento ed ultimati i 98 chilometri che devono ancora essere cantierizzati e, quindi, ad assumere nuove iniziative concrete finalizzate a definire, in tempi brevi, l'iter conclusivo della famosa autostrada A3 Salerno Reggio-Calabria; ad attuare le opportune iniziative, anche attraverso l'Autorità nazionale anticorruzione, affinché venga eliminato il rischio di infiltrazioni mafiose nell'affidamento di appalti e concessioni per la costruzione, ricostruzione e manutenzione di questa autostrada; ad assicurarsi che all'interno dei cantieri vengano rispettate le normative in materia di sicurezza del lavoro e ad assumere ogni utile iniziativa volta a garantire il reale godimento da parte dei cittadini calabresi del diritto alla mobilità, anche attraverso lo stanziamento di ulteriori risorse da destinare al ripristino, alla rivalorizzazione e implementazione delle linee ferroviarie, anche quelle considerate a scarso traffico, attraverso lo studio di nuovi programmi di mobilità, favorendo, ove possibile, il trasporto su ferro rispetto a quello su gomma; ad adoperarsi affinché vengano potenziati i collegamenti lungo le principali direttrici nazionali e regionali, assicurando una integrazione modale con porti, aeroporti e stazioni ferroviarie; a vigilare affinché venga garantita una rete di collegamenti ferroviari in linea con gli standard nazionali per quanto attiene la velocità e la modernità dei mezzi e ad adoperarsi affinché, relativamente alla famosa strada della morte, la strada statale n. 106, si provveda nel minor tempo possibile, alla messa in sicurezza dei tratti esistenti e alla realizzazione dei nuovi tratti in tempi certi, secondo logiche di correttezza, economicità ed efficienza, rivalutando in alcuni tratti l'analisi costi-benefici e riducendo al minimo l'impatto ambientale dell'opera.
  Per concludere, Presidente, la Calabria è la regione più povera d'Europa, più povera del Paese e la sua gente grida aiuto. Pag. 85Di certo, la presenza della più grossa organizzazione criminale d'Italia e tra le più potenti d'Europa non l'aiutano a decollare, ma neanche l'assenza perpetua dello Stato riesce a dare una mano. La Calabria è abbandonata nel senso più stretto del termine, è lasciata a se stessa, è irraggiungibile per chiunque.
  Nonostante sia terra vocata naturalmente al turismo, grazie alle bellezze che possiede e alla ricchezza del proprio patrimonio storico ed artistico, la Calabria è quasi consegnata al caso: patrimonio, soltanto quando si tratta di recuperare voti in prossimità delle competizioni elettorali, e abbandonata a se stessa, anche grazie a una classe politica che, nei decenni trascorsi, l'ha sedotta e abbandonata, resa schiava delle promesse e del voto di scambio. Una Calabria che è a sud del sud e che possiede infrastrutture viarie degne del medioevo, questa Calabria chiede strade, treni e aerei che possano renderla capace di mostrare al mondo intero le proprie bellezze e non soltanto per portarle via i suoi figli migliori, costretti a fuggire per non tornare più.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Vincenza Bruno Bossio. Ne ha facoltà.

  VINCENZA BRUNO BOSSIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Viceministro, come potremmo definire oggi la situazione dei trasporti in Calabria ? Inesistente come la mia voce, di cui mi scuso.
  Ma chi chiederà scusa alla Calabria e al Mezzogiorno per tutto quello che non si è fatto in questi anni, anzi per i danni che sono stati perpetrati e per i divari che si sono aggravati ? Come ci spiega un illuminante convegno SIPoTra del dicembre 2014, «Una nuova accessibilità per lo sviluppo del Mezzogiorno», in base ai dati Svimez la variazione degli indicatori socio-economici del sud nel periodo 2008-2013 è: meno 13 per cento del PIL; meno 10 per cento dei consumi; meno 28 per cento del valore industriale; 53 per cento in meno degli investimenti nell'industria; 31 per cento di disoccupazione, ma, soprattutto, un saldo migratorio del 70 per cento di giovani – 700 mila persone – e con uno spopolamento previsto nel futuro di 4 milioni di abitanti in meno.
  D'altra parte, questi sono dati che hanno occupato il dibattito di agosto e che, però, mi auguro non si fermino ad agosto, perché dovranno essere alla base della riorganizzazione e della definizione della nuova legge di stabilità 2016. Ma soprattutto – e qui viene il collegamento tra infrastrutture, mancati investimenti in infrastrutture e mancato sviluppo – c’è stata una grande diminuzione degli investimenti pubblici nel sud – il 33 per cento degli investimenti in meno – e abbiamo una ridotazione di infrastrutture di trasporto nel Mezzogiorno che è, in percentuale sul totale nazionale, pari al 25 per cento per le autostrade e al 25 per cento per le ferrovie convenzionali, ma solo il 13 per cento l'Alta velocità (naturalmente nel sud ci sono anche Napoli e Salerno).
  C’è stata, in questi anni, una scarsa programmazione sul terreno della organizzazione delle infrastrutture e c’è stata, poi, una famigerata «legge obiettivo» del 2001, del Governo Berlusconi, che ha reso ancora più vane e scoordinate le iniziative. A questo aggiungiamo uno studio ancora più recente dell'Istituto Tagliacarne, che considera che il sud patisce un gap del 34 per cento rispetto al nord-est sulle infrastrutture economiche e sui trasporti, che, se si tolgono quelle portuali, sale addirittura al 37 per cento.
  Quindi, abbiamo avuto in questi anni una responsabilità collettiva nei confronti del Mezzogiorno e non un'incapacità genetica delle classi meridionali, che pure sicuramente hanno le loro responsabilità in termini di scarsa qualità delle classi dirigente locali e, soprattutto, della presenza mafiosa della ’ndrangheta e della camorra. Ma abbiamo avuto, oggi e negli ultimi anni anche, una spending review che ha colpito, soprattutto nel Mezzogiorno, la spesa in conto capitale, considerando non solo la PA, ma anche le grandi società, quali ENI, Poste e Ferrovie dello Stato.Pag. 86
  Penso ai cittadini e alle imprese del Mezzogiorno e della Calabria, che si confrontano ogni giorno con questi dati, che sembrano così astratti, ma che, nella vita quotidiana, diventano servizi di trasporto insufficienti e inadeguati, una rete di infrastrutture carente, sia da un punto di vista quantitativo sia qualitativo, e che rappresentano, appunto, gli ostacoli strutturali per la vivibilità, per la stessa percezione del Mezzogiorno e della Calabria come spazio economico e sociale comune.
  Queste carenze di infrastrutture e di servizi per lo sviluppo, derivanti, quindi, da anni di una politica caratterizzata dall'assenza di una visione strategica, incapace finora di guidare la crescita della competitività del sistema economico, del benessere dei cittadini, della vivibilità del territorio, devono essere opportunamente colmate, anche perché ci troviamo in regioni ex Obiettivo convergenza; regioni che dovevano avere i fondi europei come fondi aggiuntivi, non sostitutivi.
  In particolare, ci troviamo in Calabria con una difficoltà di movimento da e per la Calabria nei collegamenti interregionali, nazionali e internazionali, sia per le merci che per i passeggeri. Vi è una bassissima accessibilità: si è parlato, nel momento in cui è caduto il «viadotto Italia», quasi di un problema di continuità territoriale. A questo si collega un'assenza di adeguato sviluppo economico nella regione, che poi genera una disparità economica e sociale tra i cittadini soprattutto rispetto al diritto alla mobilità.
  Quindi, bisogna garantire una maggiore qualità dei servizi di trasporto e un recupero di questo divario infrastrutturale storico come precondizione per lo sviluppo non solo del sud o della Calabria, ma dell'intero Paese. Si tratta, insomma, investendo nel sud e nella Calabria, di decidere se il Mezzogiorno e l'Italia devono essere periferia dell'Europa o centro del Mediterraneo. E quindi è solo questo, allora, il modo con cui la Calabria, punta estrema di questa Italia e del Mediterraneo, può assumere questa collocazione nell'Europa e diventare, da realtà problematica e marginale, un territorio privilegiato del Mediterraneo, un grande bacino di scambi, la frontiera di una possibilità da cogliere.
  Cosa fare ? Sicuramente, le infrastrutture sono un elemento chiave per lo sviluppo, però anche a patto di essere programmate sulla base delle caratteristiche geografiche e strutturali proprie del territorio e pensate anche in un'ottica di integrazione e sostenibilità. Le analisi effettuate di recente da alcuni esperti della regione Calabria hanno evidenziato come tra le carenze nel sistema delle infrastrutture vi sia anche un problema di definizione di opere per la messa in sicurezza del territorio. Non si può non tenere conto che la Calabria è una delle regioni italiane caratterizzate da maggiore rischio idrogeologico e sismico.
  Dunque, abbiamo sostanzialmente la possibilità di andare verso una direzione che guardi soprattutto alla questione delle strade. Le strade sono la principale arteria, ma sono comunque strade che hanno problemi emergenziali per quel che riguarda le direttrici principali, come la A3, la SS 106 e la statale 18. In particolare, è necessario intervenire sui corridoi stradali e autostradali, risolvendo puntualmente criticità sul corridoio tirrenico e sul corridoio jonico.
  Vi è una novità da questo punto di vista: praticamente, è in corso di attuazione un'intesa di programma-quadro tra la regione Calabria e il Ministero delle infrastrutture che, sostanzialmente, sta cominciando ad individuare puntualmente le questioni da affrontare.
  Ma vi è un problema, secondo me, quasi più serio della questione delle strade, che è la questione delle ferrovie. Fino a vent'anni fa tra Roma e Milano e Roma e Reggio Calabria si registrava lo stesso tempo di percorrenza. Oggi Roma-Milano si percorre in 2 ore e 30 minuti e Roma-Reggio Calabria in almeno sei ore. Vi è solo un treno Frecciargento, che, praticamente, non riesce a servire in alcun Pag. 87modo le altre città: Crotone, per esempio, e la stessa Catanzaro, che non sono, sostanzialmente, su quell'asse della traiettoria tirrenica.
  Allora, che cosa bisogna fare ? Bisogna puntare soprattutto praticamente sulla possibilità che si dia impulso a un'idea integrata del territorio, che intervenga sicuramente sulla Salerno-Reggio Calabria, ma soprattutto lavori sulle trasversali, intervenga puntualmente sulle criticità della tirrenica e della ionica e soprattutto riesca a risolvere il problema dell'accessibilità.
  Per l'accessibilità, la questione dell'Alta velocità diventa una questione dirimente. Il Presidente del Consiglio Renzi, l'altra volta, ha detto che non è giusto che non ci sia per il sud l'Alta velocità e non è vero che Delrio il giorno dopo abbia detto: no, l'Alta velocità non ci può essere. Delrio ha posto un problema, che dovrà essere risolto in quest'intesa di programma. Ovvero uno studio di fattibilità che consenta di capire qual è l'investimento effettivo dell'Alta velocità nel Mezzogiorno, magari andando anche a mettere in discussione quello che è stato il modello dell'Alta velocità finora realizzato in Italia, ovvero un'Alta velocità che immaginava di vedere insieme merci e passeggeri e, invece, puntare ad un'Alta velocità sostanzialmente dei passeggeri. Anche perché il tema delle merci è soprattutto legato allo sviluppo del porto di Gioia Tauro, che rappresenta il porto principale che, per così dire, si affaccia sul Mediterraneo e che diventa la base più importante anche all'indomani del raddoppio del canale di Suez.
  Allora, bisogna intervenire sul porto di Gioia Tauro, realizzando la zona economica speciale, come sta proponendo la regione Calabria, sviluppando il gateway ferroviario che lo colleghi sostanzialmente alla ferrovia e modifichi anche le sagome delle gallerie, in maniera tale da potere fare passare i container, spostando poi il trasporto merci sostanzialmente verso l'Adriatico. Anche perché il porto di Gioia Tauro è il centro, è l’hub, di una serie di porti della Calabria, che vanno da Corigliano a Vibo Valentia e alla stessa Reggio Calabria.
  Così come bisognerà sviluppare sulle città una capacità di collegamento ancora una volta su ferro, soprattutto nelle due città di Cosenza e di Catanzaro, dove già sono previsti interventi per le metropolitane leggere, che collegheranno il centro della città con le università di Germaneto e di Arcavacata. Ma bisogna poi fare in modo che questi due, per così dire, punti universitari e di sviluppo della regione si colleghino tra di loro attraverso, anche in questo caso, uno studio di fattibilità che è in corso, perché venga modificato in parte il tracciato della vecchia ferrovia della Calabria, per riuscire in questo modo ad andare oltre quello che è il dato attuale della regione, che vede una prevalenza superiore della gomma sul ferro, in generale in Italia, ma in Calabria ancora di più. Invece si porterebbero in questo modo, proprio nella logica della sostenibilità e dell'impatto ambientale, sempre più persone sostanzialmente sul trasporto ferroviario.
  Tutto questo naturalmente sta dentro un programma europeo, perché le nostre reti ferroviarie, i nostri porti, i nostri tracciati sono dentro i corridoi europei. Ma in questo modo – e mi avvio alla conclusione – dobbiamo soprattutto riuscire a fare in modo che lo sviluppo di questa regione non sia la puntuale e piccola questione campanilistica, ma diventi un unico sistema, accelerando la firma dell'accordo di programma quadro, utilizzando i fondi nazionali, regionali ed europei in maniera integrata, per riuscire ad arrivare a quel risultato che il vescovo di Cosenza, già vescovo di Potenza, l'altro giorno al suo insediamento diceva: «Cristo si è fermato ad Eboli, ma veniva da sud».

  PRESIDENTE. Non essendovi altri iscritti a parlare, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.
  Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire successivamente.Pag. 88
  Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Annunzio della presentazione di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissione in sede referente (ore 18,50).

  PRESIDENTE. Il Presidente del Consiglio dei ministri ha presentato alla Presidenza il seguente disegno di legge, che è stato assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alla XI Commissione (Lavoro):

  «Conversione in legge del decreto-legge 20 settembre 2015, n. 146, recante misure urgenti per la fruizione del patrimonio storico e artistico della Nazione» (3315) – Parere delle Commissioni I, II, V e VII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento) e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

  Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dal comma 1 del predetto articolo 96-bis, è altresì assegnato al Comitato per la legislazione.

Annunzio della Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2015.

  PRESIDENTE. Il Presidente del Consiglio dei ministri, in data 19 settembre 2015, ha trasmesso, ai sensi degli articoli 7, comma 2, lettera b), e 10-bis della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni, la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2015 (Doc. LVII, n. 3-bis). Alla Nota sono allegate le relazioni sulle spese di investimento e sulle relative leggi pluriennali, previste dal predetto articolo 10-bis (Allegato I), il rapporto sui risultati conseguiti in materia di misure di contrasto dell'evasione fiscale, di cui all'articolo 2, comma 36.1, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148 (Allegato II), nonché la relazione ai sensi dell'articolo 6, comma 5, della legge 24 dicembre 2012, n. 243 (Allegato III).

  La Nota di aggiornamento e i relativi allegati sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e, per il parere, a tutte le altre Commissioni permanenti e alla Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Martedì 22 settembre 2015, alle 10:

  1. – Svolgimento di una interrogazione.
  (ore 11)

  2. – Seguito della discussione del disegno di legge:
   modifiche al codice penale e al codice di procedura penale per il rafforzamento delle garanzie difensive e la durata ragionevole dei processi nonché all'ordinamento penitenziario per l'effettività rieducativa della pena (C. 2798-A).
   e delle abbinate proposte di legge: FERRANTI ed altri; FERRANTI ed altri; FERRANTI ed altri; CAPARINI ed altri; FRATOIANNI e DANIELE FARINA; DI LELLO; ERMINI ed altri; GULLO; GULLO; BRUNO BOSSIO ed altri (C. 370-372-373-408-1285-1604-1957-1966-1967-3091).

  — Relatori: Ferranti, per la maggioranza; Ferraresi, di minoranza.

  La seduta termina alle 18,55.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO ANDREA MARTELLA SUL DISEGNO DI LEGGE N. 3012-A.

  ANDREA MARTELLA, Relatore per la maggioranza per la X Commissione. L'Assemblea Pag. 89inizia oggi l'esame del primo disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza previsto dall'articolo 47 della legge 23 luglio 2009, n. 99 (Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia), quale strumento periodico di rimozione dei numerosi ostacoli, normativi e non, ancora presenti nei mercati dei prodotti e dei servizi.
  Sono molti i motivi per cui questo disegno di legge è importante e merita tutta l'attenzione che ha avuto – e che avrà – da parte del Parlamento.
  Uno di questi motivi è ovviamente di merito: riguarda i temi vasti e complessi che affronta. E riguarda il fatto che si tratta della prima legge annuale per la concorrenza e l'apertura dei mercati. Un adempimento atteso da sei anni, dal 2009.
  Un altro motivo è legato all'esigenza di far recuperare competitività all'Italia. Per favorire la crescita, il Governo in questi mesi ha seguito una strategia in cui le riforme, fiscali, finanziarie e del mercato del lavoro, si accompagnano alle politiche di sostegno della domanda interna. Una strategia che sta dando risultati incoraggianti, come dimostrano le revisioni al rialzo delle stime del PIL per l'anno in corso e per i prossimi anni.
  La politica di stimolo della competitività del sistema italiano si arricchisce ora con le misure a tutela della concorrenza, che mirano a rimuovere le barriere che ostacolano l'ingresso di nuovi soggetti sul mercato, agevolare il libero esercizio dell'attività imprenditoriale, aumentare la trasparenza dei mercati e a migliorare la consapevolezza e la mobilità della clientela, ridurre oneri non giustificati dalla tutela di alcun interesse pubblico primario.
  Il disegno di legge al nostro esame, rimuovendo gli ostacoli alla concorrenza, rimuove quei «colli di bottiglia» – come li ha definiti il Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato Pitruzzella – che bloccano lo sviluppo della nostra economia.
  Colpa di livelli di concorrenza troppo bassi, di regolamentazioni troppo onerose e di oneri non giustificati, di una burocrazia che continua troppo spesso ad essere pesante e soffocante.
  È l'Unione Europea ad aver sottolineato l'importanza di promuovere l'apertura dei mercati: nelle Raccomandazioni sul Programma nazionale di riforma 2015, approvate dal Consiglio europeo ECOFIN lo scorso 14 luglio, in cui si ribadisce – tra gli obiettivi posti all'Italia per il 2015 e 2016 (Raccomandazione n. 6) – la necessità di intraprendere un'azione decisiva per rimuovere le ulteriori e residue barriere in tutti gli ambiti disciplinati dal diritto della concorrenza. Come ha riconosciuto la stessa Commissione UE nel documento sugli squilibri macroeconomici di marzo 2015 con specifico riferimento all'Italia, lo strumento della legge annuale sulla concorrenza costituisce un significativo punto di partenza per mettere in moto un meccanismo positivo nell'ambito del quale gli ostacoli regolamentari alla concorrenza vengono periodicamente esaminati e rimossi.
  Anche il Presidente della BCE Mario Draghi, nel corso della sua audizione alla Camera del marzo scorso, ha ricordato come «soprattutto in Italia è cruciale migliorare il contesto in cui operano le imprese. L'efficienza della pubblica amministrazione, un buon funzionamento del mercato del lavoro, la promozione della concorrenza sono essenziali.».
  Il Documento di economia e finanza dello scorso aprile attribuisce grande rilievo alla concorrenza, tanto da collegare il provvedimento al nostro esame alla manovra di finanza pubblica: le politiche di apertura dei mercati, insieme a quelle più generalmente ricomprese nel capitolo «competitività», sono stimate avere un effetto sulla crescita del PIL pari a 0,4 punti fino al 2020 e a 1,2 nel lungo periodo.
  Le finalità del disegno di legge in esame sono, pertanto, individuate (dall'articolo 1) nella rimozione degli ostacoli regolatori all'apertura dei mercati, nella promozione della concorrenza e nella garanzia della Pag. 90tutela dei consumatori, anche in applicazione dei princìpi del diritto dell'Unione europea, nonché delle politiche europee in materia di concorrenza.
  Come stabilito anche dalla Corte costituzionale (sentenza n. 200 del 2012) le politiche di «ri-regolazione» possono essere in grado di aumentare il livello di concorrenzialità dei mercati e permettere ad un maggior numero di operatori economici di competere, valorizzando le proprie risorse e competenze. In tal modo si favorisce la riduzione dei costi di produzione per le imprese e dei prezzi finali per i consumatori, perseguendo, al contempo, principi di equità e di giustizia sociale. Perché ridurre le rendite derivanti da posizioni di monopolio significa aprire nuove opportunità a chi prima era escluso e garantire la libertà di scelta dei consumatori, con la possibilità di tutelare i più deboli.
  L'obiettivo, per quanto reso più difficile dalla crisi di questi anni, deve cioè restare quello di mantenere l'equilibrio tra crescita, libertà politica ed economica, e coesione sociale: la famosa «quadratura del cerchio» di cui parlava Ralf Dahrendorf.
  Passando al merito del provvedimento, ricordo che la procedura di cui all'articolo 47 della legge 23 luglio 2009, n. 99, prevede che il Governo, entro 60 giorni dalla trasmissione della Relazione annuale dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato (a sua volta presentata entro il 31 marzo), è tenuto a presentare alle Camere un disegno di legge annuale che dovrà contenere norme di immediata applicazione ovvero deleghe al Governo nonché l'autorizzazione all'adozione di eventuali regolamenti o decreti ministeriali per l'attuazione dei pareri e delle segnalazioni dell'Autorità. Il Governo ha preso in considerazione la segnalazione (S.1137 – Proposte di riforma concorrenziale ai fini della legge annuale per il mercato e la concorrenza anno 2014) del luglio 2014 che, proprio ai fini della predisposizione del disegno di legge annuale per la concorrenza, evidenzia gli ambiti di mercato ove sono presenti tuttora barriere alla competizione, in cui la trasparenza è insufficiente o la domanda è ingessata, anche alla luce delle raccomandazioni della Commissione europea e delle altre istituzioni internazionali in tema di concorrenza e apertura dei mercati.
  Il disegno di legge in esame interviene in molti dei settori indicati dall'Autorità: assicurazioni, con particolare riguardo al campo della RC Auto; fondi pensione; comunicazioni; servizi postali; energia e distribuzione in rete di carburanti per autotrazione; banche; professioni; distribuzione farmaceutica.
  Per quanto riguarda l’iter di esame compiuto dalle Commissioni riunite Finanze e Attività produttive occorre sottolineare, innanzitutto, che è stata svolta un'attività istruttoria assai approfondita. Per fornire solo alcuni dati statistici, le Commissioni VI e X hanno svolto 16 sedute in sede referente per una durata complessiva pari a 24 ore e 35 minuti. Hanno poi svolto 16 sedute di audizioni informali (per un totale di 49 soggetti auditi) per una durata di 28 ore e 10 minuti. In particolare, le audizioni si sono protratte per oltre un mese. Sono intervenuti l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, l'IVASS, l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, l'Autorità di regolazione dei trasporti, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, i rappresentanti dell'Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici (ANTA) e dell'Associazione Bancaria Italiana (ABI), numerosi rappresentanti del settore delle assicurazioni e del credito, Unioncamere, rappresentanti delle organizzazioni datoriali, del settore dei fondi pensione, del notariato, del settore dell'avvocatura, del settore delle professioni, del settore postale, delle organizzazioni delle vittime della strada e degli operatori della sicurezza stradale, del settore delle autoriparazioni, del settore delle farmacie e parafarmacie, delle organizzazioni sindacali, nonché delle associazioni di tutela dei consumatori. In conclusione, sono intervenute la Ministra dello sviluppo economico, Federica Guidi, e la Commissaria europea per la Concorrenza, Margrethe Vestager. Al termine di tale intensa istruttoria Pag. 91legislativa, al fine di recepire alcune delle principali sollecitazioni pervenute dai soggetti auditi e di raccogliere alcune indicazioni contenute nelle numerose proposte emendative (oltre 1.300) presentate da tutti i gruppi parlamentari, nello scorso mese di luglio i relatori hanno presentato una serie di emendamenti relativi agli articoli 7 (risarcimento del danno non patrimoniale nel settore delle assicurazioni), 19 (energia), 22 (distribuzione dei carburanti), 26 (professione forense), 27 (notariato), 29 (disciplina delle società a responsabilità limitata) e 32 (distribuzione farmaceutica) nonché un articolo aggiuntivo all'articolo 24, recante misure di tutela degli utenti dei servizi di trasporto di linea. L'approvazione di queste proposte emendative, ulteriormente migliorate dal contributo di circa 350 subemendamenti presentati dai rappresentanti tutti i gruppi parlamentari, ha dato luogo a rilevanti modifiche del testo presentato dal Governo, se non addirittura ad una sua completa riscrittura, come nel caso degli articoli 19-21 relativi all'energia.
  Il provvedimento risulta così profondamente modificato, passando dagli originali 32 articoli del testo presentato dal Governo alle Camere agli attuali 50 del testo licenziato dalle Commissioni.
  Questo non impedirà che, nella discussione, qualcuno dei colleghi richiami qualche aspetto insufficiente o persino assente. Nessuna sorpresa, dunque, per le osservazioni o le critiche che verranno portate nel corso di questo dibattito.
  Voglio solo sottolineare un fatto: questa non è «la» legge che risolve una volta per tutte i nodi della concorrenza e dell'apertura dei mercati in Italia. Questa è «una» legge annuale, la prima, sulla concorrenza. È la prima tappa di un percorso. È il primo risultato di un lavoro che dovrà proseguire con continuità e con una chiara direzione di marcia.
  Per quanto attiene ai contenuti del provvedimento di competenza della Commissione attività produttive, con riguardo al settore delle comunicazioni, l'articolo 16 prevede che nei contratti per servizi di telefonia, televisivi e di comunicazioni elettroniche: le spese e gli altri oneri di recesso e trasferimento dell'utenza siano noti, commisurati al valore del contratto e comunicati in via generale all'Agcom; le modalità di recesso siano semplici e analoghe a quelle di attivazione; nel caso di offerte promozionali il contratto non possa avere durata superiore a ventiquattro mesi e la penale (ovvero il «costo di uscita», secondo la nuova formulazione delle Commissioni) sia equa e proporzionata al valore del contratto; i gestori debbano avere il previo consenso espresso dai clienti per l'eventuale addebito del costo di servizi in abbonamento offerti da terzi.
  Con il nuovo articolo 16-bis viene inoltre istituito presso il Ministero dello sviluppo economico il Registro dei soggetti che utilizzano indirettamente risorse nazionali di numerazione.
  L'articolo 17 prevede l'utilizzo del Sistema Pubblico dell'Identità Digitale (SPID), per semplificare le procedure di migrazione dei clienti tra operatori di telefonia mobile e le procedure per l'integrazione di SIM aggiuntive richieste da utenti già clienti di un operatore (SIM aggiuntive, upgrade di SIM, sostituzioni di SIM) attraverso l'utilizzo dell'identificazione indiretta del cliente (cioè senza bisogno di usare un documento di identità) in via telematica (articolo 17).
  Con riferimento ai pagamenti digitali, si introduce la possibilità di utilizzare la bigliettazione elettronica attraverso strumenti di pagamento in mobilità, anche attraverso l'addebito diretto su credito telefonico, per l'acquisto di titoli d'accesso a luoghi di cultura, manifestazioni culturali e spettacoli (nuovo articolo 17-bis).
  Si prevede infine (nuovo articolo 17-ter), che sia aggiornato, entro tre mesi dall'entrata in vigore della legge in commento, il regolamento recante istituzione e gestione del registro pubblico degli abbonati che si oppongono all'utilizzo del proprio numero telefonico per vendite o promozioni commerciali al fine di estendere la disciplina in essere – che attualmente disciplina il solo uso della numerazione telefonica degli abbonati con finalità commerciali Pag. 92– anche alle ipotesi di impiego della posta cartacea alle medesime finalità.
  Con riferimento alla tariffazione delle chiamate verso numerazioni non geografiche, ossia le numerazioni per cui è prevista una tariffazione differenziata ed indipendente dalla collocazione geografica del chiamante, si stabilisce che la tariffazione abbia inizio solo dalla risposta dell'operatore (nuovo articolo 17-quater).
  Con riguardo al settore cinematografico, con il nuovo articolo 16-ter, all'Autorità garante della concorrenza e del mercato viene attribuito il potere di adottare i provvedimenti necessari per eliminare o impedire il formarsi di fenomeni distorsivi della concorrenza, nelle modalità previste dalla disciplina generale in materia, ove sul mercato di riferimento un unico soggetto, ivi comprese le agenzie territoriali, anche in una sola delle dodici città capozona della distribuzione cinematografica, detenga, direttamente o indirettamente, una posizione dominante nel mercato della distribuzione cinematografica, con particolare riferimento ai soggetti che operano contestualmente anche in uno dei seguenti settori (produzione, programmazione, esercizio, edizione o distribuzione di servizi televisivi, on line o telefonici). Si prevede inoltre che l'AGCM rediga una relazione annuale sullo stato della concorrenza nel settore della distribuzione cinematografica.
  Con riguardo ai servizi postali, con l'articolo 18 è soppressa, a decorrere dal 10 giugno 2016, l'attribuzione in esclusiva alla società Poste italiane Spa (quale fornitore del servizio universale postale) dei servizi inerenti le notificazioni e comunicazioni di atti giudiziari nonché dei servizi inerenti le notificazioni delle violazioni del codice della strada.
  Con riferimento al settore dell'energia, gli articoli da 19 a 21, nel testo originario del disegno di legge costituivano un gruppo di disposizioni volte ad eliminare, a partire dal 2018, il regime di «maggior tutela», ossia la disciplina che prevede la definizione, da parte dell'Autorità per l'energia, delle tariffe del gas e dell'energia elettrica per i consumatori che non abbiano ancora scelto un fornitore sul mercato libero.
  Nel corso dell'esame presso le Commissioni riunite, questo gruppo di disposizioni è stato interamente riscritto, soprattutto con l'inserimento di norme a tutela dei consumatori, mantenendo comunque intatta l'intenzione iniziale di liberalizzare, dal 2018, la vendita ai clienti finali di energia in Italia, con l'eliminazione dei prezzi regolamentati. Le disposizioni in materia sono ora contenute negli articoli da 19 a 19-octies (gli articoli 20 e 21 sono stati soppressi).
  Più in dettaglio l'eliminazione, a partire dal 2018, del regime di «maggior tutela» è condizionata al raggiungimento di specifici obiettivi nei due mercati del gas e dell'energia elettrica: qualora almeno una delle cinque condizioni poste dal DDL non risulterà rispettata, sulla base delle evidenze di una procedura amministrativa per la verifica delle condizioni della piena liberalizzazione dei mercati retail, scatterà una proroga di sei mesi in sei mesi del passaggio definitivo alla piena liberalizzazione, fino all'integrale raggiungimento degli obiettivi (articoli 19, 19-bis e 19-quater).
  In particolare, l'articolo 19-ter predispone una procedura finalizzata ad ottenere offerte di fornitura di energia elettrica e gas e garantirne la confrontabilità. Anzitutto, il comma 1, richiede all'AEEGSI di realizzare (entro il 30 giugno 2016) un portale informatico per la raccolta e la pubblicazione delle offerte sul mercato retail. L'indipendenza dei contenuti del portale è garantita da un Comitato tecnico costituito appositamente presso l'AEEGSI, a cui partecipano un rappresentante di ciascuno dei seguenti enti: AEEGSI; MiSE; Antitrust; organizzazioni dei consumatori non domestici maggiormente rappresentative (un rappresentante designato d'intesa); operatori di mercato; Consiglio Nazionale dei Consumatori e degli Utenti.
  Dal 1o marzo 2016, si pone l'obbligo agli operatori che vendono energia elettrica o gas che abbiano più di 50 mila clienti, di inviare all'AEEGSI e pubblicare sul proprio sito: almeno una proposta di Pag. 93offerta di fornitura a prezzo variabile per le utenze domestiche e non domestiche; almeno una proposta di offerta di fornitura a prezzo fisso per le utenze domestiche e quelle non domestiche alimentate in bassa tensione.
  L'articolo 19-ter.1 stabilisce che all'AEEGSI adotti, entro 90 giorni dall'entrata in vigore della legge, linee guida per la promozione delle offerte commerciali di energia elettrica e gas a favore di gruppi di acquisto, con particolare riguardo alla confrontabilità, trasparenza e pubblicità delle offerte.
  L'articolo 19-quater prevede un monitoraggio relativamente al raggiungimento di una serie di obiettivi ai fini della cessazione del regime di maggior tutela, con la possibilità di prorogare le scadenze del 1o gennaio 2018 per il mercato dell'energia elettrica e per quello del gas. A tal fine, il comma 1 richiede all'AEEGSI di trasmettere al MISE, entro il 30 aprile 2017, un Rapporto sul monitoraggio dei mercati retail dell'energia elettrica e del gas, con particolare riferimento ad una serie di indicatori riguardanti: l'operatività del portale per la confrontabilità delle offerte; il rispetto delle tempistiche di switching (cambio di fornitore entro 3 settimane); il rispetto delle tempistiche di fatturazione e conguaglio (conguaglio definitivo a seguito di un eventuale cambiamento del fornitore dopo non oltre sei settimane); l'operatività del Sistema Informativo Integrato, come gestore della banca dati dei punti di prelievo e dei dati identificativi dei clienti finali; l'implementazione della separazione del marchio tra le imprese di distribuzione e di vendita verticalmente integrate (in particolare si fa riferimento al divieto per il gestore del sistema di trasmissione di creare confusione circa l'identità distinta dell'impresa verticalmente integrata o di una parte di essa, per quanto riguarda l'identità dell'impresa, la politica di comunicazione e di marchio nonché i locali).
  Il MiSE, sulla base dei dati in esso contenuti, sentita l'Antitrust, emana un decreto in cui dà conto del raggiungimento degli obiettivi ai fini della cessazione del regime di maggior tutela.
  L'articolo 19-sexies pone l'AEEGSI a garanzia della pubblicazione e diffusione delle informazioni sulla piena apertura del mercato e sulle condizioni di svolgimento dei servizi, del trattamento efficace dei reclami e delle procedure di conciliazione, potendosi avvalere in questa attività della società Acquirente Unico Spa.
  L'articolo 19-septies demanda ad un decreto del MiSE, la revisione della disciplina del bonus elettrico e del bonus gas per i clienti economicamente svantaggiati e per quelli che versano in gravi condizioni di salute tali da richiedere l'utilizzo di apparecchiature alimentate ad energia elettrica, necessarie per il loro mantenimento in vita. Tale decreto disciplina le modalità di erogazione dei benefici economici individuali anche alternative rispetto alla compensazione della spesa, individuando una corresponsione congiunta delle misure di sostegno alla spesa per energia elettrica e gas, e rimodula l'entità degli stessi tenendo conto dell'ISEE. Si ricorda che, attualmente, l'importo del bonus viene scontato direttamente sulla bolletta, non in un'unica soluzione, ma suddiviso nelle diverse bollette corrispondenti ai consumi dei 12 mesi successivi alla presentazione della domanda.
  L'articolo 19-octies contiene misure per la trasparenza dei mercati dell'energia elettrica e del gas. Per quanto concerne la sola vendita di energia elettrica, i commi da 1 a 3 prevedono l'istituzione presso il MiSE, dal 1o gennaio 2016, di un elenco dei soggetti abilitati alla vendita ai clienti finali. L'inclusione e la permanenza nell'elenco è condizione necessaria per lo svolgimento delle attività di vendita di energia elettrica ai clienti finali. I requisiti e le modalità per l'iscrizione all'elenco sono stabiliti con decreto MiSE, da emanarsi entro 90 giorni, su proposta dell'AEEGSI. L'elenco è pubblicato sul sito internet del MiSE e aggiornato mensilmente. Il comma 4 inserisce i soggetti autorizzati alla vendita a clienti finali di energia elettrica e gas naturale tra quelli Pag. 94che partecipano al sistema di prevenzione delle frodi, istituito presso il Ministero dell'economia.
  Con riferimento alla distribuzione dei carburanti, il testo originario del decreto (articolo 22) eliminava una barriera all'entrata per l'installazione di nuovi impianti di distribuzione di carburanti, disponendo che non possa essere posto in nessun caso il vincolo della presenza contestuale di più tipologie di carburanti. Durante l'esame parlamentare l'articolo è stato sostituito e il nuovo testo non elimina più il vincolo della presenza contestuale di più tipologie di carburanti, ma vieta di subordinare l'installazione e l'esercizio di un impianto di distribuzione di carburanti ad altri obblighi, salvo quelli stabiliti con decreto del MISE, di concerto con il Ministero dell'economia.
  Sempre nel corso dei lavori parlamentari, è stato inserito un articolo aggiuntivo (articolo 22-bis) in tema di razionalizzazione della rete di distribuzione carburanti, che prevede la verifica della compatibilità degli impianti, per quanto concerne i soli aspetti attinenti la sicurezza della circolazione stradale. Contestualmente all'iscrizione all'anagrafe degli impianti stradali di distribuzione di benzina, gasolio, GPL e metano della’ rete stradale e autostradale, infatti, i titolari devono presentare una dichiarazione attestante che l'impianto ricade o non ricade in una delle fattispecie di incompatibilità (definite dalla normativa regionale e dalla norma in esame ai commi 12 e 13, che riguardano, rispettivamente, gli impianti ubicati all'interno e all'esterno dei centri abitati). Nel caso in cui l'impianto ricada nelle fattispecie di incompatibilità, il titolare può impegnarsi all'adeguamento, da completare entro un anno. Se invece non si impegna all'adeguamento, deve cessare l'attività di vendita entro 9 mesi e procedere allo smantellamento. La norma dettaglia inoltre le procedure e le sanzioni da porre in essere nei casi in cui l'impianto sia incompatibile ma il titolare non cessi l'attività di vendita, nei casi di mancato invio della dichiarazione e nei casi in cui sia accertata la non compatibilità di un impianto dichiarato compatibile; l'autorizzazione all'installazione di nuovi impianti; le procedure di dismissione degli impianti che chiuderanno entro tre anni. In tali casi, sono previste procedure semplificate di dismissione, che consistono nello smantellamento delle attrezzature fuori terra, nella rimozione dei fondami e degli eventuali prodotti residui presenti nei serbatoi, nella messa in sicurezza delle strutture interrate e, se necessario a causa di una contaminazione, nell'esecuzione di indagini ambientali. La rimozione delle strutture interrate dovrà essere effettuata dai titolari degli impianti in caso di riutilizzo dell'area.
  Nel corso dell'esame parlamentare, è stata inserita una norma (articolo 22-ter) che riguarda l'accesso da parte dei produttori al mercato di gestione autonoma degli imballaggi. Al fine di favorire l'accesso a tale mercato, viene sospeso l'obbligo di corrispondere il contributo ambientale a seguito del riconoscimento del progetto e fino al provvedimento definitivo che accerti il funzionamento o il mancato funzionamento del sistema, e ne dia comunicazione al Consorzio. La normativa attualmente vigente prevede che i produttori che vogliano attuare la gestione autonoma debbano presentare all'Osservatorio nazionale sui rifiuti il progetto del sistema di gestione richiedendone il riconoscimento. Il recesso dai Consorzi è efficace solo dal momento in cui, intervenuto il riconoscimento, l'Osservatorio accerti il funzionamento del sistema e ne dia comunicazione al Consorzio. Fino a tale momento permane l'obbligo di corrispondere il contributo ambientale. È stato inoltre sostituito (articolo 22-quater) il parere del CONAI con quello dell'ISPRA, in quanto organo indipendente e privo di conflitto di interessi.
  Con riguardo alle misure per la concorrenza nei servizi professionali (articolo 26), nelle società tra avvocati viene limitato il ruolo dei soci di solo capitale, richiedendo che per l'iscrizione all'albo i soci professionisti rappresentino almeno due terzi del capitale sociale, e dei diritti di voto; il venir meno di tale requisito, non Pag. 95ripristinato entro sei mesi, determina la cancellazione della società dalla apposta sezione dell'albo degli avvocati. È, inoltre, stabilito che in tale sezione dell'albo deve essere resa disponibile la documentazione storica sulla composizione della società stessa; che l'amministrazione della società non può essere affidata a soggetti esterni; che il socio che esercita la prestazione professionale ne risponde, dovendo assicurare, per tutta la durata dell'incarico la propria indipendenza e imparzialità, dichiarando eventuali conflitti di interesse o incompatibilità; che la sospensione o radiazione dall'albo del professionista costituisce causa di esclusione dalla società (è, quindi, escluso che l'avvocato sospeso dall'albo possa restare all'interno della compagine sociale in qualità di socio di capitale).
  In relazione alla professionale notarile, si modificano i criteri che determinano il numero e la distribuzione dei notai sul territorio nazionale (in particolare, il rapporto notai/popolazione nazionale è determinato in 1/5.000). Con ulteriori misure si consente al notaio di ampliare il proprio bacino di utenza territoriale; si prevede una particolare disciplina sugli obblighi di deposito su conto corrente dedicato di particolare categorie di somme da questi ricevute e che costituiscono patrimonio separato insuccessibile e impignorabile e i cui interessi maturati sono destinati al rifinanziamento dei fondi di credito agevolato per il finanziamento delle PMI (tributi per cui il notaio è sostituto d'imposta, spese fiscali anticipate in relazione agli atti a repertorio ricevuti o autenticati e soggetti a pubblicità immobiliare o commerciale; ogni altra somma affidata e soggetta ad annotazione nel registro delle somme e dei valori); sono determinati i limitati impieghi in cui il notaio può disporre delle somme depositate, mantenendo idonea documentazione; si introduce un obbligo di presentazione periodica da parte del medesimo Consiglio del notariato di una relazione sull'applicazione della predetta disciplina; si rende obbligatoria – anziché facoltativa – la ricusazione da parte del notaio del proprio ministero, ove le parti non depositino antecedentemente o contestualmente alla sottoscrizione dell'atto, l'importo dei tributi, degli onorari e delle altre spese dell'atto, salvo che si tratti di persone ammesse al gratuito patrocinio, oppure di testamenti; si prevedono infine ispezioni a campione sui notai, in ordine alla regolare tenuta e dell'impiego dei fondi e dei valori consegnati ad ogni titolo al notaio in ragione del suo ufficio.
  Nel corso dell'esame parlamentare, è stata soppressa la norma che introduceva una disciplina speciale in tema di compravendite immobiliari di beni immobili destinati ad uso non abitativo (cantine, box, locali commerciali), volta a consentire agli avvocati di autenticare le sottoscrizioni dei relativi atti di trasferimento nel limite di valore catastale massimo di 100.000 euro (articolo 28).
  Con una disposizione di interpretazione autentica si estende alle società di ingegneria costituite in forma di società di capitali o cooperative la disciplina che per prima ha consentito l'esercizio della professione in forma societaria (a condizione che, entro sei mesi, siano in possesso dei requisiti previsti dalla legge di stabilità 2012 (legge n. 183 del 2011) e dal regolamento attuativo (decreto ministeriale 8 febbraio 2013, n. 34) per le società tra professionisti. L'intervento normativo consente così di affermare la validità dei contratti conclusi, a decorrere dall'Il agosto 1997, tra le suddette società di ingegneria ed i privati, superando interpretazioni opposte date dalla giurisprudenza (articolo 31).
  Il nuovo articolo 31-bis modifica l'articolo 9 del decreto-legge n. 1 del 2012, in tema di compenso per le prestazioni professionali. La disposizione impone ai professionisti che la comunicazione ai clienti circa il grado di complessità dell'incarico, gli oneri ipotizzabili dal conferimento dello stesso alla sua conclusione, gli estremi della polizza assicurativa, sia resa per iscritto (anche eventualmente in forma digitale). La stessa forma scritta dovrà avere anche il preventivo di massima del compenso della prestazione professionale.Pag. 96
  Con riguardo al settore della distribuzione farmaceutica, si consente l'ingresso di società di capitali nella titolarità dell'esercizio della farmacia privata e si rimuove il limite delle quattro licenze, attualmente previsto, in capo ad una stessa società (articolo 32). Nel corso dell'esame parlamentare sono state apportate alcune modifiche, prevedendo obblighi di comunicazione delle variazioni dello statuto e della compagine sociale delle società di capitali titolari di farmacie private alla federazione degli ordini dei farmacisti italiani e ad altri organi con competenze istituzionali nel settore. Viene consentito inoltre il trasferimento in ambito regionale delle farmacie comunali che risultino soprannumerarie per decremento della popolazione e viene sancita l'incompatibilità della partecipazione a società di capitali titolari di farmacia privata con qualsiasi attività svolta nel settore della produzione e informazione scientifica del farmaco, ad eccezione dell'attività di intermediazione del farmaco.
  Il nuovo articolo 32-bis, dopo aver previsto che gli orari e i turni di apertura e di chiusura delle farmacie convenzionate con il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) sono quelli stabiliti dalle autorità competenti e costituiscono il livello minimo di servizio che deve essere assicurato da ciascuna farmacia, consente a chi ha la titolarità o la gestione della farmacia di prestare servizio in orari e in periodi aggiuntivi rispetto a quelli obbligatori, purché ne dia preventiva comunicazione all'autorità sanitaria competente e informi la clientela mediante cartelli affissi all'esterno dell'esercizio.
  Per quanto riguarda il settore dei trasporti, il nuovo articolo 32-ter prevede l'obbligo per i concessionari e i gestori di servizi di linea di trasporto passeggeri su gomma o rotaia e di trasporto marittimo di informare i fruitori del servizio, entro la conclusione del medesimo, delle modalità per accedere alla carta dei servizi consentendo loro di prendere cognizione delle ipotesi che danno titolo a fruire di rimborsi e indennizzi. Si introduce inoltre l'obbligo per i citati soggetti di prevedere che la richiesta di rimborso possa essere formulata dal fruitore del servizio immediatamente dopo la conclusione del viaggio e mediante la semplice esibizione del titolo di viaggio e si prescrive infine ai concessionari e ai gestori sopra indicati di adeguare le proprie carte di servizio a quanto sopra previsto. Si prevede inoltre che i velocipedi rientrino nelle tipologie di veicoli che possono effettuare servizi pubblici non di linea di noleggio con conducente (nuovo articolo 32-quater).
  Voglio, in conclusione, ricordare le parole di un uomo che in quest'Aula ha fatto spesso sentire la sua voce e brillare le sue idee.
  «Il mercato», diceva Beniamino Andreatta, è «il miglior strumento che sia stato inventato dall'esperienza collettiva degli uomini per produrre e distribuire risorse». Al tempo stesso il mercato, sottolineava, «ha bisogno di polizia», cioè di un'azione di controllo da esercitare «in nome della legge, in nome della garanzia della concorrenza, in nome della parità di coloro che si presentano sul mercato stesso». Questo perché la concorrenza, concludeva, «non è un fatto spontaneo, ma è costituita attraverso regole di procedura imposte dall'autorità statale, che escludono come illegittimi determinati comportamenti, o eliminano determinate concentrazioni di potere economico».
  Ecco: Beniamino Andreatta, ben prima dell'avvento della legislazione europea sui monopoli e la concorrenza, aveva compreso che un mercato davvero libero e ben temperato da un etico rispetto delle regole da parte di tutti gli operatori economici avrebbe potuto generare una crescita economica sana, competitiva e tendente alla sostenibilità.
  Oggi, come ieri, rimane questo il grande obiettivo e con la legge che l'Aula si accinge ad esaminare, faremo un passo nella giusta direzione.