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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 480 di venerdì 11 settembre 2015

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI

  La seduta comincia alle 9,30.

  PRESIDENTE. La seduta è aperta.
  Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

  EDMONDO CIRIELLI, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.

  PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Bratti, Dellai, Giancarlo Giorgetti, Manciulli, Rosato, Scalfarotto, Sorial e Vignali sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente settantasette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna).

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 9,32).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Chiarimenti circa l'utilizzo dei fondi europei a favore del Mezzogiorno e iniziative per rafforzare la coesione territoriale – n. 2-01056)

  PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all'ordine del giorno Speranza ed altri n. 2-01056, concernente chiarimenti circa l'utilizzo dei fondi europei a favore del Mezzogiorno e iniziative per rafforzare la coesione territoriale (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo alla deputata Bossa se intenda illustrare l'interpellanza di cui è cofirmataria o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  LUISA BOSSA. Signor Presidente, colleghi, illustro questa interpellanza sulla questione del Mezzogiorno partendo da quello che sta succedendo a Napoli; lo faccio perché ritengo che esista una correlazione profonda tra vicende criminali e contesto sociale, economico e occupazionale. A Napoli è in corso una violenta guerra per il controllo dei traffici illeciti: un conflitto armato interno ai quartieri del centro storico per la gestione delle piazze di spaccio e di racket, che ormai sono i due filoni economici su cui la criminalità organizzata costruisce il suo impero finanziario, che poi ricicla in mille altre attività spesso in altre zone del Paese.
  In questo scontro criminale sono entrati prepotentemente i minori, tanto che il capo della procura di Napoli ha parlato di «paranza dei bambini», proprio per indicare che ci sono gruppi composti da soli minorenni, che ormai ragionano nella logica del clan criminale e maneggiano con spavalderia, incoscienza e determinazione sempre più armi. L'altro giorno a cadere sotto i colpi di una banda è stato un Pag. 2ragazzino diciassettenne del rione Sanità; gli inquirenti stanno indagando. Parliamo di quartieri dove il segno del sottosviluppo è visibile, è palpabile, manca tutto: mancano asili nido, biblioteche, cinema, languono associazioni, scuole, parrocchie, si vedono raramente le forze dell'ordine; non c’è quasi mai l'istituzione locale se non nelle campagne elettorali. Quartieri letteralmente dimenticati, in cui inevitabilmente prospera quello che a Napoli viene chiamato «il sistema» e che nel resto d'Italia viene ancora ricordato con il termine desueto di camorra.
  Il sistema, appunto, perché ormai quell'organizzazione è la sola forma di struttura istituzionale riconosciuta: da lì arrivano le regole, da lì arriva il controllo, da lì arriva la forza, da lì arriva la sanzione, solo lì maturano le opportunità economiche. Parliamo di rioni con un tasso di disoccupazione giovanile che supera il 70 per cento, con tassi di evasione scolastica altissima, con una popolazione giovane che non lavora e non studia, e tantissimi padri di famiglia che risultano disoccupati ma che trovano il minimo sostegno vitale nelle mille sacche del sottobosco illegale.
  Come si vede, tutta la vicenda del crimine in questo contesto è questione sociale, è questione economica; con l'avvertenza – si badi bene – che non è solo questione meridionale, come vogliono alcuni, perché i proventi di quei traffici illeciti concimano una organizzazione criminale che poi si ramifica, porta i suoi capitali sui mercati del nord Italia, infiltra aziende sane, si insinua nell'economia legale e corrode tutto il tessuto economico e sociale del Paese, come dimostrano numerosissime inchieste.
  L'interpellanza dunque segnala fin dalla premessa che il nodo centrale per il rilancio del Mezzogiorno sono gli investimenti. Abbiamo letto gli ultimi dati forniti dal Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica, e sono numeri non incoraggianti: al 30 maggio 2015, ovvero a sette mesi dalla scadenza fissata dall'Unione europea per la certificazione della spesa del ciclo dei fondi europei 2007-2013 risultano non spesi 12,3 miliardi di euro, pari al 26,4 per cento della dotazione complessiva, di cui circa 10 miliardi nelle regioni del Mezzogiorno; sembra una circostanza grave, preoccupante, alla luce poi delle sue conseguenze sulla vita reale delle persone.
  Nel gennaio 2014 è partito il nuovo ciclo 2014-2020; vi sono oltre 41 miliardi di euro, che diventano 100 con il coofinanziamento nazionale e il Fondo Sviluppo e Coesione, ma da allora l'utilizzo di queste risorse non risulta ancora attivato. Anche questo è un elemento grave che desta profonda preoccupazione, soprattutto di fronte alle condizioni del Mezzogiorno.
  Nell'interpellanza, dunque, richiamiamo la condizione problematica in cui versa l'Agenzia per la coesione territoriale, istituita nel 2013. Un'Agenzia che non ci risulta pienamente operativa, che non ha potuto efficacemente svolgere i ruoli per cui era stata con urgenza istituita. Manca poi al Governo un ministro delegato alla coesione territoriale. Le deleghe erano affidate al sottosegretario Delrio, ed oggi, con la nomina del suddetto a ministro delle infrastrutture, le chiediamo: signor sottosegretario, risultano assegnate queste deleghe ?
  La sensazione è che, di fronte al dramma del Mezzogiorno, al cospetto di numeri che segnalano ritardi e lentezze, dal Governo non arrivi ancora un'azione abbastanza decisa e determinata.
  Per questi motivi chiediamo una risposta in merito ai ritardi; ci aspettiamo soprattutto un impulso a coordinare più efficacemente l'impiego delle risorse europee e nazionali, a garantire una maggiore attenzione al problema del Mezzogiorno, che è sempre più un tema di stringente rilevanza nazionale. È il destino di tutto il Paese che transita da quello del sud; non esiste una questione meridionale, ma una grande questione nazionale a cui bisogna guardare e di cui bisogna farsi urgentemente carico.

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  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Claudio De Vincenti, ha facoltà di rispondere.

  CLAUDIO DE VINCENTI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Grazie, Presidente, grazie agli onorevoli interpellanti. Il tema al centro dell'interrogazione è di grande rilievo, anche per l'agenda di governo. Condivido quanto è stato detto da ultimo. In particolare, in analogia con quanto è stato rilevato, possiamo ben affermare che non vi è ripresa nel nostro Paese nel suo insieme se non vi è ripresa del Mezzogiorno. Il Mezzogiorno è parte viva dell'economia e della società italiana. Sappiamo, ed è stato ben evidenziato nell'interpellanza, in quali ritardi si trovi il Mezzogiorno rispetto al resto del nostro Paese, come fino al 2013 si sia verificata una lunga battuta di arresto nel Mezzogiorno e i divari si siano ampliati. I primi dati sulla ripresa in corso sono in parte segnali da cogliere positivamente che vedono una più accentuata ripresa produttiva ed occupazionale del Mezzogiorno rispetto alla media nazionale, ma sono dati ancora timidi e insufficienti, non solo da consolidare, ma da rafforzare nettamente se vogliamo superare quel ritardo di cui parlavo e quell'aggravamento dei divari territoriali verificatosi sino a tempi recenti. Per questo l'azione di intervento nel Mezzogiorno ha visto un impegno crescente del Governo e sta, in questo momento, riscontrando una spinta forte per una svolta complessiva nell'azione delle amministrazioni centrali e locali.
  Per quanto riguarda il ciclo di programmazione 2007-2013, dei circa 46,7 miliardi disponibili restano da spendere, entro la fine di quest'anno, 9,4 miliardi; sono i dati del monitoraggio al 30 giugno. Non condivido i giudizi contenuti nell'interpellanza circa l'azione del Governo e, per spiegare questa mia risposta, segnalo che, al 31 dicembre 2011, la percentuale di utilizzo dei fondi della programmazione 2007-2013 era solamente il 15 per cento, al 30 aprile 2015 (ultimo dato disponibile, tra poco avremo il consuntivo definitivo al 30 giugno con dati stabilizzati, e quindi casomai potrò poi riportarlo nelle prossime settimane) eravamo al 77 per cento: dal 15 al 77. Io vorrei sottolineare come questo dato da solo testimoni l'azione che il Governo sta dispiegando e l'impegno con cui il Governo sta recuperando una capacità di spesa gravemente compromessa dal Governo 2008-2011. Il dato che ho riportato prima significa che, al 31 dicembre 2011, cioè a due anni dalla conclusione del ciclo, era stato speso il 15 per cento. Oggi noi, con una rimonta che testimonia quello che è stato fatto – e vorrei che venisse riconosciuto – siamo al 30 aprile al 77. In questo momento siamo oltre ovviamente. Ragioni dei ritardi: oltre appunto alla trascuratezza del Governo 2008-2011 e all'impegno che si è dispiegato dopo, con i Governi successivi e con grande impegno del Governo Renzi – ma comunque qui rivendico anche un'azione avviata dal Governo Monti e dal Governo Letta – riscontriamo ritardi dovuti in parte a carenze amministrative, a inerzie amministrative, non ce lo nascondiamo (adesso c’è un programma sull'edilizia scolastica, ci stiamo lavorando con il Ministro Delrio), mentre la parte di fondi non utilizzata abbiamo verificato che in gran parte – abbiamo fatto una casistica – dipende dal fatto che le amministrazioni locali – l'edilizia scolastica passa essenzialmente per i comuni – non hanno avviato le procedure, cioè neanche ci sono ostacoli strani, in certi casi è inerzia amministrativa, inerzia di governo locale. In altri casi sono normative che rendono non facile accelerare le procedure, soprattutto su alcune opere infrastrutturali abbiamo delle procedure che rinviano ad una serie di passaggi e di responsabilità che rendono estremamente farraginoso il processo di approvazione e di sblocco di un'opera. Abbiamo cominciato a intervenire su questo piano con il cosiddetto «sblocca Italia»; intendiamo continuare a snellire e chiarire le procedure con un punto chiaro che ci tengo a sottolineare: snellire le procedure non significa renderle più rigorose, casomai l'opposto, le si rende Pag. 4più rigorose, perché è nell'affastellarsi di competenze sovrapposte e a tratti – perdonate la battuta – quasi incomprensibili che si annida esattamente l'arbitrio.
  Quindi, l'operazione, iniziata con lo «sblocca Italia» e che ora va completata, è essenziale per rendere trasparenti i processi decisionali che portano a realizzare infrastrutture.
  Abbiamo, a questo punto, messo in piedi, nei mesi scorsi, delle task force regione per regione, in cui è fortemente impegnata l'Agenzia per la coesione territoriale. Segnalo che stiamo procedendo nella costruzione dell'Agenzia. Qui il rilievo che gli interpellanti ci fanno lo condivido, in questo caso sono d'accordo. Stiamo accelerando su questo terreno. Segnalo che i regolamenti di organizzazione e contabilità sono stati adottati a inizio agosto e che è in fase di costituzione l'organico dell'Agenzia, attraverso l'interpello previsto dalla legge e le altre procedure previste dalla legge.
  In ogni caso, però, l'Agenzia, seppure a ranghi ancora ridotti, ha cominciato da tempo a lavorare in modo estremamente efficace. Da quando abbiamo le task force, l'Agenzia per la coesione territoriale, Governo e amministrazioni regionali, abbiamo riscontrato un'accelerazione delle procedure e, quindi, della capacità di spesa, che è parte di quel processo che ha portato al risultato che dicevo prima.
  Abbiamo l'obiettivo, entro il 31 dicembre 2015, di arrivare al 100 per cento dell'utilizzo dei fondi. È un obiettivo difficile e impegnativo per tutti i motivi che ho detto finora. Il Governo sta dispiegando appieno tutti gli strumenti per raggiungere l'obiettivo. È un obiettivo difficile ma possibile. Passa per un rapporto intenso, anche dialettico, quando è necessario, con le amministrazioni regionali e locali e con una tensione nell'azione delle amministrazioni centrali.
  Anche il Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica, che è in fase, anche questo, di completamento dell'organico, opera da tempo, ed è grazie all'azione del Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica che noi oggi possiamo dire che dei 50 programmi nazionali e regionali della programmazione 2014-2020, in gran parte indicati e definiti in sede di legge di stabilità e di accordo di partenariato, di questi 50 programmi, dicevo, ne sono stati adottati e approvati dalla Commissione europea 46. I quattro restanti, in particolare il PON legalità e i POR Abruzzo, Calabria e Campania sono in corso di adozione.
  Riteniamo di potere concludere questa fase di adozione e di approvazione da parte della Commissione europea entro il 30 settembre, con l'unica avvertenza, forse, che il POR Campania richiederà ancora qualche giorno dopo il 30 settembre. Comunque, siamo molto vicini a completare questa fase e vorrei segnalare che anche questo, al contrario di ciò che viene detto nell'interpellanza, è un importante risultato, perché comunque significa che, a meno di due anni dall'avvio del nuovo ciclo, abbiamo tutti i programmi approvati e, quindi, possiamo cominciare a utilizzare i fondi del nuovo ciclo 2014-2020 molto prima di quanto è successo con il ciclo 2007-2013. Quindi, finalmente si comincia a tornare ad una capacità di governo dei fondi strutturali che ci porti a utilizzarli pienamente nei tempi utili e necessari.
  Riguardo al Fondo sviluppo e coesione, segnalo che il Fondo complessivamente oggi è dotato di 43 miliardi 848 milioni.
  Alcune disposizioni normative, approvate dal Parlamento, hanno cominciato ad allocare una parte di questi 43 miliardi 800 milioni, circa 4 miliardi 700 milioni, in alcuni primi obiettivi. Noi stiamo, in questo momento, insieme con i ministri competenti e con le regioni, lavorando a definirne l'allocazione sugli assi strategici che facciano da supporto a politiche nazionali e regionali condivise e, contemporaneamente, che completino il disegno programmatorio verso, in particolare, il Mezzogiorno, con riferimento alla coerenza rispetto alle allocazioni dei fondi strutturali attraverso i PON e i POR.
  Segnalo, da ultimo, che, nella seduta del CIPE dell'8 agosto 2015, sono stati assegnati 3 miliardi 500 milioni sul Fondo sviluppo e coesione al Piano strategico per Pag. 5la banda ultralarga; un piano decisivo per il nostro Paese, e in particolare per il Mezzogiorno, dove vi è da superare – anche in altre parti del Paese, ma in particolare nel Mezzogiorno – il cosiddetto digital divide. È un'infrastruttura portante della competitività dell'economia italiana e della qualità della vita dei cittadini, di grandissimo rilievo per il Mezzogiorno, naturalmente insieme con le altre infrastrutture, su cui il Fondo sviluppo e coesione e i fondi strutturali sono chiamati ad intervenire.
  Quanto ho richiamato fin qui segnala come il Mezzogiorno sia al centro dell'impegno del Governo: lo dicono i fatti, non le parole; lo dice ciò che abbiamo fatto e i risultati che stiamo conseguendo, pur nelle difficoltà, che sarebbe sbagliato nasconderci, anzi, è bene conoscerle fino in fondo, per poterle superare. Gli onorevoli interpellanti pongono il problema delle deleghe, in particolare sui fondi strutturali, e non solo, su questo insieme di tematiche. Segnalo che il fatto che le deleghe non siano ancora state assegnate non implica che il Governo non stia lavorando, come ho cercato di chiarire, «ventre a terra» su questo tema.
  Deleghe non assegnate significa deleghe in capo al Presidente del Consiglio in persona e al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio che vi sta parlando e che fa da supporto del Presidente del Consiglio in tutte le materie, e in particolare, poi, proprio su questa. Del resto – scusatemi se lo dico in modo molto colloquiale – invito gli onorevoli interpellanti a sentire i presidenti delle regioni per i piani operativi regionali e anche i ministri interessati ai vari piani operativi nazionali. Verificherete che è in corso, già da giugno, un confronto molto intenso, diretto, in Presidenza del Consiglio, ministero per ministero, regione per regione, per accelerare e completare il programma 2007-2013 e per chiarire – non a caso ho detto che abbiamo già avuto, se Dio vuole, l'approvazione da parte della Commissione europea di 46 programmi su 50 – la programmazione 2014-2020. Non vi è nessuna sensazione – posso garantirvelo, anzi – da parte dei presidenti delle regioni di essere abbandonati a se stessi. No, sono convocati a Palazzo Chigi e, anzi, si sentono un po’ pressati, per essere sintetici. Non vi è nessuna sensazione di essere abbandonati a se stessi.
  Del resto, proprio tra fine luglio ed inizio agosto, lo accennavo all'inizio, c’è stato un ulteriore impulso da parte del Presidente del Consiglio dei ministri per dare fino in fondo, anche a livello di consapevolezza comune, il senso di questo impegno forte sul Mezzogiorno, di questa consapevolezza che, senza il Mezzogiorno, l'Italia non riparte; senza la ripartenza del Mezzogiorno l'Italia non riparte. Senza bisogno di richiamare gli interventi che il Presidente, come diversi altri membri del Governo hanno svolto nelle ultime settimane, richiamo il messaggio forte che ha lanciato il Presidente del Consiglio dei ministri quando ha affermato: ora noi aggiungeremo a questo insieme di azioni che stiamo facendo un ulteriore impulso, attraverso quelli che abbiamo chiamato i patti per il sud, patti con ognuna delle regioni e ognuna delle città metropolitane del Mezzogiorno. Qual è l'obiettivo dei patti ? Una condivisione forte tra Governo e amministrazioni regionali e locali degli obiettivi, degli strumenti, dei passaggi da fare, per non ripetere gli errori del passato; dare sistematicità, regione per regione, città metropolitana per città metropolitana, alla mole di interventi che, in questo ultimo anno e mezzo, due anni, abbiamo messo in campo; dargli ordine, sistematicità, sinergia.
  Non da ultimo, responsabilizzare. Responsabilizzarci a vicenda, anche se, come ho cercato di spiegare, credo che il Governo nazionale si senta più che responsabile e – lo ripeto – lo testimoniano i fatti e non le parole. Responsabilizzare, però, consentitemi, le amministrazioni regionali e locali: il grosso di quei fondi non spesi sono fondi che stanno in capo alle amministrazioni regionali e locali. Noi dobbiamo assolutamente avere una svolta dal punto di vista dell'impegno, del gusto di fare amministrazione moderna ed efficiente che sappia utilizzare i fondi. Abbiamo Pag. 6trovato una risposta positiva, molto positiva, da parte dei presidenti delle regioni meridionali e dei presidenti delle città metropolitane, e abbiamo avviato quest'ultima (ultima in ordine di tempo) parte del disegno complessivo, questo ultimo passaggio: la costruzione di un patto con ogni regione, un patto con le città metropolitane, che metta a sistema gli interventi e, quindi, consenta di rafforzare e dare fiato all'azione 2014-2020.

  PRESIDENTE. L'onorevole Speranza ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  ROBERTO SPERANZA. Grazie, Presidente. Grazie sottosegretario per questa risposta. Io voglio segnalare che, se cinquanta deputati del Partito Democratico hanno deciso di voler concentrare la propria attenzione su un tema così delicato, è perché si è di fronte ad una situazione davvero drammatica in un pezzo del nostro Paese. Voglio utilizzare una parola che potrà suonare forse troppo dura, troppo forte, rispetto ad un dibattito politico che, molto spesso, è stato distratto su questa materia, ma credo sia la parola giusta. Noi siamo di fronte ad una vera e propria scissione silenziosa in cui resta l'inno nazionale e il tricolore, ma l'inno nazionale e il tricolore rischiano di divenire un guscio vuoto dentro il quale non c’è praticamente nulla.
  E il tema di fondo, dal mio punto di vista, è quello della qualità della cittadinanza. Infatti, oggi purtroppo nascere a Reggio Calabria, nascere a Napoli, nascere a Bari o nascere a Milano, Torino o Genova non è cosa identica. Si ha una qualità della cittadinanza diversa: una qualità diversa dei servizi, una qualità diversa del sistema di istruzione e formazione, una qualità diversa abitativa e della vita quotidiana. Ed è per questo che noi abbiamo voluto sollecitare la massima attenzione del Governo su questa materia.
  Nella mia personale opinione, i dati che, in qualche modo, la nostra presentatrice Luisa Bossa, ma anche la sua stessa replica, hanno affermato, segnalano che c’è bisogno di una sterzata nell'azione di Governo riguardo questa materia. Lo dimostrano i numeri. Sono numeri che – certo – vedono un miglioramento negli ultimi anni, ma che ancora segnalano ritardi non paragonabili con altre aree dell'Europa. È stato detto, il 26 per cento dei fondi a noi risulta ancora non speso sulla programmazione 2007-2013. Bene che ci sia un'accelerazione negli ultimi mesi, ma riteniamo che si debba necessariamente fare di più. La stessa programmazione 2014-2020 – siamo ormai nei mesi finali del 2015 – necessita una straordinaria accelerazione.
  Così come credo che noi dovremmo lavorare, sottosegretario De Vincenti, ad una concentrazione delle nostre azioni. A me risulta personalmente che ci siano circa 330 azioni già programmate per la programmazione 2014-2020. Io so che il lavoro del Ministro Trigilia, che ha svolto questa funzione nel Governo precedente, aveva individuato in solo 50 le azioni da svolgersi proprio per evitare che si costruissero condizioni di una dispersione.
  Io ritengo che su questo noi dobbiamo provare a definire una nuova agenda. I dati Svimez sono stati un elemento di nuovo dibattito pubblico nel Paese. C’è stata una reazione molto forte, in modo particolare del partito in cui mi onoro di stare, il Partito Democratico, e questo è senz'altro un fatto positivo. Dovremmo far seguire a questo dibattito pubblico, che lo stesso Presidente del Consiglio ha voluto mettere al centro dell'attenzione negli ultimi giorni prima della pausa estiva, azioni concrete di Governo.
  Io, per esempio, sono tra quelli che pensano che nelle prossime azioni del nostro Governo bisogna provare a tenere il Mezzogiorno come questione fondamentale. Noi abbiamo svolto importantissime iniziative di politica economica espansiva negli ultimi mesi, giuste e che io condivido. L'intervento sull'IRAP lavoro è un intervento giustissimo. Non c'era azienda del Paese che non ci chiedesse di svolgerlo. Ma quei 6 miliardi di euro, chiedo al mio Governo, dove sono andati ? Sostanzialmente dove ci sono le imprese, dove c’è il Pag. 7lavoro. Abbiamo speso 9 miliardi e mezzo di euro per la misura IRPEF 80 euro. È una misura che io ho sostenuto, una misura giusta, che ha dato ossigeno a una parte dei nostri cittadini. Questi soldi dove sono andati ? Sono andati dove c’è il lavoro, dove c’è il lavoro a tempo indeterminato. E quindi, sul piano geografico, naturalmente sia la misura IRAP lavoro che la misura 80 euro si sono rivolte alle aree più forti del Paese.
  Io pongo, per questo, la questione che, se c’è ancora un euro da spendere – come io sono sicuro ci sarà –, lo si provi a mettere sul pezzo di territorio in maggiore difficoltà. Quando una parte del nostro mondo chiede con forza una misura universale di contrasto alla povertà, lo fa perché ritiene che una misura di quel tipo sposterebbe, invece, risorse verso le aree più deboli, non solo il Mezzogiorno, ma anche le aree deboli che ci sono fuori dal Mezzogiorno. E questo, dal mio punto di vista, si può fare in un rapporto positivo, in un coordinamento stringente, come è indispensabile, tra regioni e Stato.
  Anche in questo caso, noi siamo di fronte ad un dibattito che, sinceramente, è schizofrenico in questo Paese. Noi siamo passati da un dibattito pubblico in cui il federalismo era la soluzione di tutti i problemi del nostro Paese – io ricordo che svolgevo una funzione di guida del mio partito nel territorio; venivo a Roma e mi veniva impartita quotidianamente una lezione sulle straordinarie qualità del federalismo –, siamo passati in pochi anni, in questo nostro Paese, da un dibattito in cui il federalismo è la chiave per aprire tutte le porte a un dibattito in cui tutto ciò che è a Roma funziona e tutto ciò che è nelle regioni non funziona. Io credo che noi, insieme, Governo e realtà territoriali, dobbiamo provare a rovesciare questo schema che, dal mio punto di vista, non può sinceramente funzionare.
  Inoltre, dal mio punto di vista, abbiamo bisogno di provare – l'onorevole Luisa Bossa diceva anche questo – ad investire sulla grande questione delle risorse umane. Anche qui abbiamo bisogno di azioni di Governo molto chiare. Vi invito a ragionare sui dati delle iscrizioni all'università del nostro Paese. Le iscrizioni all'università nel sud sono drammaticamente calate: meno 14 per cento e, inoltre, c’è una difficoltà straordinaria degli atenei del Mezzogiorno perché, se il criterio con il quale il Ministero affida una parte di fondi è il fatto che tu dopo sei mesi hai o meno trovato lavoro, è del tutto evidente che l'ateneo di Milano o di Torino avrà molte più possibilità di reperire fondi rispetto all'ateneo di Cosenza o di Bari. Allora io penso che su questi grandi temi ci sia bisogno di una nuova spinta nell'azione di Governo che ci consenta di cambiare esattamente una rotta che negli ultimi anni dal mio punto di vista non ha prodotto sufficienti risultati. È chiaro che da deputati del Partito Democratico il nostro è uno sprone, una spinta al Governo che sosteniamo perché si faccia di più e meglio. Vorrei aggiungere un punto che mi pare abbastanza significativo: molto spesso nel nostro sud si ha la sensazione che sia necessario aspettare un salvatore della patria, in qualche modo uno sciamano, in qualche modo un uomo dei miracoli che con la bacchetta magica venga a risolvere tutte le questioni. Mi permetto di indicare un'altra rotta che sta più dentro la storia e la cultura politica che voglio rappresentare cioè immaginare che il nostro sud abbia bisogno di meno urla, meno annunci a petto in fuori e un po’ più lavoro quotidiano anche oscuro. Se mi permette di poter utilizzare un termine che sto utilizzando in questi mesi, il nostro sud ha bisogno di coltivare virtù antieroiche ovvero di lavoro faticoso, quotidiano, che lei sottosegretario conosce bene – io riconosco il lavoro che ha voluto svolgere – e che va esattamente in questa direzione, un sud che riscopra virtù antieroiche e che si rimetta a lavorare in una sinergia vera con il Governo nazionale e – mi permetta di dirlo – mi auguro che nei prossimi giorni il Governo nazionale risolva la questione della delega. Infatti capisco che si può andare avanti anche senza affidare una delega ma che su un tema che noi decidiamo essere prioritario non si sappia quale sia il numero di Pag. 8telefono che bisogna fare se non quello del Presidente del Consiglio dei ministri, secondo me, si sta commettendo una sottovalutazione. D'altronde quella delega era stata affidata al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri Delrio che aveva svolto anche un lavoro importante. Noi riteniamo che sia un errore non affidare questa delega. Poi è chiaro che il Presidente del Consiglio dei ministri è la persona che ha tutte le carte in regola e le qualità per poter essere il massimo protagonista. Ma ritengo che sia grave il fatto che la delega sulla questione del Mezzogiorno e sull'utilizzo dei fondi, rispetto ai numeri che abbiamo voluto riportare, non sia ancora affidata. Concludo dicendo che penso questo: su questa materia bisogna evitare di stare in polemiche politiche che non hanno senso. Qui ci giochiamo un pezzo reale di sviluppo del nostro Paese, nella funzione che ciascuno ricopre: nella funzione parlamentare i cinquanta sottoscrittori di questa interpellanza urgente, nella funzione di Governo ma penso nella funzione più generale di rappresentanza politica. Ci sono le condizioni perché, dentro i primi segnali di ripresa, il sud possa essere protagonista ma c’è bisogno di costruire una straordinaria sinergia e una nuova azione fortissima di cui il Governo deve essere il primo motore ma che veda protagoniste le regioni, veda protagonisti gli enti territoriali e veda protagonista anche la discussione di questo Parlamento che deve essere coinvolto e in cui ci sono risorse per dare una mano nella sfida dello sviluppo del Mezzogiorno per creare nuove condizioni e per vincere tale sfida, senza la quale non sarà possibile alcun sviluppo del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

(Iniziative volte a garantire alle persone disabili l'accesso alle sedi dell'INPS, con particolare riferimento a quella di Cuneo – n. 2-01059)

  PRESIDENTE. Passiamo alla interpellanza urgente Monchiero e Mazziotti Di Celso n. 2-01059, concernente iniziative volte a garantire alle persone disabili l'accesso alle sedi dell'INPS, con particolare riferimento a quella di Cuneo (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Monchiero se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  GIOVANNI MONCHIERO. Grazie, Presidente. Questa interpellanza urgente vuole porre l'attenzione su un problema che temiamo essere generalizzato e prende spunto naturalmente da un piccolo episodio, da un avvenimento che ha coinvolto un amico che si reca all'ufficio dell'INPS di Cuneo per una visita di controllo e vi si reca, ahimè, in sedia a rotelle e incontra tutta una serie di difficoltà che poi sono state narrate anche sulla stampa locale a volte con toni, nel paradosso, persino divertenti.
  Devo riconoscere che il direttore dell'istituto, della sede di Cuneo, con sensibilità istituzionale ha immediatamente risposto, manifestando e denunciando tutte le attività che erano state svolte negli ultimi anni per cercare di adeguare la sede, senza, peraltro, ottenere i risultati auspicati. Fra le cose che ha osservato il direttore della sede locale è che l'edificio un tempo era di proprietà dell'Istituto, poi è stato alienato, ma mantenuto in uso attraverso un contratto di affitto, e che era stato costruito negli anni Sessanta.
  Ora, il problema si pone proprio su un piano sostanziale e riveste una caratteristica generale nel momento in cui si tratta della sede di un servizio preposto ad accogliere – perché deve fare le visite di controllo – persone a vario titolo svantaggiate, anziani che richiedono l'indennità di accompagnamento, handicappati, insomma, persone svantaggiate che richiedono l'accesso ai vari istituti di sostegno che il nostro ordinamento prevede. È chiaro che in un ufficio come questo la prima preoccupazione deve essere quella di consentire l'accesso; ancorché costruito qualche decennio fa è assolutamente stupefacente Pag. 9che, allora, i costruttori dell'epoca non avessero sensibilità a questi problemi.
  Poiché nel frattempo la sensibilità e l'attenzione verso queste tematiche sono cresciute, io chiedo, signor sottosegretario che cosa sarà fatto nei prossimi mesi di concreto a Cuneo e, soprattutto, se esista una precisa valutazione, una sorta di censimento di tutte le situazioni analoghe che temo siano piuttosto ricorrenti nel nostro Paese.

  PRESIDENTE. La ringrazio, anche per la sintesi.
  La sottosegretaria di Stato per il lavoro e le politiche sociali, Franca Biondelli, ha facoltà di rispondere.

  FRANCA BIONDELLI, Sottosegretaria di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Grazie Presidente, con il presente atto parlamentare, il presentatore, l'onorevole Monchiero, richiama l'attenzione del Governo sul problema delle barriere architettoniche nelle sedi dell'INPS e lo ringrazio ancora per la sensibilità che ci accomuna.
  Al riguardo, voglio sottolineare che l'istituto ha sempre dato particolare attenzione agli interventi necessari per assicurare a tutti l'accessibilità ai servizi, con particolare riferimento a quei soggetti che si trovino in situazioni di fragilità o che non dispongano delle necessarie capacità o possibilità di interazione con l'istituto. L'istituto, consapevole delle problematiche presenti a vari livelli nella gestione di un'utenza portatrice di disabilità motorie e sensoriali o, in certi casi, molto anziana, ha dato da tempo indirizzo sulla sua azione, favorendo la rimozione di quelle barriere virtuali e architettoniche che impediscono l'accesso ai servizi.
  Così, ricordo, per esempio, lo «Sportello mobile per invalidi e anziani», presente dal 2013 su tutto il territorio nazionale che consente l'erogazione agevolata di numerosi prodotti istituzionali ai cittadini che altrimenti avrebbero difficoltà a interagire con l'istituto attraverso i canali ordinari e, poi, lo «Sportello voce per sordi» che è uno sportello fisico nel quale il rapporto con l'utente sordo, previo appuntamento, viene gestito proprio da dipendenti con disabilità uditive che conoscono la lingua dei segni. Già positivamente sperimentato in molte sedi romane, presto sarà esteso a tutto il territorio nazionale, anche nella modalità con collegamento remoto tramite webcam.
  Voglio, altresì, evidenziare che in molti altri casi la fruizione dei servizi dell'INPS è strettamente congiunta all'acceso fisico in sede e allora, per l'INPS, come per tutte le pubbliche amministrazioni, è ineludibile il rispetto della consolidata legislazione che prevede obblighi e adempimenti finalizzati all'abbattimento delle barriere architettoniche.
  Sotto il profilo strettamente organizzativo sono state fornite indicazioni alle sedi affinché fossero collocate al piano terra, o comunque negli spazi più facilmente raggiungibili, sia gli sportelli che, più in generale, gli uffici dell'istituto che prevedono, anche, una frequente interazione con l'utenza, provvedendo all'eliminazione delle relative barriere architettoniche, ove presenti. L'INPS ha rappresentato che, laddove possibile e nei limiti, anche, delle disponibilità finanziarie e delle problematiche rilevate, sono state progettate opere edilizie ed effettuati interventi sull'esistente anche al fine di prevenire possibili infortuni e garantire un maggior livello di servizio a tutti i fruitori delle strutture INPS.
  Sottolineo, tuttavia, che la realizzazione dei richiamati interventi è condizionata anche dalle disponibilità finanziarie e in alcuni casi dalle caratteristiche degli immobili che non sempre si prestano agevolmente ad operazioni di tal genere. Con riferimento alla specifica situazione relativa alla sede di Cuneo, faccio presente che l'INPS ha posto in essere una serie di interventi finalizzati al superamento delle difficoltà cui potevano andare in contro gli utenti disabili nell'accedere al centro medico-legale. In particolare, l'istituto ha reso noto che ad oggi l'accesso per i disabili presso la sede avviene esclusivamente dall'ingresso di via Bassignano 45, attraverso Pag. 10una porta nei pressi della quale è stato posizionato un campanello ad un'altezza tale da essere raggiunto anche da utenti su sedie a rotelle. Inoltre, è stata posizionata sulla soglia di ingresso una piccola pedana in pendenza che consente agevolmente di superare l'ostacolo costituito da un gradino. Varcata tale soglia si raggiunge poi un androne dove è collocato un montascale che consente agli utenti disabili di accedere al piano rialzato dove è ubicato il centro medico-legale. Da ultimo, l'istituto ha comunicato che di fronte all'ingresso di via Bassignano è presente un posto auto riservato ai disabili e che a breve ne verranno realizzati altri due.

  PRESIDENTE. L'onorevole Monchiero ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  GIOVANNI MONCHIERO. Signor Presidente, sono molto soddisfatto del tono della risposta e in parte anche dei contenuti poiché il sottosegretario ci ha rappresentato anche delle innovazioni interessanti, come lo sportello mobile e la voce per i sordi. Sono anche soddisfatto perché uno dei disagi lamentati dall'amico cuneese fosse proprio il campanello posto ad altezza non fruibile da persone che sono in sedia a rotelle. Detto questo, vorrei soltanto aggiungere che spesso la percezione di questi disagi strutturali nasce anche da difficoltà di colloquio con il personale preposto a questi uffici. Fermo restando che nel tempo sarebbe stato opportuno abbandonare edifici difficili anche da recuperare per trasferire gli uffici in edifici che fossero già a norma, tanto non credo che il costo di eventuali contratti di affitto sia così sfavorevole. Anzi, quasi sempre gli uffici più vecchi sono in posizioni migliori dove il valore dell'immobile è anche superiore e quindi si potrebbe naturalmente trasferire questi uffici in zone più periferiche tanto chi vi accede non lo fa con i mezzi pubblici.
  Volevo sottolineare, signora sottosegretaria, la necessità di dare una formazione più volta all'umanizzazione del rapporto. Ai nostri collaboratori degli uffici, noi burocrati e qui uso il noi, essendo stato nella mia precedente vita professionale, un burocrate e come burocrati spesso non abbiamo un approccio relazionale adeguato alle situazioni. Ovvio che la mentalità di chi gestisce un ufficio di questo genere deve essere diversa da chi gestisce un ufficio che non è in contatto con il pubblico o che è a contatto di un pubblico prevalentemente normodotato. Quindi, approfitto di questa occasione, signora sottosegretaria, per dare questo piccolo suggerimento.

(Elementi ed iniziative in merito alla presenza di amianto negli elicotteri in dotazione al Corpo nazionale dei vigili del fuoco – n. 2-01033)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza Luigi di Maio e Cozzolino n. 2-01033, concernente elementi ed iniziative in merito alla presenza di amianto negli elicotteri in dotazione al Corpo nazionale dei vigili del fuoco (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo al Presidente Luigi di Maio se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  LUIGI DI MAIO. Signor Presidente, dal 1996 ad oggi sono morti 211 militari italiani per esposizione da amianto. Ne sono morti meno in tutti gli scenari di guerra che abbiamo combattuto dal 1954 ad oggi. In questo paese, muoiono più soldati per essere stati esposti all'amianto sugli elicotteri, sui carri armati, sulle navi, nei sommergibili e sugli aerei, che combattendo guerre. Non sono dati che sto inventando. Me li avete forniti voi in una risposta ad un'interrogazione parlamentare del Ministero della difesa, spiegandomi che tra carabinieri, esercito, marina e aeronautica avete accertato 211 decessi dal 1996 ad oggi per casi – cito testualmente – di malattia «asbesto correlata», senza parlare poi dei poliziotti, dei finanzieri, dei vigili del fuoco.
  Lo sa, Presidente, invece, quanti sono i militari morti in guerra dal 1996 ad oggi ? Pag. 11Circa 110. Quindi 211 sono morti inalando amianto nei nostri mezzi militari, 113 sono morti in missioni cosiddette di pace, ma molte sono di guerra a tutti gli effetti. Tra i nostri servitori dello Stato abbiamo più soldati uccisi dalla patria che servendo la patria. È come essere accoltellati alle spalle dalla persona che stai difendendo: quella persona, in questo caso, si chiama Stato italiano.
  Tra i cittadini la situazione non è migliore: ogni anno in Italia, secondo l'Osservatorio nazionale amianto, muoiono circa 5 mila italiani per esposizione a queste fibre letali. È come se ogni anno in Italia un piccolo comune venisse raso al suolo con tutti i suoi abitanti. Quanto spende il Governo Renzi ogni giorno solo per la guerra in Afghanistan ? Ve lo dico io: 1 milione e mezzo di euro al giorno ! Sono 550 milioni di euro all'anno per mandare i nostri militari a combattere una guerra inutile, mentre tanti militari e concittadini muoiono qui in patria per esposizione da fibre di amianto, e voi non li riconoscete neanche come categoria a rischio. Avete soldi sempre per le armi, mai per le persone.
  Spendete più soldi per azioni di guerra che per bonificare i mezzi delle nostre Forze di sicurezza, difesa e soccorso. Infatti, a rischio non ci sono solo le Forze armate, ma anche Polizia di Stato, Guardia di finanza, Vigili del fuoco, Protezione civile, tutti quei Corpi che utilizzano mezzi pieni di amianto. Non parliamo poi delle caserme e degli edifici pubblici e privati, dove lavorano in Italia milioni di cittadini ogni giorno.
  Presidente, io mi vergogno: questo non è uno Stato. Uno Stato vero protegge le persone che lo abitano, questo le uccide. È dal 1944 che l'Italia, come tutto il resto del mondo, sapeva della pericolosità di questo materiale. I primi studi sono stati fatti nel 1944, ma il business era troppo grosso. Come oggi vi stiamo mettendo in guardia dagli inceneritori e fingete di non capire, così i vostri predecessori con l'amianto fingevano di non sentire. L'amianto è un killer silenzioso che si nasconde ovunque, dalle tubature alle rotaie, ai rivestimenti di tetti e garage: lo respiri oggi e ti può uccidere con un tumore anche fra trent'anni. Il suo impiego nel nostro Paese è bandito da oltre venti anni, ma si stima che sul territorio italiano ci siano ancora 32 milioni di tonnellate di amianto, 5 quintali per ogni cittadino: case, auto, aerei, elicotteri, cucine, frigoriferi, guanti da lavoro, lo avete messo ovunque, ma come si risolve questo problema ? Dovete metterci soldi e fatti concreti, e iniziare un piano pluriennale di bonifica, sia del patrimonio pubblico, che del patrimonio privato.
  Ma la cosa allucinante è che, nonostante sia stato bandito nel 1992, c’è un documento dell'Ente minerario del Governo indiano in cui si spiega che il nostro Paese nel 2012, quindi venti anni dopo, sarebbe stato il maggiore importatore al mondo di amianto con oltre 2 mila tonnellate. Nel 2011 ne avevamo importate, sempre secondo lo stesso documento, 1.000 tonnellate. Sembra che lo si stia ancora utilizzando in edilizia. Io oggi voglio capire se stiamo ancora importando amianto e per cosa lo stiamo utilizzando, prima di tutto.
  Poi voglio sapere un'altra cosa: l'amianto, come ho detto, in Italia è stato bandito per legge nel 1992. Nel 1996 la Agusta Westland, che produce gli elicotteri per Forze armate, Polizia di Stato, Guardia di finanza, Vigili del fuoco e Protezione civile vi aveva fatto sapere, se pur parzialmente, quali fossero i modelli contenenti amianto e in quali pezzi fosse presente questo materiale. Già dal carteggio del 1996 avete saputo che alcuni velivoli erano delle vere e proprie scatole di amianto volanti. Voglio sapere perché avete lasciato che i nostri servitori dello Stato maneggiassero quei mezzi senza precauzioni per 18 anni, perché solo nel 2013 avete avuto la decenza di consigliare a chi faceva manutenzione sui pezzi degli elicotteri incriminati di utilizzare mascherine, guanti e aspiratori con filtro ad alta efficienza. Per 18 anni in cui voi del cosiddetto centrosinistra, che poi siete uguali a quelli del centrodestra, avete governato la metà, sapevate e non avete Pag. 12fatto nulla. Avete lasciato che lavoratori impegnati nello svolgimento del loro dovere respirassero quei cristalli tenendoli all'oscuro di tutto. Su questo ci sono inchieste che coinvolgono sia i fornitori dei mezzi militari, che vertici delle Forze armate, ma a me non basta, a noi non basta !
  Quando arriveranno le condanne e se arriveranno, sarà troppo tardi, al massimo avremo vendicato qualche morto. Io voglio che voi risarciate queste persone e le riconosciate come categoria a rischio. E questo è il secondo quesito che vi rivolgo oggi.
  Dobbiamo proteggere chi ci protegge, Presidente. Questo non è uno Stato che protegge chi ci protegge. Sa quanto guadagna un vigile del fuoco in Italia ? Un vigile del fuoco rischia la vita ogni giorno per circa 1.200 euro al mese. Un equipaggio elicotteristico dei vigili del fuoco rischia la vita tre volte: primo, per gli scenari in cui deve operare; secondo, per il fatto che è in volo su un elicottero fabbricato vent'anni fa; terzo, per l'amianto che gli fate respirare. E, come se non bastasse, ai soccorritori che fanno parte di quell'equipaggio non viene riconosciuta neanche la specialità; ovvero, a colui che si cala ogni giorno con il verricello per salvare un cittadino che, ad esempio, è caduto da una scogliera non solo non date alcuna indennità per allenarsi e tenersi in forma così da essere efficiente nell'operazione di soccorso, non solo non gli riconoscete i rischi da amianto che si potrebbero manifestare tra vent'anni, ma è anche tenuto a lavorare part-time sull'elicottero, perché, siccome la sua non è una specialità, per mezza giornata guida l'autopompa o va a spegnere gli incendi, come un normale vigile del fuoco, e, per l'altra mezza giornata, fa «action man». Qui stiamo parlando della gente che deve venirci a salvare !
  Con questa interpellanza, che non contiene tutti i problemi, capirete quanti pensieri abbiano queste persone quando vengono a salvarci. Mi sono sempre chiesto con quale serenità riescano a svolgere il proprio delicatissimo lavoro, nonostante voi e gli ostacoli che gli mettete sulla strada. Ma non è finita qui.
  Per riuscire a bonificare gli elicotteri dei vigili del fuoco dall'amianto è dovuta scoppiare un'inchiesta a Torino e neanche la magistratura ha potuto risolvere del tutto il problema. Infatti, dopo l'intervento del dottor Guariniello, i velivoli sono stati bonificati solo parzialmente. Se non lo avete capito, abbiamo ancora piloti e personale che probabilmente respirano morte ogni giorno.
  Allora, da voi vorrei avere tre risposte chiare: la prima, se mi permettete, è di carattere geopolitico. L'Italia sta ancora importando amianto o no e da chi ? Quando – questa è la seconda – deciderete di prendere un po’ di soldi dalle vostre spese inutili e fare un piano serio di bonifica dall'amianto di tutti i mezzi militari dei Corpi di sicurezza e soccorso ? Oggi i piani di bonifica sono demandati a qualche sindaco che ci mette un po’ di soldi, a qualche fondo europeo, a qualche fondo regionale, qualcosa la dà qualche ministero come mancia in qualche zona, ma non c’è un piano organico di bonifica dall'amianto. È una guerra ! Muoiono 5 mila persone ogni anno in Italia ! Noi abbiamo la media più alta di tutti gli altri Paesi europei.
  Terzo: quando avete intenzione di riconoscere a questi servitori dello Stato lo status di categoria a rischio per accedere ai benefici economici, pensionistici ma, soprattutto, sanitari ? Non so se lo sapete, ma gran parte del personale di questi Corpi, nello specifico quello dei vigili del fuoco, non ha tutele assicurative per mancanza di fondi e, quindi, tutto il costo degli esami e delle terapie grava sulle loro tasche.
  In tutti questi anni si è nascosto questo scandalo dell'amianto nei mezzi militari per due ragioni: in primo luogo, la bonifica avrebbe avuto dei costi e avete preferito sperperare soldi in opere inutili, spese inutili e sprechi. In secondo luogo, avrebbe coinvolto sicuramente molti più vertici sia militari sia delle grandi aziende Pag. 13che producono mezzi e velivoli militari o paramilitari e vi siete protetti avvicenda.
  Io vi auguro veramente, sinceramente, di non avere mai bisogno di queste persone nella vostra vita, perché, se un giorno doveste vederle arrivare, sapreste quanti pensieri hanno nella testa mentre cercano di salvarvi la vita e, forse, solo allora decidereste di aiutarle (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Domenico Manzione, ha facoltà di rispondere.

  DOMENICO MANZIONE, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, con l'interpellanza urgente all'ordine del giorno, l'onorevole Di Maio, unitamente ad altri deputati, prendendo spunto da un documento, che è stato citato dinanzi, del Governo indiano, in base al quale l'Italia importerebbe consistenti quantitativi di amianto, chiede al Governo l'adozione di iniziative volte a far cessare tale attività illecita. Inoltre, l'interpellante richiama l'attenzione del Ministro dell'interno sulla presenza di amianto negli elicotteri in dotazione del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, chiedendo la predisposizione di idonee misure atte a salvaguardare il personale da tale tipo di rischio.
  Inizierei il mio intervento rispondendo innanzitutto ai quesiti di diretta competenza dell'Amministrazione dell'interno, cioè quelli riguardanti la tutela della salute dei vigili del fuoco.
  Faccio presente, in proposito, che il Corpo nazionale è dotato, fin dalla sua istituzione, di propri servizi sanitari e tecnici deputati a vigilare in via esclusiva sull'applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza in tutti gli ambienti di lavoro in cui i vigili del fuoco sono chiamati ad operare. Quindi la nostra attenzione in questo campo è ovviamente massima, ed è rivolta anche alla protezione del personale dai rischi connessi all'esposizione all'amianto.
  Alla luce degli obblighi a carico del datore di lavoro previsti dal Testo unico sulla salute e sicurezza dei luoghi di lavoro, l'amministrazione dell'interno ha in corso una serie di attività di accertamento che si estende anche alla presunta presenza di amianto su aeromobili dei vigili del fuoco. A tale proposito, infatti, il Corpo nazionale sta fornendo ogni possibile collaborazione alla procura di Torino che ha in corso indagini, come rammentava prima lo stesso interpellante, le cui risultanze sono tuttora non ostensibili in quanto coperte dal segreto istruttorio, o investigativo se si preferisce.
  Nel merito di quanto richiamato nell'interpellanza, rendo noto che la dotazione strumentale del Corpo nazionale comprende una serie di elicotteri AB412 e AB206, tutti acquistati tra il 1968 e il 2004. Venuta a conoscenza della problematica dell'amianto, l'amministrazione ha immediatamente chiesto formali indicazioni di maggior dettaglio alla società costruttrice AgustaWestland, che ha fornito, in un primo momento, gli elenchi dei componenti elicotteristici potenzialmente contenenti amianto, e poi le note tecniche necessarie all'effettuazione dei lavori di bonifica degli stessi. Nel corso del 2014, il competente ufficio dell'amministrazione ha disposto l'esecuzione di controlli ambientali in tutti i reparti volo del Corpo nazionale, per verificare l'eventuale presenza di amianto sia negli elicotteri che negli ambienti di lavoro, non rilevando livelli di contaminazione superiori alla norma. Tali controlli saranno ovviamente reiterati periodicamente.
  Sono stati, altresì, disposti screening del personale aeronavigante del Corpo nazionale, finalizzati alla tutela della salute e sicurezza del personale, che non hanno dato luogo ad alcuna segnalazione di rilievo. L'indagine svolta, infine, a livello epidemiologico, attraverso i dati raccolti e pubblicati dal registro nazionale dei mesoteliomi relativi all'incidenza dei casi di patologie asbesto correlate rilevate a tutto il 2008, non ha evidenziato il coinvolgimento di personale aeronavigante del Corpo nazionale.
  Sulla base delle evidenze sopra esposte, l'amministrazione dell'interno ha disposto l'immediata applicazione di un protettivo Pag. 14sulle parti esposte potenzialmente contenenti amianto e fornito indicazioni relative all'uso di dispositivi di protezione individuali; ha avviato inoltre un piano di bonifica degli elicotteri mediante l'applicazione delle note tecniche della AgustaWestland, prevedendo, per la linea AB206, la bonifica totale in occasione di un unico fermo tecnico e, per la linea AB412, la bonifica progressiva in tre step in occasione delle ispezioni disposte al superamento delle 3 mila ore di volo o dei cinque anni dall'ispezione precedente.
  In relazione a tali accertamenti, posso quindi riassumere la situazione nei termini seguenti: per la linea AB206, 10 elicotteri sono già completamente bonificati e 3 sono in corso di bonifica; per la linea AB412, tutti gli elicotteri sono stati sottoposti al primo step di bonifica, 3 hanno già completato anche il secondo, gli altri 3 stanno eseguendo la bonifica completa. La possibilità di accelerare ulteriormente tali operazioni è condizionata anche dalla disponibilità delle aziende aeronautiche ad effettuare i lavori su numeri elevati di aeromobili e dalla necessità di reperimento di tutte le necessarie parti di ricambio.
  Per quanto concerne la disciplina dei benefici previdenziali ai lavoratori esposti all'amianto, segnalo che il decreto interministeriale del 27 ottobre 2004 ha disciplinato le modalità di attuazione della normativa di cui all'articolo 47 del decreto-legge n. 269 del 2003, convertito con modificazioni dalla legge n. 326 dello stesso anno, estendendo ai lavoratori non coperti da assicurazione obbligatoria gestita dall'INAIL, tra cui appunto i vigili del fuoco, il beneficio consistente nella rivalutazione del periodo di esposizione all'amianto ai fini pensionistici, previsto dall'articolo 13, comma 8, della legge n. 257 del 1992. Ad oggi nessun dipendente del Corpo nazionale dei vigili del fuoco – aggiungerei fortunatamente – ha usufruito di tale beneficio previdenziale. Per il complesso delle ragioni sopra esposte, il personale in servizio presso i reparti volo del Corpo nazionale non è stato ritenuto una categoria professionalmente esposta al rischio in parola.
  Vengo ora alla più ampia questione dell'importazione di amianto in Italia, che presenta profili di indubbio interesse per la salute pubblica. A tal proposito, informo che il Ministero della Salute, già dallo scorso mese di gennaio, dopo aver acquisito il testo della cinquantunesima relazione annuale del Governo indiano sui minerali, aveva formalmente chiesto all'ambasciata di quel Paese, notizie sulle paventate importazioni di ingenti quantità di amianto nel nostro Paese, negli anni 2011 e 2012.
  Tale richiesta ad oggi è rimasta inevasa.
  Nel contempo, lo stesso dicastero aveva preso contatti con l'Agenzia delle dogane e dei monopoli che, nell'informare della concomitanza di un analogo interessamento da parte della procura di Torino, aveva provveduto a fornire i seguenti elementi sulle indagini nel frattempo avviate. Nel periodo compreso tra il 2011 e il 2014 non risultano importazioni di amianto absesto, ma di prodotti contenenti amianto e di amianto absesto lavorato, per un totale di quasi 34 tonnellate per l'intero quadriennio considerato. I maggiori quantitativi sono stati importati nel 2011 – poco più di 30 tonnellate – e sono diminuiti in modo significativo negli anni successivi. In particolare, dall'India risultano importati solo due chili di amianto absesto lavorato, di cui un chilo nel 2012 e un chilo nel 2013.
  La stessa Agenzia e il Ministero della Giustizia, interpellati nei giorni scorsi, hanno fatto presente di non poter fornire ulteriori notizie in merito all'argomento, essendo tuttora in corso le indagini condotte dalla procura di Torino, sulle quali, come detto, vige il segreto istruttorio.
  In attesa di conoscere gli sviluppi della vicenda giudiziaria e, considerata la gravità della fattispecie – qualora venisse confermata l'introduzione illegale nel territorio nazionale di amianto o di prodotti che lo contengono –, si assicura che le amministrazioni direttamente interessate continueranno a svolgere tutti gli accertamenti Pag. 15e approfondimenti volti ad appurare la veridicità, la consistenza e l'origine del fenomeno, ai fini della successiva adozione delle opportune iniziative mirate a prevenire il reiterarsi dello stesso.

  PRESIDENTE. L'onorevole Luigi Di Maio ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  LUIGI DI MAIO. Presidente, non possiamo ritenerci soddisfatti, siamo invece molto preoccupati, per due ragioni. Innanzitutto perché il Governo italiano ha chiesto all'India di fornirci informazioni sulle tonnellate di amianto che stiamo importando. Ricordo che il Governo italiano non è stato capace neanche di far tornare a casa dall'India i marò, figuriamoci se riesce a farsi inviare informazioni così delicate. Ed è qui che sta tutta l'autorevolezza internazionale del Governo Renzi, così come di quello di Letta e di Monti retti dal Partito Democratico. Un Governo che, in questo momento, sa che stanno morendo ogni anno cinquemila cittadini per amianto; sappiamo da documenti e da inchieste giornalistiche che probabilmente stiamo importando tra le mille e le duemila tonnellate di amianto all'anno (nel 2012 erano duemila mentre nel 2011 erano mille) e noi inviamo all'India una piccola lettera formale in cui gli chiediamo: cortesemente ci potete fornire informazioni ? Sapete, stanno morendo soltanto cinquemila cittadini all'anno, è una cosa senza urgenza, quando ci potrete far sapere qualcosa vi ringrazieremo.
  Noi dovremmo indagare su questa cosa, abbiamo delle ambasciata in loco, abbiamo delle polizie internazionali, dobbiamo sapere da dove sta arrivando questo amianto e per cosa lo si sta utilizzando ! Vorrei avere la certezza, magari, che, tra 40 o 50 anni, la smettano di morire italiani per amianto ! Se invece arrivano mille o duemila tonnellate di amianto all'anno avremo morti per i prossimi cento anni !
  L'altra cosa veramente inaccettabile è che mi si venga a dire che i vigili del fuoco non siano stati riconosciuti come categoria a rischio perché, dagli esami che sono stati effettuati, non risultano particolari patologie; è una follia, perché è dimostrato che le patologie e le morti di amianto si presentano venti o anche trenta anni dopo aver inalato le fibre ! Quindi, solo per il fatto, e questa è un'altra cosa scandalosa contenuta nella risposta, che, a distanza di oltre venti anni dalla legge del 1992 che ha bandito l'amianto, voi ci veniate a dire che, in Italia, ci sono ancora vigili del fuoco che, su sei elicotteri, hanno l'amianto perché sono in via di bonifica, vuol dire che state ammettendo che molti dei nostri vigili del fuoco stanno probabilmente inalando, questo non lo sappiamo, fibre di amianto ! Se dovessero avere delle patologie, e spero che non sia così, glielo auguro, tra vent'anni o trent'anni, legate a ciò che stanno inalando, probabilmente il Governo Renzi non sarà più in carica, voglio sperare, e probabilmente non sarà questo Parlamento a prenderne atto.
  L'unica cosa che può fare questo Parlamento è riconoscerle come categorie a rischio per il solo fatto che hanno volato, volano su velivoli pieni di amianto, scatole di amianto volanti. Poi, la AgustaWestland nel 1996 ci ha detto quali erano gli elicotteri e i componenti contaminati da amianto, cioè componenti fatti da amianto; come è possibile che attualmente mi si venga a dire che il Ministero sta accertando, sta avviando piani di bonifica ? Sono trascorsi oltre vent'anni e abbiamo fatto pilotare questi elicotteri a generazioni di piloti, per non parlare poi di sommergibili, navi dell'Esercito, carri armati, veicoli blindati, lo si metteva ovunque. Allora, fatemi capire: che idea di Stato abbiamo ? In questo Paese, si spendono 10 miliardi di euro in enti inutili ogni anno secondo il Codacons; in questo palazzo – l'ho detto più volte – si spendono 280 milioni di euro in vitalizi; in questo Paese si buttano soldi dalla finestra in pensioni d'oro, in enti inutili; si buttano soldi dalla finestra per fare Tav inutili, come quella Torino-Lione; si spendono soldi inutilmente e poi si fanno passare oltre vent'anni per bonificare solo una piccola parte del patrimonio pubblico che Pag. 16ha dentro l'amianto. Abbiamo cinque quintali di amianto pro capite in Italia, abbiamo più amianto che debito pubblico pro capite probabilmente e non c’è un piano di investimenti, forse perché non potete tagliare nastri, non potete girare sulla vostra auto blu, non potete utilizzare il CNEL come un ricettacolo magari di posti di lavoro, non potete utilizzare le partecipate per mettere i vostri clienti; la bonifica dall'amianto non si vede, non fa notizia e, nello specifico, i Vigili del fuoco sono troppo pochi per essere interessati dalla politica, essere «attenzionati», come si dice in questo burocratese dei nostri tempi, dalla politica. Sono troppo pochi, non fanno testo. Allora li facciamo volare sugli elicotteri pieni di amianto, gli facciamo rischiare la vita, tanto chi se ne frega, tra vent'anni, tra trent'anni si avranno delle patologie e lo scopriranno, e non gli diamo neanche il riconoscimento. Allora questo non è lo Stato che vogliamo noi e mi permetto di dire, nel ringraziare comunque di averci risposto, che le risposte scritte da un impiegato ministeriale che si vengono a leggere in Aula non servono a niente, anzi, producono effetti terribili perché oggi, in streaming, ci stanno seguendo, ad esempio, i Vigili del fuoco del reparto elicotteristico di Pontecagnano, in provincia di Salerno, altri Vigili del fuoco dei reparti elicotteristici di tutt'Italia e devono sentirsi dire che lo Stato negli ultimi vent'anni – dico vent'anni perché nel 1992 si è fatta una legge per bandire l'amianto – non gli ha bonificato gli elicotteri; stanno volando ancora su elicotteri pieni di amianto e quelle persone dovrebbero essere servitori dello Stato, dovrebbero credere nello Stato e tutelare lo Stato. Hanno ragione quando vi dicono che lo Stato sono i cittadini, non i politici, per questo ci crediamo, e hanno tutta la mia ammirazione, però è difficile, credo sia veramente difficile lavorare serenamente in un lavoro così rischioso sapendo che, oltre a doverti difendere dai pericoli che si presentano davanti, ti devi difendere anche dallo Stato che ti accoltella alle spalle (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

(Iniziative volte a garantire l'ordine pubblico nella provincia di Savona – n. 2-01053)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Giacobbe ed altri n. 2-01053, concernente iniziative volte a garantire l'ordine pubblico nella provincia di Savona (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Giacobbe se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  ANNA GIACOBBE. Signor Presidente, signor sottosegretario, l'obiettivo di questa nostra interpellanza, delle informazioni e degli impegni richiesti al Governo è contribuire a fare sì che si realizzi una grande attenzione e una stretta collaborazione tra diversi soggetti istituzionali per fare in modo che il livello di convivenza e di sicurezza, di coesione sociale e di integrazione che si registra nella nostra comunità e che ha appunto un livello sufficiente non venga messo in discussione dalla possibile sottovalutazione di situazioni critiche o dalla mancanza di strumenti adeguati. La mancata prevenzione di episodi gravi di violenza e di criminalità di vario grado può rischiare inoltre di dare fiato a indiscriminate campagne contro la presenza delle persone immigrate.
  Ed è invece assolutamente necessario che l'insieme della popolazione, nativi e immigrati, possa vivere in condizioni di sicurezza e percepire come sicura e vivibile la propria città e il proprio Paese. Tra l'altro, è interesse comune che le persone immigrate possano vivere in Italia ma in Liguria, soprattutto, e nelle nostre zone portando un contributo essenziale in prospettiva all'equilibrio demografico.
  Siamo partiti dall'episodio particolarmente grave accaduto nello scorso mese di luglio. Dopo quell'episodio, secondo le informazioni che ci ha fornito la prefettura di Savona a seguito dell'approfondimento realizzato in occasione della riunione del coordinamento interforze, è stata disposta un'intensificazione dei servizi di vigilanza, prevenzione e controllo, centrando un Pag. 17punto, cioè la necessità di maggiori forze a disposizione e nel periodo estivo e in determinate zone. Questo ha richiesto l'ausilio di personale proveniente dalle strutture di Genova, in particolare del reparto prevenzione crimine Liguria di Genova.
  Questo dimostra che quella intensificazione era necessaria, non in modo transitorio, tuttavia, e che deve essere, appunto, destinata a precisi obiettivi e periodi dell'anno. Questo comporta decisioni delle amministrazioni centrali e uno stretto coordinamento e collaborazione con le amministrazioni locali, un aggiornamento, probabilmente, del patto per la sicurezza, che esiste, che è stato a suo tempo sottoscritto, e che, però, sia dotato di risorse e strumenti e ciò potrebbe essere un passaggio utile.
  Per quanto riguarda la gestione dell'accoglienza dei profughi, essa ha subito, nel frattempo, nel tempo che è passato dalla presentazione dell'interpellanza, un'evoluzione, un'evoluzione che sostanzialmente è positiva. Il criterio e la pratica dell'accoglienza diffusa è quello giusto e il sistema delle autonomie, l'ANCI, il comune capoluogo, hanno lavorato, in queste settimane, per affermare quella scelta e ci sono stati passi in avanti.
  Al momento della presentazione dell'interpellanza la prefettura dichiarava una sorta di impotenza a superare le resistenze di una parte di amministratori locali, con una giunta regionale peraltro che avalla quelle chiusure e non mette in atto le scelte necessarie, alimentando la confusione tra accoglienza dei profughi e immigrazione irregolare e proponendo, quando si devono accogliere i profughi, l'attivazione di strumenti del tutto discutibili, peraltro, come i CIE.
  Per questo, ed anche per il fatto che non si tratta di un fenomeno transitorio ma di un processo epocale, come si è detto, è necessaria una presenza e un'attenzione del Governo a sostegno degli enti locali, che si impegnano a realizzare i programmi di accoglienza, e a farlo in modo che l'atteggiamento della popolazione sia positivo, consapevole, sollecitando alla responsabilità e attuando comportamenti responsabili delle istituzioni. Per dirla un po’ semplicemente, un piccolo gruppo, una famiglia viene adottata dalla comunità, dal paese, dalla frazione, dal quartiere; se il profugo va, come sta accadendo, nelle scuole a dare la tinta alle pareti delle aule, il panettiere gli porta la focaccia e i bambini lo guardano con grande simpatia.
  La Liguria, in particolare, ha bisogno di rafforzare integrazione e accoglienza contrastando un'idea di invasione, che non c’è proprio. Oggi un quotidiano a valenza nazionale, ma locale, ci ricorda che dal 1971 la Liguria ha perso 300 mila residenti, nonostante meno di 140 mila immigrati siano arrivati in questo periodo.
  Infine, con l'interpellanza urgente avevamo chiesto di sapere con quali tempi, celeri, si intendesse provvedere a rendere pienamente operativa e autorevole la funzione dell'ufficio decentrato del Governo della provincia di Savona, con la sostituzione del prefetto Basilicata, che era stata destinata ad altro incarico. Proprio oggi siamo di fronte alla sostanziale formalizzazione della decisione di superare la prefettura di Savona. Io chiedo, quindi, come il Governo intenda rendere compatibili le necessità che sono state evidenziate e la decisione, che è stata anticipata da notizie di stampa, proprio ieri appunto, che però si fondano su documenti usciti dal Ministero.
  Io voglio precisare che, nella nostra zona almeno, lo Stato non c’è, se c’è la prefettura. Lo Stato c’è se gli enti locali, che sono parte costitutiva della Repubblica, come ci ricorda il nostro articolo 114 della Costituzione, hanno, però, poteri e risorse per rispondere al bisogno di servizi ma anche al bisogno di Stato, di comunità, di fiducia nelle istituzioni. E, quindi, noi abbiamo, certo, grande bisogno di ridurre il peso delle burocrazie, dell'affastellarsi di procedure, uffici e prerogative, ma tutto ciò deve essere fatto tenendo conto del rapporto con il territorio e delle sue esigenze.

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  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Domenico Manzione, ha facoltà di rispondere.

  DOMENICO MANZIONE, Sottosegretario di Stato per l'interno. Grazie, Presidente. L'interpellanza dell'onorevole Giacobbe, unitamente ad altri deputati, richiama l'attenzione del Ministro dell'interno sulla vicenda relativa ad una rissa avvenuta in un bar di Savona, culminata con la morte di un cittadino tunisino, e chiede, quindi, quali iniziative si intendano intraprendere per garantire la prevenzione e la repressione dei fenomeni di illegalità nella città.
  Come già rammentato dagli onorevoli interpellanti, il 17 luglio scorso a Savona, all'interno del bar Beach, si è sviluppata una violenta rissa tra cittadini stranieri, che si sono affrontati armati di cocci di bottiglie. La rissa è successivamente proseguita all'interno del prospiciente stabilimento balneare Bagnarci, alla presenza di numerose persone, e ha avuto come esito, purtroppo, la morte di un cittadino tunisino.
  Inizialmente, le notizie apparse sugli organi di stampa hanno attribuito l'omicidio a debiti derivanti dal gioco d'azzardo. In realtà – queste, almeno, sono le informazioni che vengono fornite dalla locale questura – la causa scatenante è da individuare in un diverbio nato da futili motivi. La stessa questura ha inoltre precisato che non risultano evidenze dello svolgimento del gioco d'azzardo nell'esercizio commerciale in questione, all'interno del quale sono attualmente collocate cinque slot machine, installate secondo la vigente normativa e regolarmente autorizzate.
  In merito alla vicenda, l'attività di indagine svolta dalla squadra mobile della questura ha portato all'arresto del signor Abdelaziz Boussedra per rissa aggravata, nonché alla denuncia per favoreggiamento personale del proprietario del locale. Il 1o agosto scorso, contestualmente al dissequestro del locale disposto dall'autorità giudiziaria, è stato notificato al proprietario dello stesso il provvedimento di chiusura per trenta giorni, ai sensi dell'articolo 100 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza; provvedimento, peraltro, emesso dal questore in data 18 luglio, già all'indomani della predetta rissa.
  Il bar Beach, teatro dell'omicidio, era già, peraltro, stato oggetto di diversi controlli da parte della questura nell'espletamento dell'attività di prevenzione. In particolare, nel mese di maggio, a seguito di un servizio congiunto con la questura, il personale della Polizia municipale ha elevato diverse sanzioni amministrative connesse all'omessa esposizione della tabella dei prezzi per la vendita al banco, omessa installazione di apparecchio rilevatore del tasso alcolemico ed omessa affissione della tabella dei rischi conseguenti al consumo di bevande alcoliche.
  Sempre nel mese di maggio, il predetto locale è stato segnalato, da parte di due esercenti della zona, quale probabile sede di attività di spaccio di stupefacenti da parte di cittadini extracomunitari. La questura ha conseguentemente posto in essere un'attività di monitoraggio del locale e dei suoi avventori, sfociata nell'arresto di un cittadino tunisino dedito ad attività di smercio di sostanze stupefacenti.
  Successivamente, il prefetto, in occasione della riunione del comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica che si è tenuto il 4 giugno scorso, ha dato ulteriore impulso all'attività di controllo delle zone del capoluogo a maggiore incidenza di reati, sollecitando, nell'ambito dell'attuazione del Piano di controllo coordinato del territorio, un maggior coinvolgimento della Polizia locale nell'attività di vigilanza e raccolta di elementi informativi.
  Al fine di realizzare un miglior coordinamento dei servizi da attuare nelle zone più critiche, è stata disposta la costituzione di un tavolo tecnico di verifica presso la questura, al quale partecipano anche esponenti della Polizia municipale. La vicenda oggetto dell'odierna interpellanza parlamentare è stata tempestivamente Pag. 19trattata in occasione della riunione di coordinamento interforze, svoltasi presso la prefettura di Savona, a cui hanno partecipato i vertici provinciali delle forze dell'ordine.
  In tale ambito, è stata disposta l'ulteriore intensificazione dei servizi di vigilanza, prevenzione e controllo del territorio con l'ausilio di personale del reparto prevenzione crimine Liguria di Genova, con particolare riguardo alle zone del capoluogo più critiche e a quelle aree che, nel periodo estivo, sono caratterizzate da un maggiore afflusso di persone. In particolare, dal 1o luglio al 26 agosto scorso è stato assicurato l'impiego aggiuntivo di complessivi 52 equipaggi dei reparti prevenzione crimine, pari a una media giornaliera di 4 equipaggi, per un totale di 156 unità.
  Ciò ha consentito, tra i risultati più rilevanti, di controllare 613 persone e 22 esercizi pubblici, nonché di sequestrare sostanze stupefacenti. Sono state, inoltre, accompagnate presso gli uffici di polizia 11 persone e ne sono state denunciate 4 all'autorità giudiziaria. Tutto ciò consente di asserire che, al di là della percezione della cittadinanza, specie in relazione a fatti criminosi di forte impatto mediatico, come quello di cui abbiamo parlato all'inizio, la situazione della sicurezza pubblica in provincia di Savona è monitorata di continuo ed è tenuta sotto controllo.
  Per quanto concerne l'accoglienza dei migranti, altro argomento toccato dall'interpellanza, la prefettura di Savona ha più volte sensibilizzato i sindaci del territorio sulla necessità di assicurare un sistema di accoglienza diffusa: d'altra parte, questo è il principio cardine che sta alla base del piano nazionale adottato dall'intesa Stato-Regioni nel luglio del 2014.
  Un'accoglienza diffusa che è basata su una distribuzione uniforme dei migranti, anche in piccole percentuali, su tutto il territorio della provincia, in linea del resto con le strategie operative elaborate nell'accordo che ho appena citato e condivise dal Tavolo di coordinamento nazionale, ma anche dal Tavolo di coordinamento regionale. Lo scopo è quello di evitare concentrazioni eccessive di migranti che potrebbero determinare, evidentemente, situazioni di criticità sulle comunità locali. Su questo versante, grazie alla continua opera di mediazione posta in essere dalla prefettura attraverso frequenti riunioni con i rappresentanti degli enti locali, è stato possibile trovare soluzioni alloggiative anche in quei comuni che inizialmente si erano opposti all'accoglienza.
  Allo stato attuale, sono ventitré i comuni della provincia interessati all'accoglienza e si prevede di coinvolgerne altri nell'immediato futuro, consentendo, in tal modo, un alleggerimento delle presenze nei centri di Savona, Varazze e Cairo Montenotte.
  Per quanto riguarda la prefettura di Savona essa è attualmente retta dal vicario che, come tutti i casi di avvicendamento del titolare, svolge, con pieni poteri, le funzioni assegnate al prefetto, la cui sostituzione verrà valutata nel quadro generale del movimento dei prefetti.
  Sentivo in coda la preoccupazione per un eventuale accorpamento della prefettura. Questo, tuttavia, come l'interpellante ricorderà, non dipende dalla volontà del Governo, ma da due variabili. Una è legata ad una legge approvata nel corso della precedente legislatura dal Governo Monti, che prevedeva una soppressione del 20 per cento delle prefetture sul territorio nazionale, ma non è detto, però, che questo piano vada in porto, perché l'altra variabile, come lei sa, è legata alla delega della recente «riforma Madia» che, a sua volta, prevede una del tutto diversa organizzazione degli uffici della prefettura sul territorio.

  PRESIDENTE. L'onorevole Giacobbe ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  ANNA GIACOBBE. Ringrazio il sottosegretario e il Governo. La risposta che è stata fornita soddisfa in parte le esigenze che sono state rappresentate e che credo abbiano bisogno di ulteriori approfondimenti Pag. 20e scelte. La coesione sociale può essere messa in crisi da episodi gravi, ma anche dal clima che quegli episodi generano. La percezione delle sicurezza è tutt'uno con il livello stesso della sicurezza e anche la percezione di insicurezza, tanto più quando la realtà non è inventata, ha bisogno di interventi, di presenza, di affidabilità. Così come la difficoltà ad accogliere va affrontata con una gestione corretta e condivisa dell'accoglienza. Il clima di sicurezza deve essere percepito da tutti, dai nativi, ma anche dagli immigrati, per potere essere fatto vivere in modo virtuoso dagli uni e dagli altri.
  Sul primo ambito di questioni, è importante che si sia proceduto ad una intensificazione dei controlli e degli interventi con il potenziamento del personale impiegato, cosa che, torno a dire, testimonia la necessità di quel potenziamento. Non deve essere un fatto episodico, deve essere confermato nelle forme che potranno essere definite dal confronto e dalla collaborazione tra le istituzioni centrali e quelle locali.
  L'intervento del sottosegretario conferma anche che le segnalazioni precedenti, che noi abbiamo richiamato nella nostra interpellanza, avevano già attivato interventi specifici con esiti che non risultano trascurabili a testimonianza del fatto che erano, appunto, praticate attività di spaccio. Devo dire che la presenza di slot machine, per quanto installate secondo la vigente normativa e regolarmente autorizzate, non significa che quelle installazioni, in presenza di una gestione assolutamente discutibile in quel tal locale, ma forse non solo in quello, siano fonte di comportamenti critici. Tutto questo, comunque, non aveva dato esito a una chiusura di un locale che è situato in una zona molto frequentata, soprattutto in un certa periodo dell'anno.
  Quindi, bisogna mantenere l'attenzione, dare visibilità all'azione di controllo e di intervento e assicurare una presenza adeguata, soprattutto in determinati periodi dell'anno. Come dicevo, un occasione di confronto diretto tra Governo, amministrazioni dello Stato centrale, enti locali e forze del territorio, un po’ strutturato, che abbracci l'insieme di queste cose e che, quindi, dia sostanza a ciò che sta accadendo già nella collaborazione tra istituzioni in quella zona, può essere la sede per mettere a punto accordi e impegni utili.
  Circa l'accoglienza dei profughi e dei migranti, io confermo che c’è stata un'evoluzione rispetto al mese di luglio. Questa accoglienza, che riguardi richiedenti asilo, ma anche persone in fuga da condizioni di povertà e privazioni, ripeto, deve avere un occhio al futuro di una comunità che invecchia. Certo, ha bisogno di una politica nazionale, su cui ora non è il caso di soffermarsi, che si è data, comunque, dei propri strumenti e programmi, che sono stati, in parte, richiamati, e di uno snodo, ci dica il Governo quale (la prefettura o un altro), tra responsabilità e strumenti centrali e responsabilità e strumenti locali.
  Quindi, in particolare, l'affermazione che la sostituzione del prefetto verrà valutata nel quadro generale dei movimenti dei prefetti appare un po’ fuori tempo rispetto alle cose che abbiamo appreso ieri. Già nell'illustrazione dell'interpellanza spiegavo che cosa noi intendiamo per presenza dello Stato nei territori. Io sono convinta che la proliferazione di uffici e sedi decentrate dei diversi Ministeri nelle province sia negativa. La delega per la riforma della pubblica amministrazione affronta questo tema, spingendo verso la costituzione di entità unificate da questo punto di vista. Altra cosa è non riconoscere a ciascuno dei territori provinciali la necessità di un presidio che abbia il rango giusto, se così posso dire.
  Io chiedo, quindi, al Governo di affrontare una discussione su questo punto nelle sedi parlamentari, ove vi sia il caso, in occasione dell'attuazione della delega, e nei territori interessati. Infatti, la corrispondenza tra gli strumenti e l'autorevolezza della presenza di ciascuna istituzione nei territori e la condizione di quei territori è sicuramente molto forte e va fatta in uno spirito di collaborazione istituzionale assolutamente deciso.

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(Iniziative volte a migliorare le procedure di identificazione e di rimpatrio dei migranti, alla luce della vicenda che ha interessato 69 immigrate trattenute presso il centro di Ponte Galeria a Roma – n. 2-01065)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Locatelli ed altri n. 2-01065, concernente iniziative volte a migliorare le procedure di identificazione e di rimpatrio dei migranti, alla luce della vicenda che ha interessato 69 immigrate trattenute presso il centro di Ponte Galeria a Roma (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Locatelli se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  PIA ELDA LOCATELLI. Grazie, Presidente. Con me vi sono altri 90 tra colleghi e colleghe. In questi mesi sono stati effettuati nel Mediterraneo centinaia di salvataggi, per fortuna. Io voglio richiamare l'attenzione di quest'Aula e del Governo su uno di questi salvataggi avvenuto a metà luglio, che ha riguardato e che ha salvato la vita di 69 donne di presunta cittadinanza nigeriana, provenienti dalla Libia.
  Queste donne e ragazze sono state indirizzate nei centri di prima accoglienza di Lampedusa, Pozzallo e Augusta. A tutte le 69, comprese le tre in evidente stato di gravidanza, sarebbe stato notificato un decreto di respingimento immediatamente dopo la loro fotosegnalazione, con trasferimento al centro di identificazione ed espulsione di Ponte Galeria a Roma, per essere rimpatriate dalla frontiera di Roma Fiumicino.
  A tutte loro è stato convalidato il provvedimento di trattenimento senza prendere in considerazione né la loro condizione fisica né il motivo del viaggio attraverso il Mediterraneo. Sono state procedure rapidissime, perché è bastata la loro nazionalità per fornire il cosiddetto foglio di via, il decreto di rimpatrio. In pullman sono arrivate a Roma, a Ponte Galeria, e all'arrivo era presente un addetto del Consolato della Nigeria per il loro riconoscimento, che è necessario per la procedura di rimpatrio.
  Tutto perfetto. Di questi fatti ci hanno informato alcuni esponenti di «LasciateCIEntrare», che è una campagna nata nel 2011 per contrastare una circolare del Ministero dell'interno che vietava l'accesso agli organi di stampa nei CIE e nei CARA. Grazie a questo loro impegno, noi siamo venuti a conoscenza di questi fatti. Senza questo loro impegno, forse non lo avremmo saputo.
  Queste donne sono state portate a Ponte Galeria, ma ci è stato segnalato che, al momento dello sbarco, a nessuna sarebbero stati fatti conoscere i loro diritti. Quindi, non sarebbero state date le informazioni per presentare richiesta di protezione in Italia.
  Noi pensiamo che non sia necessario essere degli esperti di politica internazionale per sapere cosa succede in Nigeria, in Africa, in Libia, nel Mediterraneo e per conoscere le storie di queste donne, perché sono storie di abusi, violenze, prigionia, ricatti, ricatti sessuali e psicologici.
  Sono partite da un Paese considerato sicuro, nel quale quindi è consentito essere rimpatriate. Ragazze, alcune appena maggiorenni, che sono in viaggio da mesi, qualcuna da anni, e alle quali è stato offerto loro un viaggio gratis e lo hanno accettato per ingenuità o forse per la disperazione. Queste donne hanno detto: voi non sapete cos'era quell'inferno. Inferno che hanno sperato di aver lasciato alle spalle. Però, come dicevo, è bastata la loro nazionalità per fornir loro il foglio di via. Poi ci sono state le udienze: la prima udienza il 25 luglio con tre giudici diversi e, secondo quanto ci è stato detto, queste udienze si sarebbero risolte in cinque minuti di colloquio. Per fortuna, anche grazie ad alcuni sostegni, queste donne hanno presentato richiesta di asilo e, per questa ragione, l'udienza di proroga del trattenimento si è tenuta di fronte al giudice ordinario il 17 agosto con la richiesta di proroga di 30 giorni ma in assenza delle interessate. Per farla breve, tra pochi giorni ci sarà questa nuova udienza e allora che cosa facciamo ? Che Pag. 22cosa succede ? Interpelliamo i Ministri dell'interno e della giustizia per sapere, primo, se il Governo sia a conoscenza di questi fatti che abbiamo raccontato e quali siano gli intendimenti del Governo in merito alla situazione che riguarda queste giovani donne nigeriane, ragazze e donne. E ci piacerebbe anche che questa nostra interpellanza urgente venisse sentita come sollecitazione ad agire. Ci piacerebbe anche sapere e interpelliamo il Governo per sapere se siano state assunte ed eventualmente quali misure siano state assunte per dotare le vecchie e le nuove commissioni territoriali di personale competente, capace di conoscere la pericolosità di alcuni contesti. Tutti sappiamo che cosa succede in Nigeria e il nome avrebbe dovuto far scattare un campanello d'allarme: Boko Haran oppure la campagna di cui abbiamo parlato anche in quest'aula, Bring back our girls, che si riferiva alle ragazze nigeriane. Vorremmo anche sapere se il Governo intenda adottare iniziative perché le attività di convalida si svolgano salvaguardando le condizioni di imparzialità della funzione giurisdizionale perché, così come è segnalato dal Consiglio superiore della magistratura, la decisione di tenere le udienze di convalida nei CIE pregiudica la funzione di imparzialità ed infine se il Governo non ritenga necessario ed urgente adottare misure volte ad ospitare queste donne nigeriane in strutture che non prevedano la totale privazione della libertà di movimento e di comunicazione con l'esterno, strutture che sono già state individuate dalla campagna «LasciateCIEntrare» e pronte all'accoglienza di tutte le richiedenti asilo. Un'informazione aggiuntiva che ho ricevuto questa mattina è la seguente: il 3 settembre quattro di queste giovani donne nigeriane hanno lasciato il centro.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Manzione, ha facoltà di rispondere.

  DOMENICO MANZIONE, Sottosegretario di Stato per l'interno. Con l'interpellanza all'ordine del giorno l'onorevole Locatelli – ma come lei rammentava molti altri colleghi – pone all'attenzione del Ministro dell'interno la vicenda relativa a 69 donne di nazionalità nigeriana trattenute nel centro di identificazione ed espulsione di Ponte Galeria a Roma, soffermandosi in particolare sul ruolo delle Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale nonché sulle modalità di svolgimento delle udienze di convalida del trattenimento nel CIE.
  Lo scorso 23 luglio la polizia di frontiera ha effettuato un volo charter per il trasferimento di 68 cittadine nigeriane presso il CIE di Ponte Galeria, che erano sbarcate sulle coste siciliane.
  Il trasferimento si è reso necessario in ragione del fatto che le cittadine nigeriane avevano dichiarato all'atto dell'identificazione di essere giunte in Italia per motivi di lavoro e pertanto, non essendo in regola con le norme sul soggiorno, erano state destinatarie di provvedimenti di respingimento e trattenimento emessi dai questori di Agrigento e di Siracusa.
  Per inciso, evidenzio che, in linea generale, già nell'immediatezza degli sbarchi ha luogo l'attività identificativa degli stranieri con procedure in grado di garantire il pieno rispetto dei loro diritti.
  Infatti, mediante l'ausilio di interpreti e di mediatori culturali qualificati, vengono comunicate prontamente al personale della questura eventuali esigenze di protezione rappresentate dagli immigrati stessi.
  Le cittadine nigeriane sono state, inoltre, visitate da personale medico che, dopo i controlli di rito volti alla verifica dell'assenza di patologie conclamate di carattere infettivo o di uno stato di salute debilitato che esclude il trattenimento coatto, ha redatto la certificazione medica sulla loro idoneità al viaggio. Al momento dell'accesso presso il CIE di Ponte Galeria, le medesime cittadine sono state ulteriormente sottoposte a un'accurata visita sanitaria a seguito della quale quattro di esse sono risultate in stato di gravidanza, condizione questa che, com’è noto, rende inespellibili le persone. Di conseguenza per due di esse non si è proceduto nemmeno Pag. 23all'ingresso nel centro in quanto sono state accompagnate presso un'apposita struttura ubicata in via Pineta Sacchetti, da dove peraltro una delle due si è successivamente allontanata. Le altre due donne incinte sono state dimesse dal CIE in data 24 e 25 luglio scorso, rifiutando la collocazione offerta. Allo stato attuale, pertanto, solo una delle quattro donne risulta ospitata presso il centro di via Pineta Sacchetti in quanto le altre tre si sono allontanate di loro iniziativa, autonomamente. Nessuna delle quattro ha presentato domanda di protezione internazionale.
  Successivamente alla convalida dei provvedimenti di respingimento e trattenimento da parte dell'autorità giudiziaria, le restanti 64 cittadine nigeriane hanno formalizzato istanza di protezione internazionale. Poiché l'audizione delle straniere era stata fissata dalla commissione in data successiva alla scadenza del termine di trattenimento, la questura di Roma ne ha chiesto la proroga, effettivamente concessa il 17 agosto dal tribunale ordinario di Roma, in modo da consentire alle straniere, a tutela del loro stesso interesse, di presenziare all'audizione, disposta d'urgenza presso il CIE.
  In relazione poi all'espletamento dell'udienza di convalida del provvedimento questorile di proroga presso il CIE e non presso il tribunale, faccio presente che il giudice ordinario ha optato per la prima soluzione per motivi logistici e organizzativi legati anche alla tutela dell'ordine pubblico, nonché al fine di consentire lo svolgimento dell'udienza di proroga entro le 48 ore dall'istanza, alla presenza delle interessate, in conformità alla richiesta del loro difensore.
  Quanto invece alla richiesta della difesa di trattazione del procedimento in pubblica udienza, va rilevato che nel caso di specie non apparivano sussistenti i relativi presupposti procedurali. Il procedimento in questione è infatti assoggettato a rito camerale, con conseguente trattazione in camera di consiglio, a tutela delle esigenze di riservatezza, vertendosi su posizioni soggettive del tutto peculiari.
  Per quanto riguarda il CIE di Ponte Galeria, segnalo che la struttura è stata appositamente progettata per far fronte, nel rispetto appunto della riservatezza delle persone e del buon andamento dei procedimenti giudiziari, anche alle esigenze di difesa degli interessati. All'interno sono, infatti, allestiti appositi spazi per i colloqui tra gli assistiti e i legali che possono accedervi senza restrizioni, mentre altri spazi sono adibiti ad aula di udienza. Per quanto concerne invece l'esito delle audizioni effettuate dalla commissione territoriale, informo che per 46 cittadine è stata denegata la protezione internazionale richiesta, e dunque, nei confronti delle stesse, salvo l'eventuale presentazione di ricorso, verrà eseguito il respingimento. In due casi è stata riconosciuta la protezione sussidiaria, e in altre due la commissione ha raccomandato al questore il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari mentre per un caso è in corso di perfezionamento il provvedimento per il riconoscimento dello status di rifugiato.
  Le residue 13 istanze sono ancora al vaglio della commissione territoriale competente, la cui complessa attività, come quella di tutte le altre commissioni, viene svolta con la necessaria professionalità e imparzialità sulla base di una conoscenza approfondita della situazione geo-politica dei Paesi di provenienza dei richiedenti asilo, informazioni peraltro spesso trasmesse – quelle internazionali, intendo dire – dalle organizzazioni umanitarie. I componenti delle commissioni territoriali svolgono, quindi, un percorso iniziale di formazione obbligatoria e successivi corsi di aggiornamento organizzati dalla commissione nazionale per il diritto di asilo.
  In particolare, per quanto riguarda la disponibilità e l'aggiornamento delle informazioni sui Paesi d'origine, si fa riferimento all'unità COI (Country of Origin Information) della citata Commissione nazionale che opera in stretta collaborazione con l'Ufficio europeo di sostegno all'asilo (EASO).
  Nel caso in questione, la commissione territoriale di Roma, tenendo conto del Pag. 24particolare contesto nigeriano ove non necessariamente sussiste un conflitto armato, nonché dell'eventualità che le richiedenti fossero vittime di tratta di esseri umani, ha offerto supporto a tutte le richiedenti asilo, indirizzandole all'associazione Be Free, che si dedica a questi temi, e con cui è vigente una specifica convenzione. Va tuttavia precisato che non tutte le migranti hanno accettato il sostegno proposto, mentre ne hanno fatto ricorso con certezza le cittadine nigeriane per le quali la decisione della commissione non è ancora definita.
  In tali casi, la commissione è in attesa di ricevere una relazione da parte della predetta associazione Be free sulla situazione delle migranti. Osservo, infine, che la commissione territoriale di Roma effettua di norma le audizioni dei cittadini nigeriani con la partecipazione di un funzionario di Roma capitale, esperto della situazione di quel paese e soprattutto – credo che questo sia il dato più rilevante – con il rappresentante dell'alto commissariato per i rifugiati in grado di fornire quindi un apporto più che qualificato all'esame del caso.
  Questi sono i fatti dai quali emerge che le cittadine nigeriane hanno avuto modo di esercitare per intero i diritti riconosciuti loro dall'ordinamento giuridico nella qualità di richiedenti asilo.

  PRESIDENTE. L'onorevole Locatelli ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  PIA ELDA LOCATELLI. Signor Presidente, lei sa signor sottosegretario che noi abbiamo spesso apprezzato il suo lavoro in diverse occasioni ma con questa sua risposta non posso ritenermi pienamente soddisfatta. Sono un pochino soddisfatta, ma perché non posso dirmi pienamente soddisfatta ? Perché lei ha concluso dicendo che tutte queste donne hanno avuto la possibilità di esercitare i loro diritti. Ma se non ci fosse stato un allarme iniziale e un'assistenza queste 69 donne, tranne quelle in evidente stato di gravidanza, sarebbero state rispedite via, se non ci fosse stato questo intervento di alcune persone, in particolare, gli esponenti del «lasciateCIEntrare» per segnalare e bloccare la situazione. C’è stata questa coincidenza fortunata. Se questi esponenti non fossero stati lì, la gran parte di loro – quasi tutte, tranne, evidentemente, quelle incinte – sarebbero state mandate via. Non può andare bene questa cosa; non è assolutamente accettabile.
  Un'altra cosa. Lei ha parlato di dichiarazione di queste donne riguardanti motivi di lavoro. Bisogna anche saper leggere le dichiarazioni e bisogna anche saper leggere i corpi delle persone. Mi risulta che sui corpi di alcune di queste donne ci sono delle evidenti bruciature. Lei ha parlato di doppie visite. Perché ci segnalano queste presenze di corpi segnati ? Io credo che in questo contesto generale di cambiamento di linea rispetto alla gestione, lo dico tra virgolette, di questo esodo perché non si può nemmeno parlare di flussi di migranti, perché per la stragrande maggioranza dei casi si parla di rifugiati, credo che un'attenzione e uno scrupolo assoluti debbano essere utilizzati, debbano guidare i nostri comportamenti. Certo, ci sono le regole, c’è la burocrazia, ma in questo momento dobbiamo essere capaci di leggere la realtà e leggere attraverso le regole, interpretandole veramente.
  Sono molto contenta che in questa giornata si marcerà nel nostro paese. In 71 città ci saranno marce di donne e uomini scalzi per segnare un'attenzione perché finalmente anche chi è attento all'accoglienza, attento ai problemi dell'esodo e attento all'umanesimo che ci deve guidare, tutte queste persone fanno sentire la propria voce. Così non sentiamo soltanto la voce di quelli che sono contro, che vogliono costruire i muri, che vogliono di nuovo l'Europa con le frontiere. Proprio ieri è partito un altro muro in Macedonia. L'Europa è nata con un progetto diverso, quello di abbattere i muri e di arrivare ad una unione e ad un progetto comune. Mi piacerebbe che questa attenzione permeasse anche i comportamenti dei legislatori, del Governo, dei funzionari che forse hanno bisogno di maggiore attenzione, di Pag. 25educazione, di informazione e anche un poco di – permettetemi – di educazione sentimentale.

(Iniziative finalizzate a contrastare il radicamento della criminalità organizzata nella città di Napoli – n. 2-01067)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Fico ed altri, n. 2-01067, concernente iniziative finalizzate a contrastare il radicamento della criminalità organizzata nella città di Napoli (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Fico se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  ROBERTO FICO. Signor Presidente, questa mattina a Napoli, nel rione Sanità, si sono svolti i funerali del ragazzo diciassettenne ammazzato dalla criminalità che si chiamava Gennaro Cesarano.
  In questo momento e anche questa mattina, mentre ascoltavo le risposte dei vari sottosegretari e le interpellanze degli altri deputati anche sulla questione di Napoli, immagino quanto queste parole, questo sentire, possa rimbombare in quest'Aula vuota nelle anime delle persone che questa mattina hanno partecipato ai funerali nel Rione Sanità, quanto tutto questo possa sembrare vano, inutile. E infatti oggi, nel Rione Sanità, nel funerale, i parroci – ma non solo – hanno chiesto di non rimanere soli e alla fine hanno detto che nessuno li andrà a salvare.
  Io ho 41 anni, sono di Napoli e sono quarant'anni che sento sparare nelle vie di Napoli, nei quartieri di Napoli, e allora sembra una storia che si ripete sempre: è uno Stato che puntualmente non riesce a risolvere le situazioni, non riesce a risolvere quello che è sotto gli occhi di tutti. Allora io mi chiedo perché non si riescano a risolvere alcune situazioni così particolari, così dure, così tipiche, che fanno vivere nella paura le persone che onestamente ogni giorno vanno a lavorare e le persone che onestamente vivono ogni giorno nei quartieri come il Rione Sanità, come Ponticelli, come Barra, come il Rione Traiano, dove in questi giorni c’è di nuovo una recrudescenza criminale. Perché non si riesce a risolvere ?
  Io, in questo momento, faccio questa interpellanza, urgente e giusta, vi chiederò – vi chiedo ! – spiegazioni, anche perché abbiamo visto che l'ultima volta che avete preso dei provvedimenti è stato con «alto impatto» – alto impatto ! – per Napoli e non mi sembra che l'operazione «alto impatto», che è stata elaborata qualche mese fa, abbia avuto dei risultati se oggi ci troviamo punto e da capo. Perché il problema non è fare un comunicato stampa, farsi belli, fare un'intervista sul giornale e dire che la situazione si sta monitorando e si sta cercando di risolvere, perché non si risolverà niente, e lo sappiamo e lo sanno tutti. Lo sanno nel quartiere Sanità che questa situazione con «alto impatto» non si risolverà.
  Lo Stato deve dire: io questo quartiere lo voglio davvero aiutare, voglio essere Stato e voglio capire fino in fondo come fare per risolvere definitivamente la situazione. E quando faccio un'azione, quando faccio una cosa, io la vado a monitorare, vedo il risultato che ho ottenuto dopo sei mesi, dopo un anno, e se non è stato risolto, cambio la mia politica fin quando non si risolve. Così si affrontano i problemi: si deve prendere il toro per le corna. Perché, se non si fa così, vuol dire che non c’è una cosa, che manca una cosa, e quello che manca è la mentalità nel risolvere i problemi, la mentalità nel voler affrontare davvero le associazioni. Manca la volontà politica – politica ! – di andare in un quartiere e presidiarlo davvero.
  È possibile che, camminando per le strade di Napoli, mi fermano i poliziotti, i servitori dello Stato e mi dicono che hanno le divise bucate, che nelle loro questure mancano le stampanti, mancano i toner, che devono averli in prestito da persone, da associazioni: così funziona !
  E allora noi, da un lato, diciamo che vogliamo risolvere la questione criminalità a Napoli, in altre città, in questi quartieri, e poi, dall'altro lato, invece, tagliamo i fondi alla sicurezza. Questo non è possibile ! Pag. 26Agiamo su due canali diversi, su due binari diversi: si dice una cosa e se ne fa, puntualmente, un'altra. Perché, se chiediamo i corpi di polizia come vivono nelle squadre mobili, nelle questure, come vivono nelle volanti, con le macchine distrutte, senza benzina, è chiaro che non si può andare avanti così.
  Ma, se questa è la situazione in cui viviamo, vuol dire che lo Stato è assente. Nel quartiere Sanità ognuno può fare ciò che vuole: si può andare in motorino in due o in tre senza casco, non ci sono presidi e le persone che si vogliono comportare bene hanno paura. E noi non possiamo chiedere a queste persone di essere i nuovi eroi che si sacrificano sull'altare della patria: per cosa ?
  Per un Ministero dell'interno che fa poco o niente e che spesso fa più propaganda che azione ? Che solo quando c’è un morto ammazzato sembra che per qualche giorno si ricordi di questi quartieri e delle città e, il giorno dopo, non fa assolutamente niente ?
  Anche magistrati in questi giorni sui giornali hanno rilasciato interviste dicendo che la situazione è grave e che «Alto impatto» così com’è non serve a niente. È ridicolo sentire dire: mandiamo altri 50 uomini. E allora ? Sono stati già mandati altri 50 uomini, mesi fa. Sono stati già mandati altri 300 uomini, due anni fa, e non è cambiato niente, perché manca la volontà, manca la mentalità di andare in un quartiere e risolvere definitivamente la situazione.
  Il grido di dolore che dalla Sanità questa mattina si è sollevato con le associazioni, i sacerdoti e padre Alex Zanotelli, che vive alla Sanità... Prima viveva in Africa, in una delle discariche più grandi del mondo e, quando è stato richiamato in Italia, un padre comboniano, ha deciso di vivere a Napoli, nel quartiere Sanità, in una piccola casa, e ogni giorno lotta e in tanti lottano su quel territorio.
  E allora, se un attimo tutti insieme fossimo empatici con le strade di quel quartiere, sapremmo quanto quest'aula è lontana da quel funerale questa mattina, quanto siete lontani voi ministri, voi sottosegretari, quanto le azioni poi non corrispondano alla realtà.
  E allora, nessuno più crede che con «Alto impatto» succederà qualcosa di buono e qualcosa di nuovo, non succederà niente, è questa l'amara verità. E allora nessuno salverà Napoli, nessuno salverà il quartiere Sanità. Oggi le parole di padre Zanotelli dicevano: nessuno ci salverà, ci dobbiamo salvare da soli ! E io vorrei dire, invece, a queste persone che lo Stato è vicino, che c’è, che ce la possiamo fare. Possiamo riuscire ad essere presenti, tutti, nel quartiere, ognuno prendendo le proprie responsabilità. Però, io, con questo Ministero dell'interno, con questo Ministro, non me la sento di fare questa promessa. Io non so se lei, sottosegretario, se la sente di fare questa promessa, ossia che da domani le volanti saranno presenti, 24 ore su 24, per difendere le persone perbene, per controllare il territorio, per presidiare davvero una piazza di spaccio, per non far detenere armi nelle case, alle persone che girano sui motorini impunemente e che, magari, alle 4 di notte sparano ammazzando le persone.
  Io non so se voi conoscete il quartiere Sanità. Mi soffermo su questo perché lì adesso è successa la morte di questo ragazzo. Il quartiere Sanità è uno dei quartieri storici di Napoli, è il cuore popolare, lì si è fatta la storia, lì ci sono beni architettonici e storici senza precedenti. È un quartiere stupendo, un quartiere dove c’è una pulsione e un'anima vitale enorme, pieno di associazioni che cercano di fare cose meravigliose, pieno di cooperative. Lì è nato Antonio De Curtis, Totò, ci sono dei palazzi splendenti. Ci sono tutte le basi per far ripartire un quartiere che Napoli ama. Ma non possiamo lasciarli da soli. Lo Stato deve dire: io ci sono, vengo qui e quello che prima, ieri, era possibile, non sarà più possibile. E si può fare, si può fare. In pochi giorni la situazione cambia, se c’è la presenza delle forze dell'ordine.
  La mia interpellanza non è rivolta esclusivamente al Ministero dell'interno, ma anche alla Presidenza del Consiglio, Pag. 27perché, per sconfiggere la criminalità, c’è bisogno di un progetto culturale complessivo, dove le scuole siano al primo posto: ci vuole un esercito di insegnanti, un esercito di assistenti sociali, un esercito di educatori. Non possiamo rimandare tutto alle associazioni di volontariato, scaricando la responsabilità, e dire che le associazioni di volontariato ci sono, lo fanno e noi non lo facciamo. Dobbiamo essere con le associazioni di volontariato, ma la prima, grande associazione deve essere lo Stato che su quel territorio aiuta a tutti, poi le associazioni di volontariato, poi le cooperative. Ci siamo prima noi che abbiamo questo dovere.
  E allora voi sentite questa voglia, questa forza ? Avete questo sentire dentro, di rimanere presenti nei quartieri di Napoli in difficoltà ? Avete questo grande sogno di risolvere definitivamente una situazione ? Allora dobbiamo fare più scuole, più asili nido alla Sanità e negli altri quartieri. Dobbiamo fare più cultura da tutti i punti di vista. Dobbiamo avere cinema, teatri, anche statali, non per forza privati.
  Noi dobbiamo aprire laboratori statali, non privati, dove possiamo far integrare i ragazzi, dove possiamo farli parlare tra di loro, dove al posto di una pistola c’è uno strumento musicale: leviamo pistole e mettiamo chitarre in mano a dei ragazzi, mettiamo legno per fare i falegnami, mettiamo scuola per dare un'istruzione che sia importante. Devono esserci dei valori di base, ma se i valori di base non riescono ad essere presi magari dalle famiglie li dobbiamo trasferire noi come persone che fanno parte dello Stato.
  E allora 50 uomini in più: è inutile mentirci, ci dobbiamo guardare negli occhi e dirci che non servono a niente. E allora che cos’è che serve: serve che voi, in questo momento, mettete come obiettivo di risolvere nel complesso, strutturalmente e definitivamente, la situazione in una città come Napoli e la situazione in questi quartieri. Perché altrimenti vuol dire che voi a questa guerra avete abdicato; e significa contrattare in qualche modo con la criminalità: io ti lascio questa piazza, poi, se ti lascio questa piazza, io faccio delle altre cose. E quindi che cosa avviene ? Avviene una commistione totale tra lo Stato e la criminalità. Un po’ come con i processi sulla trattativa Stato-mafia: lo Stato ha un po’ impedito i processi sulla trattativa Stato-mafia; e perché ? Perché ?
  E allora noi non dobbiamo avere dubbi: dobbiamo dire che lo Stato è lo Stato, la mafia è la mafia, e va combattuta fino all'ultimo secondo, fino all'ultima norma, fino all'ultima legge. Ed è per questo che, come gruppo, avevamo chiesto anche l'abolizione della prescrizione: perché degli avvocati in questo modo non possono avere cavilli e cavilli per poi far andare in prescrizione i reati e far uscire i criminali dalle galere. E allora repressione sì, ma dando i mezzi veri alla polizia, ai carabinieri, alla finanza, alla magistratura. Mezzi veri non ne hanno !
  Un poliziotto della squadra mobile, che combatte la criminalità organizzata e rischia la vita ogni giorno, prende circa 1.400-1.500 euro al mese, e fa dei turni ventiquattr'ore su ventiquattro perché manca il personale. Sono turni distruttivi ! E lo fanno solo perché c’è amore nel lavoro che fanno e che vogliono portare avanti: un amore grandissimo che li porta a presidiare, a fare le indagini su territori così difficili. Perché, altrimenti, il gioco non varrebbe mai la candela ! E invece vale perché c’è una dignità che si vuole affermare in quei territori. E io queste persone le ringrazio, le ringrazio veramente, perché combattono ogni giorno per lo Stato, per i cittadini, nonostante lo Stato. Perché io credo che, se un poliziotto si guarda indietro e guarda il Ministero dell'interno che dovrebbe coprirgli le spalle, si trova senza dubbio molto spesso purtroppo tradito.
  E allora, da una parte, dobbiamo reprimere e avere la presenza dello Stato sul territorio, e dall'altra parte, dobbiamo assolutamente creare un progetto culturale che comprenda laboratori, che comprenda un lavoro sano, che comprenda tutti quei fattori che riescono a far uscire un quartiere, una città dal buio.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

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  ROBERTO FICO. Se lo aspettano queste persone alla fine, perché fino in fondo, dentro, ci si crede allo Stato; e lo Stato non sono solo i politici e non sono i parlamentari: sono davvero i cittadini, e se tutti riacquisiamo questa visione, una visione del futuro, delle cose belle che vogliamo fare, che vogliamo creare e che vogliamo lasciare, con un Ministro dell'interno, un Presidente del Consiglio che si pongono come obiettivo quello di far vivere bene le persone in città così difficili, in quartieri così difficili e riuscissero mai a realizzarlo, sarebbe un'eredità lasciata a tutto il Paese meravigliosa, e queste persone potrebbero andare a dormire con una tranquillità e poggiare sul cuscino in modo favoloso. Invece, fin quando non avremo sconfitto la criminalità, fin quando non avremo fatto tutto davvero per sconfiggere la criminalità e dare voce, sicurezza e bellezza alle persone oneste che ogni giorno fanno tante cose per Napoli e per far vivere bene questi quartieri, non sì può dormire tranquilli, non ci possiamo adagiare, non ci possiamo fermare.
  Lo Stato deve combattere la guerra con la criminalità, lo Stato deve essere attore di nuovi processi culturali. Cultura, nel senso ampio del termine, e repressione seria ! Ve la sentite di farla ? Perché, se non ve la sentite, allora non servite né come sottosegretari né come ministri e allora passiamo avanti perché noi ce la sentiamo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Domenico Manzione, ha facoltà di rispondere.

  DOMENICO MANZIONE, Sottosegretario di Stato per l'interno. Grazie Presidente. L'interpellanza dell'onorevole Fico concerne la situazione della sicurezza pubblica a Napoli, interessata recentemente da fatti delittuosi che hanno particolarmente colpito l'opinione pubblica, creando allarme e destando sconcerto nella popolazione partenopea anche per la giovane età delle vittime e degli stessi presunti responsabili. L'interpellanza, oltre a chiedere quali misure urgenti siano state messe in atto per contrastare la recrudescenza criminale nel capoluogo campano, mira anche a conoscere quali più ampie misure il Governo abbia intenzione di adottare sul piano del disagio socio-economico e del recupero ambientale, allo scopo di affrontare alla radice gli annosi problemi che affliggono la città e che richiedono interventi strutturali, non caratterizzati solo dall'emergenza del momento.
  Gli episodi a cui fanno riferimento gli interpellanti hanno già trovato una prima risposta nella decisione del Ministro dell'interno di rafforzare il dispositivo di prevenzione e di controllo tramite l'invio di ulteriori aliquote della Polizia di Stato e dell'Arma dei Carabinieri, tratte rispettivamente dai reparti prevenzione crimine e dalle compagnie intervento operativo, per un incremento pari a 50 unità.
  Un ulteriore incremento del dispositivo deriverà inoltre dall'invio a breve di altri 5 equipaggi provenienti dal reparto prevenzione crimine dello stesso capoluogo campano. È stata, quindi, alimentata, e lo sarà ancora nei prossimi giorni, una linea di attenzione al territorio partenopeo già in atto da alcuni mesi. Risale, infatti, all'aprile scorso la convocazione in prefettura di una riunione straordinaria del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, presieduta dallo stesso Ministro Alfano, che ha disposto l'attivazione immediata di una task force dedicata il cui peculiare compito è quello di analizzare il rischio criminale quartiere per quartiere, sulla base di un'accurata ricognizione delle connotazioni di ciascuna area urbana, in maniera da differenziare adeguatamente la risposta preventiva e repressiva nei confronti della recrudescenza del fenomeno. Infatti, come hanno peraltro anche messo in luce gli onorevoli interpellanti, la situazione napoletana richiede uno sforzo particolare non solo nel presidio fisico della città, cosa che è già in atto da tempo, ma, soprattutto, una capacità profonda di leggere e di comprendere la complessa realtà criminale.Pag. 29
  A Napoli, diversamente che in altre grandi città, che pure presentano l'incidenza di fenomeni criminali endogeni, la delinquenza organizzata si manifesta attraverso gruppi pulviscolari, fortemente in competizione tra loro, formati prevalentemente da giovani o giovanissimi, determinati e spietati. Si stima che siano attivi, al momento, 34 tra clan e gruppi criminali, che contano quasi 2.000 affiliati. L'ambito delle attività criminali spazia dallo spaccio di sostanze stupefacenti all'estorsione e all'usura, dal contrabbando al giro di scommesse clandestine. Non è da meno la criminalità diffusa, dedita prevalentemente a reati di natura predatoria che generano grande insicurezza tra la popolazione.
  Di fronte a questa sorta di «esercito» del male, si dispiega un imponente dispositivo di sicurezza non solo formato da uomini e donne delle Forze di polizia, ma anche da 400 militari impiegati quotidianamente in attività di concorso nell'ambito dell'operazione «Strade Sicure».
  Anche se gli eclatanti casi di cronaca rischiano di mettere in ombra questa intensa attività, non mancano i risultati ove si pensi che, solo nei primi tre giorni in cui ha operato l'ultimo contingente di rinforzo inviato a Napoli, lo scorso 7 settembre è stato possibile incrementare sensibilmente l'attività di prevenzione e controllo del territorio, specie nei quartieri più a rischio, in particolare a Soccavo. La Questura di Napoli, del resto, concentra il suo massimo sforzo in tutte le diverse zone a rischio, tra le quali rientrano anche i quartieri di Forcella e della Sanità, teatro, come già rammentava l'interpellante, dell'uccisione del giovane Gennaro Cesarano.
  Più in generale, dall'inizio dell'anno, grazie al rinforzo rappresentato da 19 pattuglie del reparto prevenzione crimine, inviati in media ogni giorno a Napoli, mirati servizi di prevenzione hanno consentito di controllare quasi 34 mila persone, di arrestarne d'iniziativa 15 e altri 104 in esecuzione di provvedimenti giudiziari.
  Notevolissimo anche il numero dei controlli eseguiti su esercizi commerciali, autoveicoli e motoveicoli e sulle persone che scontano presso il proprio domicilio misure restrittive. A questa attività si somma quella delle strutture presidiarie. Trattandosi di un tessuto urbano dove prevalente è la presenza della Polizia di Stato, va sottolineato il dato degli arresti compiuti dall'inizio dell'anno ad oggi dal personale della questura e dei commissariati di città: circa 400 delinquenti sono stati assicurati alla giustizia, a seguito di 59 operazioni di polizia giudiziaria incentrate su gravissimi delitti. Spicca in questo quadro la cattura di un latitante di particolare caratura criminale, inserito nell'Elenco di massima pericolosità del Programma speciale di ricerca. Naturalmente l'intervento del Governo non può limitarsi al dispiegamento della forza, ma deve anche fondarsi sulla capacità reattiva delle componenti sane della città, stimolandone la collaborazione e il pieno coinvolgimento nei progetti di rinascita civile. È in questo senso infatti che si colloca l'iniziativa del prefetto, che ha portato all'istituzione di Tavoli di confronto territoriale con le dieci municipalità di Napoli e gli attori del tessuto sociale che si prefiggono di approfondire i temi della sicurezza, anche per attivare processi di partecipazione più capillare, calibrati sulle diverse esigenze. Iniziative mirate, in collaborazione con le autorità scolastiche, sono state indirizzate alla popolazione studentesca, allo scopo di sviluppare e diffondere tra i giovani modelli relazionali positivi, improntati ai valori della legalità e del rispetto della convivenza civile. Al centro di tale iniziative, che prevedono l'impiego di personale dell'Asl in possesso di specifiche competenze psicologiche, vi è la cultura della prevenzione, indirizzata verso i fenomeni di devianza più diffusi, legati al consumo di stupefacenti e al bullismo, o rivolta ad affrontare tematiche connesse ai comportamenti responsabili, dall'uso del web all'inosservanza delle norme di comportamento in materia di circolazione stradale. Particolare cura è dedicata ai rapporti con le associazioni che operano per il contrasto del racket e Pag. 30dell'usura, allo scopo di sensibilizzare le vittime e incrementarne la collaborazione finalizzata all'emersione del fenomeno e alla denuncia dei responsabili di queste odiose forme di reato. Nella consapevolezza di dover affrontare alla radice le cause del disagio socio-economico, il Programma operativo nazionale «Legalità» 2014 e seguenti, di competenza del Ministero dell'interno, contempla apposite linee di intervento sia di natura sistemica a supporto dell'economia legale per aumentare la capacità di resistenza alle pressioni criminali, sia interventi puntuali a carattere sperimentale per agevolare e rafforzare le reti territoriali che si oppongono all'immobilismo e al degrado voluti e prodotti dalle organizzazioni criminali. Analoghe misure di sostegno sono presenti nelle programmazioni nazionali a titolarità del Ministero dell'istruzione e del lavoro e delle politiche sociali, queste ultime contenute nel PON «Iniziativa occupazione giovani» e nel PON «Inclusione».

  PRESIDENTE. L'onorevole Fico ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  ROBERTO FICO. Signor Presidente, purtroppo non sono soddisfatto perché abbiamo sentito un elenco di attività che appunto sono poi esclusivamente un elenco, perché se si va sul territorio tutte le associazioni, le cooperative, i preti ma anche le autorità locali lamentano che manca l'aiuto dello Stato, una pianificazione seria, strutturale, perché «ok», perfetto l'elenco, magari sono stati spesi quei fondi, ma l'abbiamo un risultato reale ? Abbiamo il modo di monitorare la spesa dei fondi ? Poi i piani che lei ci ha elencato, che risultati reali hanno portato sul territorio ? Perché io non vivo in un altro pianeta e, quando parlo con tutte queste persone o vado in questi quartieri che sono anche i miei quartieri, essendo di Napoli, tutti mi dicono esattamente il contrario. Allora, non è possibile che qui, in quest'Aula, alla Camera dei deputati dai banchi del Governo ci si racconti una storia e poi sul territorio la storia è esattamente un'altra.
  E questa discrepanza totale tra ciò che si dice, tra i fogli che si leggono e ciò che alla fine è sul territorio, è intollerabile. E, allora, quello che io chiedo, che noi chiediamo e che chiede tutta Napoli, è un'assunzione vera di responsabilità. I risultati delle forze dell'ordine, che lei ci ha elencato, noi li conosciamo. Sappiamo benissimo che le forze dell'ordine fanno in tutti i modi il proprio lavoro, ma sono proprio le forze dell'ordine che lamentano la mancanza dello Stato, la mancanza di fondi, la mancanza di una vera organizzazione, la mancanza di uffici, la mancanza di stampanti, la mancanza di qualsiasi fattore normale per portare avanti un lavoro difficile, che va dalla prevenzione sul territorio fino al lavoro di intelligence.
  Questa è la polizia. Poi, la magistratura lamenta lo stesso: lamenta che le leggi dello Stato sembrano, a volte, andare contro i magistrati invece che contro la criminalità. E, allora, che tipo di prevenzione noi vogliamo fare, che tipo di lotta vogliamo fare ? Sappiamo benissimo che ci sono le piazze di spaccio, sappiamo benissimo che oggi l'età delle persone che delinquono si è abbassata e che sono molto più violenti, anche perché si fa uso delle sostanze stupefacenti che magari si vendono.
  E allora ? Allora, quanto siamo lontani – lo voglio ribadire qui dentro – dal funerale che si è tenuto questa mattina in piazza Sanità ? Voglio sapere quanto siamo lontani, quanto lo sentiamo. Quanto è vicino a noi ? Quanto siamo indignati ? Quanto abbiamo voglia di lottare ? Quanta voglia abbiamo ? E c’è la voglia di lottare ? Io mi chiedo, sottosegretario: lei ha voglia di lottare ? Ha voglia di cambiare le cose ? Ha voglia di vedere un mondo diverso quando si arriva a Napoli o in altre città ? Perché sembra che non abbia questa voglia e a me sembra quasi scocciato nel leggere un foglio. Mi sembra che non ci sia l'anima per fare le cose, la forza, l'indignazione, perché è troppo facile essere scollati, in questo palazzo, dalla realtà che tutti i cittadini vivono ogni giorno. È Pag. 31questo il grande cambiamento che dobbiamo riuscire ad attuare, che questo Palazzo deve fare, in modo che le parole che diciamo non siano parole vuote, ma siano parole forti, siano delle parole guerriere e siano in nome dei cittadini italiani tutti, dal Sud al centro al Nord, dai quartieri disagiati o no.
  Allora, io mi chiedo: la forza, la voglia, la volontà, la mentalità di affrontare questi problemi c’è ? In tanti ragazzi, che facciano i poliziotti o che lavorino nelle cooperative, questa mentalità la vedo, la sento, gliela leggo negli occhi, ed è fortissima. È una mentalità che leggo anche – e lo dico – nelle persone del MoVimento 5 Stelle, forse perché è la prima legislatura, forse perché non siamo abituati a stare da tanto tempo in questo palazzo e, allora, forse il fuoco dentro non si è ancora spento e dobbiamo riuscire ad alimentare questo fuoco, questa passione, questa voglia, questa voglia di cambiamento. Noi la vogliamo davvero attuare e vi stiamo chiedendo di attuarla anche a voi. Stiamo chiedendo al vostro Ministero, alla vostra Presidenza del Consiglio di fare azioni concrete, non un elenco di dati che poi non portano a niente. Quando monitorerete davvero i risultati ?
  Allora oggi tutti, da quella piazza, alla Sanità, a partire da padre Alex Zanotelli, hanno gridato l'assenza dello Stato, hanno detto: «Siamo soli», perché troppe volte hanno chiesto aiuto e troppe volte questo aiuto non è arrivato. Troppe volte questo aiuto non è arrivato ! Oggi si è gridato: «Siamo soli, siamo soli !». E, allora, io domani mattina che cosa faccio ? Se vado alla Sanità, vorrei vedere una Sanità già diversa, con la presenza dello Stato 24 ore su 24 e questo si può fare. Buttiamo soldi per ogni cretinaggine, per ogni cretinaggine, invece di andare sulle cose serie. Allora, lei se la sente, insieme a tutta la politica del Ministero, di prendersi questa grande responsabilità ? Perché se lei è seduto su quella poltrona la deve prendere per forza, perché altrimenti non ha senso che lei sia seduto lì. Allora, ci riusciamo ?
  Io, purtroppo, sapendo anche chi è il Ministro Alfano, sapendo come si è lavorato in questi due anni, non ci credo.
  Però, credo che possiamo avere e fare una grande mobilitazione popolare, una grande mobilitazione di idee, per dire: «Ora basta, è una linea di demarcazione. Oggi la passiamo e risolviamo definitivamente questa questione». E voi dovrete essere costretti a risolverla dalle persone, perché, se inizia un cambiamento nelle persone, voi sarete costretti a cambiare. Non potrete più rimanere fermi su voi stessi, chiusi in voi stessi, con fogli, numeri e dati che non rappresentano, poi, la realtà. Fogli, numeri e dati che non rappresentano la realtà !
  E, allora, io lo sento, lo vedo questo banco del Governo quanto è lontano dal funerale di questa mattina, quanto è lontano dalle piazze dove avvengono queste tragedie. Lo so, perché conosco bene la mia città, conosco bene la sensazione nel camminare nel rione Sanità o nel camminare in tutti i quartieri di Napoli, conosco bene l'aria, conosco bene l'atmosfera, conosco bene il rumore dei motorini che sfrecciano alle spalle in grande quantità, conosco gli sguardi delle persone, conosco le antichità della mia città, conosco anche la bellezza e la voglia delle persone di reagire, la voglia delle persone di fare cose belle, cose belle. Vi è una voglia di bellezza: è questa la voglia che Napoli ha, è questa la voglia che un quartiere come la Sanità ha, e questo è scritto nelle viscere della nostra città.
  E, allora, bisogna avere la dignità di rispettare questo fuoco, dargli spazio, riuscire a proteggere chi vuole lavorare nella normalità nella nostra città e reprimere chi non lo vuole fare. Dobbiamo agire ad ampio raggio, ad ampio spettro, lo ripeto, con più scuole, con più asili nido, con più cultura, cinema, teatro e musica. Dobbiamo riuscire a lavorare in questo modo. Termino qui questo intervento: non sono assolutamente soddisfatto. Lo so che non sarà soddisfatta la magistratura di 50 uomini in più e non sarà soddisfatta la polizia di 50 uomini in più: sarà soddisfatto solamente Alfano, che, oggi, ha rilasciato Pag. 32un'intervista su Il Mattino dicendo cose che, secondo me, non hanno alcun senso, perché non corrispondono alla realtà.
  E, prima o poi, la finirete di scrivere comunicati stampa dicendo che si sta risolvendo la situazione o che si sta procedendo a risolvere la situazione, perché poi siamo punto e daccapo. Il comunicato stampa su «Alto Impatto» era già stato fatto mesi fa e non è successo niente, assolutamente niente ! E quegli arresti si sarebbero fatti lo stesso, anche senza l'operazione «Alto Impatto». Quindi, voglio che non ci raccontiamo frottole, che non ci raccontiamo balle, e i dati e i numeri che voi date sono un po’ senza senso, perché non corrispondono alla realtà. Noi dobbiamo sconfiggere la realtà, non dobbiamo fare una comunicazione inutile e ingannevole per tutti i cittadini, a partire dai quartieri disagiati.

(Iniziative a tutela dei nuclei familiari disagiati interessati dalle procedure di sfratto per finita locazione – n. 2-01034)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Morassut e Cinzia Maria Fontana n. 2-01034, concernente iniziative a tutela dei nuclei familiari disagiati interessati dalle procedure di sfratto per finita locazione (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Morassut se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  ROBERTO MORASSUT. Grazie, Presidente. Sarà un'illustrazione breve, ma questa interpellanza era stata presentata prima della pausa estiva perché il 30 giugno, sostanzialmente, scadevano i termini non di proroga degli sfratti, ma quelli entro i quali si sarebbe potuto utilizzare del tempo per affrontare il tema delle procedure esecutive di rilascio per finita locazione legate al decreto milleproroghe approvato a febbraio.
  Il tema degli sfratti è un tema, purtroppo, che fa parte della storia di questo Paese: è un aspetto specifico del più ampio tema dell'emergenza abitativa, che si è aggravato nel corso degli ultimi anni; purtroppo, affrontato sempre con misure emergenziali, tra cui le proroghe periodiche, anno dopo anno, che sono state approvate dal Parlamento, in sede, spesso, di milleproroghe, di esecuzione dei provvedimenti di rilascio.
  Però, nel 2014 – voglio citare solo questo dato, che è del Ministero dell'interno – i provvedimenti di rilascio sono stati oltre 77 mila, con un aumento del 5 per cento su quelli del 2013, che erano stati poco più di 69 mila. L'89 per cento di questi provvedimenti sono per morosità incolpevole.
  Sempre nel 2014 poi, però, le richieste di esecuzione con ufficiali giudiziari sono state più di 150 mila, con un aumento del 14 per cento nel 2013, e le esecuzioni forzate 36 mila, con un aumento del 13 per cento. Questo soltanto per citare i dati, i fattori numerici, della gravità del fenomeno.
  Quest'anno il Governo, io credo alla fine comprensibilmente, anche se forse ancora per quest'anno sarebbe stato necessario avere qualche mese di tempo in più, ha ritenuto di non rinnovare per tutto il 2015 la sospensione dell'esecuzione degli sfratti per finita locazione nei confronti di quei nuclei familiari in possesso di determinati requisiti: reddito familiare non superiore a 27 mila euro e contemporaneamente con la persistenza di gravi fragilità quali presenza di minori, anziani ultrasessantacinquenni portatori di handicap gravi e malati terminali. Si è scelta un'altra strada. Si è scelta sostanzialmente la strada, all'interno del «milleproroghe», di stabilire un termine di quattro mesi, dal momento dell'approvazione del decreto a febbraio, quindi fino al 30 giugno, entro i quali, stante una programmazione delle risorse per il Fondo affitti da distribuire attraverso le regioni e i comuni, sulla base di indicazioni provenienti alle regioni dagli stessi comuni, sarebbe stato possibile intervenire con una proroga, con interventi di tamponamento, fino al 30 giugno, per evitare le esecuzioni (in attesa della distribuzione Pag. 33di queste risorse) da parte dei giudici a cui era richiesta l'esecuzione dalle parti interessate agli sfratti. Quindi, sostanzialmente, abbiamo avuto una sorta di proroga in attesa che si mettesse in moto, in quei quattro mesi, un'azione delle amministrazioni locali, sulla base dei Fondi disponibili a livello nazionale, per supportare il pagamento degli affitti e, quindi, ridurre l'emergenza sfratti.
  Questa interpellanza era stata presentata prima delle ferie estive per avere, in vista del 30 giugno, un quadro dell'andamento della situazione. Ora sostanzialmente non si può che chiedere al Governo qual è l'esito di questo percorso, ovvero capire quanto di quella quota stabilita dal decreto del 25 per cento delle risorse disponibili, che erano circa 100 milioni, è stata effettivamente utilizzata, che cosa i comuni hanno indicato alle regioni e come le regioni hanno distribuito queste risorse. Questo non tanto per un fatto cronachistico, per sapere come sono andate le cose, ma soprattutto per capire come sta girando il meccanismo di distribuzione delle risorse. Noi sappiamo che le risorse disponibili per gli affitti sono state, seppure programmate nel corso degli anni, sempre con quote e con disponibilità minori. Abbiamo poi registrato, e ci si è resi conto, delle difficoltà di distribuzione di queste risorse, delle farraginosità dei meccanismi amministrativi e burocratici per far pervenire ai comuni le risorse da parte delle regioni, ovvero la dislocazione delle pur scarse risorse per la tutela del Fondo affitti, per l'utilizzo effettivamente efficace del Fondo affitti. C’è, quindi, un problema specifico che nell'interpellanza si chiede di chiarire in relazione all'andamento di questo passaggio nel quale c’è una problematica in più, ovvero il fatto che la proroga degli affitti sostanzialmente non c’è stata, si è interrotta a metà dell'anno.
  Questo è il senso dell'interpellanza. Naturalmente questo tema è all'interno di un tema più generale che non è materia dell'interpellanza in questione, ma che comunque non può non essere, visto il passaggio, citato: capire in quale direzione muovere in una stagione di riforme per affrontare il tema più complessivo dell'emergenza abitativa, del rilancio dell'edilizia residenziale pubblica, delle politiche che sono politiche di finanziamento specifiche del settore casa, di sostegno, quindi di carattere finanziario, ma anche di carattere infrastrutturale e cioè di intervento sulle città per ridare fiato ad una politica di edilizia residenziale pubblica, sociale di housing sociale, in una fase che è caratterizzata anche dall'accentuazione della domanda proprio per l'azione dell'afflusso di nuovi migranti, dal mutamento della composizione della popolazione che necessita e dalla domanda di edilizia residenziale sociale. Per cui siamo portati a pensare che questa domanda, già molto alta, crescerà nei prossimi anni.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti, Umberto Del Basso De Caro, ha facoltà di rispondere.

  UMBERTO DEL BASSO DE CARO, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Grazie, Presidente. Come è noto, la legge 8 febbraio 2007, n. 9, al fine di contenere il disagio abitativo presente soprattutto nei comuni metropolitani, ha sospeso le procedure esecutive di sfratto per finita locazione nei confronti di determinate categorie. Si tratta di nuclei familiari in possesso dei seguenti requisiti: reddito annuo lordo complessivo familiare inferiore a 27 mila euro; che siano o abbiano nel proprio nucleo familiare persone ultrasessantacinquenni, malati terminali o portatori di handicap con invalidità superiore al 66 per cento, purché non in possesso di altra abitazione adeguata al nucleo familiare nella regione di residenza. La sospensione si applica, alle stesse condizioni, anche ai conduttori che abbiano, nel proprio nucleo familiare, figli fiscalmente a carico.
  Successivamente, ulteriori provvedimenti legislativi, hanno prorogato la sospensione delle procedure di sfratto per tali categorie; l'ultima proroga ha avuto efficacia fino al 31 dicembre 2014. La sospensione ha interessato circa 2 mila Pag. 34nuclei familiari. Il dato è stato desunto dall'Agenzia delle entrate sulla base delle dichiarazioni dei redditi presentate dai proprietari che possono, a fronte del mancato rilascio dell'immobile, non dichiarare ai fini IRPEF il reddito derivante dalla locazione dell'immobile interessato dalla sospensione. Per maggiore informazione, va segnalato che il fenomeno sfratti riguarda anche la categoria morosità (circa 65 mila a livello aggregato) unitamente a quella della finita locazione (circa 5 mila), che investe categorie più ampie di quelle considerate dalla legge n. 9 del 2007; residuale risulta essere lo sfratto per necessità del locatore (circa il 3 per cento).
  Tra le diverse recenti misure di contrasto al disagio abitativo adottate dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ricordo il Programma di recupero e razionalizzazione degli immobili ed alloggi di edilizia residenziale pubblica, adottato ai sensi dell'articolo 4 del decreto-legge n. 47 del 2014, il quale, con una dotazione di 467,9 milioni di euro, prevede espressamente che parte degli alloggi recuperati siano prioritariamente assegnati ai soggetti sottoposti a procedure esecutive di rilascio in possesso delle caratteristiche economico-sociali individuate dal citato articolo 1, comma 1, della legge 8 febbraio 2007, n. 9.
  Per quanto concerne il Fondo nazionale per l'accesso alle abitazioni in locazione di cui all'articolo 11 della legge 9 dicembre 1998, n. 431, (definanziato dal 2012) è stata ripartita ed erogata alle regioni la disponibilità 2014-2015 di complessivi 200 milioni nel biennio. Tale strumento può essere ora utilizzato, oltre che per la concessione ai conduttori aventi determinati requisiti di contributi integrativi per il pagamento dei canoni di locazione, anche per sostenere iniziative intraprese dai comuni e dalle regioni tese a favorire la mobilità nel settore della locazione, attraverso il reperimento di alloggi da concedere in locazione a canoni concordati di cui può beneficiare l'intera platea dei soggetti sottoposti a procedura di rilascio dell'immobile purché in possesso di determinati requisiti, secondo quanto stabilito dall'articolo 2 del decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47, convertito dalla legge 13 maggio 2014, n. 80.
  Circa l'utilizzo della riserva del 25 per cento per gli sfrattati, con il decreto 29 gennaio 2015, concernente il riparto della disponibilità assegnata al Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione per l'anno 2015, pari a 100 milioni di euro, si è ritenuto di avviare, in aggiunta alle finalità generali del Fondo, che consente di erogare contributi per il pagamento dei canoni di locazione per soggetti in possesso di determinati requisiti, anche concrete azioni di contrasto al disagio abitativo dei conduttori di immobili appartenenti alle categorie sociali di cui all'articolo 1, comma 1, della citata legge n. 9 del 2009, sottoposti a procedure esecutive di rilascio per finita locazione.
  Per le sopracitate finalità il decreto intende promuovere, prioritariamente, la sottoscrizione di nuovi contratti a canone concordato. Come correttamente evidenziato dall'onorevole interpellante, il decreto ministeriale 29 gennaio 2015 ha previsto che i comuni interessati, entro trenta giorni dalla data di pubblicazione del decreto stesso, comunicassero alla regione il numero dei provvedimenti esecutivi di rilascio emessi nei confronti delle categorie sociali di cui al citato articolo 1, comma 1, della legge n. 9 del 2007 e che le regioni, nei successivi trenta giorni, provvedessero al riparto delle disponibilità e all'erogazione delle risorse statali trasferite; si è trattato, pertanto, di una procedura che si è svolta esclusivamente a livello territoriale (comunale e regionale).
  Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha comunque avviato un monitoraggio per misurare l'efficacia delle misure di sostegno poste in essere relativamente alle annualità 2014 e 2015.
  Fattore di forte criticità, segnalato dalle regioni, all'interno della procedura di assegnazione e utilizzo delle risorse relativamente all'utilizzo dell'accantonamento del 25 per cento del riparto 2015 del Fondo di cui alla legge n. 431 del 1998, è l'estrema difficoltà dei comuni di accedere ai dati relativi al numero dei provvedimenti Pag. 35esecutivi di rilascio emessi nei confronti delle categorie sociali di cui al più volte citato articolo 1, comma 1, della legge n. 9 del 2007.
  In merito al Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni, dai dati acquisiti alla data del 30 aprile 2015, sulla disponibilità complessiva per il biennio 2014-2015 pari ad oltre 324 milioni di euro (di cui 200 milioni statali) le risorse assegnate dalle regioni ai comuni ammontano a 93,7 milioni di euro e quelle effettivamente trasferite a meno di 75 milioni. Mentre, sull'utilizzo della riserva del 25 per cento, sul riparto 2015 di 100 milioni, il monitoraggio restituisce un dato di pressoché inutilizzo: 1,4 milioni su 25. Anche alla data del 30 giugno 2015 si evidenzia un utilizzo che, seppure incrementato rispetto al precedente valore riscontrato, risulta comunque ridotto: euro 3.540.854,23. In tale contesto le regioni che hanno utilizzato seppure parzialmente la riserva del 25 per cento sono: la Toscana con euro 994.000; il Lazio con euro 900.000; l'Abruzzo con euro 14.460; il Molise con euro 205.148,141; la Puglia con euro 1.344.000; la Sardegna con euro 133.245,82.
  Peraltro, dette regioni che hanno parzialmente utilizzato tale riserva hanno fornito esclusivamente il dato aggregato economico utilizzato e non il numero dei contributi assegnati; soltanto le regioni Puglia e Sardegna hanno elencato i comuni cui hanno trasferito le risorse. La regione Puglia, come ho detto per complessivi 1.344.000,00 euro, per la provincia di Bari: Bari, Capurso, Corato, Giovinazzo, Modugno, Molfetta, Noicattaro; per la provincia di Barletta-Andria-Trani: Barletta; per la provincia di Brindisi: Brindisi, Cellino S. Marco; per la provincia di Foggia: Foggia, Cerignola, Manfredonia, San Giovanni Rotondo; per la provincia di Lecce: Arnesano, Lequile, Squinzano, Surbo; per la provincia di Taranto: Faggiano, Martina Franca, Massafra, Monteiasi, Montemesola, Mottola, Pulsano. La regione Sardegna, per complessivi 133.245,82 euro: Cagliari per euro 52.678,58; Quartu S. Elena: 68.172,58; Quartucciu: 3.098,74; Sestu: 9.296,22.
  Per quanto concerne, poi, il Fondo inquilini morosi incolpevoli, il monitoraggio restituisce un quadro procedurale regionale molto articolato. Su un totale di 83,39 milioni di euro disponibili (di cui 68,46 statali) le risorse assegnate dalle regioni si attestano a 23,49 milioni mentre quelle effettivamente trasferite sono pari a poco più di 12 milioni. I contratti rinnovati ammontano a 204; i nuovi contratti sottoscritti a canone concordato sono 78; quelli rinegoziati con un canone inferiore risultano 38; i differimenti di esecuzione dei provvedimenti di rilascio sono 501; le assegnazioni di alloggi ERP sono 31.
  A fronte del quadro sopra descritto, che restituisce un utilizzo non soddisfacente delle risorse impiegate da parte degli enti beneficiari, è intenzione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti precisare, mediante apposita circolare, le iniziative da assumere per un coinvolgimento più incisivo degli enti locali al fine di ridurre l'impatto degli sfratti innalzando l'efficacia delle misure di sostegno poste in essere.
  In particolare, si è sensibilizzato il Ministero dell'interno affinché i prefetti diano comunicazione ai sindaci della data di impiego della forza pubblica per l'esecuzione dei provvedimenti di sfratto al fine di consentire agli stessi di adottare tutte le misure che favoriscono il passaggio di casa in casa dei soggetti interessati dalle procedure esecutive di rilascio per finita locazione, e di attivarsi, inoltre, per l'utilizzo delle risorse di cui al punto 2 del citato decreto del 29 gennaio 2015 di riparto della disponibilità 2015, assegnato al Fondo nazionale di sostegno per l'accesso alle abitazioni in locazione, promuovendo prioritariamente la sottoscrizione di nuovi contratti a canone concordato; ancora, l'assegnazione in via prioritaria, qualora i soggetti interessati siano in possesso dei requisiti previsti per l'accesso all'edilizia residenziale pubblica, degli alloggi di risulta da recuperare con interventi di non rilevante entità, vale a dire nel massimo di Pag. 3615 mila euro ad alloggio, del predetto programma di recupero ERP; infine, qualunque ulteriore e utile iniziativa anche per il tramite di agenzie o istituti per la locazione.
  Ricordo da ultimo che sul tema della proroga sfratti sono in corso presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti numerosi incontri con il sindacato degli inquilini e le altre associazioni di categoria per individuare azioni che non siano una proroga della proroga, ma che portino a realizzare la politica del passaggio da casa a casa dei soggetti interessati.

  PRESIDENTE. L'onorevole Morassut ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  ROBERTO MORASSUT. Grazie Presidente, ringrazio il sottosegretario, il Ministero e il Governo per questa puntuale risposta che ci dà elementi di conoscenza più diretta e che, comunque, conferma gli elementi di preoccupazione contenuti nell'interpellanza sull'efficacia delle misure di sostegno e delle modalità di distribuzione amministrativa e dei meccanismi burocratici attuati dalle regioni per il sostegno all'affitto. Spero che poi avremo modo, in occasione della prossima legge di stabilità, di discutere e di sintonizzare meglio le azioni del Governo e delle regioni sulla base di questi elementi che qui ci sono stati forniti.

(Chiarimenti in merito ad una nota del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti relativa all'utilizzo degli strumenti di comunicazione elettronica ed interventi volti a garantire la piena attuazione della disciplina in materia di amministrazione digitale – n. 2-01062)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza Coppola ed altri n. 2-01062, concernente chiarimenti in merito ad una nota del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti relativa all'utilizzo degli strumenti di comunicazione elettronica ed interventi volti a garantire la piena attuazione della disciplina in materia di amministrazione digitale (Vedi l'allegato A – Interpellanze e interrogazioni).
  Chiedo all'onorevole Boccadutri se intenda illustrare l'interpellanza di cui è cofirmatario o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  SERGIO BOCCADUTRI. Grazie Presidente; questa interpellanza, che ovviamente è scritta e, quindi, anche ben dettagliata, rileva appunto un problema che c’è stato; noi vogliamo portare all'attenzione un fatto che ci interessa. Con questa interpellanza vogliamo sostanzialmente difendere un progetto che questo Governo ha avviato, anche con la recente approvazione in via definitiva della riforma della pubblica amministrazione: il progetto di cambiamento della pubblica amministrazione, perché crediamo, appunto, che la pubblica amministrazione, oggi, è digitale o non è. Da questo punto di vista, quindi, lo spirito con il quale l'abbiamo costruita, al di là, poi, appunto, del fatto concreto, è quello di ribadire la necessità, l'obbligatorietà, non soltanto, quindi, ovviamente, che il Governo debba e possa emanare i decreti legislativi di attuazione di quella riforma, ma soprattutto che tutta la pubblica amministrazione, dal primo dirigente fino all'ultimo dipendente, stia dentro e partecipi alla nuova pubblica amministrazione digitale. Lo facciamo non perché siamo appassionati del digitale, così a livello di hobby, ma perché crediamo che oggi questa sia l'unica possibilità e necessità affinché la pubblica amministrazione possa effettivamente svolgere un servizio nei confronti dei cittadini e delle imprese, anche a livello di trasparenza nei rapporti.
  In particolare, infatti, proprio riguardo la trasparenza dei rapporti l'interpellanza contesta un'azione e un'iniziativa che noi riteniamo autonoma, speriamo isolata, di un dirigente che ha deciso che la PEC non può essere utilizzata dalle aziende (dopo che noi abbiamo detto che le aziende devono comunicare nei confronti della pubblica amministrazione competente con PEC) e che la PEC non possa avere allegati.Pag. 37
  Noi da questo punto di vista pensiamo che gesti come questi facciano male anche al Governo, facciano male alla pubblica amministrazione e per questo abbiamo chiesto con questa interpellanza di sapere dal Governo cosa ne pensa.

  PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Boccadutri, anche per la sintesi che è particolarmente apprezzata.
  Il sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti, Del Basso De Caro, ha facoltà di rispondere.

  UMBERTO DEL BASSO DE CARO, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Signor Presidente, in risposta alla richiesta di chiarimenti in merito alla nota del 1o luglio 2015 inviata dalla Direzione generale per la vigilanza sulle concessioni autostradali, la stessa ha fornito le seguenti informazioni. Segnalando in premessa che la PEC, la posta elettronica certificata, è lo strumento con il quale i privati possono relazionarsi con la pubblica amministrazione, ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo n. 82 del 2005, che la trasmissione a mezzo PEC equivale a notificazione a mezzo posta, ai sensi dell'articolo 48 del citato decreto legislativo n. 82 del 2005, e che le istanze e le dichiarazioni inviate alla pubblica amministrazione in via telematica equivalgono a quelle presentate su supporto cartaceo con sottoscrizione autografa qualora rispondenti ai requisiti formali normativamente fissati dall'articolo 65 del decreto legislativo n. 82 del 2005.
  Nel caso di specie, la citata direzione, ricevendo da parte di alcune società concessionarie numerosa corrispondenza priva di allegati e volendo evitare rallentamenti nelle procedure, ha utilizzato lo strumento della circolare comunemente usato quale canale diretto di comunicazione con le 25 società concessionarie autostradali, il cui contenuto è chiaramente applicabile solo alle stesse e non anche ai cittadini, imprese private o altri enti nei confronti dei quali, la medesima continua quotidianamente ad applicare un atteggiamento di assoluta collaborazione, invitando stesso mezzo o telefonicamente, nel caso di corrispondenza PEC incompleta o illeggibile ad un nuovo invio della stessa.
  Pertanto, con la citata nota, indirizzata – ripetesi – solo ed esclusivamente a tutte le 25 società concessionarie autostradali, la direzione ha inteso specificare l'impossibilità di procedere all'istruttoria delle istanze, nel rispetto dei termini contrattualmente previsti, ove le note inviate tramite PEC non fossero state accompagnate dagli allegati eventualmente citati e parte integrante della corrispondenza inviata: a titolo di esempio, progetti, convenzioni o atti afferenti procedure sanzionatorie. La medesima direzione ha ritenuto di dover specificare quanto sopra alle società concessionarie nel rispetto del principio di leale collaborazione poiché è noto che nel momento in cui il mittente riceve dal sistema gestore della PEC la ricevuta di accettazione e di consegna nella casella e-mail del destinatario, si genera presso il mittente stesso una presunzione di conoscenza completa da parte del destinatario della comunicazione inviata.
  Come riconosciuto dalla, seppure esigua, giurisprudenza in merito (si veda la sentenza n. 610 del 2014 della sezione I del TAR Friuli Venezia-Giulia o la sentenza n. 224 del 2014 della Corte d'Appello di Milano, sezione lavoro) in questo caso spetta al destinatario rendere edotto il mittente delle difficoltà di cognizione dell'intero contenuto della comunicazione legate all'utilizzo dello strumento telematico, pure ammesso dalla normativa vigente.
  È quindi dovere del destinatario rappresentare agli interessati la difficoltà generata da un utilizzo in parte errato dello strumento telematico garantendone allo stesso tempo l'utilizzo nei termini corretti. Di contro, sarebbe errato ricevere la corrispondenza telematica incompleta, non procedere all'istruttoria della stessa e non comunicarne la impossibilità al mittente, lasciando anche in tal modo decorrere infruttuosamente i termini, esponendo Pag. 38dunque l'Amministrazione ad azioni legali che ne rallenterebbero indubbiamente l'operato.
  Va da ultimo ricordato come successivamente alla comunicazione, che costituisce comunque un fatto isolato, non si sono più verificati casi di corrispondenza incompleta da parte delle Società concessionarie. In ogni caso, qualora ciò si verificasse, la medesima Direzione provvederà ad avvisare il mittente dell'errore di invio.

  PRESIDENTE. L'onorevole Paolo Coppola ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  PAOLO COPPOLA. Grazie, Presidente. Sono soddisfatto della risposta perché, dalla risposta del sottosegretario, mi sembra di capire che, semplicemente, nella circolare mandata via fax – e già qui mi permetto di sottolineare che forse sarebbe stato il caso che la Direzione inviasse alle società concessionarie la circolare utilizzando la PEC, e spero che in futuro sarà utilizzato quello strumento, che è sicuramente più economico, e non il fax – il messaggio non era scritto in modo completamente non ambiguo e l'intenzione era semplicemente quella di dire che, se nel testo del messaggio, che può essere benissimo senza allegati, si fa riferimento a degli allegati, va da sé che questi debbano essere presenti.
  Prendo atto e sono contento del fatto che ci sia stato solo un caso isolato e non sia un caso generale. Prendo atto del fatto che lo strumento verrà utilizzato e, nel caso qualcuno facesse l'errore di inviare un messaggio di posta elettronica certificata che fa riferimento a degli allegati che non sono presenti, il mittente verrà – solo lui – informato del fatto che gli allegati non ci sono e che, quindi, il messaggio deve essere inviato nuovamente.
  Devo dire che ringrazio perché il nostro timore era che la richiesta un po’ strana – interpretata, cioè, nel senso di inviare tutti i messaggi con degli allegati altrimenti non sarebbero stati presi in considerazione – aveva fatto pensare che ci fosse, a valle dell'invio dei messaggi di posta elettronica, una modalità interna di organizzazione degli uffici legata al cartaceo. Ciò ci aveva fatto temere che, in quella direzione, tutta la posta elettronica certificata venisse stampata e poi venisse trattata in modo cartaceo. È evidente che, se fosse questa la realtà, ci sarebbe, in quel caso, uno spreco di denaro pubblico, ed è evidente che, in quel caso, le disposizioni e l'organizzazione interna degli uffici e del lavoro negli uffici andrebbe cambiata.
  Io spero, anzi sono sicuro che questo non è, quindi sono sicuro che l'attuazione del codice dell'amministrazione digitale e la completa informatizzazione dei processi avviene nel Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Sono felice che questa interpellanza sia stata utile a chiarire e, quindi, a permettere a tutte le società concessionarie di continuare ad utilizzare serenamente lo strumento della posta elettronica certificata, così come da Codice dell'amministrazione digitale e, quindi, ringrazio di nuovo il sottosegretario.

(Chiarimenti circa l'effettiva consistenza del flusso dei visitatori di Expo 2015 – n. 2-01039)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Massimiliano Bernini ed altri n. 2-01039, concernente chiarimenti circa l'effettiva consistenza del flusso dei visitatori di Expo 2015 (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Bernini se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  MASSIMILIANO BERNINI. Grazie Presidente e grazie sottosegretario. Expo Milano 2015 è l'esposizione universale che ha avuto il via il 1o maggio 2015 e che terminerà il 31 ottobre 2015. La manifestazione, il cui incipit è del 2008, era partita come un progetto faraonico, che avrebbe dovuto parlare di alimentazione sostenibile e nutrizione, con il dichiarato obiettivo di promuovere e garantire cibo Pag. 39sano, sicuro e sufficiente per tutti i popoli, nel rispetto del pianeta e dei suoi equilibri.
  Per non parlare, poi, delle prospettive occupazionali. Tutti nobilissimi obiettivi, che, ahinoi, però, sono miseramente falliti, tanto che, a mio modesto parere, non azzardato, si dovrebbe parlare di un vero e proprio «Exflop» all'italiana, un «Exflop» nel quale abbiamo ritrovato tutti gli ingredienti del circo del malaffare e del malgoverno made in Italy. Ed è questo, purtroppo, il made in Italy che ancora una volta siete stati in grado di mostrare al mondo intero: una fiera dell'inefficienza e dello spreco, con 80 tonnellate al giorno di rifiuti e molto spreco alimentare, viste le 400 tonnellate giornaliere di cibo consumato; una fiera della corruzione e delle promesse mancate.
  Expo 2015, che dovrebbe promuovere nuovi e più confacenti stili di vita, fondati sulla condivisione delle risorse tra i popoli, nasce e si sviluppa attraverso diffusi fenomeni di corruttela su cui già da tempo sta indagando la magistratura italiana. Il quadro dei fenomeni corruttivi è allarmante e i reati ipotizzati sono numerosi: associazione a delinquere, corruzione, turbativa d'asta, turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, nonché rivelazione ed utilizzazione di segreti d'ufficio.
  Ma, a ben vedere, le caratteristiche del flop erano già tutte delineate dal principio, a cominciare dai luoghi, dalla struttura e dai costi. Non mi dilungo, perché i dati sono già presenti in rete. Basti dire che l'Expo è stata l'ennesima occasione per la speculazione e un consumo di suolo inaccettabile, con colate di cemento e il solito valzer di poltrone, accompagnato dal traffico degli appalti, tangenti, indagati e arresti eccellenti. Questo è il made in Italy che volete rappresentare in tutto il mondo ?
  Una montagna, poi, di denaro pubblico: si parla, infatti, di circa 15 miliardi di euro, di cui 11 miliardi per le opere connesse ad Expo e 4 miliardi per la realizzazione del sito di Expo; soldi che ancora una volta non sono serviti ad arricchire le comunità locali, ma i pochi e già facoltosi soliti noti.
  L'Expo avrebbe dovuto portare alla ribalta i concetti di sovranità alimentare, biodiversità, filiera corta, innovazione, eccetera, ma di fatto hanno trovato spazio le solite multinazionali, che, con il loro operato in ambito alimentare, impoveriscono il pianeta per il proprio ed esclusivo profitto. Niente di più distante da un'etica della produzione e del consumo alimentare in equilibrio con l'ambiente e la salute di tutti.
  Ecco perché è un «Exflop»: è un'iniziativa nata male, in linea con quella che è la peggiore tradizione italiana sulle grandi opere e che sta finendo peggio, con un numero di visitatori al di sotto delle stime, che non consentirà il rientro dei capitali pubblici investiti. Quali erano le stime trionfalistiche di questo Governo ? Centoquaranta Paesi partecipanti, 20 milioni di visitatori attesi, un indotto stimato di 50 miliardi, crescita del PIL per il 2015 tra lo 0,1 per cento e lo 0,4 per cento.
  A nulla sono valsi gli sforzi del Governo e del Ministro dell'Expo Martina. Ministro dell'Expo, perché non si è visto né sentito sulle questioni agricole preminenti, come la questione del Corpo forestale dello Stato, l'IMU agricola. Il Ministro dell'Expo Martina per pompare l'evento ha tentato il tutto per tutto, come le e-mail che in questi mesi hanno inondato gli account dei pensionati, del personale della scuola e di tutti i dipendenti pubblici, nelle quali si promettevano offerte vantaggiose per gli ingressi, in alcuni casi addirittura con sconti per comitive presso la catena Mc Donald's, nonché la pubblicità su treni, taxi, aerei, navi, stazioni, aeroporti, macchinette distributrici, eccetera, eccetera.
  Ma venendo all'oggetto specifico di questa interpellanza, diciamo subito che l'obiettivo dichiarato per la riuscita della manifestazione era il raggiungimento di un numero di visitatori di 20 milioni di persone. Sottosegretario, mi dice se in merito a questo dato ci stiamo sbagliando, cortesemente ? Una cifra fondamentale per il successo dell'iniziativa internazionale, sia Pag. 40dal punto di vista del rientro economico dei soldi pubblici, ovvero dei soldi dei cittadini, sia da quello del raggiungimento dell'obiettivo culturale, ovvero di rappresentare una vera piattaforma di confronto di idee e di soluzioni condivise sul tema dell'alimentazione che stimoli la creatività dei Paesi.
  Tra l'altro, sottosegretario, ci potreste dire quanti sono stati i visitatori provenienti dal terzo mondo ? L'iniziativa non doveva servire anche a trasmettere ai popoli in via di sviluppo nuove tecniche agronomiche per fronteggiare la fame nel mondo ? Cosa avete fatto per agevolare la partecipazione ad Expo di queste realtà ? Non si doveva nutrire il pianeta ?
  Dall'inchiesta giornalistica de il Fatto Quotidiano di luglio – mese nel quale abbiamo presentato l'interpellanza – il numero di visitatori di Expo Milano 2015 risulta essere inferiore a quello dichiarato dal Commissario unico delegato del Governo per Expo Milano 2015, nonché amministratore delegato di Expo 2015 Spa Giuseppe Sala, che appunto nel comunicato del 9 luglio 2015 aveva diffuso una cifra, per i due mesi di apertura, di 6,1 milioni di visitatori. Secondo l'indagine giornalistica di cui prima, basatasi su numeri registrati con precisione millimetrica dai tornelli che comprendono gli addetti, chi lavora nel sito, gli operatori professionali, il personale dei padiglioni, i volontari, i vigilanti e gli omaggi (almeno 10 mila persone al giorno), i visitatori reali non risultano essere più di 1,6 milioni a maggio e 1,8 milioni a giugno, ovvero meno di 3 milioni e mezzo nei due mesi. Alla luce di queste misurazioni, e dato che Expo Spa ha ipotizzato che nei primi due mesi si arrivasse al 36 per cento dei visitatori totali, questi dovrebbero essere, nei sei mesi dell'esposizione, 11 milioni, ben al di sotto dei 20 milioni previsti.
  Se i visitatori saranno meno della metà di quelli previsti, e dato che il costo del biglietto è stato di molto ridotto dalla politica di sconti fin qui attuata – il 15 per cento degli ingressi totali avvengono dopo le ore 19, con un costo del biglietto mi pare di 5 euro – appare plausibile il rischio che gli incassi degli ingressi non saranno sufficienti a garantire il rientro dei capitali pubblici investiti.
  Ora, passato il mese di agosto, sempre da il Fatto Quotidiano, apprendiamo di nuovi annunci trionfalistici del Commissario unico delegato del Governo per Expo, che ancora puntualmente vengono smentiti dai fatti ! Stando ai dati reali, è vero che c’è stato finalmente ad agosto un aumento di visitatori, però non sufficiente a ribaltare la situazione consolidata nei primi tre mesi. I visitatori di agosto sarebbero 3,2 milioni, a cui vanno sottratti i 300 mila ingressi di chi lavora nell'area: visitatori veri 2,9 milioni, mentre il Commissario Sala ne dichiara 3,3 milioni. E siamo comunque sotto l'obiettivo: agosto nelle previsione di Expo doveva avere 3,9 milioni di visitatori.
  La delusione è ancora maggiore se si fanno le somme con i mesi precedenti. Le cifre rilevate dalla testata giornalistica sono le seguenti: 1,9 milioni di ingressi a maggio, 2,2 milioni a giugno, 2,2 a luglio; fanno 6,3 milioni, a cui si aggiungono i 3,2 milioni di agosto. Totale: 9,5 milioni in quattro mesi. Quindi gli 11,5 milioni, citati da Renzi al meeting di Rimini, sono un'invenzione: anche sperando di un grande successo di settembre-ottobre, appare molto difficile arrivare ai 20 milioni di cui si parla ora come obiettivo di fine evento, e perfino ai 18 milioni, cifra che adesso circola come nuova soglia dell'asticella, che è stata ulteriormente abbassata. Ricordo che all'origine si parlava addirittura di 24 milioni di visitatori !
  Non dobbiamo sottacere poi che, per ottenere il miglioramento di agosto, che è notoriamente il mese delle ferie estive, è stata adottata una politica di sconti che rasenta la svendita: pacchi di biglietti invenduti sono pronti per essere quasi regalati o proprio regalati negli ultimi due mesi, ingressi gratis ai pensionati anche a settembre, biglietti omaggio a chi compra voli Alitalia per qualunque destinazione, promozioni su Groupon, tre biglietti al prezzo di due, e poi superpromozioni con due biglietti a 39 euro (il prezzo di uno), Pag. 41uno a 10 euro e 60 centesimi, oppure ticket regalati come premi da Coop, Bennet ed Esselunga. Per non parlare delle pubblicità ad Expo sul messalino di alcune chiese !
  Vogliamo ricordare che i compiti del Commissario unico delegato del Governo per Expo Milano 2015 e amministratore delegato di Expo 2015 Spa sono importanti e fondamentali per la riuscita di Expo 2015, in quanto vigila sull'intera organizzazione di Expo Milano 2015 con poteri sostitutivi per la risoluzione di eventi ostativi alla realizzazione delle opere essenziali e connesse all'adesione dei partecipanti o al regolare svolgimento dell'evento; partecipa alle riunioni del CIPE riguardanti le decisioni strategiche per Expo Milano 2015, riferendo ogni tre mesi al Presidente del Consiglio, quindi anche al Consiglio dei ministri, ed esponendo lo stato di attuazione e l'organizzazione generale dell'evento; ed ha il compito di attivare tutti gli strumenti per la completa realizzazione del progetto con poteri di deroga alla legislazione vigente a mezzo di ordinanze immediatamente efficaci e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale. Quindi, un grande potere, a cui corrisponde però anche una grande responsabilità politica.
  Per questo ci rivolgiamo oggi a voi per chiedervi e conoscere, visto che siamo molto preoccupati di questo stato di cose e del rimpallo di cifre. Vi chiediamo innanzitutto il numero ufficiale di visitatori ad oggi e quelli previsti a conclusione dell'iniziativa. Per quali ragioni il commissario Sala ha dichiarato un numero errato di visitatori in tutti questi mesi ? Non si poteva inserire un contatore collegato direttamente ai tornelli e facilmente fruibile sul sito ufficiale di Expo che potesse fornire in tempo reale il numero di visitatori di Expo visto che nelle attese sarebbe stata un'iniziativa di sicuro successo ? Infine, come intendete rientrare dagli investimenti pubblici, frutto delle tasse dei cittadini, ricordiamolo sempre, qualora il trend negativo di visitatori dovesse essere confermato ?

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti, Umberto Del Basso De Caro, ha facoltà di rispondere.

  UMBERTO DEL BASSO DE CARO, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Grazie Presidente, in premessa credo sia opportuno rilevare che, sul fronte della trasparenza, la società Expo 2015 S.p.A. ha reso pubblici sia i dati relativi ai biglietti emessi con sigillo fiscale dalla piattaforma ticketing di cui si è dotata, sia quelli relativi agli accessi registrati dai sistemi di lettura digitale alle entrate del sito espositivo. Sul sito della società sono disponibili i dati relativi agli accessi quotidiani al sito espositivo, mediante pubblicazione con cadenza settimanale.
  Gli ingressi registrati dalla società fino a fine agosto sono stati 12,2 milioni, di cui 3,3, nel solo mese di agosto. La prima settimana di settembre ha altresì registrato 900 mila ingressi. Alla luce di tali dati, la società Expo, ad oggi, conferma che gli ingressi alla manifestazione sono in linea con l'obiettivo prefissato di visitatori. Per quanto riguarda i biglietti serali, la società conferma che si attestano intorno al 12 per cento del totale e che tale previsione era già stata contemplata nell'ultimo piano industriale. La stessa Expo Spa precisa che i costi aziendali risultano allineati alle previsioni di spesa. Con riferimento a quanto esposto in premessa dagli interpellanti, ricordo che i fenomeni corruttivi che vengono richiamati non risulta abbiano direttamente coinvolto il Commissario unico delegato del Governo. Proprio per prevenire ulteriori irregolarità il Governo ha dato pieni poteri di vigilanza all'Autorità nazionale anticorruzione, guidata dal Presidente Raffaele Cantone. Grazie all'azione svolta dall'ANAC, si è creato un vero e proprio «modello Expo» per il contrasto alla corruzione e per la trasparenza degli appalti, riconosciuto come buona pratica anche a livello europeo dall'Ocse.

  PRESIDENTE. L'onorevole Silvia Benedetti ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta Pag. 42per la risposta all'interpellanza Massimiliano Bernini ed altri n. 2-01039, di cui è cofirmataria.

  SILVIA BENEDETTI. Grazie, Presidente. La risposta del sottosegretario lascia comunque insoluti alcuni aspetti inerenti a quanto da noi richiesto. Ad esempio, il sottosegretario ha riportato i dati di Expo Spa riguardanti gli ingressi digitali. In realtà però, a luglio lo stesso Sala, nel corso di una audizione a Palazzo Marino a Milano, spiegava: «ho cercato di spiegare perché è difficile calcolare con esattezza gli ingressi; un po’ per il caldo i sistemi tendono a non funzionare, mentre quando c’è ressa tendiamo a far passare tutti sotto il controllo radiogeno, ma non sotto la lettura digitale del biglietto, e poi la lettura cartacea è più facile di quella su supporti digitali».
  Quindi, anche ammettendo che Expo spa abbia messo on line gli ingressi digitali ci domandiamo chi stia sostenendo una cosa diversa dalla realtà. O gli ingressi digitali sono sempre stati registrati oppure vi è stato un ammanco di registrazione.
  Al di là dei numeri degli ingressi, poi lei comunque dice «sì»: chiaramente per rientrare con i costi, abbiamo calcolato nel guadagno finale di questo evento che comunque il 12 per cento del totale è costituito da ingressi serali a 5 euro, che comunque erano già preventivati. Io sinceramente, se vado a vedere, non ci sono solo quelli; vi sono, ad esempio, i biglietti omaggio per entrare all'Expo di Milano da parte di tutte le regioni (posso fare un esempio, c’è l'Emilia Romagna, che aveva allegato un invito firmato dal presidente della regione Stefano Bonaccini che invitava tutti i consiglieri regionali a recarvisi) oppure le 45 mila prestazioni rilasciate dall'INPS in questo settembre a pensionati e lavoratori che proseguiva l'iniziativa: «In agosto insieme all'Expo» e prevedeva appunto la visita gratuita di Expo Milano 2015, oppure il comune di Zibido San Giacomo, 25 euro per la visita, compreso il trasporto con un bus; il biglietto, tra l'altro serale, a 5 euro sì, era previsto nel conteggio, ma, dal 29 agosto, è anticipato l'ingresso serale alle 18, quindi probabilmente l'impatto economico sul conto finale sarà diverso e non sarà quello preventivato, anche perché era alle 19 all'inizio. Il pass stagionale è in vendita a prezzo scontato a 75 euro, oppure ancora sconti da un minimo del 10 per cento a un massimo del 32 per cento nel giorno di Ferragosto da parte della Trenord, oppure ancora da sabato 27 giugno, parcheggiando nell'area di sosta di Arese e via seguitando, venivano dati appunto dei biglietti omaggio serali che potevano essere due o uno, a seconda dei parcheggi che venivano scelti.
  Poi un'altra cosa, nei mesi di luglio e agosto i centri estivi per ragazzi e per anziani prevedevano un prezzo di ingresso ridotto a 10 euro. Quindi non è solo la questione dei biglietti con l'ingresso serale a 5 euro, ci sono molti altri sconti, come possiamo vedere. Quindi, io vorrei rimarcare questa cosa, ossia noi rivendichiamo che Expo... ma un altro aspetto mi ha incuriosita, tra l'altro: lei è qui oggi a rispondermi con delle cifre, in realtà la polemica non è una polemica, è una richiesta giusta di informazioni, pardon. Questa richiesta giusta di informazioni nasce a luglio, quando si notava appunto una discrepanza tra i dati – pochi dati – che venivano forniti e la cosa che mi ha colpita è che, nelle agenzie di luglio, fino a fine agosto, non si parla di dati, cioè è una sorta di tabù; si cerca sempre di deviare la questione: sì, ma non sono importanti i dati di ingresso, è importante l'iniziativa culturale. Anche in questo caso, volendo fare un appunto, si parla di 500 mila firme della Carta di Milano, che dovrebbe essere quella che determina appunto il post Expo e l'impegno culturale di questa manifestazione, però 500 mila firme mi sembravano un po’ pochine relativamente ai 12 milioni di visitatori che ci sono stati e che lei ha detto poco fa; quindi anche a livello culturale mi sembra che non ci siamo tanto. Al di là di questo comunque il discorso è: dopo agosto cominciano a snocciolarsi dei numeri reali. Allora, visto che i numeri erano un po’ più incoraggianti, hanno pensato bene di specificarli Pag. 43anche giorno per giorno alle agenzie: il 31 agosto, 111 mila visitatori; il 1o settembre, 101 mila; il 2 settembre, 104 mila. Io vorrei vedere il 1o giugno, il 7 luglio, vorrei vedere anche gli altri giorni se sono così esatti oppure se semplicemente si cerca di deviare l'attenzione su altro. Il discorso degli ingressi è importante per noi perché siamo in un periodo di crisi, perché per fare questa Expo ci sono stati dei sostanziosi investimenti da parte dello Stato italiano, da parte del comune di Milano, da parte della regione Lombardia. Per quel che riguarda lo Stato italiano, abbiamo 2 miliardi di euro spesi per edifici e padiglioni – tra l'altro possiamo trovare dei riferimenti normativi nello «sblocca Italia», nel decreto «del fare» eccetera – e poi 15,8 miliardi di opere infrastrutturali che, oltre a contribuire al fantastico consumo di suolo che in Italia raggiunge cifre astronomiche, abbiamo anche queste spese pubbliche.
  Mi sembra il minimo che si rassicuri in ogni momento il cittadino del fatto che questi soldi rientreranno ampiamente e non andranno ulteriormente a gravare sulle tasche dei cittadini che si trovano in un periodo di crisi, affrontano la crisi tutti i giorni e molti di loro, proprio per questa crisi, non hanno potuto partecipare a Expo 2015; appunto quantomeno è doveroso avere rassicurazioni precise sul fatto che i soldi pubblici non verranno sprecati.

(Iniziative in sede europea ed internazionale per una revisione delle misure sanzionatorie contro la Federazione russa, anche in relazione alle ripercussioni sul comparto agroalimentare italiano – n. 2-01044)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Bergamini e Brunetta n. 2-01044, concernente iniziative in sede europea ed internazionale per una revisione delle misure sanzionatorie contro la Federazione russa, anche in relazione alle ripercussioni sul comparto agroalimentare italiano (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Bergamini se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  DEBORAH BERGAMINI. Signor Presidente, mi rivolgo al signor sottosegretario proprio per parlare del tema delle sanzioni alla Russia. Come ricordiamo tutti, a seguito alla crisi scoppiata tra la Russia e l'Ucraina nel febbraio 2014 e, in particolare, a seguito del referendum che si è tenuto in Crimea nel successivo mese di marzo, che ha visto prevalere una maggioranza favorevole all'annessione alla Russia, gli Stati Uniti, l'Unione europea e alcuni altri Paesi del nostro continente, oltre a Giappone ed Australia, hanno posto in essere sanzioni contro la Federazione russa.
  Le sanzioni, attuate a partire dal 17 marzo 2014 appunto da Stati Uniti, Unione europea, Canada e, successivamente, da Giappone, Australia, Albania, Islanda, Montenegro, Moldavia, Norvegia e Svizzera, hanno gradualmente allargato il proprio raggio d'azione, andando ad includere progressivamente il congelamento dei beni di un numero crescente di cittadini russi, limitazioni all’export verso la Russia di strumenti e tecnologia militare, limiti alla cooperazione energetica e restrizioni alla possibilità delle banche russe di contrarre prestiti di breve e medio termine sui mercati finanziari dei Paesi che hanno aderito alle sanzioni.
  Le sanzioni sarebbero dovute terminare il 31 luglio di quest'anno, ma sono state estese fino al 31 gennaio 2016 su proposta dei Paesi partecipanti alla riunione del G7 che si è tenuta in Germania nel giugno scorso. Poi, il 2 settembre scorso l'Unione europea ha deciso di estendere ulteriormente le sanzioni fino al 15 marzo 2016.
  Come conseguenza di questa campagna sanzionatoria, fin dal mese di marzo, da quando è stata avviata, la Federazione russa ha imposto, per tutta risposta, restrizioni all'ingresso sul suo territorio ad alcuni cittadini provenienti dai Paesi che hanno adottato le sanzioni e anche l'embargo all'importazione di una serie di prodotti provenienti da quegli stessi Paesi. Pag. 44Il divieto riguarda particolarmente i prodotti agricoli, con profonde ricadute negative sull’export e sull'economia italiana nonché sui posti di lavoro ad essa collegati.
  A seguito della decisione di prolungare ulteriormente le sanzioni, la Federazione russa specularmente ha esteso le proprie contromisure, dichiarando di volervi includere un perimetro maggiore di prodotti. Le sanzioni e le conseguenti contro-sanzioni hanno, come si è detto, ricadute fortemente negative sulla nostra economia: secondo stime di Confcommercio oggi la Russia non è più tra le prime dieci destinazioni dell’export italiano, proprio a causa delle sanzioni. Da un'analisi dell'Associazione italiana per il commercio estero emerge, inoltre, che le imprese italiane sono state doppiamente colpite dal gioco delle sanzioni incrociate di Unione europea e Russia. Infatti, se il settore dell'agroalimentare italiano è fortemente penalizzato dalle sanzioni imposte sull'esportazione di prodotti alimentari europei verso la Russia, con danni che sono stimati già superiori al miliardo di euro e con un calo di almeno il 25 per cento, tutti gli altri settori merceologici sono colpiti dall'effetto boomerang delle sanzioni europee sul settore finanziario russo, quello a cui accennavo poco fa, che impedisce, di fatto, alle banche della Federazione russa di poter operare e garantire i pagamenti dei compratori nei confronti dei fornitori italiani. Dunque, non ci pagano neppure quello che gli forniamo.
  Le restrizioni economiche e commerciali imposte alla Russia stanno anche causando effetti negativi sui consumi in Italia da parte dei turisti provenienti dalla Federazione. C’è un'indagine di FedermodaItalia-Confcommercio e Global Blue, che è una società legata ai servizi connessi allo tax free shopping degli stranieri, che evidenzia come, nei primi tre mesi del 2015, vi sia stato un calo molto pesante, sia in termini di volume di acquisti (meno 54 per cento rispetto a un anno prima), sia in valore di transazioni (meno 56 per cento) da parte, appunto, dei clienti e dei turisti russi.
  Il settore più colpito, tuttavia, nonostante i numeri che sto elencando, è proprio quello dell'agroalimentare: Coldiretti dice che le esportazioni agroalimentari dell'Italia in Russia si sono praticamente dimezzate (meno 51,1 per cento) nel primo trimestre del 2015; sono state del tutto azzerate le esportazioni per quanto riguarda ortofrutta, formaggi, carne e derivati, mentre la decisione di prorogare di un anno l'embargo sui prodotti alimentari, da parte della Russia, costerà all'Italia oltre 20 milioni di euro al mese e, quindi, in un anno circa 250 milioni di euro.
  I prodotti colpiti dalle contromisure russe, oltre alla carne di varia tipologia, alla frutta e alla verdura, al latte e ai formaggi, includeranno presto, secondo quanto indicato dalle autorità russe, anche conserve di pesce, fiori e dolciumi. Il ministro dell'agricoltura russo, addirittura, ha dichiarato che in dieci anni la Russia potrebbe raggiungere l'autarchia (totale indipendenza, dunque, dall’import); obiettivo che, a questo punto, le autorità della Federazione si prefiggono.
  Il danno maggiore delle sanzioni, che rischia ricadute di lungo periodo per noi, è, però, determinato dal fatto che lo «stop» alle importazioni ha provocato in Russia un vero boom di un fenomeno estremamente pericoloso per quello che riguarda la tutela del prodotto italiano, ovvero la produzione locale di prodotti di cosiddetto italian sounding, ovvero prodotti che si richiamano al made in Italy, ma che sono un falso del made in Italy e che sono prodotti, soprattutto, alimentari, come salumi e formaggi, con la produzione casearia russa che, nei primi quattro mesi di quest'anno, ha registrato, infatti, ma non casualmente, un sorprendente aumento del 30 per cento e riguarda ormai imitazioni di prodotti chiave del nostro agroalimentare, come la mozzarella o il parmigiano.
  La conferma viene anche dal padiglione russo all'Expo di Milano, di cui abbiamo parlato poco fa in una precedente interpellanza, dove sono stati, addirittura, esposti formaggi che richiamano all'Italia, ad esempio con il marchio «Prego» e con Pag. 45una scritta «Original Italian Recipe» sulla confezione, arricchita da un gagliardetto tricolore; quindi, un classico caso di italian sounding. I falsi prodotti italiani arrivano in Russia anche da molti Paesi che non sono stati colpiti dall'embargo, come, per esempio, la Bielorussia, l'Argentina e il Brasile. Quindi, abbiamo cercato di mostrare, in sintesi, quale sia la complessità del danno che queste sanzioni stanno provocando all'economia agroalimentare del nostro Paese.
  Voglio anche aggiungere – elemento non meno grave – che l'impossibilità di esportare sul mercato russo provoca per molti prodotti alimentari una situazione di eccesso di offerta, invece, sul mercato europeo, con ricadute negative sui prezzi che vengono riconosciuti agli agricoltori. Per rimediare a questo problema, la Commissione europea ha varato alcuni regolamenti che istituiscono misure di sostegno eccezionali e temporanee per i produttori di alcuni prodotti ortofrutticoli.
  Al fine di mitigare gli effetti del calo dei prezzi, questi regolamenti prevedono un aiuto finanziario «per i produttori di prodotti ortofrutticoli deperibili più colpiti dalla perdita improvvisa del mercato di esportazione» che operino ritiri dal mercato, mancata raccolta o raccolta prima della maturazione, rinunciando, quindi, a vendere i propri prodotti e destinandoli, invece, alla «distribuzione gratuita a certi enti, come, per esempio, gli organismi di beneficenza, le scuole e ogni altra destinazione equivalente». L'aiuto finanziario previsto viene ripartito tra i diversi Paesi e prodotti secondo quote stabilite dalla Commissione.
  Ora, appare a noi, sentite le associazioni di categoria, che le quantità ad oggi assegnate all'Italia da questi regolamenti siano state troppo basse rispetto all'effettivo raccolto risultato invenduto per i nostri agricoltori e, soprattutto, che l'entità dei rimborsi non abbia tenuto conto degli effettivi costi di produzione nel nostro Paese, che sono più alti, certamente, rispetto a quelli di altri. I regolamenti appaiono, altresì, troppo rigidi nel momento in cui pretendono di elencare in modo esaustivo i prodotti agricoli danneggiati da queste sanzioni. Sarebbe più opportuno, secondo noi, che fosse prevista una riserva che consentisse ai singoli Stati di inserire nelle misure anche, magari, prodotti agricoli diversi da quelli elencati a monte, ove fosse dimostrato che gli stessi hanno subito gli effetti del mancato export.
  Non è certo oggi la prima volta che quest'Aula si occupa della questione delle sanzioni alla Russia: il 25 giugno scorso l'Assemblea, con i voti dei deputati della maggioranza e l'astensione di SEL, ha approvato la mozione, sostenuta dal Governo Renzi, che impegna il nostro Paese «a procedere in linea con le decisioni della comunità internazionale rispetto alle sanzioni contro la Russia, mantenendole in essere finché non vi sarà una diversa determinazione comunemente assunta sulla base di eventuali positivi sviluppi e di un ripristinato rispetto del diritto internazionale». Invece, in quella seduta, sono state respinte le mozioni di Forza Italia e Lega Nord che chiedevano un impegno orientato alla revoca di queste sanzioni.
  Il giorno prima, 24 giugno scorso, il Senato aveva impegnato il Governo, con una risoluzione presentata sempre da Forza Italia, «ad adoperarsi per una riflessione profonda sulle sanzioni alla Russia e per un riesame dell'intero complesso sistema sanzionatorio». Dunque, non possiamo esimerci dal constatare come, a distanza di più di un anno dal loro inizio, le sanzioni contro la Federazione russa si siano dimostrate completamente inefficaci, non essendo servite a garantire una soluzione diplomatica alla crisi in Crimea, e estremamente dannose per l'economia europea, e particolarmente per la nostra.
  Per questo chiedo di sapere se il Presidente del Consiglio e il sottosegretario interpellato possano fornire chiarimenti in merito all'esito di questa «riflessione profonda» da parte del Governo sulle sanzioni che si era impegnato a condurre e quali misure siano state eventualmente adottate.
  Chiediamo, inoltre, se il Presidente del Consiglio e il Ministro interpellato non pensino, a questo punto, se sia necessario Pag. 46adoperarsi maggiormente in sede europea ed internazionale perché le sanzioni contro la Russia vengano ridiscusse e, al più presto, abolite, prima che i loro effetti negativi sul mercato e sull’export italiano siano diventati danni permanenti.
  Chiediamo, infine, se, nelle more di quanto richiesto sopra, il Presidente del Consiglio e il sottosegretario interpellato, non ritengano urgente adoperarsi affinché i regolamenti adottati, anche in futuro, dato che le sanzioni sono state estese nel tempo, dalla Commissione europea, vengano redatti in modo da tenere conto degli effettivi costi di produzione che vengono sostenuti dagli agricoltori italiani e delle effettive quantità di prodotti agricoli colpite dall'embargo russo, sicuramente maggiori di quelle attualmente previste, nonché se intendano assumere – ce lo auguriamo – iniziative affinché i regolamenti prevedano in capo ai Governi dei singoli Stati la facoltà di segnalare come destinatari delle misure eccezionali previste anche prodotti agricoli diversi da quelli che sono stati inseriti in elenco dalla Commissione europea ovviamente laddove venisse dimostrato che gli stessi hanno subito, anche loro, gli effetti negativi di questo crollo dell’export.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti, Umberto Del Basso De Caro, ha facoltà di rispondere.

  UMBERTO DEL BASSO DE CARO, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Grazie, Presidente. In premessa si chiarisce che il Governo ha operato sempre in maniera coerente, nell'ambito dei competenti consessi multilaterali, perché fosse riconosciuta l'importanza di proseguire un percorso di dialogo costruttivo con Mosca.
  Per quanto riguarda il settore di competenza del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, mi preme ricordare che la delegazione italiana in seno all'Organizzazione comune di mercato per i prodotti ortofrutticoli, come disciplinata dal Regolamento (UE) n. 1308 del 2013, ha svolto in questi mesi un intenso lavoro e ha richiesto, insieme ai delegati di Francia e Spagna, un intervento più deciso della Commissione europea in materia. A seguito delle forti sollecitazioni anche italiane, la Commissione ha stabilito la proroga degli aiuti contro l'embargo russo per il settore ortofrutticolo, che è scattata formalmente l'8 agosto 2015 con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea del Regolamento delegato (UE) n. 1369 del 2015. Il provvedimento modifica il Regolamento delegato (UE) n. 1031 del 2014 e istituisce ulteriori misure di sostegno eccezionali a carattere temporaneo – saranno infatti valide fino al 30 giugno 2016 o ad esaurimento dei quantitativi – per i produttori di alcuni ortofrutticoli freschi.
  L'Italia potrà ritirare complessivamente 49.050 tonnellate di prodotto, con un plafond da 3.000 tonnellate che può essere gestito a livello nazionale con margini di discrezionalità. Sono previsti ritiri per 17.550 tonnellate di mele e pere, 9.250 tonnellate di pesche nettarine, 3.300 tonnellate di agrumi, 15.300 tonnellate di susine, kiwi e uva da tavola e 650 tonnellate di ortaggi.
  Le misure eccezionali di sostegno riguardano le operazioni di ritiro, di mancata raccolta e di raccolta prima della maturazione effettuate dai produttori nel periodo compreso tra l'8 agosto 2015 e il 30 giugno 2016. I prodotti ritirati dal mercato potranno essere anche destinati alla distribuzione gratuita agli indigenti. Ritengo sia opportuno evidenziare, inoltre, che tra i prodotti oggetto delle misure eccezionali conseguenti al prolungamento dell'embargo russo, sono state inserite anche le pesche nettarine che nel 2014 avevano già usufruito del previsto sostegno dal Regolamento (UE) n. 913 del 2014, per ragioni non correlate all'embargo stesso.
  Infine, tengo a precisare che, nonostante le misure restrittive abbiano determinato la contrazione dell'importante interscambio commerciale tra Italia e Russia, il Governo ha continuato e continua ad incoraggiare la collaborazione economica con la Federazione.Pag. 47
  Aggiungo, poi, che il calo dell'interscambio con la Russia si inserisce comunque in una fase espansiva per il commercio estero dell'Italia, per il quale è prevista una crescita del 5,6 per cento nel 2015 e di oltre il 6 per cento nel biennio 2016-2017. L'economia italiana, infatti, è fortemente diversificata e ciò ne consente l'espansione su altri mercati, sia tradizionali che emergenti, grazie anche alle risorse e agli strumenti messi a disposizione dal Governo, tra i quali rientra, in particolare, l'elaborazione del Piano straordinario per il made in Italy. In questo quadro, ci si è, quindi, attivati per accompagnare le imprese del settore verso nuovi sbocchi all’export agricolo ed agroalimentare, con particolare riguardo alle opportunità offerte dal mercato nordamericano.
  Mi preme anche rilevare che nel primo semestre del 2015 le esportazioni agroalimentari italiane, secondo i dati ISTAT, hanno toccato il massimo record, con 18 miliardi di euro, con alcuni mercati strategici, come gli Stati Uniti d'America, che hanno fatto registrare tassi di crescita mensili del 20 per cento. L'impegno per la tutela dei produttori dei produttori colpiti dagli effetti dell'embargo quindi resta massima, anche attraverso nuovi strumenti.

  PRESIDENTE. L'onorevole Bergamini ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  DEBORAH BERGAMINI. Grazie, Presidente. Io ringrazio il rappresentante del Governo, ma naturalmente preciso che non posso ritenermi soddisfatta dell'esito di questa risposta. Lo dico, ovviamente, rappresentando una forza politica che, attraverso di me, ha presentato questa interpellanza e che ritiene di avere idee abbastanza chiare su quale sia il danno economico che è stato prodotto alla nostra economia.
  Io ringrazio il rappresentate del Governo per aver voluto snocciolare con grande dettaglio alcuni dati quantitativi, che, in particolare per quello che riguarda l'andamento dell’export agroalimentare italiano, dovrebbero rassicurarci. Però, in questo caso non si tratta di rassicurare.
  È singolare e direi paradossale dire che ci sono altri mercati sui quali possiamo vendere e che la Russia non è più un mercato, ben sapendo che per noi italiani la Russia rappresenta da sempre uno dei mercati più importanti per l'andamento del nostro export. Considerare che non abbiamo più la Russia fra i primi dieci Paesi verso i quali esportiamo significa che il danno è oggettivo. Se noi poi andremo a guadagnare fette di mercato in più in altri Paesi, sono ben contenta per la nostra economia e per l'Italia. Ma questo non giustifica un danno così fragoroso, che ho cercato di testimoniare con i numeri che ho presentato con la mia interpellanza, a un mercato che per noi è sempre stato preferenziale, affine e a un sistema di interscambio economico che si è sempre dimostrato estremamente importante per la nostra economia e per la nostra produttività.
  Trovo anche paradossale dire che il Governo italiano continua a incoraggiare la collaborazione economica con la Russia. Lo trovo paradossale dal momento che siamo tra i Paesi che aderiscono a una politica sanzionatoria nei confronti della Russia. Allora, come diceva Parmenide, «l'essere è, il non essere non è»; non è che si può, da una parte, fare l'embargo e, dall'altra, dire che si spinge alla collaborazione economica. O l'una o l'altra: tertium non datur. Capisco che questo Governo ami molto giocare sulla contrapposizione tra il bianco e il nero e muoversi nelle aree grigie, ma dire che si collabora e che si spinge a una collaborazione economica con la Russia, mentre la si sottopone e, dunque, ci si sottopone a misure sanzionatorie, lo trovo un altro paradosso – non il primo, devo dire – di questo Governo.
  Per quanto riguarda il tema più generale, apprezzo che questo Governo dica di aver operato in modo coerente per un dialogo costruttivo con Mosca. È un'affermazione che ci trova sicuramente tutti Pag. 48d'accordo. È il risultato di questa affermazione che dovremmo misurare nel tempo.
  Per quello che riguarda il regolamento, c’è un tema specifico, che è quello di dare maggiore facoltà ai singoli Stati di intervenire nell'ambito delle regole imposte da questo regolamento, perché ogni realtà ha sue peculiarità specifiche. Bene che l'Italia, insieme alla Francia e alla Spagna, abbia chiesto un intervento più deciso della Commissione europea su questo tema. Però, la mia richiesta era proprio quella di comprendere se ci fosse la possibilità di fare di questi regolamenti, una volta tanto, uno strumento efficace e uno strumento che non andasse a danneggiare la nostra economia rispetto a quella di altri Paesi dell'Unione europea.
  La risposta – mi sembra di aver capito tra le righe – è no perché, in realtà, di questa possibilità indicata dall'interpellanza che ho firmato mi pare non si parli affatto. Dunque l'Italia dovrà continuare a considerarsi e ad essere non soltanto danneggiata in modo oggettivo da questa campagna sanzionatoria più di altri Paesi ma ad essere più penalizzata di altri Paesi dai regolamenti della Commissione europea che, come ben sappiamo e come ben sa chi si occupa di agroalimentare, tutto fanno fuorché cercare di tutelare il prodotto italiano. Dunque, alla luce di tutto questo, ribadisco ovviamente le possibilità di essere soddisfatti di questa risposta e mi impegno sin da ora formalmente a tornare sul tema nei prossimi mesi (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

(Chiarimenti in merito alle operazioni finanziarie e agli accordi commerciali con la Repubblica popolare cinese – n. 2-01063)

  PRESIDENTE. Passiamo alla interpellanza urgente Vallascas ed altri n. 2-01063, concernente chiarimenti in merito alle operazioni finanziarie e agli accordi commerciali con la Repubblica popolare cinese (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Vallascas se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  ANDREA VALLASCAS. Grazie, Presidente. Mi permetto di iniziare con una constatazione: i cinesi sono sicuramente più rapidi nel fare man bassa di aziende italiane di quanto lo sia il Governo a rispondere a questa interpellanza. Infatti questa interpellanza urgente è stata presentata più di un anno fa e gli scenari sono decisamente cambiati. Oggi la situazione ha assunto dimensioni più allarmanti rispetto alle previsioni contenute nel testo originale e questo la dice lunga sul fatto che le nostre preoccupazioni fossero fondate e la dice lunga soprattutto sull'indifferenza di questo Governo di fronte alla crescente perdita di sovranità dell'Italia sulla propria economia. C’è l'impressione che il Governo guardi addirittura quasi con entusiasmo allo shopping che investitori stranieri stanno facendo in Italia, un atteggiamento che non può che accrescere ulteriormente il senso di inquietudine e di un'apparente assenza di indirizzo da parte dell'Esecutivo. L'interpellanza urgente nasce infatti dalla necessità di capire quale sia la posizione del Governo sul fenomeno crescente della presenza di investitori cinesi nel tessuto produttivo del nostro Paese. Vorremmo sapere se vi sia la consapevolezza delle dimensioni del fenomeno e si abbia una seppur vaga idea dei risvolti che tutto questo potrebbe avere sull'assetto e la stabilità della nostra economia. È il caso di sottolineare che il nostro sistema economico con il suo patrimonio di sapere e competenze, di regole e tutele acquisite è esposto alle pressioni di un'economia come quella cinese con una forte liquidità e un sistema di regole e garanzie praticamente inesistenti. È anche il caso di rilevare che gli investitori cinesi sono organismi statali e che, nello scenario internazionale, la Cina si muove con strategie geoeconomiche a fronte delle quali la forza dell'imprenditorialità italiana rischia di essere spazzata via. La presenza cinese in Italia si sta sviluppando con l'acquisizione di diverse aziende italiane soprattutto Pag. 49in settori nevralgici dell'economia come l'energia, l'industria, le telecomunicazioni e le infrastrutture. Come ho detto, a distanza di un anno, questa situazione benché fosse già fortemente critica, è peggiorata ulteriormente. Nel mese di giugno è stata pubblicata l'edizione 2015 del World Investment Report che descrive fedelmente lo stato annuale degli investimenti esteri nel mondo. Sembra la fotografia di una gara di velocità tra centometristi e cercatori di funghi. L'Asia nel suo complesso è stata la principale fonte di investimenti esteri nel mondo mentre la Cina è il secondo investitore al mondo. Secondo la banca dati Reprint, Ricerche e progetti, realizzata in collaborazione con il Politecnico di Milano e l'Università di Brescia, al 2014 in Italia erano presenti 322 aziende di proprietà cinese, aziende che occupano poco meno di 18 mila dipendenti con un fatturato di 8,4 miliardi di euro. Secondo l'agenzia Dagong Europe, agenzie di rating a capitale cinese ma con sede a Milano, nel 2014 la Cina ha rappresentato il 27 per cento di tutti gli investimenti esteri in Italia. La Cina ha investito in Europa ben 18 miliardi di dollari di cui 3,5 in Italia. In Europa siamo secondi dopo la Gran Bretagna ma siamo primi nell'Eurozona.
  Come ho detto, l'aspetto che desta maggiore preoccupazione riguarda i settori di investimento, settori strategici per la stabilità e lo sviluppo della nostra economia. Aziende come ENI, Enel, Assicurazioni Generali, Telecom, Finmeccanica, hanno una partecipazione cinese. Ricordo, tra gli investimenti più consistenti, l'acquisizione da parte della State Grid Corporation of China del 35 per cento di CDP RETI, che possiede il 30 per cento di Terna e il 29,8 per cento di SNAM. L'importo finale della cessione ha un valore di 2,1 miliardi di euro; si tratta del più importante investimento cinese in Italia e del più importante in Europa, il decimo a livello mondiale, in una società finanziaria non quotata. Il dato è preso dal sito Internet della Presidenza del Consiglio dei ministri.
  Ricordo che la State Grid Corporation of China è la settima società al mondo per fatturato, con oltre un milione e mezzo di dipendenti. La società avrà due componenti su cinque nel consiglio di amministrazione di Cassa depositi e prestiti RETI e un membro nel board di SNAM e Terna.
  Sempre nel settore energetico, c’è stata la cessione del 40 per cento di Ansaldo Energia alla Shanghai Electric per 400 milioni di euro. È il caso di rilevare che Ansaldo Energia è di proprietà del Fondo strategico italiano, società la cui mission dovrebbe essere quella di investire capitali di rischio in aziende di rilevante interesse nazionale, come appunto quelle che operano nel settore energetico e nelle infrastrutture. Sempre nel settore energetico People's Bank of China ha acquisito quote di Enel ed ENI, per un importo rispettivamente di 800 milioni e di 1,3 miliardi di euro. Si tratta di quote appena superiori al 2 per cento, soglia oltre la quale scatta l'obbligo di comunicare la partecipazione societaria. Sembra un sistema per far capire ai competitori europei e americani che la Cina sta occupando tasselli importanti e strategici dell'economia del vecchio continente a cominciare dall'Italia.
  Nel settore finanziario, ad esempio, la People's Bank of China ha una quota del 2 per cento delle Assicurazioni Generali, una delle aziende storiche del settore assicurativo; possiede quote appena superiori al 2 per cento anche di FIAT Chrysler, di Telecom Italia e della Prysmian, azienda italiana che realizza cavi e sistemi a elevata tecnologia per il trasporto di energia e telecomunicazioni. È stata ceduta anche una quota rilevante, l'80 per cento, della BredaMenarinibus, il principale costruttore di autobus in Italia, acquistata dalla Xiamen King Long United Automotive Industry.
  Nel mese di luglio, l'antitrust europea ha dato il via libera all'offerta di 7,1 miliardi di euro da parte di National China Corporation per l'acquisizione della Pirelli. L'elenco delle acquisizioni cinesi in Italia è sorprendentemente lungo. Sono cinesi la ACC Compressors di Belluno che produce compressori per frigoriferi, la Salov di Lucca che ha i marchi dell'olio di oliva Sagrà e Bario. Sono a maggioranza Pag. 50cinese la OM Carrelli Elevator, la Cifa Calcestruzzo, la Fosber che produce imballaggi, il gruppo Ferretti che costruisce motor yacth.
  Insomma, per farla breve, pezzo dopo pezzo, la tradizione manifatturiera italiana, le infrastrutture strategiche, i marchi, i nostri saperi, vengono ceduti a un sistema economico che oggi non ci dà nessuna garanzia. Questa situazione genera diverse preoccupazioni sul futuro del nostro sistema economico e sulla sua stabilità. Genera numerose perplessità sulla salvaguardia delle nostre aziende storiche e sulla salvaguardia della qualità delle nostre produzioni e sul valore del made in Italy nel mondo. Sarebbe interessante sapere nel dettaglio quali siano gli accordi tra Italia e Cina e in che modo le nostre aziende vengano favorite nel mercato cinese. Sarebbe interessante saperlo perché allo stato attuale c’è la percezione della mancanza di una nostra strategia a fronte di un'evidente azione coordinata da parte della Cina. Noi ci troviamo di fronte a un colosso le cui dimissioni sono ulteriormente accresciute dal fatto che banche, aziende, multinazionali sono in buona parte dipendenti dallo Stato. A questo si aggiungono le strategie di un sistema economico in pieno sviluppo che non si muove in maniera disordinata, ma ha una strategia di crescita determinata in buona parte da interessi geopolitici.
  In questo contesto, l'Italia, nonostante le dichiarazioni altisonanti del Presidente del Consiglio rischia di ridursi a essere una piccola pedina nel più ampio scacchiere internazionale, dove si muovono con aggressività superpotenze e multinazionali. Il divario è accentuato dalla situazione di profonda crisi del nostro sistema economico, caratterizzato dal forte indebitamento delle nostre aziende, dalle difficoltà di accesso al credito e dalla burocrazia.
  In questo contesto, le cessioni in atto sono prive di qualsiasi disegno, ad eccezione di una ricerca disperata di liquidità. L'Italia, a differenza della Cina, non ha un piano industriale e questo Governo sta dimostrando sempre di più di non avere una visione prospettica di quello che sarà o potrà essere un possibile sviluppo del sistema economico. Nel corso dell'audizione sulla strategia energetica nazionale le mie sollecitazioni sulla necessità di predisporre un piano industriale, l'allora sottosegretario De Vincenti mi ha risposto che la strategia energetica nazionale era il nostro piano industriale e intanto noi stiamo subendo l'Europa, stiamo subendo la crisi e adesso stiamo subendo l'interesse straniero per le nostre aziende, un interesse che sta erodendo il nostro patrimonio industriale. Ad esempio, aver ceduto una quota consistente di Cassa depositi e prestiti Reti è stata una scelta miope e scellerata, addirittura presentata dal Governo come circostanza che dovrebbe inorgoglirci perché dimostra l'interesse per la qualità delle nostre risorse. In realtà, stiamo facendo entrare una superpotenza straniera nella gestione delle infrastrutture di rilevanza nazionale e strategica che dovrebbero restare nella nostra disponibilità e questo dovremmo fare soprattutto in una fase di transizione come quella che stiamo vivendo, dove la gestione del sistema energetico è la principale risorsa di sviluppo di un paese.
  Aver ceduto, seppure in parte le nostre reti energetiche (la SNAM e Terna), significa aver esposto importanti infrastrutture del paese a condizionamenti dei mercati internazionali. Abbiamo visto cosa è accaduto alle borse in Cina e abbiamo visto come i sistemi emergenti siano più esposti alle oscillazioni del mercato internazionale, coinvolgendo con effetto domino le imprese direttamente collegate a quel sistema. Questo Governo ha una grave responsabilità: non avere le idee chiare sui processi di valorizzazione del nostro sistema economico, con normative che consentano la crescita e la salvaguardia del nostro tessuto produttivo. Non avere un piano industriale significa brancolare nel buio in un momento in cui dovremmo avere una mappa dettagliata su come agire per salvaguardare la tradizione e innovare le nostre imprese. In un contesto di grave recessione l'unica cosa che avremmo dovuto preservare sarebbe dovuto essere il Pag. 51patrimonio manifatturiero che ha reso grande questo paese. Avremmo dovuto mettere in campo tutti gli strumenti per valorizzare la nostra tradizione artigiana, valorizzando i saperi della nostra industria e lavorando per un ammodernamento del sistema. Dovremmo investire sulla ricerca e lo sviluppo, sulla tutela delle piccole e medie imprese, che sono la più grande azienda italiana. Viceversa, sono state create le condizioni per rendere impraticabile l'attività delle imprese, soffocate dal sistema bancario, dalla pressione fiscale, dalla mancanza di tutele a livello nazionale e internazionale. Il made in Italy ci viene scippato per l'incapacità della nostra classe politica, di garantire condizioni di lavoro accettabili ai nostri imprenditori di garantire qualità del lavoro e salvaguardia delle nostre produzioni. Oggi i principali brand italiani potrebbero essere prodotti benissimo in un paese emergente come la Cina con costi della manodopera al di sotto del livello di sussistenza, con abilità artigiane di scarso livello e con un'altrettanta scarsa qualità del prodotto finale. Eppure quel prodotto è italiano perché ha un brand italiano. Noi siamo riusciti a recepire la direttiva europea che cancella l'obbligatorietà di scrivere nell'etichetta il luogo di produzione del prodotto. E questo per non parlare di tutti gli aspetti legati alla contraffazione dei prodotti e all’italian sounding, sul quale questo Governo non sta facendo nulla.
  L'acquisizione di importanti realtà produttive italiane da parte della Cina rappresenta un grave impoverimento del patrimonio di competenze e di saperi frutto dell'ingegno del nostro sapere, rappresentato dal corpus brevettuale che l'Italia ha saputo produrre negli anni. Il Presidente del Consiglio dei ministri ha avuto modo di dichiarare in una conferenza stampa che in questo momento è molto forte l'attenzione degli investitori cinesi verso il nostro paese e ne siamo ben felici. Sono grandi spazzini che comprano a chilo. Questo è lo spirito con cui viene accolto l'interesse cinese per le nostre imprese e non c’è affatto da rallegrarsi se per il Presidente del Consiglio dei ministri l'azienda italiana, frutto della nostra tradizione artigiana, è da vendere un tanto al chilo; c’è solo da piangere.
  Noi vorremmo solo che l'esecutivo cambiasse rotta e dimostrasse maggiore responsabilità nei confronti di un fenomeno destinato ad avere ripercussioni negative nei confronti del nostro sistema produttivo. Con questa interpellanza, chiediamo di conoscere quali sino gli orientamenti politici del Governo in merito alle transazioni commerciali descritte.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Cosimo Maria Ferri, ha facoltà di rispondere.

  COSIMO MARIA FERRI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, con l'interpellanza urgente n. 2-01063 dell'onorevole Andrea Vallascas ed altri si pongono quesiti in ordine alle operazioni commerciali stipulate con la Repubblica Popolare cinese, come abbiamo potuto ascoltare poc'anzi.
  Con riferimento alle società quotate italiane, direttamente partecipate dal Ministero dell'economia e delle finanze, la presenza di investitori della Repubblica Popolare Cinese ad oggi risulta in Enel per il 2,004 per cento e in Eni per il 2,102 per cento, partecipazioni entrambe detenute da People's Bank of China, che è, quindi, la banca che detiene queste partecipazioni.
  Per quanto riguarda Finmeccanica, invece, non risultano partecipazioni di investitori cinesi superiori all'1 per cento del capitale sociale.
  Le citate partecipazioni rappresentano investimenti di natura finanziaria e, data la modesta entità, non comportano alcuna influenza sulla governance delle Società in termini di nomine degli organi sociali e, conseguentemente, anche sulle scelte industriali e strategiche.
  Per quanto riguarda la cessione del 35 per cento del capitale sociale di Cassa depositi e prestiti Reti a State Grid Europe Limited (SGEL), società del Gruppo pubblico cinese, Cassa depositi e prestiti ha precisato che CDP Reti è un veicolo di investimento, costituito nel mese di ottobre Pag. 522012, le cui azioni sono possedute per il 59,1 per cento da CDP, per il 35 per cento da SGEL e per le quote restanti da investitori istituzionali italiani.
  Inoltre, Cassa depositi e prestiti Reti detiene una partecipazione pari al 28,98 per cento del capitale sociale di SNAM SpA, il gruppo italiano integrato che presidia le attività regolate del settore del gas, e una partecipazione pari al 29,851 per cento del capitale sociale di Tema SpA, operatore italiano leader nelle reti di trasmissione di energia elettrica.
  In merito alla cessione della partecipazione del 35 per cento nel capitale sociale di CDP Reti a SGEL, l'operazione è stata perfezionata in data 27 novembre 2014, a conclusione di una articolata procedura competitiva rivolta a circa settanta investitori italiani e internazionali. All'esito di tale iter, Cassa depositi e prestiti ha ricevuto una sola offerta vincolante da parte della società State Grid International Development Limited (SGID), società controllante di SGEL appartenente al gruppo State Grid Corporation of China. Il patto parasociale sottoscritto dalle citate società riconosce a SGEL, unicamente i diritti di governance necessari a tutelare il proprio investimento di minoranza nella società.
  Cassa Depositi e Prestiti detiene ad oggi il 59,1 per cento di CDP Reti, e anche nell'ipotesi di cessione di un'ulteriore quota di partecipazione nella società ad altri investitori istituzionali italiani, CDP manterrebbe almeno il 51 per cento di CDP Reti e, dunque, il pieno controllo della società.
  Per quanto concerne l'accordo di collaborazione tra Cassa depositi e prestiti SpA. (CDP) e China Development Bank Corporation (CDB), si fa presente che ad ottobre 2014, i due istituti hanno siglato un accordo con lo scopo di rafforzare la loro collaborazione.
  L'obiettivo è quello di effettuare operazioni congiunte per complessivi 3 miliardi di euro nei cinque anni successivi alla stipula del menzionato accordo. Cassa depositi e prestiti (CDP) e la citata China Development Bank Corporation (CDB), esploreranno opportunità in diverse aree di attività, inclusi progetti infrastrutturali, investimenti azionari diretti e finanziamenti per l’export.
  Per quanto concerne la cessione della partecipazione del 40 per cento di Ansaldo Energia (AEN) a Shanghai Electric Corporation (SEC) da parte di Fondo Strategico Italiano, Ansaldo Energia è un produttore di macchinari per l'energia (turbine a gas e a vapore e generatori), fornitore di centrali termiche a gas chiavi in mano e di servizi per la manutenzione degli impianti.
  Ansaldo Energia è inoltre presente anche nei settori nucleare e delle rinnovabili.
  Nel settembre 2014 è stata perfezionata l'operazione di cessione del 40 per cento di Ansaldo Energia a Shanghai Electric Corporation, leader mondiale nella produzione di macchinari per la generazione di energia e attrezzature meccaniche. A seguito di tale cessione, il Fondo strategico italiano detiene una partecipazione del 44,84 per cento in Ansaldo Energia e l'accordo tra Fondo strategico italiano e Shanghai Electric Corporation, siglato a maggio 2014, prevedeva, oltre ad una cessione del 40 per cento di Ansaldo Energia, anche la costituzione di due joint venture, attive, rispettivamente, nella produzione di turbine a gas destinate ai mercati asiatici e nello sviluppo di un centro a Shanghai. Tali joint venture sono divenute operative nell'ultima parte del 2014. Si ringrazia per l'attenzione.

  PRESIDENTE. L'onorevole Vallascas ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  ANDREA VALLASCAS. Presidente, mi dichiaro non soddisfatto per la risposta. Si evince che comunque si procede ad interventi spot, casuali, non dettati da un vero e proprio piano industriale.
  Ricordo che, secondo gli analisti economici, l'Italia è tra i Paesi industrializzati più colpiti dalla competizione cinese. Mentre le banche e le multinazionali cinesi fanno acquisti in Italia, le nostre aziende, le nostre piccole e medie imprese, che sono andate in Cina senza protezione, sono state letteralmente massacrate e depredate Pag. 53di risorse e know-how. Le truffe come Suntech in Puglia, ove tiene permanenti degli orrori, come a Prato, rappresentano delle immagini difficili da cancellare.
  In altri Paesi è normale che, prima di vendere asset strategici, ci sia un confronto tra Governo, Ministero degli esteri, associazioni di categoria, sindacati e via discorrendo, non per essere controllati, ma per valutare la soluzione migliore dal punto di vista dell'interesse nazionale.
  In Italia, invece, ci si muove in ordine sparso, ognuno per conto proprio. Ecco perché accade che si ceda una quota così rilevante ai cinesi, senza considerare altre soluzioni che si sarebbero potute trovare.
  Tra l'altro, sarebbe importante sapere perché non sia stata scelta un'asta internazionale per vendere il 49 per cento di CDP Reti. È del tutto indifferente che un socio col 35 per cento di CDP Reti, dunque della rete del gas SNAM e dell'elettricità Terna, sia il colosso energetico di Pechino ? Se non c’è stata un'asta, come si è formato il prezzo di vendita ? Se l'obiettivo è far entrare il know how, per poi chiudere le porte una volta che le nostre competenze tecniche siano state assorbite, stiamo semplicemente regalando alla Cina, in modo miope, quello che abbiamo di più prezioso.
  Ad esempio, Pirelli è stata acquisita proprio per il suo know how sulle gomme speciali. Pirelli ha un corpo tecnologico tutt'altro che irrilevante. La base su cui poggia l'edificio produttivo acquisito da ChemChina è costituita da un investimento costante in ricerca e sviluppo, che, secondo la classificazione dei bilanci effettuata dagli uffici studi di Mediobanca, è stato compreso, tra il 2004 e 2013, in una quota tra il 3 per cento e il 4,3 per cento del fatturato netto, in dieci anni, ossia oltre 1,7 miliardi di euro.
  Il portafoglio brevetti di Pirelli conta su 6.698 brevetti, 1.500 dei quali attivi. Si tratta di uno dei patrimoni conoscitivi e tecnologici più importanti del sistema europeo, soprattutto perché costituisce il risultato della sedimentazione storica di tecnologie assolutamente trasversali. Il 20 per cento di questo portafoglio riguarda i trasporti, il 9 per cento le tecnologie ottiche, il 5 per cento le telecomunicazioni, il 5 per cento i polimeri e la chimica, il 5 per cento la meccanica e poi c’è un 15 per cento di brevetti, che si possono iscrivere alla categoria della meccatronica, quella particolare tecnologia media nata dalla convergenza fra più tecnologie, il cuore del medium tech, oggi lievito della competizione industriale europea.
  In Francia, ad esempio, regolano e controllano gli investimenti stranieri prevedendo che, qualora l'investitore estero, compreso l'investitore comunitario, desideri realizzare un investimento nei cosiddetti settori sensibili, dovrà richiedere l'autorizzazione al Ministero dell'economia francese.
  Per investimento si intende l'acquisto del controllo di una società avente sede in Francia, o del controllo diretto o indiretto, totale o parziale, di un ramo di un'azienda avente sede in Francia.
  Come ho detto, c’è una differenza tra l'Italia e la Cina: loro hanno una politica industriale, noi «no»; loro hanno una continuità fortissima nelle scelte economiche, piano quinquennale dopo piano quinquennale, noi trattiamo ogni emergenza industriale, dall'Electrolux alla Whirpool, facendoci prendere sempre di sorpresa. Serve un serio piano industriale, che affronti innanzitutto il nodo della ricerca e dell'innovazione: bisogna favorire gli investimenti privati in ricerca e innovazione, è la chiave della strategia per recuperare competitività, creare nuovo lavoro ad alta qualificazione e attivare un circuito virtuoso fra sistema pubblico di ricerca e impresa.
  Per fronteggiare la competizione cinese sarà necessaria in Europa e in Italia nei prossimi anni una massiccia riconversione delle specializzazioni produttive, e le industrie avranno bisogno di tempo per procedere a tali impegnativi aggiustamenti e contenerne i costi sociali. A nostro avviso, non c’è dubbio che le operazioni commerciali poste in essere dal Governo cinese siano indirizzate ad acquisire il patrimonio intellettuale delle migliori imprese Pag. 54italiane, patrimonio che rappresenta una peculiarità a livello internazionale ! La situazione richiede risposte più lungimiranti, articolate e in grado di muoversi su molteplici piani: si tratta innanzitutto di promuovere il dinamismo e la riconversione dei sistemi produttivi italiani, sviluppando nuove aree di vantaggio comparato che siano imperniate sulla ricerca ed innovazione.
  Si tratta così di agevolare il processo di ristrutturazione delle imprese italiane, attuando politiche di sostegno alla competitività. Vi è poi la necessità di farsi carico dei costi delle riconversioni con politiche e interventi adeguati.
  Noi abbiamo una grande tradizione manifatturiera, figlia delle abilità artigiane. Dobbiamo essere capaci di salvaguardare quella tradizione, e nel contempo saperla integrare ed arricchire con l'innovazione; ma iniziative da parte del Governo in merito non ci sono, anzi svende le nostre migliori imprese al Paese che sottrae competizione all'Italia.

  PRESIDENTE. Sospendiamo a questo punto la seduta, che riprenderà alle 13,45.

  La seduta, sospesa alle 13,35, è ripresa alle 13,50.

(Iniziative volte a migliorare le condizioni di vita dei detenuti, alla luce dei gravi disagi registrati nei penitenziari per effetto dell'eccezionale ondata di calore dei mesi estivi – n. 2-01050)

  PRESIDENTE. Passiamo alla interpellanza Palmizio ed altri n. 2-01050, concernente iniziative volte a migliorare le condizioni di vita dei detenuti, alla luce dei gravi disagi registrati nei penitenziari per effetto dell'eccezionale ondata di calore dei mesi estivi (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Palmizio se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  ELIO MASSIMO PALMIZIO. Grazie, Presidente. Signor sottosegretario, l'interpellanza in oggetto ha perso in parte il suo carattere di urgenza non tanto perché i problemi esposti di cui parleremo sono stati in qualche modo risolti, ma semplicemente perché è cambiata la stagione e il caldo ci sta abbandonando. Fermo restando ciò, la situazione si riproporrà fra dieci mesi in maniera identica, perché l'estate ritorna e le ondate di calore giungono in Italia purtroppo con una certa costanza.
  La mia interpellanza nasce, da un lato, da una lettera del garante dei carcerati di Parma, dall'altro, da alcune mie esperienze ed ispezioni nelle carceri italiane, nello specifico Bologna e Parma. La situazione nelle celle, ma anche nel reparto di infermieristica, quindi nella zona che dovrebbe teoricamente essere condizionata, sono state riscontrate come veramente terribili. Temperature oltre i 38 gradi centigradi nelle celle e in infermeria, scarsezza di flessibilità nell'applicazione del regolamento per quanto riguarda ad esempio l'utilizzo delle docce, il fatto che gli orari d'aria siano concentrati nelle prime ore pomeridiane, quindi in quelle più calde, in cortili con pareti di cemento armato senza ombra, l'impossibilità di avere ventilatori, se non quelli piccoli a pila che non servono assolutamente a nulla, e ventagli. Nulla di nulla ! Per di più questo crea, sicuramente disagio a tutti i detenuti, ma in particolar misura ai detenuti che soffrono di patologie come quelle respiratorie e cardiovascolari.
  A questo punto chiedo al Governo, non come intende risolvere nell'immediatezza questo problema, ma, avendo dieci mesi di tempo per farlo, gradirei sapere come intende muoversi per far sì che alla pena principale, quella detentiva, giustamente inflitta, non venga ad essere aggiunta la pena accessoria della invivibilità totale a causa delle condizioni climatiche.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Cosimo Maria Ferri, ha facoltà di rispondere.

  COSIMO MARIA FERRI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Grazie, Presidente. Pag. 55L'onorevole Palmizio nell'illustrare la sua interpellanza in maniera chiara ed onesta ha detto che non è più attuale. Lo ringrazio però per avere sollevato questo problema perché consente al Ministero della giustizia di fornire una risposta su un tema sul quale stiamo lavorando da mesi: rendere la pena sempre più umana, guardando alla dignità umana dei detenuti e alla funzione rieducativa della pena, in modo che sia quindi una rieducazione seria, concreta ed effettiva, così come chiede la nostra Carta costituzionale e come i nostri costituenti hanno pensato quando scrivevano l'articolo 27 della Costituzione.
  Si tratta quindi di un tema importante, perché è giusto sottolineare la certezza della pena, ma nello stesso tempo è corretto rieducare per garantire la sicurezza e consentire a chi esce dagli istituti, una volta espiata la pena, di non ricommettere reati, garantendo, nello stesso tempo, all'interno degli istituti quelle attività e quella umanità che passa anche attraverso la logistica, la struttura, l'edilizia penitenziaria e tutto quanto ne consegue. È chiaro che anche il fattore climatico incide all'interno degli istituti.
  L'onorevole Palmizio, quindi, – nel ricollegarsi alla segnalazione del Garante dei diritti delle persone private della libertà del Comune di Parma – manifesta preoccupazione per i detenuti ristretti nei penitenziari del Paese in conseguenza delle elevate temperature registrate nello scorso mese di luglio, e chiede di conoscere quali iniziative siano state adottate per mitigarne il disagio e, a questo fine, con riferimento a questo atto ispettivo ci tengo a rappresentare quanto segue.
  Va, in linea generale, premesso come tutti gli interventi, normativi ed organizzativi, adottati anche in seguito alla sentenza della Corte CEDU Torreggiani siano stati ispirati all'intento di ridurre quanto più possibile la popolazione carceraria e ad assicurare ai detenuti, oltre al miglior percorso rieducativo, le condizioni di vita più coerenti con i principi di umanità e dignità della restrizione.
  Il complesso delle misure adottate è ispirato ad una crescente attenzione alla qualità della vita detentiva e ha comportato una significativa contrazione della popolazione detenuta. In relazione al tema posto dal particolare caso concreto oggetto dell'odierna interpellanza, dai dati acquisiti presso la competente articolazione ministeriale consta come, nel corso degli anni, la Direzione generale del DAP sia più volte intervenuta sulle prescrizioni emergenziali da adottare per fronteggiare situazioni metereologiche di particolare criticità, indicando ai provveditorati regionali ed agli istituti le iniziative da adottare anche per arginare l'emergenza caldo. A questo fine, devo sottolineare che quest'estate, peraltro, ci siamo posti questo problema perché è stata una delle estati più calde che abbiamo avuto e quindi, di fronte a questa criticità, abbiamo cercato di monitorare la situazione. Con numerose circolari intese al «miglioramento della dignità detentiva», come espressamente indicato nelle stesse, sono state, difatti, sollecitate misure organizzative ed operative finalizzate a rendere meno afflittiva la detenzione nel periodo estivo. Si è infatti assicurato ai detenuti le necessarie dotazioni strumentali, l'accesso ai servizi, la permanenza all'aria aperta, l'adeguato sostegno psicologico e la continuità dei colloqui con i familiari. Siffatte prescrizioni sono state, da ultimo, ribadite con nota del 17 luglio 2015, con la quale – alla luce delle recenti e straordinarie condizioni atmosferiche che hanno visto quest'estate, in alcune località, l'innalzamento delle temperature fino a 40o – sono stati invitati i provveditori regionali a sensibilizzare le Direzioni degli istituti penitenziari ad emanare le opportune disposizioni per fronteggiare l'eccezionale condizionale climatica. Per quanto riguarda, in particolare, la situazione dell'Istituto penitenziario di Parma, risulta che la direzione abbia adottato le misure idonee ad attenuare gli effetti derivanti dalle temperature registrate, in linea con le prescrizioni indicate. Al fine di consentire una maggiore circolazione di aria all'interno delle sezioni, sin dagli inizi di giugno è stata, difatti, disposta Pag. 56l'apertura ininterrotta dei blindati delle camere di pernottamento; è stata assicurata la possibilità di fruire del servizio docce anche reiteratamente nell'arco della giornata. Vi è stata particolare attenzione anche al menù estivo, che è stato adeguatamente bilanciato mediante apporto di frutta e verdura, nel rispetto delle tabelle ministeriali. Quindi è stata curata anche l'alimentazione oltre a tutto quello che riguarda l'igiene di ciascuna persona, ma in considerazione anche del clima. È stata inoltre assicurata la disponibilità di dispositivi refrigeranti per cibi e bevande e la facoltà per i ristretti, in alternativa ai passeggi all'aria aperta, di fruire dei momenti di socialità in ambienti riparati; è stata garantita ininterrotta assistenza medica ed infermieristica. Il complesso degli accorgimenti adottati appare, pertanto, finalizzato proprio ad assicurare le migliori condizioni detentive e la salvaguardia della salute e della dignità delle persone ristrette. Il Ministro, peraltro, riserva particolare attenzione non solo al rispetto degli standard europei di agibilità carceraria, ma al miglioramento complessivo delle condizioni di vivibilità del patrimonio edilizio penitenziario per restituire alla restrizione adeguate caratteristiche di dignità e sostenibilità. Nell'ambito degli Stati Generali sull'esecuzione della pena, voluti come momento di riflessione collettiva sulla restrizione, è stato, difatti, previsto un tavolo tematico proprio sullo «spazio della pena» per individuare tipologie architettoniche idonee ad assicurare un modello di detenzione incentrato sullo svolgimento della quotidianità in spazi comuni, sulla possibilità di curare l'affettività anche in adeguati spazi aperti, sull'accentuazione della gestione autonoma e responsabile del tempo della detenzione. L'azione del Ministero si orienta, pertanto, da un lato, all'attuazione di un modello di detenzione che garantisca, quanto più possibile, anche le migliori condizioni abitative; dall'altro, attraverso l'istituzione del nuovo Dipartimento della giustizia minorile e di comunità introdotto con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 18 maggio 2015 contenente il nuovo Regolamento di organizzazione del Ministero della giustizia, ad assicurare una maggiore efficacia all'azione amministrativa e alle istanze di risocializzazione dei detenuti.
  Le linee ispiratrici dell'azione di Governo sono state, peraltro, ribadite dal Ministro anche nel corso dell'incontro del 9 settembre scorso, presso l'Istituto superiore di studi penitenziari, con i provveditori dell'amministrazione penitenziaria e i direttori di tutti gli istituti detentivi italiani, che si iscrive nel percorso avviato dagli Stati generali dell'esecuzione penale e finalizzato alla costruzione di un ampio ed approfondito confronto, utile a definire un decisivo miglioramento del sistema penitenziario.
  Quindi, ringrazio l'onorevole Palmizio perché ha contribuito, con questa interpellanza, a un confronto costruttivo e che, quindi, possa porre all'attenzione del dicastero anche questioni legate, appunto, agli aspetti della detenzione all'interno e anche dal punto di vista delle strutture e logistico per chi è ristretto.

  PRESIDENTE. L'onorevole Palmizio ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  ELIO MASSIMO PALMIZIO. Presidente, io ringrazio il sottosegretario per la risposta, sicuramente condivisibile. Faccio presente due piccole cose: quando si parla di camere di pernottamento si dice una cosa non reale, perché nelle carceri italiane le camere di pernottamento, che sono delle celle, sono abitate 20 ore su 24 non solo per dormire, rispetto agli altri Paesi europei, tipo la Spagna, in cui sono effettivamente camere di pernottamento.
  La seconda cosa riguarda i regolamenti penitenziari. I regolamenti penitenziari sono abbastanza obsoleti e possono essere interpretati in maniera flessibile, come sta facendo il direttore di Parma, che effettivamente ha messo in atto alcune iniziative per migliorare le condizioni di vita dei detenuti. Ma è il direttore che decide in tutto e per tutto. Quindi, credo sarebbe opportuno sensibilizzare di più i direttori Pag. 57delle carceri, affinché cerchino, in casi di emergenza, di essere un po’ flessibili sull'applicazione del regolamento.
  Per quanto riguarda i servizi medici a cui accennava, da quando è stata eliminata la sanità penitenziaria, si tratta di un problema che riguarda le ASL e sarà oggetto di un'altra interrogazione parlamentare, vista la scarsa collaborazione delle ASL, in questo caso di Parma, con il carcere di via Burla.

(Problematiche relative al carcere minorile Beccaria di Milano ed intendimenti in merito ad una revisione della disciplina concernente la modalità di esecuzione della pena per i reati ostativi – n. 2-01055)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Daniele Farina ed altri n. 2-01055, concernente problematiche relative al carcere minorile Beccaria di Milano ed intendimenti in merito ad una revisione della disciplina concernente la modalità di esecuzione della pena per i reati ostativi (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Daniele Farina se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  DANIELE FARINA. Grazie, Presidente, e grazie al sottosegretario Ferri. Questa interpellanza urgente è originata agli inizi di agosto da alcuni fatti accaduti presso l'istituto penale per i minorenni di Milano «Cesare Beccaria», che hanno avuto anche eco sulla stampa, con interviste e con un principio di discussione sostanzialmente.
  I fatti sono noti. Si riferiscono, particolarmente, a un tentativo di suicidio e a un realizzato danneggiamento, fatto che, in un istituto penale ordinario, avrebbe forse il carattere dell'ordinarietà ma che, in un istituto penale per minorenni, tra l'altro con 50 detenuti, assume una rilevanza sia statistica sia, come fatto in sé, di altra portata e riporta l'attenzione su un problema annoso che è proprio quello dell'istituto penale «Beccaria» di Milano, perché i fatti su cui chiediamo lumi al Governo sono situazioni e carenze che si tramandano, di anno in anno, ormai da tempo.
  Per questa ragione una nostra delegazione è andata, me compreso, la settimana scorsa al «Beccaria» per constatare di persona lo stato dei fatti e di queste carenze. Tra l'altro, non essendo la prima volta che ho avuto, se vogliamo, la fortuna di essere in visita al Beccaria, constato che il tempo lì è immobile e che i problemi di dieci anni fa e di cinque anni fa sono rimasti inevasi largamente.
  In particolar modo, abbiamo rilevato tre blocchi di problematiche non nuove. Una riguarda, diciamo genericamente, i temi della ristrutturazione, dei lavori di ristrutturazione dell'immobile, che dopo otto anni sono ancora fermi. Il blocco dei lavori ha comportato da allora il ridimensionamento provvisorio – ma è un ridimensionamento provvisorio tra virgolette – della capienza da 60 a 48 posti e il trasferimento fuori regione dell'intera sezione femminile. È un punto, tra l'altro, delicato, perché il più vicino istituto femminile o quello, comunque, di destinazione delle detenute del Beccaria è addirittura a Pontremoli, in Toscana, a circa 200 chilometri di distanza da Milano. È un esodo, inoltre, che ha riguardato anche la sezione maschile per alcuni detenuti.
  Quindi, c’è un tema legato alla ristrutturazione dell'immobile su cui chiediamo sostanzialmente al Governo di avere indicazioni certe, date certe, visto che più volte sono state promesse date di inizio e avvio lavori e a tutt'oggi a ciò non è stato ottemperato. Vi è un secondo blocco di problematiche che riguarda le critiche condizioni di lavoro del personale operante: vi è una carenza cronica di personale, che sembrava avere trovato parziale soluzione, ma così non è stato.
  Diciamo che, negli ultimi cinque mesi, tra distacchi e trasferimenti, sono stati dislocati altrove ben otto agenti. È una situazione, questa, delicata anche per due ordini di ragioni: primo, un non moderato aumento di ragazzi che hanno problemi di fragilità, problemi psichici, che, nonostante Pag. 58questa tendenza ormai conclamata, non soltanto al «Beccaria» di Milano, non ha trovato modifiche organizzative nei termini di presa in carico e assistenza ai ragazzi con problemi psichici. Non vi è una consulenza psichiatrica stabile, ma soltanto di turnazione, e neppure il presidio medico è stato adeguatamente rafforzato per coprire le 24 ore.
  Un ultimo punto che solleviamo è il seguente: noi abbiamo, con modifica legislativa, auspicato – ha visto anche il voto favorevole di Sinistra Ecologia Libertà o l'apprezzamento di Sinistra Ecologia Libertà – e determinato l'arrivo in carcere dei cosiddetti giovani adulti, cioè ragazzi fino ai 25 anni di età i cui reati sono stati compiuti nell'età minorile e di cui abbiamo disposto la possibilità di scontare la pena negli istituti minorili. Ma questa benvenuta misura avrebbe dovuto trovare anche un contesto adeguato, avendo, ovviamente, i giovani adulti caratteristiche, necessità e percorsi trattamentali che avrebbero dovuto essere significativamente diversi rispetto a quelli a cui sono avviati i minorenni, e così abbiamo constatato non essere, perlomeno al Beccaria di Milano.
  Il terzo punto riguarda, a questo proposito, il fatto che riterremmo auspicabile – questo è un tema di dibattito politico – la modifica della normativa che prevede sempre la carcerazione per i reati ostativi. Per i minori tale obbligo preventivo potrebbe, a nostro avviso, essere rimosso o, almeno, attribuita la scelta al giudice di sorveglianza, con ciò spezzando l'automatismo che impone la detenzione prima di poter considerare una pena alternativa. Parliamo, ovviamente, di soggetti oggi maggiorenni, ma il cui reato è stato commesso molti anni fa, in età minore, magari a sette o otto anni di distanza dai fatti.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Cosimo Maria Ferri, ha facoltà di rispondere.

  COSIMO MARIA FERRI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Grazie, Presidente. Ringrazio anche l'onorevole Farina, perché ha posto una serie di questioni importanti dal punto di vista organizzativo, e quindi di edilizia penitenziaria, e quindi tutto quello che riguarda le ristrutturazioni e anche tutta una serie di iter burocratici da seguire, su cui cercherò di dare risposte, proprio perché il Ministero sta lavorando anche per recuperare quelle parti degli istituti penitenziari, sia minorili che per adulti, che necessitano di ristrutturazioni, per aumentare anche gli spazi non solo detentivi, ma anche quelli idonei al recupero trattamentale, che sono essenziali per la rieducazione della pena.
  Attraverso l'atto ispettivo in oggetto, gli onorevoli interpellanti richiedono informazioni in ordine all'adozione di iniziative, anche normative, intese a far fronte alle problematiche relative alla situazione, in particolare, dell'Istituto penitenziario minorile «Cesare Beccaria» di Milano e ad intervenire sulla disciplina normativa dell'esecuzione della pena nei confronti dei minori. Con riferimento agli episodi richiamati nell'interpellanza, da informazioni assunte dal Dipartimento della giustizia minorile, consta che la sera del 16 novembre 2014 alcuni ragazzi, appartenenti al gruppo detentivo denominato «Orientamento», si sono resi responsabili di disordini, arrivando a dare fuoco a capi di abbigliamento ed altri generi, che hanno riversato nei corridoi dell'istituto.
  In quella circostanza, il personale di Polizia penitenziaria è intervenuto con immediatezza, spegnendo le fiamme e riportando la calma all'interno della sezione; è seguito, quindi, dopo due giorni, il trasferimento di tutti i detenuti responsabili dell'accaduto.
  Quanto al tentato suicidio richiamato nell'interpellanza, sempre il Dipartimento minorile ha comunicato che l'episodio risale al 18 novembre 2014, quando il detenuto Belamoul Soufiane ha appiccato un fuoco all'interno della propria cella riportando gravi lesioni coinvolgenti il 30 per cento per circa della superficie corporea. Preme sottolineare che attualmente il minore è fuori pericolo di vita, è stato Pag. 59dimesso dalla struttura sanitaria ove era ricoverato ed è seguito dai Servizi specialistici dell'ASL territorialmente competente.
  All'indomani del grave gesto, il dirigente del Centro per la giustizia minorile per la Lombardia ha promosso, presso lo stesso Istituto penitenziario, un incontro con i referenti dell'Azienda ospedaliera San Carlo e dell'ASL di zona, al fine di condividere strategie di intervento per poter individuare con tempestività situazioni a elevata criticità, così garantendo agli operatori e ai ragazzi adeguato supporto.
  Per quanto riguarda l'organico della polizia penitenziaria dell'Istituto «Cesare Beccaria», si segnala come questo sia dotato di 79 unità e riferito ad una capienza di istituto di 50 detenuti. Attualmente prestano servizio 60 unità di polizia penitenziaria con una presenza media di 45 detenuti, esclusivamente uomini, in quanto la sezione femminile, come anche ha detto correttamente l'onorevole Farina prima, è stata chiusa con trasferimento all'Istituto penale per i minorenni di Pontremoli, esclusivamente dedicato all'utenza femminile, che ospita tutte le detenute del nord Italia.
  Il Dipartimento per la giustizia minorile ha, inoltre, precisato di non aver ricevuto, da parte del locale Centro per la giustizia minorile o della Direzione dell'Istituto milanese, richieste di incremento dell'organico del Corpo di polizia penitenziaria, in quanto il numero di agenti rispetto al numero dei detenuti non presenta profili di carenza ed appare quindi adeguato. Infatti, il rapporto detenuti-agenti è di 1,3, in media perfettamente con quanto richiesto e considerato dal nostro Dipartimento come un organico sufficiente per garantire la sicurezza. Sul punto, come riferito dall'articolazione competente, nel corso degli ultimi anni l'Istituto penitenziario minorile di Milano ha beneficiato sempre di un costante turnover con personale neoassunto proveniente dai corsi di formazione.
  In merito, invece, alla problematica inerente i lavori di ristrutturazione in corso di definizione, il Centro di giustizia minorile di Milano, appositamente interpellato, ha rappresentato che il mancato rispetto delle tempistiche e i ritardi nell'esecuzione dei lavori, iniziati nel 2008, hanno comportato la risoluzione contrattuale dell'appalto con l'originaria impresa appaltatrice, cui ha seguito una nuova aggiudicazione, divenuta definitiva in data 7 dicembre 2014. I competenti uffici stanno, quindi, seguendo con particolare attenzione la vicenda al fine della sua definitiva risoluzione.
  Per quanto riguarda, invece, le iniziative finalizzate a modificare la disciplina concernente le modalità di esecuzione della pena con riferimento ai reati ostativi per i minori, giova ricordare che questo Governo, nell'ambito di un più articolato intervento nel settore penitenziario, con l'articolo 5 del decreto legge n. 92 del 2014, convertito dalla legge n. 117 del 2014, ha modificato l'articolo 24 del decreto legislativo n. 272 del 1989, recante norme di attuazione del codice del processo penale a carico di imputati minorenni. Con tale provvedimento normativo è stata estesa l'applicazione delle disposizioni relative alle misure cautelari, alle misure alternative, alle sanzioni sostitutive, alle pene detentive ed alle misure di sicurezza, già previste nei confronti di minorenni, anche a coloro che, nel corso dell'esecuzione della pena, siano divenuti maggiorenni, ma non abbiano compiuto i 25 anni.
  L'applicazione delle misure alternative ha comunque luogo per coloro che hanno compiuto il ventunesimo anno, ove non ricorrano particolari ragioni di sicurezza, valutate dal giudice competente, tenuto conto altresì delle finalità rieducative.
  Non si tratta, quindi, di una mera esecuzione delle misure previste per i detenuti adulti in strutture pensate per i minori, ma più in generale, dell'applicazione, a tutti coloro che non abbiamo compiuto 25 anni, dei ben diversi istituti pensati per i detenuti minorenni. Tra l'altro, alla luce anche di questa normativa, il dipartimento sta provvedendo a creare dei circuiti penitenziari diversi e, quindi, a cercare anche di tenere separati i minorenni da quegli adulti minorenni – Pag. 60scusate il gioco di parole, ma è per spiegare che sono adulti – che beneficiano ancora, alla luce del nostro provvedimento, fino a 25 anni di poter stare nel circuito penitenziario, quindi anche per differenziare non solo l'accoglienza di queste persone, alcune delle quali possono essere trasferite da istituti per adulti a istituti per i minorenni, che hanno, appunto, una organizzazione e anche delle funzioni e un impatto diversi. È bene, tuttavia, precisare che l'esecuzione delle misure alternative alla detenzione potrà comunque essere adeguatamente soddisfatta con un supporto più efficace anche nel territorio.
  Inoltre, se il successo dell'applicazione di tali misure possa dirsi vincente dipenderà anche ovviamente dalla collaborazione dei servizi dell'amministrazione della giustizia con gli enti locali, ai fini della modulazione del contenuto della pena secondo finalità rieducatíve. Quindi, è essenziale questa sinergia con gli enti locali e con gli assistenti sociali, non solo quelli del dipartimento, ma anche quelli del servizio sanitario. Solo in questo modo l'intervento penale minorile si integra con il territorio, a cui viene richiesto di recuperare l'attenzione per i minori autori di reati e di assumere la responsabilità di formulare e costruire per loro progetti di reinserimento.
  Sotto questo profilo, ricordo che con DPCM del 18 maggio 2015 è stato emanato il nuovo regolamento di organizzazione del Ministero della giustizia, il quale ha, per quanto di interesse in questa sede, istituito il nuovo dipartimento della giustizia minorile e di comunità, al fine di assicurare una maggiore efficacia all'azione amministrativa ed alle istanze di risocializzazione dei detenuti, siano essi maggiorenni o minorenni. Attraverso la creazione di questa nuova struttura ministeriale, deputata alla realizzazione di un unico sistema di esecuzione penale esterna, che terrà ovviamente conto delle peculiarità dei due settori, sono state poste le basi per rilanciare l'accezione rieducativa dell'esecuzione penale, in linea di continuità con la maggiore attenzione registrata negli ultimi anni verso i sistemi di probation, allo scopo precipuo di riaffermare la cultura della piena responsabilizzazione degli interessati.
  Ringrazio per l'attenzione e per aver consentito, grazie a questa interpellanza dell'onorevole Farina, di ampliare e poter illustrare le linee del Ministero.

  PRESIDENTE. L'onorevole Farina ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  DANIELE FARINA. Io ringrazio il sottosegretario Ferri per l'articolata risposta. Non è un problema di soddisfazione o insoddisfazione. Mi limito a dire che dalla risposta permangono alcuni punti di criticità. Mi sembra che il maggiore, al netto delle questioni più generali che abbiamo affrontato in questa nostra breve discussione, riguarda i tempi e i modi della ristrutturazione dell'edificio, cioè la parte più antica delle problematiche da cui hanno origine alcune difficoltà che abbiamo citato. Data per scontata la risoluzione contrattuale e la nuova assegnazione dell'appalto, avremmo pensato di trovare qualche data più certa nella risposta del Ministro, ma contiamo, almeno su questo punto, che questa attenzione, che rinnoveremo, anche con una verifica puntuale della risposta del Ministro, serva ad una veloce definizione di un processo che per troppi anni è sfuggito. Ringrazio il sottosegretario.

(Iniziative volte a incentivare l'apertura di sportelli di prossimità per le pratiche giudiziarie, con particolare riferimento alla regione Piemonte – n. 2-01064)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Monchiero ed altri n. 2-01064, concernente iniziative volte a incentivare l'apertura di sportelli di prossimità per le pratiche giudiziarie, con particolare riferimento alla regione Piemonte (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Monchiero se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

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  GIOVANNI MONCHIERO. Grazie, Presidente. Buongiorno signor sottosegretario, due parole per illustrarla anche perché la richiesta è così semplice e trasparente: notizie giornalistiche parlano di un protocollo d'intesa stipulato tra il Ministero della giustizia e la regione Friuli Venezia Giulia per l'istituzione di una sorta di sportello di prossimità naturalmente per favorire l'accesso alle informazioni giudiziarie da parte dei cittadini nell'area del soppresso tribunale di Tolmezzo. Poiché nel comunicare questa iniziativa la stessa presidente Serracchiani ha detto che si tratta di un modello esportabile soprattutto nelle aree dove sono stati chiusi dei tribunali, farei tesoro di questa dichiarazione letterale per chiedere se il Ministero abbia valutato questa possibilità, se non rappresenti comunque una buona soluzione, una sorta di parziale ristoro dei maggiori disagi che i cittadini delle aree in cui sono stati soppressi i tribunali incontrano nelle loro relazioni con le autorità della giurisdizione e se questo modello non sia esportabile soprattutto nel Piemonte che è la regione che più di ogni altra ha perso nel numero dei tribunali preesistenti.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Cosimo Ferri, ha facoltà di rispondere.

  COSIMO MARIA FERRI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Grazie, Presidente. Con l'atto ispettivo in oggetto gli onorevoli interpellanti, preso atto della stipula, come ha sottolineato ora correttamente l'onorevole Monchiero, di un protocollo d'intesa in materia di sviluppo e potenziamento del servizio giustizia sottoscritto dal presidente della regione Friuli e dal Ministro della giustizia, chiedono se il Ministro Guardasigilli non intenda promuovere analoghe iniziative in altre realtà territoriali soprattutto quelle maggiormente colpite dagli interventi di revisione della geografia giudiziaria e tra queste zone c’è sicuramente anche la regione Piemonte che è oggetto dell'interpellanza urgente.
  A tal proposito mi preme anzitutto ringraziare l'onorevole Monchiero per l'opportunità offerta al Ministero della giustizia di fornire un contributo conoscitivo su una progettualità decisamente innovativa quale è quella degli sportelli di prossimità. Abbiamo seguito già da tempo tutta la fase della revisione della geografia giudiziaria. Tra l'altro nel decreto istitutivo delle commissioni firmato pochi giorni fa dal Ministro della giustizia, con cui istituisce due commissioni presso il Ministero della giustizia, una di queste nel rivedere e nel dare spunti per rivedere l'ordinamento giudiziario, tocca anche il punto della revisione della geografia giudiziaria sempre nell'ottica di una migliore efficienza e anche per valutare la qualità del servizio giustizia.
  Questa progettualità, che è oggetto dell'interpellanza e che vogliamo sottolineare, stimola il nostro Ministero anche ad accedere a quei finanziamenti comunitari che questo Governo sta cercando di utilizzare integralmente, quindi a reperire con una progettualità nuova, innovativa ed efficace che abbia risvolti anche sul territorio. Le prime sperimentazioni di quello che può rilevarsi un modello innovativo di migliore erogazione di alcuni servizi informativi e di qualità al cittadino sul territorio, sono nate all'interno del progetto nazionale interregionale «Diffusione di Best Practices presso gli uffici giudiziari italiani», realizzato dal Ministero della Giustizia, attraverso fondi comunitari della Programmazione 2007-2013, in collaborazione con le regioni italiane e il Dipartimento per la funzione pubblica.
  Tali prassi locali hanno portato all'attenzione del Ministero le virtuose esperienze di collaborazione tra uffici giudiziari ed enti locali, in cui venivano messi a disposizione, da parte di alcuni Comuni, locali ove gli uffici giudiziari hanno erogato principalmente informazioni di orientamento del cittadino sui servizi degli uffici giudiziari, sulla modulistica, sulla dislocazione logistica delle aule, con particolare attenzione ai servizi della volontaria giurisdizione.Pag. 62
  Nell'ambito della nuova programmazione del PON Governance e Capacità istituzionale 2014-2020, il Ministero della giustizia, anche sulla base di tali prassi virtuose, intende certamente supportare la diffusione sul territorio degli sportelli di prossimità, indicando anche le linee operative e soprattutto la tipologia di servizi che è opportuno vengano offerti. Tale strumento appare infatti coniugarsi coerentemente al mutato contesto, dovuto al nuovo assetto della geografia giudiziaria degli uffici giudiziari, specie in relazione alle necessità informative sul territorio inerenti alla volontaria giurisdizione. Il progetto sarà sviluppato in rapporto alle risorse economiche disponibili sull'obiettivo di riferimento del PON Governance e la sua riuscita dipenderà dalla collaborazione e dalle sinergie che sarà possibile attivare a livello locale tra uffici, enti territoriali, regioni e comuni.
  Il Ministero nell'ambito del PON Governance si propone, altresì, di coordinare le linee di diffusione delle risorse comunitarie dei programmi operativi regionali perché siano destinate ai progetti di innovazioni individuati nel PON Governance, ivi compresi gli sportelli di prossimità.
  Ciò premesso, il protocollo di intesa sottoscritto con la regione Friuli, oggetto dell'odierna interpellanza, si iscrive quindi appieno nel descritto progetto di supporto a moduli organizzativi innovativi del Ministero che richiederà, lo si ribadisce, la predisposizione di un piano unitario che assicuri, in tutte le realtà interessate, il rispetto di modalità uniformi di attuazione. Il protocollo segue, peraltro, a una già sviluppata e proficua collaborazione, in questo caso si parlava della regione Friuli, che aveva visto la stipula di un precedente protocollo.
  Nella prospettiva enunciata, certamente, saranno valutate dal Ministero analoghe proposte che verranno presentate dagli uffici in collaborazione con gli enti locali e, in specie, quelle che potranno inserirsi pienamente con gli obiettivi delle azioni del PON Governance e Capacità istituzionale 2014-2020.
  Quindi, i capi degli uffici giudiziari e i rappresentanti delle istituzioni a livello locale e a livello regionale potranno proporre al Ministero questi sportelli di prossimità e, comunque, ogni tipo di iniziativa organizzativa, modulo organizzativo che parta dal territorio e che guardi a un funzionamento del servizio giustizia più vicino ai cittadini, di qualità e che faciliti il servizio per ogni cittadino.

  PRESIDENTE. L'onorevole Monchiero ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  GIOVANNI MONCHIERO. Grazie Presidente, come sempre sono molto soddisfatto della tempestività e della cortesia del sottosegretario Ferri. Faccio solo un'osservazione: questo tipo di intervento non mi pare che richieda particolari disponibilità economiche, ma richieda soltanto una disponibilità procedimentale, richieda voglia di fare da parte degli uffici periferici nell'adottare in forma generalizzata questa procedura che oggettivamente è innovativa e che mi sembra anche favorire la vicinanza tra le istituzioni dell'attività giurisdizionale e i cittadini e i professionisti che li assistono.
  Quindi, io insisterei, sottosegretario, affinché il Ministero, al di là dei fondi europei che per questo tipo di innovazione mi sembrano non indispensabili, possa suggerire agli uffici periferici di valutare l'opportunità – ma di valutarla seriamente – di estendere questo modello a tutte le situazioni in cui questo venga richiesto.

(Chiarimenti e iniziative di competenza in relazione all'inchiesta sul sospetto suicidio del responsabile dell'area comunicazione del Monte dei Paschi di Siena, David Rossi, con particolare riferimento all'eventuale assunzione di iniziative ispettive presso la procura della Repubblica di Siena – n. 2-01068)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Pesco ed altri n. 2-01068, concernente chiarimenti e iniziative di Pag. 63competenza in relazione all'inchiesta sul sospetto suicidio del responsabile dell'area comunicazione del Monte dei Paschi di Siena, David Rossi, con particolare riferimento all'eventuale assunzione di iniziative ispettive presso la procura della Repubblica di Siena (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Pesco se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  DANIELE PESCO. Signor Presidente, questa è una di quelle interpellanze con le quali chiediamo che venga fatta, anzitutto, un po’ di giustizia, ma sarebbe più basilare e fondamentale il fatto che quanto meno venisse fatta un po’ di chiarezza, nel rispetto dei diritti di alcuni cittadini. In questo caso, ci riferiamo a dei parenti di una persona che oggi non c’è più. Questa persona è David Rossi e i suoi familiari hanno veramente molte domande da fare alla procura che sta indagando sul suo caso dal momento che il 6 marzo 2013 David Rossi muore schiantandosi al suolo sotto al proprio ufficio, a Siena. Ricordiamo che David Rossi era il capo della comunicazione di Monte Paschi e di questo suicidio se ne è parlato molto, su internet e sui giornali. Purtroppo, però, il caso è stato poi archiviato perché, probabilmente, viene così deciso dal giudice sotto consiglio dei pubblici ministeri che si stavano occupando del caso, che si trattava di suicidio. Per riuscire ad affrontare e capire bene cosa sia successo bisogna parlare e capire chi era Rossi e cosa faceva.
  David Rossi era responsabile della comunicazione e insieme a Mussari hanno avuto una carriera quasi comune. Sono partiti dalla politica, in quanto assistevano il sindaco Piccinini di Siena per quanto riguarda le comunicazioni verso l'esterno e le comunicazioni verso la pubblica amministrazione e verso il partito di maggioranza a quell'epoca a Siena. Insieme passeranno a Monte Paschi, in quanto quando Mussari divenne presidente anche Rossi divenne capo della comunicazione. Insomma, sono due persone che hanno sempre avuto molto a che fare con la politica. Poi ricordiamo che Mussari è stato indagato e condannato per diverse vicende legate a Monte Paschi, come sappiamo bene che una delle cose più importanti che ha coinvolto Monte Paschi è stato l'acquisto di Antonveneta, ma a questo ci arriveremo dopo.
  Ebbene, il 6 marzo 2013 David Rossi si schianta al suolo e il caso viene archiviato come suicidio, ma ci sono veramente troppe ombre su questo caso a partire dall'ora indicata dal filmato delle telecamere di sorveglianza. Infatti, il tecnico che consegnò le immagini alla procura e firmò i filmati della procura disse che l'orario era diverso dal reale e che quello indicato dal filmato era leggermente avanti. Invece, la procura ha preso questo filmato e lo ha esaminato come se l'ora in esso indicata fosse di un quarto d'ora indietro: l'opposto di quello che veniva indicato dai tecnici che hanno sbobinato il video. Quindi, qui c’è la prima grandissima incongruenza.
  Il presunto suicidio avviene verso le 20 della sera e stranamente nessuno si accorge che sul selciato del vicolo di Monte Pio a Siena quel corpo rimane quasi un'ora: non se ne accorge nessuno. Però, succede che dalle indagini che privatamente sono state svolte con delle perizie che sta acquisendo la moglie di David Rossi sono emersi fatti particolari, che riguardano proprio quel vicolo e quei minuti. Ad esempio, da un'analisi dettagliata del video si vede che in lontananza c’è una luce ferma, fissa e quella è la luce di una macchina ferma con la retromarcia inserita tesa a evitare che dal vicolo vicino al vicolo di Monte Pio, che faceva angolo con il vicolo di Monte Pio (il vicolo dei rossi) la gente potesse guardare oltre. Quindi, nessuno poteva vedere il corpo di David Rossi, passando per vicolo dei rossi. Questa è il primo indizio che ci fa capire che c’è qualcosa di sbagliato.
  In più, le cose più importanti che riguardano veramente il corpo di David Rossi, che era ricoperto di ematomi difficilmente riconducibili alla caduta. Ha un ematoma grosso e profondo in prossimità dell'addome, quasi come se fosse stato un Pag. 64pugno e invece i pubblici ministero dicono che sia stato sicuramente la pressione della cintura al momento dello schianto. Ci sono forti segni sui polsi, non al loro interno, ma all'esterno, come se qualcuno l'avesse trattenuto per i polsi, quasi a lasciare imprimere la forma dell'orologio. Ha un segno veramente grosso sul cranio, una ferita profonda e triangolare e nessuno tra chi ha svolto le indagini si è mai preoccupato di cercare un oggetto di forma triangolare, né sul selciato, né nell'ufficio.
  Quindi, vuol dire che veramente ci sono stati grossi elementi che non sono stati analizzati e noi ci chiediamo perché. Ce lo chiediamo noi, ma se lo chiedono anche i familiari di David Rossi. Perché queste indagini sono state svolte in questo modo ? Gli interrogativi sono veramente tanti.
  Prima ho provato a fare il conto, sono 16 i punti non esplorati a fondo, non approfonditi. Ad esempio, i biglietti lasciati da David Rossi, sono tre biglietti accartocciati. Tutti iniziano con delle parole che lui non usava quasi mai, anzi, non ha mai usato. Per esempio, per riferirsi alla moglie ha usato le parole: «cara Toni», ma questo è un diminutivo che usavano gli amici, i familiari, non David Rossi per riferirsi alla moglie. Questi biglietti sono stati trovati accartocciati e, in più, grazie ad una perizia redatta da un grande esperto di grafologia, il professor Sofia, si evince che questi biglietti li ha scritti sotto coercizione, perché si vede in modo lampante che non era sereno quando ha scritto questi indizi.
  Vi sono, poi, altre cose, come, ad esempio, la famosa e-mail nella quale scrive: se non mi aiutate, mi suicido. Non si ha la certezza che effettivamente questa e-mail sia stata inviata da David Rossi. Non si ha la certezza, anche perché la persona che doveva essere destinataria sembra quasi che non l'abbia ricevuta, ossia l'amministratore delegato di Montepaschi. In più, questa e-mail è arrivata dopo altre e-mail dalle quali – basta leggere il contenuto pubblicato sui giornali – si capisce che David Rossi quasi si rasserenava, si rendeva conto che l'unica cosa da fare fosse quella di andare a parlare con i pubblici ministeri per raccontare quello che sapeva. Guarda caso, due giorni dopo, avviene l'epilogo e David Rossi muore. Ma muore in questo modo, in questo modo veramente molto particolare, che ci lascia molto perplessi.
  Il suo corpo è rimasto un'ora lì, senza che se ne sia accorto nessuno, sul selciato. Poi compaiono due persone: prima, una persona che rimane laggiù, vicino alla macchina, vicino a quelle luci e non fa nient'altro, vede il corpo ma non fa nulla. Poi c’è un'altra persona, che si avvicina, guarda il corpo, prende il telefonino e telefona, ma non è la telefonata che ha ricevuto la Polizia. Chi ha chiamato quella persona ? Non lo sappiamo. In più, il telefonino di David Rossi in quel momento è rimasto in ufficio, ma, guarda caso, in uno di quei minuti in cui il corpo giaceva sul selciato, qualcuno ha digitato dei numeri che, guarda caso, corrispondono a un conto dormiente di Montepaschi. Di chi è quel conto ? Quanti soldi ci sono su quel conto ? Per ora non lo sa nessuno. È possibile che nessuno abbia voluto indagare ?
  Sono ancora tanti gli altri quesiti. I video, per esempio, delle telecamere di sorveglianza, perché non sono stati guardati ? Si tratta della sede di una banca, ci sono tante telecamere nella sede di una banca. E poi le persone presenti: gli uscieri hanno detto che c'erano almeno 15 persone presenti in quel momento nel palazzo. Perché il PM ne ha ascoltate solo tre ? Tutte le altre ? Nessuno ha sentito nulla ? Una persona si è buttata così, in silenzio, dal proprio davanzale ? A noi sembra veramente una cosa troppo strana.
  E poi, vi sono i taccuini, David Rossi aveva quasi un impulso maniacale di trascrivere tutto su diversi taccuini. Ebbene, la moglie né ha solo due. Che fine hanno fatto gli altri ? Nessuno li ha voluti cercare, nessuno li ha voluti cercare !
  Insomma, gli interrogativi sono davvero tanti, per una persona che sappiamo benissimo essere stata molto vicina alle persone che hanno condotto Montepaschi, Pag. 65non diciamo alla malora, ma quasi, perché sappiamo quanto sia messa male questa banca.
  Partiamo dal 2007 per raccontare bene i fatti. Cosa è successo nel 2007 ? Mussari decise di comprare la Banca Antonveneta, perché decise di farlo ? Ce lo descrive molto bene Paolo Mondani nella puntata di Report che è stata trasmessa il 3 novembre; guarda caso, proprio a novembre, quando i PM decidono di archiviare il caso. Pensa te ! Report decide di fare una puntata dedicata interamente a questo caso e i PM decidono di archiviarlo. Questa è una cosa sconvolgente.
  Ebbene, Mondani ci descrive molto bene il fatto che la Banca Antonveneta doveva per forza essere acquistata da qualcuno, perché pesava troppo sulla banca Santander, molto vicina all’Opus Dei. Ebbene, questa banca doveva essere comprata da qualcuno, e chi è che poteva comprare questa banca ? Qualcuno che voleva fare carriera. Qualcuno che voleva avvicinarsi probabilmente allo IOR. Ebbene, Mussari, come raccontato da un monsignore che è rimasto anonimo, aveva veramente grande intenzione di riuscire a diventare presidente dello IOR e c'era qualcuno che poteva aiutarlo; anzi, anche Tremonti sembra che l'abbia aiutato in questo, ossia a inserirsi nei candidati.
  Ebbene, però per fare questo, per riuscire a diventare un personaggio così importante dello IOR, aveva bisogno di pagare il chip di ingresso, di pagare il biglietto.
  E qual era questo biglietto ? Era l'acquisto di Antonveneta, una banca che era stata acquistata a sua volta dal Banco Santander per 6,6 miliardi; e quindi hanno acquistato questa banca non per quel valore, ma per un valore molto, molto più ampio ! Sono stati spesi quasi 17 miliardi per l'acquisto di Antonveneta: risorse della banca più antica d'Italia, risorse di una banca che andava bene, che è sempre andata bene fino a quando non ha iniziato a fare scelte politiche; o anzi una politica sbagliata, ha voluto impadronirsi di questa banca e l'ha portata veramente a distruggersi, non a distruggersi ma quasi. Insomma, noi veramente chiediamo che questo caso venga riaperto, perché sono troppi gli interrogativi che fanno veramente venire voglia di capire cosa sia successo.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Cosimo Maria Ferri, ha facoltà di rispondere.

  COSIMO MARIA FERRI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, nel rispondere all'onorevole Pesco, anche a titolo personale, esprimo chiaramente vicinanza alla signora Tognazzi Antonella, che è poi la persona offesa e che è la vedova del Rossi, e che quindi anche dal punto di vista umano chiede spiegazioni.
  Fatta questa premessa, che mi sembra doverosa, occorre poi entrare nello specifico dell'atto di sindacato ispettivo oggi proposto alla mia attenzione; e devo dire che gli onorevoli interpellanti ricostruiscono le vicende, mediante questo atto, relative al decesso di David Rossi, già responsabile dell'area comunicazioni di Banca MPS, avvenuto a Siena il 6 marzo 2013, collocando i fatti nel più ampio contesto delle investigazioni all'epoca in corso nei confronti dei vertici dell'istituto bancario, e che avevano assunto rilievo nazionale.
  Dopo aver ripercorso gli esiti del procedimento penale nei confronti di ignoti, iscritto dalla procura della Repubblica di Siena per il delitto di istigazione al suicidio e concluso con provvedimento di archiviazione del giudice per le indagini preliminari, gli onorevoli deducono profili di criticità emersi dalle investigazioni difensive di parte offesa; e, raccordandone gli esiti con la complessiva vicenda che aveva investito l'istituto di credito presso cui il Rossi aveva svolto funzioni apicali, richiedono al Governo se sui fatti esposti risultino pendenti ulteriori indagini, se fossero noti i rapporti del Rossi con soggetti istituzionali, se si intenda costituire una commissione di inchiesta sulla vicenda MPS e se il Ministro Guardasigilli non ritenga sussistenti i presupposti per disporre accertamenti ispettivi presso la procura Pag. 66della Repubblica di Siena. Questi sono i punti oggetto dell'interpellanza urgente di cui stiamo trattando.
  La complessità della vicenda e l'analitica revisione critica svolta dagli interpellanti impone però di ricostruire, in questa sede, gli esiti degli approfondimenti investigativi svolti secondo i dati acquisiti presso la procura della Repubblica di Siena, che desidero riportare in questa sede.
  Con nota del 9 settembre 2015, l'ufficio ha riferito come, a seguito del decesso di David Rossi, veniva iscritto un fascicolo, come dicevo poc'anzi, per l'ipotesi di reato di istigazione al suicidio a carico di ignoti. In considerazione del profilo professionale del Rossi ed al fine di valutare eventuali correlazioni tra il decesso ed il più ampio contesto investigativo relativo alle indagini su Banca MPS, già avviate da diversi mesi presso quell'ufficio, il procuratore della Repubblica pro tempore assegnava il procedimento ai sostituti già titolari delle indagini.
  Mentre il fascicolo principale sarebbe stato poi trasmesso alla procura della Repubblica di Milano per competenza, nel procedimento relativo al decesso del Rossi, invece, in data 2 agosto 2013 il pubblico ministero richiedeva al giudice per le indagini preliminari – all'esito delle espletate perquisizioni, ispezioni, sommarie informazioni, acquisizioni documentali e consulenze medico-legali – l'archiviazione della notizia di reato per infondatezza.
  Proposta opposizione da parte della persona offesa Tognazzi Antonella, vedova del Rossi, il giudice per le indagini preliminari disponeva, in data 5 marzo 2014 ed all'esito dell'udienza camerale in cui si dava corso al contraddittorio, l'archiviazione del procedimento.
  In data 23 giugno 2014, il pubblico ministero presso il tribunale di Siena rimetteva al GIP gli esposti della persona offesa – trasmessi dalla Procura generale della Repubblica presso la Corte d'appello di Firenze il 26 maggio 2014 – e del consulente tecnico della stessa persona offesa, ritenendo non ravvisabili nei fatti rappresentati elementi sopravvenuti utili per procedere alla riapertura delle indagini preliminari. Su tale prospettazione e condividendo le determinazioni del pubblico ministero, il GIP di Siena dichiarava non luogo a procedere con provvedimento del 25 giugno 2014.
  La Procura senese ha dato, inoltre, atto che non risulta, successivamente, pervenuta alcuna richiesta di riapertura delle indagini preliminari inerenti il suicidio del Rossi. Ha, altresì, illustrato gli esiti degli ulteriori approfondimenti investigativi svolti, in separati procedimenti, in relazione alla figura di David Rossi.
  La Procura di Siena ha precisato, difatti, come alcun collegamento fosse emerso: tra il decesso del Rossi e i fatti di insider trading per i quali la procura della Repubblica di Siena procedeva nell'ambito del fascicolo a carico di Briamonte Michele, sottoposto a misura cautelare interdittiva; in relazione agli ipotizzati rapporti tra il Rossi ed il Ministero dell'Interno; in relazione all'asserito collegamento tra il Rossi e le società Mens Sana Basket S.p.A. e A.C. Siena S.p.A.
  Quanto, invece, alla divulgazione di corrispondenza intercorsa, via mail, tra il Rossi e Fabrizio Viola, l'amministratore delegato di MPS, veniva iscritto un procedimento a carico di Vecchi Davide e Tognazzi Antonella, nel quale è stato emesso avviso di conclusione delle indagini preliminari.
  A seguito della messa in onda, in data 23 novembre 2014, della puntata di Report dal titolo: «Il Monte dei misteri», infine, veniva iscritto un procedimento per diffamazione aggravata in seguito alla querela di Mussari, attualmente pendente in fase di indagine.
  La relazione trasmessa dalla procura della Repubblica di Siena – e gli atti allegati – danno, pertanto, conto non solo dell'esito del procedimento inerente il decesso del Rossi, ma anche della posizione di costui nell'ambito dei fascicoli collegati.Pag. 67
  In particolare, la Procura della Repubblica di Siena ha dato conto di tutti gli approfondimenti svolti, precisando come non risulti attualmente depositata alcuna richiesta di riapertura di indagini, né alcuna consulenza grafologica o medico-legale a cui, invece, l'interpellanza oggi si riferisce.
  Alla luce dell'ampia ricostruzione svolta nell'informativa assunta dalla procura di Siena e tenuto conto della insindacabilità nel merito dell'esercizio delle prerogative costituzionali dell'autorità giudiziaria, va ribadito anche in questa sede come il sindacato del Ministro Guardasigilli sia limitato solo alle ipotesi di violazione di legge e di abnormità che non paiono, allo stato, immediatamente ravvisabili nella specie: il procedimento di archiviazione risulta, difatti, aver seguito il suo iter, nel contraddittorio delle parti, e non risultano, allo stato, iniziative delle persone offese sulle quali l'autorità giudiziaria abbia arbitrariamente omesso di provvedere.
  La vicenda sarà, comunque, attentamente monitorata dagli uffici del Ministero che, anche in passato ed all'esito di specifiche segnalazioni, hanno svolto tutti gli accertamenti di competenza, così come si presterà la costante e dovuta attenzione alle iniziative che sulla vicenda il Parlamento riterrà opportuno adottare.

  PRESIDENTE. L'onorevole Giulia Sarti ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta all'interpellanza Pesco ed altri n. 2-01068, che ha sottoscritto in data odierna.

  GIULIA SARTI. Grazie, Presidente. Non siamo soddisfatti, perché il sottosegretario Ferri ha sostanzialmente omesso di rispondere ad alcune richieste fondamentali dell'interpellanza. Una molto importante, ad esempio, riguarda proprio la richiesta su cosa faceva, se davvero la cosa venisse confermata, David Rossi quando si recava al Ministero dell'Interno nel periodo 2006-2008, come testimoniato dal suo amico nell'intervista che gli è stata fatta proprio nella puntata di Report di novembre 2014.
  Noi abbiamo riportato nell'interpellanza il fatto che, durante il Governo Prodi 2006-2008, con il Ministro dell'interno Amato, David Rossi, così come testimoniato, si recava negli uffici del Ministero con cadenza più o meno ogni quindici giorni, non si sa appunto cosa facesse; chiedevamo conto al Governo attuale se risultasse qualcosa riguardo a queste visite, a queste presenze all'interno del Ministero; sta di fatto che, nel 2008, è stato acquistato da parte del Ministro dell'interno un immobile in via Tuscolana pagando un canone annuo di 11 milioni di euro, immobile guarda caso di proprietà di Monte dei paschi. Questa è una delle richieste che è stata inevasa, un'altra riguarda ovviamente il fatto che noi, a fronte di tutti questi dubbi che non sono minimamente stati chiariti nemmeno in questa occasione, dubbi che abbiamo già esposto in questi due anni, da quando siamo entrati in Parlamento con tante richieste sulla vicenda Monte dei Paschi, stiamo chiedendo a gran voce da tempo che si apra una Commissione e che si possa anche in Parlamento avere e istituire una Commissione d'inchiesta su Monte dei Paschi; richiesta avanzata con una proposta di legge depositata in Senato, non ancora discussa e siamo qui ovviamente a rinnovare questa richiesta, magari a chiedere al Governo se non lo ritenga possibile, dato che qui di Commissioni di inchiesta se ne chiedono e se ne aprono tante; alcune potrebbero perfino essere evitate in certi casi, ma questa Commissione d'inchiesta avrebbe invece un valore aggiunto, non tanto per il fatto di sovrapporsi al lavoro dei magistrati, che ovviamente rispettiamo e speriamo che questa archiviazione sull'istigazione al suicidio possa in qualche modo essere riaperta, non per questo; una Commissione d'inchiesta parlamentare servirebbe piuttosto a provvedere all'accertamento delle responsabilità Pag. 68politiche, di quegli intrecci e di quei rapporti politico-istituzionali che hanno pervaso tutta la vicenda Monte dei Paschi con riferimento a soggetti che ne hanno fatto parte, soggetti che ne erano al vertice e a tutti i rapporti che avevano con il mondo politico e con i vertici istituzionali di questo Paese. Ricordiamo che questi rapporti ovviamente erano trasversali perché non si parla soltanto del mondo del PD in questo caso ma si parla anche, ad esempio, dei rapporti che avevano David Rossi e Giuseppe Mussari con, ad esempio, Angelucci e Daniela Santanchè e mi riferisco ad una cena che era stata fatta ad Arcore fra David Rossi e Confalonieri, Berlusconi, la Santanchè e Sallusti, come abbiamo riportato nell'interpellanza, dove si discuteva proprio di rapporti di lavoro, di pubblicità e di contatti tra Angelucci, Mussari e Monte dei Paschi, il cui intermediario era appunto David Rossi; quindi proprio per la natura di tutti questi rapporti trasversali, di tutto ciò che è accaduto in questi anni, sarebbe bene secondo noi avviare questo tipo di indagine parlamentare. Altro punto sta nel fatto che ovviamente è vero che non c’è alcuna richiesta di apertura delle indagini ma nell'interpellanza noi abbiamo riportato che questa perizia calligrafica, insieme alle altre evidenze ricostruite dall'avvocato di parte e dagli esperti di cui si è avvalso, sarà depositata a fine settembre 2015. È svilente tuttavia constatare che, in questo caso, come in tanti altri casi purtroppo nel nostro Paese, devono essere le trasmissioni come Report o la capacità appunto dei familiari e degli avvocati di parte a far fare dei passi avanti alle indagini e sono solo loro che cercano soprattutto di avviare una discussione in merito per non far cadere tutte queste vicende nell'oblio mediatico e di attenzione da parte delle istituzioni. È svilente perché, lo abbiamo spiegato prima ed è scritto nell'interpellanza: ci sono ben 16 interrogativi a cui non sono state fornite delle risposte chiare e noi siamo convinti, nel rispetto ovviamente dei compiti e delle prerogative della procura di Siena, che forse questa indagine poteva essere condotta con maggiore intensità, con maggiore chiarezza.
  Poteva essere fatto qualcosa in più e abbiamo scritto che cosa è quel qualcosa in più che i familiari stessi e non solo – ripeto: i familiari, gli amici e l'avvocato di parte – ma io penso tutti i cittadini italiani si aspettano, perché quando ci sono eventi del genere, appunto, la ricerca della verità e la domanda forte di giustizia non riguarda soltanto i familiari ma riguarda davvero tutta la nostra popolazione. È proprio la nostra democrazia che ci impone di vedere chiaro quando ci sono dei casi come questi che riguardano soldi pubblici spesi, perché la vicenda Monte dei Paschi riguarda tanti senesi e tanti contribuenti e questa morte è all'interno di tutta la vicenda del Monte dei Paschi ed è proprio per questo che si sarebbe dovuto prestare maggiore attenzione.
  Per tutti questi motivi, insomma, noi speriamo che soprattutto queste richieste inevase possano essere chiarite in altro modo da parte del Governo. Lo abbiamo ripetuto più volte: noi non ci fermiamo, proprio perché riteniamo che la particolare attenzione che si debba mostrare rispetto alla morte di David Rossi debba essere un patrimonio e debba essere una richiesta a gran voce, pubblica, da parte di tutti e, soprattutto, riteniamo che anche questo Governo possa fare molto di più nel fornire ulteriori elementi di chiarezza.

  PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Ordine del giorno della prossima seduta.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

  Lunedì 14 settembre 2015, alle 15:

  Discussione sulle linee generali delle mozioni Baldelli ed altri n. 1-00967 e Pag. 69Ricciatti ed altri n. 1-00984 concernenti iniziative per la tutela dei diritti dei consumatori nei confronti degli operatori del mercato dell'energia elettrica e del gas.

  La seduta termina alle 14,55.

ERRATA CORRIGE

  Nel resoconto stenografico della seduta del 9 settembre 2015:
   a pagina 75, prima colonna, quarantaduesima riga, la parola «mille» si intende sostituta dalla seguente «cento» e nella seconda colonna, quarantunesima riga, le parole «di euro» si intendono soppresse.