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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 469 di lunedì 27 luglio 2015

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI

  La seduta comincia alle 11,05.

  PRESIDENTE. La seduta è aperta.
  Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

  FERDINANDO ADORNATO, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 24 luglio 2015.

  PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Amici, Baretta, Basilio, Bellanova, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Businarolo, Caparini, Casero, Castiglione, Cirielli, Costa, D'Alia, Dambruoso, Damiano, De Menech, De Micheli, Del Basso De Caro, Dellai, Luigi Di Maio, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Garofani, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Lorenzin, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Migliore, Orlando, Pes, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Domenico Rossi, Rughetti, Sani, Scalfarotto, Scanu, Scopelliti, Scotto, Tabacci, Valeria Valente, Velo, Vignali, Vito e Zanetti sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente settantuno, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna).

Discussione sulle linee generali del disegno di legge: Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale per il rafforzamento delle garanzie difensive e la durata ragionevole dei processi nonché all'ordinamento penitenziario per l'effettività rieducativa della pena (A.C. 2798-A); e delle abbinate proposte di legge: Ferranti ed altri; Ferranti ed altri; Ferranti ed altri; Caparini ed altri; Fratoianni e Daniele Farina; Di Lello; Ermini ed altri; Gullo; Gullo; Bruno Bossio ed altri (A.C. 370-372-373-408-1285-1604-1957-1966-1967-3091) (ore 11,08).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione sulle linee generali del disegno di legge n. 2798-A: Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale per il rafforzamento delle garanzie difensive e la durata ragionevole dei processi nonché all'ordinamento penitenziario per l'effettività rieducativa della pena; e delle abbinate proposte di legge: Ferranti ed altri; Ferranti ed altri; Ferranti ed altri; Caparini ed altri; Fratoianni e Daniele Farina; Di Lello; Ermini ed altri; Gullo; Gullo; Bruno Bossio ed altri nn. 370-372-373-408-1285-1604-1957-1966-1967-3091.Pag. 2
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per la discussione sulle linee generali è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 24 luglio 2015.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 2798-A)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
  Avverto, altresì, che la II Commissione (Giustizia) si intende autorizzata a riferire oralmente.
  Ha facoltà dunque di intervenire la relatrice per la maggioranza, presidente della Commissione giustizia, onorevole Donatella Ferranti.

  DONATELLA FERRANTI, Relatrice per la maggioranza. Presidente, onorevoli colleghi, il disegno di legge in esame costituisce uno dei diversi interventi attraverso i quali, in questa legislatura, viene affrontato dal Parlamento il tema della giustizia in un'ottica di riforma. La complessità della giustizia italiana è tale da non poter essere affrontata con un unico intervento riformatore; cercare di riformare la giustizia significa dover affrontare sia questioni strutturali e organizzative, che attengono all'adeguatezza numerica e qualitativa dei mezzi ma anche del personale togato ed amministrativo, sia questioni normative, processuali e sostanziali. Questi diversi aspetti presentano poi peculiarità proprie a seconda della materia (civile, penale, amministrativa) alle quali si riferiscono. All'interno di queste materie vi sono poi delle sottocategorie, che presentano ulteriori specificità.
  Nella materia penale, ad esempio, quella che riguarda il disegno di legge al nostro esame, vi è il settore relativo all'ordinamento penitenziario, che ha caratteristiche del tutto proprie. Dicevo che sono diversi gli interventi legislativi che compongono, come un mosaico, la riforma della giustizia italiana. Non si tratta unicamente di atti di iniziativa governativa ma vi sono stati importanti atti di iniziativa parlamentare, come, ad esempio, quelli che hanno introdotto istituti quali la messa alla prova, la particolare tenuità del fatto, che hanno modificato la disciplina di istituti particolarmente importanti quali la custodia cautelare, la prescrizione (il testo approvato dalla Camera è ora all'esame del Senato), ovvero sono intervenuti su reati (reati contro la pubblica amministrazione, falso in bilancio, autoriciclaggio) che minano gravemente l'economia italiana. Questa precisazione iniziale mi consente di collocare il disegno di legge in esame, che interviene nella materia penale, nell'ambito degli innumerevoli interventi legislativi che in materia di giustizia si stanno susseguendo dall'inizio della legislatura e serve a comprendere alcune scelte effettuate dalla Commissione in merito ad importanti disposizioni del disegno di legge.
  In sede referente, ad esempio, sono state soppresse – non per motivi di merito – le disposizioni relative alla confisca allargata, alla riforma della prescrizione, al patteggiamento, alla corruzione propria, in quanto quelle norme sono contenute in provvedimenti di iniziativa parlamentare, alcuni dei quali in corso di discussione e altri già divenuti legge. Inoltre, vorrei segnalare le disposizioni in materia di giustizia riparativa, previste dai primi due articoli del testo, che si collocano in un settore, quello riparativo, che sta prendendo sempre più corpo nell'ambito del diritto penale e che ha come caposaldo la messa alla prova, altra forma di estinzione del reato, che è caratterizzata proprio dalla riparazione del danno subito dalla vittima del reato, oltre che dai lavori di pubblica utilità, e che vede anche specifiche forme di applicazione nella riforma dei reati ambientali, che abbiamo approvato qualche mese fa, e in quelli contro la pubblica amministrazione.
  Le proposte contenute nell'atto Camera n. 2798-A mirano principalmente a semplificare Pag. 3e rendere spedita la celebrazione dei processi penali, dando attuazione al principio della ragionevole durata del processo, senza tralasciare le istanze di garanzia degli imputati, le indicazioni che provengono dalle convenzioni e dalle direttive europee, così come dalla giurisprudenza internazionale, il dialogo ed il coordinamento con le nuove misure sostanziali e processuali recentemente introdotte in campo penale.
  Con lo strumento della delega invece si è voluto affidare al Governo la necessaria regolazione degli equilibri tra le opposte istanze di finalità rieducativa della pena e di sicurezza sociale per quanto attiene all'ordinamento penitenziario e le misure di sicurezza, e tra diritto alla riservatezza delle comunicazioni e diritto all'informazione per quel che attiene alle intercettazioni telefoniche. Per la realizzazione degli obiettivi il Governo ha recepito preziosi lavori provenienti dall'esperienza delle commissioni ministeriali che più di recente hanno concluso i propri lavori, la commissione Canzio, la commissione Riccio, la commissione Fiorella, la commissione Giostra, in materia sia processuale sia penale sostanziale che di ordinamento penitenziario. Ha tenuto conto anche delle proposte di legge che su questi temi erano state avanzate anche nelle precedenti legislature dai vari gruppi. Il lavoro poi, devo dire con orgoglio anche come presidente della Commissione giustizia, si è arricchito notevolmente grazie al lavoro della Commissione e alle fruttuose indagini conoscitive e audizioni di esperti che sono stati via via ascoltati.
  Lo spirito della proposta è guidato da un autentico intervento riformatore, che porta a rivedere tecnicamente le disposizioni in modo da rendere il rito penale di maggiore e più affidabile efficienza. In chiave di economia processuale e di deflazione dei carichi che affliggono procure e tribunali si devono leggere gran parte delle innovazioni. Senza pretesa di esaustività, perché poi l'analisi nella relazione sarà più dettagliata, si indicano ad esempio: la giustizia riparativa, i rimedi per le nullità dei provvedimenti di archiviazione, la riserva di incidente probatorio nell'accertamento tecnico non ripetibile, l'incentivo al decreto penale di condanna ed abbreviato, l'abbassamento del valore di ragguaglio della pena detentiva con la pena pecuniaria, le limitazioni dell'impugnabilità delle sentenze di patteggiamento in Cassazione, l'impugnazione davanti alla corte di appello del non luogo a procedere, l'esposizione introduttiva, la partecipazione a distanza, la tipizzazione della sentenza, il nuovo paradigma dei motivi di appello, scrutinio di inammissibilità del giudice a quo, concordato in appello, soppressione del ricorso personale in Cassazione, aumenti delle sanzioni per i ricorsi in Cassazione inammissibili, ampliamento dell'accoglimento del ricorso senza rinvio, limite al ricorso in Cassazione in caso di doppia conforme, controllo sui tempi dell'esercizio dell'azione penale o sulla richiesta di archiviazione, nonché sulla tempestività dell'iscrizione nel registro degli indagati.
  Molte misure contenute nella proposta rispondono anche alle finalità di aggiornare il sistema di garanzia dell'imputato, vedi l'abbreviato condizionato con possibilità di scelte in subordine, l'udienza camerale per la valutazione di richiesta di abbreviato condizionato a seguito del decreto di immediato, rinnovazione obbligatoria in appello della prova dichiarativa, limite al ricorso in caso di doppia conforme assolutoria. Come detto, nel percorso riformatore si sono tenute in considerazione le indicazioni provenienti dalle istituzioni politiche e giudiziarie europee, mi riferisco in particolare alla giustizia riparativa su cui è stata conferita anche una delega al Governo e all'ampliamento delle facoltà di controllo di informazione della parte offesa, che sono state recepite dalla direttiva n. 29 del 2012, in corso di attuazione, così come l'obbligo di rinnovazione dell'istruttoria in appello post sentenza di proscioglimento, che è il recepimento della giurisprudenza della CEDU.
  Si è poi avvertita la necessità di coordinare il testo con gli altri interventi riformatori della corrente legislatura, così l'aumento delle pene minime per i reati di Pag. 4furto in abitazione e rapina sulla falsariga dell'anticorruzione, condotte riparatorie che si pongono in continuità con la messa alla prova e la tenuità del fatto, rescissione del giudicato che segue le disposizioni in tema di procedimento in assenza, rimodulazione della pena del reato di scambio elettorale politico-mafioso a seguito della recente rimodulazione delle pene per i delitti di cui all'articolo 416-bis.
  Viene inoltre affrontata la questione penitenziaria attraverso una delega fortemente incisiva che comunque è stata preceduta in questa legislatura da una serie di interventi legislativi che hanno cercato in primo luogo di far fronte al sovraffollamento delle carceri, sempre tenendo conto dei principi costituzionali che caratterizzano la funzione della pena. Ora con la delega, che arriva dopo quaranta anni dall'approvazione della legge del 26 luglio del 1975 sull'ordinamento penitenziario si ha l'obiettivo ambizioso di una risistemazione organica della materia, che tra l'altro promuova le misure alternative. Sempre, però, tenendo conto che alcuni reati di particolare e specifico allarme sociale, quali quello di mafia e terrorismo, comportano delle riflessioni e una normativa in concreto differenziata e che i lavori in carcere e, quindi, il recupero del condannato alla convivenza civile è l'unica soluzione per evitare la recidiva.
  Per quanto l'attenzione dell'opinione pubblica si sia concentrata solo negli ultimi giorni su questo importante disegno di legge – sull'infondatezza delle polemiche relative al cosiddetto bavaglio alla stampa mi occuperò a breve –, la Commissione giustizia si dedica ad esso dall'inizio dell'anno, non appena presentato alla Camera ed assegnato alla nostra Commissione. Il cuore dell'istruttoria è stata, come ho già detto, un'indagine conoscitiva estremamente articolata ed esaustiva che ha visto accolte tutte le richieste dei gruppi di opposizione e in primo luogo del gruppo del MoVimento 5 Stelle che ha, a un certo momento dell'istruttoria e in maniera consapevole, richiesto anche di riaprire l'indagine già chiusa per affrontare il tema delle intercettazioni con i giornalisti. E in ordine cronologico (non sto qui a rubare tempo su questo punto ma risulta dalla relazione di cui chiederò poi l'acquisizione) sono indicate tutte le associazioni, tutti gli esperti e tutti gli organismi che sono stati sentiti e che hanno consentito di migliorare sicuramente il testo e a cui va anche il ringraziamento della Commissione.
  Rileggendo le audizioni svolte, mi vengono in mente in particolare due temi trattati dal disegno di legge. Uno riguarda le intercettazioni (su questo tema e sulle polemiche di questi giorni mi soffermerò tra poco) e l'altro è il tema dei tempi dell'iscrizione nel registro degli indagati. Si tratta di un tema, quest'ultimo, strettamente delicato che ha dirette ricadute sul diritto di difesa e sulla durata ragionevole del processo del quale si è poco parlato sui quotidiani in questi giorni, sembrando quasi una questione meramente tecnica riservata agli addetti ai lavori. Invece su questo tema, la Commissione giustizia ha addirittura svolto una sessione specifica dell'indagine conoscitiva, sentendo a completamento anche i procuratori e i presidenti delle sezioni GIP di tre grandi distretti quali Roma, Milano e Palermo.
  La Commissione, attraverso l'approvazione di alcuni emendamenti, ha reso ancora più cogenti le disposizioni in materia del disegno di legge con l'obiettivo di evitare lungaggini processuali e rendere reali ed effettivi i tempi delle indagini preliminari a garanzia dell'indagato e della persona offesa. L'obiettivo è porre fine ad una patologia del processo dovuta non tanto a carenze normative quanto invece ad alcuni comportamenti che imputerei da un lato a carenze di personale e di organizzazione, dall'altro al consolidamento di prassi che hanno fatto perdere via via la ratio del modello di processo delineato dal legislatore del 1989, per cui alla ricezione della notizia di reato seguono le indagini ma non sempre la contestuale e tempestiva iscrizione dell'indagato nell'apposito registro, con ciò venendosi ad alterare il regime del termine massimo di durata delle indagini, che decorre solo dal momento dell'iscrizione. Le ricadute sui Pag. 5tempi di prescrizione sono poi consequenziali. Quindi, ci siamo fatti carico di alcune modifiche proprio perché ci siamo già fatti carico della riforma della prescrizione che ora è al Senato.
  Si sarebbero potute adottare altre soluzioni, tra cui quella elaborata dalla Commissione Canzio, le cui conseguenze però, comportando la inutilizzabilità degli atti compiuti a seguito di un'iscrizione tardiva accertata dal giudice, sarebbero state devastanti, proprio per la funzionalità del processo e dell'accertamento della verità processuale. Si è mantenuta, quindi, la impostazione del disegno di legge governativo rafforzando il potere-dovere di controllo del procuratore generale e del procuratore della Repubblica sull'esatta applicazione della normativa processuale relativa all'iscrizione del registro degli indagati.
  L'attenzione dell'opinione pubblica si è concentrata in questi giorni su una disposizione del testo introdotta a seguito dell'approvazione di un emendamento in Commissione che è stata definita, a mio avviso, soprattutto dalle prime battute nei primi interventi, erroneamente come il bavaglio alla stampa. Mi riferisco alla norma che introduce un principio di delega per prevedere la punibilità della diffusione allo scopo di ledere la reputazione altrui delle riprese tra presenti effettuate fraudolentemente tra privati. Secondo alcuni con questo divieto si prevederebbero le manette nei confronti di giornalisti, soprattutto d'inchiesta, che svolgono il proprio lavoro utilizzando riprese effettuate all'insaputa del soggetto interessato. Trattandosi di un tema estremamente delicato ritengo opportuno fare alcune precisazioni che chiariscano le ragioni per le quali ho espresso parere favorevole unicamente al Governo previa riformulazione sulle disposizioni in esame dell'emendamento Pagano. Ritengo con assoluta certezza che già il testo in Aula, anche grazie alla riformulazione che, d'intesa con il Governo, ho chiesto in Commissione, non sia applicabile a coloro che effettuano un'inchiesta giornalistica, in quanto da un lato l'attività giornalistica quando è svolta nel rispetto del codice deontologico non è mai fraudolenta, ma è sempre pienamente legittima.
  Dall'altro l'informazione pubblica non è finalizzata a commettere un reato contro l'onore, come si richiede espressamente nel principio di delega in esame, in quanto le notizie giornalistiche sono espressione del diritto di cronaca che di per sé rappresenta già una scriminante ai sensi dell'articolo 51 del codice penale. Per quanto sia convinta che la norma non si applica alle inchieste giornalistiche così come espressamente non si applica alle registrazioni che documentano fatti-reato o che sono utilizzabili per l'esercizio del diritto di difesa, mi farò promotrice presso il Comitato dei nove, qualora non vi fossero emendamenti sul punto, per proporre aggiustamenti nel testo che possano fugare ogni dubbio e ogni strumentalizzazione. Fatte queste precisazioni, signor Presidente, io mi riporto, avendo già descritto la linea, il filo conduttore, gli istituti innovativi che ci sono nell'ambito di questo disegno di legge che consta di ben 30 articoli, alla relazione scritta. Chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento (La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti).

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza, onorevole Ferraresi. Onorevole Ferraresi, però dovrebbe intervenire dal banco del Comitato dei nove, sarebbe più opportuno. La ringrazio.

  VITTORIO FERRARESI, Relatore di minoranza. Signor Presidente, come è stato detto, questo provvedimento, n. 2798, non contiene di fatto solo provvedimenti che imbavagliano la stampa, ma cerca in un qualche modo che spiegherò abbastanza brevemente, visti i quindici minuti, di andare a risolvere i problemi del processo penale nella sua interezza e cerca di farlo tramite strumenti che dovrebbero in un qualche modo semplificare il processo, le procedure, e anche ridurre il carico, quindi deflazionare il carico dei procedimenti pendenti in sede penale.Pag. 6
  Ma questo, Presidente, sarebbe da fare, questi interventi normativi semmai sarebbero da fare solo quando i giudici e il personale amministrativo dei tribunali in un successivo futuro fossero messi in grado di far funzionare effettivamente il tribunale stesso. Con le scoperture che abbiamo – oltre il 50 per cento in alcuni uffici del tribunale – sia per quanto riguarda i dipendenti amministrativi sia per quanto riguarda i giudici, questo di fatto è impossibile, è come andare a riparare un'auto... scusi, Presidente, ma qui c’è alla mia destra un rumore e non riesco a parlare.

  PRESIDENTE. Colleghi, per favore. Cortesemente, presidente, per favore. Grazie.

  VITTORIO FERRARESI, Relatore di minoranza. Grazie, Presidente. È come cercare di arrivare da Milano a Roma usando un'auto già rotta, senza magari neanche le gomme gonfie, e questo viene fatto attraverso una scorciatoia piena di buche. Questo è impossibile. Allora prima si dovrebbe mettere i giudici, il personale amministrativo e i cancellieri nelle condizioni di poter garantire al 100 per cento un processo efficace e poi semmai intervenire sul processo, perché poi si vanno a scrivere delle cose che sono fuori da ogni logica giuridica, Presidente. L'articolo 1 ne è un esempio: per cercare di ridurre e deflazionare il carico dei procedimenti penali si va a dire alla vittima, senza neanche il suo consenso, che il reato e quindi il reo ha estinto il reato semplicemente se risarcirà la vittima stessa, senza neanche il suo consenso. Quindi qui si passa da un sistema penale in cui c’è un'offesa a una persona, che è tutelata dalla legge, è tutelata tramite una querela per questi reati che sono previsti dall'articolo 1 e d'improvviso non si va più a punire quel tipo di offesa ma si va a punire il fatto che il soggetto paghi o non paghi, risarcisca o non risarcisca la vittima. Quindi, si andrà a punire di fatto il debito che una persona ha nei confronti di un'altra.
  Tra i tanti altri articoli – infatti, non c’è solo il problema delle intercettazioni – c’è anche la misura ex articolo 11, che prevede, appunto, che il giudice dell'udienza preliminare non possa integrare le indagini se risultano lacunose o se risultano incomplete. Questa, di fatto, è una gravissima misura perché, appunto, se il PM non farà le indagini o le farà incomplete o le farà incomplete apposta, cioè farà indagini apparenti, non ci sarà alcun controllo sul suo operato, salvo poi pregiudicare non solo le indagini e la completezza delle stesse, ma la persona offesa dal reato, che molte volte si ritroverà a vedere una sentenza di non luogo a procedere, oppure addirittura l'imputato stesso, perché non dimentichiamoci che anche l'imputato ha diritto ad avere un quadro di indagini completo per trarre elementi anche a suo favore. Quindi, sarà veramente una riforma pericolosissima, come è la riforma introdotta di notte nella Commissione giustizia che prevede che dopo tre mesi di indagini, appunto, si dovrà concludere e che, quindi, appunto, se il pubblico ministero non concluderà l'indagine, questa sarà avocata.
  Altre misure pericolose sono la restrizione dell'appello e delle impugnazioni per l'imputato, oppure il fatto che il contraddittorio, in fase di ordinamento penitenziario, sarà assolutamente ridotto e differito. Quindi, un'offesa alla persona offesa dal reato, ma anche un pregiudizio molte volte all'imputato. È così che si vogliono risolvere i problemi e le lungaggini del processo ! Per non parlare, poi, della riforma dell'ordinamento penitenziario, ex articolo 26, che prevedeva, di fatto, che i benefici potessero essere riconcessi ai boss mafiosi anche se non collaboravano con la giustizia. Quindi, di fatto, un'offesa e un attacco senza precedenti alla normativa che era stata sempre auspicata da Falcone e Borsellino sulla mafia e che è stata corretta in Commissione giustizia grazie, appunto, all'impulso del MoVimento 5 Stelle.
  E, poi, si passa alla «legge bavaglio», perché non si può chiamare diversamente. Il Partito Democratico nel 2010 usciva con Pag. 7foto eloquenti per contrastare la riforma del Governo Berlusconi. Ora, nel 2015, Renzi e il Partito Democratico, in Commissione giustizia, fanno addirittura peggio: approvano un emendamento del Nuovo Centrodestra, di Pagano, che prevede che chiunque diffonda, al fine di recare danno alla reputazione o all'immagine... come se il soggetto di queste registrazioni non avesse mai da ridire su un eventuale danno all'immagine o alla sua reputazione. Ma qui c’è già la diffamazione. Ebbene, questo emendamento prevede che se è stato recato danno all'immagine o alla reputazione del soggetto tramite ripresa o registrazioni di conversazioni svolte in sua presenza e fraudolentemente effettuate... ma poi questo «fraudolentemente» non si capisce cosa voglia dire, visto che se la registrazione è illecita sarà punita come illecita e non si potrà fare non si potrà neanche utilizzare nel processo; invece, la Cassazione dice che è lecita e dice che ogni registrazione è una documentazione della propria vita e può essere anche usata e diffusa non solo a fini processuali ma, magari, al fine di difendersi dalle altrui diffamazioni, per chi offende, magari, delle persone, per chi racconta dei fatti scomodi. Dunque, per questa persona sarà importante documentare la propria vita e anche diffondere queste informazioni, come già dice la Cassazione, mentre per l'altro, il registrato ovviamente secondo la sua visione, sarà recato danno alla sua reputazione. Ebbene, chi fa queste registrazioni, giornalisti o non giornalisti, cittadini tutti, sarà punito con la reclusione da 6 mesi a 4 anni.
  Questo è un emendamento che è stato presentato in Commissione giustizia, con il parere favorevole del Governo e con il parere favorevole dei colleghi del PD. Ditemi voi se questa non è una «legge bavaglio». Questa non è solo una «legge bavaglio», ma è una vergogna giuridica, una vergogna che andrà a penalizzare chi si vuole documentare, chi vuole rappresentare semplicemente la verità, perché qui non viene recato danno alla reputazione; già la diffamazione prevede e garantisce il diritto all'immagine. Qui si tratta solo di registrare la verità e di usarla per il diritto di critica, per il diritto di cronaca, per il diritto a una libera informazione. Qui non si parla di «legge bavaglio» ? Allora, cosa dovrebbe essere una «legge bavaglio» ? Cosa dovrebbe rappresentare una «legge bavaglio» ?
  All'articolo 25 in Commissione, quindi ex articolo 25, c’è una delega sulle intercettazioni.
  Tutte le paure che noi avevamo, che avevano tutti i colleghi, PD, non PD, MoVimento 5 Stelle, quando c'era il Governo Berlusconi erano proprio che andassero a toccare le intercettazioni telefoniche e il loro utilizzo. Ebbene, centinaia e centinaia di persone sono scese in piazza, anche qua fuori al Parlamento, con Ilaria Cucchi, Lucia Uva, la madre di Federico Aldrovandi, per difendere il sacrosanto diritto all'informazione, a pubblicare informazioni vere, non false, vere. Questo tentativo è stato sventato, è stato sventato grazie anche a colleghi di centrodestra e quest'oggi si vanno a toccare i tabulati telefonici, di cui si chiede maggiore garanzia nell'utilizzo, come se fossero conversazioni, in realtà sono solo scambi di dati. Si vanno a toccare le intercettazioni con una delega addirittura, una delega pericolosissima, una delega in bianco, che prevede già quello che la legge prevede, perché la legge già dice che le conversazioni che non hanno rilevanza per il processo, non rilevanza penale, rilevanza per il processo, non possono essere utilizzate nei faldoni. E allora qual è il problema ? Il problema è che c’è qualche giornalista che pubblica queste intercettazioni, pubblica il vero e le pubblica ovviamente perché sono attinenti al processo, perché sono dietro al processo, perché sono questioni che riguardano non direttamente la sanzione penale che si vuole irrogare dopo il processo, ma riguardano direttamente fatti scandalosi della vita di poche persone e queste poche persone sono colletti bianchi, sono politici, Presidente. In Italia non c’è l'allarme perché i fatti di un cittadino vengono sbattuti in prima pagina. Nessuno sente questo bisogno, nessun cittadino sente questo bisogno, ma sente il bisogno di essere informato Pag. 8sulle persone che magari andrà a votare da lì a pochi giorni. Sente il bisogno di sapere la verità, sente il bisogno di sapere se il figlio di un politico prende lavori o orologi Rolex d'oro; sente il bisogno di sapere cosa c’è dietro mafia capitale, oltre ai Buzzi e ai Carminati, ai politici che ci sono dietro, alle affermazioni che fanno, perché quei politici lo dovrebbero rappresentare, quei politici poi gli chiederanno il voto. E allora non è ammissibile che un cittadino sia all'oscuro di queste informazioni e non è possibile perché c’è un'altra vergogna: non solo noi paventiamo che i giornalisti con questa delega possano essere sanzionati duramente, ma che solo alcuni che hanno dietro un gruppo editoriale forte e con risorse potranno pubblicarle e gli altri no, con pregiudizio nei confronti dell'informazione ai cittadini. Ma c’è altro: queste intercettazioni rimarranno nelle mani di pochi, pochi dipendenti dell'amministrazione giudiziaria, pochi magistrati e pochi avvocati. Questo vuol dire che queste persone avranno nelle mani dei faldoni scottanti e potranno ricattare politici e cittadini, giornalisti e imprenditori. Questo succederà: i giornalisti non li faranno arrivare alla miriade della collettività, ma poche persone avranno nelle mani degli strumenti di ricatto e di estorsione per utilizzare quelle intercettazioni vietate a loro uso e consumo. E allora se non è «legge bavaglio», se non è un attacco alla libertà di informazione, al diritto di cronaca, cosa lo può essere ? Sono usciti in tanti: Spataro, Cantone, tanti magistrati, l'ANM, tanti giornalisti che in audizione in Commissione giustizia ci hanno riferito della pericolosità di questo. E guardi, il 99 per cento dei giornalisti ci ha riferito di questa pericolosità. Tante inchieste, a partire da «Mafia capitale», a partire dalle inchieste di Striscia la Notizia, di Le Iene, di Piazza Pulita non potrebbero essere fatte con questo provvedimento, ma noi temiamo anche per la libera informazione dei cittadini, che dovrebbero registrare e documentare la propria vita, perché se qualcuno reca loro offesa non è detto che il cittadino debba usare queste registrazioni per forza nel processo penale, come difesa o come attacco. Ma perché ? Uno potrebbe utilizzarle semplicemente per difendersi nella propria vita privata senza magari querelare nessuno, senza doversi difendere da qualcuno e noi andiamo a sanzionare, in un Paese civile, che si crede civile, come il nostro, questo tipo di operazioni. Ma dove siamo ? Questo è un attacco alla democrazia, un attacco alla libertà, un attacco ai diritti fondamentali che sono stati difesi con il sangue dei nostri nonni, e noi con un Governo di pseudo centrosinistra vogliamo fare quello che Berlusconi non ha mai fatto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Invito veramente i colleghi e tutti, chi ci sta ascoltando, i giornalisti, gli opinionisti, i costituzionalisti a venire con noi, a prendere a braccetto questa battaglia, che è una battaglia per tutti, non è una battaglia del MoVimento 5 Stelle. È una battaglia per difendere quello che è un diritto che potrebbe essere infangato ed essere utilizzato da Governi che poi verranno anche come strumento dittatoriale. È questa la nostra paura e io spero che i colleghi del Partito Democratico lo capiscano e si oppongano a questa vergogna.
  Presidente, noi abbiamo fatto un buon lavoro in Commissione giustizia, e parlo come MoVimento 5 Stelle. Alcuni emendamenti sono stati approvati, altri no, ma riteniamo che siano emendamenti di buonsenso, con una ratio tecnico-giuridica e non tanto politica. Abbiamo fatto il nostro dovere, ma riteniamo che, se il provvedimento continuerà su questa strada, non ci sia altra apertura se non quella dello scontro, della forte opposizione, finché questi «provvedimenti vergogna» non verranno ritirati.
  Noi ci appelliamo alla relatrice, ci appelliamo anche alla Presidenza della Camera, ci appelliamo a tutti quelli che ci stanno ascoltando per portare avanti con noi questa battaglia. Faremo una forte opposizione, senza mezzi termini e con tutti gli strumenti che ci sono stati concessi in questo Parlamento, ormai svuotato di ogni dignità, per difendere i nostri Pag. 9cittadini, i cittadini tutti, da una «legge bavaglio», da una legge pericolosa per la libertà di informazione, per la democrazia e per la libertà di noi tutti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ovviamente, lasciamo agli atti che l'onorevole Ferraresi consegna la parte della relazione che non è riuscito a leggere per la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna.
  Prendo atto che il rappresentante del Governo rinunzia ad intervenire.
  È iscritta a parlare l'onorevole Sarti. Ne ha facoltà.

  GIULIA SARTI. Grazie, Presidente. Questa non è una discussione sulle linee generali come le altre; non lo è perché questo provvedimento rappresenta uno dei principali pericoli in materia di giustizia di questa legislatura. Il PD non solo sta facendo diventare realtà tutte le perversioni legislative di Berlusconi, ma sta scrivendo e realizzando nello stesso momento il papello 2.0, una sorte di Totò Riina moderno e dem. Quello che state realizzando non è solo imbarazzante: è un esempio plateale del vostro totalitarismo e imposizione del pensiero unico renziano.
  Prima di entrare nel merito del provvedimento, spieghiamo a chi non mastica di politichese e di intrallazzi politico-governativi il nuovo furbo metodo «ammazza Parlamento» (se non fosse scritto, sembrerebbe pura fantascienza). Il Governo ci presenta un disegno di legge in cui delega se stesso a scrivere dei decreti legislativi per riformare il codice di procedura penale e riscrivere, ad esempio, le norme sulla pubblicazione delle intercettazioni.
  Perché lo stanno facendo proprio adesso ? Le risposte sono semplici: per salvare se stessi e gli amici. Hanno deciso di mettere mano alle intercettazioni dopo «Mafia capitale», l'inchiesta nella quale è finito dentro tutto il PD romano. E le indagini sono ancora in corso: dunque, chissà cos'altro potrebbe saltare fuori. Poi, ci sono state le intercettazioni di Renzi e Adinolfi, dalle quali abbiamo scoperto il complotto e l'attacco sovversivo ai danni del Governo Letta.
  Non solo, abbiamo anche scoperto che Napolitano figlio a Roma è potentissimo, e chissà quanto si starà mangiando le mani il Ministro Madia, dopo averlo scoperto, anche se, in fin dei conti, a lei non è andata tanto male, dato che l'avete fatta diventare Ministro, nonostante avesse dichiarato, testualmente, che «a Roma, nel PD, ci sono vere e proprie associazioni a delinquere».
  Lei aveva avvertito, ma per fare pulizia, a Roma, nel Partito Democratico, è dovuta arrivare la magistratura, con l'unico strumento che ancora le avete lasciato a disposizione: le intercettazioni, appunto. Sempre grazie alle intercettazioni, gli italiani sanno finalmente che «D'Alema» – e anche qui cito testualmente – «mette le mani nella merda, come ha già fatto con noi, e ci ha dato delle cose». Questo era Francesco Simone, il dirigente della Cpl Concordia arrestato nello scandalo della corruzione nell'ambito della metanizzazione dell'isola di Ischia. Non penso che le cose date da D'Alema fossero semplici casse di vino, altrimenti il vino fatto con quelle stesse mani riportate nell'intercettazione non avrebbe riscontrato così tanto successo.
  Poi, c’è l'ultimo enorme scandalo scoppiato in Sicilia, a pochi giorni dall'anniversario della strage di via D'Amelio, con le intercettazioni tra Crocetta e il medico Tutino e quella presunta frase deplorevole e terribile pronunciata, oppure no, da Tutino, che non voglio nemmeno ricordare e che sembra finora solo un'invenzione giornalistica de l'Espresso. Ecco, quella vicenda non può e non deve essere strumentalizzata per mettere mano alla pubblicazione delle intercettazioni, tema di ben più ampia portata che se disciplinato male andrebbe a violare l'articolo 21 della nostra Costituzione. Tuttora, in questo procedimento, il tema delle intercettazioni è disciplinato in maniera folle.
  Ma andiamo per gradi. Vi dicevo che in questo provvedimento il Governo delega se stesso a riformare il codice penale, di procedura penale e l'ordinamento penitenziario, Pag. 10ciò significa che il Governo, dopo l'approvazione di questo suo provvedimento alla Camera e al Senato, avrà un anno di tempo per scrivere i decreti legislativi, i cosiddetti decreti delegati, che trasformeranno in articoli e norme specifiche quello che vediamo scritto oggi. Il Parlamento su quei decreti legislativi non potrà fare emendamenti, non potrà dunque apportare delle serie modifiche. Le Commissioni competenti, in questo caso le Commissioni giustizia, potranno soltanto esprimere un parere non vincolante. Dunque, il Governo potrà fare sue quelle osservazioni delle Commissioni e modificare il decreto legislativo oppure, come spesso è accaduto fino ad ora, potrà fregarsene e non cambiare nulla. Una delega dovrebbe servire a dare dei paletti ben precisi al Governo entro cui muoversi; qui, in molti casi, i paletti non esistono. Guardiamo l'articolo 7, lettera b), in materia di misure di sicurezza, che recita «revisione della disciplina delle misure di sicurezza, particolarmente in relazione ai presupposti di applicazione, anche con riferimento alle categorie dell'abitualità e della tendenza a delinquere» e così via. Questa è una elucubrazione mentale che non serve, perché cosa c’è da modificare nei presupposti per l'applicazione delle misure di sicurezza ? Come il Governo intende modificare le categorie dell'abitualità e della tendenza a delinquere ? Non si sa, non lo sa il Viceministro Costa, forse non lo sa nemmeno il Ministro Orlando. Allora, noi parlamentari come facciamo a proporre modifiche a queste due righe se non sappiamo nemmeno che cosa voi intendete quando vi fate le deleghe per voi stessi ? Lo dico perché quando ne abbiamo parlato in Commissione il Viceministro, dopo una rapida consultazione per dare una risposta credibile, ha affermato che il Governo chiariva meglio che cosa intende, perché in realtà, ora come ora, non si capisce. Allora io spero che arrivino dei chiarimenti e magari degli emendamenti che ci facciano capire quali sono questi paletti, come vogliamo andare ad incidere sulla riforma delle misure di sicurezza. Dato che siamo qui, spero magari più tardi, di ricevere, nella replica da parte del Viceministro, qualche delucidazione in più su questo articolo. Sempre all'articolo 7, che ora, se non sbaglio, è diventato l'articolo 8, con tutti questi cambi di articoli, il Governo vuole estendere la procedibilità a querela per i reati contro la persona e contro il patrimonio che rechino offese di modesta entità all'interesse protetto. Ma sarà il Governo che deciderà, quando scriverà il decreto legislativo, a quale reati si dovrà estendere la procedibilità a querela, dunque, non più d'ufficio. Lo avete già fatto nel comma 3, di questo articolo 7, con la violenza privata, comma 1. Ora sappiamo che la procedibilità d'ufficio è una garanzia per la persona offesa che spesso non ha il coraggio di denunciare. Estendere la procedibilità a querela è una scelta politica molto delicata, che meriterebbe una riflessione specifica sui determinati reati ai quali ci si vuole riferire anche se l'offesa recata è di modesta entità. Invece, qui abbiamo solo una delega generica.
  Ma andiamo all'articolo 8, che disciplina la delega per riformare il casellario giudiziale. Ecco qui c’è una segnalazione che mi auguro il Governo possa recepire da parte del procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo. Noi abbiamo trasformato, oggi, questa segnalazione in un emendamento, sperando che possa essere accolto qui in Aula. Tutti devono sapere che, ad oggi, per colpa di un assurdo articolo del Testo unico sul casellario giudiziale, persone del calibro di Totò Riina o Bernardo Provenzano hanno la fedina penale pulita. Sì perché al compimento degli 80 anni, tutte le iscrizioni nel casellario giudiziale vengono eliminate. Allora io mi chiedo: ma è possibile che nessuno, in tutti questi anni, se ne sia mai accorto ?
  Avete fatto leggi per regolare pure l'aria che respiriamo e, su una cosa così grave, doveva arrivare Franco Roberti nel 2015 a dirvelo ? Eppure c'era stata una sentenza della Corte costituzionale, la n. 184 del 2006, la quale auspicava un intervento del legislatore per porre fine a quest'obbrobrio giuridico.Pag. 11
  La ragione per cui la fedina penale e civile degli ultraottantenni si ripulisce è ravvisata nella mole di carta che si può risparmiare. Ma, ad oggi, tutto è ormai informatizzato. E, allora, a cosa diavolo serve mantenere questa previsione ?
  Dopo la denuncia di Roberti, solo noi abbiamo presentato un emendamento per porre rimedio a questo problema, gli altri si sono defilati. Vediamo se avrete il coraggio di bocciarlo. In caso positivo, ci toccherà pensare che avete bisogno degli ultraottantenni da candidare nel Partito Democratico per abbassare la media dei condannati all'interno del partito. E posso capire che potrebbe arrabbiarsi l'amico di riforme Berlusconi, dato che è in dirittura d'arrivo per gli anni 80, ma, pazienza, vi ringrazieranno, se quest'emendamento verrà approvato, milioni di italiani; vi ringrazieranno, se ce lo approverete.
  Lo abbiamo presentato in Aula proprio perché – lo chiarisco per gli altri membri della Commissione giustizia – queste segnalazioni da parte del procuratore nazionale antimafia sono arrivate dopo la presentazione in Commissione degli emendamenti e, quindi, è per questo che abbiamo potuto, noi come parlamentari, presentare questo emendamento per l'Aula e quest'aggiunta alla delega sul casellario giudiziale, cosa che poteva essere benissimo fatta dalla relatrice per la maggioranza o dal Governo stesso.
  Guardiamo ora un altro paradosso di questo provvedimento. All'articolo 3 – teniamoci forte – vengono aumentate le pene del voto di scambio politico-mafioso, che passano dagli attuali 4-10 anni a 6-12 anni. A prima vista ognuno di noi farebbe i salti di gioia, invece no: quest'emendamento approvato è l'esempio classico di «emendamento marchetta» o anche di «emendamento Mastrota» e chiedo scusa a Mastrota, dato che almeno lui fa televendite per lavoro. Il nostro Mastrota parlamentare è l'onorevole Mattiello, che vorrebbe farsi bello davanti ai cittadini, dicendo di aver aumentato le pene del voto di scambio. Il problema è che ad oggi – e lo ribadiamo per l'ennesima volta – quella legge non funziona. Noi lo diciamo da quando è stata votata l'anno scorso in Parlamento e non ci avete mai preso in considerazione.
  Oggi, però, a distanza di un anno dalla sua approvazione, questa legge è stata criticata: dalla suprema Corte di Cassazione con la sentenza di fine agosto 2014, che ha annullato con rinvio la sentenza di condanna nei confronti di Antonello Antinoro, politico dell'Unione di Centro che pigliava voti da Cosa Nostra, precisamente dal mandamento di Brancaccio; dal procuratore capo di Bologna; dal procuratore capo di Catanzaro; dai procuratori di Palermo Nino Di Matteo e Vittorio Teresi; dal procuratore generale della corte d'appello di Palermo Roberto Scarpinato e via dicendo.
  Il motivo di queste critiche non sono gli anni di pena, ma la condotta, ovvero il fatto che per provare il voto di scambio oggi, secondo la legge vigente, bisogna provare che il voto, o la promessa del voto, siano stati acquisiti mediante l'utilizzo del metodo mafioso. Ma oggi, cari colleghi, i mafiosi i voti li portano con il sorriso sulle labbra, senza bisogno di intimidire nessuno. E, dunque, la Cassazione, a fine agosto dell'anno scorso, ha dato un messaggio al legislatore, ovvero che, se vogliamo che questa legge funzioni, dovremmo eliminare dalla norma un inciso: mediante le modalità di cui all'articolo 416-bis. Questo bisogna fare: eliminare e sostituire quel periodo. Ed è questo che noi abbiamo proposto nella legge anticorruzione passata due mesi fa. Risposta del Partito Democratico: proposta bocciata.
  Non solo. È ovvio che noi, oltre a cambiare la condotta del 416-ter, volevamo anche aumentare le pene, precisamente per portarle da 7 a 12 anni, emendamento a prima firma del mio collega Colletti, sempre nella legge anticorruzione approvata due mesi fa. Risposta del Partito Democratico: emendamento bocciato.
  Non ci siamo arresi. In Commissione giustizia, appena abbiamo visto oggi il parere favorevole all'emendamento di Mattiello per l'aumento delle pene nel 416-ter, abbiamo chiesto alla presidente Ferranti, nonché relatrice per la maggioranza Pag. 12del Partito Democratico, di ovviare al vero problema di questo 416-ter. Speravamo in un sussulto di dignità e onestà intellettuale, vista la schiera di richieste di tutti i procuratori d'Italia sopra citati. Niente da fare, la giustificazione questa volta è che possiamo aumentare le pene per esigenze proporzionali, in modo tale da avere associazione mafiosa (416-bis) e voto di cambio (416-ter) con pene adeguatamente bilanciate, ma non possiamo cambiare le condotte.
  Insomma, morale della favola, anche qui, «come se fosse antani»: anche stavolta i mafiosi procacciatori di voti ringraziano e continueranno a farla franca.
  E questo è niente. Ora viene il peggio. Parliamo della delega sulle intercettazioni. Io, prima di entrare in Parlamento, ho sempre pensato che le intercettazioni della magistratura fossero considerate come l'acqua santa per il diavolo da Berlusconi e i suoi sodali. Oggi sappiamo, però, che l'incubo intercettazioni spaventa molto di più il Partito Democratico e la sua banda rispetto a Forza Italia. Nella banda includiamo anche Nuovo Centrodestra e gli statisti di Scelta Civica, dato che governano tutti insieme.
  Questo articolo 29, lettera a), è una delega in bianco identica a quella sulle misure di sicurezza. Infatti, voi non dite come intendete vietare la pubblicazione delle intercettazioni. Lo fate solo intendere, ma non specificate come volete cambiare le disposizioni del codice di procedura penale. E pensare che nel 2010, come già ricordato dal collega Ferraresi, proprio il PD si stracciava le vesti prima e dopo l'approvazione in Senato di quella legge bavaglio sulle intercettazioni targata Forza Italia, ben peggiore di questa ovviamente.
  Il problema è che oggi si sta cercando di peggiorare ulteriormente la situazione, perché almeno nel 2010 c'era un testo su cui dibattere, c'era un testo su cui confrontarsi, quello approvato dal Senato. Oggi il Governo delega se stesso a cambiare le norme senza dire al Parlamento cosa e come vorrà modificarle: dittatura renziana pura.
  E insieme a questa schifosa delega in bianco siete stati capaci di dare parere favorevole e di approvare l'emendamento di Pagano, targato dunque Nuovo Centrodestra, che è l'apoteosi della follia legislativa, uno dei peggiori emendamenti degli ultimi vent'anni. Rileggiamolo, perché non fa mai male ricordarsi le schifezze che fate. Noi le terremo a mente una per una e vi chiederemo il conto quando, al vostro posto, a governare ci saremo noi.
  Lettera b) dell'articolo 29: «prevedere che chiunque diffonda, al fine di recare danno alla reputazione o all'immagine altrui, riprese o registrazioni di conversazioni svolte in sua presenza e fraudolentemente effettuate, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni. La punibilità è esclusa quando le riprese costituiscono prova nell'ambito di un procedimento innanzi all'autorità giudiziaria o sono utilizzate nell'ambito dell'esercizio del diritto di difesa».
  Se questa norma fosse stata in vigore prima, il mio collega Vincenzo Caso rischierebbe il carcere per aver registrato il lobbista Tivelli che stava fuori dalla Commissione bilancio a chiedere marchette al PD in una delle nottate passate a votare gli emendamenti alla legge di stabilità, marchette che sarebbero state approvate se noi non ci fossimo opposti e se noi non ce ne fossimo accorti, denunciando ad alta voce quello che stava succedendo.
  Ma, oltre a Vincenzo Caso, qui rischiano tutti quei cittadini che fanno riprese per denunciare fatti, che spesso magari non sono reati, ma che sono comunque casi da portare all'attenzione dell'opinione pubblica. Ed è inutile che oggi si corra ai ripari cercando di presentare emendamenti per escludere i bravi giornalisti di inchiesta, che sarebbero anch'essi colpiti dall'applicazione di questa norma. Infatti, il problema non sono solo i giornalisti o i parlamentari, ma tutti i cittadini di questo Paese. E la nostra protesta è avvenuta perché, senza di noi, gli organi di stampa lo scorso venerdì neanche si sarebbero accorti della porcata che si stava combinando.Pag. 13
  Durante i Governi Berlusconi bastava una minima cosa – chiamiamole porcate, chiamiamole norme strampalate, chiamiamole come vogliamo – per fare indignare tutti, per innalzare le barricate. Oggi voi governate con Angelino Alfano, date parere favorevole a emendamenti di NCD e ci venite a dire che è tutto normale e che noi stiamo esagerando. Siete voi che state esagerando, perché avete pure l'ipocrisia di difendere le porcate come questo emendamento Pagano.
  Io vi invito a leggere l'articolo uscito ieri mattina su il Fatto Quotidiano ed evitiamo di ricordare tutti gli articoli che si sono susseguiti in questi giorni, con le critiche a questo emendamento. Cito quello di ieri mattina perché è particolarmente importante per quanto mi riguarda, dato che si ricorda un caso di criminalità organizzata non da poco e un omicidio non da poco. Quell'articolo parlava di Graziella Campagna. Graziella era una ragazza di 17 anni, quando venne uccisa con cinque colpi di lupara nel dicembre del 1985, perché aveva scoperto l'identità del latitante di Cosa nostra Gerlando Alberti. Graziella Campagna lavorava in una lavanderia di Villafranca, dove il boss mafioso Alberti, latitante insieme al cugino Gianni Sutera, portava a lavare i vestiti presentandosi sotto falso nome.
  Graziella trovò un'agendina nella giacca del latitante, che svelava la sua vera identità. Alberti e Sutera, preoccupati del fatto che la ragazza avesse un fratello carabiniere, Pietro Campagna, la fecero rapire e poi la uccisero. Su quell'omicidio, come spesso è accaduto in Sicilia, vi furono tanti tentativi di depistaggio.
  Volevano farlo passare come omicidio passionale. Solo grazie alla forza e alla costanza del fratello di Graziella, Pietro Campagna, nel 2009 si arrivò alla sentenza di condanna all'ergastolo per Gerlando Alberti junior e Giovanni Sutera.
  Cosa c'entra questa storia con l'emendamento Pagano ? Ebbene, Pietro Campagna, per riuscire ad avere prove tali da portare in processo per combattere i continui depistaggi, fece indagini per conto suo, portando sempre con sé un registratore e riuscì a registrare una conversazione con la cognata di un boss che copriva i latitanti ed anche una collega di lavoro di Graziella, della sorella uccisa, che gli riferì di alcuni pranzi fra i latitanti e un ufficiale dell'Arma dei carabinieri. Pietro Campagna portò quella registrazione alla caserma dei carabinieri di Villafranca e sparirono; un'altra copia la portò al suo legale, e alla fine fu determinante nel processo per arrivare alla condanna dei boss. Si dice, in questo emendamento approvato, che, in sostanza, se qualcuno trova la prova di un reato con una registrazione non dovrebbe correre rischi, ma guardiamo in faccia la realtà: questo può avvenire quando c’è un processo in corso, ma se l'autorità giudiziaria non si convince che ci sia abbastanza materiale per avviare un processo, o magari per riaprire un vecchio caso, cosa ne sarà della persona che ha registrato di nascosto ? Rischierà da sei mesi a quattro anni di carcere ! Ecco la follia totale di questo emendamento. Noi abbiamo tentato di presentare per l'Aula degli emendamenti migliorativi, ad esempio per eliminare questa parola – «fraudolentemente» – ma la verità è che questa lettera b) è semplicemente da cancellare, da eliminare e da non riproporre mai più. Così come è da cancellare la delega in bianco contenuta nella lettera a).
  E c’è un'altra lettera di questo articolo 29 che sarebbe da stralciare immediatamente, anzi sono due: la lettera e) e la lettera f). La lettera e) recita: «prevedere che il procuratore generale presso la corte di appello possa appellare soltanto nei casi di avocazione e di acquiescenza del pubblico ministero presso il giudice di primo grado». Con una norma del genere noi non avremmo mai potuto avere uno dei processi più importanti della storia di questo Paese, che si sta tuttora celebrando. Parlo del processo di appello al generale Mario Mori e al colonnello Mauro Obinu per la mancata cattura di Bernardo Provenzano nell'ottobre del 1995, in quanto l'appello è stato presentato proprio dal procuratore generale di Palermo, Roberto Scarpinato, a seguito dell'autonoma impugnazione Pag. 14del PM di primo grado, Nino Di Matteo. Questa norma sembra un remember della legge Pecorella, quella volta ad impedire l'appello contro le sentenze di primo grado.
  Ora, io spero che qui ci sia solo dell'ignoranza, perché non si conoscono la maggior parte dei processi antimafia tuttora in corso, ma sta di fatto che questa ignoranza – e, ripeto, io spero che sia solo ignoranza – rischia di rovinare drasticamente il lavoro di quei magistrati e di quegli operatori del diritto che saranno costretti ad applicare queste norme terrificanti. Fermatevi finché siete in tempo !
  Non ho ancora terminato, perché dentro questo provvedimento c’è, proprio sul finale, una delle peggiori deleghe mai scritte negli ultimi venti anni: quello che originariamente era – ed in parte lo è ancora, e andrò a spiegare perché – il vero regalo alle mafie e ai terroristi. La lettera c) dell'articolo 30 originariamente recitava: «eliminazione di automatismi e di preclusioni che impediscono o rendono molto difficile, sia per i recidivi sia per gli autori di determinate categorie di reati, l'individualizzazione del trattamento rieducativo e revisione della disciplina di preclusione dei benefici penitenziari per i condannati alla pena dell'ergastolo»: righe che, apparentemente, per molti, non significano nulla. Spieghiamole, queste righe. Il nostro ordinamento penitenziario si basa, attualmente, su un impianto molto ferreo e duro nei confronti dei detenuti condannati per più gravi reati: di mafia, di omicidio, di terrorismo, di traffico internazionale di stupefacenti. Questo impianto prevede, secondo l'articolo 4-bis, che i condannati per questi gravi reati, se vogliono avere accesso ai benefici penitenziari, devono collaborare con la giustizia: o collabori, o niente benefici, a meno che non ci sia la prova che i tuoi collegamenti con l'organizzazione mafiosa o terroristica di appartenenza non sussistano più, oppure, ad esempio, che vi sia stata una limitata partecipazione al fatto criminoso; in quel caso, i benefici te li diamo, e tutti i casi sono riportati dal comma 1-bis dell'articolo 4-bis. Ma l'impianto è congegnato in modo tale da punire con un regime di carcere duro, che è l'articolo 41-bis, e incentivare, d'altra parte, le collaborazioni con la giustizia, utilissime nella maggior parte dei processi degli ultimi venti anni, per colpire il cuore delle organizzazioni mafiose e, soprattutto, gli agganci tra politica, istituzioni e mafie.
  Con quelle righe si vorrebbe scardinare completamente questo impianto, magari garantendo l'accesso ai benefici senza bisogno della collaborazione; allora, ad esempio, un mafioso, condannato all'ergastolo, che interesse ha a parlare se i benefici gli vengono dati lo stesso ? Sarebbe stata la fine completa della lotta alle mafie ! Sarebbe stato come dare seguito alle richieste del «papello» di Riina. Ora, in fase emendativa, in Commissione giustizia, si è cercato di porre rimedio a questo «schifo» perché non posso chiamarlo in altro modo e mi vergogno a chiamarla norma, togliendo dall'applicazione di queste ultime righe i reati di mafia e di terrorismo, anche internazionale, ed i casi di eccezionale gravità e pericolosità.
  Per fortuna, c’è stata questa gentile concessione di riformulazione ma io vorrei leggere, dato che non penso si sia prestata la giusta attenzione a questo articolo, ciò che ci ha scritto Franco Roberti, a proposito della lettera c) dell'articolo 29.
  Franco Roberti, nella lettera che gli avevamo inviato come Commissione giustizia, ci ha detto: per quanto riguarda la criminalità organizzata di tipo mafioso è copiosa non solo la letteratura ma la giurisprudenza che dimostra che lo stato detentivo, di regola, non modifica minimamente la posizione che il detenuto rivestiva in precedenza all'interno dell'organizzazione e che riprenderà allorché tornerà libero; il che conferma la necessità che egli possa godere dei benefici soltanto in via eccezionale e quando emergano con assoluta certezza le condizioni che escludano ogni pericolo derivante da una sua maggiore o anticipata libertà così come è oggi previsto dal vigente testo dell'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario. La conoscenza ormai approfondita del fenomeno Pag. 15mafioso, per altro verso, consente anche di considerare indiscutibile la necessità che egli, in stato di detenzione, sia messo nell'impossibilità di mantenere quei collegamenti, all'interno e all'esterno del carcere, con l'organizzazione criminale, che costituiscono storicamente e attualmente la regola del comportamento di tali soggetti che ha indotto l'ordinamento ad apprestare, con l'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario, un trattamento differenziato che si è rivelato estremamente opportuno ed è stato giudicato legittimo ogniqualvolta sia stato sottoposto al giudizio della Corte costituzionale. Ne discende, pertanto, la mia assoluta contrarietà ad ogni futura modifica normativa che possa anche solo attenuare (nel DDL si parla addirittura di «eliminare» gli automatismi), nei casi anzidetti, le previsioni di cautela oggi vigenti e ciò anche con riguardo ai detenuti per reati di terrorismo nazionale ed internazionale, il cui approccio al rispetto delle regole giuridiche dello Stato è, se possibile, ancor più negativo di quello degli appartenenti alle organizzazioni criminali mafiose.
  Io non so cosa significhi per voi «assoluta contrarietà»: a casa mia significa che questa lettera c) non va riformulata, ma cancellata immediatamente. Vi porto altri esempi concreti per farvi rendere conto della gravità di queste righe. Chi sono i detenuti all'ergastolo cosiddetto ostativo preclusivo oggi ? Ce lo dice il capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, Santi Consolo: sono quei detenuti con condanna per omicidio aggravato secondo l'articolo 7 della legge 203 del 1991, l'aggravante mafiosa. Noi abbiamo escluso dall'applicazione di quelle righe i reati di mafia e di terrorismo, anche internazionale, e va bene, ma, prima del 1991, come venivano puniti gli omicidi di mafia ? Semplice: erano puniti come omicidi ed è capitato spesso che chi commetteva omicidi di mafia prima del 1991 magari non fosse condannato anche come appartenente all'organizzazione mafiosa; dunque, vi era solo condanna secondo l'articolo 575 (non 575 più 416-bis). Ora, se noi concediamo i benefici penitenziari ad un condannato per omicidio commesso prima del 1991 e pensiamo, ad esempio, a chi non è stato ancora condannato, in realtà, rischiamo di dare benefici a chi ha commesso omicidi di mafia perché, per ragioni temporali, non si può dare l'omicidio aggravato secondo l'articolo 7 della legge del 1991 per fatti commessi prima del 1991. Pensate all'omicidio di Bruno Caccia oppure a quello dell'agente Nino Agostino, per cui vi sono ancora indagini in corso, dato che l'omicidio aggravato non si prescrive mai. È un rischio che non possiamo correre; ripeto, cancelliamo questa lettera c): è l'unica cosa da fare, non serve riformulare, serve solo eliminare. Da questo momento in poi, non potete dire che non lo sapevate o che non ve ne siete accorti. Se porterete avanti questo provvedimento così come è, sarete dei complici, complici di quei sistemi criminali che dite di voler combattere.
  Se, invece, siete disposti a lavorare per il bene del Paese, per una giustizia equa e soprattutto per mettere in condizione la nostra magistratura di perseguire i reati con strumenti validi ed efficaci, prendete le nostre proposte, fatele vostre, attuatele, non ci interessa, basta apporre le modifiche che servono a questo provvedimento per renderlo decente, perché, così com’è – e ho evitato di parlare della maggior parte delle norme in tema di procedura penale, che sono già state condannate dalla maggior parte delle interviste e delle dichiarazioni di questi giorni – questo provvedimento è inaffrontabile, è invotabile ed è soprattutto impresentabile.
  Abbiate un briciolo di dignità e di rispetto per chi rischia la vita tutti i giorni solo per fare il proprio dovere e che sta cercando in tutti i modi di far capire tutto quello che non va in questo procedimento. Noi cerchiamo di portare qui la voce di quegli operatori del diritto – come ho detto – che lavorano ogni giorno e che capiscono quali sono e quali saranno le difficoltà derivanti dall'approvazione di queste norme; se voi non volete capirlo, ebbene, vorrà dire che questa non sarà Pag. 16una settimana facile per questo Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Binetti. Ne ha facoltà.

  PAOLA BINETTI. Presidente, a volte mi sembra che leggiamo dei disegni di legge diversi, perché devo dire che queste ultime parole di condanna totale ed assoluta del disegno di legge da parte della collega del MoVimento 5 Stelle mi dà la sensazione che non ci sia stata nemmeno quella lettura critica, positiva, che distingue tra aspetti ancora problematici del disegno di legge, aspetti che può essere totalmente condivisibile sottoscrivere come migliorativi del disegno di legge e aspetti che possono rientrare in quella prospettiva di diversità di vedute che fanno sì che il Parlamento sia costituito da una maggioranza e da un'opposizione.
  Ma quando la condanna è assoluta, totale e radicale, fortunatamente questo ci esonera dal dover rispondere punto per punto a una serie di provocazioni che sono state poste, anche se su una di queste mi piacerà ritornare. Il provvedimento oggi all'esame dell'Assemblea è composto da 34 articoli, anche se sembra quasi che sia composto solo da un articolo, quello che riguarda le intercettazioni. Ebbene, no. È fondamentale recuperare la visione di insieme del disegno di legge, è fondamentale metterne a fuoco tutta una serie di proposte diverse e che vanno esattamente nella direzione in cui recita: il rafforzamento delle garanzie difensive e la durata ragionevole dei processi. Sono due punti chiave estremamente importanti. Tutti noi sappiamo quanto sia lunga in Italia la durata dei processi, sappiamo anche come questo ci abbia reso molte volte oggetto di critiche, anche a livello internazionale; sappiamo che ci sono delle tabelle che ci dicono come la durata del processo sia, attraverso il suo passaggio in procura, di circa 380 giorni, in tribunale quasi altrettanto, in Corte d'appello di 844 giorni e in Corte di Cassazione di 220 giorni, per arrivare a un totale di 1.800 giorni. Non c’è chi non potrebbe non condividere l'affermazione del Commissario europeo quando dice che una giustizia lenta è una giustizia negata. Questo disegno di legge prende atto di questo punto, prende atto del fatto complesso del perché in Italia tutta la giustizia sia talmente lenta da porci al terzultimo posto. Più lunghi di noi sono soltanto i processi che si celebrano a Malta e a Cipro e ancora non ho capito perché in territori così limitati possano in qualche modo andare incontro a processi così prolungati. Tuttavia, è un fatto che questa è un'anomalia italiana che va assolutamente corretta. Ben venga, quindi, un disegno di legge che si pone con serietà il tema e la sfida positiva per difendere e tutelare i cittadini quale quella di assicurare loro un processo ragionevole nella sua durata.
  Vorrei soffermarmi su alcuni passaggi che probabilmente sono rimasti un po’ nell'ombra perché meno mediatici. Di fatto, anche la stampa di oggi – per tutti noi che probabilmente, anche nella voglia e nella prospettiva di dovere intervenire, abbiamo voluto scorrere la stampa di oggi –, quasi tutta la stampa di oggi è esclusivamente concentrata sul famoso «emendamento Pagano». Viceversa, credo che nel momento in cui noi applichiamo un dibattito generale a questa legge valga la pena anche soffermarsi su qualche altro passaggio. Ne cito qualcuno, che ha in qualche modo colpito maggiormente la mia attenzione.
  Effettivamente, il primo punto nell'articolo 1, quando in un certo senso si prende atto che la querela che l'offeso ha subito può essere estinta se il magistrato giudica che vi sia stata una riparazione adeguata, a me sembra un buon modo per accorciare la durata dei processi, soprattutto perché evita quella sorta di accanimento con cui una persona vuole sicuramente avere giustizia di cui ha tutto il diritto, e che tuttavia ha il dovere di riconoscere che riparazione vi è stata. Certo, a voler pensar male uno potrebbe dire che il magistrato non tiene adeguatamente conto della complessità dell'offesa subita, oppure che è eccessivamente di Pag. 17parte e, quindi, è un magistrato che non fa giustizia ma ingiustizia. Viceversa, se dovessimo assumere l'ipotesi, la prospettiva di un magistrato che davvero tra querelante e querelato riesce a cogliere le ragioni dell'uno e dell'altro e riesce a venire incontro, ad offrire un'opportunità positiva di riparare e questo estingue il reato, mettendo in qualche modo ad una coda eccessivamente lunga, questa può essere una cosa positiva che io non voglio far passare sotto silenzio.
  Si cerca di mediare, di trovare il punto di incontro, di considerare la giustizia come una struttura che non ha come obiettivo soltanto la punizione, ma anche la riparazione come obiettivo importante, quindi qualcosa che guarda ad una riscoperta della dignità dell'uno e dell'altro e ad una voglia di restituire al senso di giustizia un significato più profondo e più orientato al riconoscimento della dignità di tutte le persone che sono parte del processo.
  Certo penso poi a quello che si dice nell'articolo 3, sull'aumento della pena per i reati di scambio politico-mafioso. Siamo tutti d'accordo, io non capisco perché la collega intervenuta prima non abbia voluto riconoscere la forza positiva e propositiva, che dovrebbe permettere di porre un freno, un limite e comunque un contenimento al rischio della corruzione che tutti noi intravediamo, perché è proprio dallo scambio politico-mafioso che nasce il maggior rischio per il dilagare della corruzione che sta diventando una patologia sistematica nel nostro Paese.
  Ben venga quindi il riconoscimento dell'accentuazione di questa pena, anche se su questo tema noi eravamo intervenuti pochi mesi fa. Si è visto evidentemente che non è abbastanza e che questo ha richiesto una sottolineatura, ma è una garanzia della qualità e dell'oggettività con cui questa maggioranza intende affrontare questa piaga, non è sicuramente una forma di connivenza. Nessuna connivenza con i mafiosi, ma soprattutto nessuna concessione a queste associazioni in cui il politico svende se stesso – invece di pensare al bene comune – a quello che è esclusivamente un interesse di parte. È questo un altro aspetto che potremmo ascrivere alle cose positive di questo disegno di legge. Vi è poi anche l'aumento della pena per i reati contro il patrimonio e, in modo particolare, sulla disciplina del furto in abitazioni. Noi abbiamo discusso pochi giorni fa, proprio in questa Aula, una mozione che contemplava il riconoscimento del diritto alla casa.

  PRESIDENTE. Mi perdoni onorevole Binetti. Onorevole Sarti, per cortesia ! Se dovete riunire il Comitato dei nove, lo fate fuori. Per favore, sta parlando la collega Binetti ! Prego, continui, onorevole Binetti.

  PAOLA BINETTI. Noi consideriamo il valore casa, e quindi il valore intimità, talmente forte che il furto in un domicilio non è misurato soltanto dall'entità del furto stesso, ma è misurato dalla profanazione dell'intimità che avviene in questi casi, perché le persone vengono ferite in quanto hanno di più sacro, in quanto in fondo tocca non solo la profondità degli affetti ma tocca soprattutto quel principio fondamentale rappresentato dalla sicurezza e anche la responsabilità di chi governa quella casa di garantire sicurezza alle persone che ci vivono, ai figli, ai genitori più anziani, alla moglie, a chiunque vi sia.
  Però in un contesto per cui veramente vi sia la capacità di dire non si tocca la casa, non solo perché non la si espropria, ma non si tocca nemmeno perché non è tollerabile. Abbiamo visto poche settimane fa pubblicato sui giornali un indice sui furti domestici talmente frequente da dire che ogni minuto avviene un furto in appartamento. Ebbene, questa norma ricorda la necessità di rispettare le radici stesse della vita privata e questo non è poco conto, questa sottolineatura della tutela della vita privata è un valore a cui poi attingeremo ancora nel momento di riprendere il dibattito sul rispetto della privacy.
  Ci sono poi gli articoli dal 7 al 10 che riguardano la revisione del casellario giudiziale, quello per cui, per esempio, in Pag. 18tema di violenza privata, si stabilisce che il reato sia perseguibile a querela della persona offesa e non con una sorta di automatismo. Si è voluto sottolineare in questo senso, in modo molto preciso e molto concreto il diritto all'autodeterminazione per cui sono io che ho subito l'offesa che in qualche modo mi faccio protagonista della querela e, quindi, sono io che decido se in qualche modo andare ad accedere a una voglia di restituzione dell'onore e della dignità che mi è stata tolta. Anche questo passaggio non è indifferente, ma si ricolloca nel rispetto della dignità delle persone, nella loro capacità di esprimersi, con libertà e con responsabilità, e restituisce alla legge la sua dimensione di servizio e di tutela della persona stessa.
  Sempre nell'ambito di questi articoli, c’è un altro passaggio particolarmente interessante, che non mi sembra sia venuto fuori finora nel dibattito, e che riguarda quel complesso tema dell'infermità mentale.

  PRESIDENTE. Mi perdoni onorevole Binetti. Per favore, chiedo al Comitato dei nove ... Onorevole Sarti, per favore ! Potete discutere ovunque ma non qui; sta intervenendo una collega e con voce non così alta. L'Aula è vuota, quindi, qualsiasi cosa si sente. Date fastidio a una collega che sta parlando. Quando siete intervenute voi non ha parlato nessuno.
  Prego, onorevole Binetti.

  PAOLA BINETTI. Il tema dell'infermità mentale pone dei problemi molto importanti da un punto di vista anche strettamente della salute mentale. È un dato di ieri che non compete al dibattito su questo argomento ma l'OMS ci dice che per le malattie mentali si spende in assoluto di più nel mondo di quanto non si spenda per le patologie oncologiche e cardiovascolari, che sono tra le patologie più diffuse. Il che significa semplicemente una cosa, che la sofferenza e il disagio psichico e mentale sono talmente diffusi e le persone vivono un livello di tensione costante e sistematica per cui è possibile che ci siano dei momenti di raptus in cui l'infermità mentale definisce un quadro reversibile, è legato a quella provocazione, a quel contesto, a quell'offesa, oppure è legato comunque a quello squilibrio particolare a cui quella persona va incontro.
  L'aver voluto prevedere un articolo apposta che va a toccare il tema dell'infermità mentale nella sua irreversibilità, quindi lo sottrae a quella della ragione di contesto, a me sembra molto interessante. Abbiamo visto soprattutto tantissimi omicidi degli ultimi tempi che in qualche modo si cerca di ricollocare nell'ambito dell'infermità mentale anche perché si cercano in questo modo di guadagnare una serie di attenuanti per il soggetto. Ebbene, avere il coraggio di ragionare sull'infermità mentale e di distinguere tra il quadro della reversibilità e quello dell'irreversibilità, capire che ci possono essere delle provocazioni in un senso e nell'altro, tenerne conto all'interno del processo, in un momento in cui stiamo rivedendo tutto il processo, a me sembra un fatto anche che tiene conto di una variabile importante del tempo e dei luoghi in cui viviamo. Tutti i giorni la cronaca ci offre spunti di questo tipo, drammatici, però tutti i giorni ci obbliga a pensare cosa può avere indotto quella persona ad avere quella reazione così particolare. Non voglio citare casi, ma insomma ne abbiamo conoscenza tutti: dalla tabaccaia, al ragazzo sull'autobus dell'altro giorno. Insomma, ogni giorno basterebbe semplicemente sfogliare il giornale. Tuttavia, ragionare di salute mentale oggi è ragionare anche poi successivamente non solo di giustizia penale ma anche in termini di recupero, di cura e di restituzione di una persona al contesto sociale in cui vive.
  Ci sono poi alcuni articoli che riguardano anche tutte le indagini preliminari, i processi di archiviazione. Ho sentito prima utilizzare delle espressioni molto forti, molto dure, molto critiche nei confronti, diciamo fra virgolette, di questo disegno di legge, in particolare anche di questo articolo. La disposizione che obbliga il pubblico ministero ad assumere una posizione netta rispetto alla notizia del reato e gli Pag. 19assegna un tempo, un tempo di tre mesi, che non è un tempo in astratto, è un tempo che segue, che segue un processo abbastanza lungo, che segue tutta una dimensione in cui peraltro lui recupera il suo ruolo prioritario nella scelta delle indagini da compiere, prioritario anche rispetto alle altre parti che sono in qualche modo coinvolte.
  Questo aiuterà a prendere delle decisioni; è chiaro che poi spetterà al magistrato stabilire se in quel contesto concreto quei tre mesi possono rappresentare davvero un tempo reale per concludere un'indagine o se la complessità dell'indagine davanti alla quale ci troviamo è tale da dover chiedere un tempo aggiuntivo, ma che ci sia un tempo, che ci si possa muovere per capire cosa significa «durata ragionevole di un processo», che si possano stabilire delle coordinate temporali e che all'interno di queste coordinate temporali, in linea di massima ci si debba muovere, mi sembra che questo vada nello spirito della norma che è quello di dire attenzione, una giustizia troppo lenta è una giustizia negata.
  Voglio poi dopo arrivare a questo tema, che è diventato un po’ l'emblema di questo dibattito: il tema dell'intercettazione. Intanto il caso citato prima con ricchezza di dettagli dalla collega del MoVimento 5 Stelle e devo dire l'appassionata difesa in cui questo fratello si è impegnato per fare chiarezza su sua sorella e, quindi, ha utilizzato lo strumento delle intercettazioni più da privato cittadino che da qualunque altro ruolo, è evidente che questa persona non si muoveva affatto nel senso previsto dal famoso emendamento, che effettivamente anch'io ho voglia di rileggere per amore di giustizia e anche per amore di obiettività.
  Il famoso emendamento dice: riprese o registrazioni di conversazioni svolte in sua presenza fraudolentemente effettuate. Ma qual è la ragione ? La ragione di tutto questo è esattamente arrecare danno alla reputazione e all'immagine altrui. È evidente che quel fratello non aveva nessuna intenzione di arrecare danno alla reputazione della persona altrui, aveva il solo desiderio di ritrovare la verità dei fatti, di ristabilire una giustizia che riguardava sua sorella. Non c'era una volontà di nuocere alla persona per nuocere alla sua immagine, è molto diverso il fatto che io stia ricercando la verità dei fatti o che io mi muova in una prospettiva di alterazione della distorsione dei fatti, perché attraverso la distorsione dei fatti voglio arrecare danno ad una persona. Chiaramente, con tutto rispetto, l'esempio tanto umanamente significativo è però sconnesso da quella che è la proposta dell'emendamento, totalmente sconnesso perché in quel caso, insisto, non c'era; non avrei detto nemmeno fraudolentemente in quel caso, perché non c'era una frode, c'era sicuramente quell'ingegno che ti porta a cercare la soluzione possibile, ma è certo che il fine, che la ratio dei fini è fondamentale anche rispetto ai mezzi. La ragione di fine rispetto a una cosa è importantissima e non può essere sostituita dalla ragione di mezzo. In questo caso il fine era ristabilire una verità, il fine era, probabilmente da parte di questo ragazzo, quello di toccare con mano anche il muro di gomma contro cui si scontrava, la necessità. Probabilmente, lui le avrà anche chieste delle intercettazioni e chissà, per una serie di complessità, di complicità, non gli sono state concesse, ma lui aveva un altro obiettivo e la ragione è diversa, esattamente come quando noi pretendiamo giustamente di distinguere tra un giornalismo d'inchiesta e quello che invece è un rimestare nel torbido.
  Del giornalismo d'inchiesta sappiamo bene, tra l'altro, perché sappiamo con quanta attenzione i giornalisti d'inchiesta di alto profilo penso svolgano il loro lavoro. Per esempio, penso alle inchieste che fa la Gabanelli e penso con quanta precisione e con quanta puntualità lei poi vada a verificare l'informazione. Non basta avere raccolto un dato per considerarlo in automatico credibile. Lei lo fa anche per tutelare se stessa, ovviamente, per tutelarsi da possibili aggressioni...

  PRESIDENTE. Onorevole Rabino, per favore.

Pag. 20

  PAOLA BINETTI. ... ma è certo che c’è una ricerca, anche lì, della verità. La giustizia è prevalentemente ricerca di verità sui fatti, perché non c’è giustizia senza verità, non c’è giustizia senza rispetto delle persone.
  Non è stato citato, ma io credo che valga la pena citare un intervento, peraltro di una persona assolutamente discreta, come non potrebbe essere diversamente, come quello del Garante della privacy, Antonello Soro, che è stato per molto tempo anche nostro collega in quest'Aula. Antonello Soro, nella sua qualità e nel suo ruolo di Garante della privacy, dice sostanzialmente come questo emendamento non vada letto nella dimensione di «un'iniziativa bavaglio», ma vada letto nel senso del rispetto della persona.
  È chiaro che noi ci troviamo davanti come sempre a un bilanciamento. Il nostro secolo sarà ricordato per essere il secolo delle grandi battaglie per i diritti umani, ma sarà anche ricordato come il secolo in cui la difesa di un diritto umano è sostanzialmente la difesa del bilanciamento tra due diritti umani. In questo caso, il bilanciamento che va ricercato è il bilanciamento tra il diritto all'informazione e il diritto alla privacy. Dove si pone il punto di equilibrio ? Chi è che decide dove sta il punto di equilibrio ? A mio avviso, molte volte lo decide la ratio dei fini, il perché. La ragione per cui io sto facendo una cosa la dice molto lunga su dove devo mettere il punto di equilibrio, perché sappiamo anche che il fine non giustifica i mezzi ma certamente i mezzi non possono assumere ragione sui fini e noi ci dobbiamo muovere, sempre di più, verso una dimensione di complessità.
  Di questo emendamento è stato detto che sarà limato e che, in qualche modo, come dire, saranno tolte quelle scorie che potrebbero fare pensare al bavaglio. Nessuno vuole mettere bavagli alla verità, nessuno si vuole rendere complice della corruzione di sistema, nessuno di coloro che sono in questo Parlamento. Non lo vuole fare nessuno di coloro che è totalmente convinto che la principale crisi economica, politica, sociale che attraversiamo è, sostanzialmente, una crisi di etica pubblica. Nessuno vuole coprire situazioni che sono situazioni sudice. Tutti noi vogliamo chiarezza, tutti noi vogliamo limpidezza, altrimenti non avremmo istituito nuovamente, qui dentro, la famosa Commissione di inchiesta parlamentare sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro. Non lo avremmo fatto se non avessimo voluto la chiarezza, se non la volessimo con intensità, se non la volessimo con passione. E questo è il senso di una giustizia che vogliamo perseguire in tutti i modi.
  L'ultimo passaggio – per me ultimo, ma non ultimo – è proprio quello che riguarda la riforma del diritto penitenziario. Anche sul diritto penitenziario siamo intervenuti molte volte, in questa legislatura in quest'Aula. Siamo intervenuti parlando di pene alternative, siamo intervenuti, in un certo senso, prendendo in considerazione l'ipotesi di poter fare uscire prima dal carcere persone che ne avevano le condizioni, per facilitare il loro reinserimento nella società. Abbiamo tutti chiarissima l'idea che non basta punire se non si mette la persona in condizione, in qualche modo, di affrontare un processo, chiamiamolo così, di rieducazione e di reinserimento. Le recidive sono carissime nel sistema e sappiamo tutti che recidivano di più coloro che sono stati trattati peggio. Recidivano di più coloro che non hanno trovato un'opportunità per riconciliarsi nella loro società, che è anche la nostra.
  Quindi, auspichiamo che tutte le misure a proposito della riforma del diritto penitenziario, vadano nella logica di una umanizzazione della vita nelle carceri. Umanizzare la vita nelle carceri sappiamo tutti che significa ridurre il numero delle persone che ci sono, valutare davvero se è proprio necessario che quella persona sia in carcere, se davvero debba sempre prevalere la cultura del sospetto, se non ci sia, molte volte, la possibilità davvero di ricorrere a mezzi alternativi, anche solo per fare chiarezza.
  Dobbiamo veramente prendere in considerazione in che misura soprattutto anche Pag. 21i minori oppure quella parte di persone che Papa Francesco considererebbe parte di quella cultura dello scarto... È chiaro che se una persona si sente, come dire, imprigionata in un giudizio che fa di lui uno scarto della società non potrà avere la forza, la forza intellettuale, la forza morale, la forza delle sue capacità, delle sue competenze, per rimettersi in gioco in modo diverso. Facilmente sarà nuovamente adescato. Allora, ben venga nella riforma del diritto penitenziario tutto ciò che noi vogliamo spendere in termini di riconoscimento della loro dignità, ma anche in termini di riconoscimento concreto, e saranno le cooperative di lavoro, di lavoro in carcere e di lavoro fuori dal carcere, saranno le iniziative che restituiscono una possibilità di rielaborare il loro disagio e saranno le iniziative, che so io, di teatro, di cui abbiamo visto recentemente anche dei frutti molto interessanti... Saranno iniziative che si svolgono fuori dal carcere in collaborazione con il carcere, ma non possiamo rinunciare a sperare che la gente possa ritrovare il senso stesso di una vita che non sia ai margini della società, ma che voglia rioccupare all'interno della società il ruolo che gli compete. Quindi, io penso che questo disegno di legge potrà godere ancora, attraverso il dibattito sugli emendamenti, di occasioni di limature, di occasioni di miglioramento. Mi dispiacerà molto quando l'ostruzionismo sarà uno ostruzionismo radicale, totale e assoluto, che non salva nulla del disegno di legge, perché questo già destituisce, ne fa appunto un ostruzionismo, ma non ne fa un'opposizione, chiamiamola così, creativa e costruttiva. Ma io credo che i cittadini si aspettino di avere una giustizia in tempi certi e se hanno fatto qualcosa che in qualche modo li ha posti in una struttura carceraria si aspettano di ritrovare la possibilità di vivere proiettati nel momento in cui usciranno dal carcere. Non è la logica di chi corre il rischio di ritornarci velocemente. Quindi, mi auguro davvero che il dibattito possa essere costruttivo, perché i problemi ci sono e ci sono tutti esattamente come c’è il problema – insisto – della difesa della privacy, c’è il diritto a distinguere tra intercettazioni rilevanti e intercettazioni irrilevanti, c’è il diritto di capire che non si possono utilizzare, come dire, esclusivamente in modo spregiativo delle intercettazioni se non hanno nulla a che vedere con la realtà dei processi, ma nemmeno del clima in cui si svolge quel processo. Abbiamo bisogno di recuperare tutti una visione che ci apra alla speranza nei confronti della giustizia, alla speranza nei confronti della magistratura e anche, in qualche modo, alla speranza in una società che può essere migliore (Applausi dei deputati dei gruppi Area Popolare (NCD-UDC) e Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il presidente Scotto. Ne ha facoltà.

  ARTURO SCOTTO. Grazie Presidente, onorevoli colleghi, signori del Governo, la fretta rende i provvedimenti ciechi. E il disastro compiuto, in questi giorni, anche dal punto di vista esterno, con questo testo oggi in discussione generale va annoverato tra i maggiori di legislatura. Esame non concluso in Commissione con mandato al relatore di prendersi, come sta accadendo da giorni, le sassate dal Paese. Esame non concluso su questioni non secondarie: delega al Governo in materia di intercettazioni e delega per la riforma dell'ordinamento penitenziario. Questioni non secondarie e che andrebbero affrontate in maniera molto più pacata e riflettuta. Questo disegno di legge del Governo è nato con intenti molto ambiziosi. Si proponeva di modificare il codice penale e di procedura, rafforzare le garanzie difensive, contrastare i fenomeni corruttivi, mettere mano all'ordinamento penitenziario. In origine, poiché nel frattempo ha perso numerosi rami e visto spuntare indesiderate escrescenze. Persi per modifiche già intervenute nella sede parlamentare le velleità, esclusivamente penalistiche, di contrasto alla corruzione, potato dell'articolato sulla cosiddetta confisca allargata, superato nelle cattive intenzioni di riforma dell'istituto della prescrizione, a vantaggio, va detto, di quelle ancor peggiori approvate dalla Camera Pag. 22dei deputati poche settimane fa, moderate le ambizioni di riforma del casellario giudiziale, è riuscito tuttavia a far salire alcune questioni propagandistiche di nessun effetto preventivo e dissuasivo alla commissione dei reati.
  Ad esempio, la mattina dell'8 luglio abbiamo appreso dalla stampa l'intenzione del Governo di aumentare, fino a triplicarle, le pene in ordine ad alcune tipologie di reati; circostanza, quella annunciata, che si è puntualmente materializzata in Commissione giustizia della Camera nel pomeriggio dello stesso giorno. Certo, i furti in abitazione o gli scippi restano e sono reati odiosi, ma il punto è un altro: che all'aumento della pena corrisponda la diminuzione del corrispondente reato è relazione smentita nell'esperienza concreta come nella letteratura.
  E, dunque, l'efficacia della norma è tutta nella quantità di carta stampata, di etere o di rete che il Governo le avrà saputo guadagnare; soltanto propaganda, appunto. Norme che, dicevo, non avranno effetto alcuno sull'andamento di questi reati, ma uno, diverso, lo avranno certamente. In questa legislatura si è lavorato, fino ad oggi, per rimediare a quella sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo che inchiodava l'Italia alle sue disperate carceri.
  Più che il Parlamento, in verità, il rimedio lo ha posto la Corte costituzionale, dichiarando la parziale illegittimità della legge Fini-Giovanardi sulle droghe, principale disastro del pessimo legislatore in anni passati. E, tuttavia, il lavoro del Parlamento è stato accompagnato da coloro che falsamente quanto costantemente hanno gridato allo «svuota carceri». Ecco, qui, invece, abbiamo un vero e proprio articolato «riempi carceri», destinato a riavvicinarci alle condizioni di cui alla sentenza di condanna della Corte europea, cosa che allarma moltissimo, vista la recrudescenza di suicidi a cui assistiamo quotidianamente nelle carceri.
  Il resto del provvedimento è quasi tutto un bacile di deleghe al Governo; tra queste, troviamo la disciplina delle intercettazioni. Delega al Governo che, poi, è la ragione vera per la quale questo provvedimento ha cominciato a correre in maniera disordinata; materia sulla quale il Parlamento si è cimentato tante volte e la cui delicatezza precluderebbe e sconsiglierebbe l'abuso di delega.
  Ma è totalmente stravagante che alcune telefonate, pubblicate anche senza rilevanza penale, producano una delega al Governo stesso. Anche solo questa circostanza dovrebbe indurre la Camera dei deputati a negare siffatta delega al Governo. Di più: nell'incipiente caldo agostano si stanno tentando di introdurre penalità che suonano come «mordacchia» ai giornalisti piuttosto che tutela della riservatezza delle conversazioni.
  E quale sia la natura della delega è ben chiarito dalla notturna approvazione dell'emendamento Pagano, chiarito oltre ogni ragionevole dubbio; poi sono venuti i distinguo, le conferenze stampa, le dichiarazioni del Ministro e cento altre toppe. Persino la delega al Governo per la riforma dell'ordinamento penitenziario, originale cammeo di questo provvedimento, è stata taglieggiata dal relatore e posta in contraddizione con le originali intenzioni, coerenti con il lavoro fin qui fatto, in questa parte di legislatura, e infine abbandonata a se stessa, nemmeno esaminata.
  Tutto questo indica una direzione che sembra una svolta nelle politiche di giustizia del Governo Renzi; purtroppo, una pessima svolta (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Giuseppe Guerini. Ne ha facoltà.

  GIUSEPPE GUERINI. Grazie, Presidente. Credo sia utile cominciare questo mio intervento con una ricognizione generale sulle misure che sono contenute in questa delega, anche perché chi si fosse messo all'ascolto, questa mattina, di questa discussione, dopo l'intervento della relatrice, potrebbe averne tratto un'idea quanto meno riduttiva rispetto alla portata, rispetto alle misure concrete che in Pag. 23esso vengono adottate, rispetto agli intendimenti del Governo e della maggioranza che lo sta sostenendo e rispetto a quali sono, poi, le ricadute pratiche di questo provvedimento, che oggi inizia il suo iter in Aula, dopo averne avuto uno molto lungo, corposo e sostanzioso in Commissione, ma su questo avremo modo di tornare più tardi.
  Dicevo, quindi, che mi permetto di riassumere molto brevemente, semplicemente per titoli, il provvedimento, poi avremo tempo e modo nella discussione di ritornare su una serie di punti. Che cosa riguardano questi 34 articoli di questo disegno di legge, a cui sono stati abbinati diversi disegni di legge di riforma del codice penale e del codice di procedura penale ? Ripeto, vado per titoli, perché credo sia fondamentale fare, in qualche modo, memoria e lasciare un punto di chiarezza, di certezza, rispetto alla portata effettiva sulla quale poi legittimamente ognuno esprime le sue riserve e le sue opinioni.
  Questo disegno di legge che riguarda e che contiene misure relative all'estinzione del reato per condotte riparatorie, ai colloqui con il difensore, relativamente al fatto che nel corso di indagini preliminari per reati di mafia e terrorismo il giudice possa differire il colloquio dell'arrestato per un massimo di 5 giorni. C’è il limite, in certi casi, ai poteri del giudice dell'udienza preliminare e del GIP. Ci sono a articoli sull'ampliamento dei diritti della parte offesa rispetto al fatto che ci sia la possibilità di conoscere lo stato del procedimento decorsi sei mesi dalla denuncia. Vengono messe norme relativamente ai tempi certi dell'indagine su cui poi verranno anche presentate ulteriori proposte migliorative e, in qualche modo, chiarificatrici rispetto ai veri intenti del Governo e della maggioranza, qualora non fossero ancora stati recepiti come tali.
  C’è una riforma del regime delle impugnazioni rispetto alle inammissibilità decise dal giudice a quo, rispetto al concordato sui motivi di appello, rispetto all'appello contro il proscioglimento, si stabiliscono motivi di appello più rigorosi, ovviamente con l'intento di addivenire ad una deflazione dei ricorso per Cassazione, prevedendo anche una stretta sui ricorsi per Cassazione dopo il patteggiamento. Viene introdotta una norma, come veniva prima ricordato, per l'aggravamento della pena minima per il furto in abitazione, per il furto aggravato e per la rapina semplice e non certo per una qualche onda emotiva, per ascoltare ed essere, in qualche modo, proni alla richiesta della piazza sui furti e le rapine, perché direi che questo è davvero offensivo solo immaginarlo visto il grado di allarme sociale che questi reati, insieme a tantissimi altri che abbiamo ben presenti, comportano nella società italiana. C’è stato un aggravamento di pena anche per il voto di scambio politico-mafioso come è stato – vivaddio – riconosciuto anche, inevitabilmente, da chi mi ha preceduto, nonostante poi abbia ricamato delle dietrologie che sono completamente discutibili, come tutti i ragionamenti che non si basano sui fatti, ma si basano su una sorta di preconcetto che si va poi a dimostrare con le proprie argomentazioni. C’è, appunto, una delega sulle intercettazioni con la famigerata norma sulle registrazioni fraudolente. Vi sono, poi, una serie di misure sui processi a distanza. Poi gli ultimi due capitoli sono quelli che riguardano i riti alternativi rispetto all'abbreviato e ai decreti penali di condanna. Infine, vi è la delega sulla riforma dell'ordinamento penitenziario.
  Mi sono preso doverosamente questi cinque minuti per cercare di dare un quadro più chiaro di qual è la norma, di quale portata, di quale rilevanza, ha la norma che è oggi all'esame della Camera dei deputati, perché per il resto, in questa discussione, ho sentito concentrarsi tutti, o quasi, gli interventi dei colleghi che mi hanno preceduto su un aspetto singolo, o comunque, su una sorta di disegno paracriminoso che sarebbe alle spalle e che sarebbe ispiratore di queste norme che Governo e maggioranza stanno portando avanti con la finalità che è esattamente opposta a quella esplicitata. Ovviamente, queste sono norme con le quali noi, il Partito Democratico, la maggioranza che Pag. 24sostiene questo Governo e gli altri partiti di coalizione, intendono garantire una rapidità maggiore, un efficientamento, un'efficienza, un'efficacia maggiore del processo penale italiano, che è un nervo scoperto da decine di anni nella nostra vita civile e democratica e che è stato soggetto anche a richiami autorità internazionali e da parte dell'Unione europea.
  È evidente che le mosse da cui siamo partiti, i presupposti dai quali abbiamo cominciato ad immaginare questo lavoro, siano esattamente questi che ho appena finito di dichiarare e di esplicitare, ovvero di andare verso una maggiore efficacia, una maggiore snellezza e una maggiore rapidità del processo.
  Detto questo, però, vorrei concentrarmi su quello che ho sentito poco fa dire ed affermare da miei colleghi, anche rispetto all'iter di questo procedimento. Io faccio parte della Commissione giustizia da circa un anno, quindi non spetta a me sicuramente fare un resoconto o un regesto di quello che è stato il lavoro ovvero descrivere la modalità di lavoro e la modalità con cui opera questa Commissione, anche perché il relatore del provvedimento è il presidente della Commissione e qui di fianco a me sta seduto il capogruppo. Quindi non ho nessuna intenzione di dare un'interpretazione autentica di quale sia il modus operandi di questa Commissione.
  Mi limito semplicemente a fare memoria di alcuni aspetti e di alcuni fatti oggettivi che ho potuto vivere, per così dire, in prima persona, partecipando ai lavori della Commissione. Infatti in quest'Aula ho sentito fare diverse affermazioni, fra le quali, il fatto che vi sia questa fretta con cui adesso la maggioranza porta all'esame della Camera dei deputati il provvedimento, il fatto che vi siano stati compressioni dei tempi in Commissione e lavoro notturno, che è sempre prodromico e comunque sempre sintomatico di qualche intento fraudolento, tanto per tornare, appunto, ad una delle norme che sono in discussione.
  Innanzitutto, vorrei ricordare che i lavori della Commissione giustizia si sono svolti, con riferimento a questo provvedimento come a tutti gli altri provvedimenti, con una tempistica assolutamente congrua. Questo provvedimento è stato incardinato a gennaio 2015, quindi a gennaio di quest'anno, quindi sei mesi fa, e gli emendamenti sono stati depositati quasi un mese fa. Inoltre, in questi sei mesi, si è svolta una lunghissima e davvero sostanziosa, interessantissima e proficua fase di audizioni, nelle quali sono stati auditi protagonisti del mondo della giustizia italiana, quali evidentemente l'avvocatura, la magistratura, professori universitari, giornalisti, che hanno tutti contribuito a dare la propria opinione e in qualche modo ad indirizzare i lavori della Commissione. I lavori della Commissione si sono svolti, come sempre, con un confronto estremamente aperto, schietto, a volte anche molto acceso e duro, non solo tra maggioranza e opposizione, ma anche tra maggioranza e Governo e componenti della stessa compagine che sostiene il Governo.
  Detto questo e, quindi, allontanato qualunque richiamo velleitario e un po’ ipocrita a un unanimismo fine a se stesso, devo sottolineare però con altrettanta nettezza che il lavoro che abbiamo svolto riguarda ogni singolo aspetto e deve essere valutato nella sua interezza, partendo da dati oggettivi. Quando sento dire, stavolta come numerose altre volte, che sono stati presentati degli emendamenti di notte, perché di notte lavorano solo determinate categorie di persone, innanzitutto vorrei ricordare che la Commissione giustizia – spesso le accade – lavora anche fino ad orari per così dire abbastanza avanzati nel tempo e ad ore piccole della notte, perché evidentemente si prende la responsabilità e l'onere di approfondire tutto quello che è portato alla propria attenzione. In seconda battuta, mi permetto una digressione puramente personale rispetto al fatto che di notte lavorano anche i fornai. Essendo io figlio di fornaio – mio padre ha fatto il fornaio per quarant'anni – quando sento dire che di notte si fanno solo le cose più nefaste e più indicibili, mi monta sempre la rabbia di chi ha visto persone alzarsi a mezzanotte e lavorare nel corso di tutta la notte per fini invece Pag. 25nobili, come possono essere quelli di una serie di professioni che vengono svolte durante questo periodo.
  Ma poi, soprattutto, quello che è assolutamente inaccettabile è la mistificazione dei fatti e dei dati oggettivi. Infatti, in questa Camera è più che legittimo avere opinioni diverse di tutto quello che abbiamo in discussione. Quello che non è corretto e non è giusto fare è cercare di prendere delle norme, che riguardano determinati aspetti di questo provvedimento, e collegarle con altre, dando l'idea che questo sia un Governo che si sta auto-fornendo una delega per affossare l'istituto delle intercettazioni.
  Innanzitutto in questa norma – e me lo hanno confermato proprio gli interventi dei colleghi che mi hanno preceduto – sfido chiunque a trovare un solo aspetto, una sola norma, che riguardi l'utilizzabilità e le modalità di acquisizione delle intercettazioni perché, al limite, nell'articolo 29, lettera a), è prevista una delega finalizzata a disciplinare, in maniera più corretta e, per così dire, rispettosa dell'equilibrio dei diritti che le intercettazioni coinvolgono, la pubblicabilità e la diffusione delle intercettazioni, ma non certo lo strumento in quanto tale e il loro utilizzo.
  Sono contento che, nei fiumi di demagogia che ho sentito riversare questa mattina dai colleghi, con accenti melodrammatici, non ci sia stato un collega che è riuscito a dimostrare che questo Governo e questa maggioranza abbiano portato all'attenzione di questa Camera un provvedimento e una delega che mirino a destrutturare, a depotenziare e a indebolire lo strumento delle intercettazioni. Al limite, si dovrebbero leggere più correttamente le norme, prima di venire a fare dei pezzi, destinati forse più a facebook o a qualche social network che all'Aula. Bisognerebbe previamente leggere le norme e si capirebbe che al limite si parla di utilizzabilità e diffusione e non certo dello strumento delle intercettazioni in sé.
  Ma per venire poi alla norma che tanto scalpore ha destato, preannuncio che questo gruppo ha già in animo di depositare proposte emendative in modo da fornire chiarimenti ulteriori rispetto alla portata e ai veri intendimenti, che probabilmente non sono stati chiariti a sufficienza durante il dibattito in Commissione. Anche in questo caso, è evidente che è assolutamente incongruo, come ho sentito fare più volte da colleghi questa mattina, mescolare il tema della captazione fraudolenta di dialoghi con il tema delle intercettazioni, perché ovviamente si sta parlando di due istituti completamente diversi.
  Quando ci si riferisce a questa norma, che tanto scalpore ha destato, attraverso una lettura più attenta di quello che è scritto nella norma – ripeto, visto che non è stato sufficientemente chiaro, che sarà accompagnata da proposte emendative firmate dal nostro gruppo e dalla maggioranza che sostiene questo provvedimento – è chiaro che si sta parlando di conversazioni captate fraudolentemente. Quindi, anche in questo caso forse non varrebbe la pena stracciarsi le vesti e partire, lancia in resta, contro il Governo, che, come si dice, non solo non intende dare maggiore efficacia al processo penale ma anzi uno dei capisaldi della sua azione è proprio destrutturare l'efficacia del processo penale.
  Ho sentito anche addirittura dire che si vuole fare un favore alla mafia, come se davvero ci si potesse prendere la libertà in quest'Aula di sostenere che qualcuno dei 630 deputati di questa Camera sia mosso dalle intenzioni non già di rafforzare la lotta contro fenomeni corruttivi, che attanagliano questo Paese da decenni, ma addirittura si ponga nell'ottica contraria di volerla favorire. Si tratta di affermazioni gravissime a cui forse non vale nemmeno la pena di replicare, perché probabilmente squalificano chi le fa più che chi le riceve, soprattutto se vengono fatte non si sa bene da quale pulpito o da quale tripode o da quale autorità autoassegnata. Sono persone che sono qui da ventiquattro mesi e che hanno ormai ottenuto il patentino di custodi dell'ortodossia, della legalità, della verità e della giustizia, quindi forniscono patenti a tutti gli altri colleghi rispetto al loro tasso di antimafia, secondo i loro canoni imperscrutabili.Pag. 26
  Detto questo, anche sulla norma che ha fatto tanto scalpore, probabilmente era sufficiente leggerla. E se non è sufficiente leggerla, provvederemo sicuramente a chiarirla. Il fine è esattamente quello che ho sentito poco fa illustrare e descrivere dalla collega Binetti. È sufficiente fare riferimento alla terminologia che viene utilizzata e, quindi, al fatto che vengano punite le condotte di chi fraudolentemente, quindi mediante artifici, capta conversazioni che sono state effettuate alla presenza di altre persone. Oltretutto, ci sarà ovviamente una esimente di responsabilità rispetto alla pena prevista nell'articolo per chi abbia utilizzato questo strumento con la finalità poi di utilizzarlo all'interno di un procedimento penale, civile, amministrativo o giudiziario. Credo che questa ulteriore specificazione ci metta completamente al riparo da qualsiasi contestazione e da qualsiasi ulteriore polemica.
  Ripeto quello ho cercato di dire poco fa: io credo che questo provvedimento sia un provvedimento che mantiene intatta la giustezza delle proprie finalità e dei propri obiettivi. E credo anche che vada tutelato in qualche modo il lavoro che è stato fatto da questa Commissione, da tutta la Commissione, vale a dire dalla maggioranza e dalla minoranza. Infatti, venire in Aula o in Commissione e travalicare il proprio diritto-dovere di critica, delegittimando il lavoro che svolge un'intera Commissione o un intero Parlamento, può essere che consenta a chi lo fa di avere qualche like in più su Facebook nel breve periodo e qualche condivisione in più o qualche articoletto sulla stampa, ma a lungo andare comporta la delegittimazione di tutta l'istituzione che siamo qui a rappresentare. E proprio per la Commissione di cui faccio parte e anche per i temi che stiamo trattando sarebbe veramente un delitto per l'appunto ed è veramente assurdo che ci siano colleghi in quest'Aula che per un piatto di lenticchie e qualche articolo in più sul giornale veicolano falsità o mettono insieme mele, pere e articoli diversi per cercare di propagandare la tesi secondo la quale questo Governo sta lavorando per intenti esattamente opposti a quelli che invece sono esplicitati nel provvedimento.
  Io credo che questa Commissione abbia fatto un buon lavoro. Vivaddio, anche il collega del MoVimento 5 Stelle è riuscito ad ammettere questo fatto, quasi sottovoce, in chiusura del suo intervento, dicendo che forse è stato fatto comunque un buon lavoro in Commissione, salvo poi, ovviamente, acquisirsene tutti i meriti, perché, evidentemente, quando si fa un ottimo lavoro è merito esclusivamente di altri e non certo di questa maggioranza.
  Io credo davvero sia un po’ squallido barattare qualche minuto di celebrità per mandare a mare uno stile di lavoro che ha contraddistinto questa Commissione in tutti questi mesi. Spero, invece, che continui ad essere lo stile e il sistema di approfondimento e di confronto, anche acceso e molto aspro, come ripeto, ma senza nessun tipo di volontà di unanimismo, anzi anche con il desiderio di confronto veramente aperto e acceso fra tutte le compagini che compongono la Commissione. Credo che ciò continuerà a dare i suoi frutti, nonostante i tentativi demagogici e un po’ sgangherati di alcuni nostri colleghi (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Palese. Ne ha facoltà.

  ROCCO PALESE. Grazie signor Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento che giunge oggi all'esame dell'Aula racchiude interventi di modesta portata, che non possono certo dirsi propri di una vera e propria riforma del processo penale. Non solo il testo non contiene norme a garanzia e a tutela dei cittadini, ma comprende una serie di disposizioni che rappresentano, in moltissimi punti, un forte arretramento da questo punto di vista. Sembra piuttosto un provvedimento scritto a favore di una magistratura che tende sempre di più ad aumentare il proprio peso e ad essere ingerente nei processi, a totale discapito delle tutele per i cittadini.Pag. 27
  Nell'ottica di un'evidente diminuzione delle garanzie, il disegno di legge interviene sulla disciplina dell'udienza preliminare per abrogare l'articolo 421-bis del codice di procedura penale, relativo all'ordinanza per l'integrazione delle indagini.
  Inoltre, le disposizioni di cui articolo 14 del testo, che modifica l'articolo 438 del codice di procedura penale in materia di giudizio abbreviato, non avranno affatto un effetto deflattivo, ma scoraggeranno le richieste di procedere con rito abbreviato. È inaccettabile che dalla richiesta di giudizio abbreviato in udienza preliminare derivi, non solo la sanatoria delle eventuali nullità, ma, soprattutto, la non rilevabilità delle inutilizzabilità, salvo quelle derivanti da un divieto probatorio, escludendone diverse particolarmente rilevanti, e la preclusione a sollevare ogni questione sulla competenza territoriale del giudice. Il progetto di riforma del centrodestra aveva in questo senso cercato di introdurre l'unica norma in grado di garantire deflazione vera e di incoraggiare le richieste di giudizio abbreviato, ovvero la fissazione di un limite massimo di pena. È inutile prevedere diminuzioni di pena senza correlarle ad un certo limite di massimo edittale.
  Anche l'articolo 16 del provvedimento, che modifica l'articolo 493 del codice di procedura penale, relativo alle richieste di prove in sede di dibattimento, cela la tendenza propria del testo a dare sempre meno spazio alle parti, e, quindi, a diminuire le garanzie per i cittadini. In particolare – e non è l'unica disposizione a prevedere un ritorno al passato – viene ripristinata la distinzione tra PM e altre parti in relazione all'esposizione dei fatti e delle prove richieste, anteriore alla cosiddetta riforma Carotti del 1999: oltre a stabilire la priorità (rispetto alle altre parti) dello stesso PM nella richiesta di prove al giudice, la riforma prevede che il pubblico ministero debba esporre concisamente i fatti oggetto dell'imputazione per consentire al giudice di valutare la rilevanza e la pertinenza delle prove di cui si chiede l'ammissione.
  Anche l'articolo 17, che interviene sull'articolo 546 del codice di procedura penale, relativo al contenuto della sentenza, è da valutare negativamente dal punto di vista della garanzie per i cittadini, perché tenta di comprimere le motivazioni della sentenza.
  Così come l'articolo 20, che crea problemi nell'ambito delle impugnazioni: in particolare, infatti, il testo incide sull'inammissibilità dell'impugnazione, per prevedere che la maggior parte dei vizi che determinano l'inammissibilità siano rilevabili da parte dello stesso giudice che ha pronunciato il provvedimento da impugnare: è, quindi, lo stesso giudice a quo ad avere la possibilità di giudicare le impugnazioni stesse, senza alcuna garanzia di imparzialità.
  E veniamo al vero e proprio disastro del testo, ovvero le norme contenute all'interno dell'articolo 27, che riforma la disciplina della partecipazione al dibattimento a distanza. In particolare, il disegno di legge fa della partecipazione a distanza al procedimento la regola in diversi casi, prevedendo, tra l'altro, che la partecipazione a distanza può essere disposta dal giudice anche quando, fuori dalle ipotesi obbligatorie, ravvisi ragioni specifiche di sicurezza, ovvero quando il dibattimento sia particolarmente complesso, lasciando al giudice una ampissima e discrezionale valutazione in merito a cosa sia «di particolare complessità». In linea generale, ad ogni modo, ampliare la partecipazione a distanza a discapito della presenza fisica nel processo è un chiaro intervento che non va certamente nella direzione della tutela delle garanzie degli imputati.
  Sempre in tema di disastri, vorrei soffermarmi sul tema deleghe: il Governo continua a servirsi del Parlamento a suo uso e consumo, imponendo vere e proprie deleghe in bianco che rappresentano uno schiaffo al potere e al ruolo di queste Camere.
  L'articolo 6, ad esempio, dispone deleghe assai ampie su materie molto delicate senza dettare adeguati principi e criteri direttivi: mi riferisco, in particolare, alla delega che riguarda la procedibilità a Pag. 28querela per i reati contro la persona ed il patrimonio che arrechino offese di modesta entità.
  L'articolo 29, poi, è un vero e proprio capolavoro di vaghezza: mi riferisco alla delega in materia di intercettazioni, ovvero il solo tema per cui questo modesto ed inefficace provvedimento è balzato alle cronache: inserire una norma in materia di intercettazioni fa scattare subito l'allarme «bavaglio». Il risultato è che si grida al «bavaglio» senza minimamente porsi il problema della gravità dell'inserimento di una delega praticamente in bianco su una materia che vede incrociarsi fondamentali diritti costituzionali: nessuna riflessione, infatti, è stata fatta in merito alla fondamentale esigenza di contemperare le necessità investigative con il diritto dei cittadini a vedere tutelata la loro riservatezza, soprattutto quando estranei al procedimento. Il diritto all'intangibilità della vita privata e familiare e la libertà di ricevere e di comunicare informazioni o idee costituiscono, infatti, valori fondamentali della persona, espressamente tutelati nella Costituzione.
  Il Governo, tra l'altro, ha annunciato lo stralcio dell'unica norma di buon senso introdotta in Commissione e di proseguire quindi per la sua cieca strada a totale discapito delle garanzie per i cittadini.
  Noi vogliamo e ci batteremo per modifiche dirette del codice penale e del codice di procedura penale da discutere ed approfondire in Parlamento, in grado di contemperare e bilanciare le esigenze richiamate.
  In sintesi, siamo davanti ad un provvedimento contro le persone, che noi abbiamo cercato di attenuare attraverso l'inserimento e l'approvazione di alcuni emendamenti diretti ad appesantire le pene per i reati contro il patrimonio, come la rapina, il furto in abitazione, il furto con strappo, diretto a tutelare ed alimentare il peso e l'ingerenza della magistratura.
  Purtroppo, abbiamo rinunciato da tempo alla speranza di vedere questo Governo recuperare una visione strategica e di insieme in tema di giustizia e questo testo è l'ennesima prova della totale mancanza di vocazione riformatrice dell'Esecutivo. Un testo su cui comunque presenteremo emendamenti di merito e su cui ci auguriamo che il Governo recuperi buonsenso e un minimo di disponibilità almeno per limitare i danni.

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo – A.C. 2798-A)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore di minoranza, onorevole Ferraresi. Constato l'assenza dell'onorevole Ferraresi.
  Prendo atto che la relatrice per la maggioranza, presidente Ferranti, rinuncia alla replica.
  Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

  ENRICO COSTA, Viceministro della giustizia. Grazie, signor Presidente. Registro che il dibattito anche oggi è stato interessante con degli spunti che immagino saranno poi tradotti in emendamenti.
  L'obiettivo di questo provvedimento è un obiettivo ambizioso: accelerare il processo penale senza compromettere le garanzie. Si tratta di una serie di norme su vari istituti del codice e norme particolarmente significative: si parte dalle condotte riparatorie a interventi e adeguamenti di pena su reati di grave e gravissimo allarme sociale, interventi sulla procedibilità dei reati, interventi nell'ambito delle indagini preliminari, sull'impugnazione, sul giudizio abbreviato, sul dipartimento, sulla tutela della riservatezza. Ebbene, il Governo ribadisce che non si tratta di un testo blindato. Già in Commissione c’è stato un grande dibattito e ci sono state molte proposte emendative che sono state accolte e che hanno contribuito a migliorare questo testo. Non ci sarà un arretramento sui principi ma ci sarà una grande disponibilità a prendere in considerazione le Pag. 29proposte migliorative. La Commissione ha lavorato bene e sono convinto che anche il Parlamento, attraverso le proposte migliorative, potrà meglio completare questo intervento particolarmente significativo.

  PRESIDENTE. La ringrazio. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Modifica nella composizione di un gruppo parlamentare.

  PRESIDENTE. Comunico che il deputato Giovanni Palladino, proclamato in data 23 luglio 2015, ha dichiarato di aderire al gruppo parlamentare Scelta Civica per l'Italia.
  Sospendo ora la seduta, che riprenderà alle ore 13,15.

  La seduta, sospesa alle 13,10, è ripresa alle 13,15.

Organizzazione dei tempi di esame dei disegni di legge di ratifica.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione dei disegni di legge di ratifica nn. 3055, 3027-A, 1924-A e 3131-A.
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati per l'esame dei disegni di legge di ratifica all'ordine del giorno è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 24 luglio 2015.

Discussione del disegno di legge: S. 1335 – Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di libero scambio tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Corea, dall'altra, con Allegati, fatto a Bruxelles il 6 ottobre 2010 (Approvato dal Senato) (A.C. 3055) (ore 13,20).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 3055: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di libero scambio tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Corea, dall'altra, con Allegati, fatto a Bruxelles il 6 ottobre 2010.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 3055)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire il relatore, onorevole Vincenzo Amendola.

  VINCENZO AMENDOLA, Relatore. Grazie, Presidente. Illustro la relazione e consegnerò poi il testo della relazione. L'Accordo al nostro esame, in linea con i princìpi dell'Organizzazione Mondiale del Commercio, prevede la creazione di una zona di libero scambio fra l'Unione europea, i suoi Stati membri e la Repubblica di Corea, da realizzarsi attraverso la rimozione della quasi totalità degli ostacoli tariffari e non tariffari fra le aree economiche; l'adeguamento di standard e la regolamentazione di importanti settori strategici, quali quelli farmaceutici, automobilistici e di elettronica di consumo.
  Anche nella nostra regione la Repubblica di Corea è presente in modo assertivo e responsabile. Non è un caso che nell'aprile scorso la sua Ambasciata a Tripoli sia stata attaccata nel quadro del conflitto interno alla Libia. Questo denota un quadro di rapporti tra l'Unione europea, il nostro Paese e la Corea di grande importanza non solo per gli scambi economici.
  Quanto al tema dell'Accordo in titolo, è da tenere nel giusto conto che nel giugno scorso Cina e Repubblica di Corea hanno firmato un accordo di libero scambio che abolirà i dazi doganali su più del 90 per cento delle compravendite tra i due Paesi per i prossimi vent'anni. Analoghi accordi sono già intervenuti tra Corea da un lato e India e Stati Uniti dall'altra. Fatte queste premesse, l'Accordo punta a riaprire i Pag. 30rispettivi mercati nei settori dei servizi e degli investimenti, a stabilire un impegno delle parti a tutela della proprietà intellettuale, per l'apertura del mercato degli appalti pubblici, la politica di concorrenza e gli aiuti di Stato.
  Sottoscritto nell'ottobre del 2010, dopo un lungo negoziato, l'Accordo è già entrato in vigore in via provvisoria nel luglio del 2011 per i settori di esclusiva competenza comunitaria: si compone di 15 capi, ciascuno dei quali suddiviso in articoli, e di tre protocolli, dedicati alla definizione dei prodotti originari, alla cooperazione amministrativa e alla cooperazione culturale, nonché di numerosi allegati relativi ai singoli capitoli.
  Relativamente ai protocolli e relativamente ai capitoli che consegno in questa relazione, senza entrare in aspetti tecnici eccessivamente analitici, si evidenzia come il protocollo relativo alla definizione di prodotti originari e metodi di cooperazione legislativa preveda che gli esportatori autorizzati possano rilasciare dichiarazione di origine, in relazione a fatture, a bolle di consegna o a qualsiasi altro documento commerciale, che descrivano i prodotti esportati in maniera sufficientemente dettagliata da consentirne l'identificazione.
  Per questi motivi e per gli altri che rimando alla relazione che consegno, è auspicabile una rapida conclusione dell'iter di approvazione di questo provvedimento di ratifica in questa Camera dopo l'approvazione già avvenuta al Senato.
  Chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento (La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti).

  PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo rinuncia ad intervenire.
  Non vi sono iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali, avvertendo che non si darà luogo alle repliche.
  Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di associazione tra l'Unione europea e la Comunità europea dell'energia atomica e i loro Stati membri, da una parte, e la Moldova, dall'altra, fatto a Bruxelles il 27 giugno 2014 (A.C. 3027-A) (ore 13,25).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 3027-A: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di associazione tra l'Unione europea e la Comunità europea dell'energia atomica e i loro Stati membri, da una parte, e la Moldova, dall'altra, fatto a Bruxelles il 27 giugno 2014.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 3027-A)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire il relatore, onorevole Rabino.

  MARIANO RABINO, Relatore. Signor Presidente, l'Accordo al nostro esame – di contenuto analogo a quello riguardante la Georgia – configura la creazione di un'area di libero scambio ampia ed approfondita tra la Moldova e l'Unione europea, definisce forme più strette di cooperazione rispetto all'Accordo del 1998, amplia la gamma di settori della cooperazione medesima e, in una prospettiva più generale, va inteso alla stregua di una vera e propria agenda per le riforme volta a stimolare l'adeguamento della Moldova agli standard normativi europei in tutti i campi.
  L'Accordo – già approvato dal Parlamento europeo – ha un'indubbia rilevanza geopolitica poiché esprime da parte europea (e quindi anche italiana) la volontà di rassicurare Chisinau dopo il passaggio nell'orbita russa della Crimea ed ha avuto forti riflessi su un quadro politico interno Pag. 31segnato dalla conferma al potere nelle elezioni del dicembre scorso della coalizione europea, che ha guidato il Paese nei cinque anni precedenti, cercando di realizzare un percorso di graduale integrazione sia a livello economico che politico.
  Tra queste prime significative realizzazioni spicca, nell'aprile 2014, l'abolizione dei visti d'accesso allo spazio Schengen e la firma di questo accordo di associazione che potrà agevolare lo sviluppo della fragile economia moldava, che resta la più povera del Continente europeo, con un terzo della sua forza lavoro residente all'estero, di cui 150.000 persone in Italia.

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo. Prendo atto che vi rinuncia.
  È iscritto a parlare l'onorevole Amendola. Ne ha facoltà.

  VINCENZO AMENDOLA. Signor Presidente, a nome del Partito Democratico, viste le considerazioni del relatore, esprimo un parere favorevole che poi in dichiarazione di voto specificheremo.

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo – A.C. 3027-A)

  PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore e il rappresentante del Governo non intendono replicare.
  Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Federazione russa sul riconoscimento reciproco dei titoli di studio rilasciati nella Repubblica italiana e nella Federazione russa, fatto a Roma il 3 dicembre 2009 (A.C. 1924-A).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 1924-A: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Federazione russa sul riconoscimento reciproco dei titoli di studio rilasciati nella Repubblica italiana e nella Federazione russa, fatto a Roma il 3 dicembre 2009.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 1924-A)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire il relatore, onorevole Vincenzo Amendola.

  VINCENZO AMENDOLA, Relatore. Signor Presidente, l'Accordo al nostro esame, concluso il 3 dicembre 2009, è finalizzato a disciplinare il reciproco riconoscimento tra Italia e Federazione russa dei periodi e dei titoli di studio universitario ai fini dell'accesso e della prosecuzione degli studi nelle istituzioni universitarie dell'altro Paese. L'assenza di una normativa pattizia di questo tipo comporta oggi che i cittadini che si iscrivano presso le università dell'altra Parte contraente vi conseguano diplomi di laurea privi di riconoscimento legale da parte delle autorità del Paese di origine.
  La nuova intesa – che si sostituisce ad un Accordo del 1998 ormai obsoleto – consentirà agli studenti di una delle due Parti in possesso del titolo finale degli studi secondari superiori di essere ammessi alle istituzioni universitarie dell'altro Stato contraente. L'Accordo favorirà quindi, per delle considerazioni che svolgo nella relazione e che deposito (La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti) un più stretto ambito di cooperazione tra i due Paesi e soprattutto dei cittadini che usufruiscono di un titolo di studio contratto in uno dei due Paesi sottoscrivente l'Accordo, che negli articolati vengono specificati in maniera evidente.Pag. 32
  Ricordo, inoltre, che questo è anche frutto di un lavoro di rapporti bilaterali di scambio come la visita del 10 giugno del Presidente russo Putin in Italia dove ha fatto tappa all'Expo di Milano e successivamente ha incontrato il Presidente della Repubblica, Mattarella, e il Presidente del Consiglio, Renzi: una giornata che ha rappresentato una ulteriore occasione di dialogo e rilancio delle nostre relazioni con questo imprescindibile interlocutore del nostro Paese e della comunità internazionale in un periodo in cui la cooperazione, il dialogo e la risoluzione politica può non solo superare i conflitti ma avvicinare i Paesi.

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo. Prendo atto che vi rinuncia.
  Non essendovi iscritti a parlare, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali, avvertendo che non si darà luogo alle repliche.
  Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di associazione tra l'Unione europea e la Comunità europea dell'energia atomica e i loro Stati membri, da una parte, e la Georgia, dall'altra, fatto a Bruxelles il 27 giugno 2014 (A.C. 3131-A).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge di ratifica n. 3131-A: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di associazione tra l'Unione europea e la Comunità europea dell'energia atomica e i loro Stati membri, da una parte, e la Georgia, dall'altra, fatto a Bruxelles il 27 giugno 2014.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 3131-A)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire il relatore, onorevole Rabino.

  MARIANO RABINO, Relatore. Signor Presidente, gli accordi di associazione con i Paesi del Partenariato orientale costituiscono uno degli strumenti essenziali della politica europea di vicinato, tali intese mirano alla creazione di aree di libero scambio ampie ed approfondite tra ciascuno di questi Paesi e l'Unione europea, promuovono negoziati per la facilitazione nel rilascio dei visti (nella prospettiva di una loro eventuale liberalizzazione), nonché una cooperazione energetica strutturata, allo scopo tra l'altro di fornire all'Unione europea più elevate garanzie nella regolarità dei flussi di approvvigionamento energetico.
  Concludo auspicando una rapida approvazione del disegno di legge, che si affianca al provvedimento di ratifica riguardante la Moldova: tali accordi serviranno a consolidare la posizione dell'Unione Europea nel Caucaso e a consolidare le aspirazioni europee della democrazia georgiana, rinnovate con chiarezza nell'ultimo vertice di Riga, che vede nell'Europa un indiscusso punto di riferimento culturale prima ancora che politico ed economico ma che subisce anche pesanti pressioni da parte di Mosca perché entri nel blocco economico dell'Unione euro-asiatica, egemonizzato dalla Russia. Chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento (La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti).

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo. Prendo atto che vi rinunzia.
  È iscritto a parlare l'onorevole Amendola: non è presente, prendo atto che vi rinunzia.
  A questo punto, non essendovi altri iscritti a parlare, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali, avvertendo che non si darà luogo alle repliche.Pag. 33
  Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Martedì 28 luglio 2015, alle 10,30:

  1. - Svolgimento di una interpellanza e interrogazioni.

  (ore 15)

  2. – Seguito della discussione del disegno di legge:
   Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale per il rafforzamento delle garanzie difensive e la durata ragionevole dei processi nonché all'ordinamento penitenziario per l'effettività rieducativa della pena (C. 2798-A).

   e delle abbinate proposte di legge: FERRANTI ed altri; FERRANTI ed altri; FERRANTI ed altri; CAPARINI ed altri; FRATOIANNI e DANIELE FARINA; DI LELLO; ERMINI ed altri; GULLO; GULLO; BRUNO BOSSIO ed altri (C. 370-372-373-408-1285-1604-1957-1966-1967-3091).
  — Relatori: Ferranti, per la maggioranza; Ferraresi, di minoranza.

  3. - Seguito della discussione delle mozioni Locatelli, Zampa, Bergamini, Binetti, Galgano, Gigli, Spadoni, Nicchi, Gebhard, Giorgia Meloni, Bechis ed altri n. 1-00553 e Rondini ed altri n. 1-00945 concernenti iniziative in ambito internazionale in relazione al fenomeno dei matrimoni precoci e forzati di minori.

  4. - Seguito della discussione delle mozioni Pellegrino ed altri n. 1-00815, Stella Bianchi ed altri n. 1-00941, Busto ed altri n. 1-00951, Palese ed altri n. 1-00953, Matarrese ed altri n. 1-00954, Segoni ed altri n. 1-00955 e Allasia ed altri n. 1-00961 concernenti iniziative per contrastare i cambiamenti climatici, anche in vista della Conferenza di Parigi di dicembre 2015.

  5. – Seguito della discussione dei disegni di legge:
   S. 1335 – Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di libero scambio tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Corea, dall'altra, con Allegati, fatto a Bruxelles il 6 ottobre 2010 (Approvato dal Senato) (C. 3055).
  — Relatore: Amendola.

   Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di associazione tra l'Unione europea e la Comunità europea dell'energia atomica e i loro Stati membri, da una parte, e la Moldova, dall'altra, fatto a Bruxelles il 27 giugno 2014 (C. 3027-A).
  — Relatore: Rabino.

   Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Federazione russa sul riconoscimento reciproco dei titoli di studio rilasciati nella Repubblica italiana e nella Federazione russa, fatto a Roma il 3 dicembre 2009 (C. 1924-A).
Relatore: Amendola.

   Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di associazione tra l'Unione europea e la Comunità europea dell'energia atomica e i loro Stati membri, da una parte, e la Georgia, dall'altra, fatto a Bruxelles il 27 giugno 2014 (C. 3131-A).
  — Relatore: Rabino.

  La seduta termina alle 13,30.

TESTO INTEGRALE DELLE RELAZIONI DELLA DEPUTATA DONATELLA FERRANTI E DEL DEPUTATO VITTORIO FERRARESI IN SEDE DI DISCUSSIONE GENERALE DEL DISEGNO DI LEGGE N. 2798-A

  DONATELLA FERRANTI, Relatrice per la maggioranza. Il disegno di legge in esame costituisce uno dei diversi interventi Pag. 34attraverso i quali in questa legislatura viene affrontato dal Parlamento il tema della giustizia in una ottica di riforma. La complessità della giustizia italiana è tale da non poter essere affrontata con un unico intervento riformatore. Cercare di riformare la giustizia significa dover affrontare sia questioni strutturali ed organizzative, che attengono all'adeguatezza numerica e qualitativa dei mezzi ma anche del personale togato ed amministrativo, sia questioni normative processuali e sostanziali. Questi diversi aspetti presentano poi peculiarità proprie a seconda della materia (civile, penale ed amministrativo) alle quali si riferiscono. All'interno di queste diverse materie vi sono delle sottocategorie che presentano ulteriori specificità. Nella materia penale, che è quella nella quale si colloca il disegno di legge in esame, vi è, ad esempio, il settore relativo all'ordinamento penitenziario, che ha caratteristiche del tutto proprie.
  Sono, pertanto, diversi gli interventi legislativi che compongono, come un mosaico, la riforma della giustizia italiana. Non si tratta unicamente di atti di iniziativa governativa, ma vi sono anche importanti atti di iniziativa parlamentare, come, ad esempio, quelli che hanno introdotto istituti quali la messa alla prova e la particolare tenuità del fatto ovvero hanno modificato la disciplina di istituti particolarmente importanti quali la custodia cautelare e la prescrizione (il testo approvato dalla Camera è all'esame del Senato) ovvero sono intervenuti su reati (reati contro la pubblica amministrazione, falso in bilancio e autoriciclaggio) che minano gravemente l'economia italiana.
  Questa precisazione iniziale mi consente di collocare il disegno di legge in esame, che interviene nella materia penale, nell'ambito degli innumerevoli interventi legislativi che in materia di giustizia si susseguono dall'inizio della legislatura e serve a comprendere alcune scelte effettuate dalla Commissione in merito ad importanti disposizioni del disegno di legge.
  In sede referente, ad esempio, sono state soppresse non per motivi di merito, le disposizioni relative alla confisca allargata, alla riforma della prescrizione, al patteggiamento ed alla corruzione propria, in quanto quelle norme sono contenute in provvedimenti di iniziativa parlamentare (alcuni divenuti legge) altri in corso di discussione come caposaldo la messa alla prova, altra forma di estinzione del reato che è caratterizzata dalla riparazione del danno subito dalla vittima del reato, ma che vede anche specifiche forme riparative nei reati ambientali e in quelli contro la pubblica amministrazione.
  Le proposte contenute nell'A.C. 2798 mirano principalmente a semplificare e rendere spedita la celebrazione dei processi penali, dando attuazione al principio della ragionevole durata del processo senza tralasciare le istanze di garanzia degli imputati, le indicazioni che provengono dalle Convenzioni e delle Direttive europee così come dalla giurisprudenza CGUE e CEDU, il dialogo ed il coordinamento con le nuove misure sostanziali e processuali recentemente introdotte in campo penale.
  Con lo strumento della delega, invece, si è voluto affidare al Governo la necessaria regolazione degli equilibri tra le opposte istanze di finalità rieducativa della pena e di sicurezza sociale, per quanto attiene l'ordinamento penitenziario e le misure di sicurezza, e tra diritto alla riservatezza delle comunicazioni e diritto all'informazione, per quel che attiene le intercettazioni telefoniche.
  Per realizzare gli obiettivi, il Governo ha recepito i preziosi lavori provenienti dalle esperienze delle commissioni ministeriali che di recente hanno concluso i propri lavori (Canzio, Riccio, Fiorella, Giostra) in materia processuale, penale sostanziale e di ordinamento penitenziario e ha tenuto conto anche delle proposte di legge che, su questi temi, erano state avanzate nelle precedenti legislature. Il lavoro si è poi arricchito notevolmente grazie al lavoro della Commissione, in particolare nelle indagini conoscitive e nelle audizioni degli esperti via via ascoltati.Pag. 35
  Lo spirito della proposta è guidato da un autentico intento riformatore che porta a rivedere tecnicamente le disposizioni in modo da rendere il rito penale di maggiore e più affidabile efficienza.
  In chiave di economia processuale e di deflazione dei carichi che affliggono procure e tribunali si devono leggere gran parte delle innovazioni (senza pretesa di esaustività, si indicano: giustizia riparativa; rimedi per le nullità dei provvedimenti di archiviazione; riserva di incidente probatorio nell'accertamento tecnico non ripetibile; incentivo al Decreto penale di condanna ed abbreviato; abbassamento del valore di ragguaglio; limitazioni dell'impugnabilità delle sentenze di patteggiamento; impugnazione avanti la corte d'Appello del non luogo a procedere; esposizione introduttiva; partecipazione a distanza; tipizzazione della sentenza e nuovo paradigma dei motivi di appello; scrutinio delle inammissibilità del giudice a quo; concordato in appello; soppressione del ricorso personale in cassazione; aumento delle sanzioni per ricorsi in Cassazione inammissibili; ampliamento dell'accoglimento del ricorso senza rinvio; il limite al ricorso in Cassazione in caso di doppia conforme; il controllo sui tempi di esercizio dell'azione penale o sulla richiesta di archiviazione, nonché quello sulla tempestività dell'iscrizione nel registro).
  Molte misure contenute nel p.d.l. rispondono anche alla finalità di aggiornare il sistema di garanzie dell'imputato (abbreviato condizionato con possibilità di scelte in subordine, udienza camerale per valutazione di richiesta di abbreviato condizionato a seguito di decreto di immediato; rinnovazione obbligatoria in appello; limite al ricorso in caso di doppia conforme assolutoria).
  Come detto, nel percorso riformatore si sono tenute in considerazione le indicazioni provenienti dalle istituzioni politiche e giudiziarie europee (Giustizia riparativa, su cui è conferita anche una delega al Governo, ed ampliamento facoltà di controllo e di informazione della p.o. sono recepite dalla Direttiva 29/2012; l'obbligo di rinnovazione dell'istruttoria in appello post sentenza di proscioglimento è il recepimento della giurisprudenza CEDU).
  Si è, poi, avvertita la necessità di coordinare il testo con gli altri interventi riformatori della corrente legislatura (aumento pene minime per i reati di furto in abitazione e rapina, sulla falsariga dell'anticorruzione; condotte riparatorie che si pongono in continuità con la messa alla prova e la tenuità del fatto; rescissione del giudicato che segue le disposizioni in tema di procedimento in absentia; rimodulazione della pena del reato di scambio elettorale politico mafioso a seguito della recente rimodulazione delle pene per i delitti di cui all'articolo 416-bis).
  Viene inoltre affrontata la questione penitenziaria attraverso una delega fortemente incisiva, che comunque è stata preceduta in questa legislatura da una serie di interventi legislativi che hanno cercato, in primo luogo, di far fronte al sovraffollamento delle carceri, sempre tenendo conto dei principi costituzionali che caratterizzano la funzione della pena. Ora con la delega dopo quarant'anni dall'approvazione della legge del 16 luglio 1975 sull'ordinamento penitenziario, si ha l'obiettivo di una risistemazione organica della materia, che, tra l'altro, promuova le misure alternative (sempre tenendo conto che alcuni reati di particolare e specifico allarme sociale, quali quelli di mafia e terrorismo, comportano delle riflessioni e una normativa specifica) ed il lavoro in carcere e, quindi, il recupero del condannato alla convivenza civile.
  Per quanto l'attenzione dell'opinione pubblica si sia concentrata solo negli ultimi giorni su questo importante disegno di legge (sulla infondatezza delle polemiche relative al cosiddetto «bavaglio alla stampa» mi occuperò a breve), la Commissione Giustizia si dedica ad esso dall'inizio dell'anno, non appena presentato alla Camera ed assegnato. Il cuore dell'istruttoria è stata come ho già detto una indagine conoscitiva estremamente articolata ed esaustiva, che ha visto accolte tutte le richieste dei gruppi di opposizione ed in primo luogo del gruppo Movimento 5 Pag. 36Stelle che aveva chiesto di riaprire l'indagine già chiusa per affrontare il tema delle intercettazione con i giornalisti.
  In ordine cronologico sono stati sentiti: Rodolfo Maria Sabelli, Presidente dell'Associazione nazionale magistrati, Luigi Riello, Presidente della sezione dell'Associazione nazionale magistrati della Corte di cassazione, Giovanni Canzio, Presidente della Commissione di studio in tema di processo penale presso il Ministero della giustizia, Giorgio Spangher, Ordinario di diritto processuale penale presso l'Università degli studi La Sapienza di Roma, Glauco Giostra, Presidente della Commissione ministeriale di studio in tema di ordinamento penitenziario e misure alternative del Ministero della giustizia, Beniamino Migliucci, Presidente dell'Unione delle Camere penali italiane, Piercamillo Davigo, consigliere della Corte di Cassazione, Vincenzo Improta, Vicepresidente dell'Organismo unitario dell'avvocatura, Antonio Fiorella, presidente della Commissione di studio di revisione del sistema penale attraverso l'introduzione di norme di depenalizzazione presso il Ministero della giustizia, Marco Pelissero, professore di diritto penale presso l'Università degli studi di Genova, Daniele Vicoli, professore di procedura penale presso l'Università degli studi di Bologna, Stefania Carnevale, professoressa di diritto processuale penale presso l'Università degli studi di Ferrara, Ilaria Livigni, rappresentante dell'Organismo unitario dell'avvocatura, Francesco Lo Voi, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, Cesare Vincenti, Presidente del Tribunale di Palermo e della Sezione G.I.P. del medesimo tribunale, Edmondo Bruti Liberati, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano, Gabriella Manfrin, Presidente della Sezione G.I.P. del Tribunale di Milano, Giuseppe Pignatone, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma, Fabrizio Gentili, Presidente della Sezione G.I.P. del Tribunale di Roma, Tullio Padovani, ordinario di diritto penale presso la Scuola Superiore S. Anna di Pisa, Francesco Caprioli, ordinario di diritto processuale penale presso l'Università di Torino ed, infine, Luigi Vicinanza, Direttore de L'Espresso, Giorgio Mulé, Direttore di Panorama, Mario Calabresi, Direttore de La Stampa, Maurizio Belpietro, Direttore di Libero, Stefano Cappellini, Capo redattore de Il Messaggero, Claudio Tito, Capo redattore de La Repubblica, Donatella Stasio, Capo servizio de Il Sole 24 ore, Giovanni Bianconi, inviato de Il Corriere della Sera, Marco Lillo, inviato de Il fatto quotidiano, Enzo Iacopino, Presidente del Consiglio nazionale dell'ordine dei giornalisti, e Anna Del Freo, Segretario generale aggiunto vicario della Federazione nazionale della stampa Italiana. A ciò si aggiunga una specifica richiesta di osservazioni scritte al Procuratore nazionale antimafia ed antiterrorismo, dottor Roberti.
  Rileggendo le audizioni svolte mi vengono in mente in particolare due temi trattati dal disegno di legge: l'uno sono le intercettazioni (su questo tema e sulle polemiche di questi giorni mi soffermerò immediatamente), l'altro è il tema dei tempi delle iscrizioni nel registro degli indagati. Si tratta di un tema quest'ultimo estremamente delicato che ha dirette ricadute sul diritto di difesa e sulla durata ragionevole del processo, del quale si è poco parlato sui giornali, sembrando quasi una questione meramente tecnica riservata agli addetti ai lavori. Invece, su questo tema la Commissione Giustizia ha addirittura svolto una sessione specifica dell'indagine conoscitiva sentendo a completamento anche i Procuratori ed i presidenti delle sezioni G.I.P di tre grandi distretti quali Roma, Milano, Palermo.
  La Commissione attraverso l'approvazione di alcuni emendamenti ha reso ancora più cogenti le disposizioni in materia del disegno di legge con l'obiettivo di evitare lungaggini processuali e rendere reali ed effettivi i tempi delle indagini preliminari a garanzia dell'indagato e della persona offesa.
  L'obiettivo è porre fine ad una patologia del processo dovuta non tanto a carenze normative, quanto invece ad alcuni comportamenti che imputerei da un lato a carenze di personale e di organizzazione Pag. 37dall'altro al consolidamento di prassi che hanno fatto perdere via via la ratio del modello di processo delineato dal legislatore nel 1989, per cui alla ricezione della notizia di reato seguono le indagini ma non la contestuale e tempestiva iscrizione dell'indagato nell'apposito registro, con ciò venendosi ad alterare il regime del termine massimo di durata delle indagini che decorre solo dal momento dell'iscrizione. Le ricadute sui tempi di prescrizione sono poi conseguenziali.
  Si sarebbero potute adottare altre soluzioni, tra cui quella elaborata dalla Commissione Canzio, le cui conseguenze però comportando la inutilizzabilità degli atti compiuti a seguito di una iscrizione tardiva accertata dal Giudice, sarebbero state devastanti proprio per la funzionalità del processo e all'accertamento della verità.
  Si è mantenuta quindi la impostazione del disegno di legge governativo rafforzando il potere-dovere di controllo del Procuratore generale e del procuratore della Repubblica sull'esatta applicazione della normativa processuale relativa alla iscrizione nel registro degli indagati.
  L'attenzione dell'opinione pubblica si è concentrata in questi giorni su una disposizione del testo, introdotta a seguito dell'approvazione di un emendamento in Commissione, che è stata definita a mio avviso erroneamente come il «bavaglio alla stampa». Mi riferisco alla norma che introduce un principio di delega per prevedere la punibilità della diffusione, allo scopo di ledere la reputazione altrui, delle riprese tra presenti effettuate fraudolentemente. Secondo alcuni con questo divieto si prevedrebbero «le manette» nei confronti dei giornalisti soprattutto di inchiesta che svolgono il proprio lavoro utilizzando riprese effettuate all'insaputa del soggetto interessato.
  Trattandosi di un tema estremamente delicato ritengo opportuno fare alcune precisazioni che chiariscano le ragioni per le quali ho espresso parere favorevole previa riformulazione sulla disposizione in esame (emendamento Pagano).
  Ritengo con assoluta certezza che già il testo in aula, anche grazie alla riformulazione che d'intesa con il Governo ho chiesto in Commissione, non sia applicabile a coloro che effettuano una inchiesta giornalistica in quanto, da un lato, l'attività giornalistica quando è svolta nel rispetto del codice deontologico non è mai fraudolenta, ma è sempre pienamente legittima, e dall'altro, l'informazione pubblica non è finalizzata a commettere un reato contro l'onore (come si richiede espressamente nel principio di delega in esame), in quanto le notizie giornalistiche sono espressione del diritto di cronaca, che di per sé rappresenta già una scriminante ai sensi dell'articolo 51 cp.
  Per quanto sia convinta che la norma non si applichi alle inchieste giornalistiche, così come espressamente non si applica alla registrazioni che documentano fatti di reato o che sono utilizzabili per esercizio del diritto di difesa, mi farò promotrice presso il Comitato dei nove, qualora non fossero stati già presentati emendamenti in tal senso, per proporre modifiche al testo che possano fugare qualsiasi dubbio.
  Fatte queste precisazioni, passo ora all'illustrazione del testo nel suo articolato.
  I primi due articoli del disegno di legge disciplinano l'estinzione del reato per condotte riparatorie. In particolare, l'articolo 1 introduce nel codice penale l'articolo 162-ter che, in relazione ai reati perseguibili a querela, quando la stessa è soggetta a remissione, consente al giudice di dichiarare estinto il reato, sentite le parti e la persona offesa, quando l'imputato ha riparato interamente il danno con le restituzioni o il risarcimento e ha eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato. La riparazione deve realizzarsi nel termine massimo della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, salva la fissazione di un termine ulteriore, non superiore a 6 mesi, per il pagamento di quanto dovuto anche in forma rateale. Se il giudice riconosce la congruità della somma offerta a titolo di risarcimento, anche in assenza di accettazione da parte della persona offesa, l'imputato, con il Pag. 38deposito della somma, può vedere estinto il reato. Si applicano le vigenti disposizioni del codice sulla confisca obbligatoria. L'articolo 2 contiene la disciplina transitoria, prevedendo l'applicazione delle nuove disposizioni sulle condotte riparatorie anche ai processi in corso alla data di entrata in vigore della legge, disciplinando la fissazione del termine da parte del giudice volto a consentire all'imputato di provvedere alle restituzioni e al risarcimento.
  L'articolo 3 interviene sul reato di scambio elettorale politico-mafioso (articolo 416-ter c.p., come recentemente modificato dalla legge n. 62 del 2014), per punirlo con la pena della reclusione da 6 a 12 anni (attualmente la pena è la reclusione da 4 a 10 anni). Gli articoli da 4 a 6 intervengono sulla disciplina, rispettivamente, del furto in abitazione e con strappo (articolo 624-bis c.p.), del furto aggravato (articolo 625 c.p.) e della rapina (articolo 628 c.p.), aumentando le pene e escludendo – in relazione al reato di furto – il bilanciamento di alcune circostanze.
  Gli articoli da 7 a 9 contengono deleghe al Governo in materia penale, di revisione del casellario giudiziale e per le relative disposizioni di coordinamento e attuazione. Tutte le deleghe dovranno essere attuate entro un anno dall'entrata in vigore della legge. In particolare, l'articolo 7 delega il Governo ad emanare uno o più decreti legislativi per modificare alcuni istituti previsti dal codice penale e per assicurare maggiore coerenza e conoscibilità alle fattispecie penali. In particolare, il Governo dovrà: modificare il regime di procedibilità di alcuni reati, prevedendo in particolare la procedibilità a querela dell'offeso in relazione ai reati contro la persona ed ai reati contro il patrimonio che arrechino offese di modesta entità all'interesse protetto. La procedibilità d'ufficio dovrà essere mantenuta quando la persona offesa da tali condotte sia incapace per età o per infermità; riformare la disciplina delle misure di sicurezza, in particolare rivedendo l'istituto dell'infermità mentale, anche alla luce della normativa sul superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari, e riformando i presupposti di applicazione delle misure con riferimento alle categorie della abitualità e della tendenza a delinquere; ricondurre al codice penale le fattispecie incriminatrici attualmente contenute nelle leggi speciali, quando le stesse siano riconducibili a settori di tutela penale che, per omogeneità di materia o di interesse protetto, possono essere inserite nel codice. Ciò dovrebbe garantire una «migliore conoscenza dei precetti e delle sanzioni». La stessa disposizione prevede anche puntuali modifiche al codice penale. In particolare, intervenendo sull'articolo 610 (Violenza privata) il provvedimento prevede che il reato sia perseguibile a querela della persona offesa, limitando le ipotesi di perseguibilità d'ufficio alle fattispecie aggravate. La modifica all'articolo 612 (Minaccia) comporta l'introduzione di una specifica aggravante quando il fatto è commesso in danno di minore.
  L'articolo 8 delega il Governo a emanare un decreto legislativo per modificare la disciplina del casellario giudiziale. La norma di delega si limita a prevedere che la revisione della disciplina del casellario debba avvenire alla luce delle «modifiche intervenute nella materia penale, anche processuale, e dei principi e dei criteri contenuti nella normativa nazionale e nel diritto dell'Unione europea in materia di protezione dei dati personali». Entrambi gli articoli delineano il procedimento per l'emanazione dei decreti legislativi, sui quali è previsto il parere delle competenti commissioni parlamentari, entro 60 giorni dalla trasmissione degli atti.
  Infine, l'articolo 9 delega il Governo ad adottare decreti legislativi, nel rispetto delle procedure e dei termini fissati dagli articoli 7 e 8, con riguardo alle disposizioni di attuazione e di coordinamento, nonché le norme transitorie, che si rendano opportune in relazione alle suddette riforme.
  L'articolo 10 riguarda la definizione del procedimento per incapacità dell'imputato, distinguendo l'ipotesi in cui l'incapacità sia reversibile da quella in cui essa sia irreversibile. La disposizione, oltre a integrare l'articolo 71 c.p.p., in modo da prevederne Pag. 39l'applicabilità al solo caso in cui l'incapacità sia reversibile, introduce un nuovo articolo 72-bis sulla definizione del procedimento per incapacità irreversibile dell'imputato. Questa disposizione prevede che se, a seguito degli accertamenti previsti, risulta che lo stato mentale dell'imputato è tale da impedire la cosciente partecipazione al procedimento e tale stato è irreversibile, il giudice, revocata l'eventuale ordinanza di sospensione del procedimento, pronuncia sentenza di non doversi procedere, salvo che ricorrano i presupposti per l'applicazione di una misura di sicurezza diversa dalla confisca. Se l'incapacità viene meno, o è stata erroneamente dichiarata, può essere nuovamente esercitata l'azione penale.
  L'articolo 11 modifica molteplici disposizioni del codice di procedura penale relative alle indagini preliminari e al procedimento di archiviazione. In particolare, interviene: sull'articolo 104 c.p.p., relativo ai colloqui del difensore con l'imputato in custodia cautelare, per circoscrivere la possibilità di dilazionare il colloquio con il difensore alle indagini preliminari concernenti reati di maggior allarme sociale. Si tratta dei reati per i quali è competente il p.m. del tribunale capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente (articolo 51, comma 3-bis, e 3-quater c.p.p.); sull'articolo 335 c.p.p., per consentire alla persona offesa dal reato di chiedere informazioni sullo stato del procedimento penale nel quale ha presentato la denuncia o la querela; la richiesta potrà essere presentata decorsi sei mesi dalla presentazione della denuncia e le informazioni potranno essere rese purché ciò non pregiudichi il segreto investigativo; sulla disciplina degli accertamenti tecnici non ripetibili (articolo 360 c.p.p.), per prevedere che qualora, prima del conferimento dell'incarico al consulente da parte del PM, la persona sottoposta alle indagini formuli riserva di promuovere incidente probatorio, la riserva perda efficacia se l'incidente non è effettivamente richiesto entro 5 giorni; sugli artt. 407 e 412 c.p.p., per prevedere che allo spirare del termine di durata massima delle indagini preliminari o dopo gli adempimenti di cui al 415-bis cpp il PM abbia tempo 3 mesi per decidere se chiedere l'archiviazione o esercitare l'azione penale. La disposizione obbliga dunque il PM ad assumere una posizione rispetto alla notizia di reato; se non lo farà l'indagine sarà avocata dal procuratore generale presso la corte d'appello (sul punto comunque è necessario introdurre una norma transitoria); sull'articolo 408 c.p.p., per allungare da 10 a 20 giorni il termine concesso alla persona offesa per opporsi alla richiesta di archiviazione e chiedere la prosecuzione delle indagini e per prevedere che anche per il furto in abitazione o con strappo (oltre che per i delitti commessi con violenza alla persona) il PM debba notificare all'offeso la richiesta di archiviazione concedendogli 20 giorni per opporsi; sull'articolo 409 c.p.p., per imporre al giudice l'archiviazione quando la persona offesa non abbia presentato opposizione e PM o PG insistano nel richiedere l'archiviazione stessa, nonché per abrogare la disposizione in base alla quale l'ordinanza di archiviazione è ricorribile per cassazione solo nei casi di nullità previsti per i procedimenti in camera di consiglio dall'articolo 127, comma 5. La modifica risulta connessa alla disciplina della nullità del provvedimento di archiviazione prevista dal nuovo articolo 410-bis c.p.p. (v. infra); sulla disciplina della nullità del provvedimento di archiviazione, introducendo nel codice di rito l'articolo 410-bis, in base al quale il decreto di archiviazione è nullo se emesso in mancanza dell'avviso alla persona offesa, prima della scadenza del termine di 10 giorni entro cui la parte offesa può prendere visione degli atti, o prima della presentazione dell'atto di opposizione. In caso di nullità, l'interessato, entro 15 giorni dalla conoscenza del provvedimento, può proporre reclamo dinanzi al tribunale in composizione monocratica; il tribunale, se il reclamo è fondato, annulla il provvedimento e ordina la restituzione degli atti al giudice che ha emesso il provvedimento. Viceversa, condanna la parte privata che ha proposto il reclamo al pagamento delle spese del procedimento, Pag. 40e, nel caso di inammissibilità, anche a quello di una somma in favore della cassa delle ammende. Per coordinamento con questa disposizione è poi modificato anche l'articolo 411 c.p.p. sull'articolo 415 c.p.p., per disporre che il termine di sei mesi entro il quale il PM chiede il rinvio a giudizio decorre dal provvedimento di iscrizione nel registro delle notizie di reato.
  L'articolo 12 del disegno di legge interviene sulla disciplina dell'udienza preliminare per abrogare l'articolo 421-bis c.p.p., relativo all'ordinanza per l'integrazione delle indagini. Conseguentemente viene modificato anche l'articolo 422 c.p.p.
  L'articolo 13 modifica la disciplina dell'impugnazione della sentenza di non luogo a procedere (articolo 428 c.p.p.), che viene riarticolata su un doppio grado di giudizio, prevedendo: che tale sentenza emessa in sede di udienza preliminare sia impugnabile in appello, anziché direttamente in Cassazione; la soppressione della disposizione che consente alla persona offesa costituita parte civile nel processo penale di proporre ricorso per Cassazione; che la corte d'appello decide sull'impugnazione con rito camerale; che, se ad appellare è il PM, la corte, ove non confermi la sentenza: o dispone con decreto il giudizio formando il fascicolo dibattimentale o pronuncia sentenza di non luogo a procedere con formula meno favorevole all'imputato; se, invece, ad appellare è l'imputato, se non conferma la sentenza, la corte d'appello pronuncia il non luogo a procedere con formula più favorevole all'imputato; che il ricorso per Cassazione contro la sentenza di non luogo a procedere pronunciata in appello può essere presentato dall'imputato e dal PG presso la corte d'appello per i soli motivi di cui alle lettere a), b) e c) dell'articolo 606 c.p.p. ovvero: esercizio da parte del giudice di una potestà riservata dalla legge a organi legislativi o amministrativi ovvero non consentita ai pubblici poteri; inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche, di cui si deve tener conto nell'applicazione della legge penale; inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità, di inutilizzabilità, di inammissibilità o di decadenza; che sull'impugnazione della sentenza di appello decide la Corte di cassazione in camera di consiglio.
  L'articolo 14 modifica l'articolo 438 c.p.p. in materia di giudizio abbreviato prevedendo che: ove la richiesta dell'imputato venga subito dopo il deposito dei risultati delle indagini difensive, il giudice provvede soltanto dopo che sia decorso l'eventuale termine (max 60 giorni) chiesto dal PM per lo svolgimento di indagini suppletive; in tale ipotesi, l'imputato può revocare la richiesta di giudizio abbreviato; dalla richiesta di giudizio abbreviato in udienza preliminare deriva la sanatoria delle eventuali nullità (escluse quelle assolute) e la non rilevabilità delle inutilizzabilità (salvo quelle derivanti da un divieto probatorio) e la preclusione a sollevare ogni questione sulla competenza territoriale del giudice; ove la richiesta dell'imputato sia subordinata ad una integrazione probatoria, che venga poi negata dal giudice, l'imputato possa chiedere che il processo sia comunque definito all'udienza preliminare o possa chiedere il patteggiamento. La disposizione modifica anche: l'articolo 442 c.p.p., intervenendo sulle riduzioni di pena connesse a questo rito speciale; in particolare, se il rito abbreviato riguarda un delitto il d.d.l. conferma la diminuzione della pena di un terzo ma, se si procede per una contravvenzione, consente il dimezzamento della pena; l'articolo 458 c.p.p. per disciplinare i contenuti della possibile decisione assunta dal giudice in camera di consiglio sulla richiesta di rito abbreviato dell'imputato.
  L'articolo 15 riguarda, anzitutto, un aspetto collaterale del patteggiamento intervenendo sull'articolo 130 c.p.p. relativo alla correzione di errori materiali nelle sentenze. La disposizione prevede che, quando nella sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti si deve correggere soltanto la specie o la quantità della pena a seguito di errore nella determinazione o nel computo, sia lo stesso giudice che ha emesso la sentenza a provvedere. Pag. 41In caso di impugnazione del provvedimento (ci si riferisce, evidentemente, all'impugnazione del solo PM ex articolo 448, comma 2, c.p.p.) alla rettifica provvede la Corte di cassazione senza bisogno di pronunciare annullamento della sentenza. La disposizione prevede inoltre una modifica all'articolo 448 c.p.p. per prevedere che il ricorso per cassazione da parte del PM e dell'imputato contro la sentenza del giudice che accoglie il patteggiamento possa essere presentato soltanto per motivi attinenti all'espressione della volontà dell'imputato (vizi della volontà), al difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, all'erronea qualificazione del fatto e alla illegalità della pena o delle misure di sicurezza applicate.
  L'articolo 16 modifica l'articolo 493 c.p.p., relativo alle richieste di prove in sede di dibattimento. In particolare, viene ripristinata la distinzione tra PM e altre parti in relazione all'esposizione dei fatti e delle prove richieste, anteriore alla cd. riforma Carotti (L. 479/1999): oltre a stabilire la priorità (rispetto alle altre parti) dello stesso PM nella richiesta di prove al giudice, la riforma prevede che il pubblico ministero debba esporre concisamente i fatti oggetto dell'imputazione per consentire al giudice di valutare la rilevanza e la pertinenza delle prove di cui si chiede l'ammissione. Successivamente, le altre parti e l'imputato indicano i fatti che intendono provare e chiedono l'ammissione delle prove.
  L'articolo 17 interviene sull'articolo 546 c.p.p., relativo al contenuto della sentenza, per stabilire che tale provvedimento deve contenere anche l'indicazione dei risultati acquisiti e dei criteri di valutazione della prova adottati avendo riguardo: all'accertamento dei fatti e alle circostanze relative all'imputazione e alla loro qualificazione giuridica; alla punibilità e alla determinazione della pena e della misura di sicurezza; alla responsabilità civile da reato; all'accertamento dei fatti dai quali dipende l'applicazione di norma processuali.
  Gli articoli 18 e 19 del disegno di legge intervengono in tema di ragguaglio tra pene detentive e pene pecuniarie modificando: l'articolo 135 c.p., norma generale sul ragguaglio, per abbassare da 250 a 75 euro il valore di un giorno di pena detentiva; l'articolo 459 c.p.p., sul procedimento per decreto, per introdurre una norma speciale sul ragguaglio, da applicare esclusivamente a questo procedimento. Anche in questo caso il valore base di ragguaglio è di 75 euro.
  Gli articoli da 20 a 24 modificano alcuni aspetti della disciplina delle impugnazioni penali. In particolare, l'articolo 20, intervenendo sulla disciplina in generale delle impugnazioni: modifica l'articolo 571 c.p.p., per specificare che l'impugnazione può essere proposta personalmente dall'imputato purché non si tratti di ricorso per Cassazione (v. infra); sostituisce l'articolo 581 c.p.p. specificando che l'atto di impugnazione deve contenere, a pena d'inammissibilità, anche l'indicazione delle prove delle quali si deduce l'inesistenza o l'omessa o erronea valutazione; modifica l'articolo 591 c.p.p., relativo all'inammissibilità dell'impugnazione, per prevedere che la maggior parte dei vizi che determinano l'inammissibilità (difetto di legittimazione all'impugnazione; improponibilità del mezzo di impugnazione in quanto il provvedimento non è impugnabile; inosservanza delle modalità di presentazione e spedizione dell'atto di impugnazione; violazione dei termini previsti per l'impugnazione; intervenuta rinuncia all'impugnazione) siano rilevabili da parte dello stesso giudice che ha pronunciato il provvedimento da impugnare. Superato il filtro iniziale da parte del giudice a quo, anche il giudice dell'impugnazione può comunque dichiarare l'inammissibilità del gravame, ma solo per i restanti vizi (difetto di interesse a impugnare; inosservanza dei requisiti di forma diversi dalla mancata enunciazione dei motivi).
  L'articolo 21 del disegno di legge reintroduce nel codice di procedura penale il c.d. concordato sui motivi in appello, abrogato nel 2008. A tal fine inserisce l'articolo 599-bis c.p.p. che consente alle parti di concludere un accordo sull'accoglimento, in tutto o in parte, dei motivi d'appello, da sottoporre al giudice d'appello, Pag. 42che deciderà in merito in camera di consiglio. Se l'accordo comporta una rideterminazione della pena, anche tale nuova pena dovrà essere concordata tra le parti (pubblico ministero, imputato e persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria) e sottoposta al giudice. Se il giudice decide di non accogliere il concordato tra le parti, ordina la citazione a comparire al dibattimento; la richiesta e la rinuncia perdono effetto ma potranno essere riproposte nel dibattimento (viene a tal fine modificato l'articolo 602 c.p.p.). Il procuratore generale presso la Corte d'appello dovrà confrontarsi con i PM del suo ufficio e del distretto per poi indicare criteri idonei a orientare la valutazione di tutti i PM del distretto rispetto al concordato sui motivi in appello. Con una modifica all'articolo 603 c.p.p. è prevista la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale quando l'appello è proposto dal PM contro la sentenza di proscioglimento ed è fondato sulle valutazioni della prova dichiarativa.
  L'articolo 22 dispone in ordine ai procedimenti dinanzi alla Corte di cassazione. In particolare, il disegno di legge: interviene sull'articolo 48 c.p.p. che, nell'ambito della rimessione del processo penale, disciplina la decisione che la Corte di cassazione assume in camera di consiglio e prevede che in caso di rigetto o inammissibilità della richiesta di rimessione, le parti private che l'hanno richiesta possano essere condannate a pagare una somma eventualmente aumentata fino al doppio in ragione della causa di inammissibilità del richiesta di rimessione; modifica l'articolo 610 c.p.p. per gli aspetti relativi all'inammissibilità del ricorso. In particolare, la riforma prevede che quando il presidente della Corte rileva una causa di inammissibilità del ricorso, trasmettendolo all'apposita sezione, la cancelleria della Corte debba, nell'avviso che invia alle parti, enunciare anche la causa di inammissibilità. Inoltre, quando l'inammissibilità non sia stata già dichiarata dal giudice che ha emesso il provvedimento impugnato (in base all'articolo 591, comma 1-bis, v. sopra), alla dichiarazione di inammissibilità può provvedere la Cassazione senza formalità di procedura. Infine, la Cassazione può, sempre senza formalità, dichiarare l'inammissibilità del ricorso contro la sentenza di patteggiamento e contro la sentenza che accoglie il concordato sui motivi in appello e contro le dichiarazioni di inammissibilità della Corte è proponibile il ricorso straordinario per errore materiale o di fatto, da rivolgere alla stessa Corte, in base all'articolo 625-bis c.p.p. La disposizione, inoltre, modifica: l'articolo 608 c.p.p., per prevedere che se il giudice d'appello conferma la sentenza di proscioglimento, il ricorso per Cassazione è possibile solo per i vizi di cui all'articolo 606, lettere a), b) e c) del codice di procedura (ovvero: esercizio da parte del giudice di una potestà riservata dalla legge a organi legislativi o amministrativi ovvero non consentita ai pubblici poteri; inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche, di cui si deve tener conto nell'applicazione della legge penale; inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità, di inutilizzabilità, di inammissibilità o di decadenza); l'articolo 613 c.p.p. per escludere che la parte possa provvedere personalmente alla presentazione del ricorso per Cassazione; l'articolo 616 c.p.p. per quanto riguarda la condanna al pagamento di una sanzione pecuniaria in caso di inammissibilità del ricorso. Anche in questo caso, la sanzione pecuniaria può essere aumentata fino al triplo in ragione della causa di inammissibilità del ricorso; l'articolo 618 c.p.p., relativo alla rimessione alle Sezioni Unite dei ricorsi quando le sezioni semplici ravvisino un contrasto giurisprudenziale che debba essere risolto, prevedendo che le stesse possano operare la rimessione anche quando non concordino con un principio di diritto già enunciato dalle SSUU ma non condiviso dai giudici della sezione. Di contro, le SSUU possono enunciare il principio di diritto anche d'ufficio, quando il ricorso sia stato dichiarato inammissibile per una causa sopravvenuta; l'articolo 620 c.p.p. per specificare in quali casi la Cassazione può procedere all'annullamento della decisione Pag. 43senza rinvio della causa al giudice di merito. La riforma specifica che la Corte può procedere autonomamente se non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto e, quanto alla rideterminazione della pena, se può essere effettuata sulla base delle statuizioni del giudice di merito; l'articolo 625-bis c.p.p., in tema di ricorso straordinario per la correzione dell'errore materiale o di fatto, per precisare che la rilevazione d'ufficio dell'errore, può essere effettuata senza formalità ma entro 90 giorni dalla deliberazione; dopo, saranno le parti a poter richiederne la correzione, entro 180 giorni dal deposito del provvedimento.
  L'articolo 23 abroga l'articolo 625-ter c.p.p. concernente la rescissione del giudicato spostando la relativa disciplina nell'articolo 629-bis, all'interno del Titolo IV relativo alla revisione; analogamente agli altri casi di revisione, spetterà alla corte d'appello decidere in ordine alla richiesta e, in caso di accoglimento, revocare la sentenza e disporre la trasmissione degli atti al giudice di primo grado. Le nuove disposizioni si applicano anche in riferimento ai giudicati già formati al momento dell'entrata in vigore della legge, salvo che sia stata già presentata la richiesta di rescissione.
  L'articolo 24 prevede che i presidenti delle corti d'appello, con la relazione annuale sull'amministrazione della giustizia, debbano riferire dati e valutazioni circa la durata dei giudizi di appello avverso le sentenze di condanna, e dati e notizie sull'andamento dei giudizi di appello definiti ai sensi del nuovo articolo 599-bis c.p.p. sul concordato anche con rinuncia ai motivi di appello.
  L'articolo 25 modifica l'articolo 129 delle disposizioni di attuazione del c.p.p., concernente le informazioni sull'azione penale relativa ai reati ambientali precisando che, quando esercita l'azione penale per i reati previsti nel codice dell'ambiente ovvero per i reati previsti dal codice penale o da leggi speciali comportanti un pericolo o un pregiudizio per l'ambiente, il PM – nell'informare il Ministero dell'ambiente e la Regione interessata – deve dare notizia dell'imputazione. La riforma interviene inoltre sui procedimenti amministrativi connessi ad indagini penali.
  L'articolo 26 riguarda la riorganizzazione dell'ufficio del pubblico ministero, modificando il d.lgs. n. 106 del 2006. In particolare, tra le funzioni proprie del procuratore della Repubblica è inserita anche quella di assicurare l'osservanza delle disposizioni relative all'iscrizione delle notizie di reato; la violazione di tali norme costituisce illecito disciplinare ai sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo n. 109 del 2006.
  L'articolo 27 apporta alcune modifiche alle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale (artt. 45-bis, 134-bis e 146-bis), per riformare la disciplina della partecipazione al dibattimento a distanza. In particolare, il disegno di legge fa della partecipazione a distanza al procedimento la regola nei seguenti casi: la persona si trova in carcere per un delitto di grave allarme sociale (articolo 51, comma 3-bis, c.p.p.); in questo caso la partecipazione a distanza si applica anche alle udienze civili; la persona è ammessa a misure di protezione. L'eccezione alla regola – ovvero la presenza fisica in udienza – può essere prevista dal giudice con decreto motivato; tale eccezione non opera mai per i detenuti soggetti alle misure di detenzione speciale di cui all'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario. La partecipazione a distanza può essere disposta dal giudice anche quando, fuori dalle ipotesi obbligatorie, ravvisi ragioni specifiche di sicurezza, ovvero quando il dibattimento sia particolarmente complesso o debba essere assunta la testimonianza di un recluso.
  L'articolo 28 delega il Governo a modificare entro un anno, con più decreti legislativi, la disciplina del processo penale e dell'ordinamento penitenziario, sulla base di principi e criteri direttivi dettati dagli articoli seguenti, individuando il procedimento per l'emanazione dei decreti legislativi.
  In particolare, l'articolo 29 individua principi e criteri direttivi per la riforma del processo penale in materia di intercettazioni Pag. 44di conversazioni o comunicazioni e di giudizi di impugnazione. Elenca quindi una serie di principi e criteri direttivi. Per quanto riguarda le intercettazioni: prevedere disposizioni per garantire la riservatezza delle comunicazioni e conversazioni telefoniche e telematiche oggetto di intercettazione, in conformità all'articolo 15 Cost., attraverso prescrizioni che incidano anche sulle modalità di utilizzazione cautelare dei risultati delle captazioni e che diano una precisa scansione procedimentale all'udienza di selezione del materiale intercettativo, avendo speciale riguardo alla tutela della riservatezza delle comunicazioni e conversazioni delle persone occasionalmente coinvolte nel procedimento, in specie dei difensori nei colloqui con l'assistito, e delle comunicazioni comunque non rilevanti a fini di giustizia penale; prevedere una nuova fattispecie penale (punita con la reclusione da 6 mesi a 4 anni) a carico di quanti diffondano il contenuto di conversazioni fraudolentemente captate, con la finalità di recare danno alla reputazione; prevedere la semplificazione delle condizioni per l'impiego delle intercettazioni delle conversazioni e comunicazioni telefoniche e telematiche nei procedimenti per i più gravi reati dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione. Per quanto riguarda le impugnazioni: prevedere la ricorribilità per Cassazione soltanto per violazione di legge delle sentenze emesse in grado di appello nei procedimenti di competenza del giudice di pace; prevedere che il procuratore generale presso la corte di appello possa appellare soltanto nei casi di avocazione e di acquiescenza del pubblico ministero presso il giudice di primo grado; prevedere la legittimazione del pubblico ministero ad appellare avverso la sentenza di condanna solo quando abbia modificato il titolo del reato o abbia escluso la sussistenza di una circostanza aggravante ad effetto speciale o che stabilisca una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato; prevedere la legittimazione dell'imputato ad appellare avverso le sentenze di proscioglimento emesse al termine del dibattimento, salvo che siano pronunciate con le formule: »il fatto non sussiste«; »l'imputato non lo ha commesso«; prevedere la titolarità dell'appello incidentale in capo all'imputato e limiti di proponibilità.
  L'articolo 30 contiene una delega diretta a modificare l'ordinamento penitenziario, secondo una serie di principi e criteri direttivi: semplificazione delle procedure; valorizzazione degli uffici dell'esecuzione penale esterna e potenziamento del sistema dei controlli da condurre sui soggetti in stato di libertà; revisione dei presupposti di accesso alle misure alternative (limite di pena 4 anni); revisione del sistema delle preclusioni all'accesso ai benefici penitenziari; previsione di attività di giustizia riparativa; valorizzazione del lavoro, in ogni sua forma e del volontariato; revisione delle disposizioni dell'ordinamento penitenziario relative alla medicina penitenziaria, all'utilizzo dei collegamenti audiovisivi, al riconoscimento del diritto all'affettività; interventi specifici relativi ai detenuti stranieri. La disposizione di delega contiene inoltre specifici principi e criteri direttivi per l'adeguamento delle norme dell'ordinamento penitenziario alle esigenze rieducative dei detenuti minori di età, con riferimento tanto alle autorità giurisdizionali coinvolte, quanto all'organizzazione degli istituti per i minorenni, passando per la revisione delle misure alternative alla detenzione e dei benefici penitenziari, con particolare attenzione all'istruzione ed ai contatti con la società esterna, in funzione di reinserimento sociale.
  Ulteriore delega è affidata al Governo dall'articolo 31 ed è relativa all'adozione di norme di attuazione, di coordinamento e transitorie, mentre l'articolo 32 riguarda la delega per le eventuali disposizioni integrative e correttive.
  Gli articoli 33 e 34 dispongono in ordine all'invarianza finanziaria della riforma e alla sua entrata in vigore.

  VITTORIO FERRARESI, Relatore di minoranza. Onorevoli Colleghi ! Il disegno di legge n. 2798 intende riformare alcune parti significative del sistema penale con l'obiettivo di rafforzare le garanzie difensive, Pag. 45assicurare la ragionevole durata dei processi, intensificare il contrasto alla corruzione e incidere sull'ordinamento penitenziario per rendere effettivi percorsi di reinserimento sociale dei condannati e di accesso alle misure alternative alla detenzione. Nel complesso, il disegno di legge in esame viene a connotarsi per l'estrema varietà degli interventi di natura penal-sostanziale e processuale, alcuni dei quali effettuati attraverso disposizioni di immediata applicazione, altri nella forma dei progetti di legge-delega (ad es. in tema di intercettazioni). Il disegno consiste in un insieme di interventi, alcuni con efficacia immediata, altri consistenti in una delega diretta a realizzare interventi successivi che vorrebbero essere di sistema, in particolare sul processo d'appello. In realtà, l'intervento normativo non appare idoneo a restituire concreta e piena efficacia al sistema penale, limitandosi a singole disposizioni disorganiche, le quali lasciano impregiudicata, e certo non allontanano, l'esigenza di un'urgente rivisitazione sistematica che guardi al processo nel suo complesso. Come più volte segnalato anche dal Consiglio superiore della magistratura, gli ambiziosi obiettivi indicati nella relazione a corredo del disegno di legge andrebbero perseguiti da interventi organici di ben altra intensità, data la crisi gravissima in cui versa la giustizia penale del nostro paese, crisi che attiene a differenti ambiti operativi, tra loro strettamente interconnessi. Il nostro diritto penale sostanziale, a causa del susseguirsi di interventi normativi spesso ispirati ad una logica emergenziale, nel tempo ha dilatato a dismisura il catalogo dei reati e l'intensità della risposta repressiva. Ciò si è peraltro realizzato, in maniera prevalente, in settori interessati dalla c.d. criminalità di strada e dai fenomeni connessi all'uso di sostanze stupefacenti, piuttosto che nell'ambito della criminalità economica e contro la pubblica amministrazione, rispetto ai quali si constata una assoluta inadeguatezza della risposta repressiva, anche per la mancanza di adeguati interventi sul sistema economico, sulla pubblica amministrazione e sul relativo regime dei controlli, che dovrebbero essere preliminari ad ogni ipotesi di revisione dell'intervento penalistico. Alla dilatazione dei dispositivi di controllo penale nei settori più sensibili alle sollecitazioni securitarie ha, per un verso, corrisposto un marcatissimo incremento del carico giudiziario, con effetti di sostanziale incapacità di smaltimento dello stesso da parte del sistema processuale e la conseguente attribuzione all'istituto della prescrizione di una patologica funzione di mantenimento degli equilibri del sistema penale, in specie per i reati in materia ambientale o contro la pubblica amministrazione, in relazione ai quali si è registrata una estrema difficoltà a pervenire ad un effettivo vaglio sulla responsabilità. Sul versante del diritto sostanziale, a fronte di un catalogo di reati dal carattere ipertrofico, andrebbe effettuata, con assunzione di responsabilità del Parlamento, una selezione delle condotte realmente meritevoli di determinare la risposta penale, che secondo il dettato costituzionale, dovrebbe connotarsi come extrema ratio.
  Allo stato, invece, questa operazione viene sostanzialmente affidata alla sola giurisprudenza mediante l'istituto della «particolare tenuità del fatto» introdotto dal decreto legislativo n. 28 del 2015, che – se costituisce un utile strumento di selezione delle condotte nel caso concreto meritevoli di punizione, in ossequio al principio di offensività – non realizza quella necessaria assunzione di responsabilità del legislatore nelle scelte di valore sottese al sistema penale che, soltanto, può effettivamente incidere sugli indirizzi generali della giurisdizione, anche sotto il profilo deflattivo. E ciò, anche perché l'accertamento della tenuità del fatto nella singola fattispecie comporta comunque procedura laboriosa che difficilmente si tradurrà in una effettiva riduzione dell'impegno giudiziario e che, d'altro canto, potrebbe determinare trattamenti diversificati per condotte analoghe nei diversi ambiti nazionali.
  Con riferimento poi al profilo più strettamente sanzionatorio, occorrerebbe superare la persistente centralità della pena Pag. 46carceraria, potenziando l'utilizzo di misure repressive di tipo ablativo, prescrittivo ed interdittivo quali pene principali, e con la previsione della possibilità di applicare sanzioni alternative al carcere da parte del giudice della cognizione. E bisognerebbe altresì addivenire alla implementazione di un sistema di restorative justice fondato sugli istituti tipici della giustizia riparativa e della mediazione penale, già esistenti nel processo minorile e nel rito del giudice di pace come solo in parte il disegno di legge in esame si propone di fare.
  Entrando, ora, nel merito del provvedimento, il Movimento 5 Stelle dichiara apertamente che molte sono le criticità rinvenibili nell'articolato e che qui di seguito saranno messe in evidenza.
  In commissione abbiamo stigmatizzato le modalità di svolgimento dei lavori parlamentari, sovente caotiche e concitate e in particolare, sottolineiamo la circostanza che il disegno di legge in discussione da lungo tempo all'esame della Commissione ha subito negli ultimi due o tre giorni una improvvisa accelerazione dei lavori che ha unicamente lo scopo di consentire l'approvazione, in breve tempo, delle disposizioni di cui all'articolo 28 relative alla delega in materia di intercettazioni telefoniche.
  Infatti è stato approvato in seduta notturna l'emendamento Pagano all'articolo 28 che prevede che chiunque diffonda, al fine di recare danno alla reputazione o all'immagine altrui, riprese o registrazioni di conversazioni svolte in sua presenza e fraudolentemente effettuate, è punito con la reclusione da 6 mesi a 4 anni. La punibilità è esclusa quando le riprese costituiscono prova nell'ambito di un procedimento dinnanzi all'autorità giudiziaria o siano utilizzate nell'ambito di esercizio del diritto di difesa.
  Al riguardo, noi riteniamo che lo strumento più adatto a disciplinare tale complessa e delicata materia non sia certamente la delega legislativa prevista proprio dall'articolo 28, che sottrae al Parlamento la possibilità di svolgere compiutamente il proprio ruolo.
  Il titolo I contiene proposte di modifica del diritto sostanziale, finalizzate a rendere il sistema penale più adeguato all'obbiettivo di una giustizia snella, funzionale ed efficace, con l'introduzione di misure orientate, da un lato, a selezionare le vicende che – dal punto di vista delle istanze di tutela dell'ordinamento, e delle finalità retributive e preventive della pena – richiedano effettivamente il dispiegamento integrale delle risorse processuali di accertamento e sanzione ordinarie e, dall'altro, ad offrire un apparato ordinamentale idoneo a rendere effettiva la sanzione delle condotte meritevoli di punizione.
  Al primo obbiettivo sono dedicati gli articoli 1 e 2 che, operando sul piano sostanziale delle cause di estinzione del reato, individuano, in relazione a certe tipologie di reato, una nuova fattispecie di definizione della vicenda che garantisca l'eliminazione del disvalore sociale della condotta con modalità alternative alla sanzione penale, con i vantaggi di deflazione processuale conseguenti al venir meno della necessità del pieno accertamento.
  L'istituto pare ispirato dal dibattito, sempre più diffuso in dottrina e radicato nell'attenzione dei legislatori, sulle modalità alternative di definizione dei procedimenti penali, secondo i canoni della cd. «giustizia riparativa». Il disegno di legge all'articolo 1 propone, dunque, l'introduzione dell'articolo 162-ter del codice penale, che prevede l'estinzione del reato quando l'imputato abbia riparato interamente entro sei mesi il danno dal medesimo cagionato, mediante le restituzioni o il risarcimento, ed abbia eliminato le sue conseguenze dannose o pericolose.
  Il presupposto dogmatico generale, largamente condiviso, è quello che nessuna utilità sociale generale né individuale può essere riconosciuta alla sanzione penale quando, sul piano delle conseguenze obbiettive, ogni effetto pregiudizievole della condotta vietata sia stato rimosso, e sul piano soggettivo, il reo abbia dimostrato, per comportamenti concludenti, una seria volontà di riabilitazione. La giustificazione teorica, appena esposta, spiega la limitazione dell'istituto ai reati perseguibili a Pag. 47querela e con querela rimettibile, in cui, cioè, l'interesse protetto sia fortemente individualizzato nella persona offesa che è per legge arbitro della percorribilità processuale della sua punizione. Proprio nell'ottica della verifica in concreto della ricorrenza delle ragioni sostanziali che giustificano la rinuncia alla punizione, la norma prescrive che prima di decidere il giudice senta le parti del processo. Naturalmente deve ritenersi che non sia necessario, per dare corso alla dichiarazione di estinzione del reato, l'esplicito assenso della persona offesa; ciò perché, se la volontà della vittima fosse condizione indispensabile per la pronuncia si finirebbe per non riconoscere al nuovo istituto un ambito di significativa applicazione ulteriore rispetto a quello consentito dalla remissione della querela, prevista come autonoma causa di estinzione dall'articolo 152 c.p..
  La formulazione letterale della norma sembra escludere ogni discrezionalità del giudice, tenuto a dichiarare l'estinzione del reato ogni qualvolta sia stata accertata l'intervenuta effettiva riparazione integrale.
  In particolare, l'estinzione per condotte riparatorie, qui, si pone come un ulteriore (ormai troppi) caso di, va detto, depenalizzazione in concreto.
  Il giudice deve sentire la persona offesa e non è neppure vincolato alla sua determinazione. Risolta la questione civile, in sostanza, viene meno la questione penale. La norma, nel contesto del giudice di pace, ha un senso poiché riferita a reati che esprimono microconflittualità. Meno in reati di competenza del tribunale. Ulteriore notazione, nella DIR. UE 2012/29 sui diritti della persona offesa, gli esiti di questo tipo, chiaramente inquadrabili nella giustizia riparativa, sono ammessi se la vittima sceglie di parteciparvi. Si rischia altrimenti di diffondere sentimenti di rabbia e impotenza nella vittima, a causa dell'impunità sostanziale del colpevole (che tecnicamente verrebbe prosciolto !), che innescano fenomeno di vittimizzazione secondaria (per intenderci: «Ti ho fatto del male con il reato, ora ti umilio sbattendoti i soldi in faccia e uscendo senza subire pena per quel che ho fatto; ti faccio male quando voglio, tanto poi comprerò la mia libertà»). La Direttiva tende a evitare queste dinamiche nel modo migliore: imponendo che le dinamiche riparatorie che sostituiscono la pena siano sempre e inderogabilmente frutto di un dialogo spontaneo, partecipato e libero tra vittima e colpevole. Lo Stato che costringe la vittima querelante (che chiede la punizione) a accettare del denaro perché non sia punito il colpevole umilia la persona offesa del reato due volte.
  Le condotte riparatorie che estinguono il reato devono essere sempre frutto di una libera scelta della vittima e non dello Stato in accordo con il colpevole.
  All'articolo 7 è previsto anche un intervento sulla disciplina delle misure di sicurezza, attraverso una delega al Governo, da attuare entro un anno, per la «revisione della disciplina delle misure di sicurezza, particolarmente in relazione ai presupposti di applicazione, anche con riferimento alla categorie dell'abitualità e della tendenza a delinquere, e modifica delle misure di sicurezza per le ipotesi di infermità di mentale, anche in considerazione della normativa sugli ospedali psichiatrici giudiziari» (articolo 6).
  Che la disciplina delle misure di sicurezza meriti una revisione complessiva, è da tempo evidenziato dalla dottrina e dai progetti di riforma del codice penale.
  Come evidenziato ampiamente nelle audizioni (professore Pelissero) l'articolo in esame non costituisce, tuttavia, lo strumento più adeguato per perseguire questo scopo, perché presenta due limiti di carattere generale non risolvibili mediante interventi di mera interpolazione:
   a) non è chiaro se il disegno di legge dia indicazioni in favore di una riforma globale della disciplina delle misure si sicurezza o se non si limiti piuttosto a delegare il Governo a razionalizzare la disciplina esistente, che rimarrebbe sostanzialmente invariata rispetto all'attuale sistema a doppio binario;Pag. 48
   b) insufficienza dei principi e criteri direttivi.

  Dalla lettura emergono elementi che depongono per la conservazione dell'assetto generale di disciplina esistente, purtroppo anche in relazione ai profili che sollevano maggiori perplessità in dottrina: il richiamo alle categorie dell'abitualità e della tendenza a delinquere segnala il mantenimento delle misure di sicurezza anche per i soggetti imputabili, ossia per una categoria di destinatari rispetto alla quale si sono da tempo consolidate le riserve della dottrina; nel senso della continuità depone anche il richiamo alla normativa sugli ospedali psichiatrici giudiziari, che ha avviato il processo di superamento delle modalità di esecuzione delle misure di sicurezza degli ospedali psichiatrici giudiziari e delle case di cura e di custodia, mantenendo peraltro tali misure per i soggetti con infermità mentale (non imputabili o semi-imputabili) sempre sul presupposto della pericolosità sociale (pur con la revisione delle modalità di accertamento introdotte dalla legge n. 81 del 2014).
  Non è chiaro, alla luce dell'articolo 6, quanto il legislatore delegato possa discostarsi dall'impianto attuale della disciplina, poiché la delega è carente nell'indicare principi e criteri direttivi ex articolo 76 Cost., se non per il limitato, ma insufficiente accenno al raccordo con la normativa sugli ospedali psichiatrici giudiziari che da ultimo (legge n. 81 del 2014) ha introdotto nel sistema elementi importanti di riforma della disciplina delle misure di sicurezza personali per i soggetti con infermità mentale. Il disegno di legge omette, pertanto, di effettuare scelte di politica criminale su nodi nevralgici del sistema sanzionatorio a doppio binario, rimettendole all'esecutivo.
  La genericità dell'attuale disegno di legge appare ancor più evidente se la si confronta con la specificità dei progetti di legge delega per la riforma del codice penale (i progetti delle Commissioni Pagliaro, Nordio e Pisapia) nei quali principi e criteri direttivi erano declinati in modo dettagliato (il progetto della Commissione Grosso era invece strutturato in forma di articolato, ma sarebbe possibile desumere dallo stesso i principi di una legge delega).
  La genericità della legge delega renderebbe, di fatto, conforme alla stessa, pressoché qualsiasi testo, con l'unico limite del rispetto dei principi costituzionali e della normativa sul superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari.
  La mancata esplicitazione di principi e criteri direttivi precisi e la presenza di alcuni segnali favorevoli al mantenimento dell'impostazione attuale del sistema sanzionatorio a doppio binario rendono l'articolo 7 uno strumento inadeguato per definire i limiti di una delega in un settore che, tra l'altro, si trova in questo momento in un delicato periodo di transizione, in ragione del processo, complesso e difficoltoso, di superamento delle modalità di esecuzione delle misure dell'ospedale psichiatrico giudiziario e della casa di cura e di custodia.
  La disciplina delle misure si sicurezza costituisce un capitolo solo apparentemente marginale del sistema sanzionatorio penale: sebbene, infatti, interessi un numero del tutto limitato di soggetti rispetto ai destinatari del controllo penale, la sua riforma tocca nodi centrali della responsabilità penale e del sistema sanzionatorio: l'ambito di riconoscimento del principio di responsabilità colpevole, quanto all'individuazione dei presupposti della capacità di intendere e volere; gli spazi di libertà da riconoscere ai soggetti con infermità mentale; la nozione stessa di infermità di mente; i limiti di legittimazione di un diritto penale della difesa sociale; l'equilibrio tra garanzie individuali e finalità preventive del sistema penale. Questi nodi centrali del sistema sanzionatorio non possono essere elusi dal Parlamento e delegati alle scelte del Governo.
  A ciò si aggiunga che l'attuale disciplina delle misure di sicurezza è profondamente cambiata rispetto all'impostazione originaria del codice penale Rocco, a seguito di importanti sentenze della Corte costituzionale e di interventi del legislatore che hanno progressivamente valorizzato il rispetto Pag. 49delle garanzie individuali ed i profili terapeutico-riabilitativi piuttosto che i profili custodiali e la soddisfazione delle esigenze di difesa sociale: l'abolizione delle presunzioni di pericolosità sociale (articolo 31, l. 663/1986); la soppressione della durata minima delle misure di sicurezza (Corte cost. sent. n. 110/1974); la flessibilizzazione della disciplina delle misure previste per i soggetti affetti da infermità psichiche e la sussidiarietà della misura custodiale, con privilegio accordato alla libertà vigilata con prescrizioni a contenuto terapeutico (Corte cost. sent. nn. 253/2003, 367/2004 e 208/2009). Più recentemente il legislatore ha avviato (l. n. 9/2012, e prima ancora d.p.c.m. 1 aprile 2008) il percorso sul definitivo superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari e delle case di cura e di custodia attraverso la modificazione delle loro modalità di esecuzione – tali misure permangono, pertanto, nel sistema penale come istituti giuridici – attraverso le »residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza« (REMS); la l. 81/2014 ha anche introdotto importanti elementi di novità nella disciplina delle misure di sicurezza detentive e della pericolosità sociale in relazione all'applicazione delle misure di sicurezza per soggetti con vizio totale o parziale di mente.
  In questo contesto, esistono indubbiamente esigenze di riordino della disciplina normativa e di modificazione di alcune norme del codice penale, che fanno ancora riferimento – seppur solo formalmente – alla pericolosità sociale presunta, pur abolita dalla legge Gozzini; la stessa legge n. 81/2014 è intervenuta sulla disciplina delle misure di sicurezza, senza modificare formalmente alcuna norma del codice penale. Proprio per questa ragione è necessario che la legge delega chiarisca, attraverso principi e criteri direttivi, se la legge delega ha una mera funzione di riordino dell'assetto esistente o se si propone di introdurre elementi nuovi, indicandone la direzione di sviluppo.
  La revisione complessiva del sistema delle misure di sicurezza andrebbe ripensata nell'ambito della riforma complessiva del sistema sanzionatorio, unitamente ad alcuni istituti di parte generale che più direttamente interagiscono con tale disciplina (ad es., la nozione di infermità agli effetti del vizio di mente).
  Il Titolo II, dedicato a «Modifiche al codice di procedura penale», è suddiviso in tre capi, afferenti, rispettivamente, a «Modifiche in materia di incapacità dell'imputato di partecipare al processo, di indagini preliminari e di archiviazione», «Modifiche in materia di riti speciali, udienza preliminare, istruzione dibattimentale e struttura della sentenza di merito» e «Semplificazione delle impugnazioni».
  L'articolo 10 riguarda la definizione del procedimento per incapacità dell'imputato, distinguendo l'ipotesi in cui l'incapacità sia reversibile da quella in cui essa sia irreversibile.
  Esso contempla le disposizioni codicistiche relative alle ipotesi in cui venga accertato che l'imputato patisca una infermità mentale sopravvenuta al fatto contestato di gravità tale da impedirgli di partecipare coscientemente al procedimento.
  Nell'attuale quadro normativo la protrazione di condizioni di incapacità dell'imputato per periodi assai consistenti, quantificabili in non pochi casi nell'ordine di più lustri, determina il parallelo mantenimento della pendenza a carico di soggetti sovente in stato di parziale o totale incoscienza e la necessità di eseguire, con frequenza biannuale, accertamenti peritali che comportano dispendio di risorse umane, strumentali ed economiche.
  Ma a parere del Movimento 5 stelle il nuovo articolo pare mosso esclusivamente da ragioni di economia processuale. Infatti, il meccanismo attuale di sospensione e di reiterazione, a cadenze programmate, degli accertamenti sullo stato di mente non è considerato adeguato alle ipotesi in cui l'incapacità sia conseguenza di uno stato mentale irreversibile, che priva di senso sia la sospensione del processo sia le periodiche verifiche peritali.
  In base al nuovo articolo, se, a seguito degli accertamenti previsti, risulta che lo Pag. 50stato mentale dell'imputato è tale da impedire la cosciente partecipazione al procedimento e tale stato è irreversibile, il giudice, revocata l'eventuale ordinanza di sospensione del procedimento, pronuncia sentenza di non doversi procedere, salvo che ricorrano i presupposti per l'applicazione di una misura di sicurezza diversa dalla confisca.
  La natura della sentenza, che definisce il processo con un semplice non doversi procedere, non osta ad una ripresa della vicenda processuale nella eventualità remota che l'imputato riacquisti la capacità di cosciente partecipazione.
  In commissione è stato approvato il nostro emendamento che chiede con riferimento all'articolo 72-bis che anche l'infermo meriti l'assoluzione se le prove esistono negli atti e con le nostre proposte emendative abbiamo ottenuto che all'articolo 72-bis si preveda che alla sentenza di non luogo a procedere poiché l'imputato è incapace di partecipare coscientemente al procedimento si applica l'articolo 345 commi 1 e 2, se lo stato di incapacità viene meno o se era stato erroneamente dichiarato».
  L'articolo 11 contiene una pluralità di disposizioni, accomunate dall'incidenza sulla fase delle indagini preliminari e sul procedimento di archiviazione.
  Il comma 1, ispirato alla logica del c.d. «doppio binario», circoscrive alle ipotesi di reato più gravi l'ambito applicativo dell'istituto della dilazione dei colloqui tra il difensore e la persona sottoposta a misura detentiva cautelare o precautelare.
  Volta ad evitare che l'esercizio delle prerogative difensive possa tradursi nell'ingiustificata paralisi dell’iter processuale è, invece, la disposizione contenuta nel comma 2 che stabilisce, opportunamente, che la riserva della parte privata ex comma 4 dell'articolo 360 c.p.p. di promuovere incidente probatorio perda efficacia se non seguita, entro cinque giorni, dalla richiesta di incidente probatorio e che alla perdita di efficacia si accompagni la preclusione alla sua ulteriore proposizione.
  Le disposizioni contenute nei commi 4, 5 e 6 concernono il procedimento di archiviazione.
  Da un canto, vengono codificate le ipotesi di nullità del decreto di archiviazione individuate dalla giurisprudenza e richiamate, quanto all'ordinanza di archiviazione, le nullità già indicate dall'articolo 127, comma 5, c.p.p.; dall'altro, viene introdotto uno specifico procedimento attraverso il quale la nullità dell'ordinanza può essere agilmente dedotta avanti alla Corte di Appello – anziché alla Cassazione, che viene così sgravata da compiti non connaturati alla funzione – mentre, nel caso di nullità del decreto, sarà lo stesso giudice delle indagini preliminari a rilevare il vizio con la spedita procedura ex articolo 130 c.p.p..
  Viene meno, in tal modo, la ricorribilità del provvedimento di archiviazione in sede di legittimità, ciò che, come chiarito dalla relazione introduttiva, non si pone in contrasto con l'articolo 111, comma 7, Cost., giacché ci si trova al cospetto di atti diversi dalla sentenza e non incidenti sulla libertà personale.
  L'articolo 12 interviene con specifiche modifiche sulla disciplina dell'udienza preliminare, con lo scopo di rendere tale disciplina più snella ed aderente alle finalità per cui è stata istituita dal legislatore ovvero costituire soltanto la sede di una prognosi sulla fondatezza dell'accusa e sull'utilità del dibattimento.
  L'articolo 13 modifica la disciplina dell'impugnazione della sentenza di non luogo a procedere che viene riarticolata su un doppio grado di giudizio.
  Il medesimo articolo elimina la facoltà di impugnazione della persona offesa costituita parte civile. Scelta discutibile in riferimento all'articolo 24 Cost., poiché la parte civile ha pur sempre partecipato al procedimento e dovrebbe accettarne gli effetti senza poter stimolare un giudizio di impugnazione. Difetto non troppo grave, è vero, in ragione del fatto che il danneggiato può sempre trasferire l'azione di danno nella sede propria. Tuttavia, resta da valutare (a seguito di maggiori approfondimenti) la compatibilità di questa Pag. 51scelta con l'articolo 11 della direttiva 2012/29/UE la quale stabilisce il diritto per la vittima del reato di chiedere il riesame della decisione di non esercitare l'azione penale. La direttiva, ancora non attuata nel sistema italiano, effettivamente non sarebbe violata se ci si ferma ad una interpretazione testuale, poiché all'esito dell'udienza preliminare l'azione penale è stata certamente esercitata. Tuttavia la sentenza di non luogo a procedere rappresenta, più che un proscioglimento, la decisione di non voler proseguire con l'azione penale. Il che rende necessario maneggiare con l'opportuna cautela compressioni al diritto di impugnazione della persona offesa in questo contesto.
  L'articolo 14 modifica l'articolo 438 c.p.p. in materia di giudizio abbreviato.
  Viene, anzitutto, riformulato il comma 4, che attualmente prevede che sulla richiesta dell'imputato (che il processo sia definito all'udienza preliminare allo stato degli atti) il giudice provvede con ordinanza con la quale dispone il giudizio abbreviato.
  Tale confermata disposizione è integrata dalla previsione che, ove la richiesta dell'imputato avvenga subito dopo il deposito dei risultati delle indagini difensive, il giudice provvede soltanto dopo che sia decorso l'eventuale termine chiesto dal PM per lo svolgimento di indagini suppletive; in tale ipotesi, l'imputato può revocare la richiesta di giudizio abbreviato.
  Allo stesso articolo 438 è aggiunto un comma finale (comma 6-bis) secondo cui dalla richiesta di giudizio abbreviato in udienza preliminare deriva:
   la sanatoria delle eventuali nullità (escluse quelle assolute) e la non rilevabilità delle inutilizzabilità (salvo quelle derivanti da un divieto probatorio);
   la preclusione a sollevare ogni questione sulla competenza territoriale del giudice.

  Infatti, come evidenziato nelle audizioni anche dal Professor Negri, lascia molto perplessi il comma 6-bis: «La richiesta di giudizio abbreviato proposta nell'udienza preliminare determina la sanatoria delle nullità, sempre che non siano assolute, e la non rilevabilità delle inutilizzabilità, salve quelle derivanti dalla violazione di un divieto probatorio. Essa preclude altresì ogni questione sulla competenza per territorio del giudice».
  Per il Movimento 5 stelle le inutilizzabilità derivano sempre dalla violazione di un divieto, e la preclusione sulla competenza territoriale viola una regola costituzionale che è quella della giudice naturale precostituito.
  Se c’è sanatoria delle nullità relative e intermedie perché l'imputato, chiedendo il giudizio abbreviato, accetta gli effetti probatori degli atti pregressi, questa sanatoria deve intervenire, come dice oggi pacificamente la giurisprudenza, tanto nel caso in cui ci sia l'udienza preliminare quanto nel caso in cui il giudizio abbreviato intervenga a seguito di immediato decreto penale di condanna, prenda cioè avvio da una vicenda precedente che non contempla l'udienza preliminare. Se c’è sanatoria, c’è in entrambi i casi. Non ci può essere soltanto quando la richiesta è proposta nell'udienza preliminare.
  Inoltre, anche per quanto riguarda l'impossibilità di rilevare l'inutilizzabilità e la preclusione della competenza del giudice, il disegno di legge si pone in contrasto con due pronunce delle Sezioni unite. Per quanto riguarda l'inutilizzabilità, la pronuncia è Sezioni unite 2000, ricorrente Tammaro, secondo la quale non ci può essere distinzione a seconda del tipo di inutilizzabilità. Che essa derivi o meno da un divieto espresso dalla legge, ritengono le Sezioni unite che l'inutilizzabilità possa essere ancora rilevata nel giudizio abbreviato perché il suo regime è quello di rilevabilità e deducibilità in ogni stato e grado del procedimento. È quindi parificata alle nullità assolute.
  Temiamo molto quel riferimento alle sole inutilizzabilità che derivino da divieti probatori perché diamo esca a una Babele di interpretazioni giurisprudenziali difformi. Per esempio, quando c’è un divieto, solo quando è espresso o anche quando è implicito ? Come si ricava ? E se l'atto è Pag. 52contra legem, ma non è vietato (facciamo il caso delle intercettazioni e di tutta la procedura assistita da inutilizzabilità ex articolo 271). Andremmo a creare qui un contenzioso interpretativo notevole. Riteniamo che l'inutilizzabilità abbia un regime che deve essere mantenuto e che quindi non possa esserci questo divieto di rilevabilità.
  L'articolo 15 del provvedimento modifica, in particolare, la disciplina del patteggiamento di cui all'articolo 444 del codice di rito penale introducendo, nel contempo, un nuovo istituto ad esso analogo (nuovo articolo 448-bis): la sentenza di condanna su richiesta dell'imputato.
  Il movimento 5 stelle ha contestato e ha chiesto la soppressione dei commi 8 e 9. La soppressione del comma 9 è stata ottenuta. Il comma 8 aggiunge un comma 2-bis all'articolo 448 c.p.p. che prevede che il ricorso per cassazione da parte del PM e dell'imputato contro la sentenza del giudice che accoglie il patteggiamento possa essere presentato soltanto per motivi attinenti all'espressione della volontà dell'imputato (vizi della volontà), al difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, all'erronea qualificazione del fatto e alla illegalità della pena o delle misure di sicurezza applicate.
  Per il gruppo Movimento 5 stelle il comma 8 significa che un giudice potrebbe scrivere: «l'imputato che chiede il patteggiamento è innocente perché c’è la prova d'alibi in fascicolo...tuttavia, senza un perché, io accolgo la sua richiesta di patteggiamento e non lo assolvo». Questa decisione sarebbe non impugnabile in nessuna sede. Non ci sarebbe rimedio. Assurdo no ? Allora, i motivi per cui si impugna la sentenza di patteggiamento van benissimo come sono, direi. La legge prevede la motivazione per la sentenza di patteggiamento o no ? Sì, e allora deve essere logica e coerente, altrimenti la Cassazione deve intervenire, pena la vanificazione totale della motivazione come garanzia anche della sentenza di patteggiamento.
  L'articolo 16 affronta la materia dell'esposizione introduttiva ai fini della valutazione della richiesta della prova.
  Tale articolo arricchisce la disciplina dell'esposizione introduttiva del pubblico ministero, con il pregevole intento di rendere maggiormente consapevole il giudice nel valutare la rilevanza delle prove richieste dalle parti.
  Anche in questo caso, come ben evidenziato nelle audizioni dal Prof. Migliucci, peraltro, nella dizione letterale della norma è prevista una disparità con la difesa, che dovrebbe solo indicare i fatti che intende provare, quindi sarebbe inibito un racconto dei fatti, per esempio quelli delle indagini difensive.
  Sarebbe utile, invece, che venissero richiamati i parametri di quell'articolo 190 del Codice di procedura penale, che richiede che le prove non siano manifestamente superflue e irrilevanti, non consentendo soprattutto ai PM di formulare prove con mero richiamo al capo di imputazione.
  Noi speriamo che non venga approvata, ma in caso di approvazione di tale norma bisognerebbe comunque modificare l'articolo 493, comma 1 del Codice di procedura penale, vietando che il PM possa fare riferimento al contenuto degli atti formato nel corso delle indagini o dell'udienza preliminare.
  Il pubblico ministero dovrà quindi «esporre concisamente i fatti oggetto dell'imputazione». Tuttavia, per evitare che un pubblico ministero troppo zelante possa influenzare il giudizio del giudice dibattimentale e intaccarne quella sana inconsapevolezza circa la fase preliminare, che deve contraddistinguerlo, noi abbiamo ritenuto opportuno aggiungere nel comma 1 dell'articolo 493 c.p.p., dopo le parole «espone concisamente i fatti oggetto dell'imputazione», le parole «senza fare riferimento a specifici atti formati nell'indagine o nell'udienza preliminare».
  L'articolo 17, modifica in materia di requisiti della sentenza: vorrebbe costruire il modello legale della motivazione «in fatto» della decisione, idoneo a costituire l'effettivo paradigma della devoluzione. Obiettivo in sé condivisibile, che non appare tuttavia perseguito attraverso adeguate soluzioni tecniche.Pag. 53
  La proposta modifica dell'articolo 546 c.p.p. non coglie nel segno.
  Da un lato, le disposizioni che si vorrebbero introdurre appaiono pleonastiche e, come tutte le norme inutili, rischiano di rivelarsi nocive. La necessità di dar conto nella motivazione dei «risultati acquisiti e dei criteri di valutazione della prova adottati» deriva già ora dall'articolo 192 comma 1 c.p.p. Che si venga poi a precisare come, nell'apparato giustificativo, debba trovare posto l’«accertamento dei fatti e delle circostanze che si riferiscono all'imputazione», lascia nell'interprete un vago senso di imbarazzo: una motivazione che non attenga all'oggetto principale del processo è una motivazione mancante.
  Dall'altro lato, la riforma avrebbe natura meramente didascalica, non essendosi profittato dell'intervento per prevedere che la trasgressione dello schema dialettico della motivazione (necessità di enunciare anche le ragioni di inattendibilità delle prove contrarie) sia causa di nullità della sentenza similmente a quanto accade per l'ordinanza cautelare a norma dell'articolo 292 c.p.p. Né analogo presidio di invalidità accompagna la pretesa suddivisione in parti della motivazione. Nella riforma potrebbe annidarsi il pericolo di un restringimento del potere di impugnazione, quella che noi avversiamo, l'appello con motivi a critica vincolata, stante il dichiarato intento di costituire l'effettivo paradigma devolutivo con questa norma. L'articolo 20 elimina la facoltà per l'imputato di proporre ricorso in cassazione personalmente, dovendosi avvalere necessariamente di un avvocato abilitato al patrocinio nelle giurisdizioni superiori. È indiscutibile che questa figura sia la più adatta a redigere tale atto, caratterizzato, come si sostiene nella relazione, da un elevato tasso di tecnicità. È altresì vero che simile disposizione ha l'effetto inevitabile di rendere più difficile l'esercizio di un diritto costituzionale, sancito dall'articolo 111 Cost., per coloro che, sebbene poco abbienti, non riescano a beneficiare dell'intervento statale nelle spese connesse alla difesa.
  L'articolo 20 modifica poi l'articolo 591 permettendo al giudice di dichiarare l'inammissibilità dell'impugnazione avverso il provvedimento che egli stesso ha emesso, in casi determinati, in cui la causa dell'inammissibilità emergerebbe, par di capire, senza necessità di ricorrere a valutazioni del contenuto dell'atto. Si tratta di una dinamica molto meno semplice di quanto appaia, e affidare al giudice che ha emesso il provvedimento le sorti dell'impugnazione è una scelta che rischia di vanificare il diritto stesso delle parti di reagire avverso gli atti che ne pregiudicano la posizione giuridica. Basta pensare alla valutazione dell'interesse ad impugnare, valutazione dotata di profili di difficoltà notevoli e soggetta ad una giurisprudenza spesso oscillante e di ardua interpretazione. In questo caso il giudice avrebbe molte occasioni per ritagliarsi una porzione di discrezionalità sufficiente a far abortire l'impugnazione avverso il provvedimento che ha emesso, determinando una compressione davvero intollerabile del diritto delle parti di sottoporre l'atto alla critica di una diversa autorità giurisdizionale. Anche la legittimazione ad impugnare è questione che non sempre si risolve senza doversi avventurare in argomentazioni e ponderazioni assai problematiche (si ricordi la difficile decisione circa il potere della parte civile di appellare le sentenze di proscioglimento all'indomani della l. 46/2006). In definitiva, quello dell'ammissibilità dell'impugnazione non può ragionevolmente essere un giudizio affidato al giudice che ha emesso il provvedimento, non potendosene eliminare ogni residuo di discrezionalità: è troppo alto il rischio che il giudice possa approfittare di margini di scelta tra diverse soluzioni per erigere una difesa (del tutto autoritaria) della propria decisione.
  L'articolo 21 reintroduce con l'articolo 599-bis il concordato sui motivi d'appello, che meriterebbe numerose riflessioni. Ci limitiamo a rilevare che il comma 4 impone al Procuratore generale presso la corte di appello di indicare i criteri idonei a orientare la valutazione dei magistrati del pubblico ministero. La scelta è giustificata Pag. 54dall'esigenza di evitare disparità tra i singoli concordati. Ebbene, simile soluzione sembra invece introdurre proprio un elemento di disparità ingiustificata.
  Preliminarmente va osservato che il concordato, per definizione, è un istituto appartenente a quella categoria di atti che si nutrono, in parte, delle valutazioni affidate alla soggettività dei singoli protagonisti. È un pregevole obiettivo quello di ridurre simile coefficiente di discrezionalità; ma sembra poco opportuno farlo attraverso la decisione affidata a pochi soggetti i quali fuori da ogni controllo detterebbero le regole cui i pubblici ministeri devono attenersi. L'antidoto a indici troppo elevati di discrezionalità è la legge, non la discrezionalità di pochi. Quindi simili criteri devono essere individuati, una tantum (e soprattutto erga omnes) dalla legge. Altrimenti, meglio lasciare libera la «contrattazione» tra le parti nell'appello, senza mettere l'imputato di fronte ad un pubblico ministero che ha un potere di scelta limitato, essendo portavoce di scelte altrui.
  Non pare giustificato che, dopo una sentenza di accertamento nel merito, il concordato sia precluso per certi reati. Di fatto, non è un rito premiale.
  Si aggiunga poi che il problema di differenze troppo marcate nelle linee seguite nei concordati dai pubblici ministeri si sposta, ma non si elimina: le divergenze sparirebbero all'interno del medesimo distretto, ma si trasferirebbero tra un distretto e l'altro. In ognuno di essi, i singoli procuratori generali avrebbero modo di dettare direttive molto diverse tra loro.
  L'articolo 22 contiene – tra l'altro, al comma 7 – un meccanismo che prefigura l'inserimento nel sistema del criterio dello stare decisis, là dove impone alle sezioni semplici della Cassazione, che non condividano il principio di diritto enunciato dalle sezioni unite, di rimettere la decisione del ricorso a queste ultime. Uniformità e stabilità nomofilattica, indicate come obiettivi della riforma dalla relazione al disegno di legge, verrebbero così perseguite mediante la subordinazione al dictum venuto dal consesso più ampio e autorevole della Corte di legittimità. La proposta appare pericolosa, se non accompagnata da idonei contrappesi, come la necessaria apertura del massimo collegio a culture e sensibilità interpretative che non appartengano a quelle dominanti presso la magistratura di vertice. Nel settore penale a differenza del civile, per il valore dei beni coinvolti, il vincolo al precedente non può prescindere dal contributo dell'accademia e della stessa avvocatura al formarsi di una ermeneutica corretta e condivisa: le sezioni unite dovrebbero perciò trasformarsi in un collegio a composizione mista.
  I cambiamenti della giurisprudenza passano a volte proprio dal fatto che le sezioni semplici sconfessino le sezioni unite per lungo tempo, tanto da convincere il massimo collegio a riconsiderare la questione. Non potendolo fare, le decisioni si assesteranno senza possibilità concrete di evoluzione. E una giurisprudenza che non evolve è una giurisprudenza che non serve il diritto.
  Inasprire le sanzioni per l'inammissibilità nell'ottica di ridurre i ricorsi è una «minaccia di Stato» che mal si concilia nell'accesso all'autorità giudiziaria che responsabile di tutelare diritti e garanzie. Se si continua a voler mettere le mani in tasca a chi fa un ricorso non accolto comincia a divenire rilevante l'articolo 24 Costituzione.
  L'articolo 23 del disegno di legge interviene sul nuovo rimedio straordinario della rescissione del giudicato, spostando la competenza a decidere dalla Corte di cassazione alla corte d'appello (articolo 629-bis).
  Su questa traslazione noi non possiamo convenire e inoltre la norma presenta una serie di difetti e omissioni molto preoccupanti.
  Intanto sarebbe da rivedere la sua collocazione topografica. Questo istituto è inserito, come un corpo estraneo, fra le previsioni sulla revisione, che è rimedio diverso, interrompendone la continuità. È innestato fra la norma sulle condanne soggette a revisione (articolo 629) e quella Pag. 55sui casi di revisione (articolo 630). Qui si inserisce un istituto dai presupposti, forme e finalità completamente diversi.
  Probabilmente sarebbe opportuno prevedere un Titolo IV-bis del libro sulle impugnazioni, oppure scindere il Titolo IV in più rimedi straordinari.
  Dedicare un capo o un titolo alla rescissione del giudicato dovrebbe anche essere prodromico ad una profonda revisione di questo istituto, che presenta una disciplina gravemente lacunosa. La nuova versione ha addirittura accresciuto le già numerose lacune di quella precedente, sottolineate da plurime voci.
  Anzitutto non si chiarisce quale debba essere il contenuto della richiesta di rescissione, ossia cosa debba farsi valere in quella sede: solo la mancata conoscenza del processo ? Altri possibili vizi ? Una riforma che intende rendere tassativi i motivi di appello, nulla dice sulle forme di un rimedio di nuovo conio, capace addirittura di far saltare il giudicato.
  La previsione ometteva poi di chiarire dove la richiesta vada presentata. Ma grazie ai nostri emendamenti si stabilisce la competenza della Corte di appello nel cui distretto ha sede il giudice che ha emesso il provvedimento.
  Nessuna indicazione viene poi fornita circa la procedura che la corte d'appello è chiamata a utilizzare (dibattimento o camera di consiglio ?). Neppure per la Cassazione veniva chiarito, ma il nuovo giudice pone questioni anche più delicate, essendo da definire quali spazi istruttori sono da concedere in questa sede.
  Occorrerebbe poi rimediare ad una grave dimenticanza della l. 67/2014, che non ha raccordato il nuovo istituto con le altre procedure attivabili in sede esecutiva (l'articolo 670 comma 3 continua a fare riferimento al «vecchio» istituto della restituzione nel termine, sostituito dalla rescissione del giudicato). Fra i diversi rimedi potrebbero invero esservi sovrapposizioni (accade quando la mancata conoscenza effettiva della sentenza irrevocabile deriva da un errore di notificazione: in questo caso occorre chiarire come vadano coordinati i diversi rimedi disponibili, attivabili innanzi a giudici diversi).
  Si tratta di una serie cospicua di profili non disciplinati dalla legge, che non possono essere ricostruiti in via interpretativa.
  Ma l'aspetto più delicato e problematico attiene alla compatibilità con la giurisprudenza della Corte europea.
  La norma scarica sull'assente l'onere di dimostrare la sua mancata conoscenza del processo. Si tratta di una prova che cade su un elemento negativo e può dunque qualificarsi come probatio diabolica. La questione dell'onere probatorio e delle difficoltà correlate era centrale nelle sentenze della Corte europea per i diritti dell'uomo che hanno condannato l'Italia per la precedente disciplina in materia di contumacia. La rescissione del giudicato ripropone quei problemi: tutta la dottrina, coralmente, lo ha rilevato nei commenti all'istituto di nuovo conio. Sono stati denunciati profili di manifesta tensione con la giurisprudenza Cedu relativa ai processi in absentia, quella che aveva portato alla riforma del 2005 dell'istituto della restituzione nel termine.
  Nel ritoccare la rescissione, si ha l'occasione di riformulare una norma ad alto rischio di incompatibilità convenzionale.
  Per tutti questi motivi il Movimento 5 stelle ha proposto un emendamento al fine di rivedere ampiamente la formulazione della norma dedicata all'istituto, colmando le sue numerose lacune. Ripensare alla distribuzione dell'onere probatorio, per mettere al riparo da possibili condanne da parte della Corte europea per i diritti dell'uomo.
  L'articolo 28, nell'ambito della delega per la riforma del processo penale, individua principi e criteri direttivi della nuova disciplina in materia di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni e di giudizi di impugnazione.
  Per quanto riguarda le intercettazioni sono stabiliti i principi e criteri direttivi.
  Vanno anzitutto riproposte la perplessità già manifestate trattando delle deleghe di cui all'articolo 6 del progetto di legge. Anche in questo caso i cosiddetti principi Pag. 56e criteri direttivi si caratterizzano per un'assoluta vacuità: si indica una finalità, ma rispetto alle possibili scelte alternative, tra loro del tutto diverse e ciascuna portatrice di una differente lettura dell'equilibrio dei valori confliggenti che vengono in rilievo, in definitiva viene data carta bianca al legislatore delegato, che inevitabilmente diviene il legislatore che compie e orienta anche le scelte di valore, non solo quelle di esecuzione tecnica fedele e congrua delle scelte consapevolmente compiute dal legislatore delegante. Versandosi poi, anche in questo caso, in materia costituzionalmente molto sensibile, dovrebbe condividersi che le scelte di valore non possono che competere al legislatore delegante, ed essere caratterizzate da estrema chiarezza, pena l'apertura successiva di un «contenzioso costituzionale» pressoché inevitabile.
  È di ciò significativo quanto previsto nelle lettere a) e b): vi è l'indicazione di finalità che si possono condividere, ma va sottolineato che manca qualsiasi indicazione puntuale degli orientamenti che, per perseguire quelle finalità genericamente indicate, il legislatore delegato deve seguire. Si pensi solo al tema dei limiti delle intercettazioni in cui sono coinvolti difensori ovvero alle misure necessarie a garantire la riservatezza di comunicazioni e conversazioni oggetto di intercettazione. In sostanza, con il testo attualmente previsto è il legislatore delegato, e quindi in realtà il Governo, che diviene il legislatore che fa le scelte politiche e di valore, invece spettanti al Parlamento.
  Per quanto riguarda la lettera a) a noi sembra una delega che per un verso ribadisce norme esistenti che la giurisprudenza ignora, e fa bene, come una precisa disciplina che imponga l'udienza filtro, scatenando invalidità se non dovesse essere celebrata nei termini.
  Dall'altro esige la tutela della riservatezza di terzi coinvolti nell'intercettazione e degli stessi imputati rispetto ai fatti non rilevanti. Mi sembra che si tratti di esigenze scontante, anche alla luce delle dell'articolo 8 CEDU. Il riferimento alle conversazioni tra difensore e assistito potrebbe essere omesso essendo disciplinato tutto con divieto all'articolo 103 c.p.p.
  Il coinvolgimento dei giornalisti non ha senso perché, come alcuni di essi hanno rilevato (Marco Lillo per esempio) il problema non sono loro, che pubblicano quel che hanno per le mani, ma il fatto che la legge processuale, da un lato, i protagonisti del processo, dall'altro non tutelano adeguatamente la riservatezza delle conversazioni dove essa meriti di essere tutelata.
  Per quanto riguarda la lettera b) non si capisce perché...si tratta di reati gravi sui quali oggi c’è molto dibattito. Anche l'omicidio è grave, la strage, la violenza sessuale di gruppo, il sequestro di persona...le distinzioni qualitative creano solo disparità ingestibili dal sistema. Se occorre riformare i presupposti per le intercettazioni lo si faccia in via generale. In ogni caso noi abbiamo proposto di prevedere specifici presupposti applicativi per le intercettazioni delle conversazioni e delle comunicazioni telefoniche e telematiche, in modo che esse siano permesse nei procedimenti per reati dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione.
  Anche per quanto riguarda la lettera d) abbiamo chiesto la soppressione.
  Quanto al giudizio di cassazione, l'articolo 28 lettera d) limita al solo ricorso per cassazione per violazione di legge la ricorribilità della sentenza d'appello che confermi la sentenza di assoluzione deliberata in primo grado e delle sentenze emesse in appello nei procedimenti di competenza del giudice di pace.
  Parrebbe che la limitazione per le sentenze relative ai procedimenti di competenza del giudice di pace si riferisca a entrambe le parti, senza alcun limite relativo al contenuto della decisione. In definitiva, viene per la prima volta affermato il principio generale, limitatamente a questa tipologie di procedimenti, che il ricorso per cassazione è possibile solo per violazione di legge, indipendentemente dal fatto che la sentenza d'appello abbia deliberato condanna ovvero assoluzione e indipendentemente dalla conformità o Pag. 57meno delle due sentenze di merito: la disposizione riguarda pertanto sia il pubblico ministero che le parti private.
  Ma, il fatto che si tratti di un'assoluzione perché dovrebbe togliermi il diritto a denunciare una motivazione lacunosa o la mancata acquisizione di una prova decisiva ? Anche l'assoluzione per vizio totale di mente, con cui si applica la misura di sicurezza detentiva è un'assoluzione, ma ha effetti di condanna.
  Il progetto prevede poi la limitazione dei casi in cui, in presenza di una sentenza di condanna, il pubblico ministero possa impugnare ai fini penali: l'appello è in questo caso possibile solo quando sia stato modificato il titolo di reato o sia stata esclusa una circostanza aggravante ad effetto speciale o che stabilisca una pena diversa da quella ordinaria del reato (articolo 28 lettera f). La previsione, assai drastica, avvicina il rito dibattimentale al rito abbreviato (rimane la sola differenza delle aggravanti ad effetto speciale o delle pene stabilite in termini diversi da quella ordinaria del reato) e propone gravi dubbi di legittimità costituzionale. Va ricordato, infatti, quanto già statuito dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 26 del 2007, con cui, nel dichiarare l'illegittimità delle gravi limitazioni imposte all'appello del pubblico ministero dall'articolo 1 della legge 20 febbraio 2006 n. 46, si è da un lato ammessa la possibilità di una «differente modulazione dell'appello per l'imputato e per il pubblico ministero» ma dall'altro si è affermato che essa deve avvenire «nel rispetto del canone della ragionevolezza, con i corollari di adeguatezza e proporzionalità».
  La soluzione prescelta, dunque, non può che porre fortissime perplessità. C’è da chiedersi quale sia la ragione sistematica per la quale nel rito ordinario il pubblico ministero non possa contestare non solo l'entità della pena base, ma addirittura tutto ciò che riguarda il reato circostanziato, l'eventuale continuazione, l'applicazione di benefici ecc., tutte questioni dove non può prevalere una logica da «prendere o lasciare»: le tematiche della continuazione, del rapporto tra reati associativi e reati fine, di una premeditazione o di un motivo abietto o futile, di una relazione con la qualità soggettiva in un reato proprio dove si discute della natura pubblica o meno delle funzioni svolte dall'imputato (solo per fare qualche esempio) sono tematiche oggettivamente complesse (basterebbe pensare al dialogo tra corti d'appello e corte di cassazione su tali punti), rispetto alle quali l'esclusione radicale di possibilità di impugnazione nel merito pare vera e propria irrazionalità sistematica.
  L'ottica di mera semplificazione drastica che pare caratterizzare la proposta di modifica, per cui il pubblico ministero o ottiene tutto e subito o perde tutto, manifesta dunque caratteri di vera e propria irragionevolezza, specialmente quando venga collocata in un sistema, come il nostro, che, prevalentemente a parole, tenta dal 1989 e con scarso successo di limitare il rito dibattimentale e privilegiare i riti alternativi: orbene, prevedere un sistema di impugnazione della parte pubblica sostanzialmente simile per rito dibattimentale e rito abbreviato (anche con la già ricordata esclusione dell'appello incidentale della parte pubblica per il rito dibattimentale) costituisce formidabile disincentivo per la scelta del secondo.
  La lettera g) prevede la legittimazione dell'imputato ad appellare avverso le sentenze di proscioglimento emesse al termine del dibattimento, salvo che siano pronunciate con le formule: «il fatto non sussiste»; «l'imputato non lo ha commesso»; «il fatto è stato compiuto nell'adempimento di un dovere o nell'esercizio di una facoltà legittima». Ma togliere l'appello per l'assoluzione dovuta a scriminante è un grave errore. La scriminante, sebbene porti all'assoluzione, comporta spesso conseguenze negative sull'assolto di vario tipo, ma anzitutto sociali. È assurdo precludergli il secondo giudizio di merito, se il suo obiettivo è, per esempio, dimostrare che non ha mai commesso il fatto. Ne ha diritto, indiscutibilmente.
  Con la lettera i) si prevede la titolarità dell'appello incidentale in capo all'imputato e limiti di proponibilità: ma la norma Pag. 58non tiene erroneamente conto del fatto che l'appello incidentale è già tra i poteri dell'imputato.
  All'articolo 29 sono previsti principi e criteri direttivi per la riforma dell'ordinamento penitenziario.
  Il carattere estremamente generico dei criteri ai quali ispirare le modifiche all'ordinamento penitenziario oggetto di delega legislativa non consente ancora una volta di esprimere giudizio positivo sulla norma. Tale norma non segna direttrici di riforma sufficientemente chiare che si prestano a soluzioni finali non sempre equilibrate con il rischio anche di incrinare aspetti essenziali della giurisdizione rieducativa affidata alla Magistratura di sorveglianza che si auspica in ogni caso possa essere, nella fase dell'elaborazione dei contenuti della delega, l'interlocutore privilegiato.
  Aggiungiamo inoltre, come considerazione di carattere generale, che le norme penitenziarie da sole non sono sufficienti in quanto necessitano, per produrre gli effetti sperati, di profondi interventi nel settore dell'esecuzione della pena e della rieducazione in particolare profondendo le necessarie risorse sia alla Magistratura di sorveglianza, oggi gravata di incombenze straordinarie a fronte di un organico ridottissimo, sia agli operatori interni ed esterni al carcere ugualmente in grave sofferenza (UEPE, équipe trattamentali, psicologi, mondo del volontariato).
  Per quanto riguarda la lettera a) si esprimono forti dubbi sulla semplificazione generalizzata della procedura con contraddittorio «differito ed eventuale» fatta eccezione dei soli procedimenti di «revoca delle misure alternative alla detenzione» (peraltro si osserva che a pag. 31 della Relazione accompagnatoria, Analisi tecnico-normativa, si fa invece riferimento anche all’«applicazione» delle misure alternative e non solo alla «revoca», quale materia da riservare opportunamente alla giurisdizione piena), che si pone in netta controtendenza con la giurisdizionalizzazione della tutela dei diritti recentemente conquistata (articoli 35-bis e 35-ter ord. penit. introdotti con il d.l. 146/13 conv. in l. 10/14 e con il d.l. 92/14 conv. in l. 117/14), segnando un possibile arretramento della cultura della giurisdizione anche a fronte della giurisprudenza costituzionale che di recente (sent. n. 135/2014) ha previsto, ancorché a richiesta dell'interessato, l'udienza pubblica nei procedimenti in materia di misure di sicurezza, giurisprudenza suscettiva di sviluppi estensivi in materia di misure alternative per identità di ratio.
  Ridurre ulteriormente il contraddittorio nella procedure esecutive ci sembra troppo davvero. Sono tante le cose che si possono toccare, proprio il contraddittorio, che già in questo caso è poco ? Che sia «eventuale» poi è del tutto escluso...si parla di libertà, in fin dei conti ! Pensare che il trattamento sia meno importante dell'attribuzione di responsabilità è il primo passo per avere una popolazione carceraria mal selezionata e mal gestita.
  Il procedimento giurisdizionale con contraddittorio pieno, nella forma collegiale e con l'ausilio dei giudici «esperti» (di nomina onoraria), non è un intralcio alla celerità o efficienza delle decisioni, essendo già previsto comunque nella legislazione vigente un potere di intervento d'urgenza del Magistrato di sorveglianza nella concessione delle misure alternative (articoli 47 comma 4 e 47-ter comma 1-quater o.p.) mentre esso costituisce il modello pregnante della giurisdizione rieducativa in quanto costitutivamente discorsiva, dialettica e multidisciplinare, garanzia fondamentale della qualità dei giudizi prognostici e che lega idealmente il Collegio giudiziale all’équipe carceraria di osservazione e trattamento.
  Ridurre ulteriormente, oltre a quanto cioè già opportunamente previsto dal d.l. 146/13 cit. (che ha introdotto il contraddittorio differito ed eventuale alle materie della remissione del debito, della rateizzazione e conversione delle pene pecuniarie, della declaratoria di estinzione pena a seguito dell'affidamento in prova e della riabilitazione) significa snaturare il giudizio multidisciplinare proprio nel cuore dell'attività di concessione della totalità dei benefici penitenziari. Come detto, del resto, Pag. 59l'organo monocratico, ove sussistano ragioni di urgenza, può già adottare de plano decisioni provvisorie destinate poi ad essere confermate o revocate dal Tribunale di sorveglianza nel contraddittorio pieno.
  La lettera b) introduce la revisione dei presupposti di accesso alle misure alternative, sia con riferimento ai presupposti soggettivi che con riferimento ai limiti di pena, al fine di facilitare il ricorso alle stesse.
  La lettera c) prevede l'eliminazione di automatismi e preclusioni che impediscono o rendono molto difficile, sia per i recidivi che per gli autori di determinate categorie di reati, l'individualizzazione del trattamento rieducativo e revisione della disciplina di preclusione ai benefici penitenziari per i condannati alla pena dell'ergastolo.
  Concludendo vogliamo precisare che, alla valutazione estremamente critica nei confronti dell'intero provvedimento effettuata dal Gruppo che rappresento e che emerge dalla presente relazione, è comunque seguita, durante l'esame in Commissione, una serie di proposte emendative al testo, anche a dimostrazione della nostra volontà di non svolgere una mera funzione di interdizione agli indirizzi dell'attuale governo, quanto piuttosto un'azione costruttiva, nell'interesse del Paese. È con profondo rammarico che dobbiamo costatare che invece molte delle nostre proposte non sono state considerate.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO VINCENZO AMENDOLA IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI RATIFICA N. 3055.

  VINCENZO AMENDOLA, Relatore. Illustre Presidente, Onorevoli colleghi, l'Accordo al nostro esame, in linea con i principi dell'Organizzazione Mondiale del Commercio, prevede la creazione di una zona di libero scambio fra l'Unione europea, i suoi Stati membri e la Repubblica di Corea, da realizzarsi attraverso la rimozione della quasi totalità degli ostacoli tariffari e non tariffari fra le aree economiche; l'adeguamento di standard e la regolamentazione di importanti settori strategici, quali quelli farmaceutici, automobilistici e di elettronica di consumo.
  La Repubblica di Corea ha una popolazione di circa cinquanta milioni di abitanti e un PIL pro capite di 33.000 dollari – di poco inferiore a quello italiano – ed ha registrato negli ultimi cinquant'anni un'impressionante crescita economica fondata su innovazione, cultura della conoscenza, riforme. Con una crescita media del 7 per cento e solo lievi flessioni registrate in periodi di crisi globale, il paese è riuscito a mantenere solida la sua economia concentrata sulle esportazioni. Inoltre, il Paese si è storicamente impegnato in riforme difficili e in uno sforzo di modernizzazione che lo hanno premiato in termini di competitività, garantendo un solido sistema politico in un quadrante geopolitico in grande fermento.
  Come anche di recente approfondito in Commissione nell'ambito di un'indagine conoscitiva dedicata ai temi delle politiche di sicurezza, la Corea si colloca in un'area dominata dal colosso cinese e attraversata da conflitti e rivendicazioni, anche di tipo territoriale, che coinvolgono il Giappone, il Vietnam e, in chiave di promotore di distensione, la Corea stessa, tanto da attirare l'attenzione strategica degli Stati Uniti, oggi impegnati nel Pivot to Asia. La Repubblica di Corea rappresenta, inoltre, un alleato ed attore fondamentale nella gestione del difficile rapporto tra Corea del Nord e comunità internazionale.
  Anche nella nostra regione la Repubblica di Corea è presente in modo assertivo e responsabile. Non è un caso che nell'aprile scorso la sua Ambasciata a Tripoli sia stata attaccata nel quadro del conflitto interno alla Libia.
  Quanto al tema dell'Accordo in titolo, è da tenere nel giusto conto che nel giugno scorso Cina e Repubblica di Corea hanno firmato un accordo di libero scambio che abolirà i dazi doganali su più del 90 per cento delle compravendite tra i due paesi Pag. 60per i prossimi vent'anni. Analoghi accordi sono già intervenuti tra Corea da un lato e India e Stati Uniti dall'altra.
  Fatte queste premesse, l'Accordo punta a riaprire i rispettivi mercati nei settori dei servizi e degli investimenti, a stabilire un impegno delle parti a tutela della proprietà intellettuale, per l'apertura del mercato degli appalti pubblici, la politica di concorrenza e gli aiuti di Stato.
  Sottoscritto nell'ottobre del 2010, dopo un lungo negoziato, l'Accordo è già entrato in vigore in via provvisoria nel luglio del 2011 per i settori di esclusiva competenza comunitaria: si compone di 15 capi, ciascuno dei quali suddiviso in articoli, e di tre protocolli, dedicati alla definizione dei prodotti originari, alla cooperazione amministrativa e alla cooperazione culturale, nonché di numerosi allegati relativi ai singoli capitoli.
  Dopo aver indicato gli obiettivi generali al capo I, l'Accordo prevede al capo II la liberalizzazione graduale e reciproca del commercio, secondo calendari differenziati, a seconda delle diverse categorie merceologiche. In linea generale, analogamente all'Accordo è prevista la soppressione di quasi il 99 per cento dei dazi doganali per i beni industriali e agricoli, ad esclusione di un numero limitato di prodotti agricoli, come – ad esempio – il riso. L'Accordo consente, tuttavia, alle parti di ricorrere pro tempore, e accettando forme di compensazione, a misure di salvaguardia bilaterale, qualora la soppressione di un dazio causi o minacci di causare un grave pregiudizio all'industria nazionale (capo III), come nel caso delle produzioni automobilistiche o tessili.
  Con riferimento al comparto dell'auto, la Corea cerca di adeguarsi alle norme internazionali in materia di standard di sicurezza e ambientali (capo I V).
  Segnalo, con riferimento alla materia della proprietà intellettuale, il capo X che estende le tutele del diritto di proprietà intellettuale anche al settore commerciale, includendo nella tutela il diritto d'autore, i marchi, le indicazioni geografiche, i disegni, i modelli e i brevetti, aspetti, questi, di particolare interesse per il nostro Paese.
  I successivi capi dispongono in ordine alla concorrenza e alla trasparenza, stabilendo un impegno per le parti ad un'applicazione delle norme che eviti il ricorso a pratiche commerciali scorrette e obblighi orizzontali rafforzati in materia di trasparenza regolamentare nel settore degli scambi commerciali e degli investimenti.
  Particolare attenzione è poi dedicata alla dimensione sociale e ambientale dello sviluppo, con la previsione di meccanismi di monitoraggio affidati alla società civile e l'impegno reciproco delle parti a facilitare e promuovere il commercio di beni che contribuiscano allo sviluppo sostenibile, ivi inclusa l'attenzione nei confronti dei temi della responsabilità sociale delle imprese e del commercio equo.
  L'Accordo stabilisce, altresì, che le controversie relative all'interpretazione e all'applicazione del testo vengano risolte mediante consultazioni o attraverso la costituzione di un collegio arbitrale, mentre il capo XV detta disposizioni finali sulle versioni linguistiche, sull'ambito territoriale di applicazione e sull'entrata in vigore dell'Accordo.
  Relativamente ai protocolli, senza entrare in aspetti tecnici eccessivamente analitici, si evidenzia come il protocollo relativo alla definizione di prodotti originari e metodi di cooperazione legislativa preveda che gli esportatori autorizzati possano rilasciare dichiarazione di origine, in relazione a fatture, a bolle di consegna o a qualsiasi altro documento commerciale, che descrivano i prodotti esportati in maniera sufficientemente dettagliata da consentirne l'identificazione.
  Lo stesso protocollo, in deroga alla previsione standard del divieto di restituzione dei dazi inclusi negli accordi di libero scambio generalmente conclusi dall'Unione europea, prevede una clausola che consente – sia pure con il limite del riesame della procedura dopo cinque anni – la possibilità per le società coreane di ottenere il rimborso dal Governo di Seul dei dazi pagati sulle componenti importate dai Paesi terzi.
  Conclusivamente l'accordo con l'UE, che ha fatto avanzare le relazioni bilaterali Pag. 61a «partnership strategica», sottoscritto immediatamente prima del summit del G20 ospitato da Seoul, e il primo ratificato dall'UE con un partner commerciale asiatico, dovrebbe favorire una crescita rilevante nel volume del commercio che i due attori intrattengono. Le stesse aziende coreane che hanno rapporti commerciali con l'Unione europea si aspettano molto da questo FTA, incluso l'aumento del volume del commercio, della cooperazione volta allo sviluppo tecnologico e degli investimenti europei. Come è risultato da alcune indagini di settore, molte aziende coreane sono convinte che questo accordo porterà loro molti vantaggi e si sono dette disposte a disinvestire da altre parti del mondo per investire in Europa.
  Per questi motivi raccomando una rapida conclusione dell'iter di approvazione di questo provvedimento di ratifica.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO VINCENZO AMENDOLA IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI RATIFICA N. 1924-A.

  VINCENZO AMENDOLA, Relatore. Illustre Presidente, Onorevoli colleghi, l'Accordo al nostro esame, concluso il 3 dicembre 2009, è finalizzato a disciplinare il reciproco riconoscimento tra Italia e Federazione russa dei periodi e dei titoli di studio universitario ai fini dell'accesso e della prosecuzione degli studi nelle istituzioni universitarie dell'altro Paese. L'assenza di una normativa pattizia di questo tipo comporta oggi che i cittadini che si iscrivano presso le università dell'altra Parte contraente vi conseguano diplomi di laurea privi di riconoscimento legale da parte delle autorità del Paese di origine.
  La nuova intesa – che si sostituisce ad un Accordo del 1998 ormai obsoleto – consentirà agli studenti di una delle due Parti in possesso del titolo finale degli studi secondari superiori di essere ammessi alle istituzioni universitarie dell'altro Stato contraente. L'Accordo favorirà, proprio in ragione dell'elevato numero di studenti di lingua italiana nelle scuole superiori e nelle università russe e del crescente numero di studenti russi che si iscrivono presso i nostri atenei, l'aumento del tasso di internazionalizzazione delle nostre università nonché un'ulteriore diffusione della lingua italiana: in questi ultimi anni si è infatti registrato un significativo incremento dello studio dell'italiano, per cui si è passati da 1.100 iscritti nel a 3.430 nel 2014.
  Da quattro anni è altresì attiva una vera e propria rassegna della formazione italiana, «Studiare in Italia» che si svolge a Mosca, Kazan ed a San Pietroburgo, nel cui ambito le università ed i centri di specializzazione del nostro Paese hanno la possibilità di stabilire un contatto diretto col pubblico russo e gli studenti russi possono confrontarsi contemporaneamente con le più prestigiose istituzioni formative italiane.
  Venendo ai punti salienti dell'Accordo, vorrei segnalare in modo particolare l'articolo 1 che ne esplicita la finalità principale, ossia il riconoscimento reciproco dei titoli di studio rilasciati dagli atenei, istituti universitari, politecnici, e scuole artistiche e musicali legalmente riconosciute dalla Repubblica italiana e dei titoli di studio redatti in conformità del modello statale rilasciati dalla istituzioni di formazione superiore della Federazione russa ai fini del proseguimento degli studi e del loro uso nel territorio delle Parti contraenti. Così come previsto per altre analoghe intese, le Parti si impegnano a scambiarsi, entro un mese dalla firma dell'Accordo, l'elenco delle università ed istituti di livello universitario della Repubblica italiana ed i modelli di titoli di studio redatti in base al modello statale della Federazione russa ripromettendosi, altresì, di comunicarsi a vicenda eventuali modifiche a tali elenchi. Chiedo a tale proposito chiarimenti al rappresentante del Governo, poiché tali elenchi non mi risulta che siano stati resi noti.
  L'articolo 4, poi, stabilisce che il possesso dei titoli di studio di cui ai precedenti articoli 2 e 3 non esime il titolare dall'osservanza dei requisiti di accesso alle Pag. 62istituzioni accademiche né alle eventuali verifiche della conoscenza della lingua ufficiale della Parte ricevente.
  Per quanto attiene al disegno di legge di ratifica, oltre a contenere le consuete previsioni circa l'autorizzazione alla ratifica e l'ordine di esecuzione, reca la copertura degli oneri finanziari derivanti dall'attuazione del provvedimento, valutati in euro 1.580 annui ad anni alterni a decorrere dall'anno 2015.
  Auspico una rapida approvazione del testo, già ratificato dall'altra Parte contraente, che si inserisce in un clima di decisa ripresa delle relazioni italo-russe: è del 1o giugno la visita a Mosca del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale Gentiloni, in missione per incontrare il suo omologo Lavrov e la comunità imprenditoriale, che fa seguito a quella del Presidente del Consiglio Renzi nel marzo scorso. Ricordo inoltre la visita il 10 giugno del Presidente russo Vladimir Putin in Italia, dove ha fatto tappa all'Expo di Milano, e successivamente ha incontrato Presidente della Repubblica Mattarella ed il Presidente del Consiglio Renzi: giornata che ha rappresentato un'ulteriore occasione di dialogo e rilancio delle nostre relazioni con questo imprescindibile interlocutore del nostro Paese e della comunità internazionale.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO MARIANO RABINO IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI RATIFICA N. 3131-A

  MARIANO RABINO, Relatore. Signora Presidente, colleghi deputati, gli accordi di associazione con i paesi del Partenariato orientale costituiscono uno degli strumenti essenziali della politica europea di vicinato (PEV): tali intese mirano alla creazione di aree di libero scambio ampie ed approfondite tra ciascuno di questi paesi e l'Unione europea, promuovono negoziati per la facilitazione nel rilascio dei visti (nella prospettiva di una loro eventuale liberalizzazione) nonché una cooperazione energetica strutturata, allo scopo tra l'altro di fornire all'Unione europea più elevate garanzie nella regolarità dei flussi di approvvigionamento energetico.
  Per quanto riguarda specificamente le relazioni tra l'Unione europea e la Georgia, rispetto all'Accordo di partenariato e cooperazione in vigore dal 1999, queste hanno conosciuto un ampliamento e un arricchimento, così da indurre le Parti nel 2010 a iniziare i negoziati per un nuovo Accordo, da stipulare appunto alla luce della nuova strategia europea del Partenariato orientale.
  La novità principale del nuovo Accordo, oltre alle forme più strette di cooperazione previste e all'ampliamento della gamma di settori della cooperazione medesima, risiede nella configurazione di un'area di libero scambio ampia e approfondita. Nel suo complesso l'accordo va inteso alla stregua di una vera e propria agenda per le riforme, volta a stimolare l'adeguamento della Georgia agli standard normativi europei in tutti i campi. Come evidenziato dalla relazione introduttiva al provvedimento, va tenuto presente che nella terminologia europea la definizione di «area di libero scambio ampia e approfondita» allude rispettivamente all'inclusione nell'Accordo delle politiche nazionali in tema di appalti, concorrenza, proprietà intellettuale e sviluppo sostenibile; e di previsioni specifiche volte a incidere sulla modernizzazione dell'economia della Georgia.
  Dal punto di vista più strettamente commerciale l'Accordo prevede norme per l'eliminazione dei dazi su importazioni ed esportazioni da parte dell'Unione europea – fatte salve alcune categorie del settore agricolo e zootecnico considerate sensibili dall'Unione europea –, mentre da parte georgiana è contemplata la riduzione dei dazi all'importazione sulla maggior parte dei prodotti, mentre per quelli maggiormente sensibili – anche qui prevalentemente di carattere agricolo e del settore dell'abbigliamento – è prevista una gradualità da tre a dieci anni. Altri prodotti zootecnici e dell'agroalimentare non vedranno alcuna liberalizzazione dei relativi Pag. 63dazi, ma l'utilizzazione di regimi di quote tariffarie. Tali liberalizzazioni commerciali sono naturalmente facilitate dalla già consolidata appartenenza della Georgia all'Organizzazione mondiale del commercio, sin dal 2000.
  Nel suo complesso l'Accordo si articola attorno a cinque fulcri fondamentali: la condivisione di valori e principi – quali la democrazia, il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, lo Stato di diritto, lo sviluppo sostenibile e l'economia di mercato; una cooperazione più forte nella politica estera e di sicurezza, con particolare riguardo alla stabilità della regione – al proposito l'Accordo sancisce l'impegno per UE e Georgia a cercare una soluzione praticabile alla questione dell'Abkhazia e dell'Ossezia meridionale, regioni secessioniste georgiane dal 2008 – dopo la breve ma sanguinosa guerra russo-georgiana – sotto la protezione de facto della Russia, non riconosciute dal governo di Tbilisi né tantomeno dalle Nazioni Unite; creazione di un'area di libero scambio ampia e approfondita; spazio comune di giustizia, libertà e sicurezza – con particolare riguardo ai profili migratori, alla lotta al riciclaggio, ai traffici illegali di droga e al crimine organizzato; cooperazione in 28 settori chiave.
  Con riferimento al contenuto, il testo dell'Accordo si compone di un preambolo, 432 articoli organizzati in 8 Titoli, 34 Allegati relativi per lo più a questioni tecniche e ad aspetti normativi della UE soggetti a progressivo adeguamento da parte georgiana, 4 protocolli riguardanti: la definizione della nozione di «prodotti originari» ed i metodi di cooperazione amministrativa; l'assistenza amministrativa reciproca nel settore doganale; la partecipazione della Georgia ai programmi dell'Unione europea.
  Il disegno di legge, oltre a contenere le consuete previsioni riguardanti l'autorizzazione alla ratifica dell'Accordo e l'ordine di esecuzione del medesimo, reca, all'articolo 3, la copertura degli oneri finanziari derivanti dall'attuazione dell'Accordo, valutati in 9.880 euro annui a decorrere dal 2016. Sul testo si sono espresse favorevolmente le Commissioni Affari Costituzionali, Giustizia, Difesa, Finanze, Cultura, Ambiente, Trasporti, Attività Produttive, Lavoro, Affari Sociali, Agricoltura, Politiche dell'Unione Europea e la Commissione parlamentare per le questioni regionali. La Commissione bilancio ha espresso un parere favorevole con alcuni condizioni, volte a garantire il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione, che sono state puntualmente trasposte dalla Commissione Affari esteri all'articolo 3, comma 2, riguardante la copertura finanziaria.
  Concludo auspicando una rapida approvazione del disegno di legge, che si affianca all'altro provvedimento di ratifica riguardante la Moldova: tali accordi serviranno a consolidare la posizione dell'UE nel Caucaso e a consolidare le aspirazioni europee della democrazia georgiana, rinnovate con chiarezza nel corso dell'ultimo vertice di Riga, che vede nell'Europa un indiscusso punto di riferimento culturale prima ancora che politico ed economico ma che subisce anche pesanti pressioni da parte di Mosca perché entri nel blocco economico dell'Unione euro-asiatica, egemonizzato dalla Russia.