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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 418 di mercoledì 29 aprile 2015

Pag. 1

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
LAURA BOLDRINI

  La seduta comincia alle 13,50.

  EDMONDO CIRIELLI, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.

  PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Bonafede, Bonavitacola, Carbone, Dadone, Galati, Gitti, Guerra, Lauricella, Pistelli, Sisto e Venittelli sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente novantaquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge: D'iniziativa popolare; Cirielli; Pisicchio; Bersani ed altri; Francesco Saverio Romano; Migliore ed altri; Lenzi; Zampa e Marzano; Zampa e Ghizzoni; Martella; Francesco Sanna; Bobba ed altri; Giachetti ed altri; Giorgia Meloni ed altri; Rigoni ed altri; Rigoni ed altri; Nicoletti ed altri; Martella ed altri; Vargiu; Burtone ed altri; Balduzzi ed altri; Laffranco ed altri; Vargiu; Toninelli ed altri; Porta ed altri; Zaccagnini ed altri; Valiante ed altri; Lauricella; Michele Bordo; Marco Meloni ed altri; Di Battista ed altri: Disposizioni in materia di elezione della Camera dei deputati (Approvate, in un testo unificato, dalla Camera e modificate dal Senato) (A.C. 3-35-182-358-551632-718-746-747-749-876-894-932-998-1025-1026-1116-1143-1401-1452-1453-1511-1514-1657-1704-1794-1914-1946-1947-1977-2038-bis-B).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle proposte di legge, già approvate, in un testo unificato, dalla Camera e modificate dal Senato, n. 3-35-182-358-551-632-718-746-747-749-876-894-932-998-1025-1026-1116-1143-1401-1452-1453-1511-1514-1657-1704-1794-1914-1946-1947-1977-2038-bis-B: D'iniziativa popolare; Cirielli; Pisicchio; Bersani ed altri; Francesco Saverio Romano; Migliore ed altri; Lenzi; Zampa e Marzano; Zampa e Ghizzoni; Martella; Francesco Sanna; Bobba ed altri; Giachetti ed altri; Giorgia Meloni ed altri; Rigoni ed altri; Rigoni ed altri; Nicoletti ed altri; Martella ed altri; Vargiu; Burtone ed altri; Balduzzi ed altri; Laffranco ed altri; Vargiu; Toninelli ed altri; Porta ed altri; Zaccagnini ed altri; Valiante ed altri; Lauricella; Michele Bordo; Marco Meloni ed altri; Di Battista ed altri: Disposizioni in materia di elezione della Camera dei deputati.
  Ricordo che nella seduta di ieri il Governo ha posto la questione di fiducia Pag. 2sull'approvazione, senza emendamenti e articoli aggiuntivi, degli articoli 1, 2 e 4 del testo unificato, nel testo della Commissione, identico a quello approvato dal Senato (vedi l' allegato A al resoconto della seduta del 28 aprile 2015 – A.C. 3-bis-B ed abbinate), e che si sono successivamente svolti gli interventi per l'illustrazione degli emendamenti riferiti all'articolo 1, ai sensi dell'articolo 116, comma 2, del Regolamento.

(Dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia – Articolo 1 – A.C. 3-bis-B ed abbinate)

  PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia posta dal Governo sull'approvazione dell'articolo 1 del provvedimento, nel testo della Commissione identico a quello approvato dal Senato.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marco Di Lello. Ne ha facoltà.

  MARCO DI LELLO. Grazie, signora Presidente, onorevoli membri del Governo, onorevoli colleghi, i socialisti avevano fatto appello perché non fosse posta la questione di fiducia su questa riforma elettorale e, dopo il voto di ieri sulle questioni pregiudiziali, ritenevamo e ancora riteniamo più giusta la soluzione del percorso ordinario. I motivi ? Li ricordo citando l'intervento in quest'aula di un giovane deputato socialista poco più di cinquant'anni fa: «Il Governo vuole accelerare i tempi e pone la questione di fiducia. Si tratta forse di una legge che dovrebbe dare lavoro e il pane a 2 milioni e più di disoccupati ? Si tratta forse di una legge che dovrebbe dare un'equa pensione alle vedove, agli orfani, ai mutilati ed invalidi di guerra ? Si tratta forse di una legge che riguarda le riforme di struttura contemplate dalla Carta costituzionale ? No, niente di tutto questo». Quel deputato si chiamava Pertini Sandro.
  L'urgenza non c'era allora così come non c’è ora. Le nostre critiche al metodo non ci impediscono, però, di vedere il merito della proposta, di certo migliorata rispetto alla prima lettura. In questa sede i socialisti proposero l'innalzamento della soglia del premio di maggioranza al 40 per cento, l'abbassamento dello sbarramento per l'accesso e norme per garantire la parità di genere. Rivendichiamo da socialisti le modifiche apportate al Senato.
  Ci dispiace siano rimaste fuori la disciplina del conflitto di interessi e l'introduzione di un certificato antimafia per le liste. Condivido le parole del Premier quando ci richiama al dovere di scegliere: si discute, ci si confronta poi si vota e si decide.
  Se a distanza di cinquant'anni il Paese ha ancora bisogno di molte delle riforme di cui parlava Pertini è anche per l'insostenibile numero di Governi che si sono succeduti alla guida del Paese. L'Italia ha bisogno di riforme, per vararle occorre stabilità. Tutti i dubbi e le perplessità che non mancano retrocedono dinanzi all'interesse dell'Italia. Per questo i deputati e la deputata socialisti voteranno la fiducia al Governo.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Mucci. Ne ha facoltà.

  MARA MUCCI. Onorevoli colleghi ed esponenti del Governo, è inutile dire che siamo profondamente delusi dalla posizione della fiducia su questa riforma elettorale, una fiducia completamente inaspettata anche in virtù dei voti sulle pregiudiziali passate con notevole consenso. Viene stravolto l'equilibrio tra i poteri e il problema diventa di legittimazione politica, visto che si toccano i rapporti tra Esecutivo e Parlamento.
  In una situazione così anomala ci saremmo aspettati l'intervento del Presidente del consiglio Renzi, e non del Ministro Boschi, per spiegare a quest'Aula le motivazioni della posizione di un voto di fiducia. Questa fiducia viene apposta per la sua maggioranza, quella che in una Repubblica parlamentare appoggia il Governo sulle sue linee programmatiche.Pag. 3
  Ma forse il Presidente Renzi ha il problema nella sua stessa maggioranza di non trovare l'appoggio. Su una legge così importante e con una procedura così atipica ci aspettavamo – lo ribadisco – che intervenisse di persona mettendoci la faccia.
  Avete calpestato l'articolo 72 della Costituzione, che prevede l'adozione delle procedure normali di esame per i progetti di legge in materia costituzionale, come ad esempio la legge elettorale.
  Inoltre, che dire delle contraddizioni all'interno degli stessi sostenitori dell'Italicum ? Il Presidente Renzi ha sempre affermato che le regole si scrivono tutti insieme e «farla colpi di maggioranza è uno stile che abbiamo sempre contestato», cito. La legge elettorale non si può approvare a colpi di maggioranza. Lo stesso Ministro Boschi forse non ricorda di avere proclamato lei stessa che la ricerca della più ampia condivisione era possibile, dichiarando che vanno bene allo stesso modo il Mattarellum o lo spagnolo corretto, che anche il sistema dei sindaci poteva andare, l'importante è che l'accordo ci fosse e che non si procedesse a colpi di maggioranza.
  Siamo delusi per l'apposizione della fiducia, che per noi è stata del tutto inaspettata. Il nostro Paese, Presidente, è senza legge elettorale, perché un proporzionale puro non rende il Paese governabile e consente ai partiti politici meno rappresentativi di esercitare un diritto di veto e ottenere posizioni di potere e di rendita come nella prima Repubblica, proprio quello che tutti gli osservatori politici e i cittadini contestano alla politica.
  È noto che gli effetti sarebbero frutti avvelenati: eccessiva competizione interna, aumento dei costi delle campagne elettorali con problemi legati al loro finanziamento; ci espone al maggior uso di pratiche anomale o illecite, come il voto di scambio, il controllo delle preferenze da parte soprattutto della criminalità organizzata.
  Con gli esiti della sentenza n. 1 della Corte costituzionale serve con urgenza una norma, che però sia condivisa. Il risultato che abbiamo davanti agli occhi è invece una legge che è stata stavolta nel corso del suo iter parlamentare. I cittadini non riescono a comprendere chi siano i responsabili.
  Nonostante il mio partito abbia cercato di apportare modifiche a questa legge per salvaguardare la propria futura esistenza, nessuno è in grado di spiegare ai propri elettori quanto abbiano partecipato alla sua elaborazione e il motivo per il quale oggi non la votano, se ne tirano fuori tutti. Del resto, non saremmo arrivati alla fiducia se ci fosse stata una chiara responsabilità e condivisione del risultato finale.
  Ricordo le posizioni di alcuni partiti: il Movimento 5 Stelle, nonostante abbia ribattezzato la legge elettorale «Nostalgicum», paragonandola per l'ennesima volta alla legge Acerbo, chiede al Presidente della Repubblica di non firmarla, ma come gruppo non palesa un'eccessiva ostilità: d'altronde, il premio alla lista li favorisce ampiamente. SEL è contraria alla legge perché vuole il premio di coalizione, così come ha fatto in Emilia Romagna, dove infatti si è coalizzata con il PD e magari lo farà in futuro. Ricordiamo il referendum Guzzetta, che, sebbene non abbia raggiunto il quorum necessario all'approvazione, ha avuto la maggioranza del consenso. La Lega ha proposto e fatto approvare il Porcellum, così definito dallo stesso Calderoli: era ben peggio dell'Italicum, ma oggi se ne tira fuori. Forza Italia – Forza Italia ! – affetta probabilmente dalla sindrome del dottor Jekyll e Mr Hyde, dal momento che ha votato la stessa legge con lo stesso testo in Senato, convintamente poi ha definito, tramite il proprio capogruppo, una «legge fascista» lo stesso testo, oggi se ne tira fuori. La minoranza PD ha chiesto delle modifiche al proprio partito e oggi però sembra non voterà questa norma.
  Come possiamo dare la fiducia a questo Governo ? Le priorità secondo noi sono altre. Dovrebbero essere: abrogazione della riforma Fornero, a fronte di una nuova riforma del mercato del lavoro che miri a creare realmente posti di lavoro; abbassare le tasse sul lavoro, un reale Pag. 4sostegno alla conciliazione fra i tempi di lavoro e di vita, una revisione del Patto di stabilità che strangola i comuni, abolizione degli studi di settore per le piccole e medie imprese e i professionisti, un impegno concreto sul Mezzogiorno. Questo vogliamo vedere.
  Esponenti del Governo, non è quella governabilità a cui aspira giustamente questa legge che garantisce stabilità al Paese. Le norme sono valide se fatte in modo condiviso, perché sono stabili nel tempo. Chiudiamo quindi questo brutto capitolo e torniamo a parlare delle vere urgenze per il nostro Paese.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Russa. Ne ha facoltà.

  IGNAZIO LA RUSSA. Grazie, Presidente. Chissà cosa direbbe Brunetta nel vedere l'Aula così vuota mentre discutiamo la fiducia, ma credo che questa volta i colleghi assenti abbiano ragione, perché sono un rito queste dichiarazioni sul voto di fiducia: il dado è stato già tratto ed è un dado che non ci piace.
  Avere deciso che la fiducia fosse la scelta migliore per capire se il Parlamento è d'accordo sulla legge elettorale è veramente qualcosa che urta la sensibilità di chi, per carità, non si atteggia a difensore supremo della democrazia, ma in queste Aule del Parlamento ha imparato a credere nella capacità di quest'Aula di discutere e di decidere alla fine quello che, ad avviso della maggioranza, è il bene dell'Italia, non sempre riuscendoci, ma provandoci.
  Alle accuse che sono state mosse, non solo da tutte le opposizioni, ma anche da parte della stessa maggioranza, il Presidente Renzi, caro Ministro Boschi, ha risposto in maniera intelligente – lei lo sa che io apprezzo molto le sue capacità di comunicazione, lo dico con estrema sincerità – e ha detto: quale migliore espressione di democrazia della fiducia ? E se il Parlamento non me la dà, vuol dire che andiamo a casa. Ebbene, no, la fiducia non è proprio la migliore espressione della democrazia.
  Quando ero all'università e studiavo diritto costituzionale, mi hanno detto che la migliore espressione della democrazia è il consenso popolare, è il voto del popolo, non la fiducia, e il voto del popolo questo Governo non l'ha mai avuto; si è dimenticato, per un attimo, Renzi, che è meglio non toccare certi argomenti, perché questo è un Governo che non è mai stato santificato da un voto popolare e un Governo siffatto, quando viene in Aula e pretende di dirci che la migliore espressione della democrazia è la fiducia, inciampa; inciampa perché, poi, anche in Parlamento non è vero che la migliore espressione è la fiducia; al contrario è l'esame di una dietro l'altra delle proposte che si chiamano emendamenti che vengono dai parlamentari, la discussione su essi e, alla fine, è il voto palese o segreto, così come prescrive il Regolamento, che santifica o condanna il provvedimento. La fiducia è l'opposto; la fiducia – e nelle parole di Renzi si capisce benissimo (userò una parola forte che forse va oltre la realtà) – è un modo ricattatorio di confrontarsi con il Parlamento, perché dice: o tu voti quello che dico io o non c’è la fiducia e, quindi, cade il Governo e, quindi, caro parlamentare, se per caso tu hai a cuore, più della legge, la tua permanenza in Parlamento, si va a casa. A me non fa né caldo né freddo, ma c’è chi su questo refrain ha puntato in passato, ma anche in questa occasione, molto.
  Quindi, la fiducia è l'opposto del meglio per la democrazia: è la negazione del confronto parlamentare. Farla su una legge elettorale è veramente quanto di meno intelligente o, meglio, di più furbesco ci si potesse aspettare da un Governo – lo ripeto – senza il consenso di un voto popolare.
  Questo articolo 1 non ci piace e voteremo contro, perché ripropone i parlamentari nominati dai capi dei partiti. Si dice: solo il capolista è scelto, ma sappiamo benissimo che per i due terzi dei partiti che concorreranno alle elezioni, cioè per quasi tutti, risulterà eletto solo chi è indicato come capolista. Siccome sono cento i collegi, quanti sono i partiti Pag. 5che hanno più di cento deputati in Parlamento ? Uno, al momento, cioè solo il PD, oggi, può vantare la possibilità di offrire la gara con le preferenze ad alcuni e nominare cento deputati. Per un partito, invece, che magari si attesti sulla metà, sui cinquanta deputati, presumibilmente, non ce ne sarà neanche uno scelto con le preferenze. Quindi, avete aggirato il dettato della Corte costituzionale in una maniera che non comprendo, che non mi piace e sulla quale voteremo contro.
  Sono stato in dubbio se partecipare a questo rito delle dichiarazioni di voto, dopo quello che ho visto ieri, o non venire e lasciare nel silenzio la nostra protesta; ma io sono contro l'Aventino di ogni genere, prima di tutto perché anche storicamente gli aventiniani non hanno avuto ragione nel risultato e, credo, neanche nella sostanza delle loro motivazioni.
  E poi... È successo niente di grave ?

  PRESIDENTE. No.

  IGNAZIO LA RUSSA. Stava cadendo una collega, ma si è rialzata. SEL si è rialzata, non è caduta.

  PRESIDENTE. Lo vede, le donne si rialzano con facilità (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  IGNAZIO LA RUSSA. Anche gli uomini. Anche gli uomini, signor Presidente.
  Concludo dicendo il motivo per cui comunque sarei venuto oggi a dire qualcosa in quest'Aula. Oggi è il 29 aprile, una data che per molti non significa niente; per me e per molti della mia generazione ha un riferimento preciso, che si chiama Sergio Ramelli, un ragazzo che quarant'anni fa venne barbaramente assassinato sotto casa, come poi accertò il processo, senza alcuna responsabilità, senza alcuna colpa, senza alcun atteggiamento provocatorio, senza nulla se non la sua appartenenza al Fronte della Gioventù dell'allora Movimento Sociale Italiano, che giustificasse tanto odio nei suoi confronti.
  Nel mio studio di avvocato penalista – difendevo la mamma di Ramelli nel processo che si tenne dieci anni dopo, quando si individuarono i responsabili – vennero i colpevoli a portarmi una lettera con richiesta di perdono, che io accolsi a nome della mamma di Sergio Ramelli, perché il sacrificio di quel ragazzo non fosse mai la rivendicazione di una parte, ma potesse aspirare ad essere un momento di pacificazione, un monito per le nuove generazioni contro una cieca violenza, contro anche una pratica del divide et impera, che in quegli anni era consuetudine per il potere, per chi comandava.
  Oggi, a quarant'anni di distanza, non vorrei che quel messaggio, quel messaggio di pacificazione, di amore, di sacrificio per l'Italia e non per una parte, venisse dimenticato da chi oggi a Milano manifesta contro il ricordo di questo ragazzo, ma anche a volte da parte di chi dimentica che il modo migliore per celebrarne la memoria è quello di offrirlo a ricordo di tutti gli italiani, non solo di una parte. Sergio Ramelli è presente con il gruppo di Fratelli d'Italia, ma mi auguro, con la commossa partecipazione di tutti, che sia presente oggi qui in Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale e di deputati dei gruppi Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente e Area Popolare (NCD-UDC)).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Bruno Tabacci. Ne ha facoltà.

  BRUNO TABACCI. Signora Presidente, signora Ministro, colleghi parlamentari, purtroppo si conclude, con un clima confuso da tutti contro tutti, l'iter di una legge elettorale che avrebbe dovuto più unire che dividere. Ma al di là delle questioni di merito, prevale ampiamente la questione politica posta dal Governo, il che può giustificare sul terreno parlamentare, come ho detto ieri, la richiesta di fiducia.
  Scegliere posizioni oltranziste con accuse di violenza alla democrazia può forse servire a vellicare gli istinti di una parte dell'elettorato, quella più incline al concetto di tifoseria, ma impedisce di entrare Pag. 6nel merito delle questioni, dando più rilievo alla forma che alla sostanza. È il clima di questi anni, della cosiddetta seconda Repubblica, e anche il dibattito sull'Italicum non è stato esente da questa malattia. Anzi, il clima si è fatto così confuso e strumentale – ieri il portavoce ne è stato l'onorevole Brunetta, un amico con cui amo dialogare dialetticamente – per cui, con un parallelismo assai discutibile può apparire del tutto naturale che un consistente gruppo parlamentare, il più cospicuo di una destra che ha ben poco di centro, prima concorra a scrivere e approvi in toto l'impianto strutturale e poi, forse perché l'accordo politico sottostante era interpretato da una parte come un accordo di potere e non con il cuore del padre della Patria, lo descriva oggi come il libro del comando, l'antico testo che secondo la tradizione sarebbe stato scritto dal demonio.
  Certo, non mi rammarico che quell'accordo sia saltato, non essendone mai stato tifoso, proprio sull'elezione del Presidente della Repubblica, che ha portato al Quirinale un galantuomo di alte qualità morali e politiche, per fortuna degli italiani. Come me, hanno applaudito alla rottura di quel patto e all'elezione di Mattarella anche gli esponenti della cosiddetta minoranza interna del Partito Democratico, tra i quali mi onoro di avere amici che stimo profondamente. Ho creduto che il mio percorso potesse essere il loro di fronte alle modifiche sostanziali che sono state introdotte dopo la prima lettura alla Camera, che aveva portato, ad esempio, me al voto contrario: innalzamento della soglia per il premio dal 37 al 40 per cento, con eventuale ballottaggio, abbassamento della soglia al 3 per cento per il diritto di tribuna, introduzione parziale delle preferenze, in particolare quelle di genere. Sarebbe bastato valorizzare tali risultati, invece il dibattito si è incendiato proprio nel suo svolgimento all'interno del partito di maggioranza. A nulla è valso richiamare che tale Partito non può esaurire con le sue interne vicende tutto il dibattito politico – lo avevo già detto in occasione del jobs act, perché era già avvenuto – riducendo il lavoro del Parlamento ad una trattativa all'interno del Partito Democratico. Dico, in maniera molto sommessa che il Partito Democratico non se lo può permettere.
  Tra l'altro, la questione centrale dell'apparentamento che ora si agita, ha avuto ben diversi apprezzamenti nella fase che ci siamo lasciati dietro le spalle. Io non ho mai firmato i referendum di Segni, li ho sempre contrastati, eppure ancora nel 2009 si teneva un referendum promosso da Mario Segni e dal professor Guzzetta, con i quali ho polemizzato più volte, per introdurre il premio di lista anziché di coalizione. Le firme di sostegno andavano curiosamente da Brunetta a Rosy Bindi, da Prestigiacomo a Cuperlo, ma erano proprio le firme dell'attuale minoranza del PD, allora gruppo dirigente di comando, e non minoranza, che mi allarmavano e mi confermavano la spinta da un sistema parlamentare ad un sistema presidenziale di fatto, costruito purtroppo senza contrappesi, come già dimostrava prima la scelta compiuta dell'elezione diretta dei sindaci e dei presidenti delle regioni, conseguentemente chiamati con tanta prosopopea «governatori», i quali amano farsi chiamare in tale modo, come se lo fossero. Di questi rischi non si è mai voluto parlare, anzi Forza Italia l'aveva nel suo DNA, ma non ha voluto farlo per tempo neppure l'attuale minoranza del Partito Democratico, perché essa ha sposato il presidenzialismo di fatto, anzi ha fornito un contributo fondamentale, decisivo all'affermazione di questa cultura nel profondo del tessuto connettivo del nostro Paese nel corso degli anni. Non ricordo più quante volte, spesso in solitudine, ho tentato di evidenziare in questa Aula nelle scorse legislature i rischi della traslazione del modello dell'elezione diretta dei sindaci all'elezione del cosiddetto «Sindaco d'Italia». Ancora peggio per i cosiddetti «governatori», la cui elezione ha cancellato il ruolo di contrappesi democratici e di controllo delle assemblee regionali, consentendo la formazione di gruppi di potere Pag. 7che hanno fatto scempio delle regioni stesse, tra sprechi, spese pazze e aperture di voragini nei bilanci.
  Così non ricordo alzate di scudi quando si introdusse sulla scheda il nome del candidato Premier, di fatto creando non pochi problemi al Presidente Ciampi, era il 2001, e la spinta prevalente proveniva da quelle formazioni che avrebbero dato vita, nel giro di qualche anno, al Partito Democratico, la Margherita da una parte ed il Partito Democratico della Sinistra dall'altra, ovviamente nell'inseguimento della pulsione presidenzialista di Forza Italia e di Berlusconi.
  Così come la scelta fatta – infausta – del Titolo V era compiuta per inseguire la Lega sul terreno di un improprio federalismo.
  Come si fa ora a mettere tutto questo sulle spalle di Matteo Renzi, come si fa ? Non credo che allora avesse grande voce in capitolo, aveva 25 anni, anche se indubbiamente è precoce nella sua capacità di azione politica. Oggi è la conseguenza di quella impostazione, che era culturale prima che politica, e poi è diventata istituzionale ed elettorale. E così mi direte: ma allora, perché la voti ? Perché ho dovuto prendere atto, ahimè, che la pubblica opinione sta ben al di là del classico sistema parlamentare, e privilegia la funzione di governo, la sua efficacia e la sua capacità di produrre risultati a vantaggio del Paese, una pubblica opinione che apprezza le minoranze arcigne che controllano, non quelle di blocco, che non mirano a costruire un'alternativa credibile, ma semplicemente a distruggerlo o, tutt'al più, a non fare. E poi, perché si apra una fase politica nuova che sarà indotta – sembra un paradosso, ma è la legge del contrappasso – da questa legge elettorale. Il premio va alla lista, come chiedeva il referendum Segni-Guzzetta. Bene, avete vinto, quelli che l'hanno sottoscritta hanno vinto. Ora non potete disconoscerlo. Ma allora, quella lista, quando si voterà alle prossime elezioni politiche, non potrà essere semplicemente quella del Partito Democratico, dovrà essere una lista che riassume in sé lo spirito di una coalizione moderna ed europea che valorizzi anche cultura e programmi riformatori e liberaldemocratici e io, votando l'Italicum, confermo la mia incrollabile fede nella politica, che è più forte degli artifizi della legge elettorale, e vi spiego il precedente.
  Anche il gruppo dirigente del Partito Popolare nel 1993 riteneva di aver escogitato, attraverso una nuova legge elettorale, quella del tempo, un modo di perpetuare il potere nella continuità con la Democrazia Cristiana, ma non la seppe interpretare. E cosa accadde ? Che arrivò Berlusconi. Non la seppe interpretare, non seppe interpretare quella legge escogitata per determinare la continuità, e scaturì l'elezione di Berlusconi. Vorrei dire, concludendo, che la stessa cosa accadrà oggi, perché la politica è capace di trovare la sua via, la sua strada.
  Se Renzi vorrà vincere le elezioni – e io me lo auguro – dovrà interpretare al meglio l'Italicum e convincere gli italiani che è preferibile una maggioranza stabile e sufficientemente omogenea piuttosto che la somma di opposizioni inconcludenti, e quindi non basterà questo Partito Democratico. Mi dispiace per gli amici e i colleghi che sono assenti, ma è bene che se lo fissino bene in testa (Applausi dei deputati del gruppo Per l'Italia - Centro Democratico), questa è la sfida che noi del gruppo Per l'Italia – Centro Democratico, senza nessuna particolare iattanza, raccogliamo proprio votando la fiducia (Applausi dei deputati dei gruppi Per l'Italia - Centro Democratico e Scelta Civica per l'Italia e di deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Invernizzi. Ne ha facoltà.

  CRISTIAN INVERNIZZI. Signora Presidente, siamo ormai non so più a che fiducia in poco più di un anno dall'insediamento del Governo Renzi, un Governo che sicuramente ha innovato il modo di intendere il rapporto tra Governo e Parlamento, che ha innovato sicuramente il sistema di comando all'interno del Paese Pag. 8Italia. È importante, secondo noi, sottolineare, come in tutte le altre dichiarazioni di voto sulla fiducia, anche stavolta come vi sia un'obiettiva differenza tra la concezione che esprime il Governo Renzi – in rapporto ovviamente con il Parlamento – e la concezione che bene o male è sempre stata espressa da tutti i partiti di sinistra, a partire dal Partito Comunista e da tutte quelle varie formazioni che ne hanno rivendicato anche l'eredità e la tradizione. Vi è una grandissima differenza.
  Diciamo che se dovessimo sottolineare qual è la cifra stilistica, appunto, di Renzi in questo anno, dovremmo necessariamente dire che è un Presidente del Consiglio che sta dando tutta una serie di lezioni, anche a noi che siamo all'opposizione, anche a noi che, come Lega Nord, contrastiamo fortemente il Governo Renzi non soltanto sul piano delle riforme ma, anche e soprattutto, sul piano delle iniziative economiche e finanziarie.
  Io mi sento di dover ringraziare il Presidente Renzi, perché il Presidente Renzi ci ha fatto capire come bisogna governare nel 2015. Noi apparteniamo anche, se vogliamo, a una tradizione politica che ormai ha trent'anni e pensavamo che in Italia vi fosse la necessità comunque, visto che ancora oggi la Costituzione parla di una Repubblica parlamentare, del confronto con il Parlamento. Ma Renzi ci ha fatto capire che nel 2015 parole come «dibattito parlamentare» e «confronto parlamentare» sono superate. Ormai, nel 2015 non vi è più bisogno di questi vecchi e stanchi riti della politica, ormai non vi è più la necessità di venire in Parlamento e magari dare anche all'opposizione, che non rappresenta 4 o 5 elettori, ma rappresenta svariati milioni di elettori in Italia magari, di dire la propria su temi fondamentali: penso al tema delle riforme costituzionali e penso a un tema come questo, quello della riforma elettorale, che tutti a parole, compreso il Partito Democratico, dicevano che, essendo questa, appunto, la base delle regole comuni e del gioco democratico comune, devono essere maggiormente condivise.
  No ! Tutte queste parole d'ordine, questi vecchi riti della democrazia parlamentare sono spazzati via dal Governo Renzi. Ed è un insegnamento che io auspico e credo tutti i Governi futuri dovranno prendere, che tutti i Governi futuri dovranno fare propri, perché solitamente accade che chi governa vede le prossime elezioni come la possibilità della propria riconferma e non come la possibilità del cambio, e mi sembra che in questo caso anche Renzi e il Partito Democratico pensino che probabilmente a governare saranno sempre loro. Pensano che probabilmente a Palazzo Chigi siederà sempre un loro uomo, o nel caso del Presidente Renzi sono convinto che, data anche la sua giovane età, vi è l'intima convinzione che da Palazzo Chigi traslocherà tra 20-25 anni. Le cose probabilmente, però, non andranno così. Siamo ancora – mi auguro – all'interno di un regime democratico, che prevede il principio dell'alternanza e la possibilità, pertanto, di andare al Governo anche da parte di coloro che attualmente siedono all'opposizione.
  E mi sento di poter dire, visto che la Lega Nord ci sarà quasi sicuramente, malgrado ci abbiano dati per morti chissà quante volte anche negli ultimi anni, che comunque la Lega Nord sarà il partito che concorrerà al Governo dello Stato italiano anche nelle prossime elezioni. Proprio liberare il campo da ogni dubbio, al Presidente Renzi diciamo che lui continua a minacciare il ricorso alle elezioni, cosa che non è che spaventa l'opposizione, anzi è un auspicio che anche noi ci sentiamo di condividere. Comunque, diciamo che le prossime elezioni potrebbero essere vinte dalla Lega Nord, perché vorrei ricordarvi che oggi la Lega Nord è accreditata, dai maggiori istituti di sondaggi, intorno al 16-17 per cento. Siamo in continua crescita, siamo, cioè, un partito che, stanti le regole che voi state creando, unico partito e una lista che probabilmente potrà giocarsela al ballottaggio, potrà arrivare al ballottaggio e, quindi, potrà giocarsi questo ballottaggio, magari vincere e portare, Pag. 9quindi, grazie alle vostre regole e magari con un consenso del 20-25 per cento, 340 deputati in quest'Aula.
  E quando magari la Lega Nord porterà 340 deputati in quest'Aula – ripeto che siamo al 16-17 per cento e nelle campagne elettorali sappiamo tutti come vanno le cose – magari quando porteremo 340 deputati in questo Parlamento, dicevo, noi delle lezioni di Renzi ne faremo sicuramente tesoro, perché abbiamo capito che non è l'Aula parlamentare, probabilmente la Camera, che sarà l'unica Aula che rimarrà, sempre se le vostre riforme costituzionali dovessero appunto giungere al proprio esito, non è questo il luogo dove si decide. Il luogo qual è ? È la direzione nazionale del partito. Una volta scelta la linea dalla direzione nazionale del partito, verremo in Aula – noi magari arriveremo con 340 deputati – e vi diremo: «Che dibattito parlamentare ? Ma cosa ? Ma no, è inutile discutere !
  Abbiamo già scelto nella nostra direzione nazionale del Partito, poniamo la fiducia, voi avrete dieci minuti di tempo per dire: no, così le cose non vanno, votiamo la fiducia e via, andare». E questo sarà quello che succederà da qui in avanti, perché i precedenti che voi del Partito Democratico avete creato in quest'Aula non valgono solo per voi, varranno per tutti e, a quel punto, sarà bello anche vedere quello che succederà. Infatti, io ho sentito tante dichiarazioni, anche da parte di esponenti del Partito Democratico, della cosiddetta minoranza del Partito Democratico, dire che, se vi fosse stato Berlusconi al Governo e se Berlusconi avesse fatto una cosa di questo tipo, noi oggi saremmo sicuramente in piazza, cosa che probabilmente rifarete quando sarete opposizione, perché a quel punto vi ricorderete dei sacri valori inviolabili della Costituzione, dei sacri valori inviolabili della democrazia, che nasce dalla resistenza partigiana del 25 aprile. Sarà solo allora che vi ricorderete di questi sacri principi, che oggi, invece, avete preso e, non dico cestinato, ma messi in congelatori, in attesa di poterli tirare fuori quando a voi servirà.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO (ore 14,30)

  CRISTIAN INVERNIZZI. Ma, a quel punto, noi vi diremo: guardate che Renzi ci ha insegnato che questi sono riti antichi, vecchi, non dobbiamo più stare qui a parlare in quest'Aula, la gente fuori chiede decisione, chiede che il Governo se ne freghi del dibattito parlamentare, se ne freghi della possibilità dell'opposizione di presentare degli emendamenti, non sia mai che l'opposizione voglia presentare degli emendamenti, si supera, poniamo la fiducia. Infatti, ormai, dopo Renzi, tutte le cose sono cambiate. Tutto è cambiato e, quando voi tornerete in piazza il 25 aprile – ci siete appena stati a cantare Bella ciao, a ricordare i martiri della lotta antifascista, coloro che con il loro sangue hanno battezzato la sacra Costituzione, che voi state ritoccando, fregandovene sostanzialmente dell'opinione di chiunque non sia il Partito Democratico e i satelliti che oggi ha attorno – spero di vedervi, se non io, chi verrà dopo di me nella Lega Nord, all'opposizione contro i 340 deputati del partito che avrà vinto le elezioni grazie alle vostre regole, con magari un quarto del consenso elettorale presente nel Paese. Allora, mi verrà probabilmente da ridere e vi dirò anche: io non ho mai creduto nelle vostre manifestazioni. A me veniva da ridere quando nel 2006 organizzavate i girotondi, organizzavate chiamate al popolo perché il Governo Berlusconi-Bossi aveva osato toccare la Costituzione; il popolo viola, ricordiamolo.

  PRESIDENTE. La prego di concludere.

  CRISTIAN INVERNIZZI. Ci credevo poco – mi avvio alla conclusione – al vostro sincero sentimento democratico, e ci credo ancora meno oggi, perché per la prima volta ho potuto vedere in prima persona quello che fa il Partito Democratico quando comanda con la forza dei numeri, fregandosene assolutamente dell'opposizione, esattamente come allora – ripeto – nel 2006, quando noi toccammo la Costituzione. È vero, toccammo la Costituzione, Pag. 10prevedendo, però, tutta una serie di equilibri. A sentire, però, anche le parole dell'autorevole Ministro Boschi, a quanto pare, la Costituzione viene dopo la legge elettorale: prima vediamo la legge elettorale, che è fondamentale, poi, se serve, tocchiamo la Costituzione per equilibrare, quindi invertendo anche proprio l'ordine degli addendi.

  PRESIDENTE. Deve concludere.

  CRISTIAN INVERNIZZI. Mi avvio veramente alla conclusione, Presidente. Ecco perché noi voteremo «no», perché malgrado la possibilità – ripeto – che da qui a breve voi andiate all'opposizione, riteniamo che stiate veramente creando dei precedenti pericolosissimi per quello che accadrà nel futuro dello Stato italiano. Votiamo «no», signor Presidente del Consiglio, perché speriamo di andare al voto, perché ci piacerebbe che, dopo tre Presidenti del Consiglio non eletti, il prossimo sia eletto e magari, grazie alle vostre regole, sia della Lega Nord (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie – Lega dei Popoli – Noi con Salvini).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Mazziotti Di Celso. Ne ha facoltà.

  ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, premetto subito che questa sarà l'unica dichiarazione di voto di Scelta Civica di questi giorni, perché pensiamo che una dichiarazione sia più che sufficiente, e dirò anche che non entrerò nel merito dell'Italicum, perché su questo parleremo quando si tratterà di parlare in sede di votazione finale.
  Vorrei, invece, parlare della situazione dal punto di vista politico: noi non siamo contenti che sia stata messa la fiducia, abbiamo detto sin da subito che avremmo voluto un voto trasparente, senza voti segreti, senza fiducia, dove tutte le posizioni fossero espresse in maniera chiara, trasparente, coerente con quelle che erano già state espresse precedentemente.
  È evidente che questo non è stato possibile, perché vi è stato un tentativo immediato, una dichiarazione immediata, di voler ricorrere ai voti segreti. Il paradosso, ancora una volta, è che questa richiesta è venuta da chi ha votato questa legge, ma non torniamo sul tema dell'incoerenza. Vi sono state altre situazioni e altri atteggiamenti altrettanto poco coerenti, come quelli che ha descritto prima l'onorevole Tabacci.
  In ogni caso, si arrivava oramai al voto di fiducia, e il voto di fiducia, restando in termini di coerenza – qui mi rivolgo anche a chi fa parte della maggioranza – ha un significato solo: il voto di fiducia significa dire, dichiarare, se si vuole che il Governo continui o che il Governo non continui. Non vi è un'interpretazione diversa ! Giustamente, i rappresentanti dell'opposizione non voteranno la fiducia; trovo molto più strano che rappresentanti della maggioranza non votino la fiducia, a meno di non volere dire che questo Governo deve finire domani, che credo sia una posizione legittima, ma la coerenza vorrebbe atteggiamenti corrispondenti sul voto di fiducia e sul rapporto con il Governo.
  Questo credo che sia il punto fondamentale e noi, come Scelta Civica, voteremo la fiducia perché pensiamo che il Governo debba andare avanti. Pensiamo che il Governo debba andare avanti, debba proseguire nel percorso di riforme che ha avviato. Alcune di queste riforme, che noi abbiamo condiviso, se non promosso, sono state sicuramente positive. Ecco, noi ci aspettiamo in futuro – questo voto di fiducia è anche un po’ un investimento sul futuro – lo stesso tipo di determinazione su altri aspetti, su quelli che fino adesso, forse, non sono stati tutti affrontati con la stessa decisione.
  In particolare, pensiamo – lo diciamo da sempre – che quello che è essenziale sia occuparsi, rilanciare chi promuove e crea la crescita e la ricchezza. Parlo delle imprese grandi e piccole, delle professioni e, in genere, del nostro sistema produttivo. Sulla produttività, sulla competitività, sull'aiutare le imprese a crescere bisogna che questo Governo faccia ancora di più.Pag. 11
  Quando è stato approvato il Jobs Act, il Presidente del Consiglio ha detto che gli imprenditori non avevano più alibi: io credo che di alibi ve ne siano ancora un bel po’ e non sono degli alibi. Sono dei problemi, che sono giustizia lentissima, tasse altissime, Stato onnipresente, concorrenza di imprese partecipate pubbliche da tutte le parti, poca concorrenza, poche liberalizzazioni. Tutte eredità del passato !
  Su queste, noi ci aspettiamo un'energia analoga, ci aspettiamo che, anche nei confronti della minoranza del Partito Democratico, che è stata la ragione principale per cui ci troviamo, oggi, qui, a votare la fiducia, vi sia la stessa energia sui temi che riguardano il sistema economico del nostro Paese, che riguardano, ad esempio, la riforma della scuola e il merito nella scuola, che riguardano il taglio della spesa pubblica, che riguardano le partecipate inutili.
  Ora vi sarà il decreto sugli enti locali: è prevedibile un assalto alla diligenza per mance varie sui territori. Su queste cose noi presenteremo emendamenti forti, radicali, in termini riformatori, come abbiamo sempre fatto, e su questo ci aspettiamo che il Governo abbia la stessa energia e la stessa determinazione, anche un po’ feroce, che si vede oggi, qui, in Aula. Questo è il presupposto sulla base del quale Scelta Civica voterà la fiducia oggi (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Scotto. Ne ha facoltà.

  ARTURO SCOTTO. Grazie, signor Presidente. Gentile Ministra, signori del Governo, questa fiducia segna un punto di non ritorno rispetto alla concezione che il vostro Governo ha del Parlamento, ma anche rispetto a un rapporto che con le opposizioni e dentro i partiti rischia di deteriorarsi in maniera definitiva.
  Lo avevamo detto nel corso dei giorni scorsi in tutte le salse, in tutti i luoghi, che la fiducia era un'avventura e assumeva i rischi di un vero e proprio funerale della democrazia parlamentare. Era un'avventura perché non ci confrontava con il principio di realtà, un'opposizione che si era caricata la responsabilità di discutere e provare a migliorare il testo, attraverso una battaglia di merito sugli emendamenti. E sfuggiva al principio di realtà rispetto al voto di ieri mattina, dove eravamo arrivati ad un voto segreto sulle pregiudiziali, che vorrei ricordare a tutti non è un reato. Il voto segreto è una prerogativa di ciascun parlamentare in un'Aula, in un contesto democratico, per potere esercitare liberamente il proprio mandato.
  E dopo quei voti così larghi, voi avete deciso la stretta e quella stretta oggi produce una separazione, una distanza, ma determina, cara Ministra Boschi, anche il ritratto di cos’è la politica per voi. Voi avete una precisa concezione della politica, una sola: un eterno e quotidiano duello, sul campo sempre e solo due contendenti, uno vince e comanda, l'altro perde, muore e sparisce; o è così, o a tutti a casa, o è come dico io, o si va al voto. Non c’è dialettica, non c’è confronto che sia sul merito, ma non c’è nemmeno il compromesso che contemperi la mediazione tra posizioni differenti, sono dei disvalori, sono perdite di tempo, sono inciampi del passato. La politica come permanente resa di conti, ci riporta indietro, in un tempo lontano della storia, dentro quella logica amico-nemico che è nulla di più lontano dall'idea della politica come bene comune di Giorgio La Pira, esempio che abusivamente voi citate tutte le volte. I maestri non vanno citati nei discorsi, per poi essere traditi nei comportamenti; farlo equivale ad un furto intellettuale utile solo a sciacquarsi la coscienza. Io vi chiedo, le chiedo, a quale cultura politica risponda una simile concezione. In qualsiasi manuale di diritto pubblico o di dottrine politiche, questo suo modo di praticare la politica non figura in quel capitolo particolare in cui è scritta la parola «democrazia». Democrazia come patrimonio di lotte, di conquiste, di partecipazione, quella nervatura profonda di cui parla quel Presidente Sergio Mattarella che abbiamo votato insieme e che ogni Pag. 12giorno dona a questo Paese pillole di saggezza. Democrazia come delicato e prezioso scrigno di regole, di procedure, di consuetudini. Qual è il Governo migliore, quello degli uomini o quello delle leggi ? A chiederlo è un socialista liberale come Norberto Bobbio, le dice qualcosa ? Vada a rileggersi le cinque o sei righe dove Norberto Bobbio parla di democrazia minima e vedrà che in questa emblematica vicenda della legge elettorale, che per la Costituzione è materia parlamentare, mentre lei ne ha fatto la madre di tutte le battaglie, con quel suo uno-due, tra sostituzione di componenti in Commissione e ricorso alla fiducia, voi ci state portando sotto la soglia critica della democrazia minima. Si interroghi, se ne è ancora capace.
  Si ponga questa domanda che si pone Bobbio e, con lui, il meglio della cultura politica liberale: qual è il Governo migliore ? Quello degli uomini o quello delle leggi ? Di nuovo è la domanda centrale di tutto quel pensiero, che chiama in causa non solo la forma di Governo, ma il modo di governare un Paese complesso come l'Italia. Certo, qui c’è il riflesso d'ordine, qui c’è lo scettro del potere: la fiducia. Ma fuori da queste stanze, fuori da questo Parlamento, ci sono quegli esodati, quei pensionati e quei lavoratori che vorrebbero almeno la stessa urgenza che voi gli avete impresso.
  Pertanto, quello che stiamo facendo oggi produce uno strappo, che determinerà per molti anni una difficoltà nel rapporto tra questo Parlamento e il Paese. La democrazia richiede distinzioni, pluralismo. Senza pluralismo non è possibile alcuna forma di Governo democratico e nessun Governo democratico può permettersi di ridurre, limitare e comprimere il pluralismo senza trasformarsi nel suo contrario. Per questo, come dice Bobbio, la discordia è il sale della democrazia. Nelle società non democratiche esiste l'armonia, ma quella, però, la lasciamo ad altri modelli, a modelli che stanno un po’ più a est, quelli magari che utilizzano il partito della nazione come modello democratico e politico.
  Questo concetto ci riporta, dunque, non all'anarchia, ma alla dottrina liberale, ci riporta a quelle parole straordinarie di Dossetti, che pretendeva di dire alcune cose molto semplici: ridurre il consenso del popolo sovrano a un mero applauso al sovrano del popolo è un rischio per la democrazia. Caro Presidente, la democrazia dell'applauso, la democrazia dell'investitura plebiscitaria e populista è un pericolo. La Pira, Dossetti, Bobbio abbiate il pudore la prossima volta di lasciarli da parte, perché la loro è la parte giusta. E abbiate il pudore anche di non fare citazioni storiche che parlano del passato.
  Ieri il Presidente del Consiglio ha detto alcune cose molto chiare: ci sono stati De Gasperi e Moro che hanno messo la fiducia. Moro all'epoca era un parlamentare, al massimo la sostenne. De Gasperi scelse quella strada: fu una strada sbagliata. Capisco che ci sia bisogno di un modello a cui ispirarsi, ma quella fiducia sulla legge truffa determinò un tumulto nel Paese e anche dentro questo Parlamento. Ma dall'altra parte, quelli che si opponevano a quella legge truffa, erano i padri costituenti, i padri della Resistenza, erano i padri della sinistra italiana, Umberto Terracini, Sandro Pertini, Ferruccio Parri, Piero Calamandrei (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà e di deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente) ! Non potete ricordare solo una parte della storia di questo Paese. E quella parte fu quella che oggi consente a voi di sedere su quegli scranni, quella parte che ha contribuito a costruire stagioni felici della democrazia, come Romano Prodi, che non avrebbe mai fondato il partito della nazione. E come ha detto più recentemente, quel partito della nazione rischia di portare questo Paese dentro un buco pericoloso.
  In conclusione, Presidente, c’è un filo rosso che lega tutto questo, ne parleremo nelle prossime settimane: il potere. Più potere al Premier, più potere al dirigente scolastico che si trasforma in un prefetto, più potere all'imprenditore di licenziare: potere, potere, potere. Noi diciamo: democrazia, Pag. 13democrazia, democrazia (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà-Congratulazioni).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Cicchitto. Ne ha facoltà.

  FABRIZIO CICCHITTO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, chiedo scusa, ma noi abbiamo una rappresentazione un po’ diversa della realtà rispetto alla recita che è stata fatta nella giornata di ieri. Forse, qualcuno era troppo influenzato dalle celebrazioni del 25 aprile e, di conseguenza, ha messo al centro di questo dibattito temi assolutamente mistificanti. Non è in corso né nel Paese né in Parlamento uno scontro paramilitare fra gli squadristi e gli arditi del popolo, ma del resto su questo l'onorevole La Russa, che è un esperto della materia, ha già fatto una demistificazione efficace perché ironica. Ma nemmeno è in atto lo scontro ideale, che qui è stato rievocato, fra l'Assolutismo e il Garantismo, entrambi con le maiuscole. Chiedo scusa, ma la mia lettura è molto più laica e forse minimalista. Andiamo al merito di questa legge. Non è una legge eccezionale da nessun punto di vista, né perché è eccelsa, né è eccezionale perché autoritaria. È una legge, se vogliamo dire le cose come stanno, frutto di più mediazioni politiche: una mediazione fra la maggioranza e la minoranza del Partito Democratico; una mediazione fra Renzi e Forza Italia; una mediazione fra Renzi e Area Popolare. E di questa mediazione noi abbiamo la trama, leggendo la legge che riguarda il quorum dell'ingresso in Parlamento al 3 per cento, i due turni, la parziale reintroduzione delle preferenze e altro. Una legge, quindi, di questo tipo. Ora al di là di queste mediazioni sia all'interno di Forza Italia, sia all'interno del Partito Democratico sono sopravvenute forti differenze politiche. Forza Italia riteneva che il Patto del Nazareno comprendesse anche l'intesa sul Presidente della Repubblica. Intesa che non è scattata, anche se va detto che Renzi ha eletto l'onorevole Mattarella, non la dottoressa Boccassini.
  Ma, detto questo, c’è poi il problema del giudizio di merito, nel senso che non si può passare da una valutazione di merito, che ha comportato il voto positivo di Forza Italia al Senato, secondo la quale – cito i testi – «quella che scriviamo oggi è una pagina fondamentale del nuovo assetto istituzionale» e che si tratta di «un compromesso nobile e una riforma coraggiosa», all'attuale «no» formulato qui alla Camera perché questa legge segnerebbe il decollo di un'operazione autoritaria, anzi parafascista. Quando si fanno questi errori sul piano dell'analisi, poi si fanno altri errori sul piano tattico. Io reputo disastroso sul piano tattico il ricorso alla richiesta di voto segreto avanzata da Forza Italia.

  PRESIDENTE. Liberare i banchi del Governo, per favore, collega Fioroni.

  FABRIZIO CICCHITTO. Noi, come Area Popolare, abbiamo detto fin dall'inizio: né voto segreto, né voto di fiducia. Ma, dietro questa faccenda, c’è un dato che anche esso va demistificato. Io ho letto la dichiarazione dell'onorevole Speranza secondo il quale, invece, il voto di fiducia rappresenta una violenza al Parlamento. Scusatemi, io ho un'impressione diversa: che qui, in questo Parlamento, su questa vicenda, all'interno del Partito Democratico si è giocata una partita tutta tattica, in cui i massimi sistemi evocati poco fa dall'onorevole Scotto non c'entrano niente. Per alcuni il voto segreto significava la possibilità su qualche emendamento di costituire una maggioranza impropria che mettesse assieme un pezzo del PD, Forza Italia, i grillini e una parte anche della maggioranza, che rovesciasse così l'ipotesi di questa legge in modo tale che si riandava al Senato. A questa spregiudicata mossa tattica si è risposto da parte di Renzi con analoga spregiudicatezza, cioè con la richiesta della fiducia.
  Ma siamo di fronte ad una partita di questo tipo, non ad una partita in cui c’è in ballo, da un lato, la democrazia e la libertà e, dall'altro lato, l'autoritarismo, anzi, l'anticamera del fascismo, per cui Pag. 14saremmo in un'Aula sorda e grigia, bivacco dei manipoli.
  Rispetto a tutto questo, secondo noi, questa proposta di legge va approvata così com’è; ma il problema vero, però, è un altro, non è quello del voto di fiducia, non è quello dell'autoritarismo: è che questa proposta di legge ipotizza certamente una democrazia «maggioritaria», grazie al premio alla lista, di fatto, si elegge anche il Presidente del Consiglio, che, quindi, viene ad essere forte di una investitura popolare e quindi dotato di un notevole potere politico.
  Allora il problema, a nostro avviso, è quello di creare un sistema di contrappesi e questo sistema di contrappesi non va realizzato in questa proposta di legge, ma va creato nel disegno di legge costituzionale in discussione al Senato sul superamento del bicameralismo, in cui, a nostro avviso, vanno immessi tre punti.
  Il primo punto riguarda i senatori, che, rimanendo espressione delle regioni, devono avere un collegamento con la volontà popolare anche senza bisogno di modificare la legge, ma intervenendo sulla legge quadro per l'elezione dei consigli regionali, mettendo, quindi, in parallelo l'elezione nelle liste dei consiglieri regionali e l'elezione dei senatori.
  Secondo: una legge quadro che riordini le Authorities, in modo tale che esse siano piena espressione del Parlamento – minoranza compresa – e non del Governo in modo tale, quindi, che il Parlamento abbia un effettivo potere di controllo.
  Terzo: attuazione dell'articolo 49 sui partiti, fondato sulla garanzia statutaria del loro funzionamento democratico, sui diritti degli iscritti, sulla regolamentazione delle primarie per chi le vuole fare, sul finanziamento della politica, sulla trasparenza degli eventuali accordi fra partiti che confluiscano nella stessa lista.
  Onorevole Presidente, mi rendo conto che queste questioni sono minimaliste rispetto allo scontro fra il bene e il male che si è cercato di evocare in quest'Aula, ma siccome secondo noi questo scontro fra il bene e il male è una pura e semplice mistificazione di una realtà assai più semplice e leggibile con criteri non ideologici, ma con criteri assolutamente normali di analisi politica, noi riteniamo che, piuttosto che fare una guerra di religione sulla richiesta di voto di fiducia, il nodo sia quello di approvare questa proposta di legge e, poi, di modificare il disegno di legge costituzionale, in modo tale da creare un sistema di contrappesi che faccia sì che se affermiamo una democrazia maggioritaria, la equilibriamo con una serie di contrappesi istituzionali (Applausi dei deputati del gruppo Area Popolare (NCD-UDC)).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la collega Gelmini. Ne ha facoltà.

  MARIASTELLA GELMINI. Presidente, colleghi, deputati, avevamo sperato, avevamo fortemente auspicato un finale diverso: mai avremmo immaginato che dalle regole, che vanno scritte insieme perché sono di tutti – sono parole del Presidente del Consiglio –, si passasse alla sostituzione di dieci membri dalla Commissione affari costituzionali fino all'approvazione della legge elettorale a colpi di fiducia. Sono queste le ragioni, collega Cicchitto, che hanno portato Forza Italia a cambiare posizione e ad esprimere un «no»; un «no» sofferto e convinto, un «no» nel merito e sul metodo, perché sappiamo tutti che la legge elettorale non è materia di competenza del Governo, ma rappresenta un ambito di stretta pertinenza del Parlamento. La legge elettorale, come legge ordinamentale, non può politicamente e costituzionalmente, in quanto attiene ai destini della democrazia, essere condizionata nella sua approvazione dal «sì» o dal «no» ad un Governo che, in quanto tale, è e resta contingente.
  Il voto di fiducia posto su questo articolo ribadisce una volta di più e in modo definitivo la rottura del metodo del dialogo e del confronto che appartengono ad ogni sana democrazia e segna la distanza in modo incolmabile da ciò che era, almeno per noi, da ciò che rappresentava il «patto del Nazareno», un punto di svolta nella vicenda politica degli ultimi anni.Pag. 15
  Esso era, almeno nelle intenzioni del presidente Berlusconi e di Forza Italia l'atto o quantomeno il preambolo per una più complessiva pacificazione del quadro politico e di rasserenamento nei rapporti tra politica e giustizia. Insomma si poteva costruire una condizione di confronto e mettere un solido argine al fiume di veleni che da vent'anni scorre nella politica e nella società italiana.
  Con questo spirito e con questi presupposti Forza Italia ha affrontato la sfida. Invece degli scontri all'arma bianca, delle corride giustizialiste contro il presidente Berlusconi, si era creato nel Paese un clima positivo, di attesa positiva per i risultati che potevano venire dalla collaborazione di due grandi partiti politici. L'attenzione mostrata dal segretario del PD nello scrivere le regole con maggioranze ampie, i suoi costanti richiami all'esito infelice delle due precedenti riforme votate con maggioranze risicate avevano aperto alla speranza e convinto molti che una politica diversa fosse possibile. E allora che cosa è accaduto dal 18 gennaio di un anno fa, che cosa è accaduto perché il Governo arrivasse a mettere la fiducia su un testo che ha subito ben diciassette modifiche su espressa richiesta del PD.
  Il Presidente Renzi ha ammonito qualche giorno fa che non si sarebbe fatto impantanare e che, dopo tanti anni di discussioni e di rinvii, questa, come lui ama dire, era la volta buona. Mi chiedo: perché dopo tanti anni di discussione il Presidente Renzi ha ritenuto impossibile concedere ancora tre o quattro giorni o forse una settimana per una legge destinata ad entrare in vigore nel 2016 ? Sono convinta, e Forza Italia con me, che le ragioni di partito abbiano avuto la meglio sulla più generale ragion di Stato. Non mi annovero tra coloro che si stracciano le vesti per una legge elettorale che metterebbe un uomo solo al comando ma non nascondo di avere serie perplessità su una legge che, in assenza dell'elezione diretta del Presidente della Repubblica, rischia di compromettere l'equilibrio tra i poteri dello Stato perché, come è stato detto oggi, manca un sistema di contrappesi.
  Mi si consenta allora di esprimere la delusione per la fine di un accordo nel quale abbiamo profondamente creduto, che aveva mille solide ragioni per essere coltivato fino in fondo. La delusione di chi ha creduto in questa possibilità è pari almeno alla soddisfazione esibita o taciuta di chi lo ha avversato fin dal principio. Taccio, invece, sulle ragioni di quanti lo hanno prima avversato, poi abbracciato, infine combattuto. Costoro appartengono alla vasta e sempre più nutrita categoria degli opportunisti.
  La mia delusione nasce dal fallimento di un'occasione politica per la quale il presidente Berlusconi si era speso con generosità: una generosità personale e politica che lo ha portato ad affrontare anche aspre critiche ed incomprensioni proprio dentro il suo stesso partito e tra gli osservatori politici. Mai nessuno però ha potuto negare la validità di un'intesa capace di dare frutti preziosi per una riforma della legge elettorale e della Costituzione da scrivere nelle intenzioni con una maggioranza molto ampia. Il «patto del Nazareno» però oggi è stato archiviato, come dicevo, per la prevalenza delle ragioni di partito sulle altre. Il desiderio di avere il PD compatto alle elezioni del Presidente della Repubblica ha indotto il Presidente del Consiglio a cambi di posizione e le pagine del patto lasciate bianche sono state scritte unilateralmente. Il patto è diventato intermittente e come si poteva pensare che resistesse se un capitolo tanto importante come l'elezione del Quirinale è stato scritto a due mani e non a quattro ? Come poteva resistere un accordo sulle regole se l'arbitro di quelle regole è stato scelto da una sola delle squadre in campo ? Il terreno dell'accordo è stato minato e fatto brillare per un calcolo politico, non un calcolo contro il patto ma per avere l'unità del Partito Democratico nel passaggio istituzionale decisivo per le sorti di qualunque legislatura; un partito unito – e si vede quanto effimera fosse quella unità – a prezzo di mandare all'aria un'occasione storica per il Paese.
  Da quel momento la scena è cambiata ed è doveroso cambiare il nostro voto, Pag. 16come testimoniano i successivi rimaneggiamenti della proposta di legge elettorale, ma due restano gli elementi per noi inaccettabili: il premio dato alla lista, invece che alla coalizione, e l'abbassamento della soglia per l'ingresso alla Camera a livelli lillipuziani, di fatto a misura di un disegno di frantumazione e di eliminazione dell'opposizione.
  Su questi punti al Senato votammo contro, salvo accettare poi nel complesso la proposta di legge elettorale, in nome di un accordo più vasto che includeva una visione comune dell'istituzione e il metodo della scelta condivisa dell'arbitro di questo processo e della sua attuazione democratica.
  Vengo ora brevemente all'illustrazione degli emendamenti di Forza Italia all'articolo 1 della proposta di legge. Il cuore della proposta emendativa sta nel riconoscimento della possibilità di apparentamento fra le liste nel caso di ballottaggio; si tratta di una misura decisiva sotto molti aspetti: l'apparentamento fra le liste è il riconoscimento dell'importanza del voto espresso dagli elettori quali che siano le loro scelte politiche. Ogni singolo voto, grazie all'apparentamento, contribuisce a rendere più forte la futura maggioranza e più coesa la futura opposizione. Grazie ai nostri emendamenti si può chiudere la disputa fra il diritto di tribuna e il dovere di governare; rappresentare la volontà degli elettori in una democrazia che si vuole decidente, che Forza Italia vuole decidente, rischia di esser una beffa se quella rappresentanza non ha il potere di incidere sulle scelte di Governo o di opposizione. Conosco gli argomenti contrari, si dice che i Governi di coalizione sperimentati con i precedenti meccanismi elettorali non hanno dato buone prove, che la litigiosità fra alleati ha spesso paralizzato l'Esecutivo impedendogli di attuare il programma o di farlo con la speditezza e l'urgenza che molte questioni richiedevano, ma se guardiamo in quest'Aula abbiamo la prova palmare che nessuna legge è in grado di sostituire con l'ingegneria elettorale una fatica che è e deve essere tutta della politica.
  Il Presidente Renzi dispone di un'ampia maggioranza garantita dal suo partito e allora perché ha scelto di mettere la fiducia ? Stiamo già vivendo, qui, oggi, la condizione d'Aula che verrebbe a crearsi con l'Italicum, ma questa circostanza non ha evitato all'Esecutivo di ricorrere alla fiducia, perché insicuro, perché non convinto della volontà del partito di maggioranza. I nostri emendamenti, Presidente, colleghi, sono mirati a salvaguardare gli spazi propri della politica, ad evitare che una loro eccessiva compressione danneggi il diritto alla rappresentanza parlamentare, senza beneficio alcuno per i poteri dell'Esecutivo.
  Forza Italia vuole un bipolarismo forte, non abbiamo preclusioni di sorta per un assetto tendenzialmente bipartitico, ma come insegnano esperienze secolari nelle grandi democrazie occidentali gli equilibri politici non sono soltanto il frutto dell'ingegneria elettorale, essi sono il risultato, soprattutto, della volontà politica che uomini e donne mettono nell'affermare la loro visione del Governo e del Paese.
  Per tutte queste ragioni noi pensiamo, e mi avvio a concludere, che la migliore delle leggi elettorali approvata con una maggioranza risicata avrà sempre una vita stentata, a differenza di una legge elettorale, magari meno buona, ma approvata da una larga maggioranza parlamentare. Il Presidente del Consiglio può decidere il suo personale destino politico con la fiducia, ma con una maggioranza più ampia e con un voto libero avrebbe potuto mettere, non solo nelle sue mani, ma nelle mani del Parlamento il destino dell'Italia e credo che l'Italia questo lo meritasse e lo meriti (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Cozzolino. Ne ha facoltà.

  EMANUELE COZZOLINO. Grazie Presidente, colleghi, oggi stiamo vivendo una delle più brutte pagine della vita della Camera dei deputati e non di questa Pag. 17legislatura, ma dell'intera storia parlamentare in epoca repubblicana. Il Governo è arrivato a porre la fiducia sull'approvazione, senza modifiche, della legge elettorale, fatto che, dal 1948 ad oggi, si era verificato un'unica volta nel dicembre del 1952 qui alla Camera e nel marzo del 1953, durante la domenica delle Palme, al Senato. Un autorevole esponente del partito di maggioranza che fino a qualche giorno fa era il presidente del gruppo parlamentare del PD, con una franchezza che gli fa onore, domenica, in diretta TV, ha definito una violenza contro il Parlamento l'ipotesi della fiducia sulla legge elettorale.
  Purtroppo il Governo, anche se con la voce soave e angelica del Ministro Boschi, ha deciso di usare violenza a questa Camera e lo farà per ben tre volte. A breve, quando inizierà alla Camera, sarà dunque il momento delle scelte, sfilando sotto il banco della Presidenza ognuno di noi dovrà scegliere se pronunciare la parola «favorevole» o «contrario».
  Oggi non sarà come le tante altre volte che abbiamo risposto all'appello nominale; oggi non saremo semplicemente chiamati a confermare o negare la fiducia al Governo; oggi non ci divideremo tra maggioranza e opposizione per l'approvazione di una legge; oggi, colleghi, quando ognuno di noi pronuncerà la parola «favorevole» o «contrario» ci schiereremo a cavallo di una linea, di un confine, non ideale né tanto meno filosofico: ci divideremo tra coloro che decidono coscientemente di partecipare alla violenza che il Governo infligge a questa Camera e dunque di partecipare a una violenza di gruppo e tra coloro che a tale violenza si sottrarranno. In queste settimane, nel dibattito politico, svolto sia sui media che in quest'Aula, è stata richiamata molto spesso la vicenda della cosiddetta «legge truffa», episodio parlamentare a cui ho accennato in precedenza, in cui il Governo pose la questione di fiducia sulla legge elettorale. È stato sollevato anche un altro paragone, quello con la «legge Acerbo». Se richiamare quella vicenda è comprensibile sul piano dialettico e propagandistico, personalmente non lo ritengo appropriato in una sede solenne e drammatica come quella di un dibattito parlamentare sulla fiducia a una legge elettorale. Nel 1923 c'era sì la Camera dei deputati, ma operava in un contesto storico, politico e soprattutto costituzionale assolutamente diverso e non paragonabile a quello attuale. È interessante invece un confronto con le vicende del 1952-1953, perché da quel confronto emerge la gravità del momento attuale. Partiamo dalle due leggi elettorali, quella dell'epoca e il disegno di legge attuale. Quella che pure è passata alla storia come «legge truffa», attribuiva un premio di maggioranza in seggi alla coalizione di partiti che già alle urne aveva ottenuto il 50 per cento più uno dei voti; questa attribuisce la maggioranza assoluta alla lista che non ha tenuto la maggioranza dei voti espressi dagli elettori. Passiamo poi alla modalità con cui si giunse alla fiducia. All'epoca, la fiducia giunse per stroncare un estenuante ostruzionismo posto in essere dalle opposizioni sia alla Camera che al Senato; oggi la fiducia è arrivata dopo due votazioni, svolte a scrutinio segreto, nelle quali la maggioranza aveva ottenuto un margine di ben 170 voti. Il numero degli emendamenti depositati non solo non era di migliaia come quelli depositati al Senato, ma neppure potevano essere definiti lontanamente ostruzionistici. Inoltre, se il Governo avesse chiesto di ridurre ulteriormente le proposte emendative, le opposizioni non avrebbero avuto alcun problema a compiere un ulteriore atto di responsabilità. Il problema, colleghi, è che questa proposta non è stata neppure avanzata, ma il Governo ha inteso evidentemente compiere un atto di forza assoluta, immotivato e sproporzionato. Veniamo infine ai protagonisti delle due vicende. Inutile dire che l'attuale Presidente del Consiglio e la Ministra Boschi si pongano a distanza siderale da Alcide De Gasperi, ma i due sono distanti anni luce anche dal Ministro Scelba, un uomo che, per non aderire al fascismo, rifiutando di prendere la tessera, dal 1932 accettò di vivere in forti ristrettezze economiche, poiché fortemente boicottato nella sua Pag. 18attività professionale di avvocato. Mi domando quanti di coloro che in questi mesi hanno preso d'assalto il «giglio magico» avrebbero la stessa forza e la stessa coerenza. Per chiudere quel parallelismo con il 1953, c’è un'altra vicenda personale, politica ed istituzionale che è opportuno citare in questa sede. Mi riferisco al Presidente del Senato Giuseppe Paratore, politico di storia liberale, che, a fronte delle pressioni della maggioranza per forzare regolamenti e procedure non esitò a dimettersi dal suo alto incarico. Cara Presidente Boldrini, altri tempi e altri Governi e soprattutto altri Presidenti d'Assemblea. Se ripenso al percorso che ci ha portato ad oggi, forse mi viene il dubbio che lo stupore e lo sconcerto che stiamo manifestando sia fuori luogo, perché l'epilogo odierno non è l'inevitabile conseguenza delle tante forzature effettuate nell'esame di questa legge fin dalla prima lettura alla Camera. Come non ricordare dunque le sedute della I Commissione svolte nel mese di gennaio 2014, in attesa che in Commissione giungesse il testo da via del Nazareno. Io me lo ricordo, perché il 20 gennaio in Commissione misi a verbale tale disagio e tra coloro che allora mi invitarono a non drammatizzare c'era il collega Bressa, che oggi è al Governo, quello stesso Bressa che, intervenendo nel 2005 in quest'Aula nel corso dell'esame del Porcellum lamentava: avete deciso di cambiare la legge elettorale in trenta giorni, a colpi di maggioranza, avete calpestato l'articolo 72 sul procedimento legislativo, avete definito il testo base per l'Assemblea decidendolo al di fuori di ogni sede parlamentare, con due subemendamenti che, come è noto, non possono essere modificati. Voi l'avete fatto con un unico emendamento al Senato. La non coerenza del collega Bressa gli ha fruttato una bella poltrona da sottosegretario, ma in Commissione l'Italicum ha mosso i primi passi proprio come il Porcellum, spacciando una velina messa in mano all'allora relatore come un testo unificato che tale non era. Da quel momento, le forzature si sono susseguite: al Senato si è rispolverato il «canguro» per cancellare migliaia di emendamenti con un solo voto, regalandoci in dote quell'assurdo giuridico che è l'articolo 1 del testo sul quale voterete la fiducia, un articolo di soli principi che non ha alcun valore normativo se non quello di aver reso un po’ più complicato presentare gli emendamenti qui alla Camera.
  Proseguendo nella galleria degli errori che ci ha portato al tris di fiducie servite dal Governo non si può non citare la rimozione, al pari delle automobili in sosta vietata, dei dieci colleghi del Partito Democratico della I Commissione. Per onestà, colleghi, va detto, però, che se siamo giunti ad oggi la colpa non è solo del Presidente del Consiglio, ma anche dei tanti professionisti del «penultimatum» presenti nel suo partito, di quelli che «ora ti minaccio ma la battaglia decisiva è sempre la prossima».
  Gli errori degli appartenenti alla ditta è stato quello di pensare di poter trattare con il loro segretario, hanno pensato di potersi sedere al tavolo con lui per poi trovare un accordo, senza accorgersi che andavano a cena con Hannibal Lecter e le pietanze erano loro.
  Cari colleghi della ditta, se siete passati dal centralismo democratico al mugugno democratico il tempo dei passi indietro è finito, voi e noi siamo tutti con le spalle al muro, è arrivato il momento delle decisioni, è arrivato il momento dei fatti.
  Per quanto riguarda la posizione assunta dal Movimento 5 Stelle, ieri il collega Rosato con il suo abituale tono da bravo di don Rodrigo, ci ha bacchettato perché osavamo protestare quando nel testo della legge è stato inserito un premio di lista, tacciandoci di incoerenza. Poiché sappiamo leggere bene vi do una notizia: sappiamo usare excel e fare simulazioni. Non vi è dubbio che il testo approvato al Senato elettoralmente non ci danneggia, ma la questione è un'altra, anche se comprendo che il collega Rosato e molti del PD ragionano con la logica di uomini di apparato: i deputati ed i senatori del MoVimento 5 Stelle non sono qui per fare interessi di bottega, per votare ciò che ci avvantaggia personalmente o come lista, a Pag. 19noi di venti seggi in più o in meno non ce ne frega niente, potremmo andare anche a votare con il Consultellum.
  Cari colleghi, voi vi autoproclamate partito della nazione, noi invece lavoriamo al servizio della nazione e nell'interesse dei suoi cittadini. A noi interessa che venga discusso il reddito di cittadinanza per aiutare i dieci milioni di poveri che ci sono in Italia e per questo il 9 maggio daremo vita alla marcia contro la povertà. A noi interessa demolire il 13 per cento di disoccupazione, che nega il lavoro ai ragazzi e alle ragazze italiani. A noi interessa che i precari della scuola non siano rottamati. A noi interessa ridurre la pressione fiscale, che con il suo 43,5 per cento strozza l'economia del nostro Paese. Su questi temi vorremmo che il Presidente del Consiglio prendesse decisioni drastiche come sulla legge elettorale. Avremmo voluto che avesse posto idealmente la fiducia in quel Consiglio europeo sull'immigrazione, dove la signora Merkel gli ha dato qualche monetina in mano e un paio di navi, mandandolo a mangiare un gelato.
  In questa legge elettorale sono troppi gli elementi negativi, sono diversi i profili di incostituzionalità, e per noi approvare una buona legge elettorale che consenta di sanare la frattura prodotta con gli elettori dal Porcellum conta più di ogni altra cosa, anche dei nostri stessi interessi elettorali, perché il Movimento 5 Stelle è un mezzo a disposizione dei cittadini e non un fine.
  Per questo, colleghi, il MoVimento 5 Stelle voterà convintamente contro questa legge e contro questo Governo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marantelli. Ne ha facoltà.

  DANIELE MARANTELLI. Signor Presidente della Camera, rappresentanti del Governo, in questa giornata così difficile vorrei condividere con tutti i colleghi una cruda consapevolezza. Tutte le ricerche sulla fiducia dei cittadini italiani nei confronti di associazioni e istituzioni collocano regolarmente da anni il Parlamento al penultimo posto e i partiti all'ultimo. Questo distacco è cresciuto così tanto che, stando agli ultimi indicatori, il grado di fiducia nei confronti del Parlamento è crollato al 7 per cento, sottolineo del Parlamento, non del gruppo del PD, di Forza Italia, del MoVimento 5 Stelle, della Lega, di SEL, di NCD e così via. Le ragioni sono molteplici, sicuramente la legge elettorale approvata il 21 dicembre del 2005, il cosiddetto Porcellum, ha contribuito potentemente ad aumentare questa sfiducia. Non fu un regalo di Natale particolarmente gradito dagli italiani.
  Il problema più importante dell'Italia è da un paio di decenni la crescita insufficiente. La dura recessione degli ultimi cinque anni ha accentuato questo dato di fondo. In milioni di famiglie italiane si fanno i conti con la conseguenza più bruciante: la disoccupazione; generazioni di giovani condannate alla precarietà. Non va meglio per un cinquantenne che perde il lavoro, anzi quando un cinquantenne conosce la cassa integrazione, ammesso che possa usufruirne, la sera a cena fa fatica ad incrociare lo sguardo dei suoi figli, colpito nella sua dignità prima che nei suoi diritti.
  Due anni fa Giorgio Napolitano accettò la sua rielezione a Presidente della Repubblica a fronte dell'impegno delle forze politiche di dar vita ad una stagione di riforme.
  Il suo severo intervento fatto proprio in quest'Aula fu accolto da scroscianti applausi, l'assillo principale che attraversava quel suo appassionato discorso – almeno così mi era parso – era proprio quello relativo alla disoccupazione, specie quella giovanile, specie nel Mezzogiorno. La riforma delle istituzioni, il superamento del bicameralismo paritario, la nuova legge elettorale sono insomma le condizioni necessarie per affrontare le riforme economiche e sociali per un Paese più giusto e moderno. Il tema della riforma del bicameralismo per esempio non è certo nuovo, sin dagli anni Settanta ne parlò e ne scrisse con efficacia uno degli esponenti più intelligenti ed originali della sinistra Pag. 20italiana: mi riferisco ad Umberto Terracini, non ad uno qualsiasi, ma colui che nel 1947 da Presidente della Costituente controfirmò la nostra Carta costituzionale. I tentativi compiuti da lì in poi per risolvere una delle cause della lentezza delle decisioni pubbliche non hanno avuto per diverse ragioni successo, ora siamo vicini a raggiungere l'obiettivo della riforma costituzionale, che non è perfetta e bene ha fatto il Presidente del Consiglio nella sua lettera al quotidiano La Stampa di oggi a confermare quanto aveva annunciato all'assemblea del gruppo del PD. Cito testualmente: se necessario, ci sarà spazio al Senato per riequilibrare ancora la riforma costituzionale facendo attenzione ai necessari pesi e contrappesi, nessuna blindatura, nessuna forzatura. Molti di noi – e non solo un federalista non pentito come me – ritengono che questo riequilibrio sia necessario. Ha pronunciato parole sensate a questo riguardo l'onorevole Cicchitto. Vorrei che questo dato politico fosse colto soprattutto da coloro che facevano dipendere da esso la loro stessa posizione sulla legge elettorale in discussione. La legge elettorale che votiamo oggi è molto diversa da quella che approvammo qualche mese fa in prima lettura, anche se ne abbiamo discusso in lungo e in largo provo a riassumere: la soglia di sbarramento è stata abbassata al 3 per cento; il premio viene attribuito alla lista vincente e non alla coalizione se raggiunge il 40 per cento, altrimenti si va al ballottaggio come accade da oltre vent'anni per i sindaci sopra i 15 mila abitanti; più o meno la metà degli eletti sarà espressione di un collegio grande un po’ meno di una provincia media italiana e l'altra metà eletta con le preferenze, al massimo due, di genere diverso. Un sistema questo che ti costringe ad avere un legame solido con il territorio. Essendo stato eletto in consiglio comunale e in quello regionale della Lombardia, più che raddoppiando in questo caso le preferenze rispetto a cinque anni prima, posso testimoniare che si può provare a fare buona politica senza demonizzare questo strumento. Il nostro lavoro di sicuro non finisce qui, sappiamo e lavoreremo per farlo, che è anche indispensabile una nuova legge sui partiti per regolare la loro vita democratica. La storia di questi anni ha visto il centrodestra far saltare con ripensamenti repentini tutti i tavoli costruiti per rendere più moderne le nostre istituzioni. Cosa è cambiato da allora, si chiede l'onorevole Gelmini, dal 18 gennaio scorso. Semplice, avete cambiato idea, come ha ammesso lei stessa, rispetto all'elezione di una personalità autorevole come Sergio Mattarella alla Presidenza della Repubblica, il contenuto della legge non c'entra veramente nulla e oggi ne abbiamo avuto conferma (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Oggi vorreste replicare, è un calcolo politico legittimo, si intende, ma siamo tuttavia in una fase della vita del nostro Paese nella quale non possiamo permetterci il lusso di perpetuare la politica del rinvio e quindi dell'impotenza. È giusto procedere con determinazione e ci sembra francamente – credetemi – del tutto fuori luogo evocare pulsioni autoritarie, legge Acerbo e fascismo. Al MoVimento 5 Stelle e a colleghi che spesso personalmente apprezzo per il loro impegno e la loro passione vorrei però semplicemente dire: anche questa volta vi siete sottratti – incomprensibilmente per me per lo meno incomprensibilmente – al confronto e alla possibilità di contribuire alle riforme. Posso sbagliarmi ma anche in questa occasione non avete interpretato compiutamente la spinta al cambiamento che pure un largo consenso di cittadini vi aveva assegnato poco più due anni fa. Ciascuno di noi è evidente che ha in mente una sua legge elettorale ideale, non enfatizzerei però le virtù del Mattarellum più di tanto, nei collegi sicuri – ho fatto per sette anni il segretario provinciale, so di che parlo – venivano spesso indicati i paracadutati, esponenti lontani anni luce dai territori e ciò riguardava senza apprezzabili differenze centrosinistra e centrodestra.
  Oggi, confermando il testo del Senato, che con un enfasi forse davvero eccessiva il capogruppo di Forza Italia, approvandolo, definì «storico», votiamo un provvedimento che è il risultato di un lungo Pag. 21lavoro di mediazione e di sintesi, durato 14 mesi: oltre un anno di discussioni, confronti e modifiche.
  Signor Presidente del Consiglio, noi voteremo la fiducia da lei richiesta. Lo facciamo anche perché questo Governo deve proseguire e moltiplicare gli sforzi che si stanno facendo per cambiare settori cruciali della società italiana: lavoro, giustizia, scuola, politiche industriali. Contrastare le disuguaglianze deve essere il cuore del nostro impegno. La misura degli 80 euro, rendere conveniente l'assunzione a tempo indeterminato sono stati tra i passaggi più significativi in questa direzione. In Italia esistono sei milioni di poveri, in condizioni di povertà assoluta, e circa dieci alle soglie della povertà. L'onorevole Cozzolino ha fatto bene a ricordare questo dato. È questo il terreno su cui ci attendono in futuro le sfide più impegnative, tanto più che i segnali di ripresa dell'economia sono confortanti e vanno consolidati.
  Ci si chiede la fiducia perché si ritiene fondamentale l'approvazione di questo testo per la vita stessa del Governo. Sembrano francamente sproporzionate le reazioni, anche di esponenti del mio partito, a cui sono legato per storia personale e per battaglie politiche condivise, rispetto all'oggetto delle critiche fatte e alle conseguenti proposte di modifica avanzate.
  Cari colleghi, pur essendoci adoperati, in molti di noi, per evitare il voto di fiducia, oggi rispettiamo la scelta del Governo. Del resto, non c'erano alternative di fronte all'annuncio delle opposizioni di richiesta di voto segreto, nonostante l'invito ad evitarlo. Ciò permetterà un'assunzione di responsabilità chiara da parte di ognuno di noi nei confronti dei cittadini. Le deputate e i deputati del PD, in coerenza con le decisioni assunte dal gruppo, rinnovano la fiducia al Governo e continueranno a lavorare per rendere sempre più incisiva l'azione riformatrice dello stesso (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Vargiu. Ne ha facoltà per due minuti.

  PIERPAOLO VARGIU. Grazie, Presidente. Colleghi, ne userò meno. Da referendario orgoglioso non mi piace questa legge elettorale e da liberale non pentito sono per il maggioritario, per il bipartitismo e per il premio di maggioranza, ma so che questo ha un senso se al cittadino è permesso di scegliere con le primarie e con i collegi uninominali e se funzionano i sistemi di check and balance.
  Però, voterò ugualmente la legge elettorale perché nel merito è comunque meglio di ciò che abbiamo e che io ho combattuto con forza e non mi piacciono i tanti «benaltristi», di cui è pieno questo Paese.
  Da liberale non posso accettare la lentezza con cui il Governo Renzi introduce gli elementi di innovazione, di competitività e di meritocrazia di cui l'Italia ha bisogno più dell'aria, ma sono convinto che la vera sfida in questo Paese sia tra chi vuole cambiare davvero e chi ha paura del cambiamento e, non avendo nessuna intenzione di aiutare chi frena, voterò la fiducia al Governo.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il collega Lattuca. Ne ha facoltà.

  ENZO LATTUCA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la scelta del Governo di porre la questione di fiducia sulla legge elettorale è, a mio parere, un fatto gravissimo, un errore politico, uno strappo istituzionale in alcun modo necessario.
  La sola ammissibilità della questione di fiducia sulla legge elettorale è discutibile, ai sensi degli articoli 49 e 116 del Regolamento, e il precedente del gennaio 1990, ricordato dalla Presidenza nella seduta di ieri, non risolve, al riguardo, dubbi che ancora permangono.
  Il Governo, così facendo, impone su una materia di rilievo istituzionale un testo al Parlamento, un testo non condiviso nemmeno all'interno della maggioranza di Governo. Il Governo, così facendo, Pag. 22chiede la fiducia ad un Parlamento, allo stesso Parlamento di cui dimostra di non fidarsi. «Di chi non si fida non ti fidare», consiglierebbe un proverbio intriso di saggezza popolare. La prova di forza a cui vengono sottoposte le istituzioni repubblicane si rivela, in realtà, una nitida prova di debolezza.
  Presidente, risponderò alla chiama sulla fiducia, con rispetto, comprensione e persino ammirazione per chi non lo farà, animato dallo stesso spirito di chi non intende opporsi al Governo, ma ad una legge elettorale sottratta al dibattito parlamentare e che, nel tempo, dimostrerà tutti i suoi profondi limiti. Risponderò alla chiama, Presidente, avendo coscienza di come essa rappresenti una sconfitta politica ed istituzionale, personale e collettiva. Mi auguro che nessuno, a partire dal Presidente del Consiglio, sia tentato di gioire come per una vittoria, perché, per dirla con le parole di José Saramago: la sconfitta ha qualcosa di positivo, non è mai definitiva; in cambio, la vittoria ha qualcosa di negativo, non è mai definitiva (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico e dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il collega D'Attorre. Ne ha facoltà.

  ALFREDO D'ATTORRE. Signor Presidente, intervengo in dissenso dal mio gruppo e in una condizione che mai avrei immaginato e, come me, credo tanti colleghi, anche quelli che voteranno la fiducia. Votare la fiducia al Governo sulla legge elettorale è una scelta – credo – inconcepibile e inimmaginabile, che dovrebbe essere tale per tutte le forze politiche presenti in questo Parlamento e che ho ritenuto fino a ieri inconcepibile a maggior ragione per il mio partito, per il Partito Democratico, una scelta tanto più anomala in quanto avviene dopo un iter della legge elettorale in cui, per ben tre volte, in Commissione si è impedito un esame e un confronto sulla legge, prima alla Camera, poi al Senato, poi di nuovo alla Camera, dopo un atto, come la sostituzione forzata e in blocco di dieci membri della Commissione del PD che esprimevano un altro punto di vista e la volontà di intervenire e di migliorare questa legge elettorale. Oggi noi non votiamo un atto di fiducia ordinario, noi oggi siamo chiamati ad esprimerci su un atto che crea un precedente pericoloso, su un atto che segna un'invasione di campo sbagliata del Governo su una materia, quella delle regole del gioco fondamentali della vita democratica, che è e deve rimanere di stretta pertinenza parlamentare. È una scelta che rischia di alimentare il discredito delle istituzioni rappresentative e il distacco tra cittadini e politica, una scelta che lascerà una macchia, una macchia non facile da cancellare su questa legislatura e su questo Governo. Per queste ragioni, chiarendo che qui non è in discussione un voto di fiducia ordinario sul Governo, ma un pronunciamento su un atto grave e senza precedenti recenti, io non parteciperò al voto di fiducia, per segnare una netta contrarietà e presa di distanza rispetto a questa scelta.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il collega Epifani. Ne ha facoltà.

  ETTORE GUGLIELMO EPIFANI. Signor Presidente, signora Ministra, non è un caso se nella storia centocinquantenaria del Parlamento italiano, pure in contesti diversi e assai distanti tra di loro, la fiducia in materia di legge elettorale sia stata messa così poche volte. È perché la legge elettorale di per sé è una materia che implica una convergenza più ampia di quella che è una maggioranza di Governo e perché insieme si riconosce che è il Parlamento il titolare primo di questo potere. In ragione di tutto questo, per chi ritiene che la legge elettorale presentata costituisca un passo in avanti e che ci sia bisogno assolutamente di dare al Paese una moderna legge elettorale e ritiene, pur tuttavia, che ci siano ancora degli elementi da modificare, resta un dilemma tra la fedeltà ad una logica di ogni comunità, il Pag. 23principio di maggioranza, che implica che chi non la pensa come la maggioranza segua le indicazioni della maggioranza, e un altro principio molto profondo, quello di non costituire in materia di legge elettorale un ulteriore nuovo pericoloso precedente, e per chi ritiene, in ragione di quello che ho detto fino ad oggi, che ci sia una libertà forte da difendere, del potere del Parlamento di decidere sulla legge elettorale in assenza, come direbbe Norberto Bobbio, di impedimenti.
  In ragione di questo, con dispiacere anche a nome di altri colleghi, noi scegliamo la seconda strada e, per questo, non parteciperemo al voto. Resto convinto che, in assenza di fiducia, la legge sarebbe, comunque, passata e resto convinto che, qualora su qualche aspetto si fosse modificata, nel giro di due o tre mesi, avremmo dato al Paese una legge più moderna e più condivisa.
  Si dice spesso che Parigi val bene una messa, ma per molti di noi il rapporto tra mezzi e fini non è quello che spesso viene definito, perché fini giusti implicano mezzi giusti e mezzi sbagliati non sempre portano a fini giusti e condivisi (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico e dei deputati dei gruppi Sinistra Ecologia Libertà e Lega Nord e Autonomie – Lega dei Popoli – Noi con Salvini).

  PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia posta dal Governo sull'approvazione dell'articolo 1.

(Votazione della questione di fiducia – Articolo 1 – A.C. 3-bis-B ed abbinate)

  PRESIDENTE. Passiamo alla votazione sulla questione di fiducia.
  Indìco la votazione per appello nominale sull'articolo 1, nel testo della Commissione, identico a quello approvato dal Senato, sulla cui approvazione, senza emendamenti ed articoli aggiuntivi, il Governo ha posto la questione di fiducia.
  Avverto che, in considerazione dell'elevato numero di richieste di anticipazione del voto, variamente motivate in relazione ad esigenze di natura istituzionale o motivi personali, la Presidenza, come preannunciato ai gruppi, al fine di garantire un ordinato svolgimento della votazione, accoglierà un numero di richieste fino ad un massimo del 3 per cento della consistenza numerica di ciascun gruppo. Faccio presente che i gruppi hanno già fatto pervenire alla Presidenza le relative indicazioni.
  Per agevolare le operazioni di voto, invito i deputati ad avvicinarsi al banco della Presidenza seguendo il proprio turno di votazione, che è evidenziato sul tabellone elettronico, evitando, quindi, di stazionare nell'emiciclo e di rendere così più difficoltosa l'espressione del voto.
  Estraggo a sorte il nome del deputato dal quale comincerà la chiama.
  La chiama avrà inizio dal deputato Castricone.
  Invito i deputati segretari a procedere alla chiama.

  (Segue la chiama – Al momento della chiama, il deputato Marcon, passando sotto lo scranno della Presidenza, mostra un libro – Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Collega Marcon, la richiamo all'ordine, abbassi questo libro collega: non si può ostentare, non si può ostentare in Aula.

  (Segue la chiama).

  PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione sull'articolo 1 del testo unificato, nel testo della Commissione, identico a quello modificato dal Senato, sulla cui approvazione, senza emendamenti né articoli aggiuntivi, il Governo ha posto la questione di fiducia:

   Presenti  560   
   Votanti  559   
   Astenuti    1   Pag. 24
   Maggioranza  280   
    Hanno votato  352    
    Hanno votato no  207    

  La Camera approva.

  Si intendono così respinte tutte le proposte emendative riferite all'articolo 1.

  Hanno risposto sì:

  Adornato Ferdinando
  Agostini Luciano
  Aiello Ferdinando
  Albanella Luisella
  Alfano Angelino
  Alfano Gioacchino
  Alfreider Daniel
  Alli Paolo
  Amato Maria
  Amendola Vincenzo
  Amici Sesa
  Amoddio Sofia
  Antezza Maria
  Anzaldi Michele
  Argentin Ileana
  Arlotti Tiziano
  Ascani Anna
  Baretta Pier Paolo
  Bargero Cristina
  Baruffi Davide
  Basso Lorenzo
  Battaglia Demetrio
  Bazoli Alfredo
  Becattini Lorenzo
  Bellanova Teresa
  Beni Paolo
  Bergonzi Marco
  Berlinghieri Marina
  Bernardo Maurizio
  Berretta Giuseppe
  Bianchi Dorina
  Bianchi Stella
  Binetti Paola
  Bini Caterina
  Biondelli Franca
  Blazina Tamara
  Bobba Luigi
  Boccadutri Sergio
  Bocci Gianpiero
  Boccia Francesco
  Boccuzzi Antonio
  Boldrini Paola
  Bolognesi Paolo
  Bombassei Alberto
  Bonaccorsi Lorenza
  Bonavitacola Fulvio
  Bonifazi Francesco
  Bonomo Francesca
  Bordo Michele
  Borghese Mario
  Borghi Enrico
  Borletti Dell'Acqua Buitoni
  Ilaria Carla Anna
  Boschi Maria Elena
  Bosco Antonino
  Braga Chiara
  Bragantini Paola
  Brandolin Giorgio
  Bratti Alessandro
  Bressa Gianclaudio
  Bruno Franco
  Bueno Renata
  Burtone Giovanni Mario Salvino
  Buttiglione Rocco
  Calabrò Raffaele
  Camani Vanessa
  Campana Micaela
  Cani Emanuele
  Capelli Roberto
  Capone Salvatore
  Capozzolo Sabrina
  Capua Ilaria
  Carbone Ernesto
  Cardinale Daniela
  Carella Renzo
  Carloni Anna Maria
  Carnevali Elena
  Carocci Mara
  Carra Marco
  Carrescia Piergiorgio
  Carrozza Maria Chiara
  Caruso Mario
  Casati Ezio Primo
  Casellato Floriana
  Casero Luigi
  Cassano Franco
  Castiglione Giuseppe
  Castricone Antonio
  Catalano Ivan
  Catania Mario
  Causi Marco
  Causin Andrea
  Cenni SusannaPag. 25
  Censore Bruno
  Cesaro Antimo
  Chaouki Khalid
  Cicchitto Fabrizio
  Cimmino Luciano
  Coccia Laura
  Colaninno Matteo
  Cominelli Miriam
  Coppola Paolo
  Coscia Maria
  Costa Enrico
  Cova Paolo
  Covello Stefania
  Crimì Filippo
  Crivellari Diego
  Culotta Magda
  Currò Tommaso
  D'Agostino Angelo Antonio
  D'Alia Gianpiero
  Dallai Luigi
  Dal Moro Gian Pietro
  Dambruoso Stefano
  Damiano Cesare
  D'Arienzo Vincenzo
  Del Basso De Caro Umberto
  Dellai Lorenzo
  Dell'Aringa Carlo
  De Maria Andrea
  De Menech Roger
  De Micheli Paola
  Di Gioia Lello
  Di Lello Marco
  Di Maio Marco
  D'Incecco Vittoria
  Di Salvo Titti
  Di Stefano Marco
  Donati Marco
  D'Ottavio Umberto
  Ermini David
  Falcone Giovanni
  Famiglietti Luigi
  Fanucci Edoardo
  Faraone Davide
  Fauttilli Federico
  Fedi Marco
  Ferranti Donatella
  Ferrari Alan
  Ferro Andrea
  Fiano Emanuele
  Fiorio Massimo
  Fioroni Giuseppe
  Fitzgerald Nissoli Fucsia
  Fontana Cinzia Maria
  Formisano Aniello
  Fragomeli Gian Mario
  Franceschini Dario
  Fregolent Silvia
  Fusilli Gianluca
  Gadda Maria Chiara
  Galli Giampaolo
  Galperti Guido
  Gandolfi Paolo
  Garavini Laura
  Garofalo Vincenzo
  Garofani Francesco Saverio
  Gasparini Daniela Matilde Maria
  Gebhard Renate
  Gelli Federico
  Gentiloni Silveri Paolo
  Ghizzoni Manuela
  Giachetti Roberto
  Giacobbe Anna
  Giacomelli Antonello
  Gigli Gian Luigi
  Ginato Federico
  Ginefra Dario
  Ginoble Tommaso
  Gitti Gregorio
  Giuliani Fabrizia
  Giulietti Giampiero
  Gozi Sandro
  Grassi Gero
  Greco Maria Gaetana
  Gribaudo Chiara
  Guerini Giuseppe
  Guerini Lorenzo
  Guerra Mauro
  Gullo Maria Tindara
  Gutgeld Itzhak Yoram
  Iacono Maria
  Iannuzzi Tino
  Impegno Leonardo
  Incerti Antonella
  Iori Vanna
  Lacquaniti Luigi
  La Marca Francesca
  Lattuca Enzo
  Lauricella Giuseppe
  Lavagno Fabio
  Lenzi Donata
  Librandi Gianfranco
  Locatelli Pia Elda
  Lodolini Emanuele
  Lo Monte CarmeloPag. 26
  Losacco Alberto
  Lotti Luca
  Lupi Maurizio
  Madia Maria Anna
  Magorno Ernesto
  Malpezzi Simona Flavia
  Manciulli Andrea
  Manfredi Massimiliano
  Manzi Irene
  Marantelli Daniele
  Marazziti Mario
  Marchetti Marco
  Marchi Maino
  Marguerettaz Rudi Franco
  Mariani Raffaella
  Mariano Elisa
  Marrocu Siro
  Marroni Umberto
  Martella Andrea
  Martelli Giovanna
  Martino Pierdomenico
  Marzano Michela
  Massa Federico
  Matarrelli Toni
  Matarrese Salvatore
  Mattiello Davide
  Mauri Matteo
  Mazziotti Di Celso Andrea
  Mazzoli Alessandro
  Melilli Fabio
  Meta Michele Pompeo
  Miccoli Marco
  Migliore Gennaro
  Minardo Antonino
  Minnucci Emiliano
  Misiani Antonio
  Misuraca Dore
  Molea Bruno
  Monaco Francesco
  Monchiero Giovanni
  Mongiello Colomba
  Montroni Daniele
  Morani Alessia
  Morassut Roberto
  Moretto Sara
  Moscatt Antonino
  Mura Romina
  Naccarato Alessandro
  Nardi Martina
  Narduolo Giulia
  Nesi Edoardo
  Nicoletti Michele
  Oliaro Roberta
  Oliverio Nicodemo Nazzareno
  Orfini Matteo
  Orlando Andrea
  Ottobre Mauro
  Pagani Alberto
  Pagano Alessandro
  Palma Giovanna
  Paris Valentina
  Parrini Dario
  Pastorelli Oreste
  Patriarca Edoardo
  Pelillo Michele
  Peluffo Vinicio Giuseppe Guido
  Pes Caterina
  Petrini Paolo
  Piazzoni Ileana Cathia
  Piccione Teresa
  Piccoli Nardelli Flavia
  Piccolo Salvatore
  Piccone Filippo
  Piepoli Gaetano
  Pilozzi Nazzareno
  Pini Giuditta
  Pinna Paola
  Pisicchio Pino
  Piso Vincenzo
  Pizzolante Sergio
  Plangger Albrecht
  Porta Fabio
  Portas Giacomo Antonio
  Preziosi Ernesto
  Prina Francesco
  Quartapelle Procopio Lia
  Quintarelli Giuseppe Stefano
  Rabino Mariano
  Raciti Fausto
  Ragosta Michele
  Rampi Roberto
  Realacci Ermete
  Ribaudo Francesco
  Richetti Matteo
  Rigoni Andrea
  Roccella Eugenia
  Rocchi Maria Grazia
  Romanini Giuseppe
  Romano Andrea
  Rosato Ettore
  Rossi Domenico
  Rossi Paolo
  Rossomando Anna
  Rostan MichelaPag. 27
  Rotta Alessia
  Rubinato Simonetta
  Rughetti Angelo
  Sammarco Gianfranco
  Sanga Giovanni
  Sani Luca
  Sanna Francesco
  Sanna Giovanna
  Santerini Milena
  Sberna Mario
  Sbrollini Daniela
  Scalfarotto Ivan
  Scanu Gian Piero
  Schirò Gea
  Schullian Manfred
  Scopelliti Rosanna
  Scuvera Chiara
  Senaldi Angelo
  Sereni Marina
  Sgambato Camilla
  Simoni Elisa
  Sottanelli Giulio Cesare
  Tabacci Bruno
  Tacconi Alessio
  Tancredi Paolo
  Taranto Luigi
  Taricco Mino
  Tartaglione Assunta
  Tentori Veronica
  Terrosi Alessandra
  Tidei Marietta
  Tinagli Irene
  Tullo Mario
  Valente Valeria
  Valiante Simone
  Vargiu Pierpaolo
  Vazio Franco
  Vecchio Andrea
  Velo Silvia
  Venittelli Laura
  Ventricelli Liliana
  Verini Walter
  Vezzali Maria Valentina
  Vico Ludovico
  Vignali Raffaello
  Villecco Calipari Rosa Maria
  Vitelli Paolo
  Zampa Sandra
  Zan Alessandro
  Zanetti Enrico
  Zanin Giorgio
  Zardini Diego

  Hanno risposto no:

  Abrignani Ignazio
  Agostinelli Donatella
  Airaudo Giorgio
  Alberti Ferdinando
  Allasia Stefano
  Altieri Trifone
  Angelucci Antonio
  Archi Bruno
  Artini Massimo
  Attaguile Angelo
  Baldassarre Marco
  Baldelli Simone
  Barbanti Sebastiano
  Baroni Massimo Enrico
  Basilio Tatiana
  Battelli Sergio
  Bechis Eleonora
  Benedetti Silvia
  Bergamini Deborah
  Bernini Massimiliano
  Bernini Paolo
  Bianchi Nicola
  Biancofiore Michaela
  Bianconi Maurizio
  Biasotti Sandro
  Bonafede Alfonso
  Bordo Franco
  Borghesi Stefano
  Bossi Umberto
  Bragantini Matteo
  Brescia Giuseppe
  Brugnerotto Marco
  Brunetta Renato
  Busin Filippo
  Businarolo Francesca
  Busto Mirko
  Calabria Annagrazia
  Cancelleri Azzurra Pia Maria
  Caon Roberto
  Caparini Davide
  Capezzone Daniele
  Carfagna Maria Rosaria
  Cariello Francesco
  Carinelli Paola
  Caso Vincenzo
  Castiello Giuseppina
  Catanoso Genoese Francesco
  detto Basilio Catanoso
  Cecconi Andrea
  Centemero ElenaPag. 28
  Cesaro Luigi
  Chimienti Silvia
  Ciprini Tiziana
  Cirielli Edmondo
  Colletti Andrea
  Colonnese Vega
  Corda Emanuela
  Corsaro Massimo Enrico
  Costantino Celeste
  Cozzolino Emanuele
  Crimi Rocco
  Crippa Davide
  Dadone Fabiana
  Daga Federica
  D'Alessandro Luca
  Dall'Osso Matteo
  D'Ambrosio Giuseppe
  Da Villa Marco
  Del Grosso Daniele
  Della Valle Ivan
  Dell'Orco Michele
  De Lorenzis Diego
  De Rosa Massimo Felice
  Di Battista Alessandro
  Di Benedetto Chiara
  Dieni Federica
  D'Incà Federico
  Distaso Antonio
  Di Stefano Fabrizio
  Di Stefano Manlio
  Di Vita Giulia
  Duranti Donatella
  D'Uva Francesco
  Faenzi Monica
  Fantinati Mattia
  Farina Daniele
  Ferrara Ciccio
  Ferraresi Vittorio
  Fico Roberto
  Fontana Gregorio
  Fraccaro Riccardo
  Fratoianni Nicola
  Frusone Luca
  Fucci Benedetto Francesco
  Furnari Alessandro
  Gagnarli Chiara
  Galati Giuseppe
  Gallinella Filippo
  Gallo Luigi
  Gallo Riccardo
  Garnero Santanchè Daniela
  Gelmini Mariastella
  Giacomoni Sestino
  Giammanco Gabriella
  Giordano Giancarlo
  Giordano Silvia
  Giorgetti Alberto
  Giorgetti Giancarlo
  Grande Marta
  Grillo Giulia
  Grimoldi Paolo
  Guidesi Guido
  Iannuzzi Cristian
  Invernizzi Cristian
  Kronbichler Florian
  L'Abbate Giuseppe
  Laffranco Pietro
  Lainati Giorgio
  La Russa Ignazio
  Latronico Cosimo
  Liuzzi Mirella
  Lombardi Roberta
  Longo Piero
  Lorefice Marialucia
  Maietta Pasquale
  Mannino Claudia
  Mantero Matteo
  Marcolin Marco
  Marcon Giulio
  Marotta Antonio
  Martino Antonio
  Marzana Maria
  Melilla Gianni
  Meloni Giorgia
  Micillo Salvatore
  Milanato Lorena
  Molteni Nicola
  Mottola Giovanni Carlo Francesco
  Mucci Mara
  Nesci Dalila
  Nicchi Marisa
  Occhiuto Roberto
  Palazzotto Erasmo
  Palese Rocco
  Palmieri Antonio
  Palmizio Elio Massimo
  Pannarale Annalisa
  Parentela Paolo
  Parisi Massimo
  Pellegrino Serena
  Pesco Daniele
  Petraroli Cosimo
  Petrenga Giovanna
  Pili MauroPag. 29
  Pini Gianluca
  Piras Michele
  Pisano Girolamo
  Placido Antonio
  Polidori Catia
  Polverini Renata
  Prestigiacomo Stefania
  Prodani Aris
  Quaranta Stefano
  Rampelli Fabio
  Ravetto Laura
  Ricciatti Lara
  Rizzetto Walter
  Rizzo Gianluca
  Romano Francesco Saverio
  Romano Paolo Nicolò
  Romele Giuseppe
  Rondini Marco
  Rotondi Gianfranco
  Ruocco Carla
  Russo Paolo
  Saltamartini Barbara
  Sannicandro Arcangelo
  Santelli Jole
  Sarti Giulia
  Savino Elvira
  Savino Sandra
  Scagliusi Emanuele
  Scotto Arturo
  Segoni Samuele
  Sibilia Carlo
  Simonetti Roberto
  Sisto Francesco Paolo
  Sorial Girgis Giorgio
  Spadoni Maria Edera
  Spessotto Arianna
  Squeri Luca
  Taglialatela Marcello
  Terzoni Patrizia
  Tofalo Angelo
  Toninelli Danilo
  Totaro Achille
  Tripiedi Davide
  Turco Tancredi
  Vacca Gianluca
  Valente Simone
  Vallascas Andrea
  Vella Paolo
  Vignaroli Stefano
  Villarosa Alessio
  Vito Elio
  Zaccagnini Adriano
  Zaratti Filiberto
  Zolezzi Alberto

  Si sono astenuti:

  Labriola Vincenza

  Sono in missione:

  Brambilla Michela Vittoria
  Di Maio Luigi
  Epifani Ettore Guglielmo
  Fedriga Massimiliano
  Lorenzin Beatrice
  Lupo Loredana
  Merlo Ricardo Antonio
  Pistelli Lapo
  Speranza Roberto

(Illustrazione delle proposte emendative – Articolo 2 – A.C. 3-bis-B ed abbinate)

  PRESIDENTE. Passiamo quindi agli interventi per l'illustrazione degli emendamenti riferiti all'articolo 2, a norma dell'articolo 116, comma 2, del Regolamento così come costantemente interpretato su conforme parere della Giunta per il Regolamento.
  Potranno, pertanto, intervenire i presentatori degli emendamenti riferiti all'articolo 2 che non siano stati già illustrati, per non più di 30 minuti.
  Ha chiesto di parlare il deputato Riccardo Fraccaro. Ne ha facoltà.

  RICCARDO FRACCARO. Grazie Presidente. L'Italicum è una legge padronale che pretende di imporre al Paese gli stessi rapporti di forza, lo stesso legame servo-padrone che esiste all'interno del Partito Democratico.

  PRESIDENTE. Colleghi per favore, il tono della voce.

  RICCARDO FRACCARO. I cento capilista bloccati previsti dalla controriforma hanno un duplice effetto di concentrazione del potere. Da un lato, la possibilità di nominare i capilista conferisce un potere Pag. 30smisurato alle segretarie di partito che si arrogano il diritto di decidere, al posto dei cittadini, chi mandare in Parlamento in base alla fedeltà servile dimostrata nei confronti del padrone. Dall'altro lato, la conseguenza dell'Italicum è che gli elettori possono essere indotti a votare per il primo candidato di lista in un collegio e poi, a causa delle candidature multiple, contribuire ad eleggere tutt'altro candidato.
  Come se non bastasse, le preferenze residue potranno operare solo nell'ambito dei seggi da assegnare alla lista a cui viene attribuito il premio di maggioranza. Il voto dei cittadini viene di fatto annichilito in ragione di una volontà padronale che calpesta i dettami della Consulta, che ha dichiarato illegittime le liste bloccate poiché non consentono di indicare espressamente i propri rappresentanti.
  I giudici costituzionali hanno stabilito che «la volontà dei cittadini espressa con il voto costituisce il principale strumento della manifestazione della volontà popolare secondo l'articolo 1 della Costituzione». Il Governo smantella questo principio sostituendo il corpo elettorale con le strutture di partito per spedire ancora una volta i nominati in Parlamento, per spedire ancora una volta in Parlamento i servi del padrone.
  Il secondo aspetto antidemocratico riguarda il premio di maggioranza. Il suo effetto è quello di attribuire ad un partito una posizione di predominio esclusivo all'interno del Parlamento anche se non è espressione della maggioranza dei votanti né, tantomeno, dei cittadini. Ciò significa azzerare il principio della rappresentanza in nome di una presunta governabilità che, in realtà, si traduce nel modello dell'uomo solo al comando. In nessuna grande democrazia europea esiste il premio di maggioranza nazionale, in nessuna: è un dato di fatto che non ha bisogno di ulteriori commenti.
  Nel caso dell'Italicum è previsto un premio di maggioranza aggravato, in effetti, perché prevede l'introduzione di un turno di ballottaggio per attribuire in ogni caso, sempre e comunque, la maggioranza dei seggi ad una sola forza politica. In nessun ordinamento democratico è previsto un ballottaggio per organi legislativi, ma solo per organi monocratici.
  La controriforma renziana ripropone le criticità già evidenziate in questo senso dalla Corte costituzionale nel dichiarare l'illegittimità del Porcellum, laddove non viene prevista una soglia di accesso minima per poter accedere al premio di maggioranza. Ancora una volta l'Italicum ripropone quella eccessiva divaricazione tra la composizione dell'organo della rappresentanza politica e la volontà dei cittadini già censurata dalla Consulta, violando il principio dell'uguaglianza del voto e alterando profondamente il nostro assetto democratico.
  Vi sono due specifici ambiti del provvedimento che meglio di altri ne rappresentano plasticamente l'incostituzionalità: la disciplina speciale adottata per la Valle d'Aosta e il Trentino-Alto Adige Südtirol e le disposizioni per il voto dei cittadini italiani che si trovano temporaneamente all'estero.

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARINA SERENI (ore 17)

  RICCARDO FRACCARO. Quanto al primo ambito, la disciplina speciale introdotta si rivela assolutamente incapace di tutelare le minoranze. Essa si riflette, infatti, sulla distribuzione nazionale dei seggi con un effetto paradossale, che determina la probabile elezione di un numero di deputati compresi tra 631 e 640, con evidente violazione dell'articolo 56, comma 2, della Costituzione. La controriforma elettorale prevede, infatti, di attribuire 630 seggi alla Camera in collegi plurinominali, ma esclude gli ulteriori 10 seggi che spettano alla nostra regione e alla Valle d'Aosta dove si applica il vecchio sistema con i collegi uninominali.
  Infatti questi seggi, se conquistati da forze minori o comunque fuori dal premio di maggioranza, andrebbero sommati ai 630 già previsti per un totale di 640. Si potrebbero, quindi, avere dieci parlamentari Pag. 31in eccesso rispetto a quanto stabilito dalla nostra Carta fondamentale. È l'ennesimo schiaffo ai cittadini da parte di un Premier che vuole smantellare le autonomie, e questo lo ha dichiarato pubblicamente: l'Italicum stravolge completamente il rapporto tra i seggi nel Trentino e quelli nel resto del Paese, con uno scandaloso errore di calcolo che potrebbe costare al nostro territorio la perdita totale di rappresentanti in Parlamento.
  Non basta. Con questa legge saranno undici i seggi riservati a rappresentanti del Trentino-Alto Adige/Südtirol. Otto saranno assegnati con collegi uninominali, quindi alla forza di maggioranza, due al partito che ha ottenuto il premio di maggioranza a livello nazionale e uno solo sarà garantito alle opposizioni; un solo seggio su undici alle opposizioni, quindi, nemmeno ai tempi della legge Acerbo di mussoliniana memoria c’è stata una compressione tanto forte delle minoranze. Questo sistema garantirà sicuramente un'enorme possibilità di vittoria ai partiti di coalizione (SVP, PATT, PD) che oggi governano le due province autonome. Ma a quale prezzo ?
  Con la nuova legge elettorale voluta da Renzi, il 54 per cento dei seggi viene assegnato al primo partito: si tratta di 340 seggi, ben al di sopra dei 316 necessari per ottenere la maggioranza. Quindi, in caso di vittoria, un partito solo avrebbe il controllo totale della Camera, rendendo nullo il peso politico dei parlamentari eletti nella circoscrizione Trentino-Alto Adige, i cui voti finora, storicamente, sono sempre stati determinanti per la vittoria dei partiti o delle coalizioni nazionali, traducendosi così in una importante tutela politica per le autonomie. E a nulla varrà a tal fine il nuovo Senato, nel quale il Trentino-Alto Adige avrà solo quattro rappresentanti all'interno di un modello istituzionale ridotto a un'assemblea di nominati.
  È vergognoso che dei dilettanti allo sbaraglio concepiscano una legge così palesemente dannosa. Ed è ancora più vergognoso che i cosiddetti partiti autonomisti presenti in Parlamento acconsentano a cancellare, di fatto, i diritti di tutti i cittadini del Trentino-Alto Adige/Südtirol di contribuire alle cifre elettorali nazionali delle liste che hanno votato, di avere garanzie certe di rappresentanza e – in ultima analisi – di poter far valere le proprie istanze nell'Assemblea nazionale.
  PATT e SVP hanno svenduto il territorio in cambio delle poltrone. Il MoVimento 5 Stelle ha presentato pochi emendamenti, che abbiamo depositato in Aula, per porre rimedio a questa madornale illegittimità dell'Italicum e continuerà a battersi per difendere il Trentino-Alto Adige da chi vuole calpestarlo in nome del neocentralismo renziano.
  L'Italicum è una legge «ad castam», fatta a immagine e somiglianza del sistema di potere chiuso e autoreferenziale dei partiti. Con la controriforma elettorale il PD vuole imbullonarsi alle poltrone negando ai cittadini il diritto di scegliere i propri rappresentanti, di partecipare attivamente alla vita politica e decidere del proprio futuro. L'arma segreta dell'Italicum è proprio la cancellazione del diritto di voto per le nuove generazioni che si sono trasferite fuori dal nostro Paese: i cittadini italiani che, per motivi di lavoro, studio o cure mediche si trovano all'estero da almeno tre mesi, possono optare di votare per corrispondenza, ma solo per eleggere i 12 deputati della circoscrizione Estero e non i rappresentanti del collegio di residenza.
  Basta leggere il comma 37 dell'articolo 2 della controriforma elettorale, che introduce un nuovo articolo 4-bis alla legge 27 dicembre 2001, n. 459. Ma c’è anche di peggio: gli italiani che si trovano all'estero non potranno nemmeno esprimere il proprio voto per il ballottaggio e l'attribuzione del premio di maggioranza ! Non potranno scegliere da chi essere governati. Tutti gli studenti Erasmus che si stanno formando sul territorio europeo, i giovani che si sono trasferiti fuori dall'Italia per lavorare e i cervelli costretti a fuggire all'estero da questa classe politica corrotta non potranno decidere le sorti del loro Paese. Dalle parti del Nazareno hanno sicuramente letto con preoccupazione i più recenti sondaggi, che confermano come il Pag. 32MoVimento 5 Stelle sia la prima forza politica tra i giovani. Il Partito Democratico, il PD, il P2 ne ha paura e vuole soffocare nella culla il futuro del nostro Paese.
  L'Italicum è una legge liberticida che calpesta il principio dell'uguaglianza del voto, condannando all'esilio politico le nuove generazioni, è il tentativo di un neodemocristiano di imbalsamarsi al potere ed incollarsi alle poltrone.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO (ore 17,05)

  RICCARDO FRACCARO. Allora è bene sgomberare il campo da ogni tipo di equivoco: non siamo di fronte ad una legge elettorale, quanto, piuttosto, ad una modifica della forma di Governo. È un grimaldello che serve a Renzi per scassinare la Costituzione e commettere una rapina a mano armata dei più basilari diritti democratici.
  L'Italicum trasforma il nostro sistema in un presidenzialismo di fatto, smantellando le prerogative del Parlamento, delle opposizioni e dello stesso Presidente della Repubblica, che avrà il solo potere di nominare Premier il capopartito e nient'altro. Ciò che viene meno è l'anima stessa della Repubblica parlamentare, lo spirito della democrazia, la partecipazione attiva dei cittadini alla vita politica, senza la quale si crea un popolo di sudditi senza diritti. I precedenti storici della legge Acerbo e della legge truffa, a cui l'Italicum certamente si ispira nel merito e nel metodo, annunciano in pieno la deriva autoritaria in cui il nostro Paese rischia di sprofondare per le velleità imbecilli di un bulletto di periferia manovrato dai poteri forti.
  Di fronte a una simile emergenza democratica, non si può fare a meno di richiamare al proprio ruolo il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e ciascuna delle forze politiche che hanno contribuito a realizzare questo sfacelo. Tutti i partiti, in quest'Aula, sono chiamati ad una presa di coscienza delle enormi responsabilità che hanno nei confronti del Paese.
  È mai possibile che da parte della cosiddetta minoranza del PD, o meglio dei numerosi deputati di centrosinistra preoccupati da tale deriva, non sopraggiunga un atto di resipiscenza operosa, uno scatto d'orgoglio che li porti finalmente ad opporsi in nome dei cittadini che dovrebbero rappresentare ? E come si può piangere ora lacrime di coccodrillo, come sta facendo Forza Italia, dopo aver stretto un patto con il Premier e scritto con le proprie mani questa ignobile legge elettorale e portato, fino a ieri, i propri voti all'ammasso per far passare tutti i provvedimenti incostituzionali ? Che altro aspetta SEL, il partito che si è presentato alle elezioni coalizzato con il PD e ora si straccia le vesti di fronte a questo scempio, per togliere il proprio sostegno politico e far cadere tutte le giunte dove governa insieme al partito della dittatura Renzi ?
  Tra di voi ci sono pochi meschini, alcuni indifferenti e tanti vigliacchi. Siete complici, conniventi e corresponsabili ! Il MoVimento 5 Stelle può affermare a testa alta di essersi opposto con ogni mezzo allo smantellamento della Costituzione, di aver presentato proposte concrete per superare il Porcellum ed estendere le garanzie democratiche, di aver rappresentato la sola opposizione in questo Paese, la sola forza politica coerente e credibile. Il Presidente del Consiglio ha fatto l'esatto contrario di ciò che prometteva un anno fa, quando diceva che la legge elettorale non si può approvare a colpi di maggioranza, parole di Matteo Renzi. Renzi ora ricorre direttamente al colpo di Stato, a metodi estorsivi e coercitivi per conquistare il potere. Il ricatto della questione di fiducia smaschera platealmente il volto dittatoriale del Premier.
  Parafrasando un'affermazione di Thomas Jefferson, le forze politiche sono divise in due categorie: quelle che temono il popolo, perché non ne hanno alcuna fiducia e desiderano togliergli tutto il potere per porlo nelle mani delle classi alte, e quelle che si identificano con il popolo, si fidano di esso, lo apprezzano e lo considerano Pag. 33come il depositario più vero ed onesto dell'interesse pubblico. Noi, Presidente, apparteniamo senza dubbio a quest'ultima categoria.
  Il Governo ha invece dimostrato di temere il popolo e di voler accentrare il potere nelle mani di un capobastone. È l'ultima occasione che i parlamentari qui presenti hanno per non essere succubi di un megalomane autoritario, di opporsi a questa deriva come fa, ha fatto e farà il MoVimento 5 Stelle. Potete decidere di smettere di essere schiavi del potere, ma sono sicuro che anche stavolta darete agli italiani la dimostrazione di essere indegni e miserabili.

  PRESIDENTE. Si rivolga alla Presidenza, Fraccaro.

  RICCARDO FRACCARO. Voi vi meritate la deriva autoritaria di Renzi, il popolo no. Merita la democrazia, il rispetto della Costituzione, una classe dirigente onesta, un Governo a 5 Stelle. Un grande poeta, Presidente, Pablo Neruda, ha scritto: potete recidere i fiori, ma non potete fermare la primavera (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la collega Biancofiore. Ne ha facoltà.

  MICHAELA BIANCOFIORE. Grazie, Presidente. In parte ripeterò quanto già detto bene dal collega Fraccaro. In questa sede mi preme ringraziare anche il collega Kronbichler e la collega del PD Gnecchi per le parole e il plauso espressomi ieri in merito al mio intervento rispetto all'anticostituzionalità della norma speciale contenuta in questa legge che riguarda le regioni Trentino-Alto Adige/Südtirol e la Valle d'Aosta. Mi preme fare questo ringraziamento perché è del tutto evidente che non solo una parte della maggioranza, ma anche tutte le minoranze concordano con i costituzionalisti – quelli che non sono finiti a libro paga del Premier – che vi è una palese incostituzionalità, che io metto in evidenza nei miei emendamenti depositati non soltanto nel corso della prima lettura alla Camera, ma anche in questa seconda lettura, riguardo alle regioni Trentino-Alto Adige/Südtirol e, in particolar modo, la Valle d'Aosta.
  Questa incostituzionalità si palesa in vari momenti e in varie espressioni che riguardano appunto il modus in cui è stata scritta la legge, ma soprattutto le finalità. Purtroppo, non è presente il Ministro Boschi, che è la «estentrice» della legge, ma soltanto il sottosegretario, al quale va comunque tutto il mio rispetto, ma, in tutta sincerità, avrei preferito fosse presente addirittura il Premier, perché in tal caso sarebbe da sottolineare qualcosa che finora non è stato sottolineato, ovvero, per parafrasare una nota pubblicità sarebbe da dire al Premier: ti piace vincere facile, ovvero ti piace vincere a tavolino.
  Vedete, con la norma speciale per il Trentino-Alto Adige e la Valle d'Aosta sostanzialmente chiunque parteciperà al voto alle prossime elezioni con l'Italicum, e non sarà il PD renziano – specifico il PD renziano, perché mi sembra evidente che la minoranza del PD sia fuori per quanto sia stata collusa in passato con le prassi attribuibili al Südtiroler Volkspartei – parte con undici, dodici deputati in meno.
  Al premio di maggioranza bisogna guardare già pensando che, scrivendolo a tavolino, Renzi si è già attribuito undici parlamentari, perché applicando il Mattarellum alla sola regione Trentino-Alto Adige e, quindi, conseguendo di fatto, – sottosegretario riporti al Presidente del Consiglio questa frase pesante e imbarazzante, della quale mi assumo tutta la responsabilità – provocando, cioè, la secessione politica del Trentino-Alto Adige, perché si tiene fuori una regione dal complesso delle autonomie di questo Paese. Provocando, quindi, la secessione politica del Trentino-Alto Adige, ci si attribuisce, di fatto, già undici parlamentari in più, perché il Mattarellum consente, come ha ben detto il collega Fraccaro, di avere una maggioranza etnica, in particolar modo in Alto Adige.
  Voi dovete capire che, in particolar modo, in Alto Adige – e questo Parlamento non se ne rende mai conto e, Pag. 34purtroppo, non se ne rende conto da cinquant'anni – vi è una maggioranza etnica e non politica: ci sono 400 mila tedeschi e ci sono 100 mila italiani. Gli italiani non avranno mai la possibilità, soprattutto nei collegi a maggioranza tedesca, di poter ambire alla rappresentanza politica.
  Lo potevano fare solo nel collegio di Bolzano-Laives; ebbene cosa ha pensato bene di fare la Südtiroler Volkspartei, la quale è colpevole di essere furba, cinica, ma i veri colpevoli della secessione politica del Trentino-Alto Adige, della svendita di ogni diritto civile fondamentale – e lei sottosegretario se ne intende di diritti civili fondamentali e anche qui si tratta di diritti civili fondamentali – di una intera comunità di italiani, di cittadini come tutti noi, non è la Südtiroler Volkspartei, ma il Parlamento italiano ! Il quale indegnamente non si rende conto, si disinteressa, o, meglio ancora, se ne frega altamente di una terra che è considerata ricca, sempre a causa vostra, perché comunque i trasferimenti economici del Trentino-Alto Adige sono dovuti alle tasse pagate dagli italiani, non per il 90 per cento ma per il resto sì, e dimentica che una comunità italiana, in terra italiana, che è minoranza in terra italiana, purtroppo, non avrà diritto alla rappresentanza !
  Ma quello che è peggio, senza nessuna giustificazione. Dico ciò perché nessuno in questo Parlamento, nemmeno la sottoscritta, ha mai pensato di negare rappresentanza alla minoranza linguistica tedesca, qualora fosse minoranza linguistica tedesca; invece, parliamo di un solo partito. In questo Parlamento la minoranza linguistica tedesca è rappresentata, anche dal collega Kronbichler che viene dai verdi e appartiene a SEL; ebbene quella minoranza politica, rappresentata dal collega Kronbichler, non potrà più essere rappresentata con l'Italicum, perché verrà rappresentata solo la Südtiroler Volkspartei, che è solo un partito della minoranza tedesca presente in Alto Adige.
  Quindi, paradossalmente, siccome appunto nessuno negava la rappresentanza alla minoranza linguistica, non c'era minimamente bisogno di voler invece pervicacemente schiacciare il diritto della minoranza italiana presente in Alto Adige; minoranza italiana, italiani, come vi ripeto con cuore tutte le volte che intervengo in questo Parlamento, fatta da cittadini italiani che dovrebbero avere gli stessi diritti e non solo gli stessi doveri che avete voi, che abbiamo ciascuno di noi, perché sono cittadini italiani che oggi sono autoctoni ma che provengono dalle vostre regioni di provenienza, colleghi parlamentari.
  Vi dovete porre il problema di questa comunità di italiani allo sbando che non ha nessuna rappresentanza più, che non ha nessuna leva economica, politica, sociale, che è un cittadino non di serie «b» ma di serie «c» all'interno dei confini italiani; nelle valli altoatesine non c’è più un imprenditore italiano e se c’è è di antica memoria e, probabilmente, è colluso politicamente con l'SVP, altrimenti non si lavora in Alto Adige.
  L’apartheid, lasciatemelo dire, esiste in questo Paese; questi sono i diritti civili fondamentali negati. Quando si parla di apartheid si parla, appunto, di diritto della negazione a poter ambire all'equità di trattamento, alla libertà dell'uguaglianza, che è quella che purtroppo ci vediamo sottrarre anche dall'avanzata di certi fondamentalismi stranieri.
  E noi che facciamo, noi come Parlamento italiano ? Facciamo la stessa cosa all'interno dei nostri confini, neghiamo appunto la rappresentanza ad una comunità; e non solo la neghiamo per legge ma consentiamo che sia la maggioranza interna altoatesina, tedesca, cioè la Südtiroler Volkspartei, a decidere anche il candidato del PD – sottolineo, del PD, non di Forza Italia o del centrodestra – nel collegio di Bolzano-Laives, collegio uninominale che sarà previsto con il Mattarellum che, poi, nemmeno Mattarellum è, e poi andrò a spiegarlo. Sarà la Südtiroler Volkspartei perché ha il 20 per cento dei voti nel collegio di Bolzano-Laives; non sarà, quindi, Renzi a scegliere il candidato, non sarà il segretario politico dell'Alto Pag. 35Adige, non saranno gli elettori del PD dell'Alto Adige o della sinistra in generale, ma sarà la Südtiroler Volkspartei.
  La volontà della Südtiroler Volkspartei, quindi, era finalizzata semplicemente a schiacciare, ad eliminare costantemente, come ha sempre fatto negli ultimi cinquant'anni, ogni forza politica della comunità italiana.
  La cosa grave, però, non è che lo fa la Südtiroler Volkspartei, che ha il suo mandato, quello di rappresentare al massimo la minoranza tedesca che, come dicevo, è maggioranza, ma sono gli italiani, siamo noi, è questo Parlamento, è questo Parlamento che svilisce il significato di unità d'Italia, che svilisce il significato contenuto nell'articolo 117, nella riforma del Titolo V, nella nostra Costituzione di unità dello Stato.
  Anche il Trentino-Alto Adige, sebbene autonomia speciale, fa parte del complesso dell'unità dello Stato e questo Governo è talmente scellerato che non se ne rende conto. Io sentii parlare di Matteo Renzi, sorprendendomi, in maniera lusinghiera, perché durante il Centocinquantennale dell'Unità d'Italia lui intervenne a piede teso, sorprendendomi, ribadisco, soprattutto perché lo faceva un uomo di sinistra o proveniente dalla sinistra, dicendo che era sconcertante che la provincia autonoma di Bolzano, allora rappresentata dal presidente della provincia autonoma, Luis Durnwalder, all'epoca potentissimo, non festeggiasse l'Unità d'Italia; mettendosi, quindi, dalla parte degli italiani, mettendosi quindi dalla parte dello Stato italiano, mettendosi quindi dalla parte dei tanti morti che hanno conseguito quell'Unità d'Italia, che hanno partecipato a conseguire quell'Unità d'Italia.
  Io lo chiamai e subito capii che forse questo ragazzo non era proprio quel pozzo di coerenza che poi ha dimostrato con i vari «state sereni tutti» – ma chi non sta serena è l'Italia – perché lui mi disse: «Ma io l'ho fatto semplicemente perché mi sembrava il caso di cogliere la battuta al volo» e non perché ci credeva veramente. È evidente che il Presidente del Consiglio in tutto quello che fa non crede minimamente, che tutto è il contrario di tutto e che... ma lo dirò domani, che è meglio perché ci sarà più attenzione. Purtroppo, non ha minimamente a cuore i confini dell'Italia, ma non ha minimamente a cuore soprattutto i cittadini italiani, perché – lo ribadisco – anche quelle 150 mila anime – meno di 150 mila – presenti in Alto-Adige hanno diritto di essere rappresentate dallo Stato italiano, appartengono a pieno diritto allo Stato italiano, ma vi appartengono a pieno diritto in quanto cittadini italiani.
  Anche le minoranze linguistiche tedesche e ladine sono presenti in Alto-Adige, quelle vere, quelle che non hanno la leva del potere, che non sono la Südtiroler Volkspartei. Sbagliate voi a considerare Südtiroler Volkspartei il partito della minoranza tedesca. Non lo è ! È maggioranza in una terra dove detengono la maggioranza ed è purtroppo maggioranza anche in questo Parlamento, perché altrimenti da cinquant'anni non sarebbe possibile che questo Parlamento è sempre stato determinato dai due, tre voti dei senatori, in particolar modo, perché il Senato è sempre stato «ballerino», che vengono eletti, paradossalmente con leggi speciali del Parlamento italiano, ma nella Südtiroler Volkspartei. È sconcertante !
  E altrettanto sconcertante è il fatto che, come dicevamo, come ho detto io ieri, come ha ripetuto il collega Fraccaro, i voti espressi dal centrodestra, dalle opposizioni in Alto-Adige e in Trentino, non verranno nemmeno computati ai fini del computo nazionale dei voti, come se i nostri voti non esistessero, come se i voti del Trentino, dell'Alto-Adige e della Valle d'Aosta fossero voti fantasma, come se i cittadini di queste regioni non esistessero. Ma come si può fare un'azione di questo genere che, oltre a essere palesemente incostituzionale – ribadisco – non è giustificata in alcun modo, politicamente parlando, se non come becero interesse politico di mantenere una maggioranza ben costituita al Senato da parte del Governo Renzi che, peraltro, fa acquisti in ogni dove, perché poi se lo fa Berlusconi l'acquisto si chiama in un'altra maniera, se lo fa Renzi sappiamo Pag. 36tutti che, invece, è semplicemente moral suasion e, invece, questo do ut des non conta assolutamente niente. Addirittura, svendere completamente una terra, svendere completamente dei parlamentari, una rappresentanza, non rappresenta minimamente, secondo il Presidente del Consiglio, un do ut des, una compravendita, come si dovrebbe giustamente chiamare parlando, appunto, con parole serie.
  Sottosegretario, Presidente, riportate sempre al Presidente del Consiglio che questa non è solo una «legge truffa». Io la chiamerei una «legge truffissima», perché non solo contravviene completamente a quelle che sono state le indicazioni date dalla Corte costituzionale (penso soltanto ai capilista bloccati). Io, come dicevo ieri, sono una che è convinta che l'unità di base della politica sia il consenso e nel momento stesso in cui viene meno il consenso non c’è più la politica e noi da troppi anni assistiamo alla mancanza di politica in questo Paese e in questo Parlamento, proprio perché è venuta meno la rappresentanza del consenso. Io sono una assolutamente a favore delle preferenze, perché è l'unico metodo, con tutti i limiti che può avere, che consente al cittadino di scegliere. Siccome io sono orgogliosamente popolana, popolare e populista, ritengo, appunto, che sia il popolo a dovere scegliere. Invece, da troppo il consenso è bloccato e i leaderini da strapazzo o, comunque, gli uomini soli al comando, appunto, portano avanti leggi e non è un caso che la legge dei listini bloccati sia partita proprio dalla Toscana e poi si è permeata, man mano, nelle varie leggi elettorali che sono state votate – e lo dico senza infingimenti – anche dal mio Governo.
  Ma ribadisco che quando viene meno il consenso in politica viene meno la politica stessa e, quindi, quando si attribuiscono dei seggi semplicemente in virtù di un'appartenenza politica, e non di un consenso che può essere, come dire, realmente rilevato sul territorio liberamente, come poteva accadere semplicemente mantenendo la soglia del 20 per cento in Trentino Alto-Adige, si fa il contrario del fare politica.
  Ma quello che voglio ricordare ancora al Premier Renzi è che la «legge truffa» si fece sotto il Governo De Gasperi. Ebbene, quella «legge truffa» costò la carriera a De Gasperi, e lo dico con grande dispiacere perché era un uomo della mia terra, era un uomo che conosceva molto bene i meandri della mia terra.
  E non è un caso che da trentino volle l'autonomia non per l'Alto Adige, ma per il Trentino Alto Adige, perché voleva che gli italiani rimanessero maggioranza in Trentino Alto Adige, perché aveva capito che ci sarebbe stata una deriva pangermanista da parte di una certa parte, ovviamente, della politica e degli esponenti che vigevano in Alto Adige. Bene, a De Gasperi costò la carriera, perché chi troppo vuole nulla stringe e forse bisognerebbe anche guardare a Il Principe di Machiavelli, perché anche quello probabilmente potrebbe insegnare la parabola, potrebbe insegnare molto al Presidente del Consiglio. Io concludo dicendo che almeno uno dei miei emendamenti mirava all'entrata in vigore almeno dopo l'approvazione del terzo statuto d'autonomia. In Trentino Alto Adige si sta discutendo stranamente in maniera aperta. Io pensavo che l'SVP avrebbe fatto un passo avanti finalmente, l'aveva fatto ultimamente anche con una mia proposta rispetto alla legge elettorale amministrativa per le elezioni comunali che stiamo andando a svolgere in Alto Adige e pensavo che ci sarebbe stata un'apertura, perché vi basti sapere che ciascuno di voi non si sarebbe potuto candidare in Alto Adige, in quanto cittadino italiano, con la legge che era in vigore prima. Io l'ho fatta modificare, e l'ho fatta modificare anche con l'accordo del sottosegretario Bressa, che in tutto questo è il convitato di pietra, perché è lui il faro, il nume tutelare della Südtiroler Volkspartei in questo Parlamento ormai da diversi anni e, casualmente, sarà lui il candidato nel collegio Bolzano-Laives nelle prossime elezioni con l'Italicum. Ma il fatto che si possa in qualche maniera decidere ancora Pag. 37una volta a tavolino chi sono gli eletti e quanti saranno gli eletti, ancora prima di iniziare una competizione elettorale, fa in modo fino in fondo che questa legge elettorale non potrà che essere rilevata dal Presidente Mattarella come una legge profondamente incostituzionale. Quel Mattarella che – forse sfugge a qualcuno – fu eletto in Trentino Alto Adige, perché paradossalmente, miei cari colleghi, Andreotti, che non era proprio uno stupido, l'ultimo stupido, sapeva che la politica italiana passa dal Trentino Alto Adige e dalla Sicilia, e non è un caso che Andreotti abbia governato l'Italia per mezzo secolo; è stato lui il vero governante d'Italia per mezzo secolo. Questo particolare sfugge al Presidente del Consiglio e sarà proprio questo particolare che però non sfuggirà al Presidente Mattarella, che fu relegato dal suo partito, come a me è successo in Campania per motivazioni analoghe, in Trentino Alto Adige e il Presidente Mattarella ha capito la realtà del Trentino Alto Adige e non potrà controfirmare una legge che è palesemente incostituzionale. È palesemente incostituzionale perché, come ho sottolineato ieri – e concludo – non solo viola l'articolo 3, cioè il diritto di uguaglianza di tutti i cittadini in Italia, da Brennero a Lampedusa – sia chiaro: da Brennero a Lampedusa – ma paradossalmente viola anche l'articolo 6 della Costituzione italiana, quello che garantisce le minoranze linguistiche, tutte le minoranze linguistiche presenti in Italia, non un partito della minoranza linguistica anche in Alto Adige. E questo rimarrà solenne come disquisizione che farà in modo che il Presidente Mattarella non possa controfirmare questa legge. Io ieri ho invocato il suo coinvolgimento, ho invocato che non ponesse la sua firma ad una legge che non è soltanto truffa, come abbiamo detto, ma che appunto è palesemente incostituzionale soprattutto in questi passaggi, e sono certa che per chi ha vissuto, come l'ha vissuta lui sulla sua pelle, la realtà del Trentino Alto Adige, essendo stato eletto in quella regione, come me, non potrà che rifiutare qualcosa che non si è mai visto nella storia e che, soprattutto, ribadisco non trova giustificazione. Infatti, nessuno da questa parte dello schieramento e neanche dall'altra parte si era mai sognato di impedire alla minoranza di entrare in Parlamento, ma quello che impediremo e impediremo con forza, tutte le opposizioni unite, ma anche parte del PD – e di questo voglio rendere onore alla collega Gnecchi e ai tanti del PD locale di Bolzano – sarà quello di vedere esacerbata ancora una volta, alienata, dilaniata, la comunità italiana dell'Alto Adige (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il collega Sannicandro. Ne ha facoltà.

  ARCANGELO SANNICANDRO. Signor Presidente, egregi deputati, intervengo con un certo imbarazzo, perché sono ben consapevole che parliamo a vuoto. Parliamo a vuoto non perché la maggioranza non ci ascolta, ma perché così è stato deciso, che dobbiamo parlare a vuoto. Siamo qui per illustrare i nostri emendamenti, ma non saranno votati. Quindi, come il profeta nel deserto, siamo la voce che proclama profezie a vuoto.
  Non volevo intervenire, in verità, proprio per questo motivo, però poi, alla fine, mi sono detto che bisogna sino all'ultimo minuto dire a chi sta fuori da quest'Aula come stanno effettivamente le cose, quale truffa si sta orchestrando a danno del popolo italiano, come si sta sovvertendo la democrazia italiana, come si sta sovvertendo la stessa Costituzione italiana.
  Quindi, è un intervento a futura memoria, un contributo disperato, affinché – ripeto – una flebile voce arrivi, sia pure flebile, al di fuori di quest'Aula. Orbene, la Corte costituzionale, un anno fa, il 15 gennaio, con una sentenza ormai famosa e da tutti conosciuta, ha dichiarato che questo Parlamento è stato eletto con una legge incostituzionale.
  Questo Parlamento è stato eletto, alla pari dei due precedenti, con una legge che contrasta violentemente con alcuni principi fondamentali della nostra Carta costituzionale, soprattutto con il primo, laddove è scritto che la sovranità appartiene Pag. 38al popolo, ma non appartiene ai segretari dei partiti, né tanto meno, come in questa legge pure è stabilito, ai capilista che potranno essere candidati in dieci circoscrizioni, e quindi scegliere i loro successori.
  Ora, perché questo Parlamento è incostituzionale, illegale ? Perché, badate, ha alterato profondamente il principio di rappresentanza: i voti avuti da un partito non hanno una corrispondenza in seggi, ma i seggi attribuiti a quel partito sono in misura sproporzionata, alteranti il rapporto di rappresentanza.
  Vediamolo in concreto: in questo Parlamento, la coalizione dell'epoca di Bersani prese il 29,5 per cento dei voti; la coalizione di Berlusconi prese il 29,13 per cento dei voti dell'elettorato; Grillo, la lista del MoVimento 5 Stelle, prese il 25,5 per cento. Quanti seggi sono stati attribuiti, invece, con questo pur lieve scarto di voti fra le tre liste ?
  Alla coalizione capeggiata da Bersani ben 340 seggi, alla coalizione capeggiata da Berlusconi 124 e alla lista MoVimento 5 Stelle 108 seggi. È palese la distorsione del principio di rappresentanza ! Ora, come sarebbe andata la storia, se si fosse rispettato il principio di rappresentanza, e cioè se si fosse rispettata la regola «una testa, un voto» ?
  Il PD di Bersani, che oggi si illude di poter ripetere il risultato, prese il 25,42 per cento dei voti. Se oggi applicassimo la legge che stiamo votando, il PD di Bersani prenderebbe 150 seggi, 150 seggi, e non 292, come gli sono stati attribuiti. In sostanza, il premio di maggioranza spropositato ha fatto sì che il partito di Bersani, sostanzialmente, con il solo 25 per cento dei voti, avesse una rappresentanza in questo Parlamento praticamente del doppio, praticamente del doppio.
  A fronte dei 150 seggi, 292. Malauguratamente, invece, per i competitori che non hanno vinto le elezioni per qualche decimale, la storia si è ripetuta al rovescio, Berlusconi con il 29,13 per cento ha preso 124 seggi e Grillo addirittura 108. Quindi, questa è la fotografia del risultato di una legge elettorale, il cosiddetto Porcellum, che noi dovremmo, con questa nuova proposta del Governo Renzi, tentare di stracciare. Invece, ci muoviamo su tutt'altra strada, sulla riproposizione dei vizi del Porcellum. Ora, il fatto che la Corte costituzionale abbia dichiarato nel contempo che il Parlamento è salvo, non significa che il Parlamento è politicamente, moralmente, legittimato a fare quello che sta facendo. Perché il Parlamento si è salvato ? Sia chiaro, il Parlamento si è salvato, siamo ancora qui, perché vale il principio che nel caso in cui una sentenza ha dichiarato incostituzionale una norma, l'effetto retroattivo sussiste, ma soltanto per i rapporti giuridici pendenti, quando, invece, i rapporti giuridici sono esauriti, la sentenza non produce sostanzialmente effetto; in volgare si dice: cosa fatta, capo ha. La Corte lo dice esplicitamente, sancendo questo principio e richiamando un altro principio, quello della continuità dello Stato. Gli organi costituzionali non possono essere vacanti, o meglio inesistenti, in qualsiasi momento, ma devono sempre esistere e mantenere in vita lo Stato, è quello che si chiama principio della continuità dello Stato. Tanto è vero che le Camere restano «in piedi», fino a quando non entrano in funzione le successive, e se addirittura sono sciolte, ma vi è necessità di convocarle, le Camere vengono convocate d'urgenza.
  Cosa bisognava fare ? Bisognava semplicemente o con la legge che era risultata dalla sentenza della Corte Costituzionale o con una nuova legge, che avremmo potuto fare, andare immediatamente alle elezioni. Una classe politica che non volesse sembrare una casta doveva semplicemente andare alle elezioni, alle elezioni ! Invece, è mancato completamento il pudore. Non soltanto questa casta politica è rimasta in piedi, ma addirittura si è arrogata il diritto di cambiare la Costituzione italiana, di fare una legge che ripete i vizi del Porcellum.
  È evidente che siamo di fronte ad un momento storico particolare, siamo un Parlamento politicamente illegittimo, che cerca di far dimenticare la sua origine avventurandosi in una partita superiore a Pag. 39quanto gli è consentito. Noi oggi eludiamo le criticità evidenziate dalla Corte costituzionale perché riproponiamo, per esempio, il premio di maggioranza senza soglia. Non ci si obietti che una soglia è prevista per il primo turno (chi raggiunge il 40 per cento otterrebbe il premio di maggioranza, o meglio otterrebbe un premio e poi vediamo se è di maggioranza), perché poiché il 40 per cento, in questo contesto storico, non è sostanzialmente raggiungibile, è evidente che l'attenzione va al ballottaggio, dove non è prevista né una soglia minima per la validità della consultazione, dell'elezione, né è prevista una soglia minima per la validità del risultato. Quindi, in buona sostanza, stiamo mantenendo in piedi, nel sistema, i vizi che la Corte costituzionale aveva riscontrato nel cosiddetto Porcellum.
  Ma andiamo alla prima ipotesi, all'ipotesi in cui qualcuno raggiungesse il 40 per cento. Ora, il 40 per cento di 618 a quanto ammonta ? Il 40 per cento ammonta a 247 deputati, e noi a questa minoranza assicuriamo per legge un premio di 93 deputati, per arrivare appunto a 340, come la legge stabilisce, con il paradosso che se una lista raggiungesse il 50 per cento, più un solo deputato, e quindi raggiungesse la maggioranza assoluta, avrebbe con il proporzionale 309 deputati e per raggiungere la soglia di 340 gli diamo un misero premio poiché è cresciuta nel consenso popolare di 31 seggi. C’è un paradosso nel paradosso. Ora, ho ascoltato le audizioni e nessuno ha affrontato seriamente – o meglio niente affatto – la dimensione sproporzionata e quindi la alterazione sproporzionata del principio di rappresentanza. Si tratta ben del 15 per cento – badate bene – 93 deputati che verrebbero assegnati in più a coloro i quali con il sistema proporzionale avrebbero diritto appena a 247 deputati. Ora, qualcuno potrebbe dire «ma questo è stato già fatto in precedenza, è stato già fatto in altre epoche». Voglio ricordare che la legge Acerbo, a cui tanto ci riferiamo, prevedeva una soglia minima almeno del 25 per cento e attribuiva i due terzi dei seggi attribuibili nella Camera.
  Ora, se noi esaminiamo quale sarà il risultato effettivo di questa nuova legge elettorale non dobbiamo scrutare la sfera di cristallo. Dobbiamo guardare qui, in quest'Aula, perché noi già oggi stiamo sperimentando un Parlamento in cui le forze politiche non hanno una rappresentanza adeguata ai voti che hanno avuto. Noi lo stiamo già facendo e stiamo sperimentando anche un'altra cosa, stiamo rispolverando quanto è fragile la nostra Costituzione. Ci hanno insegnato che lo Statuto Albertino era uno statuto flessibile perché si poteva cambiare con una legge ordinaria, mentre la nostra legge costituzionale, la nostra Carta costituzionale, è una legge rigida, perché per essere cambiata ha bisogno di una particolare procedura: il doppio passaggio e una maggioranza qualificata, per evitare addirittura il referendum, e comunque, qualora non fosse raggiunta la maggioranza dei due terzi, si potrebbe andare al referendum.
  Allora, io sono stato educato a questa teoria. Ma questa esperienza in questi anni mi ha fatto capire che la nostra Costituzione non è affatto una Costituzione rigida, quando hai al governo un gruppo di infedeli, di traditori della Costituzione, perché l'articolo 138 della Costituzione ha una rubrica: «Revisione della Costituzione», cioè secondo l'articolo 138 della Costituzione, e secondo quello che si deduce dal dibattito nell'Assemblea costituente, la Costituzione può essere cambiata, sì, e lo è stata anche parecchie volte nel passato, prima che arrivassimo al suo sovvertimento negli ultimi anni.
  Ma si può cambiare soltanto mettendo mano con un bisturi a poche norme e, comunque, non a tutte quante insieme. Infatti, come si fa a fare un referendum per esempio come si è fatto sulla modifica di un intero titolo ? O, in questo caso, come si potrà fare un referendum sulla modifica di ben quaranta articoli della Costituzione italiana ? Come si potrà fare questo ? Quaranta articoli. Il cittadino potrebbe essere favorevole ad una modifica; potrebbe essere contrario ad un'altra modifica. E, alla fine, come vota ? Quindi, revisione della Costituzione, non riscrittura Pag. 40di una nuova Costituzione. Riscrittura. Ho già detto in un'altra occasione che quando portiamo l'autovettura alla revisione, ti danno indietro la stessa autovettura dopo che la revisione è stata fatta e non ti danno una nuova vettura in cui hanno cambiato il motore, in cui hanno cambiato la carrozzeria, in cui hanno cambiato le parti meccaniche ed elettriche come si fa quando si mette mano a ben quaranta articoli della Costituzione italiana.
  Ma non è che bisogna fare riferimento soltanto all'intitolazione dell'articolo 138; basta leggersi tutti gli atti della Costituente su questo punto e la giurisprudenza che è stata prodotta in questi anni, anche e soprattutto in materia di referendum. Molto spesso i referendum non vengono ammessi perché il cittadino non viene messo in condizione di capire il quesito. Una cosa è dire se sei favorevole al divorzio o meno, allo scioglimento degli effetti civili del matrimonio o meno; una cosa è dire se sei favorevole ad una riforma dell'intero codice civile nella parte in cui parla del diritto di famiglia. Quindi, questo Parlamento, formalmente legittimo, ma politicamente illegittimo, si è avventurato a cambiare la Costituzione da un lato e, di conseguenza, anche la legge elettorale, con una procedura ben strana. Come ho già detto in un'altra occasione, stiamo facendo prima la legge elettorale e, poi, dopo, eventualmente, faremo la riforma costituzionale. Ho fatto un esempio l'altro giorno: non ho mai visto un architetto che fa prima le scale e poi dopo si inventa il palazzo intorno alle scale. Noi stiamo procedendo esattamente in questa maniera.
  Questo sistema è un sistema elettorale che, nel combinato disposto con la riforma costituzionale, ci sta portando verso una sorta di regime perché, come ho già detto, i tempi sono mutati. Non abbiamo il senso dello Stato che avevamo anni fa, come evidenzierò dopo leggendo qualche passo delle dichiarazioni dei nostri costituenti. Non c’è più quella cultura, quel senso di responsabilità perché sono passati vent'anni da quando si è messo in moto un processo di mutazione culturale che ci ha portato a questo stato di cose. Badate, Renzi non è stato portato dalla cicogna; Renzi è figlio legittimo di questi anni, della cultura che in questi anni è stata profusa a grandi mani. Mi pare che l'ha già detto qualche collega, ma io amo ripeterlo sempre: si è scavato in profondità nella cultura democratica dell'Italia. Si è cominciato dai comuni. Ad un certo punto, ci si è innamorati del sindaco eletto dal popolo. E che cosa si è fatto nei consigli comunali ? Si è nominato un sindaco eletto dal popolo e si è nel frattempo ridimensionata la rappresentanza del consiglio comunale. Si sono ristretti i consigli comunali.
  Io quest'anno celebro quarantanove anni di elezioni. Sono stato eletto la prima volta nel 1966 nel mio «comunello» (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Mi dispiace, ma ho l'età, questo è chiaro.

  PRESIDENTE. Colleghi (Commenti del deputato Sibilia). Collega Sibilia, per favore.

  ARCANGELO SANNICANDRO. Sono stato sempre eletto.

  PRESIDENTE. Colleghi, per favore. Prego, vada avanti.

  ARCANGELO SANNICANDRO. Auguro anche a voi...

  PRESIDENTE. Si rivolga alla Presidenza, Sannicandro, altrimenti qui diventa...

  ARCANGELO SANNICANDRO. ... auguro anche a loro, attraverso lei, di mantenere sempre viva una professione (Commenti)...

  PRESIDENTE. Colleghi...

  ARCANGELO SANNICANDRO. ...e anche di potersi dedicare all'esercizio delle virtù civili e, cioè, di partecipare alla vita politica.Pag. 41
  Quando sono stato eletto, eravamo trenta consiglieri in un «comunello» di 15 mila abitanti e il sindaco era sottoposto effettivamente al controllo del consiglio comunale, perché il sindaco veniva eletto dal consiglio comunale: e se il consiglio comunale si era sbagliato, il sindaco lo mandava a casa e ne eleggeva un altro. E ha funzionato. Al di là di tutta la retorica sulle crisi, eccetera, la verità è che l'Italia uscita dalle macerie morali e materiali – quell'Italia – ha saputo assicurare un percorso per cui siamo diventati la settima, la quinta, la sesta potenza mondiale. Non ce lo dimentichiamo.
  Ad un certo punto, bisogna cambiare sistema: venne fuori la moda dell'innovazione e, in materia elettorale municipale, si sono fatte parecchie manomissioni. Alla fine dove si è arrivati ? Si è arrivati ad una situazione per cui, in un comune, normalmente, soprattutto sotto i 15 mila abitanti – come sono la maggior parte dei comuni italiani –, comanda l'esecutivo e non più il più consiglio comunale, perché il sindaco, eletto dal popolo, ha il potere di mandare a casa il consiglio comunale; non solo, ma ciò con leggi elettorali illiberali, presidenziali, per cui il sindaco che vince ha per legge la maggioranza assoluta nel consiglio comunale.
  È esperienza di tutti i giorni. Cito esperienze vicino alla mia terra. Quattro liste: una prende il 28 per cento, l'altra prende il 26 per cento, l'altra prende il 25 per cento, l'altra prende il 18 per cento. Risultato ? Quella che prende il 28 per cento dei voti prende i due terzi del consiglio comunale, per cui abbiamo al governo la lista di minoranza più consistente, cioè quella che ha preso il 28 per cento – a me è successo, ecco perché lo sto riportando –, mentre la popolazione, al 72 per cento, sta all'opposizione ed ha un numero di consiglieri di gran lunga inferiore.
  Questo, ovviamente, è il primo aspetto del problema, perché da qui, poi, nasce la prevaricazione più completa, non soltanto per il principio che il consiglio può essere «licenziato» e andare a casa, ma anche perché la dimensione dell'esecutivo è stata aumentata con quella legislazione, per cui, praticamente, la maggioranza dei consiglieri ricopre un incarico, diretto o indiretto, relativamente all'amministrazione comunale. E non abbiamo il tempo di esaminare – ma va studiato – come questa sia stata una delle cause dell'aumento della corruzione.
  Io ho sempre detto che se scoppia una nuova Tangentopoli, quella del 1992 impallidirà, sarà una cosa di poco conto rispetto alle dimensioni di quella che potrebbe scoppiare, perché, nel frattempo, non soltanto è stata eliminata la presenza cospicua dei consiglieri di minoranza, che rappresentavano delle sentinelle in consiglio comunale, ma sono stati eliminati i Comitati regionali di controllo sugli atti degli enti locali, che erano uno strumento di prevenzione, che esercitavano, appunto, un controllo di legittimità. Non soltanto è stato sbaraccato, distrutto, tutto questo, ma, poi, si è reso difficile da parte dei consiglieri comunali accedere, eventualmente, alla giustizia per far valere le proprie condizioni: perché, oggi, se un consigliere comunale avverte, scopre, ritiene che un atto sia non penalmente illegittimo, ma amministrativamente illegittimo, non ha un santo a cui rivolgersi.
  E se si rivolgesse al TAR, ad esempio per un appalto ritenuto irregolarmente affidato, si deve sapere che dovrebbe pagare un contributo unificato che è di 6 mila euro per una causa del valore di un milione di euro. Queste sono le condizioni in cui la democrazia si è ridotta. Quindi hanno lavorato strenuamente a livello locale. Poi il meccanismo, il modello è stato esteso alle province, a quelle che furono le province. Oggi abbiamo quella cosa mostruosa che tutti sanno e poi lo stesso modello è stato esteso alle regioni. Ripeto: alle regioni. I governatori si pavoneggiano con un nome che non gli compete: governatori.
  Era quindi evidente che doveva arrivare anche il momento in cui qualcuno pensasse che il tempo fosse maturo per arrivare ad un presidenzialismo almeno di fatto. E la riforma elettorale che noi stiamo facendo, anzi che state facendo, è Pag. 42una legge che introduce, come ha sostenuto in Commissione il consigliere giuridico di questo Governo, ad un presidenzialismo di fatto. Stiamo arrivando ad un presidenzialismo di fatto. Anche questo è un grave vizio di costituzionalità perché non è che non si può fare il presidenzialismo ma lo si deve fare modificando la Costituzione italiana e non la può modificare un Parlamento di nominati o meglio – scusate, quello è un altro problema – un Parlamento che è stato eletto sulla base di una legge elettorale dichiarata incostituzionale. Quindi, come al solito, con furbizia tutta italiota, noi instauriamo un presidenzialismo di fatto senza enunciarlo. Perché non lo enunciamo ? Perché se si avesse il coraggio di parlare di presidenzialismo qualcuno direbbe: scusate, ma nel presidenzialismo i contrappesi normali dove stanno ? Dunque questa parola non va nominata, non va evocata perché in un sistema presidenziale è evidente che se tu dai un forte potere al Presidente ci vuole per riequilibrarlo, perché non si esalti perlomeno, un contrappeso. Il presidenzialismo massimo è quello americano, lo sappiamo, è inutile ripeterci: c’è un Presidente degli Stati Uniti che viene eletto separatamente dal Congresso, in particolare dal Senato americano, e se il Presidente degli Stati Uniti non corrisponde politicamente alla maggioranza dei rappresentanti del Congresso oppure del Senato deve democraticamente convenire con gli altri perché non è un'aberrazione mettersi d'accordo con gli altri quando tu non hai la forza per fare da solo. Quindi il sistema classico del presidenzialismo è quello. Invece no, con furbizia tutta italiana, noi escogitiamo un sistema per cui il Capo del Governo domani avrà tutti i poteri, mettendo insieme quello che dice la Costituzione e quello che dice la legge elettorale senza che nessuno lo possa contrastare. Ma si dirà: abbiamo la Corte costituzionale, abbiamo strumenti di garanzia come il Presidente della Repubblica ma, con questo sistema costituzionale che abbiamo già varato in prima lettura, sono figure fortemente condizionate dal Capo del Governo che potrà tranquillamente, come si dice, incidere sulla nascita di questi istituti ma...

  PRESIDENTE. La prego di concludere.

  ARCANGELO SANNICANDRO. Siamo già arrivati ?

  PRESIDENTE. Sono passati ventinove minuti. Ha un minuto.

  ARCANGELO SANNICANDRO. Concludo velocemente leggendovi soltanto quanto veniva detto dal Presidente Mattarella quando fu varata la riforma costituzionale da parte di Berlusconi e la conseguente legge elettorale: «Signor Presidente – diceva Sergio Mattarella – tra la metà del 1946 e la fine del 1947 in quest'Aula si è esaminata, predisposta ed approvata la Costituzione della Repubblica. Con l'attuale Costituzione che vige dal 1948 l'Italia è cresciuta nella sua democrazia anzitutto e nella sua vita civile, sociale ed economica.
  In quell'epoca, vi erano forti contrasti, anche in quest'Aula. Nell'aprile del 1947 si era formato il primo Governo attorno alla Democrazia Cristiana, con il Partito Comunista e quello Socialista all'opposizione. Vi erano contrasti molto forti, contrapposizioni che riguardavano la visione della società, la collocazione internazionale del nostro Paese. Vi erano serie questioni di contrasto, un confronto acceso e polemiche molto forti. Eppure, maggioranza e opposizione, insieme, hanno approvato allora la Costituzione. Al banco del Governo, quando si trattava di esaminare provvedimenti ordinari o parlare di politica e di confronto tra maggioranza opposizione, sedevano De Gasperi e i suoi ministri. Ma quando quest'Aula si occupava della Costituzione, esaminandone il testo, al banco del Governo sedeva la Commissione dei 75, composta da maggioranza e opposizione.»

  PRESIDENTE. Collega, deve concludere.

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  ARCANGELO SANNICANDRO. Ho concluso, mi faccia arrivare al punto. «Il Governo di allora, il Governo De Gasperi, non sedeva ai banchi del Governo, per sottolineare la distinzione tra le due dimensioni: quella del confronto tra maggioranza e opposizione e quella che riguarda le regole della Costituzione». Noi non siamo stati capaci di fare tanto, quindi auspichiamo che, sia pure in extremis, qualcuno intervenga a fermare questa deriva (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologica Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il collega D'Ambrosio. Ne ha facoltà.

  GIUSEPPE D'AMBROSIO. Grazie Presidente, non posso che prendere la parola con il sorriso sulle labbra, perché mi ha preceduto il collega Sannicandro di SEL ed effettivamente ha utilizzato argomentazioni che stiamo utilizzando, noi del Movimento 5 Stelle, dall'inizio della legislatura. Però, verrebbe da dire peccato che, se quelle argomentazioni portassero ad una coerenza, probabilmente dovrebbero dimettersi tutti, perché SEL non ci sarebbe nemmeno in questo Parlamento senza il Porcellum (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Sarebbe divertente la cosa, vedere loro battersi contro questa legge elettorale fuori dal Parlamento.

  ARCANGELO SANNICANDRO. Fatti i conti !

  PRESIDENTE. Collega Sannicandro, per favore.

  GIUSEPPE D'AMBROSIO. Collega Sannicandro, anche perché sto dicendo che sono d'accordo con lei...

  PRESIDENTE. Si rivolga alla Presidenza, onorevole D'Ambrosio.

  GIUSEPPE D'AMBROSIO. Sì, Presidente, tramite la Presidenza, anche perché con 49 anni di carriera oramai penso che il livello pensionistico sia stato già raggiunto, a differenza di qualcuno che per la legge Fornero non riesce nemmeno ad andare in pensione; quindi, magari, la prossima volta può tranquillamente lasciare spazio a qualche giovane.
  Dicevo, Presidente, stiamo parlando della legge elettorale e, quindi, vi è difficoltà a capire se in questa discussione dobbiamo parlare del merito della legge o valutarne gli effetti. Allora cercherò di partire dalla fine, cioè dagli effetti.
  Questo Governo – mi riferirò al Governo tramite lei, Presidente – chiede la fiducia sull'Italicum e, al netto della bagarre che ieri c’è stata alla Camera (e si può condividere o meno, visto che stiamo parlando di una legge che è la porta della democrazia italiana), avrete sentito due o trecento volte a che partito apparteneva l'autore del precedente più illustre di questo modus operandi, qualcosa con cui comunque questo Governo e questa maggioranza dovranno fare i conti.
  Voglio spiegare a qualche Ministro e anche sottosegretario che Acerbo – magari così facciamo anche un po’ d'insegnamento, visto che qualcuno probabilmente non se ne rende nemmeno conto – non è il nome di un nuovo frullato proteico in vendita all'Expo, visto che comunque all'Expo, che dovrebbe essere la vetrina italiana, ricordo che avremo comunque Coca-Cola e McDonald's, alla faccia dell'esposizione e dell'eccellenza italiane. E la «legge truffa» di Scelba non è un nuovo sistemone da ricevitoria. Uso questa arma dell'ironia per dire che non si può prescindere da questi precedenti che nel metodo e nel merito, quando si analizza una legge in corso di approvazione e si capisce quello che è successo, determinano comunque già un giudizio.
  Cosa è successo in quelle due occasioni e cosa non è successo dopo ? Cosa poteva accadere e cosa dobbiamo imparare perché questo non accada mai più ? Ci deve essere un motivo almeno per riflettere rispetto a quello che allora è accaduto.
  Non sono mancati mai in quest'Aula, Presidente, in questa e nelle precedenti legislature, i sostenitori delle concessionarie delle slot machine e del gioco d'azzardo, Pag. 44ad esempio, eppure molti dei vostri predecessori e dei vostri colleghi di partito qui presenti, anche da più di una legislatura, non si sono mai azzardati ad utilizzare questo strumento. La fiducia sulle regole del gioco, che loro magari conoscono molto bene e che valgono per tutti, anche quando si cambia, non si fa semplicemente con la maggioranza in Parlamento, perché la maggioranza in Parlamento non rappresenta la maggioranza del Paese.
  Forse, Presidente, questi marinai di lungo corso con, mi verrebbe da dire, la lungimiranza, Presidente, della tribù dei ladylike, visto che oramai vanno di moda, hanno capito che una cosa se non è utile e giusta in termini assoluti è conveniente se si è al Governo e non è conveniente, invece, se si è all'opposizione; e se il consenso è un valore volatile, se oggi c’è e magari domani non c’è, allora, forse, non sarà conveniente e nemmeno utile trovarsi dall'altra parte del coltello che oggi si tiene per il manico. Soprattutto, mi rivolgo a quei deputati che non sono qui perché in quota corrente – diciamo così – renziana e vorrei ricordare come sono arrivati la maggior parte di questi parlamentari che prima di entrare qui dentro si professavano tutti Bersaniani e, quindi, tutti facenti parte praticamente di quella che adesso viene definita «minoranza PD»: sono partiti da 120, sono diventati 70 ed oggi alla fiducia sono diventati 20, sembra davvero, Presidente, che ne resterà soltanto uno, chissà, forse.
  Soprattutto parlo, Presidente, per quei deputati che hanno un nome, una storia da difendere, una storia personale, indipendentemente da quella del partito. Che vi piaccia o no – a loro mi rivolgo, Presidente – voi siete dei giocatori, in questo momento, sul campo della politica e vi state facendo da soli le regole del gioco, disprezzando chi è con voi su questo campo, chi vi gioca contro, gente che come voi – lo ripeto, che come voi – è stata votata ed è stata portata qui dai cittadini. Per questo, siccome non sopportate chi gioca magari con altre squadre, cosa fate ? Vi togliete la maglietta della vostra squadra e vi mettete, lo devo dire Presidente, la divisa nera, quella che fino a qualche giorno fa detestavate. Per chiarirci, se i deputati del centrosinistra fossero quelle donne e quegli uomini che erano seduti in questi banchi per la commemorazione del Venticinque aprile, avrebbero odiato un solo tipo di divisa nera, quella dei fascisti, invece, evidentemente, questi deputati, no ! Le divise nere che detestate sono, probabilmente, Presidente, rimaste soltanto quelle degli arbitri e quelle delle tuniche dei magistrati.
  Vi danno fastidio coloro che vi dettano le regole del gioco, senza prendere parte al gioco, come dovrebbero fare tutti coloro che sono veramente imparziali, come tutti quelli che vogliono veramente far rispettare le leggi che devono valere per tutti. Lo possono fare perché non si candidano, perché non prendono parte al gioco politico, perché fischiano il fallo a chi realmente interviene a gamba tesa ed è giusto così, Presidente.
  Allora, visto che il Presidente Renzi ama tanto le metafore calcistiche, potremmo dire che ieri il Presidente del Consiglio ha fatto un fallo da ultimo uomo, si è tolto la maglia della sua squadra del cuore, si è messo la divisa nera da arbitro, ha fischiato la simulazione e ha espulso addirittura l'avversario sul quale lui aveva fatto fallo. E al moviolone del lunedì, cioè oggi, subito dopo il consueto appuntamento, logicamente sulle reti Mediaset, non sia mai sulle reti pubbliche, Renzi si sarebbe difeso dicendo: per me è simulazione, se volete toglietemi la licenza da arbitro.
  Per capire meglio, Presidente, voglio citare Enrico, un Enrico molto caro al Presidente Renzi, lo dico subito, non è Enrico Berlinguer; lo premetto per evitare un calo dell'attenzione in quest'Aula e fra i banchi del Governo, perché so quanto si annoi anche il nostro Presidente del Consiglio quando gli citano il valore di Enrico Berlinguer rispetto al suo. No, Presidente, sto citando Enrico Letta, il suo predecessore, se lo ricorda ? Penso se lo ricordi, era quello che doveva stare sereno. In una trasmissione televisiva il suo predecessore, Pag. 45Enrico Letta, il suo grande amico Letta – testuali parole del Presidente del Consiglio attuale – ha detto che ci sono due precedenti sul metodo dell'approvazione di una legge fondamentale di cambiamento per lo Stato italiano portate a casa a colpi di maggioranza e sono due clamorosi fallimenti, così li definisce Letta: uno è la riforma del Titolo V nel 2001 e l'altro è il Porcellum, fatti dal centrosinistra e dal centrodestra.
  Vorrei illustrare, a quello che spesso appare come un salone del soprammobile, caro Presidente, quello che vediamo ogni giorno fra i banchi del Governo, che la riforma del Titolo V del 2001, fatta dal centrosinistra, è stata un fallimento sotto tutti i punti di vista e proprio il Presidente del Consiglio Renzi ha proposto di riformarla. Non so adesso se questa riforma, Presidente, come la maggior parte delle sue riforme la farà via Twitter o utilizzando un'altra delle sue preziose metafore calcistiche. Sta di fatto che non avrà bisogno di un nuovo Giuliano Sarti per parare tutte le bordate che gli arriveranno dalla pericolosissima oramai – ne abbiamo preso atto, dopo la prima fiducia – minoranza del PD. La partita probabilmente sembrerà più un'amichevole estiva fra il Real Madrid e gli amici della bocciofila.
  Poi, Presidente, il secondo fallimento è il Porcellum, quello al quale il collega Sannicandro si riferiva. L'ha bocciato la Corte costituzionale, perché se stavamo ad aspettare questo Parlamento, probabilmente avremmo atteso inutilmente la settantacinquesima legislatura ancora con il Porcellum. Infatti, questa legge ignobile, l'Italicum ha pari rango rispetto al Porcellum. Non lo dice il MoVimento 5 Stelle ma lo dicono molti costituzionalisti, che adesso si stracciano le vesti, dopo avere visto realmente quello che Renzi sta facendo.
  Allora, Presidente, solo per mia curiosità personale, vorrei essere in questo momento un moscerino. Probabilmente lo sono, politicamente parlando, ma vorrei esserlo fisicamente, per entrare nello studio del Presidente della Repubblica, Mattarella, quando avvicinerà la penna al testo per aggiungere la firma in fondo. Vorrei vedere la sua espressione, la faccia che farà l'uomo che ha giustamente – giustamente ! – bocciato il Porcellum. Uno degli uomini che giustamente ha ridisegnato una legge elettorale, che ha fissato dei paletti, un recinto entro il quale era possibile avere le regole del gioco.
  Certo, il Parlamento avrebbe potuto modificare il Porcellum, prima – prima ! – o dopo la sentenza della Corte, è nelle sue prerogative. Anzi, avrebbe sicuramente dovuto anticipare la sentenza della Consulta per poter magari battere il pugno sul petto e in uno scatto d'orgoglio rivendicare la centralità del Parlamento.
  Qui, invece, c’è gente che parla di dignità del Partito Democratico, di chi ha proposto la legge, non di dignità del Parlamento. Allora, mi verrebbe da dire, Presidente: ma chi se ne frega della dignità del PD ! Siamo qui a fare la legge per la dignità di un partito o per la dignità del popolo italiano ? I vostri conti – e mi riferisco a voi del PD – regolateveli dentro casa vostra ! Non utilizzate le leggi di garanzia degli italiani per regolare i vostri conti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !
  Allora, Presidente, se fossi sempre quel moscerino di cui dicevo prima, vorrei cogliere l'esatto momento in cui, dopo aver firmato la legge, il nostro Presidente della Repubblica magari dirà: ma chi me l'ha fatto fare di farmi eleggere ? Chissà se gli verrà in mente.
  Per la cronaca, Presidente, ci siamo già accorti che la maggioranza ha sguinzagliato i suoi cani, i suoi segugi, fidi segugi oramai, quei giornalisti da riporto che stanno oggi dicendo che l'Italicum va bene soprattutto a noi del MoVimento 5 Stelle. Ho letto che state mandando in giro questi attacchini a propagandare le tesi che il MoVimento 5 Stelle ha tutta la convenienza di avere questa legge elettorale e che, quindi, deve andare ed andrà in soccorso addirittura a Renzi evitando di protestare.
  Allora, Presidente, noi siamo così d'accordo su questa legge elettorale che voi Pag. 46continuate ad espellerci dall'Aula; continuate a sospenderci per non avere problemi di numeri qui in Aula. Noi non stiamo protestando abbastanza ? Noi ci sgoliamo, ci sbracciamo, presentiamo emendamenti. Ne abbiamo presentati pochi, ci avete chiesto di segnalarli e li abbiamo segnalati: cosa dobbiamo fare di più ? Ci state sfidando a fare di più ? Perché, Presidente, se la sfida di questa maggioranza è sfidare il MoVimento 5 Stelle a fare di più, noi sappiamo già dove dobbiamo fare di più e dove stiamo facendo di più.
  Noi faremo di più sull'importantissima proposta fatta, che non è sicuramente quella della legge elettorale, non è sicuramente quella di sventolare una bandierina quando ci saranno le elezioni regionali, a noi non interessano questi capricci di Renzi, vostri, della maggioranza e questi vostri regolamenti elettorali. A noi, Presidente, ci sentirete molto forti, tremendamente forti quando in questa Aula arriverà il reddito di cittadinanza (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), quando in questa Aula arriveranno i diritti degli insegnanti, degli studenti che avete lasciato indietro, quando arriveranno le partite Iva, gli artigiani, gli operai, quando arriveranno i problemi veri dei cittadini, allora ci sentirete, allora vi dovrete organizzare per cacciarci fuori dall'Aula (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !
  Presidente, ci hanno bollato come fascisti, come sudditi di un leader, come novelli terminali, ce lo ricordiamo, di una nuova marcia su Roma. Addirittura, all'inizio eravamo il pericolo pubblico numero uno della democrazia, ma voi maggioranza avete sempre avuto tra le mani il destino degli italiani, voi avete sempre avuto sia la frusta che il bastone ! Avete sempre avuto l'occasione e la responsabilità, di cui vi riempite la bocca, per correggere in meglio la salute e la qualità della vita politica e della vita economica, culturale e sociale di tutti i cittadini.
  Allora, Presidente, noi marceremo, ma marceremo per il reddito di cittadinanza, chiedendo a gran voce, senza violenza, chiedendo verso questi cittadini carità, solidarietà, giustizia e difendendo i diritti anche alla rappresentanza in Parlamento di chi è voce di una minoranza, perché una legge si fa per chi non avrà mai i numeri per governare, mai i numeri per fare le leggi, queste sono le leggi che tutelano la democrazia ! Le leggi che tutelano la democrazia tutelano le minoranze, perché la maggioranza ha già i numeri.
  Voi, voi maggioranza, che in privato e in pubblico, dite addirittura di essere proporzionalisti puri e confezionate su questo ogni sorta di teoria su come dovrebbe venire fuori una legge elettorale, sappiate che ancora una volta siete stati mortificati, siete rimasti come dei semplici pigiabottone, la poltrona vi ha reso dei pigiabottone. L'arbitro ha detto: se non pigiate il bottone mi tolgo la maglietta da arbitro e andiamo tutti a casa !
  Le parole, Presidente, queste parole, probabilmente non si misurano col tempo, ma con lo spazio dato realmente a questa discussione. E allora, Presidente, vorrei concludere con un invito a tutte le forze politiche di venire con noi a consumarsi le suole in Umbria; venite a marciare con noi a fianco dei cittadini e per i cittadini e non per una legge elettorale ! Diamo realmente la priorità, ora che approverete questa porcata di nuovo Italicum, al reddito di cittadinanza ! Dimostrate realmente di essere dal lato dei cittadini, dimostrate semplicemente di non cantare ogni volta e di non celebrare morti soltanto italiani perché hanno perso un posto di lavoro – ci alziamo in piedi e facciamo un minuto di silenzio – quando il nostro dovere dovrebbe essere quello di non celebrarlo quel momento, perché i cittadini dovrebbero stare tutti bene e avere almeno un minimo di condizioni di dignità.
  Se questo appello, non viene accolto, Presidente, dalle altre forze politiche, come temo accadrà, faccio loro un augurio: per quanto mi riguarda e, probabilmente, per quanto riguarda il Movimento 5 Stelle, questi rappresentanti dei cittadini – e sono ironico – questi rappresentanti delle istituzioni italiane possono anche Pag. 47marcire sulle loro poltrone, per quanto ci riguarda ! Godetevela quella poltrona finché dura, deciderà il vostro leader Renzi se siete abbastanza fedeli eventualmente da avere ancora una poltrona alle prossime elezioni o semplicemente tornare a casa e, mi auguro per voi, nella stessa condizione disperata da rimpiangere il reddito di cittadinanza (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  ALESSANDRO DI BATTISTA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. La prego di attendere un attimo, visto che abbiamo terminato con l'illustrazione degli emendamenti e poi la farò intervenire al termine della seduta.

  ALESSANDRO DI BATTISTA. Va bene. Grazie Presidente.

  PRESIDENTE. Si sono così conclusi gli interventi per l'illustrazione degli emendamenti riferiti all'articolo 2, svolti ai sensi dell'articolo 116, comma 2, del Regolamento. Interrompiamo a questo punto l'esame del provvedimento, che riprenderà nella seduta di domani, a partire dalle ore 9, per lo svolgimento delle dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia posta sull'articolo 2.

Comunicazioni del Presidente ai sensi dell'articolo 123-bis, comma 1, del Regolamento.

  PRESIDENTE. Comunico, ai sensi del comma 1 dell'articolo 123-bis del Regolamento, la decisione in merito al seguente disegno di legge collegato alla manovra di finanza pubblica: «Legge annuale per il mercato e la concorrenza» (3012). Alla luce del parere espresso in data 28 aprile 2015 dalla V Commissione (Bilancio) ed esaminato il predetto disegno di legge, la Presidenza comunica che lo stesso non reca disposizioni estranee al suo oggetto, come definito dall'articolo 123-bis, comma 1, del Regolamento.

Modifica nella composizione di gruppi parlamentari.

  PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data odierna, il deputato Toni Matarrelli, già iscritto al gruppo parlamentare Sinistra Ecologia Libertà, ha dichiarato di aderire al gruppo parlamentare Misto, cui risulta pertanto iscritto.

Modifica nella composizione della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

  PRESIDENTE. Comunico che la Presidente della Camera ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare per le questioni regionali la deputata Azzurra Cancelleri in sostituzione del deputato Luigi Gallo, dimissionario.

Sull'ordine dei lavori (ore 18,18).

  ALESSANDRO DI BATTISTA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ALESSANDRO DI BATTISTA. Signor Presidente, ultimamente si assiste ad un fenomeno strano, che forse era frequente durante gli anni della DC o dello strapotere berlusconiano: molte persone, soprattutto qui, colleghi, provano a smarcarsi dal PD pur facendone parte. Tu gli domandi: ma tu sei del PD ? La risposta, straordinaria, è: dipende. Come dipende ? Sì, se è sugli F35 la penso come Civati, quindi non sono come il PD di Renzi. Oppure, se è sulla legge elettorale, dipende, io non la penso come Renzi, o, sto dalla parte di Bersani. Se è sullo «sfascia Italia» io sono contro le trivellazioni, quindi non sono del tutto del PD. Cioè, non esiste il «dipende», se sei nel sistema, sei parte del sistema – lo dico a un'Aula vuota – se sei nel PD, sei parte del PD. Anzi, Presidente, penso che Pag. 48i Cuperlo, i Civati, i Bersani siano maggiormente responsabili dello sfascio del Paese, anche dello stesso Renzi, perché quando potevano opporsi non si sono opposti. Potevano rifiutare quella vile e dittatoriale rimozione dalla Commissione affari costituzionali, invece sono stati zitti, l'hanno accettata supinamente perché probabilmente gli interessa più belare, Presidente, come pecore, forse in qualche TV...

  PRESIDENTE. Si rivolga con rispetto ai suoi colleghi.

  ALESSANDRO DI BATTISTA. ...ah, pensavo rispetto alle pecore.

  PRESIDENTE. Collega, si avvii alla conclusione.

  ALESSANDRO DI BATTISTA. ...belare in televisione, è un verbo, semplicemente per continuare a spartirsi poi fette di potere e di territorio perché questi partiti sono come le banche, lo diceva bene qualche giorno fa Roberto Fico, banche attraverso le quali continuare a utilizzare il nostro denaro, cioè denaro pubblico, e poter trovare un posto di lavoro. Questi sono i colleghi del PD. Ripeto, Presidente, e concludo: se sei nel PD, non sei un dissidente, minoranza. Se sei nel PD, sei parte del PD. Se sei nel sistema, sei parte del sistema.

  ARCANGELO SANNICANDRO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà, per due minuti.

  ARCANGELO SANNICANDRO. Signor Presidente, volevo soltanto immortalare nel resoconto stenografico il nome dei dieci crumiri che hanno sostituito i dieci del PD alla Commissione affari costituzionali, perché ne resti imperitura memoria: Paola Bragantini, Stefania Covello, Edoardo Patriarca, Stella Bianchi, Maria Chiara Gadda, Giampaolo Galli, David Ermini, Alessia Morani, Alfredo Bazoli e Ileana Piazzoni, così tutti nella storia domani potranno sapere chi sono (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Sì, però eviterei di utilizzare appellativi come «crumiri».

Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Giovedì 30 aprile 2015, alle 9:

  Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:
   D'INIZIATIVA POPOLARE; CIRIELLI; PISICCHIO; BERSANI ed altri; FRANCESCO SAVERIO ROMANO; MIGLIORE ed altri; LENZI; ZAMPA e MARZANO; ZAMPA e GHIZZONI; MARTELLA; FRANCESCO SANNA; BOBBA ed altri; GIACHETTI ed altri; GIORGIA MELONI ed altri; RIGONI ed altri; RIGONI ed altri; NICOLETTI ed altri; MARTELLA ed altri; VARGIU; BURTONE ed altri; BALDUZZI ed altri; LAFFRANCO ed altri; VARGIU; TONINELLI ed altri; PORTA ed altri; ZACCAGNINI ed altri; VALIANTE ed altri; LAURICELLA; MICHELE BORDO; MARCO MELONI ed altri; DI BATTISTA ed altri: Disposizioni in materia di elezione della Camera dei deputati (Approvate, in un testo unificato, dalla Camera e modificate dal Senato). (C. 3-35-182-358-551-632-718-746-747-749-876-894-932-998-1025-1026-1116-1143-1401-1452-1453-1511-1514-1657-1704-1794-1914-1946-1947-1977-2038-bis-B).
  — Relatori: Sisto e Migliore, per la maggioranza; Toninelli, Quaranta, Invernizzi e La Russa, di minoranza.

  La seduta termina alle 18,20.