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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 407 di lunedì 13 aprile 2015

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI

  La seduta comincia alle 11,30.

  EDMONDO CIRIELLI, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 10 aprile 2015.

  PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Amici, Baldelli, Bellanova, Stella Bianchi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Bratti, Bressa, Brunetta, Caparini, Casero, Castiglione, Costa, D'Alia, Dadone, Dambruoso, Damiano, De Micheli, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Fedriga, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Fraccaro, Franceschini, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Lorenzin, Lotti, Madia, Manciulli, Mannino, Merlo, Orlando, Palma, Pes, Pisicchio, Pistelli, Polverini, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Domenico Rossi, Rostan, Rughetti, Sani, Scalfarotto, Scotto, Sisto, Speranza, Tabacci, Valeria Valente, Velo, Vignali, Vignaroli, Zanetti e Zolezzi, sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente settantaquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

  Saluto gli alunni e i docenti degli istituti comprensivi «Sestini», «Montale» e «Bonaccorso» (Pistoia), e dell'Istituto comprensivo statale di Palombara Sabina (Roma) che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune. Grazie (Applausi).

Trasmissione del Documento di economia e finanza 2015 e sua assegnazione alla V Commissione.

  PRESIDENTE. Il Presidente del Consiglio dei ministri, con lettera in data 10 aprile 2015, ha trasmesso, ai sensi degli articoli 7, comma 2, lettera a), e 10 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni, il Documento di economia e finanza 2015. Alla sezione II del Documento è allegata la nota metodologica sui criteri di formulazione delle previsioni tendenziali, di cui all'articolo 10, comma 4, della legge n. 196 del 2009. Al Documento sono, altresì, allegati: il rapporto sullo stato di attuazione della riforma della contabilità e finanza pubblica, di cui all'articolo 3 della legge n. 196 del 2009 (Allegato I); il documento sulle spese dello Stato nelle regioni e nelle province autonome, di cui al comma 10 dell'articolo 10 della legge n. 196 del 2009 (Allegato II); la relazione sullo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra, di cui al comma 9 dell'articolo 10 della legge n. 196 del 2009 Pag. 2(Allegato III); la relazione sui fabbisogni annuali di beni e servizi della pubblica amministrazione e sui risparmi conseguiti con il sistema delle convenzioni Consip, di cui all'articolo 2, comma 576, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Allegato IV); la relazione sugli interventi nelle aree sottoutilizzate, di cui al comma 7 dell'articolo 10 della legge n. 196 del 2009 (Allegato V); il programma delle infrastrutture strategiche, predisposto ai sensi dell'articolo 1 della legge 21 dicembre 2001, n. 443, di cui al comma 8 dell'articolo 10 della legge n. 196 del 2009 (Allegato VI).
  Il Documento è assegnato, ai sensi dell'articolo 118-bis, comma 1, del Regolamento, alla Commissione V (Bilancio) nonché, per il parere, a tutte le altre Commissioni permanenti e alla Commissione parlamentare per le questioni regionali.
  Ricordo che il calendario dei lavori dell'Assemblea prevede che la discussione del Documento in Aula abbia luogo nella giornata di giovedì 23 aprile. Le Commissioni di settore dovranno pertanto concluderne l'esame in sede consultiva entro martedì 21 aprile; la V Commissione (Bilancio) dovrà concludere l'esame in sede referente entro mercoledì 22 aprile.

Annunzio delle dimissioni di un Viceministro e della nomina di un sottosegretario di Stato.

  PRESIDENTE. Comunico che il Presidente del Consiglio dei ministri ha inviato, in data 10 aprile 2015, la seguente lettera:
  «Onorevole Presidente, cara Laura, informo la S.V. che il Presidente della Repubblica, con proprio decreto in data odierna, adottato su mia proposta, ha accettato le dimissioni dalla carica di Viceministro al Ministero dello sviluppo economico rassegnate dal professor Claudio De Vincenti e, con ulteriore proprio decreto, adottato su mia proposta, sentito il Consiglio dei ministri, ha nominato il medesimo professor Claudio De Vincenti sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con le funzioni di segretario del Consiglio medesimo, cessando dalla carica di sottosegretario di Stato allo Sviluppo economico.
Firmato: Matteo Renzi».

Discussione della proposta di legge: Beni ed altri: Istituzione della Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'immigrazione (A.C. 1803-A) (ore 11,37).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge Beni ed altri n. 1803-A: Istituzione della Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'immigrazione.
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali – A.C. 1803-A)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari del MoVimento 5 Stelle e del Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
  Avverto, altresì, che la I Commissione (Affari costituzionali) si intende autorizzata a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire il relatore, onorevole Famiglietti.

  LUIGI FAMIGLIETTI, Relatore. Grazie Presidente. La proposta di legge in esame, composta da tre articoli, prevede l'istituzione della Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'immigrazione, individuandola nella giornata del 3 ottobre.
  La Commissione ha iniziato l'esame del provvedimento nella seduta del 24 settembre 2014. Nella seduta del 19 novembre 2014 la Commissione ha approvato l'unica proposta emendativa presentata, ossia l'emendamento Cozzolino 2.1. Sul testo, come risultante dall'esame dell'emendamento Pag. 3citato, sono pervenuti i pareri favorevoli delle Commissioni V, VII e XII.
  Con la istituzione di una data di ricorrenza si intende conservare e rinnovare la memoria di quanti hanno perso la vita nel tentativo di emigrare verso il nostro Paese per sfuggire alle guerre, alle persecuzioni e alla miseria.
  È stata scelta la data del 3 ottobre in ricordo del naufragio del 3 ottobre 2013 a Lampedusa, in cui morirono 366 migranti.
  È specificato che tale giornata non determina gli effetti civili di cui alla legge n. 260 del 1949.
  Nell'ambito di tale ricorrenza, all'articolo 2, viene previsto lo svolgimento di cerimonie, iniziative, incontri, volti a sensibilizzare l'opinione pubblica alla solidarietà, al rispetto della dignità umana, all'integrazione e all'accoglienza. In particolare, a seguito dell'approvazione dell'emendamento Cozzolino 2.1, è stato previsto che l'organizzazione di specifiche iniziative nelle scuole di ogni ordine e grado sia promossa dalle istituzioni della Repubblica e non più, come originariamente stabilito, esclusivamente dal Ministro per l'integrazione, dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca; mentre l'articolo 3 stabilisce che dall'attuazione della proposta in esame non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
  A mio avviso vi erano tutti i presupposti perché tale proposta si potesse approvare in sede legislativa, ma l'approdo in Aula ci consente di affrontare con piena partecipazione dell'intero ramo del Parlamento l'esame di questa proposta.
  Quel tragico naufragio è stato, forse, l'episodio più grave in termini di perdita di vite umane, ma purtroppo non è l'unica strage di migranti che si è verificata nel Canale di Sicilia e che purtroppo continuano a verificarsi anche in queste ore. In questi anni, oltre ventimila persone, per quello che ci è dato sapere, hanno già perso la vita e quel tratto di tratto di mare è diventato un cimitero di vite umane.
  Il mar Mediterraneo, culla della civiltà, degli scambi, delle conquiste, ci testimonia le difficoltà di questo tempo, della necessità di non dimenticare tragedie per prevenirle e per far si che tutti gli attori si assumano la responsabilità di non abbandonare queste vite umane.
  Lo scorso febbraio si è verificata una tragedia simile a quella del 3 ottobre 2013. Oltre trecento sono state anche in questo caso le vittime, vittime costrette a partire con il cattivo tempo andando incontro sicuramente alla morte.
  Mi sia consentito in questo intervento ricordare anche i nostri operatori della Marina militare, della Guardia costiera, della Finanza, dei carabinieri, della Polizia e di quanti a partire dall'operazione Mare Nostrum hanno lavorato per salvare tante vite umane. Bisogna evidenziare, purtroppo, come l'Europa, che ora è responsabile di Triton, per quanto riguarda il pattugliamento del Mediterraneo abbia avuto riflessi lenti nel comprendere la drammaticità di un esodo condizionato spesso da criminali senza scrupoli.
  Questa proposta di legge vuole offrire al nostro quadro legislativo uno strumento di memoria e di coscienza. Ricordare uomini, donne, bambini di cui non sappiamo il nome, di cui non conosciamo il passato, ma di cui sappiamo che quel loro viaggio doveva consegnarli ad un futuro migliore ed, invece, hanno trovato la morte.
  Ma è anche un modo per ricollegarci alle tragedie della nostra emigrazione, perché non dobbiamo dimenticare che il nostro Paese è stato segnato da fenomeni migratori di massa e da tragedie che hanno colpito in terra straniera la nostra gente. Oltre a Marcinelle, voglio ricordare il disastro di Monongah, avvenuto il 6 dicembre 1907 nella miniera di Monongah (West Virginia), il più grave disastro minerario della storia degli Stati Uniti in cui persero la vita 171 italiani, ma le vittime potrebbero essere state molte di più. Erano molisani, abruzzesi, campani, calabresi, lucani. Così come ricordo il disastro minerario di Dawson, in cui su 263 vittime 146 erano nostri connazionali. E così anche i 59 morti della costruenda diga svizzera di Mattmark. Senza dimenticare anche chi è morto per il semplice fatto di Pag. 4essere italiano, come i lavoratori nelle saline di Aigues Mortes massacrati in una rivolta da francesi perché accusati di rubare lavoro.
  Non bisogna dimenticare poi i tanti migranti italiani che dopo la Seconda guerra mondiale tentavano di entrare clandestinamente in Francia sottoponendo se stessi, le loro donne e i loro bambini a pesantissimi rischi per la loro incolumità e per la vita stessa. Si trattava, infatti, spesso di superare i valichi alpini senza attrezzatura, senza conoscenza della montagna e delle difficoltà che presenta, malnutriti, mal equipaggiati, con carichi pesanti.
  Nel 1948 il comune di Giaglione in Val di Susa chiese aiuto alla prefettura di Torino, non avendo più risorse, per dare sepoltura ai clandestini italiani. Ogni notte più di cento emigranti italiani clandestini cercavano di oltrepassare il confine in quella zona e si contavano un minimo di due morti al mese.
  L'emigrazione clandestina degli italiani nel secondo dopoguerra è stata descritta nel film «Il cammino della speranza» di Pietro Germi e nel libro dall'identico titolo curato da Sandro Rinauro ed edito da Einaudi nel 2009.
  Nel 1951 in Germania su 50 mila emigranti italiani almeno il 50 per cento era illegale. In Svizzera, dove era vietato il ricongiungimento familiare, più di 10 mila bambini, figli di migranti italiani, hanno vissuto da clandestini, barricati in casa, senza poter andare a scuola.
  Ecco, quando sono stato chiamato a essere relatore di questo provvedimento il mio pensiero è andato a queste persone e al fatto che in questo Paese se interrogassimo la stragrande maggioranza della popolazione non sarebbero in tanti a rispondere a una domanda sulle tragedie che hanno segnato la nostra emigrazione. Fare memoria del passato è indispensabile per imparare a guardare al futuro con senso critico e porre rimedio agli errori commessi. L'istituzione di questa Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'immigrazione intende pertanto contribuire – attraverso il ricordo di una strage di migranti – alla diffusione di un più forte senso di solidarietà civile, del rispetto della dignità umana, della consapevolezza del valore della vita di ogni essere umano e del valore dell'accoglienza, affinché tragedie come queste non si ripetano.
  Mi auguro, quindi, che si possa giungere rapidamente all'approvazione di questa proposta di legge e aiutare la nostra comunità a dotarsi di strumenti di consapevolezza in grado di rafforzare i valori di solidarietà e accoglienza. Senza strumentalizzazioni e ricordando anche la nostra storia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo. Prendo atto che si riserva di intervenire.
  È iscritto a parlare l'onorevole Chaouki. Ne ha facoltà.

  KHALID CHAOUKI. Grazie Presidente. Finalmente siamo qui, in Aula, per affrontare un provvedimento che questo Parlamento in I Commissione ha discusso sotto la pressione di numerose associazioni dell'Italia intera, del mondo, che quel 3 ottobre 2013 ci fece tutti svegliare con una tragedia. Una tragedia che, a differenza di tante altre, si verificò davvero a pochissimi metri dalle coste di Lampedusa. Una tragedia che era preannunciata, ma che fu un vero schiaffo in faccia rispetto al silenzio, all'indifferenza che ci fu prima rispetto a tante altre vittime nel Mediterraneo.
  Una tragedia, quella del 3 ottobre 2013 che, appunto, ci fece contare 366 morti, almeno 20 dispersi e ci lasciò di fronte a 155 superstiti, di cui 41 bambini. Quella fu davvero una giornata tragica, non solo per il nostro Paese, non solo per l'Europa, ma per il mondo intero. Fu una giornata, quel 3 ottobre 2013, che in qualche modo interrogò, forse per la prima volta in modo così forte, tutte le nostre coscienze e interrogò la storia del nostro Mediterraneo. Ci mise di fronte a una condizione di morti, di dispersi, di migliaia di persone che per tanti anni morivano nel silenzio assoluto nel Mediterraneo e che con i numeri di questa Pag. 5tragedia, i numeri di quel 3 ottobre, portò a un risveglio delle coscienze che si tradusse poi, anche, in una risposta forte, una risposta politica dell'allora Governo Letta a cui dobbiamo rinnovare il ringraziamento per quel gesto forte.
  Dopo le solite visite che in genere si fanno, si tende a dimenticare, invece, dopo quelle visite istituzionali, a cui abbiamo partecipato noi stessi insieme alla Presidente Boldrini, il Presidente Letta, insieme alle massime autorità europee, dopo quelle visite, dopo aver visto quegli sguardi dei superstiti e quelle bare che ancora oggi tornano nella nostra memoria, decise di far partire un'operazione come quella di Mare Nostrum che, davvero, rappresenta oggi e rappresenterà per sempre una medaglia al petto del nostro Paese nella storia del Mediterraneo.
  Allora la giornata di oggi è finalmente l'inizio di questa discussione in questo Parlamento, sperando di votare al più presto possibile quello che è finalmente il riconoscimento formale da parte della Repubblica italiana della giornata del 3 ottobre quale Giornata del ricordo.
  Una giornata che ricordi non solo le vittime del 3 ottobre a Lampedusa ma che ricordi tutte le vittime dell'immigrazione; una giornata che deve servire per tenere viva questa memoria per tutte le future generazioni di questo Paese ma anche per ragionare del nostro futuro; una giornata che serva, soprattutto in questo momento di discussione, a volte troppo ideologica e a volte strumentale rispetto ai temi dell'immigrazione, a portare un po’ più di consapevolezza rispetto alle sfide di fronte alle quali ci pongono questi flussi di persone, che sono essere umani e non numeri e non semplicemente merce da spostare da una parte o dall'altra; una giornata che deve servirci non solo a ricordare giustamente nel silenzio e nel dolore quei morti, quei giovani morti, spesse volte tante donne, bambini e giovani che hanno lasciato e sono stati costretti a lasciare i loro Paesi, in balia di guerre, in balia di persecuzioni e in balia della fame, per cercare un futuro di speranza, ma che deve servirci a renderci conto di quanto non si possa più ritornare ad essere indifferenti, come lo siamo stati in passato e come purtroppo continuiamo ad esserlo oggi. È un'Europa che fatica ancora a trovare un senso unitario nell'affrontare le politiche riguardo all'immigrazione ma, soprattutto, anche quel volto di solidarietà, di umanità e di accoglienza di cui si necessita, soprattutto in queste ore drammatiche in cui migliaia di persone continuano a fuggire dal crimine e dal terrorismo dell'ISIS, fino ad arrivare alla persecuzione delle minoranze cristiane in Nigeria, in Kenya e a quello che accade nel Corno d'Africa fino alla vicina Libia e al caos che tutti noi conosciamo.
  Allora, Presidente, vorremmo che questa giornata diventi davvero un momento di riflessione nazionale; un momento, come prevede il testo del provvedimento, pedagogico, anche per far sì che in tutte le scuole italiane, in tutte le università, in tutte le biblioteche si possa riflettere su cosa accadde quel giorno e soprattutto su quello che riguarda le storie drammatiche di migliaia di profughi, di rifugiati che ancora oggi vivono davvero nella solitudine, in campi profughi come quello di Yarmouk, oggi sotto attacco, dove gruppi di terroristi, gruppi armati, non fanno distinzione tra civili inermi e fazioni in guerra.
  Vorremmo che questo 3 ottobre rappresenti anche per il nostro Paese un sussulto di rinnovata civiltà e di rinnovato senso di una storia, quella storia grande che ha fatto il nostro Paese che si è tradotta nell'operazione Mare Nostrum e che si è tradotta con lo sforzo straordinario che quello stesso 3 ottobre misero in campo decine di volontari, la popolazione di Lampedusa, che da qui dobbiamo ricordare sempre di ringraziare, nonché il sindaco di Lampedusa, Giusi Nicolini, la Capitaneria di porto e tutte le forze positive di questo Paese, non solo in Sicilia ma in tutta l'Italia, che hanno dimostrato, a partire da quel 3 ottobre e ancora oggi, un senso davvero di umanità, che è molto più grande delle polemiche e delle strumentalizzazioni a cui assistiamo, ahimè, anche oggi. Vogliamo che il 3 ottobre Pag. 6possa essere anche da lezione per chi, come noi qui, ha una funzione legislativa, perché di fronte a decisioni anche politiche difficili e complicate possa ricordarsi quelle bare, possa ricordarsi quei volti dei superstiti, possa ricordarsi che non possiamo distinguere i morti sulla base delle loro nazionalità, sulla base dello loro etnie, sulla base delle loro storie, perché i morti sono tutti uguali, e quei morti devono farci riflettere su come oggi purtroppo la vita non ha più forse un prezzo uguale dappertutto.
  Vogliamo che quel ricordo, il ricordo del 3 ottobre, questa giornata che vogliamo istituire come giornata nazionale per ricordare le vittime dell'immigrazione, possa essere anche per bandire l'indifferenza. Papa Francesco, visitando Lampedusa nel luglio 2013, disse «no alla globalizzazione dell'indifferenza»; allora penso che, oltre ovviamente al grande messaggio straordinario che questo Papa ha saputo dare anche da quell'isola, abbiamo il compito e il dovere di dire «no all'indifferenza», rispetto a un'Unione europea che troppo spesso, ahimè, vediamo troppo distante da questo nostro bacino del Mediterraneo.
  La vediamo troppo attenta a calcoli egoistici rispetto invece alla priorità assoluta che deve essere nel cuore di tutti noi che è quella di preservare la vita delle persone, prima ancora che ovviamente prevenire i flussi dell'immigrazione, i flussi dei profughi e dei richiedenti asilo. Una giornata del 3 ottobre che deve bandire l'indifferenza, ma che deve anche rinnovare in noi un'attenzione particolare rispetto a una società civile ricca, grazie alla quale siamo anche qui oggi in Parlamento. Per cui ringrazio certamente il Comitato 3 ottobre, che è stato protagonista di una raccolta firme change.org che ha portato appunto poi questa legge a essere depositata, ad essere calendarizzata, ad essere appunto già votata in I Commissione ed essere oggi qui da noi in Aula. Questo dimostra appunto che la società civile nel nostro Paese rimane un elemento importante, protagonista, come appunto questa legge qui oggi racconta, un percorso che è nato dal basso, è nato da quei volontari che hanno appunto assistito ai superstiti, è nata appunto da un gruppo di parlamentari che si è recato poche ore dopo in quell'isola per piangere insieme ai superstiti e per prendersi un impegno di fronte a quella tragedia non solo con il popolo di Lampedusa, che era stanco ed è stanco di vedere morte sulla sua bellissima terra, ma un impegno che ci siamo presi appunto con il nostro Paese, con la nostra storia e soprattutto con quel mondo che oggi da quel giorno in poi ormai conosce appunto la parola Lampedusa. Allora, appunto, un grazie particolare al Comitato 3 ottobre, un grazie particolare a tutti i comuni italiani, a tutte le istituzioni pubbliche, private e no profit che, a partire da quella giornata, hanno promosso decine di iniziative nei territori, hanno raccolto migliaia e migliaia di firme per sollecitarci appunto a dare dignità a quella tragedia, ricordarla appunto in modo definito, formale, istituzionale a partire da questo Parlamento. Un grazie particolare anche alla Presidente di questa Camera, alla Presidente onorevole Laura Boldrini, che si è spesa sicuramente più di altri per far sì che quei temi e soprattutto quella tragedia non venisse mai dimenticata. Presidente, noi crediamo appunto che il nostro Parlamento possa rappresentare, come in queste situazioni, anche un momento di condivisione che vada al di là delle differenze politiche, pensiamo che un momento del ricordo come quello del 3 ottobre debba davvero servirci anche a ritrovare una comune identità. Ed è l'identità della nostra storia, della comune storia mediterranea, è l'identità appunto che fa sì che oggi, con tutte le difficoltà che ci sono, decine di comunità locali cercano di offrire il massimo in questa condizione anche di difficoltà economiche e di difficoltà anche oggettive. È stato il tema dell'accoglienza dei profughi, dei minori non accompagnati a far sì che comunque le comunità locali, i nostri piccoli comuni, le tante associazioni, il ruolo della Chiesa possano in qualche modo dare testimonianza di una straordinaria umanità che sia da lezione per tutti noi il ricordo di Pag. 7questa giornata per dire che l'Italia non è solo, ahimè, qualche parentesi negativa di cattive politiche nel passato, di difficoltà oggettive oggi nel garantire un'accoglienza dignitosa ma che il ricordo di questa giornata ci porti appunto a dire che forse dovremmo anche recuperare un certo orgoglio nel dare anche un insegnamento di umanità che forse altri Paesi anche europei non hanno saputo dare. Noi non ci fermeremo e non vogliamo fermarci solo a un ricordo in Italia di quella giornata, a livello del Consiglio d'Europa la nostra delegazione presieduta dal collega Nicoletti ha fatto approvare un documento, una mozione a Strasburgo che ricordi appunto quella giornata del 3 ottobre, è stata promossa una mostra in quelle aule che raccontano un po’ appunto un'identità europea molto più ampia, la tragedia di Lampedusa del 3 ottobre. Vogliamo appunto che questo ricordo di quella giornata diventi anche un ricordo europeo, proprio nel segno di una politica europea vera di accoglienza ma anche di gestione dei flussi dell'immigrazione e di politiche appunto di assistenza ai rifugiati a livello europeo.
  Vogliamo, appunto, condividere con il Parlamento europeo, dato che il Presidente Schulz fu tra i primi a visitare Lampedusa dopo quelle giornate tragiche del 3 ottobre, e vogliamo consegnare idealmente, da questo Parlamento al Presidente Martin Schulz e a tutti i gruppi parlamentari europei, anche lì, un messaggio, un ricordo europeo, un ricordo di tutto il continente. E allora, forse in quel momento riusciremo davvero a trasmettere insieme il dramma di quella tragedia, ma soprattutto la speranza che questa Europa possa davvero diventare patrimonio comune, patrimonio di tutta l'Europa, per far sì che si possa tradurre, poi, in politiche serie di prevenzione di quelle morti, perché quelle morti, ahimè, continuano e vanno inquadrate, ma soprattutto ci dev'essere un lavoro serio di prevenzione per evitare che quelle tragedie possano verificarsi un'altra volta.

  PRESIDENTE. Deve concludere.

  KHALID CHAOUKI. Io concludo dicendo che, come Partito Democratico, siamo davvero orgogliosi di essere stati tra i promotori, insieme al collega Paolo Beni, che è stato primo firmatario, e insieme ai tanti che hanno visitato quell'isola e che si sono battuti per far sì che questa giornata possa diventare effettivamente un patrimonio comune. Confidiamo che ci possa essere una discussione veloce in quest'Aula e che si possa, finalmente, approvare questa giornata, finalmente fissa nel calendario del nostro Paese e, finalmente, impressa nella memoria di tutti i cittadini di oggi, soprattutto per i nuovi cittadini del futuro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Ne approfitto per salutare gli alunni e gli studenti dell'istituto comprensivo statale Duilio Cambellotti, di Rocca Priora, in provincia di Roma, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
  È iscritto ora a parlare l'onorevole Rocco Palese. Ne ha facoltà.

  ROCCO PALESE. Grazie Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, la proposta di legge oggi in discussione intende riconoscere il 3 ottobre come la «Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'immigrazione», con l'obiettivo dichiarato di conservare e di rinnovare la memoria di quanti hanno perso la vita nel tentativo di emigrare verso l'Italia, scegliendo la data del naufragio a Lampedusa, in cui morirono, purtroppo, 366 migranti.
  Quanto accaduto il 3 ottobre 2013 a Lampedusa non ha potuto lasciare indifferenti nessuno di noi: un'immensa tragedia, che rappresenta l'episodio più grave in termini di perdita di vite umane e che, purtroppo, non è l'unica strage di migranti avvenuta nel canale di Sicilia. A seguito di quel tragico naufragio, il Governo diede vita all'operazione Mare Nostrum, con tutti i limiti e i fallimenti di cui abbiamo più volte discusso in quest'Aula e di cui ancora oggi paghiamo le conseguenze. Una questione, quella dello sbarco clandestino di Pag. 8migranti che fuggono da miseria, guerre e persecuzioni, o che, più semplicemente, tentano di trovare «fortuna» nel nostro Paese, per cui ancora oggi l'Italia paga il prezzo più alto.
  Ricordiamo, infatti, l'operazione Mare Nostrum come quella che ha reso il nostro Paese l'anello debole dell'Europa a vantaggio della clandestinità e dei trafficanti di morte, e attendiamo ancora fiduciosi, anche in considerazione degli imprescindibili obblighi di tutela dei diritti fondamentali delle persone, che l'Unione europea dia prova di effettiva solidarietà, adeguando l'operazione Triton a standard di controllo e sicurezza elevati: una garanzia che sino ad ora non abbiamo avuto.
  Tornando al tema al centro della nostra discussione, e, quindi, al tema della memoria, potremmo dire che è vero che, in genere, «fare memoria» del passato serve per imparare a guardare al futuro con senso critico, sensibilizzare, e porre rimedio agli errori commessi: in questo caso specifico, però, «fare memoria» sembra non avere nulla a che fare con questo tipo di suggestione, ma ha il sapore dell'ennesima strumentalizzazione da parte di forze politiche presenti in Parlamento, troppo spesso brave ad organizzare «cerimonie, iniziative ed incontri» con buoni propositi che nascondono un'oscura opera di proselitismo e di pura propaganda politica.
  Lo Stato e le istituzioni hanno tutti gli strumenti a disposizione per favorire una più diffusa consapevolezza delle problematiche relative all'immigrazione, nonché dei valori dell'accoglienza e della convivenza. In particolare, nel corso del semestre di Presidenza UE, il Governo italiano ha avuto la possibilità di portare in Europa il tema della mancanza di una efficace politica dell'accoglienza europea. Invece, il semestre europeo è praticamente trascorso senza che il tema fosse, non dico una priorità dell'agenda di governo nella discussione con gli altri Stati, ma almeno un tema da affrontare in modo organico. Nel semestre di Presidenza italiana dell'Unione europea, il Governo si è limitato a «europeizzare» il salvataggio in mare dei migranti – tra l'altro in modo per lo più parziale – sostituendo l'operazione Mare Nostrum con l'operazione Triton.
  Non vogliamo sminuire la portata di questa iniziativa, ma è di tutta evidenza che essa agisce – perlopiù parzialmente come detto – esclusivamente sugli effetti della pressione migratoria, ma non incide sulle cause della stessa, e tanto meno responsabilizza l'Europa nelle fasi iniziali della migrazione, adottando misure che sarebbero – quelle sì – veramente necessarie, quali l'accoglienza pro quota dei migranti da parte degli Stati membri, se non addirittura la creazione di centri di accoglienza e identificazione sulle coste dei Paesi di provenienza.
  L'istituzione della «Giornata della memoria delle vittime dell'immigrazione» ad avviso di Forza Italia è solo uno specchietto per le allodole mascherato da buonismo, che nasconde l'incapacità di questo Governo di agire a livello nazionale e, soprattutto, a livello europeo, per mettere in campo una politica dell'immigrazione e dell'accoglienza in grado di superare questo tipo di tragedie e di contrastare efficacemente la clandestinità, l'illegalità e i trafficanti di morte.
  Quindi, chiediamo agli esponenti che hanno sottoscritto questa proposta di legge e al Governo di non strumentalizzare il 3 ottobre, di non utilizzare l'immensa tragedia di Lampedusa per mettere in campo l'ennesima operazione di facciata. Chiediamo a questo Esecutivo di promuovere una seria azione a livello europeo per un'effettiva politica dell'accoglienza: passare dalle parole ai fatti è il miglior modo per ricordare le vittime del 3 ottobre (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Scopelliti. Ne ha facoltà.

  ROSANNA SCOPELLITI. Grazie, Presidente. La proposta di legge all'esame dell'Assemblea oggi è composta da tre articoli e prevede l'istituzione, come dicevamo, della «Giornata nazionale in memoria Pag. 9delle vittime dell'immigrazione», individuandola nella giornata del 3 ottobre.
  Con il progetto di legge, pertanto, s'intende conservare e rinnovare la memoria di quanti hanno perso la vita nel tentativo di emigrare verso il nostro Paese, per sfuggire alle guerre, alle persecuzioni e alla miseria, scegliendo, appunto, la data in ricordo del naufragio del 3 ottobre 2013 a Lampedusa, in cui, come ricordato anche dai colleghi, morirono 366 migranti.
  L'articolo 2 prevede che nella giornata del 3 ottobre si svolgano cerimonie, iniziative e incontri diretti a sensibilizzare l'opinione pubblica alla solidarietà, al rispetto della dignità umana, all'integrazione e all'accoglienza. In particolare, è prevista l'organizzazione di specifiche iniziative nelle scuole di ogni ordine e grado, promosse dalle istituzioni territoriali competenti.
  Si tratta, pertanto, di un progetto di legge diretto innanzitutto a ricordare le vittime del drammatico naufragio di Lampedusa e, allo stesso tempo, a sensibilizzare l'opinione pubblica sui temi del rispetto della dignità delle persone, dell'integrazione e dell'accoglienza. Temi, questi ultimi, fondamentali per uno Stato democratico come il nostro, che si è trovato in prima fila a fronteggiare gli sbarchi di persone che fuggivano e che fuggono da guerre e miserie. Ed è un tema importante, Presidente, che è e deve rimanere fuori da ogni becera strumentalizzazione, perché le vite umane valgono e valgono più di ogni altra cosa, e questo è bene ricordarlo e ricordarselo sempre.
  E poi è importante rilevare come negli ultimi anni si sia determinato un profondo cambiamento dei flussi migratori, sempre più legati all'instabilità politica di alcuni Paesi della sponda sud del Mediterraneo, dove sono in corso delle drammatiche guerre.
  Infatti, la ciclicità delle crisi che attraversano quei Paesi, segnati da fragili equilibri politici interni e debolezza degli apparati statuali, determina spesso tumulti, sommosse e vere e proprie rivoluzioni, che rendono impossibile ogni forma di civile convivenza.
  Ciò cambia, pertanto, il profilo dei flussi migratori, che inizialmente erano originati dal desiderio di fuggire dalla povertà e da condizioni sociali allarmanti, sono oggi soprattutto determinati dal desiderio di sfuggire da guerre e devastazioni e spingono i migranti a richiedere all'Europa asilo politico.
  Il Mediterraneo in effetti è divenuto luogo di guerre, guerriglie e catastrofi economiche e sociali, di persone che abbandonano quegli Stati e quelle nazioni in crisi e che sono attraversate da guerriglie e dal terrorismo dell'Isis. Infatti, milioni di persone abbandonano quelle terre e si trasferiscono in Libano, in Giordania, in Turchia e tentano poi disperatamente di raggiungere l'Italia. Il Governo italiano è intervenuto per venire incontro al problema dei migranti con l'operazione Mare Nostrum, che ha salvato migliaia di vite umane, e poi dall'operazione Triton.
  In questa occasione non possiamo non rivolgere un pensiero grato, quindi, alle donne e agli uomini delle Forze armate, della guardia costiera, delle forze di polizia e di tutti gli altri corpi che hanno partecipato e che partecipano alle operazioni di soccorso e alle popolazioni delle zone di approdo dei migranti, che costituiscono un esempio di umanità, di negazione, di solidarietà, di alto e ineguagliabile valore sociale.
  La tutela e la salvaguardia della vita delle persone costituisce, soprattutto se queste sono in condizione di precarietà e di grave disagio, un impegno fondamentale per ogni Governo civile e democratico. Ed è questo lo spirito con cui il nostro Paese ha affrontato questa drammatica questione.
  La tolleranza, l'integrazione, il rispetto della dignità delle persone, devono essere doveri morali per ogni cittadino. Ecco perché la proposta di legge al nostro esame ha come obiettivo quello di sensibilizzare la collettività su temi di grande importanza e di alto valore umano.
  La proposta di legge, pertanto, vuole ricordare quanti hanno perso la vita per sfuggire a guerre e persecuzioni: un pensiero che deve vivere nella memoria di Pag. 10ognuno di noi, consapevoli dell'importanza dei valori che sono alla base della nostra società e che devono guidare tutti verso una società più giusta, soprattutto nei confronti di quelle persone che vivono in una condizione di estrema precarietà e disagio.
  La proposta oggi al nostro esame costituisce, dunque, un importante momento di riflessione ed intende sensibilizzare sempre di più l'opinione pubblica su un tema drammatico al quale un Paese civile e democratico non può e non deve sfuggire, ma che deve affrontare con coraggio, solidarietà e consapevolezza, così come l'Italia ha fatto fino ad oggi.
  In conclusione, Presidente, prima di preannunziare – approfitto di questo intervento – il voto favorevole del mio gruppo, mi permetta un pensiero e una preghiera per quei morti e dispersi vittime dell'odierna tragedia consumatasi a circa 80 miglia dalle coste libiche: ancora morti, ancora disperati.
  Mi permetta questo pensiero e questa preghiera, anche, forse, a nome dei colleghi, e, nel ringraziarla per questo, preannunzio il voto favorevole del mio gruppo per una proposta di legge che porta avanti dei valori e che intende rappresentare, in un momento difficile per la nostra umanità, anche per il nostro Paese, un tassello importante di memoria, di solidarietà e di impegno (Applausi dei deputati dei gruppi Area Popolare (NCD-UDC) e Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Campana. Ne ha facoltà.

  MICAELA CAMPANA. Presidente, onorevoli colleghi, sarebbe utile al Paese se, almeno per una volta, scendessimo dalle barricate e riportassimo la discussione su un piano umano. Questa proposta di legge si propone di istituire una «Giornata nazionale in memoria dell'immigrazione», prendendo impulso da quella tragica giornata rimasta impressa nella memoria di tutti, anche se è da dire che da quel giorno tragico altri incidenti hanno segnato, con un maggior numero di vittime, il Mar Mediterraneo.
  Il 3 ottobre 2013 il naufragio di un barcone a poche miglia da Lampedusa ci ha restituito un bilancio di 366 morti e 20 dispersi. Uomini, donne e bambini che fuggivano da una patria non più casa, in cerca di una speranza al di qua della costa; e poi quelle scene ancora vivide nella memoria dei sopravvissuti, che abbracciano quelle bare senza nome e senza identità. Un colpo al cuore, che ha portato i cittadini di Lampedusa a chiedere alle istituzioni di fare qualcosa per fermare questa strage.
  A loro credo che quest'Aula debba rivolgere un deferito ringraziamento: cittadini che abbiamo visto gettarsi in mare per prestare soccorso ai naufraghi e perché ogni giorno affrontano il tema dell'immigrazione con dignità e rispetto per gli uomini in fuga. Uomini prima che immigrati, talmente disperati da affidarsi alla sorte di un viaggio incerto, da mettere la propria vita nelle mani di scafisti senza scrupoli, nella speranza che almeno il mare mostri un po’ più di clemenza.
  Ci vuole coraggio per scappare da una guerra in queste condizioni, senza certezza di riuscita, tanto che «Barça o Barzakh» è il motto dei migranti. Cosa significa ? «Barcellona o morte», non c’è via di mezzo per i migranti del secondo millennio: o l'approdo o il mare, un testa e croce, dove l'altra parte della medaglia è la morte.
  Laura Boldrini, in un suo recente libro, descrive bene questa guerra tra l'uomo e il mare, definendola anche una guerra tra chi tenta di ignorare questa realtà e chi, invece, vuole vederla. È la guerra tra la paura e solidarietà, perché i pellegrinaggi dei nostri migranti durano mesi, spesso anni, attraversando a piedi, per decine di chilometri, gli Stati africani, sfidando il caldo, la sete, la fame, talvolta il deserto e altre volte le bande armate. Arrivare ai barconi è talvolta già un miracolo.
  Finché non riusciremo a spogliare la discussione di preconcetti non credo che riusciremo mai ad affrontare il tema dell'immigrazione in maniera razionale e con risposte adeguate. Di fronte alla tragedia di Lampedusa, l'Italia ha risposto mettendo Pag. 11in atto la più grande operazione, che ha costretto l'Europa ad aprire gli occhi. Mare Nostrum non è stata un'esca per gli immigrati, come qualcuno ha voluto far credere (a dirlo sono i numeri del Ministero dell'interno), ma, prima di parlare di numeri, stiamo parlando di uomini e donne che oggi che stanno chiedendo che venga istituita una Giornata per le vittime dell'immigrazione.
  Ricordiamoci che se negli ultimi anni il Mediterraneo è stato davvero una tomba per circa 20 mila viaggiatori della speranza, tra i migranti degli ultimi cento anni ci sono anche italiani e cittadini europei. Quello che vorrei chiedere a quest'Aula è uno scatto di dignità, un esercizio di memoria. Eppure non dovrebbe essere difficile ricordare. La sera del 13 marzo 2013 dalla balconata di Piazza San Pietro si è affacciato un uomo che si è presentato come uno che era arrivato dalla «fine del mondo», ma le sue radici parlano piemontese. Un uomo, Papa Francesco, che è figlio delle migrazioni del secolo scorso, che racconta la storia di tanti italiani partiti per sfuggire alla guerra e alla povertà. Quasi a voler ribadire questa storia di flussi, il Papa nei primissimi viaggi del suo pontificato è voluto andare proprio lì, a Lampedusa, un'isola nel mezzo del Mediterraneo, che negli ultimi anni è diventata il simbolo dell'accoglienza. La frontiera dell'Europa è un crocevia di speranza e morte, con le difficoltà di essere una terra troppo piccola per ospitare questa moltitudine di aspettative che arrivano dal continente africano. Ma Lampedusa, in questi anni, non si è mai tirata indietro, per questo speriamo che presto la proposta del PD di candidare l'isola al premio Nobel della pace diventi realtà.
  Dal 1865 al 1985 si stima che siano partiti dall'Italia circa 29 milioni di italiani. C’è chi è andato verso il sud America, chi verso le Americhe, su grandi navi, nella terza classe e poi verso il nord Europa, verso le miniere del Belgio, dove morirono 262 persone, di cui 136 italiani, che erano andati lì per cercare fortuna e riscatto affrontando turni massacranti. Molti morirono in vecchiaia, morirono come migranti in terra straniera, affrontando turni massacranti e svolgendo le mansioni più umili in condizioni di vita precarie. Oggi a ricordare quel sacrificio c’è un monumento dedicato ai nostri connazionali che persero la vita nell'incendio della miniera di Marcinelle. Cosa c’è di differente nella storia dei nostri minatori in Belgio e quella dei migranti che raccolgono le arance nelle nostre campagne ? Questo progetto di legge non fa distinzioni, perché non ci sono sulla terra uomini di serie A e uomini di serie B, ce lo insegna la storia, che nascere da una parte o l'altra del globo è solo una questione di fortuna, di casualità, poi il destino lo costruiscono gli uomini con le proprie azioni. Per questo credo che questa proposta di legge sia importante perché riconosce il sacrificio di quanti hanno abbandonato affetti e terra perché costretti. La nostra storia, ma anche i quartieri delle nostre città, parlano oramai di una migrazione massiccia. Così come parlano italiano molte piccole «Italie» sparse nei continenti del mondo. Rileggendo le pagine di storia delle nostre migrazioni ritroviamo le stesse sofferenze, gli stessi patimenti, la stessa diffidenza riservata a chi viene visto come un elemento estraneo dalla comunità. Atteggiamenti che non sono cambiati con il passare dei decenni. Le migrazioni sono un fenomeno umano, legate alla geopolitica, alla mutevolezza dei nostri Stati e delle democrazie. Così se dall'Italia una volta si scappava, oggi si arriva, ma non è sempre un approdo, semmai una terra di obbligato passaggio per chi arriva dalla sponda sud del Mediterraneo. Ma ricordiamoci che non è chi arriva che dobbiamo contrastare, ma chi sfrutta la miseria, la difficoltà altrui con soli intenti speculativi. Le stesse energie che spendiamo quando nei nostri dibattiti parliamo di immigrazione, dovrebbero essere messe per evitare altre, inutili stragi nel mare. L'Italia in questo può avere un ruolo da protagonista. Mare nostrum è stata un'operazione importante, non solo perché ha consentito di salvare 150 mila persone, ma perché, con questa operazione, l'Italia Pag. 12ha alzato la testa in un sussulto di dignità. Di fronte alle bare del naufragio di Lampedusa il nostro Governo ha deciso che non era più tempo di stare con le mani in mano. Con Mare Nostrum abbiamo dimostrato la grandezza dell'Italia, della Marina militare e dei nostri volontari. La fierezza di un Paese che allo stesso tempo sa tendere la mano e far fronte al dramma umano di migliaia di fratelli che cercano le nostre sponde come fosse l'eldorado. L'Italia non è certo la città dai tetti d'oro, cercata dagli esploratori, ma rappresenta l'alternativa concreta alla guerra, alla morte, alla persecuzione. Con Mare Nostrum abbiamo interrotto un immobilismo durato troppi anni. Durante una crisi economica mondiale abbiamo detto «no» al cinismo di quanti professavano la difesa della Patria attraverso i respingimenti in mare. E se da quei respingimenti fossero derivati altri naufragi e altre morti ? Perché le abbiamo viste le carrette del mare sul quale naviga questa gente, dopo aver pagato migliaia di euro. Non è questa la storia d'Italia, i respingimenti non sono contemplati nei valori della nostra Carta costituzionale che all'articolo 2 recita. «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità».
  La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo e non solo dei cittadini, l'uomo come essere superiore ad ogni altra sottodistinzione umana. Una scelta coraggiosa dopo una guerra che ha portato morti inutili, che della razza e della religione ha fatto motivo di persecuzione.
  Ed è agli uomini che è rivolta questa giornata, con la quale vogliamo rendere omaggio a quanti hanno perso la vita giocandosi l'ultima carta con il destino. Non possiamo pensare che i 366 morti di Lampedusa non abbiamo insegnato nulla. Chi oggi si esercita nella lotta all'immigrato rammenti le immagini di quei corpi che galleggiavano senza vita in mare. Nessuno di noi, ha un animo così arido. Anche chi taccia il Partito Democratico di essere buonista, dovrebbe essere consapevole che la fermezza invocata è una spinta verso le privazioni.
  L'Italia e l'Europa non avranno mai vinto, se dall'altra parte della sponda mediterranea o negli altri luoghi di conflitto del mondo ci saranno vittime innocenti. Non sarà bendandosi gli occhi o innalzando barriere verso i giusti che il nostro Paese sarà più democratico. Non è restringendo il campo dei diritti di chi ne ha diritto che si risolvono i problemi degli italiani e delle nostre città. Ma anzi, tanto più saremo capaci di portare soccorso a chi scappa, creando le condizioni affinché sia possibile chiedere i ricongiungimenti o inoltrare la domanda di asilo direttamente nelle nazioni di provenienza o eliminare il traffico di esseri umani o permettere a chi possa di fare richiesta di asilo politico europeo e non solo nel Paese di approdo, allora, solo in quel caso, avremmo raggiunto un doppio risultato: togliere mercato agli scafisti e salvare la vita umana di chi ha diritto alla protezione internazionale attraverso procedure regolari e sicure.
  L'instabilità libica e le azioni criminali di Boko Haram sono destinate a far aumentare le partenze verso il continente europeo. Solo venerdì la Marina militare e la Guardia costiera hanno tratto in salvo quasi 5 mila profughi in tre differenti operazioni. Oggi Mare Nostrum è conclusa e al suo posto c’è Triton, un'operazione europea di pattugliamento delle coste, che in più sedi abbiamo dichiarato non essere sufficiente. Per questo è importante che ciascuno di noi, che è stato eletto nei luoghi della democrazia, spenda le proprie energie per il potenziamento degli strumenti a favore dell'immigrazione, affinché essa possa svilupparsi attraverso canali legali.
  L'inerzia dell'Europa per cercare soluzioni condivise ha costretto molti all'illegalità e questa è una situazione non più accettabile. Oggi il Governo sta facendo molto in questo senso: l'Italia è uscita dall'angolo e in materia di immigrazione sta tracciando le linee guida per molti Paesi dell'Unione europea. Oggi Pag. 13l'Europa con Triton mostra una prima attenzione al problema ed è necessario fare tutto il possibile affinché questa attenzione non scemi.
  Infatti il 3 ottobre non deve essere solo la Giornata per le vittime dell'immigrazione, ma deve segnare uno spartiacque netto nella storia europea. Come nel sogno di Spinelli, dobbiamo far sì che l'Europa sia sempre più crocevia di popoli e culture, terra promessa per chi fugge dalla persecuzione e dalla tortura, un approdo per i diritti delle persone, uno spazio di libertà, di pace e solidarietà. Per questo dovremo impegnarci ancora molto e molto ci sarà da fare a tutti i livelli istituzionali, rifuggendo da chi mantiene lo sguardo solo su sé stesso. Lo sguardo deve andare oltre e continuare a sognare un Mediterraneo che da cimitero diventi ponte verso nuove opportunità, così come l'Europa da terra di guerra e conflitto è diventata una cosa sola.
  Altiero Spinelli ci insegnava che il destino dei popoli si può cambiare anche stando dentro ad un carcere e i morti hanno la funzione di ricordarci il nostro passato, gli errori e le rotte nuove da seguire. Il 3 ottobre diventi la bussola che indica il cammino nuovo per le popolazioni in fuga, con un'Europa sempre più consapevole del suo ruolo nel mondo. Un'Europa che non respinge, ma accoglie chi chiede una seconda opportunità, per sé e la propria famiglia. Lo dobbiamo ai tanti che hanno perso i propri cari nei viaggi della speranza. Lo dobbiamo agli uomini che in tutte le migrazioni del mondo perdono la vita. Sono 5.629 le persone tratte in salvo negli ultimi due giorni e stamattina si è rovesciavo un barcone, a nord della Libia. In questi minuti si parla già di decine di cadaveri recuperati. Questo a smentire, ancora una volta, chi riconduceva a Mare Nostrum il cuore del problema. I dati all'11 febbraio di Mare Nostrum parlavano di 3.338 immigrati arrivati sulle nostre coste. Oggi, lo stesso giorno, Triton: 3.815. I migranti sbarcati fino al 29 marzo sono 10.165, di cui 9.400 soltanto dalla Libia.
  Chi è pronto a sacrificare la vita per salvarsi non si fermerà davanti ai proclami senza umanità e politicamente irrealizzabili della Lega Nord, che negli ultimi anni in cui era stata al Governo del Paese ha dato e sottoscritto la più grande sanatoria che l'Italia abbia conosciuto, non distinguendo tra clandestini e non.
  Ecco, chi viene da Paesi in guerra, in cui sono in corso genocidi, non si fermerà. Continuare la politica delle felpe e degli slogan urlati significa non volere risolvere, significa volere lasciare le cose come stanno, significa condannare il Paese ad una guerra tra ultimi.
  Il PD vuole governare il Paese dando soluzioni vere, ridando agli italiani fiducia e soprattutto costruendo vie possibili. Per questo sia il semestre italiano che l'azione costante dell'Alto Commissario Mogherini hanno già avuto il merito straordinario di riportare l'attenzione dell'Europa sul bacino del Mediterraneo, anticipando nell'agenda europea il tema dell'immigrazione e riunendo i Ministri dell'interno europei per un'azione comune. Serve più Europa, non meno Europa per affrontare il tema dell'immigrazione e solo i miopi non se ne accorgono e i miopi non possono – e per fortuna non lo fanno – governare il Paese.
  Il PD ringrazia l'onorevole Beni per questa proposta di legge, che parte da lontano, ma guarda al futuro, al futuro di una generazione più consapevole, una generazione che vivrà nella certezza che rinunciare alla propria vita per salvarla è un insegnamento e non un motivo di persecuzione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo – A.C. 1803-A)

  PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore non intende replicare.
  Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito.Pag. 14
  Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Organizzazione dei tempi di discussione dei disegni di legge di ratifica.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione dei disegni di legge di ratifica nn. 2752, 2511, 2659-A e 2756.
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati all'esame dei disegni di legge di ratifica all'ordine del giorno è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

Discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di collaborazione strategica tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Montenegro, fatto a Roma il 6 febbraio 2010 (A.C. 2752) (ore 12,25).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 2752, già approvato dal Senato: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di collaborazione strategica tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Montenegro, fatto a Roma il 6 febbraio 2010.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 2752)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
  Avverto, altresì, che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire il relatore, onorevole Raciti.

  FAUSTO RACITI, Relatore. Grazie, Presidente. L'Accordo di collaborazione strategica tra Italia e Montenegro, siglato a Roma nel 2010, si inserisce nel quadro dei rapporti tra il nostro Paese e l'area dei Balcani occidentali, che rappresenta una priorità naturale nel panorama delle linee di azione della politica estera italiana, per tradizione politica, collocazione geografica e affinità culturali: ciò che accade nelle regioni a ridosso dell'Adriatico ha, infatti, immediati riflessi sia sulla sicurezza interna che sulla stabilità dell'intero continente europeo.
  Oltre a rappresentare un'area di interesse prioritario sul piano politico e della sicurezza, i Balcani occidentali costituiscono per l'Italia anche una regione di forte e radicata presenza economica, sia in termini di interscambio commerciale che di investimenti. In questo contesto il Montenegro gioca un ruolo privilegiato sia sotto il profilo economico-commerciale che sotto quello politico-diplomatico.
  Sotto il primo aspetto, le public utilities ed il settore finanziario sono i due comparti su cui il nostro Paese investe maggiormente. Particolarmente dinamico appare il settore energetico proprio in Montenegro dove l'Italia è il primo investitore straniero. Più in generale, il Paese adriatico presenta un significativo potenziale per gli investimenti italiani, che sono al primo posto in assoluto tra gli investimenti esteri, ma esistono margini per incrementare ulteriormente la nostra presenza.
  Dal punto di vista politico, Podgorica, dopo avere ottenuto pacificamente e per via referendaria l'indipendenza nel 2006, uscendo dalla Federazione serbomontenegrina, ha imboccato con determinazione il cammino di avvicinamento all'Unione europea. Nel dicembre del 2010 è stato riconosciuto al Montenegro lo status di Paese candidato all'Unione europea ed è stato dato il via libera all'avvio dei negoziati di adesione nel dicembre del 2011. Al Montenegro è richiesto di incrementare gli sforzi soprattutto per quanto riguarda il rafforzamento della rule of law, il miglioramento delle capacità amministrative e l'indipendenza del potere giudiziario. Lo stato di diritto e la sua effettiva applicazione Pag. 15hanno fatto registrare alcuni significativi progressi, evidenziati anche dai Progress Report della Commissione europea e sorretti da un forte sostegno bipartisan da parte della politica montenegrina. Resta, tuttavia, da consolidare il track record nella lotta alla criminalità organizzata e nel contrasto della corruzione.
  Nel mese di marzo 2014 il Montenegro ha aperto altri due capitoli negoziali nelle trattative di adesione all'Unione europea: quello sulla proprietà intellettuale e quello sulla società delle informazioni e dei media. A giugno 2014 ne ha aperto ulteriori tre: rispettivamente su libera circolazione dei capitali, politica estera, sicurezza e difesa e, infine, controlli finanziari.
  Quanto alla NATO, di recente il Segretario Generale dell'Alleanza atlantica ha definito il Montenegro come partner importante e un forte candidato all'adesione.
  In tale contesto complessivo, l'Accordo in esame impegna le parti, nel solco tracciato dal Memorandum di collaborazione, firmato a Roma il 25 luglio 2007, a sviluppare la cooperazione bilaterale, in special modo nei settori delle infrastrutture, degli investimenti, dell'energia, del turismo, della tutela dell'ambiente, della lotta alla criminalità organizzata, della cooperazione scientifica e tecnologica, dell'istruzione, della sanità e della cooperazione regionale.
  In particolare, l'Accordo valorizza l'intensa attività di collaborazione bilaterale nei diversi settori, promossa dalle rispettive amministrazioni tecniche, anche attraverso i numerosi scambi di visite, e prevede la costituzione di un comitato congiunto, che sarà composto dai rispettivi direttori generali competenti per i rapporti bilaterali dei Ministeri degli affari esteri dei due Paesi. Sono previste consultazioni periodiche di esperti in materia di questioni bilaterali ed internazionali, europee o regionali di comune interesse.
  Segnalo che, nel corso dell'iter di esame presso la III Commissione, sono emerse perplessità del gruppo del MoVimento 5 Stelle sotto un profilo specifico attinente alla collaborazione italo-montenegrina in ambito energetico. In particolare, sono state sollevate questioni in relazione ai protocolli sottoscritti tra Italia, Serbia e paesi confinanti nel 2009 e nel 2011, nonché agli investimenti da parte italiana nella società elettrica montenegrina EPCG, nell'intento di conoscere se l'Accordo in esame prevedesse ulteriori iniziative in tale campo. Questi aspetti sono stati debitamente approfonditi e trattati presso la Commissione attività produttive, competente in sede consultiva, dove, anche grazie al contributo dell'allora Viceministro allo sviluppo economico De Vincenti, è stato possibile contribuire a una maggiore trasparenza sul quadro di accordi che legano il nostro Paese al Montenegro e ad una maggiore valorizzazione del provvedimento che stiamo esaminando. Si tratta di un provvedimento di ampia portata, non limitato al settore energetico, utile a promuovere e a sostenere lo sviluppo del Montenegro insieme ad un'accelerazione del suo percorso di integrazione nell'Unione europea.
  In ragione di tali elementi, auspico una rapida approvazione dell'Accordo, già approvato dal Senato il 26 novembre 2014 e già ratificato da Podgorica, che rappresenterà un ulteriore tassello al mosaico di rapporti politici, economici e culturali che lega l'Italia al Paese adriatico (Applausi).

  PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo rinunzia ad intervenire.
  È iscritto a parlare l'onorevole Amendola. Ne ha facoltà.

  VINCENZO AMENDOLA. Grazie Presidente, il relatore Raciti ha già brillantemente delineato il quadro della ratifica, all'interno del lavoro svolto dalla Commissione esteri rispetto all'articolo 117 della Costituzione. Le indicazioni, concernenti anche un dibattito, sia nella Commissione esteri, che nella Commissione attività produttive, riguardavano anche un recente passato dei rapporti con il Montenegro. In questo quadro e con riferimento a questo disegno di legge di ratifica noi non solo sanciamo gli elementi fondamentali di una strategia verso l'integrazione del Montenegro Pag. 16nell'Unione europea, in termini di interscambio, di rapporti commerciali tra i due Paesi: è stata infatti compiuta un'analisi sul recente passato che ha portato, da parte della Commissione esteri, ad una valutazione sugli errori commessi nella gestione dei rapporti con questo importante Paese. Per tale motivo, noi, dopo l'analisi svolta in Commissione attività produttive e in Commissione affari esteri, esprimiamo, ovviamente, un giudizio favorevole sulla ratifica di questo Accordo (Applausi).

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo – A.C. 2752)

  PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore, onorevole Raciti, e il rappresentante del Governo rinunziano alla replica.
  Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Sull'ordine dei lavori (ore 12,30).

  PRESIDENTE. Dovremmo ora passare alla discussione del disegno di legge n. 2511, recante la ratifica ed esecuzione del Trattato tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica popolare cinese, in materia di reciproca assistenza giudiziaria penale, fatto a Roma 7 ottobre 2010. Avverto, tuttavia, che, su richiesta del presidente della Commissione affari esteri, onorevole Cicchitto, con il consenso unanime dell'ufficio di presidenza della Commissione stessa, l'esame del provvedimento è rinviato ad altra data.

Discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica del Kazakhstan sulla cooperazione militare, fatto a Roma il 7 giugno 2012 (A.C. 2659-A) (ore 12,32).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge di legge n. 2659-A: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica del Kazakhstan sulla cooperazione militare, fatto a Roma il 7 giugno 2012.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 2659-A)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che il presidente del gruppo parlamentare del MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
  Avverto, altresì, che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
  Avverto, inoltre, che, con lettera in data odierna, il presidente della Commissione affari esteri ha comunicato che la relatrice Lia Quartapelle Procopio ha rinunciato al suo mandato e che le funzioni di relatore saranno svolte dall'onorevole Raciti.
  Ha facoltà di intervenire il relatore, onorevole Raciti.

  FAUSTO RACITI, Relatore. Grazie Presidente, l'Accordo al nostro esame ha lo scopo fissare la cornice giuridica entro cui sviluppare la cooperazione bilaterale tra le Forze armate del nostro Paese e del Kazakhstan, con l'intento di consolidare le rispettive capacità difensive e di migliorare la comprensione reciproca sulle questioni della sicurezza.
  La sottoscrizione di tale atto, che mira anche a indurre positivi effetti indiretti in alcuni settori produttivi e commerciali dei due Paesi, deve altresì essere interpretata in chiave di stabilizzazione di un'area di particolare valore strategico e di alta valenza politica, considerati gli Pag. 17interessi nazionali e gli impegni assunti in ambito internazionale per la regione dell'Asia centrale.
  L'accordo consta di 13 articoli. I principali campi della cooperazione bilaterale, come precisato nell'articolo 2, sono rappresentati dalla politica di difesa, dalla formazione nel campo militare, dall'importazione ed esportazione di armamenti e materiale militare, in base alle rispettive legislazioni nazionali, e dall'approvvigionamento logistico.
  L'articolo 4 impegna le parti a promuovere l'esportazione e l'importazione di materiale della difesa nel settore aeronautico, navale militare e dell'approvvigionamento di armamenti, sottolineando – in coerenza con i principi fissati dalla legge n. 185 del 1990 – che l'eventuale riesportazione verso Paesi terzi dovrà avvenire con il preventivo benestare del Paese cedente.
  L'articolo 5 tratta le questioni attinenti alla giurisdizione, riservando allo Stato di soggiorno il diritto di giurisdizione nei confronti del personale ospitato, per i reati commessi nel proprio territorio e puniti secondo la propria legge; tuttavia, riconosce allo Stato di origine il diritto di giurisdizione, in via prioritaria, per tutti i reati commessi contro la sua legislazione nazionale dal proprio personale nell'esercizio o in relazione all'attività di servizio nel Paese ospitante.
  Viene, altresì, stabilito che qualora la legislazione della parte ospitante preveda sanzioni diverse da quelle della legislazione dello Stato di origine, le autorità di entrambi i Paesi addiverranno ad un'intesa che salvaguardi i diritti del personale interessato. Va sottolineato, a tal proposito, che il Kazakhstan ha abolito la pena di morte per i reati comuni a partire dal 2007 ed ha aderito, ratificandoli, ai principali accordi internazionali in materia, quali la Convenzione tra gli Stati, parte del Trattato NATO, e gli altri Stati partecipanti al partenariato per la pace sullo Statuto delle Forze armate e la Convenzione ONU contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti, del 10 dicembre 1984.
  Il disegno di legge di autorizzazione alla ratifica, il cui esame presso la Commissione affari esteri della Camera si è concluso il 25 febbraio di quest'anno, si compone di quattro articoli. In particolare, gli oneri derivanti dall'attuazione dell'Accordo erano valutati, all'articolo 3 del testo originario del provvedimento, in euro 5.128 ad anni alterni a decorrere dall'anno 2014: tali oneri erano coperti mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del Fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2014-2016, nell'ambito del programma Fondi di riserva e speciali della missione Fondi da ripartire dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2014, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Tuttavia, la Commissione affari esteri ha approvato un emendamento finalizzato, in base alle condizioni poste dalla Commissione bilancio nel proprio parere, a far decorrere dal 2015 gli oneri di attuazione della legge, in ragione dei tempi necessari all'entrata in vigore dell'accordo.
  Se è noto il ruolo italiano nell’upstream dei giacimenti kazaki, è meno noto forse che nel luglio scorso Astana ha reso operativa l'abolizione unilaterale dei visti per dieci Paesi (compreso il nostro) con i quali i rapporti commerciali sono particolarmente intensi: a tale riguardo segnalo che secondo i dati ufficiali kazaki, l'Italia è uno dei principali partner economico-commerciali del Kazakhstan, poiché rappresenta il secondo Paese di destinazione esportazioni kazake (petrolio in larghissima parte) con una quota del 18 per cento del suo interscambio totale, secondi solo alla Cina. Per contro l'Italia continua infatti ad essere il secondo Paese esportatore in Kazakhstan dopo la Germania in ambito UE e il sesto in assoluto con oltre 900 milioni di euro di export nel 2012, quasi quadruplicato in dieci anni.
  Anche sotto il profilo della lotta al terrorismo di matrice religiosa, le autorità della Repubblica centro-asiatica hanno elevato il livello di attenzione: i combattenti Pag. 18originari della regione che si trovano in Siria rappresentano, infatti, per i Paesi di origine una seria minaccia per la sicurezza nazionale per via del combinato di predicazione fondamentalista e competenza bellica che possono utilizzare, al rientro in patria, con finalità altamente destabilizzanti. L'attività di prevenzione attuata dalle forze di sicurezza locali ha portato in Kazakhstan a diversi arresti e ai primi del mese di luglio anche la condanna di cinque militanti del Partito della liberazione islamica.
  Raccomando pertanto una celere approvazione del disegno di legge, poiché il Kazakhstan riveste una grande rilevanza sia sotto il profilo commerciale – e segnatamente degli approvvigionamenti energetici – che sotto quello militare e di contrasto al terrorismo internazionale di matrice islamista.

  PRESIDENTE. Ancora, salutiamo gli altri alunni e i docenti degli Istituti comprensivi «Sestini», «Montale» e «Bonaccorso», in provincia di Pistoia, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
  Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito.
  È iscritto a parlare l'onorevole Amendola. Ne ha facoltà.

  VINCENZO AMENDOLA. Grazie Presidente, la relazione dell'onorevole Raciti è esauriente e tocca anche un dibattito fatto in Commissione esteri, nel quadro dell'articolo 117 della Costituzione, della ratifica di questo accordo con un Paese con cui intratteniamo rapporti commerciali crescenti, con cui scambiamo un interesse geopolitico di recente data. È evidente che un accordo, che ha fatto discutere sulla cooperazione militare la Commissione esteri, prevede alcuni elementi che ci portano a dare un giudizio positivo. Innanzitutto l'eventuale riesportazione verso Paesi terzi di elementi commerciali relativi alla cooperazione militare dovrà avvenire con il preventivo benestare del Paese cedente. Ed è evidente che, anche nel quadro giuridico internazionale, le adesioni del Kazakhstan ai trattati e alle convenzioni, che il relatore ha presentato, costituiscono un quadro giuridico di comune comportamento nel quadro internazionale che inserisce questo accordo commerciale non solo in un crescente interesse reciproco tra i due Paesi, ma anche in un quadro di garanzie per quanto riguarda la cooperazione militare verso terzi e tra i Paesi contraenti. Per questo, come Partito Democratico diamo un parere favorevole alla ratifica.

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo – A.C. 2659-A)

  PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore e il rappresentante del Governo rinunciano alla replica.
  Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del disegno di legge: S. 1532 – Ratifica ed esecuzione dell'Accordo bilaterale tra Italia e Montenegro aggiuntivo alla Convenzione europea di estradizione del 13 dicembre 1957, finalizzato ad agevolarne l'applicazione, fatto a Podgorica il 25 luglio 2013 e dell'Accordo bilaterale tra Italia e Montenegro aggiuntivo alla Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale del 20 aprile 1959, inteso a facilitarne l'applicazione, fatto a Podgorica il 25 luglio 2013 (Approvato dal Senato) (A.C. 2756) (ore 12,40).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 2756, già approvato dal Senato: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo bilaterale tra Italia e Montenegro aggiuntivo alla Convenzione europea di estradizione del 13 dicembre 1957, finalizzato ad agevolarne l'applicazione, fatto a Podgorica il 25 luglio 2013 Pag. 19e dell'Accordo bilaterale tra Italia e Montenegro aggiuntivo alla Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale del 20 aprile 1959, inteso a facilitarne l'applicazione, fatto a Podgorica il 25 luglio 2013.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 2756)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
  Avverto, altresì, che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
  Prima di dare la parola al relatore ne approfitto per salutare, anche in questo caso, gli alunni e i docenti dell'Istituto comprensivo statale «Umberto I» di Lanciano, in provincia di Chieti, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
  Ha facoltà di intervenire il relatore, onorevole Raciti.

  FAUSTO RACITI, Relatore. Grazie Presidente, in linea con gli obiettivi del provvedimento già illustrato in precedenza in tema di collaborazione strategica, gli Accordi tra Italia e Montenegro in tema di estradizione e di assistenza giudiziaria penale si inquadrano nell'obiettivo di entrambi i Paesi di intensificare la lotta alla criminalità e al terrorismo. Con questo Accordo aggiuntivo, i rapporti fra Italia e Montenegro nel campo della cooperazione giudiziaria penale compiono un notevole passo in avanti, essendo stata ricompresa la facoltà di estradizione dei propri cittadini, sinora rifiutata dal Montenegro.
  In tema di estradizione si detta una puntuale disciplina della materia e del transito di cittadini sul territorio per le ipotesi in cui un cittadino consegnato da uno Stato terzo a uno dei due Stati contraenti debba transitare sul territorio degli stessi. Segnalo che l'accordo, nel prevedere la facoltà degli Stati contraenti di estradare reciprocamente i propri cittadini, fa espresso riferimento sia all'estradizione processuale, fondata su misure cautelari, che a quella esecutiva, basata su decisioni passate in giudicato. Nel primo caso la facoltà di estradare i cittadini è stata prevista solo per quei reati per i quali potrebbe essere inflitta una pena detentiva pari o superiore a cinque anni. La determinazione di tale limite di pena è stata espressamente richiesta dalla parte montenegrina. Lo stesso limite dei cinque anni è stato applicato per il caso di estradizione esecutiva e, dunque, il cittadino potrà essere concesso in estradizione solo se nei suoi confronti debba essere eseguita una pena detentiva non inferiore a cinque anni.
  È stata inoltre prevista, per il caso di estradizione processuale, la facoltà di condizionare la consegna del cittadino alla sua restituzione allo Stato richiesto, affinché possa ivi scontarvi la pena inflitta all'esito del procedimento penale celebrato nello Stato richiedente. L'Accordo aggiuntivo alla Convenzione europea di assistenza giudiziaria del 20 aprile 1959, teso a facilitarne l'applicazione, si inserisce nell'ambito degli strumenti finalizzati all'intensificazione ed alla puntuale regolamentazione dei rapporti di cooperazione posti in essere dall'Italia con l'obiettivo di migliorare la cooperazione giudiziaria internazionale e rendere più efficace, nel settore giudiziario penale, il contrasto al fenomeno della criminalità transnazionale. L'adozione di norme volte a disciplinare in modo preciso ed accurato il settore dell'assistenza giudiziaria penale è stata imposta dalla attuale realtà sociale, caratterizzata da sempre più frequenti ed estesi rapporti tra i due Stati in qualsiasi settore: economico, finanziario, commerciale e dei flussi migratori. L'incontestabile dato della continua crescita dei rapporti tra i due Paesi implica, inevitabilmente, la comune esigenza di reciproca assistenza giudiziaria penale.
  Quanto ai contenuti dell'articolato, si prevede che le parti si impegnino a Pag. 20prestarsi reciprocamente la più ampia assistenza giudiziaria in molteplici settori, quali l'invio di documenti, atti ed elementi di prova, la ricerca ed identificazione di persone, il trasferimento di persone detenute al fine di rendere testimonianza o di partecipare ad altri atti processuali, l'esecuzione di ispezioni giudiziarie o l'esame di luoghi o di oggetti, l'esecuzione di indagini, perquisizioni, congelamenti, sequestri e confische di beni pertinenti al reato e dei proventi del reato medesimo.
  Si disciplina l'esecuzione della richiesta di assistenza e l'eventuale rinvio della stessa. È stato stabilito che le parti si impegnano a collaborare tempestivamente in conformità alla legislazione dello Stato richiesto, ma è stata anche prevista la possibilità di eseguire la domanda di assistenza secondo modalità particolari indicate dalla parte richiedente, sempre che ciò non contrasti con la legislazione della parte richiesta. È da evidenziare che si prevede che, se su domanda dello Stato richiedente lo Stato richiesto debba effettuare accertamenti sui rapporti bancari, finanziari e di conto corrente che una persona fisica o giuridica, sottoposta a procedimento penale dalle autorità giudiziarie dello Stato richiedente, intrattenga sul territorio dello Stato richiesto, non possa essere opposto il segreto bancario. Ciò premesso, è opportuno provvedere a rapida ratifica degli Accordi in esame, che muovono nella direzione di rafforzare i meccanismi posti a tutela della legalità e della certezza della pena e avvicinano ulteriormente il Montenegro all'obiettivo dell'integrazione europea, da tempo convintamente sostenuta dal Parlamento e dal Governo italiano.

  PRESIDENTE. La ringrazio. Prendo atto che il Viceministro Pistelli si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito. È iscritto a parlare l'onorevole Amendola. Ne ha facoltà.

  VINCENZO AMENDOLA. Grazie, Presidente. Il relatore Raciti ha delineato questo Accordo bilaterale con il Montenegro, aggiuntivo alla Convenzione europea di estradizione del 1957. È un accordo bilaterale che è finalizzato appunto ad agevolarne l'applicazione e sottoscritto nella capitale montenegrina il 25 luglio 2013. Come la ratifica precedente, dimostra che l'accordo tra Italia e Montenegro si solidifica con delle ratifiche che innestano un quadro nuovo di completa collaborazione sui vari segmenti, dal commerciale all'energetico – come abbiamo visto prima –, con un interscambio sempre crescente, fino ad un accordo che solidifica i rapporti tra i due Paesi anche per quanto riguarda materie giudiziarie e processuali, tenendo conto dell'integrazione tra i meccanismi della politica di giustizia. È questo un Accordo recente, che segue appunto quello precedente già illustrato, e nei vari articoli indica gli ambiti di applicazione, come le modalità di trasmissione delle richieste anche in campo penale, l'utilizzo di strumenti fondamentali per il percorso processuale penale, la videoconferenza per l'assunzione di testimonianze e le dichiarazioni per l'espletamento di interrogatori, e anche, all'articolo 5, l'apertura in materia di accertamenti bancari e finanziari, ciò determina un quadro di strumenti aggiuntivi per quanto riguarda gli accordi.
  È un accordo in quattro articoli, con una copertura finanziaria degli oneri derivanti dagli accordi, gli oneri dall'attuazione dell'accordo di estradizione con delle somme prefissate e anche l'accordo per l'assistenza giudiziaria in materia penale. Questo e l'analisi che abbiamo fatto come Commissione esteri sempre nel quadro dell'accordo per l'articolo 117 della Costituzione – sono ratifiche in questo ambito – ci permettono di dire che la Convenzione con il Montenegro in materia penale così come nella materia che riguardava invece la ratifica precedente, che fortunatamente porteremo in Aula in questa settimana, delineano un quadro di rapporti con uno dei Paesi più rappresentativi dei Balcani occidentali che danno la possibilità all'Italia, dopo l'interscambio e i rapporti con la Serbia, dopo l'interscambio e i rapporti consolidati con altri Paesi Pag. 21già dentro l'Unione europea, come Croazia e Slovenia, di continuare una nostra strategia di legame e di interscambio con Paesi appunto che sono in procinto o che hanno avviato il processo di adesione all'Unione europea. Con il Montenegro, per i rapporti storici, per i rapporti commerciali e grazie a questi nuovi accordi bilaterali che approfondiscono elementi come quelli dell'assistenza giudiziaria in materia penale, noi riusciamo a costruire un quadro ancora più preciso. Quindi io, nel ringraziarla, caro Presidente, dico che anche su questo accordo il Partito Democratico esprime un parere favorevole.

  PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Amendola, anche per questo approfondito intervento. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo – A.C. 2756)

  PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore non intende replicare. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito.
  Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del disegno di legge: S. 1327 – Norme recanti regime fiscale speciale in relazione ai rapporti con il territorio di Taiwan (Approvato dal Senato) (A.C. 2753) (ore 12,50).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 2753: Norme recanti regime fiscale speciale in relazione ai rapporti con il territorio di Taiwan.
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali – A.C. 2753)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento.
  Avverto, altresì, che le Commissioni III (Esteri) e VI (Finanze) si intendono autorizzate a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire il relatore per la Commissione esteri, onorevole Monaco.

  FRANCESCO MONACO, Relatore per la III Commissione. Signor Presidente, il progetto di legge all'esame dell'Aula, approvato dal Senato il 25 novembre scorso, è finalizzato a disciplinare gli aspetti fiscali delle relazioni economiche tra Italia e Taiwan, al fine di eliminare il fenomeno della doppia imposizione e di garantire una più efficiente cooperazione amministrativa fra le due parti per il contrasto dell'evasione fiscale. L'economia di Taiwan, tra le prime venti al mondo, è in costante crescita, favorita dalla posizione geostrategica dell'sola nell'area Asia-Pacifico, favorita anche dall'eccezionale sviluppo delle innovazioni tecnologiche che la caratterizzano e dal forte incremento dei rapporti, in tutti i campi, con la Cina continentale, come è emerso anche nel corso della riunione bilaterale Cina-Taiwan che si è svolta durante il vertice della Cooperazione economica asiatico-pacifica svoltosi a Pechino nel novembre scorso. Taiwan è una grande economia delle dimensioni del Belgio, ad alto livello di competitività e innovazione. Il World Economic Forum colloca Taipei al secondo gradino del podio in Asia, dopo Singapore, per indice di competitività e al settimo posto al mondo per innovazione, avvalendosi di una consolidata cultura d'impresa e di regole di comportamento tipicamente anglo-americani.
  Il nostro Paese, seguito anche dall'Unione europea, non considera Taiwan uno Stato sovrano e non vi intrattiene, quindi, rapporti politici formali (a Taipei Pag. 22è presente solo un ufficio italiano di promozione economica, commerciale e culturale).
  Oggi, nell'Unione europea, l'Italia rappresenta il quinto partner economico-commerciale di Taiwan con 2,5 miliardi di euro di interscambio nel 2013, nell'ambito dei 40 miliardi di euro complessivi tra l'intera Unione europea e Taiwan.
  Poiché, come si è detto, non sussistono rapporti diplomatici tra Italia e Taiwan, non è stato possibile stipulare un ordinario accordo bilaterale. Il regime fiscale speciale viene, dunque, introdotto attraverso l'approvazione di norme interne, concordate tra i due Paesi: una soluzione che è già stata fatta propria da altri Stati dell'Unione europea, come ad esempio il Regno Unito nel 2002 e la Germania nel 2012.
  Le disposizioni ricalcano complessivamente quelle elaborate in ambito OCSE e, in particolare, quelle in ordine alla disciplina della cosiddetta «stabile organizzazione» (articolo 5): in questo caso, le norme concordate costituiscono il risultato di una mediazione tra le esigenze del territorio in cui si applica la legislazione fiscale amministrata dal nostro Ministero dell'economia e delle finanze, da una parte, e, dall'altra, il territorio in cui si applica la legislazione fiscale amministrata dall'Agenzia di Taiwan.
  Le stesse disposizioni risultano – come dicevo – in linea con gli attuali standard OCSE e l'articolo 162 del Testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. È stabilita a sei mesi la configurazione – come dicevo – di una cosiddetta stabile organizzazione nel caso di un cantiere di costruzione, montaggio o installazione o di supervisione, ed anche dell'impresa che presta servizi oltre la suddetta soglia temporale; d'altra parte, la definizione del comma 4, come ho detto più volte, è perfettamente aderente ai principi OCSE.
  Prima di passare la parola al collega Pelillo, auspico una definitiva approvazione del provvedimento, che è stato favorevolmente valutato, in sede consultiva, da tutte le Commissioni che se ne sono occupate: la I, la II, la V, la VII, la IX, la X, la XI, la XIII e la XIV.

  PRESIDENTE. Ha ora facoltà di intervenire il relatore per la VI Commissione (Finanze), onorevole Pelillo.

  MICHELE PELILLO, Relatore per la VI Commissione. Signor Presidente, colleghi, il disegno di legge in esame, già approvato dal Senato, ha per oggetto: «Norme recanti regime fiscale speciale in relazione ai rapporti con il territorio di Taiwan». Nella sostanza il provvedimento, che è costituito da 31 articoli, ricalca il contenuto dei trattati per evitare le doppie imposizioni, secondo il modello elaborato in sede OCSE, in modo analogo ai numerosi provvedimenti di carattere patrizio in materia di doppie imposizioni esaminati nel corso di questa legislatura dalla Camera.
  Poiché, come già opportunamente rilevato dall'altro relatore, onorevole Monaco, non sussistono rapporti diplomatici tra l'Italia e Taiwan, coerentemente con la linea politica dell'Unione europea, che non considera Taiwan uno Stato sovrano, non è stato possibile stipulare un ordinario accordo bilaterale, ma si è dovuto fare ricorso alla approvazione di un regime fiscale speciale, introdotto attraverso l'approvazione di norme interne concordate tra i due Paesi.
  Questa modalità operativa è la stessa adoperata dagli altri Paesi dell'Unione europea, ben tredici, che ci hanno preceduto, a cominciare dal Regno Unito nel 2002 e a finire all'Austria nei mesi scorsi. L'importanza commerciale e finanziaria assunta da Taiwan impone al nostro Paese di facilitare lo scambio di commerci ed investimenti, a cominciare dalla regolazione degli aspetti fiscali necessari a conferire il carattere della certezza delle imposizioni tributarie.
  Sarebbe un grave errore per l'Italia perdere altro tempo. Come dicevo prima, già tredici Stati europei prima di noi hanno compreso l'importanza di non ostacolare i rapporti economici con Taiwan.
  Per l'Italia l'errore sarebbe anche più grave, perché i prodotti italiani e quelli Pag. 23taiwanesi sono oggettivamente complementari fra loro e perché la propensione di Taiwan ad investire in Europa è molto cresciuta negli ultimi anni, al ritmo impressionante del 169 per cento annuo tra il 2010 e il 2014.
  Né può costituire ostacolo la circostanza diplomatica di non riconoscere Taiwan come Stato sovrano. Basti pensare che la stessa Cina si comporta da molto tempo in modo asimmetrico. Nel 2013 il commercio tra Cina e Taiwan ha raggiunto un volume di scambio pari a 124 miliardi di dollari. Tra Cina e Taiwan ci sono 828 voli diretti alla settimana e, ad oggi, sono operativi ben 21 accordi bilaterali, per facilitare le relazioni economiche e gli investimenti.
  La nuova disciplina garantirà una più efficiente cooperazione amministrativa fra le due parti per il contrasto alla evasione fiscale ed agevolerà l'inclusione di Taiwan nella cosiddetta white list.
  Passando al contenuto delle singole previsioni, per brevità ricordo che la sfera oggettiva di applicazione del provvedimento è costituita dalle imposte dirette. Gli articoli 4 e 5 definiscono i concetti di soggetti residenti e di stabile organizzazione. L'articolo 7 regolamenta la tassazione degli utili d'impresa. Gli articoli seguenti si occupano di tutte le altre tipologie di reddito. L'articolo 23 disciplina il metodo per eliminare la doppia imposizione. L'articolo 26 tratta dello scambio di informazioni tra le autorità competenti. Infine, l'articolo 30 regola l'efficacia delle disposizioni previste dal disegno di legge.
  Onorevoli colleghi, concludo questa mia breve relazione con un duplice auspicio: il primo riguarda, ovviamente, la definitiva approvazione del disegno di legge in esame; l'altro è rivolto al nostro Governo, perché subito dopo l'approvazione sia parte attiva, in sede dell'Unione europea, per sostenere l'importanza e l'utilità di un accordo sugli investimenti tra UE e Taiwan. Il provvedimento che ci accingiamo a votare è un passo importante per agevolare le relazioni economiche tra Italia e Taiwan. Con un successivo accordo sugli investimenti tra Unione europea e Taiwan le medesime relazioni ne ricaverebbero sicuramente un impulso ancora più grande.

  PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire nel prosieguo della discussione.
  È iscritto a parlare l'onorevole Currò. Ne ha facoltà.

  TOMMASO CURRÒ. Grazie, Presidente. Gentili colleghi, il disegno di legge in esame, approvato dal Senato il 25 novembre scorso, reca una serie di disposizioni tese a disciplinare i rapporti fiscali tra Italia e Taiwan, con la particolare finalità di eliminare le doppie imposizioni, che penalizzano il pieno sviluppo delle relazioni economiche e commerciali tra i due Paesi, nonché di agevolare l'inclusione del territorio predetto all'interno delle cosiddette white list, previste dalla legge n. 244 del 2007, e favorire una più efficiente cooperazione, tesa ad assicurare un adeguato scambio di informazioni in materia fiscale per il contrasto all'evasione.
  Con riguardo al problema della doppia imposizione, va innanzitutto rilevata la specifica peculiarità connessa alla mancanza di riconoscimento di Taiwan, come era già stato appunto accennato, quale entità politica autonoma. Il nostro Paese, infatti, nel quadro di indirizzo della One China Policy ed in coerenza all'appartenenza all'insieme degli Stati membri, non riconosce Taiwan come uno Stato sovrano ed in ragione di ciò, stante l'impossibilità di perfezionare una convenzione internazionale ad hoc per la conseguente assenza dei rapporti a livello diplomatico, ha ritenuto di procedere attraverso l'approvazione di norme interne concordate reciprocamente tra i due Paesi e aventi l'effetto giuridico finale di autodelimitare l'ambito della potestà impositiva nazionale, attesa l'adozione, ovviamente, da parte di Taiwan di una regolamentazione interna dai contenuti analoghi.
  È questo il motivo, dunque, per cui il Parlamento è chiamato ad approvare un vero e proprio testo legislativo e non a Pag. 24ratificare un accordo internazionale, così come avviene in tutti gli altri casi in materia di scambio di informazioni finanziarie e di doppia imposizione. Questa soluzione è stata, peraltro, già fatta propria da altri Paesi dell'Unione europea, come, ad esempio, il Regno Unito nel 2002 e la Germania nel 2012, secondo uno schema elaborato in ambito OCSE.
  Il nostro Paese arriva dunque – e purtroppo come troppo spesso accade – in ritardo.
  Un ritardo che dobbiamo velocemente recuperare alla luce dell'importanza di Taiwan dal punto di vista industriale e commerciale, ed in vista dell'obiettivo di mettere l'Italia in linea con gli altri Paesi europei nelle opportunità di partnership e scambi con Taiwan. Ma, per meglio comprendere l'importanza di questo provvedimento, da cui discende l'auspicio di una sua rapida approvazione, è utile ricordare come Taiwan ricopra un ruolo strategico per gli equilibri economici internazionali con il sud-est asiatico, trovandosi al centro degli scambi commerciali mondiali, svolgendo un ruolo preminente nel settore della produzione di computer, dell'elettronica di consumo, di motocicli, macchinari e componenti auto, intrattenendo rapporti economici molto rilevanti con gli altri Paesi europei, nonché un gigantesco interscambio commerciale bilaterale con la Repubblica popolare cinese pari a circa 120 miliardi di dollari annui.
  Pechino risulta, infatti, il principale partner dell'isola per le sue esportazioni, e ciò costituisce indubbiamente un potenziale moltiplicatore del mercato interno taiwanese, offrendo all'Italia un ulteriore vantaggio dall'infittimento dei rapporti reciproci commerciali. Taiwan possiede un'economia prospera, tra le prime venti al mondo, e in continua crescita, il cui PIL pro capite è assimilabile a quello dei Paesi del Nord Europa, con un alto livello di competitività ed una forte capacità di innovazione.
  Il volume di interscambi che Taiwan intrattiene con l'Europa ammonta a circa 40 miliardi di euro, di cui l'Italia assorbe una porzione di circa 3,8 miliardi, pari a circa il 7 per cento del volume complessivo, attestandosi al quinto posto come partner economico commerciale. Proprio nella prospettiva di crescita del volume dei nostri rapporti con il territorio di Taiwan, è utile sottolineare come le due economie presentino profili di complementarità interessanti, che potrebbero costituire reali opportunità di sbocco per i mercati delle nostre imprese, soprattutto in riferimento al settore agroalimentare, a quello turistico, della moda e arredamento, e dei beni di lusso.
  Diversi marchi italiani sono già presenti su quel territorio, ma è necessario rendere il sistema di relazioni maggiormente competitivo e forte. Da qui l'importanza di regole di trasparenza finanziaria e di interscambio informativo, e, al tempo stesso, di regole che evitino alle imprese di Taiwan che lavorano con l'Italia e a quelle italiane che lavorano con Taiwan di pagare le imposte per due volte. Come sappiamo, la crisi che ha investito il nostro Paese è stata in gran parte alimentata dal calo progressivo della domanda interna e, in questo contesto, la quota di export ha impedito al nostro sistema economico, strutturato, per la grande maggioranza, su piccole e medie imprese, di subire un crollo ancora più grave.
  Da qui l'importanza ulteriore, rispetto ad una situazione di domanda interna ipotetica soddisfacente, che non c’è oggi, ovviamente, di adottare tutti quei provvedimenti che rendano realistica la prospettiva di un panorama di mercati esteri più stabile ed ampio a vantaggio delle nostre imprese, che potranno meglio cogliere le opportunità industriali e commerciali in un quadro normativo chiaro e semplificato. Gli operatori economici e finanziari di Taiwan guardano con attenzione all'Italia e ai prodotti del made in Italy, e sono interessati ad effettuare investimenti nel nostro Paese, anche grazie alla forte liquidità di cui dispongono. È preciso dovere nostro, dunque, fornire mezzi idonei alle imprese affinché possano esprimere appieno tutto il loro potenziale di crescita.
  Un'impresa italiana sana e intraprendente, che decide di porre in essere rapporti Pag. 25di interscambio con altri Paesi e di investire in tal senso, impegnando risorse finanziarie, umane, materiali ed immateriali proprie, ha non solo il bisogno fondamentale di sapere con certezza quante e quali tasse dovrà pagare, ma deve essere messa nelle condizioni di poter competere legalmente in un ambiente in cui lo Stato impiega tutti gli strumenti a sua disposizione per combattere la concorrenza sleale legata al fenomeno dell'evasione e dell'elusione fiscale transnazionale.
  Proprio in questo contesto, la disciplina in corso di approvazione rafforza la cooperazione per lo scambio di informazioni e la trasparenza, dando continuità al percorso di politiche già intrapreso nel contesto di indirizzo del semestre europeo a presidenza italiana, di cui quest'ultima è stata promotrice. Politiche, Presidente, che hanno portato il Consiglio all'adozione di una direttiva che punta all'estensione del campo di applicazione dello scambio automatico di informazioni in materia tributaria a interessi, dividendi e redditi di natura finanziaria, con l'obiettivo di ostacolare coloro i quali portano capitali o beni all'estero per sfuggire al pagamento delle imposte nel Paese in cui dovrebbero legittimamente essere corrisposte.
  Il tema dell'Europa ci deve essere particolarmente caro: è la casa che stiamo costruendo per il futuro delle nuove generazioni e dobbiamo impegnarci a regolamentare tutte quelle situazioni di squilibrio che allontanano i cittadini dalle sue istituzioni. La lotta all'inviolabilità del segreto bancario, che fino ad oggi ha, purtroppo, riguardato anche Paesi dell'Unione, è oggi ad un punto di svolta. Svizzera, Andorra, Liechtenstein, Monaco e San Marino stanno tutti pian piano abbandonando il segreto bancario, affinché si realizzi davvero un sistema unificato di scambio di informazioni e perché non si veda più un'Europa in cui un Paese abbia la facoltà di far pagare un prezzo per l'anonimato ai soggetti non residenti.
  Trasparenza nelle informazioni, dunque, che si deve accompagnare a processi di tracciabilità da un lato e di armonizzazione fiscale dall'altro. Nel 2014, su forte iniziativa italiana e tedesca, G20 e Unione europea hanno approvato i nuovi common reporting standard che mettono fine al segreto bancario a partire dal 2017 e che possono esser anticipati da accordi bilaterali, come quelli che il nostro Paese ha recentemente concluso con vari altri Paesi, primo fra tutti la Svizzera. Durante il 2015 dobbiamo spingere affinché con lo stesso schema la comunità internazionale faccia proprio nuove regole che contrastino l'elusione fiscale internazionale, quella che permette alle società multinazionali di nascondere i guadagni e basi imponibili, nell'ambito del progetto OCSE, il cui acronimo è BEPS, base erosion and profit shifting. Anche in questo caso, Italia e Germania sono alleate nell'imprimere la spinta politica alle diverse istituzioni internazionale. Si tratta di un fatto interessante, da valutare con attenzione: mentre su altre dossier di politica economica europea Italia e Germania tendono ad avere posizioni diverse, sul dossier fiscale, invece, tendono ad essere alleate. Ciò deriva dal fatto che Italia e Germania sono i due principali Paesi europei nel campo delle produzioni e dell’export industriale manifatturiero. Ma questo dato di fatto invita anche tutti noi, sia in Italia, che in Germania, a non dare una lettura nazionalistica dei conflitti politici tra il nostro Paese e la Germania, una lettura che è troppo spesso, propagandata in tutti e due Paesi, sta avvelenando il clima delle opinioni pubbliche in un modo fortemente deleterio. È facile raccogliere qualche voto in più Germania, parlando male dell'Italia, così com’è facile raccogliere qualche voto in più in Italia, parlando male della Germania, ma così facendo non si rende un buon servizio né alla Germania, né nel nostro Paese, i quali hanno entrambi bisogno di procedere verso una costruzione europea più solida, più orientata alla crescita economica e sociale e più solidale.
  Tornando a Taiwan, Presidente, con l'approvazione definitiva di questa legge, che questa Camera ha da oggi in seconda lettura, l'Italia si mette in linea con tutti gli altri Paesi che intrattengono relazioni industriali e commerciali normali e trasparenti Pag. 26con un territorio che, pur non avendo, per nostre legittime e comprensibili scelte diplomatiche, il riconoscimento di Stato nazionale, ha uno dei più dinamici potenziali produttivi e imprenditoriali del mondo. Nell'auspicio che anche per questa strada, e cioè con lo sviluppo di ordinate relazioni finanziarie e imprenditoriali, si possa camminare lungo un percorso di soluzioni pacifiche e consensuali per gli storici conflitti politici che coinvolgono quell'area del mondo.

  PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Dorina Bianchi che era iscritta a parlare, si intende che vi abbia rinunziato.
  Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo – A.C. 2753)

  PRESIDENTE. Prendo atto che i relatori e il rappresentante del Governo rinunziano alla replica.
  Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
  Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 14,30 per lo svolgimento delle ulteriori discussioni sulle linee generali iscritte all'ordine del giorno.

  La seduta, sospesa alle 13,10, è ripresa alle 14,30.

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Cicchitto e Lupi sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
  I deputati in missione sono complessivamente settantasei, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione della mozione Faenzi ed altri n. 1-00784 concernente iniziative in materia di esenzione dall'IMU per i terreni agricoli.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Faenzi ed altri n. 1-00784, concernente iniziative in materia di esenzione dall'IMU per i terreni agricoli (Vedi l'allegato A – Mozioni).
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione delle mozioni è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 9 aprile 2015.
  Avverto che sono state altresì presentate le mozioni Franco Bordo ed altri n. 1-00790, Massimiliano Bernini ed altri n. 1-00793, Rostellato ed altri n. 1-00795 e De Girolamo ed altri n. 1-00797 (Vedi l'allegato A – Mozioni) che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalla mozioni all'ordine del giorno, verranno svolte congiuntamente. I relativi testi sono distribuzione.

(Discussione sulle linee generali)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
  È iscritta a parlare la deputata Sandra Savino, che illustrerà anche la mozione Faenzi ed altri n. 1-00784, di cui è cofirmataria. Ne ha facoltà.

  SANDRA SAVINO. Signor Presidente, rappresentante del Governo e colleghi, con la recente approvazione del decreto-legge n. 4 – resosi necessario a seguito delle numerose sollecitazioni provenienti dal Parlamento e in particolare, dal mondo agricolo, attraverso le associazioni di categoria e delle imprese, che richiedevano a gran voce una nuova riclassificazione dei criteri di esenzione per questa nuova e assurda imposta, qual è l'IMU sui terreni agricoli – il gruppo di Forza Italia dichiarò fin da subito che questa travagliata vicenda non sarebbe potuta considerarsi esaurita.Pag. 27
  La sequela incredibile di ritardi, errori procedurali, cambi di regole in corso, causati dal Governo sin dallo scorso novembre per cercare di rastrellare poche centinaia di milioni di euro, già iscritti a bilancio di fine anno per coprire il mosaico delle coperture al bonus degli 80 euro, lascia veramente perplessi su quale sia oggi il livello di correttezza e fiducia tra l'amministrazione finanziaria ed il contribuente.
  La vicenda, questa dell'IMU sui terreni ex montani, rappresenta infatti per alcuni versi lo specchio di questo Paese, soprattutto di questo Governo, impegnato a ricorrere ad una politica basata soprattutto sugli annunci e su alcuni provvedimenti spot, che poi impongono dei sacrifici, in questo caso ad un settore strategico per la nostra economia com’è l'agroalimentare. Questa telenovela fiscale – che è ancora lontana dalla conclusione definitiva con le manifestazioni di proteste in tutta Italia e le censure dei giudici amministrativi del TAR Lazio, che si pronunceranno a giugno – conferma in quest'occasione che questo modo di governare genera non solo un dissenso capillarmente distribuito sul territorio, ma soprattutto un caos di tipo amministrativo che confonde i contribuenti, i quali si trovano precipitati in un quadro normativo precario e che non offre certezze.
  Tutto questo viene vissuto sotto il manto di una propaganda, che parla di velocità e di efficientismo mentre, come l'IMU insegna, i risultati sono diametralmente opposti: una tassa iniqua e costituzionalmente illegittima, ma soprattutto deleteria nei confronti dell'economia del Paese, bloccata dall'inesistente rilancio sui consumi interni. Il paradosso è che, a fronte di questa situazione, sentiamo il Premier annunciare una prossima semplificazione fiscale, i cui contenuti sfuggono ad ogni ragionevole previsione. Certo, se il timbro innovativo sarà quello dell'IMU sui terreni ex montani, non credo che i contribuenti italiani possano aspettarsi qualcosa di positivo.
  Proprio sull'IMU i numerosi interventi presentati nel corso dei mesi precedenti, attraverso le risoluzioni in Commissione finanze e le interrogazioni presentate ai ministri Padoan e Martina, nel rendere chiarezza sui criteri utilizzati per l'applicazione dell'imposta, non hanno determinato significativi risultati. Le sollecitazioni sono state rivolte al Governo per disporre una doverosa proroga del pagamento, considerando il ritardo clamoroso della pubblicazione del decreto ministeriale – decreto che avrebbe dovuto essere emanato entro 90 giorni dalla legge di conversione del decreto-legge n. 66 del 2014, per stabilire i criteri applicativi del pagamento della tassa e che, invece, è stato pubblicato pochissimi giorni prima del 16 dicembre scorso, termine ultimo per gli adempimenti fiscali – un lasso di tempo di attesa che dimostra l'evidente superficialità e inadeguatezza con cui quest'Esecutivo amministra il Paese e, soprattutto, la scarsa considerazione nei riguardi del lavoratori agricoli e dei proprietari terrieri.
  E se, da un lato, a seguito delle rivolte corali delle imprese e delle associazioni agricole e dei pesanti moniti dei giudici del TAR, si è giunti a una revisione dei criteri di esenzione, attraverso l'eliminazione della scelta dell'altimetria della casa comunale quale unico criterio di distinzione, dall'altro lato, i nuovi criteri di determinazione delle aree di esenzione dell'IMU dei terreni agricoli permangono fortemente critici, iniqui e paradossali, in primis sull'efficacia delle norme, ed in particolare con riferimento alla classificazione assunta con il decreto interministeriale del 28 novembre 2014, che il legislatore ha abrogato a far data dal 2015, ma che resta in vita per il 2014 quale clausola di maggior favore per i possessori di terreni.
  Atteso che il pagamento IMU 2014 è stato fissato allo scorso 10 febbraio, occorre domandarsi innanzitutto se può agire la clausola di salvaguardia alla luce dei provvedimenti cautelari resi dalla magistratura amministrativa del Lazio, che ha disposto la sospensione dell'efficacia del medesimo decreto in attesa del giudizio di merito previsto, in ultimo, per il prossimo fine giugno.Pag. 28
  Cosa potrebbe succedere, infatti, se il contribuente per il 2014 ha utilizzato i criteri altimetrici fissati dallo stesso decreto quali condizione di migliore favore e successivamente il TAR del Lazio ne dispone l'annullamento ? O ancora, emergono, con evidente gravità, le discrepanze nei parametri utilizzati dall'ISTAT, risalenti peraltro al 1952, e non più aggiornati, che hanno definito un comune totalmente montano, e quindi esente dall'IMU, parzialmente montano, che esonera solo i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli, e non montano, che fa pagare tutti, senza eccezione.
  Divergenze, quelle nei criteri altimetrici, che hanno creato inspiegabili asimmetrie impositive in tante regioni a vocazione collinare, in cui si registrano centri a poco più di 400 metri dal livello del mare considerati non montani e altri limitrofi, molto più pianeggianti, considerati, invece, parzialmente montani, e che hanno letteralmente generato confusione tra i proprietari terrieri chiamati al pagamento, nei centri di assistenza fiscale e negli stessi enti locali, i quali, nel rebus dei parametri, ancora oggi permangono nell'incertezza se il tributo è pagato correttamente oppure no.
  Per non parlare dell'IMU sugli impianti di risalita in tutta Italia, il cui salasso insostenibile rischia di determinare gravissime ripercussioni su un comparto strategico per l'economia turistica della montagna.
  Insomma, la vicenda dell'IMU sui terreni agricoli rappresenta l'ultimo esempio di un caos che regna sulla fiscalità immobiliare, che sta investendo come un treno in corsa un comparto come quello agricolo: una mazzata di cui si poteva tranquillamente fare a meno. Un settore, l'agricoltura, che serve al Ministro delle politiche agricole Martina quando si tratta di promuovere l'immagine del made in Italy nel mondo o in occasione dell'imminente manifestazione dell'Expo di Milano, ma che nei fatti viene utilizzato per far cassa, quando si tratta appunto di finanziare provvedimenti elettoralistici, qual è il decreto del bonus IRPEF, i cui 80 euro – ricordo – non hanno determinato alcun effetto tangibile sulla ripresa dei consumi, ma solo quel consenso clientelare che ha consentito al PD di raggiungere il 40 per cento dei voti alle ultime europee.
  In questo quadro desolante, in queste condizioni a dir poco sconfortanti per un Paese che dovrebbe essere l'ottava potenza economica mondiale e quarta a livello europeo, questa vicenda dell'IMU agricola dimostra quale sia il sistema fiscale italiano: un ginepraio di regole intricate, di esenzioni fino all'ultimo rimaste incerte, di complicatissimi parametri di dubbia interpretazione e di pubblicazioni di decreti attuativi per il pagamento a ridosso dei termini ultimi per la scadenza del tributo, le cui istruzioni fanno lavorare a ritmi serrati anche il miglior studio di assistenza fiscale e tributaria del Paese.
  In questo scenario di incertezza totale, la nostra mozione, coerentemente con tutte le nostre iniziative, assunte fin dall'inizio di questa confusione fiscale causata dal Governo, intende impegnare l'Esecutivo ad eliminare in via definitiva questa forma di tassa patrimoniale sui terreni agricoli. Diversamente, gli effetti negativi sugli assetti economici delle imprese agricole non tarderanno purtroppo a manifestarsi. Da tempo noi di Forza Italia sosteniamo che questa tassa patrimoniale rischia realmente di certificare il declino dell'agricoltura italiana, facendo crollare il suo valore, così come l'IMU eccessiva ha fatto crollare quello delle proprietà immobiliari urbane.
  Ancor più beffardo è il discorso per i proprietari di quei terreni soggetti compresi nella rete Natura 2000, dei siti di importanza comunitaria e delle zone di protezione speciale, dal momento che i vincoli previsti innestano delle significative restrizioni, che limitano di fatto l'attività agricola. Buon senso avrebbe voluto, così come proposto da Forza Italia, che almeno questa fattispecie fosse esentata dalla tassa, che va ad infierire su chi già subisce un freno alla propria attività.
  Dopo aver distrutto il mercato del mattone e soprattutto il valore delle abitazioni, con l'IMU e la TASI, il Governo Pag. 29Renzi, in perfetta sintonia con il precedente Governo Monti, ha riposto, quindi, la sua attenzione sulla terra. A tal riguardo, andrebbe fatto presente a questo Governo, però, che andare a tassare il terreno è come tassare un qualsiasi mezzo o strumento di lavoro. L'IMU sull'agricoltura rappresenta, in buona sostanza, un'imposta patrimoniale sul lavoro, una tassa che colpisce gli agricoltori e, fra essi, molti giovani che si sono riavvicinati a questa attività, che, negli ultimi anni dell'industrializzazione e dello sviluppo economico del nostro Paese, ha subito un esodo non indifferente.
  Per tutti questi motivi, avviandomi alla conclusione della discussione sulle linee generali, l'auspicio è che, con la mozione presentata dal nostro gruppo, il Governo e la maggioranza del PD, i quali a parole affermano di sostenere l'economia ed i lavoratori, possano riflettere e rivedere le proprie opinioni. Per questo, faccio un appello alla maggioranza, quello di tornare sui propri passi e rendersi conto dei danni che questo provvedimento dell'IMU può generare in un settore che dobbiamo, invece, sostenere ed aiutare a tornare ad essere una delle eccellenze dell'Italia nel mondo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zaccagnini, che illustrerà anche la mozione Franco Bordo ed altri n. 1-00790, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

  ADRIANO ZACCAGNINI. Grazie Presidente, l'intera vicenda relativa alla revisione della disciplina dell'esenzione dall'IMU per i terreni agricoli montani si è concretizzata in un intervento di pura semplificazione normativa che ha disvelato il reale intento del Governo, ovvero di soddisfare esigenze di mero incremento del gettito fiscale, piuttosto che di conseguire una revisione organica e concertata dell'intera disciplina. Le modifiche normative apportate, pur risultando nel complesso meno penalizzanti per i territori montani, lasciano intatti sul tappeto numerosi problemi. I nuovi criteri di esenzione, per quanto preferibili rispetto al mero criterio dell'altimetria del centro comunale, presentano non pochi elementi di criticità e producono disparità di trattamento difficilmente giustificabili tra terreni contigui ed affini per caratteristiche morfologiche ed economiche.
  In generale, si conferma un'imposizione iniqua ed irrazionale. Già era stato affidato al sovragettito dell'IMU il compito di finanziare l'operazione degli 80 euro, disponendo, appunto, il decreto-legge n. 66 del 2014, una limitazione del perimetro delle esenzioni. Inoltre, la mancata considerazione di aspetti connessi alla redditività delle colture tipiche, al rischio idrogeologico, alla dimensione delle aziende agricole e ad altri aspetti tipici delle diverse realtà rurali territoriali ha portato, appunto, ad una tassazione che è un vero e proprio papocchio.
  Dubbie sono anche le modalità appunto di aggiornamento periodico e di manutenzione della classificazione dei comuni a tale scopo adottata, classificazione che è del 1952 e suddivide i terreni in totalmente montano, parzialmente montano e non montano. È ragionevole ritenere che i comuni non saranno nell'oggettiva condizione di recuperare una parte significativa del gettito stimato, anche a causa della sua frammentazione in importi singolarmente inferiori ai minimi di legge e, pertanto, non dovuti dai contribuenti.
  Inoltre, prevedibili impatti negativi sui bilanci degli enti locali si avranno con il problema dei rimborsi per quei comuni che, interamente imponibili in virtù della normativa precedente, sono divenuti esenti o parzialmente esenti per effetto delle nuove disposizioni. Quindi, ulteriori costi amministrativi, per non parlare, poi, della presentazione delle istanze di rimborso da parte dei cittadini che ne avranno diritto.
  Riteniamo che questo provvedimento sia un nuovo grave segnale di disattenzione da parte del Governo e con questa mozione cerchiamo di correggere il tiro. Disattenzione nei confronti di un comparto già pesantemente vessato e penalizzato Pag. 30dalla progressione di un'imposizione tributaria che ha visto quasi triplicare il carico fiscale dalla riduzione delle aliquote agevolative in materia di accise sul gasolio, dal taglio dei fondi per il piano irriguo nazionale e dalla soppressione e dal ridimensionamento di enti di ricerca agricoli. Per non parlare, poi, dell'ultima notizia circa il Corpo forestale dello Stato che potrebbe essere accorpato alla Polizia di Stato ed essere, quindi, anche questo un danno crediamo all'intero comparto, sia perché il Corpo forestale dello Stato svolge un'azione di controllo della qualità dei prodotti, ma anche della contraffazione, sia per tutta un'altra serie di risvolti e soprattutto di servizi che il Corpo forestale dello Stato offre alla collettività.
  Il futuro del nostro Paese è, quindi, indissolubilmente legato allo sviluppo del territorio ed al rafforzamento dell'agricoltura. Valorizzare il territorio e potenziare le aree rurali diventa, pertanto, strategico per promuovere lo sviluppo dell'intero Paese. Lo vediamo con l'Expo quanto l'Italia e il Governo puntino sull'agroalimentare e continuino a sbandierare il ritorno dei giovani in agricoltura, il made in Italy e quant'altro, in maniera, però, incoerente, perché mantengono una tassazione sul terreno, cioè sullo strumento per produrre, e non hanno nessuna particolare attenzione per il settore.
  Inoltre, è da sottolineare come questa tassazione ricada anche su terreni che hanno subito gravi patologie o, comunque, eventi atmosferici calamitosi: tali terreni non hanno realizzato alcun reddito e, quindi, non sussisterebbe neanche il presupposto per la tassazione stessa.
  Le aziende agricole italiane, nel solo 2013, hanno visto crollare i loro redditi dell'11 per cento, contro una media dell'Unione europea dell'1,7 per cento e, quindi, è necessario un forte impulso alle imprese che vi operano e metterle in grado di realizzare il proprio progetto imprenditoriale.
  Esentare dal pagamento dell'IMU tutti i terreni agricoli, coltivati e non, compresi quelli destinati a pascolo, bosco e selvicoltura, prato permanente, ad aree di interesse ecologico e tutti quelli danneggiati da calamità naturali, limitatamente all'anno successivo a quello in cui si verifica l'evento calamitoso è uno dei primi passi per rimettere in carreggiata il settore. Come anche un'altra cosa da fare molto importante è sicuramente l'aggiornamento degli estimi catastali, per poter superare la disparità oggi presente tra terreni simili e contigui, ma soggetti a tassazione differenziata.
  In particolare, crediamo che la totale abolizione sia l'unica via per dare vero slancio all'agricoltura – l'abolizione della tassazione sui terreni agricoli e sui fabbricati, anch'essi utilizzati come strumenti imprescindibili dell'attività agricola –, ma, certamente, visto il modo con cui è stata costruita questa tassazione, è necessario il superamento degli attuali criteri di esenzione improntati unicamente al conseguimento di maggiore gettito erariale.
  Crediamo che sia necessaria una giusta attenzione alle caratteristiche territoriali e orografiche delle diverse aree montane, alcune delle quali fortemente esposte a fenomeni di dissesto idrogeologico e di spopolamento e che tenga conto del diverso indice di redditività dei terreni agricoli. Questo è, probabilmente, il criterio su cui un po’ tutti stiamo lavorando, e mi auguro che si trovi il modo di raggiungere questo criterio come quello che possa essere la matrice della tassazione.
  L'altro criterio che proponiamo è quello della superficie agricola posseduta: chi ha più terreno, soprattutto chi ha molto terreno, è giusto ed equo che paghi di più. Chi ha molte aziende agricole e, magari, le dà in affitto ad altre persone, perché non le gestisce direttamente, o, comunque, ha un'estensione molto grande, non ha un'azienda agricola di piccola o media scala, è giusto che paghi di più e che questo sia uno dei criteri che, in una griglia, insieme all'indice di redditività, crei eventualmente una tassazione; una tassazione, appunto, volta non soltanto ad un maggior gettito erariale sostanzialmente per lo Stato in maniera disorganica riguardo al settore che viene investito da questa imposta.Pag. 31
  In ultimo, certamente è da sottolineare come i terreni affetti da fitopatie non possano essere tassati se non hanno un reddito: è iniquo assolutamente, e questa è una delle questioni veramente di grande disuguaglianza e, forse, di miopia da parte del Governo.
  Un'altra questione è certamente quella dello stanziamento di maggiori di risorse, che chiediamo, da destinare per far fronte all'eventuale scostamento tra le stime ministeriali di gettito atteso e quello effettivamente riscosso dai comuni. Questo sarà un problema per gli enti locali, che diverranno dei veri e propri esattori e, quando non riusciranno ad esigere tutto il compenso, si creeranno dei discostamenti. Mi auguro il Governo si prenda in carico, dopo aver dato prova di un'irresponsabilità e aver scaricato tutta la responsabilità sugli enti locali, quanto meno, di coprire le spalle agli enti locali con risorse maggiori.
  In ultimo, proprio perché stiamo discutendo anche la mozione sulla Carta di Milano e, quindi, sui principi di un modello agricolo globale, credo sia importante menzionare come non è possibile che questo settore, il settore primario, non abbia la giusta attenzione da parte del Governo.
  Mi auguro che, se una certa attenzione in futuro arriverà, sarà qualcosa che avrà uno stretto collegamento con lo sviluppo di un modello agricolo eco-compatibile: un modello agricolo che curi la qualità che ci contraddistingue all'estero, che certamente supporti l'export, ma pensando al consumo interno, che riesca ad avere una visione organica rispetto a quello che può essere il nostro sviluppo e la nostra produzione, e che non ci faccia diventare un Paese esclusivamente trasformatore di materie prime, importate da Paesi del vicino Mediterraneo, con dei disciplinari tecnici differenti, quindi anche con agrofarmaci differenti che da noi, in Europa, sono vietati; un Paese solo trasformatore, che «bollina» questi prodotti e ci mette la certificazione del made in Italy e il proprio nome.
  Certamente fare l'export non è una cosa che critichiamo in sé, ma è chiaro che abbiamo bisogno di riacquistare una produzione propria, una nostra capacità produttiva, una nostra capacità di soddisfare il mercato interno: pensiamo soltanto alle città e a quanto riusciremmo a risparmiare in termini di costi di inquinamento, ma anche economici, se riuscissimo a fare una vera filiera corta e a sostentare le città con il cibo il più possibile a filiera corta.
  Invito, quindi, il Governo, con questa mozione che presentiamo, a fare le proprie riflessioni e a raggiungere nei prossimi mesi un'intesa con le parti sociali riguardo a una nuova tassazione, con l'abolizione di buona parte di essa.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Massimiliano Bernini, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00793. Ne ha facoltà.

  MASSIMILIANO BERNINI. Grazie Presidente, membri del Governo, colleghi. Il mondo agricolo italiano, che ricordiamo essere costituito prevalentemente da piccoli agricoltori, quali gli imprenditori agricoli professionali e i coltivatori diretti, non si è dimenticato dell'ultima dolorosa stoccata che il Governo Renzi gli ha inferto, ovvero l'IMU sui terreni agricoli diventata legge lo scorso 24 marzo.
  Noi del MoVimento 5 Stelle qui oggi siamo a rappresentare proprio questo grido di dolore e di indignazione che si solleva dal mondo rurale italiano e chiede a gran voce di cancellare immediatamente questa imposta.
  Ricordo, per dovere di cronaca, che il 19 marzo la conversione in legge del decreto-legge 24 gennaio 2015 n. 4, dal titolo «Misure urgenti in materia di esenzioni IMU», è passata con 272 voti a favore, ossia quelli del PD, parte del Nuovo centrodestra e di Scelta civica, mentre i contrari sono stati 153, tra questi il MoVimento 5 Stelle, SEL, Lega e Forza Italia; poi ci sono stati 15 astenuti. Dico questo perché è bene che gli italiani sappiano quali sono le forze politiche favorevoli all'IMU sui terreni agricoli e quali quelle contrarie, visto che, con alcuni comunicati del giorno dopo, la votazione conclusiva, Pag. 32alcuni colleghi di maggioranza hanno cercato in qualche modo di mistificare la verità, dichiarandosi costernati per l'introduzione della tassa, senza però citare in alcun modo il fatto che abbiano votato favorevolmente alla conversione. Ai colleghi della maggioranza, per suo tramite, Presidente, dico: assumetevi la responsabilità politica di fronte agli italiani dell'istituzione di questo nuovo balzello che colpisce il bene strumentale terra, oppure ritornate sui vostri passi, e questa è l'occasione. Infatti, oggi il MoVimento 5 Stelle, insieme ad altre forze politiche, riporta in Aula il dibattito su questa imposta universalmente riconosciuta come iniqua, immorale e offensiva nei confronti degli agricoltori. Infatti, ci troviamo proprio nell'anno dell'Expo, che, almeno sulla carta, dovrebbe valorizzare e mettere al centro del dibattito pubblico proprio il settore primario e la sua importanza economica e ambientale.
  Insomma, attraverso la presentazione di questa mozione vogliamo riaprire un dibattito che il Governo Renzi ha voluto chiudere frettolosamente per la smania di racimolare dalle tasche degli agricoltori una parte del gettito per la sua marchetta elettorale al tempo delle europee 2014, ovvero i famosi 80 euro.
  Quindi, il Governo Renzi e la sua maggioranza sposano appieno il cinismo e l'impudenza del noto detto popolare: pochi, maledetti e subito. Pochi, perché con l'imposta sulla terra si racimoleranno solo pochi euro dell'intero bonus IRPEF, mentre sarà un vero e proprio salasso per le casse dei comuni e delle aziende agricole. Maledetti, perché si va a tassare un bene che potremmo definire sacro, ovvero la terra, dalla quale si ricavano i generi di primaria necessità cioè gli alimenti necessari a nutrire il Paese. Ma nutrire il pianeta, nutrire il Paese non è lo slogan di un qualche evento di vostra conoscenza che aprirà i battenti il 1o maggio a Milano, tra l'altro dissacrando anche la festa dei lavoratori ? Presidente, mi dispiace dirlo, ma questo Governo è sacrilego nei confronti dei valori che sono patrimonio della nostra civiltà. Infine, dopo pochi, dopo maledetti, c’è il subito, vale a dire la fretta della maggioranza nel varare un provvedimento che consentisse di fare cassa prima delle europee del 2014 e visto che la fretta è una cattiva consigliera, se seguiamo l'iter dell'IMU sui terreni agricoli, ci accorgiamo che il percorso è costellato di misure, o meglio, di toppe a dir poco raffazzonate.
  Ma ripercorriamo le tappe: il decreto-legge 24 aprile 2014 n. 66, cosiddetto competitività, convertito con modificazioni dalla legge 23 giugno 2014 n. 89 ha reintrodotto l'obbligo di pagamento dell'imposta municipale propria, IMU, per i terreni agricoli al fine di reperire le risorse necessarie per finanziare alcune agevolazioni, come il bonus IRPEF. Ricordo a tal proposito che questa misura si è rivelata un flop, visto che il rilancio dei consumi è stato solo di un misero più 0,51 per cento rispetto agli auspici trionfalistici del Governo che puntava al più 15 per cento. Non lo diciamo noi del MoVimento 5 Stelle ma lo dichiara l'ISTAT non più tardi del gennaio scorso.
  Non dimentichiamoci poi che il bonus IRPEF è stato criticato anche da esimi esponenti della maggioranza, come l'ex Premier Enrico Letta. E qui c’è proprio una vera e propria ingiustizia sociale, ovvero solo i lavoratori dipendenti e assimilati con reddito compreso tra gli 8 mila e i 24 mila euro, ossia circa 11 milioni di cittadini, beneficeranno, appunto, di questo bonus IRPEF; quindi, restano fuori da questo bonus gli incapienti e i redditi bassi, molti dei quali appartengono proprio al mondo agricolo.
  Riprendiamo la narrazione dei fatti: dopo la suddetta legge «competitività», il MEF emana il decreto ministeriale per l'individuazione delle esenzioni per il pagamento dell'IMU, per intenderci quello delle demenziali quote di 601 metri sul livello del mare, di 281 e 600, oppure fin a 280 metri sul livello del mare, riferiti alla sede comunale. Il pagamento dell'importo per il 2014 viene fissato al 16 dicembre 2014, ma la pioggia di ricorsi fa sì che il termine venga spostato al 26 gennaio 2015. Poi, vi è il succitato decreto-Pag. 33legge n. 4 del 24 gennaio 2015 che, per l'esenzione, fa riferimento alla classificazione dei comuni ISTAT del 1952, classificandoli in montani, parzialmente montani e non montani, e spostando ulteriormente il termine del pagamento al 10 febbraio. Dopo la sua conversione in legge di alcune settimane fa, viene data un'ulteriore proroga per il pagamento dell'imposta, quella del 31 marzo per non essere assoggettati a sanzioni o interessi.
  Quindi, da questa cronistoria, dire che il percorso che porta alla tassa sulla terra sia raffazzonato e caotico è una gentilezza; potremmo utilizzare nei confronti di tutto l'Esecutivo Renzi ben altri appellativi. Si tenga conto, poi, che, nel corso delle scadenze per il pagamento dell'IMU sui terreni agricoli che si procrastinavano a un ritmo quasi mensile, molti agricoltori pagavano e magari con il decreto-legge successivo risultavano esentati. Quindi, ad oggi, i comuni sono alle prese con i rimborsi di tutti coloro che hanno versato la quota, ma che non sono più soggetti di imposta. Ditemi voi se questa non è confusione ?
  A proposito di comuni, visto che il Governo ha tagliato, sin da subito, l'equivalente dal Fondo di solidarietà che i comuni dovranno riscuotere con l'IMU sulla terra, siamo in attesa di conoscere dall'Esecutivo i dati relativi al gettito delle amministrazioni locali.
  Temiamo, infatti, che saranno ben pochi ad aver corrisposto la somma dovuta, con gravi ripercussioni sui bilanci comunali, che metteranno a repentaglio l'erogazione dei servizi essenziali per i cittadini (le scuole, gli asili nido, i servizi sociali, le mense). Molti altri sono i motivi di contrarietà a questa imposta che abbiamo riportato nelle premesse della nostra mozione. Ad esempio, l'introduzione del tributo può essere interpretata come una vera e proprio patrimoniale sulla terra, o meglio una patrimoniale al contrario, visto che colpisce i ceti più deboli. Tra l'altro, rischia di favorire l'abbandono delle terre da parte degli agricoltori, in assoluta controtendenza con le normative nazionali e comunitarie, che invece sostengono il ricambio generazionale in agricoltura proprio al fine di limitare i fenomeni di dismissione delle aziende agricole, con conseguenti pericolose speculazioni sulla terra. Inoltre, l'applicazione dell'IMU ai terreni agricoli rappresenta un aggravio di imposizione, proprio mentre il carico fiscale per il settore agricolo sta assumendo livelli insostenibili. È da tempo che il comparto primario attende una revisione complessiva della fiscalità patrimoniale che tenga conto delle difficoltà legate alla conduzione dei terreni e che consideri le specificità del comparto agricolo nazionale, una delle eccellenza più significative del nostro made in Italy. Praticamente, a causa di questa eccessiva tassazione rischiamo di rendere i nostri marchi agroalimentari sempre meno competitivi rispetto a quelli degli altri Paesi, soprattutto alla luce degli accordi di libero scambio che si sanciscono con gli altri continenti. Infine, i burocrati di questo Governo partono dal postulato totalmente sbagliato che «terra uguale reddito». I cambiamenti climatici degli ultimi anni, gli eventi meteorici intensi ed improvvisi, la recrudescenza di fitopatie vecchie e nuove hanno gravi ricadute sulle produzioni e sui beni strumentali delle aziende agricole italiane, specie di quelle che fanno agricoltura in pieno campo. Nel solo 2014 si contano ben 31 calamità naturali ufficialmente riconosciute tramite apposito decreto del Mipaaf. Insomma, l'IMU sui terreni agricoli, insieme ai problemi strutturali del comparto agricolo, rischia di soffocare i segnali positivi di ripresa, che provengono proprio dal settore primario, in termini di occupazione e di PIL, e che potrebbero rappresentare, questi segnali positivi, il volano per una sicura ripresa economica del nostro Paese.
  Per tutte queste ragioni, con la nostra mozione chiediamo al Governo di adoperarsi urgentemente per una revisione complessiva delle norme in materia di fiscalità rurale ed in particolare ad esentare i terreni agricoli dall'applicazione dell'imposta municipale propria a decorrere dall'anno 2015. Inoltre, impegniamo l'Esecutivo a rimborsare tutti i conduttori di Pag. 34terreni agricoli che hanno corrisposto il pagamento entro il termine del 31 marzo 2015 e ad assumere iniziative per compensare i comuni interessati dal minor gettito derivante dalla mancata entrata tributaria, anche attraverso la riduzione degli sgravi da interessi passivi di banche ed assicurazioni di cui all'articolo 96 del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con il decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. Infine, chiediamo di esentare dal pagamento dell'IMU gli IAP e i coltivatori diretti con un volume d'affari non superiore a 15 mila euro annui e i terreni ubicati in comuni colpiti da calamità naturali verificatesi a partire dall'anno 2014, nonché a procedere con urgenza all'aggiornamento del catasto dei terreni nonché della classificazione ISTAT dei comuni italiani, tenendo conto dell'evoluzione e della trasformazione del territorio e del settore primario degli ultimi decenni.
  Presidente, io sono ottimista: sono convinto, infatti, che tutti questi impegni saranno accolti dal Governo e dalla maggioranza, visto che, più volte, nel corso del dibattito in Aula per la conversione del decreto-legge n. 4 del 2015, i membri della maggioranza e i membri del Governo hanno promesso ai cittadini e agli agricoltori del nostro Paese l'apertura di un tavolo di concertazione proprio il giorno dopo l'approvazione del provvedimento che ha istituito la tassa sulla terra. Quindi, spero vivamente, per la dignità dei questo Parlamento, che non si tratti nuovamente del solito slogan del Governo Renzi o del solito slogan dei membri della sua maggioranza.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Romanini. Ne ha facoltà.

  GIUSEPPE ROMANINI. Signor Presidente, le mozioni in discussione e, in particolare, quella a prima firma Faenzi hanno per oggetto l'imposta municipale propria, IMU, prevista dalla lettera h) del comma 1 dell'articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, relativamente alla sua applicazione al settore agricolo in base alle disposizioni previste dal decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 28 novembre 2014 e dai successivi interventi normativi introdotti. Tale mozione è di particolare rilevanza dal momento che si ripropone di intervenire su un provvedimento che riguarda un segmento fondamentale della nostra economia; interessa un settore, quello agricolo, che deve garantire sicurezza alimentare in un contesto di sviluppo sostenibile ed equilibrato nell'insieme delle zone rurali, comprese quelle in cui le condizioni di produzione sono difficili; un'agricoltura chiamata a rispondere alle esigenze dei cittadini per quanto riguarda l'alimentazione e al tempo stesso a preservare le comunità rurali e i paesaggi in quanto componente preziosa del patrimonio del Paese. Incide su una pluralità di imprese agricole, riguarda migliaia di agricoltori, lavoratrici e lavoratori ai quali non possiamo che rivolgerci con profondo rispetto, avendo ben chiaro che salvaguardare loro significa salvaguardare un settore che in questi anni si è opposto in modo naturale al gorgo recessivo del ciclo economico ed è riuscito a creare nuovo lavoro e ricchezza ben distribuita nel pieno di una crisi congiunturale mai vista prima nella storia della Repubblica. Per questi motivi, signor Presidente, con atteggiamento aperto e libero da qualsiasi condizionamento, intendiamo esaminare le proposte all'esame dell'Aula. Muovono da argomentazioni che potrebbero essere per diversi aspetti appropriate e condivisibili, se fossero orientate alla difficile ricerca di una maggiore equità nell'applicazione dell'imposta municipale, invece vengono agitate strumentalmente per chiederne la soppressione. Sono certamente condivisibili le premesse del documento a prima firma Faenzi quando analizza la complessa vicenda ponendo l'accento sull'incoerente suddivisione dei comuni in fasce altimetriche in base all'altitudine del centro ovvero del punto in cui si trova il municipio, sulle parziali asimmetrie impositive in particolari contesti collinari, sulla mancata considerazione di aspetti legati alla redditività delle colture tipiche, al rischio Pag. 35idrogeologico, alle dimensioni delle aziende agricole e ad altri aspetti tipici delle diverse realtà rurali e territoriali, sugli effetti che eventuali differenze tra gettito accertato e riscosso e gettito previsto possono avere nell'equilibrio finanziario dei bilanci dei comuni interessati. Tali sottolineature tuttavia, anziché condurre a proposte volte al miglioramento in termini di equità delle norme esaminate, conducono alla richiesta generalizzata di esenzione dall'imposta municipale per i soggetti individuati sulla base delle disposizioni previste dal decreto del 28 novembre 2014, alla previsione di restituzione tramite rimborso fiscale di quanto riscosso, all'introduzione di interventi compensativi a fronte del minor gettito per i comuni interessati. Noi, signor Presidente, non possiamo condividere un'impostazione come questa che, strumentalizzando un tema sempre sensibile come quello delle imposte, trascura, da un lato, il lavoro di progressivo miglioramento della norma realizzato nei passaggi parlamentari del decreto e, dall'altro, gli obiettivi di interesse generale che la legge n. 89 del 23 giugno 2014, che ha convertito con modificazioni il decreto-legge n. 66 del 24 aprile 2014, ha inteso perseguire. Non possiamo infatti dimenticare che l'introduzione dell'IMU sui terreni agricoli ha concorso alla copertura finanziaria delle disposizioni del citato decreto-legge n. 66 del 2014, che ha ripartito fra le diverse categorie produttive e le amministrazioni pubbliche gli oneri derivanti dall'introduzione in busta paga del bonus di 80 euro a sostegno delle lavoratrici e dei lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi. Scegliere di erogare un bonus economico a beneficio di molti cittadini e di molte famiglie è stata una scelta precisa del Partito Democratico e del Governo alla quale hanno dato continuità con la legge di stabilità anche per l'anno in corso, il 2015.
  Una scelta che è un primo importante passo verso un cambiamento, che il Partito Democratico sta portando avanti per costruire un'Italia più solidale e più giusta, per uscire dalla crisi economica e da una lunga recessione.
  Quegli 80 euro hanno rappresentato una prima significativa detassazione del lavoro subordinato, i cui effetti sulla domanda interna e sulla ripresa economica possono oggi essere valutati in tutta la loro portata. Quella scelta, sostenuta nell'aprile del 2014 all'unanimità, in quanto considerata giusta ed equa, sta finalmente mostrando i suoi effetti positivi sulla ripresa dell'occupazione e dell'attività economica del Paese.
  Detto questo, l'altro motivo per cui non possiamo condividere un'impostazione come quella proposta dalle mozioni, sta nel fatto che si ignorano completamente i progressivi miglioramenti introdotti nei passaggi parlamentari.
  A partire da rilievi spesso simili a quelli sviluppati negli interventi che ho appena sentito, il Partito Democratico e la maggioranza, in occasione della conversione di questo decreto interministeriale, hanno reso evidente come il lavoro del Parlamento può condurre ad un risultato significativamente migliore, in questo caso in termini di equità, rispetto ai contenuti dei testi sottoposti all'esame dell'Aula. Ne sono testimonianza il parere redatto dalla Commissione agricoltura della Camera e la dichiarazione di voto del Partito Democratico, della collega Capozzolo, pronunciata in occasione dell'approvazione della legge di conversione del decreto-legge n. 4 del 24 gennaio 2015, o ancora il testo dell'ordine del giorno sottoscritto da tutti i deputati del Partito Democratico della XIII Commissione e condiviso dal Governo.
  Sono queste le tappe di un percorso di miglioramento dell'equità del provvedimento realizzato in modo da preservarne sempre, per tempi e quantità di gettito, compatibilità e coerenza con l'obiettivo di finanza pubblica, il bonus degli 80 euro per i redditi medio-bassi considerato comunque prioritario. In quei passaggi sono indicate modifiche non ancora realizzate – è vero – che rimangono obiettivi impegnativi per Governo e maggioranza.Pag. 36
  Voglio qui rapidamente elencare i significativi miglioramenti contenuti nella legge di conversione del decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 4, rispetto ai testi precedenti, a partire dall'ampliamento della platea degli esentati dall'imposta, dal superamento del criterio dell'altitudine del capoluogo nell'individuazione della caratteristica di montanità dei comuni ed al prolungamento ulteriore dei termini per il versamento.
  È stata prevista l'esenzione per i terreni agricoli dei comuni ubicati ad un'altitudine di oltre 600 metri e nelle isole minori, così come per i terreni agricoli dei comuni ubicati ad una altitudine compresa tra i 281 e i 600 metri in possesso di coltivatori e coltivatrici diretti e imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola.
  Sulla base dei nuovi criteri, i comuni da considerarsi esenti sono passati da 1.498 a 3.456, mentre l'esenzione parziale coinvolge 655 comuni considerati parzialmente montani. A questi si aggiungono altri 1.600 comuni della cosiddetta collina svantaggiata, su cui viene applicata una franchigia di 200 euro; nel complesso pertanto 5.600 comuni.
  Il recupero di questa franchigia sta a indicare che, per capirci, l'80 per cento delle aziende agricole in quei territori sarà esentato dal pagamento dell'IMU, ovvero che circa l'80 per cento ritorna al regime in vigore prima del 28 novembre 2014.
  Sono dati eloquenti, signor Presidente, ma siamo coscienti che si devono fare passi ulteriori; per questo, nell'approvare la conversione del decreto-legge n. 4 del 24 gennaio 2015, il Partito Democratico si è impegnato a costituire – è vero – un tavolo di lavoro tra Governo e parti interessate per arrivare con un successivo provvedimento a misure ancora più eque. È un impegno che confermiamo. Nel farlo, abbiamo anche indicato con precisione i punti che dovranno essere oggetto di confronto e di miglioramento. Innanzitutto, va verificata l'applicazione delle esenzioni introdotte per i terreni svantaggiati al fine di prevedere una revisione dei criteri di esenzione che si adatti alla reale situazione dei terreni agricoli e assicuri coerenza della misura dell'imposta con la reale capacità contributiva degli stessi.
  Vanno poi valutati interventi per quei comuni con caratteristiche non uniformi che presentano al loro interno zone svantaggiate a cui va riconosciuto un regime agevolato, regime da applicare anche alle aree protette e ai siti d'interesse comunitario.
  Altro asse su cui lavorare è quello della differenziazione tra il gettito accertato e riscosso e il gettito previsto, con l'introduzione di compensazioni per i comuni che abbiano provveduto per tempo a tutti gli adempimenti previsti dalla norma. Fondamentale, poi, il riconoscimento dei regimi agevolati per i soggetti che abbiano subito danni da gravi fitopatie, con importante o totale compromissione delle colture. Basti pensare a quel che è accaduto quest'anno nelle Puglie, con gli agricoltori colpiti dal batterio della Xylella fastidiosa, e anche per quelli colpiti da eventi atmosferici per i quali sia stato dichiarato lo stato di emergenza.
  Va infine recuperata, per il comparto primario, l'applicazione delle agevolazioni IRAP abrogate dal provvedimento a fini di copertura finanziaria.
  Questi sono gli impegni. Noi vogliamo ripartire da questi elementi, mettendo insieme le rappresentanze sociali, il mondo del lavoro e le associazioni datoriali, tutte realtà che hanno dimostrato in questi anni grande responsabilità. Crediamo si possa fare, rigettando attraverso il nostro voto contrario ogni posizione di strumentale chiusura come quella contenuta nelle mozioni oggi in discussione e cercando di redistribuire il carico dei sacrifici con il massimo di equità possibile, secondo il principio che «chi ha di più deve contribuire di più».

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.
  Sottosegretario Zanetti, il Governo intende intervenire ?

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  ENRICO ZANETTI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. No, signor Presidente.

  PRESIDENTE. Il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta.

Discussione della mozione De Girolamo ed altri n. 1-00659 in materia di politiche a favore della natalità (ore 15,20).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozione De Girolamo ed altri n. 1-00659 in materia di politiche a favore della natalità (Vedi l'allegato A – Mozioni).
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione della mozione è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
  Avverto che sono state altresì presentate le mozioni Carfagna ed altri n. 1-00791, Lombardi ed altri n. 1-00794 e Nicchi ed altri n. 1-00798, che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalla mozione all'ordine del giorno, verranno svolte congiuntamente. I relativi testi sono in distribuzione (Vedi l'allegato A – Mozioni).

(Discussione sulle linee generali)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
  Colleghi, era iscritta a parlare l'onorevole Dorina Bianchi, che però ha chiesto che al suo posto intervenga l'onorevole Scopelliti. Dunque, se non vi sono obiezioni da parte dei gruppi, la Presidenza consente all'onorevole Scopelliti di illustrare la mozione De Girolamo ed altri n. 1-00659, di cui è cofirmataria. Ne ha facoltà.

  ROSANNA SCOPELLITI. Grazie, Presidente. Colleghi, il fenomeno della scarsa natalità ha assunto nel nostro Paese dimensioni preoccupanti. Infatti, i dati ufficiali sulle nascite dimostrano un costante calo delle stesse dal 2010 al 2013, anno in cui è stato segnato un nuovo minimo storico, essendo stata registrata la modesta cifra di 510.924 nascite.
  Contestualmente, si assiste al progressivo inasprimento di un fenomeno connesso a quello della denatalità: il processo di invecchiamento generale della popolazione. Nell'ultimo rapporto ISTAT del 2014, si stima che dal 2011 al 2041 la proporzione di ultrasessantacinquenni per 100 giovani con meno di 15 anni risulterà più che raddoppiata, passando da 123 a 278 unità. Tale trend negativo non è escluso ormai neanche nel Mezzogiorno del nostro Paese, ove il problema sembra assumere contorni particolarmente critici.
  Il calo delle nascite registrato nel 2014, con 5 mila bambini in meno rispetto al 2013, pone il nostro Paese al livello minimo delle nascite a partire dall'unità d'Italia fino ad oggi. Siamo, pertanto, vicini alla cosiddetta «soglia di non sostituzione»: le persone che muoiono, cioè, non sono più sostituite dai nuovi nati.
  Appare pertanto chiaro che i fenomeni suddetti, ove trovassero conferma nei prossimi anni, rischiano di mettere in crisi il sistema del welfare dell'Italia, sia in relazione al settore previdenziale sia al settore sanitario. Inoltre, il fenomeno della denatalità comporta gravi implicazioni, che toccano diversi settori della vita della nostra nazione: economico, sociale, sanitario, pensionistico, tanto per citarne alcuni.
  In effetti, le problematiche legate all'evento nascita rappresentano...

  PRESIDENTE. Scusi, onorevole Scopelliti. Onorevole Palese... Prego.

  ROSANNA SCOPELLITI. Però, nel frattempo mi sono persa.

  PRESIDENTE. Mi dispiace.

  ROSANNA SCOPELLITI. Dicevo che in effetti le problematiche legate all'evento nascita rappresentano importanti indicatori della realtà socio-economica e sanitaria Pag. 38del Paese. I comportamenti procreativi delle coppie hanno, infatti, ripercussioni rilevanti sullo sviluppo economico e sociale di una nazione, fino a condizionarne le scelte politiche per molti decenni.
  Occorre, dunque, promuovere, innanzitutto, una consapevolezza specifica negli individui ed anche un cambiamento culturale che porti nei prossimi anni ad un'inversione di tendenza. In questo contesto, caratterizzato dalla diminuzione della natalità, dobbiamo in effetti rilevare come non vi sia possibilità di costruire un futuro senza figli. È altrettanto vero che il decremento delle nascite è stato determinato dall'incertezza e dalle difficoltà economiche che si sono aggravate in questi ultimi anni per la grave crisi economico-sociale che ha colpito pesantemente il nostro Paese.
  Di fronte a questo scenario, appare necessario ritrovare un dinamismo demografico in grado di abbassare l'età media della popolazione: determinanti, sotto questo aspetto, sono le politiche che sostengono i giovani e le famiglie. Il Governo è, in realtà, intervenuto con la legge di stabilità per il 2015, introducendo un bonus a favore dei genitori di bambini nati tra il 1o gennaio 2015 ed il 31 dicembre 2017: il cosiddetto «bonus bebè», che tiene conto del reddito del nucleo familiare di appartenenza del genitore che richiede l'assegno. Esso viene determinato utilizzando l'indicatore della situazione economica equivalente, secondo quanto stabilito dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 159 del 2013.
  Il contributo viene, infatti, concesso a coloro che possiedono un reddito non superiore a 25 mila euro annui. Il bonus bebè, pari a 80 euro al mese, ovvero 960 euro l'anno, è riconosciuto fino al compimento del terzo anno di età o di ingresso nella famiglia. L'importo è raddoppiato nel caso in cui il nucleo familiare di appartenenza del genitore richiedente l'assegno sia in una condizione economica corrispondente ad un valore dell'ISEE non superiore a 7 mila euro annui. Questa misura, una volta attuata, dovrebbe consentire alle famiglie di avere un supporto economico notevole, che potrà contribuire ad elevare il tasso di natalità nel nostro Paese.
  Con la nostra mozione impegniamo, quindi, il Governo a proseguire nella difficile opera di promozione e di adozione di misure idonee a sostegno della famiglia e della natalità.
  A tal proposito, il nostro atto di indirizzo politico impegna il Governo a introdurre la misura del bonus bebè in forma strutturale. Appare, inoltre, necessario potenziare la costruzione di asili nido per permettere alle donne che lavorano di avere un punto di riferimento importante ed idoneo a sostenerle nel difficile connubio tra casa e famiglia ed intervenire con misure adeguate in un settore così delicato del nostro assetto sociale.
  Il Ministro della salute ha, altresì, previsto la costituzione di un gruppo di lavoro composto da medici, psicologi, genetisti ed altri esperti per definire il Piano nazionale sulla fertilità; i risultati del Piano saranno divulgati, infatti, nei prossimi giorni. Il Piano ha l'obiettivo di studiare le ragioni della diminuzione della natalità nel nostro Paese, affrontando alla radice le cause dell'infertilità: si deve, infatti, fare prevenzione, coinvolgendo le famiglie, i pediatri e gli insegnanti. Per tali motivi, abbiamo presentato una mozione che stimoli il Governo a sostenere il trend di crescita della natalità dell'Italia, in quanto un Paese senza nascite è un Paese senza futuro.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Annagrazia Calabria, che illustrerà anche la mozione Carfagna ed altri n. 1-00791, di cui è cofirmataria. Ne ha facoltà.

  ANNAGRAZIA CALABRIA. Presidente, onorevoli colleghi, come forse è noto a questa Assemblea, l'ultima indagine ISTAT del 2014 sulla situazione delle famiglie italiane registra un sistema di welfare costretto a fronteggiare numerosi elementi di criticità, anche in conseguenza della crisi economica che ha attraversato il nostro Paese. In un contesto di riduzione Pag. 39dei fondi destinati alle politiche sociali e di crescenti condizioni di disagio economico delle famiglie, si dipanano gli effetti delle trasformazioni demografiche e sociali, caratterizzate dall'accelerazione del processo di invecchiamento della popolazione e da mutamenti della struttura delle famiglie.
  Sono, quindi, in calo le nascite, per la prima volta anche fra le mamme straniere, che finora hanno tenuto alto il livello demografico del nostro Paese: 5 mila neonati in meno nel 2014 rispetto all'anno precedente. Si legge nel rapporto che il tasso di natalità è insufficiente a garantire il necessario ricambio generazionale. Ebbene, forse non ci rendiamo conto della gravità di quanto asserito: l'Italia sta diventando un Paese senza ricambio generazionale.
  E allora mi rivolgo al Governo del giovane «rottamatore» per congratularmi sulla capacità di avere trovato, nelle pieghe del bilancio statale, un «tesoretto» di 1,6 miliardi di euro: come titolano alcuni giornali di questo fine settimana e come confermato dal Ministro del lavoro, con ogni probabilità sarà destinato ad aiutare le fasce più deboli della società.
  E, dunque, una misura che il Governo utilizzerà per i più incapienti. Bene, ne siamo contenti. Peccato, però, che questa operazione odori di consenso elettorale, impacchettata ad arte come successe per i famosi 80 euro. Parrebbe proprio pronta all'uso in vista del voto per le regionali, e, come noto, i documenti ufficiali del Ministero dell'economia e delle finanze dicono altro.
  Mi permetto di fare un passo indietro, per ricordare come, nel 2013, quando governava l'onorevole Letta, la percentuale delle imposte raggiunse il 43,4 per cento.
  Nel 2014, sotto l'attuale Presidente del Consiglio, le tasse sono cresciute dello 0,1 per cento – lo dice l'ISTAT, lo conferma Mario Draghi – e, dunque, non c’è stata alcuna riduzione.
  Secondo il Ministero dell'economia non ci sarà nessuna riduzione delle tasse a medio termine, ma anzi ci sarà un forte aumento. Infatti, tra le misure di revisione della spesa, cioè i tagli, c’è la razionalizzazione delle agevolazioni fiscali. Nel concreto, significa che aumenteranno le tasse. Nel giro di una settimana, il Governo ha deciso che c’è un tesoretto per 1,6 miliardi, ma che per qualcuno le tasse saranno più pesanti di un miliardo. Onorevoli colleghi, cosa non si fa pur di avere un annuncio efficace da spendere in campagna elettorale !
  Nel 2011, prima di Monti, prima di Letta e prima di Renzi, la pressione fiscale stava al 41,6 per cento, due punti e mezzo in meno rispetto al picco previsto ora dal Governo. Facendo due conti, quindi, i contribuenti pagheranno, da qui al 2017, 64,3 miliardi di tasse in più.
  È dunque questa l'ultima promessa elettorale: un bonus DEF, un tesoretto da 1,6 miliardi che il Governo si è attribuito, lasciando correre di uno 0,1 per cento più del previsto il deficit nominale nel 2015. Un margine di spesa che sarà utilizzato per rafforzare l'attivazione sulle riforme strutturali già avviate. Si immagina che prima delle elezioni regionali, ovviamente, seguiranno altri dettagli a beneficio di elettori indecisi che magari potrebbero così orientarsi verso il Partito Democratico.
  Intanto, signor Presidente, ci permettiamo di ricordarle che le promesse costano care quando la coperta è corta e la coperta è corta specialmente per tutti quei giovani che vorrebbero mettere su famiglia, ad esempio, ma che scontano un debito demografico contratto da un Paese nei confronti delle generazioni attuali, ma specialmente nei confronti di quelle future, soprattutto in termini di previdenza, di spesa sanitaria e, soprattutto, di assistenza.
  Eppure molti sarebbero i fronti sui quali agire per favorire natalità e famiglia. Parole come servizi per l'infanzia, esclusione sociale, povertà minorile, abbandono scolastico, disoccupazione, non solo stanno attraversando negli ultimi anni un periodo buio senza risposte, ma di fatto scoraggiano le giovani coppie italiane a creare una famiglia.
  I dati delle nuove assunzioni miracolate dal Jobs Act si riferiscono, in realtà, a Pag. 40gennaio e febbraio del 2015, cioè sono frutto delle decontribuzioni e non certo del contratto a tutele crescenti che è entrato in vigore il 7 marzo del 2015.
  Con queste prospettive, con questa precarietà solo camuffata, in quanti avranno il coraggio di mettere su famiglia ? Facciamo più o meno parte della stessa generazione, signor Presidente del Consiglio, sappiamo quanto possano far paura ai nostri coetanei parole come mutuo, o come disoccupazione. Sappiamo quale forte deterrente sia la povertà che sempre più si insinua nel nostro Paese.
  Come sappiamo, i comuni svolgono un ruolo centrale nella gestione della rete di interventi e servizi sociali sul territorio che vengono destinati al sostegno alle famiglie per i bisogni connessi alla crescita dei figli, all'assistenza degli anziani, alle persone con disabilità o al contrasto del disagio legato alla povertà e all'emarginazione. Le capacità di spesa dei comuni, del resto, sono fortemente condizionate dai vincoli posti dal Patto di stabilità interno, dalla crisi economica e dalle riduzione dei trasferimenti statali destinati a finanziare le politiche sociali; tutti fattori senza ancora risposta.
  Il fisco locale, signor Presidente, sta grattando il fondo del barile ! Sono dati di questi giorni, l'aumento delle tasse con aggravi choc, da 92 euro pro capite di Roma ai 651 euro di Firenze, avrà una sola vittima: i servizi al cittadino. E la metà dei sacrifici chiesti ai comuni serve per finanziare gli 80 euro.
  Ebbene, come affermato in queste ore, non ci saranno aumenti delle tasse perché il Governo ha spiegato che neutralizzerà le clausole di salvaguardia che altrimenti farebbero aumentare l'IVA per 16 miliardi nel 2016. Va bene, ma per completezza bisognerebbe aggiungere che è stato lo stesso Governo Renzi a prevedere queste clausole nella legge di stabilità approvata alla fine del 2014. E perché l'ha fatto ? Perché non era in grado, allora, di indicare altre misure capaci di convincere la Commissione europea a dare il via libera alla nostra manovra.
  In altri termini, il Governo italiano ha detto a Bruxelles: state tranquilli, perché per il 2016 gli equilibri di bilancio sono comunque garantiti, perché male che vada aumenteremo l'IVA. Ora, questa soluzione non era l'unica possibile. Se, per esempio, il Governo fosse stato in grado di indicare, già l'anno scorso, una credibile riduzione della spesa pubblica per 16 miliardi di euro nel 2016, non avrebbe avuto bisogno di ricorrere ad alcuna clausola di salvaguardia.
  Abbiamo un sistema fiscale che si ostina ad operare come se la capacità contributiva delle famiglie non fosse influenzata dalla presenza dei figli e dall'eventuale scelta di uno dei due coniugi di dedicare parte del proprio tempo a curare, crescere ed educare i propri figli.
  Investire nelle politiche familiari significa, pertanto, investire sulla qualità della nostra struttura sociale e, di conseguenza, sul futuro stesso della nostra società.
  Allora, signor Presidente del Consiglio, cerchi per una volta di fare una promessa e di mantenerla. Vorremmo pensare che il suo Governo abbia scovato veramente questo tesoretto di 1,6 miliardi e ci permettiamo di suggerire come impiegarlo: lo assegni al Fondo nazionale per le politiche sociali, verificandone l'equa ripartizione, ponendo attenzione alla reale ricaduta che tali risorse hanno sulle famiglie, assicurando che in tutti i comuni italiani vi sia la medesima accessibilità ai servizi e realizzando una rete di monitoraggio su quanto erogato e quanto investito in capo a ciascun ente locale; intervenga con un sistema organico di politiche economiche al fine di escludere dal Patto di stabilità gli interventi pubblici relativi al funzionamento dei servizi per la famiglia; istituisca dei meccanismi stabiliti di finanziamento pubblico, che prevedano la compartecipazione dei diversi livelli di Governo alla spesa dei servizi per l'infanzia, per le scuole dell'infanzia, per le famiglie indigenti, per gli anziani e per i giovani senza lavoro; aiuti con questo tesoretto le famiglie italiane, abbassandone le tasse.
  È per questo che suggeriamo la rapida approvazione della mozione presentata Pag. 41oggi da Forza Italia (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Lombardi, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00794. Ne ha facoltà.

  ROBERTA LOMBARDI. Grazie Presidente, secondo l'ultimo rapporto del Censis, l'Italia ha un tasso di natalità tra i più bassi d'Europa. La maggior parte delle donne vorrebbe avere più di un figlio, ma quando decide di imbarcarsi in quest'avventura, si ferma ad uno solo, nella migliore delle ipotesi, a causa delle difficoltà che ancora oggi persistono nella conciliazione tra famiglia e lavoro. Quindi, quando ho visto calendarizzata una mozione sugli incentivi alla natalità, ovviamente come madre lavoratrice, sia nella mia vita reale fuori da questo Palazzo che qui dentro, mi sono sentita assolutamente toccata e coinvolta ed ho tenuto a dare, con il supporto dei colleghi del MoVimento 5 Stelle, un contributo alla discussione sugli incentivi alla natalità.
  La mozione De Girolamo ed altri n. 1-00659, che è quella cui abbiamo abbinato le varie mozioni, in realtà parla di bonus bebé – che è un po’, per così dire, costringere il Governo ad applicare quello che aveva già stanziato in finanziaria – ma è un approccio che a noi non piace, perché è un approccio di tipo assistenziale – ti do un contributo mensile, piccolo tra l'altro, per fare fronte alle spese (semplicemente le spese), che una famiglia affronta nel momento in cui nasce un bambino – ma non è un intervento strutturale, che effettivamente vada ad incentivare una donna e una famiglia ad avere dei figli e riuscire a conciliare, quindi, sia la sua natura di lavoratrice che la sua natura di madre.
  In questo contesto abbiamo presentato la nostra mozione e abbiamo voluto sottolineare come, in un contesto di profondi cambiamenti quanto al ruolo e alle aspettative lavorative della donna, nel 2001 è intervenuta la cosiddetta legge Tremonti bis, che auspicava la creazione di asili nido nei posti di lavoro. È forse la cosa più banale, ma anche quella meno applicata, per dare effettivamente forza al concetto di pari opportunità nella vita di una donna lavoratrice.
  Il punto di partenza di un simile progetto è l'idea che, consentendo alla lavoratrice e alla mamma di portare con sé il figlio appena nato, le si possano garantire più opportunità di carriera e un sostegno concreto per coniugare maternità e impegni lavorativi. Misure del genere portano con sé una serie di indubbi vantaggi, perché consentono alle madri lavoratrici di anticipare il rientro sul posto di lavoro dopo il periodo di astensione obbligatoria, eliminano le discriminazioni professionali legate alla maternità, sostengono i percorsi di carriera della donna e la sua visibilità professionale e, quindi, favoriscono il radicamento della cultura vera delle pari opportunità e non le riserve panda che si creano in determinati settori. Si tratta di ampliare la disponibilità di posti negli asili nido attraverso la realizzazione di forme di collaborazione tra pubblico e privato. Vediamo quanto è difficile anche qui dentro una best practice, che dovrebbe essere anzi adottata in quella che doveva essere la casa della nuova politica. Stiamo ancora aspettando – il Presidente lo sa bene – l'apertura di uno spazio bimbi per permettere alle donne lavoratrici nella Camera dei deputati e impiegate della Camera dei deputati, di potere svolgere con serenità il loro lavoro e nello stesso tempo non rinunciare ad accudire i bambini piccoli.
  Le discriminazioni legate al sesso, purtroppo, non sono ancora un ricordo del passato. Nel nostro sistema giuridico la lotta alla disparità di trattamento è stata avviata quasi quarant'anni fa, con la legge n. 903 del 1977. Poi è stata istituita la Commissione nazionale per la parità e le pari opportunità tra uomini e donne, ma ancora non si è data una piena ed effettiva attuazione all'articolo 37 della Costituzione italiana, che sancisce l'obbligo di rispettare le parità di trattamento sul posto di lavoro e che aggiunge: le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento della sua essenziale funzione Pag. 42familiare e assicurare alla madre e al suo bambino una speciale adeguata protezione.
  Pari opportunità tra uomini e donne significa anche equa distribuzione dei lavori e, dunque, padri e madri dovrebbero in ugual misura poter svolgere il proprio ruolo di genitori, da un lato, ed esprimere la propria personalità anche fuori casa, dall'altro lato. In quest'ottica, realizzare asili nido nei luoghi di lavoro pubblici e privati rappresenterebbe un vantaggio anche per i padri lavoratori, i quali potrebbero così lavorare e nel contempo farsi carico della prole, sollevando di tanto in tanto le mamme da questo piacevolissimo onere, ma pur sempre onere.
  La sfavorevole congiuntura economica evidenzia come, rispetto a vent'anni fa, la donna oggi lavori per necessità e l'impossibilità di mandare avanti la famiglia con un solo stipendio costringe a rimandare il momento di una gravidanza, anche perché le donne incinte corrono il rischio di perdere il posto di lavoro. È quindi necessario che lo Stato realizzi misure efficaci di sostegno alla maternità, che sono a sostegno alla natalità, e che contribuiscano a rendere più facile la nascita di un figlio.
  In quest'ottica, i vari bonus bebè proposti dal Governo sembrano solo un palliativo temporaneo, ben lontano dal rappresentare una misura duratura e strutturale. Sarebbe certamente più opportuno prevedere investimenti concreti e permanenti, volti a sostenere in modo effettivo la formazione di nuove famiglie e lo sviluppo di servizi per la prima infanzia; questo anche in armonia con i Consigli di Lisbona e di Barcellona che hanno indicato, tra gli obiettivi generali, la rimozione dei disincentivi alla presenza femminile nel mondo del lavoro, soprattutto attraverso lo sviluppo della rete dei servizi per la prima infanzia.
  Attraverso la mozione oggi in discussione, il MoVimento 5 Stelle vuole impegnare il Governo a istituire un fondo statale di garanzia sui prestiti concessi alle neo mamme con reddito medio-basso; ad adoperarsi, presso le competenti sedi europee – una volta tanto è l'Italia che chiede all'Europa – allo scopo di prevedere la sostanziale riduzione al 4 per cento o anche fino all'azzeramento dell'IVA sui prodotti destinati alla prima infanzia; in vista della prossima legge di stabilità 2016, a cofinanziare gli investimenti promossi dalle amministrazioni locali per la costruzione o la riqualificazione di strutture dedicate agli asili nido; ad avviare un piano programmatico a regime, volto a definire modalità, obiettivi, tempi e risorse per incentivare su tutto il territorio i servizi integrativi e innovativi, quale il nido di famiglia, gestito dalla Tagesmutter, che accudisce ed educa presso la propria abitazione bambini da zero a sei anni, questo anche al fine di valorizzare il contributo delle donne alla vita economica e sociale del Paese, promuovendo l'autoimprenditorialità di quei soggetti che, proprio in virtù della loro scelta di diventare madri, verrebbero emarginati dal mondo del lavoro.
  È inoltre fondamentale consentire anche ai genitori lavoratori autonomi di usufruire di particolari forme di flessibilità degli orari e dell'organizzazione del lavoro (il part-time reversibile, il telelavoro, il lavoro a domicilio, l'orario flessibile in entrata o in uscita, la banca delle ore, la flessibilità sui turni, l'orario concentrato), con priorità per i genitori che abbiano bambini fino ad otto anni di età o fino a dodici anni, in caso di affidamento o di adozione.
  Sarebbe, infine, molto importante estendere alle lavoratrici e ai lavoratori autonomi, che non risultino iscritti ad altre gestioni di previdenza obbligatoria, nonché alle lavoratrici iscritte ad una delle gestioni INPS previste per i lavoratori autonomi, le tutele in materia di maternità e paternità previste dal testo unico di cui al decreto legislativo n. 151 del 2001.
  Un intervento del genere sarebbe veramente un intervento strutturale, sarebbe veramente un intervento che va ad investire nella natalità, anche a sostegno del welfare, del futuro, in previsione di una popolazione che sta via via invecchiando e via via anche comunque mantenendosi in vita. Gli 80 euro del bonus bebè equivalgono Pag. 43più o meno a sette o otto pacchi da cinquanta pannolini. Chi ha bambini come me e sa esattamente il consumo, capisce bene che tipo di poca significatività questo intervento comporterebbe nell'economia domestica di una famiglia. Invece, aiutare i genitori nei cruciali inizi di una famiglia, quando il bambino è piccolo, proprio nel momento in cui ha bisogno di maggiori cure e ha bisogno di maggior presenza dei genitori accanto a lui, sarebbe veramente un investimento per il futuro di questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Sarebbe ora iscritta a parlare l'onorevole Marilena Fabbri, ma, come è accaduto per l'onorevole Dorina Bianchi, ha avuto un contrattempo, quindi, se non vi sono obiezioni da parte dei gruppi, può intervenire l'onorevole Fontana. Prego, onorevole Fontana, ne ha facoltà.

  CINZIA MARIA FONTANA. Grazie Presidente, colleghe e colleghi, sottosegretario, secondo dati ISTAT pubblicati a novembre 2014, nel 2013 sono stati iscritti in anagrafe per nascita 514.308 bambini, quasi 20 mila in meno rispetto al 2012, mentre sono 509 mila le nascite nel 2014, 5 mila in meno rispetto all'anno precedente 2013, il livello minimo dall'unità d'Italia. Questo dato conferma che è in atto da tempo una nuova fase di riduzione della natalità: oltre 62 mila nascite in meno a partire dal 2008. Gli ultimi provvedimenti del Governo varati con la legge di stabilità, cioè il bonus bebè, l'assegno annuo di 960 euro erogato per ogni nuova nascita o adozione fino al 31 dicembre 2018, lo stanziamento di 100 milioni di euro per il rilancio del piano per lo sviluppo del sistema territoriale dei servizi socio-educativi per la prima infanzia, lo stanziamento di 45 milioni di euro per l'anno 2015 a favore dei nuclei familiari con un numero di figli minori pari o superiore a quattro, gli incrementi per il Fondo delle politiche sociali o per quello delle famiglia, l'emanazione del decreto legislativo a sostegno della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, di cui alla legge n. 183 del 2014, assumono un significato rilevante al fine di contrastare il trend negativo della natalità.
  Non dobbiamo però dimenticare quali sono i fattori che sottostanno dietro a questo grande problema che pare non avere la stessa dimensione negli altri Paesi europei. È noto che il sistema economico italiano è caratterizzato da un basso grado di coinvolgimento della popolazione femminile in età attiva nel mercato del lavoro, un dato molto distante da quello dei Paesi dell'Unione europea comparabili all'Italia per livello di sviluppo economico. In un periodo di difficoltà economica sono soprattutto le donne a subire nell'immediato le conseguenze negative e a godere più tardi dei benefici della ripresa. Secondo gli ultimi dati Eurostat, in Italia il tasso di disoccupazione giovanile è al 41 per cento, contro una media nei Paesi europei del 24,2 per cento. E la situazione delle giovani donne è ancora più negativa perché arriva a oltre il 50 per cento. Tutto ciò è naturalmente intollerabile, oltre che profondamente ingiusto. In Italia sono sempre più le ragazze che si laureano e le giovani spesso superano i loro coetanei, non solo nell'istruzione, ma anche per certi versi nel consumo di cultura. Rattrista però constatare che questo impegno nell'accrescere il proprio bagaglio di conoscenze, nell'arricchire il proprio capitale umano non trovi poi in generale, ma in particolare per le donne, un adeguato riscontro nel mondo del lavoro. Il mercato del lavoro purtroppo penalizza maggiormente le donne alle quali non è adeguatamente riconosciuto, né il doppio lavoro che svolgono in famiglia e fuori, né tantomeno il diritto alla maternità. Come può definirsi civile un Paese in cui una donna che ha un'occupazione precaria non può programmare la nascita di un figlio senza mettere in pericolo il proprio posto di lavoro ?
  Occorre, quindi, concentrare l'attenzione sul tema della conciliazione tra famiglia e lavoro per agevolare e favorire l'ingresso delle donne in ogni settore e auspicare una piena affermazione del Pag. 44ruolo che esse possono svolgere. Un basso livello occupazionale femminile rappresenta uno dei fattori di debolezza della nostra economia al quale è necessario porre rimedio. Lo dimostrano tantissime ricerche: un incremento dell'occupazione femminile determinerebbe un importante aumento del PIL, oltreché, di conseguenza, un aumento della natalità. In Italia dobbiamo fare i conti, oltre che con il gender gap, la differenza a livello professionale e retributivo tra donna e uomo, anche con il divario tra figli desiderati e figli avuti, proprio a causa delle difficoltà economiche e della difficoltà di conciliare lavoro e famiglia. Dobbiamo oggi obbligatoriamente risolvere il problema dell'occupazione femminile, anche per colmare le lacune dal punto di vista culturale che ancora permeano il mondo del lavoro per favorire la cosiddetta conciliazione. L'esclusione dal mondo del lavoro dopo la prima maternità o la difficoltà di fare carriera per la donna che ha figli non dovrebbero avere cittadinanza nel nostro Paese.
  Al contempo, occorre rafforzare i servizi offerti alla prima infanzia. Se l'Italia ha da sempre una buona copertura degli asili pubblici dai 3 anni in su, tra i più alti in Europa, pari al 90 per cento, è molto carente per la fascia da zero a 3 anni: 15 per cento al centro-nord e 2 per cento al sud. E non ha mai adeguato gli orari degli asili alle esigenze professionali delle donne.
  Negli altri Paesi europei c’è questa copertura di esigenze: asili aperti ventiquattro ore al giorno, pubblici o privati con sostegni statali; una maggiore diffusione di asili aziendali e negli enti pubblici. In Italia, l'ammortizzatore sociale che sopperisce a questa inefficienza del welfare è rappresentato dalle nonne, che si occupano a tempo pieno del 20 cento dei bambini, se le madri lavorano, o dalle stesse madri se non lavorano. In Emilia Romagna, dove si ha il maggior numero di occupate in Italia (62 per cento), il numero dei nidi è cresciuto (i comuni attrezzati sono l'80 per cento) e ha raggiunto gli obiettivi suggeriti dall'Unione europea, e dove orari e tipologia sono diversificati, il tasso di natalità è aumentato; a differenza di quanto avviene al sud, dove sono molto bassi entrambi gli indici: occupazione e natalità.
  Per rendere l'Italia un Paese allineato con i Paesi del Nord Europa occorrono, quindi, politiche concrete e durature, che si pongano l'obiettivo di sostenere ed incrementare politiche attive e misure efficaci di sostegno per favorire la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, con particolare riguardo a chi ha redditi bassi e discontinui; occorre promuovere politiche sociali di sostegno alla maternità e paternità, anche attraverso l'incremento delle strutture e dei servizi socio-educativi per l'infanzia, e, in particolare, per la fascia neonatale e prescolastica, garantendone l'attuazione e l'uniformità delle prestazioni su tutto il territorio nazionale, confermando, altresì, il tempo pieno in ambito scolastico; occorre dare continuità alla misura del «bonus bebè»; occorre incrementare la quota del bilancio statale destinata alle politiche di sostegno alla famiglia; occorre l'introduzione di misure stabili, che garantiscano il diritto alla genitorialità e, in particolare, alle madri di poter scegliere la maternità senza rinunciare al lavoro.
  Per questo, la discussione che stiamo affrontando è di particolare rilevanza. Mi auguro che nel prosieguo della discussione in quest'Aula abbiamo davvero la possibilità di affrontare in modo trasversale questi temi, perché il tema della conciliazione e il tema della natalità sono temi che aiutano il Paese dal punto di vista economico e dal punto di vista del grado di civiltà che il Paese può raggiungere (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
  Prendo atto che il sottosegretario Zanetti, anche in questo caso, rinunzia ad intervenire.
  Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

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Discussione della mozione Iori, Sberna, Daniele Farina, Locatelli, Pinna ed altri n. 1-00785 concernente iniziative in merito all'emergenza umanitaria relativa al campo profughi di Yarmouk, in Siria, con particolare riferimento alla situazione dei minori (ore 15,50).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Iori, Sberna, Daniele Farina, Locatelli, Pinna ed altri n. 1-00785, concernente iniziative in merito all'emergenza umanitaria relativa al campo profughi di Yarmouk, in Siria, con particolare riferimento alla situazione dei minori (Vedi l'allegato A – Mozioni).
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione delle mozioni è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 9 aprile 2015.
  Avverto che sono state altresì presentate le mozioni Manlio Di Stefano ed altri n. 1-00792 e Binetti ed altri n. 1-00796 (Vedi l'allegato A – Mozioni) che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalla mozione all'ordine del giorno, verranno svolte congiuntamente. I relativi testi sono in distribuzione.

(Discussione sulle linee generali)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
  È iscritta a parlare l'onorevole Iori, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00785. Ne ha facoltà.

  VANNA IORI. Grazie, Presidente, dal 1o di aprile, le milizie dell'ISIS sono entrate nel campo profughi di Yarmouk e hanno portato distruzione, morte, violenze, atrocità. Tutti i giornali internazionali ci hanno illustrato e mostrato quanto sta accadendo, ma le testimonianze che ci sono state fornite da coloro che da questo campo sono riusciti a fuggire sono davvero oltre il disumano: questa è la definizione che ha dato l'ONU.
  Si tratta di una situazione oltre il disumano, che rischia di assumere i caratteri di genocidio, di un autentico genocidio. Perché ? Perché nel campo di Yarmouk, che si trova a pochi chilometri a sud di Damasco, si trovano imprigionate, intrappolate, 18 mila persone e, tra queste persone, ben 3.500 bambini. Questi bambini sono condannati a patire la fame, la sete, sono privi di medicinali, non sono raggiungibili dagli aiuti umanitari, perché le strade per accedere a questo campo profughi vengono occupate dalle milizie dell'ISIS, che, nel campo, stanno perpetrando ogni forma di atrocità.
  I pochi testimoni che sono riusciti a fuggire raccontano di teste mozzate per strada, di esecuzioni sommarie, di teste infilzate nelle inferriate. Un profugo palestinese scampato racconta di aver visto due ragazzi, giovani miliziani che giocavano a calcio con una testa mozzata, come se fosse un pallone da calcio. Credo che non ci sia bisogno di aggiungere molti altri commenti a queste atrocità. C’è un breve video che ha fatto il giro del mondo che ci mostra un pianista, un giovane pianista, che ha trascinato in mezzo alle macerie il suo pianoforte e che canta una canzone che dice io non so più il mio nome. Credo che questo racconti tutta l'atrocità di chi ha perso tutto, ha perso persino la propria identità, il proprio nome: io non so più chi sono, io non so più neppure il mio nome.
  Gli appelli sono ormai allo stremo delle possibilità di far scattare davvero delle misure efficaci per salvare la vita di questi bambini e delle loro famiglie, ovviamente. Se l'ONU ha definito questa situazione oltre il disumano, in realtà anche altri organismi, come ad esempio l'UNICEF, hanno lanciato un allarme altrettanto inquietante, dicendo che siamo di fronte a una nuova Srebrenica, cioè rischiamo ancora una volta di avere un eccidio che tiene intrappolati questi bambini e le loro famiglie e che non consente di uscire, perché se da un lato le milizie dell'ISIS stanno commettendo le atrocità di cui dicevo, dall'altro la Siria sta bombardando dall'alto questa popolazione. Quindi ci troviamo di fronte ad una situazione di Pag. 46intrappolamento tra due fuochi in cui non è possibile scappare, non è possibile scampare alla morte e in cui non possono entrare gli aiuti umanitari. La Croce rossa internazionale ha lanciato più volte – l'ultima ieri – i suoi appelli proprio per riuscire ad entrare. Stiamo parlando di una situazione in cui non c’è cibo, non c’è acqua, non ci sono medicinali e, come ci dice Save the chindren, i medici sono stati i primi ad essere uccisi e ad essere stati portati via, rapiti o uccisi. Mancano anche le strutture sanitarie, quindi abbiamo dei feriti che giacciono per strada e dei quali nessuno si può fare carico.
  Da tutto questo deriva una complessità della situazione politica che non arresterà certamente la marcia dell'ISIS che è diretta a raggiungere Damasco e che non si curerà di quello che incontrerà: bambini, donne. Ci sono madri che si prostituiscono per procurare latte o pane ai loro figli. L'ISIS non si fermerà davanti a niente, perché la meta è ciò che è le interessa più di tutto.
  Noi crediamo che sia stato quanto mai opportuno e importante l'intervento messo in atto dal Ministro degli esteri Gentiloni che ha stanziato un milione e mezzo di euro per questa situazione. In particolare, crediamo che sia molto utile avere individuato come bersaglio privilegiato di questo stanziamento proprio i bambini; infatti, di questo milione e mezzo, 500 mila euro sono andati all'UNICEF e un milione di euro è andato all’ UNRWA, che è l'ente dell'ONU che segue i profughi palestinesi. Noi esprimiamo un grande apprezzamento e anzi la mozione nasce proprio da questo gesto del Ministro Gentiloni.
  I profughi che ce l'hanno fatta raccontano queste testimonianze che, certamente, suscitano in tutti indignazione e scalpore, ma quello che a noi interessa è che questi drammi, anche se sono a pochi passi da noi, come del resto è accaduto per Srebrenica, siano vissuti come qualcosa di molto remoto, che non ci riguardi. È proprio per questo che, spesso, non ci facciamo carico, non assumiamo la responsabilità di quello che sta accadendo.
  Il Ministro Gentiloni ha avuto un incontro, un vertice trilaterale con i Ministri di Egitto e Algeria per stabilire insieme come concorrere alla protezione umanitaria, aiutando a distribuire cibo, acqua potabile, medicinali e assistenza sanitaria di base, ma c’è bisogno anche di un'assistenza psicologica per questi bambini, perché i bambini e le famiglie che sono sottoposti a una sofferenza prolungata, qual è quella della permanenza in una situazione di guerra, sono sottoposti a uno stress e a un trauma che ha degli effetti immediati, ma che ha, anche, delle conseguenze durature, a volte indelebili, che durano per tutta la vita. Ora, non dimentichiamo che dei circa 20 milioni di rifugiati in tutto il mondo, la metà sono minorenni e il 13 per cento ha un'età inferiore ai cinque anni. Per questi bambini la sopravvivenza delle madri è l'unica garanzia della sopravvivenza stessa dei figli.
  Ora, come molte ricerche confermano, i minori sono particolarmente vulnerabili in situazioni di guerra, non solo perché spesso sono il bersaglio privilegiato, nel senso che il nemico spesso colpisce i minori per indebolire la comunità di appartenenza; non solo, anche, perché i minori sono reclutati come bambini soldato e diventano, quindi, spesso, non solo vittime, ma autori loro stessi di violenza; ma altrettanto preoccupante è il fatto che il dolore dei bambini, la sofferenza, la violenza con cui sono a contatto viene minimizzata. Si ritiene, erroneamente, che i bambini dimentichino, che i bambini sappiano giocare anche, come vediamo in molte immagini, con gli spezzoni delle bombe esplose o con i proiettili che trovano nel campo. Ebbene sì, è vero, i bambini sanno giocare, ma non crediamo che dimentichino e, del resto, che traumi duraturi e a volte permanenti, indelebili, sussistano per tutta la vita in questi bambini ci viene confermato da molte ricerche che sono state fatte, però, ahinoi, solo recentemente. Abbiamo le prime ricerche, per esempio, fatte su coloro che sono stati bambini nei lager nazisti o su coloro che erano giovani o giovani adulti durante la seconda guerra mondiale.Pag. 47
  Inoltre a questo aggiungiamo che gli adulti, i genitori, la collettività, spesso sono, essi stessi, così provati dal dolore, dalla sofferenza, dai lutti e dalle perdite che hanno esaurito la loro capacità di offrire affetto e protezione ai loro figli, perché essere testimoni, ogni giorno, della morte di qualcuno dei propri cari, ovviamente, indebolisce anche le risorse emotive dei genitori.
  Ecco, allora la domanda è: che adulti diventeranno questi bambini che hanno vissuto queste deprivazioni, queste violenze e queste atrocità ? Io affido la risposta alle parole di una scrittrice profuga somala che si chiama Shirin Ramzanali Fazel che scrive: «Come vorrei tanto provare quel senso di leggerezza che di solito si prova dopo aver pianto ! È una sensazione che tutti noi ricordiamo ma che io non riesco a provare, malgrado pianga. Forse dipende dal fatto che il mio è un pianto senza lacrime. Io piango per la mia città che non esiste più, per un popolo che soffre, per una terra distrutta, per gli uomini impazziti, per gli animali morti. Io piango perché gli unici suoni che sento sono fischi di pallottole, scoppi di bombe e colpi di bazooka che si alternano a grida, singhiozzi, pianti e litanie di morte. Io piango perché non ho un futuro, io piango perché l'odore della morte mi fa paura, io piango perché non voglio che la mia speranza muoia».
  Chiediamo, dunque, che nel pensare e nel predisporre interventi umanitari in emergenza nei campi profughi si continui a prestare particolare attenzione a questa fascia di popolazione, cioè alla fascia dei minori, perché il loro trauma può avere effetti devastanti anche molti anni dopo, non solo minando in loro la possibilità di pensare a un futuro e di progettare un futuro, ma minando la fiducia stessa nell'umanità proprio a causa degli errori esperiti. Sono necessarie, quindi, azioni di prima accoglienza e cure efficaci, per i bambini e i loro genitori. Del resto, la vulnerabilità emotiva minorile si manifesta spesso proprio durante il periodo di accoglienza, attraverso ricordi, incubi angoscianti, e anche attraverso manifestazioni corporee e psicologiche. Anche in Italia, per esempio, sono note e in forte aumento le segnalazioni di casi di disagio, anche mentale, proprio nei richiedenti asilo e nei rifugiati provenienti dai territori, ad esempio, dei progetti dello SPRAR o dai centri di accoglienza governativi per richiedenti asilo, i CARA. Quindi, sono molto importanti i programmi di assistenza che si occupino dei traumi psichici dei bambini rifugiati e dei bambini profughi e delle gravi difficoltà che incontrano al momento di inserimento nelle famiglie o nelle comunità. Proprio per limitare queste sofferenze psicologiche dell'esposizione prolungata alla violenza, sofferenze che sono più gravi e indelebili di quelle fisiche, chiediamo in primo luogo che si intervenga con urgenza non solo attraverso gli ovvi ed indispensabili aiuti economici, alimentari e sanitari per le migliaia di bambini che vivono in queste condizioni, ma anche che si promuovano tutte le possibili azioni politiche per allontanare i bambini dalle zone di guerra e da queste condizioni che ne pregiudicano gravemente lo sviluppo e la sopravvivenza stessa.
  Questo obiettivo può essere perseguito tramite l'attivazione immediata di un corridoio umanitario ONU a Yarmouk, per liberare almeno i bambini e mettendo in atto nel più breve tempo possibile tutte le azioni che rendono possibili gli immediati contatti con gli organismi internazionali e le associazioni che già operano in questo territorio, e quindi il Governo deve dare sviluppo immediato a quanto già affermato dal Ministro Gentiloni.
  Nella mozione chiediamo al Governo di valutare anche le modalità di accoglienza di questi bambini, come già è avvenuto per le esperienze positive dei bambini provenienti da Chernobyl, dalla Bielorussia e dalle zone contaminate, oppure dei bambini saharawi che sono stati ospitati. Devo dire che io stessa e altri colleghi abbiamo ricevuto in questi giorni delle attestazioni di famiglie che si sono già dichiarate disponibili ad ospitare i bambini provenienti da questa zona. Concludo, Presidente, citando Hannah Arendt, che dice che chi finge di non vedere o non vede è Pag. 48come se in qualche modo si sottraesse alla responsabilità di ciò che ha visto. Responsabilità viene dal verbo respondeo, quindi diamo una risposta; dare una risposta vuol dire assumere la responsabilità per ripristinare la dignità umana, civile e sociale di questi bambini (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Binetti, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00796. Ne ha facoltà.

  PAOLA BINETTI. Presidente, nell'illustrare questa mozione vorrei partire proprio dalle ultime parole pronunciate in questo momento dalla collega Vanna Iori, che ha veramente messo l'accento su molti aspetti che toccano questa realtà drammatica dei 3.500 bambini che sono ospitati in questo campo profughi. Lo voglio fare proprio partendo da queste parole, che rivelano tutta la gravità della complicità del silenzio. La complicità di un silenzio che riguarda le istituzioni a livello internazionale; complicità del silenzio che riguarda i Paesi; complicità del silenzio che si nutre in qualche modo delle paure delle conseguenze in cui si può incorrere quando si ha il coraggio della denuncia di una situazione che contraddice i più elementari diritti umani.
  Lo faccio anche partendo da un evento che abbiamo vissuto in questi giorni, peraltro anche con molti colleghi, che è quello che riguarda il centenario del drammatico genocidio degli armeni. Su questo genocidio, che è stato il primo della storia e che in qualche modo tocca la coscienza di tutti noi per la gravità – oltre 1 milione di armeni in quell'occasione fu massacrato – ma anche per il silenzio che allora circondò quella drammatica vicenda, che poi ha portato come conseguenze – il silenzio, non il genocidio in senso stretto – successivamente al genocidio degli armeni, al genocidio degli ebrei, successivamente a quello che ha riguardato Darfur, quello che ha riguardato il Ruanda. Per l'appunto, di silenzio in silenzio, arriviamo ai nostri giorni e questa capacità oggi di alzare la voce in modo forte e chiaro a tutela di questi 3.500 bambini vuole essere una presa di coscienza che riguarda, attraverso questa realtà concreta, tutti gli altri – non solo bambini, ma prevalentemente bambini – che sono alloggiati in altri campi profughi, penso per esempio a quelli che sono in Somalia e via dicendo, dove i bambini non solo vengono massacrati ma poi sappiamo che vengono prelevati gli organi di questi bambini e che comunque scompaiono senza che se ne sappia nulla. Noi dobbiamo in qualche modo assumere, attraverso il coraggio della difesa di questa situazione, dobbiamo avere il coraggio di mostrare che abbiamo capito una lezione gravissima, che è quella per cui niente di quello che riguarda le persone che ci stanno accanto ci può risultare indifferente, fosse anche – ancora per questo mi riferisco alla giornata di ieri – la reazione avuta per esempio da Ankara rispetto alle parole del Papa quando ha denunciato il genocidio armeno e ha dovuto richiamare il suo ambasciatore.
  Richiamare l'attenzione sulla difesa dei diritti umani, porlo come un'esigenza straordinaria in cui la nostra cultura e la nostra civiltà occidentali deve lo sviluppo che in tutti questi anni lo ha portato anche alle condizioni di benessere materiale, ma poi forse per quella sorta di acquiescenza al benessere per cui ha deciso che poteva girare la testa da un'altra parte, che poteva considerare di non sentirsi toccato da quei problemi, ha portato anche a un imbarbarimento della nostra società. Veniamo quindi a questi 3.500 bambini: perché è lecito fare un confronto fra questi 3.500 bambini e una potenziale forma di genocidio che riguardi la realtà di questo campo ? Perché sterminare bambini, lo sterminio dei bambini, la violenza sui bambini, come diceva anche prima la collega, non è soltanto la violenza fisica, quella violenza che conduce alla morte, non è soltanto la violenza che in qualche modo tocca e produce delle ferite difficilmente curabili, ma è anche la violenza psicologica, è anche la violenza di chi si sente strappato a quelli che sono gli effetti familiari, questi bambini sono stati allontanati Pag. 49dalle loro famiglie sono bambini che vivono in una condizione di grande disagio, penso per esempio a un'immagine che in questi giorni ha colpito forse più di mille discorsi la nostra fantasia, quella di quella bambina che davanti a una fotografia che le veniva fatta da un fotografo ha pensato che questo fotografo stesse sparandole, quindi alza le mani in segno di resa. Sono bambini che si abituano a vivere con la minaccia, che è una minaccia che tocca la loro vita e che in qualche modo loro non riescono a fronteggiare in altro modo che arrendendosi. Partire da questa attenzione a questi bambini significa riscrivere una pagina, significa riscrivere un modello di accoglienza, significa ragionare e riflettere sul fatto che in qualche modo non basta nemmeno l'accoglienza fisica che si traduce nello spazio e probabilmente nelle condizioni elementari di assistenza, di una nutrizione che rasenta semplicemente la sopravvivenza.
  Noi abbiamo bisogno di restituire a questa infanzia il senso della dignità del suo vivere, abbiamo bisogno di restituire a questi bambini la consapevolezza che valga la pena vivere attraverso questa vita di cui si sentono in fondo fatti nuovamente domo, parafrasando uno scrittore italiano potremmo dire che sono bambini che nascono due volte, sono nati una volta dai loro genitori e nascono oggi, possono nascere oggi un'altra volta grazie a degli interventi sociali, a degli interventi umanitari che restituiscano il senso della loro infanzia.
  Ma, ricordiamolo bene: non basta accoglierli, non basta alloggiarli, non basta nutrirli. Bisogna nutrire – potremmo dire – la loro mente, bisogna nutrire la loro anima, bisogna nutrire il loro cuore. Per questo, le iniziative di riportarli in nuclei familiari, che siano nuclei familiari come quelli a cui si faceva riferimento, citando l'esempio dei bambini di Chernobyl, o ricondurli in nuclei familiari che potrebbero utilizzare altri modelli di affidamento, significa restituirli al senso della famiglia, però significa anche sradicarli dalle loro radici e questo richiede un grande equilibrio in coloro che saranno coinvolti in questa operazione; un grande equilibrio perché significa mantenere in questi bambini la consapevolezza delle loro origini, ma, nella soluzione transitoria, offrire la possibilità di curare queste ferite affinché siano pronti a tornare nella loro terra, nei loro campi per farsi carico di quei problemi e di quelle esigenze.
   Sappiamo che questo è stato uno dei problemi dell'accoglienza dei bambini di Chernobyl, uno dei problemi che si sono giocati molte volte anche sull'equivoco di che cosa significasse questa accoglienza. Ci sono state famiglie che hanno pensato che questo affidamento potesse essere definitivo, che potesse essere una sorta di nuovo modello di adozione nei confronti dei bambini, oppure ci sono stati bambini stessi di Chernobyl che, nel momento in cui si sono inseriti nel tessuto italiano, poi non avevano più voglia di tornare nelle loro terre, di tornare alle loro difficoltà e di tornare ai loro drammi. Mettere in piedi strutture di accoglienza transitoria significa anche mettere in piedi una riflessione molto profonda sul modo e sui modi dell'accoglienza, sul modo e sui modelli delle realtà familiari.
  Per questo, nella mozione che abbiamo presentato uno dei punti determinanti è anche quello di valutare se vi è la possibilità di restituire questi bambini alle loro famiglie, di riuscire a venire incontro, anche con risorse economiche – non solo con risorse economiche, ma anche con risorse economiche – agli interi nuclei familiari, di riuscire a valutare se sia possibile mantenere l'unità del nucleo familiare, laddove sia possibile, ricostruendola grazie alle associazioni umanitarie che operano sul territorio; di restituirli quindi ad una capacità di non sradicamento e, se c’è bisogno di un trapianto, che questo trapianto riguardi non il bambino da solo, ma il bambino con la sua famiglia.
  Mantenere vivo l'accento sulla presenza di una persona nella ricchezza dei suoi legami familiari significa anche, in questi casi specifici, mantenere forte la consapevolezza della ricchezza in questi bambini delle loro tradizioni culturali...

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  PRESIDENTE. La prego...

  PAOLA BINETTI. Sì, Presidente ? Guardavo l'orologio e mi sembrava...

  PRESIDENTE. Onorevole Binetti, mi riferivo al tavolo del Governo. Prego, prosegua, pure.

  PAOLA BINETTI. Significa mantenere in questi bambini anche la memoria del luogo da cui provengono. Questo è qualcosa che dobbiamo tenere molto in conto.
  Sempre riferendomi all'esperienza vissuta in questi giorni con gli armeni, abbiamo visto quanto li abbia aiutati nella loro, come dire, drammatica fuga dall'Armenia (per quelli che sono stati i più fortunati che hanno conservato la vita e che hanno addirittura potuto ricostruire una nuova qualità di vita) e quanto sia stato necessario per loro trovarsi in piccoli gruppi con cui mantenere lingua, tradizioni, modo di vivere la loro fede, modo di ricordare le loro abitudini, comprese le loro abitudini alimentari, compresi i loro canti, comprese le loro storie e tutto quello che fa parte della vita di un popolo.
  Dobbiamo pensarlo per questi bambini. Non possiamo immaginarci soltanto come coloro che li accoglieranno in un contesto che è il nostro, in un contesto che sicuramente sarà fatto di famiglie che esprimeranno grande sensibilità e grande disponibilità, ma che non potranno – come dire – restituire loro tutto quello che ha rappresentato la loro storia.
  Quindi, anche questa operazione, se riuscissimo a farla a fronte non solo di una sorta di adozione di bambini, ma di adozione di nuclei familiari credo che potrebbe rappresentare anche un passo in avanti nell'ambito dell'esperienza internazionale della collaborazione tra i popoli e le istituzioni.
  D'altra parte, c’è un altro punto che a me sembra importante sottolineare e lo diceva anche prima la collega Iori: questi bambini portano proprio la ferita della paura e dell'angoscia.
  Noi dobbiamo riuscire a capire come aiutarli ad elaborare questa angoscia. Siamo di fronte a quella che, in termine tecnico, si definisce la «sindrome post-traumatica da stress». Dobbiamo riuscire a farci carico di questa sindrome post-traumatica, sapendo che c’è e sapendo che, per aiutarli ad elaborare questa sindrome, ci vorrà del tempo, ci vorrà molto tempo, ma sapendo anche qual è il costo di questo mancato aiuto in questo momento. Il costo di questo mancato aiuto è il costo che la violenza subita ad un certo punto possa trasferirsi in una successiva violenza agita e il costo che, tutto sommato, essere stati abbandonati possa, in qualche modo, introdurre una difficoltà quasi strutturale a stabilire nuovi legami, per la paura che questi nuovi legami possano interrompersi ancora una volta.
  Da questo punto di vista, l'assistenza a questi bambini è un'assistenza che deve avere, sotto il profilo psicologico, tanta attenzione, tanta pazienza, tanta capacità di prolungarsi nel tempo, quanto l'esperienza vissuta con altri popoli, in altre situazioni, in altre circostanze ci ha dimostrato. Penso ad una situazione totalmente diversa, però, che mi è capitata in qualche modo di seguire, che è stata la storia dei bambini dell'Aquila, che dicevano ancora: «Mi tremava il sogno». Questa angoscia della ferita subita, attraverso l'evento avverso che ha fatto irruzione nella loro vita, faceva sì che questi bambini, anche nel sonno, continuassero a sentire che gli tremava il sogno. E questo anche nel tempo, per la difficoltà ad addormentarsi, per la difficoltà, in qualche modo, anche a reinserirsi serenamente nelle esperienze di tipo scolastico.
  Noi dobbiamo sapere che farsi carico di questi bambini è farsi carico di 3.500 progetti di vita. Significa non trattarli come una piccola massa di bambini, nemmeno come un gruppo di bambini, ma significa riuscire a trattare ognuno di loro esattamente per quello che è, cioè una persona con la quale cercheremo di fare un progetto personale, perché, altrimenti, anche questa potrebbe diventare la violenza dell'anonimato di gruppo e, nella violenza dell'anonimato di gruppo, la persona perde il senso della sua dignità Pag. 51e, se perde il senso della sua dignità, è molto più facile che possa anche diventare oggetto di manipolazioni di tipo rivendicatorio.
  Noi non abbiamo bisogno, come dire, di nutrire o, in qualche modo, nemmeno di permettere che qualcuno nutra una campagna di odio, una campagna di violenza diffusa, una campagna in cui è molto difficile distinguere tra amici e nemici. Abbiamo bisogno di ricostruire l'intero tessuto delle relazioni umane, a partire da questa situazione e da questa esperienza, che può diventare un modello. Può diventare un modello sul piano internazionale e può diventare anche un modello in cui la nostra cultura, la nostra tradizione italiana, centrata su valori come il rispetto della persona, come i valori della vita, il valore delle famiglia, ma anche il valore della cultura, il valore della bellezza, il valore del senso della religione nell'esperienza personale di ognuno, riesce davvero a dare la sensazione a questi bambini che sta cominciando una vita diversa, ma in un contesto più umano.
  Non sono semplicemente sottratti, per così dire, al corridoio buio della violenza e della morte, ma sono proiettati in un corridoio molto più luminoso, fatto davvero di affetti, di affetti genuini e di affetti che non chiedono in cambio nient'altro, di affetti centrati su una gratuità, per cui in questa gratuità non sono in gioco, come dire, patti bilaterali di interesse reciproco. C’è esclusivamente la dimensione del servizio, la dimensione dell'esperienza del farsi carico dell'altro, perché l'altro non può farsi carico da solo di se stesso. Questa è anche la dimostrazione più bella di come, quando difendiamo in maniera, come dire, eccessiva quel famoso principio di autodeterminazione, che fa pensare che ognuno di noi possa badare a se stesso, in realtà tocchiamo con mano come quanto sia difficile che ognuno di noi possa badare a se stesso da solo, sempre e in tutto l'arco della vita.
  Viceversa, capita molto più frequentemente che ognuno di noi debba contare sugli altri, che debba contare sulla sussidiarietà che gli viene data e che debba poter mettere sul piatto della bilancia le proprie fragilità, le proprie miserie, mentre può, invece, mettere sull'altro piatto della bilancia anche la propria forza, per farsi carico di altri.
  Quando prima si citava Hannah Arendt – e mi sembrava molto opportuna la citazione fatta – a me veniva in mente un'altra citazione della stessa, che è quella forse conosciuta da tutti noi in quest'Aula, che è quella in cui Hannah Arendt parla della «apparente banalità del male».
  Non vorrei che noi scivolassimo, in questo caso, nella apparente banalità del bene. Vorrei che prendessimo molto sul serio questo bene che intendiamo fare a ognuno di questi bambini, che lo sottraessimo alla banalizzazione umanitaria, che lo sottraessimo anche ad una sorta di campagna propagandistica che dimostri che siamo buoni e che siamo bravi. Vogliamo che non ci sottraessimo alla fatica reale dell'essere buoni, laddove la fatica reale dell'essere buoni significa la fatica reale di prendere sulle proprie spalle le difficoltà degli altri.
  Se sapremo fare ciò per questi bambini, se sapremo creare i canali di comunicazione opportuni, se sapremo prenderci carico di ognuno di loro, uno a uno, se sapremo fare una gestione di queste risorse messe a disposizione dal Ministro Gentiloni con, direi, estrema rapidità e con estrema disponibilità, e penso anche con una non indifferente dose di generosità, in questo momento, se sapremo essere certi che nemmeno un euro di questi soldi andrà disperso oppure servirà a nutrire la macchina della beneficenza o la macchina delle istituzioni, ma, invece, sarà impegnato efficacemente e direttamente al servizio di ognuno di questi bambini e delle loro famiglie, penso che avremo fatto qualcosa di buono non solo per questi bambini, ma avremo creato un modello di riferimento che ci mette su un piano diverso rispetto a quello che noi stessi abbiamo fatto in altri tempi e rispetto a quello che altri hanno fatto in tempi analoghi.
  E, probabilmente, l'Italia si giocherà una sua leadership, come noi tutti auspichiamo, Pag. 52a livello della cultura mediterranea, che ci restituisca quello che, per tradizione e per cultura, è sempre stato il nostro ruolo come punto di riferimento della civiltà mediterranea. Vogliamo riappropriarci di questo, del Mediterraneo che ci tocca, quel Mediterraneo che, soltanto tra ieri e l'altro ieri, ci ha visto impegnati ad accogliere 3.500 persone. Facevo la somma degli immigrati che sono sbarcati e che abbiamo accolto sulle nostre terre: sono circa 3.500, per la maggioranza adulti, a cui vogliamo offrire, anche a loro, nello stile e nella qualità delle relazioni, qualcosa che vada oltre semplicemente il campo di accoglienza, il centro di accoglienza. Vogliamo offrire qualità di vita.
  Per questo, occuparci di questi bambini deve essere per noi il modello reale con cui ragioniamo e riflettiamo sui tanti errori compiuti, sulle tante standardizzazioni di banalizzazione su una modalità che, in qualche modo, è come se potesse suonare una toccata e fuga, cioè lo faccio e poi mi dimentico di averlo fatto, per la sola soddisfazione immediata, transitoria, di dire: abbiamo fatto, abbiamo dato, abbiamo, in qualche modo, contribuito.
  Non è così ! Salvare una vita significa prendersene carico per tutto l'arco di quella vita, significa rispondere a quei bisogni e a quelle esigenze per tutta la vita, significa che questi bambini ci interessano, che di questi bambini ci facciamo carico; è come se, con questi bambini, sottoscrivessimo una sorta di contratto che dice: mai più soli, mai più abbandonati.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Tidei. Ne ha facoltà.

  MARIETTA TIDEI. Presidente, onorevoli colleghi, Yarmouk è un lembo di terra senza pace. Quella in un campo profughi è una vita difficile: il popolo palestinese, scacciato dalla propria terra, vive, in questo campo, una situazione precaria, in condizioni igienico-sanitarie pessime (lo hanno già ricordato le mie colleghe), in cui crescere le nuove generazioni è estremamente difficile.
  La situazione, già disastrosa in tutta la Siria, ha iniziato a deteriorarsi in questo angolo di terra dal 2012, quando esercito e ribelli hanno iniziato a contendersi la zona. Oggi le circostanze sono drasticamente peggiorate: l'ONU le ha definite disumane, al di là del disumano. L'intera Siria è una polveriera: dall'inizio della guerra, ormai 4 anni fa, si contano circa 220 mila morti, 12 milioni di sfollati e 3,8 milioni di rifugiati. La metà degli sfollati sono bambini.
  La guerra ha distrutto ospedali, scuole, i rifornimenti idrici ed elettrici. Si dice che quasi l'83 per cento del Paese sia al buio. Per il 2015 il bilancio degli aiuti umanitari sarebbe stato stimato intorno agli 8 miliardi di dollari e fino ad oggi sarebbe stata trovata la copertura solo per il 2 per cento. Molte ONG attive sui territori siriani hanno definito la crisi umanitaria come una delle peggiori crisi dalla seconda guerra mondiale.
  L'ISIS combatte tra le rovine contro i palestinesi, ma non è la sola a sparare, purtroppo, perché sembrerebbe che anche l'aviazione avrebbe bombardato più volte il campo di Yarmouk. L'ISIS è brutale, lo ricordava la collega Iori, ed adotta, nelle operazioni militari e nelle rappresaglie, metodi che somigliano molto a quelli della pulizia etnica dei serbi di Bosnia, aggiungendo brutalità medioevali: file di teste mozzate ed impalate e miliziani che giocano a calcio con le teste dei palestinesi, sono solo esempi di quello che è diventato il campo di Yarmouk. In questo inferno i civili cercano di sopravvivere come possono, barricandosi in casa, esponendosi il meno possibile, ma sono sempre più i civili, gli innocenti, i bambini, le vittime di questo massacro. È di domenica la notizia della morte di cinque scolari, tra i 12 e 15 anni, tre professoresse e un uomo uccisi in seguito ad un bombardamento sulla scuola Saed Al-Ansari, nel distretto di Mashhad ad Aleppo. I bambini, i ragazzi cercano di continuare, chi può, una vita normale, ma il terrore non si ferma neanche davanti a loro, anzi colpisce proprio il simbolo di un futuro diverso: la scuola.
  Nel campo di Yarmouk manca tutto: cibo, acqua, medicinali, di terrore, invece, ce ne è in abbondanza. «Un assedio nell'assedio» Pag. 53è la definizione più ricorrente che arriva dalle testimonianze del campo. Diecimila adulti e tremilacinquecento bambini sono intrappolati a Yarmouk e non possono uscire perché i cecchini jihadisti controllano le vie di fuga. La dodicenne Zeinab Daghestani è stata uccisa da un cecchino il 7 aprile mentre cercava di spostarsi verso la zona meridionale di Yarmouk, all'epoca più tranquilla.
  Sono, purtroppo, proprio i più piccoli a subire il peso maggiore della guerra. Fonti UNICEF ci dicono che già dal novembre 2013 vi era una enorme difficoltà a far entrare aiuti umanitari nel campo, ma ora la situazione è precipitata. Sia le forze siriane che lo Stato islamico impediscono l'accesso agli aiuti medici e umanitari, privando così decine di feriti delle cure mediche e dell'assistenza necessarie per salvare le loro vite. L'unico ospedale del campo è stato distrutto, i medici che ci lavoravano dentro se ne sono andati e le persone rimaste ferite non hanno potuto ricevere cure mediche. Purtroppo, le notizie che abbiamo sono frammentarie, perché i media ufficiali non possono avvicinarsi alla zona. I cecchini sparano sulle madri che cercano tra le macerie qualcosa da mangiare, i testimoni ci parlano di una città popolata da spettri ormai pelle ed ossa.
  Gli appelli sono stati innumerevoli, lo ricordava la mia collega Iori, ma ora bisogna passare alle azioni concrete. L'Italia ha iniziato a fare la sua parte. Il nostro Governo, attraverso il Ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, ha stanziato un milione e mezzo di euro per sostenere le attività dell'Unicef e dell'UNRWA, l'agenzia delle Nazioni Unite per i profughi palestinesi; agenzia, voglio ricordarlo, che è già allo stremo per la situazione di tanti campi profughi palestinesi disseminati in Medio Oriente. È un valido inizio, ma bisogna fare di più. Mi auguro che questa cifra sia solo la prima fase di un impegno economico di medio e lungo periodo a sostegno delle genti di Yarmouk e degli altri campi profughi.
  Ora siamo di fronte ad un'urgenza: c’è bisogno, subito, di un corridoio umanitario che porti i civili fuori dal campo. Il Consiglio di sicurezza dell'ONU ha chiesto che sia consentito l'accesso alle agenzie umanitarie. Il plenum composto da quindici Paesi ha chiesto la protezione dei civili, l'assistenza umanitaria, di salvare vite umane e chiede alle autorità siriane di organizzare un corridoio umanitario, per consentire l'evacuazione del campo di Yarmouk, a Damasco. La situazione è talmente grave che bisogna adoperare tutti i mezzi disponibili. Non possiamo assistere, impotenti, a questo massacro ! Non possiamo accettare questo livello di brutalità e di barbarie ! Dobbiamo cercare nuove vie e non arrenderci. Dobbiamo prendere esempio da Aeham Ahmad, che tutti conoscono come il pianista di Yarmouk. Tra le rovine risuona la sua musica: il suo Beethoven sfida i demoni dell'integralismo e dà ai sopravvissuti la forza di resistere. Dobbiamo trovare anche noi, in Italia, in Europa ed in tutto l'Occidente, il vigore per opporci al terrore, per guardare in faccia la tragedia, ma anche per reagire.
  La priorità deve essere quella di portare via da Yarmouk i bambini, ma anche di salvare il popolo siriano da questo massacro – i numeri li abbiamo detti prima – e accendere i riflettori non solo su Yarmouk, ma su tutti gli altri campi profughi. Dobbiamo accogliere questi bambini nel nostro Paese, replicando quello che fu lo spirito di solidarietà straordinario che si attivò subito dopo l'esplosione del reattore nucleare di Chernobyl. Bambini ucraini e bielorussi hanno ricevuto cure ed ospitalità in Italia. Da noi hanno trovato l'affetto di una seconda famiglia, hanno conosciuto la nostra cultura ed imparato la nostra lingua, molti bambini si sono salvati, moltissimi hanno migliorato le loro condizioni di salute. Ci fu, all'epoca dei fatti, una vera e propria gara di solidarietà che coinvolse pubbliche amministrazioni, fondazioni, associazioni, famiglie e singoli cittadini. Replicare questa gara di solidarietà, affidando i bambini di Yarmouk a nuclei familiari italiani, sarebbe un gesto di grande umanità, una pratica di cui andare fieri di fronte al mondo intero.Pag. 54
  La realizzazione di tali programmi potrà avvenire sulla base della normativa prevista dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 535 del 9 dicembre 1999, che ha definito i compiti del comitato minori stranieri, affinché venga garantita la tutela dei minorenni accolti in Italia nell'ambito dei programmi solidaristici, in linea con quanto dichiarato dalla Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza del 20 novembre 1989.
  Auspichiamo, in conclusione, che i parlamentari di tutti gli schieramenti – poiché gli aiuti umanitari non hanno appartenenze – sostengano questa mozione, affinché il nostro aiuto possa concretizzarsi in modo efficace, senza limitarsi alla commozione o all'indignazione, ma creando occasioni di accoglienza e situazioni di recupero della dignità umana (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Ravetto. Ne ha facoltà.

  LAURA RAVETTO. Grazie Presidente. Onorevoli colleghi, negli ultimi cinque anni quasi 100 mila bambini, provenienti in particolare dalla Bielorussia, dall'Ucraina e dalla Federazione Russa sono stati ospitati dalle famiglie italiane, dagli enti locali e dalle parrocchie. Nel 2013 sono stati accolti nel nostro Paese 13 mila minori, nell'ambito dei programmi solidaristici d'accoglienza.
  Dell'accoglienza temporanea parla, inoltre, l'attività delle circa 180 associazioni e enti su tutto il territorio nazionale, che ogni anno a titolo volontario organizzano i programmi solidaristici, curando le procedure amministrative per l'ingresso dei ragazzi e coordinando le attività educative e ricreative degli stessi. Quest'esperienza testimonia la grande cultura dell'accoglienza delle famiglie italiane che, con una costanza che non ha riscontro in molti altri Paesi europei, ogni anno aprono le porte delle proprie case.
  La situazione nel campo palestinese di Yarmouk, che è situato a 8 chilometri a sud di Damasco e che ospita 18 mila profughi, sta assumendo dimensioni sempre più drammatiche. Secondo i dati forniti da alcune agenzie dell'ONU sarebbero già mille le vittime dell'ISIS, che dallo scorso 1o aprile ha occupato militarmente il campo.
  La preoccupazione espressa da varie ONG che operano nella zona riguarda soprattutto la presenza di circa 3.500 bambini, intrappolati in una vera e propria area di guerra, dove si fronteggiano i guerriglieri del califfato e i ribelli siriani, che cercano di frenare l'avanzata dell'ISIS nel proprio Paese. Il campo, infatti, si trova assediato, da una parte, dall'ISIS e dal gruppo radicale Al-Nusra e, dall'altra, dagli incessanti bombardamenti dell'aviazione siriana, impegnata a contrastare lo stato islamico. Al momento, meno di 2 mila occupanti del campo sono riusciti fortunosamente a trovare una via di fuga e ad abbandonarlo.
  Dinnanzi a questa tragica situazione è intervenuto qualche giorno fa anche il Ministro Gentiloni, che ha annunciato, come già detto anche da altri colleghi, la destinazione di 1,5 milioni di euro ai bambini di Yarmouk attraverso l'Unicef, dopo un vertice trilaterale con i ministri di Egitto (Shoukry) e di Algeria (Messahel). A seguito delle dichiarazioni del Ministro, ecco comparire in Aula una mozione del suo partito, il Partito Democratico, che lo scorso giovedì chiede ed ottiene in Conferenza dei presidenti di gruppo l'inserimento in calendario della discussione di un testo che ha, tra gli altri, l'obiettivo di legittimare le parole e le intenzioni del Ministro stesso.
  Nel dettaglio, davanti a una simile tragedia e a una terribile guerra, il partito di maggioranza chiede programmi di accoglienza temporanea presso famiglie italiane, sul modello dell'esperienza di accoglienza dei bambini vittime delle conseguenze della nube tossica di Chernobyl. Crediamo che gli intenti siano buoni, ma crediamo anche che i bambini del campo di Yarmouk meriterebbero qualcosa di più rispetto ad un programma di ospitalità temporanea e questo prima di tutto perché, Pag. 55se vogliamo essere onesti con loro, dobbiamo dire che la loro tragedia non è e non sarà, purtroppo, temporanea.
  Hanno bisogno di un interessamento di tutta la comunità internazionale, a partire da quello dell'Unione europea, e non soltanto del nostro Paese, di un interessamento continuativo, coordinato, non emergenziale, non temporaneo, non propagandistico.
  Abbiamo chiesto più volte in questo senso l'applicazione della direttiva 2001/55/CE. Si riconosca la protezione temporanea europea a tutti i migranti, associata alla creazione di corridoi umanitari internazionali e si consenta ai migranti l'esercizio del legittimo diritto alla circolazione verso tutti i Paesi europei.
  Invece gli Stati membri dell'Unione ancora non costituiscono un'area con un livello di protezione omogenea. Le condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo e i tassi di accoglimento di domande di protezione mutano drasticamente da un Paese a un altro.
  Da questo punto di vista, crediamo che l'Italia abbia dimostrato anche maggiore solidarietà, se confrontata all'atteggiamento assunto da altri Paesi europei, anche territorialmente limitrofi. D'altra parte il Governo si è mostrato per lo meno inadeguato, almeno nel porre come tema prioritario in Europa il tema dell'accoglienza.
  Quanto al Parlamento, mi risulta allo stato praticamente dimenticata la proposta legislativa, già varata da noi commissari della Commissione affari costituzionali di tutti gli schieramenti, relativa proprio all'accoglienza mirata dei minori migranti non accompagnati che arrivano nel nostro Paese.
  Per questo, nel riflettere sulla mozione, prima di volerla approvare con superficialità, magari mossi dalla tragica situazione del campo di Yarmouk, crediamo che il Parlamento dovrebbe svolgere una seria riflessione sulle gravi disfunzioni recate dalla mancanza di una politica di accoglienza europea e dalla mancanza di una strategia europea di accoglienza mirata, sia a livello europeo sia a livello nazionale, nei confronti dei minori.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Zampa. Ne ha facoltà.

  SANDRA ZAMPA. La ringrazio, signor Presidente. Ringrazio il Viceministro per la sua presenza e i colleghi che sono qui. Non avremmo mai pensato di trovarci a dover affrontare in quest'Aula un tema che, per la sua gravità, supera davvero l'immaginabile. È di poco fa la notizia diffusa dalle agenzie di una bambina di nove anni violentata da dieci guerriglieri jihadisti, che rischia la vita in questo momento per il parto, dopo essere stata messa in salvo dalle organizzazioni umanitarie.
  Il rapporto che l'ONU ci ha consegnato su quanto il Daesh sta compiendo a danno dell'infanzia ci consegna un quadro di elementi che supera l'orrore e ciò che non è umano. Si tratta di bambini decapitati, crocifissi, sepolti ancora vivi. È un rapporto drammatico che è diventato ancora più attuale dopo le notizie che sono giunte da Yarmouk.
  Oggi siamo qui a doverci chiedere in quale modo l'Occidente, in quale modo il mondo dovrebbe mobilitarsi contro questo tentativo di cancellare una specie – perché di questo non può che trattarsi – per fare sì che qualcosa possa avvenire che dia un segnale che si può fermare l'orrore o che il nostro mondo, le grandi potenze, alleandosi, possono seccare le radici di quel terrorismo. Occorre una grande alleanza di tutti, delle istituzioni, ma anche della società.
  Per questo è nata questa proposta di chiedere, come avvenne molti anni fa, che l'Italia apra le porte delle proprie case, che le famiglie italiane partecipino in qualche modo a un programma di temporanea accoglienza. È come una piccola goccia in un mare gigantesco, nel quale ci troviamo a nuotare e con il quale siamo costretti a fare i conti. Spaventa l'orrore di questo mare che vediamo davanti a noi nero, ma occorre davvero che si dia un segnale.Pag. 56
  Bene ha fatto il Governo a stanziare un milione e mezzo, comunque a stanziare risorse aggiuntive, perché si possa intervenire in qualche modo. Facciamo altri passi avanti. Ci sono diverse iniziative che si possono assumere. Ringrazio l'onorevole Ravetto per averne citata poco fa una di grande importanza che riguarda i minori stranieri non accompagnati, un altro dramma con il quale da tempo facciamo i conti.
  Ma qui davvero, in questo caso, come ho detto, si supera ciò che la nostra mente poteva immaginare nei suoi peggiori incubi. E si deve anche prendere atto che, in questa volontà di fare scomparire i bambini e i più giovani, c’è dentro alla modalità di comunicazione del Daesh o dell'ISIS un preciso messaggio, è un messaggio nel messaggio: la volontà davvero di cancellare la specie che questi bambini rappresentano.
  Ecco perché abbiamo presentato questa mozione ed ecco perché crediamo che debba arrivare un segnale: cosa di più grande questi bambini, se verranno accolti, se verranno salvati, possono ricordare e pensare di coloro che in qualche modo li soccorrono ? È un modo per seminare pace e per seminare già oggi semi di riconciliazione per il futuro. Un modo per dire a questo mondo che noi non li stiamo abbandonando e non li lasciamo soli. Per questo, confido davvero che da parte del Governo ci sia la massima attenzione, anche domani, dopodomani e nei prossimi mesi, nei confronti dell'infanzia e che tutti noi sappiamo far sentire le voci di coloro che non possono gridare.

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.

(Intervento del Governo)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Viceministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Lapo Pistelli.

  LAPO PISTELLI, Viceministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Grazie Presidente. Il Governo intende innanzitutto ringraziare i gruppi per aver presentato le mozioni al nostro esame, segno evidente che i gruppi hanno colto l'urgenza politica, oltre che umanitaria, che vi è dietro la tragica situazione del campo di Yarmouk. E, ovviamente, ringrazio il Parlamento nel suo complesso per aver avviato prontamente la discussione su questi testi.
  Due soli commenti sul merito della situazione di Yarmouk e una considerazione finale. Circa le due considerazioni sul merito, la prima riguarda la condizione dei palestinesi. Noi sappiamo di vivere in un contesto mediorientale che negli ultimi anni si è infiammato con rapidità e con una violenza sconosciuta in passato, colpendo indistintamente popolazioni, civili, militari, giovani, donne e bambini di diversa appartenenza e di diversa affiliazione religiosa.
  I palestinesi in questo drammatico scenario rappresentano un caso nel caso perché la loro condizione di rifugiati li pone, anche in quei Paesi che via via hanno conosciuto il peggiorare della crisi negli ultimi anni, in una condizione di disagio appunto nel disagio. Capita in Libano, dove i palestinesi non possono essere assistiti in via ordinaria dalla comunità internazionale e non hanno documenti di identità o diritto di lavorare, ma possono essere soltanto assistiti dall'agenzia specializzata delle Nazioni Unite che a loro si dedica; è capitato e capita anche in Siria, dove quei campi o quei villaggi in cui i palestinesi avevano cercato rifugio negli anni passati sono diventati in alcuni casi delle vere e proprie città assediate. Yarmouk è una di quelle; Yarmouk è una città che ha conosciuto negli ultimi due anni un esodo drammatico, per chi è riuscito ad andare via, ma in molte circostanze – e ci si riferisce quasi sempre alla parte più vulnerabile della popolazione, alle donne, agli anziani e ai bambini – quelle persone sono rimaste intrappolate in un assedio a cerchi concentrici che vede i lealisti del Pag. 57regime e altre formazioni jihadiste e oggi anche Daesh fare scempio dei residenti del villaggio.
  La seconda considerazione è su quello che abbiamo fatto. Ci tengo a informare il Parlamento, anche se i presentatori delle mozioni sono già consapevoli di questo, che nei giorni scorsi abbiamo deciso sui fondi di emergenza, dopo l'appello di Pierre Krähenbühl, Commissario generale dell'UNRWA, di stanziare un milione e mezzo di euro. Un milione attraverso UNICEF e 500 mila euro attraverso UNRWA. Sapete che già noi comunque contribuiamo al bilancio «core», obbligatorio, al bilancio volontario di entrambe le organizzazioni, ma questi sono due contributi finalizzati esplicitamente alla situazione del campo di Yarmouk.
  Nel caso del contributo a UNICEF, ci proponiamo di garantire protezione, assistenza psicologica e sostegno umanitario ai bambini palestinesi del campo, che vengono contati in un numero complessivo di circa 3.500, e alle famiglie in condizione di fuga da Yarmouk, circa 2 mila persone, e che in questo momento versano in condizioni materiali estremamente precarie e che si trovano alla periferia di Damasco.
  Il finanziamento, invece, ad UNRWA dovrebbe consentire all'Agenzia di finanziare le operazioni di distribuzione di cibo e di acqua potabile e l'offerta di servizi di assistenza sanitaria complessivamente a favore di tutta la popolazione del campo che in questo momento è di circa 18 mila persone.
  La condizione per cui questo secondo intervento si possa dispiegare è, come hanno già richiamato alcuni colleghi qui nel dibattito, la possibilità concreta di aprire corridoi umanitari, al momento non esistenti sostanzialmente. Quindi, è un contributo che si propone di intervenire, ma ha bisogno di condizioni minime di sicurezza sul campo anche per l'accesso degli operatori.
  Può valere la pena di ricordare che, nell'arco del conflitto siriano, che, ormai, va avanti da quattro anni, sono numerose decine gli operatori umanitari caduti di varie organizzazioni mentre cercavano eroicamente di prodigare i propri servizi a favore delle popolazioni colpite dal conflitto.
  L'ultima considerazione, signor Presidente, è per dire che, ovviamente, il Governo è anche pronto e disponibile a capire se questo dibattito tra le diverse mozioni possa produrre uno sforzo unitario del Parlamento: una cosa che, ovviamente, su un tema del genere auspichiamo e vedremmo con grande favore, perché questo, su un tema di principi umanitari e di rispetto e di assistenza ai più vulnerabili, permetterebbe di costruire un momento positivamente unitario fra i diversi gruppi. La valutazione del Governo allo stato attuale del dibattito è che spazio per trovare una posizione comune fra queste mozioni ci sia e speriamo di poterci pronunciare, a nome del Governo, magari, su un testo che riunifichi le posizioni di tutti i gruppi.

  PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Modifica nella composizione di gruppi parlamentari. (ore 16,45).

  PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data odierna, l'onorevole Alessio Tacconi, già iscritto al gruppo parlamentare Misto, ha dichiarato di aderire al gruppo parlamentare Partito Democratico.
  La presidenza di tale gruppo, con lettera pervenuta in pari data, ha comunicato di aver accolto la richiesta.

Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Martedì 14 aprile 2015, alle 10:

  1. – Svolgimento di interpellanze e interrogazioni.

Pag. 58

  (ore 15)

  2. – Seguito della discussione delle mozioni De Girolamo ed altri n. 1-00653, Scotto ed altri n. 1-00680, Famiglietti ed altri n. 1-00685, Cariello ed altri n. 1-00688, Palese ed altri n. 1-00689, Di Lello ed altri n. 1-00764, Matarrese ed altri n. 1-00765, Labriola ed altri n. 1-00766 e Barbanti ed altri n. 1-00770 concernenti interventi a favore del Mezzogiorno.

  3. – Seguito della discussione della proposta di legge:
   MOLEA ed altri: Disposizioni per favorire l'integrazione sociale dei minori stranieri residenti in Italia mediante l'ammissione nelle società sportive appartenenti alle federazioni nazionali, alle discipline associate o agli enti di promozione sportiva (C. 1949-A).
  — Relatrice: Blazina.

  4. – Seguito della discussione delle mozioni Speranza, Dellai ed altri n. 1-00769, Zaccagnini ed altri n. 1-00776, Benedetti ed altri n. 1-00778, Gelmini ed altri n. 1-00779, Guidesi ed altri n. 1-00780 e De Girolamo ed altri n. 1-00782 concernenti iniziative in merito alla cosiddetta Carta di Milano, in relazione ad Expo 2015.

  5. – Seguito della discussione delle mozioni Spessotto ed altri n. 1-00531, Scotto ed altri n. 1-00777, Busin ed altri n. 1-00786 e Segoni ed altri n. 1-00789 concernenti la realizzazione del corridoio di viabilità autostradale dorsale Civitavecchia-Orte-Mestre.

  6. – Seguito della discussione delle mozioni Scotto ed altri n. 1-00694, Cominardi ed altri n. 1-00774, Garofalo ed altri n. 1-00775, Catalano ed altri n. 1-00781 e Artini ed altri n. 1-00787 concernenti iniziative in merito alla situazione occupazionale e produttiva del comparto aereo-aeroportuale.

  7. – Seguito della discussione della proposta di legge:
   BENI ed altri: Istituzione della Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'immigrazione (C. 1803-A).
  — Relatore: Famiglietti.

  8. – Seguito della discussione dei disegni di legge:
   S. 1314 – Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di collaborazione strategica tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Montenegro, fatto a Roma il 6 febbraio 2010 (Approvato dal Senato) (C. 2752).
  — Relatore: Raciti.
   Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica del Kazakhstan sulla cooperazione militare, fatto a Roma il 7 giugno 2012 (C. 2659-A).
  — Relatore: Raciti.
   S. 1532 – Ratifica ed esecuzione dell'Accordo bilaterale tra Italia e Montenegro aggiuntivo alla Convenzione europea di estradizione del 13 dicembre 1957, finalizzato ad agevolarne l'applicazione, fatto a Podgorica il 25 luglio 2013 e dell'Accordo bilaterale tra Italia e Montenegro aggiuntivo alla Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale del 20 aprile 1959, inteso a facilitarne l'applicazione, fatto a Podgorica il 25 luglio 2013 (Approvato dal Senato) (C. 2756).
  — Relatore: Raciti.

  9. – Seguito della discussione del disegno di legge:
   S. 1327 – Norme recanti regime fiscale speciale in relazione ai rapporti con il territorio di Taiwan (Approvato dal Senato) (C. 2753).
  — Relatori: Monaco, per la III Commissione; Pelillo, per la VI Commissione.

  10. – Seguito della discussione delle mozioni Faenzi ed altri n. 1-00784, Pag. 59Franco Bordo ed altri n. 1-00790, Massimiliano Bernini ed altri n. 1-00793, Rostellato ed altri n. 1-00795 e De Girolamo ed altri n. 1-00797 concernenti iniziative in materia di esenzione dall'IMU per i terreni agricoli.

  11. – Seguito della discussione delle mozioni De Girolamo ed altri n. 1-00659, Carfagna ed altri n. 1-00791, Lombardi ed altri n. 1-00794 e Nicchi ed altri n. 1-00798 in materia di politiche a favore della natalità.

  12. – Seguito della discussione delle mozioni Iori, Sberna, Daniele Farina, Locatelli, Pinna ed altri n. 1-00785, Manlio Di Stefano ed altri n. 1-00792, Binetti ed altri n. 1-00796 e Gianluca Pini ed altri n. 1-00799 concernenti iniziative in merito all'emergenza umanitaria relativa al campo profughi di Yarmouk, in Siria, con particolare riferimento alla situazione dei minori.

  La seduta termina alle 16,50.