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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 395 di giovedì 19 marzo 2015

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI

  La seduta comincia alle 9,30.

  ANNA ROSSOMANDO, Segretaria, legge il processo verbale della seduta di ieri.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Gioacchino Alfano, Amici, Bocci, Bonavitacola, Michele Bordo, Bratti, Brunetta, Carbone, Centemero, Cicchitto, Dambruoso, Di Lello, Epifani, Fedriga, Ferranti, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Gozi, Locatelli, Losacco, Manciulli, Antonio Martino, Portas, Rampelli, Realacci, Domenico Rossi, Rughetti, Sanga, Sani, Spadoni, Speranza, Velo e Venittelli sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente novantacinque, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Modifica nella composizione di un gruppo parlamentare.

  PRESIDENTE. Comunico che il deputato Ludovico Vico, proclamato in data 18 marzo 2015, ha dichiarato di aderire al gruppo parlamentare Partito Democratico.

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 1749 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 4, recante misure urgenti in materia di esenzione IMU. Proroga di termini concernenti l'esercizio della delega in materia di revisione del sistema fiscale (Approvato dal Senato) (A.C. 2915).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 2915: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 4, recante misure urgenti in materia di esenzione IMU. Proroga di termini concernenti l'esercizio della delega in materia di revisione del sistema fiscale.
  Ricordo che nella seduta di ieri si è concluso l'esame degli emendamenti e degli ordini del giorno.

(Dichiarazioni di voto finale – A.C. 2915)

  PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gebhard. Ne ha facoltà.

  RENATE GEBHARD. Grazie, Presidente. Il disegno di legge in esame interviene su due rilevanti aspetti normativi di natura fiscale e tributaria: la proroga di tre mesi del termine per l'esercizio della delega fiscale e l'estensione delle esenzioni in materia di IMU sui terreni agricoli.Pag. 2
  A giudizio dei deputati dell'SVP si è ottenuto un punto di equilibrio possibile e realistico su entrambi i punti. Apprezzo particolarmente il lavoro già fatto al Senato in ordine a una questione specifica che riguarda il mio territorio: mi riferisco all'IMI per la provincia di Bolzano e all'IMIS per la provincia di Trento, le due imposte che equivalgono all'IMU per le aziende, a cui è stata riconosciuta la possibilità della deducibilità del 20 per cento.
  Il ruolo strategico e assoluto che i nostri territori montani e parzialmente montani hanno nella nostra economia e, più in generale, nel sistema economico nazionale pone in primo piano il ruolo delle piccole e medie aziende. Coerentemente, si è intervenuti per un'opportuna e più equa revisione dei criteri relativi alla definizione delle aree montane e intermedie. Occorre proseguire nella prospettiva di sostenere tali imprese, operando per la riduzione del carico fiscale e per la più strutturale semplificazione burocratica.
  Ciò detto, concludo e annuncio il nostro voto favorevole, avendo apprezzato lo sforzo fatto per andare incontro e regolare così meglio la materia in ordine a tale imposta, che non è piacevole pagare. Occorre, tuttavia, farsi carico di una situazione economica difficile dei comuni e dello Stato.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pastorelli. Ne ha facoltà.

  ORESTE PASTORELLI. Grazie, signor Presidente. Signora rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, le misure contenute nel decreto-legge n. 4 del 2015, volte ad ampliare la platea dei soggetti esenti dal pagamento dell'IMU agricola, così come gli interventi emendativi approvati al Senato, sono la testimonianza di una certa sensibilità della maggioranza rispetto alle esigenze del mondo agricolo.
  Ma ciò che in questo dibattito è stato sottovalutato è l'impatto che la disciplina delle esenzioni dall'IMU può avere sull'ambiente e sull'integrità del territorio: un sistema impositivo che colpisce proprio il piccolo agricoltore non professionale rischia di scoraggiare quest'ultimo proprio da quelle piccole attività agricole quotidiane per mezzo delle quali il territorio è presidiato e protetto dal rischio idrogeologico. Questo è un errore di prospettiva che non possiamo permetterci e che dobbiamo sforzarci di eliminare quanto prima.
  Come ho già avuto modo di esporre nella discussione sulle linee generali sul presente disegno di legge di conversione, un sistema di tassazione dei terreni agricoli che faccia perno sulle reali condizioni agroeconomiche in cui questi ultimi versano, differenziando tra terreni incolti e quelli produttivi e ben presidiati, è essenziale per un Paese che vuole investire sul settore agricolo che, nonostante la crisi economica, continua ad essere fortemente competitivo nei mercati europei e globali.
  Se da un lato, dunque, il decreto-legge in esame cerca di mantenere a livelli bassi la pressione fiscale sui terreni agricoli – e di questo non possiamo che rallegrarci – dall'altro, appare necessario mettersi al lavoro per mutare i criteri per l'individuazione dei presupposti economici di questa imposta, costruendo un sistema più aderente al dato reale e in grado di incentivare e supportare l'attività agricola in Italia. Noi Socialisti continueremo da domani a lavorare in questa direzione.
  Il presente disegno di legge di conversione rappresenta, quindi, una prima tappa di un complesso percorso, che dovrà condurci a guardare con occhio diverso al settore agricolo quale strumento, ad un tempo, di governo del territorio, di tutela dell'ambiente e di rilancio della nostra economia.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rostellato. Ne ha facoltà. Scusi un attimo, onorevole Rostellato. Onorevole Marchi, stiamo ascoltando tutto...
  Prego, onorevole Rostellato.

  GESSICA ROSTELLATO. Signor Presidente, colleghi, ci ritroviamo oggi a chiudere Pag. 3un provvedimento, quello sull'IMU agricola, che viene da un iter alquanto travagliato, che dura ormai da parecchi mesi.
  Mi soffermerò brevemente su tutti i passaggi che abbiamo visto: dal decreto-legge n. 66 del 2014, per cui venivano eliminate le esenzioni dei terreni collinari a copertura del bonus degli 80 euro; al successivo decreto ministeriale, emanato solo a fine novembre 2014 e che ha creato una serie di polemiche giustificabili, stante la superficialità con cui lo stesso era stato probabilmente scritto; allo spostamento della scadenza IMU dovuta per il 16 dicembre, quindi a pochi giorni dall'emanazione della circolare che aveva creato un totale caos.
  Purtroppo, va sottolineata, anche in questo caso, la poca accortezza del Governo a mettere mani ad un tema spinoso come quello dell'IMU, perché è semplice mettere una copertura tanto per far cassa, ma non è altrettanto semplice poi calare una riforma del sistema IMU sulla base delle somme che vanno racimolate.
  Forse sarebbe utile per il Paese iniziare a lavorare in maniera più seria sui provvedimenti ed evitare coperture a cui non si sa esattamente se si riuscirà a tenere fede, anche perché poi è evidente che provvedimenti mal fatti poi vanno inevitabilmente rivisti, e questo non crea solo una perdita di tempo per noi, che dobbiamo rimettere mano più volte agli stessi argomenti, ma soprattutto crea confusione e sdegno tra i cittadini e gli imprenditori, che devono stare continuamente allerta per cogliere modifiche che continuamente siamo costretti a fare, senza dimenticare che le modifiche all'IMU vanno a toccare i bilanci dei comuni, con tutto ciò che ne deriva per i sindaci e le amministrazioni locali. Credo che uno dei valori principali che uno Stato dovrebbe fornire ai suoi cittadini dovrebbe essere proprio la certezza del fisco, ma in Italia questa sembra proprio una chimera.
  Nonostante ciò, va dato atto al Governo che, a fronte delle segnalazioni arrivate dai parlamentari e dalle associazioni di categoria, almeno si è tentato di migliorare la situazione precedente, aumentando nettamente il numero dei comuni esenti o parzialmente esenti. Il nuovo sistema di esenzione, dunque, è complessivamente meno restrittivo rispetto a quello del decreto ministeriale del 28 novembre scorso, ma ancora molto andrebbe fatto per rendere più equa questa imposta.
  Dispiace che qui alla Camera non sia stato possibile fare ulteriori modifiche o migliorie al testo. Al Senato molto è stato fatto. Positiva la possibilità per chi deve saldare l'IMU 2014 di poterlo fare entro il 31 marzo, senza sanzioni e interessi, anche se sarebbe stato preferibile spostare di almeno un altro mese tale data, in modo da dare a tutti la possibilità di effettuare i conteggi senza fretta, visto che il 31 marzo è tra soli dieci giorni.
  Buono l'ampliamento anche ai terreni delle isole minori, perché è evidente che le zone più difficili da raggiungere vanno esentate, altrimenti rischiamo che vengano abbandonate, e sappiamo quanto questo incida negativamente anche sull'aumento del rischio idrogeologico.
  La detrazione di 200 euro per i terreni della collina svantaggiata è una misura insufficiente, ma ovviamente meglio di nulla.
  La possibilità di non pagare l'IMU 2014, se i terreni risultano imponibili ai sensi del nuovo sistema, ma erano, invece, esenti con il vecchio. E, infine, la previsione dei rimborsi per chi ha già versato e ora, con le nuove disposizioni, è esente. Ciò non toglie, però, che altro poteva essere aggiunto o modificato.
  Riteniamo inaccettabile la copertura attraverso l'abrogazione dell'agevolazione IRAP sul costo del lavoro per gli imprenditori agricoli. Tali agevolazioni vanno ripristinate al più presto. Essendo l'agricoltura uno dei pochi settori che ad oggi è vitale, dobbiamo cercare di incentivare il più possibile gli imprenditori che vogliono assumere.
  Va, poi, sottolineato che questa IMU non potrà mai essere totalmente equa finché non si procederà ad una revisione organica e complessiva delle tariffe di estimo stabilite. L'IMU va calcolata sull'effettivo Pag. 4valore del terreno, che deve corrispondere alla destinazione d'uso e al rendimento che la coltura applicata può dare. È urgente procedere al più presto a tale aggiornamento e auspichiamo che il Governo abbia il coraggio e la volontà di farlo in maniera seria. Sarebbe auspicabile che questo venisse fatto entro quest'anno, in modo che il prossimo calcolo IMU sia già effettuato sui valori corretti.
  Va, inoltre, compreso che non tutti i terreni montani e parzialmente montani sono, per forza di cose, svantaggiati e che ci possono essere anche terreni in pianura che, invece, sono svantaggiati per altri motivi. Le eventuali esenzioni andrebbero, quindi, gestite in maniera più oculata e con uno studio e una mappatura del territorio molto più dettagliati. È evidente, però, che questo non può essere fatto a livello centrale, e, proprio per questo, tali esenzioni andrebbero gestite direttamente dagli enti locali in collaborazione con le associazioni agricole, che meglio conoscono il territorio e le difficoltà per le coltivazioni.
  Andrebbe, probabilmente, rivisto anche il calcolo dell'IMU: se tale imposta deve esistere, almeno che sia meno pesante da sostenere per le imprese agricole e che sia anche collegata agli effettivi introiti delle imprese. Magari, potrebbe essere auspicabile un'imposta ponderata tra il reddito effettivamente prodotto dal terreno e la valutazione di quanto quel terreno è in grado di produrre.
  Inoltre, sarebbe necessario che i terreni che sono stati oggetto di calamità naturali o le colture colpite da fitopatie, e che quindi, per forza di cose, non hanno permesso di produrre reddito, venissero esentati dall'imposta.
  Crediamo che, in questo momento di grave difficoltà, anche gli agricoltori siano disponibili a metterci del loro per risollevare il Paese, ma dobbiamo chiedere loro imposte giuste e proporzionate. Gli imprenditori agricoli sono alla base del nostro Paese perché producono tutto quanto è essenziale per la nostra vita e come e più di tutti gli imprenditori italiani meritano rispetto da parte dello Stato.
  Quindi, pur non condividendo pienamente il provvedimento, ma riconoscendo un passo avanti rispetto alla situazione precedente e auspicando un ulteriore impegno da parte del Governo per rendere più equa questa imposta, Alternativa Libera ha scelto l'astensione.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rampelli. Ne ha facoltà.

  FABIO RAMPELLI. Presidente, rappresentante del Governo, colleghi deputati, siamo in presenza dell'ennesimo decreto assurdo, incongruente, un decreto che si compone di due soli articoli. Sembrerebbe, apparentemente, di primo acchito, una sorta di buona notizia, invece è raro che un provvedimento abbia soltanto due articoli, ma, in questo caso, così è perché interviene per l'ennesima volta su una stessa materia. Si tratta di una correzione della correzione della correzione: altro che certezza del diritto, che dovrebbe essere obbligatoria, soprattutto quando si agisce sul fisco !
  Con questo provvedimento, si modificano e male i criteri per l'esenzione dell'IMU sui terreni agricoli, ma l'unico vostro intento, inconfessato, ma palese, è quello di fare cassa. Di come e da chi farsi versare i soldi non vi interessa nulla, perché la sinistra – non ci risulta una notizia, ma comunque lo replichiamo per l'ennesima volta – pare non essere più ispirata da un'idea di società, né dall'antico adagio della cosiddetta giustizia sociale. Si spara nel mucchio e siamo in presenza di un «decreto follia».
  Si colpisce il baluardo del nostro sistema agroalimentare, un settore che custodisce il territorio e che ha una funzione sociale, che – voglio ricordarlo – è garantita dalla nostra Carta costituzionale. Si spara nel mucchio ed è un «decreto follia», perché non viene neppure precedentemente aggiornato il catasto agricolo, che risale a settant'anni fa.
  Le rendite catastali non corrispondono più alla reale redditività dei terreni, né il catasto agricolo viene aggiornato nel merito Pag. 5per quello che attiene alle effettive colture e, quindi, al reddito conseguente.
  È un «decreto follia», perché si va in violazione della concorrenza. Lo abbiamo ascoltato in questi giorni di triste dibattito, perché davvero è stata un'eco di notizie, apparentemente banali, che sono riecheggiate in quest'Aula nel silenzio mortifero di chi appoggia il Governo, con un Governo frastornato, che non sapeva bene che fare, ma tutti abbiamo la piena consapevolezza di un'ingiustizia assoluta che si sta consumando. Viene violata la concorrenza perché proprietari contigui di terreni avranno una diversa imposta: è una follia !
  È un decreto assurdo, perché da questa improvvida manovra si andranno a recuperare non più di 260 milioni di euro, una cifra irrisoria per lo Stato, molto rilevante, ovviamente, per il settore che è chiamato a corrisponderla. Vorrei domandare al Presidente Renzi, in nome e per conto del Consiglio dei ministri che presiede, se ci ascolta, e a chi lo rappresenta in quest'Aula, che fine ha fatto il lavoro di Cottarelli per quello che attiene la revisione della spesa ? Una piccola percentuale di questa revisione della spesa avrebbe potuto abbondantemente coprire la medesima somma senza lasciare morti e feriti sul terreno.
  Vorrei anche ricordare a tal proposito che, mentre si sottraggono agli imprenditori agricoli e ai proprietari di terreni agricoli 260 milioni di euro, tanto per avere una cifra di riferimento, sono stati regalati 4 miliardi al Monte dei Paschi di Siena, per non parlare dei tanti altri che sono stati donati, direttamente o indirettamente, a tutto il sistema del credito, che è il principale interlocutore politico, culturale e sociale di questo Governo e della sinistra che lo sostiene.
  È un decreto assurdo, perché, mentre, da un lato, si cercano i soldi per contrastare il dissesto idrogeologico e si cerca di fare giusta opera di tutela e salvaguardia del territorio e dell'ambiente, dall'altro lato, si colpiscono coloro i quali questo lavoro lo fanno spontaneamente, per titolo, per definizione, e il rischio di abbandono genererà altro degrado e altri rischi idrogeologici.
  È un decreto assurdo, perché rappresenta, ancora una volta, la scarsa volontà del Presidente del Consiglio di corrispondere alla proprie promesse. Che senso ha – mi domando e vi domando – avere elargito i famosi 80 euro al mese ai dipendenti pubblici, con promessa di estensione alle categorie non ricomprese, per poi, invece di andare incontro a queste categorie che sono state escluse da quel beneficio, colpirle ulteriormente ? Né 80 euro, né un tentativo di collaborazione: solo la consapevolezza, forse, da vigliacchi e bugiardi quali siete, che si tratta di una categoria che non vi darà noie sociali e, quindi, pensate di poterla colpire senza pagare dazio.
  Vi è ancora un'ultima considerazione che voglio svolgere, forse quella più complessa, ma anche quella, a mio giudizio, più vera e più profonda. Nell'epoca dell'economia globale, del libero mercato e di tutto ciò che ne è conseguito, anche in termini di rovesci sui bilanci degli Stati, come è possibile che si stia con le mani legate ad assistere alla delocalizzazione della nostra produzione industriale (vale per l'Italia, per l'Europa e per buona parte del mondo occidentale) per corrispondere ad una sorta di ideologia mercatista, senza ovviamente fare altrettanta operazione di esportazione di quei diritti sociali e sindacali, di quei diritti per l'ambiente, di quei diritti umani che rimangono a casa nostra e che paradossalmente rischiano di diventare, invece che un fiore all'occhiello, un fardello e un peso che uccide la nostra capacità produttiva e che menoma la nostra capacità competitiva da un punto di vista economico ? Come è possibile che, mentre si manifesta la scarsa capacità di contrastare le delocalizzazioni e, quindi, il trasferimento della ricchezza fuori dai confini nazionali, si vada a colpire un settore che non può delocalizzarsi per definizione, perché è legato intimamente alla terra, è legato, anche da un punto di vista di valori culturali, alla terra oltre che di valori economici ? Come è possibile che, Pag. 6invece di fare eccellere questa differenza, in maniera impietosa, il Governo preferisca colpire chi non può fuggire al di fuori dei confini nazionali, chi non può andare in Cina a fare le coltivazioni, chi non può andare in India, chi non può andare nei Paesi cosiddetti emergenti o ex emergenti, dove vi sono ovviamente delle condizioni in termini di costo del lavoro decisamente diverse, ma anche in termini di costo del welfare, ovvero dello stato sociale ?
  Queste sono le motivazioni che noi abbiamo deciso di mettere in fila, una dietro l'altra, per rendere il più efficace possibile la nostra indignazione, che è qualcosa di più profondo rispetto al semplice voto contrario a questo provvedimento. Lo diciamo all'Aula, al Governo, ma contemporaneamente a tutti gli imprenditori di questo settore, che avranno, come l'hanno avuta in passato, la nostra solidarietà e la nostra disponibilità a scendere in campo per manifestare questa indignazione e trasformarla in una sorta di possibilità di rivincita, affinché chi coltiva la terra, chi vive anche storicamente di valori ancorati alla terra, possa essere riscattato da questa azione perdurante del Governo Renzi e della sinistra che lo sostiene, che penalizza le piccole e medie imprese e che penalizza la proprietà (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sberna. Ne ha facoltà.

  MARIO SBERNA. Signor Presidente, onorevoli colleghe e onorevoli colleghi, quando ci troviamo di fronte a provvedimenti di questo tipo, sentiamo ancor più il bisogno e la necessità che si addivenga presto ad un testo unico, che ricomprenda tutta la complessa disciplina della tassazione immobiliare, se vogliamo fornire un vero servizio in termini di certezza del diritto ai cittadini.
  La storia di questo decreto-legge rappresenta la cartina di tornasole di questa situazione. È un decreto-legge finalizzato a superare le criticità determinate da un altro atto, vertente sulla medesima materia, di cui però, già fin dalla sua approvazione, si temeva potesse essere suscettibile di creare problemi e incertezze applicative, come poi si è dimostrato.
  Il testo al nostro esame interviene nuovamente sui criteri di esenzione dell'IMU sui terreni agricoli, allargandone la platea dei beneficiari e prorogando ulteriormente il termine per il versamento dell'imposta per il 2014. Tutto ruota intorno alla definizione, o meglio alla classificazione montana dei comuni, una classificazione che negli anni è stata soggetta a modifiche, che non hanno fatto altro che aumentare la confusione tra tutti i soggetti interessati.
  Dire che il caos finirà oggi sembra una previsione ottimistica e prematura e anche non rispettosa, direi, di alcune situazioni che effettivamente avrebbero meritato di essere valutate più attentamente. Mi riferisco alla mancata valutazione della reale situazione in cui versano i terreni agricoli, perché non possiamo trattare allo stesso modo fattispecie che differiscono rispetto alle condizioni socio-economiche ed agrarie, al rischio idrogeologico e alle calamità naturali che possono avere colpito quei terreni, rendendoli inutilizzabili e che, pertanto, diventano incapaci di garantire quella redditività e quella capacità contributiva dei proprietari, da cui trae origine il tributo di cui noi oggi stiamo parlando.
  Basti pensare che, all'interno del territorio del medesimo comune, possono verificarsi situazioni diametralmente opposte. Lo stesso dicasi all'interno di una stessa regione, dove accanto ad aree ad alta intensità agricola possiamo avere aree depresse a reddito nullo. Si tratta di situazioni che creano evidenti squilibri socio-economici.
  Nel corso dell'esame in Commissione avevamo segnalato essenzialmente due problematiche che potevano essere prese in carico dal Governo: una era relativa al caso dei terreni non coltivabili per effetto di calamità naturali, l'altra era quella riguardante i terreni colpiti da fitopatie. Il caso della xylella fastidiosa, che ha determinato un serio pregiudizio alla redditività delle aziende pugliesi, resta quello più Pag. 7importante per impatto economico e geografico. Ma non mancano altri casi in altri comparti, che sono stati colpiti da fitopatie dai nomi più fantasiosi, come la «tristezza» degli agrumi, il cinipide del castagno, la diabrotica o le varie mosche che si aggirano tra ciliegi e ulivi.
  Potremmo dire che anche per l'IMU agricola gli esami non finiscono mai. Infatti, è di pochi giorni fa la notizia che il TAR del Lazio ha deciso di non respingere il ricorso presentato dall'ANCI e da 38 comuni, chiedendo all'ISTAT di produrre una dettagliata relazione dei criteri adottati. Un'eventuale bocciatura della relazione prodotta dall'Istituto nazionale di statistica, da parte della magistratura amministrativa, farebbe cadere anche i pagamenti ritardati al 2014, facendo ripiombare la situazione nel caos più totale.
  Comprendiamo, tuttavia, la necessità di approvare questo provvedimento, prossimo alla scadenza e concepito per far fronte anche ad un'esigenza di cassa, in quanto il gettito derivante dall'IMU agricola ha concorso, come sappiamo, alla copertura del bonus degli 80 euro. Dobbiamo, però, al tempo stesso considerare che non possiamo penalizzare, anche se per un nobile fine, un settore che già sconta gli effetti di una contrazione della domanda ben superiore a quella di altri comparti e che è sempre il settore più esposto ai pericoli di eventi atmosferici anche devastanti.
  Il testo, tuttavia, è stato migliorato, tant’è che oggi circa l'80 per cento delle aziende agricole verrà esentato. Rimane, però, la necessità, da più parti sollevata, di valutare la convocazione di un tavolo di concertazione tra Governo, agricoltori e rappresentanze di categoria, da cui possa scaturire una proposta di revisione compatibile con tutti gli interessi in campo, cercando di individuare una soluzione che, da una parte, faccia salva l'esigenza di copertura e, dall'altra, che ricomprenda ed elimini tutte le incoerenze, le iniquità e le ingiustizie tuttora presenti in questo testo ed esposte in gran parte in premessa. Sulla base dell'urgenza del testo e di questo auspicio che ho appena espresso, il gruppo Per l'Italia – Centro Democratico voterà comunque a favore del presente decreto-legge.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Busin. Ne ha facoltà.

  FILIPPO BUSIN. Signor Presidente, vorrei concentrarmi su alcuni punti relativi a questo decreto-legge, innanzitutto la certezza del diritto. Questo decreto-legge viola palesemente qualsiasi norma posta a tutela del contribuente e, in generale, compromette il rapporto tra cittadino e Stato. Il vizio sta all'origine, nel decreto-legge n. 66 del 2014, meglio conosciuto come «decreto IRPEF», quando una parte della copertura del famoso bonus degli 80 euro, concessi ai lavoratori dipendenti a basso reddito, è stata trovata imponendo l'IMU ai terreni agricoli di circa 4.500 comuni, prima totalmente o parzialmente esenti.
  Anzitutto, contestiamo il metodo. Non si sono ridefiniti i criteri di esenzione, creando un elenco che comprendesse fra i comuni parzialmente o totalmente montani solo quelli che avessero precise caratteristiche morfologiche. Si è partiti al rovescio, come si fa spesso in Italia, cioè dalla cifra da recuperare, che doveva essere non inferiore ai 350 milioni di euro, e rinviando a un successivo intervento del Governo la definizione dell'elenco. In questo modo i contribuenti e le amministrazioni comunali, che in questa vicenda fanno da incomodo tramite, non hanno avuto alcun riferimento logico, razionale, ispirato a criteri di giustizia e di equità, cui riferirsi. Devono semplicemente attendere con spirito fatalista che il Governo, come un tornado dalla traiettoria imprevedibile, non li colpisca e faccia danni altrove.
  E così è avvenuto che, con il primo decreto ministeriale, emanato il 28 novembre 2014, i 6 mila comuni totalmente o parzialmente esenti dall'IMU agricola scendevano a poco più di 1.500, in base al criterio dell'altitudine del centro, apparso immediatamente come errato. Si pensi al Pag. 8significato di ricomprendere o meno un comune fra quelli montani in base alla quota in cui è stabilita la casa comunale. È successo che comuni totalmente montani, ma con il municipio localizzato sotto i 600 metri si trovassero parzialmente o totalmente soggetti all'IMU agricola, con la conseguente corsa delle amministrazioni ad individuare un qualche capanno, una baita, un rifugio comunale posto sopra i 600 metri dove spostare la sede municipale. Una situazione che poteva di diritto essere inserita nella rappresentazione in forma parodistica dell'Italia fatta da Carlo Collodi in Pinocchio.
  Si sono susseguiti, di conseguenza, risoluzioni, mozioni, interrogazioni parlamentari e ricorsi al TAR del Lazio da parte dei comuni, cui seguì il decreto-legge n. 185 del 2014 che prorogava la scadenza dal 16 dicembre al 26 gennaio 2015, cioè la classica pezza che poneva un rimedio temporaneo al caos generato. Senza considerare il decreto del Presidente della seconda sezione del TAR del Lazio, emanato il 22 dicembre 2014, che, accogliendo l'opposizione dell'ANCI, di regioni e di altri soggetti interessati, sospendeva l'efficacia del decreto ministeriale, fissando la data del 21 gennaio 2015 per la trattazione collegiale della questione, cioè a ridosso della scadenza per il versamento dell'IMU e generando, quindi, ulteriore confusione. Come specificamente ribadito dal decreto del Presidente della seconda sezione del TAR del Lazio del 22 dicembre, si sono esposti il contribuente e i comuni, che, nel frattempo, per inciso, dovevano chiudere i bilanci, ad uno stato di assoluta incertezza.
  Il secondo punto è il rapporto compromesso con il contribuente. Mi chiedo: dato questo modo di agire arbitrario, irrazionale e, per questo, necessariamente ingiusto, come può pretendere il Governo di adempiere all'indirizzo ricevuto dalla delega fiscale, approvata poco più di un anno fa con il contributo decisivo delle minoranze, che chiedeva l'instaurazione di un rapporto fra Stato e contribuente uniformato al principio della leale collaborazione ? È stato violato il principio di irretroattività dei tributi, ormai una pessima abitudine di questo Governo, sancito dall'articolo 3 dello Statuto del contribuente e da una legge ordinaria, la n. 212 del 2000. Ma sono stati anche disattesi dei principi costituzionali, quali l'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, il rispetto della capacità contributiva e il criterio di progressività nell'imposizione fiscale. Al contrario, il provvedimento rappresenta l'ennesima mini patrimoniale a carico delle classi economicamente e socialmente più disagiate, di cittadini appartenenti alle fasce più deboli, che vedono nella coltivazione di un piccolo appezzamento collinare un mezzo di mera sopravvivenza. Come si sono potuti rigettare emendamenti che prevedevano l'esonero dal pagamento dell'IMU almeno per i terreni agricoli colpiti da calamità o eventi atmosferici eccezionali ? Come si può ignorare che gli agricoltori colpiti da dissesto sono nella posizione di dover chiedere aiuto alla collettività, piuttosto che contribuire alle spese dello Stato ? E, ancora, il modo in cui è stato rigettato un nostro emendamento, che prevedeva qualcosa di assolutamente dovuto, cioè la certezza dei tempi nella restituzione dell'IMU indebitamente versata dal contribuente, non per un suo errore, ma a causa del dilettantismo e della superficialità del Governo, dà l'immagine, non di uno Stato di diritto, ma di una satrapia che trasforma il diritto del cittadino in una concessione del sovrano. È chiaro che, con questo atteggiamento, lo Stato compromette gravemente il rapporto con il cittadino contribuente, il quale, sentendosi ingiustamente vessato, cercherà di rifarsi del torto subito ricorrendo a mezzi illeciti e ha, in questo senso, mille modi per farlo.
  Il terzo punto che volevo sottolineare è la violazione di ogni principio federalista. Si vuole sottolineare come questo decreto-legge faccia carta straccia di ogni principio federalista che, con tanta fatica, la Lega Nord cerca di promuovere da più di vent'anni di attività parlamentare e di Governo. I comuni sono stati completamente esclusi nel percorso di ridefinizione dei presupposti di quella che a questo Pag. 9punto solo formalmente è stata nominata imposta municipale. I comuni sono spettatori passivi, vittime inermi e indifese di criteri discriminatori stabiliti arbitrariamente da Roma. Ma soprattutto esattori o, per meglio dire, gabellieri per conto dello Stato centrale, con i contribuenti ignari del fatto che di tali imposte non un centesimo andrà al finanziamento, al miglioramento dei servizi locali, in violazione del più basilare principio federalista del vedo, pago, voto (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie). A ciò si aggiunga il fatto che più di 4 mila comuni si sono ritrovati, a bilanci già chiusi, con una decurtazione consistente del Fondo di solidarietà, tale da far rischiare per alcuni addirittura il default finanziario. Qui si ripropone lo schema tipico del Governo Renzi, che fa fare il lavoro sporco ad altri, cioè sindaci, presidenti di provincia, che, per inciso, esistono ancora, anche se ridotti alla fame dal Governo Renzi, e governatori regionali. È un Primo Ministro che trae così le risorse per le sue costose propagande elettorali, costringendo gli amministratori degli enti periferici a tagli su servizi essenziali come sanità, assistenza e trasporto locale. È proprio in questo tipo di provvedimenti invece che vanno coinvolti gli amministratori locali perché conoscono il loro territorio e possono stabilire con maggiore certezza quali sono i terreni agricoli disagiati o con minore capacità reddituale. Del resto, abbiamo avuto un esempio chiaro dell'incompetenza del Governo nell'intervenire su una materia tanto specifica quando, contraddicendo se stesso, dopo aver approvato una legge recente a firma del Ministro Delrio che classificava come totalmente montane le province di Sondrio, Belluno e Verbano-Cusio-Ossola, definisce in questo decreto-legge come parzialmente montani o addirittura pianeggianti alcuni comuni ricadenti in queste stesse province.
  Il risultato è che le disposizioni contenute nel decreto-legge risultano vessatorie per questi comuni che, sulla base dell'elenco ISTAT appena riformulato, risultano parzialmente o non esenti, ma, di fatto, appartengono ad aree che possono essere definite montane per conformazione geologica, territoriale, come pure per caratteristiche climatiche e condividono con i comuni montani la stessa condizione economicamente disagiata.
  Come si può definire sulla carta la categoria territoriale di un comune senza inserirlo in un contesto regionale o, almeno, locale ? Il Governo, invece, ha fatto esattamente questo in base a parametri risalenti al 1952, senza alcun riguardo per le particolarità delle diverse macroaree del Paese, che costituiscono un unicum geografico e, soprattutto, economico. Di tutto questo non si è tenuto affatto conto, seguendo una linea di condotta che non è esagerato dire ottusamente centralista ed arbitraria.
  Il quarto punto che contestiamo è l'atteggiamento avuto da questo Governo nei confronti del comparto agricolo, che si punisce quando, invece, dovrebbe essere supportato per l'importanza che riveste non soltanto per l'economia del Paese, ma, soprattutto, per la salvaguardia del territorio, anche contro i dissesti, e perché costituisce un argine al rischio di spopolamento di territori montani e collinari.
  Questo decreto-legge non fa altro che penalizzare un settore che, in un Paese come il nostro, potrebbe contribuire in modo decisivo alla ripresa dell'economia per le numerose opportunità che offre dal punto di vista imprenditoriale, ma anche perché il made in Italy trae beneficio per le positive ricadute di immagine dei prodotti agricoli di alta qualità apprezzati in tutto il mondo.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  FILIPPO BUSIN. È con forza, quindi, che ribadisco tutta la contrarietà della Lega Nord a questo provvedimento, per la sua incostituzionalità, per il suo carattere arbitrario e fortemente centralista, per l'ingiustizia sociale che rappresenta e per il danno che reca ad un settore – quello agricolo in zone disagiate – che, al contrario, per i motivi suesposti, andrebbe invece supportato (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

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  PRESIDENTE. Relatore, siamo in pochi in Aula... onorevole Fragomeli, siamo in pochi in Aula, si sente molto accentuato.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Catania. Ne ha facoltà.

  MARIO CATANIA. Grazie, Presidente, colleghi, il tema dell'IMU sui terreni agricoli sicuramente non rappresenta una delle migliori vicende dell'attuale Governo, lo devo dire con grande franchezza, né sotto il profilo con cui si è snodata questa vicenda né, ancor meno, nel merito.
  Comincerò con alcune considerazioni sulle modalità della vicenda stessa. Il tema entra in campo ad aprile dello scorso anno, quando il Governo decide di inserire nel pacchetto delle misure di copertura alla manovra degli 80 euro anche un appesantimento della fiscalità sui terreni agricoli. Lo fa con un decreto-legge, ma, peraltro, né il decreto-legge né il disegno di legge di conversione fissano i criteri esatti di applicazione della nuova imposizione.
  Quindi, al di là della valutazione di merito, sin dall'inizio emerge un problema di modalità di approccio, nel senso che una nuova imposizione fiscale, che dovrebbe essere incassata entro la fine dell'anno – quindi, al termine del 16 di dicembre dello scorso anno – non vede nella norma di base indicate le esatte modalità e i criteri applicativi. Questi vengono demandati ad un decreto ministeriale; questo decreto ministeriale, che è innovativo perché cambia un quadro giuridico preesistente, viene adottato soltanto il 28 novembre dello scorso anno, quando mancano, cioè, poco più di due settimane alla scadenza del pagamento.
  Il decreto, che indica come soluzione tecnica, per l'applicazione della norma e per le relative esenzioni, il criterio della altitudine della casa comunale, è un testo che ha subito, nei fatti, molte critiche, che è stato portato anche davanti alla giurisdizione amministrativa e che, comunque, era stato adottato, oggettivamente, troppo a ridosso della scadenza, trattandosi di un dispositivo innovativo che doveva avere il giusto tempo per essere ben conosciuto dai contribuenti.
  Questo ritardo innesta una sequenza di rinvii, c’è già un decreto-legge di rinvio del termine a dicembre e, poi, un successivo decreto-legge, quello che attualmente è in sede di conversione, che rinvia nuovamente il termine e interviene, però, anche, modificando, correggendo, devo dire, migliorando, i criteri introdotti dal decreto ministeriale del 28 novembre. Questi criteri non solo vengono migliorati con l'attuale decreto-legge, nel senso che vengono resi meno irrazionali, ma vengono anche ulteriormente modificati – anche questo va riconosciuto, l'ha detto anche l'opposizione stessa poc'anzi – nel passaggio al Senato che prelude alla nostra lettura del testo. L'insieme però, lo ripeto, per quanto riguarda le modalità con cui questa norma viene inserita nel sistema, è molto lontano da quello che dovrebbe essere l'approccio di una buona legislazione nei confronti del contribuente.
  Ci sono poi, però, anche delle considerazioni di sostanza; la scelta di introdurre una fiscalità più pesante sui terreni agricoli ci deve porre una serie di riflessioni di merito. Credo che da parte del Governo e da parte del Parlamento occorra riflettere in prospettiva sull'opportunità di continuare a prevedere una tassazione patrimoniale sui mezzi di produzione delle imprese; e questo non riguarda soltanto le aziende agricole, riguarda anche le imprese industriali. Credo che dovremmo porci con attenzione questo tema e, sia pure attraverso una fase intermedia, sia pure non nell'immediato, dovremmo porci come obiettivo quello di escludere di tassare, con un'imposta patrimoniale, quelli che sono mezzi di produzione delle imprese. Diverso è il caso se l'immobile non è di proprietà dell'impresa, in quel caso si tratta di rendita, in quel caso è logico anche applicare una patrimoniale, ma laddove l'immobile è di proprietà dell'impresa che gestisce il processo produttivo, sia esso un terreno agricolo, sia esso un opificio, ebbene, lì, c’è da chiedersi se ha senso l'applicazione di una patrimoniale.Pag. 11
  Un'altra considerazione vorrei fare, poi, per quanto riguarda, in particolare, queste imposte e, in particolare, i terreni agricoli. Noi abbiamo, oggi, un catasto su cui poi si basa, di fatto, l'applicazione di questa imposta, un catasto agricolo che è una lontanissima fotografia di quella che è la realtà dei fondi agricoli italiani, perché è stato impostato in un'epoca ormai lontanissima; questa epoca ha vissuto, poi, una serie di cambiamenti, sia negli orientamenti colturali dei fondi, che oggi in molti casi sono diversi da quelli che il catasto registra, sia nelle redditività delle colture. Rispetto a cinquanta, sessanta, settant'anni fa ci sono delle colture che allora erano considerate ed erano oggettivamente redditive, oggi queste stesse colture non lo sono più, mentre, viceversa, abbiamo avuto fenomeni di segno opposto. Quindi, una buona legislazione, credo, vorrebbe preliminarmente un approccio di revisione del catasto idoneo a mettere in linea la reale redditività dei fondi con la situazione fotografata dal catasto stesso, in modo da poter fondare un'imposta equa e ben distribuita.
  Credo che queste due considerazioni, quella sull'opportunità di mantenere in prospettiva una tassazione patrimoniale sui mezzi di produzione delle imprese, e la seconda relativa alla necessità di aggiornare il catasto agricolo, debbano essere punto di riferimento per l'azione del Governo e del Parlamento nei prossimi mesi e nei prossimi anni.
  Detto questo, e sorvolando sui contraccolpi che questo decreto-legge – quello di aprile – e la sua successiva applicazione ha portato sulle finanze comunali, su cui molto si è discusso anche nella fase di discussione qui in Aula, torno a segnalare il sostegno del nostro gruppo al provvedimento in questione. Scelta Civica lo voterà, pur con tutte le riserve che ho espresso, nella speranza che il Governo sappia fare tesoro di questa esperienza e imposti in modo diverso il lavoro nei prossimi mesi su questa materia (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Franco Bordo. Ne ha facoltà. Scusi, onorevole Bordo, prima che lei cominci: colleghi, vorrei far notare a tutti coloro che stanno parlando in Aula che, essendo pochi, si sente tutto e si disturba anche l'oratore che sta parlando. Quindi, pregherei tutti coloro che parlano e che hanno esigenza di parlare di farlo fuori, perché non è obbligatorio stare in Aula. Prego, onorevole Bordo.

  FRANCO BORDO. Presidente, onorevoli colleghi, volevo rimarcare anche oggi che è particolarmente avvilente non vedere la presenza di un sottosegretario o del Ministro delle politiche agricole, perché ovviamente, anche per come si è sviluppato il dibattito in queste giornate qui alla Camera – è il quarto giorno che stiamo parlando e trattando questo argomento, l'IMU agricola –, è chiaro che non si è parlato soltanto esclusivamente di una tassa, di un'imposta fiscale, ma anche di un settore, di un comparto. Per cui, questa coda fra le gambe nel Governo di chi oggi è il titolare appunto della partita agricola – non ce l'ho ovviamente con il sottosegretario alle finanze, che è stato sempre presente – mi sembra particolarmente avvilente per il Parlamento. In questi due anni in cui ho potuto dare il mio contributo all'interno della Commissione agricoltura...

  PRESIDENTE. Scusi, onorevole Bordo. Onorevole Piccolo e onorevole Rampi, forse non mi sono spiegato: se stiamo in Aula stiamo per ascoltare, se no usciamo fuori. Prego.

  FRANCO BORDO. Ho potuto focalizzare che ci sono tre questioni grosse per il mondo dell'agricoltura – ovviamente sono più di tre, però sono tre quelle significative – su cui c’è necessità di un intervento, di un lavoro costante, di una programmazione: la questione del rinnovo generazionale nel mondo dell'agricoltura; la questione della tutela delle nostre produzioni tramite la tutela della nostra biodiversità Pag. 12e del nostro territorio; la questione della sostenibilità delle nostre imprese agricole. Sulle prime due oggi ovviamente non mi dilungherò, ma devo dire che comunque finora, a parte tanti proclami, è stato fatto ben poco, anche da parte di questo Parlamento e di questo Governo. Sulla questione della sostenibilità, visto che parliamo di una tassa che va ad incidere direttamente sulle imprese agricole, appunto, oggi ne dobbiamo parlare. Quella degli agricoltori è una categoria a cui il Governo, in particolar modo oggi, dovrebbe molto, non certo però questo irragionevole ed insopportabile nuovo balzello. Siamo di fronte, infatti, ad un'imposta pensata in modo sbagliato prima e strutturata – se possiamo dire così – in modo ancora peggiore dopo. Il decreto-legge sull'IMU agricola di cui parliamo oggi è segnato, infatti, da un peccato originale, quello che per garantire a tutti i costi quei famosi e fumosi 80 euro si è dovuto necessariamente trovare, e quindi andare a sottrarre, risorse da qualsiasi altra parte, raschiando ovunque, mettendo nuove tasse. Come in un tragico giro di valzer: il prezzo di un tanto annunciato bonus viene pagato con il gettito derivante anche da questa tassa; una tassa iniqua, una tassa sul lavoro. Tra l'altro, voglio ancora qui ricordare che il Premier Renzi aveva promesso in quest'Aula che l'introduzione degli 80 euro sarebbe stata priva di forme di tassazione, mentre altri soggetti vengono tassati per questa misura.
  Una cosa tra le tante che ho potuto imparare in questi due anni di attività in Commissione agricoltura, che mi ha portato a lavorare costantemente al fianco di organizzazioni agricole, così come entrare in contatto con i singoli agricoltori, è che il futuro del nostro Paese si costruisce e ricostruisce, contribuendo a togliere sassi e incuria, sia reali che in senso figurato, dalla nostra terra; ad arare il terreno per permettere la crescita di frutti, il recupero di una solida cultura agricola, che è identità ma anche potenzialità di crescita e di valore competitivo per tutto il Paese.
  È una realtà, quella dell'agricoltura italiana, fatta di storie straordinarie che hanno bisogno di sostegno, di maggiore attenzione, di vera tutela. È doveroso ricordare che chi lavora la terra non è uno speculatore finanziario, un agente che impoverisce il nostro Paese, magari delocalizzando le produzioni: chi lavora la terra contribuisce in modo evidente alla produzione reale della ricchezza del nostro Paese, una ricchezza che va ben oltre il contributo che, in controtendenza rispetto ad altri settori, arricchisce e sostiene le cifre del PIL nazionale.
  In Italia chi lavora la terra è prima di tutto custode e portatore di una tradizione, di una cultura: il suo ruolo è imprescindibile, perché a volte è unico e ultimo presidio di un intero territorio, perché sulla partita della tutela e della difesa del territorio vediamo le istituzioni ormai sempre più assenti, il Governo che non finanzia un piano straordinario di messa in sicurezza, come da più parti – e ovviamente anche da Sinistra Ecologia Libertà – richiesto. Come possiamo dimenticare la valenza occupazionale del settore agricolo, paracadute storico, grazie alla diffusione delle imprese familiari, per gli estromessi da altri settori produttivi; soprattutto oggi non possiamo dimenticare questo aspetto. Se si fosse ragionato in questi termini, probabilmente l'idea di tassare i terreni agricoli non avrebbe trovato mai spazio né ragione.
  Come si può sostenere questo nuovo tributo, quando sempre più evidenti sono le criticità che l'Italia patisce rispetto al dissesto idrogeologico, quando i nostri territori appaiono sempre più fragili e pesantemente colpiti dalle calamità atmosferiche ? Quante fitopatie rischiano di aggredire il nostro patrimonio colturale, se non garantiamo le condizioni di sussistenza che aiutino la permanenza dei nostri imprenditori ? La cura del territorio si pone prepotentemente al centro dell'agenda politica di qualsiasi Governo; però purtroppo oggi vediamo che questa agenda da parte del Governo non è aggiornata. Abbiamo la necessità non più procrastinabile di istituire una norma nazionale che limiti il consumo di suolo; e qui voglio dirlo con chiarezza: la proposta Pag. 13di legge a cui stiamo lavorando è ancora stata fermata e bloccata dai partiti di maggioranza, che hanno coperto di emendamenti la proposta che è stata elaborata dalle Commissioni congiunte ambiente e agricoltura, con ben 450 emendamenti, di cui oltre il 50 per cento dalla maggioranza stessa.
  All'inaugurazione dell'Expo, a poche settimane da oggi, si parla di terra, cibo e futuro. La difesa del made in Italy passa e si nutre della vasta quantità e qualità dei prodotti agroalimentari del nostro territorio, delle nostre DOP, IGP, STG: queste dovrebbero essere le questioni centrali all'attenzione dell'agenda del Governo. Ecco dunque che appare completamente anacronistica l'applicazione di una tassa su quello che è il bene strumentale per eccellenza ! Tutto ciò forse non è ben noto al nostro Governo: avviene in un momento molto delicato, caratterizzato da una contrazione delle risorse che l'Unione europea concede ai nostri agricoltori sotto forma di sostegno al reddito attraverso il cosiddetto primo pilastro della politica agricola comunitaria. Una contrazione che si unisce ad un allargamento della platea dei soggetti e delle colture che godono dell'aiuto, vale a dire una diminuzione dei trasferimenti pro capite.
  Tuttavia, come Sinistra Ecologia Libertà abbiamo cercato, con proposte emendative, di limitare gli effetti negativi legati a questo provvedimento; ma anche in questa occasione il Governo ha lasciato inascoltati e disattesi i nostri suggerimenti, sostanzialmente le richieste del mondo agricolo. Non è stato concesso alcuno spazio a correttivi di un criterio assunto per la tassazione, che continua a non prendere in considerazione l'effettiva redditività dei cespiti agricoli, e che lascia margine a perequazioni inaccettabili fra le diverse aree del Paese e fra i diversi comparti produttivi del settore.
  E poi non si comprende la ragione del negare l'esenzione a quei territori colpiti da calamità e agenti atmosferici: era e permane una proposta ragionevole, una risposta capace di riflettere un reale interesse dopo i tanti, a volte insopportabili, rimbalzi e scarichi di responsabilità. Poteva essere espressione e strumento di una solidarietà e comprensione tangibile dello Stato nei confronti dei soggetti interessati.
  Ma come ho detto prima, niente da fare. E neanche il posticipo del pagamento è stato accolto. Spiace allora guardare con senso di frustrazione, in quanto legislatore, alla funzione correttiva e quasi salvifica che potrà avere la giustizia amministrativa, alla pioggia di ricorsi fatti davanti al TAR, di fronte alla impossibilità della penna legislativa di correggere gli errori del Governo oggi confermati dal Parlamento. Noi voteremo contro, voteremo contro con convinzione.
  Onorevoli colleghi, Blaise Pascal, scienziato e filosofo, affermava che è l'immaginazione e non la ragione che assegnava il prezzo alle cose. Cari colleghi, oggi in queste ore, avete avuto molta immaginazione e poca concretezza (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Dorina Bianchi. Ne ha facoltà. Onorevole Mannino, onorevole Mannino, onorevole Mannino. Possiamo andare avanti ? Prego onorevole Bianchi.

  DORINA BIANCHI. Grazie Presidente, noi di Area Popolare partiamo da una convinzione: che i beni sia mobili che immobili ad uso delle imprese, dell'attività produttiva, non debbano essere oggetto di tassazione. Quindi capite che voteremo a favore di questo disegno di legge di conversione, ma sicuramente non a cuor leggero. Chiediamo ai Ministri coinvolti di avviare una riflessione più profonda che porti a un sostegno al settore agricolo che costituisce, e qui vorrei ricordarlo anche, uno degli asset più importanti del made in Italy. L'agricoltura italiana rappresenta uno dei comparti maggiormente dinamici dell'economia nazionale. La sua vitalità sta producendo effetti estremamente positivi sulla bilancia commerciale e sull'occupazione.
  L'agricoltura ha dimostrato, non solo di difendere i suoi posti di lavoro ma di Pag. 14riuscire a crearne di nuovi, e soprattutto a vantaggio dei giovani e delle donne. A questo proposito vorrei ricordare che anche per i conti delle associazioni, per esempio la CIA, le donne occupate nel settore agricoltura sono circa 406 mila, cifra che rappresenta quasi il 40 per cento degli occupati e che nelle aree meridionali, dove le donne hanno ormai perso la speranza di trovare un lavoro, forse sicuramente neanche lo cercano, la presenza delle donne in agricoltura sale al 60 per cento. Quindi, nell'attuale fase di crisi economica il comparto agricolo rappresenta una rilevante funzione anticiclica se pensiamo che la disoccupazione giovanile è al 41,2 per cento.
  Allora dico a tutti voi, e ricordo in questa Aula, che è interesse di tutti sostenere lo sviluppo e anche l'alleggerimento di quella che è l'imposizione fiscale. Nello stesso tempo però è utile ricordare a questa Aula che il pagamento dell'IMU previsto per il 16 dicembre è stato introdotto con l'accordo delle associazioni di categoria per finanziare una quota del bonus di 80 euro. Questo ha subito uno slittamento e il decreto-legge è stato modificato al Senato dove si è cercato di garantire un migliore equilibrio nell'interesse dei territori coinvolti e delle imprese agricole, a partire dalla conferma delle esenzioni per gli imprenditori agricoli professionali e i coltivatori diretti.
  Al Senato, dicevo, è stato cambiato; il tributo per il 2014 sarà pagato il 31 marzo senza sanzioni o interessi, si fa chiarezza riguardo ai soggetti passivi ed ai territori soggetti all'imposta; per il 2015 poi sono state prese in considerazione anche le aree che rientrano nella cosiddetta «collina svantaggiata», zone nelle quali i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli sarebbero stati soggetti all'imposta e per i quali, in realtà, è stata introdotta una franchigia di 200 euro per alleviare, sebbene parzialmente, ci rendiamo conto, il carico su queste aree svantaggiate.
  Si è notevolmente ampliata la platea dei comuni esenti dal pagamento della imposta. Partiamo da 3.546 comuni che potranno beneficiare dell'esenzione IMU, rispetto ai 1.498 che erano previsti, mentre i comuni parzialmente esenti sono 655.
  Considerano – e vorrei dirlo in quest'Aula anche a difesa di questo provvedimento – questo provvedimento condivisibile, anche se, naturalmente, come tutti noi, hanno delle critiche su di esso, le categorie; Coldiretti il 26 febbraio dichiara: passi avanti su IMU agricola, impegni mantenuti con esenzioni per i comuni montani e per quelli parzialmente montani; la CIA e Confagricoltura, indubbiamente, sono un po’ più critiche sul provvedimento, ma dicono chiaramente che vogliono contribuire con l'IMU agricola, tuttavia vogliono farlo in modo equo.
  Noi la pensiamo un po’ come le categorie: condividiamo quanto è stato detto, sappiamo che questo provvedimento non è risolutivo, né immune da difetti, ma non possiamo far decadere il decreto perché i danni sarebbero maggiori dei benefici, sapendo però che restano da approfondire e sanare gli aspetti negativi.
  Ricordiamoci che l'esenzione dall'IMU non è commisurata alla realtà economica, bensì ad astratti criteri statistici, che non tengono conto della specificità dei diversi territori, della redditività delle colture e del ritardo di sviluppo di talune aree di questo Paese.
  Sottolineiamo l'urgenza di procedere verso una rivisitazione del catasto agricolo, in modo da aggiungere ad una sistemazione strutturale e complessiva dell'intera materia; sappiamo che non era possibile farlo in questa occasione, ma siamo convinti che noi possiamo farlo – e dovremmo prenderlo come nostro impegno – con la cosiddetta local tax: una soluzione che rappresenta l'ambito naturale dei principi di certezza del diritto e della semplificazione, in cui definire la compartecipazione del comparto agricolo secondo le regole dell'equità e della sostenibilità economica.
  Pertanto, nonostante le riserve espresse nei confronti del decreto-legge in esame, il gruppo di Area Popolare voterà a favore della conversione in legge, ritenendo però necessaria una riforma complessiva del sistema del catasto agricolo e un sistema Pag. 15fiscale caratterizzato a garantire il più equo riparto del carico fiscale connesso alla effettiva redditività dei terreni (Applausi dei deputati del gruppo Area Popolare – (NCD-UDC)).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Faenzi. Ne ha facoltà.

  MONICA FAENZI. Signor Presidente, con l'approvazione definitiva di questo decreto-legge, si certifica uno dei più evidenti pasticci legislativi prodotto nel corso delle ultime legislature. Non si ricorda, a memoria, una gestione così spericolata di regole e di metamorfosi. Raramente abbiamo assistito ad un cambio di passo nei meccanismi di calcolo relativi al pagamento dell'IMU sui terreni agricoli da parte del Governo in un lasso di tempo così breve, che probabilmente non ha precedenti nella legislazione tributaria.
  Siamo di fronte ad un ennesimo decreto-legge, che altro non rappresenta se non la prosecuzione di un vero e proprio serial fiscale a puntate, iniziato lo scorso fine novembre, ma le cui conclusioni appaiono al di là dal venire. Non è ancora noto a tutti, ma soprattutto alle centinaia di migliaia di contribuenti chiamati a pagare questa ennesima tassa, quale sarà il finale di questa vicenda, alla luce anche dei recenti provvedimenti cautelari resi dalla magistratura.
  Cosa potrebbe accadere il prossimo fine giugno, se il TAR del Lazio dovesse disporre l'annullamento ? Quali misure cautelative o di ulteriore correzione usciranno in corsa da questo Governo, in cui cresce soltanto l'oratoria del Premier Renzi ? Una muscolarità, quella del Premier, che spesso tradisce la debolezza delle idee e la superficialità nel ricorrere alla decretazione d'urgenza per mettere una toppa alle esigenze di fare cassa, spremendo l'agricoltura italiana e, soprattutto, per finanziare il famoso decreto che prevede il bonus degli 80 euro.
  Vedete, colleghi, ci sarebbe da sorridere per quello che è accaduto, per questa vicenda legata all'IMU agricola nel corso degli ultimi mesi; verrebbe realmente da scherzarci su, se pensiamo alla girandola di parametri che si è scatenata e che ha prodotto sui territori, nelle nostre regioni, una serie di: incroci tra esenzioni perse e riconquistate sui criteri altimetrici per i terreni dei comuni montani che entrano ed escono dalla roulette; continui cambi di rotta legati alla definizione della geografia dei pagamenti, che ha stravolto le aree esentate e che solo fino a pochi mesi fa erano individuate chiaramente nella circolare del Ministero delle finanze del 1993.
  Ed, invece, la vicenda dell'IMU sui terreni agricoli è tristemente tragica e penalizzante per le imprese agricole italiane e conferma anche la distanza, sempre più lunare, tra il sistema tributario italiano e i contribuenti italiani. Alla faccia delle semplificazioni fiscali ! Altro che sburocratizzazione della macchina tributaria !
  La vicenda dell'IMU sui terreni ex montani è l'ultimo esempio del caos che regna sulla fiscalità immobiliare. Il quadro è desolante, con il Governo inchiodato alla necessità di incassare poche centinaia di milioni di euro. Ci sono, poi, le pronunce del TAR, che lo hanno indotto ad evitare una sonora bocciatura emanando questo nuovo decreto che, peraltro, ha aggiunto solo confusione a confusione.
  Nel mezzo, ci sono centinaia di migliaia di contribuenti, sui quali non c'era proprio bisogno di infierire con l'ennesima e vessatoria tassa e verso i quali, a pochi giorni dalla data del pagamento del 10 febbraio scorso – scadenza peraltro cambiata per ben due volte, a testimonianza, appunto, del caos che si è venuto a creare –, si auspicava veramente un atto di responsabilità da parte del Governo, ovvero la presa d'atto che in queste condizioni l'IMU agricola avesse necessitato almeno di un chiarimento ufficiale. E, invece, nulla.
  Come è potuto accadere tutto questo ? Occorre fare un passo indietro. Il problema nasce dal fatto che la riforma dell'IMU agricola è partita dalla coda, ovvero dai soldi che andavano trovati, e non dai criteri, che andavano pensati. Vi era l'esigenza, quindi, di trovare in qualche Pag. 16modo quei 350 milioni di euro già iscritti nel decreto-legge sul bonus IRPEF. Ricordiamolo nuovamente: per garantire quei famosi 80 euro in busta paga, che non hanno determinato benefici, di cui il Governo ha così piena la bocca, e consumi, l'agricoltura italiana è stata ingiustamente chiamata a contribuire per finanziarne la copertura. Ma quel bonus serve ai redditi che sono inferiori a 25 mila euro e io vi posso assicurare che gli agricoltori italiani a quei redditi non ci arrivano. Siamo di fronte, signori del Governo, ad un provvedimento, quindi, iniquo, incostituzionale, ma soprattutto vessatorio, con un difetto di origine della riforma, ovvero il fatto che i 350 milioni di euro da coprire con l'IMU dei terreni erano già stati spesi nel 2014.
  Una riforma, si fa per dire, scritta all'interno di un decreto-legge, il n. 66 del 2014, che è stata in ombra fino allo scorso 28 novembre, quando sono emersi criteri altimetrici assurdi e inaccettabili, riservando, come è noto, amare sorprese ai proprietari di terreni di centinaia di comuni. Un peccato originale, quindi, che ha scatenato rivolte locali da tutto il mondo agricolo, dagli enti locali, anche, soprattutto, per la retroattività della norma, che ha messo alle strette un Governo che ha dimostrato una disarmante superficialità nel gestire questa vicenda, inducendo ad intervenire con un nuovo decreto-legge, quello di oggi.
  Grazie a una serie di sottovalutazioni del problema, che si sono aperte da parte del Governo, che ha preteso un'imposta che nessuno aveva mai giustamente chiesto, il buon senso avrebbe dovuto far comprendere che in collina o in montagna, tranne poche zone felici di produzione vinicola, di fatto non si coltiva più da oltre un secolo. Lo provano anche i redditi dominicali, sui quali si è dovuta poi calcolare l'imposta: pochi euro all'anno, nella maggior parte dei casi. La fotografia relativa, infatti, alla classificazione ISTAT sui criteri di montanità risale al 1952 e da quel momento non è stata più aggiornata. Tra l'altro, ce lo conferma anche il direttore centrale dell'ISTAT, il quale ha ricordato come la commissione censuaria, quella che è stata istituita dal Ministero dell'economia con la legge del 1952 e che dovrebbe mantenere l'elenco aggiornato, in realtà è stata soppressa nel 1990.
  E, allora, ci si domanda di nuovo: perché il Governo non ha saputo trovare nulla di meglio, raschiando il fondo del barile appellandosi agli immobili ? Dopo aver spremuto all'inverosimile il mattone, con l'IMU e la TASI, metodo peraltro inaugurato dal Governo Monti, il Governo si è concentrato sui terreni, forse immaginando di colpire gli agrari latifondisti o, forse, la manomorta ecclesiastica.
  Abbiamo assistito ad una gestione spericolata di regole, di continui criteri di esenzione, che hanno veramente fatto girare la testa a tutti, dalle centinaia di migliaia di contribuenti interessati al pagamento ai centri di assistenza fiscale, agli stessi comuni, che sono venuti a protestare con i sindaci. Siamo di fronte ad un decreto imposto dalla necessità di rimediare, quindi, agli enormi pasticci legati all'incertezza applicativa del pagamento dell'imposta sui terreni ex montani ed alle pesanti censure anche del TAR del Lazio, il cui cambio di passo nella definizione dei criteri, tuttavia, non supera le difficoltà e i dubbi interpretativi, la confusione che ancora regna sovrana.
  L'introduzione dei nuovi parametri suddivisi tra fasce e stabilire poi chi deve pagare e chi no, se è possibile, peggiora ancora di più la situazione, rendendo più confuso ed irrazionale il quadro regolatorio per i contribuenti, che sono stati chiamati, proprio lo scorso 10 febbraio, al pagamento e che, attraverso il collegamento al sito Internet de Il Sole 24 ore, hanno potuto scoprire se erano stati fortunati oppure no. Per non parlare poi della decisione di far pagare retroattivamente la tassa alle imprese agricole anche per il 2014, una decisione che viola ancora una volta i principi stabiliti dallo statuto del contribuente, opporre anche delle inaccettabili modalità di copertura del decreto, le cui decisioni rappresentano per l'agricoltore italiano, oltre al danno della tassa dell'IMU, anche la Pag. 17beffa, perché quelle coperture incidono sulla riduzione delle deduzioni in materia di IRAP per i produttori agricoli, oneri che alla fine si decide di pescare proprio dal mondo agricolo, che sono stimati in circa 220 milioni di euro per l'anno 2015 e in 91 milioni di euro a decorrere dal 2016. Ebbene, il Governo è andato a recuperare quelle risorse proprio tra quelle già stanziate a favore dei produttori agricoli e proprio per le deduzioni dell'IRAP riferite ai lavoratori agricoli dipendenti a tempo determinato con contratto di durata almeno triennale: decisioni incredibili che determineranno un impatto gravissimo per le imprese agricole nazionali ed una decrescita in termini occupazionali più che probabili, cancellando il bonus IRAP destinato a 143 mila lavoratori del settore agricolo. E non mi venite a dire che si è aumentato ai comuni che hanno diritto all'esenzione, perché questo è quello che sta accadendo. Per questo motivo – lo ribadisco – il gruppo di Forza Italia voterà convintamente contro questo decreto. In più, abbiamo già presentato una mozione per rivedere tutti i criteri, perché – guardate – noi abbiamo letto tante cose, abbiamo letto anche di un tavolo per decidere i criteri futuri.

  PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Faenzi.

  MONICA FAENZI. Noi siamo assolutamente contro l'IMU agricola e soprattutto noi neghiamo che si debba pagare una tassa sui terreni tout court.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 10,48).

  PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta avranno luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Si riprende la discussione.

(Ripresa dichiarazioni di voto finale – A.C. 2915)

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole L'Abbate. Ne ha facoltà.

  GIUSEPPE L'ABBATE. Signor Presidente, chi l'avrebbe mai detto: il Governo Renzi è riuscito dove nessuno era mai arrivato, ovvero a tassare la terra, a tassare coloro che producono da mangiare (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Tutto questo perché ? Semplice: per un mero gioco di prestigio vecchio come il cucco, che con la mano destra dà 80 euro e con la sinistra ne toglie ancora di più, con il grande risultato di rendere tutti più poveri. Non lo diciamo noi, ma lo dicono tutti i dati. La misura degli 80 euro di Renzi, presentata come una misura che avrebbe dovuto rilanciare i consumi del 15 per cento, è stata un fallimento. Si è registrato, infatti, un misero aumento pari allo 0,51 per cento, in pratica è stata una pura marchetta elettorale di Renzi che adesso pagheranno a caro prezzo i nostri agricoltori (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Una marchetta che ha visto violare anche lo statuto dei diritti del contribuente pur di onorarla. L'IMU sui terreni agricoli è una tassa ingiusta ed iniqua. Lo abbiamo detto più volte e non ci stancheremo mai di ribadirlo. Ingiusta perché va a tassare un bene strumentale come la terra, iniqua perché, così com’è stata implementata, non tiene conto della redditività delle colture, ma di una mera suddivisione altimetrica.
  A questo punto, avreste potuto anche scegliere, come parametro, il colore dei capelli o il colore degli occhi: non sarebbe cambiato nulla (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ! Ma da vero e proprio manuale di schizofrenia è stato l'iter con cui è stata introdotta questa odiosa patrimoniale sulla terra. Agricoltori che prima non pagavano, poi hanno dovuto Pag. 18pagare, poi sono stati esentati di nuovo, ma alcuni di questi, nel frattempo, avevano già pagato e adesso dovranno attendere chissà per quanto tempo il rimborso.
  Per non parlare di quegli agricoltori che prima erano esenti, poi, con il decreto competitività, hanno assunto personale, perché credevano di ricevere degli sgravi fiscali, ma che, successivamente, si sono visti eliminare e cancellare gli sgravi e introdurre l'IMU. In pratica, oltre il danno, anche la beffa.
  E, tra le mostruosità di questo provvedimento capestro, non possiamo tralasciare quel colpo alla leale concorrenza inflitto con misure inique. Domani un agricoltore si ritroverà a pagare l'IMU, mentre l'agricoltore a lui confinante, accanto, che, magari, ha le stesse colture, non la pagherà. Quindi, una totale assurdità ! Come è possibile fare impresa in un Paese che vive nel totale dell'incertezza ? Spiegatelo agli italiani, se avete il coraggio (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !
  Il coraggio: una parola di cui non sapete il significato, specialmente per il Ministro dell'Expo, Martina, che, con il suo silenzio assordante, ha fatto sanguinare le orecchie di tutti i coltivatori italiani. Non ha avuto neppure il coraggio di essere presente in Aula, qui, oggi, mentre si discuteva il decreto, dopo i continui tentativi di smantellare il Corpo forestale dello Stato (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Martina resterà nella storia della Repubblica italiana come l'unico Ministro dell'agricoltura in grado di infliggere i fendenti definitivi alla già sofferente agricoltura italiana. Vede, Presidente, noi abbiamo cercato in tutti i modi di aiutare la maggioranza a migliorare questo decreto, ma il Governo del dittatore del «no» ha bocciato tutte le nostre proposte, pur avendo coperture valide e certificate (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Avevamo chiesto l'abrogazione totale dell'IMU sui terreni agricoli, ma il Governo ed il PD hanno detto «no». Avevamo chiesto l'esenzione per i terreni colpiti da calamità naturali, ma il Governo ed il PD hanno detto «no». Avevamo chiesto l'eliminazione delle incongruenze nella classificazione ISTAT, ormai vetusta, ma il Governo ed il PD hanno detto «no» (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Avevamo chiesto l'esenzione per i terreni coltivati o posseduti dagli agricoltori con reddito inferiore a 15 mila euro annui, ma il Governo ed il PD hanno detto «no». Avevamo chiesto il ripristino delle agevolazioni IRAP per gli agricoltori, ma il Governo ed il PD hanno detto «no» (Deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle gridano: No !). Avevamo chiesto l'esenzione dell'IMU per i terreni concessi in comodato o in affitto agli agricoltori, ma il Governo ed il PD hanno detto «no» (Deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle gridano: No !).
  Avevamo chiesto l'aggiornamento del catasto agricolo, che tenesse conto dell'evoluzione e della trasformazione del settore primario, ma il Governo ed il PD hanno detto «no» (Deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle gridano: No !). Avevamo chiesto l'esenzione per i terreni colpiti da fitopatie come Xylella fastidiosa e Cinipide del castagno, ma il Governo ed il PD hanno detto «no» (Deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle gridano: No !). Avevamo chiesto l'esenzione per i terreni agricoli da bonificare, ma il Governo ed il PD hanno detto «no» (Deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle gridano: No !).
  Siamo riusciti soltanto ad ottenere alcuni ordini del giorno, ma noi vi terremo il fiato sul collo fino a quando non manterrete quelle promesse che saremo riusciti ad ottenere. Renzi, Presidente, si è fatto bello dinanzi agli italiani, regalando 80 euro, e adesso ha lasciato la patata bollente della riscossione dell'IMU in mano ai sindaci. Perché non va lui da un pensionato che prende 500 euro al mese e che coltiva la terra per cercare di arrivare alla fine del mese a riscuotere questo balzello (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ?Pag. 19
  Con il taglio dei fondi agli enti locali apportati da questo Governo, i sindaci saranno costretti a recuperare tutta l'IMU, per evitare di ritrovarsi buchi nei bilanci. E, quando non riusciranno a recuperarla, cosa faranno ?
  È semplice: taglieranno i servizi ai cittadini, le scuole, gli asili nido, la mobilità (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Presidente, io sono pugliese e in Puglia abbiamo un tipo di abitazione in pietra chiamata trullo. I trulli in Puglia si diffusero intorno al XVI secolo con Ferdinando d'Aragona, che affidò ai conti Acquaviva di Conversano un vasto feudo. Egli fece venire in questo feudo contadini e pastori e dette loro la possibilità di costruire queste abitazioni, purché non utilizzassero un collante tra le pietre; questo perché ? Perché i conti si facevano pagare le tasse e poi le evadevano agli aragonesi, perché nel momento in cui mandavano i controlli smontavano queste case e lì non c'era nessun villaggio (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Oggi, a distanza di quattrocento anni, state trasformando i sindaci nei nuovi conti Acquaviva di Conversano, perché saranno costretti ad inventarsi, insieme agli agricoltori, qualsiasi stratagemma pur di non pagare questa patrimoniale sulla terra (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Ai colleghi del PD, che si stracciano le vesti, ovviamente solo a parole, e che affermano di voler aprire quanto prima un tavolo di concertazione con le associazioni di categoria per eventualmente intervenire con misure successive (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), non ci resta che dir loro di avere almeno l'accortezza di non offendere l'intelligenza degli agricoltori italiani: i tavoli di concertazione vanno fatti prima di fare un provvedimento e non dopo aver fatto danni (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !
  Vi nascondete dietro il numero dei comuni esenti e oggi qui lo direte anche in dichiarazione di voto: grazie a questo provvedimento i comuni esenti sono aumentati da millecinquecento a tremila. Falso ! I comuni esenti erano più di seimila e con questo provvedimento scendono a circa tremila. In un solo colpo avete aumentato più del 50 per cento la tassazione ai comuni !
  Come sempre, nuove tasse, nuove gabelle. Ai veri tagli, alla lotta alla corruzione, alle ruberie delle grandi opere TAV, Mose, Expo, si preferisce prelevare le risorse direttamente dalle tasche dei settori più deboli e danneggiati. Per tutte queste ragioni voteremo contro questo provvedimento, perché per il MoVimento 5 Stelle la terra non si tassa (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle – Congratulazioni – I deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle espongono cartelli recanti la scritta: No IMU – La terra non si tassa) !

  PRESIDENTE. Per favore, levate i cartelli.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Capozzolo. Ne ha facoltà.
  Per favore, levate i cartelli, i commessi gentilmente (Gli assistenti parlamentari ottemperano all'invito del Presidente)...
  Onorevole Capozzolo, la prego di iniziare a intervenire.

  SABRINA CAPOZZOLO. Grazie, Presidente. Signori del Governo, onorevoli colleghi, la vita ci insegna che non sempre è possibile ottenere subito il massimo di ciò che si vuole o che si ritiene più giusto avere. Molto spesso, per raggiungere l'obiettivo supremo, è necessario passare per la realizzazione di obiettivi intermedi. Contemplare obiettivi intermedi, però, non significa affatto rinunciare a raggiungere il massimo, al contrario significa provare a farlo nelle condizioni migliori. Il provvedimento di cui discutiamo oggi ne è la dimostrazione.
  Nell'accingermi ad entrare nel merito provvedimento che oggi il Parlamento è chiamato a votare, non posso non partire da un dato molto significativo: anche grazie all'introduzione dell'IMU sui terreni agricoli è stato possibile concorrere alla copertura finanziaria che ha reso possibile Pag. 20l'erogazione in busta paga del bonus di 80 euro a sostegno dei redditi medio-bassi. Scegliere di erogare un bonus economico a beneficio di molti cittadini e di molte famiglie è stata una scelta precisa del Partito Democratico e del Governo, che la hanno assunta, rendendola concreta.
  È un passo importante lungo quel percorso di cambiamento, che, con responsabilità e determinazione, il Partito Democratico sta portando avanti per costruire, passo dopo passo, un'Italia più solidale, più moderna, più giusta, più semplice e più forte. A chi sostiene, ogni tanto rabbiosamente, che quegli 80 euro siano stati una trovata elettoralistica priva di significato, voglio opporre la pacatezza di chi sa e comprende che gli effetti concreti sui consumi di una determinata misura economica vanno valutati nell'arco temporale di qualche mese. È infatti necessario che vi sia un'assunzione di consapevolezza nelle persone della disponibilità concreta di un nuovo potere di acquisto. Per questo, cari colleghi, staremo a vedere.
  Ad oggi, signor Presidente, onorevoli colleghi, noi siamo chiamati a compiere, insieme, un altro importante passo nella direzione di un Paese più giusto.
  È l'unico obiettivo che da sempre guida l'intera azione del Partito Democratico: conseguire equità e giustizia sociale. La realizzazione di questi obiettivi ambiziosi – ma anche molto faticosi da perseguire, se si opera, come oggi, dentro un sistema in continua evoluzione – passa necessariamente attraverso l'urgenza di ridistribuire, anche in agricoltura, il carico fiscale tra i soggetti interessati. Bisogna farlo sempre, non rinunciando mai a tutelare le fasce medie e disagiate del nostro tessuto sociale, esentando i coltivatori diretti, gli agricoltori e tutti coloro che lavorano con sacrificio e passione la terra ogni giorno.
  L'agricoltura è una straordinaria risorsa per il nostro Paese. La nostra Italia è la terra delle eccellenze agroalimentari, del buon vino, la patria della dieta mediterranea, il cuore pulsante dell'enogastronomia di qualità del nostro continente e dell'intero pianeta. Questo è possibile, cari colleghi, grazie al lavoro, alla dedizione, alla professionalità e alla passione senza fine dei nostri coltivatori, dei nostri allevatori, dei nostri viticoltori e dei tanti imprenditori che investono nel buono, dei tanti giovani che sempre di più guardano all'agricoltura come strumento per coltivarvi le loro ambizioni e l'idea di futuro, partendo meravigliosamente dal prendersi cura delle loro radici.
  Noi tutti, colleghi deputati, abbiamo il dovere, da qui dentro, di non fare spegnere questo fuoco. Abbiamo il dovere di offrire strumenti capaci di dare ossigeno e nutrimento a questo fervore. Ma abbiamo anche il dovere di pensare complessivamente alle sorti del nostro Paese. Il Partito Democratico ha questo dovere, essendo il primo partito in Italia ed avendo su di sé la responsabilità del Governo.
  Di fronte a questa doppia esigenza, custodire la bellezza di chi mette passione per fare vivere un comparto centrale per l'economia nazionale, qual è l'agricoltura, e badare responsabilmente alle sorti generali del nostro Paese, si rischia di dovere fare scelte che non sempre risultano pienamente rispondenti a ciò che sarebbe stato ideale fare. Questo provvedimento che oggi ci accingiamo ad approvare può esserne un esempio. Ne siamo consapevoli. Ma siamo consapevoli anche che da qui è necessario partire per perseguire in tempi rapidissimi la giusta regolamentazione di questo settore, sempre più vitale per il nostro Paese, soprattutto alla vigilia di un evento straordinariamente importante quale l'Expo.
  È per questa ragione che, un minuto dopo la conversione di questo decreto, il partito si impegnerà a riaprire di nuovo un tavolo di confronto e di concertazione tra il Governo e le parti interessate, gli agricoltori e le rappresentanze di categoria, perché la buona politica, colleghi, è quella che sa decidere, ma è anche, se non soprattutto, quella che sa ascoltare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Ed è proprio dal confronto che seguirà all'approvazione del decreto in esame che si dovrà cercare e perseguire la strada che porti ad un successivo provvedimento, che contenga misure sempre più Pag. 21eque, metodo che già altre volte ci ha permesso di giungere a scelte utili e costruttive, come nel caso dell'abolizione dell'IMU sui fabbricati rurali.
  Tuttavia è innegabile come il provvedimento, oggi all'esame di quest'Aula, risulti complessivamente meno restrittivo rispetto a quello definito dalla precedente normativa. Non è un dato da sottovalutare. Grazie al lavoro dei parlamentari del Partito Democratico e alla disponibilità del Governo, si è giunti a contemplare nel provvedimento che oggi si vota un aumento considerevole dei numeri dei comuni considerati montani, da 1.498 a 3.546 (oltre 2 mila comuni più rispetto alla prima stesura), ai quali vanno aggiunti quelli parzialmente esenti, 655 comuni.
  Si consideri inoltre che, a seguito delle modifiche introdotte al Senato, l'ambito delle esenzioni viene ulteriormente esteso ai terreni definiti di collina svantaggiata, ubicata in circa 1.600 comuni, terreni posseduti e coltivati da imprenditori agricoli e coltivatori diretti, predisponendo una detrazione di 200 euro dall'IMU dovuta e portando così, cari colleghi, a 5.500 il numero dei comuni che godono dell'esenzione dell'IMU. Questo significa che l'80 per cento delle aziende agricole in quei territori sarà esentato dal pagamento dell'IMU. Vi è in questo una valorizzazione dell'agricoltura attiva e produttiva.
  Sono degli ottimi risultati già perseguiti e raggiunti dal Partito Democratico, ma non basta. Nel provvedimento che ci accingiamo a votare ci sono – e non lo neghiamo affatto – degli aspetti che meritano una riflessione ulteriore e successiva. Mi riferisco, ad esempio, all'esenzione che con questi criteri è applicabile ai territori montani e collinari coltivati con produzioni agricole pregiate e in grado di assicurare buoni redditi e, al contrario, non è applicabile invece ai terreni con colture meno redditizie, solo perché collocati ad una certa altitudine.
  Diverse sono poi le aree interne non esentate. Criticità, incongruità, queste, che vanno sanate con atti lungimiranti e coesivi, coinvolgendo gli attori sociali del processo decisionale. Per questo, subito dopo l'approvazione di questo provvedimento dobbiamo perseguire la strada che conduce ad un miglioramento dei criteri applicativi e il PD vuole e deve esserne il fautore.
  Anzitutto, va verificata l'applicazione delle esenzioni introdotte per i terreni svantaggiati, al fine di prevedere, con un successivo provvedimento, una revisione dei criteri di esenzione dall'IMU che si adatti alla reale situazione dei terreni agricoli e soprattutto alla reale capacità contributiva della realtà produttiva.
  Vanno poi valutati interventi per quei comuni con caratteristiche non uniformi, a cui va riconosciuto un regime agevolato. Va considerata la necessità di includere tra le esenzioni e le detrazioni anche le aree protette, i siti di interesse comunitario, i comuni che sono svantaggiati dal punto di vista socio-economico, cioè al di sotto della media del reddito pro capite, e quei terreni ricadenti nelle aree SIN. L'approvazione ieri da parte del Governo di alcuni ordini del giorno, che prevedevano proprio questo, sono un altro segnale positivo che va in questa direzione.
  Fondamentale poi è il riconoscimento dei regimi agevolati per i tanti coltivatori che hanno subito gravi danni per fitopatie, che quest'anno stanno compromettendo intere colture agricole, come gli innumerevoli agricoltori pugliesi, colpiti dal batterio della xylella fastidiosa, per la quale il Governo ha dichiarato lo stato di emergenza. Ma vi sono anche altre innumerevoli piaghe che colpiscono diverse zone del nostro Paese, come la mosca dell'olivo o la mosca del ciliegio. Penso alla previsione di deroghe specifiche, come la sospensione degli adempimenti fiscali, tributari, contributivi per tutti questi agricoltori colpiti da queste calamità. Anche a questo si sta già lavorando.
  È da questi elementi che noi dobbiamo ripartire. Per questo, rivolgo il mio invito sincero a tutte le altre forze politiche, affinché limitino la strumentalizzazione di questo provvedimento e mettano davvero al primo posto gli interessi dell'intero comparto agricolo, votando insieme a noi, Pag. 22insieme al Partito Democratico, il decreto-legge ed impegnandosi con noi a migliorarlo fin da subito.
  Non è di certo un provvedimento risolutivo, signor Presidente, anzi, evidenzia come sia necessaria la revisione del catasto agricolo, che è il vero limite, e come ci sia l'urgenza di affrontare l'intera tematica in modo strutturale e complessivo. Ed è proprio questo l'impegno che il PD si assume e sul quale baserà il proprio contributo politico anche nella strutturazione della local tax.
  Insomma, da qui si parte lungo un percorso di ascolto e di confronto con gli enti locali e gli operatori del comparto, per rendere sempre più aderenti alle esigenze vive della popolazione le scelte che il PD, dentro il Parlamento e il Governo del Paese, assume attraverso l'attività legislativa. Ascolto, ma anche azione, analisi e concretezza. Partiamo da questo provvedimento, senza dubbio il migliore possibile nella congiuntura economica che attualmente il Paese sta vivendo, con la certezza, colleghi, che il lavoro del PD su queste tematiche non si fermerà certo oggi. Ed è per questo che annuncio il voto favorevole del Partito Democratico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico – Congratulazioni).

  PRESIDENTE. Saluto gli alunni e i docenti dell'Istituto tecnico commerciale «Guglielmo Marconi» di Penne in provincia di Pescara, che assistono ai nostri lavori (Applausi).
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Cera. Ne ha facoltà.
  Colleghi, intanto vi pregherei di prendere posto e garantire un po’ di silenzio, in maniera che ascoltiamo l'onorevole Cera e poi passiamo ai voti. Prego, onorevole Cera.

  ANGELO CERA. Signor Presidente, rappresentante del Governo, voterò contro il provvedimento, diversamente dal mio gruppo e dalla mia maggioranza. Parlo da sindaco e il mio voto è di forte dissenso. Do anche voce ai sindaci e agli amministratori locali che da questo provvedimento verranno esposti alla collera dei cittadini agricoltori e allevatori. Infatti, la sua applicazione metterà a rischio l'incolumità dei sindaci.
  Un decreto-legge – diciamolo subito – fatto con i piedi, senza capo né coda. Quello sull'IMU agricola è un provvedimento iniquo, nato solo per fare cassa. È una seconda «legge Fornero» che colpisce nel mucchio, senza il minimo discernimento.

  PRESIDENTE. Aspetti, onorevole Cera. Colleghi, però, non è proprio possibile.

  ANGELO CERA. No, caro collega Rampelli, non è una «legge folle», questa è una «legge pazzia». E voto contro perché colpisce un mondo, quello agricolo, già in crisi da tempo, che, invece, richiederebbe più ascolto e più soluzioni condivise con le categorie degli operatori di settore.
  Perché l'IMU sui terreni agricoli dovrebbe compensare il taglio già operato ai danni del Fondo di solidarietà nazionale. Un gettito incerto e improbabile che andrà a pesare sui bilanci dei comuni, costretti ad accettare un'entrata virtuale, che difficilmente troverà riscontro nella realtà.
  Perché, per molti comuni come il mio, il regime di riequilibrio pluriennale rappresenta un'ulteriore mazzata mortale; perché non è prevista dal Governo nessuna forma di compensazione in caso di mancata copertura dei tagli operati nei trasferimenti. Il mio comune, per esempio, non riuscirà mai ad incassare la somma di 362 mila euro che il Governo ha tagliato.
  Perché è discriminatorio in quanto basato su criteri vecchi, che non tengono in nessun conto le caratteristiche territoriali ed economiche di un comune e dei proprietari dei terreni confinanti, che appartengono a comuni diversi e che non sono trattati allo stesso modo: uno paga e l'altro no.
  Perché in molti comuni montani già si pagano tributi ai consorzi di bonifica montana.
  Perché il territorio, soprattutto dei comuni montani, dove l'abbandono è la Pag. 23caratteristica degli ultimi decenni, è già penalizzato dall'imposizione di vincoli ambientali, idrogeologici, paesaggistici, europei, come le zone SIC e ZPS, che richiederebbero, tuttavia, cari amici di maggioranza, un risarcimento dal Governo e non un'ulteriore tassa.
  Perché questa legge aumenterà la desertificazione del territorio collinare e montano consegnandolo di fatto all'abigeato, alla delinquenza comune.
  Perché il reddito da piccoli appezzamenti montani rende solo il minimo per vivere.
  Perché non è giusto che i comuni diventino gli esattori esosi di «tasse manicomio» imposte dal Governo.
  Perché non possono rimanere inascoltati i tanti consigli comunali che hanno sottoscritto ordini del giorno per cancellare questa tassa iniqua e insensata: ordini del giorno votati all'unanimità fra maggioranza ed opposizione.
  Perché è una protesta civilissima che ha scosso tutta l'Italia, tutta l'opinione pubblica, con prese di posizione delle associazioni di categoria, dei comuni e dell'ANCI nazionale, che sono rimaste inascoltate.
  Per questi motivi, no, cari colleghi, non si può assolutamente votare una «legge pazza» (Applausi di deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Votazione finale ed approvazione – A.C. 2915)

  PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
  Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 2915, di cui si è testé concluso l'esame.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Cassano, Di Lello...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:
   S. 1749 – «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 4, recante misure urgenti in materia di esenzione IMU. Proroga di termini concernenti l'esercizio della delega in materia di revisione del sistema fiscale» (Approvato dal Senato) (2915):

   Presenti  440   
   Votanti  425   
   Astenuti   15   
   Maggioranza  213   
    Hanno votato  272    
    Hanno votato no  153.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  (I deputati Giorgis e Alli hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole; il deputato Tripiedi e la deputata Ciprini hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario e il deputato Moscatt ha segnalato che avrebbe voluto astenersi).

Seguito della discussione delle mozioni Fitzgerald Nissoli, Porta ed altri n. 1-00445 e Dall'Osso ed altri n. 1-00761 concernenti iniziative per la tutela dei diritti previdenziali dei lavoratori italiani emigrati in Paesi non appartenenti all'Unione europea (ore 11,15).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Fitzgerald Nissoli, Porta ed altri n. 1-00445 (Nuova formulazione) e Dall'Osso ed altri n. 1-00761 concernenti iniziative per la tutela dei diritti previdenziali dei lavoratori italiani emigrati in Paesi non appartenenti all'Unione europea (Vedi l'allegato A – Mozioni).
  Ricordo che, nella seduta di lunedì 16 marzo 2015, si è conclusa la discussione sulle linee generali.

Pag. 24

(Parere del Governo)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali, Luigi Bobba, che esprimerà altresì il parere sulle mozioni all'ordine del giorno.

  LUIGI BOBBA, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Signor Presidente, da quale iniziamo, dalla mozione Fitzgerald Nissoli, Porta ed altri n. 1-00445 (Nuova formulazione) o dalla mozione Dall'Osso ed altri n. 1-00761 ?

  PRESIDENTE. Vi sono due mozioni, quindi, bisogna dare il parere su entrambe.

  LUIGI BOBBA, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Sulla mozione Dall'Osso ed altri n. 1-00761, il Governo esprime parere favorevole per quanto riguarda il primo capoverso del dispositivo, mentre, invece, il secondo capoverso andrebbe così riformulato...

  PRESIDENTE. Scusi, lei di quale mozione sta parlando, onorevole Bobba ? Della prima, della mozione Fitzgerald Nissoli, Porta ed altri n. 1-00445 (Nuova formulazione) ?

  LUIGI BOBBA, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. No, sto parlando della mozione Dall'Osso ed altri n. 1-00761.

  PRESIDENTE. Dovremmo iniziare dalla mozione Fitzgerald Nissoli, Porta ed altri n. 1-00445 (Nuova formulazione).

  LUIGI BOBBA, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Stavo chiedendo appunto quello.
  Per quanto riguarda la mozione Fitzgerald Nissoli, Porta ed altri n. 1-00445 (Nuova formulazione), il Governo esprime parere favorevole, con un'unica proposta di riformulazione al primo capoverso del dispositivo nel senso di sostituire le parole: «ad istituire un tavolo tecnico», con le seguenti: «a valutare l'opportunità di istituire un tavolo tecnico» che veda la presenza, e così via. Per il resto, va bene.

  PRESIDENTE. Quindi, con questa riformulazione c’è un parere favorevole.

  LUIGI BOBBA, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Sì.

  PRESIDENTE. Sta bene. Adesso passiamo alla mozione Dall'Osso ed altri n. 1-00761.

  LUIGI BOBBA, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Sulla mozione Dall'Osso ed altri n. 1-00761, invece, il Governo esprime parere favorevole, a condizione che il secondo capoverso del dispositivo venga riformulato in questo modo: «nel rispetto delle esigenze di controllo della spesa pubblica e dei vincoli di natura finanziaria, a riprendere i negoziati per la stipula e il rinnovo degli accordi bilaterali di sicurezza sociale con i Paesi di emigrazione italiana non aderenti all'Unione europea e, comunque, con tutti i Paesi stranieri nei casi in cui emerga l'esigenza di intervenire per la stipula e/o la revisione degli accordi bilaterali». Il Primo capoverso va bene. Pertanto, con questa riformulazione, il parere è favorevole.

(Dichiarazioni di voto)

  PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fitzgerald Nissoli. Ne ha facoltà.

  FUCSIA FITZGERALD NISSOLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, voglio da subito ringraziare i colleghi intervenuti durante la discussione sulle linee generali – l'onorevole Picchi, l'onorevole Binetti, l'onorevole Fedi – sul contenuto della mozione in questione per aver evidenziato Pag. 25l'importanza di aggiornare le convenzioni esistenti e di venire incontro alle nuove esigenze della società in movimento.
  Con questa mozione vogliamo spingere il Governo ad intervenire per completare il quadro delle convenzioni internazionali bilaterali sulla sicurezza sociale e rendere quelle esistenti adeguate alla realtà delle migrazioni internazionali attuali, anche temporanee, ed ai cambiamenti legislativi interni agli Stati contraenti.
  Per queste ragioni, abbiamo chiesto al Governo di impegnarsi ad istituire un tavolo tecnico, o a valutare la possibilità, come il sottosegretario ha sottolineato, con i rappresentanti dei Ministeri interessati, dell'INPS e dei patronati nazionali con due compiti ben precisi: monitorare lo stato delle convenzioni bilaterali di sicurezza sociale in essere, accertando la loro compatibilità con le modifiche intervenute nel sistema previdenziale italiano e l'eventuale conseguente necessità di rinegoziazione; e verificare, a fronte dell'aumentata mobilità internazionale di lavoratori e lavoratrici sia in uscita che in ingresso in Italia, la necessità di stipulare nuovi accordi bilaterali di sicurezza sociale – completando il quadro giuridico di salvaguardia dei diritti sociali – e di aggiornare quelli in vigore, a garanzia di una più adeguata, efficace ed ampia tutela previdenziale.
  Nella discussione sulle linee generali ho messo in evidenza il primato storico che tocca all'Italia per quanto concerne la stipula di convenzioni internazionali in materia di sicurezza sociale. Oggi, voglio sottolineare l'evoluzione storico-giuridica che vi è stata nel nostro Paese per quanto concerne lo status previdenziale del lavoratore di cittadinanza italiana occupato all'estero. Un'evoluzione positiva manifestatasi in vari modi e forme, a partire dall'affermarsi di quella corrente giurisprudenziale che ritiene assicurabile in Italia anche il lavoratore italiano occupato all'estero, con una conferma sul piano legislativo con la legge n. 398 del 1987, passando per l'espansione delle convenzioni internazionali che prevedono il riconoscimento dei periodi assicurativi maturati dai cittadini all'estero dei rispettivi Stati contraenti sotto la legge straniera, per arrivare al regolamento CE n. 1606/98, integralmente sostituito dal 2010 dal regolamento CE n. 883/04, modificato poi dal regolamento CE n. 988/09 e relativo regolamento di applicazione CE n. 987/09 che ha permesso l'estensione del sistema di sicurezza sociale, già vigente per i lavoratori del settore privato, disciplinato dal regolamento CE n. 1408/71 e 574/72, ai regimi previdenziali speciali dei pubblici dipendenti dei diversi Stati membri.
  Ora, chiediamo al Governo di continuare a seguire questa linea e di colmare quella disparità di trattamento che esiste tra i lavoratori italiani intracomunitari e quelli che operano in Paesi extracomunitari. Infatti, come avevo accennato poc'anzi, a partire dal 25 ottobre 1998, anche ai pubblici dipendenti italiani è stata estesa la possibilità, precedentemente non prevista, di conseguire una prestazione pensionistica calcolata secondo il principio della cosiddetta totalizzazione che tenga conto della totalità dei periodi assicurativi italiani ed esteri. Questo viene incontro anche all'evoluzione dei processi migratori e all'aumentata mobilità umana e lavorativa.
  Chiediamo al Governo di intervenire per colmare alcune lacune presenti nel quadro della stipula delle convenzioni internazionali. Infatti, mancano all'appello convenzioni con Paesi a presenza di forza lavoro italiana già consolidata nel tempo. Inoltre, la richiesta dell'istituzione del tavolo tecnico può sicuramente essere funzionale a un più efficiente monitoraggio degli accordi posti in essere a livello internazionale e a una più efficace revisione degli stessi, in una proiezione multilaterale della questione, sempre più necessaria. È chiaro ed evidente a tutti che vi è una ripresa dei flussi migratori in uscita, oltre quelli in entrata, e siamo convinti che bisogna agire sul piano legislativo per assicurare quei diritti consolidati nel nostro ordinamento e nella cultura civile, in un contesto in continuo cambiamento che richiede nuove attenzioni in grado di instaurare una prassi conseguente a quei valori consolidati di tutela della persona, Pag. 26presenti nel sentire comune. Ragioni sufficienti per sostenere con forza la mozione che mi vede prima firmataria assieme al collega Porta e annunciare il voto favorevole del mio gruppo parlamentare (Applausi dei deputati del gruppo Per l'Italia – Centro Democratico).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Prataviera. Ne ha facoltà.

  EMANUELE PRATAVIERA. Grazie Presidente, onorevoli colleghi, in passato l'Italia per tutelare i lavoratori in mobilità geografica in ambito previdenziale ha stipulato accordi e convenzioni bilaterali con i Paesi verso i quali è stata più massiccia l'emigrazione italiana, ovviamente, stiamo parlando di Paesi extra UE. In linea generale, al fine di garantire coloro che svolgono o hanno svolto parte dell'attività lavorativa in uno Stato estero, tali accordi riconoscono la possibilità di totalizzare i periodi di contribuzione fatti valere nei due Stati contraenti ai fini del conseguimento dei requisiti per il diritto alla prestazione, di beneficiare della parità di trattamento con i cittadini del Paese in cui si presta l'attività lavorativa, di ottenere il pagamento della pensione a carico di un Paese sul territorio dell'altro Stato in cui si risiede e di mantenere un'unica posizione assicurativa, pur lavorando temporaneamente in un altro Paese, il cosiddetto distacco.
  Principio fondamentale della legislazione sociale è il lex loci laboris: la legge si applica nel luogo in cui avviene la prestazione, indipendentemente dalla provenienza del lavoratore e quindi i contributi si pagano nel Paese ove l'attività è svolta. Tale principio della territorialità ovviamente rappresenta un freno alla mobilità lavorativa internazionale, dal momento che il lavoratore rischia di ritrovarsi privo delle tutele e dei diritti concernenti la previdenza e l'assistenza sociale. Da qui, dunque, la necessità di stipulare delle convenzioni internazionali e una serie di accordi bilaterali proprio a regime di tutela. Il problema si pone, però, nei casi in cui il distacco lavorativo riguardi Paesi extracomunitari non in convenzione con l'Italia, come ad esempio la Cina ma anche altri Paesi sudamericani, poiché si verifica un doppio pagamento di contributi con un aggravio per l'azienda. Entrambe le mozioni, la Fitzgerald Nissoli, Porta ed altri n. 1-00445 (Nuova formulazione) e la Dall'Osso ed altri n. 1-00761, lamentano che, da oltre dieci anni, l'Italia ha sospeso ogni negoziato in materia di protezione sociale con i Paesi di emigrazione italiana ed evidenziano le sostanziali modifiche intervenute nel sistema previdenziale italiano, impegnando quindi il Governo ad attivarsi per il rinnovo o la stipula di accordi di sicurezza sociale con i Paesi di emigrazione italiana non appartenenti all'UE. Quindi, giudichiamo più che positive entrambe le mozioni, che impegnano il Governo a sanare questa situazione. Abbiamo ritenuto, come gruppo, di non presentare un'ulteriore mozione, perché non avremmo saputo mettere sul piatto qualcosa in più. Chiediamo anche noi con forza, quindi, e ci accodiamo a queste due mozioni di questi due gruppi proponenti, che il Governo si attivi per sanare e risolvere questa storia. Ancora una volta Renzi batta un colpo, se c’è, altrimenti continui pure a dormire, ma non prenda in giro gli italiani (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Monchiero. Ne ha facoltà.

  GIOVANNI MONCHIERO. Presidente, aggiungerò solo poche parole alle considerazioni già svolte dalla collega Fitzgerald Nissoli, che è prima firmataria di questa mozione e che, insieme a quella del collega Dall'Osso, vuole porre l'attenzione del Parlamento e del Governo su un tema un po’ trascurato ultimamente; trascurato anche per il fatto che la tipologia dell'emigrazione italiana all'estero è in questi anni profondamente mutata. Mentre in passato era frequente il caso di migrazioni che comportavano poi il trasferimento definitivo Pag. 27del nostro connazionale che si recava all'estero, oggi è sempre più frequente, invece, il caso di una emigrazione di personale molto qualificato (tecnici, ingegneri, imprenditori), persone che vanno all'estero per un certo periodo e che naturalmente contano di tornare in Italia. Ora è assolutamente indispensabile che le vecchie convenzioni, che regolavano i rapporti previdenziali fra il nostro istituto previdenziale e quello dei Paesi nei quali naturalmente si trasferivano i nostri connazionali, vengano rinnovate. Per questo noi avremmo gradito un impegno un po’ più forte da parte del Governo e sinceramente vorrei criticare la ritualità che spesso induce il Governo ad accettare le mozioni, proponendo modifiche che contengono questa clausola di rito di «valutare l'opportunità», che in qualche caso può esser opportuna ma che, di fronte alla richiesta di un tavolo tecnico, ci pare francamente quasi comico. Comunque, nonostante queste considerazioni, ovviamente voteremo a favore della mozione che abbiamo sottoscritto (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Placido. Ne ha facoltà.

  ANTONIO PLACIDO. Grazie Presidente, anche noi sosteniamo convintamente entrambe le mozioni, essendo convinti delle ottime ragioni che sono state già ampiamente esposte. Abbiamo un sistema di convenzioni bilaterali che è obsoleto, che non tiene conto della qualità...

  PRESIDENTE. Onorevole Verini, ci sono dei problemi, possiamo aiutarla ? Prego, onorevole Placido.

  ANTONIO PLACIDO. Convenzioni bilaterali obsolete, dicevo, che non tengono conto della qualità nuova dei processi migratori, che tengono completamente fuori da ogni forma di tutela dipendenti pubblici e liberi professionisti, che non hanno modificato gli accordi sulla base delle variazioni sostanziali intervenute nel sistema previdenziale italiano a partire dall'introduzione del meccanismo contributivo.
  E da questo punto di vista veramente non comprendiamo – lo diceva il collega che mi ha preceduto – l'approccio che sceglie di avere il Governo a questa materia: in fondo la mozione Fitzgerald Nissoli, Porta ed altri n. 1-00445 (Nuova formulazione) prevedeva un impegno da parte del Governo, un impegno che corrisponde obiettivamente ad un dovere morale nei confronti dei tanti italiani residenti all'estero, che hanno, per molti versi, reso prestigiosa l'immagine del nostro Paese fuori. Che cosa possa significare in questo contesto «valutare l'opportunità» piuttosto che assumere l'impegno, io non lo comprendo: sarebbe interessante che il Governo spiegasse che cosa significa questa formula di rito che, in relazione ad una materia come questa, ci pare obiettivamente priva di ogni significato. Verrebbe quasi voglia, a fronte della variazione suggerita dal Governo, di votare contro le mozioni perché sostanzialmente ne vanificano la sostanza. Ciò nonostante, anche per rispetto ai colleghi che si sono impegnati a proporle e a promuoverle, voteremo a favore di entrambe.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Binetti. Ne ha facoltà.

  PAOLA BINETTI. Signor Presidente, questa mozione si inserisce nell'ambito di due delle caratteristiche più proprie del nostro tempo: da un lato, questa globalizzazione, che porta alla mobilizzazione accentuata di tutti i tipi di persone, che vanno da quelle che emigrano perché provengono da Paesi in cui sono assediati da fame, dalla guerra, a quelle che emigrano, come succede anche in Italia, giovani brillanti, in cerca di lavoro e di un lavoro qualificato, di un lavoro che li collochi poi anche in posti prestigiosi nei Paesi in cui si trovano.
  Questa mobilizzazione generale porta per tutti una frammentazione di quello che è l'operazione molto concreta del Pag. 28versamento dei contributi che hanno a che vedere con la propria sicurezza da anziani, cioè con quelle che sono le sicurezze previdenziali. Sicurezze tanto più importanti in un periodo in cui la vita media si è allungata: oggi come oggi tra l'età in cui si va in pensione, i famosi 65 anni, e l'età media in cui si vive passano perlomeno 20-25 anni, il numero dei novantenni è in crescente aumento. Si tratta quindi di pensare a pezzi della propria vita molto importanti, e che si collocano anche in momenti in cui i bisogni, il bisogno di cure dal punto di vista della sanità, anche di presa in carico dal punto di vista della solitudine, si fanno sempre più forti.
  Questa mozione ha un po’ questo merito, quella linfa che l'attraversa, ossia dire alle persone: spostatevi ! Spostatevi con libertà ! Andate verso quelle soluzioni che possono offrirvi oggi risposta al bisogno di una sicurezza personale, di un'affermazione anche personale, che possono rappresentare un'occasione per mettere in gioco i propri talenti, le proprie capacità, la propria generosità. E non abbiate paura ! Non abbiate paura di che cosa ? Non abbiate paura di quell'altro pezzo della nostra vita, che è quello che arriverà dopo i 65 anni, quando sarete anziani e quando si farà magari più forte la nostalgia, il desiderio di ritornare a casa, per esempio in Italia, o di ritornare nei Paesi da cui ci si è mossi per venire a lavorare in Italia. Occorre ricostruire questi pezzi di carriera pensionistica, i segmenti dei versamenti che si sono fatti sempre a norma di legge, perché noi stiamo difendendo un diritto, che ha trascinato dietro anche una serie di doveri molto chiari. Questi lavoratori hanno versato i contributi, i loro datori di lavoro, se sono stati retti e corretti, hanno versato i contributi per loro.
  Tutti quanti si sono mossi nel solco della legge ed è di una tristezza infinita che, pur essendosi mossi nel solco della legge, proprio nel momento in cui si ha più bisogno della solidarietà sociale si scopre che questa viene meno per una serie di, chiamiamoli così, di inghippi burocratico-legislativi. Ecco allora che questi due bisogni, il bisogno di mobilità, l'esperienza della globalizzazione, il bisogno di sicurezza, rimandano immediatamente a un ruolo con cui si intrecciano negli Stati stessi diritti e doveri perché tanto sarebbe poco corretto avere in qualche modo socialmente sfruttato persone che sono venute, per esempio penso al grande esercito delle badanti che sono in Italia e che coprono obiettivi e coprono esigenze concrete nel nostro campo sociale, dopo aver sfruttato queste persone, non offrissimo loro la possibilità di godere in vecchiaia dei frutti di questo loro lavoro. È importante che gli Stati facciano delle convenzioni in cui il senso del diritto e il dovere personale e il senso del diritto e il dovere istituzionale si intrecciano dando vita veramente a modelli sociali, potremmo chiamarli così, di nuova generazione.
  Vien voglia di dire agli Stati: non fate la guerra ma fate la pace, ma fate una pace che costruisce davvero segmenti positivi di benessere per le persone e per le famiglie e per gli Stati stessi. È questo lo spirito di questa mozione, una mozione che vuole guardare con cuore ampio alla possibilità di andare fuori, alla possibilità di accogliere quelli che vengono dentro, una mozione che vuole davvero farci sentire cittadini del mondo a parità di diritti e a parità di doveri. Anche io devo dire che, prima ho sentito il collega Monchiero e poi ho sentito anche l'altro collega di SEL intervenire...

  PRESIDENTE. Onorevole Vaccaro ! Grazie.

  PAOLA BINETTI. Anch'io mi sono un po’ stupita che il Governo avesse voluto creare in senso ulteriormente riduttivo rispetto alle richieste che poi sono per la verità richieste molto semplici perché non c’è niente di stringente, c’è soltanto l'idea «parliamone», ma parliamone concretamente, ma parliamone cercando una soluzione, non ci limitiamo a parlarci addosso, non ci limitiamo a dire «bene, abbiamo archiviato un'altra mozione», in modo che quando si apre sui nostri Pag. 29schermi viene fuori la scritta «conclusa». Non è la soddisfazione della collega Fucsia Nissoli che venga fuori questa mozione conclusa con il collega Dall'Osso. È qualcosa di più, noi non vogliamo concludere la mozione, noi vogliamo dare una risposta concreta e positiva a tutti coloro che vivono l'esperienza del doppio flusso dell'emigrazione e dell'immigrazione, che vivono l'esperienza dell'andare ma che vogliono vivere anche l'esperienza del tornare, che nel loro ritorno a casa non vogliono essere a carico dei figli, non vogliono essere a carico nemmeno della società, sarebbe penoso che noi gli dovessimo riconoscere pensioni di solidarietà sociale e non pensioni a cui hanno diritto per il lavoro svolto in tanti anni.
  Quindi, io mi auguro davvero che quella postilla fatta dal Governo in realtà si traduca in un impegno concreto ad attivare questo tavolo e credo che siccome mi auguro che tutti voteremo convintamente entrambe le mozioni e che davvero il Parlamento possa e debba svolgere, anche nelle persone concrete dei due primi firmatari, quella funzione di controllo positivo sull'azione del Governo perché il Governo ciò che ha promesso lo mantenga. Perché è vero che un ordine del giorno non si nega a nessuno, gli ordini del giorno pesano poco, ma le mozioni... beh, ancora noi crediamo che una mozione abbia un suo peso come espressione di una volontà generale del Parlamento. E a questa volontà generale del Parlamento noi affidiamo la tutela e la presa in carico in modo diverso di quel problema dell'emigrazione e dell'immigrazione che tanto sta a cuore a tutti noi perché nessuno vuole chiudersi in una sorta di individualismo personale ma nemmeno un individualismo sociale e neppure un individualismo nazionale.
  Tutti immaginiamo davvero di guardare all'orizzonte che ci sta davanti come a un luogo, come a un mondo che ci appartiene, che appartiene a tutti noi e all'interno del quale ci possiamo muovere con grande libertà perché se poi facciamo tutto quello che è dovuto, tutto quello che è necessario qualcun altro, per semplice giustizia, ci renderà conto di quello che noi abbiamo dato.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Picchi. Ne ha facoltà.

  GUGLIELMO PICCHI. Grazie Presidente, colleghi, inizio con un rammarico: un tema così importante era meglio se riusciva a far convergere tutti i gruppi su un unico testo. È un problema importante, delicato, un problema che un Paese come l'Italia...

  PRESIDENTE. Scusi un attimo. Onorevole Fitzgerald Nissoli... stiamo... grazie.

  GUGLIELMO PICCHI. ... un Paese come l'Italia, che, ricordo, esporta per oltre 500 miliardi di euro e ha imprese in ogni terra e in ogni Stato del globo, che operano, producono, investono, trasformano, fa sì che questo problema meritasse un approccio unitario da parte di tutti i gruppi parlamentari.
  L'altro rammarico è nei confronti di quanto fatto da parte del Governo, il quale, inserendo la solita formuletta «a valutare l'opportunità», di fatto, svuota la sostanza di questa mozione che, peraltro, ho sottoscritto e che condivido.
  Ma veniamo al merito: noi ci troviamo di fronte, come ho detto, a un Paese che, avendo imprese che operano ovunque nel mondo, ha centinaia di migliaia di lavoratori che rientrano nella necessità di costruirsi una posizione previdenziale, un sistema di previdenza sociale che spesso è frutto di lavoro prestato parte in Italia, parte in Paesi comunitari, parte in Paesi extracomunitari. Questo fa sì che le Convenzioni bilaterali, attualmente in vigore, con molti Paesi non siano più sufficienti e devono essere rivedute. Ricordo che ogni anno circa un flusso netto di 120-130 mila lavoratori emigrano, quindi ci troviamo di fronte a un problema che, nei prossimi anni, si ingigantirà e non tenderà a diminuire.Pag. 30
  Tutte le Convenzioni che sono attualmente in vigore sono datate e, trattandosi spesso solo di trattati bilaterali, non vanno a coprire tutte le nuove tipologie contrattuali, sia italiane sia quelle dei Paesi esteri; occorrerebbe, quindi, l'istituzione di un tavolo tecnico per verificare tutte le convenzioni in essere, valutare meglio e più complessivamente tutte quelle che sono già state sottoscritte e non ratificate, vedere quali sono le nuove e contemplare tutti gli sviluppi della legislazione, tutte le nuove forme di lavoro, tenendo presenti due principi fondamentali: le nuove sfide che i nuovi lavoratori italiani nel mondo hanno sono, infatti, quelle di riuscire a garantirsi prestazioni pensionistiche, con due criteri fondamentali, ossia la possibilità della portabilità dei propri contributi e la totalizzazione dei propri contributi.
  Per cui non possiamo altro che dare un voto favorevole a questa mozione, con il rammarico che ho espresso prima, ossia per la non unitarietà di tutti i gruppi su un unico testo, e poi per il Governo che, ahimè, sfugge alle proprie responsabilità, si riempie spesso la bocca dell'importanza del lavoro e poi, quando si arriva a fare qualcosa di utile per i lavoratori italiani che sono costretti a lasciare il proprio Paese, si rifugia in un banale «valutare l'opportunità di». Ad ogni modo, annunziamo il voto favorevole su entrambe le mozioni (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Saluto gli alunni e studenti dell'Istituto comprensivo statale «Barabino» di Genova.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Porta. Ne ha facoltà.

  FABIO PORTA. Presidente, colleghi, signor sottosegretario, sbaglierebbe chi, in quest'Aula, pensasse che questa mozione sia stata scritta con il retrovisore, guardando cioè soltanto a una grande e importante storia di emigrazione, che nel corso degli anni ha visto andare via dal nostro Paese milioni di nostri concittadini: non è così, o meglio non è solo così.
  Ha fatto bene l'onorevole Fitzgerald Nissoli, prima firmataria insieme a me di questa mozione, e bene hanno fatto tanti miei colleghi eletti all'estero, ma anche tanti parlamentari, a sottoscrivere questa mozione anche a nome dei loro rispettivi gruppi.
  Una mozione che il nostro gruppo, il gruppo del Partito Democratico, condivide in pieno in tutti i suoi aspetti e che il collega Fedi ha ben illustrato nella discussione sulle linee generali.
  Da diversi anni, ormai, decine di migliaia di italiani, soprattutto giovani, hanno ripreso a viaggiare, ad emigrare – usiamo anche una parola che sembrerebbe forse desueta – in cerca di un lavoro, di un futuro più stabile e sereno, di un futuro migliore che, probabilmente, non sempre troverebbero nel nostro Paese. E ad espatriare sono soprattutto i giovani, moderne figure di migranti: ricercatori, insegnanti, laureati, diplomati, imprenditori, artigiani qualificati e studenti. Questa nuova emigrazione si muove in gran parte in Europa, ma va anche in Argentina, in Brasile, negli Stati Uniti, in Australia, in Canada: sono tutte mete molto ambite.
  Nella strategia di internazionalizzazione del nostro Paese, purtroppo a causa del drastico ridimensionamento delle cosiddette «politiche migratorie», che da alcuni si è andato determinando, rischiano di offuscarsi queste potenzialità, le potenzialità legate proprio alla presenza degli italiani nel mondo, e rischiano di restringersi le reti di relazioni che questa presenza ha assicurato nel tempo. Tutto ciò provoca un grave danno al Paese, soprattutto in questo momento, in questo passaggio di difficoltà economiche e sociali.
  La riduzione sensibile dell'intervento pubblico e il quasi abbandono, in alcuni casi, della gestione delle convenzioni bilaterali di sicurezza sociale, nella sua accezione più vasta e, quindi, negli aspetti previdenziali, ma anche in quelli legati alla sanità, all'assistenza, al fisco, non consente di esercitare una doverosa tutela dei diritti e un rigoroso controllo dei doveri socio-previdenziali delle nuove migrazioni di nostri cittadini, i quali si recano all'estero Pag. 31per lavorare, anche per lunghi periodi, e lì versano contributi, pagano le tasse e poi rischiano, a causa di mancanza di accordi o di accordi ormai obsoleti e inesistenti, di non essere adeguatamente tutelati negli ambiti – ripeto – previdenziale, fiscale e sanitario.
  Questi accordi, queste importanti convenzioni internazionali di sicurezza sociale che, come ha detto bene il collega Fedi nella discussione sulle linee generali, sono una parte integrante della nostra politica internazionale, sono stati stipulati, tranne alcune rare eccezioni, negli anni Settanta e Ottanta. Ricordo la Convenzione con l'Argentina del 1984, quella con il Brasile addirittura del 1977, con il Venezuela nel 1991, con gli Stati Uniti nel 1978, con il Canada nel 1979, soltanto adesso, pochi giorni fa, ratificata.
  Sono, quindi, convenzioni evidentemente obsolete nello spirito, nei contenuti, nella forma, e non possono più tutelare adeguatamente diritti e interessi o doveri delle nuove migrazioni perché non sono state adeguate alle evoluzioni, agli aggiornamenti, spesso radicali, delle legislazioni e dei sistemi previdenziali dei Paesi contraenti. Inoltre, sono numerose le convenzioni bilaterali di sicurezza sociale già firmate dall'Italia con Paesi di vecchia emigrazione: penso, in particolare, a quella firmata anni fa con il Cile e in attesa di ratifica da questo Parlamento o anche con grandi Paesi di immigrazione (e penso alle Filippine ma anche al Marocco). Sono tutte convenzioni, ripeto, in attesa di ratifica da parte del Parlamento italiano.
  Ci sono, infine, alcuni Paesi, Paesi importanti, di cui grandi collettività vivono nel nostro Paese – penso all'Ecuador, al Perù –, che ci chiedono da anni, giustamente, di sottoscrivere una convenzione in questa materia, che andrebbe incontro a queste collettività ma anche a tanti connazionali che vivono lì e che operano in quei Paesi da tanti anni.
  Ecco, noi riteniamo che sia un ineludibile dovere etico continuare a riconoscere alla nostra vecchia emigrazione il contributo storico dato in momenti difficili al Paese, ma allo stesso tempo riteniamo di garantire tutela e solidarietà a coloro i quali sono costretti nuovamente a lasciare l'Italia, perché in seria difficoltà. E questo va fatto proprio a partire da accordi che tutelino la parte previdenziale e sanitaria, cioè la parte più debole di un cittadino in mobilità. Con questa mozione – e mi avvio alla conclusione – vogliamo quindi sollecitare, responsabilizzare e impegnare il Governo a istituire un tavolo tecnico che veda la presenza dei rappresentanti dei Ministeri competenti, dell'INPS, dei patronati, che hanno un così importante ruolo di prossimità e di servizio ai nostri connazionali all'estero, con il compito preciso di monitorare lo stato delle convenzioni di sicurezza sociale vigenti, di verificare la loro compatibilità con le modifiche intervenute nel nostro sistema previdenziale e l'eventuale conseguente necessità in alcuni casi anche di rinegoziarle, di verificare inoltre, a fronte di questa nuova mobilità internazionale di lavoratori e lavoratrici, sia in uscita che in ingresso in Italia, la necessità di stipulare nuovi accordi bilaterali di sicurezza sociale, completando così un quadro giuridico di salvaguardia dei diritti sociali, aggiornando anche quelli in vigore, a garanzia di una più adeguata ed efficace tutela previdenziale. Devo dire che questo percorso – e voglio darne atto al Governo – per la prima volta è ripartito e sono stati ratificati recentemente da questo Parlamento importanti accordi bilaterali e multilaterali che da anni attendevano un'approvazione – ho fatto riferimento prima al Canada, ma anche a Israele – e ciò lo dobbiamo ad una nuova sensibilità e ad una rinnovata attenzione da parte dei Ministeri del lavoro e degli affari esteri, ma anche a un lavoro incessante da parte di questo Parlamento.
  Presidente, colleghi, signor sottosegretario, il gruppo parlamentare del mio partito, del Partito Democratico, voterà quindi con convinzione questa mozione e lo farà nel nome di milioni di italiani nel mondo, ma anche di tantissimi lavoratori stranieri che ormai da anni vivono e lavorano nel nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Pag. 32

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti. Come da prassi, le mozioni saranno poste...

  MATTEO DALL'OSSO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

  PRESIDENTE. Onorevole Dall'Osso, mi è stato comunicato che lei aveva rinunciato. Forse se lei parla con i suoi rappresentanti del gruppo... Prego, onorevole Dall'Osso, prenda la parola.

  MATTEO DALL'OSSO. No, non ho rinunciato.

  PRESIDENTE. Prego, onorevole Dall'Osso.

  MATTEO DALL'OSSO. Signor Presidente, dopo la vergognosa legge Fornero, questa mozione vuole tutelare, ai sensi dell'articolo 35, comma 4, della Costituzione italiana, dei lavoratori italiani residenti all'estero, che forse hanno anche una doppia contribuzione. Quindi, invito il Governo a stringere accordi bilaterali con i Paesi extraeuropei. In particolare, poi faccio anche riferimento al fatto che in Europa, nell'Unione europea fatta da ventotto Paesi, venticinque hanno il reddito di cittadinanza e tre no, e l'Italia è fra questi. Ditemi voi, ditemi voi se è possibile (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ?

  PRESIDENTE. Onorevole Dall'Osso, lei accetta dunque la riformulazione ?

  MATTEO DALL'OSSO. Sì, Signor Presidente.

  PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazioni)

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Come da prassi, le mozioni saranno poste in votazione per le parti non assorbite e non precluse dalle votazioni precedenti.
  Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Fitzgerald Nissoli, Porta ed altri n. 1-00445 (Nuova formulazione), come riformulata su richiesta del Governo, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Gitti, Grillo...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  439   
   Votanti  438   
   Astenuti    1   
   Maggioranza  220   
    Hanno votato  437    
    Hanno votato no    1.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Dall'Osso ed altri n. 1-00761, come riformulata su richiesta del Governo, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Carra, Marti, Colonnese, Gregori, Mauri, Marcon...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  437   
   Votanti  436   
   Astenuti    1   
   Maggioranza  219   
    Hanno votato  435    
    Hanno votato no    1.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

Pag. 33

Nell'anniversario della morte di Marco Biagi (ore 12).

  PRESIDENTE. Colleghi, per favore, prima di passare al prossimo punto all'ordine del giorno, ha chiesto di intervenire il presidente Brunetta. Ne ha facoltà. Colleghi, gentilmente, soprattutto intorno all'onorevole Brunetta. Onorevole Prestigiacomo !

  RENATO BRUNETTA. Signor Presidente, colleghi, 13 anni fa, il 19 marzo 2002, poco dopo le otto di sera, moriva Marco Biagi: un amico, una persona perbene, un riformista. Era appena sceso dal treno che da Modena, dove insegnava, lo riportava ogni sera a Bologna, e dalla stazione si stava recando in bicicletta verso casa, in via Valdonica, da sua moglie Marina e dai suoi figli; inerme, ucciso dal piombo delle cosiddette «nuove Brigate rosse», ma, soprattutto, dall'odio di un'ideologia intollerante e disumana, la stessa che tre anni prima aveva colpito un altro amico, Massimo D'Antona.
  La loro colpa era stata quella di riflettere sulle reali condizioni del Paese, nel tentativo di trovare una via di uscita dalle sue antiche contraddizioni, ancora non risolte. È bene che oggi tutti riflettiamo ancora su quei lontani episodi, per ricavarne la necessaria lezione. L'intolleranza, la supponenza, il rifiuto del confronto democratico sono i mali antichi che si rinnovano continuamente, pur in forme e morfologie diverse, in un sistema politico che non ha ancora trovato una giusta ricetta che garantisca la necessaria e indispensabile convivenza.
  Se vogliamo onorare realmente quelle figure, è necessario confrontarci con questo male oscuro, che tanto danno continua a recare al nostro Paese. Grazie, Marco (Generali applausi, cui si associa il rappresentante del Governo) !

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Brunetta.
  Come comunicato ai gruppi, tutti i gruppi che intendono intervenire, ne avranno facoltà, per tre minuti.
  Ha chiesto di parlare l'onorevole Titti Di Salvo. Ne ha facoltà.

  TITTI DI SALVO. Grazie Presidente, il gruppo del Partito Democratico si unisce al ricordo commosso di Marco Biagi. Il terrorismo ha colpito dei simboli, delle persone, che hanno messo al servizio del Paese la competenza e la passione civile. Non è un caso, lo ricordava prima l'onorevole Brunetta, che il terrorismo abbia colpito dei giuslavoristi, persone che hanno lungamente ricercato, con grande passione civile, hanno studiato, hanno osservato i cambiamenti e hanno cercato di individuare, in che modo, nuove regole potessero conciliare la modernità con il rispetto e l'autonomia del valore del lavoro su cui si fonda la nostra Costituzione.
  Marco Biagi ha lavorato su un'idea fondamentale, che i diritti delle persone al lavoro non finissero, non fossero legati soltanto al posto in cui lavoravano, ma che un nuovo welfare accompagnasse la loro libertà e autonomia, non tanto legata a un posto di lavoro, ma alla libertà di essere persone e cittadini in qualunque posto di lavoro, anche quando il lavoro si perde. Questa è l'idea fondamentale attorno alla quale Marco Biagi ha lavorato, producendo un corpo normativo che ha avuto giudizi diversi. Ma il giudizio comune, che accomuna questo Parlamento, che è il ricordo del Partito Democratico, è il rispetto e il ricordo commosso di chi a questo fine ha dedicato la propria vita fino al sacrificio. Non è un caso che le Brigate rosse abbiano scelto esattamente quelle persone, quei simboli di quella passione civile come segno della loro aggressione, dell'aggressività attorno un'idea di Stato, di cittadinanza, di libertà.
  Commemoriamo oggi Marco Biagi, avendo da poco approvato la legge delega dei decreti attuativi sulla riforma del lavoro sul Job Acts. Anche su questo il Parlamento ha avuto opinioni diverse. Io rivendico, a nome del Partito Democratico, l'idea fondamentale di quella riforma, l'idea cioè che l'autonomia e la libertà delle persone oggi si misura con una grande scommessa: che la precarietà non Pag. 34sia un destino a cui si sia condannata un'intera generazione e il Job Acts si misura esattamente con questa scelta di investire sul rapporto di lavoro a tempo indeterminato come nuova frontiera e nuovo impegno della nostra legislazione. Anche per questo il ricordo nei confronti di Marco Biagi è un ricordo non formale, commosso e sentito da parte tutto il gruppo del Partito Democratico (Applausi).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Chimienti. Ne ha facoltà.

  SILVIA CHIMIENTI. Grazie Presidente, in occasione di questo tristissimo anniversario, nell'esprimere ancora oggi la più calorosa vicinanza ai familiari del professor Biagi, è doveroso per ciascuno di noi rinnovare la ferma condanna di ogni forma di violenza di qualsiasi matrice. La coesione sociale e lo spirito solidaristico, da stimolare sempre e comunque nel nostro Paese, non possono che avere come pilastro irrinunciabile il ripudio di ogni azione volta a destabilizzare le istituzioni, vieppiù quando tali azioni conducono alla perdita di vite umane. Il ricordo di oggi del professor Biagi è l'occasione per ritrovare in quest'Aula la comune volontà di operare con spirito collaborativo da parte di tutti per il raggiungimento delle migliori condizioni di vita da parte di tutti cittadini. Il MoVimento 5 Stelle condanna, e condannerà sempre, ogni forma di violenza, di intolleranza e di terrorismo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pizzolante. Ne ha facoltà.

  SERGIO PIZZOLANTE. Grazie Presidente. Ho avuto l'opportunità e l'onore di conoscere e, per un periodo, purtroppo molto breve, collaborare con Marco Biagi a Bologna, in una vicenda politica che ha a che fare con il periodo finale della storia del Partito Socialista.
  Marco Biagi è un martire riformista, uno dei martiri del riformismo italiano, da Gino Giugni, anche lui colpito dalle Brigate Rosse, a Bruno Buozzi, abbattuto dai fascisti, per arrivare a Tarantelli e D'Antona. È, cioè, un martire del riformismo, uno dei riformisti che soprattutto si occupavano di lavoro, perché non era concesso, ai riformisti che si occupavano di lavoro, di portare avanti e affermare nel mondo del lavoro e nella politica italiana un'idea diversa, rispetto a quella più cupa, più rigida e massimalista, che veniva da un'altra parte della sinistra italiana.
  Marco Biagi ha dato un contributo straordinario al nostro Paese. Le leggi Biagi hanno creato più lavoro e non più disoccupazione o più precarietà, come qualcuno, molti, dicono e molta letteratura giuslavorista, ma anche, politica in questo Paese.
  Marco Biagi aveva un'idea importante, l'idea che la rigidità delle norme e delle regole crea precariato e disoccupazione. Si è battuto per rendere più flessibili le regole e questo ha permesso di creare in Italia più occupazione. Questo è quanto è successo negli anni. Dopodiché lui sapeva benissimo che, oltre alla flessibilità delle regole, con la politica attiva, bisognava accompagnare i lavoratori da posto di lavoro a posto di lavoro, ma non gli è stata data la possibilità di completare la sua riforma, perché appunto è stato in quel modo ucciso dalle Brigate Rosse.

  PRESIDENTE. Concluda, onorevole Pizzolante.

  SERGIO PIZZOLANTE. Un ricordo va a Marco Biagi e alla sua famiglia, a sua moglie e ai suoi figli: grazie Marco, per quello che hai fatto (Applausi).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Antimo Cesaro. Ne ha facoltà.

  ANTIMO CESARO. Signor Presidente, la sera del 19 marzo di tredici anni fa veniva assassinato Marco Biagi. Un anno dopo una legge portava il suo nome e su quella legge si è poi sviluppato un dibattito, non sempre all'altezza del nome che la legge recava, su flessibilità e precarietà, spesso un dibattito infarcito di luoghi Pag. 35comuni e che oggi, invece, trova una sintesi nel concetto di flexicurity, nel tentativo di mettere assieme flessibilità del mercato del lavoro e sicurezza sociale.
  Mi fa piacere ricordare alcuni aspetti dell'uomo di ricerca Marco Biagi, che ancora oggi sono di stringente attualità: una visione evolutiva del diritto del lavoro; un diritto del lavoro approfondito attraverso una visione comparatistica, con una grande attenzione agli scenari orientali; un'attenzione straordinaria alla sicurezza e alla salute sui luoghi di lavoro; poi, come spesso si legge negli scritti di Marco Biagi, un'attenzione alla chiarezza del dettato normativo, anche quando si tratta di affrontare complessi progetti di riforma; infine un'attenzione da riservare al rapporto scuola-università e lavoro, con un'attenzione al placement. Era proprio questo il compito che gli era stato affidato dalla sua università in base all'esperienza maturata negli anni.
  Dunque, quella sera di tredici anni fa, un uomo ritornava, dopo avere lasciato la sua università, dopo avere corretto qualche tesi e letto qualche mail. Lasciava la sua università di Modena, prendeva un interregionale per Bologna e da lì prendeva una bicicletta lasciata la mattina.
  Veniva freddato sotto il portone di casa. Si può uccidere un uomo, ma non si possono uccidere le idee. Le idee di quell'uomo continuano a camminare sulle gambe di altri uomini, certo – ci rendiamo conto – non sempre all'altezza di chi ha partorito quelle idee. Ma il nostro compito per onorare la sua memoria è cercare di fare tutto il possibile perché anche la riforma del lavoro, oggi in discussione, attraverso la delega, segua nei decreti, con il lavoro del Parlamento e con il sostegno di tutte le forze politiche, quelli che sono i contenuti più alti del magistero di Marco Biagi (Applausi).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Melilla. Ne ha facoltà.

  GIANNI MELILLA. Signor Presidente, ha fatto benissimo il presidente Brunetta a ricordare oggi Marco Biagi, con parole commosse, e non strumentali. Marco Biagi è stato uno dei più grandi studiosi di diritto del lavoro e relazioni industriali che il nostro Paese ha avuto. Ha messo il suo pensiero e la sua elaborazione scientifica al servizio innanzitutto dell'università e dei suoi amatissimi studenti, ma anche delle istituzioni nazionali ed europee, con le quali collaborò in modo molto intenso.
  Biagi fu nominato consigliere dal Governo Prodi nel 1997. Nel 1998 fu consigliere del Ministro del lavoro Bassolino e del Ministro dei trasporti Treu. Fu consulente del Ministro del welfare Roberto Maroni nel 2001. Nello stesso anno fu chiamato, come consigliere, dal Presidente dell'Unione europea Romano Prodi. Sosteneva progetti concreti e innovativi ed aveva il coraggio delle proprie idee.
  Quella sera, quando tornava nella sua casa a Bologna, il 19 marzo 2002, un commando delle nuove BR lo assassinò, come aveva fatto il 20 maggio 1999 con un altro consigliere del Ministro del lavoro Bassolino, Massimo D'Antona. Purtroppo fu lasciato solo, senza protezione dal Governo che stava servendo. E ancora oggi ci chiediamo tutti per quale motivo sia stato lasciato solo. Prima di morire, peraltro, aveva scritto cinque lettere a causa delle minacce assurde e disumane che riceveva da molto tempo. La risposta fu di lasciarlo solo.
  Al di là delle opinioni che ognuno si è fatto sulla successiva legislazione del lavoro, dobbiamo ricordarlo tutti con senso di riconoscenza verso il suo lavoro intellettuale e verso il contributo che ha dato alle istituzioni su un tema così vitale come il diritto del lavoro, che è parte essenziale – non dimentichiamolo mai – della vita di milioni di persone in carne ed ossa (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Simonetti. Ne ha facoltà.

  ROBERTO SIMONETTI. Signor Presidente, è sicuramente difficile ricordare un momento come quello che abbiamo vissuto Pag. 36tredici anni fa, quando una persona, uno studioso, un uomo che lavorava per i lavoratori ha lasciato la sua vita per mano di brigatisti, di terroristi ideologizzati, che hanno compiuto un gesto violento, non tanto nei confronti di una singola persona, ma contro lo Stato, contro quel Paese che voleva cambiare.
  Marco Biagi, all'epoca, collaborava con l'allora Ministro Roberto Maroni e con il senatore Sacconi ed era impegnato in un grande tentativo, quello di modernizzare il mondo del lavoro del Paese, cercando di introdurre elementi di novità che potessero permettere ai lavoratori di godere di più tutele, ma soprattutto di avere una aspettativa migliore per quanto riguarda la possibilità di ritrovarsi occupati, sia per loro che per i componenti delle loro famiglie e per tutti coloro che erano vicini all'aspettativa di trovare uno sbocco occupazionale.
  Quando si parla di Marco Biagi si parla delle sue idee, che non sono state assolutamente ammazzate, perché hanno continuato a circolare nelle nostre Aule e hanno trovato un'applicazione concreta. Le sue idee hanno portato il Paese verso uno sbocco diverso e sicuramente più facile nella ricerca del profilo occupazionale, che interessava parecchi concittadini, non solo i giovani, ma anche i meno giovani.
  Allora come oggi vi sono ancora molte persone che sono sottoposte a rischi simili a quelli subiti dal professor Marco Biagi, per l'impegno professionale che ricoprono. E molte, purtroppo, sono oggi le possibilità che ideologie estremistiche violente, lontane dal nostro modello di società occidentale, infrangano la nostra libertà e la nostra sicurezza con il desiderio di riportare il mondo al Medioevo.
  Allora i brigatisti, quando uccisero Marco Biagi, hanno creato un'icona di legalità, di professionalità, di senso delle istituzioni ed è questa la loro sconfitta più grande, perché le idee di Marco Biagi continuano ad essere presenti e sono presenti anche in quest'Aula oggi. L'icona di Marco Biagi è presente ancora oggi (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Marazziti. Ne ha facoltà.

  MARIO MARAZZITI. Grazie, Presidente. Ci uniamo al ricordo di Marco Biagi e vorremmo farlo in maniera non rituale. Marco Biagi non vorremmo legarlo alla memoria di una legge, non farne solo il padre nobile di una legge che porta il suo nome o magari del Jobs Act di oggi. Vorremmo ricordare un uomo libero, un bell'italiano, che era senza schemi prefissati, che cercava soluzioni, che amava spiegare, che amava cercare tutele per i giovani e che si occupava di lavoro, perché il lavoro è fonte di dignità e perché la dignità è un diritto di ogni essere umano.
  Allora, noi, ricordando Marco Biagi, che amava essere uno studioso di diritto comparato (Cina, Giappone, Europa), che era un europeo prima dell'Europa, ricordiamo una persona di cui l'Italia avrebbe bisogno ancora oggi. Sarebbe poco più grande di alcuni di noi, ma è stato ucciso in maniera barbara da un terrorismo che, per uccidere, deve creare mostri.
  E, allora, c’è una riflessione su di noi oggi. La riflessione è quella di non aiutare un clima di intolleranza, abbassare i toni, perché certe volte l'idea di avere ragione e di sentirsi puliti crea mostri e crea mostri che non si controllano più, fino a chi arriva ad uccidere.
  E, allora, io credo che da Marco Biagi noi ricaviamo la lezione che bisogna avere memoria, in questo Parlamento bisogna avere memoria, in Italia bisogna avere memoria e che, per cambiare in meglio il Paese e l'Europa, occorre studiare, occorre faticare, occorre anche essere umili e cercare con gli altri le soluzioni su temi complessi. Grazie, Marco Biagi. Vorremmo solo dire alla sua famiglia che vorremmo ancora avere, noi, Marco Biagi e averlo per loro tutto il tempo che avrebbero avuto diritto ad averlo (Applausi).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pastorelli. Ne ha facoltà.

Pag. 37

  ORESTE PASTORELLI. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, le intuizioni di Marco Biagi furono innovative: un'evoluzione economica che esigeva nuove riflessioni e si voleva evitare che a subire le conseguenze della trasformazione già avviata fossero le categorie più deboli.
  Biagi non fu un politico nell'accezione consueta del termine, lavorò per una parte, ma per un ideale sociale. Anche per questo aderì al Partito Socialista ed ebbe in questo partito un ruolo importante e riconosciuto. Marco Biagi si considerava al servizio dello Stato, quando Stato significa società e società significa progresso nella solidarietà. Il suo insegnamento è per noi un punto di riferimento, che ci induce a proseguire con forte convinzione l'impegno per una società migliore.
  Era il suo obiettivo, aveva scelto di metterci la faccia, candidandosi nella lista dello SDI per il comune di Bologna, ma il suo ruolo era quello di tecnico, spesso isolato, come non di rado capita ai riformisti, a quanti, con coraggio, si schierano dalla parte dell'innovazione contro i tanti conservatori di destra e di sinistra.
  Noi, da socialisti e riformisti, porteremo avanti il suo lavoro, perché la sua morte non sia vana, perché il terrorismo non vinca mai (Applausi).

Seguito della discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione della Convenzione internazionale per la protezione di tutte le persone dalle sparizioni forzate adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 dicembre 2006 (A.C. 2674); e dell'abbinata proposta di legge: Tidei e Porta (A.C. 1374) (ore 12,20).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge di ratifica n. 2674: Ratifica ed esecuzione della Convenzione internazionale per la protezione di tutte le persone dalle sparizioni forzate adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 dicembre 2006; e dell'abbinata proposta di legge Tidei e Porta, n. 1374.
  Ricordo che nella seduta del 16 marzo si è conclusa la discussione sulle linee generali e la relatrice è intervenuta in sede di replica, mentre il rappresentante del Governo vi ha rinunziato.

(Esame degli articoli – A.C. 2674)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del disegno di legge di ratifica.
  Passiamo all'esame dell'articolo 1 (Vedi l'allegato A – A.C. 2674), al quale non sono state presentate proposte emendative.
  Nessuno chiedendo di intervenire, passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Colleghi, vi pregherei di prendere posto e di restare in Aula, perché abbiamo una serie di votazioni di seguito. Onorevole Polverini, lei, che è tra i pochi in Aula, non riesce a votare. Vico, Costantino, Schirò, Vazio, Sbrollini, Giorgetti, Famiglietti...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  422   
   Votanti  406   
   Astenuti   16   
   Maggioranza  204   
    Hanno votato  406.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  (I deputati Zan e Morani hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole).

  Passiamo all'esame dell'articolo 2 (Vedi l'allegato A – A.C. 2674), al quale non sono state presentate proposte emendative.
  Nessuno chiedendo di intervenire, passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

Pag. 38

  Ventricelli, D'Ambrosio, Colonnese. Altri che non riescono a votare ?
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  420   
   Votanti  405   
   Astenuti   15   
   Maggioranza  203   
    Hanno votato  405.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  (I deputati Zan e Morani hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole).

  Passiamo all'esame dell'articolo 3 (Vedi l'allegato A – A.C. 2674), al quale non sono state presentate proposte emendative.
  Nessuno chiedendo di parlare, passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Bossa, Ventricelli, Gregori, Dell'Aringa, Nizzi, Greco, Pilozzi, Di Lello, Carrozza...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  428   
   Votanti  412   
   Astenuti   16   
   Maggioranza  207   
    Hanno votato  412.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

(Dichiarazioni di voto finale – A.C. 2674)

  PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Lello. Ne ha facoltà.

  MARCO DI LELLO. Grazie, Presidente. Oggi, con cinque anni di ritardo, ratifichiamo la Convenzione delle Nazioni Unite per la protezione delle persone. Lo facciamo in grande ritardo, perché fummo tra i primi a sottoscrivere nel luglio del 2007 la Convenzione, ma tra gli ultimi ad approvarla. Dalla sua entrata in vigore sono passati cinque anni e più volte siamo stati sollecitati dall'ONU all'approvazione.
  Ora ci siamo. Nata per fornire uno strumento di diritto internazionale per la protezione di tutte le persone dalle sparizioni forzate, dopo il periodo delle dittature militari nell'America del sud – ricordiamo solo i trentamila desaparecidos dell'Argentina tra il 1976 e il 1983 –, poi la pratica è oggi terribilmente attuale. Lo scorso anno sono state denunciate oltre 200 sparizioni in oltre 21 Paesi. Si tratta di una delle più gravi violazioni dei diritti umani che colpisce oppositori politici, donne e minori e che, come recita l'articolo 1 della Convenzione, non può essere giustificata da nessuna circostanza di alcun tipo, si tratti di stato di guerra o minaccia o instabilità politica interna o qualunque altra emergenza pubblica.
  Il nostro lavoro non finisce qui, però, perché oggi abbiamo a che fare con i sequestri operati dei terroristi. In alcuni Paesi sono state definite strategie e provvedimenti di legge che hanno trattenuto questi Paesi dalla firma e ratifica della Convenzione.
  Mentre ratifichiamo, dunque, noi, oggi, questa convenzione noi socialisti sollecitiamo l'impegno del Governo in ambito internazionale, in sede ONU, perché si affronti il tema della compatibilità di questo provvedimento con quelle leggi a cui ho fatto riferimento prima e lo si risolva tenendo fermi il diritto internazionale e la promozione e protezione dei diritti umani.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marazziti. Ne ha facoltà.

  MARIO MARAZZITI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ratifichiamo la Convenzione internazionale per la protezione di tutte le persone dalle sparizioni forzate, che è stata adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 Pag. 39dicembre 2006, è entrata in vigore il 23 dicembre 2010, ma, a oggi, meno della metà dei 94 Stati firmatari l'hanno ratificata...

  PRESIDENTE. Scusi... Onorevole Misiani...
  Prego, Onorevole Marazziti.

  MARIO MARAZZITI. L'Italia inizia oggi, in questa Camera. Pur avendo accolto con favore la decisione dell'Assemblea Generale delle Nazioni del 2006, infatti, l'Italia si era limitata a firmare la Convenzione il 3 luglio 2007, ma senza procedere alla ratifica. Siamo in ritardo, ma colmiamo un ritardo.

  PRESIDENTE. Scusi, onorevole Marazziti. Onorevole Misiani, forse non mi sono spiegato... Grazie.

  MARIO MARAZZITI. Nel diritto internazionale c'era l'assenza di un apposito strumento internazionale volto a contrastare il fenomeno delle sparizioni forzate.

  PRESIDENTE. Onorevole Vaccaro, il Governo sta qui per ascoltare gli interventi... La pregherei... Grazie.

  MARIO MARAZZITI. Infatti, le Convenzioni di Ginevra del 1949 e i Protocolli che disciplinano il reato di sparizione forzata lo facevano solo in tempo di guerra. Per trovare un riferimento normativo a un attacco generalizzato e sistematico nei confronti della popolazione civile, invece, si può fare solo riferimento all'articolo 7, comma 1, dello Statuto della Corte penale internazionale del 1998, che le inserisce tra i cosiddetti crimini contro l'umanità.
  La Convenzione che ci accingiamo a ratificare, invece, chiarisce che per sparizioni forzate si devono intendere tutte quelle pratiche lesive della dignità umana, come l'arresto e la detenzione ingiustificati, il rapimento e ogni altra forma di privazione delle libertà, poste in essere da agenti dello Stato e da persone o gruppi di persone che agiscono con l'autorizzazione, il sostegno o l'acquiescenza dello Stato stesso.
  Nella nostra memoria personale possiamo immaginare quello che accadeva in Paesi...

  PRESIDENTE. Onorevole Di Battista, vale per lei la stessa storia degli altri !

  MARIO MARAZZITI. ... come El Salvador, come il Nicaragua oppure in altri Paesi, non solo dell'America latina, ma di certo i desaparecidos in America latina; quindi il problema dell'Argentina e il problema del Cile sono nella nostra memoria personale come cittadini, come persone.
  Tale fenomeno ha ancora oggi una portata ampia. Nell'ultimo rapporto del gruppo di lavoro del Consiglio dei diritti dell'uomo sulle sparizioni forzate dell'agosto 2014 emerge che ci sono oggi 418 denunce di nuovi casi di sparizioni forzate provenienti da 42 Paesi. Non si tratta, quindi, di un crimine del passato, ma di comportamenti anche oggi perpetrati da vari Stati.
  Esaminando il contenuto della Convenzione, osserviamo che l'obbligo principale per gli Stati aderenti diventa la previsione, all'interno del proprio ordinamento, di un'apposita norma che definisca reato il determinare sparizioni forzate e che questo comportamento rappresenta un crimine contro l'umanità. Tra le disposizioni della Convenzione c’è da rilevare che il sistema legale proprio di uno Stato deve prevedere pene severe in caso di condanna e anche il diritto alla riparazione per le vittime di sparizione forzata.
  Quindi, questa Convenzione è uno strumento utile, importante, anche se mantiene problemi pratici nella realizzazione concreta, perché ha lasciato agli Stati firmatari di stabilire le norme punitive, di prevenzione o di risarcimento in caso di sparizione forzata. È chiaro che l'ispirazione generale della Convenzione nasce certo dal fenomeno di massa dei desaperecidos cileni e argentini e dalle leggi di riconciliazione nazionale che hanno creato dei problemi di perseguibilità. Proprio per Pag. 40questo, si rendono responsabili delle sparizioni forzate – con questa ratifica – non solo gli Stati, ma anche i singoli esecutori materiali, che non potrebbero appellarsi all'obbedienza dovuta o agli ordini ricevuti, né potrebbero sperare in amnistie, venendo considerati comunque responsabili delle azioni intraprese.
  Per questo credo che facciamo bene a procedere con questa ratifica, ricordando, però, anche a noi stessi che, purtroppo, tra le sparizioni forzate esistono anche le sparizioni non politiche: abbiamo il caso di centinaia di migliaia di bambini, invisible children, che non esistono e che spariscono (Applausi dei deputati del gruppo Per l'Italia – Centro Democratico).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gianluca Pini. Ne ha facoltà.

  GIANLUCA PINI. Grazie, Presidente. Annuncio che la Lega si asterrà su questo provvedimento, pur trattandosi del recepimento di un principio internazionale legato alla difesa delle libertà individuali. Consegnerò il testo dell'intervento, non prima, però, di aver chiarito che la nostra astensione non è legata al principio, che deve essere difeso, di dover in qualche modo tutelare ogni singola persona da quelle che giustamente il collega Marazziti prima definiva sparizioni politiche, come nel caso del Cile, che si ricordava, o di altri Paesi dove la politica, in qualche modo, non era dibattito, ma uno scontro teso all'eliminazione dell'avversario.
  Tuttavia, ci sono situazioni, come quelle che stiamo vivendo, come quelle che abbiamo vissuto nel 2001, per le quali ci sono anche operazioni di intelligence nei confronti del terrorismo. Qui non c’è la separazione netta tra ciò che lo Stato deve fare per tutelare i propri cittadini e ciò che lo Stato deve fare per tutelare a trecentosessanta gradi i diritti civili e il diritto di esistere delle persone, soprattutto se sono oppositori politici.
  Quindi, pur essendo lieti che vi sia l'introduzione di un principio a tutela di quelle che possono essere definite sparizioni politiche, tuttavia, non essendoci una separazione netta fra le extraordinary rendition, noi esprimeremo voto di astensione su questo provvedimento e consegno il resto dell'intervento (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).
  Chiedo, pertanto, che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto (La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vezzali. Ne ha facoltà.

  MARIA VALENTINA VEZZALI. Signor Presidente, Governo, colleghi, nel dicembre 2006 l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato la Convenzione per la protezione di tutte le persone dalle sparizioni forzate, grazie alle battaglie fatte per ben 25 anni da uomini e donne. L'Italia ha posto la sua firma al Trattato nel 2007, ma ancora non ha proceduto alla ratifica.
  La pratica delle sparizioni forzate è utilizzata come strategia del terrore: utilizzata originariamente dalle dittature militari, oggi può essere compiuta anche in situazioni di conflitto interno alla società allo scopo di reprimere i dissidenti. Infatti, il fenomeno delle sparizioni forzate di fatto non è ascrivibile a uno specifico Stato, ma si configura come fenomeno generale. Se in America Latina il metodo è stato utilizzato come strumento politico e repressivo all'interno della cosiddetta «guerra contro-insurrezionale», volta all'eliminazione fisica degli oppositori militanti e delle persone critiche dei regimi dittatoriali, il più recente rapporto, rilasciato il 4 agosto 2014, riporta 418 denunce di nuovi casi provenienti da 42 Paesi. Tale pratica è stata fortemente condannata dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti umani, che l'ha definita «una palese e gravissima violazione degli articoli 3 e 5 della Convenzione di Roma».
  Abbiamo a che fare con Stati criminali, che negano le libertà democratiche e che Pag. 41eliminano senza processo i loro avversari. Per non parlare dei figli minori degli avversari del regime, che vengono dati in adozione talvolta proprio a coloro che hanno ucciso i loro genitori.
  Tra gli elementi di maggiore preoccupazione emergono la responsabilità delle Forze armate in molti episodi di sparizioni, il numero di indagini archiviate o sospese e l'adozione, da parte di alcuni Stati, di leggi di amnistia o di altre misure che favoriscono l'impunità degli autori del reato.
  La Convenzione, attualmente ratificata da oltre quaranta Stati, di cui sette sono membri dell'Unione europea, configura quale reato l'arresto, la detenzione, il rapimento e ogni altra forma di privazione della libertà, posta in essere da agenti dello Stato o da persone o gruppi di persone che agiscono con l'autorizzazione, il sostegno o l'acquiescenza dello Stato.
  Le disposizioni della Convenzione impongono agli Stati aderenti di assicurare che il proprio sistema legale preveda pene severe in caso di condanna, nonché il diritto alla riparazione per le vittime di sparizione forzata. Vieta in modo assoluto qualsiasi tipo di detenzione segreta e predispone garanzie rigorose a tutela delle persone private della libertà, compresa la scrupolosa registrazione delle persone detenute nelle carceri e la possibilità per i detenuti di accedere ad un tribunale. Condanna qualsiasi atto che comporti il trasferimento di una persona in uno Stato dove potrebbe essere sottoposta a sparizione forzata e garantisce il «diritto alla memoria» per le vittime, riconoscere cioè la verità sulle circostanze della sparizione forzata.
  Per quanto riguarda il nostro ordinamento, benché il reato di sparizione forzata non sia codificato con tale nomen iuris nella legislazione italiana, esiste una serie di disposizioni normative sanzionatorie delle condotte integranti gli estremi di tale fattispecie criminosa; come accade, d'altronde, per molti dei crimini contro l'umanità previsti dall'articolo 7 dello Statuto di Roma: si pensi al sequestro di persona, all'arresto illegale, all'indebita limitazione di libertà, all'abuso di autorità contro arrestati o detenuti.
  È arrivato dunque il momento in cui l'Italia si allinei con i principali partner europei, costituendo un ulteriore passo verso la protezione dei diritti umani e di tutela delle persone. Considerato il diritto di ogni persona a non subire la sparizione forzata e il diritto delle vittime alla giustizia, Scelta Civica esprime il proprio voto favorevole alla ratifica della Convenzione, benché siano passati troppi anni dalle raccomandazioni espresse dalla Revisione periodica universale del 2010 e allora accettate dal nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alli. Ne ha facoltà.

  PAOLO ALLI. Grazie Presidente, la ratifica che ci apprestiamo a votare è certamente un elemento fondamentale nel quadro del diritto internazionale su un tema delicato quale quello del rispetto dei diritti umani. È già stato ben sottolineato da chi mi ha preceduto questo aspetto, così come il fatto che il fenomeno di cui parliamo, nato nel XX secolo, è diventato molto evidente alla comunità internazionale negli anni Settanta e Ottanta per i fenomeni accaduti in America Latina ma certamente è un fatto gravissimo e tuttora attuale, poiché, come è stato detto da qualche collega, ogni anno vi sono centinaia di casi che ancora si manifestano in diverse parti del mondo, in molti Stati del mondo. La Convenzione è molto ampia e affronta il tema in modo esaustivo, ovviamente frutto di un lungo lavoro iniziato nel 2002; non mi sto a dilungare sui contenuti, ma vorrei soltanto sottolineare come il tema delle sparizioni forzate viene affrontato in un contesto molto ampio e sottolineo solo alcuni punti specifici fondamentali, come quello del divieto di qualsiasi tipo di detenzione segreta o, importantissimo, la protezione speciale a tutela dei minori o dei minori figli di vittime Pag. 42delle sparizioni forzate. Questo impone anche una riflessione sul nostro ordinamento, che pure ha una serie di disposizioni normative precise.

  PRESIDENTE. Onorevole Nicchi, grazie. Deve concludere onorevole Alli.

  PAOLO ALLI. Devo concludere ? Così breve ? Quindi, noi ci apprestiamo ad approvare in ritardo tale ratifica, ma, per fortuna, per una volta, non siamo gli ultimi, visto che risulta che solo sette Stati dell'Unione europea finora l'abbiano approvata. Mi permetto solo un'ultima considerazione, Presidente. Il recupero dei ritardi che il Governo e il Parlamento stanno attuando sul tema delle ratifiche è un dato ampiamente positivo...

  PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Alli.

  PAOLO ALLI. E non è una fastidiosa sinecura perché contiene elementi di sostanza qualificanti per l'immagine internazionale del Paese.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Picchi. Ne ha facoltà.

  GUGLIELMO PICCHI. Grazie Presidente, Forza Italia sostiene la ratifica di questa Convenzione ONU, una Convenzione importante che parte dai casi dei desaparecidos in Argentina e in Cile che con il tempo, purtroppo, si è estesa a molti regimi. Ricordiamo che le denunce, solo nel 2013, sono state di oltre 200 casi in 21 Paesi diversi. È importante ratificare questa Convenzione ma c’è un rammarico: spesso nel nostro Paese ci si riempie la bocca di diritti umani e poi – ahimè – si arriva a ratificare questa Convenzione con un notevole ritardo. Ricordo che l'abbiamo firmata nel 2006, è entrata in vigore quando il ventesimo Paese l'aveva ratificata nel 2010 e noi vi giungiamo solo nel 2015. Per cui, nel confermare il voto favorevole sulla ratifica di questa importante Convenzione ONU, che va a tutelare un diritto primario dei cittadini, non possiamo che invitare il Governo a verificare quali sono ancora tutte le ratifiche importanti che sono in attesa e procedere rapidamente a ratificarle.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Grande. Ne ha facoltà.

  MARTA GRANDE. Grazie Presidente, la Convenzione internazionale per la protezione di tutte le persone dalle sparizioni forzate adottata dall'Assemblea generale della Nazioni Unite nel dicembre 2006 è il risultato del gruppo di lavoro ad hoc sulle sparizioni forzate e non può non essere accolto con favore poiché uno strumento normativo vincolante continua, purtroppo, ad essere necessario.
  Le sparizioni forzate ed ogni privazione della libertà dell'uomo vanno condannate con forza ancora di più se sussiste un'autorizzazione o il sostegno di uno Stato poiché le libertà umane, la vita ed il rispetto dell'uomo devono andare oltre qualsiasi regime o governo politico.
  Questa Convenzione introduce dei passi in avanti fondamentali per il sistema internazionale: viene esclusa la possibilità che vengano invocate dallo Stato delle circostanze eccezionali che giustifichino le sparizioni forzate; viene configurato come reato l'arresto, la detenzione, il rapimento di una persona se posti in essere da agenti dello Stato e la conseguente adozione di misure necessarie a garantire che le sparizioni forzate costituiscano un reato secondo l'ordinamento interno.
  Viene poi implementato un maggior scambio di informazioni tra Paesi, una cooperazione che sancisce quanto queste tragedie, o delitti, siano un tema di interesse comune.
  Per tutte queste motivazioni il MoVimento 5 Stelle voterà favorevolmente.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tidei. Ne ha facoltà.

  MARIETTA TIDEI. Signor Presidente, nel dicembre del 2006, l'Assemblea generale Pag. 43delle Nazioni Unite ha adottato la Convenzione per la protezione di tutte le persone dalle sparizioni forzate, dopo circa quarant'anni di battaglie portate avanti da associazioni internazionali per la difesa dei diritti umani e dai familiari dei desaparecidos e voglio ricordare in questa sede il coraggio straordinario delle Madres de Plaza de Mayo nella ricerca della verità. Dopo tanti anni di lotte, questo terribile reato è stato riconosciuto come un crimine contro l'umanità.
  Oggi, nell'esprimere il voto favorevole del Partito Democratico su questa ratifica, voglio porre l'accento proprio sulla portata umana, prima che giuridica, di questo odioso crimine. Non credo esista cosa peggiore della scomparsa di una persona a cui vogliamo bene, cui siamo legati. La morte ha uno status drammatico, una sua ineluttabilità; è una tragedia immensa ma, tuttavia, un punto fermo. Quando invece una persona è nel limbo della non presenza, quando non abbiamo sue notizie, non sappiamo nulla della sua salute, ignoriamo se egli soffra o abbia smesso di soffrire, allora siamo impotenti. Nella mente di chi aspetta a casa l'immaginazione ha solo due punti fermi tra i quali oscillare: la vita e la morte. Quello che c’è in mezzo è un vero inferno fatto di attese angosciose e tormentate. Ogni lettera, ogni telefonata, ogni persona che bussa alla porta può renderci felici o dannarci.
  Far sparire le persone è un crimine atroce, talmente atroce che, di fronte a questo, persino restituire un cadavere è un atto di umanità. Il crimine diviene perverso quando, a rendere invisibili, è qualcuno di cui ci fidiamo e diventa dieci volte più perverso quando gli uomini e le donne spariscono per il tradimento di chi doveva garantire la loro vita perché, in fondo, gli Stati esistono anche per questo. Hobbes diceva che il Leviatano esiste per garantire l'esistenza dei sudditi e che tutto può, tranne che uccidere chi deve proteggere. È un principio, quello dello Stato garante della vita dei cittadini, che non ha barriere culturali o geografiche e che è presente in ogni ordinamento giuridico degno di questo nome. Chi nega questo principio si pone, semplicemente, al di fuori della comunità umana.
  La Convenzione che ci apprestiamo a ratificare è importante proprio perché riconosce, per la prima volta nel panorama dei diritti umani, un nuovo diritto: il diritto di ciascuno a non esser fatto sparire e il diritto alla verità per le vittime della sparizione forzata e per i loro familiari.
  Generalmente associamo questa odiosa pratica alle dittature latinoamericane, ma sono state migliaia le persone fatte scomparire dal regime franchista, dalla Germania nazista o da altri regimi.
  Le sparizioni purtroppo non sono solo un ricordo della storia – l'hanno già ricordato molti miei colleghi – ma sono presenti ancora oggi in moltissime parti del mondo. Secondo i dati forniti dal Consiglio d'Europa, 14 mila persone si stanno ancora cercando nei Balcani, oltre 2 mila nel Caucaso e altrettanti a Cipro. Secondo dati di febbraio 2015 dell’International Commission on Missing Persons, iniziativa intergovernativa di cui per ora fanno parte Paesi Bassi, Belgio, Lussemburgo, Regno Unito e Svezia, i dispersi scaturiti dal conflitto della ex Jugoslavia sarebbero addirittura nel complesso circa 40.000.
  Noi italiani abbiamo un legame emotivo forte con le sparizioni forzate. Molti dei nostri connazionali erano desaparecidos durante le dittature del Generale Videla in Argentina e di Pinochet in Cile. Delle decine di migliaia di casi denunciati, circa 30 mila possono essere ricondotti alla sola dittatura argentina.
  Per il nostro Paese, sulla questione dei desaparecidos, intervenne nel 1983 direttamente il Presidente della Repubblica Sandro Pertini. In quella sede, il Presidente rispose al «documento finale» della giunta militare argentina, che sosteneva che tutte le persone scomparse durante quegli anni dovevano considerarsi morte. «L'agghiacciante cinismo del comunicato con il quale si annuncia la morte di tutti i cittadini argentini e stranieri scomparsi in Argentina nei tragici anni trascorsi Pag. 44sotto la dittatura militare» disse Pertini «colloca i responsabili fuori dall'umanità civile».
  Lo scorso anno il Governo italiano si è costituito ad adiuvandum nel processo contro i responsabili del Plan Condor che si sta celebrando proprio in Italia.
  Oggi ratifichiamo una Convenzione che mi auguro contribuirà a restituire la verità alle vittime del passato e a quelle purtroppo future, sperando che la storia non si ripeta.
  Oppositori politici, attivisti per i diritti umani, semplici cittadini sospettati di attività non gradite ai regimi dittatoriali, ma anche il cattivo funzionamento delle forze di polizia nei Paesi democratici, ci dicono che le sparizioni forzate sono un problema di oggi e sono un problema di proporzioni planetarie.
  Rompere l'impunità vuol dire far progredire la nostra civiltà e la storia dei diritti umani universali.
  La Convenzione offre un quadro generale, all'interno del quale i singoli Stati sono stimolati ad un'azione legislativa coerente. Sancisce che le sparizioni forzate sono un crimine contro l'umanità, facendole uscire dalla logica del crimine politico, che in alcuni casi poteva portare a un rallentamento delle procedure di estradizione. Vengono stabiliti obblighi precisi per gli Stati: proibizione della detenzione segreta; l'impegno a detenere le persone in strutture ufficialmente riconosciute e controllate; un registro dei detenuti; il rispetto dell’habeas corpus; il diritto di soggetti terzi ad ottenere informazioni.
  La Convenzione riafferma, inoltre, il diritto delle vittime al riconoscimento della verità e ad un'equa riparazione per sé e per i propri cari. Inoltre, tratta il problema del rapimento dei bambini, i cui genitori sono vittime di sparizioni forzate, la falsificazione della loro identità e la conseguente adozione. La Convenzione impone la collaborazione e lo scambio di informazioni tra i firmatari, squarciando i veli di omertà e scavalcando gli interessi particolari.
  Come hanno ricordato molti miei colleghi, la Convenzione è stata adottata nel 2006 dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite e fu costruita in base alla dichiarazione ONU sulla protezione di tutte le persone dalle sparizioni forzate. L'Italia ha firmato nel 2007 e da allora sono trascorsi 8 anni senza che il Parlamento ratificasse questa Convenzione.
  Lo scorso 27 ottobre 2014, a Ginevra, l'Italia è stata sottoposta, per la seconda volta, alla revisione periodica universale davanti al Consiglio dei diritti umani, procedura che si è conclusa ieri proprio a Ginevra. La procedura rientra fra le misure nuove adottate con la riforma del 2006 e consiste in un esame periodico universale, in base al quale la situazione dei diritti umani di ogni Paese membro è esaminata in modo periodico con scadenza quadriennale. L'Italia ha ricevuto molte raccomandazioni nell'ambito di questa revisione e una di queste raccomandazioni riguarda proprio la ratifica della Convenzione sulle sparizioni forzate.
  È dunque questo, a maggior ragione, il tempo di ratificare questa Convenzione. Io credo che lo dobbiamo alla nostra memoria storica, ai nostri connazionali residenti in Argentina e in tutti quei Paesi in cui le sparizioni forzate sono state e sono una pratica odiosa. Lo dobbiamo ad ogni persona, uomo, donna o bambino, che è sottoposta agli abusi di chi agisce per nome e per conto di uno Stato che viene meno al suo dovere fondamentale, che è quello, appunto, di difendere l'esistenza dei suoi cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.
  Ha chiesto di parlare brevemente in conclusione il rappresentante del Governo. Ne ha facoltà.

  LAPO PISTELLI, Viceministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Grazie, Presidente. Il Governo desidera ringraziare il Parlamento per il voto che si appresta ad esprimere. Alla revisione periodica universale, che è stata testé menzionata, in ottobre ho avuto occasione di rappresentare il Governo, anzi il nostro Pag. 45Paese, in una discussione che è stata molto ingaggiante perché, rispetto agli ultimi cinque anni, avevamo un certo numero di raccomandazioni non ancora raccolte, mentre dovevamo, invece, rendere positivamente conto di una serie numerosa di miglioramenti che il nostro ordinamento aveva introiettato nell'arco degli ultimi cinque anni.
  Proprio ieri abbiamo ricevuto il rapporto, figlio di quella lunga discussione dell'ottobre scorso, e tra le raccomandazioni residue c'era, appunto, anche quella relativa alla ratifica della Convenzione in oggetto.
  Ora, però, ringraziandovi voglio rovesciare, in qualche modo, l'argomento che ho sentito in alcune dichiarazioni di voto, ovvero: sì, abbiamo accumulato un ritardo, ma questo è il momento di rivendicare...

  PRESIDENTE. Scusi, Viceministro. Non si può fare una replica del Governo alle dichiarazioni di voto. Quindi, un ringraziamento va bene, però considerazioni sulle dichiarazioni di voto non è possibile farle.

  LAPO PISTELLI, Viceministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Grazie, Presidente. Era per rivendicare che questo è il momento in cui colmiamo un ritardo, quindi per tradurre in positivo ciò che stiamo facendo oggi.
  Spero che il Senato sia altrettanto sollecito come questa Camera (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

(Votazione finale ed approvazione – A.C. 2674)

  PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
  Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge di ratifica n. 2674, di cui si è testé concluso l'esame.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Ci siamo ? Qualcuno non riesce a votare ? Vignaroli. Ha votato, onorevole Vignaroli ? Hanno votato tutti ? Colleghi, vi pregherei di accelerare, per favore. Onorevole Letta... Crippa. Ci siamo ? Crippa non riesce ancora a votare.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:
   «Ratifica ed esecuzione della Convenzione internazionale per la protezione di tutte le persone dalle sparizioni forzate adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 dicembre 2006» (2674):

   Presenti  403   
   Votanti  390   
   Astenuti   13   
   Maggioranza  196   
    Hanno votato  390.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  (I deputati Argentin e Marazziti hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole).

  Dichiaro così assorbita la abbinata proposta di legge n. 1374.

Sull'ordine dei lavori (ore 12,55).

  MASSIMILIANO MANFREDI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  MASSIMILIANO MANFREDI. Signor Presidente, care colleghe e cari colleghi, il 19 marzo del 1994, alle 7,20 del mattino, a Casal di Principe veniva ucciso dalla camorra Don Peppino Diana. Lo uccisero con quattro proiettili nella sua chiesa, mentre stava per celebrare messa. Lo dovevano uccidere lì e fu una scelta non casuale. Bisognava ucciderlo lì dove ogni domenica da quel pulpito predicava per far sì che i giovani di quel paese scegliessero un futuro migliore e non diventassero manovalanza della camorra. Vi era e vi è, purtroppo, in quei territori un problema di opportunità che, in quell'epoca soprattutto, Pag. 46il sistema criminale riempiva, offrendo false possibilità dal denaro facile. Don Peppino Diana è stato definito un prete anticamorra, un eroe, ma in realtà era un semplice sacerdote, un cittadino che faceva il proprio dovere e che è diventato eroe perché, nella paura e nell'indifferenza generale, ebbe il coraggio di non piegare la testa. Eroe per essere normale, eroe per fare il proprio dovere. È per questo che in quest'Aula, dove abbiamo l'arduo compito di rappresentare il Paese, anche spesso davanti a tanti studenti che vengono ad assistere ai nostri lavori, mi sembra giusto ricordarlo insieme a voi, colleghi, con la frase che un altro martire dei poteri criminali, Paolo Borsellino, disse proprio a degli studenti pochi giorni prima di essere ucciso dalla mafia: chi tace e chi piega la testa muore ogni volta che lo fa, chi parla e chi cammina a testa alta muore una volta sola. Bene, ancor di più questo insegnamento sia per noi la stella polare ogni giorno, affinché il suo ricordo diventi così, nei fatti, per sempre inscalfibile (Applausi).

  FRANCESCO D'UVA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  FRANCESCO D'UVA. Signor Presidente, anch'io voglio ricordare Don Peppe Diana. Molti di noi, del mio gruppo parlamentare, sono giovani e questa vicenda l'hanno un pochino studiata, possiamo dire. Nel mio caso l'ho studiata sul libro scritto da un giornalista quando ero al liceo. È una storia che mi colpì molto, perché abbiamo visto cosa è successo in quartieri come Brancaccio, la lotta che veramente è stata fatta. E oggi, insomma, noi vogliamo ricordarlo, perché queste sono questioni molto, molto importanti. A tal riguardo, dobbiamo far capire pure quanto è importante il ruolo della Chiesa, perché per molti anni la chiesa non si è battuta abbastanza, tranne certi personaggi, che sono stati molto importanti. Oggi, questo iter sta cambiando. Persone come Don Peppe Diana ci devono aiutare a cambiare e devono essere un esempio per tutti noi e anche per tutti gli uomini di Chiesa, perché è inevitabile dire che in Italia la cultura cattolica è molto importante e che per questo simili persone sono dei punti di riferimento. Lo è stato Peppe Diana, lo devono essere tanti altri che devono seguire il solo esempio (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  ALESSANDRO DI BATTISTA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ALESSANDRO DI BATTISTA. Signor Presidente, maggio 2012, vengono intercettati alcuni ’ndranghetisti, poi arrestati nell'ambito dell'inchiesta «Emilia», quell'inchiesta che ha scoperto, ancora di più, le infiltrazioni della ’ndrangheta in Emilia-Romagna. Uno dice all'altro, in riferimento alla vittoria del MoVimento 5 Stelle a Parma, nelle intercettazioni: «è un terremoto, i comici hanno preso la città».
  Aprile 2013, Buzzi telefona a Carminati – Mafia Capitale, le infiltrazioni mafiose, cricca mafiosa, qui, nella nostra città – e dice, testuale: «er problema è un altro, er problema è che nun ce stamo più noi. Grillo è riuscito a distruggere il PD». Questo lo dice Buzzi a Carminati.
  Luglio 2014, interroghiamo il Ministro Lupi, qui, alla Camera, chiedendo le dimissioni di Incalza, quando, otto mesi fa, a parte gli addetti ai lavori, nessuno conosceva l'esistenza dell'ingegner Incalza. Nell'ordinanza di arresto di Incalza e di altri tre possibili delinquenti, si apprende che la figlia di Incalza parla con Sandro Pacella, anch'egli arrestato, definendo il MoVimento 5 Stelle: «i soliti rompicoglioni che fanno male».
  Ecco, gli ’ndranghetisti temono la vittoria del MoVimento 5 Stelle in Emilia, Buzzi è terrorizzato dal fatto che il MoVimento 5 Stelle possa distruggere il PD a Roma e gli arrestati dell'ultima cricca del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ci definiscono «i soliti rompicoglioni». Queste sono medaglie al valore, al Pag. 47merito, che portiamo con grande orgoglio (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !

  PRESIDENTE. Sospendo, a questo punto, la seduta, che riprenderà dopo la Conferenza dei presidenti di gruppo per la lettura dell'ordine del giorno della seduta di domani.

  La seduta, sospesa alle 13, è ripresa alle 17,46.

TESTO AGGIORNATO AL 20 MARZO 2015

Sul calendario dei lavori dell'Assemblea e aggiornamento del programma.

Testo sostituito con l'errata corrige del 20 MARZO 2015   PRESIDENTE. Comunico che, a seguito dell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, è stato stabilito che domani, alle ore 11, avrà luogo un'informativa urgente del ministro delle infrastrutture e dei trasporti in relazione alle vicende giudiziarie che hanno interessato alcuni dirigenti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e ai cantieri delle «grandi opere».
  Si è altresì convenuto che nel pomeriggio di lunedì 23 marzo, con eventuale prosecuzione notturna, avranno luogo le discussioni sulle linee generali già previste per la mattina della medesima giornata.
  Martedì 24 marzo, dalle ore 9, con votazioni, avrà luogo il seguito dell'esame della proposta di legge n. 2150 e abbinate – Modifiche al codice penale in materia di prescrizione del reato e dalle ore 16, con eventuale prosecuzione notturna, l'esame della mozione Dadone, Scotto ed altri n. 1-00763 di sfiducia individuale nei confronti del ministro delle infrastrutture e dei trasporti.
  Nelle giornate successive i lavori proseguiranno secondo quanto già previsto dal calendario dei lavori.
  L'organizzazione dei tempi per la discussione generale della proposta di legge n. 2168 e abbinate – Introduzione del delitto di tortura nell'ordinamento italiano (Approvata dal Senato), per il seguito dell'esame della proposta di legge n. 2150 ed abbinate – Modifiche al codice penale in materia di prescrizione del reato e per l'esame della mozione Dadone, Scotto ed altri n. 1-00763 di sfiducia individuale nei confronti del ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sarà pubblicata in calce al resoconto stenografico della seduta odierna.
  Il programma si intende conseguentemente aggiornato.
  PRESIDENTE. Comunico che, a seguito dell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, è stato stabilito che domani, alle ore 11, avrà luogo un'informativa urgente del ministro delle infrastrutture e dei trasporti in relazione alle vicende giudiziarie che hanno interessato alcuni dirigenti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e ai cantieri delle «grandi opere».
  Si è altresì convenuto che nel pomeriggio di lunedì 23 marzo, con eventuale prosecuzione notturna, avranno luogo le discussioni sulle linee generali già previste per la mattina della medesima giornata.
  Martedì 24 marzo, dalle ore 9, con votazioni, avrà luogo il seguito dell'esame della proposta di legge n. 2150 e abbinate – Modifiche al codice penale in materia di prescrizione del reato e dalle ore 16, con eventuale prosecuzione notturna, l'esame della mozione Dadone, Scotto ed altri n. 1-00763 di sfiducia individuale nei confronti del ministro delle infrastrutture e dei trasporti.
  Nelle giornate successive i lavori proseguiranno secondo quanto già previsto dal calendario dei lavori.
  L'organizzazione dei tempi per la discussione generale della proposta di legge n. 2168 e abbinate – Introduzione del delitto di tortura nell'ordinamento italiano (Approvata dal Senato), per il seguito dell'esame della proposta di legge n. 2150 ed abbinate – Modifiche al codice penale in materia di prescrizione del reato e per l'esame della mozione Dadone, Scotto ed altri n. 1-00763 di sfiducia individuale nei confronti del ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sarà pubblicata in calce al resoconto stenografico della seduta odierna.
  Il programma si intende conseguentemente aggiornato.
  Avverto che è pervenuta una lettera del presidente dell'XI Commissione che, anche a nome del presidente dell'VIII Commissione, ha fatto presente che l'ufficio di presidenza delle Commissioni riunite ha convenuto sull'esigenza di chiedere un rinvio dell'inizio della discussione in Aula della proposta di legge sul green new deal italiano, prevista in calendario a partire da lunedì 23 marzo con la formula «ove concluso dalle Commissioni».

Modifica nella composizione della Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza.

  PRESIDENTE. Comunico che il Presidente del Senato, in data 18 marzo 2015, ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza la senatrice Elena Ferrara, in sostituzione della senatrice Francesca Puglisi, dimissionaria.

Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Venerdì 20 marzo 2015, alle 9:

  (ore 9 e al termine del punto 2)

  1. – Svolgimento di interpellanze urgenti.

  (ore 11)

  2. – Informativa urgente del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti in relazione alle vicende giudiziarie che hanno interessato alcuni dirigenti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e ai cantieri delle «grandi opere».

  La seduta termina alle 17,50.

Pag. 48

TESTO INTEGRALE DELLA DICHIARAZIONE DI VOTO FINALE DEL DEPUTATO GIANLUCA PINI SUL DISEGNO DI LEGGE DI RATIFICA N. 2674

  GIANLUCA PINI. Signor Presidente, Onorevoli Colleghi, Signori rappresentanti del Governo !
  La ratifica delle Convenzione internazionale per la protezione di tutte le persone dalle sparizioni forzate adottata nel 2006 dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite è destinata ad ottenere il plauso bipartisan di tutta la Camera, malgrado ponga alcuni problemi cui riteniamo opportuno fare cenno oggi.
  Le finalità liberali della Convenzione sono di certo altamente condivisibili, istituendosi una fattispecie criminale internazionale per meglio difendere un diritto umano fondamentale.
  La Convenzione fa del sequestro di persona effettuato da agenti di uno Stato, con l'autorizzazione di quello Stato, un reato internazionale da punire severamente e sottrarre ad amnistie ed indulti.
  L'elemento soggettivo del crimine è la presenza di un attore pubblico, uno Stato, mentre quello oggettivo è l'arresto di una o più persone, che viene successivamente anche negato, facendole svanire nel nulla.
  Il provvedimento dispone altresì che ai familiari dei desaparecidos che ne denuncino la scomparsa sia assicurata un'adeguata protezione, in modo tale da sottrarli a possibili rappresaglie. Fin qui, nulla da eccepire.
  Tuttavia, va notato come la Convenzione si ritenga applicabile anche alle vittime delle extraordinary renditions con le quali i servizi degli Stati Uniti e quelli di diversi loro alleati hanno catturato durante lo scorso decennio elementi sospettati di far parte di al-Qaeda, trasferendoli successivamente in Paesi notoriamente meno garantisti nelle tecniche d'interrogatorio. C'era l'emergenza antiterroristica, anche allora, e forse alcuni eccessi potevano essere evitati.
  Ma lo strumento ha comunque permesso di prevenire la commissione di alcuni attentati.
  Ora che viene stabilito uno standard mondiale di riferimento cui attenersi, non sarebbe stato male prevedere un regime differenziato, per non limitare eccessivamente le capacità degli Stati nel delicato settore dell'antiterrorismo.
  Il nostro Paese ha sostenuto internazionalmente gli sforzi che hanno preceduto la firma della Convenzione, sia che governasse il centro-destra, sia che fosse al potere il centro-sinistra. Non abbiamo quindi motivo di opporci all'approvazione di questo provvedimento.
  Le nostre riserve sulla sua applicabilità anche alle attività antiterroristiche ci inducono però all'astensione.
  Differenziare sarebbe stato più opportuno.

Pag. 49

ORGANIZZAZIONE DEI TEMPI DI ESAME DELLA PROPOSTA DI LEGGE N. 2168 ED ABBINATE, DELLA PROPOSTA DI LEGGE N. 2150 ED ABBINATE E DELLA MOZIONE N. 1-00763

Pdl n. 2168 ed abb. – Delitto di tortura

Discussione generale: 7 ore.

Relatore 20 minuti
Governo 20 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora e 8 minuti (con il limite massimo di 15 minuti per ciascun deputato)
Gruppi 5 ore e 2 minuti
 Partito Democratico 32 minuti
 MoVimento 5 Stelle 30 minuti
 Forza Italia – Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente 30 minuti
 Area Popolare (NCD - UDC) 30 minuti
 Sinistra Ecologia Libertà 30 minuti
 Scelta civica per l'Italia 30 minuti
 Lega Nord e Autonomie 30 minuti
 Per l'Italia – Centro Democratico 30 minuti
 Fratelli d'Italia – Alleanza Nazionale 30 minuti
 Misto: 30 minuti
  Alternativa Libera 12 minuti
  Partito Socialista Italiano (PSI) –
  Liberali per l'Italia (PLI)
7 minuti
  Minoranze Linguistiche 6 minuti
  MAIE – Movimento Associativo italiani all'estero – Alleanza per l'Italia (API) 5 minuti
Pag. 50

Pdl n. 2150 ed abb. – Modifiche al codice penale in materia di prescrizione del reato

Seguito dell'esame: 7 ore.

Relatori di maggioranza ( complessivamente) 25 minuti
Relatore di minoranza 10 minuti
Governo 20 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 30 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora e 1 minuto (con il limite massimo di 7 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore e 24 minuti
 Partito Democratico 1 ora e 18 minuti
 MoVimento 5 Stelle 33 minuti
 Forza Italia – Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente 28 minuti
 Area Popolare (NCD - UDC) 21 minuti
 Sinistra Ecologia Libertà 19 minuti
 Scelta civica per l'Italia 18 minuti
 Lega Nord e Autonomie 18 minuti
 Per l'Italia – Centro Democratico 16 minuti
 Fratelli d'Italia – Alleanza Nazionale 15 minuti
 Misto: 18 minuti
  Alternativa Libera 7 minuti
  Partito Socialista Italiano (PSI) –
  Liberali per l'Italia (PLI)
4 minuti
  Minoranze Linguistiche 4 minuti
  MAIE – Movimento Associativo italiani all'estero – Alleanza per l'Italia (API) 3 minuti
Pag. 51

Mozione n. 1-00763 - Sfiducia ministro delle Infrastrutture e Trasporti

Tempo complessivo: 6 ore (*).

Governo 20 minuti
Richiami al Regolamento e tempi tecnici 1 ora e 15 minuti
Interventi a titolo personale 50 minuti (con il limite massimo di 6 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 3 ore 35 minuti
 Partito Democratico 1 ora e 4 minuti
 MoVimento 5 Stelle 27 minuti
 Forza Italia – Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente 23 minuti
 Area Popolare (NCD - UDC) 17 minuti
 Sinistra Ecologia Libertà 15 minuti
 Scelta civica per l'Italia 15 minuti
 Lega Nord e Autonomie 14 minuti
 Per l'Italia – Centro Democratico 13 minuti
 Fratelli d'Italia – Alleanza Nazionale 12 minuti
 Misto: 15 minuti
  Alternativa Libera 6 minuti
  Partito Socialista Italiano (PSI) –
  Liberali per l'Italia (PLI)
4 minuti
  Minoranze Linguistiche 3 minuti
  MAIE – Movimento Associativo italiani all'estero – Alleanza per l'Italia (API) 2 minuti

(*) Nel tempo sopra indicato sono compresi 10 minuti per gruppo per le dichiarazioni di voto.

Pag. 52

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 7)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Ddl 2915 – voto finale 440 425 15 213 272 153 79 Appr.
2 Nom. Mozione n. 1-445 n.f. rif. 439 438 1 220 437 1 75 Appr.
3 Nom. Mozione n. 1-761 rif. 437 436 1 219 435 1 75 Appr.
4 Nom. Ddl 2674 e abb. – articolo 1 422 406 16 204 406 75 Appr.
5 Nom. articolo 2 420 405 15 203 405 75 Appr.
6 Nom. articolo 3 428 412 16 207 412 75 Appr.
7 Nom. Ddl 2674 e abb. – voto finale 403 390 13 196 390 75 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). – C = Voto contrario (in votazione palese). – V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). – A = Astensione. – M = Deputato in missione. – T = Presidente di turno. – P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. – X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.