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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 359 di venerdì 9 gennaio 2015

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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LAURA BOLDRINI

  La seduta comincia alle 9,35.

  RICCARDO FRACCARO, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Gioacchino Alfano, Alfreider, Bindi, Bobba, Bratti, Bressa, Brunetta, Caparini, Dambruoso, De Girolamo, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Franceschini, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Pes, Rampelli, Ravetto, Sanga, Sani, Scalfarotto, Sisto, Speranza, Tabacci, Valeria Valente, Velo e Vignali sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente settantuno, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Informativa urgente del Governo sui possibili rischi connessi al terrorismo internazionale in relazione ai tragici fatti di Parigi (ore 9,40).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di un'informativa urgente del Governo sui possibili rischi connessi al terrorismo internazionale in relazione ai tragici fatti di Parigi.
  Dopo l'intervento del rappresentante del Governo, interverranno i rappresentanti dei gruppi in ordine decrescente secondo la rispettiva consistenza numerica, per cinque minuti ciascuno. Un tempo aggiuntivo è attribuito al gruppo Misto.

(Intervento del Ministro dell'interno)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Ministro dell'interno, Angelino Alfano.

  ANGELINO ALFANO, Ministro dell'interno. Signor Presidente, onorevoli colleghi, i tragici fatti che due giorni fa hanno colpito il cuore dell'Europa e insanguinato le vie di Parigi, sconvolgendo l'opinione pubblica mondiale, mi hanno spinto ad accogliere prontamente l'invito a riferire a questa Assemblea sui fattori di rischio che interessano il nostro Paese, da sempre in prima linea sul fronte del contrasto al terrorismo di matrice islamica. Mi soffermerò sulle misure di vigilanza e di prevenzione già in atto, su quelle a cui abbiamo dato ulteriore e immediata attuazione dopo l'eccidio consumato nella capitale francese, nonché sui principali contenuti del provvedimento legislativo di contrasto al terrorismo internazionale che mi accingo a presentare al Governo e poi, ovviamente, al Parlamento.
  Nel commentare la vicenda dell'uccisione dei giornalisti satirici francesi e di due agenti di polizia, ho detto che un dato che sicuramente colpisce è legato alle modalità esecutive dell'azione. Finora la maggior parte degli attentati terroristici Pag. 2commessi da elementi delle componenti jihadiste era caratterizzata dal fatto che l'autore o gli autori mettevano in conto e accettavano l'idea che l'azione si sarebbe certamente conclusa con la loro morte, escludendo che il piano dell'attentato contemplasse possibili vie di fuga per loro stessi. Le modalità esecutive dell'attentato parigino, invece, sembrano indicare una modalità diversa, logica di azione che non esige il martirio, né lo contempla come esito scontato e ineludibile dell'attacco terroristico.
  Un altro elemento di assoluta importanza risiede poi nella riconducibilità dell'attentato parigino, stando alle fonti informative disponibili e alle dichiarazioni degli stessi superstiti della strage, alla componente qaedista dell'estremismo islamico. Uno degli attentatori, in particolare, si sarebbe addestrato in un campo militare filo-qaedista dello Yemen. Non è possibile in questo momento trarre indicazioni certe sulla base della particolare matrice dell'eccidio, se, cioè, anche le falangi qaediste stiano emulando la ferocia dell'ISIS allo scopo di attrarre, in una logica competitiva, consensi e adesioni verso la propria parte, oppure se in qualche modo l'attentato di due giorni fa rappresenti una forma di riavvicinamento e di convergenza, almeno nelle strategie di azione, con l’Islamic State. In entrambi i casi, l'effetto sembra essere uno solo: le due forme di minaccia andrebbero a sommarsi tra loro, finendo con l'accrescere di gran lunga il livello di pericolo.
  Ma c’è anche un altro aspetto da sottolineare. Come avevo detto nell'informativa alle Camere resa a settembre dello scorso anno, le frange qaediste si erano distinte stigmatizzando proprio gli eccessi di violenza teorizzati e praticati dallo Stato Islamico, al punto che su questo tema si era registrata una delle linee di frattura che aveva portato alla separazione da Al Qaeda dei seguaci del califfo al-Baghdadi. Questa linea di distinzione, per quanto labile, alla luce dei fatti avvenuti appena due giorni fa, sembra essere svanita, anche se è prudente attendere maggiori approfondimenti investigativi prima di una definitiva valutazione.
  La stessa ipotesi che oggi viene affacciata da alcuni commentatori francesi esperti di radicalismo islamista circa la possibile paternità dell'ISIS dell'attentato parigino, che presto potrebbe essere rivendicata, va considerata con tutta la tutela del caso e rimane, per ora, una semplice supposizione.
  L'eccidio di Parigi, comunque, conferma l'estrema pericolosità del fenomeno del reducismo e dei «foreign fighters», cioè proprio di quei due aspetti della minaccia terroristica che avevo illustrato alle Assemblee di Camera e Senato quattro mesi fa. In effetti, la spietata freddezza del commando entrato in azione a Parigi lascia ipotizzare che essa sia frutto di un addestramento militare acquisito nei luoghi di conflitto e della conseguente dimestichezza con l'uso delle armi da guerra: una combinazione micidiale di elementi, pronta a lasciare la sua traccia mortale nei Paesi in cui i combattenti stranieri fanno ritorno, come sembra avvenuto, appunto, anche nel caso dei tre responsabili del massacro parigino.
  Per completezza informativa, voglio aggiungere che uno dei tre, il trentaduenne franco-algerino, Cherif Kouachi, era noto anche alle forze di polizia italiane, in quanto implicato nelle filiere di estremisti islamici diretti in Iraq e più volte sottoposto da parte delle autorità francesi a misure restrittive. Preciso, tuttavia, che il Kouachi non è stato mai presente nel territorio nazionale.
  L'Italia è pur essa toccata dal fenomeno dei «foreign fighters», sebbene in misura sensibilmente minore rispetto ad altri Paesi occidentali. Mentre, infatti, sono circa 3 mila i combattenti stranieri censiti in Europa, il nostro Paese interessato da numeri molto più esigui: risultano, infatti, cinquantatre le persone finora coinvolte nei trasferimenti verso i luoghi di conflitto, che hanno avuto a che fare con l'Italia nella fase della partenza o anche solo in quella di transito; quattro di esse hanno nazionalità italiana, due delle quali già Pag. 3segnalate nella precedente informativa, come il genovese Delnevo, morto in combattimento ad Aleppo, e un giovane marocchino naturalizzato, che si trova attualmente in un altro Paese europeo. La quasi totalità di queste persone è ancora attiva nei territori di guerra, mentre la restante parte, decisamente minoritaria, è deceduta in combattimento o è detenuta in altri Paesi.
  Per gli altri residui casi, i nostri sforzi sono rivolti ad intercettarne e a monitorarne eventuali tentativi di rientro in Italia e a controllarne ogni spostamento, anche in virtù della collaborazione con le altre forze di polizia e del supporto del canale Interpol.
  Naturalmente, quello dei «foreign fighters» non è l'unico fattore di rischio, essendo l'Italia esposta all'insidia terroristica per altre consistenti ragioni, la prima delle quali è rinvenibile nel privilegio di ospitare la massima autorità del cattolicesimo, a volte additata nei farneticanti messaggi di al-Baghdadi tra i possibili bersagli del jihad. Inoltre, la vocazione atlantista del nostro Paese e la sua tradizionale amicizia con gli Stati Uniti d'America rappresentano altri elementi di potenziale esposizione al terrorismo fondamentalista.
  Non abbiamo in questo preciso momento – voglio subito ribadirlo – segnali che indichino l'Italia o gli interessi italiani come esposti a specifiche ed attuali forme di rischio. Quella che ho delineato, dunque, è un'analisi fondata su indicatori di contesto, che prescindono da riferimenti a pericoli concreti e puntuali di cui sia stata avvertita la presenza. È questa la conclusione a cui è giunto il Comitato di analisi strategica antiterrorismo al termine della riunione che si è svolta a poche ore dall'eccidio e che io stesso ho presieduto data la gravità dell'evento. Nondimeno, dalla seduta del Comitato – organismo che vede la partecipazione congiunta delle componenti antiterrorismo delle forze di polizia e dei rappresentanti delle agenzie di intelligence – sono scaturite valutazioni prudenziali per un immediato rafforzamento dei dispositivi di protezione e vigilanza diffuse a prefetti e questori.
  L'attività di monitoraggio degli obiettivi sensibili, compresi quelli riferiti a interessi francesi, statunitensi ed ebraici presenti in Italia, proseguirà con grandissimo impegno e dispiego di forze. L'attenzione delle autorità di sicurezza, richiamata con la direttiva emanata l'altro ieri, non è solo rivolta verso i siti istituzionali, le ambasciate e i consolati dei Paesi più esposti, i luoghi di culto e la Città del Vaticano, ma è indirizzata anche a sedi di giornali e di network televisivi e non trascura quelle personalità pubbliche che, anche in ragione delle loro posizioni politiche, potrebbero risultare oggetto di mire terroristiche.
  L'azione di presidio e di vigilanza si dispiegherà, dunque, a largo raggio e non verrà sottovalutato alcun segnale di pericolo, anche quello più banale o apparentemente irrilevante.
  Nell'ambito delle misure disposte rientra anche l'immediato rafforzamento del raccordo investigativo tra gli uffici antiterrorismo francesi e gli omologhi uffici italiani. Oggettivamente, le forze di polizia stanno portando avanti, con grande sacrificio, un'attività encomiabile che ne conferma l'alta professionalità, il prestigio internazionale e i livelli di eccellenza raggiunti nei vari settori investigativi. Le statistiche sull'andamento della delittuosità relative al 2014 consentono, del resto, di apprezzare un impegno che, in ogni circostanza, si rivela di straordinaria qualità e capace di produrre risultati di indiscutibile valore. Sono, infatti, in netto calo i reati di maggiore allarme sociale, quali gli omicidi e le rapine, e l'indice generale dei delitti, a sua volta, registra una flessione che si attesta al 7,7 per cento in meno rispetto all'anno precedente. Non sottovaluterei, poi, la collaborazione con le Forze armate, che consente di assicurare una vigilanza capillare e di non trascurare alcun angolo del territorio in cui sia presente un possibile bersaglio. È a questo apparato, agli uomini e alle donne che lo incarnano, che va il mio sincero e doveroso ringraziamento.Pag. 4
  Tornando ai fatti di Parigi, alcune dichiarazioni hanno ritenuto di evidenziare, tra le possibili fonti di rischio, i centri di aggregazione religiosa in cui potrebbero operare i predicatori di odio, fomentando azioni violente. Voglio rassicurare sul fatto che sia le moschee sia gli altri luoghi di culto non vengono affatto trascurati nelle analisi di intelligence investigativa e siamo oggi in grado di poterne avere una fedele fotografia, avendone recentemente anche curato una puntuale rilevazione i cui dati numerici ho fornito nella precedente informativa di settembre.
  Ovviamente, il monitoraggio a fini di prevenzione di questo particolare aspetto aggregativo è reso difficile anche dal fatto che in molti casi il culto viene praticato in locali di fortuna del tutto inidonei e per i quali mancano le prescritte autorizzazioni. Questa peculiarità del fenomeno può favorire zone di ombra nelle quali sono più difficili gli accertamenti e le attività di rilevazione. Questo, però, non deve indurre a conclusioni, che sarebbero sbagliate, circa la carenza di controlli specifici o la loro presunta inefficacia, anzi, la nostra attenzione è sempre stata e sempre sarà alta. Come già riferivo a settembre scorso, l'atteggiamento verso i soggetti sui quali si sono addensati anche solo i sospetti di una contiguità terroristica è stato improntato, in ogni occasione, alla massima fermezza e al rigore più estremo. Lo testimoniano, del resto, gli undici arresti e i tredici provvedimenti di espulsione adottati nello scorso anno, tra cui quello a carico dell’imam di San Donà di Piave, che ho personalmente disposto per motivi di sicurezza nazionale.
  Per altro verso, non sottovaluto le preoccupazioni che si indirizzano verso i flussi di immigrazione, individuati come possibile veicolo di infiltrazione dei movimenti terroristici in territorio nazionale. Anche a questo proposito vorrei dare rassicurazioni circa l'attivazione di adeguati dispositivi di controllo, ricordando come siano in corso forme sinergiche di collaborazione tra le nostre agenzie di sicurezza e gli omologhi uffici antiterrorismo esteri, per garantire la più ampia copertura informativa sui rischi di infiltrazione insiti nelle dinamiche migratorie che interessano le frontiere italiane. I dispositivi riguardano, in particolare, i valichi di frontiera che, in ragione della loro posizione geografica, riteniamo più esposti al possibile transito di combattenti diretti o provenienti dalle aree di conflitto.
  In tale contesto operativo è stato anche potenziato il ricorso al vasto patrimonio informativo delle banche dati Schengen SIS II, valorizzando le informazioni sui soggetti che risultino respinti da altri Paesi.
  Voglio sottolineare, però, un dato che si era già evidenziato nel 2005 nel corso degli eventi terroristici che colpirono Londra e che lo scorso 7 gennaio si è riproposto in tutta la sua drammaticità: a colpire sono spesso cittadini immigrati di seconda e terza generazione e quasi sempre insospettabili e apparentemente integrati. Gli stessi attentatori che hanno attaccato la redazione di Charlie Hebdo provengono dagli arrondissement parigini e nulla hanno a che fare, da spartire, con la realtà degradata delle banlieue parigine.
  Questa consapevolezza di una fonte di pericolo anche interno abilmente mimetizzata ci ha guidato nel confezionare le nuove misure normative che il Governo approverà e sottoporrà, quanto prima, all'esame delle Camere.
  Tutto il provvedimento guarda alla figura del terrorista molecolare home made, capace di trasformarsi in un'impresa individuale terroristica, nel senso che si autoradicalizza e si autoaddestra anche ricorrendo al web, si procura le armi e le istruzioni per il loro uso, progetta da solo, e comunque senza apparenti e dimostrate appartenenze a reti strutturate, attacchi o azioni terroristiche.
  Contro questa nuova forma di minaccia, si indirizzano sia norme penali sia norme di prevenzione che intendono neutralizzare la potenzialità offensiva prima che essa si possa manifestare concretamente e prima che il combattente autoformatosi possa intraprendere il viaggio verso le zone di conflitto. Il questore, con le adeguate garanzie di controllo giurisdizionale, Pag. 5potrà infatti ritirargli il passaporto, proponendolo per le misure della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, in modo da restringerne capacità di movimento e campo di azione. Le norme di nuovo conio incidono anche sulla organizzazione e sul finanziamento dei trasferimenti nei teatri di guerra, con l'introduzione di una specifica figura di reato che, colmando una oggettiva carenza, colpisce non solo i combattenti stranieri, ma anche chi agisce dietro le quinte tirando le fila degli spostamenti verso l'estero.
  Riguardo ai rischi di fabbricazione di ordigni domestici, sovvengono poi le norme che sanzionano la violazione degli obblighi informativi e documentali sulla circolazione dei cosiddetti precursori di esplosivi, ossia del materiale di uso anche comune che potrebbe servire a costruire bombe artigianali. Come accennavo, la minaccia fondamentalista trova nel mondo del web un veicolo formidabile di propagazione e il provvedimento quindi si fa carico di rafforzare gli strumenti di intervento anche in questo campo, consentendo all'autorità giudiziaria di ordinare ai provider l'interdizione dell'accesso ai siti utilizzati per la diffusione di messaggi di incitamento a condotte terroristiche censiti in una black list continuamente aggiornata dalla polizia postale: ovviamente a questo si sposa la cooperazione con i colossi del web sia in sede europea che in sede nazionale.
  Questi sono in sintesi i punti salienti in cui si verrà ad articolare l'intervento legislativo e confido che il Parlamento possa esprimere, anche in questa occasione, una opinione riguardo l'impianto del provvedimento e contribuire al miglioramento dei suoi contenuti, recuperando uno spirito di coesione che in queste ore, a tratti, mi sembra essere appannato da alcune polemiche.
  Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, i fatti di Parigi hanno destato un'onda di indignazione e raccapriccio che non può esaurirsi nell'emozione di questo momento. Nella capitale francese sono stati feriti i valori di libertà dell'intera Europa, valori che rappresentano la bandiera irrinunciabile dell'Occidente. Fare fronte comune contro questa barbarie richiede una strategia lucida, lungimirante, consapevole, improntata innanzitutto ai principi di solidarietà che costituiscono il primo fondamento della costruzione europea. Occorre che si comprenda pienamente come questa sfida non possa che essere vinta rinsaldando la cooperazione internazionale giudiziaria e di polizia in ogni sua forma e avviando una rinnovata politica di sicurezza europea che passi innanzitutto per la sollecita approvazione della direttiva sul passenger name record, ossia sul sistema di controllo delle liste d'imbarco. Si tratta di dotarsi di uno strumento di tracciamento indispensabile per individuare tutti i vari spostamenti sospetti: è evidente come la sua pronta disponibilità rappresenti un obiettivo irrinunciabile, se si vorrà affrontare, in una cornice di regole condivise, il fenomeno dei «foreign fighters», che anche nel corso del semestre a guida italiana è stato riconosciuto come la principale causa di rischio per l'intero territorio europeo. Del resto, è da ascrivere ad una nostra iniziativa durante il semestre l'approvazione del progetto costitutivo di squadre multinazionali ad hoc che si scambieranno informazioni e buone prassi per l'affinamento del contrasto al fenomeno dei combattenti da parte dei Paesi che siano più esposti a questa forma di minaccia.
  Più in generale, la sfida rappresentata dall'estremismo islamico presuppone la piena valorizzazione della capacità progettuale dell'Unione europea e della sua forza trainante anche nei rapporti di partenariato che sviluppa con i Paesi terzi. In questa prospettiva di rilancio dell'azione politica del soggetto Europa, recuperare e rinnovare lo spirito di unità è un'esigenza fondamentale e imprescindibile. È anche per questo che ho apprezzato e ho immediatamente aderito all'invito del collega francese Cazeneuve ad intervenire, dopodomani mattina, domenica mattina, ad una riunione dei Ministri dell'interno dei Paesi dell'Unione europea maggiormente Pag. 6interessati alle problematiche del terrorismo islamico e dei «foreign fighters».
  La riunione che si svolgerà a Parigi è estesa anche alla partecipazione del Commissario europeo agli affari interni, al Coordinatore europeo alla lotta al terrorismo e all’Attorney general statunitense a dimostrare, questo, l'importanza strategica del legame tra Europa e Stati Uniti d'America. L'incontro non sarà solo un vertice operativo, ma rappresenterà anche un momento altamente simbolico per segnare la vicinanza alla Francia e ricordare che le sue vittime sono vittime europee che appartengono all'intera Europa.
  Signor Presidente, onorevoli colleghi, i falsi profeti del jihad globale hanno sferrato un crudele attacco ai valori fondanti della democrazia, scegliendo la Francia culla della laicità come terreno ideale per fomentare un totalitarismo fanatico che strumentalizza la religione per mezzo della violenza.
  La ferocia delle pallottole scaricate addosso all’humour dissacrante di una vignetta: è questa la differenza che passa tra la libertà e la brutalità. Resteremo vigili e non arretreremo di un millimetro, lo faremo per i nostri figli, per consegnare loro un mondo ancor più libero e sicuro nel quale vivere. Vi ringrazio (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Area Popolare (NCD-UDC), Scelta Civica per l'Italia e Per l'Italia-Centro Democratico e di deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente.

(Interventi)

  PRESIDENTE. Grazie, Ministro Alfano. Ha chiesto di parlare il deputato Andrea Manciulli.
  Ne ha facoltà.

  ANDREA MANCIULLI. Grazie Presidente, Ministro, colleghi, io sono molto soddisfatto della sua relazione e vorrei, oltre a ringraziare lei, ringraziare per suo tramite anche le nostre forze dell'ordine, i nostri servizi che senza dubbio stanno svolgendo un ottimo lavoro e manifestare loro una grande stima.
  Tuttavia, è evidente che le piazze di queste giornate per la prima volta hanno acceso luci di una consapevolezza diffusa che deve avere la forza di non disperdersi, perché la sfida contro il terrorismo e il terrorismo di matrice islamica non sarà né breve né senza avere, purtroppo, altre prove. E da questo punto di vista penso che quello che accade, quelle piazze chiamino in causa fortemente la politica, chiamino in causa anche noi perché questa battaglia non si vincerà senza unità e senza rigettare, nella maniera più assoluta, ogni possibilità di far scadere il confronto su una materia come questa in un confronto come tutti gli altri nei quali ci si mette un di più ideologico.
  Questa è una materia che ha bisogno di senso dello Stato, ha bisogno anche di senso del dovere di difendere dei valori di democrazia che oggi, perché si è colpita la libertà di stampa, sono evidenti a tutti ma debbono essere altrettanto evidenti come quando in Pakistan muoiono 140 bambini in una scuola o come ieri diversi villaggi di una parte dell'Africa a noi lontana, ma idealmente vicina, vengono bruciati e forse più di duemila persone trovano la morte.
  È una battaglia che va compiuta bene e che ha bisogno di precisione e ha bisogno soprattutto di essere affrontata nel merito, come tutte le battaglie serie. Da questo punto di vista mi permetto di condividere con lei quello che ha detto e vorrei, per sintesi, sintetizzare in tre le grosse minacce che ci riguardano. Forse riguardano in questo momento un po’ meno il nostro Paese ma riguardano gli altri Paesi dell'Europa e dell'Occidente e non possiamo dire che non riguardino in qualche maniera anche noi. È evidente, la prima cosa, che il miraggio di uno Stato islamico ha attivato un rigurgito radicale, perché è un miraggio, è una prospettiva, ed è evidente che se non si colpisce quel miraggio ci sarà una prospettiva attrattiva che per noi è molto pericolosa.
  Il secondo punto. In questi giorni anche nelle trasmissioni televisive – ed è bene Pag. 7parlare su certe cose quando si conoscono in profondità – si sono spesso sovrapposti due temi: i foreign fighter e i «lupi solitari». Non sono la stessa cosa, non sono affatto la stessa cosa e hanno una diversa intensità di pericolosità. I foreign fighter sono un fenomeno più conosciuto e si sa molto di quelli che escono, di chi va a combattere. I «lupi solitari» – come abbiamo visto in Australia e in Canada – sono cellule o entità che si attivano senza che lo si sappia e sono difficili per tutti da fronteggiare. Per il nostro Paese, questa è la prima preoccupazione che dobbiamo avere.
  Terzo. C’è quel tema che lei evocava – e mi avvio a concludere – cioè il tema della competizione; purtroppo, la vicenda dello Stato islamico ha aperto una competizione di visibilità. Ciò ormai lo si vede anche nella tipologia e nel modo in cui vengono dimostrate le esecuzioni; c’è una competizione dell'orrore che è pericolosa per noi. Non commettiamo l'errore di stigmatizzare soltanto ISIS o Al Qaeda, purtroppo si sta assistendo ad una volontà di emergere mediaticamente che è pericolosa e della quale dobbiamo occuparci.
  Per questo, voglio concludere rivolgendomi anche alle altre forze politiche, nel senso di quell'unità che dobbiamo ricercare. Bisogna sfatare alcuni luoghi comuni e io voglio chiudere su due punti che sono poi i punti sui quali si dibatte e sui quali ci si confronta anche criticamente. C'entra l'immigrazione in tutto questo ? Se uno desse una risposta o tenesse qualsiasi atteggiamento manicheo, sarebbe sbagliato; bisogna guardare, ma se c'entra in qualche maniera, non c'entra per le cose che vengono dette.
  Vedete, per me che mi occupo di queste cose da tempo – ci sono persone qui che lo sanno quanto me e chiudo davvero –, per i terroristi, bisogna entrare nella loro testa, è un investimento, e non lo mettono su un barcone. La vera preoccupazione che c’è sull'immigrazione è che ormai le bande armate che stanno dall'altra parte del mare guadagnano tanti soldi con l'immigrazione e con quei soldi finanziano anche il terrorismo islamico: quella è la prima preoccupazione.
  E per finire...

  PRESIDENTE. Concluda, per favore.

  ANDREA MANCIULLI. Sì, concludo subito. Non basta più dire: c’è l'Islam moderato e l'Islam radicale; bisogna preoccuparsi del fatto – e lo devono fare anche le entità musulmane – che nelle nostre periferie sta crescendo un radicalismo più profondo e cresce nelle terze e nelle quarte generazioni. Non è un problema di altri, ma è un problema nostro.

  PRESIDENTE. Concluda veramente !

  ANDREA MANCIULLI. È un problema nostro e noi, da questo punto di vista, dobbiamo metterci tutto l'impegno affinché cresca l'Islam della pace (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Area Popolare (NCD-UDC) e Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Tofalo. Ne ha facoltà.

  ANGELO TOFALO. Grazie Presidente, spero di avere anch'io gli oltre otto minuti che ha dato al collega che mi ha preceduto e, prima di replicare al Ministro Alfano, mi consenta di ribadire, a nome del MoVimento 5 Stelle, la totale vicinanza e solidarietà ai parenti delle vittime, a tutto il popolo francese, ai fratelli francesi.
  Vogliamo ribadire con forza di respingere ogni tentativo di islamofobia; questo tragico episodio non può e non deve diventare uno strumento per attaccare un qualsiasi tipo di religione, in questo caso musulmana. Spero che chi ha compiuto questo tragico gesto venga assicurato presto alla giustizia. So che in Francia hanno mobilitato circa 88 mila uomini, quindi sono fiducioso.
  Venendo a noi, a me dispiace – ormai non più con stupore – che il Ministro venga qui a riferire e a dire belle parole: ormai sono trent'anni che ascoltiamo queste Pag. 8belle parole. In realtà, Ministro, io l'ho ascoltata con attenzione ieri, quando ha avuto premura di andare davanti alle televisioni e alle radio a dire la sua. L'ho ascoltata con molta attenzione, so che questa è una minaccia asimmetrica e non è più una minaccia geolocalizzata, quindi il problema è serio; però, Ministro, per stare più tranquilli, secondo lei potrebbe bastare – parole sue – dare la possibilità ai questori di ritirare il passaporto al sospetto terrorista che decide di espatriare ? Potrebbe bastare imporre ai provider, sempre su ordine dell'autorità giudiziaria, di interdire l'accesso ai siti che incitano a tenere condotte terroristiche ?
  Secondo me no ! Secondo me ormai è tardissimo. Cioè, questo decreto, che uscirà, è già vecchio; andava fatto qualche anno fa questo trattamento, questa cosa.
  Quindi, con tutto il rispetto, Ministri, colleghi, capite le mie riserve verso una persona, un uomo, che non è stato in grado di garantire, purtroppo, nemmeno la sicurezza in uno stadio, in una partita di calcio – tragico episodio, tragica sventura – e che oggi viene qui a proporsi come coordinatore di chissà quale piano nazionale di sicurezza per gli attacchi terroristici in Italia. No, purtroppo, Ministro, fin quando lei siederà su quella poltrona io e i miei colleghi non dormiremo sonni tranquilli e, come me, milioni di italiani (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Noi non ascoltiamo le parole guardiamo i fatti e i fatti dicono che lei, Ministro, ha firmato – lo vada a rivedere – un decreto, uno dei primi di questo Governo, che andava a tagliare, a tagliare, fondi alla sicurezza, ad oltre 20 mila operatori. Riguardava la Polizia e, ricordate, questi soldi andavano all'Expo. Abbiamo visto che sono arrivate le manette a Milano, abbiamo visto cosa è successo a Milano. Questo dicono i fatti, questo dice la firma che lei ha messo sotto quel decreto che toglieva soldi alla sicurezza.
  Io forse sarò impopolare. Non lo ha detto il collega Manciulli, persona competente. Lo dico io, da membro dell'opposizione. Forse qualche mio collega avrà qualche dubbio, ma lo dico. Ho il coraggio di dirlo per fare capire che il MoVimento 5 Stelle vuole soluzioni concrete. Si potrebbero dare più soldi all’intelligence italiana. I soldi ci sono, magari andando, però, di pari passo ad accrescere quello che è il potere di controllo parlamentare del Copasir. Si potrebbe fare ! Diamo più soldi all’intelligence e diamo, però, più potere al Comitato di controllo. I soldi ci sono e voi lo sapete bene, ma purtroppo continuate a votare contro l'abolizione delle pensioni d'oro, continuate a votare contro, proprio ieri, sull'emendamento della mia collega, Fabiana Dadone, per il dimezzamento dei parlamentari. I soldi ci sono ma non li volete trovare, non li volete cercare.
  Però, alla vostra sicurezza – e non mi dia del populista, Ministro – ci pensate bene. Le vostre auto blu ci sono, voi state tranquilli, i vostri voli di Stato li prendete e avete i vostri protocolli di sicurezza. Allora, la domanda è, signor Ministro: qual è il protocollo di sicurezza per il nostro Paese ? Qual è il protocollo di sicurezza per 60 milioni di cittadini italiani (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ? Io questo oggi avrei voluto ascoltare da lei, ma non l'ho sentito.
  Sono ormai 25 anni che osserviamo il fenomeno del terrorismo islamico, ma continuo ad ascoltare le stesse parole, continuo a vedere le stesse soluzioni. Allora, è lecito farci venire qualche dubbio. Due sono le cose: o siamo – e mi metto anche io, che ormai sono in questo Parlamento – incompetenti in questa materia, come Italia, come Europa, oppure c’è qualcuno che ha la volontà che le cose restino così per chissà quali interessi, per monitorare queste situazioni che vanno avanti ormai quasi da 25 anni. Allora, mi dica quale delle due: incompetenza o volontà ?
  L'attacco in Francia e quelli passati, a Madrid, a Londra e ancora l'11 settembre, dovrebbero fare iniziare, appunto, una nuova fase per l’intelligence, una fase che faccia in modo che lo scambio di informazioni sia più veloce e migliore. Purtroppo, Pag. 9invece, ogni Governo non vede i propri fratelli, in questo caso i francesi, come dei partner ma solo come dei competitor. Allora, spesso l’intelligence è più impegnata a preservare quei valori, quei principi economici e subdoli delle banche, delle lobby. Basterebbe metterci anche più cuore, anche nell’intelligence, e considerare gli altri Governi non solo come competitor ma come amici. Si può fare, si può fare ! Se vogliamo creare un'Europa, se volete creare questo tipo di Europa, bisogna crescere anche con l’intelligence europea, senza essere gelosi delle proprie cose. Scambiamo le informazioni. L'informazione oggi è il potere. Allora, cerchiamo di interagire meglio con gli altri Stati.

  PRESIDENTE. La prego di concludere.

  ANGELO TOFALO. Mi avvio a conclusione, Presidente. Signor Ministro, le sue informative sono scontate, quasi come i peggiori film gialli di terzo ordine. Però, io vorrei dirle una cosa: lei quando entra in quest'Aula, quando ci viene a parlare, lei deve sapere che tutto il Paese l'ascolta e, in base alla qualità delle informazioni che lei ci dà, noi possiamo lavorare in quest'Aula e in questa Assemblea per la democrazia.
  Io sono certo che nessun italiano è disposto a vendere la propria dignità. Allora, esca da questa continua rassegna stampa, Ministro. Alzi la testa, lo può fare ! Vada a sbattere i pugni sul tavolo, anche degli altri Governi, vada a chiedere conto, sia critico...

  PRESIDENTE. Concluda !

  ANGELO TOFALO. ... suggerisca nuove strade per combattere la violenza.
  Concludo, Presidente. A livello mondiale, europeo e italiano, la democrazia, l'umanità, i diritti dell'uomo sono l'unico antidoto alla guerra e al terrorismo: da Kabul a Madrid, da Baghdad a Parigi, da New York a Roma (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Elio Vito. Ne ha facoltà.

  ELIO VITO. Grazie Presidente, grazie al Ministro Alfano per avere ancora una volta prontamente riferito alle Camere. Questo è un tema, come diceva il presidente Manciulli poco fa, sul quale necessita l'unità. La sicurezza interna e la politica internazionale sono alcuni dei temi sui quali il Governo ha bisogno del Parlamento e il Parlamento ha bisogno del Governo. Naturalmente questo confronto e le decisioni conseguenti poi scaturiscono anche dal merito delle decisioni che vengono assunte, ed è sul merito, signor Ministro, che io farò in conclusione anche alcuni riferimenti, a mio giudizio negativi, a quelle che sono delle scelte che vanno in controtendenza rispetto alle necessità che sono determinate anche dalla sua relazione e anche, onorevole Manciulli, ad un chiarimento che credo la maggioranza debba definitivamente darsi in questa legislatura, in questi giorni, proprio sui temi della sicurezza e della difesa nazionale e internazionale.
  Innanzitutto definiamo le cose per quelle che sono, signor Ministro; io non credo che si tratti di combattenti, ma credo che si tratti di terroristi. Non credo che siamo di fronte ad una guerra, con le regole della guerra, ma credo che siamo di fronte a degli atti di terrore, di vero e proprio terrore, che minano le radici della nostra libertà e della nostra democrazia. Che cosa si vuole colpire dell'Occidente, che cosa si vuole colpire dell'Europa ? Probabilmente qualcosa al quale noi stessi stiamo cercando di rinunciare. Io credo che noi, invece, dobbiamo rispondere con un maggiore orgoglio per le nostre tradizioni religiose, per le nostre tradizioni culturali, per le nostre tradizioni nazionali, e dobbiamo rispondere difendendo ed estendendo la difesa nei confronti di quell'attacco che viene condotto alle libertà individuali, alle libertà di espressione, alle libertà di manifestazione, alle libertà di stampa. Mentre invece anche qui noto una repressione, un nascondere le nostre tradizioni, quasi come se ci fosse da vergognarsene anziché rivendicarle, ma questa è una tendenza non solo del nostro Paese, ma di tutta l'Europa, che proprio nella sua Pag. 10fase costituente ha voluto non espressamente richiamare le proprie radici culturali e religiose.
  Anche noi con la legislazione che stiamo adottando sembriamo quasi voler tendere a limitare la libertà di espressione, la libertà di stampa e la libertà di opinione. Questo è quello che il terrore vuole distruggere: le nostre radici, le nostre tradizioni, la nostra libertà, che è il tratto distintivo dell'Europa, prima ancora che dell'Occidente, nel mondo; ed è questo il valore che noi dobbiamo difendere, allargandolo ed estendendolo.
  Naturalmente insieme a questo, più orgoglio e più libertà, occorrono anche maggiori controlli, e qui dicevo dobbiamo intenderci bene sulla politica della sicurezza e sulla politica della difesa. Io credo che stiamo dando troppi segnali contrastanti, quasi come se potessimo permetterci ancora una politica di tagli sulla sicurezza, quasi come se potessimo permetterci ancora una politica di tagli sulle spese per la difesa, che non sono più solo spese per la difesa, ma sono spese per la nostra società, per la nostra sicurezza. Allora basta tagli alle forze dell'ordine e basta anche tagli, signor Ministro, lei lo sa a cosa mi riferisco.
  È difficile valutare in termini di prevenzione quanto siano servite e quanto servano le nostre forze militari accanto alle forze dell'ordine nell'attività di prevenzione e di sicurezza del controllo del territorio, eppure noi abbiano ridotto la presenza dei nostri militari, abbiamo abolito – e mi auguro che invece si possano rapidamente rivedere – le pattuglie miste tra militari e forze dell'ordine, che è anche un esempio di integrazione. Anche con l'ultimo decreto «milleproroghe» c’è un'ulteriore riduzione, oltre che anche dal punto di vista finanziario.
  Quindi diamo dei segnali sbagliati, come se noi su questo terreno potessimo ridurre la nostra presenza. Occorrono più intelligence – ha ragione il collega del MoVimento 5 Stelle – più controlli, più presenza delle forze dell'ordine, più presenza delle Forze armate. Onorevole Manciulli, naturalmente io credo che il Parlamento la debba anche finire con la polemica retorica sbagliata rispetto alle spese per la difesa e per la sicurezza, a volte alimentate anche dal Governo.

  PRESIDENTE. Deve concludere.

  ELIO VITO. Concludo, signora Presidente. Noi abbiamo visto, anche con l'impegno dei nostri militari – dell'Aeronautica, della Marina – nel caso della Norman Atlantic, come le spese militari servano anche per il settore civile.
  Credo, allora, che la risposta che noi dobbiamo dare in termini di sicurezza sia anche di garantire un migliore approvvigionamento, una migliore remunerazione, una migliore disponibilità a concepire la politica della sicurezza e la politica della difesa come una politica non solo di unità nazionale, ma una politica di sicurezza nazionale e internazionale, sulla quale il Parlamento e il Governo agiranno insieme, ma per fare una politica che possa davvero servire al nostro Paese, a difendere le proprie radici e a estendere le proprie libertà (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Fabrizio Cicchitto. Ne ha facoltà.

  FABRIZIO CICCHITTO. Presidente, onorevole Ministro, avrei auspicato che, oltre alla sua relazione, che condivido interamente, accanto a lei avessero parlato anche il Ministro degli affari esteri, che invece parlerà lunedì, e il Ministro della difesa (Applausi del deputato La Russa). E questo lo dico perché il problema è un problema globale; è un problema globale nel senso che i terroristi che agiscono in Europa hanno come retroterra il terrorismo che è diventato Stato, che esiste, che si batte e che ha conquistato anche un pezzo di territorio che va dall'Iraq alla Siria.
  Allora, dobbiamo partire da qui, e, aggiungo, su questo esiste una criticità che va colta, una contraddizione tra l'analisi che facciamo sulla gravità di quello che Pag. 11rappresenta l'ISIS e il fatto che poi, come contrasto politico e militare – anche militare, non dobbiamo nasconderci dietro le parole –, esso è largamente insufficiente. Noi affidiamo ai militari curdi la risposta sul campo, poi ci sono i bombardamenti. Si è addirittura detto che la prospettiva è di 36 mesi, ma il fondamentalismo terrorista crescerà ulteriormente, mentre, invece, esso va stroncato il prima possibile.
  Su questo credo che vada fatta una riflessione critica anche rispetto al contributo limitato, troppo limitato, che, a mio avviso, l'Italia sta dando rispetto a quello che è il punto fondamentale dello scontro. Se noi non liquidiamo l'ISIS sul terreno per esso fondamentale, il territorio iracheno-siriano, non liquideremo neanche il terrorismo che sta in Italia, che è una proiezione di quello (Applausi dei deputati del gruppo Area Popolare (NCD-UDC) e di deputati del gruppo Partito Democratico). Non sono dei cani sciolti: sono persone dei combattenti terroristi che ritornano sul campo perché hanno quel retroterra territoriale e religioso-culturale. Aggiungo, in primo luogo, perché condivido interamente quello che lei ci ha proposto, una riflessione su tre punti. Ministro dell'interno, nel dubbio, più espulsioni; più espulsioni (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).
  In secondo luogo, una procura generale antiterrorismo, che dia organicità alla risposta: così come vi è una procura generale antimafia, va fatta una procura generale antiterrorismo. In terzo luogo, per evitare errori – ho letto un articolo de Il Tempo che mi ha molto preoccupato – attenzione ai giornali e ai direttori dei giornali. Alziamo la guardia, perché può darsi che l'attacco venga sferrato su altri terreni, ma alziamo la guardia, per evitare di trovarci in situazioni come quella in cui ci siamo trovati con Marco Biagi.
  Voglio, però, aggiungere una riflessione sull'analisi generale, perché non condivido due posizioni. Una è quella che ho visto oggi attribuire, e mi auguro che non sia nei termini in cui l'ho letto su un giornale, al Ministro degli esteri europeo Mogherini, che ha detto che il terrorismo non è l'Islam. Purtroppo, non è così ! Il terrorismo è un pezzo dell'Islam (Applausi dei deputati del gruppo Area Popolare (NCD-UDC). Se noi dimentichiamo questo dato, facciamo un errore omologo all'altro di segno opposto, quello che ci spiegano Salvini e la Lega, secondo i quali il terrorismo e l'Islam sono la stessa cosa, il terrorismo e gli immigrati sono la stessa cosa.
  Se noi cadiamo in questa trappola, guardate amici della Lega, voi rischiate di essere gli «utili idioti» del terrorismo, che questo chiede (Applausi dei deputati dei gruppi Area Popolare (NCD-UDC), Partito Democratico e Scelta Civica per l'Italia – Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie). Isisis e Al Queda sperano di potere unificare il fronte, di penetrare nel cuore del mondo islamico che vive in Europa. Ci sono 15 milioni di islamici che vivono in Europa, qualora l'ISIS riuscisse a unificare su posizioni terroristiche quel mondo, noi ci troveremmo in una situazione assolutamente drammatica.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  FABRIZIO CICCHITTO. Allora, io voglio ricordare quello che negli anni Settanta e Ottanta fu fatto nella lotta alle BR. Le BR sparavano e uccidevano perché speravano che ci fosse una risposta repressiva di tipo argentino verso di loro, per cui lo Stato diventasse anch'esso illegale, la repressione diventasse violenta e cieca e in questo modo sarebbe potuta scattare la rivoluzione. Lo Stato democratico allora diede una risposta, invece, sul terreno dello Stato di diritto e le BR furono sconfitte, perché non penetrarono nel mondo del lavoro, non penetrarono nell'università (Applausi dei deputati dei gruppi Area Popolare (NCD-UDC), Partito Democratico e Scelta Civica per l'Italia). Noi la stessa cosa dobbiamo fare nella lotta al terrorismo, colpirlo militarmente nel luogo dove nasce e nello stesso tempo distinguere tra islamici moderati, anche islamici fondamentalisti che non sono terroristi, e islamici che sono fondamentalisti Pag. 12e terroristi, e su questi concentrare la repressione senza avere remore di tipo buonista.

  PRESIDENTE. Concluda.

  FABRIZIO CICCHITTO. Concludo dicendo che condivido interamente la parte dell'intervento dell'onorevole Vito a proposito del fatto che occorre un'Europa laica e cristiana cosciente dei propri valori e, quindi, capace di affrontare, a viso aperto, quello che sta avvenendo, così come mi ritrovo interamente nell'intervento svolto dall'onorevole Manciulli (Applausi dei deputati dei gruppi Area Popolare (NCD-UDC), Partito Democratico e Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Scotto. Ne ha facoltà.

  ARTURO SCOTTO. Signor Presidente, abbiamo visto con grande angoscia quello che è accaduto due giorni fa al giornale Charlie Hebdo. I fanatici, i terroristi, hanno sempre un nemico e il nemico è la libertà di parola, di espressione. Il nemico è l'arte rivoluzionaria della satira, quella che mette a nudo il potere, che mette un dito nell'occhio ai regimi, mette un dito nell'occhio a tutte le forme di fanatismo religioso e politico che, in qualche modo, oggi continuano ad attraversare il mondo. La satira mette un dito nell'occhio anche alle banalità che talvolta ascoltiamo dentro i talk show, – ha ragione il collega Manciulli – e dentro la retorica che talvolta attraversa la politica in momenti così drammatici.
  Noi dobbiamo guardare dritto il punto e dobbiamo dire che, innanzitutto, ci troviamo di fronte ad un attacco alla civiltà democratica europea, all'idea che valori come la libertà, l'eguaglianza e la fratellanza, sono valori non negoziabili. Ma, allo stesso tempo, lo voglio dire con molta pacatezza, perché non è il momento delle polemiche, lo voglio dire al collega Cicchitto, che ho ascoltato con grande attenzione, l'ex Ministro Mogherini, attuale madame PESC, nel momento in cui dice che il terrorismo non è l'Islam, sta dicendo esattamente quello che è accaduto in quelle ore drammatiche, nel momento in cui c'erano i terroristi che sparavano su un eroe normale musulmano, il poliziotto Ahmed, che stava lì per difendere la Francia, la democrazia e la libertà (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Ecologia Libertà e Partito Democratico).
  Allora il punto, per noi, oggi è capire cosa fare. Le misure che lei ha delineato ? Vedremo.
  Io credo che le leggi servano, ma serve anche la politica. Ha ragione, qui sì, l'onorevole Cicchitto, quando dice che ci fu una grande reazione democratica e unitaria negli anni Settanta di fronte al terrorismo che avanzava. Ma quel terrorismo fu battuto dalla società e dal lavoro nelle fabbriche (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà), nei luoghi in cui in quegli anni rischiava di prevalere un sentimento, per così dire, vicino al terrorismo e al brigatismo. Lì è il punto su cui bisogna lavorare.
  Io una cosa non ho ascoltato dalla sua relazione e concludo: l'appello a quel mondo musulmano, islamico, che deve essere la frontiera, che in questo momento deve guidare il movimento contro i terroristi ed i fanatici. È da lì che può ripartire e riaccendersi la speranza per riaprire oggi in Europa, da un lato, la tutela dei valori fondamentali di laicità sui quali è cresciuto il modello sociale europeo e, dall'altro, la forza per il nostro Paese di essere unito e democratico.
  Noi non possiamo consentire a chi ha attaccato Charlie Hebdo di vincere sul terreno dei valori. Non possiamo consentire che, attraverso l'attacco che viene fatto ai valori europei, quei valori vengano messi in discussione innanzitutto da noi, nel momento in cui arretriamo di un millimetro rispetto a questo (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà e di deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Dambruoso. Ne ha facoltà.

Pag. 13

  STEFANO DAMBRUOSO. Grazie Presidente, grazie signor Ministro per l'informativa, una pluralità di grazie per anticipare due brevi considerazioni sulle informazioni che lei oggi ci è venuto a dare. Grazie davvero alla Polizia che dipende dal suo Ministero, in questo periodo storico della gestione del Ministro dell'interno, una polizia che, con la sua specializzazione e con le DIGOS sparse in Italia, ci consente di avere un monitoraggio adeguato rispetto alla pericolosità del rischio.
  Devo a loro molto anche della mia fortuna professionale, perché la loro abilità ha consentito all'ufficio giudiziario da me gestito di raggiungere significativi successi in termini di prevenzione e successi evidentemente per la sicurezza delle pubbliche vie che venivano invece frequentate da quelle persone. Quindi è un grazie davvero sentito ed un grazie davvero sentito va anche a tutto il personale di scorte, che ancora per quella parte dipende dal Ministero dell'interno e dagli uffici preposti alla gestione delle scorte.
  Le due persone, che sono state vittime dei terroristi in Francia, a Parigi, e che erano lì a fare da scorta, aprono uno spazio di riflessione sulla gestione della concessione delle scorte, laddove si tratta, appunto, di soggetti che sicuramente erano scortati, almeno le due persone che avevano quelle due scorte che poi sono rimaste vittime. In una maniera così evidente si è vista confermare l'inutilità di quel tipo di scorte, se ad attaccare gli obiettivi sono persone armate di kalashnikov o comunque di strumenti altamente pericolosi. È, quindi, una sollecitazione anche ad una riflessione adeguata sull'utilizzo il più smart ed intelligente possibile nella concessione delle scorte. Ciò consentirebbe anche di vederci attribuire meno quella figura di «casta», che molte volte viene inutilmente attribuita a chi appartiene alle istituzioni e a chi deve, purtroppo, vivere sotto scorta.
  Ho apprezzato molto quasi tutti i passaggi della sua informativa, che hanno avuto anche dei chiari riferimenti all'importante ruolo che in Europa, nel semestre europeo, la presidenza da lei portata avanti di tutti i ministri dell'interno dei 28 Paesi è riuscita a realizzare. L'autorevolezza che il nostro Paese è riuscito ad esprimere anche in materia di sicurezza e di prevenzione è un fatto davvero apprezzabile.
  E, come ha ricordato il presidente Cicchitto, così come in un precedente intervento, quando si è fatto riferimento all'importanza dell'intervento dell'Europa in questa strategia di contenimento e di prevenzione contro quel tipo di fenomeno, credo che in Europa nell'ultimo semestre la presidenza dei Ministri dell'interno da lei gestita – va detto in tutta obiettività da chi ha seguito quei lavori – è stata assolutamente all'altezza dell'autorevolezza che un Paese importante come il nostro si deve aspettare e deve pretendere dai propri Ministri.
  Due cose, Ministro, mi va di rammentare con una certa fermezza. Abbiamo delle normative, un apparato normativo che è già adeguato rispetto alla minaccia. La minaccia sta cambiando, lo abbiamo detto, lo abbiamo sentito, lo sentiamo ogni giorno in tutti i commenti e nelle analisi che anche sui media ci vengono riportate. Anche queste introduzioni normative, che oggi lei ci è venuto a rappresentare e di cui ci ha informato, sono importanti e sono espressione dell'attenzione che il nostro Paese sta dando a questo fenomeno.
  Ma tutti coloro che mi hanno preceduto hanno voluto ricordare l'importanza della risposta democratica che deve essere data allorché si appresterà un apparato di prevenzione e di repressione. Risposta democratica, Ministro, vuol dire sicuramente valorizzare il ruolo dei servizi segreti, fondamentale. Dobbiamo infiltrare il più possibile questa area.
  Secondo: sicuramente rafforzare l'attività delle forze di polizia, ma la vera risposta democratica viene canalizzata necessariamente nell'attività giurisdizionale. La giurisdizione, così come è stato ricordato ancora da Cicchitto, richiede da venticinque anni, da Falcone, che ci è anche morto su queste vicende, l'istituzione di una procura nazionale, di un ufficio di Pag. 14coordinamento che realizzi quel coordinamento necessario fra tutta l'attività degli uffici giudiziari sparsi nel territorio.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI (ore 10,35)

  STEFANO DAMBRUOSO. Io so che lei lo sa perché è stato anche Ministro della giustizia, so quanto è sensibile all'importanza del coordinamento, lo ha ricordato anche oggi allorché ha parlato di coordinamento fra servizi di intelligence. È fondamentale la trasmissione delle informazioni. La invito davvero ad evadere qualunque forma di perplessità che il suo Ministero potrebbe oggi ancora esprimere per ragioni esclusivamente di dominio del territorio allorché si parla di coordinamento. La polizia questo coordinamento ce l'ha...

  PRESIDENTE. Concluda, onorevole Dambruoso.

  STEFANO DAMBRUOSO. ... manca alla giurisdizione. Allorché ci confrontiamo con gli altri Paesi importanti di questa Europa, con i 28 Paesi europei, noi abbiamo sempre a che fare con unici uffici di coordinamento. Noi ci presentiamo sempre in quindici, sedici singoli magistrati, espressione...

  PRESIDENTE. Onorevole Dambruoso, la prego di concludere.

  STEFANO DAMBRUOSO. ... di ogni piccolo ufficio giudiziario.
  Ministro, io la invito davvero a portare avanti questo tipo di progetto che è già in Commissione giustizia e aspetta soltanto un OK definitivo, anche dall'importante Ministero che lei sta dirigendo. Grazie davvero per il lavoro che ha svolto sino ad oggi (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Grimoldi. Ne ha facoltà.

  PAOLO GRIMOLDI. Signor Ministro, è vero che non tutti i mussulmani sono terroristi, ma è vero che tutti i terroristi religiosi sono mussulmani: parole di Oriana Fallaci, giornalista e scrittrice, se vogliamo, di sinistra, insultata e vilipesa perché ha avuto il coraggio di denunciare l'islamizzazione dell'Europa e i danni di un'immigrazione selvaggia, che purtroppo voi, con questo Governo, state perorando in tutti i modi.
  Noi abbiamo visto, da dopo le Torri Gemelle, gli attentati alla metropolitana di Londra, dove sono morte 52 persone, gli attentati alla stazione ferroviaria in Spagna (191 morti), gli attentati alla metropolitana di Mosca e adesso in Francia una sequela di attentati piccoli e grandi, fino ad arrivare ai fatti dell'altro giorno. È un'ennesima dichiarazione di guerra all'Occidente, ai nostri valori, alla nostra cultura da parte di un certo Islam. Chi non vede questo è cieco.
  Noi, però, denunciamo che questo Governo è collaborazionista dei terroristi, perché quello che voi state facendo nei fatti perora la causa dei terroristi. L'onorevole Cicchitto parlava di espulsioni: signori, voi avete azzerato il fondo espulsioni, lo avete azzerato ! Cosa parlate di espulsioni (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie) ?
  Lei, signor Ministro, dice di ritirare i passaporti.
  Ma se andate a prenderli con le navi da guerra che non hanno neanche i documenti ? Di cosa stiamo parlando ? Di cosa stiamo parlando ? (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).
  Noi siamo l'unico Paese che va a prendere sul bagnasciuga dei Paesi musulmani i terroristi, li portiamo qua, diamo loro una base logistica – perché diamo loro la casa: il terrorista prepara delle bombe e deve stare tranquillo – diamo loro le sigarette, il terrorista deve coordinarsi e gli paghiamo pure il telefono: ma di cosa stiamo parlando ? Paghiamo loro vitto e alloggio !
  Ma lei lo sa – è notizia di qualche minuto fa – che i capi dei due terroristi dei fatti di Parigi frequentavano il centro Pag. 15islamico di viale Jenner a Milano ? Sono qua, sono tra noi e la responsabilità è di chi, come voi, sta facendo provvedimenti assurdi.
  Lei, signor Ministro, ha parlato di polizia postale. Lei sta chiudendo 64 distaccamenti della polizia postale. Lei chiude, in tutto il Paese, 250 distaccamenti delle forze dell'ordine, tra cui la polizia di frontiera (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).
  Lei, signor Ministro, ha tolto la scorta a giornalisti ed esponenti politici che si schierano apertamente contro l'immigrazione clandestina di massa: questo è quello che sta facendo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).
  E se malauguratamente capitasse un attentato da noi, i primi responsabili sarete voi, che state perorando la causa dei terroristi ! Siete i collaborazionisti di quella gente !
  E non lo dice solo la Lega: ci sono due procure, quella di Palermo e quella di Milano, che hanno aperto dei fascicoli sulle operazioni di questo Governo (Mare Nostrum, Frontex, Triton, chiamatele come volete), con cui andate a pigliare questa gente sul bagnasciuga dei Paesi musulmani. Due procure hanno aperto dei fascicoli ipotizzando che ci sia il reato di favoreggiamento per il terrorismo internazionale. Questo lo hanno fatto le procure del nostro Paese su quello che questo Governo sta facendo.
  Ponetevi delle domande, perché se noi continuiamo con questa immigrazione clandestina incontrollata e a non dare i soldi alla nostra gente, ma a finanziare l'arrivo di queste figure, noi mettiamo in pericolo non solo la nostra sicurezza, ma allora sì il nostro futuro, perché noi pensiamo che i valori dell'Occidente vadano tutelati.
  E mi spieghi in quale Paese musulmano c’è l'Islam moderato: in quale Paese musulmano ? In Pakistan ? In Iran ? In Egitto ?
  Ma aprite i giornali, leggete la cronaca: siamo tutti bravi a fare i buonisti – aggiungo io: stupidi – ma quando si tratta di guardare i fatti e la cronaca che avviene in quei Paesi, io non ho notizia, purtroppo, di un solo Paese musulmano che sia veramente moderato e dove non si senta che chi è adultero venga lapidato, che chi è blasfemo debba morire e venga ucciso, che chi è apostata sia condannato alla pena di morte.
  Io vorrei sentire il Presidente della Camera, l'onorevole Boldrini: invece di fare convegni sul termine «Presidenta» per i diritti delle donne, parli del fatto che l'Islam dice apertamente che la donna è inferiore (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie), parli di infibulazione, parli di quella ragazza, in Iran, che ha fatto un anno di carcere per essere andata allo stadio (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie) !
  Parli di queste cose, non delle cazzate che il Presidente della Camera ci racconta (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie) !

  PRESIDENTE. Onorevole Grimoldi, per favore ! Ha anche finito il tempo ! Onorevole Grimoldi, concluda !

  PAOLO GRIMOLDI. Voi siete colpevoli di quello che sta succedendo.
  E un'ultima cosa, signor Ministro: se lei pensasse minimamente che i suoi provvedimenti sono importanti ed urgenti, ma mi spieghi una cosa: perché fate un disegno di legge invece che un decreto (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie) ?

  PRESIDENTE. Concluda onorevole Grimoldi.

  PAOLO GRIMOLDI. Ma fate un decreto, fatelo urgentemente (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie) !
  Fate i decreti sul sesso degli angeli...

  PRESIDENTE. Concluda onorevole Grimoldi.

  PAOLO GRIMOLDI. ... e sui terroristi perdete mesi ad intervenire: svegliatevi (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie – Congratulazioni) !

Pag. 16

  PRESIDENTE. Onorevole Grimoldi, la pregherei... onorevole Grimoldi... onorevole Grimoldi, le vorrei dire che nel corso dell'intervento, legittimamente critico e molto duro, le è sfuggita – e non l'ho interrotta per evitare di farle perdere il filo – una frase che, rivolta al Governo... onorevole Grimoldi, le sto parlando: lei ha detto che il Governo sta perorando la causa dei terroristi. La considero una frase che le è sfuggita, ma è una frase che in quest'Aula io non le potrei consentire, ovviamente (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PAOLO GRIMOLDI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Non l'ho neanche interrotta, quindi non le do la parola: le comunico semplicemente che lo considero un incidente nel corso dell'intervento.

  PAOLO GRIMOLDI. Solo per dire che lo penso e non mi scuso !

  PRESIDENTE. Lei lo può pensare, ma io che presiedo non glielo posso consentire. Tutto qui. Ha chiesto di parlare l'onorevole Dellai. Ne ha facoltà.

  LORENZO DELLAI. Signor Presidente, il nostro gruppo ringrazia il Ministro per l'informativa ed esprimiamo anche in questa occasione cordoglio per le vittime, vicinanza fraterna alla Francia e anche ammirazione per la reazione da parte del giornale che è stato colpito. Certamente, c’è stato un salto di qualità del terrorismo di matrice fondamentalista per brutalità, per precisione militare, per scelta simbolica della nazione e dell'attività colpita. Serve, dunque, è vero anche dall'Europa, un salto di qualità, certo innanzitutto, come in queste ore è giusto dire, sul piano dell'efficienza e dell'efficacia delle misure di sicurezza. Serve più integrazione delle intelligence, più coordinamento fra i sistemi, più vigilanza sugli obiettivi sensibili e certo anche più investimenti sugli apparati di sicurezza. Serve anche più sicurezza nella gestione degli accessi umanitari al nostro Paese, senza che per questo si tirino in ballo i disperati che arrivano da noi alla ricerca di un futuro migliore.
  Tuttavia, sappiamo tutti bene che ogni sforzo su questo piano, che pure è necessario, non sarà mai sufficiente a vincere una sfida con un terrorismo fondamentalista che ha ormai acquisito un robusto apparato politico ed ideologico, oltre che organizzativo, simbolizzato nel ritorno alla vecchia idea dello Stato islamico, la cui sconfitta è effettivamente il cuore di ogni battaglia per la sicurezza. Anzi, noi riteniamo che sia tempo di riflettere con lucidità sul sostanziale fallimento del primo round della battaglia fra democrazia occidentale e fondamentalismo terrorista dopo l'11 settembre. Basta guardare in giro, all'Asia, al Medio Oriente, all'Africa, anzi a quell'Africa nella quale Boko Haram, senza sostanzialmente trovare nessuna barriera di tipo politico o militare, sta facendo strage di persone e di villaggi. È un fallimento, questo dell'Occidente, che nasce da un deficit di comprensione, di strategia e di visione e senza queste dotazioni culturali e politiche anche l'opzione militare, che pure è necessaria in molti casi, rischia di risultare inadeguata, disastrosamente controproducente, talvolta ingiusta e sbagliata, specialmente se praticata al di fuori di un quadro di unità tra i Paesi e le istituzioni internazionali e se messa in campo con l'occhio più rivolto alle opinioni pubbliche interne che non ai teatri operativi.
  Noi in linea generale pensiamo che siano necessarie due iniziative. Primo, rilanciare in modo aperto, convincente e attrattivo i valori della democrazia europea ed occidentale. Una democrazia europea ed occidentale che affronta queste sfide nel momento storico di sua maggiore debolezza intrinseca e interna. E rilanciare questi valori è importante, anche per recuperare il rapporto con quelle crescenti sacche di radicalismo che stanno crescendo in moltissime periferie metropolitane delle città europee. E per questo è importante ed essenziale evitare la trappola mortale di una regressione culturale e civile dei nostri valori democratici, esattamente quella regressione culturale e civile Pag. 17che è propugnata dalla destra xenofoba della quale abbiamo avuto anche poco fa in quest'Aula un accenno piuttosto evidente. In secondo luogo, pensiamo che sia necessario rilanciare il dialogo con il mondo islamico, a livello di singole nazioni e a livello globale, per costruire una vera alleanza contro la violenza e contro l'intolleranza. Per questo motivo, riteniamo ci sia bisogno di ben altro che dei ridicoli richiami a Papa Francesco a svolgere diversamente il suo compito. Anzi, io credo che noi dobbiamo valorizzare...

  PRESIDENTE. Scusi, onorevole Dellai, le chiedo scusa. Onorevole Alli, grazie.

  LORENZO DELLAI. ... un dialogo esigente e adulto proposto dal Papa, ma anche proposto dalla lettera di centotrenta leader sunniti che recentemente hanno espresso in maniera molto chiara le loro posizioni.
  Concludo, signor Presidente, dicendo che per queste ragioni apprezziamo l'informativa e le intenzioni operative espresse oggi dal Ministro e, tuttavia, riteniamo che serva, però, un dibattito più generale, più complessivo sulla nostra politica estera e sulla nostra politica di sicurezza, perché in questo modo, di fronte al Governo, noi potremo sviluppare il ruolo di indirizzo e di riflessione generale di questo Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi Per l'Italia – Centro Democratico, Area popolare (NCD-UDC) e Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole La Russa. Ne ha facoltà.

  IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, la ringrazio di avermi dato la parola e ringrazio il Ministro Alfano di essere venuto, di metterci la faccia. Gliel'ha detto il capogruppo del suo partito – non so se è il capogruppo –, l'onorevole Cicchitto: noi ci saremmo aspettati che lei non fosse qui da solo. Ci saremmo aspettati che il Presidente del Consiglio Renzi venisse e che, pur non parlando, non ritenendo di parlare lui, però, ci mettesse la faccia, perché questo non è un fatto che riguarda alcuni giornalisti francesi drammaticamente assassinati e neanche il popolo francese e basta: questo riguarda l'Occidente, riguarda l'Europa, riguarda la società che è informata, anche per i non credenti, dai valori cristiani che hanno costruito l'Europa.
  Se si pensa che questo è un rito – adesso si viene, si riferisce qualcosa, noi parliamo cinque minuti a testa e, poi, è finita lì, un po’ di propaganda di qua e un po’ di corda di là e tutto riprende come prima – già siamo sulla via della sconfitta. Comunque, voglio parlare di quello che lei ha detto.
  Lei – sinteticamente, nei pochi minuti che ho, non posso fare di più – ha parlato di controlli nelle moschee, accettando, quindi, la valutazione che è nelle moschee che si può nascondere, in mezzo a gente che esercita giustamente e liberamente la propria religione, un pericolo di reclutamento e di indottrinamento del terrorismo; ha parlato, di fatti, dell'espulsione di un imam, ha parlato di rischi di infiltrazione attraverso i flussi migratori. Quindi, non sono fantasie quelle di chi sottolinea che c’è un rischio nel momento in cui noi andiamo a prendere, praticamente appena escono dalle acque libiche, una marea di disperati, che altrimenti morirebbero. Non li fermiamo lì, li facciamo arrivare da noi, dopo che molti sono morti, senza poter controllare se tra loro si nascondono coloro che vengono qui per far del male alla nostra società.
  Lei ha parlato di miliziani, di ritorno dai luoghi di guerra: ha detto sono solo cinquantatre. Ebbene, cinquantatre è un numero più di dieci volte superiore al numero sufficiente a commettere la strage che c’è stata in Francia. Ha parlato di terrorismo interno e del web e ha detto: adesso vediamo se ci sarà un controllo maggiore. Per ora non c’è e se conosco le ristrettezze in cui si muove, sia pure con grande sforzo positivo, la polizia postale, credo che non sarà facile che possano svolgere bene questo compito.
  Ha detto che per contrastare tutto ciò ci vuole coesione e ci vuole qualche cambiamento, Pag. 18qualche leggina, qualche cosa, neanche un decreto, ma un disegno di legge che, passata la festa – cioè, il lutto, il lutto vero, sincero, che io avverto in tutti oggi –, comincerà la solita manfrina, cominceranno i distinguo. Ci sarà qualcuno che, addirittura, dirà che c’è un complotto, che magari non erano terroristi islamici, che magari erano dei servizi segreti israeliani o americani o chissà chi altro, esattamente come è successo dopo l'11 settembre.
  Vede, non è che dica io cose strane, perché se noi torniamo indietro solo di qualche anno, per il giornale Charlie, caro Presidente, mi fa piacere se anche lei mi ascoltasse...

  PRESIDENTE. Ha ragione, onorevole La Russa, le chiedo scusa.

  IGNAZIO LA RUSSA. ... no, perché io apprezzo molto la sua intelligenza, lei lo sa, quindi mi fa piacere. Ebbene, ci sono stati – c’è sul Corriere della Sera, non invento niente – i nostri esponenti della satira nazionale di sinistra che hanno tacciato di frasi irripetibili i giornalisti di quel giornale che avevano pubblicato le vignette. Vauro, Ellekappa, Giulietto Chiesa: andatevi a leggere le dichiarazioni, andatevele a leggere le dichiarazioni.
  Lo rifaranno tra poco, lo rifaranno perché il loro problema, e non solo il loro, anche di molti in quest'Aula, non è il pericolo islamico, non è il pericolo dell'oltranzismo islamico che, per carità, è così scontato che non sia un pericolo generalizzato, non è che basta essere fedeli dell'Islam per essere terroristi, ma negare che il pericolo del terrorismo nasca dall'ideologia islamica è negare le parole che oggi, sul Corriere della Sera, Ayaan, la giovane somala che voi conoscete, dice: il Corano afferma che la loro verità va portata sulla punta delle baionette e il Corano può essere interpretato liberamente da tutti.

  PRESIDENTE. Concluda, onorevole La Russa.

  IGNAZIO LA RUSSA. Mi avvio a concludere, un minuto ancora, caro Presidente.
  Come finisco ? Finisco dicendo che loro ci hanno dichiarato guerra; non volerla combattere, non volerla combattere oggi, ma anche ogni giorno, o confidare sul cosiddetto, e quasi inesistente nei fatti quotidiani, Islam moderato significa avere rinunciato a vincere, significa avere già perso.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fava. Ne ha facoltà, per due minuti.

  CLAUDIO FAVA. Grazie Presidente, sono certo che le forze dell'ordine e l’intelligence italiana daranno il massimo, come ci assicurava il Ministro, per evitare che l'Italia corra i rischi che invece ha subito la Francia. Spero che si prenda lezione dalle falle clamorose che, invece, ha subito l’intelligence francese. Non eravamo di fronte a due terroristi molecolari, ma a gente armata di kalashnikov che stava nelle black list americane, che è stata addestrata in Yemen, che aveva un'attrezzata rete di fuga e che è scomparsa immediatamente dal radar.
  Non voglio soffermarmi, anche perché ho poco tempo, sulla simmetria strampalata tra Islam e terrorismo, vorrei ricordare che sotto l'aquila dei nazisti stava scritto: Gott mit uns. Ma nessuno ha mai pensato che ci fosse Dio assieme ai nazisti.

  IGNAZIO LA RUSSA. Si pronuncia «uns» non «ans» !

  CLAUDIO FAVA. «Uns» Ha ragione, collega La Russa. Lei, sul tedesco...

  IGNAZIO LA RUSSA. Sì, sul Tedesco, non sul nazismo, sul tedesco; studia.

  PRESIDENTE. Non raccolga l'interruzione, onorevole Fava, perché ha finito il suo tempo... (Commenti del deputato LA RUSSA).
  Onorevole La Russa, la prego...

  CLAUDIO FAVA. Collega La Russa, in quella redazione non c'era Allah, c'erano assassini; gli assassini non hanno aggettivi Pag. 19e non hanno Dio e Dio è sempre grande quando accompagna il gesto degli assassini, dal punto di vista di quegli assassini. Questa è l'unica certezza che ci consegna quello che è accaduto. Altra simmetria assolutamente inaccettabile è il fatto che gli sbarchi e i clandestini abbiano portato o portino il terrorismo in Italia. Ecco, io credo, e mi avvio a concludere, Presidente, che un contributo noi lo dovremmo dare al dibattito che ci sarà nei prossimi giorni, non soltanto oggi, e cercare di evitare l'esasperazione ad uso e consumo della ricerca del nostro consenso. Sarebbe un atto di dignità per quei 12 morti, così – e su questo sono d'accordo con il collega La Russa – sarebbe stato un atto di decenza la presenza del Presidente del Consiglio in questo dibattito.

  PRESIDENTE. Si è così concluso il dibattito sull'informativa urgente del Governo sui possibili rischi connessi al terrorismo internazionale in relazione ai tragici fatti di Parigi.
  Sospendiamo a questo punto la seduta che riprenderà alle ore 11.10 con lo svolgimento di interpellanze urgenti.

  La seduta, sospesa alle 11, è ripresa alle 11,10.

Svolgimento di interpellanze urgenti.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Intendimenti circa la revisione del criterio del mantenimento di almeno tre tribunali per ogni distretto di Corte d'appello, previsto dalla cosiddetta riforma della geografia giudiziaria, al fine di una ulteriore razionalizzazione della stessa – n. 2-00795)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Valiante n. 2-00795, concernente intendimenti circa la revisione del criterio del mantenimento di almeno tre tribunali per ogni distretto di corte d'appello, previsto dalla cosiddetta riforma della geografia giudiziaria, al fine di una ulteriore razionalizzazione della stessa (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Valiante se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  SIMONE VALIANTE. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, colleghi, il 13 settembre 2013, come lei sa, sottosegretario, è entrata in vigore la cosiddetta riforma della geografia giudiziaria, con il taglio degli uffici giudiziari di primo grado previsto dal decreto legislativo n. 155 del 2012, che ha comportato la soppressione di 31 tribunali (poi divenuti 30, per il recupero del tribunale di Urbino da parte della Corte costituzionale), di 31 procure (poi divenute 30, a seguito della sentenza della Corte costituzionale su Urbino), ovvero di tutte le procure della Repubblica presso i tribunali soppressi e di tutte le 220 sezioni distaccate di tribunale. Ciò – questo è il proposito della legge – al fine di riduzione di spesa e di miglioramento dell'efficienza del sistema giustizia, in attuazione alla delega conferita dall'articolo 1 della legge n. 148 del 2011, con l'osservanza di una serie di principi e criteri direttivi essenzialmente volti a: ridurre gli uffici giudiziari di primo grado, mantenendo comunque sedi di tribunale nei circondari di comuni capoluogo di provincia alla data del 30 giugno 2011; ridefinire la geografia giudiziaria, ovvero l'assetto territoriale degli uffici giudiziari, eventualmente anche trasferendo territori dall'attuale circondario a circondari limitrofi, anche al fine di razionalizzare il servizio giustizia nelle grandi aree metropolitane (nel compiere questa attività il Governo ha dovuto tener conto, tra l'altro, di «criteri oggettivi e omogenei» che comprendono i seguenti parametri: estensione del territorio; numero degli abitanti; carichi di lavoro; indice delle sopravvenienze; specificità territoriale del bacino di utenza, anche con riguardo alla situazione infrastrutturale; presenza di criminalità organizzata); ridefinire poi l'assetto territoriale degli uffici requirenti; garantire che, all'esito degli interventi di organizzazione, Pag. 20ciascun distretto di corte d'appello comprenda non meno di tre dei previgenti tribunali, con relative procure della Repubblica; ridurre gli uffici del giudice di pace dislocati in sede diversa da quella circondariale, prevedendo la possibilità, per gli enti locali interessati, di chiedere ed ottenere il mantenimento degli uffici del giudice di pace con competenza sui rispettivi territori, anche tramite eventuale accorpamento, facendosi integralmente carico delle spese di funzionamento e di erogazione del servizio giustizia.
  La revisione della geografia giudiziaria, con la soppressione di numerosi uffici, ha incontrato fortissime resistenze a livello locale; tali resistenze hanno determinato la sottoposizione della riforma al giudizio della Corte costituzionale, nonché una richiesta di referendum abrogativo.
  Molti territori, onorevole sottosegretario, sono stati fortemente penalizzati, a nostro avviso, dalla suddetta «regola del tre», che di fatto sopprime tribunali di medie dimensioni, alcuni dei quali, come quelli campani, calabresi e siciliani, situati in realtà territoriali che presentano esigenze del tutto particolari, a vantaggio tra l'altro di tribunali di ridotte dimensioni, invero residuali. In tal modo, è notevolmente aumentato il carico di lavoro di alcune strutture, alle quali saranno trasferiti tutti i procedimenti attualmente pendenti dinanzi alle strutture soppresse, rendendo oltremodo complicato, a nostro avviso, l'accesso dei cittadini alla giustizia e probabilmente allungando ulteriormente la durata dei procedimenti, comportando, così, una lesione del diritto alla giustizia degli stessi.
  Inoltre, vengono privati di fondamentali presidi dello Stato territori vasti e difficili, sui quali insistono pericolosi fenomeni di criminalità, anche di natura organizzata.
  Pur condividendo, in linea di principio, la necessità di razionalizzare e ridurre la spesa pubblica, tuttavia riteniamo che tale azione debba essere esercitata con maggiore intelligenza e accuratezza, senza comportare la lesione di servizi fondamentali, come appunto la giustizia.
  Nel testo della sua relazione tecnica, tra l'altro, sulla razionalizzazione della geografia giudiziaria, lo stesso Guardasigilli ha evidenziato – leggo testualmente – che «si potranno anche valutare le istanze e le esigenze di equilibrato ed efficace presidio dei territorio non adeguatamente considerate nell'ambito di esercizio dell'originaria legge di delega», ciò in quanto «si è trattato – dice sempre il Ministro – di una riforma che non manca di registrare alcune criticità, oggetto di continuo monitoraggio al fine di individuare i possibili rimedi correttivi», per cui – dice appunto il Ministro – «sembra sin d'ora evidente l'opportunità di abbandonare criteri come quelli che hanno imposto di mantenere almeno tre tribunali per ogni distretto di corte di appello». Per concludere che «occorrerà naturalmente tenere conto della specificità territoriale dei bacini di utenza, ivi inclusa la specifica e aggiornata situazione infrastrutturale, dell'effettivo tasso d'impatto della criminalità organizzata, nonché della necessità di razionalizzare progressivamente il servizio giustizia nelle grandi aree metropolitane».
  Le chiediamo, pertanto, onorevole sottosegretario, di assumere iniziative per modificare, a nostro avviso, a saldi invariati, la suddetta «regola del tre» che è un criterio asettico e non rispondente ad una riorganizzazione funzionale che tenga conto dei problemi territoriali ed organizzativi del funzionamento del sistema giustizia, e se non intenda altresì promuovere una revisione anche dell'attuale definizione delle competenze territoriali delle aree che sono maggiormente espressive di criticità, in attuazione dei fondamentali principi di efficienza dell'azione giudiziaria.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Cosimo Maria Ferri, ha facoltà di rispondere.

  COSIMO MARIA FERRI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, nel rispondere agli onorevoli interpellanti ritengo sia doveroso premettere come la riforma della geografia giudiziaria Pag. 21abbia segnato un passo importante nel servizio giustizia. L'esigenza di rafforzare l'efficienza del sistema giudiziario attraverso la ridefinizione dell'assetto territoriale degli uffici di primo grado si è, tuttavia, dovuta certamente e inevitabilmente confrontare con le differenti criticità esistenti, rispetto alle quali appare indubbiamente decisivo un attento monitoraggio, finalizzato anche ad eventuali correttivi; ciò in un'ottica di rivalutazione della specificità territoriale del bacino di utenza in alcune realtà, tenendo conto non soltanto del carico di lavoro complessivo, ma anche di altri fattori, tra cui assoluto rilievo assume certamente l'elevato tasso di criminalità organizzata.
  Ricordo come sia stata già avviata una analitica attività di monitoraggio da parte del Ministero della giustizia, volta ad assicurare l'effettiva realizzazione degli obiettivi di efficienza e razionalizzazione di tutti gli uffici giudiziari interessati dalla riforma della geografia giudiziaria.
  In data 19 settembre 2013, infatti, è stato istituito un gruppo di lavoro con l'obiettivo sia di verificare natura e tempi degli effetti applicativi del nuovo assetto territoriale sulla operatività degli uffici giudiziari, sia di proporre soluzioni organizzative e normative da adottare in chiave correttiva rispetto alle determinazioni contenute nel quadro normativo iniziale.
  In proposito faccio presente che con i decreti legislativi nn. 155 e 156 del 7 settembre 2012, integrati e modificati dal decreto legislativo 19 febbraio 2014, n. 14, è stata data attuazione alla delega rimessa al Governo dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari di primo grado in conformità dei limiti fissati.
  Colgo l'occasione per ricordare come, nell'ambito dei 166 circondari esistenti prima della riforma, 128, pari al 77 per cento del totale, sono stati interessati dall'intervento di razionalizzazione, che ne ha ridotto il numero a complessivi 136, determinando quindi la soppressione di 30 circondari di tribunale.
  Dei complessivi 1.398 uffici di primo grado esistenti prima della riforma (166 tribunali, 166 procure, 220 sezioni distaccate, 846 uffici del giudice di pace, di cui 842 uffici autonomi e 4 sedi distaccate) 946 sono stati soppressi (30 tribunali, 30 procure, 220 sezioni distaccate e 666 uffici del giudice di pace, corrispondenti al 68 per cento del totale).
  Per le sezioni distaccate insulari di Ischia, Lipari e Portoferraio, il citato decreto legislativo n. 140 del 2014 ha disposto il temporaneo ripristino del relativo funzionamento nei termini fissati dal decreto ministeriale attuativo dell'8 maggio 2014.
  In conformità ai limiti previsti dalla delega, nessun ufficio di secondo grado è stato interessato dalla riforma, se non limitatamente all'attribuzione di interi circondari (distretto di Potenza, cui è stato attribuito il circondario di Sala Consilina, aggregato a quello di Lagonegro) o di porzioni di territorio (distretto di Trieste, cui è stato attribuito, mediante aggregazione al circondario di Udine, il territorio della ex sezione distaccata di Portogruaro).
  Allo stato quindi gli uffici di secondo grado sono 58, di cui 26 corti di appello, 3 sezioni distaccate di corte d'appello, 26 procure generali presso le corti d'appello e tre procure generali presso le sezioni distaccate di corti d'appello.
  Presso ogni sede di corte d'appello o sezione distaccata di corte d'appello sono altresì previsti il tribunale per i minorenni e la relativa procura della Repubblica, nonché il tribunale di sorveglianza.
  Per quanto concerne gli uffici del giudice di pace, lo stesso decreto legislativo n. 156 del 2012 prevedeva all'articolo 3 la facoltà per gli enti locali interessati di chiedere il mantenimento del presidio giudiziario, assumendo a proprio carico le spese di funzionamento e di erogazione del servizio giustizia, con la sola esclusione di quelle inerenti al personale di magistratura.
  Per effetto delle determinazioni assunte in attuazione della predetta disposizione, sono state accolte le istanze mantenimento con oneri a carico degli enti locali per 199 Pag. 22uffici del giudice di pace, che si aggiungono ai 180 uffici rimasti a totale carico dell'amministrazione, individuati dal citato decreto.
  Pertanto, proprio dagli elementi valutativi scaturiti dalla prima applicazione della normativa, come è noto, si è pervenuti alla determinazione della revisione della situazione degli uffici del giudice di pace di Barra e Ostia, rispettivamente ripristinati a seguito della conversione, con modificazioni, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, nella legge 10 novembre 2014, n. 162.
  Da un totale di 846 uffici esistenti, precedentemente alla riforma della geografia giudiziaria, si è quindi arrivati ad un totale di 381 uffici in funzione, con la soppressione di ben 465 sedi.
  Occorre rilevare che le determinazioni relative alla riforma della geografia giudiziaria contenute nei decreti delegati attuativi sono state adottate nel pieno rispetto dei principi e criteri direttivi statuiti dal Parlamento con l'approvazione della legge delega n. 148 del 2011.
  Va inoltre ricordato come l'adeguatezza delle scelte generalmente operate con il decreto legislativo n. 155 del 2012 sia stata in più occasioni vagliata positivamente dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 237 del 2013 e, in particolare, nell'ordinanza n. 15 del 2014.
  Gli effetti positivi della riforma della geografia giudiziaria, attesi innanzitutto sotto il profilo del recupero di efficienza degli uffici giudiziari interessati, ma anche in relazione all'aspetto del risparmio di spesa, sono stati in parte già oggetto di riscontro nella relazione di monitoraggio depositata lo scorso giugno 2014, a cui integralmente si rinvia.
  Va ricordato, peraltro, che, proprio a seguito di tale relazione, il Ministro ha disposto l'avvio di un'attività di verifica capillare, focalizzata all'individuazione degli effetti sugli uffici in termini di risparmio di spesa e di accrescimento di efficienza organizzativa.
  È evidente, però, che solo il decorso di un congruo lasso di tempo permetterà di acquisire dati completi e fruibili ai fini di una compiuta valutazione, anche in direzione di eventuali ed efficaci correttivi, dovendosi in tal senso segnalare che la revisione territoriale degli uffici del giudice di pace è ancora in corso di entrata a regime.
  Non si esclude, pertanto, la rivalutazione delle situazioni di obiettiva criticità che dovessero risultare confermate all'esito del processo di monitoraggio attualmente in corso, attraverso un'eventuale percorso normativo di revisione dei criteri. In questa prospettiva, le sollecitazioni degli interpellanti, in ordine alla possibilità di un superamento della cosiddetta «regola del tre», costituiranno certamente un prezioso contributo di riflessione, su cui, appunto, il Ministero lavorerà una volta terminato questo monitoraggio che ho cercato di illustrare.

  PRESIDENTE. L'onorevole Valiante ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  SIMONE VALIANTE. Grazie, Presidente. Io mi ritengo almeno parzialmente soddisfatto e – devo dire – apprezzo molto finalmente le aperture che abbiamo visto su questo aspetto della riforma da parte del Governo nelle parole del sottosegretario Ferri, che d'altronde conosco come persona molto attenta e sensibile a questa materia.
  Mi auguro che effettivamente queste aperture possano trovare un seguito, perché noi chiediamo soltanto che questa famosa «regola del tre», cioè dei tre tribunali per ogni corte di appello, diventi una regola flessibile che, proprio in questa fase di valutazione di eventuali correttivi, tenga conto delle difficoltà che ha determinato in alcuni territori.
  Sottosegretario, io le vorrei ricordare in alcuni casi il sovraccarico di strutture accorpanti, che qualche volta non sono neanche strutture idonee dal punto di vista delle normative antisismiche. Io più volte ho evidenziato le questioni e i problemi notevoli che riguardano, per esempio, il tribunale di Lagonegro, dove in questo momento tra l'altro, a parte questi Pag. 23aspetti, ci sono giudici onorari che sostituiscono anche giudici togati in alcune funzioni. Le tabelle della corte d'appello di Potenza sono state, come è noto, più volte bocciate. Abbiamo sedi accorpate, tra l'altro con carceri pure nuovissime, che hanno perso la sede di tribunale. Penso non solo a Sala Consilina, ma, guardando anche ad un'altra parte dell'Italia, a Tolmezzo, con costi che aumentano da questo punto di vista. Pensiamo ai costi di trasferimento dei detenuti per lo svolgimento delle udienze.
  Quindi, io credo che una valutazione attenta di questa riforma, che non tenga conto di nessun condizionamento di sorta, possa portare a quello che lei diceva, cioè ad un'apertura effettiva rispetto alle cose che possono essere sicuramente migliorate nell'interesse di una corretta amministrazione della giustizia e, quindi, dei cittadini.

(Iniziative, anche normative, volte ad evitare la cancellazione da parte dei prefetti della trascrizione di atti di matrimonio, contratti all'estero fra persone dello stesso sesso, in relazione ad una circolare del Ministro dell'interno – n. 2-00794)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Locatelli n. 2-00794, concernente iniziative, anche normative, volte ad evitare la cancellazione da parte dei prefetti della trascrizione di atti di matrimonio, contratti all'estero fra persone dello stesso sesso, in relazione ad una circolare del Ministro dell'interno (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Locatelli se intenda illustrare la sua interpellanza, per quindici minuti, o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  PIA ELDA LOCATELLI. Grazie, Presidente, userò molti meno minuti. Poche parole per illustrare il contenuto di questa interpellanza urgente, che è stata sottoscritta da oltre trenta colleghi e colleghe. Con essa, appunto, chiediamo al Governo se non ritenga di intervenire per porre fine ad una situazione di illegittimità e che venga ripristinato il rispetto delle prerogative costituzionalmente riservate alla magistratura.
  I fatti sono chiari, sono conosciuti. I sindaci di alcuni comuni italiani, tra i quali Roma, Livorno, Milano, Bologna e Udine, nelle scorse settimane hanno disposto la trascrizione nei registri dello stato civile di atti di matrimonio celebrati all'estero tra persone dello stesso sesso.
  Il Ministro dell'interno, con propria circolare, ha disposto che i prefetti invitino i sindaci che hanno proceduto a trascrivere i matrimoni contratti all'estero tra persone dello stesso sesso a cancellarli e, in caso non vi procedano, ad attivarsi, anche in via sostitutiva, per la cancellazione, d'ufficio, delle trascrizioni.
  I sindaci di alcuni comuni, però, hanno continuato a trascrivere i matrimoni contratti all'estero, anche successivamente all'adozione della circolare ministeriale. Ma le cose sono andate diversamente ad Udine, dove il prefetto, nominato un commissario ad acta, ha proceduto ad annotare nel registro dello stato civile di Udine, a margine della trascrizione di un matrimonio celebrato tra due donne in Sudafrica, la cancellazione da lui disposta d'ufficio.
  A seguito di questo intervento di cancellazione della trascrizione, è stata interpellata la procura di Udine, per verificare l'eventuale sussistenza di profili di responsabilità penale in capo ai soggetti attori dell'intervento di cancellazione della trascrizione. La procura di Udine ha emesso un provvedimento di richiesta di archiviazione, escludendo la violazione di norme penali per mancanza dell'elemento soggettivo, quindi, per mancanza del solo dolo, ma nel merito che ci interessa ha, invece, esplicitamente riconosciuto che il prefetto non ha e non aveva compiti sostanzialmente abrogativi, né poteri di cancellazione che spettano ex lege all'autorità giudiziaria. È una posizione chiarissima che avrebbe dovuto indurre il blocco delle cancellazioni di atti trascritti da parte dei sindaci e dei prefetti. Invece, i prefetti di Udine, Bologna, Pordenone ed Empoli, e forse altri, non sappiamo, hanno proceduto Pag. 24ad annotare nei registri dello stato civile, a margine delle trascrizioni dei matrimoni tra persone dello stesso sesso effettuate, l'annullamento d'ufficio.
  Noi riteniamo che i prefetti, su ordine, diciamo, di dubbia legittimità del Ministro dell'interno, stiano continuando ad esercitare una funzione che è riservata chiaramente ed esclusivamente alla magistratura.
  Riteniamo pure che questa sia una questione fondamentale per un Paese e per una democrazia, nella quale valgono i principi della separazione dei poteri, come ce li ha insegnati Montesquieu secoli fa, secondo il quale l'unica garanzia di fronte al dispotismo risiede nell'equilibrio costituzionale di cui godono i Paesi i cui poteri legislativo, esecutivo e giudiziario sono nettamente separati, distinti e capaci di controllarsi a vicenda. Nel caso che stiamo discutendo si è verificato che il potere esecutivo si è sovrapposto e ha di fatto invaso il campo del potere della magistratura e chiediamo, quindi, al Governo se non ritenga opportuno intervenire e urgentemente assumere le opportune iniziative, anche di carattere normativo, per far cessare questa situazione di illegittimità.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Cosimo Maria Ferri, ha facoltà di rispondere.

  COSIMO MARIA FERRI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Grazie Presidente, mi rivolgo a lei e agli onorevoli deputati. Nell'interpellanza all'ordine del giorno, l'onorevole Locatelli ed altri deputati, propugnano l'illegittimità dei provvedimenti prefettizi di annullamento d'ufficio della trascrizione dei matrimoni celebrati all'estero tra persone dello stesso sesso, nonché della circolare in data 7 ottobre scorso con cui il Ministro dell'interno ha dato indicazioni ai prefetti sull'esercizio del relativo potere.
  Gli interpellanti basano tale orientamento sull'assunto che la cancellazione degli atti indebitamente trascritti nei registri di stato civile sia una funzione riservata esclusivamente all'autorità giudiziaria e non all'autorità amministrativa. A sostegno della loro posizione, come ha illustrato l'onorevole Locatelli, si cita la richiesta di archiviazione avanzata dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Udine nei confronti del prefetto di Udine, nella quale l'organo inquirente – pur riconoscendo l'insussistenza dell'elemento soggettivo dei reati ipotizzati a carico del prefetto – ha ritenuto non conforme alla legge l'annullamento in via gerarchica, da costui disposto, delle trascrizioni di matrimoni same sex celebrati all'estero.
  Devo immediatamente precisare che tale richiesta di archiviazione non può, ovviamente, in alcun modo fare stato, intanto perché né essa né l'eventuale provvedimento di archiviazione del GIP sono idonei ad acquisire autorità di cosa giudicata dal punto di vista tecnico e del nostro ordinamento; poi perché si tratta di un atto posto in essere da un organo che comunque non ha giurisdizione in questa materia, e, per di più, è un atto che viene formato in assenza del necessario contraddittorio.
  Venendo, però, al merito della questione, rilevo come la normativa vigente attribuisca inequivocabilmente la funzione di stato civile alla competenza dello Stato. È questo il punto: la normativa attuale prevede che le funzioni di stato civile vengano svolte dallo Stato, che esercita questa competenza in ambito territoriale attraverso il sindaco quale ufficiale di Governo, e quindi come organo di amministrazione indiretta dello Stato medesimo.
  In tale veste, il sindaco è tenuto, ai sensi dell'articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica n. 396 del 2000, «(...) ad uniformarsi alle istruzioni che vengono impartite dal Ministero dell'interno» nella sua qualità di organo avente la titolarità primaria della materia. Parimenti sintomatico dell'assenza di un'autonoma sfera di competenza del sindaco rispetto ai servizi di competenza statale è il comma successivo della medesima disposizione, Pag. 25a mente del quale «la vigilanza sugli uffici dello stato civile spetta al prefetto».
  In una relazione del tipo di quella appena evidenziata, risulta quindi del tutto appropriato l'esercizio da parte del prefetto del potere di annullamento, che è tipica manifestazione di una sovraordinazione gerarchica e concreta un rimedio di ordine amministrativo, impregiudicata la possibilità di ricorrere a strumenti di ordine giudiziario. Quindi, il prefetto esercita un proprio potere, proprio in virtù delle norme che ho cercato di illustrare, e non esiste, invece, una via giudiziaria.
  Al contrario, sarebbe contrastante con la natura statale della funzione di stato civile e con la sua titolarità in capo al Ministero dell'interno prescrivere che quest'ultimo – e per esso il prefetto – debba rivolgersi all'autorità giudiziaria, al pari di un qualunque terzo interessato, per rimuovere gli effetti di atti posti in essere in violazione di una sua precisa direttiva da parte di chi, come il sindaco, si trova in posizione di subordinazione.
  Del resto, relativamente alle analoghe fattispecie inerenti all'adozione di provvedimenti di annullamento disposti dai prefetti nei confronti di ordinanze sindacali di sicurezza urbana, è stata affermata, anche da parte di autorevole giurisprudenza del Consiglio di Stato – cito, in particolare, la sentenza n. 3076 del 2008 –, la piena legittimità dell'intervento del prefetto, proprio in ragione della pertinenza statale della materia.
  In coerenza con queste specifiche competenze e con il loro articolato esercizio, il Ministro dell'interno, con la circolare del 7 ottobre scorso, ha sensibilizzato, quindi, i prefetti a rivolgere un formale invito ai sindaci sia al ritiro di eventuali direttive emanate in materia di trascrizione dei matrimoni di persone dello stesso sesso celebrati all'estero, sia alla cancellazione delle conseguenti trascrizioni, qualora effettuate, proprio perché in contrasto con la nostra normativa statale interna, e, quindi, non solo con la norma primaria, ma anche con le circolari.
  Alla luce delle argomentazioni appena esposte, ritengo che, allo stato, non sussistano i presupposti né per il ritiro della predetta circolare ministeriale, né per la cessazione dell'esercizio dei poteri di annullamento dei prefetti. Comunico, inoltre, che non rientra nei programmi del Governo l'adozione di alcuna iniziativa normativa nel senso indicato dagli onorevoli interpellanti. Ringrazio per l'attenzione.

  PRESIDENTE. L'onorevole Locatelli ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza, per dieci minuti.

  PIA ELDA LOCATELLI. Signor Presidente, chiaramente non posso dire essere soddisfatta per la risposta ricevuta dal sottosegretario quando parla di potere del prefetto di vigilanza degli uffici dello stato civile, appunto affidati al prefetto.
  Ci sono due ordini di questioni, la prima che è più strettamente legata al merito dell'interpellanza, la seconda questione, che mi permetto di affrontare, proprio nel merito della faccenda, riguarda la trascrivibilità dei matrimoni same sex contratti all'estero.
  Lei dice che il potere di vigilanza degli uffici dello stato civile è affidato al prefetto. D'accordo, ma un conto è il potere di vigilanza e un conto è il potere di cancellazione, perché non esiste un potere del prefetto di cancellazione dei matrimoni same sex celebrati all'estero. Lo dice l'articolo 95 del decreto del Presidente della Repubblica n. 396 (Regolamento per la revisione e la semplificazione dell'ordinamento dello stato civile), che dice molto chiaramente: Chi intende promuovere la rettificazione di un atto dello stato civile o la cancellazione di un atto anche indebitamente registrato deve proporre ricorso al tribunale.
  Anche l'articolo 100 stabilisce che: «I tribunali della Repubblica sono competenti a disporre le rettificazioni e le correzioni di cui ai precedenti articoli anche per gli atti dello stato civile ricevuti da autorità straniere, trascritti in Italia ed a provvedere per la cancellazione di quelli indebitamente trascritti (...)».Pag. 26
  Noi diciamo, quindi, che i prefetti non hanno poteri abrogativi, che spettano all'autorità giudiziaria ordinaria. Ed è per questo che noi sosteniamo che la circolare ministeriale non è corretta sotto il profilo giuridico, perché va a ledere prerogative e compiti propri dell'autorità giudiziaria ordinaria medesima. Ed è per questo che noi consideriamo inefficace questa circolare. Secondo noi il Ministro non poteva non conoscere e ci siamo chiesti: ma perché il Ministro ha emesso questa circolare essendo così chiaro l'articolo 95 del decreto del Presidente della Repubblica n. 396 ? Allora abbiamo pensato, chiaramente è un pensiero, che fosse un po’ una mossa mediatica, di grande impatto mediatico, non siamo riusciti a trovare un'altra spiegazione. Questo per quanto riguarda il Ministro.
  Invece, i prefetti non hanno considerato questa circolare inefficace e l'hanno applicata. Evidentemente, i prefetti non hanno considerato inefficace questa circolare, giustificando la propria condotta sulla base del contenuto dell'articolo 21-nonies della legge n. 241 del 1990 che stabilisce che: Il provvedimento amministrativo – sottolineo provvedimento amministrativo, per poi richiamarlo – illegittimo può essere annullato d'ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole. Il problema è che la trascrizione operata dall'ufficiale di stato civile non è un atto amministrativo, ma è un atto pubblico formale con effetto dichiarativo e di certificazione, in quanto la trascrizione di un matrimonio non ha natura costitutiva, ma meramente certificativa e di pubblicità. Quindi, la nostra conclusione è che non vi è alcuna possibilità salvifica sul contenuto giuridico della circolare del Ministro. Questo per quanto riguarda proprio il tema dell'interpellanza.
  Mi permetto di aggiungere alcune altre riflessioni che sono alla base di questa nostra interpellanza. Mi riferisco alla trascrivibilità dei matrimoni da parte dei sindaci. Prima di tutto non va confuso il piano giuridico della legittimazione a contrarre matrimonio tra due persone dello stesso sesso in Italia e quello della trascrivibilità. Sono due piani completamente diversi perché, se si confondono, è quasi come se la prima questione fosse un presupposto logico della seconda ed i due livelli sostanzialmente si influenzassero o si equivalessero. No, non vogliamo dire questo.
  Sono due piani completamente diversi e, se non è possibile, come per ora non è possibile, contrarre matrimonio in Italia tra due persone dello stesso sesso, si potrebbe allora erroneamente pensare – ripeto «erroneamente» – che tale matrimonio, anche quando validamente contratto all'estero, non possa essere trascritto nei registri di stato civile. Ma, così facendo, si dimentica quale sia la funzione del registro dello stato civile italiano, che è esclusivamente – lo ripeto ancora una volta – certificativa, pubblicitaria e probatoria.
  Quali sono le condizioni per potere trascrivere un atto di matrimonio nei registri dello stato civile ? La non contrarietà all'ordine pubblico, questa è una prima condizione e non è l'unica. Allora l'unico requisito richiesto in materia di stato civile è, appunto, quello generale, previsto per qualsiasi atto, ovvero quello dell'articolo 18 del decreto del Presidente della Repubblica n. 396 del 2000, che dice che gli atti formati all'estero non possono essere trascritti se sono contrari all'ordine pubblico. Ma, prima ancora di vedere il merito, ovvero la contrarietà all'ordine pubblico, bisogna fare un'altra precisazione, che è quella di valutare l'ordine pubblico inteso come ordine pubblico internazionale.
  Perché ? Il perché ce lo dice la sentenza n. 19405 del 2013 della Corte suprema, chiarendo come ordine pubblico internazionale non sia la proiezione esterna dei principi generali dell'ordinamento interno italiano, ma la sintesi dei principi fondamentali caratterizzanti il nostro ordinamento giuridico, che è inserito in un sistema plurale di fonti, rispetto alle quali non si può ignorare la sinergia che proviene dalle interazioni delle fonti sovranazionali con quelle nazionali e, segnatamente, Pag. 27la Carta di Nizza e la CEDU, che sono parti integranti del nostro ordinamento, ai sensi degli articoli 10, 11 e 117 della Costituzione. Di ciò, ovviamente, la Corte di cassazione ha preso atto attraverso una sentenza, la n. 4184 del 2012, con la quale ha affermato l'intrascrivibilità di tale atto, cioè del matrimonio same sex all'estero, che dipende, non già dalla sua contrarietà all'ordine pubblico – fatto superato – ma da una sola altra ragione, che è l'inidoneità del matrimonio tra persone dello stesso sesso a produrre effetti giuridici nel sistema italiano. Quindi, viene posto un nuovo requisito, superato quello dell'ordine pubblico internazionale.
  Però, è vero che il matrimonio tra persone dello stesso sesso non è idoneo a produrre gli effetti giuridici disciplinati dal codice civile italiano, ma non è altrettanto vero che esso non è idoneo a produrre effetti giuridici in assoluto, perché c’è una sorta di inefficacia relativa. Perché si tratta di inefficacia parziale e non totale ? Voglio dare due esempi di altri effetti giuridici. Primo esempio. Il matrimonio celebrato tra persone dello stesso sesso produce effetti anche in Italia, quando uno dei due coniugi non è cittadino dell'Unione europea, perché consente l'ottenimento del ricongiungimento familiare, facendo applicazione in Italia della direttiva 2003/86/CE. E questo è un effetto giuridico. Ma poi c’è anche un altro effetto giuridico, che possiamo considerare uno fra gli altri e non è l'unico.

  PRESIDENTE. Deve avviarsi alla conclusione, onorevole Locatelli.

  PIA ELDA LOCATELLI. Sì, sto per finire. Si riferisce alla funzione pubblicitaria dei registri di stato civile. E parliamo dell'ipotesi di bigamia.
  La trascrizione dell'atto di matrimonio è idonea a prevenire la situazione distorta e illegittima in base alla quale un soggetto, già coniugato con una persona dello stesso sesso in un Paese dove ciò è possibile, contragga matrimonio, in un secondo momento, con una persona di sesso diverso in Italia. Questi sono due esempi.
  Quindi, riassumendo, noi diciamo che l'atto di matrimonio tra persone dello stesso sesso, contratto all'estero, può essere trascritto in Italia, perché non è contrario all'ordine pubblico e può produrre alcuni effetti.
  Ancora una frase soltanto, Presidente...

  PRESIDENTE. Ma una, onorevole...

  PIA ELDA LOCATELLI. Una frase: cogliamo l'occasione di questa discussione per affermare ancora una volta che c’è bisogno in Italia di una legge che regoli le unioni tra persone dello stesso sesso per evitare che siano ancora una volta i tribunali ad intervenire con sentenza, svolgendo un ruolo di supplenza e così facendo in modo che, anche in questo caso, ci sia una sovrapposizione di poteri che non ci piace comunque (Applausi della deputata Schirò).

(Iniziative di competenza volte alla riduzione dei voli in transito all'aeroporto Roma-Ciampino, al fine di tutelare la salute dei residenti nelle aree prossime al sedime aeroportuale – n. 2-00780)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Zaratti e Scotto n. 2-00780, concernente iniziative di competenza volte alla riduzione dei voli in transito all'aeroporto Roma-Ciampino, al fine di tutelare la salute dei residenti nelle aree prossime al sedime aeroportuale (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Zaratti se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  FILIBERTO ZARATTI. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, colleghi, questa interpellanza è centrata sulla questione del nuovo piano dei trasporti e del nuovo piano degli aeroporti che è stato presentato dal Ministro Lupi qualche tempo fa. Il piano nazionale appunto classifica l'aeroporto Pastine di Ciampino scalo di interesse nazionale.Pag. 28
  È opportuno ricordare che intorno a questo aeroporto c’è stata una grande discussione e una grande polemica negli anni passati. L'aeroporto è situato all'interno del centro abitato di Ciampino, una città di 40 mila abitanti, a ridosso della parte periferica sud della città di Roma e a ridosso anche dell'altro centro abitato di Marino. È evidente che per quanto riguarda la compatibilità ambientale dell'esistenza di questo aeroporto nei confronti della popolazione lì residente si tratta di una coabitazione assolutamente difficile.
  D'altro canto, è stato dimostrato ormai da studi scientifici, commissionati dalla regione Lazio, dall'ARPA Lazio, studi dal punto di vista della rilevazione dell'inquinamento acustico di questo aeroporto, ed è stato dimostrato anche da studi epidemiologici chiamati Sera e Samba, sempre commissionati dalla regione Lazio e dall'ARPA stessa, che l'incidenza del rumore sulla salute dei cittadini è un'incidenza assolutamente non tollerabile. Da questo punto di vista, valgono i dati scientifici rilevati dal sistema Cristal, che ha posto una serie di centraline a ridosso dell'abitato del comune di Ciampino, del comune di Roma e del comune di Marino per rilevare la quantità di decibel che il traffico aereo causa in quella zona.
  Recentemente Aeroporti di Roma, che è il gestore dello scalo Pastine di Ciampino, ha presentato ai comuni di Ciampino, Marino e Roma un piano di interventi di contenimento e di abbattimento del rumore derivante dal traffico di origine aeronautica, ai sensi del decreto ministeriale del 29 novembre 2000, attuativo della legge quadro sull'inquinamento acustico del 1995. I consigli comunali dei tre comuni citati hanno ritenuto detto piano non idoneo a contenere l'inquinamento acustico, tenendo conto soprattutto della valutazione di ARPA Lazio.
  Questi elementi, questi dati scientifici incontrovertibili dimostrano come una parte consistente della popolazione è esposta a un livello intollerabile di inquinamento acustico. Dico intollerabile non soltanto dal punto di vista della valutazione del buon senso, ma intollerabile in relazione alla normativa europea e nazionale, che deve tutelare i cittadini dall'inquinamento acustico e dall'eccesso di rumore derivato dal traffico aeroportuale. Si tratta di dati scientifici incontrovertibili.
  Infatti, fino a qualche tempo fa, una delle contestazioni che venivano fatte da Aeroporti di Roma, gestore dell'aeroporto di Ciampino, ed anche dagli operatori economici che gestiscono il traffico aereo su quello scalo era appunto che mancavano le evidenze scientifiche.
  Ora le evidenze scientifiche, grazie a questi studi che ho citato, sono a disposizione di tutti e, tra le altre cose, il sottosegretario Velo avrà potuto notare che sono anche evidenziate, diciamo così, nell'interpellanza urgente che noi abbiamo presentato. Ecco, queste evidenze scientifiche ci dicono che in quello scalo, appunto, l'inquinamento acustico è ben al di sopra di quelle che sono le tollerabilità previste dalla legge.
  Allora diventa assolutamente bizzarro il fatto che il Ministro Lupi inserisca questo aeroporto e lo classifichi come di interesse nazionale.
  Io penso invece e noi crediamo che sarebbe stato opportuno cercare di far rientrare l'aeroporto di Ciampino all'interno dei limiti previsti dalla normativa europea ed italiana per quanto riguarda l'inquinamento acustico e quindi arrivare ad una riduzione del traffico aereo su quell'aeroporto, perché soltanto in questo modo si può garantire la tutela della salute dei cittadini. Ripeto: non siamo qui a fare un ragionamento per quanto riguarda il buonsenso in relazione ad un eccesso di rumore denunciato soggettivamente dai cittadini stessi, ma siamo qui a ragionare in base a dei dati che sono scientificamente provati, a dei limiti posti dalla legge nazionale, a dei limiti imposti dalle direttive europee e non si capisce per quale ragione non si dia atto a questa situazione ed il Governo non prenda le necessarie misure per tutelare la salute dei cittadini.
  Non soltanto questo, ma addirittura il piano del Ministro Lupi prevede l'espansione del traffico aereo su questo scalo, Pag. 29quindi mettendo ancora più a rischio la salute dei cittadini e delle cittadine delle zone interessate.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, Silvia Velo, ha facoltà di rispondere.

  SILVIA VELO, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, Il Piano nazionale degli aeroporti richiama gli obiettivi che la Commissione europea ha indicato agli Stati membri in materia ambientale tra i quali, oltre alla riduzione significativa delle emissioni di gas serra, vi è appunto quella della riduzione degli impatti del rumore.
  L'inserimento di Ciampino nel gruppo degli aeroporti di interesse nazionale di cui al suddetto piano è giustificato dal volume di traffico commerciale attualmente presente in loco, che raggiunge quasi cinque milioni di passeggeri l'anno, classificandolo nono per tale importanza.
  Il DPCM del 21 dicembre 2012 ha approvato l'Atto unico costituito dalla Convenzione per la gestione totale fino al 30 giugno 2044 del sistema aeroportuale romano e dal contratto di programma in deroga relativo al periodo 2012-2021, stipulato tra ENAC e Aeroporti di Roma.
  Il suddetto DPCM riporta nelle premesse che «la delocalizzazione del traffico aereo dall'aeroporto di Ciampino potrà essere attuata verso l'aeroporto di Fiumicino con il potenziamento delle capacità infrastrutturali dello stesso»: in coerenza con tale scenario il contratto prevede la trasformazione dell'aeroporto di Ciampino in «city airport».
  Tale modifica comporterà uno studio di impatto ambientale ed il piano di investimenti ad esso riservato mira a tale trasformazione e riqualificazione. Esso accoglierà prevalentemente la clientela di tipo business, ponendo particolare attenzione all'attività relativa all'aviazione generale, ai voli privati, ai voli di Stato, umanitari, di protezione civile ed a quella inerente al trasporto delle merci dei corrieri.
  La riconversione è funzionale all'obiettivo di produrre un minore impatto acustico e, più in generale, un minore impatto ambientale, tenuto conto che per le finalità suddette si utilizzano aeromobili di minori dimensioni rispetto alle attuali, tutelando nel contempo l'indotto occupazionale.
  Sotto il profilo delle azioni intraprese e da intraprendere, la Commissione Aeroportuale citata nell'interpellanza ha definito le procedure antirumore, adottate con ordinanza del Direttore dell'aeroporto, nonché le curve isofoniche, necessarie per definire la caratterizzazione acustica dell'intorno aeroportuale.
  Attraverso gli studi di zonizzazione acustica dello scalo è stato possibile individuare gli interventi necessari per la mitigazione del rumore aeroportuale. Con l'ordinanza del 9 luglio 2007 l'ENAC ha ridotto il numero massimo di movimenti commerciali da effettuarsi nello scalo da 138 a 100, stabilendo la chiusura anticipata alle ore 23,30, anziché alle ore 24,00. Con apposita conferenza dei servizi del 1o luglio 2010 è stata approvata l'impronta acustica dello scalo e l'ipotesi di zonizzazione acustica dell'intorno aeroportuale onde consentire al gestore Aeroporti di Roma di elaborare i piani di risanamento acustico e valutare eventuali restrizioni operative da applicare all'aeroporto.
  Anche il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con nota del 29 febbraio 2012, inviata alla società «Aeroporti di Roma», ha richiamato i doveri del gestore riguardo all'individuazione delle aree critiche ove risultino superati i limiti di rumore previsti dalla normativa vigente. La suddetta società, in data 3 dicembre 2013, ha comunicato all'ENAC di aver provveduto a trasmettere ai soggetti competenti il piano di contenimento ed abbattimento del rumore, in ottemperanza a quanto disposto dall'articolo 2.2, comma 2, dello stesso DM. Al riguardo, è stata adottata in via sperimentale una nuova procedura di decollo atta ad ottenere un'impronta acustica effettiva coerente con quanto approvato nella conferenza Pag. 30dei servizi, che ha portato all'approvazione della zonizzazione acustica.
  I risultati di questa sperimentazione sono tuttora in fase di analisi e verifica da parte della commissione aeroportuale al fine di valutare se il suddetto obiettivo sia stato raggiunto. A testimonianza della costante attenzione al problema, si rappresenta, infine, che, nell'ambito della commissione aeroportuale, è stato creato un sottogruppo tecnico, dalle cui riunioni risulta una costante attività di monitoraggio sul rispetto della procedura di decollo, anche con l'emanazione di provvedimenti sanzionatori da parte dell'ENAC per mancato rispetto della procedura stessa. Non si escludono ulteriori variazioni sulle procedure di atterraggio e di decollo nonché delle attività a terra, al fine di migliorare la situazione acustica esistente.

  PRESIDENTE. L'onorevole Zaratti ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  FILIBERTO ZARATTI. Grazie Presidente, devo dire che sarei soddisfatto della risposta se tutte le cose che il sottosegretario Velo ci ha detto fossero concrete, fossero realizzate, cioè, quindi, la trasformazione dell'aeroporto di Ciampino da aeroporto a city airport; se ci fosse la riduzione drastica dei voli presenti in quell'aeroporto e se, appunto, questi voli non superassero il numero dei sessanta giornalieri, così come evidenziato dallo studio dell'ARPA Lazio che ha posto questo limite come limite tollerabile dal punto di vista sanitario per i cittadini che sono sottoposti a inquinamento acustico dell'aeroporto «Pastine». Se fossero realizzate le cose che ha detto il sottosegretario, non ci sarebbe problema, non ci sarebbe stata neanche la necessità di questa interpellanza. Purtroppo, la situazione non è così. La situazione è che i voli sono presenti su quell'aeroporto in modo eccessivo e ogni volo comporta una quantità di decibel che sommati non sono tollerabili da parte dei cittadini.
  Ripeto che questa affermazione è sostenuta da tanti studi appunto di rilevazione del rumore da parte del sistema Cristal dell'ARPA Lazio, da studi epidemiologici come il Sera e il Samba che dimostrano che il rumore causa danni sanitari significativi alle popolazioni esposte. E io credo che non sia più tollerabile il fatto che il Governo ci venga a dire che è prevista appunto la trasformazione, il calo del numero dei voli e via dicendo, quando, in realtà, è necessario farla ora la riduzione dei voli, è necessaria farla in questo momento. Infatti, noi non possiamo più pensare che decine di migliaia di persone siano sottoposte a questo danno sanitario di fatto programmato da parte del Governo. E non possiamo tollerare il fatto che questo aeroporto, che dovrebbe, secondo quello che ci ha detto il sottosegretario, essere trasformato in city airport con soltanto quindi voli di Stato, i business e quant'altro, viene poi definito dal Ministro Lupi di interesse nazionale per il bacino del centro Italia.
  È evidente, è palese la contraddizione nelle cose che sono state dette qui oggi: un aeroporto di interesse nazionale, perché ha un volume di circa 5 milioni di passeggeri l'anno e, contemporaneamente, il fatto che debba essere trasformato in city airport. È evidente che sono due programmazioni completamente diverse, totalmente diverse e, di fatto, quella che viene realizzata è quella, appunto, di continuare ad espandere il numero dei voli su quell'aeroporto, che è sostanzialmente inadatto ad ospitare un traffico aereo di quella portata.
  Io voglio ricordare che, in tutta Europa, gli aeroporti che gestiscono il traffico low cost si trovano a 70-80 chilometri dalla capitale, non si trovano all'interno delle città: questo è vero a Londra, è vero a Parigi, è vero a Bruxelles, è vero ad Oslo. Non si capisce per quale ragione a Roma l'aeroporto che sostiene gran parte degli operatori che realizzano il low cost debbano stare all'interno, sostanzialmente, del tessuto urbano della città.
  Questa è una contraddizione, caro sottosegretario, palese: tra quello che lei ha affermato nella sua risposta e, contemporaneamente, quello che sta accadendo. Del Pag. 31resto, lei stessa ha detto all'inizio della risposta che è un aeroporto definito di interesse nazionale perché ha 5 milioni di passeggeri e, contemporaneamente, poi, ci è venuta a dire che la programmazione prevede la trasformazione di questi aeroporti in city airport.
  È del tutto evidente che le due cose non possono stare insieme. Allora, o il Governo non sa cosa fa o, meglio, il Ministero dell'ambiente dice una cosa e il Ministero dei trasporti ne fa un'altra, oppure con questa manfrina – chiamiamola così – continua ad andare avanti questa ignobile ingiustizia, che espone migliaia e migliaia di cittadini, di uomini, di donne e di bambini a un danno sanitario irreversibile, in base a quale principio non si riesce a comprendere.
  Per questo, io sono totalmente insoddisfatto della risposta, fatta ancora una volta di parole, di chiacchiere, di programmazioni che non vengono attuate, di una programmazione che dice una cosa e di un'altra programmazione che dice il contrario della stessa cosa. Io penso che questo Paese abbia bisogno di chiarezza, abbia bisogno di vedere tutelati i diritti delle persone, i diritti alla salute, il diritto al lavoro, i diritti fondamentali di ogni essere umano. E credo che anche questa vicenda dimostri che il Governo, purtroppo, i nostri diritti non li tutela.

  PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.
  Colleghi, farò una sospensione tecnica di cui ha necessità il Presidente. Sospendo, quindi, la seduta, che riprenderà tra cinque minuti.

  La seduta, sospesa alle 12,10, è ripresa alle 12,15.

Sui lavori dell'Assemblea.

  PRESIDENTE. La seduta è ripresa.
  L'ordine del giorno prevede che lo svolgimento della discussione sulle linee generali della proposta di legge in materia di responsabilità civile dei magistrati abbia inizio alle 15,30. Essendo però stata raggiunta un'intesa tra tutti i gruppi, lo svolgimento di tale argomento sarà quindi anticipato alle 12,30.
  Quindi, la seduta sarà sospesa, riprenderà alle 12,30 e comunque si concluderà poi alle 13,15 per eventualmente riprendere alle ore 15,30 con il seguito della discussione sulle linee generali.
  Quindi, la seduta è sospesa e riprenderà alle 12,30.

  La seduta, sospesa alle 12,16, è ripresa alle 12,35.

Discussione sulle linee generali della proposta di legge: S. 1070 – D'iniziativa dei senatori: Buemi ed altri: Disciplina della responsabilità civile dei magistrati (Approvata dal Senato) (A.C. 2738) e delle abbinate proposte di legge: Gozi ed altri; Leva ed altri; Brunetta; Cirielli (A.C. 990-1735-1850-2140).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge, già approvata dal Senato, n. 2378 ed abbinate: Disciplina della responsabilità civile dei magistrati, e delle abbinate proposte di legge nn. 990-1735-1850-2140.
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per la discussione sulle linee generali è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta dell'8 gennaio 2015.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 2738)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che la II Commissione (Giustizia) si intende autorizzata a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire, in sostituzione del relatore per la maggioranza, la presidente della Commissione giustizia, onorevole Donatella Ferranti.

Pag. 32

  DONATELLA FERRANTI, Presidente della II Commissione. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'Assemblea oggi si trova ad esaminare una proposta di legge volta a modificare la disciplina della responsabilità civile dei magistrati, disciplinata dalla legge Vassalli, la n. 117 del 1988, che approvata successivamente al referendum del novembre 1987, ha comportato dell'abrogazione della previgente disciplina, disciplina dell'azione per far valere la responsabilità civile dello Stato per i danni causati dalla condotta illecita di un magistrato.
  Più volte ultimamente il Parlamento si è soffermato su questa materia, specie in occasione dell'esame di alcune leggi comunitarie, ma mai si è trovato così vicino all'approvazione finale di un provvedimento che va ad incidere in maniera tanto rilevante sulla disciplina vigente. Il testo all'ordine del giorno infatti è stato già approvato dal Senato, e non è stato modificato dalla Commissione giustizia in sede referente: qualora anche all'esame dell'Assemblea andasse indenne da modifiche, il testo verrebbe approvato definitivamente diventando legge dello Stato.
  Come si è detto, due le esigenze che portano a modificare la legge Vassalli: la prima dettata dalla constatazione di fatto di una scarsa e comunque non efficace applicazione della legge stessa, che induce a ritenere che la sua formulazione determini una sorta di limitazione ingiustificata, anche alla luce dei principi costituzionali, del diritto delle parti ad essere risarciti dei danni ingiustamente subiti a causa dell'esercizio della funzione giurisdizionale. L'altra esigenza è quella di cercare di recepire le indicazioni provenienti dalla Corte di giustizia dell'Unione europea. Si ricorda infatti che il 24 novembre 2011 la Corte di giustizia dell'Unione europea ha deciso su una procedura di infrazione promossa dalla Commissione europea nei confronti dello Stato italiano in merito alla disciplina italiana sulla responsabilità civile del magistrato. In particolare, la Corte ha rilevato che la disciplina italiana sul risarcimento dei danni cagionati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie e sulla responsabilità civile dei magistrati, laddove esclude qualsiasi responsabilità dello Stato per violazione del diritto dell'Unione da parte di un organo giurisdizionale di ultimo grado, qualora tale violazione derivi dall'interpretazione di norme di diritto o dall'abrogazione di fatto di prove effettuate dall'organo giurisdizionale medesimo e laddove limita tale responsabilità ai casi di dolo e colpa grave è in contrasto col principio generale di responsabilità degli Stati membri per la violazione del diritto dell'Unione.
  E nella sentenza 13 giugno 2006, emessa nella causa 173/3 Traghetti del Mediterraneo, pronunciandosi in via pregiudiziale, la Corte di giustizia ha affermato che il diritto comunitaria osta ad una legislazione nazionale che escluda in maniera generale la responsabilità dello Stato membro per i danni arrecati ai singoli a seguito di una violazione del diritto comunitario imputabile ad un organo giurisdizionale di ultimo grado, per il motivo che la violazione controversa risulta da un'interpretazione delle norme giuridiche o da una valutazione dei fatti o delle prove operate da tale organo giurisdizionale. Nella relazione scritta, che depositerò, a cui faccio riferimento, sono riportate anche altre osservazioni derivanti dalle pronunce della Corte europea.
  Il testo oggi in esame mira proprio a sanare l'infrazione sollevata nei confronti dell'Italia. La proposta è composta di sette articoli, che introducono modifiche agli articoli 2, 4, 7, 9, 23 della legge n. 117 del 1988 sulla responsabilità civile dei magistrati. I principi ispiratori, gli elementi principali sono il mantenimento dell'attuale principio della responsabilità indiretta dello Stato, l'azione risarcitoria rimane azionabile nei confronti dello Stato, conformemente ai principi costituzionali; la limitazione della clausola di salvaguardia che esclude la responsabilità del magistrato; la ridefinizione della fattispecie di colpa grave; l'eliminazione del filtro endoprocessuale di ammissibilità della domanda; una più stringente disciplina della rivalsa dello Stato verso il magistrato. Pag. 33Rimando, come dicevo, alla relazione dettagliata per la descrizione dei singoli articoli.
  Ma vorrei, in particolare, anche sostituendo il relatore in relazione all'impegno da egli assunto anche nel corso dei lavori parlamentari, porre l'accento su un punto che la Commissione della Camera ha valutato in maniera particolare non ritenendo di dover apportare modifiche al testo del Senato ma proponendo, proprio perché risulti dai lavori parlamentari, una interpretazione costituzionalmente orientata con riferimento ai nuovi casi di colpa grave e in particolare del travisamento del fatto o delle prove che sono stati punti, come dicevo, che hanno visto un più serrato confronto in Commissione.
  Secondo una tesi, la responsabilità per il travisamento del fatto o delle prove atterrebbe alla fisiologica valutazione del giudice che è propria dell'esercizio della funzione giurisdizionale. Questa ricostruzione non è stata ritenuta fondata, per cui sono stati respinti gli emendamenti soppressivi presentati.
  Considerato che si tratta di una questione estremamente delicata, appare opportuno richiamare anche in questa sede alcuni chiarimenti fatti in Commissione proprio perché rimangano agli atti, e siano anche guida per il lavoro futuro dell'interprete circa l'effettiva intenzione del legislatore nel momento in cui va ad introdurre questa nuova fattispecie di colpa grave. Vorrei porre l'attenzione soprattutto su quanto emerso in Commissione nel corso dell'audizione non solo dell'Associazione Nazionale Magistrati, ma anche dell'Unione delle Camere Penali Italiane. In particolare, ritengo interessante, condivisibile e costruttivo il rilievo secondo il quale le preoccupazioni suscitate dalla nuova ipotesi di travisamento del fatto o delle prove possono essere superate ricorrendo ad un'interpretazione costituzionalmente orientata in base alla quale costituisce travisamento la «affermazione di un fatto la cui esistenza è incontrastabilmente esclusa dagli atti del procedimento» o dalla «negazione di un fatto la cui esistenza risulta incontrastabilmente dagli atti del procedimento», ipotesi peraltro già previste dal vigente articolo 3 comma 2 lettere b) e c) della legge e lasciate intatte nel testo in esame.
  Nella relazione a cui faccio espresso riferimento si precisa che in altri termini, appare necessario chiarire come l'interpretazione costituzionalmente orientata della norma in esame imponga di considerare che l'unico travisamento rilevante ai fini della responsabilità civile del magistrato possa essere quello macroscopico, evidente, che non richiede approfondimento di carattere interpretativo o valutativo. Per questa ragione sono stati respinti anche gli emendamenti che qualificavano come manifesto il travisamento.
  Il travisamento del fatto e delle prove, infatti, coinvolge aspetti tipici dell'attività valutativa, che è connessa ai principi costituzionali di indipendenza e imparzialità del giudice. E, come già affermato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 18 del 1989, la garanzia costituzionale dell'indipendenza del magistrato è diretta a tutelare anzitutto «l'autonomia di valutazione dei fatti e delle prove e l'imparziale interpretazione delle norme di diritto». L'eventualità che l'azione civile possa operare sul giudice come stimolo verso scelte interpretative accomodanti e decisioni meno rischiose in relazione agli interessi in causa, con ricadute negative sull'imparzialità, è, secondo la Corte, impedita in radice proprio escludendo che possa dar luogo a responsabilità l'attività d'interpretazione di norme di diritto e quella di valutazione del fatto e delle prove. Tali parole rendono chiara, oltre ogni dubbio, la centralità che, ai fini della tutela appunto di questi valori costituzionalmente garantiti, assume la salvaguardia della valutazione del fatto e delle prove, alla pari dell'interpretazione del diritto.
  Pertanto, se si vogliono rispettare questi principi costituzionali occorre evitare il travaso della nozione di travisamento in quelle di interpretazione e valutazione. Ove il travisamento si traduca in valutazioni manifestamente abnormi del dato normativo e macroscopici ed evidenti stravolgimenti di quello fattuale, allora non Pag. 34ricorrerà più un'attività definibile come interpretazione o valutazione. Solo allora, tramite questa lettura costituzionalmente orientata, il travisamento potrà legittimamente costituire il presupposto della responsabilità civile, lasciando intatta la clausola di salvaguardia che mira a garantire l'autonomia e l'imparzialità del giudice nell'attività di interpretazione di norme di diritto e in quella di valutazione del fatto e delle prove che poi è garanzia, appunto, di uguaglianza dei cittadini.
  Queste sono le ragioni che hanno portato la Commissione a non sopprimere il travisamento del fatto e delle prove né ad emendare il testo del Senato aggiungendo la parola «manifesta», quale appunto uno dei presupposti della responsabilità civile del magistrato. Per il resto della trattazione e dell'illustrazione mi riporto alla relazione scritta.
  Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia relazione (La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti).

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza, Andrea Colletti.

  ANDREA COLLETTI, Relatore di minoranza. Signor Presidente, nell'attuale panorama di crisi economica del nostro Paese e di sviluppo della corruzione e del malaffare all'interno dei partiti e della politica, davvero dobbiamo presentarci qui a discutere di responsabilità civile dei magistrati ? Non c’è una corretta scala di priorità per questa maggioranza ? Non sarebbe meglio combattere la corruzione con una vera legge anticorruzione, combattere la povertà con il reddito di cittadinanza, combattere la disoccupazione con delle manovre economiche di tipo espansivo ? No, la priorità è la responsabilità civile dei magistrati.
  Per il MoVimento 5 Stelle, al massimo, la priorità poteva essere la responsabilità civile dei politici, di quei politici come quelli che sono attualmente al Governo, che stanno creando danni incommensurabili al tessuto economico e produttivo del Paese, che spingono verso la povertà sempre più persone, o con quella norma «salva Berlusconi», o «salva Profumo», o «salva Corrado Passera» o «salva Scarpellini» o «salva Riva», passata nel silenzio del Ministro della giustizia, Andrea Orlando, Ministro qui presente che dovrebbe rispondere alla domanda se fosse a conoscenza di quella norma e se abbia votato quella norma all'interno del Consiglio dei ministri, norma che, secondo l'Agenzia delle entrate, creerebbe un danno alle casse dello Stato di 16 miliardi di euro, 16 miliardi di euro.
  Negli scorsi giorni, c’è stato un silenzio imbarazzante del Ministro, che in politica è un silenzio sempre colpevole. Invece, ci dobbiamo occupare di responsabilità civile dei magistrati, forse perché i magistrati dovrebbero smettere di indagare, per esempio, sulla paventata bancarotta fraudolenta del padre di Renzi, il cui fallimento dell'azienda è stato pagato addirittura dallo Stato più di 200 mila euro, forse dovrebbero smettere di indagare sulle connessioni emerse a Roma tra ambienti criminali e Partito Democratico e partiti di quello che impropriamente viene chiamato centrodestra. Forse devono essere silenziati i magistrati che indagano sulle mazzette Expo e quelle Mose. Queste leggi e queste priorità, Ministro e Presidente, sembrano un modo per minacciare i magistrati, però per minacciare quelli onesti, non quelli disonesti e quelli colpevoli.
   Ma torniamo più propriamente alla legge. Al Senato c’è stato un dibattito soprattutto su responsabilità diretta versus responsabilità indiretta dei magistrati. Noi ci siamo posti verso una responsabilità indiretta perché il pericolo della responsabilità diretta, come detto spesso anche dalla Cassazione, dalla Corte dei conti e dalla Corte costituzionale, era quello di avere una pistola puntata metaforicamente verso i magistrati, ovviamente una pistola che poteva essere impugnata più efficacemente da chi aveva i soldi e i mezzi per fare ricorsi contro i magistrati che facevano provvedimenti.Pag. 35
  La proposta di legge attuale presenta dei punti meritevoli di accoglimento, tant’è che noi al Senato abbiamo votato a favore, non accorgendoci però di alcuni errori di tecnica legislativa della proposta. Ad esempio, si può accogliere il permanere dell'azione indiretta e l'estensione della responsabilità per danni non patrimoniali all'infuori di quelli derivanti dalla privazione della libertà personale del danneggiato allineando la disciplina ai dettami della Corte di cassazione in tema di responsabilità civile.
  Purtuttavia, si ritiene che la riforma, necessitata dal fine di conformare l'ordinamento italiano ai principi dell'Unione europea, dovrebbe ispirarsi proprio alle indicazione che la Corte di giustizia europea ha dettato nel censurare la «legge Vassalli» onde evitare future sanzioni.
  Passiamo ai punti critici della proposta di legge: la causa del travisamento del fatto o delle prove. L'articolo 2, comma 3, specifica quali sono i casi di colpa grave del magistrato. L'intento è certamente quello di fornire quel grado di certezza, di chiarezza e di tipizzazione che la Corte europea ci impone, ma la formulazione della norma rende ancora più aleatorio l'ambito di valenza della responsabilità e il riferimento all'introduzione da parte del Senato del travisamento del fatto e delle prove, non meglio specificato – ossia non vi è scritto un manifesto travisamento o un palese travisamento – quale sintomo di colpa grave, quindi un mero travisamento è già colpa grave di per sé.
  Dalle discussioni parlamentari risulta che tutti gli orientamenti politici siano bene o male concordi nel ritenere come implicito il carattere manifesto del travisamento, eppure ci si rifiuta di inserirlo nel dettato positivo come se una norma troppo chiara potesse nuocere al nostro ordinamento. Ebbene, può notarsi come la disposizione sia in contrasto logico con il periodo immediatamente successivo, il quale annovera, tra le ulteriori cause di colpa grave, l'affermazione di un fatto, la cui esistenza è incontrastabilmente esclusa dagli atti del procedimento o la negazione di un fatto la cui esistenza risulta incontrastabilmente dagli atti del procedimento.
  Entrambi i casi, in realtà, sono già ricompresi nel più ampio genus del travisamento dei fatti o delle prove, per cui annoverarli immediatamente dopo, richiedendo, fra l'altro, l'elemento dell'incontrastabile esclusione o evidenza del fatto, rende inutile questa disposizione. In realtà, più che renderla inutile la rende un'altra cosa, perché se non è quello dopo è qualcosa di altro.
  Se i giudici italiani dovessero intendere la norma in questione nel senso letterale, sancendo la responsabilità dei magistrati in ogni occasione di travisamento dei fatti e delle prove, questi sarebbero alla mercé degli avvocati e degli imputati, divenendo una sorta di assicurazione generale in ipotesi di soccombenza. Questo comprometterebbe gravemente l'indipendenza del potere giurisdizionale, togliendo proprio il fulcro del suo potere valutativo, ovverosia quello dei fatti e delle prove.
  In conclusione, si ritiene che il travisamento dei fatti e delle prove possa essere causa di responsabilità dei magistrati solo quando manifesto ed incontrastabilmente palesato dagli atti di causa e che una formulazione così ambigua rischi di vanificare gli sforzi parlamentari e di fare incorrere lo Stato italiano in ulteriori sanzioni da parte degli organi europei. Quindi, come detto prima, cosa significa «travisamento del fatto» ? Sicuramente non quanto specificato appena dopo e, allora, il dubbio rimane.
  Presidente, non è così che si deve legiferare per dare certezza del diritto. Se vi è un eccesso di ricorso alla giurisdizione civile, è soprattutto perché il legislatore scrive male le proprie leggi. Ciò dovrebbe risultare da una responsabilità diretta dei politici. Sul punto sembra darci indirettamente ragione il collega Ermini, il quale ha affermato in Commissione che ritiene «interessante, condivisibile e costruttivo il rilievo secondo il quale le preoccupazioni suscitate dalle nuova ipotesi possano essere superate ricorrendo a un'interpretazione costituzionalmente orientata». Ora, però, il problema è che l'interpretazione Pag. 36costituzionalmente orientata la fa il magistrato e, quindi, la fa in una causa, una causa che poi può essere appellata e, quindi, di nuovo altre cause che diamo ai nostri magistrati. Però, se è già previsto dal vigente articolo 3, comma 2, lettere b) e c), perché lasciare questo testo ? Perché lasciare il travisamento ?
  Quindi, in realtà, appare una norma costituzionalmente orientata che il travisamento debba essere macroscopico, manifesto, che non richieda alcun approfondimento di carattere interpretativo o valutativo. Allora, il dubbio ci assale ancora di più. Se già previsto, perché mantenere il vigore il travisamento dei fatti e delle prove ? A che pro ? Come detto sopra, questo è un modo di legiferare totalmente schizofrenico.
  L'unica volontà della maggioranza in realtà non è quella di legiferare bene, ma di legiferare in fretta.
  Cosa può provocare questa legislazione fallace ? La possibilità di un controprocesso con finalità sanzionatoria a carico del magistrato, che farebbe sorgere in lui, al momento della decisione di ogni controversia, un elemento di interesse personale alla prudenza, al conformismo, alle scelte meno rischiose in relazione agli interessi economici coinvolti nella causa. Ne deriverebbero conseguenze sulla sua stessa indipendenza, che è, per presupposto, uno status di piena libertà contro l'intimidazione esterna.
  A chi gioverebbe ? Faccio un esempio veloce. In una causa tra una banca ed un piccolo consumatore, vedendosi la spada di Damocle del travisamento dei fatti, a chi darà ragione un magistrato che si voglia cautelare ? Alla banca, che può permettersi fior di avvocati, o al piccolo consumatore ? La risposta è scontata, Presidente: ovviamente alla banca, ai più forti, a coloro che possono permettersi avvocati e cause costose; di sicuro non all'inerme cittadino.
  Andando a specificare che abbiamo presentato emendamenti in Commissione e che presenteremo anche un emendamento che specifica, come causa di colpa grave, la mancata indicazione e la mancata motivazione sullo scostamento dalle pronunce della Corte di cassazione a sezioni unite, che riteniamo molto importante, proprio perché deve essere specifica la eventuale colpa di un magistrato, proprio per questi motivi, Presidente, presenteremo, appunto, come abbiamo già fatto in Commissione giustizia, pochi ma qualificati emendamenti, perché un legislatore che legifera in fretta è un legislatore che legifera male ed è, pertanto, un cattivo legislatore.

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo. Prendo atto che si riserva di intervenire in sede di replica.
  È iscritto a parlare l'onorevole Palese. Ne ha facoltà.

  ROCCO PALESE. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento (La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Daniele Farina. Ne ha facoltà.

  DANIELE FARINA. Signor Presidente, confesso un poco di disagio a intervenire in quest'Aula mentre il resto del mondo parla di Francia e di sangue e abbiamo da poco ascoltato l'informativa del Ministro dell'interno Alfano, ma forse anche questa è una risposta, cioè l'ordinario lavoro del Parlamento è forse anch'esso una risposta a questi fatti.
  Un poco di sorpresa la manifesto anche per il fatto che questo provvedimento, che ha suscitato rateali quanto frequenti polemiche, arriva alla discussione sulle linee generali in quest'Aula con movenze che io giudico semiclandestine, perché la sua calendarizzazione è stata decisa ieri improvvisamente in una Conferenza dei presidenti di gruppo, quasi fosse un riempitivo di lavori originariamente programmati, che poi hanno preso una strada diversa. E quindi siamo qua in questa discussione con un deserto relativo, che non mi sembra di buon auspicio. Questo deserto farebbe Pag. 37pensare che sull'ardore con cui le diverse opinioni si sono confrontate sia caduto un tranquillo sudario. Il sospetto è che i toni con cui si è sostenuto il feroce attacco all'indipendenza della magistratura o, sull'altro versante, la mera norma di civiltà in ricezione delle indicazioni della Corte di giustizia dell'Unione europea abbiano entrambi lasciato il passo alla banalità dei contenuti, il che potrebbe spiegare perché nello scorso novembre il testo è passato al Senato con l'inedita maggioranza Partito Democratico e MoVimento 5 Stelle, pochi contrari e ancora meno astenuti, tra cui i senatori di Sinistra Ecologia Libertà.
  Non ci sfugge la peculiarità della funzione giurisdizionale che si esplica per definizione nella risoluzione di conflitti, spesso con sacrificio delle aspettative di uno o più soggetti in relazione all'applicazione della legge civile o penale; e non sfugge, dunque, l'esposizione della magistratura di fronte alle possibili rivendicazioni di chi non abbia visto accolte le proprie ragioni. E tuttavia la giusta tutela in relazione a questa esposizione va contemperata con il diritto del cittadino danneggiato, per dolo o colpa grave, a vedere accolte le proprie rivendicazioni.
  A questo proposito, sulla legge n. 117 del 1988, la legge Vassalli, abbiamo ascoltato in Commissione divergenti opinioni, tuttavia che essa vada cambiata lo raccontano i suoi risultati, assai poco sorprendenti. Al Parlamento è stato comunicato dall'Avvocatura dello Stato che, in vigenza della legge n. 117 del 1988, alla data del 9 febbraio 2011, le cause di responsabilità proposte ammontavano a 409, con sette casi di condanna dello Stato al risarcimento. Vero è che non tutte le cause di responsabilità erano all'epoca state definite, ma sette sembrano oggettivamente pochine.
  Se non vogliamo pensare all'infallibilità dei magistrati, dobbiamo constatare che i meccanismi previsti dalla legge Vassalli non hanno funzionato.
  È questa che discutiamo – chiedo io – la migliore riforma possibile ? Probabilmente no, tuttavia non possiamo che valutare positivamente la soppressione di quell'all'articolo 1 del disegno di legge, accaduta al Senato, con cui si tentava di inserire una forma di responsabilità diretta del magistrato, eccentrica rispetto alle corrispondenti normative europee, tentativo, questo, di condizionare e limitare l'autonomia e l'operato del magistrato, tentativo palese, vero e proprio oggetto contundente periodicamente agitato dal centrodestra, devo dire, di qualunque collocazione. Così come è scomparso fortunatamente quel riferimento troppo stringente di carattere valutativo sull'attività del magistrato riferito alla giurisprudenza della Corte di cassazione.
  Sull'altro versante, non ci sfugge la positività dell'eliminazione di quel filtro di ammissibilità della domanda che molta parte ha avuto nel sostanziale fallimento della legge Vassalli, filtro che, da meccanismo di deterrenza contro le azioni temerarie o fittizie, è diventato in realtà un muro pressoché invalicabile, e non ci è sfuggita la nuova nozione introdotta nel testo di «colpa grave».
  Maggiori perplessità ci suscita magari il regime dell'azione di rivalsa, ma su questo e altri temi avremo il modo di discutere nel corso dei nostri lavori. Ma forse sarebbe meglio dire dovremmo avere modo, non avremo, perché la maggioranza ha blindato il testo proveniente dal Senato e, dunque, ogni modifica ci sarà preclusa.
  Un altro esempio di quel bicameralismo a circolazione alternata a cui questa legislatura ci ha abituato. È un grave errore di metodo, questo, che peserà, temo, nel nostro giudizio sul provvedimento, indipendentemente dal contenuto (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Dambruoso. Onorevole Dambruoso, solo per l'ordine dei nostri lavori: noi, comunque, alle ore 13,15 dobbiamo sospendere la seduta e dobbiamo ascoltare il Ministro. Diversamente, il Ministro deve parlare alla ripresa della seduta e penso che sarebbe interesse di tutti... Lo dico solo per la nostra organizzazione. Lei ha Pag. 38tutto il tempo a disposizione, ovviamente. Ha facoltà di parlare.

  STEFANO DAMBRUOSO. Sarò velocissimo. Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, la proposta di legge oggi in esame prevede una nuova disciplina in materia di responsabilità civile dei magistrati. Il tema, tuttavia, non è nuovo in quest'Aula parlamentare, visto che nelle ultime legislature sono stati numerosi i tentativi di riforma avviati, ma nessuno, purtroppo, ha avuto esito positivo.
  La difficoltà oggettiva riscontrata negli anni è stata quella di conciliare, in linea di principio, l'indipendenza della funzione giudiziaria con la responsabilità del suo esercizio. Sul punto – va rammentato soprattutto a chi parla – già la Corte costituzionale, con la sentenza n. 2 del 1968, aveva rilevato che la singolarità della funzione giurisdizionale, la natura dei provvedimenti giudiziari, la stessa posizione super partes del magistrato possono suggerire, come hanno suggerito ante litteram, condizioni e limiti alla sua responsabilità, ma non sono comunque tali da legittimare, per ipotesi, una negazione totale, che violerebbe apertamente il principio di imputabilità dei pubblici impiegati, sancito proprio dall'articolo 28 della Costituzione.
  Ancora oggi, però, il problema è irrisolto. È infatti pendente nei confronti dell'Italia una procedura di infrazione a seguito della sentenza del 24 novembre 2011, con la quale la Corte di giustizia dell'Unione europea ha condannato, addirittura, il nostro Paese per mancato adeguamento dell'ordinamento interno al principio generale di responsabilità degli Stati europei in caso di violazione del diritto dell'Unione europea da parte di uno dei propri organi giurisdizionali.
  Tale decisione, insieme alla precedente del 2006 della stessa Corte, ha portato a due procedure di contenzioso con la Commissione. Oggi abbiamo la possibilità di uniformarci alla normativa comunitaria, prevedendo, nello specifico, una responsabilità civile del magistrato in caso di colpa grave cagionata dalla violazione manifesta della legge e del diritto comunitario, dal travisamento del fatto o della prova, ovvero nei casi di dolo o negligenza inescusabile.
  La proposta di legge in esame è infatti composta da sette articoli, che introducono modifiche alla cosiddetta legge Vassalli, cioè alla responsabilità civile dei magistrati, da un lato, confermando il principio di responsabilità indiretta del magistrato, per cui l'azione risarcitoria rimane azionabile nei confronti dello Stato, e, dall'altro, limitando la clausola di salvaguardia in favore dell'organo giudicante, ridefinendo la fattispecie di colpa grave, eliminando il filtro di ammissibilità della domanda e prevedendo una più agevole rivalsa dello Stato nel confronti del magistrato colpevole.
  Sono tutte norme, queste, che rappresentano davvero un passo in avanti, Ministro; un passo in avanti rassicurante per quegli equilibri istituzionali che l'importanza della funzione giurisdizionale deve continuare a mantenere, ed essa deve continuare ad essere considerata davvero super partes, deve continuare ad essere considerata autorevole da parte di tutti i cittadini.
  Queste nuove norme consentiranno di contemperare al meglio gli interessi in gioco, introducendo un maggiore controllo sul corretto esercizio del potere giudiziario e riconoscendo, però, la piena autonomia di ogni singolo magistrato nell'interpretazione delle norme di diritto e nella libera valutazione del fatto e delle prove. Questo principio è alla base della nostra democrazia, signor Ministro, e neppure la condotta colpevole o dolosa di alcuni – in verità, pochissimi – giudici ci convincerà a metterlo in discussione.

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo – A.C. 2738)

  PRESIDENTE. Avrebbe facoltà di replicare il relatore di minoranza, onorevole Pag. 39Colletti, ma il suo tempo è stato impiegato nel primo intervento. Prendo atto che rinunzia.
  Prendo atto che l'onorevole Ferranti rinunzia alla replica.
  Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo. Onorevole Ministro, le chiedo scusa, siccome il Regolamento prevede, ovviamente, che il Governo non abbia limiti di tempo, se lei pensa di cavarsela entro la chiusura, adesso, altrimenti sono costretto a rinviare al pomeriggio.

  ANDREA ORLANDO, Ministro della giustizia. Mi autoregolamenterò.

  PRESIDENTE. Grazie, Ministro.

  ANDREA ORLANDO, Ministro della giustizia. Signor Presidente, onorevoli deputati, credo che sia doveroso, seppure in un'Aula così scarna di presenze, sottolineare la rilevanza di questo passaggio, perché, come è stato ricordato in diversi interventi, si tratta di una questione che da molto tempo sta al centro del dibattito politico.
  Credo che sia anche giusto sottolineare come la tempistica, il calendario, non sia dettato da una scelta che assegna priorità a questo tema piuttosto che agli altri che sono parte della riforma della giustizia, ma sia conseguenza di un fatto concreto: la procedura di infrazione che il nostro Paese sta subendo in ordine all'inadeguatezza del suo sistema rimediale per quanto attiene la cattiva applicazione dell'ordinamento comunitario.
  Lo prova il fatto che noi siamo partiti con un decreto che riguardava un altro tema, cioè la giustizia civile, e, tuttavia, questa scadenza, questo stimolo esterno, per onestà intellettuale, che riguarda soltanto l'aspetto del diritto comunitario, ci ha posto un'altra domanda: è ragionevole affrontare soltanto quel tema e non complessivamente il tema della responsabilità civile, atteso che è ormai pressoché unanime una valutazione per la quale la disciplina del 1987 non ha funzionato ? Questa è stata la domanda dalla quale siamo partiti.
  Naturalmente il testo che noi abbiamo presentato in Parlamento, a partire dall'iter in Senato, io ritengo fosse più nitido rispetto a quello che esce dal confronto parlamentare. Spesso siamo rimproverati di non tener conto delle indicazioni del Parlamento, in questo caso lo abbiamo fatto e, tuttavia, siamo rimproverati del fatto che, in qualche modo, la stesura sia meno chiara di quella originaria. Io dico che, alla fine, il punto di equilibrio è accettabile e dico anche un'altra cosa: alla fine, c’è soddisfazione.
  È vero, onorevole Farina, il metodo può aver compresso un po’ i tempi della discussione alla Camera, però abbiamo scelto di fare tutti gli sforzi possibili per evitare un'ipotesi che era in campo, quella dell'utilizzo della decretazione. Noi avevamo un impegno che era quello di emanare una normativa in materia entro il 31 dicembre; soltanto il buon andamento dell'iter parlamentare ci consente ora di dire alla Commissione che, comunque, approderemo a una soluzione con tempi certi.
  Noi ci siamo posti un tema, quello di costruire un rimedio che fosse funzionale ed accessibile, che garantisse i cittadini che sono stati colpiti da errori giudiziari, che li hanno danneggiati significativamente, e che consentisse di disporre di una tutela adeguata, atteso che il meccanismo del filtro, che era il meccanismo che aveva contenuto gli effetti della responsabilità, che pure era prevista all'interno della disciplina della legge Vassalli, rendeva praticamente inaccessibile questo tipo di rimedio. Lo dico alla luce dei dati che l'Avvocatura dello Stato ha offerto alla Commissione, così come alla nostra attenzione. L'obiettivo, quindi, era ed è quello di tutelare i cittadini, di offrire un rimedio che fosse funzionale ed accessibile, ma che non mettesse in questione l'autonomia e l'indipendenza della magistratura. Credo che l'obiettivo sia stato raggiunto.
  Vorrei ricordare che il Governo è intervenuto su un testo che era già in fase di elaborazione avanzata in Commissione al Senato, che prevedeva una serie di interventi che, in qualche modo, incidevano anche sull'aspetto dell'interpretazione Pag. 40dei magistrati e sul tema della modalità della rivalsa, che veniva legata al quantum del danno provocato. Noi ci siamo opposti a questa impostazione non per tutelare genericamente la magistratura, ma per consentire di far sì che rimedi inadeguati provocassero delle forme di conformismo giudiziario, che alla fine avrebbero pregiudicato proprio quei cittadini che intendiamo tutelare con l'introduzione di questo tipo di rimedio, perché una responsabilità legata all'interpretazione inevitabilmente finisce per determinare forme di conformismo giudiziario. Legare l'elemento della rivalsa al quantum del danno provocato non può che creare una timidezza nella magistratura, non tanto in quella inquirente, che non è direttamente chiamata in causa, quanto in quella di giudicante, che può, in qualche modo, compromettere anche il sistema di garanzie che è previsto all'interno del nostro ordinamento. Abbiamo, quindi, fatto una scelta, che credo sia una scelta di equilibrio, di responsabilità ed è anche una scelta, mi si consenta di dire, che parte da un ulteriore scrupolo.
  Infatti, è vero che l'area della responsabilità complessiva per lo Stato viene ulteriormente estesa rispetto alla Vassalli, ma è altresì vero che la responsabilità colpisce e ha come riferimento il magistrato soltanto quando ci si trova di fronte ad una negligenza di carattere inescusabile. Da questo punto di vista c’è uno sfalsamento fra i due livelli di responsabilità: si estende quella per lo Stato, ma si precisa meglio quella nei confronti del magistrato, che può essere chiamato in causa soltanto nel momento in cui ci si trova di fronte ad un errore caratterizzato da negligenza di carattere inescusabile.
  Seppure può sembrare surreale dirlo in un'Aula così vuota, credo che stiamo affrontando un passaggio di carattere storico. Infatti, può consentire di chiudere delle polemiche che hanno caratterizzato in modo anche spesso artatamente ideologico il dibattito politico e può consentire anche, a mio avviso, di costruire una valvola, un elemento, un relè, un campanello d'allarme, che può indicare anche le disfunzioni più gravi del sistema, non colpendo i magistrati onesti ma, piuttosto, mettendo in guardia complessivamente la magistratura rispetto a casi – che io considero assolutamente marginali ma che esistono – di condotte caratterizzate da una negligenza di carattere inescusabile.
  Concludo dicendo che ho ritenuto fondati anche gli elementi di perplessità che sono emersi, nel confronto che via via si è sviluppato. Ho cercato di tenerne conto in tutti i passaggi. Tanto che quel voto che lei ricordava favorevole, onorevole Colletti, del MoVimento 5 Stelle non è, io credo, il frutto di un errore, ma di un confronto serrato che c’è stato in Commissione, nel quale abbiamo accolto anche delle indicazioni di modifica che venivano dal MoVimento 5 Stelle. Infatti, ritengo che su un tema così importante, così come, in generale, sui temi che riguardano la giustizia, la maggioranza non possa sentirsi autosufficiente. Credo che, quando vengono chiamati in causa diritti di carattere fondamentale, diritti insopprimibili della persona ed il sistema per garantirli, sia assolutamente necessario fare ogni sforzo per andare in quella direzione.
  Per questo lascerei da parte le polemiche, raccogliendo gli elementi che, io credo, la giurisprudenza saprà chiarire e anche una disponibilità nostra, che abbiamo dato anche all'Associazione nazionale dei magistrati, a fare un tagliando poi sull'applicazione di questa legge. Vorrei ricordare che l'applicazione della Vassalli fu accompagnata da una serie di polemiche che indicavano la possibilità di un’escalation, di un'esplosione dei ricorsi, che si realizzò per la verità nella primissima fase di attuazione della normativa, ma che poi, nel corso del tempo, sostanzialmente, fu assorbita da quel meccanismo che noi abbiamo cercato di superare. Proviamo a capire esattamente il funzionamento sin dalla prima attuazione. Siamo aperti anche a verificare se alcuni meccanismi possono essere perfezionati, perché – ripeto – si tratta di un meccanismo fondamentale, sul quale ogni tipo di manutenzione è assolutamente legittimo ed auspicabile.Pag. 41
  Quello che però dovremmo evitare di fare è sottovalutare la rilevanza di questo tema. Io vengo qui in Aula dopo che si è risbloccato il percorso, l'iter parlamentare sulla legge anticorruzione in Senato, avendo presentato delle norme che rivendico e che credo siano non meno severe ed efficaci di quelle presentate dalle forze politiche dell'opposizione. Ma non contrapponiamo i due aspetti, perché è interesse di tutti, anche di chi si batte contro la corruzione con intransigenza, avere una magistratura che sia al di sopra di ogni sospetto e che risponda, attraverso un sistema regolatore, disciplinare e attraverso un sistema di responsabilità civile, del proprio operato. È nell'interesse di tutti i cittadini.
  Contrapporre questi aspetti, contrapporre cioè un tema, come quello della lotta alla corruzione, ad una questione, che io credo abbia una grande rilevanza, come quella della responsabilità civile, credo sia sbagliato. Noi abbiamo bisogno di una normativa sostanziale più efficace per fronteggiare alcuni fenomeni, ma abbiamo bisogno anche di un assetto ordinamentale più funzionale per consentire di contrastare quei fenomeni, senza rinunciare alle regole proprie dello Stato di diritto e senza rinunciare, soprattutto, ad una trasparenza nella funzionalità del sistema, che questa normativa, credo, sarebbe in grado di realizzare.

  PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Sull'ordine dei lavori (ore 13,14).

  DANIELE PESCO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà, se se la cava in un minuto, così evito di farla tornare alle 15,30.

  DANIELE PESCO. Signor Presidente, denuncio un fatto accaduto ieri nella Conferenza dei capigruppo. Il MoVimento 5 Stelle ha chiesto che venisse a riferire in Aula il Ministro Padoan su quello che è accaduto nelle ultime due settimane a Palazzo Chigi, ossia il fatto che sia il Presidente del Consiglio sia il Ministro Padoan hanno disconosciuto una norma che è stata pubblicata sul sito del Governo. Questa norma è il famoso articolo 19-bis del decreto attuativo della delega fiscale e per la depenalizzazione di alcuni reati.
  Noi siamo veramente indignati per quello che è successo, perché ciò che è successo non è degno di un Paese civile. Un Ministro e un Presidente del Consiglio che disconoscono una norma e che solo dopo due settimane ne ammettono la paternità (almeno per quanto riguarda il Presidente del Consiglio, Renzi) è una cosa indecorosa per questo Stato.
  Il MoVimento 5 Stelle denuncia queste cose in quest'Aula e fuori da quest'Aula. Il MoVimento 5 Stelle è per la tutela dei diritti dei cittadini, questo Governo, invece, non sta facendo questa cosa. Il MoVimento 5 Stelle è per un reddito per tutti e questo Governo, invece, tende solo a tutelare gli interessi di alcuni evasori fiscali. Il MoVimento 5 Stelle è per la tutela dei principi a cui si ispira la Guardia di finanza quotidianamente, questo Governo, invece, fa il contrario.
  Ebbene, 16 miliardi di mancato gettito è quanto denunciato dalla direttrice dell'Agenzia delle entrate, Orlandi; 16 miliardi di mancato gettito è una cifra enorme. Il MoVimento 5 Stelle non ci sta e chiede che il Ministro Padoan e il Presidente del Consiglio Renzi vengano a riferire in quest'Aula.

  PRESIDENTE. Come lei stesso ha ricordato, onorevole Pesco, la questione è stata sollevata ieri nella Conferenza dei capigruppo. Come lei sa, alle 15,30 vi sarà un'altra Conferenza dei capigruppo. Acquisite le sue considerazioni, le suggerisco di chiedere al capogruppo del MoVimento 5 Stelle di riproporre la questione nella medesima sede.
  Sospendo la seduta, che riprenderà al termine della riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo.

  La seduta, sospesa alle 13,15, è ripresa alle 17,45.

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Calendario dei lavori dell'Assemblea per il mese di gennaio 2015.

  PRESIDENTE. Comunico che, a seguito dell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, è stato predisposto, ai sensi dell'articolo 24, comma 3, del Regolamento, il seguente calendario dei lavori dell'Assemblea per il mese di gennaio 2015:
   Lunedì 12 (dalle ore 15,30 alle ore 21), martedì 13 (dalle ore 9,30 alle ore 13,30 e dalle ore 15 alle ore 21,30), mercoledì 14 (dalle ore 9,30 alle ore 13,30 e dalle ore 16,15 alle ore 21,30) e giovedì 15 gennaio (dalle ore 10 alle ore 13,30 e dalle ore 15 alle ore 22) (con votazioni);
   Esame delle questioni pregiudiziali riferite al disegno di legge n. 2803 – Conversione in legge del decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative (da inviare al Senato – scadenza: 1o marzo 2015).
   Seguito dell'esame del disegno di legge costituzionale n. 2613 e abbinati – Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione (approvato, in prima deliberazione, dal Senato).

   Nella giornata di lunedì 12 gennaio, al termine delle votazioni sul disegno di legge costituzionale n. 2613 e abbinati – Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione (approvato, in prima deliberazione, dal Senato), avrà luogo la votazione sulle dimissioni del deputato Cristian Iannuzzi e la presa d'atto delle dimissioni della deputata Petitti.

  Venerdì 16 gennaio (antimeridiana e pomeridiana)

  Svolgimento di interpellanze urgenti.

  Discussione sulle linee generali delle mozioni:
   Palazzotto ed altri n. 1-00675, Rizzo ed altri n. 1-00625 e Locatelli ed altri n. 1-00627 concernenti iniziative per il riconoscimento dello Stato di Palestina;
   Grande ed altri n. 1-00383 concernente iniziative relative all'impatto ambientale della centrale termoelettrica a carbone di Civitavecchia;
   Sandra Savino e Palese n. 1-00540 e Prodani ed altri n. 1-00047 concernenti iniziative per l'istituzione di zone franche urbane in Friuli Venezia Giulia;
   Fedriga ed altri n. 1-00607 concernente iniziative per la sospensione dell'applicazione degli studi di settore;
   Mantero ed altri n. 1-00594 concernente iniziative per il contrasto del gioco d'azzardo;
   Rampelli ed altri n. 1-00666 concernente iniziative in sede europea volte a richiedere le dimissioni del Presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker.

  Lunedì 19 gennaio (ore 9, con votazioni non prima delle ore 14)

  Comunicazioni del Ministro della giustizia sull'amministrazione della giustizia, ai sensi dell'articolo 86 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12 , come modificato dall'articolo 2, comma 29, della legge 25 luglio 2005, n. 150.

  Lunedì 19 (dalle ore 15,30 alle ore 21), martedì 20 (dalle ore 9,30 alle ore 13,30 e dalle ore 15 alle ore 21,30), mercoledì 21 (dalle ore 9,30 alle ore 13,30 e dalle ore 16,15 alle ore 21,30), giovedì 22 (dalle ore 9,30 alle ore 13,30 e dalle ore 15 alle ore 21,30) e venerdì 23 gennaio (dalle ore 9,30 Pag. 43alle ore 15) (con eventuale prosecuzione, ove necessario, nelle giornate successive) (con votazioni)

  Seguito dell'esame:
   disegno di legge costituzionale n. 2613 e abbinati – Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione (approvato, in prima deliberazione, dal Senato);
   proposta di legge n. 2738 e abbinate – Disciplina della responsabilità civile dei magistrati (approvata dal Senato).

  Seguito dell'esame delle mozioni:
   Grande ed altri n. 1-00383 concernente iniziative relative all'impatto ambientale della centrale termoelettrica a carbone di Civitavecchia;
   Sandra Savino e Palese n. 1-00540 e Prodani ed altri n. 1-00047 concernenti iniziative per l'istituzione di zone franche urbane in Friuli Venezia Giulia;
   Fedriga ed altri n. 1-00607 concernente iniziative per la sospensione dell'applicazione degli studi di settore;
   Mantero ed altri n. 1-00594 concernente iniziative per il contrasto del gioco d'azzardo;
   Rampelli ed altri n. 1-00666 concernente iniziative in sede europea volte a richiedere le dimissioni del Presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker.

  Venerdì 23 gennaio, dopo le votazioni sul disegno di legge costituzionale n. 2613 e abbinati – Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione (approvato, in prima deliberazione, dal Senato), avrà luogo il seguito dell'esame della mozione Palazzotto ed altri n. 1-00675, Rizzo ed altri n. 1-00625 e Locatelli ed altri n. 1-00627 concernenti iniziative per il riconoscimento dello Stato di Palestina.

  Lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata (question-time) avrà luogo il mercoledì (dalle ore 15).

  Lo svolgimento di interpellanze urgenti avrà altresì luogo il venerdì 23 gennaio in relazione all'andamento dei lavori dell'Assemblea sul disegno di legge costituzionale n. 2613 e abbinati – Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione (approvato, in prima deliberazione, dal Senato), in orario che potrà essere definito successivamente.

  L'organizzazione dei tempi per la discussione degli argomenti iscritti in calendario sarà pubblicata in calce al resoconto stenografico della seduta odierna.
  Colleghi, sospendo ancora per qualche minuto la seduta perché sono in attesa di ricevere una comunicazione che devo fornire all'Assemblea prima della conclusione dei lavori di questa giornata. La ringrazio, onorevole Rosato, del suo consenso. Sospendo la seduta.

  La seduta, sospesa alle 17,50, è ripresa alle 17,52.

TESTO AGGIORNATO AL 12 GENNAIO 2015

Modifica nella composizione di gruppi parlamentari.

Testo sostituito con l'errata corrige del 12 GENNAIO 2015   PRESIDENTE. Do la comunicazione che era rimasta in sospeso: c’è una modifica nella composizione dei gruppi parlamentari.
  Comunico che, con lettera in data odierna, il vicepresidente vicario del Pag. 44gruppo MoVimento 5 Stelle ha comunicato che il deputato Cristian Iannuzzi cessa di far parte del medesimo gruppo.
  Il predetto deputato si intende conseguentemente iscritto al gruppo Misto.
  PRESIDENTE. Do la comunicazione che era rimasta in sospeso: c’è una modifica nella composizione dei gruppi parlamentari.
  Comunico che, con lettera in data odierna, il presidente del Pag. 44gruppo MoVimento 5 Stelle ha comunicato che il deputato Cristian Iannuzzi cessa di far parte del medesimo gruppo.
  Il predetto deputato si intende conseguentemente iscritto al gruppo Misto.

Ordine del giorno della prossima seduta.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

  Lunedì 12 gennaio 2015, alle 15,30:

  1. – Esame e votazione delle questioni pregiudiziali riferite al disegno di legge:
   Conversione in legge del decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative (C. 2803).

  2. – Seguito della discussione del disegno di legge costituzionale:
   S. 1429 – Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione (Approvato, in prima deliberazione, dal Senato) (C. 2613-A).
   e degli abbinati progetti di legge costituzionale: D'INIZIATIVA POPOLARE; D'INIZIATIVA POPOLARE; VIGNALI; CIRIELLI; CIRIELLI; CIRIELLI; CAUSI; PISICCHIO; PISICCHIO; PISICCHIO; PISICCHIO; GIACHETTI; SCOTTO; FRANCESCO SANNA; PELUFFO ed altri; LENZI; LAURICELLA ed altri; BRESSA e DE MENECH; CAPARINI ed altri; CAPARINI ed altri; VACCARO; LAFFRANCO e BIANCONI; PALMIZIO; PALMIZIO; PALMIZIO; PALMIZIO; GIANCARLO GIORGETTI ed altri; GIANCARLO GIORGETTI ed altri; LA RUSSA ed altri; ABRIGNANI ed altri; TONINELLI ed altri; GIANLUCA PINI; LAFFRANCO e BIANCONI; GINEFRA ed altri; GIORGIA MELONI ed altri; MIGLIORE ed altri; D'INIZIATIVA DEL GOVERNO; BONAFEDE e VILLAROSA; PIERDOMENICO MARTINO; BRAMBILLA; GIANCARLO GIORGETTI ed altri; CIRIELLI e GIORGIA MELONI; VALIANTE; QUARANTA ed altri; LACQUANITI ed altri; CIVATI ed altri; BOSSI; LAURICELLA e SIMONI; DADONE ed altri; GIORGIS ed altri; LA RUSSA ed altri; RUBINATO ed altri; D'INIZIATIVA DEL CONSIGLIO REGIONALE DELL'EMILIA-ROMAGNA; MATTEO BRAGANTINI ed altri; CIVATI; FRANCESCO SANNA ed altri (C. 8-14-21-32-33-34-148177-178-179-180-243-247-284-329-355-357-379-398-399-466-568-579-580-581-582-757-758-839-861-939-1002-1259-1273-1319-1439-1543-1660-1706-1748-1925-1953-2051-2147-2221-2227-2293-2329-2338-2378-2402-2423-2441-2458-2462-2499).
  – Relatori: Fiano e Sisto, per la maggioranza; Toninelli, Matteo Bragantini e Quaranta, di minoranza.

  3. – Dimissioni del deputato Cristian Iannuzzi.

  La seduta termina alle 17,55.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DELLA DEPUTATA DONATELLA FERRANTI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DELLA PROPOSTA DI LEGGE N. 2738 ED ABBINATE

  DONATELLA FERRANTI, Presidente della II Commissione. L'Assemblea si trova oggi ad esaminare una proposta di legge volta a modificare la disciplina della responsabilità civile dei magistrati, disciplinata dalla legge n. 117 del 1988 (cd. Legge Vassalli), che, approvata successivamente al referendum del novembre 1987 che ha comportato l'abrogazione della previgente disciplina, disciplina l'azione per fare valere la responsabilità civile dello Stato per i danni causati dalla condotta illecita di un magistrato.
  Più volte ultimamente il Parlamento si è soffermato su questa materia, specie in occasione dell'esame di alcune leggi comunitarie, Pag. 45ma mai si è trovato così vicino all'approvazione finale di un provvedimento che va ad incidere in maniera tanto rilevante sulla disciplina vigente. Il testo all'ordine del giorno, infatti, è stato già approvato dal Senato e non è stato modificato dalla Commissione Giustizia in sede referente. Qualora anche l'esame dell'Assemblea andasse indenne da modifiche, il testo verrebbe approvato definitivamente.
  Come si è detto, vi sono due esigenze che portano a modificare la Legge Vassalli.
  La prima è dettata dalla constatazione di fatto di una scarsa applicazione della Legge Vassalli, che induce a ritenere che la sua formulazione determini una sorta di limitazione ingiustificata, anche alla luce dei principi costituzionali, del diritto delle parti ad essere risarciti dei danni ingiustamente subiti a causa dell'esercizio della funzione giurisdizionale.
  L'altra esigenza è quella di cercare di recepire le indicazioni provenienti dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea.
  Si ricorda, infatti, che il 24 novembre 2011 la Corte di giustizia dell'Unione europea ha deciso su una procedura di infrazione (causa C-379/10) promossa dalla Commissione europea nei confronti dello Stato italiano in merito alla disciplina italiana sulla responsabilità civile del magistrato. In particolare, la Corte ha rilevato che la disciplina italiana sul risarcimento dei danni cagionati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie e sulla responsabilità civile dei magistrati, laddove esclude qualsiasi responsabilità dello Stato per violazione del diritto dell'Unione da parte di un organo giurisdizionale di ultimo grado, qualora tale violazione derivi dall'interpretazione di norme di diritto o dalla valutazione di fatti e di prove effettuate dall'organo giurisdizionale medesimo, e laddove limita tale responsabilità ai casi di dolo o di colpa grave, è in contrasto con il principio generale di responsabilità degli Stati membri per la violazione del diritto dell'Unione.
  Nella sentenza 13 giugno 2006, emessa nella causa C-173/03 (Traghetti del Mediterraneo), pronunciandosi in via pregiudiziale, la Corte di giustizia ha affermato che «Il diritto comunitario osta ad una legislazione nazionale che escluda, in maniera generale, la responsabilità dello Stato membro per i danni arrecati ai singoli a seguito di una violazione del diritto comunitario imputabile a un organo giurisdizionale di ultimo grado per il motivo che la violazione controversa risulta da un'interpretazione delle norme giuridiche o da una valutazione dei fatti e delle prove operate da tale organo giurisdizionale».
  La Corte ha osservato che «Il diritto comunitario osta altresì ad una legislazione nazionale che limiti la sussistenza di tale responsabilità ai soli casi di dolo o colpa grave del giudice, ove una tale limitazione conducesse ad escludere la sussistenza della responsabilità dello Stato membro interessato in altri casi in cui sia stata commessa una violazione manifesta del diritto vigente, quale precisata ai punti 53-56 della sentenza 30 settembre 2003, causa C-224/01, Kóbler».
  Alla luce della sentenza da ultimo indicata, al fine di determinare se questa condizione sia soddisfatta, il giudice nazionale investito di una domanda di risarcimento danni deve tener conto di tutti gli elementi che caratterizzano la situazione sottoposta al suo sindacato, e, in particolare, del grado di chiarezza e di precisione della norma violata, del carattere intenzionale della violazione, della scusabilità o inescusabilità dell'errore di diritto, della posizione adottata eventualmente da un’ istituzione comunitaria nonché della mancata osservanza, da parte dell'organo giurisdizionale di cui trattasi, del suo obbligo di rinvio pregiudiziale ai sensi dell'articolo 234, terzo comma, CE, nonché della manifesta ignoranza della giurisprudenza della Corte di giustizia nella materia (sentenza Kóbler, cit., punti 53-56).
  È opportuno chiarire che proprio la giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea, nell'evidenziare l'intento di assicurare ai cittadini un rimedio risarcitorio completo per i danni subiti anche dall'esercizio della giurisdizione, definisce come essenziale che sia lo Stato e non il singolo giudice a rispondere in Pag. 46modo diretto per eventuali violazioni del diritto dell'Unione europea commesse nell'esercizio della giurisdizione.
  Il testo oggi in esame mira proprio a sanare l'infrazione sollevata nei confronti dell'Italia.
  La proposta è composta da sette articoli che introducono modifiche agli articoli 2, 4, 7, 9 e 23 della legge 117 del 1988 sulla responsabilità civile dei magistrati. Gli elementi principali sono: il mantenimento dell'attuale principio della responsabilità indiretta del magistrato (l'azione risarcitoria rimane azionabile nei confronti dello Stato); la limitazione della clausola di salvaguardia che esclude la responsabilità del magistrato; la ridefinizione delle fattispecie di colpa grave; l'eliminazione del filtro endoprocessuale di ammissibilità della domanda; una più stringente disciplina della rivalsa dello Stato verso il magistrato.
  L'articolo 1 – l'unico che non incide direttamente sulla legge Vassalli – indica l'oggetto e le finalità dell'intero progetto di legge: rendere effettiva la disciplina della responsabilità civile dello Stato e dei magistrati, anche alla luce dell'appartenenza dell'Italia all'Unione Europea.
  L'articolo 2 interviene in più punti dell'articolo 2 della legge Vassalli, relativo alla responsabilità del giudice per dolo o colpa grave.
  Anzitutto, al comma 1 dell'articolo 2 viene estesa la risarcibilità del danno non patrimoniale anche al di fuori dei casi delle ipotesi di privazione della libertà personale per un atto compiuto dal magistrato. La novità costituisce un adeguamento a ormai costanti orientamenti della giurisprudenza (si ricordano tra le altre, Cass. SS.UU., sent. 26972/2008 e la recente Corte cost., sent. 235/2014) che riconducono la tutela risarcitoria della persona al danno patrimoniale e a quello non patrimoniale, quest'ultimo comprensivo oltre che del danno biologico in senso stretto, anche del danno morale soggettivo nonché dei pregiudizi diversi ed ulteriori costituenti lesione di un interesse costituzionalmente protetto.
  In base al comma 1 così modificato il danno, patrimoniale e non patrimoniale, deve rappresentare l'effetto di un comportamento, atto o provvedimento giudiziario posto in essere da un magistrato con «dolo» o «colpa grave» nell'esercizio delle sue funzioni ovvero conseguente a «diniego di giustizia».
  Il comma 2 dello stesso articolo 2 della proposta di legge limita l'applicazione della clausola di salvaguardia, che attualmente prevede che «non possono dare luogo a responsabilità l'attività di interpretazione di norme di diritto e quella di valutazione del fatto e delle prove». Pur confermando che il magistrato non è chiamato a rispondere per l'attività di interpretazione della legge e di valutazione del fatto e delle prove, il nuovo comma 2 esclude espressamente da tale ambito di irresponsabilità i casi di dolo, di colpa grave (come individuati dal nuovo comma 3) e di violazione manifesta della legge e del diritto della UE (come definite dal nuovo comma 3-bis).
  L'articolo 2 ridefinisce, poi, le fattispecie di colpa grave individuate dall'articolo 2, comma 3, della legge Vassalli. Ai sensi del nuovo comma 3, i comportamenti del magistrati che costituiscono colpa grave sono tali ope legis, essendo stato soppresso ovunque il riferimento (di natura soggettiva) alla «negligenza inescusabile», che la giurisprudenza della Cassazione aveva ritenuto consistere in un quid pluris rispetto alla colpa grave. Costituiscono nuove fattispecie di colpa grave: la «violazione manifesta della legge nonché del diritto dell'Unione europea» (tale formulazione sostituisce la «grave violazione di legge»); il «travisamento del fatto o delle prove»; l'adozione extra legem o senza motivazione di un provvedimento cautelare reale.
  Il nuovo comma 3 stabilisce, infatti, che costituisce colpa grave del magistrato: a) la violazione manifesta della legge nonché del diritto dell'Unione europea; b) il travisamento del fatto o delle prove; e) l'affermazione di un fatto la cui esistenza è incontrastabilmente esclusa dagli atti del procedimento; d) la negazione di un fatto la cui esistenza risulta incontrastabilmente Pag. 47dagli atti del procedimento; e) l'emissione di un provvedimento cautelare personale o reale fuori dei casi previsti dalla legge oppure senza motivazione.
  I nuovi casi di colpa grave e, in particolare, il travisamento del fatto o delle prove sono stati i punti che hanno visto un più serrato confronto in Commissione. Secondo una tesi, la responsabilità per il travisamento del fatto o delle prove atterrebbe alla fisiologica attività valutativa del giudice che è propria dell'esercizio della funzione giurisdizionale. Questa ricostruzione non è stata ritenuta fondata, per cui sono stati respinti gli emendamenti soppressivi presentati.
  Considerato che si tratta di una questione estremamente delicata, appare opportuno richiamare anche in questa sede alcuni chiarimenti fatti in Commissione affinché rimangano agli atti, quale parte integrante dei lavori preparatori, anche per orientare in futuro l'interprete circa l'effettiva intenzione del legislatore nel momento in cui va ad introdurre questa nuova fattispecie di colpa grave.
  Vorrei porre l'attenzione soprattutto su quanto emerso in Commissione nel corso dell'audizione non solo dell'Associazione Nazionale Magistrati, ma anche dell'Unione delle Camere Penali Italiane.
  In particolare, ritengo interessante, condivisibile e costruttivo il rilievo secondo il quale le preoccupazioni suscitate dalla nuova ipotesi di travisamento del fatto o delle prove possono essere superate ricorrendo ad un'interpretazione costituzionalmente orientata in base alla quale costituisce travisamento la «affermazione di un fatto la cui esistenza è incontrastabilmente esclusa dagli atti del procedimento» o dalla «negazione di un fatto la cui esistenza risulta incontrastabilmente dagli atti del procedimento», ipotesi peraltro già previste dal vigente articolo 3 comma 2 lettere b) e c) della legge e lasciate intatte dal testo in esame.
  In altri termini, appare necessario chiarire come l'interpretazione costituzionalmente orientata della norma in esame imponga di considerare che l'unico «travisamento» rilevante ai fini della responsabilità civile del magistrato possa essere quello macroscopico, evidente, che non richiede alcun approfondimento di carattere interpretativo o valutativo. Per questa ragione sono stati respinti anche li emendamenti che qualificavano come «manifesto» il travisamento.
  Il travisamento del fatto e delle prove, infatti, coinvolge aspetti tipici dell'attività valutativa, che è connessa ai principi costituzionali di indipendenza e imparzialità della giurisdizione. Infatti, come affermato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 18 del 1989, la garanzia costituzionale dell'indipendenza del magistrato è diretta a tutelare anzitutto «l'autonomia di valutazione dei fatti e delle prove e l'imparziale interpretazione delle norme di diritto». L'eventualità che l'azione civile possa operare sul giudice come stimolo verso scelte interpretative accomodanti e decisioni meno rischiose in relazione agli interessi in causa, con ricadute negative sull'imparzialità, è, secondo la Corte, impedita in radice proprio escludendo che possa dar luogo a responsabilità l'attività d'interpretazione di norme di diritto e quella di valutazione del fatto e delle prove. Tali parole rendono chiara, oltre ogni dubbio, la centralità che, ai fini della tutela dell'indipendenza e dell'imparzialità della giurisdizione, assume la salvaguardia della valutazione del fatto e delle prove, alla pari dell'interpretazione del diritto.
  Pertanto, se si vogliono rispettare i citati principi costituzionali occorre evitare il travaso della nozione di travisamento in quelle di interpretazione e valutazione.
  Ove il «travisamento» si traduca in valutazioni manifestamente abnormi del dato normativo o macroscopici ed evidenti stravolgimenti di quello fattuale, allora non ricorrerà più un'attività definibile come interpretazione o valutazione. Solo allora, tramite questa lettura costituzionalmente orientata, il travisamento potrà legittimamente costituire il presupposto della responsabilità civile, lasciando intatta la clausola di salvaguardia che mira a garantire l'autonomia e l'imparzialità del Pag. 48giudice nell'attività di interpretazione di norme di diritto e in quella di valutazione del fatto e delle prove.
  Queste sono le ragioni che hanno portato la Commissione a non sopprimere il travisamento del fatto o delle prove quale uno dei presupposti della responsabilità civile del magistrato.
  Il nuovo comma 3-bis dello stesso articolo 2 è disposizione chiarificatrice che stabilisce i presupposti di cui tenere conto per la determinazione dei casi in cui può rinvenirsi la sussistenza della violazione manifesta della legge e del diritto dell'Unione europea che, ai sensi del nuovo comma 3, costituiscono ipotesi di colpa grave del magistrato. Si tratta di una casistica non esaustiva; la disposizione infatti precisa che si tiene conto «in particolare»: del grado di chiarezza e precisione delle norme violate; dell'inescusabilità e gravità della inosservanza.
  In particolare, per il caso della sola violazione manifesta del diritto dell'Unione europea, si dovrà tenere conto anche: dell'inosservanza dell'obbligo di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell'Unione europea; del contrasto interpretativo, cioè del contrasto dell'atto o del provvedimento emesso dal giudice con l'interpretazione adottata dalla stessa Corte di giustizia.
  Resta fermo, ai sensi del comma 3-bis, l'eventuale giudizio di responsabilità del magistrato per danno erariale davanti alla Corte dei conti ai sensi del DL 543/1996.
  L'articolo 3 della proposta di legge aumenta da due a tre anni i termini previsti dai commi 2 e 4 dell'articolo 4 della legge 117 per la proposizione della domanda di risarcimento contro lo Stato, da esercitare nei confronti del Presidente del Consiglio (comma 1). Il comma 2 dell'articolo 3 abroga l'articolo 5 della stessa legge 117 relativo al filtro di ammissibilità della domanda di risarcimento davanti al tribunale.
  L'articolo 5 prevede che vi sia una delibazione preliminare di ammissibilità della domanda di risarcimento verso lo Stato (controllo presupposti, rispetto termini e valutazione manifesta infondatezza) da parte del tribunale distrettuale.
  Tale giudizio, ritenuto in dottrina e tra gli operatori del diritto uno degli elementi di maggior criticità della legge Vassalli, ha esercitato, di fatto, una funzione deflativa finendo per ridurre al minimo le possibilità di risarcimento per i cittadini. Dai dati che lo stesso Ministero della giustizia ha consegnato alla Commissione giustizia del Senato emerge che – dal 1988 ad oggi – su oltre 400 ricorsi per risarcimento proposti dai cittadini, solamente 7 si sono conclusi con un provvedimento che ha riconosciuto il risarcimento per dolo o colpa grave da parte di magistrati.
  L'articolo 4 modifica l'articolo 7 della legge 117/1988 relativo all'azione di rivalsa dello Stato verso il magistrato, spettante al Presidente del Consiglio dei ministri.
  Le novità rispetto all'attuale disciplina del comma 1 dell'articolo 7 sono le seguenti: l'azione deve essere esercitata entro 2 anni (anziché, uno come attualmente) dal risarcimento avvenuto sulla base del titolo giudiziale o stragiudiziale nei riguardi dello Stato; la rivalsa verso il magistrato è stata espressamente resa obbligatoria; per coordinamento con l'abrogazione dell'articolo 5 è eliminato il riferimento alla domanda di ammissibilità dell'azione; sono stati ancorati i presupposti della rivalsa al diniego di giustizia, alla violazione manifesta della legge e del diritto della UE o al travisamento del fatto o delle prove, di cui all'articolo 2, commi 2, 3 e 3-bis, stabilendosi, tuttavia, che l'elemento soggettivo della condotta dannosa del magistrato debba essere esclusivamente il dolo o la negligenza inescusabile.
  La proposta di legge conferma poi il vigente comma 2 dell'articolo 7 della legge 117, sull'inopponibilità della transazione al magistrato nel giudizio di rivalsa e disciplinare.
  Viene poi modificato il successivo comma 3: è espunto il riferimento alla soppressa figura del conciliatore; viene confermata la sola responsabilità dolosa dei giudici popolari (delle corti d'assise); si Pag. 49prevede che gli estranei alla magistratura membri di organi giudiziari collegiali (ad esempio gli esperti dei tribunali dei minorenni) rispondono, oltre che per dolo, per negligenza inescusabile per travisamento del fatto o delle prove (attualmente tale responsabilità è stabilita per dolo e colpa grave, quest'ultima solo se derivante dall'affermazione, determinata da negligenza inescusabile, di un fatto la cui esistenza è incontrastabilmente esclusa dagli atti del procedimento nonché dalla negazione, determinata da negligenza inescusabile, di un fatto la cui esistenza risulta incontrastabilmente dagli atti del procedimento).
  Inoltre, l'articolo 5 della proposta di legge interviene sull'articolo 8 della legge 117 ridefinendo i limiti quantitativi della rivalsa. Essa non può eccedere una somma pari alla metà di un'annualità di stipendio (la normativa vigente prevede un terzo), al netto delle trattenute fiscali, percepito dal magistrato al tempo in cui è proposta l'azione risarcitoria. Questo limite non si applica al fatto commesso con dolo, nel qual caso ovviamente l'azione risarcitoria è totale. L'esecuzione della rivalsa, invece, se effettuata mediante trattenuta sullo stipendio non può comportare complessivamente il pagamento per rate mensili in misura superiore al terzo dello stipendio netto (attualmente non può superare un quinto).
  L'articolo 6 della proposta di legge 2738 modifica poi l'articolo 9 della legge Vassalli, coordinando la disciplina dell'azione disciplinare a carico del magistrato (conseguente all'azione di risarcimento intrapresa) con la soppressione del filtro di ammissibilità della domanda disposto dall'articolo 3, comma 2.
  È, in tal senso, espunto dal comma 1 dell'articolo 9 della legge 117/1988 il riferimento al termine di due mesi dalla comunicazione del tribunale distrettuale (che dichiara ammissibile la domanda di risarcimento) entro il quale il PG della cassazione deve proporre l'azione disciplinare.
  L'articolo 7, infine, integra con un comma aggiuntivo 2-bis il contenuto dell'articolo 13 della legge 117/1988 (Responsabilità civile per fatto costituente reato) prevedendo la responsabilità contabile per il mancato esercizio dell'azione di regresso dello Stato verso il magistrato.
  Ai fini dell'accertamento di tale responsabilità, il comma 2-bis stabilisce, in capo al Presidente del consiglio e al Ministro della giustizia, oneri informativi annuali nei confronti della Corte dei conti in relazione alle condanne emesse nell'anno precedente per risarcimento del danno derivante da reato ed alle conseguenti azioni di regresso verso il magistrato.

TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO ROCCO PALESE IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DELLA PROPOSTA DI LEGGE N. 2738 ED ABBINATE

  ROCCO PALESE. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, il tema della responsabilità civile dei magistrati è stato trattato in più occasioni nel corso della precedente legislatura.
  Questo provvedimento, nella sua veste finale quest'oggi in discussione generale in Aula, se da un lato ha recepito importanti previsioni che il Gruppo di Forza Italia, il mio gruppo, ha pesantemente voluto, tuttavia appare nel complesso un po’ squilibrato, contrastante.
  La Commissione Giustizia ha avviato l'esame di proposte di legge in tema di responsabilità civile dei magistrati il 14 novembre 2013: le proposte erano: la proposta C. 1735 (Leva), cui è stata poi abbinata la proposta C. 1850 (Brunetta).
  In seguito, era stato proposto un ciclo di audizioni, ma l'iter alla Camera si è interrotto. Nel frattempo, contestualmente, anche al Senato si è avviato l'esame dei disegni di legge in materia di responsabilità civile dei magistrati che è proseguito e si è concluso con l'approvazione, il 20 novembre 2014, della proposta di legge C. 2738.
  Con la trasmissione di tale proposta alla Camera, la Commissione Giustizia ha ripreso l'iter delle proposte, cui sono state abbinate le proposte di legge C. 990 (Gozi) Pag. 50e C. 2140 (Cirielli). Sono state svolte audizioni informali (10 dicembre 2014) fino alla decisione della Commissione di conferire, senza apportare modifiche, il mandato al relatore a riferire favorevolmente all'Assemblea sulla proposta C. 2738, già approvata dal Senato.
  La responsabilità civile dei magistrati è attualmente disciplinata dalla legge 13 aprile 1988, n. 117, la cosiddetta legge Vassalli, che ha dato alla materia una nuova regolamentazione all'indomani del referendum del novembre 1987, fortemente limitativa dei casi di responsabilità civile del giudice.
  Cari colleghi e colleghe mi preme sottolineare che nel nostro Paese esiste un principio fondamentale, richiamato da questa legge: lo Stato risponde dei danni causati da errori del giudice solo quando il giudice li ha commessi per dolo o colpa grave. Non esiste una responsabilità dello Stato scissa dalla responsabilità del giudice. Questo è stato uno dei primi grandi equivoci. Anche il Governo a volte ha fatto riferimento a questa distinzione, fondandosi sulla sentenza europea che aveva affermato la necessità della responsabilità dello Stato. Su questo non c’è dubbio: la sentenza europea non poteva riguardare la responsabilità dei giudici.
  Pertanto si è preferito operare sulla legge Vassalli per cui lo Stato risponde solo in presenza di dolo o colpa grave del giudice, invece di stabilire una responsabilità dello Stato scissa da quella dei giudici: non si doveva modificare la legge Vassalli, ma si doveva varare una legge ad hoc che non fosse conforme all'articolo 28 della Costituzione !
  La proposta di legge C. 2738, approvata dal Senato e dalla Commissione Giustizia della Camera, oggi in discussione generale, è composta da sette articoli che introducono modifiche alla cd. legge Vassalli.
  Gli elementi principali della riforma sono: il mantenimento dell'attuale principio della responsabilità indiretta del magistrato (l'azione risarcitoria rimane azionabile nei confronti dello Stato); la limitazione della clausola di salvaguardia che esclude la responsabilità del magistrato; la ridefinizione delle fattispecie di colpa grave; l'eliminazione del filtro endoprocessuale di ammissibilità della domanda; una più stringente disciplina della rivalsa dello Stato verso il magistrato.
  Abbiamo individuato i casi di colpa grave, con una specifica indicazione ma nasce un'altra distonia e, addirittura, un contrasto tra le due norme: da una parte, infatti, si afferma che vi è responsabilità dello Stato nei casi di colpa grave del giudice, ma poi nell'articolo relativo alla rivalsa si fa riferimento ai casi di colpa grave indicati, solo se determinati da dolo.
  Ma il giudice non dovrebbe pagare come un normale cittadino quando si tratta di dolo ?
  Dovrebbe, ma nella legge scriviamo che in caso di dolo non si applica il limite della rivalsa ma, come presupposto del dolo, facciamo riferimento ai presupposti di colpa grave. Da un lato quindi si afferma che nell'ipotesi di colpa grave (articolo 2) lo Stato deve rispondere, e dall'altro si stabilisce che invece la rivalsa si applica soltanto per negligenze inescusabili.
  Insomma, un paradosso ! Un ulteriore contrasto: il concetto di colpa grave non si trova specificato in dottrina ma è stabilito dal codice espressamente ma invece, di fatto, viene limitato ad una sola ipotesi. Il tutto capite bene, diventa alquanto squilibrato: lo Stato deve rispondere per colpa grave.
  Colleghi, voglio ribadire ancora una volta che siamo qui in quanto rappresentanti del Popolo: dovremmo discutere di diritti e di principi e invece in questa legislatura riscontriamo che molte volte, ragioni di maggioranza o accordi sottobanco portano all'approvazione di norme abbastanza contrastanti.
  Quello in esame è un provvedimento che non tiene conto delle vere affermazioni di responsabilità. Il Governo ha ritenuto, sbagliando, che forse così si sarebbe accontentata una parte della magistratura, ma così non è. Bocciando l'emendamento in cui si proponeva che il giudice avrebbe dovuto tener conto del precedente della Cassazione, anche con la possibilità Pag. 51di motivare diversamente, si è negato il connotato principale della funzione giurisdizionale, ovvero la libertà del giudice.
  Da ultimo, mi piacerebbe esprimere questo concetto e con esso la contrarietà’ di Forza Italia ad un provvedimento sulla Responsabilità civile dei magistrati così inteso: ciò che manca è la responsabilità, intesa nella sua accezione più ampia e l'organizzazione giudiziaria: il giudice e chiunque ha responsabilità organizzative, dovrebbero essere in grado di garantire la celebrazione dei processi, in modo indipendente giusto ed equo.
  La celebrazione dei processi si fa anche seguendo un ordine cronologico, tenendo conto dei termini di prescrizione, mentre molte volte, per seguire la moda di svolgere solo determinati processi, si fa in modo che altri vadano in prescrizione.
  Solo così si può garantire una giustizia giusta per tutti, e sottolineo tutti i cittadini di fronte ad una disparità di trattamento, a una negligenza o a un'imperizia del giudice che per definizione dovrebbe essere imparziale e super partes !
  Grazie.

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ORGANIZZAZIONE DEI TEMPI DI ESAME DEGLI ARGOMENTI IN CALENDARIO

Ddl cost. n. 2613 e abb. – Riforma costituzionale

Seguito dell'esame: 80 ore (*).

Relatori di maggioranza 45 minuti (complessivamente)
Relatori di minoranza 45 minuti (complessivamente)
Governo 1 ora
Richiami al Regolamento 20 minuti
Tempi tecnici 5 ore
Interventi a titolo personale 13 ore e 41 minuti (con il limite massimo di 1 ora e 40 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 58 ore e 29 minuti
 Partito Democratico 14 ore e 14 minuti
 MoVimento 5 Stelle 9 ore e 2 minuti
 Forza Italia – Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente 7 ore e 7 minuti
 Area Popolare (NCD - UDC) 4 ore e 33 minuti
 Sinistra Ecologia Libertà 4 ore e 24 minuti
 Scelta civica per l'Italia 4 ore e 14 minuti
 Lega Nord e Autonomie 4 ore e 1 minuto
 Per l'Italia – Centro Democratico 3 ore e 49 minuti
 Fratelli d'Italia – Alleanza Nazionale 3 ore e 20 minuti
 Misto: 3 ore e 45 minuti
  Partito Socialista Italiano (PSI) – Liberali per l'Italia (PLI) 1 ora e 30 minuti
  Minoranze Linguistiche 1 ora e 15 minuti
  MAIE – Movimento Associativo italiani all'estero – Alleanza per l'Italia (API) 1 ora

(*) I tempi indicati sono stati in parte utilizzati nella seduta dell'8 gennaio 2015.

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Mozione n. 1-00675 e abb. – Riconoscimento dello Stato della Palestina

Tempo complessivo, comprese le dichiarazioni di voto: 6 ore (*).

Governo 25 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora e 1 minuto (con il limite massimo di 7 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore e 19 minuti
 Partito Democratico 1 ora e 14 minuti
 MoVimento 5 Stelle 34 minuti
 Forza Italia – Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente 28 minuti
 Area Popolare (NCD - UDC) 20 minuti
 Sinistra Ecologia Libertà 19 minuti
 Scelta civica per l'Italia 19 minuti
 Lega Nord e Autonomie 18 minuti
 Per l'Italia – Centro Democratico 16 minuti
 Fratelli d'Italia – Alleanza Nazionale 15 minuti
 Misto: 16 minuti
  Partito Socialista Italiano (PSI) – Liberali per l'Italia (PLI) 7 minuti
  Minoranze Linguistiche 5 minuti
  MAIE – Movimento Associativo italiani all'estero – Alleanza per l'Italia (API) 4 minuti

(*) Al tempo sopra indicato si aggiungono 5 minuti per l'illustrazione di ciascuna mozione.

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Mozione n. 1-00383– Centrale a carbone di Civitavecchia

Tempo complessivo, comprese le dichiarazioni di voto: 6 ore (*).

Governo 25 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale
1 ora e 1 minuto (con il limite massimo di 7 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore e 19 minuti
 Partito Democratico 1 ora e 14 minuti
 MoVimento 5 Stelle 34 minuti
 Forza Italia – Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente 28 minuti
 Area Popolare (NCD - UDC) 20 minuti
 Sinistra Ecologia Libertà 19 minuti
 Scelta civica per l'Italia 19 minuti
 Lega Nord e Autonomie 18 minuti
 Per l'Italia – Centro Democratico 16 minuti
 Fratelli d'Italia – Alleanza Nazionale 15 minuti
 Misto: 16 minuti
  Partito Socialista Italiano (PSI) – Liberali per l'Italia (PLI) 7 minuti
  Minoranze Linguistiche 5 minuti
  MAIE – Movimento Associativo italiani all'estero – Alleanza per l'Italia (API) 4 minuti

(*) Al tempo sopra indicato si aggiungono 5 minuti per l'illustrazione della mozione.

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Mozione n. 1-00540 e abb. – Istituzione di zone franche urbane in Friuli Venezia Giulia

Tempo complessivo, comprese le dichiarazioni di voto: 6 ore (*).

Governo 25 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora e 1 minuto (con il limite massimo di 7 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore e 19 minuti
 Partito Democratico 1 ora e 14 minuti
 MoVimento 5 Stelle 34 minuti
 Forza Italia – Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente 28 minuti
 Area Popolare (NCD - UDC) 20 minuti
 Sinistra Ecologia Libertà 19 minuti
 Scelta civica per l'Italia 19 minuti
 Lega Nord e Autonomie 18 minuti
 Per l'Italia – Centro Democratico 16 minuti
 Fratelli d'Italia – Alleanza Nazionale 15 minuti
 Misto: 16 minuti
  Partito Socialista Italiano (PSI) – Liberali per l'Italia (PLI) 7 minuti
  Minoranze Linguistiche 5 minuti
  MAIE – Movimento Associativo italiani all'estero – Alleanza per l'Italia (API) 4 minuti

(*) Al tempo sopra indicato si aggiungono 5 minuti per l'illustrazione della mozione.

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Mozione n. 1-00607 – Studi di settore

Tempo complessivo, comprese le dichiarazioni di voto: 6 ore (*).

Governo 25 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora e 1 minuto (con il limite massimo di 7 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore e 19 minuti
 Partito Democratico 1 ora e 14 minuti
 MoVimento 5 Stelle 34 minuti
 Forza Italia – Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente 28 minuti
 Area Popolare (NCD - UDC) 20 minuti
 Sinistra Ecologia Libertà 19 minuti
 Scelta civica per l'Italia 19 minuti
 Lega Nord e Autonomie 18 minuti
 Per l'Italia – Centro Democratico 16 minuti
 Fratelli d'Italia – Alleanza Nazionale 15 minuti
 Misto: 16 minuti
  Partito Socialista Italiano (PSI) – Liberali per l'Italia (PLI) 7 minuti
  Minoranze Linguistiche 5 minuti
  MAIE – Movimento Associativo italiani all'estero – Alleanza per l'Italia (API) 4 minuti

(*) Al tempo sopra indicato si aggiungono 5 minuti per l'illustrazione della mozione.

Mozione n. 1-00594 – Contrasto del gioco d'azzardo

Tempo complessivo, comprese le dichiarazioni di voto: 6 ore (*).

Governo 25 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora e 1 minuto (con il limite massimo di 7 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore e 19 minuti
 Partito Democratico 1 ora e 14 minuti
 MoVimento 5 Stelle 34 minuti
 Forza Italia – Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente 28 minuti
 Area Popolare (NCD - UDC) 20 minuti
 Sinistra Ecologia Libertà 19 minuti
 Scelta civica per l'Italia 19 minuti
 Lega Nord e Autonomie 18 minuti
 Per l'Italia – Centro Democratico 16 minuti
 Fratelli d'Italia – Alleanza Nazionale 15 minuti
 Misto: 16 minuti
  Partito Socialista Italiano (PSI) – Liberali per l'Italia (PLI) 7 minuti
  Minoranze Linguistiche 5 minuti
  MAIE – Movimento Associativo italiani all'estero – Alleanza per l'Italia (API) 4 minuti

(*) Al tempo sopra indicato si aggiungono 5 minuti per l'illustrazione della mozione.

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Mozione n. 1-00666 – Iniziative in sede europea volte a richiedere le dimissioni del presidente della Commissione europea

Tempo complessivo, comprese le dichiarazioni di voto: 6 ore (*).

Governo 25 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora e 1 minuto (con il limite massimo di 7 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore e 19 minuti
 Partito Democratico 1 ora e 14 minuti
 MoVimento 5 Stelle 34 minuti
 Forza Italia – Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente 28 minuti
 Area Popolare (NCD - UDC) 20 minuti
 Sinistra Ecologia Libertà 19 minuti
 Scelta civica per l'Italia 19 minuti
 Lega Nord e Autonomie 18 minuti
 Per l'Italia – Centro Democratico 16 minuti
 Fratelli d'Italia – Alleanza Nazionale 15 minuti
 Misto: 16 minuti
  Partito Socialista Italiano (PSI) – Liberali per l'Italia (PLI) 7 minuti
  Minoranze Linguistiche 5 minuti
  MAIE – Movimento Associativo italiani all'estero – Alleanza per l'Italia (API) 4 minuti

(*) Al tempo sopra indicato si aggiungono 5 minuti per l'illustrazione della mozione.

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Comunicazioni del Ministro della giustizia sull'amministrazione della giustizia

Tempo complessivo: 3 ore e 30 minuti (*).

Interventi a titolo personale 40 minuti (con il limite massimo di 5 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 2 ore e 50 minuti
 Partito Democratico 50 minuti
 MoVimento 5 Stelle 22 minuti
 Forza Italia – Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente 18 minuti
 Area Popolare (NCD - UDC) 13 minuti
 Sinistra Ecologia Libertà 12 minuti
 Scelta civica per l'Italia 12 minuti
 Lega Nord e Autonomie 12 minuti
 Per l'Italia – Centro Democratico 11 minuti
 Fratelli d'Italia – Alleanza Nazionale 10 minuti
 Misto: 10 minuti
  Partito Socialista Italiano (PSI) – Liberali per l'Italia (PLI) 4 minuti
  Minoranze Linguistiche 3 minuti
  MAIE – Movimento Associativo italiani all'estero – Alleanza per l'Italia (API) 3 minuti

(*) Per le dichiarazioni di voto sono inoltre attribuiti a ciascun gruppo 10 minuti. Un tempo aggiuntivo è attribuito al gruppo Misto.