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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 347 di mercoledì 10 dicembre 2014

Pag. 1

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LAURA BOLDRINI

  La seduta comincia alle 15.

  ANNA MARGHERITA MIOTTO, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 2 dicembre 2014.

  (È approvato).

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno il Ministro della difesa, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo.

(Elementi in merito alla presenza di ordigni e sostanze chimiche pericolose nell'area circostante al lago di Vico (Viterbo) – n. 3-01213)

  PRESIDENTE. Il deputato Pastorelli ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01213, concernente elementi in merito alla presenza di ordigni e sostanze chimiche pericolose nell'area circostante al lago di Vico (Viterbo) (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata).

  ORESTE PASTORELLI. Signora Presidente, onorevole Ministra, come saprà, durante il regime fascista, venne costruito sulle rive del lago di Vico, un impianto per la sperimentazione, produzione di armi chimiche e ordigni speciali. A metà degli anni Novanta, ebbero luogo le prime operazioni di bonifica. Nel novembre del 2009, l'ARPA Lazio evidenziava la presenza di valori molto superiori alla soglia di contaminazione per diversi metalli pesanti. Dati confermati nel 2010, dal Centro tecnico logistico interforze, in particolare, circa la presenza di arsenico superiore alla soglia di contaminazione, che richiedeva di procedere ad una seconda bonifica dell'area. Ad oggi, non ci risulta che la bonifica abbia avuto effettivo inizio, mentre l'intero sito giace abbandonato e pericolosamente incustodito.

  PRESIDENTE. La Ministra della difesa, Roberta Pinotti, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

  ROBERTA PINOTTI, Ministro della difesa. Signor Presidente, realizzato negli anni Trenta, come diceva lei, per la produzione e lo stoccaggio e il caricamento di gas fosgene, per il caricamento di ordigni bellici con iprite proveniente dagli impianti di Cesano, il magazzino materiali per la difesa nucleare, batteriologica e chimica di Ronciglione, in provincia di Viterbo, negli anni seguenti il secondo conflitto mondiale, è stato utilizzato per il caricamento di artifizi nebbiogeni, e ha cessato l'attività alla fine degli anni Settanta. Negli anni 1995-1996, l'allora stabilimento militare dei materiali per la difesa di Civitavecchia, coadiuvato da una ditta specializzata, ha effettuato una bonifica dell'area, e tutti materiali che vi erano conservati sono stati trasportati Pag. 2presso la sede dello stesso CETLI NBC di Civitavecchia, dove sono stati successivamente smaltiti. Attualmente, all'interno dell'ex magazzino di Ronciglione non sono presenti ordigni bellici, o sostanze pericolose. Nel 2007 la struttura è stata inserita tra i beni dismissibili del Dicastero; prima di procedere alla sua alienazione, lo Stato maggiore della Difesa ha commissionato un'indagine geofisica che nel dicembre 2008 ha evidenziato la presenza di masse interrate di varia tipologia, riconducibili anche ad eventuali ordini inesplosi, e un valore di concentrazione di arsenico appena superiore ai valori previsti dal decreto legislativo n. 152 del 2006. La Difesa, notificata la situazione agli enti locali territorialmente competenti ha, quindi, attivato l'iter per procedere alla bonifica dell'area. Il successivo piano di caratterizzazione del sito dell'ex magazzino, realizzato dall'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente del Lazio, e approvato il 19 ottobre del 2011 in sede di Conferenza di servizi, con l'intervento di rappresentanti della ragione Lazio, della provincia, della Prefettura di Viterbo e dei comuni di Ronciglione e Caprarola, ha consentito l'affidamento delle attività di bonifica da ordigni e residuati bellici alla ditta Sogelma, aggiudicataria della gara d'appalto. Il relativo contratto n. 2755, del 25 novembre 2011, prevede l'esecuzione di due lotti. Il primo, conclusosi il 29 gennaio 2013, ha riguardato la rimozione delle masse interrate in una parte del sedime, e il trasporto del materiale rinvenuto presso il CETLI NBC di Civitavecchia, per la successiva demilitarizzazione. Il secondo, che prenderà avvio il prossimo 7 gennaio, completerà le attività di bonifica già effettuate con il primo lotto di lavori, e consisterà nella verifica e rimozione delle masse interrate, prelevate in fase di analisi geofisica, e nell'eventuale bonifica di ordigni esplosivi rinvenuti.
  Contestualmente l'ARPA Lazio effettuerà la caratterizzazione dell'intero sedime dell'ex magazzino attraverso 85 microcarotaggi ad una profondità di 2 metri. Con riferimento, infine, a potenziali situazioni di rischio per la popolazione residente, i competenti organi tecnici dell'ARPA non hanno posto in essere, né richiesto, alcuna misura specifica. Soltanto al termine del processo di caratterizzazione, e acquisiti gli esiti delle relative analisi chimiche, sarà possibile conoscere l'eventuale esigenze di bonifica chimica del sito.

  PRESIDENTE. Il deputato Pastorelli ha facoltà di replicare.

  ORESTE PASTORELLI. La ringrazio, onorevole Ministra, per la sua risposta. Mi limito ad aggiungere che la gravità della situazione degli impianti in questione non deve essere sottovalutata e che, al contrario, devono essere presi provvedimenti opportuni nel più breve tempo possibile, come lei ha annunciato, essendo in gioco la salute e l'incolumità dei cittadini.

(Elementi e iniziative in merito all'utilizzo dei contratti a progetto da parte di Equitalia Spa e di alcune società affidatarie in relazione all'espletamento dei servizi di notificazione delle cartelle di pagamento – n. 3-01210)

  PRESIDENTE. La deputata Emanuela Corda ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01210 concernente elementi e iniziative in merito all'utilizzo dei contratti a progetto da parte di Equitalia Spa e di alcune società affidatarie in relazione all'espletamento dei servizi di notificazione delle cartelle di pagamento (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata).

  EMANUELA CORDA. Grazie Presidente. Questo potremmo definirlo un caso di ordinaria illegalità, solo che a fare la parte del cattivo, in questo caso, è lo Stato e questo è gravissimo.
  Protagonista di tutto è, come al solito, Equitalia. Parliamo, nello specifico, di Equitalia Sardegna Spa. Equitalia Sardegna Spa avrebbe affidato a società private in subappalto, la Tnt postnotifiche srl e la Recapitalia srl, il servizio di notifica delle Pag. 3cartelle. Cosa è avvenuto ? Che queste società, a loro volta, non hanno regolarizzato i messi notificatori, i quali avevano un contratto a progetto. Questo non era possibile, configurandosi l'oggetto sociale della società con lo stesso progetto. Quindi, si configura un rapporto di lavoro subordinato.
  Noi vorremmo capire come vede questa situazione il Ministro e come mai si sia distratto, considerato che c’è stato un mancato versamento dei contributi previdenziali per migliaia e migliaia di lavoratori e anche di ritenute fiscali. Quindi, si tratta di un danno per l'erario, un danno per l'INPS, un danno per i lavoratori e soprattutto – mi perdoni, vado a terminare – si potrebbe aprire un contenzioso pazzesco tra i contribuenti e lo Stato. Quindi, una bolla sociale che sta per esplodere. Cosa volete fare ?

  PRESIDENTE. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti, ha facoltà di rispondere.

  GIULIANO POLETTI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Signor Presidente, con questo atto parlamentare gli interroganti richiamano l'attenzione del Governo su presunte irregolarità poste in essere dal gruppo Equitalia e da alcune società appaltatrici, in relazione all'espletamento del servizio di notificazione delle cartelle di pagamento.
  Nello specifico, gli interroganti evidenziano una serie di problematiche in ordine ai soggetti legittimati alla notifica delle cartelle, alla modalità di affidamento del servizio di notificazione delle cartelle e alla gestione dello stesso, nonché all'utilizzo del contratto di lavoro a progetto per utilizzo dei messi notificatori.
  Sotto il primo aspetto, occorre precisare che la legge individua due specifiche figure professionali nell'ambito della struttura dei concessionari della riscossione: l'ufficiale di riscossione e il messo notificatore. Il primo, l'ufficiale di riscossione, in considerazione della particolare delicatezza della sua attività, esercita le sue funzioni in rapporto di lavoro subordinato e sotto la sorveglianza del concessionario della riscossione. Per i secondi, i messi notificatori, diversamente non esiste alcuna norma che qualifichi il rapporto intercorrente con il concessionario, salva la previsione che il concessionario è responsabile del corretto svolgimento di questa attività.
  Riguardo, invece, alla modalità di affidamento da parte di Equitalia Spa del servizio di notifica delle cartelle di pagamento, faccio presente quanto segue. All'esito di una gara pubblica per l'affidamento del servizio di notificazione, suddivisa in 4 lotti, il 20 novembre 2009 è stato sottoscritto un contratto di appalto relativo al lotto numero 3 (Sardegna, Toscana, Lazio, Umbria e Marche) con scadenza al 29 maggio 2013, con il raggruppamento temporaneo di imprese composte da Tnt postnotifiche srl, mandataria, Società nazionale elaborazioni e magnetizzazioni Spa e Consorzio stabile Olimpo, mandanti, e Lampo Service, esecutrice.
  Nel corso dell'esecuzione delle prestazioni contrattuali, il raggruppamento aggiudicatario ha ottenuto dall'allora agente della riscossione Equitalia Gerit di Viterbo, Frosinone, L'Aquila e Latina l'autorizzazione all'affidamento in subappalto in favore della Crc Post del servizio di notifica delle province di competenza.
  Sia il contratto di appalto che il contratto di subappalto obbligano espressamente appaltatore e subappaltatore al rispetto di tutti gli obblighi di legge e regolamento nei confronti dei propri dipendenti, nonché ad assicurare al proprio personale dipendente un trattamento normativo e retributivo non inferiore a quanto stabilito dalla legge e dagli accordi collettivi in vigore per la categoria di appartenenza, nonché il regolare adempimento degli obblighi assicurativi.
  Da ultimo, in relazione a quanto evidenziato dagli interroganti in ordine all'affidamento in subappalto, da parte di Equitalia, del servizio notifica a due società private, le quali, a loro volta, l'avrebbero affidato a personale assunto con contratti di lavoro a progetto, con conseguente omesso versamento dei contributi Pag. 4previdenziali e ritenute fiscali nei confronti dei lavoratori, informo di aver già allertato le competenti direzioni regionali del lavoro, al fine di acquisire tutti gli elementi di valutazione e di promuovere eventuali accertamenti ispettivi.

  PRESIDENTE. La deputata Cancelleri, cofirmataria dell'interrogazione, ha facoltà di replicare.

  AZZURRA PIA MARIA CANCELLERI. Grazie signora Presidente e grazie signor Ministro, il MoVimento 5 Stelle si è sempre posto a favore dell'abolizione di Equitalia, contro un sistema corrotto che influenza ancora oggi il sistema della riscossione.
  Nonostante la nostra proposta di legge per abolire Equitalia, che è stata bocciata proprio in quest'aula, noi abbiamo continuato la nostra indagine, che ha fatto emergere una delle criticità di Equitalia, che riguarda le cartelle esattoriali sospese illegittimamente, illegalmente.
  La nostra indagine continua, tanto che oggi ci ritroviamo non di fronte al Ministro delle finanze, ma di fronte al Ministro del lavoro, proprio perché una delle irregolarità è stata proprio quella che vi abbiamo sottoposto e che nasce da segnalazioni di alcuni cittadini della Sardegna, esasperati ma al contempo informati, di cui noi ci siamo fatti portavoce.
  La risposta che ci ha dato, anche se poi la risposta reale l'abbiamo ottenuta nelle ultime parole che lei ha pronunciato pochi secondi fa, ci soddisfa parzialmente, nel senso che già il fatto che lei si sia impegnato per allertare le sedi regionali per noi è un sollievo.
  Avremmo preferito proprio una risposta più articolata, anche in riferimento al contenzioso di cui parlava la mia collega nella fase espositiva, cioè alla possibilità che da questo poi emergano dei problemi più grandi, che creerebbero un danno per i contribuenti che già lo vivono, ma anche per le casse dello Stato. Però, appunto, le ultime sue parole ci rassicurano.
  Noi continueremo a vigilare comunque e a collaborare, nel possibile, anche con voi su questo ambito.

(Iniziative volte ad evitare effetti discriminatori nel trattamento pensionistico dei dipendenti assunti con contratto part-time «verticale» – n. 3-01211)

  PRESIDENTE. Il deputato Busin ha facoltà di illustrare per un minuto la sua interrogazione n. 3-01211, concernenti iniziative volte ad evitare effetti discriminatori nel trattamento pensionistico dei dipendenti assunti con contratto part-time «verticale» (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata).

  FILIPPO BUSIN. Signora Presidente e Ministro, la questione riguarda il cosiddetto part-time «verticale» e cioè quella fattispecie di lavoro parziale che viene svolta, per motivi organizzativi, non in modo omogeneo, spalmato sui singoli giorni della settimana, ma concentrato su alcuni giorni.
  Ebbene coloro che – appunto, ripeto: non per un proprio capriccio, ma per motivi organizzativi e quindi si presuppone per aumentare l'utilità del lavoro svolto e della prestazione lavorativa svolta – scelgono il part-time «verticale» si trovano una decurtazione, nel calcolo degli anni contributivi ai fini pensionistici, che invece chi usufruisce dell'altra fattispecie, quella orizzontale, non subisce.
  Quindi la domanda è, appunto, cosa si aspetta a sistemare questa questione, visto che anche la Corte di giustizia europea si è espressa a favore dell'interpretazione fatta dai dipendenti e non di quella dell'INPS, che appare del tutto infondata, contraria anche al senso comune ed al buon senso generale e condiviso.

  PRESIDENTE. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti, ha facoltà di rispondere.

  GIULIANO POLETTI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Signora Presidente, con questo atto gli onorevoli interroganti richiamano l'attenzione del Governo sugli effetti discriminatori che sussisterebbero nel calcolo dell'anzianità Pag. 5contributiva utile per l'accesso al pensionamento tra i lavoratori assunti con il contratto di part-time «orizzontale» e quelli di part-time «verticale».
  Al riguardo, nel sottolineare che la questione è già all'attenzione del Governo, voglio ricordare che la disciplina vigente prevede che i contributi settimanali, ai fini delle prestazioni pensionistiche a carico dell'INPS, sono accreditati solo se il lavoratore ha percepito, nel corso della singola settimana, una retribuzione non inferiore al 40 per cento dell'importo del trattamento minimo mensile di pensione.
  Tale disciplina può incidere sul requisito di anzianità contributiva utile per il raggiungimento del diritto alla pensione nei rapporti part-time verticali o misti. Infatti, nel caso di rapporto di part-time verticale o misto, in cui durante alcune settimane non viene prestata attività lavorativa o viene prestata attività lavorativa che dà diritto ad una retribuzione inferiore al 40 per cento del trattamento mensile di pensione, per le relative settimane non vengono accreditati contributi a favore del lavoratore, con un'incidenza negativa sulla sua anzianità contributiva. Voglio ricordare, ad ogni buon conto, che questa incidenza negativa trova un temperamento nella disciplina che prevede, per il part-time verticale, la possibilità di prosecuzione volontaria della contribuzione per i periodi durante i quali non vi è stata attività lavorativa. Comunque, sulla questione sollevata dagli onorevoli interroganti, che pone un problema effettivamente esistente, il Governo sta valutando la possibilità di intervenire in via amministrativa, anche tenendo conto delle indicazioni e degli esiti del diffuso contenzioso, così da superare qualunque discriminazione tra lavoratori part-time. Considerata la rilevanza degli interessi in campo, il Governo, qualora l'intervento in via amministrativa non risultasse praticabile, valuterà senz'altro le modalità di un apposito intervento normativo.
  In ordine al secondo quesito posto dagli onorevoli interroganti, faccio presente, sulla base delle informazioni fornite dall'INPS, che i lavoratori privati che hanno avuto un rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale nel periodo 2005-2013 sono circa 735 mila, di cui 460 mila donne, e che i lavoratori pubblici nell'anno 2013 sono circa 40 mila, di cui circa 34 mila donne.

  PRESIDENTE. Il deputato Busin ha facoltà di replicare.

  FILIPPO BUSIN. Signor Presidente, mi auguro che questa soluzione, che sia di tipo amministrativo o altro, sia quanto mai veloce e certa nei tempi e che non si rimandi una questione a mio parere semplice, dal punto di vista della soluzione che si può trovare. Vorrei richiamare anche il modo in cui si è espressa la Corte di giustizia europea che sostiene che l'interpretazione data dall'INPS a questo tipo di lavoro part-time verticale è in violazione della clausola n. 4 della direttiva dell'Unione europea che disciplina gli accordi quadro sul lavoro a tempo parziale. Ecco, una volta tanto che l'Europa, o almeno alcuni organi dell'Unione europea sembrano esprimersi in un senso che è coerente con il comune sentire, con la logica e con il buonsenso condiviso, almeno in queste occasioni cerchiamo di rendere conseguente anche il comportamento del Governo e dare a questa istituzione un senso e un senso anche alla nostra appartenenza a questa istituzione, che spesso viene vista come lontana e malata di burocrazia.
  Ribadisco anche il concetto che la scelta del part-time di tipo verticale è una scelta di tipo organizzativo, quindi niente viene tolto alla produttività e all'utilità della prestazione lavorativa da parte del dipendente che, insieme appunto al datore di lavoro, che sia pubblico o privato, sceglie questa particolare fattispecie. Al contrario, se per evitare questo tipo di penalizzazione, fosse distribuita in modo orizzontale su tutti i giorni della settimana, probabilmente ciò provocherebbe anche dei danni sulla produttività e sulla rendita dal punto di vista organizzativo. Insomma, non mi sembra ci siano questioni legislative, dell'Unione europea, del Pag. 6buonsenso e dell'organizzazione del lavoro dal punto di vista aziendale che ostacolino una presa di posizione decisa da parte del Governo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

(Iniziative finalizzate alla revisione della disciplina delle deroghe ai limiti quantitativi nell'utilizzo dei contratti di lavoro a tempo determinato – n. 3-01212)

  PRESIDENTE. Il deputato Taglialatela ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01212, concernente iniziative finalizzate alla revisione della disciplina delle deroghe ai limiti quantitativi nell'utilizzo dei contratti di lavoro a tempo determinato (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata), per un minuto.

  MARCELLO TAGLIALATELA. Signor Presidente, Ministro, il decreto-legge n. 34 del 2014 aveva come obiettivo il tentativo di consentire e ampliare le occasioni di lavoro, in modo particolare per i giovani, regolamentando le percentuali di utilizzo dei contratti a tempo determinato.
  Purtroppo l'esito di questa normativa sta creando grandissima confusione tanto è vero che la disciplina dei contratti nazionali, che può derogare al limite del 20 per cento relativamente al numero dei contratti a tempo determinato da poter stipulare in ragione di quelli a tempo indeterminato, ha subito una serie di notevoli modifiche che ovviamente rendono assolutamente necessario un intervento da parte del Parlamento, anche immaginando la possibilità di incentivi, sotto forma di detrazioni fiscali, per coloro i quali avranno appunto una specifica attesa in tal senso. Le chiedo, in ragione di quello che si sta verificando, quali sono gli interventi che il Governo vuole mettere in campo.

  PRESIDENTE. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti, ha facoltà di rispondere.

  GIULIANO POLETTI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Presidente, grazie onorevole Tagliatela, passo ad illustrare la risposta. L'onorevole Tagliatela chiede di adottare iniziative finalizzate alla revisione della disciplina delle deroghe ai limiti quantitativi nell'utilizzo dei contratti di lavoro a tempo determinato. Preliminarmente faccio presente che, con il decreto-legge n. 34 del 2014, il legislatore ha apportato rilevanti innovazioni alla disciplina del contratto a tempo determinato eliminando, da un lato, l'obbligo di indicare le ragioni giustificatrici dell'apposizione del termine e prevedendo, dall'altro, la possibilità di stipulare contratti a termine nella misura massima del 20 per cento del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1o gennaio dell'anno di assunzione.
  In tal modo è stata superata la precedente disciplina che limitava la possibilità di stipulare contratti a termine acausali solo al primo rapporto di lavoro a tempo determinato e per una durata non superiore a 12 mesi, ponendo al contempo un limite massimo alla stipula dei contratti a termine. Faccio presente, inoltre, che il comma 7 dell'articolo 10 del decreto legislativo n. 368 del 2001 demanda alla contrattazione collettiva la possibilità di individuare, anche in misura non uniforme, limiti quantitativi di utilizzazione del contratto a tempo determinato. Questo rinvio, come precisato dal Ministero che rappresento in una specifica circolare dello scorso mese di luglio, è un rinvio privo di particolari vincoli. Ciò vuol dire che le parti sociali possono legittimamente derogare tanto al predetto limite del 20 quanto alla scelta del legislatore di fotografare la realtà aziendale dal 1o gennaio dell'anno di assunzione del lavoratore a termine. È dunque consentito ai contratti collettivi di assumere a base di calcolo della percentuale non i lavoratori a tempo indeterminato in forza da una certa data ma quelli mediamente occupati in un determinato arco temporale, così come recentemente disposto dal contratto collettivo nazionale del settore edile.
  Ricordo, inoltre, che, come precisato in una recente risposta all'interpello dei competenti uffici del Ministero che rappresento, Pag. 7l'articolo 8 del decreto-legge n. 138 del 2011 consente ai contratti collettivi sottoscritti a livello aziendale o territoriale, la cosiddetta contrattazione di prossimità, di derogare, con specifiche intese, alla disciplina legale e contrattuale collettiva inclusa quella sui limiti di carattere quantitativo dei contratti a termine.
  Da ultimo, preciso che tanto l'articolo 1 del decreto n. 368 quanto la legge delega sul lavoro, recentemente approvata dal Parlamento, prevedono, in coerenza con le indicazioni europee, il contratto a tempo indeterminato come forma comune di contratto di lavoro; ricordo, inoltre, che la legge delega prevede l'adozione da parte del Governo di un decreto legislativo teso, tra l'altro, a semplificare e modificare la disciplina delle diverse tipologie contrattuali esistenti. Questa dunque sarà la sede in cui si potrà valutare l'opportunità di interventi migliorativi, anche dell'attuale disciplina del contratto a tempo determinato sempre tenendo conto dei predetti vincoli europei.

  PRESIDENTE. Il deputato Taglialatela ha facoltà di replicare.

  MARCELLO TAGLIALATELA. Ministro, la sua risposta è una fotografia dell'attuale situazione. Noi le abbiamo fatto un'altra domanda ed anzi abbiamo anche offerto una soluzione ad una situazione di grande confusione che lei stesso ha rappresentato. Immaginare che tutto debba essere derogato per via di contratti nazionali di settore è un elemento che, alla fine, viene a snaturare il compito che il Parlamento dovrebbe avere e anche lo stesso Ministero.
  In sintesi l'idea di prevedere un meccanismo di sgravi contributivi, che tengano conto della durata a tempo determinato del contratto e anche delle percentuali, è un sistema ovviamente che può consentire al Governo di governare il processo. Se invece lei vuole semplicemente fotografare quello che accade sotto il suo naso, ritengo sia certamente una risposta sbagliata anche perché noi abbiamo bisogno in Italia, proprio in ragione delle necessarie riforme, di avere un quadro normativo che sia chiaro ed indirizzato.
  La verità è che quello, che questo Governo e questa maggioranza hanno approvato nel testo del decreto-legge n. 34 del 2014, è un elemento che porta ancora confusione e che, dal nostro punto di vista, avrebbe bisogno di essere modificato. Quindi, le chiedo, non di fotografare quello che attualmente c’è, ma di giudicare la nostra proposta che, lo ripeto, è di prevedere regimi fiscali e contributivi di vantaggio per la durata dei contratti e anche per le percentuali in ragione dei lavoratori a tempo indeterminato.

(Iniziative in relazione alla situazione produttiva e occupazionale del comparto aeroportuale italiano – n. 3-01214)

  PRESIDENTE. Il deputato Filiberto Zaratti ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01214 concernente iniziative in relazione alla situazione produttiva e occupazionale del comparto aeroportuale italiano (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata).

  FILIBERTO ZARATTI. Presidente, signor Ministro, il comparto aeroportuale segna una crescita esponenziale nell'ultimo periodo; in modo particolare, è evidente lo sviluppo degli aeroporti di Roma, Fiumicino e Ciampino. Secondo uno studio di AdR, tra l'ottobre del 2013 e il 2014, l'aumento dei passeggeri nel solo aeroporto di Fiumicino è stato del 10 per cento. Fanno da contraltare a questa crescita i dati sempre più allarmanti dell'occupazione in tutto il comparto: circa 15 mila lavoratori sono interessati a vario titolo da procedure di cassa integrazione, mobilità e contratti di solidarietà; sono ben 1.634 i lavoratori della compagnia Meridiana minacciati di licenziamento, 500 quelli della Sea-handling agevolati all'uscita e sostituiti con lavoratori interinali e precari. Addirittura in Alitalia una quarantina di addetti, licenziati ad ottobre, sono stati riassunti con contratti a termine per 25 giorni. Tutto ciò è inaccettabile. Pag. 8Gravissima è la situazione degli 871 lavoratori della Groundcare di Fiumicino e Ciampino ai quali il curatore fallimentare della società sembrerebbe voler consegnare a breve lettere di licenziamento senza alcun accordo sindacale.
  Per questi lavoratori chiediamo che venga valutata la nostra proposta di prolungare l'esercizio provvisorio e la licenza almeno fino alla conclusione della cassa integrazione nel maggio 2015 e, in generale, chiediamo quali siano le iniziative che il Governo intenda adottare per tutelare l'occupazione del comparto aeroportuale.

  PRESIDENTE. Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Maurizio Lupi, ha facoltà di rispondere.

  MAURIZIO LUPI, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Presidente, rispondo all'interrogazione dell'onorevole Zaratti e dei suoi colleghi riguardo, appunto, ad un comparto che il Governo da sempre, sin dall'inizio, ha considerato strategico, quello del trasporto aereo; strategico proprio per un Paese come l'Italia che è un grande Paese industriale ed ha anche – c’è qui a fianco a me il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo – una grande vocazione turistica e i dati che lei ci ha riportato, di Fiumicino e di Ciampino, dicono questa capacità di attrazione.
  Sin da subito siamo intervenuti e sin da subito lo abbiamo fatto con la coscienza che il rilancio dell'occupazione, la difesa dell'occupazione, può avvenire solo attraverso, finalmente, la riproposizione di un serio, vero piano industriale che rilanci il sistema del trasporto aereo italiano, il sistema degli aeroporti italiani e che rilanci un vettore che possa tornare ad essere competitivo sul mercato internazionale.
  Più volte abbiamo riferito in Parlamento riguardo alle vertenze Alitalia-CAI e all'accordo Alitalia-Etihad; abbiamo riferito anche – ha fatto lei il riferimento – sulla questione che seguiamo con grande attenzione di Meridiana e di Meridiana Fly, mi concentro nella risposta rapidamente riguardo, invece, alle questioni di che cosa stiamo facendo per quanto riguarda la difesa, appunto, e lo sviluppo di un settore come quello aeroportuale, con particolare riferimento al settore handling. Innanzitutto nel decreto «destinazione Italia» noi abbiamo sin dall'inizio capito che dovevamo introdurre, per la concorrenza delle low cost, e per rendere trasparenti e concorrenziali, le attività di definizione di accordi di co-marketing, ridefinire le misure dell'imposta regionale sulle emissioni sonore degli aeromobili civili per permettere, ovviamente, una competitività migliore, eliminare le addizionali comunali per i passeggeri in transito, lavorare sulle indennità di volo e, in particolare, prorogare la durata del Fondo speciale per il trasporto aereo, prospettandoci, ovviamente, ipotesi di crisi come quelle che sono state poi denunciate adesso. Per quanto riguarda la questione, quindi, confermo che continuiamo a seguire con la massima attenzione l'evoluzione della crisi ancora in atto, nel rispetto della distinzione dei ruoli. Il Governo è impegnato ad attenuare l'impatto degli esuberi previsti dai piani industriali, garantendo il ricorso ai necessari ammortizzatori sociali.
  Ma la questione di fondo è che solo attraverso un rilancio – e siamo convinti che il 2015 segnerà questo grande rilancio del sistema aeroportuale italiano e della nostra compagnia di bandiera – questo potrà avere delle grandi ricadute positive anche sui settori collegati al trasporto aereo. Venendo alla specifica questione della Groundcare, a seguito dell'ultimo incontro dello scorso 5 dicembre tra la società GH Italia, potenziale acquirente, e le organizzazioni sindacali – incontro finalizzato all'accordo per l'acquisto della società Groundcare e conclusosi con la rottura delle trattative – il curatore fallimentare ha comunicato di ritenersi libero da intraprendere tutte le iniziative ritenute opportune. Anche se oggi il curatore ha comunicato un giorno di proroga per verificare se ci sono ulteriori prospettive, l'intenzione del Governo è quella assolutamente Pag. 9di seguire su Groundcare la vertenza e di favorire, per quanto di sua competenza, proposte che possano tutelare nel miglior modo possibile la difesa dei lavoratori.

  PRESIDENTE. Il deputato Zaratti ha facoltà di replicare.

  FILIBERTO ZARATTI. Grazie Presidente, grazie Ministro per la sua gentilezza, ma devo dire che di buone intenzioni, però, è lastricata la via dell'inferno, e, da questo punto di vista, la sua risposta è insoddisfacente. Sono evidenti – diciamo così – le intenzioni programmatiche che lei ci ha ricordato, anche se brevemente, quest'oggi, ma noi avremmo gradito una risposta più puntuale e precisa rispetto alle questioni puntuali e precise che abbiamo sollevato quest'oggi.
  In modo particolare, sui lavoratori Groundcare abbiamo formulato una proposta che le ho accennato velocemente, cioè prorogare l'esercizio e la licenza di Groundcare almeno fino a conclusione della cassa integrazione (maggio 2015), in modo tale da dare a questi lavoratori la possibilità di avere respiro e soprattutto di dare la possibilità alle trattative in atto, con un accordo sindacale, di arrivare ad una definizione più certa della vicenda.
  Di fronte a un evidente sviluppo del sistema aeroportuale – e i dati sono incontrovertibili, perché la stessa AdR ha festeggiato il duemilionesimo passeggero in più a ottobre di quest'anno rispetto all'anno precedente, quindi il volume del traffico aereo aumenta significativamente –, di fronte a un aumento così consistente corrisponde una riduzione così evidente dell'occupazione. Il Governo deve fare di più per tutelare i lavoratori, deve fare di più per fare in modo che all'aumento dei profitti, legati all'aumento del traffico, corrisponda, quanto meno, la garanzia e la tutela dei livelli attuali di occupazione in tutti i diversi settori in cui, appunto, si divide il sistema aeroportuale. Speravo e pensavo che la sua risposta fosse più attenta e più precisa e che non si limitasse nuovamente, come già spesso accaduto in passato, ad annunciare le buone intenzioni del Governo, che non si traducono, però, mai in fatti concreti.

(Iniziative volte a precisare la decorrenza del termine per la notificazione delle violazioni del codice della strada – n. 3-01215)

  PRESIDENTE. Il deputato Librandi ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01215 concernente iniziative volte a precisare la decorrenza del termine per la notificazione delle violazioni del codice della strada (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata).

  GIANFRANCO LIBRANDI. Presidente, illustrissimo Ministro, premesso che l'articolo 201 del codice della strada prevede che le violazioni allo stesso codice devono essere immediatamente contestate al trasgressore, ovvero che, nell'impossibilità dell'immediatezza della contestazione, la pubblica amministrazione abbia novanta giorni per notificare il verbale al trasgressore, alcune amministrazioni locali (tra queste il comune di Milano), per evitare che la decorrenza del termine di novanta giorni previsto dal codice della strada annulli la validità della sanzione, interpretano il termine iniziale per la notifica non dal momento in cui l'infrazione è accertata dal dispositivo elettronico, bensì da quello in cui l'operatore di polizia visiona il fotogramma inerente l'infrazione, chiedo all'onorevole Ministro Lupi se, a fronte di un'interpretazione estensiva dell'articolo 201 del codice della strada da parte delle amministrazioni locali, fortemente penalizzante per i cittadini, non ritenga opportuna l'adozione di una circolare esplicativa o di una modifica dello stesso articolo 201.

  PRESIDENTE. Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Maurizio Lupi, ha facoltà di rispondere.

  MAURIZIO LUPI, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Grazie onorevole Librandi, lei solleva, con questa interrogazione, Pag. 10una questione che tocca tantissimi cittadini e che viene sollevata in modo del tutto condivisibile da parte del Ministro e del Ministero. Premettendo che sull'interpretazione dell'articolo 201 del codice della strada relativamente alla decorrenza dei termini di notifica del verbale di accertamento sono stati interessati anche i competenti uffici del Ministero dell'interno e della giustizia, lei ci richiama alla prassi adottata da alcune amministrazioni comunali, tra cui il comune di Milano, di far decorrere il termine di 90 giorni per la contestazione delle violazioni del codice della strada non dalla data, come lei ha già detto, di commissione delle stesse bensì da quella in cui gli organi accertatori visionano i fotogrammi fatti dagli apparecchi.
  Tale interpretazione estensiva del dies a quo non può essere considerata legittima, lo abbiamo detto con molta chiarezza, è molto chiaro e i comuni si devono adattare. Come i comuni chiedono ai cittadini il rispetto della legge, allo stesso modo noi dobbiamo chiedere ai comuni di rispettare le leggi, anche se qui si tratta per tanti comuni, in maniera anche qui impropria, di utilizzare gli introiti delle multe – che, ricordo, sono introiti che sono destinati a prevenire e a educare comportamenti sbagliati da parte dei cittadini – per sanare i bilanci.
  Il codice della strada non è fatto e le norme del codice della strada non sono fatte per sanare i bilanci, l'ideale per ognuno di noi dovrebbe essere, come è giusto che sia, comuni e cittadini che rispettano le leggi e, quindi, nel comune multe zero, non multe cento in modo da far diventare le multe una tassazione indiretta, ulteriore nelle tasche dei cittadini.
  Tale orientamento è stato espresso in maniera molto chiara anche dal Ministro dell'interno alla prefettura di Milano in riscontro ad una richiesta di chiarimenti relativa alla legittimità dell'operato del comune di Milano. Lo stesso Ministero sottolinea che laddove dovessero pervenire ulteriori segnalazioni di fattispecie analoghe, assumerà le opportune valutazioni in ordine all'eventuale emanazione di una circolare esplicativa finalizzata a favorire l'uniformità del giudizio delle prefettura nell'attività di decisione dei ricorsi presentati dai cittadini. Quanto ovviamente agli specifici profili di competenza del MIT, mi sembra che mi sia espresso in maniera molto chiara, non solo oggi grazie all'opportunità che la sua interrogazione mi ha dato, ma da sempre, come il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti considera il rispetto del codice della strada come un giusto rispetto di un'educazione al comportamento e al rispetto del codice della strada e anche dell'incolumità degli altri cittadini e non invece un modo improprio per fare entrate che, se devono essere fatte, devono essere fatte ovviamente secondo le modalità e l'autonomia che ogni comune ha.

  PRESIDENTE. Il deputato Librandi ha facoltà di replicare.

  GIANFRANCO LIBRANDI. Ringrazio il Ministro per la risposta che ritengo assolutamente soddisfacente. Il numero crescente di apparecchiature di rilevamento a disposizione degli enti locali e il conseguente aumento dei carichi di lavoro per gli uffici impegnati nella notifica delle infrazioni hanno creato in molte città italiane una serie di rilevanti problematiche. L'interpretazione estensiva del termine iniziale della notifica di un verbale di accertamento, applicata da molte amministrazioni territoriali con il solo scopo di evitare che la decorrenza dei termini annulli la sanzione, non solo è in palese violazione del principio fissato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 198 del 1996, ma viola i principi di certezza del diritto e di buona amministrazione e di certezza dell'azione amministrativa. Oltre a ciò, tale interpretazione è lesiva del diritto alla difesa dei cittadini, che, a distanza di tempo da un'infrazione, possono avere maggiori difficoltà nel ricordare dettagli utili per valutare l'opportunità di presentare ricorso.
  Dalle parole del Ministro traspare chiaramente la convinzione della necessità di chiarire definitivamente il tema della decorrenza Pag. 11dei termini per la notifica dei verbali di infrazione per evitare che l'interpretazione estensiva di molti enti locali penalizzi fortemente i cittadini. Sono perciò convinto che il Ministero saprà a breve porre in essere i provvedimenti necessari per eliminare l'attuale stato di incertezza normativa, sia attraverso una circolare esplicativa, che indichi con chiarezza il termine iniziale di notifica, sia attraverso una modifica del codice della strada.

(Elementi in merito alle proposte presentate dal Governo italiano in relazione al piano di finanziamenti della Commissione europea (cosiddetto «piano Juncker») – n. 3-01216)

  PRESIDENTE. Il deputato Marazziti ha facoltà di illustrare l'interrogazione Piepoli n. 3-01216, concernente elementi in merito alle proposte presentate dal Governo italiano in relazione al piano di finanziamenti della Commissione europea (cosiddetto «piano Juncker») (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata), che ha sottoscritto in data odierna.

  MARIO MARAZZITI. Grazie Presidente, signor Ministro, sono stati presentati progetti dai diversi Paesi europei all'Unione e alla task-force per il cosiddetto Piano Juncker pari a richieste di 2 mila miliardi. Sembra da notizie di stampa che si sia arrivati a una short list di progetti illustrati per richieste per circa 40 progetti e, tra questi, ci sono progetti italiani.
  La richiesta è di sapere quali sono, aldilà delle notizie di stampa, i progetti italiani presentati, quali le priorità, come si intenda arrivare con successo a poter accedere a questi finanziamenti indispensabili alla ripresa. Noi sappiamo che si parla di scuola, di tecnologie biomolecolari e di altri progetti. Vorremmo sapere quali davvero sono le proposte presentate e come l'Italia intenda arrivare in fondo.

  PRESIDENTE. Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Maurizio Lupi, ha facoltà di rispondere.

  MAURIZIO LUPI, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Grazie Presidente, ringrazio il deputato Marazziti per l'interrogazione che ci ha rivolto.
  In merito al «Piano Juncker» credo che sia giusto, seppur rapidamente, un inquadramento della vicenda nel semestre italiano di Presidenza. Voglio ricordare che Ecofin e il Consiglio dei ministri informale dei trasporti sotto la Presidenza italiana, ci hanno visto protagonisti proprio nella definizione della indispensabilità, in un momento come questo, di destinare 300 miliardi di euro alla crescita e allo sviluppo dell'intera Europa e il ruolo delle infrastrutture come motore della crescita e dello sviluppo, per la prima volta, è stato riconosciuto in maniera fondamentale. Così come è stata riconosciuta senza trionfalismi – c’è il problema delle risorse da allocare e così via – l'esigenza di flessibilità sull'incidenza dei relativi stanziamenti nei bilanci dei singoli Paesi. Questo è il quadro generale e in questo quadro generale, ovviamente per l'utilizzo delle prime risorse che sono messe a disposizione, il Governo italiano si è mosso puntualmente e ha istituito, coordinato dal Ministero dell'economia e delle finanze, un gruppo di lavoro che potesse raccogliere le proposte qualificate per accedere agli investimenti, che dovevano contraddistinguersi per la loro praticabilità, efficacia e cantierabilità immediata perché il Piano prevede l'attuazione nei primi tre anni.
  Il punto a cui siamo oggi è quindi il seguente: nel Consiglio dei ministri dei trasporti del 3 dicembre è stato definito un documento approvato all'unanimità da parte di tutti i ventotto Paesi che stabilisce come le priorità e le infrastrutture diventino uno degli elementi cardine di questo Piano. Sarà il Consiglio europeo dei Capi di Stato e di Governo dei prossimi 18 e 19 dicembre a individuare i criteri e le modalità con cui questo Piano si andrà a declinare. In particolare, il Piano prevede la creazione nell'ambito della BEI di un European Fund for strategic investments entro il giugno del 2015, l'assegnazione a tale Fondo di ventuno miliardi di euro, di cui sedici dal bilancio comunitario e cinque Pag. 12dalla BEI, in grado di mobilitare 315 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi pubblici e privati e quindi anche con riferimento alle proposte varie, non solo nel settore delle infrastrutture, ma per esempio nel settore della ricerca e dello sviluppo, nei settori del recupero dell'edilizia e della manutenzione e della prevenzione nell'edilizia scolastica.
  Uno dei criteri fondamentali sarà quello della capacità di moltiplicatore delle risorse che l'Europa darà rispetto ai progetti che verranno presentati, moltiplicatore che deve vedere gli Stati e i privati protagonisti, la creazione di uno sportello unico per l'assistenza tecnica a favore dei promotori dei progetti, l'inserimento nel work programme 2015 della Commissione europea di misure per garantire certezza regolatoria ed eliminare gli ostacoli agli investimenti infrastrutturali. In questo momento è stato presentato un piano generale; anche se le indiscrezioni della stampa hanno già detto quali siano questi piani, sarà il Consiglio del 18 e del 19 a definire i criteri e, e in relazione a questo, a selezionare anche gli interventi che il Governo italiano ha proposto, di cui anche gli interventi che lei ha citato fanno certamente parte.

  PRESIDENTE. Il deputato Marazziti ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.

  MARIO MARAZZITI. Grazie Presidente, grazie signor Ministro, penso che gli italiani siano alla ricerca, al più presto, di indicazioni, di buone notizie e, in questo senso, di concretezza. Noi sappiamo, appunto da quello che lei dice e da notizie di stampa, che si potrebbe arrivare a un piano per integrare la nostra rete elettrica nella rete elettrica europea, oppure che ci potrebbero essere investimenti per piccole e medie imprese, ovvero questo grande progetto per l'edilizia scolastica, che potrebbe avere un peso di 8 miliardi e mezzo.
  Noi ci auguriamo che nel prossimo incontro tutto questo, con i criteri, non solo diventi chiaro, ma che possa diventare anche immediatamente una buona notizia per il Paese. La ringrazio del suo lavoro.

(Elementi in merito alle conclusioni del Consiglio dei ministri della cultura dell'Unione europea svoltosi a Bruxelles il 25 novembre 2014, con particolare riguardo al regime fiscale da applicare agli e-book – n. 3-01217)

  PRESIDENTE. La deputata Flavia Piccoli Nardelli ha facoltà di illustrare l'interrogazione Coscia n. 3-01217, concernente elementi in merito alle conclusioni del Consiglio dei ministri della cultura dell'Unione europea svoltosi a Bruxelles il 25 novembre 2014, con particolare riguardo al regime fiscale da applicare agli e-book (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmataria.

  FLAVIA PICCOLI NARDELLI. Grazie Presidente. Ministro, la battaglia per la riduzione dell'IVA sugli e-book per allinearla a quella del libro cartaceo, dal 22 al 4 per cento, in nome del principio che un libro è un libro, ha visto schierati insieme editori, bibliotecari, librai, Commissione cultura, Commissione finanze, Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e il Parlamento pressoché concorde. Questo non solo perché il mercato degli e-book è in crescita, e tutti noi riteniamo che la sfida da vincere sia quella di aumentare gli indici di lettura nel nostro Paese, ma perché sappiamo bene che lo sviluppo del libro elettronico non richiede solo competenze tecnologiche ma impone anche scelte non facili di politica culturale. Ne siamo consapevoli. Il provvedimento che il Governo ha fatto suo è un modo illuminato di difendere il settore del libro, senza delegare scelte come queste al mercato o al mondo delle grandi multinazionali dell'informatica.
  Per questo le chiediamo quali siano state le conclusioni del Consiglio formale dei Ministri che si è tenuto a Bruxelles lo scorso 25 novembre, con particolare riguardo al tema del regime fiscale da applicare agli e-book.

  PRESIDENTE. Il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, Dario Franceschini, ha facoltà di rispondere.

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  DARIO FRANCESCHINI, Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. Signora Presidente, l'onorevole Piccoli Nardelli ha ricordato – e la ringrazio – come in sede di discussione sulla legge di stabilità si sia trovata un'intesa molto forte, molto condivisa, che ha attraversato trasversalmente maggioranza e opposizione, con il consenso del Governo, e che ha consentito all'Italia di fare una scelta che è stata in precedenza adottata soltanto – in modo diverso – da Francia e Lussemburgo, cioè di adottare l'equiparazione della tassazione dell'IVA sul libro elettronico in pari misura rispetto a quella sul libro cartaceo, sapendo che, con grande probabilità, questa scelta ci porterà alla procedura di infrazione davanti all'Unione europea.
  È evidente che questa scelta è stata fatta consapevolmente. È davvero difficile spiegare le ragioni per cui ci si ostina, a livello di Unione europea, a non capire che, come dice l’hashtag di questa campagna, «un libro è un libro», indipendentemente dal fatto che sia su carta o che sia su formato elettronico. È un libro e se c’è una giustificazione per un'IVA agevolata, per incentivare la lettura, questa deve valere sia per il libro su carta sia per il libro elettronico. Il Parlamento italiano, alla Camera dei deputati, ha fatto questa scelta che, ne sono certo, verrà confermata dal Senato.
  Quando, qualche giorno dopo, io mi sono potuto presentare al tavolo dei Ministri della cultura nell'ultimo incontro, quello di approvazione dei documenti finali del semestre, ci sono potuto andare con alle spalle il consenso del Governo italiano. Ci siamo andati con questo punto aperto – e può sembrare paradossale, perché i documenti normalmente arrivano su quel tavolo chiusi – ma non c’è stata la possibilità di costruire un'intesa. Quindi, siamo andati con una proposta aperta, sulla quale c’è stato un lungo dibattito e diversi Paesi si sono schierati contro l'ipotesi che ci fosse un pronunciamento esplicito dei Ministri della cultura sulla materia dell'equiparazione dell'IVA, ritenendo questa materia esclusiva dell'Ecofin, cioè dei Ministri dell'economia e delle finanze, mentre altri Paesi, insieme a noi, hanno sostenuto con forza questa soluzione.
  Il risultato che ne è uscito, essendo anche inusuale arrivare con un punto aperto in un tavolo che deve decidere necessariamente all'unanimità, è stato un testo – che vi leggo – che dà un'indicazione molto chiara, che io giudico un grande risultato perché costringe la Commissione e l'Ecofin a confrontarsi con un'indicazione molto precisa: l'impegno è a promuovere la lettura come strumento per diffondere il sapere, incoraggiare la creatività, sostenere l'accesso alla cultura e la diversità culturale e sviluppare la consapevolezza dell'identità europea, affrontando il tema delle diverse condizioni applicate ai libri elettronici e ai libri di stampa.
  Capite che questa indicazione è un invito esplicito ad affrontare questa diversità che oggi esiste e che io spero l'Unione europea vorrà affrontare con determinazione, superando questa incomprensibile differenza di trattamento IVA. In ogni caso, la decisione del Parlamento italiano sarà una forte sollecitazione perché si vada in quella direzione.

  PRESIDENTE. La deputata Coscia ha facoltà di replicare.

  MARIA COSCIA. Grazie Presidente, grazie Ministro, come lei ricordava, eravamo tutti consapevoli di incorrere in questo rischio di infrazione, però, come appunto lei giustamente diceva, un libro è un libro e oggi è incomprensibile tale distinzione. Soprattutto, se in un Paese come il nostro vogliamo aumentare la lettura, perché noi siamo purtroppo tra i Paesi europei più indietro rispetto alla capacità di lettura dei nostri cittadini e in modo particolare – non ho bisogno di dirlo e di ricordarlo a lei – i giovani sono indietro rispetto a questo tema, è tanto più importante utilizzare mezzi informatici come l’e-book per incentivare il ricorso alla cultura.
  Quindi, è francamente incomprensibile, come lei dice, che l'Europa unitariamente Pag. 14non svolga, da questo punto di vista, un lavoro unitario e forte in questa direzione. Quindi, credo che abbiamo aperto consapevolmente una battaglia – io non ho tema di dire che è una battaglia – che penso ci porterà ad ulteriori passi. Quindi, la ringrazio di nuovo per quello che lei ha fatto fin qui e sia certo che ci avrà al suo fianco nei passi successivi che dobbiamo compiere proprio perché questa battaglia giunga in porto senza infrazioni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

(Iniziative volte ad assicurare la realizzazione del «grande progetto Pompei»
– n. 3-01218)

  PRESIDENTE. Il deputato Palese ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01218, concernente iniziative volte ad assicurare la realizzazione del «grande progetto Pompei» (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata).

  ROCCO PALESE. Grazie signora Presidente, signor Ministro, la recente legge 29 luglio 2014, n. 106, riguardante la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo, si propone un'accelerazione del «grande progetto Pompei», ricco di 105 milioni di euro, in gran parte di provenienza dall'Unione europea, da spendere entro la fine del 2015, pena la perdita dei fondi, che costituisce un rischio reale, visti i considerevoli ritardi nelle gare e nell'apertura dei cantieri. Ad oggi, infatti, al gruppo di Forza Italia risulta che sono stati spesi solo 1,5 milioni di euro e circa 25 sono stati giuridicamente impegnati, per cui bisogna, dunque, fare in fretta e bene, considerando che si lavora in una zona ad alto inquinamento malavitoso. A tutto questo si aggiunge che lo staff del progetto Pompei è a ranghi ridotti, dal momento che, delle venticinque persone previste, ne sono state reclutate dieci, nonostante l'attenzione su Pompei sia stata riaccesa dal grande progetto europeo, dando risalto alle numerose iniziative in corso in Italia e all'estero.
  Si chiede, visto anche che il Ministro Franceschini ha ribadito in più occasioni che investire su cultura, talenti, conservazione del patrimonio e anche sul futuro è condizione per rendere l'Italia vincente nella competizione globale, quali iniziative il Governo intenda assumere per cercare di realizzare nei tempi dovuti, senza perdere fondi, il progetto Pompei per consentire la rinascita dell'area culturale di Pompei, che è bene dell'umanità.

  PRESIDENTE. Il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, Dario Franceschini, ha facoltà di rispondere.

  DARIO FRANCESCHINI, Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. Presidente, ringrazio l'onorevole Palese perché mi dà l'occasione di prendere un tema noto che viene affrontato spesso dai mezzi di comunicazione con una certa approssimazione. In primo luogo, dobbiamo avere la convinzione che i 105 milioni di fondi dell'Unione europea non è che chiudono definitivamente, come qualcheduno superficialmente può immaginare, il problema di Pompei. Pompei è per decine di ettari all'aperto e questi interventi, conclusi anche nei termini, lasceranno comunque l'esigenza di un cantiere perennemente aperto, perché la sola manutenzione in un'area di quel tipo richiede interventi e fondi continui.
  Detto questo, non è nel mio costume parlare dei ritardi che si sono accumulati a causa dei Governi precedenti. Appena siamo arrivati, abbiamo cercato di accelerare, come già aveva fatto il Ministro Bray prima di me, con il massimo impegno. Il 17 luglio abbiamo firmato un action plan con il commissario europeo Hahn, che prevede scadenze ancora più rigide da rispettare, per spendere le risorse dell'Unione europea entro il 31 dicembre.
  A questo momento, la spesa effettiva è di 4 milioni di euro, che è superiore ai 2,3 milioni di euro previsti in quell’action plan del 17 luglio. Vi sono stati bandi, al lordo dei ribassi, per 90,2 milioni di euro. Si sono conclusi progetti per un valore, sempre al lordo dei ribassi, per 52,4 milioni di Pag. 15euro. Vi è una struttura, guidata dal generale Nistri, direttore generale del progetto, e dalla soprintendenza speciale, che sta lavorando in tutti i modi e con tutte le risorse disponibili per restare nei termini fissati secondo l’action plan, che consentono di spendere le risorse entro la fine del 2015.
  Naturalmente, questa è una parte del progetto Pompei. La ringrazio, perché lei ha fatto riferimento a quello che vi è attorno, che chiamerei – si chiama, tecnicamente, e una parte delle risorse sono finalizzate a questo – «Unità Grande Pompei», cioè ciò che vi è attorno. Dobbiamo abituarci, nel nostro Paese, a fare insieme due cose: mentre investiamo sulla capacità di crescita, e quindi restauro, manutenzione, di un grande sito archeologico, di un grande museo, e puntiamo ad aumentarne le potenzialità turistiche, dobbiamo occuparci di quello che vi è attorno.
  Pompei ha un grande bisogno di interventi anche fuori del sito archeologico: parlo di strutture ricettive, di trasporti, di trasparenza. Una parte del lavoro è finalizzata a questo: entro Natale il direttore del «grande progetto Pompei» convocherà quella struttura, che coinvolge i comuni dell'area circostante il sito archeologico, per fare passi avanti – anche quelli hanno delle scadenze – finalizzati a costruire ciò che vi è attorno a un grande attrattore culturale.
  Tutto questo, naturalmente, perché siamo in quell'area, è fatto con i massimi requisiti possibili di trasparenza degli atti amministrativi. Tutto è pubblico sul sito – non faccio in tempo a leggerlo – dell'Unità Grande Pompei, per dare modo di entrare in tutti i tempi di tutte le gare, nella più assoluta trasparenza. In aggiunta a questo, vi sono controlli incrociati da parte di più soggetti, tra la prefettura, il rapporto con il Gruppo di lavoro per la legalità, che è previsto nel «grande progetto Pompei», e, attraverso esso, anche con l'Autorità anticorruzione, l'Anac, e, naturalmente, per quello che comporta la vigilanza, le competenze dei diversi Ministeri, a cominciare dal Ministero dell'interno.

  PRESIDENTE. Il deputato Palese ha facoltà di replicare.

  ROCCO PALESE. Grazie, Presidente. Esprimo soddisfazione per le notizie che qui il Ministro Franceschini ha riferito al Parlamento in riferimento alla realizzazione di questo grande progetto e, soprattutto, per la visione di questo grande progetto, di ciò che è intorno a Pompei, perché è una delle principali risorse dal punto vista culturale – non sta a me sottolinearne l'importanza mondiale: Pompei è un bene dell'umanità –, ma, soprattutto, di ciò che può essere la fruizione stessa, nelle maniere dovute, in maniera trasparente, con un grande progetto, che può rilanciare veramente il turismo culturale nel nostro Paese.

  PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.
  Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 16,15 con le discussioni sulle linee generali.

  La seduta, sospesa alle 16, è ripresa alle 16,15.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alli, Amici, Baldelli, Bellanova, Dorina Bianchi, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Caparini, Capezzone, Casero, Castiglione, Cecconi, Censore, Centemero, Cicchitto, Costa, Dambruoso, De Girolamo, De Micheli, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Fedriga, Ferranti, Ferrara, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Franceschini, Frusone, Galati, Gentiloni Silveri, Pag. 16Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Mannino, Marotta, Martella, Merlo, Morassut, Nicoletti, Orlando, Pes, Pisicchio, Pistelli, Polverini, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rigoni, Domenico Rossi, Rostan, Rughetti, Sani, Scalfarotto, Sisto, Spadoni, Speranza, Tabacci, Tofalo, Turco, Valentini, Velo, Vignali, Vignaroli, Villecco Calipari, Vitelli, Vito, Zanetti e Zolezzi sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente novantasei, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.
  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione della proposta di legge: Cenni ed altri: Disposizioni per la tutela e la valorizzazione della biodiversità agraria e alimentare (A.C. 348-A) e dell'abbinata proposta di legge: Verini (A.C. 1162) (ore 16,18).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge n. 348-A, di iniziativa dei deputati Cenni ed altri: Disposizioni per la tutela e la valorizzazione della biodiversità agraria e alimentare; e dell'abbinata proposta di legge n. 1162, d'iniziativa del deputato Verini.
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è in distribuzione e sarà pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta odierna.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 348-A)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
  Avverto altresì che la XIII Commissione (Agricoltura) si intende autorizzata a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire il relatore per la maggioranza, il deputato Massimo Fiorio.

  MASSIMO FIORIO, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, approda in Aula oggi il testo sulla tutela della biodiversità, già presentato e discusso nelle Commissioni durante la scorsa legislatura. Grazie al lavoro della Commissione e del Governo arriviamo finalmente in Aula con un testo per lo più condiviso.
  Il testo intende riprendere quelle che sono le indicazioni già fornite a livello internazionale e comunitario. Mi riferisco alla Convenzione della biodiversità di Rio de Janeiro e agli orientamenti delle direttive comunitarie. Ma il testo intende non soltanto prendere atto dell'esistente, cerca anche di fare un passo avanti nell'istituzione di un vero e proprio sistema di tutela della biodiversità. Lo fa con la consapevolezza che la tutela della biodiversità non è solo un intendimento e un orientamento culturale, ma ha delle profonde motivazioni anche legate alle prospettive di questo Paese, in un momento in cui il tema dell'agroalimentare, anche dal punto di vista economico, riveste un ruolo importante. Lo fa, guardando alla ricchezza del nostro patrimonio agrario e alimentare, pensando che, tutelarlo, significa anche dare una prospettiva in questa fase della vita del nostro Paese, di quella che continuiamo, forse erroneamente, a chiamare crisi, ma che è un vero e proprio cambio di prospettiva, di paradigma culturale e produttivo. Lo fa, riconoscendo le radici profonde del nostro essere italiani, riconoscendo la peculiarità della nostra agricoltura, in una fase in cui questo Paese riesce a stare anche in mercati internazionali, anche sul fronte del confronto con mercati sempre più aggressivi, mostrando il suo legame con il territorio, mostrando le sue produzione con una forte valenza Pag. 17territoriale, di tipicità, quelle che poi con altri strumenti siamo riusciti a tutelare. Penso ai consorzi di tutela e via dicendo.
  Questo provvedimento intende in qualche modo mettere a sistema quello che è patrimonio di tutto il Paese stabilendo anche degli strumenti importanti.
  Lo dico perché, nella costruzione di questa legge – e voglio ricordare la proponente, la collega Susanna Cenni –, la questione era quella di collegare e mettere a sistema il fronte nazionale, ovvero il fronte del lavoro del Governo e del Paese con quelle che sono le prerogative delle regioni. Da questo punto di vista segnaliamo l'istituzione dell'Anagrafe nazionale della biodiversità agraria e alimentare che è istituita dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali e che ha il compito di censire la ricchezza di questo Paese dal punto di vista delle risorse genetiche vegetali, animali e microbiche.
  Si tratta di un patrimonio genetico anche a rischio, dal momento che si pensava che l'agricoltura dovesse orientarsi a produzioni omogenee e soltanto attente ai volumi. L'iscrizione all'Anagrafe è subordinata ad un'istruttoria. In questa fase vengono indicati i meccanismi per cui le risorse genetiche sono conservate.
  Viene poi istituita una Rete nazionale della biodiversità agraria e alimentare, che trova il coordinamento presso il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali. Da questo punto di vista un passo importante è anche l'istituzione del Portale nazionale della biodiversità agraria e alimentare. Si tratta di una rete vera e propria di disponibilità del patrimonio, anche dal punto di vista informativo, patrimonio che non sempre è stato disponibile per le difficoltà e anche perché i centri di ricerca e gli istituti erano separati. Il fatto di metterli insieme noi lo riteniamo un passo in avanti importante.
  Vorrei sottolineare, però, che questa proposta di legge guarda a strumenti, come gli istituti di ricerca, come una componente; l'altra componente fondamentale di questa proposta di legge e sottolineata è il ruolo degli agricoltori e degli allevatori, chiamati i custodi, perché sono coloro che in questi anni, attraverso il lavoro, hanno consentito di mantenere questo patrimonio e di renderlo attivo anche dal punto di vista economico. Sul loro lavoro, in qualche modo, questa legge è pensata.
  All'articolo 8 è istituito un Comitato permanente per la biodiversità agraria e alimentare al fine di garantire il coordinamento delle azioni tra i diversi livelli di Governo (Stato, regioni e province autonome) in materia di tutela della biodiversità. Il Comitato svolge un ruolo importante da questo punto di vista e noi crediamo che l'attenzione che il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali avrà su questo Comitato è fondamentale. Noi abbiamo bisogno di un lavoro di monitoraggio, di sostegno, di attenzione anche a quelle che sono le minacce in questo momento a cui è sottoposto questo patrimonio. Per la valorizzazione e la trasmissione delle conoscenze sulla biodiversità agraria e alimentare, il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali stabilisce di promuovere attività, che sono tese allo sviluppo di sistemi sementieri, al recupero delle risorse genetiche vegetali locali e allo svolgimento di attività di prevenzione e di gestione del territorio.
  Nel lavoro che abbiamo svolto in Commissione e nel confronto costante con il Governo, uno dei temi è stato quello di dotarsi anche di un fondo, che consentisse di promuovere le attività di tutela del patrimonio genetico di biodiversità. Devo dire che, anche in questa fase, poter arrivare ad una proposta di legge che consentisse la disponibilità finanziaria, utile per partire e perché fosse garantita non solo nella fase di start up, ma anche per l'anno successivo, è stato un passo in avanti importante. Da questo punto di vista, non posso che ringraziare il Viceministro Olivero, qui presente, che ha seguito le richieste che sono state avanzate da tutti quanti i gruppi in Commissione. E questo è un risultato importante.
  Vorrei concludere, davvero ribadendo il fatto che, nell'ambito di una fase di riforme Pag. 18e di grandi cambiamenti di questo Paese, questa probabilmente è una piccola legge.
  Ma è una legge importante, perché guarda, con attenzione, a quello che è anche un patrimonio da cui ripartire. Lo dico perché l'agricoltura riveste oggi, più che mai, un ruolo importante. Fino a qualche anno fa, anche gli osservatori economici ci dicevano che questo Paese avrebbe dovuto abbandonare il settore primario e dedicarsi al cosiddetto terziario avanzato. In questo momento, invece, questo Paese sta riscoprendo nell'agricoltura un patrimonio di energie e di risorse, anche per risollevarsi. Lo dico, pensando ad una legge che già abbiamo approvato in questo ramo del Parlamento, la legge «sull'agricoltura sociale», che ha saputo recuperare quelle relazioni solidali che sono dell'attività agricola. Lo dico, pensando a questa legge che sa guardare, in modo moderno, alla ricchezza del lavoro dei contadini e degli agricoltori, dentro la propria azienda. Concludo, ringraziando, per il lavoro che si è svolto in Commissione, da parte di tutti i gruppi, la proponente, Susanna Cenni, e il Governo.

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza, deputato Caon.

  ROBERTO CAON, Relatore di minoranza. Signor Presidente, onorevoli colleghi, Viceministro, vorrei partire dal fatto che questa è la base che ci caratterizza e da cui il Paese deve ripartire: essere legati alle tradizioni, ma orientati al futuro, e questa è una legge che va in quella direzione. Come poc'anzi abbiamo sentito dire, io penso che questa sia la materia prima che può essere un punto di partenza della nostra economia, perché si va a sposare con tutto un discorso culturale e paesaggistico, dove noi possiamo offrire non solo dei piatti buoni, ma anche sani, con la possibilità di proporre la nostra cultura a tutto il mondo, far vedere la nostra cultura, partendo proprio dall'agricoltura.
  La perdita di biodiversità dovuta all'attività umana, sia in termini di sovrasfruttamento delle risorse naturali, sia di alterazioni dell'ambiente, è oggi uno dei problemi di maggiore importanza e coinvolge sia il campo strettamente scientifico che l'iniziativa privata e gli organi di Governo.
  L'alterazione dell'equilibrio ecologico ha causato un forte calo della variabilità genetica. La tutela della biodiversità nel settore agricolo risponde all'esigenza di conciliare un'agricoltura produttiva con la tutela degli ecosistemi, mantenendo la complessità e la ricchezza genetica delle specie agricole.
  Le risorse genetiche sono considerate una componente importante della biodiversità. Il provvedimento che ci accingiamo ad esaminare ha come intento quello di creare un sistema nazionale di tutela e di valorizzazione della biodiversità agraria e alimentare, stabilendo principi e criteri generali che verranno applicati su tutto il territorio nazionale, nonché modalità di coordinamento con i sistemi regionali. Infatti, le amministrazioni centrali, regionali e locali, nonché gli enti e organismi pubblici interessati, sono tenuti a fornire ai soggetti del sistema nazionale i dati e le informazioni nella loro disponibilità.
  Anche se condivisibile nella sua impostazione generale, dobbiamo, comunque, rilevare alcune criticità di questo provvedimento, derivanti dalla previsione di un sistema articolato e centralista che rischia di andare a discapito delle realtà territoriali. Corre l'obbligo sottolineare che molte regioni sono già intervenute con proprie leggi su tale materia, tra l'altro, istituendo organi di tutela e conservazione del patrimonio genetico autoctono e registri o anagrafi delle specie vegetali e animali. A supporto del fatto che si tratta di un sistema complesso e articolato, nonché centralista, mi preme riferire all'Assemblea quali sono gli organi che questo provvedimento istituisce. Si va dall'Anagrafe nazionale della biodiversità agraria e alimentare, ove sono indicate tutte le risorse genetiche locali di origine vegetale, animale o microbica a rischio di estinzione o di erosione genetica; alla Rete nazionale della biodiversità agraria e alimentare, composta sia da strutture locali regionali e Pag. 19nazionali che da agricoltori e allevatori custodi; al portale nazionale della biodiversità che ha la finalità di costituire un sistema di banche dati interconnesse delle risorse genetiche locali; ed infine al Comitato permanente per la biodiversità che deve garantire il coordinamento delle azioni tra i diversi livelli di Governo.
  Sottolineo che la costituzione di un'anagrafe nazionale è utile sotto il profilo di una maggiore salvaguardia della biodiversità ma, a nostro parere, la tutela delle risorse genetiche può esser svolta nel modo migliore solo a livello regionale, in quanto espressione diretta di un territorio che, configurandosi come bacino di risorse e di tradizioni, è l'unico in grado di custodire e di preservare il patrimonio di biodiversità e di assicurare alle comunità locali il diritto di proprietà sulle razze e varietà.
  Non pochi mesi fa, proprio con la Commissione, ho avuto modo di verificare l'ente riso, che è a Mortara: loro hanno il proprio riso, mantengono il riso nei loro magazzini proprio per dare la possibilità di mantenere la loro varietà.
  Questo per dire come sia difficile riuscire ad immagazzinare o a fare un ente unico a livello nazionale: bisogna dare al territorio esattamente quelle possibilità.
  Inoltre, le specie vegetali e animali sono spesso concentrate solo in alcune aree geografiche e non esistono su tutto il territorio nazionale, quindi solo le regioni possono avere la capacità di svolgere un'attività di protezione delle risorse genetiche, che sono la ricchezza del nostro territorio.
  Il provvedimento, comunque, garantisce il coinvolgimento delle regioni, per esempio, rimette alla competenza delle stesse e delle province autonome l'individuazione degli agricoltori custodi.
  Concludo, anche se dovevo essere un po’ più veloce, dicendo che di tutto questo impianto di legge il gruppo della Lega Nord, come accennato all'inizio del mio intervento, condivide l'impostazione generale e ci auguriamo che questo testo possa essere migliorato, anche grazie all'approvazione dei nostri emendamenti.
  Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia relazione (La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti).

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza, deputato Adriano Zaccagnini.
  Constato che è assente.
  Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo.

  ANDREA OLIVERO, Viceministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, ringrazio gli onorevoli che sono intervenuti e ringrazio naturalmente anche la proponente, l'onorevole Susanna Cenni.
  In particolare, naturalmente, voglio esprimere gratitudine nei confronti della Commissione, del relatore Massimo Fiorio, dell'onorevole Caon e di quanti hanno consentito, con il loro apporto di idee, di giungere quest'oggi in aula con un testo ampiamente condiviso.
  Come è stato qui poc'anzi rammentato, con questa proposta di legge, che appunto auspichiamo venga presto approvata, ci dotiamo di uno strumento necessario per tutelare un patrimonio fondamentale del nostro Paese: la biodiversità, la biodiversità agraria, la biodiversità alimentare, qualcosa che ci viene riconosciuto universalmente come un patrimonio.
  Siamo il Paese europeo che ha la maggiore biodiversità, siamo uno dei Paesi del mondo che può vantare, sotto questo profilo, caratteristiche di straordinaria eccellenza.
  La biodiversità agricola e alimentare è una risorsa quindi caratterizzante il nostro comparto agroalimentare, che sappiamo essere una delle risorse principali sulle quali possiamo contare anche in questi momenti di particolare difficoltà.
  E ancor più questo è un elemento importante in tempi di globalizzazione, tempi nei quali ciascun Paese deve cogliere quelle che sono le proprie specificità, quelli che sono gli elementi caratterizzanti, Pag. 20appunto, riconosciuti e riconoscibili all'interno del mondo globale.
  Noi abbiamo questo grande patrimonio ma, come questo disegno di legge indica, dobbiamo tutelarlo, dobbiamo garantirlo, dobbiamo innanzitutto riconoscerlo, territorio per territorio, censirlo, valutarlo, poterlo mettere chiaramente di fronte agli occhi dei nostri concittadini e dei cittadini di ogni altro Paese.
  Noi abbiamo costruito un sistema agroalimentare di grande qualità e di grande eccellenza, ma le nostre produzioni non si limitano alla qualità intrinseca dei prodotti, ma vogliono che questi siano connessi al territorio, al paesaggio, alla storia agraria ed alla storia sociale di quel territorio.
  Com’è stato qui giustamente ricordato, questa proposta di legge si unisce ad un'altra proposta approvata dalla Camera dei deputati recentemente – e anche per questo ringrazio la Commissione agricoltura – relativa all'agricoltura sociale. Ecco, la tutela del paesaggio, la tutela della storia, la tutela del nostro patrimonio di biodiversità e anche la tutela delle nostre comunità e, quindi, del welfare del nostro territorio sono elementi fondamentali per garantire qualità ed eccellenza anche al comparto agroalimentare. Inoltre, la biodiversità è anche il cuore della nostra proposta italiana ad Expo 2015 ed è pure il motivo per cui ritengo estremamente importante la tempistica con cui si procede a questa valutazione da parte della Camera dei deputati. Noi andremo a questo importantissimo appuntamento forti di quello che è elemento caratterizzante dell'agricoltura e del comparto agroalimentare italiano. Ma, a fronte di una globalizzazione che per molti decenni è stata nell'omologazione ed è stata irriguardosa e poco attenta alle colture specifiche e alle diverse culture alimentari, andremo a proporre invece un modello di globalizzazione nella biodiversità, una globalizzazione, cioè, rispettosa ed attenta alle singole produzioni degli Stati e per questo motivo anche più capace di rispondere alle esigenze di alimentare bene tutti i cittadini del mondo.
  In questa logica e in questa prospettiva io credo che il testo che oggi viene illustrato, e che appunto contiamo presto possa essere votato, è un passo in avanti molto rilevante che ci dota di uno strumento prezioso, ma, al contempo, che ci mette anche nelle condizioni di essere più credibili nel momento in cui ci presenteremo, di qui a pochi mesi, ai diversi Paesi del mondo per andare ad illustrare questa nostra proposta, questa nostra visione di agricoltura, forti, appunto, di una storia e di una tradizione, ma anche forti di scelte e decisioni, compiute da quest'Aula e dal Governo, volte a tutelare e a garantire questo patrimonio e a far sì che ulteriormente si implementi negli anni a venire.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Cova. Ne ha facoltà.

  PAOLO COVA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, Viceministro, in questi anni ha assunto un valore sempre maggiore il tema della biodiversità vegetale e animale. Sempre di più è accresciuta anche nella nostra popolazione un'attenzione alla biodiversità. In questi anni abbiamo assistito a una riduzione delle varietà e delle basi genetiche vegetali e animali e per questo motivo è necessario che si tuteli con una legge e si valorizzi la biodiversità agraria e alimentare. Questa proposta di legge di iniziativa parlamentare, promossa dalla collega Cenni, si è posta subito l'intento di stabilire i principi per l'istituzione di un sistema nazionale di tutela e di valorizzazione della biodiversità. Questo sistema è finalizzato alla tutela delle risorse genetiche locali perché si eviti il rischio di estinzione e di erosione genetica. Come accennavo in precedenza, in questi ultimi trenta, quaranta anni abbiamo visto ridurre le varietà genetiche e vegetali. Un esempio su tutti è il numero di varietà di grano duro presente nel secolo scorso. Erano circa quattrocento. Attualmente, l'uso di varietà brevettate ha portato a una riduzione a circa otto varietà. Vediamo, quindi, questo consumo e questa erosione delle varietà vegetali. Ma non solo, un altro esempio sono le varietà animali presenti Pag. 21sul nostro territorio e che sono tipiche di quella parte di Paese. Infatti, possiamo andare a pensare ad alcune razze bovine come la varzese, la romagnola, la pezzata rossa, la podolica. Anche nei suini abbiamo la senese e altre razze proprie.
  Attualmente in Lombardia si sta cercando di recuperare la varietà del pollo brianzolo proprio perché ogni territorio, ogni spicchio del nostro Paese ha una propria varietà vegetale e animale. Questo elenco serve anche a dire l'importanza che ha un determinato spicchio d'Italia rurale, quel particolare territorio. Infatti in quella parte di territorio agricolo è ancora presente una biodiversità che produce reddito. Infatti quella propria tipicità permette a quegli agricoltori, a quegli allevatori di avere un reddito e di guadagnare proprio sulla propria specificità. Mantiene anche la presenza di persone e agricoltori ed evita lo spopolamento di quel territorio, proprio perché l'attività imprenditoriale, l'attività agricola, l'attività di trasformazione dei prodotti agricoli mantiene ferme alcune persone su alcuni territori. Questo di conseguenza produce anche quella rete di salvaguardia del territorio e di prevenzione del dissesto idrogeologico che tanto affligge la nostra Italia. È inutile ribadire sempre di più come la presenza dell'agricoltura e la presenza degli allevatori rappresenta una salvaguardia del nostro territorio e mantenerle su quel proprio territorio ha un suo senso. Se andiamo a vedere, ad esempio, nelle razze bovine o alcune razze animali noi vediamo che queste sono tipiche soprattutto di una biodiversità che si trova all'interno del territorio montano-collinare, il territorio più difficile da gestire e il territorio più difficile anche come rese di reddito. Un'altra finalità di questa proposta di legge è anche quella della valorizzazione della biodiversità agraria e alimentare perché bisogna preservare le coltivazioni, gli allevatori e le produzioni alimentari tipiche.
  Manteniamo in questo modo un valore e una ricchezza delle piccole comunità: quelle piccole comunità producono qualcosa che solo loro possono fare e che riescono a fare perché il terreno, i foraggi, gli alimenti sono proprio tipici di quell'area. Allora questa biodiversità assegna un valore aggiunto proprio a loro, a queste comunità e a queste produzioni che sono tipiche e in questo modo combattiamo lo spopolamento di pezzi del nostro territorio. E questo aspetto fa presente soprattutto che l'Italia è il Paese dove le produzioni DOP o IGP danno un valore aggiunto agli alimenti, dove il made in Italy è un marchio consolidato e simbolo di qualità, è un marchio di ricerca di sapori particolari e aromi sempre diversi, tipici proprio di quel territorio. Per questo è necessario preservare questa biodiversità locale che si traduce anche in una varietà dei gusti che poi noi andiamo a mangiare e che possiamo sperimentare nella nostra alimentazione. Inoltre l'istituzione dell'anagrafe nazionale della biodiversità agraria alimentare consente di avere indicate le risorse genetiche locali di origine animale e vegetale o microbica soggette al rischio di estinzione o di erosione genetica. Infatti, come ho detto prima, in questi anni abbiamo perso centinaia di varietà, sono stati persi il cercare di mantenerle all'interno di un elenco, di averle classificate, di averle custodite. Inoltre queste risorse genetiche automaticamente permangono sotto il controllo pubblico, dice questa proposta di legge, e non è un aspetto secondario e questo permette che non divengano brevettabili e, allo stesso tempo, possono essere riproducibili dagli stessi agricoltori. La riproducibilità consente di evitare l'erosione genetica e l'estinzione di un patrimonio genetico perché il fatto di avere pochi capi, avere pochi terreni che vengono coltivati o pochi animali che vengono allevati di una certa razza e di una certa base genetica alla fine continua a contrarre l'attività e sappiamo come il ridurre e ancora ridurre fa sparire questo patrimonio.
  Consente, inoltre, agli agricoltori di quelle comunità locali di avere il diritto di proprietà su queste varietà genetiche e su queste varietà di animali e di mantenerlo in seno alla propria comunità e alla tipicità dei propri prodotti. Questo non è un Pag. 22aspetto secondario, proprio perché c’è la possibilità di mantenere in loco proprio questa proprietà, non è brevettata e tutti ne possono far uso.
  Devo far presente che le varietà brevettate hanno portato nel tempo ad un impoverimento genetico. Infatti, sono state selezionate solo alcune varietà a discapito di altre; l'ho detto prima, abbiamo visto in questi anni cosa succede – vado a pensare anche alla selezione dei bovini, dei bovini da latte, dei bovini da carne o anche alla selezione di alcune razze ovaiole – l'eccessiva riduzione delle varietà e della genetica brevettata avviene per interessi economici e industriali. Questo ha ridotto altre basi genetiche perché non sono state ritenute interessanti e produttive; la competizione industriale e il fatto di avere una produzione con un maggior reddito ha comportato che si evitasse di produrre alcune razze. Questo ha impoverito il nostro patrimonio genetico e reso più fragili e più attaccabili le varietà vegetali e animali ai soggetti esterni, come ai patogeni vegetali, e alle malattie. È mancata una promiscuità, è mancata una continua selezione di queste razze, di queste varietà e questo ha reso tutto più fragile. Diventa, allora, importante che gli agricoltori custodi possano usare queste varietà liberamente, perché possano fare anche vendita diretta o scambio. È necessario, allora, che ci sia un meticciamento di questa biodiversità proprio per arricchirla e per mantenere la tipicità del proprio territorio.
  In questo dobbiamo far presente anche l'aspetto del tema degli OGM proprio perché la brevettabilità di alcune varietà genetiche, delle varietà vegetali e delle varietà animali ha portato veramente a ridurre o a spingere, a selezionare solo alcuni prodotti vegetali, prodotti OGM in mano ad alcune multinazionali.
  Vado a concludere, Presidente ricordando che questa proposta di legge vuole combattere l'impoverimento delle basi genetiche, vuole pensare che la brevettabilità limiti l'accesso alle risorse genetiche e renda poco ricca la ricchezza biologica e culturale dei nostri territori. Questa proposta di legge vuole evitare il rischio di erosione genetica e vuole salvaguardare il diritto di proprietà delle comunità locali sulle proprie razze e sulle proprie varietà; vuole mantenere le produzioni tradizionali che sono un valore per una comunità, una piccola comunità e per un territorio specifico, evitando il suo spopolamento. Vorrei concludere, dicendo che dovremmo valorizzare il nostro patrimonio genetico e di biodiversità come valorizziamo e manteniamo il nostro patrimonio artistico, culturale e paesaggistico; è qualcosa di tipico del nostro territorio e conviene mantenerlo per sempre (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la collega Benedetti. Ne ha facoltà.

  SILVIA BENEDETTI. Grazie Presidente, questa proposta di legge in materia di disposizioni per la tutela e la valorizzazione della biodiversità agraria e alimentare arriva in Aula e il concetto di biodiversità agraria e alimentare, inclusa quella microbica, può trovare spazio nella legislazione italiana. Prima di suscitare ancora l'ilarità di trasmissioni radiofoniche, come è successo anche a maggio in merito ad una risoluzione in materia di apicoltura, vorrei spiegare l'importanza del concetto di biodiversità agraria e alimentare. Non è una questione di nostalgia bucolica né un argomento da figli dei fiori. Come le api sono fondamentali per l'impollinazione delle colture agrarie tanto la tutela della biodiversità agraria è fondamentale come risposta all'erosione genetica e per l'approvvigionamento alimentare.
  Solo se vi è disponibilità di un ricco pool genetico di razze di allevamento e di varietà vegetali da coltivare, infatti, si riesce a garantire la produttività, l'adattabilità e la resilienza degli ecosistemi agricoli. Nell'agricoltura attualmente ci sono due tendenze: la preponderante è la tendenza dell'agricoltura convenzionale moderna, dove si utilizzano le varietà e le razze principali e dove, nel paesaggio agrario, predominano le monocolture e le colture monovarietali. Oggi, delle specie Pag. 23vegetali eduli, che sono 300 mila, solo lo 0,06 per cento, quindi tra le 150 e le 200 specie, sono quelle che vengono consumate per l'alimentazione umana. Altri numeri che rendono l'idea dell'impoverimento di biodiversità cui stiamo andando incontro: l'alimentazione mondiale si basa per il 75 per cento su 12 specie vegetali e 5 specie animali; delle specie vegetali, solo tre (grano, riso, mais) soddisfano oltre il 60 per cento del fabbisogno di calorie e proteine nella dieta umana. Questa drastica riduzione del numero di specie vegetali coltivate ha avuto un forte incremento, negli anni Sessanta e Settanta, attraverso l'impiego delle monocolture e delle varietà ad alte rese (High Yelding Varieties) ottenute con il miglioramento genetico, reso possibile con lo sforzo della ricerca scientifica di quegli anni.
  Voglio sottolineare l'entità di questa riduzione di agrobiodiversità con altri dati ancora: delle tre colture precedentemente citate per quanto riguarda il mais, solo 6 varietà costituiscono il 71 per cento della produzione mondiale di mais. Se guardiamo ad altre colture, ad esempio, per le patate, solo quattro varietà costituiscono il 75 per cento della produzione mondiale, mentre sei varietà di soia sono quelle che si giocano metà della produzione mondiale. Quindi, abbiamo una standardizzazione qualitativa e nutrizionale dei prodotti agricoli che ha permesso, sì, un aumento della resa alimentare, ma allo stesso tempo ha alterato l'equilibrio degli ecosistemi agricoli, ha minato la biodiversità degli ecosistemi agricoli. Questo per quanto riguarda l'agricoltura per così dire industriale, quella convenzionale. Poi abbiamo, dall'altra parte, l'agricoltura sostenibile e tradizionale, quindi un'agricoltura con risvolti sociali e ambientali importanti. La produzione agricola sostenibile non vi può essere senza la conservazione e l'uso sostenibile delle risorse genetiche, dato il loro ruolo chiave negli ecosistemici. Perché ? Perché pensiamo a come possono essere utili nella biodiversità l'impollinazione, il miglioramento della lotta antiparassitaria, una maggior resilienza degli ecosistemi agricoli nonché la stabilità del terreno. La biodiversità in agricoltura contribuisce quindi alla sicurezza alimentare perché va ad attenuare i rischi associati ai sistemi di produzione intensiva e ad alta specializzazione. Quindi, preservare e sviluppare ulteriormente la diversità delle risorse genetiche nelle razze e nelle varietà utilizzate nella produzione agricola rappresenta una rete di sicurezza che permette di adattarsi alle condizioni mutevoli, pensiamo anche al cambiamento climatico di questi anni. Quindi, più biodiversità abbiamo e più riusciamo eventualmente a rispondere al cambiamento climatico che sta avvenendo in questi anni, perché le colture altamente specializzate chiaramente riescono ad essere meno pronte alle situazioni nuove che si presentano. Questa rete di sicurezza permetterebbe di adattarsi a condizione mutevoli e faciliterebbe anche soluzioni innovative, quindi dando nuove opportunità economiche per l'agricoltura, anche attraverso regimi di qualità e un'offerta di alimenti diversificata. A livello internazionale l'attenzione sulla biodiversità agricola si è concretizzata circa vent'anni fa tramite la Convenzione sulla biodiversità ed il Trattato internazionale sulle risorse genetiche vegetali per l'alimentazione e l'agricoltura. La Convenzione sulla biodiversità è stata firmata a Rio de Janeiro nel 1992 e recepita in Italia nel 1994, e aveva come obiettivo quello di mantenere entro il 2020 la diversità genetica delle specie vegetali coltivate, delle razze animali addomesticate e di allevamento e dei progenitori selvatici, come pure le altre specie che hanno un valore sul piano socio-economico e culturale. L'altro aspetto importante della Convenzione è che, all'articolo 2, definisce il termine «risorse genetiche», che cosa si intende per «risorse genetiche», cioè tutto quel materiale genetico di origine vegetale, animale, microbico – e voglio sottolineare microbico –, contenente unità funzionali dell'eredità che ha valore effettivo e potenziale per la biodiversità.
  Quindi, noi del MoVimento 5 Stelle, ad esempio, abbiamo fortemente voluto includere in questa proposta di legge il concetto di biodiversità microbica.Pag. 24
  Può sembrare stupido, invece voglio riportare quanto viene sostenuto da esperti di biodiversità microbica, perché, nel caso di microrganismi di interesse agrario, essi svolgono un ruolo chiave sia nella produzione di cibo (nell'ottica della fertilità del suolo, nutrizione delle colture, biocontrollo, biofertilizzazione) che nei riguardi della conservazione delle derrate alimentari (tossine e patogeni), che nella produzione di alimenti trasformati (latte e formaggi, vino, olio); quindi, la presenza di microrganismi e la loro biodiversità è funzionale al sostentamento degli organismi viventi sulla terra.
  È per questo che noi del Movimento 5 Stelle ci siamo battuti in Commissione agricoltura per inserire all'articolo 2 della presente proposta di legge la stessa definizione riportata dalla Convenzione per la biodiversità; perciò ora si può leggere in questa proposta di legge: ai fini della presente legge, per «risorse genetiche» si intende il materiale genetico di origine vegetale, animale e microbico, avente un valore effettivo o potenziale per l'alimentazione e l'agricoltura.
  Ai fini della conservazione della variabilità genetica non potevamo non prendere in considerazione tutti questi fattori, inclusi i microrganismi. È un concetto che non veniva certo da noi, ma dalla voce dei nostri ricercatori, una voce flebile perché spesso sono ignorati dal sistema politico.
  Se investiamo nella ricerca, come è stato, è anche giusto, soprattutto in un ambito così tecnico, sfruttare le conoscenze e i concetti che la ricerca usa. Per quanto riguarda il Trattato internazionale sulle risorse genetiche e vegetali per l'alimentazione e l'agricoltura, cui l'Italia ha aderito come Stato membro dell'Unione europea, è stato reso esecutivo con la legge n. 101 del 2004.
  Questo Trattato impegna le parti a conservare la biodiversità vegetale in agricoltura sia in situ, quindi all'interno degli ecosistemi e degli habitat naturali, che ex situ, cioè all'esterno degli ecosistemi e degli habitat naturali; impegna, inoltre, lo Stato a utilizzare le risorse genetiche in maniera sostenibile. Le parti convengono di adottare misure in tal senso nel campo dell'agricoltura, della ricerca e della selezione e di agevolare l'accesso alle risorse fitogenetiche. È un Trattato importante perché vengono anche riconosciuti il ruolo e i diritti degli agricoltori – il concetto di agricoltore custode – per quanto riguarda la conservazione, l'utilizzo e il miglioramento delle risorse genetiche in agricoltura e la ripartizione dei benefici correlati; ma i benefici non devono essere oggetto di business oppure un monopolio per pochi, ma deve esserci una ripartizione per tutti coloro che hanno a che fare con l'agricoltura. Si tratta pur sempre di alimentazione mondiale, il cibo non è merce, si dice spesso.
  Andando più sul locale, vogliamo segnalare che molte regioni hanno già adottato normative per la conservazione e la tutela della biodiversità e si sono dotate di repertori o registri dove sono iscritte le risorse locali; pertanto, questo intervento normativo dovrebbe avere come finalità l'istituzione di un impianto che consenta il raccordo e la messa in rete delle informazioni disponibili a livello territoriale, non solo al fine della conservazione e della tutela ma anche della trasmissione delle conoscenze. Perciò questa proposta di legge istituisce un sistema nazionale, ma questo, nella nostra ottica, doveva essere più un coordinamento, che non, ad esempio, il «la» per istituire un ulteriore comitato, quello di cui all'articolo 8, che può considerarsi un doppione del comitato già istituito nel 2009, cioè il comitato permanente delle risorse genetiche. Quindi, per quanto ci riguarda l'importanza del comitato è l'importanza di un'utilità scientifica e non politica. Quello che ci sarebbe piaciuto invece sarebbe stato più un tavolo di lavoro tecnico-scientifico per la definizione dei metodi di caratterizzazione delle risorse genetiche e non un comitato che rischia di essere un poltronificio.
  Un'altra cosa importante è quella delle definizioni introdotte da questa proposta di legge; una legge deve essere applicabile, deve avere delle definizioni che non si prestino a interpretazioni variabili a seconda Pag. 25di chi si presenta ad applicarla, devono esserci interpretazioni univoche sopratutto per quel che riguarda un argomento così tecnico. Quindi, sempre nelle definizioni troviamo un altro vulnus, perché nel definire come locali le risorse genetiche di origine alloctona introdotte «da lungo tempo», c’è questo «da lungo tempo» che non dà nessun'altra indicazione temporale, ed è perciò una definizione rischiosa.
  Non viene data alcuna garanzia in merito all'effettiva origine ed evoluzione nel territorio di una risorsa genetica. Quindi, questa legge, per quel che ci riguarda, chiaramente, è un passo in avanti; è importante, per i motivi che ho detto prima, il discorso di tutelare la biodiversità agraria e alimentare, tuttavia questo passo ci sembra fatto comunque con molta superficialità se si considera che nemmeno le definizioni – ne ho appena citata una – sono sufficienti a scongiurare l'introduzione di materiale alieno nei nostri territori.
  Perciò, auspichiamo un miglioramento di questo testo che viene presentato oggi, in modo da sanare questi vulnus e da poter rendere questa legge più efficace ed applicabile (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la collega Faenzi. Ne ha facoltà.

  MONICA FAENZI. Signor Presidente, la tutela della biodiversità nel settore agricolo risponde all'esigenza, fortemente sentita negli ultimi anni, di conciliare un'agricoltura produttiva, con la tutela degli ecosistemi, mantenendo la complessità e la ricchezza genetica delle specie agricole, sia quelle coltivate che quelle selvatiche.
  Al riguardo, la proposta di legge all'esame di questa Assemblea è volta proprio a definire un quadro normativo di riferimento unitario per le attività in materia di tutela della biodiversità agraria e alimentare, già avviate dallo Stato e dalle regioni, in attuazione dei trattati internazionali ratificati dall'Italia e delle strategie definite a livello europeo e nazionale.
  Occorre ricordare a tal fine, che la Commissione agricoltura, di cui ho fatto parte sia nella scorsa come nella presente legislatura, ha trattato l'argomento anche nella passata legislatura, elaborando un testo unificato che ha avuto un iter sofferto, soprattutto per quanto riguarda i rapporti con la Commissione bilancio, alla quale sono state proposte e sottoposte numerose formulazioni del testo, senza tuttavia riuscire ad ottenere una pronuncia positiva.
  Il provvedimento, come risulta dal nuovo testo elaborato dal Comitato ristretto e adottato poi dalla Commissione agricoltura come testo base, mette a sistema tutte le iniziative volte proprio alla tutela della biodiversità di interesse agrario, a partire dalla sottoscrizione della Convenzione sulla conservazione della biodiversità, meglio nota come Convenzione di Rio de Janeiro fino ad oggi. Un appuntamento internazionale, quindi, in cui i leader mondiali hanno stabilito il valore intrinseco della diversità biologica e dei suoi vari componenti, ecologici, genetici, sociali, economici, scientifici, educativi e culturali, ma anche ricreativi ed estetici, riconoscendo, come esigenza fondamentale per la sua conservazione, la salvaguardia in situ degli ecosistemi e degli habitat naturali. In seguito, altri incontri a livello mondiale, come quelli svoltisi nell'ottobre del 2010 a Nagoya, nel corso della decima Conferenza della Convenzione per la diversità biologica, in cui è stato aggiornato un protocollo attraverso il piano strategico per il periodo 2011-2020, hanno consolidato a livello internazionale l'interesse generale per l'argomento.
  Siamo di fronte pertanto – diciamolo – ad una legge necessaria, di cui si lamentava la mancanza dagli addetti ai lavori, così come nel corso dell'esame in sede referente, attraverso anche il ciclo delle audizioni che abbiamo fatto, abbiamo potuto constatare.
  Il provvedimento in discussione garantisce pertanto la base legislativa a quanto sancito dal Piano nazionale per la conservazione della biodiversità di interesse agricolo. Una biodiversità, per la quale Pag. 26l'Unione europea ha dato vita ad una vasta rete di siti protetti per combattere proprio l'estinzione delle specie animali e vegetali e per contrastare, al contempo, le specie esotiche invasive al fine di gestire nel migliore dei modi la crisi della biodiversità a livello mondiale.
  Questi obiettivi, già contenuti nei diversi piani di azione predisposti per le aree di interesse sopra indicate, pongono enfasi sulla necessità di attuare e integrare le tematiche ambientali con le altre politiche settoriali che riguardano la conservazione delle risorse naturali, l'agricoltura, la pesca, lo sviluppo e la cooperazione economica.
  Divengono, pertanto evidenti, nell'analisi del rapporto tra agricoltura e biodiversità, i vantaggi reciproci e gli effetti negativi causati dalla pressione agricola sulla biodiversità stessa.
  L'esigenza di mantenere la pressione agricola a livelli sostenibili focalizza l'attenzione sulla necessità di utilizzare buone pratiche agricole: ridurre, quindi, l'uso di fertilizzanti, sostenere modalità non intensive di produzione, gestire in modo sostenibile le risorse.
  Tale strategia viene attuata attraverso l'adozione di idonee misure agro-ambientali che assicurano il mantenimento sia di razze e varietà strategiche per il sistema agricolo, sia di quelle coesistenti minori e l'utilizzo anche delle necessarie infrastrutture ecologiche al fine proprio di prevenire la diffusione di specie non autoctone.
  In generale, quindi, la strategia di conservazione prevede inizialmente la raccolta della massima diversità e, in seguito, l'impiego di tecniche di conservazione che minimizzino le perdite nel tempo. La conservazione e l'uso sostenibile delle risorse genetiche vegetali dipendono, quindi, da una gestione efficace ed efficiente delle condizioni di germoplasma, attraverso l'applicazione di norme e di procedure che ne assicurino la sopravvivenza e la disponibilità delle specie ai selezionatori, ai ricercatori e agli agricoltori.
  In queste condizioni il contributo dell'agricoltura alla tutela della biodiversità può essere ragguardevole, in quanto le attività agricole consentono di trasformare l'ecosistema originale garantendo la sopravvivenza anche di specie minacciate di estinzione. L'agricoltura contribuisce, dunque, a conservare specie, varietà o razze di piante e di animali, nonché ecosistemi spesso fragili che, se abbandonati, andrebbero persi.
  Nel merito dell'articolato, il testo risultante dalle proposte dei colleghi Cenni e Verini, che si richiama poi sostanzialmente al contenuto della Convenzione sulla biodiversità, iscrive la biodiversità agraria nel solco di due principi fondamentali. Segnatamente, l'articolo 6, sull'uso sostenibile delle risorse genetiche, e l'articolo 9, sui diritti degli agricoltori, che sottolinea proprio l'esigenza di protezione e di valorizzazione delle conoscenze tradizionali, attuano la ratio del provvedimento stesso.
  Di non secondaria importanza, inoltre, è l'attenzione posta nel testo alla conservazione on farm integrata nel quadro dell'insieme di opzioni ex situ e in situ, capace di garantire quel fondamentale valore dinamico della conservazione delle risorse genetiche profondamente ancorato nel sistema di saperi e di conoscenze di cui gli agricoltori, che ricorrono e adattano la biodiversità in ambito locale, sono portatori. Si tratta, infatti, di qualificare, attraverso lo strumento normativo, il valore d'uso che varietà, razze, ecotipi e ceppi hanno nel contesto territoriale e di cui le comunità agricole locali, ma anche un numero crescente di amatori e di produttori non professionali, sono portatori. Questi soggetti, nel susseguirsi delle generazioni, sono stati e continuano ad essere i motori della conservazione di gran parte del patrimonio di biodiversità di interesse agrario che ereditiamo, come peraltro risulta dal Trattato FAO, che ne rappresenta un esplicito riconoscimento.
  Anche sulla base di questi presupposti, è importante che le esperienze e le istanze di chi promuove, tutela, adatta ed evolve la biodiversità di interesse agrario siano valorizzate in seno al comitato permanente, che il testo all'esame intende costituire. Sotto questo profilo, è utile ampliare la Pag. 27rappresentanza degli agricoltori custodi. Il ruolo delle comunità agricole locali e dei loro rappresentanti in seno al comitato può, infatti, facilitare quella presa di coscienza e di familiarizzazione dell'insieme delle collettività con la biodiversità, utile ad una riappropriazione di saperi extra-agricoli anche nei processi di preparazione degli alimenti.
  Le norme indicate negli articoli 11 e 12 possono costituire strumenti validi in questa direzione, soprattutto se l'impatto normativo saprà stimolare l'azione dei programmi di sviluppo rurale delle regioni volti a incentivare l'appropriazione culturale dell'importanza agricola, ambientale e alimentare della biodiversità da parte di quei soggetti prioritari che sono i produttori e i consumatori.
  La recente novità, introdotta con l'approccio dei partenariati europei di innovazione al sistema di ricerca, aiuta, infatti, a ridisegnare i processi di innovazione, intrecciando interessi e competenza tra attori diversi. La proposta di legge, che già assume questa indicazione come opzione operativa, può, a tal fine, ulteriormente corroborare il percorso di confronto tra soggetti anche in questo caso, sollecitando linee di implementazione delle misure PSR nelle attività di ricerca, con il concorso diretto del mondo produttivo.
  Il richiamo agli enti pubblici di ricerca volto a comunicare all'anagrafe i risultati degli studi effettuati sulle risorse genetiche, cruciale in sé per massimizzare gli strumenti conoscitivi in materia, può inoltre essere avvalorato dall'estensione dell'azione informativa attraverso un sistema open source, capace di accogliere progetti, narrazioni, materiale visivo e ogni altro repertorio disponibile su singole accessioni genetiche, sugli ecosistemi di riferimento e sugli usi agricoli e gastronomici della biodiversità coltivata e allevata.
  In definitiva, l'impianto normativo nel suo complesso risulta condivisibile. La proposta di legge di tutela e valorizzazione della biodiversità agraria e alimentare affronta una tematica di enorme valore per il mondo agricolo e per la società, soprattutto in rapporto al futuro delle risorse genetiche agrarie e della sicurezza alimentare delle popolazioni, cogliendo quindi l'esigenza di normare la materia e affrontare una delle principali sfide per il futuro delle risorse genetiche.
  Mentre si condividono, quindi, appieno i presupposti legittimi di conservazione e tutela contenuti nel provvedimento, il testo avrebbe dovuto tuttavia contenere – diciamolo – misure finanziarie più ambiziose per un segmento dell'economia agricola certamente in ascesa e di particolare richiamo.
  Infine, la mancanza di tempi certi rispetto all'attuazione dei diversi strumenti, così come ai disposti dei diversi articoli, non sembra consentire la dovuta operatività di alcune norme di riferimento. Diamo comunque il benvenuto a questa legge (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Pastorelli. Ne ha facoltà.

  ORESTE PASTORELLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, la proposta di legge sulla quale siamo chiamati ad esprimerci tocca un tema decisivo per il mondo dell'agricoltura italiana, quello della biodiversità agraria e alimentare, un tema che ho sollevato in più occasioni e sul quale finalmente è possibile aprire un dibattito; spero il più ampio e condiviso possibile.
  La definizione di standard nazionali per la preservazione del patrimonio genetico delle diverse specie animali e vegetali presenti sul territorio, così come la previsione di strumenti per il coordinamento delle iniziative adottate a livello regionale sul tema, rappresentano una risposta adeguata a quanto richiestoci non solo dall'Europa, ma dalla comunità internazionale in generale.
  Il pacchetto di misure contenute nella proposta di legge in esame è chiaro: definisce una struttura all'interno della quale è necessario che le istituzioni statali e regionali diano il loro contributo in termini di reale collaborazione e di buon Pag. 28governo. Tali pratiche non solo si traducono in una maggiore tutela dell'ambiente e della sua naturale biodiversità, ma anche in un rilancio del settore primario in Italia e, dunque, in una maggiore competitività del nostro Paese.
  In questo senso, prendo volentieri atto del fatto che tale proposta di legge concretizza posizioni che ho preso nella mia attività parlamentare, quali l'istituzione a livello nazionale di una anagrafe e di una rete dell'agrobiodiversità, un comitato permanente per la biodiversità agraria e alimentare, la previsione di un fondo che indennizzi quei produttori agricoli che avessero subito eventuali danni provocati da forme di inquinamento genetico, il riconoscimento di un ruolo fondamentale dell'agricoltore nella tutela della biodiversità, ovvero l'agricoltore custode.
  Tutti questi elementi sono essenziali per lo sviluppo di una nuova agricoltura, ecosostenibile, rispettosa del contesto ambientale nel quale viene esercitata e, al contempo, in grado di produrre vero valore aggiunto, prodotti di assoluta qualità con i quali competere alla pari in tutti i mercati europei e globali.
  Ovviamente, ogni normativa è sempre migliorabile, e anche questa presenta qualche aspetto sul quale credo si dovrà ritornare in futuro, soprattutto alla luce della prassi applicativa che verrà a determinarsi. In tal senso, segnalo all'attenzione degli onorevoli colleghi il fatto che si sarebbe dovuta dedicare specifica attenzione al settore ittico, poste le sue peculiarità. Inoltre, rimangono imprecisati i margini di sovrapponibilità tra le figure dell'agricoltore custode e l'imprenditore agricolo, laddove, peraltro, il primo ben potrebbe identificarsi anche con quei soggetti che esercitano attività agricola in forma non imprenditoriale.
  Infine, con riferimento agli interventi a sostegno della ricerca sulla biodiversità agraria e alimentare, credo sia necessario precisare ulteriormente l'ambito degli obiettivi in vista dei quali articolare il piano triennale, proprio al fine di non disperdere risorse preziose in progetti di ricerca non specifici e mirati.
  Ad ogni modo, resta del tutto condivisibile l'impianto generale della proposta di legge, per mezzo del quale sarà possibile tutelare le ricchezze naturali del nostro Paese e sostenere la ripresa economica. Attraverso la cura e la tutela dell'ambiente si determinano – lo ripeto da sempre – le condizioni essenziali per la promozione del nostro territorio all'estero, così come il sostegno agli imprenditori agricoli, specie se giovani.
  Conclusivamente, la proposta di legge n. 348-A esplicita, dunque, un concetto chiaro e da me fortemente sostenuto: la tutela dell'ambiente e della biodiversità del nostro territorio non può non passare attraverso un forte sostegno nei confronti del mondo dell'agricoltura, ed in particolare di quella ecosostenibile. Mi auguro, pertanto, che l'approvazione di questa proposta di legge sia alla base di una nuova e concreta politica agricola (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) – Liberali per l'Italia (PLI)).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Franco Bordo. Ne ha facoltà.

  FRANCO BORDO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, oggi l'agricoltura familiare è una delle vie maestre per rispondere ai gravissimi pericoli dati dalla perdita della biodiversità e dai cambiamenti climatici: queste sono, in larga misura, le conseguenze prodotte in meno di un secolo da un modello agroindustriale spinto, spesso aggressivo. In tale periodo, evoluzionisticamente breve, abbiamo già perso circa l'80 per cento delle varietà alimentari tradizionalmente coltivate e delle razze animali locali allevate.
  Questo vale a livello mondiale e la tendenza è in forte accelerazione. Una ristretta oligarchia di multinazionali (Cargill, Continental, Louis Dreyfus, ADM, Andre, Bunge) detengono pressoché tutta la distribuzione delle derrate alimentari del mercato globalizzato e pochissime altre (Monsanto, Syngenta, Bayer, Pioneer Hi-Bred) ne controllano il mercato delle sementi e degli OGM; e, se gliene aggiungiamo Pag. 29altre due, la BASF e la Dow Chemicals, sono le stesse che hanno il 90 per cento del mercato dei prodotti agrochimici.
  I brevetti sulla vita detenuti da queste aziende, protetti dagli accordi TRIPs (Accordo sugli aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale), sanciti dall'Organizzazione mondiale del commercio a livello globale, insieme all'obbligo di registrazione al catalogo varietale delle sementi per poter essere commercializzate, stanno mettendo le premesse per un ulteriore impoverimento e privatizzazione dell'agrobiodiversità e aprendo sempre più la strada alle varietà transgeniche, che, ancora oggi, nonostante autorevoli dimostrazioni scientifiche che provano il contrario, vengono presentate come l'unica soluzione anche per rispondere ai cambiamenti climatici.
  Ma la realtà è che il modo in cui le varietà selezionate dalle industrie sementiere globali si diffondono non avviene secondo un adattamento ai diversi climi e ambienti, bensì attraverso il processo inverso, ovvero con la trasformazione degli ecosistemi a misura delle esigenze della produzione, il che avviene con il grande uso di meccanizzazione, chimica e consumo di acqua in agricoltura.
  C’è chi sostiene che l'agricoltura moderna è l'uso della terra per trasformare petrolio in cibo e, in effetti, questi tre tipi di apporto implicano un enorme consumo di petrolio, oltre che di acqua, entrambe risorse sempre più carenti, e sappiamo quanto questo sia un fattore climalterante.
  Sono invece proprio i contadini, che da sempre nel mondo hanno saputo, di generazione in generazione, selezionare con tecniche naturalmente compatibili le centinaia di migliaia di varietà, che sono riusciti a coltivare dalle alte montagne ai terreni salini delle coste, dall'umidità delle foreste ai deserti, e questo secondo linee di adattamento ambientale, non solamente geografico.
  I passi fondamentali sono, dunque, quelli di lavorare per introdurre delle modifiche agli accordi internazionali sui diritti di proprietà intellettuale, che diano spazio a regolamenti adeguati a garantire la salvaguardia di diritti collettivi da parte delle comunità locali sulle proprie sementi e varietà tradizionali e su quelle che potranno continuare a evolvere come sempre hanno fatto.
  Serve una posizione ferma e trasparente sui negoziati relativi al TTIP, il partenariato transatlantico tra Unione europea e Stati Uniti sul commercio e l'investimento, con cui si tende ad abbattere gli standard di sicurezza agroalimentare del nostro continente in materie delicatissime, come l'uso di prodotti fitosanitari e di ormoni, così come sul versante delle clonazioni e degli OGM, oppure in merito alle informazioni da rendere ai consumatori tramite l'etichettatura, cercando di scavalcare il cosiddetto principio di precauzione che, tutto sommato, nella cultura e nel sistema legislativo europeo, ancora regge.
  Nel merito dell'articolato proposto, Sinistra Ecologia Libertà ritiene assai significativo l'ancoraggio del testo alla Convenzione sulla biodiversità e al trattato FAO sulle risorse genetiche vegetali per l'agricoltura e l'alimentazione, di cui si rende necessaria un'attuazione a livello nazionale più determinata, alla quale la presente proposta di legge può decisamente concorrere. In particolare, il trattato FAO, iscrive la biodiversità agraria nel solco di due principi fondamentali, l'uso sostenibile delle risorse genetiche e i diritti degli agricoltori, sottolineando l'esigenza di protezione e valorizzazione delle conoscenze tradizionali, la loro partecipazione nei meccanismi di condivisione dei benefici e nel diritto alla partecipazione dei produttori agricoli nei processi decisionali.
  Tale riferimento aiuta a determinare alcune conseguenze positive e rilevanti per la norma nazionale in via di definizione: in primo luogo, corroborare il principio che la tutela della biodiversità agricola e alimentare trovi piena legittimazione e ottimizzazione solo se nel quadro di pratiche agricole ad alta valenza ambientale. Il richiamo all'agricoltura biologica risulta, infatti, particolarmente appropriato a tal fine.Pag. 30
  Sinistra Ecologia Libertà sottolinea, inoltre, l'importanza posta nel testo alla conservazione on farm, integrata nel quadro dell'insieme di opzioni ex situ e in situ, capace di garantire quel fondamentale valore dinamico della conservazione delle risorse genetiche, profondamente ancorato nel sistema di saperi e conoscenze di cui gli agricoltori, che ricorrono e adattano la biodiversità in ambito locale, sono portatori.
  Si tratta, infatti, di qualificare attraverso lo strumento normativo il valore d'uso che sementi, varietà, razze, ecotipi e ceppi hanno nel contesto territoriale e di cui le comunità agricole locali, ma anche un numero crescente di amatori e produttori non professionali, sono portatori. Questi soggetti, nel susseguirsi delle generazioni, sono stati e continuano ad essere i motori della conservazione della gran parte del patrimonio di biodiversità di interesse agrario che ereditiamo.
  Anche sulla base di questi presupposti, è importante che l'esperienza e le istanze di chi promuove, tutela, adatta, evolve la biodiversità di interesse agrario siano valorizzate in seno al Comitato permanente che la legge propone.
  Il ruolo delle comunità agricole locali può, inoltre, facilitare quella presa di coscienza e familiarizzazione dei singoli territori e dell'insieme della collettività con la biodiversità. Le norme proposte possono costituire strumenti validi in questa direzione, soprattutto se il testo potrà e saprà stimolare la necessaria azione dei programmi di sviluppo rurale delle regioni volta a incentivare l'appropriazione culturale dell'importanza agricola, ambientale e alimentare della biodiversità da parte dei due soggetti sociali prioritari: i produttori e i consumatori.
  La proposta di legge alla nostra attenzione, inoltre, può sviluppare un percorso di linee di implementazione delle misure PSR nelle attività di ricerca con il concorso diretto del mondo produttivo. Il richiamo agli enti pubblici di ricerca volto a comunicare all'anagrafe i risultati delle ricerche effettuate sulle risorse genetiche, può essere avvalorato dall'estensione dell'azione informativa, attraverso un sistema open source capace di accogliere progetti, narrazioni, materiale visivo, e ogni altro repertorio disponibile su singole accessioni genetiche, sugli ecosistemi di riferimento e sugli usi agricoli e gastronomici della biodiversità coltivata e allevata. La vitalità, insomma, delle risorse genetiche deve, infatti, essere accompagnata da una vivacità dei saperi con cui si sposano.
  Le parole dell'economista indiano Pavan Sukhdev, leader dell'affascinante programma internazionale, patrocinato dalle Nazioni Unite, «L'economia degli ecosistemi e della biodiversità», illustrano ben due sfide in termini di apprendimento che oggi la società si trova a dover affrontare. Dice Sukhdev: «Innanzitutto, stiamo ancora imparando a conoscere la natura del valore, ampliando il nostro concetto di capitale fino a includere anche il capitale umano, sociale o naturale: riconoscendo l'esistenza di questi diversi capitali e cercando di aumentarli o conservarli, possiamo avvicinarci alla sostenibilità. In secondo luogo, abbiamo ancora difficoltà nell'individuare il valore della natura. La natura è infatti la fonte di molta parte di ciò che definiamo valore al giorno d'oggi, eppure solitamente aggira i mercati, sfugge alla fissazione di un prezzo e si ribella alla valutazione. Proprio questa mancanza di valutazione si sta rivelando una causa soggiacente al degrado degli ecosistemi e alla perdita di biodiversità. Il nostro progetto, «L'economia degli ecosistemi e della biodiversità», si concentra sulla risposta a questa seconda sfida e mira inoltre a produrre una tesi economica completa e convincente a favore della conservazione degli ecosistemi e della biodiversità.».
  Sinistra Ecologia Libertà, in sintonia con il lavoro svolto da reti e movimenti che, di fatto, hanno stimolato la presentazione di questa proposta di legge, con il proprio apporto dato per la stesura del testo definitivo oggi alla nostra attenzione, vuole stare dentro a queste due splendide sfide, sfide che parlano del nostro futuro. Nel concludere, voglio ringraziare la proponente, l'onorevole Susanna Cenni, per questa proposta di legge di iniziativa parlamentare, Pag. 31con cui arriviamo, oggi, a colmare un vuoto (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà)

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Anzaldi. Ne ha facoltà.

  MICHELE ANZALDI. Signor Presidente, colleghi, Viceministro, l'Italia è il Paese più ricco di biodiversità, anche se molto abbiamo perso. Investire sul patrimonio biologico e faunistico del territorio, anzi dei mille territori che formano il mosaico della ricchezza della nazione è un obiettivo culturale di grande pregio, sia perché impegna risorse del territorio, sia perché è volto a perseguire profitti economici di una certa portata. La proposta di legge di iniziativa parlamentare elaborata dall'onorevole Susanna Cenni, e sostenuta dal Partito Democratico, sulla tutela e la valorizzazione della biodiversità agraria e alimentare, individua una strada semplice, e lineare, di tutela e crescita dell'agricoltura e dell'alimentazione, che investe sul territorio e tradizioni, su conoscenze tramandate da generazioni e ricerca applicata.
  Negli ultimi decenni lo sviluppo delle attività umane ha inciso sul patrimonio ecologico mondiale. Si tratta di processi che potrebbero divenire irreversibili, nonostante gli sforzi per il corretto mantenimento della diversità biologica degli organismi internazionali, dell'Unione Europea e dei singoli Stati.
  L'attività agricola, quando spinta dal modello produttivo industriale, è coinvolta in questo processo di deterioramento. Gli agricoltori delle diverse zone del mondo hanno operato storicamente una continua selezione sulle specie di interesse agricolo. Processi che, avvalendosi di un'ampia diversità biologica, hanno portato alla costituzione di numerosissime varietà idonee a valorizzare le risorse naturali indigene e, più recentemente, all'affermazione delle sementi selezionate che hanno sostituito gli ecotipi locali.
  Di là dagli innegabili benefici conseguenti all'adozione di questi nuovi fattori produttivi, negli ultimi decenni si sta purtroppo registrando un impoverimento della base genetica, soprattutto con il manifestarsi di attacchi di agenti fitopatogeni e con la mancanza di resistenza delle nuove sementi, selezionate o ibride, ai vari stress ambientali. Situazione che si evidenzia anche per le razze animali, con un forte calo della variabilità genetica entro le popolazioni allevate. Ad aggravare ulteriormente la situazione si aggiungono meccanismi di brevetto che consentono la costituzione di diritti di proprietà sul materiale vivente in grado di limitare ulteriormente l'accesso alle risorse genetiche, minacciando la sottrazione alla comunità di importanti fonti di ricchezza, sia biologica sia culturale.
  Con la presente proposta di legge si vogliono rafforzare e promuovere le politiche a difesa delle risorse genetiche autoctone, definendo strumenti normativi atti ad evitare il rischio di erosione genetica e salvaguardare, al tempo stesso, il diritto di proprietà delle comunità locali sulle razze e le varietà, quali espressioni del territorio e del suo patrimonio economico, sociale e culturale, e quale veicolo di valorizzazione territoriale e sviluppo economico locale. Il patrimonio nazionale di prodotti tipici relativi al settore agroalimentare rappresenta infatti una delle maggiori ricchezze che accomuna tutte le realtà territoriali del nostro Paese. Una molteplicità di produzioni che hanno raggiunto negli anni elevati standard di qualità certificati sia a livello nazionale sia comunitario.
  Conservare e promuovere gli ecotipi, le razze autoctone e le metodiche tradizionali di lavorazione significa quindi anche assicurare un futuro a quegli ambienti rurali di grande pregio ambientale, in particolare di collina e di montagna, spesso altrimenti destinati all'abbandono ed alla disgregazione sociale. È in questo panorama di risorse e tradizioni che emerge quindi la necessità impellente, da parte del legislatore, di non disperdere, di recuperare e preservare questo patrimonio di biodiversità con un ordinamento di livello nazionale capace di promuovere, Pag. 32coordinare e mettere a sistema gli indirizzi internazionali e le norme già assunte.
  Per fare un esempio di questo fenomeno, si stima che alla fine del secolo scorso in Italia esistessero oltre 400 varietà di frumento, mentre nel 1996 solo 8 varietà di frumento duro costituivano l'80 per cento del seme. Questa evoluzione ha probabilmente rafforzato l'agricoltura ma ha impoverito la qualità del nostro regime alimentare, con la conseguenza che molte varietà locali sono trascurate ed esposte al rischio di estinzione.
  Dati preoccupanti anche per ciò che concerne le razze animali a rischio. Da uno studio diffuso il 22 maggio 2007 dalla Commissione europea emerge infatti che un mammifero europeo su sei è a rischio di estinzione; le principali minacce per i mammiferi europei sarebbero la perdita di habitat, l'inquinamento e lo sfruttamento intensivo. Una situazione allarmante che coinvolge quindi direttamente anche il nostro Paese.
  Tra gli obiettivi principali della presente proposta di legge emerge quindi la necessità di tutelare e valorizzare il patrimonio genetico locale da realizzare attraverso una legge quadro capace prima di tutto di armonizzare e promuovere gli ordinamenti regionali vigenti che hanno competenza specifica in materia.
  Negli ultimi anni sono state numerose le azioni promosse dalle regioni in difesa della biodiversità agraria: programmi mirati che vanno dalle iniziative di ricerca alla promulgazione di specifiche leggi in materia delle risorse genetiche autoctone di interesse agrario, zootecnico e forestale. L'Italia è, tra i Paesi del Mediterraneo, uno dei più ricchi di varietà locali, soprattutto orticole e frutticole, ma anche cerealicole e foraggere, oltre alle varietà animali. Per ognuna delle specie di appartenenza, occorre, quindi, individuare e mettere a punto la migliore strategia di conservazione in situ ed ex situ e di reintroduzione sul territorio in caso di rischio estinzione.
  Accanto alle leggi regionali è fondamentale che si definiscano le linee guida generali nazionali atte a fornire sostegno tecnico ai soggetti preposti alla tutela delle risorse genetiche a rischio di estinzione al fine di consentire una gestione unitaria ed uguali standard nelle strategie di conservazione e di valorizzazione, nel rispetto delle specificità territoriali. Tali linee guida scaturiscono da precise attribuzioni legislative che individuano nello Stato il soggetto promotore di funzioni specifiche in materia di coordinamento dell'attività relativa all'attuazione della convenzione sulla biodiversità. In particolare, la legge 8 luglio 1986, n. 349, attribuisce al Ministero dell'ambiente funzioni specifiche in materia di coordinamento delle attività relative all'attuazione della convenzione sulla biodiversità; di redazione e gestione del Piano nazionale della biodiversità; di attuazione di accordi internazionali per la biodiversità forestale; di formulazione di linee guida per la gestione forestale sostenibile; di coordinamento delle attività relative all'attivazione e gestione del Piano nazionale della biodiversità.
  In ottemperanza alla citata legge n. 349 del 1986, il Ministero dell'ambiente, nel 1994, ha emanato le linee strategiche per l'attuazione della Convenzione di Rio de Janeiro e per la redazione di un Piano nazionale sulla biodiversità, con l'obiettivo prioritario di realizzare una rete integrata di centri per la conservazione ex situ del germoplasma e utilizzando come punti nodali le strutture esistenti e gli istituti specializzati. È opportuno mirare alla promozione di una metodologia comune per individuare le risorse genetiche autoctone animali e vegetali, uniformare terminologie, strumenti di intervento, strategie di valorizzazione e iniziative di ricerca e sperimentazione. È alla luce dei principi e delle finalità sopra espresse, oltre alla necessità di creare una normativa quadro che integri e metta a sistema la legislazione regionale, gli indirizzi di carattere internazionale e gli ordinamenti nazionali in materia, che ribadiamo ancora una volta l'esigenza, da parte del legislatore, di promulgare una legge specifica sul tema di valorizzazione e tutela dell'agrobiodiversità. Va comunque premesso che la maggior parte delle competenze – e concludo – in materia appartengono alle regioni e Pag. 33che la stesura delle linee guida inerenti l'elaborazione di criteri uniformi di ordine nazionale deve necessariamente prevedere l'approvazione concreta della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. La qualità della nostra vita dipende molto dalla nostra alimentazione. Tutti i cambiamenti degli ultimi anni non possono trovare risposte nelle coltivazioni biotech. Possiamo e dobbiamo riscoprire i sapori e gli odori delle nostre terre.
  Il nostro impegno e l'obiettivo di questa proposta di legge dovranno essere indirizzati alla conservazione, al recupero e anche al sostegno tangibile di chi, con grandi sacrifici in questo periodo di grave recessione economica, è impegnato a tenere alto il nome della nostra agricoltura, il suo eccezionale livello di qualità, lo straordinario ed unico appeal dei nostri prodotti tipici (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Piccone. Ne ha facoltà.

  FILIPPO PICCONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, secondo un recente rapporto pubblicato dalla FAO è emerso che la diversità genetica delle piante che coltiviamo e che ci alimentano ed i loro parenti selvatici potrebbero andare perduti per sempre, con grave minaccia per la sicurezza alimentare se non si farà uno sforzo, non solo per conservarli, ma anche per utilizzarli, specialmente nei Paesi in via di sviluppo.
  La perdita di biodiversità avrà un notevole impatto sulla capacità dell'umanità di nutrirsi nel futuro, di nutrire i 9 miliardi di esseri umani che abiteranno il pianeta per l'anno 2050 con i più poveri ad essere i più colpiti. Il cambiamento climatico e la crescente insicurezza alimentare rappresentano grandi sfide per i sistemi agricoli mondiali, sfide che non possono essere affrontate senza la raccolta, la difesa e l'uso sostenibile delle risorse fitogenetiche. Con lo sconvolgimento che il cambiamento climatico sta portando ai cicli produttivi in molte parti del mondo, specialmente nei Paesi in via di sviluppo, le informazioni genetiche contenute in certe varietà di colture saranno cruciali per lo sviluppo di nuove varietà resistenti al caldo, alle infestazioni, alla salinità ed alle malattie. In natura, esistono migliaia di varietà selvatiche della stessa famiglia delle colture alimentari che ancora devono essere raccolte, studiate e documentate perché racchiudono importanti elementi genetici che le mettono in grado di resistere al caldo, alla siccità, alla salinità, alle inondazioni e alle infestazioni. Il 50 per cento dell'aumento di produttività agricola è stato generato da nuove varietà di sementi; irrigazioni e fertilizzanti hanno rappresentato l'altro 50 per cento. Ne è un buon esempio recente il nuovo riso per l'Africa che matura molto velocemente e che ha trasformato le economie locali in molte parti del continente. Bisogna fare di più a livello di piccoli agricoltori per generare interesse, per sostenere ed implementare le capacità necessarie a preservare ed utilizzare le biodiversità genetiche ancora esistenti. Il problema della fame è divenuto meno consistente in alcuni Paesi ma è aumentato di consistenza in altri ed i prezzi delle derrate e del carburante sono aumentati notevolmente. La globalizzazione si è estesa ed in alcuni Paesi le importazioni alimentari a basso prezzo sono andate a scapito della ricchezza e della biodiversità locale. Nonostante il rapporto FAO non quantifichi la perdita della biodiversità, a livello empirico ci sono molti elementi che indicano una continua perdita di biodiversità che ha eroso la diversità delle colture alimentari e tradizionali pervenute a noi dal secolo scorso. Su un versante più positivo il rapporto fa notare come vi sia oggi, rispetto a dodici anni fa, una maggiore consapevolezza circa l'importanza di proteggere e utilizzare le diversità genetiche delle colture alimentari. Le banche di geni sono cresciute sia di numero che di dimensioni. Nel mondo ne esistono più di 1.750 e circa 130 posseggono oltre 10 mila acquisizioni. Nel 2008 è stata aperta in Norvegia la più importante banca fitogenetica del mondo che ospita duplicati di Pag. 34varietà uniche delle colture mondiali più importanti. Su un totale di 7,4 milioni di campioni conservati nel mondo le banche dei Governi nazionali ne conservano circa 6,6 milioni, dei quali il 45 per cento solo in 7 Paesi rispetto ai dodici del 1996. Questa crescente concentrazione di raccolta di diversità genetica in pochi Paesi e centri di ricerca evidenzia ancora di più l'importanza di meccanismi che assicurino e facilitino l'accesso di altri come indicato dal Trattato internazionale per le risorse fitogenetiche, per l'alimentazione e l'agricoltura. Il Trattato, adesso ratificato da 125 nazioni, prevede un meccanismo per compensare i contadini poveri per la loro attività di conservazione della varietà genetica delle colture.
  Per quanto concerne il capitolo degli investimenti nel settore, il calo registrato a partire dagli anni Ottanta ha inevitabilmente portato ad una carenza di agronomi specializzati come selezionatori di sementi specialmente nei Paesi in via di sviluppo dove i giovani, in mancanza di incentivo, si sono indirizzati in attività più proficue. Sono stati fatti grossi progressi in materia di biologie e tecnologie informatiche nel corso degli ultimi dodici anni ma ancora manca una loro piena applicazione nel campo dell'agrobiodiversità al fine di incrementare la sicurezza alimentare. Va anche detto che in molti sistemi di sementi il meccanismo mediante il quale le stesse vengono riprodotte, testate e distribuite non hanno funzionato nei Paesi sviluppati.
  Il settore delle sementi è abbastanza remunerativo tanto da renderlo interessante da un punto di vista commerciale ed economico, ma purtroppo questo non avviene nei Paesi poveri dove gli enti pubblici fanno fatica ad assicurare sementi di buona qualità a tutti gli agricoltori, compreso l'accesso a nuove varietà. Un uso migliore e più ampio delle risorse genetiche e della biodiversità nelle colture alimentari ne stimolerà la conservazione, ma occorrono sistemi adeguati per far sì che nuove varietà arrivino nelle mani degli agricoltori tramite il settore pubblico o privato.
  Mi sono dilungato con una premessa che contiene elementi utili, almeno credo, a valutare la proposta di legge in esame, per la quale va subito evidenziato come il primo degli obiettivi che intende raggiungere è quello di istituire il sistema nazionale di tutela e di valorizzazione della biodiversità agraria e alimentare. Tale sistema sarà composto dall'Anagrafe nazionale della biodiversità agraria e alimentare istituita presso il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ove sono indicate tutte le risorse genetiche locali di origine vegetale, animale e microbica a rischio di estinzione o di erosione genetica. L'iscrizione all'anagrafe è subordinata ad un'istruttoria per la verifica dell'esistenza di tutti i seguenti elementi: una corretta caratterizzazione e individuazione delle risorse, una adeguata conservazione in situ, l'indicazione corretta del luogo di conservazione e l'eventuale possibilità di generare materiale di moltiplicazione. Sono inserite di diritto nell'anagrafe le specie, varietà o razze già individuate dai repertori o dai registri vegetali delle regioni, delle province autonome di Trento e di Bolzano o dai libri genealogici e i registri anagrafici di cui alla disciplina sulla riproduzione animale, legge n. 30 del 1991, e dal decreto legislativo n. 529 del 1992, attuativo della direttiva comunitaria 91/174/CEE sulle condizioni zootecniche e genealogiche che disciplinano la commercializzazione degli animali di razza.
  Inoltre, il sistema si avvarrà di una rete nazionale della biodiversità agraria e alimentare coordinata dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, di intesa con le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. La rete è composta dalle strutture locali, regionali e nazionali per la conservazione ex situ del germoplasma degli agricoltori e degli allevatori custodi. La rete svolgerà attività diretta a preservare le risorse genetiche locali dal rischio di estinzione o di erosione genetica attraverso la conservazione in situ e si attiva per incentivarne la reintroduzione in coltivazione o in altre forme di valorizzazione. Non meno importanti, sempre nell'ambito del sistema di Pag. 35tutela e valorizzazione della biodiversità agraria e alimentare, sono il portale nazionale, istituito presso il MIPAAF al fine prevalente di costituire un sistema di banche dati interconnesse delle risorse genetiche locali individuate, e il comitato permanente per la biodiversità agraria e alimentare, istituito sempre presso il MIPAAF per garantire il coordinamento delle azioni tra i diversi livelli di Governo, Stato, regioni e province, in maniera di tutela della biodiversità agraria e alimentare.
  Tutelare e valorizzare la biodiversità agraria e alimentare obbliga lo Stato ad azionare un serio piano di promozione di progetti tesi a trasmettere agli agricoltori, agli studenti, ai consumatori le conoscenze acquisite in materia di biodiversità, attraverso attività di formazione e iniziative culturali. Al fine di realizzare quanto detto la proposta di legge, quindi, assegna ai dicasteri agricoli e dell'istruzione il compito di fornire aggiornamenti e informazioni relativi allo sviluppo di sistemi di sementi informali a livello territoriale, al recupero di risorse genetiche vegetali locali, allo svolgimento di attività di prevenzione e di gestione del territorio necessarie al raggiungimento degli obiettivi di conservazione della biodiversità agraria e alimentare.
  Non bisogna trascurare il fatto che la presente proposta di legge va inquadrata all'interno di quella che è la normativa europea in materia di biodiversità, appunto, agraria e alimentare. In ambito comunitario va ricordato che è stata adottata la direttiva 92/43/CEE sulla conservazione degli habitat naturali e semi naturali della flora e della fauna selvatiche, direttiva denominata «Habitat», nonché la strategia europea 2008-2014 per la conservazione delle piante. Scopo della direttiva è salvaguardare la biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali, nonché della flora e della fauna selvatiche nel territorio europeo e degli Stati membri ai quali si applica il Trattato; per il raggiungimento di tale obiettivo la direttiva stabilisce misure volte ad assicurare il mantenimento e il ripristino in uno stato di conservazione soddisfacente degli habitat e delle specie di interesse comunitario elencati nei suoi allegati.
  La direttiva è costruita intorno a due pilastri: la rete ecologica «Natura 2000», costituita da siti mirati alla conservazione di habitat e specie elencati rispettivamente negli allegati I e II, e il regime di tutela delle specie elencate negli allegati IV e V.
  La direttiva stabilisce norme per la gestione dei siti di «Natura 2000» e la valutazione di incidenza, il finanziamento, il monitoraggio e l'elaborazione di rapporti nazionali sull'attuazione delle disposizioni della direttiva, nonché il rilascio di eventuali deroghe. Riconosce, inoltre, l'importanza degli elementi del paesaggio che svolgono un ruolo di connessione per la flora e la fauna selvatica. Il recepimento della direttiva è avvenuto in Italia nel 1997 attraverso il decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, modificato ed integrato dal decreto del Presidente della Repubblica n. 120 del 12 marzo 2003. La tutela della biodiversità assume un rilievo negli ambiti degli investimenti previsti per la programmazione del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale, la cui programmazione per il periodo 2014-2020 è contenuta nell'Accordo di partenariato presentato in sede europea e attualmente all'esame delle istituzioni comunitarie per la loro approvazione. In particolare, tale Accordo evidenzia come i fondi strutturali costituiscano uno strumento finanziario di grande rilevanza per arrestare la perdita di biodiversità terrestre e marina e per il mantenimento dei servizi ecosistemici. In sintonia con gli obiettivi della Strategia nazionale per la biodiversità, approvata ad ottobre 2010, l'Accordo di partenariato assume come priorità la messa in atto di politiche per migliorare lo stato di conservazione della rete «Natura 2000», favorendo la tutela e la diffusione di sistemi agricoli e forestali di alto valore naturale. L'Accordo, ratificato dall'Italia e inviato alla Commissione nell'ambito dell'obiettivo tematico relativo alla tutela dell'ambiente e la promozione dell'uso efficiente delle risorse, prevede, tra l'altro, il seguente atteso risultato: contribuire ad arrestare la perdita di biodiversità Pag. 36in ambito terrestre e marino, migliorando lo stato di conservazione della specie e degli habitat di interesse comunitario, salvaguardando la biodiversità, legata al paesaggio rurale.
  Il 3 maggio la Commissione ha presentato una comunicazione, relativa alla strategia comunitaria sulle biodiversità fino al 2020, tesa ad aggiornare gli obiettivi stabiliti nel 2010, per porre fine, entro il 2020, alla perdita di biodiversità e al degrado dei servizi ecosistemici. Per il settore dell'agricoltura, la comunicazione segnala il seguente obiettivo, da conseguire entro il 2020: estendere al massimo le superficie agricole coltivate a prati, seminativi e colture permanenti che sono oggetto di misure inerenti alla biodiversità a titolo della politica agricola comune (PAC). In tal modo, si garantirebbe la conservazione della biodiversità e si apporterebbe, da un lato, un miglioramento misurabile allo stato di conservazione della specie e degli habitat che dipendono dall'agricoltura e ne subiscono gli effetti; dall'altro, all'erogazione di servizi ecosistemici e contribuendo, in tal modo, a promuovere una gestione sostenibile. In conclusione, approvare la proposta di legge non solo garantirebbe il raggiungimento della tutela e della valorizzazione della biodiversità agraria ed alimentare in Italia, con positive ricadute in termini di profitti economici ed occupazionali da non trascurare, ma consentirebbe al nostro Paese di allinearci con la politica europea di settore. Un motivo in più, quindi, per procedere in questa direzione.

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo – A.C. 348-A)

  PRESIDENTE. Constato l'assenza dei deputati Caon e Zaccagnini, relatori di minoranza: s'intende che abbiano rinunziato alla replica.
  Prendo atto che il relatore per la maggioranza, deputato Fiorio, ed il rappresentante del Governo rinunziano alla replica.
  Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della proposta di legge: S. 733 – D'iniziativa dei senatori: Amati ed altri: Modifica all'articolo 635 del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, e altre disposizioni in materia di parametri fisici per l'ammissione ai concorsi per il reclutamento nelle Forze armate, nelle Forze di polizia e nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco (Approvata dal Senato) (A.C. 2295); e delle abbinate proposte di legge: Cirielli; Cicu (A.C. 109-145) (ore 17,58).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge, già approvata dal Senato, n. 2295, d'iniziativa dei senatori: Amati ed altri: Modifica all'articolo 635 del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, e altre disposizioni in materia di parametri fisici per l'ammissione ai concorsi per il reclutamento nelle Forze armate, nelle Forze di polizia e nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco; e delle abbinate proposte di legge, nn. 109-145, d'iniziativa dei deputati Cirielli e Cicu.
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali – A.C. 2295)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che il presidente del gruppo parlamentare del MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento. Avverto, altresì, che le Commissioni I (Affari costituzionali) e IV (Difesa) si intendono autorizzate a riferire oralmente.Pag. 37
  Ha facoltà di intervenire il relatore per la I Commissione (Affari costituzionali), deputato Marco Di Maio.

  MARCO DI MAIO, Relatore per la I Commissione. Signor Presidente, il progetto di legge che l'Assemblea si accinge oggi ad affrontare e che viene posto in discussione ha la finalità di sostituire l'attuale requisito di un'altezza minima per l'accesso alle carriere militari delle Forze armate e di polizia con un diverso requisito basato su parametri in grado di meglio valutare la complessiva idoneità fisica del candidato allo svolgimento del servizio. Il testo del progetto di legge che stiamo esaminando è già stato approvato dal Senato lo scorso 8 aprile 2014 nella stessa identica formulazione che le Commissioni riunite I e IV portano oggi all'attenzione dell'Assemblea. Il progetto di legge riproduce in massima parte il testo dell'analogo provvedimento che era già stato approvato dalla Camera dei deputati nella precedente legislatura con una larga maggioranza di 475 voti favorevoli, solo 2 contrari e 7 astenuti. Il testo è stato quindi trasmesso al Senato nella precedente legislatura dove poi, per l'interruzione anticipata della legislatura, l'iter si è fermato. Mi soffermerò in questa breve relazione solo sugli aspetti di più diretta competenza della Commissione a cui appartengo, la Commissione affari costituzionali, mentre la collega relatrice per la IV Commissione, onorevole Scopelliti, parlerà dei profili di maggiore interesse della Commissione difesa. Reputo in primo luogo utile ricordare che l'articolo 3 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 411 del 1987 richiede per l'accesso ai ruoli del personale della Polizia di Stato che espleta funzioni di polizia e per l'ammissione al corso di formazione quadriennale tenuto presso l'Istituto superiore di Polizia di Stato, una statura non inferiore a 1,65 metri per gli uomini e 1,61 metri per le donne. Lo stesso articolo 3 stabilisce che per l'ammissione ai concorsi a posti di vigili del fuoco nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco e’ richiesta una statura non inferiore agli 1,65 metri. Per quanto riguarda invece l'ammissione ai concorsi per il reclutamento del personale del Corpo della guardia di finanza, l'articolo 4 dello stesso decreto richiede per gli ufficiali di complemento, i sottufficiali ed i finanzieri un'altezza non inferiore agli 1,65 metri per gli uomini e 1,61 per le donne, per gli ufficiali un'altezza non inferiore agli 1,68 per gli uomini e 1,64 per le donne. Per l'ammissione ai concorsi di nomina ad allievo guardia e a ufficiale del Corpo forestale dello Stato, l'articolo 5 dello stesso decreto richiede una statura non inferiore agli 1,65 metri per gli uomini e 1,60 per le donne. Con riferimento poi al Corpo di potenzia penitenziaria, l'articolo 4, comma 1, lettera e) del decreto ministeriale 16 marzo 2006 richiede un'altezza non inferiore a 1,65 metri per gli uomini e 1,61 per le donne. Fatta questa premessa, venendo al progetto di legge che stiamo esaminando, questo progetto di legge è composto da un solo articolo che, al comma primo, novella la lettera d) del comma 1, articolo 635 del decreto legislativo n. 66 del 2010 recante il codice dell'ordinamento militare, al fine di realizzare la predetta finalità di rivedere l'attuale disciplina in materia di requisiti fisici per l'accesso alle carriere iniziali delle Forze armate e di polizia. La stessa lettera d) detta norme riguardanti le sole Forze armate ed eventualmente prevede che per l'immissione nel ruolo dei volontari di truppa delle stesse Forze armate occorra rientrare nei limiti di altezza stabiliti da un apposito regolamento. I limiti in questione sono adesso contenuti nell'articolo 587 del Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 90 del 2010. Questo ultimo articolo prescrive i limiti di altezza richiesti per l'accesso alle Forze armate e di essi riferirà, come dicevo, la collega relatrice onorevole Scopelliti.
  Il progetto di legge in esame modifica – come detto – la citata lettera d) dell'articolo 635, comma 1, del codice dell'ordinamento militare, disponendo che, ai fini del reclutamento nelle Forze armate, Pag. 38si debba rientrare nei parametri fisici correlati alla composizione corporea, alla forza muscolare e alla massa metabolicamente attiva, secondo tabelle che dovranno essere stabilite da un apposito regolamento.
  L'articolo 1, comma 2, del progetto di legge prevede infatti che, con apposito regolamento di esecuzione da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, siano apportate al citato Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare le modifiche necessarie per adeguarlo a quanto disposto dal provvedimento che stiamo esaminando, ossia le modifiche necessarie per sostituire i requisiti di altezza con i nuovi requisiti corrispondenti ai parametri fisici poco fa citati. Il regolamento dovrà essere adottato su proposta dei Ministri della difesa, dell'interno, dell'economia e delle finanze e delle politiche agricole alimentari e forestali di concerto con il Ministro delle salute e il Ministro delegato per le pari opportunità. Lo schema del regolamento dovrà essere previamente trasmesso alle Camere per l'acquisizione del parere delle Commissioni di merito, che dovrà essere espresso entro 30 giorni dalla data di trasmissione dello schema. Decorso questo termine, il Governo potrà comunque adottare il regolamento. Circa i commi 3 e 4 del progetto di legge in esame riferirà appunto la relatrice della IV Commissione. Mi limito ad osservare che nel comma 3 si prevede che i parametri fisici possano differenziare solo in relazione al sesso maschile o femminile del candidato.
  Prima di concludere, Presidente, considero doveroso riferire che, nell'ambito dell'istruttoria condotta in sede referente, le Commissioni I e IV hanno acquisito anche un documento trasmesso dal capo della Polizia nel quale si rappresenta la posizione condivisa dalla Polizia di Stato, dall'Arma dei carabinieri e dal Corpo della guardia di finanza sul provvedimento in discussione, evidenziando alcune problematicità. Un documento analogo è stato trasmesso anche dal capo di stato maggiore della difesa. Segnalo inoltre che l'esame in Commissione ha vissuto un iter molto fluido e molto positivo che si è sostanziato poi nel voto favorevole e unanime che è stato accordato nel votare il mandato a riferire in Aula ai relatori e che quindi credo sia di buon auspicio anche per una rapida approvazione da parte dell'Aula.

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la relatrice per la Commissione difesa, la deputata Scopelliti. Prego.

  ROSANNA SCOPELLITI, Relatore per la IV Commissione. Signor Presidente, colleghi, prima di completare la descrizione del progetto di legge in discussione, desidero però ricordare l'impegno dei colleghi Cirielli e Cicu, i quali, sin dall'inizio della corrente legislatura, hanno riproposto all'attenzione della Camera il problema al quale il progetto di legge che oggi discutiamo intende dare una soluzione.
  I due colleghi ricordati hanno infatti presentato già il 15 marzo 2013 le due proposte di legge ricordate dal collega Di Maio, con le quali sostanzialmente hanno riproposto il testo di legge approvato dall'Assemblea della Camera nella precedente legislatura. Le due proposte di legge Cirielli e Cicu, che sono state abbinate al disegno di legge trasmesso dal Senato, sono state assegnate alle Commissione riunite I e IV appena ricostituite, già nel mese di maggio 2013, e sono state fin da subito oggetto di sollecitazioni affinché le Commissioni ne iniziassero l'esame e l'Assemblea ne dichiarasse l'urgenza, ai sensi dell'articolo 107, comma 1, del Regolamento.
  Nel frattempo, tuttavia, il provvedimento è stato incardinato nella Commissione difesa del Senato e ciò conformemente alle norme dei Regolamenti e alle prassi dei due rami del Parlamento, ha precluso l'avvio dell'esame delle proposte Cirielli e Cicu alla Camera.
  Reputo utile richiamare questa circostanza per evidenziare l'approfondito lavoro svolto dalla Camera dei deputati nella XVI legislatura sul tema dei parametri fisici per l'ammissione ai concorsi per le Pag. 39Forze armate e di polizia. Un lavoro che ha di mira la valorizzazione del merito e della competenza e la rimozione di ogni possibile elemento di discriminazione nell'accesso alle carriere presso le Forze armate, in una fase di delicata riduzione dello strumento militare anche dal punto di vista della dotazione del personale.
  Venendo ora all'attuale quadro normativo, il collega Di Maio, che ringrazio, ha già ricordato quali sono gli attuali limiti di altezza per l'ammissione nella Polizia di Stato, nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nel Corpo della guardia di finanza, nel Corpo forestale dello Stato e nel Corpo della polizia penitenziaria.
  Per quanto riguarda, invece, le Forze armate, l'articolo 587 del Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare prevede i seguenti limiti minimi di altezza: per gli ufficiali, sottufficiali e volontari, salvo quanto previsto dalle lettere b) e c), non inferiore a metri 1,65 per gli uomini e a metri 1,61 per le donne e, limitatamente al personale della Marina militare, non superiore a metri 1,95; per gli ufficiali piloti della Marina militare e per gli ufficiali dei ruoli naviganti normale e speciale dell'Aeronautica militare, non inferiore a metri 1,65 e non superiore a metri 1,90; per gli ufficiali dell'Arma dei carabinieri, invece, non inferiore a metri 1,70 per gli uomini e a metri 1,65 per le donne.
  Tornando al progetto di legge n. 2295, il comma 3 dell'articolo unico prevede espressamente, al fine di evitare ogni forma di discriminazione e di garantire la parità di trattamento, che il regolamento di esecuzione della legge, di cui ha già detto il collega Marco Di Maio, dovrà stabilire parametri fisici unici ed omogenei per il reclutamento del personale delle Forze armate e per l'accesso ai ruoli del personale delle forze di polizia, ad ordinamento militare e civile, e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
  È previsto che i parametri in questione potranno essere differenziati esclusivamente in relazione al sesso maschile o femminile del candidato. È, inoltre, previsto che dalla data di entrata in vigore del regolamento di esecuzione della legge, siano abrogate le disposizioni che stabiliscono gli attuali requisiti di altezza, vale a dire gli articoli 3, 4 e 5 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 luglio 1987, n. 411. Infine, il comma 4 dell'articolo unico del progetto di legge in discussione stabilisce che le diverse disposizioni concernenti i parametri fisici richiesti ai fini del reclutamento del personale dei diversi corpi e forze interessati – lo ripeto: le Forze armate, le forze di polizia ad ordinamento militare e civile, il Corpo nazionale dei vigili del fuoco – devono entrare in vigore contemporaneamente, precisando altresì che nelle more dell'entrata in vigore delle disposizioni in questione continuano ad applicarsi i limiti di altezza previsti dalla vigente normativa.
  Con il progetto di legge in esame si vogliono rendere, quindi, più flessibili i requisiti fisici per l'accesso alle Forze armate e di polizia, eliminando un ostacolo che pregiudica di fatto l'accesso alla carriera militare e in polizia a tutti coloro che, pure intenzionati a servire la patria, hanno un'altezza inferiore al requisito attualmente prescritto. A tal fine, il progetto di legge in discussione evita di fare riferimento ai limiti statici, come sono, appunto, quelli di altezza, considerando che l'altezza non è sempre un criterio sufficiente di valutazione della reale capacità fisica di un individuo e stabilisce, invece, un nuovo e più complesso criterio di idoneità fisica. In questo modo si ottiene anche di uniformare l'ordinamento italiano al sistema anglosassone e a quello degli altri Stati europei, dove sono previsti limiti di altezza più bassi di quelli prescritti in Italia ma si tiene conto anche di determinati indici di massa corporea.
  Alla luce delle moderne esigenze delle difesa, le ragioni storiche che diedero vita al cosiddetto «deficit staturale» appaiono anacronistiche, anche perché oggi le persone di piccola statura possono essere più adatte rispetto a determinate mansioni. Si pensi, ad esempio, alle operazioni all'interno dei carri armati o al paracadutismo da elicottero o a talune condizioni operative, come quelle negli spazi degli aerei da Pag. 40combattimento o da ricognizione e come o anche navi e sommergibili, per non parlare del personale che esplica funzioni non direttamente belliche come, ad esempio, il personale medico. Alla luce di tutto questo, deve ritenersi che dalla revisione dei parametri di accesso non possono discendere pregiudizi alla funzionalità delle Forze armate, qualora fosse ammesso anche personale di statura inferiore a quella adesso richiesta.
  Come anticipato dal relatore per la I Commissione, nell'ambito dell'istruttoria condotta in sede referente le Commissioni I e IV hanno acquisito un documento, trasmesso dal capo di stato maggiore della difesa, nel quale si rappresenta, ahimè, il parere contrario delle Forze armate rispetto all'eliminazione dei limiti di altezza nei reclutamenti del personale militare.
  Prima di concludere, però, voglio ricordare che, sempre nell'ambito dell'istruttoria condotta in sede referente, le Commissioni hanno anche valutato il parere dell'unica Commissione competente in sede consultiva, vale a dire la Commissione agricoltura.
  Questa ha espresso un parere favorevole con una condizione tendente a fare inserire nella proposta di legge una novella al decreto legislativo n. 201 del 1995, che reca il riordino delle carriere del personale non direttivo e non dirigente del Corpo forestale dello Stato. Attualmente il predetto decreto prevede che coloro che superano il concorso per ispettori del Corpo debbano, prima di essere nominati, seguire un corso di formazione di quindici mesi. La novella chiesta dalla Commissione agricoltura riguarda quanti provengono già dal Corpo forestale e sostengono, quindi, il concorso da interni e tende a ridurre a sei mesi la durata del corso per questi ispettori di provenienza interna. Trattandosi di disposizioni sostanzialmente estranee al contenuto del provvedimento in discussione, le Commissioni sono state concordi con i relatori nel ritenere che non fosse opportuno recepire la condizione della Commissione agricoltura. La contrarietà non ha peraltro riguardato il merito della proposta di modifica normativa formulata dalla Commissione agricoltura, bensì solo l'opportunità di introdurre tale modifica nel provvedimento in esame, rispetto al quale è estranea. E con questo, Presidente, ho concluso.

  PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire nel prosieguo della discussione.
  È iscritto a parlare il deputato Paolo Bernini. Ne ha facoltà.

  PAOLO BERNINI. Signor Presidente, oggi ci troviamo in quest'Aula per la discussione sulle linee generali della proposta di legge per la modifica dei parametri fisici e per l'ammissione ai concorsi per il reclutamento nelle Forze armate, nelle forze di polizia e nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
  Un osservatore esterno, vedendo che nel Parlamento italiano c’è stata quasi una settimana di pausa dei lavori d'Aula, si chiederebbe: ma che cavolo di priorità hanno i parlamentari italiani, con tutti i problemi che affliggono il territorio italiano, tra mafia capitale, Lega Nord che fomenta il razzismo finanziando gli stessi che combatte, dissesto idrogeologico, sempre più famiglie che non arrivano alla fine del mese, disoccupazione giovanile quasi al 50 per cento e di quel 50 per cento che lavorano, la metà lavora per pochi euro all'ora o fa stage non retribuiti, e chi non trova lavoro è costretto ad andare in altri Stati del mondo ?
  Bene, questo osservatore – ma anche io – si chiederebbe: ma c’è proprio bisogno di occupare il tempo dell'Aula per discutere una legge che va a modificare l'articolato per accedere ai concorsi delle Forze armate eliminando la discriminazione dell'altezza ?
  Beh, purtroppo non si è potuto fare altrimenti, anzi alcune persone non hanno voluto fare altrimenti. Questa legge doveva essere discussa a inizio giugno, poi è stato tutto rimandato di settimana in settimana perché le due Commissioni competenti, la I (Affari costituzionali) e la IV (Difesa), non trovavano il tempo per convocare un ufficio di presidenza e calendarizzare la Pag. 41legge in Commissione. A forza di rimandare siamo arrivati a fine luglio, perché la I Commissione, principalmente nella persona del deputato Fiano del PD, che è anche capogruppo in Commissione, si è imputato che voleva assolutamente audire i soggetti competenti per sapere il loro parere, nonostante le audizioni si fossero già svolte la scorsa legislatura e nonostante ci fossero a disposizione i verbali delle audizioni precedenti. Non me ne voglia 1'onorevole Fiano per aver riportato i fatti. Spero sinceramente che riportare i fatti sopra citati e i seguenti non lo porti a bocciare per ripicca questa proposta di legge. Dico questo perché reazioni del genere sono comuni e le abbiamo già viste da parte di deputati del PD in quest'Aula.
  Prima della fine dei lavori estivi della Camera, le Commissioni competenti si erano prese l'impegno che, se non fossero riuscite ad audire i soggetti competenti entro metà settembre, non avremmo più fatto audizioni di tali figure, ma avremmo licenziato direttamente la legge in una prossima seduta. Ma al ritorno dalla pausa estiva e dopo essere arrivati quasi a fine settembre di audizioni nemmeno l'ombra. In ufficio di presidenza, tutti ricordavamo bene quest'impegno preso prima della chiusura estiva, ma il presidente della I Commissione e il capogruppo del PD della I Commissione, l'onorevole Fiano, fecero orecchie da mercante, dicendo di non ricordare tale accordo e che bisognava assolutamente fare le audizioni. Di conseguenza, prendemmo nuovamente un accordo identico per fare le audizioni entro un tempo stabilito. Di queste audizioni, dopo vari rinvii, non si seppe più nulla e tutta la Commissione difesa, quindi non solo il MoVimento 5 Stelle, ma anche il Partito Democratico, il Nuovo Centro Destra, Forza Italia, SEL, Lega, Gruppo Misto e Fratelli d'Italia, decise di firmare per licenziare la legge direttamente in Commissione, senza utilizzare il prezioso tempo dell'Aula. Ma anche questa azione fu bloccata dopo l'arrivo di una lettera del Capo di Stato maggiore della difesa, Luigi Binelli Mantelli. Riporto i punti essenziali di tale lettera. Il primo: «Le norme prescriventi altezze minime per il personale militare, lungi dall'avere una ratio discriminatoria, per contro, sono inscindibilmente connesse con la piena funzionalità delle Forze armate e con i compiti istituzionali delle stesse, l'assolvimento dei quali risulta ancora essere significativamente condizionato dalla prestanza fisica e dall'altezza del personale». Insomma, per fare il soldato o il poliziotto, dice Binelli Mantelli, bisogna essere alti e muscolosi. Secondo motivo per evitare di approvare la nuova legge: «Specifici parametri antropometrici costituiscono il riferimento per la costruzione di unità navali, di sommergibili, di velivoli, di veicoli tattici e persino dell'armamento individuale.
  Tali parametri fisici sono da sempre considerati imprescindibili da tutte le Forze armate dei partner europei/NATO, in quanto necessari al fine della standardizzazione e della piena interoperabilità degli armamenti». Inoltre, Binelli Mantelli sostiene che «i limiti di altezza inferiori mantenuti da Forze armate straniere» sono dettati dalla «drastica riduzione del bacino di reclutamento del Paese interessato». Mentre l'Italia, aggiunge, «è del tutto esente da tali problemi». Conclusione: la legge che cancella i limiti di altezza non va approvata.
  Questa lettera fece molto effetto, sia in qualche pavido deputato dalla voce roca che fa parte dell'opposizione – che, dalla paura, ritirò la firma per approvare la legge direttamente in Commissione – sia nel Governo, che non diede il consenso al trattamento della proposta di legge in Commissione, ma all'obbligo del passaggio in Aula.
  E ora ci troviamo qui, dopo innumerevoli ritardi, a discutere una proposta di legge che non prevede regali ad amici degli amici, che non prevede stanziamento di fondi, che non prevede alcun tipo di interesse per nessuno, ma dà solo una speranza a quei ragazzi e ragazze che, per una colpa non loro, non sono alti abbastanza per poter partecipare a un concorso delle Forze armate. Si tratta di una speranza ! Questo Governo, oltre a non Pag. 42riuscire a dare un futuro ai propri giovani, cerca pure di annientare le loro poche speranze !
  Ringrazio tutti quei deputati di opposizione e maggioranza che non hanno cercato di bloccare l'iter di questa proposta di legge, ma che, al contrario, si sono spesi per portarla avanti. Mentre per gli altri gli dico solo che la ruota gira e girerà anche per loro. Ora, vorrei condividere in quest'Aula i messaggi che mi sono arrivati su Facebook da questi ragazzi e ragazze, che ripongono le loro speranze in noi e che noi abbiamo il dovere di portare avanti, anche solo eliminando una legge che li discrimina per la loro altezza, nonostante in molti Paesi del mondo, tra cui i cari amici degli Stati Uniti, le selezioni non avvengano più in base all'altezza, ma considerando l'intera struttura corporea.
  Per fare parte delle Forze armate, il primo requisito dovrebbe essere la capacità intellettiva, e non la prestanza fisica. Vi riporto l'esempio di una cittadina italiana: Valeria, laureata in «Operatore giudiziario e dei Corpi di Polizia», con tesi su «Maxiprocesso e Cosa Nostra»; tirocinio presso la questura di Polizia, porto d'armi da 9 anni; laurea specialistica in giurisprudenza, con tesi «Il codice culturale mafioso»; master in «Analisi dei fenomeni di criminalità organizzata e reimpiego sociale dei beni confiscati», esclusa dal concorso da maresciallo per soli 3 centimetri. E ora deve sperare di farcela con quello da commissario, perché già ha 29 anni e ha passato tutti i suoi anni di studio per un sogno: servire il proprio Paese.
  Riporto anche le parole delle ragazze e dei ragazzi che ci seguono speranzosi nell'approvazione di questa proposta di legge senza più ritardi. «Nell'Italia dei diritti fondamentali e dei valori civili, tutti devono avere il diritto di perseguire e combattere per i propri sogni. Sogni che, se infranti, rovinano le menti e deturpano la coscienza fisica e morale dei tanti giovani che aspirano a voler servire l'Italia senza se e senza ma, senza discriminazioni, con tutti gli ostacoli infiniti che la carriera militare comporta.
  L'Italia deve valutare l'essenza e la sostanza delle persone, deve valutare le loro attitudini, i loro sacrifici, cosa sono disposti a fare i giovani pur di veder un sogno avverato. Chiediamo l'approvazione urgente e immediata di questa legge, che ha già fatto i suoi ritardi senza motivo. Vogliamo servire l'Italia nell'interesse di tutti e il nostro aiuto, seppure «piccole» persone, come ci hanno discriminato, non è diverso dalle persone giganti, che voi fino ad ora avete preferito per comodo. Non ci interessano gli stipendi, le lodi, gli onori e le immunità, ma solo che il nostro sogno si avveri il più presto possibile. Tutti ne hanno il diritto !
  Intendiamo sottolineare che il passo decisivo che si compirà questa settimana, la discussione e l'approvazione del disegno di legge in questione, sarà nullo senza la celere approvazione del regolamento previsto. Per questo motivo e per gli altri motivi precedentemente esposti, riteniamo sia di estrema importanza ottenere una dichiarazione da parte degli esponenti del Governo che rimarchi il loro impegno a concludere la stesura del regolamento entro e non oltre sei mesi dall'entrata in vigore di questa legge, anzi chiediamo e supplichiamo di modificare i bandi subito poco dopo la messa in vigore, per dare la possibilità di tentare in qualche blocco restante del bando già in atto. Firmato Cristina, Fabriana, Sabrina, Valentina, Gina, Fabiola, Nicoletta, Speranza, Chiara, Cristina e gli altri 500».
  Queste ragazze e ragazzi sono da lodare non solo per la loro determinazione e il fiato sul collo che hanno fatto a tutti i deputati, nonostante le non risposte di molti di noi, ma, soprattutto, per la loro speranza, che continuano a riporre in noi, nella politica vera, quella che dà speranza, e non solo posti di lavoro. Concludo, dedicando a loro questa frase: il mondo è nelle mani di coloro che hanno il coraggio di sognare e di correre il rischio di vivere i propri sogni.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Dorina Bianchi. Ne ha facoltà.

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  DORINA BIANCHI. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento (La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Invernizzi. Ne ha facoltà.

  CRISTIAN INVERNIZZI. Signor Presidente, anche noi della Lega Nord ci prendiamo una pausa dalla nostra attività principale – che a detta dei colleghi del MoVimento 5 Stelle è quella di fomentare il razzismo in modo gratuito e ovviamente pretestuoso e a fini esclusivamente elettoralistici – per concentrarci, invece, in una discussione, come chiamati a fare dai cittadini che ci hanno votato e che nelle prossime elezioni confermeranno il loro voto e, probabilmente, vedranno il movimento della Lega Nord incrementare sensibilmente il proprio seguito.
  Al di là di questo, con una certa emozione prendo la parola oggi perché non è usuale per i deputati, sia di maggioranza che di opposizione, poter discutere di leggi di iniziativa parlamentare, considerato che ormai l'andazzo che abbiamo preso in questo scorcio di legislatura è quello di stare qui supinamente a discutere solitamente decreti d'urgenza, quando ce ne è data la possibilità dal Governo, quando ovviamente non viene posta la fiducia. Pertanto, già questo direi che è qualcosa che dovrebbe richiamare l'attenzione, sia nostra che degli osservatori.
  È chiaro che non ci troviamo di fronte ad un provvedimento epocale, che sarà ricordato nei libri di storia, comunque è un provvedimento al quale, come parlamentari e come deputati, siamo chiamati a prestare la massima attenzione, come dovere istituzionale.
  Ovviamente la Lega Nord vede questo provvedimento non come punto focale della propria attività politica. Abbiamo sicuramente tutta una serie di perplessità, al di là delle più che legittime sottolineature avanzate dai miei colleghi circa la possibilità di allargare ad una platea maggiormente rappresentativa di giovani che vogliono aderire a carriere come quella militare o delle Forze di polizia. Ci permettiamo in questa fase di sottolineare come si stia parlando, appunto, di carriere che possono vedere, per coloro che decidono di accedervi, la possibilità di entrare anche in conflitti armati e di fare una guerra nella quale, quindi, anche le caratteristiche fisiche sono fondamentali. Eliminare, pertanto, il limite dell'altezza ed istituire un paniere invece di altri parametri fisici – che rendano comunque idonea la possibilità, per le persone che decidono di accedervi, di esercitare in modo chiaro e sicuro per se stessi questo tipo di carriera – sicuramente è un qualcosa che ci vedrà impegnati anche in quelli che saranno i regolamenti che devono essere sicuramente scritti. Sarà compito, appunto, della Lega Nord fare sì che non vi sia la possibilità comunque di vedere il degrado delle proporzioni fisiche di coloro che, comunque – non dimentichiamocelo – visti i tempi che corrono, saranno, infatti, probabilmente chiamati anche a dovere esercitare, proprio nei fatti concreti, attività di guerra.
  Siamo in un momento nel quale fingere che il mondo sia tranquillo o fingere che la guerra sia qualcosa che appartiene al passato probabilmente è un alibi che possono permettersi coloro che hanno fatto del buonismo e dell'irenismo la loro ragione di vita. Non è, invece, qualcosa che possiamo permetterci noi parlamentari, che non dobbiamo pensare soltanto alla contingenza, ma anche a quello che può avvenire.
  Ribadiamo che è un'iniziativa, per carità, giusta fin quanto si vuole, e sicuramente non così importante in questo momento, come è stato prima ricordato, visto il periodo di crisi nel quale siamo. Esprimo la volontà del gruppo della Lega Nord di fare sì che, con l'attenzione dovuta, i regolamenti di attuazione di questo atto legislativo comunque garantiscano alle Forze armate italiane di poter contare su Pag. 44persone che, qualora dovessero essere chiamate ad attività di guerra, possano sostenerle.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Vargiu. Ne ha facoltà.

  PIERPAOLO VARGIU. Signor Presidente, colleghi deputati, io credo che siano ragionevoli le considerazioni che ha inizialmente espresso in quest'Aula un collega il quale si è chiesto se il percorso di questa che, in apparenza, potrebbe essere definita una «leggina», sarebbe dovuto essere forzatamente un percorso parlamentare o si sarebbe potuto pensare, invece, ad una più rapida approvazione in sede legislativa, che non impegnasse quest'Aula nei suoi lavori.
  Credo che, forse, era sicuramente più agevole pensare ad un percorso facilitato, però, se questa proposta di legge è arrivata in Aula, questa è anche un'opportunità di ragionare sul fatto che forse proprio una «leggina» questa legge non è.
  Non una «leggina» perché probabilmente tante sensibilità, che sono presenti e diffuse nel nostro Paese, sino a questo momento hanno avuto nei limiti di 161 centimetri per le donne e di 165 centimetri per gli uomini un ostacolo invalicabile alla realizzazione di aspirazioni legittime.
  Entrare nelle Forze armate, nelle forze di Polizia, nei vigili del fuoco, credo sia un'aspirazione legittima per ciascuno, e per chiunque l'abbia, al punto che, forse, qualcuno si stupisce che sia necessaria addirittura una legge per modificare quelle che sono delle indicazioni che vengono fornite dalla normativa vigente.
  Guardate, non c’è da stupirsi. Se voi entrate in un sito che è quello – credo – ufficiale delle Forze armate, www.forzearmate.org, i commenti che sono presenti nel sito, sulla proposta di legge che stiamo discutendo in queste ore, non sono tutti commenti entusiasti e tutti commenti che vanno nella direzione della civiltà che questa norma apporta all'interno dell'ordinamento.
  Il primo commento dice: secondo me l'altezza giusta deve essere di 175 centimetri in su, e non di meno. Ce n’è uno successivo: ma stiamo scherzando ? Vogliamo ridicolizzare ancora di più le Forze armate, le forze di Polizia ? E poi uno successivo (il suo pseudonimo è «anziano») che dice: ma ve li immaginate due agenti alti un metro e cinquanta tentare di ammanettare un energumeno extracomunitario – facciamo contenti i colleghi della Lega – di due metri ? Invece di avere gladiatori e pretoriani, avremo delle Forze armate composte da nani, ballerini e omuncoli. Ma forse quello, tutto sommato, più peculiare è l'ultimo, che dice: ve lo immaginate un militare di 150 centimetri in ralla su un Lince ? Un motociclista della pubblica sicurezza che non tocca i piedi per terra a causa del suo metro e cinquantadue di altezza ? Siate obiettivi. E finisce, come si finisce sempre in Italia: chissà a chi hanno voluto fare un favore, qualche raccomandato carente in centimetri.
  Forse basterebbe ricordare che tra i raccomandati carenti in centimetri ci sono stati anche re della dinastia Savoia: sua altezza reale, Vittorio Emanuele II era alto 158 centimetri, sua altezza reale – altezza per modo di dire – Vittorio Emanuele III era alto 153 centimetri.
  Ma sarebbe veramente curioso chiedere agli autori di questi commenti e ai tanti che hanno pregiudizi di questo genere, che si riverberano anche nella lettera che un ammiraglio ha indirizzato al Parlamento, se ritengono che tutte le attività delle forze di Polizia, delle forze dell'ordine e dei vigili del fuoco, siano attività che richiedano una prestanza fisica che vada in altezza.
  Sarebbe curioso chiederlo, soprattutto, a chi abita nella mia regione, la Sardegna. La Sardegna è la regione italiana che ha fatto, secondo i dati dell'Organizzazione mondiale della sanità, negli ultimi sessant'anni, il balzo in avanti più veloce, per quanto riguarda la statura fisica della sua popolazione, ma è ancora oggi la regione italiana che ha la statura più bassa d'Italia: 172 centimetri per il sesso maschile, tre centimetri in meno di quella che è la media nazionale. Per il sesso femminile, Pag. 45addirittura, una media che era ad alto rischio di esclusione rispetto alla normativa vigente. Dobbiamo però ricordare che rispetto ai 161 centimetri che venivano richiesti al sesso femminile dalla normativa vigente, la statura media italiana del sesso femminile è ancora oggi di 162 centimetri.
  Allora nella regione italiana che sopporta più di qualsiasi altra il peso delle servitù militari – il 60-65 per cento delle servitù militari vengono a ricadere nell'ambito del territorio della nostra regione – sino ad oggi è difficile, molto più difficile che in altre regioni italiane, a causa della statura media, della popolazione bassa, accedere all'interno di opportunità che vengono offerte dalle Forze armate, dalla Polizia e dai vigili del fuoco.
  È giusto ? Se ci fosse una motivazione di carattere tecnico, come qualcuno sostiene, potrebbe forse anche essere giusto. Ma se la motivazione è di carattere estetico o se la motivazione è pregiudiziale, cioè legata a vecchi pregiudizi che sono collegati con la statura fisica, allora credo che di giustizia sicuramente non si possa parlare.
  Credo anche che questo atto, che si celebra oggi in Parlamento, che noi ci prepariamo a votare nei prossimi giorni e nelle prossime ore, faccia una giustizia tardiva ai tanti giovani sardi che hanno avuto il desiderio di provare i concorsi per le Forze armate, per la Polizia, per i vigili del fuoco e sono stati esclusi non perché non avevano la capacità, non perché non avevano il merito, non perché non avevano gli indici di massa fisica, cioè i body mass index, quelli che si riferiscono all'effettiva efficienza fisica di una persona, ma perché mancava loro un centimetro, perché mancavano loro due centimetri; e tutto ciò a fronte di ragionamenti fatti da coloro che pensano che la statura possa condizionare effettivamente l'attitudine a svolgere e a ricoprire determinati ruoli ed incarichi.
  Ecco, io vi ricorderei che è vero che per molte regioni del Sud Italia – la mia regione è sicuramente tra queste – purtroppo le Forze armate, la Polizia, l'arruolamento nei vigili del fuoco rappresenta una delle poche prospettive occupazionali che vengono offerte ai giovani.
  È vero, è vero che qualche volta capita che i miei corregionali, i miei giovani corregionali siano costretti a provare, a tentare l'arruolamento nelle Forze armate o nella Polizia o nei vigili del fuoco perché sono carenti le altre prospettive occupazionali che si presentano alla gioventù della mia regione.
  Questo è vero, però è anche vero – e non è peraltro neanche la prima un elemento negativo, perché comunque la possibilità di avere prospettive occupazionali aggiuntive, quando queste sono fornite dallo Stato, deve essere un'opportunità aperta a tutti, indipendentemente dalla statura fisica – che un pezzo del nostro Paese, a dispetto del bombardamento mediatico quotidiano, a dispetto del tentativo di svilire ogni ruolo dello Stato e di svilire ogni prospettiva che il servizio allo Stato possa essere una prospettiva esistenziale appagante per chi la sceglie, a dispetto di quello che anche chi guida lo Stato, anche la classe dirigente, noi stessi che rappresentiamo questa classe dirigente, a dispetto dell'esempio e dei segnali mediatici e di comunicazione che una parte della politica ancora oggi dà, che sono segnali che non aiutano ad avere fiducia nello Stato, che non aiutano a voler servire lo Stato, che non aiutano a mettere la propria esistenza a disposizione dell'istituzione Stato, nonostante tutto questo, ci sono tanti giovani – ce ne sono tanti anche nella mia regione – che scelgono, decidono, vogliono, desiderano mettere la propria esistenza – al di là del fatto che questo possa dare uno stipendio, ma lo vogliono fare perché sono convinti di volerlo fare – al servizio di questo Stato tanto bistrattato, tanto scalcinato, di questo Stato riguardo a cui forse noi stessi qualche volta abbiamo dei dubbi nel crederci fino in fondo in termini di credibilità.
  Allora io credo che oggi venga sanato a posteriori, in modo postumo – e quindi purtroppo non potrà essere una sanatoria per tutti quei giovani che vengono dalla Sardegna e da tante altre regioni italiane, Pag. 46in modo particolare dal Sud, dove la statura era inferiore rispetto a quella della media nazionale –, un vulnus che non aveva più ragione di esistere.
  Credo che lo stiamo facendo in ritardo, credo che si debba dare merito a tutti i parlamentari che si sono battuti sino ad oggi perché questo si realizzasse – e ce ne sono diversi che vengono dalla mia regione – e credo che fare in fretta nel fare questo atto di sanatoria legittima e doverosa, che purtroppo non potrà restituire il diritto a chi questo diritto l'ha perso, sia una cosa che questo Parlamento deve fare quanto più in fretta possibile.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Cirielli. Ne ha facoltà.

  EDMONDO CIRIELLI. Presidente, colleghi, questa proposta di legge finalmente arriva in dirittura finale dopo una gestazione lunga, che è partita dalla scorsa legislatura, con un lavoro intenso svolto e portato avanti da tutte le forze politiche. Io avevo l'onore di presiedere la Commissione difesa nella scorsa legislatura. Abbiamo fatto una lunga e approfondita indagine proprio perché il tema era controverso. Voglio cogliere l'occasione, perché è giusto anche per la storia parlamentare, per ringraziare i colleghi e la collega Schirru del PD, che è stata la prima presentatrice di questa proposta di legge nella scorsa legislatura, e il collega Cicu, che ha presentato la sua proposta di legge nella scorsa legislatura e l'ha rinnovata anche in questa. Personalmente, come presidente della Commissione uscente, ho sentito il dovere in questa legislatura di presentare la proposta per come era stata approvata a seguito del lavoro svolto negli anni precedenti sul tema.
  Voglio dire che, innanzitutto, è una proposta di legge di civiltà. Ho sentito dire tante cose e credo che, innanzitutto, dobbiamo partire dai dati concreti. Si parla tanto di modernità dell'Italia, di civiltà giuridica dell'Italia e, in realtà, anche da questo punto di vista noi siamo molto arretrati. E lo siamo perché tutti gli altri Paesi nostri principali alleati, ma anche altri Paesi del mondo, non hanno ormai più il limite di altezza, ma si basano, come requisito per l'ingresso nelle Forze armate, sui requisiti legati a parametri fisici moderni di capacità di affrontare la vita militare. Non è certamente un centimetro in più o un centimetro in meno che può dare questo aspetto. D'altro canto, eserciti come quelli degli Stati Uniti, dell'Inghilterra o di Israele non hanno questo parametro e sono Paesi impegnati in prima linea. O, ancora, Paesi come la Germania hanno un limite, ma è assai, assai più basso del nostro, peraltro avendo una popolazione con un'altezza media ben superiore. Tutto ciò la dice lunga su quanto noi siamo arretrati da questo punto di vista.
  E dispiace che nella scorsa legislatura non siamo riusciti ad avere la sede legislativa e lo stesso in questa legislatura, proprio a causa del collega del PD Fiano che, peraltro, avrebbe potuto vantare una collega del suo partito come prima presentatrice nella scorsa legislatura e un'approvazione al Senato avvenuta in maniera sostanzialmente unanime. Non si capisce oggettivamente perché si voglia perdere ulteriormente tempo.
  Certo, esiste anche una resistenza in alcuni componenti anziani generali dello stato maggiore che ragionano in maniera ancora antiquata, non rendendosi conto dei diritti, ma soprattutto della convenienza oggettiva per le Forze armate. Allora, io credo che questo parametro sia stato assolutamente una negazione della possibilità di tante persone che non cercavano un impiego, ma amavano le Forze armate, amavano difendere la patria, così come anche la Costituzione insegna. Peraltro, ci sono anche tante persone e tanti giovani che hanno frequentato le scuole militari. Penso a tante ragazze che dopo tre anni di scuola militare nei licei, per mezzo centimetro o per un centimetro, pur essendo ragazze perfettamente sane, idonee alla vita militare, magari con tre anni alle spalle di vita militare nelle scuole militari, atletiche e sportive, non possono accedere a un concorso. Ma così come tantissime altre giovani che in questi anni Pag. 47hanno chiesto ripetutamente una visione moderna di questo problema. Voglio anche ricordare che l'Italia non è sempre stata così antimoderna come in questi anni, perché quando c'era il servizio di leva il limite di altezza era di un metro e 50 centimetri. Allora, non si comprende perché un giovane è idoneo a fare il servizio militare e a rischiare magari la vita per la patria nel caso di guerra e, poi, non è idoneo se vuole fare il servizio militare di professione. O uno è idoneo o non è idoneo: questo ci dovrebbe spiegare il Capo di stato maggiore della Difesa che manda note per la verità assai improprie. Questo la dice lunga anche del livello della nostra civiltà parlamentare. Dopo una lunga e approfondita indagine della Camera e dopo che un ramo del Parlamento ha approvato una proposta di legge, viene fuori il Capo di stato maggiore della Difesa che scrive una lettera che non si capisce veramente che natura abbia anche sul piano giuridico.
  Penso che su questo anche il Governo dovrebbe interrogarsi perché è veramente irrituale che non sia il Ministro della difesa o un sottosegretario ma un Capo di stato maggiore a scrivere ai parlamentari, un fatto inaudito rispetto al quale, secondo me, bisognerebbe riflettere e invito il sottosegretario presente a riflettere, anche alla luce del codice di disciplina militare, per verificare se questa lettera possa o meno essere una lettera ammissibile.
  Concludo il mio ragionamento. Questa norma ormai va avanti, perché è una norma logica, rispetta i cittadini, rispetta il principio di uguaglianza: se una persona è sana e preparata, ha tutti i requisiti in regola di una forza, di una capacità atletica, parametri fisici proporzionati, una massa muscolare adeguata per affrontare gli sforzi fisici, così come avviene in tutti gli altri Paesi che dal punto di vista militare sono anche impegnati, e più impegnati di noi, non vediamo proprio perché possano essere esclusi da questi concorsi dove, peraltro, ci sono prove fisiche dove uno può anche dimostrare o non dimostrare le proprie capacità.
  Finalmente si è arrivati in Aula, si poteva fare assai prima, non c’è dubbio, ma l'importante è che la cosa sia stata fatta e che il Parlamento oggi si appresta a varare – penso con la stessa larga maggioranza del Senato – una norma che però pesa anche sui tempi e su questo volevo invitare i colleghi a riflettere. Ormai, sin dalla scorsa legislatura, sostanzialmente eravamo tutti d'accordo, così come lo siamo stati nelle Commissioni anche in questo anno e mezzo in cui ne abbiamo discusso. Tuttavia, come è stato segnalato anche da un altro collega che ha parlato prima di me, ci sono poi anche i limiti di età: ogni mese che passa persone non possono più concorrere perché superano il limite di età e, per carità, quel limite ha anche delle esigenze diverse che io condivido. Ma il punto è un altro. Se noi perdiamo tempo in chiacchiere quando tutti siamo d'accordo e non si procede all'approvazione nei tempi previsti ma si continua a fare melina, non si capisce veramente che fiducia poi i cittadini debbano avere nelle istituzioni. Dunque prego e rivolgo un invito al Parlamento per una rapida approvazione senza modifiche per evitare che il meccanismo della navetta parlamentare ci possa far perdere ulteriormente tempo e condannare moltissimi giovani, che ormai da anni aspettano questa legge, a non poter partecipare perché nel frattempo hanno superato il limite di età. Credo che sia un impegno serio, di diritto, di civiltà e di uguaglianza e noi abbiamo il dovere e il diritto di difendere quei tanti giovani che vogliono servire la patria in uniforme, in divisa, e vogliono non fare semplicemente una professione ma abbracciare uno stile di vita nel quale hanno sempre creduto, nel quale sperano di poter realizzare la propria persona.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Piras. Ne ha facoltà.

  MICHELE PIRAS. Signor Presidente, lei mi dovrà consentire, anche se mi rendo conto che non c'entra nulla con l'ordine del giorno, ma mi riprometto di arrivarci Pag. 48rapidamente, di dedicare almeno un minuto in quest'aula a quello che è successo oggi in Palestina cioè all'assassinio brutale del Ministro Ziad Abu Ein e a ricordare quello che sta succedendo in quella terra. Io credo che questo sia un ennesimo atto di barbarie, così l'ha definito il Presidente Abu Mazen e così probabilmente tutta l'Aula dovrebbe definirlo ed è anche grazie al senso di responsabilità del Presidente dell'Autorità nazionale palestinese se oggi non si assiste all'ennesima escalation verso un'altra guerra guerreggiata in quei territori.

  PRESIDENTE. Collega, però dobbiamo cercare di stare al tema, anche perché abbiamo gli interventi di fine seduta che può utilizzare, così favoriamo anche il dibattito con gli altri.

  MICHELE PIRAS. Arrivo rapidamente al punto, Presidente, mi rendo conto...

  PRESIDENTE. La prego, anche perché me l'ha dichiarato ed io apprezzo l'onestà però, siccome mi dichiara che è fuori tema, capisce che io la devo richiamare.

  MICHELE PIRAS. Esattamente e arrivo al punto.

  PRESIDENTE. Arriviamo al punto.

  MICHELE PIRAS. Del resto siamo abituati anche in quest'Aula a sentire tante osservazioni a sproposito per cui una a proposito di quello che succede nel mondo ogni tanto ci vorrebbe, così come ci vorrebbe in quest'Aula un ragionamento serio e concreto sul ruolo dell'Italia e dell'Europa in quello che accade in quello spicchio di mondo per l'importanza, la gravità e la drammaticità di quello che accade appunto in quel pezzo di mondo. Arrivo all'ordine del giorno, a proposito di atteggiamenti a sproposito.
  Venendo al tema all'ordine del giorno, Presidente e colleghi, penso, molto banalmente, che si possa sostenere la tesi secondo la quale questa proposta di legge, probabilmente tardivamente, ma finalmente, inizia a rimuovere una colossale e anacronistica discriminazione che poneva la questione dell'altezza delle persone fra i punti determinanti la possibilità o meno di partecipare alle selezioni concorsuali per l'accesso alle Forze armate e di pubblica sicurezza. Chiedo al collega della Lega se così va meglio, visto che si è assunto la presidenza della...

  PRESIDENTE. Collega, si rivolga alla Presidenza, per favore.

  MICHELE PIRAS. Un punto di discriminazione basato sulla preminenza di una caratteristica fisica, invece che su una valutazione complessiva delle qualità fisiche e psico-attitudinali di un candidato. Un punto di discriminazione all'origine che ha impedito, finora, di valorizzare sotto tale soglia l'elemento motivazionale e ogni ragionamento sulle differenti caratteristiche, ambito per ambito, settore per settore, del personale. Esistono, infatti, noi riteniamo, ambiti di impiego per i quali è preferibile una statura maggiore, come altri casi nei quali una struttura inferiore garantisce maggiore performance e operatività. Del resto è così in ogni settore di impiego lavorativo: per differenti prestazioni lavorative possono rendersi necessarie caratteristiche fisiche differenti, di esempi se ne potrebbero fare tanti, certamente quello più infelice è quello fatto dal nostro Capo di Stato maggiore che dice che i nostri soldati dovrebbero essere alti e muscolosi, perché non anche biondi e con gli occhi chiari – mi chiedo io – se questa è la modalità attraverso la quale noi dobbiamo valutare l'idoneità o meno delle persone a prestare un'opera come quella che si svolge nelle Forze armate e di pubblica sicurezza.
  Del resto lo sviluppo delle nuove tecnologie, e anche quello del pensiero umano, ci terrei a dirlo, ha profondamente trasformato il lavoro nell'era contemporanea, così ha anche trasformato il lavoro nelle Forze armate e nel settore della pubblica sicurezza. Non a caso, mi si consenta la battuta, la guerra oggi non si combatte più in trincea e l'uso dell'arco e Pag. 49delle frecce è divenuto materia di giochi olimpici e non più strumento di risoluzione delle controversie; questo anche grazie al fatto che, per fortuna, la civiltà umana incede, nonostante le resistenze, e progredisce.
  Personalmente, pur avendo avuto modo di ascoltare opinioni contrarie, anche da parte, appunto, di autorevoli esponenti dei vertici delle Forze armate, non trovo alcuna ragione valida per il mantenimento in vigore delle soglie minime previste dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 411 del 1987 e conseguenti alla norma attualmente disposta dal codice dell'ordinamento militare. Trovo persino odioso ed anche un po’ ridicolo che attualmente si possa dire a chi è alto meno di un 1 metro e 68 centimetri, ad esempio, che non potrà aspirare alla carriera di ufficiale nella Guardia di finanza o candidarsi a rivestire un ruolo nella truppa a cavallo dell'Arma dei carabinieri, quasi che l'attitudine al comando o l'abilità equestre si potessero misurare in centimetri invece che attraverso altri criteri di selezione. Poi mi domando, anche, come mai sia precluso, allo stato attuale, l'accesso alla carriera nelle Forze armate e di pubblica sicurezza per chi è sotto la soglia di 1 metro e 65 centimetri, mentre un soggetto che eventualmente dovesse essere alto 1 metro e 66 centimetri, può anche, liberamente, lievitare nel peso fisico come se questo non fosse un impedimento ancora maggiore all'esercizio e all'operatività di alcune funzioni.
  Presidente, onorevoli colleghi, con questo provvedimento si rimuove un ostacolo considerato da molti ragazzi e molte ragazze un impedimento alla speranza di futuro, un ulteriore impedimento, potrei dire, in un Paese che da decenni continua imperterrito a non essere un Paese per giovani, ad abbandonare le nuove generazioni a un abbraccio disperato e mortale con la precarietà e la disoccupazione, a spezzare le gambe al merito, alle motivazioni e alle passioni dei ragazzi e delle ragazze. Presidente, personalmente ho voluto evitare, quasi fosse la peste, nella mia vita, l'ipotesi per me stesso della carriera militare, non mi sentivo portato per questa vita e non l'ho presa in considerazione nemmeno nei momenti più difficili che pure ho attraversato sul piano occupazionale o nel mio percorso di studi e di vita. Ma chi proviene dalla mia terra conosce fin troppo bene che cosa sono la disoccupazione, la povertà, il declino della speranza, il precipitare della fiducia in se stessi di fronte ad una condizione sociale che non muta mai in meglio. Ogni sardo, ogni meridionale sa che cosa vuol dire studiare e non trovare occupazione, sa che cosa vuol dire emigrare per trovare lavoro.
  Ecco, allora, se il provvedimento che stiamo preparandoci a votare dovesse riaccendere un lumicino di speranza per questi ragazzi e queste ragazze, io ne sarei felice. Dopo tanti rinvii e dopo che l'iter di questo provvedimento si interruppe con la conclusione della XVI legislatura, oggi siamo in dirittura d'arrivo – parrebbe ! –, e l'assenza di emendamenti dovrebbe dimostrare la volontà politica unitaria di tutte le forze parlamentari. Anche in ragione di questo dato, non certo usuale, nel dibattito politico nazionale, ci auguriamo che il termine dei sei mesi, previsto dalla norma per la definizione del regolamento da parte del Governo, venga rispettato e non subisca ulteriori proroghe e rinvii. Si rimuove una discriminazione, dunque, e si riapre una speranza per tanti giovani di trovare lavoro nelle Forze armate e di pubblica sicurezza, di realizzarsi e di servire in questa maniera il loro Paese. Non c’è bisogno di troppa retorica per descrivere ciò che oggi la Camera, dopo tanti rinvii, si appresta ad approvare. Questa è una buona legge ed è anche un atto degno di un Paese civile, anche per ciò saremo tra quelli che continueranno a sostenerla fino in fondo (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Cozzolino. Ne ha facoltà.

  EMANUELE COZZOLINO. Presidente, colleghi, oggi, con questa discussione sulle linee generali, iniziamo l'esame di un provvedimento che ha trovato pressoché Pag. 50unanime condivisione tra tutti i gruppi parlamentari, sia al Senato che qui alla Camera in seconda lettura. La proposta di legge in sé è molto semplice e propone, in sostanza, di eliminare il requisito del limite di altezza minima per l'assunzione nelle Forze armate e nelle forze di polizia, per sostituirlo con un parametro più ampio dato dalla composizione corporea, dalla massa metabolica attiva e dalla forza muscolare. Si tratta di una proposta di legge che, al di là del merito del suo contenuto, ha riscosso un consenso molto ampio da parte di moltissimi cittadini. Personalmente, ma credo che lo stesso sia accaduto agli altri colleghi della I e della IV Commissione, ho ricevuto tantissime e-mail, sul mio indirizzo di posta elettronica istituzionale, che prima chiedevano la calendarizzazione della proposta di legge in Commissione, poi la sua approvazione ed infine il suo approdo in Aula.
  Questa forma di pressione positiva dal basso forse è stata la causa principale che ha prodotto una condizione che, poche volte, si è verificata nella legislatura in corso, ovvero un consenso parlamentare amplissimo di tutte le forze politiche, che in Commissione qui alla Camera ha portato a non presentare alcuna proposta emendativa al testo approvato in Senato. Ovviamente il gruppo del MoVimento 5 Stelle è favorevole all'eliminazione dei limiti di altezza per l'assunzione nelle Forze armate e nei corpi di polizia. Il nostro consenso nasce, ovviamente, dalla condivisione nel merito del provvedimento, ma anche dal riconoscimento della pressione democratica che ha spinto questa proposta di legge.
  Noi del MoVimento 5 Stelle ci siamo dati come regola interna di sottoporre le nostre proposte di legge ad un esame preventivo aperto a tutti i cittadini. Prima di depositare ufficialmente un testo alla Camera o al Senato, noi lo mettiamo on-line su un'apposita piattaforma dove, chi vuole, può esprimere pareri oppure formulare proposte di modifica. E solo alla fine di questo vaglio la proposta di legge viene depositata, sovente anche profondamente modificata alla luce delle indicazioni ricevute. Ho fatto questa breve digressione – scusatemi – sui nostri metodi interni, solo per spiegare e far capire meglio come, a fronte del pronunciamento popolare a favore di questo provvedimento, noi del MoVimento 5 Stelle non potevamo certamente dirci contrari.
  Ciò detto e ribadito il nostro consenso, c’è un aspetto che è doveroso toccare qui in Aula, alla luce dell'esame in Commissione. Se, infatti, la risposta del Parlamento, in tutte le sue articolazioni politiche, in questo caso è stata chiarissima, lo stesso non si può dire del Governo. Nelle quattro sedute, da giugno ad ottobre, che si sono svolte in esame congiunto tra Commissione affari costituzionali e difesa, il Governo, rappresentato sempre dal sottosegretario Rossi, non ha mai preso una posizione. Il 3 giugno, infatti, dopo la relazione dei due relatori, il Governo si è riservato di intervenire nel corso dell'esame, ma nelle tre sedute successive si è ben guardato dal farlo.
  Ovviamente, qualcuno, o lo stesso rappresentante del Governo, potrebbe rispondermi che una posizione favorevole al provvedimento il Governo l'aveva assunta apertis verbis nell'Aula del Senato, e che, non essendo mutato il testo, non vi era motivo di pronunciarsi nuovamente. La risposta non farebbe una grinza se, nel frattempo, qui alla Camera, non si fossero prodotti due avvenimenti di forte rilievo. Mi riferisco al fatto che, prima, il Capo della polizia, prefetto Alessandro Pansa, poi il Capo di Stato maggiore della difesa hanno preso carta e penna per esprimere un parere fortemente contrario nei confronti di questa proposta di legge nel testo che è stato approvato dalle Commissioni. Ovviamente, sia il Capo della polizia, sia il Capo di Stato maggiore della difesa hanno compiuto un'azione assolutamente legittima, esprimendo un loro parere tecnico; ovviamente, altrettanto legittima è stata la decisione dei gruppi politici di non condividere tale parere.
  Quello che non fila, in questo schema, è evidentemente la posizione del Governo, che a fronte dei due pareri espressi, doveva prendere una posizione chiara, perché Pag. 51il Capo della polizia e il Capo di Stato maggiore della difesa non sono due persone che passano per strada come due opinionisti, ma sono due altissimi dirigenti dei rispettivi Ministeri che rispondono direttamente all'organo politico nella persona del rispettivo Ministro.
  Dunque delle due l'una: o il Governo si schierava a sostegno della posizione tecnica espressa dai due organi di vertice di polizia e Forze armate, sfidando anche la posizione del Parlamento, oppure doveva ribadire la posizione favorevole già espressa al Senato, smentendo però il Capo della polizia e il Capo di Stato maggiore. Il Governo ha scelto una terza via, forse un po’ ipocrita, a Roma avrebbero detto: «non s’è voluto impiccià». Una renitenza che è apparsa manifesta nella seduta del 7 ottobre quando la lettera del Capo della polizia è stata fortemente criticata, qualcuno ha definito i suoi toni quasi intimidatori. In quell'occasione il Governo ha assistito senza dire una parola, al punto che è stato il presidente Vito che per un dovere di ospitalità istituzionale ha ritenuto di dover specificare che nelle considerazioni del prefetto non vi fosse nulla di sconveniente.
  Altro esempio di renitenza del Governo è dimostrato dal fatto che oggi siamo qui in Aula quando tra i gruppi vi era consenso a procedere in sede legislativa e si era chiesto al Governo di fornire il suo parere. Mi auguro che il Governo fugherà i dubbi che ho appena sollevato, in particolare in merito alla posizione del Capo della polizia e del Capo di Stato maggiore della difesa, intervenendo in replica, sono anzi sicuro che ciò accadrà certamente, anche perché la linea che sta adottando è la peggiore che si potesse assumere proprio nei confronti di quegli alti dirigenti, ovvero quella dell'isolamento di fatto. Signor rappresentante del Governo, è abbastanza inverosimile che il Capo della polizia e il Capo di Stato maggiore della difesa esprimano una posizione fortemente contraria nei confronti di una proposta di legge che il Parlamento vuole approvare senza prima informare i rispettivi Ministri. Se, al contrario non l'avessero fatto, allora si pone un problema di rapporti che, in questa sede, è bene ricordare, è l'organo che rappresenta la volontà popolare; sarebbe opportuno chiarire per capire come stanno le cose e farlo pronunciandosi in maniera chiara su questo provvedimento. Anche perché, signor sottosegretario, chi tace acconsente, e dunque il Governo ha già smentito nei fatti i due alti dirigenti, ponendo un problema politico. Se per non condivisione del parere espresso o soltanto per non prendere uno schiaffo da un Parlamento che, per una volta, dimostra di voler decidere in maniera autonoma, questo non è possibile saperlo, a meno che lei non trovi il coraggio e, me lo consenta, la dignità per dirci come la pensa il Governo.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Vito. Ne ha facoltà.

  ELIO VITO. Signor Presidente, io ho chiesto di parlare a conclusione di questo dibattito innanzitutto per ringraziare tutti i colleghi che sono intervenuti non solo in questa sede ma anche nelle sedute delle varie Commissioni. È stato dato un po’ conto del lavoro che è stato fatto nelle nostre Commissioni; io ribadisco che è stato fatto un lavoro di grande correttezza e serietà in una situazione nella quale il Parlamento si trova adesso (l'Aula, e probabilmente è anche corretto che lo faccia l'Aula, se non si sono determinate le condizioni per il procedimento in sede legislativa) in una contraddizione, in una difficoltà e forse anche in un'ambiguità, che è alla base dell'esame di queste proposte di legge, per la verità non da questa legislatura. Cercherò di essere sintetico e chiaro. È stato fatto riferimento alle aspettative che ci sono da parte di persone potenzialmente e direttamente interessate agli effetti di questa legge. Io credo che siano delle aspettative delle quali occorra tener conto e delle aspettative naturalmente legittime e assolutamente rispettabili. D'altra parte, è anche vero che le leggi il Parlamento cerca di farle nell'interesse generale e, per poter meglio corrispondere Pag. 52alle esigenze dell'interesse generale, le nostre Commissioni, avendo più volte discusso se procedere o meno a delle audizioni o se acquisire il materiale che era stato prodotto nella scorsa legislatura hanno, alla fine, deciso di chiedere il contributo del Capo della polizia e del Capo di Stato maggiore della difesa, che io ringrazio non formalmente per il contributo importante che hanno dato ai nostri lavori. Questo contributo – è stato richiamato più volte – ha espresso senza dubbio delle riserve sugli effetti di queste proposte di legge; d'altra parte, queste proposte di legge sono state presentate da rappresentanti di diversi gruppi ed anche il gruppo del quale mi onoro di far parte, quello di Forza Italia, ha avuto una proposta di legge presentata ad inizio legislatura dall'onorevole Cicu e, d'altra parte, tutti i gruppi parlamentari hanno manifestato il loro favore su queste proposte di legge. Quindi, io credo che, a questo punto, la cosa migliore, per correttezza, per trasparenza, per chiarezza e per rispetto anche dei soggetti potenzialmente interessati, ma anche in considerazione dell'interesse generale rispetto al quale noi dobbiamo deliberare, sia quello che l'Aula voti e, in tal senso, io mi sono permesso di scrivere alla Presidente della Camera, Laura Boldrini, per sollecitare l'iscrizione in calendario di queste proposte di legge. Io credo che ci sia un orientamento abbastanza unanime, sostanzialmente unanime a favore delle proposte di legge da parte dei gruppi, anche se oggi vedo, con sorpresa, a parte l'intervento del relatore, l'assenza di un intervento del rappresentante del Partito Democratico, ma probabilmente questo è dovuto a fattori contingenti e al non voler allungare i tempi di questa discussione sulle linee generali.
  Ma tant’è: è un dato di chiarezza che dovrà pure essere prodotto, ma il Partito Democratico nelle Commissioni ha votato a favore della proposta di legge. Mentre credo che di questa difficoltà e di questa contraddizione si farà interprete sicuramente il Governo, che, da una parte, guarda con neutralità rispetto all'iniziativa legislativa e al potere legislativo, dall'altra parte, immagino che, come noi, cercherà di farsi interprete delle preoccupazioni che sono state così autorevolmente espresse.
  E poi dobbiamo prendere atto, signor Presidente, anche di un altro dato di fatto che è comparso nella giornata odierna, cioè dell'assenza di proposte emendative a queste proposte di legge. L'assenza di proposte emendative lascia supporre che per i gruppi il testo che è stato licenziato dalle Commissioni non necessiti di modifiche e quindi è un ulteriore elemento a favore delle proposte di legge.
  A questo punto, sicuramente, con le proposte di legge, se – come mi auguro – saranno rapidamente approvate, si aprirà un iter applicativo che andrà seguito con la massima attenzione e che andrà valutato con la massima attenzione. Io credo di potere interpretare, proprio per il lavoro che è stato fatto in questa legislatura dalla Commissione, ma – come ricordava bene il presidente Cirielli – anche dalle Commissioni nella precedente legislatura, di voler contribuire a togliere ogni ulteriore elemento di ambiguità nel prosieguo dell’iter di questa proposta di legge. Mi spiego: la Conferenza dei presidenti di gruppo ha, sì, accolto l'invito che io, a nome della Commissione difesa, avevo formulato alla Presidente della Camera di iscrivere in calendario queste proposte di legge, ma le ha collocate per la seduta di domani all'ultimo punto dell'ordine del giorno e sappiamo che è una seduta particolarmente impegnativa, da una parte, e potenzialmente ridotta nei tempi di esame per la giusta necessità di garantire alla I Commissione, Affari costituzionali, il congruo tempo per esaminare la proposta di riforma costituzionale.
  D'altra parte, se non si concludesse nella giornata di domani l'esame di questa proposta di legge, è vero che verrebbe automaticamente trasportata alle settimane successive, ma sappiamo che le settimane successive terranno l'Aula della Camera molto impegnata con l’iter appunto Pag. 53del disegno di legge di riforma costituzionale e dopo con la legge di stabilità che tornerà dal Senato.
  Per questo, Presidente, mi proporrò, proprio per un elemento di chiarezza e per continuare a contribuire a togliere ogni elemento di ambiguità da questo dibattito, di proporre domani all'Assemblea stessa, sentiti naturalmente i rappresentanti dei gruppi, se non ci sia la possibilità di anticipare dall'ultimo punto, nel quale è collocato, ad un punto migliore dell'ordine dei lavori, magari quello subito prima delle ratifiche, l'esame di queste proposte di legge. Lo dico dopo avere fatto una rapida, seppure informale, consultazione con i rappresentanti dei gruppi che sono qui presenti, sia di maggioranza che di opposizione. Questa proposta naturalmente mi riservo di sottoporla alla valutazione sua e dell'Aula domani, ma prima di tutto credo che noi dovremmo ascoltare in maniera non formale l'opinione del Governo. Ripeto: io so che il Governo è neutrale rispetto alle proposte di legge che sono state avanzate dai gruppi anche di maggioranza, ma i pareri così autorevolmente esposti dal Capo della polizia e dal Capo di Stato maggiore della difesa credo che necessitino di un chiarimento da parte del Governo, non per mettere in difficoltà il sottosegretario Gioacchino Alfano, che è sempre molto cortese, attento e professionale nel seguire i lavori della Camera, ma perché questo elemento di chiarezza credo che debba essere fornito a tutta la Camera prima che voti.

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo – A.C. 2295)

  PRESIDENTE. Prendo atto che i relatori, Marco Di Maio e Rosanna Scopelliti, ed il rappresentante del Governo rinunziano alla replica.
  Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Giovedì 11 dicembre 2014, alle 10,30:

  1. – Seguito della discussione della proposta di legge:
   CAPEZZONE: Riforma della disciplina delle tasse automobilistiche e altre disposizioni concernenti l'imposizione tributaria sui veicoli (C. 2397-A).
  — Relatore: Fregolent.

  2. – Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:
   BRESSA; FRACCARO ed altri; CIVATI ed altri; TINAGLI ed altri; DADONE ed altri; SCOTTO ed altri: Disposizioni in materia di conflitti di interessi dei titolari delle cariche di Governo. Delega al Governo per l'adeguamento della disciplina relativa ai titolari delle cariche di Governo locali (C. 275-1059-1832-1969-2339-2652-A).
  — Relatore: Sisto.

  3. – Seguito della discussione della Relazione sul semestre di presidenza italiana dell'Unione europea e sulla lotta alla criminalità mafiosa su base europea ed extraeuropea, approvata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere (Doc. XXIII, n. 2).

  4. – Seguito della discussione dei disegni di legge:
   S. 1241 – Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica di Turchia sulla lotta ai reati gravi, in particolare contro il Pag. 54terrorismo e la criminalità organizzata, fatto a Roma l'8 maggio 2012 (Approvato dal Senato) (previo esame e votazione della questione sospensiva presentata) (C. 2276).
  — Relatore: Amendola.

S. 1243 – Ratifica ed esecuzione del Protocollo di modifica alla Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo degli Stati uniti messicani per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le evasioni fiscali, con Protocollo, dell'8 luglio 1991, fatto a Città del Messico il 23 giugno 2011 (Approvato del Senato) (C. 2279).
  — Relatore: Fitzgerald Nissoli.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo degli Stati Uniti d'America finalizzato a migliorare la compliance fiscale internazionale e ad applicare la normativa F.A.T.C.A. (Foreign Account Tax Compliance Act), con Allegati, fatto a Roma il 10 gennaio 2014, nonché disposizioni concernenti gli adempimenti delle istituzioni finanziarie italiane ai fini dell'attuazione dello scambio automatico di informazioni derivanti dal predetto Accordo e da accordi tra l'Italia e altri Stati esteri (C. 2577).
  — Relatori: Amendola, per la III Commissione; Sanga, per la VI Commissione.

  5. – Seguito della discussione delle mozioni Nicoletti ed altri n. 1-00603, Santerini ed altri n. 1-00604, Manlio Di Stefano ed altri n. 1-00605, Palazzotto ed altri n. 1-00616, Dorina Bianchi ed altri n. 1-00617, Matteo Bragantini ed altri n. 1-00618, Brunetta ed altri n. 1-00619 e Rampelli ed altri n. 1-00654 concernenti iniziative in materia di diritti dei richiedenti asilo e dei rifugiati, con particolare riferimento alla revisione del regolamento dell'Unione europea noto come «Dublino III».

  6. – Discussione delle mozioni De Girolamo ed altri n. 1-00653, Scotto ed altri n. 1-00680 e Famiglietti ed altri n. 1-00685 concernenti interventi a favore del Mezzogiorno.

  7. – Seguito della discussione della proposta di legge:
   CENNI ed altri: Disposizioni per la tutela e la valorizzazione della biodiversità agraria e alimentare (C. 348-A).

   e dell'abbinata proposta di legge: VERINI (C. 1162).
  — Relatori: Fiorio, per la maggioranza; Caon e Zaccagnini, di minoranza.

  8. – Seguito della discussione della proposta di legge:
   S. 733 – D'INIZIATIVA DEI SENATORI: AMATI ed altri: Modifica all'articolo 635 del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, e altre disposizioni in materia di parametri fisici per l'ammissione ai concorsi per il reclutamento nelle Forze armate, nelle Forze di polizia e nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco (Approvata dal Senato) (C. 2295).

   e delle abbinate proposte di legge: CIRIELLI; CICU (C. 109-145).
  — Relatori: Marco Di Maio, per la I Commissione; Scopelliti, per la IV Commissione.

  La seduta termina alle 19,10.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO ROBERTO CAON IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DELLA PROPOSTA DI LEGGE N. 348-A.

  ROBERTO CAON, Relatore di minoranza. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, Signor Ministro, la perdita di biodiversità Pag. 55dovuta all'attività umana sia in termini di sovrasfruttamento delle risorse naturali sia di alterazioni dell'ambiente, è oggi uno dei problemi di maggiore importanza e coinvolge sia il campo strettamente scientifico che l'iniziativa privata e gli organi di Governo.
  L'alterazione dell'equilibrio ecologico ha causato un forte calo della variabilità genetica. La tutela della biodiversità nel settore agricolo risponde all'esigenza di conciliare un'agricoltura produttiva con la tutela degli ecosistemi, mantenendo la complessità e la ricchezza genetica delle specie agricole.
  Le risorse genetiche sono considerate una componente importante della biodiversità.
  Il provvedimento che ci accingiamo ad esaminare ha come intento quello di creare un sistema nazionale di tutela e di valorizzazione della biodiversità agraria e alimentare, stabilendo principi e criteri generali che verranno applicati su tutto il territorio nazionale nonché modalità di coordinamento con i sistemi regionali. Infatti le amministrazioni centrali, regionali e locali, nonché gli enti e organismi pubblici interessati, sono tenuti a fornire ai soggetti del sistema nazionale i dati e le informazioni nella loro disponibilità.
  Anche se condivisibile nella sua impostazione generale, dobbiamo comunque rilevare alcune criticità di questo provvedimento derivanti dalla previsione di un sistema articolato e centralista che rischia di andare a discapito delle realtà territoriali.
  Corre l'obbligo sottolineare che molte Regioni sono già intervenute con proprie leggi su tale materia, tra l'altro, istituendo organi di tutela e conservazione del patrimonio genetico autoctono e registri o anagrafi delle specie vegetali e animali.
  A supporto del fatto che si tratta di un sistema complesso e articolato, nonché centralista, mi preme riferire all'Assemblea quali sono gli organi che questo provvedimento istituisce. Si va dall'Anagrafe nazionale della biodiversità agraria e alimentare, ove sono indicate tutte le risorse genetiche locali di origine vegetale, animale o microbica a rischio di estinzione o di erosione genetica; alla Rete nazionale della biodiversità agraria e alimentare, composta sia da strutture locali regionali e nazionali che da agricoltori e allevatori custodi; al portale nazionale della biodiversità che ha la finalità di costituire un sistema di banche dati interconnesse delle risorse genetiche locali ed infine al Comitato permanente per la biodiversità che deve garantire il coordinamento delle azioni tra i diversi livelli di governo.
  Sottolineo che la costituzione di una Anagrafe nazionale è utile sotto il profilo di una maggiore salvaguardia della biodiversità ma, a nostro parere, la tutela delle risorse genetiche può essere svolta nel modo migliore solo a livello regionale in quanto espressione diretta di un territorio che, configurandosi come bacino di risorse e di tradizioni, è l'unico in grado di custodire e di preservare il patrimonio di biodiversità e di assicurare alle comunità locali il diritto di proprietà sulle razze e varietà.
  Inoltre, le specie vegetali e animali sono spesso concentrate solo in alcune aree geografiche e non esistono su tutto il territorio nazionale, quindi solo le regioni possono avere la capacità di svolgere una attività di protezione delle risorse genetiche che sono la ricchezza del nostro territorio.
  Il provvedimento, comunque, garantisce il coinvolgimento delle Regioni, per esempio, rimette alla competenza delle stesse e delle province autonome l'individuazione degli agricoltori custodi ovvero coloro i quali si impegnano nella conservazione on farm e in situ delle risorse genetiche locali a rischio di estinzione o di erosione genetica. Noi riteniamo che la scelta degli agricoltori custodi da parte delle regioni debba ricadere principalmente sui membri delle comunità locali tradizionalmente impegnati nella conservazione delle risorse genetiche e su chi ha provveduto alla loro riscoperta o individuazione.
  Abbiamo detto che il Comitato permanente per la biodiversità agraria e alimentare deve garantire il coordinamento delle azioni a livello statale, regionale e delle Pag. 56province autonome. Questo viene rinnovato ogni 5 anni. Noi consideriamo importante che ad ogni rinnovo del Comitato ci sia anche un ricambio generale dei membri dello stesso, al fine di evitare che questi organi diventino, seppur la partecipazione ad essi è a titolo gratuito, dei «postifici» pubblici. Inoltre, è previsto che all'interno del Comitato siano presenti 6 rappresentati delle Regioni scelti da loro stesse in sede di Conferenza Stato-regioni. Per noi è importante che la scelta dei rappresentanti delle regioni sia basata, visto che non tutte le regioni potranno esservi rappresentate, sulla omogeneità delle caratteristiche biogeografiche ed ecologiche tra regioni limitrofe.
  In questo provvedimento viene anche istituito un Fondo per la tutela della biodiversità agraria e alimentare destinato a sostenere le azioni degli agricoltori e degli allevatori nonché per la corresponsione di indennizzi ai produttori agricoli che hanno subito danni provocati da forme di contaminazione da organismi geneticamente modificati coltivati in violazione dei divieti stabiliti dalle disposizioni vigenti. Oltre a questo tipo di danni dobbiamo pensare anche più in generale ovvero a quelli causati da forme di inquinamento genetico, come ad esempio, quelle derivanti dal commercio di alberi, arbusti, erbe e sementi di specie esotiche che vengono impiegate negli interventi di forestazione, riqualificazione ambientale e in ingegneria naturalistica.
  Il testo interviene, modificandola, sulla disciplina dell'attività sementiera ed in particolar modo sulla commercializzazione di sementi di varietà da conservazione. Attualmente la norma stabilisce che i produttori agricoli, che sono residenti nei luoghi dove le varietà da conservazione sono iscritte nel relativo Registro Nazionale e hanno evoluto le loro proprietà caratteristiche o che provvedono al loro recupero e mantenimento, hanno diritto alla vendita diretta in ambito locale di modiche quantità di sementi o materiali da propagazione relativi a tali varietà, se prodotti nella azienda da essi condotta. Il testo all'esame estende il diritto alla vendita di tali sementi consentendo la vendita diretta e in ambito locale, nonché introducendo, per gli stessi soggetti, il diritto al libero scambio delle sementi all'interno della Rete nazionale della biodiversità. A nostro avviso questa disposizione sembra contraddittoria e soprattutto poco chiara in quanto non spiega cosa si intende per libero scambio di sementi all'interno della Rete.
  Inoltre, con questo provvedimento si stabilisce che il piano triennale di attività del Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura debba prevedere interventi per la ricerca sulla biodiversità agraria e alimentare, sulle tecniche necessarie per favorirla, tutelarla e svilupparla nonché interventi finalizzati al recupero di pratiche corrette in riferimento all'alimentazione umana, animale con prodotti non geneticamente modificati e al risparmio idrico. Per noi è rilevante anche sviluppare e favorire ricerche volte all'individuazione di pratiche alternative all'uso di pesticidi e concimi.
  Infine, riteniamo interessante proporre disposizioni che prevedano norme affinché le Regioni possano istituire centri dedicati alla salvaguardia della biodiversità delle specie vegetali spontanee al fine di incentivare lo studio dello status delle specie e dei relativi habitat e di fornire un supporto tecnico alle politiche regionali in materia. I centri dovrebbero provvedere, inoltre, alla messa a disposizione di germoplasma vegetale autoctono e geneticamente idoneo al territorio per l'impiego funzionale a interventi di ricostruzione o rinaturalizzazione di habitat, di ricostruzione del manto forestale e di ingegneria naturalistica.
  Inoltre le Regioni potrebbero emanare specifiche norme a sostegno della conservazione degli habitat e delle specie a rischio, individuando, a tale scopo, le aree agricole di alto valore naturalistico e le aree naturali e seminaturali di alto valore botanico da designare come micro-riserve botaniche alle quali dedicare specifici progetti finalizzati alla conservazione e all'uso sostenibile del territorio in esse compreso.Pag. 57
  Concludendo il gruppo della Lega Nord, come ho accennato all'inizio del mio intervento, condivide l'impostazione generale di questo provvedimento e ci auguriamo che questo testo possa essere migliorato anche grazie all'approvazione dei nostri emendamenti.

TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DELLA DEPUTATA DORINA BIANCHI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DELLA PROPOSTA DI LEGGE N. 2295.

  DORINA BIANCHI. Il progetto di legge all'esame dell'Assemblea reca norme in materia di parametri fisici per l’ ammissione ai concorsi per il reclutamento nelle Forze armate, nelle Forze di polizia e nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
  Si riproducono, in sostanza, le norme approvate nel corso della scorsa legislatura dalla Camera dei deputati e successivamente trasmesse al Senato dove l'iter legislativo del provvedimento si è interrotto a causa dello scioglimento anticipato della legislatura.
  Il testo legislativo, modifica il decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 90 in materia di requisiti dei limiti di altezza per il reclutamento del personale delle Forze armate, sostituendo, per l'accesso, ai suddetti requisiti, i parametri fisici correlati alla composizione corporea, alla forza muscolare e alla massa metabolicamente attiva secondo tabelle che saranno definite stabilite con apposito regolamento.
  Infatti, attualmente la disciplina vigente per l'accesso ai concorsi per il reclutamento si basa esclusivamente su un dato fisico quale l'altezza: ciò evidenzia una discriminazione che non tiene conto della complessità della struttura fisica del soggetto.
  Inoltre, mentre si guarda all’ Europa come punto di riferimento per qualsiasi politica è necessario considerare che nei principali Paesi europei, quelli con maggiori spese in campo militare, il limite dell'altezza è da tempo superato.
  In realtà nel Regno Unito, in Germania ed in Francia sono previsti limiti di altezza più bassi di quelli prescritti in Italia, ma si tiene conto, altresì, di determinati indici di massa corporea.
  L'obiettivo del progetto di legge risulta, pertanto, quello di rimuovere le limitazioni imposte dalla normativa vigente che risultano non congrue e comportano una discriminazione tra uomini e donne, oltretutto in un momento particolare per il Paese: infatti, la grave crisi che lo ha colpito sotto il profilo economico, sociale e occupazionale suggerisce di rimuovere quegli ostacoli che possano garantire ai giovani un futuro migliore.
  Nel nostro Paese molti, infatti, sono i giovani che aspirano, nel nostro Paese, ad un’ occupazione stabile e soprattutto che desiderano dare un sostegno e un contributo attivo alla difesa del Paese ed alla tutela dei nostri concittadini.
  Introducendo il parametro che tiene in considerazione la più generale idoneità fisica si obbedisce anche al principio di eguaglianza sancito, dall'articolo 3 della nostra Costituzione, secondo cui è compito della Repubblica «rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese».
  La stessa Corte Costituzionale con la sentenza n. 163 del 1993 ha ritenuto che «l'adozione di un trattamento giuridico uniforme cioè la previsione di un requisito fisico per l'accesso al posto di lavoro, che è identico per gli uomini e per le donne è causa di una discriminazione indiretta a sfavore delle persone di sesso femminile, poiché svantaggia queste ultime in modo proporzionalmente maggiore rispetto agli uomini, in considerazione di una differenza fisica statisticamente riscontrabile e obiettivamente dipendente dal sesso».
  Da ultimo, si segnala la necessità di approvare il progetto di legge all'esame dell'Assemblea, anche alla luce delle esigenze della nostra difesa visto che le Pag. 58condizioni imposte dalla normativa vigente appaiono ormai superate rispetto a determinate mansioni (si pensi ad esempio alle operazioni all'interno dei carri armati o al paracadutismo da elicottero) e in talune condizioni operative (si pensi ad esempio agli spazi ristretti di aerei da combattimento o da ricognizione come anche navi e sommergibili) ovvero alle funzioni, ad esempio, del personale medico per le quali sono assolutamente ininfluenti specifici parametri fisici. Pertanto sulla base di queste considerazioni è necessario arrivare ad una definizione rapida della normativa contenuta nel progetto di legge all'esame dell'Assemblea.

Pag. 59

ORGANIZZAZIONE DEI TEMPI DI ESAME DELLA PROPOSTA DI LEGGE N. 348 ED ABBINATA

Tempo complessivo: 14 ore, di cui:
• discussione generale: 7 ore;
• seguito dell'esame: 7 ore.

Discussione generale Seguito dell'esame
Relatori 20 minuti 20 minuti
Governo 20 minuti 20 minuti
Richiami al regolamento 10 minuti 10 minuti
Tempi tecnici 30 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora e 8 minuti (con il limite massimo di 15 minuti per ciascun deputato) 1 ora e 5 minuti (con il limite massimo di 8 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 5 ore e 2 minuti 4 ore e 35 minuti
 Partito Democratico 32 minuti 1 ora e 20 minuti
 MoVimento 5 Stelle 30 minuti 36 minuti
 Forza Italia – Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente 30 minuti 29 minuti
 Nuovo Centrodestra 30 minuti 20 minuti
 Scelta civica per l'Italia 30 minuti 20 minuti
 Sinistra Ecologia Libertà 30 minuti 20 minuti
 Lega Nord e Autonomie 30 minuti 19 minuti
 Per l'Italia-Centro democratico 30 minuti 18 minuti
 Fratelli d'Italia – Alleanza Nazionale 30 minuti 16 minuti
 Misto: 30 minuti 17 minuti
  Partito Socialista Italiano (PSI) – Liberali per l'Italia (PLI) 12 minuti 6 minuti
  Minoranze Linguistiche 10 minuti 6 minuti
  MAIE – Movimento Associativo italiani all'estero – Alleanza per l'Italia (API) 8 minuti 5 minuti