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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 329 di martedì 11 novembre 2014

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO

  La seduta comincia alle 9,05.

  ANNA MARGHERITA MIOTTO, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 7 novembre 2014.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alfreider, Baretta, Bindi, Boccia, Capezzone, D'Ambrosio, Damiano, Epifani, Ferrara, Fioroni, Guerra, Manciulli, Antonio Martino, Meta, Pes, Gianluca Pini, Sanga, Schullian, Sereni, Speranza, Taglialatela, Tofalo, Vargiu, Villecco Calipari e Vitelli sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente ottantanove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Informativa urgente del Governo sugli intendimenti in ordine all'eventuale realizzazione del ponte sullo stretto di Messina (ore 9,07).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di un'informativa urgente del Governo sugli intendimenti in ordine all'eventuale realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina.
  Dopo l'intervento del rappresentante del Governo interverranno i rappresentanti dei gruppi in ordine decrescente secondo la rispettiva consistenza numerica, per cinque minuti ciascuno. Un tempo aggiuntivo è attribuito al gruppo Misto.

(Intervento del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Maurizio Lupi.

  MAURIZIO LUPI, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Signor Presidente, signori colleghi, ho accettato volentieri di essere qui riguardo ad una informativa sul ponte sullo Stretto. Credo che la questione sia nota a tutti e, quindi, mi permetto, in maniera molto sintetica, di evidenziare alcune delle questioni, partendo dalla preoccupazione che immagino abbia generato questa informativa urgente, per poi invece sviluppare – e penso che su questo si concentreranno poi gli interventi dei colleghi parlamentari dei diversi gruppi – una riflessione più complessiva riguardo al ponte sullo Stretto e a come la realizzazione delle grandi opere si innesti, invece, in una politica necessaria, in questo Paese, di infrastrutturazione complessiva e generale.
  I fatti di oggi, ancora una volta, richiamano l'attenzione e l'azione del Governo, ma credo di tutto il Parlamento, sul fatto Pag. 2che ci sono due grandi sfide che abbiamo davanti e che non possono essere messe in contrapposizione una con l'altra. La prima grande sfida è quella, in raccordo con l'Europa, di completare i grandi corridoi europei, i nove corridoi che appartengano alle reti ten-T core network, valorizzando sempre di più una integrazione infrastrutturale, reti e nodi, in Italia come in Europa, che privilegi l'asse del ferro, che valorizzi la possibilità che la competitività nel nostro Paese avvenga finalmente anche attraverso una dotazione infrastrutturale degna di quello che in un Paese in occidente deve avvenire.
  La seconda grande sfida, nel realizzare queste grandi reti, è quella legata allo sviluppo del collegamento tra le reti e i nodi. Abbiamo finalmente attuato le aree metropolitane e, quindi, la sfida del futuro sarà come si integrano nelle grandi aree metropolitane il raccordo tra le reti e il vissuto in queste aree, i collegamenti trasversali, cosiddetti nodi.
  Ma contemporaneamente abbiamo una grande sfida, che è quella della manutenzione straordinaria del territorio. I fatti di oggi della Liguria, che è una delle regioni, insieme alla Calabria, a più alto rischio di dissesto idrogeologico, dicono che anche quella deve essere una preoccupazione di un Paese che deve avere come obiettivo massimo. È evidente che, riguardo alle due grandi questioni – poi entrerò ovviamente nel merito dell'informativa urgente –, il tema delle risorse e il tema del non mettere in competizione due obiettivi, che sono assolutamente necessari e indispensabili – o fai le grandi opere o fai le piccole e medie e la manutenzione straordinaria del territorio –, credo che costituiscano il dovere di una politica che, in un disegno complessivo e strategico, sa darsi delle priorità, ma è capace di guardare al futuro, perché la politica infrastrutturale di un Paese è una politica che necessariamente deve guardare al futuro; non può guardare all'immediato, ma deve guardare al futuro.
  In questi giorni stiamo celebrando due grandi ricorrenze: i cinquant'anni dalla realizzazione dell'autostrada del sole del 1964 e, allora, l'autostrada del sole, nel 1964, fu il più grande segno di unità del Paese; e, per quanto riguarda la mia città, da cinquant'anni la realizzazione in una grande città, per la prima volta, della rete metropolitana.
  Le discussioni di allora sono esattamente le stesse che si ripetono oggi, a distanza di cinquant'anni. L'autostrada del sole fu progettata e realizzata nel 1964, ma si iniziò a pensarci nel 1952, quando l'Italia era uscita dalla sconfitta della seconda guerra mondiale e stava cercando, unito, il Paese di guardare al proprio futuro e nessuno prevedeva il boom economico.
  Si ebbe, allora, il coraggio di pensare che la sfida infrastrutturale di un Paese dovesse, e potesse, guardare non al presente, ma al futuro.
  Ho fatto questa lunga premessa per dire che la discussione che avviene nel nostro Paese, come già avvenuto più volte in sede di Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici, qui alla Camera, tante volte, in tutti questi anni, deve essere non, come al solito, nella competitività negativa o positiva tra due scelte, ma in un disegno globale, in cui il nostro Governo – e credo il Parlamento – debba avere la capacità di dare un indirizzo.
  Fatta questa premessa, veniamo alla questione del ponte sullo Stretto. Se la preoccupazione dell'informativa urgente era legata al dubbio che il Governo, all'interno dei suoi processi legislativi, quindi per quanto riguarda le risorse da destinare e le priorità, abbia reinserito tra le priorità o abbia destinato risorse alla realizzazione del ponte sullo Stretto, posso qui dire, con molta chiarezza, che il Governo non ha né messo risorse per quanto riguarda la realizzazione del ponte sullo Stretto, né poteva farlo – e adesso dirò la ragione –, né ovviamente, in questo momento, l'ha inserito tra le opere strategiche da realizzare, le grandi opere, su cui noi abbiamo fatto un'operazione, come ci era stato richiesto più volte, anche di razionalizzazione. Cento grandi opere non sono una priorità; dobbiamo avere il coraggio di dirci quali sono le priorità e di Pag. 3concentrare le risorse riguardo alle priorità che un Paese si dà, al nord come al sud; e poi spiegherò, in questa occasione che mi è data, qual è il disegno strategico e quali priorità ci siamo dati.
  Quindi, in maniera molto netta, diretta e chiara, è inutile – credo – girarci attorno, sul ponte sullo Stretto non sono state allocate nuovamente risorse, né poteva essere fatto, e in questo momento, per questo Governo, nella situazione in cui siamo, la realizzazione del ponte sullo Stretto non è una delle priorità strategiche.
  Ho fatto riferimento al fatto che non poteva farlo, e su questo credo sia giusto anche dire quali sono gli atti normativi e legislativi, indipendentemente dalla volontà (poi esprimerò un mio personale parere: la mia posizione riguardo al ponte sullo Stretto è sempre stata nota e chiara, quindi non è cambiata rispetto al valore della realizzazione di quell'opera); ma in questo momento è giusto, all'interno del mio Governo e nell'ambito degli strumenti che sono dati al Parlamento e al Governo, dire con molta chiarezza che, al di là delle posizioni personali, su cui ci si può confrontare, la situazione in cui ci veniamo a trovare è esattamente quella che descrivo.
  Il Parlamento ha disciplinato, in mancanza del rispetto di determinate fasi procedurali, la caducazione di tutti gli atti che regolano i rapporti di concessione. In particolare, gli atti concessori sono decaduti a far data dal 1o marzo 2013, non avendo le parti stipulato, a quella data, apposito atto aggiuntivo.
  Dal Governo poi, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 15 aprile 2013, è venuta la messa in liquidazione della società Ponte sullo Stretto di Messina. È evidente, come ho detto prima, che questi atti oggi esistono, e meno che mai il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti intende far finta che non esistano o aggirarli.
  Quindi, il problema della discussione non è più sul piano formale. Abbiamo, tra l'altro, un contenzioso, che tutti conosciamo, e delle discussioni, da una parte, sulla messa in liquidazione della società e, dall'altra, tra il concedente e il concessionario, a fronte di questa decisione del Governo di allora e del Parlamento, sull'aspetto risarcitorio. Le discussioni, che sono avvenute negli ultimi mesi, sono legate anche all'intervento da parte del concessionario, che, a fronte di un'eventuale questione risarcitoria, di cui non conosciamo i termini (non sappiamo ovviamente a quanto ammonterà il risarcimento richiesto), si dice eventualmente disponibile, a fronte di una nuova ripresa del percorso, ad addivenire con il Governo e, poi successivamente, con il Parlamento ad eventuali riprese in esame del progetto.
  Ma queste sono solo ipotesi che appartengono alla discussione, ma che in questo momento ovviamente non sono la linea del Governo.
  Risolta – mi auguro – questa questione, su cui è inutile fare polemiche perché questi sono gli atti, credo che – e vado verso la conclusione del mio intervento – si debba, invece, ragionare per il futuro sul disegno strategico della dotazione infrastrutturale di questo Paese e verificare dove stiamo andando nella realizzazione delle grandi opere ed eventualmente discutere insieme se la realizzazione del ponte sullo Stretto sia e possa rientrare – ma questo appartiene al dibattito e alla discussione – all'interno della conclusione di questo progetto strategico.
  Innanzitutto, come ho detto, il Governo è impegnato – ed è impegnato in maniera molto chiara – a realizzare alcune priorità legate al core network, ai nove corridoi europei. Ricordo che, dei nove corridoi europei, quattro – quattro di questi corridoi su nove – attraversano il nostro Paese. Anche in questi giorni le discussioni in Europa e il lavoro fatto dalla Presidenza italiana riguardano la destinazione delle risorse italiane ed europee proprio per la realizzazione effettiva di questi nove corridoi. Dal 2014 al 2020, 250 miliardi di euro devono essere messi a disposizione dai Paesi e dall'Europa per realizzare i nove corridoi.
  Abbiamo chiesto a tre coordinatori dei corridoi, come Commissione europea e Pag. 4come Consiglio dei Ministri d'Europa dei trasporti, di analizzare, all'interno di questi nove corridoi, anche le priorità delle opere che possono essere immediatamente disponibili. Nel Consiglio dei Ministri d'Europa dei trasporti e delle infrastrutture del 3 dicembre questa relazione sarà fatta e questo sarà il contributo che l'intero Consiglio dei Ministri d'Europa dei trasporti e delle infrastrutture darà al Presidente della Commissione Juncker per quanto riguarda il famoso investimento aggiuntivo dei 300 miliardi di euro per la crescita e per lo sviluppo dell'Europa, di cui anche l'aspetto infrastrutturale deve essere compreso.
  Dicevo che, per quanto riguarda l'asse della realizzazione delle grandi opere, tra le priorità su cui ci stiamo concentrando – e sono presenti anche nella legge di stabilità – vi è la realizzazione definitiva e strategica per il nostro Paese del corridoio del Mediterraneo e cioè, quindi, la realizzazione dell'asse alta velocità e alta capacità che va da ovest e arriva ad est dell'Italia, ma che va dall'ovest dell'Europa e va verso l'est dell'Europa. I lavori che noi stiamo realizzando e su cui stiamo concentrando le risorse, che sono, tra l'altro, tutte concentrate sulla realizzazione della ferrovia e, quindi, sull'alta velocità e alta capacità, non possono che essere quello della Torino-Lione, che è stata confermata anche la settimana scorsa dall'Europa con un comunicato formale come opera strategica non solo per l'Italia, ma per l'intera Europa. E confermo, qui davanti al Parlamento, che i costi che sono stati fissati e stabiliti per la realizzazione della Torino-Lione sono i costi su cui, insieme, Italia e Francia presenteranno all'Europa nel febbraio-marzo del prossimo anno la richiesta di cofinanziamento.
  Vi è poi la realizzazione conclusiva del tratto alta velocità, che oggi stiamo realizzando e che va da Treviglio a Brescia, da Brescia a Verona, da Verona a Padova, fino a Venezia e arriva fino a Trieste. Su questo tratto si sono concentrate anche le risorse che abbiamo destinato nella programmazione. Si stanno risolvendo, stiamo partendo cantierizzando e stiamo partendo nella realizzazione accelerando la realizzazione di questa opera. E questo è il grande asse ferroviario che attraversa una delle aree più importanti del nostro Paese, da un punto di vista della produttività, della logistica, del trasporto e del collegamento con l'Europa.
  Il terzo valico è l'altro grande corridoio su cui l'Italia è impegnata all'interno dell'Europa, che collega Rotterdam e Genova. Andiamo verso il sud del Paese, per quanto riguarda la realizzazione delle ferrovie, e vediamo che oggi l'alta velocità che corre lungo la costa tirrenica arriva dopo Napoli. Abbiamo poi fatto una riflessione sul collegamento e sulla prosecuzione dell'alta velocità, almeno iniziando con la progettazione che da Napoli arrivi fino a Reggio Calabria, anche perché questo è un tema su cui dobbiamo confrontarci e discutere. È vero che le grandi infrastrutture vanno dove c’è la domanda, ma le grandi infrastrutture sono anche provocatori di sviluppo di domanda.
  Pertanto, abbiamo la necessità di collegare, con l'Alta velocità, l'Alta capacità o l'accelerazione degli attuali quadruplicamento o raddoppiamento, l'intero tratto del Paese, al nord come al sud.
  Siamo impegnati con la legge «sblocca Italia» a realizzare uno degli assi che diventa mancante, ma che è fondamentale, ossia il collegamento con la ferrovia che va dal Tirreno all'Adriatico, la Napoli-Bari; ne avete discusso e quindi siamo impegnati su quello.
  Vi è poi l'accelerazione – ritorniamo a sud – della dorsale adriatica, una volta che stiamo collegando il Tirreno con l'Adriatico, quindi il quadruplicamento e l'accelerazione della ferrovia che va da Lecce e Bari fino a Bologna e che poi risale per andare a ricollegarsi; e qui abbiamo fatto un disegno molto chiaro di dotazione infrastrutturale.
  Infine, siamo concentrati e, per la prima volta, abbiamo ripreso con forza in mano l'accelerazione – anche perché questo era un altro pugno nello stomaco – del raddoppio dell'asse ferroviario siciliano, cioè quello che va da Messina a Catania e Pag. 5a Palermo. È una situazione che non è più accettabile: siamo a quattro ore e mezza di percorso per collegare quella regione.
  È evidente che, all'interno di questo disegno strategico, la riflessione che io consegno – ed è la ragione per cui sono sempre stato personalmente e politicamente con il mio partito favorevole alla realizzazione del ponte sullo Stretto – è che c’è la necessità di un collegamento conclusivo in questo asse infrastrutturale, tanto più che abbiamo scelto (dato che il Parlamento e il Governo passati hanno dato questa direzione) di non realizzare il ponte sullo Stretto, ma di completare la realizzazione – visto che il ponte sullo Stretto è stato, tra virgolette, caducato, cioè eliminato – del resto delle dotazioni infrastrutturali.
  Una volta che noi stiamo realizzando finalmente un asse ferroviario, come dovrebbe essere, competitivo e dignitoso per il Paese e per la regione Sicilia e stiamo collegando il sud e il nord del Paese con l'Alta velocità e l'Alta capacità e, per la prima volta, abbiamo realizzato e stiamo realizzando, accelerandolo, con tempi certi, il collegamento tra le due coste del nostro Paese; una volta che il Parlamento ci ha chiesto di realizzare, entro novanta giorni, il Piano nazionale della portualità e della logistica, integrando quindi reti e nodi e individuando gli assi strategici e i porti strategici di questo Paese (che sono già evidenti e sono sotto gli occhi di tutti e non riguardano solo il nord del Paese, perché abbiamo certamente Genova e Trieste, ma pensiamo al valore strategico e al rilancio su cui dobbiamo impegnarci per il porto di Gioia Tauro), la domanda che si pone e che dovremmo porci, ma che non è attuale ovviamente, perché in questo momento la situazione è quella che vi ho descritto, è la seguente: l'Italia può permettersi di non collegare e di non definire il collegamento strategico, anche all'interno dei corridoi della rete europea, con il collegamento di 3 chilometri di distanza che esiste tra Reggio Calabria e la Sicilia ? Ma questa è una riflessione che appartiene alla discussione e non alle scelte che il Governo in questo momento sta facendo.
  Personalmente ritengo, come ho sempre detto, che la realizzazione del ponte sia assolutamente un impegno su cui qualunque Governo dovrebbe paragonarsi, ma le priorità oggi sono altre. So che all'interno della maggioranza, come è sempre stato in questi anni, e comunque del Parlamento, le posizioni sono diverse e, da Ministro di questo Governo, non posso che prendere atto delle posizioni diverse.
  Ribadisco, perché questo per me è assolutamente importante, che noi dobbiamo impegnarci, contemporaneamente alla realizzazione di questo disegno infrastrutturale, a che anche la sfida della manutenzione straordinaria del territorio e degli investimenti riguardo al rischio di dissesto idrogeologico vengano affrontati in Italia come in Europa, perché qui poi c’è il grande tema delle risorse.
  Avevo detto che nove corridoi europei, dal 2014 al 2020, costano all'Europa 250 miliardi di euro, tra contributo dei Paesi e contributo dell'Europa. Oggi l'Europa, escluso il Piano Juncker, ha destinato 26 miliardi di euro per la realizzazione della dotazione infrastrutturale, per il periodo 2014-2020; i primi 11 miliardi sono stati messi a bando tra i Paesi e l'Italia parteciperà, per i quattro corridoi che le spettano, a prendere quota delle risorse di questi 11 miliardi.
  Ma è evidente che il tema delle risorse per la realizzazione delle grandi opere, ma anche delle risorse che ogni singolo Paese deve destinare in particolare alla manutenzione straordinaria di un territorio, è un tema che in Europa deve essere posto. Infatti, per intervenire sulla manutenzione straordinaria di un territorio, per recuperare anni di ritardo, occorrono poi ovviamente risorse e risorse ingenti. Credo che questo dovesse essere il contesto in cui dare risposta alla richiesta di informativa urgente.
  Nel merito specifico del ponte sullo Stretto, mi sembra di essere stato molto chiaro affinché non ci siano equivoci. Vi è l'opportunità, però, di discutere con il Parlamento, non solo di ponte sullo Stretto, ma di un disegno complessivo che deve vedere il confronto tra Parlamento e Pag. 6Governo e tra istituzioni e ceti produttivi e sociali del nostro Paese per capire come le infrastrutture possono continuare a dare il proprio contributo determinante per la crescita del Paese.

(Interventi)

  PRESIDENTE. Passiamo agli interventi dei rappresentanti dei gruppi. Ha chiesto di parlare il deputato Borghi. Ne ha facoltà.

  ENRICO BORGHI. Signor Presidente, come gruppo del Partito Democratico noi esprimiamo un ringraziamento al Governo e al Ministro Lupi per l'informativa e per i contenuti della medesima informativa che, peraltro, si è inserita all'interno di un ragionamento più complessivo, così come doveva essere, che tiene conto di due aspetti che in questa sede sono stati chiariti. Il primo nel merito della questione, ribadendo alcuni temi di cui, peraltro, si sarebbero dovuti accorgere anche coloro i quali hanno innescato una polemica nei giorni scorsi e, cioè, che, essendo venuto meno il rapporto concessorio, peraltro fin dal febbraio 2013, ed essendo stata messa in liquidazione la società preposta per la realizzazione dell'intervento, questo non è un tema oggi all'ordine del giorno e non possono passare alcuni fatui giochi di polemiche quotidiane per volerlo riportare nell'agone, forse più per amore e spirito di polemica che non per discussione di merito. Quindi, questo è un tema evidentemente che è stato chiarito e che riprende, anche nelle osservazioni che sono state fatte, alcune considerazioni che il nostro partito su queste tematiche aveva già fatto in passato. Potremmo sintetizzarle con una battuta: prima del ponte, strade, autostrade e ferrovie, cioè l'esigenza che si innervi, si strutturi e si completi la dotazione infrastrutturale complessiva del nostro Paese, con particolare riferimento alle regioni del Mezzogiorno che scontano un gap infrastrutturale rispetto al resto del Paese, per poi affrontare adeguatamente e secondo i crismi del buon padre di famiglia il completamento di una dotazione infrastrutturale che non può, però, che partire dalla necessità di affrontare le questioni connesse con la mobilità quotidiana e con le esigenze più particolari di quelle realtà del Mezzogiorno.
  In questo ci sono almeno tre aspetti, signor Ministro, che questa vicenda ci consegna. Il primo è l'esigenza di rivedere complessivamente il meccanismo del project financing che stava anche alla base della realizzazione di questo intervento. Ricordo che le stime 2011 per la realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina parlavano di un costo di 6 miliardi e 100 milioni di euro, di cui il 60 per cento si sarebbe dovuto reperire sui mercati nazionali ed internazionali attraverso appunto la logica del recupero di capitali da investimento, i quali partono ovviamente da un presupposto strutturale e, cioè, il mantenimento dei flussi di traffico a livello costante, se non incrementali. Questo è uno dei temi che oggi noi abbiamo il dovere di analizzare perché è una delle variabili che è cambiata rispetto al momento nel quale il Paese ha programmato la legislazione sul project financing. In altre parole, non solo il traffico veicolare non è più in aumento, ma a causa, da un lato, della contrazione derivante dalla crisi economica e, dall'altro lato, anche di un innesco di una mobilità diversa, soprattutto in connessione – pensiamo alla realizzazione delle infrastrutture sull'alta velocità ferroviaria –, vi è uno spostamento corretto dalla gomma al ferro del trasporto di merci e di persone che, quindi, modifica strutturalmente anche i presupposti sulla base dei quali è possibile accedere a un meccanismo di project financing.
  Lo diciamo perché nei giorni scorsi noi abbiamo voluto chiarire questo aspetto in Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici, con uno specifico ordine del giorno che riguarda un'altra importante infrastruttura del nostro Paese, quale la Brebemi, nel quale noi abbiamo voluto sottolineare che, in ogni caso, eventuali costi derivanti dal mancato raggiungimento dei livelli di conseguimento della Pag. 7copertura degli oneri finanziari non devono essere scaricati sulla, complessità e sul totale della finanza pubblica. In altri termini, le casse pubbliche non si devono fare carico della modifica di questo elemento strutturale.
  Ci sono altri due elementi, in conclusione signor Ministro, che questa vicenda ci consegna. Il primo, su cui sappiamo che il Governo sta lavorando, è la riforma del codice degli appalti. Abbiamo bisogno di norme più snelle, più leggere, più facilmente interpretabili, proprio per evitare anche quei contenziosi a cui si faceva riferimento e che stanno anche all'interno di questa vicenda. Il terzo tema, che opportunamente è stato sottolineato, è che nella scala delle emergenze e delle priorità il tema del riassetto idrogeologico e della manutenzione del territorio in questo momento nel Paese acquisisce una valenza decisamente maggiore e correttamente questo tema viene posto all'attenzione, in maniera prioritaria, anche rispetto all'allocazione delle risorse europee.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato D'Uva. Ne ha facoltà.

  FRANCESCO D'UVA. Signor Presidente, signor Ministro, il ponte sullo stretto di Messina, un'opera ad oggi tanto inutile quanto onerosa che noi tutti pensavamo finalmente archiviata, è tornato ad essere argomento di discussione, grazie ad alcune sue dichiarazioni e grazie ad alcune notizie che, così come riportate nell'ultima settimana dalle principali testate giornalistiche, facevano emergere possibili occulti rifinanziamenti dell'opera, complice l'allarmismo di alcuni colleghi. La sua informativa oggi è stata molto utile per chiarire qual è la situazione. Ma contestualmente, sempre nelle scorse settimane, notizie di stampa, speriamo prive di fondamento, riportavano i nuovi contatti tra il Governo Renzi e la ditta Impregilo, titolare dell'appalto e della sostanziosa penale che il nostro Paese dovrebbe versare nelle sue casse. Poi, arrivano le sue ultime dichiarazioni e questa informativa urgente.
  Ma facciamo qualche passo indietro. Il costo che i cittadini italiani hanno già sostenuto per un'opera che, come è probabilmente nelle reali intenzioni dei suoi ideatori, non vedrà mai la luce, è di circa un miliardo di euro, tra i costi di ordinaria amministrazione, società ad essa legate e costi di liquidazione nonché esborsi vari per penali a carico dello Stato. Per oltre trent'anni quest'opera inutile è stata fonte di ricchezza per molti. Era l'11 giugno 1981 quando veniva costituita per la progettazione, realizzazione e diretta gestione del ponte la società «Stretto di Messina SpA», posta in liquidazione solamente un anno fa, grazie a un Governo tecnico, ben 32 anni dopo. La storia è già nota, ma vale la pena ricordare che, dalla sua costituzione fino alla messa in liquidazione, le casse dello Stato hanno versato a favore di tale società 300 milioni di euro solo per l'ordinaria attività e il pagamento dello stipendio di 43 fortunati dipendenti e nemmeno un mattone messo (questo a noi conviene, ma di fatto è così). Tali somme, unite alla sostanziosa penale di 700 milioni, comportarono un costo per i cittadini di un miliardo di euro, come detto. Tutto sembrava archiviato, ma non è così. Del resto, la politica è tempismo, è priorità, e mi chiedevo quanto c’è di meno necessario e di prioritario, da discutere qui oggi in quest'Aula, rispetto al ponte sullo stretto. Probabilmente niente, e capisco che per questo lei e il suo Governo non avete resistito alla tentazione di dimostrarci, ancora una volta, quanto questo Esecutivo sia lontano dai reali problemi degli italiani.
  Lei ha detto che il ponte sullo stretto non è una priorità. Bene ! Lei, però, ha idea di quali siano, in questo momento, le priorità per i cittadini siciliani ? Purtroppo, queste non coincidono con quelle dei politici. Lo so, noi possiamo parlare dei vari corridoi, che sono molto importanti, signor Ministro, dei corridoi europei, ma le voglio riportare qualche esempio di priorità per i cittadini siciliani e meridionali: il collegamento marittimo veloce proprio sullo stretto di Messina, che è sempre all'ordine del giorno. Sia io sia alcuni colleghi di maggioranza – cito l'onorevole Garofalo – abbiamo presentato sempre Pag. 8degli ordini del giorno o degli emendamenti su questo argomento, ma ancora non riusciamo a venirne a capo. Poi c’è il completamento dell'arteria autostradale Salerno-Reggio Calabria, un'eterna incompiuta; il doppio binario in tutta la tratta ferroviaria siciliana. Io aggiungo, signor Ministro, la stazione ferroviaria per il collegamento agli aeroporti di Catania.
  Basta andare su google maps per vedere che c’è la ferrovia che passa accanto all'aeroporto e non c’è la stazione: una cosa incredibile. E poi anche una bella stazione all'aeroporto di Reggio Calabria perché comunque parliamo sempre di questo territorio.
  Ma lei, signor Ministro, proprio in questi giorni riteneva più utile dichiarare che l'idea del ponte sullo Stretto di Messina non può sul piano strategico e trasportistico ritenersi archiviata. Da quel momento molte tesi e facce preoccupate all'ipotesi che venisse proposta la realizzazione dell'ennesima grande opera tuttora incompiuta. Noi no, signor Ministro, noi tutti abbiamo tirato un sospiro di sollievo: sì perché siamo a conoscenza della fine che fanno le opere da lei dichiarate strategiche, che fine fanno i collegamenti da lei ritenuti importanti. Un esempio su tutti è appunto il collegamento che citavo prima dello Stretto di Messina. E mi permetto qui di citarla: nel luglio 2013, infatti, rispondendo a una mia interrogazione, si disse ben consapevole dell'importanza che tale servizio riveste nei collegamenti giornalieri tra Sicilia e Calabria e che avrebbe avuto l'intenzione di porre in essere sin da subito ogni utile iniziativa per il reperimento delle risorse necessarie, e via così. Ad oggi gli unici finanziamenti visti sono quelli lì riportati sulle notizie di stampa. Ora, signor Ministro, quelle che lei ritiene opere fondamentali per lo sviluppo di questo Paese sono opere mai realizzate per le quali né il Governo né il suo Ministero stanzieranno mai un solo centesimo. Ed è proprio la fine che noi tutti auspichiamo per il ponte sullo Stretto di Messina, Ministro Lupi. Si impegni piuttosto, se mi posso permettere, a realizzare stabilmente un serio collegamento veloce nello Stretto e un'arteria ferroviaria come si deve, degna di tale nome (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Constato l'assenza della deputata Prestigiacomo, che aveva chiesto di parlare.
  Ha chiesto di parlare il deputato Garofalo. Ne ha facoltà.

  VINCENZO GAROFALO. Signor Presidente, signor Ministro, la ringrazio, ma prima di ringraziare lei vorrei ringraziare il gruppo di Sinistra Ecologia Libertà che, grazie ad una lettura un pochino superficiale delle tabelle allegate al disegno di legge di stabilità, ha consentito che lei sia qui oggi in Aula per discutere di una infrastruttura importante sicuramente nel dibattito nazionale sulle grandi infrastrutture qual è il ponte. Intervengo quindi conseguentemente non solo alla sua informativa ma anche alle cose dette dai colleghi che mi hanno preceduto. Anzitutto desidero esprimere una considerazione assolutamente convergente con quella che ha fatto lei sulla importanza delle grandi opere che sono, come ha detto, generatrici di sviluppo e occupazione. Questo è un tema che vorrei che rimanesse nella mente di tutti noi che rappresentiamo i vari territori qui in Parlamento e che non possiamo dimenticare quale è l'apporto che hanno dato le grandi opere già negli anni passati. Tra queste lei ha citato l'Autostrada del sole, un'opera che in questi giorni è stata oggetto di festeggiamenti per i cinquant'anni trascorsi da quando è stata realizzata e perché anche allora – lei lo ha sottolineato – il dibattito sulle grandi opere era abbastanza ricco e vivace ma c'era un obiettivo finale che era quello di dare al Paese gli strumenti necessari per generare sviluppo vero. Quest'ultimo non può non essere generato tramite un sistema di collegamenti efficiente, moderno e assolutamente adeguato e omogeneo: intendo dire e sottolineare omogeneo nell'intero Paese.
  Nella sua discussione mi appassiona molto l'idea di discutere delle grandi opere Pag. 9collegate ai corridoi europei, ritenute integrate in un sistema internazionale di collegamenti per il trasporto di merci e passeggeri e ritengo che non possa non essere prioritario per qualunque Governo, chiunque lo guidi e qualunque sia la maggioranza, dare al Paese questi strumenti fondamentali per la realizzazione di un piano serio di sviluppo, che però permetta di svilupparsi al nord come al sud e lei questo lo ha sottolineato. Anche se mi consenta di fare una piccola riflessione: ho sentito citare molte più opere del nord e molte meno nel sud nel suo elenco, che non è un elenco che ha generato lei e quindi non le attribuisco una responsabilità in questo, anzi, subito prima di continuare sul ponte e sulle infrastrutture del sud, le attribuisco un merito: quello di aver messo nello «sblocca Italia» un'opera fondamentale per il nostro Paese e soprattutto per il sud ma, ritengo, per l'intero Paese. Infatti, signor Ministro, realizzare grandi opere e ammodernare il sistema ferroviario del sud Italia e della Sicilia, così come della Puglia, della Calabria, così come della Campania non significa fare un regalo al sud che è rimasto indietro in questi anni, che in questi anni ha finanziato opere del nord con le proprie poche o tante tasse.
  Ma significa recuperare un gap infrastrutturale e consentire all'intero Paese di non avere una parte del Paese che retrocede sul PIL rispetto a quella parte di Paese che è più infrastrutturata e che, quindi, ha avuto la possibilità di generare maggiori manifatture e lavoro per la gente che ci risiede. È possibile soltanto in questo modo riconvertire l'intero Paese a un segno «più» del prodotto interno lordo: quindi, grandi infrastrutture al sud vuol dire dare un aiuto all'intero Paese e non consentire soltanto di recuperare un gap, che è storico.
  Il ponte sullo Stretto non è un'opera che, di per sé, appassiona, non è l'opera che, di per sé, è un'icona: è un elemento essenziale, se si vuole dare al sud del Paese una strategia futura; è un'opera essenziale per consentire alle merci e alle persone del sud di sentirsi partecipi di uno sviluppo europeo. E non è possibile – come ha detto prima il collega Borghi – che prima realizziamo le altre opere e, dopo, il ponte: dobbiamo fare tutto insieme, collega Borghi, perché i venti anni di realizzazione di una grande infrastruttura – che, purtroppo, nel nostro Paese, oggi, sono quelli utilizzati – non consentirebbero di dire: dopo aver fatto le ferrovie, dopo aver fatto le autostrade, facciamo il ponte e che, quindi, fra venticinque anni avremo sistemato. No, bisogna fare tutto insieme.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  VINCENZO GAROFALO. Concludo, perché il tempo che mi è concesso non è tanto. Vorrei dire a chi è stato contro il ponte: cos’è avvenuto dopo aver accantonato il ponte ? Abbiamo più posti di lavoro ? Attenzione, abbiamo messo inadeguatamente in concorrenza, avete messo in concorrenza il dissesto idrogeologico con la rete infrastrutturale del Paese: una grande cattiveria. Sono stati ridotti gli smottamenti del Paese ? Ci sono meno frane ? Ci sono meno strade ? Apriamo i giornali e guardiamo le televisioni ogni giorno. Non sono due cose in concorrenza, anzi, potrebbero essere da fare sinergicamente. Abbiamo creato altri posti di lavoro ? Quale è l'alternativa al ponte ?

  PRESIDENTE. Dovrebbe concludere.

  VINCENZO GAROFALO. È su questo, signor Ministro, che io chiedo che il dibattito sul ponte – che vi è oggi, grazie ancora al gruppo Sinistra Ecologia Libertà – si riapra e si riapra perché il Paese dica che cosa vuole fare delle infrastrutture del sud del Paese, dello snodo fondamentale che è lo stretto di Messina e qual è il sistema, se deve essere alternativo: se deve essere alternativo al ponte, qual è il sistema di cui il Paese intende dotare il sud d'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Nuovo Centrodestra).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il collega Vecchio. Ne ha facoltà.

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  ANDREA VECCHIO. Signor Presidente, grazie signor Ministro per essere qui stamattina a darci queste spiegazioni. Io sono siciliano e, dalla prima adolescenza, ho sofferto molto questo senso di isolamento, questo senso di distacco che c’è tra le sponde.
  Il collegamento era affidato a delle navi di Ferrovie dello Stato, lente, poco precise, poco puntuali, molto sporche; adesso, quel collegamento è cessato: è rimasto affidato solo ad una compagnia di navi private, che speculano sul fatto di essere monopoliste. Quindi, altissimi costi, poca puntualità.
  Le Ferrovie hanno cessato completamente questo collegamento. La Sicilia è una regione sprecona ed arretrata, ma il suo mancato sviluppo dipende anche dalla mancanza di questo collegamento tra le due sponde, dipende anche dalla carenza di infrastrutture stradali e ferroviarie. Siamo a conoscenza del fatto che questo Governo ha finanziato il potenziamento del collegamento ferroviario Messina-Catania-Palermo, e di questo la ringraziamo; speriamo che il lassismo e l'impreparazione della burocrazia italiana e siciliana, in particolare, non ostacolino questo progetto. Noi siamo qui per parlare, però, del ponte sullo Stretto. Lei ci ha spiegato il programma del Governo.
  Essendo molto interessato ad un collegamento stabile tra le due sponde, ho partecipato a molti seminari tecnici, alcuni di notevole livello, e sono emerse da questi seminari delle grosse perplessità a proposito del collegamento ferroviario. Il collegamento stradale è una cosa fattibile, con un costo al di sotto di un terzo del costo complessivo dell'opera. Il collegamento ferroviario no. Il collegamento ferroviario più lungo che è stato realizzato al mondo oggi si trova in Giappone, a Osaka, ed è lungo 960 metri, contro il nostro che dovrebbe essere oltre tre chilometri.
  I problemi, lei sa che in termini di fisica e di scienza delle costruzioni, aumentano al quadrato della lunghezza, al quadrato della distanza; quindi il quadrato di mille metri è molto meno del quadrato di 3 mila metri.
  In ultimo la nostra più grande paura, come diceva il collega Garofalo, dipende dal lassismo della burocrazia, dagli intralci che la burocrazia mette in mezzo alla realizzazione di queste opere e lo vediamo, abbiamo testimonianze dirette in questi giorni con Genova, Parma, Carrara, ma anche la vicenda dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria che, come diceva lei, nel 1964 è stata realizzata in pochi anni da Milano a Reggio Calabria, mentre ora in 13 anni l'ammodernamento del tratto Salerno-Reggio Calabria è incompleto, è impercorribile, è irrealizzato fino ad oggi.
  Concludo rivolgendole un apprezzamento per il suo impegno, nel tentativo di dare una svolta positiva al problema dell'attraversamento stabile dello Stretto, che per il momento è accantonato. Allora, come vogliamo agevolare lo scambio in questa grande area metropolitana che è Messina-Reggio Calabria ? Come dobbiamo evitare che questi popoli, queste genti si sentano figli di un Dio minore ? Come mai a queste persone non dobbiamo dare gli stessi diritti di quelle che vivono a Roma o a Milano o in altre parti d'Italia ? Allora, io la invito, una volta accantonato per il momento l'attraversamento del ponte sullo Stretto, a pensare di risolvere questo problema. Un attraversamento stabile delle due sponde dello stretto di Messina affinché le merci e le persone possano essere libere da questo gap (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Celeste Costantino. Ne ha facoltà.

  CELESTE COSTANTINO. Signor Presidente, signor Ministro la sua informativa si sarebbe potuta riassumere in dieci secondi: il ponte non è una priorità ma il dossier non è chiuso. Ed è questo il tema che noi stiamo ponendo, così scansiamo anche degli equivoci che sono emersi durante questo dibattito da parte dell'onorevole D'Uva e da parte del collega del Partito Democratico. Qua non si vuole creare nessun allarmismo a fine propagandistico. Penso che il Governo, a questo punto lo dico anche al Partito Democratico, Pag. 11ci dovrebbero semplicemente ringraziare perché nel momento in cui abbiamo individuato all'interno del DEF del 2014 una tabella su cui abbiamo chiesto chiarezza, abbiamo chiesto delle spiegazioni attraverso una interrogazione parlamentare, non si capisce bene perché questo debba essere considerato un elemento di strumentalizzazione e non invece un elemento di chiarezza. Quale è il problema ad andare ad analizzare cosa è successo all'interno di quel documento, che cosa significa quella tabella e, se c’è un errore, banalmente eliminare quella tabella dal Documento economico e finanziario del Governo ?
  Ancora, allo stato attuale questo non è stato fatto, ma io aggiungo anche altro perché non c’è solo un problema di ordine tecnico, e lei, Ministro Lupi, ce lo ha spiegato benissimo oggi, qui in Aula.
  Il tema non è la contingenza, il punto non è stabilire se oggi esiste o no un finanziamento legato alla società Stretto di Messina, il punto è il futuro, e non un principio che vale solamente qui ed ora, perché quest'opera, che non è stata realizzata e che non verrà realizzata mai – perché questo è il bluff che si è consumato in questi anni – ha sottratto alle casse dello Stato qualcosa – senza veder posata neanche una pietra – come 400 milioni di euro.
  Allora, siccome noi pensiamo che questo debba essere un capitolo definitivamente chiuso e va fatto soprattutto per i cittadini calabresi e siciliani, quello che noi abbiamo chiesto oggi a lei, Ministro, è di venire qui e di dirci in maniera chiara, netta e trasparente che il dossier «ponte sullo Stretto di Messina» è definitivamente archiviato. Invece questo non emerge dall'informativa che lei ha condotto oggi. Viene detto e ripetuto che non viene inserito ad oggi dentro la legge di stabilità, quando sappiamo bene tra l'altro che i provvedimenti economici di questo Governo non si riducono assolutamente alle leggi di stabilità, ma noi prendiamo per buona la sua risposta e quindi consideriamo il fatto che oggi non viene inserito nessun finanziamento, ma lei non archivia la questione, non viene qui a dirci che questo è un capitolo definitivamente chiuso, ci viene a dire che oggi, allo stato attuale, non è una priorità ma addirittura ci invita ad una riflessione. Ecco, noi questa riflessione pensiamo che sia stata già fatta, perché è stata già fatta durante il Governo Monti e si era stabilito che questo non doveva essere più argomento di discussione, non era più tra gli obiettivi strategici del nostro Paese.
  Andiamo avanti. Ci spiegate come funziona la comunicazione politica di questo Governo ? Perché se il ponte non verrà realizzato, possiamo capire perché vengono fatte delle dichiarazioni, come per esempio quelle del Viceministro Nencini, in cui chiama ed evoca la presenza di finanziatori stranieri che vogliono investire sul ponte ?
  Ancora, io capisco, lei prima ha detto: il contenzioso lo conoscete un po’ tutti. No, mi dispiace, perché noi non sappiamo assolutamente nulla di quello che si sta consumando sulle penali dovute alla non realizzazione del ponte. Allora, questa è anche la domanda che noi stiamo ponendo e che vorremmo capire, perché continuare a seguire un dibattito attraverso delle dichiarazioni e delle interviste, con delle indiscrezioni appunto che sono avvenute tra il Premier Matteo Renzi e un rappresentante della società Impregilo, a noi questo non basta, diciamo che non basta. Allora, vorremmo capire, non in termini evidentemente definitivi, perché per quello ancora c’è necessità di tempo, a quanto ammontano queste penali.
  Concludo dicendo che se esiste una cifra di 1.287.000.000 che viene inserita all'interno di una tabella e questi soldi non sono destinati realmente al ponte sullo Stretto, sarebbe il caso di eliminarla quella dicitura e di farci capire questi soldi in cosa verranno reimpiegati, perché guardi, Ministro, oggi al di là dell'elenco delle cose da dover fare, non è ben chiaro quali sono effettivamente i punti che si devono affrontare nel piano strategico di questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

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  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Attaguile. Ne ha facoltà.

  ANGELO ATTAGUILE. Signor Presidente, ringrazio per l'occasione che mi si dà per parlare su questo argomento importantissimo, su questa opera essenziale, direi non soltanto per il Meridione e per l'Italia ma, come giustamente ha detto il Ministro, per l'Europa. Io non sto qui a ripetermi su quanto detto a favore della costruzione del ponte di Messina, bene l'ha fatto il mio collega Garofalo, anche il collega Vecchio, ma io vorrei entrare nell'argomento, perché da cittadino italiano, non dico solo da deputato nazionale, ma da cittadino meridionale, italiano, mi chiedo come mai un'opera che non costa niente allo Stato non si deve realizzare.
  Vengo al punto e mi spiego. Il Governo Monti ha annullato – dico Monti per dire Passera – un contratto che già esisteva, pagando tanti soldi per quello che già era stato fatto, ma per la penalità da pagare ancora. Oggi ad un'impresa conviene non lavorare e guadagnare, quindi non fare il ponte significa guadagnare quanto potrebbe incassare realizzando l'opera.
  E non soltanto questo. Io non sto a confermare quali sarebbero i vantaggi per il lavoro, per le acciaierie, per esempio penso alle acciaierie di Terni, che potrebbero essere utilizzate per la costruzione del ponte. Io ho presentato – lo dico proprio alla collega di SEL, che vuole chiedere che cosa significa questo contenzioso – una proposta di istituire una Commissione di inchiesta, per capire perché non si possa realizzare un'opera così importante per tutti i cittadini italiani ed europei. Solo perché forse qualcuno ha interesse a non realizzarla ? Non voglio aggiungere altro ma desidero che sia la Commissione di inchiesta a stabilirlo. Perché Passera ha annullato questo contratto all'Impregilo, che era diciamo cliente della banca di Passera, incassando questa penalità ?
  Ci sono tante cose da chiarire, perché è assurdo che non si realizzi un'opera così importante e che darebbe lavoro a tanta gente disoccupata. Io ho presentato un ordine del giorno all'ultima legge di stabilità, signor Ministro, che è stato accolto dal Governo, quindi questo importante ordine del giorno è già stato accolto e ci deve far riflettere, perché non realizzare quest'opera significa arrecare un danno allo Stato, un danno ai cittadini, un danno ai lavoratori.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Buttiglione. Ne ha facoltà.

  ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Ministro, mi pare che la discussione sia centrata su due punti. Il primo è: archiviamo definitivamente questo tema del ponte. Sono d'accordo sul fatto che le partite di spesa vadano motivate e che, se la partita di spesa non è motivata, ha ragione la collega a dire: motivatela, altrimenti spiegateci a cosa servono quei soldi. Oppure togliete quei soldi da quella partita e metteteli da un'altra parte. Su questo siamo totalmente d'accordo. Meno d'accordo siamo sull'altro punto: chiudiamo il dossier del ponte. Perché ? Perché esiste un deficit di competitività delle regioni meridionali, in particolare della Sicilia, dovuto a un forte ritardo infrastrutturale. E perché esiste un piano europeo, il quale ci dice che ci deve essere un collegamento ferroviario nord-sud, da Berlino fino a Palermo. Anzi, è la prima opera menzionata nell'elenco delle reti infrastrutturali di trasporto transeuropee. Una dozzina di anni fa, quando divenni Ministro per le politiche comunitarie, mi resi conto che in quei programmi – allora si chiamava «elenco delle opere – non c'era nulla sotto Napoli. Io insistetti perché venisse inserita un'opera italiana e chiesi ai presidenti delle Regioni e al Governo che cosa dovessi far inserire. Mi dissero: il ponte sullo Stretto di Messina. Io non ero d'accordo. Io avrei preferito una scelta diversa – e lo ripeto al Ministro, perché oggi c’è la possibilità di un grande ripensamento di questi temi – le autostrade del mare, da Catania fino a Trieste e da Trieste verso l'Europa danubiana, da Palermo fino a Genova e da Genova verso l'Europa occidentale. Forse, Pag. 13ai fini della soluzione di questo problema, le autostrade del mare sarebbero meglio del ponte. Tuttavia il problema di un collegamento che rimuova il deficit di competitività derivante dalla lunghezza e difficoltà del trasporto per le imprese che operano in Sicilia c’è, se vogliamo un mercato comune europeo e ancora di più se vogliamo un'Italia integrata. Per questo io starei attento nel dire «chiudiamo il dossier». Non è una priorità, ma non chiudiamo il dossier: riflettiamo su come si affronta questo tema del recupero di competitività.
  L'altra questione è stata sollevata dal collega Attaguile: perché non facciamo un'opera che non costa nulla ? E perché costa ? Quando io feci inserire quell'opera nell'elenco, allora non è che non costasse nulla, poteva costare molto di meno, perché c'era la prospettiva di un forte cofinanziamento europeo. Ma l'opera è scomparsa, nel tempo, da quell'elenco delle reti transeuropee: il ponte sullo stretto di Messina è scomparso, non c’è più. Sarebbe interessante capire come, perché, sotto quale Governo e per quali ragioni, ma non entrerò in questo argomento, perché il tempo non me lo consente ed anche per carità di patria.
  Tuttavia non c’è più, e d'altro canto, purtroppo, in questo momento le previsioni dei volumi di traffico ci dicono che gli stessi volumi di traffico faranno fatica a pagare il ponte e che quindi anche la prospettiva del project financing è una prospettiva più difficile, perché se si pensa che le proiezioni ci dicono che si finisce di pagare il ponte nel 2072, trovare uno che ci metta i soldi, sapendo che recupera il capitale nel 2072, non è facilissimo.
  E poi ci sono tutti i problemi del project financing italiano, che è un capitolo a sé.
  Allora, su questi due punti mi sembra che l'informativa del Governo sia stata precisa, puntuale, ed io ringrazio il signor Ministro. Credo che si potrebbe però ampliare andando in due direzioni.
  Signor Ministro, lei ci ha parlato dei problemi del territorio e delle infrastrutture tradizionali, giustissimo. C’è però un'altra priorità che io segnalerei al Governo e che va inserita organicamente in questo prospetto, ed è il problema della digitalizzazione, il problema dell'infrastrutturazione digitale del Paese. Il futuro di domani è retto molto più dal trasferimento delle informazioni che dal trasferimento delle merci. Il trasferimento delle merci segue il trasferimento delle informazioni. Avete seguito l'andata in borsa di Alibaba ? Alibaba, quando va in borsa, genera una corrente di informazione, alla quale segue una corrente di proposte di acquisto, la quale fa vivere o fa morire un'economia. Allora, credo che questa priorità vada organicamente inserita.
  L'altra questione è il tema dei porti, da pensare non solo in funzione europea, ma anche in funzione transcontinentale. La manifattura oggi si fa in Cina, e c’è un enorme volume di traffico che avrebbe nei porti italiani, ed in particolare in quelli dell'Italia meridionale, un punto d'arrivo d'elezione. Ma chi va a scaricare a Taranto, quando non c’è la linea ferroviaria ? Quando la rete autostradale c’è, ma non è adeguata a correnti di traffico così potenti ? O a Genova ? O a Trieste ? Questo tema, credo, andrebbe ulteriormente approfondito. Lei, signor Ministro, ne ha fatto parola: molto probabilmente saremo interessati, in un'altra occasione, a saperne di più.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il collega Rampelli. Ne ha facoltà.

  FABIO RAMPELLI. Signor Presidente, colleghi deputati, Ministro Lupi, diciamo che non credo sia discutibile l'utilità della realizzazione del ponte sullo Stretto. Quindi, un obiettivo strategico, in una discussione così articolata, va per forza di cose manifestato e possibilmente condiviso. Quello che non funziona è tutto ciò che ci sta intorno. Intanto le osservazioni, che da qualche decennio incombono sul ponte sullo Stretto e le risposte alle domande, tra cui alcune anche tendenziose, che abbiamo ascoltato, e non tutte sono obiettivamente da scartare.
  Alcuni parlano dell'eccessivo impatto ambientale che ci sarebbe da parte del Pag. 14ponte sullo Stretto, qualora venisse mai realizzato ed io penso che possa essere importante – lo dico a lei, Ministro, perché so che da questo punto di vista è anche sensibile – tentare di agganciare, in un progetto avveniristico e futuribile, quando atterrerà sulle nostre umane miserie, sarà necessario, sarà possibile, cercare di connetterlo anche con un'azione di bonifica del territorio, soprattutto quello siciliano, ma anche quello calabrese, laddove abbiamo le coste che sono state gestite nel peggiore dei modi nel corso del secondo dopoguerra, con un abusivismo che poi, in quota parte, è stato anche sanato. Ma la sanatoria, da un punto di vista amministrativo, non offre invece soluzioni dal punto di vista del recupero delle coste, del patrimonio naturale, del paesaggio e quindi anche della fruibilità turistica.
  Sarebbe interessante cercare da un lato di coinvolgere i privati nella realizzazione di questa enorme, gigantesca infrastruttura, e dall'altro coinvolgere i privati per fare un'azione di sostituzione edilizia, con premio di cubatura, per fare in maniera che, quando il ponte sarà realizzato, intorno alle coste della Sicilia ed intorno alle coste della Calabria si abbia comunque l'idea di sbarcare, di attraversare terre gestite in maniera puntuale sotto l'aspetto della salvaguardia dell'ambiente e della fruibilità turistica, ed anche in maniera efficiente.
  Quindi, un ammodernamento che non sia soltanto annunciato dall'immagine simbolica del ponte, ma che sia un fatto diffuso, modernizzazione diffusa delle strutture, delle infrastrutture e della gestione amministrativa della pubblica amministrazione.
  Poi si dice che ci sono interessi, alcuni inconfessabili, dietro la possibile realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina, omettendo il fatto che, mentre i primi sarebbero senz'altro evocabili, ma tali restano, esistono, ne parliamo da sempre, degli interessi consolidati che sono quelli di chi gestisce le tratte che collegano, nello Stretto di Messina, la città di Messina a quella di Reggio Calabria, nella cosiddetta area metropolitana dello Stretto.
  Ci sono questi interessi e nessuno li fronteggia, nessuno negozia, nessuno si fa carico, anche nel caso di una possibile realizzazione del ponte sullo Stretto, di farli parte diligente, di inserirli in qualche maniera perché, nel caso in cui fossero crocefissi, produrrebbero una quota importante di povertà e di disoccupazione. Quindi, si tratta comunque di una problematica che andrebbe trattata precedentemente con lo spirito dello statista che previene e non rincorre.
  Poi si dice che la manutenzione ordinaria e straordinaria delle infrastrutture esistenti sarebbe più urgente rispetto alla realizzazione del ponte sullo Stretto. Si tende ad eliminare – e mi avvio a concludere – il collegamento evidente che c’è tra un'opera così importante e la ricaduta sulle infrastrutture secondarie. Se si realizzasse il ponte sullo Stretto è certo che le condizioni penose in cui versano le infrastrutture secondarie, soprattutto quelle della viabilità, dei trasporti, sia in Calabria, a cominciare dalla Salerno-Reggio Calabria, sia in Sicilia, non avrebbero più un futuro e non potrebbero più restare così: si attiverebbe un circuito vizioso perché il ponte sullo Stretto, opera moderna, avrebbe bisogno di infrastrutture secondarie efficienti e, quindi, quella è la migliore garanzia.
  Dicevo, Presidente, che nello «sblocca Italia» abbiamo visto uno sbilanciamento delle opere e degli investimenti sul Nord; io penso che questa opera potrebbe essere il segnale di controtendenza. Per questo motivo non mi accontento delle sue parole, nel senso che il fatto che non sia una priorità è l'unico vero neo nella ricostruzione dei fatti fatta da lei e dal suo Governo. O il ponte si fa e si accede, mettendoci la testa, alle soluzioni straordinarie, come è stato fatto per CAI, con il coinvolgimento di Etihad per la soluzione del problema Alitalia, oppure davvero è giusto quello che dicono i colleghi di SEL...

Pag. 15

  PRESIDENTE. Deputato, deve concludere.

  FABIO RAMPELLI....che va conclusa questa pratica. Dico ciò perché i 400 milioni di euro spesi fino adesso, senza vedere una pietra, sono uno scandalo: o si fa e ci si investe e ci si mette la testa, o non si fa e si produce un risparmio per il popolo italiano.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il collega Fava. Ne ha facoltà.

  CLAUDIO FAVA. Signor Presidente, signor Ministro, ho apprezzato la franchezza con cui ci ha parlato proponendoci una sua lettura che io non condivido, ma che conoscevo. Il problema è che qui importano non le opinioni personali sue, ma le opinioni fattuali del Governo che lei rappresenta.
  In questo senso, parlando a nome del Governo, lei dice che in questo momento il ponte non è tra le priorità. Ecco, questo è il punto che mi vede assai lontano dall'opinione del Governo perché propone una condizione sospensiva che è stata eliminata dalla storia del dibattito politico nel corso di questi anni, non per pregiudizio ma per analisi concreta dei fatti.
  Il Viceministro Nencini diceva qualche giorno fa che il ponte ha generato nel tempo una frattura tra chi sta di qua e di là senza la possibilità di ragionare sui contenuti. È falso: sui contenuti abbiamo ragionato, signor Ministro, nel corso di questi anni, qui in Europa, abbiamo ragionato su un tema, che è il tema portante e risolutivo che è l'insostenibilità economica di questo manufatto.
  E questo non lo dice il dibattito parlamentare, lo dicono gli advisor terzi che sono stati indicati dalla società Stretto di Messina che, nel corso degli anni, hanno proposto una lettura di questo ponte che ne manifesta l'assoluta insostenibilità sul piano tecnico, imprenditoriale ed economico. Due dati per tutti, pochi secondi, andiamo, diciamo, solo per titoli: un ponte destinato, per condizioni meteorologiche, a rimanere chiuso al traffico automobilistico per cento giorni l'anno, in condizione di assorbire, come volume di traffico automobilistico, il 18 per cento della sua capacità reale, come diceva il collega Buttiglione. È difficile, quindi, pensare ad un project financing con queste condizioni e con una riduzione del traffico su gomma, tra le due sponde dello Stretto, del 30 per cento negli ultimi anni, con un investimento legittimo sulle autostrade del mare. Insomma, ci sono molte ragioni per cui noi non vorremmo una condizione sospensiva, ma una definitiva e risolutiva su questo progetto, che permetta anche, come lei ha annunciato, ma come da anni sentiamo annunciare e mai realizzare, un'inversione nelle priorità.
  Noi continuiamo a subire l'umiliazione di una tratta ferroviaria in Sicilia che risale ai tempi di Giolitti. Noi siciliani abbiamo il senso dell'umorismo e, quindi, abbiamo chiamato «Freccia del sud» un treno che impiega sei ore per collegare Agrigento a Messina; ma è un dato di fatto che il 10 per cento della linea ferroviaria è a binario unico, che la metà non è elettrificata, che abbiamo tempi di percorrenza che sono superiori a quelli di cento anni fa.
  Ecco, io penso che un Governo dovrebbe, più che sospendere nel limbo delle presunte intenzioni future il progetto del ponte, decidere in termini concreti, anche con un timing che sia discusso e condiviso da questo Parlamento, quali sono gli investimenti infrastrutturali che servono al Mezzogiorno e il fatto che la rete ferroviaria siciliana continua ad essere una delle ragioni di grande umiliazione per quell'isola e per il Sud.

  PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento dell'informativa urgente all'ordine del giorno.
  Sospendiamo a questo punto la seduta, che riprenderà alle ore 10,30, con il seguito della discussione delle mozioni concernenti iniziative per il rilancio economico e occupazionale del Mezzogiorno, Pag. 16con particolare attenzione alla situazione della Campania.

  La seduta, sospesa alle 10,10, è ripresa alle 10,35.

Seguito della discussione delle mozioni Scotto ed altri n. 1-00537, Pisicchio n. 1-00609, Covello ed altri n. 1-00612, Palese e Russo n. 1-00614, Baldassarre ed altri n. 1-00621, De Girolamo ed altri n. 1-00624, Taglialatela ed altri n. 1-00641, De Mita ed altri n. 1-00642 e Antimo Cesaro ed altri n. 1-00648 concernenti iniziative per il rilancio economico e occupazionale del Mezzogiorno, con particolare attenzione alla situazione della Campania.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Scotto ed altri n. 1-00537, Pisicchio n. 1-00609 (Nuova formulazione), Covello ed altri n. 1-00612, Palese e Russo n. 1-00614 (Nuova formulazione), Baldassarre ed altri n. 1-00621, De Girolamo ed altri n. 1-00624 (Nuova formulazione), Taglialatela ed altri n. 1-00641, De Mita ed altri n. 1-00642 e Antimo Cesaro ed altri n. 1-00648 (Nuova formulazione) concernenti iniziative per il rilancio economico e occupazionale del Mezzogiorno, con particolare attenzione alla situazione della Campania (Vedi l'allegato A – Mozioni).
  Avverto che, dopo la conclusione della discussione sulle linee generali, che ha avuto luogo nella seduta di lunedì 13 ottobre 2014 e nella quale è intervenuto il rappresentante del Governo, sono state presentate le mozioni Baldassarre ed altri n. 1-00621, De Girolamo ed altri n. 1-00624, Taglialatela ed altri n. 1-00641, De Mita ed altri n. 1-00642 e Antimo Cesaro ed altri n. 1-00648 e una nuova formulazione delle mozioni Pisicchio n. 1-00609, Palese e Russo n. 1-00614, De Girolamo ed altri n. 1-00624 e Antimo Cesaro ed altri n. 1-00648, che sono già state iscritte all'ordine del giorno.

(Parere del Governo)

  PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sulle mozioni all'ordine del giorno.

  GRAZIANO DELRIO, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, intendo innanzitutto ringraziare i deputati e i gruppi parlamentari che hanno avuto un linguaggio – credo – sostanzialmente unitario, al di là di ogni schema partitico legittimo, che però comunemente ha rimesso al centro la questione meridionale senza contrapposizioni rivendicative. Avete evidenziato – credo – gli aspetti più problematici del nostro Mezzogiorno.
  Credo che la sfida del Mezzogiorno sia una sfida nazionale. L'Italia sarà quello che sarà il Mezzogiorno. Il PIL dell'Italia si potrà riprendere solo se il Mezzogiorno riuscirà ad uscire dalla sua condizione di assoluta arretratezza rispetto alla produzione di ricchezza e rispetto alla produzione di servizi di qualità, di servizi sociali pubblici.
  Quindi, il Governo saluta questo impegno della Camera dei deputati con grande favore, intende dare parere favorevole, Presidente, a tutte le mozioni e intende riaffermare la disponibilità a un piano strategico per il Mezzogiorno, che stiamo cominciando ad elaborare, che abbiamo in mente di elaborare e che già è contenuto in nuce nel programma dell'accordo di partenariato che è stato approvato la settimana scorsa a Bruxelles. E in questo piano strategico per il Mezzogiorno, secondo noi, rimane la prospettiva, rimane l'obiettivo, rimane la strategia che può permettere a queste regioni del Mezzogiorno di uscire – ripeto – da questa profondissima crisi che ha morso molto di più nelle regioni meridionali che nelle regioni settentrionali, sia da un punto di vista occupazionale che dal punto di vista della produzione manifatturiera.
  Quindi, il Governo dà piena disponibilità ad affrontare in maniera sempre più organica e sistematica e a rilanciare, con un grande piano strategico per il Mezzogiorno, Pag. 17il lavoro dei prossimi anni, che auspichiamo possa essere fatto insieme a tutto il Parlamento, essendo la questione meridionale non una questione meridionale, ma la principale questione nazionale.

(Dichiarazioni di voto)

  PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Rocco Buttiglione. Ne ha facoltà.

  ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Presidente, noi voteremo queste mozioni nello stesso spirito con il quale il signor sottosegretario ha dato loro il suo parere favorevole. Cogliamo l'occasione per fare alcune riflessioni sulla situazione attuale del Mezzogiorno.
  Noi abbiamo un calo drammatico non tanto e non solo del prodotto interno lordo meridionale nel corso degli ultimi anni, molto più forte di quello che è avvenuto a livello nazionale, ma anche e soprattutto delle prospettive. Se andiamo a valutare le proiezioni che noi abbiamo, per esempio, – ne abbiamo discusso poco fa – del ponte sullo Stretto di Messina, qual è uno dei motivi per cui il ponte oggi non può essere una priorità ? Perché se guardate le prospettive dei volumi di traffico in movimento dalla Sicilia verso il resto d'Italia e verso l'Europa, vedete che sono state drammaticamente tagliate rispetto a quelle di cinque o sei anni fa. Il ponte serviva per una prospettiva di grande sviluppo, di traffici in aumento, per incrementare un processo che comunque si intuiva essere in corso, si intuiva di poter accelerare e diventa, invece, un'opera inutile nel momento in cui questo processo sembra drammaticamente bloccato.
  Che fare ? Io credo che una prima riflessione andrebbe data sul tema della infrastrutturazione meridionale. È necessaria una infrastrutturazione del Mezzogiorno. Abbiamo un sistema di trasporti drammaticamente inefficiente. L'imprenditore meridionale ha un deficit di produttività rispetto al collega del Nord dovuto al fatto che le sue merci, fin quando arrivano sui mercati ricchi dell'Europa centrale, accumulano ritardi e costi nettamente più alti. È il problema, già noto e già studiato, della infrastrutturazione dei sistemi di trasporto.
  Non ripeterò quello che ho detto poco fa nel dibattito con il Ministro Lupi. Le autostrade del mare: una delle tante cose che a questo livello andrebbero fatte.
  Ma a livello di logistica c’è un'altra dimensione che andrebbe considerata in una pianificazione del Mezzogiorno, perché io credo che ci sia anche un deficit di pensiero, un deficit di prospettiva, che è l'effetto di un deficit di speranza. Il Mezzogiorno è l'area ideale per le grandi correnti di traffico che oggi dalla Cina vengono verso l'Europa. La manifattura l'abbiamo regalata alla Cina e a Paesi asiatici. Ovviamente, da lì le cose vengono verso di noi. Dove scaricarle ? Oggi si scarica, signor sottosegretario, a Rotterdam, si scarica ad Amburgo. Io dovevo andare qualche giorno fa – poi il viaggio è stato annullato per ragioni di sicurezza – negli Emirati Arabi Uniti per assistere alla sottoscrizione di un accordo tra il porto di Amburgo e il porto di Abu Dhabi. Perché Amburgo ? La geografia direbbe che si passa il canale di Suez e si scarica a Genova, a Trieste, meglio ancora a Taranto. Ma è ovvio, perché dopo se si scarica a Genova o a Trieste, se si scarica, Dio non voglia, a Taranto, manca la rete ferroviaria, mancano le strutture di retroporto, manca tutto quello che fa un grande porto moderno, che esiste se è collegato a una rete di traffico intermodale.
  E questo è un tema di investimento, di pensiero di futuro. Devo dire che il Presidente Prodi a suo tempo ebbe l'idea, la formulò in qualche modo, poi per le vicende della politica italiana, è rimasta totalmente lettera morta, se si volesse avere un piano di sviluppo per il Mezzogiorno è da lì dove si dovrebbe ripartire. Per quanto riguarda i soldi, si è più volte sottolineato il fatto che i soldi ci sono; esistono importanti prospettive di investimento Pag. 18europeo, che noi rischiamo di lasciare cadere. Io sono preoccupato un po’ anche al pensiero di perdere tanti soldi in un'epoca in cui il Mezzogiorno ne ha tanto bisogno, ma un po’ anche al pensiero che questi soldi vengano spesi in fretta e male con il sistema delle sponde, cioè sostituendo denaro europeo nel finanziamento di opere che avrebbero dovuto essere finanziate con denaro nazionale, perché non sono opere che colmano un dislivello, ma sono opere che rientrano nell'ordinaria programmazione e manutenzione. E qui io credo che noi avremmo bisogno di dare forza all'idea già enunciata, anzi in fase di attuazione, ma troppo lentamente, di un coordinamento, di un'agenzia la quale coordini gli sforzi delle regioni dentro un piano nazionale.
  Perché la Spagna usa bene questi soldi e l'Italia li usa male ? Vogliamo dirlo ? Perché la Spagna a suo tempo fece un buon accordo con l'Unione europea, con la Commissione, e l'uso delle risorse lì è fortemente centralizzato. E la Spagna è un Paese federale, teoricamente più federale dell'Italia, anzi no, teoricamente, e anche praticamente più federale dell'Italia, però l'uso di quelle risorse è stato centralizzato per fare grandi reti.
  Siamo in una fase storica in cui finisce l'epoca dell'industrializzazione. Lo dicevamo prima: la manifattura se ne va in Cina, inizia la fase dell'economia della conoscenza e della comunicazione, nasce un nuovo mare. Vi ricordate ? Nel Seicento nacque il problema del mare liberum, Grozio scrisse un libretto importante sul mare libero. Cos'era il tema ? Chi domina il mare prende il meglio della ricchezza delle nazioni, perché per trasportare le cose da un mercato all'altro prende il meglio dei profitti che se ne possono ricavare. È nato un altro mare: è la rete Internet. Avete seguito l'andata in Borsa di Alibaba ? Alibaba fa in modo che i consumatori sappiano che esistono le merci che vanno su Alibaba e che ordinino quelle merci e chi porta a conoscenza del consumatore l'esistenza di quelle merci si prende il meglio dei profitti del commercio.
  In questa fase la digitalizzazione del Mezzogiorno, creare nel Mezzogiorno le infrastrutture dell'economia digitale, creare nel Mezzogiorno le infrastrutture della nuova economia, della cosiddetta economia della conoscenza, che non è solo la digitalizzazione, è anche l'università di qualità. Breve excursus. A volte si sente dire: ma volete fare università di serie A e di serie B ? Io dico sì, perché noi rischiamo di avere solo università di serie B, o peggio di serie C. Dobbiamo avere la capacità di stimolare le università creando centri di eccellenza, perché nel mondo camminano i centri di eccellenza, che poi aprono il cammino anche per gli altri. Allora su questo le risorse ci sono: abbiamo grandi risorse e il mio timore, in primo luogo, è che non riusciamo a spenderle tempestivamente e le perdiamo a favore di altri Paesi, ma, in secondo luogo, è che le spendiamo male, come troppe volte nel passato abbiamo fatto, disperdendole sul territorio perché ogni comune vuole la sua cosa.
  E, invece, vanno concentrate su grandi progetti di interesse nazionale, grandi progetti di economia della conoscenza, grandi progetti di sviluppo logistico, grandi progetti i quali permettano al Mezzogiorno, nella tappa nuova della storia italiana, di situarsi all'avanguardia.
  Alla fine del secolo decimonono, noi abbiamo creato le infrastrutture dell'economia industriale. Dove le abbiamo create ? Le abbiamo create nel triangolo fra Genova, Milano e Torino. Lo sviluppo lì si è concentrato e da lì poi è ripartito. L'arretratezza del sud dipende, non solo, ma in larga misura anche da queste scelte. C’è un aureo libretto di Rosario Romeo che spiega i meccanismi dell'industrializzazione italiana.
  Oggi c’è da recuperare un ritardo del Mezzogiorno nelle infrastrutture tradizionali, ma ancora più importante sarebbe collocare nel Mezzogiorno le infrastrutture della nuova economia della conoscenza, perché questo brucia il ritardo, perché permette di entrare nell'epoca nuova, non di arrivare per ultimi in un'epoca che ormai è finita, perché l'epoca della manifattura Pag. 19in Europa è finita. Dobbiamo rilanciarla e c’è il Programma 20-20-20 dell'Unione europea e l'Italia ha molte carte da giocare in questo programma naturalmente. Però, mentre dobbiamo puntare sul recupero di questi ritardi ancestrali, sarebbe drammatico non vedere che c’è la possibilità di collocarsi all'avanguardia in un processo nuovo.
  Il compianto professor Cipolla ci insegnava che la novità nasce alla periferia degli imperi. Il Mezzogiorno, che è alla periferia dell'impero europeo, potrebbe diventare il perno di uno sviluppo nuovo, ma ci vuole iniziativa politica, ci vuole capacità di avere speranza, ci vuole fiducia nella capacità delle genti meridionali, ci vuole anche un nuovo tipo di conduzione politica nel Mezzogiorno e una nuova classe politica meridionale. Questa è responsabilità di tutti.
  La responsabilità, invece, di spendere bene i soldi che ci sono, di rivedere le procedure, di centralizzare il progetto e di costruire il progetto è prima di tutto responsabilità del Governo e poi del Parlamento. Io, signor sottosegretario, la invito a metterci il cuore perché questo si realizzi (Applausi dei deputati del gruppo Per l'Italia).

  PRESIDENTE. Saluto gli studenti e gli insegnanti dell'istituto comprensivo statale «Giuseppe Garibaldi» di Setteville di Guidonia (Roma), che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Prataviera. Ne ha facoltà.

  EMANUELE PRATAVIERA. Signor Presidente, stiamo discutendo mozioni che hanno un minimo comune denominatore e devo smentire il sottosegretario Delrio quando dice che tutti i gruppi politici sono favorevoli a questa impostazione. Noi non lo siamo e lo ribadiamo con assoluta franchezza.
  La richiesta di questo minimo comune denominatore è quella di avere maggiori risorse per l'assistenzialismo – chiamiamolo così – al sud, non per il rilancio del sud. Da parte dei vari schieramenti politici che hanno presentato una loro mozione, da sinistra a destra, passando per il MoVimento 5 Stelle, le soluzioni, infatti, hanno lo stesso scopo. Iniziano mettendo al centro delle richieste una garanzia per l'utilizzo dei fondi strutturali dell'Unione europea, ma poi finiscono tutte per chiedere altri soldi, altre condizioni, altre tutele, altri sussidi, altri aiuti e ulteriori investimenti, tutti speciali e sempre da parte dello Stato. Ce ne fosse una, Presidente, ce ne fosse una che pretendesse almeno un po’ di rigore e di provvedimenti sanzionatori per quelle amministrazioni che invece sono sprecone, per quelle amministrazioni per cui deve esserci sempre e comunque lo Stato a ripianare i buchi che vengono provocati e tutte le inefficienze che ne conseguono. Infatti, signor sottosegretario, da queste mozioni si continua a leggere che lo Stato deve sempre dare e dallo Stato si può sempre pretendere, perché la mentalità è quella di avere un bancomat al quale rivolgersi, senza poi preoccuparsi di chi deve ripianare il conto di quel bancomat e senza nemmeno preoccuparsi di come quei soldi verranno spesi, perché tanto non sono soldi vostri, sono soldi di qualcun altro.
  E non sto parlando a vanvera, signor Presidente, signor sottosegretario. Sono andato a vedermi un po’ di dati sul sito Opencoesione.it e credo che lo abbia fatto anche lei. È uno strumento ottimo per poter vedere le motivazioni degli impegni di spesa, ma poi anche come questi soldi vengono spesi. A sostegno della mia tesi, vorrei citare alcuni numeri per centrare il motivo della mia tesi e soprattutto la diversità di vedute che c’è tra le due aree di questo Paese.
  Alla luce di quanto documentato, infatti, dallo Svimez, che ha sancito di fatto il fallimento delle politiche del sud fatto, però, soprattutto dagli amministratori del sud, solo per i fondi strutturali sono stati spesi, dal 2007 ad oggi, e gestiti dagli amministratori locali, per intenderci, dalle regioni e dai comuni, 3.352 euro per ogni siciliano, 4.557 euro per ogni calabrese, 4.026 euro per ogni lucano, 3.711 euro per Pag. 20ogni pugliese e 2.909 euro per ogni campano. Questi sono soldi che non sono andati ai cittadini – forse a qualche cittadino illustre sicuramente, ma non a tutti i cittadini – e sono stati spesi per i progetti più fantastici, per i progetti veramente più imbarazzanti, anche per alcuni aspetti, come, ad esempio, i 64 mila euro a favore della Love Story srl per la produzione di coperte o i 117 mila euro ai fratelli Gagliardi per un progetto non precisato di incentivo alle imprese di cui non si sa più nulla, come risulta nello stesso sito Opencoesione.it. Sono numeri – magari per lei non sono così importanti – su cui vi posso assicurare e rappresentare tranquillamente che per qualsiasi imprenditore del nord sarebbero manna e che, invece, non arrivano e non possono arrivare, per ovvie ragioni.
  E se lo Svimez certifica che le cose nel sud Italia non sono migliorate, nonostante questi enormi investimenti – ricordo che sono più di 3 mila euro pro capite dal 2007 ad oggi –, mi spiegate perché dovrebbero migliorare oggi ? Mi spiegate perché, usando lo stesso metodo, da oggi si dovrebbero risollevare le sorti ? Visto che quei soldi sono in larghissima parte pagati dagli imprenditori e dalle famiglie del nord – sempre ultimi nei nostri pensieri, visto anche il fatto che nella legge di stabilità non avete voluto nemmeno derogare alle tasse che gli emiliani colpiti dal terremoto devono allo Stato – cari colleghi, prima di chiedere altri soldi al bancomat del nord perché non fate un gran bell'esame di coscienza ? È logico che con l'assistenzialismo, che genera il clientelismo, non si risolvono i problemi della gente, così come è logico che nemmeno la vostra posizione di sconfiggere in questo modo la mafia, con ulteriori investimenti, risolve il problema.
  Nelle mozioni sono citati anche dei dati economici allarmanti di Unioncamere, ma nessuno dei proponenti di queste mozioni ha citato i dati della stessa Unionecamere relativi alle performance delle amministrazioni pubbliche, che, se anche in sud Italia adottassero lo stesso modello di impegno di spesa, di servizi e di capacità amministrativa della regione Veneto, potrebbero ammontare a 27,8 miliardi di euro, pari a circa poco meno del 2 per cento del PIL, i risparmi per la spesa pubblica statale. Questi probabilmente genererebbero veramente efficienza e farebbero in modo di fare ripartire quel territorio.
  Basti citare alcuni ulteriori dati, visto che dobbiamo confrontarci con i dati e non con pindarici esercizi per sperare che le condizioni si risollevino da sole, mettendo ulteriori denari a disposizione degli amministratori del sud. Basterebbe che si iniziasse a riparametrare il rapporto tra dipendenti pubblici regionali con quelli del Veneto, pari a 0,6 ogni mille abitanti, in confronto con quelli della Campania, che è 1,3. Basterebbe che si iniziasse da qui, magari riducendo i 28 mila forestali della Sicilia e capendo perché in Veneto o in Lombardia sono poco più di 400, compresi gli stagionali.
  Noi siamo contrari a tutte queste mozioni, signor sottosegretario, signor Presidente, perché chiedono soldi ma non chiedono, insieme ai soldi, anche il rigore. Non chiedono di iniziare a entrare veramente nel merito delle azioni di ogni amministratore pubblico del sud Italia e capire perché le cose vengono fatte, nonostante questi enormi investimenti che continuano a fluire, anno dopo anno, nelle casse delle amministrazioni del sud. Ebbene, noi una risposta ce la siamo in parte anche già data: perché non state proseguendo e avete voluto, come Partito Democratico, arenare completamente i decreti attuativi della riforma del federalismo fiscale ? Perché lei, che quando era presidente dell'ANCI invocava un grande rigore anche nei confronti delle amministrazioni e denunciava i limiti del Patto di stabilità, ora non lo fa più ? Ma oggi le cose sono cambiate.
  Oggi accade che, nonostante siano ancora in piedi eccezionali finanziamenti, la situazione al sud sta precipitando e si sta avverando una profezia.
  La profezia, che mi ha fatto entrare in Lega, è la profezia di Bossi che dice che la situazione al sud sta precipitando perché un vero federalismo non è entrato nel Pag. 21circuito di questo Stato e il nord conseguentemente si sarebbe fermato e il nord, infatti, si sta fermando grazie alle vostre politiche scellerate, perché non riesce più a mantenere un sistema sprecone come quello italiano che premia i furbi e, invece, non fa risparmiare nulla ai virtuosi.
  Il dramma di questo Paese è che anche oggi andrà in scena in quest'aula, con questo voto, una sceneggiata, che comunque garantirà 22 miliardi di euro in fondi strutturali al sud d'Italia, ma che non produrranno nulla concretamente, perché altrimenti avrebbero già prodotto qualcosa quegli oltre 3 mila euro investiti pro capite – ripeto: pro capite – ai cittadini del sud dal 2007 ad oggi, e che comunque costringerà migliaia di giovani eccellenti a scappare dalla loro terra, migliaia di anziani a scappare per farsi curare da altre regioni, quelle del nord, lontane migliaia di chilometri da casa loro, e soprattutto costringerà un'economia a non potersi risollevare nonostante questi bellissimi discorsi che sentiamo dal primo giorno in cui, nel post-guerra, questo Parlamento ha iniziato a funzionare.
  L'unico modo che avete per far partire quel territorio è rimettere ordine, un ordine vero, e usare un rigore amministrativo che non premia l'amico dell'amico, come invece fanno questi fondi strutturali e tutte le altre leggi speciali e regimi speciali che volete adottare nei confronti del sud d'Italia, creando comunque ulteriori costi pubblici e stipendifici.
  Nel frattempo che voi appoggiate tutte queste mozioni di specialità di ulteriori fondi – signor sottosegretario, mi perdoni se la sto disturbando ...

  PRESIDENTE. Deputato Palese, liberi i banchi del Governo.

  EMANUELE PRATAVIERA.... – nello stesso tempo voi state togliendo oltre 4 miliardi di euro alle regioni e, quindi, con una faccia siete disposti a dare e con l'altra continuate anche a sanzionare chi lavora eccellentemente, costringendo la Lombardia, il Veneto, ma anche l'Emilia Romagna, ma anche il Piemonte a tagliare ancora di più i servizi essenziali della sanità, del trasporto pubblico locale, degli incentivi all'edilizia pubblica residenziale, degli incentivi alle loro aziende. Costringete migliaia di giovani della mia terra a emigrare, scappare e non tornare più perché non trovano risposte efficaci alle loro aspettative in Italia. Quindi, con una faccia voi date miliardi di euro a un territorio, ma non li date alla gente di quel territorio, li date agli amministratori per mangiarseli, ancora una volta, tra di loro e dall'altra li togliete a chi paga e continuerà a pagare e tacere, forse però, perché, mentre voi state facendo questo, c’è una coscienza che si sta risvegliando, c’è un successo che stiamo riscontrando nuovamente, nonostante questo enorme attivismo del partito trasversale del meridione, che riesce sempre a portare a casa, ed è quello spirito di indipendenza che francamente mi appartiene.
  Pertanto, anche alla luce di queste mozioni, che ritengo scellerate – ripeto: scellerate –, perché non avete nemmeno avuto il coraggio di aggiungere, oltre al dato favorevole, la postilla «salvo che le amministrazioni che non si rivelino virtuose vengano commissariate»...

  PRESIDENTE. Collega, deve concludere.

  EMANUELE PRATAVIERA. La ringrazio, signor Presidente, e concludo. Io grido con forza «Viva San Marco» e ripongo una speranza che il popolo veneto si svegli (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie) !

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giancarlo Giordano. Ne ha facoltà.

  GIANCARLO GIORDANO. Signor Presidente, io non asseconderò la mia vis polemica gridando «Viva San Gennaro», ad esempio (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà). Non lo farò perché ritengo che ridurre la politica alla macchietta non sia il compito di chi la politica la vuole fare sul serio e anzi Pag. 22sottolineo al sottosegretario Delrio che il merito che lui ha colto di questa discussione è quello di aver riaperto, seppur timidamente, un tema enorme in questo Paese.
  E dico al collega della Lega che in politica si possono cercare voti o soluzioni e il punto è dove volgiamo lo sguardo. Se lo si vuole volgere esclusivamente ai propri egoistici interessi, in bocca al lupo ! Farete una strada da soli, probabilmente non molto lunga (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie). Se, invece, lo vogliamo rivolgere alla soluzione dei problemi, insieme potremmo accorgerci che questo Paese si salva se si salvano insieme il nord e il sud, e non solo se si salva qualcuno.
  Questo è un tema che nelle mozioni si riscontra abbastanza chiaramente ed è, forse, il filo conduttore più importante che si può riscontrare nei ragionamenti che esse contengono. Noi abbiamo scelto un punto di vista, una condizione che a noi sembra paradigmatica nella grande questione meridionale: abbiamo scelto di partire da un'analisi seria, severa e, quindi, anche critica – lo dico ai colleghi della Lega – della Campania: la Campania per come i dati ci restituiscono la condizione di quella regione, della qualità della vita dei cittadini di quella regione, della qualità della spesa che si è fatta in quella regione.
  E i dati, tutti i dati – da Banca d'Italia, a quelli di Unioncamere, di Svimez e ISTAT – concordano nell'analisi di una realtà non ferma, ma in profonda regressione dal punto di vista sociale, dal punto di vista economico, dal punto di vista culturale e civile. I dati su occupazione, procedure fallimentari, liquidazione e scioglimenti di società di persone e di capitale convergono tutti nella direzione di descrivere una condizione che, negli anni, ha visto crisi sovrapporsi a crisi, fino ad incrociare la crisi perfetta che stiamo vivendo in questi tempi.
  In questo quadro – per questo, scegliere un punto di vista può essere utile per guardare le cose di tutta l'area meridionale del Paese –, la regione Campania non ha fatto un gesto per rompere il conformismo di un atteggiamento punitivo che discende dai fatti del 2009, da scelte politiche fatte dal Governo e da Tremonti, per esempio, dallo sforamento del Patto di stabilità, permettendosi di congelare un'enorme quantità di risorse che, come la stessa Banca d'Italia ci dice nella sua ultima valutazione, avrebbero potuto avere una funzione anticiclica importante e rimettere in azione e in attività la domanda.
  Parliamo di 4,3 miliardi, per esempio, per gli ex fondi FAS, oggi Fondo per lo sviluppo e la coesione, di cui sono stati spesi appena 350 milioni per attivare il termovalorizzatore di Acerra, per esempio, e nulla più. Parliamo di 10 miliardi legati alla programmazione 2007-2013, su cui la valutazione della qualità della capacità di spesa deve essere – dicono bene i colleghi leghisti – severissima, che però sono lì, immobili, inermi, e non servono nemmeno a dare un fiato al PIL.
  Lo dicevo: la scelta di affrontare le procedure legate alla rottura del Patto di stabilità, allo sforamento del Patto di stabilità del 2009, ha reso di fatto impraticabile qualsiasi utilizzo delle risorse disponibili.
  In questo scenario, rischiano di apparire come semplice palliativo anche strumenti, programmi, che avevano rappresentato almeno una speranza per i territori del sud, per la Campania, come «Garanzia giovani»; e quelle risorse rischiano di essere utili più a chi fa dell'intermediazione del lavoro o dell'intermediazione finanziaria la propria attività, piuttosto che per creare lavoro e reddito in quelle aree. Un'attenzione che dovremmo cominciare a richiamare.
  Poi, c’è il ruolo delle regioni. Noi parliamo della Campania, parliamo di anni di governi emergenziali, commissariali, di poteri straordinari dati a chi si è succeduto, finanche a Caldoro. E, però, parliamo anche, nel pratico, nella vita quotidiana, di quello che ha significato tenere un atteggiamento così rigido nella gestione delle risorse, che ha significato in sanità, che ha significato in trasporti, che ha significato in assistenza, che non è una brutta parola, se diventa una politica.Pag. 23
  Quei poteri straordinari non hanno comportato soluzioni straordinarie ma nemmeno ordinarie, si potrebbe dire. E i meccanismi di accelerazione della spesa che si stanno producendo adesso, si guardi un po’ giusto alla vigilia delle elezioni, sono quei momenti in cui, la dico così perché così mi viene, gli elementi di corruzione, di velocizzazione della spesa sui fondi diventano anche gli elementi che portano anche all'errore più semplice, quelli che fanno fare la cosa probabilmente più pronta ma anche più inutile rispetto a una strategia complessiva. Di questo ha bisogno il Mezzogiorno, di un pensiero lungo e largo, di risorse che abbiano la capacità di essere spese in un piano complessivo di investimenti.
  Quindi, altro che non chiedere regole, è proprio quello che chiediamo: avere più regole, qualificare la spesa, svolgere attività di monitoraggio sulla spesa, sui progetti; avere la possibilità di rendere collegati di obiettivi e i livelli di produttività di chi si occupa dei fondi alla propria capacità di spendere quei fondi bene; e soprattutto chiediamo, penso che questo lo chiediamo tutti, una maggiore flessibilità sulle quote di cofinanziamento.
  Non chiediamo più soldi, chiediamo più politica e più intelligenza e chiediamo un Governo che, a voler credere – come faccio – alle parole che ho ascoltato oggi dal sottosegretario, acquisti anche da questi passaggi due elementi: uno, la forza di un Parlamento intero che spinge in una direzione e, due, la capacità di non fare scelte contraddittorie. Il taglio degli investimenti per il sud, il taglio delle premialità per investimenti per il sud, non è una scelta saggia. Suggerisce che nord e sud siano uguali; lo possono diventare, uguali, ma non lo sono ancora. Dobbiamo con maggiore pazienza e maggiore severità valutare le scelte di fondo per questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Antimo Cesaro. Ne ha facoltà.

  ANTIMO CESARO. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, intervengo dopo il collega Prataviera che ci ha fornito un excursus socio-politico sgombro da pregiudizi, come abbiamo potuto apprezzare, e io devo dire, da modesto studioso di filosofia politica, che non si finisce mai di imparare.
  Qualche dato forse è bene ricordarlo a tutti: al sud, per il secondo anno consecutivo, i decessi hanno superato le nascite. Siamo di fronte a dati demografici paragonabili a quelli del 1918, però in quella circostanza eravamo alla fine della Prima guerra mondiale. In sei anni in Italia si sono persi 985 mila posti di lavoro di cui 582 mila solo nel Mezzogiorno. Ciò ha contribuito a provocare nel sud d'Italia un significativo crollo dei consumi di quasi 13 punti percentuali: oltre il doppio del dato registrato nel resto del Paese. Il 13 per cento delle famiglie del meridione d'Italia vive con meno di mille euro al mese. Sono aumentate del 7 per cento le famiglie in stato di deprivazione materiale severa, famiglie cioè che non riescono a fine mese a pagare l'affitto o il riscaldamento.
  Le politiche fino ad oggi attuate per facilitare il rilancio economico del sud non hanno, ahimè, sortito gli effetti sperati e il rapporto Svimez e i recenti dati ISTAT sono chiari: il divario tra nord e sud continua incessante e contraddistingue sempre più un'economia duale, forse tra le più marcate d'Europa. Basti dire che nel periodo 2001-2013 mentre il nord Italia registrava una crescita, seppur modesta, pari al 2 per cento, il sud è arretrato di ben sette punti percentuali e così nel 2013 il divario di prodotto interno lordo pro capite è tornato ai livelli di dieci anni fa. Basti un dato, per me che vengo dal mondo dell'università, davvero drammatico.
  Negli anni 2008-2013 i tassi di iscrizione all'università sono tornati al livello dell'anno 2000. In un contesto socio-economico siffatto è necessario intervenire subito, non c’è possibilità di attendere oltre, semplicemente non ce lo possiamo permettere, signor sottosegretario.Pag. 24
  Nel Mezzogiorno poi la Campania ha bisogno di un'attenzione se possibile maggiore, soprattutto sul piano occupazionale. Il piano «Garanzia giovani» ha coinvolto in Campania 225 mila giovani, però – e questo è drammatico – a fronte delle molte domande presentate, solo pochi giovani hanno sostenuto i previsti colloqui di orientamento, un dato che evidenzia i limiti, da Scelta Civica più volte già ampiamente denunciati, dei Centri per l'impiego, che finiscono per essere un carrozzone pletorico rispetto alle aspettative e quindi denunciamo la loro inefficienza. A questo proposito ci aspettiamo già a partire dalla prossima legge di stabilità maggiori risorse non da destinare al Mezzogiorno con l'immagine di un sud con il cappello in mano in cerca di nuovi danari, no, risorse da destinare in maniera strategica e puntuale con un severo monitoraggio per esempio all'apprendistato, la sinergia virtuosa fra scuola e lavoro che, come accade in Germania, può creare effettive possibilità di inserimento lavorativo, tra l'altro, agendo in un'età scolare, un'età fragile, quella in cui i giovani possono essere più facilmente vittime delle lusinghe della criminalità organizzata e chi conosce le periferie di una metropoli come Napoli sa bene di cosa stiamo parlando. Solo attraverso investimenti mirati è possibile ottenere risultati, investimenti mirati. Per questo è importante che il Governo tenga fede agli impegni presi.
  Tutte le mozioni presentate sono convergenti su alcuni punti strategici essenziali: il potenziamento della rete infrastrutturale, con il puntuale monitoraggio dei fondi europei, un'attenzione straordinaria ai bellissimi siti Unesco, anche nell'ottica di una fruizione turistica, la possibilità di attingere per le priorità ora elencate alla residua dotazione della programmazione 2007-2013, come sottolineato ad esempio dalla mozione della collega Covello. Mi sentirei di aggiungere la necessità di finanziamenti straordinari per la ricerca scientifica e industriale, consapevoli del fatto che solo scommettendo sull'innovazione tecnologica è possibile vincere la sfida della competitività globale. Infine, il rispetto degli impegni legati alla bonifica della cosiddetta «Terra dei fuochi» per le inevitabili ricadute sulla salute e anche per un realistico rilancio del settore agro-alimentare e turistico.
  Intanto non posso non notare, collega Prataviera, lei che parlava di un bancomat del nord e parlava di sceneggiate – la invito a lasciare questi termini che non fanno onore ai suoi percorsi – che 4 miliardi di fondi europei per il bonus occupazione, risorse destinate potenzialmente al sud, saranno per lo più utilizzate da aziende del centro-nord, come per tempo mi ha fatto notare il collega Giorgio Piccolo, sempre attento alle dinamiche dell'occupazione. Non si fraintenda la mia osservazione, non è nostra intenzione alimentare una guerra fra diverse forme di disagio sociale, ci mancherebbe, sta di fatto che già era accaduto che i Fondi FAS, oltre 40 miliardi di euro in un primo momento destinati alla questione territoriale, venissero in parte – 16 miliardi e mezzo di euro – dirottati al centro-nord. A poco serve invocare il principio della mancata spesa. Si pensi in quest'ottica a ripensare piuttosto ai vincoli troppo stretti del Patto di stabilità. Non è possibile pensare che risorse destinate a ridurre i divari e a favorire la coesione territoriale finiscano invece per divaricare ancor di più la forbice fra le potenzialità economiche e occupazionali dei vari territori del Paese. Il Mezzogiorno, bene ha detto il sottosegretario Delrio, è Italia, la ripresa del Paese passa per il Sud, senza retorici atteggiamenti rivendicativi e consapevoli anche delle colpe di una classe dirigente talvolta inadeguata che noi giudichiamo con grande severità, collega Prataviera, noi vogliamo ancora una volta essere fiduciosi nell'impegno che il Governo porrà per la concreta realizzazione degli impegni indicati nelle mozioni, perché queste ahimè non si riducano a sterili petizioni di principio.
  Non chiediamo più soldi, chiediamo attenzione a politiche di sviluppo per superare l'immagine del Mezzogiorno che ho tentato di descrivere con pochi dati statistici.Pag. 25
  Il gruppo di Scelta civica conferma il proprio voto favorevole alle mozioni delle diverse forze politiche, tutte animate da una medesima sensibilità per il rilancio dello sviluppo economico e sociale e aggiungerei anche culturale – perché la cultura precede gli altri indici di sviluppo – del Mezzogiorno e della Campania in particolare. Di una cosa siamo sicuri e la vogliamo rivendicare: certamente «Sud» e «Mezzogiorno» devono tornare ad essere parole centrali del dibattito politico, un dibattito politico cui devono seguire i fatti, fatti concreti. Noi lo speriamo vivamente (Applausi dei deputati del gruppo Scelta civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Pisicchio. Ne ha facoltà.

  PINO PISICCHIO. La ringrazio molto, signor Presidente, per questa opportunità. Poche parole, perché la nostra mozione sul Mezzogiorno non appartiene al catalogo dei rituali in uso anni addietro e non è l'evocazione da galateo parlamentare per cui appare gentile dichiarare qualcosa in favore del Sud, tanto non costa niente. La nostra mozione – così come quelle che abbiamo visto presentare e che condivideremo – vuole essere un richiamo alla concretezza e al ragionamento, per un Paese che rischia talvolta di soffocare per overdose di irrealtà mediatica, trascurando il vero contesto.
  Il punto è semplice e i colleghi che sono intervenuti lo hanno evocato: l'Italia non ce la farà mai se il Sud non recupererà, almeno in parte, il divario che lo divide dal resto del paese e dall'Europa, perché non c’è speranza per un'Italia gravata dal peso di un Mezzogiorno in ginocchio. I numeri sono stati richiamati, nella loro una scabra eloquenza, e potremmo continuare, ma credo che non serva a molto continuare ad attingere alle statistiche dell'Istat e dello Svimez.
  Occorre invece cambiare verso, questo sì – come racconta efficacemente uno slogan del Presidente del Consiglio –, partendo dal dibattito pubblico. Per troppi anni si è operato una sorta di «nascondimento» del Mezzogiorno. Se applicassimo le categorie psicoanalitiche, parleremmo di «scotomizzazione» della questione meridionale. Ebbene, non è che se l'intera classe dirigente del paese, i programmi del pubblico e del privato, cesseranno di parlare del Sud questo sarà sufficiente ad esorcizzare i problemi del Sud. C’è stato un tempo in questo paese in cui i partiti regionali del Nord avevano in cima ai loro programmi – abbiamo ascoltato qualcosa questa mattina – lo smantellamento dei meridionali dal governo della cosa pubblica.

  PRESIDENTE. Onorevole Pisicchio, si avvii alla conclusione.

  PINO PISICCHIO. Vado a concludere, signor Presidente. Io non so se stiamo scontando un cattivo contrappasso, ma la scomparsa del Mezzogiorno dagli impegni della politica non è un buon affare per la politica e non è un buon affare per l'Italia. La mozione che presentiamo mira a questo: a ricordare che questo Paese non potrà salvarsi se non torneremo a mettere in cima al nostro impegno la sua parte più debole (Applausi).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rampelli. Ne ha facoltà.

  FABIO RAMPELLI. Grazie, signor Presidente. Colleghi deputati, Ministro, la discussione attivata intorno al futuro del Mezzogiorno, e in particolar modo della regione Campania, è una discussione certamente necessaria e mi dispiace che qualche collega abbia evidentemente frainteso, perché qui è come se parlare di meridione fosse una sorta di «peccato capitale», come se esistesse solo e soltanto una questione settentrionale, mentre è evidente agli occhi del mondo intero che quando esistono delle aree depresse in una nazione o si compiono delle scelte, si mettono in campo modelli, si fanno investimenti, si attivano procedure di incentivazione, anche da un punto di vista fiscale, Pag. 26di sostegno e di agevolazione, oppure quella nazione è destinata ad avvizzire. Quindi a noi piacerebbe capire a che gioco giocano coloro i quali fanno finta di ignorare che esista – almeno simmetrica rispetto alla questione settentrionale – una grande questione meridionale nella nostra nazione. Si vuole spaccare l'Italia a metà ?
  Si vuole portare il nord dell'Italia in una sorta di zona di influenza della Mitteleuropa ? Si vogliono accorpare, in un disegno che abbiamo già ascoltato più volte, si vogliono portare alcune regioni del nord ad orbitare intorno alla regione della Baviera ? Perché come si fa a non capire ?
  Abbiamo attraversato la discussione sul cosiddetto «sblocca Italia» pochi giorni fa ed abbiamo dovuto constatare intanto che la gran parte delle risorse che erano destinate al sud sono state dislocate invece al nord; quindi i principali investimenti, le principali opere infrastrutturali hanno avuto solo e soltanto, al 90 per cento, la loro sfera di attrazione collocata proprio nel nord Italia. E poi come si fa a non vedere il divario che esiste, a prescindere dagli investimenti, che pure fanno la differenza, tra il nord ed il sud, in termini proprio di infrastrutture ? E come si fa a non collegare la presenza delle infrastrutture alla possibilità di sviluppo economico e di crescita occupazionale ? Come si fa ? Viene il sospetto che ci sia qualcosa che non quadra, scusate. Vogliamo parlare degli investimenti anche che sono stati fatti, nel corso dei decenni, al nord ? Tutti i collegamenti con i Paesi d'oltralpe, i trafori, le autostrade, le ferrovie ? La stessa alta velocità mi risulta che, allo stato, sia ferma a Napoli.
  Vogliamo parlare degli stessi porti ? Eppure mi pare che il sud, magari, potrebbe essere infrastrutturato meglio, da un punto di vista almeno della capacità di attrazione attraverso il Mar Mediterraneo. Ma non c’è paragone tra le tante città del sud, che hanno porti ancora non sviluppati o parzialmente sviluppati, e i porti che esistono e che sono comunque delle eccellenze o certamente più moderni, che hanno attratto più investimenti, anche perché più vicini per natura e per geomorfologia, alla grande attrazione economica rappresentata dall'Europa di Bruxelles o dall'Europa di Berlino. Parliamo di Genova, parliamo di Livorno, parliamo di Trieste, parliamo di Venezia: parliamo, appunto, delle grandi aree portuali che, da un punto di vista commerciale e talvolta anche turistico, hanno avuto la capacità di intercettare la gran parte di questi flussi. E perfino quando si è parlato di attrezzare una piattaforma logistica alle spalle di un'area portuale importante, non si è concluso nulla, perché alcuni parametri vedevano favorire le città di Napoli e Civitavecchia, ma gli interessi economici e la preponderante capacità politica, evidentemente, del nord, ha bloccato la possibilità di realizzare un'infrastruttura di questo livello nelle aree portuali del meridione d'Italia.
  Mi riferisco ovviamente anche alle autostrade, alle strade statali. Io penso che ci sia oggettivamente un divario, né possiamo negarlo, siccome al sud le cose dal punto di vista della burocrazia funzionano meno o dal punto di vista amministrativo sono più farraginose e più lente; come se al nord ci fosse chissà quale autostrada: basta vedere quello che sta accadendo in ordine alla grande vicenda dell'Expo di Milano, per capire che forse dovremmo prestare un po’ di attenzione anche a come vengono spesi i quattrini nel nord Italia.
  Non intendo colpevolizzare nessuno, intendo dire che alcuni aspetti, alcune degenerazioni, alcuni rallentamenti, alcune forme di malcostume sono perfettamente trasversali e colpiscono il nord quanto il sud. Alcuni sprechi colpiscono il nord quanto il sud. Magari il nord ha le spalle più robuste proprio perché, nel corso del secondo dopoguerra, ha potuto e saputo intercettare ben maggiori finanziamenti da parte dello Stato soprattutto e non solo, finanziamenti pubblici, ma oggi parliamo di questo, rispetto a quanti ne abbia potuti intercettare, per l'appunto, il sud.
  Quindi, la visione secondo la quale il sud dovrebbe essere, in buona sostanza, Pag. 27lasciato in stato di abbandono e queste mozioni sarebbero delle mozioni impresentabili, inaccettabili, da rispedire al mittente, con tanto di slogan finale «Viva San Marco e viva il popolo del Veneto, nell'auspicio che possa svegliarsi», mi sembra sinceramente ridicola. Io penso che la Lega oggi qui, prima con la mancata presa di parola sul ponte sullo stretto ed oggi con le dichiarazioni intorno alle mozioni sullo sviluppo del Mezzogiorno, abbia gettato la maschera o stia gettando la maschera.
  Penso che tutte le forze politiche, sociali e culturali, in questa nazione, abbiano auspicato e ancora auspichino uno sviluppo di questo movimento che possa aiutare l'Italia ad uscire fuori da questa situazione di assoluto disagio, e poi invece purtroppo, appena arriva la prima prova, rimaniamo comunque delusi rispetto a quello che ascoltiamo. Noi non la pensiamo così: noi pensiamo che il Mezzogiorno vada infrastrutturato, che la scommessa dell'Italia e la sua capacità di agganciarsi all'Europa passi esattamente per la possibilità di modernizzarlo. Noi pensiamo che il sud debba essere emancipato e liberato dalla morsa dell'illegalità e della criminalità organizzata. Noi pensiamo che questo lavoro venga fatto con la concertazione di tutte le forze politiche e con la massima solidarietà, insieme ovviamente al lavoro duro che va fatto da un punto di vista tecnico nello studio non degli interventi statalisti o parassitari che ci sono stati, ma tanti quanti ce ne sono stati in altre zone dell'Italia. Pensiamo che vada fatto con tutte le forme, anche le più moderne.
  Noi, nella nostra mozione facciamo riferimento a una sorta di intervento da parte del Governo per sviluppare e decidere se debbano esistere davvero delle zone franche o no. Ci sono tante richieste fatte da comuni del Mezzogiorno; forse qualcuno dovrebbe spicciarsi e decidersi a dare una risposta per iniziare comunque a fare questa forma di sperimentazione e a capire se ci sia una sorta di possibilità di giocare una partita anche attraverso queste forme di agevolazione e questi meccanismi di sostegno indiretto. Non serve necessariamente dare soldi.
  Pensiamo – l'abbiamo già detto in tre occasioni – a un grande piano, somigliante vagamente al «Piano casa» che è di competenza delle regioni, ma su cui lo Stato può dare delle linee di sviluppo, esattamente come per la sostituzione edilizia. Si possono liberare le coste dall'abusivismo, dagli ecomostri, ma non con le risorse pubbliche, perché lo Stato non ha risorse da investire da questo punto di vista, cercando di incentivare la collaborazione e il coinvolgimento dei privati, anche dei possessori di quei beni che stanno lì a fare pessima mostra di sé e inquinano la parte più bella e, da un punto di vista turistico, potenzialmente maggiormente recettiva dell'Italia.
  Quindi, come liberiamo queste coste ? Se non lo può fare lo Stato con i suoi interventi, con i suoi soldi e con i suoi investimenti, lo vogliamo fare in collaborazione con i privati ? Vogliamo fare un grande piano di demolizione e ricostruzione ? Vogliamo dire che si può costruire qui, magari con un premio di cubatura, oppure, se non vogliamo, consumare altro suolo, fermo restando che dovremmo comunque fare le demolizioni – si chiama «sostituzione» perché, in linea di massima, viene fatta a saldo zero dal punto di vista del cemento e delle cubature – vogliamo attrarre queste energie economiche coinvolgendo in altre operazioni – diciamo così – altrettanto remunerative proprio per evitare l'approccio statalista ? Ecco, un conto è dire: troviamo altre formule per stimolare il sud ad entrare in partita, nella grande partita per riscattare l'Italia da questo stato di semi-povertà nel quale è piombata, con i suoi 2.200 miliardi di euro di debito pubblico alle spalle e con i suoi quasi 100 miliardi di euro di interessi che paga ogni anno su questo debito, altro conto è dire che tutte queste mozioni sono carta straccia e vanno gettate nel cestino perché sono frutto di una mentalità contorta e assistenzialista.
  Non c’è – e concludo, Presidente – assistenzialismo quando ci si rivolge al Pag. 28nord e si fanno dei grandi investimenti infrastrutturali per dare la possibilità al nord di agganciarsi meglio all'Europa e di essere competitivo; non c’è assistenzialismo quando si pone al centro dell'attenzione la grande questione meridionale. L'Italia è una e una soltanto.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Calabrò. Ne ha facoltà.

  RAFFAELE CALABRÒ. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, nelle ultime settimane, si è finalmente tornato a parlare di Mezzogiorno, un dibattito acceso dal rapporto Svimez che ha snocciolato cifre impietose e paventato il rischio di desertificazione umana e industriale del Mezzogiorno, ma il sud ha occupato la scena politica e mediatica anche per un altro motivo, tutt'altro che trascurabile, sul rischio reale che le regioni del Sud, compresa la Campania, possano perdere parte delle risorse dei fondi strutturali europei 2007-2013.
  Non starò qui ad illustrare i contenuti della mozione presentata dal Nuovo Centrodestra, ma mi soffermerò soprattutto su alcune cifre, troppo significative per essere tralasciate.
  Sappiamo che le politiche di sviluppo basate sull'utilizzo dei fondi comunitari registrano dati fortemente negativi per tutte le regioni meridionali. Per quanto riguarda i Fondi europei per lo sviluppo, il tasso di utilizzo dell'Unione europea è del 61 per cento, la Campania si ferma al 33 per cento, la Calabria al 36 per cento e la Sicilia al 40 per cento. Quanto al Fondo sociale europeo, l'utilizzo è bloccato al 56 per cento per la Sicilia, al 59 per cento per la Campania, al 62 per cento per la Puglia.
  Secondo la Ragioneria generale dello Stato le risorse ancora da spendere, entro il 31 dicembre 2015 (termine ultimo per effettuare pagamenti), ammontano a circa 20 miliardi di euro, la maggior parte dei quali (15 miliardi) nell'area della Convergenza.
  Da campano, avverto un senso di angoscia ed amarezza, perché temo che il Sud, e la Campania in particolare, finiscano per perdere questa corsa contro il tempo e, quindi, perdere quei finanziamenti di cui c’è un disperato bisogno per lo sviluppo delle aree povere del Paese. Una preoccupazione che vedo condivisa anche dal sottosegretario Delrio, il quale ha affermato che: «nonostante gli sforzi enormi fatti dai miei predecessori nel cercare di recuperare il tempo perduto, la programmazione 2007-2013 è la peggiore in termini di risultato nella spesa». Allo stesso tempo, mi rincuora sapere che il Governo, come ha annunciato in questi giorni Delrio, farà di tutto per non perdere i finanziamenti, e lo diceva anche nell'intervento iniziale, spostando risorse su progetti che possano fare spesa a breve. Un'impresa che richiede massima attenzione e una strategia adeguata perché sia portata a buon fine. Sappiamo, infatti, che già altri Governi, negli ultimi 4 anni, hanno approvato norme e leggi dirette ad accelerare la spesa. Tutti tentativi evidentemente, purtroppo, abortiti. Abbiamo visto in questi 4 anni Governi alle prese con piani vari, dal Piano per il Sud, firmato dal Governo Berlusconi, che avrebbe dovuto individuare un percorso per l'accelerazione e la riprogrammazione delle risorse, sostituito poi per scarsi risultati dal Piano di azione e coesione, rivelatosi anche esso inadatto a invertire la rotta. Forse, è giunto il momento di smettere di studiare piani, è ora che questo Governo metta a punto strumenti forti, che non ammettano insuccessi e che diano una soluzione strutturata.
  È tempo che si inverta la rotta e si possa, finalmente, rimandare in parte al mittente, ovvero alla Commissione europea, la critica di inadeguatezza a realizzare politiche pubbliche per incapacità amministrativa. Accuse che tralasciano un fattore determinante, ossia che l'incapacità di spesa è insita anche nel Patto di stabilità comunitario. È, infatti, stranoto che la quota Unione europea non si riesce a spendere, perché le regioni, in particolare quelle del sud, non possono mettere a bilancio le risorse di cofinanziamento, perché altrimenti sforerebbero il Patto.Pag. 29
  Non si capisce perché al Mezzogiorno debba essere sempre associato un affare, una questione. Oggi nessuno – per fortuna ! – parla più di «questione meridionale», espressione che rievoca una catena di fallimenti, ma siamo dinanzi ad una nuova questione, quella delle criticità del Sud ad utilizzare i fondi europei, che va risolta senza ulteriori ripercussioni negative per il Mezzogiorno; non vorremmo che al danno, si aggiungesse la beffa ! E, a questo proposito, vogliamo rassicurazioni dal Governo, sulla destinazione dei fondi non impiegati. Per quanto sia stato politicamente corretto il discorso che ha tenuto in occasione dell'Accordo di partenariato 2014-2020, sottoscritto con l'Unione europea, per quanto sia giusto e sacrosanto il principio per cui «chi non spende bene i fondi verrà sostituito», così come recita anche la richiesta del Nuovo Centrodestra, di impegno verso il Governo, vogliamo rassicurazioni che quei fondi, una volta sospesi e riprogrammati, siano utilizzati comunque per il Sud.
  Onorevoli colleghi, dopo un lungo e rumoroso silenzio intorno al Sud, oggi si ha la felice percezione che il Governo e quest'Aula, Lega a parte, abbiano compreso che in Italia non ci sarà sviluppo senza il rilancio del Sud, che tuttavia vive ancora una serie di criticità, tra cui l'utilizzo dei fondi comunitari, un tesoretto che non può essere più sprecato.
  Ecco perché il Nuovo Centrodestra chiede al Governo di impegnarsi sul rafforzamento dei poteri di accelerazione dell'impiego delle risorse, di controllo, sostitutivi già previsti da una recente legge e contemplati nella legge di stabilità ancora in corso di esame.
  Ancora, chiede: piena operatività dell'Agenzia per la coesione territoriale, eventualmente rafforzandone i poteri sostitutivi, rafforzamento delle attività in sede europea, affinché vengano assicurati adeguati spazi finanziari di agibilità della spesa, a titolo di concorso al cofinanziamento dei Fondi strutturali e garanzia che la programmazione infrastrutturale per le regioni meridionali rappresenti l'elemento centrale dei programmi dei Fondi strutturali europei 2007-2013 e 2014-2020 e revisione delle regole del Patto degli enti territoriali.
  Ed infine, senza alcuna tentazione campanilistica, la richiesta di adozione di iniziative specifiche per la regione Campania, in particolare per quel che riguarda il lavoro giovanile, il riassetto idrogeologico e la dotazione infrastrutturale.
  Impegni in linea con la politica governativa di responsabilizzazione degli enti locali, ma deve trattarsi di un pacchetto di misure di affiancamento, sostituzione, indirizzo che non può essere di tipo punitivo, ma che possa consentire al Sud di allinearsi all'altra metà del Paese.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Paolo Russo. Ne ha facoltà.

  PAOLO RUSSO. Signor Presidente, i dati che sono stati qui ricordati e ancora, poche settimane or sono, citati e forniti dallo Svimez sono dati allarmanti, sono dati tragici, sono dati imbarazzanti, anche se letti dal punto di vista squisitamente politologico, per gli anni di parole che sono stati consumati a favore del sud. Il PIL, l'occupazione, il benessere: tutti dati che indicano che una parte rilevante del nostro Paese è in una condizione di grande sofferenza e tutti dati che indicano che non solo vi è una grande sofferenza, ma vi è una sofferenza ingravescente, cioè che vi è una sofferenza che non diminuisce, come pure accadeva negli anni Sessanta e negli anni Settanta.
  Un milione e mezzo di emigranti nell'ultimo decennio indicano con chiarezza come scompare un pezzo del nostro Paese: scompare nella sua storia, scompare nella sua cultura, scompare nelle sue sensibilità. Un milione e mezzo significa una regione che ogni dieci anni scompare da quel territorio. Quasi 200 mila sono i diplomati e i laureati che negli ultimi dieci anni sono stati costretti ad abbandonare il Mezzogiorno.
  Guardate, la migrazione intellettuale, quando è una migrazione circolare che poi ritorna, è un grande valore per il Paese, Pag. 30perché si tratta di conoscenze che si mescolano e di conoscenze che ritornano nel proprio Paese, nel Paese di origine. Qui non accade questo: sono intelligenze, sono vivacità, sono passioni che si disperdono senza alcuna possibilità diversa. È come se Caserta, Avellino e Salerno, tutte fatte di giovani diplomati e laureati – tutte fatte di giovani diplomati e laureati –, scomparissero dalla carta geografica del Mezzogiorno.
  Ma al sud ci sono meno imprese ? È questo il tema ? No, il numero di imprese è pari a quello del nord. E allora, semmai il tema è che sono imprese piccole, atomizzate, incapaci di fare rete, incapaci di fare sistema. Proviamo a lavorare per quelle imprese che hanno successo, per quelle imprese che, nonostante le gravi difficoltà di sistema, misurano successi e performance importanti. Proviamo a lavorare attorno al prodotto impresa per creare una condizione di sviluppo, una leva vera.
  Ci sono state stagioni in cui si è pensato che con infornate nella pubblica amministrazione si potesse risolvere il problema del lavoro e dell'occupazione. Ci sono state stagioni nelle quali si è pensato di operare con i lavoratori socialmente utili. Vi sono state stagioni varie che si sono sovrapposte. Proviamo, viceversa, questa volta a tentare un'operazione che parta dal vero cuore pulsante che esiste nel Mezzogiorno: quelle imprese che resistono, nonostante le grandi difficoltà. Proviamo a concentrare la nostra attenzione non solo sui fondi straordinari – guai se non lo facessimo –, ma proviamo a concentrare la nostra attenzione anche sui fondi ordinari.
  E, in questo senso, provate a spiegarci perché ANAS non investe al sud, perché Ferrovie dello Stato non investe al sud, perché una serie di operazioni ordinarie, che rappresentano la spesa ordinaria del nostro Paese, non possono essere migliorate nella performance di risultato.
  Qui non si vuole copiare la prima Cassa del Mezzogiorno, che pure ha avuto i suoi meriti. Si vuole semmai, sottosegretario, provare a sbrigliare quei meccanismi che hanno rappresentato nelle ultime stagioni gruppi clientelari, intermediazioni politico-burocratiche assolutamente parassitarie, che hanno ulteriormente affossato il Mezzogiorno.
  Ho letto che lei ci propone il modello tedesco, il tema però è capire da che parte della Germania si parte. In Germania si è partiti per l'unificazione dall'est, noi non possiamo partire dal vagone del nord, dalla locomotiva del nord, dobbiamo partire dal Mezzogiorno. Oggi ho la sensazione opposta che, viceversa, si vuole in qualche modo trascinare il sud, magari utilizzare le risorse del sud come cassa per far ripartire il nord, e sarebbe un grave errore, un grave errore strategico-strutturale.
  Guardate, la prova è rappresentata da quei 4 miliardi che, sottratti al Mezzogiorno, vengono utilizzati per finanziare altro. È già stato fatto nel passato e si è sbagliato, ma nel passato perlomeno si è finanziata la ricostruzione in Abruzzo, cosa assolutamente necessaria. Oggi quei 4 miliardi servono per il Fondo dei nuovi occupati, evidentemente quel Fondo è prevalentemente investito al nord. Insomma, utilizzate il sud come la cassa per il nord.
  Sottosegretario, io voglio con franchezza anche escludere che la ragione di questo svuotamento sia ascrivibile al fatto che chi presiede a quella cassa, cioè lei, non abbia la responsabilità di un Dicastero autonomo, ma abbia insieme una funzione importantissima, quella di sottosegretario alla Presidenza, braccio destro del Presidente del Consiglio e, quindi, necessariamente impegnato a trovare risorse per piani di carattere nazionale, e le diventa più facile, le diventa più agevole, secondo alcuni, aprire quella cassa e utilizzare proprio le risorse del sud per iniziative che con il sud nulla hanno a che vedere. Lei mi dirà: ma sono risorse che il sud non saprebbe spendere. Intanto inviterei lei e i suoi colleghi a concentrarsi un po’ di più per consentire che la spesa non sia soffocata dal cappio rappresentato dal Patto di stabilità che è la vera causa della mancata spesa delle regioni del Mezzogiorno. Ma poi mi risulta difficile questo ragionamento, mi piacerebbe molto di più Pag. 31sapere che una regione non riesce a spendere e noi l'aiutiamo da qui, da Roma, a spendere per progetti magari diversi, ma sempre in quella regione, altrimenti si tratta semplicemente di sottrazione di risorse a danno del sud e a vantaggio di altre realtà che non devono essere aiutate per ragioni di coesione, possono essere aiutate, ma non devono essere aiutate per ragioni di coesione.
  E poi quali sono alcuni segnali che mi preoccupano ? Guardate, faccio due esempi e basta. Il primo: la ripartizione delle quote delle risorse che riguardano gli asili nido, per esempio; una ripartizione che questo Governo ha fatto utilizzando la misura della spesa storica. È evidente che, nella ripartizione della spesa storica, regioni e comuni più fortunati che hanno più asili, che hanno più mense, hanno recuperato più risorse di quanto non abbiano avuto regioni meridionali e città importanti del Mezzogiorno. Penso, per esempio, ad una città importante di oltre 100 mila abitanti, Giugliano, che per avere la responsabilità di non aver asili nulla ha avuto e, quindi, non la misura dei reali bisogni, ma la misura della spesa storica.
  E qui diventa singolare la cosa: quando la spesa storica è invocata dal Sud per mantenere una spesa, eh no, bisogna ragionare sui costi standard e noi siamo d'accordo; quando, viceversa, questa spesa storica privilegia il Nord e, allora, si può ragionare della spesa storica e noi a chiedere viceversa che si ragioni sui reali bisogni dei territori. E, poi, l'ultimo provvedimento che è stato anche qui approvato con una fiducia, che riguarda importanti impegni di spesa concernenti...

  PRESIDENTE. Deve concludere.

  PAOLO RUSSO....strade e ferrovie – concludo – con l'1 per cento al Sud e il 99 per cento al Nord. E, poi, il risparmio previsto sulla quota IRAP che riguarda solo per il 18 per cento il Sud. E, poi, i 500 milioni di euro di taglio di cofinanziamento ai fondi comunitari. Insomma, ce n’è tanta di preoccupazione che deriva dagli atti misurati in questo Parlamento e dalle azioni del Governo. Con la nostra mozione – anche con le altre mozioni presentate che apprezziamo tutte – vogliamo, da una parte sollecitare il Governo ad una politica più attenta...

  PRESIDENTE. Collega, ha esaurito il tempo, per favore.

  PAOLO RUSSO....e d'altra parte vogliamo anche che sia ben chiara una responsabilità, la responsabilità di chi in questo momento governa e male sta facendo per il Sud del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 11,47).

  PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Si riprende la discussione.

(Ripresa dichiarazioni di voto)

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Baldassarre. Ne ha facoltà.

  MARCO BALDASSARRE. Signor Presidente, il Mezzogiorno, l'annosa questione del Mezzogiorno, quanti discorsi ho sentito fare da sempre sul Mezzogiorno: bisogna dare più aiuti al Sud perché la situazione è allarmante; bisogna togliere gli aiuti al Sud perché lì comanda la mafia; ci sono realtà imprenditoriali al Sud che dovrebbero essere prese come esempio per alcune realtà del Nord, ma i «terroni», invece, sono tutti sfaticati e vengono al Nord per rubarci il lavoro; l'Italia non può Pag. 32aspettare il Meridione che è una palla al piede; l'Italia deve restare unita e il Meridione deve essere rilanciato. Di discorsi ne sono stati fatti di tutti i tipi, a favore, contro, ma la verità è una sola: ci siamo battuti per l'unità d'Italia, unica, una e indivisibile.
  In che modo lo Stato deve permettere al Mezzogiorno di recuperare il gap con il resto d'Italia ? E ho detto «permettere di recuperare il gap». Non deve farlo tramite mero assistenzialismo, non tramite finanziamenti a pioggia, non tramite investimenti verso progetti che poi non si sa che fine fanno, ma dando delle opportunità, con investimenti mirati ai settori che ne permettano la crescita, puntando seriamente sulle tecnologie, sulla banda larga, il welfare, l'istruzione e sulle infrastrutture utili – e ripeto: utili – cioè quelle che permettono di favorire la viabilità, lo spostamento dei pendolari, il commercio e il turismo. Ma, contemporaneamente, non possiamo più permettere che si commettano degli errori; non possiamo più permettere alle regioni di buttare via miliardi di euro dei fondi strutturali. E in questa partita gioca un ruolo fondamentale l'Agenzia per la coesione territoriale che deve essere pienamente operativa quanto prima, sia per garantire un utilizzo efficiente dei fondi della programmazione 2007-2013 e della prossima programmazione, sia per garantire poteri sostitutivi in caso di ritardi o inefficienze delle regioni.
  Un altro punto fondamentale deve essere quello dell'esclusione dai vincoli del Patto di stabilità delle spese connesse ai fondi strutturali giacché tali spese rappresentano fonti di investimento per lo sviluppo che, soprattutto in momenti di forte recessione, devono poter essere affrontate per il rilancio dell'economia. Qualche settimana fa, proprio qui vicino, in piazza di Pietra, si è tenuto il rapporto annuale dello Svimez sulla situazione del Mezzogiorno. Se prima la situazione del Mezzogiorno era allarmante, ora è addirittura catastrofica. Questa è la parola giusta.
  Ora potrei iniziare ad elencare una serie di dati, numeri e percentuali, ma non c’è bisogno perché c’è solo una cosa da dire: non c’è più tempo. Finora si è fatto finta di voler affrontare seriamente il problema e qualsiasi politica di rilancio del Mezzogiorno è fallita miseramente, volutamente mi verrebbe da aggiungere, ma ora non c’è più tempo. Dobbiamo migliorare le università, dare maggiore sicurezza alle aziende, insegnare a fare impresa, perché oggi le aziende del Mezzogiorno sono quelle che più subiscono la crisi e, infatti, la maggiore mobilità del Sud potrebbe dipendere anche dalla sua difficoltà a far sopravvivere le imprese, soprattutto di piccola e media dimensione.
  Se in tutto questo ci mettiamo anche la forte concorrenza dei Paesi emergenti, vediamo che le più colpite sono le aziende meno competitive e, quindi, per forza di cose, proprio quelle del Mezzogiorno.
  In Italia ci sarebbero anche gli strumenti per dare respiro alle aziende, per creare maggiore occupazione e per valorizzare il personale dipendente. Dobbiamo garantire lo sviluppo delle piccole e medie imprese meridionali tramite l'introduzione di un sistema creditizio e finanziario funzionale allo scopo. Uno di questi strumenti è quello della Banca del Mezzogiorno ma, come ormai spesso siamo abituati a vedere, in Italia un progetto nasce con uno scopo e poi, via via, ne assume un altro. Nella mission della Banca c’è esplicitamente scritto che è uno strumento di soccorso per le piccole e medie imprese meridionali. Allora, come mai vengono negati finanziamenti alle PMI meridionali per favorire Alitalia e FIAT che, con quanto scritto nello statuto della Banca, non c'entrano proprio nulla ?
  Abbiamo questo strumento a disposizione e, quindi, rendiamolo efficiente. Dobbiamo rendere le condizioni favorevoli per il rientro dei giovani, soprattutto con alto grado di scolarizzazione, che si spostano nel Nord Italia o in Europa perché non trovano sbocchi nella propria regione. La criminalità, il lavoro sommerso, l'illegalità, sono tutte conseguenze di una parte d'Italia lasciata a se stessa. Puntiamo sulle produzioni tipiche, sulla filiera agroalimentare, Pag. 33sul corretto ciclo dei rifiuti, sulle energie rinnovabili, al fine di aumentare i livelli occupazionali.
  Presidente, io vengo da Ugento, una piccola città di poco più di 10 mila abitanti del Salento. Nove anni fa ho dovuto fare una scelta: cercare lavoro altrove. Mi sono spostato in Toscana, ad Arezzo. Non è facile abbandonare tutto e ricominciare da capo, salutare la propria famiglia, i propri amici, andare via dal luogo dove sei nato e cresciuto, spostarsi in un luogo con altri dialetti, con altre abitudini, magari con un'altra lingua, perché ci sono ragazzi o intere famiglie che si spostano oltre confine, all'estero. Non è giusto che migliaia di ragazzi e migliaia di famiglie siano obbligati a spostarsi perché finora la politica, perché fare o non fare delle scelte è solo questione di volontà politica, non ha preso la situazione in pugno o si è occupata della sempre più nera situazione del Mezzogiorno con sufficienza.
  Ora finalmente la questione del Mezzogiorno torna al centro dei lavori del Parlamento, con un impegno che, ci auguriamo, continui ad essere trasversale, visto che già dall'inizio abbiamo lavorato insieme, consapevoli dell'importanza della questione. L'Italia è in forte recessione da oltre sei anni. La Germania ha colmato il divario est-ovest in poco più di 15 anni di storia recente. L'unione, tra spirito di unità e investimenti, ha definitivamente abbattuto ogni muro. In Italia, invece, dopo 150 anni dall'unità, viviamo ancora un divario di sviluppo ormai non più accettabile. La questione meridionale riguarda anche il Settentrione, perché non ci sarà uscita dalla recessione senza il rilancio del Sud.
  Oggi finalmente abbiamo nuove opportunità. Il Mezzogiorno e l'Italia intera aspettano risposte concrete. Ora, in questo momento, non possiamo più fallire (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la collega Covello. Ne ha facoltà.

  STEFANIA COVELLO. Signor Presidente, sottosegretari, signori colleghe e colleghi, intanto da parte del gruppo del Partito Democratico un plauso al lavoro che il sottosegretario Delrio sta compiendo in un'azione di grande...

  PRESIDENTE. Scusi. Chiedo di liberare i banchi del Governo, per favore, per rispetto di...

  STEFANIA COVELLO. Poi mi fa recuperare il mezzo minuto, Presidente.

  PRESIDENTE. Nessun problema.

  STEFANIA COVELLO. Dicevo, in un'azione di grande comprensione e di grande lavoro nel contesto dei gruppi parlamentari.
  Vorrei, con pacatezza e serenità, però dire anche ai colleghi della Lega che non è opportuno e non è neanche utile per l'Italia continuare a cercare di creare delle lacerazioni tra Nord e Sud, perché io penso invece, così come anche tanti nostri colleghi, di tutti i gruppi parlamentari, che sono appunto del Nord, che il Mezzogiorno possa essere un'opportunità.
  Detto questo, sottosegretario Delrio, era il 1992 quando il professor Beniamino Andreatta, con un atto politico dirompente, direi, e anche coraggioso, pose fine all'esperienza della Cassa del Mezzogiorno. Lo fece perché, come era solito ripetere ai suoi colleghi soprattutto meridionali, la Cassa era diventato l'alibi perfetto per la deresponsabilizzazione degli amministratori locali. Fu una scelta coraggiosa, presa da un uomo che amava il suo Paese e che credeva, da fondatore dell'università di Cosenza, che il Sud doveva farcela da solo, perché sarebbe stato il solo modo attraverso il quale l'Italia sarebbe uscita dalla crisi, la crisi degli inizi degli anni Novanta.
  Ed effettivamente la fine dell'attività della Cassa del Mezzogiorno ha consentito di far luce sull'alibi che riguardava il Mezzogiorno e su come quell'intervento, che veniva chiamato straordinario, in realtà servisse a coprire l'indiscutibile dato Pag. 34di fatto che, in termini di trasferimenti, il Sud era ben al di sotto dell'ordinario.
  Non assolviamo, non condanniamo ma prendiamo atto di quello che i numeri ci hanno detto. Oggi, ad oltre vent'anni di distanza, ci troviamo di fronte ad una questione molto simile. La similitudine nasce dal fatto che oggi stiamo per votare un atto di indirizzo molto importate che riguarda l'impiego dei fondi strutturali, che nel corso di questi anni, soprattutto di questi ultimi anni di crisi, hanno coperto solo parzialmente il drastico decremento di investimenti pubblici. I fondi strutturali rappresentano infatti quasi il 20 per cento di tutti gli investimenti pubblici, considerato il ridimensionamento della quota degli investimenti che le politiche di contenimento della spesa pubblica hanno determinato nel corso di questi anni.
  Non mi metterò qui ad elencare tutti i numeri e le cifre di una malattia che conosciamo. Dico però soltanto che dal 2008 il PIL del Sud è calato di quasi 14 punti percentuali, ricordando anche, sottosegretario Delrio, che l'allora Governo Berlusconi e il Ministro Tremonti nulla hanno fatto verso il Sud che è stato martoriato e lacerato dalla politica economica del Governo Berlusconi, contro un 5 per cento del resto del Paese.
  E mi fermo rispetto ai Governi e ai numeri del Mezzogiorno citando solo due dati: la disoccupazione nell'area nella quale risiede il 30 per cento della popolazione del Paese e si censisce il 50 per cento dei disoccupati italiani e oltre un terzo di quel 30 per cento vive in condizioni di povertà, le famose nuove povertà di cui si parla.
  Sono numeri da far tremare i polsi. Sono numeri che pur nella loro drammaticità non riescono a rendere pienamente quale è la condizione di questa parte del Paese. Per questo vogliamo assolvere un ruolo di stimolo e di pungolo anche come partito più grande del Paese per incalzare l'Esecutivo che non ha bisogno di essere incalzato perché bene sta facendo e sta lavorando fortemente. Però è necessario fare sempre di più per quella che può essere per davvero l'opportunità di uscita dalla crisi perché come più volte hanno ribadito il Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, e il sottosegretario Delrio, l'Italia sarà quello che sarà il Sud. Nell'atto di indirizzo che ci apprestiamo a votare chiediamo anzitutto certezze. La prima certezza che chiediamo è quella che riguarda la questione delicatissima del cofinanziamento.
  Lo dicevano anche tanti altri colleghi perché di sicuro non siamo tra coloro che si fasciano la testa perché la testa del Sud è già abbondantemente ammaccata, però è anche una testa dura che vuole vincere queste grandi sfide e lo è perché, se abbiamo perso dei soldi, lo abbiamo fatto perché non abbiamo saputo spenderli e, se ci accorgiamo delle diminuzioni quando le leggiamo per iscritto e poi scopriamo però che per otto anni quei soldi sono stati lì senza essere spesi, allora dobbiamo fare autocritica come classe dirigente meridionale.
  Non vogliamo più mille rivoli in cui disperdere una mole di danaro impressionante. Se in maniera molto superficiale e per difetto andassimo a sommare le risorse che il Mezzogiorno avrà nei prossimi sette anni a partire da oggi, come dice lei sottosegretario, ci accorgeremo che queste toccheranno quota 200 miliardi di euro, cioè pari a due terzi di quelle che il Presidente della Commissione Juncker ha annunciato per tutta Europa per sostenere il rilancio dell'economia. E purtuttavia questi numeri non sono percepiti soprattutto dalla pubblica opinione meridionale per la loro straordinaria ed impressionante dimensione perché sembrano lontani, distanti, smaterializzati ma se usati bene, come dice lei, noi potremo normalizzare il Mezzogiorno.
  Noi vogliamo che il Governo si impegni ancora di più davvero affinché tutte le risorse del cofinanziamento, sottratte al 50 per cento, possano rimanere comunque a disposizione di quelle regioni che ne hanno in questo momento più bisogno e a cui erano originariamente destinate, così come poniamo con forza la questione della sua esclusione dal calcolo del Patto di stabilità e so che il sottosegretario Delrio Pag. 35si sta fortemente impegnando perché ciò avvenga. Non è una questione da poco. Noi prendiamo atto delle dichiarazioni rese dal sottosegretario nel corso dell'informativa del 7 ottobre svolta in quest'aula e chiediamo che si arrivi in tempi rapidissimi al CIPE per l'approvazione di una delibera che vincoli appunto queste risorse della rifasatura del cofinanziamento ai territori.
  È una questione di lealtà istituzionale, ma è una questione profondamente politica, perché sappiamo che, se riusciamo in questa operazione, aiuteremo il sud del Paese, non con quella forma di assistenzialismo: noi sentiamo tutto quello che viene detto in relazione a ciò.
  Vogliamo che avvenga in tempi rapidi un monitoraggio di tutte le risorse giacenti nei vari Ministeri, sottosegretario, in progetti che riguardano le aree industriali del Mezzogiorno, perché abbiamo, cari colleghi della Lega, grandi poli di eccellenza veramente da dimostrare a tutto il mondo, compresi i nostri giovani universitari, che invitano i colleghi della Lega a partecipare e a confrontarsi in dibattiti culturali, oltre che di politica economica.
  Il rilancio del sud è strettamente collegato ad una nuova piattaforma di politica industriale, che faccia tesoro degli errori pregressi però, e che rivitalizzi aree ed infrastrutture, con spazi e capannoni a disposizione; in questo dobbiamo rivitalizzare con un cronoprogramma certo, anche con gli strumenti della programmazione negoziata. Abbiamo, ad esempio, tutte le aree dell'ex legge n. 219/81 in Campania e in Basilicata che possono tornare ad essere attrattive di nuovi investimenti. Penso all'impegno che il Governo sta mettendo per Taranto, al sottosegretario che va fisicamente a controllare come procedono le cose; per Gela, per coniugare in maniera positiva industria con ambiente e salvaguardia della salute.
  Chiediamo che si possa intervenire in sede comunitaria, al fine di introdurre in favore delle regioni del Mezzogiorno una serie di misure, anche in via temporanea, sia di carattere eccezionale, sia di alleggerimento fiscale e contributivo, che finanziario, in grado di rilanciare l'economia reale del Meridione, in considerazione della fase socio-economica di estrema emergenza che investe le macroaree delle regioni interessate con l'individuazione sperimentale di aree ZES, a partire proprio dal porto di Gioia Tauro.
  Prevediamo la creazione di un apposito osservatorio sulle infrastrutture del Mezzogiorno, con l'obiettivo di velocizzare gli investimenti in atto ed individuare le priorità per la connessione del Sud ai principali corridoi di comunicazione europei. Ci sono servizi che rendono la cifra della cittadinanza: il diritto alla mobilità è uno di quelli e noi lo rivendichiamo con grande forza. Se in due ore mezza, dall'anno prossimo, si arriverà da Roma a Milano, non può essere che ci voglia, se va bene, lo stesso tempo per raggiungere Catania da Palermo e viceversa. Collegarsi ai corridoi europei è prioritario e portualità e intermodalità, come diceva bene l'onorevole Buttiglione, sono le chiavi di volta, come diceva anche l'onorevole Rampelli.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  STEFANIA COVELLO. Poi vengo a due questioni molto importanti – e mi avvio alla conclusione – che sono all'interno del nostro atto di indirizzo: la prima riguarda le politiche a tutela del patrimonio ambientale. La messa in sicurezza: abbiamo avuto troppi esempi negativi che non sto qui a citare. Il Sud non deve essere più quello «sfasciume pendulo», come lo definiva Giustino Fortunato. Investire nella cura del territorio è una priorità.
  La seconda, è il contrasto ai fenomeni di marginalità e povertà: una vera emergenza. Scontiamo l'assenza di una rete di protezione sociale adeguata. Siamo davvero ad un passo dallo tsunami demografico: l'emigrazione nel Sud, 100 mila persone l'anno lasciano il Sud. Si rischia di rendere irreversibile questo declino demografico e, quindi, economico, di quella che era la culla d'Italia. L'obiettivo tematico n. 9 – è questo il numero – sarà davvero la prova del nove su una nuova sfida di impiego dei fondi comunitari.

Pag. 36

  PRESIDENTE. Deve concludere.

  STEFANIA COVELLO. C’è un problema, spesso, sottovalutato: la questione della spesa storica. Questa non può diventare la scusa, ho concluso, Presidente. Le criticità, gli asili: Napoli non può per asili nido, in presenza di un numero superiore di bambini, essere meno rispetto a Torino e Milano.
  Il turismo e i beni culturali: accettiamo, come PD – io devo tagliare, purtroppo –, con il Governo di Matteo Renzi, tutte queste sfide, affinché il Mezzogiorno, dopo vent'anni, torni ad essere presente veramente tra i soggetti attuatori dell'agenda politica ed istituzionale nel nostro Paese. Siamo anche pronti a correre dei rischi, come quello sul cofinanziamento, nei termini e nelle misure che abbiamo detto, ma vogliamo che si passi alla piena operatività di questi impegni. Su questo, in Aula, vigileremo. L'accordo di partenariato siglato la scorsa settimana è davvero l'ultima occasione che possiamo darci. Il tempo della lagnazione è finito: è tempo di responsabilità, non ci sono prove d'appello.

  PRESIDENTE. Collega, concluda.

  STEFANIA COVELLO. Tutti i gruppi parlamentari hanno lavorato insieme, perché io penso che non c’è una barriera ideologica: tutti insieme, noi dobbiamo graniticamente approvare un atto parlamentare dal quale si possa partire perché il Mezzogiorno non diventi una questione...

  PRESIDENTE. La ringrazio...

  STEFANIA COVELLO. ...ma possa rappresentare lo sviluppo economico per l'Italia e per l'Europa (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. La ringrazio, collega, era un minuto e venti secondi fuori. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.
  Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazioni)

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Come da prassi, le mozioni saranno poste in votazione per le parti non assorbite e non precluse dalle votazioni precedenti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Scotto ed altri n. 1-00537, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Chi ha problemi con il dispositivo di voto ? Poi aspettiamo quelli che si stanno recando a votare. Casellato, Ginefra, Brugnerotto, Corda e Rizzo, Bragantini, Ragosta, Saltamartini, Andrea Romano, Frusone, Marzana, Vignali, Pellegrino...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  388   
   Votanti  387   
   Astenuti    1   
   Maggioranza  194   
    Hanno votato sì  372    
    Hanno votato no  15.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  (Il deputato Zaratti ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Pisicchio ed altri n. 1-00609 (Nuova formulazione), su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Di Lello, Catania, Folino, Gigli, Crippa, Ragosta, Piccolo Nardelli, Locatelli, Amoddio, Pag. 37Luigi Gallo, Brunetta, Simone Valente, Presidente Baldelli...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  394   
   Votanti  393   
   Astenuti    1   
   Maggioranza  197   
    Hanno votato sì  377    
    Hanno votato no  16.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  (Il deputato Zaratti ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Covello ed altri n. 1-00612, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Catania, Carfagna, Colaninno, Valiante, Piccoli Nardelli...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  397   
   Votanti  395   
   Astenuti    2   
   Maggioranza  198   
    Hanno votato sì  380    
    Hanno votato no  15.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  (Il deputato Zaratti ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Palese e Russo n. 1-00614 (Nuova formulazione), in quanto non assorbita dalle precedenti votazioni, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Colaninno, Duranti, Andrea Romano, Palma, Casellato, Taricco, Sandra Savino...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  397   
   Votanti  396   
   Astenuti    1   
   Maggioranza  199   
    Hanno votato  380    
    Hanno votato no  16.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  (Il deputato Zaratti ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Baldassarre ed altri n. 1-00621, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Gigli, Dall'Osso, Mauri, Quaranta, Locatelli, Monaco, Garavini...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  402   
   Votanti  401   
   Astenuti    1   
   Maggioranza  201   
    Hanno votato  386    
    Hanno votato no  15.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  (Il deputato Zaratti ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione De Girolamo ed altri n. 1-00624 (Nuova formulazione), in quanto non assorbita dalle precedenti votazioni, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.Pag. 38
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Tancredi, Casellato, Colaninno, Savino, Pizzolante...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  402   
   Votanti  401   
   Astenuti    1   
   Maggioranza  201   
    Hanno votato  386    
    Hanno votato no  15.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  (Il deputato Zaratti ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Taglialatela ed altri n. 1-00641, in quanto non assorbita dalle precedenti votazioni, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Casellato, Nicchi, Taricco, Sereni, Dell'Aringa, Gebhard...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  404   
   Votanti  403   
   Astenuti    1   
   Maggioranza  202   
    Hanno votato  388    
    Hanno votato no  15.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  (Il deputato Zaratti ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole).

  Indico la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione De Mita ed altri n. 1-642, in quanto non assorbita dalle precedenti votazioni, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Dall'Osso, Taricco, Casellati, Grassi, Duranti, Paola Bragantini, Colaninno, Carbone...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  404   
   Votanti  403   
   Astenuti    1   
   Presenti e votanti  403   
   Maggioranza  202   
    Hanno votato  388    
    Hanno votato no  15    

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  (I deputati Zaratti, Piccione e Airaudo hanno segnalato di non essere riusciti ad esprimere voto favorevole).

  Indico la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Antimo Cesaro ed altri n. 1-648 (Nuova formulazione), in quanto non assorbita dalle precedenti votazioni, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Vignaroli, Baldassarre, Della Valle, Zolezzi.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  406   
   Votanti  405   
   Astenuti    1   
   Presenti e votanti  405   
   Maggioranza  203   
    Hanno votato  390    
    Hanno votato no  15    

  (I deputati Zaratti, Piccione e Airaudo hanno segnalato di non essere riusciti ad esprimere voto favorevole).

  La Camera approva (Vedi votazioni).

Pag. 39

Sull'ordine dei lavori.

  PRESIDENTE. Dovremmo ora passare all'esame delle mozioni concernenti l'accordo di partenariato per il commercio e gli investimenti tra Unione europea e Stati Uniti d'America, noto come TTIP. Risulta alla Presidenza la sussistenza di un'intesa tra tutti i gruppi per rinviare ad altra seduta l'esame di tali mozioni. Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.

  (Così rimane stabilito).

Seguito della discussione delle mozioni Rondini ed altri n. 1-00629, Brunetta ad altri n. 1-00633, Dorina Bianchi ed altri n. 1-00634, Binetti ed altri n. 1-00640, Amato ed altri n. 1-00643, Rampelli ed altri n. 1-00646 e Palazzotto ed altri n. 1-00655, concernenti iniziative riguardanti i profili di prevenzione sanitaria correlati al fenomeno migratorio (ore 12,17).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Rondini ed altri n. 1-00629, Brunetta ad altri n. 1-00633, Dorina Bianchi ed altri n. 1-00634, Binetti ed altri n. 1-00640, Amato ed altri n. 1-00643, Rampelli ed altri n. 1-00646 e Palazzotto ed altri n. 1-00655 (Vedi l'allegato A – Mozioni), concernenti iniziative riguardanti i profili di prevenzione sanitaria correlati al fenomeno migratorio.
  Avverto che, dopo la conclusione della discussione sulle linee generali, che ha avuto luogo nella seduta di lunedì 20 ottobre, sono state presentate le mozioni Binetti ed altri n. 1-00640, Amato ed altri n. 1-00643, Rampelli ed altri n. 1-00646 e Palazzotto ed altri n. 1-00655, che sono già state iscritte all'ordine del giorno.
  Avverto, inoltre, che in data odierna è stata presentata una nuova formulazione della mozione Amato ed altri n. 1-00643 (Vedi l'allegato A – Mozioni), che è stata sottoscritta, tra gli altri, anche dai deputati Dorina Bianchi, Binetti e Locatelli, che, con il consenso degli altri sottoscrittori, ne diventano rispettivamente il secondo, il terzo e il quarto firmatario. Il relativo testo è in distribuzione. Contestualmente, le mozioni Dorina Bianchi ed altri n. 1-00634 e Binetti ed altri n. 1-00640 sono state ritirate dai presentatori.

(Intervento e parere del Governo)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato per la salute, Vito De Filippo, che esprimerà altresì il parere sulle mozioni presentate.

  VITO DE FILIPPO, Sottosegretario di Stato per la salute. Presidente, onorevoli deputati, mi appresto ad esprimere il parere sulle singole mozioni, anche nelle riformulazioni che sono state annunciate dal Presidente, non prima di aver ringraziato i proponenti e anche i gruppi per il lavoro svolto.
  Mi sembra che in quasi tutte le mozioni vi sia una comune impostazione sulla gestione dei flussi migratori sotto l'aspetto sanitario, che pretende un lavoro di coordinamento di molte amministrazioni nazionali, europee e internazionali, esattamente il lavoro al quale sta attendendo il nostro Governo da tempo e che io confermo anche nelle operazioni future che sono state citate anche in molte mozioni: Triton con l'Amministrazione europea, e Frontex, che avrà esattamente questo tipo di metodo.
  Vengo ora al parere sulle singole mozioni.
  Sulla mozione Rondini ed altri n. 1-00629 il Governo esprime parere non favorevole sull'intera mozione, poiché non condivide l'impostazione e nemmeno gli impegni che sono stati indicati dall'onorevole Rondini.
  Sulla mozione Brunetta ed altri n. 1-00633, il Governo esprimerebbe parere favorevole, a condizione che l'impegno di cui alla lettera e) sia riformulato nell’incipit con le seguenti parole: «continuare nel lavoro di implementazione del coordinamento delle attività (...)»; e l'impegno Pag. 40di cui alla lettera h), sempre della stessa mozione, venga riformulato, sempre nell’incipit, con le seguenti parole: «prevedere, recuperando nuove risorse, l'utilizzo di monitor (...)». A queste condizioni di riformulazione, il parere sulla mozione Brunetta ed altri n. 1-00633 sarebbe favorevole.
  Sulla mozione dell'onorevole Amato ed altri n. 1-00643, come è stata annunciata nella nuova formulazione, il Governo esprime parere favorevole.
  Sulla mozione dell'onorevole Rampelli ed altri n. 1-00646 il Governo esprimerebbe parere favorevole, a condizione che le premesse di quella mozione siano riformulate, nel senso che chiediamo di sopprimere dal capoverso che inizia con le parole «in occasione di uno sbarco di migranti», fino alla fine delle premesse; se c’è l'accettazione di questa riformulazione sulla mozione Rampelli ed altri n. 1-00646, il Governo esprimerebbe parere favorevole.
  Sulla mozione Palazzotto ed altri n. 1-00655 il Governo esprime parere favorevole, a condizione di due riformulazioni negli impegni della mozione: al punto 3 degli impegni, sostituire alle parole di quel punto, l’incipit con «a continuare ad attivarsi (...)»; al punto 5 degli impegni della mozione Palazzotto ed altri n. 1-00655, sostituire l’incipit con le parole «a verificare la possibilità di incrementare (...)».
  Questi sono i sintetici pareri sulle mozioni presentate.

(Dichiarazioni di voto)

  PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Locatelli. Ne ha facoltà.

  PIA ELDA LOCATELLI. Signor Presidente, collegare il rischio di diffusione del virus Ebola all'aumento dei flussi migratori è una menzogna che va categoricamente smentita, in primo luogo con i fatti.
  Da quando si è diffusa l'epidemia, ci sono stati solo casi sporadici di contagio in occidente, pochi negli Stati Uniti, un paio in Spagna. Nessuno degli infettati era un migrante, bensì tutti operatori sanitari e volontari che avevano avuto un contatto diretto con i malati, senza, crediamo, rispettare il protocollo previsto per evitare il contagio.
  Inoltre, contrariamente a quanto si sottende in alcune mozioni presentate, il virus dell'Ebola non viene trasmesso per via aerea, ma solo con un contatto diretto attraverso i fluidi corporei come muco, sangue, saliva e così via.
  Ebola, poi, si può prendere solo da persone che hanno già i sintomi della malattia. Prima, il virus non è presente nei fluidi, perché non ha ancora colonizzato con alte concentrazioni l'organismo.
  Basterebbero queste semplici informazioni, per comprendere che l'equazione «Ebola uguale migrante» non regge.
  A questo si aggiunge il controllo medico, efficiente e capillare, del quale sono stata testimone nel corso della missione che abbiamo effettuato come intergruppo migrazione sulla nave San Giusto, effettuato sulle nostre navi, che raccolgono i migranti prima che questi raggiungano le coste italiane, un controllo che non riguarda solo Ebola, ma anche tutte le altre malattie, trasmissibili e non.
  Un esempio recente si è avuto durante l'operazione Mare Nostrum con un caso sospetto di vaiolo, che per fortuna si è dimostrato essere solo varicella. E basterebbe questo per giustificare, a nostro parere, a parere dei socialisti, il mantenimento dell'operazione Mare Nostrum. Detto questo, l'epidemia c’è e, anche se i protocolli di sicurezza e di quarantena sono drastici in Europa e in Nordamerica e l'Organizzazione mondiale della sanità ha ridimensionato il rischio di una diffusione del virus in Occidente, l'Europa non può continuare a procedere in ordine sparso. Francia e Gran Bretagna hanno messo in atto i controlli sanitari negli aeroporti ma è necessaria la messa a Pag. 41punto di un dispositivo coordinato. Ancora una volta l'Europa è insufficiente, ancora una volta chiediamo più Europa.
  Per concludere, i socialisti voteranno a favore della mozione unitaria della maggioranza e aspettano la disponibilità ai cambiamenti suggeriti dal Governo per decidere se votare o meno le altre mozioni (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) – Liberali per l'Italia (PLI)).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Cirielli. Ne ha facoltà.

  EDMONDO CIRIELLI. Signor Presidente, colleghi, innanzitutto ringrazio il Governo per aver apprezzato il nostro lavoro su quello che si deve fare. È già un passo in avanti, ci fa piacere, perché viene riconosciuto che oggettivamente c’è un problema complessivo che riguarda un nuovo rischio epidemie. Sicuramente l'attenzione è speciale e specifica per questa epidemia di ebola, che sappiamo tutti, per fortuna, non essere un virus che si propaga per via aerea ma per contatto diretto. Quindi, per ora è circoscritta, nonostante la globalizzazione della mobilità mondiale delle persone. È circoscritta in una certa parte dell'Africa occidentale ma è altrettanto vero che è necessario prendere atto che l'Italia non è pronta, dal punto di vista dell'organizzazione sanitaria, dell'organizzazione della Protezione civile e probabilmente anche per la cultura sanitaria diffusa tra i cittadini, ad affrontare un rischio epidemia. D'altro canto, è altrettanto riconosciuto dal Governo, così come da tutti, che in Italia, oggi, una serie di malattie che erano scomparse – si pensi alla tubercolosi o comunque a malattie endemiche che derivano dal sud del mondo, soprattutto alcune forme di epatite – hanno ripreso vigore con slancio.
  Poi il Governo fa la sua parte, perché è un Governo che ha scelto in maniera specifica una politica incentivante i flussi migratori in Italia, che non soltanto provoca un enorme esborso di denaro, provoca un impiego improprio dei nostri militari, che si sono sostituiti nel servizio taxi degli scafisti, di tutti i criminali del mondo che sfruttano la tratta delle persone introducendo di fatto non più clandestini ma persone che in Italia vengono ad essere sfruttate da delinquenti, spesso loro connazionali, ma purtroppo spesso anche italiani. Quindi, non c’è alcuna forma né velata né larvata di razzismo, c’è semplicemente lo stato di fatto che questo Governo, in maniera improvvida, con l'operazione Mare Nostrum, ha aperto le porte a decine e decine di migliaia di persone.
  Poi il Governo non riconosce quello che in realtà riconoscono tutti gli osservatori del mondo della politica sanitaria, come persino l'Organizzazione mondiale della sanità, cioè che in Italia vi è un flusso costante di immigrazione clandestina non controllata come avviene in tutti gli altri Paesi d'Europa e logicamente non seguita nell'ordinaria civiltà, perché quando entrano delle persone in un Paese poi quella nazione deve essere in grado di garantirgli una vita dignitosa.
  Ma siccome noi non riusciamo a garantire una vita dignitosa e una sanità dignitosa neanche ai meridionali della nostra nazione – io sono meridionale – perché l'Italia meridionale ha molti meno soldi dal servizio sanitario e sono anche spesi male, è chiaro che ci troviamo di fronte a un rischio di nuove epidemie – certamente quella di ebola per fortuna allo stato attuale è controllabile e speriamo che il virus non faccia un salto come ceppo e possa diventare aereo e quindi noi dobbiamo sempre essere pronti a tutto – ma certamente la nostra popolazione, i nostri militari, soprattutto quelli impegnati nei centri di accoglienza e nella operazione Mare Nostrum, sono esposti a rischi di infezioni virali e batteriche, peraltro per lo più cancellate dalla nostra storia di civiltà e di sanità perché c’è una classe dirigente incapace, perché oggi c’è un Governo che spreca i soldi dando le paghette ai detenuti, piuttosto che dando i contributi a tutti gli stranieri del mondo quando viviamo in una condizione difficile e con una sanità da terzo mondo.Pag. 42
  Allora, ci fa piacere che il Governo raccolga gli impegni e noi lanciamo forte il grido di allarme che l'Italia riconquisti la sua sovranità anche sanitaria, comportandosi da Paese civile, non chiudendo in maniera indiscriminata le proprie frontiere, ma aprendole a quelle persone a cui noi possiamo garantire una vita civile e dignitosa, perché altrimenti non ci saranno grati per quello che stiamo facendo, anzi ci odieranno e ci tratteranno come se fossimo razzisti, quando razzisti certamente non sono gli italiani, ma alcuni governanti poco illuminati e molto demagoghi.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la collega Binetti. Ne ha facoltà.

  PAOLA BINETTI. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, colleghi, prima di una qualunque riflessione su questo tema così delicato che riguarda la salute degli immigrati ed è un obbligo che è sicuramente prima di tutto un obbligo morale, ma anche un obbligo sociale, un obbligo politico e un obbligo che nasce anche dalla stessa prudenza nei confronti della tutela degli immigrati, vale la pena ricordare un punto chiave per tutti noi ogni volta che trattiamo della salute.
  L'articolo 32 della Costituzione italiana tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo ed interesse della collettività. Quindi, in un certo senso, fa leva sul diritto individuale e sulla responsabilità sociale, ma questa responsabilità sociale la definisce come un interesse primario proprio nella linea della tutela della salute pubblica.
  Con il termine «individuo» si include, nell'ambito della tutela, non solo il cittadino italiano, ma chiunque si trovi all'interno dei confini della Repubblica, operando così secondo una logica di tutela e di prevenzione collettiva. Il fenomeno migratorio sappiamo tutti che sta diventando una realtà globale, strutturale, dalla velocità estremamente rapida. Secondo l'ONU, nel 2010, erano 191 i milioni di persone che vivevano fuori dal loro Paese, in Italia si tratta di 3 milioni e 770 mila persone, includendo i circa 800.000 irregolari. Sappiamo anche che l'Italia è Paese ampiamente di passaggio per molte di queste persone che transitano attraverso l'Italia per migrare verso Paesi del nord Europa, dove, perlomeno attualmente, è più facile trovare un posto di lavoro e quindi migliorare le condizioni di vita che sono anche condizioni di salute.
  Nel fenomeno migratorio appare evidente quello che si chiama l’health divide, cioè l'ampliamento delle disuguaglianze di salute generate dal contesto sociale a sfavore delle fasce deboli della popolazione.
  Tra gli immigrati non ci dimentichiamo che le malattie possono essere il risultato di fattori ambientali maturati nel loro Paese, qualcosa che loro si portano dal loro Paese, possono essere legati a fattori del Paese in cui vivono, quindi qualcosa che li tocca e li colpisce proprio in virtù del nuovo contesto in cui vivono e qualcosa che può essere legata invece proprio allo spostamento e a tutte le angherie subite nell'ambito dello spostamento, dalla mancanza di nutrizione e di idratazione, fino alla mancanza di igiene, con tutto quello che questo comporta.
  Quindi, se da un lato i migranti non hanno necessariamente una salute peggiore del resto della popolazione, anzi a volte sappiamo che quelli che riescono a spostarsi e ad affrontare le fatiche del viaggio sono anche coloro che godono di una salute quanto meno discreta, dall'altro, tendono ad essere esposti ad un rischio maggiore di andare incontro a problemi di salute associati alla povertà, alla scarsità di condizioni igieniche e ad un'alimentazione diversa da quella a cui sono abituati.
  Ovviamente gli immigrati più vulnerabili ai problemi di salute, legati alla povertà, sono le donne, i giovani e gli anziani. L'ultimo rapporto sulla povertà della Caritas Europa, descrive e analizza le condizioni socioeconomiche e i bisogni dei migranti, identifica i fattori chiave che nei Paesi di accoglienza possono metterli in difficoltà, fino a ridurli in ulteriore povertà. Non rare volte, le condizioni degli Pag. 43immigrati, nella prima fase del loro arrivo nel Paese di immigrazione, sono peggiori di quelle che hanno lasciato nel loro stesso Paese. Il rapporto si interessa particolarmente delle condizioni degli irregolari e dei richiedenti asilo, perché sono i gruppi più vulnerabili e più a rischio, non solo di povertà economica e sociale, ma anche di malattia, e proprio per una migliore tutela della salute, evidenzia fino a che punto i migranti siano a rischio di esclusione per ciò che concerne lavoro, alloggio ed istruzione. Lavoro, alloggio ed istruzione sono tre determinanti di salute, e all'esserne privati, oppure ad essere esposti a condizioni di estrema precarietà, la prima cosa di cui paga lo scotto è proprio la salute delle persone.
  Appare, quindi, necessario, però, per tutti noi, proporre una attività di ricerca che ci faccia capire meglio quali sono i fattori di cambiamento che creano un peggioramento delle situazioni e, viceversa, quali possono essere i fattori che migliorano, a partire proprio dai determinanti di salute, le condizioni di salute. Noi abbiamo sempre trattato questo tema come un'emergenza sociale, non l'abbiamo mai letto nella profondità e nella complessità che potrebbe avere proprio come tema di ricerca, in termini di salute pubblica. Non ci siamo mai soffermati a guardare a queste persone, come a persone che potevano portarci un arricchimento delle nostre conoscenze, proprio rispetto a quello che è il passaggio da uno stato di salute precaria, a uno stato di malattia e, a volte, a uno stato di malattia più grave di quanto non ci si aspettasse. La salute, quindi, noi riteniamo che non vada vista come un costo, ma vada vista come un investimento, non a caso è stata riconosciuta non solo come un bene prezioso per l'essere umano, ma una ricchezza fondamentale per il progresso sociale, economico ed individuale che supera i confini territoriali dello Stato.
  Veniamo, quindi, al tema che, in qualche modo, ha attraversato l'opinione pubblica, creando delle situazioni di allarme e creando anche una situazione di estrema tensione rispetto alle misure di prevenzione da assumere; mi riferisco al caso dell'ebola. Abbiamo seguito, monitorandoli ad uno ad uno, i casi di ebola che sono sopravvenuti in Spagna, negli Stati Uniti, in Germania. In Italia c’è stata una condizione di allarme che ha portato, in qualche modo, a una situazione di messa in quarantena delle persone che venivano da quei Paesi, ma non c’è stato alcun caso di ebola. Però dispiace dire quanto l'opinione pubblica mondiale si sia attivata su questo problema solo quando il caso si è trasferito dai Paesi africani ai Paesi europei, come se la salute non fosse un diritto e un bene individuale, come se non fosse, quindi, un bene di ogni singolo uomo, ma si potesse distinguere tra persone che hanno più diritto alla salute e persone che hanno meno diritto alla salute. Questo è un fatto che, in termini di globalizzazione, deve farci riflettere molto, perché se noi continuiamo a pensare che la nostra salute, in qualche modo, ha diritto a delle precauzioni e a degli interventi qualitativi migliori, mentre la salute degli altri può essere marginalizzata lì, nei loro Paesi dell'area africana, intorno alla Sierra Leone e ai Paesi limitrofi, allora noi non riusciremo a contenere né il rischio di ebola, né il rischio di altre malattie. Noi dobbiamo imparare a ragionare pensando alla salute prima di tutto come ad un diritto individuale, e poi come ad un interesse di tutta la comunità, di tutti i Paesi, e di tutti i popoli, proprio perché le velocità di spostamento ci dicono quanto potrebbe essere facile la contaminazione e, quindi, la diffusione di epidemie che nel tempo possono, davvero, essere considerate la peste del XXI secolo.
  C’è un altro aspetto che a me interessa sottolineare in questa riflessione.
  Nel corso della discussione dell'atto Camera 2498, recante disciplina generale sulla cooperazione internazionale per lo sviluppo, stavamo parlando del Ministero degli esteri; recentemente, in questi giorni, nel dibattito che si sta svolgendo in Commissione affari sociali sulla legge delega che riguarda il terzo settore, vi è un particolare interesse posto nelle figure che possono essere altamente competenti, anche Pag. 44grazie ad una dedicazione e ad una generosità estrema nel recarsi in questi posti e nel farsi carico dei bisogni di salute dei Paesi più disgraziati. Abbiamo riscontrato, rispetto all'epidemia di ebola, che si sono ammalate più facilmente e più gravemente proprio le persone preposte ai compiti di assistenza, di relazione e di cura.
  A nostro avviso il Governo deve avere nei confronti di questo problema una visione a 360 gradi, di cui – ribadisco – la premessa etico-antropologica è che la salute è diritto di ognuno e che non si può distinguere tra chi ha più diritto e chi ha meno diritto. Il secondo punto è che, se si trascura la salute di qualcuno e quest'ultimo si ammala di una patologia in larga parte di tipo infettivo, ciò sarà un pericolo per tutta la comunità e quel disinteresse iniziale avrà un costo altissimo per la comunità. E il terzo punto è che lo Stato investa davvero e positivamente a tutela della salute degli immigrati, come di fatto in Italia accade, ma rendendo più facile, più accessibile a tutti la possibilità di fare degli screening, di avere, per quanto li riguarda, una sorta di cartella sanitaria che ci dica come sono, quando entrano, come evolvono le loro condizioni di salute, in che misura possono trovare delle risposte.
  Sono risposte di civiltà e di umanità, ma credo davvero di poter dire che sono anche un interesse vero dell'intera collettività (Applausi dei deputati del gruppo Per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Rondini. Ne ha facoltà.

  MARCO RONDINI. Signor Presidente, disposizioni governative e delle autorità sanitarie internazionali rilanciano l'allarme sulla ricomparsa, anche sul territorio nazionale, di malattie considerate debellate da tempo.
  Occorre ricordare come, negli ultimi anni, la diffusione della TBC è aumentata di quasi il 50 per cento: da 4 a oltre 6 mila casi all'anno, soprattutto nelle grandi città, con il 25 per cento dei casi tra Roma e Milano e la Lombardia è tra le regioni più colpite. La malattia era stata praticamente debellata negli anni Ottanta, per poi tornare a crescere soprattutto a causa degli arrivi di extracomunitari da Paesi ad alta endemia. Tra immigrati e ritorno della malattia esisterebbe una connessione innegabile. La nuova tubercolosi appartiene, peraltro, ad un ceppo altamente resistente ai farmaci: una ragione in più per vigilare. Per chi arriva da Paesi con malattie diverse dalle nostre, è necessario fare i controlli sanitari prima dell'inserimento in comunità. Non è un atteggiamento discriminatorio, ma una pratica importante in termini di salute pubblica, secondo quanto dichiarato da Susanna Esposito, che è presidente della Società italiana di infettivologia pediatrica e direttore dell'unità di pediatria del Policlinico di Milano.
  La regione europea è stata dichiarata dall'OMS libera da polio nel 2002, anche grazie alla diffusione del vaccino intervenuta subito dopo le grandi epidemie della metà del Novecento. Nei documenti ufficiali, il Ministero della salute precisa che la recente riemergenza della polio in alcuni Paesi è legata a diversi fattori, quali i conflitti bellici in corso, la debolezza dei sistemi sociali e sanitari, incapaci di garantire il raggiungimento di adeguate coperture vaccinali (come in Siria, dove si è assistito al crollo delle coperture passate dal 91 al 68 per cento) o interventi mirati in caso di reintroduzione di poliovirus selvaggi. All'interno degli stessi documenti, viene specificato che, alla fine del 2013, il 60 per cento dei casi di polio era dovuto alla diffusione internazionale del virus selvaggio, con evidenza di correlazione con viaggiatori adulti sani che avrebbero contribuito alla disseminazione del virus. I Paesi maggiormente sospettati di essere portatori del virus sono Siria, Etiopia, Somalia, Camerun, Nigeria, Iraq, Guinea, Pakistan, Afghanistan ed Israele. Il comitato dell'Organizzazione mondiale della sanità, riunitosi d'urgenza il 28 e 29 aprile, ha emanato le raccomandazioni internazionali ai Paesi membri per contrastare la diffusione del virus.Pag. 45
  Oltre ai rischi di contagio attraverso malattie storiche, il mondo sta combattendo oggi il virus dell'ebola che, secondo la definizione del numero uno dell'Organizzazione mondiale della sanità, Margaret Chan, è una minaccia globale. Ad oggi, va precisato, inoltre, che, sui 10 mila casi segnalati, oltre 4.922 sono state le vittime e il tasso di mortalità del 70 per cento.
  Le previsioni dell'OMS sono che l'epidemia peggiorerà prima di migliorare e richiede un aumento della risposta globale, i cui dati raccontano della più complessa epidemia di Ebola nella storia del virus, «una situazione senza precedenti»; la presidente di Medici senza frontiere ha denunciato che: il mondo sta perdendo la battaglia contro l'epidemia Ebola. In Africa occidentale, i casi e le morti continuano ad aumentare. Ci sono continue rivolte, i centri di isolamento sono sopraffatti. Gli operatori sanitari che combattono in prima linea si stanno infettando e stanno morendo in numeri scioccanti. In Sierra Leone, corpi infetti marciscono nelle strade. Piuttosto che costruire nuovi centri di cura dell'Ebola in Liberia, siamo costretti a costruire forni crematori. Per arginare l'epidemia, è imperativo che gli Stati implementino attività civili e militari con esperienza nel contenimento del rischio biologico. I dati parlano di 10 mila casi accertati e 4.922 decessi: 2.705 in Liberia, 1.281 in Sierra Leone e 926 in Guinea. Al ritmo attuale di contagio, saranno necessari da sei a nove mesi ed almeno 490 milioni di dollari per riuscire a contenere l'epidemia, che secondo l'OMS rischia di colpire 20 mila persone.
  Il virus Ebola è una grande preoccupazione. L'Organizzazione mondiale della sanità, nelle nuove direttive, riferisce che l'incubazione va dai due ai ventuno giorni. Di ebola si può anche guarire e nel momento in cui uno guarisce, per altri ventotto giorni, mantiene il virus nel suo corpo e lo può espellere con i liquidi biologici. Questo significa che esiste un arco temporale di 50-60 giorni nel quale comunque questo virus può essere veicolato dall'uomo che lo ospita.
  Come sollevato dal «governatore» Maroni, in Lombardia l'unico aeroporto attrezzato con un filtro sanitario adeguato ai parametri di legge è lo scalo di Malpensa, dove il servizio è strutturato in modo esemplare, ma bisogna pensare anche a Linate, Orio al Serio e Montichiari, in modo da essere pronti non solo per l'emergenza di Ebola, ma anche per Expo 2015, che è in arrivo l'anno prossimo e richiamerà a Milano almeno 20 milioni di passeggeri da tutti i Paesi.
  Per la sua posizione geopolitica, l'Italia è stata da sempre esposta al fenomeno migratorio. In primo luogo, poiché geograficamente protesa verso il mare e, di conseguenza, completamente predisposta ai flussi commerciali o migratori, sempre difficilmente controllabili nella loro interezza. In secondo luogo, poiché, trovandosi al centro del Mar Mediterraneo, costituisce il confine meridionale del continente europeo, facilmente raggiungibile non solo dalla vicinissima Africa, ma anche dal più lontano Medio Oriente. Al di là delle sterili cifre, il fenomeno migratorio è progressivamente divenuto più drammatico. L'immigrazione negli ultimi anni ha fatto registrare un aumento esponenziale anche a seguito della cosiddetta «primavera araba», ma soprattutto a causa della rivoluzione economico-sociale che ha sconvolto il mondo negli ultimi venti anni. Tutti gli aiuti non sono riusciti a tamponare il fenomeno della fame, in Africa e altrove, ma lo hanno aggravato. Perché gli aiuti alle popolazioni del Terzo Mondo tendono ad integrarle maggiormente nel mercato economico mondiale. Ed è proprio questa integrazione, come dimostra la storia dell'ultimo mezzo secolo, che le fa ammalare ed esplodere.
  Prima, quindi, di affrontare i problemi connessi all'emergenza sbarchi nel nostro Paese con il solito approccio buonista, dovremmo essere in grado di capire che è necessario un intervento in controtendenza fondato, da un lato, su un'azione forte di contrasto all'immigrazione di massa e, dall'altro lato, finalizzato a sviluppare interventi mirati di aiuto sul posto per le popolazioni sofferenti. Il dramma Pag. 46dell'immigrazione e dei suoi risvolti sociali sta toccando picchi emergenziali. I poteri dello Stato si trovano spesso senza mezzi tecnici, economici e giuridici per fronteggiarne le derive più estreme, complice la legislazione schizofrenica nazionale ed europea. Come è avvenuto in passato in altre situazioni emergenziali, soltanto una legislazione speciale, accompagnata da deroghe ai trattati internazionali finalizzate alla sicurezza interna e accompagnata da una politica di accordi stabili bilaterali di rimpatrio, politica già intrapresa, ad esempio, con Serbia ed Albania, può consentire la reale tutela dell'interesse dei cittadini e degli stranieri regolarmente presenti nonché diminuire realmente la pressione migratoria e, quindi, le tragedie umanitarie degli sbarchi.
  Chiediamo dunque che il Governo preveda interventi straordinari per garantire la sicurezza dei cittadini, la salvaguardia e la tutela del territorio nazionale, minacciato da un eccezionale afflusso migratorio, motivato da particolari condizioni di instabilità politica negli Stati confinanti e nei Paesi del Nord Africa di sponda mediterranea Chiediamo quindi un impegno al Governo: a sospendere immediatamente l'operazione Mare Nostrum, che, nonostante gli annunci, continua a produrre i suoi scellerati effetti, al fine di scongiurare ogni rischio di contagio e diffusione dalle sopra indicate malattie tra la popolazione, con particolare riguardo agli agenti delle forze dell'ordine e agli operatori impegnati nell'operazione; a predisporre filtri sanitari adeguati ai protocolli internazionali presso tutti gli scali aeroportuali e portuali, oltre che presso le stazioni ferroviarie che hanno collegamenti con treni internazionali; ad adottare, infine, nelle more di un intervento strutturale e strategico, coordinato dall'ONU, misure urgenti per predisporre la creazione di campi di accoglienza da collocare negli Stati africani che si affacciano sul Mediterraneo, al fine di soccorrere i migranti che arrivano dall'intero continente per cercare di arrivare in Europa sulle nuove tratte degli schiavi, per verificare lì i reali presupposti per la concessione di status di rifugiato, per verificare eventuali contagi del virus Ebola.
  Infatti, se una persona sospettata di essersi contagiata arriva dall'Africa senza alcun sintomo, questa persona non è contagiosa, ma dovrà attendere ventuno giorni per l'eventuale comparsa del sintomo ed è solo alla comparsa dei sintomi che diventerà infettiva per le altre persone.
  Vedete, noi chiediamo questi impegni soprattutto alla luce dal fatto che noi siamo convinti che voi – e l'hanno fatto anche i colleghi intervenendo e presentando le proprie mozioni – vi preoccupate della salute dei clandestini che portate sul nostro territorio con operazioni scellerate come Mare Nostrum; noi, invece, di quella dei cittadini italiani. E sarà interessante per noi vedere e registrare il voto dei colleghi del MoVimento 5 Stelle, considerata la posizione espressa dal leader Grillo. Ora ci aspettiamo che alle parole seguano precise prese di posizione e di voto (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Nicchi. Ne ha facoltà.

  MARISA NICCHI. Signor Presidente, parto con il ricordare i dati pubblicati dall'Alto commissariato delle Nazioni Unite, che ha ricordato come 50 milioni di persone nel mondo sono costrette, da guerre, persecuzioni e condizioni di non sopravvivenza, a diventare rifugiati e richiedenti asilo. Voglio ricordare che nella nostra vicina Siria, la guerra che si sta svolgendo alla fine dello scorso anno aveva prodotto già due milioni e mezzo di persone costrette a diventare rifugiate e sei milioni e mezzo di sfollati. Voglio ricordare le guerre in Africa. In altre parole, esiste un legame tra il numero delle persone costrette alla fuga dalle guerre e dalla violenza e l'aumento degli arrivi in mare, ma tutto questo non c'entra nulla con il pericolo, con il tema che noi dobbiamo affrontare e con politiche mirate che riguardano la lotta alla malattia dell'Ebola.Pag. 47
  Voglio a questo proposito ricordare tutto il valore dell'operazione Mare Nostrum, la quale ha permesso il salvataggio di 150 mila persone soccorse e salvate da una morte indicibile e che all'interno di questa operazione sono stati fatti circa 80 mila controlli sanitari svolti da medici della Marina militare e del Servizio sanitario nazionale a bordo delle imbarcazioni e che, poi, si sono realizzati controlli sanitari di medici e personale specializzato a terra prima dello smistamento nei centri di accoglienza. Ecco, mentre avveniva questa grande operazione di solidarietà e di salute, di difesa della salute di tutti i cittadini, nel nostro Paese si è fomentata discriminazione e si è fomentata psicosi collettiva. È di stamane la notizia che cittadini provenienti dall'Africa sono stati lasciati all'aeroporto di Comiso per un'ingiustificata preoccupazione riguardo alla loro salute. Psicosi collettiva, fomentata, che fuorvia perché mentre è inaccettabile il binomio immigrazione-salute pubblica e, dunque, l'ultimo problema della salute pubblica, l'Ebola, il problema di debellare l'epidemia del virus Ebola è sicuramente un tema, una priorità.
  Rappresenta, infatti, una priorità perché è una minaccia alla salute del nostro pianeta, tant’è che Gino Strada, fondatore di Emergency, dice che se l'Ebola non viene fermata, non viene debellata, i rischi per la salute sono simili a quelli della propagazione dell'AIDS. Ma per debellarla non servono inutili, insensati, razzistici allarmismi; servono misure concrete, economiche e sul piano sanitario.
  Del resto, la lenta e inadeguata risposta della comunità internazionale, perché di questo si è trattato, ha amplificato le dimensioni di un dramma che poteva invece, se fossimo intervenuti subito, essere contenuto. La stessa Organizzazione mondiale della sanità ha per troppo tempo sottovalutato gli appelli che provenivano dalle organizzazioni non governative, dagli stessi Paesi colpiti dall'epidemia e ad oggi, nonostante gli appelli rivolti alle Nazioni Unite e agli Stati membri, alcuni dei Paesi che si sono impegnati con risorse umane ed economiche sono ancora ben lontani dall'onorare gli impegni presi e anche qui il nostro Paese deve e può fare di più. È, infatti, importante reagire prontamente ed è importante reagire nel modo giusto, nel modo più giusto e più efficace, inviando personale sanitario esperto per curare i malati, rintracciare i casi sospetti, inviare materiale medico e i dispositivi di protezione.
  I Paesi colpiti dall'epidemia sono soprattutto la Liberia e la Sierra Leone. Questi Paesi vanno supportati e, soprattutto, va scongiurato il loro isolamento, perché il loro isolamento potrebbe compromettere lo sforzo degli aiuti internazionali e aggravare, quindi, la frattura sociale, economica e di salute che si sta consumando e che noi dobbiamo interrompere. L'impatto, infatti, di questa epidemia in quei Paesi si protrarrà oltre la sua fine. I sistemi sanitari di quei Paesi avranno bisogno di essere ricostruiti e bisogna aumentare la sorveglianza epidemiologica perché, appunto, questi sono Paesi provati e hanno un sistema sanitario molto fragile.
  Nel nostro Paese è necessario che tutte le strutture specializzate, primi fra tutti il centro Spallanzani di Roma e l'ospedale Sacco di Milano, vengano potenziate, in modo tale che si possano preparare gli operatori sanitari, fornendo anche così la possibilità di interventi efficaci con attrezzature e materiali idonei.
  Ma quello che dobbiamo dire in quest'Aula è che è infame la correlazione tra migranti in fuga e il rischio di propagazione del virus Ebola nel nostro Paese, come è stato detto in quella, ripeto, infame manifestazione in cui è stato detto: «Mare Nostrum operazione Ebola nostrum». A questi slogan, che servono solo alla paura, si risponde con le parole di esperti, come il dottor Giuliano Rizzardini, dell'ospedale Sacco di Milano, che ha detto: «Se intendete che i migranti che arrivano dai barconi sono una minaccia, questo non accadrà sicuramente mai. Troppo lungo il viaggio per raggiungere le nostre coste, troppo breve il tempo di incubazione, dai 2 ai 20 giorni, della malattia». Per il resto, noi non abbiamo scali diretti con le zone Pag. 48calde del virus. Questi riguardano direttamente Parigi e Bruxelles, che sono ben presidiati.
  Ecco, il panico, la paura dello straniero, la difesa militare dei confini rispetto al tema strutturale come è quello dei flussi migratori, non è funzionale, non è efficace rispetto agli obiettivi di salute.
  È solo efficace per il razzismo, per quel veleno che noi dobbiamo combattere in primis, perché è inaccettabile questo binomio. Serve una campagna informativa perché non si usino più parole come peste, catastrofe, pandemia, malattia senza scampo, e per questo servono misure concrete. La prima, quella che è stata richiesta a gran voce da Gino Strada: più risorse, più risorse economiche, più risorse sanitarie per incrementare la collaborazione con le ONG, mandare personale medico specializzato in quei Paesi. Sappiamo che ci sono 15 medici, 15 persone del personale sanitario pronti a partire, ma che non possono partire perché gli ospedali non riescono a trovare i titoli legali per mandarli in questi Paesi. Si tratta di potenziare le nostre strutture specializzate, per lo Spallanzani di Roma e l'ospedale Sacco di verificare anche quello che l'Istituto farmaceutico militare di Firenze ha proposto come vaccino, e in sede europea si tratta di rimarcare...

  PRESIDENTE. Deve concludere.

  MARISA NICCHI. Concludo. Si tratta di rimarcare il fatto che l'operazione Triton comprenda le attività di salvataggio di vite umane in mare con compiti di ricerca e di controllo sanitario (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Monchiero. Ne ha facoltà.

  GIOVANNI MONCHIERO. Signor Presidente, solo poche parole per chiarire la posizione del gruppo di Scelta Civica, che naturalmente aderisce alla mozione sottoscritta con i gruppi di maggioranza.
  Ma, al di là di questo aspetto, vorrei soffermarmi invece su tre temi che stamattina nelle dichiarazioni di voto dei colleghi ho colto e che, a mio parere, non sono tutti e tre tra loro strettamente confacenti. Lo ricordava adesso la collega Nicchi: mescolare il problema di Ebola con il ritorno di qualche malattia da tempo estinta nel nostro Paese, dovuta naturalmente anche in parte all'emigrazione, è uno stravolgere i termini della questione, è un creare una psicosi collettiva che non ci aiuta né ad accogliere degnamente i migranti e nemmeno ad affrontare opportunamente l'epidemia di Ebola, che speriamo non giunga mai, ma che, se per caso giungesse, ci potrebbe trovare anche più impreparati di quanto questo non sia.
  E allora, la prima cosa da ricordare è la seguente: la tutela della salute è un diritto del singolo e, dispiace doverlo ricordare, di tutti i singoli che vivono nel nostro Paese, anche se nati in terra straniera, è un dovere dello Stato ed un interesse della collettività. Sottolineo questa parola: curare i nostri vicini ammalati è nostro interesse. Faccio appello a questo sentimento molto poco generoso, perché altri sentimenti sembrano passati di moda in questo Paese.
  Ho sentito criticare incredibilmente Mare Nostrum: ora l'operazione Mare Nostrum riprende semplicemente un diritto non scritto, ma praticato da millenni dalla gente di mare, di soccorrere i naufraghi. Soccorrere i naufraghi non è un impegno politico, è un diritto che è sempre stato esercitato da chiunque in tutto il mondo e in tutte le circostanze, compresi i pirati che battevano bandiera nera (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).
  Ora, per tornare agli aspetti sanitari, ho la sensazione che, come spesso ci capita, esasperiamo pericoli pressoché inesistenti perché il ritorno di qualche malattia da noi sconfitta decenni fa non ha proporzioni di dimensioni tali da mettere in dubbio la capacità del nostro Servizio sanitario di far fronte. Certo che si registra qua e là qualche caso di tubercolosi, Pag. 49ma non si registrano epidemie di tubercolosi e in ogni caso la tubercolosi è una malattia che oggi si riesce a tenere sotto controllo molto più facilmente di quanto non avvenisse prima dell'avvento degli antibiotici.
  Totalmente diverso è il problema, invece, di ebola. Il problema di ebola richiederebbe una risposta migliore in Africa, che sino ad oggi non c’è, la stesura di un cordone sanitario rigido attorno ai Paesi purtroppo contagiati, perché senza di questo diventa difficile contenere un'epidemia, con riferimento alla quale – lo hanno ricordato i colleghi, il dato purtroppo è veritiero –, su 10 mila casi segnalati, ci sono 4.900 morti e, quindi, significa che c’è una mortalità del 50 per cento. Sono percentuali da peste bubbonica, sono percentuali da epoche nelle quali non c'era una sanità in grado di dare risposte efficaci.
  Proprio perché in questo momento – e quando dico momento dico momento, perché, naturalmente noi auspichiamo che presto la scienza ci fornisca vaccini o rimedi antivirali in grado di combattere anche ebola, come è successo con altre malattie ribattezzate frettolosamente «peste» – questa risposta tecnica non c’è, dobbiamo attrezzarci in caso di contagio ad avere delle strutture isolabili, ad avere degli strumenti per convincere le persone a rischio ad accettare un isolamento temporaneo – si tratta, poi, di poche settimane –, perché questo è un rimedio unico, in modo che sia assolutamente efficace.
  Dico queste cose, non sotto l'aspetto strettamente medico non essendo medico, ma sotto l'aspetto psicologico, perché, in un Paese che vive di patemi d'animo continui e di psicosi generali, sarà difficile, in un Paese come questo, affrontare con razionalità il pericolo, se mai questo pericolo si verificasse. Su tutte le cose che hanno detto i colleghi, sulla necessità di rafforzare i nostri strumenti di difesa sanitaria, ovviamente, Scelta Civica non può che concordare (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Calabrò. Ne ha facoltà.

  RAFFAELE CALABRÒ. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la paura...

  PRESIDENTE. Scusi collega Calabrò, per evitare che non la sentano magari da casa, cambi microfono, perché c’è un disturbo di fondo. Quello a fianco. Grazie.

  RAFFAELE CALABRÒ. La paura e il panico sono nemici della verità: ieri la peste era l'AIDS, oggi si chiama ebola, la parola più cliccata su Google. Il panico cresce dinnanzi al raffreddore, per un po’ di febbre, alla presenza di un bambino di colore su un treno.
  Certo, il virus in Africa ha le sembianze della peste: più di 8 mila contagiati, quasi la metà i morti, ma in Occidente, se stiamo alle evidenze cliniche, non c’è motivo di panico. L'America conta il suo «paziente zero», l'Europa ha la sua vittima spagnola, ma, anche se si segnalano decine e decine di casi dall'Australia alla Gran Bretagna, passando per la Francia, i test sono negativi. E il numero di vittime non giustifica tanto allarmismo: dieci morti occidentali, uno solo contagiato in Occidente.
  La paura e il panico trasformano la realtà e creano discriminazione: ormai, gli immigrati sono portatori di ebola, soprattutto quelli più sfortunati, i migranti, quelli che arrivano sulle nostre coste sui barconi maledetti. Eppure, a bordo delle navi impegnate nell'operazione Mare Nostrum, si effettuano controlli sanitari: dal 21 giugno ad oggi, sono state controllate a bordo 33 mila persone, che sono state divise tra sani e malati; stiamo attivando misure straordinarie per la tutela della salute. Tra l'altro, i controlli non riguardano solo ebola, ma anche la tubercolosi e tutte le malattie infettive; altri controlli sono, poi, effettuati dai medici a terra prima dello smistamento nei centri di accoglienza.
  Sono state attivate tutte le procedure necessarie nei porti e negli aeroporti per esaminare i casi potenzialmente a rischio: Pag. 50per gli aerei che arrivano da Paesi a rischio c’è un check già a bordo; a terra c’è il controllo per vedere se ci sono persone che hanno sintomi. Sono le stesse misure prese in tutto il mondo, misure che abbiamo preso anche noi. Ma i cittadini continuano ad avere paura. È necessario passare attraverso una corretta informazione.
  Dobbiamo senz'altro intensificare i protocolli di ricerca, dobbiamo senz'altro accelerare la produzione del vaccino, vaccino scoperto, peraltro, da noi in Italia, orgoglio campano, da un ricercatore napoletano; dobbiamo contribuire alla revisione della politica dell'Organizzazione mondiale della sanità sugli aiuti in Africa.
  Allora, quello che noi chiediamo oggi al Governo è di predisporre in tempi rapidi una campagna che sia capillare e che sia chiara di poche, ma semplici informazioni sul virus, sulle modalità del contagio, sulle precauzioni igieniche e sulle disposizioni precise e tempestive che gli operatori della sanità debbano utilizzare nel caso di sospetta infezione, come l'approvvigionamento dei presidi da utilizzare nei casi sospetti, dall'accettazione del malato al trasferimento nelle strutture di riferimento, e garantire così l'accesso dei migranti ai servizi sanitari, facilitandolo con la presenza di mediatori culturali.
  Chiediamo di proseguire nell'opera di monitoraggio e di controllo nei principali porti e nei principali aeroporti per scongiurare ogni rischio di diffusione della malattia. Vogliamo predisporre una rivisitazione su base scientifica delle nostre campagne vaccinali: è il momento di rivedere tutto il sistema della campagna vaccinale.
  Va rafforzata la rete delle unità operative di malattie infettive, ricordiamo con un certo orgoglio in questo Paese quanto si è fatto per l'AIDS e come sono stati riorganizzati i sistemi delle malattie infettive negli ospedali e nei vari percorsi, oggi è il momento di rivederli prendendo spunto dalla realtà dell'ebola. Attivarsi in sede europea affinché l'operazione Triton preveda il salvataggio di vite umane ma anche adeguate cure mediche e cure psicologiche per gli emigranti che arrivano. Predisporre, infine, un programma di interventi di emergenza per contrastare questa epidemia che sta colpendo alcuni Paesi dell'Africa prevedendo non solo adeguati stanziamenti economici ma che ci sia dall'Italia anche l'invio di medici specializzati, di forniture di medicine, di attrezzature che possono rafforzare ogni sistema di sorveglianza.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Rocco Palese. Ne ha facoltà.

  ROCCO PALESE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, il nostro Paese ha bisogno di una risposta chiara e concreta per neutralizzare l'allarme sempre più diffuso di rischi sanitari collegati al fenomeno migratorio. Si tratta, infatti, di affrontare in maniera decisa e risolutiva una questione non più rinviabile, vista la presenza di emergenze epidemiologiche in zone da cui si spostano quotidianamente persone che decidono di migrare in Europa.
  In particolare, l'ebola fa sempre più paura, anche in Italia, dove si sono registrate una decina di segnalazioni di casi sospetti, tutti finora fortunatamente negativi. Le cifre dell'ultimo rapporto dell'Organizzazione mondiale della sanità, parlano di 4.960 morti per epidemia di ebola, con 13.268 casi confermati. Il virus continua a imperversare nei tre Paesi più colpiti, Guinea, Sierra Leone e Liberia, mentre non ci sono stati nuovi casi in Mali, Usa e Spagna, le nazioni ancora sotto osservazione per aver avuto dei pazienti sul proprio territorio.
  La terrificante epidemia di ebola impone non soltanto di offrire una risposta immediata per fermare la diffusione della malattia, ma soprattutto di rivedere le politiche legate alla sanità pubblica globale. Ora più che mai, è evidente il bisogno di un cambio di strategia nel rispondere ai fenomeni in atto, caratterizzati da afflussi di profughi di intensità straordinaria, provenienti da situazioni di guerra o violenza generalizzata, in aree in cui Pag. 51spesso si associano condizioni sanitarie ad alto rischio: tutto ciò deve necessariamente chiamare in causa la capacità di intervento e di mobilitare risorse da parte di tutta l'Unione europea.
  È infatti importante avviare un sistema di sorveglianza epidemiologica coordinata innanzitutto a livello europeo; è una questione di rilievo, in particolare per l'area mediterranea, perché la tutela della sicurezza e della salute di quest'area geografica, che ha delle esigenze legate al continuo flusso di migranti provenienti da Paesi già colpiti da epidemie e ad alto rischio di contagio.
  Ma non è solo l'ebola a preoccupare. Nonostante l'azione di prevenzione messa in campo, si sono comunque verificati negli ultimi mesi casi che hanno destato l'allarme generale.
  Quest'estate, la stampa ha diffuso la notizia del caso di meningite accertato in un clandestino maliano sbarcato a Porto Empedocle ed ospite del centro d'accoglienza di Siculiana, cui sono seguiti altri casi sospetti; sarebbero stati inoltre riscontrati 44 casi di scabbia e 4 di tubercolosi.
  Ricordo che lo scorso 1o novembre è partita ufficialmente Triton, l'operazione messa in campo da Frontex nelle acque del Mediterraneo, con un budget mensile di 2,9 milioni di euro (ovvero meno di un terzo di quanto Mare Nostrum è costata fino ad ora all'Italia) e con un mandato operativo limitato al solo controllo dei confini. Le navi e gli aerei impiegati potranno spingersi solo trenta miglia oltre le coste italiane e non fin davanti alle coste libiche, teatro della maggior parte dei naufragi.
  Triton non può garantire operazioni di prevenzione come finora sono state fatte con Mare Nostrum. Il personale impiegato non potrà, infatti, come ha fatto sino a questo momento la Marina militare italiana, operare screening sanitari a bordo.
  Vista l'emergenza sanitaria, urge la necessità, a partire dall'operazione Triton, di un coinvolgimento e di un rafforzamento dei sistemi di controllo, e di un'incentivazione delle procedure di sicurezza.
  E, ripeto, non parlo solo di ebola. Per quanto riguarda i flussi di migranti che giungono via mare, sappiamo che affrontano un viaggio tale da rendere estremamente difficile l'arrivo di casi di infezione, la cui incubazione è di circa sette-dieci giorni, con un minimo di due e un massimo di ventuno. Via mare giungono altre malattie: parlo di tubercolosi, di scabbia, di malaria. E non va trascurato il tema dei minori stranieri non accompagnati, componente fondamentale dei migranti che sbarcano nel nostro Paese.
  Che tipo di iniziative sono state adottate per i controlli sanitari su di loro ? I minori possono essere portatori sani di malattie ed hanno tempi di incubazione diversi rispetto agli adulti: forse il Governo dovrebbe riflettere in merito alla previsione di misure specifiche che li riguardino direttamente. Il pericolo di un'emergenza sanitaria non può essere sottovalutato in alcun modo, né può essere minimizzato il rischio a cui sono sottoposti in particolare gli operatori sanitari e le Forze dell'ordine svolgendo i servizi legati all'arrivo dei migranti. Trascurare tutto questo e non portare avanti opportune iniziative di sicurezza, prevenzione e controllo è un atteggiamento che non garantisce a pieno il diritto alla salute sancito dalla Costituzione, nonché segno di grave mancanza di rispetto e di considerazione verso gli operatori coinvolti e verso tutti i cittadini.
  Prevenire il rischio sanitario è una responsabilità di tutta la comunità internazionale ed è necessario un intervento coordinato e anche estremamente rapido per impedire che le epidemie possano viaggiare. Viaggiare via mare, abbiamo detto, ma soprattutto, viaggiare con altri mezzi di trasporto. E su questo, in particolare, il nostro Paese fino ad ora non è riuscito a mettere in campo un'azione di intervento efficiente e coordinata.
  Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha comunicato, da ultimo, in risposta ad un question time in Commissione presentato dal gruppo Forza Italia, che sta predisponendo un sistema informativo e di tracciatura dei movimenti e dei contatti di soggetti a rischio nei singoli Pag. 52Paesi, con la possibilità di geolocalizzare i viaggiatori internazionali che abbiano come meta secondaria l'Italia, dopo lo sbarco in aeroporti primari con voli diretti dai Paesi in situazione epidemica (Parigi, Bruxelles, Londra, Francoforte), come misura cautelativa ulteriore rispetto agli screening sanitari in uscita dagli aeroporti locali e agli screening in arrivo adottati dalle autorità britanniche, francesi e belghe. A che punto siamo ? Il tutto sembra essere ancora un processo da costruire. L'Ente nazionale per l'aviazione civile, l'ENAC, ha evidenziato la necessità di rispettare le procedure di contact tracing (schede di individuazione dei passeggeri ai fini di sanità pubblica) e di informazione da fornire ai passeggeri in arrivo e in partenza mediante l'esposizione di poster e la consegna di depliant informativi forniti dal Ministero della salute.
  Bene, abbiamo depliant informativi, ma direi che non basta. Sappiamo che, dove i controlli vengono potenziati, le epidemie rallentano. I singoli Paesi europei sembrano essere più preparati di noi. Gli aeroporti londinesi hanno cominciato da tempo lo screening sistematico dei passeggeri in arrivo dall'Africa. E noi ? Abbiamo una procedura standard di controlli negli aeroporti e nei porti ? Sempre il Ministero delle infrastrutture ha ricordato che, in base alla prassi consueta derivante dalle vigenti disposizioni normative in materia e dalle norme di diritto internazionale marittimo, in casi di emergenza epidemica, si può applicare l'istituto della «libera pratica sanitaria», ossia del consenso o rifiuto dell'autorità sanitaria a far entrare o meno una nave nel porto, qualora vi siano a bordo casi conclamati di malattie infettive, che potrebbero mettere a rischio la salute della comunità portuale e, più in generale, della popolazione.
  Alla luce di ciò e dell'attuale situazione di rischio sanitario, il Governo ha comunque provveduto a mettere in campo una procedura specifica per il controllo sanitario sulle navi provenienti in particolare dai Paesi africani ? L'impressione evidente è quella di un quadro estremamente frammentato, e, soprattutto, privo di una concreta strategia di medio e lungo termine. In particolare sul tema ebola, il rischio di un'epidemia in Italia rimane oggi molto basso, ma prevedere lo scenario dei prossimi mesi è obiettivamente difficile, in particolare se non vi è alcun piano di prevenzione e sicurezza definito.
  Un'epidemia si diffonde se ogni caso genera a sua volta più di un caso secondario, altrimenti tende ad esaurirsi. Nell'attuale epidemia di ebola si stima che in assenza di misure di controllo ogni caso dia origine a quasi due nuovi malati: 1,8 per l'esattezza. Nei tre Paesi colpiti, si valuta che soltanto il 40 per cento dei contagi viene diagnosticato.
  La maggioranza dei pazienti rimane sconosciuta: ciascun malato isolato genera molto meno di un nuovo caso, quindi tutto si gioca sulla capacità di aumentare il raggio di azione delle misure di controllo, per raggiungere sempre più pazienti che altrimenti continuerebbero ad essere fonti di nuovi casi. E se l'Europa si mobilita, noi, in Italia, abbiamo l'Istituto nazionale «Spallanzani» di Roma, il nuovissimo e costosissimo blocco da 20 posti letto ad alto isolamento, punto di riferimento per il centro e per il Sud, praticamente chiuso. Le luci sono spente, i davanzali e i vetri blindati alle finestre sono ricoperti di polvere. È questo il nostro livello di preparazione per combattere il diffondersi di un'eventuale epidemia ? Quanto possa costare caro il mancato rispetto dei protocolli, lo dimostrano le due infermiere contagiate dal virus ebola mentre accudivano i due pazienti, poi morti, ricoverati in Spagna e negli Stati Uniti. Il problema è dunque avere ovunque personale che conosce tutti i movimenti da mettere in atto. Se la procedura è rispettata il rischio è minimo.
  Da questo punto di vista c’è da chiedersi: l'Italia è pronta, ha procedure pronte, personale pronto negli ospedali, nei centri di accoglienza, nei porti, negli aeroporti, oppure siamo davanti a strategie inesistenti, protocolli «fai da te», personale impreparato ed esposto continuamente al rischio ?Pag. 53
  Il rischio sanitario non può e non deve essere affrontato come un'emergenza, perché il pericolo è permanente e va combattuto con politiche strutturali, ed è questo che manca al nostro Paese, è questo che manca all'Europa nel suo insieme.
  Continuiamo ad invocare un intervento coordinato dell'Europa a livello di politiche migratorie. Ciò significa anche includere politiche di prevenzione e controllo sanitario efficaci in tutto il continente. I due temi non possono e non devono viaggiare separatamente.
  Qual è stato, in tal caso, l'atteggiamento dell'Italia nel corso del semestre di Presidenza dell'Unione europea ? Da un'analisi del discutibile e insufficiente risultato che il nostro Governo è riuscito a portare a casa con l'operazione Triton, noi capiamo facilmente che il tema del rischio sanitario non è stato neppure preso in considerazione, viste le evidenti mancanze dell'operazione europea in termini di controlli a bordo delle navi.
  Ebbene, queste sono le domande che vogliamo porre al Governo, questi sono gli impegni su cui abbiamo cercato di far riflettere l'Esecutivo attraverso la presentazione della nostra mozione. Quindi, siccome il Governo ha proposto una riformulazione minima, che noi accogliamo, riteniamo e auspichiamo che poi il Governo dia seguito a quelli che sono gli impegni della nostra mozione presentata ed anche delle altre mozioni.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la collega Amato. Ne ha facoltà.

  MARIA AMATO. Signor Presidente, attenzione alta, ma senza terrorismo psicologico.
  Con questa mozione abbiamo chiesto al Governo: di predisporre una campagna di comunicazione capillare e chiara, con semplici informazioni sul virus ebola, sulle modalità di contagio e sulle precauzioni igieniche; di dare disposizioni precise agli operatori della sanità, garantendo l'approvvigionamento dei presidi da utilizzare nei casi sospetti, dalla presa in carico al trasferimento al Sacco o allo Spallanzani; di predisporre una rivisitazione, su base scientifica, delle nostre campagne vaccinali, coinvolgendo nella comunicazione i pediatri, superando l'oscurantismo fantasioso che ha determinato la riduzione dell'accesso ai vaccini stessi.
  Chiediamo di rafforzare la rete ospedaliera e territoriale di malattie infettive, di potenziare le misure di controllo sanitario nei principali porti e aeroporti italiani; chiediamo l'impegno ad attivarsi, in sede europea, affinché l'operazione Triton, pur attuata nel pieno rispetto degli obblighi internazionali e dell'Unione europea e del principio di non respingimento, preveda anche il salvataggio di vite umane, attraverso compiti di ricerca e soccorso, secondo il codice non scritto di chi va per mare.
  Chiediamo azioni dirette alla cura dei malati, all'accoglienza dei profughi, alla prevenzione del rischio di diffusione di malattie infettive, anche e soprattutto con interventi di supporto ai sistemi sanitari di quei Paesi dove è ancora attiva l'epidemia di Ebola: la Sierra Leone, la Guinea e la Liberia. Ricordiamo che in Liberia sono in calo i contagi e che il Senegal e la Nigeria hanno risolto le loro epidemie.
  Ma ripeto: chiediamo soprattutto un'informazione equilibrata e di semplice comprensione, un'informazione che metta un freno alla paura atavica della malattia contagiosa, alimentata da messaggi distorti e allarmistici, un'informazione che supplisca anche alle diffuse carenze in geografia, per evitare situazioni quali comitati di genitori che impediscano l'ingresso a scuola di bambini provenienti dall'Uganda o il divieto di assistere ad uno spettacolo teatrale di una compagnia di etiopi. L'Africa è grande e le epidemie sono concentrate in una zona relativamente piccola. Guardare un attore africano non espone al contagio. Chiediamo una comunicazione che consenta di controllare e superare la paura dello straniero e l'idea che lo straniero povero porti le malattie. Povero: come se un virus, per principio, non volesse viaggiare in giacca e cravatta. Pag. 54Eppure è una storia già vista: l'AIDS non ha fatto differenze di classe nel contagio.
  La paura non protegge dal virus, la paura non cura né guarisce; la paura alimenta un serpeggiante pensiero xenofobo non degno di un Paese civile, un Paese che, nel suo passato, ha vissuto la fuga dalla guerra e dalla miseria.
  Dal dizionario enciclopedico delle emigrazioni: in Germania eravamo gli itaker, da Itaca, cioè eterni vagabondi; in Francia i babis, i rospi; in Argentina ci chiamavano burros, asini; negli Stati Uniti eravamo bat, i pipistrelli, per il colore dovuto alla scarsa igiene.
  E se qualcuno pensa che la migrazione non abbia mai toccato la propria famiglia, faccia una verifica su una delle banche dati sugli sbarchi italiani a New York o a Buenos Aires. Altri tempi, ma non sono certamente distanti dagli esempi che oggi, cambiando volti, origini e lingue, vediamo nelle nostre città.
  «L'Italia è a basso rischio di contagio», sono parole del direttore dello Spallanzani. I protocolli di ricerca e la corsa alla preparazione del vaccino, la risoluzione di alcuni focolai dell'epidemia, gli operatori curati in Europa e la loro guarigione sono gli indicatori di qualità della nostra medicina. I centri di riferimento, lo Spallanzani di Roma e il Sacco di Milano, sono di eccellenza, con livelli di adeguatezza del grado più alto.
  Si parla erroneamente di sospetti casi di ebola in Italia, pazienti che niente avevano a che fare con il virus. Non c’è stato alcun caso sospetto, ma febbri influenzali e in un caso febbri malariche. Sono stati attivati negli ospedali su tutto il territorio nazionale i protocolli di accettazione, osservazione, diagnosi e trattamento.
  Il richiamo ad attente norme igieniche (il banale lavarsi le mani) e la chiarezza dei termini quando si descrivono le modalità di contagio sono fondamentali. Dire, ad esempio, il virus resta nei liquidi biologici sino a 60 giorni dopo il contagio si rafforza dicendo il virus resta fino a 60 giorni nello sperma, facendo così comprendere bene che ebola, come l'HIV, si trasmette anche sessualmente.
  Il liquido più infettante è il sangue; un messaggio diretto diffonde molto di più che l'utilizzo di parole angoscianti quali la «nuova peste» o il «virus della morte nera».
  Sicuramente autorevole è la voce della professoressa Esposito, citata nel testo della mozione della Lega Nord, in riferimento ai ceppi varianti e resistenti dei virus vecchi e nuovi. La varianza fa parte dell'evoluzione delle storie naturali delle malattie, ma proprio perché si sottolinea che non c’è in questo concetto un atteggiamento discriminante tra straniero e straniero, tra migrante e viaggiatore, i controlli vanno programmati e organizzati senza discriminazione tra aereo e barcone, con la giusta ratio epidemiologica.
  I controlli funzionano ? Significativa è la risposta del professor Rizzardini, direttore dell'istituto «L. Sacco» di Milano: l'Organizzazione mondiale della sanità sta rivedendo i sistemi di controllo e di sicurezza; ebola ha messo in evidenza la fragilità dei sistemi sanitari dei Paesi poveri e il sistema dei controlli in porti e aeroporti basati su risposta del viaggiatore, che può eludere eventuali quarantene. Parliamo di viaggiatori, di aerei, di navi, e non solo di migranti e di Mare Nostrum, che ha salvato migliaia di vite umane. La Marina Militare, che ancora adesso ringraziamo, all'interno dell'operazione Mare Nostrum, dal 18 ottobre 2013, ha assicurato il costante pattugliamento aeronavale del Mediterraneo e dello Stretto di Sicilia, cinque unità navali, circa 5 mila uomini impegnati, uomini e donne che hanno assistito direttamente 142 mila migranti; recuperato, a bordo di navi che stavano affondando, 93 mila persone e che hanno consegnato alla giustizia più di 500 scafisti. A partire da giugno, sono stati 80 mila i controlli sanitari a bordo svolti da medici della Marina Militare e del Servizio sanitario nazionale sulle imbarcazioni di migranti soccorse nell'ambito dell'operazione Mare Nostrum. E ove questo non sia stato Pag. 55possibile, i controlli sono stati svolti da medici a terra prima dello smistamento nei centri di accoglienza.
  Sono evidenti i vantaggi in termini di costi dell'operazione Triton, è evidente il risultato – vedere coinvolti altri 26 Stati nell'operazione coordinata dalla stessa Italia –, ma il Partito Democratico torna a chiedere che siano garantite le funzioni umanitarie e sanitarie, oltre che di controllo.
  L'epidemiologia delle malattie infettive quali TBC, polio, AIDS, lebbra ed ebola ci rimanda mappe di frequenza non costanti nel tempo, che variano con il variare della demografia, con le condizioni sociali ed economiche: povertà, malattie e guerra viaggiano insieme. Si combattono più facilmente in un sistema sanitario organizzato, dove si possono usare farmaci, dove sia mangi il giusto.
  Aumentano con i migranti ? Non solo e non sempre. Le malattie si combattono con la medicina e con l'organizzazione sanitaria.
  Ebola va fermata in Africa, come dice Gino Strada, sostenendo quei sistemi sanitari fragili, combattendo la fame, che uccide più di qualsiasi virus, e non fermando il flusso di uomini e donne, che lasciano miseria, violenza e guerra, cercando il futuro in questa parte di mondo.
  C’è un solo antidoto alla paura ed è conoscenza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Non c'era stato comunicato il nome di chi dovesse intervenire per il gruppo del MoVimento 5 Stelle, ma adesso ci è stato comunicato.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la collega Silvia Giordano. Ne ha facoltà, non per dieci minuti, ma per cinque minuti.

  SILVIA GIORDANO. Signor Presidente, chiedo scusa per questo disguido, ma in realtà sottrarrò anche meno tempo di 5 minuti.
  Vedete, abbiamo perso un'ulteriore mattinata – e mi scuso di fare questa critica, ma è obiettivamente così – a parlare ancora di mozioni che andranno ancora maggiormente ad ingolfare la Camera e il nostro lavoro, quando ne abbiamo già una marea che non sono mai state applicate.
  Io personalmente ho apposto la mia firma ad almeno altre tre mozioni a inizio legislatura e nessuna di queste, per quanto urgenti, ha trovato realmente applicazione.
  Ora siamo qui a parlare di una mozione in modo del tutto strumentale, perché in questa mozione non c’è neanche una reale proposta di come risolvere realmente i problemi, così come nella maggior parte delle mozioni in realtà. Ma questa mozione presentata dalla Lega è incredibilmente strumentale, evidentemente per fini di campagna elettorale, per andare contro l'immigrazione o comunque manifestare tutto il loro programma politico, che – devo darne atto – almeno hanno sempre portato avanti.
  Allora, vedete, il MoVimento 5 Stelle si rifiuta di entrare a far parte di questo sistema che non porta a nulla, che non porta a nessuna applicazione, che non risolve i problemi e che fa solo perdere tempo al Parlamento.
  Allora, vedete, noi proprio per questo motivo, verso chi ha presentato le mozioni strumentali per propri fini politici, voteremo contro; verso tutti gli altri, che almeno hanno avuto la decenza di presentare, almeno di concetto, buoni propositi, anche se poi manca l'atto pratico e manca la proposta, almeno su quelle loro mozioni ci asterremo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.
  Saluto gli studenti dell'Istituto comprensivo Statale «San Giovanni Bosco» di Gioia dei Marsi, in provincia de L'Aquila, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).

(Votazioni)

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Come da prassi, le mozioni saranno poste in votazione per le parti non assorbite e non precluse dalle votazioni precedenti.Pag. 56
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Rondini ed altri n. 1-00629, su cui il Governo ha espresso parere contrario.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Crippa, Nesci, Carbone, Fraccaro, Ciprini, Rostellato, Bargero...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti e votanti  402   
   Maggioranza  202   
    Hanno votato  55    
    Hanno votato no  347.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  (I deputati Pellegrino e Zaratti hanno segnalato che non sono riusciti a votare).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Brunetta ed altri n. 1-00633, come riformulata su richiesta del Governo, sulla quale il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Gasparini, Marroni, Marti, Rampelli ...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  406   
   Votanti  328   
   Astenuti   78   
   Maggioranza  165   
    Hanno votato  309    
    Hanno votato no  19.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  (I deputati Pellegrino e Zaratti hanno segnalato che non sono riusciti a votare).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Amato, Dorina Bianchi, Binetti, Locatelli ed altri n.1-00643 (Nuova formulazione), su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Nesci, Simone Valente, Cani...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  409   
   Votanti  315   
   Astenuti   94   
   Maggioranza  158   
    Hanno votato  298    
    Hanno votato no  17    

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  (I deputati Pellegrino e Zaratti hanno segnalato che non sono riusciti a votare).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Rampelli ed altri n.  1-00646, come riformulata su richiesta del Governo, per le parti non assorbite dalle precedenti votazioni, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Paola Bragantini, Chimienti...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  414   
   Votanti  333   
   Astenuti   81   
   Maggioranza  167   
    Hanno votato  314    
    Hanno votato no  19    

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  (I deputati Pellegrino e Zaratti hanno segnalato che non sono riusciti a votare).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Palazzotto ed altri n.  1-00655, come riformulata Pag. 57su richiesta del Governo, per le parti non assorbite e non precluse dalle precedenti votazioni, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Gelmini, Lavagno, Carbone, Taricco, Giuliani...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  413   
   Votanti  333   
   Astenuti   80   
   Maggioranza  167   
    Hanno votato  316    
    Hanno votato no  17    

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  (I deputati Pellegrino e Zaratti hanno segnalato che non sono riusciti a votare).

  Sospenderei a questo punto la seduta, per riprendere alle ore 14 con la votazione per l'elezione di un segretario di presidenza, ai sensi dell'articolo 5, comma 9, del Regolamento...

Sull'ordine dei lavori (ore 13,45).

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Signor Presidente, prima di sospendere la seduta, avevo chiesto di intervenire...vedo la poca attenzione dell'Aula su un tema particolarmente delicato. Quindi, se vuole fare uscire, capisco che interessi poco, perché...

  PRESIDENTE. I colleghi hanno libertà di muoversi.

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Hanno libertà, però io avevo segnalato alla Presidenza la delicatezza del tema. La ringrazio, ovviamente, di avermi fatto intervenire adesso, e non a fine seduta, però spererei anche nel rispetto dei colleghi, visti i gravi fatti accaduti a Bologna per la visita del segretario federale della Lega, onorevole Matteo Salvini.

  PRESIDENTE. Colleghi, il tono della voce, per favore. Prego, vada avanti.

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Capisco, Presidente, l'interesse dell'Aula. Evidentemente, se quei fatti fossero accaduti a qualche esponente del Partito Democratico, saremmo tutti qui in Aula, ad esprimere solidarietà, compresa la Presidente della Camera e il Presidente del Senato, Grasso, che non hanno proferito parola su quanto avvenuto a Bologna, che è una vergogna per la democrazia di questo Paese. Comunque, Presidente, se avrete la cortesia di leggere e di mettere a verbale quanto la Lega dichiara in quest'Aula, ovviamente, ve ne saremo grati.
  Noi vogliamo sottolineare, come gruppo parlamentare, che riteniamo inammissibile che il Presidente del Consiglio, i Presidenti di Camera e Senato e molti esponenti dei gruppi parlamentari non abbiano proferito parola su un blocco della democrazia che sta avvenendo nel nostro Paese. Un libero cittadino, in modo estremamente pacifico, ha voluto visitare, o meglio voleva visitare un campo rom insediatosi a Bologna e gli è stato impedito tramite la violenza e un'aggressione fisica rispetto alla quale purtroppo non è stata riscontrata....

  PRESIDENTE. Dovrebbe concludere, Fedriga.

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Presidente, le chiedo se mi fa intervenire, vista la delicatezza del tema.

  PRESIDENTE. Prego.

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Non è stato riscontrato un dissenso unanime da parte delle forze politiche presenti in quest'Aula. Noi personalmente siamo sconvolti dalle dichiarazioni di alcuni colleghi, che, Pag. 58invece di condannare senza «se» e senza «ma» quanto avvenuto a Bologna, hanno addirittura additato il segretario federale della Lega quasi come colpevole dell'aggressione ricevuta. Non ci stiamo a questo gioco. Non ci stiamo a esponenti di altre forze politiche... Presidente, la prego un attimo di lasciarmi pochi secondi per finire.

  PRESIDENTE. Ha 30 secondi.

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Non ci stiamo a questo gioco, nel quale è impedita la libertà personale di andare sul territorio nazionale, oltretutto da segretario di partito.
  Vogliamo oltretutto esprimere la nostra solidarietà al giornalista de il Resto del Carlino assalito dagli stessi soggetti che hanno assalito e cercato di colpire in modo violento il segretario Matteo Salvini (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  PRESIDENTE. La ringrazio, Fedriga.

  MASSIMILIANO FEDRIGA. E oltretutto chiediamo – e chiudo – che le istituzioni provvedano immediatamente a individuare il responsabile e a chiudere i centri sociali presenti sul territorio nazionale (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie). Non possiamo finanziare con soldi pubblici aggregazioni di violenti che impediscono la libertà dei cittadini.
  Domando come è possibile che ci siano delle istituzioni come l'università di Bologna, che da venticinque anni permette la cosiddetta «aula C», ovvero un'area occupata, finanziata con i soldi pubblici, a cui nessuno mette mano. Noi denunceremo per omissione in atti di ufficio chi non fa sgomberare queste aree, sia ben chiaro (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  EMANUELE FIANO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Faccio presente che concederò un intervento per gruppo sull'ordine dei lavori. Quindi, hanno alzato la mano in due per il MoVimento 5 Stelle, mi pare che per primo fosse Rizzetto, però se Rizzetto vuole far intervenire qualcun'altro ce lo segnala. Prego, deputato Fiano.

  EMANUELE FIANO. Signor Presidente, colleghi – onorevole Fedriga, mi farà piacere se lei ascolterà –, il Partito Democratico non ha lasciato passare minuti prima di esprimere la propria condanna senza appello per l'episodio squadristico di violenza che ha visto assalire la macchina dell'onorevole Salvini, a poca distanza da un campo rom del comune di Bologna.
  Abbiamo espresso la solidarietà e la condanna più totale per coloro che si sono resi responsabili di questo atto, che è un reato evidente. La magistratura sta indagando. Sono già stati individuati gli autori di quell'assalto.
  Per noi non ci sono «se» e non ci sono «ma» quando si esercita violenza nell'ambito di una qualsivoglia azione. Altrettanto abbiamo ed esprimiamo qui la nostra solidarietà per il giornalista che successivamente, pochi minuti dopo quell'episodio di assalto alla macchina di Salvini, è stato fatto oggetto di violenza, è stato malmenato ed è finito all'ospedale. Siamo contro ogni forma di violenza. La solidarietà del Partito Democratico è arrivata. Non ci fermeremo mai nel criticare la violenza.
  Altrettanto, speriamo che ci venga mantenuta la libertà di esprimere il nostro dissenso per le idee politiche della Lega e del suo leader quando ci sarà bisogno, perché questa è la democrazia. Non condividiamo, non abbiamo mai condiviso, continuiamo a non condividere le vostre idee sulla questione dei rom. Non saremo mai d'accordo su chi usa la violenza, come l'altro giorno a Bologna, per esprimere il proprio dissenso dalle vostre idee. Per noi il dissenso si esprime nella lotta politica, con le idee e in democrazia (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Lega Nord e Autonomie).

  ROCCO BUTTIGLIONE. Chiedo di parlare.

Pag. 59

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Presidente, io faccio politica da vent'anni e in questi vent'anni sono stato qualche volta alleato però spesso avversario della Lega, e in tutti questi anni non ho mai visto la Lega esercitare violenza contro nessuno; attacchi verbali sì, a volte anche a mio giudizio eccessivi, ma mai usare la violenza contro nessuno. Di questo credo che vada dato loro atto, perché hanno canalizzato protesta sociale nei canali e nei metodi della democrazia. E credo che esista un confine primo e fondamentale. La politica è fatta di tante contraddizioni, tante lotte di idee diverse, ma c’è un confine primo e fondamentale, quello tra chi fa uso della violenza fisica e quello di chi della violenza fisica non fa uso. E allora credo che vada espressa in questa occasione una solidarietà piena, totale e senza riserve al collega Salvini, alla giornalista e a tutti quelli che hanno subito in questa occasione un atto di violenza. Credo che i colpevoli debbano essere identificati, sono sicuro che il Ministro Alfano stia lavorando attivamente per questo. Ecco mi è sembrato un po’ eccessivo chiedere le dimissioni del Ministro Alfano, perché il Ministro ha sempre fatto tutto il possibile per combattere la violenza in qualunque modo ed in qualunque forma. Su questo credo che tutta l'Aula debba essere riunita perché questa è la base del nostro ordinamento costituzionale. Questo è ciò per cui i nostri padri hanno lottato anche versando il sangue per costruire una Repubblica democratica. Un luogo, uno Stato, un ordinamento giuridico che tollera la violenza, occhieggia con la violenza, si compiace della violenza, non è un ordinamento politico democratico. Su questo signor Presidente credo di poter dire che tutta quest'Aula è unanime (Applausi dei deputati del gruppo Per l'Italia e Lega Nord e Autonomie).

  ALESSANDRO DI BATTISTA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ALESSANDRO DI BATTISTA. Signor Presidente, in questo Palazzo si fanno due cose: si fanno gli ultras, chi parteggia per Salvini, chi è contro Salvini, chi si occupa del lunotto rotto, ma è stato prima Salvini ad accelerare o prima quelli dei centri sociali a tirare le pietre, oppure si fa un'altra cosa: gli ipocriti minuti di raccoglimento «boldriniani» sulle vittime legate al dissesto idrogeologico. Queste sono le due cose che fa il Parlamento della Repubblica italiana (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Conta di più il lunotto rotto – violenza, e per me la violenza si condanna sempre – o uno Stato corrotto che non interviene sul dissesto idrogeologico ? In Liguria ci sono nomi e cognomi di assassini, perché chi cementifica è un assassino, e oggi di nuovo due persone sono disperse sotto il fango. Ogni giorno che piove in Italia ci sono i morti e qua tutte le trasmissioni televisive e persino il Parlamento della Repubblica italiana, quelli della Lega e i fenomeni del PD che gli rispondono su questo, facendo il gioco della Lega, si occupano del lunotto rotto di Salvini, che per me è sempre un atto di violenza e va condannato. Ma le priorità di questo Paese quali sono ? Chi si occupa delle priorità di questo Paese ? Salvini ? Fiano ? Renzi ? E i morti, che ogni volta che tira giù un goccio d'acqua ci scappa il morto ? E allora la solidarietà la diamo a quei cittadini incazzati che con il loro dovere di cittadini italiani occupano il comune di Carrara fino a che un sindaco non si toglie dai coglioni !

  PRESIDENTE. Collega, la richiamo all'ordine.

  ALESSANDRO DI BATTISTA. Questo è ! Grazie, Presidente (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle-Congratulazioni).

  GIOVANNI PAGLIA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  GIOVANNI PAGLIA. Signor Presidente, esiste anche un altro modo di perdere Pag. 60tempo, che è quello di parlare come sempre di cose che non c'entrano nulla con quello di cui si sta dibattendo. Io ho solo una cosa da dire in questa Aula. Per quanto mi riguarda la violenza si condanna sempre e si condanna tutta. Quando dico sempre e tutta intendo dire che si condanna la violenza di chi aggredisce un'automobile, si condanna la violenza – e questa è la più grave senza alcun dubbio – di chi attacca e fa finire in ospedale un giornalista, colpendo così anche la libertà di cronaca in questo Paese, però si condanna anche la violenza di chi pensa di fare una campagna elettorale sull'odio colpendo cittadini di questo Paese, pensando che si faccia campagna elettorale andando giorno dopo giorno nei campi sinti, nei campi rom, nei centri di accoglienza dei profughi. Si fa campagna elettorale in questo Paese con la violenza di chi colpisce ogni giorno le minoranze, di chi sparge parole d'odio (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà) e di chi lo fa non si dice mai abbastanza con 20 mila euro di stipendio come tutti noi, marciando, marciando e marciando sulle paure della povera gente...

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Vergognati. Sei uno squadrista !

  GIOVANNI PAGLIA. Questa è la più grave di tutte le violenze e con chi non la condanna noi, per quanto ci riguarda, di violenza non parliamo (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà-Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  SERGIO PIZZOLANTE. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  SERGIO PIZZOLANTE. Signor Presidente, anche noi naturalmente condanniamo in maniera decisa la violenza, sempre. E anche in questo caso non ci possono essere riserve mentali di alcun tipo né giustificazioni. Nessuna giustificazione nei confronti di un atto di violenza palese può essere accettabile. E, nello stesso tempo, io esprimo solidarietà al giornalista che ha subito, assolutamente incolpevole perché terzo, la violenza. Nello stesso tempo, però, io dichiaro in quest'Aula che mi fido della ricostruzione che hanno fatto il questore e la polizia circa inadempimenti rispetto a soluzioni, scelte dei percorsi e informazioni mancate che in qualche modo hanno creato un incidente, naturalmente non voluto, ma c’è una ricostruzione della polizia della quale io mi fido nella maniera più assoluta. Chiedo, quindi, che si faccia maggiore attenzione all'utilizzo delle scorte la prossima volta.
  Quindi, noi condanniamo la violenza, però io debbo dire in quest'Aula che, poiché la violenza può essere fisica, ma può esserci anche una violenza morale, che va comunque condannata, voglio condannare la strumentalità di alcuni interventi di esponenti della Lega che hanno dichiarato Alfano mandante di questo tipo di aggressione. Questo è inaccettabile. È una violenza morale ingiusta che equivale alla violenza fisica subita dalla macchina di Salvini (Applausi dei deputati del gruppo Nuovo Centrodestra).

  ELENA CENTEMERO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ELENA CENTEMERO. Signor Presidente, intervengo a nome di Forza Italia per dichiarare la nostra solidarietà nei confronti del segretario federale della Lega Nord Matteo Salvini che domenica appunto è stato gravemente colpito dai gesti che abbiamo visto tutti in televisione e che hanno dimostrato, sotto gli occhi di tutti, la violenza, una violenza inaudita da parte di chi non accetta probabilmente un modo di pensare e un modo di guardare alla politica diverso dal proprio. Mi dispiace anche aver udito in quest'Aula, in un momento in cui tutti quanti avremmo dovuto esprimere la nostra solidarietà rispetto a Matteo Salvini che, come voglio ricordare, è stato anche un membro di questa Camera dei deputati, esprimere e Pag. 61utilizzare un atto di violenza così grave nei confronti di un esponente politico in modo strumentale e in modo demagogico, in modo ancora una volta strumentale alla violenza e all'antipolitica.
  Io credo che tutti quanti dovremmo fare una profonda riflessione e far tornare quest'Aula il luogo del dialogo, il luogo del confronto, il luogo in cui si esprimono delle priorità, ma lasciando da parte ogni forma di violenza, ogni forma di violenza anche semplicemente verbale che poi all'esterno si trasforma in una violenza fisica così come abbiamo visto domenica. Quindi, ribadisco la nostra solidarietà nei confronti dell'onorevole Matteo Salvini e mi auguro di non assistere più in quest'Aula, come abbiamo vissuto in questi mesi, a gesti e a parole sconvenienti per quest'Aula, a gesti e a parole di violenza che non fanno nient'altro che alimentare all'esterno altrettanta violenza (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

  MARIANO RABINO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  MARIANO RABINO. Signor Presidente, naturalmente anche il gruppo di Scelta Civica esprime la solidarietà all'europarlamentare Matteo Salvini, alla Lega Nord come movimento politico e così anche naturalmente agli organi di informazione, in questo caso a Il Resto del Carlino e al suo redattore. Noi esprimiamo solidarietà a chiunque venga fatto oggetto di violenze e di attacchi inauditi. Però raccogliamo l'appello della collega Centemero testé pronunciato, ma lo allarghiamo.
  La politica, il confronto politico-culturale, deve recuperare toni bassi in quest'Aula, ma anche fuori da quest'Aula. In quest'Aula troppo spesso c’è indulgenza verso sceneggiate, cagnare, forme di strumentalizzazione che ogni tanto vedono anche coinvolto il gruppo della Lega Nord e Autonomie. Ma soprattutto fuori il dibattito diventa spesso incivile, fuori da quest'Aula. Si nutre di provocazioni, di strumentalizzazioni, di forme di propaganda demagogica inaccettabili.
  Allora, io credo che questa vicenda, come tante altre vicende similari, debba dirci, in una condizione del Paese, in una situazione, in un momento in cui il nostro Paese sta vivendo una crisi sociale ed economica complicata, che dobbiamo fare tutti uno sforzo, forze politiche, parlamentari, ma forze politiche e sociali nei territori, per costruire le ragioni di un dialogo dialettico, di un confronto anche acceso, ma che non ecceda mai nei toni e che non porti mai a strumentalizzazioni e a qualsiasi forma di violenza (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  FABIO RAMPELLI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  FABIO RAMPELLI. Signor Presidente, non volevo fare mancare la voce di Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale, di solidarietà e di apprezzamento nei confronti del leader della Lega Nord, Matteo Salvini, per gli incresciosi episodi che si sono consumati qualche giorno fa a Bologna, che noi riteniamo letteralmente vergognosi anche perché, ahimè, conosciamo bene lo strabismo di chi dovrebbe tutelare il diritto alla parola, il diritto alla manifestazione, ovviamente a patto che siano atteggiamenti civili, come è stato civile l'atteggiamento, appunto, tenuto dal segretario federale della Lega Nord, Matteo Salvini.
  Quindi, pensiamo che in questa occasione, al di là, appunto, della circostanza che ci induce volentieri a esprimere la solidarietà non solo a Salvini ma anche al movimento politico della Lega Nord, sia utile fare una riflessione tra noi e per capire che obiettivamente questo strabismo è la prima questione che andrebbe affrontata di petto ogni qualvolta si manifestano azioni violente di intolleranza e di arroganza, a dispetto di tutti e contro chiunque, perché non è un problema di chi la fa o di chi la subisce.Pag. 62
  Quindi, la regola generale, invece, troppo spesso viene ignorata quando a manifestare sono i soliti gruppi, ahimè i cosiddetti centri sociali; insomma, non si dà più neanche una definizione di appartenenza politica e forse è anche giusto così, perché evidentemente si decide di non dargli dignità politica. Ma, comunque, quei gruppi troppo spesso hanno delle complicità, delle coperture che sono politiche, oltre a essere mediatiche. Quindi, se vogliamo essere sinceri, se vogliamo essere fedeli a un concetto di verità dobbiamo farci carico di questa asimmetria con cui vengono presi in considerazione gesti e manifestazioni di intolleranza. Ne abbiamo visti tanti nel corso del tempo e, soprattutto nell'area del centro-destra, siamo stati tutti vittime di questa violenza.
  Chiudo qui la parte che riguarda Salvini e per due secondi, signor Presidente, la invito a porre alla Presidente Boldrini la richiesta di celebrare anche noi, come hanno fatto tutte le nazioni europee e forse anche del mondo occidentale certamente, l'anniversario del 9 novembre 1989. Abbiamo appena compiuto i 25 anni dalla liberazione di una parte, di un buon pezzo dell'Europa libera che invece era stata soggiogata e asservita all'Unione sovietica di Mosca nell'epoca della guerra fredda...

  PRESIDENTE. Dovrebbe concludere.

  FABIO RAMPELLI. Mi domando come mai non ci sia stato il tempo, la serenità, la concentrazione e l'attenzione per spendere una sola parola in Italia da parte della Camera dei deputati su questa ricorrenza, il venticinquesimo anniversario dell'abbattimento del muro di Berlino e della sconfitta della dittatura comunista in Europa.

  PRESIDENTE. La ringrazio e prendo atto della sua richiesta.
  Colleghi, poiché non era previsto questo giro di interventi, ma è un tema che l'onorevole Fedriga mi aveva posto ed è molto importante, ho pensato di poter dare la parola.
  Adesso ci vorranno circa 15 minuti per allestire il seggio. Sospendo, quindi, la seduta che riprenderà alle 14,15.

  La seduta, sospesa alle 14, è ripresa alle 14,30.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
ROBERTO GIACHETTI

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Gioacchino Alfano, Alfreider, Bonifazi, Brunetta, Caparini, Capelli, Catania, Di Lello, Di Salvo, Giancarlo Giorgetti, Marazziti, Pisicchio, Rampelli, Speranza, Tabacci e Vargiu sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
  I deputati in missione sono complessivamente novantuno, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Votazione per l'elezione di un Segretario di Presidenza, ai sensi dell'articolo 5, comma 9, del Regolamento.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la votazione per l'elezione di un Segretario di Presidenza, ai sensi dell'articolo 5, comma 9, del Regolamento.
  Ricordo che a tale elezione si procede in quanto, a seguito delle dimissioni rassegnate dalla deputata Pannarale, il gruppo Sinistra Ecologia Libertà non risulta più rappresentato nell'Ufficio di Presidenza.
  Avverto che ciascun deputato può scrivere sulla scheda un solo nome.
  Le schede recanti più di un nominativo saranno considerate nulle.
  Ai sensi del comma 6 del richiamato articolo 5 del Regolamento, risulterà eletto Pag. 63il deputato, fra quelli appartenenti al gruppo Sinistra Ecologia Libertà, che otterrà il maggior numero di voti.
  Indìco la votazione per schede.
  Per agevolare le operazioni di voto, invito i deputati ad avvicinarsi al banco della Presidenza seguendo il proprio turno di votazione, che è evidenziato sul tabellone elettronico, evitando quindi di stazionare nell'emiciclo e di rendere così più difficoltosa l'espressione del voto.
  Avverto che la Presidenza ha accolto alcune richieste di anticipazione del voto.
  Invito i deputati segretari a procedere alla prima chiama.
  (Segue la chiama).

  Approfitto per salutare gli alunni ed i professori dell'Istituto tecnico commerciale «Baruffi» di Mondovì (Cuneo), che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
  Stiamo procedendo all'elezione di uno dei membri dell'Ufficio di Presidenza. Grazie di essere qui.
  (Segue la chiama).

  Onorevole Manfredi, possiamo consentire di finire la chiama ? La ringrazio.
  (Segue la chiama).

  Dichiaro chiusa la votazione. Invito i deputati segretari a procedere allo spoglio delle schede. Sospendo la seduta.

  La seduta, sospesa alle 16,10, è ripresa alle 17.

  PRESIDENTE. Comunico il risultato della votazione per l'elezione di un segretario di Presidenza, ai sensi dell'articolo 5, comma 9, del Regolamento:

   Presenti e votanti:  418   
   Hanno ottenuto voti:
   Melilla  122   
    Voti dispersi  6    
    Schede bianche  251    
    Schede nulle  39.

  Proclamo eletto segretario di Presidenza l'onorevole Gianni Melilla, al quale facciamo anche un grande in bocca al lupo (Applausi).

  Hanno preso parte alla votazione:

  Deputati:
  Adornato Ferdinando
  Agostinelli Donatella
  Agostini Luciano
  Agostini Roberta
  Airaudo Giorgio
  Albanella Luisella
  Alberti Ferdinando
  Albini Tea
  Alfano Gioacchino
  Alli Paolo
  Altieri Trifone
  Amato Maria
  Amendola Vincenzo
  Amoddio Sofia
  Antezza Maria
  Anzaldi Michele
  Argentin Ileana
  Arlotti Tiziano
  Artini Massimo
  Ascani Anna
  Attaguile Angelo
  Baldassarre Marco
  Baldelli Simone
  Barbanti Sebastiano
  Bargero Cristina
  Baroni Massimo Enrico
  Baruffi Davide
  Basilio Tatiana
  Basso Lorenzo
  Battelli Sergio
  Bazoli Alfredo
  Becattini Lorenzo
  Bechis Eleonora
  Benamati Gianluca
  Benedetti Silvia
  Beni Paolo
  Bergonzi Marco
  Berlinghieri Marina
  Bernardo Maurizio
  Bernini Massimiliano
  Bianchi Mariastella
  Bianchi Nicola
  Binetti PaolaPag. 64
  Bini Caterina
  Blazina Tamara
  Boccadutri Sergio
  Boccia Francesco
  Boccuzzi Antonio
  Bolognesi Paolo
  Bombassei Alberto
  Bonaccorsi Lorenza
  Bonafede Alfonso
  Bonavitacola Fulvio
  Bonomo Francesca
  Bordo Franco
  Borghi Enrico
  Bosco Antonino
  Braga Chiara
  Brandolin Giorgio
  Bratti Alessandro
  Brescia Giuseppe
  Brugnerotto Marco
  Bruno Franco
  Bruno Bossio Vincenza
  Burtone Giovanni Mario Salvino
  Businarolo Francesca
  Busto Mirko
  Buttiglione Rocco
  Calabria Annagrazia
  Calabrò Raffaele
  Camani Vanessa
  Campana Micaela
  Cani Emanuele
  Caparini Davide
  Capelli Roberto
  Capodicasa Angelo
  Capone Salvatore
  Carbone Ernesto
  Cariello Francesco
  Carloni Anna Maria
  Carnevali Elena
  Carocci Mara
  Carra Marco
  Carrescia Piergiorgio
  Casati Ezio Primo
  Casellato Floriana
  Caso Vincenzo
  Cassano Franco
  Castelli Laura
  Causi Marco
  Cenni Susanna
  Cera Angelo
  Cesaro Antimo
  Cesaro Luigi
  Chaouki Khalid
  Chimienti Silvia
  Cimbro Eleonora
  Cimmino Luciano
  Ciprini Tiziana
  Ciracì Nicola
  Civati Giuseppe
  Coccia Laura
  Cominardi Claudio
  Cominelli Miriam
  Coppola Paolo
  Corda Emanuela
  Corsaro Massimo Enrico
  Coscia Maria
  Costantino Celeste
  Cova Paolo
  Covello Stefania
  Cozzolino Emanuele
  Crimì Filippo
  Crippa Davide
  Crivellari Diego
  Culotta Magda
  Dadone Fabiana
  Daga Federica
  D'Agostino Angelo Antonio
  D'Alessandro Luca
  Dallai Luigi
  Dall'Osso Matteo
  Dal Moro Gian Pietro
  Dambruoso Stefano
  D'Arienzo Vincenzo
  Da Villa Marco
  Dellai Lorenzo
  Dell'Aringa Carlo
  De Lorenzis Diego
  De Maria Andrea
  De Menech Roger
  De Rosa Massimo Felice
  Di Battista Alessandro
  Di Lello Marco
  Di Maio Marco
  D'Incà Federico
  D'Incecco Vittoria
  Di Salvo Titti
  Di Stefano Fabrizio
  Di Vita Giulia
  Donati Marco
  D'Ottavio Umberto
  Duranti Donatella
  D'Uva Francesco
  Epifani Ettore Guglielmo
  Ermini David
  Fabbri MarilenaPag. 65
  Falcone Giovanni
  Famiglietti Luigi
  Farina Daniele
  Farina Gianni
  Fassina Stefano
  Fauttilli Federico
  Fava Claudio
  Fedi Marco
  Ferranti Donatella
  Ferraresi Vittorio
  Ferrari Alan
  Ferro Andrea
  Fiano Emanuele
  Fiorio Massimo
  Fitzgerald Nissoli Fucsia
  Folino Vincenzo
  Fontana Cinzia Maria
  Fossati Filippo
  Fraccaro Riccardo
  Fragomeli Gian Mario
  Fratoianni Nicola
  Fregolent Silvia
  Frusone Luca
  Fucci Benedetto Francesco
  Fusilli Gianluca
  Gadda Maria Chiara
  Gagnarli Chiara
  Galgano Adriana
  Galli Carlo
  Galli Giampaolo
  Gallinella Filippo
  Gallo Luigi
  Gallo Riccardo
  Galperti Guido
  Gandolfi Paolo
  Garavini Laura
  Garofalo Vincenzo
  Garofani Francesco Saverio
  Gasparini Daniela Matilde Maria
  Gebhard Renate
  Gelli Federico
  Gelmini Mariastella
  Ghizzoni Manuela
  Giacobbe Anna
  Gigli Gian Luigi
  Ginato Federico
  Ginefra Dario
  Ginoble Tommaso
  Giordano Giancarlo
  Giordano Silvia
  Giorgis Andrea
  Gitti Gregorio
  Giuliani Fabrizia
  Giulietti Giampiero
  Gnecchi Marialuisa
  Grassi Gero
  Greco Maria Gaetana
  Gribaudo Chiara
  Grillo Giulia
  Guerini Giuseppe
  Gullo Maria Tindara
  Iacono Maria
  Iannuzzi Cristian
  Iannuzzi Tino
  Impegno Leonardo
  Incerti Antonella
  Invernizzi Cristian
  Iori Vanna
  Kronbichler Florian
  L'Abbate Giuseppe
  Labriola Vincenza
  Lacquaniti Luigi
  Laffranco Pietro
  Lainati Giorgio
  Latronico Cosimo
  Lattuca Enzo
  Lauricella Giuseppe
  Lavagno Fabio
  Letta Enrico
  Leva Danilo
  Librandi Gianfranco
  Lodolini Emanuele
  Lombardi Roberta
  Lo Monte Carmelo
  Lorefice Marialucia
  Maestri Patrizia
  Malisani Gianna
  Manciulli Andrea
  Manfredi Massimiliano
  Mannino Claudia
  Mantero Matteo
  Manzi Irene
  Marantelli Daniele
  Marazziti Mario
  Marchetti Marco
  Mariani Raffaella
  Mariano Elisa
  Marrocu Siro
  Marroni Umberto
  Martella Andrea
  Martelli Giovanna
  Marzana Maria
  Marzano Michela
  Massa FedericoPag. 66
  Matarrese Salvatore
  Mattiello Davide
  Mauri Matteo
  Mazzoli Alessandro
  Melilla Gianni
  Melilli Fabio
  Meloni Marco
  Miccoli Marco
  Micillo Salvatore
  Migliore Gennaro
  Minardo Antonino
  Minnucci Emiliano
  Miotto Anna Margherita
  Misiani Antonio
  Misuraca Dore
  Mognato Michele
  Monaco Francesco
  Monchiero Giovanni
  Mongiello Colomba
  Montroni Daniele
  Morani Alessia
  Morassut Roberto
  Moretto Sara
  Moscatt Antonino
  Mottola Giovanni Carlo Francesco
  Mucci Mara
  Mura Romina
  Murer Delia
  Naccarato Alessandro
  Nastri Gaetano
  Nesci Dalila
  Nicchi Marisa
  Nicoletti Michele
  Nizzi Settimo
  Nuti Riccardo
  Occhiuto Roberto
  Oliaro Roberta
  Orfini Matteo
  Ottobre Mauro
  Pagani Alberto
  Pagano Alessandro
  Paglia Giovanni
  Palazzotto Erasmo
  Palese Rocco
  Palma Giovanna
  Palmieri Antonio
  Palmizio Elio Massimo
  Parentela Paolo
  Paris Valentina
  Parrini Dario
  Pastorelli Oreste
  Patriarca Edoardo
  Pelillo Michele
  Pellegrino Serena
  Peluffo Vinicio Giuseppe Guido
  Pesco Daniele
  Petitti Emma
  Petraroli Cosimo
  Petrenga Giovanna
  Petrini Paolo
  Piazzoni Ileana Cathia
  Piccione Teresa
  Piccoli Nardelli Flavia
  Piccolo Giorgio
  Piccolo Salvatore
  Pilozzi Nazzareno
  Pini Giuditta
  Pinna Paola
  Piras Michele
  Pisano Girolamo
  Pizzolante Sergio
  Placido Antonio
  Plangger Albrecht
  Polidori Catia
  Polverini Renata
  Porta Fabio
  Prataviera Emanuele
  Prestigiacomo Stefania
  Preziosi Ernesto
  Prina Francesco
  Prodani Aris
  Quaranta Stefano
  Quintarelli Giuseppe Stefano
  Rabino Mariano
  Ragosta Michele
  Rampelli Fabio
  Ribaudo Francesco
  Ricciatti Lara
  Rigoni Andrea
  Rizzetto Walter
  Rizzo Gianluca
  Roccella Eugenia
  Rocchi Maria Grazia
  Romanini Giuseppe
  Romano Paolo Nicolò
  Romele Giuseppe
  Rosato Ettore
  Rossi Paolo
  Rossomando Anna
  Rostan Michela
  Rostellato Gessica
  Rotta Alessia
  Ruocco Carla
  Russo PaoloPag. 67
  Saltamartini Barbara
  Sammarco Gianfranco
  Sani Luca
  Sanna Francesco
  Sanna Giovanna
  Sannicandro Arcangelo
  Santerini Milena
  Savino Sandra
  Sberna Mario
  Sbrollini Daniela
  Scagliusi Emanuele
  Scalfarotto Ivan
  Scanu Gian Piero
  Schirò Gea
  Scopelliti Rosanna
  Scotto Arturo
  Scuvera Chiara
  Segoni Samuele
  Senaldi Angelo
  Sereni Marina
  Simoni Elisa
  Sottanelli Giulio Cesare
  Speranza Roberto
  Spessotto Arianna
  Squeri Luca
  Tabacci Bruno
  Tacconi Alessio
  Tancredi Paolo
  Taranto Luigi
  Taricco Mino
  Tartaglione Assunta
  Tentori Veronica
  Terrosi Alessandra
  Terzoni Patrizia
  Tidei Marietta
  Toninelli Danilo
  Totaro Achille
  Tripiedi Davide
  Tullo Mario
  Turco Tancredi
  Valente Simone
  Valente Valeria
  Valentini Valentino
  Valiante Simone
  Vallascas Andrea
  Vazio Franco
  Vecchio Andrea
  Vella Paolo
  Venittelli Laura
  Verini Walter
  Vezzali Maria Valentina
  Vignali Raffaello
  Vignaroli Stefano
  Villarosa Alessio
  Zaccagnini Adriano
  Zampa Sandra
  Zan Alessandro
  Zanin Giorgio
  Zappulla Giuseppe
  Zaratti Filiberto
  Zardini Diego
  Zoggia Davide
  Zolezzi Alberto

  Sono in missione:
  Alfano Angelino
  Alfreider Daniel
  Amici Sesa
  Baretta Pier Paolo
  Bellanova Teresa
  Bindi Rosy
  Bobba Luigi
  Bocci Gianpiero
  Bonifazi Francesco
  Bordo Michele
  Borletti Dell'Acqua Buitoni
   Ilaria Carla Anna
  Boschi Maria Elena
  Brambilla Michela Vittoria
  Bressa Gianclaudio
  Brunetta Renato
  Capezzone Daniele
  Casero Luigi
  Castiglione Giuseppe
  Catania Mario
  Cecconi Andrea
  Cicchitto Fabrizio
  Cirielli Edmondo
  Colonnese Vega
  Costa Enrico
  D'Ambrosio Giuseppe
  Damiano Cesare
  De Girolamo Nunzia
  Del Basso De Caro Umberto
  Di Gioia Lello
  Di Maio Luigi
  Ferrara Ciccio
  Fico Roberto
  Fioroni Giuseppe
  Fontana Gregorio
  Fontanelli Paolo
  Franceschini Dario
  Gentiloni Silveri PaoloPag. 68
  Giachetti Roberto
  Giacomelli Antonello
  Giorgetti Giancarlo
  Gozi Sandro
  Guerra Mauro
  La Russa Ignazio
  Lorenzin Beatrice
  Lotti Luca
  Lupi Maurizio
  Madia Maria Anna
  Martino Antonio
  Merlo Ricardo Antonio
  Meta Michele Pompeo
  Orlando Andrea
  Pes Caterina
  Pini Gianluca
  Pisicchio Pino
  Pistelli Lapo
  Ravetto Laura
  Realacci Ermete
  Rossi Domenico
  Rughetti Angelo
  Sanga Giovanni
  Schullian Manfred
  Sisto Francesco Paolo
  Taglialatela Marcello
  Tofalo Angelo
  Vargiu Pierpaolo
  Velo Silvia
  Villecco Calipari Rosa Maria
  Vitelli Paolo
  Vito Elio
  Zanetti Enrico

Sull'ordine dei lavori (ore 17,03).

  PRESIDENTE. Dovremmo – il condizionale è d'obbligo – ora passare al seguito della discussione del disegno di legge recante disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali.
  La Commissione bilancio ha, tuttavia, espresso il prescritto parere solo sul testo del provvedimento e non si è ancora espressa sulle proposte emendative presentate. Allo stato, non è pertanto possibile procedere all'esame degli articoli e degli emendamenti. A questo punto, chiederei al presidente della Commissione bilancio, onorevole Boccia, di quanto tempo necessiti la Commissione per procedere a tale adempimento. Prego, onorevole Boccia.

  FRANCESCO BOCCIA, Presidente della V Commissione. Grazie, Presidente. La Commissione bilancio ha ricevuto ieri sera, in tarda serata, gli emendamenti, per i quali, per la verità, la scadenza prevista era alle ore 12, sempre della giornata di ieri. Nella seduta delle ore 13,30, la Commissione bilancio ha espresso parere favorevole sul testo e non aveva ancora ricevuto dal Governo i pareri sugli emendamenti, e quindi era tecnicamente impossibilitata dall'aprire anche una discussione sugli emendamenti. Se in questi minuti, in queste ore, arrivano i testi, si potrebbe ipotizzare...
  Nella serata di oggi, la Commissione è convocata per le ore 21, ovviamente, come potrà immaginare, per la legge di stabilità. A margine dei lavori di questa sera, potremmo provare a dare il parere su una parte degli emendamenti, se il Governo, però, ci dà i propri pareri sugli emendamenti; viceversa, saremo in grado di darli domani mattina, sempre in funzione della trasmissione dei propri pareri da parte del Governo.

  DAVIDE CRIPPA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  DAVIDE CRIPPA. Signor Presidente, vorrei un po’ di chiarezza, perché, dai termini utilizzati, il presidente Boccia, nonostante lei abbia detto inizialmente che «il condizionale è d'obbligo», è andato avanti sulla stessa linea. Mi sembra di capire che, se arriverà entro questa sera, forse, magari, un fascicolo, se arriveranno i pareri del Governo, forse, magari, riusciremo...
  Ma, visto che abbiamo il Governo in Aula, credo sia dovere formale del Governo darci delle risposte nel merito su quando riuscirà a fornire i pareri legati al provvedimento collegato ambientale, perché almeno noi riusciamo a dare una Pag. 69calendarizzazione corretta. Altrimenti, lo sforzo fatto dai deputati nel formulare gli emendamenti tempestivamente entro ieri a mezzogiorno poi viene reso vano dal fatto che il Governo abbia altri grilli per la testa, che non siamo noi, e quindi non abbia le tempistiche opportune per riuscire a dare dei provvedimenti discutibili in Aula, e credo che questo sia un problema.
  Se diamo delle tempistiche corrette, almeno riusciamo ad evitare corse disperate da parte dei gruppi politici, e poi il Governo si prende i tempi necessari e porta alla lunga la discussione. Credo che possiamo chiedere formalmente al Governo quando riuscirà a dare quelle informazioni che il collega Boccia ha messo come ipotetiche (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sul medesimo argomento l'onorevole Rosato. Ne ha facoltà. Premetto che darò la parola ad un rappresentante per gruppo, e non di più, su questo argomento. Hanno chiesto di parlare anche l'onorevole Guidesi e l'onorevole Zaratti. Prego, onorevole Rosato.

  ETTORE ROSATO. Grazie, Presidente. Intervengo dicendo che, naturalmente, il presidente Boccia ha espresso una posizione molto chiara, e suggerirei di partire da quanto egli ci ha detto, cioè che la Commissione ha una disponibilità a lavorare fin da stasera, ove il Governo riesca a fornire i pareri sugli emendamenti.
  Da parte nostra, vi è un invito al Governo a farlo con la tempistica che il presidente Boccia ha suggerito, tenendo conto che, però, sono arrivati 253 emendamenti, che sono stati presentati ieri mattina, che siamo nel periodo della legge di stabilità e che sia per il MEF sia per la Commissione bilancio si accavallano i lavori.
  Quindi, credo che, in quest'occasione, in particolare, bisogna prendere atto che c’è un evidente aggravio di lavoro. Aggiungo che il collegato ambientale al disegno di legge di stabilità, di cui stiamo discutendo, è un provvedimento molto complesso, che ha richiesto un grande lavoro da parte della Commissione; credo si possa definire un gran buon lavoro da parte della Commissione, essendo stato riconosciuto non solo dai gruppi di maggioranza, e noi abbiamo tutto l'interesse che questo gran buon lavoro trovi soddisfazione anche nella valutazione degli emendamenti che la Ragioneria è chiamata a svolgere. Da questo punto di vista, abbiamo tutto l'interesse a lavorare con la Ragioneria per trovare soluzioni ai problemi che sono stati segnalati, e già il fatto che il parere è stato fornito in tempi congrui sul testo approvato dalla Commissione mi sembra sia una premessa importante per facilitare il nostro lavoro.
  Penso, dunque, che possiamo proseguire nei nostri lavori, partendo da ciò che è previsto nel calendario che è, comunque, un calendario ricco di provvedimenti importanti da esaminare, a cominciare proprio dai punti posti all'attenzione dell'Aula dai gruppi di opposizione.

  GUIDO GUIDESI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  GUIDO GUIDESI. Presidente, poiché non è la prima volta che ci troviamo in questa situazione, e le parole del collega Rosato credo siano ormai memorizzate in quest'Aula, perché ripetitive e ripetute più volte, vorrei semplicemente ricordare che non è che la calendarizzazione e l'organizzazione dei provvedimenti in Aula, e in Commissione, dipenda dall'opposizione, dalla quantità di emendamenti che l'opposizione presenta, perché l'opposizione esercita semplicemente una capacità democratica di tentare di cambiare quei provvedimenti, quegli articolati che non condivide. Indi per cui, non è che tutte le volte si può dire: c'erano tot emendamenti, non siamo riusciti, non ce l'abbiamo fatta.
  Ricordo, inoltre, che la Commissione bilancio è ormai entrata nella valutazione della legge di stabilità, per cui, mi associo alla richiesta del collega Crippa di sapere immediatamente dal Governo se ha la Pag. 70disponibilità, e quali sono i tempi nei quali riuscirà a fornire dei pareri di cui la Commissione bilancio ha bisogno.
  Infine, dico a lei che presiede quest'Aula, perché lo dica alla Presidente, che questa situazione ormai si ripete da tantissimo tempo ed è ora, probabilmente, che la Presidente ci metta mano.

  FILIBERTO ZARATTI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  FILIBERTO ZARATTI. Signor Presidente, naturalmente prendiamo atto delle dichiarazioni del presidente Boccia, ma ciò non toglie che qualche perplessità noi l'abbiamo. Siccome è del tutto evidente la contraddizione palese tra le norme contenute nel collegato ambientale e le norme che sono state inserite, invece, nel famigerato decreto «sblocca Italia», noi non vorremmo che questo rallentamento, nell'esprimere i pareri da parte del Governo, fosse teso a fare in modo che il collegato ambientale poi, nell'ingorgo di questioni che devono essere affrontate la prossima settimana, a cominciare dal bilancio e dalla legge di stabilità, non venga approvato, e che dietro questa dilazione dei tempi ci sia, invece, una specifica volontà da parte del Governo di non approvare il collegato ambientale. Questo ci preoccuperebbe assai, perché abbiamo visto che, invece, in occasioni diverse, come lo «sblocca Italia», il Governo è stato assai più sollecito e ha messo tanta solerzia nel cercare di accelerare i tempi. Quindi, prendiamo atto delle dichiarazioni del presidente Boccia, al quale ovviamente va la nostra stima, ma pensiamo che il Governo dovrebbe darci certezze rispetto alla volontà di provvedere ad esprimere i necessari pareri, in modo tale da permettere a questa Aula di approvare il collegato ambientale.

  MASSIMO ENRICO CORSARO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  MASSIMO ENRICO CORSARO. Signor Presidente, il presidente della Commissione bilancio, onorevole Boccia, ha rappresentato una circostanza che, purtroppo, si sta ripetendo con un'allarmante frequenza, e sulla quale invito la Presidenza ad attivarsi nei confronti del Governo, perché metta il Parlamento nelle migliori condizioni per potere operare e legiferare.
  Infatti, non è certamente questa la prima e – ahinoi ! – temiamo che non sarà l'ultima occasione in cui il Governo si presenta alla Commissione bilancio su questo o quel provvedimento, ritardando la formulazione di pareri necessari alla valutazione definitiva da parte della stessa Commissione bilancio.
  Non è che la Commissione bilancio, improvvisamente, alla mattina, estrae da un'urna una pallina colorata all'interno della quale c’è scritto di che cosa intende parlare ed entro che termine, ma la Commissione bilancio stessa ha un calendario fortemente condizionato dagli atti e dai documenti che ci vengono presentati dal Governo: pertanto, vi è una forma di incompreso stupore sulla circostanza che, una volta sì e l'altra pure, il Governo si presenti in Commissione bilancio come se scoprisse, in quel momento, che la Commissione bilancio è improvvisamente convocata per trattare un argomento che, guarda caso, viene dallo stesso Governo.
  Io credo che, in una condizione normale, già questo sarebbe sufficientemente risibile. Se ciò si somma alla circostanza che la Commissione bilancio sta provando ad avviare il suo lavoro sulla legge di stabilità, mi sento di dovere ricusare le parole espresse dal collega Rosato, che cercava velatamente – e poi neanche tanto – di addebitare alla responsabilità delle forze di opposizione per la presentazione di emendamenti il rallentamento dei lavori di Commissione. Infatti, la legge di stabilità, onorevole Presidente, ha registrato oltre mille – oltre mille: uno, zero, zero, zero – emendamenti presentati dalle forze che sostengono il Governo.Pag. 71
  Allora, se di ingolfamento sulla principale legge dello Stato si tratta, che questo ingolfamento venga rappresentato da una...

  PRESIDENTE. Onorevole Carra, gentilmente, il sottosegretario sta ascoltando.

  MASSIMO ENRICO CORSARO. ... sovradimensionata rappresentazione di richieste emendative da parte della maggioranza, per carità, legittimamente ha tutto il diritto di farlo. Ma che poi, nel momento in cui noi denunciamo la scarsa efficienza dei lavori di Commissione e d'Aula, ci si debba anche sentire addebitati dal delegato d'Aula del Partito Democratico di una colpevole volontà da parte dell'opposizione di fare ostruzionismo è un po’ troppo.
  Aggiungo, da ultimo, onorevole Presidente, che lei è testimone della circostanza che, di norma, quando c’è la legge di stabilità o quando c'era la legge finanziaria, antesignana dell'attuale legge di stabilità, era buona prassi che la Commissione bilancio fosse messa in condizione di lavorare, sostanzialmente in sospensione di qualsiasi altra attività. Qui, invece, siamo chiamati a cominciare a lavorare questa sera alle 21 sul disegno di legge di stabilità, in costanza di lavori d'Aula – cosa che normalmente non avveniva – e, in più, con l'obbligo, tra una valutazione emendativa e l'altra, tra un intervento in discussione sulle linee generali e l'altro sulla legge principale dello Stato, che è la legge di stabilità, presentata dal Governo, di dovere esprimere le valutazioni su un testo presentato dal Governo, sul quale mancano gli indispensabili pareri del Governo. Sarebbe da piangere, se non fosse da ridere.

  PRESIDENTE. Prima di rispondere ai colleghi che sono intervenuti, saluto gli alunni e i docenti dell'Istituto tecnico industriale statale Evangelista Torricelli di Sant'Agata di Militello, in provincia di Messina, che assistono ai nostri lavori (Applausi).
  Colleghi, credo che la questione risolutiva sia emersa chiaramente dalle parole del presidente Boccia e anche dagli interventi di tutti i colleghi. È chiaro che, affinché sia possibile procedere con il provvedimento in esame, è necessario che la Commissione bilancio sia messa nelle condizioni di votare gli emendamenti, per i quali è necessario il parere del Governo, in particolare – presumo – della Ragioneria generale, che deve, come di consueto, intervenire per la compatibilità.
  Mi pare del tutto evidente che, nel programma che ci siamo dati, se vi è effettivamente l'impegno, che il Governo ha preso in via informale, anche, credo, in Commissione, di fornire questi pareri compatibilmente con i lavori della Commissione sulla legge di stabilità; tuttavia ho sentito il presidente Boccia che ipotizzava di trovare una finestra a margine per potere, qualora vi sia il parere della Ragioneria generale, affrontare il parere su questi emendamenti, sì da poter domani mattina proseguire, come da ordine del giorno, i lavori sul collegio ambientale. Se il parere non dovesse arrivare, domani si proseguirà con gli altri punti all'ordine del giorno.
  Ovviamente poi non sta alla Presidenza entrare nel merito delle valutazioni politiche.
  Dico solo all'onorevole Guidesi ed all'onorevole Corsaro (non all'onorevole Crippa, perché non c'erano né lui, né il suo gruppo nelle precedenti legislature): sappiamo perfettamente che l'ingrato compito, che è toccato al presidente Boccia, è toccato spesso anche al presidente Giorgetti, quando era presidente della Commissione bilancio e l'ingrato compito dell'intervento dell'onorevole Guidesi è toccato spesso a molti di coloro che adesso sono in maggioranza.
  Purtroppo, è una condizione difficile dei lavori parlamentari nella quale, di volta in volta, a prescindere dalle maggioranze, ci siamo trovati.
  È un motivo questo per proseguire ? Penso assolutamente di no. Anzi, meglio organizziamo i nostri lavori, più certezze abbiamo tutti quanti e meglio è.
  L'unica certezza che abbiamo, onorevole Crippa, è che, chiaramente, domani si Pag. 72affronterà questo punto all'ordine del giorno, se il Governo manterrà l'impegno che ha assunto, non credo che cambi molto se lo afferma adesso in aula, rispetto a quello che ha fatto prima in Commissione, e se la Commissione avrà avuto il tempo di esaminare gli emendamenti, sapendo, colleghi, tutti quanti, che, indubbiamente, l'esame del disegno di legge di stabilità è un impegno certamente importante per la Commissione bilancio, ma sicuramente lo è anche per il Mef, che avrà parecchio lavoro su questo.
  Se siete d'accordo, a questo punto andrei avanti.
  Mi pare che, vi sia un'intesa fra tutti i gruppi – qualcuno mi corregga se non è così – nel senso di passare direttamente all'esame del punto 7, che reca il seguito della discussione delle mozioni concernenti iniziative a sostegno delle politiche di genere.

  DAVIDE CRIPPA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  DAVIDE CRIPPA. Signor Presidente, sempre sull'ordine dei lavori, per capire meglio la programmazione. Visto che sono le 17,20 e tecnicamente abbiamo una seduta comunque che va ben oltre quelle che possono essere le previsioni di chiusura del provvedimento al punto 7, chiedo quale sarà il passo successivo: se ritorniamo al punto 6 o se andiamo al punto 8. Così almeno riusciamo ad organizzare, all'interno del nostro gruppo, coloro i quali devono intervenire e farsi trovare pronti. E vorrei anche capire se il Governo poi ci sarà sul punto 6 o sul punto 8, cioè io credo che sia importante già avvisare i soggetti interessati, perché altrimenti anche la programmazione svanisce.

  PRESIDENTE. Onorevole Crippa, le rispondo spero in modo esaustivo: adesso affrontiamo il punto 7, perché mi pare che questo sia il punto su cui vi è l'accordo di tutti i gruppi.
  Per quanto riguarda la Presidenza, salvo intese diverse da parte dei gruppi, poi si passa al punto 6, che è quello che dovrebbe venire a seguire e che, certamente, magari non si esaurirà nella giornata di oggi, ma, se vi sono i tempi e i margini, lo inizieremo ad affrontare.
  Adesso io ho capito che c’è un accordo per passare subito al punto 7.
  Subito dopo, per me, si torna al punto 6, che era il punto che viene successivamente.

  DAVIDE CRIPPA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  DAVIDE CRIPPA. Signor Presidente, l'intesa... Infatti, temevo che ci fosse questo equivoco, ossia l'intesa era quella di non passare al punto 6, perché è stato discusso ieri; ci sono state le richieste di alcuni gruppi di poter esaminare la loro mozione e in qualche modo di spostare in là nel tempo. Quindi, non è che possiamo dire che quello che è stato ieri un impegno preso in sede di discussione possa essere, non slittare due o tre ore di tempo per dire: «OK, spostiamo il 6, perché ieri c’è stato un impegno da parte dei gruppi di presentare le mozioni...

  PRESIDENTE. Onorevole Crippa, le chiedo scusa...

  DAVIDE CRIPPA. Chiudo, chiudo !

  PRESIDENTE. No no, ho capito, le volevo solo dire questo, prima di dare la parola all'onorevole Rosato ed all'onorevole Palese, che l'hanno richiesta: ovviamente la Presidenza rispetta pienamente gli accordi che si realizzano tra i gruppi. Se questi accordi sono unanimi, li recepisce. Diversamente, la Presidenza non può che continuare...
  Onorevole Crippa, adesso ci siamo intesi: ho capito perfettamente quello che lei ha detto, io le ho detto come intende comportarsi la Presidenza, però do la parola prima all'onorevole Rosato e poi all'onorevole Palese.

Pag. 73

  ETTORE ROSATO. Signor Presidente, noi non abbiamo mai fatto nessun accordo che prevedesse lo slittamento del punto numero 6 all'ordine del giorno: abbiamo fatto un accordo che prevedesse l'anticipazione del numero 7, non altro.
  Comunque, se c’è una richiesta del MoVimento 5 Stelle per far slittare il punto all'ordine del giorno alla prossima settimana, da parte nostra non c’è nessun problema.

  PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare, onorevole Palese.

  ROCCO PALESE. Signor Presidente, intervengo per significare che ieri, in un'aula pressoché deserta, c’è stata la discussione sulle linee generali sul punto 6 e sul punto 6 si è convenuto, anche da parte del Governo, su richiesta di molti gruppi, che erano presenti con un unico rappresentante, sulla necessità di aggiornare quanto meno alla prossima settimana il prosieguo dell'esame del punto 6, perché era in essere l'analisi di un monitoraggio da parte di alcuni gruppi e da parte del Governo.
  Quindi, noi riteniamo che il punto 6 vada comunque differito ad altra data, possibilmente la prossima settimana o quando deciderà la Conferenza dei presidenti di gruppo, o quando deciderà l'Aula e che per oggi vada affrontato il punto 7 con le dichiarazioni di voto, punto e basta.

  PRESIDENTE. Allora, colleghi, vorrei che noi ci intendessimo perché, come ripeto, tutto quello che i gruppi concordano, la Presidenza non ha nessuna difficoltà a recepirlo. Fino a che non c’è un accordo tra i gruppi, la Presidenza deve proseguire sulla base delle decisioni che sono state assunte dalla Conferenza dei presidenti di gruppo. Intanto, mi pare che c’è un accordo unanime a iniziare dal punto 7. Nel frattempo che svolgiamo il punto 7, che non sarà una questione di pochi minuti, io sollecito i gruppi – ho sentito anche le dichiarazioni del presidente Rosato – a chiarirsi e, se c’è un accordo per cambiare il prosieguo dell'ordine del giorno, ripeto che la Presidenza non ha nessun problema a recepirlo. Diversamente, la Presidenza va avanti come abbiamo stabilito.

  DAVIDE CRIPPA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Onorevole Crippa, adesso ho detto che passiamo al punto 7. Prima di passare agli altri punti...colleghi, siamo al punto 7, su cui c’è l'accordo. Onorevole Crippa, lei ritira l'accordo sul punto 7 ? Altrimenti iniziamo il punto 7 e poi dopo affrontiamo quello che avviene dopo il punto 7. Altrimenti, arriviamo alla fine della seduta che non abbiamo neanche preso in considerazione il punto 7.

  DAVIDE CRIPPA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Onorevole Crippa, io le do la parola se lei mi dice che non c’è l'accordo per andare avanti sul punto 7.

  DAVIDE CRIPPA. Sull'ordine dei lavori.

  PRESIDENTE. Sull'ordine dei lavori abbiamo già discusso, non ci ritorniamo per l'ennesima volta. Comunque, prego, onorevole Crippa.

  DAVIDE CRIPPA. Signor Presidente, non è che voglio ritornare, ma vorrei capire, perché se riusciamo a leggere lo speech che lei ha letto un minuto fa, cioè passiamo al punto 7 e diciamo passiamo al punto 7 e 8, noi siamo d'accordo, altrimenti chiediamo che la questione per cui venga differito il passaggio dal punto 6 al punto 7 venga messa in votazione.

  PRESIDENTE. Allora, onorevole Crippa lo speech è: in ragione dell'accordo di tutti i gruppi, se nessuno obietta, passiamo al punto 7. Quello che succede dopo il punto 7, è frutto di un accordo che deve emergere tra i gruppi e che al momento non mi pare esista. Se non c’è un accordo tra i gruppi, la Presidenza deve andare avanti, come le ho spiegato, sulla base di quello che ha stabilito la Conferenza dei presidenti Pag. 74di gruppo. La Presidenza auspica che, così come è stato trovato un accordo sul punto 7, sia raggiungibile un accordo anche sui punti a seguire. Io adesso devo andare avanti sulla base di un accordo raggiunto che è di iniziare il punto 7, salvo che non ci sia più questo accordo e, allora, ricominciamo dal punto 6. Se non ci sono obiezioni, passiamo al punto 7.

Seguito della discussione delle mozioni Tinagli, Carfagna, Giuliani, Dorina Bianchi, Binetti, Di Salvo ed altri n. 1-00272, Mucci ed altri n. 1-00611, Nicchi ed altri n. 1-00613, Speranza ed altri n. 1-00615 e Rondini ed altri n. 1-00620 concernenti iniziative a sostegno delle politiche di genere (ore 17,25).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Tinagli, Carfagna, Giuliani, Dorina Bianchi, Binetti, Di Salvo ed altri n. 1-00272 (Nuova formulazione), Mucci ed altri n. 1-00611, Nicchi ed altri n. 1-00613 (Nuova formulazione), Speranza ed altri n. 1-00615 e Rondini ed altri n. 1-00620, concernenti iniziative a sostegno delle politiche di genere (Vedi l'allegato A – Mozioni).
  Avverto che, dopo la conclusione della discussione sulle linee generali, che ha avuto luogo nella seduta di lunedì 13 ottobre 2014 e nella quale è intervenuto il rappresentante del Governo, è stata presentata la mozione Rondini ed altri n. 1-00620 e una nuova formulazione della mozione Nicchi ed altri n. 1-00613, che sono già state iscritte all'ordine del giorno. Avverto, inoltre, che è stata testé presentata una nuova formulazione della mozione Mucci ed altri n. 1-00611. Il relativo testo è in distribuzione.

(Parere del Governo)

  PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sulle mozioni all'ordine del giorno. Chiedo se è in grado, visto che l'ultima mozione è stata presentata poco fa. Chiedo se il Governo è in grado di esprimere il parere ugualmente o se è necessario sospendere.

  SESA AMICI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, no, grazie. Come lei ha annunciato all'Assemblea, la discussione sulle linee generali si è anche conclusa con un intervento da parte del Governo che aveva espresso, già in quella sede, una serie di valutazioni relative a diverse mozioni che riguardavano più che altro attività di programmazione relativamente ad alcuni provvedimenti, molti dei quali sono anche in corso di definizione, in particolare con la delega del lavoro.
  Alla luce di questa premessa, il parere del Governo sulla mozione Tinagli, Carfagna, Giuliani, Dorina Bianchi, Binetti, Di Salvo ed altri n. 1-00272 (Nuova formulazione) è un parere favorevole, così come il parere è favorevole su tutte le mozioni, comprese le nuove formulazioni. Quindi, il Governo esprime parere favorevole sulle mozioni Tinagli, Carfagna, Giuliani, Dorina Bianchi, Binetti, Di Salvo ed altri n. 1-00272 (Nuova formulazione), Mucci ed altri n. 1-00611 (Nuova formulazione) e Nicchi ed altri n. 1-00613 (Nuova formulazione). Per la mozione Rondini ed altri n. 1-00620, sull'ultimo impegno, che è quello in cui si dice: «ad assumere iniziative normative dirette a definire nuove fattispecie di reato connotate da maggiore rigore sanzionatorio», il parere è contrario per un motivo molto semplice.
  Già la nostra normativa e i codici relativi alle violenze fatte in nome di un reato come lo stalking e gli altri prevedono tali reati: credo che non esistano, oggi, ancora le condizioni per avere un'ulteriore fattispecie di reato. Solo per questo motivo, altrimenti il parere è favorevole. Quindi, chiederei di espungere l'ultimo capoverso del dispositivo.
  Sulla mozione Speranza ed altri n. 1-00615, il Governo esprime parere favorevole.

Pag. 75

(Dichiarazioni di voto)

  PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Locatelli. Ne ha facoltà, per tre minuti.

  PIA ELDA LOCATELLI. Signor Presidente, tutte le mozioni sulle politiche di genere in discussione mettono al centro il tema del lavoro delle donne, giustamente. Il problema è che il lavoro femminile non sta al centro delle politiche del nostro Paese. Questo è il problema, perché, dopo quindici anni dalla Strategia di Lisbona, che già nel 2000 aveva presto l'obiettivo del 60 per cento di presenza femminile nel mercato del lavoro entro il 2010 – target, tra l'altro, poi successivamente aumentato –, noi siamo ancora sotto il 50 per cento, fanalino di coda in Europa, in compagnia di piccoli Paesi, come Cipro e Malta. Una conferma che i Paesi del sud Europa hanno tardato ad affrontare il problema, soprattutto per ragioni culturali e di scarsa consapevolezza.
  I modelli culturali della divisione sessuale dei ruoli nel lavoro continuano, nei fatti, a permanere, nonostante tanti bei discorsi. I numeri sono semplici e di un'evidenza lampante in quanto a contributo del lavoro delle donne al PIL. Il 60 per cento significa che, se sei donne su dieci lavorassero, il PIL ha salirebbe del 7 per cento e se a questo si aggiungesse parità di reddito, l'aumento sarebbe del 32 per cento. Invece, oggi, sempre più donne perdono il lavoro e sono costrette, in tanti casi, a rinunciare ad essere madri; quindi, si pone anche il problema demografico.
  Il problema di fondo è che in molti Paesi, tra cui il nostro, l'economia e la parità di genere sono considerati due settori distinti, separati, perché non vengono riconosciuti forti legami che li uniscono. Già qualche anno fa, il professor Maurizio Ferrera, nel suo libro Il fattore D affermava che in Italia manca una stabile coalizione pro-donne e che la vera ragione per cui non si fanno progressi per l'uguaglianza di genere nell'ambito dell'occupazione, ma non solo, non è solo di natura economica, ma culturale e politica.
  In altri Paesi, il tutto si è avviato quando si sono formate coalizioni pro-donne in seno alla classe dirigente del Paese: imprenditori, politici, intellettuali, sindacati. Da noi questo non è avvenuto e ci sono state singole, lodevoli iniziative, apprezzabili sforzi estemporanei, ma mai una vera coalizione pro-donne con continuità e sistematicità di azione. Ci vogliono consapevolezza della necessità di un disegno complessivo, grande impegno, chiarezza di idee; ci vogliano azioni mirate, coerenti, continue, a più livelli; ci vuole pluralità dei soggetti coinvolti. Ma da noi sono difficili le azioni coordinate, anche o, forse, soprattutto, a causa della cultura ancora così legata alla divisione sessuale dei ruoli e della logica di funzionamento del nostro sistema politico: due elementi che sono, purtroppo, all'origine di questo e di tanti altri problemi del Paese.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  PIA ELDA LOCATELLI. Ho concluso. Si apra, quindi, nel Parlamento, con una sessione dedicata, una discussione pubblica su questi temi, che stimoli il dibattito e dia avvio ad una coalizione pro-donne.

  PRESIDENTE. Grazie...

  PIA ELDA LOCATELLI. ... e il nostro voto sarà favorevole per tutte le mozioni, con sospensione di giudizio per quella a prima firma del collega Rondini (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) – Liberali per l'Italia (PLI)).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gebhard. Ne ha facoltà, per tre minuti.

  RENATE GEBHARD. Signor Presidente, rinuncio.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Salvo. Ne ha facoltà, per tre minuti.

Pag. 76

  TITTI DI SALVO. Signor Presidente, io vorrei partire da un indice molto significativo che ci fornisce l'istituto europeo che misura le disuguaglianze di genere. Questo indice, che va da 1 a 100 – dove 1 è la totale disuguaglianza tra uomini e donne e 100 è il massimo dell'uguaglianza di genere –, dice che l'Italia ha un indice di 49. In altri termini, facendo l'elenco dei Paesi europei, il nostro Paese è al ventitreesimo posto su ventisette per disuguaglianze.
  Ora, naturalmente, il Parlamento che ha al suo interno, sia alla Camera che al Senato, più donne di tutta la Repubblica, di fronte a un indice così significativo, ha il dovere e deve assumersi la responsabilità di decidere – noi lo facciamo con la mozione che abbiamo presentato – di aiutare il Governo a fare, non genericamente le politiche di genere, ma le politiche che possano risolvere le disuguaglianze che determinano questa differenza, perché esistono delle ragioni oggettive che determinano, ovviamente, sia la classifica che le differenze che la collocazione dell'Italia.
  Poi, ci sono molti modi per leggere questi argomenti; investire sulle politiche che promuovono il lavoro delle donne ha molte facce, lo si può fare perché, come io penso, investire su questo, su questo terreno, vuol dire promuovere la libertà e l'autonomia delle donne e, quindi, fare una scelta di modernità e di qualità della democrazia che c'entra anche con la lotta alla violenza e alle radici della violenza. C’è anche un'altra faccia che è la scelta di utilità di quelle politiche, pensandole e guardandole dal punto di vista della leva economica: dice Banca d'Italia che investendo sul lavoro delle donne il PIL potrebbe aumentare del 7 per cento, perché il lavoro delle donne produce altro lavoro per altre donne.
  C’è un altro punto di vista ancora che è quello del gap tra il nostro Paese e le indicazioni sull'occupazione delle donne che arrivano dall'Europa, ma io voglio parlare e soffermarmi, per il poco tempo che ho a disposizione, su un punto che io penso sia troppo poco illuminato come radice della disparità e costitutivo, quindi, di quell'indice, di cui dicevo prima, per scelta, per abitudine e per cultura. Credo che una delle leve fondamentali della disparità stia nelle norme e nell'approccio alla maternità che, nel Paese che ha la legge più avanzata da questo punto di vista, rimangono sotto traccia e siccome sono sottotraccia non vengono affrontati nelle dovute maniere con l'efficacia necessaria.
  Naturalmente, la disparità legata a come viene trattata nella cultura e nella politica la maternità, la si può leggere usando, anche in questo caso, diversi lenti, andando al di sotto di quello che appare. Allora, penso che sia irrimandabile la scelta di eliminare le dimissioni in bianco che ancora oggi sono la modalità più diffusa, ancorché sommersa, per penalizzare le donne e le ragazze che scelgono di essere madri, cacciandole dal posto di lavoro, utilizzando, appunto, le dimissioni in bianco. Io penso che non si possa più ritardare questa scelta, penso che non lo possa fare, soprattutto, un Governo che sceglie, nella legge delega sul lavoro, di prendere un impegno importante per i decreti attuativi successivi come quello di estendere la maternità a tutte le tipologie contrattuali che ne sono prive. Da questo punto di vista forse la scelta definitiva sarebbe quella di considerare la maternità a fiscalità generale, esattamente come un riconoscimento di natura universale e, per questo, riconoscibile e riconosciuto attraverso la leva della fiscalità generale.
  Ma c’è un altro tema, anche questo legato alla maternità, che è sommerso e di cui non si legge: le disparità salariali tra uomini e donne di cui recentemente si è parlato perché Obama nella campagna di mezzo termine ha risollevato il tema in chiave planetaria. Qui in Italia ha nome e cognome: quando nei contratti di lavoro si parla di premio legato alla presenza, succede spesso che la maternità non sia riconosciuta come presenza, ma come assenza e, quindi, a quelle persone, a quelle donne, non viene erogato il premio di produzione. Ricordo due casi eclatanti: lo ha fatto la FIAT recentemente e lo ha fatto Poste italiane, poi tornata indietro. Ci sono Pag. 77cioè dei fatti, delle leve che possono essere utilizzati per andare alla radice di un tema tra i più spinosi, eclatanti e importanti se e come la maternità viene riconosciuta come valore sociale e in quanto tale vengono cancellate tutte le penalizzazioni ad essa legate, prima fra tutte quella della rinuncia ad essere madri, essendo la precarietà del lavoro la modalità principale che ha il volto delle giovani donne.
  Insomma, questo Parlamento, che ha il maggior numero di donne parlamentari nella storia della Repubblica, e questo Governo, che ha fatto una scelta così importante e così significativa come quella di una composizione di donne e uomini – qualche giorno fa abbiamo salutato e ci siamo complimentati con Federica Mogherini, che rappresenta quel volto di una giovane donna europea e italiana come Alto commissario per la rappresentanza dell'Europa –, non possono più ritardare le scelte impegnative, da questo punto di vista, soprattutto quella che è più nascosta, che nasconde di più di altre le disparità, quindi più sotterranea, che è quella delle norme sotterranee con le quali la maternità non solo non viene riconosciuta ma viene punita. Penso anche alla legge Fornero, per quanto riguarda i contributi figurativi di riconoscimento, appunto, della maternità (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Libertà e Diritti-Socialisti europei (LED)).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Binetti. Ne ha facoltà, per nove minuti.

  PAOLA BINETTI. Signor Presidente, non si può non sottolineare come valorizzare le donne non sia solo una questione etica, una questione di giustizia, ma comporti anche importanti effetti sul piano economico, come dimostra la capacità delle donne di affermarsi e di dare il proprio contributo in tutti i campi, non appena ne hanno la possibilità. Il consolidamento e l'affermazione della cultura di parità, delle pari opportunità e dei diritti delle donne sono entrati negli ultimi anni di diritto tra le priorità e tra gli obiettivi strategici per l'azione del Governo italiano, ma anche di tutte le istituzioni internazionali ed europee, affermandosi come un importante principio trasversale delle politiche pubbliche. Il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, all'articolo 8, pone come obiettivo della sua azione l'eliminazione di discriminazioni e la promozione della parità tra uomini e donne, e agli articoli 21 e 23 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea la parità tra uomini e donne, in tutti i settori, viene considerata a pieno titolo quale principio fondamentale del diritto comunitario, principio da applicarsi ovviamente anche in materia di cooperazione e di impiego.
  Tra i programmi comunitari per il periodo 2014-2020, l'Unione europea ha deciso di stanziare 439 milioni di euro per i progetti legati alla lotta contro la discriminazione e la parità tra donne e uomini. Le parità prese in considerazione sono quattro: pari indipendenza economica, pari retribuzioni, parità nel processo decisionale e contrasto alla violenza di genere. Sono quattro punti chiave che rappresentano in un certo senso i quattro punti di una bussola. In Italia, però, secondo il Global Gender Gap Report del 2013 del World Economic Forum, che ha esaminato il problema delle pari opportunità in diversi ambiti – dalla sanità alle possibilità di sopravvivenza, dall'accesso all'istruzione alla partecipazione alla vita lavorativa, sociale e politica – l'Italia è all'ultimo posto tra i Paesi europei e risulta settantunesimo sui 136 Paesi analizzati. È vero che ogni tanto ci sembra di scorgere qualche segno positivo, tipo, per esempio, una sorta di pseudoaumento dell'occupazione femminile riscontrato nel rapporto ISTAT del 2013, ma a ben guardare questi dati, la crescita è in parte legata alla maggiore presenza delle occupate straniere e in parte legata anche alla concentrazione della forza lavoro femminile nel part-time del tutto involontario a cui spesso sono implicate. C’è inoltre un altro fatto importante che vale la pena sottolineare: le donne continuano ad essere pagate di meno rispetto agli uomini. Pag. 78Il differenziale nelle retribuzioni, che è stato misurato dall'Unione europea, è del 5,8 per cento in Italia, come evidenziato nella relazione pubblicata nella primavera 2013 sulla parità. È uno svantaggio che si ritrova anche nelle retribuzioni di chi ha una laurea: gli uomini che hanno un titolo di studio elevato guadagnano in media il 19,6 per cento in più rispetto a chi ha un diploma; per le donne lo scarto tra i diversi livelli di istruzione si riduce al 14,9 per cento.
  C’è inoltre un altro aspetto interessante da segnalare: la minore partecipazione delle donne al mondo del lavoro, soprattutto in questa fase prolungata di crisi economica, è una perdita di opportunità per l'economia e la società. Come già evidenziato nel 2010 da uno studio condotto dalla Banca d'Italia, l'aumento del tasso di occupazione femminile influenzerebbe positivamente il PIL: nel nostro Paese, ad esempio, il conseguimento dell'obiettivo del Trattato di Lisbona di un tasso di occupazione femminile al 60 per cento comporterebbe un aumento del PIL fino al 7 per cento, che toccherebbe i 12 punti se l'occupazione femminile eguagliasse quella maschile in ciascuna ripartizione geografica.
  Tra le difficoltà di inserimento della donna nel mondo del lavoro c’è anche quella legata a problemi di conciliazione tra i tempi di lavoro e i tempi di famiglia, e al fatto che rispetto agli uomini le donne impiegano una parte maggiore del loro tempo in attività di cura non retribuite Secondo recenti dati dell'OCSE, una donna italiana lavora in media 58,6 ore a settimana contro le 47,7 di un uomo; di queste, quasi due terzi sono però di lavoro non retribuito: cura dei bambini, anziani, pulizie domestiche, cucina e altri lavori legati alla casa e alla famiglia. Questo è un dato che non va rivendicato in chiave di monetizzazione: va rivendicato in chiave di riconoscimento del valore sociale della funzione della donna anche nel fronte della vita domestica e della vita familiare. Si tratta di divari nella partecipazione femminile al mercato del lavoro che possono essere ridotti considerevolmente attraverso politiche mirate di welfare, con efficaci servizi all'infanzia e alla famiglia, come dimostrano le esperienze di altri Paesi europei.
  Ma c’è un altro elemento che interessa segnalare: la flessibilità degli orari di lavoro, e anche una maggiore flessibilità nella concezione stessa del lavoro imprenditoriale, costituirebbero due strumenti fondamentali per l'inclusione della donna nel mercato del lavoro. Questo richiederebbe però un maggiore supporto all'imprenditoria femminile, un maggiore supporto sul fronte della rete dei servizi e un maggiore supporto sul fronte dell'imprenditoria, legato non solo e non tanto ad esigenze di parità, ma soprattutto ad esigenze di rafforzamento del tessuto economico e produttivo del Paese.
  Con la legge di stabilità del 2013 era stata introdotta, in sintonia con una direttiva dell'Unione europea, la possibilità di frazionare ad ore la fruizione del congedo parentale, ma pochissime donne di fatto hanno usato di questo servizio. C’è una troppo scarsa conoscenza anche di quelle che potrebbero essere le misure a favore della donna; ne cito alcune, tanto per essere più concreta.
  L'articolo 4, comma 24, della legge n. 92 del 2012 prevedeva per il triennio 2013-2015 la possibilità per le madri lavoratrici di richiedere, al termine del congedo di maternità e in alternativa al congedo parentale, un contributo di 300 euro mensili per l'acquisto di voucher e per i servizi di baby-sitting e asili nido pubblici e privati. La legge stanziava circa 20 milioni di euro a copertura dell'operazione per il triennio sopra indicato, che secondo la relazione tecnica avrebbe dovuto soddisfare per l'anno 2013 le domande di 11.100 persone. In realtà, all'avvio della misura il contributo ha riscosso pochissimo successo, come testimoniano le poche richieste pervenute; e a fronte dei potenziali 11.100 beneficiari sono soltanto 3.700 lavoratrici che, secondo i dati INPS sono stati ammessi a questi benefici.
  Detto tutto questo, l'ultimo dato da segnalare prima di passare ad alcuni impegni che poniamo al Governo, c’è una Pag. 79percentuale crescente di donne che non tornano più al lavoro a due anni dal parto: sono il 22,3 per cento nel 2012, mentre erano 18,4 per cento nel 2005, cioè il reinserimento femminile nel mondo del lavoro risulta sempre più complesso.
  Quali sono le cose che noi vogliamo chiedere al Governo con questa mozione ? Prima di tutto di sostenere nel contesto del semestre italiano – e rileggendo questa mozione mi sono resa conto quanto sia diventata vecchia e superata, se teniamo conto che al semestre italiano manca un mese o poco più –, per attuare processi di empowerment positivo, inteso nel senso della promozione della donna nei centri decisionali della società, della politica e dell'economia, posto che la consapevolezza dell'avere maggiore potere è uno stimolo per le donne per aumentare la propria autostima, autovalorizzarsi e far crescere competenze e stabilità.
  Chiediamo di effettuare entro il primo semestre – stiamo ormai al termine del secondo semestre – un puntuale monitoraggio sullo stato effettivo delle risorse attualmente impiegabili e disponibili in un'ottica di valorizzazione della donna. A tenere presente contestualmente politiche del lavoro, politiche di welfare e politiche familiari. Non c’è dubbio che il disegno di legge di stabilità che stiamo discutendo mentre prevede una serie di bonus bebé che dovrebbero garantire per tre anni l'arrivo dei bambini nati dopo il 2015, prevede nello stesso tempo l'istituzione di una rete di servizi che dovrebbero sostenere la donna all'interno di quella che è la sua possibilità di armonizzare l'impegno della vita di famiglia e l'impegno professionale.
  Chiediamo ancora con questa mozione di applicare una prospettiva di valorizzazione della donna nella programmazione e nelle politiche di bilancio, a partire dai futuri esercizi di bilancio e comunque dai prossimi provvedimenti utili di allocazione di risorse e di programmazione.

  PRESIDENTE. Onorevole Binetti...

  PAOLA BINETTI. Un secondo solo, finisco. Chiediamo di sensibilizzare, anche in sede di rinnovo del contratto RAI, il servizio pubblico radiotelevisivo ad una maggiore attenzione in merito alla diffusione e alla promozione delle buone pratiche e delle iniziative, anche normative. Voglio segnalare che quando c’è stata la discussione generale su questo venne fatto proprio un servizio su RAI UNO a favore della valorizzazione della donna e delle politiche femminili che in qualche modo rendessero conto di una più piena e più completa capacità di riconoscimento delle competenze in tutto l'ambito professionale, in tutto il contesto sociale e in tutto quello che rappresenta la specificità delle politiche familiari (Applausi dei deputati del gruppo Per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rondini. Ne ha facoltà per dieci minuti.

  MARCO RONDINI. Signor Presidente, la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo evidenzia come è indispensabile promuovere l'uguaglianza dei diritti dell'uomo e della donna. La Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1979, ratificata dall'Italia nel 1985, rappresenta uno degli strumenti di diritto internazionale più importanti in materia di tutela dei diritti umani delle donne.
  Nonostante la Dichiarazione e il riconoscimento di fondamentali diritti civili, sociali e culturali a favore delle donne, la discriminazione sessuale, la negazione di una particolare tutela volta alla presa in carico della donna madre finalizzata a riconsiderare le politiche del lavoro, partendo dal presupposto basilare del riconoscimento del ruolo della famiglia nella società, la violenza fisica e sessuale rappresentano ancora oggi le forme di violazione dei diritti umani più gravi e diffuse nel mondo.
  La crisi economica internazionale, con l'aumento della disoccupazione e della responsabilità delle donne sul luogo di lavoro e della famiglia, induce, insieme Pag. 80con la diminuzione del reddito, un potenziale aumento della violenza domestica e sociale contro le donne ed una loro maggiore vulnerabilità nelle condizioni di mercato del lavoro.
  È necessario che gli Stati, sotto la Presidenza italiana del semestre europeo, si pongano come obiettivo la promozione della libertà della donna da ogni forma di violenza ed il rispetto della dignità umana delle donne, anche per dare seguito a quanto ratificato recentemente dal Parlamento con l'approvazione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica dell'11 maggio 2011 ad Istanbul.
  Vale la pena di ricordare, poi, che nel nostro Paese, i primi veri accenni di libertà per le donne possono essere cronologicamente inquadrati nei primi anni Sessanta, il periodo del boom economico e, in particolare, dal Sessantotto in poi, anno celebre non solo per i movimenti studenteschi ma anche per le più aspre rivendicazioni femministe. Come in qualsiasi cambiamento radicale si assunsero presto posizioni talmente estremizzate da travisare il significato originale di quelle che nascevano come giuste rivendicazioni femminili. La libertà si trasformò in liberismo più sfrenato che sfociava, il più delle volte, nel pensiero anarchico. Il nostro tempo porta con sé retaggi non trascurabili di una libertà impropria. Oggi, infatti, le donne hanno una parvenza di maggiore libertà di scelta, ma quasi sempre si tratta di un'illusione. Ad esempio, negli anni l'attuazione della legge sull'interruzione volontaria di gravidanza ha rappresentato l'esempio lampante dell'illusione basata sulla proporzione: maggiore è il diritto di scelta, maggiore è la libertà.
  La donna, infatti, non è veramente libera di scegliere se le istituzioni non operano per rimuovere quelle condizioni che vincolano la sua reale libertà. Molte donne, di fronte alla mancanza di tutele da parte dello Stato, in caso di gravidanza, compiono una scelta quasi obbligata, in nome di una «libertà» che trascura il valore della vita.
  In Italia il sistema fiscale si ostina poi ad operare come se la capacità contributiva delle famiglie non sia influenzata dalla presenza di figli e dall'eventuale scelta di uno dei due coniugi di dedicare parte del proprio tempo a curare, crescere ed educare i figli, mentre di norma in tutti gli altri Paesi europei, a parità di reddito, la differenza fra chi ha e chi non ha figli a carico è consistente.
  Il sistema di tassazione deve essere riformulato in modo tale da lasciare a disposizione del nucleo familiare una maggiore disponibilità di reddito, ponendo fine all'iniqua penalizzazione a cui è sottoposta dall'attuale sistema fiscale. In questi anni l'Italia ha poi visto aumentare progressivamente gli ingressi legali e illegali di immigrati sul nostro territorio; il fenomeno dell'immigrazione inevitabilmente ci ha portati a confrontarci con differenti modi di pensare e stili di vita completamente alieni alle nostre radici culturali e religiose.
  Dobbiamo necessariamente fare i conti anche con l'Islam che, favorito dal diffuso atteggiamento multiculturale e buonista, si sta radicando anche nel nostro Paese. L'Islam umilia e offende la donna, la considera sottomessa all'uomo, dal quale può essere ripudiata. Quindi noi, alla luce di ciò che ho premesso, chiediamo degli impegni precisi del Governo che sono poi riportati in calce nel nostro atto, in particolare voglio soffermarmi su uno degli impegni, quello che chiede al Governo di promuovere un programma di educazione e formazione ai diritti umani per tutti, anche a partire da tutti gli ordini di scuole, dato che il fenomeno della violenza contro le donne rappresenta un problema culturale che investe l'intero Paese, soprattutto in ragione del fenomeno migratorio che comporta il coacervo di culture portatrici di valori profondamente diversificati rispetto alle nostre tradizioni, questo soprattutto alla luce del confronto che spesso diventa scontro con le istanze di culture e religioni che, non avendo conosciuto la secolarizzazione di quella cristiana Pag. 81cattolica, sono poco o nulla conciliabili con i principi su cui si fondano le democrazie occidentali.
  L'atteggiamento assunto oggi di facile negazione dell'abisso che separa il Cristianesimo, seppur secolarizzato, ma nel quale affonda le radici l'Occidente, dall'Islamismo, non è utile a nessuno e soprattutto porta a dei conflitti sia interpersonali sia collettivi. La figura e il ruolo delle donne è al centro di questo abisso.
  In nessuna società e in nessuna religione il rito matrimoniale è identico sia per l'uomo che per la donna come nel Cristianesimo e nell'Occidente. La parità dei diritti della famiglia ne è logicamente la prima conseguenza, ciò non avviene presso le comunità islamiche, anche e soprattutto quelle presenti in Europa e in Italia e la cronaca ce lo ricorda ogni giorno.
  Nei matrimoni con persone di religione islamica, le donne italiane si trovano in condizioni di assoluta inferiorità, un'inferiorità di cui nella fase dell'innamoramento di solito non sono in grado di rendersi conto, spinte anche dall'atmosfera di tolleranza e di negazione delle differenze che si respira ovunque e in abbondanza in Occidente, grazie al lavoro meticoloso operato dalla cultura dell'accoglienza ad ogni costo.
  Le promesse di parità non contano; una volta sposate con un musulmano le donne sperimentano la forza della cultura islamica non soltanto nel marito ma in tutta la sua famiglia e sono costrette ad una obbedienza che diventa anche più grave con la nascita dei figli; ma possiamo intravedere pericoli ancora più gravi per la tenuta della società nei messaggi che si sprigionano nell'aria dal punto di vista culturale, con una forte presenza di donne velate, tabuizzate, spesso infibulate che coltivano doveri, ideali, modi, sentimenti, passioni, linguaggi in totale contrasto con i nostri.
  L'aria culturale non la possiamo chiudere nelle moschee o nei tribunali appositi, la respiriamo purtroppo tutti. La tolleranza ne facilita la circolazione ovunque e coloro che, nascosti dietro le torri di Bruxelles, hanno ideato e sostengono l'immigrazione di massa come migliore strumento per distruggere l'Europa lo sanno benissimo. È sbagliato infatti credere che il fascino della libertà di cui godono le donne italiane avrà necessariamente la meglio sulle chiusure musulmane, non è sufficiente. Ed ecco allora che nel programma di educazione e formazione ai diritti umani, partendo dall'educazione nelle scuole, che suggeriamo negli impegni al Governo, si dovrebbe avere il coraggio, ad esempio, di proiettare film educativi, come «Submission», che bene denuncia la condizione della donna nelle comunità islamiche, questo al fine di innescare quella rivoluzione culturale necessaria per non minare le basi sulle quali si poggia la nostra democrazia (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  PRESIDENTE. Vi prego di essere solidali con il compito del Presidente, che non è semplice, perché saluto gli studenti della facoltà di architettura dell'università belga di Louvain, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi). Merci pour assister à nos travaux.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nicchi. Ne ha facoltà, per nove minuti.

  MARISA NICCHI. Signor Presidente, a noi interessano poco generici discorsi sulle politiche di genere, un elenco di buone intenzioni. Preferiamo cimentarci nell'individuare misure concrete che abbiamo proposto in questa mozione e anche con emendamenti alla legge di stabilità perché non ci sono due registri, quello della discussione astratta che non trova coerenza nelle scelte concrete.
  Le nostre misure sono pensate per favorire madri e padri in questa crisi atroce, che superano la tradizionale divisione dei ruoli in un mercato del lavoro profondamente cambiato. Aggiungo anche che diffidiamo delle politiche di parità perché – vedete – in nome della parità, si è consumata una delle più penose ingiustizie sulla vita delle donne, l'equiparazione dell'età pensionabile tra uomo e Pag. 82donna, preparata proprio da una campagna sulla parità. All'ingresso, quando si entra nel mondo del lavoro, o anche per mantenerselo, si fa valere una flessibilità senza diritti che per di più omologa le donne nel modo di lavorare maschile, spesso sfruttato: orari lunghi, carichi pesanti, turni di notte, competitività esasperata.
  Poi, invece, alla fine della vita lavorativa, l'imposizione di un modello rigido si mette al posto della flessibilità, si manda in pensione tutto e tutti alla stessa età a prescindere dai lavori svolti e dalle situazioni personali. Massimo di flessibilità e rigidità insieme, dietro cui rintracciamo la volontà di disporre – e lo rivediamo nelle politiche del Governo – senza limiti del lavoro e della vita delle persone, della vita di donne e uomini, come se le vite e i lavori fossero tutti uguali.
  In questa luce, la parità uomo-donna nell'età pensionabile è apparsa come è, punitiva, perché ha azzerato il riconoscimento di quel di più di lavoro riproduttivo femminile che fa la differenza qualitativa tra uomini e donne.
  Ecco, allora le nostre proposte mirano a politiche durature, che valorizzano le diverse soggettività, che vogliono creare lavoro e ripensarlo alla luce di un nuovo rapporto con la cura del vivere, che vogliono rimuovere le ostilità delle aziende alla maternità e al lavoro femminile, che vogliono sostenere, per esempio, i padri che decidono di usare i congedi parentali, misure che vogliono tutelare la maternità a prescindere dal lavoro svolto, a riequilibrare la pensione di chi ha dedicato tempo ed energia alla cura dei figli, a permettere ai genitori di accedere agli asili nido e seguire più a lungo e direttamente i propri figli, senza essere costretti ad abbandonare il lavoro o a essere penalizzati. Sono misure che prefigurano un welfare universale per donne e uomini che lavorano e curano, tendendo a favorire la presenza dei padri nel lavoro di cura; un welfare che offre libertà di scelta, secondo diverse strategie personali e familiari. Misure che si vogliono cimentare con una grande innovazione sociale e la vogliono assecondare.
  Per questo, proponiamo un'indennità universale a tutte le madri, sapendo che il 55 per cento delle donne italiane sotto i trent'anni e il 40 per cento delle donne sotto i quarant'anni non accede all'indennità di maternità. Chiediamo un assegno di maternità per tutte le madri indipendentemente dal lavoro svolto, un'indennità a carico della fiscalità generale con contributi a carico dell'INPS. Per noi è importante favorire la libera scelta delle donne di avere figli, dare l'opportunità alle giovani di non attendere un lavoro stabile prima di fare un figlio, talvolta un momento che arriva troppo tardi in un Paese che peraltro per molti anni ha vietato l'accesso alle tecniche di maternità assistita.
  Pensiamo e proponiamo misure per congedi parentali di stampo europeo. I congedi previsti dalla legge sono poco utilizzati dai padri, perché poco remunerati e poco flessibili. Sembra importante, per noi, consentire a tutti i genitori la possibilità di scelta, di un impegno diretto, in proprio, utilizzando servizi, utilizzando lavoro di cura pagato. Pensiamo, infatti, ad un welfare attivo, per cui gli impegni di accudimento non debbano causare la perdita di contatto con il lavoro e un welfare che garantisca la continuità di reddito e contributiva.
  Proponiamo crediti di cura a fini pensionistici. Con la parificazione dell'età pensionabile delle donne si sono liberate delle risorse, il famoso «tesoretto» allora promesso che, al contrario di quello che si era dichiarato, non è stato investito nella loro vita. Poco è cambiato sia dal punto di vista dell'offerta dei servizi, sia degli aiuti monetari, sia dal punto di vista della condivisione della cura. Ci sono fasi della vita, che sono quelle dedicate all'accudimento dei bambini oppure delle persone non autosufficienti, degli anziani, che vanno considerate, almeno dal punto di vista contributivo, come periodi lavorativi e vanno, quindi, tutelate da un punto di vista previdenziale.Pag. 83
  Pensiamo e proponiamo sgravi fiscali per le micro e piccole imprese. Il congedo di maternità ha un costo, che incide particolarmente sui conti delle microimprese, ed è probabilmente questa la radice di molta parte della discriminazione subite dalle donne al momento dell'assunzione, oltre che il pretesto per un mobbing nei confronti di quelle madri che rientrano dopo la maternità, considerati i dati di abbandono delle donne dal lavoro dopo la nascita del secondo figlio.
  A questo punto noi ci chiediamo: dove è finita la legge che preveniva le dimissioni in bianco, che abbiamo approvato in quest'Aula ? La ritroviamo svuotata dentro il Jobs Act, demandata a dei decreti attuativi. Noi su questo punto pensiamo che non si debba proseguire in questo senso, ma si debba riprendere un'azione per completarne l'iter.
  Pensiamo ad una misura che permetta la sperimentazione di orari di lavoro in connessione con la vita, una forma di sperimentazione sociale nuova che rompa il modello di orario di lavoro standard che è nato sulla rappresentazione del lavoratore come maschio. E, invece, noi vogliamo la possibilità di favorire delle sperimentazioni che intreccino nuovi modi di lavorare e la cura del vivere.
  Pensiamo e proponiamo un piano straordinario per gli asili nido e una riduzione delle tariffe.
  Sono misure che pongono il tema di un'innovazione e di un cambiamento sociale, ma è un cimento che stenta ad entrare pienamente nell'agenda del Governo, salvo le famose seriali 80 euro che vengono indicate come assegni per la nascita di un figlio a redditi che arrivano fino a 90 mila euro. E noi ci chiediamo: dopo tre anni cosa succede ? E i bambini che sono già nati, un milione e ottocentomila in povertà ? Noi pensiamo a politiche durevoli. Questa è la base della nostra mozione e sulla base di questa concretezza valuteremo le altre mozioni (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tinagli. Ne ha facoltà per nove minuti.

  IRENE TINAGLI. Signor Presidente, io vorrei innanzitutto ringraziare anche tutte le colleghe e i colleghi che hanno sottoscritto la mia mozione, che nasce dalla constatazione di un problema importante del nostro Paese. Al di là di tutte le considerazioni di pari opportunità e di post femminismo – ognuno può chiamarlo e declinarlo come vuole –, di fatto il nostro Paese ha un problema enorme di partecipazione femminile al mondo del lavoro, di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. Quindi, ha un problema che riguarda in via principale le donne ma poi anche, direi, le famiglie in generale.
  L'Italia ha una partecipazione femminile al mondo del lavoro che è la più bassa di tutto il mondo occidentale, del 46 per cento. Questo cosa significa ? Significa una fragilità di queste donne e una fragilità della nostra economia. Significa nuclei familiari che possono fare affidamento solo su un reddito e in momenti di crisi come questo a volte perdono anche quell'unica fonte di reddito, significa che in Italia le famiglie, le famiglie con i bambini piccoli, sono i soggetti a maggior rischio di povertà, uno dei casi quasi unici nel mondo occidentale. Come è possibile che fare un bambino, avere una famiglia, possa diventare un fattore di povertà, un fattore di rischio ? Questo perché spesso manca quella «seconda gamba» economica reddituale all'interno delle famiglie e quindi questa è una fragilità che si ripercuote sul Paese, si ripercuote poi anche su queste donne che si trovano emarginate, incapaci di affermare la propria autonomia e di realizzarsi all'interno della società. La Banca d'Italia ha stimato che se in Italia la partecipazione delle donne al mondo del lavoro fosse pari al 60 per cento, che è la cifra stabilita dal Trattato di Lisbona, ci sarebbe un aumento del PIL del 7 per cento e se invece fosse uguale a quella degli uomini, quindi se la partecipazione femminile fosse uguale a quella degli uomini l'aumento del PIL sarebbe Pag. 84addirittura del 12 per cento. Ecco di fronte a questo problema, che quindi è un problema molto concreto del nostro Paese, che si ripercuote sull'economia e sulla società, su una fragilità e su molti altri problemi, servono degli interventi, ma interventi efficaci, concreti, pragmatici, al di là delle ideologie, delle convinzioni, dei partiti. Questo è il senso della mozione e delle richieste che noi andiamo a fare, perché in tutti questi anni si è parlato di inclusione delle donne nel mercato del lavoro, nella società, di pari opportunità, ma molto spesso questo si è tradotto in misure che sono state poco efficaci, scollegate fra di loro, sulle quali non è stato fatto un adeguato follow-up sull'implementazione, una valutazione anche dei risultati, perché le politiche vanno monitorate, vanno valutate. Le risorse che si impiegano su certe misure sono risorse preziose e non ci possiamo permettere di sprecarle e di buttarle in azioni che ci consentano di dire che si è fatto qualcosa, ma poi dopo non seguono dei risultati concreti. Questo è uno spreco, è un'offesa anche alle donne stesse, che hanno bisogno di azioni concrete, che sono le prime che hanno bisogno di fare una valutazione e un monitoraggio delle attività che sono state messe in piedi e che spesso non vengono portate avanti con convinzione e con determinazione fino in fondo. Quindi, alcune di queste iniziative sono già state citate anche dalle mie colleghe, anche Paola Binetti ha citato iniziative meritevoli, come da legge del 2012, poi abbiamo avuto quindi dei finanziamenti anche interessanti e importanti per aiutare le mamme, una volta terminata la maternità obbligatoria, ad avere dei voucher da spendere per l'assistenza ai bambini, per le baby sitter o per gli asili. Però di tutte le risorse stanziate, che avrebbero consentito di coprire 11 mila 111 beneficiari, risultano all'INPS solo 3.772 le domande effettivamente poi che hanno ricevuto questo sostegno e meno di un terzo degli asili si sono convenzionati con questa misura. Ricordo ancora la misura del 2009: i 40 milioni stanziati per le politiche di conciliazione. Le regioni che poi hanno fatto i protocolli con le associazioni, hanno attivato molte misure, in molti casi anche utili e interessanti, ma è mancata completamente un'azione di monitoraggio, di verifica, per capire cosa ha funzionato e cosa no, per capire quali sono le pratiche migliori che possano essere applicate in altre regioni per poter aiutare le donne e le famiglie ad essere aiutate nelle politiche di conciliazione. I congedi parentali su base oraria, introdotti dalla stabilità del 2013, che si sono arenati tra le parti sociali che dovevano definirne le modalità di attuazione e, quindi, sono rimasti ancora lì. Ci sono insomma molte misure che sono state messe in campo e che sono rimaste alla fine, all'atto pratico, o inattuate o attuate male, e noi restiamo sempre con la situazione drammatica di partenza. È come un gioco dell'oca: facciamo cose, cerchiamo sempre di andare al prossimo passo, poi quando guardiamo ai risultati ci ritroviamo al punto di partenza.
  Allora, questa è una mozione per chiedere al Governo un impegno di concretezza, di pragmaticità, di guardare alle misure. Non servono misure immagine, annunci spot, che poi vengono abbandonati poco dopo; non serve una misura, non serve un'elemosina, un'assistenza. Non è questo che vogliono le donne, non è quello che serve al Paese, non è quello che serve alle famiglie.
  Cosa serve cosa e cosa chiediamo come impegno ? Una ricognizione seria, vera, delle risorse attualmente disponibili; una valutazione, un monitoraggio di come queste risorse sono spese, di come sono state spese e di come si possono impiegare in misure effettivamente utili ad alleviare il terribile problema dell'integrazione delle donne nel mondo del lavoro e nella società; una razionalizzazione anche degli enti, degli organi, dei comitati che in questi anni si sono stratificati e sono stati messi in piedi, e una valorizzazione di quello che funziona, perché è anche importante che quello che funziona venga valorizzato e venga messo a rete.
  E poi, un impegno serio sulle politiche di conciliazione e sul rafforzamento dei Pag. 85servizi, di cui si parla sempre molto, però poi vediamo che, alla prova dei fatti, è sempre terribilmente difficile trovare le risorse, la volontà e l'impegno per fare interventi profondi su questo fronte. E interventi per aiutare concretamente l'integrazione delle donne nel mondo del lavoro, a partire dall'imprenditoria. Le donne possono, devono e sono in grado di aiutarsi da sole, con attività imprenditoriali.
  In molte realtà, le politiche a sostegno dell'imprenditoria femminile hanno dato dei buoni risultati, però, anche qui, dobbiamo fare un'opera mirata, di valutazione di quello che ha funzionato, di rafforzamento di quello che ha funzionato e di diffusione, affinché le donne possano essere partecipi di un processo che le riguarda e che è nell'interesse di tutti che abbia un buon fine e buoni risultati.
  Quindi, questa è una richiesta, una mozione, molto trasversale. Infatti, mi ha fatto molto piacere che tante colleghe e colleghi, anche di partiti diversi, abbiano sostenuto questo impegno. Mi fa piacere che anche le altre mozioni, che sono arrivate, alla fine siano tutte molto simili, perché questa è un'esigenza, evidentemente, condivisa da tanti. Quindi, spero che davvero questo possa essere l'inizio anche di un nuovo approccio alle politiche per le pari opportunità (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Saltamartini. Ne ha facoltà, per dieci minuti.

  BARBARA SALTAMARTINI. Signor Presidente, probabilmente ne utilizzerò anche meno. Il Nuovo Centrodestra ha sottoscritto la mozione Tinagli partendo da una considerazione: rispetto alle tante chiacchiere che in quest'Aula almeno la sottoscritta, dal 2008 ad oggi, ha ascoltato, finalmente noi non ci limitiamo a dire che vogliamo che le donne siano ancor di più presenti nella vita sociale e politica della nostra nazione, ma siamo andati a chiedere cose ben più precise, come diceva la collega Tinagli, anche molto più concrete, come forse mai in passato abbiamo fatto.
  Ma, soprattutto, ci siamo voluti andare a confrontare con una realtà, che è quella del mondo del lavoro, dell'occupazione, che, mai come oggi, risente della necessità di includere le donne nel mercato del lavoro. Lo abbiamo scritto nella mozione: questo non è soltanto un fatto di natura culturale. Poter includere le donne nel mercato del lavoro e far sì che si possa arrivare ad una piena occupazione delle donne nel mercato del lavoro fa sì che ne venga arricchita l'economia del nostro Paese, che ci sia una crescita economica del nostro Paese.
  Questo credo che sia il punto di svolta, il punto centrale di questa mozione: riconoscere che, in questo momento storico particolare, anche politico, ma soprattutto economico, il valore aggiunto che possono dare le donne, soprattutto all'economia italiana, è tale da meritare una maggiore attenzione e un maggiore impegno da parte del Parlamento.
  Signor Presidente, non sono stupita che, ancora una volta, affrontando il tema della partecipazione delle donne in quest'Aula – ad eccezione del gruppo parlamentare della Lega, che, non avendo donne in Aula, ha, ovviamente, fatto parlare un collega uomo –, a prendere la parola su una mozione che ha questi temi siano solo ed esclusivamente le donne.
  Questo è un problema, nella misura in cui, evidentemente, anche al nostro interno, nel nostro Parlamento, non si vuole fare quello scatto, non si vuole guardare al tema dell'occupazione femminile in maniera del tutto diversa da come fino ad oggi si è affrontato, e ci si è approcciati, ad un tema importantissimo, quale quello che stiamo discutendo. Lo dico perché se è vero che oggi, da un punto di vista economico (non lo dice Barbara Saltamartini, o la collega Tinagli, o le altre colleghe che mi hanno proceduto, ma lo dicono importanti studi statistici), la partecipazione delle donne è un fattore di crescita, dovrebbe, allo stesso tempo, anche da un punto di vista squisitamente culturale, rappresentare una grande occasione di confronto al nostro interno. Io non appartengo a quella parte politica che ha Pag. 86ritenuto che le donne dovessero essere necessariamente protette, anzi sono convinta che le pari opportunità alle donne non debbano essere garantite al momento dell'arrivo, ma debbano essere garantite dando condizioni di parità ai blocchi di partenza, e che poi debba vincere il migliore, sia esso uomo o donna, a me poco importa. Quello che noi chiediamo in questa mozione parlamentare è che ci siano pari condizioni ai blocchi di partenza. Allora, ecco perché è fondamentale che il Parlamento si concentri in quelle iniziative legislative finalizzate a far sì che la donna oggi che è, di fatto, e per fortuna, per alcuni versi, ma questo è il mio punto di vista, il punto centrale attorno a cui ruota tutto l'istituto della famiglia, abbia finalmente la possibilità di avere un sistema di welfare degno di chiamarsi tale, perché in Italia alle donne non si può chiedere di essere delle vere e proprie acrobate, senza poi dare loro alcun servizio utile per poter sostenere il loro preziosissimo lavoro di cura all'interno dell'istituto della famiglia. Noi, anche da questo punto di vista, dobbiamo sgombrare il campo dalle tante chiacchiere che ci siamo fatti. Se io non ho asili nido, se non ho strutture per accudire le persone più anziane, se non ho un mercato del lavoro che mi permette di poter prescegliere il part time, senza che questo mi diventi una gabbia dalla quale mai poter uscire, senza avere la possibilità di poter condividere equamente il congedo parentale tra mamma e papà, senza avere la possibilità di avere servizi scolastici degni di chiamarsi tali, senza avere un sistema che guida e coordina la vita delle nostre città, in una sola parola, senza avere quegli strumenti di conciliazione utili e necessari, è inutile che noi ci riempiamo la bocca di voler far partecipare le donne alla vita sociale e politica della nostra nazione, perché è matematicamente e materialmente impossibile, perché le nostre giornate sono pari a quelle degli uomini, sono fatte di ventiquattr'ore, non possiamo purtroppo allungarle nel tempo, malgrado ci servirebbero più ore per poter far conciliare tutti questi aspetti, e per poter avere giustamente anche la libertà di poterci permettere un'affermazione professionale.
  Da questo punto di vista, Presidente, colleghi, onorevole sottosegretario, i Governi che si sono succeduti negli ultimi 15 anni hanno prodotto ottime leggi, ma ancora molto deve essere fatto, ma, soprattutto, una cosa su tutte deve essere fatta, ossia monitorare le risorse che fino ad oggi sono state impegnate per andare incontro a quelle esigenze di conciliazione tra i tempi di vita e i tempi di lavoro di cui tanto noi parliamo. Da questo punto di vista, non serve alcun Ministero delle pari opportunità per potere monitorare, gestire, e far sì che le risorse vengano destinate dove serve, perché non abbiamo bisogno di un luogo dove le donne si possono ritrovare per poter fare politica, per poter decidere, tra di noi, cosa è giusto o cosa non è giusto fare. Noi abbiamo bisogno, invece, di garantire che in una democrazia vera e compiuta, tanto gli uomini, quanto le donne, possano avere pari opportunità e, quindi, in tal senso, possano permettersi anche una vita lavorativa e occupazionale; questo è il punto. Ed ecco perché noi abbiamo voluto sostenere la mozione della collega Tinagli, perché questo è quello a cui punta, e questo è quello che ha chiesto, null'altro.
  Guardate, qui non c'entra nulla né il femminismo, né il post femminismo, l'ideologia, destra, sinistra, centro: non c'entra nulla. Qui si sta chiedendo, con la mozione, di poter vedere una piena partecipazione delle donne, di quelle donne che lo vogliono fare – e siccome lo vogliono, devono poterlo fare –, alla vita lavorativa dell'Italia. Infatti, sappiamo che così, potendo partecipare, anche da questo punto di vista, alla possibilità di crescita dell'Italia stessa, noi avremo una possibilità di migliorarci e di andare avanti.
  E vengo all'ultimo punto, che è citato dalla mozione e che è il semestre di presidenza europea. Guardate, con il precedente Governo noi facemmo un'iniziativa lodevole, ossia riunimmo tutte le espressioni femminili dei Parlamenti degli Stati membri in una grande iniziativa Pag. 87legata alla lotta alla violenza alle donne. Mi sarebbe piaciuto, anche durante questo semestre di presidenza, al di là degli slogan, al di là delle roboanti frasi che ho sentito più volte anche da alcuni membri del Governo in quest'Aula, che ci fosse stata una specifica sessione sull'occupazione femminile.
  Ancora c’è tempo, ancora forse possiamo farla. Allora, anche questo è il suggerimento che io mi permetto di dare. Non è così specifico tra i punti della mozione, ovviamente. Però credo che questo sia un punto fondamentale perché riconoscere la piena occupazione delle donne in Italia significa poter completare quel percorso di democrazia a cui tutti noi ci riferiamo ogni volta che prendevamo la parola qui in Aula e che purtroppo, da questo punto di vista, invece, è ancora incompiuto (Applausi dei deputati del gruppo Nuovo Centrodestra).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Milanato. Ne ha facoltà.

  LORENA MILANATO. Signor Presidente, colleghi, colleghe, sottosegretario Amici, la mozione che oggi ci apprestiamo a votare è il frutto di una sentita collaborazione tra diverse esponenti di diversi gruppi parlamentari che, in particolare all'inizio di questa legislatura, hanno fortemente sentito l'esigenza di mettere in primo piano le questioni di genere nell'agenda politica del Paese.
  Per alcuni, forse, queste sono le solite questioni al femminile. Uno studio recentemente pubblicato dalla Banca d'Italia ha evidenziato e confermato quello che molti paesi hanno già scoperto e applicato: se si raggiungesse il traguardo fissato dal Trattato di Lisbona, cioè un'occupazione femminile al 60 per cento, il nostro prodotto interno lordo aumenterebbe del 7 per cento. Gli economisti lo chiamano «giacimento di PIL potenziale», quella quota di crescita in più che l'Italia potrebbe esprimere e che viene, invece, abbandonata in una miniera nazionale di risorse e di stimoli mai davvero sfruttata.
  Alcune colleghe che mi hanno preceduto hanno già ricordato i tentativi dei precedenti Governi e quanto è stato fatto per sfruttare o almeno provare a sfruttare questo giacimento inespresso. Io vorrei ricordare che nel 2009 l'allora Ministro Carfagna stanziò 40 milioni di euro da distribuire alle regioni per la realizzazione di un sistema di interventi per favorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, inerente la ripartizione delle risorse del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità. Fu un atto non da poco, visto che i 40 milioni vennero trovati facendo un'opera di spending review, quando ancora questa parola non era usata ed era poco conosciuta.
  Sulla base dell'esperienza maturata nell'ambito di tale piano d'intesa 2010, il 25 ottobre 2012 la Conferenza unificata Stato-regioni ha approvato l'intesa relativa alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro per il 2012. Le regioni, con il coordinamento del Dipartimento per le pari opportunità e grazie a queste risorse stanziate, hanno avuto l'opportunità di realizzare un sistema di interventi per favorire la conciliazione tra tempi di lavoro e di vita e per consolidare e rafforzare sui territori regionali iniziative volte a promuovere l'equilibrio tra vita familiare e partecipazione delle donne e degli uomini all'interno del mercato del lavoro.
  Tuttavia, oggi non abbiamo più una traccia di come le regioni spendano gli importi ricevuti. Non abbiamo più un feedback sui risultati, non conosciamo tutto questo perché il Governo evidentemente non si sta occupando di questa questione: quanto le donne siano realmente aiutate nel conciliare vita lavorativa e vita familiare. Forse il Governo dovrebbe far tesoro e imparare sia dagli errori che dalle cose buone che sono state fatte nel passato.
  Vorrei ricordare, inoltre, al Governo che, con la legge di stabilità per il 2013, è stata introdotta una misura, dando attuazione alle direttive dell'Unione europea, che prevede la possibilità di frazionare ad ore la fruizione del congedo parentale.Pag. 88
  In merito alle modalità di fruizione del congedo su base oraria, ai criteri di calcolo e all'equiparazione di un determinato monte ore alla singola giornata lavorativa, è stato demandato il tutto alla contrattazione collettiva di settore, contrattazione che non è mai avvenuta. Eppure, dare la possibilità alle donne lavoratrici di fruire del congedo su base oraria sarebbe un grande passo in avanti.
  Un'altra grande incompiuta è l'opera iniziata nel 2012. Un'opera, per la verità, nemmeno tanto coraggiosa.
  Questa opera prevedeva, per il triennio 2013-2015, la possibilità per le madri lavoratrici di richiedere, al termine del congedo di maternità e in alternativa al congedo parentale, un contributo di 300 euro mensili per l'acquisto di voucher e per i servizi di babysitting e asilo nido pubblici o privati. Questa legge istitutiva della misura ha garantito 20 milioni di euro a copertura dell'operazione per il triennio; secondo la relazione tecnica, avrebbe dovuto soddisfare, solo nel 2013, 11.111 beneficiari. Tuttavia, all'avvio di questo provvedimento, il contributo ha riscosso pochissimo successo: solo 3.762 lavoratrici, secondo i dati INPS, sono state ammesse al beneficio, mentre dal punto di vista delle strutture accreditate per il servizio, meno di un terzo degli asili nidi pubblici o privati nazionali si sono convenzionati con lo Stato.
  Ecco, io credo che bisogna prestare attenzione a vicende come questa: una delle cause principali – così ci è stato detto anche dalle associazioni e dagli enti interessati – della poca riuscita di questa iniziativa è stato il fatto che non si conosceva. Allora, viene da dire: quando il Governo fa, non dà informazione che esistono le misure ?
  Ovviamente siamo stanchi tutti di avere delle mezze parole o degli atti che si iniziano e mai si concludono.
  Chiediamo che non vengano fatti dei giochi di prestigio, ma ci chiediamo come mai, nel decreto «sblocca Italia», si è deciso di usare 231 milioni di euro prima destinati all'occupazione femminile e giovanile e del Mezzogiorno per rifinanziare politiche occupazionali passive. È una domanda che, permettetemi, rivolgo in particolare alle Ministre di questo Governo: siete d'accordo che si tolga alle donne quel poco loro destinato ?
  La rivolgo alle Ministre di questo Governo proprio perché questo Governo si è distinto per la grande presenza al femminile.
  In tutti gli interventi finora espressi per le mozioni sulle questioni di genere, è chiaro e lampante un intendimento comune, trasversale e sempre forte. Lo stesso intendimento forte, la stessa massa critica che si ebbe all'inizio di questa legislatura anche per la ratifica della Convenzione di Istanbul: il fenomeno delle violenze alle donne è drammatico, ma spesso è direttamente legato alla soggezione lavorativa ed economica della donna.
  E allora perché non avere il pieno intendimento, la volontà piena e fattiva anche su questi argomenti ?
  Su questi temi non si possono avere coloriture politiche.
  Colleghi, al ritmo attuale ci vorranno circa 30 anni per raggiungere gli obiettivi che l'Unione europea ha stabilito: l'obiettivo del 75 per cento di donne occupate, 70 anni affinché la parità retributiva diventi realtà e 20 anni per una pari rappresentanza nei Parlamenti nazionali.
  Questo è quanto emerge dalla relazione annuale della Commissione europea sulle pari opportunità negli Stati membri, pubblicata ad aprile.
  Spesso si fa riferimento al cosiddetto «modello danese», cioè alla flessibilità in cambio di tutele. Fondamentalmente è questo che è mancato al nostro sistema. Noi abbiamo avuto un esponenziale indirizzo a flessibilizzare sempre più il rapporto di lavoro e i contratti di lavoro. Tuttavia, se noi flessibilizziamo soltanto il contratto ed il rapporto di lavoro ed accanto non si crea una politica di welfare per coloro che sono rimasti disoccupati, coloro che hanno soltanto uno spezzone di vita lavorativa o coloro che cercano un'occupazione, se operiamo, come è stato fatto finora, solo sul ramo della flessibilità, rischiamo di precarizzare soltanto il rapporto Pag. 89di lavoro. E precarizzare i rapporti di lavoro significa precarizzare il sistema, creando un'involuzione pericolosissima. Infatti, se buona cosa è la flessibilità, è altrettanto vero che la flessibilità è anche un indice di una qualità di lavoro scarsa.
  Non voglio dilungarmi oltre per questo. È chiaro e forte il messaggio che il nostro gruppo vuole dare con la votazione favorevole a questa mozione. C’è tanto ancora però da fare e vorrei esprimere ancora una sola ultima considerazione personale. In questi giorni, la Camera affronta la legge di stabilità che è il provvedimento più importante. È un'occasione per tutti noi, una sfida e una prova che abbiamo davanti. Questo ci dice la crisi che stiamo attraversando e dietro a questa crisi ci sono i tanti ragazzi e le tante donne, le tante donne italiane che vorrebbero fare un figlio, ma non arrivano a fine mese, i tanti ragazzi che, però, sono pronti a prendere una vanga in mano quando si tratta di spalare, i tanti ragazzi che sono in prima linea quando vestono la divisa con orgoglio. A questi ragazzi, a queste donne e a queste ragazze dobbiamo pensare perché sono loro la risposta a tutti coloro che credono che questa sia una generazione di egoisti, di pavidi e di rassegnati.
  Per questi ragazzi e per queste ragazze noi chiediamo che il Governo si impegni in maniera chiara ed efficace. E non è solo una questione di genere, ma è una questione di tutela delle nostre generazioni future (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mucci. Ne ha facoltà.

  MARA MUCCI. Signor Presidente, colleghi, siamo ancora qui a parlare di pari opportunità, nello specifico declinate alle politiche di genere, perché sono tante le concause che sfociano nella difficoltà di emergere per la donna in una società ancora di fatto marcata da politiche governative al maschile per quanto riguarda la tutela del lavoro e la tutela dei diritti delle madri lavoratrici. L'Italia occupa il 206o posto su 255 Paesi per tasso di fertilità, con una media di appena 1,4 figli per donna, ed è anche il Paese, Presidente, dove un terzo delle mamme dopo il parto sceglie di non timbrare più il cartellino e mettere a repentaglio la propria carriera.
  Per la donna italiana arrivare ad occupare posizioni dirigenziali presuppone una fatica improba. Il nostro Paese risulta, infatti, in 101o posizione su 135 per partecipazione ed opportunità economica e 97o su 136 per parità di genere nel mercato del lavoro, valori che indicano la presenza femminile nelle posizioni di management e la differenza salariale a parità di posizione. Il nostro Paese soffre di una segregazione verticale, meccanismo che costringe la donna a ruoli di rilevanza medio-bassa in un'organizzazione. Nonostante la recente legge sulle quote rose, la presenza delle donne nei consigli di amministrazione delle società quotate in Borsa è pari solo all'11 per cento, una percentuale troppo bassa. Nella maggior parte dei casi, dato ancora più emblematico, la donna siede in un consiglio di amministrazione perché emanazione della propria stessa famiglia. Sostanzialmente, è sua la società. Non solo poche donne, quindi, ma ancora meno per merito, secondo dati dell'ultimo report globale sul gender gap. E, invece, essere donna, e madre particolarmente, conta. Se la paura per un datore di lavoro in fase di assunzione è quella che le donne dedichino minor impegno alla carriera perché più concentrate sulla famiglia, bene, sfatiamo questo mito (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Essere madri, così come essere padri, è un valore aggiunto: obbliga a prendere decisioni repentine cento volte al giorno, allenandosi a sbagliare, a reimpostare, a gestire stress, cambiamenti, incertezze e dubbi, a gestire anche fasi delicate della vita dei figli come la fase adolescenziale, capacità di motivazione. Sono tutte qualità che, nella pratica, si chiamano: «gestione del cambiamento», una qualità e una teoria che si insegna in molte aziende. Di fatto, essere madri ed Pag. 90essere padri è una scuola di management che non ha mai fine. E, allora, perché non attuare politiche di genere efficaci per questo Paese ? Pochi asili, pochi aiuti, pochi soldi investiti appunto nel gender gap che hanno determinato conseguenze, ovvero la discriminazione in primis, che in ambito lavorativo diventa vera e propria violenza psicologica.
  Vorrei raccontarvi come ci si sente da donna quando ad un colloquio il titolare d'azienda ti chiede se sei fidanzata, da quanto tempo e, timidamente, un po’ a voce bassa e un po’ con il sorrisino per un qualcosa che non andava detto, ti dice che però non devi rimanere incinta. Capita spesso. Queste situazioni si possono evitare e sono immagini che restano indelebili. Ed oltre a subire nuove condizioni contrattuali e, quindi, una vita lavorativa peggiorativa, si aggiunge il disagio psicologico di sentirsi sbagliate e non tutti hanno le spalle larghe per non prendere poi decisioni di cui ci si pentirà.
  Che cosa chiediamo con questa mozione ? Un serio monitoraggio delle politiche di genere e di conciliazione per comprendere cosa ha funzionato e che cosa no, ma soprattutto perché queste politiche non hanno funzionato. Evitare di ripetere errori del passato, possibilmente, come, ad esempio, il meccanismo dei voucher. È stato detto e lo ripetiamo: sono buoni utilizzabili per il servizio di asilo (peccato che, in alcune regioni, gli asili siano totalmente insufficienti) o per il babysitting (peccato che con 300 euro non ci pago una baby sitter). E non è concepibile che, stanziati 20 milioni di euro per la misura...

  PRESIDENTE. Scusi, onorevole Mucci. Per favore, onorevole Gitti, per favore lasciate libero il Governo, gentilmente. Un attimo, aspettiamo che abbiano fatto i loro comodi. Abbiamo finito questa conversazione ? Non lo so ! Grazie. Prego, onorevole Mucci.

  MARA MUCCI. Non è concepibile che stanziati 20 milioni di euro per la misura – copertura, tra l'altro, esigua rispetto alle esigenze e agli obiettivi –, su un fronte potenziale di 11 mila beneficiari, solo 3.700 lavoratrici siano state ammesse al beneficio. Meno di un terzo delle strutture di asili pubblici e privati era accreditato presso lo Stato. Chiedetevi in cosa avete fallito: poche risorse, poca pubblicità delle misure e misure troppo restrittive per l'accesso a tali voucher.
  Noi chiediamo di introdurre misure volte a contrastare le molteplici forme di disuguaglianza, anche tra cittadini del nord e del sud, che risultano in sensibile aumento per effetto della crisi economica in atto e che si riverberano in misura amplificata sulle donne. È chiaro, Presidente, che, se i posti di lavoro diminuiscono, sarà privilegiato l'uomo nella selezione, perché – ripetiamolo –, comunque, il datore di lavoro vede la donna ancora come un peso, e questo è sbagliato. La «Garanzia giovani», a nostro avviso, non è disegnata sulle difficoltà delle ragazze di accedere al mondo del lavoro e mantenere nel tempo l'occupazione.
  Vogliamo, quindi, introdurre politiche concrete per la conciliazione tra cura della famiglia e l'attività lavorativa. Vorremmo, quindi, delle soluzioni concrete: non basta un bonus bebé da 80 euro (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), per il quale sicuramente le madri ringrazieranno, non c’è dubbio. Ma a fronte di che cosa, se anche i servizi vengono meno, se poi le future mamme partoriranno in ospedali a cui saranno tagliati i fondi, a fronte di un minore approvvigionamento agli enti locali ?
  Il numero degli asili nido è drammaticamente insufficiente rispetto al fabbisogno: solo il 18 per cento dei bambini trova posto negli asili nido pubblici ed alla scarsità si aggiunge la disparità territoriale. Si va da una copertura dell'80 per cento al nord in regioni virtuose come l'Emilia Romagna, ad una appena del 13 per cento, ad esempio, in Calabria. Attualmente, tra l'altro, ci si affida molto ancora al sostegno dei nonni, e questo avverrà sempre di più in virtù dell'innalzamento dell'età pensionabile voluto dalla legge Fornero.Pag. 91
  Se noi fossimo al Governo, prevedremmo ed incentiveremmo particolari forme di flessibilità degli orari e dell'organizzazione del lavoro, quali il part-time e il telelavoro, detassandoli. Esistono realtà no profit, con l'obiettivo, appunto, di avviare le donne, soprattutto quelle vittime di violenza – a proposito, dov’è questo piano antiviolenza ? –, al lavoro e che predispongono, tramite obiettivi e percorsi, anche l'assunzione di più figure a livello part-time. Quindi, per loro l'onere è sicuramente superiore: vanno detassate queste misure.
  Potenziamo il lavoro autonomo ed imprenditoriale, perché, per creare lavoro, serve creare attività produttive, soprattutto, nelle zone meridionali più colpite dalla crisi. È stata votata oggi una mozione per il Sud, prendiamola seriamente in considerazione: che non rimanga un impegno per il Governo, sottosegretario, ma che diventi nel più breve tempo possibile legge, nei punti che possono essere approvati.
  Noi proponiamo un uso flessibile dei congedi obbligatori e facoltativi, una maggiore imprenditoria femminile; incentiviamo l'accesso al credito agevolato. Presidente, abbiamo un'occasione importante, che è il Jobs Act, e in questo dispositivo possiamo rendere concrete alcune di queste misure da subito, in modo tale che la flessibilità così concepita non sia unicamente finalizzata ad incrementare le performance aziendali, ma tenga conto delle esigenze delle lavoratrici mamme. Abbiamo chiesto più volte che venga nominato un Ministro per le pari opportunità, perché riteniamo importante l'esistenza di una figura che si coordini con gli altri Ministeri e che in capo abbia delle responsabilità per una mancata o meno attuazione di tali piani.
  Possiamo valorizzare, ad esempio, il ruolo delle consigliere nazionali insieme a quello degli altri attori istituzionali, ottimizzando le risorse nell'ottica di soluzioni concrete. Nell'agenda che abbiamo proposto – ci sono comunque proposte concrete e anche emendamenti fatti in seno al Jobs Act – ci sono impegni concreti e proposte che possono essere condivisi e lo si evince anche da queste mozioni che remano nella stessa direzione. Abbiamo un Parlamento con un numero di donne tale per cui, rispetto al passato, si può fare di più e può diventare una risorsa importante; da adesso si potrà, in modo tangibile, sondare le volontà di questo Parlamento e, soprattutto, quanto questo Governo sappia ascoltare anche il Parlamento, dandogli il giusto spazio e restituendogli ciò che è suo: il potere legislativo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Roberta Agostini. Ne ha facoltà.

  ROBERTA AGOSTINI. Signor Presidente, colleghe e colleghi, rappresentanti del Governo, il tema dell'occupazione femminile riguarda i diritti delle persone e riguarda lo sviluppo del Paese e la sua possibilità di uscire dalla crisi. Vorrei che noi guardassimo all'investimento sul lavoro delle donne in un'ottica produttiva e non semplicemente redistributiva, in una chiave per la quale il beneficio è maggiore del costo a partire da un assunto che molte economiste e filosofe spiegherebbero meglio di me e cioè che l'attuale divisione del lavoro tra uomini e donne non va bene: è un problema per le donne, è un problema per gli uomini ed è un problema per la nostra società.
  La disparità di genere è un problema, perché significa che noi sprechiamo talento, risorse, competenze e sono state molte le voci, in questi ultimi anni, dalla Banca d'Italia alla direttrice del Fondo monetario internazionale, che hanno chiesto all'Italia di affrontare la sfida dell'occupazione femminile che noi crediamo debba essere un impegno fondamentale di questa legislatura e un banco di prova per Governo e Parlamento.
  I dati del rapporto ISTAT del 2014, che noi citiamo e che sono stati ricordati in molte delle mozioni, sono allarmanti: siamo sempre all'ultimo posto nella graduatoria dell'Unione europea per tasso di occupazione femminile, al 47 per cento Pag. 92contro il 58 per cento della media UE, e questo a fronte, invece, di una crescita delle occupate straniere e di una crescita delle ultraquarantenni, anche per effetto delle riforme che sono state approvate del sistema pensionistico e quindi dell'innalzamento dell'età delle lavoratrici.
  Cresce l'occupazione nelle professioni non qualificate, il part-time, il gender pay gap, un dislivello che si aggira intorno al 20 per cento tra uomini e donne e cresce, purtroppo, la distanza tra il Nord e il Sud del Paese. Nel Sud l'occupazione è lontana 30 punti percentuali dagli obiettivi fissati a Lisbona e una donna su tre lavora. Ad una occupazione modesta corrisponde quasi sempre una retribuzione insufficiente che non compensa il lavoro domestico al quale si dovrebbe rinunciare per lavorare in un contesto di servizi insufficienti ed assenti. È per questo che le donne scelgono di stare a casa, oppure rinunciano a fare figli...

  PRESIDENTE. Onorevole Agostini, scusi se la interrompo. Colleghi, sta crescendo il brusio e sta diventando veramente difficile per l'onorevole Agostini poter parlare, vi pregherei di abbassare il tono della voce.

  ROBERTA AGOSTINI. Grazie, Presidente; la flessibilità e la flessibilizzazione del lavoro sono diventate precarietà esistenziale e nessuna riforma che si vuole strutturale può eludere questi dati. Alla radice dei divari ci sono ragioni molto diverse, c’è l'intreccio di molte cause, non solo una; in primo luogo – lo diceva la collega Titti Di Salvo e io sono d'accordo con lei – una maternità considerata un peso e un ostacolo, così come ci racconta il fenomeno delle dimissioni in bianco o le molte storie di vita vissuta che ci vengono descritte e raccontate, mentre nel contesto internazionale, invece, c’è un legame molto positivo tra fecondità ed occupazione. Non c’è sicuramente nel nostro Paese un gap di istruzione alla base della minore occupazione femminile, perché le ragazze si laureano di più e meglio dei colleghi uomini, magari in facoltà diverse, più letterarie e meno scientifiche. Pesano i pregiudizi, come il maggior diritto di un uomo a conservare il lavoro in un momento di crisi o l'attribuzione alle donne di ruoli tradizionali; infatti, le donne italiane sono quelle che dedicano al lavoro domestico il maggior numero di ore nel panorama europeo.
  Per questo parliamo di condivisione, oltre che di conciliazione, perché c’è bisogno di un modo nuovo e diverso di intendere i ruoli dentro le famiglie e perché più spazio alle donne nella vita pubblica possa corrispondere ad uno spazio maggiore degli uomini in quella privata.
  Anche il termine conciliazione andrebbe concepito in chiave europea, come conciliazione tra vita professionale, familiare e personale, anche come segno simbolico. La causa della mancata partecipazione al lavoro è proprio l'assenza o la difficoltà delle politiche di conciliazione: scarsi servizi, in particolare al Sud, scarsi gli strumenti per organizzare una flessibilità buona del lavoro. Sono istanze e problemi che richiedono di rimodulare complessivamente la strategia dello sviluppo del nostro Paese. Lo hanno detto molte colleghe prima di me: non c’è una bacchetta magica, vanno compiute insieme scelte lungimiranti coraggiose ed innovative. Nella legge delega sul lavoro o nella riforma della pubblica amministrazione è prevista l'apertura di capitoli che potrebbero diventare decisivi, importanti: dal rafforzamento degli strumenti a tutela della maternità alle politiche di conciliazione e all'ampliamento dei servizi di cura, quelli per i bambini e per gli anziani. Ci aspettiamo molto, Presidente, dai decreti legislativi attuativi e dal lavoro del Governo; ad esempio, quel lavoro che si sta facendo per semplificare l'erogazione di quei contributi per l'acquisto di servizio per la retta dei nidi di cui molte colleghe prima di me hanno parlato. Noi abbiamo buone leggi, l'Italia è all'avanguardia in fatto di buone leggi...

  PRESIDENTE. Colleghi, per favore ! Onorevole Melilla, mi aiuti anche lei, gentilmente. Pag. 93Per favore, abbassate il tono della voce. Prego, onorevole Agostini.

  ROBERTA AGOSTINI. Penso alla legge n. 53 del 2000, sui tempi, o a quella per l'imprenditoria femminile, o a strumenti importanti come la rete delle consigliere di parità, ma sono strumenti ed impegni che bisogna perseguire con maggiore determinazione, che hanno bisogno di essere declinati, articolati, che chiedono risorse adeguate, che chiedono di riaprire con forza il capitolo del ripensamento in chiave avanzata e moderna dei servizi di welfare, dei servizi pubblici, a partire dai cambiamenti intervenuti nelle famiglie. E ne servirebbero altri di strumenti: penso al timido tentativo che è stato fatto negli anni passati di introdurre il congedo paterno obbligatorio, che avrebbe bisogno di essere monitorato, di essere rilanciato. Per questo, nella mozione chiediamo al Governo di assumere una logica mainstreaming e di affrontare l'emergenza del lavoro femminile in modo coordinato ed unitario tra i diversi Ministeri. Per questo chiediamo una task force per l'occupazione femminile e chiediamo, Presidente, di aprire un cantiere, che è quello di una conferenza nazionale sull'occupazione femminile, da tenersi possibilmente in una città del Sud, dove maggiore e più drammatico è il fenomeno della disoccupazione, delle donne in particolare. Una conferenza dove si possa discutere di una strategia nazionale coinvolgendo...

  PRESIDENTE. Onorevole Agostini, la prego, la prego. Attenda...

  ROBERTA AGOSTINI. Posso Presidente ?

  PRESIDENTE. Prego, onorevole Agostini.

  ROBERTA AGOSTINI. Coinvolgendo parti sociali, centri di ricerca, livelli amministrativi e politici diversi, nel solco degli orientamenti e degli obiettivi del semestre europeo, augurandoci che su questo punto specifico del lavoro e dell'occupazione femminile faremo sentire alta la nostra voce in Europa, perché raggiungere il 60 per cento di occupazione femminile significa 3 milioni di donne in più al lavoro, significa far crescere il prodotto interno lordo di diversi punti e significa e richiede una rivoluzione gentile, economica, sociale e culturale.
  A questo dovrebbe servire una conferenza nazionale sull'occupazione, per riflettere insieme sulle politiche, per fare il punto sugli strumenti, per condividere gli obiettivi, per monitorare le buone leggi che il nostro Paese si è dato, per capire di quali strumenti ancora ci dobbiamo dotare. Lo dico all'onorevole Tinagli, che sottolineava questo punto con grande forza. Io dico che c’è un nesso tra persone, democrazia e lavoro, perché la democrazia è a rischio se aumentano disoccupazione e povertà. Perché il lavoro è uno dei terreni su cui ci si afferma come persone e perché per tutti, ma un po’ di più per le donne, per le cose che ho detto, lavoro significa autonomia e libertà.
  Perché difendere la dignità del lavoro, che nella crisi si è impoverito economicamente e svalutato socialmente, significa stare dalla parte di chi la crisi l'ha pagata di più, e nello stesso tempo sostenere le ragioni della crescita. Per questo, signor Presidente, sono contenta che oggi in Aula voteremo le mozioni sul lavoro e sull'occupazione femminile, e le voteremo tutti in maniera unitaria (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Grazie a lei, onorevole Agostini, anche per la fatica di parlare in queste condizioni.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Corsaro. Ne ha facoltà.

  MASSIMO ENRICO CORSARO. Signor Presidente, Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale non ha depositato una mozione sulla materia; cionondimeno, per poterci consentire una votazione che sfrondi alcune considerazioni che possono apparire più o meno politicizzate o estremizzate o strumentalizzate in un senso o nell'altro, le chiederei ove fosse possibile, signor Pag. 94Presidente, di dar corso alla votazione di queste mozioni per parti separate tra l'impegno e la premessa, se è possibile.

  PRESIDENTE. Di tutte ?

  MASSIMO ENRICO CORSARO. Di tutte.

  PRESIDENTE. Sta bene, onorevole Corsaro.
  Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazioni)

  PRESIDENTE. Come da prassi, le mozioni saranno poste in votazione per le parti non assorbite e non precluse dalle votazioni precedenti.
  Passiamo ai voti, per parti separate, così come chiesto dall'onorevole Corsaro.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulle premesse della mozione Tinagli, Carfagna, Giuliani, Dorina Bianchi, Binetti, Di Salvo ed altri n. 1-00272 (Nuova formulazione), su cui vi è il parere favorevole da parte del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Massa, Alfreider...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  429   
   Votanti  408   
   Astenuti   21   
   Maggioranza  205   
    Hanno votato  406    
    Hanno votato no  2.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul dispositivo della mozione Tinagli, Carfagna, Giuliani, Dorina Bianchi, Binetti, Di Salvo ed altri n. 1-00272 (Nuova formulazione), su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Greco, Giorgio Piccolo...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  428   
   Votanti  409   
   Astenuti   19   
   Maggioranza  205   
    Hanno votato  407    
    Hanno votato no  2.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulle premesse della mozione Mucci ed altri n. 1-00611 (Nuova formulazione), in quanto non assorbita dalla precedente votazione, e su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Greco...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  428   
   Votanti  406   
   Astenuti   22   
   Maggioranza  204   
    Hanno votato  402    
    Hanno votato no  4.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul dispositivo della mozione Mucci ed altri n. 1-00611 (Nuova formulazione), con parere favorevole del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Taricco, Nizzi, Gadda, Ciracì...Pag. 95
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  434   
   Votanti  414   
   Astenuti   20   
   Maggioranza  208   
    Hanno votato  411    
    Hanno votato no   3.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulle premesse della mozione Nicchi ed altri n. 1-00613 (Nuova formulazione), con parere favorevole del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Colletti, Dall'Osso, Marchi, Grassi, Manfredi, Taricco, Rabino...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  428   
   Votanti  424   
   Astenuti    4   
   Maggioranza  213   
    Hanno votato sì
 423    
    Hanno votato no   1.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul dispositivo della mozione Nicchi ed altri n. 1-00613 (Nuova formulazione), con parere favorevole del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Onorevole Giorgetti, non rechi disturbo al momento della votazione, per favore. Colletti, Sorial, Taricco, Fusilli...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti e votanti  428   
   Maggioranza  215   
    Hanno votato sì
 424    
    Hanno votato no   4.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulle premesse della mozione Speranza ed altri n. 1-00615, con parere favorevole del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Lavagno, Bonavitacola...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  434   
   Votanti  414   
   Astenuti   20   
   Maggioranza  208   
    Hanno votato sì
 411    
    Hanno votato no   3.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul dispositivo della mozione Speranza ed altri n. 1-00615, in quanto non assorbita dalle precedenti votazioni, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Carra, Palmieri...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  433   
   Votanti  416   
   Astenuti   17   
   Maggioranza  209   
    Hanno votato  413    
    Hanno votato no   3.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla premessa della mozione Rondini ed altri n. 1-00620, come riformulata su richiesta del Governo Pag. 96e in quanto non assorbita dalle precedenti votazioni, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Misiani, Mazziotti Di Celso, De Menech, Sorial, Currò, Brandolin...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  436   
   Votanti  429   
   Astenuti    7   
   Maggioranza  215   
    Hanno votato  408    
    Hanno votato no  21.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul dispositivo della mozione Rondini ed altri n. 1-00620, come riformulata su richiesta del Governo e in quanto non assorbita dalle precedenti votazioni, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Palazzotto...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  434   
   Votanti  429   
   Astenuti    5   
   Maggioranza  215   
    Hanno votato  408    
    Hanno votato no  21.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  Colleghi, proseguiamo, mi pare che ci sia un accordo tra i gruppi a non proseguire sul sesto punto, cioè il seguito della discussione delle mozioni Paolo Nicolò Romano ed altri concernenti iniziative volte alla separazione societaria della infrastruttura della rete di telecomunicazione e alla definizione del relativo modello di governance. A questo punto io andrei direttamente al punto 8, che è il seguito della discussione del testo unificato delle proposte di inchiesta parlamentare.

Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di inchiesta parlamentare: Fratoianni ed altri; Marazziti ed altri; Fiano: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza e di identificazione, nonché sulle condizioni di trattenimento dei migranti nei centri di accoglienza (CDA), nei centri di accoglienza per richiedenti asilo (CARA) e nei centri di identificazione ed espulsione (CIE) (Doc. XXII, nn. 18-19-21-A) (ore 19,05).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del testo unificato delle proposte di inchiesta parlamentare Doc. XXII, nn. 18-19-21-A, di iniziativa dei deputati Fratoianni ed altri; Marazziti ed altri; Fiano: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza e di identificazione, nonché sulle condizioni di trattenimento dei migranti nei centri di accoglienza (CDA), nei centri di accoglienza per richiedenti asilo (CARA) e nei centri di identificazione ed espulsione (CIE).
  Ricordo che nella seduta del 13 ottobre 2014 si è conclusa la discussione sulle linee generali con la sola replica del relatore, avendo il rappresentante del Governo rinunciato ad intervenire in sede di replica.
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per il seguito della discussione è pubblicato in calce al vigente Calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Esame degli articoli – Doc. XXII, nn. 18-19-21-A)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del testo unificato e degli emendamenti presentati. La V Commissione Pag. 97(Bilancio) ha espresso il prescritto parere, che è distribuito in fotocopia (Vedi l'allegato A – Doc. XXII, nn. 18-19-21-A).

  ROCCO PALESE. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ROCCO PALESE. Signor Presidente, il mio gruppo aveva dato l'assenso solo ed esclusivamente per trattare il punto 7 dell'ordine del giorno e poi eravamo del parere che i lavori dovessero terminare adesso. Poi è l'Assemblea sovrana insieme alla Presidenza, ma noi non avevamo dato nessun tipo di assenso a proseguire; avevamo detto che si sarebbe esaminato il punto 7 e basta, anche perché poi abbiamo la Commissione bilancio impegnata su green economy e legge di stabilità. Quindi, delle due, l'una.

  PRESIDENTE. Le vorrei solo far presente, onorevole Palese, che io sono arrivato alla seconda pagina dello speech dopo aver chiesto se c'erano obiezioni e nessuno ha fiatato. Adesso, prendo atto della sua considerazione che arriva con un leggero ritardo.

  GUIDO GUIDESI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  GUIDO GUIDESI. Signor Presidente, forse siamo stati sorpresi tutti, nel senso che confermo le parole dell'onorevole Palese: l'accordo era quello che ha appena citato il collega Palese.

  PRESIDENTE. Allora, perché ci sia un accordo, devono essere d'accordo tutti i gruppi. A me non risulta questo, ma può darsi che, cammin facendo, succedano delle cose positive. Non possiamo che prenderne atto.
  Vorrei capire: l'accordo che sarebbe previsto tra i gruppi è quello di sospendere a questo punto la seduta e rimandare a domani ? C’è effettivamente l'accordo di tutti i gruppi ? Lo chiedo a tutti i gruppi.

  ETTORE ROSATO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ETTORE ROSATO. Signor Presidente, ho già detto a nome del mio gruppo prima – e lo ribadisco – che noi siamo disponibili ad accogliere la richiesta del MoVimento 5 Stelle di non esaminare le mozioni al punto 6 dell'ordine del giorno, siamo disponibili a passare al punto 8, siamo disponibili a fare tutto quello che serve per trovare un accordo in quest'Aula. L'unica cosa che non possiamo fare è quella di non cominciare domani mattina con il collegato ambientale, ma con un altro provvedimento. Quindi, se questo provvedimento va fatto, va fatto ora. Se questo provvedimento non va fatto, va esaminato dopo il collegato ambientale come previsto dall'ordine del giorno. Si possono fare entrambe le cose, solo che devono restare chiare.

  PRESIDENTE. Colleghi, noi abbiamo un ordine del giorno. È del tutto evidente che il collegato ambientale viene prima dei punti che non abbiamo neanche affrontato oggi, quindi è acquisito che, se andiamo a domani, domani come primo punto dell'ordine del giorno abbiamo il collegato ambientale (qualora siano risolti tutti i problemi che vi sono da parte della Commissione bilancio sugli emendamenti). Diversamente si procede come ho già detto prima.

  FILIBERTO ZARATTI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  FILIBERTO ZARATTI. Signor Presidente, noi pensiamo che sia opportuno affrontare il problema del punto 8 dell'ordine del giorno nella seduta odierna. Concordiamo peraltro sul fatto che domani mattina si debba iniziare immediatamente con il collegato ambientale. Quindi, noi siamo per procedere al punto 8 dell'ordine del giorno immediatamente.

Pag. 98

  PRESIDENTE. Essendo del tutto evidente che non c’è accordo tra i gruppi, onorevole Crippa, noi dovremo mettere a questo punto ai voti la proposta che viene avanzata dall'onorevole Zaratti per SEL di proseguire e quindi di non interrompere i lavori, ma di proseguire con il punto 8 all'ordine del giorno, atteso che non vi è accordo tra i gruppi a proseguire.

  DAVIDE CRIPPA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  DAVIDE CRIPPA. Signor Presidente, volevo far presente che oggi abbiamo anche saltato per accordo dei gruppi le mozioni sul TTIP il cui esame, con l'unanimità dei gruppi, è stato spostato a domani. Vorrei capire se domani questo gruppo di mozioni – essendo nell'ordine del giorno di oggi prima del collegato ambientale, secondo il Regolamento che lei ha detto, dato che l'ordine del giorno lo prevede prima, – verrà esaminato prima del collegato ambientale o dopo il collegato stesso, per un po’ di chiarezza, giusto per evitare domani di trovarci di nuovo in una situazione di empasse.

  PRESIDENTE. Il Presidente cercherà di fare chiarezza non essendo certo che riuscirà in questo compito. Le mozioni a cui lei fa riferimento sono state rinviate ad altra seduta.
  Onorevole Crippa, non è che una volta che il Presidente risponde, noi continuiamo a fare un dialogo tra di noi. È così: non è un'interpretazione della Presidenza. Le mozioni sul TTIP sono state rinviate ad altra seduta.
  Domani noi inizieremo ad esaminare come primo punto all'ordine del giorno il collegato ambientale. Questa è al momento la situazione per quanto riguarda i lavori.
  Adesso però è del tutto evidente – così riformulo la proposta in modo che sia chiaro a tutti su cosa votiamo – che c’è una richiesta, la mettiamo così, di rinvio dei lavori e di sospendere a questo punto i lavori della seduta. Onorevole Sibilia, calma.
  C’è una proposta formale e su questa proposta io darò la parola ad un oratore a favore e ad uno contro e poi la poniamo in votazione. Poi, passiamo al resto.

  CARLO SIBILIA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  CARLO SIBILIA. Signor Presidente, lei ha aggiunto un elemento a questa discussione, cioè il fatto che la mozione sull'accordo TTIP debba essere spostata ad altra seduta. Allora, io in questo momento, però, intendo fare una minicronostoria del motivo per cui siamo arrivati, in questa settimana, a discutere su questa mozione.
  C’è stato...

  PRESIDENTE. Scusi, onorevole Sibilia, io poi le darò la parola. Intervengo solamente per venirci incontro. Noi non possiamo caricare l'Assemblea – e ovviamente non c'entra la Presidenza – di quella che è, diciamo, un'esigenza che deve maturare o in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo ovvero in accordo tra i gruppi. Nulla vieta, onorevole Sibilia, che domani, con un accordo tra i gruppi, sia inserita all'ordine del giorno anche la mozione. Io le dico solo che dal punto di vista formale noi abbiamo rinviato la mozione ad altra seduta. Come è accaduto in tante altre occasioni, dinanzi a un accordo dei gruppi l'altra seduta può essere tranquillamente quella di domani, in ragione dell'ordine dei lavori. Quindi, non è impedito che domani questo accada.
  Prego, onorevole Sibilia.

  CARLO SIBILIA. Bene, questo è già un dato in più. Però, il punto è essenziale, perché noi abbiamo acconsentito a spostare ad altra seduta, appunto, che potrebbe essere quella di domani come potrebbe anche non essere quella di domani, perché chiaramente abbiamo tenuto conto della disponibilità del Viceministro Calenda, che voleva essere presente alla discussione della mozione e che attualmente Pag. 99è impegnato, se non sbaglio, in un viaggio istituzionale in Colombia e che ritorna proprio domani.
  Allora, noi non abbiamo difficoltà, però vogliamo capire se è necessaria una Conferenza dei presidenti di gruppo per essere certi che domani, all'interno della giornata, si discuta la mozione relativa al TTIP, oppure se c’è altra necessità o, meglio, un accordo tra i gruppi. Dunque, voglio formalizzare una proposta a questo punto, cioè la necessità di convocare una Conferenza dei presidenti di gruppo per capire e per definire meglio il calendario dell'Assemblea di domani.

  PRESIDENTE. Onorevole Sibilia, la proposta era già in calendario questa settimana, quindi la Conferenza dei presidenti di gruppo non potrebbe, tra virgolette, inventare nulla di nuovo.
  È chiaro che poiché nell'ordine delle priorità delle questioni che noi affronteremo da qui a giovedì c’è un accordo tra i gruppi e, dunque, è assolutamente inutile convocare una Conferenza dei presidenti di gruppo. Eventualmente, la questione si può porre se non si trova un accordo tra i gruppi ma, allora, sarebbe un altro paio di maniche.
  Però, io direi di andare avanti, intanto, vedendo come vanno le cose. Mi auguro che, in base anche allo svolgimento dei lavori, sia possibile trovare delle soluzioni.

  ETTORE ROSATO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ETTORE ROSATO. Signor Presidente, io penso che anche sul problema sollevato dai colleghi del MoVimento 5 Stelle avremmo potuto trovare una soluzione tra i gruppi, come sempre avviene. Noi non abbiamo nessun problema a trovarla anche subito, dopo la fine della seduta, anche per discuterla nelle prossime ore e nelle prossime giornate.
  Rispetto al problema di questa sera proporrei, avendo sentito solo alcuni gruppi informalmente ed essendoci scambiati un'opinione, di farle valutare, Presidente, l'ipotesi di esaminare gli emendamenti relativi al provvedimento sull'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta e gli articoli e di lasciare le dichiarazioni di voto finale ad altra seduta, onde consentire anche quello che diceva il collega Palese, cioè la convocazione della Commissione bilancio in termini ragionevoli e, quindi, acconsentire a quei tipi di lavori.
  Altresì, metto nel pacchetto completo anche il recupero della mozione che i colleghi del MoVimento 5 Stelle hanno chiesto che sia messa in discussione, su cui noi non abbiamo nessuna obiezione, proponendo di rimetterla in calendario anche nella prossima seduta utile.

  PRESIDENTE. Onorevole Rosato, colleghi rappresentanti dei gruppi, normalmente andare avanti fino alle ore 20 è quello che fisiologicamente noi facciamo sempre. Penso che l'esame degli emendamenti possa avvenire in un tempo ragionevole perché gli emendamenti non sono tantissimi, ma non sono neanche pochi, cioè in un tempo che potrebbe arrivare effettivamente intorno alle ore 20.
  Se non vi sono obiezioni, e quindi se non mi si chiede di porre in votazione una proposta che interrompa ora la seduta, io proseguirei secondo le valutazioni e le indicazioni che emergevano dall'intervento dell'onorevole Rosato, dicendo che, per essere chiari, ora esaminiamo gli emendamenti relativi al provvedimento al punto 8 dell'ordine del giorno, rinviando, giacché arriveremo realisticamente prossimi alla normale ora di chiusura, le dichiarazioni di voto finale e il voto finale a una seduta successiva che, per quanto ci siamo detti prima per la mozione a cui faceva riferimento l'onorevole Sibilia, può tranquillamente essere anche domani o nei giorni a seguire, in ragione anche dell'evolversi dei lavori per quanto riguarda il collegato ambientale.
  Quindi io vorrei capire: se non vi sono obiezioni noi adesso proseguiremo fino all'esaurimento degli emendamenti al provvedimento che riguarda i CIE e la Commissione di inchiesta.

Pag. 100

  CARLO SIBILIA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  CARLO SIBILIA. Signor Presidente, solo un chiarimento, perché noi abbiamo ascoltato in quest'Aula diverse proposte. Se non sbaglio, quella del gruppo di Forza Italia e del gruppo della Lega che si associava sostanzialmente era quella di interrompere a questo punto i lavori.

  PRESIDENTE. Onorevole Sibilia, questo l'ho capito anch'io, però l'onorevole Rosato ha fatto una proposta che, da quello che capivo, raccoglieva anche una disponibilità delle altre forze politiche.

  CARLO SIBILIA. Però stavamo mettendo anche in discussione la proposta di Zaratti che diceva...

  PRESIDENTE. Onorevole Sibilia, le chiedo scusa.

  CARLO SIBILIA. Prego, mi dica.

  PRESIDENTE. Veniamoci incontro: c'erano diverse proposte, una che chiedeva di rinviare subito, l'altra che chiedeva di andare avanti fino alla fine del provvedimento. Mi è parso di capire – e questo è ciò che si verifica quando si forma un consenso tra i gruppi – che la proposta dell'onorevole Rosato venisse incontro da una parte a chi chiedeva di interrompere subito e, dall'altra, a chi chiedeva di andare avanti fino alla fine del provvedimento. Il famoso compromesso, punto di mediazione, chiamiamolo come vogliamo, è quello di andare avanti lasciando le dichiarazioni di voto e il voto finale ad altra seduta e andare a esaurire gli emendamenti. Questa è la proposta che c’è in campo e che credo assorba, se non ci sono obiezioni, le proposte di tutti gli altri. Prego, onorevole Sibilia.

  CARLO SIBILIA. Forse essendo poco avvezzo ai compromessi non avevo ben capito questo passaggio.

  PRESIDENTE. Ma forse è anche un'ottima occasione per iniziare a prenderci le misure. Possono anche portare qualcosa di positivo, non sono necessariamente sempre qualcosa di dequalificante (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Sinistra Ecologia Libertà).

(Esame dell'articolo 1 – Doc. XII, nn. 18-19-21-A)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A – Doc. XII, nn. 18-19-21-A).
  Se nessuno chiede di intervenire sul complesso degli emendamenti, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

  GENNARO MIGLIORE, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime i seguenti pareri relativamente agli emendamenti all'articolo 1: Matteo Bragantini 1.1, invito al ritiro o parere contrario; Invernizzi 1.2, invito al ritiro o parere contrario; Matteo Bragantini 1.3, invito al ritiro o parere contrario; Invernizzi 1.4, parere contrario; Matteo Bragantini 1.5, parere favorevole; Invernizzi 1.6, invito al ritiro o parere contrario; Matteo Bragantini 1.7, parere contrario; Invernizzi 1.8, parere contrario; Invernizzi 1.9, invito al ritiro o parere contrario.

  PRESIDENTE. Il Governo ?

  DOMENICO MANZIONE, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, su tutti gli emendamenti...

  PRESIDENTE. Il parere è conforme ? Ho capito bene ? Sì.
  Passiamo all'emendamento Matteo Bragantini 1.1.
  Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Molteni. Ne ha facoltà.

Pag. 101

  NICOLA MOLTENI. Signor Presidente, intervengo per illustrare il nostro emendamento, perché credo che questa proposta di legge meriti un minimo di approfondimento soprattutto alla luce delle scelte e delle decisioni che sono state assunte da questo Governo.
  Decisioni che, ovviamente, noi contestiamo e non possiamo accettare in merito alla gestione dei centri di identificazione e, appunto, anche di espulsione. Infatti, in questa proposta di legge manca un elemento, a nostro avviso, fondamentale, perché, ad esempio, i CIE, che sono centri di identificazione, sono anche e soprattutto, in modo particolare, centri di identificazione e di espulsione, perché hanno una funzione che non è voluta dalla Lega, ma è una funzione che arriva da una direttiva, che è la direttiva madre sul problema dell'immigrazione, ovvero la «direttiva rimpatri».
  Quest'ultima prevede una finalità dei centri di identificazione, che è, appunto, quella di poter identificare coloro i quali sbarcano e si trovano sul nostro territorio, identificazione finalizzata all'espulsione. E cosa noi contestiamo, e contestiamo ormai da tempo – voglio ricordare che i CIE sono stati introdotti nel nostro ordinamento da parte dell'ex Ministro Roberto Maroni –, delle scelte politiche di questo Governo in materia di immigrazione ?
  E ci sarebbe piaciuto che, su questo tema, fosse stato presente in Aula il Ministro dell'interno, perché questo è un tema rispetto al quale il Ministro dell'interno non può evadere rispetto alle sue responsabilità e alle sue competenze. Voglio ricordare due scelte, a nostro avviso scelte profondamente sbagliate, scelte sciagurate, fatte da questo Governo. Anzi, ne dico tre: la prima scelta è quella di avere chiuso la stragrande maggioranza dei centri di identificazione e di espulsione presenti sul nostro territorio.
  Voglio ricordare che in Italia vi erano dodici CIE: ce ne sono soltanto cinque, perché sette CIE sono stati chiusi. Questo significa che, nel momento in cui noi non abbiamo i CIE, non possiamo provvedere all'identificazione, e quindi non possiamo provvedere all'espulsione. Peggio, molti dei CIE presenti nel nostro Paese sono stati convertiti nei CARA, e quindi nei centri di accoglienza per richiedenti asilo, venendo meno quella che è la funzione fondamentale del CIE medesimo.
  Quindi, primo elemento di contestazione è la soppressione scientifica e sistematica, che questo Governo sta facendo, dei centri di identificazione e di espulsione. Cancellando i CIE si riduce fortemente il processo di espulsione degli immigrati clandestini presenti sul nostro territorio. Quindi, il primo elemento di contestazione è la chiusura della stragrande maggioranza dei CIE presenti sul nostro territorio. Il secondo elemento di contestazione, di dura contestazione, che noi muoviamo alle scelte assolutamente errate e sbagliate di questo Governo è l'introduzione, che è stata fatta all'interno della legge comunitaria, del dimezzamento del periodo di trattenimento nei CIE.
  Voglio ricordare che in molti Paesi del nord, e questo è previsto dalla «direttiva rimpatri», il periodo di trattenimento all'interno dei CIE può arrivare fino a 18 mesi: un periodo necessario e legittimo. Tanti Paesi del nord – cito, ad esempio, la Svezia e la Danimarca – prevedono un trattenimento così lungo perché un periodo così lungo è il periodo necessario per poter arrivare all'identificazione del soggetto che si trovi illegalmente o che soggiorni illegalmente sul nostro territorio, finalizzata, poi, all'espulsione.
  All'interno della legge comunitaria, voi avete dimezzato il periodo di trattenimento nei CIE. Questa scelta che cosa comporta ? Comporta un periodo minore per poter identificare, attraverso gli strumenti consentiti dalla legge, colui il quale risiede sul nostro territorio, e quindi, poi, provvedere. L'altra scelta che noi contestiamo, e contestiamo duramente, al Governo, è quella di avere, sostanzialmente, svuotato il fondo previsto nell'articolo 14-bis del Testo unico sull'immigrazione, che è il Fondo rimpatri.
  E vi dico io, vi diciamo noi della Lega perché avete svuotato questo fondo, che è il fondo per fare le espulsioni, il fondo per Pag. 102i rimpatri. Perché voi avete utilizzato quei fondi, finalizzati all'espulsione, per poter garantire l'accoglienza e l'assistenza successiva e consequenziale all'operazione Mare Nostrum. Per noi questo è un emendamento assolutamente fondamentale. Il termine «espulsione» deve essere un termine che va a completare la definizione di questa procedura, rispetto alla quale il Governo ha sino ad oggi avuto un atteggiamento assolutamente colpevole, tant’è che le espulsioni degli immigrati clandestini, da quando vi è questo Governo, si sono fortemente ridotte.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Matteo Bragantini 1.1, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Marchi, Taricco, Greco, Giorgio Piccolo... Colleghi, noi abbiamo un certo numero di emendamenti, con le dichiarazioni di voto. Questa è l'unica votazione in cui aspetto che le persone entrino in Aula. Poi votiamo: chi c’è vota, chi non c’è non vota, ovvio. Crimi...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  403   
   Votanti  330   
   Astenuti   73   
   Maggioranza  166   
    Hanno votato   53    
    Hanno votato no  277.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  (Il deputato Ferrari ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario e il deputato Cassano ha segnalato di aver espresso voto favorevole mentre avrebbe voluto esprimere voto contrario).

  Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro dell'emendamento Invernizzi 1.2 formulato dal relatore.

  CRISTIAN INVERNIZZI. Signor Presidente, appare evidente l'intenzione che sta alla base della volontà di istituire questa Commissione parlamentare di inchiesta; l'intenzione politica è quella, non di verificare come i centri di accoglienza, di permanenza e di espulsione dovrebbero funzionare per garantire l'efficienza sia degli stessi centri che del sistema di espulsione nel nostro Paese, ma di trovare le pistole fumanti, di trovare tutte quelle condizioni che, poi, dovrebbero portare il Parlamento ad esprimersi contro l'esistenza stessa di questi centri.
  Se voi analizzate, e non lo farete sicuramente, gli emendamenti proposti dalla Lega, vedrete che, nella stragrande maggioranza dei casi, per non dire nella assoluta generalità dei casi, non si tratta di emendamenti soppressivi. Noi non vogliamo intervenire con riferimento a questa proposta, cancellando qualcosa e, quindi, la possibilità che la Commissione verifichi il rispetto dei diritti civili e tutto quello che vi sta particolarmente a cuore, che sta particolarmente a cuore a qualunque Stato civile. Sono sostanzialmente degli emendamenti aggiuntivi. Vediamo in questo caso, ad esempio, per entrare nel concreto, cosa non va bene al relatore di maggioranza (ci sta, lo immaginavamo), e cosa non va bene nemmeno al Governo, che ha espresso parere conforme alla posizione contraria del relatore su tutti gli emendamenti. Noi chiedevamo, ad esempio, con questo emendamento, che la Commissione potesse verificare anche, oltre il rispetto dei diritti civili, il rispetto della civile convivenza, e così via, all'interno dei centri di accoglienza, il rispetto degli obblighi derivanti dalle norme vigenti nei centri e nel nostro Paese da parte di coloro che in questi centri vengono ospitati. Chiedevamo di verificare se, all'interno dei centri di accoglienza, una volta garantito tutto quello che c’è da garantire, tutto quello che una democrazia sincera, corretta e matura deve garantire, poi vengono rispettate le norme vigenti nel nostro Paese e le norme vigenti nei centri. La risposta dalla maggioranza e del Governo è stata: non sia mai. Non sia mai che si Pag. 103vada a verificare se, effettivamente, tra coloro che vengono ospitati, a spese dei cittadini italiani, che vengono ospitati con tutte le garanzie ovviamente dei diritti civili, democratici, c’è rispetto delle norme vigenti nel nostro Paese e nei centri. No, non sia mai, perché la finalità, e lo sappiamo, è quella di far sì che emerga, con forza, come questi centri siano qualcosa di indegno, di incivile, qualcosa di inumano, e pertanto debbano essere chiusi; la volontà politica vostra è questa. Ma io vi chiedo: ma è mai possibile che non si possa verificare anche tutta un'altra serie di questioni, quali il rispetto delle norme vigenti nel nostro Paese ? Come mai, secondo voi, all'interno di questi centri, le norme vigenti non devono essere rispettate ? Come mai non è opportuno che la Commissione parlamentare vada a verificare se effettivamente ci sono casi di chiaro, lampante, cristallino, non rispetto delle regole che vigono nel nostro Paese ?
  Noi, pertanto, vi invitiamo nuovamente a guardare ai nostri emendamenti, non con l'occhio della ideologia, ma so che questo è un appello che cadrà tranquillamente nel vuoto. Noi vi invitiamo, veramente, a guardare il senso, ad entrare nel merito degli emendamenti da noi proposti, che non sono soppressivi, sono aggiuntivi.
  Quindi, al Governo e alla maggioranza chiedo, se è possibile – cosa che sicuramente non è –, di guardare con occhio critico e con occhio anche disincantato gli emendamenti proposti dalla Lega, a partire da questo.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Corsaro. Ne ha facoltà.

  MASSIMO ENRICO CORSARO. Signor Presidente, intervengo per concordare con le valutazioni espresse dal collega Invernizzi e per rilevare come in questo testo, in questa proposta, una volta di più, si ceda al vezzo di calcolare che, per gli immigrati, per i clandestini, si debba sempre e continuamente cercare l'attestazione e il riconoscimento di diritti senza che – come qualsiasi norma di civile convivenza prevedrebbe –, prima dell'ottenimento dei diritti, si debba certificare l'assolvimento dei doveri.
  Allora, questa totale inversione del sinallagma sociale, per il quale qualunque cittadino su qualunque territorio, per ambire al riconoscimento dei diritti, deve dimostrare di adempiere a dei doveri è una cosa che logicamente appartiene alla sinistra più retriva che fa di questa battaglia una storica bandiera, per cui quello che non è consentito ad un italiano viene, invece, visto con un occhio addirittura benevolo di riguardo, con pacca sulle spalle, nei confronti dell'immigrato, meglio se clandestino.
  Appare curioso che questa linea possa essere assunta dalla maggioranza del Parlamento, atteso che, nella gran parte delle forze parlamentari, quando poi si va nelle piazze o, peggio ancora, nei talk show televisivi, il diritto a vedere rispettate le nostre regole e a vedere tutelate tutte le norme di sicurezza fanno parte del comune sentire, del comune parlare di tutti quelli che devono cercare di acquisire un consenso elettorale.
  Quindi, auspico che ci sia un atto di resipiscenza e che si connoti la necessità di riconoscere l'adempimento dei doveri prima della richiesta di ogni forma di diritto.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Matteo Bragantini. Ne ha facoltà.

  MATTEO BRAGANTINI. Onorevole Presidente, onorevoli rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, questi sono emendamenti che abbiamo presentato anche durante la discussione in Commissione. Chi era presente ha visto che noi non abbiamo compiuto assolutamente alcun atto per impedire o non volere che ci fosse trasparenza nella gestione dei CIE e dei CARA.
  Ovviamente, abbiamo presentato degli emendamenti perché, quando si vanno ad istituire delle Commissioni di inchiesta, bisogna poi dare pieni poteri a quelle Pag. 104Commissioni per verificare come sono gestiti i centri, come gli ospitanti, i clandestini che sono dentro, si stanno comportando e se è vero, come dovrebbe essere il buon senso, che i clandestini che si comportano male immediatamente vengano espulsi, perché i cittadini sono stufi di spendere soldi per delle persone, che – per carità – bisogna verificare da dove vengono, magari qualcuno presenta anche la richiesta di diritto di asilo, ma se si comportano male, non rispettano le regole di buona convivenza, addirittura distruggono le nostre strutture....

  PRESIDENTE. Concluda.

  MATTEO BRAGANTINI. ... queste persone immediatamente devono essere espulse.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Rondini. Ne ha facoltà.

  MARCO RONDINI. Signor Presidente, questo emendamento serve semplicemente a ristabilire un po’ di equità nel criterio con il quale viene istituita questa Commissione. Infatti, è chiaro che, come sottolineavano i colleghi che mi hanno preceduto, l'intento di questa Commissione è quello di appurare, magari, la veridicità di quelle stravaganti inchieste giornalistiche che sono tese a dimostrare che i centri di identificazione ed espulsione sono dei veri e propri lager.
  E allora andiamo a cercare, in qualsiasi modo, di dimostrare questa tesi.
  Altrimenti disattendiamo quelli che sarebbero, invece, gli obblighi che derivano dall'istituzione di questi centri, stando al fatto che l'Europa ci impone determinati obblighi per controllare il fenomeno migratorio prima che assuma proporzioni da vera e propria invasione...

  PRESIDENTE. Grazie, la ringrazio. Passiamo ai voti... Colleghi, però vi pregherei, allora, di iscrivervi per tempo, perché non è che possiamo aspettare, grazie.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Molteni. Ne ha facoltà.

  NICOLA MOLTENI. Signor Presidente, io credo che il dibattito ed il confronto su questo provvedimento debba necessariamente essere anticipato da una valutazione – ed è il motivo per cui io credo e continuo a credere che la presenza del Ministro Alfano sia assolutamente fondamentale – su una precondizione: la precondizione al dibattito su questo provvedimento e su cui io credo che il Parlamento debba interrogarsi e debba porre il quesito al Ministro dell'interno è il motivo per cui oggi, in Italia, oltre il 70 per cento dei centri di identificazione ed espulsione non sono attivi e non funzionano.
  Io credo che sia questa la prima domanda che il Parlamento si deve rivolgere ed il primo quesito che il Parlamento deve rivolgere al Governo, ovvero il Governo deve spiegare a questo Parlamento, il Ministro Alfano o chi per esso deve spiegare a questo Parlamento il motivo per cui uno strumento previsto da una direttiva europea, uno strumento introdotto anche nel nostro sistema, previsto nella normativa nazionale, ovvero la presenza di centri di identificazione ed espulsione, che hanno una finalità precisa, una finalità che deriva, in maniera chiara ed inequivocabile, dalla direttiva rimpatri, ovvero la funzione di identificare chi entra illegalmente o chi soggiorna illegalmente nel nostro Paese, ai fini dell'identificazione e quindi della connotazione certa della propria identità, ai fini dell'espulsione, oggi questo strumento non funziona.
  Questo strumento non funziona perché il 70 per cento dei CIE, nel nostro Paese, non è operativo...

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Molteni, grazie.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto a titolo personale l'onorevole Grimoldi. Ne ha facoltà.

  PAOLO GRIMOLDI. Signor Presidente, io vorrei sottolineare ciò che sta avvenendo Pag. 105con il combinato disposto di tutti questi provvedimenti che portate avanti. In questo sull'istituzione di una Commissione per andare a verificare ciò che fanno i CIE, è evidente l'intento di trovare magari la possibilità di dire che qualcuno, che arriva nel nostro territorio come clandestino, non viene trattato con i guanti, visto che la Presidente Boldrini aveva detto che non è tollerabile accogliere i turisti in un certo modo, quando poi si accolgono gli immigrati clandestini in un modo diverso.
  Ma venendo al merito sul combinato disposto, oggi è riportato sui giornali che un immigrato clandestino, a cui il Governo ha fornito un alloggio a Carnate (provincia di Monza e Brianza), e che riceve 500 euro al mese dal nostro Paese, è stato arrestato per ben tre volte per spaccio di droga e, per colpa poi dello «svuota carceri», non ha fatto un quarto d'ora nelle patrie galere.
  Allora, voi capite bene che tutta questa serie di provvedimenti che voi state portando avanti va nella direzione di favorire assolutamente l'immigrazione clandestina...

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Grimoldi, la ringrazio perché è stato molto chiaro.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Invernizzi 1.2, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Palma, Caparini ?
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  396   
   Votanti  321   
   Astenuti   75   
   Maggioranza  161   
    Hanno votato   50    
    Hanno votato no  271.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  (La deputata Di Salvo ha segnalato di aver erroneamente votato a favore e che avrebbe voluto esprimere voto contrario).

  Passiamo all'emendamento Matteo Bragantini 1.3, sul quale vi è un invito al ritiro. Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro dell'emendamento Matteo Bragantini 1.3.

  MATTEO BRAGANTINI. Signor Presidente, veramente mi stupisco del parere del Governo in quanto noi con questo emendamento chiediamo semplicemente – e lo leggo perché così sia più chiaro – che, dopo le parole: «condotte illegali», vengano aggiunte le seguenti: «gravi violazioni delle regole dei centri nonché comportamenti violenti o in violazione di disposizioni normative da parte delle persone ospitate».
  Nel testo del dispositivo si diceva una cosa ovvia e condivisibile, ossia che questa Commissione deve andare a verificare che non siano stati lesi i diritti umani, riconosciuti dal punto di vista internazionale, ai clandestini. Giusto, ben venga, noi non abbiamo niente da nascondere perché siamo sicuri che le nostre forze dell'ordine e i nostri operatori della sicurezza siano persone perbene e corrette. Non capiamo il perché non si voglia andare a vedere le altre violazioni che potrebbero aver commesso, sia i clandestini, sia magari qualcun altro, qualche altra persona. Infatti, se dobbiamo fare una Commissione d'inchiesta, dobbiamo farla veramente che vada a ricoprire totalmente questo lavoro in modo compiuto, senza nessun preconcetto e soprattutto per andare a verificare se il numero dei CIE è sufficiente – a nostro avviso, invece, è molto, molto, molto insufficiente perché vi sono troppi clandestini in giro –, perché ce ne siano appunto solo cinque ancora attivi su dodici che erano in teoria quelli che dovevano essere e soprattutto se il tempo di detenzione, anzi di accoglienza – chiamiamola con il termine che a voi piace – di questi clandestini sia sufficiente in un anno e mezzo, diciotto mesi, come noi avevamo previsto, per riuscire a capire da dove vengono.Pag. 106
  Infatti, i CIE non sono dei CARA, ma dei Centri di identificazione ed espulsione. Coloro che entrano in modo illegale nello Stato italiano, come succede in tutti gli Stati democratici e non democratici del mondo, non solo occidentale, ma anche dell'Africa, dell'Asia, dell'Oceania e delle Americhe, vengono presi, vengono messi in un posto dove non possono scappare perché, altrimenti, ovviamente non si riescono a controllare, si vede da dove vengono, si prendono tutti i documenti, si prendono e si rimandano a casa, una volta, due volte, tre volte e tutte le volte che serve. In più, ogni volta che vengono rimandati indietro, gli si bloccano i possibili visti per qualsiasi ragione. La prima volta magari per tre anni, sia per turismo, che per istruzione o per ricongiungimenti familiari e via dicendo. Alla terza o quarta volta, a vita, anzi a vita è anticostituzionale e, quindi, per trenta, quaranta o cinquant'anni. In questo modo veramente si ferma l'invasione dei clandestini perché le persone corrette, le persone oneste, le persone che vogliono lavorare, sono ben volute, possono venire, basta che presentino in tempo le domande.
  A quel punto, si vede se c’è possibilità di poter dare un lavoro anche a queste persone, se c’è la possibilità di dare un'accoglienza degna e, dunque, se gli si può dare una casa a un affitto ragionevole, sia per loro, ma anche per noi e non come succedeva e come succede dove vengono tantissimi clandestini, vengono utilizzati come manodopera a basso costo, sfruttati da imprenditori senza scrupoli che magari, anzi sicuramente, dopo mandano tutto il carico sociale, quello dell'assistenza sanitaria, quello dell'alloggio e via dicendo, sulle spalle di tutti i cittadini. Dunque, per questo noi chiediamo e vogliamo che ci sia un controllo continuo su queste persone e su questi CIE perché, altrimenti, veramente si fa una semplice demagogia, una demagogia che non funziona e che può creare solo problemi e tensioni sociali.
  Dunque, veramente, chiediamo al Governo di rivedere il suo parere perché, se legge l'emendamento, non dice niente di particolare, dice solo una cosa, che dovrebbe essere ovvia: chiede che vengano controllate anche le situazioni di irregolarità e di non rispetto delle leggi da parte dei clandestini, perché, altrimenti, ci sembrerebbe veramente incoerente e non logico che non vengano controllate queste persone. Ci sono stati casi, in alcuni CIE, in cui sono state distrutte delle strutture: non si è chiesto neanche il rimborso e il pagamento dei danni. Dunque, veramente, noi non capiamo la posizione del Governo.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Molteni. Ne ha facoltà.

  NICOLA MOLTENI. Signor Presidente, semplicemente per...

  PRESIDENTE. Chiedo scusa, onorevole Molteni e le chiedo scusa onorevole Corsaro. Onorevole Molteni, lei interviene a titolo personale, ma prima ci sono delle dichiarazioni di voto di merito. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Corsaro. Ne ha facoltà. Mi scusi.

  MASSIMO ENRICO CORSARO. Signor Presidente, grazie, non avrei avuto difficoltà a farmi anticipare dall'onorevole Molteni, sono convinto che dirà delle cose intelligenti. Presidente, io francamente faccio fatica a capire come in una nazione che sta perdendo competitività, che perde, misurandole a centinaia di migliaia per volta, opportunità di lavoro, in cui le famiglie stanno vivendo uno stato di disagio sociale privo di precedenti, in cui le nuove generazioni non riescono ad entrare nel mercato del lavoro, in cui, per la prima volta, i giovani hanno la certezza di avere davanti a loro una vita certamente più difficile e complicata sotto il profilo economico e sociale di quanto non sia stata quella dei loro genitori, in cui i fenomeni di immigrazione clandestina ed incontrollata stanno generando tensione sociale crescente nelle aree di territorio in cui vanno a confliggere con le popolazioni solitamente meno abbienti e già disagiate di per sé della popolazione italiana; faccio fatica a pensare che, nel contrasto sociale, Pag. 107che nei problemi connessi alla sicurezza, che nella somma esponenzialmente crescente di delitti efferati che vengono compiuti da cittadini immigrati clandestini, di cui non si conosce natura, generalità e provenienza, faccio fatica davvero a pensare che si possa andare a spiegare fuori da quest'Aula che il Parlamento della Repubblica italiana sta per davvero discutendo sull'istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta sul trattamento dei migranti nei centri di accoglienza.
  Questo assoluto e completo strabismo, per cui i diritti degli extracomunitari e degli immigrati clandestini debbano essere sempre anteposti alle attenzioni, ai livelli di sicurezza, al rispetto delle leggi, alla tutela delle vittime, al rispetto degli italiani che lavorano e che pagano le tasse, al rispetto dei tanti cittadini stranieri di ogni provenienza nel mondo, che decidono di entrare a viso aperto, classificandosi, registrandosi, dicendo chi sono, come si chiamano, da dove vengono, dove vogliono andare a vivere, che tipo di attività intendono svolgere; che, a dispetto di questa gente, debba sempre esserci questo strabismo della sinistra, che fa prevalere l'attenzione verso chi è irregolare, verso chi entra dicendo e dichiaratamente affermando in partenza di volersene fregare delle norme del Paese al quale vengono a chiedere ospitalità.
  Ciò non solo per una questione di buona educazione, perché ciascuno di noi sa che per entrare in casa d'altri si deve bussare alla porta, chiedere permesso e, possibilmente, pulirsi le scarpe prima di entrare nell'appartamento che ci ospita, mentre questa stessa normale forma di attenzione non viene richiesta da parte della sinistra agli immigrati clandestini. Ma da qui, addirittura, al cercare di istituire una Commissione che cerca sordidamente anche sotto il profilo lessicale di cambiare la natura stessa dei Centri di espulsione provvedendo a dimenticare il termine espulsione nell'articolato della proposta istitutiva e che, addirittura, cerca di connotare come gli elementi di discrasia legislativa, gli elementi di violenza...

  PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Corsaro...

  MASSIMO ENRICO CORSARO. Ma io ho tutto il tempo che vuole, Presidente.

  PRESIDENTE. Capisco che noi stiamo cercando di aiutarci, però consentiamo anche all'onorevole Corsaro di parlare. Prego, onorevole Corsaro, le resta un minuto.

  MASSIMO ENRICO CORSARO. La ringrazio, Presidente, per la sua consueta squisitezza; come dicevo, Presidente, la circostanza che una volta di più lo strabismo della sinistra in materia di immigrazione clandestina, perché di questo stiamo parlando, porti a immaginare come ci siano gravi e reiterate violazioni a scapito degli immigrati clandestini da parte di chi è votato – cioè dalle forze dell'ordine – a mantenere l'equilibrio e la sicurezza e si neghi, mi pare di capire dall'espressione del relatore, di voler quanto meno estendere il mandato di questa assolutamente inutile Commissione parlamentare almeno a verificare quali e quanti trattamenti di violenza vengano viceversa realizzati proprio dagli immigrati clandestini che stanno dentro queste Commissioni, è un elemento davvero culturalmente intollerabile che dimostra, una volta di più, come, oramai questa maggioranza di sinistra, che fa finta di essere di centro sinistra, abbia buttato il cervello all'ammasso.

  PRESIDENTE. Approfitterei per trasferire la mia riflessione a tutte le persone che stanno dialogando utilmente anche per il buon svolgimento dei nostri lavori: abbiamo ancora una dichiarazione di voto dell'onorevole Palmieri che durerà cinque minuti, poi abbiamo due interventi a titolo personale e poi, come da impegno, il Presidente dovrà sospendere la seduta e rinviare a domani il resto dei punti all'ordine del giorno. Quindi, suggerisco che questo dialogo proficuo trovi delle conseguenze pratiche nel giro di sette minuti.Pag. 108
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palmieri. Ne ha facoltà.

  ANTONIO PALMIERI. Signor Presidente, anche Forza Italia vuole unire la propria voce a quella dei colleghi della Lega Nord e di Fratelli d'Italia perché anche noi, come si è visto durante le votazioni in questo scorcio di seduta, siamo convintamente e fermamente contrari rispetto a questo testo. Infatti, già a partire dal titolo di questo provvedimento si vede che stiamo parlando di un testo sostanzialmente a senso unico che vuole implicitamente mettere sotto accusa due situazioni: in primo luogo l'operato delle donne e degli uomini delle forze dell'ordine che si sono prodigati e si prodigano in questi centri accanto agli operatori; in secondo luogo le politiche di contrasto all'immigrazione clandestina e le politiche in generale sull'immigrazione dei Governi Berlusconi. Quindi, da questo punto di vista, entrambi questi obiettivi, sottesi a questo provvedimento, sono per noi inaccettabili e non condivisibili.
  Venendo al merito dell'ultimo emendamento dell'onorevole Bragantini, non esito a dire che si tratta di un emendamento di puro buon senso e che dovrebbe trovare accoglimento da parte di tutta l'Assemblea, perché semplicemente contribuisce, nelle intenzioni dell'onorevole Bragantini e anche nelle nostre che lo sosteniamo convintamente, a tentare di riequilibrare un testo che altrimenti risulta, come dicevo prima, totalmente squilibrato e tendente a mettere sotto accusa le nostre forze dell'ordine e quanti hanno operato, in tutti questi anni, in questi centri, anche mettendo a repentaglio non solo la loro incolumità ma anche la loro salute.
  Quindi, da questo punto di vista, noi insistiamo nel mantenere una posizione di fermo contrasto a questo provvedimento. Lo esprimeremo con questo voto, lo esprimeremo con tutti i voti conseguenti e susseguenti, lo esprimeremo nel voto finale, anche perché siamo forti di quello che abbiamo fatto rispetto a queste politiche di contrasto all'immigrazione clandestina e in generale di politiche per l'immigrazione durante il nostro Governo. Ho il gusto, il desiderio e la voglia di ricordare a tutti noi, per esempio, un provvedimento che dimostra come noi e i nostri Governi non siamo mai stati animati da un'ostilità preconcetta nei confronti di quanti cercano nel nostro Paese una via di uscita a situazioni di guerra o di difficoltà economiche nei propri Paesi, purché questo avvenga nel rispetto della legalità. E cito questo esempio, avviandomi a concludere, che riguarda la regolarizzazione di oltre 600 mila lavoratori immigrati che il nostro Governo fece a cavallo fra il 2002 e il 2003, facendo emergere dalla clandestinità questo numero imponente di persone che oggi sono lavoratori che nel nostro Paese lavorano alla luce del sole, non sono sfruttati e pagano le tasse. Questo a testimonianza del fatto che il nostro approccio, l'approccio dei Governi Berlusconi, fu improntato a un senso di equilibrio, di giustizia e di misura nei confronti di tutti quanti, e fu improntato a un atteggiamento di accoglienza, dove possibile e necessario, e al tempo stesso a quella politica dei respingimenti, che però ha impedito il proliferare degli scafisti e ha impedito anche tanti morti in mare. Quindi, Presidente, avviandomi davvero a concludere, confermo il nostro appoggio incondizionato all'emendamento del collega Bragantini e confermo la posizione di Forza Italia, ostile all'interezza di questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Molteni. Ne ha facoltà.

  NICOLA MOLTENI. Signor Presidente, intervengo semplicemente per affermare che per noi il contrasto all'illegalità ha un valore assoluto e universale. Pertanto, se con questa Commissione si vogliono andare a verificare comportamenti illegali e illeciti da parte di chi è preposto al controllo dell'attività che avviene all'interno dei CIE o di qualunque altro centro di identificazione o di accoglienza, per noi Pag. 109vale anche il principio di reciprocità, ovvero controllare non solo il comportamento di chi ha la funzione di garantire il funzionamento di questi CIE ma, secondo noi, anche – quindi con l'eventuale contrasto a comportamenti illeciti – di chi è ospitato all'interno di questi centri, anche perché nella stragrande maggioranza dei casi i problemi all'interno dei CIE vengono creati in modo particolare da coloro che i CIE ospitano. Quindi, con questo emendamento, che è un emendamento di assoluto buon senso, chiediamo...

  PRESIDENTE. La ringrazio molto. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Caparini. Ne ha facoltà.

  DAVIDE CAPARINI. Signor Presidente, prima di tutto volevo aggiungere la mia firma all'emendamento Matteo Bragantini 1.3, che è molto importante per quanto riguarda l'impostazione di questo provvedimento – premesso che siamo di fronte ad una perdita di tempo e a una presa per i fondelli sesquipedale – cercando di fare il più possibile per migliorare e soprattutto confutare quella che è la presunzione di fondo di questa Commissione, ovvero che vi siano delle violazioni dei diritti umani e quindi dei comportamenti illegali solo da una parte, ovvero della parte di coloro che i centri li gestiscono. Noi siamo convinti che nella stragrande maggioranza dei casi, qualora ci siano stati dei disordini all'interno dei CIE, essi siano sempre e comunque partiti da coloro che nei CIE erano detenuti in attesa di riconoscimento. Quindi, questo emendamento, questa modifica, è fondamentale, dal nostro punto di vista, per ribaltare la tesi che è nella proposta di costituzione di questa Commissione, ovvero che le responsabilità e le colpe siano solo tutte da una parte.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Rondini. Ne ha facoltà.

  MARCO RONDINI. Signor Presidente, basterebbe leggere la lettera a) del comma 2 dell'articolo 1 che chiediamo di modificare con il nostro emendamento per capire quale è la direzione nella quale va questa Commissione. Una Commissione che viene istituita con un giudizio scritto, già preconfezionato. Si dice: «accertare se nei CDA, nei CARA e nei CIE si siano verificate condotte illegali e atti lesivi dei diritti fondamentali della dignità umana e se in particolare siano stati praticati trattamenti disumani o degradanti nei confronti dei migranti ivi accolti o trattenuti». Voi mettete sul banco degli imputati gli operatori che si trovano spesso costretti a convivere con situazioni allucinanti e magari oggi neanche più protetti da una legge che li aveva messi lì a gestire dei centri...

  PRESIDENTE. Onorevole Fedriga, ci vuole illuminare. Ho bisogno di lei in qualche modo avendo lei come ultimo iscritto a parlare su questo emendamento sennò dovrei metterlo in votazione.

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Signor Presidente penso che il relatore abbia la volontà di intervenire.

  PRESIDENTE. Questa è veramente una notizia positiva. Se allora il relatore ci conferma che ha intenzione di prendere la parola, sennò magari passiamo oltre.

  BARBARA SALTAMARTINI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Onorevole Saltamartini prego. Le do la parola molto volentieri.

  BARBARA SALTAMARTINI. Io la ringrazio e spero così di temporeggiare...

  PRESIDENTE. Anche io lo spero molto onorevole Saltamartini.

  BARBARA SALTAMARTINI. Anch'io lo avrei voluto però sinceramente, Presidente, prima di esprimermi eventualmente in dissenso dal mio gruppo volevo ascoltare il relatore perché probabilmente forse avrà qualcosa da dirci sulla quale io posso esprimere meglio il mio voto.

Pag. 110

  PRESIDENTE. La capisco, onorevole Saltamartini. Cerchiamo di vedere se riusciamo ad avere il relatore. Relatore lei è pronto per intervenire ? Prego.

  GENNARO MIGLIORE, Relatore. Signor Presidente, noi avevamo indicato un invito al ritiro o altrimenti un parere contrario in quanto nell'articolato era già presente l'indicazione generale di quelle che erano condotte illegali. Per questo motivo ritenevamo che dovesse essere ricompresa e per questo motivo richiediamo con una riformulazione relativa al fatto che al comma 2 della lettera a) non dopo «condotte illegali» ma alla fine della lettera a) si aggiunga l'emendamento Bragantini, Invernizzi 1.3. In questo caso darei parere favorevole in quanto l'accertamento delle gravi violazioni delle regole dei centri nonché i comportamenti violenti in violazione di disposizioni normative da parte delle persone ospitate è una mera acquisizione di documentazione che proviene innanzitutto da chi è preposto al controllo di queste strutture ed è, quindi, un atto dovuto da parte della Commissione di inchiesta acquisire questo materiale e non certamente un intervento che, al di là delle interpretazioni che vengono date dai colleghi, possa essere fatto direttamente nei confronti delle persone ospitate stesse.

  PRESIDENTE. Allora colleghi, procediamo con ordine. Innanzitutto devo chiedere al Governo quale è il parere sulla proposta di riformulazione dell'onorevole Migliore.

  DOMENICO MANZIONE, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, se si tratta di tranquillizzare sul fatto che la Commissione può esaminare la vicenda immigrazione a tutto campo tenuto conto dei comportamenti non solo di chi gestisce i centri ma anche di chi dei centri è ospite, il Governo non ha nessuna obiezione ad accodarsi, per così dire.

  PRESIDENTE. Bene, quindi lei è favorevole alla riformulazione del relatore. A questo punto relatore io devo fare un ulteriore passaggio: devo intendere che la sua riformulazione è una riformulazione condivisa dall'intero Comitato dei nove ovvero devo sospendere rapidamente, per pochi minuti, la seduta per dare la possibilità al Comitato dei nove di esprimersi ?

  ROCCO PALESE. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ROCCO PALESE. Signor Presidente, io devo intervenire sull'ordine dei lavori, perché l'accordo unanime era che si interrompessero i lavori alle ore 20 e io ritengo per conto del mio gruppo che alle ore 20 si devono interrompere. Ci sono anche colleghi che, in base a quello che poco fa da lei è stato pure confermato, dicendo che entro 7 minuti, quando mancavano 7 minuti alle 20, si doveva interrompere. Peraltro, se non dovesse essere così, dovremmo procedere alla sconvocazione della Commissione speciale d'inchiesta su Aldo Moro e conseguentemente anche della Commissione bilancio. Quindi io confermo questo aspetto e mi permetto di proporre l'interruzione e poi il Comitato dei nove si riunirà quando crede, ma la seduta deve terminare.

  PRESIDENTE. Onorevole Palese, vorrei chiarirle questo: la seduta, poiché siamo nella fase delle dichiarazioni di voto, si chiuderà nel momento in cui noi avremo votato l'emendamento. L'unica possibilità che questo non accada è se, alla luce delle considerazioni che abbiamo fatto – ma questo lo devo chiedere ovviamente al relatore – il relatore mi chiede l'accantonamento di questo emendamento sul quale si deve riunire il Comitato dei nove, perché occorre verificare delle questioni. Allora questa per quanto mi riguarda è l'unica possibilità che io non proceda al voto dell'emendamento. Sennò, essendoci state le dichiarazioni di voto, io ovviamente devo procedere al voto. Quindi non ho capito se, alla luce del fatto che il Comitato Pag. 111dei nove si deve riunire, il relatore chiede l'accantonamento e il tema l'abbiamo risolto così.

  GENNARO MIGLIORE, Relatore. Signor Presidente, chiedo l'accantonamento.

  PRESIDENTE. Sta bene. A questo punto l'emendamento si intende accantonato e ovviamente l'esame del provvedimento è rinviato alla seduta di domani, che si svolgerà secondo l'ordine del giorno che fra poco leggerò.

Sull'ordine dei lavori e per la risposta a strumenti del sindacato ispettivo (ore 20,10).

  MARA CAROCCI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  MARA CAROCCI. Signor Presidente, nella serata di ieri il Tigullio, e in particolare Chiavari e il suo entroterra, è stato colpito da una violenta perturbazione, che ha causato 2 morti ed ingentissimi danni. Su Chiavari sono caduti più di 200 millimetri di pioggia in tre ore: sono esondati il fiume Entella ed il torrente Rupinaro, invadendo il centro cittadino, allagando negozi, box e abitazioni. Un durissimo colpo all'economia di Chiavari, che fa del commercio la sua attività principale. Notevoli sono stati i danni lungo tutto il corso del fiume Entella, che è esondato in più punti. Dal lato di Chiavari, ha ceduto l'argine in prossimità delle caserme Interforze di Telecomunicazioni, che sono state invase dalle acque. Dal lato opposto, ingentissimi danni nel comune di Cogorno, in particolare a San Salvatore, dove l'acqua ha raggiunto il metro d'altezza. A Lavagna è esondato anche il Torrente Rezza. La bomba d'acqua che ha causato l'alluvione a Chiavari ha colpito anche l'entroterra. La situazione più grave è quella di Leivi, dove ci sono state le due vittime, la cui abitazione è stata sommersa da una frana. Sono state tratte in salvo altre 4 persone nel comune di Carasco. Gravi danni e numerose frane nei comuni di San Colombano, Mezzanego e Borzonasca, già colpiti da numerosi eventi alluvionali negli scorsi anni. Più di 100 gli sfollati. Nei prossimi giorni verrà data una stima dei danni e degli interventi necessari sulle infrastrutture e sul territorio. Il mio intervento è volto a chiedere che siano celermente messi a disposizione gli indispensabili stanziamenti per le opere di somma urgenza e per il sostegno alle famiglie e alle attività colpite dall'alluvione che si rendono immediatamente necessari.

  PAOLO COVA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  PAOLO COVA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, oggi a Milano c’è stato l'ennesimo assalto ad una sede del PD, il circolo Corvetto in via Mompiani. Tanti sono stati gli assalti a sedi del PD in questo anno e in particolare a Milano, ma questa volta la situazione è stata ancora più grave perché è stato fatto con la presenza di persone anziane, personale del Sunia che era presente, volontari del circolo del PD e delle persone che necessitavano di assistenza per la casa, proprio delle persone anziane. È stato un chiaro intento di intimorire le persone che erano presenti e che abitano in quei quartieri popolari. Io penso alle persone – come mi è stato descritto – che sono dovute scappare addirittura dalla finestra, persone anziane. In questi giorni sono state trasmesse dai telegiornali le immagini di occupazioni delle case, quelle immagini arrivano proprio da quei caseggiati e da quei quartieri.
  Il PD in tutti questi anni si è battuto per migliorare la qualità della vita dei quartieri popolari ed è stato sempre a fianco degli abitanti perché quei progetti di riqualificazione arrivassero a compimento.
  È innegabile a Milano la responsabilità di Aler che non procede nei lavori e lascia gli appartamenti vuoti e come possibile oggetto di occupazione. Noi siamo per la legalità, perché ci sia un diritto di avere Pag. 112una casa, ma non con un'occupazione abusiva o illegale. C’è chi aspetta una casa nella legalità e attende che vengano completati questi interventi e che inizino quelli che attendono i lavori.

  PRESIDENTE. Deve concludere.

  PAOLO COVA. Vado a concludere, Presidente. Chi pensa di trovare scorciatoie o l'illegalità troverà sempre le donne e gli uomini del PD a tutelare le persone oneste, qui alla Camera, in tutte le istituzioni e in tutti i nostri circoli (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  MASSIMO ARTINI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  MASSIMO ARTINI. Signor Presidente, vorrei sollecitare la risposta ad alcune, ormai vetuste, interrogazioni depositate, alcune il 17 settembre del 2013. In particolare, si tratta della n. 4-01840 in merito ad un piano industriale di esuberi di alcune aziende nelle nostre parti nella provincia di Firenze, della n. 4-01843, che riguarda l'estrazione di salgemma da parte della Solvay nella zona che insiste vicino a Volterra e, sempre del 17 settembre, della n. 4-01844 per alcune inadempienze dei versamenti dei contributi INPS da parte della Richard Ginori di Sesto Fiorentino e di un calzaturificio di Figline Valdarno. In più, un po’ più recente, ma comunque sempre datata, del 26 febbraio del 2014, l'interrogazione n. 4-03745, che verte sempre su alcune inadempienze relative al rilascio di certificati di esposizione all'amianto. In ultimo – e concludo, Presidente – vi è la n. 4-05894 che riguarda un'inchiesta della procura di Firenze in merito ai lavori del TAV a Firenze e della corruzione della pubblica amministrazione in merito allo smaltimento illecito dei fanghi nelle nostre zone.

  LUCA FRUSONE. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  LUCA FRUSONE. Signor Presidente, anche io voglio sollecitare la risposta ad alcune interrogazioni, anche queste di un'età molto, ma molto elevata, si parla di oltre un anno. Quindi, voglio sollecitare le risposte alle interrogazioni n. 4-02988, della n. 4-03163, della 4-03545, della 4-04837, della 4-05084, della 4-06163 e della 4-06153.
  Poi, approfitto dell'occasione per dire semplicemente che solamente il 9 per cento delle interrogazioni che sono state presentate hanno avuto risposta. Questo purtroppo accade quando un Governo, invece di fare il Governo, fa il Parlamento e non si occupa del suo lavoro.

  GIUSEPPE L'ABBATE. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  GIUSEPPE L'ABBATE. Signor Presidente, ai sensi del comma 4 dell'articolo 134 del Regolamento, chiedo che venga posta all'ordine del giorno delle prossime sedute delle Commissioni assegnatarie, l'interrogazione a risposta scritta n. 4-05290.

  SILVIA CHIMIENTI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  SILVIA CHIMIENTI. Signor Presidente, mi sembra di essere un po’ ripetitiva ma ultimamente il Ministero dell'istruzione si sta rendendo responsabile di gravissimi errori ai danni dei docenti e degli studenti italiani. Solo qualche settimana fa, denunciavo in quest'Aula i ritardi, i malfunzionamenti e l'incostituzionalità dei costi del tirocinio formativo attivo, il corso da 3.000 euro circa che abilita all'insegnamento docenti che, allo stato attuale delle cose, non hanno la benché minima prospettiva lavorativa.
  La scorsa settimana poi sono state invertite le prove di specializzazione in medicina, gettando nella disperazione migliaia di giovani medici e aprendo la strada a miriadi di ricorsi.Pag. 113
  Cosa sta accadendo quindi in queste ore ?
  Dopo settimane di attesa, il MIUR ha deciso arbitrariamente di escludere dal bando del TFA le università telematiche e ne ha dato comunicazione il 6 novembre, con una nota che invitava gli iscritti a scegliere una nuova sede entro le ore 16 del 10 novembre. In un comunicato di E-Campus si legge che l'offerta formativa di E-Campus, per i percorsi di tirocinio formativo attivo, è stata eliminata a seguito del «riallineamento» dell'offerta formativa per la Lombardia.
  Ai candidati, quindi, che dovevano sostenere, di lì a tre giorni, le prove scritte, sono stati dati tre giorni di tempo per indicare un'altra sede in cui seguire il percorso di TFA. Alcuni di loro hanno dovuto indicare per ben due volte successive la nuova sede, nel giro di 24 ore circa.
  L'ufficio scolastico regionale della Lombardia ha dovuto sospendere le prove già calendarizzate e anche in questa occasione la vicenda finirà sicuramente in tribunale, in quanto l'università telematica E-Campus ha promesso di fare causa al Ministero.

  PRESIDENTE. La prego di concludere.

  SILVIA CHIMIENTI. Concludo. Chi ci rimette di più, come sempre, sono i professori universitari, che diventano bersaglio delle ire dei candidati, e soprattutto gli aspiranti docenti, che si trovano a dovere fronteggiare continui errori, ritardi, inversioni di marcia.
  Quindi, annunciamo l'ennesima interrogazione parlamentare e abbiamo anche il vago sentore che questo ennesimo scandalo non sarà neanche l'ultimo.

  EMANUELE SCAGLIUSI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  EMANUELE SCAGLIUSI. Signor Presidente, sono trascorsi 169 giorni da quando il Ministro Boschi a Ciampino scendeva, sfoggiando la sua treccia, dal volo proveniente da Kinshasa, insieme a 31 bambini congolesi adottati da 24 famiglie italiane. Purtroppo, come ormai è noto, le 24 famiglie erano solo una parte di quelle che avevano richiesto l'adozione dei minori. Da allora, altre 130 coppie di genitori, la cui adozione è stata convalidata anche dall'autorità del Paese africano, aspettano invano che la situazione si sblocchi.
  Queste famiglie, dopo questa vicenda, hanno ricevuto dalla CAI soltanto delle comunicazioni, in cui si invitavano le famiglie ad essere prudenti e a tenere il silenzio sulla vicenda. Invece, le notizie che arrivano dal Congo ci dicono che queste adozioni sono state bloccate nuovamente. Renzi ha provato a tranquillizzare una mamma, che chiedeva informazioni al Premier nell'ultima festa dell'Unità a Bologna, e le ha detto: «Tranquilla, domani chiamerò Kabila». Adesso, ammesso che una situazione del genere si possa gestire con una telefonata, per il momento non abbiamo avuto risvolti perché queste adozioni sono ancora bloccate. Un altro Paese che vede le stesse difficoltà è il Kenya. Ci sono anche famiglie che hanno adozioni bloccate dal Kenya.
  «Benvenuti a casa. Ora, con la riforma del terzo settore, ancora più attenzione alle adozioni internazionali». Questo twittava il Premier mentre l'aereo atterrava a Ciampino. Per questo motivo, signor Presidente, sono qui a chiedere che venga il Premier Renzi a riferire sulla questione delle adozioni internazionali in Congo e, se il Premier è impossibilitato, va bene anche il Ministro Boschi, che da allora si occupa di queste adozioni internazionali.

Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Mercoledì 12 novembre 2014, alle 9,30:

  (ore 9,30 e ore 16)

  1. – Seguito della discussione del disegno di legge:
   Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economyPag. 114e per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali (C. 2093-A).
  — Relatori: Bratti e Borghi, per la maggioranza; Caon e Mannino, di minoranza.

  2. – Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di inchiesta parlamentare:
   FRATOIANNI ed altri; MARAZZITI ed altri; FIANO: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza e di identificazione, nonché sulle condizioni di trattenimento dei migranti nei centri di accoglienza (CDA), nei centri di accoglienza per richiedenti asilo (CARA) e nei centri di identificazione ed espulsione (CIE) (Doc. XXII, nn. 18-19-21-A).
  — Relatore: Migliore.

  3. – Seguito della discussione delle mozioni Gallinella ed altri n. 1-00490, Kronbichler ed altri n. 1-00558, Taranto ed altri n. 1-00630, Gianluca Pini ed altri n. 1-00631, Palese e Bergamini n. 1-00632, Dorina Bianchi ed altri n. 1-00635 e Fitzgerald Nissoli ed altri n. 1-00638 concernenti l'accordo di partenariato per il commercio e gli investimenti tra Unione europea e Stati Uniti d'America noto come Transatlantic trade and investment partnership (TTIP).

  4. – Seguito della discussione delle mozioni Paolo Nicolò Romano ed altri n. 1-00515, Dorina Bianchi ed altri n. 1-00657 e Caparini ed altri n. 1-00658 concernenti iniziative volte alla separazione societaria della infrastruttura della rete di telecomunicazione e alla definizione del relativo modello di governance.

  5. – Seguito della discussione delle mozioni Nicoletti ed altri n. 1-00603, Santerini ed altri n. 1-00604, Manlio Di Stefano ed altri n. 1-00605, Palazzotto ed altri n. 1-00616, Dorina Bianchi ed altri n. 1-00617, Matteo Bragantini ed altri n. 1-00618, Brunetta ed altri n. 1-00619 e Rampelli ed altri n. 1-00654 concernenti iniziative in materia di diritti dei richiedenti asilo e dei rifugiati, con particolare riferimento alla revisione del regolamento dell'Unione europea noto come «Dublino III».

  6. – Seguito della discussione delle mozioni Di Gioia, Morassut, Di Salvo ed altri n. 1-00602, Prataviera ed altri n. 1-00639 e Ciprini ed altri n. 1-00650 concernenti iniziative per l'impiego di parte del risparmio previdenziale per interventi a sostegno dell'economia.

  7. – Discussione delle mozioni Centemero ed altri n. 1-00572 e Locatelli, Di Salvo ed altri n. 1-00569 concernenti iniziative volte alla nomina di un Ministro senza portafoglio competente in materia di pari opportunità.

  8. – Discussione della mozione De Girolamo ed altri n. 1-00653 concernente interventi a favore del Mezzogiorno.

  (ore 15)

  9. – Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

  La seduta termina alle 20,20.

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Moz. Scotto e a. 1-537 388 387 1 194 372 15 75 Appr.
2 Nom. Moz. Pisicchio e a. 1-609 n.f. 394 393 1 197 377 16 74 Appr.
3 Nom. Moz. Covello e a. 1-612 397 395 2 198 380 15 74 Appr.
4 Nom. Moz. Palese e a. 1-614 n.f. 397 396 1 199 380 16 74 Appr.
5 Nom. Moz. Baldassarre e a. 1-621 402 401 1 201 386 15 75 Appr.
6 Nom. Moz. De Girolamo e a. 1-624 n.f. 402 401 1 201 386 15 75 Appr.
7 Nom. Moz. Taglialatela e a. 1-641 404 403 1 202 388 15 74 Appr.
8 Nom. Moz. De Mita e a. 1-642 404 403 1 202 388 15 74 Appr.
9 Nom. Moz. Cesaro A. e a. 1-648 n.f. 406 405 1 203 390 15 74 Appr.
10 Nom. Moz. Rondini e a. 1-629 402 402 202 55 347 73 Resp.
11 Nom. Moz. Brunetta e a. 1-633 rif. 406 328 78 165 309 19 73 Appr.
12 Nom. Moz. Amato e a. 1-643 n.f. 409 315 94 158 298 17 73 Appr.
13 Nom. Moz. Rampelli e a. 1-646 rif. 414 333 81 167 314 19 73 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.

INDICE ELENCO N. 2 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 26)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
14 Nom. Moz. Palazzotto e a. 1-655 rif. 413 333 80 167 316 17 73 Appr.
15 Nom. Moz. Tinagli e a. 1-272 n.f. p.I 429 408 21 205 406 2 65 Appr.
16 Nom. Moz. Tinagli e a. 1-272 n.f. p.II 428 409 19 205 407 2 65 Appr.
17 Nom. Moz. Mucci e a. 1-611 n.f. p.I 428 406 22 204 402 4 65 Appr.
18 Nom. Moz. Mucci e a. 1-611 n.f. p.II 434 414 20 208 411 3 65 Appr.
19 Nom. Moz. Nicchi e a. 1-613 n.f. p.I 428 424 4 213 423 1 65 Appr.
20 Nom. Moz. Nicchi e a. 1-613 n.f. p.II 428 428 215 424 4 65 Appr.
21 Nom. Moz. Speranza e a. 1-615 p.I 434 414 20 208 411 3 65 Appr.
22 Nom. Moz. Speranza e a. 1-615 p.II 433 416 17 209 413 3 65 Appr.
23 Nom. Moz. Rondini e a. 1-620 rif. p.I 436 429 7 215 408 21 65 Appr.
24 Nom. Moz. Rondini e a. 1-620 rif. p.II 434 429 5 215 408 21 65 Appr.
25 Nom. Doc. XXII, nn. 18-19-21-A - em.1.1 403 330 73 166 53 277 65 Resp.
26 Nom. em. 1.2 396 321 75 161 50 271 65 Resp.