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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 313 di lunedì 20 ottobre 2014

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI

  La seduta comincia alle 11.

  ANNA MARGHERITA MIOTTO, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 17 ottobre 2014.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Amici, Bellanova, Biondelli, Bobba, Bocci, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Bratti, Bressa, Brunetta, Casero, Castiglione, Cecconi, Cicchitto, Cirielli, Costa, Dambruoso, De Girolamo, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Di Salvo, Fedriga, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Lorenzin, Lotti, Lupi, Madia, Mannino, Merlo, Mogherini, Orlando, Pes, Pisicchio, Pistelli, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Domenico Rossi, Rughetti, Sani, Scalfarotto, Sisto, Tabacci, Taglialatela, Velo, Vignali, Vito e Zanetti sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente sessantasette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Modifica nella composizione dell'ufficio di presidenza di un gruppo parlamentare.

  PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data 16 ottobre 2014, il presidente del gruppo parlamentare Scelta Civica per l'Italia ha reso noto che la deputata Irene Tinagli sostituisce il deputato Mario Catania nel comitato direttivo del medesimo gruppo.
  Saluto i giovanissimi studenti dell'Istituto comprensivo statale Via Boccioni, plesso San Pio X, di Roma, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).

Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, recante misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive (A.C. 2629-A) (ore 11,05).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 2629-A: Conversione in legge del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, recante misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione Pag. 2burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive.
  Ricordo che nella seduta del 23 settembre 2014 sono state respinte le questioni pregiudiziali Scotto ed altri n. 1, Grimoldi ed altri n. 2, De Rosa ed altri n. 3 e Brunetta e Palese n. 4.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 2629-A)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari MoVimento 5 Stelle, Sinistra Ecologia Libertà e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
  Avverto, altresì, che la VIII Commissione (Ambiente) si intende autorizzata a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire la relatrice per la maggioranza, onorevole Braga.

  CHIARA BRAGA, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'Assemblea avvia oggi l'esame del decreto-legge n. 133 del 2014, che contiene una serie di misure rilevanti in materia di infrastrutture, edilizia, ambiente ed energia, nonché una serie di misure destinate alle imprese e agli enti territoriali.
  Si tratta di norme finalizzate ad accelerare e a rilanciare gli investimenti, e ad introdurre misure di semplificazione burocratica; obiettivi che rientrano pienamente nella strategia del Governo di rilancio della competitività del Paese e di sostegno alla crescita, e il cui perseguimento è necessario nel momento di crisi che il Paese sta attraversando, per il quale necessitano interventi di stimolo all'economia accompagnati da riforme strutturali.
  Il provvedimento è corposo e articolato, ed è stato sostanzialmente modificato nel corso dell'esame in Commissione. Nell'ambito di un ricco ciclo di audizioni, abbiamo avuto modo di raccogliere osservazioni e contributi di una pluralità di soggetti, che hanno consentito di apportare importanti miglioramenti al testo.
  Il testo iniziale del decreto-legge, pertanto, è stato modificato non solo a seguito dell'approvazione di emendamenti presentati dal Governo e dalla relatrice, ma anche di numerosi emendamenti di iniziativa parlamentare. Tra questi, credo che sia particolarmente opportuno sottolineare l'integrazione introdotta in materia di trasparenza delle procedure e rispetto dei requisiti di concorrenza per professionisti ed imprese in materia di realizzazione di opere pubbliche.
  Anche in presenza di procedure derogatorie e straordinarie determinate dall'urgenza di dar corso a interventi strategici per il Paese, sono stati rafforzati, grazie a diversi emendamenti di natura parlamentare, questi fondamentali aspetti, proprio con l'obiettivo di prevenire, a monte, i rischi di successivi blocchi nell'iter di realizzazione di opere fondamentali per la ripresa del Paese. Queste modifiche, così come altre, introdotte, ad esempio, nelle parti del decreto inerenti le materie energetiche e ambientali, danno conto dell'impostazione generale del provvedimento.
  Il nostro Paese ha, infatti, estrema necessità di superare gli ostacoli che impediscono la realizzazione di investimenti utili per la ripresa dell'economia e dell'occupazione – da qui il nome «sblocca Italia» con cui tutti noi ci riferiamo a questo decreto –, ma questo obiettivo si raggiunge solo se, allo stesso tempo, vengono perseguiti, insieme alle reali ed innegabili esigenze di efficienza e tempestività, gli altrettanto fondamentali principi di legalità e trasparenza, nonché di salvaguardia ambientale e paesaggistica.
  Signor Presidente, in considerazione della corposità del testo e della numerosità delle modifiche approvate, mi soffermerò di seguito sui passaggi più rilevanti del provvedimento, anticipandole fin d'ora l'intenzione di depositare il testo scritto della mia relazione.Pag. 3
  Una prima parte del decreto riguarda le misure in materia di infrastrutture per la riapertura di cantieri e la realizzazione di opere pubbliche. In tale ambito, l'articolo 1 prevede la nomina dell'amministratore delegato di Ferrovie dello Stato a commissario per la realizzazione delle opere relative alla tratta ferroviaria Napoli-Bari, disciplinando, nel contempo, i compiti e i poteri del commissario, la pubblica autorità, l'indifferibilità e l'urgenza degli interventi, e il finanziamento degli interventi.
  La Commissione ha apportato modifiche a questo articolo, finalizzate a fare salva la previsione progettuale della stazione ferroviaria in superficie lungo la tratta appenninica Apice-Orsara; a stabilire gli obblighi di pubblicazione previsti dal decreto legislativo n. 33 del 2013 e ad inserire negli avvisi, nei bandi di gara e nelle lettere d'invito, che la mancata accettazione da parte delle imprese delle clausole contenute nei protocolli di legalità costituisce causa di esclusione dalle gare; a trasferire dal commissario, come era inizialmente previsto nel testo del decreto-legge, alla deliberazione del Consiglio dei ministri, la competenza ad adottare il provvedimento conclusivo della Conferenza di servizi, in caso di motivato dissenso espresso da un'amministrazione preposta alla tutela ambientale e paesaggistica; ad autorizzare il commissario a richiedere i trasferimenti di cassa sulle risorse di competenza nazionale, al fine di non superare i limiti di Patto di stabilità. L'articolo 1 dispone, inoltre, l'approvazione del contratto di programma 2012-2016, parte investimenti, tra RFI e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sul quale, nel corso dell'esame in Commissione, è stata espressamente prevista l'acquisizione del parere da parte delle competenti Commissione parlamentari.
  L'articolo 2, non modificato in Commissione, introduce al comma 1 una disposizione per la realizzazione di infrastrutture strategiche in concessione, mentre l'articolo 3 destina, al fine di consentire la continuità dei cantieri in corso o il perfezionamento degli atti contrattuali finalizzati all'avvio dei lavori nel 2014, 3 miliardi 890 milioni di euro al Fondo istituito presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il cosiddetto «sblocca cantieri» per il periodo che va dal 2013 al 2020.
  L'articolo 3 elenca gli interventi finanziabili e i termini entro i quali tali interventi sono dichiarati appaltabili e cantierabili. Il mancato rispetto di questi termini determina la revoca del finanziamento assegnato. Nell'ambito delle varie tipologie sono ricomprese anche categorie generiche di interventi, tra i quali le opere segnalate dagli enti locali e per i quali il testo approvato in Commissione introduce una serie di criteri per l'attribuzione delle risorse, in particolare per interventi di messa in sicurezza del territorio e riduzione del rischio idrogeologico.
  L'articolo 5 reca importanti misure in materia di concessioni autostradali ed è stato modificato nel corso dell'esame in Commissione. Rispetto al testo vigente le modifiche del rapporto concessorio da parte dei concessionari delle tratte autostradali nazionali, che devono essere sottoposte, entro 31 dicembre 2014, al Ministero dell'infrastrutture e dei trasporti, devono essere esplicitamente finalizzate a procedure di aggiornamento o revisione delle convenzioni e devono riguardare rapporti concessori in essere.
  Viene, inoltre, previsto che le richieste di modifica del rapporto concessorio prevedano nuovi investimenti da parte dei concessionari, i quali sono, comunque, tenuti alla realizzazione degli investimenti già previsti nei vigenti atti di concessione. Con un emendamento parlamentare è stato, infine, previsto che gli schemi di atto aggiuntivo o di convenzione, e i relativi piani economici-finanziari, corredati dai pareri prescritti dalla normativa vigente, siano sottoposti al parere delle competenti Commissioni parlamentari, e si prevede, inoltre, un coinvolgimento dell'Autorità dei trasporti.
  In conseguenza delle modifiche approvate in Commissione, si precisa, infine, che l'affidamento di tutti gli interventi avverrà Pag. 4nel rispetto delle procedure di evidenza pubblica. L'articolo 6 contiene misure fondamentali destinate alle infrastrutture immateriali, nella prospettiva della digitalizzazione del Paese. Si prevede, infatti, la concessione di un credito d'imposta, IRES e IRAP, entro il limite massimo del 50 per cento dell'investimento, per la realizzazione di interventi infrastrutturali di realizzazione di reti di comunicazione elettronica a banda ultralarga.
  Nel corso dell'esame in Commissione sono state inserite ulteriori disposizioni al fine di colmare il gap digitale in relazione alla banda larga e ultralarga, e al fine di inserire le opere infrastrutturali in fibra ottica per la banda larga tra gli oneri di urbanizzazione primaria, e prevedere che, comunque, l'occupazione di spazi ed aree pubbliche per l'installazione e per la rete a banda larga e ultralarga, non comportino a carico dell'operatore la corresponsione di alcun onere. Infine, è stato aggiunto l'articolo 6-ter che reca specifiche disposizioni per l'infrastrutturazione degli edifici con impianti di comunicazione elettronica.
  L'articolo 10 è volto ad aumentare l'operatività della Cassa depositi e prestiti attraverso l'estensione del perimetro delle operazioni finanziate, anche con riferimento ad investimenti nel campo della green economy. L'articolo 11 modifica la disciplina agevolativa per la realizzazione di infrastrutture da realizzare con il ricorso ai contratti di partenariato pubblico-privato. L'articolo 13 apporta modifiche alla disciplina dei cosiddetti «project bond», mentre l'articolo 14 interviene sul tema della progettazione delle opere pubbliche, prevedendo l'applicazione di livelli di sicurezza che non possono essere più stringenti rispetto a quelli definiti dalla normativa europea.
  Nell'esame è stato aggiunto l'articolo 16-bis, che reca disposizioni per gli accessi sulle strade affidate in gestione ad ANAS, e l'articolo 16-ter, volto alla definizione delle modalità e dei termini per gli adempimenti relativi alle metropolitane in esercizio.
  Il decreto-legge contiene anche misure specificatamente destinate alla materia di porti e aeroporti, in particolare agli articoli 28 e 29. All'articolo 28 si interviene sul regime contributivo delle indennità di volo e si introduce la promozione da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministero degli affari esteri, di nuovi accordi bilaterali del trasporto aereo e la modifica di quelli vigenti. L'articolo 29 prevede l'adozione di un piano strategico nazionale della portualità e della logistica, che contempli anche la razionalizzazione, il riassetto e l'accorpamento delle autorità portuali. Su tale piano, in corso di esame in Commissione, è stata prevista l'acquisizione del parere delle competenti Commissioni parlamentari.
  Una parte corposa del provvedimento riguarda le misure in materia di edilizia e di valorizzazione del patrimonio immobiliare, che hanno l'obiettivo di ridare slancio a un settore strategico per l'economia nazionale attraverso misure principalmente di semplificazione. Il tema della semplificazione delle procedure in materia edilizia è stato affrontato avendo come obiettivo primario quello di favorire il recupero del patrimonio edilizio esistente e di non produrre nuovo consumo di suolo. È evidente che queste misure, ancora parziali, devono trovare collocazione in un quadro più ampio, che – credo – dovrà vedere quest'Aula, già nelle prossime settimane, impegnata a portare in approvazione la legge sul contenimento del consumo e la valorizzazione del suolo agricolo.
  In particolare, l'articolo 17, che è stato modificato in più punti dalla Commissione, apporta numerose modifiche al testo unico dell'edilizia, riguardanti in primo luogo le opere interne e la comunicazione di inizio lavori. Viene modificata la definizione di manutenzione straordinaria e si interviene sui titoli abilitativi e sulla modalità di comunicazione, anche per via telematica, dell'inizio dei lavori. Relativamente alla definizione di interventi di conservazione, si prevede che lo strumento urbanistico individui gli edifici esistenti Pag. 5non più compatibili con gli indirizzi della pianificazione e consenta la riqualificazione delle aree attraverso forme di compensazione incidenti sulle aree e senza aumento della superficie coperta.
  Modifiche riguardano anche la disciplina del permesso di costruire, con l'introduzione di una fattispecie di permesso di costruire in deroga, relativa alle aree industriali dismesse e la proroga dei termini di inizio e di ultimazione dei lavori. Mentre è stata modificata, con una soppressione in corso di esame in Commissione, la previsione che disciplina la misura del contributo per il rilascio del permesso di costruire e, in particolare, consente allo strumento attuativo di prevedere che le opere di urbanizzazione siano direttamente a carico dell'operatore privato, che ne resta anche proprietario.
  Nel corso dell'esame in Commissione, è stato, infine, integrato l'articolo 17 al fine di prevedere un criterio di valutazione del maggior valore generato da interventi su aree o immobili in variante urbanistica e, nell'ottica di incentivare il recupero del patrimonio edilizio esistente, si consente ai comuni di deliberare che i costi di costruzione siano significativamente inferiori ai valori determinati per le nuove costruzioni.
  Ulteriori disposizioni, aggiunte nel corso dell'esame in Commissione, riguardano l'introduzione di sanzioni pecuniarie in caso di inottemperanza accertata all'ingiunzione di demolizione degli interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, i cui proventi sono destinati, tra l'altro, alla demolizione e alla rimessa in pristino delle opere abusive.
  Infine, nel corso dell'esame in Commissione è stato aggiunto l'articolo 17-bis, che prevede la conclusione, in sede di Conferenza unificata, di accordi e intese per l'adozione di uno schema di regolamento edilizio tipo. Si tratta di una misura fortemente attesa proprio perché finalizzata a semplificare e uniformare gli adempimenti in materia edilizia.
  Altre misure in materia edilizia e di riqualificazione del patrimonio pubblico sono contenute all'articolo 18 e all'articolo 19, che prevede l'esenzione dalle imposte di registro e di bollo nel caso di registrazione di atti che dispongono esclusivamente la riduzione del canone dei contratti di locazione. L'articolo 20 modifica la disciplina delle società di investimento immobiliare quotate, mentre l'articolo 21 prevede una deduzione dal reddito del 20 per cento a favore di chi acquista dal 1o gennaio al 31 dicembre 2017 un alloggio a destinazione residenziale di nuova costruzione e invenduto od oggetto di ristrutturazione destinato alla locazione.
  L'articolo 26 reca misure finalizzate a semplificare e accelerare le procedure di valorizzazione degli immobili pubblici non utilizzati e a regolare il procedimento di valorizzazione degli immobili non più utili alle finalità istituzionali della Difesa. In sede di esame in Commissione sono stati inseriti criteri di priorità nella valutazione dei progetti di recupero.
  L'articolo 27 contiene misure in materia di patrimonio dell'INAIL disponendo che l'individuazione delle opere di pubblica utilità, da finanziare urgentemente nell'ambito degli investimenti immobiliari dello stesso istituto, abbiano come priorità temi come la bonifica dell'amianto, la messa in sicurezza, e l'efficientamento energetico.
  Un altro corposo gruppo di norme riguarda la materia ambientale. All'articolo 7 si introducono modifiche al Codice dell'ambiente in materia di gestione delle risorse idriche. Le principali disposizioni sono volte a prevedere l'obbligatorietà della partecipazione degli enti locali agli enti d'ambito con conseguenti poteri sostitutivi; a consentire, nel caso in cui l'ambito territoriale ottimale coincida con l'intero territorio regionale, l'affidamento in ambiti territoriali comunque non inferiori al territorio delle province; a prevedere che l'ente di ambito deliberi la forma di gestione e le modalità di affidamento del servizio nel rispetto della disciplina europea e nazionale; ad introdurre una specifica disciplina per l'approvazione dei progetti d'intervento contenuti nei piani d'investimento compresi nei piani d'ambito e a garantire che, in tutti gli ambiti Pag. 6territoriali, il servizio idrico sia affidato a gestori unici attraverso anche procedure di esercizio del potere sostitutivo in caso di mancata attuazione delle disposizioni.
  È stata inoltre soppressa la disposizione volta a consentire il subaffidamento, permanendo soltanto quindi il limite trentennale degli affidamenti.
  La discussione di questo provvedimento ha anche incrociato il verificarsi di episodi drammatici: l'alluvione che ha colpito Genova, poi quella in Maremma e nel parmense, che ancora una volta ci hanno ricordato la fragilità del territorio e l'urgenza di politiche di prevenzione del dissesto idrogeologico. Particolare importanza assumono, quindi, le misure contenute nei commi da 2 a 5 dell'articolo 7, principalmente finalizzate all'utilizzo delle risorse per interventi di mitigazione del rischio idrogeologico. Nello specifico si dispone che, a partire dalla programmazione 2015, le risorse destinate ad interventi di prevenzione siano utilizzate tramite accordo di programma sottoscritto dalla regione interessata e dal Ministero dell'ambiente. Infine, in corso di esame in Commissione è stata inserita una destinazione prioritaria delle risorse ad interventi integrati finalizzati sia alla mitigazione del rischio, sia alla tutela e al recupero degli ecosistemi e con priorità per la delocalizzazione di edifici e di infrastrutture potenzialmente pericolosi per la pubblica incolumità.
  I commi dal 6 al 7 hanno l'obiettivo di accelerare gli interventi di adeguamento dei sistemi di collettamento, fognatura e depurazione necessari a conformarsi a sentenze di condanna della Corte di giustizia europea per mancata applicazione della direttiva comunitaria sul trattamento delle acque reflue urbane. È bene sottolineare come queste misure, relativamente alla prevenzione del dissesto e alla realizzazione di interventi sui sistemi di depurazione e collettamento, consentano di rendere immediatamente spendibile una mole significativa di risorse – stiamo parlando di oltre 3 miliardi di euro – stanziate nel corso degli anni e non spese per ragioni di complicazione burocratica e giudiziaria.
  Nel corso dell'esame in Commissione sono poi intervenuti importanti modifiche, talune in particolare dettate dai recenti eventi verificatisi a Genova. Mi riferisco in particolare al comma 2-sexies dell'articolo 9, finalizzato a stabilire che le esigenze imperative connesse a un interesse generale – in presenza delle quali il codice del processo amministrativo consente di conservare efficacia al contratto di aggiudicazione dei lavori pubblici – sono anche le esigenze di tutela dell'incolumità pubblica. Inoltre, nel caso di procedure ad evidenza pubblica avviate o da avviarsi, ovvero di redazione di verbali di somma urgenza per interventi connessi allo stato di calamità, ovvero ancora nei casi di estrema urgenza di cui al comma 1 dell'articolo 9, se le esigenze di incolumità pubblica vengono evidenziate dalla stazione appaltante dinanzi al TAR, il giudice amministrativo può concedere la sospensione solo se ritiene che l'estrema urgenza e gravità, che motivano la domanda cautelare, siano prevalenti sulle esigenze di incolumità pubblica.
  L'articolo 8 autorizza il Governo all'adozione di un regolamento di delegificazione volto a dettare riordino e semplificazione della disciplina riguardante la materia di gestione delle terre e rocce da scavo.
  L'articolo 33 prevede, invece, interventi di riqualificazione ambientale e urbana in aree territoriali di rilevante interesse nazionale e specifiche disposizioni finalizzate a procedere ad interventi di bonifica nel comprensorio di Bagnoli-Coroglio, che viene, appunto, riconosciuta area di rilevante interesse nazionale dal decreto.
  Le disposizioni sono volte ad assicurare la programmazione, la realizzazione e gestione unitaria degli interventi di bonifica ambientale e di rigenerazione urbana attraverso l'azione di un commissario straordinario del Governo e un soggetto attuatore, che operano attraverso la redazione di uno specifico programma di risanamento e di un documento di indirizzo Pag. 7strategico. I soggetti devono, comunque, operare nel rispetto delle procedure di scelta del contraente per progettazioni ed esecuzioni previste dal Codice dei contratti. Nel corso dell'esame in Commissione sono state introdotte modifiche volte a consentire la partecipazione del comune alla definizione del programma di rigenerazione urbana e a garantire la salvaguardia dei livelli occupazionali.
  L'articolo 33-bis, inserito nel corso dell'esame in Commissione, è volto ad escludere dai vincoli del Patto di stabilità interno, a partire dal 2014, le spese sostenute per gli interventi di bonifica dell'amianto da realizzare nei territori compresi nel SIN di Casale Monferrato.
  L'articolo 34 contiene disposizioni applicabili ai casi di bonifica e messa in sicurezza dei siti contaminati, mentre l'articolo 35 contiene una serie di disposizioni finalizzate alla realizzazione di un sistema integrato di gestione dei rifiuti urbani.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  CHIARA BRAGA, Relatore per la maggioranza. Si tratta di un articolo che è stato integralmente sostituito nel corso dell'esame in Commissione e che prevede, oltre che un intervento di razionalizzazione e di creazione di una rete di impianti di recupero di energia dai rifiuti, anche una mappatura e una programmazione degli impianti di recupero dei rifiuti organici, nonché un maggiore coinvolgimento della Conferenza Stato-regioni nell'individuazione della capacità complessiva di trattamento degli impianti e l'emanazione di provvedimenti che siano volti ad adeguare, a saturazione del carico termico, gli impianti esistenti, nel rispetto dei vincoli di natura ambientale, in particolare riguardo all'adeguamento dell'autorizzazione integrata ambientale e allo stato di qualità dell'aria.

  PRESIDENTE. Deve concludere.

  CHIARA BRAGA, Relatore per la maggioranza. Quanto ai criteri di priorità di accesso dei rifiuti, il testo dà priorità ai rifiuti urbani prodotti nel territorio regionale e, solo successivamente, a quelli prodotti in altre regioni. Accelero, Presidente, le chiedo, per quanto possibile, qualche minuto di flessibilità, vista la rilevanza del provvedimento.

  PRESIDENTE. Si, però, concluda, onorevole Braga, perché abbiamo cinque discussioni sulle linee generali oggi e un numero alto di iscritti anche su questo provvedimento. Ci sono venti minuti. Prego.

  CHIARA BRAGA, Relatore per la maggioranza. Abbrevio il mio intervento, due minuti soltanto. Voglio solo richiamare, Presidente, le norme in materia di energia contenute all'articolo 22 (semplificazione dell'applicazione delle misure del conto termico), all'articolo 36, all'articolo 37 (infrastrutture di gas naturale) e all'articolo 38, che qualifica le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi.
  Su questo articolo, si è concentrata un'azione emendativa importante da parte della Commissione, al fine di salvaguardare aree oggi escluse dall'attuazione degli interventi di coltivazione di idrocarburi, consentire una disciplina più approfondita in termini di valutazione e di impatto ambientale e inserire una serie di disposizioni che sono volte ad introdurre garanzie ed assicurazioni in materia di solidità dei soggetti che agiscono in questo campo, proprio per far fronte ad eventuali danni di natura ambientale.
  Concludo, ricordando che il provvedimento contiene anche disposizioni importanti che riguardano la finanza regionale, la disciplina del Patto di stabilità, gli interventi in materia di ricostruzione della regione Abruzzo e la proroga dei termini di emergenza per gli eventi avvenuti in Emilia Romagna, in Lombardia e Veneto.
  Infine, Presidente, con un emendamento approvato in sede di Commissione, è stato aumentato l'utilizzo delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione, al fine di destinare una quota di 100 milioni di euro al Fondo per le emergenze nazionali istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri.Pag. 8
  Dovendo chiudere, Presidente, rimando naturalmente alla relazione che deposito agli atti per un'illustrazione più generale ed approfondita di questo provvedimento. Signor Presidente, chiedo, dunque, che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia relazione (La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti) (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Prendo atto che i relatori di minoranza, onorevole De Rosa e onorevole Grimoldi, si riservano di intervenire in sede di replica.
  Prendo atto che il rappresentante del Governo, Viceministro Nencini, si riserva anche lui di intervenire successivamente.
  È iscritto a parlare il presidente Realacci. Ne ha facoltà.

  ERMETE REALACCI. Signor Presidente, intervengo dopo l'intervento della relatrice Braga che ha puntualmente indicato i punti che sono toccati nel provvedimento. Il provvedimento è molto complesso, tocca materie molto varie, forse troppo varie, e ha avuto un esame molto approfondito nel passaggio parlamentare. Ho sentito molte polemiche in materia, io non ricordo nessun decreto-legge che in Parlamento sia stato sottoposto a una tale mole di lavoro. Abbiamo ascoltato decine e decine di soggetti istituzionali, sociali, economici; abbiamo avuto tremila emendamenti presentati, ne abbiamo votati oltre mille e ne sono stati approvati oltre 200 che apportano modifiche anche significative al provvedimento stesso.
  Ovviamente, sono legittimi i giudizi e anche l'utilizzo dei Regolamenti parlamentari per contrastare questo provvedimento, ma io vorrei soffermarmi, facendomi forte della descrizione puntuale che ne ha fatto la relatrice Braga, su alcune questioni. È chiaro che questo provvedimento aveva ed ha come finalità quella di rimettere in moto il Paese, di superare alcuni blocchi nel funzionamento della «cosa» pubblica, di avviare alcune iniziative che possano favorire la nostra economia in un momento di grave crisi. È chiaro che una parte di questi blocchi sono legati anche alle regole, agli appesantimenti burocratici, ai meccanismi di funzionamento che si sono, nel corso degli anni, sempre più incrociati, al punto da rendere quasi impossibile realizzare non solo le cose che uno non condivide, ma anche le cose che uno condivide. Qualche settimana fa abbiamo celebrato il cinquantenario dell'autostrada del Sole. L'autostrada del Sole, che, per la generazione di mio padre, fu un segno di rinascita nel dopoguerra, un segno di speranza, fu realizzata – chiusa con due anni di anticipo – in otto anni; è un'autostrada di 700, 800 chilometri, con decine e decine di viadotti e di gallerie e fu realizzata in una condizione in cui le potenzialità tecnologiche erano molto inferiori a quelle attuali. Oggi, facciamo fatica, in un tempo simile, quando va bene, a realizzare il contro argine di un piccolo fiume in Maremma. Quindi, c’è qualcosa che non funziona.
  Ovviamente, ogni volta che si parla di semplificazioni bisogna evitare due rischi: uno è presente in questo provvedimento e noi abbiamo cercato di mitigarlo nei passaggi che ci sono stati e cioè che si vada a provvedimenti ad hoc, che non ci sia un ragionamento generale e, quindi, qui è chiaro che bisogna rimettere mano, in generale, alla partita dei contratti, degli appalti. La Banca d'Italia nella sua audizione ci ha ricordato che, dal 2007, ci sono state oltre 600 modifiche al codice degli appalti. Inoltre, abbiamo inserito nel provvedimento la richiesta che ci sia un regolamento unico comunale che sia anche orientato alla nuova edilizia, legata, quindi, al risparmio energetico, al consolidamento antisismico delle abitazioni, ma, insomma, che impedisca una Babele di regole sulla base delle quali ci troviamo in un Paese in cui, mentre un cittadino o un'impresa passano i propri guai per uscire da una giungla di norme, magari, da altre parti, ci sono regioni come la regione Campania che chiedono di riaprire i termini della sanatoria dell'abusivismo edilizio. Dobbiamo avere un Paese più semplice in cui le regole siano rispettate da Pag. 9tutti e per far questo ogni volta che si parla di semplificazione bisogna anche parlare di controlli. Da questo punto di vista, io trovo che sia indispensabile che un provvedimento che abbiamo approvato a larga maggioranza alla Camera, che è quello del coordinamento, rafforzamento, ristrutturazione delle agenzie ambientali che adesso è al Senato, vada avanti, perché, se si procede a semplificazioni, senza certezza dei controlli, si apre un problema e un rischio.
  Rispetto a questo provvedimento, i fronti polemici che ci sono stati, anche legittimi, hanno riguardato temi che hanno messo poi in ombra, a mio avviso, alcuni dei cuori di questo provvedimento, perlomeno dal mio punto di vista. Si è parlato di un provvedimento che favorisce colate di cemento, ebbene, in questo provvedimento non c’è una sola misura che permetta di costruire un metro quadro in più, con regole diverse dal passato; le uniche che c'erano le abbiamo eliminate nel passaggio parlamentare ed erano legate ad alcune agevolazioni sul fronte delle abitazioni da dare in locazione. Si è parlato di un provvedimento che favorisce la privatizzazione dell'acqua; ora, è legittimo dire che, in questo provvedimento, come in altri, non ci siano fondi che permettano una ripubblicizzazione dell'acqua, ma è del tutto destituito da fondamento sostenere che in questo provvedimento ci siano norme che favoriscano la privatizzazione dell'acqua.
  Anzi, sono stati approvati emendamenti che non solo legano la concentrazione delle aziende alla loro proprietà pubblica ma anche che, per esempio, eliminano una norma precedente al referendum, e chiaramente in contrasto con il referendum, che obbligava a privatizzare l'Acquedotto pugliese. Questa norma è stata eliminata. Poi, si è parlato molto dei provvedimenti che riguardano sia la questione dei rigassificatori sia la questione delle perforazioni. Sui rigassificatori devo dire con franchezza che trovo legittimo, nel rispetto ovviamente della popolazione, dell'ambiente e delle procedure, che quando ci sono infrastrutture che effettivamente interessano il futuro strategico del Paese – noi sappiamo che il nostro Paese è molto esposto sul fronte dell'approvvigionamento energetico del gas e che il mondo in cui viviamo è purtroppo un mondo complicato, con tante tensioni, con tanti conflitti – sia ragionevole che, alla fine, la decisione finale su queste infrastrutture sia una decisione presa a livello nazionale. Abbiamo, invece, mitigato fortemente la partita che riguardava la questione delle perforazioni petrolifere, perché lì c’è stata, onestamente, un'enfatizzazione sul ruolo dell'Italia come Paese petrolifero, che è destituita di fondamento: noi non abbiamo in Italia tanto petrolio. Si potrebbe persino discutere del fatto che non ci convenga tenercelo per periodi in cui magari l'uso indispensabile del petrolio potrebbe essere non facilmente accessibile. In questo momento non è così; in questo momento, nel mondo, c’è tanto petrolio. È calato anche il prezzo: nell'ultimo anno, è calato di 30 dollari al barile il prezzo del petrolio. È giusto estrarre in sicurezza, laddove possibile, queste riserve, ma non è giusto ritenere che questa sia una priorità assoluta. Chi mi dicesse che fare dei pozzi petroliferi nel Chianti o nelle Langhe è un buon investimento per il Paese, a mio avviso, andrebbe riconsiderato ai fini di trattamenti sanitari obbligatori, perché non è questo chiaramente quello che serve al Paese. E alcune delle cifre che sono circolate, in merito alla vocazione petrolifera estrattiva dell'Italia, sono francamente destituite di fondamento. Ho sentito gli operatori del settore parlare di 100 mila posti di lavoro all'anno: vorrei sommessamente ricordare che la società che gestisce tutte le riserve petrolifere e di gas dell'Arabia Saudita e che occupa anche un certo numero di persone per quelli che chiameremmo lavori socialmente utili in Arabia Saudita ha 50 mila dipendenti. Ecco, che l'Italia possa occupare il doppio dei dipendenti dell'Arabia Saudita nell'estrazione credo che sia una leggenda metropolitana, per usare un eufemismo. Devo però, al tempo stesso, dire che, mentre abbiamo introdotto nel provvedimento delle norme che tornano indietro Pag. 10rispetto alla riapertura delle perforazioni, per esempio, nel Golfo di Venezia, di Napoli e di Salerno, e che introducono nuove normative per quanto riguarda la VIA, che, come ricordava la relatrice, prevedono dei filtri abbastanza forti per le società che vogliono operare in materia, con delle fideiussioni, con delle garanzie rispetto al massimo incidente possibile, è anche necessario da parte di tutti sapere che delle scelte vanno fatte. Non ci si può opporre ad Ombrina – io penso che Ombrina deve tornare ad essere un pesce e non un progetto di perforazione al largo delle coste abruzzesi – e allo stesso tempo usare toni analoghi per opporsi ad un parco eolico, come è accaduto al largo del Molise, e a impianti solari o alla chimica verde in Sardegna. Insomma, il Paese si deve rimettere in movimento, deve capire qual è la strada. Questa strada passa per vie nuove in maniera molto più rapida di quanto non pensassimo in passato. Faccio un esempio. Vedo qui il Viceministro Nencini, non parlo di cose che stanno a cuore anche a lui ma, per esempio, si è parlato molto della Orte-Mestre: la Orte-Mestre è stata definita, non dalle associazioni ambientaliste ma dal presidente dei costruttori italiani, in audizione, una boutade, perché è chiaro che di nuove autostrade l'Italia ha poco bisogno, viste anche le condizioni economiche per le nuove autostrade. La vicenda Brebemi – ho trovato geniale il video che circola nella rete dei ragazzi che giocano a pallone sulla Brebemi – dimostra che quella non è la strada del futuro. Non è lì che passa il futuro dell'Italia: passa per la banda larga, passa per altre infrastrutture. Non abbiamo bisogno di nuove autostrade. E anche nell'energia le cose stanno cambiando con una rapidità molto più forte di quanto si riteneva.
  Due anni fa l'ENEL chiedeva contributi per tenere aperte le centrali, adesso annuncia un piano di dismissione di 20 centrali; e mi dispiace che i sindacati abbiano protestato per questo piano di dismissioni, anche a fronte della garanzia occupazionale offerta: non abbiamo bisogno di nuove centrali, soprattutto non abbiamo bisogno di nuove centrali più inquinanti, meno efficienti, come sono quelle a carbone o ad olio combustibile. Lo stesso vale per il trasporto: si riduce la necessità di trasporto non solo per la crisi, ma perché cambiano i comportamenti. Quando a Milano 100 mila persone usano il car sharing, è chiaro che la strada da seguire è un'altra.
  Ma oltre a questi elementi che sono stati discussi, nel provvedimento ci sono tantissime misure che parlano veramente di futuro. Parlo non solo delle cose che ricordava la relatrice: parlo delle misure previste per la banda larga, parlo per le misure previste per le imprese, parlo per le misure a sostegno del made in Italy, tema importantissimo; peraltro vedo che in settimana discuteremo le mozioni per quanto riguarda il Trattato transatlantico. Difendere il made in Italy, per esempio nell'agroalimentare, significa anche fare dei trattati che difendano la specificità e la forza dell'Italia. Parlo di misure che riguardano l'utilizzo efficace – come diceva la collega Braga – dei fondi europei, che prevedono che una parte rilevante di questi fondi siano destinati alla mitigazione e all'adattamento. Questi giorni di alluvioni, che drammaticamente hanno colpito l'Italia, ci ricordano anche che gli eventi meteorologici estremi sono aumentati del 900 per cento negli ultimi vent'anni; e questo, aggiunto alla fragilità e alla cattiva gestione del territorio aumenta i nostri pericoli.
  Il complesso di risorse che sono destinate nel provvedimento alle grandi opere pubbliche, peraltro fortunatamente spostate più verso le ferrovie e le metropolitane che non verso le autostrade, come ci ha ricordato Bankitalia è di 500 milioni di euro in tre anni: questa è la cifra vera. Le risorse che possono essere riattivate, se funzioneranno queste misure (io mi auguro che funzionino), sul fronte del dissesto idrogeologico e della depurazione delle acque sono oltre 4 miliardi di euro. Questo è il rapporto: 4 miliardi contro 500 milioni, in questo provvedimento. Ed a questo vanno aggiunti una serie di altri articoli che danno dei segnali molto importanti, Pag. 11alcuni sul piano anche culturale: piccoli emendamenti approvati, ma insomma il fatto che le cooperative che gestiscono i beni confiscati alla mafia possano usufruire ugualmente di agevolazioni; il fatto che i cittadini che si autoorganizzano le città possano gestire in proprio alcuni servizi, dalla spazzatura alla raccolta differenziata alla gestione di aree verdi, chiedendo ai comuni delle defiscalizzazioni; il fatto che si rimettano in gioco finanziamenti che erano bloccati per perversioni burocratiche kafkiane, come sono quelle per una mobilità a basso impatto ambientale... Oppure, molto più rilevante, i finanziamenti: 900 milioni di euro all'anno per il conto termico, 700 per i privati e 200 per il pubblico, che sono rimasti inutilizzati perché il regolamento proposto dal MISE era impossibile da gestire. È stato chiesto un milione di euro: anche quella è sburocratizzazione !
  L'insieme di queste misure indicano un'altra strada per l'Italia: è una strada in cui le idee del passato non devono più essere così forti nella politica, ma non devono neanche ipnotizzare chi si oppone alle politiche del passato, che finisce per concentrarsi su queste cose. Vi faccio l'esempio dell'Orte-Mestre. L'Orte-Mestre è stata agitata in positivo e in negativo sia da coloro che pensano che il futuro è quella roba lì (ma non è così: il futuro non è più quella cosa lì), sia da chi pensa che bisogna contrastare quella strada. L'Orte-Mestre è un bluff, è una bufala, non si farà mai. Lo stesso vale per tante altre questioni.
  Allora – e termino, Presidente – è molto importante che questo tracciato, il tracciato di un'Italia che sfida il futuro, sia prevalente. Ovviamente non dipende solo dallo «sblocca-Italia», in cui molte cose ci sono: dipende dalla legge di stabilità, penso all’ecobonus e alla sua estensione, dipende dall'insieme dei provvedimenti e delle misure. Ho citato già le agenzie ambientali, potrei parlare del collegato ambientale, che la nostra Commissione ha finito di esaminare e che mi auguro possa essere presto messo nell'agenda dell'Aula. Io del Presidente del Consiglio Renzi una cosa condivido in maniera particolare: è una questione se volete prepolitica, o più forte della politica, è la spinta a dare speranza, a prendersi le proprie responsabilità, ad avere un'idea ambiziosa dell'Italia e del futuro. Quest'idea ambiziosa deve incrociare l'innovazione, la qualità, la conoscenza, l'ambiente, la green economy: altrimenti non è un'idea ambiziosa, è un'idea vecchia. In questo provvedimento ci sono molte misure che vanno in questa direzione: questa è la direzione che anche per il futuro dobbiamo praticare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Vignaroli. Ne ha facoltà.

  STEFANO VIGNAROLI. Signor Presidente, io mi volevo soffermare sull'articolo 35, per quanto riguarda i rifiuti, che – devo dire – è stato leggermente migliorato in Commissione. Però questo articolo rimane comunque una scelleratezza per le strategie di sostenibilità in tema di gestione dei rifiuti. L'articolo è un tentativo sfacciato, quanto sconclusionato, di dare corpo a speranze ed intenzioni di chi, per cultura, interesse o semplice dabbenaggine immagina un sistema dei rifiuti impostato sull'elemento imprescindibile del trattamento termico, come se fosse ineluttabile arrendersi a un destino di modernizzazione ad esso legato. L'Italia è indietro perché mancano gli inceneritori – questo è il pensiero che si sente anche spesso in TV in maniera superficiale – che sottende questa visione alla quale noi ci opponiamo.
  In questo articolo 35 ci sono alcune perle che meritano di essere denunciate, per far capire a tutti in che situazione e in che mani siamo. Clamoroso il passaggio in cui si scrive che gli inceneritori concorrono allo sviluppo della raccolta differenziata e al riciclaggio. Neanche il più impavido e il più accanito fan dell'incenerimento è in grado di dimostrare un assunto così ardito. Mi viene in mente di citare l'inceneritore di Brescia, che viene Pag. 12visto come un modello di gestione virtuosa di rifiuti. Ebbene, quell'area – seppure ci sono diversi impianti e quindi è sempre difficile dimostrarlo – ha visto ultimamente un inquinamento di PCB e di diossina e la raccolta differenziata è praticamente ferma da tempo al 35 per cento, valore che, se paragonato magari ad alcune realtà meridionali, probabilmente è anche tanto, ma in realtà è una percentuale bassa perché si può tranquillamente arrivare con il porta a porta al 70, o all'80 per cento: sono questi i modelli delle realtà virtuose da seguire. Invece no e soprattutto si gioca un po’ anche con gli assimilati, che sono un metodo anche per alzare la percentuale di raccolta differenziata e infatti il rifiuto umido, quello domestico, a Brescia non viene neanche raccolto in maniera differenziata, e la produzione di indifferenziato è aumentata in maniera clamorosa, nonostante poi la crisi economica abbia tendenzialmente diminuito il consumo pro capite di rifiuti.
  Poi, sottolineo una piccola contraddizione da parte dei Paesi del nord che dovranno ricevere i rifiuti dal sud; prima, quando autorizzavano questi impianti, gli stessi che adesso stanno protestando perché vedono arrivare i rifiuti dal sud, quando hanno autorizzato questi impianti, dicevano che questi impianti non inquinano, mentre invece stanno protestando perché li dovranno bruciare loro e quindi questa io la trovo una contraddizione.
  Mi viene in mente anche Renzi, quando anni fa in televisione offendeva la ricercatrice, la dottoressa Gentilizi, soltanto perché faceva degli studi che dimostravano che l'inceneritore inquina con le nanoparticelle.
  Altri due aspetti particolarmente integranti per le contraddizioni dell'articolo 35 sono innanzitutto il passaggio in cui l'estensore specifica che «tali impianti sarebbero necessari per rispettare le direttive europee e per superare le procedure di infrazione per mancata attuazione delle norme europee di settore» – recita testualmente l'articolo. L'estensore in realtà sa bene che non c’è nessuna direttiva europea che obbliga di inviare all'incenerimento almeno una certa quota di rifiuto; è bene ripeterlo: nessuna direttiva europea chiede questo. C’è invece uno specifico obbligo di pretrattamento del rifiuto indifferenziato prima di andare in discarica, che deriva dalla direttiva n. 99/31/CE relativa alle discariche e il cui mancato rispetto tiene l'Italia sotto botta nella maggior parte delle procedure di infrazione. Mi viene in mente quella di Roma che ho seguito in quanto abito vicino Malagrotta e, leggendo la procedura di infrazione, non si lamenta certo la mancanza di incenerimento, bensì di pretrattamento prima del conferimento in discarica. Il pretrattamento serve a stabilizzare il rifiuto, non a bruciarlo.
  E soprattutto si lamenta la mancanza di impianti di TMB, che noi abbiamo chiesto. Visto che il Governo si occupa di incenerimento e lo ritiene necessario, a maggiore ragione dovrebbe ritenere necessario questo tipo di impianti, che è la vera carenza in tutta Italia.
  A Roma, per superare questa procedura di infrazione, si è pensato bene di pretrattare il rifiuto con un tritovagliatore, anzi con due tritovagliatori, quando, secondo la Comunità europea – nella procedura di infrazione è specificato nero su bianco –, il tritovagliato non è considerato un pretrattamento adeguato. Nonostante questo, quasi «stalkerato» l'ex Ministro ha emesso una circolare il 6 agosto 2013, ribadendo che la tritovagliatura non è un pretrattamento. Nonostante questo si sono costruiti due tritovagliatori e quindi tutto si sta facendo, tranne che cercare di risolvere queste procedure di infrazione.
  Se l'estensore dell'articolo 35 intendeva che gli inceneritori servono a rispettare gli obblighi e le priorità europee, allora gli vanno fatte presenti alcune annotazioni di rilevanza strategica e che dovrebbero essere ben conosciute a chi redige una normativa tecnica di settore, ossia che in Italia ci vogliono mediamente dai sette agli otto anni per realizzare un inceneritore tra valutazione, sviluppo, progettazione, collaudo e costruzione. Ci vuole molto meno, invece, per realizzare gli impianti di trattamento a freddo, come dicevo prima, Pag. 13che oltre al dono della celerità mantengono e regalano al sistema quello della flessibilità. Infatti un inceneritore, per essere ammortizzato, deve lavorare almeno 20-30 anni e per 20-30 anni deve ricevere rifiuto, quindi non si può nemmeno ridurre il rifiuto altrimenti si va in dissesto economico per quanto riguarda gli inceneritori. In più bisogna adattarli alla sempre crescente raccolta differenziata. Si dice sempre che la raccolta differenziata deve aumentare e, invece, un inceneritore va in controtendenza, perché vuole – ripeto – sempre più rifiuto.
  I poteri straordinari e le procedure in deroga previste dall'articolo 35 si propongono di abbreviare questi tempi, i tempi di costruzione dell'inceneritore. Questo è vero, ma la cosa varrebbe mantenendo la proporzione anche per gli impianti di trattamento a freddo, fondamentali per il pretrattamento dell'indifferenziata e per il recupero di materia.
  Ora, tali impianti, ben più utili rispetto alle direttive, non sono stati nemmeno citati nell'articolo, che anche in questo mostra una sua faziosa propensione, che è diventata evidente quando il Governo ha bocciato tutti i nostri emendamenti che andavano in questa direzione virtuosa che vi dicevo. Ma cosa dice veramente l'Europa ? Non, come lascia intendere l'articolo 35, che servono più inceneritori.
  Basta essere liberi dalle lobby dei rifiuti per andare a leggersi semplicemente la direttiva 2008/98/CE, articolo 16, che dà delle priorità. La prima e la seconda priorità sono prevenzione e riutilizzo. Ebbene, queste due priorità vanno un po’ contro a queste lobby, che vi dicevo, delle discariche e degli inceneritori, che anche questo decreto-legge, purtroppo, vuole alimentare.
  Abbiamo proposto la legge del vuoto a rendere e sembra quasi difficile realizzarla, forse perché dà fastidio a qualche petrolchimico che ha tutto l'interesse affinché la plastica venga bruciata e finisca in una discarica per poi produrne altra. A breve depositeremo la legge sul mercato dell'usato. Anche qui il mercato dell'usato è molto utile e in continua crescita e riguarda soprattutto la prevenzione e il riutilizzo: sono 80 mila persone che lavorano in questo mondo con 3 miliardi di fatturato.
  La terza priorità è il riciclaggio. Anche qui abbiamo proposto di censire l'impiantistica del riciclo e la selezione di multimateriale a freddo, che trasformi la raccolta differenziata in materia. Sono questi, a nostro avviso, i veri impianti strategici. Ebbene ci hanno bocciato anche questo, purtroppo.
  Il mondo del riciclo dai recenti studi offre lavoro e ricchezza a tante piccole e medie imprese, che sono il cuore dell'economia italiana, mentre gli inceneritori accentrano incentivi pubblici, perché da soli non si reggono in piedi. Ma li pagano i cittadini con la bolletta, perché le risorse non vanno certo non solo alle fonti rinnovabili vere, cioè il fotovoltaico, ma l'80 per cento va a questi inceneritori che appunto accentrano denaro presso i grandi monopolisti e lobbisti dei rifiuti.
  Abbiamo anche proposto e proporremo una riforma del Conai (anche qui vi è un grosso problema per quanto riguarda il mondo del riciclo) che opera in regime di monopolio. Noi vogliamo che entrino in ballo tutti gli attori del mondo del riciclo: riciclatori, associazioni dei consumatori. Poi, chiediamo una revisione del contributo CAC e di legare veramente gli obiettivi al recupero effettivo di materia e non alla raccolta differenziata, anche perché il Conai si vanta del fatto che almeno la metà della plastica la invia all'incenerimento; quindi, questo non è riciclo.
  Queste, dunque, sono le tre priorità. Poi, finalmente vi è la penultima priorità che ci dice l'Europa ed è il recupero di altro tipo, ossia generico; e noi lo intendiamo come recupero energetico. In realtà, ci vengono in soccorso la comunicazione n. 398 del 2014 e la proposta di direttiva n. 397 del 2014, intitolata «Uso efficiente delle risorse», che specifica chiaramente che la priorità non è il recupero termico che è oggetto dell'articolo 35 dello «sfascia Italia», come lo chiamo io, ma la priorità è il recupero di materia. Abbiamo proposto anche di trasformare i TMB in fabbriche Pag. 14di materiale, ossia invece di inviare all'incenerimento questo CDR, questo combustibile da rifiuto, abbiamo chiesto di trasformarlo (si può fare con pochi soldi, con pochi investimenti e in poco tempo) e recuperare materia anche dall'indifferenziato. Siamo andati a vedere in alcune piccole e medie imprese che sono in Italia e, purtroppo, sono poche e hanno tante difficoltà perché vanno contro questo sistema. Signor Presidente, questo che vorrei mostrarle è un CDR, è un rifiuto...

  PRESIDENTE. Onorevole Vignaroli, lei non può esporre in Aula...

  STEFANO VIGNAROLI. Era solo per farle vedere che questo rifiuto che viene infilato negli inceneritori può in realtà trasformarsi in materia. Questo è un mattoncino...

  PRESIDENTE. Onorevole Vignaroli, non mi costringa a richiamarla. Sa che non può farlo...

  STEFANO VIGNAROLI. Va bene. L'ultimo passo poi è lo smaltimento in discarica che, come dicevo prima, è oggetto delle procedure di infrazione europee proprio perché non si fa preventivamente la stabilizzazione. La stabilizzazione si fa con gli impianti a freddo di cui parlavo prima, non certo con gli inceneritori.
  Un'altra risoluzione europea che ci viene in soccorso per capire è quella del 2012 che indica come, entro il 2020, non si dovranno più bruciare e mettere in discarica materiali biodegradabili o riciclabili. Se guardaste dentro al vostro sacchetto della spazzatura vi accorgereste che quasi tutto è materiale riciclabile. Quello che non è tale, è veramente poco e con un po’ di sforzo si può costruire e progettare diversamente.
  Quindi, le priorità europee sono chiarissime a tutti, tranne al Governo, che reputa addirittura di interesse strategico nazionale questi impianti che sono, in realtà, l'ultimo step della penultima priorità.
  Noi abbiamo proposto di rendere strategica l'impiantistica del recupero, del riciclo della materia e non la combustione. Anche questo bocciato.
  È come se il Governo, ad esempio, pensasse a costruire una casa dando la priorità non alle fondamenta (cioè quello che ci dice la comunità europea), ma alle persiane; inizia a pensare alle persiane, che poi potrei anche evitare di mettere.
  Non solo: dichiarando strategici gli inceneritori si potranno costruirne di nuovi anche usando l'esercito e i fucili. Per questi impianti sì, per il resto, per le priorità di prima, questo evidentemente non interessa al Governo.
  Altra cosa che lascia intendere l'articolo 35 è che l'Europa ci chiede l'autonomia nazionale mentre l'Europa parla, invece, di autonomia comunitaria. Inoltre, la legge italiana in materia ambientale, il decreto legislativo n. 152 del 2006, affida i poteri e l'autonomia alle regioni. Sotto il profilo metodologico l'articolo si propone di sostituire la pianificazione locale con l'iniziativa ministeriale e qui la disproporzione si fa clamorosa, dato che un piano regionale o provinciale richiede mesi di analisi approfondite, valutazioni economiche, strategiche e territoriali nelle sue diverse articolazioni: raccolta differenziata, riduzione, recupero. Ciò affinché quote sempre decrescenti di residuo finiscano in discarica e con attenzione alla valutazione economica del territorio e alle istanze degli attori sociali a livello locale.
  Niente di tutto questo in una decisione centralizzata, che sarebbe un mero esercizio numerico, da portare a termine in 90 giorni. Un'unica cosa abbiamo ottenuto: nella mappatura abbiamo chiesto di considerare, perlomeno, la capacità per ogni singolo impianto e non in maniera complessiva, e ciò affinché si possa andare nello specifico e non nel generico. Questo sarà un motivo per il quale alcune regioni potranno impugnare questo articolo di fronte agli organismi di garanzia costituzionale.
  Per non parlare, poi, delle decisioni sugli impianti esistenti. Chi partecipa ad un tavolo, mandato a decidere sul revamping o su una dismissione di un inceneritore, sa quanto approfondite e articolate siano le analisi sullo stato di fatto, le criticità tecnologiche, le economie del sito Pag. 15e dell'intorno territoriale, le prospettive di crescita e di implementazione della raccolta differenziata e le conseguenti condizioni di rischio finanziario che in modo crescente affliggono gli investimenti nella direzione del mantenimento delle capacità di incenerimento.
  Quello che dicevo prima: un inceneritore deve sempre viaggiare al massimo per recuperare i soldi. Invece, si vuole, si pretende, che una decisione prescinda da tutte queste valutazioni, e, vi assicuriamo, sono spesso gli stessi titolari degli impianti ad avvertire le condizioni di rischio legate a decisioni calate dall'alto.
  È un momento in cui i Paesi dell'Europa, a fronte di una già vecchia modernità inceneritorista, affrontano criticità legate a tali scelte e tentano necessarie inversioni di rotta, secondo il nuovo quadro di riferimento europeo, che prevede sempre più raccolta differenziata, sempre meno rifiuto, sempre meno residui da smaltire in discarica o da incenerire.
  Ricordo alcuni fatti che riguardano i Paesi europei che dieci anni fa scelsero l'incenerimento, che noi solo adesso guardiamo come punto di riferimento, quando, in realtà, essi stanno cambiando questa strategia. La Danimarca, nella nuova strategia delle risorse, discute e definisce una exit strategy dall'incenerimento, al grido: «dobbiamo incenerire meno e riciclare di più».
  La Danimarca sconta, purtroppo, un clamoroso ritardo, che la mette agli ultimi posti europei per la diffusione della raccolta di scarto umido della cucina. D'altronde, vi erano da alimentare le bocche del forno, e noi, anziché esportare le eccellenze che abbiamo saputo realizzare nella raccolta dell'umido in alcuni comuni virtuosi, anche in contesti decisamente poco urbanizzati, con l'articolo 35 ci candidiamo ad importare progetti e brevetti che gli altri Paesi stanno dismettendo.
  La Svezia, la Norvegia e l'Olanda, la cui sovracapacità di incenerimento è ormai clamorosa, si trovano costrette ad importare rifiuti da altri Paesi, a prezzi sempre più stracciati. Per carità, questo può essere, al limite, anche un vantaggio per chi conferisce, ma diventa un dramma, in termini ambientali e finanziari, per chi deve garantire il ritorno degli investimenti pregressi e la copertura dei costi elevatissimi e fuori mercato di questi impianti, ed evitare di rimanere al freddo in inverno, vista la scelta irragionevole di legare le reti di riscaldamento ad una risorsa che le strategie europee ci dicono di minimizzare progressivamente.
  Il pacchetto europeo sull'economia circolare punta in modo potente nella direzione opposta, dicendo che dobbiamo riusare e riciclare di più, e diminuire l'intensità d'uso delle risorse, in uno scenario internazionale caratterizzato sempre più dalla scarsità delle risorse primarie e dalla lotta per le materie prime sui mercati mondiali.
  Insomma, riciclare recuperando materia, per rimanere competitivi nell'economia globale. Noi saremo qui, in quest'Aula, ogni secondo, saremo qui e anche fuori, insieme alle associazioni e ai cittadini che sono vittime di una malagestione fondata sulle discariche e sugli inceneritori, saremo qui a ricordarvi quanto questo Governo sia fossile e arretrato (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pili. Ne ha facoltà.

  MAURO PILI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questo è un decreto, come per tanti altri è avvenuto in questi ultimi anni, non soltanto con un nome tecnico, ma con un titolo roboante. Per questo il Governo ha scelto il titolo «sblocca Italia», che richiama, per molti versi, una campagna accattivante di chi si vuole candidare, appunto, a sbloccare di tutto e di più.
  Il Governo «sfascia carrozze» si potrebbe dire, quello che va avanti come un bulldozer, senza guardare limiti, ostacoli, la realtà è davvero ben altra. È un Governo, questo, che, sostanzialmente, si sta contraddistinguendo per la confusione assoluta, e, nel corso del mio intervento, cercherò di focalizzare l'assenza totale di qualsiasi linea strategica, di qualsiasi linea Pag. 16assolutamente corretta, su cui impostare scelte economiche, scelte strutturali, per il nostro Paese. È il decreto della confusione, il decreto che non ha nessuna caratteristica costituzionale per essere esaminato, a partire dalla omogeneità dei temi, che assolutamente l'ufficio studi della Camera mette in rilievo nel dossier allegato a questo decreto.
  Confusione totale ! Ma osservando con più attenzione, e guardando anche le mosse del Presidente del Consiglio, viene da capire, da comparare, per cercare di capire a che cosa si è ispirato Renzi per questo decreto. Bene, io ho trovato una straordinaria consonanza tra una campagna pubblicitaria, che è stata messa in campo di recente, relativa ad un prodotto che si definisce sblocca tutto. Questo è, in effetti, il decreto clonato di Svitol, un prodotto che è messo da tempo in commercio, al quale Renzi si è ispirato per questo decreto. Perché dico questo ? Perché le slide con le quali il Presidente del Consiglio ha illustrato questo decreto sono prese pari, pari, dalla campagna pubblicitaria di Svitol. Svitol a casa e occasionalmente; Svitol per il fai da te e per gli hobby; Svitol per i professionisti e per i manutentori; Svitol per gli autoriparatori e per le autofficine; Svitol per il petrolio; Svitol per il Genio dell'esercito; Svitol per le manutenzioni e per nuove edificazioni.
  Ecco, Renzi non ha fatto niente altro che prendere spunto per questo «decreto della confusione» da una campagna pubblicitaria. Mai, e poi mai, avrei pensato che un Presidente del Consiglio, in una storia repubblicana come quella dell'Italia, avrebbe utilizzato, avrebbe scritto un decreto, ispirandosi alla campagna di Svitol e, in realtà, invece, lo ha ricopiato pari, pari.
  Un Governo credibile, che ha l'ambizione di governare sino al 2018, avrebbe convocato le massime eccellenze di questo Paese, delle università, dell'economia, della socialità, avrebbe chiamato a sé il mondo della ricerca, una sorta di commissione Attali, quella che è stata fatta in Francia chiamando a rapporto tutto le migliori esperienze di quel Paese per sintetizzare un progetto organico e coerente per rilanciare il Paese. Invece no, Renzi non sceglie la strada delle università, sceglie la campagna di Svitol, per fare che cosa ? Per fare questo decreto che non sblocca niente, ma che sblocca gli affari degli amici, gli amici dell'apparato politico, dei suoi sostenitori, delle lobby forti che sono l’enclave dentro questo Governo, e che sono, soprattutto, l'espressione di questo decreto. Mai come oggi si sono visti in questi giorni girare nelle aule di Montecitorio i lobbisti, dall'energia, al petrolio, che hanno posato una cappa pesante della lobby più forte del nostro Paese su questo decreto. Quindi, questo rappresentante commerciale di Svitol, che fa per caso il Presidente del Consiglio, ha utilizzato una campagna per far capire quello che, in realtà, è un tema, ma che non può essere affrontato con questa superficialità, con questa confusione, che davvero emerge in maniera chiara e netta da quello che dice l'ufficio studi della Camera dei deputati. Andate a vedere la scheda di lettura, non approfondite, guardate soltanto l'indice, e dall'indice si capisce la confusione. Nella scheda di lettura in materia di infrastrutture si va dall'articolo 1 al 2, al 3, poi si passa al 13, al 28, al 40 e quant'altro.
  Cosa significa ? Significa che non c’è una coerenza, che non c’è una linea di condotta, non c’è una unitarietà del provvedimento, ma ci sono tanti post sistemati di qua e di là senza dare alcuna chiarezza al provvedimento.
  Ed è un provvedimento di un'Italia confusa. L'Italia di Renzi è un'Italia fanfarona, un'Italia confusa, senza alcun progetto concreto. E non lo dice il sottoscritto. Basta prendere quello che dice la Banca d'Italia, che sino a prova contraria nessuno può, per il momento, tacciare di faziosità, se non quella delle banche. E cosa dice la Banca d'Italia nel report che propone all'ufficio studi e alla Commissione ambiente, che ha svolto l'esame referente di questo provvedimento ? Dice che questo provvedimento è fondato sulle deroghe e, quindi, non c’è nessuna riforma strutturale, perché se un'opera pubblica non va avanti vuol dire che non si vuole Pag. 17comprendere qual è la linea di azione per modificare strutturalmente l'elemento cardine sul piano amministrativo, sul piano legislativo che consenta a quell'opera di viaggiare non soltanto con una deroga.
  L'Italia ha dimostrato, da La Maddalena passando per l'Expo di Milano ed arrivando al Mose di Venezia, che la deroga è funzionale a un sistema corruttivo che non dà nessuna compiutezza, ma che, anzi, esaspera il costo, in molti casi ha allungato anche i tempi, e ha reso quel sistema privo di qualsiasi trasparenza. Non lo dice il sottoscritto, ma lo dice la Banca d'Italia, che sul punto nevralgico del decreto dice che bisogna tentare di garantire la massima trasparenza, perché questo è fonte fondamentale di incertezza per gli operatori e soprattutto di vulnerabilità alla corruzione. La Banca d'Italia, il soggetto che più misura le parole, vi sta dicendo: «Attenzione, avete fatto un decreto-legge che rende vulnerabile il sistema alla corruzione».
  Questo è l'inquadramento generale. Qualcuno potrebbe dire: «Spenderanno i soldi, si metteranno a correre»; si diceva che era sempre meglio la Prima Repubblica, in cui c'erano le tangenti ma poi comunque si facevano le opere. No, qui c’è la corruzione ma non ci sono nemmeno le risorse per fare niente. E non lo dice il sottoscritto, basta andare a vedere quello che scrive la Banca d'Italia ! Dice che l'effetto sull'indebitamento nel triennio di riferimento è sostanzialmente nullo.
  Cosa vuol dire ? Che non ci indebitiamo e se non ci indebitiamo vuol dire che non stiamo investendo nuove risorse. In qualsiasi economia che si rispetti, in un momento di recessione, anzi peggio, bisogna avere la forza e la capacità di capire dove tagliare, ma anche di indebitarsi quel giusto necessario per far ripartire l'economia attraverso un piano infrastrutturale. Lo hanno fatto le economie mondiali, da quella giapponese a quella americana, facendo ripartire l'infrastrutturazione del Paese con principi corretti e non soltanto con un programma da Svitol.
  Perché dico questo ? Lo dice sempre la Banca d'Italia, che utilizzo come linea conduttrice delle mie riflessioni, perché non vorrei essere tacciato come uomo di parte, e vorrei che ci fossero questi elementi alla base della riflessione che ognuno di noi va a fare. Cosa dice la Banca d'Italia sulle infrastrutture ? Dice che le risorse assegnate dal 2014 al 2020 sono 3,9 miliardi di euro e derivano per 0,8 miliardi di euro da revoche, cioè, senza avere ancora compiutamente valutato quali sono le opere che non possono più essere realizzate con progetti spesi e comunque dichiarati cantierabili, vengono sottratti 0,8 miliardi di euro di revoche. E poi, il restante ? I restanti 3,1 miliardi di euro dove si prendono ? È questo il primo vulnus sostanziale di questo decreto-legge.
  Questo è un «decreto furto», un decreto che ruba, che scippa le risorse al Fondo di coesione nazionale, le vecchie risorse FAS, quelle per le aree sottoutilizzate. Vi ricorderete che sul termine «sottoutilizzate» e non «sottosviluppate» ci fu una grande diatriba all'interno di questo Parlamento riguardo al fatto se chiamarle sottosviluppate o sottoutilizzate.
  Ebbene quel Fondo che aveva un riparto per legge, approvato da questa Camera, dell'80 per cento per le aree del Sud e del 20 per cento per le aree del Nord, proprio per recuperare il disequilibrio, i divari economici ed infrastrutturali del Paese, ebbene quei 3,1 miliardi vengono tolti alle regioni che avevano un riparto oggettivo, funzionale, per il quale ci si era battuti per dare concretezza a quelle risorse e a quel tipo di infrastrutturazione. Ebbene quei 3,1 miliardi vengono portati via e messi a disposizione, per gran parte delle regioni del Nord, delle regioni forti. Questo è un Governo che continua ad affossare il Sud e continua a favorire e a rafforzare le aree che sono già forti sul piano infrastrutturale. È un Governo a trazione nordista e che certamente continua a mettere e a tagliare questo.
  Ma c’è di più, le infrastrutture che partiranno non sono quelle dei 3,1 miliardi di euro ma sono quelle che diceva mio zio Giovanni, che era sindaco di un paesino di 300 anime nel centro della Sardegna, ad Allai, il quale, quando partiva Pag. 18per Roma, riempiva la sua valigetta di pernici e di lepri. E gli si chiedeva: dove vai zio Giovanni ? Vado alla Cassa depositi e prestiti per chiedere qualche contributo, qualche finanziamento per il nostro piccolo e umile comune.
  Ebbene Renzi ha ristabilito quella logica: anziché andare alla Cassa depositi e prestiti ha stabilito che le lepri e le pernici si portano a Palazzo Chigi. Renzi ha previsto un provvedimento, una norma per chiunque fosse stato informato, che dal 2 al 15 giugno di quest'anno, o avesse intuito che c'era un tweet del Presidente del Consiglio che diceva: i sindaci che seguono Twitter mandino una richiesta di finanziamento perché poi io valuterò e, infatti, Renzi lo chiama piano dei seimila campanili. Si è tornati al tribale. Si è tornati alla lepre e alla pernice con la quale bisogna venire a Roma dal Presidente del Consiglio, anziché utilizzare quelle minime procedure elementari che mettono tutti i sindaci sullo stesso piano. E, invece, Renzi sposa la logica becera del clientelismo, cancellando il Ministero delle infrastrutture perché non si fida di Lupi, perché la clientela la vuole fare lui e non la vuole far fare a Lupi, perché c’è un concetto che riporta la Presidenza del Consiglio dei ministri non a soggetto di coordinamento ma di ordinamento e soprattutto, come in questo caso, a soggetto decisionale sulle cose assolutamente marginali.
  E poi c’è l'imbroglio per alcune regioni, una di queste è la Sardegna: ad esempio, sulle opere della categoria B, cioè quelle che devono essere appaltate entro il 31-12-2014, avete inserito alcuni viadotti della 131, ignorando o, anzi, sapendolo ma facendo finta di ignorare che quelle opere non potranno mai essere appaltate entro il 31-12-2014 e, quindi, ci sarà la revoca di quei finanziamenti.
  L'incompetenza di chi governa la regione Sardegna è pari al tentativo di questo Governo di imbrogliare quella regione. Il 31-12-2014 quelle opere non possono essere cantierate, non possono essere appaltate. C’è scritto: entro il 31-12-2014 devono essere appaltate. Si appalta quando c’è un progetto e tutti sanno che non esiste un progetto, che non esiste il vero ganglio della valutazione di impatto ambientale che è quello che consentirebbe a quei progetti di essere appaltati e di essere messi in cantiere.
  Quindi, utilizzate anche il fardello del tempismo per fregare le regioni e per tentare di rendere ancora più succube il progetto che vede nella Sardegna l'unica regione senza un'arteria viaria sostanzialmente capace di connettere il nord e il sud della Sardegna con una rete di fatto autostradale. E qui c’è la certezza della revoca che voi avete proposto con questo provvedimento. Ma che dire della coesione ? Io ho proposto un emendamento sul quale il Governo abilmente, in questo caso, con la fuga del coniglio, ha tentato di dare delle argomentazioni sulla scelta delle opere; in realtà, ci si è dimenticati del primo principio che un Governo serio e autorevole, un Governo del Paese, non un Governo strabico che guarda solo ad alcune parti del nostro sistema Paese, avrebbe dovuto dire: cioè, ma qual è l'indice infrastrutturale dell'Italia, chi è che ha di più e chi è che ha di meno ? Sarebbe bastato questo minimo ed elementare elemento di valutazione per dire: bene, se noi stabiliamo di fare un investimento infrastrutturale sulle ferrovie, anche quello poco coperto sul piano finanziario, guardiamo un po’ alla realtà.
  Se l'indice infrastrutturale dell'Italia è 100 e se in Sardegna l'indice infrastrutturale ferroviario è 15, è evidente che vi è l'esigenza di stabilire un principio per cui, in dieci anni, si fa un'azione di recupero di quel divario. E, siccome tutta l'Italia si dice che sia Paese e tutto il Paese si dice che sia Italia, bisogna mettere quel riequilibrio come punto fondamentale. Niente. Le strade tutte al Nord: ma l'indice infrastrutturale dice che la media nazionale è 100, che in Sardegna è 45, che per quanto riguarda l'energia è 100 in Italia e 35 in Sardegna. Quindi, bisognava fare quello che in un Paese normale si pone come strategia: il riequilibrio della coesione.
  Poi, non lamentatevi quando, in Sardegna, il vento dell'indipendenza soffierà Pag. 19molto più forte: voi ne sarete stati responsabili, siete stati responsabili di questo Governo strabico, di un sistema Stato, che vede la Sardegna soltanto come una colonia: una volta per mandarci le basi militari, una volta per mandarci la petrolchimica, una volta per mandarci la canna degli amici Mossi e Ghisolfi di Renzi, una volta per mandarci gli immigrati che arrivano dalle aree di Ebola e quant'altro. Quindi, è evidente che siamo di fronte ad un'azione nefasta, che non tiene conto dei progetti seri di coesione del sistema Paese.
  Lo stesso emerge sull'altro tema dell'ambiente. Io lo dico perché sono politicamente corretto: l'argine che ha messo il presidente della Commissione ambiente e la stessa Commissione ambiente alla deregulation che era in campo in questi giorni, in queste settimane, da parte del Governo, è un argine importante, ma che non nasconde, anzi, mette in rilievo tutto il sistema che ruota intorno al Governo Renzi.
  Avete fatto azioni come quella di innalzare i livelli massimi di inquinamento nelle zone militari. Avete detto: se lì c’è inquinamento pari a 100 e la norma consente solo 10, non è che facciamo abbattere il livello di inquinamento, ma spostiamo la norma da 10 a 100 per legittimare ciò che era illegittimo e illegale. Lo avete fatto un mese fa e, nemmeno a farlo apposta, con una modifica urbanistica sostanziale, avete fatto la più grande trasformazione urbanistica del nostro Paese: avete trasformato 35 mila ettari da zone verdi – da zone che teoricamente erano sul piano paesaggistico inquadrate nelle zone agricole – a zone industriali, con un'operazione davvero da criminali dell'ambiente, senza usare parole che possono essere offensive.
  Dall'altra parte, con questo provvedimento, intervenite ancora sulle bonifiche, perché dite che le bonifiche non si sono fatte perché c'erano procedure complesse. È falso: le bonifiche nel nostro Paese non si sono fatte, perché c’è la connivenza tra le parti politiche che vengono finanziate, i partiti, gli uomini della politica vengono finanziati sottobanco da chi ha inquinato e, pertanto, tutte le norme che esistevano non sono state mai messe in essere.
  L'ENI è uno strumento che lo dimostra a Porto Torres: io ho fatto il decreto nel 2003 in cui individuavo quell'area come area ad elevato rischio ambientale; il Governo lo ratificò allora. Ebbene, da allora, non si è speso un euro in bonifiche e si è arrivati, da qualche settimana, a fare un appalto in cui l'ENI ha scelto le sue imprese, della sua vendor list, senza chiamare una sola impresa regionale e utilizzando il circuito delle imprese amiche, quelle che sono contemplate nel suo sistema, per realizzare chissà come, chissà con quale controllo, quei primi 60-70 milioni di euro di bonifiche. È, cioè, un sistema corrotto: sulle bonifiche, che dovrebbero essere elemento di trasparenza, perché si tratta di un'imposizione, di rispetto di norme di interesse pubblico, l'ENI fa trattativa privata per foraggiare il non fare le bonifiche. Viene foraggiato nel nostro sistema, nel nostro Paese, il non fare le bonifiche.
  Cosa dire della parte relativa all'articolo 38 ? Il petrolio, per essere più chiari. Ha ragione, forse, Realacci: si sta facendo una grande campagna sul petrolio sì, petrolio no, se nel nostro Paese c’è o non c’è. Da quello che si vede dall'avvento del Governo Letta, passando per il Governo Renzi, in Italia sembriamo essere, invece, una California petrolifera da sfruttare in lungo e in largo.
  Il Ministro Zanonato, ad agosto del 2013, era il 13 di agosto, ha fatto un decreto, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, e ha stabilito che si può cercare petrolio nel «santuario dei cetacei» tra la Sardegna e la Corsica, tra l'Italia e la Francia. Ebbene, che cosa ha deciso la società Schlumberger di usare per fare quelle introspezioni petrolifere ? L’air gun, che a molti può sembrare un termine militaresco o, comunque, aereo, invece è un sistema che devasta l'ambiente marino, che allontana e fa morire migliaia di Pag. 20delfini, migliaia di cetacei, non soltanto in quell'area, ovviamente, senza averla circoscritta, perché il danno è totale.
  Ebbene, il Ministero lo ha sancito. Adesso, utilizzando i confini delle venti miglia, si tentava, non soltanto di aggredire ulteriormente il territorio, ma di spostare quella competenza anche sulla terraferma e dire: è il Governo che decide anche sulla terraferma delle regioni. Io ho detto sin dall'inizio, anche di fronte all'ignoranza di chi governa la regione Sardegna in questo momento, che la norma dello statuto speciale, non soltanto per la Sardegna, ma anche per le altre regioni, era sacrosanta, perché c'era la parola «miniere» e all'interno della parola «miniere» – così come la Corte costituzionale, nel 1963 e poi nel 1969, ha stabilito in maniera puntuale – si contemplavano petrolio, gas, idrocarburi liquidi e gassosi.
  Ebbene, il tentativo del Governo è stato svelato alle tre del mattino, con un emendamento; il cuore di questo provvedimento si svela soltanto con la capacità, la fermezza dei colleghi della Commissione ambiente e del presidente Realacci in prima battuta, che hanno dichiarato irricevibile un emendamento che una certa Vicari, sottosegretario di Stato, ha portato alle tre del mattino, provocando l'indignazione generale della Commissione, di destra e sinistra, di chi sta in maggioranza e di chi sta all'opposizione, ma questo era l'emendamento che svelava totalmente il vero obiettivo del Governo e cioè «militarizzare» la partita degli idrocarburi, utilizzando l'articolo 52-quinquies del decreto del Presidente della Repubblica del 2001 n. 327 che veniva utilizzato per individuare e apporre il sigillo delle basi militari; si voleva militarizzare tutto ciò che di petrolifero bisognava fare. Non bastava la norma che diceva che i pozzi petroliferi, l'introspezione e le ricerche sono funzionali a un sistema, a un obiettivo strategico del Paese e come tali hanno priorità e il Governo ne assume il coordinamento, la gestione delle concessioni e quant'altro, no, non bastava; alle tre del mattino il Governo Renzi propone la militarizzazione del sistema petrolifero nel nostro Paese. Per fare che cosa ? Per fare un'operazione a servizio dei poteri forti, a servizio di quel sistema che ha messo le mani sull'Italia e che vuole mettere le mani sulle regioni. È questo il tentativo centralista di un Governo che non solo non tiene conto dell'articolazione regionale, ma che vorrebbe non coordinare, ma ordinare; un Governo che si dimostra incapace.
  Mi riferisco a tutti i dati economici che stanno emergendo in questi giorni; quando sento il Ministro Padoan che dice: faremo 800 mila posti di lavoro nuovi con la legge di stabilità, penso che, del resto, se la proporzione, la comparazione è tra la previsione di 800 mila nuovi occupati con quella precedente, totalmente sbagliata, del PIL, noi potremo anche continuare a perdere posti di lavoro. Perché questo Ministro, così come il Presidente del Consiglio dei ministri, si è dimostrato fallimentare in tutte le previsioni, nessuna esclusa, che ha messo in campo. Così come il tentativo, e mi avvio a concludere, di scaricare i problemi su alcune regioni deboli sul piano politico, incapaci di reagire come la Sardegna, a cui è stato imposto che dal 2015 ci sarà il pareggio di bilancio.
  La regione Sardegna è l'unica nella storia europea che anticiperà – in base a questo nefasto decreto-legge per l'Italia e per le regioni – al 2015 la «cessazione» del Patto di stabilità per entrare nel pareggio di bilancio che significa pareggio di cassa e di competenza. Chi conosce tecnicamente la differenza tra cassa e competenza sa che ciò significa che i comuni che sono essi stessi coinvolti nel pareggio di bilancio avranno difficoltà a gestire dal 1o gennaio sino all'ultimo giorno dell'anno con il pareggio di cassa.
  Ebbene, Padoan va a Bruxelles a chiedere la deroga di spostare al 2017 il pareggio di bilancio per l'Italia e invece per la Sardegna il pareggio di bilancio è al 2015.
  Questo è un dato che la dice lunga sull'incapacità gestionale da questo punto di vista. Ho presentato un emendamento su questo articolo del Patto di stabilità e ho detto: tenete conto di un fatto, che Pag. 21questo Governo, dal 18 novembre del 2013 ad oggi, non ha dato un solo contributo alle aree alluvionate della Sardegna. Non un solo euro ! E aggiungo: non ha consentito un solo giorno e un solo euro di deroga al Patto di stabilità; Patto di stabilità che questo decreto deroga per le royalties petrolifere e lo nega invece per gli alluvionati della Gallura, della Sardegna, delle zone interne della nostra isola.
  Allora, è evidente che c’è un Governo che è strabico, un Governo che guarda e propende, tende la mano con i petrolieri e, dall'altra, la ritira soltanto con i cittadini e con i territori, con quei comuni che avrebbero voluto una deroga minima al Patto di stabilità per realizzare quelle minime opere necessarie a mettere in sicurezza per questa stagione, dopo quella nefasta che ha contato 18 vittime e 2.700 sfollati nell'area della Sardegna colpita da quella drammatica alluvione.
  Ebbene, quell'emendamento è stato bocciato dai componenti di questa maggioranza, dal PD, compresi i componenti sardi di quella Commissione che non si sono sentiti nemmeno in dovere di alzare un dito per dire: votiamo l'emendamento, almeno per testimonianza. Niente ! Succubi e servi delle indicazioni del potere che hanno avuto, decidendo di andare contro questo aspetto così delicato come quello dell'alluvione !
  In conclusione, Presidente, questo decreto non sblocca niente, questo «decreto Svitol» non svita niente: è un decreto che frega il sud, frega e imbroglia la Sardegna, regala l'Italia e il sistema Paese ai faccendieri e petrolieri amici di Renzi, amici di questa maggioranza, fregandosene assolutamente dello sviluppo coerente della coesione unitaria del Paese e anche di quelle regioni deboli che avrebbero meritato da questo Governo risposte più chiare, più forti e più coerenti.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zaratti. Ne ha facoltà.

  FILIBERTO ZARATTI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, colleghe e colleghi, ci troviamo di fronte ad un decreto disomogeneo – è stato detto anche autorevolmente dal presidente della stessa Commissione ambiente –, fin troppo disomogeneo.
  Ancora una volta ci troviamo di fronte a un provvedimento di dubbia costituzionalità. Non insisto su questo punto, perché si corre il rischio di essere un po’ patetici, da parte dei rappresentanti del Parlamento, a indicare sempre il problema del fatto che la decretazione d'urgenza sta cambiando le regole in campo e sta modificando in modo sostanziale la possibilità del Parlamento di legiferare.
  Dicevo: un provvedimento disomogeneo, un decreto che nelle sue intenzioni dovrebbe rimettere in moto l'Italia. Si dice che ci sono tante misure di dubbia efficacia ma che certamente il decreto parla al futuro, che tante misure parlano al futuro. Ecco, non ho questa sensazione. Mi sembra più efficace dire che questo decreto non solo parla con il linguaggio del passato ma fa le scelte del passato. Non vi è in questo decreto alcuna iniziativa di carattere innovativo, quell'innovazione di cui spesso sentiamo parlare dai banchi del Governo in occasione della richiesta di fiducia del Governo Renzi, quella stessa innovazione di cui sentiamo parlare tante volte nei talk show delle televisioni. Ebbene, in questo provvedimento, che dovrebbe rilanciare l'economia del nostro Paese, non vi è alcuna traccia di innovazione. Le scelte che vengono riproposte sono le scelte che da sempre caratterizzano i Governi del nostro Paese negli ultimi vent'anni: si parla di deroghe, si parla di semplificazioni edilizie, si parla del fatto di riattivare la ricerca petrolifera nel nostro Paese; si parla di rilanciare la politica dell'incenerimento dei rifiuti, si parla di prolungare senza gara le concessioni autostradali.
  Ebbene, se tutto ciò rappresenta il futuro, effettivamente quello che è accaduto negli ultimi 20 anni non è ben a conoscenza dei rappresentanti del Governo. La sensazione è un'altra: è che si siano aperti tutti i cassetti dei Ministeri, con tutti quei vecchi progetti che non si era riusciti a portare avanti nel corso dei Pag. 22decenni, e che improvvisamente si sono assemblati in un decreto-legge e sono stati posti all'attenzione del Parlamento.
  Ma che il provvedimento sia tanto controverso, emerge anche dalle dichiarazioni dei rappresentanti della maggioranza. Quando si dice delle trivelle: trivellare il nostro paese è un errore strategico. Quando si dice che la Orte-Mestre, l'autostrada è una bufala: insomma, sono affermazioni forti, affermazioni gravi, che indicano come le perplessità profonde delle opposizioni siano perplessità basate sui fatti, e che non siano perplessità di ordine unicamente ideologico.
  Ma d'altro canto, andando a vedere nel merito il provvedimento, si dimostra come questa pretesa da parte della maggioranza e del Governo di voler sbloccare l'Italia, è una pretesa invece che serve a tutelare unicamente gli interessi dei soliti noti, delle grandi compagnie multinazionali, dei soliti soggetti. Si parla, per esempio, delle concessioni autostradali: credo sia uno dei più grandi scandali di questo decreto-legge, che si possa pensare di prorogare le concessioni autostradali senza gara ! Faccio un appello: gli imprenditori italiani, nei loro convegni, a Cernobbio e altrove, ci dicono che bisogna inserire più mercato nella nostra economia, e poi dopo, quando si tratta di andare sul libero mercato e di concorrere con altri soggetti, allora piace il Governo protezionista, quello che «regala» nuovamente le concessioni in questo Paese per tanti anni senza dover competere con alcuno. Credo che soltanto questa norma dovrebbe meritare addirittura, se approvata, un referendum abrogativo !
  Si parla di regalare decine di miliardi ai soliti noti, ai gestori di grandi autostrade, ai Benetton e amici, come se non ne avessero abbastanza, e gli italiani, che hanno costruito coi loro sacrifici quelle tratte autostradali, e che le hanno pagate e le continuano a pagare giornalmente con i pedaggi sempre più alti, ebbene, non avranno alcun vantaggio e non avranno alcuna possibilità di veder migliorare le loro possibilità di trasporto.
  Anche perché la logica è sempre la stessa: è quella di potenziare le autostrade, è quella di potenziare gli assi viari su gomma, e mai quella invece di puntare, in modo convinto e forte, sulle due questioni fondamentali, che riguardano cioè il potenziamento della rete ferroviaria, soprattutto legata ai movimenti dei pendolari... Altro che alta velocità: ci vuole più tempo per arrivare da Viterbo a Roma, di quanto non ce ne voglia per andare da Roma a Milano ! Allora, potenziare le tratte ferroviarie legate ai pendolari, e contemporaneamente finalmente dare il via al trasporto merci su ferro e su acqua: cosa che, in Italia, dovrebbe essere semplice, vista la sua conformazione morfologica, e che invece diventa sempre di più un sogno.
  Per quanto riguarda la scelta delle concessioni autostradali, si dice che, con questo provvedimento, si voglia sbloccare l'economia, si vogliano rilanciare gli investimenti. È stata citata tante volte, la voglio citare anch'io la Banca d'Italia; e anche questo è un segno dei tempi, cari colleghi: che per avere una posizione avanzata e progressista, bisogna citare la Banca d'Italia; in altri tempi, così non era. La Banca d'Italia cosa ci dice ? Ci dice che, se si pensa di sbloccare l'economia con questi investimenti, si fa un gioco di prestigio, perché riuscire a sbloccare l'economia con 455 milioni di euro in tre anni diventa veramente un'opera di magia.
  Ora io capisco che il nostro nuovo e giovane Presidente del Consiglio si diletta anche in giochi di prestigio, ma credo che francamente neanche lui può riuscire a fare una cosa di questo genere.
  Il resto degli investimenti riguarda appunto gli anni 2017-2018, ma quando saremo arrivati a quegli anni, signor Presidente e signor rappresentante del Governo, noi corriamo il rischio che il malato sia morto, perché noi abbiamo un'economia ormai in una situazione di prostrazione drammatica, abbiamo milioni di disoccupati.
  Tutti gli indici macroeconomici, al di là di quello che diciamo nei talk show televisivi, ci dicono che questo è un Paese allo stremo, è un Paese che non ce la fa più. E chi non si fida dei dati macroeconomici può frequentare gli autobus delle nostre Pag. 23città, quei pochi che ancora camminano, può frequentare i supermercati, sempre meno affollati, può frequentare le piazze delle nostre città e sentire cosa dicono i cittadini ormai provati da scelte economiche sbagliate.
  Ecco, un Paese come questo non può aspettare gli investimenti, seppur minimi, del 2017 e del 2018, il Paese non se lo può permettere. Si dice che questo Governo, tramite questo decreto, finalmente sblocca 2,3 miliardi di euro di opere sul dissesto che non sono state realizzate.
  Intanto, va detto che questi 2,3 miliardi di euro sono opere non realizzate, finanziamenti dal 1998 ad oggi, e dirò alcune parole rispetto a questi 2,3 miliardi; però, consentitemi di dire che un Governo che vuole essere attento alle ragioni del dissesto e della manutenzione del territorio non può pensare di affrontare questa materia soltanto recuperando delle risorse passate. Dovrebbe pure investire qualche cosa in questo settore, ma se nell'ultima legge di stabilità sono stati stanziati poco più di 100 milioni per tutto il territorio nazionale per il dissesto idrogeologico, come pensiamo di poter far fronte a questa questione ?
  E sui 2,3 miliardi di euro che sono stati recuperati va detto che sono stati recuperati i soldi delle opere non appaltate al 30 settembre 2014, però, Presidente e signor rappresentante del Governo, quelle opere erano inserite dentro gli elenchi emergenziali. Quelle opere adesso sono state rifinanziate e non si faranno più perché questi soldi confluiranno in un fondo nazionale che riassegnerà queste risorse; e, infatti, parte di queste risorse probabilmente andranno anche a Genova.
  Allora, voglio dire, quelle opere che era necessario fare non si faranno più, rimangono lettera morta, non si affronteranno più quei problemi del territorio che pure erano stati individuati. Io penso che il Fondo nazionale straordinario doveva servire a finanziare nuove opere e che i 2,3 miliardi sbloccati dovevano servire a realizzare esattamente quelle opere che dovevano realizzarsi, non altre.
  Quindi, mi pare che siamo di fronte a una grande mistificazione. Forse gli unici soldi e risorse nuove sono quelle stanziate tramite un piccolo emendamento fatto dal gruppo Sinistra Ecologia Libertà, che porta fino a 100 milioni il fondo per le emergenze. Forse queste sono le uniche risorse nuove che sono state messe in campo.
  Ma addirittura tramite questo decreto noi ci troviamo di fronte al fatto che le gare possono andare a trattativa privata fino a 5,2 milioni di euro. Ora non mi piace tanto fare citazioni, ma anche questa volta sono costretto a citare il magistrato, il giudice Cantone, il quale in Commissione ci ha detto: «attenzione, attenzione perché con questo metodo si dà la possibilità di dare ancora più respiro e più fiato al sistema delle corruttele» !
  Allora, da questo punto di vista, non era possibile inserire delle clausole di salvaguardia, l'albo delle imprese, pubblico o dell'ente locale che poi deve fare la trattativa privata, il sorteggio fra le ditte chiamate a fare questo tipo d'intervento, la rotazione di queste ditte che possono, appunto, fare gli interventi ?
  A me pare che, ancora una volta, si scelgano strade vecchie, strade sbagliate, strade che servono sempre più a consolidare i vecchi privilegi e le vecchie abitudini italiane, piuttosto che a scegliere la strada dell'innovazione. Ma capisco che l'innovazione è una cosa difficile a fare, quasi com’è facile invece annunciare.
  Riguardo alle semplificazioni edilizie, ancora una volta, bisogna riconoscere, signor Presidente, che, quando Renzi ci propone la questione delle semplificazioni edilizie, che dovrebbero rilanciare il comparto delle costruzioni nel nostro Paese, anche lì – mi dispiace dirlo – ma dice una cosa vecchia. Uno dei primi che l'ha detto è stato il Presidente Berlusconi, quando lanciò il famoso primo Piano casa, dicendo che, con quel Piano casa e con le semplificazioni edilizie che erano state adottate, si sarebbe rilanciato un comparto e che addirittura – diceva Berlusconi – il PIL sarebbe aumentato di 4-5 punti. Ovviamente non è accaduto. È accaduto invece Pag. 24che, laddove appunto si è applicato il Piano casa, la deregulation ha creato ancora più problemi di quanti...

  PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Zaratti.

  FILIBERTO ZARATTI. Siamo alla conclusione, Presidente ?

  PRESIDENTE. Lei ha trenta minuti da Regolamento. Noi abbiamo chiesto di massima per quanto intendeva intervenire e lei ci ha detto per 15-20 minuti. Quindi, la Presidenza, come servizio, per così dire, ricorda che i 15 minuti sono scaduti. Poi lei ha facoltà di andare avanti, finché il Regolamento le dà tempo. Diciamo che è solo una «scampanellata» di servizio.

  FILIBERTO ZARATTI. La ringrazio, forse sono stato eccessivamente ottimista, devo dire, nei tempi.

  PRESIDENTE. Avremo modo di confrontarci con il pessimismo della ragione, allora.

  FILIBERTO ZARATTI. Cerco di sintetizzare maggiormente. Insomma, sulla questione delle semplificazioni edilizie dico semplicemente che quel metodo è un metodo che non ha rilanciato un comparto, quello delle costruzioni che era in crisi. La crisi del comparto delle costruzioni è una crisi strutturale. Ci sono 700 mila alloggi sfitti nel nostro Paese: le misure da prendere sarebbero di altro e ben diverso genere.
  Due parole, Presidente, su questioni invece molto importanti, che riguardano la vicenda delle trivellazioni. Se anche il presidente della Commissione ambiente dice che le trivellazioni si basano su una scelta strategica sbagliata, significa che il Governo sta guardando al futuro in modo sbagliato. Del resto, anche in questo caso, la ricetta è quella vecchia, è quella di cercare ancora una volta idrocarburi, che sono molto rari nel nostro territorio e soprattutto sottintendono ad una scelta di carattere energetico sbagliata, cioè quella ancora di puntare sui combustibili fossili, quella di puntare ancora su questo genere di prodotto.
  Ora che il nostro Paese sia privo o quasi totalmente privo di idrocarburi è cosa nota. Proprio per la situazione internazionale difficile, a cui si faceva cenno, sarebbe invece necessario al nostro Paese puntare su un'altra direzione, che è quella del risparmio energetico, che è quella del potenziamento ulteriore delle energie rinnovabili, quel tipo di energia cioè che è costruita e che è realizzata a casa nostra, perché il sole brilla sulle nostre teste e ci dà la possibilità di utilizzare un'energia infinita, pulita e nuova, che crea anche indipendenza nazionale. Che le trivelle siano un pessimo affare lo dicono anche i numeri. Se pure il programma per intero portasse i benefici che si spera, quella produzione di petrolio coprirebbe soltanto il 4 per cento del fabbisogno energetico nazionale.
  Questo significa che quel 4 per cento sarebbe facilissimamente raggiungibile con una prima, vera e seria campagna sul risparmio energetico nel nostro paese, senza per questo mettere in crisi, non soltanto l'ambiente così delicato del nostro territorio, ma anche i comparti economici, come quello del turismo; vorrei infatti sapere qual è la persona che verrà nuovamente in Italia, al mare: per trovarsi di fronte ad una trivella oppure un mare inquinato dagli sversamenti delle trivelle stesse. Quindi si mette in crisi uno dei pochi comparti economici che ancora reggono, in una situazione di crisi economica, come quello del turismo, e si mette in crisi il comparto della pesca nel nostro paese. È una scelta scellerata che serve soltanto a continuare a dare dei privilegi alle grandi multinazionali.
  Per quanto riguarda gli inceneritori, Presidente, in Italia continuiamo a pensare ancora che si possa chiudere il ciclo dei rifiuti con gli inceneritori. Presidente, penso all'esperienza dei paesi del nord Europa, i quali hanno costruito gli inceneritori ma poi, dopo molti anni di politica seria di raccolta differenziata, si sono resi conto che quegli inceneritori non servivano Pag. 25a nulla. Avevano grandi «mostri» per produrre energia senza combustibili e adesso comprano i rifiuti di mezza Europa per mandare avanti i loro impianti mastodontici. Ecco, in Italia, si vuole fare la stessa fine, perché con le norme contenute in questo provvedimento, si concede agli impianti di termocombustione, agli inceneritori, di arrivare fino al massimo della loro capienza e ciò significa che quegli impianti importeranno rifiuti prima dalle loro regioni poi dal resto d'Italia e poi da fuori Italia perché hanno bisogno come un gigantesco molok di essere continuamente alimentati. Invece, noi avremmo dovuto fare la scelta contraria, ossia quella della dismissione graduale degli impianti di inceneritori; all'aumentare della raccolta differenziata, diminuire la capacità termica della termocombustione degli inceneritori fino ad arrivare a dismetterli. Presidente, concludo: noi non dobbiamo credere a coloro che ci dicono che i mutamenti climatici non esistono, che non ci si ferma di fronte a quattro «comitatini» per assicurare lo sviluppo dell'Italia; poi, dalla televisione alle riunioni dei boy scout agli incontri sul clima che si tengono a New York si fanno affermazioni politicamente corrette e di altro tenore, mentre poi ci propongono decreti come questo. Noi facciamo proposte di altro genere. Noi diciamo che questo decreto è figlio dell’austerity, di quelle scelte scellerate che questo Governo sta portando avanti e diciamo che è possibile cambiare verso: cambiamo verso da questa legge di stabilità. Diciamo, per esempio, che 5 miliardi dei risparmi di tassazione che il Governo vuole fare, e per ridurre l'IRAP, siano destinati al dissesto idrogeologico per fare la più grande campagna, opera pubblica di cui il nostro paese ha bisogno; 5 miliardi per mettere in sicurezza il nostro territorio; 5 miliardi che servono a dare ossigeno alle miriade di piccole e medie imprese; 5 miliardi che creeranno migliaia di posti di lavoro. Questo sì che parlerebbe al futuro, caro presidente Realacci. Questo sì che darebbe un'inversione di tendenza. Noi speriamo che, grazie alla lotta e all'impegno delle opposizioni, dei cittadini del paese, dei comitati, delle associazioni, finalmente il paese possa cambiare verso e finalmente farla finita con la riproposizione di vecchie, antiche e stantie ricette economiche (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mazzoli. Informo l'Assemblea che faremo una pausa intorno alle 13,30; quindi, invito i relatori a regolarsi anche in relazione a ciò per la durata degli interventi. Ne ha facoltà.

  ALESSANDRO MAZZOLI. Signor Presidente, signori del Governo, onorevoli colleghi, il decreto-legge n. 133 del 12 settembre 2014, meglio conosciuto come «sblocca Italia» è un provvedimento importante ancorché complesso. Le norme in esso contenute hanno l'ambizione di rappresentare un ulteriore tassello capace di rimettere in movimento la fiducia dei cittadini, delle imprese, consentendo al paese di superare i ritardi cronici, incrostazioni e stallo.
  In questo senso, il provvedimento che ci apprestiamo a convertire muove da motivazioni giuste e da una constatazione oggettiva, purtroppo: il Paese è fermo. Il punto che noi dobbiamo considerare è che il Paese è fermo non solo a causa della crisi, non solo per questa crisi lunghissima e durissima. L'Italia era ferma anche prima: dal 2000 al 2010 l'Italia è stata un Paese a crescita quasi zero; poi, dopo il 2010, è intervenuta la recessione che abbiamo vissuto in questi ultimi anni.
  I nostri problemi non sono legati soltanto alla crisi che ci ha investito a partire dal 2008: i nostri problemi risalgono a molto tempo prima, e non siamo certo un Paese che può dire che, senza la crisi, saremmo stati benissimo. Dunque, se questa è la situazione, accanto all'esigenza di ridisegnare e ammodernare l'impianto istituzionale con le riforme avviate, vi è la necessità di semplificare e riorganizzare il sistema pubblico delle procedure autorizzative per ogni tipo di intervento, senza, naturalmente, che questo significhi deregolamentazione, riduzione dell'efficacia Pag. 26dei controlli, calo di attenzione sui principi di trasparenza e di legalità.
  Questa a me sembra la ratio del decreto, che non si configura come una riforma organica – del resto, non avrebbe potuto esserlo, – ma è una selezione ragionata di interventi e di obiettivi. La conversione in legge del decreto-legge n. 133, cioè ciò che iniziamo a discutere oggi, qui, alla Camera dei deputati, non è più il decreto varato dal Governo, ma è un testo significativamente modificato e migliorato dal lavoro della Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici.
  Un lavoro intenso, fatto di un confronto ricco tra le forze politiche, di un ciclo di audizioni che ha coinvolto decine di soggetti tra quelli istituzionali, imprenditoriali, sociali e associativi, e di un confronto serrato su centinaia di emendamenti. È giusto dare atto a ciascuno dell'impegno profuso nell'essere consapevoli che abbiamo fino in fondo affermato le prerogative del Parlamento, come è giusto fare e come è giusto fare sempre.
  Venendo al merito, l'ampia relazione della relatrice, l'onorevole Chiara Braga, mi consente di soffermarmi su alcune cose; innanzitutto, sugli interventi in materia di infrastrutture e lavori pubblici, dove si introducono norme per anticipare l'avvio dei lavori per due tratte ferroviarie, la Napoli-Bari e la Palermo-Catania-Messina, due grandi priorità.
  Se non si fosse intervenuti, per la Napoli-Bari l'inizio dei lavori era fissato per il 2018 e per la Palermo-Catania-Messina l'inizio dei lavori era fissato per il 2017. In questo modo, l'inizio dei lavori è anticipato al 2015: novembre 2015 per la Napoli-Bari e metà del 2015 per la Palermo-Catania-Messina. Si tenga presente, a proposto di risorse, che per la Napoli-Bari vi è un investimento pari a 4 miliardi e 446 milioni di euro, mentre per la Palermo-Catania-Messina l'investimento è di 5 miliardi e 200 milioni di euro.
  Nell'ambito, poi, dello «sblocca cantieri», il Governo ha definito un incremento del fondo pari a 3 miliardi e 890 milioni di euro, che si aggiungono ai già esistenti 2 miliardi e 69 milioni per interventi appaltabili entro il 31 dicembre 2014 e cantierabili entro il 30 giugno 2015 e per interventi appaltabili entro il 30 aprile 2015 e cantierabili entro il 31 agosto 2015. L'insieme di queste misure consentirà di investire oltre 13 miliardi di euro nei prossimi mesi.
  Accanto a questo, il provvedimento consentirà al Governo di rispondere ai 1.617 comuni che, nel periodo tra il 2 e il 15 giugno di quest'anno, hanno inviato le loro segnalazioni alla Presidenza del Consiglio dei ministri e che sollecitano risposte in ordine a quattro tipi di problemi: mancanza di accordo in caso di coinvolgimento di più amministrazioni nel procedimento funzionale alla realizzazione dell'opera, difficoltà burocratiche variamente intese, mancanza di risorse e problemi di pagamento in forza dei vincoli del Patto di stabilità.
  Vorrei sommessamente sottolineare che non si tratta del «Programma 6.000 campanili»: si tratta di un'altra iniziativa, messa in campo dalla Presidenza del Consiglio dei ministri. Se a queste iniziative aggiungiamo gli interventi normativi previsti sul sistema degli aeroporti e dei porti, e, per altro verso, il rinnovo delle concessioni autostradali, credo si delinei il profilo di un'azione capace di aiutare il Paese ad affrontare, per lo meno, un pezzo significativo dei suoi problemi.
  Vi sono poi le previsioni in materia aeroportuale, l'introduzione di modifiche al codice della navigazione, con l'obiettivo di garantire elevati, uniformi, standard di sicurezza nel settore, anche in conformità con i principi dettati dalla normativa europea, mentre per quanto riguarda i porti, entro 90 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto, sarà varato il piano strategico nazionale della portualità e della logistica, che non è soltanto un necessario strumento di programmazione, ma ha l'obiettivo di migliorare la competitività del sistema portuale e logistico, di agevolare la crescita dei traffici e la promozione dell'intermodalità nel traffico di merci, anche in relazione Pag. 27alla razionalizzazione, al riassetto e all'accorpamento delle autorità portuali esistenti.
  Infine, come dicevo, per quanto riguarda il rinnovo delle concessioni autostradali, questo stesso rinnovo consentirà, con tutti i miglioramenti introdotti in sede referente in Commissione, l'investimento, lo sblocco di risorse pari a circa 10 miliardi di euro nei prossimi anni.
  Il secondo grande capitolo di misure contenute nel decreto, e sul quale mi voglio soffermare, riguarda il servizio idrico e il dissesto idrogeologico, la messa in sicurezza del territorio, bonifica e riqualificazione urbana di importanti aree di interesse nazionale, la gestione dei rifiuti. Sono tutti aspetti che richiamano il grado di civiltà di un Paese e la sua capacità di difendere il proprio patrimonio e la qualità della vita dei propri cittadini. Certo dovremmo, ormai, essere consapevoli che questi aspetti non possono più essere affrontati solo in una logica emergenziale. Ciò nonostante all'emergenza che pure c’è, bisogna rispondere.
  E, dunque, in materia di servizio idrico, senza dubbio, bisogna superare le procedure d'infrazione dell'Unione europea per il mancato adeguamento dei sistemi di collettamento, fognatura e depurazione degli agglomerati urbani. È un obiettivo, peraltro, su cui far convergere gli sforzi dei territori, delle regioni e del Governo nazionale, ma nello stesso tempo in tutto il Paese deve affermarsi la convinzione che il modo più efficace ed efficiente per gestire il servizio idrico è quello integrato, in cui le comunità si mettono insieme e condividono modalità, tempi e scelte. E, dunque, in ogni parte del Paese, devono essere costituiti gli enti d'ambito, perché quello è il luogo giusto per decidere e per scegliere le forme di gestione.
  Ho sentito parlare in queste settimane di ritorno del rischio di privatizzazione del servizio idrico, lo voglio dire con chiarezza: non è vero. Questo decreto, per di più con i miglioramenti approvati in Commissione, lascia aperte tutte le strade possibili e consentite dalla legge nazionale ed europea, e cioè il servizio può essere affidato ad un soggetto privato, ad un soggetto misto pubblico-privato, oppure si può ricorrere all'affidamento in house, cioè ad un soggetto interamente costituito dagli enti locali relativamente all'ambito.
  Altra cosa è sostenere che l'Italia ha bisogno di una nuova legge sul servizio idrico che raccolga le indicazioni referendarie del 2011, ma è altra questione rispetto al decreto, che in ogni caso non intacca la possibilità di lavorare sulla gestione pubblica del servizio idrico.
  Per ciò che riguarda le norme di mitigazione del rischio idrogeologico, da un lato, si introducono semplificazioni burocratiche in caso di interventi di estrema urgenza e, dall'altro, si introduce l'accordo di programma tra la regione interessata e il Ministero dell'ambiente quale strumento per usare le risorse che sono a disposizione. Questo decreto parla di 110 milioni di euro per le aree metropolitane particolarmente colpite, ma l'accordo di programma, che ho appena richiamato, consentirà di sbloccare l'insieme delle risorse che in materia di dissesto idrogeologico sono ferme, alcune dal 1998, e che, riprogrammate, consentiranno interventi per un miliardo e mezzo di euro.
  Inoltre, ci sono semplificazioni che riguardano le procedure in materia di bonifica e messa in sicurezza dei siti contaminati e le procedure per sbloccare, dopo molti anni, la bonifica ambientale e la rigenerazione urbana delle aree di rilevante interesse nazionale, come per esempio il comprensorio Bagnoli-Coroglio.
  L'ulteriore aspetto sul quale intendo soffermarmi riguarda il tema dei rifiuti, perché è una questione anch'essa investita da procedure di infrazione comunitaria e che richiede, senza dubbio, un intervento, una decisione, una scelta.
  Credo che anche su questo punto in Commissione si sia realizzato un passo avanti e un miglioramento rispetto al testo originario, nel senso che l'Italia deve realizzare l'autosufficienza nazionale e per questo è necessaria una ricognizione e, quindi, un decreto che individui la capacità complessiva di trattamento dei rifiuti urbani e assimilati degli impianti di incenerimento Pag. 28in esercizio o autorizzati, ma, nello stesso tempo, questa ridefinizione e riprogrammazione degli impianti deve avvenire con due condizioni molto chiare, da un lato, con la finalità di un progressivo riequilibrio socio-economico tra le aree del territorio nazionale e, dall'altro, nel rispetto degli obiettivi di raccolta differenziata e riciclaggio. Questa non è una contraddizione in termini, è piuttosto una scelta rispetto alle condizioni reali del Paese, per cui, da un lato, c’è indubbiamente la priorità di far avanzare la raccolta differenziata e il riciclaggio, ma, dall'altro, la dismissione della termovalorizzazione nel nostro Paese – ahimè ! – non è questione di giorni o di settimane, ma richiede un tempo più lungo.
  Il terzo tema che qui voglio richiamare riguarda le misure per il rilancio dell'edilizia, sia per l'importanza che questo settore ricopre nell'economia del Paese sia perché, per le caratteristiche della crisi che abbiamo vissuto e stiamo vivendo, l'edilizia è senza dubbio tra i settori più colpiti.
  Tre le misure che mi sembrano più significative. In primo luogo, vi è la semplificazione delle procedure edilizie e la riduzione degli oneri a carico dei cittadini e delle imprese per assicurare processi di sviluppo sostenibile, con particolare riguardo al recupero del patrimonio edilizio esistente, all'efficientamento energetico e antisismico e alla riduzione del consumo di suolo. La possibilità, infatti, di rimettere in movimento la cantieristica privata attraverso semplificazioni procedurali, nel rispetto dell'ambiente e del territorio, costituisce uno strumento di rilancio dell'economia di innegabile valenza.
  In secondo luogo, la liberalizzazione del mercato delle grandi locazioni ad uso non abitativo, nel senso che la disciplina in vigore risale per la gran parte all'originaria legge sull'equo canone (legge del 1978) e, nonostante alcuni interventi di riforma, continua a presentare rilevanti elementi di rigidità, che non hanno pari nei principali Paesi europei. L'intervento proposto consente alle parti di disciplinare pattiziamente i termini e le condizioni del rapporto, valorizzando pienamente l'autonomia privata.
  In terzo luogo, la registrazione dell'atto, con il quale le parti dispongono esclusivamente la riduzione del canone di un contratto di locazione ancora in essere, è esente dall'imposta di registro e di bollo. Ora, proprio dentro la crisi economica, con sempre maggiore frequenza, vi sono proprietari disposti a concedere una riduzione del canone di locazione ad un proprio inquilino, che rischia di diventare moroso perché non più in grado di pagare l'importo pattuito. Dunque, la norma mira ad agevolare questa tipologia di accordo che può aiutare molte famiglie e molte persone.
  Infine, signor Presidente, vorrei richiamare le misure relative alla ricerca degli idrocarburi perché sono state oggetto di un lungo confronto e di grande attenzione da parte della Commissione. Diversi e significativi, anche in questo caso, sono stati i miglioramenti su diversi aspetti di grande delicatezza, a partire dal rapporto tra Stato e regioni, consentendo a queste ultime una partecipazione diretta e forme significative di ristoro territoriale. È stato introdotto un criterio di maggiore certezza che affida al Ministero dello sviluppo economico il compito, con proprio decreto, di predisporre il piano delle aree in cui sono consentite le attività. Sono stati ridefiniti i confini e i contorni della valutazione di impatto ambientale e della valutazione ambientale strategica. Ancora, sono state introdotte fideiussioni bancarie per il ripristino ambientale e l'assicurazione per eventuali incidenti. È stata soppressa la norma che consentiva le trivellazioni nei golfi, in particolare quelli di Napoli, Salerno, isole Egadi e Venezia. Da ultimo, è stata inserita la valutazione di impatto ambientale anche per progetti sperimentali in prossimità di altri paesi rivieraschi ed è stato introdotto il divieto del fracking.
  Insomma, signor Presidente, un provvedimento complesso, sicuramente impegnativo per l'attività del Parlamento, ma siamo certi che con i miglioramenti introdotti lo «sblocca Italia» può rappresentare Pag. 29un valido strumento al servizio del rilancio del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Salutiamo i bambini e gli insegnanti dell'Istituto comprensivo statale «Francesco Collecini» di San Leucio, Caserta, che stanno assistendo ai nostri lavori (Applausi). È iscritto a parlare l'onorevole Abrignani. Ne ha facoltà.

  IGNAZIO ABRIGNANI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il decreto-legge cosiddetto «sblocca Italia» rappresenta certamente uno dei provvedimenti più complessi e disomogenei delle ultime legislature.
  Presenta un carattere problematico che discende dall'ennesima decisione del Governo di aver unificato, in un unico decreto, misure che incidono su una pluralità di ambiti materiali la cui complessiva riconducibilità ad una ratio unitaria non appare univocamente desumibile neppure dal preambolo e dal titolo del decreto-legge, i quali peraltro danno conto di tutti i settori di intervento: si va dall'apertura dei cantieri, alla realizzazione delle opere pubbliche, alla digitalizzazione del Paese, alla semplificazione burocratica, all'emergenza del dissesto idrogeologico e alla ripresa delle attività produttive. Basta solo il titolo per far capire la «difficoltà» di questa omogeneità del provvedimento.
  Non vi è dubbio alcuno circa la piena titolarità in capo al Governo dell'esercizio del potere di urgenza per disporre gli interventi previsti.
  Ma, in casi come quello all'esame, peraltro assimilabile a moltissimi altri casi analoghi precedenti – sia nel corso del Governo Letta e proseguiti dal presente Governo Renzi, il quale peraltro, appena insediatosi, aveva sconfessato il suo predecessore dicendo che non avrebbe proseguito una siffatta impostazione legislativa deprecando il lavoro svolto dal precedente Governo – sarebbe stato più opportuno forse frazionare i decreti per consentirne un esame più approfondito e permettere uno svolgimento più ordinato e lineare delle procedure parlamentari di conversione.
  Aggiungo inoltre – questo anche a titolo personale – che risulta perlomeno paradossale la decisione assunta dalla Presidenza della Camera di non avere esteso anche alla Commissione attività produttive l'esame in sede referente del provvedimento, considerata la molteplicità delle norme che in materia naturale investono il complessivo sistema delle imprese e degli strumenti legislativi previsti a sostegno del comparto.
  Pertanto siamo di fronte ad un ennesimo decreto-legge dichiaratamente incostituzionale, che si caratterizza specialmente in questa legislatura per testi omnibus che mettono insieme disposizioni del tutto diverse tra loro, come è emerso nel titolo, e che riprendono più volte temi affrontati in provvedimenti immediatamente precedenti dando vita ad una produzione normativa ingestibile, scorretta e illegittima che sfugge alla comprensione dell'opinione pubblica, degli operatori economici e, permettetemi di dire, persino degli addetti ai lavori.
  Un decreto-legge rispetto al quale i messaggi di richiamo inviati dal Presidente della Repubblica e dalla cospicua giurisprudenza costituzionale, dettata dalle sentenze nel rispettare i principi sanciti dall'articolo 77 della Costituzione, sono rimaste parole al vento.
  La tecnica legislativa utilizzata dal Governo rischia anche in quest'occasione di restare un elenco di buone intenzioni: molte delle dichiarate finalità corrispondono, infatti, ad un'ennesima mera facciata, ai desiderata del settore ma che non avranno reale sbocco successivamente. I Governi cosiddetti riformatori a parole, quelli di Monti, Letta e ora Renzi, non paiono infatti distinguersi tra loro.
  Tra questi, limitandomi al provvedimento «sblocca Italia», che segue una lunga sequela di decreti specificatamente adottati nel nome dell'economia con l'intenzione di farla ripartire e che intanto resta immobile, ricordo i cinque decreti del Governo Monti («salva Italia», «cresci Italia», «semplifica Italia», «sviluppo 1» e «sviluppo 2 bis»), i due del Governo Letta, Pag. 30(«del fare», «destinazione Italia») e ora i due del Governo Renzi («competitività» e «sblocca Italia»).
  Un'economia che comunque resta immobile e che nel testo stesso, pur essendo stato emanato nel nome della semplificazione e sburocratizzazione, contiene decine di disposizioni inattuabili, ambigue, mischiate in un pulviscolo di provvidenze e sussidi per proteggere e sostenere minute attività.
  Penso, ad esempio, all'articolo 3 contenente disposizioni urgenti per lo sblocco di opere indifferibili che includono opere come l'asse automazione dei passaggi a livello sulla rete ferroviaria, individuati come priorità, e il superamento delle criticità viarie di ponti e gallerie, assegnando i fondi all'opera con minute modifiche di leggi precedenti, in molti casi da completare con provvedimenti attuativi che non si sa quando arriveranno o, come è successo nel corso dello stesso articolo 3, comma 6, con l'indicazione di una serie di elenchi di opere la cui copertura – e qui vedremo cosa dirà la Commissione bilancio – nasce dalla possibilità di revoche di precedenti opere che non si attueranno.
  Insomma, ci sono le opere di serie «A» e le opere di serie «B»: se per caso, l'opera di serie «A» non verrà completata, ci sarà l'opera di serie «B» che, in qualche modo, ne potrà beneficiare. Se questo sia un tipo di copertura, francamente, ce lo dirà, magari, meglio di noi la Commissione bilancio.
  Moltissime sono anche le norme che favoriscono specifiche attività. Ne cito solo due: l'articolo 31, condhotel, per cui chi ci capisce è bravo; l'articolo 32: Marina Resort e implementazione del sistema telematico centrale della nautica da diporto, il cui contenuto è decisamente vago ed incomprensibile. È confermato anche una norma per costituire un fondo per la patrimonializzazione di imprese industriali italiane poco capitalizzate: ma chissà cosa diranno di questo a Bruxelles.
  E, ancora, il decreto-legge interviene di nuovo su molte materie già incluse nel «decreto competitività», a poche settimane di distanza: evidentemente, qualcuno era rimasto fuori ed ha protestato.
  Su tutto sono sparse a piene mani le ciliegine dei crediti d'imposta per attività e azioni varie: dagli incentivi ad assumere, fino alle misure di favore a singoli settori di attività e tipologie di investimento. In situazioni del genere, peraltro, in un momento in cui non ci sono soldi e le banche non erogano crediti, parlare di crediti d'imposta vuol dire realizzare l'opera e, poi, utilizzare il credito. Francamente, riteniamo che siano ben altre – e noi proseguiamo sempre con il nostro discorso relativo al fondo di garanzia – le misure che questo Governo dovrebbe prendere.
  Norme queste che si aggiungono ai provvedimenti di decretazione d'urgenza che contengono ulteriori – ben venti – crediti d'imposta: una bella aggiunta a quello strano mondo che rappresenta il nostro sistema delle tax expediente, agevolazioni tributarie, delle quali, peraltro, si annuncia sempre lo sfoltimento. Non a caso, molte misure del decreto-legge cosiddetto «sblocca Italia» all'esame sono state numerate come «bis», «ter» e «quater», in quanto infilate all'ultimo momento in provvedimenti già in dirittura finale. Peraltro, nello stesso esame del provvedimento, abbiamo visto interi emendamenti completamente riformulati come emendamenti sicuramente nuovi.
  Insomma, la modernità sta negli annunci e nei principi, ma l'amministrazione resta più complicata che mai e gli interventi per l'economia distribuiscono spiccioli senza smantellare l'accrocchio di vincoli e distorsioni che bloccano ogni iniziativa. Occorre restituire solidi filtri nel Governo e nel Parlamento, con totale rigenerazione dell'attività legislativa, con chiari indirizzi e poteri invalicabili d'interdizione.
  Ad esempio, il piatto – e questo lo voglio veramente sottolineare – che il «decreto sblocca Italia» sta servendo ai potentissimi concessionari autostradali conferma, proprio con questi decreti-legge scritti nel nome del rilancio dell'economia e della competitività, in realtà un'impostazione dirigista e chiusa al mercato. Pag. 31Basta leggere l'articolo 5, secondo cui le società autostradali possono ottenere la proroga della concessione con l'unificazione di tratte interconnesse, impegnandosi a fare investimenti, mantenendo un regime tariffario più favorevole all'utenza. Tutto ciò, ovviamente, senza alcuna gara: alla faccia dell'Autorità, del mercato e dell'Europa !
  In sede di dibattito, ho parlato e ho indicato come, se un regime concessionario andava in qualche modo aiutato, forse questo era quello del nostro turismo balneare, che soffre da tempo, a causa della Bolkestein, di danni irreparabili. Questi concessionari potevano, forse, essere in qualche modo tutelati, ma non attraverso regali di questo genere, perché essi avevano tutte le risorse per far sì che, magari, tanti di quei miliardi, che oggi andiamo a chiedere a Bruxelles, potevano arrivare da loro.
  Inoltre, la mancanza di risorse certe, spendibili, in tempi brevi, da immettere nell'economia reale a favore delle imprese e delle famiglie, l'assenza di regole chiare a tutela del mercato e della legalità, nonché di misure per favorire la libera concorrenza – ho fatto l'esempio del prolungamento delle concessioni delle società autostradali – configurano, nel complesso, un decreto-legge che rappresenta l'ennesima «scatola vuota», che, così come i precedenti provvedimenti d'urgenza adottati dallo stesso Governo Renzi, non avrà alcun impatto positivo ed effettivo sull'economia reale del Paese.
  Un decreto, pertanto, senza fondi reali, come peraltro ammesso dallo stesso Ministro dell'economia e delle finanze, Padoan, lo scorso agosto, o aggiuntivi, ad esempio, per favorire nuovi lavori cantierabili, che interviene non con risorse aggiuntive, ma per finanziare le forme di spesa esclusivamente attraverso la revoca di risorse non impegnate in precedenza, riducendo – ed è stato sottolineato da tutti quelli che mi hanno preceduto – il già esiguo stanziamento dei fondi per l'incentivazione dell'occupazione delle donne e dei giovani del Mezzogiorno, per il rifinanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga.
  Questo è quello che noi abbiamo fatto in quest'ultimo periodo, in questi giorni in cui siamo stati in Commissione e abbiamo dibattuto il provvedimento. Sono stati tre giorni e tre notti intensi di lavoro in Commissione e devo dare atto alla democraticità del presidente Realacci di aver permesso a tutti di parlare e di esprimere la propria idea.
  Ma voglio chiudere parlando di ciò che poteva essere e non è stato, di una occasione perduta, soprattutto, per colpa, permettetemi di dirlo, del Partito Democratico. Non sono d'accordo, signor Presidente, con quanto ha prima dichiarato l'onorevole Pili, è vero, alle tre di notte di venerdì c’è stato un sussulto di orgoglio da parte del Governo, si è parlato di un emendamento che, per pubblica utilità, poteva essere utilizzato dando possibilità per rigassificatori, opere importanti per il Paese.
  Cosa vuol dire pubblica utilità ? Vuol dire decidere, vuol dire superare i veti dei vari sindaci, delle conferenze di servizi e di tutto ciò che si oppone a questo e alla modernizzazione del Paese. Ebbene, questo sussulto di decisionismo del Governo è durato dieci minuti, il tempo che il presidente della Commissione, prima, e il PD, dopo, si spaccassero sul coraggio di affrontare con vigore la situazione, così l'emendamento è stato ritirato.
  Un emendamento di destra, si dice ? No, ma sicuramente era un emendamento per far ripartire il Paese; tuttavia, signor Presidente, come diceva il Manzoni, il coraggio se uno non ce l'ha è difficile che se lo faccia venire; questo Governo, al di là dell’«annuncite», il coraggio non ce l'ha. Vedete cos’è successo nel Jobs Act, dove al primo annuncio positivo è seguita una delega in bianco che, chissà, come e quando verrà riempita.
  Oggi, questa mattina, leggevo un sondaggio che riguarda il Governo Renzi in cui si chiedeva se il Governo Renzi avesse realizzato ciò che aveva promesso: il 9 per cento ha detto «sì», l'83 per cento ha Pag. 32detto «no». Questa è la fotografia del Paese, questa è la fotografia di questo provvedimento che annuncia ma non risolve, che promette, ma non riuscirà a mantenere e questo è il motivo per cui Forza Italia non lo voterà sicuramente (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Onorevole Abrignani, per quanto riguarda la citazione manzoniana, non so se era precisa, ma la ringrazio comunque.
  È iscritta a parlare l'onorevole Daga. Ne ha facoltà.

  FEDERICA DAGA. Signor Presidente, siamo di fronte all'ennesimo decreto-legge che noi chiamiamo «sfascia Italia» e che rappresenta, in pratica, un biglietto di sola andata per la... Grecia. La troika evidentemente ha dato le giuste indicazioni per fare man bassa di tutti i beni essenziali ancora a disposizione, finanziarizzandoli, e nel contempo distruggere l'ambiente, ammalando la cittadinanza, togliendo sovranità e allontanando dalla cittadinanza stessa i livelli decisionali e, quindi, anche la possibilità di creare processi partecipativi.
  L'articolo 7 del decreto-legge «sfascia Italia» mira alla privatizzazione del servizio idrico, un articolato che va palesemente contro la democratica volontà dei cittadini italiani che, nel giugno del 2011, si espressero chiaramente tramite un referendum. Ventisette milioni di cittadini sancirono: fuori l'acqua dal mercato e fuori i profitti dall'acqua. Quel risultato è stato raggiunto con la presa di coscienza della cittadinanza su ciò che significa il diritto all'accesso all'acqua potabile, trasparente e partecipata in contrapposizione alla visione dei vari Governi che insiste ad andare, ancora oggi, nella direzione della mercificazione del bene acqua, prevedendo concorrenza su un bene che, evidentemente, è un monopolio naturale, sul quale non si può avere nessun tipo di concorrenza e il risultato del referendum sull'acqua non è minimamente interpretabile.
  L'articolo 7 modifica profondamente la disciplina riguardante la gestione del servizio idrico, arrivando ad imporre un gestore unico in ciascun ambito territoriale ed individuando sostanzialmente nelle grandi aziende e nelle multiutility i poli aggregativi. In pratica, il pesce più grande mangia quello più piccolo e si aggiudica la gestione di tutto il servizio presente sul dato territorio. Il Governo attua un passaggio propedeutico alla piena realizzazione del piano di privatizzazione e finanziarizzazione dell'acqua, dei servizi pubblici locali e dei beni comuni. Che cosa succede ? Dopo il referendum, in due decreti a firma Monti e poi Letta si è dato in mano alla AEEG tutto il comparto idrico, Autorità terza garante del mercato. Questo significa riconoscere il bene acqua come pura merce da vendere agli utenti, io li chiamo cittadini o esseri umani, che hanno diritto all'accesso all'acqua per poter vivere, essendo l'acqua fonte di vita e madre. Dico io: ma vi vendereste mai vostra madre ? Con lo «sfascia Italia» il gestore unico, guarda caso, sarà scelto tra chi già gestisce il servizio idrico per almeno il 25 per cento della popolazione che insiste sul dato territorio corrispondente, appunto, all'ATO. Questo gestore avrà l'obbligo di risarcire gli altri gestori ai quali subentra con una quota di denaro indicata sempre dall'Autorità, innescando così un meccanismo di privatizzazione deciso dall'alto.
  Sorgono un po’ di dubbi sulle basi di calcolo dell'indennizzo da dare al gestore uscente, dato che l'AEEG ha finora avvantaggiato il gestore e non il cittadino. E sorgono dubbi su quali soggetti gestori saranno in grado di indennizzare i gestori uscenti. Immaginiamo che una multiutility privata abbia maggiore possibilità di esborso di una società di diritto pubblico. Tutto questo è un meccanismo propedeutico a quanto verrà inserito nella legge di stabilità, come annunciato dal numero due del Governo, Delrio, dove verrà imposta o permessa un'ulteriore quotazione in Borsa delle partecipate e nella quale si accoglieranno le indicazioni fornite dal commissario alla spending review, Cottarelli, per Pag. 33quanto riguarda l'accorpamento tra società partecipate, con la creazione di sempre più maxiutility. Essendo ormai i comuni completamente strozzati dal Patto di stabilità interno e strozzati dal sistema economico fallimentare nel quale sopravviviamo, la cosa vergognosa è che tutti gli introiti della vendita delle quote azionarie delle partecipate saranno esclusi dal Patto di stabilità interno. Quando però lo chiediamo noi per combattere il dissesto idrogeologico, questo non si può fare. Allora, il comune strozzato viene così facilmente invogliato a cedere un servizio essenziale alle logiche di mercato. E lo sappiamo che, se la prima chiama alla vendita in Borsa «va buca», il valore delle azioni cala, così da lasciare che i grandi capitalisti neoliberisti si possano prendere con pochi spiccioli un valore riconducibile, per i servizi pubblici locali, intorno ai 100 miliardi di euro; un tesoro che vorremmo restasse ai comuni e che tornasse completamente in mano pubblica, cioè in mano alla cittadinanza. Piccolo esempio di cosa porta questo processo: attualmente un gestore del servizio idrico e rifiuti che opera nel nord Italia ha partecipazioni di società finanziarie con sede in paradisi fiscali, non si sa chi ci sia dietro a queste società. Vogliamo forse ritrovarci con acqua, rifiuti e trasporti gestiti da soggetti completamente irraggiungibili ? Noi vogliamo trasparenza. La scorsa estate, il Ministro Padoan ha dato il via ad un'operazione di denigrazione completa delle società partecipate dagli enti locali, sostenendo che un accorpamento o una vendita avrebbe fatto risparmiare allo Stato 500 milioni di euro. Quindi, risparmiamo 500 milioni e vendiamo servizi pubblici locali per un valore di 100 miliardi di asset finanziario. Addirittura, la Corte dei conti, questa estate, è andata all'attacco dei servizi pubblici locali: ha attaccato espressamente le società partecipate come fonte di spesa intollerabile per lo Stato. Essendo società di servizi pubblici, sembra evidente che considerarle solo dal punto di vista economico significa chiedere di trasferirne i costi dal pubblico agli utenti, quindi si parla di privatizzazione. Ben altro dovrebbe dire la Corte dei conti, cioè che le Spa, società per azioni, in quanto soggetti di diritto privato orientate al profitto, sono un utilizzo di denaro pubblico per scopi privatistici. La Corte ha espresso un punto di vista liberista, sostenendo che l'attuale spesa è incompatibile con il fiscal compact e con il pareggio di bilancio in Costituzione. Così, invece di dire che il fiscal compact e il pareggio di bilancio in Costituzione sono un assurdo da cancellare subito, li si usa come «clava» per le privatizzazioni. E che dire della Cassa depositi e prestiti, usata per aggregare le società di gestione del servizio idrico e le partecipate ? Finora sono stati utilizzati 100 milioni di euro per la fusione di Hera e AcegasAPS e altri 500 milioni sono in arrivo per altre fusioni di molte utility. Per la ripubblicizzazione del servizio idrico servono all'incirca 1 miliardo di euro per tutta Italia: non sarebbe più utile utilizzare i fondi della Cassa depositi e prestiti per rispettare la volontà di 27 milioni di cittadini, invece che per accorpare aziende e alimentare la finanziarizzazione dei servizi essenziali ? Quando sarà tutto privato saremo privati di tutto.
  Noi cittadini in Parlamento eletti sotto il marchio del MoVimento 5 Stelle riteniamo che per sbloccare realmente l'Italia sia necessario bloccare i processi di privatizzazione, e ricostruire una gestione dell'acqua, dei rifiuti e del trasporto pubblico locale e dell'energia prossima ai cittadini e alle amministrazioni locali, per garantire trasparenza, partecipazione nella gestione dei servizi: una grande comunità che, unita, definisce e decide insieme del proprio futuro e di quello dei propri figli.
  L'acqua costituisce un bene comune dell'umanità, un bene irrinunciabile e che appartiene a tutti: è anche riportato nella risoluzione dell'ONU del luglio 2010. Ed è necessario dotare il nostro Paese di un quadro legislativo nazionale che sancisca la natura pubblica del servizio idrico e lo sottragga al regime dei servizi pubblici locali di rilevanza economica.
  C’è una proposta di legge firmata dal MoVimento 5 Stelle e anche dai deputati del PD che giace in Parlamento dal 2007, e che parla proprio di questo. Era stata Pag. 34depositata dai Comitati per l'acqua bene comune: ma non c’è ascolto nei confronti della cittadinanza, e di questo ce ne siamo veramente accorti. Ci sono decine di legge depositate, che mai discuteremo per stare dietro ai vostri decreti-legge.
  Pensate di sbloccare l'Italia devastando l'ambiente ? Questo decreto-legge grida vendetta, ed è un biglietto di sola andata per la Grecia. Allora, vi invito a leggere la nostra proposta complessiva dei cinque macrotemi: si chiama attiva-Italia e parla di un'altra politica per l'energia, il consumo di suolo e il dissesto idrogeologico, le bonifiche, l'acqua pubblica e la gestione dei rifiuti. Ogni tanto sarebbe anche buona cosa prendere spunto dalle idee dei cittadini (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !

  PRESIDENTE. A questo punto sospendiamo la seduta, che riprenderà alle 14,45 con il seguito della discussione sulle linee generali del decreto-legge.

  La seduta, sospesa alle 13,30, è ripresa alle 14,45.

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati La Russa e Scotto sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
  I deputati in missione sono complessivamente sessantanove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Si riprende la discussione.

(Ripresa discussione sulle linee generali – A.C. 2629-A)

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zolezzi. Ne ha facoltà.

  ALBERTO ZOLEZZI. Signor Presidente, lo stalking è entrato a far parte del nostro ordinamento con il decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, che ha introdotto, all'articolo 612-bis del codice penale, il reato di «atti persecutori», espressione con cui si è tradotto il termine di origine anglosassone «to stalk», «fare la posta», con il quale si vuol far riferimento a condotte persecutorie di interferenza nella vita privata di una persona, reato appunto inserito nel codice penale nella sezione relativa ai delitti contro la libertà morale. I comportamenti di minacce e molestie devono determinare uno stato di ansia o costringere la vittima ad alterare le proprie abitudini di vita.
  La fattispecie mira a tutelare la libertà morale come facoltà del soggetto di autodeterminarsi. Tra i vari eventi che questa condotta può causare c’è l'alterazione delle proprie abitudini di vita che può essere vista come una particolare forma di violenza privata.
  Il Governo quindi, a mio parere, sta politicamente «stalkerando» il Parlamento con decreti che alterano l'abitudine che dovrebbe essere quella di legiferare e di scrivere le leggi e di avere anche il tempo di dedicarvisi, mentre invece il tempo viene dedicato ad analizzare provvedimenti disomogenei come questo decreto-legge n. 133 che noi chiamiamo «Sfascia Italia», un decreto caratterizzato da 45 articoli che sono, a mio parere, 45 tonnellate di rifiuti pericolosi, difficili da leggere e difficili quindi anche da smaltire.
  Noi in questo periodo siamo riusciti comunque a produrre qualcosa di nostro, un decreto alternativo che noi chiamiamo «Attiva Italia». Abbiamo inserito, per esempio, in questa nostra proposta l'intensità occupazionale legata alla sostenibilità, dati ormai noti, ma che vanno ripetuti, su cui bisogna «stressare», visto che, già dal febbraio 2012, è noto che investimenti di un miliardo di euro in riqualificazione energetica degli edifici garantiscono oltre 13 mila posti di lavoro che salgono poi a 18 mila nello studio dell'Enea del 2009, contro i 700 posti di lavoro per investimenti in fonti energetiche e fossili o in grandi opere inutili e azzardate, le famose GOIA. Purtroppo, Pag. 35notiamo che sta perdurando un sonno della ragione che sta continuando a generare ecomostri.
  Il CRESME ha confermato durante le audizioni, durante il Comitato di indagine sulla green economy i risultati dell’ecobonus al 65 per cento nella riqualificazione energetica degli edifici, che è stato proposto per la prima volta da noi il 15 maggio 2013, generati oltre 340 mila posti di lavoro con un mercato superiore ai 20 miliardi di euro.
  Il capostruttura contro il dissesto idrogeologico, Erasmo D'Angelis, ha stimato in 7.000 i posti di lavoro per miliardi di euro per interventi contro il dissesto idrogeologico. Giordano Mancini del Movimento della Decrescita felice ha stimato in 3 o 4 mila i posti per miliardo di euro in energia solare fotovoltaica. Questi documenti sono stati inseriti nel documento finale del Comitato sulla green economy. Rispetto a questi numeri sembrano invece poco rassicuranti sul fronte occupazionale i dati forniti dal sottosegretario all'agricoltura Castiglione che ha valutato in poco più di 400 posti per miliardo di euro gli occupati nella filiera del biogas, quindi anche quando si vuol fare energia dai rifiuti, spostandosi dall'incenerimento alla biogassificazione, bisogna stare attenti perché, di sicuro, un conto è un margine residuale di rifiuti, un conto è pensare di investire in questo settore che, di sicuro, non dà occupazione e poi può dare molte problematiche e criticità.
  Il professor Redi ha stimato in 500 gli occupati per un analogo investimento in produzione di energia fossile.
  I dati sopraesposti devono confortare chi teme che sia impossibile coniugare salute, occupazione e tutela ambientale, per cui, a nostro parere, deve essere impressa una decisa spinta negli investimenti e nei settori dove è più urgente e più sensato, come appunto la riqualificazione energetica, non nei settori speculativi, come la produzione energetica da fonti fossili, magari estratti con gravi rischi nei nostri mari o nel nostro sottosuolo, la gestione dei rifiuti mediante incenerimento o biogassificazione.
  Il rapporto occupazionale di 1 a 36 fra produzione di energia con fonti fossili e risparmio energetico e l'analoga proporzione di sostenibilità impongono un chiaro obbligo per tutti i decisori. Occorre, a nostro parere, un piano energetico nazionale che vada nella giusta direzione del superamento del combustibile fossile, verso una nuova rivoluzione energetica, piano a cui anche noi stiamo lavorando con la nostra proposta, nonostante i tempi ridotti da decreti come questo.
  In seguito all'esaurimento dei principali combustibili fossili si sta giungendo alla fine dell'era del carbonio e ad una terza rivoluzione industriale. La civiltà fossile è una civiltà di breve durata molto pericolosa e autodistruttiva, da cui dobbiamo allontanarci rapidamente. La scarsità di approvvigionamento, i costi crescenti e la necessità di autonomia energetica, che ci sottopone a continue tensioni geopolitiche e a vere e proprie guerre, sono legate appunto al continuare a ricorrere alle fonti fossili. Per cui, adesso, il rischio di approvvigionamento, a nostro parere, non si riduce, costruendo nuovi gasdotti che forse sono solo la merce di scambio per costruire e fabbricare e utilizzare un pochino di acciaio nell'Ilva di Taranto. Quindi, si spendono 40 miliardi per costruire il TAP, però non è certo quello che ci può mantenere al sicuro. Ci terrà al sicuro, invece, spingere sulle fonti rinnovabili di produzione nazionale.
  L'inquinamento ed il surriscaldamento stanno determinando anche alterazioni meteorologiche. Il superamento delle 400 parti per milioni di anidride carbonica è sicuramente correlato ad un'instabilità atmosferica.
  Occorre pensare ad un sistema circolare di utilizzo delle risorse e della materia, limitando l'importazione di materia prima e, invece, riutilizzando la materia prima e seconda. Bisogna fondare il sistema produttivo sul rispetto della salute e sulla tutela dell'ambiente. Abbiamo cercato perlomeno di inserire in questo decreto-legge la valutazione d'impatto sanitario nell'attività di estrazione petrolifera, Pag. 36ma il nostro emendamento è stato bocciato (e lo ripresenteremo per l'Aula).
  Per cui, è necessario stabilire delle tappe pluriennali, ma per superare davvero la produzione fossile. Nel nostro Paese questo è molto più facile rispetto ad altre aree del pianeta. Spingiamo sulla microcogenerazione diffusa, basata sul fabbisogno energetico reale, al netto del risparmio realizzabile con l'efficientamento degli edifici e con il ricorso a pratiche produttive e sociali meno energivore, quali la geotermia a bassa e media entalpia – e non la geotermia speculativa, quella che per esempio l'onorevole Abrignani ha tentato di definire come strategica con un suo emendamento, che è stato (meno male) bocciato –, l'energia solare, l'energia idroelettrica, l'energia eolica, l'energia troposferica, l'energia delle maree, l'energia solare, eventualmente anche a concentrazione, però solo in aree industriali abbandonate, in aree dismesse.
  Queste sono le bozze del piano che stiamo scrivendo. Il nostro piano passerà su LEX, sul nostro portale, su cui tutti gli attivisti potranno portare le opportune osservazioni per una politica davvero partecipata e trasparente. Di sicuro, in merito al tema degli idrocarburi, intendiamo che si attui al più presto un processo di riqualificazione energetica degli edifici, lo sfruttamento di fonti energetiche rinnovabili e, seguendo l'esempio di Internet, intendiamo adottare un regime energetico distribuito e collaborativo al contrario dell'attuale centralizzato e gerarchico. Le energie centralizzate sono, appunto, il carbone, il petrolio, l'uranio, lo shale gas, energie di élite, perché non si trovano ovunque e richiedono addirittura il controllo militare. Ricordiamo che, con il sole, 45 minuti di energia solare, di radiazione solare sono in grado di fornire energia a tutto il mondo per un anno intero per sette volte. Il vento: se ne fosse imprigionato il 20 per cento, ci darebbe sette volte più energia di quella di cui necessita l'economia del pianeta.
  È necessario l'immagazzinamento dell'energia, lo stoccaggio energetico, valutandone gli impatti e i costi e perfezionando le proposte già esistenti. Gli enti territoriali dovranno deliberare di diventare oil free, aderendo ufficialmente a programmi di riduzione della dipendenza da fonti fossili. Tali documenti dovranno essere sottoposti a valutazione ambientale strategica completa.
  Le zone con produzioni agroalimentari IGP, DOC e DOCG devono essere considerate, queste sì, di interesse strategico-nazionale, in cui sono vietati interventi di ricerca, prospezione e sfruttamento di idrocarburi con una buffer zone di almeno 5 chilometri. Dovranno essere considerate di interesse strategico-nazionale le aree marine protette con un buffer di almeno 20 chilometri, i siti della rete «Natura 2000», le aree SIC e ZPS, le aree di ricaduta delle falde acquifere, come individuate dai piani di tutela delle acque e dai piani di distretto, le sorgenti con portata maggiore di 50 litri al secondo, le zone classificate come rischio sismico 2 e 3, le aree marine di produzione dei pesci. E, infine, si propone di rivedere tutta la tassazione energetica, eliminando completamente i sussidi alle fonti fossili, sussidi diretti ed indiretti. L'innovazione deve essere collegata al risparmio energetico, introducendo un sistema premiale per le aziende che producono con processi virtuosi finalizzati a ridurre il consumo energetico verso la sostenibilità e l'ecoefficienza.
  Queste proposte appunto saranno sottoposte alla rete, quella rete che ha espresso oltre duecento comitati, che si sono riuniti qui di fronte a Montecitorio mercoledì e giovedì scorso. Questa rete è la cosa che più ci ha soddisfatto di questo periodo di discussione di questo decreto-legge, oltre agli intellettuali che hanno prodotto il documento «Rottama Italia». Gli intellettuali appunto hanno aiutato i cittadini a capire le criticità di questo documento. Purtroppo, questo documento finora non è stato sufficiente ad eliminare alcune delle principali storture del decreto-legge, però confidiamo che si possa avere un ulteriore miglioramento in Aula.
  Per quanto riguarda gli interventi di bonifica, l'annoso problema degli interventi Pag. 37di bonifica, le nostre proposte sono quelle di privilegiare gli aspetti ambientali e sanitari che poi indirettamente causano una tutela anche per quanto riguarda gli aspetti economici. A nostro parere, va introdotto il divieto di commissariamento, al contrario di quello che è scritto in questo decreto-legge. L'inquinamento non è una situazione improvvisa, né tantomeno imprevedibile. Si propone eventualmente l'esercizio dei poteri sostitutivi, senza commissariamento, da parte degli enti sovraordinati, automatici in caso di inadempienza e di inerzia da parte di uno dei soggetti istituzionali deputati. Si propone che gli accordi di programma devono essere sottoposti a valutazione ambientale strategica e a valutazione di impatto sanitario, per permettere l'effettiva partecipazione dei cittadini ai procedimenti. Per le aree più vaste, non può essere lasciata all'autocertificazione la qualificazione dell'entità dell'inquinamento, ma vi deve essere un preciso elenco di sostanze da cercare e schemi di campionamento da adottare con controanalisi su una parte dei campioni da parte delle agenzie ambientali regionali. Sulle aree più piccole, devono essere introdotti controlli a campione sui procedimenti semplificati. La caratterizzazione successiva all'intervento di bonifica e le relative controanalisi devono comunque prevedere un elenco minimo di parametri da analizzare ed eventuali scostamenti devono essere autorizzati specificamente. Il trattamento dei materiali finalizzato alla decontaminazione deve essere la prima opzione. Quando il trattamento è impossibile o poco efficace, tali materiali devono essere smaltiti prioritariamente in discariche già esistenti e autorizzate. Lo stoccaggio sul posto tramite la realizzazione di nuove discariche deve essere consentito in aree con bassa vulnerabilità delle falde e basso rischio per quanto riguarda il rischio idrogeologico e sismico, assicurando il coinvolgimento dei cittadini nelle scelte. Il funzionamento dei sistemi di trattamento a valle delle acque di falda, come intervento di messa in sicurezza, deve essere limitato il più possibile nel tempo, dando priorità agli interventi di rimozione delle fonti di contaminazione. Deve essere annullata a nostro parere la decisione del 2013 del declassamento dei diciotto siti, tra cui era compresa, come ricordo, anche la «Terra dei fuochi», da siti di interesse nazionale a siti di interesse regionale. Occorre inoltre verificare l'esistenza di altre aree da inserire quale sito di interesse nazionale per le bonifiche, anche su segnalazione dei comitati dei cittadini. Va realizzato, entro dodici mesi, un piano nazionale per le bonifiche che assicuri ampia partecipazione da parte degli enti territoriali e dei comitati, realizzando anche un'inchiesta pubblica con visite sul territorio, prevedendo tavoli di lavoro congiunti fra comitati e istituzioni nei siti nazionali di bonifica, anche in quelli declassati. Va obbligato il rispetto del decreto legislativo n. 195 del 2005 sulla trasparenza dei dati ambientali. Per i SIN, deve essere obbligatoria l'esistenza di un registro tumori e delle malattie da esposizione ambientale. Deve essere attivato uno sportello per il cittadino in tutti i siti nazionali per le bonifiche. Le istruttorie relative ai SIN devono essere affidate a personale di ruolo e non a precari della pubblica amministrazione.
  Per quanto riguarda le procedure di affidamento, a nostro parere deve esserci l'obbligo di iscrizione all'albo dei gestori ambientali al momento della partecipazione alla selezione; l'obbligo alla pubblicazione, sui siti Web, dell'autorità procedente, dei curricula dell'azienda selezionata e dell'ultima visura camerale disponibile.
  Su questo tema, appunto, abbiamo presentato queste nostre proposte, perché noi non è che siamo solamente contro il decreto «Sfascia Italia»: volevamo dimostrare che abbiamo alcune idee e sono queste, che cercheremo di portare avanti, anche perché sul tema delle bonifiche c’è stato anche qui un vero e proprio stalking legislativo da parte del Governo; nell'ultimo anno e mezzo si sono succeduti ben cinque decreti sul tema delle bonifiche. È sintomatico che questa corsa alla decretazione d'urgenza sia scattata dopo che Pag. 38diversi casi relativi alle bonifiche sono diventati di dominio pubblico, da Taranto a Bussi, da Brescia alla «Terra dei fuochi», con la nascita di comitati e coordinamenti nazionali per le bonifiche.
  L'aumentato grado di consapevolezza della popolazione rischia di costringere gli inquinatori ad avviare veramente le bonifiche nel Paese, con conseguenti costi per l'apparato industriale italiano, che ha sempre cercato di omettere le proprie responsabilità e non pagare le conseguenze, che oggi sono sotto gli occhi di tutti, di decenni di risparmio sui costi di corretto smaltimento e trattamento dei propri rifiuti.
  I contenuti dei decreti, però, evidenziano la volontà dei Governi di risolvere nel modo più indolore possibile per gli inquinatori la problematica delle bonifiche in Italia, anteponendo le ragioni del profitto a quelle della salute dei cittadini e dell'ambiente.
  Il primo provvedimento è un decreto ministeriale firmato dal Ministro Clini, con cui vengono declassati da siti di interesse nazionale per le bonifiche a siti di interesse regionale ben 19 dei 58 siti. Alcuni ricorsi sono stati vinti per il ripristino del rango di sito nazionale, tra cui la Valle del Sacco.
  Successivamente il Governo Letta ha varato, a giugno 2013, il cosiddetto «Decreto del fare», che prevedeva di non bonificare le fonti di contaminazione (i terreni), ma di agire solo a valle, sulle acque ormai inquinate. Questa norma, che di fatto escludeva dall'obbligo di bonifica, è stata migliorata dopo le proteste dei comitati e del Forum dell'acqua, per cui il Ministro Orlando modificò appunto la norma, ed anche il confronto tra maggioranza e MoVimento 5 Stelle permise di giungere ad un testo che ha risolto le principali criticità.
  Il Governo Renzi ha impresso un'ulteriore accelerazione alle modifiche del testo unico: con il decreto-legge «Destinazione Italia» del dicembre 2013, nella formulazione adottata dal Governo si rendeva possibile ai privati proprietari di aree inquinate di ottenere denaro pubblico a fondo perduto non solo per realizzare nuovi investimenti, ma anche per effettuare la bonifica delle aree, in pieno contrasto con il principio «chi inquina paga». Avrebbero potuto accedere al contributo pubblico anche società e persone condannate per inquinamento ambientale, visto che non vi era alcuna clausola di salvaguardia. Solo dopo una sollevazione dei comitati, e una serrata discussione arrivata in aula tra maggioranza e MoVimento 5 Stelle, è stata stralciata la possibilità di finanziare con i soldi dei contribuenti addirittura la bonifica, che ora rimane in carico agli inquinatori. La maggioranza ha confermato la possibilità di dare ingenti risorse agli inquinatori e sgravi fiscali in cambio di investimenti per la reindustrializzazione. Il rischio che i soldi siano impiegati per le bonifiche rimane comunque alto.
  La maggioranza respinse un emendamento volto a chiarire che questi accordi devono essere sottoposti a valutazione ambientale strategica.
  Con il decreto «Competitività» (detto anche «inquinatore protetto») del giugno 2014, è stata inserita nel testo unico ambientale una procedura semplificata per le bonifiche, basata sull'autocertificazione dello stato di inquinamento da parte dell'inquinatore e il silenzio-assenso sui piani di caratterizzazione presentati dalle aziende da parte delle agenzie ambientali regionali, con la mancanza di un elenco base di parametri da cercare o di schemi di indagine minimi da attuare.
  La norma, convertita in legge senza alcuna modifica da parte del Parlamento, nonostante le reiterate proteste, è sperimentale ed ha una scadenza al 2017.
  In pratica, in un Paese dove sono quotidiane le inchieste sulle false bonifiche, si è aperta una vera e propria autostrada – un'altra autostrada, oltre a quelle previste nel decreto n. 133 – all'elusione degli obblighi di bonifica.
  Per un terreno fortemente contaminato dalla pericolosissima diossina, sarà conveniente autocertificare la presenza di altri contaminanti meno pericolosi (quali per esempio il boro) ed attivare un intervento qualsiasi su questi contaminanti (non presenti Pag. 39magari, come detto) e poi presentare un piano di caratterizzazione, proponendo di cercarne uno solo, come detto, ad esempio il boro, una sostanza meno pericolosa. A quel punto basterà aspettare 45 giorni per il silenzio-assenso sul piano e poi attuarlo. Si cercherà, quindi, solo quella sostanza, che magari neanche c'era.
  L'Agenzia ambientale farà le controanalisi sul 10 per cento dei campioni e non potrà che confermare l'assenza della sostanza, e la diossina, magari, resterà lì e nessuno la cercherà. Il risultato è che il terreno risulterà bonificato e vi si potrà svolgere sopra qualsiasi attività, compreso costruirvi un parco giochi, un albergo o un ristorante.
  Il proprietario non rischia praticamente nulla, perché, intanto, le controanalisi si fanno su pochissimi campioni. Anche se si dovesse fare una ricerca più ampia, trovando nei terreni la diossina, al massimo il proprietario potrà dire di non averla mai cercata; non correrà neanche il rischio di essere accusato di autocertificazione falsa, al massimo dovrà ripetere la procedura. È una norma che spinge a mettere la polvere inquinata sotto il tappeto, però nel 2018 il Governo potrà dire, almeno con le carte, di avere bonificato l'Italia.
  In realtà, quello che stiamo attendendo è l'approvazione, ed eventualmente anche il miglioramento, della proposta di legge sui reati ambientali – ci risulta che, finalmente, si sia messa in moto la Commissione ambiente del Senato –, la proposta di legge che vuole penalizzare alcuni reati ambientali, nonché la proposta di legge di riforma delle agenzie ambientali, per avere finalmente dei controlli adeguati.
  Con questo decreto che affrontiamo in Aula, il decreto «sfascia Italia», varato il 12 settembre 2014, si estende il sistema Mose a tutti i siti nazionali per le bonifiche e ad eventuali altre aree a scelta da parte del Consiglio dei ministri. Il Consiglio dei ministri può decidere che una di queste aree diventi «di interesse», sentita la Conferenza Stato-Regioni. A quel punto, scatta immediatamente il commissariamento: il commissario governativo potrà varare strumenti urbanistici, anche per introdurre previsioni edificatorie, derogare alle norme sulle bonifiche – addirittura, quelle approvate solo sei mesi fa nel decreto «Destinazione Italia» –, decidere un cronoprogramma degli interventi.
  L'attuazione delle scelte commissariali sarà assegnata dal Consiglio dei ministri ad un soggetto attuatore, che provvederà ad usare le risorse, ad esempio quelle pubbliche per la bonifica, e a realizzare le previsioni edificatorie. Una sorta di «Consorzio Venezia Nuova» al quadrato, estesa, potenzialmente, a decine di aree in Italia.
  Con il decreto-legge n. 133 si è impegnato il Parlamento, con un'azione di vero e proprio stalking, perché bisognava capire tutte le nefandezze contenute, la ragnatela appiccicosa fra articolo e articolo, tra lobby e affarismo, con le lobby onnipresenti in Parlamento, fuori dai corridoi della Commissione (vedi Enel e Terna, presenti anche l'ultimo giorno di discussione in Commissione).
  Ragnatela, per esempio, fra articolo 10 e articoli 35 e seguenti, fra 20 miliardi della contabilità speciale e ordinaria di Cassa depositi e prestiti e il finanziamento ad attività che diventano strategiche, quali trivellazioni, coltivazione di idrocarburi, costruzione di inceneritori e autostrade, ferrovie insostenibili come il TAV tra Brescia e Padova o il terzo valico ligure, galleria che, addirittura, ha avuto una recente frana durante l'alluvione di Genova del 10 ottobre, con il deragliamento di un treno Frecciabianca.
  Per cui, c’è da valutare quello che succederà al cittadino italiano, che adesso ha il suo risparmio, il suo piccolo risparmio, quello che è considerato nella contabilità speciale di Cassa depositi e prestiti, che risulta essere a rischio, perché il Ministero dell'economia e delle finanze può decidere di destinarlo, ritenendolo strategico, a qualsiasi di queste azioni che ho elencato.
  Ma anche se decidesse di investire i suoi soldi a livello di mercato, con i project bond, rischia di comprarsi le azioni dell'Autostrada cispadana. Questo può avvenire Pag. 40anche a insaputa del cittadino: ci vorrebbe maggiore trasparenza sui titoli di investimento, ma, visto che esiste ancora una maggioranza di banche definite «armate», perché, indirettamente, investono anche nel settore degli armamenti, non è facile arrivare a questa trasparenza.
  In questo decreto si è parlato di incenerimento, per esempio mirando al discorso delle ecoballe in Campania. Ricordo sempre l'audizione del generale Jucci, che, tra i tanti dati, visto che si parla sempre di mancanza di coperture, ci fa presente che l'incenerimento delle ecoballe – era il 2007 – è previsto che costi circa 700 milioni di euro. Lo stesso generale diceva che con il trattamento in discarica si spenderebbero 35 milioni, quindi 20 volte meno.
  Lungi dal voler semplificare troppo, però spingo tutti i presenti a ragionare su questo dato, perché un recupero di materia e un eventuale stoccaggio sicuramente potrebbero essere più sostenibili, visto che una parte dei rifiuti sono semplicemente rifiuti solidi urbani, che l'Europa ci dice di stare il più lontano possibile dall'incenerimento e che quelle ecoballe, in realtà, erano già state dichiarate non inceneribili perché il materiale non era stato raccolto in maniera adeguata.
  Abbiamo visto il discorso trivellazioni, addirittura con un colpo di mano tentato nel tardo pomeriggio di venerdì scorso, in cui un emendamento è stato dichiarato inammissibile, dopo la nostra segnalazione, e le nostre proteste. E devo dire anche grazie all'azione poi del presidente della Commissione che ha rivisto la propria opinione sull'ammissibilità di questo emendamento, che voleva dichiarare strategiche, addirittura, le infrastrutture petrolifere. Per «strategiche», lo ricordo a chi ascolta, si intende che per realizzarle, per espropriare i terreni si può ricorrere perfino all'esercito, quindi si tratta davvero di una situazione paradossale.
  Sugli altri lavori, sottolineo le compensazioni a Genova, la costruzione di una metropolitana (io ho proposto un emendamento per chiedere almeno la valutazione del rischio di dissesto idrogeologico): un'altra compensazione, visto che si parla dell'area vicino al fiume Bisagno che sappiamo purtroppo, al momento, non è in sicurezza e i ricorsi al TAR, non più effettivi, ma che non hanno in realtà mai bloccato alcun lavoro in Liguria. Forse in Liguria sarebbe da pensare all'assessore Paita che è candidata alla presidenza della regione Liguria e che risultava in campagna elettorale la sera dell'alluvione di Genova, mentre l'allarme meteo nazionale era stato lanciato ben tre giorni prima.
  Faccio una citazione e poi concludo. Dante, afferrando il dannato per i capelli della collottola: «Ti converrà dire il tuo nome, se vuoi che ti rimangano capelli in testa». Dannato: «Per quanto tu mi strappi i capelli non ti dirò chi sono io, nemmeno se per mille volte mi piombi sul capo con tutto il tuo peso !». Allora, Dante nel pieno del suo sdegno, questa volta violento, gli strappa più di una ciocca di capelli. Allora, un altro traditore parla chiedendo che avesse Bocca degli Abati da strillare tanto: «Che non ti basta il solito batter dei denti ? Che diavolo hai ?». Dante ebbe la conferma del sospetto che Bocca degli Abati fosse il traditore della sanguinosa battaglia di Montaperti nelle file guelfe. Allora, Bocca degli Abati iniziò a nominare quanti più altri possibili, dicendo tutti i nomi; cercò di svergognare quanti più compagni possibili presenti in questo girone, nell'Antenora, il girone dedicato ai traditori della patria. Sono puniti nell'Antenora, che prese il nome da un personaggio già omerico che fu il traditore della città di Troia. In nessuna altro luogo dell'inferno si era assistito a una mancanza di solidarietà tra i dannati così totale e sistematica come in questo cerchio dei traditori. Questo decreto è scritto da traditori della patria che presto inizieranno a sbranarsi tra di loro.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Zolezzi. Due precisazioni: è facoltà chiaramente sua attenersi ed esprimere le sue idee, in base all'esercizio retorico che crede. Pur tuttavia, paragonare l'azione del Governo allo stalking può essere un paragone molto forte, tenendo presente Pag. 41che si tratta di un reato penale e soprattutto che dietro lo stalking, al di là della suggestione politica, ci sono poi eventualmente anche drammi umani e questioni importanti.
  È iscritta a parlare l'onorevole Mannino. Ne ha facoltà.

  CLAUDIA MANNINO. Signor Presidente, preciso che il mio collega ha parlato di stalking politico, non di stalking fisico.
  Come prima cosa mi piacerebbe potere intitolare questo mio breve intervento con poche parole e nello specifico mi auguro di essere smentita. Parlare di questo decreto per me è abbastanza imbarazzante sia come cittadina, sia come architetto, ma dovrebbe esserlo anche di più per la parte politica che sostiene il Presidente del Consiglio, perché hanno spostato di fatto l'asticella del cemento un bel po’ più avanti rispetto al traguardo e i palazzinari d'Italia di fatto stanno festeggiando.
  La smania edificatoria che ha sempre serpeggiato in questo Paese dopo vent'anni di obiettivi sfiorati non avrebbe potuto sperare meglio. Sì, è vero, come diceva il presidente della Commissione Realacci questa mattina, non c’è una parola che parla di nuove cementificazioni all'interno di questo decreto, però bisogna avere anche una visione d'insieme, perché nel momento in cui io riduco le entrate delle amministrazioni pubbliche, in particolare mi riferisco all'articolo 17, che diminuisce le entrate e gli oneri di urbanizzazione per le ristrutturazioni, di fatto, vista la scarsità di entrate che arrivano all'interno dei comuni e sapendo che il 90 per cento delle entrate delle pubbliche amministrazioni derivano dell'edilizia, non si fa altro che incentivare le nuove costruzioni che sono più redditizie rispetto alle ristrutturazioni.
  Critichiamo pesantemente l'intero impianto, perché ribalta la strada tracciata dalla nostra Costituzione, in particolare all'articolo 9, che recita – lo voglio citare all'interno di quest'Aula –: «La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della nazione».
  E se questo non bastasse, vi sono anche fiumi di sentenze che tracciano l'orientamento del nostro Paese per quanto riguarda il patrimonio artistico e paesaggistico, sentenze che hanno tracciato una linea tra regole e mercato, individuando l'assoluta prevalenza del patrimonio culturale rispetto a quello economico. Tra queste, la prima fra tutte è quella della Corte costituzionale del 1986. Ve ne vorrei leggere un breve tratto: «(...) i tratti caratteristici del territorio nazionale che concorrono in modo essenziale a costituire il paesaggio come bene costituzionalmente protetto (articolo 9 della Costituzione), e che in quanto tali vanno sottoposti ad un regime di tutela idoneo a garantirne la salvaguardia, privilegiando le esigenze di conservazione su quelle di trasformazione del territorio suscettive di compromettere i valori paesistici. Trattasi di innovazione legislativa di largo respiro, capace di realizzare una inversione di tendenza sui processi economici, e di promuovere, sul piano sociale, le esigenze connesse ad una migliore qualità della vita». Questo decreto-legge va in direzione completamente opposta.
  Il testo del decreto-legge finisce per porre sullo stesso piano la tutela del patrimonio e lo svolgimento di attività economica, sia pure pubblica. Viceversa, la Costituzione pone la tutela del patrimonio storico e artistico della nazione tra i suoi principi fondamentali e collega la regolazione, mediante programmi e controlli, dell'attività economica pubblica, affinché possa essere indirizzata e coordinata ai fini sociali, nell'ambito dei rapporti economici, ovvero all'articolo 41, in posizione decisamente subordinata rispetto ai principi fondamentali che sono espressi nei primi dodici articoli della nostra Costituzione.
  Appare evidente la distanza che intercorre tra la gerarchia dei valori stabilita dalla Carta costituzionale e la loro sostanziale equiparazione ipotizzata dalla formula normativa testé esaminata. In particolare, mi riferisco all'articolo 25, ma anche il modus operandi introdotto dall'articolo 1 e dall'articolo 38 non sono da Pag. 42meno. L'articolo 35 sferra un attacco al cuore della Costituzione, se non anche a quello della proprietà, anch'esso cautelato dalla nostra Costituzione all'articolo 45.
  Con l'articolo 25 del decreto-legge n. 133 si introduce l'utilizzo del silenzio-assenso: un vecchio arnese che diversi Governi Berlusconi avevano affilato, ma i cui effetti deleteri sul patrimonio pubblico sono stati evitati in extremis grazie a impegnative campagne di forte mobilitazione di sinistra, di certo non quella sinistra che oggi è presente in quest'Aula o in questo Governo.
  Oggi l'attivo esercizio della tutela sulla quale poggia l'intero impianto protettivo del patrimonio artistico culturale pubblico è stato degradato. Il partito privato del cemento supera senza ostacoli gli organi di garanzia inaugurando una stagione senza ritorno. Noi continueremo a dare battaglia in tutte le sedi e con ogni mezzo lecito, perché riteniamo che un patrimonio pubblico più fragile rende più fragile la nostra democrazia.
  Ma questa non è la posizione del MoVimento 5 Stelle, è la legge che ci dice la strada da prendere. La legge n. 241 del 1990, recante norme sul procedimento amministrativo, esclude i procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico. In altre parole, il patrimonio e la sua centralità nell'ordine degli interessi nazionali vanno intesi come primari e assoluti di fronte a qualsiasi tornaconto privato. L'eventuale silenzio-assenso di un pubblico ufficio non può mai e poi mai valere come assenso.
  Un esempio tra tutti: all'interno dell'articolato di questo decreto-legge si mettono sullo stesso livello il valore dei siti archeologici del nostro Paese e le esigenze infrastrutturali. Le linee guida dei siti archeologici devono essere decise insieme al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Abbiamo presentato degli emendamenti affinché ci fosse un cambiamento. Infatti, non riusciamo a capire perché il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti si deve esprimere per quanto riguarda i siti archeologici. Avremmo capito una concorrenza con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ma con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti... Sinceramente, vogliamo far finta di non capire, anche se ci è molto chiaro. Gli esempi più vicini (la metropolitana romana, la linea metropolitana in Sicilia) parlano abbastanza chiaramente, in effetti.
  Ecco perché questo articolo è pericoloso per la tutela del nostro patrimonio.
  Questo provvedimento fa strame della democrazia perché allenta l'intelaiatura della tutela sulla quale si fonda il nostro patrimonio artistico e culturale. Significa sbullonare il tessuto di un intero Paese. Lo «sblocca Italia» mina completamente l'articolo 9 e la giurisprudenza che lo incornicia. Per formazione personale, altro dramma di questo decreto-legge è l'articolo 17 che, a fronte di una ipotetica sburocratizzazione, va in deroga alle norme urbanistiche.
  Al comma 1 si inseriscono nell'ambito delle procedure di frazionamento e accorpamento per la manutenzione straordinaria le deroghe al carico urbanistico. Ci chiediamo chi ha scritto questo articolo perché il carico urbanistico rappresenta una qualità dell'abitare. Il carico urbanistico vuol dire che, se io prendo un edificio, un centro commerciale, ad esempio, e lo trasformo tramite il frazionamento in tante unità abitative, non garantisco a chi abita in quell'immobile i servizi essenziali quali sono le scuole, gli ospedali, le strade, i posteggi, i giardini.
  E, ancora, sempre all'interno dell'articolo 17, vi è, a nostro avviso, un'assoluta presa in giro di quello che è il cambio di destinazione d'uso. Si dice che queste procedure semplificate l'unica cosa che escludono è il cambio di destinazione urbanistica. Ora da architetto – sono sicura che anche gli uffici ne sono consapevoli – posso dire che questo ostacolo è facilmente aggirato dalla prassi. Poiché, quando si apre un cantiere, lo si chiude con il fine lavori, lo si riapre per un cambio di destinazione d'uso, senza modificare nulla e senza male interpretare la norma.Pag. 43
  Sono spariti dalla regolamentazione gli elaborati di rilievo. Un professionista (e con la crisi che c’è ad oggi nel settore è disposto a prendere qualsiasi lavoro) nel momento in cui non deve presentare tra la sua documentazione il rilievo viene sottoposto al ricatto del committente. Siamo in una situazione in cui i liberi professionisti diventano schiavi dei propri committenti.
  E, poi, ancora, per assurdo alla lettera n) e sempre all'articolo 17, si dà una nuova definizione delle destinazioni urbanistiche. Noi siamo coscienti che sicuramente la pianificazione urbanistica, i piani regolatori sono sicuramente uno strumento ormai scaduto che vada modificato, aggiornato, adeguato alle esigenze della nuova pianificazione, però non in questo modo. Non con un decreto-legge.
  Non si capisce come si possa definire la destinazione urbanistica secondo un principio di prevalenza: in Commissione ambiente abbiamo fatto un esempio molto pratico. Abbiamo detto: prendiamo un edificio di cinque piani dove il piano terra è un'attività commerciale, il primo piano sono uffici e gli altri tre piani sono abitazioni. Secondo questo decreto-legge, questo edificio avrà una destinazione urbanistica prevalente di residenza. Mi chiedo allora poi i notai come faranno a fare la vendita di una particella, di un'unità immobiliare di questo edificio, ad esempio, al piano terra che è un'attività commerciale. Come faranno a venderla come abitazione se in realtà è un'attività commerciale. Questo è il modo con cui si scrivono le norme da vent'anni a questa parte, senza coordinarsi con il resto.
  A tal proposito, vorrei citare una frase di Giolitti che diceva che per gli amici le leggi si interpretano, per i nemici si applicano. Questo articolo, questa lettera n) scritta in questo modo mi fa pensare ai tanti immobili che sono in mano agli speculatori edilizi, al partito del cemento, che hanno una destinazione urbanistica a piano terra magari come attività commerciale e per la crisi economica in cui ci troviamo non riescono a venderlo. Allora, probabilmente, dando una destinazione urbanistica come residenza, su cui le tasse sono meno pesanti rispetto ad un'attività commerciale o ad un ufficio, è più conveniente per questa categoria, e questa lobby, come dire, trovare giovamento da questa norma.
  A tutto ciò si aggiunge anche un contrasto perché ci chiediamo chi risponderà delle innovazioni inserite all'interno di questo decreto-legge per tutto quel che riguarda gli atti in itinere. Fino a prova contraria la riforma del Titolo V della Costituzione sulle competenze regionali, comunali o statali non mi pare sia ancora stata fatta. Si sta, a mio avviso, aprendo la strada ad una serie infinita di contenziosi che impegneranno i TAR di tutta Italia. Altro che strage di Genova, e si vuole dare la responsabilità al TAR !
  Ma, forse, c’è ancora qualcosa di buono all'interno di questo decreto, oltre alla mole di lavoro che stiamo dando in mano alla Corte costituzionale, che ci auguriamo intervenga prontamente su questo decreto. È passato un nostro emendamento: riteniamo questo un importante passaggio, a dimostrazione del fatto non tanto di quello che contiene l'emendamento, anche se sicuramente è importante, ma più che altro nel modo. È la prova che, se si vuole fare realmente qualcosa per il Paese e per i comuni che sono con l'acqua alla gola dal punto di vista delle entrate, si può fare con delle proposte normative anche molto semplici. È passato un nostro emendamento che, di fatto, sanziona le amministrazioni pubbliche o gli amministratori che non fanno rispettare le leggi sull'abusivismo: non è stato difficile.
  Concludo, facendo i complementi, quindi – come abbiamo ribadito più volte in Commissione –, al Partito Democratico e a coloro che lo appoggiano, ma al Partito Democratico in particolare, che, in un solo atto, su cui verrà posta sicuramente la questione di fiducia, è riuscito a fare tutto quello che vent'anni di Berlusconi non era riuscito a fare. Facciamo veramente i complimenti.
  Concludo, facendo alcuni richiami alle relazioni della relatrice Braga e del presidente Realacci. Non ho sentito una parola dalla collega Braga in termini di Pag. 44conflitto d'interessi. All'articolo 1 del decreto si parla del commissariamento, della definizione come commissario dell'amministratore delegato di Ferrovie dello Stato: lui stesso diventa commissario delle opere ferroviarie, andando in deroga a tutti i principi di partecipazione.
  Non ho sentito una parola per quanto riguarda le ferrovie del Meridione, che vengono inserite sempre all'interno dell'articolo 1, ma che hanno una copertura finanziaria inferiore al 50 per cento.
  Non ho sentito una parola sull'articolo 3, che parla della divertente situazione a cui si è assistito in Commissione sulle graduatorie delle opere da fare, in cui ognuno, per soddisfare le esigenze dei propri territori, ha messo in graduatoria le opere dei propri ambiti di provenienza, pur sapendo che non c’è la copertura economica.
  Non ho sentito una parola sull'articolo 6, dove c'era un emendamento non del MoVimento 5 Stelle, che semplicemente voleva estendere la banda larga prioritariamente alle scuole. Bocciare un emendamento di questo genere la dice lunga su quella che è l'intenzione del decreto.
  Non ho sentito una parola sulle procedure di infrazione che partiranno nel momento in cui togliamo i fondi CIPE per la depurazione delle acque ai comuni che non hanno avviato la progettazione o l'esecuzione delle opere. La Commissione europea non ci dà come facoltà la depurazione delle acque, ce lo dà come obbligo. Quindi, noi, a causa di alcuni amministratori inadempienti, esponiamo il Paese Italia a delle procedure di infrazione.
  Dal presidente Realacci ho sentito parlare della linea BreBeMi: allora, mi chiedo come mai non sono passati in Commissione gli emendamenti abrogativi delle linee considerate inutili.
  Non ho sentito parlare dei fondi necessari affinché si superi effettivamente quello che in campagna elettorale viene sempre considerata come la questione meridionale: bisogna investire nelle strutture nel Meridione e, come detto, non c’è neanche il 50 per cento delle coperture.
  Si è parlato della Orte-Mestre, una strada che già è stato detto che tanto non verrà realizzata. Allora, parlando della Orte-Mestre, mi viene da pensare alle tante associazioni cooperative e società del Ponte dello stretto di Messina, a cui sono stati dati soldi e agevolazione per un'opera che non si farà mai; e la stessa cosa si sta facendo sulla Orte-Mestre.
  Non ho sentito una parola sulle ipotetiche lettere, messaggi o non si sa cosa, ricevute dai sindaci dal Presidente del Consiglio sulle opere necessarie. Abbiamo chiesto in Commissione trasparenza, abbiamo chiesto di capire in che maniera questi sindaci hanno risposto al Presidente del Consiglio: con lettere ufficiali, mail, posta certificata, sms, bigliettini. Non ci è dato sapere. Di fatto, con un'innovazione normativa, quella di dare quindici giorni di interscambio letterario, chiamiamolo così, tra i sindaci e il Presidente del Consiglio, si sono dati i fondi per delle opere necessarie, che non si sa quali sono e per quali territori.
  Concludo, dicendo che, appunto, la relatrice Braga, o il presidente Realacci, non ricordo, parlava di un provvedimento che introduce speranza e idee ambiziose. Queste sono sicuramente bellissime parole, però ci chiediamo: il coordino con la normativa vigente, dov’è ? Prima, risolviamo alcuni problemi di competenza individuati, ancora, dalla Costituzione e, poi, ci inventiamo gli strumenti per accontentare e per fare campagna elettorale al Partito Democratico.

  PRESIDENTE. Onorevole Mannino, quanto alla precisazione sull'intervento dell'onorevole Zolezzi che lei ha fatto, io la invito a guardare il resoconto stenografico e vedrà che il riferimento è stato puntualmente al reato di stalking.
  È iscritta a parlare l'onorevole Serena Pellegrino. Ne ha facoltà.

  SERENA PELLEGRINO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, non avrei mai immaginato di dover intervenire in quest'Aula su un decreto-legge così devastante per il nostro Paese, per la sua democrazia Pag. 45e la legalità, per il suo ambiente e per le sue proposte di futuro. Mai avrei pensato che il segretario di un partito che pure si dichiara di centrosinistra, anzi, alle volte di sinistra, riprendesse come azione di Governo l'ideologia più retriva e le peggiori malefatte legislative, caratteristiche dei Governi Berlusconi. Ciò che non è riuscito ai Lunardi, ai Tremonti, ai Matteoli, con questo decreto-legge viene, oggi, conseguito dai Lupi, dalle Guidi e dai Galletti; Ministri di Renzi, ma portatori di una concezione di destra del governo della cosa pubblica e dello sviluppo. Personaggi politici buoni per tutte le stagioni, ma culturalmente e concretamente sempre al servizio permanente ed effettivo delle lobby, degli speculatori, dei petrolieri e dei cementificatori.
  Altro che rottamatore della vecchia politica ingessata e inconcludente, signor Presidente, con questo decreto-legge il Presidente Renzi e i suoi Ministri, incapaci, inutili e in palese conflitto di interesse, hanno prodotto un intervento legislativo con un'idea di sviluppo vecchia, pieno di provvedimenti fallimentari, strutturalmente antiambientale e incapace di dare al Paese uno sviluppo moderno e duraturo, in grado di rispondere alle necessità presenti, in una prospettiva di compatibilità sociale e ambientale.
  Non solo, a sostegno di queste vecchie e improduttive modalità di sviluppo, vengono messi in campo devastanti meccanismi di deroghe, commissariamenti, accentramento delle decisioni, condoni mascherati, esautoramento e asservimento delle amministrazioni locali. I risultati sono evidenti: una gestione centralista e autoritaria, che calpesta o deroga ai principi di democrazia, trasparenza e legalità che si è data l'Italia repubblicana e fa prevalere solo interessi di tipo economico che sottomettono gli interessi pubblici, cioè i principi costituzionali di rango prioritario e sovraordinato.
  Abbiamo il dovere di gridarlo, il decreto «sblocca Italia» rappresenta l'ennesimo vulnus ai danni della democrazia costituzionale del nostro Paese, presentando profili di incompatibilità con diverse norme costituzionali e con la giurisprudenza che è già ripetutamente intervenuta sull'utilizzo distorto dello strumento del decreto-legge. Questo ricorso continuo all'uso della decretazione d'urgenza da parte del Governo produce uno svuotamento e una mortificazione del ruolo del Parlamento, in palese contrasto ai dettami dell'articolo 70 della Costituzione, che affida alle due Camere l'esercizio della funzione legislativa. Negli ultimi anni abbiamo, infatti, assistito ad una crescita sempre maggiore del ruolo del Governo nella legislazione, con conseguente erosione delle competenze parlamentari. I dati sulla legislazione, in particolare la somma degli atti con forza di legge e dei disegni di legge di iniziativa governativa, mostrano un Governo dominus incontrastato della produzione normativa.
  Per l'ennesima volta il Governo Renzi procede a colpi di decretazione d'urgenza, pur in assenza dei requisiti, con un provvedimento eterogeneo e disorganico, privo di una qualsivoglia matrice unitaria. Il paradosso è che già a partire dal titolo si rivela l'eterogeneità delle materie trattate da questo decreto-legge, dove si passa dalla realizzazione di opere pubbliche a misure a favore delle attività produttive, dalla semplificazione burocratica, alla lotta al dissesto idrogeologico. Evidentemente, si è pensato che bastasse introdurre alcune delle materie trattate per far sembrare il testo omogeneo, ma lo stesso titolo è incompleto, non essendo esplicativo rispetto all'eterogeneità dei temi compresi nel decreto-legge e non rappresentando una serie di disposizioni in materia di bonifiche, di ammortizzatori sociali, di trasporto pubblico locale, di veicoli a basse emissioni e così via presenti nel testo del decreto-legge. L'insufficienza di omogeneità di questo decreto-legge è poi intrinsecamente connessa con l'insussistenza, in molte norme previste, dei presupposti di necessità e di urgenza.
  Che dire poi dei ripetuti strappi alla Costituzione presenti nel decreto-legge ? I casi più eclatanti riguardano, in particolare, le competenze tra Stato, regioni ed Pag. 46enti locali, con il reiterato scavalcamento delle prerogative delle regioni e degli enti locali.
  Si interviene su materie che l'articolo 117 della Costituzione attribuisce alla legislazione concorrente, competenze condivise, dove entrambi i soggetti concorrono, ciascuno nell'ambito delle proprie competenze, e che invece vedono lo Stato prevaricare sugli enti locali. Questa forzatura costituzionale viene inoltre aggravata dalla previsione, reiterata in diversi articoli dal decreto riguardante opere e impianti da realizzare, di considerare questi ultimi di interesse strategico nonché di preminente interesse nazionale e di pubblica utilità.
  Grandi proclami, signor Presidente, ma esaminiamo alcune norme previste nel decreto, che esemplificano al meglio gli strappi costituzionali e normativi. All'articolo 1 si vuole accelerare l'esecuzione di alcune opere infrastrutturali prevedendo la nomina di un commissario a cui si danno ampi poteri, anche in deroga alle normali procedure, e questo potrà provvedere all'approvazione dei progetti, alla rielaborazione dei progetti anche già approvati, ma non ancora appaltati; si potrà bandire la gara anche sulla base dei soli progetti preliminari. Contestualmente si prevedono, sempre con procedura derogatoria, una riduzione dei tempi sia in sede di Conferenza dei servizi sia per quanto concerne i pareri, i visti e i nulla osta relativi agli interventi. Per quanto poi attiene alla norma sugli aeroporti, anche se sarà ancora necessario il parere favorevole della regione interessata, questo parere sostituirà la verifica di conformità urbanistica, scavalcando l'eventuale dissenso dei comuni. Se non è accentramento questo, non so che cosa sia. Sempre all'articolo 1, il contratto di programma 2012-2016, stipulato tra Rete ferroviaria italiana e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti lo scorso 8 agosto 2014, senza che venga tenuto conto del parere delle Commissioni parlamentari, viene approvato, e la verifica della Corte dei conti viene subordinata. Che dire poi dell'articolo 33, dove la nomina di un commissario straordinario del Governo per l'attuazione dei programmi di risanamento ambientale, e la bonifica di Bagnoli esautora di fatto il ruolo centrale che dovrebbe essere svolto dal comune di Napoli ?
  Sono le regioni, poi, ad essere espropriate dal ruolo primario di programmazione e gestione dei rifiuti. Con l'articolo 35, infatti, l'individuazione e la realizzazione di nuovi inceneritori sarà gestita a livello centrale. Lo «sblocca Italia» ha fatto diventare strategici persino gli inceneritori dei rifiuti, mentre l'unica vera strategia in fatto di rifiuti solidi urbani rimane quella europea, che mette al primo posto la riduzione della produzione dei rifiuti, al secondo la raccolta differenziata e il riuso. I termovalorizzatori e altre forme di recupero energetico e le discariche sono considerati solo dei processi residuali nel ciclo dei rifiuti. Non si capisce allora perché non si sia definita strategica la raccolta differenziata quanto, almeno, se non in più degli inceneritori. Forse perché se l'Italia rispettasse veramente le direttive europee, portando la quota attuale della raccolta differenziata dal 41 al 65 per cento dei rifiuti urbani, i nuovi inceneritori, più che strategici, sarebbero inutili e obsoleti, situazione che si sta in effetti verificando in paesi come la Svezia e l'Olanda, dove gli inceneritori, affamati dalla raccolta differenziata locale, oggi devono importare rifiuti dall'estero.
  In numerose norme del provvedimento sono poi contenute diverse previsioni di deroga alla normativa vigente, di dubbia costituzionalità. Si pensi solo alla sensibile riduzione dei tempi attualmente vigenti entro i quali gli enti territoriali, i soggetti interessati e le comunità locali possono far pervenire al Governo centrale le loro osservazioni e deduzioni rispetto alla realizzazione di impianti e opere e alla loro compatibilità ambientale. Il caso più eclatante è contenuto nell'articolo 38, laddove non solo tutte le attività connesse allo sfruttamento dei giacimenti degli idrocarburi diventano di interesse strategico nazionale, ma – e al peggio non c’è mai fine – vengono anche tolte alle regioni, e Pag. 47accentrate allo Stato, le procedure di VIA per le attività di ricerca, prospezione ed estrazione in terraferma.
  Mentre a livello internazionale, coscienti dei danni che stanno causando i mutamenti climatici causati dall'uomo, si cerca il modo migliore per uscire dall'egemonia del fossile, qui si autorizzano e rilanciano ricerche, trivellazioni ed estrazioni ovunque con royalties irrisorie, senza obbligo di ripristino in caso di incidente. E il Presidente Renzi ha avuto il coraggio di dichiarare che con lo «sblocca Italia» non si sarebbe avuto l'ultimo disastro di Genova. Evidentemente non sono bastate le passate, disastrose esperienze di gestione commissariale in tema di gestione dei rifiuti, depurazione, fognatura e bonifica, rischio idrogeologico, che oltre a non aver risolto le decennali emergenze, sono state esse stesse causa di sprechi, di blocco delle procedure, di inchiesta a scapito della trasparenza e della legalità.
  Nei fatti, esautorando gli enti locali e le regioni, ricorrendo a piene mani allo strumento del commissariamento e delle deroghe si torna al modello Bertolaso, che ha prodotto i danni della corruttela che abbiamo purtroppo imparato a conoscere.
  Non è un caso che in un'audizione alla Commissione ambiente in merito all'applicazione di questo decreto-legge il presidente dell'Autorità anti-corruzione, Raffaele Cantone, e la Banca d'Italia hanno paventato ripercussioni negative sia sui tempi che sui costi e ne hanno denunciato la vulnerabilità ai rischi di corruzione, con il plauso dei commissari di maggioranza all'interno della commissione.
  Inoltre è sicuro che deroghe, eccezioni, commissariamenti, accentramento delle decisioni, non porteranno ad alcuno snellimento delle procedure, semmai determineranno un ennesimo groviglio normativo, un moltiplicarsi di ricorsi e un allungamento dei tempi. Ispirato al mantra della semplificazione e della lotta alla burocrazia, il provvedimento risponde alla devastante logica che punta all'abolizione e riduzione generalizzata delle procedure di controllo.
  Con il pretesto della rapidità, ogni decisione converge su un decisore unico, si annullano le verifiche democratiche e i processi partecipativi, si opacizzano i passaggi e, più in generale, si abbandonano le pratiche di pianificazione di ogni tipo, a partire da quella territoriale. Nello «sblocca Italia» si ricorre alla costante rimozione di ogni verifica e controllo, giungendo ad introdurre in modo generalizzato il silenzio-assenso del Ministero delle attività culturali e del turismo. Alla faccia di chi dice che questo è il nostro petrolio. Si pensi al comma 3 dell'articolo 25, che consentirà ai Comuni di rilasciare l'autorizzazione edilizia in aree sottoposte a vincolo paesaggistico anche in assenza del parere della sovrintendenza. Considerato che nei 60 giorni seguenti l'autorizzazione concessa dal comune la sovrintendenza potrà esprimere, seppur tardivamente, il proprio parere e impugnare l'atto autorizzativo, si pensi a quale groviglio di ricorsi si andrà incontro con questa norma. La stessa definizione di «grandi, urgenti e indifferibili», attribuita ad alcune opere, oltre ad innescare una pratica autorizzatoria che non rispecchia le competenze concorrenziali delle amministrazioni locali in materia di produzione, trasporto e distribuzione dell'energia, oltre che a contrastare con quanto indicato dalla Costituzione, all'articolo 117, contraddice e confligge con quanto previsto all'articolo 9, rispetto alla tutela del paesaggio e dei beni architettonici, e all'articolo 32, in merito alla tutela della salute pubblica.
  Come ha scritto il costituzionalista Paolo Maddalena, questo decreto poggia sull'idea che l'interesse all'esecuzione delle opere possa addirittura prevalere sui fondamentali interessi direttamente tutelati dalla Costituzione, ritenendo che si possa anche prescindere da quanto rappresentato da una amministrazione preposta alla tutela ambientale-paesaggistico-territoriale del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità, rimettendosi alle valutazioni del commissario, il deus ex machina, che si pronuncia entro 15 giorni.Pag. 48
  Questo vizio di impostazione si rivela particolarmente nella preoccupazione che percorre tutto il decreto, di assicurare in ogni caso una piena e incondizionata libertà d'azione delle imprese, senza minimamente preoccuparsi del fatto che le imprese non garantiscono affatto il perseguimento di interessi generali, ma solo privati. La deroga diventa regola nel campo del paesaggio e del patrimonio culturale. Il frequente ricorso alla deroga equivale ad un condono perpetuo, alla faccia della tutela dell'ambiente ed alla promozione della cultura sanciti dall'articolo 9 della Costituzione. Non si era mai visto un intervento legislativo così organicamente anti-ambientale e così carico di interventi sbagliati. Neanche Berlusconi e il suo esperto in urbanistica Maurizio Lupi avevano osato tanto. Questo decreto promuove le bolle speculative e affida la città e il patrimonio immobiliare pubblico al mondo finanziario, cioè alle lobby che hanno portato l'Italia nella drammatica crisi in cui viviamo ora.
  Con il fine di favorire gli investimenti, si espone il nostro Paese ad ulteriore dissesto, che poi saremo qui a piangere di nuovo, signor Presidente. Si pretende di mettere mano ad una eccessiva burocrazia bypassando leggi e procedure che sono a garanzia di una corretta gestione dei patrimoni immobiliari, dei terreni agricoli, dei beni ambientali e culturali. Il rischio palese è che i beni demaniali e il patrimonio di tutti cittadini diventino risorse disponibili solo a colossi finanziari e investitori privati. Per quanto all'Agenzia del demanio, il bene non sarà più offerto in concessione dallo Stato tramite una gara, ma è contemplato che sia direttamente il privato che individuerà il bene, scriverà il progetto e farà una proposta alla Presidenza del Consiglio dei ministri, e sono esclusi solo i beni e le aree ad inedificabilità assoluta.
  La semplificazione sulle concessioni e sulla vendita del patrimonio pubblico in disuso, all'articolo 26, con le nuove procedure per cambio di destinazione d'uso e varianti urbanistiche, con l'apertura di una corsia preferenziale per i privati che hanno progetti senza oneri per lo Stato, è una misura che favorirà la privatizzazione selvaggia.
  Mentre non c’è traccia di misure a favore dell'affidamento del patrimonio immobiliare in disuso a reti di cittadini e comitati, come lo chiedono ormai da decenni, che se ne prenderebbero davvero cura senza finalità di profitto.
  All'articolo 26, per facilitare il recupero degli immobili non più utilizzati a patrimonio pubblico, quali caserme, scuole e ospedali, si semplificano le procedure per determinare la loro diversa finalità d'uso e le relative trasformazioni edilizie. Per raggiungere questo scopo si introduce una procedura accelerata, l'accordo di programma, al quale viene riconosciuto il valore di variante urbanistica, ricorrendo una volta ancora alla deroga che diventa regola. Le nuove destinazioni d'uso degli immobili inutilizzati, infatti, saranno decise e gestite nell'ambito di una trattativa privatistica tra enti, chiusa alla partecipazione e al confronto pubblico, senza alcuna garanzia di trasparenza.
  Il risultato voluto da questo decreto-legge sarà solo più cemento senza controllo, secondo l'articolo 17, dove è anche previsto il principio di deroga al piano urbanistico vigente, che si formalizza nel permesso di costruire convenzionato, alla base del quale è una contrattazione di tipo privatistico tra comune e imprenditore. Quest'ultimo potrà cedere un terreno al comune per realizzarvi opere di pubblica utilità, ottenendo in cambio maggiori diritti edificatori in deroga al piano urbanistico comunale. Alla faccia di tutti i cittadini che invece lo devono rispettare !
  Una deregulation totale: sparisce l'obbligo di produrre la relazione tecnica e l'elaborato progettuale degli immobili, in poche parole viene cancellata la carta d'identità degli edifici delle nostre città.
  Il Ministro Lupi è riuscito a portare in porto molto più di quello che agognava da quando è stato lo zelante relatore degli sciagurati condoni edilizi del Governo Berlusconi: un nuovo, grande condono, ma questa volta, Presidente, senza sanzioni. In nome della semplificazione gli immobili Pag. 49potranno essere trasformati senza progetto. Non sarà più necessario fare le relazioni e i progetti sugli interventi soggetti a comunicazione di inizio lavori. Non sarà più necessario chiedere sanatorie e pagare sanzioni.
  Oltre a non avere più una fotografia dello stato di fatto del patrimonio immobiliare, da domani, i tramezzi potranno cadere senza remore, senza rendere gli immobili più fragili, tenendo conto che poi i rischi di crollo saranno maggiori. Nel Paese degli abusi e dei condoni c’è ancora bisogno di altre semplificazioni edilizie ? Si propongono procedure con sempre meno garanzie, controlli e verifiche, con lo Stato che rinuncia alla funzione di garante della pubblica incolumità, del rispetto dei beni comuni e del patrimonio ambientale e storico-artistico, oltre che della sicurezza.
  Che dire poi dell'articolo 38 del decreto-legge, dove vengono considerate strategiche, senza alcuna distinzione, tutte le attività di prospezione, ricerca e coltivazione degli idrocarburi, diminuendo l'efficacia delle valutazioni ambientali, emarginando le regioni e forzando sulle norme che, per il rischio di subsidenza, avevano dichiarato nel 2002 off limits l'alto Adriatico.
  Punto di riferimento delle politiche governative rimane dunque, ancora, la strategia energetica nazionale, mai sottoposta a valutazione ambientale strategica, nella quale viene previsto il rilancio delle estrazioni degli idrocarburi in Italia.
  Lo scorso 13 luglio, in un'intervista al Corriere della Sera, il Presidente Renzi parla del piano sblocca Italia per raddoppiare la percentuale del petrolio e del gas in Italia e dare lavoro a 40 mila persone. Ma in quale film, Presidente ?
  Inoltre, l'industria del petrolio non è ad alta intensità di lavoro. Si pensi, per esempio, che la Saudi Aramco, il gigante di Stato saudita che controlla le intere riserve e produzioni di petrolio e gas dell'Arabia Saudita, impiega circa 50 mila persone, molte delle quali solo per motivi sociali, per gestire una capacità produttiva che, nel petrolio, è oltre sette volte il consumo italiano, mentre nel gas è superiore del 40 per cento al fabbisogno nazionale.
  Sempre secondo Maugeri, le possibili produzioni italiane cui dare mano libera sarebbero vantaggiose, al di là degli aspetti fiscali, solo se si tengono sotto stretto controllo i costi, e quindi si limita l'assunzione di personale. Infine, gran parte dei siti produttivi si controllano con poche persone, in molti casi da postazioni remote. Anche nel caso di un via libera generalizzato alle trivelle, quindi, è alquanto dubbio che si possano creare i posti di lavoro di cui si è parlato (25 mila). Forse il numero sarebbe di poche migliaia.
  È vero, invece, che gli investimenti richiesti sono nell'ordine dei miliardi di euro. Ma è pur vero che quegli investimenti non hanno il potere di generare l'effetto di trascinamento proprio di altri settori dell'industria, poiché si concentrano nell'esplorazione e nello sviluppo di un giacimento. Ma, direi, di che cosa va parlando il Presidente Renzi ? È da tempo noto che il nostro petrolio è poco e di scarsa qualità. Secondo le valutazioni dello stesso Ministero dello sviluppo economico ci sarebbero nei nostri fondali marini circa 10 milioni di tonnellate di petrolio di riserve certe che, stando ai consumi attuali, coprirebbero il fabbisogno nazionale per sole otto settimane. Non solo, anche attingendo al petrolio presente nel sottosuolo, concentrato soprattutto in Basilicata, il totale delle riserve certe nel nostro Paese verrebbe consumato in appena tredici mesi. Mentre tutto il mondo cerca il modo migliore per uscire dall'egemonia del fossile, qui si autorizzano e rilanciano ricerche, trivellazioni ed estrazioni ovunque, con royalties irrisorie, senza obbligo di ripristino in caso di incidente, e con l'estromissione delle regioni dalla valutazione di impatto ambientale per i giacimenti a terra.
  Un provvedimento e un'idea di sviluppo che condanna il Bel Paese all'arretratezza di un'economia basata sul consumo intensivo di risorse non rinnovabili e concentrata in poche mani. Un vero e proprio assalto finale delle trivelle al mare che fa Pag. 50vivere milioni di persone con il turismo; alle colline dove l'agricoltura di qualità produce vino e olio venduti in tutto il mondo; addirittura alle montagne e ai paesaggi sopravvissuti a decenni di uso dissennato del territorio. L'accelerazione indiscriminata impressa dal Governo metterà a rischio soprattutto la Basilicata che è interessata alla coltivazione di idrocarburi per circa i tre quarti del territorio. L'industria petrolifera non ha portato alcun vantaggio ai cittadini lucani, anzi ha costituito solo un aggravamento delle condizioni sociali ed ambientali. I giovani continuano ad emigrare, la benzina costa più che in altre zone d'Italia e la regione è sempre più inquinata dalle estrazioni petrolifere. E non è esonerato dalla corsa all'oro nero neanche il mare italiano. Si sono trasformati forzosamente gli studi del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sul rischio subsidenza in alto Adriatico, legato alle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi in progetti sperimentali di coltivazione. In totale oggi le aree richieste o già interessate dalle attività di ricerca di petrolio si estendono per circa 29 mila kmq di aree marine. Attività che vanno a mettere a rischio il bacino del Mediterraneo dove già si concentra più del 25 per cento di tutto il traffico petrolifero marittimo mondiale provocando un inquinamento da idrocarburi che non ha paragoni al mondo.
  La situazione geopolitica internazionale avrebbe dovuto portare prioritariamente a maggiori investimenti nell'efficienza energetica e nelle energie rinnovabili, questa la vera fonte del nostro Bel Paese, le uniche che non dipendono da alcun fornitore estero; invece, con questo decreto-legge viene dissipato il capitale naturale del Paese e vengono favoriti i soliti insostenibili interessi speculativi. Addirittura, nel suo totale asservimento alla lobby dei petrolieri, il Governo ha avuto il coraggio di presentare in Commissione ambiente un emendamento, per fortuna rigettato dalla Commissione stessa – e faccio un plauso al presidente della Commissione ambiente –, in cui le opere necessarie al trasporto, allo stoccaggio, al trasferimento degli idrocarburi in raffineria, alle opere accessorie, ai terminali costieri e alle infrastrutture portuali strumentali, allo sfruttamento di titoli concessori esistenti, sarebbero state assimilate alle opere di pubblica utilità, nonché indifferibili e urgenti e di conseguenza avrebbero avuto pure diritto a una serie di semplificazioni e incentivi. Io direi che la parola «vergogna» sia quella più adatta.
  Mentre a livello internazionale si sta cercando di uscire dalla pesantissima crisi ambientale ed economica di questi anni attraverso l'affrancamento dalle bolle finanziarie e dalle produzioni inquinanti, il Governo del Presidente Renzi, per i prossimi decenni, indirizza la nostra economia e la nostra terra sul binario morto dell'economia delle fonti fossili, delle speculazioni immobiliari, delle grandi opere ad uso dei soliti concessionari ed utili, non al Paese, ma ai consueti general contractor e agli stessi centri di potere che hanno perseguito solo e sempre i propri interessi, lasciando un Paese allo stremo economico, sociale e ambientale.
  Questo decreto-legge, signor Presidente, ha provocato la sollevazione di tutte le associazioni ambientaliste italiane e la rivolta di tantissimi enti locali. Ma io posso dire che a questo punto il re è nudo. Non permetteremo che per l'ennesima volta la Costituzione venga aggirata, il territorio violentato, l'ambiente svenduto e che, invece dell'interesse pubblico, si tuteli l'interesse dei soliti poteri forti (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo – A.C. 2629-A)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore di minoranza, onorevole De Rosa, che però non vedo, quindi si intende che vi abbia rinunziato.Pag. 51
  Ha facoltà di replicare il relatore di minoranza, onorevole Grimoldi, che però non vedo, quindi si intende che vi abbia rinunziato.
  Prendo atto che la relatrice per la maggioranza, onorevole Braga, si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito.
  Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo. Prendo atto che anche il Governo vi rinuncia.
  Avverto che è in distribuzione un’errata corrige al testo dello stampato n. 2629-A, riferito alle lettere a) e b) del comma 2 dell'articolo 37 del testo del provvedimento predisposto dalla Commissione. Tale errata corrige sarà pubblicato anche nel bollettino delle Giunte e delle Commissioni.
  Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione sulle linee generali delle mozioni Gallinella ed altri n. 1-00490, Migliore ed altri n. 1-00413 e Kronbichler ed altri n. 1-00558 concernenti l'accordo di partenariato per il commercio e gli investimenti tra Unione europea e Stati Uniti d'America noto come Transatlantic trade and investment partnership (TTIP) (ore 16).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione sulle linee generali delle mozioni Gallinella ed altri n. 1-00490, Migliore ed altri n. 1-00413 e Kronbichler ed altri n. 1-00558 concernenti l'accordo di partenariato per il commercio e gli investimenti tra Unione europea e Stati Uniti d'America noto come Transatlantic trade and investment partnership (TTIP) (Vedi l'allegato A – Mozioni).
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione delle mozioni è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
  Avverto che sono state presentate le mozioni Taranto ed altri n. 1-00630, Gianluca Pini ed altri n. 1-00631 e Palese n. 1-00632 che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalle mozioni all'ordine del giorno, verranno svolte congiuntamente. I relativi testi sono in distribuzione.
  Avverto altresì che la mozione Migliore ed altri n. 1-00413 è stata ritirata dal presentatore in data odierna.

(Discussione sulle linee generali)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
  È iscritto a parlare l'onorevole Gallinella, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00490. Ne ha facoltà.

  FILIPPO GALLINELLA. Signor Presidente, oggi finalmente, grazie al MoVimento 5 Stelle, perché in Ufficio di Presidenza abbiamo spinto per parlarne...

  PRESIDENTE. Era la Conferenza dei presidenti di gruppo.

  FILIPPO GALLINELLA. ... qui si parla dell'accordo di libero scambio transatlantico degli investimenti tra USA ed UE, noto come TTIP.
  In questi giorni ci sono state manifestazioni, convegni, la TV ne ha parlato ed oggi, lo ripeto, siamo qui per far conoscere a tutti i cittadini che cosa le istituzioni europee ed italiane fanno alle nostre spalle.
  Qualcuno avrebbe preferito rimandare questo dibattito. Oggi avrei voluto avere qui il Viceministro Calenda, ma purtroppo, sicuramente per impegni, non è potuto venire. Però noi andiamo avanti, perché vi vogliamo far sapere certe cose, certe cose importanti che i cittadini devono sapere, perché determinate scelte ricadranno sicuramente sulle loro teste.
  Quindi oggi siamo felici, perché vorremmo capire cosa ne pensa il Governo e sicuramente cosa ne pensa quest'Aula. Ciò che ci preoccupa è che Renzi, il 14 ottobre, ha già detto che il TTIP è (parole sue) una fondamentale scelta strategica per l'Europa e per la presidenza italiana e che Pag. 52darà un appoggio totale ed incondizionato a tale scelta. Forse deve un debito ad Obama, non lo sappiamo.
  Questo purtroppo ci dimostra che il Governo ed il suo Premier non conoscono i fatti o peggio fanno finta, per motivi che ci sfuggono, di non sapere cosa c’è dietro questo trattato. Bene, noi questa domanda ce la siamo fatta poco dopo essere entrati qui dentro, perché il 13 giugno 2013 il Consiglio Europeo ha accordato alla Commissione il mandato per negoziare, a nome dell'UE, il TTIP. Questo accordo, che molti autori definiscono una NATO economica, ha le sue origini nel 2007, con l'istituzione del Consiglio Economico Transatlantico, perché gli USA ambiscono ad entrare con prepotenza sul mercato europeo, che conta 500 milioni di potenziali consumatori. Un trampolino di lancio, io dico, per la conquista del mondo. Questa volontà diventa poi chiara con l’executive order di Obama – ce l'ho lì da qualche parte, se uno lo vuole leggere – il numero 13534 del marzo 2010 e, come detto, nel giugno 2013 comincia la negoziazione. Ci sono stati vari round, l'ultimo mi sembra a luglio.
  In tale avvio, deciso peraltro dai vertici di Bruxelles senza alcun esame pubblico, quando invece, come evidenziato dalla Conferenza europea dei sindacati, dovrebbe essere pratica abituale, in un negoziato internazionale, i cui effetti impattano fortemente sulla vita dei cittadini, sarebbe stato opportuno il coinvolgimento dell'opinione pubblica e delle categorie produttive. C’è – e ve la cito – una vasta letteratura che ritiene che la prospettiva di un'unione commerciale e finanziaria USA-UE sia lo sbocco organizzato (dico sbocco organizzato) di un'emergenza economica artificiosa (e lo ripeto: artificiosa) che giustificherebbe quella che si profila come un'annessione quasi coloniale ai dettami economici e commerciali americani.
  D'altra parte, la stessa Comunità economica – voi lo sapete – fu creata per gestire gli aiuti del Piano Marshall, e oggi – basta mettere in fila due notizie – chiunque si accorge che la UE non ha una politica estera e che la scelta della Mogherini, che il Governo vanta come un successo, che Renzi vanta come un successo, è una conseguenza di una dinamica molto più grande, che vede la UE come lo zerbino degli USA.
  Relativamente all'Accordo, come ho detto, che viene definito una NATO economica, sempre per enfatizzare il ruolo egemone che l'America ha sul nostro continente, si scopre che dietro a questa operazione, il TTIP, vi è la fondazione internazionale privata Bertelsmann, che, a sua volta, è finanziata da Rockefeller; questo per dire: «cittadini, state sereni». Oltre a questo, vorrei ricordare che la Marcegaglia, qualche giorno fa, ha dichiarato che questa materia, cioè l'accordo TTIP, non è cosa da piazza, quindi dei cittadini ce ne freghiamo.
  Poi abbiamo scoperto perché: perché lei, con Tremonti, fa parte dell'istituto Aspen, che sponsorizza, ovviamente, questo Accordo; c’è proprio da fidarsi, dico io. Dentro vi è una chiara strategia, con la quale gli USA, sfruttando tale Accordo, posizionano le basi commerciali, e non solo – diciamo anche, magari, qualche altra base di tipo militare – sul nostro territorio, con l'intento di sopraffare l'euro, e quindi ripristinare la supremazia del dollaro per gli scambi internazionali.
  La volontà di Washington è quella di avere una grandissima area de-euroregolamentata e l'accordo TTIP non è altro che qualcosa di propedeutico al TPP. Che cos’è ? È l'Accordo transpacifico, ovvero quello che vede coinvolti USA, Canada, Messico, Perù, Cile, Giappone, Australia, Nuova Zelanda, Singapore, Vietnam, Malesia e il sultano del Brunei.
  Il Governo statunitense sta quindi mettendo le basi per realizzare, in breve tempo, un nuovo mondo, new world, dove investire ed esportare liberamente, eliminando ogni tipo di barriera per le proprie merci e per i propri capitali. È chiaro che la loro economia, basata su un consumismo aggressivo, ha bisogno sempre di maggiori clienti. Noi siamo contro questo tipo di futuro, perché il consumismo distruggerà il mondo. Noi abbiamo risorse limitate e non possiamo consumare all'infinito, questo lo sanno anche i bambini. Pag. 53Quali saranno le regole sulla messa in commercio dei farmaci, per esempio, del cibo, degli OGM ? Chi garantirà tutte le nostre denominazioni di origine ? Come faranno le nostre piccole aziende a competere con le multinazionali americane per la fornitura di beni e servizi ? Come combatteremo la contraffazione e l’italian sounding ? Ieri sera anche Report ha fatto un servizio, che sicuramente qualcuno avrà visto. L'acqua e i beni comuni saranno coinvolti ? I nostri pomodori pachino saranno siciliani o texani ? Il parmigiano sarà fatto stagionare in California ? Magari, il marciapiede sotto casa lo rifarà, perché ha vinto un appalto, una ditta newyorkese: i cittadini come faranno a contattarla, qualora i lavori non fossero eseguiti a regola d'arte ? A chi andranno le energie e le nostre risorse minerarie ? Io credo, sono certo, alle multinazionali, che oramai disciplinano le politiche di ogni Paese. E il Governo italiano cosa sta facendo per proteggerci ?
  Noi abbiamo detto no, qualche anno fa, al nucleare, con un referendum, ma varrà ancora ? Io ho dubbi, perché questi accordi sono spesso accompagnati dagli ISDS, ovvero uno strumento del diritto pubblico internazionale che istituisce un tribunale privato ad hoc, incaricato di dirimere le controversie eventuali tra uno Stato e un investitore, ovvero tra uno Stato e una multinazionale. A tale proposito – sembra che parli di fantascienza – vorrei ricordare che, ad oggi, nel mondo, ci sono circa 500 cause del genere, vinte quasi sempre dalle multinazionali, perché hanno risorse economiche enormi, con fatturati che superano il PIL di molti Paesi. Ne ricordo due, una qui da noi. La società energetica svedese Vattenfall sta facendo causa, rivolgendosi ad un collegio arbitrale della Banca mondiale, al Governo tedesco, per quasi cinque miliardi di euro, per via della decisione presa dalla Germania di eliminare gradualmente l'energia nucleare, a seguito del disastro di Fukushima. È chiaro che la Vattenfall vende centrali nucleari. Il gigante del tabacco americano Philip Morris, che ha gli avvocati più bravi per questo tipo di cause, sta facendo causa, per migliaia di miliardi di dollari, al Governo australiano, perché questo ha deciso, per motivi sanitari, di non scrivere niente sui pacchetti delle sigarette, di tenerli bianchi. Quindi, un mancato guadagno commerciale e miliardi di euro di causa. È inaccettabile !
  Il dissenso della società civile su tali accordi è pressoché totale; insomma, li vogliono solo le multinazionali. Gli ISDS sono l'arma delle multinazionali contro la sovranità degli Stati. Noi questo non lo vogliamo, e non lo vogliamo permettere. Oltretutto, non abbiamo neanche uno strumento serio come la class action per combattere contro le multinazionali: almeno negli Stati Uniti c’è, noi non abbiamo nemmeno quello.
  Quindi, cornuti e mazziati, come si dice.
  Per questo, nella nostra mozione chiediamo di togliere questa clausola e vogliamo ricordare al Governo che, accettando i nostri impegni, anche sull'agroalimentare, sui beni comuni e su altro, l'Italia avrebbe un potere enorme per difenderci, in quanto – sono stato a Bruxelles proprio per capire come funzionava – secondo un'interpretazione rigorosa del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, l'accordo sul TTIP, in quanto incidente sull'ambito sociale, deve essere deliberato all'unanimità del Consiglio (articolo 207 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea).
  Inoltre, a norma dell'articolo 208, dello stesso testo, uno Stato membro, il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione possono chiedere il parere della Corte di giustizia circa la compatibilità di tale accordo con i trattati. In caso di parere negativo, l'accordo non può entrare in vigore, salvo modifiche dello stesso o revisione dei trattati delle istituzioni europee, quindi potremmo anche rivedere qualcos'altro.
  Noi vogliamo impegnare il Governo a chiedere questo parere e a impuntarsi su questi punti. Per questo l'Italia dicendo no alle «fregature» che ci sono in questo tipo di accordo potrebbe bloccare l'accordo con un semplice diniego; pensate che potere Pag. 54politico potrebbe avere l'Italia, un Paese come il nostro che, da anni, in ambito internazionale non ha niente come potere politico. È un'arma fortissima per rivedere molte cose sul funzionamento dell'Unione europea e lo dico al Governo: usate questo consiglio che vi do.
  Con questa mozione chiediamo al Governo trasparenza e tutele chiare e precise, perché non vorremmo che l'ingresso nel TTIP sia fatto a cose chiuse, perché noi stiamo discutendo, ma sembra quasi che l'accordo sia già stato fatto, si parla di fine anno, dei primi mesi del 2015. Non vogliamo che ci venga venduta questa scatola chiusa con tutte queste «fregature», questo TTIP, come è stato fatto per l'euro, ce lo avete venduto a scatola chiusa e adesso ne paghiamo le conseguenze. Noi diciamo no a questo tipo di scelte (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !

  PRESIDENTE. Salutiamo gli studenti e gli insegnanti della Direzione didattica del secondo circolo di Montesilvano, in provincia di Pescara, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
  È iscritto a parlare l'onorevole Kronbichler, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00558. Ne ha facoltà.

  FLORIAN KRONBICHLER. Signor Presidente, la nostra mozione sul TTIP l'abbiamo presentata, ormai, molto tempo addietro, dato che il dibattito intorno ai vari accordi di libero commercio fra nazioni e continenti imperversa già da un anno e più in altri Paesi più che in Italia, bisogna dire, e il fatto non è a nostro favore. In questo noi veniamo tardi, la questione imposta meriterebbe ben altra attenzione e altra mobilitazione dell'opinione pubblica. Eppure il momento in cui le mozioni in merito approdano con ritardo al dibattito in Parlamento si rivela accidentalmente felice. Domenica sera, ieri sera, su Raitre Report di Milena Gabanelli, finalmente ne ha spiegato ad un ampio pubblico contenuto e problematicità. La settimana prima, tutti noi di Sinistra Ecologia Libertà abbiamo partecipato a delle iniziative in occasione della giornata d'azione europea contro il cosiddetto partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti (TTIP) tra l'Unione europea e gli Stati Uniti d'America e il suo piccolo, ma non meno problematico cugino, CETA, che è l'equivalente tra l'Unione europea e il Canada.
  Hanno firmato già quasi 500 mila persone l'iniziativa autogestita «Stop TTIP e CETA». È un fortissimo segnale, dunque, contro ogni dumping sociale ed ecologico, contro quel demenziale diritto d'azione antidemocratico delle multinazionali nei confronti dei Governi. Un segnale forte pure contro le trattative per niente trasparenti. Con quelle nostre firme stiamo esibendo un cartellino rosso alla Commissione europea che si rifiuta di riconoscere l'iniziativa popolare europea. Cittadine e cittadini, associazioni di protezionisti e consumatori, sindacati e partiti, tutti quanti mettono in guardia dagli effetti negativi di TTIP e CETA, devono avere il diritto di essere sentiti. È merito delle migliaia di iniziative di protesta in tutta Europa, e pure in America – perché non è un'azione antiamericana – che nel frattempo parte della Commissione dell'Unione europea e diversi Governi nazionali si dissociano dal testo originale dell'accordo, richiedendo sostanziali modifiche ad esso e dimostrando opposizione ai suoi effetti più deleteri.
  Nonostante tutti i «nascondini» dei responsabili, sappiamo che in segreto si sta lavorando all'abbattimento di indispensabili barriere e di irrinunciabili standard a tutela dell'ambiente, del consumo e di dati personali. C’è il reale rischio che in futuro aziende private possano esautorare i nostri sistemi nazionali di diritto.
  Per fugare sin dall'inizio qualsiasi sospetto, noi di SEL siamo a favore di ogni equa politica commerciale. Diciamo «sì» ad un accordo che operi a favore dei cittadini e pure delle aziende. Diciamo «sì» ad un accordo che abbatta burocrazie inutili, «sì» ad un accordo che si orienti ai massimi standard nell'interesse delle persone e non solo delle imprese. Ma diciamo «no» a un accordo pieno di privilegi per le aziende multinazionali, Pag. 55pieno di svantaggi per le medie e piccole imprese e pieno di rischi per i consumatori e l'ambiente.
  Il Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti, Transatlantic Trade and Investment Partnership, così come ora si trova in dirittura finale di approvazione fra l'amministrazione americana e la Commissione europea, ci vede fortemente in opposizione ad esso. C’è il fondato rischio che un trattato di questo tipo, all'apparenza mirando a una armonizzazione delle normative, quindi a un abbattimento delle regolamentazioni tra le due aree, porti come reale effetto ad un allentamento della normativa europea, solitamente più rigida, appiattendola ai livelli di quella statunitense.
  La nostra critica – non siamo degli ingenui – non si attacca al proverbiale pollo al cloro, di cui si parla tanto. Abbiamo nella nostra stessa Europa sufficienti polli al cloro, inquinati di antibiotici, e bisogna quasi ringraziare il pollo al cloro – questa metafora – per essersi messo a disposizione, da testimonial, da spauracchio, per un problema che è così profondo. Anzi, personalmente condivido il sospetto di tanti che sono stati i fautori dello stesso TTIP a mettere in giro lo spauracchio del pollo al cloro con l'intenzione perfida di ridicolizzare chi critica l'accordo del libero scambio.
  Gli effetti che i fautori del libero – libero, dicono sempre – commercio sbandierano a loro favore sono fondamentalmente due: un forte incentivo alla crescita economica con conseguente, presunto aumento dell'occupazione, primo, e, secondo, una diminuzione dei prezzi di importanti beni di consumo. Ambedue gli obiettivi sono dubbi oltre che ambigui. Libero scambio delle merci e spesa a buon prezzo non sono valori in sé. Così come non sono positivi in sé sistemi economici standardizzati. E se standardizzazione ci deve essere, vogliamo lavorare a una standardizzazione non al ribasso, ma ai livelli più alti possibili.
  Sì, noi siamo a favore di una globalizzazione e di un accordo non solo transatlantico ma di un accordo mondiale, a favore di un reddito minimo che permetta a chiunque di vivere dignitosamente nel suo Paese, a favore della riconversione della produzione di beni alimentari, in gran parte avvelenati, a produzione ecologica e biologica controllata e a favore di una tutela dell'ambiente che si orienti al Paese o ai Paesi con gli standard più alti.
  Sentiamo parlare tanto degli effetti positivi del TTIP riguardo alla crescita, enfatizziamo il fenomeno. La stima più autorevole proviene da una relazione di valutazione di impatto commissionata dalla Commissione europea al Centre for economic policy research di Londra. Secondo essa, l'ipotesi più ottimista per l'effetto di un accordo tra Unione europea e USA è l'aumento del PIL per l'Unione europea dello 0,5 per cento entro il 2027, che farebbe, in media, all'anno lo 0,036 per cento.
  Quindi, per quanto la perdita però di posti di lavoro è effetto collaterale solitamente inevitabile di accordi di libero scambio, quindi di razionalizzazione, la Commissione europea ha confermato la possibilità che il TTIP favorisca per i lavoratori europei un ricollocamento dilazionato nel tempo ed effettivo. Ragione della cinica profezia ? Le aziende europee verrebbero incoraggiate a procurarsi merci e servizi dagli Stati Uniti dove gli standard di lavoro notoriamente sono più bassi e i diritti sindacali pressoché inesistenti. In una situazione di livelli record di disoccupazione in Europa, la Commissione ammette, riporto testualmente, «timori fondati» che i lavoratori rimasti disoccupati a seguito del Trattato TTIP non saranno più in grado di trovare un'altra occupazione e ha dovuto annunciare già programmi straordinari di sostegno sociale.
  Io so da tanti contatti nella mia regione di provenienza che contadini e consumatori sono preoccupati per un allentamento degli standard ambientali e sul trattamento degli animali che regolano, ad esempio, le condizioni di vita negli allevamenti in batteria ed altre strutture destinate alla produzione industriale della carne. Al momento sono in atto parecchi programmi sostenuti con soldi pubblici Pag. 56per incoraggiare i contadini ad allevamenti e coltivazioni il più possibile naturali o almeno più naturali di quanto siano adesso orientati al mercato locale. Se il Trattato di libero scambio andasse in porto così come ci è noto – perché non ci è noto tutto, tanto viene tenuto molto segreto – i nostri contadini diverrebbero soggetti alle regole del mercato globalizzato. Ed è risaputo: al mercato globale non importa più di tanto della buona salute degli animali né della natura incontaminata.
  La minaccia maggiore, non esito a dire più infame, del TTIP è però costituita dalla clausola in essa contenuta che mira a garantire alle società transnazionali il diritto di citare in giudizio direttamente i singoli Paesi per eventuali perdite subite in conseguenza dei provvedimenti pubblici sopravvenuti. La norma non ha equivalenti nel diritto commerciale internazionale. Il TTIP concederebbe alle imprese americane ed europee il potere di impugnare le decisioni democratiche prese da Governo sovrani e di chiedere risarcimenti nei casi in cui quelle decisioni avessero effetti negativi sui propri utili, i loro utili. È un attacco mostruoso alla democrazia in sé. La politica cederebbe non solo di fatto, ma per legge il suo primato sanzionato dalla Costituzione all'economia. L'accordo prevederebbe inoltre l'obbligo per gli Stati di aprire o liberalizzare gli appalti pubblici a livello subnazionale e, quindi, regionale e comunale. I Governi locali di conseguenza rischierebbero di non poter far valere qualsiasi criterio sociale e ambientale nell'impiego di denaro pubblico a sostegno dello sviluppo economico locale sostenibile. Appena un mese fa, nella mia regione, in un grosso comune, Malles di Venosta, con referendum popolare la stragrande maggioranza della popolazione, con il 70 per cento di partecipazione al referendum e a maggioranza del 75 per cento dei voti, ha chiesto la messa al bando dei pesticidi pericolosi in uso nella frutticoltura convenzionale sul proprio territorio. È stata una plebiscitaria proclamazione di Malles a comune senza pesticidi. Trattati come il TTIP annienterebbero tali espressioni di volontà popolare.
  Sinistra Ecologia Libertà vuole impegnare, quindi, il Governo: a) a richiedere alla Commissione europea il pieno accesso ai documenti negoziali per i parlamentari nazionali; b) a istituire un meccanismo efficace di trasparenza e di consultazione in itinere del Parlamento, delle parti sociali e della società civile sui negoziati commerciali in corso a livello bilaterale, plurilaterale e multilaterale; infine, a promuovere in sede europea un'azione contro la proliferazione di accordi di nuova generazione, che travalicano gli ambiti di stretta competenza commerciale e minacciano di indebolire i principi più elementari della democrazia tanto nell'Unione europea quanto negli Stati Uniti.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  FLORIAN KRONBICHLER. Con TTIP e CETA – mi avvio a concludere – non va in scena un contrasto di noi europei con l'America, ma un confronto fra due diverse concezioni di vita o di Weltanschauung. Chi crede in una divinità della crescita economica cederà a quest'ultima qualsiasi priorità, riducendo valori quali standard sociali ed ecologici a fastidiose pietre di intralcio. Chi, invece, tiene d'occhio l'uomo e si preoccupa della sua qualità di vita e della sua sopravvivenza sostenibile riterrà questo Accordo cosiddetto libero con gli USA e con il Canada un passo indietro nella direzione sbagliata.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Taranto, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00630. Ne ha facoltà.

  LUIGI TARANTO. Signor Presidente, i colleghi che mi hanno preceduto hanno manifestato preoccupazioni largamente fondate sulle caratteristiche di riservatezza del negoziato. Mi consentiranno, quindi, anzitutto i colleghi di ricordare che, giusto lo scorso 9 ottobre, il Consiglio dell'Unione europea ha proceduto alla declassificazione delle direttive di negoziato sul Partenariato Pag. 57transatlantico per gli scambi e gli investimenti tra l'Unione europea e gli Stati Uniti d'America, cioè del mandato sulla cui base lo stesso Consiglio aveva autorizzato la Commissione europea, il 14 giugno 2013, ad avviare e sviluppare il negoziato bilaterale con gli Stati Uniti d'America.
  La desecretazione del mandato negoziale, a più di un anno dall'inizio delle trattative, era del resto una priorità della Presidenza italiana del Consiglio dell'Unione europea. È stata una scelta importante, perché l'analisi delle direttive conferma, anzitutto, che l'obiettivo dello sviluppo del partenariato transatlantico sugli scambi e sugli investimenti – ovvero di una reciproca liberalizzazione degli scambi di beni e servizi, attraverso un accordo concernente accesso al mercato, ostacoli non tariffari e questioni normative, che si traduca in un risultato equilibrato tra la soppressione dei dazi, l'eliminazione di inutili ostacoli normativi agli scambi e il miglioramento normativo – assume, anzitutto a suo fondamento – cito testualmente dalle direttive di mandato – «principi e valori comuni coerenti con i principi e gli obiettivi dell'azione esterna dell'Unione».
  Così le direttive prevedono che il preambolo dell'accordo contenga richiami a valori condivisi – cito ancora testualmente – «in aree come i diritti umani, le libertà fondamentali, la democrazia e lo Stato di diritto; l'impegno delle Parti a favore dello sviluppo sostenibile e il contributo del commercio internazionale allo sviluppo sostenibile per quanto riguarda i suoi aspetti economici, sociali e ambientali, inclusi lo sviluppo economico, l'occupazione piena e produttiva e il lavoro dignitoso per tutti, nonché la tutela e la conservazione dell'ambiente e delle risorse naturali; l'impegno delle Parti per la conclusione di un accordo coerente con i diritti e gli obblighi derivanti dall'Organizzazione mondiale del commercio e favorevole al sistema di scambi multilaterali; il diritto delle Parti di prendere le misure necessarie per realizzare obiettivi legittimi di politica pubblica in base al livello di tutela della salute, della sicurezza, dei lavoratori, dei consumatori, dell'ambiente e della promozione della diversità culturale sancita dalla Convenzione dell'UNESCO (...); l'obiettivo» – si legge ancora nel testo – «che le Parti condividono, di tenere conto dei problemi specifici che le piccole e medie imprese devono affrontare quando partecipano allo sviluppo degli scambi commerciali e degli investimenti; l'impegno delle Parti di comunicare con tutte le altre parti interessate, compresi il settore privato e le organizzazioni della società civile».
  Coerentemente con un simile preambolo, si prevede che l'accordo, dunque, riconosca che lo sviluppo sostenibile costituisce un obiettivo essenziale delle parti, le quali intendono anche garantire e facilitare il rispetto degli accordi e delle norme internazionali in materia ambientale e del lavoro, promuovendo, nel contempo, elevati livelli di tutela dell'ambiente, del lavoro e dei consumatori, coerenti con l’acquis dell'Unione europea e la legislazione degli Stati membri.
  Per quel che riguarda gli scambi di merci le direttive segnalano che l'obiettivo è sopprimere tutti i dazi sugli scambi bilaterali, con lo scopo di raggiungere una sostanziale eliminazione delle tariffe al momento dell'entrata in vigore dell'accordo e una graduale abolizione di tutte le tariffe, salvo quelle più sensibili, in un breve arco di tempo.
  Quanto alle norme di origine, i negoziati mireranno a conciliare l'approccio dell'Unione europea e degli Stati Uniti in materia di norme di origine, in modo da facilitare il commercio tra le parti e tenere conto delle norme di origine dell'Unione europea e degli interessi dei produttori dell'Unione. Si punta al contrasto del dumping, ma resta possibile l'adozione di una clausola di salvaguardia bilaterale che consenta ad una qualsiasi delle parti di rimuovere, in parte o integralmente, le preferenze se l'aumento delle importazioni di un prodotto proveniente dall'altra parte arrechi o minacci di arrecare un grave pregiudizio alla sua industria nazionale.Pag. 58
  Sul versante dei servizi, le direttive annotano che i negoziati sugli scambi devono tendere a vincolare il livello di liberalizzazione al più alto livello raggiunto dagli attuali accordi di libero scambio. Resta però fermo che la Commissione deve provvedere affinché nessuna disposizione dell'accordo vieti alle parti, cito testualmente, «di applicare le loro disposizioni legislative e regolamentari e le condizioni concernenti l'ingresso e il soggiorno purché queste ultime non annullino o compromettano i vantaggi derivanti dall'accordo». Si confermano applicabili le disposizioni legislative e regolamentari e le condizioni dell'Unione europea e degli Stati membri in materia di lavoro e l'elevata qualità dei servizi pubblici dell'Unione deve essere preservata conformemente al Trattato di funzionamento dell'Unione europea.
  Sul versante della tutela degli investimenti si assume, quale obiettivo del negoziato, la definizione di disposizioni sulla liberalizzazione e sulla tutela degli investimenti, precisando che soltanto previa consultazione con gli Stati membri e conformemente ai trattati europei, l'inclusione della tutela degli investimenti e della risoluzione delle controversie tra investitore e Stato dipenderà dall'eventuale raggiungimento di una soluzione soddisfacente rispondente agli interessi dell'Unione e ciò anche in riferimento al non pregiudizio del diritto dell'Unione e degli Stati membri di adottare e applicare, conformemente alle loro rispettive competenze, le misure necessarie al perseguimento non discriminatorio di legittimi interessi di politica pubblica.
  In materia di appalti pubblici l'accordo deve essere volto a rafforzare l'accesso reciproco ai mercati degli appalti pubblici a ogni livello amministrativo e tuttavia il perseguimento della compatibilità normativa non pregiudica il diritto di legiferare conformemente al livello di tutela della salute, della sicurezza, dei consumatori, del lavoro, dell'ambiente e della diversità culturale che ogni parte ritiene appropriato o di realizzare in altro modo obiettivi normativi legittimi. I negoziati mireranno, ancora, a prevedere una protezione rafforzata e il riconoscimento mediante l'accordo delle indicazioni geografiche dell'Unione europea, affrontando inoltre il rapporto con la loro precedente utilizzazione sul mercato statunitense al fine di risolvere in modo soddisfacente i conflitti esistenti e considereranno misure per facilitare e promuovere lo scambio di merci rispettose dell'ambiente e a basse emissioni di carbonio, beni, servizi e tecnologie caratterizzati da un uso efficiente dell'energia e delle risorse, anche tramite appalti pubblici verdi e un sostegno alle scelte di acquisto informate da parte dei consumatori.
  L'accordo infine prevedrà disposizioni a sostegno delle norme riconosciute a livello internazionale in materia di responsabilità sociale delle imprese. La scelta di procedere alla declassificazione delle direttive che ho cercato di sintetizzare rapidamente può, dunque, certamente contribuire a chiarire interrogativi, dubbi e preoccupazioni da più parti avanzati circa l'impatto economico, sociale ed ambientale dell'accordo, poiché ne emerge un mandato negoziale di fondo per cui il perseguimento del maggiore coordinamento normativo e regolamentare transatlantico – ai fini della riduzione di barriere, duplicazioni e costi superflui – non implica riduzione della qualità della regolazione posta a tutela dell'ambiente, della salute e della sicurezza, così come, su altro ed essenziale versante, la tutela degli investimenti dalla discriminazione, dall'espropriazione e dal trattamento ingiusto ed iniquo, può anche chiamare in causa meccanismi di risoluzione delle controversie tra investitore e Stato, ma senza che ciò mini la possibilità della salvaguardia di legittimi interessi di politica pubblica.
  Del resto, il capo negoziatore dell'Unione europea, Garcia Bercero, facendo il punto, lo scorso 3 ottobre 2041, sull'andamento del negoziato a conclusione del settimo round, ha sottolineato la chiarezza e la fermezza del mandato ricevuto circa la necessità che non sia fatto nulla che possa indebolire o danneggiare la protezione dell'ambiente, della salute, della sicurezza Pag. 59dei consumatori o qualsiasi altro obiettivo delle politiche pubbliche perseguito dai regolatori dell'Unione europea o degli Stati Uniti d'America e che, quanto ai servizi, i Governi restano liberi di decidere in qualsiasi momento che certi servizi siano forniti dal settore pubblico.
  Il Commissario europeo designato, Malmström, ha per parte sua sottolineato, in sede di sua audizione da parte del Parlamento europeo, che i processi decisionali sulle nuove regolazioni rimarranno soggetti agli esistenti controlli democratici. È poi fin d'ora chiaro il potenziale del processo di liberalizzazione di un'area il cui interscambio di beni e servizi vale già oggi circa 2 miliardi di euro al giorno ed è parimenti evidente il più ampio significato geopolitico dell'accordo di partenariato transatlantico, poiché, rappresentando le parti interessate circa la metà della produzione mondiale, l'Accordo potrebbe assumere il rilievo di uno standard globale e concorrere al rafforzamento di modelli di governo democratico della globalizzazione oggi più che mai necessari.
  Ciò non toglie che meritino comunque ogni più attenta verifica le principali stime fin qui effettuate in ordine all'impatto economico dell'Accordo, cifrate in uno scenario di piena attuazione in 120 miliardi di euro l'anno aggiuntivi a beneficio dell'economia europea, in 90 miliardi aggiuntivi a beneficio dell'economia statunitense, in 100 miliardi aggiuntivi a beneficio delle altre aree economiche mondiali.
  Per quel che specificamente riguarda l'Italia, la stima degli impatti sull'economia italiana derivanti dall'Accordo di libero scambio effettuata a giugno del 2013 da Prometeia ha, come è noto, evidenziato che un ampio accordo di liberalizzazione potrebbe incidere in misura apprezzabile sulla crescita italiana e degli altri Paesi coinvolti, arrivando a sfiorare il mezzo punto percentuale per la nostra economia.
  Quanto ai saldi, a tre anni dall'applicazione dell'Accordo, il PIL aumenterebbe, al netto dell'inflazione, di 5,6 miliardi di euro, e l'occupazione totale di circa 30 mila unità. L'ICE, osservando che i benefici dell'Accordo per le imprese europee discenderebbero da una barriera protezionistica differenziale, che equivarrebbe ad un dazio differenziale sulle merci degli esportatori dei Paesi esclusi dall'Accordo, ha sottolineato che, in ragione del considerevole peso relativo sull’export verso gli Stati Uniti di meccanica, moda, alimentari e bevande con produzioni sensibili al prezzo ed esposti alla concorrenza asiatica, il dazio differenziale aiuterebbe la produzione italiana più di quanto favorirebbe quella di un Paese con produzione più differenziata e a maggiore valore aggiunto o che esporta beni a domanda più rigida.
  Tuttavia, l'analisi di impatto potrebbe essere utilmente approfondita – valgano in questo senso anche le osservazioni di Confindustria – con la valutazione delle implicazioni dell'Accordo sui sistemi produttivi, traendone al più presto le necessarie conseguenze in termini di politiche industriali e di rafforzamento del settore manifatturiero.
  Certo, la portata potenziale dell'Accordo e la sua effettiva traduzione in occasione di costruzione di occupazione e crescita aggiuntive chiamano in causa la capacità di coordinamento delle politiche economiche nell'area transatlantica nonché, in particolare, il coordinamento, pur nella consapevolezza della loro diversità di missione, delle scelte di politica monetaria operate dalla Banca centrale europea e dalla Federal Reserve, allo scopo di contrastare sfasature negli interventi e rischi di conflitti valutari.
  Alla luce di queste considerazioni, e per queste ragioni, la mozione da me presentata insieme ai colleghi del gruppo del Partito Democratico, impegna allora il Governo, in particolare nella fase del semestre italiano di Presidenza del Consiglio dell'Unione europea, ad agire affinché siano concretamente valorizzate le previsioni delle direttive di negoziato, tanto circa l'impegno della Commissione europea a sviluppare un dialogo regolare con tutte le parti interessate della società civile, quanto circa l'esame delle conseguenze economiche e sociali ed ambientali dell'Accordo mediante – come si prevede Pag. 60nel testo di mandato – una valutazione di impatto per la sostenibilità indipendente cui partecipi la società civile, che sarà condotta in parallelo ai negoziati e sarà conclusa prima della sigla dell'accordo.
  Si richiede ancora che le stime sugli effetti economici dell'accordo siano integrate con un approfondimento delle sue refluenze sulla struttura dei sistemi produttivi coinvolti nel partenariato, ipotizzando che possa essere proprio il Consiglio dell'Unione ad indicare come procedere, sia ai fini dell'individuazione delle risorse per effettuare tale valutazione, che per la scelta del soggetto che la condurrà.
  Si sottolineano poi, sempre in sede di impegni richiesti al Governo, l'esigenza di vigilare su un approccio equilibrato ai meccanismi arbitrali Investor State dispute settlement (ISDS) che tenga presenti le ragioni della tutela della qualità dei servizi pubblici essenziali, dei diritti sociali e del lavoro e delle norme ambientali; nonché la necessità di ribadire la necessità per il settore alimentare, ai fini dell'avanzamento del negoziato, del riconoscimento delle indicazioni di origine e del contrasto dell’Italian sounding, la rilevanza delle barriere non tariffarie di natura tecnico-regolamentare e l'importanza di un approccio alla trattativa particolarmente attento alla valorizzazione delle sue opportunità per le piccole e medie imprese e, dunque, la messa in opera di ogni utile strumento di supporto all'accrescimento della loro partecipazione all'interscambio commerciale a partire dagli appositi help desk già discussi in sede di trattativa.
  Ecco, prendendo le mosse dalla scelta di desecretazione del mandato negoziale, ci sembra in definitiva che si possa ora procedere alla definizione di una realistica tabella di marcia per il conseguimento di obiettivi effettivamente raggiungibili, cercando di cogliere, con il coinvolgimento delle opinioni pubbliche, del Parlamento europeo e dei Parlamenti nazionali, la finestra di opportunità per la conclusione di un accordo che si protrarrà fino ai primi mesi del 2016 a ridosso delle primarie americane.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Palese, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00632. Ne ha facoltà.

  ROCCO PALESE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, il Presidente del Consiglio Renzi la scorsa settimana, nel corso dei suoi incontri istituzionali e internazionali bilaterali volti a stabilire nuovi rapporti nella politica internazionale dell'Italia con l'Africa e l'Asia ha sostenuto che il semestre di Presidenza italiano del Consiglio Europeo deve essere l'occasione per un salto di qualità ed uno scatto in avanti nell'ambito dei negoziati in corso relativi all'accordo di partenariato per il commercio e gli investimenti fra Unione Europea e Stati Uniti d'America.
  Quello con gli Stati Uniti è un rapporto commerciale di assoluta priorità – ha aggiunto il Premier – per questo bisogna chiarire i principali elementi di negoziazione, nonostante l'impressione di un comprensibile rallentamento causato dall'insediamento di una nuova Commissione del nuovo Consiglio Europeo.
  Devo dire che i timori da lui manifestati sulla frenata dei negoziati avviati nel luglio del 2013 a Washington, in cui si è avviata la prima sessione negoziale per la conclusione di un grande accordo di libero scambio tra Unione europea e Stati Uniti, sono in realtà anche i nostri.
  La complessa e difficilissima trattativa nella quale la Commissione europea ha ricevuto il mandato nel giugno 2013 a definire un sistema di nuovi accordi per sostenere entrambe le economie continentali, richiede infatti un forte impulso a livello politico anche da parte del Governo italiano le cui capacità negoziali, a mio avviso, non sembrano essere in grado di garantire sufficientemente in ambito internazionale una adeguata voce e rappresentatività, come la vicenda dei marò continua a dimostrare a livello mondiale da tempo, anche da parte di questo Esecutivo, che si contraddistingue sempre più per gli «effetti annuncio» che per la sostanza degli interventi realizzati.Pag. 61
  I negoziati sul trattato di libero scambio, che rappresentano un accordo di portata molto ampia, come richiesto dalle regole dell'Organizzazione mondiale del commercio, che prevedono prioritariamente la rimozione dei dazi, ma soprattutto l'armonizzazione di normative e regolamenti, sono stati caratterizzati da un periodo d'ombra che ha suscitato comprensibili dubbi e perplessità in una vasta parte dell'opinione pubblica europea.
  Questa si è interrogata sull'effettivo significato dell'affermazione dei Presidenti Barroso, Van Rompuy e Obama, secondo i quali il partenariato transatlantico sul commercio e gli investimenti TTIP rappresenta uno strumento che potrà stimolare la crescita dell'Europa negli Stati Uniti d'America.
  Un periodo oscuro, in cui emergevano dossier legislativi più o meno ufficiali che configuravano all'interno del Trattato in via di definizione la mancanza di trasparenza e scarse informazioni rivolte ad esempio agli standard di lavoro, l'ambiente, l'agroalimentare, oltre ad altri settori di interesse primario.
  La decisione adottata dal Consiglio dell'Unione europea lo scorso 9 ottobre di declassificare i documenti contenenti alcuni obiettivi cruciali e che l'Accordo di partenariato intende prevedere, rendendo noto all'opinione pubblica un rapporto atteso da tempo, se da un lato costituisce un'accelerata alla fase del processo negoziale in corso tra l'Unione europea e gli Stati Uniti, dall'altro non può che essere salutato positivamente, se non altro per chiarire, sebbene in parte, una serie di aspetti rilevanti che le autorità di regolamentazione intendono proporre ai negoziati.
  Le mozioni all'esame dell'Assemblea, tra le quali quella presentata questa mattina dal nostro gruppo di Forza Italia, si discostano in larga parte nel loro contenuto e negli impegni rivolti al Governo, ma nel complesso sono accomunate da un unico filo conduttore, ovvero la richiesta di una maggiore chiarezza e trasparenza in ordine a decisioni economiche e commerciali di portata internazionale e di assoluta rilevanza, in grado di determinare effetti rilevantissimi per il prodotto interno lordo dei rispettivi continenti, quello europeo e americano.
  Pertanto, signor rappresentante del Governo, attraverso la nostra mozione intendiamo porre all'attenzione dell'Esecutivo che lei rappresenta, una serie di aspetti politici ed economici di assoluta importanza che riguardano il nostro Paese all'interno di un negoziato internazionale così complesso e delicato. Una serie di questioni che richiedono una particolare attenzione del nostro Governo, nel vigilare in ambito europeo e internazionale, i negoziati in corso sull'Accordo di partenariato Unione europea-USA, che coinvolgono direttamente comparti strategici centrali del sistema Paese Italia, settori quali l'agroalimentare o il tessile, ad esempio, il cui made in Italy rappresenta il vero baluardo dei nostri valori nazionali produttivi, che necessitano di essere assolutamente protetti e salvaguardati da eventuali regolamentazioni sfavorevoli all'interno dell'Accordo internazionale sul commercio e gli investimenti tra le due sponde dell'Atlantico, due dei più grandi mercati al mondo.
  La mozione presentata dal gruppo di Forza Italia a tal fine non contiene elementi critici o avversi alle iniziative volte a deregolamentare i sistemi commerciali, anzi il taglio della burocrazia, delle semplificazioni degli accordi e delle vendite nel commercio è sempre stato un caposaldo dei principi liberali a cui si è ispirata Forza Italia da sempre, in quanto si riducono i costi delle attività economiche e si accelerano i rapporti commerciali.
  Il documento di indirizzo è rivolto in realtà ad impegnare il Governo in sede comunitaria su una serie di aspetti elencati e per i quali, a mio avviso, ha dimostrato, sin dal suo insediamento, un atteggiamento ondivago e superficiale in diverse occasioni, nel contesto internazionale.
  Come si porrà il Governo italiano in rapporto alla regolamentazione dell'Unione europea con quella degli Stati Uniti ? Come interverrà il Governo Renzi Pag. 62di fronte all'eventuale decisione adottata in sede internazionale per il commercio e gli investimenti che possono pregiudicare l'immagine ed il valore economico dei prodotti e, in particolare, quello agroalimentare del made in Italy ? Ecco il senso della nostra mozione.
  Chiediamo pertanto al Governo, attraverso gli impegni da assumere in ambito comunitario, affinché tramite il partenariato transatlantico sul commercio e gli investimenti TTIP, l'Unione europea si proponga di individuare metodi razionali per rendere maggiormente compatibili tra loro la regolazione dell'Unione europea con quella degli Stati Uniti, garantendo allo stesso tempo un'adeguata tutela dei cittadini e degli standard sul lavoro, l'ambiente, la sicurezza e il commercio internazionale, prestando a tal fine una particolare attenzione affinché gli accordi intrapresi non danneggino il made in Italy, una leadership che nessuno può mettere in dubbio.
   Personalmente credo che sia del tutto irrealistico ipotizzare la conclusione di un negoziato così complesso entro la fine dell'anno in corso. Sono però convinto che sia un ottimo investimento per il nostro Governo e, più in generale, per l'Unione europea, impegnarsi a rilanciare una trattativa che si sta rivelando più difficile del previsto e che rischia di insabbiarsi in assenza di un forte impulso a livello politico.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cominardi. Ne ha facoltà.

  CLAUDIO COMINARDI. Signor Presidente, TTIP (Trattato transatlantico per il commercio e gli investimenti) è un accordo commerciale di libero scambio in corso di negoziazione tra l'Unione europea e gli Stati Uniti d'America.
  Se il progetto avrà successo, sarà la più grande area di libero scambio della storia umana, in grado di coprire oltre il 46 per cento del PIL mondiale, che aumenterebbe al 51,3 per cento se si estendesse a tutti i membri della North American free trade agreement (NAFTA) e ai membri dell'Associazione europea di libero scambio. Questo progetto è talvolta presentato come il primo passo verso la creazione di un'unione transatlantica, realizzando l'unità economica del mondo occidentale.
  I proponenti sostengono che l'Accordo sarà causa di crescita economica per i Paesi partecipanti. I critici sostengono che questo aumenterà il potere delle multinazionali e renderà più difficile ai Governi il controllo dei mercati per massimizzare il benessere collettivo.
  Secondo invece il Premio Nobel Joseph Stiglitz, il TTIP non è un accordo di libero scambio. Gli Stati Uniti vogliono un accordo commerciale – e queste sono testuali parole – gestito per favorire alcuni interessi specifici e non gli interessi dei cittadini. Il dipartimento del commercio non rivela neanche ai membri del congresso le condizioni del trattato – continua – in realtà la posta in gioco sono le norme sull'ambiente e sulla sicurezza. Ripeto, questo non è un accordo di libero scambio, ma di scambio gestito. Il problema non è la tutela degli investitori, come vogliono farci credere, in realtà vogliono garantire di poter svolgere attività nocive per l'ambiente e la salute. Per fare un esempio, Philip Morris ha fatto una causa contro l'Uruguay, perché l'Uruguay vuole proteggere i propri cittadini dalla nocività delle sigarette, limitando la vendita ai minori e la pubblicità. La Philip Morris sostiene che è una limitazione al libero scambio e che hanno il diritto di vendere i prodotti che uccidono la gente: allucinante ! Ai sensi dell'Accordo di investimento TTIP che voi europei firmerete, rinuncerete al vostro diritto di proteggere i vostri cittadini. State molto, molto attenti prima di firmare questo tipo di accordi, perché aggravano le disuguaglianze, facendo scendere la domanda aggregata, e inaspriscono e aggravano i problemi dell'Europa.
  Queste sono le parole del Premio Nobel dell'economia Stiglitz, ospite alla Camera dei deputati poche settimane fa e applaudito da tutte le forze politiche qui presenti. A dimostrazione di ciò, vi porto un'ulteriore testimonianza, una testimonianza Pag. 63personale. In un recente viaggio a Washington con la delegazione parlamentare italiana per un incontro di amicizia con gli Stati Uniti, io ed i colleghi del MoVimento 5 Stelle Tiziana Ciprini e Davide Tripiedi abbiamo interrogato varie istituzioni e organizzazioni sul tema: personale diplomatico, un'importante associazione quale la National Italian American Foundation, che ha relazioni con il Congresso, deputati del Congresso, come Patrick Tiberi del Partito Repubblicano e Bill Pascrell del Partito Democratico, ed infine una delle donne più potenti d'America, la minority leader del Partito Democratico, Nancy Pelosi, praticamente il braccio destro di Obama. Con la collega Tiziana Ciprini, le abbiamo posto la seguente domanda: cara Nancy Pelosi, come deputati abbiamo già interrogato il nostro Governo per avere delle risposte, anche i nostri europarlamentari hanno fatto lo stesso in Europa con la Commissione europea. Le chiediamo, quindi, perché tanta segretezza rispetto ad un Accordo così importante, che ridefinirà gli standard mondiali del commercio e le regole del mercato del lavoro. E vogliamo sapere perché la discussione è sottratta al controllo e alla responsabilità delle istituzioni democratiche. Nancy Pelosi risponde in questo modo: non sono a conoscenza della segretezza di cui lei parla, comunque le posso dire che all'interno del Congresso non è molto popolare questo Accordo (non è a conoscenza della segretezza, però dice che non è popolare quest'Accordo). Vogliamo veramente vedere come i lavoratori beneficeranno di quest'Accordo. Più ci diranno e più lo vedremo, ancora non abbiamo formulato un'opinione – beh, ci credo ! -. Il Presidente vuole molto quest'Accordo, ma gli abbiamo già detto che, a meno che non ci saranno consultazioni maggiori per capire cosa votiamo, non ci sono le condizioni. Praticamente questa, secondo la mia analisi, è una «supercazzola» degna dei peggiori politici della Repubblica italiana. Tradotto dal politichese alla lingua italiana: l'Accordo è sulla scrivania di Obama, pochi rappresentanti dei potentati economici privati sono a conoscenza dell'evoluzione degli accordi che riguardano la vita di miliardi di persone, che non hanno il diritto di sapere nulla, se non solo dopo la sottoscrizione dell'Accordo stesso, vivendone direttamente i drammatici effetti che comporterà sulla loro – e, ovviamente, sulla nostra – vita.
  Tutti i negoziatori europei al momento lo negano, ma il TTIP potrebbe spalancare le porte a carni trattate con ormoni e antibiotici, latte arricchito e produzioni con organismi geneticamente modificati. E a vigilare sulla corretta applicazione del Trattato ci sarebbe un arbitrato internazionale privato, le cui decisioni saranno superiori alle leggi nazionali e, quindi, alle stesse sentenze dei tribunali.
  Giusto per fare degli esempi rispetto a quello che potrebbe accadere in Europa, quindi anche in Italia, vi è il caso dell'Egitto che rischia di pagare un risarcimento milionario alla multinazionale Veolia per aver istituito il salario minimo per legge comportando maggiori oneri per la stessa corporation. Questo potrebbe verificarsi anche da noi. Così come il caso dei contadini colombiani che, a seguito di un accordo commerciale con gli Stati Uniti, sono stati obbligati alla semina di OGM che alimenta il business e il monopolio delle multinazionali, situazione che ha comportato scontri con le forze dell'ordine, che hanno causato vittime e feriti di martiri, questi contadini, che difendevano il loro raccolto e le sementi originarie e, quindi, la salute delle popolazioni. Per non parlare dei nostri prodotti tipici, i migliori al mondo: è ovvio, che attraverso una contraffazione legalizzata rischiano di essere plagiati, come già in parte avviene, da produttori esteri e addirittura rivenduti come made in Italy al mercato interno.
  Vi prego, quindi, di considerare la mozione da noi presentata e prego il Governo di non sottoscrivere alcun accordo, soprattutto se le premesse sono queste, altrimenti verrete considerati dalla storia come dei criminali alla stessa stregua di chi propone e promuove questo accordo, il TTIP. E approfitto di questo intervento per ringraziare tutti i comitati e tutte le associazioni che si stanno attivando in giro Pag. 64per l'Italia per fare un po’ di informazione che purtroppo in Italia non abbiamo. Queste persone hanno il coraggio di metterci la faccia, anche se sono in poche, però continuano a fare informazione (altrimenti, se aspettiamo i media di regime che portino un po’ di trasparenza...) e fanno veramente da pungolo verso determinate istituzioni oppure verso determinate situazioni. Quindi, il ringraziamento va sicuramente a queste persone (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Avverto che è stata testé presentata la mozione Dorina Bianchi ed altri n. 1-00635 che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalle mozioni all'ordine del giorno, verrà svolta congiuntamente. Il relativo testo è in distribuzione (Vedi l'allegato A – Mozioni).
  Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito. Il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta.
  Salutiamo i fanciulli dell'istituto comprensivo statale «Don Andrea Santoro» di Priverno (Latina), che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).

Discussione della mozione Rondini ed altri n. 1-00629 concernente iniziative riguardanti i profili di prevenzione sanitaria correlati al fenomeno migratorio (ore 16,55).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Rondini ed altri n. 1-00629 concernente iniziative riguardanti i profili di prevenzione sanitaria correlati al fenomeno migratorio (Vedi l'allegato A – Mozioni).
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione della mozione è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 17 ottobre 2014.
  Avverto che sono state altresì presentate le mozioni Brunetta ed altri n. 1-00633 e Dorina Bianchi ed altri n. 1-00634 che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalla mozione all'ordine del giorno, verranno svolte congiuntamente. I relativi testi sono in distribuzione (Vedi l'allegato A – Mozioni).

(Discussione sulle linee generali)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
  È iscritto a parlare l'onorevole Palese, che illustrerà la mozione Brunetta ed altri n. 1-00633, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

  ROCCO PALESE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentati del Governo, la mozione presentata da Forza Italia sul rischio sanitario in riferimento alla situazione dell'emigrazione è una mozione che mette in luce un problema molto grave. Diventa sempre più diffuso tra i cittadini, infatti, l'allarme relativo a rischi sanitari collegati al fenomeno migratorio, vista la presenza di emergenze epidemiologiche in zone da cui si spostano quotidianamente persone che decidono di migrare in Europa. È ora più che mai evidente il bisogno di un cambio di strategia nel rispondere ai fenomeni in atto, caratterizzati da afflussi contingenti di profughi di intensità straordinaria, provenienti da situazioni di guerra o violenza generalizzata, in aree in cui spesso si associano condizioni sanitarie ad alto rischio, che necessariamente chiamano in causa la capacità di intervento e di mobilitare risorse da parte di tutta l'Unione europea.
  Su tutti, l'allarme Ebola; al riguardo, di recente, il presidente della Commissione dell'Unione europea, Josè Manuel Barroso, ha avuto modo di dichiarare: «L'Ebola può diventare una catastrofe umanitaria di grandissime dimensioni: non è solo un problema dei Paesi africani che stanno soffrendo molto per il virus», l'epidemia è Pag. 65una «responsabilità di tutta la comunità internazionale», e ha aggiunto: «Insieme agli USA ed ai partner internazionali va rafforzato il lavoro. L'Ebola è una della priorità principali dell'agenda UE e nel Consiglio UE sarà deciso qualcosa al riguardo».
  L'epidemia, com’è noto, ha preso avvio nella Forest Region della Guinea, ai confini con la Sierra Leone e la Liberia, e ha coinvolto successivamente la capitale, Conakry. Il primo caso in Liberia è stato notificato il 30 marzo 2014 e in Sierra Leone il 25 maggio 2014; dal dicembre del 2013, ossia da quando l'epidemia avrebbe avuto effettivamente inizio, al 3 ottobre 2014 sono stati riportati dall'Organizzazione Mondiale della Sanità 7.470 casi probabili, confermati e sospetti, inclusi 3.431 decessi, con un tasso di letalità del 46 per cento in Guinea, Liberia e Sierra Leone.
  In Nigeria, dove il virus Ebola è stato introdotto nel mese di luglio 2014 dalla Liberia, sono stati registrati 20 casi e 8 decessi. Oltre al caso indice, si sono verificati casi secondari e terziari e, dopo il focolaio iniziale di Lagos, un cluster di casi è stato registrato a Port Harcourt, nello Stato di Rivers, con tre casi confermati. In Senegal è stato registrato un solo caso di importazione dalla Guinea, senza ulteriori casi secondari. Sia in Nigeria che in Senegal è stato completato il periodo di sorveglianza sanitaria di 21 giorni, senza evidenza di nuovi casi di malattia.
  Il focolaio attualmente in corso nella Repubblica democratica del Congo, con 70 casi, di cui l'ultimo isolato il 25 settembre 2014 e 43 decessi, è del tutto indipendente da quelli dei Paesi dell'Africa occidentale. Anche in Congo vengono messe in atto misure di sorveglianza nei confronti dei soggetti venuti in contatto con casi di malattia, che in gran parte hanno già superato il periodo di osservazione di 21 giorni senza sviluppare sintomi sospetti.
  La situazione è estremamente grave, motivo per il quale è necessario un intervento coordinato e anche estremamente rapido nei Paesi interessati per impedire che l'epidemia possa viaggiare.
  Sia le Nazioni Unite sia l'Organizzazione Mondiale della Sanità hanno previsto che l'epidemia arriverà a un picco di 20 mila casi entro la fine del 2014, perché, ovviamente, si trasmette in modo esponenziale.
  Si è passati dai pochi casi nel marzo 2014 ai dati odierni perché, come emerso nell'incontro di Washington sulla sicurezza sanitaria globale, siamo di fronte ad un problema di infrastrutturazione dei sistemi sanitari nei Paesi del West Africa. Anche l'azione dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, che è un'azione epidemiologica, non è riuscita a frenare il diffondersi dell'epidemia per motivi strutturali, in particolare per la mancanza di medici.
  Siamo in presenza di Paesi in cui c’è un medico ogni 100 mila persone, e con la popolazione sparsa in villaggi è evidente il rischio del diffondersi a macchia di leopardo dell'epidemia. Pertanto, ci sono stati anche casi di linciaggi di operatori sanitari che andavano, per esempio, a spruzzare disinfettanti. Questo è uno dei motivi per cui, per esempio, l'azione europea, in particolare quella italiana, è estremamente importante, attraverso l'opera di ONG che si trovano nei territori da venti o trent'anni e sono estremamente accettate dalla popolazione.
  Il livello dell'emergenza in Africa pone un tema sulla sicurezza dell'area globale e, in particolare, sulla sicurezza dei Paesi europei.
  Il coordinamento delle misure sanitarie a livello europeo è sotto l'egida dell'Health Security Committee dell'Unione europea, che, oltre ad avvalersi della consulenza tecnica del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC), si basa anche sulle raccomandazioni fornite dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, la quale, al momento, non raccomanda restrizioni di viaggi o controlli all'ingresso.
  Per quanto riguarda, in particolare, l'operazione Mare Nostrum, di cui il Ministro dell'interno, Angelino Alfano, ha annunciato l'imminente chiusura (da ultimo, nel corso dell'informativa urgente Pag. 66tenutasi alla Camera dei deputati lo scorso 16 ottobre), la partecipazione del Ministero della salute con propri medici alle attività della Marina militare è volta a consentire, quando ancora i migranti sono a bordo e prima dello sbarco sul territorio italiano, i controlli sanitari per accertare la presenza e i sintomi sospetti di malattie infettive ai sensi del regolamento sanitario internazionale dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.
  In caso di mancanza del medico del Ministero della salute a bordo, i controlli vengono effettuati a terra, prima dello smistamento dei migranti verso i vari centri di accoglienza. Nonostante l'azione di prevenzione messa in campo, si sono comunque verificati casi che hanno destato l'allarme generale, in particolare per gli operatori e le forze dell'ordine quotidianamente coinvolti nelle operazioni di soccorso e di assistenza ai migranti.
  Questa estate la stampa ha diffuso la notizia del caso di meningite accertato in un clandestino maliano sbarcato a Porto Empedocle ed ospite del centro di accoglienza Villa Sikania di Siculiana, cui sono seguiti altri casi sospetti; sono stati riscontrati, hanno inoltre riassunto i media, 44 casi di scabbia, 4 di tubercolosi e, appunto, un caso di meningite.
  Il pericolo di un'emergenza sanitaria non può essere sottovalutato in alcun modo, né può essere minimizzato il rischio a cui sono sottoposte in particolare le forze dell'ordine, svolgendo i servizi legati all'arrivo dei migranti: trascurare tutto questo e non portare avanti opportune iniziative di sicurezza, prevenzione e controllo è un atteggiamento che non garantisce appieno il diritto alla tutela della salute sancito dalla Costituzione, nonché è segno di grave mancanza di rispetto e di considerazione verso gli operatori coinvolti e verso tutti i cittadini.
  Il 1o novembre prossimo partirà Triton – altra operazione peggiore di Mare Nostrum –, l'operazione messa in campo da Frontex nelle acque del Mediterraneo, con un budget mensile di 2,9 milioni di euro, ovvero meno di un terzo di quanto Mare Nostrum costa all'Italia. Quanto all'operatività, il mandato di Triton sembra essere il solo controllo dei confini e non il salvataggio in mare. Le navi e gli aerei impiegati potranno spingersi solo trenta miglia oltre le coste italiane e non fin davanti alle coste libiche, dove sarebbe necessario, perché teatro della maggior parte dei naufragi. Non potranno, quindi, essere garantite operazioni di prevenzione, come finora sono state fatte su Mare Nostrum. Il personale impiegato non potrà, infatti, come fa la nostra Marina militare, operare screening sanitari a bordo.
  È di tutta evidenza che, vista l'emergenza sanitaria, che non riguarda solo l'ebola, urge la necessità, a partire dall'operazione Triton, di un coinvolgimento e di un rafforzamento dei sistemi di controllo, sia con un'incentivazione delle procedure di sicurezza, sia con azioni di informazione più dettagliata nei confronti dei cittadini. È importante avviare un sistema di sorveglianza epidemiologica coordinata a livello globale, a partire dal livello europeo; è una questione di rilievo, soprattutto per l'area mediterranea, tutelare la sicurezza e la salute di quest'area geografica, che ha delle esigenze particolari legate al continuo flusso di migranti provenienti da Paesi già colpiti da epidemie e ad alto rischio di contagio.
  La terrificante epidemia di ebola in almeno tre Paesi dell'Africa occidentale (Nuova Guinea, Liberia e Sierra Leone) impone non soltanto di dare una risposta immediata per fermarne la diffusione, ma anche di ripensare le politiche legate alla sanità pubblica globale. La riunione svoltasi a Bruxelles il 16 ottobre scorso dei Ministri della salute dell'Unione europea ha posto in evidenza l'incompletezza delle politiche sanitarie e la necessità di un maggior coordinamento tra gli Stati membri.
  Per questo, la mozione di Forza Italia impegna il Governo ad adottare le opportune iniziative volte a: provvedere all'interruzione dell'operazione Mare Nostrum, come già dichiarato dal Ministro dell'interno, Angelino Alfano, che ha annunciato, nel corso della recente informativa alla Pag. 67Camera dei deputati, la convocazione di un prossimo Consiglio dei ministri, nel corso del quale sarà stabilita e deliberata, finalmente, la conclusione dell'operazione; garantire, nell'ambito dell'operazione Triton, adeguati controlli sanitari direttamente a bordo delle navi; garantire massima tutela, in particolare per gli operatori sanitari e le forze dell'ordine quotidianamente coinvolti nelle operazioni di soccorso e accoglienza dei migranti, attraverso il rafforzamento delle procedure di sicurezza e dei sistemi di prevenzione e controllo del rischio sanitario, relazionando al Parlamento circa le attività portate avanti in merito; prevedere, in relazione al rischio sanitario, azioni di informazione più dettagliata nei confronti degli operatori coinvolti nelle operazioni di soccorso e accoglienza dei migranti e di tutti i cittadini; implementare il coordinamento dell'attività dei singoli Ministeri della salute dei Paesi europei, che coinvolga i Ministeri degli esteri, della cooperazione e dello sviluppo e i sistemi di difesa nazionale, per attività di prevenzione e controllo del rischio sanitario; prevedere, al fine di garantire il diritto costituzionale alla salute dei cittadini, che non può essere certamente considerato inferiore al diritto di libertà di circolazione dei migranti, misure di controllo sanitario più stringenti nei confronti dei migranti e dei richiedenti asilo provenienti dai Paesi attualmente focolaio del virus ebola, quali Liberia, Sierra Leone e Nuova Guinea; potenziare, in accordo con l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, la rete dei campi di accoglienza esistenti nei Paesi africani che si affacciano sul Mediterraneo, rafforzando, in particolare, le procedure interne delle operazioni di sicurezza e controllo per la prevenzione del rischio sanitario; prevedere l'utilizzo di monitor e strumentazione adeguata negli aeroporti, al fine di attuare operazioni di prevenzione e controllo sanitario dei passeggeri.
  Ed è l'obiettivo principale di questa mozione, insieme ai tanti altri contributi che provengono dalle altre mozioni che altri colleghi di altri gruppi illustreranno, perché è fin troppo evidente che non c’è solo il problema ebola, quello è il più grave, è alle porte ed è un grandissimo rischio, ma ci sono ormai tantissime nuove malattie, epidemie, patologie. Sono sempre più numerosi i riscontri di tubercolosi che si hanno nel nostro Paese da parte degli extracomunitari che vanno salvaguardati così come va salvaguardata la parte della popolazione italiana. Per questo mi auguro che il Governo esprima, quanto prima, parere positivo e adotti tutti questi provvedimenti di cui si chiede un impegno.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zaccagnini. Ne ha facoltà.

  ADRIANO ZACCAGNINI. Signor Presidente, colleghi, la mozione presentata dal gruppo della Lega Nord non appare condivisibile, né per il taglio delle premesse, inquadramento fenomeno migratorio, diffusione delle malattie, né per il dispositivo: fine immediata di Mare nostrum ed altre misure. Rispetto alla questione dei flussi migratori, considerando il fatto che il nostro Paese ha una posizione geograficamente strategica nel Mediterraneo, bisognerebbe spingere la riflessione su livelli più alti, e politicamente più accettabili, che vadano al di là del taglio dato dalla mozione presentata che gestisce il fenomeno in termini straniero uguale a portatore di malattie. Partiamo con un dato: è la prima volta dalla fine della seconda guerra mondiale che il numero di profughi, richiedenti asilo e sfollati interni, in tutto il mondo, ha superato i 50 milioni di persone, lo dice il rapporto annuale dell'Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati. Si tratta del dato più alto mai registrato dopo la fuga in massa verificatasi nella prima metà del secolo scorso dall'Europa occupata dal nazifascismo. Questa fuga verso l'Europa è determinata da persone che lasciano Paesi in guerra, Paesi dominati da regimi dittatoriali, afflitti da catastrofi climatiche e ambientali. È la prima volta nella nostra società moderna che la crisi economica viaggia di pari passo con quella migratoria ed ambientale. Ma tornerò più avanti sulle responsabilità Pag. 68di questo fenomeno, e dell'allargamento di questo fenomeno. Rispetto alla mozione presentata dalla Lega, vorrei sottolineare alcuni punti che riguardano proprio il fenomeno del virus dell'Ebola, mi rifaccio, e metto a disposizione della discussione oggi in Aula ad alcuni passaggi di un recente articolo pubblicato da Francesco Rocca, presidente della Croce Rossa Italiana: «Ho paura dell'ebola – dice – che fa issare bandiere contro un'improbabile emergenza sanitaria in arrivo sui barconi rappresentati come carriaggi appestati. Ho paura dell'ebola che fa produrre ordinanze di divieto di dimora anche solo temporanea per tutti quegli uomini e quelle donne provenienti dall'Africa tutta. Ho paura dell'ebola che alimenta quel sospetto verso il prossimo fino a togliere anche il più semplice gesto di pace rappresentato da due mani che s'incontrano. L'allarme c’è ed è giusto sottolinearlo. Ma, come ha già fatto l'Organizzazione mondiale della sanità sostenendo che i sistemi sanitari dell'Occidente sono così strutturati ed efficienti da rendere improbabile un'epidemia del virus in Europa e negli Stati Uniti, dobbiamo far capire che l'emergenza adesso è in Africa. Anche noi di Croce Rossa Italiana stiamo facendo la nostra parte, mettendo a disposizione i nostri uomini più qualificati e le nostre ambulanze speciali dotate di barelle chiamate Isoarc, ad alto biocontenimento e munite di appositi filtri ad altissimo livello di protezione, uniche in Europa e pronte per fronteggiare eventuali casi sospetti di ebola in arrivo all'aeroporto di Fiumicino. Intanto la febbre emorragica ebola ha fatto 4.493 morti su 8.997 casi registrati in sette Paesi (Liberia, Sierra Leone, Guinea, Nigeria, Senegal, Spagna e Usa), dati raccolti dall'Organizzazione mondiale della sanità fino al 12 ottobre scorso, solo l'8 ottobre erano 4.033; in pratica, cinquecento morti in soli 4 giorni. Un intervento immediato, ma anche una corretta informazione, ad esempio, sul fatto che l'influenza è molto più contagiosa dell'ebola, che il virus si contrae da persone che hanno già i sintomi della malattia o dai loro cadaveri e che le principali cause di morte in Africa restano la malaria, la tubercolosi e l'Hiv. I numeri di queste malattie sono ancora lontani da quelli causati da ebola, senza ricevere però la stessa attenzione o meglio lo stesso allarmismo.
  E quindi ? Che si intervenga immediatamente e seriamente subito in Africa. Noi siamo attrezzati per fare la nostra parte se si dovesse verificare un caso qui – continua il presidente della Croce Rossa Italiana –, nel frattempo si abbassassero pure quelle bandiere che usano questa nuova scusa per mascherare il proprio egoismo, cercando consenso sulla paura dell'ignoto e dello sconosciuto. Queste sono le parole di Francesco Rocca, che riporto in quest'Aula.
  Rispetto al virus, ricordo ai colleghi che esso ha un periodo di incubazione che va dai 2 fino ai 21 giorni. Il focolaio si trova proprio nell'area dell'Africa subsahariana. Il contagio avviene in un periodo di tempo brevissimo. È un fenomeno, dunque, che, a rigor di logica, appare del tutto disconnesso da quello dell'immigrazione clandestina.
  I colleghi sanno, come sappiamo tutti ormai da anni, che un immigrato clandestino dalle zone dell'Africa subsahariana ci mette mesi per poter arrivare all'imbarco in Libia e raggiungere le nostre coste. Per questo lo stesso presidente di Croce Rossa parla di intervenire in Africa, perché è lì che bisogna incidere. È scientificamente inesatto correlare l'immigrazione clandestina con la diffusione del virus, perché per passare clandestinamente tutte le frontiere ed i confini non ci si può impiegare venti giorni.
  L'ebola è un virus che viaggia in aereo – si potrebbe dire che viaggia in business class –, non certo sulle carrette del mare. I controlli vanno aumentati negli aeroporti, formando personale in grado non solo di dare adeguate informazioni circa il contagio, ma di fare opera di screening, personale che, al momento, appare sottodimensionato o addirittura assente. Il Ministro Lorenzin, da questo punto di vista, Pag. 69è stata smentita da alcuni servizi giornalistici sulla sufficienza dell'organico e del personale a Fiumicino.
  Tuttavia, invito tutti a non sottovalutare il fenomeno, nonostante le premesse spiegate precedentemente, e, allo stesso tempo, a non creare allarmismo sociale che rimandi ad individuare nell'immigrato il pericolo. La malattia va affrontata senza diffondere il panico, così come lo stesso Presidente Obama ha dichiarato alle televisioni di tutto il mondo, appellandosi a non creare isterismi, ma, al contrario, cercando di attivarsi da subito e con l'approccio ideologico adeguato per comprendere il fenomeno e cercare di debellarlo.
  I colleghi della Lega sanno bene che il fenomeno non è legato al fenomeno dell'immigrazione clandestina, per via del periodo di incubazione troppo breve del virus ebola. La loro richiesta di cessare i finanziamenti all'operazione Mare Nostrum si colloca, per paradosso, nella direzione opposta a quella di avere maggiore sicurezza sanitaria. Infatti, Mare Nostrum, oltre a salvare vite in mare, fa opera di screening delle malattie: un monitoraggio che avviene al momento dello sbarco sulle nostre coste, fatto da parte dei nostri militari, che non sono degli sprovveduti. È un dato che, stando alla mozione depositata, va sottolineato, anche se è impossibile condividere l'approccio della mozione stessa.
  Rispetto alla campagna mediatica sull'ebola, anche la stampa italiana sta assumendo toni del tutto errati. È notizia di qualche giorno fa l'arresto di un somalo fatto apparire come caso sospetto di ebola, poiché al momento dell'arresto è stato colto da una crisi epilettica. Dopo la diffusione del panico sociale, si è arrivati a capire che si trattava di un falso allarme. Ma bastava vedere i documenti di questa persona per dedurre che, stando in Italia da anni, non era possibile che il suo malore fosse da considerarsi caso sospetto di ebola. Forse lo è stato perché era somalo, ma questo è razzismo, non prevenzione.
  Dunque, è responsabilità sia della politica che dell'informazione in questa fase dare informazioni corrette, non diffondere il panico e non creare falsi allarmismi. La Lega Nord, che è scesa in piazza issando la bandiera della protezione nel nostro Paese da malattie e diversità, sta conducendo una campagna elettorale disonesta. Non si può strumentalizzare una malattia per accaparrare consensi.
  Il razzismo ricordo che è un reato. La Costituzione italiana condanna ogni forma di razzismo e l'articolo 3 recita: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, razza, lingua, religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali». E per cittadini si intendono anche quelli stranieri che si trovano nel nostro Paese. Infatti, ai cittadini extra UE comunque presenti sul territorio lo Stato deve garantire il rispetto dei diritti inviolabili dell'uomo, che rientrano nella categoria dei diritti civili.
  Rispetto all'ebola non bisogna accedere a facili strumentalizzazioni, ma spingere la riflessione sulle stesse considerazioni del presidente della Croce Rossa Francesco Rocca. Il sistema sanitario in Africa è calato grazie al debito economico che i Paesi hanno subito anche per via delle scelte e delle opportunità politiche dei Paesi in economia avanzata.
  Bisogna dunque fare opera di prevenzione e ridurre l'epidemia prima che diventi una pandemia. L'uso strumentale di questo problema non solo non lo risolve ma lo getta in pasto a quella che può diventare una psicosi sociale, malattia di altra natura ma pur sempre malattia. È necessario che il Parlamento italiano si adoperi da subito affinché si affronti questa emergenza in termini sobri, sventando con una corretta informazione qualsiasi tentativo di strumentalizzazione. Intensificando i controlli in aeroporto ed intensificando l'intervento in Africa. Il virus viaggia in aereo, come ho già citato precedentemente, e non nelle carrette del mare. Rispetto alla mozione presentata il gruppo SEL non ha presentato una propria mozione perché, come in premessa al mio intervento, l'impostazione culturale della mozione stessa non appare condivisibile né per il taglio delle premesse cioè l'analogia tra fenomeno migratorio e diffusione delle malattie né per il dispositivo, Pag. 70fine immediata di Mare Nostrum e altre misure (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Amato. Ne ha facoltà.

  MARIA AMATO. Signor Presidente, se i virus hanno qualcosa di buono è non fare distinzioni di pelle, età, sesso, reddito, un virus non sceglie se viaggiare in aereo o in nave. La tendenza a fare delle malattie infettive uno strumento di discriminazione fa già abbondantemente parte della nostra storia recente per l'Aids e oggi per Ebola. L'uso di parole come nuova peste e catastrofe sanitaria, pandemia, malattia che non dà scampo vengono utilizzate spesso strumentalmente per evocare paure nella gente e concentrare le paure sugli stranieri come se un virus potesse distinguere un migrante da un turista, come veicolo di contagio. È assolutamente corretto far risalire l'allerta, attivarsi e chiedere risorse per un'azione internazionale oltre a risolvere i focolai epidemici ma è necessario passare attraverso una corretta informazione. Il panico, la paura dello straniero, il cordone di difesa rispetto ai flussi migratori non è funzionale a questo obiettivo. I diversi ceppi virali di Ebola portano nomi di nazioni africane, testimoniando così le precedenti epidemie in quegli Stati. L'allarme sanitario è giusto ma non siamo di fronte ad un agente nocivo nuovo e sconosciuto. L'intensificazione dei protocolli di ricerca, l'accelerazione del ritmo di lavoro per la realizzazione del vaccino, la risoluzione dell'epidemia del Senegal, il test negativo del «paziente zero» negli Stati Uniti e della infermiera spagnola, l'avvio dei controlli della temperatura negli aeroporti internazionali, l'utilizzo di questionari mirati al raccordo anamnestico, comportamentale e relazionale sono il segno dell'attivazione organizzativa e dell'azione della medicina del mondo occidentale.
  I nostri centri di riferimento, lo Spallanzani di Roma e il Sacco di Milano, sono due centri di eccellenza il cui livello di guardia e di adeguatezza è del grado più alto. I casi che in Italia hanno creato panico e rumore non erano sospetti casi di Ebola. Erano forme influenzali o, in un caso, febbri malariche che con Ebola non avevano proprio nulla a che fare. Le priorità di azione rispetto ad un focolaio epidemico sono la cura dei malati, l'isolamento del focolaio ed il controllo del percorso di contaminazione. Ribadisco: la cura dei malati e lo dico da medico. L'isolamento in un percorso di cura ha una traduzione diversa dal sospendere immediatamente l'operazione Mare Nostrum o qualsiasi operazione in mare di controllo e salvaguardia e soprattutto a scopi umanitari. L'isolamento del focolaio necessita di un'azione medica diretta sul focolaio, non di difesa dei nostri confini. Gino Strada enuncia un principio medico quando dice che è urgente andare incontro ad Ebola in Africa ed in particolare in Sierra Leone o, altrimenti, ci raggiungerà in business class. La concentrazione dei controlli sui migranti è già alta, ma è sui flussi aeroportuali che vanno attivati controlli non invasivi di massa, ad esempio il rilievo della temperatura corporea.
  Immaginare quarantene di osservazione per i migranti per noi ormai non è difficile; sui turisti o su chi viaggia per lavoro è sicuramente più complesso. Si associa l'allarme ad una malattia come la tubercolosi, mai completamente debellata, ma chi si occupa di salute sa che la frequenza di cicatrici tubercolari nella popolazione sana è altissima e documenta l'avvenuto contatto con il mycobacterium della tubercolosi. E non è solo dall'Africa che arrivano TBC e HIV, abbondantemente presenti in Europa.
  Fondamentali le condizioni igieniche, ma è bene parlare anche di malnutrizione come substrato alla ripresa di malattie come la tubercolosi; e la malnutrizione non ha nazionalità, è dei poveri. Casi isolati di lebbra sono stati rilevati già in passato anche in Italia, determinando sempre un grande stato di allerta e venendo registrati negli archivi e nella letteratura scientifica infettivologica.
  Nel pericolo di trasmissione di malattie infettive, il primo e più efficace sistema di difesa è una corretta informazione, con un Pag. 71fermo richiamo ad attente norme igieniche – il banale lavarsi le mani –, la chiarezza dei termini quando si descrivono le modalità di contagio. Per esempio: «il virus resta nei liquidi biologici fino a 60 giorni dopo il contagio», si rafforza dicendo «resta fino a 60 giorni nello sperma», facendo così comprendere bene che Ebola, come l'HIV, si trasmette anche sessualmente. Il liquido più infettante è il sangue.
  Sicuramente autorevole è la voce di Giovanna Esposito rispetto ai ceppi varianti resistenti dei virus vecchi e nuovi: la varianza fa parte dell'evoluzione delle storie naturali delle malattie, ma proprio perché si sottolinea che non c’è in questo concetto un atteggiamento discriminante tra straniero e straniero, tra migrante e viaggiatore, i controlli vanno programmati e organizzati senza discriminazione, con la giusta ratio epidemiologica.
  I controlli funzionano ? Significativa la risposta di Giuliano Rizzardini, direttore dell'Istituto «Sacco» di Milano al Corriere della Sera: «L'Organizzazione mondiale della sanità sta rivedendo i sistemi di controllo e di sicurezza. Ebola ha messo in evidenza la fragilità dei sistemi sanitari dei Paesi poveri ed il sistema dei controlli in porti ed aeroporti basati su risposte del viaggiatore, che può eludere eventuali quarantene». Parliamo di viaggiatori, di aerei, di navi e non solo di migranti. Paradossalmente, i controlli sanitari sui migranti sono da sempre più alti e altro è seguire pedissequamente procedure per ridurre a zero il rischio di contaminazione degli operatori dall'interrompere un'operazione che ha funzioni in gran parte umanitarie, oltre che di controllo e sicurezza.
  Accelerare la ricerca di cure efficaci e di vaccini preventivi; contribuire alla revisione della politica dell'Organizzazione mondiale della sanità sugli aiuti all'Africa, anche a sostegno del miglioramento dell'efficienza dei sistemi sanitari di quei Paesi poveri; chiedere l'intervento della FAO, perché non sia la fame a completare la strage che sta già compiendo Ebola. Ma per quanto riguarda l'Italia e il suo sistema sanitario, non è solo bloccando Mare Nostrum che si risponde: una campagna capillare e chiara di poche e semplici informazioni sul virus, le modalità di contagio e le precauzioni igieniche; disposizioni precise e tempestive agli operatori della sanità sulle procedure da utilizzare nel sospetto di infezione e l'approvvigionamento dei presidi da utilizzare nei casi sospetti dall'accettazione al trasferimento nella struttura di riferimento; una rivisitazione su base scientifica delle nostre campagne vaccinali; il rafforzamento della rete delle unità operative di malattie infettive nel disegno già utilizzato con successo dalla campagna contro l'AIDS e, successivamente, depotenziato a seguito di riorganizzazioni e di tagli alla spesa: sicuramente contribuiranno di più ad un approccio corretto, senza falsi e pericolosi allarmismi, evitando di fomentare un sentimento xenofobo e di intolleranza non degno di un Paese civile.
  La risposta ad un'epidemia, la risposta ad un virus, la risposta alla diffusione di una malattia è fatta di medicina, affiancata a misure di polizia sanitaria, e corrette ed idonee procedure di manipolazione, diagnosi e cura. I virus, siano l'ebola, l'HIV o gli altri agenti patogeni, non si combattono né con i confini né con la paura: c’è solo uno strumento efficace ed è la scienza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pili. Ne ha facoltà.

  MAURO PILI. Signor Presidente, credo che in questi giorni si sentano tante parole di ipocrisia su questo tema e io voglio tentare di uscire da questa ipocrisia, perché non mi piace e non credo che possa essere accettato il concetto di chi, anche qui, oggi, ha detto: c’è allarme, ma bisogna stare tranquilli. Stiamo gestendo l'emergenza, la stiamo gestendo bene, in maniera efficace e, poi, all'aeroporto di Cagliari da mesi durante la notte arrivano decine e decine di aerei charter con carichi di immigrati provenienti dalle aree a rischio, che vengono caricati direttamente in pullman «gran turismo», molto spesso, e portati nei paesi delle zone interne. Il Pag. 72giorno dopo, in quegli alberghi non c’è più nessuno, perché quegli immigrati vanno via, cioè non c’è nessun controllo, nessun cordone sanitario nell'aeroporto, dove questo trasbordo avviene, lo ripetuto, sistematicamente da mesi. Arrivano nei paesi dove nessuno li controlla né sul piano sanitario né sul piano della stessa presenza in quel sito e, infatti, è capitato ormai decine di volte che in quei comuni, dopo appena 12 ore, quegli immigrati abbiano lasciato i centri in cui sono stati mandati. Questa è certezza e sicurezza sanitaria, questo è il cordone sanitario di cui si parla in maniera demagogica e ipocrita in questi giorni ?
  Credo che ci siano delle responsabilità molto gravi che sono in capo al Governo nazionale e alle regioni che stanno accettando tutto questo. Non vi è un minimo controllo e questo allarmismo, di cui qualcuno si riempie la bocca, sta nell'opinione pubblica. All'opinione pubblica bisogna dare certezze, garanzie di qualcosa che sta succedendo, dei fatti concreti per modificare un approccio da dilettanti allo sbaraglio. È evidente che non esistono queste strutture nella realtà. In Sardegna c’è il sospetto che, invece, si stia facendo un'azione molto puntuale di trasferimento; non si spiegherebbe diversamente l'utilizzo di voli charter. Quanto si spende per quei voli charter che partono dalla Sicilia o da altre realtà per portare in Sardegna gli immigrati ? Credo che tutto questo sia assolutamente inspiegabile, così come è inspiegabile che non si prenda atto del fatto che, per esempio nelle carceri sarde, come quella di Buoncammino, siano decine i casi di Tbc che si stanno verificando. Concordo, non bisogna fare allarmismo, ma non bisogna nemmeno tollerare in silenzio; superficialità e negligenza, bisogna dismettere questa ipocrisia e bisogna, soprattutto, non confondere l'accoglienza con la negligenza che questo Governo e altre realtà regionali stanno mettendo in campo.

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.
  Prendo atto che il Governo si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattimento.
  Il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta.

Annunzio della nomina di due giudici della Corte costituzionale.

  PRESIDENTE. Il Presidente della Repubblica, con lettera del 18 ottobre 2014, ha comunicato che, con decreto in pari data, controfirmato dal Presidente del Consiglio dei ministri, ha nominato giudici della Corte costituzionale la professoressa Daria De Pretis, ordinario di diritto amministrativo nell'Università degli Studi di Trento e il professor Nicolò Zanon, ordinario di diritto costituzionale nell'Università degli Studi di Milano.
  Sospendiamo a questo punto la seduta che riprenderà alle ore 17,50 con la discussione sulle linee generali del testo unificato delle proposte di legge recanti disposizioni in materia di conflitti di interessi dei titolari delle cariche di Governo. Delega al Governo per l'adeguamento della disciplina relativa ai titolari delle cariche di Governo locali.
  La seduta è sospesa.

  La seduta, sospesa alle 17,30, è ripresa alle 17,50.

Discussione del testo unificato delle proposte di legge: Bressa; Fraccaro ed altri; Civati ed altri; Tinagli ed altri; Dadone ed altri; Scotto ed altri: Disposizioni in materia di conflitti di interessi dei titolari delle cariche di Governo. Delega al Governo per l'adeguamento della disciplina relativa ai titolari delle cariche di Governo locali (A.C. 275-1059-1832-1969-2339-2652-A).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato delle proposte di legge n. 275-1059-1832-1969-2339-2652-A di iniziativa dei deputati Bressa; Fraccaro ed altri; Civati ed altri; Tinagli ed altri; Dadone ed altri; Scotto ed Pag. 73altri: Disposizioni in materia di conflitti di interessi dei titolari delle cariche di Governo. Delega al Governo per l'adeguamento della disciplina relativa ai titolari delle cariche di Governo locali.
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 7 ottobre 2014.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 275-A ed abbinate)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
  Avverto, altresì, che la I Commissione (Affari costituzionali) si intende autorizzata a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire il relatore, onorevole Francesco Paolo Sisto.

  FRANCESCO PAOLO SISTO, Relatore. Signor Presidente, la I Commissione ha avviato il 6 maggio 2014 l'esame in sede referente delle proposte di legge n. 275, di iniziativa del deputato Bressa, n. 1059, di iniziativa del deputato Fraccaro, n. 1832, di iniziativa del deputato Civati e n. 1969, di iniziativa della deputata Tinagli, cui sono state successivamente abbinate le proposte n. 2339, di iniziativa della deputata Dadone e n. 2652, di iniziativa del deputato Scotto. La discussione sulle linee generali è proseguita nelle sedute del 15 e 28 maggio e del 3, 4 e 10 giugno 2014.
  La Commissione ha quindi deliberato di svolgere un'indagine conoscitiva sui temi oggetto delle proposte, nel corso della quale – sedute del 17, 23 settembre nonché del 1o ottobre 2014 – sono stati auditi il presidente dell'Anac e il presidente dell'Antitrust nonché i seguenti esperti della materia: Alberto Toffoletto, professore ordinario di diritto commerciale presso l'Università degli Studi di Milano, Paolo Bertoli, professore ordinario di economia aziendale presso l'Università di Pisa, Giuseppe Colavitti, ricercatore di diritto dell'economia presso l'Università de L'Aquila, Daniele Maffeis, professore ordinario di diritto privato presso l'Università degli Studi di Milano, Francesco Saverio Marini, professore ordinario di istituzioni di diritto pubblico presso l'Università degli Studi di Roma Tor Vergata, Andrea Pertici, professore ordinario di diritto costituzionale presso l'Università di Pisa, Roberto Zaccaria, già professore ordinario di istituzioni di diritto pubblico presso l'Università di Firenze, Tommaso Edoardo Frosoni, professore ordinario di diritto pubblico comparato dell'Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, Giovanni Guzzetta, professore ordinario di istituzioni di diritto pubblico dell'Università degli Studi di Roma Tor Vergata, Giulio Salerno, professore ordinario di istituzioni di diritto pubblico dell'Università degli Studi di Macerata, Francesco Tuccari, professore associato di diritto amministrativo presso l'Università degli Studi del Salento, Tommaso dalla Massara, professore associato di fondamenti del diritto privato europeo dell'università di Verona, e Vincenzo Vita, rappresentante dell'associazione «Articolo 21». Questo, Presidente, per chiarire all'Aula come le audizioni su questo provvedimento siano state articolate e provenienti da anche esperienze culturali diverse e, direi, certamente utili a comprendere quella che fosse l'elaborazione dottrinaria ma anche giurisprudenziale sul punto oggetto del provvedimento. Queste audizioni sono avvenute nei giorni 17 e 23 settembre e l'ultima il 1o ottobre 2014. Il 2 ottobre, esattamente il giorno successivo, ventiquattr'ore dopo il termine delle audizioni, è stato adottato dalla Commissione il testo unificato, ci tengo, Presidente, a questo. Il testo stesso, unificato, che ho predisposto è stato elaborato svolgendo un lavoro di mera sintesi e assemblaggio dei contenuti delle diverse proposte di legge, senza che questo costituisca l'opinione politica di chi lo ha redatto. Un mero tentativo di offrire alla Commissione, tempestivamente, perché il testo potesse arrivare Pag. 74puntualmente in Aula, un punto di partenza meramente algebrico fra quelli che erano i contenuti delle proposte oggetto di esame da parte della Commissione e oggetto delle audizioni degli esperti ventiquattr'ore prima che il testo fosse portato in Commissione ed approvato in tempo utile per l'Aula.
  Nella seduta del 7 ottobre 2014 è stato avviato l'esame delle proposte emendative presentate, ma in considerazione dei tempi ristretti a disposizione della Commissione per esaminare e votare le proposte emendative – rammenterò che il provvedimento era per l'8 ottobre e non c'era la clausola «ove non concluso», quindi doveva essere in Aula l'8 ottobre – il relatore ha inviato i colleghi a ritirarle, ripresentandole, nel caso, ai fini dell'esame in Assemblea. Gli emendamenti presentati, infatti, numerosi e ampi sia nel numero sia nella portata normativa, mutano la filosofia di fondo del testo – tutti – e richiedono dunque un'adeguata istruttoria ed approfondimento che non è stato, per le regioni testé riferite, possibile finora svolgere in Commissione, nonostante siano state dedicate molte sedute all'esame delle proposte presentate.
  Sul testo unificato, con i criteri che ho riferito, diciamo impersonali, delle proposte di legge, il Comitato per la legislazione ha espresso il parere di competenza esprimendo osservazioni e condizioni; le altre commissioni competenti in sede consultiva, sempre per le ragioni che ho già riferito non si sono espresse sul testo unificato non avendo potuto, come ho già detto, la Commissione esaminare gli emendamenti presentati. Nelle condizioni formulate dal Comitato per la legislazione si evidenzia l'esigenza che dopo una valutazione della portata della delega afferente il Testo unico degli enti locali si indichino i principi e i criteri direttivi cui il Governo dovrà attenersi nell'esercizio della delega, con particolare riferimento ai compiti e alle funzioni della Commissione nazionale, anche in osservanza di quanto previsto dalla circolare del 2001. Rileva altresì, lo stesso comitato, la necessità di indicare espressamente le disposizioni che verranno abrogate per effetto dell'approvazione della proposta in esame.
  Per quanto riguarda il contenuto del testo unificato, che mi limiterò a riferire con la stessa asetticità utilizzata nella sua formulazione, questo stabilisce una nuova disciplina per la risoluzione dei conflitti di interesse dei titolari di cariche di Governo e dei componenti delle autorità indipendenti. Attualmente la normativa in materia è contenuta nella legge n. 215 del 2004 che, pur non essendo oggetto di abrogazione espressa, viene di fatto sostituita dalla nuova disciplina.
  Il provvedimento si compone di sedici articoli, divisi in tre capi, riguardanti i principi generali, le incompatibilità, il conflitto di interesse e le disposizioni finali.
  L'articolo 1 stabilisce che i «titolari di cariche pubbliche», individuati ai sensi degli articoli successivi, devono operare nell'esercizio delle loro funzioni, esclusivamente per la cura degli interessi pubblici a loro affidati.
  Vengono quindi individuati all'articolo 2 i principali destinatari della disciplina nei «titolari di cariche di governo»: Presidente del Consiglio, vicepresidenti del Consiglio, ministri, viceministri, sottosegretari di Stato e commissari straordinari del Governo, ai quali sono equiparati i componenti delle autorità indipendenti.
  Sull'applicazione delle disposizioni ai presidenti ed ai componenti delle giunte regionali, nonché ai titolari delle cariche di governo locale, intervengono gli articoli 3 e 4. In particolare l'articolo 3 rimette alle Regioni ed alle Province autonome la disciplina delle incompatibilità e dei conflitti di interessi dei presidenti delle regioni e dei componenti le giunte regionali, indicando come principi generali quelli desumibili dalla proposta di legge in esame e quelli già fissati dalla normativa vigente in materia (legge n. 165 del 2004). L'articolo 4 reca una delega al Governo volta ad applicare la disciplina del conflitto di interessi ai titolari di cariche di governo locali. Viene dunque previsto un decreto legislativo per adeguare le disposizioni del Testo Unico sull'ordinamento degli Enti Pag. 75Locali alle disposizioni della proposta di legge in esame; con il medesimo decreto sono definiti i compiti e le funzioni di accertamento, vigilanza, controllo e sanzione esercitati dalla Commissione nazionale per la prevenzione dei conflitti di interessi, istituita dal successivo articolo 9.
  Il termine per l'esercizio della delega è di 180 giorni. Il procedimento prevede la proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con i Ministri dell'interno e degli affari regionali, ed i pareri della Conferenza unificata e del Consiglio di Stato (quest'ultimo da rendere entro 30 giorni).
  Per quanto attiene all'espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari, lo schema di decreto è trasmesso alle Camere almeno 90 giorni prima della scadenza del termine; il parere deve essere reso entro trenta giorni dalla trasmissione. Il Governo, qualora non intenda conformarsi ai pareri parlamentari, trasmette nuovamente il testo alle Camere con le proprie osservazioni e con eventuali modificazioni e rende comunicazioni davanti a ciascuna Camera. Decorsi 30 giorni dalla data della nuova trasmissione, il decreto legislativo può comunque essere adottato in via definitiva dal Governo.
  L'articolo 5 prevede l'incompatibilità tra la titolarità di cariche di governo e: qualunque impiego pubblico o privato; qualunque carica o ufficio pubblico non derivante dalla funzione governativa svolta, fatta eccezione per il mandato parlamentare. I relativi rapporti si risolvono di diritto al momento del giuramento. Per i dipendenti pubblici e privati è invece previsto il collocamento in aspettativa, senza pregiudizio della posizione di carriera, con applicazione delle disciplina sull'aspettativa per mandato parlamentare. Ai titolari di cariche di governo è inoltre fatto divieto di: esercitare attività imprenditoriali; svolgere funzioni di presidente, amministratore, liquidatore, sindaco o revisore, o analoghe funzioni di responsabilità comunque denominate, in enti di diritto pubblico, anche economici, o presso imprese o società pubbliche o private o in enti privati aventi per oggetto anche non principale lo svolgimento di attività patrimoniali o comunque in enti soggetti al controllo pubblico. Le predette attività non possono essere esercitate neanche per interposta persona o attraverso società fiduciarie. I titolari di cariche di governo cessano dai predetti incarichi e funzioni al momento del giuramento e non possono, per la durata della carica di governo, percepire alcune forma di retribuzione o comunque fruire di vantaggi; gli atti adottati ed i voti espressi successivamente sono nulli. I titolari di cariche di governo non possono infine esercitare attività professionali, nemmeno in forma associata, in Italia o all'estero, e sono sospesi di diritto dai relativi albi professionali per tutta la durata della carica; essi possono percepire unicamente i proventi derivanti da prestazioni professionali svolte in precedenza.
  L'articolo 6 introduce un'ipotesi di conflitto di interessi derivante da particolari condizioni patrimoniali. Sono previste due forme di conflitto di interessi: una situazione di conflitto di interessi la cui sussistenza è valutata di volta in volta dalla Commissione nazionale per la prevenzione dei conflitti di interessi e una situazione di conflitto di interessi individuata direttamente dalla legge.
  Per quanto riguarda la prima, quella valutata volta per volta, sono suscettibili di dar luogo a conflitto di interessi la proprietà, il possesso o comunque la disponibilità nel proprio interesse o nell'interesse degli altri soggetti legati da vincolo di coniugio o parentela indicati dalla legge, anche all'estero, di patrimoni immobiliari e mobiliari di valore complessivo superiore a 15 milioni di euro da parte del titolare delle cariche di governo. Sono inoltre suscettibili di dar luogo a conflitto di interessi la proprietà, il possesso o comunque la disponibilità nel proprio interesse o nell'interesse del titolare della carica di governo, anche all'estero, di patrimoni immobiliari e mobiliari da parte del coniuge non separato, dei parenti e affini entro il secondo grado o di persone stabilmente conviventi non a scopo di lavoro domestico: le persone che svolgono lavoro domestico sono escluse da questo regime.Pag. 76
  Sono comunque esclusi i beni mobili o immobili effettivamente destinati alla fruizione o al godimento personale del titolare della carica di Governo o dei suoi familiari. Per i beni immobili viene inoltre specificato che deve trattarsi di beni immobili strumentali a un'attività di impresa o comunque ad attività aventi scopo di lucro, posseduti anche per interposta persona o per il tramite di società fiduciarie.
  Il limite di 15 milioni di euro è incrementato ogni anno di un ammontare equivalente all'aumento dell'indice del deflattore dei prezzi del prodotto interno lordo.
  La Commissione nazionale per la prevenzione dei conflitti di interessi, sentite per quanto di competenza l'Autorità garante della concorrenza e del mercato e le eventuali autorità di settore, accerta caso per caso se, dati i poteri e le funzioni attribuiti ai titolari di cariche di Governo, la proprietà, il possesso o la disponibilità delle attività patrimoniali siano suscettibili di determinare conflitti di interessi.
  Determina invece in ogni caso un conflitto di interessi, ed è la seconda ipotesi, quella ex lege, il possesso, anche attraverso interposta persona o società fiduciarie, di partecipazioni rilevanti in imprese operanti in settori considerati particolarmente «sensibili», quando la Commissione, sentita l'Autorità garante della concorrenza e del mercato e le eventuali autorità di settore, ne attesti la posizione non marginale dell'impresa nel relativo settore di attività.
  I settori interessati sono i seguenti: difesa; energia; credito; opere pubbliche di preminente interesse nazionale; comunicazioni di rilevanza nazionale; servizi pubblici erogati in concessione o di autorizzazione; imprese operanti nel settore pubblicitario.
  Si considerano rilevanti: le partecipazioni di controllo o che partecipino al controllo ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile e dell'articolo 7 della legge n. 287 del 1990; le partecipazioni superiori al 2 per cento del capitale sociale, nel caso di società quotate in mercati regolamentati; le partecipazioni superiori al 10 per cento nelle società non quotate. Sono altresì rilevanti gli accordi contrattuali o i vincoli statutari che consentano di esercitare il controllo o la direzione e il coordinamento anche di enti non societari.
  La proposta di legge (articolo 7) prevede ancora per i titolari di cariche di Governo un obbligo di astensione dalla partecipazione a qualunque decisione che possa specificamente incidere sulla situazione patrimoniale propria o del coniuge non legalmente separato o dei parenti o affini fino al secondo grado o di altri soggetti a loro legati da rapporti di interesse patrimoniale ovvero di persone con loro stabilmente conviventi, sempre esclusi i domestici – per carità – recando a essi un vantaggio economico (comma 1). L'obbligo sussiste solo ove il beneficio economico arrecato dalla decisione sia rilevante e differenziato rispetto a quello della generalità dei destinatari del provvedimento. Inoltre, l'obbligo di astensione non opera nell'adozione di atti dovuti (comma 5).
  In caso di dubbio sulla sussistenza dell'obbligo di astensione, la questione deve essere rimessa alla solita Commissione, pertanto, il titolare della carica di governo pone la richiesta alla Commissione, la quale si pronuncia entro i successivi cinque giorni. Scaduto tale termine, il soggetto interessato è esente da ogni obbligo di astensione, qui c’è una sorta di silenzio assenso.
  Viceversa, entro il termine e nelle more della risposta della Commissione, egli è tenuto comunque ad astenersi. Tutte le deliberazioni con cui la Commissione stabilisce i casi in cui l'interessato deve astenersi sono comunicate ai Presidenti delle Camere e al Presidente del Consiglio affinché ne informi il Consiglio dei ministri.
  In caso di violazione del divieto, e salvo che il fatto costituisca reato, la Commissione nazionale per la prevenzione dei conflitti di interesse applica una sanzione amministrativa, secondo questo patchwork di proposte, pecuniaria, da un minimo di 50.000 euro a un massimo di un milione e mezzo di euro.
  La proposta di legge pone in capo ai titolari delle cariche di governo e ai loro Pag. 77congiunti obblighi di dichiarazione funzionali a far emergere le situazioni di conflitto di interessi (articolo 8). Le dichiarazioni sono rese alla Commissione nazionale di cui all'articolo 9.
  In relazione al contenuto degli obblighi, non si registrano particolari elementi di novità rispetto alla disciplina vigente. Si conferma, infatti, la previsione di dichiarazione dei casi dei conflitti di interesse, stabilita attualmente dall'articolo 5 della legge n. 215/2004, benché nel rispetto di un timing più serrato rispetto a quello attuale.
  Il testo prevede che, entro venti giorni dall'assunzione della carica, vengano dichiarate alla Commissione: in primo luogo, le cariche o attività ricomprese nelle incompatibilità derivanti da impieghi o attività professionali (elencate all'articolo 5 della medesima proposta); in secondo luogo, i dati relativi ai beni e alle attività patrimoniali di cui siano titolari, o di cui siano stati titolari nei sei mesi precedenti l'assunzione della carica, anche per interposta persona. La disposizione non descrive, tuttavia, le informazioni richieste.
  La dichiarazione deve essere corredata dell'ultima dichiarazione dei redditi e dell'elenco dei beni mobili o immobili che il titolare della carica dichiara essere destinato al godimento personale proprio e dei propri familiari. Ogni variazione negli elementi dichiarati deve essere resa nota, con dichiarazione integrativa, entro venti giorni dai fatti che la abbiano determinata.
  Rispetto al quadro normativo vigente, viene esteso il novero dei soggetti obbligati alle dichiarazioni, che comprende, oltre al titolare della carica, il coniuge, i parenti e gli affini entro il secondo grado. Qualora tali soggetti non acconsentano a rendere le dichiarazioni, è stabilito l'obbligo per il titolare della carica di dichiarare alla Commissione, in forma riservata, tutti gli elementi utili a sua conoscenza (comma 2).
  Una volta scaduto il termine dei venti giorni per la presentazione delle dichiarazioni, è attribuito alla Commissione nazionale il potere di compiere tutti gli accertamenti necessari, anche avvalendosi della Guardia di finanza. Ove risulti che le dichiarazioni non siano state effettuate, ovvero risultino incomplete o non veritiere, è assegnato un termine di venti giorni per provvedere all'integrazione. Solo in caso di mancata trasmissione ovvero nell'ipotesi in cui sia accertata l'incompletezza o la non veridicità delle dichiarazioni trasmesse, allo scadere del nuovo termine fissato, la Commissione può procedere all'acquisizione di ufficio di tutti gli elementi utili, avvalendosi anche della Guardia di finanza e delle altre Forze di polizia.
  In relazione alla violazione degli obblighi di dichiarazione, inoltre, la Commissione procede ad irrogare nei confronti del responsabile una sanzione amministrativa pecuniaria di importo compreso tra la metà e il doppio del reddito complessivo del trasgressore, quale risultante dall'ultima dichiarazione dei redditi.
  Contestualmente si dispone che l'autorità di controllo informi, per le cariche statali, il Presidente della Repubblica, il Presidente del Consiglio e i Presidenti delle Camere; per le cariche regionali, vengono informati, il presidente della regione e il consiglio regionale interessato. In ogni caso, qualora il fatto costituisca reato, la Commissione informa la competente procura della Repubblica.
  Un rilevante elemento di novità della proposta di legge in esame è costituito dall'istituzione di un apposito organismo, denominato appunto, come già si è visto, Commissione nazionale per la prevenzione dei conflitti di interesse. Si tratta di un organismo collegiale, di nomina presidenziale, operante in piena autonomia, che si avvale delle strutture e degli uffici della medesima Autorità antitrust. Ad essa sono attribuiti i compiti e i poteri previsti dalla proposta di legge al fine di prevenire, ed eventualmente sanzionare, i conflitti di interessi e che nella legge n. 215 del 2004 sono attribuiti all'Antitrust e all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Si intendono così separare anche sul piano istituzionale i compiti di verifica del buon funzionamento del mercato da quelli di prevenzione di forme di scorretto esercizio degli incarichi di governo.Pag. 78
  La Commissione opera in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e di valutazione.
  È composta da 5 componenti, nominati dal Presidente della Repubblica per cinque anni non rinnovabili, che li sceglie, con il parere dei Presidenti di Camera e Senato, tra persone di notoria e indiscussa capacità e indipendenza. Essi esercitano le loro funzioni a titolo gratuito e, come emerso nel dibattito in Commissione, la natura e le modalità di nomina della Commissione richiedono ulteriori valutazioni ed approfondimenti. La Commissione si avvale delle strutture e degli uffici dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato.
  La Commissione esercita i seguenti compiti – e siamo giunti, Presidente, all'articolo 10 –: vigilare sull'applicazione delle legge e sul rispetto degli adempimenti e dei divieti da essa previsti; applicare le sanzioni previste o promuoverne l'applicazione; approvare disposizioni, istruzioni e direttive per l'applicazione delle norme della legge; adottare, anche su richiesta degli interessati, pareri sull'interpretazione e applicazione delle norme stesse. Inoltre, la Commissione è tenuta a pubblicare annualmente un rapporto sull'attuazione delle disposizioni della legge e sulla propria attività.
  Il procedimento per la prevenzione dei conflitti di interessi derivanti da attività patrimoniali è disciplinato dall'articolo 11 della proposta di legge. Qualora le situazioni e le attività patrimoniali di cui all'articolo 6 siano suscettibili di determinare conflitti di interessi, la Commissione, sottopone agli interessati, entro tre mesi dall'assunzione della carica di Governo, una proposta di applicazione di una o più delle misure per la prevenzione dei conflitti di interessi indicate dall'articolo 12, che si vedrà di seguito. A tal fine la Commissione può acquisire eventualmente il parere dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, della Consob e delle competenti autorità di settore e questo nel sistema che, volta per volta, può essere sollecitato. Si apre a questo punto il contraddittorio con l'interessato, che può sottoporre alla Commissione osservazioni e rilievi o proporre misure alternative, entro i successivi venti giorni, per i soggetti di cui all'articolo 1.
  In ogni caso, la decisione definitiva è adottata, con provvedimento motivato, entro quattro mesi dalla data dell'assunzione della carica di Governo. Dalla data della proposta della Commissione, l'esercizio dei diritti di voto connessi alle partecipazioni, azioni o quote che, direttamente o indirettamente, facciano parte delle attività patrimoniali degli interessati è sospeso fino all'applicazione delle misure per la prevenzione dei conflitti di interessi, salvo diversa disposizione della Commissione.
  Nei successivi sessanta giorni le assemblee delle società, nelle quali i soggetti interessati possiedono partecipazioni rilevanti, sono convocate per deliberare sulla conferma o sulla sostituzione degli amministratori; in caso di mancata convocazione, il tribunale, su ricorso della Commissione, ordina con decreto la convocazione dell'assemblea, designando la persona che deve presiederla.
  Per quanto riguarda le misure per la prevenzione dei conflitti (articolo 12), in via generale, viene stabilito il principio base al quale la prevenzione dei conflitti di interessi viene realizzata dalla Commissione rendendo progressivamente non conoscibile la composizione attuale del patrimonio, rilevante in base all'articolo 6, per i soggetti titolari delle cariche e per i soggetti di cui all'articolo 6, comma 2 (coniuge non separato; parenti e affini entro il secondo grado; persone stabilmente conviventi, sempre non a scopo domestico).
  Sono esclusi i beni comunque destinati alla fruizione e al godimento personale del titolare della carica e dei suoi familiari come indicati nella dichiarazione prevista dall'articolo 8. La Commissione può dunque disporre che i beni ed i proventi delle operazioni siano affidati a una gestione fiduciaria entro un termine dalla stessa stabilito. A tal fine, si prevede la sottoscrizione di un contratto di gestione, previa approvazione della Commissione, che verifica che le eventuali clausole ivi previste Pag. 79non siano incompatibili con le disposizioni della legge, con un gestore, scelto tra banche, società di gestione del risparmio e società di intermediazione mobiliare, con determinazione della medesima Commissione sentiti gli interessati e, ove lo ritenga opportuno, il presidente della Consob e il Governatore della Banca d'Italia. Il contratto prevede che qualsiasi comunicazione relativa alla gestione avvenga esclusivamente in forma scritta e tramite la Commissione. Non sono ammessi altri rapporti tra il gestore e il titolare della carica di Governo e gli altri soggetti familiari, affini o conviventi. Il mandato al gestore comprende il potere di alienazione dei beni affidati in gestione, mobiliari o immobiliari. È un passaggio delicato. In caso di cessazione dalla carica, il titolare riacquista di diritto la gestione del patrimonio, salvo diverso accordo tra le parti. Al patrimonio affidato al gestore si applica l'articolo 22 del Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, in materia di separazione patrimoniale. Tale articolo, specifica, tra l'altro, che le azioni dei creditori dei singoli investitori sono ammesse nei limiti del patrimonio di proprietà di questi ultimi e che il gestore non può utilizzare, nell'interesse proprio o di terzi, le disponibilità liquide degli investitori, da esso detenute a qualsiasi titolo. Per quanto riguarda i creditori dei soggetti in questione, il comma 4 specifica che questi possono far valere i propri diritti su tutto il patrimonio degli stessi, inclusi i beni affidati in gestione ed hanno la facoltà di richiedere al gestore, per il tramite della Commissione, di provvedere all'adempimento di tali obbligazioni. Va considerato che, in tal caso, il testo prevede che il gestore disponga anche il trasferimento, previa, se necessaria, liquidazione anche parziale del patrimonio affidato in gestione, di somme di denaro in misura sufficiente a soddisfare i crediti. I soggetti titolari possono comunicare al gestore, per il tramite della Commissione, che intendono opporsi al credito e possono a tale scopo fornire le indicazioni e le informazioni necessarie a proporre le eccezioni e le azioni a tutela del patrimonio.
  Presidente, vado per cenni più brevi riservando poi al seguito qualche intervento sul dettaglio. Il comma 5 riguarda l'attività del gestore, che è tenuto a prevenire i conflitti di interesse rendendo progressivamente non conoscibile la composizione del patrimonio. Non si possono ricevere informazioni dal gestore. Il gestore opera, in particolare, con la diligenza richiesta dalla natura dell'incarico e dalle sue specifiche competenze, apprestando idonee garanzie assicurative, ed ha l'obbligo di non comunicare al titolare la natura e l'entità dei singoli investimenti e la Commissione ha funzione di vigilanza. La stessa Commissione, quando non vi siano altre misure possibili per evitare il conflitto di interessi, può anche disporre, fissando il termine entro cui provvedere, che i soggetti in questione procedano alla vendita, con il successivo affidamento del ricavato a gestione fiduciaria. Il comma 10 definisce la procedura, con mandato irrevocabile a vendere le attività interessate a favore della Commissione. Se entro il termine fissato dalla Commissione l'interessato – ho finito, Presidente – non ha proceduto alla vendita o non ha conferito mandato a vendere alla Commissione o al gestore, si intende che il titolare della carica di Governo abbia optato per le dimissioni dalla carica.
  L'articolo 13 si occupa di disposizioni fiscali; l'articolo 14 i poteri conoscitivi della Commissione, con le indagini, le verifiche e gli accertamenti; l'articolo 15 sospende il decorso di tutti i termini previsti dalla proposta di legge dal 1o al 31 agosto di ogni anno, facendo salvi i diversi termini previsti per gli atti processuali; l'articolo 16 prevede che la legge entri in vigore centoventi giorni dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
  Ho dovuto trascurare non secondari dettagli per ragioni di tempo, Presidente, e di questo mi dispiace. Debbo soltanto segnalare come, nonostante la complessità della materia e l'importanza delle audizioni, i tempi ristretti – lo voglio rimarcare – non hanno consentito la discussione Pag. 80in Commissione di neanche un emendamento per le ragioni spazio-temporali che mi sono permesso di rappresentare.

  PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire nel prosieguo della discussione. È iscritto a parlare l'onorevole Sanna. Ne ha facoltà.

  FRANCESCO SANNA. Signor Presidente, colleghi, rappresentante del Governo, oltre vent'anni fa in quest'Aula Beniamino Andreatta ricordava come l'Italia avesse recuperato credibilità e stima sul piano internazionale anche attraverso il rigore dimostrato nel liquidare e perseguire i guasti della commistione tra affari e politica. E, ricordava allora, che la soluzione del conflitto di interessi, per essere credibile, deve seguire le regole riconosciute valide dalla comunità internazionale.
  Noi siamo qui semplicemente perché, dopo vent'anni, le regole ritenute necessarie, ma anche sufficienti per disciplinare in maniera capace di risolverlo il conflitto di interessi tra lo svolgimento di una funzione pubblica e la posizione economica, patrimoniale, di interesse finanziario o anche non patrimoniale di un funzionario pubblico, che la comunità internazionale riconosce, non esistono nel nostro Paese. Non esistono nel nostro Paese perché abrogare la legge Frattini – la proposta di cui stiamo discutendo, che è un buon punto di partenza, ma che ha bisogno di una manovra emendativa profonda. Quella del PD è il frutto anche della riproposizione dei temi e delle proposte dei parlamentari del Partito Democratico, quella a prima firma dell'onorevole Bressa, quella a prima firma dell'onorevole Civati, con il contributo che viene da una elaborazione realizzata dopo aver ascoltato coloro che sono impegnati nell'applicazione delle attuali disposizioni sul conflitto di interessi, significa sostanzialmente attribuire un potere diverso a chi deve valutare queste condizioni di conflitto di interessi nelle cariche pubbliche e deve soprattutto fare questa valutazione in maniera preventiva.
  Tutte le proposte di legge insistono sul cambio di filosofia e qui siamo nella rispondenza agli indirizzi degli organismi internazionali, del consensus, diciamo così, internazionale, a cui vent'anni fa Beniamino Andreatta in quest'Aula si riferiva. Non basta intervenire ex post quando, in maniera conclamata, un provvedimento è di tutta evidenza in conflitto con l'interesse del Presidente del Consiglio, di un Ministro, di un sottosegretario e ci si ferma lì, al Governo nazionale perché la Frattini si ferma lì.
  Perché vi sia una deterrenza, una dissuasione capace di orientare i comportamenti pubblici, dobbiamo quindi rappresentare, prima che si formi il conflitto di interesse, che quella determinata situazione di status patrimoniale, di status economico, di possesso di mezzi di produzione particolarmente governati dalla decisione pubblica, oppure anche particolarmente capaci di subire l'influenza di decisioni pubbliche e quindi anche di influire sul comportamento pubblico del decisore, ebbene noi dobbiamo, prima che questo accada, vedere rappresentata in modo veritiero la situazione patrimoniale, la situazione di direzione delle aziende, la situazione di controllo effettivo, sia quello reale sia quello apparente sia quello sostanziale, di chi poi si avvicina alla gestione della cosa pubblica.
  A noi interessa colpire questo, il conflitto di interessi in senso sostanziale ed effettivo, come ci chiama a fare la migliore esperienza dei Paesi democraticamente ed economicamente evoluti. Una legge sul conflitto di interessi è una legge, infatti, che esiste solamente dove esiste la democrazia politica, dove esiste la democrazia economica e dove esiste un approccio costituzionale al rispetto ed al contemperamento degli interessi e dei valori costituzionali, da una parte di partecipazione alla rappresentanza politica e quindi alla gestione democratica della cosa pubblica, e dall'altra la libertà di impresa.
  Quindi, una legge sul conflitto d'interessi è una legge di un sistema politico Pag. 81squisitamente democratico e squisitamente liberale in senso economico, perché ogni alterazione che avviene al sistema economico perché tollera un conflitto di interessi non colpito, non prevenuto, non represso, è un sistema che cambia le regole della democrazia economica ed interviene pesantemente a condizionare il gioco delle parti che operano in un regime di concorrenza e quindi in un sistema economico ispirato ai principi liberali.
  Noi vogliamo che le situazioni di pericolo, dove gli interessi privati riconducibili ad un pubblico ufficiale presentino un'attitudine concreta ad influenzare il corretto esercizio della funzione di pubblica alla quale egli è preposto, siano appunto precedentemente evidenziate e corrette.
  Tutto questo non significa che noi vogliamo una penalizzazione della partecipazione al gioco politico degli imprenditori, dei professionisti, di tutti coloro che stanno fuori dal circuito della politica tradizionale, come è stata per molti anni intesa nel nostro Paese, però dobbiamo prendere atto che da 20 anni almeno è crollata l'esclusiva da parte dei partiti politici della rappresentanza nelle istituzioni; o meglio, è terminata la fase in cui i partiti politici producevano un idealtipo di rappresentante, formato dentro il partito, coltivato dentro il partito, allevato nell'esperienza istituzionale, portato dentro le istituzioni dal partito mediante meccanismi che potevano essere i più vari, ma che mai vedevano un ingresso di una società civile che proviene anche dalle attività economiche – e da quelle di esse più importanti – direttamente nei gangli del potere pubblico, della rappresentanza parlamentare e anche del Governo.
  E la fine di quella che Pietro Scoppola ha chiamato la «Repubblica dei partiti», quella che in Germania si chiama Parteienstaat, determina la necessità che le regole cambino. Non basta più la regola consuetudinaria per cui, quando uno è in conflitto di interesse, si dimette spontaneamente, senza che alcuna regola di natura cogente lo obblighi a farlo, senza che nessuno lo controlli; al massimo, lo controlla la sua coscienza e lo controlla il suo partito, ma non è così. E non basta nemmeno il controllo dell'opinione pubblica, laddove l'opinione pubblica è contrastata su questi temi.
  Vi è bisogno di una legge, e noi siamo qui perché questa legge la vogliamo, vogliamo essere chiarissimi su questo punto. Il testo base presentato dal presidente Sisto, nonostante che egli abbia fatto un'obiezione di coscienza su di esso, ma ha rappresentato che vi è una sua riserva mentale; egli non si sposa, diciamo così, con questo testo. È un testo – dicevo – frutto della discussione sui contenuti dei diversi progetti di legge.
  L'approccio del Partito Democratico è diverso: il testo base è un buon testo di partenza, compilativo delle diverse posizioni emerse dalla presentazione delle proposte di legge, ma ha bisogno di alcune correzioni. Alcune correzioni sono profonde: ripeto, le troviamo negli emendamenti che ripropongono i contenuti delle proposte di legge di origine democratica e poi anche dalla manovra emendativa che è venuta fuori dalla discussione.
  Noi riteniamo che, partendo da questo approccio di prevenzione del conflitto di interessi, si trovino, anche nel prosieguo dell'iter legislativo, soluzioni tecniche capaci di fugare l'idea che qui si stia criminalizzando alcunché rispetto alla partecipazione al gioco politico degli imprenditori e anche, direi soprattutto, di coloro che hanno una capacità di portare dentro il sistema politico il proprium della loro esperienza di imprenditori. Non è questo che vogliamo, lo voglio ripetere, ma non vogliamo nemmeno dimenticare l'aspetto di antimodernità che esiste nel sistema italiano di oggi, che esiste sicuramente dai primi anni Novanta e che continua a persistere anche dopo l'approvazione della legge Frattini.
  Nelle relazioni semestrali delle due autorità indipendenti incaricate di risolvere e sanzionare il conflitto, ai sensi della Frattini, si sono contati 19 punti deboli della legge, e ce li hanno raccontati coloro che questa legge devono applicarla. Ad esempio, mancano completamente disposizioni sui conflitti di interessi che riguardano le Pag. 82regioni, che sono un pezzo fondamentale, soprattutto dopo il 2001, dell'amministrazione dello Stato.
  In certe parti d'Italia vi è un pezzettino di Stato e la Repubblica ha il nome, invece, importante e grande, di regione. Lì non esiste conflitto di interesse. Abbiamo la possibilità di presidenti di giunta e assessori regionali che possono legittimamente operare, nell'ambito delle loro attività economiche, dentro il sistema economico regionale senza porsi questo problema.
  C’è nella legge n. 215 un doppio criterio che non ha funzionato, e che ha condotto, molto spesso, nell'ambito delle valutazioni delle autorità indipendenti, a quella che esse stesse riconoscono essere una sorta di probatio diabolica. Perché bisogna non solamente dimostrare, per dire che vi è un conflitto di interessi, «l'incidenza specifica e preferenziale» dell'atto di Governo su un patrimonio del soggetto istituzionale, ma questa deve essere congiunta ad un «danno per l'interesse pubblico», e questo è difficilissimo da dimostrare, laddove la nozione di interesse pubblico è una nozione negli atti di Governo nazionale molto derivante dall'indirizzo politico. Per cui se io formo un atto di Governo, determinato da un indirizzo politico che ritengo sia stato suffragato dal voto di fiducia del Parlamento al Governo, questo elemento della fattispecie non si rileverà mai e, quindi, è impossibile che ci sia il conflitto di interessi nel momento in cui il popolo, piuttosto che il Parlamento, ha dato mandato al Governo di fare delle riforme che, ad libitum, pongano poi una serie di condizioni di vantaggio oggettivo a favore di membri del Governo stesso, che se autoapplicano. Quindi, una legge sostanzialmente senza possibilità di attuazione, o con possibilità di mettere davanti coloro che devono valutare il fenomeno di fronte a casi, addirittura denunciati, tali per cui il sistema di valutazione si trasformava in vera e propria beffa. Nel Consiglio dei ministri, un ministro è in patente conflitto di interessi con quel provvedimento, si deve astenere, si alza, ed esce dalla sala del Consiglio, il suo collega propone al suo posto il provvedimento che è di conflitto oggettivo tra la carica pubblica e l'interesse economico del Ministro che si astenuto. Cosa succede nel caso in cui un Ministro compie un atto a favore di un altro Ministro ? Assolutamente niente, perché questo non è contemplato dalla legge. Allora, noi abbiamo il dovere questa legge di completarla, di precisarla, a partire dal testo base, ma introducendo alcune significative modifiche, che noi ci siamo incaricati di scrivere nella nostra manovra emendativa. Intanto, vorremmo che una definizione di conflitto di interessi esista, ci sia nella legge (oggi nella legge Frattini non c’è) che essa accolga questa definizione nella nitidezza, nella definitezza, nella determinatezza della sua formulazione, e anche considerando alcune dimensioni extraeconomiche che non aprano tuttavia la stura ad una valutazione politica dell'operato del Governo e dell'operato del Parlamento, ma che comunque pongano un limite preventivo alla situazione di conflitto in cui si trovi l'uomo di Governo. Vogliamo un allargamento della disciplina del conflitto di interessi alle cariche pubbliche che non sono solamente i sessanta membri del Governo, ma sono anche i membri delle autorità indipendenti, ma sono anche gli esecutivi e i legislativi delle regioni, sono anche coloro che svolgono un mandato di rappresentanza politica negli enti locali; anche qui c’è bisogno di una revisione che sia rispettosa della Costituzione italiana. Per le regioni non è possibile una legge delega, ma è doverosa la fissazione di princìpi, affinché nel giro di pochi mesi vi sia un adeguamento degli statuti che devono, ai sensi dell'articolo 122 della Costituzione, disciplinare la materia dell'ineleggibilità e dell'incompatibilità dentro quale ricade la materia del conflitto di interessi. E per quanto riguarda le autonomie locali dobbiamo, senz'altro, conferire al Governo una delega legislativa; molto precisa però, perché si tratta comunque di una limitazione, di una precisazione, di valori costituzionali, di diritti costituzionali, come Pag. 83quelli dell'elettorato passivo da una parte, e della libertà di esercizio di impresa dall'altra.
  È un bilanciamento delicato quello che dobbiamo operare, e questo è il punto politico che mi indurrebbe a dire che tutte le forze che operano in Parlamento e hanno sino ad oggi lavorato al tema dovrebbero sfuggire alla tentazione di farne un luogo di polemica politica. Noi stiamo facendo una riforma che è – se ci riusciamo – la diretta applicazione della Costituzione. Stiamo facendo una legge che non ha il valore formale di legge costituzionale, ma è sicuramente una legge di rilevanza costituzionale.
  È un bilanciamento delicato con l'articolo 51, per cui ogni cittadino ha diritto di partecipare alla gestione della cosa pubblica. E sono ormai più di circa quarant'anni che la Corte costituzionale ci ha spiegato che l'eleggibilità è la regola e l'ineleggibilità è l'eccezione nella partecipazione alle cariche di Governo e alle cariche di rappresentanza politica. E poi c’è un tema che riguarda l'eguaglianza. Sappiamo che partecipare in modo eguale, come ci dice l'articolo 51 della Costituzione, al gioco politico per un cittadino vale sia per il cittadino privo di mezzi, ma vale anche per il cittadino che ha mezzi più importanti rispetto alla media dei cittadini italiani. Quindi, vale per i poveri, ma vale anche per gli abbienti.
  Ma per entrambi vale il dovere di disimpegnare questi incarichi con dignità ed onore e per entrambi vale la regola per cui quando si è al Governo si giura con una formula che impegna ad un esclusivo interesse, nello svolgimento dell'incarico di Governo: a servire la Repubblica e rispettarne le leggi. E non si può essere serventi della Repubblica e rispettarne le leggi quando si ha sovrastante un interesse economico che influisce sulla tua condotta di Governo. Questo è il punto che rende questo provvedimento costituzionalmente necessario.
  Però ci sono anche gli articoli 41 e 42 della Costituzione. La proprietà privata è libera e io non posso impedire a un imprenditore, anche rilevante, di partecipare al gioco politico, ma questo gioco politico non deve far finta che lui sia un cittadino semplicemente uguale agli altri, ma deve prendere atto del fatto che egli svolge un determinato ruolo sociale che lo mette in una condizione più favorevole, lo mette in una situazione di potenziale conflitto del suo interesse con quello pubblico. E quindi, l'esercizio del diritto della proprietà privata e della libertà di impresa non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale. E l'utilità sociale è l'altro criterio che noi dobbiamo considerare e contemperare per scrivere la legge.
  Quindi, non basta più separare i poteri pubblici, evitarne il cumulo e la confusione, quando, come ho detto prima, è saltato lo schema per il quale la rappresentanza politica era tutta nelle mani dei partiti. Noi con questa legge vogliamo chiarire le relazioni non solo nei poteri pubblici, dentro i poteri pubblici, ma anche separare e chiarire le relazioni degli interessi privati, del rappresentante istituzionale che si fa potere pubblico e che disimpegna una funzione pubblica.
  Concludo dicendo che la tecnica con cui noi arriviamo a questo risultato ricalca le proposte che i colleghi del Partito Democratico hanno presentato e le arricchisce in una originale manovra emendativa. Noi vogliamo che vi sia, nel testo che approveremo, un sistema per il quale chi decide dell'esistenza del conflitto di interessi sia un organismo il più possibile capace di avere caratteristiche di autorità indipendente, ma non vogliamo creare una nuova autorità indipendente. Vogliamo assolutamente limitare i costi di questo organismo al minimo e questo minimo si realizza con un asservimento, con un avvalimento delle autorità indipendenti, già specializzate in questi dieci anni, che devono migliorare la loro performance sulla base di una legge e sulla base dell'attività di questa commissione, snella, piccola, fatta di personalità – secondo noi – non nominate dal Presidente della Repubblica – come ci suggerisce il testo base – ma votate dal Parlamento, possibilmente in seduta comune, con un'assunzione integrale di responsabilità del Parlamento.Pag. 84
  Infatti, se il Parlamento dà la fiducia al Governo, il Parlamento deve investire di un potere molto importante chi controlla le condizioni di sussistenza di un requisito per poter svolgere il ruolo di Governo. Questo farà parte di una cultura istituzionale – se la proposta di legge verrà approvata – che nel tempo si affermerà, ma intanto dirla in questo modo significa far assumere al Parlamento e all'investitura parlamentare un significato di legittimazione dell'attività della commissione. Noi vogliamo aumentare e fare del conflitto di interessi una regola di sistema della politica italiana e delle istituzioni italiane. Per questo non parliamo più di Governo nazionale, ma parliamo di tutte le cariche pubbliche. Noi vogliamo che la pubblicità e la trasparenza patrimoniale siano un costume che riguardi tutti coloro che vengono chiamati alla gestione della cosa pubblica, da chi gestisce una briciola a chi gestisce le sorti economiche e politiche di questo Paese. Per questo rimettiamo alla riflessione del Parlamento la formazione, attraverso i diversi sistemi che proponiamo, di una vera e propria anagrafe patrimoniale della politica italiana. L'OCSE ce lo sollecita: non nascondete, una volta che c’è un obbligo di trasparenza patrimoniale il render nota, il rendere pubblica la condizione patrimoniale degli uomini di Governo. Perché uno alla fine deve semplicemente dire quanto è ricco quando entra in politica e come ne esce quando finisce il suo mandato. Vogliamo i criteri più stringenti e precisi per questa costruzione dell'anagrafe patrimoniale. Vogliamo sostanzialmente anche parlare e direi anche integrare il lavoro che faremo su questa proposta di legge con quello che si sta facendo a livello di revisione dei Regolamenti parlamentari. Lo dico a titolo personale in questo momento: bisognerebbe cambiare completamente il sistema di applicazione dell'articolo 66 della Costituzione in entrambi i rami del Parlamento. Il lavoro delle Giunte delle elezioni, che oggi sono quelle che valutano i ricorsi sulla ineleggibilità e valutano la compatibilità dei diversi ruoli, delle diverse cariche private con quelle pubbliche, è un lavoro che non può durare il tempo di una legislatura. Va fatto in pochissimo tempo e all'inizio della legislatura senza la melina delle richieste di precisazione e recuperando o nella giurisprudenza parlamentare o nella regolamentazione delle Giunte (preferirei questa seconda) un criterio preciso per cui chi guida le imprese e si trova in una situazione di ineleggibilità, veda riscontrata questa situazione o, se a questa perviene successivamente all'elezione, venga riscontrata la sua incompatibilità. Ma ciò deve riguardare non solo chi guida l'impresa come amministratore, ma anche chi ha il potere di determinare l'orientamento produttivo, l'indirizzo economico, finanziario, insomma chi ha il controllo sostanziale dell'impresa. Questo significa mutare anche il modo con cui i parlamentari vivono la loro dimensione di esposizione pubblica dei propri interessi privati e la loro compatibilità con il lavoro istituzionale che fanno. Facciamo alcune proposte in questo senso. Proponiamo soluzioni graduali dall'astensione alla nullità e, in caso di organi collegiali, alla annullabilità degli atti affetti dal conflitto di interesse dove non vi sia il proporsi spontaneo da parte dell'uomo di Governo, nella sua conclamata situazione di conflitto d'interessi, dell'astensione. Tuttavia sappiamo anche che l'astensione a volte non basta e, quindi, insistiamo per il più puntuale modo di disciplina del sistema del blind trust, che non deve essere un modo per sfuggire, diciamo così, con una formula elegante ed esterofila al vero dovere che l'uomo di Governo deve avere in questa situazione, se vuole continuare a fare politica, se vuole far prevalere la passione e il mandato ottenuto dal popolo sul suo profilo di capo impresa.
  Qui dobbiamo essere il più possibile precisi per essere capaci di vedere applicato l'istituto, non di vederlo declamato. È un istituto vecchio questo del mandato fiduciario, risale al 1939; ce ne sono di più recenti, peccato che siano stati tutti inventati in paradisi fiscali. Noi non vogliamo questo, non vogliamo, come altre soluzioni proponevano, la possibilità che uno si vada a scegliere il paradiso fiscale Pag. 85dove collocare il pacchettino di azioni: vogliamo l'effettiva irrintracciabilità dell'interesse che noi dobbiamo schermare per rendere possibile la convivenza tra il grande patrimonio, il profilo di imprenditore importante e l'esperienza politica di governo.
  Non mi soffermo su tutti gli altri elementi tecnici, ci sarà la possibilità di farlo durante la discussione e la proposizione degli emendamenti. Ritengo, per concludere, che quella profezia di vent'anni fa di Beniamino Andreatta – per cui un Paese che ha fatto i suoi sacrifici deve avere anche le regole del gioco tra democrazia economica e democrazia politica ben assestate, ben riconosciute dal sistema nazionale – sia arrivato il momento di metterla in atto, di scriverla definitivamente con la collaborazione di tutte le forze politiche, perché stiamo scrivendo una regola che non è formalmente costituzionale, ma è di applicazione diretta di principi costituzionali, di cui noi dobbiamo aspirare a trovare la sintesi migliore (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Scotto. Ne ha facoltà.

  ARTURO SCOTTO. Signor Presidente, io vorrei partire da una considerazione tutta politica: forse, avremmo dovuto interpretare questo passaggio con maggiore solennità. Molti dei leader politici che oggi calcano la scena di questo Paese, hanno costruito attorno alla materia del conflitto d'interessi tanta retorica e, talvolta, anche qualche scalata al cielo. Invece, poi, questo tema, come una sorta di fiume carsico, riemerge e viene di nuovo sommerso dentro la polemica politica quotidiana, senza che venga valutata adeguatamente la portata della discussione che affrontiamo e delle scelte che dobbiamo operare.
  Non è una scelta facile: questo potrebbe essere interpretato come un bivio anche per la legislatura, un bivio rispetto alla volontà o meno di innovare, di chiudere una lunga fase politica. E, invece, oltre alla relazione del presidente Sisto, che ho ascoltato qui, dalle parole dell'onorevole Sanna – forse, è stato autore di una sorta di obiezione di coscienza: non vorrei che in questo sia influenzato dalla nouvelle vague presidenziale, molto a proprio agio in alcuni salotti televisivi di questo Paese, soprattutto quelli più recenti – avverto questa consapevolezza, la necessità di accelerare, di dare una smossa.
  E il lavoro che ci troviamo a svolgere in questi giorni può rappresentare una meravigliosa opportunità o può rimanere impigliato nella ragnatela di una storia, di una storia lontana, che ha strozzato il dibattito pubblico italiano degli ultimi vent'anni e di un'occasione persa. Io la vedo così: io penso che il conflitto d'interessi debba essere discusso e approvato prima della seconda lettura delle riforme costituzionali. Non possiamo immaginare di portarlo a dopo, e questo è uno dei rischi. Perché, se da un lato, vedo la critica che viene dal Partito Democratico rispetto all'andamento della Commissione affari costituzionali, dall'altro lato, vedo anche nell'onorevole Sisto una preoccupazione autentica rispetto ai rischi di improvvisazione, rispetto al fatto che non c’è stato molto tempo. Perché quel tempo non c’è stato ?
  Perché si è deciso di reiterare e di rinviare ? Perché non lo si è considerato prioritario dall'inizio della legislatura ? Non vorrei che questo si perdesse dentro qualche meandro di qualche palazzo romano, di qualche patto. Il conflitto di interessi è stato una mala pianta che in questo ventennio ha attraversato ogni angolo della vita politica ed economica di questo Paese ed estirparla è difficile, perché è stata la biografia di un ventennio. Non possiamo più concederci il lusso di lasciare che la necessità di una regolamentazione del conflitto di interessi venga derubricata a mero luogo comune, proprio in una fase in cui la rilevanza di questo tema è evidente a tutti, come ci ricordava, non più tardi di qualche mese fa, con estrema lucidità, il professore Stefano Rodotà. Non si tratta di un attacco personale, di una legge contra personam; un'idea del genere dovrebbe appartenere ad un passato Pag. 86lontano, sarebbe odiosa esattamente quanto il suo opposto, quella normazione ad personam che ha inquinato la vita politica e democratica di questo Paese.
  Qualsiasi ordinamento giuridico democratico pone dei paletti per evitare l'accentramento dei poteri mediante l'accumulo di incarichi e per impedire che chi ricopre incarichi con rilevanza pubblica possa sfruttare il proprio ruolo per interessi personali. Intervenire non significherebbe provare a sfavorire una forza politica a vantaggio di un'altra, ma semplicemente ripristinare una condizione di normalità del sistema politico italiano. Paesi europei come la Francia e la Spagna hanno deciso di elevare a rango costituzionale il principio secondo cui a chiunque siano affidate funzioni pubbliche è fatto obbligo di operare nell'esclusiva cura degli interessi pubblici e in assenza di conflitti di interesse. Per quale motivo non lo abbiamo fatto resterà un mistero appeso nella storia della Repubblica italiana. Tuttavia, ora è il tempo di provare a farlo; noi pensiamo che accanto alla normativa sul conflitto di interessi vada, – addirittura l'onorevole Sanna parlava di rilevanza costituzionale del provvedimento che andiamo ad approvare – introdotto dentro la Costituzione il conflitto di interessi; dobbiamo provare a fare uno sforzo in più e discutere laicamente una legge sul conflitto di interessi non può tradursi in un teatrino in cui si dà a vedere ai cittadini che vi è l'intenzione di agire solo per poi svuotare ogni disegno di legge di contenuto reale.
  La legge Frattini è insufficiente e praticamente inutile, inapplicabile, lo dobbiamo dire esplicitamente e con onestà. Non siamo noi ad affermarlo, ma l'Autorità garante della concorrenza e del mercato e far finta di niente sarebbe un atto di miopia politica. Dobbiamo dircelo non per macerarci futilmente, ancora una volta, nel gusto per lo scontro, per il conflitto, bensì per comprendere che il testo uscito dalla Commissione è un gioco di specchi, l'ennesima prova di immaturità in cui si dirà di voler cambiare tutto per non cambiare assolutamente nulla. Avrei voluto, lo dico sinceramente – è davanti a me –, dal sottosegretario Scalfarotto qualche parola in più, avrei voluto che anche il Governo si esprimesse di fronte alla proposta, al testo base che viene licenziato dalla Commissione; mi auguro ci possa essere un suo intervento, al termine della discussione sulle linee generali, perché è estremamente importante ascoltare anche l'opinione dell'Esecutivo. È una proposta vuota, che non recepisce praticamente nessuna tra le linee guida fondamentali delle proposte di legge che vorrebbe unificare, da quella dell'onorevole Civati a quella dell'onorevole Bressa.
  Insomma, se questo è il modo con cui si sta cercando di impostare il dibattito, è evidente che si parte male, anzi malissimo. Abbiamo bisogno di partire dalle basi del ragionamento, dalla definizione stessa del conflitto di interessi, così che ogni violazione possa essere evidente e immediatamente identificabile. Dobbiamo dire con chiarezza chi sono i soggetti destinatari della legge che andiamo a discutere. Non può considerarsi realmente incisiva una disciplina che si limita a prendere in considerazione solo la posizione dei membri di Governo, dobbiamo discutere anche di chi siede in Parlamento nelle Authority. E ancora, non si possono tralasciare le cariche di Governo regionali e locali, compresi i componenti delle costituende Città metropolitane.
  Prima ancora delle misure sanzionatorie in caso di violazioni, dobbiamo costruire forme di prevenzione delle forme di conflitto di interessi. Bisogna delineare misure che prendano in considerazione già quelle situazioni in cui il conflitto di interessi sia una conseguenza, anche solo potenziale, della coesistenza, in capo al titolare di una determinata carica di Governo, di interessi pubblici e privati in contrasto tra di loro. Questo sì che sarebbe un cambiamento di verso. Il sistema attuale, che viene, peraltro, palesemente ripreso anche dal testo unificato che viene posto in discussione, non funziona. Negarlo è negare l'evidenza. Oggi siamo lontani dalle piazze, dai comizi, dalle campagne elettorali: dobbiamo ragionare con Pag. 87onestà intellettuale al riguardo. Bisogna rafforzare il ruolo dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato investendola della valutazione sui casi di conflitto di interessi, sarebbe una scelta in grado di garantire maggiore efficacia, magari anche attraverso la previsione della competenza dell'autorità giudiziaria in caso di conflitti interni all'Autorità. Tutto questo, nella proposta del relatore, non c’è.
  Si tratta di una proposta di legge in cui si prendono in esame troppe poche situazioni, in cui i tempi vengono dilatati fino ad un livello paradossale: centottanta giorni per l'adozione di un decreto legislativo, un successivo passaggio consultivo delle Commissioni parlamentari, altri trenta giorni per l'adozione definitiva. Eccesso di burocrazia o tentativo di allungare la tempistica nella speranza che la legislatura termini prima e tutto finisca a tarallucci e vino ?
  Occorre – e concludo – una disciplina più forte, che non faccia sconti a nessuno. Bisogna separare definitivamente la politica dalle lobby e dagli interessi privati. Siamo ancora troppo distanti dal raggiungimento di tale obiettivo. E alcune delle cose che emergono sui giornali, anche negli ultimi giorni, comprese manifestazioni politiche importanti, che parlano al Paese, finanziate magari anche con i contributi privati di personalità direttamente indicate dall'Esecutivo, ad esempio nel consiglio di amministrazione di Finmeccanica, provocano una qualche preoccupazione.
  Sinistra Ecologia Libertà ha presentato un progetto di legge e molti emendamenti, firmando anche emendamenti di membri del Partito Democratico, proprio per provare a riempire di contenuti una normativa vuota e vaga. Al contempo, abbiamo deciso di mettere a disposizione della discussione anche la nostra proposta di modifica costituzionale. Lo facciamo perché il nostro interesse non è quello di piantare l'ennesima bandierina, bensì risolvere la questione. Adesso sta a voi della maggioranza effettuare qualche scelta in più con chi difende il bene comune, con chi prova ad andare nella direzione del programma elettorale che ha portato «Italia. Bene Comune» sulla soglia del Governo qualche mese fa e che ha visto tutti quanti noi impegnati dentro una battaglia elettorale importante e mettere finalmente al centro il tema della risoluzione di qualsiasi rendita di posizione.
  Noi sappiamo quale parte fare, vogliamo farla nella maniera più unitaria possibile ma anche nella maniera più critica qualora si faccia l'ennesima norma che per cambiare tutto non cambia assolutamente nulla.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Tinagli. Ne ha facoltà.

  IRENE TINAGLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, tutti i sistemi democratici avanzati impongono a chi ha responsabilità pubbliche di perseguire l'interesse generale. Una regola molto semplice che però nei sistemi democratici viene presa molto sul serio e in quanto tale viene supportata da un insieme di regole volte a far sì che ciò avvenga, quindi regole volte a prevenire, controllare ed eventualmente sanare e sanzionare tutti i casi in cui l'interesse privato di un titolare di importanti cariche di Governo si trovi in potenziale conflitto con l'interesse generale.
  Ecco, questo semplice principio che dovrebbe essere alla base della vita politica di un paese, democratico, è un principio che in Italia ha sofferto moltissimo. Ha sofferto ritardi, ha sofferto dibattiti straziati anche da lotte ideologiche. L'Italia ha provato ad adeguarsi già dalla metà degli anni novanta a questo principio con numerose iniziative legislative che però non hanno mai visto la luce. Per un motivo o per un altro si sono sempre arenate.
  Quindi l'Italia si è ritrovata su questo fronte con un tremendo ritardo per cui ha anche pagato un prezzo altissimo. Direi che a ben poco è valsa la legge n. 215 del 2004, una legge debole ed inefficace, assolutamente inadeguata a contenere, ma soprattutto prevenire tali conflitti. Tutti gli interventi che mi hanno preceduto hanno ricordato i limiti di questa legge e le Pag. 88audizioni in Commissione l'hanno ricordato. D'altronde la storia politica del nostro paese è testimone del fallimento di quella legge e non mi riferisco soltanto al caso più discusso e dibattuto, di un nostro ex Presidente del Consiglio, ma di tutti i livelli di Governo. Governi regionali, alte autorità, molti livelli in cui si sono annidati dei conflitti di interesse pazzeschi che hanno distorto il funzionamento della nostra pubblica amministrazione, hanno distorto l'allocazione delle risorse, hanno creato ingiustizie, hanno creato corruzione e peggio ancora hanno distrutto la fiducia che i cittadini avevano nella pubblica amministrazione e nello Stato. Questo è uno dei danni maggiori che l'assenza di una legge sul conflitto di interessi ha creato nel nostro paese. È quindi una legge, quella del 2004 che è stata un po’ una foglia di fico: ci si è appellati a questa legge per dire che il problema era stato risolto pur sapendo che non era così.
  I limiti, come dicevo, sono stati già ricordati, giusto per citarne alcuni: la vaghezza della definizione stessa di conflitto di interessi che ne ha reso quasi impossibile l'applicazione; il principio secondo cui il conflitto di interessi si può regolare solo dopo che si è manifestato, dunque solo ex post, rigettando l'approccio che invece è in uso in alcune delle maggiori democrazie occidentali, secondo cui invece bisogna intervenire ex ante e prevenire che certe situazioni si creino, prevenendo il pericolo che ci possa essere un conflitto di interessi e che quindi possano essere prese decisioni lesive dell'interesse pubblico generale. Non solo, ma è stata una norma che ha legato l'applicazione del conflitto di interessi a dei requisiti troppo stringenti e difficili da verificare. Non solo era necessario che si verificasse un'incidenza specifica e preferenziale sul patrimonio, peraltro ignorando tutte quelle situazioni di beneficio non patrimoniale che possono derivare da situazioni di conflitto di interessi legati alla possibilità anche di fare propaganda politica, che sono casi che si sono anche verificati nel nostro paese.
  Ma contestualmente doveva essere dimostrato un danno per l'interesse pubblico – in pratica caso che era difficilissimo da verificare e da dimostrare – e di fatto, non è stata quasi mai applicata.
  Oltre a questo, meccanismi di enforcement debolissimi: una norma che non prevede di fatto la rimozione del problema, ma solo delle sanzioni pecuniarie per l'impresa che ha tratto vantaggio dalla situazione di conflitto, ma non dal titolare delle cariche che in qualche modo ha provocato l'insorgere di questo conflitto e il beneficio illecito che può aver avvantaggiato l'impresa.
  Per non parlare poi – come aveva ricordato anche l'onorevole Sanna – del fatto che si applichi solo alle cariche di Governo, ai Ministri, e non ad altri soggetti che parimenti possono incorrere in conflitti di interesse dannosi per l'interesse pubblico. Quindi, io credo che sia davvero importante che oggi parta la discussione su un testo base sul conflitto di interessi che finalmente pone rimedio a queste lacune, o perlomeno alle più macroscopiche, quindi, il fatto che si introduca finalmente un approccio ex ante, accettando l'impostazione secondo cui la legge deve normare il pericolo che un conflitto abbia luogo, intervenendo quindi per evitare che avvenga, e non solo per porvi rimedio quando il danno è già avvenuto, il fatto di introdurre criteri più stringenti e definizioni più stringenti anche per il conflitto di interessi, oltre che per i casi di incompatibilità e di ineleggibilità, fattispecie diverse, ma comunque collegate.
  Tuttavia, resta la necessità – e sorvolo su gli altri aspetti positivi del testo unificato delle proposte di legge, su cui siamo complessivamente molto soddisfatti perché è stato il frutto di un lavoro che ha ripreso anche in larga parte il testo di Scelta Civica, e quindi questo ci trova molto soddisfatti – di sottolineare alcune correzioni noi riteniamo importanti o, quantomeno, delle riflessioni che vanno fatte per poter modificare e migliorare il testo di partenza.
  In primo luogo, il coinvolgimento e l'estensione di questa disciplina alle regioni Pag. 89e agli enti locali e questo è già stato citato anche dai colleghi prima di me, in particolare dall'onorevole Sanna: noi troviamo francamente un po’ inadeguato l'approccio del testo unico che rimanda in maniera tra l'altro abbastanza vaga e non stringente tutta la disciplina che riguarda incompatibilità e conflitto di interesse alle regioni ed evita il tema di cosa accada nelle amministrazioni locali.
  Questo perché davvero riteniamo che il conflitto di interessi sia un tema urgente e importante a tutti i livelli di governo e proprio le vicende degli ultimi anni e persino degli ultimi mesi ci dimostrano quanto si annidino, proprio ai livelli regionali e locali, i pericoli e i danni dei conflitti di interessi, nei quali gli amministratori locali gestiscono la cosa pubblica a vantaggio di interessi privati.
  Francamente la soluzione adottata nel testo base ci lascia molto perplessi e non la troviamo adeguata. Pur comprendendo i limiti dell'articolo 122 della Costituzione, che attribuisce alle regioni stesse il compito di definire gli ambiti di incandidabilità, crediamo che si possa e si debba fare di più, prima di tutto perché – come ripetevo prima – le questioni di incandidabilità sono questioni collegate ma ben distinte dalle questioni di conflitto di interessi e quindi il dettato costituzionale non impedisce a questo testo unico di affrontare in modo più stringente le questioni di conflitto di interesse che si possono manifestare nelle giunte e nei governi regionali e poi perché comunque si potrebbe e si dovrebbe intervenire con delle norme che, pur rispettando l'autonomia delle regioni in materia di definizione di incompatibilità, possano però essere più stringenti nel definire, guidare e determinare gli interventi delle regioni, imponendo come suggeriva l'onorevole Sanna, un adeguamento degli Statuti però secondo criteri molto specifici e molto stringenti sia sulle tempistiche, che sulle modalità.
  Su questo si può intervenire con grande rigore, e d'altronde è già stato fatto in passato. Per esempio, ricordo il decreto-legge n. 174 del 2012, che è intervenuto per limitare e tagliare i costi della politica nelle regioni, inclusi i vitalizi e tutte materie difficili da normare, perché in qualche modo già delegate anche dalla Costituzione all'intervento delle regioni. Però si è riusciti con legge nazionale a trovare delle modalità per renderle stringente e per costringere in qualche modo le regioni ad intervenire con tempistiche e modalità in sintonia con il dettato della normativa nazionale. Credo, ecco, che su questo si debba fare di più.
  Oltre a questo, il tema dell'incompatibilità post-carica: il conflitto, la potenziale commistione di beneficio e illecito non finiscono il giorno in cui finisce un incarico. Lo sappiamo bene, un incarico comporta una serie di relazioni, amicizie e la possibilità di un'influenza enorme nel processo decisionale pubblico, che si protrae anche subito dopo. Non possiamo ignorarlo e lasciare questo aspetto nel vuoto. Quindi occorre prevedere, come aveva proposto anche il progetto originario di Scelta Civica, un periodo di tempo congruo, dopo la cessione dell'incarico, in cui permane l'incompatibilità. Scelta Civica aveva proposto due anni. Si può discutere sulla congruità della tempistica, ma è importante riflettere su questo aspetto.
  Terzo punto: la questione della cessione a congiunti di società collegate per cercare in qualche modo di eludere l'incorrere nel conflitto di interessi. Questo non è previsto nel testo base e noi riteniamo che sia una condizione importante. Facciamo attenzione nella norma a non lasciare adito o spazio a possibilità di elusione della norma stessa, perché questo sarebbe imperdonabile, dopo tutti i ritardi e le incompletezze della normativa precedente.
  Infine, concordo su questo ultimo punto anche con quanto osservato dal collega di Sinistra Ecologia Libertà: le tempistiche per l'attuazione e l'adozione della legge sono lunghe, i 120 giorni sono decisamente inaccettabili e bisogna pensare e prevedere tempistiche più brevi, che possano rendere immediatamente attuabile ed applicabile quanto previsto da questo testo unico e da questo progetto di legge.Pag. 90
  Questi sono solo alcuni punti su cui noi riteniamo importante intervenire per migliorare il testo, un testo che – ripetiamo – in molte sue parti è sicuramente molto positivo. È un ottimo punto di partenza e colma delle lacune importanti della nostra legislazione. L'unico rammarico che veramente vorrei esprimere sono le lentezze, le incomprensibili, a mio avviso, lentezze nell'iter parlamentare della Commissione di questo provvedimento. L'iter in Commissione è partito il 6 maggio scorso e solo oggi arriva in Aula, senza peraltro avere avuto modo di discutere adeguatamente gli emendamenti in Commissione. Io concordo, sono molto preoccupata di questo fatto: portare in Aula un provvedimento, su cui non si è avuto modo di discutere gli emendamenti in Commissione. Però, c’è il fatto che ci sono stati comunque mesi di lavoro possibile in Commissione. Io non faccio parte della Commissione affari costituzionali, non ho partecipato agli uffici di presidenza, non posso pronunciarmi sulle motivazioni che hanno provocato questo ritardo, però me ne rammarico moltissimo e mi auguro davvero che adesso si faccia sul serio, si faccia presto e si faccia bene, visto il lavoro che c’è stato, vista la serietà delle intenzioni che tutti hanno manifestato. E tutti credo che siamo concordi nel ribadire che questa è una condizione importante per il buon funzionamento della democrazia. Non è un provvedimento ideologico, non è un provvedimento ad personam o contra personam, perché io ritengo che a certe persone ormai ci abbia pensato anche la storia, ma è un provvedimento pro democrazia e dovrebbe, quindi, essere preso come tale e dovrebbe essere responsabilità e dovere di tutti portarlo a compimento nei tempi più rapidi possibili, anche e soprattutto di chi oggi ha responsabilità di Governo.
  Io faccio parte di un gruppo parlamentare piuttosto piccolo, quindi, con strumenti anche limitati per condizionare il calendario parlamentare, però faccio parte di una maggioranza di Governo che include anche un grande partito. Io devo essere molto sincera, ho trovato un po’ umiliante che si sia arrivati in Aula su pressione di un partito di opposizione su un provvedimento di questo genere.
  Quindi, mi auguro che da oggi ci sia una presa di responsabilità, un entusiasmo, una volontà politica di tutta la maggioranza e anche sperabilmente di tutto il Parlamento di lavorare insieme su questo provvedimento perché venga portato a termine nei tempi più rapidi possibile e nelle modalità migliori. Infatti, sappiamo quanto pesa sullo sviluppo la corruzione, la commistione tra interessi pubblici e privati, e sappiamo quanto freni gli investimenti. Per non parlare, come dicevo prima, della fiducia dei cittadini, la credibilità della politica, la credibilità del Paese sul piano internazionale. Quindi, questo è un provvedimento che ci aiuta enormemente, che aiuta il nostro Paese e la nostra credibilità come politici e come governanti del Paese.

  PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Invernizzi, iscritto a parlare: si intende che abbia rinunciato. È iscritto a parlare l'onorevole Piso. Ne ha facoltà.

  VINCENZO PISO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ogni qualvolta si parla di etica pubblica, si usa fare riferimento a quell'insieme di norme e strumenti legislativi posti in essere al fine di prevenire la corruzione ed i conflitti d'interessi evitando, in primo luogo, la possibilità che funzionari pubblici determinino situazioni che possano causare il compimento di un reato e, cosa forse ancora più grave, vulnerare la credibilità delle istituzioni. Lo scopo principale, dunque, di una seria disciplina sul conflitto d'interessi è mantenere un'efficace separazione tra gli interessi privati dei titolari di pubbliche funzioni e quelli pubblici che essi devono perseguire nel corretto esercizio dei propri poteri e in virtù di essi. Parliamo, quindi, di un obbligo da parte dei funzionari pubblici di astenersi dall'assumere decisioni laddove ci si trovi nella situazione che, dovendo compiere atti ufficiali, si facciano prevalere interessi specifici o personali di natura economica, con conseguente indebito arricchimento.Pag. 91
  Alla base di una moderna legislazione in tema di conflitto d'interessi, quindi, vi è senza meno l'esigenza di confermare una realtà incontrovertibile, ovvero che una democrazia che voglia essere autenticamente e consapevolmente stabile non possa abdicare al fatto di mostrare se stessa, e quanti operano quotidianamente al suo interno come eticamente integri, ossia immuni ad ogni contaminazione contraria ai principi fondanti della democrazia. Quanto appena enunciato, che rappresenta il contenuto proprio del provvedimento oggi all'esame di questa Assemblea, costituisce il fulcro di quanto già ampiamente previsto dalle legislazioni delle maggiori e più avanzate democrazie mondiali come, ad esempio, gli Stati Uniti in cui i casi di corruzione e di conflitto d'interessi riguardanti i funzionari pubblici sono regolati dall'ormai lontano 1978. Una dimostrazione ulteriore, semmai ve ne fosse ancora bisogno, del ritardo che l'Italia paga nell'uniformarsi alla comunità internazionale su delicate questioni attinenti al regolare svolgimento della vita democratica.
  Ora, il testo unificato oggetto di questa discussione sulle linee generali intende stabilire una nuova disciplina per la risoluzione dei conflitti d'interesse dei titolari di cariche di governo e dei componenti delle autorità indipendenti. È il caso di ricordare, comunque, che la normativa in materia è attualmente contenuta nella legge n. 215 del 2004 la quale, pur non essendo oggetto di abrogazione espressa, viene di fatto sostituita dalla nuova disciplina in caso di sua definitiva approvazione del Parlamento. Gli elementi di novità del presente provvedimento sono essenzialmente quattro: i destinatari delle regole relative al conflitto d'interessi, il concetto di incompatibilità, la determinazione delle condizioni patrimoniali che possono rappresentare motivo di ostacolo tra l'esercizio delle funzioni pubbliche e la normale gestione della propria attività privata ed il ruolo ricoperto dalla Commissione nazionale per la prevenzione dei conflitti d'interessi.
  Per quanto concerne i destinatari delle regole introdotte dal testo unificato, è evidente che essi sono, innanzitutto, il Presidente del Consiglio, i vice presidenti del Consiglio, i Ministri, i Viceministri, i sottosegretari di Stato e i commissari straordinari del Governo ai quali, stando al comma 2 dell'articolo 2, vengono equiparati i componenti delle autorità indipendenti. Appare alquanto chiaro, quindi, come, sulle orme di quanto previsto dalle legislazioni straniere in materia di conflitto d'interessi, il presente testo intenda preservare il corretto funzionamento della vita democratica partendo da un esplicito controllo delle figure le quali, più di altre, hanno responsabilità di gestione della cosa pubblica, che quindi non può contemplare in alcun caso commistioni di attività di natura privata.
  Al fine, inoltre, di estendere la normativa sul conflitto d'interessi anche ai titolari di cariche di governo regionali e locali, il testo unificato rimette alle regioni ed alle province autonome la disciplina delle incompatibilità dei presidenti delle regioni stesse e dei componenti delle giunte, indicando come principi generali quelli desumibili dalla proposta di legge al nostro esame e quelli già fissati dalla normativa vigente in materia (legge n. 165 del 2004).
  La complessità del quadro democratico, con poteri esercitati sia a livello nazionale che a livello locale, non poteva non prevedere una tale estensione dei destinatari delle regole in materia se davvero si vuole pervenire ad una copertura totale del controllo sull'integrità etica di quanti si assumono, a vari livelli, responsabilità di gestione e conduzione degli interessi di Stato.
  Per quanto concerne il tema dell'incompatibilità, l'articolo 5 prevede che essa debba sussistere tra la titolarità di cariche di governo e qualunque impiego pubblico o privato, nonché qualunque carica o ufficio pubblico che non derivi dalla funzione governativa svolta, fatta eccezione per il mandato parlamentare.
  Conseguentemente, i titolari di cariche di governo non possono esercitare attività imprenditoriali o svolgere funzioni di presidente, Pag. 92amministratore, liquidatore, sindaco o revisore in enti di diritto pubblico, anche economici, o presso imprese o società pubbliche o private o, comunque, in enti privati aventi per oggetto anche non principale lo svolgimento di attività patrimoniali.
  Al fine di rafforzare il concetto di netta separazione tra la sfera pubblica e quella privata, la proposta di legge opportunamente evidenzia come le attività sopra elencate non possono essere esercitate per interposta persona o attraverso società fiduciarie.
  Se i casi di incompatibilità rappresentano un punto importante della normativa al nostro esame, non meno importanti in tale ottica sono le condizioni patrimoniali che possono dar luogo a casi di conflitto d'interessi.
  Il testo unificato prevede che siano la proprietà, il possesso o comunque la disponibilità nel proprio interesse o nell'interesse di altri soggetti legati da vincolo di matrimonio o parentela di patrimoni immobiliari o mobiliari dal valore complessivo superiore a 15 milioni di euro a costituire le condizioni patrimoniali potenzialmente in grado di dar luogo al conflitto d'interessi tra i titolari di cariche pubbliche.
  È evidente come la proposta di legge focalizzi la propria attenzione su quel tipo di patrimoni in grado di creare, per la loro consistenza ed una volta che i destinatari abbiano assunto cariche di governo nazionale o locale, occasioni o situazioni di reato volte all'indebito arricchimento e violazione delle regole della corretta concorrenza e del mercato.
  Ora, dal momento che anche l'attività privata merita di essere preservata anche in considerazione delle pesanti ricadute sulla produzione di benessere e sui livelli occupazionali che un suo deterioramento potrebbe causare, una moderna legislazione in materia di conflitto d'interessi non può non prevedere una soluzione che garantisca la continuazione della gestione delle attività private nel periodo in cui il legittimo titolare sia impegnato a ricoprire incarichi pubblici.
  Per questo motivo, al pari di quanto avviene in altri Paesi, l'articolo 12 della presente proposta di legge prevede che debba essere un gestore a seguire l'attività privata del titolare di incarichi pubblici, scelto tra banche, società di gestione del risparmio e società di intermediazione mobiliare.
  Un gestore che, come nella disciplina americana del cosiddetto blind trust sebbene tale denominazione non venga recepita dal presente testo unificato, amministra il patrimonio del titolare di incarico pubblico al quale potranno essere comunicate periodicamente notizie relative al valore complessivo del patrimonio amministrato, ma non le attività di gestione di volta in volta adottate.
  In pratica, e da un punto di vista prettamente giuridico, il titolare avrà la possibilità di richiedere informazioni di natura quantitativa del proprio patrimonio, ma non potrà avere un quadro di tipo qualitativo sulle attività messe in atto dal gestore del suo patrimonio.
  Il potere di controllo sull'eventuale approssimarsi di una fattispecie di conflitto d'interessi, nonché il potere di scelta del gestore incaricato dell'amministrazione del patrimonio del titolare di cariche pubbliche, spettano alla Commissione per la prevenzione dei conflitti d'interesse.
  Ho volutamente lasciato in ultimo l'analisi dell'istituzione di una commissione di tale natura, in quanto, a mio avviso, merita un'attenzione particolare in considerazione dei poteri ad essa conferiti ed alla modalità della scelta dei suoi componenti. La commissione per la prevenzione dei conflitti d'interessi, stando a quanto previsto dagli articoli 9 e 11 della presente proposta di legge, si presenta come un organismo collegiale, di nomina presidenziale, operante in piena autonomia, composta da 5 componenti scelti tra persone di notoria ed indiscussa capacità, che si avvale delle strutture e degli uffici della già esistente Autorità garante della concorrenza e del mercato.
  Sarà la commissione, come già anticipato, a prevenire ed eventualmente sanzionare i conflitti d'interessi e a scegliere, Pag. 93sentito il presidente della Consob ed il Governatore della Banca d'Italia, il gestore del patrimonio da amministrare. È evidente come lo scopo del presente testo unificato sia di separare, per quanto possibile, i compiti di vigilanza sugli eventuali episodi di conflitto di interessi e, di conseguenza, di applicare le dovute sanzioni in caso di reato, proprio istituendo un'autorità preposta a tale compito.
  Non è ben chiaro, comunque, per quale motivo non si sia potuto attribuire alla già esistente Autorità garante della concorrenza e del mercato i poteri conferiti alla nascente commissione, evitando il rischio di contrapporre competenze e di creare confusione sull'effettivo ambito di operatività dei due organismi in una materia che, per la sua complessità e delicatezza, merita, invece, chiarezza e certezza nell'attribuzione dei compiti.
  In conclusione, seppur migliorabile, il testo unificato al nostro esame introduce nel nostro Paese un insieme di norme e regole di cui l'Italia aveva ed ha bisogno, non solo per equipararsi alle legislazioni degli ordinamenti internazionali più evoluti, ma proprio al fine di introdurre un elemento che possa fungere da pilastro della democrazia italiana, che possa rafforzarla a livello normativo e, soprattutto, etico, tra quanti operano all'interno dei meccanismi statali e nella concezione generale sul corretto funzionamento e sulla trasparenza della gestione della cosa pubblica.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Palese. Ne ha facoltà.

  ROCCO PALESE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, il testo all'esame dell'Aula stabilisce una nuova disciplina per la risoluzione dei conflitti di interessi dei titolari di cariche di Governo e dei componenti delle autorità indipendenti. Attualmente, la normativa in materia è contenuta nella legge n. 215 del 2004, la cosiddetta «legge Frattini», che, pur non essendo oggetto di abrogazione espressa, viene, di fatto, sostituita dalla nuova disciplina.
  Partiamo, quindi, da un quadro di legislazione vigente in cui non siamo in presenza di un vuoto normativo riguardo al tema dei conflitti di interessi. La legge Frattini, pur nella oggettiva difficoltà della materia e nella delicatezza degli interessi coinvolti, è riuscita a muoversi in un quadro di rispetto dei principi della Costituzione italiana, salvaguardando i diritti costituzionali relativi alla libertà di iniziativa economica privata ed alla tutela della proprietà privata, che può essere espropriata solo per motivi di interesse generale.
  Richiamo, in particolare, i diritti costituzionali perché il ragionamento che mi appresto a portare avanti in quest'Aula necessita di una premessa importante: la discussione sul conflitto di interessi presuppone un'attenta riflessione politica e culturale, che attiene, in primo luogo, alla Costituzione repubblicana e ad una serie di articoli presenti proprio nella nostra Carta fondamentale. Su tutti, l'articolo 51, che disciplina l'accesso alle cariche pubbliche, l'articolo 41, che tutela la libera iniziativa economica privata, l'articolo 42, che riconosce la proprietà privata.
  La riflessione su questo provvedimento deve essere quindi focalizzata alla ricerca di un necessario bilanciamento tra il pubblico interesse e le norme costituzionali richiamate, che tutelano l'iniziativa economica privata, la proprietà, oltre al diritto di libero accesso agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, come recita l'articolo 51 della Costituzione.
  In particolare, il diritto all'accesso alla carica pubblica, al pari di quello di libera iniziativa economica privata, va tutelato appieno. Il timore è che norme come quelle contenute nel testo al nostro esame non garantiscano appieno questo tipo di tutela, e molti emendamenti presentati da diverse forze politiche propongono modifiche che, addirittura, metterebbero completamente in discussione quel necessario bilanciamento sopra richiamato.
  Siamo, infatti, davanti ad un testo, frutto della sintesi tra le varie proposte presentate da diversi gruppi, che non risponde Pag. 94a pieno al necessario bilanciamento dei principi che ho richiamato. In particolare, l'impostazione data sembra quasi presuppone una sorta di colpa rispetto al proprietà di un'attività, di un'impresa. Eppure il sistema previsto dal testo base è stato ritenuto, addirittura, troppo blando da diverse forze politiche, in particolare da PD, MoVimento 5 Stelle e SEL, che hanno presentato emendamenti, tra l’ altro, che mirano ad estendere l'applicazione delle norme, oltre ai componenti del Governo, anche ai parlamentari, attraverso una evidente forzatura del dettato costituzionale.
  Per quanto riguarda l'estensione del conflitto di interessi ai Parlamentari, infatti, si rilevano degli elementi non superabili, legati alle disposizioni di cui agli articoli 65, 66, 67 e 68 della Costituzione, che tutelano l'autonomia delle Camere nel giudicare i titoli di ammissione, le cause sopraggiunte di ineleggibilità e di compatibilità, l'autorizzazione a procedere, e il divieto di vincolo di mandato nei confronti relativi al divieto di vincolo di mandato. Sono state poi depositate proposte di modifica, tese ad allargare il conflitto di interessi, anche ai benefici non strettamente economici e patrimoniali. In pratica, secondo alcuni emendamenti, sussisterebbe conflitto di interessi anche nell'ipotesi di interferenza tra un interesse pubblico e un interesse privato, tale da influenzare l'esercizio obiettivo, indipendente o imparziale di funzioni pubbliche, anche in assenza di uno specifico vantaggio economico. Un esempio: la progressione di carriera di un familiare, se questo emendamento passasse, sarà conflitto di interessi per un Ministro avere un figlio in un'azienda controllata o partecipata dal suo dicastero. Non solo, quindi, vengono proposte norme quasi punitive per chi ha un'attività, delle partecipazioni azionarie, magari frutto del lavoro e dei sacrifici di anni; le stesse norme in questo caso punirebbero anche i familiari, la cui carriera o i cui interessi, sempre secondo le modifiche proposte, non potrebbero assolutamente coincidere con quelli dei propri parenti che hanno fatto una scelta importante, che è quella di impegnarsi in politica, di concorrere per una carica pubblica o di esercitare una funzione pubblica nell'interesse della collettività. In questo caso è evidente come l'obiettivo non sia quello di legare il conflitto di interessi ad un effettivo vantaggio conseguito in maniera scorretta, utilizzando la propria posizione dovuta alla carica pubblica ricoperta, l'intento sembra essere quello di punire ogni tipo di potenziale conflitto, per il solo fatto di aver assunto una carica pubblica e di possedere delle attività in proprio. La questione relativa ai conflitti di interessi dovrebbe, invece, partire da un principio base, che è posto all'interno di uno degli emendamenti a firma del gruppo Forza Italia, gli interessi pubblici possono coincidere con gli interessi privati. Se, in caso di perseguimento di interessi pubblici, sono soddisfatti anche interessi privati, non si può in alcun modo parlare di conflitto di interessi. L'interesse pubblico è preminente e sovraordinato, ed è ciò che il titolare di una carica pubblica deve perseguire, ma l'interesse privato non può essere eliminato, o colpevolizzato, soprattutto quando coincide con quello pubblico. Soprattutto, non è concepibile un sistema che punisca anticipatamente chi vuole accedere a cariche pubbliche e ha interessi privati da gestire, se non vi è alcun atto specifico alla base, che effettivamente provi che è stato recato un vantaggio economico rilevante e ingiusto, in virtù del perseguimento di un interesse squisitamente privato.
  Tornando al testo, va rilevato che la creazione di un'ulteriore autorità di garanzia, quale la Commissione per la prevenzione dei conflitti di interessi, appare un trend assolutamente non in linea con gli ultimi trend legislativi in cui le autorità di garanzia vengono a essere ridotte, piuttosto che ampliate, accorpate, piuttosto che estese ed integrate, così come propone il testo.
  Sulle misure di prevenzione, diverse sono state le proposte relative alla gestione soprattutto degli interventi sul piano patrimoniale, che vanno dall'idea del blind trust, fino a veri e propri commissariamenti Pag. 95o persino vendite coattive di beni, su cui credo che qualche perplessità sul piano costituzionale possa essere avanzata.
  Il testo all'esame dell'Aula propone invece la sottoscrizione di un contratto di gestione – previa approvazione della Commissione – con un gestore, scelto tra banche, società di gestione del risparmio e società di intermediazione mobiliare, con determinazione della medesima Commissione sentiti gli interessati e, ove lo ritenga opportuno, il presidente della Consob ed il Governatore della Banca d'Italia. Il contratto prevede che qualsiasi comunicazione relativa alla gestione avvenga esclusivamente in forma scritta e tramite la Commissione; non sono ammessi altri rapporti tra il gestore e il titolare della carica di governo e gli altri soggetti familiari, affini o conviventi. Il mandato al gestore comprende il potere di alienazione dei beni affidati in gestione, mobiliari o immobiliari.
  Siamo davanti ad una norma che solleva più di una perplessità, sempre in relazione ai diritti costituzionali sopra richiamati. Ma, in particolare, dovrebbe far riflettere la vaghezza della disposizione, che prevede un atto così forte come la possibilità per la Commissione di procedere direttamente alla vendita dei beni, qualora non vi siano altre misure possibili per evitare il conflitto di interessi. Sembra quantomeno opportuno un chiarimento in tal senso e specificare in maniera chiara quali siano i presupposti che producano un atto di imperio così grave.
  Onorevoli colleghi, direi che è necessario un approfondimento. Un approfondimento sul testo, e, soprattutto, un approfondimento sulle numerose proposte emendative che, a loro volta, mutano (addirittura, a nostro avviso, in peggio) la filosofia di fondo del testo, richiedendo un'adeguata istruttoria e in particolare, a nostro avviso, un approfondimento che non è stato possibile svolgere in Commissione, a causa dei tempi ristretti illustrati poco fa dal presidente. La Commissione affari costituzionali, nonostante abbia dedicato diverse sedute all'esame del provvedimento, svolgendo anche diverse audizioni in merito, non è riuscita ad esaminare gli emendamenti presentati. Solo nella seduta del 7 ottobre 2014, infatti, è stato avviato l'esame degli emendamenti ma, in considerazione dei tempi ristretti a disposizione della Commissione per esaminare e votare le proposte emendative (vista la calendarizzazione del provvedimento in Aula), il relatore ha invitato i colleghi al ritiro per l'eventuale ripresentazione ai fini dell'esame in Assemblea.
  A nostro avviso, senza un'istruttoria approfondita in Commissione delle proposte emendative è, però, difficile proseguire nel dibattito su un tema così delicato, che, ribadisco, dovrebbe essere finalizzato a produrre un testo che assicuri e garantisca una situazione di equilibrio e, nel contempo, salvaguardi un principio che deve connotare una società moderna: il censo e la proprietà non possono costituire elemento discriminante in alcuna direzione; quindi, né nei confronti di chi è un lavoratore dipendente, né nei confronti di chi svolge un'attività imprenditoriale, tanto meno se si tratta dell'accesso alle cariche pubbliche, il cui diritto è sancito dall'articolo 51 della Costituzione.
  Ciò che chiediamo è un confronto sul merito, senza alcuna drammatizzazione del problema, che è il rischio che sta correndo quest'Aula. Intendiamo, dunque, manifestare la completa disponibilità a un confronto, attraverso un approfondito esame, in particolare delle proposte emendative, ove fosse possibile anche con un ritorno in Commissione, ma se si intende proseguire proseguiamo qui in Aula. Questa, secondo noi, è la strada per affrontare in modo equilibrato un tema che certamente presenta mille difficoltà sul terreno politico e su quello tecnico, come quello del conflitto di interessi.
  Né tanto meno è accettabile che nel proprio intervento alcuni colleghi hanno espresso una serie di considerazioni che lasciano veramente perplessi. Non penso che il Paese abbia bisogno di una esasperazione ulteriore: oltre a quella politica, oltre a quella economico-finanziaria, oltre a quella anche sui problemi etici, anche quella di introdurre in maniera dirompente, Pag. 96ideologica, di parte, ad esclusione, in maniera efferata, un'epurazione di soggetti che l'unica colpa che hanno è quella che, per loro meriti, hanno una professione da svolgere, hanno un'attività in essere, hanno delle proprietà in essere, per il lavoro conseguito e per le loro attività, e che per estinguere la colpa di avere avuto questi meriti debbono essere espulsi da qualsiasi carica politica. Immagino che questo non possa succedere né in un Paese civile né in un Paese in cui si dice che siamo in democrazia e libertà.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Giorgis. Ne ha facoltà.

  ANDREA GIORGIS. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, limiterò il mio intervento ad alcune considerazioni sulla cornice teorica entro la quale, a mio avviso, occorre collocare la riflessione sul conflitto di interessi e, in particolare, il problema del rapporto tra gli interessi economici privati del titolare di una carica elettiva o di un pubblico ufficio e gli interessi pubblici che quest'ultimo, in ragione del suo ufficio, deve perseguire.
  La necessità di prevenire situazioni di conflitto di interesse trova sicuramente un fondamento positivo nei principi costituzionali di cui agli articoli 97, 98 (che impongono ai titolari di un pubblico ufficio di agire in maniera imparziale e nell'esclusivo interesse della nazione), e nei principi costituzionali di cui agli articoli 3, 48 e 51 (che prescrivono di garantire il principio di uguaglianza nell'esercizio del diritto di voto e nell'accesso ai pubblici uffici).
  La necessità di prevenire situazioni di conflitto di interessi trova il proprio fondamento, però – ed è questo il punto che vorrei sottolineare – anche e soprattutto nell'esigenza di scongiurare una eccessiva concentrazione del potere, ovvero, più precisamente, nell'esigenza di garantire – come direbbe M.Walzer – l'autonomia delle sfere distributive.
  L'obiettivo di fondo delle Carte costituzionali – proclamate all'indomani della tragica esperienza della seconda guerra mondiale e della fine delle diverse dittature nazionali – potrebbe essere sintetizzato, com’è noto, nel tentativo di limitare il potere, in modo da garantire a ogni individuo le condizioni per poter condurre una vita libera e dignitosa, nonché politicamente e socialmente attiva.
  Le soluzioni tecniche attraverso le quali il diritto costituzionale contemporaneo cerca di porre dei limiti al potere sono molteplici e spaziano, com’è altrettanto noto, dal sindacato di legittimità sulle leggi, al principio di legalità, al riconoscimento di diritti inviolabili (di libertà, di partecipazione e di prestazione), alla separazione delle funzioni dello Stato, alle garanzie di autonomia della magistratura, eccetera; tuttavia se si volesse anche a questo proposito tentare una semplificazione si potrebbe dire che queste diverse soluzioni tecniche tendono a limitare il potere attraverso due principali modalità: la separazione e la distribuzione dello stesso.
  La separazione di cui il diritto costituzionale si preoccupa non è solo e tanto la separazione delle funzioni dello Stato e l'attribuzione di ciascuna di esse a organi distinti e indipendenti, ma è la separazione sostanziale del potere, è cioè la separazione e l'autonomia della sfera della politica dalla sfera dell'economia e dalla sfera della cultura e dei mezzi di comunicazione.
  Ciascuna sfera ha un proprio ed esclusivo criterio intrinseco di distribuzione dei beni (e quindi del potere che il possesso di questi ultimi conferisce), e il ricoprire una posizione dominante o di rilievo in una di esse non dovrebbe dare titolo per assumere una posizione dominante o di rilievo in alcuna delle altre due. L'avere, ad esempio, molto consenso non conferisce il diritto di acquisire un titolo di studio o un riconoscimento scientifico, né dà diritto di ottenere fortune economiche; così come l'aver dimostrato particolare abilità nella sfera mediatico-culturale o in quella economica non dà diritto di ottenere cariche politiche.Pag. 97
  Il diritto costituzionale si preoccupa insomma di scongiurare che chi detiene ingenti risorse in una delle sfere possa, per ciò solo, acquisire una posizione dominante anche nelle altre: chi detiene ingenti risorse economiche non dovrebbe pertanto poter acquisire, attraverso l'esercizio del potere economico, potere mediatico e potere politico e, attraverso l'esercizio di questi ultimi, acquisire ulteriore potere economico, dando così origine ad un circolo vizioso che conduce a una sempre maggiore concentrazione del potere.
  Ora, se i principi che una legge sul conflitto di interessi deve cercare di garantire sono quelli che ho appena cercato di sintetizzare è necessario che quest'ultima consideri rilevante anche e principalmente le situazioni di pericolo (oltre che, ovviamente, le situazioni di danno).
  Se per garantire l'autonomia delle sfere distributive (e, di conseguenza, escludere il rischio di conflitti di interessi) occorre impedire una eccessiva concentrazione del potere, è infatti indispensabile che l'intervento limitativo e separatorio avvenga indipendentemente dalla prova di un effettivo e concreto utilizzo distorto delle prerogative di cui è investito il titolare di una carica pubblica elettiva.
  Gli emendamenti che abbiamo presentato si muovono in questa direzione: limitare e separare il potere, non contro qualcuno in particolare, ma nell'interesse generale al buon funzionamento di ogni sfera distributiva e in ossequio ai principi fondamentali e fondanti di ogni democrazia costituzionale nella quale il principio d'uguaglianza sia preso sul serio (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Fraccaro. Ne ha facoltà.

  RICCARDO FRACCARO. Signor Presidente, ringrazio il popolo italiano di avermi dato la possibilità di parlare in quest'Aula. Cari concittadini, finalmente è arrivato il momento di affrontare il vero grande tabù della politica italiana: il conflitto d'interessi.
  Per la prima volta, il Parlamento discute dell'anomalia che ha segnato il più lugubre ventennio dalla storia recente di questo Paese, e ciò avviene non su impulso del cosiddetto centrosinistra, ormai più berlusconiano di Berlusconi evidentemente, ma perché il Parlamento è stato costretto, trascinato a forza, da un movimento di opposizione. Un movimento che è all'opposizione delle larghe intese per recuperare la dimensione etica della vita politica, per anteporre il bene comune al tornaconto personale. Siamo all'opposizione, perché vogliamo riaffermare questi principi che sono stati annichiliti dal berlusconismo e calpestati da tutte le altre forze politiche, che continuano ad approfittarsene del conflitto d'interessi.
  E come volevasi dimostrare, stiamo affrontando questo tema dopo poche ore di lavoro in Commissione, su un testo base scritto da Forza Italia e approvato, nottetempo, con una votazione lampo da tutto il Partito Democratico. Sembra quasi una barzelletta: il PD ha fatto scrivere il testo base sul conflitto d'interessi da Forza Italia. Ci sarebbe quasi da ridere, se la situazione del Paese non fosse così drammatica.
  Questa oggi potrebbe, invece, essere l'occasione per risolvere, forse, la più grave criticità del tessuto istituzionale, economico e sociale del Paese, ma, probabilmente, per farlo, più che un'assemblea parlamentare, vi servirebbe una psicoterapia di gruppo. Siamo di fronte ad un caso clinico qui in Parlamento: in psichiatria, lo chiamano processo di rimozione. Avete rimosso qualunque iniziativa sul conflitto d'interessi, perché in contrasto con l'intimo desiderio di abbracciare il berlusconismo, di emulare il noto pregiudicato. Soffrite di un complesso di inferiorità, una psicosi evidente soprattutto nel centrosinistra, che ha sempre sfruttato il tema a proprio vantaggio; e lo sta sfruttando anche oggi con Renzi, che ha addirittura stilato un documento programmatico per non toccarlo nemmeno: il famoso «patto del Nazareno».
  Vedete, il «patto del Nazareno» non è solo un patto di non belligeranza, è molto Pag. 98di più: è un patto di fratellanza, che prevede fedeltà reciproca. Ed infatti, a testimonianza, ieri, il leader di Forza Italia ha spalancato le porte di casa propria a Renzi per celebrare il rito di ammissione definitiva nel clan: l'agghiacciante selfie che abbiamo visto tutti con la conduttrice di Canale 5 ha il valore di un benvenuto ufficiale nella famiglia. Renzi va dalla D'Urso a prendere le TV di Berlusconi che, in cambio, ottiene le solite garanzie.
  Il primo punto del papello è, evidentemente, di lasciare intatto il nulla assoluto rappresentato dalla «legge Frattini», che è la legge che disciplina oggi il conflitto d'interessi; e guarda caso, dopo che vi abbiamo costretto a calendarizzare il conflitto d'interessi, minacciandovi di tenervi in Aula in agosto, presentate un testo scritto da Forza Italia, che non è nient'altro che una legge Frattini-bis, il capolavoro dell'inciucio. Votando questo testo, avete dimostrato una perversione che andrebbe curata con il trattamento sanitario obbligatorio.
  Manca, anzitutto, una chiara ed esaustiva definizione del conflitto d'interessi: cioè, ci troviamo di fronte ad un provvedimento che tenta di normare ciò che non è nemmeno in grado di definire. Il testo presenta giganteschi profili di criticità sotto il profilo soggettivo, in primis: per esempio, non si applica ai membri del Parlamento, per i quali, invece, sarebbe doveroso prevenire e sanzionare i conflitti d'interessi. Sul piano dell'accertamento delle sanzioni manca qualsiasi riferimento ad una sanzione reputazionale, alla nullità degli atti, alla decadenza dalla carica. Non c’è nulla.
  E anche le sole sanzioni economiche previste risultano di fatto insussistenti perché – ed ecco il colpo di genio – la loro applicazione è affidata alla discrezionalità di una commissione. E sapete chi deve scegliere i membri della commissione ? Il Presidente della Repubblica, quindi – e vi prego qui di fare attenzione – il Capo dello Stato ha il compito di conferire l'incarico al Presidente del Consiglio e poi dovrebbe stabilire se lui e i membri del Governo siano in una situazione di conflitto di interessi. Come mettere la volpe a guardia del pollaio. Quanto meno, sarebbe opportuno prevedere dei requisiti di specifica competenza e professionalità per eleggere i membri di questa commissione e affidarne la nomina dei membri al Parlamento mediante elezione a maggioranza qualificata particolarmente elevata, almeno. La durata di tale organo non dovrebbe coincidere con quella della legislatura, proprio per garantire imparzialità e indipendenza. Anzi, in realtà, i compiti della commissione dovrebbero essere svolti dall'Autorità garante per la concorrenza e il mercato che potrebbe essere sicuramente più efficace, in questo. I poteri di vigilanza, regolazione e controllo sono funzioni tipiche di un'autorità indipendente, non di una commissione nominata dal Presidente della Repubblica che indipendente ha dimostrato più volte di non esserlo. Così non è il caso della commissione, invece, là dove il legislatore si limita a stabilire con formula vuota che essa, la commissione stessa, opera in piena autonomia; se lo autodetermina che opera in piena autonomia, non c’è nessuna garanzia del fatto che sia indipendente nel giudizio e nella valutazione.
  Insomma, potremmo andare avanti così, la verità è che il testo in esame è una scatola vuota, l'ennesima truffa con raggiro ai danni dei cittadini. Solo un pazzo potrebbe votarla e, in effetti, spesso, qui sembra di essere in una gabbia di matti. Con questo provvedimento il conflitto di interessi continuerà a produrre effetti micidiali per il nostro Paese che scivolerà ancora più in fondo alla classifica mondiale sulla competitività. Sappiate che l'Italia attualmente è al settantesimo posto, tra il Kazakistan e la Polonia, per competitività. Nello specifico, su un totale di 148 Paesi siamo al centoquarantesimo posto per la fiducia dei cittadini nei propri politici e per la trasparenza delle decisioni politiche, al centoventiseiesimo posto per il livello di favoritismi nelle decisioni dei funzionari pubblici e al centotrentanovesimo posto a causa dello spreco di risorse pubbliche.Pag. 99
  Questo provvedimento significa meno produttività, meno investimenti e meno posti di lavoro. In questi venti lunghi anni, per colpa vostra, sono stati possibili una serie infinita di casi scandalosi, unici al mondo. Solo per fare qualche esempio ricordo Daniela Santanchè, azionista di una concessionaria di pubblicità e sottosegretario alla Presidenza del Consiglio; Rocco Crimi, esponente di Forza Italia, consulente di società sportive del CONI, nominato sottosegretario con delega alla prevenzione del doping e alla vigilanza proprio sul CONI; Vittorio Cecchi Gori che, in barba al testo unico del 1957 sull'ineleggibilità, fu portato in Senato dal centrosinistra, nonostante fosse proprietario di due emittenti TV, anzi, proprio per questo fu portato in Senato; l'idea era quella di fare concorrenza a Berlusconi con un polo televisivo nuovo. L'idea del centrosinistra era di contrastare il conflitto di interessi di Berlusconi creando un nuovo conflitto di interessi ad hoc, meraviglioso. C’è poi il caso dell'ex Ministro dei trasporti Lunardi, esperto in materia in quanto controllava società operanti nel settore delle infrastrutture; il caso dell'ex senatore Alberto Tedesco, al contempo assessore alla sanità in Puglia nella giunta di centro sinistra e patron delle strutture sanitarie della regione; il caso dell'ex deputata PD, Vittoria D'Incecco, imprenditrice nel settore dei servizi sanitari a Pescara e, nello stesso tempo, assessore alle politiche sociali del comune; poi il caso dell'ex Ministro dell'economia Siniscalco, subito dopo paracadutato alla Morgan Stanley nonostante l'evidente conflitto tra le funzioni istituzionali del dicastero e gli interessi del gruppo finanziario. I casi dei parlamentari Bombassei, Gitti, Colaninno, il caso dei Ministri Guidi e Poletti che hanno interessi incompatibili con la carica ricoperta, soprattutto, anzitutto, sotto il profilo etico. Queste nomine, se fosse stata approvata da tempo una proposta incisiva ed efficace come la nostra, non sarebbero state possibili e i cittadini ora vivrebbero in un Paese degno di uno Stato civile, di uno Stato moderno.
  Naturalmente, si sarebbe anche risolto il problema del conflitto di interessi di Silvio Berlusconi, che a causa del suo enorme conflitto ha inquinato l'ordinamento con una serie di leggi vergogna dagli effetti devastanti: la legge Maccanico, la legge sulle rogatorie, il legittimo sospetto, il legittimo impedimento, il lodo Schifani, la legge Cirami, la legge Gasparri, la legge Pecorella, l'ex Cirielli, il falso in bilancio, il «decreto salva Rete 4», il condono edilizio, il condono tombale, la Tremonti-bis, il lodo Alfano e così via. Viene da vomitare a leggerli tutti. Ma per comprendere l'incidenza delle leggi ad personam sulla nostra economia basterà citare una piccola norma sui decoder digitali, che ha previsto nel 2005 un contributo pubblico di 210 euro per ogni singolo apparecchio. L'allora Governo stabilì di erogare 130 milioni di euro per incentivare con soldi pubblici l'acquisto dei decoder digitali, commercializzati da una società controllata dal fratello del Premier, ovvero Paolo Berlusconi. Signori, il danno inferto a questo Paese dall'assenza di una norma seria sul conflitto di interessi è incalcolabile, ma di certo sappiamo che il patrimonio dell'ex Cavaliere è passato da 1,5 miliardi di euro del 1993 a 8,6 miliardi di oggi. Allora mi chiedo: chi ha garantito questo enorme incremento delle sue ricchezze ? Chi è stato ? Ebbene, ce lo spiega il giudice costituzionale in pectore del Partito Democratico, Luciano Violante, che in una memorabile confessione, proprio in quest'Aula, disse: L'onorevole Berlusconi sa per certo che gli è stata data la garanzia piena, non adesso, nel 1994, quando ci fu il cambio di Governo, che non sarebbero state toccate le televisioni. E ora Violante aspira al rango di giudice costituzionale. Complimenti al PD per averlo scelto, complimenti per aver rinnovato, dopo vent'anni, con il patto del Nazareno, il morboso legame con Berlusconi, un legame sancito da un totale vuoto legislativo, che ora, grazie al MoVimento 5 Stelle, potrebbe il Parlamento colmare, se non fosse per l'ostruzionismo del Partito Democratico, che certo non lo vuole.Pag. 100
  Adesso ho il piacere di leggervi, di farvi ascoltare un paio di citazioni. La prima: Quando dico che vogliamo far diventare l'Italia un Paese modello, significa che abbiamo bisogno di una legge sul conflitto di interessi. Così parlava pochi mesi fa il sottosegretario Delrio, dimostrando di far parte di una classe dirigente, a mio avviso, che si limita a parlare e a non fare nulla o peggio a fare l'esatto contrario di ciò che ha promesso. Ma la prossima citazione è molto più succulenta: Il problema reale che abbiamo è che in questi anni noi non abbiamo fatto una legge sul conflitto di interessi, e non l'abbiamo fatta quando eravamo al Governo noi. Quando c'era al Governo Berlusconi, figuriamoci se riuscivamo a fare una legge sul conflitto di interessi; ma nel momento in cui ci siamo stati noi, non essere riusciti a fare una legge sul conflitto di interessi è la dimostrazione più drammatica del fatto che abbiamo fallito. È la dimostrazione più drammatica del fatto che abbiamo fallito, sono parole di Matteo Renzi pronunciate durante le primarie del 2012. Cioè, il vostro Presidente del Consiglio vi diede dei falliti. Anzi, non terminò qui: Noi dobbiamo impegnarci perché nei primi cento giorni il conflitto di interessi si fa – diceva il Premier –, e in Italia il conflitto di interessi ha un nome e un cognome ed è quello dell'ex Presidente del Consiglio. Ora Renzi è al Governo e sono passati otto mesi, più di cento giorni, più di duecento giorni, però, invece di rottamare Berlusconi lo trasforma in un padre costituente. Il grande statista mette un pregiudicato a riscrivere la Costituzione. D'altra parte, sapete chi promise, oltre a Renzi, di approvare una legge sul conflitto di interessi entro i primi cento giorni ? Proprio Silvio Berlusconi.
  Allora, questa discussione serve a smascherare una volta in più il patto del Nazareno, la versione aggiornata del patto della crostata firmato a casa Letta e il patto della Bicamerale D'Alema. Appoggiando il testo farsa scritto dal presidente Sisto – che fu l'autore anche dell'emendamento «salva Ruby» – in cambio dei voti di Forza Italia sulle riforme, voi del PD state facendo sventolare sulle istituzioni la bandiera dell'inciucio al posto della bandiera tricolore. E io provo vergogna per questo. È un'oscenità politica e morale, quella di delegare la legge sul conflitto d'interessi a Berlusconi. Così dimostrate il servilismo del partito di Governo nei confronti del pregiudicato, che ormai, è evidente, esercita la golden share nella maggioranza. State confessando, in modo più apparente di quanto fece Violante, il reale contenuto del patto del Nazareno.
  Renzi vuole garantire la piena agibilità politica di Berlusconi e riabilitarlo completamente per tenerselo come alleato. Ancora una volta il Partito Democratico e Forza Italia dimostrano di avere in comune l'interesse a non rimuovere il patologico conflitto tra affari pubblici e privati, tra le meschine finalità personali e il bene comune. Ed è per questa maniacale tendenza a difendere i vostri affari e discapito dei cittadini che siete, per usare le parole del Presidente del Consiglio nel 2012, dei falliti. Ed è proprio per questa maniacale tendenza a mettere avanti i vostri interessi rispetto a quelli comuni dei cittadini italiani che verrete presto o tardi sconfitti.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Dadone. Ne ha facoltà.

  FABIANA DADONE. Signor Presidente, i principi che hanno mosso alcuni parlamentari verso il provvedimento in discussione oggi, rappresentano l'ennesimo tassello fondamentale e ripetutamente procrastinato del percorso, evidentemente molto, molto faticoso per la politica italiana, verso la definizione di uno Stato di diritto pienamente degno di questo nome.
  La prima volta che ho sentito parlare di conflitto di interessi ero poco più di una bambina. Poi, verso la fine degli anni ’90 il conflitto di interessi iniziò a diventare qualcosa di ingombrante, perennemente presente, l'argomento adatto a tutte le stagioni, in base alla stagione della campagna elettorale ovviamente. Da destra come da sinistra non si sentiva parlare di altro, almeno sotto elezioni, anche se, ad Pag. 101essere sinceri, non si capiva granché di quali fossero le posizioni precise, si capiva solo che andava fatta una legge in merito. Silvio Berlusconi era il conflitto di interessi per eccellenza e, capiamoci, lo è stato davvero. Ma mentre tutti guardavano a lui come unico obiettivo – e sotto certi punti di vista come elemento rassicurante della intoccabilità del tema – la questione veniva rinviata di mese in mese, di anno in anno.
  Poi dal 2004 si sono succeduti una serie di provvedimenti sul conflitto di interessi riguardanti le cariche di natura pubblica e governativa. «Evviva !», potrebbero dire alcuni di voi. Peccato che la materia sia stata trattata per linee molto generali e in maniera troppo poco approfondita. Stiamo parlando, per capirci, della legge n. 215, del 2004, la cosiddetta legge Frattini, e dei successivi decreto-legge 13 agosto 2011 n. 138 convertito in legge 14 settembre 2011 n. 148, della legge 6 novembre 2012 n. 190 e dei decreti legislativi 31 dicembre 2012 n. 235 e 8 aprile 2013 n. 39. Questi provvedimenti – in particolar modo la legge Frattini, che alcuni dei miei colleghi in Commissione hanno avuto il coraggio di definire una vera legge sul conflitto di interessi – alcuni degli auditi in commissione hanno invece definito come la «normativa disegnata intorno all'ex Presidente del Consiglio, che si preoccupa del pelo nell'uovo, ignorando del tutto la trave !», ossia il mare magnum di situazioni di conflitto di interessi che neppure vengono lontanamente prese in considerazione.
  Oggi, nell'anno 2014, un gruppo di «eversivi, incompetenti e populisti» – che per chi ci segue da casa, siamo noi – è riuscito a far arrivare in Aula, nell'impenetrabile e impermeabile Parlamento italiano, l'argomento di cui si è discusso da sempre, seppur solo nei salotti televisivi e sui palchi della campagna elettorale. Nel primo anno della loro legislatura, 100 «sbarbatelli», non politici di professione, hanno fatto calendarizzare (con la propria quota di minoranza) il tema più caldo di sempre per la classe politica. Noi, in un anno, abbiamo studiato due proposte di legge, una a prima firma Fraccaro, relativa alle cariche di governo, l'altra a mia prima firma relativa alle cariche parlamentari e la restante classe politica ci è dovuta correre dietro con ben tre proposte legislative; quindi due del MoVimento 5 Stelle e tre degli altri partiti che, tanto per capirci, erano a firma di singoli deputati e quindi da intendersi proposte del deputato singolo e non linea politica del partito e questo la dice lunga su come stiamo messi in materia !
  Ovviamente, non abbiamo la pretesa di creare con voi una legge che sia efficace ed efficiente. Non siamo degli illusi né tantomeno degli stolti. Abbiamo però la pretesa di migliorare questo testo base che, l'ha detto benissimo il mio collega Fraccaro, è una scatola vuota, è un testo completamente vuoto uscito dalla commissione, scritto interamente dal presidente Sisto – Forza Italia – e votato da tutto il Partito Democratico. Il che è tutto dire.
  A fronte di cinque proposte di legge, di cui quattro relative alle cariche di Governo e autorità indipendenti e una sola relativa alle cariche parlamentari; a fronte di una discussione che praticamente è stata inesistente perché non è intervenuto quasi nessuno, a fronte di una calendarizzazione – lo ricordo – richiesta con forza da questo gruppo parlamentare e accettata per salvare la faccia da tutti gli altri; dopo una calendarizzazione di Commissione che ha visto l'argomento inserito costantemente come ultimo punto all'ordine del giorno e per questo motivo ha visto il costante slittamento della trattazione dello stesso per motivi che non si sa se siano da attribuire all'abilità del presidente Sisto o al sovraccarico dei lavori della Commissione, dopo delle audizioni, da cui è emersa chiaramente la necessità di fare una proposta in merito, che fosse una proposta compiuta, audizioni che i gruppi politici hanno costantemente disertato – e questo la dice lunga sulla figura che hanno fatto i partiti politici di fronte alla comunità scientifica – e dopo una richiesta informale di collaborare ad un testo unificato che fosse condiviso, ecco arrivare il testo base del relatore. Incredibile, ma vero, un testo unificato, Presidente, che Pag. 102per definizione dovrebbe unire gli altri testi discussi, quindi tutti e cinque; peccato che questo testo non unisca assolutamente nulla delle altre previsioni depositate in Commissione. Si tratta piuttosto di una nuova versione della legge Frattini, la n. 215 del 2004, quella che non solo non ha mai risolto il problema, ma anzi è stata molto abile a «circumnavigarlo» senza mai toccarlo nei punti nodali.
  Quindi, praticamente, ci sono voluti dieci anni e cento eversivi per riuscire ad avere un'altra versione di una legge sul conflitto di interessi più vaga della precedente e più vuota di quella di prima. Complimentoni a tutti !
  Ma andiamo nello specifico al testo unificato perché un'analisi la merita.
  In primo luogo, non si prevede l'abrogazione espressa della «legge Frattini», il che – lo ricordo – non è affatto scontato. Ricordo infatti che, in assenza di abrogazione espressa, la normativa è implicitamente abrogata in forza della successiva solo se quest'ultima è in grado di sostituirla in ogni sua parte, o se la precedente risulti, rispetto alla nuova, incompatibile e, in questo caso, non è scontato che sarà così, per cui riteniamo che potrebbero anche sopravvivere e convivere assieme.
  Non compare una definizione precisa di conflitto di interessi – lo ha già detto il mio collega – ma come si fa a regolamentare qualcosa che non siete nemmeno in grado di definire ? Siamo alle comiche.
  Le «sanzioni», se così si possono chiamarle perché sono piuttosto blande, colpiscono solo la violazione dei divieti, ma non la violazione dei doveri e già non si parla di sanzioni come quelle che abbiamo previsto noi, che sono sanzioni reputazionali, decadenza dalla carica e nullità degli atti. Niente di tutto questo, Sanzioni blande che riguardano solo una parte dell'attività.
  È introdotto l'obbligo di astensione «per vantaggi economici rilevanti e differenziati» rispetto alla generalità dei destinatari (e fino a qui copia incolla della legge Frattini) salvo però per atti dovuti. E quali sarebbero gli atti dovuti ? Praticamente tutti quelli del Governo ? Che previsione è ? Viene istituita una commissione ad hoc per valutare la sussistenza del conflitto di interessi, composta da cinque membri nominati dal Presidente della Repubblica. Ma perché creare una nuova commissione o un'Autorità ? L'Antitrust no ? ! ? ! Era troppo lineare forse.
  E poi, dulcis in fundo, l'esclusione dei parlamentari dai soggetti ai quali si applicherà la previsione normativa. Ebbene sì, il testo oggi in discussione non tratta per nulla le cariche parlamentari, ma si limita ad occuparsi (peraltro in maniera non adeguata e abbiamo anche spiegato il perché) delle cariche di Governo e delle autorità indipendenti.
  Dopo l'adozione del testo base da parte della Commissione su proposta – lo ricordo – del presidente e relatore Sisto, molti deputati di maggioranza hanno sottolineato la necessità di inserire i parlamentari nella legge in esame. E qui sorge un dubbio perché qualcuno sta facendo il furbo: o si tratta del presidente Sisto, che non ha rispettato la volontà della maggioranza, oppure si tratta dei colleghi del PD, che da buoni democratici stanno facendo la classica ammuina, ma non gliene importa nulla del testo. Avvalora una delle due tesi il fatto che la maggioranza abbia votato a favore del testo base, come a dire che il testo di partenza era un testo buono e condivisibile, ma ha presentato in totale 191 emendamenti e, per chi ci segue da casa voglio che sia chiaro che sono 191 proposte di modifica a un testo che hanno detto andar bene. La valutazione a chi ci sta ascoltando.
  Ma torniamo all'ambito parlamentare. Quest'ultimo è un argomento fondamentale da inserire all'interno di una legge sul conflitto di interessi, una lacuna enorme per un testo di questo genere.
  Vorrei ricordare che oggi i binari che disciplinano incompatibilità ed ineleggibilità parlamentare sono sostanzialmente due: la legge 15 febbraio 1953, n.  60 ed il decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361. Sono leggi di cinquant'anni fa ! Ma sapete quanto è cambiato il mondo in cinquant'anni ? Veramente crediamo che la forma o il concetto Pag. 103di società siano quelli dell'epoca della gonna a ruota ? Non prendiamoci in giro !
  Non sono state accolte in alcun modo le fattispecie di conflitti di interessi riguardanti i parlamentari, quindi escludendo ogni riferimento alle funzioni e alle condizioni di incompatibilità e ineleggibilità, puntando a mantenere questa disciplina – che è quella in vigore ancora oggi, che è una disciplina che è suscettibile di forti interpretazioni – nelle mani di chi ? Della Giunta delle elezioni, quindi dei deputati stessi !
  In tal modo, soprattutto alla luce dell'esperienza che ho maturato in quest'anno e mezzo all'interno della Giunta delle elezioni, posso confermarvi che rimarranno una serie di lacune irrisolte e di interpretazioni del tutto strumentali della normativa, per cui ci toccherà avere ancora dei manager di aziende di caratura nazionale, che siedono in quest'Aula e nelle Commissioni competenti, per decidere il da farsi su questioni che sono di loro diretto interesse (per esempio sgravi fiscali, alleggerimento di documentazioni, per citarne alcune). Avremo ancora dei compagni di partito – non noi, voi ce li avrete ! – seduti al tavolo della crisi aziendale, uno da deputato parlamentare, nella sede della Commissione, e l'altro seduto al tavolo del Governo, a decidere come disciplinare la crisi in corso. Spaventoso !
  Come, poi, valutare le condizioni del parlamentare titolare e amministratore dell'impresa edile che vince appalti pubblici dei comuni della propria circoscrizione elettorale ? O ancora del parlamentare che dirige un consorzio edile, che viene riconosciuto dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti come general contractor per partecipare alle grandi opere pubbliche ?
  Questi, Presidente, non sono casi che sono stati dettati dalla mia fantasia. Sono casi reali che sono stati esaminati in Giunta delle elezioni e che non hanno minimamente toccato il buon senso dei miei colleghi, che in quel momento hanno sostenuto non esistere alcun rischio di interferenze tra l'interesse privato e quello pubblico. Anche qui la questione si commenta da sé.
  Noi abbiamo fatto delle proposte. Abbiamo riformulato l'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, quello sull'ineleggibilità, stabilendo in maniera precisa quale fosse la gamma di cariche che determinano e possono determinare l'ineleggibilità, prevedendo l'interposta persona e una concezione di società, così come si è creata e come si è evoluta nel tempo, e una gamma delle condizioni patrimoniali detenute nei giorni antecedenti l'accettazione della carica. Abbiamo previsto la decadenza in caso di sussistenza di condizioni in fase successiva all'accettazione della candidatura. Con una formulazione di questo genere, non solo Berlusconi nel 1994 non avrebbe mai potuto sedere tra questi banchi, ma tantissimi nostri colleghi non potrebbero oggi sedere in questi banchi.
  Abbiamo anche individuato delle condizioni di incompatibilità ben precise e anche qui abbiamo previsto delle sanzioni, l'unico modo per disincentivare questo tipo di atteggiamento, il fare il furbo, tanto per capirci.
  La nostra soluzione era alla portata di mano della Commissione. Il presidente Sisto ha deciso deliberatamente di ignorarla, ma oggi è alla portata di mano di tutta l'Assemblea. Non sarà perfetta, questo lo confesso, ma è sicuramente un buon inizio.
  Per cui in conclusione, tornando al provvedimento in esame, i quattro maggiori profili critici che rendono questo testo un Frattini bis sono i seguenti. In primo luogo l'ambito soggettivo: per noi l'applicazione deve estendersi anche alle cariche di parlamentare, nazionale e europeo.
  In secondo luogo l'individuazione dei conflitti di interesse: deve essere specificata in maniera chiara la definizione per non lasciare libertà interpretativa in maniera strumentale.
  In terzo luogo, l'organo competente a sanzionare e a prevedere i conflitti di interesse più idoneo, a nostro parere, è Pag. 104l'Antitrust e non assolutamente una minicommissione creata ad hoc e nominata dal Presidente della Repubblica, che poi dovrebbe controllare il membro del Governo, del Governo che ha ottenuto l'incarico grazie al Presidente della Repubblica. Già solo a raccontarlo si rabbrividisce.
  In quarto luogo misure di prevenzione e di sanzione: che non siano blande e una mera presa in giro, ma delle sanzioni effettive, che non spettino soprattutto alla discrezionalità e alla libera scelta di questo organo creato ad hoc.
  Quindi, questi per noi sono i profili completamente inaccettabili di questa proposta e, come si suol dire, se a voi sembrano pochi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ?

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Civati. Ne ha facoltà.

  GIUSEPPE CIVATI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, esponenti del Governo, riprendo da Francesco Sanna un'espressione che mi è molto piaciuta: questa è una legge di rilevanza costituzionale. Io penso che dobbiamo soffermarci su questo elemento prima di incominciare ad entrare nel merito perché in questi anni e anche in questi ultimi minuti si è avuta l'impressione che il conflitto di interessi riguardasse una sola persona e, invece, sappiamo che è norma che riguarderebbe molti, moltissimi, le posizioni di tanti che si spendono in politica e che lo vogliono fare al di sopra di ogni sospetto, che lo sappiano fare al di sopra di ogni sospetto. Vorrei rassicurare l'onorevole Palese che non si tratta di una norma di ascendenza sovietica – dice che è peggio fuori microfono –, ma io invece penso che sia una norma necessaria, liberale, che assicura la migliore concorrenza, la possibilità di essere trasparenti nell'esercizio delle funzioni a cui siamo chiamati, a cui saranno chiamati altri, soprattutto nel rapporto controverso in questo Paese tra la società politica e quella economica. E questo riguarda anche la fiducia dei nostri concittadini, il fatto di superare – penso che sia un compito per tutti – il disamore, la disillusione, l'equivoco nel quale cadiamo di fronte a scandali che si ripetono e ai quali sembra non esserci fine. Poi tornerò sulla fattispecie e sul carattere soggettivo delle proposte che farò. Il parlamentare, come ricordo, rappresenta la nazione e il senso repubblicano di molti interventi di oggi credo che vada sottolineato.
  La questione essenziale, secondo me, è per un altro motivo che riguarda l'attualità politica. Noi siamo alle prese con un percorso di riforme, tentate già da tre Governi a questa parte, in campo costituzionale ed elettorale. Non è un passaggio banale, ovviamente, ma il conflitto di interessi dovrebbe arrivare insieme o addirittura precedere queste riforme. E la sua approvazione stessa ci direbbe della qualità e della serietà del percorso di riforme più di ogni altra cosa, forse, e sarebbe un modo per valutarle davvero con grande precisione. E, quindi, io, nonostante i toni che non condivido, non ho nessun problema a riconoscere alle opposizioni di avere insistito per portare questo oggetto all'attenzione dell'Aula. Non è questo il punto. Credo che sia davvero un fatto che deve riguardare tutti i gruppi politici, ad esempio nel momento in cui si stabilisce che non ci sono più i rimborsi elettorali o si va verso un loro superamento. Ci sono questioni che sono sempre più d'attualità e di attenzione per il nostro lavoro. Ricordo, peraltro, che lo stesso gruppo del PD, il mio gruppo, nella discussione della legge elettorale si era esplicitamente impegnato ad arrivare ad un'approvazione di una legge sul conflitto di interessi nel discutere gli emendamenti presentati dalle minoranze. Quindi, quando ci sono degli impegni, credo che tutti siamo chiamati a rispettarli e quando vengono pronunciati in quest'Aula a maggior ragione.
  Veniamo al punto. La «bozza Sisto» è un testo tecnico, mi viene da dire, che riprende in modo soltanto molto parziale le proposte contenute nei testi presentati dai gruppi parlamentari, a cominciare, se posso, dal mio. È una ripresa per sottrazione in alcuni casi perché sono letteralmente scomparsi i punti che per me sono rilevanti. Io credo, però, che se ci vogliamo Pag. 105impegnare con proposte emendative integrative incisive questo testo possa tornare a funzionare e possa dare anche soddisfazione alle richieste che sono venute negli interventi precedenti dei nostri colleghi. I miei punti, i punti su cui soffermerei la vostra attenzione, sono, innanzitutto, il punto di vista soggettivo. La legge restringe ai membri del Governo e ai componenti delle autorità indipendenti la norma. Io credo che dobbiamo provare ad approfondire la questione che riguarda il parlamentare e so che su questo c’è stata una discussione molto forte in Commissione con il presidente Sisto che ha definito le mie considerazioni anticostituzionali. Spero che non lo siano, però vi è il punto di coprire anche le posizioni dei parlamentari e io arrivo a dire – e su questo sono in una posizione abbastanza isolata nel mio gruppo – anche del Presidente della Repubblica. Credo che sia un punto importante nella riflessione che stiamo facendo. Ovviamente, con le dovute modulazioni dell'intervento perché non si tratta di funzioni del tutto analoghe, quelle che ho citato, tra Parlamento, Governo e Presidenza della Repubblica.
  Le incompatibilità, secondo punto, dovrebbero essere indicate in modo più chiaro e razionale. Secondo: gli elenchi che sono presenti nelle proposte di legge che la Commissione ha valutato e dovrebbero riguardare anche quello che succede post-incarico (mi pare un punto anche questo nodale).
  L'astensione, poi, per i casi in cui è prevista, deve essere obbligatoria, precisamente disciplinata dall'Autorità a cui è affidato il controllo, per evitare problemi applicativi che invece abbiamo visto, come è stato ricordato dallo stesso Sanna, nella legge Frattini.
  Su questo anch'io però sono d'accordo: è inutile creare una nuova Agenzia. C’è l'Antitrust, io credo che abbia maturato l'esperienza e la capacità necessarie per affrontare anche questo compito, non è il caso di duplicare o di moltiplicare le sedi di questo tipo, ma di farle funzionare e di ascoltarle magari, poi, quando vengono in Commissione a dirci delle cose, come è recentemente capitato per lo «sblocca Italia».
  Ovviamente per fare questo bisogna anche valutare se è il caso di potenziare l'organico, se consentire a questa agenzia di valutare in profondità le questioni che le stiamo sottoponendo o che le sottoporremo. In caso di conflitti di interessi patrimoniali, la soluzione che avevo proposto nella mia proposta di legge era quella di un blind trust all'americana, sul modello anglosassone.
  Ho visto che questa proposta peraltro è presente anche nel testo di Bressa, che ricordo, per gli storici presenti in aula, che peraltro risale a legislature precedenti, quindi non è che proprio siamo sempre i primi ed arrivare sulla scena della storia. Magari qualcuno prima di noi se ne era occupato con alterne fortune. Dicevo che anche nel testo Bressa è presente, c’è una valutazione che è stata posta all'attenzione del presidente Sisto su un'ipotesi di gestione fiduciaria. Io sono, sarei molto rigoroso su questo punto: il concetto di cecità, che è spiacevole, ovviamente in questo senso invece va sottolineato fino in fondo.
  Da ultimo: io credo che anche sulle sanzioni dovremmo fare uno sforzo ulteriore. Il motivo per cui sono stati presentati tanti emendamenti credo che sia proprio nella ricerca di soluzioni migliori da parte di tutti e non banalizzerei né il numero né la consistenza, altrimenti non si capisce bene nemmeno quale sia la funzione del Parlamento.
  Dicevo però che la questione delle sanzioni va verificata: così è troppo tenue e secondo me non coglie l'obiettivo ed il senso del provvedimento che stiamo discutendo.
  Ovviamente c’è un'ultima preghiera da parte mia, al di là degli aspetti tecnici e dell'impossibilità che c’è stata di discutere gli emendamenti in Commissione: che questa riforma, che io reputo altrettanto importante delle altre di cui parliamo spesso, veda la luce in tempi ragionevoli e prima di tornare a votare. Non so quando, non conosco né l'ora né il giorno delle Pag. 106prossime elezioni, però posso chiedere con grande sincerità che non possiamo perdere questo treno, non lo possiamo fare per conto degli elettori, parlo di quelli del Partito Democratico, ma penso per il bene della Repubblica, per superare proprio quell'equivoco e quell'alibi che ci accompagna da tempo.
  Ripeto: il conflitto di interessi non è questione personale, non riguarda gli eredi (perché qualcuno sospetta che ci siano anche quelli): riguarda un paese, riguarda la sua democrazia, la qualità della sua democrazia e la concorrenza, che in politica diventa un fatto fondamentale, anche perché stabilisce chi vince e chi perde (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo – A.C. 275-A ed abbinate)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, il presidente della Commissione affari costituzionali, onorevole Sisto. Onorevole Sisto, lei ha terminato il tempo a sua disposizione, quindi la Presidenza le dà 2 minuti per la replica.

  FRANCESCO PAOLO SISTO, Relatore. Signor Presidente, sono più che sufficienti, grazie.
  Il collega Sanna, con l'abituale raffinatezza, definisce il mio atteggiamento quello di mero compilatore di un testo aritmetico. Lo ripeto: è soltanto allo scopo di consentire al provvedimento di giungere in aula, su questo voglio che ci sia chiarezza (Commenti del deputato Francesco Sanna). Un'obiezione di coscienza (Commenti del deputato Francesco Sanna). È peggio la riserva mentale: bisognerebbe sapere che cos’è la riserva mentale prima di...

  PRESIDENTE. Onorevole Sanna, per favore.

  FRANCESCO PAOLO SISTO, Relatore. ... di interloquire in modo apparentemente raffinato, ma pesante dal punto di vista...

  PRESIDENTE. Presidente Sisto, si rivolga alla Presidenza.

  FRANCESCO PAOLO SISTO, Relatore. Grazie Presidente, solo perché sono stato interrotto, solo per questo. Le chiedo scusa. Quindi non è un'obiezione di coscienza, è la verità dei fatti.
  Io capisco che ci sono antichi livori che possono avere la possibilità, in queste occasioni, di manifestarsi, ma noi dobbiamo mantenerci fedeli ad una sola cosa: la Costituzione. Ed io sono, lo ripeto, per verità dei fatti fedele alla Costituzione e c’è un articolo 51 che rivendica tutta la sua pienezza e che qui noi dimentichiamo: «Tutti i cittadini possono accedere agli uffici pubblici ed alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti previsti dalla legge. Chi è chiamato a funzioni pubbliche elettive ha il diritto di disporre del tempo necessario al loro adempimento e di conservare il suo posto di lavoro». La Costituzione non propone, Presidente, una politica devitalizzata, denaturata, la politica di chi non sa, non ha fatto, non fa e non farà.
  La Costituzione propone una politica di gente che lavora, di gente che ha diritto di mantenere il posto di lavoro e, per adempiere alla politica, non deve essere messa in condizione di essere paralizzata. Questo è un dato che non possiamo dimenticare, nonostante tutte le appartenenze politiche, dalle quali, su una legge così importante, bisognerebbe prescindere, come da tutto quello che è passato, appartenenza e politica, perché credo che i saperi non possano e non debbano essere di ostacolo all'esercizio della politica.
  Guai se noi propendessimo per una sorta di Parlamento o, comunque, di Governo denaturato, privato delle sue caratteristiche e del suo passato, quello di ciascuno. Ecco perché penso che la discussione e l'approfondimento mancato in Commissione sia grave, e che l'Aula potrà rimediare, nel suo dibattito, ove possibile, Pag. 107ove ritenuto, a quello che, in qualche modo, non è stato possibile effettuare in Commissione.

  PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

  IVAN SCALFAROTTO, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, soltanto per dire che naturalmente il Governo ha intenzione di seguire con la massima attenzione questo importante, veramente importante, provvedimento che oggi arriva in Aula. È un provvedimento molto importante non soltanto perché, come sappiamo, è stato oggetto di un dibattito amplissimo all'interno del Paese, e non è, tra l'altro, una storia recente.
  È una questione della quale si discute ormai da molti anni ed è un provvedimento che va a toccare una sfida di tutte le democrazie moderne e di tutte le società complesse. Evidentemente, la nostra democrazia e la nostra società non possono sottrarsi dall'affrontare questa sfida.
  Ed è chiaro, altresì, che trovare una norma che sia efficiente ed efficace, che sia moderna, in linea con i tempi, in linea con le migliori pratiche internazionali, è sicuramente un interesse del Paese, perché è interesse del Paese rafforzare le istituzioni, rafforzarne la credibilità, fare in modo che, come qualcuno diceva in quest'Aula, ci si senta tranquilli che chi gestisce le grandi decisioni che toccano la nostra democrazia non abbia ad avere situazioni che confondano l'interesse di quella persona o di quelle persone rispetto all'interesse collettivo.
  Devo dire che il lavoro in Commissione ha avuto, come pure si diceva in Aula, un set, un portafoglio di importanti audizioni, che sono state estremamente interessanti, che abbiamo seguito e che hanno fornito suggerimenti e soluzioni, che poi troviamo, comunque, presenti anche nella dottrina, nella pratica internazionale. Come dicevo, si tratta di una sfida che tutte le grandi democrazie hanno dovuto affrontare; quindi, evidentemente, ci sono anche buone pratiche alle quali ci si potrà ispirare.
  Come ho detto, il Governo ha intenzione di seguire questo provvedimento con grande attenzione. Sappiamo che è un provvedimento di iniziativa parlamentare, e quindi, come al solito, seguiremo con l'attenzione e il rispetto per le prerogative del Parlamento, ma non ci sottrarremo, eventualmente, anche ad arricchire il dibattito e il testo, anche in fase emendativa.
  Quindi, continueremo a seguire questo provvedimento, consapevoli della sua importanza, consapevoli anche della differenza di sensibilità, della ricchezza delle proposte che ci sono state. Il Governo farà, naturalmente, la sua parte, nell'auspicio che il Parlamento possa licenziare una norma che sia di livello importante, che ponga l'Italia tra le migliori democrazie, tra le migliori pratiche in questo delicato e importante settore.

  PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della mozione Di Gioia, Morassut, Di Salvo ed altri n. 1-00602 concernente iniziative per l'impiego di parte del risparmio previdenziale per interventi a sostegno dell'economia (ore 20,25).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Di Gioia, Morassut, Di Salvo ed altri n. 1-00602 concernente iniziative per l'impiego di parte del risparmio previdenziale per interventi a sostegno dell'economia (Vedi l'allegato A – Mozioni).
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 16 ottobre 2014.

(Discussione sulle linee generali)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali della mozione.Pag. 108
  È iscritto a parlare l'onorevole Lello Di Gioia, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00602. Ne ha facoltà.

  LELLO DI GIOIA. Signor Presidente, la mozione che abbiamo presentato, e che quindi discutiamo questa sera, qui, in Aula, è il frutto di una discussione ampia, che abbiamo sviluppato nell'indagine conoscitiva della Commissione bicamerale di controllo sull'attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale, che aveva una finalità, cioè quella di capire come è il risparmio previdenziale all'interno di questo Paese, in relazione anche agli altri Paesi europei, e come è possibile utilizzare questo risparmio previdenziale in un momento particolare della vita economica e sociale del nostro Paese.
  Ci siamo accorti con molteplici audizioni, circa 37, 38 audizioni, tra Ministeri, fondi, Covip, Banca d'Italia e così via discorrendo, che in Italia vi sono circa 200 miliardi di fondi previdenziali, che riguardano sia il secondo, il terzo e il primo pilastro, in modo particolare, i fondi delle cosiddette casse professionali privatizzate. La stessa direttiva europea modificata nel 2014 prevede appunto di costruire dei fondi comuni europei per l'utilizzazione di questi risparmi per lo sviluppo dell'intera area europea. Nel nostro Paese vi è, però, una difficoltà di utilizzazione di questi fondi, per il semplice motivo che vi sono degli interventi fiscali che vanno totalmente nella direzione sbagliata e che fanno in modo di non utilizzare i fondi sia del primo, che del secondo, che del terzo pilastro. Noi con questa relazione, proprio per la brevità del tempo che ho a disposizione, vogliamo focalizzare la nostra discussione su questi aspetti. Questi 200 miliardi, come dicevo prima, sono utilizzati per il 70 per cento all'estero, per il 30 per cento qui in Italia, soprattutto in titoli di Stato. Vi è, quindi, la possibilità reale di poter utilizzare questi fondi pensione, ovviamente garantendo la certezza delle pensioni ai cittadini italiani, di potere intervenire con una serie di misure che consentono di dare certezza alle pensioni, ma di dare anche certezza a quelli che sono gli investimenti che si possono realizzare in Italia. È per questo che noi, facendo un raffronto con altre realtà europee, abbiamo verificato che soltanto in Italia vi è la cosiddetta esenzione, tassazione, tassazione, in altri Paesi europei vi è, invece, l'esenzione, esenzione, tassazione. Ciò incide notevolmente, perché, per esempio, per quanto riguarda i fondi pensione, cioè la pensione complementare, vi è una aliquota per ciò che riguarda la tassazione dell'11,50 per cento, aumentata ultimamente, con il decreto n. 66, e che si pensa addirittura, nella legge stabilità, di aumentare al 20 per cento. La stessa cosa riguarda, ad esempio, le casse professionali, mi riferisco a quelle casse che sono stata privatizzata nel 1995, la cassa degli avvocati, la cassa dei notai, la cassa dei medici e così via discorrendo, dove la tassazione è al 20 per cento e che addirittura nel decreto n. 66 si prevedeva di portare al 26 per cento (fortunatamente lo abbiamo ridotto di nuovo al 20 per cento, ma in questa legge di stabilità non si sa ancora se questa percentuale di tassazione resta tale oppure verrà riportata al 26 per cento).

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  LELLO DI GIOIA. Comprendete bene che è difficile pensare di poter investire questa somma nelle attività di sviluppo del nostro Paese, nel momento in cui vi è il modello tassazione, tassazione, esenzione a differenza di altre Paesi dove vi è tassazione, esenzione, esenzione. Abbiamo, quindi, la necessità di ristrutturare il sistema che riguarda la previdenza del secondo pilastro, riducendo la tassazione. Abbiamo la necessità di verificare anche lo stato giuridico delle casse professionali e, quindi, determinare se queste casse sono private, secondo quello che è stato previsto dai decreti del 1995, che hanno definito la privatizzazione di queste casse o se, invece, sono pubbliche, in virtù di alcune sentenze del Consiglio di Stato. Abbiamo anche da riverificare, e con questo concludo, alcune disponibilità che sono dell'INAIL. Pag. 109Noi oggi abbiamo 24,5 miliardi che sono accantonati presso la Tesoreria unica, non utilizzati e che, ovviamente, non vi è nessuna legge che regola questa questione e che non è possibile che in una situazione così complicata e difficile non possano essere smobilitate risorse che vengono e possono essere utilizzate per lo sviluppo del nostro Paese.
  Ecco, questa è in sintesi la mozione che abbiamo presentato, molto più articolata, che comunque è agli atti e che vorremmo che potesse essere discussa e votata in tempi abbastanza rapidi, perché questo consentirebbe di poter utilizzare dei fondi per lo sviluppo complessivo del nostro Paese e, quindi, rilanciare l'economia e l'occupazione di questo Paese.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Ciprini. Ne ha facoltà.

  TIZIANA CIPRINI. Signor Presidente, premetto che la mozione in oggetto è quasi unicamente il risultato di ripetuti taglia-incolla, con l'aggiunta di qualche anacoluto, partendo dalla relazione intitolata «Iniziativa per l'utilizzo del risparmio previdenziale complementare a sostegno dello sviluppo dell'economia reale del Paese», approvata il 9 luglio 2014 dalla Commissione parlamentare di controllo sulle attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale.
  L'impostazione e le conclusioni della suddetta relazione sono in larga misura da rigettare.
  Da un lato, essa vuole spingere la previdenza complementare, che altro non è che un ramo d'azienda della parassitaria industria del risparmio gestito, sottacendone e sminuendone i vari rischi e i limiti. Dall'altro lato, essa vorrebbe che si mettesse mano al risparmio previdenziale e complementare degli italiani sin dalla prossima legge di stabilità, per sopperire ai mancati investimenti dello Stato, finanziando infrastrutture, e per prestare soldi direttamente ad aziende private, inevitabilmente con gravi rischi di perdite, rinuncia alla liquidità e assenza di trasparenza.
  Ripercorriamo un po’ di storia. Con il decreto legislativo n. 124 del 1993 è stata introdotta la disciplina dei fondi pensione privatistici, cioè di quelle forme di previdenza per l'erogazione di trattamenti pensionistici complementari del sistema obbligatorio pubblico, aventi lo scopo di assicurare più elevati livelli di copertura previdenziale. Con l'introduzione di questa normativa prende forma l'idea di un sistema previdenziale basato sui tre pilastri: il primo pilastro è costituito dalla previdenza obbligatoria pubblica; il secondo pilastro, di carattere collettivo, categoriale e volontario, è rappresentato dai fondi pensione; il terzo pilastro è di carattere individuale e trova nelle polizze assicurative sulla vita la sua forma più diffusa.
  La previdenza complementare dovrebbe avere, quindi, lo scopo di garantire alle future generazioni livelli più elevati di pensione, integrando quella pubblica, tenendo conto che le future pensioni di vecchiaia saranno sempre più basse. Ora, però, nella sostanza mettere, ad esempio, il proprio TFR nei fondi pensione significa giocarselo alla roulette, perché la previdenza complementare presenta alcuni gravi difetti: pericoli di perdite pesantissime, scarsa trasparenza dei gestori dei fondi, vantaggi fiscali inferiori a quelli sbandierati e, comunque, incerti, revocabili in ogni momento e divorati dai costi. Ebbene, quasi nessuno con una pensione di mille euro accetterebbe di giocarsela al casinò, perché la potrebbe – sì – raddoppiare, ma il rischio è di restare senza il becco di un quattrino per il resto della vita.
  Essendo aleatoria la maggior redditività della previdenza integrativa rispetto al TFR, solo all'età della pensione uno saprà come è andata, cioè se ha accumulato un capitale maggiore o minore rispetto alla liquidazione incassata dal suo collega che non vi ha aderito. È molto rischioso che una quota elevata del reddito dei futuri pensionati venga esposta alle fluttuazioni della borsa, che è molto più volatile rispetto alle fluttuazioni del PIL, a cui sono agganciati i vitalizi pubblici. E una grande incertezza non è certo adatta a un sistema Pag. 110di sicurezza sociale. Già il lavoro è abbondantemente precario, davvero è opportuno aggiungere al rischio di perdere il posto di lavoro anche quello di perdere una fetta della propria pensione ?
  Infatti, una delle tante frottole sulla previdenza integrativa è che sarebbe più sicura delle pensioni dell'INPS e dello Stato. È vero l'esatto contrario: le tanto denigrate pensioni pubbliche incorporano garanzie che il privato non offre. Fare affidamento su di esso per la propria vecchiaia è un bell'azzardo, come ha sperimentato sulla sua pelle nel 2008 chi aveva polizze garantite dalla Lehman Brothers o da banche islandesi.
  Il TFR, invece, è un gioiellino di sicurezza perché si incrementa sempre in termini nominali senza mai scendere; è garantito dall'INPS in caso di fallimento dell'azienda; è immediatamente e integralmente disponibile quando cessa il rapporto di lavoro; incorpora una tutela quasi perfetta nei confronti dell'inflazione ed è una forma di finanziamento a un tasso ragionevole per le imprese. Purtroppo sopra i 50 dipendenti è stato tolto dalla riforma del 2007.
  Inoltre, un dubbio sorge spontaneo: ma la Covip è un organo di controllo o di propaganda ? La Covip è stata istituita per vigilare sui fondi pensione e sulle altre forme di previdenza complementare, ma è da anni che sulla stampa prende posizione sponsorizzando i fondi pensione. La promozione e la propaganda della previdenza integrativa non dovrebbero competere di certo a un organo di controllo !
  Ebbene, arriviamo al nocciolo della questione: chi ci guadagna dal sistema della previdenza complementare ? Sicuramente i sindacati. Nel 2000, ad esempio, Cesare Damiano, poi diventato Ministro del lavoro, scriveva che un sindacalista che vuole promuovere un fondo va in assemblea e in due ore convince mille lavoratori ad aderire.
  Ovvero i funzionari sindacali si sono messi a fare concorrenza ai venditori porta a porta !
  Inoltre i sindacati fanno eleggere i loro rappresentanti negli organi di amministrazione e controllo dei fondi chiusi. Ma i sindacati traggono anche una convenienza politica dalla previdenza integrativa: per esempio rientrano in gioco perché contrattano i contributi del datore di lavoro, mentre nel TFR non avevano oramai più voce in capitolo. Nel 1982 concertarono un'ottima soluzione per i lavoratori, ma non possono certo sperare in una imperitura gratitudine per meriti risalenti a trenta anni fa. Poi ci guadagnano banche e compagnie di assicurazione, società padronali e di intermediazione. Insomma è tutto un «magna magna» ! Piatto ricco mi ci ficco a bocca larga ! Con la complicità del giornalismo ovviamente: la prima stortura del giornalismo economico italiano è dar voce quasi unicamente a banche, assicurazioni, reti di vendita porta a porta, fondi comuni, agenzie immobiliari, cioè quegli stessi soggetti che comprano gli spazi pubblicitari. E i cittadini sono vittime di una sistematica opera di disinformazione, con le banche che usano titoli apocalittici di collasso del sistema pensionistico tradizionale per procacciarsi i clienti ! Banche, sindacalisti, assicuratori, venditori porta a porta approfittano di tali timori per collocare polizze vita, fondi pensione e piani individuali pensionistici, tutti prodotti da evitare ! Il MoVimento 5 Stelle, per i suddetti motivi, è contrario a impegnare il Governo ad attuare le linee direttive contenute nella mozione. Entrando nel merito dei singoli punti della mozione, siamo in totale disaccordo soprattutto sui punti d), e) e g), osservando in particolare che: sul punto d), stante la normativa che attualmente la regola, ogni iniziativa governativa deve al contrario ostacolare e non «stimolare l'accesso alla previdenza complementare», per le motivazioni esposte poc'anzi.
  In quanto alla «revisione dei meccanismi di adesione alla previdenza complementare» essa deve avvenire in senso contrario a quello ipotizzato nella relazione, cioè eliminando ogni automatismo (in particolare il consenso tacito alla destinazione del TFR ai fondi pensione, più noto come silenzio-assenso) e anzi permettendo Pag. 111la libera uscita da fondi pensione e piani individuali previdenziali (cosiddetto p.i.p.).
  In quanto alla «revisione dei limiti quantitativi e tipologici agli impieghi oggetto di definizione per i fondi pensione con il decreto del Ministero dell'economia e delle finanze n. 703 del 1996 e successiva revisione», ricordiamo innanzi tutto che il Ministero dell'economia e delle finanze cercò di attuarne una nel primo semestre 2012, ma venne bloccato. Aveva infatti indetto una pubblica consultazione, che non andò liscia come le precedenti. Trattasi precisamente della «Consultazione sullo schema di regolamento ministeriale di attuazione dell'articolo 6, comma 5-bis, del decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, recante norme sui criteri e i limiti di investimento delle risorse dei fondi pensione e sulle regole in materia di conflitti di interesse».
  In seguito in particolare alle denunce del professor Beppe Scienza nel blog di Beppe Grillo del 23 giugno 2012 e su Report-Corriere.it del 28 giugno 2012, arrivò infatti al Tesoro una valanga di e-mail (circa 300) che denunciavano i maggiori rischi e la minore trasparenza previsti dal decreto. Il decreto non venne quindi emesso. Per altro il Tesoro disattese l'impegno pubblicamente preso dall'Ufficio IV – Direzione IV del dipartimento del Tesoro: «I commenti pervenuti saranno resi pubblici al termine della consultazione, salvo espressa richiesta di non divulgarli». Invece si guardò bene dal rendere pubbliche le risposte ricevute. In considerazione di quanto sopra, il MoVimento 5 Stelle si oppone alla modifica in senso più permissivo del suddetto decreto e chiede che al contrario esso venga modificato in senso più restrittivo.
   Sul punto e) in quanto ad «avviare campagne di informazione per tutti i lavoratori, anche per i dipendenti pubblici (del settore pubblico), sulle opportunità offerte dalla previdenza complementare», purtroppo ciò avviene già e si vede come avviene, ovvero con un'attività di pseudo-informazione, in realtà di disinformazione e di propaganda a favore dell'industria parassitaria della previdenza integrativa. Il MoVimento 5 Stelle chiede, quindi, che al contrario vengano sospese tali campagne, svolte anche in edifici pubblici (come i palazzi comunali ecc.) e finanziate con soldi pubblici.
  Inoltre registriamo che in questa mozione si esplicita la volontà bipartisan di estendere la previdenza complementare anche ai lavoratori del settore pubblico, a scapito del TFR e anche del TFS. Il ruolo di apripista l'ha fatto il fondo Espero che, come tutti i fondi chiusi, cioè riservati ai lavoratori di determinate aziende o settori, ha goduto del beneplacito e dell'attiva collaborazione dei sindacati. Il lavoratore deve sempre conoscere come, dove e da chi vengono investiti i propri risparmi previdenziali. Per i fondi pensione sono ovviamente tenute nascoste tutte le operazioni ai clienti.
  Si hanno solo striminzite informazioni sulla composizione dei portafogli. I fondi pensione possono contenere fondi comuni. Il che ne accresce l'opacità. Per i fondi comuni, infatti, vige assenza di trasparenza più assoluta, che impedisce che in Italia vengano alla luce comportamenti scorretti, illeciti e dannosi per i risparmiatori. È come se un amministratore di condominio fosse autorizzato a non mostrare ai proprietari i giustificativi delle spese fatte.
  Sulla lettera g), con un'unica frase in cattivo italiano di 83 parole e 602 battute, pare di capire che la mozione chieda in sostanza un patto per l'Italia, affinché parte dei patrimoni gestiti da fondi pensione e casse professionali siano investiti a favore di iniziative per lo sviluppo infrastrutturale dell'Italia (leggi: finanziare opere pubbliche), garantendo la remuneratività degli investimenti (leggi: con garanzia di redditività da parte dello Stato).
  Il Movimento 5 Stelle è contrario a garanzie di rendimento da parte dello Stato per patrimoni gestiti da altri, nella fattispecie fondi pensione e casse previdenziali, ma anche gestioni separate di polizze vita, cui la mozione pare alludere sempre alla lettera g), riferendosi a non Pag. 112meglio definiti «enti del terzo pilastro». Senza contare che i gestori dei fondi pensione si sentirebbero così deresponsabilizzati ancora di più grazie allo Stato che fa da garante. Inoltre, si ricorda che il terzo pilastro è instabile ed è meglio non appoggiarcisi proprio per non ruzzolare a terra.
  È grottesco, poi, il continuo piagnucolare di assicuratori e soloni confindustriali contro uno Stato che non elargirebbe sufficienti abbuoni fiscali alla previdenza privata, in quanto un rapporto assicurativo deve avere senso indipendentemente dagli eventuali vantaggi tributari per non degenerare in pura elusione fiscale.
  Inoltre, tali tipi di investimento dei fondi pensione sono compatibili con l'articolo 38 della Costituzione, posto che la previdenza complementare deve concorrere ad assicurare ai lavoratori più elevati livelli di copertura previdenziale ? Quindi, per non incorrere in pregiudizi di incostituzionalità devono essere garantiti e assicurati al 100 per cento il rendimento e la sicurezza di avere il diritto alla pensione dal fondo pensione stesso. È possibile tutto ciò ? Non credo. E, poi, quando mai le banche finanziano l'economia reale ! Quando mai le banche fanno le cose che gli impongono i Governi ! Casomai è il contrario: sono le banche a imporre molte cose ai Governi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Palese. Ne ha facoltà.

  ROCCO PALESE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, la ringrazio Presidente per avermi concesso la parola, perché questa mozione, che è stata sollecitata dalla Commissione parlamentare di controllo sull'attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale ha prodotto un'iniziativa che è stata esplicitata e illustrata poco fa dal collega Di Gioia.
  Io ritengo che sia estremamente importante discutere ed approvare, anche in tempi brevi, questa mozione che Forza Italia ha sottoscritto, perché ci sono alcuni elementi, alcuni profili che vengono proposti, che impegnano il Governo, che, ad onor del vero, hanno una visione completamente diversa da quella esplicitata e anticipata dal Presidente del Consiglio in riferimento alla legge di stabilità. Mi riferisco, in particolare, alla possibilità di utilizzo del TFR e alla possibilità che questa mozione impegni il Governo a diminuire il prelievo fiscale sui fondi pensione da parte dello Stato nella misura attualmente prevista, che è dell'1,5 per cento; invece, le anticipazioni sulla legge di stabilità ci danno, addirittura, non una diminuzione, ma un aumento al 20 per cento di questa percentuale.
  L'altro elemento è che, in un contesto di crisi, in cui tutti, indistintamente, sappiamo che c’è necessità di stimolare gli investimenti, le opere pubbliche, e ciò è un patrimonio ormai comune da questo punto di vista, si chiede anche l'impegno del Governo circa la possibilità di utilizzare i fondi, i risparmi da parte degli enti previdenziali, piuttosto che tenerli immobilizzati, nello stimolare investimenti pubblici. In particolare, l'INAIL. Ricordo a quest'Aula che, negli anni scorsi, l'INAIL ha avuto un attestato meritorio nel contesto del Paese, perché le risorse risparmiate da parte di questo ente sono servite e sono state utilizzate per la costruzione di strutture di riabilitazione abbastanza importanti soprattutto per alcuni cittadini vittime di incidenti sul lavoro, nel contesto della riabilitazione.
  Ciò con un investimento pubblico abbastanza importante. Ecco perché sollecito il rappresentante del Governo a valutare positivamente questa iniziativa e questi impegni che poco fa ho richiamato, insieme agli altri contenuti nella mozione.

  PRESIDENTE. La ringrazio per la sintesi, onorevole Palese.
  Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.Pag. 113
  Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito.
  Il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta e, quindi, gioiosamente, abbiamo terminato i punti all'ordine del giorno di questa lunga giornata di discussione sulle linee generali.

Sull'ordine dei lavori e per la risposta a uno strumento del sindacato ispettivo (ore 20,45).

  FABIANA DADONE. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  FABIANA DADONE. Signor Presidente, il 18 ottobre la Commissione europea ha istituito la Giornata contro la tratta degli esseri umani per sensibilizzare l'opinione pubblica sulla violazione dei diritti umani causati dalla tratta e per sostenere le cinque priorità della strategia adottata dall'Unione europea: individuazione e protezione della vittima, prevenzione e riduzione della domanda, lotta ai trafficanti, coordinamento e cooperazione all'interno dei Paesi dell'Unione europea e conoscenza delle tendenze ed evoluzioni. Dal 2010 al 2014 sono stati numerosi gli atti da parte dell'Unione europea volti a ridurre la tratta di esseri umani; alcuni di questi, non tutti, sono stati recepiti dal nostro Paese che, purtroppo, però, si è dimostrato in ritardo, non solo nel recepimento della direttiva antitratta, la n. 36 del 2011, ma che ad oggi si è dimostrato ancora non in grado di attuare quelli che erano gli strumenti principali nella lotta alla tratta e alla prevenzione del fenomeno, in particolar modo il piano nazionale antitratta, il cui termine è scaduto già il giugno scorso e il programma di emersione contro la tratta e non ha nemmeno provveduto alla nomina del responsabile nazionale antitratta.
  Con questo intervento voglio sensibilizzare l'Aula in merito a questa grave mancanza da parte del Governo con l'auspicio che i rappresentanti del Governo che sono presenti riferiscano questa voce a chi di competenza.

  RICCARDO FRACCARO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  RICCARDO FRACCARO. Signor Presidente, vorrei sollecitare la risposta all'interrogazione in Commissione n. 5-02628, relativa alla legge regionale n. 8 del 2012 del Trentino-Alto Adige/Südtirol (legge finanziaria per l'anno 2013) che ha promosso un progetto finalizzato al sostegno di investimenti strategici per lo sviluppo del territorio regionale e al parere della Ragioneria generale dello Stato con il quale si manifestano fortissime perplessità circa le modalità di concorrere alla promozione e al sostegno di fondi per lo sviluppo del territorio delle province autonome di Trento e di Bolzano. L'urgenza di una risposta è determinata dalla replica del 9 giugno 2014 del presidente della regione Trentino-Alto Adige/Südtirol, Ugo Rossi, all'interrogazione n. 39 del gruppo consiliare regionale del MoVimento 5 Stelle, il quale afferma che le valutazioni formulate dal ragioniere regionale dello Stato all'ufficio legislativo economia non hanno inciso sull'iter della norma la quale, dopo essere entrata regolarmente in vigore, non è stata oggetto di impugnativa da parte del Governo e alla nota dell'ufficio stampa della regione Trentino-Alto Adige/Südtirol del 6 ottobre 2014 con la quale si annuncia il via libera della gestione del fondo strategico del Trentino-Alto Adige/Südtirol con una dotazione iniziale di 200 milioni di euro. Ecco, Presidente, se lei si fa interprete di questo nostro sollecito, la ringraziamo, e visto che è anche qui presente il Governo lo invitiamo a rispondere in maniera un po’ più sollecita alle nostre interrogazioni, evitando anche di perdere tempo qui in Aula per magari lasciarlo alle questioni più urgenti.

  PRESIDENTE. Onorevole Fraccaro, ovviamente il Governo in Aula non perde Pag. 114tempo, ma fa il suo dovere di essere presente. La Presidenza al pari eseguirà quello che è il proprio dovere e cioè quello di inoltrare al Governo i solleciti che i parlamentari svolgono in Assemblea in ordine alle interrogazioni.

  FRANCESCO PAOLO SISTO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  FRANCESCO PAOLO SISTO. Signor Presidente, ritengo sempre opportuno distinguere il ruolo di intervento politico afferente alle leggi, agli emendamenti, ai dati tecnici e alle connotazioni che qualche volta possono pure essere pepate e anche polemiche – qui ci sta la vis polemica – però credo che sia stato opportuno ed è opportuno che io svolga questo intervento adesso, dopo che abbiamo chiuso il provvedimento sul conflitto di interessi, per due osservazioni.
  La prima riguarda l'affermazione dell'onorevole Fraccaro, che ritiene meritevoli, coloro che si sono occupati di questo provvedimento, addirittura di un trattamento sanitario obbligatorio; speravo facoltativo, almeno ci dava la possibilità di una diversa impostazione sul piano clinico. Mi spiace, e ancora una volta mi rammarico, perché credo che nella nostra Commissione cerchiamo di essere leali. Certo, non siamo d'accordo su tanti temi, su tanti argomenti, però sostenere che in questo provvedimento non vi è stato l'impegno del relatore per portare il provvedimento in Aula e portarlo con un testo che rispecchia soltanto le proposte all'esame della Commissione mi spiace molto, soprattutto quando viene definito con toni che non esito a definire troppo coloriti e tali da non rispettare la verità dei fatti. Questo il primo addebito, tra virgolette, sempre nell'ambito della vis polemica della politica.
  La seconda è che volevo un chiarimento dal collega Fraccaro, perché poi, qualche volta, il mantra dei riti che si ripetono in quest'Aula da parte del MoVimento 5 Stelle merita qualche chiarimento, qualche puntualizzazione, perché, diceva qualcuno – l'onorevole Sanna mi è testimone, in questo abbiamo molte cose in comune –, chi è senza peccato scagli la prima pietra. Io volevo sapere dall'onorevole Fraccaro, quando si esprime nei termini di «pregiudicato», a quale leader si riferisca, perché mi sembra che anche uno molto vicino all'onorevole Fraccaro non sia lontano dal ruolo di pregiudicato. Questo perché, troppo spesso – ripeto – siamo abituati a considerare e a individuare, indipendentemente dalle qualifiche di ciascuno, determinati soggetti. Mi piacerebbe che maggiore cautela fosse riservata all'espressione in quest'Aula, nel rispetto delle persone e nel rispetto dei fatti.

Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Martedì 21 ottobre 2014, alle 13:

  1. – Seguito della discussione del disegno di legge:
   Conversione in legge del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, recante misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive (C. 2629-A).
  — Relatori: Braga, per la maggioranza; De Rosa e Grimoldi, di minoranza.

  2. – Seguito della discussione della proposta di legge:
   CAPEZZONE: Riforma della disciplina delle tasse automobilistiche e altre disposizioni concernenti l'imposizione tributaria sui veicoli (C. 2397-A).
  — Relatore: Fregolent.

Pag. 115

  3. – Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:
   BRESSA; FRACCARO ed altri; CIVATI ed altri; TINAGLI ed altri; DADONE ed altri; SCOTTO ed altri: Disposizioni in materia di conflitti di interessi dei titolari delle cariche di Governo. Delega al Governo per l'adeguamento della disciplina relativa ai titolari delle cariche di Governo locali (C. 275-1059-1832-1969-2339-2652-A).
  — Relatore: Sisto.

  4. – Discussione del disegno di legge:
   Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2013-bis (Approvato dalla Camera e modificato dal Senato) (C. 1864-B).
  — Relatori: Michele Bordo, per la maggioranza; Borghesi, di minoranza.

  5. – Seguito della discussione dei disegni di legge:
   S. 1242 – Ratifica ed esecuzione del Protocollo aggiuntivo (n. 2) all'Accordo sulla sede tra il Governo della Repubblica italiana e l'Istituto universitario europeo, con Allegato, fatto a Roma il 22 giugno 2011 (Approvato dal Senato) (C. 2420).
  — Relatore: Cassano.

  Ratifica ed esecuzione della Convenzione europea per la protezione del patrimonio archeologico, fatta alla Valletta il 16 gennaio 1992 (C. 2127-A).
  — Relatore: Chaouki.

  S. 1219 – Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione fra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica di Estonia sulla lotta contro la criminalità organizzata, il terrorismo ed il traffico illecito di droga, fatto a Tallinn l'8 settembre 2009 (Approvato dal Senato) (C. 2421).
  — Relatore: Cimbro.

  S. 1336 – Ratifica ed esecuzione del Protocollo di modifica della Convenzione relativa ai trasporti internazionali ferroviari (COTIF) del 9 maggio 1980, fatto a Vilnius il 3 giugno 1999 (Approvato dal Senato) (C. 2621).
  — Relatore: Cimbro.

  S. 1300 – Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione in materia di navigazione satellitare tra l'Unione europea e i suoi Stati membri e il Regno di Norvegia, fatto a Bruxelles il 22 settembre 2010 (Approvato dal Senato) (C. 2277).
  — Relatore: Cassano.

  6. – Seguito della discussione delle mozioni Scotto ed altri n. 1-00537, Pisicchio n. 1-00609, Covello ed altri n. 1-00612, Palese e Russo n. 1-00614, Baldassarre ed altri n. 1-00621 e De Girolamo ed altri n. 1-00624 concernenti iniziative per il rilancio economico e occupazionale del Mezzogiorno, con particolare attenzione alla situazione della Campania.

  7. – Seguito della discussione delle mozioni Tinagli, Carfagna, Giuliani, Dorina Bianchi, Binetti, Di Salvo ed altri n. 1-00272, Mucci ed altri n. 1-00611, Nicchi ed altri n. 1-00613, Speranza ed altri n. 1-00615 e Rondini ed altri n. 1-00620 concernenti iniziative a sostegno delle politiche di genere.

  8. – Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di inchiesta parlamentare:
   FRATOIANNI ed altri; MARAZZITI ed altri; FIANO: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza e di identificazione, nonché sulle condizioni di trattenimento dei migranti nei centri di accoglienza (CDA), nei centri di accoglienza per richiedenti asilo (CARA) e nei centri di identificazione ed espulsione (CIE) (Doc. XXII, nn. 18-19-21-A).
  — Relatore: Migliore.

Pag. 116

  9. – Seguito della discussione delle mozioni Nicoletti ed altri n. 1-00603, Santerini ed altri n. 1-00604, Manlio Di Stefano ed altri n. 1-00605, Palazzotto ed altri n. 1-00616, Dorina Bianchi ed altri n. 1-00617, Matteo Bragantini ed altri n. 1-00618 e Brunetta ed altri n. 1-00619 concernenti iniziative in materia di diritti dei richiedenti asilo e dei rifugiati, con particolare riferimento alla revisione del regolamento dell'Unione europea noto come «Dublino III».

  10. – Seguito della discussione delle mozioni Gallinella ed altri n. 1-00490, Kronbichler ed altri n. 1-00558, Taranto ed altri n. 1-00630, Gianluca Pini ed altri n. 1-00631, Palese n. 1-00632 e Dorina Bianchi ed altri n. 1-00635 concernenti l'accordo di partenariato per il commercio e gli investimenti tra Unione europea e Stati Uniti d'America noto come Transatlantic trade and investment partnership (TTIP).

  11. – Seguito della discussione delle mozioni Rondini ed altri n. 1-00629, Brunetta ed altri n. 1-00633 e Dorina Bianchi ed altri n. 1-00634 concernenti iniziative riguardanti i profili di prevenzione sanitaria correlati al fenomeno migratorio.

  12. – Seguito della discussione della mozione Di Gioia, Morassut, Di Salvo ed altri n. 1-00602 concernente iniziative per l'impiego di parte del risparmio previdenziale per interventi a sostegno dell'economia.

  La seduta termina alle 20,55.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DELLA DEPUTATA CHIARA BRAGA IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 2629-A.

  CHIARA BRAGA, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, Onorevoli colleghi, l'Assemblea avvia oggi l'esame del decreto legge n. 133 del 2014, che contiene una serie di misure di notevole importanza in materia di infrastrutture, edilizia, ambiente, energia, nonché una serie di misure destinate alle imprese e agli enti territoriali: si tratta di norme finalizzate ad accelerare e a rilanciare gli investimenti e a introdurre misure di semplificazione burocratica. Obiettivi che rientrano pienamente nella strategia del Governo di rilancio della competitività del nostro Paese e di sostegno alla crescita, obiettivi il cui perseguimento è necessario nel momento di crisi economica che sta attraversando il Paese e che necessitano di interventi di stimolo alla economia accompagnati da riforme strutturali. Il provvedimento è corposo e articolato ed è stato sostanzialmente modificato nel corso dell'esame in Commissione; nell'ambito di un ricco ciclo di audizioni abbiamo infatti avuto modo di raccogliere le osservazioni e i contributi di una pluralità articolata di soggetti che hanno consentito di apportare importanti miglioramenti al testo. Il testo iniziale del DL è stato pertanto modificato non solo a seguito dell'approvazione di emendamenti presentati dal Governo e dal relatore, ma anche di numerosi emendamenti di iniziativa parlamentare: si tratta di modifiche che migliorano il testo al nostro esame e lo integrano con nuove importanti misure.
  Tra questi credo che sia particolarmente opportuno sottolineare le integrazioni introdotte in materia di trasparenza delle procedure e rispetto dei requisiti di concorrenza per professionisti ed imprese in materia di realizzazione di opere pubbliche; anche in presenza di procedure derogatorie e straordinarie determinate dall'urgenza di dar corso ad interventi strategici per il Paese sono stati rafforzati, grazie a diversi emendamenti di natura parlamentare, questi fondamentali aspetti, proprio con l'obiettivo di prevenire a monte i rischi di successivi blocchi nell'iter di realizzazione di opere fondamentali per la ripresa del Paese, come spesso abbiamo visto invece verificarsi in questi anni.
  Queste modifiche, così come altre introdotte ad esempio nelle parti del DL inerenti le materie energetiche e ambientali, Pag. 117danno conto dell'impostazione generale di questo provvedimento. Il nostro Paese ha estrema necessità di superare gli ostacoli che impediscono la realizzazione di investimenti utili per l'economia e l'occupazione – da qui il nome «Sblocca Italia» con cui tutti ci riferiamo a questo DL – ma questo obiettivo si raggiunge solo se allo stesso tempo vengono perseguiti, insieme alle reali ed innegabili esigenze di efficienza e tempestività, gli altrettanto fondamentali principi di legalità e trasparenza, nonché di salvaguardia ambientale e paesaggistica.
  Signor Presidente, in considerazione della corposità del testo e della numerosità delle modifiche approvate, di seguito mi soffermerò sui passaggi più importanti del provvedimento, anticipandole fin d'ora l'intenzione di depositare il testo scritto della mia relazione.
  Una prima parte del decreto riguarda le misure in materia di infrastrutture, per la riapertura dei cantieri e la realizzazione delle opere pubbliche. In tale ambito, l'articolo 1 prevede la nomina dell'amministratore delegato di Ferrovie dello Stato S.p.A. a Commissario per la realizzazione delle opere relative alla tratta ferroviaria Napoli-Bari, inclusa nella «legge obiettivo» disciplinando, nel contempo, i compiti e i poteri del Commissario, la pubblica utilità, indifferibilità e urgenza degli interventi e il finanziamento degli interventi medesimi, nonché l'accelerazione delle procedure di acquisizione degli atti di assenso sia in conferenza di servizi che successivamente. La Commissione ha apportato modifiche a tale articolo finalizzate a: fare salva la previsione progettuale della stazione ferroviaria in superficie lungo la tratta appenninica Apice-Orsara; a stabilire gli obblighi di pubblicazione previsti dal Dlgs 33/2013 e ad inserire negli avvisi, nei bandi di gara o nelle lettere di invito che la mancata accettazione, da parte delle imprese, delle clausole contenute nei Protocolli di legalità costituisce causa di esclusione dalle gare; a trasferire dal Commissario – come era inizialmente previsto nel testo del DL – alla deliberazione del Consiglio dei Ministri la competenza ad adottare il provvedimento conclusivo della conferenza di servizi nei casi di motivato dissenso espresso da un'amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità; ad autorizzare il Commissario a richiedere i trasferimenti di cassa, in via prioritaria, a valere sulle risorse di competenza nazionale al fine di non superare i limiti del patto di stabilità. L'articolo 1 dispone, inoltre, l'approvazione del Contratto di Programma 2012-2016 parte Investimenti tra Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. e MIT, stipulato l'8 agosto 2014, sul quale, nel corso dell'esame in Commissione è stata espressamente prevista l'acquisizione del parere delle competenti commissioni parlamentari. Ulteriori modifiche all'articolo 1 inserite nel corso dell'esame in Commissione hanno riguardato l'esclusione dal patto di stabilità interno negli anni 2014 e 2015 delle spese per l'esecuzione di opere volte all'eliminazione dei passaggi a livello, la redazione di un piano di ammodernamento dell'infrastruttura ferroviaria, l'elaborazione del modello tariffario e del livello dei diritti aeroportuali dei singoli aeroporti, nonché la determinazione dei livelli dei diritti aeroportuali per il 2015 per i contratti di programma scaduti al 31 dicembre 2014.
  L'articolo 2, non modificato in Commissione, introduce, al comma 1, una disposizione per la realizzazione di infrastrutture strategiche in concessione, allo scopo di consentire al bando di gara – nel caso di articolazione del progetto per stralci funzionali o, nei casi più complessi, di successive articolazioni per fasi – di prevedere l'integrale caducazione della concessione stessa, con la conseguente possibilità in capo al concedente di rimettere a gara la concessione per la realizzazione dell'intera opera nei casi e alle condizioni disciplinate nella norma.
  L'articolo 3 destina, al fine di consentire la continuità dei cantieri in corso o il perfezionamento degli atti contrattuali finalizzati all'avvio dei lavori nel 2014, 3.890 milioni di euro al Fondo istituito nello Pag. 118stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (cd. «sblocca cantieri») per il periodo 2013-2020. L'articolo 3 elenca inoltre gli interventi finanziabili e i termini entro i quali gli interventi sono appaltabili e cantierabili; il mancato rispetto di tali termini determina la revoca del finanziamento assegnato. Nell'ambito delle varie tipologie sono ricompresi singoli interventi e categorie generiche di interventi tra i quali le opere segnalate dagli enti locali per i quali il testo approvato dalla Commissione introduce una serie di criteri per l'attribuzione delle risorse tra i quali gli interventi per la messa in sicurezza del territorio e la riduzione del rischio idrogeologico. L'articolo 3 è stato integrato nel corso dell'esame in Commissione al fine di prevedere una procedura per il finanziamento in via prioritaria delle opere incluse nell'XI Allegato infrastrutture, nonché una serie di disposizioni di carattere procedurale e finanziario per la realizzazione di specifiche infrastrutture.
  L'articolo 5 reca norme importanti in materia di concessioni autostradali ed è stato modificato nel corso dell'esame in Commissione; rispetto al testo vigente le modifiche del rapporto concessorio da parte dei concessionari delle tratte autostradali nazionali, che devono essere sottoposte entro il 31 dicembre 2014 al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, devono essere esplicitamente finalizzate a procedure di aggiornamento o revisione delle convenzioni e devono riguardare rapporti concessori in essere. Viene, altresì, previsto che le richieste di modifica del rapporto concessorio prevedono nuovi investimenti da parte dei concessionari, i quali sono comunque tenuti alla realizzazione degli investimenti già previsti nei vigenti atti di concessione. Con emendamento parlamentare è stato previsto che gli schemi di atto aggiuntivo o di convenzione e i relativi piani economico-finanziari, corredati dei pareri prescritti dalla normativa vigente, sono sottoposti al parere delle competenti Commissioni parlamentari e si prevede inoltre anche un coinvolgimento dell'Autorità dei trasporti. In conseguenza delle modifiche approvate in Commissione, si precisa che l'affidamento di tutti gli interventi avverrà nel rispetto delle procedure di evidenza pubblica. Una nuova disposizione inserita in Commissione riguarda il subentro del Ministero delle infrastrutture alla regione Emilia Romagna nelle funzioni di concedente dell'Autostrada Cispadana (articolo 5-bis).
  Oltre alle misure destinate alle opere pubbliche, il decreto, all'articolo 6, prevede alcune fondamentali misure destinate alle infrastrutture immateriali, nella prospettiva della digitalizzazione del Paese. Si prevede, infatti, la concessione, fino al 31 dicembre 2015, di un credito d'imposta IRES e IRAP, entro il limite massimo del 50 per cento dell'investimento, per la realizzazione di interventi infrastrutturali di realizzazione di reti di comunicazione elettronica a banda ultralarga. In Commissione sono state inserite ulteriori disposizioni finalizzate a colmare il gap digitale in relazione alla banda larga e ultralarga, anche al fine di inserire le opere infrastrutturali in fibra ottica per la banda ultralarga, anche all'interno degli edifici, tra gli oneri di urbanizzazione primaria e prevedere che l'occupazione di beni pubblici o comunque nella disponibilità di pubbliche amministrazioni ovvero l'occupazione di spazi ed aree pubbliche per l'installazione di infrastrutture per la rete a banda larga e ultralarga non comportano a carico dell'operatore la corresponsione di alcun onere, canone, tassa o indennizzo. È stato infine aggiunto l'articolo 6-ter, che reca proprio specifiche disposizioni per l'infrastrutturazione degli edifici con impianti di comunicazione elettronica.
  L'articolo 10 è volto ad aumentare l'operatività della Cassa depositi e prestiti Spa, attraverso l'estensione del perimetro delle operazioni finanziate, anche con riferimento a investimenti nel campo della green economy, e a favorire nuovi investimenti in Italia da parte degli istituti simili presenti negli altri Stati dell'Unione europea.Pag. 119
  L'articolo 11, non modificato in Commissione, modifica la disciplina agevolativa per la realizzazione di nuove infrastrutture, da realizzare con il ricorso a contratti di partenariato pubblico-privato (PPP), ampliandone l'ambito alle opere previste in piani o programmi approvati da amministrazioni pubbliche e riducendo da 200 a 50 milioni di euro il valore dell'opera al di sopra del quale viene concesso l'incentivo.
  L'articolo 13 apporta numerose modifiche alla disciplina dei cd. project bond, al fine di estendere tra l'altro anche ai titolari di tali strumenti alcune norme già previste per gli enti finanziatori, mentre l'articolo 14 stabilisce che per la progettazione delle opere pubbliche non possono più essere richieste modifiche rispondenti a standard tecnici, che prescrivono livelli di sicurezza più stringenti rispetto a quelli definiti dalla normativa europea, e che tali modifiche devono essere eventualmente accompagnate da una analisi di sostenibilità economica e finanziaria e da una stima dei tempi di attuazione dell'opera (cd. norma overdesign).
  Nel corso dell'esame in Commissione è stato aggiunto l'articolo 16-bis, che reca una nuova disciplina per gli accessi sulle strade affidate in gestione ad Anas S.p.A. volta a risolvere una serie di questioni emerse nel corso degli ultimi anni relativamente ai pagamenti da corrispondere alla medesima società, e l'articolo 16-ter, volto alla definizione delle modalità e dei termini per l'effettuazione degli adempimenti antincendio relativi alle metropolitane in esercizio.
  Il decreto al nostro esame contiene anche misure specificamente destinate ai porti e agli aeroporti agli articoli 29 e 28. Nello specifico, l'articolo 28 interviene sul regime contributivo delle indennità di volo, estende il regime di esenzione dal diritto di imbarco al personale di volo degli aeromobili per ragioni di servizio in alcuni casi, disciplina lo svolgimento del servizio di pronto soccorso aeroportuale. Nel corso dell'esame in Commissione è stata prevista la promozione da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministero degli esteri, entro trenta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione, di nuovi accordi bilaterali del trasporto aereo, o la modifica di quelli vigenti. Si prevede anche che nelle more l'ENAC possa rilasciare autorizzazioni temporanee non inferiori a diciotto mesi e eventualmente rinnovabili, incluse autorizzazioni per la «quinta libertà».
  Il comma 1 dell'articolo 29 prevede, poi, l'adozione di un piano strategico nazionale della portualità e della logistica, che contempli anche la razionalizzazione, il riassetto e l'accorpamento delle autorità portuali esistenti e che agevoli la crescita dei traffici delle merci e delle persone. Su tale piano, nel corso dell'esame in Commissione è stata prevista l'acquisizione del parere delle competenti commissioni parlamentari.
  In materia di trasporto ulteriori disposizioni inserite nel corso dell'esame in Commissione prevedono la modifica dei requisiti per l'accesso alla professione di autotrasportatore, prevedendo che venga meno il requisito di onorabilità dei titolari delle imprese di autotrasporto qualora siano stati oggetto di un'informativa antimafia interdittiva (articolo 29-bis), e l'introduzione di una disciplina in materia di autotrasporto relativamente alle sanzioni amministrative e ai contributi alle imprese di autotrasporto (articolo 32-bis).
  Una parte corposa del decreto comprende le misure in materia di edilizia e di valorizzazione del patrimonio immobiliare che hanno l'obiettivo di ridare slancio a un settore strategico per l'economia nazionale attraverso misure principalmente di semplificazione. Il tema delle semplificazioni delle procedure in materia edilizia è stato affrontato avendo come obiettivo primario quello di favorire il recupero del patrimonio edilizio esistente e di non produrre nuovo consumo di suolo. È evidente che queste misure, ancora parziali, devono trovare ora collocazione in un quadro più ampio che credo dovrà vedere quest'aula, già nelle prossime settimane, impegnata a portare in approvazione Pag. 120la legge sul contenimento del consumo e la valorizzazione del suolo agricolo.
  In particolare, l'articolo 17, che è stato modificato in più punti dalla Commissione, apporta numerose modifiche al T.U. edilizia (decreto del Presidente della Repubblica 380/2001) riguardanti, in primo luogo, le opere interne e la comunicazione di Inizio Lavori (CIL); viene infatti modificata la definizione di manutenzione straordinaria al fine, da un lato, di prevedere, per i predetti interventi, il rispetto della volumetria complessiva degli edifici in luogo dell'invarianza dei volumi e delle superfici delle singole unità immobiliari e, per l'altro, di comprendere in tali interventi quelli consistenti nel frazionamento o accorpamento delle unità immobiliari con esecuzione di opere, anche se comportanti la variazione delle superfici delle singole unità immobiliari nonché del carico urbanistico purché non sia modificata la volumetria complessiva degli edifici e si mantenga l'originaria destinazione d'uso. Connessa alle modifiche indicate è quella, che interviene sulle caratteristiche degli interventi di manutenzione straordinaria che possono essere eseguiti senza alcun titolo abilitativo, ma previa comunicazione, anche per via telematica, dell'inizio dei lavori da parte dell'interessato all'amministrazione comunale. Relativamente alle modifiche interne di carattere edilizio sulla superficie coperta dei fabbricati adibiti ad esercizio d'impresa, si chiarisce che le stesse possono essere eseguite previa CIL (comunicazione di inizio lavori), a condizione che gli interventi non riguardino le parti strutturali. Nel corso dell'esame in Commissione è stata inclusa, tra gli interventi di manutenzione ordinaria eseguibili senza titolo abilitativo, l'installazione di pompe di calore aria-aria di potenza termica utile nominale inferiore a 12kW. L'articolo 17, inoltre, introduce la definizione di «interventi di conservazione», prevedendo che lo strumento urbanistico individua gli edifici esistenti non più compatibili con gli indirizzi della pianificazione e che, in tal caso, l'amministrazione comunale può favorire, in alternativa all'espropriazione, la riqualificazione delle aree attraverso forme di compensazione incidenti sull'area interessata e senza aumento della superficie coperta. Modifiche riguardano la disciplina del permesso di costruire attraverso l'introduzione di una nuova fattispecie di permesso di costruire in deroga anche alle destinazioni d'uso per gli interventi di ristrutturazione edilizia, attuati anche in aree industriali dismesse, a condizione che il mutamento di destinazione non comporti un aumento della superficie coperta, e del permesso di costruire convenzionato. La proroga dei termini di inizio e di ultimazione dei lavori, contemplati dal permesso di costruire, è consentita in caso di blocco degli stessi lavori causato da iniziative dell'amministrazione o dell'autorità giudiziaria rivelatesi poi infondate. Nel corso dell'esame in Commissione è stata soppressa la previsione, che disciplina la misura del contributo per il rilascio del permesso di costruire per gli interventi di trasformazione urbana complessi e, in particolare, consente allo strumento attuativo di prevedere che le opere di urbanizzazione siano direttamente messe in carico all'operatore privato che ne resta proprietario. Altra modifica di rilievo è quella, che aggiunge, ai criteri che la regione deve considerare nella redazione delle tabelle parametriche che i comuni devono utilizzare per la determinazione degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, un criterio di differenziazione tra gli interventi finalizzato ad incentivare, in modo particolare nelle aree a maggiore densità del costruito, quelli di ristrutturazione edilizia anziché quelli di nuova costruzione. Nel corso dell'esame in Commissione tale disposizione è stata integrata al fine di prevedere anche un criterio di valutazione del maggior valore generato da interventi su aree o immobili in variante urbanistica, in deroga o con cambio di destinazione d'uso. Nell'ottica di incentivare il recupero del patrimonio edilizio esistente, si consente, inoltre, ai comuni di deliberare, per gli interventi di ristrutturazione edilizia, che i costi di costruzione siano inferiori ai valori determinati per le Pag. 121nuove costruzioni. La Commissione è intervenuta sulla norma che prevede, per la ristrutturazione, il recupero e il riuso degli immobili dismessi o in via di dismissione, una riduzione del contributo di costruzione in misura non inferiore al 20%, rispetto a quello previsto per le nuove costruzioni, stabilendo che la riduzione sia applicabile nei casi non interessati da varianti urbanistiche, deroghe o cambi di destinazione d'uso comportanti maggior valore rispetto alla destinazione originaria. I termini per il rilascio del permesso di costruire sono raddoppiati nei soli casi di progetti particolarmente complessi, secondo la motivata risoluzione del responsabile del procedimento. Ulteriori disposizioni aggiunte nel corso dell'esame in Commissione riguardano l'introduzione di sanzioni pecuniarie da 2.000 a 20.000 euro in caso di inottemperanza accertata all'ingiunzione di demolizione degli interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali, i cui proventi sono destinati, tra l'altro, alla demolizione e alla rimessione in pristino delle opere abusive. L'articolo 17 prevede, inoltre, l'introduzione di una disciplina finalizzata a stabilire quali mutamenti della destinazione d'uso siano urbanisticamente rilevanti; in proposito, la Commissione ha precisato i termini di adeguamento delle legislazioni regionali a tale disciplina decorsi i quali si applica la disciplina medesima. Nel corso dell'esame in Commissione è stato aggiunto l'articolo 17-bis, che prevede la conclusione, in sede di Conferenza unificata, di accordi o intese per l'adozione di uno schema di regolamento edilizio-tipo al fine di semplificare ed uniformare le norme e gli adempimenti; si tratta di una misura fortemente attesa proprio perché finalizzata a semplificare e uniformare gli adempimenti in materia edilizia.
  Passo ora agli altri interventi concernenti l'edilizia e alle misure riguardanti il patrimonio pubblico. Per favorire gli investimenti nel settore delle locazioni immobiliari destinate ad uso non abitativo, l'articolo 18 prevede che nei contratti di locazione di immobili adibiti ad uso non abitativo, anche se adibiti ad attività alberghiera, le parti possano liberamente stabilire i termini e le condizioni contrattuali in deroga all'attuale disciplina legislativa prevista dalla legge 392 del 1978 (cd. legge sull'equo canone). Nel corso dell'esame in Commissione è stato elevato da 150.000 a 250.000 euro l'importo contrattuale minimo per l'applicazione delle norma e sono stati esclusi dalla liberalizzazione i contratti riferiti a locali qualificati di interesse storico a seguito di provvedimento regionale o comunale.
  L'articolo 19 stabilisce l'esenzione dalle imposte di registro e di bollo nel caso di registrazione di atti che dispongono esclusivamente la riduzione del canone di un contratto di locazione in corso.
  L'articolo 20 modifica la disciplina delle SIIQ (Società di investimento immobiliare quotate) per facilitare l'accesso al regime fiscale di favore previsto con la legge finanziaria 2007: sono quindi modificati i requisiti partecipativi dei soci e si uniforma il regime fiscale a quello dei fondi immobiliari. Si introducono inoltre ulteriori misure agevolative e un nuovo regime fiscale di esenzione e distribuzione delle plusvalenze realizzate sugli immobili oggetto di locazione. Nel corso dell'esame in Commissione sono state aggiunte nuove disposizioni concernenti la previsione di ulteriori ipotesi in cui continuano ad applicarsi le esenzioni e le agevolazioni tributarie nel caso di trasferimento immobiliare, l'estensione a tutte le pubbliche amministrazioni delle modalità di dismissione tramite trattativa privata, anche in blocco, la modifica delle procedure di dismissione dei beni di rilevante interesse culturale, paesaggistico e ambientale.
  L'articolo 21 prevede una deduzione dal reddito del 20 per cento a favore di chi, al di fuori di un'attività commerciale, acquista dal 1o gennaio 2014 al 31 dicembre 2017 un alloggio a destinazione residenziale di nuova costruzione e invenduto alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge o oggetto di ristrutturazione. Nel corso dell'esame in Commissione le agevolazioni sono state estese anche agli immobili oggetto di interventi Pag. 122di restauro e risanamento conservativo; la deduzione dal reddito pari al 20 per cento del prezzo di acquisto dell'immobile è estesa anche agli interessi passivi dipendenti da mutui contratti per l'acquisto delle unità immobiliari.
  L'articolo 23 disciplina le caratteristiche principali del contratto di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili.
  L'articolo 26 reca una serie di disposizioni finalizzate a semplificare e accelerare le procedure di valorizzazione degli immobili pubblici non utilizzati e a regolare il procedimento di valorizzazione degli immobili non più utili alle finalità istituzionali della difesa. In sede di esame della Commissione sono stati inseriti criteri di priorità nella valutazione dei progetti di recupero, finalizzati alla riduzione del disagio abitativo.
  L'articolo 27 contiene misure urgenti in materia di patrimonio dell'INAIL (Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro), disponendo l'individuazione delle opere di pubblica utilità da finanziare urgentemente nell'ambito degli investimenti immobiliari dello stesso Istituto. Nel corso dell'esame in Commissione, sono state incluse, tra le opere di pubblica utilità da finanziare, in via d'urgenza, prioritariamente tra quelle in avanzato stato di realizzazione, nell'ambito degli investimenti immobiliari dell'INAIL, quelle per la bonifica dall'amianto, la messa in sicurezza, l'efficientamento energetico di scuole, asili nido, strutture socio sanitarie, edilizia residenziale pubblica.
  Altrettanto corposo è il gruppo di norme in materia ambientale. Il comma 1 dell'articolo 7 introduce una serie di modifiche al cd. Codice dell'ambiente (D.Lgs. 152/2006) in materia di gestione delle risorse idriche sulle quali sono intervenute numerose modifiche da parte della Commissione. Le principali disposizioni sono volte a: prevedere l'obbligatorietà della partecipazione degli enti locali agli enti d'ambito e poteri sostitutivi in capo alla regione, nei casi di mancata adozione da parte dell'ente locale della delibera di adesione all'ente d'ambito; consentire, nel caso in cui l'ambito territoriale ottimale (ATO) coincida con l'intero territorio regionale, l'affidamento del servizio idrico integrato in ambiti territoriali comunque non inferiori al territorio delle province o delle città metropolitane fatte salve le gestioni del servizio idrico in forma autonoma esistenti nei comuni montani; prevedere che l'ente d'ambito deliberi la forma di gestione e le modalità di affidamento del servizio, nel rispetto della disciplina europea e nazionale; introdurre l'obbligo per il nuovo gestore affidatario del servizio idrico di riconoscere al gestore uscente un valore di rimborso a fine concessione; introdurre una specifica disciplina per l'approvazione dei progetti degli interventi previsti nei piani d'investimento compresi nei piani d'ambito, anche coordinando le varianti agli strumenti di pianificazione con il piano di protezione civile; garantire che in tutti gli ambiti territoriali il servizio idrico sia affidato a gestori unici prevedendo, nel caso di mancato rispetto degli adempimenti, l'attivazione della procedura di esercizio del potere sostitutivo regionale e, in caso di mancato esercizio dello stesso, di quello del Governo, mediante la nomina di un commissario ad acta, nonché la responsabilità erariale in caso di violazione delle disposizioni. È stata inoltre soppressa la disposizione volta a consentire il sub affidamento, previa approvazione espressa da parte dell'ente di governo dell'ambito, permanendo pertanto solo il limite trentennale degli affidamenti.
  La discussione di questo provvedimento ha anche incrociato il verificarsi di episodi drammatici – l'alluvione che ha colpito Genova e poi quelle in Maremma, nel Parmense – che ancora una volta ci hanno ricordato la fragilità del nostro territorio e l'urgenza di politiche di prevenzione del dissesto idrogeologico.
  Particolare importanza assumono quindi le misure contenute nei commi da 2 a 5 con una serie di norme principalmente finalizzate all'utilizzo delle risorse per interventi di mitigazione del rischio idrogeologico, nonché disposizioni volte ad agevolare la realizzazione degli interventi Pag. 123stessi. Nello specifico si dispone che, a partire dalla programmazione 2015, le risorse destinate al finanziamento degli interventi in materia di mitigazione del rischio idrogeologico sono utilizzate tramite accordo di programma sottoscritto dalla Regione interessata e dal Ministero dell'ambiente; in proposito, nel corso dell'esame in Commissione è stata prevista una destinazione prioritaria delle risorse agli interventi integrati finalizzati sia alla mitigazione del rischio sia alla tutela e al recupero degli ecosistemi in grado di garantire la riduzione del rischio idrogeologico e con priorità per la delocalizzazione di edifici e di infrastrutture potenzialmente pericolosi per la pubblica incolumità.
  Il comma 4 consente ai Presidenti delle Regioni di avvalersi di tutti i soggetti pubblici e privati, nel rispetto delle procedure di evidenza pubblica, per lo svolgimento di attività di progettazione ed esecuzione degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico previsti dagli accordi di programma stipulati con le Regioni.
  I commi 6 e 7 dell'articolo 7 hanno l'obiettivo di accelerare la realizzazione degli interventi di adeguamento dei sistemi di collettamento, fognatura e depurazione necessari a conformarsi alle sentenze di condanna della Corte di Giustizia dell'UE concernenti l'applicazione della Direttiva 91/271/CEE sul trattamento delle acque reflue urbane. A tal fine si disciplina in dettaglio la procedura per la revoca delle risorse e per il loro successivo utilizzo, e nel corso dell'esame in Commissione è stata aggiunta, tra le condizioni per la revocabilità delle risorse, l'inerzia del soggetto attuatore.
  È bene sottolineare che le misure contenute nel comma 7, relativamente alla prevenzione del dissesto idrogeologico e alla realizzazione degli interventi sui sistemi di depurazione e collettamento, consentono di rendere immediatamente spendibile una mole significativa di risorse – oltre tre miliardi di euro – stanziate nel corso degli anni e non spese per ragioni di complicazione burocratica e giudiziaria.
  Nel corso dell'esame in Commissione sono poi intervenute importanti modifiche, talune in particolari dettate dai recenti eventi verificatisi a Genova: mi riferisco in particolare al comma 2-sexies dell'articolo 9, finalizzato a stabilire che le «esigenze imperative connesse a un interesse generale» – in presenza delle quali il Codice del processo amministrativo (d.lgs. n. 104 del 2010, articolo 121) consente di conservare efficacia al contratto di aggiudicazione di lavori pubblici che sarebbe altrimenti da annullare perché stipulato in violazione di legge – sono anche le esigenze di tutela della incolumità pubblica. Inoltre, nel caso di procedure ad evidenza pubblica avviate o da avviarsi ovvero di redazione di verbale di somma urgenza per interventi connessi allo stato di calamità ovvero ancora nei casi di cui di «estrema urgenza» di cui al comma 1 dell'articolo 9, se le esigenze di incolumità pubblica vengono evidenziate dalla stazione appaltante dinanzi al TAR adito in sede cautelare, il giudice amministrativo può concedere la sospensione del provvedimento solo se ritiene che l'estrema gravità e urgenza che motivano la domanda cautelare siano prevalenti sulle esigenze di incolumità pubblica.
  Proseguendo relativamente alle misure in materia di ambiente l'articolo 8 autorizza il Governo all'adozione di un regolamento di delegificazione volto a dettare disposizioni per il riordino e la semplificazione della disciplina riguardante la realizzazione degli interventi in materia di gestione delle terre e rocce da scavo. Questo articolo è stato integrato in Commissione al fine di prevedere ulteriori principi e criteri direttivi per l'adozione del regolamento.
  L'articolo 33 prevede l'adozione di interventi di riqualificazione ambientale e urbana in aree territoriali di rilevante interesse nazionale e specifiche disposizione finalizzate a procedere ad interventi di bonifica ambientale e rigenerazione urbana nel comprensorio Bagnoli – Coroglio, che viene riconosciuto area di rilevante interesse nazionale dal decreto. Le disposizioni sono volte ad assicurare la programmazione, Pag. 124realizzazione e gestione unitaria degli interventi di bonifica ambientale e di rigenerazione urbana in tempi certi e brevi. La predisposizione, l'attuazione e la gestione di queste misure sono demandate a un Commissario straordinario del Governo e a un Soggetto attuatore, attraverso la redazione di uno specifico programma di risanamento ambientale e rigenerazione urbana e di un documento di indirizzo strategico. I predetti soggetti devono comunque operare nel rispetto delle procedure di scelta del contraente, sia per la progettazione che per l'esecuzione dei lavori, previste dal Codice dei contratti pubblici. Ulteriori disposizioni approvate nel corso dell'esame in Commissione sono volte a consentire la partecipazione del comune di Napoli alla definizione del programma di rigenerazione urbana e a garantire la salvaguardia dei livelli occupazionali.
  L'articolo 33-bis, inserito nel corso dell'esame in Commissione, è volto ad escludere dai vincoli del patto di stabilità interno, a partire dal 2014, le spese sostenute per gli interventi di bonifica dell'amianto da realizzare nei territori compresi nel sito di bonifica di interesse nazionale di «Casale Monferrato».
  L'articolo 34 contiene una serie di disposizioni applicabili nei casi di bonifica e messa in sicurezza di siti contaminati, che perseguono la finalità, da una parte, di semplificazione e accelerazione delle procedure di affidamento dei contratti pubblici e di esecuzione degli stessi e, dall'altra, di consentire l'effettuazione, nei siti inquinati in cui sono in corso o non sono ancora state avviate attività di messa in sicurezza e bonifica, di una serie di interventi alle condizioni indicate dal medesimo comma e definendo le modalità di caratterizzazione, scavo e gestione dei terreni/materiali movimentati. Nel corso dell'esame in Commissione è stata prevista l'esclusione dal patto di stabilità di tali interventi, incluse le opere di bonifica, nonché ulteriori modifiche alla procedura semplificata in materia di bonifiche dei siti inquinati.
  L'articolo 35 contiene una serie di disposizioni finalizzate alla realizzazione di un sistema adeguato ed integrato di gestione dei rifiuti urbani. Si tratta di un articolo che è stato integralmente sostituito nel corso dell'esame in Commissione prevedendo, da un lato, una serie di modifiche alla procedura per la realizzazione di impianti di recupero di energia dai rifiuti, e dall'altro disposizioni aggiuntive in materia di: recupero dei rifiuti organici (comma 2); contributi economici per il trattamento energetico fuori regione dei rifiuti (comma 7); affidamento della nuova concessione del SISTRI dal 2016 (comma 10); deroga al divieto di smaltimento fuori regione dei rifiuti urbani nei casi di calamità naturali (comma 11); rifiuti di beni in polietilene. Relativamente alla realizzazione del sistema nazionale di gestione dei rifiuti urbani, viene demandata ad un apposito D.P.C.M. l'individuazione degli impianti, che vengono qualificati come «infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale». In tale decreto, che dovrà essere adottato sentita la Conferenza Stato-regioni, dovrà essere preliminarmente individuata, a livello nazionale, la capacità complessiva di trattamento di rifiuti urbani e assimilati degli impianti di incenerimento esistenti, con l'indicazione espressa della capacità di ciascun impianto, e, in subordine, gli impianti di incenerimento con recupero energetico di rifiuti urbani e assimilati da realizzare per coprire il fabbisogno residuo. Si prevede, inoltre, l'emanazione di un altro D.P.C.M. che dovrà effettuare la ricognizione dell'offerta esistente e individuare il fabbisogno residuo, articolato per regioni, di impianti di recupero della FORSU (frazione organica dei rifiuti urbani) raccolta in maniera differenziata. Si consente, altresì, alle Regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano, sino alla definitiva realizzazione degli impianti necessari per l'integrale copertura del fabbisogno residuo così determinato, di autorizzare, ove tecnicamente possibile, un incremento fino al 10 per cento della capacità degli impianti di trattamento dei rifiuti organici per favorire il recupero di tali Pag. 125rifiuti raccolti nel proprio territorio e la produzione di compost di qualità. La previsione secondo cui tutti gli impianti (sia nuovi che esistenti) sono autorizzati a saturazione del carico termico viene contemperata dall'inserimento di vincoli ambientali, in particolare relativamente all'adeguamento dell'autorizzazione integrata ambientale e al rispetto dei requisiti relativi allo stato di qualità dell'aria. Quanto ai criteri di priorità di accesso dei rifiuti negli impianti, il nuovo testo dà priorità ai rifiuti urbani prodotti nel territorio regionale fino al soddisfacimento del relativo fabbisogno e, solo per la disponibilità residua autorizzata, al trattamento di rifiuti urbani prodotti in altre regioni.
  Un importante gruppo di norme riguarda l'energia. L'articolo 22 riguarda l'incentivazione degli interventi di produzione di energia termica da fonti rinnovabili e di incremento dell'efficienza energetica di piccole dimensioni, realizzati in data successiva al 31 dicembre 2011, e mira a facilitare l'accesso per imprese, famiglie e soggetti pubblici a tali contributi. La norma prevede che l'aggiornamento del sistema di incentivi (attualmente definiti dal c.d. conto termico) venga effettuato entro il 31 dicembre 2014, semplificando le procedure ed utilizzando strumenti per favorire l'accesso alle risorse stanziate. Tra le modifiche approvate dalla Commissione segnalo che, con riguardo all'aggiornamento del sistema di incentivi del conto termico, è stato previsto l'accesso da parte dei soggetti di edilizia popolare e delle cooperative di abitanti alle categorie di incentivi della Pubblica Amministrazione. Nel corso dell'esame in Commissione è stato inserito l'articolo 22-bis, che interviene sul meccanismo del cd. spalma-incentivi obbligatorio (di cui al DL 91/2014) volto alla riduzione annua degli incentivi erogati agli impianti fotovoltaici di grossa taglia, escludendo dall'ambito di applicazione dello stesso gli impianti i cui soggetti responsabili siano, alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge in esame, enti locali o scuole.
  L'articolo 36 esclude dai vincoli del patto di stabilità interno le spese sostenute dalle regioni per la realizzazione degli interventi di sviluppo dell'occupazione e delle attività economiche, di sviluppo industriale e di miglioramento ambientale nonché per il finanziamento di strumenti della programmazione negoziata. In conseguenza delle modifiche approvate dalla Commissione, si precisa che con la legge di stabilità 2015 e con quelle successive sia definito per le Regioni, compatibilmente con gli obiettivi di finanza pubblica, il limite della esclusione dal patto di stabilità interno delle spese in conto capitale finanziate con le entrate delle aliquote di prodotto aliquote destinate alle Regioni a statuto ordinario, si inseriscono anche le spese di bonifica e di ripristino ambientale tra quelle escluse dal patto di stabilità interno. Ulteriori disposizioni aggiunte in Commissione riguardano la destinazione del fondo alimentato dall'aumento di aliquota sulle produzioni di idrocarburi liquidi alla promozione di misure di sviluppo economico e all'attivazione di una social card, la destinazione del 50 per cento delle aliquote di prodotto derivanti dalle produzioni di idrocarburi nel mare territoriale ad interventi infrastrutturali e occupazionali in materia ambientale, sicurezza idrogeologica del territorio salvaguardia delle coste nei comuni costieri in corrispondenza con le aree di insediamento degli impianti offshore. L'articolo 36-bis interviene sulla disciplina (articolo 16 del DL 1/2012), che prevede la destinazione a progetti infrastrutturali e occupazionali di crescita dei territori di insediamento degli impianti produttivi, di una quota delle maggiori entrate per l'erario garantite dalle risorse energetiche strategiche nazionali di idrocarburi.
  L'articolo 37 introduce alcune modifiche sulle norme vigenti in materia di infrastrutture di gas naturale, al fine di prevedere che i gasdotti di importazione di gas dall'estero, i terminali di rigassificazione di GNL, gli stoccaggi di gas naturale e le infrastrutture della rete nazionale di trasporto del gas naturale, incluse le operazioni preparatorie necessarie alla redazione Pag. 126dei progetti e le relative opere connesse, rivestono carattere di interesse strategico, costituiscono una priorità a carattere nazionale, sono di pubblica utilità, sono indifferibili e urgenti. Tra le modifiche approvate dalla Commissione segnalo che, per le infrastrutture lineari energetiche facenti parte della rete nazionale dei gasdotti, si prevede che l'atto conclusivo del procedimento di autorizzazione alla costruzione è adottato d'intesa con le Regioni interessate previa acquisizione del parere degli enti locali ove ricadono le infrastrutture da rendere entro trenta giorni dalla richiesta decorsi i quali il parere si intende acquisito.
  Anche l'articolo 38 qualifica le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale come attività di interesse strategico, di pubblica utilità, urgenti e indifferibili. Un'ulteriore modifica attiene all'inserimento delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi effettuate sulla terraferma tra i progetti di competenza statale, sottoposti a procedimento di Valutazione di impatto ambientale (VIA) (comma 3) e alla conclusione dei procedimenti di valutazione di impatto ambientale in corso da parte delle regioni; in proposito, si proroga al 31 marzo 2015 il termine entro il quale le regioni devono concludere i procedimenti di VIA in corso e, decorso il quale, gli stessi procedimenti, ove non conclusi, vengono trasferiti al Ministero dell'ambiente. Vengono inoltre stabiliti nuovi principi per il conferimento di titoli minerari, in modo da semplificare e ridurre i tempi necessari per il rilascio dei titoli abilitativi per la ricerca e la produzione di idrocarburi, prevedendo il rilascio di un titolo concessorio unico. Con una modifica in Commissione si rende la proroga della fase di coltivazione da parte del Mise non più automatica, ma subordinata al caso di rinvenimento di un giacimento tecnicamente ed economicamente coltivabile, riconosciuto dal Ministero dello sviluppo economico. Relativamente alla procedura relativa al titolo concessorio unico, si specifica che la valutazione ambientale preliminare è svolta entro 60 giorni con parere della Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale VIA/VAS del MATTM, che il rilascio del titolo concessorio unico è subordinato alla presentazione di idonee garanzie bancarie o assicurative commisurate al valore delle opere di recupero ambientale previste; e che il rilascio di nuove autorizzazioni è vincolato alla verifica di sussistenza di tutte le garanzie economiche della società richiedenti per coprire i costi di un'eventuale incidente durante le attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi. Si ribadisce che per il decreto ministeriale di rilascio del titolo per le attività in terraferma, è necessaria l'intesa con la Regione. Durante l'esame in Commissione è stata soppressa la previsione che estende l'applicazione del programma provvisorio per giacimenti che richiedano l'impiego di nuove tecnologie ad alcune zone per le quali attualmente vige un divieto per la prospezione, la ricerca e la coltivazione di idrocarburi. Si inseriscono, inoltre, tra le attività soggette ad autorizzazione rilasciata dall'Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e la geotermia (UNMIG) la reiniezione delle acque di strato o della frazione gassosa estratta in giacimento. Tra le ulteriori modifiche all'articolo 38 approvate in Commissione segnalo che si prevede che le autorizzazioni relative alla reiniezione delle acque di strato o della frazione gassosa siano rilasciate con la prescrizione delle precauzioni tecniche necessarie a garantire che esse non possano raggiungere altri sistemi idrici o nuocere ad altri ecosistemi. È stato altresì introdotto nelle attività di ricerca o coltivazione di idrocarburi rilasciate dallo Stato il divieto della ricerca e dell'estrazione di shale gas e shale oil e il rilascio dei relativi titoli minerari. Si specifica al riguardo che è vietata qualunque tecnica di iniezione in pressione nel sottosuolo di fluidi liquidi o gassosi, compresi eventuali additivi, finalizzata a produrre o favorire la fratturazione delle formazioni rocciose (c.d. fracking) in cui sono intrappolati lo shale gas e lo shale oil. L'articolo 38-bis inserisce tra gli interventi del Fondo di garanzia Pag. 127per le piccole e medie imprese le operazioni finanziarie finalizzate all'attività di impresa relativa alla sperimentazione di impianti pilota con reiniezione del fluido geotermico nelle stesse formazioni di provenienza, di durata non inferiore a 36 mesi.
  L'articolo 39 modifica alcuni dei criteri per la fruizione degli incentivi per l'acquisto di veicoli a basse emissioni complessive.
  Ulteriori disposizioni inserite nel corso dell'esame in Commissione riguardano l'inclusione, nel novero degli interventi a cui è possibile destinare il 50 per cento dei proventi delle aste del sistema comunitario per lo scambio di quote di emissione di gas a effetto serra, anche del rafforzamento della tutela degli ecosistemi terrestri e marini, e l'articolo 39-bis, che modifica la definizione di teleriscaldamento e teleraffrescamento efficienti.
  Il decreto prevede una serie di misure destinate agli enti territoriali. L'articolo 4 stabilisce alcune misure dirette a favorire la realizzazione delle opere segnalate dai Comuni alla Presidenza del Consiglio dei Ministri dal 2 al 15 giugno 2014, opere incluse tra gli interventi finanziabili con il rifinanziamento del Fondo sblocca cantieri, e le opere contenute nell'anagrafe delle opere incompiute, nonché prevede l'esclusione dal patto di stabilità interno dei pagamenti effettuati dai comuni per gli investimenti in opere oggetto di segnalazione entro il 15 giugno 2014 alla Presidenza del Consiglio dei ministri; in proposito durante l'esame in Commissione è stato specificato che i pagamenti per i quali viene richiesta l'esclusione dal patto di stabilità devono riguardare prioritariamente l'edilizia scolastica, gli impianti sportivi, il contrasto del dissesto idrogeologico, la sicurezza stradale. Viene, altresì, disciplinata l'esclusione dai vincoli del patto di stabilità interno per gli anni 2014 e 2015, per un importo complessivamente pari a 290 milioni di euro, dei pagamenti dei debiti in conto capitale certi, liquidi ed esigibili alla data del 31 dicembre 2013 sostenuti successivamente all'entrata in vigore del presente decreto-legge da parte delle regioni, delle province e dei comuni. Nel corso dell'esame in Commissione sono state aggiunte ulteriori disposizioni che vanno a integrare la disciplina vigente in materia di anticipazioni di liquidità agli enti locali delle risorse per il pagamento dei debiti commerciali contratti dagli enti locali e di pagamento dei debiti fuori bilancio.
  L'articolo 16 prevede due deroghe per la regione Sardegna in materia di programmazione della spesa sanitaria per strutture accreditate, allo scopo di favorire, in via sperimentale, la partecipazione di un investimento straniero nell'ospedale ex San Raffaele di Olbia, esclusivamente per il triennio 2015-2017.
  I commi da 1 a 4 dell'articolo 41 prevedono la destinazione di risorse del Fondo di sviluppo e coesione, per un ammontare di 40 milioni per il 2014 (di cui 20 milioni a copertura degli oneri 2013) e di 20 milioni per il 2015 al fine di assicurare la copertura dei costi del sistema di trasporto pubblico locale della regione Calabria e superare l'attuale situazione di disavanzo. Il comma 5 dell'articolo 41 differisce al 31 dicembre 2015 il blocco, scaduto il 30 giugno 2014, delle azioni esecutive nei confronti delle imprese esercenti il trasporto ferroviario regionale nella regione Campania ed interessate dal piano di rientro dalla situazione di disavanzo: si prevede inoltre che i pignoramenti effettuati non vincolino gli enti debitori e i terzi pignorati.
  L'articolo 42 reca diversi interventi concernenti la finanza regionale. In particolare, il comma 1 concerne il contributo alla finanza pubblica delle regioni a statuto ordinario già disposto dall'articolo 46, commi 6 e 7, del decreto legge 66/2014 e pari complessivamente a 500 milioni di euro per l'anno 2014 e a 750 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017. I commi 2 e 3 posticipano alcuni termini inerenti le misure di flessibilità dell'applicazione del patto di stabilità interno. Il comma 4 concerne l'ulteriore concorso agli obiettivi di finanza pubblica per le regioni a statuto ordinario determinato dai commi 522-527 dell'articolo 1 Pag. 128della legge di stabilità 2013 per un complessivo importo di 560 milioni di euro, in termini di saldo netto da finanziare. I commi da 5 a 8 riguardano i rapporti finanziari tra lo Stato e la Regione siciliana, che danno attuazione all'accordo sottoscritto con la Regione il 9 giugno 2014, nell'ambito della definizione del patto di stabilità interno per il 2013. I commi da 9 a 13 riguardano i rapporti finanziari tra lo Stato e la Regione Sardegna, che danno attuazione all'accordo sottoscritto con la Regione il 21 luglio 2014, nell'ambito della definizione del patto di stabilità interno per il 2013. Nel corso dell'esame in Commissione sono state inserite ulteriori disposizioni concernenti, tra l'altro, la destinazione alla riduzione dei debiti commerciali contratti dalla regione Sardegna delle riserve afferenti al territorio della regione in origine destinate alla concessione di anticipazioni agli enti locali e la determinazione dei costi e dei fabbisogni standard regionali in materia di sanità. L'articolo 42-bis reca disposizioni in materia di edilizia sanitaria e in particolare modifica i termini temporali, decorsi i quali, in caso di mancato utilizzo delle risorse assegnate, si intendono risolti gli accordi di programma sottoscritti dalle regioni e dalle province autonome.
  L'articolo 43 prevede, ai commi da 1 a 3, disposizioni finalizzate a consentire agli enti locali in situazione di c.d. «predissesto», che hanno deliberato la procedura di riequilibrio finanziario pluriennale prevista dal TUEL, di utilizzare le risorse del «Fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli enti locali». Nel corso dell'esame in Commissione sono poi state introdotte specifiche disposizioni relative all'applicazione della sanzione prevista per inadempienza del patto di stabilità, e misure specifiche per i Comuni in predissesto e in dissesto. Il comma 4 dell'articolo 43 prevede l'attribuzione ai comuni delle regioni a statuto ordinario e delle regioni Sicilia e Sardegna, da parte del Ministero dell'interno, di un importo a titolo di anticipo su quanto spettante per l'anno 2014 sul Fondo di solidarietà comunale, da erogare entro il 20 settembre 2014, mentre il comma 5 destina ad incremento del Fondo di solidarietà comunale per l'anno 2014 la somma di 49,9 milioni di euro, quali somme disponibili in conto residui sul Fondo per il federalismo amministrativo di parte corrente. Nel corso dell'esame in Commissione sono state inserite disposizioni volte a limitare, per l'anno 2014, l'applicazione di talune sanzioni previste dalla normativa vigente per il mancato rispetto del patto di stabilità interno 2013 da parte degli enti locali, e, attraverso l'articolo 43-ter, a destinare, per il triennio 2014-2016, in favore dei comuni commissariati per fenomeni di infiltrazione di tipo mafioso, ai fini della realizzazione o manutenzione di opere pubbliche, delle eventuali economie di bilancio che dovessero verificarsi a valere sullo stanziamento disposto a favore delle fusioni di comuni ai sensi dell'articolo 1, comma 380-ter, delle legge n. 228/2012.
  Un ulteriore gruppo di norme comprende misure per le imprese. L'articolo 15 promuove l'istituzione di un Fondo per la patrimonializzazione delle imprese, mentre nel corso dell'esame in Commissione sono stati aggiunti l'articolo 15-bis, recante misure per favorire l'accesso ai finanziamenti della legge 49/1985 da parte delle cooperative di lavoratori provenienti da aziende confiscate, e l'articolo 15-ter modificativo della disciplina della cessione dei crediti d'impresa, consentendo le operazioni infragruppo di cessione onerosa di crediti pecuniari. L'articolo 30 prevede l'adozione del Piano per la promozione straordinaria del Made in Italy e l'attrazione degli investimenti in Italia, mentre l'articolo 31 introduce nell'ordinamento la definizione di una nuova tipologia di struttura ricettizia, denominata condhotel. L'articolo 32 equipara temporaneamente alle strutture ricettive all'aria aperta le strutture organizzate per la sosta e il pernottamento di turisti all'interno delle proprie unità da diporto, ormeggiate nello specchio acqueo appositamente attrezzato (c.d. marina resort) e precisa, attraverso una modifica della legge di stabilità 2013 Pag. 129(L. n. 228/2012), che il sistema telematico centrale della nautica da diporto include anche l'ufficio di conservatoria centrale delle unità da diporto.
  Ulteriori disposizioni infine sono state aggiunte nel corso dell'esame in Commissione all'articolo 4, con riguardo a misure destinate alla ricostruzione dei territori della regione Abruzzo colpiti dal sisma del 2009 che vanno ad aggiungersi al rifinanziamento delle risorse già previsto dal testo vigente del decreto legge, all'articolo 7 relativamente a disposizioni in favore delle popolazioni colpite dal sisma del maggio 2012 e per i comuni della provincia di Bologna colpiti dalla tromba d'aria del 3 maggio 2013 prorogando, tra l'altro, al 31 dicembre 2015, il termine dello stato di emergenza conseguente agli eventi sismici del maggio 2012 in Emilia, Lombardia e Veneto. Sono state, altresì, aggiunte all'articolo 7 specifiche disposizioni che riguardano le modalità di riparto e le finalità di utilizzo delle risorse stanziate dalla legge di stabilità 2014 (articolo 1, comma 256, della L. 147/2013) per il completamento degli interventi di ricostruzione connessi al sisma del 26 ottobre 2012 in Calabria e Basilicata, nonché l'utilizzo delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione della programmazione 2014-2020, oltre a quelle del periodo 2007-2013, al fine di destinare, tra l'altro, una quota di 100 milioni di euro a valere sulla quota nazionale, al Fondo per le emergenze nazionali istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri.
  L'articolo 9 è volto a qualificare, per i lavori di importo fino alla soglia comunitaria, come interventi di «estrema urgenza», considerati indifferibili, in conseguenza della certificazione da parte dell'ente interessato, gli interventi anche su impianti, arredi e dotazioni funzionali alla messa in sicurezza degli edifici scolastici, alla mitigazione dei rischi idraulici e geomorfologici del territorio, all'adeguamento alla normativa antisismica e alla tutela ambientale e del patrimonio culturale (comma 1). Per l'avvio di questi interventi sono introdotte disposizioni in deroga alle procedure di scelta del contraente e alle fasi delle procedure di affidamento dei contratti, previste nel relativo Codice, disposizioni sui quali le modifiche in Commissione sono intervenute al fine di diminuirne la portata (comma 2). Viene, altresì, incrementata di euro 2 mln l'autorizzazione di spesa per la realizzazione di interventi di edilizia e per l'acquisizione di attrezzature didattiche e strumentali di particolare rilevanza da parte delle istituzioni AFAM.
  L'articolo 12 interviene in tema di utilizzo delle risorse dei fondi strutturali dell'Unione europea e del Fondo per lo sviluppo e la coesione, prevedendo che il Presidente del Consiglio dei ministri, sentita la Conferenza unificata, possa proporre al CIPE il definanziamento e la riprogrammazione delle risorse non impegnate qualora le amministrazioni pubbliche responsabili si siano rese responsabili di inerzia, ritardo o inadempimento, fermo restando il principio di territorialità.
  L'articolo 24 prevede che i comuni possano definire, in relazione ad un determinato ambito del proprio territorio, criteri e condizioni per la realizzazione da parte di cittadini, singoli o associati, di interventi di valorizzazione del territorio urbano od extraurbano, quali la pulizia, la manutenzione, l'abbellimento di aree verdi, piazze o strade. A tal fine, l'ente locale può deliberare la concessione di una riduzione ovvero di un'esenzione di tributi locali inerenti alle attività poste in essere dai predetti soggetti. La disposizione, a seguito delle modifiche della Commissione, è stata estesa agli interventi volti al recupero e riuso, con finalità di interesse generale, di aree e beni immobili inutilizzati e specifica che le agevolazioni vengono concesse prioritariamente a «comunità di cittadini costituite in forme associative stabili e giuridicamente riconosciute».
  L'articolo 25, oltre a modificare la disciplina della conferenza di servizi relativamente alla decorrenza dei termini di validità degli atti di assenso e alla natura della deliberazione del Consiglio dei ministri, in materia di autorizzazione paesaggistiche confermando la misura già prevista a ordinamento vigente che, decorsi Pag. 130inutilmente 60 giorni dalla ricezione degli atti da parte del soprintendente senza che questi abbia reso il prescritto parere, l'amministrazione competente provvede comunque sulla domanda di autorizzazione, eliminando il passaggio obbligatorio in Conferenza di servizi.
  Nel corso dell'esame in Commissione sono stati aggiunti l'articolo 30-bis, che istituisce un Registro nazionale delle associazioni nazionali delle Città di Identità per la promozione delle produzioni agricole d'eccellenza, e l'articolo 31-bis concernente l'applicazione dei termini relativi alla scadenza della vita tecnica degli impianti a fune.
  L'articolo 40 detta norme in materia di ammortizzatori sociali e incentivi alle assunzioni. Tra queste norme ricordo l'incremento, per 728 milioni di euro nel 2014, del Fondo sociale per l'occupazione la formazione ai fini del rifinanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga e l'incremento, di 70 milioni di euro per il 2015, della dotazione relativa all'incentivo per le nuove assunzioni di cui all'articolo 1, comma 12, lettera b), del decreto-legge 76/2013.