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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 299 di venerdì 26 settembre 2014

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARINA SERENI

  La seduta comincia alle 9,30.

  GIOVANNI SANGA, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Di Lello, Di Salvo, Epifani, Fico e Ravetto sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente ottantadue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione del testo unificato dei progetti di legge: Velo ed altri; d'iniziativa del Governo: Delega al Governo per la riforma del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (A.C. 731-1588-A) (ore 9,40).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato dei progetti di legge nn. 731-1588-A, di iniziativa dei deputati Velo ed altri; d'iniziativa del Governo: Delega al Governo per la riforma del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285.
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali – A.C. 731-1588-A)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
  Avverto, altresì, che la IX Commissione (Trasporti) si intende autorizzata a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire il relatore, onorevole Paolo Gandolfi.

  PAOLO GANDOLFI, Relatore. Signora Presidente, onorevoli colleghi, il testo che la Commissione trasporti oggi porta in Assemblea risponde all'esigenza di un generale riordino del codice della strada, quella che forse potremmo abituarci a definire una riforma e che spero, con minore clamore e divisioni, si possa inserire nel panorama più ampio di riforme di cui il nostro Paese sembra avere bisogno e a cui questa tormentata e intensa fase politica sembra volere corrispondere.Pag. 2
  Ci siamo. È questa l'occasione per prendere in mano un testo che fin dalla sua approvazione, nel 1992, si è presentato come un corpo normativo ampio e complesso e che successivamente, in particolare negli ultimi anni, è stato oggetto di continui interventi di aggiornamento e di integrazione, che hanno accentuato l'esigenza di revisione. Poca cosa sarebbe la nostra intenzione se ci limitassimo a valutare le necessità in relazione alla qualità del testo. Meglio invece chiarire, sin da subito, quali sono le esigenze che ci inducono ad affrontare un lavoro lungo e complesso come quello che la legge delega innesca.
  Vediamo, quindi, perché riformare il codice della strada. Sono passati 22 anni da quello che erroneamente allora si chiamò «nuovo codice della strada». Sono cambiate tante cose e una fa più impressione delle altre: il parco veicolare è continuato a crescere, in beffa alla crisi e alla stasi demografica. Se ci metteremo più del dovuto in questo iter parlamentare, la riforma potrebbe essere completata nel momento in cui il parco veicolare supererà il numero degli italiani. Se poi pensiamo che gran parte di questi veicoli sono concentrati nelle città, ci potrebbero tremare i polsi. Dovremmo avere, a quel punto, un doppione di ogni città italiana per ospitare i veicoli e farli girare. Siccome così non è, risulta opportuno regolare meglio questa enorme massa di veicoli, a cui si devono aggiungere anche le biciclette e i pedoni.
  Potrei soffermarmi maggiormente nella descrizione di questo scenario, ma basta uscire in strada nell'ora di punta per avere ben chiaro di cosa sto parlando. La popolazione non cresce più; i veicoli, invece, continuano a crescere e, al netto della crisi economica, crescono anche gli spostamenti. Di strade nuove se ne riescono a fare poche e forse è meglio così, perché questa spesso si è rivelata la soluzione sbagliata. Occorrono molte azioni diverse per una migliore mobilità e tra queste, certamente, un nuovo codice della strada.
  La priorità della riforma è la sicurezza stradale, una priorità da porre alla base di qualsiasi politica di mobilità. Ma il codice della strada può avere un ruolo fondamentale, anche in relazione al grave danno sociale ed economico che l'incidentalità rappresenta per il Paese e agli obiettivi di miglioramento posti in sede europea.
  Non vi tormenterò con i numeri, ma alcuni dati ci possono aiutare a capire. Dalla fine della guerra sulle strade italiane sono morti circa mezzo milione di nostri concittadini. Non vi stupirà sapere che sono di più dei caduti italiani, militari e civili, nella Seconda guerra mondiale. Il dato non serve ad allarmare, ma a comprendere l'importanza del tema e l'impegno necessario. Nel 1992 in Italia morivano sulle strade 7.400 persone. Poi, anche grazie al nuovo codice della strada, hanno cominciato a diminuire i decessi per poi assestarsi, dopo qualche anno, intorno ai 6 mila.
  Le modifiche introdotte negli ultimi anni, assieme ad altre azioni del Piano nazionale sicurezza stradale, ci hanno permesso di fare passi decisivi e miglioramenti, in particolare dal 2003 in poi. Oggi siamo a 3.400 morti, un buon risultato in linea con gli obiettivi europei fissati nel 2001.
  Non consola, però, il fatto che, tra i cinque grandi Paesi europei (Germania, Francia, Italia, Regno Unito, Spagna), rimaniamo i peggiori per decessi in proporzione agli abitanti; e, purtroppo, sorprende anche la maggiore progressione fatta dalle altre nazioni rispetto a noi nell'arco dello stesso tempo.
  I nostri punti deboli sono il rispetto delle regole e le città. Infatti, il dato dei pedoni morti è drammaticamente il peggiore tra i cinque Paesi, anche in termini assoluti e occorre considerare che statisticamente il numero di spostamenti a piedi in Italia è inferiore che altrove e che il grado di autonomia di bambini e disabili è estremamente limitato; e questo rende il dato vieppiù allarmante.
  Dato decisamente preoccupante è anche quello delle biciclette, dei motorini e delle moto in cui, in alcuni casi, si registra persino un peggioramento della sicurezza. Pag. 3Le grandi malate del traffico italiano sono, quindi, le città, dove questo tipo di utenza si concentra.
  Dite la verità: ve ne eravate accorti da soli. In tal senso, il provvedimento si caratterizza per l'importanza che attribuisce all'utenza vulnerabile e alle situazioni più problematiche, come la circolazione nei centri urbani, e affronta il tema della sicurezza sotto tutti gli aspetti rilevanti, dalla progettazione dello spazio stradale, delle infrastrutture, degli arredi urbani e della segnaletica, alla revisione della disciplina sanzionatoria, all'esigenza di destinare risorse finanziarie adeguate alle attività di controllo.
  Particolare attenzione viene poi rivolta ai controlli sull'uso di alcool e droga. Prima che in Italia, in molti altri Paesi europei l'ubriachezza era un fenomeno già diffuso, ed essendo stato affrontato con decisione ha prodotto miglioramenti sorprendenti. Se vediamo la differenza tra i dati 2000-2013 (da quando in giro per l'Europa si è cominciato a fare sul serio nei controlli sull'uso dell'alcool), vediamo che i morti in Italia sono diminuiti del 49 per cento, in Francia del 61 per cento, in Germania del 57 per cento, in Spagna addirittura del 70 per cento. Quindi, in questi Paesi hanno affrontato con decisione anche questo problema. L'uso di alcool e delle droghe in Italia è un fenomeno in crescita, quindi dovremo affrontarlo con crescente impegno, come dire che su questo terreno, forse, serve uno sforzo doppio.
  La sostenibilità ambientale e sociale dei sistemi di mobilità è il secondo punto fondamentale del provvedimento. Sostenibilità significa riduzione dei livelli d'inquinamento, ma anche efficienza dei sistemi di trasporto e qualità della vita. Anche in questo caso, con particolare riguardo alle aree urbane, il codice della strada può contribuire a modificare la struttura della mobilità in un'ottica di condivisione dello spazio e integrazione dei flussi di traffico con le altre attività della vita economica e sociale.
  Da questa consapevolezza derivano i principi e i criteri introduttivi del testo in esame, che riguardano il trasporto pubblico, la mobilità ciclistica e pedonale, l'individuazione di zone urbane dove la velocità sia ridotta e il transito dei veicoli sia disciplinato in modo da coesistere con le attività residenziali, scolastiche, commerciali e ricreative.
  Un uso più democratico dello spazio, abbinato alla maggiore sicurezza può essere un fattore cruciale di miglioramento del grado di efficienza e competitività delle città. Ci riempiamo molto la bocca del concetto di smart city e ognuno cerca di tirarlo ad una definizione consona ai propri obiettivi, ma una cosa è certa: tutti gli indicatori individuano nella mobilità sostenibile la chiave di successo nella riqualificazione delle città europee.
  In particolare, tra le città che hanno subito la crisi drammatica della deindustrializzazione e cercato una via smart alla terziarizzazione, solo quelle che hanno investito in mobilità sostenibile hanno vinto la sfida. Una mobilità nuova, sostenibile e più efficiente permette di ridurre i costi sociali, le esternalità, i tempi morti della congestione e soprattutto favorisce il moltiplicarsi delle relazioni tra le persone, fisicamente e attraverso la tecnologia. Le città che ancora sprecano gran parte dello spazio pubblico, dedicandolo unicamente agli spostamenti, perderanno certamente la sfida con chi allo spostarsi delle persone e all'uso dello spazio pubblico saprà aggiungere maggiori relazioni. Anche in questo campo il codice della strada non risolve tutto, ma può fare molto. Cos’è in fondo il codice della strada, se non il protocollo di funzionamento della rete stradale ? Saperlo usare in modo nuovo e intelligente, ne converrete, è una sfida molto più interessante di una semplice manutenzione normativa, facciamolo !
  Il terzo obiettivo che la Commissione ha tenuto presente in modo costante è quello della semplificazione. Al pari della sicurezza e della sostenibilità, anche la semplificazione è stata perseguita in modo coerente e sistematico su diversi piani. In primo luogo, la delega mira a una semplificazione della struttura e dei contenuti del codice, prevedendo espressamente che Pag. 4esso si concentri sulla disciplina dei comportamenti, sulle previsioni sanzionatorie e sulla regolazione dello spazio stradale e del suo utilizzo. L'idea è quella di riscrivere il patto con i cittadini, più rispetto in cambio di regole più giuste e più semplici, perché alla fine siano anche regole certe. Niente rende più complicato nel far rispettare le regole se non la mancanza della piena cognizione del valore che queste presidiano, in particolare la sicurezza.
  L'ideale sarebbe un testo self standing, in grado di essere comprensibile e lineare nel rapporto tra la singola norma, la sua applicazione sulla strada e il beneficio collettivo e personale che il cittadino può trarne nel rispettarla.
  Contestualmente, a livello normativo, la semplificazione e razionalizzazione del codice della strada è stata ricercata ricorrendo allo strumento della delegificazione delle materie che hanno carattere prevalentemente tecnico. Specifici criteri di delega rivolti alla semplificazione sono stati introdotti per quanto concerne la segnaletica, la definizione delle classi sanzionatorie, i ricorsi amministrativi e giurisdizionali, in modo da ridurre, in particolare per quanto concerne quest'ultimo aspetto, gli adempimenti a carico dei cittadini.
  Connesso all'obiettivo della semplificazione è quello di un migliore coordinamento delle attività dei numerosi soggetti pubblici che sono impegnati in questo settore, evitando sovrapposizioni e duplicazioni. A questo riguardo, ritengo particolarmente rilevanti i criteri di delega finalizzati a permettere alle competenti strutture del Governo di recuperare capacità di indirizzo e controllo nei confronti degli enti proprietari e gestori delle strade e, su un altro versante, a riordinare l'esercizio dei compiti di polizia stradale mediante la specializzazione delle funzioni svolte dalle diverse forze e la creazione di un'unica banca dati di infrazioni, da esse condivisa.
  In una prospettiva di semplificazione degli adempimenti per gli utenti, di migliore coordinamento delle attività dei soggetti pubblici e, più in generale, di diffusione delle informazioni, si colloca il criterio di delega volto a favorire la più ampia accessibilità e fruibilità attraverso strumenti telematici dei dati relativi alla circolazione, ai veicoli, ai titoli abilitativi, all'incidentalità e all'utilizzo delle risorse derivanti dalle sanzioni. Tali dati dovranno essere resi disponibili in formato aperto e, più in generale, l'uso delle nuove tecnologie dovrà essere diffuso e reso automatico, a fronte di prevedibili aggiornamenti che la gestione della mobilità dovrà accogliere, senza dover ogni volta rimettere mano al codice.
  Oltre agli obiettivi di carattere generale esiste una specifica dimensione di approfondimento che il testo attribuisce alla delega al Governo. Si tratta delle città, non a caso emerse in diversi passaggi. Si tratta della specificità di problemi e soluzioni che riguardano il traffico e la mobilità urbana. Pur rimanendo un testo unitario, il codice che vogliamo riscrivere deve contenere uno spazio specifico e trasversale ai diversi titoli, relativo alle regole da applicarsi nei contesti cittadini, recependo in particolare l'ormai sperimentata esperienza di altri Paesi europei e quella di molte città italiane, una sorta di special branch che si occupi di risolvere i problemi a cui si accennava sopra (la sicurezza sulle strade urbane, la sicurezza dell'utenza vulnerabile, l'efficienza e la sostenibilità della mobilità nelle città italiane) e che magari si estenda, uscendo dal testo normativo, per rafforzare il settore tecnico disciplinare e far nascere un dipartimento di mobilità urbana all'interno del MIT.
  Le città ne trarrebbero molto giovamento e, pur non essendo questa materia del codice e della discussione di oggi, chissà che questo lavoro insieme sul codice della strada non generi le condizioni per un rafforzamento di queste competenze specifiche.
  Si diceva che i problemi principali di sicurezza del traffico sono nelle città. Il 72 per cento dei feriti è nelle città con una paurosa incidenza dell'utenza vulnerabile sui decessi, pari al 70 per cento. Lo stesso vale per l'ambiente, tanto da vedere azzoppato ogni inverno parte del sistema Pag. 5produttivo del nord Italia dai blocchi del traffico imposti dall'emergenza sanitaria dell'inquinamento atmosferico.
  Ma vogliamo parlare di soldi ? Un recente rapporto dell'ACI stimava in 5 miliardi di euro all'anno il costo della congestione nelle sei più grandi città italiane. Il codice della strada, per quanto di sua competenza, deve occuparsi di queste cose e contribuire a migliorarle.
  Se quelli descritti finora sono i macro-obiettivi, che nel bene o nel male si dovrebbero trovare nel testo in esame, è opportuno in sede di relazione provare a definire un metodo di lavoro e una visione di riferimento per questa riforma.
  Il metodo di lavoro non può che fare riferimento al fatto che una revisione integrale del codice della strada comporta necessariamente il ricorso allo strumento della delega legislativa. La Commissione, a tal fine, ha predisposto un testo di delega, che deriva dall'unificazione della proposta di legge di iniziativa parlamentare Velo ed altri (A.C. 731), la quale, a sua volta, riprendeva i lavori svolti nella scorsa legislatura, e del disegno di legge successivamente presentato dal Governo (A. C. 1588).
  Si tratta di un testo che, da un lato, si caratterizza per l'ampiezza e l'articolazione dei principi e criteri direttivi in esso contenuti; dall'altro, risponde ad alcune finalità fondamentali, che la Commissione, nei propri lavori in sede referente, ha individuato e perseguito con chiarezza e che prima ho cercato di tratteggiare.
  Nel discutere il testo la Commissione si è interrogata anche sul rapporto tra Parlamento e Governo in questo lavoro, al di là del percorso che il testo stesso definisce.
  La volontà è quella di sviluppare, come si è fatto già sulla bozza del testo unificato, un rapporto forte e proficuo tra il Governo e il Parlamento e di estenderlo il più possibile ai comuni: unire in un lavoro collettivo le competenze del MIT, le diffuse relazioni con la società che questo giovane Parlamento è in grado di esprimere e l'esperienza sul campo, sempre più matura, delle nostre città. Il metodo di lavoro che sapremo instaurare oggi sulla delega è in realtà sostanza, in quanto è prevedibile che parti subordinate del codice, afferenti ai regolamenti, siano in seguito modificate attraverso la collaborazione di più soggetti, in percorsi di sperimentazione, in quel caso lontani dalle aule parlamentari, ma che saranno più vicini alla strada, dove questa poderosa tessitura di norme dovrà infine operare.
  La visione è per sua natura più difficile da tradurre in norma, ma vorrei, in conclusione, provare a definirla, lasciando agli atti il resto della relazione con una più puntuale descrizione del testo di legge. Può essere utile, per cercare di definire la visione, partire dal nome stesso del codice della strada, che certamente continuerà a chiamarsi così, ma che suggerisce l'interrogativo se effettivamente ci stiamo occupando solo della strada.
  Interrogarsi sul senso delle parole può, in effetti, aiutarci a definire una visione nuova, in particolare le parole che definiscono le tre dimensioni entro cui si raccordano tutte le norme del codice: la funzione, lo spazio e il soggetto, ovvero il traffico, la strada e il veicolo. È importante riconoscere, almeno nella discussione, le novità semantiche intervenute nel corso degli anni, dove la funzione è meglio descritta dalla mobilità, che supera e ingloba i concetti di circolazione, traffico e trasporto. La mobilità è, infatti, al tempo stesso fattore di libertà, se riferita alla singola persona, e fattore di progresso, se riferita a comunità, città, regioni, paesi.
  La strada è certamente il riferimento spaziale specifico del codice, ma in realtà quest'ultimo regola la mobilità di persone e cose anche in luoghi che strade non sono e che non necessariamente servono a muoversi. Il codice si applica più generalmente nello spazio collettivo, in cui le funzioni si articolano e diffondono senza che siano più riconducibili alle definizioni di corsia, banchina, stallo, eccetera. Si pensi, per esempio, ai centri cittadini, dove la separazione funzionale dello spazio si sta progressivamente perdendo, con piazze che tornano ad assomigliare a quelle che erano prima dell'arrivo dell'automobile, Pag. 6con il progressivo annullamento anche della segnaletica, come sempre più spesso vediamo realizzare all'estero.
  Infine, il veicolo, il principe del codice del 1992 e oggetto di infinite precisazioni e definizioni, dovrebbe essere progressivamente sostituito dall'utente della strada, che comunque sia esso automobilista, pedone o camionista, rimane sempre e comunque una persona, vero soggetto a cui la norma non deve mai dimenticare di rivolgersi.
  Termini nuovi questi, capaci anche di raccordarsi meglio con i piani e i nuovi strumenti di gestione del settore dei trasporti stradali, riconoscendo al tempo stesso a tale disciplina una maggiore estensione verso il campo sociale. Termini però capaci anche di riqualificare la funzione del codice della strada offrendoci la possibilità di agire più in generale sulla qualità della vita e delle relazioni tra i cittadini italiani. Perché no ?
  Stiamo operando su qualcosa che interessa la quasi totalità degli italiani tutti i giorni per molto tempo della giornata. Abbiamo il dovere di fare uno sforzo perché il nostro lavoro li faccia essere più sicuri quando si muovono, renda il traffico più efficiente, le città e il paesaggio più belli e puliti, forse l'economia più vivace, ma soprattutto i nostri concittadini più felici. Sì, più felici quando si muovono, quando si spostano e incontrano casualmente gli altri. Saranno più felici se riusciranno a rendere questa loro attività quotidiana più semplice e sicura.
  Lo possiamo fare, se un minuto prima di dedicare la nostra attenzione ai segnali stradali, alle patenti, alle cilindrate, alle corsie, alle omologazioni, se un minuto prima di questo lavoro necessario pensiamo a come fare perché i nostri figli tornino ad andare a scuola da soli, come facevamo noi. Provate a pensare come i bambini, persone che si muovono in strada senza essere tenuti a conoscere il codice della strada, che stiamo riscrivendo, possono riscoprire le strade dei quartieri in cui abitano e vivere come proprio lo spazio pubblico, anche se continueremo a chiamarlo strada.
  Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna di considerazioni integrative della mia relazione.

  PRESIDENTE. La Presidenza ovviamente lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
  Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito. È iscritto a parlare il deputato Mottola. Ne ha facoltà.

  GIOVANNI CARLO FRANCESCO MOTTOLA. Onorevoli colleghi, il progetto di legge all'esame dell'Assemblea reca una delega al Governo per la riforma del codice della strada. La Commissione trasporti ha elaborato un testo unificato sulla base della proposta di legge n. 731, di iniziativa parlamentare, e del disegno di legge n. 1588, di iniziativa governativa, svolgendo un lavoro lungo e approfondito, dapprima in sede di Comitato ristretto e poi in sede referente, al fine di licenziare un testo che contenesse una delega rafforzata, recando previsioni puntuali rispetto a come operare la revisione del codice della strada.
  Nel confronto tra le varie posizioni, a volte anche molto diverse, il focus è sempre stato concentrato sui cittadini: l'obiettivo è quello di aumentare la sicurezza, semplificare ed uniformare normative e segnaletica, rivedere l'impianto delle sanzioni con intento non vessatorio.
  La delega è perlopiù concentrata sulla sicurezza stradale in ambito urbano, con particolare riferimento all'utenza vulnerabile, quali bambini, disabili, anziani, pedoni, ciclisti, utenti di ciclomotore e motociclo e tutti coloro che meritino una tutela particolare dai pericoli derivanti dalla circolazione sulla strada.
  Il provvedimento si compone di più parti e molte presentano profili di carattere finanziario: su questo elemento, in particolare, si è soffermata la Commissione bilancio per esprimere il parere di propria competenza e questo parere, che non è ad oggi stato espresso, rischia di vanificare in buona parte tutto il lavoro fin qui svolto.Pag. 7
  Le pubbliche amministrazioni e gli enti locali sono infatti preoccupati per taluni principi e criteri direttivi che potrebbero richiedere investimenti, a carico degli stessi, sia nei settori interessati dalla nuova disciplina (sistemi di interconnessione fra trasporto pubblico e privato; miglioramento della sicurezza per biciclette e ciclomotori; realizzazione e manutenzione delle infrastrutture e della segnaletica; accessibilità dei dati sui veicoli e sulle infrazioni attraverso strumenti telematici), sia per quanto riguarda una serie di previsioni la cui attuale formulazione in termini generici non consente di escludere l'assenza di effetti finanziari (riordino dei compiti di Polizia e dei servizi ausiliari; revisione della disciplina sanzionatoria; controlli di regolarità e di conformità).
  In realtà l'intento della delega in esame è di procedere al riordino, e non all'individuazione di una nuova disciplina, in materia di codice della strada, e, pertanto, i settori sopra evidenziati, essendo già previsti dall'attuale codice, saranno oggetto di riorganizzazione, nei limiti delle attuali disponibilità finanziarie, non comportando, appunto, ulteriori oneri per le amministrazioni pubbliche coinvolte.
  Diverso il caso circa i possibili effetti finanziari derivanti da una riduzione delle sanzioni amministrative pecuniarie nel caso dei pagamenti effettuati entro termini abbreviati.
  Il provvedimento di delega prevede una revisione della disciplina sanzionatoria, anche modificando l'entità delle sanzioni, secondo principi di ragionevolezza, proporzionalità, effettività e non discriminazione, prevedendo, in particolare, la graduazione delle sanzioni medesime e gli effetti finanziari non sono quantificabili sin da ora.
  Tuttavia non vorremmo che questo fosse un alibi per sopprimere l'articolo 2, comma 1, lettera n), numero 1) che prevede una riduzione delle sanzioni amministrative pecuniarie nel caso dei pagamenti effettuati entro termini abbreviati.
  A tal proposito ci preoccupano le numerose riserve espresse in Commissione bilancio, il cui parere verrà espresso direttamente in Assemblea, riguardanti le nuove finalizzazioni dei proventi delle sanzioni pecuniarie per violazioni del codice accertate dal personale dello Stato, destinati ad una serie di finalità puntualmente individuate dal testo: attuazione del piano nazionale della sicurezza stradale; studi, ricerche e promozione della sicurezza stradale; educazione stradale; assistenza e previdenza del personale del comparto sicurezza; studi e ricerche sulla sicurezza dei veicoli.
  Il Governo ha sollevato dubbi in Commissione bilancio sull'articolo 2, comma 1, lettera n), numero 11), ritenendo che tale norma sia onerosa e non rechi i necessari mezzi di copertura. Il criterio direttivo stabilisce una revisione delle procedure concernenti l'utilizzo dei proventi derivanti dalle sanzioni amministrative pecuniarie, prevedendo l'attribuzione al Ministero dell'interno di una quota non inferiore al 15 per cento ed al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di una quota non inferiore al 20 per cento: la quota complessiva riassegnata risulterebbe pari al 35 per cento e quindi ben superiore al 16,12 per cento previsto dalla legislazione attualmente vigente.
  È evidente come tale norma abbia incontrato lo sfavore degli enti locali. E tuttavia noi stigmatizziamo il fatto che i proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie per violazioni del codice dalla strada siano frequentemente utilizzate dai comuni per finalità diverse dall'implementazione della sicurezza stradale.
  La destinazione dei proventi delle sanzioni – di cui all'articolo 2, comma 1, lettera i), numero 9) – al miglioramento della sicurezza stradale è già prevista dalla legislazione vigente ma non è prevista alcuna forma di controllo, né alcuna sanzione, a carico degli enti che utilizzino i proventi in questione per finalità diverse.
  Durante l'iter del provvedimento in esame, il tentativo di introdurre tali forme di controllo non è andato a buon fine, né tanto meno le nostre richieste di introdurre un vincolo esclusivo di destinazione dei proventi in questione, poiché tale vincolo renderebbe del tutto ingestibili i bilanci Pag. 8degli enti locali, la cui capacità finanziaria conta molto sulla riscossione dei proventi da sanzioni.
  In sede referente, siamo riusciti ad introdurre alcune modifiche al testo unico approvato dal Comitato ristretto, ma temiamo che il parere della Commissione bilancio possa stravolgerle. Mi riferisco, in particolare, alla norma connessa all'iscrizione volontaria del telaio delle biciclette nel sistema informativo del Dipartimento per i trasporti, che, non prevedendo una specifica previsione di oneri a carico del richiedente, potrebbe essere cassata invece di essere gestita nei limiti degli attuali stanziamenti a favore del CED del Dipartimento stesso.
  Allo stesso modo, speriamo che il Governo trovi le risorse necessarie, se ve ne fosse la reale necessità, per la copertura della norma in base alla quale il rinnovo di validità della patente dei conducenti con età superiore a ottanta anni ha durata di un anno e dovrebbe essere effettuato senza oneri aggiuntivi per i conducenti, ad anni alterni. A normativa vigente, infatti, il rinnovo per i conducenti con età superiore a ottanta anni ha scadenza biennale.
  Infine, per quanto concerne il parere della Commissione giustizia, prendiamo atto del fatto che la Commissione trasporti, in sede referente, non ha recepito la condizione che reintroduce l'obbligo di ascoltare, chi ne faccia richiesta, in caso di ricorso. Su tale aspetto, che si vuole far passare per semplificazione, vorrei annunciare la ripresentazione di un emendamento in Assemblea, al fine di ripristinare quello che, per noi, è il diritto al contraddittorio.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Ferrari. Ne ha facoltà.

  ALAN FERRARI. Signora Presidente, onorevoli colleghi, la discussione di oggi, ben introdotta dal relatore Gandolfi, che ringrazio per la competenza e la passione che contraddistinguono da tempo il suo impegno in questa materia, riguarda la delega al Governo per la riforma del codice della strada, delega che si compone di tre articoli e prevede l'adozione, entro dodici mesi dall'entrata in vigore della legge, di decreti legislativi di modifica e riordino del codice della strada, risalente al 1992.
  Tre sono i cardini principali su cui poggia la delega: la semplificazione, la sicurezza e la sostenibilità. Cardini di un lavoro che, alla fine del suo percorso, dovrà darci un codice della strada più snello e facile, da capire e applicare, strade e città più sicure, un ambiente migliore e maggiore qualità urbana. Oggi, in Italia, la consistenza del parco veicolare ha raggiunto la cifra di circa 50 milioni di unità, la gente si muove di più e con mezzi diversi e nuovi. Il codice non può che diventare uno strumento snello ed efficace nella gestione di un fenomeno così poderoso, proprio per le dimensioni e la complessità dello stesso.
  È, insomma, un codice della strada 2.0, potremmo dire, un codice nuovo, uno strumento attraverso cui si regola il rapporto tra le persone, lo spazio e il tempo in cui queste si muovono. Considerando che quasi tutta la popolazione si muove e che alla mobilità si dedicano crescenti quantità di tempo e risorse, ne deriva che tutto questo muoversi genera una quantità straordinaria di relazioni, superiore a qualsiasi altra forma di rete sociale. In altre parole, la mobilità è il più potente sistema di interrelazione tra i cittadini.
  Nel fare una buona riforma, si può aiutare la mobilità ad essere più sicura, sostenibile ed efficiente; fare un'ottima riforma del codice della strada e della mobilità nel suo complesso, vuol dire anche saper far funzionare meglio le relazioni tra i cittadini, renderle più feconde, rendere la società più creativa, più intelligente, più smart, come si direbbe oggi, e rendere, quindi, i cittadini non solo più sicuri, ma anche più sani, più produttivi e più sereni.
  Per queste ragioni, si deve lavorare con uno spirito nuovo e aperto e occorre anche cambiare il linguaggio, parlando di mobilità e non più di traffico, di spazio pubblico e non più solo di strada, ma, soprattutto, di persone e non di veicoli. Pag. 9Proprio le persone devono essere al centro delle norme e non i mezzi di trasporto, come ben articolato dal relatore Gandolfi.
  Venendo ora ai punti principali della riforma, prima di tutto, come è ovvio, troviamo la sicurezza, principio che deve essere posto alla base di qualsiasi politica di trasporto. La riforma rafforza il concetto di sicurezza e lo estende all'utenza vulnerabile: in tutte le scelte, la sicurezza delle persone deve prevalere su qualsiasi altra esigenza funzionale ed economica. Ma non possiamo certo non porre l'attenzione su quella parte di utenza più debole, i bambini, che si muovono in libertà nei quartieri in cui vivono e alla quantità di problemi ancora irrisolti, che si annidano in questa dinamica. Su questo, anche e soprattutto su questo, il codice della strada può e deve avere un ruolo importante.
  È fondamentale cambiare la mobilità urbana, in linea con la normativa di altri Paesi europei, curando la condivisione dello spazio, l'integrazione dei flussi di traffico, il miglioramento delle funzioni dedicate al trasporto pubblico, la mobilità ciclistica e pedonale, la diffusione di zone sicure, dove le attività residenziali, scolastiche, commerciali o ricreative siano salvaguardate e valorizzate. La sostenibilità ambientale e sociale dei sistemi di mobilità è il secondo punto fondamentale della riforma.
  Oggi la mobilità ha il dovere di essere sostenibile, altrimenti si rischia il collasso del sistema dei trasporti, soprattutto nelle nostre società. Il codice della strada deve favorire i mezzi meno inquinanti, migliorando il benessere delle persone e, conseguentemente, la qualità più in generale della vita.
  La semplificazione e l'aggiornamento del codice è il terzo punto. Serve un testo più semplice, una segnaletica più chiara, come più chiari devono essere gli adempimenti burocratici e le sanzioni. Anche la strada e lo spazio pubblico devono diventare più semplici e razionali a beneficio della serenità degli utenti. Il rispetto delle regole, che deve essere sempre certo e controllato, va perseguito anche attraverso l'educazione ed il radicamento della natura benigna delle norme stesse. Le sanzioni e i controlli devono essere commisurati al pericolo causato ad altri e a se stessi. Semplificazione significa anche sapere aprire a innovazioni tecnologiche, informatiche e telematiche, elementi che possono contribuire sostanzialmente a rendere le strade più sicure e la vita degli utenti della strada più semplice. Insomma, la riforma deve mettere al centro della propria azione le persone, la loro sicurezza e il loro benessere e non più e solo le strade ed i veicoli.
  Questi sono i principi che hanno mosso il lavoro anche del Partito Democratico, non solo in Commissione trasporti, un lavoro che ripercorre tutta la durata di questa legislatura e che trova oggi ragion d'essere negli indirizzi che questa Camera è tenuta a dare alla legge delega. Ambire ad una mobilità migliore passa dalla valorizzazione del comportamento e della componente soggettiva di ogni utente della strada, passa nel rendere il rispetto delle regole sempre più naturale e lo spazio stradale sempre più sicuro e democratico, passa nel concepire un semplice gesto quotidiano come quello del muoversi come uno degli specchi di un Paese più civile e, a mio avviso, come un modo distintivo per impostarne il suo sviluppo, soprattutto oggi, ovvero nel momento in cui ci apprestiamo a dare finalmente vita e corpo alle nuove istituzioni metropolitane.
  Poco più di un decennio fa, l'autorevole sociologo americano Richard Florida consegnò alla storia uno dei suoi lavori più efficaci e suggestivi: la classe creativa e la teoria delle «3T». In questa teoria Florida sostiene che lo sviluppo e la crescita delle regioni urbane, che per il nostro Paese vale a dire lo sviluppo e la crescita delle aree metropolitane policentriche, essendo il nostro Paese delle tante, anzi cento, piccole città, dipendono da tre fattori fondamentali: la tecnologia, il talento e la tolleranza, intesa come apertura alle diversità culturali. Le «3T», dice Florida, non solo ci devono essere nelle regioni urbane ma devono fortemente interconnettersi, perché così circolano conoscenze, Pag. 10finanze, creatività, relazioni e scambi. Ora, è del tutto evidente che la mobilità di buona parte di questi fattori è immateriale ma è altrettanto evidente che una parte comunque rilevante riguarda la mobilità materiale, senza la quale una regione urbana non è attrattiva per le persone e quindi non può porre le basi per il proprio sviluppo. Questa, io penso, sia la sfida, cioè non sottovalutare nessun dettaglio e orientare ogni provvedimento in questo Parlamento a creare maggiore capacità di attrarre per il nostro Paese, quella capacità di attrarre conoscenze, investimenti, culture. In questa sfida, un argomento come quello di oggi solo in apparenza è eccentrico, perché è anche e proprio da una migliore mobilità che si misura la nostra capacità di riuscire ad attrarre davvero. Con questa discussione di oggi dobbiamo dire che il Parlamento c’è, che il Partito Democratico c’è in questo tentativo di allargare il senso di codice della strada a tutto il tema della mobilità come la stiamo interpretando e c’è al fianco del Governo, e, ancora una volta, riformare il Paese, renderlo più bello e competitivo, è possibile (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Cristian Iannuzzi. Ne ha facoltà.

  CRISTIAN IANNUZZI. Signor Presidente, visto che comunque l'Aula è abbastanza vuota e rischierei di parlare soltanto con i colleghi della mia Commissione, che già conoscono il nostro lavoro, il nostro contributo al testo, preferisco consegnare il mio intervento in modo che resti agli atti, quindi chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento (La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Piso. Ne ha facoltà.

  VINCENZO PISO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, le modifiche al codice della strada approvate dalla Commissione trasporti della Camera dei deputati ed ora all'esame dell'Assemblea vanno nella direzione auspicata dal gruppo parlamentare Nuovo Centrodestra.
  Si tratta di un codice breve, ispirato ai principi di semplificazione delle procedure e di delegificazione delle norme, a tutto vantaggio della chiarezza e della certezza delle disposizioni applicabili.
  Infatti, il testo vigente, il testo attuale del nuovo codice della strada, successivamente oggetto di numerosi, parziali interventi modificativi, consta di 7 titoli per 230 articoli ed oltre 10 articoli di disposizioni abrogative e transitorie. Nello stesso codice della strada trovano, pertanto, disciplina non solo i principi generali, le prescrizioni comportamentali e le sanzioni, ma anche una lunga serie di materie di eccessivo dettaglio e molto tecniche, che costituiscono un insieme di disposizioni rigide e complesse: un corpus di prescrizioni che risulta di difficile lettura. Risultava quindi necessario intervenire con regole semplici e chiare, che permettessero, attraverso una legge delega ed interventi di delegificazione, di avere un insieme di norme ispirate alla logica della chiarezza e della certezza normativa, per eliminare regole e disposizioni eccessivamente burocratiche che hanno caratterizzato fino ad oggi la legislazione vigente.
  L'altra esigenza più volte manifestata dal Nuovo Centrodestra durante i lavori parlamentari, era quella di raggiungere un livello di sicurezza ottimale che consentisse di ridurre gli incidenti stradali: perché questo è uno dei temi di fondo anche indicati dall'Europa. La sicurezza stradale costituisce, infatti, una parte integrante della politica europea dei trasporti, e la Commissione europea ha posto la sicurezza del trasporto stradale tra i dieci obiettivi da raggiungere per contribuire allo sviluppo di uno spazio unico dei trasporti maggiormente competitivo e sostenibile.
  La stessa Commissione, quindi, ha considerato necessario che, nell'Unione europea, venga incrementata la sicurezza stradale al fine di dimezzare il numero delle Pag. 11vittime entro il 2020. Il conseguimento di tale risultato è considerato dalla stessa Commissione determinante anche per incrementare la funzionalità del sistema del trasporto europeo, e garantire al tempo stesso il libero movimento dei cittadini all'interno dell'Unione.
  L'aumento della sicurezza stradale e la conseguente diminuzione del numero delle vittime di incidenti stradali, secondo quanto riportato nel Libro bianco sui trasporti, richiedono però l'adozione di iniziative nei settori infrastrutturale, tecnologico, educativo, formativo ed ispettivo. E qui vorrei fare un passaggio, per ricordare a noi tutti che, quando parliamo di codice della strada e sottolineiamo il valore dell'importante provvedimento che stiamo varando, non ci dobbiamo assolutamente dimenticare, non possiamo pensare che il codice della strada possa effettivamente incidere più di tanto all'interno di quelle che sono le dinamiche che poi provocano la situazione in cui versano specialmente le nostre grandi aree urbane per quanto attiene al traffico. Non sono le norme che possono dare soluzioni definitive alle situazioni di congestione che noi viviamo nelle nostre grandi aree metropolitane: certo, possono dare un contributo, ma purtroppo la possibilità di dare risposte in questo ambito, risposte reali, risposte concrete, sono altre.
  Ritornando al discorso della sicurezza stradale, i dati pubblicati dall'ISTAT relativi agli incidenti stradali registrano in Italia 186 mila incidenti stradali, più o meno, con lesioni a persone nel 2012, oltre 3.500 morti e all'incirca 260 mila feriti. Rispetto all'anno 2011, si riscontra nel 2012 un dato positivo, ovvero una diminuzione del numero totale degli incidenti (abbiamo un 9,1 per cento in meno) e dei feriti (un 9,3 per cento in meno), ma con un calo consistente del numero dei morti (meno 5,3 per cento): per cui un dato sicuramente positivo. La diminuzione del numero dei morti rispetto all'anno 2001, poi, risulta complessivamente pari al 48,5 per cento (si è passati da 7 mila morti nell'anno 2001 ai 3.600 morti del 2012).
  Un decremento, quindi, significativo, ma al di sotto dell'obiettivo che era stato fissato dall'Unione europea nel Libro bianco del 2001, di riduzione della mortalità del 50 per cento entro il 2010, e che richiede ulteriori sforzi per riuscire a raggiungere l'obiettivo europeo di dimezzare i decessi da incidenti nel decennio 2011-2020.
  Secondo i dati EUROSTAT, nell'Unione europea nel 2012 sono decedute oltre 28.000 persone in incidenti stradali e i Paesi che hanno registrato il maggior numero di decessi sono stati, oltre all'Italia, la Francia, la Polonia, la Germania, la Romania, la Spagna ed il Regno Unito. Un numero ancora effettivamente alto di vittime che desta particolare preoccupazione e allarme sia in termini di salute pubblica sia in termini di costi sociali.
  Infatti, se, nei decenni scorsi, il problema della sicurezza non è stato valutato a sufficienza, oggi esiste una maggiore consapevolezza ed una più forte volontà per un più serio approccio alla salvaguardia individuale e collettiva delle persone.
  Il gruppo parlamentare del Nuovo Centrodestra si è impegnato a lungo in Commissione trasporti per introdurre modifiche alla normativa vigente nel senso di migliorare soprattutto l'aspetto relativo alla sicurezza stradale: aspetto che rappresenta un problema di assoluta priorità sociale per l'alto numero di vittime e di invalidità permanenti e temporanee che causa.
  Agli enormi costi sociali e umani si aggiungono, in realtà, anche elevati costi economici che rendono la questione della sicurezza stradale un argomento di significativa rilevanza per il nostro Paese.
  La riforma del nuovo codice della strada che stiamo per approvare rafforza il concetto di sicurezza e lo estende all'utenza vulnerabile: va in questa direzione l'approvata proposta emendativa, formulata dal Nuovo Centrodestra, che riconosce, per la prima volta, lo status di utenti vulnerabili a coloro che percorrono la strada su mezzi a due ruote, considerando i medesimi una sorta di categoria, salvaguardandone diritti e peculiarità.Pag. 12
  Il tema della sicurezza stradale è strettamente connesso, peraltro, a quello della componente infrastrutturale e al rispetto dei limiti di velocità. Generalmente, il mancato rispetto delle regole di velocità comporta un incremento di incidentalità: infatti, le ricerche sui fattori determinanti degli incidenti stradali hanno dimostrato come la guida a velocità elevata contribuisca ad incrementare sia il numero degli incidenti sia, in particolare modo, la gravità delle loro conseguenze. Ne deriva che una diminuzione della velocità media dei veicoli, conduce proporzionalmente ad una riduzione dei sinistri con un maggiore decremento del numero degli incidenti gravi o addirittura con esiti mortali.
  Le norme contenute nel progetto approvato dalla Commissione trasporti prevedono, tra l'altro, proprio una revisione dell'apparato sanzionatorio per comportamenti particolarmente pericolosi. Si modificano in tal modo le norme relative alle sanzioni secondo principi di ragionevolezza, proporzionalità, effettività e non discriminazione, quindi rispettando i parametri di gravità, reiterazione ed effettiva pericolosità del comportamento.
  Inoltre, con una svolta che possiamo definire storica, si consentirà anche ai mezzi di cilindrata di 125 centimetri cubi di percorrere l'autostrada, come del resto avviene in tutta Europa.
  Per evidenziare le principali disposizioni migliorative del progetto di legge approvate in Commissione occorre, inoltre, far presente la limitazione della presenza a bordo strada di ostacoli fissi artificiali, come i supporti della segnaletica ed i guard-rail, e la possibilità per bici e motocicli di percorrere le corsie riservate ai mezzi pubblici. E su questo aspetto sinceramente esprimo, a livello personale, una certa perplessità: ritengo, infatti, che, specialmente nelle grandi aree metropolitane, noi abbiamo bisogno di aumentare la velocità commerciale dei mezzi pubblici e questo elemento che stiamo introducendo potrebbe essere ostativo a tale obiettivo; ciò dovrebbe, a sua volta, far riflettere sugli obiettivi strategici che dobbiamo e vogliamo andare a raggiungere perché, ribadisco, rispetto alle aree metropolitane, dobbiamo cercare di fare lo sforzo di comprendere come questi spazi urbani rappresentino effettivamente, a tutto tondo, una specificità che va valutata con modalità diverse rispetto al resto del territorio nazionale, anche perché, spesso, parliamo di realtà urbane che soffrono di un ritardo infrastrutturale incredibile. Basterebbe fare l'esempio della nostra capitale per renderci conto di che cosa stiamo parlando.
  Su questo aspetto spero, auspico che il Parlamento sia in grado di compiere uno sforzo di concretezza. Noi, infatti, troppo spesso, ci troviamo a parlare in questa Aula, non soltanto rispetto al tema della mobilità, del raggiungimento di grandissimi obiettivi, non avendo ben presente che, spesso e volentieri, nel nostro Paese manca proprio quello che usualmente viene definito l’«abc».
  Noi non possiamo ipotizzare chissà quale salto in avanti rispetto ad una modalità di trasporto importante quale può essere quello, magari, che si sviluppa attraverso il mezzo della bicicletta se prima non diamo risposte vere in merito al trasporto ad alta capacità, perché il trasporto attraverso appunto questo simpaticissimo mezzo che è la bicicletta può essere concepito, in una grande area urbana come Roma, come afferente alla mobilità ad alta capacità. Allora, o noi capiamo che dobbiamo raggiungere degli obiettivi prioritari, condicio sine qua non per rendere possibili, senza eccessivi pericoli, anche altre modalità di trasporto oppure noi rischiamo, per voler realizzare tutto e subito, di fare quello che poi è accaduto, ossia di non realizzare assolutamente nulla e permettere che, nelle nostre aree metropolitane, vi sia una condizione che, invece che essere vicina ai tanto ammirati Paesi del nord Europa, è più vicina alla realtà di Paesi che oggi noi definiamo, secondo me ingiustamente, in via di sviluppo, quando invece hanno sopravanzato alcune nostre realtà a livello di infrastrutture. Quindi, su questo tema esprimo la mia personale perplessità, come esprimo la mia perplessità (ed approfitto Pag. 13di questa occasione, anche se non è un tema che riguarda l'argomento che stiamo trattando, ma attiene sempre al tema della mobilità) sulla possibilità ventilata che le biciclette possano rappresentare un mezzo assolutamente svincolato dalle regole di cui bisogna dotarsi per quanto riguarda la mobilità (ho sentito parlare qualche settimana fa della possibilità che, addirittura, le biciclette possano andare contromano, che mi sembra, insomma, una cosa veramente che non sta né in cielo né in terra). Pertanto, vi deve essere l'indicazione di regole che dovranno essere seguite per la costruzione di strade più sicure. Noi, dunque, siamo attivamente intervenuti nell'elaborazione del testo su cui oggi siamo chiamati a decidere. Ma, senza voler creare alcuna polemica, desideriamo mantenere le nostre preoccupazioni sul punto che riguarda l'omicidio stradale. L'introduzione di tale fattispecie, infatti, al di là di valutazioni etiche che pure condividiamo, si presta a complesse difficoltà applicative che speriamo possano essere superate nel tempo. Insomma, stiamo attenti a non operare in questo ambito sulla base dell'emotività, come troppo spesso accade nel nostro Paese. Sul punto, ci siamo già dichiarati favorevoli, anche sulla base di sollecitazioni e richieste che addetti ed esperti della materie hanno avanzato in molte circostanze: sollecitazioni e richieste che abbiamo raccolto con l'auspicio di fornire al giudice uno strumento sicuro e più idoneo per rispondere adeguatamente alla legittima richiesta di giustizia dei famigliari. Con il nuovo codice della strada, in definitiva, si mira ad ottenere procedure più snelle e semplici, con riferimento a pochi articoli ed una nuova disciplina sanzionatoria che preveda una maggiore graduazione delle sanzioni in funzione della gravità dell'infrazione.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Rondini. Ne ha facoltà.

  MARCO RONDINI. Signor Presidente, quella che arriva oggi in Aula è, nel complesso, una buona legge che introduce, nella modifica del codice della strada, un principio sacrosanto, tra l'altro richiamato più volte dal Presidente del Consiglio Matteo Renzi: chi sbaglia è giusto che paghi. Chi, ponendosi alla guida di un veicolo sotto effetto di alcol e/o droga, provoca la morte di una persona sarà sottoposto alle sanzioni amministrative accessorie della revoca della patente e all'inibizione della guida sul territorio nazionale a tempo indeterminato. Inoltre, nel testo in esame, si fa esplicito riferimento alle modifiche del codice penale che permettano poi l'introduzione del reato di omicidio stradale.
  Norme di buon senso, dunque, che vanno a recepire una richiesta chiara e semplice che da tanti, troppi anni, attendeva una risposta.
  Ritengo che la pena del cosiddetto «ergastolo della patente» sia una sanzione congrua con il danno causato alla comunità intera e ai parenti della vittima in generale e in particolare.
   Auspichiamo, invece, che non si dia seguito a quelle che noi non possiamo che definire ridicole richieste che abbiamo ascoltato, partecipando ai lavori delle Commissioni trasporti e affari sociali, avanzate da chi, in sostanza, ritiene questa una pena draconiana eccessiva che non prevede e non permette il recupero sociale dell'incosciente, secondo loro, criminale secondo noi. Riteniamo che chi si pone alla guida di un veicolo sotto l'effetto di droga o alcol non può non sapere che, potenzialmente, può trasformarsi in un assassino e, dunque, è giusto che paghi di conseguenza.
  Riteniamo, quindi, un passo in avanti ciò che è avvenuto in Commissione trasporti, nel corso dei lavori in Commissione trasporti per la compilazione di questo testo e che ha portato anche all'accoglimento di un nostro emendamento che, di fatto, permette e agevola l'iter per la modifica del codice penale per l'introduzione del reato di omicidio stradale.
  Riteniamo questo un punto qualificante del provvedimento, che denota sensibilità e solidarietà sopratutto nei confronti dei parenti delle vittime e anche nei confronti Pag. 14delle vittime. Riteniamo, inoltre, che oggi abbiamo il dovere di fare un salto di qualità quando andremo a definire il reato di omicidio stradale e ciò, convinti che le sanzioni attualmente in vigore, sancite dagli articoli 589 e 590 del codice penale, che regolano appunto l'omicidio colposo e le lesioni colpose, non hanno intaccato finora la configurabilità del reato a titolo di colpa, mentre oggi è necessaria e opportuna una configurazione autonoma del reato, nel quale la condotta, cioè assumere alcool e droghe, associata alla conduzione di un veicolo a motore, assuma la veste di un reato voluto.
  È di tutta evidenza che oggi chi uccide, guidando in stato di alterazione, è punito sotto il profilo esclusivamente e puramente colposo, ossia si ritiene che l'incidente stradale sia stato determinato da una responsabilità che si fonda sulla condotta colposa del soggetto, come se le conseguenze letali o lesive verificatesi non fossero state volute dal conducente.
  La normativa vigente non tiene in alcun conto la circostanza che l'assunzione di alcol o droga, prima di porsi alla guida di un veicolo, è un atto consapevole perché nessuno può non sapere – lo ribadisco – che stupefacenti ed alcool sono sostanze fortemente idonee ad alterare la capacità di conduzione di un veicolo.
  Ecco, riteniamo che, nella definizione della nuova fattispecie di reato, si tenga poi conto di queste considerazioni oggettive. Non è più infatti tollerabile – e ce lo chiede la gente comune e la nostra comunità – che chi uccide, guidando alterato, ne risponda in modo blando perché, oggi, la pena che a questa persona viene comminata è simile a quella che viene comminata a chi compie un banale reato e, spesso, non sconta neanche un giorno di carcere.
  Ebbene, noi riteniamo appunto che questi siano i punti qualificanti di questo provvedimento e quindi vigileremo affinché, nel corso dell'esame in Aula, il testo non venga stravolto o magari ammorbidito per andare incontro, al solito, alle istanze di chi ritiene più importante magari garantire il recupero sociale dei criminali, piuttosto che dare giustizia alle vittime dei criminali o ai parenti delle vittime dei criminali. Quindi, vigileremo affinché il testo non venga alterato, modificato, né ammorbidito.
  E questo lo dobbiamo tutti noi, tutti noi, appunto, alla nostra comunità, che ci chiede fortemente di dare delle risposte semplici, chiare e che vadano nella direzione di garantire la certezza della pena nei confronti di chi si macchia di un crimine così grave.
  Infine, concludo ringraziando anche i colleghi della Commissione e, in particolare, anche il relatore, che ho visto molto sensibile nei confronti anche di queste legittime istanze. Confido nel fatto che porteremo a termine i lavori di esame di questo provvedimento, osservando quelle che sono le indicazioni che ci vengono dalla nostra comunità.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Zaratti. Ne ha facoltà.

  FILIBERTO ZARATTI. Signora Presidente, signori rappresentanti del Governo, riteniamo che sia molto importante riformare il codice della strada. È stato detto dal relatore, e noi lo condividiamo, che è cambiato completamente lo scenario nel corso di questi anni. È cambiato lo stato delle nostre strade, è cambiato il volume della mobilità sulle strade, dovuta all'aumento del parco vetture, e da questo punto di vista riteniamo che sia fondamentale che la mobilità vada migliorata. C’è bisogno di nuove e più efficaci regole per affrontare meglio le necessità, appunto, di questa situazione enormemente mutata. C’è la necessità di tutelare i diritti dei soggetti più deboli, i pedoni, i bambini, i disabili. Si tratta di rendere più sicura la mobilità ecosostenibile, come quella ciclabile. Si tratta di considerare il sempre maggiore uso di moto e motorini, specialmente nelle grandi aree urbane. Insomma, non è più rinviabile un lavoro organico di riforme in questo campo.
  In Commissione, nel Comitato ristretto è stato fatto un buon lavoro, portando a buon fine anche quanto fatto nelle precedenti Pag. 15legislature. Abbiamo visto, tra le altre cose, approvare molti emendamenti, presentati da noi, inerenti la sostenibilità ambientale e sociale dei sistemi di mobilità, il miglioramento delle funzioni dedicate al trasporto pubblico, la mobilità ciclistica e pedonale, l'emendamento sulla diffusione delle cosiddette «zone trenta», la necessità di prevedere un'organizzazione della precedenza d'uso che parta dai pedoni in ordine successivo ai veicoli più vulnerabili e meno inquinanti, il rafforzamento della tutela della cosiddetta «utenza vulnerabile», specificando che nell'ambito di questa categoria entrino anche i ciclomotoristi e i motociclisti, l'inasprimento delle sanzioni amministrative in caso di occupazione degli spazi riservati alle persone disabili o l'utilizzo improprio del contrassegno invalidi. Quindi, un provvedimento che riteniamo utile e positivo.
  Quello che, però, riteniamo possa inficiare il positivo lavoro svolto è l'introduzione della questione dell'omicidio stradale. Intanto, noi siamo, come dire, per concetto abbastanza perplessi rispetto alla possibilità di modificare il codice penale partendo da un provvedimento che riguarda la Commissione trasporti, appunto, e il codice della strada. Pensiamo che le modifiche al codice penale debbano stare dentro l'organicità di una riforma eventuale, appunto, del codice penale. Quindi, noi pensiamo che inserire questo elemento nella legge delega sia assolutamente sbagliato e sia improprio.
  Del resto, l'omicidio stradale per certi versi è, in un certo senso, in qualche modo compreso già dal codice penale. Nell'articolo 589 del codice penale, relativo all'omicidio colposo, sono specificate in modo chiaro quelle che sono le fattispecie che riguardano, appunto, l'omicidio stradale.
  Vorrei ricordare quello che prevede l'articolo 589: «Chiunque cagiona per colpa la morte di una persona è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni. Se il fatto è commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena è della reclusione da due a sette anni. Si applica la pena della reclusione da tre a dieci anni se il fatto è commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale da: 1) soggetto in stato di ebbrezza alcolica ai sensi dell'articolo 186, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni; 2) soggetto sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope. Nel caso di morte di più persone, ovvero di morte di una o più persone e di lesioni di una o più persone, si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse aumentata fino al triplo, ma la pena non può superare gli anni quindici». Quindi, la condotta dell'omicidio stradale pare dunque già penalmente rilevante e sanzionata. Il problema, semmai, riguarda l'applicazione della norma e l'esecuzione delle pene, e non, appunto, il loro aggravio. Quindi, ogni delitto efferato, comprensibilmente, suscita rabbia e paura, specie quando viene amplificato dai mass media nella cronaca nera: microcriminalità, pirateria stradale. Il rafforzamento della pena, senza intervenire in maniera organica con strumenti di prevenzione e controllo, rafforzamento delle indagini, celerità dei processi, rischia di non sortire gli effetti deterrenti sperati.
  Anche sull'aspetto relativo al cosiddetto «ergastolo della patente», noi solleviamo una forte critica. Appare inopportuna la previsione della revoca della patente e l'inibizione della guida a tempo indeterminato in relazione a verifiche e controlli sullo stato di alterazione psicofisica che, attualmente, sono molto imprecisi e approssimativi, e non consentono di stabilire con certezza le condizioni del soggetto alla guida. Peraltro, in altri Paesi dell'Unione europea non esiste una sanzione definitiva di questo tipo. Va aggiunto che la mia parte politica, io personalmente, sono contrario al concetto di ergastolo anche per quanto riguarda il codice penale, perché riteniamo che lo spirito che comunque deve informare la pena da ogni punto di vista deve essere quello del recupero e della riabilitazione. Ora, che noi introduciamo, Pag. 16addirittura, il concetto di ergastolo della patente per quanto riguarda queste fattispecie in campo credo che sia un errore grave e che vada contro lo spirito del nostro ordinamento giudiziario in senso più generale. Credo che noi dobbiamo evitare di cavalcare quelli che sono anche i giusti sentimenti di chi è stato vittima di atroci situazioni e di incidenti stradali. Dobbiamo trovare le modalità che ci permettano di modificare il codice della strada, per rendere più sicura la mobilità di tipo privato, da quella autoveicolare a quella ciclistica, a quella dei pedoni, a quella dei soggetti più deboli. Dobbiamo interpretare il codice della strada interpretando anche le modernità necessarie per rendere un servizio alla nostra comunità, ma, certamente, non possiamo inseguire queste richieste, che, a volte, sono dovute più all'emotività del fatto e di quello che viene raccontato dalla stampa piuttosto che dalla reale necessità di una modifica di un provvedimento di questo genere.
  Penso che il lavoro fatto con grande sagacia da parte della Commissione e del Comitato corra il rischio di trovare un intoppo importante su questa vicenda dell'omicidio stradale, così come è stato, peraltro, nelle precedenti legislature, perché la questione della modifica del codice della strada è stata affrontata anche nelle precedenti legislature e proprio sulla vicenda dell'omicidio stradale ha trovato quell'intoppo che non ha determinato, poi, il fatto che il provvedimento potesse andare avanti. Quindi, penso che dovremmo ripensare a questa vicenda, all'introduzione di questo emendamento sull'omicidio stradale e sull'ergastolo della patente; altrimenti, dal nostro punto di vista, diventerebbe impossibile dare un giudizio positivo sull'insieme del provvedimento, che, invece, insieme ad altri, abbiamo contribuito a rendere così efficace.

  PRESIDENTE. Constato l'assenza del deputato De Lorenzis che era iscritto a parlare, si intende che vi abbia rinunziato. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo – A.C. 731-1588-A)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, deputato Gandolfi.

  PAOLO GANDOLFI, Relatore. Signor Presidente, svolgerò una replica breve perché, in realtà, gli interventi, almeno quelli espressi, hanno tutti condiviso gran parte del lavoro fatto, come del resto era apparso già chiaro durante il lavoro in Commissione. Mi soffermerò rapidamente su quelli che sono stati evidenziati come dubbi. In primo luogo, dal collega Mottola credo che siano state correttamente interpretate tutte le valutazioni, che posso anticipare (le abbiamo già condivise in anticipo durante la discussione e la formazione del Testo unico), relativamente agli eventuali rilievi economici che il nostro lavoro potrà avere. Credo che il parere della Commissione bilancio, in questo senso, forse rischia di essere un po’ troppo «preoccupato» relativamente ad una norma che, in realtà, non ha né la capacità di generare o di produrre investimenti che non siano già previsti dagli enti proprietari delle strade, né di produrre particolari costi di amministrazione.
  L'unico punto su cui era eventualmente presente un aggravamento dei costi di amministrazione era quello relativo al rinnovo della patente degli ultraottantenni su cui c’è stata una discussione e su cui confermo quanto diceva il collega Mottola: intenderemmo chiedere che se ne faccia carico l'amministrazione, ovvero che, visto che noi chiediamo agli ultraottantenni di raddoppiare, di fare annualmente il controllo della patente e non ogni due anni come avveniva prima, questo non avvenga a loro carico. Quindi, insomma, se questo è l'unico rilievo di natura economica, credo che sia accettabile.
  Per il resto, invece, su tutta la parte sanzionatoria, è vero che si chiede di Pag. 17rivederla ed è vero – immagino – che sia difficile stabilire preventivamente quale può essere l'impatto economico, anche perché si parla di amministrazioni diverse dallo Stato, però è altrettanto vero che in più punti si accenna, e con chiarezza, alla necessità di rafforzare il sistema delle sanzioni. Quindi, è immaginabile, che quantomeno complessivamente, le entrate da sanzioni possano essere comunque considerate pari, se da un lato si chiede di rivedere il sistema sanzionatorio – e quindi questo può ammettere anche le ipotesi di riduzioni, non necessariamente lo prevede, ma può ammetterlo – però dall'altro si parla con chiarezza anche dell'incremento dei controlli soprattutto su certe tipologie di infrazione, quelle più pericolose.
  Quindi, diciamo che ritengo che i chiarimenti fatti dal collega Mottola possano essere tranquillamente considerati un'integrazione anche alla mia stessa relazione. Il collega Piso anche lui ha raccontato con molta chiarezza il senso del lavoro che è stato fatto in Commissione e ha espresso alcuni dubbi su cui provo ad intervenire rapidamente. Il primo, relativo alla condizione peculiare che si deve identificare nel caso delle grandi metropoli, delle più grandi città italiane. Credo che lui abbia ragione, noi abbiamo già fatto un primo passo con il testo in questa direzione, chiedendo che il codice della strada abbia una sorta di disciplina speciale e, comunque, si occupi con più attenzione e con più specificità del tema del traffico urbano. Certamente si può arrivare a determinare sullo stesso filone, come una sorta d'integrazione di questo importante punto introdotto nel testo della delega, che nell'ambito del traffico urbano ci possa essere un'attenzione particolare alla condizione delle principali metropoli italiane.
  Da questo punto di vista rispetto, invece, ai dubbi relativi a un provvedimento accennato, introdotto dalla delega, e a un provvedimento in realtà presente su un altro testo di legge di modifica del codice della strada che dovremmo trattare a breve – relativo comunque a condizioni di sicurezza che possono incorrere nella convivenza tra il traffico ciclistico e quello automobilistico sia sulle strade normali, sia su quelle dotate di corsia preferenziali – credo che siano valutazioni che saremo in grado di approfondire sotto il profilo tecnico e che la delega lascia ampio margine sia al Ministero prima, che ai comuni dopo, per regolare queste cose nel migliore dei modi.
  Quello che possiamo stabilire da subito, con una sorta di patto di chiarezza, riguarda tutti questi provvedimenti, compreso quindi quello non correttamente definito «contromano ciclistico». Io sostengo che sia una delle cose più dannose e pericolose il contromano delle biciclette, quindi non è certo questa la finalità, quanto piuttosto il doppio senso, ovvero la presenza di biciclette, motoveicoli e motocicli nelle corsie preferenziali.
  Diciamo questo come patto: tutti i provvedimenti, questi compresi, devono avere come finalità la sicurezza del traffico, a partire dalla sicurezza dei soggetti più vulnerabili, come dice il testo. Quindi, saremmo folli, se pensassimo di introdurre una norma che al tempo stesso produce un effetto opposto a quello che è nelle nostre finalità iniziali. Sulla base di ciò credo che riusciremo a chiarire meglio i contenuti.
  Il collega Rondini ed il collega Zaratti si sono intrattenuti con valutazioni diverse su un tema contenuto nel codice della strada, anzi su due temi. Uso le definizioni, in parte giornalistiche in parte anche richiamate all'interno di alcuni testi, di omicidio stradale ed ergastolo della patente.
  Sul primo la Commissione trasporti è stata molto attenta. In questo senso è stato molto utile il contributo della Commissione giustizia a chiarire che il codice della strada non ha alcuna ambizione a determinare nuove pene, quanto quella di indicare al Governo la necessità di definire le fattispecie, attraverso cui determinate condizioni del conducente possano essere considerate aggravanti nel senso della colpa. Quindi, che poi alla fine si traduca nell'inserimento nel codice penale dell'omicidio stradale o semplicemente di Pag. 18fattori aggravanti dell'omicidio colposo, dal punto di vista, per così dire, dell'approccio e della discussione che abbiamo svolto noi, è assolutamente indifferente. Entro certi limiti, se non fosse che ovviamente il sentimento delle famiglie vittime della strada – che dobbiamo sempre comunque valutare con la freddezza di chi ha delle responsabilità diverse – aspetta un segnale in questa direzione, noi però non è che abbiamo introdotto o voluto introdurre alcuna tipologia di reato nuovo, quanto piuttosto chiesto che, nel caso di colpa palesata di colui che produce la morte di qualcun altro sulla strada, la cosa sia tenuta in doveroso conto. Alla fin fine, se vogliamo tradurla in termini, bisogna rendere impossibile in questo Paese che chi ha ucciso qualcuno e nel farlo era in una condizione, già da prima di prendere in mano l'automobile o qualsiasi altro veicolo, tale da configurare una condizione di colpa perché non poteva farlo, non se la cavi con la possibilità di tornare a guidare nel giro di pochi mesi, come per esempio è avvenuto di recente a seguito di un procedimento legato alla morte di una tredicenne.
  Non inseguiamo in questo senso alcun populismo. Voglio da questo punto di vista tranquillizzare ed al tempo stesso chiarire il punto della Commissione, però riteniamo che su questo vada fatto un passo di differenziazione con il passato. Non possiamo più permetterci che alcune morti sulla strada trovino la totale impunità o comunque una forma di diminutio o comunque di definizione colposa che probabilmente non si presta, dato che...

  PRESIDENTE. Onorevole Gandolfi, dovrebbe concludere, perché ha finito il suo tempo.

  PAOLO GANDOLFI, Relatore. Ho praticamente finito, perché l'unico altro punto riguarda l'ergastolo della patente, che è qui richiamato e invece espressamente contenuto in un testo, che non stiamo valutando ora e che arriveremo a valutare a breve, su cui, forse, quindi conviene concentrare l'attenzione.
  In realtà questa è una formula, perché sul tempo e la durata del ritiro della patente si tratterà di dover definire alcune cose, finché parliamo della delega, perché la delega non è ancora una norma ma è un indirizzo. Su questo credo che vi siano molte opinioni convergenti sul fatto che non possa essere automatico. Ha ragione il collega dicendo che lo abbiamo eliminato in generale dall'ordinamento e che non lo possiamo mettere surrettiziamente altrove. Quindi, in linea di principio, siamo d'accordo e – ribadisco – nella delega è possibile modularlo e definire quanto duri. Al di là del termine, forse, converrà esaminare questo punto con più attenzione all'interno invece del provvedimento di modifica del codice della strada, che dovremo vedere a breve, ma sempre in quest'Aula. Quindi forse in quella sede sarà il punto su cui concentrarsi in questo senso.

  PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo rinunzia alla replica.
  Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Svolgimento di una interpellanza urgente (ore 10,55).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di una interpellanza urgente.

(Intendimenti del Governo circa l'adeguamento degli stipendi dei docenti italiani alla media europea ed elementi in merito al sistema degli scatti stipendiali – n. 2-00686)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Luigi Gallo n. 2-00686, concernente intendimenti del Governo circa l'adeguamento degli stipendi dei docenti italiani alla media europea ed elementi in merito al sistema degli scatti stipendiali (Vedi l'allegato A – Interpellanza urgente).Pag. 19
  Chiedo al deputato Luigi Gallo se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  LUIGI GALLO. Signor Presidente, il mio amico Paolo è un docente, di quelli laureati in matematica, con dottorato, abilitato e in formazione continua, come capita a tantissimi docenti. Ha scelto di emigrare, ma non in un altro Paese europeo, come la Francia, dove il livello minimo dello stipendio parte da quasi 29 mila euro per arrivare a superare i 47 mila euro, né ha scelto di andare in Germania, dove un omologo tedesco parte da oltre 48 mila euro di stipendio, né in Spagna, con uno stipendio di partenza di 31 mila euro, né in Belgio, con uno stipendio di partenza di 38 mila euro. Il mio amico Paolo è emigrato solo in un'altra provincia d'Italia, lontano dalle sue origini, ed ha iniziato a lavorare con uno stipendio di partenza di 23 mila euro all'anno, forse nella speranza che questo Paese si decidesse a mettere al centro della politica e dei principali investimenti l'istruzione.
  Invece, il lavoro dell'insegnante in Italia continua ad essere pagato meno della media europea in tutti gli ordini di scuola. La differenza supera il 10 per cento in meno dall'inizio della carriera, pur in presenza di un orario di insegnamento che è in linea con la media europea.
  Ma forse c'era da aspettarselo. Vi ricordate la prima richiesta di fiducia di Renzi al Senato ? Mai come quella volta il Presidente del Consiglio fu chiaro: la scuola ha bisogno di un cambio di forma mentis, non di denaro né di riforme, ma solo del rispetto di chi va nelle classi e assume su di sé il compito di essere «collaboratore della creazione della libertà». Eppure, se il Premier riuscisse a leggere più di 140 caratteri, avrebbe scoperto che la retribuzione degli insegnanti, secondo il rapporto OCSE e il rapporto di Eurydice, si lega a doppio filo al peso sociale del loro ruolo e alla qualità dell'insegnamento ed è per questo che è un indicatore che viene valutato dalle classifiche internazionali.
  Così Paolo non solo è restato precario per dieci anni, ma è anche sottopagato per la sua professione. Allora, perché non umiliarlo ancora ? Inventiamoci un metodo tutto discrezionale, imponendo carichi di lavoro eccessivi, obbligandolo a una formazione a pagamento, incentiviamolo ad obbedire di più a direttive personali del dirigente, in cambio di incarichi del dirigente e chiamiamo tutto questo «meritocrazia».
  Poi diciamo che chi non sta al gioco è un fannullone. No, forse no: questa parola la utilizzavano già Brunetta e la Gelmini. Bisogna raggiungere gli stessi obiettivi di distruzione della scuola della Gelmini, ma mascherando tutto con un linguaggio diverso e con effetti speciali. Diciamo che è un docente non meritevole.
  Così Paolo non sarà solo un precario storico sottopagato, ma continuerà negli anni a perdere potere di acquisto. Prima dovrà rinunciare alla pizza del sabato sera, poi alla partita di calcetto settimanale, poi a permettersi un mutuo per una casa.
  Il salario medio degli insegnanti della scuola primaria e secondaria inferiore è diminuito in termini reali del 2 per cento tra il 2008 e il 2012, secondo l'OCSE. Tra i 34 Paesi esaminati con i dati disponibili, secondo le indicazioni di Eurydice, l'Italia è il solo Paese che registra una diminuzione della spesa pubblica per l'istituzione scolastica tra il 2000 e il 2011 ed è il Paese con la riduzione più marcata: 5 per cento del volume degli investimenti pubblici nel periodo considerato. E i Governi di Monti, di Letta e quello oggi di Renzi hanno continuato a rendere l'istruzione del nostro Paese la cenerentola dei Paesi OCSE.
  Basta guardare i dati e per un attimo smettere di ascoltare slogan dei TG e dei talk show: 2010, 10,5 per cento della spesa pubblica dedicata all'istruzione; 2011, si scende al 10 per cento; 2012, si scende al 9,9 per cento; 2013, si scende al 9,2 per cento; 2014, si scende all'8,8 per cento. Come vedete, in questi anni si sono succeduti Gelmini del Governo Berlusconi, Monti, Letta e Renzi, centrodestra e centrosinistra, Pag. 20e tutti hanno ridotto il peso degli investimenti concernenti l'istruzione.
  Ma entriamo nel dettaglio del pacco di Renzi per la scuola. Paolo l'ha analizzato bene perché è abituato a studiare per fare bene il suo lavoro. Lui crede seriamente che il senso critico sia uno strumento di creazione di libertà contro gli imbonitori di turno. Allora si è letto interamente il documento del Governo scoprendo che gli scatti stipendiali di servizio saranno sostituiti dall'introduzione di scatti di competenza. Solo però il 66 per cento dei docenti ne avrà diritto.
  Paolo continua a leggere tutto il documento del pacco di Renzi sulla scuola e scopre dell'esistenza del docente perfetto nelle leggende raccontate dal Governo: un docente talmente perfetto che ogni tre anni riesce sempre lui ad essere il più meritevole a scapito di un altro 34 per cento di docenti costantemente non meritevole. Ma Paolo è laureato in matematica e appassionato di statistica e parte da un ragionamento semplice. Supponiamo che il sistema meritocratico fosse perfetto e non una truffa come quello proposto dal Governo. Quale sarebbe la sua ratio ? Quella di stimolare i docenti ad essere più efficaci nel lavoro, creando una competizione per migliorare l'attività in classe per gli studenti. Quindi, in un sistema meritocratico in cui l'incentivo economico funziona è impensabile che non si instauri una feroce competizione tra i docenti, ma anche una obbedienza cieca ad un nuovo gruppo di potere che si crea all'interno della scuola: il nucleo di valutazione. Una cricca del dirigente scolastico. Ciò trasformerà il clima della scuola, l'ambiente educativo, gli esempi che riceveranno i nostri studenti.
  Il MoVimento 5 Stelle crede che nella scuola andrebbero rafforzati di più i valori della cooperazione, i valori di collaborazione e di rete, ma sappiamo che questo non è nello spirito del Premier, noto accentratore di potere, ma questo è un altro tema.
  La competizione tra docenti proposta dal Governo implica che mediamente ogni docente accederà al 66 per cento degli scatti stipendiali e non al 100 per cento. Paolo così fa due conti con un normale foglio elettronico e scopre la prima falsità dell'imbonitore Renzi. Il dato di progressione degli scatti non avviene a saldo zero, ma è nascosto un taglio strutturale al reddito complessivo della classe docente. In poche parole Paolo, che nel frattempo ha deciso di non rinunciare ad una famiglia e vive con moglie e due bambini, anche se ha un lavoro da docente precario, avrà ancora più difficoltà di oggi a sostenere la spesa della sua famiglia monoreddito, visto che la moglie, nonostante sia laureata, ha lavori precari e saltuari e supersfruttati che durano poche settimane.
  Sottosegretario Toccafondi, il Governo vuole fornirci la cifra dell'ammontare complessivo del taglio che deriva dal nuovo sistema di scatti stipendiali e il calcolo del reddito medio pro capite del docente ?
  Vogliamo anche evitare di nascondere la cifra che tagliate agli stipendi dei docenti con il blocco degli scatti stipendiali per i prossimi tre anni ? Voi siete oltre la Gelmini ! Lei era una dilettante in confronto al massacro che state preparando per la scuola e la classe docente. Gelmini introdusse sì il blocco degli scatti stipendiali per tre anni, ma ha permesso in sede di contrattazione di recuperare le somme degli scatti stipendiali, non producendo almeno il danno economico dello stipendio dei docenti.
  Invece Renzi cancella definitivamente per tre anni gli scatti stipendiali di tutta la classe docente, almeno lo mette nero su bianco. Lo riporto dal vostro documento: «non saranno attribuiti scatti negli anni dal 2015 al 2018». Qual è la cifra che risparmiate sulla pelle dei docenti ? Ci sono i tagli con il nuovo sistema per gli scatti degli stipendi e i tagli per il blocco degli scatti stipendiali per i prossimi tre anni.
  Il MoVimento 5 Stelle ritiene indispensabile equiparare gli stipendi dei docenti italiani a quelli della media europea – è uno dei passi necessari per rimettere al centro l'istruzione, per ottenere il rispetto Pag. 21di chi va nelle classi – e, insieme, tutte le altre necessarie misure per la scuola: portare la spesa pubblica italiana al pari della media europea, il 13 per cento all'istruzione. Paolo entrerebbe con orgoglio nelle sue classi e sarebbe orgoglioso di un'Italia che fa queste scelte.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Gabriele Toccafondi, ha facoltà di rispondere.

  GABRIELE TOCCAFONDI, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, con riferimento agli stipendi dei docenti, come riportato anche nel rapporto «La buona scuola», gli stipendi lordi percepiti dai docenti italiani risultano essere a inizio carriera pari a 31.900 euro per la scuola dell'infanzia e primaria; 34.400 euro per la scuola secondaria di primo e secondo grado, fino a raggiungere un importo di 47.000 euro per la scuola dell'infanzia e primaria e 51.628 per la scuola secondaria di primo grado e, infine, 53.985 euro per la secondaria di secondo grado.
  Il rapporto presentato il 3 settembre scorso, nell'ambito di proposte complessive sulla scuola, intende ripensare il sistema degli scatti automatici legati all'anzianità di servizio. Tale intento non ha ovviamente come obiettivo il conseguimento di risparmi di spesa. Piuttosto, si vuole superare la standardizzazione di trattamenti indifferenziati che, nel corso dei decenni, ha generato competizione al ribasso e frustrazione, scommettendo invece sulla volontà di decine di migliaia di docenti di tornare, oggi, ad investire su loro stessi.
  Il meccanismo di carriera proposto in discussione con il rapporto «La buona scuola» non comporta risparmi di spesa, dal momento che le risorse attualmente destinate agli scatti stipendiali per il personale docente verranno utilizzate per il nuovo sistema di progressione, non più basato solo sull'anzianità di servizio, ma anche sul merito, sulla valutazione e sulle competenze acquisite nel tempo.
  Attualmente, il sistema di progressione stipendiale si basa su nove scatti. Il meccanismo che, invece, si intende costituire sarà fondato su dodici scatti, che potranno essere maturati dai due terzi dei docenti per ogni scuola ogni tre anni. Secondo il sistema ipotizzato, ogni scatto avrebbe il valore di 60 euro netti in più al mese e l'incremento stipendiale, per due insegnanti su tre, si registrerebbe, quindi, ogni tre anni, e non più ogni nove, o ogni sei, come avviene ora. Infine, se con il sistema attuale, un docente deve attendere nove anni per ottenere 140 euro netti in più al mese, con il nuovo sistema, un docente che rientri nei due terzi che maturano lo scatto potrà ottenere 120 euro netti in più al mese anche dopo sei anni.
  Ricordo, da ultimo, che si tratta di proposte contenute in un piano ampio e organico, che il Governo intende attuare nella sua interezza e, quindi, vanno lette nel loro insieme. Solo così potranno acquisire coerenza e prospettiva.
  Ricordo che tutte le proposte sono sottoposte a consultazione pubblica dal 15 settembre e lo resteranno fino al 15 novembre. Una parte del dibattito si sta svolgendo nei vari territori italiani e una parte consistente online, sul sito www.labuonascuola.gov.it. L'invito, che riportiamo anche in questa sede, è quello di partecipare alla consultazione con idee e progetti. Solo al termine della consultazione e sulla base dei contributi che perverranno da docenti, studenti, famiglie e da quanti vorranno partecipare a questo dibattito pubblico, sarà redatto un testo normativo che tradurrà in norma di legge le proposte contenute ne «La buona scuola».

  PRESIDENTE. Il deputato Luigi Gallo ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  LUIGI GALLO. Signor Presidente, non sono soddisfatto, perché il sottosegretario, in realtà, non ha portato alcun dato, se non ripetere le cose che sono nel documento «La buona scuola», che abbiamo ben letto. Naturalmente, fa il trucco di Pag. 22presentare lo stipendio dei docenti lordi anziché netti, quindi sembrano di più, ma, alla fine, nella tasca dei docenti, arriverà il netto e non il lordo della cifra.
  Sostanzialmente, io ho riportato i dati del documento, quindi, mi aspettavo, tra l'altro, da un sottosegretario all'economia, che venisse anche con numeri più precisi. Voi non fate i conti con la realtà: i dati li ho già riportati è inutile ripeterli, ma vediamo un attimo quali sono i dati pubblici che sono disponibili.
  Il costo degli scatti stipendiali per il comparto scuola negli anni precedenti è stato circa di 370 milioni all'anno: se moltiplichiamo questa cifra per tre, è facile misurare che, in tre anni, c’è un bel taglio agli stipendi dei docenti di più di un miliardo e 100 milioni di euro. Queste sono le cifre che mi aspettavo riportasse il sottosegretario. Questo è solo il primo taglio sulla pelle dei docenti. Non basta.
  Il dato di progressione degli scatti non avviene a saldo zero, ma è nascosto un taglio strutturale al reddito complessivo della classe docente.
  Lei non ci fornisce le cifre, allora le forniamo noi ai cittadini italiani, che state cercando di fregare e a cui volete nascondere la verità. Prendendo spunto proprio dalla progressione stipendiale indicata dal documento di Renzi, si calcola che in 36 anni di carriera, grazie agli scatti, i docenti cumulano oggi un maggiore reddito complessivo pari a 118 mila euro nell'arco di tutta la loro carriera, una cifra che permette ai docenti anche di aprirsi un mutuo per l'acquisto di una prima casa, cosa che non accade più con il nuovo sistema di scatti previsti da Renzi, che prevede un risparmio medio di 24 mila euro a docente a fine carriera. Un bel taglio strutturale. Sono queste le misure che le chiedono la Merkel ed il signor Draghi ? Il vostro sistema prevede che solo il 66 per cento dei docenti riceverà gli scatti stipendiali. Se volete utilizzare gli stessi fondi che adoperate oggi – fondi insufficienti, e ce lo dice l'Europa –, vi diamo una mano noi: abbiamo calcolato che dovete almeno portare la soglia all'80 per cento dei docenti beneficiari, allora sarebbe a costo uguale; gli stessi soldi spesi per gli scatti stipendiali di prima li otteniamo adesso, cifra che riteniamo comunque insufficiente.
  Allora, voi in realtà siete asserviti semplicemente ai poteri della finanza, delle multinazionali e delle banche, che vi chiedono le riforme sulla pelle dei cittadini. Ma secondo Renzi, sono gli insegnanti i privilegiati dell'Italia o sono i pensionati d'oro, i supermanager, i parlamentari che si trattengono tutto lo stipendio e non restituiscono i soldi alle piccole e medie imprese come fa il MoVimento 5 Stelle ? Insomma, in modo cinico state preparando l'ennesima randellata per la scuola; scrivete merito ma in realtà sono tagli. Renzi mette una pietra tombale sugli scatti stipendiali del comparto scuola e ne decreta la morte. Abolire lo scatto stipendiale significa abbandonare i docenti a vivere perennemente sotto il costo della vita. Allora, il MoVimento 5 Stelle ha richiesto il ripristino degli scatti stipendiali per i docenti nel «decreto Carrozza» in legge di stabilità 2013, ed ha sollevato per primo il tema della rapina dei 150 euro che ha costretto il Governo ad un dietrofront – quindi, avevate molto tempo per capire quali erano anche le intenzioni di altri cittadini – e chiede di portare la spesa pubblica dell'istruzione al 13 per cento, in media con i Paesi europei.
  La motivazione degli studenti passa anche attraverso la motivazione degli insegnanti. La riduzione dei salari, il divario che c’è nella retribuzione tra docenti ed altri lavoratori di pari livello ed età ha ridotto il prestigio sociale della classe docente, anche di fronte agli occhi degli studenti. Altro che forma mentis ! I cambi culturali sono legati ad atti concreti non alle chiacchiere del Premier. Le continue interferenze dei Governi nel rapporto di lavoro finalizzate alla revisione dell'orario di lavoro creano la convinzione generalizzata che i docenti lavorano poco. La stessa mancanza di regolazione del lavoro extra scolastico alimenta la considerazione dell'insegnamento come un lavoro part-time e dà l'immagine di un corpo professionale poco impegnato e scarsamente produttivo. In Austria la correzione dei compiti, la Pag. 23preparazione delle lezioni, la vigilanza, gli impegni di natura amministrativa e burocratica vengono introdotti nel monte ore complessivo dell'orario del docente e non restano fuori, perché così sembra che il docente lavori poco a scuola, e quelle ore vengono retribuite, non come in Italia. Osservando alcuni dati Pisa, i risultati migliori appartengono ai sistemi scolastici che meglio valorizzano in termini economici gli insegnanti, come la Finlandia, la Corea, la Svizzera, la Nuova Zelanda, l'Australia, il Giappone, il Belgio, la Germania, a prescindere dalla percentuale di PIL destinata alla scuola. Vogliamo metterci in competizione con queste nazioni o no ?
  Il miglioramento della qualità dell'apprendimento e in ultima analisi del livello culturale di un popolo passa, com’è evidente dai dati citati, soprattutto attraverso la valorizzazione della classe insegnante. Forse c’è solo una paura da parte del Governo e per spiegarla prendo in prestito le parole di Nelson Mandela: l'istruzione è l'arma più potente che può essere usata per cambiare il mondo.

  PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento della interpellanza urgente all'ordine del giorno.

Cessazione dal mandato parlamentare dei deputati Renato Balduzzi, Giovanni Legnini e Antonio Leone.

  PRESIDENTE. Comunico che in data 24 settembre 2014 è pervenuta alla Presidenza la seguente lettera del deputato Renato Balduzzi:
«Illustre Presidente, le comunico, a seguito della mia elezione da parte del Parlamento a componente del Consiglio superiore della magistratura e della successiva proclamazione, di aver optato per il CSM e conseguentemente di dimettermi dalla carica di deputato al Parlamento.
  Si è trattato di un'esperienza importante e arricchente nella mia vita personale e spero di essere riuscito, almeno in piccola misura, a corrispondere alle attese della pubblica opinione e alle tante necessità del nostro Paese.
  Colgo l'occasione per rinnovarLe i sensi della mia più viva stima e considerazione, maturati in questo anno e mezzo nel quale ho potuto constatare il suo garbo, unitamente alla sua squisita sensibilità istituzionale.
  Deferenti saluti. Firmato: Renato Balduzzi».

  Comunico, inoltre, che in data 25 settembre 2014 è pervenuta alla Presidenza la seguente lettera del deputato Giovanni Legnini:
  «Il sottoscritto Giovanni Legnini, deputato della Repubblica, in seguito all'elezione da parte del Parlamento a membro del Consiglio superiore della magistratura nella seduta del 10 settembre 2014 e alla successiva proclamazione da parte del Presidente dello stesso Parlamento, in considerazione dell'incompatibilità prevista dalla Costituzione tra l'ufficio di deputato e quello di componente del suddetto Consiglio, comunica la propria opzione per il Consiglio superiore della magistratura, e rassegna pertanto le proprie dimissioni dalla Camera dei deputati.
  Ringrazio e saluto molto cordialmente.
  Firmato: Giovanni Legnini».

  Comunico, infine, che in data 25 settembre 2014 è pervenuta alla Presidenza la seguente lettera del deputato Antonio Leone:
  «Gentile Presidente, l'11 settembre scorso ho avuto l'onore di essere eletto, da parte del Parlamento in seduta comune, componente del Consiglio superiore della magistratura.
  Poiché si tratta di una carica incompatibile con il mandato parlamentare, ai sensi dell'articolo 104, ultimo comma, della Costituzione, rassegno doverosamente le mie dimissioni da membro della Camera dei deputati, della quale faccio parte ininterrottamente dalla XIII legislatura e nella quale ho cercato di adempiere al mandato ricevuto dagli elettori avendo sempre a cuore il bene del Paese e nella Pag. 24ferma e incrollabile convinzione del valore e della dignità della massima istituzione democratica.
  Nel pregarLa di voler comunicare le mie dimissioni all'Assemblea, affinché la stessa possa prenderne atto a norma dell'articolo 17-bis, comma 2, del Regolamento, desidero esprimere a Lei e a tutti i colleghi deputati il mio più sentito ringraziamento e l'augurio di buon lavoro.
  Firmato: Antonio Leone».
  Trattandosi di un caso di incompatibilità prevista dalla Costituzione, la Camera prende atto, a norma dell'articolo 17-bis, comma 2, del Regolamento, di queste comunicazioni e della conseguente cessazione dei deputati Renato Balduzzi, Giovanni Legnini e Antonio Leone dal mandato parlamentare.

Proclamazione di deputati subentranti.

  PRESIDENTE. Dovendosi procedere alla proclamazione di tre deputati, a seguito della presa d'atto, nella seduta odierna, delle dimissioni dal mandato parlamentare dei deputati Renato Balduzzi, Giovanni Legnini e Antonio Leone, comunico che la Giunta delle elezioni ha accertato, ai sensi dell'articolo 86, comma 1, del testo unico delle leggi per l'elezione della Camera dei deputati, che: nella lista n. 16 – Scelta civica con Monti per l'Italia nella II Circoscrizione Piemonte 2, il candidato che segue immediatamente l'ultimo degli eletti nell'ordine progressivo di lista risulta essere Giovanni Falcone; nella lista n. 10 – Partito Democratico nella XVII Circoscrizione Abruzzo, il candidato che segue immediatamente l'ultimo degli eletti nell'ordine progressivo di lista risulta essere Giovanni Lolli; nella lista n. 20 – Il Popolo della Libertà nella XXI Circoscrizione Puglia, il candidato che segue immediatamente l'ultimo degli eletti nell'ordine progressivo di lista risulta essere Trifone Altieri.
  Do atto alla Giunta di questi accertamenti e proclamo deputati, a norma dell'articolo 17-bis, comma 3, del Regolamento, per la II Circoscrizione Piemonte 2 Giovanni Falcone, per la XVII Circoscrizione Abruzzo Giovanni Lolli e per la XXI Circoscrizione Puglia Trifone Altieri.
  S'intende che da oggi decorre il termine di venti giorni per la presentazione di eventuali ricorsi.

Ordine del giorno della prossima seduta.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta ricordando che il Parlamento in seduta comune è convocato martedì 30 settembre alle ore 17 per procedere alla votazione per l'elezione di due giudici della Corte costituzionale. La chiama avrà inizio dai senatori.

  Mercoledì 1o ottobre 2014, alle 9,30:

  (ore 9,30 e ore 16)

  1. – Discussione del disegno di legge:
   Conversione in legge del decreto-legge 22 agosto 2014, n. 119, recante disposizioni urgenti in materia di contrasto a fenomeni di illegalità e violenza in occasione di manifestazioni sportive, di riconoscimento della protezione internazionale, nonché per assicurare la funzionalità del Ministero dell'interno (C. 2616).

  2. – Seguito della discussione del testo unificato dei progetti di legge:
   VELO ed altri; D'INIZIATIVA DEL GOVERNO: Delega al Governo per la riforma del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (C. 731-1588-A).
  — Relatore: Gandolfi.

  (ore 13,30)

  3. – Informativa urgente del Governo sugli effetti per le imprese nazionali derivanti Pag. 25dalle sanzioni commerciali disposte dalla Federazione russa nei confronti dell'Unione europea.

  (ore 15)

  4. – Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

  La seduta termina alle 11,20.

CONSIDERAZIONI INTEGRATIVE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO PAOLO GANDOLFI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL TESTO UNIFICATO DEI PROGETTI DI LEGGE N. 731-1588-A.

  PAOLO GANDOLFI, Relatore. Dopo aver indicato gli obiettivi fondamentali, passerò a una sintetica illustrazione dei contenuti del testo, per concludere con alcune considerazioni di carattere più generale.
  L'articolo 1 disciplina tempi e procedura di adozione dei decreti delegati. Per quanto l'attuazione della delega rappresenti un compito molto complesso e impegnativo, la Commissione ha previsto al riguardo tempi ristretti, fissando un termine di 12 mesi, che impegni da subito il Governo nella stesura del nuovo codice. La procedura si caratterizza per il forte ruolo riconosciuto alle Commissioni di Camera e Senato competenti sulla materia, attraverso la previsione di un doppio parere. Le Commissioni parlamentari, infatti, si esprimeranno sullo schema di decreto inizialmente adottato dal Governo; successivamente il testo modificato dal Governo sulla base di questo primo parere sarà di nuovo sottoposto alle Commissioni, in modo che queste potranno verificare in quale misura si è tenuto conto delle indicazioni da esse formulate.
  Analoghi termini e procedure sono previsti, ai sensi dell'articolo 3, per l'adozione di decreti legislativi correttivi e integrativi.
  L'articolo 2 contiene la parte fondamentale del testo, in quanto reca i principi e i criteri direttivi ai quali dovrà conformarsi la revisione del codice.
  La lettera a) prevede che il codice venga riorganizzato secondo principi di coerenza e armonizzazione con altre disposizioni dell'ordinamento, con le disposizioni recate in sede europea o derivanti dagli accordi internazionali e tenendo conto delle competenze del sistema locale. Come ho accennato, il principio della coerenza viene in rilievo in relazione al processo di stratificazione della produzione normativa in materia di circolazione stradale avvenuto negli ultimi anni, che attraverso continui interventi, fra l'altro non tutti in forma di novella del codice, ha creato un sistema di norme di non facile interpretazione e a volte non coordinate l'una con l'altra. Una particolare attenzione, nella sistematizzazione delle disposizioni, deve essere prestata alla definizione dei poteri dello Stato nei confronti degli enti proprietari e gestori delle strade.
  La lettera b) prevede in via generale la delegificazione per le disposizioni di attuazione della normativa europea e trova riscontro nelle puntuali previsioni di delegificazione di materie attualmente disciplinate dal codice, recate dal comma 2.
  La lettera c), come già ho sottolineato, è finalizzata alla semplificazione della struttura e dei contenuti del codice, che deve focalizzarsi sulla disciplina dei comportamenti degli utenti, le conseguenti previsioni sanzionatorie e le norme atte alla regolazione dello spazio stradale.
  La lettera d) sviluppa in modo assai articolato i principi della sicurezza e della mobilità sostenibile, in base ai quali devono essere regolati i flussi di traffico in ambito urbano, con particolare riguardo all'utenza vulnerabile, individuata, come è stato precisato nel corso dell'esame in Commissione, con riferimento a bambini, disabili, anziani, pedoni, ciclisti, utenti di ciclomotore e motociclo e tutti coloro che meritino una tutela particolare dai pericoli derivanti dalla circolazione sulla strada.
  Anche prendendo in considerazione modelli e concetti adottati in altri Stati, Pag. 26come quelli di «spazio condiviso», «zona d'incontro» e «principio di prudenza», il testo prevede misure che tutelino, sia in termini di prescrizioni comportamentali che di progettazione stradale, l'utenza vulnerabile e misure che incentivino la mobilità ciclistica e pedonale e migliorino la circolazione dei mezzi a due ruote. Rispondono a questa finalità le disposizioni, introdotte nel corso dell'esame in Commissione, con cui si intende favorire l'accesso di biciclette, ciclomotori e motocicli nelle corsie riservate ai mezzi pubblici e a consentire l'accesso in autostrada ai motocicli di cilindrata non inferiore a 120 cc, se guidati da conducenti maggiorenni.
  Per quanto riguarda in particolare le biciclette, il testo prevede l'introduzione di questo termine nella classificazione dei veicoli, dal momento che il vigente codice della strada fa ancora riferimento ai velocipedi, e prospetta una modalità di identificazione facoltativa delle biciclette, tramite un numero di telaio, ai fini di contrastarne il furto. Analoga prescrizione è stata inserita, in termini più stringenti, per le motoslitte.
  Punto qualificante della nuova concezione di mobilità in ambito urbano è costituito dalla riduzione dei limiti di velocità in alcune aree in cui la presenza di utenza vulnerabile, motorizzata o meno, mette particolarmente a rischio il profilo della sicurezza. La riduzione della velocità in ambito urbano deve peraltro trovare un adeguato contrappeso con la revisione dei limiti di velocità in ambito extraurbano, da definire secondo criteri di ragionevolezza, che non facciano sentire l'utente vittima di prescrizioni restrittive che non trovano fondamento in ragioni di tutela della sicurezza stradale.
  Sempre per quanto concerne l'ambito urbano, la Commissione ha ritenuto opportuno inserire un criterio volto a favorire il trasporto pubblico, anche nelle sue interconnessioni con le altre modalità di trasporto, con l'obiettivo di limitare la congestione del traffico e ridurre i livelli di inquinamento.
  La lettera e) affronta il tema di grande rilievo della progettazione degli spazi stradali e dell'aggiornamento della segnaletica, sottolineando, anche in relazione a questo aspetto, i principi della semplificazione, della sicurezza e della tutela dell'utenza vulnerabile.
  La lettera f) considera l'esigenza di un riordino degli strumenti di pianificazione della mobilità, della circolazione e della sicurezza stradale, in modo da individuare, per ciascun ente territoriale, un unico strumento di programmazione e da assicurare il raccordo e il coordinamento tra gli strumenti di programmazione relativi ai diversi livelli territoriali. Punto qualificante di questo principio è la previsione di meccanismi sanzionatori per gli enti inadempienti rispetto alla programmazione, mediante l'esclusione dai finanziamenti previsti nei piani del livello territoriale sovraordinato.
  Le lettere g) ed m) recano i criteri, che ho già menzionato, concernenti, da un lato, il riordino e la realizzazione dello svolgimento dei servizi di polizia stradale, il potenziamento del ricorso ai servizi ausiliari e la creazione di un'unica banca dati delle infrazioni stradali, e, dall'altro, la più ampia accessibilità e fruibilità, mediante strumenti telematici, dei dati relativi alla circolazione.
  La Commissione, nel corso dell'esame in sede referente, ha introdotto ulteriori principi, concernenti il rafforzamento dei controlli sulle attività di revisione dei veicoli e di consulenza automobilistica e ai controlli nelle aree aperte ad uso pubblico – quali porti, aeroporti, ospedali, università – recati rispettivamente dalle lettere h) e i) del testo.
  Il criterio di cui alla lettera l) mira a favorire la diffusione e l'installazione di sistemi telematici di rilevazione delle infrazioni, in particolare per quanto riguarda la circolazione in aree sensibili dal punto di vista ambientale o sanitario, il rispetto dei limiti di velocità in aree ad alta incidentalità, la tracciabilità dei veicoli atti al trasporto merci, al fine di contrastare l'abusivismo e certificarne la regolarità anche rispetto all'eccesso di carico.Pag. 27
  Il principio di cui alla lettera n) prevede la revisione della disciplina sanzionatoria. La legge n. 120 del 2010 e qualche successiva disposizione contenuta in decreti d'urgenza sono intervenute ad aggravare le sanzioni in caso di violazione del codice, in particolar modo con riguardo ai neopatentati o ai casi di infrazione commessa da conducenti in stato di ebbrezza alcolica ovvero sotto l'effetto di sostanze stupefacenti. Tali interventi sulle sanzioni hanno generato un sistema parzialmente eterogeneo, che è opportuno razionalizzare e semplificare, secondo il criterio della graduazione delle sanzioni in ragione della gravità, della reiterazione e della pericolosità del comportamento.
  La Commissione, predisponendo un testo che tiene conto in ampia misura del parere della Commissione Giustizia, ha pertanto previsto un inasprimento delle sanzioni per i comportamenti più pericolosi e, contestualmente, l'adozione di meccanismi premiali per chi ha comportamenti virtuosi e per chi assolve in tempi brevi all'obbligo del pagamento, come già previsto dall'ordinamento vigente sulla base di disposizioni recate inizialmente da una proposta di legge presentata dal presidente Meta e poi confluite nel decreto-legge n. 69 del 2013.
  In questo contesto la Commissione ha discusso in modo approfondito il tema dell’«omicidio stradale». L'introduzione di una nuova fattispecie di reato, evidentemente, non può essere effettuata nell'ambito di questo provvedimento, in quanto richiede una modifica del codice penale.
  La Commissione ha tuttavia ritenuto opportuno prendere in considerazione, attraverso uno specifico criterio di delega, i casi più gravi e che suscitano le reazioni più forti, nei quali una guida in condizioni psicofisiche alterate priva della vita altre persone, in un modo che la coscienza comune avverte come criminale, perché si percepisce come criminale il fatto stesso di porsi alla guida in simili condizioni.
  Per queste ragioni è stato introdotto uno specifico criterio di delega che, nel fare riferimento ad eventuali modifiche del codice penale volte a introdurre il reato di «omicidio stradale», prevede comunque che il Governo individui il grado di colpevolezza dell'autore del fatto e la tipologia di violazioni in relazione alle quali sarà disposto il cosiddetto «ergastolo della patente», vale a dire la revoca della patente e l'inibizione della guida sul territorio nazionale a tempo indeterminato. Tali sanzioni, che, pur avendo natura accessoria, possono esplicare una grande efficacia deterrente, dovranno in ogni caso essere disposte nel caso in cui la morte di una o più persone sia stata provocata da un conducente in stato di ebbrezza o di alterazione dovuta all'assunzione di sostanze stupefacenti.
  Nell'ambito della revisione della disciplina sanzionatoria, è stato altresì introdotto uno specifico criterio relativo al potenziamento dell'efficacia delle sanzioni per la violazione degli obblighi di responsabilità civile, in ragione della abnorme diffusione del mancato pagamento degli oneri assicurativi.
  Merita parimenti di essere ricordato il criterio che destina quote rilevanti dei proventi delle multe di spettanza dello Stato a due Fondi, finalizzati, rispettivamente, al rafforzamento dei controlli su strada e al finanziamento del Piano nazionale della sicurezza stradale.
  Le successive lettere da o) a q) riguardano aspetti specifici della disciplina del codice della strada, bisognosi peraltro di interventi correttivi, quali la revisione del sistema dei ricorsi amministrativi e giurisdizionali, la semplificazione delle procedure per il ricorso al prefetto, l'applicabilità per i conducenti minorenni degli istituti della decurtazione dei punti e del ritiro, sospensione e revoca della patente.
  La lettera r) prende in considerazione l'esigenza di un'adeguata verifica, in sede di esame per il conseguimento della patente, delle cognizioni teoriche, delle capacità pratiche e della consapevolezza dei corretti comportamenti di guida.
  Le lettere s) e u) interessano la disciplina relativa all'accertamento dei requisiti psicofisici di idoneità per il conseguimento e il rinnovo della patente, attribuendo in particolare al Ministero della salute il Pag. 28compito di adottare linee guida sulla materia, che assicurino l'omogeneità sul territorio nazionale e l'affidabilità di tale accertamento. Il testo della lettera è stato formulato in modo da tener conto dei rilievi espressi nel parere della Commissione Affari sociali; sulla base di tale parere è stato altresì introdotto il principio di cui alla lettera t), che prevede l'adeguamento della terminologia utilizzata dal codice in riferimento ai soggetti portatori di disabilità.
  Gli ultimi principi e criteri direttivi recati dal comma 1 dell'articolo 2 si riferiscono a questioni specifiche, ma meritevoli di essere prese in considerazione. In particolare la lettera v) circoscrive l'efficacia dei limiti imposti ai neopatentati in relazione alla potenza dei veicoli che possono guidare. Tale limitazione viene peraltro contestualmente estesa, per ragioni di sicurezza, ai conducenti ultraottantenni. I criteri di cui alle lettere successive riguardano la classificazione dei veicoli atipici e il coordinamento delle prescrizioni riguardanti la circolazione dei veicoli nel periodo invernale. Mi soffermo, infine, per la loro valenza sociale, sulla lettera aa), che riguarda le modalità di sosta e di transito dei veicoli adibiti al servizio di invalidi, prevedendo un inasprimento delle sanzioni in caso di utilizzo improprio del contrassegno e di occupazione impropria degli spazi riservati, e sulla lettera bb), che concerne la regolazione della circolazione dei veicoli adibiti al soccorso stradale, compreso il soccorso medico, con la previsione dell'esenzione dal pagamento dei pedaggi autostradali e della possibilità di trasportare familiari della persona soccorsa.
  Il comma 2 dell'articolo 2, come già anticipato, autorizza l'adozione di regolamenti di delegificazione in relazione a materie di tipo tecnico, suscettibili di frequenti aggiornamenti, anche a livello di ordinamento dell'Unione europea, e che richiedono pertanto di essere disciplinate con strumenti normativi più flessibili. Come segnalato nel parere della Commissione Affari costituzionali e del Comitato per la legislazione, sono stati espressamente indicati gli articoli del codice vigente che saranno oggetto di delegificazione.
  Ho ritenuto opportuno passare in rassegna, sia pur sommariamente, il complesso dei principi e criteri direttivi per offrire un'idea dell'ampiezza del lavoro che la Commissione ha svolto nella loro elaborazione e che può essere facilmente verificata confrontando il testo oggi in discussione con i progetti di legge iniziali. Ritengo quindi che l'impostazione che la Commissione è pervenuta a definire meriti di essere mantenuta e, all'interno di essa, possano collocarsi anche interventi di puntualizzazione e miglioramento del testo che potranno emergere dall'esame da parte dell'Assemblea.

TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO CRISTIAN IANNUZZI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL TESTO UNIFICATO DEI PROGETTI DI LEGGE N. 731-1588-A.

  CRISTIAN IANNUZZI. Presidente, colleghi, una delle 5 Stelle presenti nel nome e nel simbolo del nostro Movimento rappresenta la mobilità sostenibile. Dunque la tematica di un trasporto intelligente e sostenibile per l'ambiente e per la vita dei cittadini è uno dei pilastri fondanti della nostra forza politica.
  Pur non considerando ideale lo strumento della delega al Governo – anche per la scarsa fiducia che abbiamo nei confronti di questo esecutivo – abbiamo approcciato al lavoro di Commissione su questo provvedimento, con uno spirito collaborativo, al fine di introdurre nel nuovo codice della strada incentivi e sostegno ad una mobilità dolce, che dunque impatti il meno possibile sull'ambiente. Abbiamo inoltre sostenuto con forza l'esigenza di ottenere una maggiore trasparenza e correttezza nella gestione dei proventi delle multe da parte delle amministrazioni locali.
  In Italia, attualmente più dell'80 per cento della popolazione si sposta con mezzi motorizzati e solo il 20 per cento Pag. 29della popolazione circa si sposta a piedi o in bicicletta. Dagli anni novanta, con 1,8 abitanti per ogni autovettura (contati anche bambini e anziani) noi italiani siamo ai primi posti nel mondo per il tasso di motorizzazione, mentre i trasporti pubblici del nostro paese sono quasi ovunque in forte crisi e in stato di abbandono.
  L'organizzazione attuale dei trasporti è caratterizzata dalla predominanza del traffico su strada, con l'uso principalmente di mezzi privati, con conseguenti effetti negativi sia sul piano economico sia ambientale che sociale: congestione delle città, disagi e difficoltà per ciclisti e pedoni (utenti deboli della strada), rischi di incidenti (a cui sono connessi costi economici e sociali), inquinamento acustico e atmosferico, consumo di fonti energetiche non rinnovabili, sottrazione di suolo.
  Appare dunque necessario intervenire – con ogni strumento utile – al fine di ribaltare gli attuali rapporti tra mezzo privato inquinante ed alternative sostenibili, mettendo a disposizione del cittadino che intende spostarsi, gli strumenti utili affinché il suo spostamento sia il meno impattante per egli stesso e per la collettività. Quindi favorire l'utilizzo della bicicletta, dei mezzi pubblici – meglio se alimentati ad energia rinnovabile – e dei mezzi di trasporto privati utilizzati in condivisione (car pooling e car sharing).
  L'attuale codice della strada aspetta una riforma complessiva da molto, troppo tempo. Negli ultimi 20 anni, i fenomeni correlati al diritto della circolazione stradale hanno subito profonde trasformazioni legate all'integrazione europea e allo sviluppo di nuove tecnologie per la mobilità. Le novità, lungi dall'essere recepite in modo organico, sono state viceversa inserite nel Codice attraverso rattoppi e interventi estemporanei, talvolta contraddittori rispetto alle modifiche precedenti.
  L'impianto originario della legge che ci troviamo a discutere oggi, seppur condivisibile nelle intenzioni di rendere più snella e chiara la struttura del codice della strada, trascurava colpevolmente l'attenzione verso l'utenza debole della strada.
  In questa direzione si sono mosse le nostre proposte di modifica della legge delega: abbiamo caldeggiato fermamente che, tra i principi cui dovrà ispirarsi il Governo nel riformare il codice, vi fosse l'adozione di misure per la tutela dell'utenza vulnerabile, in particolare nelle aree urbane e ovunque vi siano condizioni di promiscuità delle diverse tipologie di utenza.
  In tal senso è stata prevista ad esempio l'installazione di infrastrutture che garantiscano la sicurezza degli utenti più deboli, con particolare riferimento a conducenti e passeggeri di veicoli a due ruote (ad esempio guard rail, ostacoli fissi lungo la carreggiata e vie di fuga, strumenti che garantiscano la visibilità in prossimità degli incroci, vernici ed asfalti drenanti).
  Più in generale, la sicurezza stradale, in particolar modo dell'utenza più debole, è stata il punto focale della nostra azione: da una parte abbiamo fatto in modo che, per esigenze di chiarezza, fosse semplificato e ridotto il numero della classi sanzionatorie, in modo che il cittadino possa più facilmente comprendere l'entità della sanzione in caso di violazione della relativa norma, dall'altra abbiamo spinto per un inasprimento delle sanzioni per comportamenti pericolosi e lesivi dell'incolumità degli utenti della strada, in ragione del loro grado di vulnerabilità, soprattutto nel caso in cui tale violazione comporti la morte di una persona.
  Infine rivendichiamo il merito di aver proposto i principali punti relativi alla trasparenza. La riscrittura dell'articolo 208 del codice in materia di utilizzo dei proventi derivanti dalle multe costituisce un buon inizio, ma c’è ancora molto da fare. Non è stato, ad esempio, affrontato il grande conflitto presente nelle amministrazioni locali che, al tempo stesso, applicano le sanzioni e ne incassano gli introiti. I vincoli di destinazione sono troppi e favoriscono una elusione della normativa. Mancano sanzioni adeguate e forse ancora prima una cultura della trasparenza dei sistemi sanzionatori amministrativi.Pag. 30
  Sono, inoltre, ancora tanti gli aspetti da migliorare. Seppur presenti devono essere rafforzati i richiami alla mobilità sostenibile e al grande rischio di fenomeni di esclusione sociale da mobilità. La crisi economica, unita al progressivo ampliamento delle misure di limitazione della circolazione nelle aree urbane stanno determinando sempre più frequenti fenomeni di esclusione sociale da mobilità. A fronte di un sistema di trasporto pubblico al collasso e di città che sempre di più puntano su misure di pricing urbano per colmare i deficit di bilancio, gli spostamenti fra centro e periferia diventano sempre più complessi e costosi a danno di migliaia di persone sempre più esposte al rischio di emarginazione e ghettizzazione urbana.
  In conclusione, speriamo che lo spirito di questa legge non venga stravolto dai vari passaggi parlamentari e soprattutto non venga disatteso dal Governo che avrà la responsabilità di tradurre le indicazioni del Parlamento nel nuovo codice della strada.