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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 284 di venerdì 5 settembre 2014

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO

  La seduta comincia alle 10.

  CLAUDIA MANNINO, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 26 agosto 2014.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, il deputato Domenico Rossi è in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  Pertanto, i deputati in missione sono complessivamente quarantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Svolgimento di una interpellanza e di interrogazioni.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di una interpellanza e di interrogazioni.

(Iniziative per l'assunzione dei candidati idonei non vincitori dell'ultimo concorso per l'arruolamento di 964 allievi agenti di polizia, anche in vista dell'Expo Milano 2015 – nn. 2-00501 e 3-00997)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza Zan e Lavagno n. 2-00501 e all'interrogazione Lavagno n. 3-00997, concernenti iniziative per l'assunzione dei candidati idonei non vincitori dell'ultimo concorso per l'arruolamento di 964 allievi agenti di polizia, anche in vista dell'Expo Milano 2015, che, vertendo sullo stesso argomento, saranno svolte congiuntamente (Vedi l'allegato A – Interpellanza e interrogazioni).
  Il deputato Lavagno ha facoltà di illustrare l'interpellanza di cui è cofirmatario, per 15 minuti.

  FABIO LAVAGNO. Signor Presidente, userò molto meno tempo, per logica ed economia dei lavori. Provvederei ad un'unica illustrazione tra interpellanza e interrogazione, visto che il tema mi sembra particolarmente snocciolato e visto che siamo alla ventesima interrogazione, due ordini del giorno, una mozione.
  Fondamentalmente sul tema all'ordine del giorno manca una chiara linea politica dell'Esecutivo ed è per questo che si torna sul tema delle 672 unità, di cui 160 vincitori in seconda aliquota e 512 idonei, immediatamente disponibili per l'invio alle scuole di formazione in qualità di allievi agenti della Polizia di Stato. Questo si inserisce, come ricordato in premessa dalla Presidenza, nel tema di garantire la sicurezza e il regolare svolgimento della manifestazione Expo 2015, per la quale la legge di stabilità ha garantito uno sblocco del turnover e, quindi, una rapida assunzione di Forze di Polizia.
  Quindi, torniamo su questo tema con un'interpellanza e un'interrogazione appunto per capire se il Governo voglia, come ha fatto nel passato per quanto riguarda l'Arma dei carabinieri e in altri casi, rivedere la graduatoria e, quindi, in tempi utili ammettere alla immediata formazione Pag. 2della scuola di polizia questi idonei e non vincitori, piuttosto che, invece, rimandare i tempi, che non sarebbero congrui per lo svolgimento della manifestazione, e con un'ulteriore spesa a carico dell'Amministrazione, ad ulteriore bando di concorso, come sembra essere. Mi riservo, quindi, a seguito della risposta dell'Esecutivo, di dichiararmi soddisfatto o meno.

  PRESIDENTE. Il Viceministro Andrea Olivero, ha facoltà di rispondere.

  ANDREA OLIVERO, Viceministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, onorevoli deputati, con l'interpellanza all'ordine del giorno della seduta odierna, l'onorevole Zan, unitamente all'onorevole Lavagno, chiede al Governo quali iniziative intenda assumere per procedere all'immediata assunzione di coloro che sono risultati idonei al concorso pubblico a 964 posti di allievo agente della Polizia di Stato, bandito nel marzo 2013, oltre che dei vincitori del concorso medesimo ricompresi nella seconda aliquota, ciò anche in considerazione dell'approssimarsi dell'Expo 2015, che richiederà, come è stato rammentato, un forte impegno da parte delle Forze di Polizia. Sullo stesso argomento, con differenti sfumature, l'onorevole Lavagno ha presentato analoga interrogazione alla quale, dunque, rispondo congiuntamente.
  Il tema evidenziato è da tempo all'attenzione dell'Amministrazione dell'interno, a cui sono ben note le aspirazioni degli idonei. Prima del recentissimo intervento del Parlamento, non è stato possibile venire incontro alle aspettative degli interessati, per i limiti posti dal codice dell'ordinamento militare. In base a tali disposizioni, infatti, i posti da mettere a concorso per il reclutamento del personale nelle carriere iniziali delle Forze di Polizia sono determinati attraverso un meccanismo assunzionale del tutto peculiare, modellato sulle specifiche esigenze della Difesa e correlato alla necessità di garantire, con cadenza periodica predeterminata, un sufficiente numero di volontari.
  Tra le altre criticità vi era quella di salvaguardare i diritti dei vincitori appartenenti alla cosiddetta seconda aliquota e in ferma quadriennale, per i quali sussisteva l'obiettivo pericolo di uno scavalcamento da parte degli idonei, con elevati rischi di contenzioso.
  È stato anche rilevato come l'assunzione degli idonei dei concorsi già espletati avrebbe comportato l'incorporamento di personale con una maggiore anzianità anagrafica, con ulteriori ripercussioni negative sul problema dell'innalzamento dell'età media del personale delle Forze di Polizia.
  In presenza di tali vincoli, ritengo che il Parlamento, in sede di recentissima conversione del decreto-legge n. 90, abbia risolto il problema, realizzando un equilibrato bilanciamento dei vari interessi in gioco. Intanto perché l'autorizzazione allo scorrimento delle graduatorie in favore degli idonei, ivi contenuta, riguarda i soli concorsi di accesso alle Forze di Polizia indetti nel 2013 e, quindi, per quanto concerne la Polizia di Stato, esclusivamente il concorso a 964 posti, con un impatto contenuto sul sistema di reclutamento. Inoltre, il ricorso allo scorrimento trova la sua motivazione nelle maggiori esigenze connesse alla sicurezza di Expo 2015, rendendo evidente il suo carattere di misura del tutto straordinaria.
  In attuazione del predetto decreto-legge, tutti i 502 idonei del concorso a 964 posti sono già stati dichiarati vincitori con decreto del Capo della polizia dello scorso 25 agosto e sono stati convocati per la frequenza del relativo corso di formazione, che inizierà il prossimo 16 settembre, presso le Scuole allievi e agenti di Alessandria e Brescia. Ai 502 allievi se ne aggiungeranno altri sei, provenienti da altri concorsi, per effetto di pronunce cautelari e definitive. Nei prossimi mesi, inoltre, sarà inviato alla ferma quadriennale nelle Forze armate, come previsto dalla normativa vigente, il contingente di 160 unità, cioè le cosiddette seconde aliquote del predetto corso.
  Informo, infine, che, in ogni caso, la Polizia di Stato immetterà a breve ulteriori Pag. 3407 unità provenienti dalla seconda aliquota di vincitori del concorso bandito nel 2008, che si andranno ad aggiungere alle 923 unità che stanno completando il corso di formazione collegato al concorso del 2013, oggetto degli atti di sindacato ispettivo in discussione.

  PRESIDENTE. Il deputato Lavagno ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla interpellanza e alla sua interrogazione.

  FABIO LAVAGNO. Signor Presidente, ringrazio il Viceministro per la risposta puntuale. Molte delle cose le sappiamo appunto perché contenute nel decreto-legge n. 90 del 2014, approvato recentemente, sostenuto peraltro dal gruppo di cui faccio parte e di cui fa parte l'onorevole Zan, firmatario dell'interpellanza. E ovviamente non possiamo che dichiararci soddisfatti, perché ovviamente va incontro a una soluzione di un problema lungamente sollecitato, come ricordavo nell'esposizione delle premesse dell'interrogazione e dell'interpellanza.
  Mi permetto a questo punto una breve chiosa rispetto ai lavori dell'Aula: visto che eravamo in presenza di numerose interrogazioni che sono anche piuttosto datate, forse varrebbe la pena che l'Esecutivo avesse maggiore considerazione di quello che è il sindacato ispettivo e delle interrogazioni, poiché magari risolvendolo con una risposta scritta potrebbe in maniera più celere e più efficace dare corso e dare effettivamente chiarezza su quali sono gli indirizzi dell'Esecutivo rispetto a problematiche che hanno, come evidenziato dallo stesso Viceministro, un carattere di urgenza e di straordinarietà e che soprattutto impattano in questa urgenza e straordinarietà, da un lato, sul mantenimento e sullo svolgimento con criteri di sicurezza elevati di una manifestazione importante come Expo 2015, dall'altro, sulla chiarezza nei confronti anche del regolare svolgimento dei concorsi, dei bandi pubblici, perché effettivamente venga garantita una giusta e chiara graduatoria, e che, qualora si deroghi o si ampli questa graduatoria, effettivamente vi siano dei criteri dettati appunto dall'urgenza e dalla straordinarietà.
  Pertanto mi dichiaro soddisfatto rispetto alla risposta all'interrogazione e all'interpellanza da parte del Viceministro.

(Problematiche riguardanti la realizzazione della nuova sede unica della questura del Verbano Cusio Ossola – n. 3-00583)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interrogazione Borghi n. 3-00583, concernente problematiche riguardanti la realizzazione della nuova sede unica della questura del Verbano Cusio Ossola (Vedi l'allegato A – Interpellanza e interrogazioni).
  Il Viceministro Olivero ha facoltà di rispondere.

  ANDREA OLIVERO, Viceministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, colleghi deputati, con l'interrogazione all'ordine del giorno l'onorevole Borghi ha chiesto ai Ministri interessati una soluzione ai problemi segnalati dai residenti con riferimento alla nuova sede della Questura di Verbano Cusio Ossola.
  Considerata l'inadeguatezza delle strutture ospitanti la questura e la sezione Polizia stradale di Verbania, dopo il vaglio di diverse ipotesi finalizzate al reperimento di un'unica nuova sede, è stata ritenuta idonea la soluzione dell'edificazione di un nuovo complesso su un'area sita in località Madonna di Campagna.
  L'onere del finanziamento dell'opera, del reperimento dell'area, della progettazione e dello svolgimento delle funzioni di stazione appaltante è stato assunto dal provveditorato alle opere pubbliche Piemonte-Valle d'Aosta, con il concorso del Ministero dell'interno. In relazione ai disagi riscontrati tra i residenti, connessi, in particolare, alle problematiche da irraggiamento sulla strada statale e sulle abitazioni adiacenti prodotte dalle vetrate della struttura, faccio presente che nello scorso mese di maggio si è provveduto ad apporre pellicole oscuranti su un'area Pag. 4campione della superficie vetrata dell'immobile; operazione che ha prodotto una significativa riduzione del problema causato dai riflessi del sole.
  Sempre al fine di mitigare gli effetti di riflettenza indesiderati, si è provveduto, inoltre, alla piantumazione di essenze arboree in prossimità della viabilità esterna della sede della questura. Sulla questione, il provveditorato alle opere pubbliche ha riferito di un sopralluogo condotto dai propri tecnici congiuntamente a rappresentanti della Polizia municipale, i cui esiti escludono la produzione di effetti abbaglianti e distraenti sugli automobilisti che transitano nelle immediate adiacenze dell'immobile, in particolare sulla strada statale 33.
  In merito alle altre problematiche segnalate nell'interrogazione, informo che, nel corso di una riunione tenutasi in prefettura lo scorso dicembre alla presenza di alcuni rappresentanti del comune di Verbania, è stato acclarato che i fenomeni di allagamento della strada lungo il confine est della struttura e dei locali seminterrati degli edifici ad essa prospicienti sono attribuibili a un dislivello preesistente e non dipendono dalla realizzazione dell'edificio della nuova questura.
  Vengo, infine, alle difformità, lamentate dall'architetto progettista della struttura, tra il progetto e quanto realizzato dalla ditta vincitrice dell'appalto. Il citato provveditorato ha comunicato al predetto professionista che la direzione dei lavori si è attenuta agli elaborati progettuali esecutivi posti a base di gara, i quali demandavano al direttore dei lavori alcune scelte tecniche in tema di finitura.
  In particolare, in merito alla scelta degli infissi, la direzione stessa ha rappresentato che la ditta fornitrice aveva dichiarato fuori produzione quelli previsti in progetto, che, pertanto, sono stati sostituiti da nuovi modelli. Per quanto attiene alle modifiche del progetto relative agli ingressi al pubblico ed al cortile interno, le scelte sono state operate sulla base di esigenze funzionali ed economiche. Concludo informando che il trasferimento degli organi della Polizia di Stato di Verbania nel nuovo immobile è stato completato lo scorso 11 giugno.

  PRESIDENTE. Il deputato Borghi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interrogazione, per cinque minuti.

  ENRICO BORGHI. Signor Presidente, innanzitutto desidero ringraziare il rappresentante del Governo per avere fornito in questa sede una risposta, a mio giudizio, esaustiva rispetto alle problematiche citate nell'interrogazione, che, ricordo, era relativa al mese di gennaio. Quindi, in questo senso, vorrei riscontrare sia l'impegno del Governo sia l'impegno del prefetto del Verbano Cusio Ossola, il dottor Francesco Russo, che, a seguito della presentazione di questa interrogazione, si è immediatamente attivato, come riscontrato in sede di risposta.
  Prendo atto delle dichiarazioni relative all'insussistenza di problematicità rispetto al traffico veicolare. Credo che, a seguito di questo atto di sindacato ispettivo, sarà possibile concludere l'aspetto connesso con la completa sistemazione dell'intero plesso. Sottolineo il fatto che, in ogni caso, stiamo parlando di un immobile il cui accordo di programma è iniziato nel 2006.
  Quindi, anche sotto questo profilo, vi è un'opportunità di riflessione circa l'efficienza e l'efficacia dei provveditorati alle opere pubbliche e le esigenze che questi si raccordino in maniera più stringente rispetto alle necessità, da un lato dei cronoprogrammi, dall'altro dei capitolati, e, più complessivamente, il rapporto tra i medesimi e le popolazioni interessate deve essere riconsiderato.
  Questa è una tematica che, qualora fosse stata affrontata all'inizio e in maniera più opportuna e più oculata, non si sarebbe verificata, non avremmo dovuto investire addirittura l'Aula della Camera per risolvere una problematica di questo genere. Quindi, questo valga, in qualche misura, a futura memoria.
  Da ultimo, mi associo alla considerazione fatta dal collega Lavagno rispetto Pag. 5alla temporalità dell'esecuzione degli atti di sindacato ispettivo, perché questo, come ricordavo in precedenza, è un tema sollevato nel mese di gennaio e, evidentemente, affrontarlo nel mese di settembre non coincide esattamente con lo spirito con il quale presentiamo questo tipo di atti.

(Iniziative per rafforzare le politiche di prevenzione e contrasto della criminalità nella città di Bari – n. 3-00651)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interrogazione Distaso ed altri n. 3-00651, concernente iniziative per rafforzare le politiche di prevenzione e contrasto della criminalità nella città di Bari (Vedi l'allegato A – Interpellanza e interrogazioni).
  Il Viceministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Andrea Olivero, ha facoltà di rispondere.

  ANDREA OLIVERO, Viceministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, onorevoli deputati, il tema evidenziato dall'onorevole Distaso e da altri onorevoli interroganti, quello della sicurezza pubblica nella città di Bari, teatro negli ultimi due anni di una serie di episodi criminosi, è oggetto della massima, costante attenzione dell'amministrazione dell'interno, come comprovato anche dalla partecipazione dello stesso Ministro a una serie di riunioni appositamente convocate dalla locale prefettura nello scorso e nel corrente anno.
  Il contesto della criminalità organizzata a Bari sta attraversando un periodo di particolare tensione, determinato dalle mire di figure criminali emergenti, che rivendicano maggiori spazi di egemonia o tentano di colmare i vuoti lasciati da personaggi oggi deceduti o ristretti in stato di detenzione, con ciò minando gli equilibri tra vecchi e nuovi gruppi delinquenziali più o meno strutturati sul territorio, caratterizzati tutti dalla necessità di controllare specifici ambiti territoriali per la commercializzazione delle sostanze stupefacenti e per l'imposizione del pizzo, nelle sue forme più diversificate.
  Tali fibrillazioni hanno preso le mosse da alcuni accadimenti delittuosi, a partire dal secondo semestre dell'anno 2012, caratterizzati da uccisioni e ferimenti incrociati di esponenti appartenenti a clan malavitosi contrapposti. Proprio alla conflittualità tra clan sembra riconducibile l'agguato mortale dello scorso 15 febbraio, a cui fanno cenno gli onorevoli interroganti, per il quale sono ancora in corso di svolgimento le indagini della squadra mobile.
  In relazione a questo e ad altri episodi criminosi, tra i quali la rapina consumata all'interno del bar «Savoia», anch'essa menzionata nell'interrogazione, la reazione delle Forze di Polizia è sempre stata immediata, attraverso l'intensificazione dei controlli negli ambienti della criminalità locale e numerose perquisizioni, anche su disposizione della magistratura, presso le abitazioni di noti pregiudicati, che hanno portato all'esecuzione di numerosi arresti nei diversi quartieri cittadini, soprattutto per reati in materia di stupefacenti, e al sequestro di parecchie armi e giubbotti antiproiettile.
  D'altra parte, nel corso del primo semestre di quest'anno, le aree del capoluogo pugliese considerate a maggior rischio sono state oggetto, in aggiunta ai servizi ordinari di controllo del territorio, di oltre un centinaio di servizi straordinari, che hanno visto impegnati ingenti contingenti di personale delle Forze di Polizia.
  Inoltre è un fatto che la serrata attività info-investigativa, esperita dalle forze di polizia contro il crimine organizzato, abbia prodotto risultati positivi anche sul piano della repressione dei reati, con particolare riguardo a quelli di maggiore allarme sociale. A questo proposito, voglio ricordare l'operazione più recente, quella che il 4 luglio scorso, a seguito degli sviluppi di una complessa attività di indagine, ha portato all'esecuzione di un'ordinanza di custodia cautelare a carico di 28 persone, tutte appartenenti a una nota cosca mafiosa locale, responsabili, a vario titolo, dei reati di associazione di stampo mafioso, associazione per delinquere finalizzata Pag. 6al traffico di stupefacenti, tentato omicidio, porto e detenzione di armi. Contestualmente è stata sottoposta a sequestro preventivo una consistente quantità di beni mobili, immobili ed aziendali, riconducibili direttamente o per interposta persona alla disponibilità di sette degli indagati.
  In un'altra circostanza, le mirate attività info-investigative sviluppate dagli organi di Polizia hanno consentito di fare luce sulle dinamiche criminali all'origine di un triplice efferato omicidio consumato a colpi di kalashnikov nel maggio dell'anno scorso nel quartiere San Paolo, nell'ambito di un regolamento di conti tra cosche un tempo alleate e poi rivali. Tali attività hanno portato all'emissione ed esecuzione, nel mese di settembre 2013, di un'ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico di otto personaggi ritenuti tutti responsabili della consumazione dei predetti omicidi.
  Parimenti, risulta degna di menzione l'operazione che, sul finire dello scorso anno, ha consentito di disarticolare sul nascere il tentativo, messo in atto da un sodalizio malavitoso nei quartieri Fesca-San Girolamo, da sempre considerati ad elevata tensione criminale, di sviluppare una massiccia azione estorsiva in danno di numerosi commercianti e imprenditori.
  In questo caso, sono stati 4 i malavitosi colpiti da provvedimenti restrittivi emessi dalla locale Direzione distrettuale antimafia per associazione a delinquere finalizzata alle estorsioni, porto e detenzione di armi, violazioni della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza.
  Ed è un fatto significativo che, dal confronto tra i dati relativi al primo semestre dell'anno in corso e quelli dell'analogo periodo del 2013, si registri una riduzione del 9 per cento circa dei delitti consumati complessivamente nella città di Bari, pur non potendosi sottacere che l'analisi di dettaglio evidenzia, per singole fattispecie criminose, una dinamica incrementale in parziale controtendenza rispetto al dato generale.
  Tutto ciò consente di asserire che, al di là della percezione della cittadinanza, specie in relazione a fatti criminosi di forte impatto mediatico, la situazione della sicurezza pubblica a Bari è sostanzialmente sotto controllo.
  Voglio inoltre ricordare che nell'ultima riunione del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, svoltasi lo scorso 25 luglio e allargata alla partecipazione del procuratore della repubblica di Bari, si è convenuto di procedere in tempi brevi al rinnovo del patto per la sicurezza, nel cui ambito potranno essere utilizzate le risorse finanziarie ottenute dal comune per la realizzazione del progetto «crime-mapping».
  Sempre a breve, sarà sottoscritto il protocollo d'intesa con la Confcommercio che consentirà l'installazione, da parte degli esercenti commerciali, di sistemi di videosorveglianza collegati con le centrali operative delle forze di Polizia, per i quali la locale camera di commercio ha messo a disposizione i contributi finanziari.
  Si è convenuto, inoltre, di convocare apposite riunioni tecniche presso la questura, con la partecipazione del comandante della Polizia municipale, al fine di pianificare ed orientare i servizi di prevenzione generale e controllo, in relazione all'incidenza dei reati di criminalità diffusa nei diversi quartieri della città.
  Venendo ad alcune questioni specifiche poste con l'interrogazione, informo che nell'ottobre dell'anno scorso, nell'ambito degli impegni assunti dal Ministro dell'interno in occasione della visita del 22 maggio 2013, sono state assegnate e ripartite tra gli uffici della questura 48 nuove unità di personale di Polizia, con specifica destinazione ai servizi di controllo del territorio. Di tali unità 4 sono state, poi, destinate al commissariato di Bitonto e altre 4 al commissariato di Barletta. Un ulteriore contingente di 38 unità è stato assegnato alla questura per il soddisfacimento delle esigenze di altri uffici.
  È altresì prevista, entro l'anno in corso, l'assegnazione di ulteriori 59 unità da destinare agli uffici ed ai reparti della Polizia di Stato ubicati nel capoluogo e nell'intera provincia.Pag. 7
  Fino al 31 dicembre 2014, inoltre, è operativo nella provincia di Bari un contingente di 150 militari delle Forze armate, che concorre nelle attività di controllo del territorio.
  Per quanto attiene alle risorse provenienti dal Fondo unico giustizia, nel decorso esercizio finanziario 2013 il Dipartimento della pubblica sicurezza ha beneficiato di assegnazioni per un importo di 24 milioni di euro, di cui circa 750 mila euro sono stati accreditati ai funzionari delegati della provincia di Bari.
  Concludo, rassicurando che il Ministero dell'interno, nelle sue espressioni politiche e nelle sue componenti amministrative e operative centrali e territoriali, mantiene una vigile attenzione sulla situazione dell'ordine e della sicurezza pubblica a Bari e provincia, pronto a cogliere segnali premonitori e accadimenti che rendano necessaria l'adozione di ulteriori misure di prevenzione o repressione dei fenomeni criminosi.

  PRESIDENTE. Il deputato Distaso ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interrogazione, per cinque minuti.

  ANTONIO DISTASO. Signor Presidente, ringrazio il Viceministro per la sua esposizione, per la sua risposta: lei ha disegnato un quadro sostanzialmente corretto ma in parte mancante di alcuni passaggi che io, come deputato della città di Bari, credo di avere il dovere di sottolineare in questa sede al Governo, che certamente non mancherà delle informazioni necessarie. Bari ha un nuovo prefetto dal dicembre 2013.
  È stata, però, con un periodo di vacatio per mancanza del questore, che è stato nominato solamente nel luglio 2014. Peraltro, un questore reggente. Tutto ciò in un periodo, come ha detto giustamente il Viceministro, di escalation progressiva a partire dal secondo semestre 2012 fino ai giorni correnti in cui la città di Bari – e ha detto anche qui bene – ha la percezione di un'insicurezza. Io oggi mi sento rassicurato da una parte dalle parole del Viceministro quando dice che la situazione della criminalità a Bari è sostanzialmente sotto controllo, però devo altresì segnalare fatti di cronaca, che quindi non possono che essere facilmente riscontrabili, che si susseguono con una preoccupante continuità che Bari raramente ha vissuto nella sua storia.
  Potrei citare alcuni esempi, per cui mi sento di non potermi dichiarare completamente soddisfatto da questa risposta. Cito per titoli: la Repubblica di Bari del 26 agosto scorso: «Sette moto dell'antiscippo tutte rotte, niente soldi per ripararle. Venti uomini che si alternano in tre turni perché non hanno mezzi per potere esercitare la loro attività». Del questore ho già detto, nominato solo nel luglio dell'anno scorso. Mi riferisco poi all'omicidio di un cittadino albanese, regolarmente residente nella città di Bari, di qualche giorno fa, nel quartiere Libertà, che è un quartiere adiacente al centro città, per essersi banalmente intromesso in una futile lite con, purtroppo per lui, esponenti malavitosi di quel quartiere. Poi il colpevole si è costituito nei giorni scorsi. Ma qui la preoccupazione è proprio questa: si ammazza per un niente. E non è una preoccupazione solo di chi vi parla o una percezione diffusa dei cittadini. In un'intervista recente il Capo della squadra mobile di Bari, che è un validissimo funzionario dello Stato, il dottor Rinella, ha disegnato un quadro inquietante di una Bari praticamente rassegnata all'egemonia criminale. Si arriva a sparare, anche qui soltanto due mesi fa, nel centralissimo corso Vittorio Emanuele di Bari senza capire a chi fossero anche indirizzati quei proiettili. Quella sparatoria è avvenuta in un orario serale assolutamente super affollato e quindi con grave pericolo.
  Vede, Viceministro, ho presentato questa interrogazione nel febbraio del 2014 e quando poi mi è stato chiesto di discutere in Aula un mese fa, il primo pensiero è stato quello che la stessa interrogazione fosse superata. Purtroppo, quando poi ho riletto le carte dell'epoca e l'impressionante continuità, che accade fino ad oggi, di una serie di episodi – ne potrei citare Pag. 8altri e adesso lo farò molto velocemente – mi sono detto: no, la questione è quanto mai attuale. Bari necessita di uomini, di mezzi, di presenza dello Stato ancora più forte. Non che non ci sia, ma – e finisco subito – non servono solo dichiarazioni, ma presenza vera. Io, tramite lei, chiedo che il Ministro dell'interno rinnovi la sua visita in prefettura, che presieda un Comitato per la sicurezza e per l'ordine pubblico perché, come ripeto, non è solo una percezione, ma purtroppo sono gli accadimenti che oggi contrastano questo quadro che non è per nulla rassicurante.

(Iniziative per intensificare i controlli sull'origine e sulla lavorazione delle carni suine e su tutta la filiera agroalimentare italiana, in applicazione di quanto disposto dall'articolo 4, commi 49 e 49-bis, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, sulla tutela del made in Italy – nn. 3-00999, 3-01000, 3-01002 e 3-01003)

  PRESIDENTE. Passiamo alle interrogazioni Cova n. 3-00999, Mongiello 3-01000, Realacci 3-01002 e Terzoni n. 3-01003, concernenti iniziative per intensificare i controlli sull'origine e sulla lavorazione delle carni suine e su tutta la filiera agroalimentare italiana, in applicazione di quanto disposto dall'articolo 4, commi 49 e 49-bis, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, sulla tutela del made in Italy, che, vertendo sullo stesso argomento, saranno svolte congiuntamente (Vedi l'allegato A – Interpellanza e interrogazioni).
  Il Viceministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Andrea Olivero, ha facoltà di rispondere.

  ANDREA OLIVERO, Viceministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, onorevoli deputati, le interrogazioni di cui si chiede conto recano analoghi quesiti sull'indicazione del Paese di origine o provenienza dei prodotti agroalimentari; ho ritenuto pertanto conveniente fornire al riguardo una risposta congiunta.
  La conoscenza del Paese di origine o del luogo di provenienza di un prodotto agroalimentare rappresenta un requisito imprescindibile per l'orientamento all'acquisto dei consumatori, a garanzia del diritto all'informazione e della possibilità di compiere scelte consapevoli.
  In aggiunta, soprattutto per il nostro Paese, si pone come fattore strategico per la tutela della nostra eccellenza produttiva, alla luce di una diffusa pratica contraffattiva e imitativa, che rappresenta un danno noto e ingente al potenziale economico, culturale e sociale del settore agroalimentare.
  Tenendo ben presenti tali considerazioni, il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha sempre fortemente sostenuto, in sede europea, l'indicazione obbligatoria del Paese d'origine o del luogo di provenienza dei prodotti, concertando la posizione negoziale con il Dicastero della salute, al fine di difendere l'identità, la competitività della produzione italiana sui mercati internazionali ed esteri e il diritto dei consumatori alla trasparenza delle informazioni sulla tracciabilità.
  Infatti, anche grazie all'impegno e al sostegno del nostro Paese, il 13 dicembre 2013 è stato emanato il regolamento di esecuzione della Commissione n. 1337 del 2013 che, oltre a stabilire i criteri di etichettatura per gli operatori del settore alimentare delle carni fresche, refrigerate o congelate di suino, ovino, caprino e di volatili, destinate alla commercializzazione, introduce la prescrizione relativa all'indicazione del Paese d'origine o luogo di provenienza ove gli animali sono stati allevati e macellati.
  In seguito, il Parlamento europeo, con risoluzione del 6 febbraio 2014, ha invitato la Commissione a ritirare il predetto regolamento di esecuzione e a redigerne una versione riveduta che preveda l'indicazione obbligatoria, sull'etichetta, del luogo di nascita nonché dei luoghi di allevamento e di macellazione dell'animale per le carni non trasformate di animali della specie suina, ovina, caprina e di volatili, in conformità Pag. 9della legislazione vigente in materia di etichettatura di origine delle carni bovine.
  In ogni caso, la modifica al quadro normativo europeo di riferimento rappresenta un eccellente risultato per i consumatori, cui garantisce una maggiore conoscibilità dei prodotti attraverso le informazioni in etichetta, ma anche un importante passo avanti in favore delle più efficaci azioni che possono essere attuate a tutela del made in Italy.
  Invero, le variazioni apportate al testo originario proposto dalla Commissione (tra le quali il raddoppio del periodo minimo di allevamento per poter indicare in etichetta il Paese di allevamento dell'animale) hanno consentito di fare maggiore chiarezza sulle procedure da seguire per l'apposizione delle diciture in etichetta (anche per la carne suina, nelle varie fasi di commercializzazione) e di fornire al consumatore valide informazioni circa la realtà produttiva.
  Il predetto regolamento di esecuzione (che si applicherà dal 1o aprile 2015), oltre a concedere di integrare, su base volontaria e nel rispetto degli articoli 36 e 37 del regolamento n. 1169 del 2011, le informazioni sull'origine con ulteriori informazioni relative alla provenienza della carne (tra cui, un livello geografico più dettagliato), consente di utilizzare il termine «origine» solo nel caso di animali nati, allevati e macellati nello stesso Paese e dispone che l'indicazione del luogo di provenienza delle carni avvenga nel seguente modo: per tutte le specie l'indicazione «origine Italia» può essere utilizzata solo se l'animale è nato, allevato e macellato in Italia.
  Per gli ovini e i caprini: l'indicazione «allevato in Italia» può essere utilizzata solo se l'animale ha trascorso almeno gli ultimi 6 mesi in Italia ovvero viene macellato sotto i 6 mesi ed ha trascorso l'intero periodo di allevamento in Italia.
  Per il pollame: l'indicazione «allevato in Italia» può essere utilizzata solo se l'animale ha trascorso almeno l'ultimo mese in Italia, ovvero viene macellato sotto un mese di età ed ha trascorso l'intero periodo di ingrasso in Italia.
  Per i suini: l'indicazione «allevato in Italia» può essere utilizzata solo se l'animale viene macellato sopra i 6 mesi ed ha trascorso almeno gli ultimi 4 mesi in Italia; se è entrato in Italia ad un peso inferiore ai 30 kg e macellato ad un peso superiore ai 80 kg e, infine, se l'animale viene macellato ad un peso inferiore agli 80 kg ed ha trascorso l'intero periodo di allevamento in Italia.
  È bene tuttavia ricordare che, a livello nazionale, oltre il 70 per cento dell'intera produzione suinicola italiana già produce carne nel rispetto delle disposizioni dei disciplinari delle denominazioni di origine protetta (DOP) e delle indicazioni geografiche protette (IGP).
  In particolare, i disciplinari dei prodotti della salumeria DOP e IGP italiani, approvati a livello europeo, impongono che i suini appartengano a determinate razze appositamente selezionate, vengano allevati in condizioni di benessere e secondo un programma alimentare studiato per le diverse fasi di allevamento. Peraltro, gli allevatori e i macelli aderenti ai circuiti delle produzioni DOP ed IGP sono controllati da istituti, pubblici o privati, designati dal Ministero, che monitorano la certificazione dei capi suini destinati alla trasformazione in prodotti DOP e IGP, le movimentazioni degli animali verso altri allevamenti e/o macelli, nonché le fasi di macellazione, trasformazione ed eventuale confezionamento.
  Peraltro, il circuito di questi prodotti di qualità include un insieme di operatori iscritti ad un sistema organizzato e controllato della produzione. In pratica, la provenienza della materia prima utilizzata viene tracciata seguendo il seguente percorso: allevamento in cui è nato il suino; allevamento che lo ha avviato al macello; macello; laboratorio di sezionamento e trasformazione.
  Nel dettaglio, l'allevamento di nascita appone sulla coscia dell'animale (entro il trentesimo giorno di vita) un timbro indelebile (tatuaggio) recante il proprio codice Pag. 10e il mese di nascita dell'animale. Successivamente, l'allevamento da cui i suini partono per il macello certifica, tramite la certificazione unificata di conformità (CUC), gli animali della partita avviata alla macellazione, indicando i tatuaggi relativi all'allevamento di nascita dei suini, della partita, nonché il tipo genetico prevalente. Detta certificazione è accompagnata da eventuali certificati relativi agli spostamenti dei suini in allevamenti diversi da quello di nascita.
  Il macello, tramite timbro indelebile impresso sulla cotenna, appone poi il proprio codice di identificazione su ogni coscia, dopo aver accertato i requisiti previsti dal disciplinare di produzione. Lo stagionatore, infine, identifica e registra l'inizio del processo di stagionatura. Nel caso dei prosciutti DOP di Parma e di San Daniele viene apposto sulle cosce un sigillo metallico prenumerato.
  Peraltro, presso gli stabilimenti di macellazione e lavorazione delle carni suine vengono garantiti i controlli ufficiali dei servizi veterinari delle ASL che, nella verifica dell'applicazione dei regolamenti europei afferenti al Pacchetto igiene (regolamenti n. 178 del 2002 e nn. 852, 853, 854 e 882 del 2004), esaminano anche gli aspetti relativi alla rintracciabilità dei prodotti, così come disposto dall'articolo 18 del regolamento n. 178 del 2002.
  In ogni caso, è certo che la sicurezza e la qualità degli alimenti possono essere maggiormente garantite attraverso un elevato livello di collaborazione e coordinamento tra le diverse amministrazioni. Tale principio è ben consolidato e su di esso si fonda la normativa europea vigente in materia. In particolare, il regolamento n. 882 del 2004 prevede che ciascun Paese membro predisponga un piano di controllo nazionale che assicuri un approccio multidisciplinare per la pianificazione, lo svolgimento e la rendicontazione dei controlli ufficiali.
  A tal fine, il Ministero della salute è il punto di raccordo nazionale per il piano nazionale integrato, che nasce dall'intensa e proficua collaborazione con il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, il Ministero dell'ambiente, l'Agenzia delle dogane e dei monopoli, i nuclei del comando dei Carabinieri (NAS, NAC e NOE), le Capitanerie di porto, il Corpo forestale dello Stato e la Guardia di finanza. Sia il piano nazionale integrato 2011-2014 che le relazioni annuali (ove sono raccolti i dati delle attività svolte dalle citate amministrazioni), sono pubblicati sul portale del Ministero della salute.
  Ricordo, inoltre, che l'articolo 8, comma 4, del decreto-legge 18 giugno 1986, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 462 del 1986 stabilisce che presso il Ministero della sanità è istituito l'elenco pubblico delle ditte commerciali e dei produttori che abbiano riportato condanne con sentenza passata in giudicato per reati di frode e di sofisticazione alimentare. Il Ministro della sanità ne cura annualmente la pubblicazione, con riferimento alle condanne intervenute nell'anno precedente, nella Gazzetta Ufficiale e in almeno due quotidiani a diffusione nazionale.
  A tal riguardo, mi preme sottolineare l'intensa attività di controllo espletata dal Corpo forestale dello Stato sul territorio nazionale, finalizzata al contrasto del fenomeno del falso made in Italy e del cosiddetto italian sounding, ossia l'utilizzo fuorviante, sull'imballaggio dei prodotti agroalimentari, di etichette o simboli che esaltino l'italianità dei luoghi d'origine della materia prima, della ricetta e del marchio. L'obiettivo è quello di rendere conoscibili le filiere e la tracciabilità degli alimenti per il consumatore, basandosi sulla considerazione che i valori alimentari, territoriali, ambientali, culturali e di agro-biodiversità rappresentano un bene collettivo dell'Italia come anche dell'Unione europea da individuare, pubblicizzare, valorizzare e difendere in modo differente e specifico rispetto agli altri settori manifatturieri, in ragione che l'alimento riguarda i valori di tutela per l'uomo.
  Nel corso del 2013, in particolare, il Corpo forestale dello Stato ha posto in essere un'attività sanzionatoria contro il falso made in Italy a tutela sia dei consumatori, Pag. 11che dei produttori onesti, penalizzati da una concorrenza sleale nel libero scambio delle proprie merci all'interno dall'Unione. I controlli eseguiti, oltre a costituire un efficace monitoraggio del made in Italy agroalimentare, hanno consentito il sequestro di circa 600 tonnellate di prodotti e la comunicazione di oltre 170 notizie di reato alla procura della Repubblica italiana, assicurando la repressione di tutte quelle condotte penalmente rilevanti che si siano poste in evidente contrasto con il leale svolgimento degli scambi commerciali e con la trasparenza informativa nei riguardi del consumatore.
  Vorrei poi ricordare che la recente legge 11 agosto 2014, n. 116, che ha convertito in legge il decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, nell'intento di fornire, tra l'altro, maggiore tutela all'identità territoriale dei prodotti alimentari, all'articolo 3 – che ha appunto il significativo titolo di «Interventi per il sostegno del made in Italy» – prevede che il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali svolga una consultazione pubblica tra i consumatori per valutare in quale misura, nelle informazioni relative ai prodotti alimentari, venga percepita come significativa l'indicazione relativa al luogo di origine o di provenienza dei prodotti alimentari e della materia prima agricola utilizzata nella preparazione o nella produzione degli stessi e quando l'omissione delle medesime indicazioni sia ritenuta ingannevole. I risultati delle consultazioni effettuate saranno resi pubblici e trasmessi alla Commissione europea.
  Al riguardo, evidenzio l'esigenza di fare distinzione tra i concetti di «provenienza» e di «origine» dei prodotti agroalimentari, nonché la necessità di garantire la trasparenza informativa in merito all'effettiva origine delle materie prime agricole prevalenti impiegate nella fabbricazione dei prodotti stessi, in linea, del resto, con quanto previsto dall'articolo 39 del Regolamento n. 1169 del 2011. La conoscenza dell'origine degli alimenti, infatti, rappresenta un fattore di cruciale importanza sia ai fini della prevenzione delle frodi sia, soprattutto, ai fini della protezione dei consumatori lato sensu, poiché il criterio attualmente adottato dal Codice doganale comunitario per la definizione di «origine» (ossia quello del Paese in cui è avvenuta l'ultima trasformazione o lavorazione sostanziale) lascia, di fatto, un ampio margine di indeterminatezza e, quindi, non ci lascia tranquilli.

  PRESIDENTE. Il deputato Cova ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interrogazione n. 3-00999; ricordo che ha cinque minuti di tempo a sua disposizione.

  PAOLO COVA. Signor Presidente, ringrazio il Viceministro per la risposta, apprezzo l'attenzione che ha messo sulla trasparenza dell'etichettatura e sul tema della tracciabilità. Mi sembra, però, che sia importante affrontare una questione, perché noi stiamo trattando di un prodotto, ad esempio la carne suina, che è stato lavorato e prodotto in Italia e trasformato per quasi due milioni e duecentomila tonnellate e di questi un milione di tonnellate arriva da Paesi esteri.
  Noi giustamente abbiamo delle DOP e delle IGP che lavorano prodotti, ma abbiamo quasi più del 40 per cento della carne suina o suini vivi che arrivano da Paesi esteri. Questo è il reale problema, perché poi questa viene comunque immessa all'interno del mercato come carne italiana. Bisogna fare questa affermazione, però: l'industria della trasformazione ha una necessità di carne suina. Il segnale che ci arriva è che c’è la necessità di avere carne suina da trasformare. Allora, credo che sia importante puntare su un maggior accordo all'interno della filiera dei suini; questo è il problema. Noi abbiamo avuto diverse aziende di suini che hanno chiuso in questi anni perché hanno avuto un prezzo talmente basso che non ne ha consentito la sopravvivenza. Nel contempo sono arrivate dall'estero – come ho detto prima – 1 milione di tonnellate di cosce o di carne suina; questo è il dramma. Probabilmente si imputa il problema soprattutto al prezzo che viene pagato dall'estero, però questa non è la realtà, perché Pag. 12sappiamo che il prodotto italiano, allevato in Italia, macellato in Italia e trasformato in Italia ha una caratteristica in più, ha una marcia in più, possiamo dirlo in questo modo. Quando andiamo a definire la necessità di avere un'etichettatura di un prodotto sappiamo che non è solo un simbolo, perché ognuno di noi sa che un suino prodotto in Pianura Padana, prodotto in Umbria o in Germania ha delle caratteristiche diverse, non solo per la specie, per la razza, ma soprattutto anche per l'alimentazione di cui usufruisce. Ogni territorio ha un'alimentazione diversa, anche se siamo e stiamo parlando di una globalizzazione. Allora, avere dei suini allevati in Italia, nati in Italia, allevati in Italia e trasformati in Italia ha questo significato, proprio perché hanno una caratteristica propria. Io spesso lo dico, lo cito ad esempio: alcuni formaggi vengono prodotti in una determinata zona perché il territorio, l'erba, il fieno e il mais che vengono prodotti in quel territorio hanno delle caratteristiche. La stessa cosa avviene per la carne. Quando noi andiamo a parlare di alcuni marchi DOP classici – li ha citati prima il Viceministro – come il prosciutto di Parma o il San Daniele, sappiamo che sono caratteristici perché in quel territorio c’è un certo clima, c’è una certa conformazione del suolo e una certa produzione, e questa noi dobbiamo andare a tutelare. Allora, possiamo andare a marcare e a tracciare ma comunque abbiamo questa grossa importazione. Io credo che sia importante – e questo è l'invito che faccio alla politica, al Viceministro e al Ministro dell'agricoltura – far sì che ci sia un accordo all'interno della filiera, che parte dagli allevatori e passa tramite i macellatori e i trasformatori. Forse in questo periodo, in cui c’è la necessità di avere un prodotto veramente italiano, è importante che qualcuno ceda un piccolo pezzo della propria proprietà ma che ne guadagni veramente tutto il mercato.

  PRESIDENTE. La deputata Mongiello ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interrogazione, per cinque minuti.

  COLOMBA MONGIELLO. Signor Presidente, ringrazio il Viceministro Olivero per la sua articolatissima risposta. Il tema è complesso e lo sappiamo tutti. Non è la prima volta che il Parlamento si trova ad affrontare un tema legato alla tracciabilità, alla tutela del consumatore, all'origine dei prodotti. Tra l'altro, queste interrogazioni sono antecedenti ad una mozione sul made in Italy che quest'Aula all'unanimità ha approvato, dove si sono poste una serie di questioni, prima fra tutte ovviamente la questione principe, quella dell'etichettatura e della tracciabilità. Il collega Cova sollevava un problema sui prodotti importati, perché questo è il tema vero. I prodotti DOP, IGP e quant'altro devono ovviamente mantenere determinati requisiti per stare nelle condizioni dettate dalle DOP e dai disciplinari, ma il tema non è solo quello, perché all'estero transitano prodotti made in Italy che non hanno nulla a che fare con la penisola italica. Questo è il tema di fondo. Voglio anche dire che il tema è stato esaminato in una legge parlamentare, votata all'unanimità da Camera e Senato nel 2011.
  Lì avevamo stabilito una serie di questioni: l'etichettatura, tracciabilità, origine del prodotto. Questo era il tema vero, perché è ovvio che parliamo di questo, e non del luogo di trasformazione o dell'ultimo luogo di trasformazione, su cui i nostri burocrati di Bruxelles vedo che si sono molto appassionati. Qui non stiamo parlando di un prodotto tecnologico: qui stiamo parlando di cibo ! Stiamo parlando di origine del prodotto ! Ha ragione il collega Cova quando parla della chimica, del terreno, del territorio, della diversità e della biodiversità. Ogni territorio è diverso dall'altro ! Far allevare il suino in un territorio è diverso che allevarlo in un altro, quindi il prodotto è completamente differente. Questo è il tema che noi abbiamo sollevato !
  Tra l'altro, abbiamo un made in Italy che è il più copiato al mondo. Vale 60 miliardi di euro nella più perfetta legalità. Se solo riuscissimo a recuperare un pezzo di questo made in Italy, noi avremmo Pag. 13veramente prodotto quell'ossigeno vitale del nostro export che fa bene al nostro lavoro e alla nostra economia.
  Dico spesso, citandola (qui c’è il collega Realacci, che è stato protagonista con me nell'approvazione della legge sull'olio): mutuiamo la legge sull'olio ! È stata una grande sfida che ha fatto il Parlamento italiano rispetto a Bruxelles, perché abbiamo detto: noi abbiamo la necessità di tutelare i nostri prodotti, e lo dobbiamo fare con un quadro normativo sufficiente; cosa che non ha compreso Bruxelles, che ovviamente ha normato dopo la legge italiana, che è una delle leggi più avanzate al mondo. Ecco perché dico: cerchiamo di legiferare, visto che è il semestre europeo con la Presidenza italiana, nel rispetto anche di quelli che sono i dispositivi europei, ma facendo capire all'Europa che abbiamo l'esigenza di tutelare oltre 200 marchi registrati, ma soprattutto di tutelare un prodotto di eccellenza che solo l'Italia sa fare.
  Questo è il tema di fondo ! Ministro, siamo tutti d'accordo che c’è una sinergia, un coordinamento tra tutti gli enti preposti ai controlli, a cui va ovviamente il nostro ringraziamento per il lavoro splendido che fanno. C’è un tema, però: i nostri prodotti sono i più controllati al mondo; lo stesso esigiamo da altri prodotti.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  COLOMBA MONGIELLO. Noi abbiamo chiuso un accordo Unione europea-Marocco, ma arrivano sulle nostre tavole pomodorini la cui dubbia provenienza, e soprattutto il cui sistema di coltivazione non ci fa stare tranquilli.
  Concludo dicendo che abbiamo presentato un'altra interrogazione al Ministro della salute, nella quale diciamo: renda pubblici tutti gli elenchi, attraverso l'Agenzia delle dogane, di tutto ciò che arriva in Italia. Solo così possiamo comprendere ciò che arriva, ciò che trasformiamo e ciò che esportiamo ! Non aspettiamo la condanna in giudicato. Facciamo come hanno fatto molti Paesi europei: mettiamo in rete tutto ciò che arriva attraverso le nostre dogane. Solo così possiamo capire attraverso i numeri ciò che trasformiamo e ciò che intendiamo tutelare. Non è un sistema contro nessuno, ma un sistema di tutela di tutta la filiera, dal produttore al consumatore al trasformatore. Tutti sono soggetti, ovviamente, alla contraffazione, all’Italian sounding, fenomeni che noi vogliamo combattere.

  PRESIDENTE. Il deputato Ermete Realacci ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interrogazione, per cinque minuti.

  ERMETE REALACCI. Signor Presidente, grazie Viceministro Olivero per l'articolata risposta: il cuore è nelle ultime tre righe, dove dichiara l'insufficienza delle attuali normative per fronteggiare il tema che abbiamo sollevato. Ecco, il fatto stesso che questo tema sia stato sollevato da varie interrogazioni, non solo da parte del Partito Democratico con i colleghi Cova e Mongiello, ma anche da parte della collega Terzoni, significa che c’è una grande sensibilità, nei cittadini, nelle organizzazioni agricole a cominciare dalla Coldiretti; e che c’è un problema: il problema è risolto appunto nelle ultime tre righe, e cioè tutte le garanzie che noi abbiamo oggi non riguardano i prodotti trasformati.
  Giustamente la collega Mongiello ricordava che è un problema analogo a quello dell'olio, che abbiamo affrontato con la legge: si tratta di garantire che anche per i prodotti trasformati si faccia capire ai consumatori qual è l'origine di quel prodotto; il che significa tante cose: qualità organolettica, sicurezza. Per esempio sono uscite molte indagini su come vengono allevati i maiali in altri Paesi europei, inclusa la Germania, che non ci fanno stare tranquilli.
  Ma la trasparenza è la maniera migliore per affrontare questo tema e lei giustamente ricordava che c’è in questo senso anche una procedura che è stata avviata dal disegno di legge n. 91 in materia e noi chiediamo al Ministro di chiuderla rapidamente e di trarne delle conclusioni. Infatti, il tema che stiamo affrontando Pag. 14è più generale della specifica questione da noi sollevata, che riguarda le carni suine e riguarda tutta l'agricoltura, ma riguarda in realtà l'economia italiana.
  Nella crisi, noi dobbiamo capire qual è la strada per questo Paese e ci sono riforme che costano e altre riforme che non costano in termini monetari, ma certo impegnano anche a lavorare contro gli interessi consolidati, contro pigrizie consolidate anche annidate nelle istituzioni. Alcune di queste riforme riguardano proprio la difesa e la tutela del made in Italy.
  Quando parliamo dell’italian sounding vediamo una realtà che ha due aspetti: uno negativo e uno positivo. Quello negativo – lo ricordava la collega Mongiello – attiene ai 60 miliardi di euro di prodotti che non hanno visto l'Italia neanche in cartolina, che sono fuori dai disciplinari dei grandi marchi che sono più tutelati e rappresenta ovviamente un pericolo per la nostra economia e un potenziale. Ma c’è anche una cosa positiva nell’italian sounding; la cosa positiva è che c’è una domanda d'Italia nel mondo che è legata alla qualità, non solo agroalimentare: l'agroalimentare, come sappiamo, l'anno scorso ha aumentato l’export del 6 per cento e l’export del vino è aumentato del 7,7 per cento ed è aumentato nel segno della qualità: meno quantità e più qualità. Lei è piemontese e sa bene che noi oggi produciamo il 50 per cento in meno di vino di quello che producevamo all'epoca del metanolo, ma che il nostro vino oggi vale sette o otto volte di più di quello che valeva all'epoca e ha conquistato i mercati del mondo per questo motivo.
  Ma quello che diciamo sui prodotti agroalimentari vale in realtà anche per tutti i prodotti italiani: vale per il made in Italy, vale per la pelletteria, vale per la moda, vale per i prodotti del nostro Paese in cui la difesa del made in Italy è una forma di penetrazione commerciale.
  Aggiungo che questa nel nostro Paese incrocia anche un cambiamento di sensibilità dei consumatori. Molte indagini dimostrano che nella crisi si punta a privilegiare la qualità sulla quantità, sopratutto nel settore delle carni. Molti più cittadini – e non è un male – puntano più a consumare meno carne, ma a consumarla di qualità migliore. Ebbene, a questi cittadini e a questa idea d'Italia bisogna dare una risposta e qui – lo dico con franchezza, Ministro – questo può implicare anche qualche atto un po’ «muscolare», un po’ sopra tono magari, – ma gli altri Paesi lo fanno –, nella difesa dei nostri interessi. Infatti, se l'interesse dell'Italia è difendere un'Italia che fa l'Italia, che scommette sulla qualità, sul rapporto con il territorio, sulla qualità anche nella maniera di produrre, bene insomma facciamola qualche forzatura, spingiamo anche qualche settore del suo Ministero ad essere più «muscolare» nel difendere anche i prodotti trasformati e non soltanto quello che l'Europa ci dice e utilizziamo la crisi per cambiare e per difendere l'idea di un Paese ambizioso che collega tradizione con innovazione e scommette sul futuro perché non perde la propria anima.

  PRESIDENTE. La deputata Terzoni ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interrogazione, per cinque minuti.

  PATRIZIA TERZONI. Signor Presidente, non vorrei ripetere le cose che hanno già detto i miei colleghi perché le condivido praticamente tutte e – come ha detto Realacci – se tutti i partiti politici puntano molto su questa cosa, forse il Governo, al posto di fare altro, dovrebbe anche lui puntare su questa cosa perché troverebbe una sponda da parte del Parlamento, da tutto il Parlamento, sicuramente favorevole a provvedimenti e quindi a un incremento più restringente della normativa su questo argomento.
  Quindi, io, senza ripetere quello che hanno già detto i colleghi, vorrei puntare a focalizzare il problema sull'occupazione che potrebbe dare questo settore perché il 17 per cento del PIL è rappresentato dall'agroalimentare made in Italy, di cui 53 miliardi di euro provengono proprio dal settore agricolo e altri dati sono ad esempio quelli attinenti alle 820 mila imprese che sono il 15 per cento del totale di Pag. 15quelle attive in Italia che sono proprio sul settore agricolo.
  Ma che cosa succede nel settore suino ? Siamo al settimo posto in Europa per l'allevamento di suinicultura italiana. Cosa significa questo ? Che noi potremmo essere ai primi posti in Europa. Questo settore offre occupazione a circa 105 mila addetti, di cui 50 mila solo nel comparto allevamento.
  Però, come ha già detto anche il mio collega, viene importato un milione di tonnellate, all'incirca, di suini vivi o carni suine, di cui solo il 52 per cento proviene dalla Germania, mentre in Italia sono oltre 1 milione 299 mila tonnellate l'anno, il che significa che abbiamo un potenziale di un milione e 20 mila tonnellate di carne che potremmo allevare in Italia. Questo che cosa significa ? Significa che potremmo quasi raddoppiare l'occupazione italiana in questo settore. Basta solo avere la volontà politica di affrontare questo problema, in modo tale da rilanciare questo settore.
  Abbiamo anche il problema che, a causa della vendita di prodotti dall'estero di carni suine in Italia, si è dovuto abbassare notevolmente il prezzo di questi prodotti, il che ha portato, come hanno già anticipato, alla chiusura di moltissime aziende di allevamento di suini. Ma perché i prodotti all'estero costano di meno di quelli italiani ? Perché non seguono le normali procedure di allevamento e di sicurezza alimentare che ci sono invece in Italia. Mi riferisco, ad esempio, come è emerso da organi di stampa, al fatto che la Germania ci vende, a prezzi stracciati, la carne di suino per il semplice fatto che queste carni non hanno una sicurezza alimentare così come l'abbiamo noi, perché vengono foraggiati con antibiotici e in più non seguono le normali procedure di tutela ambientale. Infatti, hanno falde acquifere inquinate ed in più hanno dipendenti sottopagati. Noi non possiamo fare concorrenza a queste procedure di lavorazione che, oltre a essere disumane a livello umano, sono anche disumane a livello ambientale. Non potremmo mai fare concorrenza a queste cose.
  Quindi, serve una volontà politica di affrontare tutto quanto. Da parte del Parlamento c’è la volontà di affrontarle, anche perché questo significherebbe rilanciare l'occupazione in Italia, rilanciare il settore agricolo, rilanciare il settore alimentare e, soprattutto, tutelare i consumatori – che, quando andranno al supermercato e compreranno il prosciutto di Parma, si troveranno un suino nato e cresciuto in Italia e non un suino che, magari, è stato allevato all'estero e poi solo per alcuni mesi allevato in Italia e comunque si è persa tutta un'altra parte della filiera perché i controlli ci sono ma non sono a tappeto – e così tutelare anche la salute dei nostri concittadini.

  PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento di una interpellanza e delle interrogazioni all'ordine del giorno.

Ordine del giorno della prossima seduta.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

  Lunedì 8 settembre 2014, alle 15:

  Svolgimento di interpellanze urgenti.

  La seduta termina alle 11,05.