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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 267 di venerdì 18 luglio 2014

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARINA SERENI

  La seduta comincia alle 9,30.

  CLAUDIA MANNINO, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.

  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Balduzzi, Cicchitto, Cirielli, Fedi, Fico, Gregorio Fontana, Pes, Rampelli, Ravetto, Scotto, Sisto e Tabacci sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente settantaquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 9,32).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Iniziative volte a sostenere il settore bieticolo-saccarifero, con particolare riferimento alla situazione dello Zuccherificio del Molise e alla filiera produttiva nelle regioni Molise, Puglia, Abruzzo, Basilicata e Marche – n. 2-00634)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Venittelli n. 2-00634, concernente iniziative volte a sostenere il settore bieticolo-saccarifero, con particolare riferimento alla situazione dello Zuccherificio del Molise e alla filiera produttiva nelle regioni Molise, Puglia, Abruzzo, Basilicata e Marche (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo alla deputata Venittelli se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  LAURA VENITTELLI. Sì, signor Presidente, intendo illustrarla. Come è noto, la filiera bieticolo-saccarifera ha subito dal 2006, per effetto dell'OCM zucchero, un'importante ristrutturazione, che ha portato alla chiusura di 15 su 19 stabilimenti italiani e con il contestuale avvio di un processo di ristrutturazione che, a tutt'oggi, non è ancora concluso.
  Tra gli stabilimenti conservati vi è lo Zuccherificio del Molise, che è l'unico zuccherificio del Mezzogiorno. Ora vi è da dire che, quando si è deciso di conservare la produzione in Molise, non lo si è fatto da soli: la decisione è stata assunta nel confronto con i componenti della Conferenza Stato-regioni e quindi con le altre realtà territoriali e soprattutto con il Governo nazionale, che ha voluto lasciare in Molise l'unico stabilimento di produzione di zucchero del Mezzogiorno d'Italia.Pag. 2
  Dal 2006 le difficoltà incontrate sono state però enormi ed hanno scontato, tra i tanti, anche gli effetti destabilizzanti del regime delle quote dello zucchero; si pensi che nell'ultimo anno, a seguito della decisione della UE di dismettere il regime delle quote dello zucchero dal 2017, gli stabilimenti italiani hanno accusato una posizione di svantaggio competitivo. La decisione della UE, infatti, ha provocato una forte svalutazione del prodotto sul mercato internazionale ed ha portato alcune grandi aziende, che stanno facendo cartello, ad assumere condotte sempre più lesive della libera concorrenza, con un prezzo di gran lunga al di sotto della media di mercato. Si tenga conto che il prezzo medio, della campagna saccarifera del 2012, era di 740 euro a tonnellata, mentre oggi ci troviamo di fronte ad un prezzo offerto di 410 euro a tonnellata.
  È chiaro che una simile condizione di mercato non era prevedibile a settembre del 2013, quando la governance dello Zuccherificio stipulò gli accordi con i bieticoltori delle regioni Puglia, Campania, Abruzzo e Marche, che hanno destinato alla semina autunnale circa 4 mila 800 ettari ed alla semina primaverile circa 600 ettari. Dette semine porterebbero nello stabilimento molisano, in condizioni di normalità, circa 240 mila tonnellate di barbabietole, così da iniziare la campagna di trasformazione da luglio fino ad agosto.
  Purtroppo la campagna saccarifera quest'anno, 2014-2015, per lo Zuccherificio del Molise è ancora in dubbio e, ribadisco, questo per l'esagerato abbassamento del prezzo dello zucchero, che esaspera i già critici parametri di capacità di creare utili dell'azienda e che, di rimando, mette anche a dura prova ed a repentaglio le aziende di oltre 200 agricoltori delle regioni citate prima, ossia della Puglia, Basilicata, Abruzzo e Molise. Bieticoltori che, in virtù degli accordi stipulati a settembre, hanno già pronte le bietole da raccogliere, ma non la garanzia del pagamento del proprio prezzo.
  Date queste premesse, la presente interpellanza ha avuto la finalità di aprire anche una discussione pubblica su quello che è il valore strategico, nell'economia italiana, della filiera bieticolo-saccarifera, che ha conosciuto un progressivo disinvestimento delle politiche pubbliche di sostegno al settore. Basti pensare al recente stanziamento di 19 milioni, previsti dagli aiuti accoppiati alla bieticoltura, che è una risorsa di gran lunga inferiore a quella richiesta, di 24 milioni, che avrebbe invece consentito di garantire un sostegno pari a 600 euro ad ettaro.
  Concludo dicendo, Presidente, che questa, come tante vicende, è quella che poi ha portato ad una crisi, mi auguro di poter dire reversibile, della nostra regione; crisi che ha portato anche il nostro Papa, nella visita pastorale che c’è stata a Campobasso il 5 di luglio, a lanciare, da Campobasso, quindi da questa parte del Mezzogiorno d'Italia, un grido di allarme, un forte monito alle forze politiche per un patto per il lavoro, nella regione dove la disoccupazione è ai livelli record del 49 per cento per quanto riguarda appunto la disoccupazione giovanile, mentre per gli altri livelli arriviamo a punte inimmaginabili nel resto d'Italia (all'incirca il 20 per cento).
  È chiaro che in una situazione del genere anche lo Zuccherificio del Molise rappresenta un'ancora di salvezza, non soltanto per i dipendenti diretti, che sono assunti a tempo indeterminato, ma anche per i dipendenti che aspettano la campagna saccarifera per avere un sospiro di sollievo in una crisi che morde più che nelle altre parti d'Italia. Questo settore è importante non soltanto per l'agricoltura nazionale, ma soprattutto per una regione dove non c’è altro se non piccole realtà che sono tutte in crisi.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali, Giuseppe Castiglione, ha facoltà di rispondere.

  GIUSEPPE CASTIGLIONE, Sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, onorevoli deputati, l'interpellanza cui mi accingo a rispondere riguarda le iniziative Pag. 3da intraprendere per sostenere il settore bieticolo-saccarifero. Ringrazio, in particolare, gli onorevoli Venittelli e Mongiello, primi firmatari di questa interpellanza. Il settore bieticolo-saccarifero, a causa della cessazione del regime delle quote, fissata dal regolamento (UE) n. 1308/2013 al 30 settembre 2017, avrebbe subito una forte svalutazione del prodotto sul mercato internazionale e il conseguente svantaggio competitivo rispetto ad alcune grandi aziende che, come riferiva l'onorevole Venittelli, avrebbero assunto condotte lesive della libera concorrenza. Non ho usato il condizionale a caso, ma per sottolineare che, riguardo all'influenza negativa esercitata dalla cessazione del regime suddetto, nonché alla contrazione delle quotazioni internazionali e alla contestuale concentrazione dell'offerta, non si dispone di elementi che possano confermare o confutare tale ipotesi.
  Chiarito quanto sopra, però, mi preme far presente che, in occasione della riunione del pertinente Comitato di gestione della Commissione europea, avvenuta lo scorso 26 giugno, abbiamo richiamato l'attenzione dell'Esecutivo dell'Unione europea in ordine al trend decrescente dei prezzi di mercato dello zucchero che, nell'ultimo semestre, ha effettivamente subito una contrazione pari a circa 50 euro per tonnellata. Ulteriori iniziative verranno intraprese su iniziativa del nostro Ministero, sempre a livello comunitario, già nel corso dell'attuale semestre di Presidenza dell'Unione europea, per condividere le azioni più significative e più opportune in vista della fine del regime delle quote zucchero, coinvolgendo i Paesi caratterizzati dalle medesime sensibilità, come la Spagna, il Portogallo, la Grecia, la Finlandia ed altri Paesi dell'Europa dell'est.
  Relativamente alle scelte di pertinenza dello Stato membro, consapevoli dell'importanza e delle difficoltà della filiera zucchero e del piano di riconversione a cui faceva riferimento l'onorevole interpellante, ricordo che con il decreto ministeriale 7 marzo 2014 abbiamo innalzato a 500 euro per ettaro l'importo massimo unitario per il pagamento supplementare previsto dal decreto ministeriale 29 luglio 2009, recante: «Disposizioni per l'attuazione dell'articolo 68 del regolamento (CE) n. 73/2009 del Consiglio del 19 gennaio 2009», che destina la somma di euro 19 milioni 700 mila euro a favore dei produttori che coltivano barbabietola da zucchero. Tale decisione, pur relativa all'esercizio 2014, assume particolare rilevanza anche per gli anni successivi, determinando un innalzamento del premio medio per ettaro da cui far partire il processo di convergenza che sta alla base della nuova politica agricola comune a cui saranno sottoposti i pagamenti diretti per il periodo dal 2015 al 2020.
  Sempre con riferimento alla PAC 2015-2020, lo stanziamento previsto come aiuto accoppiato, che era una facoltà dello Stato membro di poter individuare e decidere su quale produzione individuare appunto l'aiuto accoppiato, ai sensi dell'articolo 52 del regolamento (UE) n. 1307/2013, da molti giudicato insufficiente, potrà essere certamente rivisto, in funzione dell'andamento di mercato e già in occasione della prevista revisione. La politica agricola comune dà facoltà agli Stati membri di poter rivedere a metà periodo. Nel 2016 già ci sarà una prima revisione del periodo. Quindi, nonostante lo stanziamento, ritenuto da molti insufficiente, potremo verificarlo, però, visto l'andamento del mercato, nel 2016 nella revisione di medio periodo.
  Per quanto attiene, in maniera più specifica, all'attività industriale del nuovo Zuccherificio del Molise, che è l'unico zuccherificio del Molise e del Mezzogiorno così come veniva individuato, vorrei far presente che abbiamo recentemente autorizzato la «lavorazione per conto» per la produzione di 50.000 tonnellate di zucchero di quota afferente la campagna di commercializzazione 2014/2015, ai sensi dell'articolo 6 del regolamento n. 952 del 2006.
  La quota di zucchero che potrà essere prodotta in Molise, quindi, sarà pari a Pag. 432.000 tonnellate, a fronte di una quota totale assegnata al Nuovo zuccherificio del Molise Srl pari a 84.326 tonnellate.
  In ogni caso, il Ministero delle politiche agricole sta dedicando la massima attenzione alle problematiche del settore – opportunamente questa mattina c’è stata questa prima segnalazione con questa prima interpellanza urgente che ha aperto comunque un tavolo di lavoro e di discussione – con particolare riguardo alla situazione di grande difficoltà in cui versa lo Zuccherificio del Molise e alle conseguenze che ne potrebbero derivare anche per i produttori del comparto e per l'area di produzione che non è solo afferente alla regione del Molise.
  Per questo, ribadisco che il Ministero è massimamente impegnato sulla questione e si è dichiarato disponibile a supportare i lavori di uno specifico tavolo di lavoro promosso dalla regione Molise – ieri c’è stato anche un incontro con il presidente della regione Molise – ove ha sede l'impianto, insieme con le altre regioni – dicevo un'area più vasta, oltre al Molise anche le altre regioni: Puglia, Marche, Abruzzo e Campania – dove è localizzata la produzione bieticola da trasformare nell'attuale campagna al fine di ottemperare alla campagna bieticola e garantire le condizioni per la ripresa delle attività dell'impianto.

  PRESIDENTE. La deputata Mongiello ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta all'interpellanza Venittelli n. 2-00634, di cui è cofirmataria.

  COLOMBA MONGIELLO. Signor Presidente, apprezziamo l'impegno del Ministro e del sottosegretario che è venuto qui velocemente per rispondere alla nostra interpellanza urgente. Lo apprezziamo per aver convocato, anche su richiesta degli interpellanti, il tavolo bieticolo-saccarifero con le regioni interessate. Il tema del settore bieticolo-saccarifero richiede massima attenzione. Bene ha fatto il sottosegretario questa mattina a chiarire anche il quadro di iniziative che il Ministero ha messo in atto negli ultimi giorni perché bisogna assicurare il ritiro del prodotto seminato, circa 5000 ettari, e in attesa di essere raccolto sulla base degli accordi tra bieticoltori e impianto di trasformazione, evitando che le emergenze finiscano per scaricarsi sulla parte più debole della filiera. Sosterremo l'azione del Governo – lo dico al sottosegretario Castiglione – per impedire la chiusura dell'unico zuccherificio meridionale che potrebbe rappresentare un ulteriore passo verso la dismissione di una produzione ritenuta residuale nelle scelte della politica agricola dell'Unione europea.
  Per quel che riguarda la PAC abbiamo discusso in ordine agli aiuti. Apprezziamo anche una rinnovata esigenza da parte del Governo di riaprire una discussione sul premio, visto che la nuova PAC ha una scadenza, una midterm, per rivedere anche una serie di decisioni sulla base delle nuove emergenze. L'auspicio – concludo – è che si riescano a superare le difficoltà odierne ed avviare una seria e sostenibile programmazione finanziaria e agroindustriale dell'unico zuccherificio meridionale rimasto in vita dopo la dismissione di 15 impianti decisa oltre dieci anni fa dall'Unione europea. Per questo la ringrazio e ringrazio anche il Governo. Saremo ovviamente, sia io sia la collega Venittelli, disponibili ad un serio confronto perché questa emergenza finalmente possa finire ed un'attività qualificante delle regioni interessate possa permanere e caratterizzare quel made in Italy di eccellenza che noi portiamo avanti nel Parlamento e nel Governo italiano durante la guida del semestre UE.

(Iniziative per fronteggiare l'emergenza dei profughi in transito verso il nord Europa, con particolare riferimento alla situazione nella città di Milano – n. 2-00621)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Cimbro n. 2-00621, concernente iniziative per fronteggiare l'emergenza dei profughi in transito verso il nord Europa, con particolare riferimento alla Pag. 5situazione nella città di Milano (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo alla deputata Cimbro se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  ELEONORA CIMBRO. Signor Presidente, in premessa so che ieri c’è stato un incontro, convocato dal Ministero dell'interno, al «tavolo Milano», dove si è già aperta un'interlocuzione proficua tra il Governo e il comune di Milano, per rispondere all'emergenza profughi.
  Nello specifico, però, io intendo fare un breve excursus di tutto quello che è successo, in realtà, da agosto dell'anno scorso, per poi capire, anche dalla risposta che verrà data dal sottosegretario, come intendiamo procedere insieme.
  Dallo scorso 18 ottobre la città di Milano ha registrato il transito di circa 14 mila cittadini provenienti dalla Siria, di cui il 30 per cento costituito da bambini. Il comune di Milano ha garantito a tutti loro, grazie a una convenzione con la prefettura e il contributo essenziale degli enti del terzo settore e delle associazioni di volontariato, accoglienza e ospitalità presso strutture dell'amministrazione degli enti stessi.
  Ogni giorno alla Stazione Centrale di Milano sono transitate mediamente 400 persone, con un costante aumento che, negli ultimi giorni, ci ha portato ad ospitare più di mille persone al giorno. Si è trattato prevalentemente di un flusso di solo passaggio: pressoché nessuna delle persone arrivate a Milano ha deciso di rimanere nel capoluogo lombardo e chiedere il riconoscimento della protezione internazionale, alla quale certamente avrebbero diritto, date le condizioni in cui versa il Paese da cui stanno scappando. Del resto, tale richiesta non è stata formulata neppure presso i luoghi di approdo, in particolare le coste della Sicilia o della Puglia, ove, per legge, avrebbero invece dovuto essere identificati e ove avrebbero dovuto chiedere il riconoscimento dello status di rifugiato. In altre parole, quel che è stato ricostruito, anche sulla base di una interlocuzione diretta con i profughi, è che nessuno mai chiede a loro nulla di tutto ciò. Nel giro di pochissimi giorni dal loro arrivo in Italia, invece, queste persone sono ripartite verso altre destinazioni in Europa, specialmente verso Paesi del nord, ove intendono richiedere la protezione internazionale.
  Si è nei fatti creato, lungo il nostro Paese, un canale umanitario informale, alimentato sovente dalla criminalità organizzata, che nell'immobilismo delle istituzioni nazionali agisce da oggettivo strumento di supporto per i cittadini siriani in transito. Ciò è potuto accadere per l'assenza di scelte da parte del Governo e oggi a Milano registriamo che all'ormai consolidato flusso di profughi dalla Siria si sta affiancando e saldando il flusso di migranti provenienti da altre regioni del mondo, in particolare dal Nord Africa.
  Ormai da settimane registriamo un flusso, in fase di costante incremento, di cittadini provenienti dall'Eritrea, che, allo stesso modo dei cittadini siriani, transitano per Milano, da dove, in pochi giorni, partono verso il Nord Europa, ritenendo di trovare in quei Paesi migliori strumenti di integrazione e inclusione sociale. Si tratta di un fenomeno del tutto nuovo e allarmante, che, in assenza di interventi chiari da parte del Governo, è destinato ad aumentare.
  Milano, per le sue caratteristiche di area metropolitana per i molti servizi che offre, rappresenta, in questo nuovo scenario di canale umanitario di fatto, ma non in diritto, una tappa quasi naturale. In questi giorni abbiamo addirittura visto arrivare pullman pieni di persone sbarcate nelle coste del Sud, inviate direttamente a Milano da comuni e prefetture, senza alcun preavviso e abbandonate al loro destino.
  Milano non può essere spettatrice di una tale tragedia e non sapere in che direzione indirizzare il proprio impegno e le proprie competenze. L'assenza di scelte fino a poco tempo fa – e oggi siamo qui proprio per chiedere conto al Governo di quanto è stato fatto da parte del Governo centrale – non consente alle città (quindi non solo Milano), che meritoriamente Pag. 6stanno organizzando l'accoglienza sui propri territori, di essere parte di un sistema di governo nazionale, ma al contrario le lascia sole di fronte a un fenomeno di dimensioni internazionali.
  Le scelte, però, diversamente dal passato debbono essere adottate in una cornice di coerenza con gli strumenti già esistenti, a cominciare dal sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR), che deve essere il punto di riferimento anche in situazioni di emergenza. È dal sistema nazionale, dunque, che si deve partire per consentire ai territori di ospitare le persone presso centri di accoglienza che non siano avulsi dai sistemi di riconoscimento del diritto d'asilo, ma che, al contrario, di esso siano la premessa e consentano alle persone di transitare legittimamente all'interno dell'area Schengen. Le città hanno dimostrato negli anni competenze e capacità di gestione che dovrebbero essere usate, per l'appunto, in un'ottica di programmazione e non quale soluzione silenziosa, come invece accade da troppi mesi.
  Inoltre, per la realtà di Milano, è indispensabile provvedere all'identificazione di luoghi che permettano di gestire in modo più adeguato il meccanismo di organizzazione dell'accoglienza e dello smistamento. A questo riguardo, credo che nella risposta del sottosegretario si farà menzione dell'identificazione del CIE appena ristrutturato, appunto, nella città di Milano, che servirà come primo centro di accoglienza.
  Il Governo, inoltre, potrebbe attivare, attraverso l'iniziativa europea, alcuni strumenti: in particolare, ci sono due azioni normative che si possono portare avanti per dare protezione giuridica ai profughi siriani e, dunque, per permettere loro di transitare regolarmente. E questo è il secondo intervento che noi chiediamo con forza al Governo di attivare. Al di là dell'emergenza, che può consentire e favorire una programmazione concertata con il comune di Milano per rispondere in una prima fase alla situazione emergenziale, ci deve poi essere anche un'interlocuzione proficua con le istituzioni a livello europeo, proprio per dare delle risposte di più lunga durata.
  In particolare, il Governo può concedere protezione temporanea per motivi umanitari ai profughi siriani, in modo immediato, tramite decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. È la stessa norma applicata dal Governo Berlusconi nel 2011 per i tunisini durante l'emergenza in Nord Africa, quando c’è stato il problema della «primavera araba». L'articolo 20 del Testo unico sull'immigrazione (il decreto legislativo n. 286 del 1998), infatti, permette di concedere, per un limitato periodo di tempo, un permesso di soggiorno temporaneo a gruppi di persone che vengono da Paesi terzi in cui sono in corso conflitti, violenze o violazioni dei diritti umani. La consegna avviene presso le questure con procedura d'urgenza. Il permesso concesso nel 2011 durava sei mesi, rinnovabile e consentiva tre mesi di libera circolazione nei Paesi dell'area Schengen. Il decreto ministeriale deve indicare il Paese d'origine dei cittadini a cui si applica il permesso e il periodo di tempo, da quando a quando è possibile applicarlo. È possibile, infatti, applicare il permesso anche ai cittadini arrivati prima del giorno di emanazione del decreto, ma non prima della data di inizio indicata dal decreto. Il permesso regolarizza le persone sul territorio italiano e, in teoria, permette di uscire dall'Italia in modo regolare. Il permesso per motivi umanitari consente di svolgere, inoltre, attività lavorativa, consente l'accesso al Servizio sanitario nazionale e l'accesso ai centri di accoglienza dei comuni e alle misure di assistenza sociale previsti per le persone titolari di protezione internazionale, nonché l'accesso alla formazione; non consente il ricongiungimento familiare. È un provvedimento nazionale, per cui l'Unione europea non può impedire all'Italia di farlo. Quello che può succedere è che altri Stati membri neghino l'accesso alle persone titolari del permesso: questo è successo, appunto, con la Francia subito dopo che il Governo italiano aveva applicato l'articolo. La posizione giuridica della Francia poteva, in molti casi, essere Pag. 7corretta: il permesso permette la circolazione, ma nel quadro della normativa Schengen. Tuttavia, l'applicazione dell'articolo 20 appare, comunque, una buona soluzione temporanea, considerato il peso politico diverso dell'Italia in Europa rispetto a tre anni fa e il fatto di concedere la possibilità di risiedere e transitare regolarmente ai profughi.
  La seconda azione che può essere messa in campo è la direttiva 2001/55/CE. L'applicazione di tale direttiva, infatti, permette di concedere un permesso temporaneo per motivi umanitari della durata di un anno, rinnovabile per al massimo due anni, a un gruppo di persone che arriva in Europa perché in fuga da conflitti o violazioni dei diritti umani nel proprio Paese. Si tratta di un dispositivo eccezionale nel caso di arrivo massiccio nell'Unione europea di stranieri che non possono rientrare nel loro Paese. Se applicato, il permesso vale in tutti gli Stati membri. La Danimarca è l'unico Paese che non partecipa alla direttiva. L'applicazione della direttiva è decisa dal Consiglio europeo, su proposta della Commissione europea, che può avanzare tale richiesta in modo spontaneo oppure su domanda di uno Stato membro. Per applicare la direttiva è, quindi, necessaria una decisione del Consiglio che accerti un afflusso massiccio di sfollati nell'Unione europea e che specifichi i gruppi di persone cui si applicherà la protezione. Come viene specificato dalla stessa Unione europea, la normativa stabilisce una tutela immediata e transitoria di tali persone sfollate e assicura un equilibrio degli sforzi realizzati tra gli Stati membri che ricevono tali persone e subiscono le conseguenze di tale accoglienza.
  L'ambito di applicazione è stretto, ma la situazione dei siriani, oggi, si adatta perfettamente. Deve trattarsi di stranieri che hanno dovuto abbandonare il proprio Paese o sono stati evacuati e non possono essere rimpatriati in condizioni stabili e sicure a causa della situazione nel Paese stesso. La definizione, appunto, di «sfollati» contenuta nella direttiva elenca ad esempio le persone fuggite da zone di conflitto armato o di violenza endemica e le persone che siano soggette a rischio grave di violazioni sistematiche o generalizzate dei diritti umani o siano state vittime di siffatte violazioni.
  Di fatto, la direttiva non è mai stata applicata; il Governo italiano aveva fatto domanda alla Commissione nel 2011 per i tunisini, ma in seguito all'applicazione dell'articolo 20 e dopo che la Francia aveva chiuso temporaneamente le frontiere, di fatto, non c’è stata poi l'applicazione della direttiva. Tuttavia, la situazione dei siriani è molto diversa da quella dei tunisini: non solo il conflitto in Siria è, a livello di diritto internazionale, più chiaro di quanto accadeva in Tunisia, inoltre, dalla Tunisia arrivavano molti migranti economici, per cui la protezione temporanea non era la misura adatta.
  L'applicazione dell'articolo 20 è più immediata, ma lascia sempre la possibilità agli altri Paesi di fare come la Francia e la Germania nel 2011 che avevano considerato irricevibili i permessi emanati da un altro Stato membro. L'applicazione della direttiva è più difficile da ottenere, ma sposta davvero la responsabilità politica sull'Unione europea e non permette agli Stati di respingere i profughi. Infine, uno dei motivi per cui si pensa che la Commissione non abbia mai voluto applicare la direttiva è perché essa prevede uno stanziamento economico, appunto, dal Fondo europeo per i rifugiati per l'assistenza alle persone che, appunto, hanno diritto alla protezione. Quindi, un elemento di negoziazione con l'Unione europea potrebbe essere, nel semestre di Presidenza italiana, la proposta di applicare la direttiva senza impegno economico.
  Allora, per concludere, signor sottosegretario – poi nella replica tenterò di rispondere anche sulla base di quello che lei, oggi, ci dirà in Aula – credo che, al di là della questione dell'emergenza che è stata affrontata proficuamente anche nell'incontro che è avvenuto ieri, l'Italia debba essere protagonista e debba porre seriamente la questione a livello di Unione europea.

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  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Domenico Manzione, ha facoltà di rispondere.

  DOMENICO MANZIONE, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signora Presidente, onorevole Cimbro, al di là delle risposte formali, se capisco bene il senso dell'interrogazione, lei chiede di sapere in che modo il Governo abbia affrontato, in generale, la situazione migratoria e che tipo di sforzi intenda fare nei confronti dell'Unione europea con riferimento alla Presidenza del semestre attuale e, infine, in questo contesto, chiede disponibilità al Governo con riferimento alle esigenze di Milano che, obiettivamente, ha avuto un flusso, che ovviamente non è sfuggito, di cittadini provenienti da quell'area che lei richiamava prima e che sono normalmente cittadini, per così dire, in transito. Ci chiede, sostanzialmente, di comprendere la praticabilità dell'applicazione dell'articolo 20 del Testo unico sull'immigrazione e poi, eventualmente, della direttiva europea sulla protezione temporanea degli sfollati.
  Con riferimento alla situazione generale direi che il Governo si è sforzato fortemente di evitare di considerare la situazione come una situazione eccezionale. Tant’è che si è accuratamente evitato di predisporre ogni tipo di decretazione per determinare una situazione di urgenza che avrebbe implicato, di necessità, il superamento di tutte le regole esistenti e si è invece sforzato di andare esattamente nella direzione da lei auspicata, cioè quella di una valorizzazione e di una corresponsabilizzazione di tutte le istituzioni del Paese; obiettivo che ritiene di aver raggiunto attraverso la predisposizione di un accordo tra Stato, regioni ed enti locali che è stato ratificato nella Conferenza unificata, giovedì passato, predisposto anche per allentare una evidente pressione che c’è sulle regioni del sud che oltre a sopportare il maggior flusso migratorio – per esempio la Sicilia sopporta circa il 35 per cento di tutte le presenze sul territorio nazionale – ha anche, evidentemente, problemi collegati con il fatto di essere il front line rispetto agli sbarchi.
  La stragrande maggioranza dei 75 mila extracomunitari sbarcati in Italia fino ad oggi sono tutti partiti dalle regioni del sud, o meglio, sono partiti da una determinata area geografica dell'Africa per approdare nelle regioni del sud. Quindi, da questo punto di vista è stato predisposto un piano nazionale che non fa alcun riferimento ad una situazione emergenziale, ma tiene conto del fatto che i numeri sono in crescita in termini obiettivi, tant’è che non prevede una limitazione numerica ma una distribuzione sul territorio secondo determinati criteri che tengono conto ovviamente della situazione geografica, della popolazione, delle condizioni economiche e via discorrendo, e si articola, questo nuovo accordo, in tre fasi, in cui la prima è condizionata dall'individuazione, da parte delle stesse regioni, di veri e propri hub regionali – a questo le regioni si sono impegnate – dove poter prestare una prima attività di soccorso immediato – perché normalmente chi sbarca non è in condizioni psicofisiche idonee, ha bisogno di una serie di supporti fisici e psicologici, oltre che di cure mediche –, quindi di una prima accoglienza e infine dell'immissione nel circuito SPRAR, che lei prima citava. Rispetto a questo sforzo, il Governo, quindi, una volta approcciata la tematica sotto un profilo di ordinarietà, cioè evitando di considerarla come una situazione eccezionale, ha ritenuto che questo impedisse di poter fare ricorso allo strumento che lei citava prima, vale a dire l'articolo 20 del Testo unico per la concessione della protezione umanitaria temporanea ai profughi siriani. Ritiene, invece, che possa essere più utile, durante il semestre europeo, procedere per portare avanti una serie di iniziative di cui in Europa si incomincia a prendere atto e a rendersi conto in maniera sempre più significativa, che sono: il mutuo riconoscimento delle decisioni di asilo, una modifica dell'Accordo di Dublino, l'esame congiunto delle richieste di asilo e il pooling che riguarda le strutture di accoglienza.Pag. 9
  All'interno di queste connotazioni di carattere generale ovviamente si inserisce il discorso di Milano. Sul discorso di Milano io le posso dire che, appunto, c’è tutt'altro che scarsa attenzione da parte del Governo, nei confronti della situazione milanese, e a conferma credo lei sappia che ieri c’è stato un incontro diretto con gli assessori delegati dal sindaco Pisapia, e la situazione attualmente è la seguente, nel senso che c’è lo sforzo per reperire nuove strutture nonostante fino ad ora siano state fatte molte cose. A me risulta che la disponibilità massima dell'accoglienza è stata incrementata di 500 posti, successivamente estesa a 900 e da ultimo, a decorrere dal 15 luglio scorso, è stata portata a 1.100 posti, con ulteriore proroga della durata al prossimo 31 dicembre. A tutt'oggi, nell'ambito della convenzione che è stata stipulata fra il comune di Milano, la prefettura e altri enti, sono state accolte circa 14 mila persone in 13 strutture gestite da sette differenti enti. Inoltre, grazie all'apporto del volontariato sono stati reperiti altri 240 posti, che si sono aggiunti a quelli della convenzione. Pertanto, il totale degli stranieri accolti ammonta a oltre 17 mila. Il sistema di accoglienza comprende anche il presidio fisso organizzato dal comune, di intesa con la prefettura, presso la stazione Centrale, principale luogo di transito dei profughi. Il presidio vede coinvolti diversi soggetti pubblici e privati in un'attività di accoglienza e assistenza – ovviamente del tutto encomiabile – che si estende anche agli aspetti medico-sanitari. È una soluzione, siamo perfettamente d'accordo, allo stato insufficiente, tant’è che ci sono trattative in corso per riuscire ad ottenere le disponibilità di altri locali in attesa che il piano nazionale che lei citava prima entri completamente a regime. Ovviamente avrà dei tempi di entrata a regime non particolarmente brevi, perché anche all'interno dello SPRAR i posti devono essere ricercati e poi aperti.
  Nell'attesa, nelle more dell'entrata a pieno regime del piano, ovviamente sorgeva l'esigenza che lei rappresentava. Questa può essere fronteggiata nell'immediato o attraverso un accordo con le Ferrovie dello Stato, come lei stessa rammentava prima e come noi stiamo cercando di fare; però, anche questo evidentemente richiede una sua tempistica, perché non tutti i locali messi a disposizione dalle Ferrovie dello Stato sono locali immediatamente agibili. Quindi, in perfetta sintonia con l'amministrazione milanese, stiamo seriamente valutando la possibilità di prorogare la riapertura del centro di identificazione, in maniera da poterlo usare per scopi in questo caso del tutto diversi, sia pure in via del tutto provvisoria, cioè nell'attesa che si rendano agibili i locali della stazione di Milano.
  Ovviamente, non sfugge al Governo l'esistenza di un interesse anche criminale sulla vita delle persone che transitano dalla stazione di Milano, e da questo punto di vista siamo costantemente attenti, e c’è stata già in realtà in parte una risposta di polizia giudiziaria nei confronti dei soggetti che sfruttano queste persone; così come siamo perfettamente consapevoli della necessità di procedere alla loro identificazione, anche perché il sistema nazionale programmato intanto consente l'accesso, in quanto le persone siano state identificate, e facciano ovviamente una richiesta di riconoscimento del diritto d'asilo e di protezione internazionale. Da questo punto di vista stiamo studiando il sistema più congruo, visto che molte di queste persone si rifiutano di farsi identificare, e stiamo studiando il sistema più congruo che consenta la minima limitazione dei diritti individuali, raggiungendo ugualmente l'obiettivo che lei ci segnalava come prioritario.

  PRESIDENTE. La deputata Cimbro ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  ELEONORA CIMBRO. Signor Presidente, sottosegretario, lei ha dato una risposta puntuale e precisa alla questione emergenziale che Milano, la città di Milano nello specifico, sta affrontando; tra l'altro sono qui in Aula a rappresentare anche i tanti deputati che hanno sottoscritto Pag. 10questa interpellanza, i molti deputati che sono impegnati sul territorio, e ovviamente anche il comune di Milano, specialmente nella figura, nell'espressione degli assessori che si stanno occupando di questa questione.
  Però, credo che sia necessario fare una riflessione più ampia su questo tema: perché ripeto, al di là delle risposte che possiamo dare rispetto al caso specifico e ad un'emergenza che di fatto si è venuta a creare dall'anno scorso (quindi son passati nove mesi da quando è iniziato questo flusso migratorio che approda nella città di Milano), al di là di questa situazione emergenziale, è necessario fare una riflessione più ampia sul tema dell'immigrazione e su come affrontare le sfide del presente e del futuro, anche sfruttando la presidenza del semestre europeo. Questo tema, il tema dell'immigrazione, non può che essere risolto solo attraverso interventi specifici e dettati dall'emergenza, ma è evidente che si debba intervenire su più fronti, in un contesto globale.
  Questo tipo di immigrazione è determinata da tante cause: i cambiamenti climatici, le guerre civili, la carestia e la fame. C’è bisogno di affrontare il tema nella sua globalità: in caso contrario, continueremo a gestirne gli effetti con tutte le difficoltà e i problemi che sono ad esso collegati. Il caso di Milano propone una serie di considerazioni e di interrogativi che sono alla base della stessa interpellanza: queste considerazioni riguardano l'azione dei diversi soggetti istituzionali, innanzitutto il Governo. C’è bisogno di affrontare il tema dell'immigrazione attraverso la predisposizione di un piano nazionale che miri a due obiettivi. Il primo: un utilizzo efficace e migliore delle risorse fornite anche dall'Unione europea – perché ci sono, come lei ha ricordato prima –; secondo: un tavolo nazionale di programmazione degli interventi che dev'essere associato agli enti locali.
  A questo riguardo, pur considerando positivo il tavolo di Milano, bisogna essere consapevoli che ciò è una parziale risposta a fronte di un'emergenza, e non già il frutto di una gestione programmata. In questo quadro, bisogna altresì essere consapevoli che non ce la caviamo lasciando la soluzione alla spontaneità della mobilità migratoria interna.
  Che cosa voglio dire ? Il sotterfugio di non registrare le persone che entrano nella speranza che queste raggiungano altri Paesi è un pensiero di cortissimo respiro – perché di fatto questo sta avvenendo in Italia – oltre che un'aperta contraddizione rispetto all'idea di una gestione programmata e controllata del processo migratorio e questo è un dato di fatto.
  Tra l'altro ciò può aprire – come si può immaginare – anche possibili contenziosi con altri Paesi, come ho avuto modo di ricordare rispetto al caso dei tunisini e alla Francia.
  In secondo luogo, il tema riguarda gli enti locali che, se coinvolti in un quadro di gestione nazionale, possono essere messi nella condizione di gestire preventivamente queste problematiche e di non ritrovarsi nelle condizioni di Milano, così come è stato descritto nell'interpellanza.
  Il terzo soggetto istituzionale è l'Europa. Comprendiamoci: noi oggi abbiamo una straordinaria opportunità di affrontare, con un salto di qualità, il tema dell'immigrazione e della questione relativa alla solidarietà. Ci sono delle opportunità. Quali sono queste opportunità ? La prima è che abbiamo assunto la Presidenza del semestre, che dobbiamo giocare in prima persona a livello europeo. Dico questo perché, oltre alle questioni economiche che stanno giustamente animando il dibattito europeo, anche il tema dell'immigrazione dovrebbe essere centrale, così come è stato più volte ricordato anche dal nostro Presidente del Consiglio. Inoltre, la relazione svolta da Junker al Parlamento europeo lo scorso martedì, laddove, soffermandosi sul tema dell'immigrazione, ha posto l'esigenza di una nuova politica comune per l'immigrazione e di una nuova solidarietà tra i diversi Stati membri per affrontare questo problema.
  Queste opportunità vanno colte oggi, non domani, ponendo con più forza la necessità di intervenire su alcuni aspetti. Il Pag. 11primo è la revisione del Regolamento di Dublino: per i richiedenti asilo bisogna rendere possibile, oltre alla registrazione, anche la mobilità intraeuropea. Il secondo è la predisposizione di una rinnovata politica di vicinato, soprattutto rivolta verso i Paesi del Mediterraneo, che sia in grado di affrontare contemporaneamente il rafforzamento delle riforme democratiche, la possibilità di sviluppo economico e sociale in quei Paesi anche attraverso le politiche economiche e commerciali bilaterali, insieme alla questione della mobilità intesa in due modi: intesa come immigrazione regolare e intesa anche come immigrazione circolare, cioè la possibilità per tanti giovani di recarsi in Europa per studiare e avere formazione professionale e poi ritornare nei loro rispettivi Paesi per contribuire allo sviluppo economico e sociale.
  Come si può immaginare, il tema dell'immigrazione non è per nulla disgiunto dalla politica estera europea. Se ci troviamo oggi ad affrontare, ad esempio, la questione dei profughi siriani ed eritrei è perché i conflitti nel Corno d'Africa o in Siria non sono stati seriamente affrontati a livello europeo, anche europeo.
  Tra l'altro, non sfugga che, in merito alla Siria ci sono milioni di profughi a ridosso del confine libanese, turco e giordano. Un nuovo protagonismo della politica estera europea sarebbe di buon auspicio per iniziare ad affrontare con la dovuta forza e determinazione tragedie di questa natura.
  Dunque, sottosegretario, è del tutto evidente che affrontare in questo modo la questione migratoria renderebbe possibile anche creare le condizioni perché ci possa essere nel nostro Paese quel salto culturale necessario in assenza del quale tutto si ridurrebbe esclusivamente a problematiche emergenziali o sicuritarie.
  Per tutte queste ragioni, ritengo necessario che la «questione Milano» non sia semplicemente confinata a questione locale, ma assuma la dimensione che merita e che ho cercato di esporre sia nell'illustrazione dell'interpellanza, che in questa replica.
  Mi auguro dunque che il Governo, al di là delle prime e parziali risposte, che pure sono vitali e necessarie in questo momento di emergenza sia in grado di assumere questa linea nell'azione che svolgerà in Italia nel quadro di responsabilità derivanti dalla nostra Presidenza del semestre europeo.

(Iniziative, anche normative, in merito alla dismissione del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali – n. 2-00631)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Lombardi n. 2-00631, concernente iniziative, anche normative, in merito alla dismissione del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo alla deputata Lombardi se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  ROBERTA LOMBARDI. Signor Presidente, intendo illustrare l'interpellanza anche perché oggi ho un nuovo sottosegretario di fronte e, quindi, ho bisogno di riassumere il percorso che ci ha portato finora a questo punto, sperando tra l'altro che, a conclusione di un anno e mezzo di interpellanze, mozioni e interrogazioni, finalmente abbiano mandato a rispondere un sottosegretario che abbia le deleghe e la conoscenza della materia, al contrario di quanto avvenuto nelle volte precedenti, su ammissione dello stesso sottosegretario; all'epoca era il professor Dell'Aringa, il quale ha ammesso che non era materia di sua competenza e ha anche ammesso che, quanto veniva riportato in quest'Aula a risposta delle mie interrogazioni, era scritto dagli uffici e preparato soprattutto dal direttore generale delle politiche previdenziali e assicurative, il dottor Edoardo Gambacciani, con riferimento al quale, mesi fa, ho posto una semplice domanda: ho chiesto se un avvocato, Marco Gambacciani – e questo è oggetto di una mia interrogazione – che lavorava, collabora e collaborava – ed anche in questo caso chiedevamo lumi – fosse effettivamente il Pag. 12fratello del direttore centrale. E dove lavorava questo avvocato ? Lavorava presso uno studio legale di cui Enasarco si avvaleva come consulente e si avvale tuttora da anni. Se una domanda così semplice, cioè sull'attestazione di un rapporto di fratellanza, ancora non ha trovato risposta, posso capire perché le risposte riportate dal direttore Gambacciani ed esplicitate nelle risposte del sottosegretario che è arrivato nelle precedenti occasioni non contenessero delle indicazioni chiare. Evidentemente, è materia molto più complessa ed è infatti la materia che io vorrei andare adesso a riassumere. Tutto nasce dal decreto legislativo n. 509 del 1994, attraverso il quale gli enti previdenziali sono stati trasformati in associazioni o fondazioni, a condizione che non usufruissero più di finanziamenti o altri ausili pubblici di carattere finanziario, ma sono rimasti titolari di tutti i rapporti attivi e passivi dei corrispondenti enti previdenziali e dei rispettivi patrimoni da cui derivano. Le associazioni e le fondazioni, quindi queste casse, le casse professionali, hanno autonomia gestionale, organizzativa e contabile, ma sempre in relazione alla natura pubblica dell'attività svolta. La sentenza non molto recente, di due anni fa, del Consiglio di Stato, una sentenza del 2012, ha chiarito, nonostante vari passaggi normativi equivoci in questi anni, una volta per tutte, che la trasformazione operata dal decreto legislativo del 1994 ha lasciato immutato il carattere pubblicistico dell'attività istituzionale di previdenza e assistenza svolta dagli enti in esame. Da qui, la nostra richiesta, partita a maggio del 2013, attraverso la prima interpellanza urgente, in cui praticamente ci riportavamo a questa sentenza del Consiglio di Stato e chiedevamo quindi che, stante la natura pubblicistica e la finalità pubblicistica di questi enti, si applicasse per la dismissione immobiliare quella che è la normativa prevista per gli enti pubblici, che è una normativa ovviamente di miglior favore nei confronti degli inquilini, che garantisce anche dei prezzi che vengano incontro alle persone, soprattutto a quegli inquilini che sono gli occupanti degli immobili stessi che si vanno a dismettere. A seguito di questa interpellanza urgente, per la quale non ci siamo dichiarati soddisfatti, abbiamo presentato una mozione ex articolo 138, comma 2, del Regolamento della Camera, in cui cercavamo di impegnare il Governo ad intervenire quindi sulle problematiche relative alla dismissione del patrimonio immobiliare, a sospendere gli sfratti per il periodo di un'apertura di un tavolo tecnico che andasse quindi a risolvere questo problema, a verificare poi la legittimità della persona che ricopre il ruolo di presidente dell'Enasarco, rispetto ai requisiti richiesti dal regolamento Enasarco stesso e ad intervenire nella gestione finanziaria. Abbiamo anche scritto successivamente all'allora Ministro del lavoro Giovannini, lamentando o meglio palesando tutte le nostre perplessità, che avevamo già presentato nell'interrogazione e nella mozione. E il Ministro di allora ci rispose che l'attività di vigilanza di cui il suo Ministero è incaricato per legge non ha lasciato emergere fino ad oggi, fino ad allora, elementi che possano indurre a ravvisare, da parte delle casse, la propensione a una sistematica supervalutazione del patrimonio immobiliare.
  Supervalutazione che gli verrebbe non dall'applicazione della normativa pubblicistica di dismissione del patrimonio degli enti, ma dalla libera possibilità di valutare il patrimonio stesso. Quindi, il Ministro diceva che da parte delle Casse non vi era questa propensione, che il loro controllo non ha lasciato emergere: «la propensione ad una sistematica supervalutazione del patrimonio immobiliare, né di conseguenza può sostenersi che tale ipotizzata anomalia abbia determinato un'alterazione delle poste di bilancio». Questo è un altro punto su cui noi avevamo acceso un focus, perché abbiamo detto che, se vi è una supervalutazione della dismissione del patrimonio immobiliare, ovviamente, nel momento in cui si mette questa voce a bilancio, la si mette supervalutandola, e quindi, in realtà, si sta dando un valore che non corrisponde esattamente alla realtà.Pag. 13
  Il Ministro continuava: «Quanto (...) al caso Enasarco e alle operazioni mobiliari» – che avevamo denunciato e che sono oggetto, tra l'altro, di un'intensa letteratura giornalistica – «intraprese dall'ente, rappresenta che questa Amministrazione ha da tempo posto sotto osservazione la gestione degli investimenti e le obbligazioni strutturate, coinvolgendo la Covip (...). Il referto della Commissione che ha valutato le attività finanziarie (...) ha messo in evidenza alcuni profili degni di ulteriore approfondimento, senza tuttavia rilevare alcuna chiara fattispecie di illecito tale da configurare possibili responsabilità amministrative o addirittura penali».
  Successivamente, nel novembre, finalmente, è arrivata in discussione la mozione che avevamo presentato a seguito dell'interpellanza urgente, il cui esito è stato che il Parlamento l'ha respinta. Siamo andati comunque avanti, abbiamo ulteriormente scritto, di nuovo, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, che all'epoca era sempre Giovannini, e all'ex Ministro dell'economia e delle finanze, Fabrizio Saccomanni, perché, nel frattempo, uscivano altri articoli di giornali relativamente agli investimenti finanziari di Enasarco.
  Il 30 gennaio 2014 abbiamo chiamato in audizione, in Commissione parlamentare per il controllo sull'attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale, il presidente di Enasarco e il suo direttore generale, andando a porre una serie di quesiti precisi; però, nonostante anche una seconda audizione e un certo carteggio, ancora oggi non ci sembrano ben focalizzati nelle loro risposte.
  Ci preme evidenziare che la stessa fondazione, in tale sede, in sede di audizione, per dimostrare la correttezza del proprio operato, ha affermato che vi è tutto un elenco di soggetti preposti al controllo, che sono il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Ministero dell'economia e delle finanze, Covip, Corte dei conti ed altri. Allora siamo andati a interrogare questi soggetti preposti al controllo, soprattutto la Covip, che è sotto la responsabilità dei due Ministeri che hanno l'attività di vigilanza.
  Abbiamo presentato, nel marzo 2014, un'interrogazione ai Ministeri su Covip, sul suo operato, soprattutto, su che attività di vigilanza avesse operato, stante tutta una serie di rilievi che ponevamo. Nulla è stato chiarito da nessuno di questi soggetti, ma vi è stato un rimpallo generale finalizzato a creare confusione, nonostante i fatti di cronaca sugli investimenti scellerati realizzati da alcune Casse professionali privatizzate continuassero ad essere sotto gli occhi di tutti, nonostante queste Casse dovrebbero garantire la pensione ai propri iscritti – perché non ci dimentichiamo che la finalità è sempre pagare le pensioni – e che, al contrario, determinano perdite ingenti a danno dei contribuenti.
  All'interno del Ministero del lavoro e delle politiche sociali questa vigilanza tecnico-finanziaria sulle attività correnti e sulla gestione patrimoniale degli enti previdenziali è affidata alla direzione generale per le politiche previdenziali e assicurative, il cui direttore generale, come abbiamo detto prima, è il dottor Gambacciani, a cui abbiamo posto quella che pensavamo fosse una semplice domanda: è tuo fratello la persona che lavora in uno studio legale che è consulente di una delle Casse su cui tu hai la vigilanza ? Non abbiamo ancora ricevuto risposta.
  Siamo andati avanti: nell'inerzia dei Ministeri vigilanti, nel mese di aprile 2014 il Consiglio di Stato è intervenuto con un'ordinanza, dichiarando, di fatto, illegittima la procedura di conferimento del patrimonio immobiliare della Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei ragionieri e periti commerciali; infatti, il Consiglio di Stato ha statuito che il patrimonio immobiliare di questa Cassa è pubblico, indipendentemente dallo schema giuridico adottato per il conferimento ad un altro soggetto incaricato della dismissione degli immobili, e deve essere riconosciuta all'inquilino la prelazione, nonostante il conferimento al fondo immobiliare. Questa sentenza del Consiglio di Stato, ovviamente, non vale solo per la Pag. 14Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei ragionieri e periti commerciali, ma si estende a tutti gli enti previdenziali privatizzati.
  L'interpellante ha poi, nell'aprile 2014, presentato una nuova interpellanza per chiedere, alla luce di questa nuova normativa, e, soprattutto alla luce di questo nuovo indirizzo giurisprudenziale, una qualificazione giuridica e un intervento normativo immediato per far rispettare agli enti previdenziali la legge nelle loro dismissioni così come delineata dalla sentenza del Consiglio di Stato. In quel mese, tramite mittente anonimo, veniva recapitato al MoVimento 5 Stelle un verbale del CDA di Enasarco in cui l'allora vicepresidente Pozzi spiegava che, nel consiglio di amministrazione del dicembre 2012, era stata deliberata l'approvazione e la ratifica dell'operato del presidente della Fondazione sugli investimenti e successiva ristrutturazione in alcuni fondi denominati Athena tramite veicolo residente alle Mauritius (che è un paradiso fiscale «blacklistato» dalla Banca d'Italia); quindi i soldi dei contributi pensionistici sono finiti in un paradiso fiscale. Peccato, però, che in quel CDA, secondo Pozzi, non fosse stato approvato «alcun punto all'ordine del giorno recante questo argomento». A questi 70 milioni di perdite si sommano quelle effettuate da Anthracite, per un totale di 185 milioni ora svalutati a 155. La domanda è: perché il CDA è stato tenuto all'oscuro di questi investimenti ? E chi li ha decisi soprattutto ? E a quali fini ?
  C’è stata – lo abbiamo detto – una seconda audizione in Commissione enti gestori sempre del presidente Boco e del direttore generale Bravi. A maggio 2014 si leggeva da articoli di giornali di vicende connesse alla Cassa ragionieri e alla Cassa giornalisti, in cui la magistratura procedeva con l'arresto di noti finanzieri italiani che hanno usato le società finanziarie in cui venivano investiti i contributi di queste categorie come bancomat, prelevando indebitamente almeno un centinaio di milioni, senza contare il frutto illecito delle operazioni finanziarie perpetrate a danno, appunto, di queste casse e anche della Cassa dei medici.
  Il 10 maggio 2014, si legge su testate giornalistiche on-line che: «A metà novembre 2013, Covip ha consegnato al Ministero del lavoro una corposa relazione (...)», lamentando alcune perplessità (io l'ho letta questa relazione perché me la sono fatta mandare). Segnalava perplessità «in merito al metodo di contabilizzazione in bilancio del BTP Stripped messo a garanzia degli investimenti (...)» in perdita nel famoso veicolo finanziario Anthracite di Lehman Brothers, quello delle Cayman. Abbiamo avuto copia di questa relazione, siamo andati anche a parlare con Covip che ci ha «rimbalzato» ai ministeri competenti. Siamo andati anche a parlare con il Ministero dell'economia e delle finanze. In data 12 luglio 2014, la settimana scorsa, il Tar del Lazio ha riconosciuto con sentenza: che gli immobili della Cassa ragionieri, ancora una volta, nonostante il conferimento, non sono di proprietà dei fondi immobiliari a cui sono stati conferiti; che la Cassa, sottoposta al controllo dei Ministeri vigilanti, al controllo della Corte dei conti, ha una funzione previdenziale e usufruisce della contribuzione obbligatoria dei propri iscritti (quindi, trattasi di un soggetto di natura sostanzialmente pubblica); che, essendo la Cassa ragionieri, un soggetto pubblico, di conseguenza, la dismissione del suo patrimonio è pubblica, ragion per cui non si applica il comma 38 dell'articolo 1 della legge n. 243 del 2001, ma la normativa per la dismissione del patrimonio immobiliare degli enti pubblici; che i prezzi degli immobili si calcolano in base all'articolo 3 del decreto-legge n. 351 del 2001 (quindi, riconosciamo un diritto di prelazione ed il prezzo è quello corrente di mercato secondo il reale valore di mercato diminuito del 30 per cento) e questo calcolo si applica anche agli immobili conferiti ai fondi. E ultimo punto della sentenza: è evidente che i principi contenuti in tale sentenza si possono applicare a tutte le casse privatizzate con il decreto legislativo n. 509 del 1994, quindi anche ad Pag. 15Enasarco, ma non solo, anche a Enpaf, Enpav, Enpaia, Fasc, Inpgi e così via.
  Con questa interpellanza, quindi, noi richiediamo ancora una volta ai Ministri interpellati di intervenire immediatamente al fine di assumere le iniziative normative sollecitate anche dalla giurisprudenza, per le dismissioni degli enti previdenziali, così da applicare la norma prevista ed utilizzata per la dismissione degli enti pubblici...

  PRESIDENTE. Concluda.

  ROBERTA LOMBARDI. ... stabilire che la legge di dismissione del patrimonio pubblico trovi applicazione anche alle dismissioni attuate attraverso fondi immobiliari SGR di qualunque tipo; istituire una commissione di inchiesta che valuti le omesse vigilanze e le relative responsabilità dei soggetti preposti al controllo; intervenire in ordine alla truffa, che vede coinvolte le tre casse di previdenza che ho citato prima (Cassa ragionieri, Enpam e quella dei giornalisti); valutare la possibilità di assumere iniziative normative per far confluire tutti gli enti privatizzati di cui al decreto legislativo n. 509 del 1994 con i relativi patrimoni immobiliari, anche se già conferiti a fondi immobiliari, nell'Inps, così come avvenuto per altri enti in modo da poter meglio tutelare sia i patrimoni immobiliari che gli iscritti beneficiari dei trattamenti pensionistici.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali, Teresa Bellanova, ha facoltà di rispondere.

  TERESA BELLANOVA, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Signor Presidente, l'onorevole Lombardi, con il presente atto parlamentare, richiama nuovamente alcune questioni in ordine all'attività di vigilanza e di gestione del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali privatizzati di cui al decreto legislativo n. 509 del 1994.
  In via preliminare, tengo a precisare che la materia è stata già oggetto di precedenti atti di sindacato ispettivo ai quali l'Amministrazione che rappresento ha fornito puntuali elementi informativi e di chiarimento, con particolare riguardo al ruolo svolto dai competenti Ministeri nell'espletamento dei rispettivi compiti di vigilanza sugli enti previdenziali di diritto privato. Tali enti, com’è noto, in ragione dell'interesse pubblico tutelato, godono di una specifica prerogativa di autonomia funzionale, organizzativa e gestionale, naturalmente sottoposta a tassative forme di controllo.
  In tal senso, l'Amministrazione che rappresento ha in più occasioni provveduto a chiarire i principi ispiratori della normativa che governa il sistema degli enti di previdenza privatizzati, nonché i vincoli operativi che le norme hanno tracciato per tali enti, essenzialmente riconducibili all'impegno della garanzia della sostenibilità di lungo periodo delle gestioni previdenziali, di cui deve essere data dimostrazione sulla base delle risultanze dei bilanci tecnici da elaborarsi con cadenza almeno triennale. L'obiettivo dell'equilibrio di bilancio costituisce, pertanto, condizione indispensabile e non negoziabile delle casse previdenziali privatizzate, posto che le stesse non possono godere di alcun finanziamento pubblico al di fuori della contribuzione versata dai propri iscritti.
  Nel perimetro di autonomia gestionale riconosciuta agli enti previdenziali in parola, il Ministero che rappresento svolge, congiuntamente al Ministero dell'economia e delle finanze, una funzione di vigilanza sulla stabilità degli equilibri finanziari, preordinata all'erogazione delle prestazioni pensionistiche mediante un'attività strumentale, prudente e redditizia, di investimento del patrimonio.
  Pertanto, al fine di garantire la stabilità degli equilibri finanziari, le procedure di vendita degli immobili si effettuano sulla base di un quadro normativo diverso da quello degli enti previdenziali pubblici. Ne consegue che gli enti previdenziali privatizzati, nell'ambito dell'autonomia loro riconosciuta, possono prevedere, o meno, la tutela del diritto alla prelazione di acquisto Pag. 16agli inquilini degli immobili oggetto di dismissione ovvero locazioni a canoni sociali.
  Alla funzione di vigilanza, da parte delle amministrazioni competenti, si aggiunge il controllo generale sulla gestione esercitato dalla Corte dei conti per assicurarne la legalità e l'efficacia e, più di recente, quello della Commissione di vigilanza sui fondi pensione (Covip), finalizzato a scoraggiare comportamenti e scelte finanziarie da parte degli enti previdenziali di diritto privato non coerenti con l'esigenza di salvaguardia del fine pubblicistico.
  Nell'ulteriore considerazione della diversificazione storica nonché di composizione patrimoniale che caratterizza ciascun ente, risulta difficilmente ipotizzabile la definizione, come richiesto dall'interpellante, di un percorso omogeneo per tutte le gestioni, che definisca rigorosi e uniformi parametri dei processi di dismissione immobiliare e delle politiche di locazione.
  Viceversa, è sistematicamente coerente il condizionamento di alcune operazioni patrimoniali, sopravvenuto in epoca più recente, alla verifica del rispetto dei saldi strutturali di finanza pubblica (articolo 8, comma 15, della legge n. 122 del 2010), in esito all'inserimento degli enti in parola nel novero delle amministrazioni pubbliche inserite nel noto elenco ISTAT.
  Con specifico riferimento al piano di dismissioni immobiliari di ENASARCO, mi limito a precisare che la relativa procedura si è resa necessaria a causa della rilevante quantità di immobili di proprietà dell'ente non sufficientemente redditizi, visti i canoni bassi e i consistenti costi di manutenzione. L'operazione è stata nel tempo monitorata dalle amministrazioni vigilanti e ritenuta uno strumento adeguato per sollevare l'ente dalle spese eccessive, a fronte del realizzo ottenuto.
  Risulta inoltre che, a garanzia degli inquilini, sono state previste negli accordi con le organizzazioni sindacali forme di tutela nel tempo per coloro che non avessero volontà o possibilità di acquistare l'immobile oggetto di alienazione, quali, ad esempio: la permanenza a canone invariato nell'abitazione per un periodo decennale in presenza di un nuovo proprietario; la possibilità di acquisto anche per i familiari non coabitanti, entro un certo grado di parentela; l'acquisto del diritto al possesso vitalizio, con onere economico assai più accessibile.
  Per quanto riguarda poi l'attività di vigilanza sugli investimenti delle risorse di Enasarco, si rappresenta che le amministrazioni vigilanti seguono, da tempo, l'evoluzione delle politiche di investimento messe in atto dalla fondazione in parola, con particolare riferimento al riordino della governance ed alle attività messe in atto dall'ente stesso in merito al controllo sulla regolarità delle azioni finanziarie.
  È stato infatti valutato il regolamento per l'impiego e la gestione delle risorse finanziarie e il codice dei principi di investimento adottati dal CdA dell'ente ed inviati ai Ministeri vigilanti per la successiva approvazione. Preciso, al riguardo, che la relativa istruttoria ha portato alla stesura di una apposita nota del competente ufficio del Ministero che rappresento – d'intesa con le competenti strutture del Ministero dell'economia e delle finanze – e tenuto conto dei pareri espressi dalla Covip, contenente rilievi e dettagliate osservazioni, e l'invito alla fondazione a svolgere approfondimenti e ad introdurre opportuni correttivi ai testi inizialmente predisposti.
  Tanto premesso, passo a rispondere ai quesiti formulati nel presente atto parlamentare.
  In particolare, con riferimento ai primi due quesiti, faccio presente che l'estensione agli enti previdenziali di cui al decreto legislativo n. 509 del 1994 dell'obbligo di alienare gli immobili in conformità ai principi ed alle norme vigenti per le dismissioni immobiliari degli enti pubblici, potrebbe compromettere l'equilibrio finanziario dei primi, tenuto conto che l'intero patrimonio immobiliare di tali enti è posto a garanzia della sostenibilità delle prestazioni previdenziali istituzionali e, pertanto, non può essere orientato verso Pag. 17finalità diverse da quelle della redditività, nell'interesse primario dell'erogazione delle prestazioni agli iscritti.
  In ordine al terzo quesito, relativo all'opportunità di istituire una commissione d'indagine sull'operato degli enti e dei soggetti preposti al controllo della gestione del patrimonio immobiliare e non, faccio presente che l'articolo 14, comma 1, del decreto-legge n. 98 del 2011 ha introdotto una disciplina che mira a rafforzare i controlli sugli investimenti immobiliari degli enti previdenziali di diritto privato di cui al decreto legislativo n. 509 del 1994, attribuendo alla Covip il controllo sugli investimenti delle risorse finanziarie e sulla composizione del patrimonio dei predetti enti, che viene esercitato anche mediante ispezioni presso gli stessi, richiedendo la produzione degli atti e documenti che la Covip ritenga necessari.
  Le risultanze del controllo vengono riferite dalla Covip ai Ministeri vigilanti, con le modalità stabilite nel decreto interministeriale del 5 giugno 2012, ai fini dell'assunzione dei provvedimenti di cui all'articolo 2, commi 2,4,5, e 6 del decreto legislativo n. 509 del 1994.
  Segnalo inoltre che è in corso la predisposizione del secondo decreto attuativo del citato decreto-legge n. 98 del 2011 con cui vengono definiti – ai sensi dell'articolo 14, comma 2 – i criteri e i limiti di investimento degli enti previdenziali in parola e regolamentati eventuali conflitti di interesse.
  Per quanto concerne il quarto quesito, faccio presente che i procedimenti giudiziari concernenti le vicende richiamate dall'interpellante sono, allo stato, tutt'ora pendenti; pertanto, solo al momento della loro definizione potranno essere attivate le conseguenti iniziative di competenza.
  In ogni caso, tengo a precisare che il commissariamento degli enti previdenziali interessati dalle predette vicende potrà essere disposto dal Ministero che rappresento, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, solo in caso di disavanzo economico-finanziario, rilevato dai rendiconti annuali e confermato dal bilancio tecnico ovvero nel caso in cui gli organi di amministrazione e di rappresentanza si rendessero responsabili di gravi violazioni di legge afferenti alla corretta gestione dell'associazione o della fondazione (articolo 2, commi 2 e 6 del decreto legislativo n. 509 del 1994).
  Infine, riguardo all'ultimo quesito, faccio presente che l'eventuale confluenza nell'INPS degli enti previdenziali privatizzati, di cui al decreto legislativo n. 509 del 1994, in disparte da considerazioni di carattere attuariale previdenziale, andrebbe, ovviamente, rimessa ad una più ampia e collegiale valutazione del Governo per tener conto dei diversi profili che verrebbero a determinarsi a seguito dell'integrazione di enti aventi diversa natura giuridica.
  Infine, vorrei specificare all'onorevole Lombardi che le interpellanze urgenti, così come tutti gli atti di sindacato ispettivo, vedono una risposta, non da parte dei singoli funzionari, ma da parte di tutto il Governo, a prescindere dalle deleghe che ha il sottosegretario che viene in quest'Aula a rispondere doverosamente ai parlamentari. Per l'istruttoria, il Governo si avvale degli uffici competenti e gli uffici competenti sono composti da funzionari e dirigenti sulla cui autonomia e rigore nello svolgimento delle proprie funzioni, anche nel caso specifico di questa interpellanza, il Governo non ha alcun rilievo da fare.

  PRESIDENTE. La deputata Lombardi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  ROBERTA LOMBARDI. Signor Presidente, ho ascoltato con molta attenzione le risposte del sottosegretario, ma in realtà non mi posso dichiarare soddisfatta soprattutto perché non trovo una reale risposta a quelli che sono poi i punti messi in questa interpellanza, ma che in realtà sono stati ricostruiti dal percorso che abbiamo fatto in quest'anno. Non vediamo la volontà, nonostante un'evolversi della giurisprudenza su questo ambito, di andare a trovare una soluzione normativa a questa natura duale di queste casse previdenziali Pag. 18che hanno un'organizzazione privatistica, ma una finalità pubblica. Questa natura duale ha fatto sì che vengano alimentate con i soldi dei contributi pensionistici obbligatori e che questi soldi, grazie alla natura privatistica della gestione, possano essere utilizzati in maniera a volte anche creativa, a volte anche fantasiosa, a volte anche illecita. Pensavamo e ci aspettavamo che, stante le cronache giudiziarie e giornalistiche e stante il percorso giurisprudenziale ormai consolidato, perché sono due anni che Consiglio di Stato e TAR si sono avviati verso quella strada, si volesse finalmente dire: sì, stiamo considerando l'idea di arrivare ad una soluzione normativa che sgombri il campo da possibilità per questi soggetti, per queste casse di usare i soldi dei contribuenti in maniera troppo libera.
  Circa gli enti di vigilanza che non vigilano, questo è un altro punto su cui io non trovo soddisfazione nelle risposte del sottosegretario. I soggetti di vigilanza, come ricordo, sono principalmente tre: Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Ministero dell'economia delle finanza e Covip. Circa il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, vi ho detto come il precedente Ministro ci ha risposto, ossia che va tutto bene. Il direttore centrale della direzione che vigila sulle casse previdenziali e l'assistenza, quindi su erogazioni pensionistiche e previdenza, ancora non mi dà una risposta su un eventuale piccolo conflitto di interesse che potrebbe esserci. La ragioneria del Ministero dell'economia e delle finanze, che ho audito recentemente, ha bollinato quattro atti di conferimento di patrimoni immobiliari di casse secondo quattro procedure legali diverse. Quindi, ogni volta, anziché applicare la normativa precisa, che era quella che ricordava anche il sottosegretario, cioè l'articolo 8, comma 15, del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, per quattro volte, quattro soggetti, a volte anche lo stesso, hanno applicato quattro percorsi normativi diversi che non sono tutti e quattro corretti e questo lo vorrei chiarire. Per quattro volte la ragioneria del MEF, che è sempre uno dei soggetti preposti alla vigilanza, ha bollinato come legittimi questi atti, salvo, poi, in sede di audizione, non ricevere risposte sul perché è stato dato questo bollino.
  Sulla Covip, che dire ? Noi siamo andati a parlare con la Covip e qui mi aggancio anche al discorso dei conflitti di interesse che dovrebbero trovare finalmente regolazione anche per il fatto della presenza dei sindacati all'interno del consiglio di amministrazione che siedono a due parti opposte del tavolo della negoziazione nelle dismissioni del patrimonio immobiliare: da una parte decidono le dismissioni, dall'altra dovrebbero rappresentare gli interessi degli inquilini. Io sono andata a parlare con la Covip, c'era il presidente Rino Tarelli, dirigente CISL, e sono andata a leggere un po’ chi fosse questo signore prima di incontrarlo e mi sono imbattuta in un articolo del Corriere della Sera del 2011 che diceva che la figlia del dottor Tarelli, Carlotta Tarelli, vive in un appartamento di Enasarco a Monteverde. Il presidente della Commissione dell'ente di vigilanza ha una figlia che vive in una casa di uno degli enti che dovrebbe vigilare.
  Una delle consigliere è Antonella Valeriani, che tra l'altro in maniera molto accurata durante l'incontro ci ha lamentato la mancanza di un percorso legislativo che sviluppasse quelli che erano i profili normativi e poi, pure in questo caso, sono andata a vedere chi fosse questo avvocato Valeriani. L'avvocato Valeriani, dal 2009 fino a qualche mese fa, è stato il capo dell'ufficio legislativo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali cioè implicitamente ha detto: io quando ero capo dell'ufficio legislativo non ho scritto quei decreti attuativi che avrebbero permesso a me stessa, adesso che sono in Covip, di andare a fare una vera, reale attività di vigilanza.
   Poi c’è arrivata anche un'altra segnalazione su questo avvocato, che ovviamente devo verificare e quindi la pongo sul tavolo con le dovute perplessità e le dovute cautele del caso. Parrebbe che l'avvocato Valeriani sia la moglie dell'amministratore delegato della Mercer Italia. Pag. 19E che cos’è la Mercer Italia ? È la società di consulenza finanziaria di cui Enasarco si è avvalsa fino a qualche mese fa ovvero il marito – parrebbe – dell'avvocato Valeriani è l'amministratore delegato di un consulente di uno dei soggetti controllati dall'avvocato stesso. Parrebbe. Ci riserviamo di approfondire questo aspetto, ma ciò spiegherebbe per quale motivo poi la relazione della Covip sul bilancio Enasarco 2012 fosse un «copia e incolla» in certe parti del codice dei principi di investimento di Enasarco che questa Mercer Italia ha contribuito a scrivere nel momento in cui – adesso non sono più consulenti – aveva la consulenza. Verrebbe facile la battuta: forse a cena si scambiavano i documenti. Però vedremo se questo è vero o non è vero. Quindi anche sul fatto del conflitto di interessi vorrei sollecitare un intervento.
  Un altro punto su cui non abbiamo trovato soddisfazione sono gli investimenti finanziari speculativi senza garanzia. Abbiamo fatto delle domande precise ai Ministeri, l'abbiamo fatte a Boco, il presidente di Enasarco, le abbiamo fatte in Covip e non abbiamo mai trovato risposta. Questo strumento, questo BTP Stripped che è nel bilancio Enasarco e che dovrebbe servire a garantire le perdite degli investimenti mobiliari finanziari speculativi fatti alle Isole Cayman dalle precedenti gestioni è una garanzia contrattuale ? Quindi, quei soldi a scadenza ci saranno al 100 per cento ? O non è così come noi supponiamo e come, tra l'altro, ha riportato anche un consulente incaricato di dare una valutazione dell'inchiesta giornalistica di Report proprio su Enasarco ? Anche questo punto, a nostro avviso, non ha trovato garanzie. Non ha trovato garanzie il fatto che, alla dismissione del patrimonio immobiliare, vengano applicate delle tutele più stringenti nei confronti degli inquilini che vengono usati adesso, a nostro avviso, come bancomat per cercare di andare a riprendere quei soldi persi con gli investimenti finanziari su cui c’è un'omessa vigilanza, quei buchi che sono stati creati da questi investimenti finanziari. Infatti la nostra preoccupazione è sia nei confronti degli inquilini che abitano in queste case e che non devono andare ad aumentare l'onda dell'emergenza abitativa che in questo Paese sta sommergendoci. Ma ci preoccupiamo anche degli iscritti alle casse, sia quelli che sono in regola o saranno in regola con i contributi pensionistici sia quelli che sono i cosiddetti silenti, che hanno versato 20 anni meno un giorno di contributi e che lo stesso presidente Boco in audizione dinanzi alla Commissione parlamentare per il controllo sull'attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale ha detto che non avranno diritto a niente, perché la sostenibilità del bilancio Enasarco sarebbe compromessa. Ciò, pertanto, ci fa anche già valutare la salute di questo bilancio, che sarebbe compromessa ove Enasarco andasse a pagare, secondo la contribuzione effettivamente avvenuta, le pensioni a questi soggetti.
  Noi continuiamo a vedere un atteggiamento, da parte della politica, di volersi, in un certo qual modo, girare dall'altra parte rispetto ai bisogni delle persone.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  ROBERTA LOMBARDI. Noi abbiamo detto quali sono i soggetti che vogliamo tutelare in questo percorso: sono gli inquilini, sono gli iscritti alle Casse, che matureranno la pensione, sempre che questi bilanci rimangano effettivamente in equilibrio, che è una nostra stessa preoccupazione, e chi ha versato i contributi per anni pur non maturando perfettamente i requisiti pensionistici, ma che avrebbe diritto a recuperarli, magari per versarli nella gestione pensionistica di cui godrà quando arriverà a maturare i requisiti. Noi vorremmo delle risposte da parte della politica, che continua a non dare risposte a questi soggetti.

  PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Pag. 20

Ordine del giorno della prossima seduta.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

  Lunedì 21 luglio 2014, alle 10:

  (ore 10 e, eventualmente, al termine del punto 3)

  1. – Discussione sulle linee generali del disegno di legge:
  Conversione in legge del decreto-legge 26 giugno 2014, n. 92, recante disposizioni urgenti in materia di rimedi risarcitori in favore dei detenuti e degli internati che hanno subito un trattamento in violazione dell'articolo 3 della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, nonché di modifiche al codice di procedura penale e alle disposizioni di attuazione, all'ordinamento del Corpo di polizia penitenziaria e all'ordinamento penitenziario, anche minorile (C. 2496-A).
  – Relatori: Ermini, per la maggioranza; Molteni, di minoranza.

  2. – Discussione sulle linee generali delle mozioni Ginefra, Palese, Leone, Matarrese, Fratoianni, Cera, Pisicchio ed altri n. 1-00134 e De Lorenzis ed altri n. 1-00552 concernenti iniziative per il prolungamento del corridoio Baltico-Adriatico e per l'ammodernamento della linea ferroviaria sulla dorsale adriatica.

  (ore 15,30)

  3. – Discussione congiunta sulle linee generali dei documenti:
   Conto consuntivo della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2013 (Doc. VIII, n. 3).
   Progetto di bilancio della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2014 (Doc. VIII, n. 4).

  La seduta termina alle 10,55.